The story of a lost princess

di Aanya
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1917 ***
Capitolo 2: *** Speranze ***
Capitolo 3: *** Ritratto ***
Capitolo 4: *** Folle corsa ***
Capitolo 5: *** Perduta ***
Capitolo 6: *** Ricordi pericolosi ***
Capitolo 7: *** Parigi è magia ***
Capitolo 8: *** Dillo! ***
Capitolo 9: *** Carillon ***
Capitolo 10: *** Addio ***
Capitolo 11: *** Vendetta ***
Capitolo 12: *** Lacrime ***
Capitolo 13: *** Due? ***



Capitolo 1
*** 1917 ***


Era da tempo che volevo scrivere una storia basandomi sul mio film d'animazione preferito, non avendo mai trovato tempo era rimasta un'idea campata in aria. Non che ora non abbia impegni, anzi, ma una mia amica mi ha sfidato nell'impresa e una sfida si accetta sempre:) Ho deciso di pubblicare qui il racconto perchè se magari mi deste un parere su come scrivo o su cosa potrei migliorare ne sarei più che contenta, dato che ho in lavorazione alcuni scritti e questa storia volevo prenderla come esempio per strutturare meglio gli altri. Premetto che il racconto si basa su fatti verosimili..so che non coincidono in pieno con la realtà, ma ho voluto mettere assieme i fatti raccontati nel cartone e le conoscenze che io ho acquisito. A me piace molto analizzare le situazioni e i personaggi, quindi sarà una cosa buttata abbastanza sull'introspettiva...Beh..che dire...fatemi sapere comunque:)

Anche quell’anno l’inverno era particolarmente gelido. La neve cadeva incessantemente, tutto era ricoperto di bianco. Un bianco particolarmente candido e lucente dati i numerosi riflessi che provenivano dalle centinaia di luci degli edifici. Il freddo non aveva fermato la gente, che si riversava nei larghi viali a fiumi. Carrozze e auto impiegavano le strade in un moderato susseguirsi. Poteva essere un inverno come gli altri. Una magica atmosfera che avvolgeva l’intera Russia in quell’illibato candore. Ma non era così. Almeno non per il popolo russo. In quel tempo regnava al trono Nicola II, della dinastia Romanov, salito al trono nel 1868, troppo giovane ed inesperto per affacciarsi alla vita politica e ai problemi di Stato e di Governo. Suo unico interesse in gioventù era stato il servizio militare e il padre, Alessandro III, non si era mai preoccupato di istruirlo in ciò che si sarebbe trovato davanti una volta che fosse stato lui a prendere in mano le redini del regime imperiale. Ciò lo portò, insieme alla sua grande influenzabilità, ad aumentare i problemi che la Russia già aveva e ad attirarsi le antipatie non solo del popolo, ma anche degli stessi aristocratici russi. Innamoratosi nell’adolescenza di Alessandra, granduchessa tedesca nipote della famosa e importante regina d’Inghilterra Vittoria, la sposò prima della morte del padre, nonostante i genitori e soprattutto quest’ultimo, non avessero condiviso questo amore e avessero cercato di ostacolarne il proseguimento. Da questa relazione nacquero cinque figli: Olga, Tatiana, Maria, Anastasia e Alessio. Tutti molto uniti tra loro. Ma quella sera non si poteva non notare che era la piccola Anastasia a illuminare il volto di chi la guardava. Sembrava avessero occhi solo per il suo sorriso e la sua felicità mentre ballava e piroettava assieme al padre. Erano i festeggiamenti del trecentesimo anniversario dell’ascesa al trono della dinastia Romanov e il palazzo di Carskoe Selo, o palazzo di Caterina, sede della famiglia imperiale, sembrava brillasse di luce propria. L’enorme salone da ballo era occupato da centinaia di persone agghindate per l’occasione, sfoggiando meravigliosi abiti che si sfioravano ai vivaci movimenti delle danze. Ancora una volta sembrava tutto perfetto. L’imperatrice Marie era appena stata scortata in carrozza per assistere ai festeggiamenti del figlio e salutava da lontano la sua famiglia, non potendo non notare anche lei stessa che una delle sue nipoti preferite cercava in tutti i modi di focalizzare l’attenzione su di lei con piroette inventate al momento e gesticolando in modo buffo. Quando vide la nonna si divincolò dall’abbraccio del padre e corse precipitosamente da lei, non prima di aver raccolto un foglio tra le mani. Era un disegno. Ci aveva messo tutto l’amore per farlo e sperava ardentemente che la nonna lo apprezzasse. Glielo porse tutta orgogliosa. Marie lo guardò e alzò lo sguardo sulla nipote sorridendo e toccandole il naso con un dito. Era così fiera della sua Anastasia, quella dolce bambina sempre sorridente. Il loro era un rapporto indissolubile e naturale e quando le aveva riferito giorni addietro che sarebbe dovuta partire per Parigi aveva infranto il suo eterno stupendo sorriso. La nipote l’aveva supplicata così tante volte di non andarsene che a Marie le si spezzava il cuore doverle negare questo. Non avrebbe mai voluto allontanarsi dalla sua nipotina, ma sapeva che era necessario il viaggio a Parigi e sebbene le dolesse molto non poteva mentirle. Di conseguenza, cercò di passare più tempo possibile con lei prima di doverla salutare e fece preparare un regalo per rendere più facile la separazione per entrambe. L’aveva portato con sé quella sera, intenzionata a darglielo non appena si fossero incontrate. Estrasse dalla borsetta un magnifico carillon dorato dalle sfumature verdi.
Anastasia lo guardò sorpresa. -Per me?-e alzò lo sguardo incredula-È un portagioie nonna?!-
Marie le sorrise. Abbassò lo sguardo e frugò ancora nella borsetta. Ne estrasse un ciondolo. O comunque lo sembrava.
-Ascolta- Marie lo introdusse a lato del carillon e lo girò alcune volte.
Anastasia rimase in silenzio. Gli enormi occhi azzurri ipnotizzati dall’oggetto. Il carillon cominciò ad aprirsi emettendo una dolce melodia. La bambina strabuzzò gli occhi.
-È la nostra ninna-nanna?!-disse con enfasi non credendo a ciò che stava sentendo.
-Puoi ascoltarla la sera prima di addormentarti e immaginare che sia io a cantare-
Quante volte se la sentiva cantare dalla nonna! Ogni volta non riusciva a non cedere alla tentazione di seguirla. Marie le aveva detto che aveva una splendida voce e lei ne era rimasta così orgogliosa che ogni volta che la nonna e le sorelle intonavano una canzone, Anastasia non poteva fare a meno di coprirle con la sua voce suscitando l’ilarità dei familiari. Anche quella volta le note della ninna-nanna si fusero nelle voci di nonna e nipote.
-Leggi che cosa c’è scritto- le fece Marie porgendole il ciondolo con il quale poco prima aveva azionato il carillon.
La bimba piegò la testa e sforzò i grandi occhioni per leggere delle parole dorate che ne erano state incise sopra-Insieme a Parigi-
Anastasia alzò lo sguardo verso la nonna-Davvero?-non poteva crederci -Oh..nonna cara!-e le si buttò contro abbracciandola forte. Quello sbalzo di gioia meravigliò Marie per l’ennesima volta ed esplose in una leggera risata.
In quell’istante le porte della sala si spalancarono. Un gruppo di militari avanzava velocemente tra la folla che si scostava per lasciarli passare. Tutti gli sguardi erano fissi su di loro. Non potevano passare inosservati in mezzo a quel tripudio di colori. Un vociare sommesso si sparse tra gli ospiti. Dopo aver attraversato l’intera sala i militari si fermarono a pochi passi dallo zar. Uno di loro si staccò dal gruppo e avanzò ulteriormente verso Nicola.
-Vostra Signoria, i movimenti operai non cessano e stanno portando a conseguenze catastrofiche. L’esercito fatica a contenere la folla in protesta. –
Nicola lo guardò intensamente anche se i suoi occhi sembravano fissare il vuoto.
-Per non parlare dei disordini in seno alla Duma. Se non prendiamo provvedimenti urgentemente potrebbe nascere un’enorme insurrezione popolare prima di quanto si possa credere. Mi dispiace averla…-
-Ho compreso- rispose flebilmente lo zar.
-Che direttive dovremmo segui..-
-Ho sentito-ribatté più forte il sovrano.
I presenti cercavano di comprendere cosa i due si stessero dicendo. Anastasia si spaventò al tono del padre e si strinse più forte alla nonna, desiderosa comunque di sapere per quale grave motivo quell’uomo avesse interrotto la festa.
–Mi confronterò con i miei consiglieri e vi darò a breve notizia di come intenderò agire..per ora...c’è una festa in corso- distese un braccio per indicare la folla intorno a loro tornando a parlare debolmente. Fissò il militare, che aveva un’espressione preoccupata in volto  –Non preoccupatevi. Al più presto risolveremo la situazione-
Il capitano annuì inchinandosi leggermente. Ritornò dove aveva lasciato gli altri soldati e fece segno di andarsene. Si incamminarono verso l’altro lato del salone attirando nuovamente tutti gli sguardi. Il portone si richiuse dietro di loro.
***
 
Due settimane più tardi, a Pietrogrado, scoppiò ciò che stava dando preoccupazione agli alti vertici. La mancanza della riforma agraria tanto agognata e promessa dallo zar, l’aumento del carovita e le pesanti sconfitte militari che la Russia stava ottenendo in seguito all’entrata in guerra nella Prima Guerra Mondiale avevano portato il popolo a coalizzarsi e ad insorgere in massa verso il regime imperiale di Nicola II. Lo zar aveva proclamato lo stato d’assedio, ma nulla era valso. Persino il suo esercito aveva deciso di disertare e porsi dalla parte della rivolta che invece avrebbe dovuto sedare. Il Palazzo dove risiedeva la famiglia imperiale fu preso d’assalto. La rivolta, in cui vi avevano preso parte contadini, operai e soldati, fu un colpo durissimo. Quando gruppi di rivoltosi riuscirono ad entrare a palazzo distrussero ogni cosa che incontrassero sul loro cammino. Un gruppo di soldati, capitanati dal soviet di Ekaterinburg, correva di stanza in stanza. Aveva ricevuto l’ordine di sequestrare l’intera famiglia dello zar, che sarebbe poi stata rinchiusa in prigionia in un altro edificio, in attesa di ulteriori ordini. Il fuggi fuggi generale di tutta la gente che viveva e lavorava a palazzo complicava la missione.
-Papà! Papà!-un grido tenue si levava in mezzo alla folla.
-Presto bambina!-
Anastasia stava correndo a più non posso seguita dalla nonna-Il mio carillon!-di colpo si arrestò e si girò correndo in direzione contraria.
-Anastasia!-Marie non poteva crederci. Ma doveva andare a recuperarla ed uscire al più presto da lì. -Torna qui! Torna qui!-le urlò seguendola. Anastasia non riusciva nemmeno ad ascoltarla perché aveva in mente solo ciò che doveva trovare. Aprì la porta della sua stanza e corse velocemente verso il palazzo delle bambole con il quale passava giornate intere a giocare e si chinò estraendone il carillon che le aveva regalato la nonna giorni prima.
-Anastasia!-Marie era appena entrata anche lei nella stanza quando dei colpi risuonarono vicino. Corse verso la nipote e la agguantò per un braccio. Dovevano fuggire. Al più presto.
In quell’istante da una parete della stanza si aprì una specie di porticina scavata nel muro dalla quale sbucò il viso di un ragazzino. Corse verso di loro e le fece voltare –Vi prego venite! Da questa parte..Dagli alloggi della servitù!-e le spinse verso quel passaggio dal quale era uscito poco prima.
 –Presto Anastasia!-forzò Marie. Ormai le due erano già entrate nel passaggio segreto.
Anastasia risbucò subito fuori-Il mio carillon!- fece disperata. Correndo le era sfuggito di mano.
 –Via! Via!-Il bambino la ricacciò subito dentro chiudendo la porticina alle sue spalle.
Un grido risuonò dall’esterno della stanza-Guardate lì dentro!-.Subito la porta della camera si spalancò ed entrarono tre soldati, fucile alla mano. –Dove sono ragazzo?-
Di tutta risposta il bambino prese in mano un vaso e lo lanciò contro di loro. Uno dei soldati lo colpì allo stomaco con il calcio del fucile stendendolo a terra.
***
-Nonna!-Anastasia stava per mettersi a piangere. Non riusciva più a correre così veloce in mezzo a tutta quella neve.
-Forza! Corri! Corri tesoro!-la incitava Marie tenendola per mano.
Ad un tratto un uomo si parò davanti a loro. Probabilmente il capo militare della spedizione punitiva. Nonna e nipote cercarono di divincolarsi e scappare oltre. L’uomo aveva in mano un fucile e aveva stampato in volto un sorriso che faceva rabbrividire. Anastasia scivolò accidentalmente e l’uomo la prese per la caviglia. -Ah! Mi lasci andare per favore!-supplicava la bambina, colta dal panico. Marie cercava di liberarla dalla presa salda del soldato.
-Tu non mi scapperai ragazzina!-
Ad un tratto il ghiaccio sotto di lui cedette e improvvisamente si ritrovò con le gambe nell’acqua gelida. Nel tentativo di restare in superficie e non sprofondare gli sfuggì per un attimo la presa sulla ragazzina.
-Mi lasci andare!-Anastasia scalciò e riuscì a liberarsi.
Marie e Anastasia corsero a più non posso, temendo che l’assalitore potesse raggiungerle subito.
Il soldato radunò tutte le sue forze. Non voleva morire così. In battaglia certo. Annegato e morto per ipotermia sotto uno strato di ghiaccio per colpa di una ragazzina non poteva permetterselo. Non sentiva già più le gambe. Me la pagherai ragazzina! Dovessi riuscire a scappare me la pagherai.
 
***
 
-Anastasia! Presto! Presto!-Marie incitava la nipote facendosi largo tra la folla. La stazione era affollatissima e a stento riuscivano a passare. Il treno stava partendo. Dovevano raggiungerlo a tutti i costi perché sarebbe stata la loro salvezza. Marie riuscì a salire, sorretta da alcuni uomini. Anastasia però non riusciva a tenere il passo ormai. –Oh!-
Marie se ne era accorta.
-Nonna!-Anastasia ormai aveva il volto rigato dalle lacrime, stremata.
-Su! Prendi la mia mano! Tieniti alla mia mano!-
-Non mi lasciare!-la implorava la bambina piangendo.
Era troppo tardi.  Quelle mani non si trovarono mai. Anastasia cadde a terra. Priva di sensi. La voce che urlava il suo nome era ormai qualcosa di distante e confuso.

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Capitolo 2
*** Speranze ***


Avendo avuto molto tempo questi giorni mi sono voluta dedicare alla continuazione di questa storia. Beh...spero vi piaccia..e se così non fosse non esitate a farmi sapere come potrei migliorarmi. Grazie:)


10 anni dopo


Anche quella volta Vlad era in ritardo. Come sempre. Dimitri stava sbuffando. Era un suo caro amico e gli voleva bene, però in certi momenti lo faceva veramente innervosire. Ma dopotutto era felice quel giorno.  Stava per avere l’occasione che non aveva mai avuto e non se la sarebbe certo fatta scappare. La sua era stata un’infanzia difficile. Persi entrambi i genitori durante l’infanzia aveva sviluppato un carattere ribelle e indipendente. Voleva che tutti lo considerassero già un uomo. I genitori lavoravano come servitori presso la famiglia reale e quando erano venuti a mancare, Dimitri era stato allevato dall’intera servitù. Sebbene tutti gli volessero bene, il suo carattere irrequieto e canzonatorio lo portava ad essere richiamato in continuazione e a scontare punizioni per le sue marachelle. D’altro canto però, Dimitri se la sapeva cavare in ogni situazione. Non c’era poi così molto tempo per stargli dietro. Le faccende quotidiane non si sbrigavano certo da sole. Era solo un bambino, ma ragionava già come un grande. Aveva sempre la risposta pronta per chi gli rivendicava qualcosa e la sua furbizia era superata solamente dalla sua curiosità. Riusciva sempre a svignarsela dai superiori, soprattutto quando doveva svolgere una mansione che odiava, e se la filava correndo per i corridoi del palazzo. Sempre all’erta su chi poteva incontrare. Per lui era un gioco. Una spia che andava in missione. Più volte si soffermava a fissare nascosto in un angolo la vita della famiglia imperiale. Le principesse non gli destavano molta simpatia. Criticava tra sé e sé il loro modo di vestire, di parlare, di atteggiarsi. Ma, forse, ciò che veramente provava era un po’ di sana invidia. Soprattutto del loro rapporto con i genitori. Ma lui non lo avrebbe mai ammesso. Se la sapeva cavare benissimo anche da solo.

E poi era arrivata la rivoluzione. Dopo che i bolscevichi avevano preso d’assalto il palazzo imperiale e l’intera famiglia Romanov era stata assassinata per mano dell’intransigente e intollerante Soviet di Ekaterinburg, il gruppo di servitori che riuscì a salvarsi si disperse nelle campagne e fuori dallo Stato stesso. Dimitri era stato lasciato in balìa di se stesso. Era riuscito miracolosamente a non farsi uccidere dalle guardie giunte a palazzo, svenuto dopo che una di queste l’aveva fatto cadere a terra dopo averlo colpito allo stomaco col retro del fucile. Era rimasto a terra per parecchio. Quando si era ridestato i rumori, gli spari, il vociare della gente erano scomparsi. Solo un silenzio irreale. Il palazzo era stato completamente abbandonato. Era subito fuggito. Solo quando si rese conto che non aveva una meta e nessun posto dove rifugiarsi tornò a palazzo. Riusciva a sopravvivere grazie alle sue scorribande durante il mercato o, alla peggio, s’intrufolava nelle case agguantando ciò di cui aveva bisogno. Solo dopo una settimana aveva incontrato Vlad. Un uomo a cui aveva tentato di sfilare il portafogli. Ma quella volta la destrezza e la fortuna non furono dalla sua parte. O meglio. La fortuna gli seppe sorridere nuovamente. Vladimir aveva lavorato presso la corte imperiale e si accorse di aver già conosciuto quella peste. Dopo aver compreso che il piccolo non aveva nessuno che si occupasse di lui, decise di allevarlo come fosse suo figlio. Vladimir viveva in una piccola casetta a pochi metri dal centro città, troppo stretta anche per lui. Così alla fine Dimitri decise di dormire presso il vecchio palazzo e durante il giorno seguiva Vlad nelle sue commissioni illecite in città. I due erano diventati inseparabili. Ma il carattere di Dimitri non era affatto cambiato dopo quello che era successo. Si cacciava sempre nei guai e le marachelle erano all’ordine del giorno. Vlad era costretto a rincorrerlo costantemente e a tirarlo fuori dai pasticci nei quali si metteva. Crescendo, Dimitri sviluppò sempre di più la sua indipendenza. Certo, Vlad era il suo più grande amico, l’unico su cui potesse contare, ma la voglia di libertà lo seguiva ovunque. Quindi gli anni passavano e Dimitri diventava sempre più autonomo, ma conservando il suo spirito anticonformista e canzonatorio, continuando a richiamare a sé i guai. Vlad sapeva in cuor suo che se avesse lasciato completamente solo quel ragazzo molto probabilmente si sarebbe rovinato la vita troppo presto. E dopotutto se Vlad riusciva a cavarsela egregiamente lo doveva ai loschi piani del ragazzo. I loro proventi economici derivavano ormai dalla loro carriera da delinquenti. Anche se non lo dimostrava, per Dimitri lui era tutto. La sua famiglia. Il suo amico e confidente. La sua spalla.

***

Un fischio attirò l’attenzione di Vladimir. –Vlad!- un sussurro proveniva dietro di lui. Si girò all’istante.
-Dimitri!-disse come se non potesse credere di non averlo notato-Vieni con me!-
Si diressero a passo svelto zigzagando in mezzo alle bancarelle e ai venditori che cercavano di invogliare i passanti all’acquisto. Dopo aver gettato un’occhiata agli indumenti esposti, scomparvero dietro ad una tenda. Erano entrati in un’ampia stanza nella quale vi era riposto di tutto e di più. I frutti della loro vita da furfanti e imbroglioni.
-Bene Dimitri..ho trovato un teatro!-
-Tutto sta andando secondo i piani! Ora ci serve solo la ragazza! Ci pensi Vlad?- Dimitri cominciò a salire precipitosamente una rampa di scale -Basta documenti falsi..basta merce rubata..Avremo tre biglietti per andarcene..- si ritrovarono al piano superiore dove un'altra stanza era stata arredata con gli oggetti delle loro illecite condotte. -Uno per te..- Il ragazzo si voltò verso l’amico gettandogli la mantellina appena acquistata giù al mercato.-Uno per me..e uno per Anastasia!- terminò distendendo il braccio attorno con un’espressione felice in volto. Si mise a piroettare per la stanza coinvolgendo l’amico, non potendo smettere di ridere. Si diresse verso un mobiletto e ne estrasse il carillon che molto tempo prima era appartenuto, seppur per poco tempo, alla principessa Anastasia. Dimitri infatti, dopo averla aiutata a scappare insieme alla nonna durante l’assalto a palazzo,  lo aveva raccolto da terra. Caduto accidentalmente dalle mani della piccola Romanov. Ora sapeva che non se ne sarebbe pentito della scelta. Era da qualche tempo che circolava in giro la voce che Anastasia fosse riuscita a scappare all’eccidio della famiglia imperiale. L’imperatrice Marie, trasferitasi a Parigi, aveva infatti bandito una lauta ricompensa per chi fosse riuscito a riportarle sua nipote. Evidentemente sperava che dopo quella notte alla stazione la sua dolce nipote fosse sopravvissuta e fosse in qualche posto sperduto della Russia. Magari alla sua ricerca. Dimitri non aveva potuto non cogliere l’occasione. Non sapeva se la vera principessa fosse ancora in vita. Non sarebbe stato mai così folle da andare alla ricerca di qualcuno che non sapeva neanche se esistesse e dove fosse. Bastava semplicemente trovare una ragazza che somigliasse abbastanza ad Anastasia. Lui e Vlad l’avrebbero istruita su tutto quello che c’era da sapere sulla famiglia imperiale, avendone lavorato a così stretto contatto. E il portagioie avrebbe confermato all’imperatrice che la ragazza era veramente sua nipote. I dieci milioni di rubli sarebbero stati loro. Non avrebbero mai più dovuto dedicarsi alla truffa e avrebbero vissuto come pascià. Immersi in quello che non avevano neanche mai sognato di possedere. Dimitri già s’immaginava con i soldi in tasca. E poi tutti avrebbero parlato di loro. Di come fossero valorosamente riusciti  a trovare la legittima erede al trono di Russia e riconsegnarla alla sua amata parente. Sarebbe stato così facile! Le loro vite sarebbero cambiate definitivamente. Quella volta in meglio.
 

***

 
A pochi chilometri dal centro di Leningrado, nel piccolo orfanatrofio, le urla dei bambini si sovrapponevano a vicenda-Ciao Anya!-. Bambini e bambine si spingevano cercando di avere un posto in prima fila davanti alle enormi finestre dell’edificio. I nasi incollati al vetro. Tutti si sbracciavano in ampi saluti.
-Ti ho trovato un lavoro nella pescheria. Devi seguire il sentiero finché non arrivi al bivio, poi vai a sinistra..-
-Ciao!-Anya stava ricambiando i saluti dei piccoli amichetti alle finestre.
-Mi stai ascoltando?- la direttrice dell’orfanatrofio si stava spazientendo.
-Ciao a tutti!-poi abbassò lo sguardo e fissò la vecchietta- Sto ascoltando compagna Tossekov- disse con tono di scuse. Di rimando la vecchietta la prese per la sciarpa viola che portava al collo, facendo voltare la ragazza verso l’uscita
-Sei stata la mia spina nel fianco da quando sei arrivata qui..con tutte quelle arie da reginetta..-
-Ciao!-sebbene la direttrice la tirasse per la sciarpa Anya continuava a voltarsi indietro e a salutare i compagni.-
-..mentre sei soltanto un’insulsa acciuga senza nome-continuava imperterrita la vecchia.
Anya riuscì a sfilarsi la sciarpa prima che potesse strozzarla veramente.
-In questi ultimi anni ti ho nutrita, ti ho vestita, ti ho messo..-
Anya dietro di lei mimava i suoi gesti -..un tetto sopra la testa-disse sfinita di quelle insopportabili lamentele. Ormai sapeva la predica a memoria.
La vecchia, che stava armeggiando per aprire il cancello, si voltò di scatto –Come mai non ricordi un fico secco di quello che eri prima di arrivare qui da noi e invece queste cose te le ricordi tutte?-
-Oh..io so benissimo-fece la ragazza di rimando prendendo un ciondolo legato ad una catenella che le pendeva dal collo.
-Ahh…lo so..-la vecchia lo prese in mano leggendone le parole ornate in superficie, anche se ormai le conosceva a memoria-Insieme a Parigi..così ora vuoi andare in Francia a cercare la tua famiglia eh?- le domandò retoricamente.
La ragazza annuì.
La direttrice rise con scherno e la prese per le braccia-Cara signorina Anya è ora che tu prenda il tuo posto nella vita..-la spinse con forza verso l’uscita. -..e che ti metta in coda per il pane e che tu abbia un po’ di gratitudine!-terminò lanciandole la sciarpa fuori dal cancello. –Insieme a Parigi-ripeté la vecchia continuando a ridere sbeffeggiandola. S’incamminò per tornare all’interno dell’edificio tossendo ripetutamente-E ringrazia!-
 

***

-E ringrazia Anya..-la ragazza stava affondando i piedi nella neve tossendo rocamente imitando gli atteggiamenti della sua vecchia direttrice. –Ma certo che ringrazio! Ringrazio di essermene andata!-fece spazientita e alzando gli occhi al cielo.
Per Anya erano stati dieci anni veramente duri. Quando fu accolta all’orfanatrofio era solo una bambina. Una bambina che non ricordava niente del suo passato, di chi fosse realmente e che fine avesse fatto la sua famiglia. Solo una cosa le dava speranza. Il ciondolo che portava al collo. Insieme a Parigi. Ne andava così fiera che lo mostrava continuamente alle sue compagne, fantasticando su chi gliel’avesse potuto dare e sul suo roseo futuro.Chiunque gliel’avesse dato l’aspettava lì. Questa sua certezza le aveva dato la forza per sopportare il pessimo carattere della vecchia direttrice Tossekov. Non aveva mai provato simpatia per lei. Aveva sempre creduto che la odiasse così tanto da poterla buttare fuori in qualsiasi momento se ne avesse avuto l’opportunità. Quando mise piede la prima volta nell’orfanatrofio l’aveva guardata con diffidenza. Aveva sempre creduto che non la sopportasse per il suo carattere particolarmente burlesco, sfacciato e troppo divertente per i suoi gusti. Non una sola volta che l’avesse vista ridere. O sorridere perlomeno. Ma neanche il suo aspetto aveva contribuito a farsi piacere. La direttrice l’aveva subito squadrata malamente. Non le piacevano affatto i vestiti che portava. L’eleganza voleva dire solamente una cosa. Apparteneva ad una delle tante famiglie aristocratiche russe che lei odiava fermamente in quanto cresciuta figlia di semplici operai. Lei sì che aveva dovuto lottare per avere anche un solo pezzo di pane e darsi da fare per aiutare a mantenere la sua numerosa famiglia! Ma questo Anya non poteva saperlo.  E non poteva neanche farsene una colpa. In compenso tutti lì dentro le volevano bene. Le storie che sapeva raccontare a quegli orfanelli riempivano tutti di gioia ed anche se nel suo animo Anya aveva un vuoto che non sapeva colmare,  lo nascondeva sempre perché doveva dar loro il buon esempio. Crescendo era diventata come una mamma per i più piccoli. Non mancava di donare affetto. Perché era la sola cosa che possedeva.
-Ha detto..va a sinistra-continuava a ripetere rocamente. Anya guardò in quella direzione e abbassò lo sguardo-Lo so cosa c’è a sinistra-si guardò le mani -Sarò l’orfana Anya per tutta la vita-lo sguardo spento.
Poi indietreggiò verso il lato opposto. –Ma se vado di qua..forse potrei trovare-. No. Cosa poteva trovare? Non aveva certezza di nulla, figurarsi in che direzione sarebbe andato il suo futuro. Con le mani cercò la catenina. –Chiunque mi abbia dato questo ciondolo doveva volermi bene-. Lo sguardo basso. Gli occhi persi nel vuoto mentre cercava nella sua testa qualche risposta.-Questo è pazzesco!-disse alzando le braccia -Io? Andare a Parigi?- Affondò qualche altro passo nella neve trascinando la sciarpa che penzolava da una tasca dall’enorme cappotto verde oliva. –Mandami un segno!-continuò alzando gli occhi e le braccia al cielo-Un indizio!..Qualsiasi cosa!- terminò spazientita. Era nervosa. E arrabbiata col mondo. In realtà era solo una ragazza smarrita che cercava un minimo di certezze sulle quali contare.  Si sedette ai piedi di un albero. Una mano a sorreggerle il viso. Cosa credeva di fare una volta aver ottenuto la libertà di andarsene dal posto dove aveva vissuto per così tanto tempo? Era cresciuta con la certezza che una volta fuori qualcuno sarebbe stato lì ad aspettarla e a guidarla. Aveva sempre consolato e confortato i suoi compagni con queste certezze. Ora non aveva neppure quella.
Qualcosa stava tirando la sua sciarpa. Anya si voltò sorpresa. Un buffo cagnolino beige e bianco era sbucato da dietro il tronco. –Hey!-Il cagnolino cominciò a correrle intorno con la sciarpa tra i denti. La ragazza si protese per strappargliela di bocca sorridendo  -Hey! Adesso non ho tempo di giocare..capito?. Ma non sembrava la stesse per niente ascoltando. Voleva solamente che lei si lanciasse al suo inseguimento. –Sto aspettando un segno- fece Anya alzando la testa indispettita. Il cagnolino continuava ad abbaiare e a correrle intorno. Poi si fermò un attimo. Anya ne approfittò per fiondarsi su di lui e riavere indietro la sua sciarpa. Ma senza successo. Fu più svelto di lei e Anya cadde a terra. –Dammi qua!- la ragazza si rialzò subito intentando una sorta di lotta contro il cucciolo per strappargliela di bocca.-Ti dispiacerebbe lasciare la mia sciarpa?..Vuoi darmi la mia sciarpa?- Cominciò a girarle attorno e Anya rimase aggrovigliata su di essa. Perse l’equilibrio e ricadde nuovamente sulla neve fresca. Era spazientita. Alzò lo sguardo verso l’irritante cucciolo. Stava aspettando. O comunque sembrava che lo stesse facendo. Aspettava che la ragazza lo seguisse. Anya alzò lo sguardo un po’ più sopra e notò il cartello delle indicazioni a cui aveva dato un’occhiata prima. Ma questa volta il cane non la stava portando verso la pescheria. –Oh magnifico!-disse Anya tra sé e sé-Un cane vuole che vada a Leningrado!-.Il cane mugolava. Perché la ragazza non si muoveva?Anya strabuzzò gli occhi come colta da un’illuminazione.-Ma certo..-finalmente si alzò da terra e raggiunse il piccoletto. -..seguire il suggerimento-e raccolse la sua sciarpa che finalmente il buffo cagnolino aveva abbandonato. Anya lo stava fissando sorridendo mentre lui scodinzolava ed abbaiava come se aspettasse solo lei per iniziare una nuova avventura. E questa volta voleva crederci in quella sua convinzione. Qualcuno la stava aspettando. Toccava a lei fare il prossimo passo. Il suo cuore non poteva deluderla.

