I sei elementi

di giascali
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** prologo ***
Capitolo 2: *** 1. Il ragazzo nuovo ***
Capitolo 3: *** 2. Togliti le scarpe, ragazzo ***
Capitolo 4: *** 3. Il mio sorriso da Monnalisa non funziona ***
Capitolo 5: *** 4. Non è molto carino lasciare qualcuna con un messagino ***
Capitolo 6: *** 5. Offendono i miei Beatles ***
Capitolo 7: *** 6. Incontro un tizio che mi conosce ***
Capitolo 8: *** 7. Svengo ***
Capitolo 9: *** 8. A quanto pare i Custodi possono fare magie ***
Capitolo 10: *** 9. Una nana mi da' dell'Einstein ***
Capitolo 11: *** 10. E chi giocava? ***
Capitolo 12: *** 11. Cadiamo ***
Capitolo 13: *** 12. Eiran ci toglie le scarpe ***
Capitolo 14: *** 13. Facciamo una lezione di yoga fuori dal normale ***
Capitolo 15: *** 14. Tia scopre un manufatto alieno pieno di foto ***
Capitolo 16: *** 15. Spegnilo ***
Capitolo 17: *** 16. Secondo me Taliaron è un gran bel nome ***
Capitolo 18: *** 17. Iris mi gioca un brutto scherzo e Ilio si improvvisa esperta d'amore ***
Capitolo 19: *** 18. Mi ricordo di quando per me le mucche facevano le uova ***
Capitolo 20: *** 19. La fiducia è difficile da ottenere e facile da perdere ***
Capitolo 21: *** 20. Noto una certa somiglianza tra mio padre e Kori ***
Capitolo 22: *** 21. L'esser testardi ***
Capitolo 23: *** 22. Dei ricordi rovinano tutto ***
Capitolo 24: *** 23. Da quando hai bisogno di aiuto per insultarmi? ***
Capitolo 25: *** 24. Così va meglio ***
Capitolo 26: *** 25. La vita a palazzo mi rivela segreti molto interessanti ***
Capitolo 27: *** 26. Ombre dal passato ***
Capitolo 28: *** 27. Il mio Talento si rivela utile ***
Capitolo 29: *** 28. vengo svegliata e accade il finimondo ***
Capitolo 30: *** 29. Cicatrici ***
Capitolo 31: *** 30. La Luna del Buio ***
Capitolo 32: *** 31. Diventiamo involtini di verdure ***
Capitolo 33: *** 32. Mi offrono un'altra scelta. ***
Capitolo 34: *** 33. Gioco a nascondino e parlo portoghese ***
Capitolo 35: *** 34. Faccio crollare un tempio ***
Capitolo 36: *** 35. La mia sfortuna si ispira alla mitologia ***
Capitolo 37: *** 36. - EHI, PICCIONCINI! IL D-DAY È GIUNTO! ***
Capitolo 38: *** 37. Comprendi? ***
Capitolo 39: *** 38. Incontro una vecchia conoscenza ***
Capitolo 40: *** 39. Umh, credo di essermi persa. ***
Capitolo 41: *** 40. Il Discendente del Buio. ***
Capitolo 42: *** 41. Rendak ***
Capitolo 43: *** 42. Le Lune ci fanno un regalo inaspettato ***
Capitolo 44: *** 43. Sorpreso? Pure io, sinceramente. ***
Capitolo 45: *** 44. Il destino di chi resta. ***
Capitolo 46: *** 45. Shade ***



Capitolo 1
*** prologo ***


Prologo.
 
Fuori dal palazzo era il Caos. Talia correva per la piazza davanti al palazzo, che era diventato ormai casa sua da almeno sei mesi, per arrivare al confine della città,vicino al deserto che divideva la Città della Luce e del Buio da quella del Vento.
La donna correva più veloce che poteva, ma era difficile siccome teneva tra le braccia una bambina di appena quattro mesi. Se  l’avesse svegliata, la bimba si sarebbe messa a piangere e sarebbero state scoperte. Questo non lo poteva permettere: il suo istinto di madre le ordinava di proteggere quell’essere così piccolo e indifeso, sua figlia, da ciò che aveva causato il finimondo, ma anche il suo istinto di fiera Discendente si faceva valere!
La bambina e gli altri quattro erano la loro unica possibilità di poter liberare un giorno Alias.
I  suoi lunghi capelli neri si agitavano lungo la schiena mentre correva attraverso la città e vide le crudeltà che stavano accadendo nel frattempo. Vide dei bambini, appartenenti alla Discendenza dell’Acqua, essere strappati dalla loro madre e frustati perché si erano opposti all’arresto di un uomo con inconfondibili occhi blu che segnalavano la sua discendenza, il padre forse? Il sangue proveniente dalla ferita di uno dei bambini le schizzò in faccia, non si fermò per togliersi quella roba di dosso e cercò di calmarsi pensando che ciò che stava facendo, un giorno, avrebbe vendicato tutte le ferite che quegli uomini crudeli stavano infierendo a quei bambini.
Talia non si poteva far distrarre da quel tipo di cose. Non ora. Non appena avesse messo al sicuro Iris, avrebbe potuto aiutare gli altri.
Il cuore le batteva forte per lo sforzo che stava facendo, ma ne valeva la pena: ancora qualche centinaio di metri e sarebbe arrivata a destinazione. Ma si era illusa. Prima di cadere sentì una palla di fuoco colpirle la gamba destra. Cadde in avanti e per un soffio non rovinò sopra sua figlia. Sistemò le braccia in modo che potesse tenere la bambina con quello sinistro e si girò per vedere chi l’aveva colpita.
Era un uomo con la barba ispida nera con la punta bruciacchiata e tinta di rosso. Come tutti i Discendenti del Fuoco pensò distrattamente. Ma in quel momento non era tanto importante. Quell’uomo era un suo nemico. Voleva impedirle di salvare sua figlia. E lei, Talia, Discendente del Buio doveva fermarlo.
Adagiò dolcemente Iris a terra facendo attenzione a non spaventarla, visto che si era svegliata e i suoi occhi nocciola si guardavano attorno curiosi di quel nuovo posto dove l’aveva portata la madre.
Si girò verso l’uomo e gli lanciò uno sguardo di sfida, lo esaminò, cercando di catalogarlo. Era più alto di lei e il suo elemento era pericoloso, ma lei era una potente Discendente del Buio.
Avrebbe potuto farcela.
L’uomo la guardò sorridendo beffardo e lei lo odiò. Lo odiò così tanto che si spavento dell’intensità del suo sentimento per quell’uomo. Radunò a sé il Buio e lanciò all’uomo ciò che avrebbe potuto fermarlo per un po’: l’oscurità più totale. All’inizio cominciò a dimenarsi, ma poi l’uomo si calmò come accettando il fatto che la donna l’avesse reso cieco. Rise perfino.
- Quindi sei davvero quella del Buio, sai, Rendak ci aveva avvertito che avresti tentato di salvare i pargoli, ma non che eri così stupida da non offuscarti. - disse. In quel momento Talia si diede davvero della stupida. Perché non ci ho pensato? Aveva  attraversato quasi tutta la città scoperta, avrebbero potuto prenderla prima ma in un qualche modo era riuscita ad arrivare quasi a destinazione senza imprevisti.   
- Quindi fai anche tu parte di quella squallida e infida setta dei traditori delle Discendenze,  Non solo Rendak….avrei dovuto immaginarlo: sei il perfetto tipo senza personalità che lo seguirebbe a occhi chiusi in un precipizio. - disse in risposta. Lui rispose ringhiando furioso. E Talia sorrise per averlo fatto arrabbiare così facilmente. Il ciondolo che le pendeva dal collo le si era deposto sul petto e lo sentiva attraverso la stoffa e ne fu sinceramente rincuorata: le ricordava così tanto Aaron… si riscosse dai suoi pensieri e lanciò all’uomo un ombra in direzione del petto ma, quando lui la evitò, imprecò: doveva aspettarsi che Rendak allenasse i suoi seguaci a combattere senza pietà anche senza la vista.
- È solo questo ciò che sai fare ?- domandò.
- Questo è solo l’inizio.- poi creò un’ombra più ampia e la lanciò in faccia all’uomo e questi, non riuscendo a evitarla, cadde per la violenza dell’impatto e cominciò a lanciare altre palle di fuoco a caso, probabilmente sperando di colpirla. Una sola le sfiorò la spalla e le provocò una bruciatura superficiale, ma comunque dolorosa, e lei strinse di più la morsa dell’ombra scandendo la fine della vita dell’uomo. Quando non lo sentì più respirare, riprese da terra Iris e ricominciò ad avviarsi verso il confine: l’unico posto dove si potessero evocare dei portali, in quanto non vincolati ad alcuna Discendenza. Lì c’era già Eiran, che stava cercando di concentrarsi per evocarne uno. Attorno a lui c’erano già tre bambini, uno piangeva mentre gli altri due dormivano tranquilli. Come fanno a essere così tranquilli? Si chiese, invidiandoli un po’.
Il custode si girò verso di lei e le sorrise osservando quanto fosse in disordine. Talia poté vedere quei bei occhi verde chiaro brillare.
- Hai fatto?- chiese impaziente. Lui sospirò.
- Talia, non è così facile evocare un portale per un luogo in cui neanche ci sei mai stato. Un custode per fare questo lavoro ha bisogno di visualizzare il posto. - lei si morse un labbro nervosa. – altrimenti devo concentrarmi sulle coordinate che mi hai dato. -
- Lo so, lo so. Si ma credevo che voi custodi aveste dei registri di quasi tutte le galassie. E aveste quindi delle immagini. -gli fece notare lei. – Poi credevo che non fosse tanto difficile dimenticare qualcosa per un custode. Voi custodite le nostre memorie. -
- Non ho dimenticato le coordinate.- replicò infastidito lui.
- Ah si? E quali sono,allora ?- lui sospirò nuovamente prima di risponderle.
- Via lattea, sistema solare, il terzo pianeta più vicino al Sole. - Talia sorrise soddisfatta. In quanto a memoria, ci si poteva sempre fidare di un custode.
- Puoi anche andare, la Città ha bisogno di te. Non preoccuparti, mi occuperò io di loro.-
- Non voglio che resti qui, ma allo stesso tempo non voglio che vada. - mormorò la ragazza improvvisamente resasi conto che stava mandando la figlia di appena quattro mesi in un altro pianeta a lei sconosciuto
-  È normale…è tua figlia, ma ricorda perché lo fai.- cercò di rassicurarla lui. Talia annuì e sentì le lacrime agli occhi. Portò le mani al collo e si tolse il ciondolo che le aveva regalato Aaron quando era nata Iris. Era così simile a sua figlia… e lo mise alla piccola.
- Sai già a quale Elemento appartiene ?- le chiese Eiran.
- Ne ho una vaga idea…- mormorò lei in risposta. Lui annuì.
- Vai, ora.- la ragazza di appena ventitre anni annuì anche lei e corse verso la Città. Intanto era arrivata Eileen,la Discendente del Fuoco. Depose il piccolo Kori vicino alla bambina con gli occhi nocciola che se ne stava sveglia e osservava Eiran.
- Eiran. - lo chiamò. Lui si girò.
- Ho fatto, siamo tutti. Talia ha appena portato Iris. Vai anche tu. – disse indicando la bambina dagli occhi nocciola. Eileen annuì e andò anche lei,cercando di raggiungere l’altra discendente. Sapeva che nessuno dei genitori di quei bambini sarebbe sopravvissuto. Lei compresa. Eiran guardò i bambini con aria pensierosa. Era un custode, e sapeva intuire a quale Elemento appartenessero i Discendenti che si ritrovava davanti, ma Iris era un mistero. Scosse leggermente la testa pensando che lo avrebbe scoperto tra sedici anni e aprì il portale.  


note dell'autrice:
come ho scritto nella mia fanfic della percabeth, ho pubblicato la storia sui ragazzi capaci di dominare gli elementi!!!! Siiiii!!!!! * ha le lacrime agli occhi * sono molto commossa. snif. No, dai, diciamo cose serie, una volta tanto: più in là spiegherò davvero bene la particolarità di 'sti benedetti ( si fa per dire ) ragazzi. La terza persona la userò solo nel prologo ( questo ) e l' epilogo. Negli altri capitoli userò la prima persona cambiando a ogni capitolo i pov. Nel caso non l'abbiate capito mi piacciono molto le storie a più voci narranti. Aggiornerò tipo ogni settimana, o almeno ci proverò. Il prossimo capitolo però lo posterò venerdì perchè sono occupata nei weekend.
Sappiate che non sono affatto contraria alle recensioni :)
Hola!

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Capitolo 2
*** 1. Il ragazzo nuovo ***


Sedici anni dopo...

Angela.


C'è un ragazzo nuovo. Lo capisco dal chiacchericcio che fanno quelle oche delle ragazze arrivate qui per aver commesso qualche reato con il computer e altri aggeggi eletronici o aver semplicemente taccheggiato qualcosa.
Purtroppo non siamo in un prestigioso collegio del Texas. Questo è un edificio fatto per "ragazzi difficili",  come dicono quelli che hanno paura di chiamarci delinquenti. O gli psicologhi. Tanto quella è tutta gente matta.
Un carcere minorile. Sono in un carcere minorile.
Ed è arrivato uno nuovo. Carne fresca, come pensano tutti quelli non ancora impegnati quando nel nostro allegro e illegale mondo viene un  nuovo ragazzo/a.
Appena entri in questo posto cercano di classificarti, di cercare di capire perchè sei entrato qui: un furtarello, vandalismo, vagabondaggio, aggressione...
Hanno avuto lo stesso sguardo anche per me, quando sono arrivata io: all'inizio mi guardavano con curiosità, per capire perchè fossi finita qui. Quando però lo hanno scoperto, tutti hanno cominciato a evitarmi come la peste. Come se fossi solo io la criminale qui, mentre loro erano solo degli innocenti entrati in questo carcere dimenticato da Dio per sbaglio. Eppure il mio aspetto non incute timore: sono minuta, alta 1,59. Insomma di certo non sono una ragazza-armadio che non appena la vedi ti vengono i brividi. La paura verso di me l'hanno cominciata a provare quando hanno scoperto cos'ho fatto.
Sinceramente mi chiedo anch'io perchè sia entrato qui. Ma preferisco far finta che non me ne importi niente e continuo a farmi gli affari miei. In un posto come questo più sei invisibile meglio è.
Sono nel cortile dell'istituto Il caldo sole del Texas splende luminoso e mi bacia la pelle e io ne sono più che felice. Amo la sensazione che mi da la luce quando scende su di me. Mi sento più forte. Rigenerata. Per questo cerco di stare il più possibile sotto il sole e la mia pelle lo dimostra: è di un bel colore ambrato, quasi miele.
Chiudo gli occhi, porgo ancora di più la mia faccia ai raggi solari, cercando di catturarne ancor di più prima di entrare in quelle tristi celle del riformatorio.
E' incredibile come siano piccole e crostata la vernice che ricopre le loro pareti. In ognuna di esse c'è una minuscola finestra che fa entrare un po' di luce. 
La nostra ora d'aria però passa troppo velocemente e dobbiamo rientrare. Un secondino mi conduce alla mia cella, tenendosi a debita distanza. Anche loro, che dovrebbero essere abituati ad assassini o a altri tipi di criminali. Per forza, hanno sentito cos'ho fatto a Tyler. il secondino è una donna robusta, dai capelli rossicci e gli occhi scuri.
La mia stanza è a dir poco spoglia, da casa mia non ho portato nulla, solo il mio ciondolo. Apparteneva a mia madre. La mia vera madre. Quella che mi ha abbandonata in un orfanotrofio. Nonostante mi abbia lasciata da sola, non riesco a odiarla più di quanto non faccia con Lily. La mia madre adottiva. Colei che non ha nemmeno lottato per tenermi. Aveva paura anche lei. Ma d'altronde non mi avrebbe difeso lo stesso, poichè avevo detto a suo marito, nonchè mio padre adottivo, delle sue brutte perdite a poker.
Mi prendo tra le mani il mio ciondolo e lo porto alle labbra, il metallo dorato è freddo contro le mie labbra. Mi immagino che dentro il mio vero genitore mi abbia lasciato qualcosa dentro. Poi scuoto la testa risvegliandomi da questa sciocchezze. Mi stendo sulla brandina e guardo il soffitto. Prendo una ciocca dei miei capelli e ci gioco attorcigliando i capelli scuri attorno al mio indice destro.
Non so quando mi addormento, nè me ne rendo conto, perchè dopo un po' arriva un secondino che mi sveglia e così mi accorgo di essermi addormentata. Non mi ricordo il sogno. Mi verrà in mente più tardi. Come sempre. Temo che sia lo stesso. Ma tanto lo so che è il medesimo. E' da anni che mi sogno da bambina, in braccio a una donna misteriosa che corre dagli occhi e i capelli scuri. Quando avevo otto anni mi immaginavo come sarebbe stata la mia vita, quando avrei avuto sedici anni: mi vedevo fidanzatissima con un ragazzo perfetto, con tante amiche e prossima ad avere la macchina. Insomma, il contrario di quello che ho adesso.
Non sono mai stata fidanzata in tutti questi sedici anni della mia vita, abbastanza deprimente, ho avuto solo un'amica in tutta la mia vita e se adesso avessi la macchina, di certo non la userei per andare a Los Angeles, come progettavo a dieci anni.
Il secondino mi porta alla mensa, devono essere le dodici. Qui non ci sono orologi, potrebbero essere usati come armi. Ma riesco a capire l'orario della luce che riesce a entrare miracolosamente dalle finestre coi vetri opachi dell'edificio.
Ma d'altronde riesco sempre a capire che ora sia. Anche di notte.
La mensa è la stanza più grande e ospita circa duemila criminali in erba. Sono disposti dei lunghi tavoli di ferro, ancorati al pavimento, con delle panche, anche loro ancorate al pavimento.
Di solito mi siedo al tavolo vicino alla finestra più grande, in un piccolo angolo appartato, da sola. E' quello più piccolo di tutti: ospita al massimo sei persone. Lo uso solo io. Tutti lo sanno ed evitano quel tavolo. Hanno paura di indispettirmi, credono che stia da sola 
 perchè lo voglio, non perchè nessuno vuole stare in mia compagnia.
Ma oggi è diverso: perchè oggi un ragazzo è seduto al mio tavolo.


note dell'autrice:
ringraziate Nocturno per questo aggiornamento veloce perchè ieri mi ha incalzato una o due volte. No dai scherzo. Allora, parliamo del capitolo, il primo scritto in prima persona: non succede niente di eclatante ma questo e i prossimi quattro sono di passaggio e presentano i protagonisti. Il prossimo aggiornamento è sempre previsto per venerdì, salvo imprevisti. Mi raccomando di dirmi cosa ne pensate di Angela. vi prego di essere clementi, perchè è una ragazza mooolto complicata sia da scrivere che di per sè. Prima di andare ringrazio Nocturno, Water_wolf e kenner per aver recensito! Ci vediamo (si fa per dire) venerdì!

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Capitolo 3
*** 2. Togliti le scarpe, ragazzo ***


 
Satoshi.
 

- Kido. Kidooo. Kiiiiiiidoooooooo!!!!!!! - mi risveglio dal mio sonnellino durante la lezione di matematica di colpo e mi giro verso chi mi ha svegliato. Ran, un mio amico. Mi guarda entusiasta, ma d'altronde lo fa sempre da quando siamo diventati amici: trova "fantastico" essere amico del ragazzo più desiderato della scuola. Ancora io non ho capito da dove derivi tutta questa mia popolarità. Forse dal fatto che parlo poco ma questo atteggiamento piace tanto. Bo, io non capisco.
- Che c'è?! - rispondo bisbigliando, siamo pur sempre a lezione, nonostante fino a cinque secondi prima stessi dormendo. Gli rispondo con un po' di stizza nella voce, mi ha pur sempre svegliato e quindi ha disturbato il mio sacro sonno durante matematica.
- Ito Kasami. La vedi? - mi indica una bella ragazza che ci guarda, quando questa si accorge che la stiamo osservando, si gira e ridacchia, leggermente arrossita. Come al solito. Fanno tutte così.
- E... allora? -
- Come "e allora"? è da quasi un'ora che ti sta fissando! - replica lui. Ancora non trovo cosa ci sia di così straordinario.
- Ripeto: e allora?- il mio amico alza gli occhi al cielo e sospira. Si passa una mano tra i capelli neri e mi guarda come farebbe con un bambino.
- E' ovvio che ha una cotta per te! - di fronte al mio sguardo disinteressato si scoraggia.
- Ma cosa c'è che non va in te ?! - mi chiede. Sinceramente lo vorrei sapere anch'io: è da quando sono piccolo che mi succedono cose strane, soprattutto con il fuoco. Ogni volta che passo vicino ad una fiamma questa si alza e, quando mi allontano, si abbassa e ridiventa normale. Per non parlare del fatto che non mi brucio mai e che sono atermico: è come se non potessi sentire il freddo. Mai in vita mia ho patito il freddo inverno giapponese. Poi quando ci si mettono gli altri è anche peggio: a volte sento delle voci nella mia testa, voci che hanno lo stesso timbro di quelli a cui sono in quel momento particolarmente vicino, fisicamente e non, e mi capita di rispondere a queste. Casualità: rispondo a ciò che quelle persone stavano pensando, ovviamente senza che loro non capiscano che stia dicendo. Ma è meglio che non lo dica in giro...
- Perché ? Solo perché non mi entusiasmo per una che mi fissa non è il caso di farne una tragedia! - rispondo furioso. Ah, ecco un altro mio problema: non controllo molto bene la rabbia. Ran mi guarda come se fossi impazzito. La prof si gira verso di noi e ci lancia un'occhiata severa.
- Io... non ho detto niente. - No! Non ancora! Pensavo che avessero finito di tormentarmi! Era da un po' che non mi succedeva di sentire le voci: confortante il fatto che uno che si dice " mio amico " pensi questo di me. Ma non mi importa più di tanto.
- Problemi, ragazzi ?- io vorrei rispondere che il mio problema è la sua materia, una ragazza che mi fissa e questo ragazzo occhialuto che si ritiene mio amico. Meglio evitare.
- Non mi sento molto bene. Posso andare a casa ?- chiedo con il tono di voce più dolce che riesco a fare e le lancio un'occhiata da cucciolo bastonato. La prof sbatte due volte le ciglia lentamente e poi annuisce, facendomi uscire. io raccatto le mie cose, mi metto lo zaino in spalla e mi alzo dal banco. Attraverso l'ampia e luminosa aula, con almeno trenta posti per gli studenti, e quando passo vicino al banco di Ito, vicino alla porta, la ragazza mi mette in mano un bigliettino. Le lancio un'occhiata perplessa ma continuo la mia uscita dall'aula.
Quando sono fuori apro la mano e guardo il pezzo di carta. Dice: 
"
ho visto che mi guardavi..." io ti guardavo ? Tu mi hai fissato mentre dormivo, ragazza. Fatti visitare da uno psicologo bravo, ne conosco uno: ti fisso un appuntamento ?
"
se vuoi, un giorno potremmo vederci..."  piuttosto chiedo a mia madre di potermi far fare un piercing all'ombelico e patisco le ramazzate sulla testa che mi darebbe sulla testa sentendo la mia richiesta.
Poi c'è un numero di telefono. Il suo. Gentile da parte sua, penso ironico. Accartoccio il biglietto e lo butto in un cestino, poi vado in segreteria per dire che non mi sento bene e che mia madre è venuta a prendermi, è una bugia, ma se non la dicessi non mi farebbero uscire, anche se non mi piace dirle. Mi dicono che è tutto a posto. Esco e mi incammino verso casa mia. Prendo il mio ipod e mi infilo le cuffie alle orecchie, facendo partire la prima canzone che mi capita. Prima di accendersi, lo schermo mi mostra il volto di un ragazzo di sedici anni circa, con gli occhi scuri, i capelli neri e la bocca grande. Gli lancio un'occhiataccia, anche se so che quello è il mio volto. Sono abituato da quando ho tredici anni ad essere l'oggetto del desiderio di alcune ragazze. Ma nessuna di loro si è mai innamorata di me, solo del mio aspetto. Casa mia è poco lontana dalla mia scuola, solo qualche isolato e ci si arriva, la strada dove si trova è piena di ciliegi in fiore. I petali dei loro delicati fiori alleggiano nell'aria, come neve profumata fuori stagione. 
Alla fine della via si trova casa mia. Una piccola abitazione in cui abitiamo io e i miei genitori. Quando entro in casa vedo mia madre dalla cucina, visibile dall'ingresso, preparare la cena.
Probabilmente mi sente, perchè appena entro si gira verso di me.
- Togliti le scarpe, ragazzo. - mi dice con tono minaccioso, poi ritorna a volgere la sua attenzione su quello che stava facendo prima. Se vi aspettavate che avessi una madre normale spero di non avervi deluso troppo: mia madre, appena rientro da scuola, mi chiede subito se ho tolto le scarpe.
- Oh, andiamo! Non potresti fare un'eccezione una volta tanto ? - le chiedo mentre alzo gli occhi al cielo e mi tolgo le scarpe sorridendo sulla soglia di casa.
- Come mai sei tornato così presto ?- mi chiede senza distogliere lo sguardo dal sedano che sta tagliando. Mi irrigidisco quando mi fa la domanda, perchè mi viene subito in mente il mio comportamento in classe con Ran e Ito.
- Cosa stai cucinando ?- domando avvicinandomi a lei e guardando la sua opera culinaria dalla sua spalla destra. Vedendo gli ingredienti del mio piatto preferito, sorrido. Si gira e mi schiocca un'occhiataccia, per poi tornare al suo sedano.
- Rispondimi, ragazzo. - mormora con tono minaccioso.
- Non mi sentivo bene. - rispondo semplicemente. Annuisce e si volta leggermente per controllare che io abbia tolto le scarpe. Sorrido. Non cambierà mai, ma a me piace così. Abbiamo caratteri talmente opposti.... Ma riusciamo, in un qualche modo, a non demolire casa.
- Papà ?- chiedo mentre cerco di afferrare una fetta di carota dal ripiano. Lei ferma la mia mano mettendo ad una distanza, pericolosamente piccola, la punta del suo coltello da questa. Deglutisco mentre lei sospira seccata.
-Ragazzo,se vuoi mangiare,cosa che non dubito,visto che eri disposto a farti trinciare la mano fino a poco fa,e ci tieni che tu possa arrivare ai diciotto anni con tutte le dita delle mani,ti consiglio di andare in camera tua e aspettare che ti chiami per il pranzo. Tuo padre è a lavoro,oggi. Ti chiede scusa e dice che si farà perdonare.- mormora mentre spezzetta la verdura.
- In che senso ?- per cosa dovrebbe scusarsi ?
-
Come per cosa ? Satoshi! Io non ti ho cresciuto per essere così sbadato!-
- Ma perché ti arrabbi ? cos’ho fatto ?-
- Cosa stai dicendo, Satoshi? Io non ho detto nulla.- merda. Non è possibile che sia successo ancora! Due volte in un giorno,poi! Mentre penso questo,cerco di capire come uscirne per non farle pensare che ho ancora bisogno di uno psicologo. Alla fine mi viene in mente la soluzione più banale che un ragazzo idiota come me possa aver mai pensato,così dico:
- Eh? A no,scusa. Ero distratto.- mormoro in modo incomprensibile.
- Schiena dritta!-  mi ordina. Mi metto in posizione eretta. – comunque tuo padre è dispiaciuto per non poter venire a festeggiare con te l’anniversario della tua adozione,Satoshi.-
  - Ah,è oggi ?- in tutta risposta lei annuisce senza guardarmi. Me ne vado in camera e guardo quali sono i compiti per domani con ancora l’i-pod nelle orecchie. Dopo un po’che sto facendo i compiti, tragicamente di matematica, sento suonare il campanello. Mi tolgo una cuffia dall’orecchio mentre i Muse mi suonano nelle orecchie con Love is forever.
- Vado io, mamma! -
Non la sento rispondere, solo il rumore del coltello che ancora affetta la cena per oggi.
Cammino verso la porta d’ingresso e gli accordi di inizio canzone mi arrivano alle orecchie mentre attraverso casa per andare a vedere chi è. Magari è mio padre.
Apro.
Matthew Bellamy attacca con i primi due versi.
I was searching.
You’re in mission…
Note dell'autrice:
Ave, popolo! Scusate la pessima entrata in scena ma avevo voglia di dire una scemenza. Bè, che vi posso dire.... Ah, ecco:
scusate il ritardo ma il mio computer ha fatto le bizze. Ok, vi faccio una breve lezione di cultura giapponese per chi non ha capito perchè prima Ran ha chiamato Satoshi Kido Allora, in Giappone, le persone che non si conoscono bene si chiamano per cognome, in questo caso Kido, solo gli amici intimi e i familiari si chiamano per nome. Il nome di questo discendente l'ho preso da un manga che adoravo in cui c'era appunto un personaggio, il mio peferito, che si chiamava Satoshi Pierre Kido. Ho voluto fargli una specie di tributo e poi non so molti nomi giapponesi... parliamo del capitolo, personalmente adoro la parte in cui Satoshi e la madre battibeccano. Fa molto Amma ed Ethan nella sedicesima luna, altro libro che adoro.
Coomunque, la canzone è stupenda e ho trovato che i primi due versi eranpo adattissimi a due dei protagonisti. Vi consiglio di ascoltarla, per chi non l'avesse mai sentita. 
Mi raccomando di recensire per dirmi cosa ne pensate dei personaggi! Prima di andare ringrazio Nocturno, per aver recensito il capitolo precedente, Gingers che l'ha aggiunta ai preferiti e  giada1999, kenner, ladyselena15 e sempre Nocturno per averla aggiunta tra le seguite.
Hola!

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Capitolo 4
*** 3. Il mio sorriso da Monnalisa non funziona ***


 
Luz.
 
 
 

- Credimi, Mary, sarà tutto perfetto!- dico mentre passeggiamo per i corridoi della scuola.
- E…cosa te lo farebbe pensare ?- mi chiede la mia amica. Cinica!
-
Il fatto che ho già un accompagnatore!- esclamo tutta contenta.
- Chi ?- mi chiede.  
- Ma Alex,ovvio! – dico come se fosse la cosa più naturale del mondo. A volte Mary non segue proprio i miei ragionamenti…
- Non sapevo ti avesse invitata…-
- Infatti!- lei mi rivolge un’occhiata smarrita e io sbuffo. Possibile che non abbia capito che ho intenzione di andarci con lui ?
-
Lui mi inviterà!- spiego.- e lo farà…oggi stesso.- sono decisa ad andarci con lui. Il ballo sarà tra tre giorni e ho ancora tempo per far capire ad Alex che io sono perfetta per lui e lui lo è per me. Ma lui non ha ancora capito e io devo aprirgli gli occhi per fargli vedere la realtà. I suoi occhi, i suoi bellissimi occhi azzurri… ecco sono in trance. Intanto Mary mi passa una mano davanti gli occhi.
- Ehi, Luz. Luz! Luuuuuuuz!!!!! C’è Alex. – a sentire il suo nome mi risveglio. La mia amica mi indica l’uomo che, ne sono certa, porterò all’altare. Chiunque mi potrebbe fraintendere e pensare che è da bambine,ma io ho già deciso il vestito,la data… tutto! Io annuisco e mi faccio forza per andare a parlargli. – Vado. –
- Ciao Al! – non è carino il soprannome che gli ho dato?
- Oh,ciao. Come va?- sorrido,contenta che si interessi a me.
- Bene. Tutto a posto. – e poiché io sono la personificazione dell’idiozia, gli chiedo ciò che avrei dovuto chiedergli SOLO, e ripeto SOLO, dopo qualche minuto di conversazione, quando sarei stata certa che voleva portarmi al ballo – e… tu ci vai al ballo ?- intanto mi maledico con tutte le lingue che conosco. Ovvero due. La cosa non si dilunga troppo.
- Si. – risponde. Possibile che non si sia accorto della mia espressione implorante? Chiedimi di andarci con te, idiota! – tu? -  io fingo di avere un’aria disinteressata.
- Mmh. Credo che forse ci andrò. - intanto sento delle risatine, mi giro e vedo Mary e Cass che ridono. Mi devono aver sentito. Sanno che morirei pur di andare a quel ballo. È in questo momento che realizzo che ho delle amiche veramente sadiche e che morirebbero pur di prendermi in giro. Bastarde.
- Oh,forte. Ci vediamo a geometria. Ciao. – dice e fa per andarsene. Io sto per ridurmi in mille pezzetti,qui sul pavimento di questo orribile corridoio. E non faccio a meno  di pensare:idiota! Non doveva andare così! Ok,lo giuro sul mio orgoglio femminile: non piangerò, non piangerò, non piangerò… ma mi viene da farlo non perché non mi ha invitato: sia chiaro. Semplicemente perché ho appena visto la mia vita futura: diventerò zitella, ne sono certa. Diventerò zitella e, quando morirò, sarò mangiata dai miei gatti. Mi dico questo mentre gli guardo le spalle. Non sono mai stata una tipa catastrofica, infatti quando finiscono i biscotti urlo solo per due minuti, senza prender fiato, di seguito. Ma adesso,che mi sono resa conto di cos’ ho appena pensato,sto mettendo in serio dubbio la cosa.Oh,mio Dio, sono melodrammatica. Possibile che lo abbia scoperto solo adesso? Quanto sono tarda.
-
Ah,Luz. – cerco di guardarlo senza avere gli occhi da cucciolo che prega di non essere bastonato che mi sento adesso, dandomi anche un po’ di contegno.
- Si ?-
- Vorresti venire al ballo con me ?-non mi pare vero. Cerco di reprimere il sorriso che mi sta per spuntare in viso, ma è difficile. Il sorriso idiota si impossessa di me! Arghh! Qualcuno faccia in modo che sparisca! Chiamate  un esorcista!
-
Si,ok. Perché no?-lui sorride contentissimo.Ok,adesso mi squaglio,  penso.
- Ti verrò a prendere alle sette, va bene? –basta che mi vieni a prendere.
-
Perfetto. – ok, credo che adesso ho una faccia tipo da pesce lesso o cose del genere.
- Ci vediamo!-
- Si. – mi sento come sorretta da una nuvola rosa e morbida.
Ritorno da Mary con la faccia rossa che di più non si può. Lei mi guarda incredula, ha gli occhi spalancati, forse perché mi scende anche un po’ di bava dalla bocca. Ma non ci faccio caso. Noto che Cass se n'è andata ma non bado neanche a questo.
- Allora ?- io cerco di nascondere un sorrisino e le lancio uno sguardo furbetto. Finalmente mi risveglio dalla fase “dispensatrice mondiale di bava”.
- Non ho intenzione di dirti cos’ è successo,sono una signora per bene, io, mica una pettegola come te!- lei mi lancia un’occhiata incredula.
- Parla. Tu non potresti mai resistere a dirmi qualcosa, Luz! Ci conosciamo da quando abbiamo tre anni!-
- Ok, solo perché ti conosco da quando ho due anni e mezzo.- dico sottolineando l’età di quando ci eravamo conosciute. – allora, lui…- faccio una sospensione per tenerla sulle spine. Bisogna sempre sapere come farsi seguire dai tuoi fedeli seguaci. – mi ha invitata al ballo!- strillo alla fine perché sono certa che Alex non è qui,quindi non riuscirebbe a sentirmi. Così non saprà mai che sono una specie di pazza isterica che parla coi fiori. Le piante per lo più. Da quando ero piccola, sentivo, o più che altro percepivo (nessuno a questo mondo può sentire cosa dicono le piante, è impossibile!) cosa dicevano le piante. Ho sempre avuto un gran pollice verde, modestamente, grazie al fatto che riuscivo a capire cosa volevano. Se le toccavo e desideravo che stessero meglio, e succedeva quando per lo più ci metteva mano mia sorella (altrimenti nominata da me: colei che ha la mano della morte), esse crescevano. Da bambina riferivo sempre a mia madre adottiva che cosa volevano le piante. Cose tipo: “ma mamma,l’orchidea non deve essere innaffiata ogni giorno! Non le piace! Preferisce avere il terriccio non troppo molle!” ovviamente mia madre mi guardava sempre stranita. Quando, all’ età di dieci anni, avevo capito che non era normale dire che parlavo con le piante, avevo smesso.
- Sono così felice per te! Sarete una coppia fantastica!- io le sorrido perché la penso anch’ io così. Finalmente lo ha capito anche lui. 
Tre giorni dopo.

-
Luuuuuuzz!!!! Passami i sandali,no non quelli con il fiore viola! Quelli con la zeppa, quelli bianchi. – mi dice Mary indicando dei sandali davvero carini,mmh…forse glieli chiederò in prestito la prossima volta che uscirò con Alex. Infatti sono uscita davvero una volta con lui! Siamo andati al cinema, a vedere non so quale film, lui mi ha tenuta per mano per tutta la durata della film e poi, quando mi ha riaccompagnata a casa, mi ha baciata! Ok, forse non in bocca, sulla guancia, ma è pur sempre un bacio, no ?
- Tieni.- le porgo le scarpe mentre cerco di allacciarmi la cerniera sul retro del mio vestito. Ci guardo allo specchio e penso che siamo fantastiche. Cass indossa un abito corto fino al ginocchio viola con una gonna ampia che le evidenzia gli occhi azzurri, ha fatto in modo che i suoi corti capelli neri fossero tirati tutti all’indietro: ha rubato il gel di suo fratello, ne sono certa. Come scarpe si è rifiutata di indossare dei tacchi e ha preferito mettere delle ballerine nere. Mary ha osato di più, invece, ha indosso un abito  aderente al busto argentato e una gonna che si apre subito dopo i fianchi. Ha lisciato i suoi ribelli capelli ed ora li lascia sciolti, lungo la schiena. Io indosso un abito avorio senza spalline, con una fascia al seno color cipria. Ho preferito tenere i miei capelli ricci e sciolti, ho anche un’orchidea come fermaglio. Nonostante le insistenze di Mary, quella cinica, sadica e masochista ragazza, mi sono messa dei sandali con tacco basso. Mi alzano di un po’ e questo facilita le cose visto che sono fastidiosamente bassa. Il vestito chiaro risalta la mia pelle olivastra, i miei capelli castano scuro e gli occhi altrettanto scuri.
- Ok,quando viene Al ?- mi chiede Cass.
- Verso le sette.- mormoro, poi mi accorgo che tutto questo è reale: sto finalmente per andare al ballo! Evito,con non poca difficoltà, di mettermi a urlare e saltare come una pazza isterica, che in realtà sono, e faccio finta di essere calma e pacata, facendo uno strano sorriso in stile “La Gioconda” di da Vinci. Il risultato deve essere una smorfia, perché le mie amiche mi guardano in modo strano. Calma e pacata, Luz. Calma e paaacata, Luz. Il campanello suona e il mio piano va a farsi fottere. Comincio a torturarmi le mani.  
- Luz,è arrivato Alexander.- pure il suo nome è bello… ma sto divagando. – ragazze sono arrivate anche Cameron e Victor.- gli accompagnatori delle mie amiche, abbiamo deciso di andarci tutti e sei insieme. Tutte e tre scendiamo le scale con grande lentezza, le mie amiche, le mie pazze amiche, vogliono creare quella suspense che fanno sempre in quei film scadenti che hanno come tema centrale i balli scolastici. Per carità io adoro questo tipo di eventi, ma non posso che odiare quel tipo di film così superficiali,ma con le mie amiche ho ormai cominciato a far finta che li adoro perché sennò mi cominciano a prendere in giro perché odio i film sui balli ma non i balli. Sono un tipo complicato, complicato e melodrammatico. I ragazzi spalancano le bocche a turno e ci scortano al ballo. Entriamo nella palestra e facciamo delle foto, molte foto, con tutte le pose possibili e immaginabili. Foto tipo: io e Alex che mi da un bacio sulla guancia, io e le mie due amiche, i tre ragazzi che fanno finta di essere chissà quali machi,per carità sono fichi, ma non quanto pansano loro, poi Mary e Victor, Cass e Cameron e dopo tutti e sei. Tutte le foto mostrano sei ragazzi felici che cercano di divertirsi e godersi la vita. Credo che terrò la prima: io e Alex siamo venuti davvero bene… magari la mostrerò al nostro matrimonio.
 Quando abbiamo finito le foto, e non lo facciamo proprio subito, ci dirigiamo verso la pista ed io mi accorgo di un trio che non ho mai visto a scuola ma dovrebbero essere della mia età. Strano.
Mi dimentico tutto quando il mio accompagnatore mi afferra la vita e mi trascina in pista tra le mie risate. Facciamo un sacco di balli e tutto è prefetto, balliamo insieme e lui è davvero-davvero bravo a ballare. All’ennesimo lento mi stringo a lui e appoggio la mia testa alla sua spalla e socchiudo gli occhi. Arriva la fine della canzone e noi ci allontaniamo guardandoci negli occhi.  Le luci proiettate dalla tipica palla da discoteca gli illuminano il suo bel viso e gli evidenziano i suoi zigomi scolpiti e gli rendono i capelli biondo scuro quasi bronzei. I nostri visi si avvicinano sempre di più. Ci stiamo quasi per baciare quando avverto delle persone che ci guardano.
- Scusa,ti possiamo parlare ? –Giuro che adesso li uccido. 


Note dell'autrice:
Sono tornata. Non volevo postare il capitolo così presto ma avevo voglia di leggere nuove recensioni. A proposito di recensioni... un grazie immenso a Nocturno che mi recensisce sempre e mi fa sempre tantissimi complimenti!!!! Poi voglio ringraziare anche lallaverdesmeraldo_03 per aver aggiunto questa storia tra le seguite.
Parlando del capitolo... Io amo questa protagonista, è così... piena di vita! Mi ricorda un po' Brie di Storia catastrofica di te e di me. Cooomunque, spero che questo personaggio vi piaccia almeno quanto piace a me. Scusate, devo andare a finire il settimo capitolo!
Hola!

 

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Capitolo 5
*** 4. Non è molto carino lasciare qualcuna con un messagino ***


Micheal .
 
 
 
Sto sognando. Nel sogno ci sono io che cammino in un posto che non ho mai visto prima, è molto luminoso e ci sono dei palazzi stile Grecia antica. Questo posto mi è tremendamente familiare,ma non saprei dire se ci sono già stato o meno. Mentre percorro le vie di questa città,perché è una città,mi assale una tremenda malinconia.
Le vie sono deserte e pulite, è come se non fossero mai state percorse, per lo meno non da esseri umani. Tranne il rumore del vento che soffia, suono che mi è sempre piaciuto, e quello dei miei passi, la città è silenziosa e deserta. Sembra una città fantasma.
Cammino diritto lungo la via che sembra quella principale.
Credo di star camminando da tanto tempo,ma non sono stanco.
Poi, all’improvviso, avverto un’ombra dietro di me, e ad un tratto non sono più sedicenne, ma un bambino, in braccio ad una donna, credo mia madre, quella vera, che corre, cercando di scappare dalla losca figura che ci segue.
Dopo un po’ sembra che il nostro inseguitore abbia rinunciato a seguirci, e la donna che mi tiene in braccio scompare e io ridivento sedicenne. Ma quando credo di essere al sicuro, sento la figura di prima dietro di me e mi rimetto a correre, così percorro più veloce che posso la via, ma questafinisce in un vicolo cieco e mi ritrovo davanti ad un muro su cui c’è un ritratto. Ritrae una giovane coppia: i due  abbracciano un bambino piccolissimo di quasi due mesi.
Guardando il bambino rabbrividisco. Non so come faccio a saperlo ma il fatto è questo: sono io.
Mi risveglio gridando. Ancora. Questo sogno mi perseguita da quando sono piccolo,ma non ne ho parlato mai con nessuno,non sono mai stato abbastanza a lungo con qualcuno per potermi fidare e confidarmi penso con acidità. Però è vero: sono stato adottato un’infinità di volte e altrettante volte sono stato mandato indietro. “Avere un bambino come lui è troppo impegnativo” dicevano tutti.    
Potevate perfettamente dire che non volevate qualcuno come me quando intendevate adottare un bambino penso. Io sono sempre stato un tipo fuori dal normale: sono alto quasi un metro e novanta e, nonostante non abbia mai fatto boxe o altri sport di lotta, sono capace di battere chiunque. L’anno scorso mi hanno proposto di far parte di una squadra, ma ho rifiutato.
Mi ricordava troppo il mio ultimo padre adottivo. Mi picchiava ogni volta che ritornava a casa,ubriaco; e il giorno che avevo cominciato a rispondere,aveva deciso che non mi voleva più tenere. Per carità,ne sono felice,ma sarei ancor più contento se quel bastardo fosse in prigione. Mi alzo dal letto e cerco nel pavimento dei jeans puliti da mettere e una maglietta che non puzzi. Non mi faccio il bucato da settimane,ma,nonostante ne abbia davvero bisogno, non ho intenzione di chiedere aiuto alla mia nuova "mamma”, come vuole che la chiami, Caroline. Ma io non ne ho proprio intenzione. È finta, con i suoi sorrisini, i biscotti che mi porta quando studio, le rare volte che lo faccio, e altre cose.
Molti penserebbero che sono negativo, che sbaglio a non fidarmi di lei, che magari mi illudo a pensare che lei non sia gentile, insomma che sbaglio. Ma questi non sanno che Caroline fa tutte queste cose quando vengono delle persone a trovarci,massimo una volta ogni tre mesi, e che per il resto dei giorni lei mi ignora.
Vedendo che fuori c’è bel tempo,decido che non ho nessuna intenzione di andare a scuola oggi. Non so come farò a giustificare tutte queste assenze, ma non me ne importa più di tanto.  Prendo il cellulare ed esco prima che Caroline mi possa sentire.
Incontro tutti i miei amici al parco dove ci vediamo praticamente tutti i giorni, nessuno di noi ha voglia di far niente, insomma. Appena arrivo Jess mi viene incontro e mi da un bacio che si può definire tutto tranne che casto. Le sorrido malizioso e ci sediamo assieme agli altri.
- Allora, novità ?- chiedo a tutti, anche se non ci vediamo da ieri sera. Segni di dissenso da chiunque, nessuno ha fatto niente. La solita noia. Ma rimaniamo comunque tutti a parlare e a ridere. Passiamo tutta la mattinata qui e verso mezzogiorno alcuni dei ragazzi vanno a prendere qualcosa da mangiare, rimaniamo solo io e due miei amici.
- Allora,come va con Jess ?- mi chiede Andrew. Ce ne stiamo seduti sul bordo della fontana e guardiamo per terra.
- Così cosi .-
- In che senso? -
- Nel senso che va bene. Ma lei non mi piace. -
- Quindi ?-
- Quindi mi sa che la lascio.-
- Perché? È figa!- io e Andrew ridiamo all’esclamazione di Peter. In effetti Jess è molto carina, ha i capelli lunghi e biondi, gli occhi verdi e un fisico statuario.
- Allora mettiti con lei, no?-
- Se la lasci sta tranquillo che non le farò passare troppo tempo da sola…- Peter non cambierà mai. Andrew ed io ci mettiamo a ridere.
- Pervertito!- gli gridiamo tra le risate. Rischiamo quasi di soffocare. Quasi.
- Non ci posso far niente se le donne mi desiderano…-
- Vuoi dire nei tuoi sogni?- gli chiede Andrew.
- Anche nella realtà.-
- Si certo.- mormoro.
- Hai qualcosa contro di me, Micheal?- mi chiede con fare finto minaccioso. Lo guardo e mi metto a ridere. Lui sorride strafottente.
- Non cominciare ciò che non puoi finire.- gli rispondo.
- Sei proprio sicuro che non ti posso finire ?- continua con me la finta messinscena dei due duri che vogliono farsi fuori a mani nude.
- Assolutamente.-
- Allora stasera alle dieci vedremo.- mi sfida.
- Suona come una sfida.- gli faccio notare.
- Lo è!- replica. E poi se ne va. Io ancora rido perché oggi gli farò un occhio nero.
- Ti vuoi battere veramente? – mi chiede Andrew. Lui non le capisce mai molto bene queste cose tra me e Peter.
- Certo,perché? Lo sai che Peter non mi può battere.-
- Appunto,gli farai del male.-
- Ci andrò piano. Promesso.- lo guardo con un’espressione furba in viso. - mammina.-
- Stronzo!- esclama per poi seguire Peter. Ridacchio ancora un po’ mentre lo immagino che allena Peter. Facciamo sempre questo genere di cose: succede quasi tutti i giorni. Dopo un po’ che aspetto gli altri mi arriva un messaggio da parte di Jess: ciao tesoro,scusa ma Kevin ha fatto a botte con il tizio del fast food ed è finito all’ospedale. Ci vediamo stasera? Xxxxxx. J.
Appunto.
Io e tutti i miei amici finiamo inevitabilmente di fare a botte un giorno si e l’altro pure, anche fra di noi soprattutto per noia.
Ancora non ho capito bene il perché.
Credo che questo sia il momento opportuno per mollarla, visto che non  c’è nessuno qui a parte io e al massimo lei mi può solo dare dello stronzo con un messaggio.
Lo so che è da imbecilli codardi,ma non ce la faccio a dirglielo in faccia e le rispondo: no problem. J,credo che dovremmo lasciarci. Utilizzo tutte le tecniche che si usano di solito in questi momenti:non è colpa tua,ma mia: in questo periodo ho troppo da pensare per stare con una.  Spero che resteremo lo stesso amici. Invio il messaggio pieno di tutta le cavolate che si dicono quando vuoi lasciare una e spero che non si incavoli troppo.
Appena il messaggio è andato, e per cui non posso più evitare di lasciarla in un modo più decente,sento una voce dietro di me:
-Non è molto carino lasciare qualcuna con un messaggino.- 




Note dell'autrice:
prima di parlare del capitolo, ringrazio tantissimo lallaverdesmeraldo_03 per aver recensito il capitolo precedente. Sono davvero che ti sia piaciuto il capitolo precedente! Non sapete quanto sono stata in ansia il giorno dopo aver aggiornato.
Cooomunque, che ne pensate? All'inizio ero disperata quando pensavo a come scrivere questo capitolo, poi, all'improvviso, bum. Mi è venuto in mente di scrivere del sogno e poi il resto si è scritto da sè. Scusate ma ora vado. Sappiate che, l'ho constatato, la tastiera non morde e se recensite sarò davvero davvero molto contenta.
Quiiiiiiiiiindi... Recensite! Pooooiiiii.... un'ultima cosa prima di andarmene: ancora un capitolo e si ritorna al pov di Angela! Scommetto che alcune/i di voi saranno molto sorpresi...
Hola!
p.s. ricordate che una recensione può fare la differenza ed evitare l'insanità mentale di una scrittrice e delle sue amiche.

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Capitolo 6
*** 5. Offendono i miei Beatles ***


Serena.
 
 
 
Suona la campanella e tutti gli studenti escono da scuola,felici di poter essere finalmente usciti da quella prigione. Io esco sempre per ultima per evitare di essere spintonata da tutti quegli scimmioni.
Appena vedo che posso uscire senza rischiare la vita schiacciata da uno studente italiano obeso, mi dirigo verso il mio posto preferito in città: il negozio di dischi.
Mi rifugio sempre lì. Adoro la musica,ascolto molte band,mi piacciono soprattutto i Beatles,i Doors e i The Fray.
Appena uscita accendo il mio ipod e scelgo una canzone: Fix you dei Coldplay. Le note della canzone mi arrivano alle orecchie e mi danno una confortevole sensazione di pace.
Mi avvio accompagnata da una delle tante mie canzoni preferite.
Per arrivare al negozio, passo per la spiaggia, fortunatamente l’Alberghiero, l’indirizzo che ho scelto, è stato costruito nella zona del porto e non ci metto molto per raggiungerla.
Mi piace il mare. Vicino all’acqua mi sento potente, infinita. Come il mare.
Il sole della calda giornata splende alto nel cielo. La luce che proietta scende sul mare rivelando cosa c’è sotto l’acqua e dandole un bel color verde, misto al blu. Vicino alla spiaggia c’è una scala che porta alla strada del negozio.
Ci vado da quando sono piccola. I miei genitori adottivi hanno sempre detto che fin da neonata mi piaceva la musica: l’unico modo per calmarmi, mi hanno raccontato, era farmi ascoltare un cd di qualsiasi genere. Era come se bastasse che mi concentrassi su qualcos’altro che non mi faceva star male.
Come previsto, arrivo una decina di minuti dopo la campanella al negozio. La sua vetrina riflette la mia immagine di giovane sedicenne italiana: mi mostra la figura di una ragazza snella e longilinea, con lunghi capelli castano chiaro e occhi acquamarina. Il mio riflesso mi regala un sorriso e si toglie una delle cuffie che tiene alle orecchie per poi entrare nel negozio.
Appena entro la campanella suona e il commesso si gira verso di me e mi sorride. Vengo così tante volte qui che ho instaurato una sorta di cameratismo con lui. Mi riserva sempre i cd che sa che potrebbero piacermi, insomma, per me è un angelo disceso dal cielo.
Il commesso è un uomo sulla cinquantina, con i capelli corti un po’ neri e un po’ bianchi, come se non si fossero decisi di che colore essere, i suoi occhi sono gentili e color marrone. Probabilmente da giovane è stato molto carino, ma adesso la vecchiaia gli ha solcato il viso di rughe, penso per i troppi sorrisi, e non riesco a vedere molto bene i suoi lineamenti.
- Ciao S!- mi accoglie con un bellissimo sorriso gentile.
- Ciao M!- lo saluto. Ci chiamiamo sempre per le iniziali. Lui si chiama Marco.
- Vuoi il nuovo cd dei Green day o preferisci il cofanetto dei Pink Floid?- mi chiede, mostrandomi i due oggetti in questione. Intanto io mi domando come farò a risolvere questo problema. Scelta difficile.
- Ti rispondo dopo magari, guardo se avete qualcosa di bello dei B. – dico. Poi vado verso la sezione “ classici del rock ”. Comincio a sbirciare tra i cd per vedere se ne è arrivato uno nuovo. Dopo qualche minuto di ricerca,ne trovo uno dei Beatles. Lo prendo e faccio leggere il codice alla macchinetta. Nelle cuffie mi arriva la canzone e sorrido raggiante di aver trovato finalmente qualcosa che non ho. Ancora. Poi sento una voce dietro di me:
- Beatles? Davvero? Non sono meglio gli ACDC ?- ma chi è questo che osa offendere i miei adorati Beatles? 


Note dell'autrice:
Avevo in mente di aggiornare prima, ma la scuola mi sta occupando un bel po' di tempo tra interrogazione e verifiche. -.-" no me gusta esta situacion. Spero che si dica così, non mi ricordo più un'acca di spagnolo! .-. Mi scuso per la lunghezza, imbarazzante, del capitolo. Ma è stato riscritto e la sua prima stesura era di... * conta le dita delle mani * almeno quindici righe, massimo. Quindi è migliorato! Dai che mi farò perdonare con un aggiornamento veloce: ho intenzione di pubblicare il prossimo capitolo Sabato, ed è quello con... rullo di tamburi prego... Angela! Colei che, guardando le vostre recensioni, vi ha incuriosito di più!!! E ci credo. é finita in carcere ma... dettagli, dettagli. Ok, il mio spazio di follia sta diventando più lungo  del capitolo: vado. Però prima ringrazio lallaverdesmeraldo_03 e J_angel per aver recensito, siete state troppo gentili! Grazie ancora!
Le recensioni sono sempre ben accette!
Hola!   

p.s. vi consiglio di ascoltare la canzone, è splendida!

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Capitolo 7
*** 6. Incontro un tizio che mi conosce ***


Angela
 
Seduto al mio tavolo. Suona strano ma è una bella sensazione. Seduto al mio tavolo. Mi sto dirigendo verso il tavolo con cibo nel mio vassoio di cui è meglio non sapere la provenienza. Il ragazzo sedutosi sopra è quello nuovo. Lo capisco subito non appena lo vedo. Si è lui.
Ne sono certa.
Dentro di me mi sento in subbuglio: è come se le mie emozioni facessero un combattimento all’ultimo sangue. Peccato che, mentre praticamente si uccidono, mi fanno a pezzi il corpo. Probabilmente non ne uscirò viva. È come se le vedessi.
Riesco quasi a scorgere l’ansia prendere a pugni nello stomaco la felicità e la depressione guarda il tutto scuotendo la testa triste.
Ok, dentro di me c’è troppo casino. Forse dovrei ricominciare a farmi analizzare da uno psicologo. Forse.
Mentre penso questo, le mie gambe, non so come, continuano a muoversi e a condurmi verso il tavolo. Non appena ci arrivo il ragazzo si gira verso di me e riesco a guardarlo bene. È carino con quei occhi verde chiaro intensi.
Io gli sorrido timidamente e mi siedo davanti a lui e comincio a mangiare. Non mi sono neanche resa conto di cosa mi ha messo nel piatto l’inserviente, ero troppo impegnata a stare in uno stato di trance.
Il cibo è veramente insipido. Credo che se fossi a casa mia questo sarebbe pollo al curry. Arriccio il naso disgustata e allontano il piatto da me.
Alzo lo sguardo dal piatto e lo volgo al ragazzo di fronte a me. È un sorriso sotto i baffi, quello che vedo?  Lo guardo alzando il sopracciglio destro. Noto che il suo piatto, di quelli che dovrebbero essere spaghetti, è intatto. Non ha mangiato nulla. Almeno io mi sono abbassata per assaggiare un boccone del mio, per dire, pranzo.
- Piacere, Derek. – dice una voce. Ci metto un po’ per capire che è la sua voce. Dentro di me la felicità saltare isterica dalle parti tra  lo stomaco e la milza. Sento sulla schiena tutte le occhiatacce lanciatemi dalle ragazze. Perché questo ragazzo si è seduto qui? Perché mi sta parlando? Perché nessuno gli ha parlato? Mi faccio tutti questi interrogativi mentre Derek mi porge la mano. Gli sorrido e gliela stringo. Una lampadina in mezzo alla sala esplode. I ragazzi che si trovano seduti al tavolo sotto alla lampadina saltano sulle sedie sorpresi e cominciano a imprecare. Non ci faccio caso. Sono troppo occupata a pensare che il mio periodo di isolamento forse finirà oggi.
- Angela. – la sua mano è fresca e ha una stretta sicura.In confronto alla mia, è enorme. Possibile che non si è accorto che nessuno mi parla, che sono un’emarginata? Non si sta chiedendo il perché?
-
Bel nome. – arrossisco e gli regalo un altro sorriso timido.
- Grazie. – mi sforzo di tentare la sorte e mandar giù un altro pezzetto di pollo. Non è così male adesso che potrei non restare più da sola.
- Perché tutti ti evitano? – le ultime parole famose. Cazzo.
-
Perché dovrei dirtelo? Non ti conosco neanche! – dico mettendomi sulla difensiva, so che facendo così sbaglio tutto ma non posso farne a meno. Non parlerò mai a nessuno di cos’è successo quel giorno. Derek si alza dal tavolo mi si avvicina e si china per sussurrarmi qualcosa all’orecchio.
- Io ti conosco più di quanto tu pensi, Angela. –  mi irrigidisco.Ma chi si crede di essere? Penso mentre lo guardo uscire dalla mensa. Tutte le lampadine della sala saltano in aria.
 
Il giorno dopo.
 
 Non appena lo vedo mi alzo immediatamente dalla panchina su cui ero seduta fino a poco fa.
Lo vedo avvicinarsi a me. Gli lancio un’occhiataccia. Sono stata tutta la notte alzata a pensare su cosa intendesse quando ha detto di conoscermi più di quanto non credessi.
Mi si ferma a un metro di distanza. Mi guarda negli occhi con uno sguardo intenso. Ricambio lo sguardo. Sono ancora arrabbiata con lui, se non fossi molto più piccola di lui, adesso sarei già a tentare di strozzarlo. Ma questo significherebbe un mese di isolamento assicurato e per uno come lui non ne vale la pena. Quindi sarebbe meglio non farlo…
- Cosa vuoi? – gli chiedo scontrosa. Mi sento molto una bambina di quattro anni arrabbiata, mentre mi rivolgo a lui in questo modo.
- Parlarti. – spero che non si accorga dell' espressione curiosa che ha assunto la mia faccia. Attorno a noi gli altri ragazzi si rincorrono e giocano con una palla leggermente sgonfia che hanno rimediato da qualche parte oppure parlano con i loro amici. Anche in questo giorno il Sole splende più che mai. Non c’è una nuvola in cielo. Il cortile del riformatorio è grande come un campo da rugby, abbastanza per contenere circa duemila criminali in erba. Di cui uno mi sta chiedendo in questo momento di parlarmi. Nessuno mi parla più da quando sono entrata qui.
- Di quello che mi hai detto ieri? – spero che non si accorga neanche della nota speranzosa nella mia voce. Lui mi guarda stralunato come chiedendosi cosa io stia intendendo. Allora, i motivi per spiegare questa dimenticanza sono due: o è scemo o è un ritardato. Difficile scegliere quella giusta, con quest’espressione sembra tutte e due.
- Del fatto che mi conosci più di quanto io non pensi…- preciso subito.
- Ah, già. Si. Più o meno volevo parlarti di questo. Io ti conosco molto più di quanto tu pensi, Angela, perché io conoscevo i tuoi genitori. – conoscevo? Possibile che Lily e Robert siano…
-
Lily e Robert sono morti? – nonostante sia cresciuta con loro, sinceramente non mi dispiace più di tanto per la loro scomparsa. Forse un pochino di più per Robert. Lily semplicemente la odiavo.
- Ma di chi… ah, si giusto. I genitori adottivi. No, loro stanno bene, penso. Io intendo i tuoi genitori naturali, Angela. – ok, adesso la mia sorpresa, ne sono certa, è più che evidente.
- Intendi coloro che mi hanno abbandonata? – sono sicurissima che si nota anche il rancore. Ma non li odio. Non posso. Non ce la faccio.
- Loro. Non. Ti. Hanno. Abbandonata. –  dice scandendo bene le parole. Scoppio in una risata amara.
- Certo, certo. E io non ho vissuto per tredici anni con delle persone che non erano i miei genitori. – ribatto.
- Hanno dovuto farlo. Eri in pericolo. Angela, io la storia la conosco bene. Sono stato io ad occuparmi di come ti saresti sistemata. Devi credermi, loro ti amavano immensamente. È per questo che ti hanno abbandonata. – mi dice con un tono che supera quasi la disperazione. Il suo sguardo vaga dalla mia faccia al ciondolo che sto indossando. Inconsciamente lo prendo in mano e lo stringo forte, come un talismano potente, capace di proteggermi. Ci sto quasi per credere: il suo tono sembra così sincero e il suo sguardo è così veramente malinconico mentre guarda il mio ciondolo. Ma c’è una falla in questa storia.
- Ma… ma… come avresti fatto?! Hai più o meno la mia età! – esclamo incredula. Derek mi si allontana e comincia a camminare in cerchio pestando con furia i piedi. Sorrido per la situazione ridicola.
- Aaaaaaarrrrggghh!!!!!! Se avessi saputo che sarebbe stato così difficile, col cavolo che ti avrei aiutato, Talia! Questa è ancora più testarda di te! – grida esasperato. Poi si gira verso di me e mi rivolge uno sguardo allo stesso tempo sorpreso e colpevole. Come se non potesse credere che, mentre mi parlava dei miei genitori, ha appena inveito contro una certa Talia.
- Ma di cosa stai parlando? – la situazione sta diventando assurda.
- Angela, per spiegarti tutto devo raccontarti una storia un po’ bizzarra ma vera. Mi ascolterai?- annuisco. Comincia a raccontarmi la storia più incredibile che abbia mai sentito. 

- Allora? Mi credi? – sembra ansia quella che ha nella voce.
Derek mi guarda leggermente in ansia.  
Sembra strano per uno come lui. Ancora non parla. Devo capire bene la situazione. Ci siamo riseduti sulla panchina su cui ero quando l’ho visto stamattina. Derek si passa una mano tra i suoi capelli neri e poi sulla faccia pallida. La cosa è leggermente ironica, visto che non è lui la persona a cui hanno raccontato la storia che, se vera, sarebbe quella della sua vita prima di essere adottato.
- Se avessi una dimostrazione su quanto mi hai raccontato… forse ci crederei. – mormoro in risposta.
- Incontriamoci dieci minuti dopo l’inizio della cena qui. ti dimostrerò che ciò che ho appena detto è vero.- fa per andarsene ma si volta subito e mi guarda. – aspetta, non appena lo saprai, verrai con me? – mi chiede. Annuisco ancora. Non avrebbe senso restare qui e sapere la verità.
-  Bene. – fa un sorriso sornione. – ci vedremo qui, allora. – annuisco un’altra volta. Se continuo così parlare potrebbe diventare inutile. 
 
Altri due minuti e me ne vado. Penso mentre mi giro nell’ oscurità che è calata per cercarlo. Quello scemo è in ritardo di dieci minuti e se mi scoprono, sono fritta. Altro che mese di isolamento. Mi allungherebbero la condanna, molto probabilmente, che finirei proprio lì. Uffa, eppure è stato lui a darmi l’appuntamento! Se si farà vedere lo…eccolo!
Nonostante il buio riconosco la sua figura alta e magra e i lineamenti affilati che caratterizzano il suo volto. Riesco anche a vedere il bianco dei suoi denti che scopre mentre mi sorride nell’ oscurità. Mi fa un cenno di saluto con la mano. Io intanto mi limito a guardarmi attorno per accettarmi che non ci sia nessuno in giro.
- Non credevo che saresti venuta. – afferma.
- Ed è per questo che sei in ritardo? – gli rispondo acida.
- Touché. Adesso creerò un portale. Così finalmente mi crederai e andremo via da questo posto orribile.- inutile dire che sono d’accordo con lui. – dobbiamo andare a Tokio. Ce l’hai presente? Per viaggiare ho bisogno di un’immagine. –
- Lily aveva una cartolina di una piazza di Tokio. Ma non me la ricordo bene. – gli rispondo.
Derek annuisce e mi si avvicina. Mette le punte delle sue dita sulle mie tempie e fa dei piccoli movimenti circolari. -Ok, ora descrivimela. – e io comincio a raccontargli di quel posto in cui non sono mai stata ma su cui ho sempre fantasticato quando la osservavo da piccola. L’incredibile è che me la ricordo perfettamente, come se ci avessi appena dato una sbirciata.

Appena finisco, Derek comincia a muovere lentamente le sue mani, così lentamente che il movimento assume un aria importante e … sacra. Poi, all’improvviso, tra le sue mani compare una piccola sfera di energia nera. Proietta una strana luce bianca. La cosa si muove e ruota su sé stessa, poi, con un movimento delle mani di Derek, questa si allarga e a questo punto le allontana e fa un passo indietro, allontanandosi da questa strana cosa che dovrebbe essere un portale. La cosa si allarga fino a diventare alta e larga due metri circa. Derek si avvicina al portale e ci entra con il piede sinistro. Si volta verso di me e mi regala un sorriso molto simile a quello che potrebbe fare un bambino quando ritorna a casa.
- Mi credi, adesso? – annuisco. È tutto vero. Sono una Discendente.
- Si. Ma quindi tu sei veramente un Custode. – lui annuisce. –  Derek è il tuo vero nome? – stavolta fa un cenno di diniego.
- No. Il mio nome è Eiran, andiamo, Iris. – e attraversiamo il portale, lasciandoci alle spalle questo posto dimenticato da dio.  



Note dell'autrice:
Si! Ce l'ho fatta! L'ho riscritto in tempo! * si mette a ballare come un'isterica per la sala * Per capire quest'attimo di sclero puro, dovete sapere che, dopo l'ultimo aggiornamento, sono stati cancellati tutti i capitoli che seguivano il quinto ^-^ e li ho dovuti riscrivere tutti. Fortunatamente, o sfortunatamente, in questi giorni sto male quindi non sono andata a scuola e ho avuto il tempo di ricominciare a riscriverli. Infatti in questo momento sto finendo il settimo con il mio Satoshi <3. Cooomunque, parlando della storia, in questo capitolo c'è un gran colpo di scena, eh? Angela che si scopre essere la figlia di Talia, il nuovo ragazzo che è il Custode Eiran...
Eiran- il capitolo lo hanno letto. Non c'è bisogno del riassunto. -
Me- zitto Custode o scrivo che nel capitolo successivo muori!-
E.- sappiamo tutti e due che non accade -.- -
Me- appunto per quello sei un bastardo. -
E.- ma sei te la scrittrice! -
Me- dettagli ù.ù -
Coomunque, questo capitolo l'ho riscritto guardando il mio vicino Totoro <3<3<3 personalmente amo alla follia Mei e il ragazzino di cui non ricordo il nome. E........ alla fine avevi ragione J_Angel! Pooooooooi........ un grazie a alealeale11 per aver recinsito e aggiunto tra le seguite,  J_Angel per aver recinsito e aggiunto anche lei tra le seguite, a Anonimadelirante per aver aggiunto tra le seguite e a alby4ever per aver aggiunto tra le preferite.
Hola!

 
p.s la parte delle emozioni e' un po' ispirato a Teen Titans.

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Capitolo 8
*** 7. Svengo ***


Satoshi.
 
Apro la porta. Di fronte a me c’è una ragazza. È bellissima. I suoi occhi sono a mandorla e di un bel nocciola intenso, contornati da lunghe e folte ciglia nere. I suoi capelli neri sono talmente mossi che sembrano ricci, le scendono fino a metà schiena e le incorniciano il volto color miele con il mento appuntito. La sua bocca è socchiusa e contornata da carnose labbra color rosa scuro.
È minuta, mi arriva a mala pena al petto.
Mi sta guardando attenta, come per assicurarsi che io sia la persona che sta cercando. Lancia uno sguardo al ragazzo alla sua destra, che fino ad adesso non avevo notato, come per chiedergli una conferma.
Il tizio è poco più basso di me, ma comunque sempre più alto di lei. Lui volge il suo sguardo su di me e, altrettanto velocemente, lo rivolge sulla ragazza e annuisce.
- Possiamo parlarti? – non li ho mai visti questi ragazzi ma hanno un’aria familiare. Annuisco. Nonostante mi senta come se fossi appena entrato in uno stato di trance, so lo stesso che la mia faccia non ha assunto un’espressione dignitosa. Che figura. Mi tolgo le cuffie dalle orecchie con i Muse che ancora suonano la canzone. L’assolo di chitarra viene interrotto a metà. Rientro in casa e, mentre mi rimetto le scarpe, mormoro qualcosa a mia madre sul fatto che esco per un po’.
- Ritorna entro dieci minuti o non  disturbarti a considerare questa casa tua. – mi dice.Ma perché non posso avere una normale madre adottiva che, quando esco, mi dice semplicemente di non far tardi? Ma tanto lo so che non si realizzerà mai, questo. Che schifo di vita, penso scuotendo la testa.
Esco da casa mia e seguo i due ragazzi sulla strada che fino a un’ora fa avevo percorso per andarmene da Ito e Ran.
- Allora? Di cosa dovete … - non finisco la frase che mi sento colpire alla testa. Cado in avanti e, fortunatamente, vengo preso da due braccia forti. 

Siete mai svenuti? Spero per voi di no. È una sensazione orribile. All’inizio stai bene, sei normale, poi, all’improvviso, i tuoi sensi si offuscano e ti senti come stessi cadendo in un lago scuro, denso e affondi, affondi sempre più giù finché non ti accorgi nemmeno di affondare.
Bé questo è quello che ho avvertito quando mi hanno colpito.
Rinvengo dal fondo dell’abisso e mi risveglio in un vicolo buio. Sento delle voci, una femminile e una maschile, discutere animatamente. Mi rialzo da terra. Barcollo un po’, non mi sono ancora ripreso, così mi appoggio al muro alla mia destra. Noto distrattamente che sopra c’è un graffito dell’anarchia.
- Eiran! Te l’avevo detto di non farlo! – sento dire la voce femminile.
- Lo so! Lo so! Ma cosa avrei potuto dire, eh! Sai, ragazzo, sei un Discendente eccetera eccetera?! – sentendo questa voce, riesco subito a capire a chi appartiene. Il tizio che ha suonato alla porta. Da qui li vedo. Sono distanti circa tre metri da me e si trovano nell’ombra proiettata da un cassonetto incredibilmente grande.
- No! Magari avresti potuto fare come, mmh, non so, come hai fatto con me, forse?! – esclama in risposta la voce femminile. Dal tono si capisce che è veramente incavolata.
- Il tuo era un caso differente. – replica calma la voce maschile.
- Solo perché mi hai trovato in un riformatorio, non vuol dire che avrei reagito diversamente.- Tossicchio per attirare la loro attenzione. I due ragazzi si girano verso di me. Nei loro volti trovano spazio due espressioni sorprese, come se non si aspettassero che mi svegliassi così presto.Ma quale motivazione può giustificare il colpire la testa di una persona che non si conosce solo per parlarci?
Il ragazzo cambia subito espressione e mi fa un sorriso sornione grandissimo.
- Ah! Il bel addormentato si è finalmente svegliato! –
- Semmai sono lo svenuto. – gli faccio notare acidamente e sgarbatamente, ma mi ha pur sempre fatto svenire, cazzo. Non appena parlo, la ragazza sussulta sorpresa. Invece lui si passa un mano tra i capelli neri e accenna un sorriso imbarazzato
- Ah, si. Scusa. Ma era necessario. Dovevo dirti una cosa importante. -
- Non potevi semplicemente dirmela? – gli faccio notare ancora. Alla mia risposta, si acciglia. Lancia un’occhiata alla ragazza e poi a me.
- Touchè. Lei ha detto lo stesso. Sareste perfetti insieme. – commenta. Spero che il mio rossore non si veda con questo buio.
- Comunque, cos’ è un Discendente? – gli chiedo cercando di sviare il discorso in modo che, se non se n’è ancora accorto, non noti il mio imbarazzo per la situazione. La ragazza mi si avvicina, si ferma quando è a un metro e mezzo da me e mi regala un sorriso dolce e timido allo stesso tempo.
- Ciao. Io sono Iris. Quell’idiota lì è Eiran, e tu? – mi dice con tono cordiale.
- Satoshi Kido. – mormoro in risposta. Mi sorride nuovamente, non posso fare a meno di ricambiare timidamente.
- Bene, Satoshi, un Discendente è una persona come me e te. –  comincia a dire ma la interrompo subito.
- Anche come lui? – le chiedo facendo un gesto con la testa verso Eiran. Lei scuote la testa.
- No. Io sono lo sfigato che ha una memoria di ferro e che viene costretto da dei genitori isterici ad occuparmi di cinque marmocchi che dopo sedici anni dovrò andare a recuperare. – non so proprio come abbia fatto a dire tutto questo senza neanche prender fiato. Mi giro verso Iris ignorando del tutto Eiran e cos’ha appena detto, anche perché non ci ho capito niente.
- Voi non siete di qui. – le dico. Iris sussulta di nuovo.
- Come hai fatto a capirlo? –
- Mi hai chiamato Satoshi. – le rispondo.
- E come avrei dovuto chiamarti? – ribatte scherzosamente. Pensa che non dica sul serio ma lo sono. Durante tutta l’ infanzia mia madre mi ha sempre ripetuto di farmi chiamare per cognome, da quelli che conosco.
- Kido. -
- Bene, Kido. È vero noi non siamo di qui, come non lo sei anche tu. Come dicevo prima, noi…- man mano che continua a parlare, credo che la mia mascella scenda sempre più, fino a toccare terra. 

Faccio un altro sospiro. Sono seduto per terra. Le ginocchia mi toccano il petto e posso sentire i battiti del mio cuore pulsare contro le mie gambe.
Da quando Iris ha finito di raccontarmi questa strana storia, sono rimasto in silenzio. Devo capire se questo è uno scherzo o no.
La mia testa ci crede a quello che mi ha raccontato ma una parte del mio cervello, a quanto pare ne ho uno anch’io, continua a ripetere che tutto questo è impossibile. Io? Un Discendente? Cioè, dovrei riuscire a dominare un Elemento? Ma se non riesco mai a far venire l’acqua calda quando devo far la doccia, figuriamoci se dovrei essere una persona capace di mettere al mio controllo l’Acqua o l’Aria o la Terra oppure il Fuoco. E poi? Questa storia del fatto che sono sei? No no no. Tutto troppo alla svelta. Troppe cose da capire in così poco tempo…
Mi prendo la testa tra le mani.
Sento qualcuno sedersi accanto a me e sospirare. Mi giro per vedere chi è. Iris.
- È tutto vero? – le chiedo guardando il suo profilo. Lei si volta e ricambia il mio sguardo. Annuisce e fa un sorriso triste.
- Mi ha mostrato i suoi poteri. – mi dice dopo un po’. Questa volta è il mio turno di annuire. Le lancio un’altra occhiata. Non sembra pazza. E neanche una criminale, anche se prima Eiran ha detto di averla trovata in un riformatorio. Distrattamente noto che ora indossa una tuta da carcerata invece dei jeans e della maglietta nera di prima. Però ha sempre indosso la collana con un ciondolo ovale piatto e dorato con cui l’ho vista la prima volta.
- Ci credi? – mi domanda. Per rispondere so cosa devo fare, ciò che odio più al mondo: leggere nel pensiero. Non ho mai provato a farlo consciamente, ma c’è sempre una prima volta per tutto, no? Così mi concentro sul viso di Iris e poi, ancor di più, sui suoi intensi occhi nocciola. E sono dentro la sua testa.
È come se una piccola versione di me fosse entrata nella mente di Iris. All’interno, immagini e voci si confondono e non riesco a capirci niente, anche perché non sono mai entrato nella testa di qualcuno, semmai ho sentito i suoi pensieri. Poi trovo quello che sto cercando.
È tutto vero, io e Iris siamo dei Discendenti ed Eiran è un ragazzo che ha decisamente bisogno di vedere un psicologo. Ma sempre un Custode. Adesso che ne ho la prova, ci credo. Ci credo davvero e mi sento come sollevato.
- Si. – mormoro in risposta. – vi credo. – Eiran si avvicina a noi. Ha ancora quel sorriso sornione in faccia. Mi viene voglia di prenderlo a schiaffi.
- Bene! – faccio finta di non essermi accorto che ci ha origliati per tutto il tempo. – quindi…… partiamo? –
Sia io che Iris annuiamo. Lo so che seguendo questi due lascerò la mia casa e la mia famiglia, e che se mai dovessi tornare da mia madre lei riuscirà in meno di due minuti a conficcare la mia testa in un palo, ma penso che sia inevitabile partire.
Eiran crea velocemente un portale dal nulla e, prima di attraversarlo, sussurra qualcosa all’orecchio di Iris. La ragazza si gira verso di me e mi lancia un’occhiataccia.
- Non provare mai più a leggermi nella mente, chiaro? – mi dice con tono che teoricamente dovrebbe essere minaccioso o addirittura spaventoso. Sorrido  mentre la guardo entrare nel portale che ci porterà chissà dove. Nessuna donna riuscirà mai a spaventarmi come lo fa mia madre adottiva e lei non ha abbastanza carte in regola per riuscirci, ma apprezzo lo sforzo comunque. Non ho idea di come Eiran abbia fatto a capire che le sono entrato in testa, ma so che è stato lui e in un modo o nell’altro giuro che intendo vendicarmi.
- Contaci. – mormoro per risponderle anche se non mi sentirà, poi entro nel portale e abbandono tutto ciò che fino ad ora è appartenuto alla mia vita. 

Note dell'autrice:
eccomi qua! Trallallero trallallà (?). Basta, sto letteralmente impazzendo. Ogni giorno sclero sempre di più. Spero che il capitolo vi sia piaciuto e visto che è ambientato in Giappone, avete sentito parlare di The Hunt? Il romanzo di Andrew Fukuda, uno scrittore mezzo cinese e mezzo giapponese <3 coooomunque, quel ragazzo è un genio della scrittura e vi consiglio il libro. Premetto che non gli sto facendo alcuna pubblicità! è solo un consiglio per un'ottima lettura.
E.- si direbbe il contrario...
Me - zitto! Prima dici a Iris che Satoshi le ha letto nel pensiero e ora mi sfotti!
E. - sei tu che me lo lasci fare... -.-" sei impossibile
Me - e me ne vanto :3 cooomunque, nell'altro capitolo mi sono scordata di chiedervelo, ma siccome questa è anche una storia romantica ci saranno anche delle coppie, per la precisione tre, e anche se sono già decise, vorrei proprio sapere quali pensate che possano essere.
 Ricordate di lasciare una recensionina-ina-ettolina-inetta (?), oh, no. Mi sta venedno la sindrome di Ned Flanders. Auguratemi buona fortuna! Io vado a cercare una cura, sigh. :'( Prima di andare, ringrazio J_Angel e BekySmile97 per aver recensito, e Maddy_6 e LoveForHachi per aver aggiunto tra le preferite 
Hola!
p.s. se volete sapere come sarebbe fatto nella mia mente Satoshi, cercate delle immagini di di Xabiani Ponce de Leòn. è un attore nel telefilm (che odio) "Violetta".

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Capitolo 9
*** 8. A quanto pare i Custodi possono fare magie ***


Luz.
 
Avete presente quella furia omicida che viene sempre alle persone (per lo più a me) quando sono in un posto particolarmente affollato e non riescono a passare?
Se la risposta è si, bene! Avrete capito alla perfezione cosa sto provando in questo momento in cui sto guardando chi ha interrotto me e Alex. Già per questo motivo vorrei ammazzare chi ha parlato.
Mi giro per vedere il colpevole. Sono i tre tizi che non ho mai visto a scuola. Due ragazzi e una ragazza di tre bellezze completamente differenti.
Lei ha l’aria esotica, con i suoi occhi a mandorla e la pelle color miele, accentuata dal vestito dorato che indossa.
Il ragazzo alla sua destra è più alto di lei di circa venticinque centimetri, ha dei bei lineamenti, la pelle pallida e  grandi occhi scuri, quasi neri. I suoi capelli neri sono disordinatissimi. Indossa dei jeans neri e una giacca dello stesso colore con sotto una maglietta di una band che non ho mai sentito.
L’altro indossa un semplice abito classico e nero. Ha i capelli corti e l’espressione allo stesso tempo divertita e seria, se è possibile dirlo. Ma non saprei come definirla se non con questi aggettivi.
Mi volto verso Alex. Ha un’espressione confusa in volto.
- Mi puoi andare a prendere un po’ di punch? – gli chiedo. Lui annuisce e se ne va. Mi giro di nuovo verso i tre ragazzi. – che volete? Se non lo avevate notato, ero occupata. –
- Dobbiamo parlarti. Ma non qui. – dice il tizio con l’abito. Mi prende il polso e mi trascina fuori dalla palestra dove si sta svolgendo il ballo. Gli altri due ci seguono a poca distanza l’uno dall’altra, però non sembrano intimi. Il ragazzo si ferma solo quando siamo in corridoio, a qualche metro dall’entrata della palestra.
- Allora? Cosa dovete dirmi? – chiedo loro.
- È una faccenda un po’ delicata. – comincia a dire il ragazzo i cui capelli non sembrano mai aver conosciuto il pettine.
- In che senso? –
- Nel senso che non ho idea di come spiegarti la storia,…-
- Luz. –
- Grazie. – fa un sorriso enorme. Noto che ha due fossette accanto alla bocca e vicino al naso. – io sono… aspetta, com’era? – si gira verso il ragazzo con gli occhi verde chiaro. Ma chi si scorda il proprio nome?
-
Kori. – risponde lui.
- Ah, giusto. Io sono Kori, quello è Eiran e lei è Iris. – ma che nomi sono? –comunque, questa storia è un po’ complicata e probabilmente mi prenderai per pazzo ma… è vera e se non lo fosse noi non saremmo qui. –Ma perché mi becco sempre io gli psicopatici?

-
Allora. Fammi capire bene. Io sarei una Discendente? –
- Roger. – mi risponde Kori. Iris e Eiran non hanno ancora parlato da quando il ragazzo accanto a me ha cominciato questa storia assurda.
- Quindi saprei dominare uno degli Elementi, che sarebbero, dal posto da cui provieni, e anche io, sei? –
- Roger. –
- E lui è un Custode. – dico indicando Eiran. Non appena lo indico lui mi rivolge un sorrisetto derisorio.        
- Roger. – questa risposta sta cominciando a stufarmi.
- Ma mi avete presa per scema o cosa? – esclamo. Questa storia è troppo incredibile per essere vera. O forse è il contrario…
- Roger. O, scusa. No, non ti abbiamo presa per scema. Com’è che si dice no nel gergo dei piloti d’aereo? – chiede a Iris con tono malizioso. Lei arrossisce e gli lancia un’occhiataccia. La guardo meglio. Non ha più l’abito dorato con cui l’ho vista prima. Indossa una tuta arancione tutta d’un pezzo. Anche lui indossa una cosa diversa, infatti ha indosso…una divisa scolastica?! Ma perché capitano tutte a me?!?!
-
Mi potete dare anche solo un motivo per cui dovrei credervi e seguirvi? Io qui. – faccio un ampio gesto per indicare tutto l’ambiente attorno a me. – ho tutto quello che mi serve. – gli rivolgo un sorriso derisorio. È vero io qui sto abbastanza bene. Non sarà facile convincermi a lasciare tutto questo.
- Intendi il finto biondo. – dice Eiran. Gli lancio uno sguardo di fuoco. Questo è troppo.
- Primo: tu non puoi giudicare la mia vita. Secondo: Alex è un biondo naturale. Terzo: ricordami perché vi dovrei credere. –
- Forse perché è la storia più assurda che tu abbia mai sentito e lo è troppo per essere inventata. E poi lo sai che sei sempre stata diversa dalle altre ragazze. Solo che sei riuscita a nasconderlo meglio di noi. – dice Kori. È proprio quello che sto pensando. Ma come ha fatto?!?!
-
Kori. Iris. Lasciamole il tempo per pensare. – fa un gesto verso i due ragazzi poi mi guarda fisso negli occhi. – la storia è vera. Spero che tu decida di venire con noi. –
- Aspetta! –
- Si? –
- Come avete fatto? Con gli abiti, intendo. –Eiran mi rivolge ancora il suo grande sorriso sornione. – Magia. Noi Custodi siamo capaci di fare incantesimi, tipo creare delle illusioni. Ma ora tu sai la verità e quindi riesci a vedere il nostro vero aspetto. – mi spiega. Ha un tono che potrebbe assumere un maestro che recita a memoria un paragrafo di un libro di testo. Ma ascoltandolo non mi annoio a morte, come mi succede con la mia prof di storia, e lo ascolto interessata, al contrario di Iris e Kori che cominciano a guardarsi con espressioni spaventate.
- Aspetta. Noi come appariamo? – mi domanda il ragazzo, terrorizzato. Iris ha la sua stessa espressione. Lo ignoro.
- Lasciali nella loro pazzia. Sono senza speranza. -  scuote la testa facendo finta di essere sconsolato. Iris gli fa la linguaccia per poi ritornare a riassumere la sua espressione terrorizzata. Lei e Kori entrano per primi in palestra. Eiran li segue, ma prima mi lancia una lunga occhiata e poi entra. Sospiro mentre mi passo una mano tra i capelli. Questa tocca qualcosa di morbido e vellutato. Lo prendo per guardare di cosa si tratta. L’orchidea che mi fa da fermaglio. La guardo, così bella, diversa. Unica nel suo genere. È strana questa situazione, dei ragazzi che mi raccontano una storia assurda, uno di questi che sembra leggermi il pensiero… però l’incredibile è che ci credo, ma non sono certa che voglia seguirli.
Sono confusa. Non so cosa pensare.
Scuoto la testa e rientro nella palestra. Cerco con lo sguardo Alex. Mi guardo intorno ma vedo solo un sacco di gente. Sorrido quando noto Iris e Kori chiedere a tutti quelli che incontrano cosa hanno indosso. Le espressioni degli interpellati sono impagabili. Come del resto le facce dei ragazzi e delle ragazze che guardano i due Discendenti. Non sono così male quei tre.
Mi avvicino al banco del buffet e finalmente trovo Alex.
Lo guardo più attentamente e mi sembra una persona nuova.
Non è poi così carino come ho sempre creduto.
E neanche così in gamba.
Accanto a lui ci sono Cass e Mary che parlottano con lui e Cameron e Victor.
Le due ridono divertite a quella che, a quanto pare, è una gran battuta.
Ci conosciamo da quando abbiamo circa tre anni ma non siamo mai state così intime.
Forse dovrei partire.
Appena realizzo questo pensiero, capisco che è la cosa migliore.
Se vado potrò capire come controllare questi strani poteri che ogni tanto si manifestano. Non sarò più la ragazza stramba, che sarei anche senza la capacità di controllare uno dei sei Elementi, e potrei comportarmi normalmente, senza far finta di non poter capire le piante.
Si. È la cosa migliore. Per tutti. Aiuterò Alias e i suoi abitanti, salverò delle vite ma capirò anche cose del mio passato.
Mi allontano da Alex e comincio a cercare Eiran, tanto Iris e Kori stanno facendo quella strana inchiesta che li fa apparire ancora più pazzi di me.
Lo trovo poco lontano a parlare con una ragazza alta dai capelli color caramello.
Deve capire cosa ho deciso dalla mia espressione, perché la molla lì senza dirle niente e mi si avvicina lasciando la ragazza, senza dirle niente. Lei lo guarda con sguardo tra l’arrabbiato e il confuso poi scuote la testa e se ne va.
- Credo di sapere cosa hai deciso…- mi dice sorridendo. Io annuisco.
- Partirò. – affermo ma allo stesso tempo penso:  che scema, era ovvio che lo avresti fatto. Sta zitta! Ma perché solo io mi insulto, possibile che abbia così tanta poca stima di me? Deprimente. – bisogna solo convincere ad andare Iris e Kori. –mormoro. Lui alza un sopracciglio, confuso.
- Perché? – chiede mentre arriccio il naso contrariata.
- Stanno facendo una specie di inchiesta su cosa stanno indossando. Credo che tu li abbia traumatizzati quando hai detto che non apparivano come uno studente uscito fuori da un fumetto giapponese e una ragazza evasa di prigione. – gli rispondo poi scoppio a ridere per l’assurdità della situazione. Lui annuisce come se lo aspettasse. Stranamente non mi sorprende. Stranamente.
- Lascia fare a me. – mi dice, poi va dove sono Iris e Kori. Gli dice qualcosa e li comincia a trascinare verso l’uscita della palestra. – vieni. – mi dice quando mi passa accanto. Annuisco e li seguo. Prima non lo avevo notato, ma il corridoio è proprio buio. Come me, Kori ed Eiran sembrano avere dei problemi ad orientarsi, infatti il Custode finisce contro un muro, ma Iris non ne ha, a quanto pare. Tutta fortuna, la sua, penso mentre sbatto ancora una volta contro la spalla Kori. Inutile dire che, grazie alla mia famosissima grazia, cado a terra.
Iris accende le luci del corridoio e arriva in mio soccorso, fortunatamente. Altrimenti sarei rimasta ancora qui a chiedere aiuto a tutti quelli che mi sarebbero passati vicino. Alquanto deprimente…
La ragazza mi sorride e io le ricambio riconoscente dell’aiuto che, vorrei sottolineare che Eiran e Kori non hanno fatto un cazzo, mi ha dato.
- Quiiiiindi…. Quale sarebbe la prossima tappa? – chiedo curiosa.
- Australia. – risponde Eiran, impegnato a fare dei movimenti lenti che lo fanno sembrare un monaco tibetano. Senza offesa, ovviamente. Kori ridacchia divertito e, quando nota l’occhiata incuriosita di Iris, si china verso di lei per sussurrarle all’ orecchio, al che comincia a ridere anche lei. I due vengono però interrotti da Eiran.
- Se avete finito, piccioncini, - i due arrossiscono immediatamente. – possiamo attraversare il portale. – e mostra una specie di buco nero che emana una luce bianca.
- Forte! – esclamo prima di attraversarlo. 

Note dell'autrice:
avevo in mente di aggiornare ieri, anzi lo avevo detto a BekySmile97, ma ho avuto da fare e ho potuto solo pubblicare una nuova os. Vedo dalla due recensioni che avete lasciato nel capitolo precedente, che vi piacciono Iris e Kori insieme. Io lui lo trovo semplicemente puccioso. Sinceramente questo capitolo non mi convince molto, ma credo che di meglio non sono in grado di fare .-. mi sto cominciando a stufare di scrivere di tutte le reazioni alla rivelazione della storia. Credo che i prossimi capitoli saranno più brevi. Ma poi ho intenzione di rendere la storia più movimentata, con alcuni colpi di scena e una spiegazione ben definita su cosa sono i Discendenti e i Custodi. Vado.
Hola!
p.s. Un grazie immenso a BekySmile97 e a J_Angel che recensiscono <3 

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Capitolo 10
*** 9. Una nana mi da' dell'Einstein ***


Micheal.
 
Mi giro immediatamente per vedere chi è quell’impiccione che si permette di intromettersi nei miei affari e il mio sguardo incontra quello di due grandissimi occhi caffè. Appartengono ad una ragazza dalla pelle olivastra. È veramente bella, con i suoi capelli scuri e ricci che le scendono fino alla vita sottile e la sua bocca rosea a bocciolo. È magra e, siccome la mia statura è spropositata, per me è veramente bassa. Indossa una canottiera lunga bianca e degli shorts. Ai capelli tiene un fiore bianco.
- Nessuno ti ha mai detto che non ci si impiccia negli affari altrui, bimba? – le chiedo sorridendo derisorio.
- Non sono una bambina. – risponde lei, il sorriso che poco prima sfoggiava per prendermi in giro è stato sostituito da un’espressione arrabbiata.
- La tua statura dimostra il contrario. –le rispondo. Le sue guancie si colorano di rosso, tanto è arrabbiata.
- Il coraggio non si misura in centimetri. – ma da dove è uscita questa che si mette a citare Arthur e il popolo dei Minimei?
-
Mi stai dando del codardo? – le chiedo sorridendo beffardo.
- Io non ho mai affermato nulla a proposito di questo. – ci guardiamo negli occhi e scoppiamo a ridere. Non mi era mai successo con qualche altra ragazza di parlare così. Figuriamoci con una di cui non so nemmeno il nome.
- Come ti chiami? – le chiedo quando finalmente finiamo di ridere.
- Tia. –
- Io sono Micheal, non ti ho mai vista qui. – penso che me la ricorderei una così. Lei storce il naso.
- È una storia complicata. Ho vissuto per sedici anni in Brasile, ma sono nata ad Alias. –
- Alias? Mai sentito. –cos’è? Un’isola vicino l’Equatore in cui vivono dei nani come lei?
-
Ci credo. – mi sorride. – non la conosce nessuno, ma so che ci provieni anche tu. – credo che la mia espressione sia a metà strada tra il confuso e l’ebete. – senti, per spiegarti il tutto, devo raccontarti una storia un po’ strana ma vera. – sospira e si passa una mano tra i ricci.Quello che mi racconta in seguito è veramente incredibile, ma va anche detto che non la interrompo.
E che ci credo.
 
 
Eiran crea un portale comincio a ragionare sui sogni che faccio praticamente cinque notti a settimana. È ovvio ormai che forse la donna del sogno sia mia madre, che la persona che ci insegue sia uno dei seguaci di Rendak e che il posto dove ci troviamo era una città di Alias, ma la domanda
più importante è: perché c’era un mio ritratto su quel muro del vicolo e chi erano l’uomo e la donna vicino a me?
- È pronto. – dice Eiran all’improvviso mentre sono ancora concentrato nei miei pensieri.
- Cosa? – chiedo, mi sono perso qualcosa?
- Il portale. – mi risponde con sufficienza Tia. –Einstein. –
- Grazie, nana. Ma preferirei che non mi chiamassi così. –
- Ed io preferirei che tu non mi chiamassi nana. –
- Lo sai che non la smetterò mai, vero? – replico sorridendo.
- E che io farò lo stesso, vero? – risponde prendendomi in giro.
Sospetto che questa ragazza mi da parecchie gatte da pelare. 
 

Note dell'autrice:
ave, popolo! Mi dispiace davvero davvero tanto di non aver potuto aggiornare prima ma dei miei parenti sono venuti a fare visita e sono stata con loro perchè non li vedo quasi mai e non mi sembrava bello stare al computer meditando su come suicidarmi perchè il capitolo non mi viene e poi non riuscivo più ad accedere al mio account di efp. Un incubo, insomma.
Comunque... che ne pensate? Sono consapevole di aver scritto capitoli molto più belli e lunghi ma come ho già detto mi sono stufata di scrivere tutte questa reazioni, così ho deciso di accorciare la solfa. Prima di andare ringrazio BekySmile97, J_angel e Lacus Clyne per aver recensito e chi ha aggiunto questa storia alle seguite.  
Hola!

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Capitolo 11
*** 10. E chi giocava? ***


Serena.

- Tu sei matto. – dico a Micheal, o, pardon, volevo dire Eracl. Non penso che qualcun altro avrebbe detto qualcosa di diverso, insomma, questo ragazzo mi ha avvicinato nel negozio di M e ha cominciato a raccontarmi che sono una ragazza capace di dominare uno degli Elementi.
- Matto, matto, matto, matto, matto, matto, matto…- comincio a canticchiare per tranquillizzarmi il risultato assomiglia molto ad una delle canzoncine che fa Marceline. Mi siedo a terra, con la schiena appoggiata alla parete davanti l’apparecchio per sentire le canzoni dai cd.
- Non lo sai che sono più matti quelli che ascoltano i matti che i matti? – mi chiede il ragazzo. Alzo lo sguardo per guardarlo meglio, ha un bel viso con le labbra carnose, il naso dritto e gli occhi tra il verde e il marrone, ma credo che mi verrà il torcicollo, da quanto è alto.
- Eh? –
- Ho detto…-
- Ho capito cosa hai detto. – replico infastidita. – solo che era una cosa senza senso. –
- La cosa sui matti o la storia di Alias? –
- Tutte e due. - 
- Invece ti dico che sono vere tutte e due. –
- Dimostramelo. –
- Ok, forse e dico e sottolineo il forse, la frase sui matti era scemenza ma la storia sui Discendenti è vera al cento per cento. – fa un sorriso grande. Le mani mi prudono, ho una grande voglia di dargli uno schiaffo in faccia. Mi alzo senza dirgli niente, perché finirei per davvero per picchiarlo e sono certa che Eracl mi manderebbe all’ospedale. Esco dal negozio salutando M con un cenno. Mi rimetto le cuffie alle orecchie e faccio partire Hurricane dei 30 second to mars.
Scendo in fretta la scalinata che separa il negozio di M dalla spiaggia. Devo pensare. E l’unico posto in cui posso farlo con tranquillità è un qualsiasi luogo vicino al mare o l’acqua in generale.
Corro verso la riva. Mi chino e slaccio velocemente le scarpe per poi buttarle da qualche parte, accompagnate presto dai calzini. Faccio un passo in avanti. L’acqua si muove timida verso i miei piedi. Quando lambisce la punta dei miei alluci, mi sento a casa. Un potente senso di familiarità e di sicurezza si infonde dentro di me. Sospiro sollevata.
- Vedo che ti piace l’acqua. – sento dire una voce dietro di me. Mi irrigidisco all’istante. Voltandomi per vedere chi ha parlato, noto che non è Eracl ma un ragazzo un po’ più basso di lui, dai capelli scuri e molto spettinati e occhi dolci. Annuisco.
- Si. A te no? – chiedo un po’ più sicura. Lui storce il naso.
- Non mi piace molto il freddo e le cose bagnate in realtà. – mi guarda negli occhi. – Eracl è un cretino, non devi dare molto peso a tutto quello che ti dice. – deglutisco, quindi anche lui è uno dei Discendenti.
- Quindi… - comincio a dire dando voce ai miei pensieri. Lui annuisce regalandomi un bel sorriso.
- Però non preoccuparti, le altre sono simpatiche. –
- Eracl ha detto che ci sono anche altri due ragazzi oltre a lui. – affermo. Le cose non quadrano. Il ragazzo si porta un mano tra i capelli scuri, in volto ha un’espressione un po’ imbarazzata.
- Non mi sono ancora fatto un’impressione totalmente oggettiva su Eiran. È un po’ strano. – risponde.
- È un Custode…- insinuo. Il ragazzo fa un sorriso enorme.
- Allora ci credi. – appena lo dice, mi rendo conto della frase che ho pronunciato.
- Ci credo. – mormoro tra me a voce bassa. Il tono è sorpreso e mi rendo conto che è vero. Sorrido anch’ io, imitando il ragazzo. Si china verso di me. Alcune ciocche dei capelli cadono fino a coprirgli gli occhi.
- Posso? – mi chiede con voce roca. Alzo lo sguardo per tuffarmi nei suoi occhi marroni.
- Cosa? –
- La cuffia. Mi piace questa canzone. – annuisco felice che qualcuno almeno abbia i miei gusti in fatto di musica, al contrario di un altro Discendente che preferisce gli ACDC. La canzone finisce però non appena lui si mette la cuffia all’ orecchio. Fa una smorfia, contrariato.
- Andiamo a conoscere gli altri dell’allegra comitiva. – dice. Ridacchio. Si volta verso di me con l’espressione di uno che si è appena ricordato qualcosa. – io sono Kori. –Gli sorrido mentre ci dirigiamo verso tre ragazzi che sembrano aspettarci poco distante da dove stavamo. Sono due ragazze e un ragazzo che le supera di minimo dieci centimetri.
Appena li raggiungiamo, Kori provvede alle presentazioni.
- Lei è Iris. – dice indicando una bella ragazza con i capelli neri e gli occhi a mandorla nocciola. – lei Tia. – indica la ragazza più bassa ma non meno carina dagli occhi enormi e la pelle olivastra. – e come hai potuto dedurre, lui è Eiran. – appena lo guardo, il Custode mi lancia un sorriso sornione. Ha la stessa aria che definirei strafottente di Eracl, solo per questo giurerei che siano parenti.
- Dov’è Eracl? – chiede all’ improvviso Tia. Volge il suo sguardo prima su di Kori che prontamente alza le spalle e poi su di me.
- L’ultima volta che l’ho visto era… il negozio di dischi! Quando ha cominciato a dire delle scemenze me ne sono andata, non credevo che sarebbe rimasto dentro, però. –La ragazza sospira leggermente contrariata ed inizia ad avviarsi verso la scalinata vicino al negozio.
Ritorna dopo cinque minuti, trascinando Eracl per la maglietta mentre gli grida contro e lui ribatte. Nel frattempo Iris e Kori parlano tra di loro e io e Eiran osserviamo la scena.
Il ragazzo accanto a me sospira.
- Fortuna che lo devo fare soltanto una volta. – mormora tra sé.
- Fare cosa? – gli chiedo mentre sento che Tia ed Eracl si stanno insultano in tutti i modi possibili e immaginabili.
- Avere a che fare con gente di questo genere. – si volta verso di me e punta i suoi occhi nei miei. I suoi occhi verde chiaro sono veramente belli… - però tu sembri diversa. – deglutisco, l’intensità del suo sguardo è potente, così distolgo il mio. Lui rivolge lo sguardo verso gli altri quattro, lo seguo. Tia ed Eracl sono arrivati alle maniere forti: il ragazzo è a terra, mentre la ragazza lo sovrasta e cerca di soffocarlo. Iris e Kori cercano di separarli. Quando finalmente ci riescono, Eracl comincia a inveire contro la sua assalitrice, al che Iris deve sforzarsi molto per trattenerla. Eiran scuote la testa sconsolato. Io intanto rido divertita per la situazione assurda.    
- Quando avrete finito, avvertiteci. – dice con una calma inquietante e tono severo. I quattro ragazzi si girano verso di lui e si fermano. Kori ed Iris arrossiscono all’istante, mentre gli altri due sembrano a loro agio, anche se sono appena stati sorpresi a picchiarsi come bambini dell’asilo. Eracl sorride.
- Contaci. – si gira verso Tia. – se riprovi a colpirmi, nana, ti consiglio di non dormire più la notte! – le guance della ragazza diventano rosse per la collera.
- Non chiamarmi così, razza di prototipo formato gigante di un Eistein venuto scemo! – grida di rimando. Eiran sospira ancora. Dai suoi occhi si capisce che è davvero arrabbiato. Schiocca le dita e con il gesto provoca un rumore assordante. Ci tappiamo tutti le orecchie. Ouch! Ma come ha fatto?!
-
Ora basta. Abbiamo altro da fare, quando avrete sconfitto Rendak potrete giocare. – Tia ed Eracl lo guardano strano, come per dire: “ e chi giocava? ” – quindi state buoni mentre io creo un portale. – Ridacchio ancora. Eiran mi lancia un’occhiataccia. – vale anche per te, Ilio. –
Adesso è il turno degli altri per ridere. 

Note dell'autrice:
Ciao! ^^
Ammetto che mi sono divertita come una scema a scrivere del litigio-rissa di Tia ed Eracl! Me li sono proprio immaginati per terra a cercare di ammazzarsi, pensandoci mi viene ancora un sorrisino inquietante. o.O Ma parliamo del capitolo: finalmente ho finito di scrivere delle reazioni e eccetera!!!!!!!!!!!! Sono al settimo cielo per questo, mi stavo davvero stufando, ora comincerà la parte più avventurosa, in cui si scopriranno a quali Elementi appartengono i nostri Discendenti. Sappiate che però dovrete aspettare un po' per scoprirlo, nel frattempo nelle vostre recensioni mi piacerebbe sapere quali pensate che possano essere, scommetto che te, J_Angel, li hai capiti quasi tutti. Comunque, nel caso non l'abbiate capito, Luz è Tia, Micheal è Eracl e Serena è Ilio. Immagino non che io non debba dirvi che Angela è Iris e Satoshi è Kori.
E.- l'hai appena fatto...
Me- zitto, saccente. -.-"
prima di andare ringrazio: J_Angel e BekySmile97 per aver recensito, e Sirenetta3108 e TiaSeraph (hai lo stesso nome di una mia protagonista! :'D) per aver aggiunto questa storia ai preferiti.
Hola!

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Capitolo 12
*** 11. Cadiamo ***


Iris.
 
Appena attraverso il portale capisco che c’è qualcosa che non va.
Forse per il fatto che stiamo precipitando.
E non sto scherzando.
Sento l’aria sferzarmi contro violentemente. I miei capelli si agitano ed alcuni mi coprono la visuale, così riesco a vedere ben poco della terra su cui ci stiamo per schiantare. Purtroppo non sto cadendo in piedi e per questo credo che sto per fare la più grande panciata della storia.
Con successo distolgo lo sguardo dalla terra, che man mano si sta avvicinando sempre di più a noi, e lo volgo ai miei compagni di disavventura.
Tia, Kori, Ilio ed Eracl hanno la mia stessa posizione, i primi tre gridano con tutto il fiato che hanno nei polmoni ma non me la sento di criticare, visto che io sto facendo lo stesso, Eracl invece sta lanciando urla di gioia.
Eiran sta cadendo in piedi, tiene le braccia conserte e guarda in basso. Non lancia nemmeno un urlo, anche se non penso che lo farebbe mai.
Intanto, non so come, io, Ilio, Kori e Tia siamo finiti per avvicinarci e tenerci le mani mentre lanciamo un ennesimo e lungo grido disperato.
- Aaaaaaaaaaaaaaaaaa!!!!!!!! – sembra che non riusciamo a dire altro. Ma vorrei vedere qualcun altro nella nostra situazione. Eracl non sembra preoccuparsi affatto e grida divertito facendo delle capriole per aria. Intanto ci avviciniamo sempre di più al suolo. Dovremmo essere a duecento metri di altezza, riesco a intravedere oltre i miei capelli la terra. È rossa, mi ricorda un po’ il pianeta Marte.
Noto che ci stiamo avvicinando ad una strana nebbia grigiastra.
La attraversiamo e ci ritroviamo bagnati.
- Ma che cos’era ?!- grida Kori. La sua espressione lascia intendere che è rimasto traumatizzato da quello che è appena successo. Eiran alza lo sguardo e lo volge su di lui.
- Una nuvola. – risponde calmo, non curante della sua isteria.
- È stato fantastico! – esclamano Eracl ed Ilio. Lanciamo contro di loro, tranne il Custode, un’occhiataccia.
Guardo un’altra volta per terra. Adesso siamo più o meno a cento metri dal suolo.
Adesso riesco anche a notare tra il rosso della terra delle chiazze verdi, la vegetazione.
Cinquanta metri.
Stiamo cadendo così in fretta, sento quasi la forza  di gravità che ci attira al terreno.
Venticinque metri.
Perché diavolo Eiran non sta impedendo la caduta con uno dei suoi incantesimi da fata Turchina?!
Dieci metri.
- Non voglio morire giovane! – grida Tia.
- Perché io si?! – le risponde urlando Ilio. Non bado a loro, sono troppo occupata a guardare terrorizzata il terreno troppo vicino a noi, per i miei gusti.
Cinque metri.
Credo che ormai perderò la voce da quanto sto urlando. E la vita per lo schianto, ovviamente.
Un metro.
Chiudo forte gli occhi. Aspetto lo scontro col terreno. Un momento. Perché non sento l’impatto?
Riapro gli occhi.
Sono praticamente a venti centimetri da terra. Faccio un sospiro, sollevata.
Guardo gli altri: sono nella mia stessa posizione, ovvero a pancia in giù a qualche centimetro dal suolo.
- Ma cosa… - comincia a dire Kori ma non fa in tempo a finire la frase che cadiamo.
- Ahio. – mi lamento mentre mi alzo aiutata da Kori e toccandomi il ventre dolorante. A quanto pare la panciata colossale l’abbiamo fatta lo stesso… che fortuna! Penso sarcastica. Eracl si rialza con un salto. -Yuhu! Lo rifacciamo? –Tia gli si avvicina e gli da un pugno sul braccio. Il ragazzo si gira e la guarda sorpreso e arrabbiato.
- Certo che sei manesca, nana. – se possibile, Tia si incavola ancora di più, infatti, quando lui le volta le spalle, lei gli salta sulla schiena ed inizia a tirargli i capelli castani urlando come un’aquila molto arrabbiata. Ilio corre all’istante a separarli. Nel frattempo noto anche che Eiran si è allontanato un po’ da noi, guarda l’orizzonte con il suo sorrisino sornione. Lo raggiungo e distrattamente mi accorgo che anche Kori fa lo stesso. Evidentemente non gli interessa che Tia ed Eracl si procurino a vicenda dei lividi che rimarranno per settimane.
All’orizzonte riesco a distinguere il profilo di una città. Eiran continua a sorridere sornione.
- Bentornati ad Alias. Casa. - 

Note dell'autrice:
ma io vi amo! Ma dico, mi avete lasciato 5, e sottolineo 5, recensioni nell'altro capitolo! Sono al settimo cielo! Per questo ho postato presto ^^ dovevate avere un premio o una punizione, a seconda di cosa pensate di questo capitolo ^^ ricordate di lasciare una recensione a proposito. Su questo capitolo non ho molto da dire, sinceramente, solo che finalmente sono arrivati ad Alias e che questo capitolo ce lo avevo in mente da... mesi, infatti l'ho ideato, e disegnato, durante una lezione di Latino ^^ il prossimo capitolo credo che riuscirò a postarlo la prossima settimana per poi non aggiornare per un po'. Mi dispiace: vado per una settimana in Calabria con la famiglia e un'amica. Non vedo l'ora! 
Ringrazio J_angel, Love_Zedef, Lacus Clyne, TiaSeraph e BekySmile97 per aver recensito.
Hola! 

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Capitolo 13
*** 12. Eiran ci toglie le scarpe ***


Kori.
 
Alias. Ancora non ci credo. Ci siamo tornati. Anche se non me la ricordo, mi sento come se questo fosse il posto giusto in cui dovrei stare.
È diversa da come me l’aspettavo.
Pensavo che fosse un posto rigoglioso e soleggiato, invece il cielo è coperto da uno spesso strato di nubi, ma credo che, anche se non ci fossero le nuvole, il sole non risplenderebbe lo stesso, e la flora è pressoché inesistente, fatta eccezione per i radi arbusti rinsecchiti. Guardo in basso e noto che non ho più le scarpe.
- Perché sono scalzo? – chiedo una volta che ho riposato lo sguardo su Eiran con un po’ di rabbia e indignazione nella voce. A sua volta mi guarda anche lui, con soddisfazione io lo faccio dall’alto in basso, e alza un sopraciglio guardandomi con aria di sufficienza. Quando fa così non lo sopporto…
-
Perché qui ad Alias, - comincia a dire evidenziando per bene la parola “Alias” con il suo tono da saccente. – non si coprono i piedi, e se non l’hai notato, anche i tuoi, o sarebbe anche meglio dire i vostri, vestiti sono cambiati. – appena finisce la frase guardiamo tutti come siamo vestiti. Io indosso dei pantaloni che mi arrivano alle caviglie color ramato e un gilet rosso lungo fino ai fianchi. Un momento. Qualcosa non va. Perché non ho niente sotto il gilet?! Penso con voce quasi isterica. Afferro subito i bottoni di questo maledetto coso e li allaccio, coprendomi il busto, ancora leggermente imbarazzato. Qualcuno ridacchia. No, sarebbe meglio dire: Iris ridacchia. La guardo e le faccio l’occhiolino, stupendo anche me stesso. Non ho mai fatto niente del genere con una ragazza ma con lei mi viene naturale, come respirare. Lei mi lancia un sorrisino divertito e… Malizioso? No, non è possibile: anche se la conosco da poche ore, so che non è quel genere di ragazza. All’improvviso un lampo di paura attraversa i suoi occhi nocciola, si porta la mano destra al petto e sospira sollevata. Sorrido notando cosa la preoccupava: che avesse perso il suo ciondolo dorato. Ma, fortunatamente, è ancora lì tra le sue piccole mani color miele.
La ragazza rialza lo sguardo e lo posa su di me sorridendomi di nuovo. Indossa una tunica bianca, neutra. Le sta benissimo. Al contrario di noi quattro, solo lei ed Eiran sono vestiti di bianco. Infatti Tia ha indosso un vestito verde con sfumature brune, Ilio uno blu oceano ed Eracl dei pantaloni grigi e una maglietta dello stesso colore.
- Ah. – dico soltanto, leggermente sorpreso. – come mai siamo vestiti di colori diversi? – chiedo curioso. Eiran alza gli occhi al cielo.
- Ogni Discendenza ha dei colori che la rappresentano. Per quella del Fuoco sono il rosso e l’arancione. – spiega guardandomi. – per l’Acqua è il blu. – adesso guarda Ilio. – per quella dell’Aria il grigio. – adesso è il turno di Eracl per essere osservato. – verde e marrone per la Discendenza della Terra,- il suo sguardo si posa su Tia. - dorato e giallo per quella della Luce e nero per quella del Buio – guarda Iris, con curiosità, ma la mia non si è ancora placata.
- E perché tu sei vestito di bianco? E come mai tu sei un Custode e noi Discendenti? – Eiran sospira ancora.
- Io sono un Custode perché sono nato senza avere la capacità di dominare uno degli Elementi, ma con quella di fare incantesimi e una memoria eidetica. Poi, io sono vestito di bianco perché è un colore neutrale qui ad Alias. Ed è perfetto per noi Custodi. –
- Quindi… sai già a quale Discendenza apparteniamo. – affermo e lui annuisce. – ma allora perché Iris è vestita di bianco? – tutti noi guardiamo Iris. Lei arrossisce all’istante e si guarda la tunica leggermente confusa.
- Non ho capito da chi ha preso. Di solito noi Custodi capiamo a quale Discendenza appartiene uno di voi subito ma tu, Iris, mi confondi. Non capisco se sei un Discendente del Buio. – Iris trasale sentendo quest’ultima parola, come se le fosse venuto in mente un ricordo doloroso. – o della Luce. –
- E perché la scelta è solo su questa due? – chiede Tia.
- Perché ogni Discendente eredita l’Elemento che dominerà, ma senza toglierlo, da un suo genitore. –
- Quindi… -
- Tua madre, Talia, era una Discendente del Buio e tuo padre, Aaron, uno della Luce. Queste due Discendenze sono così diverse ma anche così simili che sono sempre state in lotta. Quando i tuoi genitori si sono messi insieme è stata una grande sorpresa. È stata la prima coppia formata da due individui di quelle Discendenze. – l’ultima parte del discorso la fa a bassa voce, come se stesse ragionando con se stesso, ma la sentiamo comunque. Iris fa un sorrido triste sentendo cosa ha detto dei suoi genitori.
- E noi? – chiede Ilio.
- Tu, Ilio, hai preso da tua madre, Kara. Anche tu, Kori, hai ereditato lo stesso Elemento di tua madre, Eileen. Invece voi, Tia ed Eracl, avete ereditato i vostri dai vostri padri, Nar ed Orion. Ma ora basta con i convenevoli. Andiamo alla città, così vedrete anche come è bello il nostro pianeta. –
- Per il momento io direi il contrario. – dice sottovoce Eracl a Tia. Per una volta lei sembra d’accordo con lui e annuisce. Eiran rifila un’occhiataccia a tutti e due.
- Per vostra informazione, Alias è ridotta in questo stato per colpa di Rendak. Ha fatto in modo che la luna della Discendenza del Buio si avvicinasse di più ad Alias in modo che avesse più potere e con i suoi seguaci ha combattuto per prenderselo. Vincendo, purtroppo. –
- Un momento, cosa intendi per “la luna della Discendenza del Buio” ?- chiede Ilio. Nel suo volto riesco a leggere tanta confusione.
- Attorno ad Alias ruotano cinque lune e una stella. –
- Ma le stelle non ruotano attorno ai pianeti! – lo interrompe Tia.
- Wow, bassa e pure secchiona. Complimenti, nana. – le dice con tono ironico Eracl. Ecco, adesso lo uccide, ne sono certo. Ma Tia non sembra averne intenzione, anzi, sorride.
- Invidioso, Eistein? O dovrei dire brezza estiva? – gli risponde ridacchiando. Fortunatamente il ragazzo si limita ad ignorare la battuta e ad alzare gli occhi al cielo.
- Comunque, stavo dicendo – ricomincia a spiegare Eiran rifilando un’occhiata velenosa a Tia – queste lune e la stella racchiudono l’essenza dei sei Elementi. Quando Alias finì di crearsi, attirò a se le lune e la stella che emanarono dei raggi su Alias. Questi raggi, una volta che arrivarono sul suolo, presero la forma di centinaia e centinaia di persone, capaci di dominare uno degli Elementi, a seconda di quale raggio li avesse creati. In seguito coloro che dominavano gli Elementi decisero di chiamarsi Discendenti e quelli come me Custodi. Avete capito, ora? – si passa una mano tra i capelli neri. – ora andiamo. La Città della Luce e del Buio non è molto lontana, solo due o tre chilometri. –Annuiamo tutti allo stesso momento e cominciamo a camminare.
Accelero il passo per raggiungere Iris che se ne sta da sola.
- Ehi. – questa frase dimostra quanto sia alto il tuo quoziente intellettivo, Kori.
-
Ehi. – risponde lei sorridendomi. Ricambio.
- Pensi che la città sarà peggio del magnifico deserto su cui abbiamo appena avuto l’onore di atterrare? – le chiedo, cercando di trovare qualcosa di intelligente da dire. In tutta risposta lei ridacchia divertita. Sembra che non lo faccia da tanto tempo. 

Arriviamo in città un’ora dopo circa.
Ci entriamo attraversando un ampio arco di pietra grigia, sulla superficie sono state dipinte delle decorazioni coloro oro e nero ma ormai le prime sono talmente sbiadite che è difficile accorgersene, invece, quelle in nero sono state rimarcate parecchio, come se qualcuno volesse far sembrare che la città è solo della Discendenza del Buio. Noto anche che l’arco è rovinato da profonde crepe che lo percorrono in tutta la sua superficie.
Gli edifici della città non sono messi molto meglio: ad alcuni manca il tetto o hanno talmente tante crepe che sembra che stiano per cedere tra poco, altri, semplicemente, sono crollati, creando un mucchio di macerie che nessuno si è preso la briga di sgomberare.
L’aria che si respira è secca e pesante.
Le strade in alcuni tratti non hanno i pezzi di pietra bianca che la asfaltano.
L’unica nota di colore la danno le poche persone che passeggiano ma queste hanno tutti l’aria triste e mi deprimono ancor di più. 
Insomma, la città sembra una di quelle dei film post-apocalittici. 
Nessuno commento quello che stiamo vedendo e continuiamo a seguire Eiran. il Custode ci conduce in una stradina stretta per poi sbucare in un’ampia e luminosa piazza piena di gente e colori. Ci sono tantissime bancarelle che espongono ai possibili clienti ogni sorta di merce. A quanto pare siamo al mercato della città. Qui però le persone sembrano essere più felici e chiacchierone perché la piazza è davvero rumorosa e caotica. Il cambiamento con quello che abbiamo visto fino ad adesso della città è totale.
- Dove dobbiamo andare? – chiede Ilio, guardando Eiran.
- A casa mia. Lì vi addestrerò finché non sarete pronti per affrontare Rendak. – assume un’espressione corrucciata. – ci metteremo un po’ di tempo prima di arrivarci, dobbiamo attraversare la piazza ma con tutta questa gente non riusciremo a farlo velocemente. Andiamo. – e comincia a camminare ancor più velocemente. Il Custode si infila tra la folla e noi cerchiamo di fare lo stesso ma otteniamo soltanto il risultato di finire soffocati da tutti questi corpi mentre ci muoviamo lentamente.
Quando usciamo finalmente da quell’ingorgo di persone, ci fermiamo un attimo per riposarci.
Rischiare due volte la vita nello stesso giorno è stancante.
- Finalmente ne siamo fuori. – sospira Iris, sollevata. – prima la caduta e ora il soffocamento da folla. – si gira verso di me con un sorriso divertito. – Tutto intero? –
- Io sono alto, quindi riesco a respirare anche lì dentro. Lo stesso non si può dire di te e Tia. – le dico sorridendo.
- Ehi! Solo io posso prendere in giro la nana! – replica Eracl.
- Penso che sia meglio che non parli mai più del fattore altezza con noi due. – dice Iris rifilandomi un’occhiata scherzosa, sorridendomi ancora.
- Esatto, noi… - comincia a dire Tia, dando ragione alla ragazza, ma si interrompe per guardare un bambino, che avrà appena dieci anni, seduto a terra. – oh, povero piccolo. –Il bambino è magrissimo, le costole sono così evidenti che sembra che stiano per sbucare dalla pelle. I suoi occhi sono grandissimi e marroni, ha una zazzera disordinatissima marrone per capelli e la pelle olivastra. Il bambino sta guardando una bancarella di quella che sembra frutta con sguardo affamato, ma dagli abiti che indossa, degli stracci, praticamente, è evidente che probabilmente non se la possa permettere.
Tia continua a fissarlo con compassione negli occhi, alterna lo sguardo tra lui e la bancarella. Vi si avvicina facendo attenzione che nessuna se ne accorga e prende un frutto, simile ad una mela ma viola, per poi porgerlo al bambino.
- Tieni, piccolo. – dice sorridendogli. Anche se non lo ammetterà mai, Eracl sta sorridendo mentre guarda Tia. La ragazza non sembra accorgersene,e continua a sorridere al bambino e a dargli delle dolci carezze sul capo.
- Ehi, tu. Che stai facendo? – chiede una voce grossa. Ci giriamo tutti e vediamo che quello che ha appena parlato è un uomo grasso, sulla quarantina, dagli occhi azzurri e i capelli color topo con le punte dello stesso colore degli occhi, che sta avanzando verso di noi.
- Cosa intende dire? – gli chiede Tia con voce determinata e ferma.
- Ti ho vista. Hai appena rubato una mela da lì e l’hai data a quel bambino. – dice con un disprezzo palpabile nella voce.
- Ma è solo una mela, non penso che sia così grave. – replica leggermente infastidita Tia.
- Il fatto è che non è tua e quindi l’hai rubata. – le afferra il polso stretto. – adesso ti porto dove dovrebbero stare tutti i furfanti ladri come te. –
- Lasciami! – strilla la ragazza. Serro la bocca. Sento che dentro di me la rabbia sta crescendo, se quest’uomo non lascia Tia entro dieci secondi lo ammazzo. E credo che Eracl mi aiuterà.
- Cosa sta succedendo qui? – tuona una voce. Eiran.
- Questa ragazzina. – dice con la sua voce carica d’odio l’uomo. – ha appena rubato un frutto da quella bancarella. È giusto che stia dove stanno quelli come lei. In prigione. O, se la ragazza preferisce, le taglio semplicemente la mano. –
- Semplice, no? – mormora sarcastica Ilio.
- Se è tutto qui il problema basta riprendere il frutto e rimetterlo dov’era, no? Il danno è stato eliminato. – dice Eiran, ignorando il commento della ragazza, mentre riprende l’oggetto di tanta confusione dalle mani del bambino, che sembra sull’orlo delle lacrime, e lo posa dove era posizionato qualche minuto fa. L’uomo intanto guarda con diffidenza tutti noi. Quando il suo sguardo si posa su di me, a mala pena mi trattengo dal balzargli addosso ma Iris sembra accorgersene, perché prende la mia mano e mi da una stretta che mi tranquillizza all’istante. Mi volto a guardarla e lei mi lancia un’occhiata di ammonimento.
- La prossima volta che succede non sarò tanto indulgente, capito, piccoletta? – chiede l’uomo. Mentre annuisce, Tia lo guarda con enorme disprezzo. L’uomo si gira verso il bambino.
- E non consiglio neanche a te di fare lo stesso, ragazzino. Adesso conosci la punizione per chi ruba, no? – il bambino annuisce spaventato.Ritenendosi soddisfatto, l’uomo se ne va, borbottando qualcosa sul fatto che è aumentata la criminalità sui giovani.
- E viene a dire a noi sul fatto che non si ruba. Quello è stato un componente della setta di Rendak. – borbotta Eiran, poi si gira verso Tia. – non farlo mai più. Non dobbiamo assolutamente essere notati. Qualcuno potrebbe capire chi siete. – schiocca le dita e sulla sua mano destra appare lo stesso frutto che prima ha preso Tia. Lo porge al bambino. – tieni. – dice con aria distaccata. – andiamo, siamo in ritardo sulla tabella di marcia, già a quest’ora pensavo di avervi fatto abbandonare ai vostri Elementi. –
- Perché che ore sono? – chiedo. Tengo ancora la mano ad Iris. Ma non mi va molto di mollarla…
- Le tre e trentasette del pomeriggio. – risponde prontamente la ragazza.
- E tu come fai a saperlo? – Iris si limita a fare spallucce.
- Io so sempre l’ora. Spacco il minuto. - risponde.


Note dell'autrice: 
Cialve.
Ovvero: il misto tra ciao e salve. Chi guarda The Big Bang Theory mi capirà.
Comunque ( uso troppo questa parola )... che ne pensate? A me questo capitolo non dispiace, è più lungo del solito e si capisce finalmente cosa è successo e eccetera.
Sinceramente non ho molto da dire ^^ solo che voglio ringraziare J_angel, BekySmile97, Lacus Clyne, TiaSeraph e LoveForHachi per aver recensito e chi ha aggiunto questa storia tra le preferite e le ricordate <3 e che nelle recensioni mi piacerebbe leggere secondo voi a quale Discendenza appartiene Iris.
Hola!

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Capitolo 14
*** 13. Facciamo una lezione di yoga fuori dal normale ***


Tia.
 
 - Va bene. Va bene! Non lo farò mai più! Ora sei contento?! – esclamo per l’ennesima volta mentre Eiran ed Eracl mi rimproverano per aver dato quella strana mela al bambino. È strano che quel formato gigante di un Eistein venuto scemo si preoccupi per me, ma in un certo senso mi fa… piacere. È confortante che non si auguri che la mia mano venga mozzata da un tizio obeso o che venga rinchiusa in una specie di prigione, magari con dei topi che mi rubano il pranzo.

Uhg. Non potrei proprio sopportarlo: nessuno mi può rubare il cibo.
Eiran mi lancia un’ultima occhiata per poi entrare nell’edificio davanti a noi. – Questa, è casa mia. – spiega. All’interno la casa è anche più grande che da fuori, ci ritroviamo in una stanza enorme e molto luminosa. Al suo perimetro ci sono dei bracieri con del fuoco che scoppietta e una grande vasca al suo centro, riempita con dell’acqua limpidissima.
Noto anche che ci sono delle statue al perimetro, raffigurano…degli dei greci?! E adesso cosa c’entrano con Alias?! Che qualche Custode li abbia pietrificati e portati qui? Se fosse così non mi stupirei se fosse stato Eiran…
- E quelle? Cosa sono? – chiedo curiosa.
- Si chiamano statue, Tia. –
- Lo so come si chiamano. – borbotto scontrosa. – ma non capisco perché tieni una statua di Apollo in casa tua. –
- Gli dei dell’Olimpo erano dei Discendenti e dei Custodi che sono andati sulla Terra. Apollo faceva parte della Discendenza della Luce. Artemide di quella del Buio. Demetra, Persefone e Ade di quella della Terra, Eolo di quella dell’Aria, Poseidone di quella dell’Acqua, Efesto ed Estia di quella del Fuoco. Gli altri erano tutti Custodi. Ci hanno mandato qualche statua che li raffigurava ma nessuna immagine del pianeta, e non ne abbiamo mai avute fino ad oggi, visto che sono tutti morti lì. Ma ora basta. Sedetevi per terra. Questa sarà la stanza in cui ci alleneremo. Poi vi mostrerò le altre. –

Ci sediamo tutti e cinque. Eiran rimane in piedi, al centro del cerchio che abbiamo formato.
Tengo le gambe incrociate e mi sembra tanto di star partecipando ad una delle sedute di yoga che fa la mia madre adottiva. Lei però appoggiava tutti e due i piedi sulle gambe… vediamo se ci riesco… ugh! Forza, Tia! Devi solo posizionare le gambe come  uno di quei montati fumati e hippie istruttori di yoga! Foooooooorza! Purtroppo ottengo solo il risultato di cadere di schiena. Ouch. In tv sembrava più facile.
Sento una mano sulla schiena che mi spinge e mi riporta seduta in maniera normale. Mi giro e scopro che la mano è di Eracl.
- Ma che cosa stavi cercando di fare? – mi chiede con tono divertito.
- Sono cose che un Eisten come te non può capire, brezza estiva. Quindi, mi dispiace, ma è meglio che tu non sappia che stavo cercando di lievitare utilizzando lo yoga. – cazzo, ma perché gliel’ho detto?! In tutta risposta lui mi guarda ancor più divertito.
- Se vuoi dopo ti posso far volare da una finestra. – non faccio in tempo a rispondere a quel montato… come la panna hehe. No, basta. Pietà! Ne ho abbastanza di questa vocina che dice solamente cavolate. Che tra l’altro è la mia, visto che questa è la mia testa, ma sorvoliamo…Sto cominciando a odiarla. Wow. Inizio a odiarmi. Altro che Alias, dovrebbero portarmi in una casa di cura. Kori comincia a ridacchiare come un deficiente. E temo che in un modo o nell’altro abbia capito cosa sto pensando. Se sa leggere nel pensiero devo trovare uno scolapasta e rivestirlo di carta stagnola. Chissà se Eiran ne ha un po’…
-
Cercate di rilassarvi e lasciarvi andare, chiudete gli occhi e immaginate che una sorta d’energia vi assorba, piano piano. Come ho già detto, lasciatevi andare. – dice Eiran, interrompendo i miei pensieri da psicopatica e la mia possibilità di rispondere ad Eracl.
- Forse è meglio se Tia non si lasci andare, altrimenti cadrà da chissà dove. – come sei simpatico, Eracl. Ora ti ammazzo. Eiran gli lancia un’occhiataccia e io richiudo gli occhi. Il Custode continua a ripetere il mantra. Perché mi sembra sempre più che questa sia una lezione di yoga? Poi, all’improvviso, succede: mi sento sollevare in aria.Almeno così sembro più alta…avverto la Terra, la sua potenza, la sua forza e la sofferenza che Rendak gli ha portato. Ma sento anche le piante, la loro bellezza e il loro desiderio di poter crescere come facevano un tempo.

Mi sento esaltata da tutte queste sensazioni che sto provando. Forse è questo quello che Eiran intendeva quando diceva di farci abbandonare ai nostri Elementi.
Faccio a malapena di pensare questo che sento anche qualcos’altro: il vento, che mi sfiora la pelle, gentile e delicato; il fuoco, con il suo calore confortevole; l’acqua, la sento scorrermi vicino; e poi sento la Luce, che mi fa risplendere, e il Buio che mi nasconde. Apro gli occhi, perché quello che sto provando è incredibile. Vedo gli altri ragazzi avvolti da ognuno dei suoi Elementi.
È leggermente inquietante veder Kori tra le fiamme, senza che si bruci.
Ma se il Fuoco, l’Acqua, l’Aria e qualunque sia l’Elemento di Iris non sono vicino a me, perché riesco a sentirli?
Bella domanda. Questa è la voce di Ilio. Perché la sento?
No! Adesso anche le voci! Ma allora sono davvero pazza!
Io non l’ho mai dubitato, nana. Questo è Eracl. Solo lui mi chiama così.
Eracl?
Ma cosa sta succedendo?!  Di nuovo Ilio.
Ehi! Perché stiamo parlando? Di solito non funziona così…e ora anche Kori si unisce all’allegra combriccola!
Non funziona così cosa, Kori? Chiedo, o meglio, penso
Kori riesce a leggere nella mente. Penso che non sia mai successo che riuscisse a parlare con  qualcuno così… questa è la voce di Iris.
Esattamente quello che volevo dire.
Essere dentro la tua mente aiuta a capire cosa intendi.
Quanto sei divertente, Ilio.  
Comunque… perché sai che Kori legge nel pensiero, Iris?
Allora è vero!
Tu lo sapevi?
Lo sospettavo da circa dieci minuti.
Perspicace…
Grazie, brezza estiva.
A proposito di questo, potresti evitare di chiamarmi così?
Tu sei disposto ad evitare di chiamarmi nana?
No.
Idem.
Ragazzi…
Si?
Proferite parola se non avete paura della mia ira.
Cosa?
Fai sul serio, Eracl?
Io sono sempre serio.
Da quello che hai appena detto non si direbbe.
Comunque… concentriamoci su quello che stiamo sentendo, chiunque sente altri Elementi oltre ai suoi dica qualcosa, tranne no.
Io si!                
Anche io!
Pure io!
Io sono confusa… sto provando due sensazioni differenti…
Pizza!
Non finiamo di completare la nostra brillante conversazione che scendiamo a terra.
Ci giriamo verso Kori.
- Pizza? Davvero? – chiede Iris. Il ragazzo si limita a fare spallucce.
- Avete detto tutto tranne no. E poi mi è venuta in mente la pizza… -

Iris si sbatte la mano sulla fronte.
- Ehi! Hai i capelli blu! – esclamo in direzione di Ilio.
- E tu li verdi! O almeno un po’. – Ilio dice l’ultima parte un po’ confusa.

Corriamo tutti alla specchio appeso alla parete di fronte a noi.
Scopro così che alcune ciocche dei miei capelli sono verdi e che i miei occhi sono tra il verde e il marrone.
- Dio. – mormoro sconvolta.
Mi giro per vedere gli altri.
Eracl ora ha gli occhi e i capelli interamente grigi. E secondo me adesso è anche più bello. Arrossisco per il pensiero che ho appena fatto. Però nessuno se ne accorge. Per fortuna…
Ilio ha i capelli blu scuro e il colore dei suoi occhi mi ricorda quello del mare.
A Kori le punte dei capelli sono diventate rosse, come gli occhi, del resto, solo con una sfumatura arancione che li rende meno strani.
- Ma cos’è successo?! – chiede Kori con rabbia nella voce.
- I vostri Elementi si sono rivelati. Qui succede quando si ha dieci anni ma, siccome voi siete vissuti sulla Terra, ho dovuto usare un mantra. I colori dei capelli e degli occhi sono cambiati perché i vostri Elementi se ne sono impossessati utilizzando i colori che li rappresentano. – si gira verso Iris. – quindi ora potremo sapere a quale Discendenza appartieni. –
Ci giriamo tutti verso Iris. La ragazza ci guarda confusa e leggermente intimidita.
I suoi capelli sono rimasti neri, tranne per una ciocca dorata che le incornicia la parte sinistra del viso.
Invece gli occhi sono… inquietanti? Spaventosi? Strabilianti? Non so bene che parola usare per descriverli.
Perché uno, quello destro, è dorato, mentre l’altro, il sinistro, è nero.
- Non è possibile. – mormora Eiran, sconvolto.
- Perché? Cosa succede? – chiede Kori, in ansia per Iris
- Iris è una Discendente sia del Buio che della Luce. –
Wow. Questa si che è una parola adatta. 


Note dell'autrice:
Tan tan taaaaaaaaaaaaaan! In ritorno dalla Calabria e dopo riessermi messa alla pari con le storie che sto seguendo, ecco a voi il tredicesimo capitolo! Non so da dove io abbia preso i pensieri di Tia ma penso che facciano morir dal ridere. Poi non so se a voi farà lo stesso effetto. Ditemi magari se sono divertenti.

 Non ho molto da dire, tranne che penso che i prossimi capitoli li scriverò velocemente perchè ce li ho già in mente e che spero che questo sia un gran bel colpo di scena. Ho intenzione di metterne altri nei prossimi capitoli. 
Prima di andare ringrazio Amy_Story, ValeryJackson (poi continuerò la tua storia), BekySmile97, Lacus Clyne, J_angel e My_Destiny per aver recensito. Vi adoro tutte!
 Poi... ho una cosina da dire, un dubbio da darvi (perchè sono cattiva) non è un caso il fatto che i ragazzi si sono parlati con la mente, indovinate perchè!

 Hola!  
 

 

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Capitolo 15
*** 14. Tia scopre un manufatto alieno pieno di foto ***



Eracl.
 
A interrompere per prima il silenzio è Ilio.
- E ora? –
Nessuno di noi fa attenzione alla sua domanda perché Eiran comincia a parlare a raffica:
- Ora mi spiego perché non capivo bene a quale Discendenza appartenessi! Fai parte di tutte e due! Mmh… però sarà meglio che tu continui ad indossare dei vestiti da Custode, potresti attirare l’attenzione se qualcuno notasse che indossi vestiti dorati e neri. Vedrò se ne ho altri per te… –
- In che senso “potresti attirare l’attenzione”? Non ci sono altri Discendenti come me? – chiede Iris.
- No. – è la risposta di Eiran. – scommetto che siete molto stanchi, vi mostro le vostre stanze così potete andare a dormire. – come per confermare quello che ha appena detto, Kori e Tia sbadigliano. Eiran, vedendoli, sorride e fa per mostrarci il resto della casa ma Ilio interviene prima che possa farlo.
- Un momento. Non siete curiosi di sapere perché prima abbiamo parlato? Insomma, non è una cosa da tutti i giorni! –dice la ragazza guardandoci tutti e quattro.
- Per me, si. – borbotta Kori.
- A proposito, tu mi devi spiegare ancora perché sai che Kori legge nella mente! – esclama Tia rivolgendosi ad Iris.Lei la guarda per un attimo smarrita per poi capire di cosa sta parlando la nana. Iris assume un’espressione del tipo: “ed è adesso che ne vuoi parlare?”
Ma cede sotto lo sguardo indagatore di Tia. La ragazza è determinata… a farmi fuori, prima o poi. Meglio poi che prima, ovviamente: voglio divertirmi ancora un po’ a stuzzicarla… è carina quando si arrabbia. Mi ammutolisco all’istante. Possibile che abbia pensato che la nana è carina quando si arrabbia? Bé, in effetti non è male quando lo fa… con i suoi occhi che si ingrandiscono e l’espressione “adesso ti uccido” che assume se la prendo in giro.
- Kori mi ha letto nella mente, la prima volta che ci siamo incontrati. –
- Hai fatto lo stesso con me, vero? Bé sappi che la prima volta l’ingresso è stato omaggio, ma la prossima dovrai pagare! –
- Cosa? –
- Lascia stare. – dico,intromettendomi e appoggiando la mano sulla spalla sinistra di Tia. – tende a divagare molto spesso. –Tia si gira verso di me e dalla faccia sembra che stia per colpirmi ma il suo sguardo si posa sulla mia mano ed arrossisce. Io faccio lo stesso e mi allontano da lei.
- In che senso vi siete parlati nella mente? – chiede Eiran.
- Nel senso che ci siamo parlati nella mente, no? – rispondo. A momenti Eiran non mi ammazza, ma per ora dovrà trattenersi, visto che dice che sono utile per sconfiggere Rendak, quindi credo che lo farà dopo, magari con la sua bacchetta magica. Dovrò stare molto attento…
- Quando ci siamo alzati, ci siamo come connessi, abbiamo sentito ognuno gli Elementi degli altri. Tu sai perché è successo? – dice Ilio. A quanto pare, qui, lei è l’unica che non ha l’attenzione allo stesso livello di quella di un pesce rosso. Ciao, nana.Eiran aggrotta la fronte, pensieroso. – Qualcuno si voi si è chiesto cosa provavano gli altri? – chiede scrutandoci attentamente.
- Io. – mormora piano Iris. Eiran aggrotta ancor di più la fronte.
- Non pensavo che si sarebbero manifestati così presto, forse è perché i vostri Elementi si sono manifestati oggi? –
- Ma di cosa stai parlando? – gli chiedo. Lui si gira verso di me e mi guarda intensamente negli occhi.
- C’è un motivo per cui i vostri genitori vi hanno mandato sulla Terra: sapevano che, vivendo su un altro pianeta, avreste sviluppato dei Talenti. – si passa una mano tra i capelli e solo ora noto che sotto gli occhi verdi ha delle occhiaia. – a quanto pare il tuo, Iris, è la capacità di connettervi tutti. Però penso che ne hai anche un altro, visto che sei in grado di dominare due Elementi. Anzi, penso che tutti voi ne abbiate almeno uno. –
- E quando scopriremo che Talento abbiamo? – chiede Ilio.
- Potrebbe succedere nel momento più inaspettato, quando ne avrete più bisogno o anche nel sonno.- spiega il Custode. – Bé, adesso sappiamo quali sono due dei vostri Talenti. –
- Due? – chiedo.
- Kori può entrare nella mente di tutti, no?- replica lui.
- Giusto. – mormora Tia annuendo per poi ghignare soddisfatta.
- Ora, visto che vi ho spiegato tutto, andate a dormire. Vi mostro le stanze. –
Quando arriviamo davanti ad una porta su cui sono incisi delle rune grigie, Eiran apre la porta e mi dice:
- Questa sarà la tua camera. Spero che sia di tuo gradimento. – ghigna divertito.
- Scommetto che l’hai arredata tu. – mormoro guardandolo. -  si vede che hai la stoffa per queste cose, Custode. – ora è il mio turno per ghignare. Eiran schiocca le dita e vengo spinto dentro la stanza da una forza invisibile e la porta si chiude con un  botto.Scoppio a ridere, ripensando all’espressione furiosa che aveva il volto di Eiran, per poi guardare la mia stanza.
È piccola e confortevole, le pareti sono fatti con una pietra bianca, il soffitto è abbastanza alto, in modo che io non sia costretto a piegare la schiena. Il pavimento è sempre di pietra ma è color grigio scuro. L’arredamento è semplice: c’è un letto ad una piazza e mezzo, una finestra che da sulla città e una specie di puf enorme che sembra davvero comodo. Alzo lo sguardo e noto con un sorriso che ci sono appesi con del filo dei cilindretti di metallo cavi.
Non appena ne sfioro uno e questo produce una musica molto gradevole. Sorrido.
Faccio fare alla mia mano un movimento fluido e veloce, come per muovere l’aria.
L’aria segue il movimento e tutti i cosi cominciano tintinnare.
Sorridendo ancora, mi appoggio sul letto e mi addormento, cullato da questo dolce suono.
 