***

-Un biglietto per Parigi per favore!-. Anya era alla biglietteria della stazione col cagnolino in braccio.
-Visto d’uscita-le rispose sgarbatamente l’impiegato tendendole la mano.
-Visto d’uscita?-fece Anya perplessa.
-Niente visto d’uscita? Niente biglietto!-replicò urlando l’uomo. Detto questo le sbattè le ante dello sportello in faccia.
Non poteva crederci. Rimase a fissare il vuoto immobile. Assorta nei suoi pensieri. Ora cosa avrebbe fatto? Aveva puntato tutto su quello. Non voleva arrendersi ancor prima di aver cominciato. Un bisbiglio e una mano sulla schiena la fecero  voltare.
- Cerca Dimitri..-le fece una vecchia signora incappucciata in un velo bordeaux  -..lui può aiutarti-
Anya si era incuriosita-Dove posso trovarlo?-le domandò chinandosi per ascoltare meglio le parole sommesse della donna.
Questa si avvicinò all’orecchio della ragazza-Al vecchio palazzo…- si guardò intorno come a controllare che nessuno la stesse ascoltando-..ma non dire che sono stata io a dirtelo-continuò indicandosi.
-Ohhh…-Anya portò avanti una mano con fare rassicurante cercando di far capire che di lei poteva fidarsi.
 –Vai! Vai! Vai!- le comandava sottovoce la vecchietta. Anya si girò. La sua missione sarebbe continuata.
-Dimitri eh?-

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Capitolo 3
*** Ritratto ***


-Carina, carina..molto carina..sì- Dimitri si era appena voltato verso il compare cercando di tenere quel largo finto sorriso.
Vlad cercava di nascondere la sua espressione sconfortata e avvilita dietro alle mani. Entrambi non avrebbero mai creduto che il compito sarebbe stato impossibile. Magari difficile sì. Ma addirittura improbabile? Avevano investito tutto su quell’affare e ora lo vedevano sfumare troppo facilmente. Possibile che nessuna delle ragazze che si presentavano all’audizione somigliassero almeno un po’ ad Anastasia? Non speravano certo di trovarne una sosia. Ma perfino non trovarne una che condividesse qualche carattere in comune?
-Cosa ne pensate?-la voce di una ragazza proveniva dal palco. Vlad sospirò amareggiato.
Dimitri non sapeva che pensare
-Mmh…grazie..grazie..avanti un’altra- e per l’ennesima volta quel giorno dovette cancellare un altro nome dalla lista.
Sul palcoscenico si fece strada un'altra ragazza. O perlomeno qualcuno che assomigliasse vagamente a una ragazza. Completino da scolaretta bianco con ricami blu e capelli raccolti in un fiocco del medesimo colore. Un bocchino bianco e nero alla mano. E tanto trucco. Troppo trucco.
-Eccomi nonna..sono io..Anastasia- recitò ancheggiando sull’ultima parola.
Non potevano crederci. Questo era veramente troppo anche per loro.
-Mamma mia!- Gli occhi di Dimitri erano fissi su di lei. Espressione angosciata e terrorizzata allo stesso tempo. La penna scriveva sul foglio occultando con vigore quel nome. Vlad si accasciò sul tavolino, terribilmente senza speranze. Non avrebbero mai trovato Anastasia.

***

Dimitri stava richiudendo la porta del teatro.
-È finita Dimitri. Rassegnati!- Vladimir stava camminando avanti a lui dando un’occhiata alle carte che aveva in mano e gettandole a terra una ad una per lo sconforto. -L’ultimo copeco è andato per pagare il teatro..- si voltò verso il ragazzo -..e non abbiamo trovato nessuna ragazza che possa fingersi  Anastasia - terminò sbattendogli in faccia l’ultimo foglio che aveva tra le mani. Dimitri gli pose una mano sulla spalla
-La troveremo Vlad. È qui da qualche parte..sotto il nostro naso- fece rassicurandolo. Frugò nella tracolla che portava con sé -E poi non dimenticare..- ne estrasse il carillon mettendolo sotto al naso dell’amico -..uno sguardo al portagioie e l’imperatrice penserà d’avere davanti la vera Anastasia..-
-Oh..mi scusi-fece una ragazza che Dimitri aveva inavvertitamente urtato e che stava chiedendo indicazioni  ad un passante.
 -..e prima che capisca la verità noi saremo a spendere dieci milioni di rubli-.
 

-Da quella parte, ma è abbandonato..e poi è proibito andarci- terminò l’uomo scuotendo la testa.
Anya si voltò nella direzione indicatole. Finalmente era riuscita ad ottenere le informazioni che cercava. Ora sarebbe andata da questo Dimitri, le avrebbe procurato il visto per partire e si sarebbe trovata in poco tempo a destinazione. Non sembrava poi così tanto difficile.
 

***

Procedeva indecisa guardandosi intorno. Il palazzo si ergeva in tutta la sua maestosità. Peccato che fosse stato lasciato così. Tutt’intorno un’atmosfera di desolazione e abbandono. Il silenzio più totale. Erano udibili solo i passi lenti della ragazza seguita dal fedele cagnolino. Mentre Anya cercava di guardare attraverso le finestre opache e ricoperte di polvere e neve,  l’animale s’intrufolò all’interno, tramite una fessura tra alcune assi di legno che erano state poste per chiudere il passaggio.
–Pooka!- Anya si era voltata e non l’aveva più trovato. -Pooka!- ripetè sussurrando e cercando di sbirciare all’interno dell’edificio tramite le fenditure della porta improvvisata. –Pooka dove sei?-socchiuse a malapena gli occhi per cercare di inquadrare qualcosa in mezzo all’oscurità. Non riusciva a scorgere il cagnolino da nessuna parte.  Non aveva altra scelta. Si aggrappò con le mani alle assi di legno e cominciò a tirare verso di lei finché non ebbe successo, e cadde all’indietro.
 

***

Vladimir e Dimitri stavano pranzando in una delle stanze del palazzo, poco più su.  Il fuoco stava crepitando nel camino.
-Hai sentito qualcosa?- domandò il ragazzo al compare mentre stava per versarsi da bere.
-Mmh..no- rispose Vlad con la bocca piena, intento tranquillamente a finire ciò che aveva nel piatto.
Ma Dimitri era sicuro di aver sentito qualcosa. Si alzò dalla sedia in ascolto. Qualcuno li aveva scoperti? O magari erano solamente le solite persone che venivano a chiedere di procurare loro documenti falsi? O semplicemente era stata la sua fervida immaginazione?
 

***

I suoi passi risuonavano per il palazzo. Cominciò a salire lentamente le scale guardandosi intorno, spaesata in quel vuoto enorme. Possibile che il Dimitri che cercava vivesse là dentro?
 –È permesso?- tentò, sfilandosi la sciarpa -Non c’è nessuno qui?-. Eppure la vecchietta le aveva detto che l’avrebbe trovato lì. Le sue parole echeggiavano tutt’intorno. Ad un tratto si sentì abbaiare. Il musetto di Pooka sbucava dall’ultimo gradino. Procedeva a piccoli passi guardandosi intorno come la padroncina. Ancor più spaesato. Anya continuava a salire le scale che portavano al piano superiore e Pooka si affrettava a seguirla. Entrò in un’ampia stanza e fu subito attirata da un lungo tavolo sul quale erano disposti vari oggetti ricolmi di polvere. Dovevano essere là da anni per essere in quello stato. Anya prese a  fissarli con calma. Soffiò la polvere da una specie di piattino e lo prese tra le mani. Le sembrò di vederci un uomo che prendeva e alzava al cielo una ragazzina. Anya spalancò gli occhi. No. Doveva essere stata per forza un’illusione. Non era la prima volta dopotutto. Si spostò ulteriormente verso un altro tavolino, più piccolo.  Fu attirata subito da un enorme vaso bianco ornato da figure che rappresentavano cigni e orsi in successione. Alla sommità, un coperchio che riproduceva due meravigliosi cigni bianchi, sebbene coperti da uno strato di polvere che li rendeva piuttosto grigiastri.
-Questo posto è come..- Anya prese a spolverarlo delicatamente con una mano -..è come il ricordo di un sogno-. Si guardò allo specchio, appeso lì di fronte. Perché sembrava avesse già visto quelle cose? O la testa le stava giocando brutti scherzi o..no evidentemente erano solamente déjà-vu che provenivano dal suo inconscio e riportavano alla luce altri eventi che aveva già vissuto. Si allontanò da quegli oggetti e uscì dalla stanza. Si stava comunque incuriosendo sempre di più. Scesi alcuni gradini si ritrovò davanti ad un salone immenso. Che si ricordasse non ne aveva mai visto uno così grande. Dal soffitto pendevano enormi lampadari di cristallo decorati d’oro. Alle pareti giganteschi dipinti divisi solamente da lunghe arcate, davano un tocco di colore al marmo grigio. La stanza era illuminata a giorno grazie alle maestose finestre ad arco a tutto sesto. Una fila che partiva dal pavimento e un’altra serie di finestrelle più piccole che le sovrastava. Ne rimase stupita. Quella doveva essere stata in passato una grandiosa sala da ballo. Lasciò scivolare a terra il cappotto e i guanti e cominciò a scendere lentamente la scalinata principale. A metà eseguì un regale inchino per poi dirigersi verso il centro del salone. Cominciò a volteggiare in tutte le direzioni fingendo che fosse ad un elegante ricevimento dove tutti avessero occhi solo per lei. I ragazzi venivano a chiederle continuamente di concedere loro un ballo e lei si sentiva la ragazza più felice al mondo. Amata da tutti. Chiudeva gli occhi e immaginava di essere vestita come una principessa, agghindata dei gioielli più preziosi. Ma soprattutto immaginava che la sua famiglia fosse lì. Accanto a lei. Immaginava che suo padre le chiedesse di concedergli l’ultimo ballo e lei si sarebbe stretta a lui dicendogli quanto le voleva bene. Che non si sarebbe mai allontanata da lui. Anya si fermò. Gli occhi ancora chiusi. Stava fantasticando troppo. Le sue illusioni cominciarono piano piano a svanire. Come la sua speranza che tutto ciò fosse reale.
-Ehi!-
Una voce la fece sobbalzare. Aprì di colpo gli occhi e guardò verso l’alto.
-Che cosa ci fai tu qui?- Dimitri la stava puntando col dito.
La ragazza cominciò a correre. Tornò nella direzione da dove era venuta. Impaurita.
-Ehi!- Dimitri cominciò a scendere precipitosamente le scale dal lato opposto nel quale si stava dirigendo la ragazza. Vlad lo seguiva a ruota. I movimenti un po’ rallentati dalla sua robusta corporatura.
Anya corse col fiatone. Arrivata alla prima rampa di scale si fermò un momento per riprendere fiato. Pooka stava abbaiando contro lo sconosciuto che ormai li aveva raggiunti.
-Aspetta!- cominciò Dimitri trafelato. Anya si voltò. –Come sei entrata..- il ragazzo alzò finalmente lo sguardo dopo essersi ripreso dall’inseguimento. Spalancò gli occhi -..qui..-. Era senza parole. Non solo aveva davanti una bellissima ragazza, ma assomigliava straordinariamente ad Anastasia. Capelli scarlatti raccolti in una coda e grandi occhi azzurri. Non poteva credere ai suoi occhi. Aveva cercato in ogni angolo del Paese una ragazza che le somigliasse vagamente e ora quella ragazza si trovava lì. Davanti a lui. Come se il fato avesse provato pena per lui. Anya allargò le braccia sospirando. Cosa avrebbe dovuto dirgli?
Nel frattempo Vladimir aveva raggiunto l’amico, ai piedi della scalinata
 –Scusami piccola..-
Dimitri si riprese dalla visione e dai suoi pensieri
-Vlad! Vedi anche tu quello che vedo io?- disse girandosi verso di lui con un sorriso stampato in faccia.
Vlad cercò di focalizzare la vista verso la ragazza
-No..-                                                     
Dimitri gli abbassò gli occhiali che portava sulla testa. Vlad strabuzzò gli occhi
-Oh..Sì! Sì!-. Avevano fatto centro.
-Sei tu Dimitri?- domandò Anya al ragazzo, stanca di essere guardata così a lungo da quegli sconosciuti.
-Brava..può darsi..- fece lui di rimando, porgendo al compare il cagnolino che aveva preso  poco prima da terra -..dipende da chi lo sta cercando- e cominciò a salire lentamente i gradini.
-Mi chiamo Anya e ho bisogno di documenti di viaggio-. Dimitri le si era avvicinato e lei si sporse un po’ verso di lui, come se dovesse confidargli un segreto
-Mi hanno detto di rivolgermi a te..-cominciò confidandosi a bassa voce e portandosi una mano davanti alla bocca-.. anche se non posso dirti chi me l’ha detto-
Dimitri prese a girarle intorno scrutandola da capo a piedi. Sì. Era perfetta. Certo il vestito color senape che indossava non si addiceva ad una ragazza che avrebbe dovuto fingere di essere di stirpe reale. Ma per quello non c’era problema. Era il suo aspetto fisico che contava. E avrebbe messo senza indugi una mano sul fuoco che l’imperatrice l’avrebbe riconosciuta come sua nipote.
-Ehi! Ehi..perchè continui a girarmi intorno? Sei forse la reincarnazione di un avvoltoio?- tuonò Anya portandosi le mani ai fianchi, seccata da quell’individuo che la stava squadrando come se non avesse mai visto un essere umano.
-Mi dispiace Enya- fece lui di rimando portando avanti le mani in segno di scuse.
-Ehh..Anya!-
-Anya- si corresse distrattamente Dimitri.
-Anya!- ripetè la ragazza puntandogli un dito contro il petto.
-È solo che..solo che tu somigli molto a..- Dimitri stava fissando un dipinto dietro di loro -Mmh..non importa..- fece ritornando a fissare la ragazza -..allora..allora..stavi..stavi parlando di documenti di viaggio?- terminò prendendo Vlad per un braccio e tirandolo verso di sé.
-Mmh..sì..- fece Anya allontanandosi dai due, verso la parete. Poi si voltò -..vorrei andare a Parigi-
Dimitri strabuzzò gli occhi
-Vorresti andare a Parigi?-. Il ragazzo si voltò verso Vladimir che era intanto a giocare e a parlare con il cagnolino.
-Oh..guarda! Guarda! Gli piaccio!- gli disse alzando il cane verso di lui, entusiasmato come solo un bambino poteva essere. Dimitri lo fissò senza speranza
-Bel cagnolino..- lo liquidò con una pacca sulla spalla per tornare a parlare con la ragazza. –Lascia che ti chieda una cosa..Anya..- enfatizzando l’ultima parola per far capire che aveva compreso il suo nome -..giusto?..Hai anche un cognome oltre ad Anya?-
-Beh..a dire la verità forse vi sembrerà assurdo..-iniziò cercando di trovare le parole per spiegare la sua storia -..ma io non conosco il mio cognome..mi hanno trovato che vagavo per strada quando ero solo una ragazza- continuò abbassando la testa con aria triste.
-E..e prima di avere quell’età?- Dimitri si stava incuriosendo.
-Senti. Lo so che è strano, ma non me lo ricordo..ho pochissimi ricordi del mio passato- alzando le braccia in segno di impotenza. Poi riabbassò nuovamente il volto guardandosi le mani.
-Mmh..questo è...perfetto- Dimitri cercò lo sguardo complice dell’amico. Così sarebbe stato ancora meglio. Avrebbero costruito per lei una nuova identità senza dover fare troppo sforzo. Loro sarebbero stati contenti e lei pure, magari.
-Comunque ho un indizio..ed è Parigi- concluse lei  rigirandosi il ciondolo tra le mani.
-Parigi?- ripetè per avere conferma il ragazzo.
-Esatto..- Anya rialzò lo sguardo verso di loro -..allora potete aiutarmi oppure no?-
-Vlad! Vlad!..I biglietti- fece sottovoce Dimitri all’amico. -Certo! Ci piacerebbe! Infatti devi sapere che anche noi andiamo a Parigi..-Dimitri allungò la mano all’indietro per farsi passare i biglietti -e..ed ho tre..- una volta tra le mani li guardò. Il primo non era un biglietto del treno. Era un semplice biglietto per andare a vedere il Circo Russo. -Beh..questo qui non è..-fece scartandolo. –Ma ho..ho tre biglietti qui- Dimitri li stava sventolando sopra le loro teste. Anya col naso all’insù fece un salto per prenderli, ma il ragazzo si ritrasse. -Sfortunatamente..il terzo è per lei..-allungò un braccio indicando l’enorme dipinto dietro di loro -Anastasia!-
Anya fissò nella direzione in cui stava puntando il dito. Una bambina dai capelli ramati con grandi occhioni azzurri, portava un abitino dorato impreziosito da fiocchi e gioielli. Era circondata da un uomo e una donna. Intuiva fossero i suoi genitori. Quelli che lei non aveva mai avuto. O perlomeno non se ne ricordava. Alla sua sinistra  altre tre bambine e un bambino, vestiti anch’essi in abiti sfarzosi. Anya fu interrotta dai suoi pensieri, trascinata per le braccia dai due.
-Noi stiamo per riunire la granduchessa Anastasia con sua nonna..-cominciò Vlad.
-Sai..tu un po’ le assomigli però- continuò il ragazzo indicandola.
-Gli stessi occhi azzurri..-
-Gli occhi dei Romanov!- precisò Dimitri.
-Il sorriso di Nicola- continuò Vlad.
-Il mento di Alessandra!- aggiunse il ragazzo con convinzione prendendole il viso con una mano.
-Guarda!- intervenì Vlad. Anya non sapeva più chi guardare. –Ha anche le stesse mani della nonna!- disse Vladimir prendendole una mano per contemplarla.
-Ha la stessa età, la stessa struttura fisica..-continuava imperterrito Dimitri.
Questo era troppo.
–State cercando di dirmi che pensate che io sia Anastasia?-domandò retoricamente scocciata.
-Sto cercando di dirti che ho visto migliaia di ragazze in tutto il Paese..-fece il ragazzo agitandole il dito davanti agli occhi -..nessuna somiglia alla granduchessa quanto te..insomma..- alzò una mano verso un altro enorme quadro -..guarda il ritratto!-.
Anya lo trovava insopportabile. Perché voleva convincerla a tutti i costi di essere una persona che non era? Entrambi la stavano assillando con questa storia solo per confonderla. Come se non fosse già confusa di per sé. Lei voleva solamente andare a Parigi. Niente più. E ora si trovava a dover affermare di essere una granduchessa solo per ottenere un misero biglietto.
-Avevo capito fin dall’inizio che eri matto- fece battendogli un dito sul petto -Ma ora credo che lo siate tutti e due- terminò indicando anche Vlad, dietro di lei. Si voltò per andarsene.
-Tu non ricordi quello che ti è successo- la raggiunse Dimitri.
-Nessuno sa cosa le sia successo- confermò Vlad avvicinandosi anche lui.
-Tu cerchi dei parenti..a Parigi-
-E gli unici suoi parenti sono proprio a Parigi- lo appoggiava l’amico sollevando una mano verso di lei.
Dimitri le prese le spalle e la fece voltare nuovamente per condurla ancora verso il ritratto
-Hai mai pensato a questa possibilità?-
-Che io appartenga alla famiglia reale?-
I due annuirono sorridenti. Anya abbassò lo sguardo.
–Beh..non lo so..È difficile pensare di essere una granduchessa quando dormi su un pavimento umido..-. Infatti. Era improbabile. Se ripensava che solo quella mattina se n’ era andata da quell’orfanatrofio fatiscente dove aveva vissuto per tutti quegli anni, tutto ciò  le sembrava quasi una barzelletta.   -Ma certo..sì..credo che ogni ragazza sogni di essere una principessa-. Quante volte lei lo aveva fatto! Sognando di indossare eleganti vestiti, vivere a palazzo, andare alle feste e sposarsi con un bellissimo principe. Dopotutto le favole che le raccontavano non potevano che accrescere il suo desiderio.
-E da qualche parte una ragazzina fortunata lo è- le sussurrò Vlad mentre lei stava contemplando immobile la figura della principessa Anastasia sul ritratto. Dimitri stava cominciando a spazientirsi. Possibile che fosse una ragazza così testarda? Guardò l’orologio. Stavano perdendo tempo inutilmente e non erano giunti a nessuna conclusione. Non erano ancora riusciti a smuoverla.
-Del resto mia cara, il nome Anastasia significa..sorgerà di nuovo..-
-Ci piacerebbe davvero aiutarti, ma il terzo biglietto è per la granduchessa Anastasia- fece Dimitri intromettendosi tra i due e prendendo Vladimir per un braccio. Stavano per andarsene. Anya sospirò. Guardò ancora il ritratto sperando che potesse trovare una risposta ai suoi problemi.
-Buona fortuna- le disse Dimitri alzando un braccio in segno di saluto e si allontanò poi assieme all’amico.
 

-Perché non le racconti il nostro ingegnosissimo piano!- fece sbuffando Vlad quando si furono allontanati abbastanza perché la ragazza non potesse sentirli. O il suo amico era ammattito di colpo o aveva lasciato perdere quella ricca opportunità. Optava per la prima opzione.
-Quello che vuole è andare a Parigi. Perché rinunciare a un terzo della ricompensa?- gli rispose il ragazzo sussurrando.
Doveva ricredersi. Il suo amico non era impazzito. Aveva trovato una soluzione migliore a ciò che avevano architettato all’inizio. Ma allora perché se ne stavano comunque andando lasciando lì la ragazza?
 -Dammi retta! Stiamo mollando troppo presto!-
-Non preoccuparti. Ho tutto sotto controllo.- lo tranquillizzò Dimitri particolarmente rilassato.  Vladimir non riusciva proprio a capirlo. La sua espressione dimostrava che era particolarmente scettico.
-Adesso rilassati. E cammina più piano- fece appoggiandogli una mano sulla spalla per rallentarlo.
 

Anya continuava a contemplare il ritratto. Passò una mano sulla figura che rappresentava la piccola granduchessa, che nel quadro compariva assieme ad una donna. Non era la stessa che aveva visto nell’altro dipinto. Probabilmente doveva essere sua nonna. L’imperatrice. Improvvisamente le venne in mente qualcosa. Certo! Poteva tentare perlomeno.
La ragazza urlò il suo nome
-Dimitri!-
-Ah! Bene! Questa volta è nelle nostre mani!- festeggiò Vlad, incredulo, sfregandosi le mani. Dimitri piegò il braccio in segno di vittoria.
-Dimitri! Aspetta!- continuava la ragazza da sopra la scalinata agitando il braccio.
-Mi hai chiamato?- fece il ragazzo voltandosi e facendo finta di non aver sentito nulla.
-Se non ricordo chi sono allora perché non potrei essere una principessa, o una duchessa, o chessoio..giusto?-
-Mhuh..continua..- riprese il ragazzo. Vladimir dietro di lui guardava la ragazza non molto convinto.
-Sì! E se non sono Anastasia l’imperatrice sicuramente lo capirà subito..e sarà un errore onesto- terminò Anya incrociando le braccia orgogliosa di aver trovato quella soluzione.
-Sembra plausibile-
-Ma..se tu fossi la principessa..- la raggiunse Vlad puntandole un dito al petto -..allora finalmente sapresti chi sei e ritroveresti la tua famiglia!- terminò allargando il braccio attorno, piuttosto allegro.
-Mhh..sì lo sai? Ha ragione!- ribattè convinto Dimitri indicandola -E comunque vada arriveresti a Parigi-
-Giusto!- fece Anya sorridendo e stringendogli la mano.
-Ahh!-. Che stretta di mano era quella? Non certo di una ragazza perché gliel’aveva quasi stritolata.
Dimitri finse di dover presentarla
-Ho il piacere di presentarti sua altezza imperiale..la granduchessa..Anastasia!-. La sua voce echeggiò per tutto il salone.
-Pooka ce ne andiamo a Parigi!- fece Anya prendendo in braccio il cane tutta felice.
-Ahhh..il cane resta!-
-Niente affatto il cane viene!- ribattè Anya contestandolo.
-No no..il cane non viene!-
-Io dico che viene!- continuò irritata.
-Sono allergico ai cani!-
Ma quella volta l’ebbe vinta lei.

***

Viktor stava sorseggiando della vodka seduto al tavolino della sua stanza. In mano aveva l’ultima copia del quotidiano. Anastasia è viva! Il titolo in grassetto prendeva gran parte della pagina. Appena sotto, centrata, una foto della piccola granduchessa. Dei brividi di odio gli percorsero la schiena. Da un mese a quella parte era stato il suo pensiero fisso. Il tavolino era ricoperto di carte. Fogli che riguardavano possibili avvistamenti della principessa ormai diventata ragazza. Nessuna foto lo convinceva. E lui sapeva riconoscere più di chiunque altro i volti delle persone. E da una parte questo lo faceva imbestialire. Come era possibile che lui, proprio lui, ai vertici dell’OGPU, la polizia segreta del regime sovietico, non fosse riuscito a concludere ancora la cosa? Era entrato nella Ĉeka alla sua creazione nel 1917, fondata per combattere i nemici del nuovo regime russo, sotto Lenin. Era un fervido oppositore del regime monarchico e sin dall’inizio aveva appoggiato la causa bolscevica e la dittatura del proletariato. Quando l’armata rossa aveva deciso di portare a termine una soluzione intransigente per l’intera famiglia imperiale e affidare il compito alla Ĉeka, Viktor ne fu particolarmente entusiasta. Purtroppo non poté prendere parte all’esecuzione, poiché era impegnato altrove. Non aveva mai saputo perdonarsene.  E venire poi a sapere che i numerosi ĉekisti richiesti per l’operazione si erano rifiutati in massa di provvedere alla fucilazione dell’intero nucleo familiare e che l’azione era stata affidata alla fine ad una squadra di ex prigionieri austriaci e ungheresi, lo fece vergognare immensamente. Non riusciva a credere che un’organizzazione come la sua avrebbe perso l’onore per farsi prendere dai sentimenti. Se ci fosse stato lui al comando questo non sarebbe successo per niente. Ma dopo che gli erano giunte voci sulla sopravvivenza della giovane granduchessa non aveva pensato ad altro. Indelebile era il ricordo di quel giorno. Quando era andato a palazzo per sequestrare i membri della famiglia imperiale. Il suo ego ne uscì terribilmente ferito. Un flashback di lui che annaspava con le gambe nell’acqua gelida gli offuscava la mente. Tutto per colpa di quell’insolente bambina viziata! Fortunatamente in questione di minuti riuscì a salvarsi quella volta. Se solo fosse rimasto qualche secondo in più sarebbe morto assiderato. Ma aveva perso una gamba a causa delle gravi lesioni intercellulari provocate dal gelo. L’arto era stato colpito da gangrena e aveva dovuto inevitabilmente farselo amputare. Per di più il suo corpo era entrato in ipotermia moderata. Fu un periodo veramente difficile. Non riuscì facilmente a riprendersi dopo l’accaduto. Solo perché aveva dovuto rincorrere quell' orribile creatura nel ghiaccio.
Dei colpi alla porta lo fecero sobbalzare e riportare alla realtà.
-Avanti!-
Entrò un uomo minuto, biondo, dalla carnagione alquanto chiara
-Signore! Abbiamo novità!- fece dirigendosi verso di lui e porgendogli sotto il naso alcune fotografie.
Viktor le prese in mano e le confrontò. In silenzio.
-Le hanno fatte alcuni nostri uomini verso le prime ore del pomeriggio alla stazione di Leningrado-
Viktor, ancora intento a scrutare attentamente le foto, alzò lo sguardo verso il compagno.
-Siamo rimasti sbalorditi dalla somiglianza, signore, e abbiamo raccolto ulteriori informazioni -continuò l’uomo porgendogli altri fogli che aveva in mano -I due tipi che stanno con lei sono dei fuorilegge che agiscono da tempo in città. Da qualche tempo stavano facendo audizioni per trovare una ragazza che le assomigliasse, al vecchio teatro. E sembra che abbiano trovato quella giusta- fece guardandolo fisso negli occhi. -Qui i nostri uomini hanno raccolto tutto quello che le potrebbe servire-
-Grazie Adrian- rispose freddo Viktor annuendo.
-Signore- fece congedandosi. Richiuse la porta dietro di sé.
Gli occhi fissi nuovamente su quel volto. Le avrebbe fatte analizzare. Ma non c’era dubbio. Una spia come lui lo percepiva a pelle. Non poteva sbagliarsi. Era lei. Questa volta avrebbe avuto la sua vendetta.