Quattro giorni dopo…
 

- Ehi, ragazzi! Guardate cos’ho trovato! – trilla Tia mentre saltella verso di noi, tenendo in mano una scatola di legno bianca.
- Un manufatto alieno? – chiedo mentre ingoio un pezzo di pane. Tia alza il sopraciglio.
- Fai sul serio? – io faccio spallucce.
- Sono sempre serio. – lei scuote la testa, come per dimenticarsi cos’ho appena detto.
- Comunque, qui ci sono delle foto! Guardate! – appoggia la scatola sul tavolo dove stavamo mangiando la nostra colazione.Iris e Kori interrompono la loro conversazione e pongono l’attenzione sull’oggetto di tanta confusione.
- Aprila, allora, no?- dice Iris con un sorriso. Tia annuisce e apre la scatola.
- Cosa state facendo? – chiede una voce autoritaria. Eiran.
- Ehm…-  la nana impallidisce all’istante e deglutisce.
- Quella non viene dalla mia camera? –ci giriamo tutti verso Tia.
- La camera era aperta, era praticamente un invito. – dice lei. Si gira verso Eiran. - e poi che c’è di male a guardare qualche vecchia foto? – apre la scatola prima che il Custode la fermi e prende una foto. La guarda assorta. – questa donna ti somiglia, Eracl. – mi porge la foto.Vi è ritratta una giovane donna molto bella, con la pelle abbronzata, i capelli castano chiaro striati di verde e gli occhi del medesimo colore.
- Questa è la donna del mio sogno. – mormoro con sorpresa.
- È tua madre. – spiega Eiran, evidentemente ha rinunciato a impedirci di guardare le foto. – si chiamava Tabitha. Era una Discendente della Terra. – accarezzo con il pollice il viso di mia madre e nel petto sento una grande senso di vuoto: non conoscerò mai la mia vera madre.Non potrò mai sapere se ci sarei andato d’accordo o meno.
Se era vivace o no.
Se si sarebbe arrabbiata per tutti i guai che avrei commesso o ci avrebbe riso su.
Non lo saprò mai.
- Questo, invece, è tuo padre, Orion. – Eiran mi porge un’altra foto che raffigura un ragazzo sui vent’anni con gli occhi grigi e i capelli castano scuro con le punte dello stesso colore degli occhi. Mio padre mi guarda con un lieve sorriso e sicurezza negli occhi. Porta alla testa un oggetto di metallo.
- Cos’è questo? – chiedo al Custode mentre questo porge una foto a Kori raffigurante una donna del tutto identica a lui e un uomo alto, i suoi genitori, forse. Eiran guarda per un secondo la foto e poi sorride sornione.
- Una corona. Alcuni  vostri genitori erano i capi delle loro Discendenze. –
- Una sorta di re e regine?- chiede Kori. Eiran annuisce.
- Forte. – commento.
- Questo chi è, invece? – chiede Iris indicando un uomo molto somigliante alla donna nella foto.Essa raffigura due Discendenti del Buio, un maschio e una femmina, ed uno della Luce. Quelli del Buio hanno dei lineamenti talmente simili che direi che siano parenti.
- La ragazza è tua madre, Talia. Il ragazzo della Luce è Aaron, tuo padre. Il ragazzo con i capelli neri è tuo zio materno. È scomparso quando aveva sedici anni dopo un violento litigio con i tuoi nonni materni. Tua madre ci è rimasta molto male per un lungo periodo, teneva tantissimo a suo fratello minore. È stato in quei giorni che ha conosciuto tuo padre. Più o meno quando sei nata tu, suo fratello è ritornato, con una moglie e un figlio di qualche mese. – comincia a frugare all’interno della scatola. – ecco, una foto della sua famiglia. –Lei piega la testa di lato mentre la guarda. La foto mostra una sorridente e giovane donna bionda della Discendenza della Terra e un neonato piccolissimo.
- Qual è il suo nome? Di mio zio, intendo. - Eiran deglutisce, visibilmente nervoso.
- E questa chi è? – chiede Tia, prima che il Custode possa rispondere alla domanda di Iris. La ragazza le rifila un’occhiataccia.
- Lei è Ambra, una Discendente della Luce. – mormora con dolcezza mentre accarezza il viso ritratto nella foto. La ragazza della foto è giovane, più o meno sui diciotto anni, con i capelli color caramello con alcuna ciocche dorate. I suoi occhi sembrano splendere di luce propria.Forse perché sono dorati.
Mentre la guarda, il viso di Eiran si fa visibilmente nostalgico e triste. Evidentemente conosceva molto bene Ambra…
All’improvviso nota che lo stiamo guardando tutti e l’espressione che aveva poco prima scompare per fare posto ad una annoiata, prende tutte le foto e le rimette nella scatola.
- Ora basta con tutti questi ricordi, penso che vi distraggano troppo. Magari ve le farò vedere in un’altra volta. – dice.
- Sei sicuro che non distraggano te? – gli chiede Kori con tono tra l’accusatore e l’arrabbiato.
Eiran resta in silenzio ed esce dalla sala.


Note dell'autrice: 
da un po' mi sono resa conto che ho praticamente ucciso i genitori dei ragazzi. Mi sono depressa, praticamente, lo so che i personaggi non sono reali ma io li ho creati e per me un po' lo sono e capisco cosa provano per non aver mai conosciuto un parente morto prima che potesse accadere. Per questo dedico il capitolo a tutti i miei parenti morti prima che li conoscessi e a voi lettori che vi è successo lo stesso.
Un grazie immenso a chi recensisce: Amy_Story, TiaSeraph, J_angel, Lacus Clyne, ValeryJackson e My_Destiny.
Ringrazio anche _Quimelle_ che ha aggiunto questa storia alle seguite.
Ci vediamoal prossimo capitolo.
Mosci mosci.
p.s. Si, ho cominciato a dare un titolo ai capitoli, mi diverto di più.

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Capitolo 16
*** 15. Spegnilo ***


 
Ilio
 

- Sei sicuro che non sia troppo per lei?! – urlo ad Eiran. Sinceramente è inquietante veder combattere Iris contro quel gigante di Eracl, con quella specie di spade taglientissime. Credo che si chiamino Katana. Kori si limita a rimanere zitto e a non perdere neanche un istante dell’allenamento dei due. È da qualche giorno che ci alleniamo a coppie, improvvisando uno scontro. Di solito utilizziamo i nostri Elementi e raramente delle armi, come oggi.
- D’altronde, Eracl ha il Talento della lotta, no? – gli dico ma lui mi ignora e continua a guardare l’allenamento.
È palese che lo scontro non è alla pari: Eracl è alto, grosso e ha quel Talento, mentre Iris è minuta e fino ad ora ha dimostrato di essere capace solo di connetterci tutti.
Sono seduta con la schiena appoggiata alla parete, alla mia destra c’è Tia e alla mia sinistra Kori.
Eiran gli è poco vicino.
Sospirando, rivolgo l’attenzione sul duello.
Eracl sta tentando di fare qualche affondo e Iris cerca di pararli, sta diventando sempre più stanca, è impossibile che vinca.
- Non è pericoloso per niente, Ilio. Ho fatto un incantesimo sui due in modo che se si colpiscono non si feriscano. E ora cerca di fare attenzione. - alzo gli occhi al cielo. Adesso si decide a rispondermi…
-
Vai, Iris! Fagli vedere di cosa siamo capaci noi ragazze! A destra, a destra! – seguendo le indicazioni di Tia, Iris para l’ennesimo affondo di Eracl e ne tenta uno sul suo fianco destro. Quando riesce a colpirlo, sorride soddisfatta. Eracl  sbuffa contrariato e schiva il secondo affondo della ragazza per farne una serie, tutti riusciti.
Quando ne prova un altro, Iris riesce a pararlo.
Ed è proprio quello che voleva Eracl, infatti, le lame si incastrano e, con un fluido movimento del polso del ragazzo, la spada di Iris vola per poi cadere sul pavimento di pietra, a circa quattro metri da lei.
Kori fa per alzarsi e andare a raccogliere l’arma ma Eiran lo ferma:
- Sta’ lì. Quando affronterete i nemici non avrete sempre uno di voi ad aiutarvi. È in questo modo che si riveleranno i vostri Talenti. – Kori alza gli occhi al cielo.
- Ma se io fossi lì e potessi aiutarla? Non dovrei farlo solo perché dove farcela da sola? E se morisse senza il mio aiuto, eh? – Eiran serra le labbra e non gli risponde. Schiocca le dita e Kori viene riportato al suo posto. Mi giro verso di lui e gli sorrido mentre gli stringo la spalla per confortarlo. Lui si volta verso di me e mi sorride ma riesco a capire, dai suoi occhi rossi, che non ha niente per cui sorridere. Ritorna a guardare il duello. Lo imito.
Eracl ha ormai messo alle strette Iris, la ragazza è con le spalle al muro.
- Dai, basta che ti arrendi ed è finita. – le sorride beffardo.
- Mai. – replica determinata Iris. La ragazza guarda la spada e questa sembra muoversi verso di lei, piano, molto piano. Il movimento è quasi impercettibile. Lo sguardo di Iris si intensifica e la spada le vola direttamente in mano. La ragazza lancia un grido di sorpresa. Eracl è ancora sbalordito da quanto è accaduto che si fa disarmare da poche mosse da parte di Iris e si accorge di aver perso solo quando la sua spada cade.
- Si! Alla faccia tua, brezza estiva! – esclama Tia. Fa per andare da Iris e congratularsi con lei ma la ragazza è già occupata a parlare con Kori…  mi avvicino per unirmi alla conversazione.
- È… è incredibile! Io ho solo pensato a come far avvicinare la Katana e questa ha come seguito il mio desiderio! –
- Sei stata bravissima! – la loda Kori per poi abbracciarla. Ma i due vengono interrotti da un colpo di tosse. Eiran.
- Visto? Non si è fatta niente. Non dovresti preoccuparti più di tanto. – Kori si stacca da Iris e si gira verso Eiran. La manica della sua maglietta prende fuoco. È veramente arrabbiato. – Se questo fosse stato uno scontro vero e Iris non avesse avuto il talento della telecinesi, perché è ormai ovvio che ce l’abbia, sarebbe potuta morire. – replica lui.
La fiamma si fa più grande e sale, ora ha bruciato la manica fino a metà dell’avanbraccio .
- Con i se e i ma non si fa la storia. – replica Eiran.
- Io non sto cercando di riscrivere la storia, sto cercando di spiegarti che va bene riuscire a farcela da soli ma se uno di noi può, dovrebbe anche aiutare l’altro. –
- Non ci sarete sempre l’uno per l’altro. Dovete imparare a essere indipendenti. –
- Siamo solo ragazzi! Abbiamo sedici anni! Lo vuoi capire?! –
- Sei tu che non vuoi capire! Qui ci sono in gioco non solo le vostre vite ma anche quelle dei Discendenti di tutta Alias! Perché non vuoi smettere di fare il bambino pauroso e non capisci che dovete crescere?! Quando Rendak sarà sconfitto, voi avrete delle Discendenze su cui regnare, mi pareva di avertelo fatto capire bene, quando ti ho raccontato tutta la storia. –
- Io non sto facendo il bambino pauroso! – e si infiamma. Nel vero senso della parola.
Delle fiamme si creano dal nulla e appaiono ai suoi piedi.
Cominciano a crescere sempre di più, fino ad arrivargli al bacino.
I suoi occhi ora sono interamente rossi, senza bianco o pupilla, è come se l’iride si fosse allargata, inglobando tutto l’occhio.
Fanno paura, non solo per questo, ma anche perché hanno la rabbia, dentro.
Kori stringe i pugni e le fiamme si alzano fino ad arrivargli alle spalle.
Ci allontaniamo tutti da lui, tranne Eiran.
Discendente dell’Acqua o no io non sto vicino alla torcia umana…
 La fiamma sulla manica del Custode ora è vicino al gomito, ma non sembra bruciargli.
- Ilio. – mi chiama con aria annoiata.
- Si? –
- Spegnilo. – lo dice con la stessa naturalezza con cui mi potrebbe chiedere di spegnere lo stereo. Ma lo faccio lo stesso, nonostante io pensi che Kori abbia ragione. Il ragazzo potrebbe incendiare noi e la casa. Così faccio alzare tutta l’acqua della piscina, che sta alle spalle di Kori, e gliela lancio addosso, poi la raccolgo e la rimetto dentro, dove stava qualche secondo fa.
Non me la cavo male, a controllare il mio Elemento, ormai… penso sorridendo soddisfatta.
Kori boccheggia, sorpreso, a terra.
È tutto bagnato, i capelli neri adesso gli scendono fino a coprire gli occhi, adesso ridiventati normali.
Da qui, riesco a scorgere la pupilla, l’iride e il bianco del bulbo oculare.
Iris corre subito da lui.
- Tutto bene? – gli chiede, sinceramente preoccupata.
- Si. – balbetta lui. L’acqua non gli ha fatto molto bene… è come se avesse avuto uno shok, anzi: ha avuto uno shok.
- Ma sei matto?! Avrebbe potuto ucciderlo! Nel caso non l’avessi dimenticato, lui è un Discendente del Fuoco! E tu gli hai sparato contro dell’acqua! – grida Iris, in direzione del Custode.
- È per questo che ho chiesto a Ilio di occuparsene… - arrossisco. Non mi piace il fatto che Eiran creda che l’ho fatto perché me l’ha chiesto, ma resto zitta.
- Sei impossibile! – grida Iris. Con il suo nuovo Talento, alza Kori e comincia a dirigersi nella sua stanza, con un Kori bagnato e galleggiante nell’aria al seguito. Che visione assurda.
- Non dici niente? – chiedo ad Eiran.
- Ilio, ora è il tuo turno. Combatti con Tia. – il suo tono di voce è incredibilmente duro.
- Non intendevo questo. – borbotto contrariata mentre mi preparo. 

Note dell'autrice:
pensavo che questo capitolo sarebbe venuto più corto, non avevo in mente di scrivere del litigio tra Kori ed Eiran, ma sinceramente mi piace, soprattutto la parte in cui Kori "prende fuoco".
Ho adorato scriverla.
Poi... ieri sera mi sono resa conto di una cosa: siamo quasi a metà della storia. o_O
E devono accadrene ancora delle tante, ho paura che la storia venga troppo lunga.
Voi che ne pensate? Non posso togliere neanche un capitolo, perchè ognuno è indispensabile. Siete disposte a leggere almeno altri venti capitoli di questa storia?
Comunque... che ne pensate del capitolo?
Un grazie a Lacus Clyne, Amy_Story e J_angel per aver recensito.
E un abbraccio a TiaSeraph che mi ha dato l'idea per il titolo.
Vado a scrivere il diciasettesimo capitolo ^^
Hola!

p.s. nel caso non l'aveste capito, Eracl ha il Talento della lotta, ovvero è impossibile che lo si batta in un duello, a meno che non si distragga.

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Capitolo 17
*** 16. Secondo me Taliaron è un gran bel nome ***


Iris.
 
Nella stanza del sogno c’erano quattro ragazzi, due femmine e due maschi.
Una era minuta, aveva gli occhi grandi e neri, i suoi capelli erano quasi ricci e neri, aveva la pelle candida, bianchissima. Una Discendente del Buio.
Il ragazzo vicino a lei invece aveva i capelli dorati, come gli occhi a mandorla, e la pelle color miele, la sue labbra erano di un bel rosa scuro e carnose. Era evidentemente un Discendente della Luce, come l’altra ragazza, del resto.
Infatti, aveva i capelli caramello striati di ciocche dorate, dello stesso colore dei luminosi occhi d’oro. Però, a differenza del ragazzo, la sua pelle era rosea e non aveva la stessa espressione malandrina in volto.
Accanto a lei stava un Custode dai capelli neri e occhi verde chiaro con la pelle molto pallida.
- Dai, smettila di fare lo stupido: è una cosa seria! – esclamò per l’ennesima volta la Discendente del Buio, Talia, in direzione di suo marito, Aaron, il Discendente della Luce. Erano seduti nel pavimento della stanza di lei e tutti e quattro cercavano di trovare un nome da dare al nascituro, il figlio, o la figlia, come tendeva a precisare sempre lui, di Talia ed Aaron. Talia aveva appoggiato le mani sul pancione e Aaron le sedeva di fronte, con una mano sopra le sue e con l’altra accarezzava nel frattempo la guancia di lei.
- Io non faccio lo stupido, sto solo dicendo che Taliaron è un gran bel nome. – Ambra, la Discendente della Luce, rise, accompagnata da Talia ed Eiran. Aaron sbuffò, quella era l’ennesima volta che ridevano del nome che aveva ideato. – è l’unione dei nostri nomi. – spiegò ancora, per la ventesima volta. – non è dolce? –
- Ma anche stupido. Non si capisce neanche se è da maschio o da femmina! –
- Se il bambino sarà ermafrodito sarete a posto, no? – commentò il Custode con un ghigno stampato sul volto. Ambra gli diede un pugno sulla spalla, per poi baciarlo a fior di labbra.
- Divertente, Eiran. Però hai ragione: potrebbe essere tutte e due, così quando nascerà gli daremo questo nome e andiamo sul sicuro. – Ambra scoppiò di nuovo a ridere per l’idea ridicola del cugino mentre Talia dette un altro pugno ad Aaron.
- Io non chiamerò mio figlio… - cominciò a dire Talia.
- O figlia. – la interruppe lui.
- O figlia, Taliaron! –Aaron sbuffò, era inutile controbattere. – Va bene, quindi… come la chiamiamo? –
- O lo chiamiamo? – lo corresse lei. – Allora, se sarà maschio, che ne dici di Karos? –Lui alzò le spalle. – Non è male, ma io preferisco Vikas. –
- Carino. – commentò lei.
- Sappiate che, se lo chiamate Eiran, non mi offendo. – disse il ragazzo.
- Come sei modesto, Eiran. – replicò Ambra, sorridendo sotto i baffi.
- Ed è per questo che mi ami, no? – rispose il Custode sorridendo sornione.
- Ovvio. – al ché lei lo baciò. Talia alzò gli occhi al cielo, per quella loro ennesima manifestazione d’amore.
Quando lo facevano lei e Aaron andava bene, perché non erano mai così smielati, o almeno così pareva alla ragazza, a differenza di Eiran ed Ambra.
- E se fosse una femmina? – chiese, cercando di distrarsi dai due piccioncini, ricordandosi anche che tra poco ci sarebbero state le loro nozze.
- Se fosse femmina. – cominciò a dire suo marito, mentre metteva l’altra mano sul suo pancione. – e sarà così, me lo sento.- Talia alzò ancora gli occhi al cielo, non era la prima volta che lo diceva. – io vorrei che si chiamasse Iris. –
- Come la Discendente che era sulla Terra? – domandò, riferendosi alla Discendente Iride, che i terrestri consideravano la dea dell’Arcobaleno, figlia del Discendente Apollo e di una terrestre. Aaron annuì.
- A me piace. – disse Ambra.
- Io continuo a dire che, se lo chiamerete Eiran, non mi offenderò, d’altronde sono pur sempre il vostro amico più fidato, no? – commentò il Custode. La sua fidanzata gli diede una gomitata. – però anche Iris non è male, come nome. – disse poi, sfregandosi dove Ambra l’aveva colpito. – Ahio. -
- Iris. – ripeté Talia, assaporando come suonava, e ignorando completamente il suo, purtroppo, migliore amico. – mi piace. –Sorrise.
 
Mi sveglio si soprassalto.
Quello che ho appena sognato è reale o solo un frutto della mia mente?
Mi raggomitolo, cercando ancora di capire cos’è successo, fino ad ora ho sempre e solo sognato mia madre che correva per la Città, mai un momento prima della mia nascita, con Eiran e Ambra, per giunta.
Nell’oscurità noto due occhi verde chiaro. Eiran.
- Ti ricordi quando Tia ha trovato quei ricordi e dopo un po’ li ho portati via? – mi chiede, quando capisce che l’ho visto. Annuisco, impossibile che mi scordi di quel giorno: è stato il primo in cui ho visto mio padre.
Mi prendo il medaglione e comincio a rigirarmelo tra le mani.
- Non trovavo giusto che non poteste avere dei ricordi dei vostri genitori. – continua. – per quanto mi costi ammetterlo, Kori aveva ragione. Però è… doloroso ricordare i tuoi amici morti con i loro figli. Quello che hai appena sognato è uno dei miei ricordi con i tuoi genitori. Non ho mai capito se Aaron fosse serio o no. – nota cos’ho in mano e sorride. – quello prima era suo, quando sei nata tu, l’ha regalato a tua madre. Mi ricordo ancora quando Talia te l’ha dato: eri una neonata piccolissima, eri sveglia e, nonostante attorno a te ci fosse il caos, eri tranquillissima e ti limitavi a guardarmi creare un portale. – sorride nostalgico.
- Grazie per aver condiviso questo ricordo con me. – dico.
- Oh, non crederti tanto importante, piccola Discendente. L’ho fatto anche con gli altri. Presto farete anche altri sogni di questo genere, vi ho trasmesso dei ricordi sui vostri genitori. Tra poco tempo vi sembrerà quasi di conoscerli. – fa un sorriso insicuro.
- Grazie. – gli dico ancora, sorridendo. Faccio per rimettermi a letto.
- Iris? – mi chiama Eiran.
- Si? –rispondo.
- Igor. – dice.
- Cosa?-
- Il nome di tuo zio: Igor. – sorrido un’altra volta.
- Grazie, Eiran. – dico prima di sprofondare tra le braccia di Morfeo, un altro Custode andato sulla Terra, tra parentesi. 

Note dell'autrice:
Dei, quanto adoro Talia e Aaron. Credo che sia la coppia più riuscita della storia.
Dire che l'adoro è un eufemismo.
Con tutto il rispetto per quelli a cui piacciono le altre coppie, chiaro.
Comunque... questo è uno dei miei capitoli che più preferisco, adoro il fatto che Aaron volesse chiamare Taliaron sua/o figlia/o XD
poi, il fatto che tenda a dire che il nascituro sarà un femmina... mi piace, di solito i padri vogliono un figlio e le madri una figlia, ma, siccome questa coppia non è come le altre, ho invertito i ruoli :)
In questo capitolo si approfondisce anche la coppia AmbraxEiran, anche mi piacciono anche loro. Fanno ridere :D
Ditemi che ne pensate in una bella recensione! Magari bella lunga, mi diverto come una scema psicotica (che sono) a leggerle, quiiiiiiiiiindi recensite in tante/i!
Prima di andare, ringrazio tutti quelli che mi hanno aggiunto come autore preferito, quelli che hanno aggiunto la storia tra le seguite (20! Dei, potrei morire.) e J_angel, Lacus Clyne e TiaSeraph per aver recensito <3
Sappiate che vi adoro.

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Capitolo 18
*** 17. Iris mi gioca un brutto scherzo e Ilio si improvvisa esperta d'amore ***


Kori.
 
Eileen del Fuoco guardò attentamente il ragazzo con cui aveva appena sbattuto.
Era alto e i suoi occhi grigi e i capelli castani striati anch’esso di grigio testimoniavano a quale Discendenza appartenesse: quella dell’Aria.
Era stata questione di un attimo e i due, mentre correvano l’uno della direzione opposta a quella dell’altra, si erano scontrati così forte che avevano provocato un forte rumore ed erano rovinati a terra.
- Scusa. – mormorò il ragazzo. – non ti avevo vista. – alzò lo sguardo e incontrò gli occhi rossi di Eileen. La ragazza si scostò la frangia dagli occhi e gli sorrise.
- Non preoccuparti, anch’io non ero molto attenta… - vedendola sorridere, il ragazzo non poté fare a meno di pensare che era davvero carina e… unica, non aveva mai visto una ragazza con i capelli come i suoi: infatti, aveva i capelli a caschetto, neri, due ciocche rosse le incorniciavano il viso e le arrivavano fino alla vita, mentre la fronte era coperta da una frangetta troppo lunga con le punte scarlatte e il suo sguardo era malandrino come non l’aveva mai visto negli occhi di un’altra.
- Io mi chiamo Jeiin. – disse il ragazzo, alzandosi e porgendo la mano alla ragazza. Eileen la prese e si rimise in piedi.
- Io sono Eileen. –In quel momento, quando le loro pelli entrarono in contatto, Eileen dimenticò totalmente dove stava andando, in quell’istante, le sembrava quello il posto giusto.
 
Mi sveglio all’improvviso.
Quelli che ho appena sognato sono i due ragazzi della foto che mi ha fatto vedere Eiran qualche giorno fa.
I miei genitori.
Adesso che so i loro nomi, e che ho visto le loro facce, mi sembrano più reali. Quando ero in Giappone non avevo mai fatto domande su chi fossero i miei genitori naturali, ma mi era sempre parso che non fossero mai esistiti, visto che nessuno aveva mai avuto una qualche informazione su di loro, e che io fossi comparso dal nulla, come per magia.
Ma non posso essere certo che quello che ho appena sognato sia reale.
Sospirando mi metto e sedere sul letto e guardo la mia camera.
Il soffitto è basso, infatti, se alzo la mano riesco a toccarlo, e le pareti sono rosse, il pavimento è fatto di ceramica e, al centro della stanza, c’è un buco, riempito di legna secca, su cui brucia sempre un fuocherello, attorno al quale sono stati disposti dei cuscini bourdeux.
Mi alzo dal letto e vado a sedermi su uno dei cuscini.
Con una mano comincio a giocherellare con il fuoco, tento di farlo alzare e abbassare a mio piacimento.
Dopo giorni di allenamento, è facilissimo.
Poi sento a bussare alla porta.
- Avanti. – dico, sperando che non sia Eiran. Altrimenti, la torcia umana, come mi ha chiamato Ilio giorni fa, non farà prigionieri.
La porta si apre e ne entra Iris.
- Iris! – squittisco molto poco virilmente, mentre mi butto sul letto, con un salto davvero notevole, cercando di prendere un maglietta per coprirmi il torso.
- Disturbo? – domanda con tono dolce.
- No, no. – rispondo, mentre cerco ancora di infilarmi la maglia, ma, purtroppo per me, non riesco a trovare il foro per la testa. – dimmi. – dico, quando sono riuscito a indossarla. Iris mi raggiunge, fino ad ora era stata sulla soglia della camera, e si siede accanto a me, vicino al fuoco. Inizio a muovere le dita e il fuoco danza, seguendo i miei movimenti.
Allargo la mano e le fiamme si espandono al massimo.
- Sinceramente non sono venuta qui per… uno scopo preciso. – comincia a dire lei passandosi una mano tra i capelli. – volevo parlare con te, solo questo. Ti va? – mi chiede. Si volta verso di me e io annuisco. Distrattamente, o forse no, noto che i nostri volti sono molto vicini.
Riesco a distinguere le sfumature d’oro del suo occhio destro e a sentire il suo alito sulle mia labbra.
Deglutisco e mi allontano, anche se questa è l’unica cosa che vorrei.
Cosa mi sta succedendo?
Lei si scosta di poco e rivolge la sua attenzione sul fuoco.
Dopo qualche minuto di silenzio, in cui io gioco con il fuoco e lei lo guarda, Iris parla:
- Sai, oggi ho sognato i miei genitori. –
- Veramente? Anch’io! – lei sorride senza guardarmi, a differenza mia, che sono girato verso di lei.
- Stavano decidendo il mio nome. C’erano anche Eiran e quella Discendente della Luce, Ambra. – al nome del Custode mi irrigidisco. Mi ricordo ancora il litigio di due settimane fa. – mio padre sapeva già che sarei stata una femmina. – mormora. – e voleva chiamarmi già così, o almeno quasi. Era un tipo strano. –
- Come mai? – le chiedo sorridendo.
- Mi avrebbe voluto chiamare Taliaron. –Scoppio a ridere, sembra un nome di qualche coppia che alcune ragazze della mia classe usavano per scrivere delle fanfiction.
- E te? – domanda dopo qualche altro minuto di silenzio.
- Cosa? –
- Cosa hai sognato sui tuoi genitori? –
- Il loro incontro, mi piacerebbe se fosse reale. – dico facendo un sorriso triste.
- Ma lo è. – replica convinta lei.
- Come fai a saperlo? – le domando sbalordito.
- Eiran mi ha detto che, grazie a te, ha deciso di farci avere dei ricordi sui nostri genitori. –
- Bel gesto. – commento freddo. Iris si limita ad annuire. Senza che me ne accorgessi, ci siamo avvicinati, i nostri ginocchi si toccano come le spalle.
Nel punto in cui ci tocchiamo, la mia pelle formicola.
Mi chiedo di nuovo cosa mi stia succedendo. Non mi era mai capitato prima.
Ritorno a guardare il fuoco.
Quando sentiamo dei passi vicino la porta decidiamo di andare a fare colazione.
Apro e mi ritrovo davanti Ilio.
Non appena vede Iris dietro di me, ghigna maliziosa.
Alzo gli occhi al cielo, quando sento cosa pensa.
- Niente affatto.- le dico.
- Cosa? – chiede.
- Non è successo niente, è entrata da poco e abbiamo solo parlato. – Ilio continua a sorridere maliziosa. Sbuffo.
Fortunatamente Iris non ci sente e ci supera per andare nella sala da pranzo.
La seguiamo e ci sediamo uno di fronte all’altra.
Prendo qualche manciata  di un cibo di cui non ricordo il nome e me lo metto in bocca.
Sa vagamente di lampone.
- Prima di pensare, pensa. – le dico dopo un po’.
- Cosa? – l’ho presa alla sprovvista. Sorrido.
- Hai capito benissimo cosa intendo, dovresti riflettere un attimo prima di arrivare a conclusioni affrettate. – spiego.
- Quindi non è successo niente. Ma ti sarebbe piaciuto. – dice mentre gioca con le briciole del pane.
- Esatta…. Aspetta. Cosa hai detto?! – a momenti non mi strozzo con l’acqua.
- Dai, è impossibile non capire che ti piace Iris. – alza lo sguardo e lo incastra con il mio. Fisso i suoi occhi, come il mare, cambiano colore, sempre.
Oggi sono grigi, con sfumature verdastre.
Vedendomi colto alla sprovvista, Ilio mi sorride.
- Prova a dire il contrario. –  sto per rispondere ma vengo interrotto.
- Buongiorno, piccoli Discendenti che vivono a sbaffo in casa mia! – esclama Eiran mentre entra nella stanza.Sbuffo.
- Oggi vi allenerete con i vostri Elementi. Si sfideranno per primi Iris e Kori. Poi, dopo la colazione, Tia ed Eracl. – Ilio ghigna. La ignoro e mi alzo.
Iris ed io andiamo nella stanza degli allenamenti, accompagnati dagli altri.
Ci mettiamo in posizione e ci concentriamo sui nostri Elementi.
Inspiro profondamente e pongo la mia attenzione sul fuoco dei bracieri.
Lo sento come se facesse parte del mio corpo.
Espiro e sulle mie braccia compaiono delle fiamme.
Guardo Iris con aria di sfida e sorrido.
Lei mi ricambia e viene circondata subito da delle ombre e da delle luci.
Dopo che Eiran lancia il solito incantesimo, con cui non ci feriremo, cominciamo il duello.
Attacco io per primo: lancio una palla di fuoco in direzione di Iris e lei la evita con grande agilità.
Non mi scoraggio e ne tiro un’altra, lei si gira di novanta gradi e schiva anche quest’attacco.
Si volta verso di me a alza le mani al cielo.
Dei raggi di luci si radunano attorno alle sue mani e cominciano a danzarci intrno, poi Iris le scaglia verso di me.
Alzo una barriera di fuoco e i raggi vi si infrangano contro.
Mando la mia barriera contro di lei.
La prendo in pieno e Iris cade all’indietro, arretrando di parecchi metri.
- Tutto a posto? – le urlo preoccupato. Forse ho esagerato. In tutta risposta lei fa un gemito.
Mi avvicino, cercando di capire se l’incantesimo che le ha fatto Eiran funzioni si o no.
Se l’ho uccisa, credo che mi suiciderò, non potrei mai vivere pensando cosa le ho fatto.
Non potrei vivere senza di lei, ora che l’ho conosciuta.
Mi chino verso di lei. Ha gli occhi chiusi.
- Iris? – la mia preoccupazione è a mille. Iris apre gli occhi. Mi guarda e fa un grandissimo sorriso malandrino.
Schiocca le dita e dei solidi fasci di luce mi legano.
La ragazza si alza e mi colpisce con un raggio di luce.
Non vedo più niente.
- Ok, Kori, penso che tu ti sia fatto umiliare abbastanza. Potete tornare a fare colazione. – dice Eiran, riferendosi a noi due e a Tia, Eracl e ad Ilio. Iris schiocca le dita e io ricomincio a vedere. Sbuffo, per l’ennesima volta oggi. Mi risiedo al mio posto, quello davanti a Ilio.
- Ok, magari mi piace un pochino. – ammetto. Lei sorride soddisfatta. Come dice lei, inutile dire il contrario, ora ho capito cosa mi sta succedendo:
mi sto innamorando di Iris. 

Note dell'autrice:
Ave, popolo di efp!
Allora... Che ne pensate? Questo capitolo è mooooooolto di passaggio, ma è anche il primo in cui si entra nel lato un po' più romantico della storia, infatti, il "nostro" Kori capisce che si sta innamorando della bella Iris.
Non è puccioso?
Sinceramente la coppia Jeiin e Eileen non mi piace molto, preferisco le altre .-. Comunque... sto cercando di far stringere ai miei personaggi dei rapporti anche con quelli di cui non sono innamorati, infatti qui Kori parla con Ilio... Spero di riuscire a fare questo anche nei prossimi capitoli ^^
Ringrazio per le bellissime e lunghissime (nella pagina delle risposte non mi stavano!) recensioni che Lacus Clyne, J_angel e TiaSeraph mi hanno lasciato e ne approfitto per dedicare il capitolo ad Anna Love, perchè gliel'ho promesso qualche giorno fa.
* prende in braccio Eiran *
Fai ciao con la manina!
Eiran- devo rispondere?
Me- se non hai niente di carino da dire, taci.
Eiran- allora non parlerò per qualche anno.
Me- BASTARDO!
* gli da un pugno *
Emh... sappiate che Eiran è vivo ma che non scoccierà per un po'. Muahahahahahhahah!

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Capitolo 19
*** 18. Mi ricordo di quando per me le mucche facevano le uova ***


Tia.
 
Continuiamo la colazione.
Cerco di metterci più tempo possibile, perché dopo dovrò lottare con quel formato gigante di una giocatore di basket, e io sono alta 1.49, in altre parole: se Eracl volesse, mi potrebbe schiacciare.
Perciò mangio lentissimamente, per preservare la mia vita da ragazza bassa.
Mi porto alla bocca una fetta di qualcosa di duro e azzurro, spero vivamente che non sia coperto di muffa o Eiran è un Custode morto, a una lentezza che farebbe invidia a una lumaca.
Ma che poi non erano le chiocciole quelle con il guscio? Bo, non sono stata mai brava in biologia, se per brava si intende una che riesce a distinguere un rettile da un mammifero, ovvio.
Insomma, ogni volta che c’era la lezione biologia, facevo piangere la mia professoressa.
Purtroppo, dopo qualche tentativo di insegnarmi la sua materia, si è arresa e mi ha promossa solo per non aver a che fare con me l’anno seguente.
A volte essere ignoranti paga.
Al ricordo di quella professoressa, ghigno divertita, nelle mie orecchie risuonano ancora i suoi pianti quando mi interrogava e io prontamente le dicevo che la mucca può fare le uova.
Come ho già detto, non ero molto brava.
- Come mai quel ghigno, nana? – mi chiede Eracl.
- Io ho un nome, brezza estiva. – replico, non rispondendo alla domanda.
- Come me. Ma a quanto pare non hai una buona memoria, eh? – ma perché non hanno impedito ai suoi genitori di avere dei figli? Però cosa farei senza di lui? Semplice: mi annoierei a morte. Decido, con grande fatica, che non vale la pena tirargli un sasso delle grandezze di un gatto addosso e continuo a mangiare moooooooolto lentamente. Il mio ingegno non ha limiti, alla faccia tua, Einstein.
-
Ti vuoi decidere a muoverti? Dai, che ho voglia di sgranchirmi i muscoli! – Eracl si stiracchia, per poi incastrare i suoi occhi grigi con i miei. Deglutisco, non perché so tra poco dovrò lottare con lui, ma perché ho appena scoperto che i suoi occhi hanno il potere di ipnotizzarmi. Che in un’altra vita i suoi occhi fossero degli ipnotizzatori esperti? Quando si sporge verso di me, deglutisco ancora.
- Tu puoi anche andare, brezza estiva. Io voglio mangiare in santa pace, senza che uno spilungone come te mi dia fastidio. – borbotto scontrosa, facendo finta che la sua vicinanza non mi faccia alcun effetto. Falso. Falso. Estremamente falso. Stupidi ormoni. Lui sospira esasperato ma continua a starsene lì, a circa venti centimetri dal mio viso. Lo guardo ancora negli occhi e vedo che hanno tutte le sfumature possibili e immaginabili di grigio, sembrano sempre in movimento, come l’Aria, il suo Elemento.
-  Ti aspetto. – dice deciso e si allontana. Riposo il mio sguardo sulla colazione e la allontano. Tanto è inutile: è impossibile mangiare con brezza estiva che ti fissa. Mi alzo dal mio posto e mi dirigo verso la stanza d’ingresso, quella in cui ci alleniamo, con Eracl che mi cammina vicino.
Quando entriamo nella stanza, la prima cosa che noto è che Eiran sta parlando con un ragazzo, e la seconda che il ragazzo è un Discendente dell’Aria.
Ha gli occhi grigi, come quelli di Eracl.
I capelli sono ricci e castano scuro, con le punte colorate di grigio, lo stesso dei capelli di Eracl.
È alto, magro e muscoloso, ma non troppo, come Eracl.
È carino, ma Era…
E adesso perché comparo tutti i Discendenti che neanche conosco con quel prototipo formato gigante di un Einstein venuto scemo?!
Eiran si volta verso di noi e il ragazzo misterioso fa lo stesso.
Rimaniamo in silenzio, finché Eracl non parla:
- E lui chi è, Eiran? –
- Non avrai mai creduto di essere l’unico della tua famiglia ad essere in vita, Eracl. Sarebbe molto arrogante da parte tua. – Eiran sorride sornione.
- Tu non hai mai detto che ho qualche parente in vita, è ovvio che dopo penso che io sia l’unico. – replica Eracl. Dopo qualche giorno ci si deve difendere da Eiran, altrimenti la convivenza con lui diventa un inferno. E non ci sarebbe bisogno di Kori per far appiccare un incendio in casa. – ma perché adesso parli dei miei parenti? -
- Touchè. – commenta il Custode. – vedi, lui è Gene, il figlio di Kanjii, il fratello di Orion, tuo padre. –
- Non c’è bisogno di descrivergli tutto il mio albero genetico, Eiran. – dice Gene. Sorrido e, quando lo nota, mi ricambia. Eracl, vicino a me, si irrigidisce. Gene si avvicina a noi e ci porge la mano sinistra. – Ciao, io sono Gene, tuo cugino. –
Ammetto che persino io, questa volta, non ho niente a cui pensare.

Note dell'autrice:
Questo colpo di scena mi piaceva troppo per tenerlo solo per me fino a domani, giorno in cui pensavo di pubblicare.
Quiiiiiiiiindi.... * accende la musica di sottofondo *
Tan tan taaaan!
Esatto, Orion, il padre di Eracl, ha un fratello che a sua volta ha avuto un figlio.
Eiran- e ora ti ci metti te a descrivere tutto l'albero genetico?
Me- sei guarito, qual buon vento?
Eiran- il vento "iononpossodirecheKanjiièilfratellodiOrioneilpadrediGenematusi"
Me- io autrice. Io può. Tu solo Custode. Tu arrangiarsi
* Eiran se ne va offeso * se recensite in fretta potrei aggiornare fra pochi giorni, il prossimo capitolo l'ho già scritto. :') che bello, sono ritornata ai tempi in cui avevo qualche capitolo pronto e non dovevo preoccuparmi di dover farmi venire qualche idea in mente per non fare tardi :') bei tempi, quelli.
Comunque (modalità Franklyn ON), i pensieri di Tia non so dove li abbia trovati. Davvero, ma mi fanno ridere :)
Ringrazio Lacus Clyne, J_angel, TiaSeraph, Amy_Story e BekySmile97 per aver recensito.

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Capitolo 20
*** 19. La fiducia è difficile da ottenere e facile da perdere ***


Eracl.
 
Tabitha corse nella stanza dove stava il suo Eracl, lo prese dalla culla e si diresse verso l’uscita del palazzo. Il bambino parve non accorgersi del trambusto fuori dall’edificio e continuò a dormire beato.
La Discendente della Terra stava percorrendo di corsa il corridoio, quando fu affiancata da un’ombra. Era già pronta ad uccidere la persona che voleva fare lo stesso con il suo bambino ma si trattenne quando si accorse che si trattava di Ambra.
Sospirò sollevata, per colpa di Rendak non aveva più idea di chi potersi fidare, ma sapeva bene che Ambra non li avrebbe mai traditi.
La ragazza la prese per il polso, costringendola a fermarsi.
- Ma cosa stai facendo?! Non possiamo fermarci proprio ora! Più tempo ci mettiamo più siamo in pericolo! –
- Lo so bene. Parla piano e seguimi, conosco un passaggio segreto fatto apposta per questo tipo di emergenze.- fece una pausa per sorriderle incoraggiante e fece una carezza al piccolo Eracl. – ti porto da Orion. È con Silan e Kanjii. Stanno cercando una via sicura per portare il piccolo da Eiran. – spiegò la ragazza. Tabitha annuì, non dovevano sprecare il tempo che avevano. Così seguì la cugina del suo amico Aaron lungo uno stretto e buio passaggio segreto, chiedendosi come avesse fatto a saperne l’esistenza.
- Ma come hai fatto a…- cominciò a dire la ragazza, tenendo stretto a sé il figlio.
- Io qui ci sono vissuta, non sai quante volte ci siamo rifugiati in uno di questi passaggi segreti io e Aaron per fuggire  a Nefti. – spiegò Ambra. Tabitha annuì e si ricordò dei racconti di Aaron a proposito della sua governante Nefti, una Discendente dell’Acqua. Sorrise, rammentando che una volta il ragazzo le aveva raccontato che, quando aveva dodici anni, voleva vivere nella soffitta del palazzo e si era portato dietro tutti i suoi averi. Ci era rimasto per tre giorni e, siccome non voleva uscire, Nefti fu incaricata di portarlo fuori con la forza. La governante aveva allagato la soffitta e Aaron ne era uscito tutto bagnato e con un grandissimo broncio.
Quando le aveva raccontato la storia, aveva anche accennato al fatto che non aveva voluto fare più il bagno e che ci sarebbe riuscito, se non fosse intervenuta ancora una volta Nefti.
A quel punto del racconto Aaron era rabbrividito.
Solo lui poteva fare così, meditò Tabitha.
Raggiunsero in fretta la fine del passaggio e si ritrovarono nella piazza dietro l’edificio. Ad aspettarle, c’erano i tre ragazzi.
Tabitha corse subito da Orion e lui la abbracciò, quella sarebbe potuta essere l’ultima volta che lo avrebbe visto pensò, con un filo di terrore, la ragazza.
Gli diede un veloce bacio sulle labbra e sorrise, almeno avrebbero salvato Eracl.
- Ti amo, sappilo. – le disse lui. Lei annuì. – non mi pento di niente. Solo vorrei aver un po’ di più tempo: per poter star con te, con Eracl… - Tabitha annuì un’altra volta.
- Ti amo anch’io, fin da quando ci siamo visti a casa tua, per la prima volta. – fece un sorriso triste. Orion le fece una carezza sulla guancia.
- Eri la più bella tra quelle ragazze. – affermò.
- Tutto questo è molto commovente, ma dobbiamo muoverci. – disse interrompendoli Kanjii, il fratello di Orion. Tutti quanti annuirono e cominciarono a seguirlo, tranne Silan.
- Io vado da Kara. – disse, riferendosi alla moglie. – oramai sarà riuscita a dare Ilio ad Eiran. – quando pronunciò il nome della figlia, gli si spezzò la voce. Silan guardò tutti con i suoi occhi rossi e disse ancora: - sappiate che siete i migliori amici che potessi mai immaginare di avere. Ma adesso devo andare, voglio vedere ancora una volta Kara, prima di… - Ambra annuì, si avvicinò all’amico e abbracciò il Discendente del Fuoco.
- Ti capisco, - gli disse. – in momenti come questi è un bene passare il tempo che resta con chi si ama. – la sua voce tradiva l’infinita tristezza che provava in quell’istante.
- Mi dispiace per le vostre nozze. – mormorò Silan. Ambra fece spallucce, fingendo che non le importasse.
- Il momento per cui erano prefissate non era adatto. Ma sono certa che abbiamo fatto bene a posticiparle, anche se Eiran le avrebbe fatte anche tre mesi fa. Fortunatamente l’ho convinto che era una brutta idea. –
- Sappi che sei l’unica che riesce a dominarlo, in un modo o nell’altro. –
- Lo so. – disse lei ridacchiando. – buona fortuna. –
- Anche a voi. – e se ne andò.
- Bene, continuiamo. –disse Kanjii. E lo seguirono tra le stradine della Città della Luce e del Buio.
Dopo un po’, Tabitha si accorse che qualcosa non quadrava, le vie che stavano percorrendo, come si ricordò in quell’istante, non erano quelle che li avrebbero portati al confine con la Città del Vento.
- Questa non è la strada per il confine con la Città del Vento. – affermò, sicura di sé. Kanjii si girò verso di lei e le fece un sorriso maligno. La ragazza rabbrividì e si allontanò da lui, stringendo il bambino tra le braccia.
- Oh, ma come siamo perspicaci, eh? –
- E dove ci stai portando allora? – chiese con tono fermo Orion.
- Da Rendak, mi pare ovvio. – Kanjii sembrava quasi infastidito dal fatto che i tre Discendenti non avessero ancora capito che li aveva traditi.
- Tu sei… e io che ti credevo nostro amico! – gli gridò contro Ambra.
- Come hai potuto farci questo?! Fare questo a me, tuo fratello?! – gli urlò contro Orion, non poteva credere che il suo fratellino, più piccolo di lui solo di due anni, gli avesse voltato le spalle, dopo diciotto anni passati insieme, tra alti e bassi.
- A volte il fine giustifica i mezzi. – disse il ragazzo passandosi la mano tra i capelli striati di grigio. Fece un movimento veloce con il braccio destro e una grossa folata di vento investì suo fratello maggiore. Orion sbatté contro il muro. Tabitha gridò, disperata. Ma il Discendente dell’Aria si rialzò prontamente e cominciò a combattere con suo fratello come se lo facesse con un perfetto sconosciuto. Orion sapeva benissimo che quel giorno sarebbe morto, ma non poteva arrendersi in quel momento, Ercal non era ancora al sicuro.
- Tabitha, scappa! Porta in salvo Eracl! – le gridò suo marito. Tabitha non si mosse. Non poteva andarsene quando sapeva che Orion, il suo Orion, combatteva contro il suo fratellino. Doveva aiutarlo. Così rimase lì, con in braccio il loro bambino, a guardare lo scontro tra i due fratelli, fino a che Ambra non le prese il polso e la trascinò via.
- Lasciami! Voglio stare con Orion!- esclamò la Discendente della Terra.
- Adesso non puoi, dobbiamo arrivare da Eiran e poi potrai aiutare Orion. D’accordo? – Tabitha ricacciò indietro le lacrime e annuì.
- Andiamo. – disse con un filo di voce. E si incamminarono, stavolta, nella direzione giusta.
 
Dopo un po’ che camminavano, sentirono dei rumori dietro di loro. Si girarono e si ritrovarono davanti Kanjii. Aveva qualche graffio in faccia ed una lunga ferita sul braccio, mentre si inccaminava verso di loro, Ambra notò che zoppicava. Tabitha strinse ancor più a sé suo figlio.
- Datemi il bambino e avrete salva la vita, forse. – disse con tono maligno.
- Come puoi chiedere ad una madre di sacrificare la vita di suo figlio per salvare la propria?! – esclamò Tabitha. Suo cognato fece spallucce.
- Se non vuoi salvare la tua, di vita, fa si che Orion continui a vivere. Devi solo darmi il mio piccolo nipotino. – fece un sorriso perfido. Tabitha deglutì e fece cenno di no. Cercò di ricacciare le lacrime indietro ma non ci riuscì. – Orion? Dove lo hai portato, carogna? –
- Questo non è un bel modo per riferirsi a tuo cognato, Tabitha. –
- Non mi importa nulla di come siamo imparentati. Tu sei un traditore. – la sua voce era fredda, come il sentimento che adesso provava per quell’individuo.
- Vero. – replicò Kanjii. – ora dammi il pargolo. – disse con tono minaccioso.
- No! – gridò di rimando lei.
- Allora dovrò prendermelo con la forza… - ma venne colpito da un raggio di luce. Ambra.
- Tabitha! Scappa! La strada la sai, salva Eracl! Lui e gli altri sono la nostra unica speranza! – le stava gridando, ma venne circondata da una folata di vento che la alzò da terra e la scagliò contro un muro. Lo scontro provocò un rumore fortissimo. Tabitha corse all’istante dall’amica e vide che dalla sua bocca stava fuoriuscendo una foschia grigia, quasi invisibile.
Sentendone l’odore, Tabitha riuscì a capire che quel bastardo le stava letteralmente togliendo l’aria dai polmoni. Al ché la ragazza si alzò e scagliò una grande pietra, grazie ai suoi poteri, contro il cognato, che lo colpì e atterrò. Se fossero state fortunate, grazie a quel colpo, avrebbero potuto salvarsi. Ambra le sorrise, ma si capiva bene che stava molto male, infatti, una ferita dietro la testa le sanguinava copiosamente.
La Discendente della Luce si portò una mano alla pancia e Tabitha notò che, sotto il dorato e ampio abito, era sporgente.
- Tu… sei incinta? – chiese incredula la ragazza, balbettando. Pensò che in altre occasioni questa sarebbe stata l’occasione in cui avrebbero festeggiato, per la bella notizia, ma non era quello il momento giusto, non ora che Rendak cercava di prendere il potere.
- Ero… - mormorò debole Ambra. Sorrise triste. Tabitha capì subito cosa intendeva la Discendente della Luce con quella parola.
- No. No. No! Sentimi bene, tu ce la farai. Per tutti noi, per il bambino, per Eiran. Lui non ce la può fare senza di te. – prese il suo viso tra le mani e incatenò i suoi occhi verdi con quelli dorati di lei. Notò che quelli di Ambra si stavano per spegnere. Le scappò un singhiozzo, non voleva che la sua amica morisse, non così presto.
- Se la caverà… - replicò Ambra. – ormai il mio tempo è scaduto. – portò anche l’altra mano sulla pancia. – non dirlo ad Eiran ma… ma digli che lo amo. – e Tabitha vide un altro po’ di quella foschia uscirle dalla bocca. Kanjii si era ripreso dal colpo che gli aveva inferto prima.
Ma non le importava.
Singhiozzò, disperata.
Si chinò ancor di più sull’amica e le chiuse le palpebre sugli occhi dorati.
Ambra era morta.
Urlò.
 
Mi sveglio con un urlo.
Il mio.
Comincio ad ansimare, senza riuscire a fermarmi.
Mi passo una mano tra i capelli e faccio qualche respiro profondo, per cercare di calmarmi.
Sembra tutto inutile.
Tutto questo non eliminerà il ricordo del giorno in cui mia madre mi ha salvato, lo stesso giorno in cui è morta Ambra, la fidanzata di Eiran, per salvarmi.
Per me sono morte così tante persone…
Non so se riuscirò mai a dimenticare questo fatto.
Ma forse è un bene non farlo.
Mi alzo dal letto ed esco dalla mia stanza, fulminando con lo sguardo il letto di Gene. Da quando è arrivato, dorme con me. Ad Eiran è bastato il suo solito schiocco di dita per far apparire nella mia stanza un altro letto.
Distrattamente noto che il letto di mio cugino è vuoto, molto probabilmente è sveglio da ore, magari è a fare la corte a Tia.
Esattamente: il mio cugino da quattro soldi ha cominciato a stare sempre con la nana.
Se ne stanno sempre insieme.
A parlare.
A ridere.
Soprattutto di me.
Lo so che è egoista, ma io penso, anzi ne sono certo, che sia giusto che queste cose le faccia solo con me.
D’altronde non è lui quello che soprannomina Einstein, o con altri nomignoli scherzosi.
Non è lui quello a cui da un pugno senza neanche rifletterci.
Non è me.
Non mi era mai successo prima ma… sono geloso.
Sono sempre più convinto che la nana debba passare più tempo con me che con Gene.
Ma cosa mi sta succedendo?
Perché tutto ad un tratto mi importa così tanto di cosa fa la nana?
Perché non voglio che passi del tempo con Gene?
Perché mi da fastidio?
Sbuffando mi incammino verso la sala dove facciamo di solito colazione.
E la scena è quella che mi si presenta davanti da almeno sette giorni.
Iris chiacchiera con Kori ed Ilio. Magari a proposito degli ultimi sogni che hanno fatto.
Infatti, Iris sta dicendo qualcosa di davvero interessante, visto lo sguardo attento degli altri.
Sorrido, quando noto che Ilio la guarda in faccia, mentre Kori si limita a fissarle le labbra e ad alzare lo sguardo ogni tanto per regalarle uno sguardo che sembra dire che lei è l’unico punto di riferimento della sua vita.
Invece Tia e Gene ridono spensierati, come se fossero amici da quando erano dei bambini.
Mi viene da vomitare.
Mi siedo accanto a Tia e afferro un pezzo di frutta. Me lo porto in bocca e comincio a masticare.
Sa di pop corn.
Strano.
- Ehi, nana. Questa l’hai fatta crescere te? Perché sa di pop corn. Magari la prossima volta fa' si che il sapore non sia dei pop corn che sanno di plastica. – dico con tono sarcastico. Tia si guarda attorno, spaesata. Si volta verso Gene, che è alla sua destra e lo guarda con aria smarrita.
- Che hai?- le chiede. Serro la mascella. Certa gente a volte dovrebbe farsi gli affari suoi.
- Mi è sembrato di sentir parlare Eracl. – sentendo il mio nome, Gene sembra infastidirsi e non  posso fare a meno di ghignare soddisfatto. Ma il suo fastidio scompare subito. Si avvicina a Tia e sorride. Sono un fascio di nervi. Non mi piace il fatto che le stia così vicino.
- Eracl sta dormendo. È impossibile che l’hai sentito. – Tia annuisce convinta dalla spiegazione di mio cugino e ricomincia a mangiare. Com’è possibile che non si siano accorti di me? Mi chiedo.
Passo una mano davanti la faccia della nana ma lei non batte ciglio.
Sembra che non la veda.
Corrugo la fronte e faccio un altro tentativo.
Mi alzo da terra, ad Alias i tavoli sono di solito bassi e non si usano le sedie, e mi avvicino a Gene.
Gli tiro una ciocca di capelli e lui si gira verso di me ma non mi nota.
Ora ho capito:
sono invisibile! 
Ghigno, questo dovrebbe essere il mio secondo Talento.
Se Ilio si rivela capace di allungarsi potremmo diventare i fantastici Quattro, con me invisibile, Kori la torcia umana, Tia che potrebbe anche diventare di roccia e l’ipotetica Ilio allungabile.
Ma, sinceramente, l’idea di diventare una supereroina non mi alletta molto, preferisco fare il cattivo che poi si redime, così mi avvicino ancora una volta a mio cugino e gli tiro un’altra ciocca di capelli.
- Ahio! – esclama lui. Sorrido soddisfatto e mi giro verso Tia. Cosa potrei farle adesso che sono invisibile? Bella domanda. Faccio in modo che l’Aria mi sollevi e mi porti sopra il tavolo, davanti a lei e mi accuccio, guardando con attenzione il suo viso.
Qualche riccio le copre gli occhi. Senza pensarci, le porto le ciocche ribelli dietro l’orecchio.
Lei alza lo sguardo e incontra, inconsapevolmente, il mio. Potrei viverci in quegli occhi, penso,e questo da dove è uscito?! D’accordo che la nana è cari… no, lei è bellissima, ma come ho potuto anche pensare questa cosa così… smielata?! 
- Allora, - dice, girandosi verso Iris. – non ci hai mai detto come mai, quando ci siamo incontrati, indossavi una tuta da carcerata. – Iris la guarda e deglutisce. Poi riabbassa lo sguardo e comincia a giocare con le mani.
- Niente che vi possa interessare veramente. – mormora a bassa voce.
- Si, ma sono curiosa: te sei stata la prima ad aver incontrato Eiran, no?- Iris annuisce. – mi chiedo soltanto come mai fossi finita in carcere, hai fatto esplodere qualcosa? Se si, ti prego, fallo anche con brezza estiva! –Questa gliela faccio pagare. Sto per lanciarle addosso qualcosa, magari un piatto, quando riposo il mio sguardo sul suo viso e decido che sarebbe meglio vedere la sua espressione quando sa che sono stato io a tirarle una stoviglia addosso, invece che approffittare  del mio Talento. Così avvicino la mia mano sinistra al suo viso e lo accarezzo lievemente, come se non lo avessi fatto io ma il vento.
- Qualcosa del genere. – mormora ancora Iris, sorridendo insicura. Corrugo la fronte, effettivamente mi ricordo la tuta arancione che aveva quel giorno, ma non mi sono mai chiesto come mai la indossasse.
- Cos’è un cartere? – chiede Gene. Ci giriamo tutti verso di lui e scoppiamo a ridere per il suo errore nel pronunciare la parola. Mio cugino guarda tutti storto e assume in viso un’espressione orgogliosa, la solita che ha, d’altronde.
Sorrido beffardo e faccio in modo che l’uva nel suo piatto si sollevi da una corrente e voli sulla testa di Kori. Il ragazzo la prende e me la tira addosso, centrandomi in pieno.
Salto giù dal tavolo e mi concentro, in modo che adesso possa risultare visibile.
Quando ci riesco, esclamo nella sua direzione:
- Ma come hai fatto ad accorgerti di me?! – tutti tranne lui, sobbalzano, sorpresi. Lui fa spallucce e sorride ironico.
- Ho sentito i tuoi pensieri… - sorride ancora ed io faccio di tutto pur non arrossire. Cavolo.
-
E quindi adesso abbiamo cinque Talenti di cui sappiamo l’esistenza! – esclama Eiran, mentre entra nella stanza.
- Come hai fatto a sapere che si è manifestato un altro mio Talento? – gli chiedo. Lui si batte la tempia destra con l’indice.
- Pronto? Questo, è un radar incorporato. Riesco a capire sempre che Talento si sta manifestando. – spiega e si siede a terra e prende un pezzo di pane. Ma io lo prendo per il polso e lo trascino per un corridoio della casa.
- Va bene che ero un grande amico dei tuoi genitori e che sei utile per sconfiggere Rendak, ma, ragazzo, se lo fai di nuovo, ti carbonizzo, senza aiuto di Kori. – non mi preoccupo della sua minaccia e lo guardo dritto negli occhi.
- Non mi fido di Gene. – dico, chiaro, senza giri di parole.
- Se per questo io non sopporto Kori e allora? Guarda che non piace a Tia. –
- Cosa? No! Io intendo che non mi fido di lui perché è figlio di un traditore. –
- Ma cosa stai dicendo? – chiede. Gli racconto tutto il sogno, non tralasciando niente, neanche la morte di Ambra e del bambino mai nato. Alla fine le faccia di Eiran è cupa, senza espressione.
- Come mai non lo sapevi? Quelli che ci hai trasmesso non sono i tuoi ricordi? E poi nel sogno non ti ho visto. – domando.
- Alcuni non sono dei miei ricordi ma quelli dei vostri genitori che mi hanno dato, sapendo che un giorno ve li avrei, per così dire, tramandati. I ricordi dei vostri genitori non li ho mai guardati, pensavo di conoscerli, che non ce ne fosse bisogno. Ma mi sbagliavo, a quanto pare. Sono dovuto venir a sapere che sarei potuto essere padre da un tizio che non ammette neanche di essersi preso una cotta per la ragazza che lo ha picchiato almeno tre volte. – la sua voce è incolore, spenta, senza la solita nota di ironia o sarcasmo che usa per prenderci in giro.
- Veramente sono due e comunque: ehi! –Eiran mi ignora e si allontana, probabilmente diretto verso la sua stanza.
Poi, all’improvviso mi si avvicina qualcuno. Kori. Che abbia sentito tutto?
-
Si. – risponde. Hai ascoltato i miei pensieri? Lui annuisce. Sbuffo, contrariato.
- Neanche io mi fido di Gene, se ti può consolare. – dice.Mi limito a fare spallucce, ma devo ammettere che apprezzo quello che ha detto. So che è vero. Kori non è affatto il tipo che mente facilmente e questa è una cosa che apprezzo. Ritorniamo dove sono gli altri e ci sediamo vicini, discutendo del sogno che ho fatto.
Dopo un po’, mi giro verso di Iris.
- Oggi ho sognato qualcosa su tuo padre. – dico. Lei rivolge all’istante la sua attenzione su di me e mi esorta con lo sguardo a continuare, così le racconto dell’avventura di suo padre dodicenne. Alla fine ci ritroviamo tutti a ridere, tranne Gene.
- Ma dov’è Eiran? –  chiede ad un tratto Ilio, ancora scossa dalle risa.
- Ehm… è andato in camera sua. – le rispondo senza far riferimento al fatto che se non fosse stato per mio zio, Kanjii, adesso lui sarebbe padre. Rabbrividisco, pensando ad un mondo, non con uno ma con due Eiran in circolazione, si salvi chi può, penso. Kori mi deve aver sentito, perché sorride. Faccio lo stesso.
- Non è che ci hai rotto il Custode, vero? – chiede con tono scherzoso Tia.
Lei, io, Iris, Kori ed Ilio scoppiamo nuovamente a ridere.


Note dell'autrice:
Pietà! Vi imploro! Non uccidetemi!
* schiva una freccia in fiamme *
Grazie, Eiran.
Eiran- io ti uccido!
Me- perchè me lo aspettavo?
* evita un forcone e dei pomodori *
* lancia un sasso ed esplode una mina anti uomo *
Eiraaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaan!!!!!!!!!!!!!!!!!
Comunque.... spero che non ce l'abbiate troppo con me ^-^" pensavo che fosse ovvio che Ambra fosse morta, ma in alcune recensioni avete cominciato a chiedere che fine avesse fatto e io mi sono immaginata questo sogno, in cui ho ucciso in un solo colpo due persone. Potrebbe essere un record.
In questo capitolo ho approfondito anche un po' il rapporto tra tutti i ragazzi, stanno diventando più intimi, e cominciano a raccontarsi i sogni, visto che in alcuni compaiono anche altri genitori...
Spero che il momento Tiacl (TiaxEracl)  vi sia piaciuto... anche se io ho trovato un po' strano come si è comportato Eracl... io che sono la scrittrice °-° mi immagino la vostra reazione! Comunque... lui non si è ancora reso conto di cosa prova per Tia, ma penso che lo farà, prima o poi... :3
Un grazie a chi ha recensito e a chi ha aggiiunto la storia tra le seguite, le preferite e le ricordate.

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Capitolo 21
*** 20. Noto una certa somiglianza tra mio padre e Kori ***


Ilio.

Silan era disteso sull’erba del giardino dietro casa sua e si copriva la faccia con la mano destra.
Accanto a lui c’erano alcuni dei suoi migliori amici: Sulla e Nar, Talia ed Aaron, Eiran ed Ambra, Orion ed Eileen.
- Allora? Vuoi dirci cos’hai? È da un po’ di tempo che ti comporti in modo strano. – chiese Eileen avvicinandosi a Silan. La ragazza si avvicinò all’altro Discendente del Fuoco, che nel frattempo si era scoperto il viso, e lo guardò fisso, cercando di capire perché stesse così male.
- Non lo so. Mi sento strano. – mormorò in risposta lui. Silan levò lo sguardo da Eileen e lo pose sui suoi amici.
Nar e Sulla erano vicini, con lui che l’abbracciava da dietro e lei che gli sorrideva dolce.
Si sarebbero sposati tra poco ed erano al colmo della felicità.
Se la sono meritati, d’altronde, con tutto quello che hanno passato per poter stare insieme… pensò il ragazzo.
Talia ed Aaron, invece, stavano discutendo sul perché Silan potesse stare male.
Aaron aveva proposto l’idea che avesse preso un parassita alieno, lei che ce lo avesse lui, l’alieno nel cervello.
La prima era seduta sotto l’ombra del Jian del giardino di casa sua, da brava Discendente del Buio, mentre Aaron era davanti a lei, sotto la luce di quella luminosa giornata.
Silan sorrise, quei due ancora non sapevano di piacersi ma era lampante che fossero fatti per stare insieme, nonostante fossero così diversi.
Eiran ed Ambra stavano partecipando anche loro alla discussione, proponendo idee meno bislacche.
Orion era l’unico che non parlava, se ne stava da solo, in disparte a sospirare e a struggersi per una Discendente della Terra che faceva la contadina, non ne sapeva neppure il nome, aveva detto ai suoi amici.
- Strano in che senso? – domandò Sulla, ancora abbracciata a Nar. La ragazza si portò una treccia di capelli blu cobalto dietro l’orecchio. I suoi azzurri occhi a mandorla brillarono di curiosità.
- Da quando Kara esce con quello lì, mi sento strano. Non mi piace il fatto che stiano insieme. – spiegò Silan. Talia ed Eileen sorrisero, adesso stavano cominciando a capirci qualcosa, di quella faccenda.
- Sei geloso, allora. – affermò con un poco di malizia Eileen.
- E di cosa? Della mia migliore amica che esce con un Discendete da quattro soldi del Buio? Io? Geloso? Ma non dire sciocchezze! – replicò il ragazzo. Si passò velocemente una mano tra i capelli rossi, scompigliandoli.
- Ehi! – esclamò Talia, infastidita dal suo commento sui Discendenti del Buio.
- Scusa. – mormorò in fretta Silan. – non so perché voi pensiate che io sia geloso. È la mia migliore amica, non la mia fidanzata, perché dovrei esserlo? –Eiran sbuffò, infastidito.
- Ma perché voi Discendenti non capite mai neanche le cose così semplici? –
- E con questo cosa vorresti dire? – gli chiese Ambra, senza rabbia nella voce. D’altronde quella ragazza sembrava incapace di arrabbiarsi per un commento di così poco conto, al contrario di Nar, che lanciò al Custode un sasso. Lo centrò in pieno sulla gamba e sorrise soddisfatto, per poi tornare a guardare la sua fidanzata Sulla.
- Ascoltami bene, Discendente del Fuoco da strapazzo. – cominciò a dire Eiran, concentrandosi del tutto sul povero Silan che ci stava capendo ancor meno della situazione.
- Farò finta di non aver sentito. – commentò Eileen, la ragazza sorrise malandrina. Evidentemente si sarebbe vendicata dopo. Anzi, era sicuro che l’avrebbe fatto, pensò con un sorriso Nar.
- Bene. – Eiran le fece il suo solito sorriso sornione. – è evidente che sei innamorato di Kara. Per questo, sei geloso. – gli spiegò, con un tono di voce che fece capire a Silan che fosse ormai ovvia la cosa. Il ragazzo non rispose, rimase lì a guardare il vuoto, con espressione vacua e assente.
- Ecco! Adesso l’hai mandato in tilt! Eiran! noi volevamo farglielo capire da sé, non dirglielo e ridurlo così! – disse Talia al Custode, rimproverandolo.
- Se fosse dipeso da lui, ci avrebbe detto di essere innamorato di Kara tra sessant’anni. – commentò Orion, prendendo la parola per la prima volta.
- Questo è vero. – acconsentì Aaron. Silan li ignorò. In quel momento doveva pensare. Davvero era così ovvio che amasse Kara, la sua migliore amica, la ragazza che conosceva da diciassette anni?
Non si chiese neanche se l’amasse, ora che Eiran l’aveva detto, Silan sapeva che era vero: lui amava Kara, la ragazza con il viso a cuore, con la sua ciocca azzurra tra le altre nere, con i suoi limpidi occhi dello stesso colore di un lago di montagna e con il carattere forte ma dolce.
La sua migliore amica.
La ragazza che, da bambina di appena cinque anni, gli aveva fatto promettere che, quando sarebbero stati grandi, si sarebbero sposati.
Promessa di cui ridevano ora, dodici anni dopo quel giorno, lui e la ragazza, ogni volta che ricordavano quel momento.
Ad un tratto a Silan non importò più se il suo amore per Kara fosse ovvio, l’importante per lui era che lei lo ricambiasse.
- Ok. Adesso che abbiamo capito perché sto così male, decidiamo un piano per scoprire se lei mi ricambia. Qualcuno ha delle idee? – chiese.
- Si è ripreso più velocemente di quanto pensassi. – commentò Eileen, leggermente sorpresa.
- I miracoli dell’amore… - commentò Aaron, sorridendo. Per un istante, il suo sguardo incontrò quello di Talia, restarono incatenati per qualche secondo, per poi essere distolti dai due ragazzi, visibilmente imbarazzati.
- Ma si è intestardito su un’altra cosa ovvia. – disse Eiran, con tono annoiato e sconfortato. Il Custode si chiese perché spendesse il suo tempo con quei ragazzi.
- Zitto, Custode. – disse Talia, la sua migliore amica. – adesso abbiamo un piano da fare. – la ragazza sorrise in direzione di Silan, incoraggiante, anche se sapeva che Kara era pazza di Silan e che non c’era bisogno di alcun piano per scoprirlo.