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Capitolo 4
*** Folle corsa ***


Il treno stava sbuffando. Tutt’intorno la neve attenuava ogni altro rumore.  Anya guardava fuori dal finestrino della cabina passeggeri. Ammirava il paesaggio imbiancato, immersa nei suoi pensieri. Per la prima volta stava lasciando la città dov’era sempre vissuta e, sebbene avesse passato maggior parte della sua adolescenza rinchiusa in quell’orfanatrofio, Anya lì si sentiva protetta. Ora stava per avventurarsi in qualcosa che le era nuovo. I due tipi con i quali stava viaggiando non la convincevano molto, ma se quella era l’unica opportunità per ritrovare parte di sé, delle sue origini, allora avrebbe rischiato.
Pooka fissava la padroncina, sdraiato sul sedile davanti a lei. Il tenero musetto seminascosto tra le zampe. Anya si era voltata un attimo e quando incrociò i suoi teneri occhioni puntati su di lei non poté trattenere un sorriso. Alla fine doveva ammettere che era anche grazie a quel cane che ora si trovava in viaggio per Parigi. Non sarebbe stato poi così male. Dimitri era appena entrato nella cabina, valigia alla mano. Dopo averla riposta nel ripiano sopra le loro teste, si stava per sedere affianco al finestrino, davanti alla ragazza. Un ringhio lo fece sobbalzare.
-Mmh..vuole stare anche davanti al finestrino?!- si era pentito di aver ceduto così presto alle richieste della ragazza di portarlo con sé.
Pooka, come se avesse inteso il tono sarcastico del giovane, abbaiò fiero. Dimitri si sedette rassegnato accanto alla ragazza. Anya si stava rigirando il ciondolo tra le mani.
-Smetti di giocare con quel ciondolo..e stai dritta, ricordati..sei una granduchessa- fece alzando le mani in segno di disapprovazione, come se fosse una cosa ovvia. Anya lo guardò storto
-Come fai a sapere quello che fanno o non fanno le granduchesse?- disse incrociando le braccia.
-Saperlo è il mio lavoro- gli rispose con fare vanitoso.
-Ahh..- Anya sospirò. L’espressione piena di sarcasmo. Si comportava come un bambino che voleva stare al centro dell’attenzione. Ritornò a giocherellare con la catenina, fingendo di ignorarlo.
-Senti Anya..- riprese allora il ragazzo gesticolando -..sto solo cercando di aiutarti. Capito?-
Vlad, che era intento a scrivere sul suo quadernetto degli appunti, alzò gli occhi al cielo. Possibile che quel ragazzo non riuscisse a contenersi almeno un po’?Sembrava che i suoi insegnamenti non l’avessero toccato per nulla. Gli era rimasto il vizio di parlare troppo.  Anya ruppe il silenzio
-Dimitri..-
-Mmh-
-Tu mi credi davvero una granduchessa?- gli domandò voltandosi verso di lui.
-Lo sai benissimo- Dimitri allargò le braccia per farle notare l’evidenza della cosa. Anya si avvicinò ulteriormente al suo viso
-E allora smettila di darmi ordini!- tuonò irritata.
Dimitri si lasciò sprofondare nel sedile con un’espressione stizzita in volto. Nessuno gli aveva mai risposto in quel modo. E ora si ritrovava ad essere zittito, per dipiù da una donna! No. Era solo una ragazzina insolente. Tra tutte le ragazze che aveva visto, proprio lei doveva assomigliare così tanto a quella dannata granduchessa?! Già sapeva che non l’avrebbe sopportata per molto.
-Ahhh..di sicuro ha un bel caratterino- commentò Vlad distogliendo l’attenzione da ciò che stava facendo.
-Odio questo in una donna!- ribadì Dimitri aggiustandosi il cappotto, infastidito.
Anya, che aveva lo sguardo rivolto dall’altra parte si voltò per fargli una linguaccia. Aveva messo a tacere Mister saputello. Questa cosa la rendeva particolarmente compiaciuta. Il viaggio cominciava a piacerle. Vlad estrasse un foglietto da una tasca dietro il giaccone e segnò un altro punto per lei.
Anya 21 - Dimitri 3.
 

***

Viktor aveva dato loro precise indicazioni. Era la sua occasione e non poteva in alcun modo mandarla all’aria. Ma dopotutto si fidava dei suoi uomini. L’organizzazione non era conosciuta per fallire così facilmente. Erano uomini preparati a cose ben più gravi e pericolose di quella futile missione. Dopo i dovuti accertamenti sull’identità della ragazza,  Viktor aveva convocato una riunione dei membri più fidati dell’OGPU. Non voleva coinvolgere l’intera polizia segreta. Era più un affare personale che un affare di Stato. Anche se aveva fatto leva sulla seconda opzione. Aveva comunicato ai suoi uomini che avevano effettivamente rintracciato la vera Anastasia e che quindi era riuscita a salvarsi da morte certa. In quanto legittima erede al trono avrebbe sicuramente, una volta ricongiunta con la nonna, l’imperatrice Marie, rivendicato la sua famiglia e il potere imperiale sull’intera Russia. Loro avevano il dovere di fermarla al più presto per non permettere che la nuova situazione che era venuta a crearsi venisse ribaltata da una semplice ragazzina, che avrebbe riportato in ballo questioni del passato ed instaurato la monarchia come avevano fatto i suoi predecessori. Inutile dire che ciò fu abbastanza per poterla considerare una minaccia per il nuovo regime.
Dopo che lo avevano informato sul suo avvistamento alla stazione di Leningrado, Viktor aveva subito mandato alcuni uomini a controllare la situazione. Aveva ordinato ad un gruppo di salire sullo stesso treno che aveva preso la ragazza e ad un altro di piazzarsi in alcuni punti lungo i binari. Viktor, spia da troppi anni per essere un novellino inesperto, poteva mettere la mano sul fuoco che i due ladruncoli che viaggiavano insieme alla ragazza possedessero visti falsi, avendo ottenuto e analizzato attentamente i loro profili,  e non fossero venuti a conoscenza delle nuove modifiche apportate appena un mese prima dal governo a proposito dei documenti d’identità. In questo caso, appena si fossero accorti del cambiamento, si sarebbero sicuramente rifugiati in capo al treno per cercare di sviare i controlli. In quella circostanza i suoi uomini, dopo aver intimato il capotreno di saltare giù da questo, avrebbero staccato la carrozza nella quale viaggiavano, allontanandola dal resto del treno. La sala macchine, incustodita, avrebbe fatto prendere velocità al mezzo. Nel qual caso il treno non fosse deragliato spontaneamente, i suoi uomini sul posto avrebbero fatto saltare uno dei tanti ponti previsti lungo il tragitto. Doveva sembrare un incidente. Non un semplice omicidio. Viktor sapeva di aver ideato un piano infallibile, e di questo ne era fermamente orgoglioso. La sua felicità smorzava solamente nel fatto che a causa delle sue condizioni fisiche, ancora una volta non avrebbe potuto mettere fine ai Romanov. Dopo la perdita della gamba aveva dovuto spostarsi continuamente su una sedia a rotelle e dire addio alle spedizioni punitive in giro per il Paese e in nazioni estere. Aveva dovuto occuparsi di cose più noiose a parer suo. Amministrazione e analisi delle documentazioni. Ma lui amava il suo compito. Non l’avrebbe mai lasciato per nulla al mondo. Solo che lei lo aveva rovinato. E meritava la morte.
 

***

Anya era rimasta sola nella cabina. Stava leggendo un libro su Parigi. Voleva documentarsi per bene prima di arrivarci. Era immersa completamente nella lettura quando Dimitri entrò schiarendosi la voce e sedendosi di fronte a lei. La ragazza rimase con lo sguardo fisso sul volume.
-Senti..credo che siamo partiti col piede sbagliato- cominciò Dimitri incerto. Anya alzò lo sguardo
-Sì lo credo anch’io- e ritornò a nascondere il volto dietro al tomo.
-Bene-
-Ma gradirei le tue scuse- continuò Anya spostando nuovamente gli occhi dal libro.
-Le mie scuse?- Dimitri la guardò sbigottito -No! Chi ha parlato di scuse?- fece ondeggiando l’indice per tradurre letteralmente le sue parole. Lui scusarsi? Per cosa poi? Era lei che gli aveva risposto sgarbatamente quando lui aveva voluto semplicemente darle dei consigli. Quella ragazza poteva meritare delle scuse solo nei suoi sogni. Era lei piuttosto che doveva scusarsi per come si era comportata poco prima. Non riusciva a credere che trovasse ancora il coraggio di andare avanti con le sue scenate dopo che lui aveva proposto una tregua. –Stavo solo dicendo che noi..-
-Ti prego non dire altro Dimitri..finiresti soltanto per farmi arrabbiare- s’intromise la ragazza con espressione supplichevole. Sembrava proprio un bambino. Un bambino che voleva aver ragione a tutti i costi e non riusciva ad ammettere che aveva sbagliato.
-Ok..starò zitto. Se starai zitta anche tu!- le rimproverò lui.
-D’accordo..starò zitta- gli rispose assecondandolo sarcasticamente lei, incrociando le braccia al petto e poggiando i piedi sul sedile davanti, poco distante da lui.
-Bene-
-Bene-
-Bene!- controbattè Dimitri, il corpo in tensione, girato completamente verso di lei, fortemente irritato.
-Bene!- terminò Anya lanciandogli un’occhiataccia e voltandosi subito dopo verso il finestrino. Silenzio. Anche questa battaglia l’aveva vinta lei.
Poi ruppe la pausa silenziosa, colta dai ricordi, che avrebbe voluto condividere ardentemente con qualcuno. Non certamente però con quel ragazzo impertinente e odioso che si ritrovava davanti
-Ne sentirai la mancanza- azzardò rivolta ancora verso il finestrino.
-Di che cosa? Delle tue chiacchiere?- tuonò sarcastico. Ancora non gli andava giù che quella donna la riuscisse a scampare così facilmente.
-No!- ribattè Anya prontamente. Poi distolse lo sguardo
-Della Russia-. A lei mancava già. Dimitri sospirò, lo sguardo basso
 –No-. Ma sapeva di mentire. Almeno un po’.
-Ma era casa tua-. Anya si era rigirata verso di lui. La malinconia e i ricordi le si leggevano negli occhi.
-Era un posto in cui vivevo..fine della storia- tagliò corto facendole segno con le mani che era storia chiusa. Certo. Era il posto in cui viveva. Il luogo dov’era cresciuto, nel bene e nel male. Ma non aveva mai avuto una casa tutta sua. Non aveva potuto mai assaporare pienamente l’affetto di una vera famiglia. C’era lui. E basta. Certo doveva ammettere che l’avevano aiutato, ma nel suo animo restava comunque un vuoto incolmabile.
-Quindi ora dovrai fare di Parigi la tua nuova casa-. La ragazza lo riportò al presente.
-Ehi! Ma che cos’è questa mania delle case?- ribattè  nuovamente irritato, incrociando le braccia e allungando le gambe sul sedile davanti a sé.
-Tanto per cominciare è una cosa che desiderano tutte le persone normali..- Anya si era alzata, piuttosto infuriata per le sue risposte senza senso. Cercava di passare urtando le gambe del ragazzo, che la guardava noncurante, deciso a non farla avanzare.
-E secondo punto poi..-
Dimitri non desisteva. Continuava a guardarla beffardo senza muoversi di un centimetro. Anya decise allora di passare salendo sopra ai sedili
-..è una cosa in cui tu..- Anya gesticolava sempre più resa nervosa da quel suo atteggiamento indifferente -..ma lascia perdere- terminò, alzando le braccia al cielo come se non ci fossero speranze di cambiare quel tipo odioso.
-D’accordo- Dimitri si era alzato voltandole le spalle.
Se la testa di Anya avesse potuto emettere del fumo l’avrebbe soffocato. Un fumo nero, intenso. Un nero-odio. In quell’istante Vlad comparve sulla soglia. Il cagnolino in braccio.
-Ohh…grazie a Dio sei tu! Ti prego toglimelo da davanti agli occhi- tuonò Anya disperata, indicando Dimitri dietro di lei.
-Che cosa le hai fatto?- gli rimproverò Vlad. No. Non era affatto cambiato. Gli sembrava di rivedersi anni fa quando doveva rimproverarlo continuamente, sortendo effetti per pochi giorni o meno.
-Io?- fece Dimitri voltandosi di scatto con gli occhi spalancati. Possibile che Vlad non si fosse accorto di quanto la ragazza fosse presuntuosa e arrogante? –È lei!- tuonò di rimando puntandola col dito.
-Ahhh!- Anya sbuffò alzando le mani al cielo. Nera in volto. Non ce la faceva più a sopportare i piagnistei di quel ragazzino. Doveva uscire. Altrimenti gli sarebbe saltata addosso per la rabbia. Quando ebbe richiuso la porta a scomparsa dietro di lei, i due rimasero soli. A Vlad venne da ridere. Sembravano due bambini che litigavano, ma che dopotutto si volevano un gran bene. Non poteva trattenere il riso all’idea.
-Ohh..un’attrazione segreta!- disse rivolto verso il cane che aveva alzato in aria. Dimitri s’irrigidì e si voltò di scatto
-Attrazione?!- Si chiedeva se avesse sentito bene ciò che l’amico aveva appena pronunciato -Per quella mocciosa?..Ma hai perso la testa!- tuonò scansandosi e uscendo dalla cabina.
-Ho fatto solo una semplice constatazione- terminò rivolgendosi sorridente al cane. Ma Dimitri non lo stava più ascoltando
-Attrazione?!..Ridicolo!- sussurrò tra sé allontanandosi nel corridoio.

***

Vlad stava girovagando per il treno. Ricontrollava continuamente i documenti per assicurarsi che non avesse tralasciato nulla nella compilazione e sembrasse tutto autentico.
-Il mese scorso i documenti di viaggio erano blu- spiegava un uomo ad una signora indicando le carte -adesso sono rossi-.
Vlad, che passava lì accanto, s’immobilizzò, sperando di aver compreso male. Si voltò verso la coppia. Oltre le loro spalle poteva vederne i documenti tra le mani. Erano stampati in inchiostro rosso. Tornò a riguardare il suo. Un brivido di terrore gli percorse la schiena. Come aveva potuto non accorgersene prima? Per una volta che era sicuro di avere tutto ciò che gli serviva con sé dovette ricredersi. Fece dietro-front  e  si precipitò verso la sua cabina, continuando ad urtare chiunque stesse venendo verso la sua direzione. Aveva su di sé gli sguardi torvi dei passeggeri, infastiditi da quella sua rude maniera. In lontananza poteva già sentire il controllore
-Biglietti prego-
Dovevano filarsela. E alla svelta. Arrivò trafelato facendo scorrere la porta. Anya stava dormendo tranquillamente avvolta dal suo giaccone. Dimitri si era seduto a distanza. Non poteva che ringraziare che stesse dormendo e non potesse usare quella sua maledetta linguaccia.
-Ecco quello che detesto di questo governo- fece Vlad cercando di restare calmo. Dimitri, assorto nei suoi pensieri, alzò subito lo sguardo.
-Anche il visto deve essere rosso!- Vlad gli aveva messo il documento davanti agli occhi.
-Rosso?!- Dimitri si alzò immediatamente sgranando gli occhi. Incredulo.
-Propongo di andare verso il vagone bagagli prima che arrivino le guardie-
Dimitri stava radunando le valigie. Ne porse una all’amico
-Altro che vagone bagagli..dovremo scendere!-
Vlad uscì mentre Dimitri cercava di ricordarsi di prendere tutto. Ci mancava solo questa! Non che non fossero mai stati sul punto di essere arrestati, ma ora che avevano in mente il grande colpo non avrebbero dovuto essere così sprovveduti. Avrebbero dovuto saperlo fin da principio che il nuovo governo avrebbe trovato da ridire anche su cose come quella. Sul colore dei documenti. Il rosso. Il simbolo del comunismo. Non aveva parole. Scosse la testa per scacciare quei pensieri e si voltò verso la ragazza. Ancora immersa nel sonno.
-Anya! Anya! Hey!- le sussurrava smuovendola dolcemente.
Di scatto si levò un bracciò e Dimitri urlò per il dolore
-Ahh!- si lasciò cadere sul sedile a fianco. Gli aveva accidentalmente colpito il naso con la mano. Si teneva il viso tra le mani mentre gemeva per la botta subita . Gliel’aveva colpito così forte che gli sembrava bruciasse. Anya, ancora assonnata, comprese
 -Ohhhh..scusa..credevo fossi un altro e invece sei tu..- recitò in tono mieloso, nient’affatto dispiaciuta di avergliela fatta pagare -..e invece sei tu..beh allora nessun problema- terminò sarcastica voltandosi per prendere il cappotto.
-Forza! Dobbiamo andare!- Dimitri la prese per una mano, le valige sotto braccio, dirigendosi verso l’uscita.
-E dove andiamo?-
Dimitri stava già percorrendo il corridoio
-Ma mi hai quasi rotto il naso!- continuò lamentandosi, portandosi una mano al volto.
Anya sospirò. Per l’ennesima volta non poteva che pensare che quel tipo sapesse solo piagnucolare
-Gli uomini.. sono così bambini!- sbuffò tra sé e sé aggiustandosi il cappotto prima di raggiungerlo.
 

Dimitri stava varcando la soglia, subito dopo Vlad
 -Ahh..sì..sì- fece gettando una prima occhiata al vagone -Qui andrà benissimo-
Anya richiuse la porta dietro di sé  facendola cigolare.
-Congelerà qui dentro- sussurrò Vlad all’amico tenendosi le braccia per scaldarsi.
-Si scongelerà a Parigi- controbattè il ragazzo alzando lo sguardo sorridendo, mentre stava armeggiando con i bagagli.
Anya si era voltata e solo allora si era accorta di dove i due l’avessero condotta
-La carrozza bagagli?!- affermò stupita.
Sui loro visi si dipinsero dei falsi sorrisi di giustificazione. Non avevano attenuanti.
-Non è che per caso i tuoi documenti avessero qualche problema..genio?!- continuò la ragazza in tono beffardo. Quel ragazzo era il più stupido che avesse conosciuto.
-Ma certo che no vostra grazia- le rispose Dimitri trattenendo un finto largo sorriso -solo che io- fece strappandogli la valigia dalle mani -io detesto vedervi mescolata a tutta quella comune plebaglia- continuò sarcastico indicando la porta.
 

Un tonfo li fece sobbalzare. La parete del vagone era stata squarciata di colpo. I due furono sbalzati a terra.
-Che cosa è successo?- urlò Dimitri, sommerso dai bagagli che gli erano caduti addosso.
Vladimir era riuscito a tenersi in piedi. Ciò che aveva davanti agli occhi gli sembrava impossibile
-Non lo so! So solo che il vagone ristorante si sta allontanando!-
-Che aspetti ad alzarti?!- inveiva la ragazza, non riuscendo a rialzarsi se lui fosse rimasto sopra di lei.
-Ci sto provando! -tuonò Dimitri cercando di spostare la pesante valigia che lo costringeva a terra.
Anya scalciava continuamente. Se fosse stata nella sua posizione lei sarebbe già stata in piedi a quell’ora. Ma era un maschio ottuso. Doveva avere pazienza. Vlad guardò fuori dall’oblò che dava verso i vagoni che trainavano quel che era rimasto del treno. Sgranò gli occhi
-Ehh..Dimitri?-
-Che cosa?!- si era appena rialzato da terra e si stava aggiustando i pantaloni.
-Credo che la locomotiva stia dando in escandescenza!- lo sguardo ancora rivolto verso l’esterno. Dalla locomotiva piovevano tutt’intorno getti incandescenti. Aprì la porta che dava su di essa. Dimitri lo raggiunse e salì sulle giunture che collegavano i due vagoni.
-Qualcosa non va!- disse lanciando il giaccone alla ragazza, che lo prese al volo.
Dimitri saltò sul vagone davanti a loro, facendo presa su alcune maniglie che gli permisero di arrampicarsi sulla sommità
-Aspettatemi lì..vado a vedere!- urlò per farsi sentire. Riuscì a rimanere in equilibrio sopra il tetto del treno imbizzarrito. Più si avvicinava alla sala macchine più il calore si faceva quasi insopportabile. Vi saltò dentro e dovette subito coprirsi gli occhi con un braccio per evitare di essere colpito dalle schegge incandescenti che zampillavano dappertutto
-Non c’è nessuno!- tuonò sorpreso. La lancetta del termostato stava salendo inesorabilmente e improvvisamente esplose. Dalla caldaia un getto di fuoco e fumo si riversò nella cabina.
-Ahhh!- Dimitri urlò proteggendosi con entrambe le braccia, ricadendo all’indietro.
 

-Stiamo andando troppo veloci!- urlava Anya notando che il treno sfrecciava ad una velocità pericolosa.
Dimitri saltò giù improvvisamente dal vagone antistante
-Non c’è nessuno alla guida del treno!- entrò precipitosamente voltandosi verso i due -Dovremo saltare!- urlò. Corse verso un lato del treno e spinse con forza la lamiera di metallo.
-Hai detto saltare?- gli domando Anya preoccupata. Vlad era alquanto turbato. Ma Dimitri non le rispose. Intento ad aprire completamente il passaggio. Sotto di loro una distesa d’acqua. Stavano attraversando un ponte.
-Dopo di te!-
Dimitri non aveva bisogno del suo sarcasmo proprio in quel momento
-Bene! Allora staccheremo la carrozza!- fece rivolto verso di lei.
Vlad si stava tenendo aggrappato alla parete, il viso nascosto dall’altra mano. Il suo pessimismo e la sua paura lo stavano divorando.
-Presto! Dammi un martello..un’ascia..qualsiasi cosa!- comandò Dimitri all’amico mentre era piegato sui raccordi.  Vlad stava armeggiando in tutta fretta con una cassetta degli attrezzi che aveva trovato lì vicino
-Tieni!- fece passandogli un martello.
Purtroppo gli attacchi erano stati precedentemente saldati con cura.
Dimitri stava battendo contro il ferro senza risultati. Era tutto inutile. Pooka continuava ad abbaiare, attirando l’attenzione della sua padroncina. Anya spalancò gli occhi. Bella soluzione! Il cane stava proprio sopra ad una cassa che avrebbe fatto al caso loro. Esplosivi.
La testa del martello si staccò dal manico, che restò nelle mani del ragazzo
 -Avanti! Ci sarà qualcosa meglio di questo!- obiettò. Anya gli tese una mano. Il ragazzo si voltò immediatamente. In mano aveva un candelotto di dinamite
-Ottima scelta!- fece sorpreso prima di posizionarlo tra le fessure dei collegamenti.
-Via..via..via..via!-
Tutti e tre si precipitarono in fondo al vagone dietro ad una piramide di bagagli.
-Che cosa ti hanno insegnato in quell’orfanatrofio?- le fece sarcasticamente Dimitri facendole scudo con le braccia. Poi avvenne l’esplosione. Tutt’intorno prese fuoco. Dimitri si precipitò a spegnerlo usando la sua giacca. Vlad era corso ad afferrare il freno
-Il freno è bloccato- gridò preso dalla disperazione.
-Com’è possibile?-
Vlad, un’espressione angosciata in viso, teneva tra le mani ciò che rimaneva dei comandi del vagone.

***

In lontananza le fiamme erano ben visibili. Dovevano adottare il piano B. E non dovevano fallire. Il capo sarebbe andato su tutte le furie. Avevano piazzato degli ordigni per l’intero ponte. Tutto era stato calcolato minuziosamente. Ancora pochi secondi, avrebbero aspettato che i vagoni si avvicinassero ulteriormente e poi l’avrebbero fatto saltare.
-Siete pronti?- domandò uno di loro. Gli altri risposero di sì in coro. Alcuni li vide annuire entusiasti. Tra le mani i detonatori.
-Bene..ancora un attimo- disse tra sé e sé l’uomo che aveva parlato poco prima -Ora!-urlò a pieni polmoni.
 

***

-Niente paura..non abbiamo ostacoli davanti..Finiremo col fermarci- Dimitri stava rassicurando i due sorridendo. Era il primo a voler crederci.
Di colpo un boato risuonò per l’intera valle. I tre furono nuovamente sbalzati a terra. Quando si risollevarono i loro occhi fissavano avanti, terribilmente angosciati. Ciò che vedevano, anzi, che non vedevano, era il ponte. Era stato completamente distrutto.
-Stavi dicendo?- fece Anya al ragazzo, senza staccare gli occhi da quell’orrore.
-Ho un’idea Vlad!- Dimitri, dopo lo shock iniziale, si precipitò dall’altro lato del vagone, prendendo tra le mani una catena che aveva notato poco prima a terra -Dammi una mano con questa- terminò trascinandosela dietro.
Purtroppo Vladimir era caduto accidentalmente, proprio in quell’istante, dentro ad un’enorme cassa lì vicino. Anya non poteva starsene lì con le mani in mano. Si diresse verso il ragazzo.
-Passami la catena!- Dimitri cercava di restare appeso dietro la carrozza, allungando una mano a fatica verso l’alto. I binari sotto di lui e il vagone che continuava a stridere producendo scintille.
-Non tu!- urlò quando vide che a passargli la catena non era Vlad, ma la ragazza.
-Vlad al momento è occupato!- ribattè. Possibile che anche in quella situazione in cui rischiavano di morire pensasse alle loro controversie? Dimitri rassegnato prese la catena e la fissò a dei ganci sotto la carrozza. Il treno procedeva senza arrestarsi. Cominciavano a staccarsi pezzi da sotto. Dimitri stava per perdere l’equilibrio, avendosi dovuto spostare per schivare i pezzi di metallo.
Fortunatamente una mano lo sollevò. I due si ritrovarono faccia a faccia. Occhi negli occhi. Dimitri era sicuro che se lei avesse avuto l’occasione di fargliela pagare sarebbe stata proprio quella. Ma l’aveva salvato. Aveva seriamente creduto di non farcela. Il fiato corto. Un tonfo sordo li fece voltare. Dimitri ancora trattenuto dalla mano di lei. Rami si erano schiantati sulle rotaie dove erano passati qualche secondo prima.
-E pensare che potevi essere tu!-
Dimitri si riprese e saltò dentro al vagone. Si sistemò i vestiti, ancora incredulo
-Se ce la caveremo..ricordami di ringraziarti-
 

-La nostra unica..possibilità!- Dimitri fece cadere pesantemente l’altro capo della catena. Anya lo aiutava a trascinarla. La specie di ancora attaccata ad essa doveva impigliarsi alle rotaie. A questo punto avrebbe rallentato, se non fermato, la folle corsa del vagone. Ma le rotaie non ressero alla trazione e si ruppero, alzandosi in aria e facendo deragliare quel che era rimasto del treno. Il carro si scosse terribilmente e si portò in posizione orizzontale rispetto al binario. I tre furono scaraventati violentemente a terra. Fortunatamente riuscirono subito a ristabilirsi e a portarsi immediatamente davanti allo squarcio enorme della carrozza. Anya, in mezzo ai due, li prese sotto braccio, Pooka tra le mani di Vlad.
-Beh...questa è la nostra fermata!- I tre si scambiarono un veloce sguardo prima di saltare giù. La neve fresca attutì il colpo.
La locomotiva e la carrozza rimasta procedevano a folle velocità verso il burrone che era venuto a crearsi. Un forte stridio rimbombava nelle loro orecchie. Silenzio.
Poi un  enorme boato seguito da fuoco e nuvole di fumo che si sollevavano nell’aria, gettando scintille incandescenti. Ancora seduti a terra, non riuscivano a capacitarsi di essere sopravvissuti a quello che per loro poteva essere l’ultimo viaggio. Poi, lentamente, si risollevarono.
-Odio i treni!- ruppe il silenzio Dimitri -Ricordatevi di non salire mai più su un treno!- ammoniva indicandoli. Che ricordasse non aveva mai rischiato così tanto.  Aveva avuto una tale paura! Ma cercò di mantenersi lucido e calmo. Non poteva farsi vedere debole davanti a loro. E poi, dopotutto, chi li aveva salvati da quella situazione se non lui con le sue brillanti idee?

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Capitolo 5
*** Perduta ***


Anya sbuffò. Stavano camminando da ore in mezzo alla neve e non ce la faceva più
-Andremo a piedi fino a Parigi?-
-In Germania prenderemo una barca- le rispose Dimitri in tono sdolcinato.
-Ah..allora andremo a piedi fino in Germania?-
-No vostra grazia..prenderemo un autobus- continuò assecondandola. Come pensava di arrivare a Parigi camminando? Era pazza.
-Un autobus?- fece lei sorpresa. Non era mai salita su un autobus.
Dimitri annuì.
-Mmh..molto carino- commentò lei. Quel viaggio cominciava a piacergli. D’altro canto tutto le sarebbe potuto piacere dopo essere scampata alla morte.

***

La neve aveva lasciato spazio ad un ambiente molto più accogliente.  Il clima sembrava quasi mite. I tre si erano fermati per riposare lungo un sentiero in mezzo ai campi. Tutt’intorno il verde predominava. Alberi giganteschi li rinfrescavano con la loro piacevole ombra. Un ruscello scorreva accanto a loro. L’acqua limpida scrosciava dolcemente.