Al tavolo della colazione, mi siedo nuovamente davanti a Kori e cominciamo a parlare.
Dopo il sogno che ho fatto stanotte, il ragazzo mi ricorda un po’ mio padre, Silan, dopo tutto sono tutti e due dei Discendenti del Fuoco e dei gran testardi.
- Buon giorno. – gli dico, non appena mi siedo. Mi allungo per prendere un pezzo di pane.
- ‘ngiorno. – mormora lui con la voce stanca.
- Sonno? – gli domando sorridendo.
Da quando mi ha detto che gli piace Iris, abbiamo legato molto, abbiamo iniziato a parlare e abbiamo scoperto di avere molte cose in comune, insomma, siamo diventati ottimi amici.
- Che? – chiede con la voce impastata dal sonno.
- Ho detto: sonno? – ripeto, sorridendo bonaria.
- Taaaaaaaanto. – replica lui e appoggia la testa sul tavolo. Iris, seduta vicino a lui, gliela prende e la alza per guardarlo in faccia.
La ragazza sorride e Kori arrossisce.
- Magari sarebbe meglio che tu non spiaccicassi i tuoi capelli sulla colazione, no? –Kori borbotta qualcosa di incomprensibile e si rimette composto, Iris annuisce per poi girarsi verso Tia e cominciare a parlarci, non prima di aver sorriso a Kori.
Sulla mia faccia compare un ghigno che Kori conosce alla perfezione, è quello che metto su quando Iris e lui si comportano così.
- Non dire una parola. – dice lui, autoritario. Ora non sembra più così assonnato. Che l’amore l’abbia svegliato?
-
Divertente, Ilio. – commenta lui, con voce funerea.
- Lo so. Sono una ragazza divertente e spiritosa. Ma lo sai che bisogna rispettare la privacy altrui? – gli dico.
- È difficile. Non riesco ancora a controllare bene il mio Talento. Quindi per il momento dovrai aspettarti che io legga i tuoi segreti più nascosti. – dice, portandosi le dita alle tempie e massaggiandosele.
- Non dirmi che adesso sai che a dieci anni guardavo ancora i Teletubbies! – esclamo con finto orrore nella voce. Vicino a noi, Iris e Tia ridacchiano, oramai i nostri botta e risposta sono all’ordine del giorno.
- Esatto. – replica lui, con voce tenebrosa. Si gira verso Iris e le fa l’occhiolino. La ragazza arrossisce leggermente e sul mio viso ricompare un ghigno.

Sono in trappola, Eracl mi ha messo alle strette, ormai.
Cerco di pensare in fretta, di trovare un modo per riuscire a vincere quest’allenamento ma non ci riesco, e anche se mi venisse in mente qualcosa, dell’aria si muove velocemente attorno a noi, creando una barriera indistruttibile.
Devo trovare un modo per distrarlo, così l’aria cesserà di muoversi e potrò colpirlo con il Elemento. Penso ancora.
Se fossi qualcuno a cui tiene molto, forse non mi colpirebbe.
Attorno alle mani di Eracl l’aria si muove. Il ragazzo alza le mani e sta per colpirmi, quando si ferma, così all’improvviso.
Ma cos’è successo?
La barriera fatta con l’aria si dissolve.
Alzo un braccio e dell’acqua, proveniente dalla piscinetta al centro della sala, risponde al mio richiamo a si avvicina a me.
Un momento. Perché la pelle del mio braccio è olivastra?
Ruoto il polso della mano sinistra e una sfera d’acqua si avvicina davanti a me, a trenta centimetri circa dalla faccia, per fungere da specchio.
Ma l’immagine che vedo non è il mio riflesso, o almeno non quello che sono abituata a vedere.
È quello di Tia.
- Ma cosa… - mormoro stupita.
- ti sta succedendo? – completa per me Kori.
Annuisco. Non riesco ancora a parlare. Eracl continua a guardarmi strano. Sembra che abbia visto un fantasma.
- Questo deve essere il tuo Talento, Ilio. Tu sai cambiare il tuo aspetto in quello delle altre persone. – spiega meravigliato Gene. Mi guarda come un bambino guarda un videogioco appena uscito e nuovo di zecca. Mi inquieta un po’. Non voglio essere considerata alla pari di un giocattolo nuovo.
- Uffa. Niente Incredibili Quattro. – mormora Eracl, senza il suo solito entusiasmo nella voce di quando fa battute di questo genere.
- Ma perché ti sei trasformata in me? – chiede Tia.
La ragazza punta i suoi occhi tra il verde e il marrone su di me e aspetta una risposta. Risposta che non so dare. Mi giro e guardo ancora Eracl.
Il ragazzo alterna lo sguardo da me a Tia.
La sua espressione è sconvolta. Sembra quasi che sia stato scoperto uno dei suoi più grandi segreti, e forse è così, ma come potrebbe essere successo se mi sono solo trasformata in Tia, pensano ad una persona qualunque che non avrebbe mai colpito?
Ah. possibile che io sia così stupida?
Gli occhi di Eracl si incatenano con i miei e dal suo sguardo capisco che lui ha capito che io ho capito.
Lui mi lancia uno sguardo leggermente spaventato, teme forse che io possa andare da Tia e dirle tutto?
Non lo farei mai. Queste sono cose che riguardano solo Tia ed Eracl, perciò ricambio il suo sguardo e annuisco, mi volto verso la Discendente della Terra e dico:
- In Italia, avevo una cugina, che… aveva i tuoi stessi occhi. A tredici anni aveva vinto un incontro di kick boxing o qualcosa del genere… e ho pensato che se fossi lei, magari avrei potuto battere Eracl. Poi ho notato che avete gli stessi occhi e mi sono confusa. – spiego, con voce insicura. Spero che Tia non capisca che questa è una bugia. Tia alza un sopracciglio ma non dice niente ed esce dalla stanza, seguita da Iris e Gene.
Kori la guarda andare via e poi riposa il suo sguardo su di me e mi fa capire che non ha bevuto neanche una parola di quello che ho detto.
Lo raggiungo e cerco di non fare caso al suo sguardo.
- Lo sai che non ti credo, no? –
- In questi casi è utile leggere nel pensiero. – rispondo ironica, facendo finta di non aver capito cosa intende.
- Anche se avessi il Talento di poter essere immune al senso dell’umorismo di Eiran, e non quello della telepatia, saprei che tu stessi mentendo in questo momento. E sai perché? –
- Perché ho il presentimento che me lo dirai anche se non te lo chiederò? – l’ironia a quanto pare si è impossessata della mia voce, oggi.
- Perché mi conosci. – risponde lui velocemente. – comunque, so che hai mentito perché ti conosco anch’io. E so perché sei diventata Tia. – ci giriamo entrambi verso Eracl. – ma non dirò niente. –Eracl, che ha sentito tutto, ma non so come, fa un sorriso sghembo.
E so benissimo che è il suo modo per ringraziarci.

Quattro giorni dopo...

- Ok. Adesso forse ci sono. – dice Tia, con tono frettoloso.
- Vai. – la incoraggia Iris.
- Dobbiamo prendere: quella roba strana azzurra, quell’altra roba strana verde e viola e quella ancor più strana che cambia colore. –
- Non credo che i commercianti capiranno cosa vuoi comprare se ti riferisci a tutte le merci con “ quella roba strana ”. – affermo con il tono di voce più ragionevole che ho.
- Tu hai un altro modo per farlo? – chiede Tia. - dai, secondo me capiranno! –
- Sento già le loro urla. – commento pessimista.
- Non fare la pessimista. – dice Iris, facendo un sorriso non troppo sicuro ma speranzoso. Guardandola, capisco perché Kori è stracotto di lei. – magari capiranno davvero. E se non ce la facciamo, possiamo sempre trovare un modo per farci capire, no? –Faccio spallucce e ci avviamo.

La piazza è proprio come la ricordavo.
È la stessa in cui siamo passati per andare a casa di Eiran.
Siamo qui perché dobbiamo fare la spesa.
È leggermente umiliante.
Eiran non esce dalla sua stanza da giorni, da quando Eracl gli ha detto del sogno. Esatto, ce lo ha raccontato.
Decidiamo di dividerci, per fare più velocemente questo arduo compito che Eracl si è rifiutato categoricamente di fare, troppo occupato a litigare con Gene. Non abbiamo chiesto a Kori di venire perché dormiva, e quel ragazzo è impossibile da svegliare.
Mentre mi avvio verso quella che sembra la bancarelle che potrebbe fare al caso mio, noto Tia gridare ad uno dei commercianti cosa vuole. Inutile dire che stanno litigando e che la ragazza tra poco potrebbe assalire l’uomo. La ragazza grida e le guance le sono diventate già rosse, segno che si sta arrabbiando molto e alcune ciocche dei suoi capelli ricci sono sfuggite alla sua crocchia.
L’uomo, invece, sembra esausto, evidentemente sta da tempo ripetendo sempre la stessa cosa, ma lui non sa che Tia è molto testarda e capace di poter litigare per ore.
Mi fermo per osservare la scena, con un fantasma di un sorriso sulle labbra.
Voglio vedere come finisce, poi, se le cose dovessero mettersi male, potrei sempre intervenire.
Alla fine, Tia riesce nel suo intento: il commerciante, quando finalmente capisce cosa sta indicando la ragazza, gliela porge, in cambio di due monete bronzee.
Sul viso rotondo di Tia compare un grande sorriso soddisfatto e la ragazza saltella da me.
- Visto? Mi sono fatta capire. – gongola quando mi raggiunge.
- Ma se avete strillato per cinque minuti di seguito. – dico sorridendo.
- Solo? Con brezza estiva ne faccio di più – dice soprapensiero, piegando la testa di lato.
- Sei senza speranza. – dico scuotendo la testa. – cosa c’è dopo da prendere? –Tia si porta l’indice destro alla bocca con fare pensoso.
- Quella roba strana che cambia colore. – afferma, quando si è ricordata il prossimo acquisto.
- Andiamo. – ormai ho capito che è inutile cercare di farle ricordare quei nomi.
Ci avviamo verso la bancarella dove stavo andando prima di fermarmi per guardare Tia e ci troviamo di fronte ad una Iris sorridente.
- Come è andata? – chiede.
- Mi sono fatta capire. – replica soddisfatta Tia, alzando il sacchetto con l’acquisto. Iris annuisce e si gira verso di me.
- Ci pensi tu? Ti va? Magari noi potremmo andare a fare un giro e tu ci raggiungi. –
- Va bene. – mormoro, anche se non so bene come farò a capire dove sono. – ma come… -
- Ho scoperto che posso decidere con chi connettermi. – spiega con un sorriso malandrino la ragazza.

Salgo un altro gradino della scala traballante che il commerciante usa per arrivare ai punti più alti dello scaffale su cui tiene tutti i suoi articoli.
Non appena arrivo in cima, mi sporgo, per cercare di arrivare a prendere l’ultimo oggetto della lista delle cose da comprare.
Mi sporgo ancor di più, ma ho esagerato perché perdo la presa sulla scala e precipito dall’alta scala.
Cado, cado e cado.
La terra mi attira a sé e il ricordo di quando sono arrivata qui, ad Alias, più vivido che mai.
Ma, come quando sono arrivata qui, non vengo a contatto con il terreno ma con due forti braccia che mi impediscono di cadere.
Alzo lo sguardo, con una lentezza che esiste solo nei sogni ed incontro gli occhi di un ragazzo.
Bellissimo, è questo, il mio unico pensiero.
Ha i capelli corti, talmente dorati che lo scambierei per un Discendente della Luce, se non fosse per una ciocca più lunga, verde, adornata di perline dello stesso colore. I suoi occhi sembrano fatti di smeraldo e mi incantano e ipnotizzano. Il naso è sottile, come le labbra. La sua pelle è liscia ed ambrata.
Indossa una maglietta verde scuro e dei pantaloni che gli scendono larghi fino a terra, con qualche sfumatura verde. In spalla tiene un piccolo zaino di cuoio. Sembra un viaggiatore.
I miei occhi verdi come il mare sono ancora ipnotizzati dai suoi. Non riesco a distogliere lo sguardo, o meglio, non voglio…
Socchiudo la bocca e faccio un sorrido riconoscente. Lui ricambia e posso constatare che ha il più bel sorriso che io abbia mai visto.
- Fortuna che ero qui, altrimenti avresti fatto una bella caduta. – constata. Io annuisco, ancora in trance. – Già… - una ciocca di capelli mi finisce in faccia, coprendomi un po’ l’occhio sinistro. Lui me la sposta, con ancora quel bellissimo sorriso in volto.
- Hai dei bei capelli. Non ho mai visto un Discendente dell’Acqua con questo colore. –
- Ah. – dico solo. Il ragazzo mi fa scendere a terra (non mi ricordavo neanche che fossi ancora tra le sue braccia) e dice con voce un po’ roca:
- Bé, io devo andare. –Dentro di me, ogni mia piccola particella vorrebbe gridare “resta!”.
Ma che figura ci farei? Io questo ragazzo neanche lo conosco, di lui so soltanto che ha un sorriso splendido e gli occhi come due smeraldi. Punto. Neanche il suo nome. Anche se potrebbe essere qualcosa come: “il-tipo-al-momento-giusto-nel-posto-giusto-che-ti-salva-da-una-brutta-caduta” non sarebbe male; però penso che Tia lo soprannominerebbe più con qualcosa del genere “mister occhi smeraldo con un bel sorriso”. Si. Decisamente si.
Chissà che nomignolo ha dato ad Ercal, allora…
Oltre a brezza estiva, ad Einstein e a prototipo formato gigante di un Einstein venuto scemo, ovvio.
Magari un giorno di questi glielo chiedo…
Intanto annuisco all’affermazione del ragazzo. Credo che, se parlassi in quest’istante, la mia voce mi potrebbe tradire anche con troppa facilità.
Ma vale la pena tentare.
- Grazie per avermi presa. – mormoro. Lui sorride. Arg!
Dopo aver preso finalmente quella roba strana che cambia colore (alla fine mi sono arresa alla logica illogica di Tia), ritorno da Iris e Tia, mi sembra di camminare su una nuvola.
- Ma che hai? – mi domanda Tia, portandosi dietro un orecchio una ciocca scappata alla acconciatura che oggi le ho fatto con tanto impegno. Tanta fatica sprecata. Ma lasciamo stare.
- Non mi cambierò mai più colore di capelli. –rispondo, in trance.
- La vedo difficile, - commenta Iris, sorridendo. – visto che il colore lo ha scelto il tuo Elemento. –
- Aaaaaawwww…. La nostra Ilio si è innamorata! – esclama Tia, guardandomi con un sorrisetto strafottente. All’istante, il sorriso che poco prima avevo in faccia sparisce ed io la fulmino con i miei occhi verdi come il mare.
- Zitta, nana. – sibilo, infastidita, utilizzando il soprannome che le ha affibbiato Eracl da quando si conoscono.
- Tu passi troppo tempo con Eracl. – sentenzia Iris, mentre corruga la fronte e Tia annuisce convinta. Poi la ragazza mi si avvicina e dice, alzando una mano e posandomela sulla spalla:
- Ti ha morso? – il suo tono è preoccupato. Ma cosa sta dicendo? Chi mi avrebbe dovuto mordere?
- Ma chi…- comincio a dire, confusa.
- Eracl. – dice lei, come se fosse una cosa scontata. Poi appare nel suo viso un’espressione concentrata. Mi riguarda ancora negli occhi. – allora, come ti ha infettata? –
- Cosa? –
- A non lo sapevi? Pensavo che ti avesse infettato in un qualche modo, per spiegare il fatto che mi hai dato della nana. – rabbrividisce. – ma se non è così, allora è vero. –
- Cosa? – sono sempre più confusa.
- La Eraclite è più contagiosa di quanto pensassi. E per averla non serve neanche un morso! – Tia rabbrividisce ancora una volta, mentre Iris scoppia a ridere, gettando all’indietro la testa. Agli occhi le compaiono delle lacrime dovute alle troppe risate e si tiene la pancia con tutte e due le mani. Come mi ha detto una volta Kori, sembra che non rida da molto tempo.
Se la cosa è vera, mi rattrista un po’.
- Ehi. Guarda che non ho detto niente di che. Se vuoi posso raccontarti delle battute migliori del mio repertorio. – dice la Discendente della Terra. Poi, fa un sorriso sadico. – guarda caso, sono tutte su brezza estiva. – il sorriso si allarga.
Adesso si, che fa paura.
Però scompare all’istante quando la ragazza si volta e il suo sguardo incontra la figura di un bambino magrissimo. Inclino la testa di lato.
Mi ricorda qualcuno.
Si, deve essere lui: il bambino per cui Tia ha quasi rischiato di farsi tagliare la mano quando siamo arrivati qui, ad Alias.
Lo sguardo della ragazza si fa subito dolce e le compare in volto un sorriso intenerito.
Si volta per posare lo sguardo sulla bancarella che si trova alla nostra destra.
Oh, no.
Conosco quello sguardo, e, da come la guarda Iris, credo che lo abbia riconosciuto anche la ragazza con gli occhi bicolore. Prima che Tia possa fare qualcosa di stupido, Iris interviene dicendo:
- Non ci pensare neanche. Tia, è meglio che tu lasci stare. Eiran si infurierà tantissimo se lo scopre. – il suo tono è deciso, non ammette un no come risposta, ma sa benissimo che questa ragazza è leggermente testarda.
- Appunto. Se lo scopre. – Tia rivolge ad Iris un sorriso furbo. Volge il suo sguardo verso la bancarella per poi riportarlo sul bambino. – E poi, io qui non vedo nessun grassone intenzionato a tagliarmi una mano. Quindi non può accadere niente di male. –
Perché queste mi sembrano tanto le “ultime parole famose”? penso sarcastica.
- Ma… non potresti far semplicemente crescere una pianta? – chiede Iris. Tia assume un’espressione corrucciata.
- Non è così semplice. Io riesco a dominarle, a farle crescere ma non come intendi tu. In quel caso, dovrei crearle dal nulla ed è abbastanza difficile. – poi sul suo viso compare un sorriso. – e poi non devi preoccuparti… - è solo una mela! O qualunque cosa sia… -
- Ma se tu la pagassi? – tenta ancora la ragazza, scostandosi una ciocca di capelli neri che le era andata davanti all’occhi dorato. Per un attimo, Iris mi è sembrata solo una normale e bella ragazza, forse un po’ emo, con i suoi capelli e l'occhio nero, ma normale, nel senso di umana, terrestre. Mi chiedo cosa penserebbero adesso le persone che ho lasciato in Italia di me. Forse un po’ cambiata, visti i miei capelli blu. Nel frattempo, Iris e Tia hanno continuato a parlare:
- Ok. Dammi qualche moneta. – chiede la ragazza, liberando i suoi ricci dalla capigliatura.
Faccio una specie di verso di disapprovazione, ma Tia lo ignora.
- Non ne ho nessuna. – replica Iris. le ragazze si girano verso di me.
- Neppure io. –
- Ok, adesso che sappiamo che non abbiamo neanche un soldo bucato, che tra l’altro non penso che esistano, forse in Cina ma sto divagando… mi concedete l’onore di prendere una stramaledettissima mela per questo povero bambino?! – dice, facendo uscire dell’aria da una narice. La sua voce indica il suo stato vicino all’esasperazione.
- Serviti pure. Ma fa’ attenzione. – dice l’altra, sbuffando, anche lei esasperata.
- Bene. –Tia, approfittando di un attimo di disattenzione del commerciante, agguanta un frutto a caso, sembra un melograno, però con delle sfumature blu e verdi.
Con un sorriso, distolgo lo sguardo dalla mia amica per volgerlo sul mercato, sperando di poter scorgere una chioma dorata tra la folla…
Niente. Uff.
Ma, purtroppo o per fortuna, a seconda del punto di vista, ne noto una color topo, che si sta dirigendo verso di noi.
Dedicandole un’altra occhiata riconosco la persona a cui appartiene: uno degli uomini di Rendak, nominato da Tia “il tizio sovrappeso a cui non darei mai un coltello”.
In effetti la ragazza non ha tutti i torti…
- Ehm… ragazze? – cerco di richiamare l’attenzione delle altre due, riuscendoci solo a metà, visto che solo Iris alza lo sguardo per incontrare il mio. E poi nota l’uomo che sta vendendo verso di noi. Nei suoi occhi riesco ad intravedere un lampo di comprensione, paura e determinazione.
La ragazza si volta verso Tia e le prende di mano il frutto, in tempo per essere vista con “la refurtiva” da “il tizio sovrappeso a cui non darei mai il coltello”.
Ma cosa vuole fare?
Per un momento in cui tutto sembra fermarsi e tacere.
Iris si scambia uno sguardo con me e Tia e l’uomo, ormai a poca distanza da noi.
- Andate subito da Eiran. E quando dico subito, intendo che, se aveste usato un portale, ci avreste messo più tempo. Io me la caverò. – dice sbrigativa. Lancia il frutto al ragazzino e fugge, subito inseguita dall’uomo di Rendak.Non ce lo facciamo ripetere due volte che siamo già sulla strada per andare dagli altri.
Grazie all’adrenalina, riusciamo ad arrivarci in poco tempo.
Entriamo spalancando la porta, facendo molto rumore e interrompendo così una discussione tra Gene ed Eracl. Tia mi rivolge un’occhiata e capisco che lei preferisce rimanere qui, a cercar di evitare che i due cugini inizino di nuovo a litigare.
Annuisco e faccio per andare in camera di Eiran ma mi scontro con qualcosa. O dovrei dire qualcuno, visto che si tratta di un Kori assonnato e sicuramente svegliatosi da poco?
- Ehi, come mai così di fretta? – alzo di poco la testa per incontrare il suo sguardo, visto che anch’io sono alta, circa 1,70, e dal mio, lui capisce all’istante che qualcosa non va. –cosa c’è che non va? –
- Eravamo a prendere qualcosa da mangiare. – mormoro a voce bassa.
- Iris? – era ovvio che Kori si sarebbe subito accorto dell’assenza della Discendente del Buio e della Luce.
- Non lo so dov’è. – affermo. – è scappata e quell’uomo, uno di Rendak, il tizio che voleva tagliare una mano a Tia, l’ha inseguita. Tia ne ha combinata un’altra delle sue. –Non faccio in tempo di finire di spiegargli la situazione che Kori si fionda fuori dalla porta.
Sospiro e continuo ad andare verso la stanza di Eiran.
Mi fermo davanti alla porta di legno scuro e busso.
Come per magia, questa si apre ed io entro.
- Eiran? –Non sono mai entrata nella sua stanza e, cavoli, mi sarebbe piaciuto averlo fatto prima:
nell’aria si sente una melodia, che cambia, ora è triste, ora dolce, ora arrabbiata, ora felice. Ascoltandola, mi sembra di vedere delle immagini che si alternano come lo fanno i tipi della melodia.
Le pareti sono coperte da scaffali riempiti fino allo stremo di libri, da alcuni emergono dei fogli un po’ ingialliti. In mezzo alla stanza c’è un letto ad una piazza, con delle lenzuola bianche, davanti al quale si trova una scrivania, a distanza di due metri dai suoi piedi.
Alcuni libri, che evidentemente non hanno posto sulle librerie, sono accatastati vicino a questa.
Poi, sulla scrivania, ci sono tantissimi fogli e oggetti con cui scrivere. Che si stanno muovendo. Non sto scherzando.
Decine di matite e stili stanno muovendosi sui fogli di carta, scrivendo.
Eiran si trova seduto a gambe incrociate sul letto.
Indossa una maglia bianca, a maniche lunghe e pantaloni dello stesso colore.
Il suo viso sembra essersi fatto più magro, e sotto i suoi begli occhi verde chiaro ci sono delle occhiaia profonde, quasi violacee. I corti capelli neri sono tutti scompigliati.
Sta guardando una foto, con sguardo allucinato e nel frattempo muove la bocca, come se ci stesse parlando, e in effetti lo sento sussurrare, ma non capisco cosa dice.
Quando entro, lui distoglie lo sguardo dall’oggetto e smette di sussurrare e contemporaneamente le matite e le penne si fermano, e così anche la melodia.
- Cosa stavi facendo? – chiedo.
- Dettavo le mie memorie. – risponde con voce incolore il ragazzo.
- Oh, ma dai! Mica morirai così presto. Insomma, quanti anni hai? –
- Trentanove. –
- Cosa?! –
- Uso un incantesimo per sembrare giovane. – mi rifila un’occhiataccia. – ma il motivo per cui lo faccio, non è affar tuo. –
- Quindi le matite e gli stili scrivevano le tue memorie. – affermo. – perché? –
- Ogni Custode scrive un proprio libro in cui ci sono tutti gli avvenimenti a cui ha partecipato. – la sua voce è ancora neutra. Lancio uno sguardo ai libri che riempiono gli scaffali della stanza.
- E la musica? –
- Lavoro meglio se ascolto le altre memorie. – afferma. Sembra che sia molto stanco, ma non nel senso di affaticato fisicamente parlando, è come se fosse non ne potesse più, come se avesse oltrepassato un limite di sopportazione. Del resto è normale: ha scoperto da una settimana che sarebbe stato padre. Chiunque non ce la farebbe se lo venisse a sapere.
- Non era musica? Ecco perché vedevo delle immagini…- riporto lo sguardo su di lui.
- È quello che fanno le memorie se le ascolti. Quando succede, non senti parole ma una melodia e questa ti fa vedere della cose. – spiega. – perché sei qui? - la sua voce pare spezzarsi quando pronuncia l’ultima parola.Gli spiego cos’è successo e sul suo volto da diciottenne compare un’espressione seria, che accolgo con enorme sollievo. Almeno non ha più quell’espressione stoica.
- Quindi Kori è andato da lei. – dice ed io annuisco.
- Ci andiamo anche noi o cosa? –Lui fa cenno di no.
- No. Non servirebbe. Quei due sono in grado di farcela da soli. È per questo che vi sto addestrando, no? – fa un sorriso ironico. – non c’è niente per cui dovremmo preoccuparci. – si ferma un attimo, forse per pensare. Mi squadra, come per esaminarmi e cercar di capire cosa far con me.
- Allora vado… - faccio per uscire.
- No. – Eiran mi afferra per il polso e mi fa girare verso di lui.
- Cosa c’è? – i suoi occhi verde chiaro sono fissi sui miei.
- Ho saputo che si è rivelato un tuo Talento. – annuisco, insicura. E adesso cosa c’entra? - Ho un’idea su come usarlo. -

Note dell'autrice:
FINALMENTE!!!!!!!!!!!
CI SONO RIUSCITA!!!!!!!
Questo capitolo è stato un PARTO da scrivere. Ci avrò messo secoli per finirlo,
All'inizio doveva essere più lungo, volevo descrivere anche cosa sarebbe successo dopo, ma poi ho pensato che, con questa fine, sarebbe stato migliore.
Comunque... in questo capitolo ho parlato della reazione di Eiran. Mi dispiace aver deluso i lettori che pansavano che il bel Custode si sarebbe chiuso in camera a piangere, lui non è il tipo ù.ù
Che ne pensate di questo capitolo? A me non piace molto... Però non trovo male l'ultima parte. Mi piacerebbe avere una stanza come quella di Eiran XD
Un grazie a che ha aggiunto questa storia tra le proprie liste, e a chi ha recensito il precedente capitolo: BekySmile97, J_angel, Lacus Clyne, TiaSeraph, Nocturno, ValeryJackson, Poketonx.
Ragazzi, vi adoro.

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Capitolo 22
*** 21. L'esser testardi ***


Iris.
 
Talia si lisciò ancora una volta l’abito nero, cercando di sistemarsi al meglio per quell’occasione.
Si portò una ciocca di capelli anch’essi neri dietro l’orecchio e guardò il suo fidanzato, Aaron.
Quella sera, indossava una camicia dorata, con pantaloni dello stesso colore. Al collo portava, come al solito, il suo medaglione, che sembrava risplendere di luce propria.
- Ho già detto che questo incontro è totalmente inutile, per me? – chiese lei, dal suo tono di voce si capiva che non era la prima volta che faceva quella domanda. Aaron le rivolse un sorriso incoraggiante.
- Almeno un milione di volte. – il sorriso si allargò.
- E allora perché lo facciamo? –il tono di voce di lei era leggermente infastidito.
- Perché è una tradizione? -
- Questa è una domanda o una risposta? –
- Una risposta. – rispose lui, convinto.
- Comunque non è vero: quella di presentare la propria fidanzata del Buio ai propri genitori della Luce, per lo più Capi della Discendenza, non è una tradizione. Sai benissimo che noi siamo la prima coppia formata da due Discendenti del Buio e della Luce. – replicò lei.
- Sbaglio o sei nervosa? – le rispose con un po’ di divertimento nella voce.
- Sbagli. – ribatté la ragazza, sbuffando. Aaron alzò le mani, in segno di resa. Un sorriso divertito gli comparve in volto. Sapeva perfettamente che la ragazza era molto nervosa, ma che non l’avrebbe mai e poi mai ammesso. Era troppo orgogliosa per farlo.
- Va bene, è vero non è una tradizione. Ma per me è importante. – replicò, testardo, come sempre.
- Perché? Lo sanno che stiamo insieme. Tutta Alias lo sa. – il suo tono era un po’ lamentoso.
- Ti vergogni di me? –
- Sai benissimo che non è così. – Talia sospirò.
- Allora qual è il problema? – insistette il ragazzo.
- Il fatto che tu insista perché io incontri i tuoi genitori. –
- Guarda che non cercheranno di ucciderti. La tregua esiste ormai da vent’anni. – disse lui, riferendosi ad una pace stipulata anni fa dalla sua Discendenze e quella della ragazza. Dopo anni di guerra, la Luce e il Buio avevano deciso di averne abbastanza con tutte quelle battaglie, così avevano firmato un trattato di pace. Avevano poi unito le due capitali delle Discendenze, in modo che nessuna delle due avesse ripensamenti.
- Si, ma nonostante tutto, non è ancora esistita una coppia come la nostra, non ti sei mai chiesto il perché? –
- Noi siamo speciali. –
- Sembra che tu intenda che siamo matti. –Aaron le si avvicinò e circondò la figura minuta della sua ragazza con un abbraccio incoraggiante.
Strinse a sé Talia, come se non volesse più staccarsi da lei, avvicinò la bocca all’orecchio di lei le diede un bacio sulla pelle che stava tra l’orecchio e la mascella.
Poi allontanò la bocca dalla sua pelle, a fatica, sinceramente, e le sussurrò:
- Lo sai che ti amo, no? – le chiese il ragazzo, con voce un po’ roca. La ragazza annuì. - Tutti i nostri amici lo sanno. I miei genitori no. Pensano che sia una cosa passeggera. Voglio dimostrar loro il contrario. – e poi, fregandosene del fatto che fossero davanti alla porta di casa sua, la baciò.
Le sue mani si appoggiarono sui fianchi di lei, mentre quelle di Talia attorno al collo di Aaron. Il ragazzo si chinò, per star ancor più vicino alla sua fidanzata e per approfondire il bacio, quando sentì la porta di fronte a loro aprirsi.
Subito i due si staccarono, leggermente imbarazzati.
Che figura…  pensò Talia.
- Mamma. – mormorò Aaron, con le guancie lievemente arrossate e le labbra gonfie.Talia immaginò che doveva avere lo stesso aspetto di lui, adesso, e che forse era anche più evidente, vista la sua carnagione pallida.
La ragazza scosse la testa, come per dimenticarsi di quel particolare e guardò la madre di Aaron.
Francamente, non riusciva a trovare alcuna somiglianza, tra i due.
Infatti, la donna aveva gli occhi dorati e rotondi, ravvicinati, la bocca con labbra sottili e il naso aquilino e il viso era leggermente lungo.
Era però una donna alta e magra, superava il 1,60 di Talia di almeno dieci centimetri.
La donna rifilò alla Discendente del Buio un’occhiata diffidente e la ragazza la ricambiò. Non si sarebbe intimidita solo perché una signora la guardava male. Si grattò il polso sinistro; dove stava un tatuaggio raffigurante il simbolo della sua Discendenza: un eclissi stellare.
- E quindi tu saresti Talia. La famosa Talia del Buio. Piacere, io sono Sisien. – le rivolse un sorriso falso e le offrì la mano che la ragazza strinse, facendo un sorriso non troppo convinto.
- Piacere. –
- Entrate. – Sisien ritirò la mano e li fece entrare nel palazzo.Dentro, era tutto… splendente. Sembrava che ogni singolo oggetto fosse capace di fare luce.
Non era esattamente il luogo adatto per una Discendente del Buio, visto che nel palazzo non c’era neanche uno straccio d’ombra.
La madre di Aaron li scortò nella sala da pranzo.
La stanza aveva al suo centro un grande tavolo, di un legno leggermente rossastro.
Era stato già apparecchiato per quattro e a capo tavola sedeva un’ uomo tarchiato, con pochi capelli biondi e occhi dorati.
Evidentemente era il padre di Aaron.
Possibile che neanche lui gli somigliasse?
Talia scosse ancora una volta la testa e si sedette.
Che i giochi abbiano inizio.
Prima di parlare, Sisien aspettò fino alla seconda portata, dopo aver ascoltato una conversazione,  portata avanti con difficoltà, tra Talia, suo figlio e suo marito sullo sport più popolare di Alias, l’Enek.
- E da quanto state insieme? –chiese, all’improvviso, quando i tre finirono di parlare chi fosse per loro il giocatore più forte. Talia deglutì rumorosamente, meritandosi un’occhiataccia da parte di Sisien.
- Quattro mesi. – rispose Aaron.
- Ma ci conosciamo da sei mesi. – concluse Talia.
- E… come vi siete conosciuti? – borbottò Naomir, il padre di Aaron. Ma cos’era quello, un interrogatorio?!
- Abbiamo degli amici in comune ma prima di qualche mese fa non ci eravamo mai incontrati. – rispose vaga la ragazza. L’uomo annuì, come se si ritenesse soddisfatto e continuò a mangiare.
- Ad esempio? – Sisien, evidentemente non si arrendeva facilmente.
- Kara dell’Acqua e Nar della Terra. – rispose all’istante la ragazza. – e anche il Custode Eiran. – Sisien storse il naso.
- Non mi è mai piaciuto quel ragazzo, Aaron. Lo sai. Ha un atteggiamento un po’ troppo da saccente, per i miei gusti. E non prende mai qualcosa sul serio. – disse la donna, rivolgendosi al figlio. Talia alzò un sopracciglio,  questo era troppo.Andava bene che la guardasse male, che le facesse un interrogatorio ma nessuno doveva criticare il suo migliore amico.
La ragazza fece un respiro profondo e sentì lo sguardo preoccupato di Aaron su di lei. Gli sorrise e si rivolse alla sua probabile futura suocera:
- Veramente, signora, Eiran è un bravissimo Custode. Può essere saccente, lui preferisce far capire subito che sa, e questo potrebbe avergli fatto credere di essere bravo, cosa che è, ma ho conosciuto persone davvero molto più arroganti di lui. E poi, credo che sia un amico fantastico. Infatti, è il mio migliore amico. – la sua voce era ferma, decisa e orgogliosa. – e poi, Eiran ha un senso dell’umorismo tutto suo. Ma forse lei non lo conosce abbastanza per saperlo e quindi reputo che questo non le dia il permesso di criticare o semplicemente giudicare gli amici di Aaron. Credo che lui sia in grado di farlo da solo. – si scambiò uno sguardo di sfida con Sisien per poi posare il suo sguardo su Aaron, che la guardava con ammirazione e… amore.
Sisien storse il naso, infastidita dal discorso di Talia. – Quindi state insieme da quattro mesi. Ed è una cosa seria tra di voi? –  era sorprendente la velocità con cui cambiava discorso.
All’improvviso, l’attenzione del marito fu di nuovo sui due fidanzati, li squadrò bene, cercando di capire la risposta senza ascoltarla.
A rispondere, fu Aaron. Il ragazzo guardò Talia e poi la madre.
- Si, lo è. Personalmente, mi potrei sposare con lei anche subito. Anzi, perché non lo facciamo? –
Sul volto della sua fidanzata comparve un sorriso divertito, vedendo l’espressione terrificata e sorpresa dei genitori del ragazzo.
- Aaron! Ma cosa stai dicendo? Sposarti? Adesso? E con… lei? – il tono di Sisien era a dir poco isterico. Aaron buttò la testa all’indietro e rise.
- Stavo scherzando. Io non sono il tipo che si sposa solo dopo quattro mesi di relazione, piuttosto dopo cinque. – spiegò, ancora scosso dalle risate. Sisien non abbandonò la sua espressione per il resto della serata.Finita la cena, la donna invitò Talia a fare una passeggiata con lei nei palazzi del palazzo.
Visto che era ormai notte, il buio si era fatto strada, coprendo totalmente la città, come ormai accadeva ogni giorno.
Infatti, nelle ore di luce, questa veniva emanata dalle lune della Discendenza dell’Aria, del Fuoco, dell’Acqua, della Terra e dalla Stella della Luce; mentre nelle ore notturne, provvedeva la luna del Buio ad oscurare tutto quanto.
Però la visibilità era agevolata da delle sfere di luce che galleggiavano sopra i giardini.
Talia immaginò che si attivassero sempre, dopo una certa ora.
Dei sentieri argentati circondavano il palazzo e alcuni di questo attraversavano i giardini, perfettamente curati. Aiuole di fiori risplendevano, sotto la luce delle sfere di luce.
I loro petali erano ampi e colorati con sfumature dell’oro e del giallo.
Più dentro, verso il cuore del giardino, si trovavano degli alberi, probabilmente da frutto, con la corteccia argentea e la chioma verde, che brillava di sfumature violacee.
Quando furono proprio sotto uno di questi, Sisien parlò:
- So che sei una ragazza intelligente, quindi credo che non ci sia bisogno di dirti che non mi piaci. - la donna squadrò Talia. Quella, era una perfetta Discendente del Buio, pensò con disgusto: i suoi capelli erano quasi ricci e totalmente neri, gli occhi, contornati da lunghe ciglia nere, sembravano fatti con l’Uriiik, una pietra preziosa nera, da quanto erano scuri e allo stesso tempo splendenti, la sua pelle era così pallida da essere bianca, al polso aveva il simbolo della sua Discendenza e i suoi vestiti erano così scuri che parevano fatti con il buio stesso. Però, nonostante non la potesse sopportare, Sisien dovette ammettere che era davvero bella. E troppo, troppo diversa da suo figlio, per poterci stare.
- E allora sa anche che me lo aspettavo. – replicò Talia, lanciandole uno sguardo di sfida, mentre alzava il mento con caparbietà, orgoglio e determinazione.Sisien assunse un’espressione infastidita.
- Bando alle ciance. Guardati: una perfetta Discendente del Buio. E, adesso, pensa ad Aaron. Usa tre aggettivi per descriverlo. – Talia alzò un sopracciglio.
- Perché dovrei… uff. va bene. Aaron è… solare, divertente e… dolce. Ma adesso cosa c’entra? –
- E invece tu sei il completo contrario. Credi davvero che voi due possiate stare insieme? –
- Mai sentito dire: “gli opposti si attraggono”? –
- Ma non si frequentano. –
- Lei non ha il diritto per evitar di farmi vedere Aaron. – la voce della ragazza era gelida, fredda come il ghiaccio, ma quella della donna non era da meno. Talia si portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, con un gesto furioso. Sbuffò infastidita.
- Questo no, e non posso farlo neanche con mio figlio, visto che ha raggiunto la maturità da tempo, ma sei sicura che la vostra relazione possa portare qualcosa di buono? Fino ad ora nessun Discendente della Luce ha mai frequentato uno del Buio. Le nostre Discendenze hanno avuto una lunga storia di guerra, alle spalle. –
- Il nuovo non sempre è negativo. –
- Tranne in questo caso. –Talia strinse a pugno le mani. La sua bocca ora era una linea dura.
- Questo lo dice lei. – replicò, fredda.Si voltò e si incamminò verso l’uscita del castello. Aveva in mente di andarsene senza salutare Aaron, e ci sperava, visto che non voleva vedere nessuno, in quel momento. Ma la sua speranza si infranse quando andò a sbattere contro il ragazzo.
- Talia! – il suo tono era felice, dolce e con un tocco di affetto che aveva sempre, quando si rivolgeva a lei. – Talia, che hai? – le chiese, poi, quando si accorse della sua espressione turbata e furiosa.
- Niente. –
- Mia madre? – il suo tono faceva capire che Aaron non era per niente sorpreso che Sisien si fosse intromessa nella loro relazione.
- Tua madre. – confermò la ragazza, con tono tetro. Il ragazzo sospirò.
- Me lo aspettavo. Speravo che non lo facesse ma è fatta così. –Notando che la ragazza non diceva niente, ma che si limitava ad abbracciarlo, la strinse a sé.
Le diede un bacio sulla fronte.
- Sai che facciamo adesso? – le chiese, con tono giocoso.
- No. – borbottò in risposta lei.
- Andiamo dai tuoi. Ho sempre voluto vedere il palazzo della Discendenza del Buio. –Talia inarcò il sopracciglio destro. – Davvero? Dopo questo saresti pronto ad incontrare i miei genitori? –
- La notte è ancora giovane. – replicò lui, con la solita testardaggine che lo caratterizzava.E con la risata di lei nell’aria, i due fidanzati andarono a casa di Talia, sperando di non traumatizzare troppo i genitori della ragazza con il senso dell’umorismo di lui.
 
Sbatto le palpebre per tre volte.
Poi, un sorriso mi compare in volto.
È da un po’ che mi sono abituata a questi ricordi sui miei genitori e il cuore mi si scalda sempre, quando li sogno.
Adesso mi sono familiari l’orgoglio di mia madre e la dolcezza di mio padre. Con il tempo, ho cominciato a riconoscere il loro come vero amore, quello che unisce due persone che affrontano il mondo, insieme. Ed in effetti loro lo hanno fatto.
Porto le mani dietro la testa e volgo lo sguardo al soffitto della cella.
Sospiro.
Alla fine l’uomo di Rendak mi ha preso e sbattuto qui.
Mi ricorda gli anni che ho trascorso in quel riformatorio. E il motivo per cui ci sono andata, ovviamente. Deglutisco, nervosa.
La prima volta che ho sognato i miei genitori, ho fatto un incubo. Per questo, sono andata da Kori.
Arrossisco lievemente al pensiero del Discendente del Fuoco.
Lui ha la capacità di tranquillizzarmi e farmi ridere. Mi piace. Tanto. Forse troppo. Penso sempre a lui, infatti, se chiudo gli occhi, lo vedo. Chissà se anche a lui pensa a me, adesso…
Scuoto la testa, cercando di concentrarmi su cosa fare.
Le segrete sono sotterranee e le celle scavate nella roccia, come il corridoio su cui si affacciano. Dentro ognuna di queste, si trova una piccola branda  e basta. Quasi quasi era meglio la prigione del Texas. C’è poca luce e questo mi conforta e fa sentire a disagio allo stesso tempo. La conseguenza di essere sia una Discendente del Buio che della Luce…
Invece delle sbarre, a cui a volte mi aggrappavo in quei tre anni d’inferno, c’è una rete, elettrificata. Purtroppo ho dovuto verificare sulla mia pelle. Probabilmente, il merito è da dare ad un Custode.
Mi volto, quando sento la porta aprirsi. È lui. Mi metto a sedere e gli lancio uno sguardo pieno di astio. Non ce lo voglio così vicino a me. Lui nota la mia espressione e sorride. Vorrei colpirlo, ma se lo faccio, lui si renderà conto che non sono una Custode e potrebbe capire chi io sia in realtà: la figlia di Talia del Buio ed Aaron della Luce.
L’uomo cammina verso di me e si siede nella brandina, a pochi centimetri da me. Si gira verso di me e mi guarda in modo strano. Deglutisco.
Si fa ancor più vicino, la sua gamba è a  cinque centimetri dalla mia.
Mi scosto, disgustata dalla sua vicinanza e cerco di calmarmi, così penso a Kori.
Kori, con i suoi occhi dolci. Kori, con i capelli sempre arruffati. Kori, con le sue fossette che compaiono quando sorride… il pensar a lui mi calma all’istante ed espiro.
Sento una mano sulla spalla. La sua. Mi volto verso di lui e gli lancio un’occhiataccia. Allontano la mano. Riesco a sentire il suo odore: sa di fumo e sudore. Storco il naso.
- Cosa vuoi?! – gli chiedo, con voce furiosa e infastidita.
- Mi pare ovvio. – la sua voce è roca. Mi ricorda qualcuno… - nonostante tu sia una ladra, non sei male. – cosa?!La sua mano si appoggia sulla gamba e non resisto più.
Stringo i pugni e mi sento libera, come se fino ad ora fossi stata incatenata.
Mi sento potente, fortissima, invincibile. Adesso sono ancor più consapevole del buio attorno a me. L’uomo non sembra accorgersi di cosa mi sta succedendo e la sua mano sale, sollevando la stoffa del vestito bianco. Mi fa schifo, sentire la sua mano sulla mia pelle. Mi alzo di scatto e lo guardo con rabbia.
È questione di un attimo e attorno a lui è tutto nero. Delle ombre solide.
Queste lo sollevano in aria e lui agita le gambe, terrorizzato.
Faccio un sorriso, forse non si aspettava che avessi reagito.
Sollevo il pugno e le ombre si stringono ancor di più. Con un movimento fulmineo della mano, lo spingo contro la rete elettrica e sento la corrente  friggere la sua carne. Mi concentro su di lui e lo sbatto contro il muro di pietra, senza neanche toccarlo. Sento uno scricchiolio e poi tutto si fa confuso. So solo che sto correndo, fuori da questo posto orrendo. Attorno a me sento scorrere gli edifici, le persone, tutta Alias.
Quando mi fermo, mi ritrovo davanti una colonna enorme.
Ha il diametro di circa dieci metri e ne è alta quasi venti. È vicino ad un lago torbido, con l’acqua sporca, sulle sue rive ci sono alcuni arbusti, rinsecchiti, prossimi a morire.
Batto un piede per terra e il pezzo che sta sotto di me si alza, e mi porta in cime alla costruzione. La vista è mozzafiato. Posso vedere la città, la gente, da questa grande altezza. Sento il cuore battermi a mille, forse per la corsa o per quello che è appena accaduto. Chiudo gli occhi e cerco di non pensar a niente. Difficile.
- Ehi. – dice una voce alle spalle. Il mio cuore si ferma, come sempre quando avverto vicino a me Kori. Mi giro e ho un tuffo al cuore. Un sorriso mi compare subito in volto. È qui.
- Perché sei qui? – credo che si capisca chiaramente che sono felice di vederlo…
- Ilio mi ha raccontato cos’è accaduto. – smetto di sorridere.
- Come hai fatto a trovarmi? – domando curiosa. porta una maglia rossa, sporca di polvere e tutta sgualcita e pantaloni dello stesso colore e, se possibile, in condizioni peggiori.
- Ti ho cercata. Poi, quando non ti ho vista, sono entrato nella testa di un sacco di gente, troppa. Infatti mi è venuto il mal di testa ma questo non ha importanza. Dovevo trovare qualche vago ricordo di te. E l’ho trovato. – Kori fa un sorriso sollevato. – una donna ti ha vista mentre quell’uomo ti ha presa. – quando si riferisce a lui, il suo tono è sprezzante, pieno d’odio. – così sono andato in prigione. Per aiutarti ma ho visto che non ne avevi bisogno… ho fatto in tempo per vederti difenderti da lui e scappare via. Ho cancellato il ricordo di come ti sei difesa, trasformandolo. – si gratta una guancia, con un po’ di imbarazzo.
- Quindi questo è il tuo secondo Talento. – deduco con un sorriso.
- Esatto, Iris, sono capace di creare delle illusioni. Forte, no? – annuisco. Il suo tono non sembra troppo convinto… – ma adesso non è importante. Non ti ho mai vista usare delle ombre in quel modo. Non ti ho mai vista usare il buio, in realtà. Solo la luce, perché? – scuoto la testa, i capelli mi vanno davanti la faccia, creando una tenda nera tra me e lui. Non posso dirgli che il buio mi ricorda cosa mi ha fatto andare in prigione. Avrebbe paura di me. Si allontanerebbe da me. E non posso permetterlo. Non lo sopporterei.
- Non è importante. – dico, tentando di sviare il discorso.
- Iris, sono tuo amico. – veramente…per me saresti anche di più…  - puoi fidarti di me. –Io mi fido di te. E di me che non mi fido.
- Perché? –chiede. Cazzo. Ha sentito tutto.
- Kori, è una faccenda privata. –
- Perché? – ripete.
- Ma cos’ è?! Sai solo dire “perché”? ma cosa te ne può importare se uso solo la Luce, eh?! Perché ti intrometti in cose che no ti riguardano?! Solo perché sai leggere nella testa di chiunque non vuol dire che devi far da psicologo a tutti! – grido, isterica e sulla difensiva. Mi stringo le spalle. Mi dispiace da morire trattarlo così ma non posso permettere che lui sappia qualcosa di quello che ho passato prima di venire qui. Avrebbe paura di me. Come tutti. Mi guarderebbe con odio e paura. E non voglio che questo accada. Desidero che Kori continui a regalarmi un sorriso ogni volta che i nostri sguardi si incontrino, che mi parli, che mi faccia ridere. Desidero che il nostro rapporto non cambi. Quando finisco di parlare, Kori si limita a fissarmi e io ricambio, orma quasi sull’orlo delle lacrime. Poi, fa dei grandi falcate verso di me. A tre passi da me, vedendo che arretro, si ferma e sospira.
- Io sto cercando di aiutarti, Iris. – si capisce benissimo che si trattiene a stento dall’urlare.  Lo so, lo conosco e quindi so anche che è arrabbiato e abbattuto. Lui vuole aiutarmi.
- Nessuno ti ha chiesto il tuo aiuto. – ribatto, scontrosa. Incrocio le braccia e sostengo il suo sguardo.
- Ma ne hai bisogno. Lo hai quasi ucciso. – risponde.
- Tu non hai visto cosa ha cercato di farmi quel verme. – replico, gelida.
- No, questo è vero. Ma non significa che dovesse morire. – il suo tono cerca di esser ragionevole, ma ho capito che lui ha compreso cosa ha cercato di farmi e che lo vorrebbe uccidere lui.
- Tutti quelli che fanno del male agli altri meritano di… - mi fermo. Corrugo la fronte. Cosa sto dicendo? In testa risuonano le sirene della polizia, le grida di dolore e mi ricordo del buio che avvolgeva tutto, delle lacrime e del dolore che ho provato quel giorno. – no, nessuno merita di morire. – concludo, a bassa voce, guardando in basso. Mi sento fragile, come se fossi fatta di vetro.
- Iris? Cos’era quello? – domanda leggermente sconvolto il ragazzo di fronte a me. Rialzo gli occhi e guardo i suoi, pronti ad aiutarmi e appartenenti all’unica persona a cui affiderei la mia vita senza alcun dubbio.
- Ni… niente. – balbetto.Lui annulla la distanza che ci separa e mi afferra i polsi solo con una mano, mentre con l’altra mi prende il mento per far incontrare i nostri sguardi.
 - Non ti credo. – il suo tocco sembra irradiare elettricità. Sento delle scosse nei polsi, su tutta la faccia e perfino sulle punte dei piedi. Mi mordo il labbro inferiore.
Non dico niente. Mi limito a fissare il suo viso. Forse, se non parlo, si arrenderà e non mi chiederà più niente. Cerco di aggrapparmi a questa vana speranza. Non voglio che niente cambi. Non voglio perderlo, perché mi sto innamorando di lui, lo so.
Ed è per questo che, quando mi bacia, lo ricambio senza esitazioni.

Note dell'autrice:
Buenas dias.
Mi scuso per non essermi fatta sentire (?) prima, ma sono stata occupata. Ma parliamo d'altro:
1) mi sa che Lacus Clyne ormai odia Sisien... Ahahahah!
2) se pensate che sia neccessario che cambi rating, ditemelo. è la prima volta che scrivo qualcosa del genere... spero... bo, non so esattamente come abbia voluto che venga. Ditemi che ne pensate.
3) lunga vita all'Iriko! Muaahaahahhhahahah!
4) anche se non c'entra, che figata la nuova finestra per scrivere i nuovi capitoli! ^^ è cambiata.
5) Kori ha un'altro Talento! Praticamente, è capace di creare delle illusioni. E per questo può anche modificare i ricordi recenti. Faigo, vero?
6) un grazie enorme a chi ha recensito: AlterEstel08, J_angel, TiaSeraph, Poketonx, Lacus Clyne.
Spero di risentirvi tutti/e in una recensione <3

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Capitolo 23
*** 22. Dei ricordi rovinano tutto ***


Kori.
 
L’unica cosa a cui riesco a pensare in questo momento è a quanto mi odi.
Sto baciando la ragazza di cui mi sono innamorato per capire cosa nasconde.
Viscido. Meschino. Imbroglione.
Tre parole adattissime per descrivermi ma trovo che ognuna sia un eufemismo.
Cerco di non pensarci ma è difficile.
Le labbra di Iris sono morbide, e ricambiano il mio bacio. Sembra quasi un sogno. Che provi lo stesso che provo per lei? Le lascio i polsi e poggio l’altra mano sull’altra guancia, e le accarezzo il viso, mentre chiudo gli occhi e la sento buttarmi le braccia al collo.
Mi concentro e le sono dentro la testa. Come per la prima volta, è come se una piccola versione di me ci fosse entrata. Mi dirigo subito verso la parte dove ci sono i suoi ricordi.
E così vedo dei flash della sua vita…
 
Una bambina, forse sui cinque o sei anni, è davanti la scaletta per salire su uno scivolo. Indossa una maglietta larga e dei pantaloni corti che le stanno enormi. I suoi capelli sono cortissimi, quasi ricci, e neri. Le arrivano a mala pena all’ attaccatura delle orecchie piccole. I suoi occhi sono a mandorla, di un intenso nocciola e contornati da lunghe ciglia nere. La sua pelle è dello stesso colore del miele. Al collo porta un medaglione dorato che stona con il abbigliamento e che è evidentemente troppo lungo per lei, infatti, le arriva all’altezza dell’ombelico.
Iris.
Vista così, la si potrebbe anche scambiare per un maschio ma per me è impossibile.
Quando la bambina poggia il piede sul primo scalino della scala, un altro bambino la afferra per la maglietta viola e la spinge via, mandandola a terra. Cosa non troppo difficile, visto che lui è il doppio di lei, penso infastidito dal gesto del bambino dai capelli castani.
- Ahio! – replica Iris, con voce infastidita. – sei cattivo! – poi, si guarda il gomito sbucciato e sanguinante e gli lancia uno sguardo di collera.Lui la ignora e sale la scaletta, ma, quando è al quarto gradino, qualcosa di nero, delle dimensioni di un mio pugno, si sbatte contro la sua schiena. Il bambino perde la presa e cade.
Sorrido, soddisfatto.
Questo comincia subito a piagnucolare a accorre sua madre, una paffuta donna con le lentiggini e gli occhi chiari, per vedere se il figlio stia bene.
- Cos’ è successo, Walt? – le chiede premurosa. Walt si asciuga una lacrima, per me finta, e indica Iris, ancora a terra che ha guardato tutta la scena con un sorrisino.
- Quel bambino mi ha lanciato un sasso! – esclama indignato. Sul viso della madre compare un’espressione dura. Afferra Iris per il braccio e avvicina la faccia a quella della bambina.
- Dov’ è tua madre? – Iris cerca di divincolarsi, senza successo, al ché ci rinuncia e indica una panchina su cui è seduta una donna bionda, sui trentacinque anni, che sta fumando.
- Non ti somiglia per niente. – commenta la madre di Walt ma si avvia lo stesso verso la fumatrice. Grazie al fatto che questo è un ricordo di Iris, riesco a sentire che anche la bambina lo ha sempre pensato, con amarezza ma allo stesso tempo con  un pizzico di orgoglio. Non ha mai voluto assomigliare a Lily, ma le sarebbe piaciuto sapere da chi ha ereditato gli occhi o i capelli, il naso o qualsiasi altra cosa di lei. La donna strattona la bambina e la trascina verso sua madre.
- Scusi? – la bionda porta l’attenzione verso le due. Quando nota Iris, sospira seccata.
- Si? – replica con candore, mentre spegne la sigaretta.
- Questo è suo figlio? – la madre adottiva di Iris non fa notare all’altra che quella che sta tenendo per il polso è una bambina.
- Si. Perché? –
- Il mio Walt, ha appena detto che suo figlio ha lanciato un sasso al mio. – spiega.Finalmente, Iris riesce a scappare dalla presa della donna. Si allontana da lei e pesta un piede per terra. Sui suoi occhi nocciola noto un momentaneo riflesso nero. La bambina alza lo sguardo e incontra quello della madre di Walt.
- Io non sono un maschio! Sono una femmina, e il mio nome è Angela! – il suo tono è determinato, come non l’ho mai sentito nella voce di una sua coetanea. Sorrido e poi compare un altro ricordo.
 
Seduta sull’altalena di un cortile scolastico, sta una bambina, sui dieci anni, con lunghi capelli neri. Si dondola lentamente, scalciando con i piedi, mentre va avanti e indietro. Iris guarda per terra, nascondendo il  viso con i capelli.
Attorno a lei, i bambini corrono, gridano e giocano. Ognuno ha il suo gruppetto di amici. Tutti lo hanno. Tranne Iris.
Lei  è diversa: a volte, delle ombre aggrediscono chi tratta male Angela Dover e la bambina ha così guadagnato la paura da parte di tutti, persino i professori, o i genitori. Ormai, la bambina di dieci anni è conosciuta per le voci che girano su di lei.
Quando passa per i corridoi, alcuni studenti le sussurrano dietro: strega, pericolosa, matta, evitala.
Iris smette di dondolarsi e comincia a girar su sé stessa, intrecciando le catene dell’altalena a cui nessuno si avvicina. La bambina si ferma quando nota due scarpe rosa davanti a lei. Alza la testa, per vedere a chi appartengono e vede un viso pallido, con qualche lentiggine sul naso a patata della ragazzina che le sta di fronte.
È Charity Danvers. Una ragazzina dai corti capelli tendenti all’arancione e gli occhi azzurri. È più alta di Iris.
- Ciao. – la saluta Charity. – Io sono Charity Danvers. –
Ancora una volta, grazie ai ricordi della ragazza, so che questa bambina è stata nella stessa classe di Iris e che le sedeva davanti. Nonostante prima di incontrare Eiran, il suo nome fosse Angela, mi fa strano sentire le persone usarlo per rivolgersi a lei. Lei è Iris.
La mia Iris.
- Lo so. – mormora piano la ragazzina, chiedendosi perché l’altra sia lì, a parlare con lei. – siamo in classe insieme. –
- Già. Ma non pensavo che sapessi il mio nome. Tu sei sempre da sola. –
- Questo non vuol dire che io non possa sapere come ti chiami. E comunque io sono Angela. – si presenta lei. Charity le porge la mano ed Iris la stringe un po’ dubbiosa.
- Lo so. Tutti conoscono il tuo nome. –Iris annuisce, cupa. – Quindi sai anche per che cosa sono famosa. –
Charity fa un segno d’assenso. – So anche che sei stata adottata. È vero? – poi nota il medaglione e ridacchia. Iris lo prende in mano e le scocca un’occhiataccia. – Cos’hai da ridere? –
- Alcuni dicono che ti serve per fare le tue “magie”. Ma io non credo a quella voci. –
- Davvero? – la voce di Iris è ancora dubbiosa.Charity annuisce. – Solo voci di quelli che vogliono mettersi al centro dell’attenzione. – Iris fa un sorriso. – Secondo me, sono tutti bugiardi. È vero? – Iris evita di dire che, in realtà, le voci sono vere. – Vuoi essere mia amica? – chiede pel di carota.
Iris fa un sorriso grande e annuisce.
Poi, la sento promettersi che si sarebbe impegnata per controllare le ombre.
Il ricordo cambia un’altra volta.
 
Questa volta, Iris è seduta sul gradino più alto della veranda della casa di Charity. Ha dodici anni, quasi tredici, e la sua amica è sdraiata su un gradino più basso, rispetto a lei.
È un giorno d’autunno ma ancora il sole riesce ad emanare una forte luce. Però gli alberi stanno perdendo tutte le foglie e queste ora hanno realizzato un variopinto tappeto sul terreno di San Antonio, Texas. L’aria è fresca e piacevole. Un leggero vento smuove qualche foglia,  la alza di poco oppure agita i capelli delle due ragazzine. È quasi il tramonto e il Sole emana una luce quasi arancione. Questa, fa quasi sembrare che gli occhi di Iris siano ambrati, le tinge la pelle, facendola apparire rosata e crea dei riflessi dorati ai capelli, tanto che sembra che abbia un’aureola. È davvero bella. In questo momento, i capelli sono raccolti in un chignon disordinato, a cui sfugge una ciocca che le incornicia il viso. La ragazzina sta leggendo attentamente un libro. “Il buio oltre la siepe”. Sicuramente si impersona molto facilmente in Boo Radley…
Charity, invece, sta mandando sms a raffica. I suoi capelli sembrano più arancioni del solito.
Quando passa un ragazzo sui sedici anni davanti la casa, la ragazza alza lo sguardo dal cellulare e lo guarda, quasi sbavando.
È Tyler Scott, altrimenti detto un alunno esemplare: è bello, intelligente, gentile, divertente. È  sempre elogiato dai professori, gioca nella squadra di football della scuola e ha molti amici.
- Ciao, Ty! – esclama Charity. Lo conosce grazie al fratello, è uno dei suoi migliori amici.
Il ragazzo alza lo sguardo da terra e le rivolge un sorriso. Poi posa lo sguardo su Iris ed assume un’ espressione indecifrabile. Forse ce l’avevo anch’io, quando l’ho vista la prima volta.
- Ciao, Char. – la ragazzina sorride. – sono venuto qui per vedere Mark, è in casa? – Charity sembra pensarci un po’ su ma poi annuisce con vigore.
- Bene. – mormora Tyler, guardando ancora Iris, che sembra non accorgersi di lui, è troppo impegnata a leggere. – tu sei… -Iris alza lo sguardo e incontra quello verde di lui. – Angela Dover, un’amica di Char. – spiega lei, per poi ritornare a leggere.
- Io sono Tyler Scott. –
- Ciao. – dice la ragazzina per poi tornare al suo libro.Tyler la guarda ancora mentre entra nella casa.
- Hai fatto colpo! – esclama Charity, in direzione di Iris. La ragazza guarda l’amica e alza un sopracciglio.
- Ma cosa stai dicendo? –
- Tyler ti ha guardata per tuuuutto il tempo. – gongola la ragazza.
- Impossibile. – replica l’altra.
- Bé, che c’è di strano? Sei bella. –
- Se lo dici tu. – risponde Iris, scettica.Le due scrollano le spalle e ritornano una a leggere  e l’altra a mandare sms.
 
Adesso Iris è in un casa, quella di Charity, e c’è una festa.
È il compleanno di Mark e per l’occasione la casa è stata addobbata con delle lucine, che sembrano essere quelle di Natale, ma che fanno una bella atmosfera.
I signori Danvers sono fuori a cena e in casa ci sono tutti gli amici di Mark, incluso Tyler Scott, e sua sorella, con Iris.
La ragazzina ora ha circa tredici anni. È sola, in un corridoio. Sta guardando le foto appese ai muri che ritraggono la sua unica amica mentre sorride. In mano tiene un bicchiere ancora pieno.
- Come mai sei qui, sola soletta? – le chiede una voce roca. Iris si gira e vede davanti a sé Tyler Scott. Le sue guancie sono arrossate e anche fin da qui Iris riesce a sentire l’odore dell’alcool. La ragazzina storce il naso ma  risponde lo stesso alla domanda: - C’è troppo casino lì. Preferisco starmene tranquilla. -Il ragazzo le si avvicina, ora le è a due metri di distanza. Iris non si allontana ma lo guarda dubbiosa.
- E tu? Come mai sei qui, solo soletto? – domanda.Tyler alza le spalle. – Non sapevo neanche dove stessi andando. Ho solo camminato. – strabuzza gli occhi. Guarda il suo bicchiere, vuoto, e borbotta qualcosa a proposito che dovrebbero inventare il bicchiere che non si svuota mai.
Cammina ancora verso Iris. – Ma adesso non mi dispiace il fatto di esser finito qui. – lancia un’occhiata allusiva alla ragazzina che serra la bocca.
Stringo i pugni così forte che le ossa potrebbero bucare la pelle. Anche se questo è solo un ricordo, giuro che, se prova anche solo a toccarla, lo potrei uccidere.
Ora le è vicinissimo. Iris è con le spalle al muro. le mani di Tyler sono all’altezza della sua testa, appoggiate al muro. Lui la guarda ghignando. Il bicchiere che teneva poco prima in mano è finito sul pavimento. Invece, quello di Iris è ancora sulle sue mani anche se ora è vuoto. la ragazzina gli ha gettato in faccia la bevanda che conteneva.
I capelli biondi del ragazzo adesso sono bagnati e gli creano in viso delle ombre che lo rendono leggermente inquietante. Le goccioline d’aranciata gli scendono lungo la pelle e macchiano la maglietta bianca.
- Sei combattiva, eh? –
Iris non risponde e continua a guardarlo male.
Le mani del ragazzo ora non sono più sul muro. Una è appoggiata sul suo fianco, mentre l’altra è sotto la maglietta di lei e sale. Iris cerca di allontanarlo ma ovviamente il sedicenne è molto più forte di lei e le sue spinte non lo smuovono neanche di un centimetro.
Tyler avvicina il viso a quello di Iris e la ragazzina si volta, per evitare le labbra di lui. Il ragazzo ridacchia divertito e le annusa i capelli.
Mi viene da vomitare.
- Mi piace. – Iris non replica ma continua a tentar di spingerlo via. Al ché il ragazzo ride di nuovo. Ma dove sono gli altri? – Tentar non nuoce, eh, Angie? – Iris serra la bocca e cerca ancora di spingerlo via. Come le altre volte, non ci riesce, così alza la gamba e gli da una ginocchiata.Il indietreggia e Iris ne approfitta per allontanarsi da lui. Ma Tyler le afferra il polso e la avvicina a sé. Le da un pugno e la getta contro la parete, facendo cadere una foto che rovina sul pavimento e il vetro si rompe, proprio sulla ragazzina. Iris si toglie, con un gemito di dolore un pezzo di vetro dal braccio e lo butta via. Alza lo sguardo e vede Tyler sovrastarla davanti a lei. il ragazzo le afferra i polsi usando solo la mano sinistra e la alza bruscamente. - Provaci di nuovo e sei morta. – dice, minaccioso poi, comincia a gridare.Delle ombre che allontanano i due, poi queste si avventano su Tyler cominciano a stringerlo, forte. Un pezzo di vetro si solleva da terra e vola su di lui, per poi conficcarsi sulla sua gola. Il ragazzo non fa neanche in tempo a urlare ancora che è già morto.
Iris si lascia cadere a terra e comincia a piangere. È ancora lì, con le lacrime agli occhi, quando la trovano.
 
Dentro il tribunale fa davvero caldo.
Un ventilatore portatile è appoggiato vicino al banco dei testimoni.
Iris è seduta a quello degli imputati. Dietro di lei c’è quasi tutta la scuola. Tutti vogliono vedere se la strega che ha ucciso Tyler Scott sarà giudicata colpevole o innocente. La ragazzina ripensa all’espressione inorridita della sua ex-amica Char.
La giuria si è riunita da almeno mezz’ora ed Iris è un fascio di nervi.
Sa che la sua situazione non è delle migliori ma potrebbe essere sempre assolta. Lo spera anche se sa che nessuno le ha creduto quando ha raccontato che Tyler ha cercato di stuprarla.
Dopo altri due minuti i giurati entrano in aula.
- La giuria è arrivata a un verdetto? – domanda il giudice con  i capelli neri striati di grigio e occhi marroni.
- Si, vostro onore. Condanniamo l’imputata colpevole. -   Iris alza lo sguardo e incontra quello di Lily, la sua madre adottiva.
La donna si porta una ciocca di capelli biondi dietro l’orecchio e fa un sorriso soddisfatto in direzione della figlia adottiva. Iris le lancia un’occhiata di odio puro.
 
 Mi stacco da Iris.
Ho appena visto i ricordi della sua vita prima di incontrare Eiran ma non è passato neanche un minuto. Forse sette secondi, al massimo. Faccio un passo indietro e guardo la ragazza di fronte a me che mi sorride raggiante. Poi, quando nota la mia espressione diventa preoccupata e mi si avvicina. Mi poggia una mano sulla spalla e chiede:
- Va tutto bene? –Ignoro la sua domanda e gliene faccio un’altra:
- Hai ucciso Tyler? –  il mio tono è incredulo. Più che una domanda, questa è una richiesta di conferma.Sembra pensarci un po’ su ma poi capisce cos’ho fatto.
La sua espressione si fa dura e mi lancia un’occhiataccia. Si volta e cammina, allontanandosi da me, verso l’orlo del precipizio alto quasi venti metri. Si gira verso di me e mi guarda male. Una leggera brezza le scompiglia i lunghi capelli neri, cresciuti così tanto nel tempo. Le sue mani sono ai fianchi, strette a pugno. La sua bocca è ridotta ad un linea dura e sottile. Poi, si butta.
Corro all’istante nel posto dove neanche cinque secondi fa c’era lei. guardo di sotto e la vedo. Una zolla di terra si alza e la raggiunge, impedendo il suo impatto con il terreno.
Ancora a bordo di questa, Iris si allontana da me.
Faccio un grande sospiro e cerco di concentrarmi su come scendere da questa altezza senza rischiare l’osso del collo.
Ma non ci riesco.
Penso solo ad una cosa: Ho rovinato tutto.

Note dell'autrice:
Innanzitutto, mi congratulo con i recensori che hanno indovinato cos'ha fatto Iris per finire in prigione: complimenti.
Per seconda cosa... Cosa ne pensate? Vi è piaciuto? Su questo capitolo non ho molto da dire, tranne che questo è un momento tragico (?) per l'Iriko 
Spero che per questo non mi linciate. Cooomunque... mi dispiace di non aver potuto aggiornare prima (anche se ho pubblicato esattamente una settimana fa), ma sono stata leggermente occupata a:
1- finire i compiti. Mancano pochi giorni all'inizio della tortura e io non li ho finiti .-. sono depressa.
2- godermi gli ultimi giorni di vacanza.
3- continuare a scrivere un'altra mia storia. Oggi ho finito il secondo capitolo e sono tremendamente indecisa tra: finire questa e poi pubblicare quest'altra oppure pubblicare l'altra subito. Mi potete dire cosa ne pensate in una recensione???????????
Con questo capitolo, spero di raggiungerne 100. Tripla cifra, wow. Mi fareste davvero felice se succedesse.
Un grazie a chi ha aggiunto questa storia tra le sue liste e a chi ha recensito:  BekySmile97, Nemi23, TiaSeraph (vi consiglio di leggere la sua storia), Poketonx, Lacus Clyne, AlterEstel08, J_angel. 

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Capitolo 24
*** 23. Da quando hai bisogno di aiuto per insultarmi? ***


Tia.
 