-Sophie! Mia cara! Il tuo Vladì sta per tornare!- gridava Vlad guardando al cielo. -Chi è Sophie?- domandò subito la ragazza, seduta sopra ad una valigia con il suo cagnolino in braccio,  voltandosi verso Dimitri, in piedi accanto a lei.
-Chi è Sophie?!- Vlad, che stava piroettando allegro, una corona di fiori intrecciata sulla testa, poco distante, si voltò di scatto -È un tenero dolce bocconcino..- fece avviandosi saltellando verso di loro.
-Vlaad!- Dimitri sapeva dove sarebbe andato a parare.
Cercava di sbracciarsi dietro la ragazza facendo gesto all’amico di tagliare il discorso. Purtroppo Vlad non lo stava per niente guardando.
-..una tazza di cioccolato caldo dopo una passeggiata nella neve- continuava sognando ad occhi aperti.
Dimitri si precipitò verso di lui cercando di fermare le sue fantasticherie, rivolgendo un finto sorriso di scuse alla ragazza che non capiva perché lo infastidisse così tanto.
-Vlad! E smettila di parlare di Sophie!- gli rimproverò tirandolo per un braccio.
-È un profumato pasticcino ripieno di crema e guarnito con panna montata- Vlad gli mise una mano sulla schiena e con l’altra gli prese una mano, come se dovessero ballare un tango, e gli fece eseguire un casquè. Dimitri ora penzolava sotto lo sguardo perplesso della ragazza
-Sta parlando di una persona o di un bignè?- gli fece, a poca distanza dal suo viso.
-È l’affascinante cugina di primo grado dell’imperatrice!- rispose Vlad pieno di gioia, rialzando Dimitri di scatto che perse l’equilibrio e volò a terra.
-Ma…credevo che saremmo andati dall’imperatrice in persona..-
Vlad non la stava ascoltando. Era troppo immerso nei pensieri della sua amata, improvvisando un balletto di felicità.
-Perché andiamo a trovare sua cugina?- fece avvicinandosi a lui senza ottenere risposta. Si girò incrociando le braccia –Dimitri!- intonò in modo provocatorio.
-Beh..- cominciò gesticolando cercando di trovare le parole -non si può arrivare all’imperatrice senza prima aver convinto Sophie..-.
Cercò di assumere un’espressione ingenua ed innocente, sfoderandole un largo sorriso.
-Oh no! Non io!- sbuffò Anya alterata alzando le braccia al cielo e incamminandosi dalla parte opposta -No! Nessuno mi aveva mai detto che avrei dovuto PROVARE di essere la granduchessa!- tuonò contro di lui.
Dimitri non sapeva cosa dirle per cercare di arginare la situazione
-Senti io..-
-Presentarmi certo! Essere carina d’accordo - fece avanzando furiosa verso di lui, costringendolo ad arretrare -..Ma mentire?!-
-Non sai se è una bugia! E se fosse vero?- le disse avvicinando il viso in tono di sfida.
Anya sospirò e gli dette le spalle nuovamente.
-E va bene!- continuò Dimitri prendendola per un braccio e facendola voltare -Non è che una tappa nel viaggio per scoprire chi sei-.
Anya lo guardava infuriata.
-Pensavo che per te fosse importante andare fino in fondo prima di rinunciare- affermò come se stesse per lanciarle una sfida.
-Ma guardami Dimitri!- gli rispose prendendo i lembi strappati del vestito che indossava -Non sembro esattamente quella che si chiama una granduchessa!-.
Detto questo si allontanò sbuffando.
Dimitri era rimasto lì a guardarla, infuriato. Ma dopotutto doveva riconoscere che aveva ragione. Non sembrava una principessa. Ma non solo nei vestiti, anche nei modi rozzi di comportarsi.  Però doveva ammettere che aveva visto poche donne possedere una bellezza così intrigante. Alla fin fine lui e Vlad avrebbero solo dovuto smussare quella ragazza per farla diventare un diamante. Un diamante che avrebbero consegnato nelle mani dell’imperatrice, ed in cambio se ne sarebbero comperati di gioielli!
 

Vlad era sul ponte in legno lì vicino. Anya lo raggiunse e lui la accolse sorridendo, porgendole una rosa. Lei contraccambiò un dolce sorriso. Si appoggiarono entrambi alle travi di legno, fissando il ruscello sotto di loro.
-Dimmi bambina..che cosa vedi?- le domandò sorridendole, mentre prendeva l’inseparabile cagnolino in braccio.
-Che cosa vedo?..Vedo un’insignificante nullità..senza un passato e senza un futuro- disse triste con lo sguardo basso, gettando la rosa in acqua.
Non sapeva più chi era. Che cosa ci facesse lì. Era partita per quel viaggio speranzosa. Ma chi voleva ingannare? Lei non era certo una granduchessa. Si trattava di mentire. Fin dall’inizio. Dimitri poteva raccontarle quello che voleva, ma non era convinto neppure lui in fondo che lei fosse la vera Anastasia. Si sentiva persa come non mai. Anche all’orfanatrofio aveva avuto dei periodi parecchio malinconici nel pensare ai suoi veri genitori e alla sua famiglia, ma dopotutto era circondata da compagni fantastici che le ridavano subito il sorriso. Ora era sola. Certo, c’erano quei due tipi con lei. Ma più che compagni di viaggio che l’aiutavano a raggiungere una meta che sembrava sempre più lontana, come avrebbe dovuto definirli? Per non parlare di quel Dimitri che le faceva ogni volta dare il sangue alla testa! Non poteva tornare indietro e aveva paura del futuro. Non si ricordava quasi nulla della sua infanzia prima di entrare nell’orfanatrofio. Quindi si trattava di mentire.
-Ahhh..io vedo una giovane donna. Combattiva e fiera- fece prendendole il viso con una mano -Che in alcune occasioni ha dimostrato un cipiglio regale pari a qualsiasi nobile del mondo-.
Anya alzò lo sguardo verso di lui, tentando un sorriso di ringraziamento.
-Anch’io ho conosciuto la mia parte di nobiltà..Vedi mia cara..- si guardò in giro come se dovesse raccontarle un importante segreto -Io ho avuto la fortuna di fare parte della corte imperiale- disse battendosi il petto orgoglioso.
Anya ricambiò il sorriso dimostrandosi sorpresa.
-Allora? Sei pronta a diventare la granduchessa Anastasia?- le domandò sorridente Dimitri, mettendosi al suo fianco.
Vladimir sbottò. Quel ragazzo  non cambiava mai! Quando si trattava di parlare per gli altri era veramente una frana. Quasi sembrava fosse un egoista senza scrupoli. Anya alzò gli occhi al cielo e si allontanò, prima di rispondergli a tono.
-Ma che ho detto?- fece a Vlad allargando le braccia con fare innocente.
Dopo averlo fulminato con lo sguardo, Vlad si voltò verso la ragazza
-Laggiù non ti è rimasto più niente mia cara- fece indicando la parte da dove erano venuti -Ora è tutto…a Parigi-
Anya si fermò. Doveva ammettere che aveva ragione. Non aveva più nessuno in Russia. Poteva sempre tentare di trovare il suo futuro in Francia e, se proprio non fosse riuscita nell’impresa, almeno ci aveva provato. E poi, lei non si arrendeva. Mai.
-Signori…- iniziò voltandosi -cominciate pure la lezione!- disse distendendo le braccia in segno di resa.

***

Era a letto, sotto le coperte. Avevano deciso di sostare in una locanda per la notte. Anya ripensava alle giornate che aveva trascorso. Doveva ammettere che aveva passato veramente dei bei momenti spensierati insieme a loro. Non ci avrebbe mai creduto. Da quando aveva desistito, e quindi accettato, di essere istruita alle maniere regali per somigliare maggiormente ad Anastasia, Anya aveva vissuto delle esperienze singolari. Le venne da sorridere quando si ricordò di quando era salita sul retro di un furgoncino. Vlad e Dimitri che cercavano di istruirla, mentre tentava di  mangiare, seduti in mezzo a covoni di paglia e maiali. Lei ne aveva anche uno di fronte per la verità. Le scappò un altro sorriso. Non poteva togliersi quell’immagine dalla mente. Dimitri che era cascato da cavallo ed era finito nel fango. Tanto per restare in tema. Quanto aveva riso. Se ne era rialzato coperto completamente. Se lui l’avesse potuta raggiungere l’avrebbe gettata nella melma anche lei. Purtroppo, o per fortuna, un cavallo è più veloce di un uomo. Anya si era rifiutata di scendere finché Vlad non gli aveva ordinato di andare a farsi un bagno.
Ma c’era anche il Dimitri dolce. Si era dovuta ricredere in parte su di lui. Quando voleva sapeva comportarsi da vero galantuomo. Non tutte le volte aveva l’aria da saputello. Anzi. In alcuni momenti sembrava che si dimenticasse di cosa stesse parlando perché non trovava più le parole per continuare il discorso. Sorrise nuovamente. Per fortuna nel buio della stanza nessuno poteva vederla. E poi sapeva ascoltarla. Ormai gli aveva raccontato così tanto dei suoi anni rinchiusa in quell’orfanatrofio. Delle sue paure, delle sue speranze, dei suoi sogni. Diventò subito triste. Un po’ perché erano dei ricordi che le suscitavano malinconia e poi perché..sapeva così poco di lui. Strano che non avesse accennato alla sua infanzia e alla sua vita. Forse era lei che non gli aveva lasciato tempo per parlare. D’altro canto aveva così bisogno di qualcuno a cui raccontarsi. E quando ci si metteva doveva riconoscere che non la finiva più. Emise un leggero risolino. Doveva comunque ammettere che quei due tipi formavano un duo davvero divertente. Per riuscire a farle memorizzare più cose possibili s’inventavano delle scenette che non potevano che risultare comiche. Perché non si erano comportati così fin dall’inizio? E poi non riusciva a non prendere in giro scherzosamente Dimitri. Sembrava essere ritornata bambina. Quando faceva a gara di smorfie e linguacce con i suoi amichetti dell’orfanatrofio. La Tossekov la rimproverava sempre che quelle non erano cose da vedere ad un signorina. Ma lei se ne infischiava. Come faceva con tutto il resto. E poi per la prima volta era salita in sella ad una bicicletta. Anya stava sognando ad occhi aperti ripercorrendo le stradine di campagna che aveva attraversato. Come le piaceva stare all’aria aperta! I suoi occhi stavano cominciando a chiudersi. Le palpebre pesanti. L’indomani avrebbero preso un autobus che li avrebbe condotti in Germania, dove avrebbero preso una nave. Anya si sentiva euforica ed impaziente. Come una bambina che non vedeva l’ora che passasse la notte perché i genitori le avevano promesso di portarla da qualche parte. Si girò di lato sistemandosi le coperte. Quella notte i suoi, dopo tanto, furono dei sogni meravigliosi.

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Capitolo 6
*** Ricordi pericolosi ***


La nave solcava dolcemente le acque. Il fischio sordo della “Tasha” squarciava il silenzio, mentre nuvole di fumo salivano dagli alti fumaioli. Il cielo si era tinto di rilassanti sfumature giallo-rossastre. Il tramonto all’orizzonte era spettacolare.
 
Anya e Dimitri erano sotto coperta
-Ecco ti ho comprato un vestito!- le disse sventolandole davanti un grazioso vestito celeste, bordato di bianco ai polsini. Anya rise
-Mi hai comprato..- alzò l’ampia gonna dell’abito sbirciandoci dentro -..una tenda!-
-Ma che cosa stai cercando?- le domandò perplesso attraverso l’altro capo dell’abito.
-Il circo russo..dovrebbe essere ancora qui- fece guardandolo negli occhi ironica.
Trovava sempre da ridire su tutto.
-Piantala- protestò gettandoglielo tra le mani -Avanti! Provalo!-.
Che ragazza sfacciata! Per una volta che aveva pensato a lei! E non lo aveva neppure ringraziato. Salì le scale di corsa. Si fermò un attimo solo per voltarsi. Scosse la testa e sbuffò. Ma chi le capiva le donne?
Anya lo guardò salire in silenzio. Poi prese a volteggiare tenendo il vestito sopra il suo, per vedere come le sarebbe potuto stare. Era stato gentile. Doveva ammetterlo ancora una volta. Era da anni che non riceveva un abito nuovo. All’orfanatrofio era costretta ad usare quelli che non andavano più bene alle compagne più grandi, solo rare volte c’erano dei soldi per acquistarne di nuovi. E quelli vecchi si sostituivano solamente quando erano presi veramente in pessime condizioni. E come aveva fatto a sapere che l’azzurro era il suo colore preferito? Non vedeva l’ora di vederle come le stava addosso.

***

Lo stridio dei gabbiani in lontananza si mescolava al rumore rilassante delle onde. Dimitri e Vladimir erano concentrati al massimo. Chini sulla scacchiera. Vlad fece la sua mossa muovendo la pedina bianca
-Scacco matto!-
Dimitri scosse la testa. Forse non si stava concentrando abbastanza. Anya era appena salita ed era dietro di loro. Si schiarì la voce.
-Che meraviglia!- fece Vlad alzandosi di scatto e allargando le braccia. Dimitri quasi prese un colpo dalla reazione dell’amico. -Stupenda!- continuò a complimentarsi.
Dimitri si era voltato. Non sembrava neppure lei. Quella ragazza che si divertiva a tormentarlo da giorni. Doveva ammetterlo. Era bellissima. Aveva i capelli raccolti con un nastro dello stesso colore del vestito e una cintura legata in vita. E poi era così radiosa. Vlad si diresse verso di lei tendendole una mano
-Ahh…e adesso siete perfetta per aprire le danze. Perciò dovrete imparare a ballare..non vi muovete- Vlad trascinò il ragazzo per un braccio, ancora immerso nella visione che si trovava davanti -Dimitri-
-Ehehemh..io..- Dimitri non se la sentiva proprio di ballare subito con lei. Era piuttosto imbarazzato. E poi lui odiava ballare. Non perché non gli piacesse, ma non aveva mai imparato realmente a farlo. E dare prova della sua goffaggine proprio davanti a lei non era il suo massimo desiderio.
-..io non sono molto bravo- cercò di scusarsi preventivamente sorridendole imbarazzato. Appoggiò una mano sul suo fianco e le prese delicatamente la mano, mentre lei gliela mise sulla spalla e cominciarono a muovere qualche passo. Vlad teneva il tempo con le mani
-Eee..un, due, tre..un, due, tre...No no…Anya non devi guidare tu. Segui lui- fece indicandolo. Poi si spostò sorridendole.
I due giovani si guardarono. Dimitri le sorrise timidamente e le porse la mano. Si sentiva già piuttosto in soggezione. Era strano per un tipo abbastanza logorroico come lui. Ma era una strana situazione se pensava alle litigate che ci aveva fatto prima insieme. Eppure ora davanti a lui sembrava che ci fosse tutt’un’altra ragazza. Dimitri ruppe il ghiaccio
-Il vestito è molto carino-
-Lo credi davvero?- gli domandò piegando lievemente la testa di lato.
-Sì..senti..era carino sulla stampella..ma..addosso a te sta ancora meglio-.
Si ricordava di quando erano passati in città. Anya si era fermata a fissare tutte le vetrine dei negozi ammirando gli abiti stupendi indossati dai manichini. Lui si divertiva a prenderla in giro dicendole che il suo vestito sbrindellato la faceva sembrare meglio una principessa. Ma in quel momento lo credeva veramente. Si era alzato terribilmente presto quella mattina. Non aveva neppure fatto colazione ed era uscito nel piccolo centro, aspettando che i negozi aprissero. Aveva già visto quello che voleva. Quando ci si era soffermato davanti non aveva potuto pensare che a lei. Doveva scusarsi  per come si era comportato. E così non ci aveva pensato su due volte prima di acquistarlo. Uno stupendo color azzurro. Come i suoi occhi, pensava. Sperava solo che non avesse fatto un’altra sciocchezza e non le piacesse. E invece eccola lì. Davanti a lui, mentre danzavano sul ponte della nave, dipinta di celeste.
-Dovresti indossarlo- continuò facendole fare un’ampia giravolta.
-Lo sto indossando- fece lei tornando verso di lui.
-Certo è vero..è vero..certo..- disse imbarazzato. Si accorgeva che stava facendo discorsi terribilmente senza senso. Le parole gli venivano a mancare -..io..io..stavo solo cercando di farti un..-
-Complimento?- azzardò Anya finendo il discorso.
-Ma certo..sì-
Poi finirono la conversazione e stettero entrambi in silenzio, mentre continuavano a volteggiare. Occhi negli occhi.
Dimitri doveva ricredersi sul fatto della danza. Non sembrava così difficile. O forse era lei che era così una brava ballerina. Probabile. Solo che sembrava una cosa così naturale. Le lanciò un timido sorriso e lei ricambiò. Non riusciva a notare nessun segno di permalosità e contestazione nei suoi occhi. Ma era sempre la solita Anya. Eppure ora che le stava vicino provava una strana sensazione. Non era né odio né disprezzo. Non sapeva spiegarlo.
Anya sorrideva leggermente. Era felice, ma non voleva farlo notare troppo.  Piroettava tra le sue braccia e i flashback ritornavano alla sua mente. Dimitri che voleva convincerla a tutti i costi di essere una granduchessa. Dimitri che disprezzava i suoi modi e le sue idee. Dimitri che non smetteva di sbeffeggiarla. Ma ora davanti a lei sembrava esserci un’altra persona. Il Dimitri gentile, premuroso, timido e dolce. Non avrebbe mai smesso di danzare. Sarebbe andata tranquillamente avanti per tutta la sera. Era tra le sue braccia ed era come se il tempo si fosse fermato. Come se non avesse più una meta. Come se tutto ciò che la rendeva felice fosse già lì a portata di mano. Una strana sensazione.
I due rallentarono i movimenti.
-Mi sento un pochino..- come poteva definirlo? -..strana-
-Ti gira la testa?- le domandò gentilmente, sorridendole.
-Sì..- Le sembrava veramente che il paesaggio attorno a lei si muovesse in modo strano. E poi sentiva quel lieve, cupo dolore allo stomaco.
-Anche a me…sarà tutto questo volteggiare..- continuò arrestandosi. –Forse..dovremmo fermarci-
Anya lo guardò confusa
-Ma ci siamo fermati-
Si rendeva conto che le sue parole uscivano dalla sua bocca come se il suo cervello non fosse connesso e non gli permettessero di fare un discorso sensato. Si era perso nuovamente nel blu dei suoi occhi. Si rendeva sempre più conto di quello che aveva trovato ridicolo fino a pochi giorni fa. Lei che lo aveva messo a zittire fin da quando si erano conosciuti. Lei che pretendeva di avere sempre la parola e sapeva rispondergli a tono. Lei che lo stuzzicava e lo prendeva in giro. Lei. Che lo aveva ammaliato. Come poteva odiarla ora?
-Anya..io..- le disse socchiudendo gli occhi per un istante.
-Sì??-
Dimitri la guardò nuovamente negli occhi e si avvicinò leggermente, richiudendoli. Anya fece lo stesso. Erano sul punto di avvicinare le loro bocche quando Pooka abbaiò, facendo ridestare Dimitri. In un secondo capiva che non poteva farlo. Allontanò il  viso dal suo, gli occhi che cercavano di mascherare la sua tristezza
-Stai..stai andando benissimo- terminò dandole alcune pacche leggere sulla mano, come se la stesse incoraggiando. E se ne andò. Anya, che era rimasta lì, con il naso all’aria e gli occhi chiusi, si ridestò terribilmente sorpresa. Le sembrava che stesse per succedere qualcosa. Perché allora l’aveva lasciata lì, immobile e spaesata, senza dirle altro oltre che a complimentarsi per i suoi progressi nella danza? Oltre a girarle la testa sembrava che non riuscisse a collegare la sua strana reazione.
 
Vlad aveva visto la scena seduto più in fondo, teneva Pooka con una mano. Poteva scommettere che il “suo ragazzo” provasse qualcosa per lei. Aveva notato il modo in cui ballavano stretti. E poi lo conosceva bene. Quando a Dimitri piaceva una ragazza smetteva di fare così tanto lo spavaldo com’era di solito. E in quei giorni non poteva fare a meno di notare che il suo carattere sembrava essere cambiato in meglio. Allora perché l’aveva lasciata così in malo modo, in piedi, immobile al centro del ponte? Anche se non la conosceva così tanto bene, Vlad sembrò rimanerci male per lei.

***

Era calata la notte. Dimitri stava già dormendo alla ben e meglio disteso per terra, su un materasso, in un lato della cabina. La testa su una valigia, avvolto da una leggera coperta. Anya e Vlad erano ancora svegli. O meglio. Vlad stava per prendere sonno seduto per terra, di fianco alla ragazza.  Entrambi privi di sonno si erano messi a chiacchierare, ma ora Vlad sembrava avere le palpebre troppo pesanti. Anya si stava pettinando i capelli, dolcemente. Vlad sembrava già russare, la testa ricadeva più volte in avanti.
-Ohhh..ti senti bene?- gli domandò la ragazza avvicinandosi con la testa.
-Bene..bene- tossì.
Anya continuò a spazzolarsi lentamente i capelli.
-Sono solo pieno di invidia..guardalo lì..- fece indicando Dimitri, già sprofondato nel sonno. -Riesce a dormire in qualsiasi situazione!-
Come se il ragazzo avesse sentito che stavano parlando di lui, si rigirò sul materasso, facendo cadere con i piedi la tracolla, poco distante, che portava sempre con sé. Pooka, che stava curiosando all’interno, cadde anche lui. Ma qualcos’altro era rotolato per terra.  Pooka lo prese tra i denti, scodinzolando, e lo porse alla ragazza. Anya lo prese tra le mani. Socchiuse a malapena gli occhi cercando di inquadrarlo. Perché le sembrava di aver già visto quell’oggetto?
-Bel portagioie vero?- le fece Vlad, sorridendole mezzo assonnato.
-Un portagioie? Sei sicuro che sia un portagioie?-. Le sembravano familiari le sfumature verdi e dorate. Le sembrava quasi di percepire una cantilena sprigionata dallo strano oggetto.
-E cos’altro potrebbe essere?-
-Beh..qualcos’altro..qualcosa di…speciale!- continuò rigirandoselo tra le mani. Era quasi certa di averlo già visto. Ma quel possibile ricordo rifiutava di emergere alla sua coscienza. Le sembrava quasi più un piccolo carillon che un portagioie, ad esserne sincera. Qualcosa lo faceva risplendere ai suoi occhi come se fosse avvolto da un’aura magica. -Che magari ha a che fare con un segreto..-
Pooka le faceva il solletico leccandole le dita dei piedi. Anya rise.
-È possibile?- fece voltandosi verso Vlad.
-Beh..tutto è possibile- le stava dicendo mentre cercava di raggiungere, salendo sopra al comodino, il letto in alto, dove avrebbe dormito lui. -Tu hai insegnato a Dimitri a ballare il valzer o sbaglio?-
Anya rise. Già. Se era riuscita in quell’impresa cosa poteva essere impossibile? Batté le mani per far avvicinare il cane e prenderlo con sé. Era ora di andarsene a letto. Posò il cagnolino sopra la coperta, ai piedi del letto. Sollevò le coperte e si coricò sotto. Vlad spense le luci emettendo un lungo sbadiglio
-Dorma bene granduchessa-
Il peso di Vlad fece sprofondare il materasso sopra di lei. Anya lo ricacciò alzando la gamba, sorridendo. Poi prese il cane tra le braccia
-Buonanotte Pooka- gli sussurrò accarezzandolo. Si addormentò col sorriso.

 ***

Suo fratello, vestito con un abito sullo stile marinaro, le faceva segno con la mano di seguirla. Era una stupenda giornata di sole e lei se ne stava tranquillamente a godersela, distesa in mezzo al verde. Mille farfalle si alzavano in volo dai fiori, volteggiando accanto a lei. Portava un fresco abito bianco con ricami azzurri. Le dispiaceva doversi alzare. Stava così bene distesa al caldo torpore estivo. Ma se suo fratello la stava chiamando aveva sicuramente qualcosa di curioso da mostrarle. Risalì la collinetta di rocce.
-Andiamo!- la spronava il bambino davanti a lei, impaziente. Anya saltellava contenta in mezzo al sentiero erboso. Adorava sentire le naturali risate del fratello. Arrivarono ad un tronco d’albero messo orizzontalmente. Le sue tre sorelle la stavano salutando particolarmente divertite
-Vieni! Vieni qui con noi!- fecero prima di saltare giù dal dirupo.
 

Ma quella non era la realtà. Era solamente un sogno. Un sogno che l’aveva portata a vagare sul ponte della nave, in mezzo ad una furiosa tempesta. Un sogno pericoloso.
Anya aveva sempre sofferto di sonnambulismo fin da bambina. Era di notte che si manifestavano i ricordi del passato. Gran parte della sua infanzia non era stata cancellata. Risiedeva ancora nel suo inconscio. E quando si svegliava ricordava poco o niente. Ma non erano sempre sogni belli. A volte erano incubi. Incubi nei quali vedeva la sua famiglia morire. Incubi di dolore e distruzione. E fortunatamente, a parte una grande paura iniziale, non potevano farle altro male. E c’erano delle notti nelle quali, inconsciamente, si alzava dal letto e vagava per le stanze dell’orfanatrofio. Le prime volte le sue compagne di stanza prendevano una tale paura che si nascondevano sotto le coperte, immobili. In seguito, quando la direttrice ebbe spiegato loro il problema che la ragazza aveva, tutte le volte che la vedevano alzarsi la riportavano a letto, non prima di essersi messe a ridere. La Tossekov non sopportava doversi caricare anche di questa responsabilità. La prima volta che l’aveva trovata di notte, fuori dalla sua stanza, mentre stava perlustrando la cucina, le urlò contro pensando che stesse rubando qualcosa dalla dispensa. Con il tempo la situazione migliorò.
Ma ora stava accadendo di nuovo. Anya aveva gli occhi chiusi e stava cercando di tenersi in equilibrio mentre la nave era percossa dal vento e dal mare in burrasca. La pioggia cadeva fitta. I fulmini illuminavano il cielo a giorno. Ma lei non se ne accorgeva. Aveva un sorriso stampato in faccia.
 
Pooka abbaiava a più non posso. Si era accorto dell’assenza della padroncina e stava cercando di svegliare Dimitri,  completamente assorto nel sonno.
-Che c’è?..Che c’è?..Che succede?- domandava assonnato, gli occhi socchiusi, cercando di levarselo di torno con il braccio. Il cane continuava a latrare.  –Pooka!- tuonò prendendolo in braccio -Pooka che c’è?-. Poi volse lo sguardo verso il letto a castello. Un lampo illuminò la stanza. Il suo letto era vuoto. -Anya?-. A Dimitri prese un colpo -Anya!-. Si precipitò alla porta lasciandosi scivolare la coperta nella corsa. Nella foga andò a sbattere contro la parete laterale del corridoio. -Anya!- gridava salendo le scale furiosamente. La fitta pioggia cominciò a bagnarli i vestiti e a colpirgli il viso.
 
Anya si era appesa con una mano ad una fune ed era salita sul bordo laterale della nave. Ma lei non era coscientemente lì.
 

Si stava tenendo ad una corda fiorita.
-Ciao raggio di sole!- Suo padre le sorrideva dal basso. Stava facendo il bagno con le sue tre sorelle. L’acqua sembrava tiepida. Il sole vi si rifletteva, facendola brillare.
-Ciao!- salutava lei ridendo da sopra quella specie di scogliera.
-Anastasia vieni con noi!- le gridava una delle ragazze.
-Vieni in acqua!- le faceva segno suo padre.
-Tuffati!-
-Vieni in acqua! Salta!
-Tuffati!- continuavano senza demordere.
-Eccomi!- saltò suo fratello dopo aver preso la rincorsa. Si schiantò in acqua con un tuffo che bagnò tutti loro. Lei rise. Dal basso continuavano ad urlare il suo nome
-Anastasia!-
 

-Anya!-
Dimitri riusciva a stento a correre sopra a quel pavimento bagnato. Un’onda lo travolse in pieno. Riuscì comunque a salire in cima alla coffa. Si guardò angosciato intorno. Sussultò.
-Anya!-. La ragazza stava per gettarsi in mare. Ancora in preda ai suoi ricordi. -Anya ferma!- urlava con quanto fiato aveva in gola, anche se il vento e le onde attutivano i suoi sforzi. –Anya no!-. Si strinse attorno ad una fune e si slanciò verso di lei.
Anya sembrò sentire la sua voce. Un tuono squarciò il cielo. Poi, tutt’a un tratto, erano ritornati. I ricordi che la facevano stare male, che la pugnalavano allo stomaco, che la lasciavano senza fiato. Un turbinio di voci, volti, nomi. Le sembrava di distinguere qualcosa, un nome forse. Romanov. Tutti correvano e lei non riusciva a muoversi. Qualcuno la stava trattenendo per la caviglia. Un uomo. Le sorrideva. Urlava e non riusciva a scappare. Urlava a più non posso.
 –Nooo!..Noo!-
 
-Anya! Anya svegliati! Svegliati!- fece scuotendola.
Tutto bianco. Anya aprì gli occhi di scatto. Un’espressione angosciata e terrorizzata in volto. I suoi occhi erano stranamente dilatati. Non riusciva a calmarsi e continuava ad ansimare. Cercava di concentrarsi su quello che aveva visto. Non era facile. Aveva ancora così tanta paura.
-Romanov! Romanov!- continuava a ripetere agitata quel nome. Sapeva che aveva a che fare con lei.
-Romanov? Di che cosa stai parlando?- Dimitri la prendeva stretta per le spalle.
-Continuo a vedere dei volti- fece aggrappandosi alla sua maglietta -..tanti volti-. Appoggiò la testa sul suo petto. In lacrime. Continuava a singhiozzare.
-È stato un incubo- la rassicurava Dimitri abbracciandola forte. La pioggia era cessata. Il mare si era calmato parecchio. –È tutto apposto- abbassò la testa sulla sua, continuando a stringerla contro di sé. –Sei al sicuro adesso- le disse dolcemente abbozzando un sorriso, passandole una mano sulla schiena per calmare i suoi singhiozzi. Aveva creduto seriamente di perderla. Qualche secondo in più e sarebbe arrivato troppo tardi. Non se lo sarebbe mai perdonato. Ora era tra le sue braccia. E sembrò dimenticare tutto. Voleva restare così. Abbracciato a lei per sempre. Sentiva il forte desiderio di proteggerla. Ora come ora sembrava una fragile bambina sperduta. E lui se ne era innamorato.

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Capitolo 7
*** Parigi è magia ***


Era una bella giornata di sole a Parigi.
-Ohh…oh..sì..lo ricordo così bene! Lo zio Yashin era di Mosca, lo zio Boris invece era di Odessa..-
La ragazza  elencava i nomi piuttosto convinta. Vestita tutta in rosa. Gonna lunga e décolleté rosa antico. Cerchietto e camicetta lilla opaco con volant bianchi.
-..e ogni primavera-
-La domenica facevamo un pic-nic sulle sponde del lago- terminò irritata Marie alzandosi.
La ragazza, interrotta così bruscamente, rimase stupita e senza parole.
–Signorina! Non ha altro di meglio da fare?- continuò facendole segno con la mano di andarsene.
-Vieni, vieni cara. Adesso te ne devi proprio andare- le disse Sophie prendendola per le spalle e accompagnandola velocemente fuori dalla porta –Arrivederci!-
Marie batté a terra il bastone che la sosteneva, mentre scuoteva la testa amareggiata
-Ora basta!..Sono stufa-
-Oh..mi dispiace tanto, proprio tanto- Sophie si diresse verso di lei, poggiando sul tavolino un vassoio con delle tazzine da thè. –Avrei giurato che stavolta fosse vera..-
Marie alzò gli occhi al cielo.
-cioè..sì..per essere vera era vera- continuava mentre metteva delle zollette di zucchero nelle tazze -..solo che non era quella vera-. Sophie mescolava agitata. –Ma non mi farò prendere per il naso la prossima volta..no! Penserò a delle domande molto, molto difficili!- fece porgendo la tazzina che aveva in mano alla sua gatta.
-No!-
Sophie sobbalzò, mettendosi subito a sedere. Dai suoi occhi traspariva perplessità.
-Il mio cuore adesso non ce la fa più- Marie si portò una mano al petto. –Non vedrò nessun’altra ragazza che dichiara di essere Anastasia- fece abbassando gli occhi e capovolgendo un portafoto che stava sul tavolo. Era un ritratto di sua nipote. Marie non aveva mai perso la speranza di poterla rivedere. Non aveva mai saputo perdonarsi quello che era successo quella sera. Dopo dieci anni vedeva ancora davanti a sé il suo volto rigato di lacrime, implorante. Quel volto che aveva sempre visto sorridere. La sua piccola mano che si protendeva verso di lei. E che non riusciva a raggiungerla. Quante domande tormentavano la sua mente! Se fosse rimasta con lei. Se non fosse salita di corsa su quel treno. Se si fosse protesa maggiormente e fosse riuscita a prenderle la mano. Se. Ma ormai il passato era passato. Le intere giornate che aveva passato a piangere la sua famiglia e sua nipote non potevano riportarle ciò che desiderava.  Furono degli anni parecchio duri per lei. I suoi cari non c’erano più e lei si ritrovava impotente di fronte a tutto. Ogni giorno pregava che almeno sua nipote fosse viva. Che dopo quella fatidica notte in cui era caduta a terra alla stazione, qualcuno le avesse trovato una famiglia o almeno un posto dove vivere. Sua cugina l’aveva ospitata nella sua casa a Parigi. Sophie riusciva a strapparle qualche sorriso e a renderle l’esistenza molto meno triste. Anche se non lo ammetteva, Marie le doveva tutto dopo quello che le era successo. Era stata proprio lei a proporle l’idea della ricompensa per trovare sua nipote. Sophie era dell’idea che se la cugina era così certa che fosse ancora viva, allora non le sarebbe costato nulla comunicare al Paese e alla stampa che avrebbe promesso un compenso a chiunque l’avesse trovata. Certo erano dieci milioni di rubli. Ma cosa le sarebbe importato di tutto quel denaro in più se avesse ritrovato la sua adorata nipote?
Inutile. Tutto ciò si era rivelato solamente inutile. Orde di ragazze che continuavano a presentarsi da lei sostenendo di ESSERE lei. Anastasia. Ma non era mai lei. Tutte le volte la speranza riaffiorava nel suo cuore per poi ferirlo per l’ennesima volta. Ogni volta non riusciva a credere come i soldi trasformassero la gente in bestie così affamate. E lei si sentiva sempre più stanca. Stanca di sentire tutte quelle menzogne che s’inventavano. Non riusciva più a reggerlo. Era già stata male abbastanza, non voleva vivere il resto della sua vita attorno a  dolorose falsità. Il suo cuore non avrebbe retto ancora altro dolore. La sua Anastasia sarebbe vissuta nei suoi ricordi come da dieci anni a quella parte. 

***

La macchina attraversava le campagne francesi.
-Di dov’era lo zio Boris?- la interrogò Dimitri.
-E se Sophie non mi riconosce?- Anya era piuttosto preoccupata e ansiosa.
-Lo farà..tu sei Anastasia!-
-È solo che..-
-Che cosa?-
-Beh..fino a tre giorni fa non avevo un passato e ora sto cercando di ricordare addirittura una vita intera-
-È per questo che ci sono io. Allora..di dov’era lo zio Boris?-
-Mosca?-


Vlad bussò alla porta. Anya sudava freddo. Da ciò sarebbe dipeso il suo futuro. Avrebbe dovuto impegnarsi al massimo e dare prova di ciò che aveva imparato. Eppure qualcosa dentro di lei le dava speranza. Quella speranza che aveva sempre conservato quando era all’orfanatrofio. La speranza di aver ritrovato la sua famiglia. Dopotutto le prove c’erano. Vlad e Dimitri continuavano a ripeterle che assomigliava spropositatamente ad Anastasia, il suo ciondolo che la portava a Parigi e poi c’erano i suoi ricordi. Ricordi ancora parecchio confusi, ma che ultimamente riempivano sempre di più la sua mente. Immagini offuscate dei suoi genitori, dei luoghi dov’era cresciuta, di ciò che c’era stato prima che lei diventasse un’orfanella. Doveva esserci un nesso. Non potevano essere tutte coincidenze. Certo Vlad e Dimitri l’avevano istruita per bene sul conto della granduchessa e della sua numerosa famiglia. Ma non le sembravano per niente nozioni da memorizzare da zero. Erano piuttosto reminiscenze. Anya guardava fisso davanti a sé.
La porta si  aprì all’improvviso. Una suadente giovane cameriera si presentò sulla soglia con fare sdolcinato
 -Oui Monsieur?- fece emettendo dei leggeri risolini.
Vlad non fece in tempo a rispondere che la ragazza fu subito spinta via. Al suo posto una donna corpulenta, biondi capelli corti e un vestito lilla che richiamava il trucco degli occhi. Era appoggiata con una mano alla cornice della porta con aria da persona sicura di sé.
-Sophie Slovslayevna Smovorkof Smirnov!- esclamò Vlad entusiasta allargando le braccia.
-Oh..Vladimir Vanya Vonitsky Vasilovich!- ribatté  lei esaltata mentre Vlad le baciava l’intero braccio.
Anya e Dimitri, dietro di loro, assistevano alla scena scambiandosi sguardi confusi e perplessi.
-Bene..- sorrideva lei euforica -una visita davvero inaspettata…Oh ma guarda! Dove sono finite le mie buone maniere?..Ohhh..entrate, entrate tutti!- Sophie prese Vlad per un braccio e lo trascinò dentro, seguito dai due giovani. -Il mio cuore palpita dallo stupore, dallo shock e dalla sorpresa nel vedervi!-.
 

-Ho l’onore di presentarti sua altezza imperiale, la granduchessa Anastasia Nikolaevna- iniziò trionfante Vlad. Dimitri spinse la ragazza verso Sophie.
-Santo cielo!- esclamò la donna cominciando a girarle intorno -Devo ammettere che assomiglia molto ad Anastasia..molto più delle altre-.
Sophie la fece accomodare su una poltrona, mentre lei e Vlad si sedettero su un divanetto vicino. Dimitri era in piedi, dietro di lei. Anya si girò verso di lui, l’espressione ansiosa. Il giovane le lanciò un sorriso di incoraggiamento. Sì. Poteva farcela. Dopotutto se la sua determinazione l’aveva portata fin lì non poteva lasciarla ora. Anya ricambiò il sorriso e si voltò verso Sophie. Era pronta a tutto.
-Bene. Allora..dove sei nata?-
-Al palazzo Peterhof- 
-Esatto- le sorrise Sophie –E come piace ad Anastasia bere il thè?-
-Il thè?- rispose dubbiosa –A me non piace il thè, preferisco acqua calda e limone-
-Bene-

***

Erano passate alcune ore da quando avevano messo piede in quella casa. Il sole cominciava già a scendere lentamente.
-Ed in ultimo, forse questa ti sembrerà..una domanda impertinente, ma…- si protese leggermente verso di lei mentre gesticolava con le mani come se dovesse scusarsi –abbi pazienza-.
Vlad la guardò perplesso e preoccupato allo stesso  tempo.
-Dimmi. Come sei scappata durante l’assalto al palazzo?-
Silenzio. Dimitri dietro di lei si irrigidì. Appoggiò il gomito sul caminetto e si tenne la testa con la mano. Sarebbe stato impossibile rispondere correttamente a quella domanda. Sebbene lui sapesse troppo bene come Anastasia e sua nonna fossero riuscite a scappare da palazzo, lei non lo sapeva. Lui e Vlad dovevano prevedere una domanda del genere. Eppure non gli era proprio passato per la mente di informare la ragazza sull’accaduto. Tra qualche secondo sarebbero stati screditati davanti alla cugina dell’imperatrice.
Anya fissava il vuoto. Sentiva dentro di sé di poter rispondere a ciò che le era stato appena chiesto. I ricordi vorticavano nella sua mente. Doveva solamente concentrarsi al massimo e riportare alla sua coscienza quegli eventi così lontani. Continuava a sforzarsi. Eventi passati si susseguivano nella sua testa in un turbinio troppo veloce per essere distinti uno ad uno. Poi ecco. Una dissolvenza bianca che riportava alla luce un flashback. Quel flashback. Lei che correva per le stanze del palazzo, seguita da sua nonna, in mezzo a tutta quella gente.
-C’era..- iniziò con lo sguardo ancora basso -c’era un ragazzo-, sollevò il viso, –un ragazzo che lavorava a corte..lui ha aperto una parete- alzò una mano come ad imitarne il gesto, ancora assorta nel suo ricordo. Anya rise –Scusate che sciocchezza...ha aperto un passaggio nella parete-.
Dimitri aprì gli occhi di scatto. Non poteva aver sentito quelle parole. Non poteva essere vero. Era lei. Fin dal principio era lei. Come aveva potuto essere così cieco da non riconoscere quella bambina che da piccolo vedeva sempre? Quella ragazzina che aveva aiutato a scappare assieme alla nonna quel fatidico giorno? Alzò lo sguardo. Gli occhi spalancati diretti verso di lei. La bocca aperta, rimasta senza parole. Sentì un duro colpo al petto. O forse era al cuore.  
-Allora?...È una Romanov?- Vlad si spinse verso Sophie.
-Ohh..beh…ha risposto a tutte le domande..- la donna si alzò sorridendo prendendo tra le mani il vassoio con le tazzine che aveva appoggiato sul tavolino.
-Hai sentito piccola?- Vlad si alzò di scatto, raggiante –Ce l’hai fatta!- e si diresse verso la ragazza prendendola in braccio e facendola volteggiare.
Tutti ridevano. Tutti erano felici. Tranne lui. Dimitri uscì.
-Allora? Quando andremo a parlare con l’imperatrice?- fece rivolgendosi alla sua amata, sfoggiandole un largo sorriso.
-Temo sia impossibile- gli rispose rabbuiandosi di colpo.
-Come hai detto mia cara?- Vlad si voltò meglio verso di lei, pensando di non aver capito bene.
-L’imperatrice non permette nessun colloquio-
-Suvvia Sophie! Mia fulgida gemma!- Vladimir si diresse verso di lei prendendole il vassoio di mano –Sono certo che tu puoi benissimo escogitare un modo per organizzare un breve incontro con la regina madre-. Sophie scuoteva la testa, riuscendo a riprendersi il vassoio.
-Rifiuto di ritirarmi finché non avrò avuto una risposta- continuò Vlad senza demordere, prendendola scherzosamente per i fianchi. Sophie riuscì a districarsi. –Ti prego!- la implorò Vlad sfoggiandole un’espressione triste e supplichevole. La donna si arrese
-Oh! Sentite. Vi piacciono i balletti russi?- fece voltandosi entusiasta verso la ragazza. Anya annuì curiosa.
-Se non sbaglio si esibiranno a Parigi questa sera. La regina madre e io adoriamo i balletti russi!- commentò esaltata, ancheggiando. Vlad dietro di lei sorrise di gioia.
-Non ce li perderemmo per nulla al mondo!- continuò raggiante, voltandosi verso Vlad e facendogli l’occhiolino.


Dimitri era nel giardino davanti. Lo sguardo basso, fisso nel vuoto. Lottava contro i suoi sentimenti. Sapeva perfettamente di essersi innamorato di lei. Anya. Ma ora non era più la solita Anya. La ragazza povera senza ricordi che lui e Vlad avevano aiutato. Lei era Anastasia. Una nobile, una granduchessa. Ma soprattutto aveva ritrovato la sua famiglia. Come sarebbe potuta restare nella sua vita? Non che prima pensasse di poter far nascere qualcosa insieme a lei, ma ora era una situazione impossibile. Dimitri aveva già avuto delle ragazze in passato, ma ai suoi occhi lei aveva qualcosa di speciale. Era qualcosa di speciale. Se ne era accorto solo adesso. Adesso che per lei sarebbe stato per sempre il rozzo e beffardo ragazzo che l’aveva accompagnata nel suo viaggio alla ricerca della sua famiglia. Niente di più. E pensare che all’inizio i soldi erano la sola cosa che voleva. Ora avrebbe voluto solo lei. Ma sarebbe stato già tanto ricevere un caloroso grazie.
-Ce l’abbiamo fatta!-. Vlad uscì urlando di gioia. –Questa sera vedremo sua altezza imperiale- prese il giovane e lo sollevò da terra facendolo roteare in aria, scuotendolo dai suoi pensieri, -e poi avremo dieci milioni di rubli –tra poco diventeremo..- non riusciva a continuare il discorso dalla contentezza.
-Vlad..Vlad..- Dimitri cercava di calmarlo –Lei è la principessa-. Ma Vlad non lo ascoltava, non riusciva a frenare la sua felicità.
-Anya è stata straordinaria!- esclamò Vlad voltandosi verso Dimitri.  Si portò una mano al petto –Quasi le ho creduto io!- scosse il viso del ragazzo con le mani.
Perché aveva quell’espressione afflitta e addolorata? Stavano per diventare ricchi, ciò che avevano sempre sognato. Da una vita inseguivano questo desiderio ed ora che avevano avuto successo dovevano assolutamente festeggiare. Vlad non pensava ad altro. Era troppo euforico per comprendere. –E Sophie! Ahhh!- alzò gli occhi al cielo benedicendolo.
-Sophie vuole portarci a comperare dei vestiti per questa sera!-  Anya era uscita di corsa, raggiante. -Andare per negozi a Parigi? Ma ci pensate!- esclamò facendo una giravolta.
Dimitri si era voltato verso di lei. Cercava di mascherare la sua tristezza con un sorriso. Lei era radiosa e felice come non mai,  non c’era dubbio. Dirle addio sarebbe stato difficile. Molto difficile.

***

Anya uscì sorridente da una boutique di Chanel. Portava un vestito lilla con scarpe coordinate. Dalla spalla sinistra scendeva un fiocco rosa che riuniva un nastro di tulle che le copriva mezzo busto. I capelli raccolti. Dimitri non poteva non notare come fosse incantevole. Anya era fuori di sé dalla gioia. Non avrebbe mai immaginato, dato il suo passato, di poter andare a fare compere per le boutique più alla moda di Parigi. Si stava divertendo come una bambina. D’altro canto, come poteva non esserlo? Le si presentava l’occasione non solo di ammirare gli abiti al di là delle vetrine, ma anche di indossarli e averli finalmente per sé. Anya gli sorrise prendendolo sotto braccio. Sophie e Vlad uscirono poco dopo. Sophie era elettrizzata. Come sempre. Lì davanti c’era una donna che teneva un enorme cesto di fiori e Sophie non poté fare a meno di acquistare tre rose. Due la diede alla ragazza, l’altra l’appuntò al petto di Vladimir. Anya le sorrise gentilmente. Le annusò. Il loro era un profumo intenso e delicato allo stesso tempo. Profumo che risvegliava i suoi ricordi, le sue emozioni, i suoi sentimenti.
-Forza! Andiamo!- Sophie la spinse eccitata.
Subito si ritrovò accanto a lui, si guardarono intensamente negli occhi. Dimitri spostò subito lo sguardo, imbarazzato. Anya gli appuntò una rosa sulla giacca, sorridendogli. Sophie non vedeva l’ora di far conoscere ai suoi ospiti le meraviglie di Parigi e quella sera le strade erano particolarmente affollate e illuminate. Alla ragazza brillavano gli occhi. Era troppo curiosa di visitare la città. Una bambina impaziente poteva non essere nulla in confronto a lei. Si attaccò al braccio di Sophie e fu trascinata in mezzo alla folla. Non prima di aver tirato per un braccio anche Dimitri, interrotto bruscamente nei suoi pensieri. Il suo sorriso era ancora lì, che lo rassicurava. Quando, casomai, avrebbe dovuto essere il contrario. Dimitri sapeva che quella sera molto probabilmente sarebbe stata una delle ultime volte in cui poteva stare con lei. E non era intenzionato a sprecarla. La sua espressione triste e perplessa si trasformò in un sorriso mentre la prendeva sotto braccio.


Al Moulin Rouge le giovani ballerine, avvolte in ampi abiti rossi,  ballavano il can can. Dimitri, da galantuomo, le spostò la sedia. Anya arrivò volteggiando, lanciandogli l’ennesimo sorriso prima di sedersi. Erano tutti e quattro al tavolo. Sophie non faceva altro che dimenarsi sulla sedia imitando le ballerine a pochi passi da lei. L’atmosfera che si respirava era carica di allegria e spensieratezza. Ad un tratto Sophie alzò la gamba bruscamente, facendo volare al centro del palcoscenico una delle sua scarpe. Vlad la guardò preoccupato. Doveva forse andare a recuperargliela in mezzo a tutte quelle ballerine? Sophie lo guardò non riuscendo a smettere di ridere. Vladimir si lanciò tutto trafelato in mezzo a quelle giovani donne, mentre Anya e Dimitri si guardavano a vicenda non riuscendo a trattenere le risate. Era impossibile restare impassibili di fronte ad uno spettacolo del genere. Vlad zigzagava in mezzo alle ragazze. Dopo aver raccolto la scarpa non riusciva a tornare indietro, ostruito dalle ampie giravolte delle ballerine. Era rosso per l’imbarazzo e la vergogna.
Un giovane si avvicinò al loro tavolo e porse la mano alla ragazza, invitandola a ballare. Anya si alzò delicatamente volteggiando e  presero a piroettare per il salone, insieme alle altre coppie, in mezzo a quella calda atmosfera. Dimitri non riusciva a tenere lo sguardo lontano da lei. Seguiva ogni suo movimento. Era così sciolta e naturale! Invidiava il ragazzo in smoking che danzava con lei. Si rimproverava di non averci pensato lui per primo. La malinconia e la tristezza presero il sopravvento. Il suo sguardò si rabbuiò. Fortunatamente, o sfortunatamente, lei non poteva vederlo. Soffriva al pensiero di doverla lasciare. Ma d’altronde doveva andare così dall’inizio. Anastasia o no che fosse. Il fatto che lei fosse la vera granduchessa complicava le cose, ma la situazione in cui si trovava non doveva persistere dall’inizio. Eppure lei aveva saputo entrare nel suo cuore senza che lui lo volesse. Senza che se ne accorgesse. Anya volteggiava cambiando ogni volta partner. I suoi occhi non volevano smettere di guardarla. Lui non voleva smettere di provare quello che provava per lei.
 

Erano sull’ascensore che li portava sopra la Tour Eiffel. Anya si reggeva al suo braccio. La vista di Parigi di sera era entusiasmante. Ma l’incredibile altezza le faceva anche venire le vertigini. Aveva la sensazione di cadere da un momento all’altro. Dimitri invece sembrava così sicuro e spericolato! Anya si aggrappava a lui. Si voltò. Non poteva che lasciarsi scappare un sorriso. La sfacciata e provocatoria Anastasia che non aveva paura di nessuno, ora aveva paura dell’altezza.
Erano finalmente arrivati in cima. La vista era mozzafiato. Dimitri la guardò ancora, a pochi passi da lui, colpita sempre di più da quel meraviglioso paesaggio notturno. Fu interrotto nuovamente nei suoi pensieri dai botti che rimbombavano nel cielo di Parigi. Straordinari fuochi d’artificio proiettavano le loro scintille colorate in ogni direzione. Il ragazzo alzò lo sguardo. Estasiato. Fosse stata anche la sua ultima notte insieme a lei, avrebbe ricordato per sempre quella sera. Ne era sicuro.

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Capitolo 8
*** Dillo! ***


-Non c’è nessun motivo per essere così nervosi amico mio- Dimitri era seduto sulla scalinata dell’Opera di Parigi, vestito impeccabilmente in frac. In testa portava un cappello e teneva appoggiato ad un braccio un mantello nero. –Lei è la principessa- disse flebilmente abbassando lo sguardo.
Vlad, che stava passeggiando avanti e indietro per scacciare il suo nervosismo, si sedette accanto a lui
-Lo so! Lo so!-
-No, no, no!- Dimitri si alzò  –Tu non lo sai!-. Il ragazzo guardò fisso davanti a lui e sospirò. Poi si voltò nuovamente verso l’amico –Ero io quel ragazzo..quella sera..quello che ha aperto il passaggio segreto-.
Vlad sgranò gli occhi. Dimitri si abbassò lievemente verso di lui
–Lei è quella vera Vlad!-.
Vlad era rimasto senza parole. Un misto tra lo scioccato e il sorpreso
-Questo significa che Anya ha ritrovato la sua famiglia?!- fece voltandosi incredulo verso il ragazzo.  Si alzò, mettendo una mano sulla spalla dell’amico. –Vuol dire che abbiamo trovato la legittima erede al trono di Russia-  concluse estasiato.
Non aveva ancora notato che il giovane aveva la testa bassa e gli occhi tristi. Poi si girò, cercando di incrociare il suo sguardo. Sapeva perché era così abbattuto. Lui lo sapeva fin dall’inizio, anche se non lo avrebbe mai messo in conto. Ne aveva avuto conferma durante il loro viaggio in nave. Il “suo” scontroso e beffardo ragazzo  si era veramente innamorato. Vlad gli si avvicinò maggiormente
 –E..tu?-
-Io sparirò per sempre dalla sua vita- rispose fermamente il ragazzo, scendendo i gradini.
-Mah?...- Vlad cercò di fermarlo. Non riusciva a capire.
Era giusto così, dopotutto. Non aveva niente di cui rimpiangersi. Tra poco Anya avrebbe avuto la famiglia che desiderava da sempre e una casa. Avrebbe vissuto una vita da granduchessa. Feste grandiose, balli, lusso. Poteva avere tutto ciò che aveva sempre sognato. Lui l’aveva aiutata e basta. Magari gli sarebbe stata per sempre riconoscente, ma che altro? Lui non le poteva dare altro.
-Le principesse non sposano gli sguatteri- Dimitri si voltò verso di lui cercando di nascondere il suo malessere interiore con un sorriso.
-Lo so ma…-
-Noi andremo avanti comunque come se niente fosse- fece guardandolo fisso negli occhi.
-Tu glielo devi dire-.
Vlad aveva intuito cosa preoccupava il ragazzo. Aveva paura di non sentirsi alla sua altezza. Che una volta raccontatole la verità lei lo avrebbe visto da un altro punto di vista. Anya lo avrebbe dimenticato dopo aver trovato il suo posto nel mondo. Ma era assurdo. Come faceva a presumere certe sciocchezze prima ancora di averle parlato?
-Dirmi che cosa?-
La voce dietro di loro lo fece voltare. Il suo volto era radioso. Splendido. Avvolta in un cappotto di pelliccia turchese e bianco che le risaltava il volto. Indossava orecchini e girocollo di pietre che brillavano assieme ai suoi occhi. I capelli raccolti in un nastro impreziosito anch’esso da pietre.
-Oh…quanto sei bella..ed elegante..Anastasia- Dimitri cercava di trovare le parole, abbastanza imbarazzato, porgendole il braccio per accompagnarla dentro.
-Oh..grazie- contraccambiò il sorriso la ragazza, prendendolo sottobraccio.
 Vlad e Dimitri si scambiarono uno sguardo veloce. Dimitri sapeva cosa il suo amico voleva che facesse, ma non ne sarebbe stato capace. Non avrebbe sopportato altro oltre a quello che stava già provando. Vlad lo ammonì con un’occhiata. Sophie arrivò dietro di lui picchiettando le sue dita sulla sua spalla. Vlad le sorrise. Lo spettacolo stava per iniziare.

***

Dimitri porse il mantello e il cappello al guardarobiere. Poi alzò lo sguardo. Lei era già salita. Era lì. In cima alle scale. Spalancò gli occhi, senza parole. Era rimasto letteralmente a bocca aperta. Anastasia portava uno splendido, lungo abito blu e aveva le braccia ricoperte da lunghi guanti bianchi. Era bellissima. Sembrava che il suo cuore avesse smesso di battere per qualche secondo. Sembrava che il tempo si fosse fermato ed esistesse solo lei. Non riusciva a credere che di tutte le volte che l’aveva vista finora, e aveva saputo stupirlo, potesse superarsi in quel modo. Così Dimitri era rimasto a fissarla, imbambolato, ai piedi della scalinata. Immobile. La ragazza lo guardò perplessa, con aria interrogativa. Si chiedeva perché il suo accompagnatore non l’avesse ancora raggiunta. Solo allora lui si rese conto. Scosse la testa, come se dovesse scacciare quei piacevoli pensieri, e salì immediatamente le scale. Superando Vlad e Sophie. Inevitabilmente, tutti la stavano guardando. Dimitri le si avvicinò e le porse un braccio, sorridendole timidamente.
 

Si sedettero in prima fila in una delle gallerie. Vlad era dietro di loro.
-Guarda!- Dimitri le porse il binocolo da teatro, con il quale aveva guardato qualche istante prima, alla ricerca dell’imperatrice e della cugina. –Eccola!-
Anya se lo portò agli occhi e scrutò attentamente all’interno, fissando nella direzione che gli aveva indicato. Era lei. Sentiva che era lei. Sua nonna. Dal profondo del cuore sperava che il suo istinto e i suoi ricordi non le giocassero un brutto scherzo. Ma sentiva di essere vicina a ciò che aveva sempre desiderato. Ora doveva solamente sperare che la riconoscesse.
-Ti prego..- sussurrava tra sé e sé –fa che si ricordi di me-. I suoi occhi supplicavano in silenzio.
Si era alzato il sipario. Gli attori danzavano al ritmo delle musiche dell’orchestra. “Cinderella” stava andando in scena. Ma Anya era troppo preoccupata e ansiosa per concentrarsi sullo spettacolo. Le sue mani continuavano a torcere nervosamente la locandina che descriveva i dettagli dell’opera. Il volantino era stato fatto letteralmente a pezzetti. Dimitri abbassò lo sguardo. Sorrise leggermente. Si stava innervosendo per nulla. Lei era Anastasia. Ma sfortunatamente lei ancora non lo sapeva. Le prese una mano
-Andrà tutto bene- le sussurrò avvicinandosi a lei.
La ragazza gli sorrise dolcemente, facendogli capire che aveva compreso.


Gli applausi rimbombavano per tutto il teatro.
Dimitri aveva ancora la mano sulla sua. Si voltò verso di lei
-Andiamo...credo sia ora-
Anya annuì debolmente, colta nuovamente dall’angoscia.
 

-Rilassati. Sarai magnifica!- la rassicurava mentre attraversavano l’affollato corridoio. Andavano verso l’ala riservata all’imperatrice. Anya si teneva la testa con una mano. Sospirò e fece dietro-front. Dimitri si voltò indietro
-Ehi! Ehi, ehi, ehi, ehi!- la raggiunse, prendendola per le spalle e facendola voltare –fai un respiro profondo..andrà tutto bene-
Anya espirò a fondo. Ok. Poteva farcela.
 

Erano arrivati davanti alla sua porta. Dimitri la fermò con una mano
-Aspetta qui solo un momento- guardò l’entrata –Io vado dentro e ti annuncio come si deve-. Poi si girò. Pronto ad entrare.
Non voleva lasciarlo andare così. Lo conosceva solo da qualche giorno, ma capiva che provava qualcosa per lui. Quel ragazzo che aveva odiato con tutta se stessa da quando si erano visti. Che l’aveva fatta infuriare e che cercava in tutti i modi di punzecchiarla. Quel bambino piagnucolone che voleva sempre avere ragione. Ma era anche colui che le aveva rubato il cuore.
-Dimitri- la sua voce lo fece voltare di scatto.
-Sì?- la fissava dritto negli occhi. Impaziente.
Sapeva che doveva dirgli qualcosa, ma anche a lei le parole venivano a mancare in quella situazione. Doveva dirgli quello che provava. Almeno ringraziarlo di tutto quello che aveva fatto per lei. Non si sarebbe trovata lì senza di lui.
-Senti. Abbiamo passato tante cose insieme..-
Dimitri si avvicinò ancora di più a lei, respirando a fatica. Le sorrise imbarazzato.
-Volevo solo…- non sapeva come continuare. I suoi occhi fissi su di lei la intimidivano. E se lui la vedesse solo come una delle tante che aveva conosciuto? Una semplice ragazza che aveva aiutato? Dopotutto quel giorno sulla nave, quando pensava di aver capito i suoi sentimenti verso di lei, si era sbagliata, per quanto le pareva. Aveva creduto che la stesse per baciare. Eppure non doveva essere andata così. Veloci flashback dei momenti passati insieme ripercorrevano a ritroso nella sua mente. L’immagine di lui che la teneva stretta, dopo averla salvata da un sicuro tuffo in mare durante la tempesta, sembrava essersi affissa in testa.
-Sì??-
-Beh…- Anya abbassò lo sguardo cercando di riordinare le idee –Volevo ringraziarti..io credo..-. Poi tornò a guardarlo negli occhi sorridendogli –Sì! Ringraziarti di tutto quanto-.
Allontanarono i loro sguardi. Si girarono entrambi da parti opposte. Dimitri avanzò un passo.
No. Non poteva finire così. Doveva trovare il coraggio di dirglielo. Odiava rimuginare così tanto sulle cose. Lui era un tipo istintivo e impulsivo. Come mai ora si trovava in quella situazione? Dentro di sé non poteva che provare antipatia per se stesso. Per la misera figura che stava facendo davanti a lei. Doveva solo dirglielo. Non avrebbe dovuto fare nient’altro. Si voltò di scatto nuovamente
-Anya io..-
La ragazza si girò anche lei. Lo guardò negli occhi sperando di sentire ciò che desiderava
-Sì?-
-Io..io…ehm…-
Niente. Non riusciva a trovare le parole. I suoni gli morivano in gola. Non si era accorto che stava sudando.
-Sì??- Anya avvicinò il viso. Sperava con tutto il suo cuore che le dicesse quelle parole.
Non ci riusciva. I suoi grandi occhioni fissi su di lui gli facevano mancare il fiato. Abbassò lo sguardo impotente davanti a ciò che provava. Le teneva le mani
-Volevo augurarti buona fortuna credo- fece alzando lo sguardo, cercando di trattenere al massimo l’imbarazzo.
Anya sospirò. Un’espressione delusa le si dipinse in volto. Il ragazzo abbassò nuovamente lo sguardo. Non ce la faceva a guardarla negli occhi, sapendo di mentirle.
-Auguri- le strinse la mano per distogliersi subito dopo –Beh..cominciamo!- e si girò subito verso la porta, aprendola e scomparendo all’interno. La porta rimase socchiusa, dietro di lui.
Anya era rimasta lì, in piedi, immobile, cercando di capire cosa era realmente successo appena qualche istante prima. Ancora una volta aveva pensato che lui provasse qualcosa per lei. Aveva dovuto ricredersi. Guardava fissa a terra. Triste e amareggiata. Era così che si sentiva. Dentro di sé era diventata improvvisamente fredda.