 
Ilio alza lo sguardo dal libro che tiene in grembo e guarda Gene ed Eracl. Rivolge loro uno sguardo ed un sorriso divertito.
-Quindi avete litigato per una poltrona?- si gira verso di me e ripete incredula: - Una poltrona? –
Io mi limito a fare spallucce e a dire: - Che vuoi farci? Io l’ho sempre detto che brezza estiva è una persona completamente insensata. – lancio un ghigno in direzione di Eracl.
Il ragazzo mi lancia un’occhiataccia. – Che ne sai che non ha cominciato lui?- indica con il mento il cugino, sprezzante, e poi ritorna a volgere il suo sguardo sul libro appoggiato sulle sue lunghe, direi quasi chilometriche, gambe.
Vicino a me Gene sbuffa.
-Credimi, principessa, ha iniziato lui.-mi dice con un sorriso. Al suono del soprannome che mi ha dato suo cugino, Eracl fa un sospiro esasperato. – Problemi, Eracl? – gli chiede il ragazzo con un sorriso finto.
Il Discendente dell’ Aria guarda me e poi Gene, per poi fare una smorfia e dire: - Tutto a posto, cugino. Mi stavo solo chiedendo se in una di queste memorie facciano riferimento a dei ruffiani. – si volta verso Eiran. – tu ne sia qualcosa? –
Il Custode smette di aiutare Iris con il suo libro sulla cultura della Discendenza della Luce e alza lo sguardo per incontrare quello di Eracl. – Si, ne ha parlato un Custode tempo fa. Ha scritto pure la definizione. Inutile dire che c’è la tua faccia sotto. –
Scoppio a ridere. – Questa me la riciclo. Ti dispiace? – domando nella sua direzione. Poi riporto il mio sguardo sul paragrafo che ormai sto cercando di finir di leggere ormai da mezz’ora.
Da quando è uscito dalla sua stanza, esattamente tre giorni fa, Eiran si è intestardito sul farci imparare qualcosa su Alias, perché crede che i nostri genitori avrebbero voluto così.
Ovviamente a me è capitato l’unica memoria in cui un Custode descrive accuratamente, e sottolineo “accuratamente”, ogni singola specie di Alias. Insomma, questo è un libro di biologia.
Stupido Custode.
-Come? Da quando hai bisogno di aiuto per insultarmi? – esclama con finto stupore quel cretino.
Gli sorrido. – Veramente… non ancora. Ma sono ben accetti consigli. Sai, sebbene questo sia un lavoro molto gratificante, è difficile da fare tuuuuutta da sola. – ghigno nella sua direzione.
Accanto a me Gene ridacchia e mi si avvicina. – Conta pure su di me, se vuoi. – mormora divertito.
Intanto, Kori ed Ilio seguono il nostro scambio di frecciatine alternando lo sguardo da me all’Einstein venuto scemo.
Neanche fossimo ad una partita di tennis. Ma, se dovesse essere così, io gioco contro brezza estiva, posso sempre far finta di farmi scappar di mano la racchetta. E accidentalmente, certo, come no, potrebbe finire per stenderlo.
Cerco di immaginarmi la scena.
Che visione magnifica.
Però, quando Gene si propone come mio aiutante, potremmo diventare dei supereroi, Super Tia e Gene, attento a te, Eracl il cattivo, qualcosa cambia nello sguardo dei due ragazzi.
Infatti, Kori si volta verso Eracl e lo guarda come se dovesse esplodere da un momento all’altro.
Eracl neanche lo degna di uno sguardo, si alza dalla sua poltrona, difesa con tanto impegno da suo cugino, butta a terra la memoria e se ne esce dalla stanza.
Kori lo segue con lo sguardo, poi lo posa su Ilio che annuisce prontamente e insegue il Discendente dell’ Aria.
Qualcosa, dentro di me, si contorce.
Serro le labbra e ricomincio a leggere il paragrafo su degli esseri minuscoli dal pelo viola.
Ma, come prima, non riesco a concentrarmi, perché non posso fare a meno di pensare ad Ilio che insegue Eracl.  Sento su di me lo sguardo di Gene. E non posso fare a meno di pensare che vorrei che fosse quello di Eracl.
 
-E se scappassimo insieme? – domandò a bassa voce la ragazza, contro il suo petto
Erano lì, sdraiati sul pavimento della casetta sull’albero che Nar possedeva da quando aveva otto anni, abbracciati, lei era tra le braccia di lui, mentre il ragazzo le accarezzava la schiena per confortarla.
Quello era il loro nascondiglio, il posto in cui potevano stare tranquillamente, senza doversi preoccupare del fatto che la madre di Sulla aveva già progettato le nozze della figlia e del fatto che il padre di Nar stesse morendo e che presto il ragazzo dai riccioli castano scuro avrebbe ereditato la carica di Capo della sua Discendenza, quella della Terra, e sarebbe andato nella Città della Foglia.
Nar all’improvviso smise di muovere la sua mano su e giù lungo la schiena di Sulla e la guardò.
-Dici sul serio? – le domandò, con voce incredula.
La ragazza alzò lo sguardo e incontrò quello di lui.
Si guardarono per qualche minuto, che sembrarono durare giorni, finché Sulla non lo distolse con un sospiro.
Si allontanò un poco dal ragazzo.
Sinceramente l’idea le era venuta già da un po’ di tempo.
Più precisamente, da due o tre settimane. Il pensiero le si era insinuato in testa e aveva cominciato a tormentarla, ricordandole che forse una soluzione c’era, per quanto estrema.
Era stato in un attimo di coraggio che aveva proposto la sua idea a Nar, sebbene credesse che il ragazzo avrebbe rifiutato di certo.
Guardò nuovamente Nar.
Era sempre stato un bel ragazzo, con i suoi riccioli castano scuro, gli occhi enormi tra il verde e il marrone in cui si era persa mille e più volte e la sua pelle olivastra, ma questi non erano stati i motivi per cui se n’era innamorata.
Neanche lei riusciva a capirne davvero il motivo, sapeva solo che un giorno si era accorta di amare il Discendente della Terra accanto a lei e che lui la ricambiava e che, dopo un po’ di tempo che stavano insieme, sua madre le aveva detto che si sarebbe dovuta sposare.
Così, di punto in bianco, senza neanche dirglielo con un po’ di preavviso, come se avesse sopportato anche troppo la sua relazione con Nar e che avesse deciso che era ora che lei smettesse di vederlo e si sposasse con uno che neanche conosceva.
-Sulla… - la chiamò lui.
-Si? – la ragazza si voltò verso il Discendente della Terra a batté le palpebre.
Nar sorrise e le accarezzò una guancia. -  Lo sai che scapperei con te anche adesso ma pensi davvero che sia la cosa giusta? I problemi non si evitano, li si devono affrontare. Non possiamo andarcene. Dovremmo abbandonare i nostri amici, potresti mai farlo? Io no. Sentirei la loro mancanza e tu pure. E poi non posso lasciare che qualcun altro prenda il posto come Capo della mia Discendenza. Sulla, io ti amo ma non posso scappare con te. E so che anche te non vuoi, infondo. –
La ragazza sospirò e si appoggiò contro il petto di Nar. Quello che aveva appena detto era vero: non potevano andarsene ma cosa avrebbero potuto fare altrimenti?
-E allora cosa facciamo? – mormorò.
-Tutto si risolverà. – disse in risposta lui, stingendola forte. – Di sicuro. –
Entrambi lo speravano.
 
Da quando ho fatto il primo mio sogno-ricordo sui miei genitori, ho capito all' istante che erano  una sorta di Romeo e Giulietta versione Discendente. Solo che alla fine la loro storia non è finita con il suicidio di entrambi. Per fortuna, altrimenti io non esisterei.
Cosa che farebbe mooolto piacere a brezza estiva. Di sicuro.
Comunque, questo sogno me lo ha confermato.
Tia la perspicace colpisce ancora.
Con uno sbadiglio, mi alzo dal mio letto e dedico un’occhiata alla mia stanza.
La prima volta che l’ha vista, brezza estiva l’ha soprannominata “giungla”.
Ovviamente l’ho scacciato dalla mia camera lanciandogli un cuscino. Peccato che non fosse più duro…
Ed in effetti, per quanto mi costi ammetterlo, non ha torto: ci sono piante ovunque ma non mi dispiace, ovvio.
Mi vesto velocemente e faccio per uscire da qui, quando sento dei passi e delle voci dall’altra parte della porta. Capisco subito di chi si tratta: Eracl e Gene.
Aggrotto la fronte. Cosa ci fanno insieme  armadio numero 1 e numero 2?
-Hai proprio un bel modo per dimostrar che ti piace. – mormora con voce sprezzante Gene. Cosa?
-Ma di cosa stai parlando? – questo è Eracl. La sua voce è… insicura? Ma scherziamo?
-Lo sai di cosa parlo. – afferma il cugino. Veramente io non lo so, cavolo, per origliare ci sarebbe bisogno di sapere anche cosa intendono gli altri. Non è che alla fine c’è un riepilogo che spiega tutto? Scuoto la testa, come per liberarmi da tutte le cavolate che non posso fare a meno di pensare. Impossibile.
-Dici? Io non credo, cugino. – replica con voce aspra Eracl. Sento Gene sbuffare.
-Fa come vuoi. Tanto non ti potrebbe mai ricambiare. – lo sento allontanarsi.
Ma di chi stavano parlando?
Dall’altra parte della porta sento che Eracl non si muove.
Apro la porta e me lo trovo davanti.
I capelli grigi gli cadono sugli occhi di poco più chiari, come sempre.
Ai fianchi stringe le mani a pugno così forte che la sua pelle abbronzata è bianca sulle nocche.
Sta guardando il punto dove credo che se ne sia andato Gene.
In volto ha un’espressione indecifrabile, è come un misto tra paura, rabbia, odio, tristezza e dolore.
      - Brezza estiva? – lo richiamo con voce insicura, in altri casi non mi perdonerei mai di rivolgermi a lui così ma adesso è diverso. Eracl si gira verso di me. Sembra che non mi riconosca. Rabbrividisco senza un motivo. Non l’ho mai visto così… vulnerabile. Sono abituata a vederlo sprezzante, sempre pronto a chiamarmi “nana”, dovrebbe aggiornare il suo repertorio, a proposito… più lo guardo e più voglio di capire di chi stessero parlando.  Il ragazzo non da segni di risposta. – Eracl? – tento di nuovo. Mi avvicino a lui e poso una mano sul suo braccio, alzando lo sguardo per tentar di incontrare il suo.
Al contatto con la sua, la mia pelle formicola.
Lo voglio aiutare, voglio che ritorni ad essere come prima: il solito Einstein formato gigante venuto scemo.
Mi avvicino ancor di più a lui.
In altri momenti, ci saremmo allontanati all’istante, come sempre, ma ora vorrei che le altre volte non fosse successo. Mi chiedo come sarebbe ora il nostro rapporto se non ci lanciassimo sfrecciatine in ogni momento. E poi mi domando se esista una definizione per descriverlo ora.
 – Eracl? Come stai? Ho sentito cosa ha… -
All’improvviso, il ragazzo sembra rendersi  conto della situazione. Fa un sorriso ironico.
-Adesso ti metti ad origliare, nana? – arrossisco un po’ per la rabbia e anche perché mi ero avvicinata così tanto a lui. Mi scosto. Ora siamo a circa un metro di distanza.
-Come se mi interessassero i tuoi discorsi, ma… si: ho sentito per puro caso cosa stavate dicendo. E Gene ha ragione: chi potrebbe mai ricambiarti se non permetti che qualcuno ti veda come eri prima?! – rispondo, arrabbiata e… delusa.
-Perché, com’ ero, principessa? – pronuncia l’ultima parola con disprezzo.
Stringo i pugni e serro la bocca. – Di certo non il solito cretino. –
Mi volto e mi allontano da lui.
Non posso fare a meno di pensare che, forse, qualcuna lo potrebbe anche ricambiare, se la amasse.
Come me. 

Note dell'autrice:
Mi scuso per non aver aggiornato prima ma sono stata occupata e non avevo alcunissima idea per questo capitolo...
Non ho molto altro da dire tranne che un grazie a chi ha aggiunto la storia tra le sue liste e chi ha recensito:
Vas Happening_Mary, Lacus Clyne, J_angel, TiaSeraph, BekySmile97, Poketonx,  Nemi23, AlterEstel08, ValeryJackson.

 

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Capitolo 25
*** 24. Così va meglio ***


Eracl.
 
Due ombre correvano per la città. Attraversavano la strette strade velocemente, come se qualcosa, o qualcuno, li stesse inseguendo.
La figura più minuta, stringeva a sé qualcosa, come se ne valesse la sua vita.
Invece, la più grande, aveva il braccio attorno alle sue spalle, per proteggerla, probabilmente. Sembravano non stancarsi, nonostante si stessero muovendo da oltre tre ore.
Dopo qualche minuto, si fermarono davanti ad una casa.
O sarebbe meglio dire un palazzo.
Era grande, alto circa venti o forse più metri. Sulle sue mura areno tracciati i simboli della Discendenza della Luce e quella del Buio. Si poteva raggiungere l’ampio portone d’ingresso, che a volte sembrava nero, a volte dorato, salendo una decina di scalini.
Le due figure li salirono in fretta e quella più grande bussò.
Il portone di aprì e comparì davanti a loro una ragazza sui vent’anni, alta circa un metro e sessantacinque.
-Ciao! Siete arrivati! Gli altri sono già qui. Entrate. – disse con un sorriso lei.
-Ciao, Ambra. – mormorarono i due, all’unisono, senza entusiasmo.
Tabitha si tolse il cappuccio e si sforzò di sorridere alla Discendente della Luce.
La ragazza ricambiò e prese dalle braccia dell’altra un Eracl di appena due mesi.
Ambra cominciò a mormorargli qualcosa, sotto lo sguardo apprensivo di Orion, come ogni neogenitore farebbe quando vede prendere in braccio il figlio da un altro.
Tabitha appoggiò una mano sul suo braccio, il Discendente dell’Aria si girò verso di lei e le sorrise un po’ insicuro. I due si voltarono e seguirono l’altra Discendente.
Camminarono lungo un ampio corridoio, illuminato da sfere di luci delle grandezze di una testa. Sulle pareti erano appesi dei ricordi dei padroni della casa, Aaron e Talia. Li ritraevano durante gli anni. Orion sorrise vedendone una che conosceva bene.
Vi si fermò davanti e guardò l’espressione spensierata di Aaron mentre faceva il solletico ad una Talia che rideva , piegata su se stessa.
Il ricordo, come rammentava il ragazzo, risaliva a circa due anni fa.
Era un giorno nuvoloso, perciò non c’era molta luce, per la felicità di una ventenne Talia che non smetteva di sorridere ad Aaron che quel giorno sembrava muoversi a fatica.
Il secondo, alla fine, era finito per vendicarsi della fidanzata, che sembrava prenderlo in giro per il tempo che c’era quel giorno, facendole il solletico, sotto gli sguardi divertiti dei loro amici. 
-Orion? – mormorò sua moglie, a bassa voce.
-Arrivo. – rispose per poi raggiungere le due ragazze.
Alla fine del corridoio, c’era un’ampia stanza, con dei divanetti e una grossa sfera di luce, probabilmente prodotta da Aaron, al suo centro che emanava dei raggi bianchi. Nella stanza c’erano già tutti. Non appena vi entrò, Orion si sedette accanto a Nar e Aaron. In braccio a quest’ultimo, c’era sua figlia Iris. La bambina guardava il padre e, ogni tanto, sorrideva beata.
Salutò i suoi migliori amici con un sorriso. Davanti a lui c’era suo fratello minore, Kanjii, impegnato a parlare fitto con Talia.
Il ragazzo lanciò uno sguardo verso Tabitha e sorrise quando la vide seduta vicina ad Eileen.
-Allora come va? – domandò la Discendente della Terra a quella del Fuoco.
Eileen la guardò in modo strano, spostò lo sguardo sulla sua pancia sporgente per poi riportarlo su Tabitha.
-Tremendamente incinta. – rispose. Tabitha scoppiò in un fragorosa risata, accompagnata da Jeiin che cinse le spalle della moglie.
-Questo lo avevo intuito… - mormorò la ragazza, ancora scossa dalle risata. – A proposito: quando nascerà? –
-Tra tre o quattro giorni. Ma diciamo che Eileen è impaziente di vedere il piccolo Kori. – mormorò in risposta il ragazzo, per poi passarsi una mano tra i suoi folti e scompigliati capelli. Sorrise. Intanto, la moglie sembrava non curarsi delle conversazione e, infatti, riportò lo sguardo sul suo ventre e disse con tono severo:
-Esci all’istante di qui. – Jeiin ridacchiò. Avvicinò la bocca all’orecchio della Discendente. – Lo farà presto, non preoccuparti. –
-Io non sono preoccupata. – borbottò lei sottovoce. – mi sono semplicemente stancata di portare questo peso da mesi. –
-Presto. – le ripeté all’orecchio.
-Quindi è un maschio! – esclamò Sulla con in braccio una piccola Tia di sei mesi. La bambina alzò lo sguardo e lanciò un’occhiata indecifrabile alla madre, per poi posare gli occhi sulle sue mani e ridacchiare divertita. Nar rise.
Jeiin guardò la Discendente dell’acqua e annuì, soprapensiero. – Abbiamo voluto sapere il suo sesso, a differenza di Talia e Aaron che, non sapendolo, stavano per chiamare la povera Iris Taliaron! – Ambra accennò una risata.
-Per la cronaca, era Aaron quello a voler chiamar Iris “Taliaron”! – Talia si sporse e prese in braccio la figlia. Le diede un bacio sul piccolo naso e la bambina ridacchiò, regalandole un enorme sorriso.
-Certo, dai la colpa a tuo marito. Intanto ho deciso lo stesso IO il nome. – borbottò contrariato il Discendente della Luce, incrociando le braccia.
-Se voi Discendenti pettegoli avete finito, penso che abbiamo cose più importanti di cui parlare. – disse una voce divertita e allo stesso tempo sprezzante. Eiran.
Ambra annuì, con aria seria e solenne. – Giusto. – diede Eracl ad Orion. Poi si sedette, stringendosi, per far spazio anche ai genitori di Talia, Diana e Galior. La Discendente del Buio finse di rabbrividire e sorrise. – Hai perfettamente ragione, Eiran. ma, per tutte le lune di Alias, sono felice che tu abbia cambiato idea, Aaron. – disse l’ultima parte della frase in direzione del marito della figlia. Aaron abbozzò un sorriso. Da quando, i suoi genitori erano morti, non aveva potuto fare a meno di cominciare a comparare Sisien con Diana e aveva appreso che la differenza era più che lampante. Questo, lo aveva detto solo ad Orion.
Il Discendente dell’Aria si chiese se sarebbe diventato così, se avesse avuto dei genitori diversi.
Scosse la testa, e riportò la sua attenzione sulla conversazione.
- Rendak non si fermerà davanti a niente. – affermò Einde, la madre della sua Tabitha, infatti avevano partecipato anche i genitori alla riunione, o, quanto meno, quelli ancora vivi. – Non credo che sia possibile fermarlo. -
- Oppure non ora. – mormorò Kara. Tutti si girarono verso di lei, compresi i bambini, come se questi avessero capito anche loro l’importanza della sua affermazione. 
- Cosa intendi dire? – domandò Iunos, il padre di Kanjii e Orion. La Discendente dell’Acqua si voltò verso di lui. Strinse a sé la piccola Ilio.
- Ovviamente cercheremo di fermarlo, quando tenterà di prendere il potere. Ma, se fallissimo, potremmo sempre usare un “piano B”. – rispose.
- E quale sarebbe? – domandò Jeiin con curiosità.
Per risposta, Kara portò il suo sguardo su Ilio. – Ilio?! Credi davvero che una bambina potrebbe fermare Redak e i suoi? – chiese. La ragazza alzò gli occhi al cielo. – Io non intendo solo Ilio, ma tutti loro. – guardò gli altri bambini. Nel frattempo, Eracl si era addormentato tra le braccia del padre. Orion guardò suo figlio.
Davvero sarebbe stato in grado di cedere tutta quella responsabilità a suo figlio?
Era così… piccolo. Non doveva essere responsabile, doveva godersi la sua infanzia, giocare, ridere, fare amicizia, innamorarsi… ma non combattere contro uno come Rendak.
-E se, quando agisse, Rendak  potesse far loro del male? – la voce di Tabitha si ruppe.
Talia assunse un’espressione seria e determinata. – Non lo permetteremo. Agiremo proprio il giorno in cui Rendak attaccherà. Sarà troppo impegnato a cercare di ucciderci, dovremo solo muoverci il più velocemente possibile e portare i bambini al sicuro per poi difendere gli altri. –
-Ma dove? Rendak ha seguaci quasi in tutta Alias. Questi potrebbero riconoscerli. E sarebbero di nuovo in pericolo. – disse con angoscia Sulla. Nar le cinse le spalle.
In mezzo a loro, Tia si guardò intorno ed esclamò: - Tea! -
Nar fece un sorriso poco convinto in direzione della figlia.
-Ma certo! Per salvarli, dobbiamo solo portarli altrove. – sembrava quasi che Silan avesse scoperto un’ importante verità. Si batté un pugno sul palmo, entusiasta per la sua idea.
-E dove? – chiese Fenix, il padre di Eileen.
-Sulla Terra. –
-Cosa?! – gridò Sulla, alzandosi in piedi. – Tu vorresti mandare i nostri figli su un pianeta di cui non abbiamo alcuna informazione?! –
-Però sarebbero al sicuro. – mormorò con speranza Talia. – e sicuramente svilupperebbero dei Talenti… -
-E poi nessuno potrebbe trovarli facilmente: basta che tutti e cinque siano nascosti in cinque posti differenti. – pareva che anche Tabitha cominciasse a creder a questa soluzione.
-E, se li trovassero, potrebbero anche non riconoscerli! Sicuramente sarebbero cresciuti! E poi chi ci dice che i seguaci di Rendak possano venire a sapere di tutto questo? Silan! – Il Discendente del Fuoco si voltò in direzione di Aaron. -  Sei un fottuto genio! – Il Discendente della Luce rise sguaiatamente.
Talia gli diede un pugno leggero sul braccio, ridacchiando. – Piano con l’entusiasmo. –
Suo marito si girò nella sua direzione. Fece uno dei suoi soliti sorrisi malandrini. – Mai. –
La Discendente del Buio ridacchiò, accompagnata da tutti gli altri. Tutti tranne Kanjii.
 
-Funzionerà, secondo te? – chiese Tabitha.
Erano a casa e stavano discutendo sul loro “piano B”.
Eracl dormiva nella sua stanza. Orion la guardò. Sotto la luce della Luna del Buio, sua moglie era bellissima. I lunghissimi e lisci capelli castani, con delle ciocche verde chiaro, avevano degli strani riflessi, la pelle abbronzata ora appariva bianca, i suoi occhi verdi scintillavano.
Orion si chinò su di lei e poggiò le sue labbra su quelle di lei.
Quando si staccò, mormorò due parole:
-Lo spero. –
 
 
-È incredibile che nessuno abbia capito come curarti. – disse Ilio, guardando con una fastidiosa insistenza la mia fronte.
-Io non sono un ragazzo normale: è ovvio che tutto quello che ha a che fare con me sia incredibile. – affermo, sorridendo.
-Sei un idiota. – mormora, guardando male la mia ferita. Scuote la testa sconfortata.
-Com’è che lo hai capito solo adesso? – mormora sarcastico Kori.
-Sei anche un cretino. – afferma la ragazza, come se si fosse ricordata soltanto in questo momento della cosa.
Di certo non il solito cretino.
Non posso fare a meno di pensare a quello che mi ha detto Tia nel corridoio.
A come avrei volto raccontarle quello che ho passato sulla Terra, passando da un genitore adottivo all’altro e a dirle che ormai non potevo fare a meno di pensare che lei era la parte preferita e fondamentale della mia nuova vita ad Alias; ma non  l’ho fatto ed è stata tutta colpa di Gene.
Con le sue parole mi ha fatto riflettere: perché dovrebbe ricambiarmi?
Sono solo un ragazzo troppo alto, come sostiene lei, e troppo incasinato. Cosa potrei darle?
È strano il fatto che le persone vogliano sempre sapere la verità, per poi lamentarsene perché è dura e difficile.
Infatti la verità è dura da affrontare.
Per questo, non appena Tia mi ha praticamente mandato a quel paese, sono andato da mio cugino per dargli un pugno in faccia. Ovviamente lui mi ha restituito il favore, provocandomi qualche livido, un occhio nero e un taglio abbastanza profondo in fronte.
-Me lo hanno detto. – mormoro. – Ma nel pacchetto Eracl c’è anche una bellezza straordinaria, per non parlare della simpatia e dell’altezza. Questa è in omaggio. –
-Non penso che tu sia il suo tipo… - dice Kori, ancora soprapensiero.
-E chi potrebbe essere, tu? – replico.
Lui mi guarda stranito e poi scuote la testa. – No. Io penso che un ragazzo biondo sia più il suo genere. – sorride debolmente. Mi volto verso Ilio. Non sembra accorgersi dell’argomento della nostra conversazione: è troppo occupata ad alzarsi in punta di piedi e a scrutare la folla. Ogni volta che sembra non trovare ciò che cerca, sospira affranta. Quando posa il suo sguardo su di me, notando la mia espressione, alza un sopraciglio blu. – Che c’è? –
-Da quando preferisci i biondi a quelli coi capelli scuri? Non hai visto come siamo belli io e la torcia umana, io di più, ovviamente, non ti bastiamo noi? –
Ilio guarda Kori infastidita. Il suo volto a cuore velocemente diventa scarlatto. Sorrido. – Kori! Glielo hai detto? –
Lui alza un sopraciglio. – Detto che cosa? –
-Che mi piace un ragazzo, Kori. – risponde con impazienza. È da qualche settimana che la nostra torcia umana è distante, non parla, sta per ore da solo ed è sempre distratto. Le rare volte in cui sembra essere di buon umore, gli basta guardare Iris per poi abbattersi all’istante. Ormai è palese che abbiano litigato, peccato che Kori non voglia dirci perché.
Mi porto una mano sul taglio. Questo pulsa sotto il mio polpastrello e il solo contatto mi provoca un dolore lancinante che si propaga in tutto il corpo. La prossima non mi distrarrò così facilmente, penso deciso. – Sappi che il problema è che non lo hai detto prima a ME. Non sono anch’io tuo amico? Non vorrai dirmi che preferisci a me perfino Eiran! – esclamo con finto orrore.
Ilio sorride e scuote la testa. – Sappi che tu sei tra i primi posti nella mia classifica delle persone che preferisco. –
-Chi è la prima? Un ragazzo biondo, forse? – con la coda dell’occhio vedo Kori fare un lieve sorriso.
-Di sicuro nella tua è Tia. – afferma, ghignando, quando siamo arrivati davanti al portone della casa di Eiran.
Faccio una smorfia per il dolore che sta aumentando sempre più. Lo sento quasi crescere.
All’improvviso tutto appare sfocato. Comincio a barcollare. Devo trovare qualcosa a cui appoggiarmi: sento che sto per cadere.
È a causa di tutte questa sensazioni che, quando svengo, non me ne sorprendo più di tanto.
 
-Bella mossa, Gene. –
-Come potevo sapere che cosa sarebbe successo? È entrato nella stanza e mi ha dato un pugno, così, senza motivo. –
-Eracl, dai rispondi! –
-Non puoi proprio far niente per aiutarlo? -
-Questo genio gli ha tolto l’ossigeno dal sangue. Nessun Custode potrebbe guarirlo: è una cosa che non ci riguarda. –
-Allora fa’ qualcosa, Gene! –
-Non so cosa! –
-Certo, come no. –
-Hai qualcosa da dirmi, Kori? –
-Se così fosse lo avrei fatto. –
-ORA BASTA! Se gli state così appiccicati, non riesce a respirare! –
Sul petto sento della pressione. Sono due mani, piccole e delicate. Si appoggiano lì, dove batte il cuore e sento all’istante un forte sollievo.
Emetto un sospiro.
-Sembra che stia meglio… ottimo lavoro, Tia. –
-Credi davvero che stia meglio? –
-Che motivo avrei per mentirti? –
-Dimmelo tu. –
-Nessuno. È meglio che tu lo porti nella tua stanza, così potrai controllarlo. –
-D’accordo, Iris, aiutami. –
-Certo. –
Cerco di aprire gli occhi. Le mie palpebre sembrano pesare tonnellate. Non mi era mai successo.
Tento di concentrarmi ancor di più e finalmente riesco a spalancare gli occhi, anche se per poco.
Vedo sei paia di occhi puntati su di me ma solo uno di questi desta la mia attenzione: sono enormi, tra il verde e il marrone e contornati da chilometriche ciglia. Mi guardano preoccupati.
Tia…
È un attimo e i miei occhi si chiudono di nuovo.
 
Quando mi sveglio, so subito dove mi trovo: nella stanza di Tia.
È  un quadrato perfetto, con le pareti dipinte con un verde scuro e il pavimento fatto legno, nella parete davanti al letto su cui sono sdraiato c’è un baule di quello che sembra ebano, accanto alla mia branda c’è un letto intagliato in un albero.
Perfettamente conforme allo stile di Omero, nana.
In ogni spazio libero ci sono delle piante.
Cerco di mettermi seduto, con scarsi risultati, ed infatti sono costretto all’istante a riappoggiare la testa sul cuscino, con un gemito di dolore.
È solo dopo qualche minuto che la porta si apre, per far entrare la proprietaria della stanza.
Lei attraversa l’uscio, guardandomi con attenzione e diffidenza, come se si aspettasse che io mi alzassi dal letto e cercassi di aggredirla.
-Come ti senti? – chiede, con tono neutro.
Non posso fare a meno di pensare che è colpa mia se adesso si rivolge così con me e a quanto mi penta di non averle detto cosa ho passato, di non essermi aperto con lei.
-Sempre meglio di prima. – commento, fingendo che niente di ciò che è successo mi importi.
Lei mi scocca un’occhiataccia, serrando le labbra. Annuisce e viene da me. Quando è a lato del letto si accuccia, portando il viso allo stesso livello del mio.
Da questa distanza, riesco a sentire il suo respiro infrangersi contro la pelle della guancia sinistra.
Rabbrividisco leggermente.
Tia alza un braccio e posa la sua mano sulla mia ferita.
Stranamente, non avverto alcuna fitta lancinante, nessun dolore capace di farmi svenire all’istante, solo un pizzico. Arriccio il naso.
-Cos’è successo? – chiedo un po’ in imbarazzo per la nostra vicinanza, anche se vorrei che fosse ancor più vicina. Tia sposta lo sguardo dalla sua mano a i miei occhi. Socchiude la bocca e dice:
-Si è rivelato il mio Talento. A quanto pare sono una specie di taumaturga. –
-Una che? – ma come parla?
Tia alza gli occhi al cielo. – Dovresti aggiornare il tuo lessico, brezza estiva. –
-E tu dovresti smetterla di chiamarmi così. –
-Lo farò quando tu non mi darai più della nana. –
-Ma è vero! –
-Bé, allora è anche vero che tu sei un Einstein formato gigante venuto scemo! –
Ghigno. – Già. È vero. – alla mia affermazione, la ragazza sbatte gli occhi una, due, tre volte, stupita. – Finalmente lo hai ammesso. – commenta, togliendo la mano dalla mia fronte.
Come reagirebbe se le dicessi di farla rimanere lì?  
-Ci è voluto un po’ di tempo. – mormoro, con voce rotta. Lei si porta una mano all’orecchio, quello sinistro, con i cinque orecchini colorati. Inizia a giocare con quello al lobo, dello stesso colore dei miei occhi. - Forse troppo. – dice lei. Sorrido.
Per un momento sento che lei sta per fare lo stesso ma poi si frena e in volto le compare un’espressione seria. – Eracl, c’erano altre ferite, rimarginate, sul tuo corpo, quando ti ho guarito. Le ho sentite come se fossero sul mio. - Alza la manica della maglietta e scopre una cicatrice, poco estesa, certo, ma che qualche anno fa era un profondo taglio.
-Sono caduto… - tento di dire.
-Si, certo. Ed io sono la fata turchina. –
-Non lo era Eiran, quella? –
Rimane seria, non colpita dal mio fantastico senso dell’umorismo.
-Eracl… - si porta una ciocca di ricci verdi dietro l’orecchio. – Lo so che litighiamo sempre, che tu mi chiami nana ed io brezza estiva e tutto il resto ma sappi che, per quanto strano possa essere, - fa un sorriso, presto ricambiato da me. – non ti voglio ammazzare, o almeno non per tutto il tempo. Quindi… puoi parlare con me. -
Faccio un sospiro. Sono pronto per aprirmi con qualcuno? Per confessargli cos’ho passato? Quante ferite porto?
Guardo Tia con attenzione. È bellissima, come sempre. Qualche ciocca ricciuta le incornicia il viso rotondo e olivastro, le labbra rosee sono socchiuse, gli occhi spalancati e adesso sembrano più verdi che marroni, si sta stringendo le spalle e mi guarda come se si aspettasse un mio rifiuto a breve.
Tutto di lei, in questo momento, fa sembrare che lei sia fatta di cristallo, che sia fragile ma io so perfettamente che non è così: Tia, nonostante non lo sembri, è forte, come il suo Elemento, la Terra.
Per questo so perfettamente che le posso dire tutto, così, per la prima volta nella mia vita, mi apro con un’altra persona.
- Vedi nana, - dico, sollevandomi e facendole spazio per far si che si possa sedere accanto a me. Lo fa. – io non ho avuto quella che si può dire una bellissima infanzia… -
   
 Note dell'autrice:
Ebbene si:
sono tornata u.u
Mi scuso per il periodo di "assenza" ma sono stata impegnatissima con la scuola, la settimana scorsa ho studiato tantissimo e anche oggi è stato lo stesso. Fortunatamente questo capitolo l'ho finito ieri... Cosa ne pensate? Finalmente Eracl si apre con Tia, le racconta cosa ha passato... Non so voi ma il suo passato mi ricorda un po' quello di Jace Herondale
( NON LEGGETE VOI CHE NON AVETE FINITO DI LEGGERE LA SAGA DI SHADOWHUNTERS!!!!! IO VI HO AVVISATI....)
(lo so che la Clare e Clary lo considerano un Lightwood ma io credo che debba essere chiamato con il suo vero cognome, dopo tutto sua nonna è morta appunto per questo... sigh, poverina. Era una stronza colossale ma in fondo soffriva così tanto... Ok, lo sclero-Shadowhunters è finito.) <3
Ma passiamo alle cose serie:
Gene e Eracl hanno fatto di nuovo a botte :')
Eracl è stato ferito dal cugino, che gli ha procurato una ferita nella fronte e gli ha tolto pure un po' di ossigeno dal sangue, quindi diciamo che è per questo che è svenuto...
Ho ripetuto tutto questo solo per spiegarmi meglio, ma se non avete capito qualcosa, chiedete pure :)
Un grazie a chi ha aggiunto la storia tra le sue liste e a chi recensisce: spella, J_angel, Lacus Clyne, TiaSeraph, AlterEstel08, ValeryJackson, Poketonx. 
Mi scuso in anticipo per la possibile (anzi: molto probabile) di errori :)

 

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Capitolo 26
*** 25. La vita a palazzo mi rivela segreti molto interessanti ***


Ilio.
 
Il viso che mi sta guardando è tremendamente diverso da quello che sono abituata a veder riflesso allo specchio.
Lo è anche la corporatura, a dir la verità.
Dall’altra parte dello specchio c’è una ragazza, sui quindici anni, con la pelle abbronzata e liscia, gli occhi verde prato e i capelli a caschetto, di un lucido castano, come quello delle nocciole, i suoi zigomi sono leggermente sporgenti, la bocca piccola e rosea.
La ragazza è minuta, magra e le sue forme sono a mala pena accennate.
Questa sono io.
O almeno, l’aspetto che ho deciso di assumere, per l’incarico che mi ha dato Eiran: entrare nel palazzo di Rendak e raccogliere quante più informazioni possibili.
- Va detto che sei totalmente diversa da come sei al solito. – commenta Tia, seduta a testa in giù sul divano del salotto della casa di Eiran. io distolgo lo sguardo dallo specchio e lo volgo su di lei.
Accanto a lei, Iris annuisce, per poi riportare la sua attenzione sul suo medaglione. La ragazza ci gioca, attorcigliandolo attorno all’indice destro. – Sarebbe impossibile riconoscerti. – mormora, per poi mordersi il carnoso labbro inferiore.
Annuisco e riassumo le mie sembianze, poi, mi guardo allo specchio. Sono totalmente diversa con il pallido viso a cuore, gli occhi cangianti e i folti capelli blu scuro, con il labbro inferiore sporgente, il naso all’in su e il fisico snello. Un attimo dopo, sono di nuovo una Discendente della Terra.
-Già… mi passi i vestiti? – chiedo a Tia. Questa mi passa degli abiti della sua Discendenza.
Non appena li indosso, con il mio nuovo corpo, mi rendo conto di cosa sto per fare: incontrare il nemico.
 
La donna dai capelli rossi, a quanto ho capito è quella che si occupa di assumere i Discendenti nel personale, mi squadra, leggermente sospettosa. Sostengo il suo sguardo, con il mento alzato e senza esitare.
Lei riduce i suoi occhi a delle fessure scarlatte e poi annuisce. – Sei assunta. Cominci da subito. – faccio un veloce cenno con il capo e volo nella stanza della donna di cui mi devo occupare.
Durante il colloquio, Vesta non mi ha spiegato perché sia qui ma solo che è molto malata, probabilmente prossima alla morte, e che devo occuparmene.
La stanza è ampia, con le pareti bianche che riflettono perfettamente la poca luce che entra dalla grande finestra vicino al letto.
Entrare in questa camera è una piacevole alternativa all’oscuro corridoio e alle camere non meno al buio di tutto il palazzo.
Mi avvicino al letto. Sdraiata su questo sta una donna, sui quarant’anni. Dei lunghissimi e lisci capelli biondo dorato le arrivano in vita, tra loro, ha qualche ciocca verde. La sua pelle è bianca, innaturale e pare fragilissima, come se solo toccandola, si potrebbe frantumare in mille pezzi.
Si gira verso di me e si mette seduta. Mi sorride e per un momento mi rallegro del fatto che non dovrò avere a che fare con una donna acida, pronta a riprendere ogni mio errore.
-Tu devi essere la mia badante. – dice con tono gentile. Annuisco e lei mi porge la mano. Quando gliela stringo, constato che avevo ragione: la sua stretta è debolissima e sembra ancor più fragile di come appare. – Io mi chiamo Demes. – fa una altro splendido sorriso, presto ricambiato da me.
-Io sono Tara. – replico.
Ho come la sensazione che mi piacerà, “questo incarico” .
 
Tre giorni dopo…
 
Apro la porta, cercando di abituarmi al cambiamento di illuminazione tra la camera di Demes e il corridoio. Non faccio troppa attenzione al fatto che ci potrebbe essere qualcuno, occupata come sono a far in modo che non mi cadano tutti questi asciugamani, lenzuola e le boccette delle medicine della donna.
Ancora non mi ha detto che malattia ha, nonché io abbia qualche possibilità di conoscerla, ovvio, ma so lo stesso che è abbastanza grave: su queste lenzuola, c’è del sangue. Tanto.
Scuotendo la testa, spingo la porta con il fianco sinistro.
Sento questa sbattere contro qualcosa, o dovrei dire qualcuno, visto che sento un grugnito?
Le cose mi cadono a terra ma le ignoro e corro a vedere chi ho colpito.
Sul pavimento, c’è un ragazzo, sui quindici anni, o forse anche meno, un Discendente del Buio.
Lui alza lo sguardo e mi schiocca un’occhiataccia.
È di una bellezza straordinaria, con i folti capelli neri, quasi ricci, gli occhi grandi e scuri, come la sua chioma, che risaltano tantissimo, sulla sua pelle bianchissima. Ha il naso sottile, come le labbra, e gli zigomi sporgenti, su questi delle lunghissime ciglia nere creano delle ombre.
- Oh, scusami! Mi dispiace tanto! – mi chino par aiutarlo ma lui rifiuta la mia mano e si alza da solo, non smettendo di guardarmi male.
- Ci credo. – dice, sprezzante.
- Come, scusa? – replico con voce incredula.
- Ci credo che ti dispiace, stupida Discendente della Terra. –
Adesso che è in piedi, noto che, se avessi le mie vere sembianze, lo supererei di dieci centimetri ma non smette lo stesso di essere davvero un bel ragazzo. Si pulisce le mani sulla maglietta nera.
Non rispondo al suo insulto, nonostante mi venga una voglia matta di affogarlo.
Il ragazzo nota la porta dietro di me e pare riconoscerla, perché ride.
-Oh, quindi tu sei la badante della poveraccia. – si porta una mano tra i capelli e li scuote. – Perfetto, un’ altra Discendente della Terra. Come se non ce ne fossero già abbastanza tra gli altri servitori, la povera demente di cui ti occupi e suo figlio! – mi guarda dritto negli occhi e indietreggio, fino ad appoggiare la schiena contro il muro.
Lui alza la mano destra e sopra questa comincia a ruotare su se stessa un’ombra. Ai suoi fianchi ne compaiono delle altre. Hanno delle sembianze quasi umane.
Il ragazzo mi si avvicina e afferra il mio polso destro, stringendolo forte.
-La prossima volta penso che sia meglio che tu ti rivolga a me con “lei”. Ti consiglio anche di stare più attenta, altrimenti… -
Deglutisco, nonostante sia più grande di lui, sia per l’altezza che per l’età, questo ragazzo mi terrorizza. Nei suoi occhi, vedo un’espressione spietata e gelida. Sembra non essere capace di provar pietà. I suoi occhi ora con completamente neri, sembrano dei buchi neri: spietati, crudeli e capaci di risucchiare di tutto.
- Penso che sia meglio che tu la lasci stare, Shade. – dice una voce. Entrambi ci voltiamo verso il suo possessore e trattengo a stento uno squittio.
È lui.
È il ragazzo che mi ha tenuto tra le braccia. Che ci fa qui?  
È appoggiato ad un muro, a qualche metro da noi e, se non avesse parlato, non me ne sarei neanche accorta, tanto era nascosto nell’ombra. I suoi capelli, adesso che entra in un solitario fascio di luce nel corridoio, sembrano oro puro. La sua ciocca verde gli incornicia il viso, risaltando gli occhi smeraldini, contornati da ciglia bionde.
Il Discendente del Buio, Shade, sbuffa divertito e mi lascia andare, mentre volge tutta la sua attenzione sull’altro. Io mi limito a fare lo stesso. Ai fianchi del ragazzino, le ombre svaniscono.
-Altrimenti cosa mi fai, Elias? Sentiamo. – fa un passo verso di lui. Non sembra minimamente intimorito dalla loro differenza di statura. Fa un sorriso sprezzante. Elias non ci bada e dice:
-Se vuoi te lo mostro, invece di dirtelo semplicemente. – senza esitare. Gli occhi del quattordicenne ridiventano normali e sembra calmarsi, anche se di poco.
Shade alza gli occhi al cielo e se ne va, non senza aver prima scoccato un’occhiataccia a entrambi. Elias si volta verso di me e mi sorride.
Sento il mio cuore saltare un battito. Nonostante non lo veda da settimane, mi ricordo ancora il suo sorriso e il suo effetto su di me non è cambiato.
Ma cosa ci fa qui? mi domando per la seconda volta. Sebbene sia al settimo cielo nel rivederlo, non posso fare a meno di pensare che un motivo per cui è qui ci deve pur essere.
-Ciao, io sono Elias. Mi dispiace per la sua povera e triste esibizione ma il piccolo Shade è fatto così. – faccio un sorriso insicuro. Si riferisce a quel prepotente come se fosse un bambino capriccioso a cui non bisogna dare troppa importanza.
-Allora non me ne devo preoccupare? – chiedo, sperando che la sua risposta sia affermativa.
I suoi occhi verdi diventano all’istante più scuri e seri. – Assolutamente no! Shade non è un ragazzo da sottovalutare: è pericoloso. Molto. – annuisco. Questa è sicuramente un informazione importante che Eiran vorrà sapere. – Come mai è qui? – domando, mentre mi chino per raccogliere un  asciugamano. Con un sospiro di sollievo, constato che le boccette delle medicine di Demes sono intatte. - È il figlio di Rendak. – dice lui, prendendo un’ampolla con un liquido roseo. Alzo lo sguardo e lo volgo su di lui, sbalordita.
Quello era veramente il figlio del Discendente che dobbiamo eliminare? Vedendomi, Elias sorride. – E così… sei la nuova badante di Demes, eh? – annuisco.
 – Non mi hai ancora detto il tuo nome. – constata. Non sa quanto vorrei conoscerlo con le mie vere sembianze…
- Mi chiamo Tara. – rispondo, cercando di sembrare naturale. Invece, alle mie orecchie, la voce mi sembra dannatamente falsa ma Elias non sembra accorgersene. Fortunatamente.
- Bè, piacere, Tara. – sorride di nuovo. Mi porge la boccetta e le lenzuola che ha raccolto. Vedendo un’altra macchia rossa, storco il naso, anche Elias la nota e la sua espressione si fa pensierosa. Mi sorpassa ed entra nella porta dietro di me.
Quella di Demes.
Quando vi rientro, noto che la finestra è aperta. La luce entra da questa e crea dei giochi di ombre e luci sui visi di Elias e Demes. Il ragazzo e chinato sulla donna e parlano sottovoce, sorridendo.
Sembra che si conoscano da molto tempo.
Dopo un po’ che li guardo, non posso fare a meno di pensare che si somiglino molto e che insieme sembrino due soggetti di un quadro, Demes si gira verso di me e mi regala un sorriso.
-Grazie, Tara. – mormora non appena le porgo un bicchiere con dentro un intruglio dall’odore nauseabondo. La donna ne beve un sorso e poi rabbrividisce. Arriccia il naso e fa una smorfia. – Nonostante, lo beva da anni, mi fa ancora schifo. – dice. Accanto a lei Elias sospira esasperato e la induce ad assumerne un altro po’.
-Dai, ancora. – il suo tono è indulgente.
-È disgustoso. – protesta Demes, fa per posarlo sul comodino accanto al letto ma il ragazzo glielo spinge verso la bocca.
-È per il tuo bene. Ora bevi. – non ammette repliche, lo si capisce dalla sua voce. La donna storce il naso, poi se lo tappa e beve il liquido tutto d’un fiato.
-Fatto. Lo sai che sei snervante, vero? – sorride in direzione di Elias che ricambia prontamente, provocandomi un altro battito mancato. Maledizione. Se continuo così, finirò per morire d’infarto.
-Chi ti farebbe avere la medicina altrimenti? – domanda Elias con tono ironico.
-Tara. È pagata per questo. – risponde prontamente.
Il ragazzo si volta verso di me e annuisco, per confermare quanto ha detto. – Forse è meglio che si riposi, Demes. –  mormoro, lei fa un cenno affermativo, un po’ intontita.
Poi chiude dolcemente gli occhi e, quando sono certa che stia dormendo, guardo di soppiatto Elias.
Il ragazzo guarda ancora la donna e non posso ancora crederci che sia qui, che l’abbia trovato.
Dopo così tanti giorni… è qui, vicino a me.
Peccato che però non sappia chi io sia.
Non è cambiato dall’ultima volta che l’ho visto, sebbene siano passate solo due al massimo tre settimane. Forse i capelli dorati sono cresciuti, ma solo di poco.
Con un filo di preoccupazione, noto che ha un velo di occhiaie, sotto gli occhi smeraldini.
-Da quanto vi conoscete? – domando, cercando di sembrare non curante della faccenda e che non me ne importi così tanto. Lui si riscuote dai suoi pensieri e si volta verso di me.
-Da quando sono nato, visto che è mie madre. –
Neanche sette giorni che sono qui e già ho raccolto così tante informazioni? Cavolo, d’ora in poi dovrei farmi chiamare agente 00Ilio.
 
Una settimana dopo…
 
-Ad ogni finestra ci sono due guardie. – dico, tentando di ricordare al meglio ciò che sto apprendendo a palazzo. – Queste sono per lo più Discendenti dell’ Aria o del Fuoco. Ne ho chiesto il motivo e mi hanno risposto che Rendak si fida per lo più di loro. –
Eiran annuisce. È seduto sulla scrivania della sua stanza, con i gomiti appoggiati alle ginocchia e le mani che sorreggono la testa. Guarda in basso, con aria concentrata.
Dalla prima volta che sono entrata qui, il suo aspetto è migliorato: il suo volto ora non è più così magro e le occhiaie sono meno scure.
-Lo hai visto? – domanda. Dal suo tono capisco che la cosa non gli importa molto.
-Chi? –
-Rendak. – pronuncia il suo nome con odio e a fatica, come se gli costasse molta fatica dire questa parola.
Faccio un senso di negazione. – No. – affermo. – Rendak non si fa vedere molto in giro. Non mi hanno spiegato il perché. Però ho scoperto una cosa interessante. –  il Custode volge il suo sguardo su di me. – Cosa? – chiede.
-Rendak ha un figlio. – rispondo. – Penso che abbia circa quattordici anni. Si chiama Shade. È un Discendente del Buio. –
Eiran fa una smorfia di scherno. – Un nome perfetto per la sua Discendenza. Lui è sempre stato così. – si alza e s’avvicina ad una delle librerie della stanza. Prende un libro e comincia a sfogliarlo, con gesti lenti, come se volesse godersi al meglio tutte le parole. Scommetto che lo sa a memoria…
-Rendak? – domando. Eiran annuisce distrattamente.
Sbuffo, leggermente infastidita dalla sua poca attenzione per me. – Cosa stai leggendo? –
Lui riporta i suoi occhi verde chiaro sui miei, guardandomi stupito. Forse si aspettava che uscissi senza che lui me lo chiedesse, o meglio: imponesse. Eiran è piuttosto possessivo sulle sue cose, soprattutto la sua stanza. Fino ad ora, sono stata solo io l’ unica a vederla, tranne lui e Tia.
Inutile dire che Eracl insiste sul entrarvi, in un momento che il Custode non è lì, da giorni. Peccato che Eiran abbia sentito il suo piano, assolutamente ridicolo, e che abbia messo delle trappole per evitare che dei ficcanaso, alias Tia Gene e Eracl, vi possano accedere.
-Un libro sui sogni. Iris continua ad avere degli incubi e mi ha chiesto di aiutarla. – il suo sguardo, solo per un istante, si fa dolce. Sorrido.
-Ti ricorda Talia? – domando anche se sono assolutamente certa che la risposta sia affermativa.
Eiran solleva un sopraciglio ma poi annuisce. – Era la mia migliore amica e Iris ha ereditato la sua testardaggine, per questo me la ricorda molto. In realtà anche voi mi fate venir in mente i vostri genitori. E’ come se avessi in casa delle versioni adolescenti di tutti i miei vecchi amici. Peccato che questi siano ancora più stupidi di loro, con il vostro tentar di entrare nella mia stanza e il fatto che non riusciate neanche a capire che siete ricambiati dalla persona che amate. – dice con tono che via via si fa sempre più ironico.
Per un momento, Eiran si è aperto un poco con me e adesso sembra che cerchi di indossare di nuovo la sua armatura scintillante d’ironia, sarcasmo e sorrisi sornioni.
-Spero che non intenda anche me, spero. – mormoro con finto orrore. Lui mi rivolge un’ occhiata ironica.
-Te lo dissi in quella spiaggia e lo ripeto: tu sei diversa da loro. –
Sull’uscio della porta, non posso fare a meno di pensare ad una cosa:
si, ma quanto? Ed è  positivo che lo sia?
 
Le fiamme della stanza di Kori si alzano all’istante, facendo sembrare il proprietario di questa camera più abbronzato. I suoi occhi rossi assumono delle sfumature arancioni e le ciglia nere che li contornano proiettano delle ombre più scure sull’iride dai colori caldi.
-Ma cos’ è successo tra di voi? – chiedo, sedendomi su uno dei divanetti.
Lui mi siede di fronte e sospira con aria affranta. Per l’ennesima volta, abbiamo incrociato Iris e puntualmente la ragazza ha scoccato un’occhiataccia contro il mio amico. Almeno siamo passati dall’ignorarlo al guardarlo male… - Iris non ti parla ma guarda male da settimane, quindi lo ripeto: che hai combinato? – all’istante, Kori arrossisce.
Quando lo fa, non posso fare a meno di pensare che è davvero bello, con quei capelli scompigliati e neri, dalle punte scarlatte, gli zigomi perfetti, le ciglia lunghe e folte che contornano i suoi occhi dolci e le labbra a ovale più scure della sua pelle pallida.
-Nien- niente. – balbetta. Tenta di evitare il mio sguardo ma io glielo impedisco, guardandolo insistentemente con i miei occhi, oggi turchesi. Voglio fargli capire che non mi farò fregare così facilmente, soprattutto da lui, che considero ormai da tempo il mio migliore amico. Mi chino un po’ in avanti, continuandolo a fissarlo. Lui sospira e sprofonda sul divanetto. Volge il suo sguardo sulle fiamme. – L’ho baciata. – dice in un soffio.
-Cosa? – replico con voce incredula. Possibile che abbia veramente trovato il coraggio di farlo? E poi perché Iris si è arrabbiata?
-L’ho baciata e le sono entrato nella mente. L’ho fatto per leggere i suoi pensieri, volutamente. Sapevo che nascondeva qualcosa, così ho usato il mio Talento. – spiega, con voce angosciata. – Mi faccio schifo da solo. –
Si prende la testa tra le mani. – E ora che faccio ?! Iris mi odia! – dice disperato.
-Ma cosa hai visto nella sua mente, di così… grave da farla arrabbiare con te? – domando curiosa di cosa possa trattarsi. Lui mi guarda  ma rimane muto. – Dai, dimmelo. Mi hai raccontato il motivo, puoi anche farmi sapere anche cos’hai trovato nella sua testa. – dico, cercando di essere convincente.
Kori tace ancora. – Non capisco perché… -
Lui stringe i pugni. – Se avessi voluto fartelo sapere, te lo avrei raccontato. –
-Ma almeno mi puoi dire… -
-No. –
-Koriiii! – mi lamento con voce da bambina. Il ragazzo serra la bocca e scuote la testa. – Dai… -
-Ho detto di no. – le fiamme si innalzano all’improvviso e io sobbalzo all’indietro, spaventata.
-Ok, ok. Sta’ calmo. Scusa. – mormoro in fretta, maledicendomi per essermi dimenticata dei suoi soliti ed improvvisi scatti d’ira.
Kori scuote la testa, pentito e dice: - Non hai colpe. Sono io che ultimamente sono piuttosto irascibile. – afferra un cuscino e ci immerge la faccia. Contro di questo, farfuglia qualcosa.
-Cos’hai detto? –
-Questa situazione con Iris mi sta facendo impazzire. Lei… mi manca. Mi manca parlare con lei e vedere il suo sorriso. – sorride, nostalgico.
Sorrido. –Secondo me si aggiusterà tutto. – affermo, ottimista. – Ma… Kori? –
Lui riporta la sua attenzione su di me. – Si? –
-Devo proprio farti un discorsetto sul fatto che non è carino leggere la mente della ragazza che si ama con l’inganno? –
-Io non ti ho mai detto che l’amo. – borbotta.
-Ma si vede da come la guardi. –mormoro dolcemente.
 
Due settimane dopo…
 
Ormai è quasi all’ordine del giorno che cominci a canticchiare mentre Demes dorme.
Lo faccio inconsciamente, per tenermi compagnia, e anche perché mi manca la musica.
Ad Alias c’è, ma non è la stessa che ascoltavo in Italia, nel negozio di M…
Grazie ad Eiran, sono riuscita ricordare perfettamente i testi delle mie canzoni preferite e il Custode non sa quanto gliene sia grata.
Oggi è uno dei tanti giorni in cui canticchio Fix You, dei Coldplay.
D’altronde è perfetta per la situazione, visto che parla di guarire e affrontare le avversità.
- When you try your best but you don’t succeed.
   When you get what you want but not what you need
   When you feel so tired but you can’t sleep
    Stuck in reverse. –
Piego delle lenzuola pulite per poi metterle nel cassetto del comodino accanto al letto della donna.
Mi chiedo che malattia abbia e perché sia qui, nel palazzo di Rendak.
Mi fermo un attimo per guardarla dormire beata.
Nonostante non me lo abbia detto, so che soffre molto, da sveglia. Dormire è il suo unico modo per sfuggire al dolore.
-  And the tears come streaming down your face 
    When you lose something you can't replace 
    When you love someone but it goes to waste 
     could it be worse? –
Arriccio il naso. A volte si, potrebbe andare veramente peggio.
Sto per intonare il ritornello, quando odo una voce dietro di me dire:
- Cosa stai facendo? –È inutile che mi giri per riconoscere il suo proprietario: è Elias. Però lo faccio lo stesso.
- In che senso? – domando, notando solo adesso come siano differenti le lingue terrestri e quella di Alias, un misto di tutte e allo stesso tempo così diversa da queste.
- Stavi… dicendo qualcosa, in un'altra lingua e in un modo strano. – afferma, con tono un po’ insicuro. – Non è la prima volta che lo fai. Ti ho sentita farlo anche altre volte. Però… mi piace. In tutti i posti in cui sono stato non ho mai sentito qualcosa del genere. –
Arrossisco. Possibile che mi abbia guardata anche altre volte e che non me ne sia accorta?
A quanto pare si, visto che sta affermando di avermi sentita cantare anche altre volte.
- Stavo cantando. – rispondo, per poi rimproverarmi. Adesso come gli spiego che stavo cantando in un’ altra lingua?
- Cantando. Come si fa? – chiede, aggrottando la fronte e concentrandosi sulla prima parola che dice, come se non l’avesse mai pronunciata in vita sua.
- Tu non sai cantare? – chiedo sorpresa. Lui annuisce.
- Me lo insegni? – mi chiede.
Mi mordicchio il labbro. Come potrei insegnarglielo? Se non sa cos’ è il canto, è ovvio che non ci siano canzoni qui ad Alias… e come farei a tradurre le parole? – Va bene. – acconsento.
Lui fa un sorriso enorme. – Grande. –
Ricambio il sorriso, però più insicura.
 
 
Due  settimane dopo…
 
- Allora, il testo fa:
“Quando ci provi al meglio che puoi 
ma non riesci ad ottenere quel che vuoi 
quando ottieni quel che vuoi 
ma non è quello di cui hai bisogno 
quando ti senti così stanco
ma non riesci a dormire 
Bloccato al contrario.” –
Elias aggrotta la fronte, come fa sempre quando si concentra e muove le labbra, copiando le mie quando canto il testo. – Sono delle parole tristi. – afferma. – però belle. – io annuisco.
- E’ una delle mie canzoni preferite. – mormoro.
- Hai dei bei gusti, allora. – sorridiamo.È da un po’ di giorni che mi fermo sempre un po’ più tardi a palazzo, per parlare con Elias.
Durante questa chiacchierate, raccolgo anche qualche informazione e la mia coscienza non tarda a dirmi che sembra che mi stia approfittando di lui. di solito non la ascolto.
- Dai, prova. – lo incoraggio. Lui annuisce e canta la prima strofa, alla perfezione. – Bravissimo! – esclamo con una risata. Presa dall’entusiasmo, lo abbraccio e lui, non aspettandosi il mio gesto, perde l’equilibrio, trascinandomi con se a terra e facendoci rotolare per l’erba del giardino dietro al palazzo di Rendak. Nell’aria riecheggiano le nostre risate.Quando il cielo e la terra finiscono di girare, Elias è sopra di me, con le mani appoggiate a terra per evitare di schiacciarmi. – Scusa. – mormoro, tutta rossa. La pelle a contatto con la mia, mi provoca delle scosse. Quanto mi piacerebbe rimanere così per sempre…
- Di niente. – replica, alzandosi, mentre io evito di assumere un’espressione delusa. – Non ti ho mai detto quanto mi piaccia la tua compagnia. È da tempo che non sto con qualcuno della mia età –
- Davvero? – domando avvicinandomi a lui. Che cosa ha passato in tutti questi anni?Lui annuisce girandosi verso di me. I suoi occhi di smeraldo si sono scuriti e il suo volto ha perso il sorriso. – Mio padre ed io abbiamo sempre avuto dei problemi. Lui si è approfittato di mia madre, ma, mentre lei è troppo buona e lo ha perdonato, io non posso sopportare cos’ha fatto. –
Mi corruccio. – Cos’ ha fatto? – è la prima volta che parla di suo padre. Fino ad ora, non mi ha mai raccontato niente su di lui.
Lui fa una smorfia. - Lui… dopo il matrimonio con mia madre, è cambiato. Lei mi ha raccontato che prima era gentile, certo, un po’ ombroso ma comunque era un uomo buono, amabile. – la sua voce è seria, non sopraffatta da nessuna emozione. – Poi, quando sono nato io, sono venuti in città. Poi c’è stato tutto quel casino con la rivolta e mia madre ha aiutato mio padre ma lui l’ha usata per raggiungere i suoi scopi e ora lei è in queste condizioni. In seguito, si è risposato e, quando ho capito che… era colpa sua che mia madre fosse malata. – la sua voce diventa dura e fredda. Stringe le mani a pugno e guarda con rabbia l’erba ai suoi piedi. Mi avvicino a lui e gli poggio una mano sulla spalla. Il contatto non sembra provocargli alcun effetto come fa invece con me. – Me ne sono andato. Già non andavamo d’accordo, ma dopo che me ne sono andato, il nostro rapporto si è limitato ad un cenno di saluto in caso ci vedessimo. Mi ha disconosciuto e ha riconosciuto il mio fratellastro come figlio legittimo, tenendo pur sempre mia madre qui. Credo che la tenga qui solo perché, se morisse, la Luna del Buio potrebbe allontanarsi più facilmente. –
Rimango un po’ in silenzio, per elaborare ciò che mi ha appena detto. È una storia tremendamente triste e angosciante. Non credo che potrei reggere qualsiasi cosa ha sopportato Elias in questi sedici anni.
- Quindi… cos’hai fatto per tutto questo tempo? – chiedo, sedendomi per terra. L’erba è secca e punge la pelle scoperta delle mie gambe. Lui si sdraia accanto a me e guarda il cielo, pensieroso. Con la coda dell’ occhio vedo un’ombra grigia entrare nell’ingresso secondario del palazzo.
- Ho viaggiato. – risponde. – Poi, quando sono tornato qui, ho incontrato una ragazza. – fa un sorriso. – Ma non l’ho più rivista. Però mi piacerebbe farlo. – Veramente lei è qui, accanto a te.
- E… come mai sei tornato? –
- Mia madre sta morendo. Non trovo giusto che non ci possiamo vedere per un’ultima volta. – poggia la testa sulle mani. Io abbraccio le gambe al petto e lo guardo.
- Mi dispiace. Perciò lei è qui per tuo padre. Chi è? Un servitore? –Elias scoppia a ridere, scuotendo la testa. Si volta verso di me e sorride. – Magari lo fosse! Vedi, mio padre è Rendak .-


Note dell'autrice:
Mi scuso immensamente per questo lungo periodo di assenza! Mi dispiace!!!!!
Sono stata tremendamente occupata e non ho potuto aggiornare prima di adesso.
Comunque spero di poter pubblicare i nuovi capitoli più in fretta. Il prossimo è già pronto nella mia testa e venerdì potrei anche cominciarlo a scrivere ma non prometto niente >_< 
Ma parliamo d'altro... posso amarlo? Ebbene, io adoro Shade. Non so perchè ma mi piace tantissimo. Ha... energia. Ma non penso che sia lo stesso per voi XD Bo, poi ditemi cosa ne pensate dei nuovi personaggi. Credo che Elias sia ben accolto, invece, visto che avete chiesto a gran voce un suo ritorno. Ebbene, ECCOLO! 
Ragazzo complicato, eh?
Rendak non è ancora apparso ma ho intenzione di farlo mooooolto più tardi, tra i capitoli finali. A proposito: ho fatto un po' di conti e mancano 20 capitoli alla fine, non contando l'epilogo. Siamo nel bel mezzo della storia! Vi piace? Spero di si, perchè dovrete sopportarla ancora per un po'! XD
Comunque... un grazie enorme a chi ha recensito lo scorso capitolo e a chi ha aggiunto la storia tra le proprie liste ma vorrei fare una statua a Lacus Clyne, che qualche giorno fa mi ha mandato i Chibi dei miei personaggi. Sei un tesoro, sappilo.
Qui sotto provo a linkarli:

http://imageshack.us/a/img69/471/7inx.jpg (Ilio)
http://imageshack.us/a/img713/7093/uidn.jpg (Iris)
http://imageshack.us/a/img24/1484/i5nd.jpg (Kori)
http://imageshack.us/a/img43/4153/1psq.jpg (Tia)
http://imageshack.us/a/img849/4517/c3ug.jpg (Eracl)
http://imageshack.us/a/img820/7285/s5be.jpg (Eiran)
Al prossimo capitolo!
p.s. non sono un amore i Chibi?


 

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Capitolo 27
*** 26. Ombre dal passato ***


Iris.
 
Aaron lanciò un altro sasso, facendolo rimbalzare tre volte prima di scomparire sotto l’ acqua del piccolo lago. Sbuffò. Non riusciva a fargli fare più di tre salti. Si chinò per raccogliere un' altra pietra da lanciare e, quando stava per farlo, si fermò per osservare due Discendenti del Buio. I due stavano uscendo dalla porta secondaria del palazzo, quella che dava sul giardino.
Erano un maschio ed una femmina, più o meno della sua età, a qualche decina di metri da Aaron. Lui era molto più alto della ragazza e camminava velocemente, seguito da lei.
Ai fianchi, aveva le mani strette a pugno e sembrava non curarsi di cosa gli stava gridando angosciata l’altra Discendente.
Aaron si nascose dietro l’albero che gli si trovava accanto, per non farsi scoprire, d’altronde li stava pur sempre spiando e non doveva trovarsi lì.
- No! Non andartene! Possiamo trovare una soluzione! Potremmo dividerci il regno! – gridava la ragazza. Aaron riuscì a capire che stava piangendo dal tono della sua voce. La ragazza finalmente raggiunse l’altro Discendente e gli afferrò il polso, costringendolo a voltarsi. – Andartene non è la giusta soluzione. –
- E cosa dovrei fare, Talia? Restare qui? I nostri genitori hanno preferito te a me! – replicò con voce indignata. Talia tirò su col naso.
- Lo sai che non è così. Lo sai che è la Luna a decidere il capo per la propria Discendenza quando ci sono più possibili eredi. –
- Si, ma i nostri genitori non si sono opposti. Le hanno dato retta e acconsentito alle sue decisioni, senza neanche porsi la domanda che forse, per una volta, ha sbagliato ad indicare l’erede al potere. –
- Come avrebbero potuto? Non è mai successo! – esclamò la ragazza. Suo fratello, perché lo era sicuramente, pensò Aaron, si staccò dalla presa di Talia, guardandola male.
- Quindi ti schieri dalla loro parte. – disse con amarezza. – Giusto, finché sei tu quella che comanda va tutto bene, eh, Talia? –Talia ingrandì gli occhi, stupita da ciò che aveva detto il suo fratellino. – No, tu sei mio fratello! Non potrei ma
i negarti ciò che più desideri solo per un mio capriccio! Ti prego, non andare! –
Ma il ragazzo aveva ormai deciso. – Troppo tardi. È evidente che non c’è abbastanza spazio per me, qui. Addio, sorella. – si voltò, dandole le spalle e andandosene.
 
Talia si era arrampicata su uno degli alberi del giardino del retro del palazzo. Era seduta su uno dei rami di uno di questi. I capelli le coprivano il volto e le esili spalle chiare erano scosse da dei singhiozzi.
Suo fratello se n’era andato. Non poteva ancora credere suo fratello minore si fosse lasciato alle spalle tutto: i loro genitori, la città e lei.
Come aveva potuto? Non era colpa sua!
Singhiozzò ancora.
- Secondo me, quel ragazzo è un idiota. – affermò una voce.Talia alzò di scatto la testa. Chi era stato? E poi, cosa ancor più importante, chi si era addentrato nel palazzo? Portò lo sguardo dove proveniva la voce per incontrare quello dorato di un Discendente della Luce. Si asciugò le lacrime e si strinse le spalle, tentando di riassumere un aspetto meno patetico e più orgoglioso.
- Tu non dovresti essere qui. – disse, decisa. Il ragazzo rise, portandosi un mano tra i capelli. Talia non riusciva a vederlo, con tutte quelle foglie che le impedivano la vista, ad eccezione degli occhi.
- Io non dovrei essere in molti posti, Talia. – replicò lui con tono scherzoso e misterioso.
- Come fai a sapere il mio nome? – domandò lei con voce leggermente sorpresa.
- Quando lo gridano a non troppa distanza da te, è difficile non sentirlo. – rispose lui, sorridendo sornione, come spesso faceva Eiran.
- Non mi pare di aver udito urlare il tuo, allora. – quel ragazzo la incuriosiva, con i suoi bizzarri modi di fare. Il ragazzo scoppiò nuovamente a ridere.
- Allora non passi molto spesso dalle parti del palazzo della Discendenza della Luce! In quel posto, il mio nome viene gridato, come minimo, tre volte al giorno. Mia madre ha dei buoni polmoni. –Talia sollevò nuovamente un sopraciglio. Ma che stava farneticando? Appoggiò le mani sul ramo e con queste si dette la spinta per saltare. Atterrò poco lontano dall’altro Discendente e così poté vederlo meglio. La vista non le dispiacque affatto. Quel ragazzo era davvero bello.
I capelli erano corti e dorati ed ogni ciocca sembrava voler andare per conto suo. Gli occhi a mandorla dorati sprizzavano allegria e spensieratezza. Il suo mento era appuntito e il naso dritto. La sua pelle era liscia e dello stesso colore del miele, la bocca carnosa e aperta in un sorriso amichevole che mai nessun altro Discendente della Luce le aveva dedicato.
Indossava una maglietta dorata e dei pantaloni un poco più scuri, che gli lasciavano scoperti i piedi.
Al collo portava un ciondolo ovale e dello stesso colore dei suoi occhi.
-Vedrò di passarci più spesso, allora. Ma, tanto per saperlo, quando saprò che staranno urlando il tuo nome e non quello di qualcun altro? – Talia ghignò e i suoi occhi neri brillarono per un attimo d’astuzia e maliziosità.
Aaron fece lo stesso. – Il mio è l’unico nome che viene urlato lì, ma, se proprio vuoi saperlo, io sono Aaron della Luce. – le porse la mano. – E no: non ho intenzione di dirti perché sono qui. –
Talia la strinse e non poté fare a meno di pensare che le piaceva il calore della sua pelle.
 