***

-La prego di informare sua maestà la regina..che ho trovato sua nipote, la granduchessa Anastasia-
Sophie sorrideva contenta. Appena sentì quel nome, Marie, seduta ancora sulla poltrona da dove aveva visto lo spettacolo, si girò.
-È qui fuori che attende di essere ricevuta- Dimitri allungò il braccio indicando la porta.
-Mi dispiace molto caro giovanotto, ma..- Sophie fingeva di non lasciarlo passare -..sua altezza, la regina madre, non ha intenzione di vedere nessuno- continuava la sua farsa parlando a voce alta per farsi sentire dalla cugina lì accanto. Fece l’occhiolino al ragazzo e lo condusse dietro una tenda bordeaux.
-Puoi dire a questo giovanotto impertinente- fece alzando la mano senza voltarsi -che ho già visto tante di quelle granduchesse Anastasia da bastarmi per tutta la vita- concluse irritata.
Sophie riconobbe il suo tono severo. Era meglio non contraddirla.
 -È meglio che usciate- fece amareggiata spingendolo un po’ indietro.
-Vi prego, lasciate che..-
-Adesso, se vuole scusarmi- gli disse Marie, voltandosi –desidero vivere in pace quel che rimane della mia malinconica vita-. Detto questo, gli diede nuovamente le spalle.
Dimitri la guardava con espressione infuriata.
-Ohh..venga- Sophie richiuse la tenda -L’accompagno alla porta. Venga, venga, su! L’accompagno alla porta- e si precipitò verso l’entrata.
Non poteva finire così dopo tutto quello che aveva fatto. Lei era Anastasia e l’imperatrice doveva assolutamente saperlo. Si voltò e scostò nuovamente la tenda che li divideva.
-Maestà. Io non avevo cattive intenzioni- la richiuse dietro di sé e andò a sedersi accanto a lei.
Marie lo guardò stupita.
-Mi chiamo Dimitri- si portò una mano al petto –Io lavoravo a palazzo-
-Beh..questa non l’avevo ancora sentita- si alzò stizzita –Devo ammetterlo- e gettò la locandina che aveva in mano sulla sedia. Si diresse verso l’uscita.
-Aspettate- Dimitri la seguì, frapponendosi tra lei e la tenda –Non andate via. Vi prego! Dovete ascoltare quello che ho da dire!-
-Lo so quello che vuoi!- fece lei puntandogli il dito contro –È una cosa che ho già visto-. Tirò il cordone della tenda -Uomini che educano giovani donne alle maniere regali-
-Ma se vostra altezza volesse ascoltarmi…-
-Allora? Non mi hai sentito?- tuonò –Ne ho abbastanza!- fece alzando le braccia arrabbiata -Non m’importa quanto tu abbia istruito questa ragazza per assomigliarle..-
Anya ascoltava inquieta e preoccupata la loro animata conversazione da dietro la porta.
-Per parlare e comportarsi come lei..- Marie non riusciva a smettere di gesticolare –Alla fine non è mai lei!- fece scansandosi da lui.
-Questa volta è lei!- esplose Dimitri.
Non gl’importava quanto avrebbe dovuto battersi per farsi ascoltare. L’imperatrice doveva sentire  a tutti i costi ciò che doveva dirle. Per una volta che sapeva di avere ragione non si sarebbe fermato davanti a nulla.
-Dimitri!- l’imperatrice si girò verso di lui –Ho sentito parlare di te- fece puntandogli il dito contro.-Tu sei quell’imbroglione di Leningrado che faceva delle audizioni per trovare una sosia di Anastasia- continuava girandogli attorno.
 

Era come se una freccia le si fosse conficcata in pieno petto. Si portò una mano alla bocca per trattenere lo shock. Lui l’aveva usata. Ora si spiegava tutto. Lei era stata fin dall’inizio solo un oggetto per lui. Un oggetto che voleva ritoccare per poter poi barattare in cambio di soldi. Le mancava il fiato. Non poteva ancora credere che avesse provato dei sentimenti per lui. Tratteneva le lacrime. Non era più così tanto certa che lei fosse Anastasia. Dopo tutte le bugie che gli aveva raccontato, su cosa poteva fare ancora affidamento? Sui suoi ricordi? Probabilmente erano stati camuffati anche quelli. Era stata manipolata e non se ne era minimamente accorta. La rabbia dentro di lei cominciava a crescere. Se pensava che solo pochi istanti prima stava per dichiararsi a quell’essere spregevole, le veniva il voltastomaco. Mai in vita sua si era sentita più umiliata. Il turbinio di sentimenti ed emozioni che provava le offuscava completamente la testa.
 

-Vostra Altezza, siamo venuti fin dalla Russia per parlarvi!-
Marie si era seduta su un divanetto. Quella conversazione la stava estenuando.
-Altri sono venuti anche da Timbuctù-
Dimitri s’inginocchiò davanti a lei
-Dovete credermi..non è come pensate!- le disse appoggiando una mano sulle sue.
-Che dolore vuole infliggere a una vecchia signora solo per denaro?!- Marie si alzò.
Ne aveva abbastanza di quel giovane impertinente. Ne aveva abbastanza di tutto. Ormai aveva perso la speranza. Non avrebbe mai rivisto sua nipote. La sua insistenza le stava dando alla testa. Troppi ricordi le si erano risvegliati. Troppo dolore. Non avrebbe mai dovuto promettere quella dannata ricompensa. I suoi sentimenti le stavano spezzando il cuore pian piano.
-Portatelo fuori di qui!- ordinò alle due guardie del corpo prima di voltargli le spalle.
Lo presero a forza per le braccia, trascinandolo verso la porta.
-È la vera Anastasia vi dico!- continuava ad urlarle –È la granduchessa!- Dimitri cercava di divincolarsi -Se solo le parlaste ve ne rendereste conto!-.
Lo lanciarono fuori dalla porta. Piombò ai suoi piedi. Alzò lo sguardo. Poteva notare subito la sua espressione cupa e infuriata.
-Era tutta una messinscena non è vero?-
Dimitri si alzò di scatto per fermarla
-No. No!-
-Ti sei servito di me?- si voltò verso di lui portandosi una mano al petto. –Io ero solo uno strumento per imbrogliarla ed avere i suoi soldi- Anya avanzava verso di lui, costringendolo ad indietreggiare. Aveva gli occhi lucidi.
-No. No. No!- Dimitri gesticolava per cercare di ottenere la sua attenzione –Senti-
Anya si girò dall’altra parte. Se ne stava andando. Non voleva più sentire le sue menzogne.
-Magari è anche cominciata così..hai ragione- la stava seguendo -ma adesso è diverso..perchè tu sei veramente Anastasia. Lo sei!-
La testa le scoppiava. Voleva trovarsi in qualsiasi altro posto all’infuori di quello. Stava continuando a riempirle la mente con inutili bugie. Aveva distrutto tutto. La sua speranza,  i suoi ricordi. Ma soprattutto il suo cuore.
-Smettila!- gli urlò contro, voltandosi di scatto. –Se penso che fin dall’inizio tu mi hai ingannata..- avanzava furiosa verso di lui, spingendolo con una mano. –E io non solo ti ho creduto! Mi sono persino..-
Sì. Si era innamorata di lui. Ed ecco come si ritrovava. La rabbia le montava alla testa offuscandogli ogni altro pensiero. Lo odiava con tutta se stessa. –Ahhh!- alzò le braccia al cielo, girandosi di nuovo. Solo a pensarci stava malissimo. Vederlo lì davanti a lei. Se la sarebbe scampata senza conseguenze se non per la perdita dei soldi. Lei avrebbe perso tutto quello che credeva di possedere.
-Anya ti prego!- Dimitri le si portò davanti. –Quando hai parlato della porta nascosta nella parete e di quel ragazzino..- le prese un una mano, cercando di fermarla e di attirare la sua attenzione –Ascoltami! Ero io!-
Anya si divincolò dalla sua stretta
-No!- i suoi occhi erano ricolmi d’odio. Ormai non ascoltava più le sue parole. Cercava solo di confonderla ancora.
Dimitri cercava di fermarla, placcandola.
-Non voglio più ascoltare quello che ho detto o che ricordavo! Voglio solo che tu mi lasci in pace!-
Dimitri la teneva ancora per un braccio. Lo guardò furiosa. Le sue suppliche non sarebbero servite a niente. Gli mollò un sonoro ceffone e si dileguò in fretta in mezzo alla gente.
-Anya ti prego! Devi sapere la verità!- cercò di seguirla, invano. Le troppe persone gli bloccavano il passaggio. Non poteva finire così. Non DOVEVA finire così.

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Capitolo 9
*** Carillon ***


Eccomi di nuovo qui, dopo una settimana di pausa. Ci tenevo a ringraziare chi mi sta seguendo e recensisce costantemente.
Dedico questo capitolo a mia nonna paterna che se n'è andata appena un mese fa e ai miei nonni materni a cui voglio tanto bene, ma ai quali non penso di dimostrarlo degnamente.
Beh...per finire auguro una buona Pasqua a tutti!:)


Era nascosto dietro ad una delle colonne di marmo. Non poteva fare a meno di ripensare alle parole che lei gli aveva detto pochi istanti prima. Sapeva che aveva ragione. E sapeva anche che se non avesse fatto ciò che era giusto lo avrebbe rimpianto per tutta la vita. Per una volta non era il suo egoismo a smuoverlo. Passi scendevano la scalinata. Si voltò. L’imperatrice, a pochi metri da lui, si dirigeva verso l’auto, che l’aspettava lì davanti. L’autista le aprì la portiera
-Vostra Maestà-
Doveva agire. In quel momento. Dimitri si precipitò dal lato del guidatore e salì nella macchina, prima che l’uomo potesse accorgersene. Premette l’acceleratore facendo sobbalzare il veicolo.
-Ehi ferma! Cosa fa? Ferma!- le grida dell’autista, lasciato a piedi, venivano soffocate dal rombo del motore.
L’auto sterzava bruscamente. Marie faceva fatica a tenersi dritta.
- Il’ya! Vuoi rallentare?!-
-Io non sono Il’ya- Dimitri si era girato verso di lei –e non rallenterò finché non mi avrete ascoltato- un’espressione di sfida in volto.
-Tu?!- Marie sgranò gli occhi, stupita -Come ti permetti?! Ferma la macchina immediatamente!-
Ma Dimitri non le prestava la minima attenzione.
-Ferma subito la macchina!- continuava la donna picchiando il bastone sul fondo dell’auto.
Il veicolo procedeva a folle velocità schivando a stento le automobili che provenivano dal senso opposto. Poi frenò di colpo. Marie era pallida in viso. Ringraziava il cielo di essere ancora viva. Dimitri, intanto, era sceso e si era diretto dall’altro lato per aprirle la portiera.
-Dovete parlare!- disse convinto puntandole il dito contro –Con quella ragazza! Guardatela almeno!- spostò la mano verso una casa che avevano davanti.
Marie teneva lo sguardo fisso davanti a sé. Non aveva intenzione di ascoltare quel giovane insolente dopo quello che le aveva fatto passare. Non meritava neppure un briciolo di attenzione. Avrebbe dovuto liberarsene ancora prima di vederlo. Purtroppo ora era sola. Non c’era Sophie. Non c’erano le sue guardie. Non c’era nessuno che passasse per quella maledetta via.
-Vi prego!- la implorava a denti stretti.
-Non sarò tormentata da te ancora per molto!- Marie gli lanciò un’occhiata furiosa, sbattendo nuovamente il suo bastone. Non avrebbe cambiato idea.
-Ditemi- Dimitri si inginocchiò a terra - Lo riconoscete?-.
Prese qualcosa e lo alzò davanti ai suoi occhi. Verde e dorato. Era il carillon.
Marie non credeva ai suoi occhi. Era proprio il carillon che aveva regalato ad Anastasia.
-Dove hai preso quest’oggetto?- gli domandò rigirandoselo sotto gli occhi. Un turbinio di ricordi le si affollarono alla mente.
-Lo so che avete sofferto- Dimitri ora teneva un tono sommesso –Ma probabilmente anche lei si è sentita sola e disperata quanto voi-. La guardava immobile aspettando una risposta.
-Sei uno che non si arrende davanti a niente, non è vero?!-
-Forse sono cocciuto quanto vostra altezza- sorrideva debolmente.
Era riuscito ad avere un’altra possibilità. Anya avrebbe avuto la sua famiglia. Ma soprattutto Anya sarebbe stata finalmente Anastasia.

***

Anya stava ripiegando i vestiti, gettandoli dentro la valigia. Se la ritrovò tra le mani, sotto quei cumoli di indumenti. La prese in mano. Era una delle rose che Sophie le aveva regalato la sera che erano andati in giro per Parigi. Ma in quel momento le ricordava solamente Dimitri. Perché l’altro fiore che aveva ricevuto lo aveva dato a lui. Come aveva potuto essere stata così sciocca? Lei si era fidata di lui, aveva condiviso i suoi pensieri più segreti con lui, ma soprattutto si era innamorata di lui. Gettò la rosa nel cestino ai suoi piedi. Poteva farcela. Poteva riuscire a dimenticarlo. A scordare il male interiore che le aveva fatto. Sarebbe stata dura, ma la sua determinazione sapeva che ce l’avrebbe fatta. In quel momento era troppo arrabbiata anche solo per piangere.
Dei colpi alla porta la catturarono dai meandri della sua mente.
-Vattene via Dimitri-
Il suo tono sembrava tinto di apatia, mentre raccoglieva gli ultimi abiti e li riponeva nella valigia.
La porta della camera si aprì. Alcuni passi avanzarono nella stanza. Anya si voltò lentamente, lo sguardo scuro e infuriato, pronta a sostenere nuovamente una discussione con lui, sperando che le sue parole lo facessero desistere e andarsene. Era troppo accecata dalla rabbia per poter sopportare anche la sua visione.
Sgranò gli occhi. Incredula, mentre le parole che si era preparata le morirono in bocca. Davanti a lei c’era l’imperatrice in persona. Si portò una mano alla bocca, cercando di inspirare lentamente.
-Oh..scusatemi. Io credevo che fosse…-
-So perfettamente chi credevi che fosse- Marie avanzava adagio verso di lei, sorreggendosi appena sul bastone - Ma vorrei sapere chi sei tu-
Anya abbassò lo sguardo, tenendosi le mani. Non lo sapeva neppure lei, come avrebbe potuto dirle chi era? Fino a qualche ora fa era convinta di essere Anastasia. I suoi ricordi, le coincidenze, Dimitri che avrebbe giurato fosse così. Ma ora era diverso. Probabilmente Vlad e Dimitri le avevano fatto il lavaggio del cervello ed erano stati così bravi da farle addirittura credere fosse un’altra persona. Cos’era vero e cosa no? La sua testa era già troppo colma di pensieri, non avrebbe potuto concentrarsi seriamente sulla sua identità, in quello stato.
-Speravo che poteste dirlo voi a me-
-Mia cara..- Marie sorrise con sarcasmo –sono vecchia-, prese a girarle intorno guardandola attentamente –e sono stanca di essere presa in giro ed imbrogliata-. Si fermò dietro di lei, guardando al di là del balcone.
Anya si voltò verso di lei
-Io non vi voglio imbrogliare-
-Quindi suppongo che i soldi non rientrino nei tuoi interessi- continuò Marie tenendo il solito sorriso ironico.
Non sapeva perché fosse lì da lei. Non era Anastasia. Dopo tutto quel tempo passato ad osservare decine di ragazze che si presentavano al suo cospetto ritenendo di essere sua nipote, Marie aveva perso gradualmente la speranza. Quell’ignobile desiderio di denaro e prestigio che le aveva spezzato il cuore, le stava strappando via anche quei sentimenti che le erano rimasti, diventando una persona assai sospettosa e scortese. Ora che l’aveva vista e aveva parlato con lei aveva soddisfatto le richieste di quel ragazzo impertinente. Poteva anche andarsene visto che aveva già perso abbastanza tempo.
-Vorrei solamente sapere chi sono..e se appartengo oppure no ad una qualche famiglia- Anya le si avvicinò con cautela –Alla vostra per esempio-.
Era ansiosa. Non avrebbe pensato di trovarsi a faccia a faccia con l’imperatrice, per di più completamente sola, senza nessun appoggio. Aveva paura di quello che poteva dirle. Il suo cuore batteva velocemente. Sperava che il suo più grande dubbio diventasse realtà. Sperava che quella che aveva davanti fosse veramente sua nonna.
Marie distolse lo sguardo dal balcone e guardò la ragazza
-Sei una brava attrice..la migliore di tutte ma..- il suo volto si rabbuiò all’improvviso, cercando di celare al meglio la sua rabbia per essere stata presa in giro per l’ennesima volta –Sono stanca!-. Detto questo le passò accanto e si diresse verso la porta, in silenzio.
Una folata di profumo la investì. Nella sua testa si stagliò un intenso flashback. Un'essenza che le risvegliò ciò che ormai sembrava un passato che non le apparteneva.
-Che profumo di menta- Anya si girò verso di lei.
-Un olio che uso per le mani- le disse girando appena la testa, senza voltarsi.
-Sì..-
La speranza cominciava a farsi nuovamente spazio dentro di lei. Un’immagine di lei da bambina le si stagliò davanti agli occhi. Ma ora nelle sue memorie c’era anche lei. Sua nonna. L’imperatrice che ora era lì con lei.
- Sì…-
Certo che si ricordava! Tutto ritornava ad avere un senso. Ciò che pensava fosse stato solamente un sogno era  la pura verità. Ed ora non c’era qualcuno a manipolarla, era la sua testa che riportava a galla quei ricordi che sembravano non avere un senso. Raggiunse il balcone, sognando ad occhi aperti il suo passato.
-Ne avevo rovesciato una bottiglia…era finita tutta sul tappeto- sorrideva nel ricordarlo. –E da quel momento profumò sempre di menta- giocherellava con il ciondolo, mentre il suo sorriso dava risalto a quel volto che fino a qualche minuto fa era cupo e teso.
Marie si fermò, voltandosi verso di lei.
-Era come questo-
L’anziana donna si sedette sulla panca. Tutt’a un tratto voleva ascoltare ancora quella ragazza.
-Stavo distesa su quel tappeto e..- Anya abbassò la testa, dirigendosi verso di lei -oh quanto mi mancavate quando eravate lontana!-.
La tristezza le riempì il cuore. Ora che finalmente aveva ritrovato sua nonna non poteva che guardare al passato come un lungo periodo colmo di dolore e impotenza davanti ad una situazione più grande di lei. Nella sua testa un flusso di ricordi. I momenti belli, lei e la sua famiglia, lei e la nonna che adorava tanto. E i momenti brutti, in orfanatrofio, senza ricevere quell’affetto dai genitori che in quell’età desiderava più di ogni altra cosa. Lontana dalle persone che amava, sola seppure in mezzo a tanti altri bambini come lei.
-E quando siete venuta qui..a Parigi..- si portò una mano alla testa come per frenare i suoi malinconici pensieri.
Marie le fece segno con la mano di sedersi accanto a lei.
-Che cos’è quello?- fece indicandole il ciondolo che portava sempre al collo.
-Questo?- la ragazza lo prese tra le mani -Beh, l’ho sempre avuto..almeno per quello che riesco a ricordare-
-Permetti?- l’anziana donna voleva guardarlo meglio.
Ma la sua non era semplice curiosità. Qualcosa nella sua testa le diceva che lo aveva già visto. Improvvisamente il cuore cominciò a batterle sempre più forte, come se stesse aspettando con trepidazione qualcosa. Anya si sfilò la catenella e gliela porse. Quando lo ebbe tra le mani Marie riuscì a distinguerlo più chiaramente. Era come se il suo cuore avesse smesso di battere di colpo.
-Era..era il nostro segreto..-fece portandosi una mano al petto –Della mia Anastasia- alzò lo sguardo dritto negli occhi della ragazza che aveva di fianco –e mio-. Abbassò di nuovo lo sguardo ed estrasse dalla borsettina che portava con sé il carillon che le aveva dato poco prima Dimitri. Alzò la mano sulla quale erano appoggiati i due oggetti verso la ragazza. Anya trasalì
-Ma è il carillon!-
Ecco cos’era! Ecco perché se lo ricordava quando lo aveva avuto tra le mani quella sera sulla nave. Un flash la riportò indietro di parecchi anni, quando a quella festa a palazzo sua nonna gliel’aveva regalato.
-Per..per farmi addormentare quando eravate a Parigi-.
Lo guardò intensamente e tutt’a un tratto cominciò a canticchiare un motivetto musicale. Era la sua ninna nanna. Appena ebbe girato alcune volte il ciondolo, che aveva inserito nel carillon, la stessa musica si propagò anche da questo. Anya abbozzò qualche frase della canzoncina, seguita a ruota dalla nonna. Sulla faccia dell’anziana si dipinse un largo, bianco sorriso. Gli occhi cominciarono a luccicarle. Il cuore sembrava averle inondato il petto di uno strano, immenso calore che non provava da ormai troppo tempo. Guardò la ragazza negli occhi, cercando di trovare le parole
-Anastasia!- le prese il volto tra le mani -La mia..Anastasia- le lacrime cominciarono a scendere copiose, rigandole la faccia. Anche Anya aveva gli occhi lucidi, sul punto di riversare tutta la sua gioia e la sua felicità. Le due si abbracciarono. Marie non poteva ancora crederci. Dopo tutto quel tempo. Dopo la perdita delle forze e della speranza. Dopo aver pensato seriamente che la sua vita sarebbe finita nel dolore, nel rimpianto e nella solitudine, ecco che ora aveva tutto ciò che per tutti quegli anni aveva desiderato. Che la sua adorata nipote fosse viva e tornasse da lei. Le sue preghiere erano state  esaudite. Amava sua nipote e la gioia che stava provando in quel momento era incommensurabile.
Anya aveva la testa sulla spalla della nonna. Gli occhi chiusi. Aveva ritrovato parte della sua famiglia. Non avrebbe potuto descrivere come si sentiva in quell’istante perché era un turbinio di emozioni. Gioia, felicità, soddisfazione. Tutto quello che aveva desiderato fin da bambina, fin da quando la sua memoria ne serbava ricordo all’orfanatrofio, era riavere la sua identità, sapere di essere parte di una famiglia. Ora aveva finalmente raggiunto il suo scopo. Nient’altro sembrava avere più importanza all’infuori del loro ricongiungimento. Se fossero state due luci avrebbero illuminato l’intero quartiere di Parigi. Anya cercava di ricacciare indietro le lacrime, che lottavano contro le palpebre per uscire fuori. Era così confortante e rassicurante essere avvolta nell’abbraccio di sua nonna. Sarebbe rimasta lì finché non si fosse ripresa. Come quando era piccola. Quando andava a rifugiarsi tra le braccia protettive della donna quelle volte che le sue sorelle le facevano qualche piccolo dispetto. Occhi chiusi, un sorriso nascosto nell’abbraccio. Anya si sentiva qualcosa di più. Si sentiva finalmente Anastasia.

***

Quando gli erano giunti i risultati fallimentari della missione era come se il mondo gli fosse caduto addosso per la seconda volta. La rabbia si era mescolata alla vergogna, all’odio e al disprezzo. Come avevano potuto fargli questo? Se i vertici, o peggio ancora, gli stati esteri, fossero venuti a conoscenza del fallimento di quel futile compito, l’OGPU sarebbe stata derisa per sempre e avrebbe perso il suo importante valore. L’associazione aveva messo fine a molte vite. I ribelli al regime non erano riusciti a scamparla di fronte alla spregiudicatezza e alla crudeltà dell’organizzazione. Ma lei sì. Quei sicari di cui aveva piena fiducia si erano rivelati ai suoi occhi dei perfetti incapaci. Viktor sosteneva che un bambino avrebbe concluso molto di più. Tutti lo rispettavano all’interno dell’organizzazione. Per lo più perché ne avevano paura. Viktor incuteva timore. Seppure fosse costretto a muoversi prevalentemente su una sedia a rotelle, tutti sapevano che dietro a quell’uomo invalido si nascondeva un animo forte e battagliero, che non si era mai arreso. Un animo venduto alla rivoluzione e alle idee per cui parteggiava. Sapevano che non avrebbe esitato a sparare un colpo se qualcuno si fosse opposto al regime e ai suoi dettami. Come non avrebbe esitato a pagare un biglietto di sola andata per un campo in Siberia a chi non lo avesse assecondato in ciò a cui ambiva.  La sua fama era ben più che nota. La sua ferocia un fiore all’occhiello dell’OGPU. Era per questo che nessuno avrebbe voluto mai rivelargli l’esito negativo dell’uccisione della granduchessa. Quando venne a saperlo montò su tutte le furie. Avrebbe fucilato i suoi uomini all’istante. Ma d’altronde erano suoi compagni e non poteva nascondere a se stesso che anche lui aveva sbagliato una volta. La sua unica gamba era sempre lì a ricordarlo. Così, dopo essere ritornato lucido, Viktor aveva subito fatto ripartire le ricerche. Voleva sbrigare al più presto quella faccenda, che gli aveva fatto già perdere troppo tempo.
 

Viktor guardava fuori dalla finestra della Lubjanka. L’andirivieni di persone all’interno dell’edificio era continuo. Poteva sentirne i passi dietro la porta. Stava ripensando a ciò che aveva deciso. Anche se ormai non avrebbe più cambiato idea. Una mano ferma  dietro la schiena, mentre con l’altra si teneva alla stampella. Sapeva che doveva contare solo su se stesso. Aveva sbagliato una volta, certo, ma avrebbe fallito anche una seconda? No. La percentuale era piuttosto bassa. Non per niente era diventato famoso per le sue condanne a morte. Questa volta i suoi uomini avrebbero solo spianato la strada. Ciò che lo interessava, il lavoro grosso, lo avrebbe fatto lui. Staccò gli occhi dal vetro della finestra, che dava sulla piccola piazza, e il suo sguardo ricadde sul quotidiano che gli avevano appena consegnato quella mattina. Trovata principessa Romanov. Il sottotitolo in grassetto  occupava gran parte della pagina. Sotto la ormai famosa foto della granduchessa Anastasia da bambina. Quella foto che aveva riempito i giornali da ormai troppo tempo. Viktor sorrise. Ma era il titolo che lo entusiasmava parecchio. Organizzata festa reale. Era come se il destino gliela servisse su un piatto d’argento. Non aveva dovuto nemmeno darsi da fare per cercarla. Gli serviva solo una scusa per attirarla nella sua trappola. Ma non ci pensava troppo. Si sarebbe fatto venire sicuramente in mente qualcosa quando sarebbe stato lì. Sapeva solo che doveva agire con discrezione, non voleva dare nell’occhio in un’occasione così importante. Ritornò a guardare fuori. Mosca era affollata di gente. Un via vai continuo di persone, mentre il cielo si faceva cupo sopra di loro. Gettò un’occhiata all’orologio. Era ora di partire. A momenti sarebbero entrati a chiamarlo. L’odio interiore gli stava esplodendo in petto come  gioia incontenibile. La sua “piccola” vendetta sarebbe avvenuta per mano sua, e questo non poteva che renderlo felice ed orgoglioso. Non vedeva l’ora di farsi un bel viaggetto a Parigi.

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Capitolo 10
*** Addio ***


Lampi squarciavano il cielo di Parigi, seguiti dal fragore dei tuoni. La pioggia cadeva fitta, trasfigurando le immagini degli edifici in quella notte buia. Gaie e naturali risate provenivano da una sontuosa stanza di un palazzo.
-Ahh…adesso mi ricordo- Anastasia, in un pigiama rosa, fissava con attenzione il ritratto che aveva tra le mani –Quanto li amavo…-.
La foto incorniciata ritraeva lei, le sue tre sorelle e suo fratello. I ricordi del passato appena riemerso le riempivano la testa. Dolci reminiscenze. Era vero. Li adorava. Un sorriso spuntò sulle sue labbra. Ricordava come le piaceva organizzare burle e scherzi alle sue sorelle più grandi. Ogni volta riusciva a scamparla perché alla fine dovevano riconoscere che lei era l’anima della famiglia. Una bambina sempre sorridente alla quale non si poteva che volere bene. I suoi occhi non riuscivano a mascherare il velo di tristezza. Marie le posò una mano sul braccio nudo
-Loro non vorrebbero che vivessimo delle cose passate, ora che finalmente ci siamo ritrovate- la donna si sistemò meglio sul divanetto blu oltremare. Si girò per prendere un foglio da un cestino rettangolare di paglia intrecciata che stava su un piccolo tavolino, proprio accanto a lei. –Ohh…guarda qui!- fece con sorpresa porgendoglielo davanti agli occhi -Il disegno che mi avevi regalato-
Anastasia strabuzzò gli occhi.
-Ricordi?-
La ragazza lo prese in mano e si mise a ridere. Era un disegno. Era il disegno che aveva regalato a sua nonna quella sera della festa a Palazzo. Eccome se lo ricordava! Lo aveva fatto apposta per lei come regalo prima che partisse per Parigi. Ci aveva messo così tanto impegno! Così tanto amore!
-Sì! Olga mi ha fatto così arrabbiare! Diceva che sembrava un maiale a cavallo di un asino-.
Le parole della sorella le risuonavano ancora nelle orecchie. Si era così infuriata quella volta che le aveva tenuto il muso per una giornata intera. Andava così fiera del suo disegno che lo aveva mostrato orgogliosa a chiunque incontrasse a palazzo. Prima di consegnarlo alla nonna doveva assicurarsi di aver fatto un buon lavoro. Eppure quello di Olga era stata l’unico parere che contrastava con tutti gli altri membri della famiglia. Sul foglio era rappresentata una bambina corpulenta dai riccioli neri, ornati da un fiocco rosso in parte. Era seduta su di uno sgabello. Anastasia storse la bocca poggiando il disegno sul tappeto
–Aveva ragione-.
Marie rise.
-Nella tua risata piccola mia- la prese per una mano e la fece alzare dal tappeto -sento di nuovo il mio Nicola. Il tuo caro padre-.
Erano davanti ad un immenso specchio che occupava la parete in tutta la sua lunghezza. Marie si scostò dalla ragazza e aprì una scatola bordeaux, posta sopra un piccolo tavolino, a fianco dello specchio. Appoggiata sul velluto blu, una corona le cui gemme riflettevano la luce della stanza. Anastasia sgranò gli occhi, stupefatta.
-Ma tu- continuò la donna alzando la corona –hai la bellezza di tua madre..- e poggiandogliela in testa –Alexandra. Imperatrice di tutte le Russie-. Poi la fece voltare verso lo specchio.
Anastasia guardò la sua immagine riflessa. Ancora attonita. Fissava la corona che portava in testa. Solo pochi giorni fa era una povera orfana che doveva ritenersi fortunata nell’avere un tetto sotto cui stare e del cibo con cui saziarsi. Ora era addirittura una granduchessa. Ancora faticava a credere che quella fosse la realtà e non un altro dei suoi sogni dove trovava la sua famiglia o dove diventava una bellissima principessa. Si perse nella sua immagine riflessa.

***

Il vestito color giallo oro ricoperto di brillantini argento la faceva risplendere sotto la luce del salone, dove Sophie e una domestica glielo stavano aggiustando per l’importante serata in suo onore. La gonna davanti si apriva in un triangolo roseo. Le maniche restavano aperte sulle braccia e le spalle rimanevano nude. Portava una fascia azzurra sopra l’abito e i capelli ben raccolti sotto la corona. Anastasia fece un’ampia giravolta sotto i loro occhi. Poteva notare dalle loro espressioni che il vestito le stava divinamente. Il suo volto era raggiante come non mai.

***

In una delle stanze del palazzo, Marie aspettava in piedi vicino ad un tavolo. Portava un abito verde bottiglia. Sebbene fosse una splendida giornata di sole, la stanza risultava abbastanza nella penombra perché le pesanti tende rosse alle finestre filtravano parecchio la luce. Il ragazzo entrò facendo un regale inchino
-Mi avete fatto chiamare Vostra Altezza?-
-Dieci milioni di rubli, come promesso- la donna allargò il braccio indicando una valigetta piena di banconote, sopra al tavolo -con tutta la mia gratitudine-
-Accetto la gratitudine Altezza, ma..- chiuse gli occhi un istante –ma io non voglio quel denaro- terminò tornando a guardare negli occhi l’anziana donna.
-Ma allora che cosa vuoi?-
-Sfortunatamente nulla che voi mi possiate dare-.
Detto questo eseguì un secondo inchino e si apprestò a dirigersi verso l’uscita.
-Giovanotto!-
Le parole della donna lo fecero arrestare immediatamente. Marie si diresse verso di lui.
-Dimmi. Dove hai trovato quel carillon?-
Dimitri si voltò appena.
-Tu eri quel ragazzo , vero?!- prese a girarli attorno, mentre Dimitri cercava di sfuggire al suo sguardo.  -Lo sguattero che ci ha fatto fuggire…Tu hai salvato la sua vita e la mia…poi l’hai restituita a me- continuò portandosi una mano al petto. –E ora non vuoi alcuna ricompensa?- gli domandò con aria curiosa e sorpresa.
Dimitri stava male. Interiormente sapeva di aver sbagliato tutto. Era stato un egoista e uno sciocco. Aveva lasciato che una cosa materialistica come il denaro gli annebbiasse la mente. Che la ricerca della fama e il rispetto del suo orgoglio facessero scappare quel qualcuno che era diventato così importante per lui. Sapeva che la conosceva da pochi giorni, ma non aveva mai provato niente del genere per nessuna ragazza. Neppure per quelle con cui era stato assieme. E sapeva che il suo cuore non poteva mentirgli. Avrebbe dovuto dirle tutto fin dall’inizio ed essere sincero. Ma ormai per i se e i ma era troppo tardi. Ormai l’aveva persa per sempre.
-No- chiuse gli occhi cercando di nascondere la tristezza che era comunque ben visibile nel suo sguardo -Non più-
-Perché hai cambiato idea?-
Perché aveva cambiato idea? Perché i soldi non avevano più senso ora. Fino a poco tempo fa erano il suo unico desiderio, il suo sogno. Una vita di ricchezze, feste, abbondanza. Non avrebbe più dovuto dedicarsi alla sua vita da criminale. Lui e Vlad avrebbero vissuto una vita agiata e sarebbero stati riconosciuti da tutti. Ma ora era lei il suo sogno. Il suo desiderio. I soldi non avrebbero più colmato il suo vuoto.
-È stato un cambiamento dettato dal cuore-
Fu allora che Marie fu certa di quello che aveva creduto. Gli sorrise. Non sarebbe mai stato abbastanza per ringraziarlo.
-Ora se permettete- chinò il capo in segno di congedo e si allontanò.
Marie lo seguì con lo sguardo, indecisa se fermarlo o meno. Ma rimase in silenzio. Sorrise nuovamente. Era evidente. Si era innamorato di sua nipote. E in cuor suo non poteva esserne che felice.

***

Alzò lo sguardo. Dimitri stava scendendo le scale a capo chino. Un sorriso stava per spuntarle sulle labbra. Era felice di rivederlo. Dopotutto doveva ammettere che non si sarebbe mai ritrovata con sua nonna se lui non l’avesse così aiutata. Poi però si ricordò perché lui lo aveva fatto e la sua espressione si rabbuiò.
-Ciao Dimitri!- lo salutò con un tono di velato disprezzo.
Il ragazzo, che ancora non l’aveva vista, assorto nei suoi pensieri, alzò lo sguardo
-Ciao Anya-
-Hai raccolto la tua ricompensa?- continuò nascondendo a malapena il tono di sfida.
-Il mio lavoro è concluso- le rispose facendole segno anche con le mani che non doveva più preoccuparsi della sua presenza. Se ne sarebbe andato prima che lei potesse aggiungere altro.
-Giovanotto!- un maggiordomo del palazzo lo ammonì -Vuole inchinarsi e chiamare la principessa Vostra Altezza?!-
-No..- Anastasia rimase imbarazzata davanti al commento dell’uomo.
Guardò il ragazzo davanti a lei con la coda dell’occhio. Non si rendeva ancora conto di essere diventata così importante. Ma ora che era di fronte a Dimitri non le interessavano i convenevoli. Da ragazza povera e senza una famiglia qual era pochi giorni fa non le sarebbero mai interessati. – Non è necessario-. Avrebbe voluto solo una cosa da lui. Le sue scuse.
-Vi prego!- Dimitri portò una mano davanti a sé -Vostra Altezza- e si chinò leggermente. –Sono felice che abbiate trovato ciò che cercavate- disse rialzandosi.
Anastasia sollevò lo sguardo. Il tono con il quale le aveva risposto l’aveva fatta innervosire di nuovo. Non si sarebbe scusato. Lo sapeva.
-Sono lieta che lo abbia trovato anche tu- replicò a tono. Poteva andarsene benissimo con i suoi maledetti soldi.
-Bene..allora…- Dimitri non avrebbe voluto lasciarla così. Cercava di trovare dentro di sé la forza per pronunciare quella parola –Addio..- si chinò nuovamente -Vostra Altezza-.
Alzò lo sguardo per incrociare un’ultima volta i suoi occhi. Poi scese velocemente le scale, prima di poter rendere evidente la tristezza nei suoi.
-Addio..- sussurrò lei anche se ormai non poteva più sentirla. Anche i suoi occhi erano colmi di tristezza. Tutta la rabbia dentro di sé sembrava essere svanita per un attimo. Perché sapeva che non lo avrebbe rivisto mai più. Perché anche se le aveva spezzato il cuore e le aveva procurato del dolore non da poco sapeva che  in una parte del suo cuore c’era ancora. E non se ne sarebbe andato così facilmente. Forse sarebbe sempre rimasto lì, forse non se lo sarebbe mai dimenticato. Perché lei ora era lì grazie a lui. Aveva trovato parte della sua famiglia grazie a lui.

***

Vladimir si stava aggiustando l’abito che aveva scelto per la festa, rimirandosi davanti allo specchio.
-Guarda! Sei bellissimo!- fece rivolto al cane che stava guardando la sua immagine riflessa piuttosto perplesso. O almeno sembrava. Come se avesse capito il complimento, spiccò un salto felice nelle mani dell’uomo che lo poggiò su una colonna di marmo.
-Ti dispiace?- gli fece indicandogli una medaglietta che aveva appesa al collo. Pooka lo guardò interrogativo. –No?..certo che no. Bravo cucciolotto!- e gliela sfilò di dosso, appuntandosela al petto.
Non si era accorto che era entrato. Dimitri si schiarì la voce, dietro di lui. Vladimir alzò lo sguardo e vide la sua immagine riflessa nello specchio.
-Beh…se per caso passi per Leningrado..vieni a trovarmi-
Vlad si voltò. Il ragazzo si spostò verso di lui.
-Arrivederci Vlad- allungò il braccio per stringergli la mano e Vlad lo trasse a sé per abbracciarlo. Era come un abbraccio padre-figlio dopo tutto quello che avevano passato insieme. Vladimir aveva deciso di restare a Parigi accanto a Sophie e quando aveva saputo l’intenzione del ragazzo di ritornare in Russia ne restò profondamente deluso. Gli diede delle pacche sulla schiena.
-Ahh…ragazzo mio..- lo scostò da sé prendendolo per le braccia –Stai facendo uno sbaglio- pose l’indice davanti al suo sguardo, in segno di ammonimento.
Vlad era sempre stato per Dimitri un vero e proprio padre. Nonché anche un grande amico. Il suo migliore amico. E sapeva sempre cosa era giusto per lui. I suoi occhi mesti rivelavano tutti i suoi sentimenti. Sapeva che era innamorato di Anastasia. Non poteva andarsene perché lo avrebbe rimpianto per tutta la vita. Ma sapeva anche che Dimitri era piuttosto testardo e impulsivo, non sarebbe riuscito a smuoverlo dalla sua posizione così facilmente. D’altronde era cresciuto. E sebbene risultasse ancora un bambino ai suoi occhi, doveva assumersi le sue responsabilità e affrontare le proprie decisioni.
-Credimi. Se ho fatto una cosa giusta è proprio questa- fece allontanandosi da lui, sforzandosi di sorridere.
Pooka mugolò. Dimitri si chinò poggiandogli una mano sulla testa. Il cane gliela leccò.
-Ciao piccolino!- fece accarezzandolo dolcemente.
Come se avesse capito che stava per dirgli addio Pooka si fece triste.
-Non posso più restare. Tu lo capisci, vero?!-
Il cagnolino mugolò di nuovo. I suoi occhi trasmettevano la stessa malinconia che si poteva leggere in quelli del ragazzo.

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Capitolo 11
*** Vendetta ***


Ciao a tutti:)...ormai mancano pochi capitoli alla fine..ed in questo ho dato maggiore spazio all'inventiva, dato che la parte del cattivo in questa storia non è lasciata a Rasputin come nel film...Quindi fatemi sapere come vi sembra..se può essere perlomeno accettabile o meno...Baci:)

L’enorme salone era illuminato in ogni sua parte. Dall’alto soffitto pendevano file di lucette che ricadevano fino alle colonne delle arcate. I colori degli ampi e meravigliosi vestiti delle donne sembravano predominare sulle tonalità dorate. In quella calda atmosfera si respirava un clima di felicità e spensieratezza. Gente facoltosa da ogni dove era accorsa per festeggiare la principessa che sembrava perduta. O perlomeno partecipare alla festa regale che l’imperatrice aveva indetto in suo onore. La sala da ballo era occupata da centinaia di coppie che danzavano al ritmo cadenzato della musica. Le numerose logge erano riempite anch’esse da altrettante persone. Era tutto perfetto. O forse lo sembrava. Anastasia guardava in disparte, scostando appena la tenda divisoria rossa che aveva davanti.
-No. Lui non c’è-
La ragazza si riprese subito dai suoi pensieri. Si voltò verso sua nonna
-Oh, lo so che non c’è lui..Di chi stai parlando nonna?- le domandò.
Una domanda alquanto retorica. Sapeva di aver capito bene, ma non si capacitava di pensare ancora a lui. Anastasia riprese a guardare verso il salone, fingendo noncuranza. Marie si portò vicino a lei
-Di quello straordinario giovanotto che ha trovato il nostro carillon- le rispose sorridendo.
-Beh, probabilmente è troppo occupato a come spendere i soldi della ricompensa- aggiunse con tono sprezzante.
L’anziana teneva anch’essa lo sguardo rivolto alla sala da ballo, ma con la coda dell’occhio scrutava la nipote. Il sorriso non se n’era andato dalle sua labbra. Poi abbassò lo sguardo per rialzarlo un attimo dopo
-Guarda come ballano- allungò una mano indicando la sala colma di gente –Tu sei nata in questo mondo luccicante di gioielli e titoli altisonanti ma..- fece una breve pausa –Mi chiedo se sia questo ciò che tu veramente desideri-.
Distolse lo sguardo dalle coppie danzanti e guardò negli occhi la nipote, poggiandole una mano sulla spalla.
-Ma certo! Certo che lo è!- richiusero la tenda davanti a loro –Ho trovato quello che stavo cercando. Ho scoperto chi sono veramente- continuava mentre si dirigeva lentamente nella parte opposta, dandole le spalle. Si fermò –Ho trovato te!-
-Sì..ora mi hai trovato..-
Anastasia si girò verso di lei.
-E mi avrai per sempre con te- fece avanzando verso di lei a braccia aperte. Poi abbracciò la nipote e restarono così. –Ma sarà sufficiente?-. Chiuse gli occhi. La testa appoggiata alla sua.  –Mia cara- fece allontanando il volto da lei e prendendola per le spalle –Lui non ha voluto il denaro-.
Anche Marie l’aveva capito. Era vecchia, ma non da non intendere che era successo qualcosa tra i due. Il ragazzo doveva veramente provare qualcosa di profondo per sua nipote dopo quello a cui era stato disposto e hai rischi che aveva corso per farle incontrare. Aveva dovuto ricredersi. Il giovane insolente che aveva visto a teatro e che reputava un truffatore e bugiardo era l’unica persona che aveva permesso di farle riavere la sua amata Anastasia.  Per non parlare di come le aveva salvate entrambe quando era ancora un ragazzino. Rifiutando pure una qualsiasi ricompensa. Era costretta ad ammettere che era rimasta sbalordita dal comportamento di quell’uomo. Ciò che il ragazzo voleva non era una ricompensa in denaro. Desiderava sua nipote e basta. Perché allora fingeva di non essersene accorta? Anastasia era sempre stata, oltre che alla più vivace, la più sveglia delle sue nipoti.
La ragazza si scostò a malapena. Alquanto sorpresa.
-Non l’ha voluto?!-
-Sapere che tu sei viva. Vedere la donna che sei diventata- accarezzò la guancia della nipote  -Mi ha dato una gioia che non pensavo di poter provare ancora-.
Le sorrise. Non poteva immaginare quanto avesse desiderato vederla almeno un’ultima volta. La baciò in fronte. Poi si portò verso la tenda. –Qualunque sarà la tua scelta..- le disse voltandosi verso di lei -..noi saremo insieme per sempre-.
Anastasia le dava le spalle. Fissava un punto davanti a sé. Faticava a credere a ciò che sua nonna le aveva appena detto.  Lui non aveva voluto i soldi. Questo le bastava per sconvolgere nuovamente i suoi pensieri. Cosa voleva dire? Si era forse reso conto della misera e ignobile figura che aveva fatto davanti a lei? Si era sentito così in colpa da aver rifiutato il denaro davanti a sua nonna? Voleva andarsene facendo bella figura davanti a lei? Voleva farla sentire in colpa per non aver ascoltato la sua verità sui fatti? O forse…forse provava realmente qualcosa per lei. Dopotutto lei ci aveva creduto fino all’ultimo. E dopotutto anche lei si era innamorata di lui. Ci aveva così sperato tanto da star male quando si era sentita solo usata da lui. La voce di sua nonna le pareva così lontana e flebile. E lei si sentiva così confusa!
-Ma nonna…mi stai dicendo che..- si girò, ma ormai sua nonna era scomparsa dietro la tenda rossa. Avanzò lentamente verso questa e la scostò. Guardava le coppie che continuavano a ballare senza sosta, sotto le numerose luci che proiettavano riflessi in ogni parte. Sembravano così felici e spensierate! Sentiva che era appartenuta a quel mondo, ma in fondo al suo cuore sapeva che non era più il suo posto. I sentimenti dentro di sé sembravano in contrasto tra loro. Voleva così bene a sua nonna che una volta ritrovata si era promessa di non lasciarla mai più. Ma ora vedeva che quel mondo da principessa che aveva sempre sognato da piccola le sembrava così vuoto. Sospirò malinconicamente. Guardando le persone che ballavano nella sala le ritornò alla memoria il valzer che aveva ballato tra le braccia di Dimitri. Quel giorno sulla nave. Possibile che con lui si sentisse così bene? Che si trovasse ormai a proprio agio? Il suo cuore le stava rispondendo silenziosamente. Guardò ancora un attimo verso il salone. Poi richiuse la tenda. Non si sentiva bene. Non si sentiva completa senza lui. Questa era la verità. Quella verità che la rabbia aveva cercato di nascondere invano.
I guaiti di Pooka la distrassero dai suoi pensieri e la riportarono alla realtà. Si girò in tempo per vederlo correre fuori dalla porta che dava all’esterno.
-Pooka!-
Lo seguì trascinando l’ampio vestito, allontanandosi dalle sinfonie del valzer che stavano suonando.
-Pooka!- ripeté, ma il cane proseguiva per la sua strada, zigzagando in mezzo al labirinto botanico del palazzo.
Anastasia scese velocemente le scale e si precipitò all’interno del giardino, continuando a ripetere il suo nome.

***

I treni sbuffavano avvicinandosi. Era in coda alla biglietteria della stazione ferroviaria di Parigi. Stava frugando nelle tasche del cappotto. Poi tirò fuori qualcosa. Era una rosa. Quella rosa che Anastasia gli aveva appuntato sulla giacca quella sera in cui avevano passeggiato per Parigi. I ricordi sfilavano nella sua testa. La faccia di lei affissa in mente. Quel fiore era bello come lei. Una rosa alla quale erano state recise le spine. Dopotutto anche lei, sebbene fosse puntigliosa e attaccabrighe, sotto sotto era una ragazza dolce ed insicura. Sorrise. Era così perso nei suoi pensieri che non si accorse della mano che la donna, in coda dopo di lui, le aveva messo sulla spalla
-Tocca a lei-

***

Anastasia vagava per i sentieri del giardino, avvolto nel completo silenzio. Aveva un che di spettrale nella fievole luce notturna, illuminata da un sinistro chiarore biancastro. Si guardava attorno alla ricerca del cagnolino, ma non riusciva ad intravederlo da nessuna parte. L’abbaiare improvviso del cane la spaventò
-Pooka! Pooka vieni qui!- si diresse verso la direzione in cui l’aveva sentito guaire.
Lo trovò scodinzolante, felice come non mai. Quell’atmosfera aveva fatto rabbrividire solo lei a quanto pareva.
-Ohh..eccoti qui bello!- fece prendendolo in braccio.
Non si era nemmeno accorta che il giardino e i sentieri del palazzo avevano fatto spazio ad un lungo e largo ponte di cemento. Si era alzata la nebbia.
-Anastasia!-
La ragazza si alzò di scatto, guardando davanti a sé. Poteva intravedere a malapena una piccola schiera di uomini, quattro o cinque, fermi ad alcuni metri da lei. Al centro, un uomo in sedia a rotelle.
-Anastasia..Vostra Altezza imperiale- continuava quest’ultimo. Un che di malizioso nel suo tono. Cominciò lentamente ad avanzare verso di lei. Anastasia indietreggiava a sua volta. Colta dal panico.
-Mi inchinerei davanti a Vostra Altezza ma..come vedete..- fece indicando la sedia sulla quale era seduto e la sola gamba che gli era rimasta -..non potrei farlo degnamente -.
Anastasia continuava a fissarlo. Incapace di parlare. Cosa volevano da lei?
-Guarda l’opera che hanno compiuto dieci lunghi anni- fece allungando il braccio verso di lei, indicandola, -Tu un magnifico fiore in boccio..-si trattenne dalle risate –e io…- si batté il petto –Beh..c’è bisogno di aggiungere altro? Non sono al meglio, non credi?- concluse piegando la testa in modo sinistro.
La ragazza continuava a tenere gli occhi fissi su di lui, come se il resto del gruppo dietro non esistesse. Gli ricordava qualcuno. In qualche modo sapeva di averlo già visto. Cercava di riportare alla memoria qualcosa che potesse darle qualche indizio.
-Quel volto..-
-Sì…la nostra corsa sul ghiaccio. Te la ricordi?-
Socchiuse appena gli occhi, per inquadrarlo meglio. Poi li spalancò di scatto. Era lui. Uno dei soldati che aveva assaltato il palazzo nella quale viveva e aveva cercato di ucciderla, dopo averla rincorsa sul ghiaccio. Era quel volto sfocato che ricorreva frequentemente nei suoi incubi. Quella mano che l’afferrava per la caviglia e non la lasciava più. Quella mano che cercava di trascinarla giù, sempre più giù, nei suoi ricordi più tetri. Il suo volto si rabbuiò di colpo e la rabbia le montò dentro.
-Tu eri quel soldato che aveva tentato di uccidermi!-
-Sì..beh…mettiamola così..Se non ci avessi tentato io lo avrebbe sicuramente fatto un altro. E magari sarebbe stato anche meglio dato ciò che mi hai procurato- Viktor teneva un tono di voce calmo. Quasi apatico. Continuò lentamente ad avanzare verso di lei. –Mia cara granduchessa, come si sentirebbe lei a fallire nei suoi obiettivi?-
Anastasia continuava ad indietreggiare.
-Glielo dico io come si sentirebbe. Una fallita. Senza speranza. Perduta. Perché è così che mi sono sentito io quando Vostra signoria mi ha procurato questo- indicò la mancanza della sua gamba. Viktor continuava a cambiare la persona nel suo monologo. Passava dal Tu al Voi e dal Voi al Lei come se niente fosse. Evidentemente era solo una presa in giro verso la ragazza.
Anastasia  lo guardava impaurita, con aria interrogativa.
-Solo per correre dietro a Voi e alla Vostra dannata nonnina sono sprofondato nel ghiaccio. A causa Vostra potevo morire assiderato. Ma la fortuna volle che vivessi. O forse la consideravo sfortuna al tempo. Perché anche se non ero morto fisicamente, ero morto psicologicamente. Mi spiego?- fece gesticolando. –Ho perso il mio orgoglio, infangato la mia ottima reputazione. Mi sono sentito inutile. Ma per fortuna quel momento orribile è passato. Pian piano ho ritrovato le forze. Una gamba amputata non poteva amputare anche i miei sogni. E fu allora che considerai quello che era successo come una fortuna. Il coraggio e la temerarietà  mi hanno permesso di recuperare il mio valore e di rinforzarlo più di prima. Se fossi morto non avrei potuto attuare la mia vendetta. I Romanov hanno avuto la fine che meritavano. Ora che hai ascoltato la mia entusiasmante storiella…direi che tocca a te- concluse in un largo sorriso, indicandola.
Quando udì il nome della sua famiglia i suoi occhi furono accecati dalla rabbia. Non sembrava aver più paura. Si avventò sull’uomo senza pensarci. Gli uomini dietro di lui  si precipitarono in suo soccorso. La immobilizzarono prima che potesse tirare un pugno al loro superiore.
-Lasciatemi! Lasciatemi!- gridava in preda all’odio, cercando di divincolarsi. –Troppo facile sbarazzarsi di me in questo modo!- urlò contro Viktor.
L’uomo si girò
-Fermi! Lasciatela andare!- ordinò.
Gli uomini lo fissarono allibiti senza capire.
-Ha ragione..questa è una faccenda PERSONALE. È giusto che ce la sbrighiamo noi due da soli. No?! Andatevene-
I suoi compagni, ancora esterrefatti dal cambio di piani, eseguirono l’ordine e la tolsero le mani di dosso. Viktor si fiondò verso di lei sulla sedia a rotelle. Poi di scattò si alzò e piombò su di lei, atterrandola. Non aveva altre armi che una Nagant M1895, che portava sempre con sé. Ma non voleva usarla subito. Il divertimento sarebbe finito troppo presto per i suoi gusti.
I suoi compagni intanto si erano allontanati un bel po’. Non volevano intralciare i desideri del loro superiore, solo godersi la scena.
Anastasia riuscì stranamente a divincolarsi e a rialzarsi. Ma Viktor, divenuto con l’esperienza sul campo troppo astuto e forte, si fece forza sull’unico arto inferiore rimasto e si rialzò anche lui, bloccando la ragazza contro il basso parapetto del ponte. Le serrò la gola con entrambe le mani, distribuendo tutta la sua forza sulla gamba. Sebbene Anastasia sembrasse poter avere la meglio sull’uomo fin dall’inizio, a causa delle sue condizioni, ora aveva la testa piegata all’indietro, inarcata sulla balaustra, che cercava difficilmente di togliersi le mani di Viktor dal collo.
-Puoi dimenarti finché vuoi Anastasia. Dì addio a questo mondo-
Respirava a fatica. Sembrava che il tempo che fino a qualche secondo prima scorreva così velocemente, cominciasse pian piano a rallentare.
 
Un boato squarciò il silenzio. Viktor si voltò di scatto. Era avvenuta un’esplosione proprio a pochi metri da lui. Il fumo e le fiamme gli impedivano di guardare attraverso. Cosa diavolo era successo? Certo quello di far saltare il ponte era una delle possibilità che aveva messo in conto, ma che diamine era saltato in mente ai suoi uomini? Fare una cosa del genere senza aspettare un suo ordine? O meglio. Senza essercene necessità, dato che aveva la ragazza in pugno? Questa esplosione avrebbe solamente fatto allertare la gente. Stava per urlare contro i suoi uomini quando il vento fece spostare pian piano il fumo. I loro corpi erano a terra. Incoscienti, o privi di vita, non ne poteva essere certo.
-Ma che diavol…-
-Lasciala andare subito!- un ragazzo avanzava verso di loro.
Viktor spalancò gli occhi con aria interrogativa. La ragazza intanto aveva colto l’occasione per cercare di liberarsi dalla sua stretta. Si divincolò e corse verso il ragazzo.
-Dimitri!- gli urlò sorpresa.
Viktor non perse tempo. Si portò immediatamente verso la sedia, a pochi passi da lui, e sfoderò la pistola, prima di sedersi.
-Muovetevi ancora e morirete entrambi- urlò loro contro puntando la pistola –Non mi fa nessuna differenza-. Poi prese a muoversi nella loro direzione, con tutta la forza che aveva nelle braccia.
I due indietreggiarono lentamente.
–Non preoccuparti- le sussurrò –Ti proteggerò io-
Anastasia si limitò a guardarlo. Il suo volto pieno di paura sapeva esprimere al meglio tutte le sensazioni che provava. E la domanda silenziosa che gli stava facendo. Come avrebbe potuto salvarla senza un’arma, come quella che impugnava l’uomo ormai davanti a loro?
-Al mio tre corriamo nella direzione opposta, ok?- continuava a sussurrarle velocemente.
Anastasia annuì.
-Uno, due,tr…-
Si preparavano a scattare. Dimitri le faceva da scudo.
-Non ci penserei nemmeno se fossi in voi-
I due rimasero bloccati.
-Scappare non serve ormai a nulla- Viktor teneva la rivoltella davanti a loro.
Non ci sarebbe stata più via di scampo.
-Mi dispiace dover uccidere anche te. Non era nei miei piani- disse rivolto verso Dimitri –Anzi. A dire il vero non mi dispiace-. Sprofondò in un’enorme risata, come se gli avessero raccontato la barzelletta più divertente al mondo. Aveva gli occhi lucidi di odio e soddisfazione.
-Scappa! Ora!- Dimitri la spinse nella direzione opposta prima che potesse controbattere, ponendosele davanti.
Uno sparo lo colpì.
Anastasia si girò, bianca in volto.
-Dimitri!-
-Corri!- le urlò Dimitri con tutto il fiato che aveva in gola. Accecato dal dolore.
-E ora tocca a Voi! Dasvidania Vostra Altezza!- gridò Viktor ruotando la sedia nel lato opposto.
-Anya!- urlò Dimitri cercando di portarsi a fatica verso l’uomo, prima di accasciarsi a terra.
 