Attorno a me è tutto buio.
So che sono nella mia stanza ma questo luogo mi inquieta lo stesso, come se non lo avessi mai visto prima d’ora. Forse perché quello che ha adesso non è il suo consueto aspetto, con tutta quest’ oscurità che sembra quasi fluida.
Mi dirigo verso la porta e con un certo fastidio constato che mi sembra di muovermi dentro l’acqua.
Afferro il pomello e lo giro. Da quando la porta della mia stanza ha un pomello?
Cerco di non farci caso e lo strattono. Non si apre. Reprimo un verso di frustrazione e tento di nuovo. Dietro di me, avverto che le ombre si stanno facendo sempre più consistenti, come se stessero diventando qualcosa di materiale, cosa che di solito non sono, tanto per saperlo.
Do un altro scossone alla porta e questa si apre finalmente quando sento il buio della mia stanza sfiorarmi la schiena. Richiudo all’istante dietro di me, per evitare che quella cosa possa uscire.
Ma cosa… ?
Questo non è il corridoio della casa di Eiran, ma so lo stesso dove mi trovo: in uno di quelli del riformatorio dove stavo in Texas. Il mio corpo viene riscosso da un brivido. Non penso più a questo posto da settimane.
Velocemente mi passo una mano tra i capelli. Davanti a me, il corridoio prende due direzioni. Per uscire di qui devo solo sceglierne una. Prendo la destra e mi illumino la mano, facendola sembrare un’inquietante mano-lanterna. Faccio un profondo respiro e continuo a camminare.
Le pareti attorno a me stanno perdendo la pittura grigia, grazie all’umidità e il pavimento è bagnato di qualcosa che non riesco a identificare. So solo che questo liquido è freddo, quando i miei piedi ci vengono a contatto.
Tengo la mano davanti la mia faccia, stupendomi che ce ne sia bisogno, siccome sono per metà una Discendente del Buio e quindi non dovrei aver bisogno di una fonte di luce nel mio Elemento.
Dentro alcune celle vedo muoversi qualcosa. È solo un movimento quasi impercettibile ma non può fare a meno di attirare la mia attenzione.
Alle mie spalle sento una porta aprirsi. Mi giro immediatamente e di fronte a me, a pochi metri, forse tre, c’è un’ombra antropomorfe. Il viso non è visibile, così riesco a vedere solo la sua sagoma avvicinarsi sempre di più. Mi volto nuovamente, con l’intento di scappare ma scopro con orrore che anche dalle altre celle stanno uscendo quelle cose.
Sussurrano qualcosa ma non riesco a capirne il significato.
Inizio a scappare, sperando disperatamente che dove mi stia dirigendo ci sia una via d’uscita.
Dietro di me sento i loro passi farsi sempre più vicini e i loro respiri affannosi diventare più rumorosi. Accelero il passo, ed evito che una delle ombre mi afferri la caviglia.
Peccato che sia troppo occupata per gioire di aver evitato quella mano nera e dalla strana consistenza per accorgermi che un’altra mi ha appena preso il polso.
Faccio appena in tempo ad accorgermi che sono stata catturata che mi ritrovo circondata da loro.
Hanno tutte la stessa corporatura, non indossano vestiti e sembrano quegli omini che disegnavo all’asilo, quando mi limitavo solamente a tracciare sul foglio bianco, con un unico tratto, braccia, gambe e testa, facendo apparire la sagome uno strano omino di pan di penzero.
I loro volti però sono ben definiti. Nei minimi dettagli, oserei dire, visto che sono circondata da delle perfette repliche delle persone che facevano parte della mia vita sulla terra: Charity, Robert, Lily, dei compagni di scuola, i miei professori e alcuni miei vicini. Sono circa una ventina.
Una goccia di sudore mi scende lungo la tempia, indizio del mio terrore.
Le ombre sussurrano con tono minaccioso e arrabbiato.
Ora riesco a udire distintamente cosa dicono: - Assassina, assassina, assassina. –
Tento di uscire da questo cerchio degli orrori, cercando di insinuarmi tra due di loro, il mio vicino di banco nel laboratorio di scienze e la mia ex-professoressa di francese, ma mi stringono in una presa soffocante.
Non riesco a vedere altro che nero.
Spalanco gli occhi, terrorizzata.
Ora anche le altre ombre sono sopra di me. Provo a farmi spazio dando dei pugni ma le figure sembrano non avvertire i miei colpi. Intanto, continuano a sussurrare.
-Lo hai ucciso, lo hai ucciso. -  mi stringono ancor di più.
-No! – grido. Mi dimeno e finalmente non sono più su di me.
Continuo a scappare.
Ci deve pur essere un’ uscita, penso disperata.
Alle mie spalle, le avverto. Mi stanno inseguendo ancora. Ed ora non ho più così tanto vantaggio su di loro. Per evitare che venga tentata di vedere quanto mi stiano lontano, guardo per terra. I miei piedi sono sporchi di quel liquido scuro e freddo.
Poi, per un momento, vedo un riflesso rosso sul pavimento. È sangue, realizzo.
Alzo gli occhi e noto con un sospiro di sollievo che davanti a me c’è una porta aperta.
Questa lascia entrare nel corridoio della luce bianca, quasi fuori posto qui.
Sulla soglia, in controluce, c’è qualcuno.
Allungo le falcate. Non posso cedere proprio ora, adesso che ho trovato l’uscita, mi incito.
Quando sono a circa tre metri dalla sagoma in controluce, mi accorgo che c’è Kori, sull’uscio.
Sul mio volto compare un sorriso e già mi sento al sicuro, come sempre, quando sono con lui.
Poi, inciampo, proprio a pochi passi da Kori.
La caviglia mi fa troppo male per provare a rialzarmi, così mi trascino verso di lui.
Kori si sporge verso di me, è come se non potesse stare da nessuna parte, se non sulla soglia della porta. Mi tende la mano ed io faccio lo stesso.
Le nostre dita sono a pochi centimetri…
Ci sono quasi. Ho quasi raggiunto la salvezza, quando un’ombra mi prende la caviglia.
Lotto con questa, scalciando e dimenandomi ma non ottengo risultati e vengo trascinata.
Sento ogni singolo centimetro della mia pelle sporcarsi di sangue. Comincio ad urlare.
Cerco un appiglio nel pavimento ma le mie unghie non trovano niente a cui aggrapparsi.
Ad un tratto, l’ombra smette di attirarmi a se. Mi volto, impaurita da cosa trovarmi di fronte ed in effetti non potrei aver più ragione, perché davanti a me c’è Tyler Scott.
È come l’ultima volta che l’ho visto: con una luce violenta negli occhi e la gola infilzata da un pezzo di vetro. - Mi hai ucciso. – dice.
 
Appena sveglia, inizio ad urlare e a piangere.
Il suono che esce dalla mia bocca è straziante, il mio corpo scosso da singhiozzi.
Le lacrime mi bagnano le guancie, mentre abbraccio le mia gambe, infilzando la pelle con le unghie fino a lasciarmi dei segni.
Piango perché questi incubi non smettono di tormentarmi, per i miei genitori che sono morti e perchè non potrò mai vederli, e per quanto mi manchi Kori.
Non so da quanto io stia urlando, o piangendo, visto che sto facendo entrambe le cose, quando sento la porta della mia stanza aprirsi.
Il dejavu, che mi assale quando mi volto e vedo la sagoma in controluce sulla soglia di questa, è tremendo. La persona mi si avvicina, annientando la distanza che ci divide con grandi falcate. Si siede nel letto accanto a me.
Mi guarda con un’espressione indecifrabile, mentre i miei occhi continuano a sgorgare lacrime e la mia bocca a lanciare grida spaventate. Poi mi abbraccia.
Non so se siano passati dei minuti, o delle ore, oppure semplicemente dei secondi, quando smetto finalmente di gridare e piangere ed inizio a sussurrare il suo nome, continuando però sempre a singhiozzare. – Kori. –

Note dell'autrice in preda ai sensi di colpa:
come avete potuto capire da ciò che è scritto qui sopra, mi sento in colpa: aggiorno solo dopo due settimane, dopo avervi detto che gli aggiornamenti serebbero stati più veloci e, sinceramente, neanche recensisco le storie che sto seguendo ma non odiatemi, ve ne prego, ultimamente sto studiando come una matta e ho dovuto dedicarmi ad un progetto di georafia lunghissimo, cioè, ho dovuto organizzare un viaggio! Fortunatamente ho in teoria finito, devo solo scrivere qualche riga sui posti che ho intenzione di vedere...
Ma a voi non interessa tutto questo... no? X) 
In questo capitolo c'è l'incontro tra Talia e Aaron (solo lui poteva intrufolarsi nel giardino del palazzo della Discendenza del Buio) e un piccolo accenno al fratellino di lei... poi, c'è perfino l'incubo di Iris: ragazzi, questa poverina la sto facendo soffrire troppo. Un giorno di questi si alleerà con Eiran per uccidermi, me lo sento. 
E poi.... finalmente l'Iriko si è per così dire riunita... cioè non hanno fatto proprio "pace", perchè lo faranno nel prossimo capitolo.
Ma intanto sappiate che mi è piaciuto scrivere questo :) Nello scorso capitolo, ho messo dei link per vedere le versioni chibi dei personaggi e ho saputo solo dopo che sono stati cancellati per errore, quindi qui vi metto quelli corretti (Lacus me li ha rimandati):

http://imageshack.us/a/img571/351/cd4j.jpg (Eracl)
http://imageshack.us/a/img21/4672/75so.jpg (Ilio)
http://imageshack.us/a/img690/8503/2nvl.jpg (Iris)
http://imageshack.us/a/img407/5681/9yga.jpg (Kori)
http://imageshack.us/a/img31/3811/bksa.jpg (Tia)
http://imageshack.us/a/img268/3999/n9nc.jpg (Eiran)
e poi quell'angelo di ragazza mi ha perfino dato il link di quelli che fatto io, cioè, ragazzi, io non so cosa dire..... Ti sono gratissima, Lacus, infatti, per sdebitarmi, questo capitolo è dedicato solo a te :)
qui sotto trovate i chibi che ho fatto io, purtroppo non ho trovato il modo per rendere come me li immagino i capelli di Tia, Ambra, Iris e Kori ma per il resto ne sono soddisfatta :) eccoli:

http://imageshack.us/a/img856/1899/lww4.jpg (Aaron)
http://imageshack.us/a/img13/89/7ymu.jpg (Tia)
http://imageshack.us/a/img31/1795/bfjb.jpg (Talia)
http://imageshack.us/a/img405/7785/z4ee.jpg (Shade)
http://imageshack.us/a/img32/2976/8bjd.jpg (Kori)
http://imageshack.us/a/img812/3246/79oq.jpg (Iris)
http://imageshack.us/a/img440/3333/tjfc.jpg (Ilio)
http://imageshack.us/a/img15/4066/cvn7.jpg (Eracl)
http://imageshack.us/a/img708/2383/xlgy.jpg (Elias)
http://imageshack.us/a/img826/8272/tvda.jpg (Eiran)
http://imageshack.us/a/img443/1487/o583.jpg (Ambra)
grazie a chi ha recensito lo scorso capitolo e a tutti quelli che leggono questa storia, ragazzi, siamo arrivati a più di 1000 visite nel prologo!!!!!!
GRAZIE.

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Capitolo 28
*** 27. Il mio Talento si rivela utile ***


Kori.
 

Vengo svegliato da delle urla.
Non appena le odo, capisco subito che appartengono ad Iris.
Getto all’ istante le lenzuola e mi fiondo fuori dalla mia camera, aprendo la porta con un calcio, che tra l’altro mi fa malissimo, e tentando di mettermi una maglietta e allo stesso tempo non finendo contro un muro.
Peccato che, alla fine, io sbatta lo stesso contro qualcuno.
Termino di indossare la maglietta e incontro lo sguardo di Gene. Ha gli occhi interamente grigi, come accade sempre a noi Discendenti, quando ci arrabbiamo. La sua bocca è serrata in una linea dura.
Aggrotto la fronte ma, prima che possa leggergli la mente per capire il motivo del suo umore, il ragazzo scompare. Scuoto la testa e comincio a correre verso la stanza di Iris.
Questa si trova accanto al muro destro della sala degli allenamenti, nella parte opposta a quella dove si trova la mia e quella di Ilio.
Attraverso velocemente la stanza principale e mi ritrovo davanti la porta della camera di Iris. Con la coda dell’occhio mi pare di vedere Tia ed Eracl. Mi volto dove mi sembra di averli visti, ma, quando constato che deve essere stata un’allucinazione, riporto la mia attenzione sulla porta davanti a me.
Afferro la maniglia e la apro.
Adesso sento ancora più distintamente le sue grida, con un brivido, guardo l’interno della stanza.
Seduta sul letto di ferro battuto nero sta Iris, rannicchiata. Dietro di me la luce delle torce entra e la illumina, rivelando le sue lacrime e le ciocche sfuggite alla treccia.
La ragazza stringe con forza le gambe e mi guarda, stupita.
La raggiungo e mi siedo accanto a lei.
La guardo ancora, un po’ assorto. Cos’ha sognato di così tremendo?
Non smette di urlare e io non posso fare a meno di pensare che non c’è niente di peggio che sapere che a volte è quasi impossibile consolare la persona che ami di più al mondo.
La stringo a me. Iris appoggia il mento sulla mia spalla destra e si aggrappa a me, continuando a piangere e strillare.
Io le accarezzo la testa, tentando di tranquillizzarla. Distrattamente mi vien da pensare che sembra che siamo come due pezzi di puzzle che si incastrano perfettamente.
Non so da quanto siamo così, quando finisce di piangere ed inizia a sussurrare il mio nome ma, cavolo, non mi dispiacerebbe rimanere per sempre così.
 
-Mi vuoi dire cos’hai sognato? – le chiedo a bassa voce, quando finalmente si è calmata.
Lei si stacca da me e si asciuga l’ultima lacrima. Si stringe le spalle e mi lancia un’occhiata insicura.
-Così potrai andarlo a raccontare a Ilio? No grazie. Sei stato gentile a venire qui ma preferisco che le mie faccende private rimangano tali. – fa per alzarsi dal letto ma io le afferro il polso e lei sussulta. Io mollo la presa.
-Non lo farei mai. – replico. – Ma per chi mi hai preso? – la voce mi si alza di un’ottava.
Nella mia testa odo un click e riconosco subito questo suono con quello che sento quando Iris ci connette.
Ora puoi parlare, senza farti ascoltare da altri all’ in fuori di me.
Ok, allora ripeto: ma per chi mi hai preso?
Kori?
Tia?
Ma cosa cazzo…
Eracl?
Iris?
Ilio?
Hai sentito la sua voce?
No, volevo vedere se anche lei si fosse connessa.
Sta dormendo. La sento sognare, spiego.
E per la cronaca, Eracl, non sono una rete wifi, pensa Iris un poco infastidita.
Poi, non sento più le voci di Tia ed Eracl. Cos’è successo?
Li ho connessi, senza che lo siano con noi.
Lo puoi fare davvero? Iris annuisce.
Forte.
Stavi dicendo? Mi domanda con voce un poco annoiata.
Iris prende il cuscino dal letto e vi si siede sopra. Mi guarda attentamente, come se mi stesse esaminando. Io mi lascio cadere sul pavimento, sedendomi davanti a lei.
Schiocco le dita e tra noi si materializza una piccola sfera di fuoco. Con la coda dell’occhio, vedo la porta chiudersi.
Mi gratto la guancia e continuo a rimanere in silenzio, non dandole alcuna risposta.
Sotto la luce delle fiamme, le guancie di Iris brillano un poco, per le lacrime versate prima.
È ormai da più di un mese che non ci parliamo. Non sono mai riuscito a prenderla da parte per dirle quanto mi dispiacesse per quello che ha passato e per essermi intrufolato nella sua testa senza il suo permesso, ma non era mai da sola e, le rare volte che lo era, si chiudeva in questa stanza, chiudendo la porta con il suo Talento.
E poi avevo un po’ di paura: di arrabbiarmi per averci, avermi, tenuto all’oscuro del suo passato (cavolo, siamo pur sempre una squadra, no?), per non essersi fidata di noi e della possibilità che, parlando, io potessi rovinare tutto, di nuovo.
Ma ora sono qui e sembra quasi che tutti questi timori siano lontani. Adesso ci siamo solo io ed Iris, le altre cose, appaiono lontane anni luce.
Espiro e mi decido a risponderle:
Non sono quel tipo di persona, Iris.
E io come posso saperlo?
Ti sembro davvero quel tipo di persona che va a rivelare i segreti altrui? Credi davvero che io ti sia entrato nella testa per scoprire il tuo passato?
Non lo hai forse fatto?
Non per quello che pensi tu: ero… preoccupato per te. Ogni volta che parlavamo della Terra diventavi nervosa e avevo intuito che nascondessi qualcosa. E quando eravamo su quella torre arrossisco al ricordo e Iris fa lo stesso ho pensato che fosse il momento giusto per scoprire qualcosa su di te.
Bel modo per farlo: ti sei approfittato di me. Sappi che, anche se avevi buone intenzioni, questo non ti rende migliori di tutti gli altri.
Mi avvicino a lei e la guardo negli occhi.
Lo so: sono molto peggio di loro ma anche meglio. Perché, se loro volevano solo maltrattarti, io avevo intenzione d’aiutarti, Iris.
Come posso crederti? Si attorciglia la ciocca dorata attorno all’indice. Io mi fidavo di te, Kori. Pensavo che fossimo amici, che mi volessi bene. Io non ho qualcuno che mi voglia bene da tempo.
Io te ne voglio, Iris.
Si mordicchia il labbro inferiore. Pare a me o il suo sguardo si sta facendo più dolce?
Spero vivamente di si.
Volevo e voglio aiutarti. E, stanne certa, non ho raccontato niente a Ilio o ad Eracl oppure a Tia, se ti può consolare, Eiran è all’oscuro di tutto.
Ridacchia. Quanto mi è mancato questo suono…
Ma ora posso sapere perché pensavi che l’avessi fatto?
Gene.
Gene?
Storce il naso. In quel momento ero… a pezzi, Kori, e lui era lì, con Tia. Piangevo e Tia cercava di farmi ridere. Sorride al ricordo. Ho detto che era più o meno per colpa tua e Gene ha mormorato qualcosa sul fatto che, qualsiasi cosa tu avessi fatto, l’avresti raccontato a Ilio ed Eracl. In quel momento sono entrata in panico, credevo che tu avresti raccontato tutto. Singhiozza. Temevo di dover passare un’altra volta tutto quello che mi è successo a San Antonio, sai cosa intento: tutte quelle persone che mi sussurravano dietro, che mi evitavano… per un momento ho davvero avuto paura che accadesse di nuovo. Alza lo sguardo, con una luce decisa negli occhi. Non potevo farcela un’altra volta, Kori
Mi sporgo verso di lei e la circondo con le braccia, attirandola a me in un abbraccio. Inizio ad accarezzarle i capelli, con la guancia appoggiata sulla sua tempia e la sua che tocca il mio collo, creando delle scosse che mi pervadono tutto il corpo.
Ora non sei più sola, Iris. Ci saremo tutti noi con te, ci sarò io. Iris si stacca un poco e mi guarda, un po’ insicura.
Perché vuoi aiutarmi? Quello che ho fatto è… orribile, Kori. Perché continui a starmi accanto?
Sento come il bisogno di prendermi cura di te*, rispondo, tenendo fisso lo sguardo nei suoi occhi bicolore. Le dico tutto questo senza arrossire, come avrei fatto in altre occasioni, dicendole una cosa del genere, perché è la verità e… in questo momento ci siamo solo noi, il resto, Rendak, il suo passato, cos’ho fatto, non ha più importanza.
Iris si attacca di nuovo a me, stringendomi forte, come se non volesse più separarsi da me.
 
Di nuovo come prima? Chiede, sento l’incertezza, nella sua voce. Sdraiati sul suo letto, guardiamo il soffitto. Sopra i nostri nasi volteggiano raggi di luce che cambiano colore e forma, creati da Iris.
Sono tremendamente consapevole della vicinanza di Iris, a pochi centimetri da me.
Tra i raggi di luce compare una sfera, che ruota su se stessa e mostra immagini a random: Tia che sorride, un ciliegio, la luna piena, la lotta sulla spiaggia tra Tia ed Eracl, Ilio che fa battutine su di noi ed Eracl che guarda in malo modo Gene.
Vedendoli, Iris ridacchia. Il tuo Talento è veramente fantastico. Si volta verso di me. Allora? Come prima? Siamo di nuovo amici?
Avvicino le nostre mani e le stringo le dita.
Siamo Iris e Kori.
Suona bene… poi non la sento più e capisco che si è addormentata. Sorrido. Nel sonno, appoggia la sua testa sulla mia spalla e socchiude le labbra. Poi, dopo un po’, noto gli occhi muoversi sotto la palpebre e capisco: sta avendo un incubo.
Chiudo gli occhi e mi concentro. Un attimo dopo sono nella sua testa e ora posso vedere il suo sogno. Definirlo spaventoso è un eufemismo.
Per tutte le lune, l’inconscio di Stephen King è meno inquietante.
Davanti a me, vedo Iris essere inseguita da delle ombre. Siamo sull’orlo di un canyon. Il suolo è grigio e il cielo solamente di un tono leggermente più scuro. Solo questo li differenzia e rende possibile distinguerli. Proprio vicino al precipizio corre Iris, grondante di sangue, dietro di lei, una nube nera.
Agito le braccia, sperando di attirare l’attenzione di quella… cosa, ma non mi nota.
-Ehi! Sono qui! Iris! – neanche lei mi sente. È come se fossi solo uno spettatore impotente, anzi, lo sono, mio malgrado. Stringo i pugni ai fianchi e il momento dopo ci troviamo altrove: in cima all’enorme colonna su cui l’ho baciata.
Ora ci troviamo sedutici sopra, con le gambe a penzoloni nel vuoto e le mani intrecciate.
Sorrido e penso che, si, il mio Talento a volte è veramente fantastico.
Adesso che ho modificato il suo incubo, so che l’inconscio di Iris continuerà su questa nuova… direttiva che ho creato, senza che continui io a formare il suo sogno.
Tranquillizzato da questo pensiero, mi addormento...
 
Ora o mai più, si disse Jeiin. Con la coda dell’occhio guardava Eileen e, come ogni volta che lo faceva, il cuore si gonfiava. Aprì la bocca, per dirle quello che progettava di fare ormai da tempo. Ma ne uscì solo un suono strozzato. Era la prima volta che lo diceva. Essere terrorizzati era normale, no? Jeiin si riscosse dai suoi pensieri. Per tutte le lune, erano solo cinque lettere. Due parole.
Era mai possibile che fosse incapace di dire “Ti amo”?
A quanto pare si, visto il suo balbettare.
La ragazza si girò e lo guardò con espressione curiosa. – Devi dirmi qualcosa? – vedendo che il ragazzo accanto a lei non rispondeva, sorrise. – Io invece si: ti amo. – gli sorrise e strinse la sua mano, con dolcezza.
La parole gli uscirono naturali, quando lei gli si appoggiò contro: - Anch’io. -
Nonostante per vederla dovesse girar la testa, Jeiin sapeva che Eileen stava sorridendo.
Soddisfatta, avrebbe osato aggiungere.


* questa frase non è mia ma del... quasi ragazzo di una mia amica. Lui gliel'ha detta e oggi ho pensato che ci potesse stare veramente bene in questo capitolo e ho chiesto a lei se potessi usarla. Visto che Kori l'ha detta, potete immaginare la sua risposta. Grazie, Kenny.
note dell'autrice:
spero che a voi piaccia questo capitolo come a me è piaciuto scrivere della loro riappacificazione. Finalmente le cose stanno andando per il verso giusto ma, mi dispiace, J_angel, non si sono messi insieme. Non ancora.
I riferimenti a Tia, Eracl e Gene non sono casuali, infatti fanno da... introduzione per il prossimo capitolo in cui anche qui accadrà qualcosa, a mio parere, abbastanza interessante ^-^
Di Jeiin ed Eileen non scrivevo dal primo sogno di Kori, mi dispiaceva scriver solo di Talia ed Aaron (anche se li adoro) così mi sono inventata proprio una cosa minuscola ma tenera, poi ditemi se vi è piaciuta :)
Anche il riferimento a Stephen King non è casuale: ultimamente sto leggendo It. Dico solo che King ha una fervida immaginazione e che non guarderò i clown più con gli stessi occhi ç_ç
Un grazie immenso a chi ha recensito nello scorso capitolo <3

 

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Capitolo 29
*** 28. vengo svegliata e accade il finimondo ***


Tia.
 
Sulla guardò un poco scettica la pietra che Eiran le aveva consegnato.
Davanti a lei, seduta sul pavimento ed insieme ad Iris, Ilio ed Eracl, stava sua figlia Tia. Tra i cinque, con i suoi quasi sette mesi, la bambina era la più grande.
Per un istante, la Discendente dell’Acqua si chiese a chi avrebbe somigliato di più, una volta diventata grande. Era quasi certa che sarebbe diventata la sua perfetta copia, con però il carattere silenzioso della madre di Nar.
Con la coda dell’occhio, Sulla notò che Eracl si era appena messo il piede in bocca, provocando delle risate da parte di Aaron a Orion. Intanto la piccola Iris guardava con i suoi occhi nocciola la madre, intenta a conversare con Eileen, che teneva in braccio un minuscolo Kori di due settimane circa.
-Quindi cosa dovremmo fare con questi… sassi? – domandò ad un certo punto Silan, guardando dubbioso la pietra posata sul suo palmo. Dal suo sguardo sembrava che si aspettasse che saltasse da un momento all’altro. Se l’avesse fatto, molto probabilmente, nessuno in quella stanza se ne sarebbe stupito più di tanto.
-Sono pietre dei ricordi, Silan. – disse con voce fintamente calma Eiran. – Hanno la funzione di contenere i ricordi di qualcuno. –
-Possiamo scegliere che memorie metterci? – chiese Talia. Evidentemente già stava programmando cosa far vedere alla figlia tra sedici anni. Il Custode si voltò verso di lei e fece un cenno di diniego.
-No, una volta stabilito il legame con una pietra, questa assorbe delle copie dei vostri ricordi. Continua questo processo finché… - lasciò la frase in sospeso ma tutti in quella stanza sapevano cosa intendesse: finché non morite.
Ambra trattenne a stento un singhiozzo, tappandosi la bocca. I suoi occhi era lucidi per le lacrime.
Accanto a lei, il fidanzato le strinse la mano, senza guardarla.
- Utile… - mormorò un poco sarcastica Eileen. – Almeno non dovremmo correre da te ogni volta che ci succede qualcosa. Sai, è abbastanza difficile farlo quando abiti in un’altra città. -
Alla sua destra, Jeiin appoggiò la testa sulla sua spalla e posò il suo sguardo su Kori. Il neonato dormiva, incurante dei discorsi dei suoi genitori e dei loro amici.
-Molto utile. – ribadì poi sua moglie, con voce ancor più acida.
-Vedo che ti piace molto quest’idea… - commentò il Custode con lo stesso tono.
La Discendente del Fuoco gli dedicò un’occhiataccia a cui Eiran non fece caso.
Sulla volse nuovamente lo sguardo su Tia, chiedendosi cosa avrebbe passato sulla Terra: avrebbe avuto una vita felice? Si sarebbe ricordata di loro, anche se poco?
Da queste domande ne nacquero delle altre, infatti, la ragazza si domandò quale rapporto Tia avrebbe avuto con gli altri cinque. Sarebbero stati uniti come lo erano i loro genitori ora oppure non si sarebbero sopportati? Tia si sarebbe innamorata di uno di loro?
Sulla meditò su quest’ultimo interrogativo. Sebbene fosse ancora presto per pensare al possibile ragazzo o ragazza che avrebbe amato la figlia, si chiese che tipo avrebbe potuto interessare Tia, una volta divenuta grande.
-Smettetela… - li ammonì Ambra, con il suo solito tono dolce.
Eileen ed Eiran si guardarono in malo modo un’ultima volta, per poi annuire. - È solo che… questa cosa sta diventando sempre più reale. – strinse più forte suo figlio. – E non posso credere che non vedrò Kori crescere. – poi spostò gli occhi sul bambino. – Penso che impazzirò, a causa di questo. –
Jeiin le diede un bacio sul collo, tentando di rassicurarla.
Eiran sbuffò. – Non so come, ma riuscite sempre a sviare i discorsi. Un momento stiamo parlando delle pietre dei ricordi e in un attimo si discute del fatto che non vedrete più i vostri figli. –
-Non fare l’insensibile. – lo riprese la fidanzata. – Se anche noi fossimo genitori, credo che tu potresti reagire anche peggio. – si sbagliava o Sulla l’aveva vista toccarsi il ventre?
Il Custode storse il naso. – Comunque sia, stringete le pietre in mano… no, Aaron, non importa che mano. – scosse la testa lievemente. – il resto lo farà la pietra. Se funziona, ve ne accorgerete, altrimenti ditemelo. –
Sulla guardò nuovamente l’oggetto che aveva in mano. Come poteva un cosa così piccola contenere tutta una vita?
-Per il momento, la pietra assorbirà solo i ricordi che avete fino ad oggi ma continuerà a prenderne fino alla vostra fine. Quando accadrà, acquisirò io i ricordi per poi tramandarli ai vostri figli. –
-Insomma, come abbiamo pianificato. – concluse Kara.
-Esattamente. Tra due settimane, ovvero quando crediamo che Rendak cercherà di eliminarvi, porteremo i bambini sulla Terra  e uno di noi, io, resterà lì per controllare la situazione. – disse Ambra. – spero che vada tutto per il meglio. –
-Sarà così. – ribatté con voce decisa Talia, guardandola dritto negli occhi.
-Basta con i convenevoli. Stringete le pietre. – ordinò loro Eiran, liquidando il discorso con un gesto della mano.
Sulla chiuse gli occhi e la mano.
Non appena lo fece, sentì qualcosa, dentro di lei, muoversi verso la pietra. Lo avvertiva attraversare il suo braccio, dalla consistenza liquida, con lentezza. Non era una sensazione sgradevole, anzi, alla ragazza piaceva e non poco. Faceva quasi solletico.
Probabilmente provava lo stesso anche Tabitha, visto che scoppiò a ridere, dopo un po’.
Ci vollero dieci minuti affinché si stabilisse il legame tra Discendenti e pietre e il trasferimento delle copie dei loro ricordi, poi, insieme, i dieci sollevarono le palpebre e aprirono le mani.
-Fatto. – sussurrò Nar, seduto vicino a lei.
La stanza piombò nel silenzio, come se nessuno dei presenti avesse qualcosa da dire. Solo i bambini facevano rumore, ma non più di tanto. Sembrava che non volessero disturbare i genitori, giocando.
Sulla si lasciò scappare un sorriso, vedendo Tia che, da seduta, dava una spinta al piccolo Eracl.
Vicino ai due bambini, Iris ed Ilio agitavano le mani.
-Bé, ora possiamo occuparci di cose più importanti. – mormorò Aaron. Sul suo viso, Talia potè scorgere l’ombra di un sorriso.
-Ovvero? – domandò un poco confuso Silan.
-Scommettere su quale Discendenza apparteranno. – indicò i bambini con un ampio gesto, mentre la moglie gli dava un scappellotto sulla spalla.
 
Mi avvicino dondolando alla porta.
Di solito ho delle movenze meno… da oca ma vorrei vedere qualcun altro muoversi in modo più aggraziato, dopo essersi svegliato all’improvviso, per colpa di dei ripetuti colpi alla porta.
L’orlo della maglietta mi accarezza le gambe dolcemente.
Sento i miei capelli andare in  tutte le direzioni.
Mi passo una mano tra questi e raggiungo la porta. Chi può essere a quest’ora?  
Apro la porta e mi ritrovo davanti a Gene.
Ha una strana luce negli occhi, la definirei… eccitata, entusiasta, ansiosa di far qualche cosa.
Possibile che dovesse venire proprio da me l’armadio con lo sguardo strano?
Una ciocca riccia gli ricade sulla fronte, gli arriva quasi a coprire l’occhio sinistro grigio.
È incredibile come assomigli a brezza estiva.
Mi strofino gli occhi, ancora insonnolita. – Che hai, Gene? Ma lo sai che ore sono? –
Gene scuote la testa sorridendo. – No. Dovresti chiedere ad Iris. Comunque, sono venuto qui per un motivo valido. – alza un dito, con aria solenne, e poi mi indica con questo. – e tu verrai con me. –
La prossima volta che busseranno, cascasse il mondo, anzi, Alias, col cavolo che apro.
 
Alzando un sopraciglio, lo guardo avvicinarsi alla camera di Eiran.
In teoria io dovrei fare il palo, ovvero controllare che nessuno si accorga di quello che Gene sta tentando di fare, ma trovo molto più divertente guardarlo andare in contro ad una delle trappole del Custode.
-Dici davvero che riuscirai a farcela? – gli domando, scettica. Si vede che credo molto nelle sue abilità?
Lui, aggrottando la fronte, mi fa segno di zittirmi. Cavolo, sembra aver preso davvero sul serio questa storia. Scuoto la testa e mi lascio scivolare lungo il muro, fino a sedermi sul pavimento di pietra.
 
-Cosa intendi dire con “non ho avuto quella che si può definire un’infanzia bellissima”? – gli chiedo, sollevando un sopraciglio. Ad un tratto, si fa serio in volto e scopre nuovamente il braccio, mostrandomi ancora la cicatrice sul braccio.
-Hai presente questa? – annuisco. – Diciamo che il mio patrigno non reggeva molto bene l’alcool. – ride, anche se sono certa che questa risata sia falsa, molto falsa.
-Ti ha fatto solo quella? – domando con filo di speranza nella voce.
Eracl scuote la testa, ridacchiando. – Magari. – si passa una mano tra i capelli e, accidentalmente, tocca la ferita procuratagli da Gene e fa una smorfia di dolore. – Il mio patrigno credeva che, picchiandomi, potesse farmi… venir su come desiderava. Penso che sarei diventato un criminale, se fosse dipeso da lui. – ride ancora. Io non ci trovo niente, di divertente. – Diciamo anche che, quando ritornava a casa, doveva… sfogarsi. E indovina chi era la sua valvola di sfogo? – si indica, fintamente entusiasta. – Esatto! Io! –
-Non capisco perché stai scherzando su questa cosa, brezza estiva. Se non vuoi farlo non ti costringe nessuno. – mormoro con voce offesa. Mi alzo dal letto e faccio per andarmene ma lui mi prende il polso e mi fa voltare verso di lui. Nei suoi occhi scorgo una vena di terrore.
-Non andartene. –
Incrocio le braccia al petto. – Farai il serio? – lui annuisce e io mi sedo nuovamente accanto a lui.
-Allora? Come continua la fiaba? –
Lui mi dedica uno sguardo scettico. – Fiaba? La mia? se non avessi appena tentato di uscire per la mia poca… serietà, giurerei che non hai ascoltato per niente, nana. –
-Nelle fiabe il protagonista di solito ha tante sfortune, poi si riscatta e rende migliore la sua vita, a volte trova anche l’amore. Più o meno è quello che ti è successo, no? –
Eracl mi guarda per un attimo, indecifrabile, poi dice: - Si, mi è successo. –
 
Probabilmente intendeva la ragazza che ama…penso.
Non penso più alla sua identità da quando Eracl mi ha raccontato la sua storia. È come se per un periodo ella non esistesse più e io potessi avere delle possibilità con Einstein.
Alzo lo sguardo da terra e lo poso su Gene. Cammina a passi felpati verso  la porta della camera di Eiran. Ancora non ho capito perché desideri così tanto entrarci. Sembra che ne valga la sua vita da questo, che non lo faccia per curiosità, a differenza mia e del cugino.
Forse dovrei dirglielo che se attraversa quella soglia non finisce nel paese delle meraviglie…   
Ora Gene sta tentando di entrare nella stanza, stringe con tutte le sue forze il pomello ma non accade niente, finché non viene catapultato contro il muro.
Allarmata, corro subito da lui. – Gene, tutto bene? – poggio le mani sul suo petto e controllo che non abbia ferite. Sembra a posto.
-Ma cosa… -
-Ecco cosa succede se infastidite il Custode che dorme. – Eiran compare davanti a noi. Tiene le braccia incrociate e ci guarda in modo furioso. – Deduco che abbiate sottovalutato le mie trappole. –
Sarebbe da infame scoppiare a ridere adesso?
 
-Io. Te. Lo. Avevo. Detto. -  mentre ripeto per l’ennesima volta questa frase, mi sorge spontaneo pensare che assomiglio al vecchio cinese di Gremmlins, quello che cerca di avvertire il padre del protagonista sul pericolo rappresentato da quegli esseri, all’apparenza tanto carini, ma che poi viene ignorato.
-È tutta colpa tua: dovevi fare il palo e invece te ne stavi seduta a terra con aria sognante, a che pensavi? – replica lui, arrabbiato. Stringe forte i pugni ai fianchi.
 
-Chissà perché ma sono assolutamente certa che la tua storia non consista solo in questo… - mormoro, dopo che Eracl ha finito di raccontarmi di come è andato via dal patrigno che lo picchiava. Il  ragazzo sorride annuendo. – La tua perspicacia mi stupisce, nana. Comunque non hai torto: sono stato rimandato parecchie volte indietro. –
Intendi dire che alcuni dei tuoi genitori adottivi non ti volevano più? – chiedo con voce sorpresa.
 - No, intendo che tutti non  mi hanno voluto più, ad un certo momento. Per lo più il motivo era perché ogni tanto avevo degli incubi. Non riuscivo a calmarmi, dopo averli fatti. Nessuno sapeva come… gestirmi. Però può essere anche perché a scuola ero un disastro. Non so  quante volte sono finito dal preside perché ho fatto a botte con un mio compagno. – ghigna al ricordo. – e rammento che in tutte avevo ragione. –
 - Ne sono certa… - dico sarcastica, con un sorriso in volto.
Lui sbatte le palpebre, sorpreso. – Non ti fidi di me, Tia? – faccio finta di non notare che mi ha chiamato col mio vero nome, questa volta, e annuisco facendo rimbalzare i miei riccioli.
 
-Eracl, ovvio. – si risponde da sé Gene. Il suo tono è come sconfortato, rassegnato a qualcosa che non capisco.
-Cosa intendi dire? – domando. Il ragazzo davanti a me borbotta qualcosa. – Senti, armadio, io non ho un traduttore per capire cosa stai dicendo quindi io la vedo così: o parli decentemente, o taci e non te ne lamenti  e quindi io vado a dormire, devo ammettere che questa è la mia opzione preferita, oppure mi mimi cosa vuoi dire. Quale accendiamo? –
Gene mi rivolge un’occhiata confusa poi scoppia a ridere. – Per tutte le lune, quanto mi fai ridere, principessa. – credo di aver sottovalutato quella botta: qui, armadio sta diventando lunatico. Forse sta iniziando a soffrire di bipolarismo…
-Soffri di doppia personalità? -  smette all’istante di ridere e si volta verso di me, guardandomi incuriosito.
-Che vuol dire? –
-Che sei lunatico, a volte. No, davvero: con me sei… un armadio, con Eracl ti trasformi, anzi, vi trasformate. Sembra che non possiate fare a meno di saltarvi addosso. Eh, no, non c’è il doppio senso. –
-Hai mai pensato che io abbia un buon motivo per comportarmi così con mio cugino? – chiede lui con voce roca e guardandomi fisso negli occhi. Assume un’espressione tenebrosa e inclina leggermente la testa, facendo si che si proiettino delle ombre inquietanti sul suo viso.
-Sentiamolo, allora. –
-Tu. – cosa?!
-Com…. come? Io? Perché mai dovreste litigare… per me? – balbetto stupita. Sono sempre più convinta di aver sottovalutato il colpo che ha subito.
-Perché tu ti ostini a provare qualcosa per lui, mentre è chiaro che Eracl non ti ricambia, Tia. Tu potresti avere di meglio. – stringe nuovamente i pugni.
-E cosa ti fa pensare che io… provi qualcosa per brezza estiva? – faccio il segno delle virgolette con la mano. Per la prima volta, non trovo niente di divertente o arguto da dire o pensare, nella mia mente c’è solo il terrore che quello che Gene sta dicendo sia vero.
È da quella volta nel corridoio che so che ama un’altra, vero, ma da quando l’ho guarito, qualcosa è cambiato e da allora mi sembra di poter avere una possibilità.
- Credo che tutti l’abbiano capito, Tia, tranne Eracl. È troppo innamorato per capirlo. –
- E questo da cosa l’hai capito? Non è che in segreto di notte vi dipingete le unghie e parlate di ragazze? No, perché, credo che Kori potrebbe offendersi per non essere invitato ai vostri pigiama party. – Gene solleva un sopracciglio.
- Tu meriti di meglio, Tia. Lascia stare mio cugino. Non c’è solo lui ad Alias. – vorrei tanto capire dove vuole andare a parare. – Ci sono io. – cosa?! Ok, sto diventando ripetitiva.
- Tu? – replico, sorpresa. Non ho mai considerato Gene da quel… punto di vista. L’ho sempre considerato come un amico. Solo questo.
Lui mi si avvicina, mi poggia una mano sul braccio e l’altra sulla guancia. Mi guarda in modo dolce fino all’inverosimile.
-Esatto, Tia. Io ti amo. – il mio cervello non è mai stato più inattivo di adesso.
Taccio. Non so cosa dire. Delicatamente, il Discendente dell’Aria mi spinge contro il muro, distrattamente noto che siamo nel corridoio su cui si affacciano le nostre stanze. – Andiamocene, Tia. Dimentica Eracl, dimentica quello che hanno deciso i tuoi genitori per te e andiamocene. –
-In che senso “andiamocene”? – i suoi occhi si fanno all’improvviso più scuri.
-Non vorrai dirmi che approvi il fatto che, già nella culla, i tuoi genitori abbiano deciso per te che saresti andata sulla Terra. –
-Lo hanno fatto per salvarmi e per fare lo stesso con gli altri Discendenti. – mi stacco da lui, ma riesco a farlo solo di poco. – I miei genitori si sono sacrificati per farlo! Senza la loro decisione, tu non saresti qui, a differenza di quel traditore di tuo padre, che ha voltato la faccia persino a suo fratello! – tocca la mia bassezza, tocca il fatto che sono incredibilmente manesca e testarda, ma osa sfiorare i miei genitori e ti riduco in polvere, armadio.  Lui ignora il mio discorso e si sporge verso di me. Accarezza dolcemente la mia pelle dallo zigomo al mento.
-Non li biasimo per averti salvato. – sorride, insicuro. – Sto dicendo solo che la loro era ed è una causa persa. Tia, credi davvero che riuscirete a sconfiggere Rendak? Tu non sai a quanto è disposto quell’uomo per mantenere il suo potere. L’ho visto allenare il figlio: non ha pietà. –
-Come fai a sapere tutte queste cose? – sussurro, terrorizzata dalla sua possibile risposta.
-Io qui sono solo un infiltrato. Sono venuto qui per questo: dovevo raccogliere informazioni e cercare di rovinare il vostro rapporto. Niente di più. Ero pronto a farlo, quando sono arrivato ma… non è andato come nei piani. Non avevamo previsto te, Tia. –
E poi si china verso di me e mi bacia. Me ne resto qui, a sentire la pressione delle sue labbra sulle mie, incapace di muovermi. Le mie mani sono appoggiate sul suo petto e sento alcuni dei suoi riccioli premuti contro la mia fronte.
Mi spinge ancora contro il muro, questa volta meno delicatamente, e mi ritrovo incastrata tra lui e la pietra e solo adesso realizzo cosa sta succedendo, con un filo di terrore.
La sua mano destra scende, fino a fermarsi sulla curva del mio collo, mentre l’altra finisce sulla mia vita e provvede a stringermi al suo petto.
Nel frattempo muove le labbra sulle mie e, quando sta per socchiuderle, viene allontanato da me.
Per un momento, non mi pongo il problema di chiedermi chi sia stato e mi tocco le labbra, ancora sconvolta da quanto è accaduto.
-Non. Provare. Più. A. Toccarla. – minaccia una voce a me molto nota. Come in trance, assisto alla scena di fronte a me: Gene a terra, che si tiene l’occhio dolorante, ed Eracl che lo guarda tremante di rabbia. – Sporco traditore. Io lo sapevo che non dovevamo fidarci di te. –
-E da quando… - inizia a dire Gene ma Eracl lo interrompe, afferrandolo per la maglietta e sollevandolo. Ora si guardano dritto negli occhi, in cagnesco.
-Sta. Zitto! Capito?! ZITTO! Mi sono stancato di te! – urla Eracl. Ancora non ho capito perché non ci ha sentito nessuno. Gli da uno spintone. Gene barcolla un po’ ma non cade.
Suo cugino serra la mascella. – Sentimento reciproco, cugino caro. – mormora piano. Si fionda su di lui. Prontamente, Eracl evita il colpo del ragazzo, spostandosi di poco. Poi si gira e gli sferra un calcio al retro del ginocchio, spedendolo a terra. Velocemente Gene si alza, furioso. Tenta di nuovo di dargli un pugno ma Eracl è troppo veloce. Il ragazzo sfrutta ogni suo attacco per fargli perdere l’equilibrio e colpirlo.
Solo ora noto che tutti e due hanno gli occhi interamente grigi.
Eracl afferra il cugino per il collo e lo solleva. Il suo corpo è teso, vedo le spalle alzarsi e abbassarsi lentamente. Lentamente i suoi occhi stanno ridiventando normali, al contrario di quelli di Gene.
-E con questo cosa vorresti dimostrarle, eh? – mormora con voce sprezzante, cercando di liberarsi dalla presa di Eracl. Per un momento, il ragazzo stringe di più, poi lascia cadere il cugino scompostamente. Lo guarda dall’alto in basso e dice a bassa voce e con tono minaccioso:
-Vattene. –
Gene si alza, non staccando lo sguardo dai suoi occhi, per poi posarlo su di me. Lo tiene ancora fisso su di me, quando comincia a camminare. Quando mi passa accanto borbotta qualcosa:
-Spero che tu non ti penta della tua scelta. –
Rimaniamo in silenzio, con gli occhi incastrati l’uno in quelli dell’altra. I nostri respiri accelerano. Sento quasi il suo cuore battere forte.
Sta quasi per dire qualcosa quando cominciano le urla. Iris.
Ci scambiamo uno sguardo e ci dirigiamo vero la sua porta, ignorando tutto quello che è appena successo.
-Aspetta. – sussurro. Eracl si volta verso di me e so benissimo che ha notato anche lui la figura di Kori che sta correndo verso di noi. Sorridendo, continuiamo il percorso del corridoio, lasciando che finalmente i due facciano pace.
Poco a poco, incominciamo a correre e io non posso fare a meno di scoppiare in una risatina isterica. Quando ci fermiamo, Eracl mi lancia un’occhiata interrogativa.
-Sei affetta da bipolarismo? – se possibile, rido ancora più forte. Sento le lacrime salirmi agli occhi.
-No. – scuoto la testa. Annuisce, come se avesse registrato la mia risposta.
Ci appoggiamo contro il muro e ci strusciamo contro, fino a sederci sul pavimento, a pochi centimetri di distanza.
Rimaniamo in silenzio, spalla contro spalla.
-Saresti andata via con lui? – domanda insicuro, dopo un po’. Mi giro a guardarlo e mi ritrovo il naso schiacciato contro il suo, di nuovo ad annegare nei suoi occhi grigi.
-No. – rispondo, come se questa vicinanza non mi facesse venire le farfalle allo stomaco. Anche se sembrano più Gremmlins, che farfalle.
-Perché? – la sua voce si spezza un poco.
-Io non sopporto gli armadi traditori. – replico, ghignando. Fa lo stesso. Poi, come se avesse notato che le nostre bocche distano di massimo tre centimetri, socchiude la sua e alterna lo sguardo dai miei occhi alle mie labbra.
Baciami. Quanto vorrei urlarglielo contro, adesso. Perché ho capito, forse ci ho messo un po’, evidentemente non sono così perspicace, ma ora so che Eracl mi ricambia. Il tutto, ironicamente, grazie a Gene. Baciami, idiota. Non fa nulla: non si allontana né fa il contrario. Di cosa ha paura?
Ma chi se ne frega: come dice il detto, chi fa da se, fa per tre, no?                                    
Sono a tanto così dall’annullare quest’odiosa distanza, quando sento una voce nella mia testa:
ok, allora ripeto: ma per chi mi hai preso?
Kori?
Tia?
Ma cosa cazzo… Eracl, come sempre, si distingue con la sua finezza.
Eracl?
Iris?
Ilio?
Hai sentito la sua voce?
No, volevo vedere se anche lei si fosse connessa.
Sta dormendo. La sento sognare, spiego.
E per la cronaca, Eracl, non sono una rete wifi
Poi non li sento più, tranne per il ragazzo qui di fronte a me.
Non andartene mai mi trasmette questo pensiero, fissandomi negli occhi. Facendo lo stesso, scuoto lievemente la testa.
Mai. 


note dell'autrice:
CE L'HO FATTA!
Questo capitolo è stato iniziato solo... ieri, nonostante ci stessi lavorando da tipo settimane... quindi scusate il ritardo ma sono mooolto pigra. Se avete un nuovo capitolo oggi è grazie a PurpleViolet_00 che due giorni mi ha contattato, pregandomi di aggiornare. Gente, la mia storia merita certe cose, ieri ho sclerato tantissimo per questo. E be', le ho promesso che lo avrei fatto oggi e non è mezzanotte, quindi ce l'ho fatta u.u
Si vede che sono stanca? 
Comunque... spero di poter aggiornare più presto il nuovo capitolo ma non prometto niente. La scuola mi sta dissanguando viva ç_ç 
Un grazie a chi ha recensito lo scorso capitolo e a chi ha aggiunto questa storia tra le sue liste. 
Vi adoro tutti <3

p.s. il figlio che Gene ha menzionato è Shade (approfondirò questa cosa nel capitolo con Ilio).

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Capitolo 30
*** 29. Cicatrici ***


Eracl
 
È incredibile come tante cose possano cambiare in una notte.
Tia dorme, con le gambe lungo lo schienale della poltrona su cui, teoricamente, stava leggendo un libro solo cinque minuti fa. Credo che si trattasse di biologia. Solo quella le fa un tale effetto.
La testa è invece appoggiata su uno dei braccioli, la bocca aperta e l’espressione pacifica in volto, che fa quasi credere che anche da sveglia sia un angelo.
Si, come no.
Il libro, anche detto mattone, viste le sue dimensioni, è caduto scompostamente a terra e penso che nessuno abbia intenzione di raccoglierlo da lì.
O, almeno, io non ne ho la voglia per farlo.
Tento di rivolgere la mia attenzione sul libro che mi sono scelto. Sto rileggendo da più di dieci minuti lo stesso paragrafo ed ancora non ho idea di cosa parli.
Sbuffando alzo lo sguardo, portandolo su tutta la stanza, per poi posarlo su Iris e Kori.
Ghigno.
Nel sonno, il Discendente del Fuoco ha appoggiato la testa sulle gambe di Iris, per poi assumere una posizione fetale. Una mano è contro la guancia, mentre l’altra penzola dal divano.
Al contrario della nana, Iris ha abbandonato il suo libro appoggiandolo delicatamente su un bracciolo, tenendo però il segno, per portare la sua attenzione sul ragazzo vicino a lei.
Con la punta delle dita traccia il suo profilo, accarezzandolo in maniera così delicata, così dolce, che sembra che neanche lo sfiori.
Muove le dita con lentezza, attenta a non perdere nessun centimetro della pelle pallida di Kori.
Quando arriva alle labbra, si ferma un attimo, disegnandone il contorno, mentre il ragazzo sospira nel sonno, poi, Iris supera la bocca e raggiunge il mento, iniziando a tracciare delle linee immaginarie, dove, quando il Discendente sorride, compaiono di solito le sue fossette.
Lo sguardo che gli dedica è tremendamente dolce, quasi devoto, come se Iris fosse grata per averlo incontrato.
È quel genere di sguardo innamorato che si fa solo una volta nella vita e che ti fa sentire di troppo nella stanza, come se fossi il terzo incomodo e dovessi andartene, per lasciarli da soli.
Cerco di cambiare posizione e mi cade il libro, distogliendo l’attenzione di Iris da Kori.
La ragazza arrossisce all’istante, sorridendo imbarazzata. Si ravviva i capelli ed è allora che noto una cicatrice sul suo braccio.
Lancio il libro da qualche parte, fregandomene di dove possa atterrare.
Incrocio le gambe. – Come ti sei fatta quel taglio? – le chiedo indicando il braccio.
Sbatte le ciglia una, due, tre volte, stupita dalla mia domanda.
Guarda confusa l’arto per poi capire cosa intendo.
 Fa una smorfia. -  Un ragazzo deficiente. – riporta lo sguardo su di me. – E tu? Non credere che non abbia notato le tue, di cicatrici. –
Incrocio le braccia, guardandola scetticamente. – Perché dovrei dirti di come mi sono procurato le mie ferite? Ne sono geloso. – borbotto.
Iris apre la bocca e poi la richiude. Il dito a mezz’aria, nella mia direzione, è pronto a lanciarmi accuse scherzose. Pare pensarci su, poi fa un sorrisetto furbo e dice:
-Io l’ho fatto. Me lo devi. – mi lancia uno sguardo soddisfatto.
Schiocco la lingua, contrariato. Alzo le mani in segno di resa. – Davvero? Vuoi metterla in questo modo? E allora io, che mi sono dovuto sorbire Kori, che si lamentava che tu non gli parlavi più? Tutto per colpa tua. Siamo pari. –
Scuote la testa, ridacchiando. – No, no. Ricorda che neanche io sono stata molto bene, nelle ultime settimane. – si picchietta la tempia. – Rammenti i miei incubi? E poi non è detto che stia poi tanto bene, senza Kori, io. –
-Non credere di impietosirmi. – commento sorridendo. Iris alza un sopraciglio.
-Impietosirti? Anche se stessi tentando di farlo, tu ci hai provato per primo! – replica.
Mi accarezzo la cicatrice, sentendo la sua superficie irregolare. Riluttante, cerco di vedere in lei qualche segno di cedimento ma non ne trovo.
Kori si è scelto una ragazza testarda, di cui innamorarsi.
Mi mordicchio il labbro superiore, prima di parlare:
-Problemi con un genitore adottivo. – mormoro, evasivo.
-Io ne avevo con la madre. – fa una smorfia. – Credo che mi temesse e odiasse allo stesso tempo. –
Mi libero la visuale, scostando le ciocche grigie dei miei capelli che Ilio continua a descrivere scherzosamente come “troppo lunghe, sembri Arima”*. Peccato che io non sappia chi sia, questo Arima.
-A volte, dalla paura, nasce l’odio. – constato.
-Ha senso. – si gratta il naso.
-Tutto quello che dico ha senso. – ribatto.
-Il concetto “avere senso” è soggettivo. – si stringe le spalle. – Prendi noi, fino a più di tre mesi fa non avremmo neanche potuto pensare di avere poteri magici e poi scopriamo addirittura di venire da un altro mondo. Se qualcuno ci avesse raccontato tutto questo, avremmo risposto constatando che non aveva senso, giusto? Ed ora, invece? Adesso l’essere dei Discendenti fa parte di noi. –
Annuisco. – Però qualcosa di strano ci succedeva lo stesso. – dico.
-In che senso? – domanda.
Ancora addormentato, Kori si gira sulle sue gambe, poi, borbotta qualcosa a voce bassa. Iris lo guarda ancora in quel modo, mentre gli accarezza la testa.
Mi passo una mano tra i capelli e le rispondo:
-Kori non leggeva nel pensiero, anche sulla Terra? –
Pare pensarci un po’ su ma annuisce. – Tia sentiva anche cosa desideravano le piante. – mormora. – Ed io… - smette subito di parlare, come se si fosse ricordata appena in tempo di farlo. Corruga la fronte e prende il libro posato sul bracciolo. Lo apre dove ha messo il segno e legge attentamente qualche riga, seguendo le parole con la punta dell’indice.
-Non c’è niente, qui. – sussurra.
Mi alzo dalla poltrona. – Cosa stai cercando? – Iris continua a leggere, non guardandomi ma mi risponde lo stesso. – Sto cercando il perché di alcune cose che ho fatto in passato. – si mordicchia il labbro, come se dall’esito della sua ricerca dipendesse un qualche cosa di vitale importanza.
Mi avvicino a lei, posando la testa sulla sua spalla destra. – Cosa, di preciso? – continua a non guardarmi, ma so che mi sta ascoltando, nonostante sia impegnata nella lettura.
Rimane per un po’ in silenzio, come se stesse considerando i pro ed i contro del rispondermi. Si mordicchia il labbro e con la coda dell’occhio noto il tomo di Tia cominciare a galleggiare.
Anche i suoi capelli neri paiono essere influenzati dalla sua telecinesi isterica, perché si stanno gonfiando come se fossero delle prede di una corrente d’aria.
-Hai già usato i tuoi poteri inconsapevolmente? – domando, interrompendo questo silenzio e la sua riflessione. Con un sospiro, annuisce e si volta verso di me. Tutto ridiventa per così dire normale.
-Qualche volta, è per questo che sto cercando in questi libri ma non trovo niente. – dice con voce scoraggiata.
 
- Forse ho trovato ciò che fa al caso tuo. – mormoro, dopo un po’ che la sto aiutando.
Iris alza lo sguardo da suo libro e lo posa su di me. – Leggi. – mi esorta.
-“ Al contrario degli altri Discendenti, quelli del Buio, a volte, dimostrano i loro poteri prima di rivelare la loro Discendenza. Alcuni Custodi hanno fatto degli studi al riguardo, cercando di capire le situazioni che avessero queste conseguenze, per poi comprendere che spesso questo avviene senza un apparente schema preciso. Anni fa, la Custode Ecate ha supposto che fosse a causa delle difficoltà che possono affrontare i Discendenti del Buio durante i primi dieci anni di vita. In questo caso, secondo la Custode, la Luna del Buio tenterebbe di dar loro ausilio concedendogli di usare i poteri della Discendenza. Quindi, secondo questa teoria, si dimostrerebbe che le Lune hanno una coscienza propria, come già si crede da tempo e viene dimostrato quando ci sono più possibili eredi per il trono di una Discendenza. Questo pensiero è stato appoggiato da molti Custodi ma non è ancora considerata la spiegazione ufficiale per gli avvenimenti spiegati in precedenza. ” – faccio una pausa, leccandomi le labbra. – E’ quello che stavi cercando? – domando.
-Cercare cosa? – chiede una voce ancora impastata di sonno. Kori. Il ragazzo apre gli occhi e, non appena incontra quelli di Iris, sorride beato.
-Tyler. – risponde, con voce atona.
A quel nome, il volto di Kori diventa all’improvviso più pallido, si alza e la stringe in un abbraccio. – Tutto bene? – domanda un poco preoccupato. Iris annuisce contro il suo petto. Poi, staccatasi da lui, gli fa leggere il paragrafo che ho trovato.
Il ragazzo assume un’espressione pensierosa. – Questo potrebbe spiegare tutto. – mormora. – Però verrebbe da chiedersi perché le altre Lune non si comportino allo stesso modo. –
-Tu ti chiedi perché sulla Terra i pesci nuotano, forse? – domanda con sarcasmo un’altra voce.
Ci giriamo verso il suo proprietario, sebbene sappiamo benissimo tutti e tre di chi si tratta. Eiran se ne sta appoggiato ad un muro. le ombre sotto gli occhi sono del tutto scomparse e negli occhi è tornata quella luce ironica che tranquillizza e allo stesso tempo innervosisce. Le labbra sono piegate in un debole sorriso ironico.
-Cosa intendi dire? – Iris gli lancia un’occhiata confusa, mentre Kori si limita a guardarlo male.
Eiran fa scrocchiare le dita con espressione non curante. Quando nota il libro sulle gambe di Iris, sorride sornione. – Intendo dire che a volte non bisogna chiedersi sempre il perché di certe cose. Nessuno ha mai capito perché la Luna del Buio protegge i suoi Discendenti, ma credo che nessuno, fino ad ora, abbia un motivo per lamentarsene. –
-Io si. – replica Iris con tono grave. Kori si gira verso di lei, guardandola sorpreso.
-Iris, era legittima difesa. Se la Luna non ti avesse concesso di usare i tuoi poteri, non oso immaginare di cosa sarebbe potuto succederti. – stringe i pugni, contenendo a fatica la rabbia, volge i suoi occhi al pavimento.
-Forse non sarei finita in quella situazione. – ribatte lei.
Kori spalanca gli occhi. -  Non puoi saperlo. –
-Kori, rimane pur sempre il fatto che io ho ucciso una persona.Forse non sarebbe successo se io non avessi la capacità di controllare il Buio. Hai visto i miei ricordi, quindi sai quanti problemi mi abbiano causato sulla Terra! -
Il Discendente del Fuoco fa per rispondere ma io lo precedo. – Tu hai ammazzato una persona? – ripeto incredulo. Mai mi sarei aspettato che Iris ne fosse capace.
Avrei scommesso più su Tia.
Iris, per tutta risposta, tace, guardando le sue mani torturarsi a vicenda.
-Era autodifesa. – replica Kori, sprofondando sul divano e circondando le spalle della ragazza con il braccio destro. Iris gli dedica un piccolo sorriso poi annuisce.
-Immagino che adesso tu possa scappare urlando. – mormora, per poi fare un sorriso ironico.
-Sarebbe qualcosa di molto mascolino da fare, perfettamente nel tuo stile. Me lo sarei aspettato anche da Kori ma le mie speranze si sono infrante. – commenta Eiran prendendo i libri e non guardando nessuno di noi.
-Perché dovrei farlo? – Iris mi guarda incredula, Kori con un sorriso grato. – Io ti credo, se dici che non avevi intenzione di farlo. – spiego come se fosse la cosa più naturale del mondo. – E poi, scusa se lo dico ma è vero, non hai proprio l’aria di una serial killer. – Iris ridacchia, per poi sporgersi verso di me e abbracciarmi, sussurrando un “grazie” nel mio orecchio sinistro. Si stacca da me, sorridendomi.
-Poi, se vuoi parlare del tuo di passato infelice, sappi che io ne sarei contenta e che il mio batte tutti. – aggiunge.
Mi metto più comodo sulla poltrona, guardandola con un ghigno divertito. – E queste sedute quanto costerebbero? –
-Con la testa che ti ritrovi? Non te lo puoi permettere. –
-E a te che te ne importa, Eiran? Non… come Ilio non è ancora tornata? – Kori esclama con indignazione e sorpresa, nella voce.
Eiran arriccia il naso e si stringe nelle spalle. – Quanto odio questo Talento... Prima o poi dovrò insegnarti a controllarlo meglio. – sotto i nostri sguardi si arrende a divagare e ci risponde, non senza aver prima sospirato. – Ilio non è ancora tornata ma non possiamo andare al palazzo. Potremmo far saltare la sua copertura e solo le Lune sanno che casino provocherebbe. –
-Potrei andare io. – propongo. Eiran, Iris e Kori mi guardano, chi scettico e chi un poco preoccupata. -  Divento invisibile e vado a prenderla. Facile, no? –
Eiran mi lancia un’occhiata distratta e poi annuisce. Rivolge un’ occhiataccia in direzione del braccio di Kori ed esce dalla stanza, mormorando: - Per una volta, Kori ha ragione: anch’io credo che la tua Luna abbia fatto bene a darti prima i suoi poteri… -
 
Non è stato difficile introdurmi nel giardino del palazzo, ovvero nel luogo dove ho sentito la voce di Ilio e un’altra, che non conosco. Non credo però che questo possa essere definito propriamente un “giardino”, visti i suoi alberi ormai rinsecchiti e l’erba ormai gialla.
Seduti su un muretto che delimita questa… natura morta, stanno Ilio ed un ragazzo biondo sui diciassette anni.  Le loro mani sono ad una distanza quasi nulla e noto con sorpresa lo sguardo, quasi ebete, che la mia amica dedica al Discendente della Terra accanto a lei.
Non riesco a capire bene cosa stiano dicendo in questo momento ma sembra qualcosa di importante ed… intimo, come se fossero in confidenza. E solo adesso capisco chi è il ragazzo: Elias.
È capitato qualche volta, in quest’ultimo mese, che Ilio ce ne parlasse.
Quindi è lui uno dei figli di Rendak.
Se non me lo avessero detto, non lo avrei mai pensato.
Mi gratto il mento, con fare pensoso.
Evidentemente, Ilio non  in pericolo. La mia presenza qui è inutile, allora.
-Disgustoso. – borbotta una voce alle mie spalle.
Mi volto immediatamente ed incontro due occhi neri, appartenenti ad un ragazzino, sui quattordici anni, forse. È sicuramente un Discendente del Buio. Guarda Elias ed Ilio nauseato, con una strana luce negli occhi, dura, una che non mi sarei mai aspettato di trovare nello sguardo di un ragazzo della sua età.
Poi, scuotendo la testa, il Discendente si dirige verso la porta secondaria del castello, mormorando qualcosa, con voce infastidita, sui Discendenti della Terra.
Se adesso lo avesse sentito Tia, non sarebbe qui per poterlo raccontare.
Sorrido, vedendolo allontanarsi. Quel ragazzino ha… energia. Certo, non sembra delle migliori ma mi incuriosisce: ha qualcosa, nel suo portamento o nella sua espressione che lo fa sembrare più vecchio. È come se fosse un bambino che gioca a fare l’adulto però senza apparire ridicolo, no, questo comportamento, in lui, pare appropriato, naturale.
Mi avvicino agli altri due, quando vedo che il ragazzino del Buio è entrato nel palazzo,  così riesco a sentire cosa dicono.
-No, l’ho incontrata solo una volta. – dice il ragazzo sorridendo ad Ilio. – Però mi capita sempre più spesso di pensare a lei. Ti ho mai detto che ha i capelli blu scuro? Ad Alias non ho mai incontrato un Discendente dell’Acqua con quella stessa sfumatura nei capelli. – sospira, mentre Ilio lo guarda ferita. – Chissà se anche lei pensa a me, ogni tanto. - 
-Perché non la cerchi? – domanda con voce un poco speranzosa Ilio.
Non appena dice questo spalanco gli occhi. Ha davvero intenzione di rovinare tutto così?
Porto le mani tra i capelli, stringendole con fare nervoso.
Devo fare qualcosa.
Con un salto che farebbe invidia a qualsiasi atleta, passo dall’altra parte del muro e ridivento visibile, approfittandomi della loro distrazione.
-Ehi! – esclamo con voce fintamente allegra. – Ti stiamo aspettando tutti! Sei in ritardo. – Ilio impallidisce all’istante e lentamente si volta verso di me, guardandomi sgomenta.
Socchiude la bocca ed inizia ad alternare lo sguardo da me ad Elias, che mi chiede:
-E tu chi sei? – noto un po’ di fastidio, nella sua voce.
-Un amico. –
-Il suo fidanzato. – replico, scoccando un’occhiata scherzosa ad Ilio che mi sta praticamente fulminando. – Che c’è, ti vergogni di me, forse? –
Credo che a momenti la Discendente possa cominciare ad aver un tic all’occhio. Reprimo un ghigno e volgo la mia attenzione su Elias. – Be’, ciao. Noi dobbiamo andare. –
Ilio salta giù dal muretto, lanciando un sorriso al ragazzo. Io le afferro la vita col braccio, per rendere la mia storia più credibile e cominciamo a camminare.
Finché non svoltiamo, avverto lo sguardo truce che Elias mi lancia pesarmi sulle spalle.
Ilio si allontana da me, guardandomi furiosa ma non dicendo una parola.
Quando ci ritroviamo in mezzo ad una folla, la ragazza ne approfitta per riprendere le sue vere sembianze, al ché mi si affianca, tenendosi però ad una distanza di qualche decina di centimetri.
Guarda avanti a se, non osando nemmeno per sbaglio posare il suo sguardo su di me.
-Va detto che non deve essere male, per un ragazzo che ha i capelli biondi. – dico, riferendomi a quando, insieme a Kori, l’ho presa in giro sulla sua cotta per un tipo con i capelli chiari. Ilio ignora il mio tentativo di spezzare questo silenzio fastidioso e sbuffa. – Potresti anche parlarmi. – commento.
Si volta verso di me, minacciosa. – Di cosa? Del fatto che ci hai interrotti? -  assottiglia gli occhi, oggi dal colore indefinito.
-Si stava praticamente dichiarando a te. – mi giustifico.
-E cosa c’è di male? – ribatte.
-Forse il fatto che stesse parlando di te con te oppure che tu lo stessi incoraggiando a cercarti, facendo saltare la copertura. –
-Ero Tara e non sarebbe successo niente di male, se anche avesse cominciato a cercarmi. –
Scuoto la testa. – Prima o poi avrebbe scoperto la verità. Ed inoltre eri Ilio: la faccia da pesce lesso era decisamente tua. –
-Non fa ridere. –
-A me si. –
-A me no. Ora vuoi dirmi il vero problema? – stringe i pugni, dimostrando la sua poca pazienza del momento.
-Ti farai del male. –
-Forse no. – risponde lei, capendo subito cosa intendo.
-Ilio, è figlio di Rendak. –
-E allora? –
-Lo sai che non fa male ascoltare ogni tanto quel campanello d’allarme che ti ritrovi sotto quella chioma blu? – replico con tono sarcastico.
-E ogni tanto fa bene anche non farlo. –
-Questa non è una di quelle. –
-E cosa te lo dice? –
-Il fatto che quel ragazzo è figlio dell’uomo che ha ucciso i  nostri genitori e il Discendente con cui dobbiamo fare lo stesso, forse! –
-Elias è diverso da suo padre. –
-Tu che ne sai? –
-Abbiamo parlato. Tanto. – sotto il mio sguardo, aggiunge: - cosa c’è di male? –
-Ti farai del male, se continui così. –
-Così come? –
-Continuando a far finta di essere una persona che non sei, per uccidere il padre del tuo fottuto Elias! – urlo, stanco dei suoi tentativi di ignorare che le cose non sono poi messe cos bene.
-Solo perché TU hai paura di dire a Tia cosa provi, non vuol dire che io devo rinunciare a lui, perché tutto questo è complicato! –
-Ilio, tutto questo non è complicato, è impossibile: ne uscirai male. –
-Che bello, eh? Mi dai dei consigli, come faccio io con te e Kori. Ascolto sempre cosa avete da dirmi e di conseguenze mi sono ritrovata una spettatrice delle vostre storia, consigliandovi a volte qualcosa, come una sorella maggiore. Ma ti è mai venuto in mente in quella testa bacata  che forse anch’io voglio guardare dolcemente e preoccuparmi per qualcuno come fanno Iris e Kori? O che voglia qualcuno da cui non sapere star lontano, nonostante ci litighi sempre, come te e Tia? Io non voglio rinunciare a lui! – si stringe nelle spalle. – So benissimo che questa è una situazione di merda e che è tutto così dannatamente complicato ma tu non hai il diritto di dirmi cosa fare. – dice con voce amara, che ci abbia già pensato a tutto questo?
Ilio fa per entrare in casa, volgendomi le spalle ma io le afferro il polso e la abbraccio.
Le accarezzo la schiena, con fare rassicurante, mentre comincia a singhiozzare.
E per la prima volta, lo prendo io il ruolo di sorella maggiore.
Ok, forse è meglio dire “il ruolo di fratello maggiore”.

* Arima è un personaggio di un manga di cui la stessa autrice ammette che ha i capelli troppo lunghi e che sembrano dargli fastidio, siccome gli finiscono negli occhi.
Note dell'autrice che vi augura un felice natale o Channukka:
ebbene, dopo settimane che non mi faccio sentire, decido di aggiornare il giorno di Natale. 
Va be', passiamo ad altro.... mi dispiace di non aver potuto aggiornare prima ma l'ispirazione e la voglia per il capitolo mi è venuta solo da pochi giorni. Mi scuso anche per non aver recensito i capitoli delle storie dei mie lettori ma sono una persona pigra e vedrò di provvedere al più presto u.u
Un grazie immenso a chi ha recensito lo scorso capitolo e a tutti quelli che hanno messo la storia tra le preferite, perchè è finita tra le preferite della sezione. IO VI ADORO.
p.s. Vorrei precisare che, nel capitolo precedente, Tia non ha rischiato di essere stuprata da Gene, la stava solo baciando.
p.p.s mi scuso per gli evventuali errori  ^^

 

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Capitolo 31
*** 30. La Luna del Buio ***


Ilio.
 
-Ehi. – salutò Kara, non appena arrivò. – Sono la prima? –
Dalla città, non troppo lontana dal confine dove si trovavano, si sentivano urla, pianti, scontri, risate sadiche ed altri rumori non troppo belli. Alla ragazza sembrava che questi facessero da sottofondo alla sua voce.
Strinse un poco le labbra. Non pensare che siano persone, non pensare che siano reali.
Ripetersi quel mantra aiutava un poco. Se si fermava soltanto un attimo a pensare che quelle grida appartenevano ad altre persone, a persone come lei, Eiran, sua figlia Ilio, che stavano soffrendo…
Scosse la testa, riscuotendosi da questi pensieri.
Eiran alzò un sopraciglio. –Ti sembra di vedere altri bambini? –
Kara storse il naso. – Ed io che ne saprei se tu li avessi resi invisibili tutti? – si chinò ed appoggiò delicatamente Ilio a terra.
Il Custode scosse il capo. – Non l’ho fatto. – fece una pausa. – Dov’è Ambra? –
La Discendente dell’Acqua nascose un sorriso. – Da Tabitha ed Orion. Con loro ci sono anche Kanjii e Silan. – al nome del marito, la voce le si ruppe. Iniziò a torturarsi le mani, con fare nervoso.
Eiran annuì. Le scoccò una lunga occhiata, per poi voltarsi e guardare sua figlia. – Acqua. – sussurrò.
Kara si riscosse dai suoi pensieri. – Sai già la sua Discendenza? – disse stupita.
Eiran le lanciò uno sguardo ironico. – Sono pur sempre un Custode. – guardò il cielo e si accigliò. – guarda. –
La ragazza seguì il suo dito e impallidì all’istante. Il solito bel cielo di Alias, caratterizzato per il suo azzurro acceso, che rendeva facile riconoscere le Lune e la Stella, stava oscurandosi, diventando di una tonalità di un cupo grigio.
Dall’orizzonte iniziò a spuntare qualcosa. Era sferico e nero. Quando i due capirono di cosa si trattasse, sbiancarono.
La Luna del Buio.
Come se fosse già sera, la Luna stava salendo in cielo velocemente, più grossa del normale. Era talmente grande che sembrava distare da Alias di pochi chilometri.
Kara deglutì. – L’ha fatto davvero. – sussurrò.
In pochi secondi, l’astro fu al suo zenit, con una velocità inquietante.
Poi, attorno a questa, dal nulla, cominciarono a formarsi nuvole, di poco più chiare, che non promettevano niente di buono. Coprirono in poco tempo ogni centimetro di cielo, tranne quello occupato dalla Luna, che se stava lì, come la pupilla di un occhio gigantesco.
-L’ha fatto davvero. – ripeté Kara, a voce più alta.
-Ma chi avrà usato? Per un tale incantesimo, ci sarà voluto un Discendente a cui vincolare la Luna. – ragionò Eiran.
-Ora non importa. – liquidò il discorso lei. – Il punto è che Rendak ora gioca in casa. – indicò il cielo, ormai oscurato. – Lo vedi quello? Adesso è come se fosse notte. Sai cosa vuol dire notte? - non aspettò che le rispondesse. – Te lo dico io: Buio. –
Si girarono verso la Città. Le solite sfere di luce si erano già accese rendendola visibile.
Le urla si erano intensificate. – Non mi va che rimanga lì ancora per molto, spero arrivi presto. – disse Eiran dopo un po’.
Nonostante non l’avesse nominata, Kara sapeva a chi si stava riferendo: Ambra.
La ragazza gli poggiò una mano sul braccio. – Lo farà. E quando ci saranno tutti i bambini ve ne andrete in salvo, sulla Terra. – fece un sorriso triste. – Sarai il primo Custode le cui Memorie racconteranno della Terra e dei salvatori di Alias, niente male, eh? – cercò di tirargli su il morale ma il Custode ignorò il suo tentativo.
-Preferirei che non ci fosse il bisogno di andarci. – constatò grave. La sua faccia non faceva trasparire alcuna emozione, come sempre, quando era di quell’umore.
Kara allontanò la mano. Non sarebbe stata di alcun conforto, ne era certa.
Gli diede un breve abbraccio e quando si staccò, il Custode notò che aveva una luce eccitata negli occhi. – Vado da Silan. – disse.
Non guardò la figlia, mentre correva verso la Città.
 
Ok, entrare qui non è stata una delle mie migliori idee…mi stringo le spalle, mentre volgo lo sguardo da una cella all’altra. Il pavimento è umido e freddo, in alcuni tratti, le pietre mancano del tutto. Ai suoi lati, le celle sono in condizioni pietose, ma non peggiori dei loro prigionieri.
Ognuna di queste, contiene due o tre Discendenti della Luce. In poche ci sono persone appartenenti ad altre Discendenze, e per lo più sono della Terra e dell’Acqua.
Il corridoio è molto buio, più di quelli ai piani superiori.
Ogni tanto, appesa ad un muro, vedo una torcia che emana una luce fioca.
Non sono molto utili, siccome illuminano poco e male.
Reprimo un brivido, mentre passo accanto ad una cella, il cui proprietario ha cicatrici che gli attraversano il volto.
Un Discendente della Luce.
-La Luna, la Luna, la Luna, la Luna. – canta un’altra, in quella vicina. Si stringe le gambe e dondola, avanti e indietro. Mi fermo. Non condivide con nessuno la cella.
È sulla ventina, forse ha venticinque anni, poco di più, al massimo. I capelli ricci e rossi, con le punte dorate, sono ridotti ad un cespuglio disordinato, incrostato di sporcizia e… sangue, realizzo. Il volto è magro e pallido, sporco, dall’aria malaticcia.
Il suo corpo è ridotto pelle e ossa, coperto da uno straccio giallo che, una volta, doveva essere un vestito. I suoi enormi occhi dorati emanano una luce folle, spaventata.
-La Luna, la Luna, la Luna, la Luna. – mormora così velocemente che sembra un’unica e lunghissima parola. Da quando mi sono fermata, non ha smesso di dondolare e guardare il pavimento, forse non mi ha vista.
-Ehi. – attiro la sua attenzione. La ragazza alza le mani, per proteggersi il viso e così posso vedere che sono coperte di cicatrici. Questa volta, non posso reprimere un brivido. – Non voglio farti del male. – le dico con tono dolce.
Abbassa le braccia e mi guarda un po’ titubante. Mi squadra per un attimo e poi comincia a mormorare dondolando: - Terra no cattiva. Roin, Terra. Roin, Terra. –
-Chi è Roin? – le domando.
La ragazza rialza lo sguardo ed inizia a singhiozzare. Le lacrime le scendono lungo le guancie, lasciando scie di pelle pulita.
Mi accovaccio. – No, non piangere! – le tendo una mano. – Non volevo farti piangere. – le dedico un sorriso. La Discendente sbatte le ciglia. Sembra confusa, impaurita e, sinceramente, non del tutto a posto con la testa.
-Non voglio farti del male. – ripeto. Mi si avvicina e comincio a respirare con la bocca, per il suo odore. Sembra quasi che nella cella sia morto qualcosa e abbiano messo questa ragazza senza pulire. Forse è così, penso mentre noto, in un angolo, un cumulo. Riporto la mia attenzione sulla ragazza. -  Qual è il tuo nome? –
-Ebal. – risponde a voce bassa. Rivolge il suo sguardo al pavimento.
-Io mi chiamo Tara. – le confido. Mi guardo attorno e poi le dedico un’occhiata preoccupata. – Ebal, - si riscuote dai suoi pensieri. – perché sei qui? –
Ebal spalanca gli occhi spaventati. – Buio odia Luce. La Luce minaccia per il Buio. – inizia a giocare con l’orlo di quello che era il suo vestito. Aggrotto la fronte.
-Intendi Rendak? – domando.
La ragazza si porta le mani alle orecchie, chiude gli occhi e grida forte.
-No, tranquilla! Non è qui! Ci siamo solo noi due! – esclamo. Attraverso le sbarre con le mani e afferro le sue, facendogliele abbassare. Ebal smette di urlare all’istante. – Va tutto bene. – la rassicuro.
-Tutto bene, tutto bene. – ripete lei. Fa una risatina isterica. – Tutto bene. –
-Emh… okay, Ebal. – si volta verso di me. – Tu sai cos’è quello? – indico il cumulo di prima e lei comincia a tremare.
-Il turno arriva per tutti. Tutti, tutti, tutti. – le scappa un’altra risata isterica, mentre inizia a dondolare nuovamente.
-No, non parliamo di turni… ho capito. – sorrido, anche se sono inquietata e non poco. – Parliamo della Luna che dicevi prima, ti va? –
Ebal annuisce debolmente. – La Luna comanda tutto. Una persona e lei è in catene. La morte è la chiave. Serve un altro Discendente. –
- Ma cosa stai… - sto per chiederle il senso delle sue parole ma alle mie spalle sento  dei passi. Devo andare.
Mi alzo velocemente e comincio a correre, cercando di ignorare di aver capito a quale Discendenza apparteneva il proprietario precedente della sua cella: quella della Terra.
 
Rientro dopo due ore e ancora tremo.
L’incontro con Ebal mi ha scosso, e parecchio.
La Luna comanda tutto. Una persona e lei è in catene. La morte è la chiave. Serve un altro Discendente. Mi porto una mano tra i capelli, quelli veri.
-Ma cosa vorrà dire… -
-Lo sai che non è un bel segno parlare da soli? – dice una voce. Alzo lo sguardo dal pavimento e incontro quello ironico di Tia. Sorrido. Finalmente una faccia amica.
Mi siedo scompostamente sul divano con lei. – Ciao. – borbotto.
-Giornata impegnativa? – mi chiede Iris, con una punta di preoccupazione nella voce.
-Molto. – rispondo e racconto tutto, non tralasciando alcun particolare.
Quando ho finito, Kori si alza ed inizia a camminare avanti e indietro.
-Povera Ebal. – mormora Tia, seguendolo con lo sguardo. – Se continui così, finirai per consumare il pavimento. – lo rimprovera poi.
-In tal caso, sappi che me lo ripagherai fino all’ultima moneta. – minaccia Eiran.
-Non abbiamo tempo per parlare del tuo pavimento. – Iris afferra Kori e lo trascina a terra, costringendolo a stare fermo. – Credo che Ebal ti abbia dato un’informazione utile. – constata poi.
-Abbiamo fatto bene a non dire a Gene che ti sei infiltrata anche tu, Ilio. – commenta Eracl, guardando in basso con fare pensieroso.
-La Luna comanda tutto. – ragiona Iris. – Deve essere quella del Buio. – si volta verso Eiran che annuisce.
-Ero presente a quando è sorta. Non si è più mossa da quando ha raggiunto il suo zenit, sedici anni fa. –
Rabbrividiamo tutti e cinque, ricordandoci di quella notte, nonostante fossimo solo dei bambini.
Eiran continua a raccontare, però non prima di aver fatto un piccolo ghigno divertito:
-Per poterlo fare, Rendak ha dovuto vincolare una persona alla Luna. Con il passare degli anni, molto probabilmente questa si sarà indebolita. Forse è prossima alla morte. –
-Demes. – sussurro.
Eiran annuisce. – Da quando mi hai parlato di lei, credo che sia lei, quella persona. –
-Demes? – ripete Tia. – Intendi la moglie di Rendak? Che figlio di… - Iris le mette una mano sulla bocca prima che possa dire parole non troppo belle.
-E quella frase? “La chiave è la morte”? Sai cosa significa? – domando al Custode con aspettativa.
Eiran stringe le labbra. Non fa in tempo a rispondere che viene interrotto.
Tia si libera da Iris e fa un verso contrariato. – Si può sapere perché qui ad Alias i Discendenti della Terra facciano sempre la fine peggiore? –
 
Due giorni dopo…
 
Vederli accanto è parecchio strano.
Da vicini le loro differenze sono ancor più evidenti ma lo stesso vale anche per le loro somiglianze. È da un po’ che ho notato che hanno alcuni tratti del viso in comune, come le labbra e il naso.
Anche la camminata è la stessa: sicura, con  ampie falcate, aggraziate e silenziose, come se non avessero paura di niente e potessero andare dove gli pare e piace.
È perfetta per loro due, Shade ed Elias.
Inclino la testa, osservando con attenzione Elias, chinato su Shade, che cerca invano di picchiettare il volto del fratellastro con un panno.
-Se stessi fermo, forse finirei prima. – lo rimprovera.
-Se non cercassi di medicarmi, forse neanche dovresti finire. – ribatte Shade, schivando un’altra volta il panno. Fa un ghigno. – Che c’è? Hai riconosciuto la mia superiorità? –
Elias scuote la testa. – Smettila di parlare come papà e ricorda che sono io il maggiore. –
-Ed io quello riconosciuto. – a questa risposta, gli occhi verdi del Discendente della Terra si oscurano.
-Io non andrei a dire tanto fieramente di essere il figlio di Rendak, fossi in te. –
-Siamo già alla parte in cui cerchi di farmi rinnegare mio padre? Ancora? – borbotta annoiato.
-Shade, guarda cosa ti ha fatto. –
-Non ho uno specchio, genio. Non posso farlo. –
-Be’ posso dirti io com’è il tuo viso. –
-Incredibilmente bello? –
Elias scuote la testa. – No, con parecchi lividi, tanto per cominciare, – gli solleva il mento e strofina il pezzo di stoffa sullo zigomo sinistro. – e un graffio. –
Shade si allontana, guardandolo truce. – Non sono affari tuoi di cosa faccio con mio padre. –
-Nostro padre, Shade. – gli ricorda Elias.
Il ragazzo fa spallucce, noncurante.
Elias sospira. – Non puoi continuare così… Ogni volta che finisci un addestramento, ne esci sempre peggio. –  dal tono con cui lo dice, deduco che non è la prima volta che discutono di quest’argomento.
-Devo essere forte. – replica il quattordicenne. Si toglie un ciuffo di capelli dagli occhi neri, in questo momento, senza espressione.
Elias si acciglia. – Forte per cosa? – ripete.
Shade ghigna e si scosta da lui. – Come se fossi così stupido da dirtelo. – si alza e spolvera la maglietta. – Conta su di me. Non posso deluderlo. – si stringe le spalle e per un attimo pare… insicuro, impaurito? – No, non posso. – riassume la sua solita espressione dura. Si tocca lo zigomo e poi sorride sarcastico. – Non sei male come infermiera. Hai imparato dall’altra Discendente della Terra? –  non gli da il tempo di rispondere che se n’è già andato.
 
Demes giocherella con le pieghe delle lenzuola, i capelli le scendono lungo il viso, coprendoglielo un poco. Da qualche giorno è diventata ancora più debole. A volte non riesce nemmeno a sollevare il bicchiere con la sua medicina.
Però il suo umore dolce e gentile non cambia, è come se fosse perfettamente in pace con se stessa.
-Ti turba qualcosa? – mi domanda, mentre ripiego alcune coperte e ne butto altre sporche di sangue in una cesta, destinata alla lavanderia.
Mi riscuoto dai miei pensieri. Mordicchiandomi il labbro inferiore annuisco. – Come fai a essere così… - esito, prima di trovare una parola adatta per descriverla. – positiva? Insomma, stai morendo, non hai paura? –
Demes scuote la testa con un sorriso. – Te l’ha detto Elias, vero? – faccio cenno di si.
Sorride ancora. – Saprai come tutti gli abitanti di Alias che io sono legata alla Luna del Buio, no? –
Borbotto una risposta affermativa. – Quella notte sapevo cosa stavo facendo, l’ho fatto di mia spontanea volontà, volevo aiutarlo. Lo so che questo ha causato molte sofferenze e me ne pento, ma allora non sapevo che sarebbe successo tutto questo. – fa un sorriso triste e malinconico. – Per amore si fanno le cose più stupide. – afferma poi.
A queste parole, mi vengono in mente Kori ed Eracl. La definizione calza loro a pennello.
- Ma questo… legame ti sta prendendo energie, vero? – le chiedo, titubante.
Demes annuisce. Indica il bicchiere appoggiato sul comodino accanto al suo letto, mezzo vuoto. – Quello dovrebbe aiutarmi a farmi rimanere in vita il più a lungo possibile, finché Rendak non avrà trovato un sostituto. – spiega.
-Un sostituto? – ripeto. – Sai chi potrebbe scegliere? – chi può essere quel pazzo che lo aiuterebbe?
-Non lo so. – scuote il capo.
-Oh. – mormoro, sedendomi al lato del letto.
Demes mi accarezza la guancia, in maniera così leggera che quasi non sento il suo tocco.
-Non devi preoccuparti per me, Tara. – mi ammonisce. – Solo… sta vicino ad Elias quando accadrà, d’accordo? –
Alzo lo sguardo, incontrando il suo, così simile a quello del figlio.
-Tu sei la prima persona che gli sia veramente vicina. Mentre viaggiava per il nostro mondo, era affidato di volta in volta a dei miei parenti, oppure ad amici abbastanza fidati. Nonostante sia un ragazzo solare, Elias non ha molta compagnia. È solo. Credo che la colpa sia del rapporto con suo padre. –
-Rendak. –
-Ti ha detto anche questo? – domanda con voce piacevolmente stupita. – A quanto pare si fida molto di te. – sorride. – Tu sei la persona giusta per stargli accanto quando non ci sarò più. Mi prometti che lo farai? –
Lo farei anche se non me lo avesse chiesto.
 
-Quindici ad otto per me, ti sto battendo, Tara. – constata con un sorriso.
Facile vincere per lui, visto che non li deve cercare neanche, i sassi, visto che gli basta prenderne di normali e modellarli della forma giusta.
Per non parlare del fatto che può controllarli, facendoli saltare tutte le volte che vuole.
Sbuffo contrariata ma tengo per me questi pensieri.
Afferro un sasso da terra e lo lancio sulla superficie dell’acqua.
Questa volta, rimbalza per bel sei volte sul laghetto del giardino, prima di cadere.
In questi casi conviene molto essere dei Discendenti dell’Acqua…
Elias aggrotta la fronte, assumendo un’espressione leggermente imbronciata.
Sorrido.
-Quindici a quattordici. – constato.
Elias borbotta qualcosa.
-È inutile che ti lamenti, fino ad ora hai usato anche tu i tuoi poteri. – incrocio le braccia al petto.
Il suo volto riacquista quel sorriso che mi fa sempre saltare un battito, senza eccezioni.
Esistono Discendenti del Sorriso? Scuoto la testa, tentando di darmi un po’ di contegno. È difficile, quando sono vicino a lui.
-E chi dice che mi stavo lamentando? – replica con voce allegra. Lancia un altro sasso.
Con i miei poteri, mi concentro affinché venga inghiottito subito dall’acqua. Elias riassume quell’espressione confusa.
Faccio finta che non sia successo niente e ne scaglio uno io, fa tre salti. Decisamente nella mia media. – Diciasette a quindici. – gongolo con un sorriso enorme, voltandomi verso di lui.
-Cos’hai agli occhi? – domanda aggrottando la fronte.
-Niente. – rispondo alla svelta e arrossendo.
Elias scuote la testa. – Per un momento mi sono sembrati… azzurri. –
Deglutisco, nervosa. Tento di concentrarmi per far tornare verdi i miei occhi.
-Sarà stato un gioco di luce. – svio il discorso. Elias alza il sopraciglio.
-Con tutta questa luce è facile, infatti. – risponde sarcastico.
Faccio un sorriso non troppo convinto.
-La stai cercando, la ragazza? – domando dopo un po’.
Il ragazzo si riscuote dai suoi pensieri e volge il suo sguardo su di me. – Da quando me lo hai suggerito, circa una settimana fa, sono andato nella piazza in cui ci siamo incontrati. – si gratta la guancia. – Magari un giorno potresti venire con me, quattro occhi sono meglio di due. –
Cerco di capire al meglio le sue parole.
Mi ha veramente proposto di andare a cercarmi insieme?
Tento di ignorare una vocina nella mia testa, spaventosamente simile a quella di Eracl, che mi dice:
“ Ti farai del male se continui così!”
Impreco a bassa voce in italiano.
Poi, all’improvviso mi ricordo che Elias sta aspettando una risposta da me. M siedo a terra e continuo a guardare il laghetto. L’acqua non è pulita ma è l’unica cosa vicina al mio Elemento che, lo ammetto, mi sta tranquillizzando in questo istante, impedendomi di raccontare tutto ad Elias.
Per un’ altra volta, tento di immaginare cosa farebbe se sapesse che io e la ragazza che sta cercando siamo la stessa persona: mi bacerebbe oppure mi guarderebbe sprezzante, proverebbe rancore per tutte le bugie che gli ho detto?
Passo una mano tra i capelli.
-Meglio di no. – mormoro evasiva.
-Il tuo fidanzato non vuole che tu passi del tempo con me? –
Sbaglio o ha detto “il tuo fidanzato” con disprezzo nella voce?
No, mi sto sbagliando. Non prova niente per Ta… me… giusto?
-No, non è questo il problema. – difendo il mio amico, nonostante a volte mi venga voglia di affogarlo. Sospiro e poi cambio il discorso. – Ti ho visto con Shade, qualche giorno fa. -
Elias si siede accanto a me, ad una distanza di  dieci centimetri che mi venir il desiderio di annullarla. Perché le cose devono essere così complicate? – Ultimamente mi sto preoccupando molto per lui. – fa un sospiro. – L’influenza che nostro padre ha su di lui, soprattutto. –
-Shade è molto simile a vostro padre? –
Il ragazzo scuote la testa. – No, cioè, può essere pericoloso. Te l’ho detto la prima volta che ci siamo incontrati. – La seconda, la seconda volta che ci siamo incontrati. Sorride al ricordo. - È difficile dare una definizione a Shade. –
Non posso che condividere il suo pensiero.
-Non hai tutti i torti. – commento.
Inizia a giocherellare con l’erba secca. Stacca uno stelo e lo fissa, come se si aspettasse che da un momento all’altro risolvesse tutti i suoi problemi. – Da bambini giocavamo insieme, eravamo amici. Sua madre era morta quando fu dato alla luce e al mondo aveva solo me e nostro padre. –  inizia a raccontare, con quel tono di voce che mi piace tanto e mi ricorda un cantastorie che riesce a farti vivere avventure fantastiche, leggendo soltanto. – Credo che Rendak si sia approfittato, di questo particolare, influenzandolo. Così, quando scoprii la verità su di lui e cercai di convincere Shade ad allontanarsi da Rendak, era ormai ovvio chi avrebbe scelto. – fa un sorriso amaro. – Nel corso degli anni la sua influenza su di lui è diventata sempre più pesante e, ovviamente, senza di me, rendere Shade una sua versione quattordicenne, è stato più facile. – fa una smorfia di disprezzo. – Forse non mi dovrei stupire che siamo arrivati a questo punto. –
- In che senso? – domando. Sento la pelle d’oca. La situazione è analoga a quella di qualche settimana fa, quando, alla fine di un racconto come questo, Elias mi ha sconvolto con una sua rivelazione.
Quale sarà quella di oggi?
-È come se fosse la sua pedina… siccome è l’unica persona che ha, può influenzarlo, facendogli fare quello che vuole. Non dovrei davvero stupirmi di cosa gli ha ordinato. – continua a ragionare a voce alta.
-Cosa gli ha ordinato? – incalzo, sebbene non sia molto certa di volerlo sapere.
Elias si gira verso di me. Mi guarda con espressione stanca, come se volesse che finisse tutto al più presto. Se ne avessi la possibilità lo farei, solo per lui.
Non ho mai conosciuto persona migliore che lo meriterebbe.
-Sai che la Luna del Buio è legata a mia madre, adesso, no? –
Annuisco, trattenendo un brivido. È da giorni che sento nominare solo questa.
Elias si passa una mano tra i capelli. – Sta morendo, giusto? Pensaci un attimo, se morisse, cosa accadrebbe alla Luna? –
Sgrano gli occhi. Le parole di Ebal mi risuonano nelle orecchie: Una persona e lei è in catene. La morte è la chiave. – Si allontanerebbe. Rendak non avrebbe più il vantaggio sugli altri Discendenti. – rispondo. Annuisce. Una parte del mio cervello mi ricorda che anche Demes mi ha accennato qualcosa del genere.
-E cosa dovrebbe fare per mantenere il suo potere, quindi? – trasalo.  
Dai suoi occhi, capisco che sa che sono arrivata alla soluzione.
Ho la sensazione che tutto ciò sia irreale. Come può un padre pretendere questo da un figlio?
La voce di Ebal, la Discendente della Luce impazzita e tenuta prigioniera nelle segrete di questo castello, mi da la risposta:
Serve un altro Discendente.
Shade.

Note dell'autrice:
Prima di tutto ho una domanda da porvi:
avevate capito tutta la storia della Luna del Buio, prima che la scoprisse Ilio, ovvero avete capito che serviva un altro Discendente e che sarebbe stato Shade?
Comunque, come promesso, ho approfondito il suo personaggio *-* mi è piaciuto molto scrivere la parte in cui Elias tenta di medicarlo e quella di Ebal. Poi ditemi se avete capito bene la sua storia, altrimenti ve la spiego...
Inoltre, spero come sempre che il capitolo vi sia piaciuto e vi lascio un annuncio: domani parto per la montagna e starò via per sei giorni, molto probabilmente non recensirò nessuna storia dei lettori, quindi non mandatemi alcun accidenti se non recensisco (anche se molto probabilmente Lacus e Valery lo fanno anche se non vado in vacanza...). Dicevamo?
Leggerò però lo stesso i capitoli, o almeno ci proverò, in tal caso ho pur sempre i quattro libri che mi porto dietro, e le vostre recensioni, ovviamente :)
Un grazie a chi ha recensito il capitolo precedente e a chi ha aggiunto la storia tra le proprie liste.

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Capitolo 32
*** 31. Diventiamo involtini di verdure ***


Iris.
 
Aaron cercò di non notare di conoscere una delle guardie del palazzo, non appena gli passò accanto. Evidentemente, l’altro Discendente non aveva la stessa intenzione, siccome gli dedicò un’occhiata sorpresa, quando lo vide entrare attraverso la porta, seguendo l’Erede della Discendenza del Buio. Altrimenti chiamata dai comuni mortali Talia.
Si grattò la testa, chiedendosi se la sua fama di “quell’idiota di un Discendente della Luce che si intrufola sempre nel palazzo del Buio” fosse diffusa anche tra gli abitanti della casa della sua ragazza.
Non sapeva esattamente se fosse potuta essere una cosa negativa o positiva.
Lasciò il suo sguardo libero di vagare per la stanza d’ingresso. Era molto ampia, interamente realizzata con un materiale scuro e allo stesso tempo lucente, vi si affacciava un secondo piano la cui scala sembrava però non esistere. Probabilmente era nascosta alla vista.
A ogni lato della stanza, c’era una porta, di dimensioni minori rispetto a quella che aveva appena attraversato.
Aaron sbirciò con la coda dell’occhio la ragazza accanto a lui. Si era evidentemente tranquillizzata dal colloquio con sua madre, per la gioia del diciottenne.
Dopotutto aveva insistito di incontrare i suoi genitori per farle dimenticare quello che aveva deciso nominare “un fastidioso e piccolo incidente”. Molto probabilmente, Talia lo avrebbe chiamato in “la dimostrazione che io ho sempre ragione”.
-Talia? Sei tornata? – chiamò una voce da un’altra stanza. Quella cui si affacciava la porta nel lato sinistro, intuì Aaron.
-Si. – rispose la ragazza, guardandolo, come se si stesse chiedendo se le convenisse informare la proprietaria della voce della presenza del Discendente accanto a lei.
-Oh, bene. Com’ è andata? – una donna, sulla mezza età, entrò nella sala. Alla vista di Aaron, assunse un’espressione sorpresa, per poi riacquistarne una più amichevole. – Tu devi essere il figlio di Sisien e Naomir. Dal tuo aspetto non si direbbe affatto. – commentò poi.
Il diciottenne nascose un sorriso, sentendo le sue parole. Era abituato a quei commenti. – Me lo hanno già detto. – rispose. – I miei genitori affermano che sono la copia perfetta di un mio zio di non so quale grado. Io ho un’altra teoria. –
-Sarebbe? – ecco da chi aveva preso Talia l’abitudine di alzare il sopracciglio.
-Ha mai sentito parlare di adozione? – replicò con un sorriso smagliante e spaventosamente simile a quello che esibiva quando ne combinava una delle sue, con Eileen o Ambra all’ età di tredici anni.
-Cosa… -
Talia gli diede uno schiaffetto al braccio, prima di dire: - Aaron sta scherzando, mamma. – fece una pausa. – Dov’ è papà? - 
-Nell’ altra stanza. – disse, indicando la porta dietro di lei. si voltò verso Aaron e sorridendo si presentò: - Io sono Diana. -
C’era qualcosa di lei che gli ricordava Talia, come la curva delle sopracciglia e la statura, per non parlare dell’alzare quello sinistro, si ritrovò a pensare il biondo, mentre seguiva le due.
La stanza non era grande come la prima, anzi non ne era nemmeno la metà, forse un terzo.
Il pavimento e le pareti erano sempre fatti di quella roccia scura e riflettente. Al centro della parete di fronte all’ entrata, c’era un ampio camino e sopra questo una mensola dove stavano appoggiati dei ricordi.
Raffiguravano la famiglia: Diana, con i suoi capelli corti e lisci, Talia, sorridente e abbracciata ad un ragazzo di poco più piccolo di lei, e un uomo alto con la fronte spaziosa e gli stessi zigomi sporgenti della figlia.
La copia più vecchia, e reale, di quest’ultimo si alzò da un divano della stanza, dall’ aria molto comoda. Superava Aaron di una buona spanna.
Il ragazzo sollevò lo sguardo dal pavimento, abbandonando le sue intenzioni di scoprire se fosse uno specchio davvero efficiente e il caso farlo notare ai Discendenti presenti.
-Tu devi essere Aaron! – il diretto interessato si domandò perché tutti, quella sera, non facevano altro che ripetere quella frase. – Talia non ci ha detto che saresti venuto. –
Il ragazzo si frenò dall’ impulso di prendere il suo medaglione e cominciare a giocarci. Adesso si che capiva cos’ aveva provato Talia fino a qualche ora fa. Si ripromise che, una volta diventato padre, non avrebbe inferto quella tortura psicologica anche ai suoi figli.
-È stata una decisione all’ ultimo momento. – rispose Aaron, non facendo alcun riferimento agli avvenimenti accaduti a casa sua.
Dopotutto non avrebbe portato nulla di buono: era stata una sua idea e, se avesse avuto l’insana intenzione di ammettere di essersi sbagliato, Talia sarebbe stata benissimo in grado di rinfacciarglielo per il resto della sua vita.
 
-Dai, non è andata così male. – spezzò il silenzio per primo, mentre Talia lo accompagnava al portone. La guardia di prima c’era ancora.
La ragazza sorrise. – Hai ragione. I miei genitori sembrano trovarti simpatico, forse un po’ strano. –
-Ho inventato io la parola “strano”. – disse lui, provocando la risata della Discendente.
-Sai, non me ne stupisco più di tanto. – si portò una ciocca dietro l’orecchio, poi, assunse un’espressione confusa, guardando un punto davanti a loro. – Perché quella guardia ti sta fissando? –
 
- Okay, io prendo Kori e tu pensi a Tia. – propone Eracl.
- Perché? Credi che io non sia capace di combattere contro un maschio? – incrocio le braccia, lanciandogli un’occhiataccia.
Il ragazzo davanti a me alza le mani in segno di resa e sorride. – Proprio il contrario ma penso che con quel maschio – indica Kori, ignaro del nostro discorso. – potresti distrarti e farci perdere. –
- Lo sai che questo è solo un allenamento in coppia, vero? –
-Certo. – annuisce. – Ma non voglio che la nana mi, anzi, ci rinfacci di aver vinto. – spiega.
-Okay, facciamo a modo tuo. – acconsento, perfettamente d’accordo con lui.
Eracl fa un sorriso enorme, anche se niente in confronto a quelli di Kori. Mi riscuoto velocemente da questi pensieri e mi concentro, girandomi verso i nostri due avversari.
Eiran sostiene che dobbiamo imparare a combattere in squadra, in caso ne necessitassimo, si è giustificato. È un po’ difficile, come esercizio, siccome dobbiamo essere consapevoli anche del nostro “compagno di duello” e capire cos’ ha in mente e cercare di assecondarlo, mentre tentiamo allo stesso tempo di difenderci dagli altri due avversari.
-E, comunque, io non mi distraggo. – replico scontrosa, prima di girarmi verso Tia e Kori, per dare il via all’ allenamento. Ilio è ancora al palazzo di Rendak e così solo Eiran è lo spettatore del nostro piccolo combattimento. Incrocio lo sguardo dei due ragazzi e cerco di ignorare il fatto che, quando incontro quello rosso di una certa persona, sento il mio cuore cominciare a battere più velocemente e le gambe farsi improvvisamente molli.
Con un respiro profondo, distendo le braccia e faccio affluire in me i miei Elementi. Subito sento il calore della Luce e un senso di protezione da parte del Buio.
-Certo, come no. – mormora divertito il ragazzo dai capelli grigi.
Chiudo gli occhi per un momento e quando li riapro sono circondata da ombre e raggi di luce. Uno di quest’ultimi comincia a girarmi attorno al braccio destro, per poi passare per la vita ed arrivare al sinistro. Al ché, lo scaglio contro Tia, iniziando il duello. Subito la ragazza lo schiva, spostandosi di lato, con un movimento veloce.
Schiude il pugno della mano sinistra ed una pianta, una delle poche rimaste in vita qui ad Alias, si lancia verso di me, tentando di afferrarmi, la trancio di netto, rendendo solido un altro raggio di luce e provocando un verso di disappunto da parte della mia amica.
Con la coda dell’occhio noto Eracl e Kori fronteggiarsi più vicini, cercando di prevalere l’uno sull’altro anche con sgambetti o spinte.
Evito un altro colpo di Tia, questa volta un sasso delle dimensioni della sua testa, e chiudo gli occhi, per concentrarmi sulla luce della stanza e piegarla in modo che non cada su di me e mi renda invisibile.
Dallo sguardo della Discendente della Terra capisco all’istante che sono riuscita nel mio intento e mi concedo un sorriso, per poi ottenere lo stesso risultato su Eracl.
Non appena scompare alla sua vista, Kori assume un’adorabile espressione confusa, facendo si che non posso fare a meno di trattenere un sorriso.
Il suo avversario, nonché “mio alleato”, si volta verso di me e mi fa cenno di avvicinarmi agli altri due. Annuisco, comprendendo subito quello che ha intenzione di fare. Quando siamo rispettivamente ai lati di Tia e Kori, ci lanciamo uno sguardo per darci il via e ci scagliamo su di loro. Però, non appena tocco la spalla della ragazza della Terra, la sua immagine svanisce, come se fosse fatta di vapore. Alzando lo sguardo, scopro che lo stesso è successo ad Eracl con Kori.
-Ma cosa… - comincia a dire il Discendente, una volta incontrato i miei occhi.
“Il secondo Talento di Kori” gli sillabo, al ché annuisce serio.
Ci voltiamo all’unisono.
È migliorato molto, vedo, commento tra me non appena vedo una decina di Tia ed una di Kori davanti a noi.
- Oh, ma andiamo! – esclama Eracl con esasperazione, meritandosi un “Zitto, potrebbero capire dove siamo!” da parte mia.
Il ragazzo sospira e con un calcio vaporizza una Tia che gli si stava avvicinando.
- Spiacente che la mia vista ti turbi così tanto, brezza estiva… - ridacchia l’originale della copia, in mezzo ai cloni, prima che tre di questi, due Kori ed un’altra Tia, si lancino su di me.
Colpendoli con un raggio di luce, riesco a farli scomparire. Sposto lo sguardo ai piedi delle illusioni create da Kori, notando che, forse, se usassi le ombre che proiettano, cavolo, ha pensato pure a fare le ombre, potrei scoprire in fretta chi sono gli originali.
Scuoto velocemente la testa. No, non posso farlo.
Ogni volta che ho usato i miei poteri da Discendente del Buio, sono successe solo cose orribili.
Nella mia mente cominciano a seguire delle immagini che avvalorano la mia teoria: gli occhi spenti e verdi di Tyler, l’odore della carne bruciata dell’uomo di Rendak che mi ha catturata e mille altre. Stringo i pugni. E se, mentre li uso, perdessi il controllo?
Non posso rischiare di fare del male a  Tia o Kori soltanto per un esperimento. Meglio controllare solo la Luce, l’Elemento opposto al Buio per eccellenza.
Serro gli occhi, concentrandomi sulla luce nella stanza e rendendola materiale, per poi dividerla in tanti, piccoli dardi alla mia mercé. Con un lieve sorriso diabolico li scocco contro Tia e Kori, abbattendo una decina di illusioni, mentre Eracl ne fa scomparire altrettanti.
Aggrottando la fronte mi rendo presto conto che non ci sono più copie dei nostri amici. Mi giro velocemente ed incontro gli occhi rossi di Kori.
Se mai avessi incontrato una persona, sulla Terra, con i suoi stessi occhi, non avrei esitato a descriverli come inquietanti, però su di lui, sul suo viso, hanno l’effetto opposto. Sono quel genere di occhi dolci, che ti rassicurano all’istante e di cui non puoi più fare a meno. Mi riscuoto dai miei pensieri, maledicendomi per essermi distratta.
Forse Eracl non ha tutti torti…
Con la coda dell’occhio vedo il Discendente dell’Aria attaccare la sua “nana”.
Faccio un piccolo sorriso, prima di imitarlo, fiondandomi su Kori.
Siamo ancora invisibili ai loro occhi, bene.
Poi, proprio a pochi passi dal mio “avversario”, inciampo e cado a terra. È questione di un attimo e mi deconcentro, facendomi ridiventare visibile. Dalla mia bocca esce un verso di disapprovazione.
Alle mie caviglie noto una radice. Il motivo per cui sono caduta, ovviamente.
Tento di strattonarla ma questa stringe sempre più la sua presa. Dal pavimento della casa di Eiran ne spuntano delle altre, che salgono fino a legarmi, impedendomi ogni movimento.
Al mio fianco compare Kori.
Mi guarda con un sorriso in faccia. Gli sono comparse le solite fossette.
Tento di darmi un po’ di contegno, cercando di non arrossire come una povera ragazzina di dodici anni alla sua prima cotta, anche se è difficile, siccome sempre un involtino di verdura.
Questa me la pagherai, Tia.
-Ok, credo che siate stati umiliati abbastanza. Tia, buon lavoro e, sebbene mi costi molto ammetterlo, anche tu sei andato benino, Kori. – la voce di Eiran pone fine al nostro allenamento, permettendo a Tia di liberarci.
Mi metto a sedere massaggiandomi la braccia un pochino indolenzite. Kori mi offre una mano per alzarmi e, quando l’ afferro, così chiara, in confronto alla mia, dello stesso colore del miele, sento le stesse scosse di quel giorno sulla torre, quando mi ha baciata.
Mi mordicchio il labbro, evitando il suo sguardo e volgendolo su Eracl e Tia, che battibeccano come sempre.
-Quel colpo era sleale. – si lamenta il primo.
-Cosa c’è, Einstein non è capace di difendersi da qualche radice? -
-Ma se ci hai avvolto completamente! Scommetto che avevi intenzione di soffocarmi, ammettilo, nana. – le punta l’indice contro. – Scommetto che hai mille piani malefici contro di me, in quella testolina con un grave deficit dell’attenzione. –
Tia gli lancia un’occhiata indecifrabile, prima di assumere la solita espressione malandrina e dire, con le mani alzate: - Credo di averti sottovalutato, brezza estiva. – ghigna. – Sei molto più intelligente di un formato gigante di un Einstein venuto scemo se hai dedotto questo. Bravo, ti sei meritato il distintivo di Detective Principiante! –
Alla vista della confusione di Eracl, scoppio a ridere, presto seguita da Kori e Tia.
-Tutto questo è molto divertente ma vi vorrei far notare il disastro che avete provocato. Si chiama allenamento e non “sfasciamo la casa del Custode”. – ci interrompe la voce gronda di ironia di Eiran.
-Dai non è così male… - tento di minimizzare. – soltanto qualcosa che è caduta. –
Il Custode incrocia le braccia al petto mentre alza il sopraciglio. Con un gesto della mano, gli oggetti caduti si rialzano e tutto ritorna come prima. Rivolgo al Custode un sorrisino soddisfatto.
-Sappiate che, se rompete qualcosa, mi dovrete rimborsare. – borbotta.
Kori si acciglia. – Ma non abbiamo soldi. – dice, portandosi una mano tra i capelli e scompigliandoseli ancor di più. Se possibile, così è più bello. Distolgo lo sguardo da lui per riportarlo su Eiran.
-Quando sarete i capi delle vostre Discendenze, credetemi, ne avrete e allora verrò finalmente ripagato per tutti i danni che ho subito. –
-Ma la casa è a posto. – replica Tia.
-Io intendo anche i danni psichici. – spiega il Custode.
-Allora siamo fottuti. – Eracl, come al solito, si fa riconoscere per il suo linguaggio forbito e fine.
Prima che qualcun altro possa dire qualcosa di altrettanto profondo di significato, la porta d’ingresso si apre, facendo entrare Ilio. - Chi è cosa? – domanda confusa, abbandonando l’espressione persa nei suoi pensieri di poco prima.
Eiran scuote la testa e fa un gesto con la mano, come per scacciare quanto detto prima. – Comunque, ora che siete tutti qui e abbastanza attenti da non distrarvi per un nonnulla, credo di potervi parlare di cose più importanti. –
 
Seduti nel salotto di Eiran, il proprietario di casa si decide finalmente a parlare. Io e Kori occupiamo il divanetto rosso, quello più piccolo, Tia ed Ilio sono ai nostri piedi, Eracl ha rivendicato il suo dominio sulla sua poltrona, il Custode, invece è al centro della stanza.
-Bene, credo che abbiate capito che ho bisogno della vostra attenzione, per qualche minuto, quindi  posso parlare. –
-Simpatico come sempre. Cos’è la tua, una dote? – chiede ironico Kori. Tento di ignorare che mi formicola il braccio che tocca il suo.
-No, è un potere speciale che si ottiene con il tempo, molta pazienza e buone intenzioni. – cambia velocemente argomento. - Comunque, come già sapete, Demes sta morendo. – si volta verso Ilio. – Sai quanto manchi? – la ragazza scuote la testa, mormorando che, purtroppo, è ormai questione di qualche giorno.
-Si, ce la faremo. – mormora il Custode.
-A fare cosa? – domanda Tia, aggrottando la fronte.
Il Custode si volta verso di lei. – C’è una cosa che dovrete fare, prima di sconfiggere Rendak. –
Scrocchia le dita, non curandosi della nostra diffidenza. – Non vi illuderò, dicendovi che sarà una passeggiata, perché non lo sarà. –
-Insomma, cosa dobbiamo fare, riordinare la stanza di Ilio? – chiede, con un sorriso alla Stregatto, Eracl, provocandosi un calcio alla gamba da parte della diretta interessata.
-Non è poi così disordinata! – protesta.
-No. – risponde Eiran. – Anche se il livello di pericolo non supera questo di poco. Ad ogni modo, quello che dovrete fare, nei prossimi cinque giorni, sarà recuperare degli oggetti molto importanti. – fa una pausa, accentuando la curiosità crescente. – Dei pezzi di luna. - 

Note dell'autrice:
No, non è un miraggio: sono tornata veramente u.u e con tanto di scuse e promesse, poi. Lo si potrebbe definire un rientro trionfale, direi. Ci mancano soltanto quelle statue che mi hanno promesso... Ok, torniamo seri. Allora, innanzitutto le scuse: mi dispiace moltissimo per aver tardato così tanto (UN MESE! Mi stupisco che non mi abbiate dato per dispersa e/o colpita da un incantesimo di Eiran) ma sono stata impegnata a studiare, recuparare gli appunti e poi si è aggiunto perfino il corso di cinema... ç.ç (ho finito il capitolo solo ieri... guardare i video vecchi di favij ha aiutato XD) Fortunatamente la prossima settimana non ho verifiche e posso ricominciare a scrivere i prossimi capitoli. Mi scuso anche per non aver recensito un emerito caz... niente. Provvederò, lo prometto. Comunque, ritorndando ai capitoli che seguiranno... ebbene ho due cose da dire su essi: 
primo: penso che saranno postati con più velocità.
secondo: saranno più brevi del solito, anche perchè parleranno sempre dei ragazzi che cercano i Pezzi di Luna e non voglio finire come nei primi dieci capitoli....
Bene, finita questa noiosa parte, faccio una precisazione: siccome è stata lei a rendere Eracl invisibile, Iris lo può vedere. Il ragazzo può altretanto perchè è nella sua stessa situazione. 
Un grazie immenso a chi recensisce <3

 

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Capitolo 33
*** 32. Mi offrono un'altra scelta. ***


 
Kori.
 
-Dei pezzi di luna?! – ripeto sbalordito.
Girandosi verso di me, Eiran annuisce, con fare serio. – Vi saranno utili nella lotta contro Rendak. – spiega.
Ilio si acciglia. – Come? –
-Adesso la Luna del Buio è più vicina ad Alias, rispetto alle altre. I suoi Discendenti si trovano in netto vantaggio. – guarda di sfuggita Iris, in evidente disagio. – I Pezzi di Luna sono dei frammenti delle Lune di Alias. Nessuno sa come siano arrivati qui, ma tutti conoscono la loro capacità di aumentare la potenza dei Discendenti della Luna da cui provengono. –
-Quindi tu vuoi che noi andiamo a recuperare questi Pezzi di Luna per aumentare i nostri poteri, per poter sconfiggere Rendak. – faccio il punto della situazione, fissando il volto del Custode, cercando di capire se ho compreso al meglio la situazione. Il Custode, restituendomi lo sguardo, annuisce. – Ma perché Rendak non ha fatto lo stesso con il Pezzo della sua Discendenza? –
Eiran si concede un sorriso sornione, prima di rispondermi: - E secondo te come avrebbe fatto a fare il suo incantesimo sulla Luna del Buio? –
Ilio trasale. – Quindi è ancora in vantaggio, rispetto a noi. – constata a voce bassa.
-Voi avete dei Talenti. – le ricorda il Custode, girandosi verso di lei. – E presto anche i Pezzi. – fa una breve pausa, in cui ci squadra tutti. – Questi vi serviranno anche per risistemare il casino fatto da Rendak. –
-Ovvero? – domando curioso. Possibile che…
-Le Lune ritorneranno al loro posto. I Pezzi, essendo state una volta parte di loro, invieranno loro il messaggio che Rendak è stato sconfitto e il suo incantesimo rotto. – appunto.  Tento di ignorare l’amaro che mi cresce sempre più velocemente. Avrei dovuto aspettarmi che dei pezzi di pietra non avrebbero potuto portare indietro i nostri genitori. – Da domani andrete a cercare i Pezzi. Il primo sarà Kori, poi ci saranno Tia, Eracl, Ilio ed Iris. Il giorno dopo Iris, andremo al palazzo. – neanche ascolto il discorso del Custode, troppo preso a dover fronteggiare i miei sentimenti.
Non avrò mai l’occasione di vederli, se non in sogno e questo fa male. Le mani, appoggiate sul divano, si stringono a pungo, incapaci di dominare la delusione che sta crescendo in me. Poi, al polso sento una lieve stretta, presto seguita da un piacevole calore. Mi volto leggermente, per vedere di chi sia la mano, anche se ne ho già una vaga idea.
Mentre tutti non guardano, sillabo ad Iris un “grazie”, presto seguito da un sorriso.
 
Deglutisco, non posso certo negare di essere un poco nervoso. Dopotutto tra neanche una settimana dovrò affrontare il Discendente che ha fatto uccidere i miei genitori e adesso devo trovare un pezzo della Luna della mia Discendenza per sconfiggerlo, superando Eiran-non-ci-ha-detto-chissà-quale-prova per ottenerlo. – Quindi io vado. – dico, tentando di nascondere l’insicurezza nella mia voce. Dietro di me si estende un lungo sentiero di terra battuta, ai cui lati c’è una vasta distesa di sabbia rossa che assomiglia in modo inquietante a quella del pianeta Marte. Alla fine però dovrebbe esserci un piccolo edificio, in cui è custodito il mio Pezzo. Eiran non ci ha detto cosa c’è a guardia di ognuno di questi. Non so se lo ha fatto per non allarmarci, difficile, se parliamo di lui, o perché non lo sa neanche lui.
Eracl mi dedica un sorriso e poi mi incita, dandomi una pacca sulla spalla.
Ilio mi salta addosso, stritolandomi in un abbraccio che farebbe invidia ad un koala.
Tia la imita, per poi sussurrarmi all’orecchio, col suo solito tono scherzoso: - Crea un sentiero di fiamme alle tue spalle, Torcia Umana, e li avrai tutti ai tuoi piedi. – ridacchia, mentre si stacca da me.
Iris, invece, continua a guardarmi, in volto ha un’espressione tra il terrorizzato e il tormentato.
– Buona fortuna. – sussurra, prima che mi giri. Mi convinco che la sua espressione non significhi nulla e comincio a camminare.
Ho percosso circa una quarantina di metri, quando sento la sua voce chiamarmi: - KORI! –
Mi volto, vedendola correre verso di me, in un tornado di capelli neri e dorati.
In un attimo mi raggiunge e sbatte contro, facendomi perdere l’equilibrio e cadere all’indietro, trascinandola con me; in quello dopo, i nostri volti sono vicinissimi, le punte dei nostri nasi si toccano e le labbra distano di pochissimi centimetri.
Arrossisco all’istante, presto imitato da lei. I capelli le scendono davanti, creando una spessa tenda nera che ci separa dal resto del mondo.
Guardandola negli occhi, così contrastanti tra loro, mi chiedo come reagirebbe se la baciassi, qui, adesso.  Avrebbe la stessa reazione di quando eravamo sulla torre?
Con la lentezza che di solito caratterizza i sogni, Iris si alza, separandosi da me, poi, quando è in piedi, mi porge la mano, aiutandomi a sollevarmi. Una volta davanti a lei, Iris si mordicchia il labbro, guardandomi in modo indecifrabile, e mi bacia.
Si, esatto.
Dire che mi va in fumo il cervello è un eufemismo. Le sue mani finiscono tra i miei capelli, scompigliandoli ancor più del normale. L’attiro a me, stringendo la sua vita con un braccio, e portando la mano sinistra sulla sua guancia, iniziando ad accarezzargliela.
Chiudiamo gli occhi e non posso fare a meno di sorridere sulle sue labbra, quando sento le ciglia di lei solleticarmi la pelle.
Le sue mani scendono lungo il mio collo, per posarsi alla base, quando si stacca da me e mi regala un sorriso enorme. – Buona fortuna. – ripete. Mi chino su di lei, per baciarla ancora, poi mi avvio, tentando di ignorare le occhiate che ci stanno lanciando tutti gli altri, e, cosa ancor più importante, i loro pensieri.
Riesco a raggiungere l’edificio in cui è custodito il Pezzo di Luna solo qualche ora dopo. Sembra un piccolo tempio greco, come d'altronde la maggior parte delle costruzioni in questo posto. È alto circa quattro o cinque metri, largo una decina o forse di più. Al suo ingresso, delle colonne ramate sostengono il tetto, dello stesso colore e materiale, per poi lasciare il posto a delle mura che mi impediscono di vedere cosa c’è dentro il piccolo tempio. Dalla sommità di questo, inoltre, scendono degli arazzi recanti il simbolo della mia Discendenza, tre fiammelle rosse, con quella più grande al centro, e leggermente bruciacchiati, come il resto.
Salgo di fretta i tre gradini del porticato ramato e spingo il portone, attraversando l’uscio.
Subito, un forte odore di bruciato mi arriva alle narici e il calore della stanza, forse per altri insopportabile ma per me incredibilmente piacevole, mi scalda le guance. Sbatto velocemente le palpebre, cercando di abituarmi alla luce soffusa dell’interno, proveniente da un falò al centro della stanza e altre piccole fiammelle e torce disposte contro le pareti, su cui sono state dipinte scene abbastanza macabre. Una di queste raffigura un Discendente, oppure un Custode, bruciato vivo, mentre altri suoi simili gli danzano attorno.
Faccio qualche altro passo, guardandomi attorno, e tento di dimenticare quell’immagine inquietante. Con stupore, noto delle fiamme dipinte sul soffitto. Cerco ancora con lo sguardo qualcosa che mi possa far intuire dove si trovi il Pezzo di Luna, ma non vedo niente che possa essermi utile. Mi ritrovo così a frugare dappertutto, non esitando a cercare da qualunque parte, però senza risultati.
Dopo due ore di ricerche, mi siedo sul pavimento, appoggiando la testa contro la parete e lasciandomi sfuggire un sospiro. Come faccio sempre, da quando ho scoperto il mio secondo Talento, comincio a creare immagini, senza un legame impreciso.
Quindi è una banalissima coincidenza se queste rappresentano per lo più Iris, sia chiaro.
Poi, una delle immagini sembra prendere vita, si distacca da me allontanandosi, fino a raggiungere il centro della stanza, vicinissimo al falò. Lentamente, questa si dissolve, per far apparire una sagoma femminile senza lineamenti. È minuta e con la carnagione color miele. Con lentezza, sul viso cominciano a comparire un naso sottile, due occhi a mandorla, contornati da lunghe e folte ciglia nere, e sovrastati da due sopracciglia arcuate, due labbra carnose rosa scuro. Velocemente, crescono sul suo capo dei capelli nerissimi, quasi ricci, e con un’unica ciocca dorata, che incornicia la parte sinistra del viso. Al suo collo appare un medaglione che va a posarsi sotto la clavicola, sopra la stoffa bianca del suo vestito.
Quando questa… cosa apre gli occhi, quello sinistro nero e l’altro dorato, non posso fare a meno di sussurrare il suo o nome o, per lo meno, quello della proprietaria dell’immagine: - Iris? –
Questa sorride, come farebbe l’originale, e dice: - Kori. Sono così felice che tu sia qui! –
Fa qualche passo verso di me ma, quando vede che io ne faccio altrettanti indietro, si ferma. – Chi… cosa sei? – non è Iris. Ne sono certo.
-Sono Iris o quanto meno la parte migliore di lei. –
-Parte migliore? – balbetto.
La copia annuisce e fa un giro su se stessa, ridacchiando. – Sono identica a lei, anche nel carattere però non altrettanto problematica. – riposa il suo sguardo su di me. - Quindi niente più incubi spaventosi e grida nella notte. E soprattutto niente rimorso su Tyler, siccome non l’ho mai ucciso né conosciuto! –
Sgrano gli occhi. – E… cosa ci fai qui? –
-Sono stata creata da colui che custodisce questo posto, vuole convincerti ad abbandonare questa folle idea di sconfiggere Rendak. – spiega, per poi sorridere. Non è Iris, ricordalo.
-E tu a cosa servi? – domando titubante, insicuro di voler sapere veramente la sua risposta.
-Iris è ciò che vuoi di più, no? – non mi lascia replicare. – Il mio creatore vuole darti me in cambio della tua rinuncia a combattere contro Rendak. –
Credo che dovrei essere onorato di tanto scomodarsi solo per me. Chissà perché non lo sono. La copia di Iris si porta una mano tra i capelli, compiendo un gesto così tipico di lei che solo per un momento mi illudo che sia veramente qui. Cammina verso di me, non staccandomi lo sguardo di dosso. – Ci pensi come sarebbe? Noi due sempre insieme… nessuna preoccupazione, nessuna responsabilità, nessun incubo e nessun urlo che ti sveglia di notte. Non sarebbe fantastico? – fa un ampio gesto con la mano e all’istante l’ambiente attorno a noi si trasforma. Non siamo più in una stanza con la luce soffusa ma in un giardino luminoso.
L’erba è di un verde intenso, c’è pure un ciliegio in fiore, la cui chioma perde qualche petalo, cullata da una dolce brezza.
Ai suoi piedi, vedo una figura scura. La copia di Iris mi sorride, prendendomi la mano e trascinandomi lì. La lascio fare, cercando intanto di fare un buon piano per uscire al più presto da questa situazione assurda.
Il suo padrone ha la pelle pallidissima, bianca, praticamente.
Non mi fido del suo sguardo.
Mi lancia un sorriso, quando lo raggiungiamo, scoprendo i suoi denti aguzzi. Sembrano quelli di uno squalo. Mi trattengo a stento dal rabbrividire. – Finalmente sei qui, Kori. Sai, la nostra Iris era impaziente di incontrarti. –
Accanto a me, lei annuisce.
-Come fate a sapere del suo passato? – domando, evitando di domandargli perché sapesse del mio rapporto con Iris.
-Gli Spiriti hanno i loro mezzi. – afferma, vago.
-Spiriti? – ripeto. L’uomo annuisce, facendo ondeggiare i suoi capelli bianchi.
-Quelli come me. – spiega. – Ovvero Custodi che sono morti ma rimangono qui. Per via di altri come loro che non vogliono separarsi dai primi. – fa un altro sorriso, inclinando leggermente la testa. – Ma non parliamo di questo. – schiocca le dita e la copia di Iris vicino a me scompare. – mi interessano più gli affari. –
Assumo un’espressione diffidente. – Di che tipo? –
Il Custode, o dovrei riferirmi a lui come Spirito?, chiude lentamente gli occhi e poi mi risponde. – Credo che tu abbia capito che lavoro al servizio di Rendak, Kori del Fuoco. Non sei un ragazzo così ingenuo. – Evito di offendermi, più che altro per capire dove voglia andare a parare. – Io la vedo così, quindi, ragazzo: io do qualcosa a te, e tu mi fai un favore. Così siamo tutti e due contenti e ognuno ci guadagna, no? –
- Lei vuole che dunque io rimanga per sempre qui, con… quella cosa e rinunci a combattere contro Rendak?! Ma cosa ne sarà degli altri?! E, soprattutto, perché crede che io accetti e mi fidi di lei?! -
Retrocedo di qualche passo, fissandolo ancora diffidente.
Lo Spirito alzo l’indice destro e apre gli occhi, in viso il tipico sorriso di chi sa che sta per vincere una partita a scacchi.
-Se sono capace di creare la copia della tua bella, saprò pur sempre fare lo stesso con gli altri, no? –
-Ma che ne sarà di quelli reali? –
-Dipende da cosa decideranno di fare. Se, una volta raggiunti gli altri posti in cui sono custoditi i loro pezzi, abbandoneranno la missione, li ritroverai qui con te, se desideri. Altrimenti moriranno. – sorride, malefico. – È molto difficile procurarsi ciò che state cercando. Non trovi che sarebbe molto meglio rimanere qui, ad invecchiare con lei? – indica con il mento qualcosa alla mia sinistra. Mi volto per vedere. È la copia di Iris. – Non avresti più problemi. –
- No. – rispondo, stringendo i pugni. Nel suo viso compare un’espressione di stupore, misto a rabbia. I suoi occhi neri mi lanciano uno sguardo furibondo.
-No?! Ragazzo, evidentemente non ti rendi conto del grande dono che ti sto dando. – sembra riprendere il controllo, ridiventando calmo. Si accarezza la mascella squadrata, continuando a tener puntati i suoi occhi sui miei. – Riflettici un po' su. Sono certo che la risposta sarebbe diversa. –
-Non penso proprio. – replico. – Ed ora, ho io una proposta da farti: tu mi dai il Pezzo di Luna ed io me ne vado. Ci guadagnano tutti, no? – gli porgo una mano, col palmo alzato.
Lo Spirito sembra non apprezzare molto la mia imitazione. Accanto a me, la copia di Iris comincia a innervosirsi. Il suo padrone mi guarda, facendo ancora quel sorriso di chi sa che sta per vincere la partita a scacchi. Schiocca le dita e scompare.
Allo stesso tempo, la sua creatura mi attacca.
Alzo subito una barriera di fiamme, proteggendomi da lei. Non appena ci sbatte contro, la copia di Iris fa un urlo di dolore. È così simile a quello della reale che, per un secondo, valuto seriamente l’ipotesi di correre da lei. Mi riscuoto all’ istante da questi pensieri, concentrandomi sullo scontro.
Lancio una palla di fuoco in direzione della creatura ma lei la evita, ruotando su se stessa. Il medaglione segue il suo movimento, staccandosi per un attimo dal suo corpo. Noto un riflesso rosso.
Che sia il Pezzo?
-Avresti potuto avere tutto questo, te ne rendi conto, vero?! – esclama. Sembra rammarico quello che ha nella voce. – Potevamo rimanere insieme e tu non avresti rischiato la vita, seguendo il destino che i tuoi genitori hanno scelto per te! – urla questo, mentre si lancia contro di me ed iniziando a colpirmi con calci e pugni.
Ne schivo uno. – Peccato che tu non sia lei. – mormoro, colpendola al fianco. Fa un gemito di dolore, poi mi guarda male, rancorosa. Tenta un altro attacco, questa volta andando a segno, e mi ferisce al braccio.
-Non ha niente più di me. – dice grave.
Scuoto la testa e le scaglio contro una fiammata. – Ti sbagli. Iris non rinuncerebbe a combattere. Anche lei ha perso i genitori per colpa di Rendak ma tu non puoi capire. Sei solo una copia di una persona reale. –
La copia lancia un grido di esasperazione e mi da un calcio al ginocchio, facendomi cadere a terra. Rotolo subito via, evitandola.
Ai miei fianchi creo due miei perfetti cloni. Li faccio avanzare, mentre altri compaiono e mi aiutano a passare inosservato, per concedermi l’occasione di colpirla a sorpresa.
La creatura neutralizza le mie copie velocemente, colpendole a mani nude. Evidentemente, non ha gli stessi poteri della vera Iris. È una fortuna perché altrimenti avrei seri problemi a batterla, non che sia un’avversaria facile anche così.
 Approfittandomi di un suo momento di disattenzione, la colpisco ancora, con un’altra fiammata, questa volta ancor più calda.
Nonostante sul suo braccio compaia subito una bruciatura, sembra che stavolta non abbia provato dolore perché si gira verso di me e mi attacca, colpendomi il viso con un pugno presto seguito da un calcio al petto. Indietreggio goffamente, riuscendo, in un modo o nell’ altro, a non cadere.
In bocca sento il sapore del sangue. Lo sputo a terra, per poi far comparire delle fiamme sulle braccia, fin sopra al gomito, e la attacco, deciso a finirla qui.
Lancia un urlo di dolore, quando la afferro per le braccia, sollevandola da terra fino a guardarla negli occhi. Stringo ancor di più la presa, cercando di non leggerle i pensieri.
Inizia a dibattersi, con gambe e braccia, ma, nonostante mi stia procurando graffi, e anche profondi, a più non posso, non la mollo.
Presto, di lei non resta più niente. Solo qualche pezzo di stoffa bruciacchiato e il medaglione.
Lo raccolgo da terra, rigirandomelo tra le mani.
Adesso è rosso e la sua superficie non è più liscia ma un po’ granulosa. Però le dimensioni sono le stesse della collana di Iris. Chiudo la mano a pugno e non faccio in tempo a capire cosa sta succedendo che mi ritrovo a casa di Eiran.
Guardandomi attorno, incontro uno alla volta lo sguardo dei miei amici. Iris per ultima.
Rimaniamo per un attimo in silenzio, nel salotto della casa del Custode nessuno parla. Credo che Eiran non avesse previsto che le pietre potessero riportarci indietro.
-Kori! – esclama sorpresa Ilio, rompendo il silenzio. Fa per avvicinarsi a me, però Iris la precede, stritolandomi in un abbraccio.
 
- Sta’ fermo, altrimenti non riesco a curarti! – mi rimprovera Tia, passando ancora una mano sul mio braccio, provocandomi un pizzicore su questo. Lancio un’occhiata sulla ferita che mi ha provocato la copia della ragazza accanto a me. Si sta rimarginando in fretta, constato con un sorriso.
Al pensiero di quella creatura, rabbrividisco, non osando immaginare cosa dovranno affrontare gli altri. Tento di non pensare al suo sguardo, l’ultimo della sua esistenza, pieno di disperazione e sorpreso. Mi estraneo da questi pensieri, consapevole che non mi servirà a niente pensarci.
L’importante è che adesso abbiamo un Pezzo di luna.
Appoggiando la testa sulla spalla di Iris e accarezzando con il pollice il suo dorso, sorrido. 
Non ha niente da invidiarle, constato.


Note dell'autrice:
Mi fa un po' strano aggiornare così presto ma il capitolo l'ho finito, quindi lo faccio, prima che qualcos'altro me lo possa impedire. Comunque.... vi sareste immaginati qualcosa del genere? Io avevo questo capitolo in mente già da un po' di tempo ma, come al solito, penso a quelli finali e non agli altri -.-" sono un disastro. A dire la verità, questo è anche venuto più lungo di quanto progettassi. Non prometto niente per i prossimi.
Prima di andare, vi faccio una semplice domandolina-ettolina: quali altre prove, secondo voi, affronteranno Tia, Eracl, Ilio ed Iris?
Un grazie di tutto cuore a chi recensisce sempre <3

 

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Capitolo 34
*** 33. Gioco a nascondino e parlo portoghese ***


Tia.
 