Fu un attimo e una fitta alla mano si propagò per tutto il braccio. Lasciò cadere la pistola. Il ringhio feroce di Pooka risuonava sul ponte semidistrutto. Aveva affondato i denti nella sua mano, facendogli emettere un debole grido di dolore che cercava di contenere. Raccolse il revolver in bocca e corse verso la sua padroncina.
La ragazza prese in mano la pistola e la puntò verso Viktor. Guardò oltre e vide Dimitri steso a terra, privo di sensi.
-Questo è per Dimitri, per me e per la mia famiglia! Dasvidania!- mirò al petto e fece partire un colpo. Viktor si accasciò sulla sedia, apparentemente senza vita.
Poi, solo il silenzio.

***

Anastasia, ancora con la pistola alzata, era immobile. Faticava a respirare. Non poteva credere di aver ucciso un uomo. Nei suoi occhi spalancati la rabbia aveva fatto spazio alla paura e all’angoscia. Il revolver gli cadde di mano. In quell’istante  sopraggiunsero le guardie di palazzo, molto probabilmente allarmate dall’esplosione. Si precipitarono verso i corpi a terra e verso Viktor. La ragazza continuava a guardare fisso davanti a sé, come se tutto intorno a lei fosse diventato sfocato e lontano. Poi distinse la figura accasciata a terra e sembrò ritornare cosciente.
-Dimitri!- urlò precipitandosi verso di lui.
Il ragazzo non si muoveva. Gli accarezzò la testa e gli spostò i capelli dal viso. Si chinò per sentirgli il respiro. Non respirava. O almeno non le sembrava.
-Dimitri!- gli urlò per farlo ritornare cosciente. –Dimitri!-
Ma lui non rispondeva. Poi vide la ferita al petto. Fu un attimo. Ciò che vide per ultimo fu un’immagine sfocata di una guardia che stava venendo verso di lei.

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Capitolo 12
*** Lacrime ***


Eccomi qui..a pubblicare il penultimo capitolo di questa storia che mi ha tanto appassionato...Fatemi sapere cosa ve ne pare:) ciao ciao

Non riusciva a distogliere lo sguardo. Le sembrava sempre che stesse per muoversi. Ma niente. Non le aveva ancora dato segni. Eppure i medici che l’avevano visitato le avevano detto che non era in pericolo di vita. Fortunatamente il proiettile aveva sfiorato di millesimi il polmone ed erano riusciti, intervenendo istantaneamente, ad arrestare l’emorragia esterna. Ma lei ancora non ci credeva. Finché non si fosse svegliato, l’avesse guardata negli occhi e ne avesse detto una delle sue.


Lei si era ridestata appena tre ore prima. Si era ritrovata in un letto, probabilmente in una camera del palazzo dove solo fino a poco prima vi era stata la festa in suo onore. O forse erano passate addirittura parecchie ore. Aveva la testa ancora stordita per poter pensare lucidamente. Non sapeva cosa le fosse successo, a quanto pareva era svenuta. Sapeva solamente che avevano sparato a Dimitri e che voleva vederlo. Subito. Sudava freddo e il suo cuore sembrava esploderle, uscire dalla gabbia toracica. Temeva di dover sentire parole che non voleva ascoltare. L’attesa la massacrò psicologicamente perché Dimitri era stato portato in una stanza nell’altra ala del palazzo e dopo l’intervento era stato tenuto sotto stretta osservazione dai dottori, chiamati personalmente dall’imperatrice. Quelle ore per lei furono interminabili, infinite. Quando le condizioni del ragazzo furono dichiarate stabili, la mandarono a chiamare. Anastasia si sentì invadere da una gioia immensa. La tensione che aveva accumulato in quel lasso di tempo finalmente si sciolse in una sensazione meravigliosa. Era corsa immediatamente al suo capezzale. E l’aveva trovato lì com’era ora. Disteso a letto, con gli occhi chiusi, immobile. Aveva deciso di sedersi su una sedia, lì accanto, ed aspettare che si risvegliasse.


Stava aspettando da ormai troppo tempo. O forse era la sua impazienza di riaverlo cosciente che glielo faceva percepire. Gli passò una mano sulla guancia, accarezzandolo, e gli spostò lentamente i capelli. Sorrise debolmente. Le aveva salvato la vita per l’ennesima volta. Le aveva fatto ritrovare la sua famiglia. Se stessa. Come aveva potuto essere così dura con lui?  La testa le girava ancora. Si sentiva parecchio stanca, anche se presumibilmente aveva dormito per delle ore. Prese il bicchiere posto sopra al tavolino, appena dietro di lei, e si versò dell’acqua dalla brocca accanto. Si girò di scatto. Il bicchiere le scivolò di mano urtando contro il suo braccio. Il contenuto si riversò su di lui e sulla coperta. Anastasia sgranò gli occhi, senza parole.
-Ehi!- protestò, prendendo il bicchiere, ormai vuoto, in mano.
-Dimitri!-
Il ragazzo si stava mettendo lentamente in posizione seduta. I movimenti piuttosto goffi. Anastasia ripose in fretta il bicchiere sul tavolino. Poi abbracciò il giovane.
-Ehi! Piano..piano..piano..Stai attenta..-
-Oh..- la ragazza si ritirò con un’espressione di scuse  -Scusami…-
-Dopo avermi rovesciato l’acqua addosso vuoi anche rimettermi nuovamente k.o.?- fece abbozzandole un sorriso.
Anastasia ricambiò il sorriso. Era lui. Come se nulla fosse successo. Era ancora lì con lei. Gli occhi le erano diventati lucidi. Ma stavolta non era perché era arrabbiata e sconvolta. Alcune lacrime cominciarono a rigarle il volto. Dimitri si rabbuiò di colpo
-Perché piangi?-
-Credevo..credevo di averti perso...- non riusciva a dirgli altro. I suoi sentimenti avevano preso il sopravvento.
Dimitri le accarezzò una guancia, già bagnata dalle lacrime. Continuava a sorriderle
-Ma non ti sei ancora liberata di me..- la guardò fisso negli occhi –Mi dispiace-
Anastasia gli avrebbe tirato un cuscino addosso per come ci stava scherzando su. Ma sapeva che lo faceva per sdrammatizzare. E per farla ridere.
Le spuntò un sorriso sulle labbra. Rimase in silenzio qualche secondo prima di parlare, aspettando di calmarsi un attimo.
-Credevo stessi andando a Leningrado-
Quei suoi occhi penetranti sembravano scrutarlo dall’interno. Dimitri si sentì d’un tratto in soggezione davanti a lei. Abbassò lo sguardo.
-Infatti-
-Come mai non hai preso il treno?-
Il ragazzo rialzò lo sguardo
-Non ho potuto..-
-Perché?- gli domandò asciugandosi velocemente le lacrime con la mano.
Dimitri le prese il viso tra le mani
-Perché io…- cercò di avvicinarsele, nonostante provasse ancora un cupo dolore al petto.
Pooka entrò nella stanza abbaiando con foga. I due puntarono entrambi i loro sguardi verso quell’animale che li aveva interrotti così bruscamente. Il cagnolino scodinzolava allegro, come se fosse anch’egli felice di riavere il ragazzo con sé. Si diresse verso la ragazza, che lo prese in braccio, sotto lo sguardo di Dimitri.
-Ah…mi sa che anche lui voleva dirti che gli sei mancato e che è stato tanto in pena per te-
Anastasia guardava il piccoletto. Lingua a penzoloni e occhi che trasmettevano felicità. Poi ritornò a guardare Dimitri.
-Quindi non stavi parlando solo per lui- Dimitri alzò le sopracciglia, sorridendole.
Anastasia sospirò. In volto l’espressione di qualcuno che si era arreso all’evidenza.
Sophie bussò alla cornice della porta, anche se questa era aperta
-Disturbo?- domandò sporgendosi con la testa, sorridendo.
Prima che potessero risponderle aveva già varcato la soglia.
-Oh..ragazzo..- disse avvicinandosi al letto –Non puoi immaginare come sia felice che tu stia bene-. Non riusciva a fare a meno di gesticolare. Raggiante in volto. –Mi puoi scusare se te la rubo per qualche minuto?- fece indicando la ragazza.
Anastasia, ancora il cagnolino tra le braccia, la guardava con aria interrogativa. I due si scambiarono uno sguardo veloce.
-È tutta vostra-  le rispose sorridendo, allargando le braccia.
-Scusami cara- disse rivolta alla ragazza –Ma tua nonna desiderava parlarti..- chinò il capo  e assunse un’espressione di scuse.
Anastasia guardò ancora Dimitri, poi spostò lo sguardo verso Sophie
-Oh..beh…se questo è il suo volere- fece allargando le braccia in segno di finta resa, dopo aver appoggiato Pooka a terra.
Sophie le sorrise. Anastasia strinse la mano a Dimitri e si alzò. Poi scomparì fuori.
-Ti faccio portare qualcosa caro?- domandò Sophie al ragazzo  prima di uscire.
-No..nulla..va bene così per ora-
-Se ti serve qualcosa non esitare. Tira il cordoncino accanto al letto- disse indicandoglielo con una mano –e saremo da te-.
Dimitri annuì e la donna gli sorrise, uscendo dalla stanza.
 

***

-Ciao Anastasia-
La ragazza prese un colpo
-Credevo stessi dormendo- disse flebilmente, spostandosi dalla cornice della porta e avvicinandosi al letto.
Dimitri le sorrise.
-Come stai?- disse sedendosi sulla sedia.
-Beh..- fece portandosi in posizione seduta –diciamo che potrei stare meglio..-
Anastasia gli rivolse un’espressione ironica che nascondeva tutta la sua preoccupazione.
-Lo so..lo so- fece alzando le braccia al cielo –Gli uomini sono dei bambini-
-No…volevo solo ringraziarti per tutto quello che hai fatto per me- controbatté seria, portandosi una mano al petto –Se tu non ci fossi stato, probabilmente...-
-Ma sei qui- disse fissandola intensamente negli occhi –E questo basta-
La ragazza rimase in silenzio. A guardarlo.
-Beh…ti devo la vita-
Dimitri sospirò
-Dei tuoi aggressori cosa sai?-
Anastasia sbatté le palpebre
-Non sono morti-
Il ragazzo la guardò con aria interrogativa, aspettando che continuasse.
-Sono in pessime condizioni, certo, ma sono ancora vivi. Sono sotto stretta sorveglianza..E non sono un’assassina-
Dimitri la guardò perplesso.
-Ho sparato a Viktor, o almeno è così che mi hanno detto che si chiama. È uno dei massimi vertici della polizia segreta russa. Non mi hanno detto molto…- fece abbassando lo sguardo. Probabilmente anche lei voleva sapere se c’era dell’altro dietro questo, ma aveva altri pensieri per la testa in quel momento. Era viva e Dimitri anche. Questo poteva bastarle.
-Solo che la mia mira non è stata eccezionale. Quel tanto che bastava per metterlo, diciamo, fuori combattimento e cercare rinforzi. È in quel momento che sono arrivate le guardie. Per fortuna direi..- sospirò abbassando nuovamente lo sguardo. Tornò a guardare il ragazzo –Non me lo sarei mai perdonata di aver ucciso un uomo- continuò scuotendo la testa –Anche se la mia mente era annebbiata dall’odio verso quell’uomo...Sarebbe rimasto un ricordo terribile e indelebile nella mia mente…-
-Ma non è andata così- le sorrise debolmente cercando di rassicurarla.
-Già…- Anastasia guardò a terra. Poi rialzò lo sguardo –Ma sei stato tu a provocare quella esplosione?-
-Io?- la fissò con aria perplessa –No. No.- rispose secco mettendosi meglio a sedere. –Hanno lanciato una granata verso la parte del ponte dalla quale stavo provenendo. Probabilmente non volevano che si avvicinasse nessuno. Poi credo che qualcosa sia andato storto, non so, c’era parecchia nebbia…e la granata non mi ha raggiunto per niente- alzò le spalle –Poi ho sentito le tue urla- tornò a parlare flebilmente –E mi sono precipitato lì-. Aveva gli occhi incollati su di lei. –Ho visto quell’uomo..che stava per strangolarti..Mi è salito una tale rabbia in corpo!-. Soffocò un gemito di dolore. La parte dove l’aveva colpito la pallottola sembrava bruciargli.
-È tutto passato ora..- lo rassicurò poggiandogli una mano sul petto.
Dimitri abbassò lo sguardo. Le prese la mano e  gliela baciò dolcemente.
Anastasia parve parecchio imbarazzata.
-Sai…volevo tornare a casa..in Russia. Ma io non ho una casa- la guardò fisso negli occhi –E non ho una famiglia. Non qualcuno che aspetti il mio ritorno…-
La ragazza abbassò lo sguardo. Ora capiva.
-E mi sono accorto che me ne stavo andando dall’unica persona con la quale mi ero sentito veramente a casa- si portò la sua mano, che ancora stringeva, al cuore. Batteva velocemente.
Anastasia rialzò lo sguardo. Rimase in silenzio a fissarlo. Poi si protese debolmente in avanti e gli mise una mano sulla guancia. Posò le labbra sulle sue. Erano calde. Dimitri si lasciò trasportare. La mano che stringeva ancora la sua. Un bacio appassionato che entrambi desideravano. Tutte le loro emozioni si stavano riversando in quell’unico gesto.
Ora lei sapeva che lui la amava. Finalmente vedeva nelle loro incomprensioni ciò che era veramente reale. Tutti quei dubbi. Tutti quei sentimenti di astio. Tutto si dissolveva in quel bacio. Lui aveva sempre provato qualcosa per lei. Non le aveva mentito fino in fondo. Era cambiato. E si vedeva benissimo.
Ora lui sapeva che lei provava i suoi stessi sentimenti. In quel momento non gli interessava se appartenevano a due ceti sociali diversi. Lui era pronto a darle il suo cuore. Perché lei riusciva a tirare fuori il meglio di lui. Perché lui la amava. E non gli interessava nient’altro. Neppure che fosse scampato alla morte poco prima. Voleva solo rimanere così, stretto a lei. Perfino il dolore fisico che provava si affievoliva a quel dolce contatto.
Si staccarono lentamente.
-Sai che non sono il principe azzurro o cose del genere, vero?-
-Non ho bisogno di un principe quando ho te-

***

-Perciò?- le domandò Sophie con aria perplessa e curiosa.
-Perciò mi ha detto che resteremo sempre in contatto perché non vuole perdermi un’altra volta..-
Sophie la implorava con lo sguardo di continuare.
-E che tornerà a trovarmi…-
-Oddio..quindi…-
-D’altro canto sono io che l’ho incoraggiata, le voglio così tanto bene che ora che ci siamo ritrovate vorrei tenermela tutta per me- Marie guardava la Senna dal balcone della sua stanza.  La sua espressione divenne un po’ malinconica. –Ma è perché le voglio così bene che so che devo lasciarla andare. Sebbene ci abbiano separate per anni la conosco così bene!- distolse lo sguardo dall’esterno e si voltò verso la cugina –Ora che ha ritrovato se stessa è giusto che viva la sua vita…- un sorriso apparve sul suo volto –E ciò non vuol dire che nella sua vita non ci sarà un posto riservato a me…- poi ritornò a guardare verso le rive del fiume – Sono una bella coppia-
Sophie tratteneva a stento le lacrime. Era una persona che si commuoveva piuttosto facilmente e quella era una di quelle occasioni. La sua sensibilità le faceva apprezzare momenti come quelli. Aveva subito provato simpatia per Anastasia, ancora quando non aveva la certezza che fosse veramente lei. E anche quel giovane le era particolarmente piaciuto. Marie aveva ragione. Avrebbero formato una bella coppia. E dopo quello che avevano passato, si meritavano un po’ di tranquillità. Sophie esplodeva di gioia. Per loro. Per Marie. Finalmente avevano ritrovato la serenità che per tutti quegli anni non avevano avuto. Alcune lacrime le scesero.
-Che cosa romantica- disse asciugandosi il viso con un fazzoletto –Penso che sia un finale perfetto-
Marie fissava il cielo che cominciava a riempirsi di stelle
-No. Piuttosto direi che è un inizio perfetto- concluse, mandando un bacio verso il firmamento blu scuro.

***

Il bateau-mouche solcava le acque della Senna. L’aria sembrava quasi mite. Le luci degli edifici illuminavano tutt’intorno. Il cielo stellato sopra di loro.
Anastasia gettò la giacca, che poco prima lui le aveva dato per coprirsi, a terra, sul ponte del traghetto, e si esibì in un leggero inchino. Dimitri la imitò. Prese con una mano l’angolo del vestito, poi la congiunse con quella del giovane, mentre poggiò l’altra sulla sua spalla. Presero così a  volteggiare, guardandosi negli occhi. Senza altre distrazioni. Altri pensieri. In quel momento esistevano solo loro. Non pensavano a ciò che era successo. Non pensavano al loro passato. Neppure al loro futuro. Pensavano solo a loro. A loro due. A quanto erano stati ciechi e stupidi a non vedere che c’era sempre stato qualcosa tra loro. Qualcosa che avevano negato a loro stessi per paura. Che fosse perché non ci si ritenesse adatti alla persona per la quale si provava qualcosa o perché non si era certi che quella persona provasse gli stessi sentimenti. Sempre di paura si trattava. Timore delle proprie emozioni. Timore del futuro. Ma in quel momento non avevano paura. Stavano bene e questo bastava. Il futuro sarebbe arrivato e loro l’avrebbero affrontato. Insieme.
Rallentarono i movimenti e si ritrovarono faccia a faccia. Occhi negli occhi. Anastasia prese il suo viso tra le mani e si avvicinò al suo volto. Dimitri chiuse gli occhi. Fu un attimo e le loro bocche si unirono, in un lungo e appassionato bacio. Entrambi si desideravano. Un caldo e travolgente bacio, apice delle loro emozioni represse. Poi si distaccarono lentamente, sempre tenendo gli sguardi incollati tra loro. Dimitri le sorrise e la prese in braccio, iniziando a fare delle giravolte su sé stesso. Anastasia rideva. Rideva perché aveva ritrovato se stessa. Perché aveva ritrovato sua nonna. Perché non era stata mai più felice di com’era in quel momento. Perché era lì con lui. Perché ne era innamorata.

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Capitolo 13
*** Due? ***


Ciao a tutti!:)
Dunque...siamo arrivati all'ultimo capitolo di questa storia che ho voluto pubblicare sottoforma di epilogo, sebbene gli abbia dato un titolo, quindi ciò che succede è successivo agli eventi del penultimo capitolo. Volevo immaginare cosa poteva succedere dopo i fatti raccontati nel film, dato che per lungo tempo speravo che ci fosse un seguito. Ma dopotutto "Anastasia" è un film d'animazione bello così com'è e a mio avviso un sequel avrebbe rovinato la struttura del primo. Quindi neanch'io ho voluto dilungarmi troppo in questo capitolo, ho aggiunto un pò di cose certo, ma non ho osato andare oltre. 
Devo ammettere che in questo capitolo ho sfoderato un pò troppo romanticismo, perchè alla fine ho capito che dentro di me non posso farne a meno, quindi fatemi sapere cosa ne pensate. Se in queste righe ho esagerato o la cosa può essere accettabile:) D'altronde è il mio film d'animazione preferito e adoro la coppia Anastasia-Dimitri, quindi penso proprio che non avrei potuto fare altrimenti.
Mi dispiace che questa mia rivisitazione del film sia giunta alla conclusione perchè mi aveva davvero appassionato, sia nella riscrittura che nella rievocazione di alcuni elementi storici. Mi mancherà questa storia perchè il tempo perso a scriverla non era mai veramente perso, era una piacevole distrazione.
Con questo volevo ringraziare prima di tutto chi ha recensito. Un affettutoso grazie a Marina94, PervincaViola, letypolly, hera85 e BlackSwan96 che hanno trovato un pò di tempo da dedicare alla mia storia. I vostri commenti mi hanno fatto molto piacere.
Ringrazio anche chi ha solamente letto la mia opera e magari gli è anche piaciuta.
Spero di non aver dimenticato niente. :)
Detto questo vi lascio alla lettura, sperando di ricevere le vostre impressioni.
Un bacio;)


Epilogo


Il cielo era limpido, di un bell’azzurro intenso. Il cinguettare degli uccelli sembrava rasserenare l’atmosfera e la dolce brezza estiva accarezzare i loro visi.  I suoi occhi si perdevano nel vasto paesaggio sottostante. Senza parole.
-Allora?- le domandò con espressione curiosa –Non ha deluso le tue aspettative?-
La ragazza rimase qualche secondo in silenzio, scuotendo la testa.
-È stupendo..- disse voltandosi verso di lui. –Devo dire che la prima volta mi aveva così sbalordito che non credevo potesse ripetersi..non almeno di giorno..e invece..beh..- fece alzando una mano verso il vuoto.
Anastasia guardava oltre l’inferriata, estasiata da quella meravigliosa visione. Dall’alto della Tour Eiffel le persone sembravano tante formiche indaffarate che correvano da una parte all’altra senza sosta. E invece loro erano lì. Tranquilli. Come se per loro il tempo si fosse fermato e potessero estraniarsi dalla vita quotidiana. Dimitri continuava a guardarla. A guardarle quei ciuffi di capelli che sfuggivano alla coda e svolazzavano dolcemente al vento. Era meravigliosa. Come sempre, dopotutto. Dietro di lei,  le passò un braccio attorno ai fianchi.
-Vostra Altezza..- le sussurrò all’orecchio.
Anastasia si voltò a malapena, guardandolo storto.
-Sai che non voglio che mi chiami così- disse sbuffando.
Dimitri le sorrise. Perché si ricordava ancora quando l’aveva conosciuta. Pareva così distante da lui. Quasi irraggiungibile. Lei una principessa. Lui un semplice sguattero. Cosa poteva chiederle? Eppure ora era tra le sue braccia. Finalmente felice. Finalmente una vita che valeva di essere vissuta.
-Ti amo Anastasia- continuò sussurrando.
-Ti amo anch’io- fece poggiando le labbra sulle sue, mentre Dimitri la stringeva a sé.
Lui era ciò che aveva sempre voluto. Ed ora, tra le sue braccia, sentiva quel senso di protezione e amore che aveva sempre desiderato. I due si staccarono.
-Non dovevi dirmi qualcosa tu?- gli domandò lei alzando un sopracciglio.
Dimitri sospirò e la prese per le braccia.
-Mmmh..- abbassò lo sguardo imbarazzato -..sì…- poi lo rialzò come se si fosse ricordato di qualcosa all’improvviso –Ma anche tu se non sbaglio-
-Prima tu- fece la ragazza puntandogli un dito sul petto, sorridendogli.
Anastasia sapeva ormai bene che quando si trattava di fare discorsi seri lui perdeva tutto il suo sarcasmo e calmava il suo carattere canzonatorio. E tutte le volte non riusciva a trattenere un sorriso perché le suonava sempre troppo strano.
-Perché proprio io?-
-Perché io sono una principessa..ricordi?- fece lei compiendo una mezza giravolta.
Dimitri sorrise leggermente
-Credevo non t’interessasse esserlo..-
Anastasia sbuffò.
-È inutile che trovi delle scuse…tanto sai che vinco io- controbatté ripuntandogli il dito contro.
E lui lo sapeva. Aveva sempre vinto lei. Era sempre riuscita a scamparla. E poi, aveva vinto il suo cuore.
-Vedi Anastasia..- Dimitri ridiventò serio –Abbiamo vissuto tante esperienze insieme- abbassò lo sguardo –Io ho sbagliato, lo ammetto, e probabilmente sbaglierò ancora perché non sono perfetto. Però tu mi sei sempre stata affianco per correggere i miei errori. Per correggere la mia vita-. Alzò lo sguardo, guardandola negli occhi. Le prese le mani. –Mi stai dando tutto ciò di cui ho bisogno e non so se riuscirò mai a farlo con te. So solo che senza di te la mia vita ritornerebbe ad essere vuota…so solo che voglio passarla insieme a te.-
Anastasia, davanti a lui, aveva gli occhi lucidi. Tratteneva a stento le lacrime. Seppure sapesse quanto l’amasse non glielo aveva mai manifestato a parole.
-E so anche che non sono mai stato bravo con i discorsi...- continuò accennando un mezzo sorriso. Staccò le mani dalle sue e si portò una mano sotto la giacca. Poi s’inginocchiò.
La ragazza strabuzzò gli occhi, rigonfi di lacrime che non volevano cadere.
Dimitri estrasse un cofanetto in velluto color blu oltremare e lo alzò sotto i suoi occhi. Lo aprì. Un meraviglioso anello in oro bianco che sembrava rassomigliare ad un’onda del mare, poiché si richiudeva su se stesso riproducendo dei leggeri ghirigori sfalsati. Tra questi, una pietra blu, tendente al viola, probabilmente una iolite. Era meraviglioso. Credeva di non averne mai visto di così belli. E la pietra richiamava i suoi colori preferiti. Era in piedi, senza parole, davanti al suo sguardo. Sapeva cosa stava per chiederle. E sapeva anche che lei non era solita commuoversi fino alle lacrime o cose del genere. Ma quello era un altro momento. Un momento speciale.
-Anastasia..mi vuoi sposare?-
Una lacrima le stava scendendo, rigandole il volto. Era come se tutte le sue emozioni si fossero canalizzate in quell’unico istante. Se si fosse vista dall’esterno forse si sarebbe presa in giro per la reazione che stava avendo. Ma in realtà sapeva che non avrebbe potuto essere più felice che in quel singolo momento. E in quell’unica frase. Cominciò a piangere. Calde lacrime scendevano dolcemente sulle sue guance, mentre la sua bocca sembrava essersi riarsa. Non riusciva ad emettere suono.
Dimitri continuava a guardarla. Socchiuse a malapena gli occhi. Ansioso di non aver ancora ricevuto risposta. La ragazza lo guardò negli occhi, asciugandosi appena con la mano le lacrime che volevano continuare a scendere.
-Sono lacrime di gioia- gli disse accennando un sorriso.
Dimitri emise un ironico sospiro di sollievo
-Pensavo fossi tentata di buttarmi di sotto- controbatté sorridendole, sdrammatizzando. Perché lui era il più teso tra i due. Ed era evidente.
Anastasia rise.
-Non mi hai ancora dato una risposta comunque..- le fece chinando la testa da un lato, sempre in ginocchio.
La ragazza gli sorrise di nuovo
-Mi sembrava sottointeso…- fece prendendolo per una mano, facendogli segno di rimettersi in piedi –Comunque sì..certo che lo voglio-
Dimitri fissò ancora quei suoi grandi occhioni blu, poi posò le labbra sulle sue. E si persero in un bacio appassionato.
-Aspetta..- fece lui scostandosi.
-C’hai forse ripensato?- Anastasia lo guardò con espressione ironica.
-No..certo che no…- le prese la mano e le infilò l’anello. Poi ritornò a guardarla dritto negli occhi -Ecco..ora sei mia- le disse sorridendo spiritosamente, cercando nuovamente la sua bocca.
Rimise il cofanetto dietro la giacca e le prese il viso tra la mani. La ragazza gli mise le mani dietro la schiena. In quel caldo contatto tutto sembrava magico. In alto. Sopra tutta Parigi. La città dell’amore. Era un bacio come tanti altri, ma quello era speciale perché racchiudeva tutta la loro felicità.
Lentamente Dimitri si scostò e si mise a guardarla in silenzio, piegando leggermente la testa da un lato. Sorridendole.
-Che c’è?- Anastasia lo guardava accennando una smorfia.
-Non dovevi dirmi qualcosa?-
La ragazza gli sorrise. Gli buttò le braccia al collo, stringendolo forte.
-Ehi..ehi..ehi..ehi!- Dimitri fu costretto ad arretrare dallo sbalzo –Ricordati che siamo a più di trecento metri d’altezza-
-Ti amo…- gli disse flebilmente all’orecchio.
-Anch’io ti amo..ma non è una buona ragione per…-
-Diventerai padre- continuò sussurrando. Gli occhi chiusi, appoggiata alla sua spalla.
Dimitri sgranò gli occhi. Credeva di aver capito male. Non riuscì ad emettere alcun suono. Quasi a respirare.
Anastasia si scostò appena da essere faccia a faccia con lui. Come sempre i suoi grandi occhioni blu lo stavano scrutando nella sua interiorità, mettendolo a disagio. Rimasero alcuni secondi in silenzio. Per loro parlava solo il vento.
Dimitri le sorrise, inarcando le sopracciglia. L’espressione stupita. Ma soprattutto colma di gioia incontenibile.
-Anastasia..io..- abbassò lo sguardo -..io..- poi lo rialzò -..io non so che dire..- pose le sua mani sulle sue braccia –Non so che dire perché ero già l’uomo più felice del mondo alcuni istanti fa..e..e ora devo ricredermi…-. Sul suo viso si fece spazio un largo sorriso. Gli occhi lucidi. –Pensavo di averti fatto una sorpresa..ma come sempre non è mai all’altezza delle tue-
Anastasia si mise a ridere
-Che scemo-
Dimitri le spostò dal viso le ciocche di capelli che il vento continuava a muoverle.
-Ma sono lo scemo che hai deciso di sposare e che farai diventare padre- le sorrise nuovamente alzandola da terra. Poi la fece roteare.
-Ricordati che siamo a più di trecento metri d’altezza- ripeté lei.
Dimitri la ripose a terra
-Giusto- fece sorridendole.
Non poteva mascherarle le sue emozioni. Si vedeva benissimo che la sua era una gioia incontenibile.
Dimitri vedeva in lei tutto ciò che aveva sempre voluto. Avrebbe finalmente avuto una vera casa in cui stare e da poter chiamare tale. Avrebbe avuto una famiglia. Anche Anastasia avrebbe avuto ciò che aveva sempre desiderato. Guardò il ragazzo e si mise a ridere. Ridere di felicità. 
Il futuro probabilmente avrebbe serbato loro nuovi ostacoli e preoccupazioni, ma questo era un nuovo inizio. Insieme.

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