Tento di farmi coraggio e, non appena riesco ad illudermi che dopotutto non è poi così grosso, mi sporgo un po’ dal mio nascondiglio.
Nello stesso istante in cui lo vedo, mi lascio scappare un gridolino spaventato.
Ok, tirargli quel sasso non è stata la mia idea più brillante.
Tiro qualche respiro profondo e guardo nuovamente com’è messa la situazione.
No. Non ha rinunciato a darmi la caccia. Che bestia tenace e testarda. Andrebbe rispettata.
Mi maledico mentalmente per la facilità con cui mi deconcentro e cerco di trovare un modo per non affrontare quel bestione direttamente e trovare al più presto il Pezzo di Luna.
L’idea mi viene in mente quasi subito. È semplice ma efficace.
Ma perché non mi è venuta in mente prima?!
Ah, giusto. L’attenzione pari a quella di… un animale con poca attenzione. L’ho già detto che non sono brava in biologia, no?
Mi sporgo un’altra volta dal tronco dietro cui mi ero nascosta. La bestia che mi sta inseguendo mi da la spalle. Bene.
Con i miei poteri, alzo una zolla di terra, grande pressoché come il suo busto, forse anche meno ma abbastanza affinché la senta, e la scaglio contro di lui.
Il… non credo che ci siano dei nomi specifici per riferirsi a questo e mi sono stancata di chiamarlo “il bestione” o altro. Ho deciso: lo chiamerò Stone. Che fantasia, eh?
Comunque, Stone si volta, cercando colui che lo ha colpito. Siccome non ha il collo, gli è piuttosto difficile girare la testa per cercarmi, ormai ha capito che sono stata io, Stone non è così stupido come sembra, per mia sfortuna, e gira su se stesso, facendo dei piccoli passi con quei piedi enormi.
Trattengo a stento una risata. Quando Stone nota il cratere da cui si è alzata la zolla di terra che l’ha colpito, comincia a muoversi verso lì, allontanandosi dal mio amatissimo tronco-nascondiglio.
Prima di entrare nella foresta, non ho la minima idea del perché sia ancora così rigogliosa, visto che Alias non ha più piante vive, gli scocco un’ultima occhiata. Certo che è davvero brutto.
Innanzitutto è fatto di pietra. Lo giuro. È calcare, però non grigio, come quello sulla Terra, ma  di un marrone chiaro dorato, con alcune crepe profonde.
È alto circa tre metri e mezzo. Ha possenti spalle e gambe tozze ma sorprendentemente veloci.
Io ne so qualcosa… le sue mani sono enormi, sproporzionate alle braccia che alle spalle sono più sottili. La mascella quadrata è decisamente troppo grande e sembra staccarsi dal resto della testa quando urla. Anche di questo ne so qualcosa. Invece la bocca, anche questa grande, Stone non sembra capire il termine “di dimensioni normali”, è troppo vicina agli occhi, rotondi e verdi. Quello destro sembra più scuro dell’altro, però.
Gli faccio un saluto militare, anche se so che non lo vedrà, ed inizio a correre verso la foresta.
Assomiglia vagamente a quella amazzonica ma senza scimmie, insetti o pinguini. Aspetta, i pinguini vivono nella Foresta Amazzonica? Scuoto leggermente la testa e accelero la corsa, desiderosa di allontanarmi il più possibile da quella sottospecie di gorilla di pietra.
Mi fermo solo quando sono certa di essere abbastanza distante da lui, per controllare la mappa che ho trovato all’entrata di questo posto.
La srotolo lentamente, temendo che possa rompersi o chissà che. 
Non appena è al massimo della sua apertura, sulla superficie compaiono degli alberi, un simbolo che mi indica, quello della mia Discendenza, una foglia verde smeraldo, quello di Stone, un sassolino grigio, e una scritta che si estende per tutta la larghezza della mappa: “Ciò che cerchi è…”.
Ovviamente dovevo proprio essere io quella che trova la mappa con la scritta cancellata. Fortunatamente nel foglio è riportato anche il disegno di una pietra verde, non troppo distante da dove mi trovo adesso, a quanto dice questa roba, e pare che io non abbia bisogno di ulteriori indicazioni.
La ripiego velocemente e rimetto nella tasca dei miei pantaloni. Non è appena è al sicuro, per modo di dire, alle mie spalle sento degli alberi cadere a terra, provocando delle vibrazioni niente male.
Rabbrividisco.
Sta arrivando.
Inizio a correre ancor prima di sentire il suo grido, forte, profondo. Sembra l’incrocio tra quello di un centinaio di clacson e il ruggito del tirannosauro dal film “Jurassic Park”.
Al mio passo, la foresta si ritrae, grazie al mio volere, permettendomi di avanzare senza che un ramo mi colpisca o una pietra mi faccia inciampare.
Accelero il passo, non rallentando mai, finché non raggiungo uno spiazzo di terra totalmente sgombra dagli alberi che fino ad ora mi hanno protetta da Stone.
Insomma, non è che siano proprio stati molto efficienti ma non posso prendermela con loro, anche perché sono una Discendente della Terra.
Riprendo la mappa, controllando se il luogo è giusto. Giustissimo. Fuoco. Incendio. Chiamate i pompi… ok, penserò a queste scemenze dopo. Con ancora il foglio in una mano, levo l’altro braccio, facendo fare lo stesso ad una zolla di terreno davanti a me.
Le sue dimensioni mi superano di netto ma ora non ho il tempo per compatire la mia bassezza: sento Stone avvicinarsi sempre di più e non ho voglia di diventare una Tia versione schiacciata. Mi sono promessa, fin dall’età di sette anni, di arrivare indenne almeno ai diciotto anni.
Il pezzo di terra si alza in aria, fino ad essere sospeso a cinque metri. Chiudo la mano a pugno e la zolla comincia a sgretolarsi, facendo cadere pietre e ben altro. Devio tutto ciò che mi si avvicina ad una distanza minore di cinquanta centimetri, tanto per essere sicuri.
Questo processo finisce subito, rivelando il Pezzo di Luna che stavo cercando. Sorrido soddisfatta.
Anche troppo facile. Lo faccio scendere lentamente, fino a posarsi sulle mie mani delicatamente. Stringo le dita sul Pezzo e penso intensamente a casa, anche se so, dal racconto di Kori, che non ce n’è bisogno, siccome è abbastanza averlo in mano.
Chiudo gli occhi, aspettandomi di riaprirli e ritrovarmi nel salotto con tutti gli altri. Alzo le palpebre e con un poco di panico mi accorgo che non è così.
In lontananza, forse a circa duecento metri da dove mi trovo, sento nuovamente il verso di Stone. Scocco un’occhiataccia al Pezzo di Luna. Muoviti a riportarmi a casa! Serro le dita ancor più forte. Non si sa mai, potrebbe pur sempre funzionare.
Chiudo e riapro gli occhi una seconda volta.
Niente.
Provo a supplicare. Ti preeeeeeeeeeeeeeeego!
Nada.
In un attimo di pura disperazione, sbatto i talloni.
Rien. Baum*, sei una persona totalmente inutile.
Ok, se non inizi a funzionare, ora, adesso, in questo medesimo istante, giuro che ti riduco in poltiglia di Pezzo di Luna, você entendeu**?
Guardo alle mie spalle e mi pietrifico. Stone è qui. Getto a terra il Pezzo. Tanto ho capito che non è quello vero. Riporto il mio sguardo sul bestione davanti a me. Uno dei suoi occhi è più chiaro dell’altro, il cui colore è tremendamente simile a quello del…
Ma stiamo scherzando? Io adesso dovrei cavargli un occhio?!
Non c’è bisogno che ci sia qualcun altro per sapere che si, lo devo fare. Essere Discendenti è una fregatura. Con un profondo sospiro, aspetto che il mio gorilla/uomo di pietra preferito, si, certo, mi si avvicini abbastanza per poi scagliargli contro un masso enorme. Cade all’indietro, lanciando un grido di disapprovazione. Avresti dovuto capirlo che so difendermi abbastanza bene, gorilla.
Sotto ai miei occhi, si disgrega, ogni parte di lui si stacca dall’altra, per poi ricomporsi, facendo in modo che sia di nuovo in piedi. – Ehi, questo non vale! – esclamo indignata.
Che almeno si seguano le regole, durante uno scontro che deciderà parte del destino di questo pianeta, insomma!
Stone non sembra badare molto al mio sdegno per il suo asso nella manica, non che ne abbia, sia chiaro, e mi carica, a testa bassa. Mi scanso appena in tempo, evitando di venire spiaccicata. In compenso, il mio avversario sradica un albero, finendoci contro. Con un mio movimento della mano, le sue radici si avvolgono attorno alle gambe di Stone, per poi salire ancora ed avvolgerlo completamente. Ma, prima che possa stringere ancor di più la stretta, il bestione si libera, spezzandole. Afferra il tronco e mi guarda con un ghigno stampato in volto.
Merda.
Non faccio nemmeno a rendermi conto che mi ha colpita che mi ritrovo a volare, praticamente spazzata via dal suo colpo, contro una specie di baobab. L’impatto è peggio di quanto pensassi. Sbatto la testa e per un momento mi sembra che sia diventata una di quelle palline di plastica che si mettono nelle piscine per bambini, quelle che dentro sono cave e si ammaccano con un nonnulla. Ma la festa non termina qui, visto che non sono ancora atterrata a terra. Yuppie. Rimbalzo sulla corteccia dell’albero che mi ha reso la testa un’ammaccatura ambulante, non credo che sia possibile ma adesso mi sento così e non mi importa di dire cavolate, mi sono appena procurata una commozione cerebrale, che cavolo, e mi schianto a terra. Non appena, tocco, o dovrei dire accarezzo?, visto che l’atterraggio è stato così maledettamente delicato, spero che si capisca che sono sarcastica, odo un sinistro crac. E anche qualche costola è andata.
Con un gemito, mi giro, concedendomi il lusso di prendere un respiro, prima di cominciare ad avviare la guarigione. Quanto desidererei non averlo neanche mai pensato. Il dolore è indescrivibile.
Non riesco a trattenermi e mi lascio sfuggire un urlo dalla bocca.
Però, a vantaggio del mio orgoglio, va detto che non verso alcuna lacrima. Sento scorrere sul collo del sangue. A fatica, faccio un respiro. Ok, sta’ calma, le ferite alla testa sanguinano molto anche se sono superficiali… Con le labbra un poco tremanti, mi poso una mano sul petto. Aumento la pressione e sento subito il mio Talento fare il suo dovere. Chiudo gli occhi, concentrandomi soltanto sul sollievo che mi da sentire le mie ferite rimarginarsi e le ossa rotte riaggiustarsi. Fortunatamente non fa male.
Quando finisco di guarirmi, non ringrazierò mai abbastanza il mio Talento per questo, mi alzo.
Porto le mani alla bocca. – Ehi! Tu! Si, tu! Quello che ha la faccia da scemo! – Stone si volta verso di me, evidentemente pensava che mi avesse uccisa al primo colpo. Povero ingenuo. Tia non la si batte con così poco. Tia è invincibile. – Lo sai che l’ho a malapena sentito?! – spero con tutto il cuore che i gorilla fatti di pietra non siano capaci di capire quando si sta mentendo.
Stone grida/ruggisce/strombazza, infuriato. Carica una seconda volta verso di me ma adesso sono decisa a reagire in un altro modo. Non appena è a qualche metro da me, alzo un muro di pietra, proprio davanti a lui. Mi rallegro tremendamente, quando sento il rumore che fa schiantandosi contro. Questa era per l’ammaccatura alla mia bellissima testolina.  
Da Stone non sento alcun rumore, neanche un gemito, un urlo o chissà che.
Abbasso la mia parete/scudo, non totalmente certa se questa sia una buona idea. Infatti.
Non appena mi ritrovo senza difese, Stone mi afferra per la vita e solleva da terra.
La sua stretta si fa sempre più forte. Faccio quasi fatica a respirare. Tento di dimenarmi, di trovare un modo per liberarmi, ma i miei colpi sembrano non scalfirlo. Gli lancio un altro calcio ma non fa neanche una piega. La sua mano aumenta ancor di più la presa. – Gn… - mi lamento, cercando ancora di sfuggire alla sua stretta. Alzo lo sguardo, incontrando le pietre che dovrebbero fungergli da occhi e mi viene un’idea. Sono pur sempre una Discendente della Terra, giusto?
Giusto.
Quindi so dominare anche le pietre, no?
Con un sorriso diabolico, poggio la mano destra sul petto di Stone, sapendo benissimo di avere poco tempo prima che mi stritoli. Chiudo gli occhi e mi concentro. Sento l’energia fluire dentro di me, scorrere fino alla mano sul petto di Stone sempre di più, fino a diventare calda, incandescente. Lentamente avverto che la stretta alla mia vita si sta allentando ma non smetto di fare quello che sto facendo, anzi, accelero il tutto. Focalizzo ancor di più il mio potere su un’unica parte del mio corpo, cercando, attraverso questo contatto di passarlo a Stone.
 Apro gli occhi e scoppia in mille pezzi proprio davanti a me. Vengo spazzata via una seconda volta in neanche mezz’ora, stavolta però l’atterraggio è nettamente migliore, siccome allungo un ramo affinché mi afferri. Mi arrampico sull’albero, fino ad arrivare ad uno dei punti più alti. Sotto i miei occhi, nessuna parte dell’ormai defunto Stone, che possa patire le più atroci pene dell’inferno dei gorilla di pietra, non riunirsi e il Pezzo di Luna scintillare accattivante.
Mi do una spinta ed atterro, senza ossa rotte. Prendo il Pezzo e l’istante dopo sono a casa.
 
Dopo aver praticamente passato quasi tutta la giornata a scappare da un gorilla cui ho dato un nome orrendo, ritrovarmi a casa mi da sollievo. Faccio un sospiro profondo. Con la mia solita ed inconfondibile grazia, mi lascio cadere sul divanetto rosso, praticamente quasi sulle gambe di Kori. Tutti quelli nella stanza si voltano verso di me ed io con un sorriso trionfante alzo il pugno. Lo schiudo e mostro loro la causa di una lotta assurda con un sasso troppo cresciuto.
Subito, vengo sommersa da oltre cento chili di persone, ovvero Kori, Iris ed Ilio. Eracl è sulla soglia della porta, a guardarci con espressione indecifrabile. Lancio nella sua direzione un sorrisone soddisfatto, prima di cominciare a lamentarmi di quei tre deficienti che, evidentemente, si sono messi d’accordo con Stone per farmi fuori.
Una volta che riesco finalmente a respirare di nuovo, inizio a giochicchiare con il mio Pezzo di Luna, guardando nel frattempo di sottecchi la scena davanti a me. Le palpebre adesso mi paiono tremendamente pesanti, ma combatto col sonno.
Ilio è sul pavimento, sta leggendo la memoria di un Custode viaggiatore.
Eracl parla con Iris e Kori. Le gambe di lei su quelle di brezza estiva e la sua mano intrecciata a quella del suo ragazzo. È da quando si sono riappacificati che io, Eracl ed Ilio aspettavamo che si rendessero conto di essere l’uno irrimediabilmente innamorato dell’altra e finalmente, ieri, Iris ha fatto il primo passo. Sei l’orgoglio di ogni femminista, raggio di sole. Sopratutto il mio, visto che avevo scommesso su di te, alla facciaccia vostra, Ilio ed Eracl.
Lentamente chiudo gli occhi e appoggio la testa sullo schienale del mobile, concedendomi una meritatissima dormita.


Note dell'autrice:
Lo so, lo so: sono imperdonabile. Avevo promesso di postare velocemente questi capitoli e invece lo faccio dopo due settimane .-. ma, vedete, sto avendo una settimana a dir poco allucinante a scuola e il capitolo ha tardato un po' a venir fuori, infatti ho finito di scriverlo solo da qualche minuto. 
Coooomunque, mi dispiace per i recensori che avevano supposto che la prova di Tia sarebbe stata su qualcosa che avrebbe avuto a che fare con Eracl ma il gorilla/Stone ce lo avevo in mente da secoli. Sono spiacente anche per coloro che contavano su loro che si sarebbero messi insieme. Sono stupidi e orgolgiosi, è normale che ci mettano un po'... al contrario di... no, Iris e Kori non sono da meno. 
Ma passiamo ad altro... c'è un motivo per cui l'occhio di Stone ha sostituito il Pezzo di Luna e viceversa, sappiatelo. Lo spiegherò tra qualche capitolo e questa volta sono davvero certa che aggiornerò presto: da giovedì mi comincia l'autogestione, ovvero niente compiti e pomeriggio libero, yessa. *-*
Anche se quello di Eracl sarà piuttosto difficile da scrivere, lo so già, tanto, tenterò di postare il prossimo capitolo al più presto.
E, detto questo, ringrazio quei recensori che, se sapessi i loro veri nomi, proporrei per dedicar loro una giornata o qualcosa del genere.
* = Baum è l'autore del libro "Il Mago di Oz".
**= hai capito? In portoghese.

 

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Capitolo 35
*** 34. Faccio crollare un tempio ***


Eracl.
 
- Ehi, quando credete che… oh, cazzo! – faccio un balzo all’indietro, non appena la vedo comparire dal nulla, proprio come è successo con Kori appena un giorno fa’.
Con la sua solita, ed inesistente, grazia, si siede sul divano, praticamente addosso al mio amico, noto infastidito, e sfoggia con orgoglio il suo Pezzo di Luna. L’attimo dopo viene sommersa dagli altri tre ed inizia a gridar loro contro qualcosa che c’entra con un sasso troppo cresciuto e un giuramento fatto quando aveva sette anni con sé stessa. Quando riesce a riemergere dall’abbraccio, mi dedica uno dei suoi soliti sorrisi sfacciati e impertinenti.
Continuo a stare sulla soglia della stanza, indeciso di cosa fare. 
Insomma, come dovrei reagire? 
Andare da lei e comportarmi come se non mi fossi preoccupato finché non è ritornata?
Oppure unirmi agli altri nell’abbraccio?
O baciarla?
Si, come no.
Come minimo mi pesterebbe a sangue.
Aspetto che Ilio, Iris e Kori si stacchino da Tia, con emozioni non ancora del tutto identificate che mi mettono in subbuglio tutto il corpo. Primo tra tutte il sollievo, si, certamente questa è quella che prevale, per poi essere seguito da confusione, paura, al solo pensiero di cosa le sarebbe potuto succedere, e rabbia, per me stesso, che non riesco ad avere il coraggio di farmi avanti, andiamo, Eracl, lo ha fatto Iris!
Mi passo una mano tra i capelli e mi siedo sulla mia poltrona, non perdendo di vista Tia.
- Domani toccherà a te, sei preoccupato? – mi domanda Iris, appoggiando la testa sulla spalla di Kori. Il ragazzo si lascia sfuggire un sorriso.
Scuoto il capo. – Ho solo voglia che tutto questo finisca presto. – Iris annuisce, perfettamente d’accordo con me. - Avete mai pensato a cosa succederà dopo? – si rivolge poi a tutti noi. 
Ilio alza lo sguardo per un attimo dalla sua memoria, incuriosita dal nostro discorso. Un lieve sorriso le increspa le labbra.
Io scuoto nuovamente la testa. – A parte il fatto che diventeremo i capi delle nostre Discendenze, io non so altro. – affermo. – Tu, invece? – replico poi. 
Iris si stringe nelle spalle. – No e ne ho paura. – rivolge il suo sguardo verso il basso, probabilmente occupata da pensieri non troppo felici. 
Kori si mordicchia il labbro, per poi metterle dietro un orecchio una ciocca di capelli dorati e dedicarle un sorriso incoraggiante. – Adesso non pensiamo al peggio, ok? – la sua ragazza annuisce,  riappoggiandosi alla sua spalla.
Distolgo lo sguardo da loro, lasciando che parlino da soli, e lo volgo su Ilio. – Come mai quel sorriso? –
Le sue labbra si incurvano ancor di più ma scuote la testa, mormorando un “Niente di importante.”.
Guardando al di là della sua spalle ed iniziando così a leggere insieme a lei la memoria, lascio stare il discorso anche se so bene cosa significa quel sorriso. Dopotutto l’ho visto già troppe volte sul viso di Iris, Kori e, beh, anche sul mio.
 
Orion lo trovava semplicemente ridicolo.
Insomma, aveva pur sempre otto anni. Sapeva farsi un amico senza i suggerimenti dei suoi genitori!
E poi quel bambino era strano. Orion aveva sentito che si era preso non poche botte in testa, scivolando sui corridoi del suo palazzo di pancia e che diceva in giro che molto probabilmente era stato adottato, siccome non somigliava per niente ai suoi genitori.
Per farla breve: Orion non aveva alcuna intenzione di diventare amico di Aaron.
Eppure eccolo lì, abbastanza vicino al soggetto in questione da sentire i suoi discorsi da strampalato che stava facendo con due bambine della sua età.
Aaron sembrava gridare, con il suo modo di essere, i suoi capelli biondo scuro e i suoi occhi nocciola, la sua appartenenza alla Discendenza della Luce. Ovviamente non era ancora ufficiale ma era ovvio che sarebbe stato un Discendente della Luce, siccome i suoi genitori lo erano e le abilità da Custode si manifestavano sin dalla nascita.
Orion gli scoccò un’occhiataccia, come se fosse colpa sua se i suoi genitori lo avevano incoraggiato per giorni a fare amicizia con lui.
Poteva benissimo diventare amico di Talia, un’altra figlia dei capi di una delle Discendenze decisamente meno strana, che sarebbe diventata sicuramente una Discendente del Buio, ma era troppo attaccata al fratello, tanto che, a volte, si isolava, stando da sola solo con lui, come quel giorno. Forse ci sarebbe riuscito un’altra volta. 
Fece qualche altro passo in direzione di Aaron e le sue amiche.
Una aveva i capelli neri e l’altra color caramello.
Il bambino dagli occhi nocciola stava raccontando una delle sua bravate e le due lo guardavano, una, quella con i capelli color caramello, con uno sguardo misto di apprensione e divertimento, e l’altra, la mora, con invidia, come se avesse voluto avere lei quell’idea.
Orion si avvicinò ancor di più a loro. Quando fu a pochi passi di distanza, fece un profondo sospiro e disse:
- Ciao. –
Il trio si voltò verso di lui, guardandolo con curiosità.
- Ciao. – lo salutarono. Aaron e la bambina coi capelli neri con titubanza, l’altra più allegramente.
- Sono Orion. – si presentò. Ormai non aveva senso tirarsi indietro.
- Lo so. – replicò Aaron, con un sorriso enorme.
- Come facevi a saperlo? –
- Intendo che ora lo so. – precisò l’altro, scompigliandosi i capelli biondi e provocando la risatina della bambina mora. – Io sono Aaron. – indicò la bambina coi capelli color caramello. – Loro sono Ambra – fece lo stesso con l’altra. – ed Eileen. –
Eileen gli dedicò un sorrisetto sfacciato. 
Orion si grattò la guancia, leggermente imbarazzato. Lo sapeva lui che sarebbe andata così: che avrebbe lo stesso cercato di parlare con quel bambino strano, quell’Aaron, e che avrebbero finito per restare in silenzio, imbarazzati. D’altronde c’era pur un motivo per cui ci si sceglie sempre da soli gli amici…
Orion cominciò a giocherellare con una ciocca di capelli, era già pronto a fare retrofronte e a cercare di dimenticarsi l’accaduto, magari ridendone con il suo amico più grande, Nar. Stava appunto per farlo, quando sentì la voce di Aaron chiedergli:
- Vuoi giocare ad Enek? –
Okay, forse una possibilità che diventassero amici c’era.
 
Sbatto velocemente le palpebre, perfettamente consapevole di che giorno sia oggi.
Con un gemito rituffo la testa sul cuscino, pensando che magari potrei dormire ancora un po’.
Sto chiudendo gli occhi e tentando di riaddormentarmi, quando sento bussare alla porta. Non mi alzo, fregandomene di chi possa essere. Mi rigiro nel letto, dando le spalle all’entrata. Sento la porta aprirsi ed entrare qualcuno. Mi volto di scatto, per gridare contro chi sia venuto ma mi fermo.
È Tia. 
Arrossisco di botto.
- Ciao. – borbotto.
- Buongiorno. – trilla lei. Lascia vagare lo sguardo per la camera, prima di riposarlo su di me. – La Stella della Luce e le altre Lune sono alte in cielo, quindi alzati. – scosta le tende, aprendo la finestra. Inclina leggermente la testa e dice: - Uhm, forse si vedeva meglio prima. –
Annuisco con un lieve sorriso sulle labbra. Si gira nuovamente verso di me, con uno strano sguardo negli occhi. – No, veramente, Eiran vuole che ti sbrighi. – 
Quando mi vede alzarmi dal letto e cominciare a vestirmi, va verso la porta, fermandosi soltanto all’uscio, per voltarsi e dirmi: - Ritorna tutto intero, brezza estiva. –
- Lo farò. – rispondo ancor prima di capire cosa intenda con queste parole ma Tia è già uscita.
 
Ritorna tutto intero, brezza estiva.
Credimi, ci sto provando.
Mi porto le mani ai capelli, cercando di ignorare e immagini attorno a me.
È tutta una finzione, Eracl. È tutto finto. Serro i pugni, tirando e ciocche fino a farmi male. Trattengo a stento un singhiozzo. Apro di poco l’occhio destro. 
Ci sono ancora: Gene e Tia. Tia e Gene. 
Chiunque abbia creato queste illusioni non deve avere molta fantasia, siccome mostrano sempre la stessa cosa: Tia che se ne va con mio cugino, con un sorrisetto perfido sulle labbra dopo aver detto “chi potrebbe mai amarlo?”.
- Smettetela! – esclamo all’improvviso, alzandomi. Le mie braccia ricadono lungo i fianchi, ma le mie mani sono ancora strette a pugno.
- Di fare cosa, Discendente dell’Aria? – domanda una voce. È vagamente divertita e sembra non avere età. – Non ti stava divertendo il mio spettacolino? Mi dispiace. – aggiunge poi, con tono dispiaciuto. 
- Chi sei?! Fatti vedere! – faccio un giro su me stesso, vagando con lo sguardo alla ricerca di colui che ha parlato.
- Non mi piace essere al centro dei riflettori… ma se proprio vuoi… -
Davanti a me appare un uomo sui trent’anni. Ha dei capelli bianchi e lisci, che gi arrivano alla mascella quadrata. I suoi infossati occhi sono talmente tanto neri che l’iride si confonde con la pupilla, rendendo impossibile distinguerle.
La sua bocca si apre in un sorriso e scopre i suoi denti da squalo.
Mi devo controllare molto per non dargli la soddisfazione di sobbalzare. 
- Tu sei quello Spirito che… -
Fa un gesto con la mano, come per scacciare ciò che ho detto. – Si, si. Sono io. – allarga le braccia. – Ta da! Sorpreso? – rimango in silenzio. – No? – chiede con tono fintamente dispiaciuto. – Peccato.  Speravo che la mia entrata in scena fosse più a effetto. –
- Non avevi detto che non ti piace essere al centro dei riflettori? E poi… aspetta, tu come fai a sapere cosa sono dei riflettori? – gli domando guardandolo sempre più diffidente. E non ho tutti i torti a farlo, da cosa mi ha raccontato Kori.
Lo Spirito fa un sorriso furbo, tremendamente simile a quello di Eiran, e mi risponde. – Quelli come me hanno i loro trucchi. L’ho già detto al tuo amico. Quello idiota. –
Ci metto un po’ per capire che si sta riferendo a Kori. Strano, Tia dice sempre che, tra noi due, sono io quello più stupido. – Intendi Kori? –
- Se ti stai riferendo ad un ragazzo pallido, con dei capelli assurdamente spettinati, si, sto parlando del tuo amichetto. – affila lo sguardo, la sua espressione fa trasparire che nutre rancore, verso di lui. – Quello che ha distrutto la mia creatura. Ma presto gliela farò pagare. – lo dice con tono minaccioso ma allo stesso tempo sembra che stia parlando da solo, come se stesse dicendo a voce alta i suoi pensieri e non parlando con me. Anche perché sarebbe stupido da parte sua dirmi che vuole vendicarsi del mio amico. E ho come la sensazione che quest’uomo non è affatto uno stupido. Kori non è poi così tanto fortunato. Rivolge di nuovo i suoi occhi neri su di me, guardandomi con aspettativa. – Spero che tu sia più furbo di lui, comunque. E della ragazzina bassa. Per tutte le Lune, come ha fatto a crescere così poco? –
Mi trattengo a stento dall’acconsentire, l’unica cosa che mi frena è il pensiero che dopotutto parlare con il cattivo di turno della ragazza che mi piace, e soprattutto della sua bassezza, non sia una buona idea. E poi perderei anche del tempo, se lo facessi. – Ad ogni modo, -  riprende a parlare lo Spirito. – Avrai già capito cosa ti sto per offrire. –
- La possibilità di salvarmi la pelle, evitare di combattere il nemico e passare il resto della mia vita con mio cugino e l’irrefrenabile voglia di spaccargli la faccia, mentre sono reso dal senso di colpa, per aver deluso i miei amici? –  domando sfacciatamente.
- Vedo che hai capito alla perfezione la situazione. – commenta. – Ma dal tuo tono deduco che neanche tu hai intenzione di accettare. –
- Deduzione corretta – replico con tono irriverente.
Lo Spirito indurisce lo sguardo, per poi scuotere il capo, come se non potesse sopportare la mia vista. – Quanto spreco. Quanto spreco… - comincia a massaggiarsi il dorso del naso con il pollice e l’indice, i suoi occhi sono chiusi. Schiocca le dita, scomparendo e lasciandomi di nuovo da solo, con queste copie di Tia e Gene si baciano e altre immagini ancora peggio. E questa è tutta da dire.
Mi passo una mano tra i capelli.
Sarà una giornata dura, me lo sento.
 
- Corri, avanti! -
- Come se non lo stessi facendo! – le esclamo in risposta. 
La copia di Tia mi rivolge un’occhiataccia. – Adesso non è il momento, Eracl! –
È diversa da lei. Tia non perderebbe occasione per insultarmi, la ragazza di fronte a me, invece, non ha la sua stessa grinta e sfacciataggine. Non so il motivo per cui mi stia fidando di lei, forse è perché assomiglia così tanto a Tia, oppure perché sento che è diversa dalle altre creature dello Spirito. Lei mi ha detto che è stata fatta troppo bene: insomma, ha sviluppato una parte reale, umana. O dovrei dire da Discendente? Discendentesca? Le stringo più forte la mano e accelero il passo, tentando di capire dove stiamo andando. Glielo domando.
- A prendere il tuo Pezzo di Luna, ovvio! – replica come se fosse implicito che mi stia aiutando così tanto. Poi si ferma di colpo, facendomi andare a sbattere contro un muro.
- Ahio. – mi lamento con il sedere a terra.
- Tutto a posto? – mi domanda la copia di Tia.
Annuisco, rialzandomi un po’ a fatica. 
Mi mostra orgogliosa la porta di fronte a noi. È grande, alta circa tre metri e larga due. Ha borchie grigio scuro, di metallo.  - È qui dietro? – le domando.
La ragazza annuisce, grave.
- Perché mi stai aiutando? – la incalzo.
Esita un po’, prima di rispondermi: - Lo Spirito mi ha creato fin troppo bene, te l’ho detto. – si stringe le spalle, leggermente a disagio. - È come se una parte di me esistesse realmente e fosse in contatto con la mente della vera Tia. Appunto per questo voglio aiutarti. –
- Quindi sai anche cosa pensa? – 
Pare pensarci un po’ su, poi annuisce. – So cosa prova in generale. Ma non cosa pensa. Sono in un qualche modo legata a lei, ma molto debolmente e poi non sono Tia. Ricordalo. –
- Perché mi stai dicendo… -
- Basta! Vuoi o no prendere questo Pezzo di Luna, Eracl dell’Aria? –
Faccio un cenno affermativo ed apro la porta. Entro così in una stanza in penombra, l’unica fonte di luce proviene da un buco perfettamente rotondo del soffitto sopra ad un altare di pietra, su cui sta appoggiato un sasso delle dimensioni di un pugno di un neonato.
Accenno qualche passo nella direzione del Pezzo, per poi voltarmi verso la ragazza dietro di me. – Non entri? –
Scuote la testa. – Io e le altre illusioni siamo stati creati per confonderti, indebolirti. Sarebbe questo il nostro unico compito. Entrare in questa stanza non rientra nelle nostre capacità. – mi spiega.
Cammino ancora verso l’altare, compiendo ogni passo con prudenza. Sinceramente, mi aspetto che da un momento all’altro arrivi qualcosa pronto a fermarmi ma non accade niente, finché non sento la porta chiudersi. – Ehi! Che succede? – dimentico il Pezzo e corro alla maniglia spessa e scura. La strattono. 
- Ehi! – urlo ancora. Dall’altra parte non sento niente.
Scuoto ancora la maniglia. Niente.
Provo a dare qualche pugno ma non si muove. Poi lo sento: un grido.
Comincio a dare spallate alla porta e questa finalmente si apre.
La copia di Tia si volta verso di me, con espressione mortificata in viso. – Saresti dovuto andartene. – mormora a voce bassa.
- Ma cosa… - non faccio in tempo a finire la frase che lei fa un balzo all’indietro, come se fosse stata colpita da un qualcosa di invisibile. Entro nel corridoio e cerco di andare da lei ma qualcuno mi afferra la maglietta e butta via, come se fossi una bambolina di pezza. Vado a sbattere contro un muro. – Ahio. – mi lamento, portandomi alla tempia la mano destra. Quando la porto davanti al viso, è macchiata di sangue. – Ma cosa. – faccio per alzarmi ma quasi rischio di cadere. Mi appoggio alla parete, per evitare di finire ancora una volta a terra. Alzo lo sguardo dal pavimento e lo porto sulla copia di Tia. Trasalo, quando vedo chi incombe su di lei.
È una delle copie di Gene. – Ci hai traditi tutti! – esclama nella sua direzione. – Come ti è venuto in mente di aiutare… quello?! – la ragazza non risponde, limitandosi solamente a rialzarsi, molto lentamente, guardandolo con astio.
- Questi non sono affari tuoi. – gli risponde. Si spolvera un braccio. 
- E neanche suoi. – replica lui, voltandosi verso di me. Mi guarda con rabbia e con gesto della mano mi sbatte di nuovo al muro.
Ma questo è un vizio!
Improvvisamente sento il mio petto essere schiacciato da una forza invisibile, non so perché quest’essere ne è capace ma solo che devo liberarmi al più presto
- Eracl! – urla terrorizzata la copia di Tia, probabilmente perché ha visto la tonalità che ha preso la mia faccia. – Lascialo stare! –
- È il mio compito, fermarlo. E sarebbe anche il tuo, se non fossi una traditrice. – 
La ragazza serra la mascella e si lancia contro di lui, deconcentrandolo e buttandolo a terra. Tiro un profondo respiro, tenendomi la gola con la mano destra. 
Inspiro ed espiro ancora un paio di volte, giusto per riprendermi, prima di guardare la lotta che stanno facendo davanti a me. impallidisco all’istante.
La copia di Tia sta avendo ovviamente la peggio. Il suo avversario è troppo forte per lei. È questione di momenti a la distruggerà. Mi alzo in piedi, traballando leggermente. Allontano i due con una ventata. Subito mi rivolgono un’occhiata sorpresa, come se non fosse passato loro in mente che sia ancora qui.
- Tutto bene? – domando alla copia di Tia. Annuisce. 
- Oh, che carino. Si preoccupa per il Riflesso della ragazza che ama. –
- Il Riflesso? – ripeto.
- È ciò che siamo. Riflessi, echi di persone reali. – scocca un’occhiataccia al Riflesso di Tia. – Alcuni più potenti di altri. –
- E da quando Gene è capace di... usare quella cosa invisibile? –
- Da quando lo Spirito che ci ha creati si è accorto del suo tradimento e mi ha mandato per fermarmi. – indica la ragazza accanto a me con un cenno del mento, sprezzante. – Ma ora basta parlare. – e si lancia su di me. 
- No! – grida l’altro Riflesso. Con una spinta mi fa rovinare di lato, permettendo così che eviti il colpo dell’ eco di Gene ma allo stesso tempo prendendolo lei stessa.
Nell’esatto momento in cui viene colpita, una luce rossa compare sul suo ventre. La fissa, con aria di chi è consapevole di aver compiuto un azzardo e l’attimo dopo sbatte contro la parete alle sue spalle, causando la frana del soffitto sopra di lei, come se fosse stata soggetta ad un’onda d’urto ritardataria. – No! – corro verso di lei, fregandomene del nemico dietro di me. Butto via qualche detrito, finchè non vedo il viso del Riflesso che mi ha appena salvato la vita. 
La sua immagine scompare e riappare, come se fosse un’interferenza. Tutto l'edificio è attraversato da una scossa ma a momenti neanche me ne accorgo.
È ricoperta di graffi e ferite ben più profonde. I suoi capelli ricci sono bagnati col suo sangue. Le accarezzo la guancia. – Ehi. –  le dico teneramente.
- Per tua informazione, non va tutto bene. – mormora con un sorriso. In questo istante mi ricorda tantissimo Tia, quella vera. Si rabbuia per un secondo, guardando in basso, poi rincontra i miei occhi e dice: - Prendi il Pezzo. Non rimane molto tempo. Presto crollerà il resto del tempio. E… Eracl? –
- Si? – 
- Hai presente quando mi hai chiesto se conoscessi i pensieri di Tia? –
Annuisco, non capendo dove voglia andare a parare. 
Il Riflesso sorride per l’ultima volta. – Beh, credo che voglia che tu ti dia una mossa. – dice, lasciandomi ancor più confuso. Si sporge un poco e mi da un bacio sulla guancia, dopodiché sparisce. Chiudo gli occhi.
Un’altra persona, lo so che non lo era propriamente ma non me ne importa, era mia amica, è morta per me. Mi passo una mano tra i capelli. Quante altre dovranno perire affinché io possa sconfiggere finalmente Rendak, con i miei amici? Sinceramente, non ho poi così tanta voglia di sapere l’esatto numero.
Mi alzo e giro verso il Riflesso di Gene. Stringo i pugni ed intorno a me comincia a formarsi un tornado che solleva alcuni detriti, quelli più piccoli e leggeri. L’altro si limita a sorridermi sarcastico, come farebbe quello reale. Serro la bocca e scaglio un pezzo di pietra contro di lui. Lo evita con agilità, prima di tentare un altro attacco. Con uno schiocco di dita lo devio con una folta di vento e divento invisibile, desideroso solamente di tornare a casa. Il Riflesso si guarda intorno, disorientato. Mi concedo un piccolo sorriso, prima di rendermi conto dei piccoli pezzi di soffitto che stanno cadendo. Lo guardo con più attenzione e vedo una profonda crepa a poca distanza da dove si trova il mio avversario. Un’idea si fa strada nella mia testa e non tardo a metterla in atto. Uso una corrente d’aria per alzarmi, fino a portarmi poco sotto al punto individuato prima e mi rendo di nuovo visibile. Faccio un fischio al Riflesso, attirando la sua attenzione. 
Dopo che sui suoi occhi compare uno sguardo perfido, non esita un attimo a lanciarmi un altro colpo con quella strana cosa invisibile che devio con facilità.
Mi allontano subito da lui e il soffitto pericolante. Quando sono davanti alla porta, sempre sospeso a qualche decina di centimetri dal pavimento, mi volto e vedo la sua espressione terrorizzata, prima che venga schiacciata. 
Questo era per il Riflesso di Tia, penso, per poi entrare nella stanza e stingere tra le mani il mio Pezzo di Luna.
 
- Eracl, ma che cazzo… - esclama Tia, non appena compaio nel salotto della casa di Eiran.
Forse sarebbe più preciso dire “non appena compaio nel salotto della casa di Eiran e mi fiondo su di lei, per poi abbracciarla e dirle: ‘ti ho mai detto che adoro le tue battute?’”.

Note dell'autrice:
No, non sono stata rapita ma grazie per l'interesse.
Si, lo so che non aggiorno da un sacco di tempo e che non merito l'interesse di qualcuno ma lasciatemi sognare (?).
Non ho molto da dire su questo capitolo, tranne che è stato un parto scriverlo e che, non so come, è venuto più lungo di quello che avevo progettato. Come quelli che lo hanno preceduto del resto. Sinceramente non mi convince neanche tanto, voi che ne pensate?
Prima di andare ringrazio tutte le magnifiche persone che hanno recensito il capitolo precedente, che spero di risentire in un altro commento su questo :)
p.s. ho fatto i conti: mancano dodici capitoli, compreso epilogo ç_ç ancora non ci credo.

 

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Capitolo 36
*** 35. La mia sfortuna si ispira alla mitologia ***


Ehm... Ta da?
No, eh?
Lo so, un' assenza di quasi un mese è imperdonabile ma ho avuto molto da fare, mi dispiace tantissimo, comunque. 
Spero che il capitolo vi piaccia ^-^




Ilio.
 
-Elias, - dico con voce strozzata. Ancora non ci posso credere. Una persona come lei non può essersene andata. – mi dispiace tanto. – Alias sarà un posto peggiore senza di te, Demes. Reprimo un singhiozzo. La sua morte vuol dire solo una cosa: sta arrivando il giorno in cui tutto cambierà, il giorno in cui noi cinque combatteremo contro Rendak, vendicheremo i nostri genitori, o forse no. Magari Eiran non ci ha addestrati abbastanza e moriremo, come quelli che ci hanno provato prima di noi. Una parte del mio cervello realizza con sorpresa che il popolo di Alias, se dovessimo fallire, non saprà mai che per un momento ha avuto l’occasione di ritornare libero.
Elias continua a non rispondermi, guarda in basso, il viso coperto dalle sue mani. – Sta andando tutto male, Tara. Tutto. – mormora a voce bassa.
-Tuo  pa… Rendak… - mi correggo all’istante, perfettamente consapevole che Elias non ama ricordarsi di essere imparentato con lui.
Il ragazzo per un istante tace, poi alza il volto e fa incontrare i nostri sguardi. Il suo è a dir poco distrutto. Non sta piangendo ma, guardandolo, capisco che in un qualche modo è come se lo stesse facendo.
-Shade continua ad assecondarlo, non mi da ascolto. Ed ora sono da solo. – rivolge gli occhi di nuovo a terra, coprendosi il viso con le mani.
-Non è vero, Elias. Ci sono io. – gli poggio una mano sulla spalla, sorridendogli incoraggiante. Intanto, dentro di me, mi sento la peggiore delle ipocrite e bugiarde.
Alza la testa. – Ma prima o poi dovrai andartene. E cosa farò io, allora? Mia madre è morta, mio fratello sta per farsi martirizzare per un uomo che lo sta solo usando ed io non posso evitarlo. –
Mi mordicchio il labbro inferiore. – Vedrai che tutto andrà per il meglio, Elias, tu sei un ragazzo forte. Supererai anche questo. –
-Dici? – mi domanda titubante.
Annuisco con vigore. – Sì. Sei il ragazzo migliore che io abbia mai conosciuto. – o quanto meno il meno idiota, aggiungo, ripensando a Kori ed Eracl che si lanciano dietro il cibo. – Si risolverà tutto. Magari Shade si renderà conto che sta facendo un’idiozia e verrà via con te. –
Elias sorride ironico. – Si, certo. Come se potesse ammettere di aver torto. È troppo orgoglioso per farlo. E poi dove potremmo andare? –
-Non lo so… dai ribelli? Ce ne sono alcuni, no? – non appena formulo la domanda, mi rendo conto di non avere alcuna idea se esistano o meno. E in tal caso, cosa significherebbe? Magari Rendak non è poi un sovrano così malvagio? Quando penso questo, come un flash, mi ritorna in mente Ebal, no, i Discendenti e i Custodi non possono volere che resti, non dopo quello che ha fatto a tutti quelli rinchiusi nelle segrete.
-Rendak ha provvisto a decimarli ma se anche ce ne fossero qui in città, non saprei dove si rifugiano. E poi credo che tutti gli abitanti stiano perdendo la speranza. –
-Speranza? Non sembra che l’abbiano mai avuta. – commento con voce stupita.
Elias si lascia scappare un piccolo sorriso e mi si avvicina. Io mi limito a dondolare le gambe, come se il contatto delle nostre spalle non mi facesse il minimo effetto. Il muretto su cui stiamo seduti non mi è mai sembrato più alto, è come se i miei piedi fossero sospesi a centinaia di metri dal terreno. Prendo un piccolo sasso e lo lancio giù, guardandolo in modo truce, come se tutto questo casino fosse colpa sua. – Fino a qualche anno fa’ sì. Sai, tutti pensavano che prima o poi i legittimi eredi delle Discendenze si sarebbero fatti sentire o qualcosa del genere. –
-Legittimi eredi delle Discendenze? – trasalo. Che intenda noi?
-Certe volte sembra che tu non abbia mai vissuto qui, Tara. – di fronte alla mia espressione confusa, spiega: - Sono i figli dei precedenti sovrani che Rendak ha ucciso o fatto uccidere. Prima di morire, hanno messo in salvo i loro figli, progettando che un giorno sarebbero ritornati per salvarci tutti. –
-Ma perché avrebbero dovuto farlo? Insomma, perché avrebbero dovuto farlo sapere? Non sarebbe stato meglio che tenessero il tutto segreto?
Elias annuisce. – Ovvio, ma, ecco, vedi, mio padre ha scoperto tutto e per anni li ha cercati per tutta Alias e nel frattempo la voce si è diffusa ma ora sono in molti quelli che credono sia sempre stata quello che è: solo una diceria. Secondo me, quei ragazzi sono morti già da tempo, oppure non gliene importa della loro gente, magari hanno dimenticato tutto. -
Ritorno a tormentarmi le labbra. Perché Eiran non ci ha detto che qui c’è un intero pianeta che ci aspetta, che spera in noi? Mi mordicchio il labbro. Inspiro e mi decido. È  il momento giusto per dirgli la verità. – Elias… so che è veramente un momento pessimo per dirtelo ma, ecco… io… sto pensando di farlo già da un po’ di tempo… io… -
Il ragazzo fa un lieve sorriso, il più piccolo che io abbia mai visto. – Penso di aver capito cosa hai intenzione di dire. – afferma. Impallidisco. Quando ha capito… Mi prende il mento, facendomi voltare la faccia ed incontrare la sua. Si china su di me. – Spero proprio che sia quello che penso, altrimenti sto per fare la figura dello stupido. –
-Cosa intendi dire? –
-Che credo di essermi innamorato di te, Tara. –
-Oh. – dico, sentendomi la più perfetta delle idiote. Mi è sempre piaciuto il fatto di essere più sensibile dei miei amici, di capire più in fretta di loro i sentimenti degli altri. Come ho fatto a non capire cosa provasse Elias per me?
Perché, a quanto pare, tu provi lo stesso. Il cuore offusca la mente.
Cerco qualcosa da dire, qualunque cosa ma non mi viene in mente niente, così continuo a guardare negli occhi di Elias. Aggrotta la fronte. – I tuoi occhi… -
Faccio un respiro profondo e riprendo il controllo del mio Talento. Succede sempre così, quando mi deconcentro: i miei occhi sono la prima cosa a ritornare normale.
Elias assume un’espressione ancor più confusa.- Ma la ragazza con i capelli blu? – domando con voce incerta. Scuote la testa, con un piccolo sorriso sulle labbra. – Ora per me ci sei solo tu. – dice con tono dolce poi. Mi mordicchio il labbro.
 – Anch’io. – rispondo.
Cosa? –
Per me è lo stesso. – spiego, prima che lui sorrida e si chini ancor di più su di me, appoggiando le sue labbra sulle mie.
 
Esco dal portone d’ingresso del palazzo, nonostante tutto con un sorriso stampato in viso. Sento ancora la bocca di Elias sulla mia. Mi liscio la maglietta verde, in cima alle scale che conducono all’ entrata. Davanti al palazzo scorgo due figure a me molto familiari. – Ciao! – li saluto. – Che ci fate qui? –
Iris e Kori mi si avvicinano, tenendosi per mano. Non posso fare a meno di farmi scappare un altro sorriso. Era ora che quei due si mettessero insieme. – Siamo venuti a prenderti. – mi spiega Iris. – Pensavo che, insomma… sappiamo che giorno è oggi. – si stringe nelle spalle, scrutandomi il viso, in cerca di un indizio della mia tristezza. Mi rabbuio all’istante, ricordandomi del decesso di Demes. - È morta sorridendo. – dico. – Tenendo la mano al figlio e dicendogli di non arrendersi. –
-Avrei voluto conoscerla. – mormora Iris, guardando a terra.
Riacquisto il sorriso, immaginandomi i miei amici che in un altro mondo si riuniscono per far visita a Demes, in perfetta forma e salute. – Le sareste piaciuti tutti. –
Kori ricambia il sorriso e sul volto gli compaiono le fossette. Si passa una mano tra i capelli, scompigliandoli ancora di più, se possibile. – Quindi hai finito qui? Non dovrai più tornarci? –
Mi stringo nelle spalle. – Credo di sì. – rispondo. – Il mio incarico era di prendermi cura di Demes, ma ora è morta, quindi… ho finito. –
-Ed Elias? –
Ovviamente Kori sa di lui. Come avrei potuto nasconderlo al mio migliore amico?
-Non lo so cosa farà adesso. Penso che rimarrà per un po’ a palazzo, poi chissà. – scuoto la testa e i miei capelli ritornano lunghi e blu scuro. In un battito di ciglia il mio volto riacquista i suoi lineamenti originari, e con un altro il mio corpo diventa quello di sempre.
Iris arriccia il naso, leggermente divertita e sorride. – Non credo che ci farò mai l’abitudine. –
Faccio spallucce e appoggio un braccio sulle spalle del suo ragazzo. – Vogliamo parlare dei tuoi, di Talenti, miss collego le menti dei miei amici? –
Ridacchia. – No, sono a posto così. –
 
Il giorno dopo.
-Hanno bussato. – mi avverte Eiran, lo sguardo fisso su una memoria. Che sia la sua?
-E allora? – ribatto, continuando a guardare con ostinazione il soffitto. Eracl non è ancora tornato.
-Credo sarebbe gentile da parte tua andare ad aprire. – constata il Custode.
-Non puoi farlo tu? –
-Ti sembro uno che ne ha voglia? –
-Tu mi sembri molte cose ma devo ammettere che una persona servizievole non rientra in queste. – affermo.
Eiran si lascia scappare un sorrisetto. – Ti ho mai detto che sei molto perspicace? –
-Si, ma questo non mi convincerà ad andare ad aprire. E se fosse un uomo di Rendak? –
Il Custode scuote la testa. – Impossibile. – dice. – Ho messo delle protezioni su tutta la casa. –
-E Gene, allora? –
-Ritiro tutto quello che ho detto sulla tua perspicacia. – sotto il mio sguardo insistente, sospira e continua a spiegarmi: - Le ho messe dopo di lui. –
Annuisco. – E ora va ad aprire. Potrebbero essere Iris e Tia. –
Sbuffo e mi alzo dalla poltrona.
Apro la porta, gridandogli: - Sappi che mi vendicherò di questo! –
Ma, non appena vedo chi ho di fronte, impallidisco.
Elias.
Cosa ci fa qui?
-Ciao. – lo saluto, con la mia migliore voce sorpresa. – Cosa ci fai qui? Cerchi qualcuno? –
Elias ha in volto un’espressione indecifrabile, sembra che stia pensando qualcosa che non gli piace per niente. Annuisce. – Si, Tara della Terra. La conosci? –
Deglutisco, pregando mentalmente che non se ne sia reso conto. – No. Qui non vive nessuna Tara della Terra. –
Elias fa una smorfia, mi afferra il polso e dice: - Posso parlarti? –
Sento il cuore battermi all’impazzata. Cosa lo ha portato qui? Non aveva detto di aver dimenticato Ilio? Insomma la ragazza con i capelli blu? Insomma… avete capito, dai.
Mi mordicchio il labbro e annuisco. – Va bene. – chiudo la porta alle mie spalle e lo seguo.
Ci ritroviamo in una strada adiacente alla casa di Eiran. – Allora? – chiedo con impazienza. Tento di rendere il mio tono neutro, leggermente annoiato e infastidito. Onestamente, non vedo l’ora che Elias se ne vada. Mi rende nervosa stargli accanto con il mio vero aspetto. – So chi sei veramente. – dice con tono grave.
-Cosa? – esclamo stupita. Scuoto violentemente la testa. Devo cercare di dissuaderlo da quest’idea. – Tu sei matto. – cerco di fare una risata, ma dalla bocca mi esce uno strano suono. Smetto all’istante.
Stringe i pugni. – Non prendermi in giro,… qualunque sia il tuo nome. Non credo di meritarmelo. Ti ho vista, con quei ragazzi. Tu… prima eri… e dopo ti sei trasformata completamente. – Cosa? Mi ha vista? Come abbiamo fatto a non accorgercene?
Deglutisco ancora. – Cosa vuoi? – ripeto.
- La verità. Chi sei? – domanda. Okay, penso, o meglio, mi illudo, almeno il mio vero nome posso dirglielo. Mi asciugo una lacrima. – Il mio nome è Ilio. Ilio dell’Acqua. – mi porto una ciocca di capelli dietro l’orecchio.  
-Fin qui c’ero arrivato. – commenta secco. – perché ti sei finta un’altra persona? –
-Io… non dovrei dirtelo. – faccio per andarmene ma lui mi trattiene, afferrandomi il polso. Non appena sussulto, me lo lascia, scrutandomi in viso.
Elias stringe le labbra. – Non me ne importa niente di quello che dovresti fare o no! Tu mi hai mentito per settimane e io voglio capirne il motivo, credo di averne tutto il diritto, no?! – arretro fino ad appoggiarmi al muro. Inghiotto altra saliva, mentre le mie mani iniziano a giocherellare con l’orlo della maglietta azzurra. – Ero una sorta di spia. – mormoro. – Dovevo raccogliere informazioni su Rendak, le sue intenzioni e il palazzo. Così mi sono fatta assumere sotto copertura, Gene mi avrebbe riconosciuta, altrimenti. – inizio a parlare velocemente, sperando che forse non capisca, ma Elias sembra comprendere tutto alla perfezione, per mia sfortuna.
-Tu mi hai usato?! – mi grida contro.
Mi porto una mano alla bocca. Mi viene la nausea, come ogni volta che pensavo a questo momento. L’idea di perdere Elias, dicendogli la verità, mi ha sempre terrorizzata. Intanto, dai miei occhi, scendono sempre più lacrime. Non le scaccio neanche. – No! Cioè… la mia amicizia con te mi ha aiutato molto nel recuperare delle informazioni ma… Elias, io ho sempre avuto intenzione di dirtelo! –
-Sei una dei ribelli, vero? –
Scuoto la testa, stringendo forte gli occhi, nel tentativo che non lacrimino ancora, invano. Non mi asciugo neanche le lacrime, quando riapro gli occhi e mi si offusca la vista. Ora il contorno di Elias mi pare leggermente tremolante. – No. – rispondo. Altra lacrima.
Il ragazzo di fronte a me pare tentennare, come se fosse indeciso tra il continuare a farmi questa sorta di terzo grado o il consolarmi. Inutile dire che spero vivamente nella seconda.
-Allora chi sei? – incalza lui. Il suo tono è duro.
-Io… senti, Elias, è vero ti ho mentito ma io… io ho dovuto farlo, è una cosa più grande di me, di noi. –
-Noi? –
Annuisco. – Dei miei amici e me. – spiego. Provo ad accarezzarlo ma lui si scansa. – Mi dispiace, non posso dirtelo. Ho paura che mi odieresti ancora di più. –
-Dimmelo. –
-Tu non vuoi veramente saperlo. – tento di convincerlo, ma a quanto pare non ho un secondo Talento che mi fa dissuadere le persone dallo scoprire una verità che potrebbe farmi odiare dai prima citati. Sarebbe utile, adesso.
-Vorrei decidere io cosa voglio o no sapere. –
Deglutisco. – Ti ricordi quando abbiamo parlato dei figli dei precedenti sovrani delle Discendenze? – domando. Annuisce, dubbioso. – Io… sono una di loro. –
Elias si allontana, in faccia un’espressione spaventata e allo stesso tempo sorpresa. – Non puoi esserlo. – scuote la testa. – No! – si passa una mano tra i capelli. Riporta il suo sguardo su di me.
-Tu mi stai dicendo che prima o poi ucciderai mio padre e mio fratello?! –
Mi acciglio. – Ma cosa stai… tuo fratello? Perché pensi che noi abbiamo intensione di… oh. –
Mi accorgo troppo tardi di quello che intende dire. – Elias… io… -
Mi lancia un’occhiata triste e se ne va, senza dire niente, lasciandomi seduta  contro il muro di questa via, in lacrime. Ed è così che Tia ed Iris mi ritrovano, dopo.
 
Attraverso il portale di Eiran in silenzio, senza curarmi degli sguardi preoccupati che mi stanno lanciando i miei amici. Hanno cominciato a guardarmi a quel modo da quando ho chiesto loro di non seguirmi nel portale.
Ho bisogno di stare un po’ da sola.
Non appena arrivo dall’altra parte, questione di pochi minuti, avverto subito il cambio repentino di temperatura. Qui, l’aria è molto più fredda. Mi sfrego le braccia con le mani, guardandomi attorno.
Per ora, nessuna traccia del tempio dove si trova il mio Pezzo.
Mi mordicchio il labbro inferiore, prima di cominciare a camminare.
 
Arrivo a destinazione solo qualche ora dopo, due o tre circa. Il tempio sembra più che altro un grande stadio. Ha alte mura di pietra grigia, liscia. Non sembrano esserci entrate. Mi acciglio.
Come posso accedervi se non ci sono porte?
Faccio qualche passo verso lo stadio/tempio. Alzo la mano e tocco la pietra ma, invece di sentirne la consistenza dura e priva di imperfezioni, come suggerisce il suo aspetto, vedo il mio arto scomparire. Reprimo a stento un verso di sorpresa. Faccio un balzo all’indietro, prendendomi la mano con l’altra. Non sembra danneggiata in nessun modo.
Riprovo ad avvicinarmi al muro e questa volta lo tocco con più decisione. Il mio braccio scompare fino al gomito. Così, faccio qualche altro passo, fino a ché non sono dentro.
In un attimo, decido che non si tratta di uno stadio.
Di un labirinto, piuttosto.
Le mura sono identiche a quelle esterne, alte fino al cielo.
Il pavimento, invece, non esiste: con i piedi sto toccando il freddo e sterile terreno di Alias.
Muovo per alcuni minuti le dita dei piedi, nel vano tentativo di riscaldarle.
Lancio un’altra occhiata alle mura. Ora che ci faccio caso, ci sono delle incisioni e scritte che dicono tutte la stessa cosa: “quellochecerchinelcuoredellabirintotroverai, quellochecerchialcuoredellabirintotroverai”. Per un momento, mi ritorna in mente Ebal. Questa potrebbe essere benissimo una cosa detta da lei.
Scorro i polpastrelli sulla parola “labirinto”.
Non sarà facile uscire di qua.
 
Cammino per quelle che sembrano ore ma non ne sono certa, non si può mai dire, qui. Fino ad ora non ho incontrato niente. Nessuna trappola, nessun mostro di pietra troppo cresciuto, nessun Riflesso, nessuno Spirito egocentrico e spietato.
Che mi stiano sottovalutando?
In tal caso vorrei scambiare quattro chiacchiere con chi decide quale avversario dare a chiunque abbia l’insana idea di recuperare uno dei Pezzi delle Lune.  Man mano che mi sono addentrata ne labirinto, le scritte sui muri si sono infittite. Ne ho incontrate alcune che dicevano cose diverse, non troppo rassicuranti, del tipo “seiancoraintempoperandartene” o “quiilpadroneèlui”.
Possibile che ogni prova che dobbiamo affrontare sia inquietante?
Scuoto la testa, tentando di liberarmi da questi pensieri.
Forse dovrei cambiare strada, è da troppo tempo che seguo i muri sinistri e non trovo niente.
Sinceramente, non è la prima volta che  penso questo, ma non oso cambiare direzione: ho troppa paura di perdermi.
Per l’ennesima volta, provo ad abbattere un muro, con un getto d’acqua ad alta pressione, ma come risultato ottengo solo una grande spossatezza. Non è facile evocare il proprio Elemento dal nulla e questa è la terza volta che ci provo in poche ore.
Continuo la strada, finché non sento più la pietra fredda. Mi volto subito e per poco non sveglio una… cosa, addormentata nella stanza in cui mi ritrovo. Sta dormendo profondamente, o almeno lo spero, con la testa coperta dalle braccia muscolose. Sembra un uomo ma il fatto che sia ricoperto dalla testa ai piedi da una folta e corta peluria bianca mi fa dubitare della mia ipotesi.
Anche perché dalle braccia si vede solo un tratto della testa della creatura, di certo il più inquietante: le corna da toro.
Oh, fantastico: non solo il ragazzo che amo ora mi odia ma adesso una specie di uomo con le corna mi impedisce di continuare la strada!
Accenno qualche passo e con la coda dell’occhio noto un luccichio celeste.
Possibile che…
Vi presto più attenzione a per poco non rischio una seconda volta di svegliare quella cosa, non appena realizzo che appeso al corno destro ha un ciondolo: una pietra piccola e rotonda, celeste.
Il mio cuore inizia a palpitare più forte. Ce l’ho fatta.
Ora cammino con più decisione verso di lui, per fermarmi solo quando sono a circa un metro dalle sue corna. Mi allungo per afferrare il ciondolo ma, non appena sfioro la cordicella, lo sento fare una specie di ringhio. Mi freno all’istante, sperando che si possa riaddormentare ma, ovviamente, la mia sfortuna ha altri piani per me.
Alza velocemente la testa e non posso che rabbrividire. È un minotauro. È uno stramaledettisimo minotauro!
Con un gesto della mano, tra noi compare un muro di ghiaccio. Faccio un balzo all’indietro, rinunciando a compiere in un tempo da record la mia missione senza neanche uno scontro.
Il muro non regge a lungo, con un pugno del mostro, si incrina e cade in pezzi. Per un momento restiamo in silenzio, io sputacchiando i capelli che mi sono finiti in bocca e il minotauro guardandomi come se stesse per scoppiare a ridere.
Serro la mascella.
Oltre al danno anche la beffa. Sfortuna, questa me la sono legata al dito, sappilo.
Alle spalle del mostro, noto delle armi in pezzi.
Che altri, prima di me, abbiano tentato di sconfiggerlo?
Alcune sono integre, come una spada poco lontana da lui, di quello che sembra ottone.
Faccio un piccolo sorriso, prima di correre contro il minotauro. All’ultimo minuto scivolo tra le sue gambe, ringraziando il fatto che sia alto tre metri e troppo stupido per aver capito il trucco.
Afferro la spada, cercando di raggruppare tutte le nozioni imparate negli allenamenti di Eiran. In questo momento, sono davvero contenta di aver partecipato, invece di saltarli, cosa che, tra l’altro sarebbe stata anche molto difficile, una volta Kori ci ha provato, non è finita troppo bene, come facevo a volte in Italia con le giornate particolarmente dure di scuola.
Mi rigiro la spada tra le mani. È perfettamente bilanciata. Sembra che sia stata fatta per me. Mi concedo un altro sorriso.
Siccome gli sono dietro, posso notare che il mostro ha la gobba. Scuoto la testa e lo attacco. Lo colpisco alla base della schiena e mi allontano, non appena si volta, mugghiando feroce. Tento qualche altro affondo ma lui li para tutti. A mani nude.
Serro le labbra ne provo un altro al suo fianco sinistro. Al ché, afferra la lama della spada e me la strappa dalle mani. Dopo di che, come se fosse una semplice lattina, la accartoccia, per poi lanciarmela ai piedi. Si lascia scappare un sorriso soddisfatto, non so come possa farlo, ma la sua espressione lascia intendere questo, e mi carica.
Merda.
Non ci penso neanche un secondo che mi scanso, evitando per un pelo di finire infilzata. Lancio un grido di dolore quando però sento una fitta lancinante alla gamba destra.
Stupido mostro.
Le dedico una rapida occhiata, constatando con sollievo che si tratta di una ferita superficiale.
Ora come faccio a combatterlo?
Con la coda dell’occhio lo vedo ricaricarmi. Questa volta non mi scosto e lancio una sfida alla mia agilità. Aspetto fino all’ultimo momento per prendere una spinta, dalla base delle sue corna, e fare un balzo, ritrovandomi sulla sua groppa. Certo, sono all’incontrario ma almeno ora non rischio più di venire infilzata.
La situazione si è risollevata.
Non so neanche io come riesco a cambiare posizione ma alla fine è il risultato che conta, giusto?
Cerco di afferrare il ciondolo ma il minotauro deve essersi accorto che mi trovo su di lui, perché inizia a tentare di disarcionarmi. Io mi limito ad aggrapparmi forte al suo collo. Non oso nemmeno aprire bocca, per timore di mozzarmi la lingua. Provo una seconda volta ad allungarmi ma il minotauro fa un balzo all’indietro, facendomi perdere l’equilibrio e per poco non cado a terra. Ci riprovo ancora, testarda ma, a quanto pare, il mio amato uomo-toro non ha finito i suoi assi nella manica: infatti, si solleva in volo.
Non sto scherzando, la gobba prima citata era una sorta di… sacca? In cui sono contenute le sue ali bianche. Mi rendo conto di cosa sta succedendo solo quando mi volto, perché ho sentito qualcosa di morbido sfiorarmi la spalla.
Tocco una piuma e il minotauro mugghia infastidito.
Al ché evoco il mio Elemento alla mano destra e in un secondo si forma una spada, identica a quella che mi ha rotto, solo di ghiaccio. Ho la fronte imperlata di sudore per lo sforzo ma non ci bado. Gli trancio un’ala da angelo, davvero? Un’ala da angelo per questo coso? E poi, il minotauro non era alato, e mi butto a terra mentre il mio avversario fa lo stesso, solo che più che altro cade.
Mi rivolge uno sguardo di fuoco che sostengo senza difficoltà.
Questa non la romperai tanto facilmente.  
Corro verso di lui, decisa a finirla al più presto.
Schivo i suoi colpi e in un attimo sono di nuovo alle sue spalle.
Affondo la lama della spada fino all’elsa, tra le sue scapole.
Il minotauro lancia un ultimo e tormentato muggito, prima di cadere a terra.
Non attendo un attimo di più, prendo il Pezzo e ritorno a casa.
È solo quando mi ritrovo nel salotto che realizzo che manca un altro giorno e si scatenerà l’inferno.
Spero solo che la mia sfortuna sia soddisfatta e non si faccia risentire se non altro tra molto tempo.


Note dell'autrice:
Cialve!
Piaciuto il capitolo?
Bella giornata, eh?
Eiran: il discorso sul tempo è l'ultimo luogo dove si rifugia chi è senza fantasia.
Senti, va a citare Oscar Wilde da qualche altra parte, già mi sento in colpa di mio: non solo non aggiorno da tempo ma pubblico anche il capitolo in cui Elias scopre tutto e diventa assai alterato.
Eiran: alterato?
Non puoi parlare con termini aulici solo te u.u
Eracl: Aulici?
Fatti una cultura, brezza estiva. Comunque, dal prossimo capitolo in poi si scatenerà l'inferno. Sappiatelo. Ho intenzione di postarlo presto, ce l'ho quasi tutto in mente e adesso vado a scriverlo.
Scusate ancora per il ritardo .-.

 

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Capitolo 37
*** 36. - EHI, PICCIONCINI! IL D-DAY È GIUNTO! ***


Iris.
 
Talia assistette alla scena immobile, senza dire niente. Sembrava tutto un sogno, era troppo orribile quello che stava accadendo perché le passasse per la mente che potesse essere reale.
Fu solo quando vide allagarsi la pozza di sangue che capì.
Un urlo si fece strada per uscirle dalle labbra ma ne uscì solo un verso strozzato.
-Aaron. – mormorò stupita, come se ancora non credesse che fosse lui, quello a terra, gli occhi già pieni di lacrime.
Non si rese conto di quanto successe nei seguenti cinque secondi, Talia sapeva solo che aveva urlato e alla fine si era ritrovata accanto a suo marito. Le lacrime le rigavano le guance. Non cercò neanche di fermarle, nonostante le stessero impedendo la vista ed era certa di avere un’aria patetica, così. Non le importava: Aaron sembrava un fiore dorato in mezzo ad un lago rosso.
Non le importava se qualcuno la stesse guardando mentre piangeva, nonostante il primo e l’unico a vederla in quello stato, oltre alla sua famiglia, in tutti quegli anni, fosse stato Aaron. Non le importava di dare le spalle al nemico.
Iris era al sicuro, per chi altri avrebbe dovuto vivere? Lo aveva sempre saputo che sarebbe morta in quella notte, d’altronde.
Si lasciò scappare un singhiozzo.
Aveva sempre sperato che sarebbe successo prima di Aaron, però.
Strappò un pezzo del suo vestito e lo premette sulla ferita del Discendente della Luce, macchiando la stoffa nera. Ora era ancora più scura, se possibile. Il pugnale fatto con un’ombra solidificata era svanito, ridiventando immateriale.
Talia premette ancora più forte la stoffa, forse c’era ancora una speranza.
-Non puoi farlo, Aaron. Non puoi lasciarmi. – pianse. Strinse forte gli occhi e le lacrime sgorgarono ancora più numerose.
Si frenò soltanto quando sentì una mano accarezzarle la guancia. Levò le palpebre. – Aaron. – sussurrò speranzosa.
Le fece quel sorriso che per notti intere si era sognata, prima di avere il coraggio di andare da lui e baciarlo; dopo cinque anni, il cuore cominciò a batterle forte come la prima volta. – Aaron. – ripeté, ormai era l’unica cosa che sembrava capace di dire.
Le portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Era come se dietro di lei non ci fosse nessun assassino assetato di potere e sangue, che, in quell’ occasione, sembravano essere la seconda il mezzo per arrivare alla prima, ma fossero da soli, nel loro universo privato.
Aaron definiva quella sensazione “i momenti in cui sembra che siamo gli unici sopravvissuti alla fine degli abitanti di Alias”. Talia aveva sempre trovato che fosse un nome troppo lungo e stravagante.
-Iris è al sicuro. – lo anticipò. Sapeva che glielo avrebbe chiesto, prima o poi.
Aaron annuì, con un sorriso. – Sai, pensavo che sarebbe finita in un altro modo, prima che succedesse tutto questo casino con Rendak. –
Talia alzò il sopracciglio, certa che suo marito avrebbe detto l’ennesima stranezza, a momenti. Una parte di lei sorrise, al pensiero che sarebbero potuto essere le sue ultime parole. – Davvero? Come? – chiese. Di preciso non sapeva se chi aveva colpito Aaron li stesse ascoltando o chissà ché, non le importava, dopotutto.
-Sai, so che hai notato che sono un tipo fuori dagli schemi eccetera. – le fece un sorriso complice. - Ho sempre pensato che lo sarei stato troppo per i Discendenti della Luce e che mi avrebbe deposto. Magari con una ghigliottina. – riuscì a strapparle una risatina. Aaron fece un sorriso enorme, prima di sputare sangue.
-La giornata “indossa il colore che vuoi” non sarebbe stata una grande idea. – confermò lei.
-Le avrei dato un nome più decente. –
Passarono qualche secondo a guardarsi negli occhi, nero nell’oro, poi Talia disse: - Lo so cosa stai cercando di fare. –
-Cosa? –
-Di farmi ridere. Di non piangere per te. – rispose e le lacrime ricominciarono a scendere. Talia singhiozzò.
Aaron gliene asciugò una, un’espressione indecifrabile in volto, come se stesse pensando che sapeva che prima o poi avrebbe affrontato quel momento. – Ssh… va tutto bene. – la tranquillizzò.
Talia scosse la testa. – Non è vero. –
Aaron fece un sospiro divertito. – Hai ragione te, l’hai sempre avuta. – alzò il busto e le diede un bacio sulla fronte, sugli zigomi sporgenti ed infine l’ultimo, il più delicato e dolce, sulle labbra.
-Sfiguralo almeno un po’, prima di raggiungermi. – poi le si avvicinò ancora di più, finché le loro labbra non si sfiorarono. – Ti amo. –
Chiuse gli occhi e stava già per cadere a terra, se Talia non lo avesse afferrato al volo. Singhiozzò forte, quando accarezzò il suo profilo, per poi dire: - Anch’io. – si alzò, non pensando neanche di staccare lo sguardo da Aaron. – I ad pacem*, Aaron della Luce. –
Dopodiché distolse lo sguardo ed inspirò, sperando di poterlo raggiungere al più presto possibile.
 
Mi sveglio piangendo.
La scena dopotutto è analoga a quella che ho sognato: infatti sia io che mia madre stiamo piangendo per lo stesso motivo.
La morte di mio padre.
Mi stringo nelle spalle e mi lascio scappare un singhiozzo più forte degli altri. Al mio fianco, Kori si sveglia. È incredibile che riesca a svegliarsi per un singhiozzo e non con le urla di Tia ed Eracl.
-Forse è perché mi importa leggermente di più di te che piangi che dei litigi di Tia ed Eracl. – mi dice, avvolgendomi con le sue braccia.
Mormoro qualcosa di incomprensibile contro il suo petto. – Non si leggono i pensieri altrui. – lo rimbecco debolmente.
Ignora il mio rimprovero e mi da un bacio sulla nuca, acquietandomi all’istante. Però, in neanche un secondo, il cuore inizia a battermi all’impazzata e la pelle toccata da lui comincia a pizzicarmi. Come al solito, Kori placa il mio inferno con un altro molto più piacevole.
-Va tutto bene, Iris. – reprimo un singhiozzo, alle sue parole. Sono quelle che le ha detto prima di morire. Una parte del mio cervello, probabilmente quella più masochista, si chiede cosa farei se Kori morisse. La risposta mi arriva subito, chiara: non sarei più niente.
Il mio ragazzo mi accarezza la guancia destra con delicatezza. – Vale lo stesso per me. – mormora. – Ora torna a dormire. È tutto finito. –
Ci riaddormentiamo abbracciati.
 
-Siete dei Riflessi? – domando.
Tutte e due scuotono la testa. Aggrotto la fronte. – Allora cosa… ? –
-Siamo delle incarnazioni dei raggi delle Lune della Luce e del Buio. – risponde quella coi capelli neri. Si scosta una ciocca dal viso con aria altezzosa.
Quella bionda si limita ad annuire. È stranissimo avere di fronte le tue due copie, o quasi, siccome una ha i capelli completamente neri e tutti e due gli occhi dello stesso colore, mentre l’altra è interamente bionda, con entrambi gli occhi dorati.
-Abbiamo preso le sembianze di come saresti stata se non avessimo deciso di reclamarti entrambe. – spiega la bionda.
-Cosa?! –
La Luna del Buio mi lancia un’occhiata criptica. – Sai che noi Lune abbiamo una coscienza. Per far cessare il regno di Rendak sapevamo che ci sarebbe stato bisogno che ci fosse qualcuno che facesse capire a tutti che l’alleanza tra Luce e Buio è possibile. –
-Quindi siete voi Lune a scegliere chi farà parte della vostra Discendenza? –
La mora scuote la testa. – Non è così semplice. Però possiamo dare una spinta, in un certo senso. Ma ora parliamo di cose più importanti. – lancia uno sguardo alle sue spalle. – Non abbiamo bloccato quel mostro per nulla. –
-E per che cosa, allora? – domando diffidente.
-Per avvertirti. – mi risponde la Luna della Luce, poi mi sorride. Si attorciglia una ciocca bionda attorno all’indice. L’altra le scocca un’occhiataccia.
-Non è così semplice, lo sai. Non so neanche perché ti ho permesso di venire con me. – sibila.
La bionda le lancia uno sguardo ferito. – Pensavo che fossimo una squadra! –
La mora alza gli occhi. – Ovvio. – dice. – Scusa. – borbotta poi. Si volta verso di me. – Non siamo qui per avvertirti. – si acciglia. – O quanto meno non solo per questo. Iris del Buio e… -
-Semmai Iris della Luce e del Buio! – la interrompe la Luna della Luce.
L’altra la fulmina con lo sguardo e continua: - Dico come mi pare e piace il suo nome, d’accordo? –
Scuote la testa. – Comunque, Iris del Buio. – scocca un’occhiata di sfida all’altra Luna. – e della Luce, so che nutri rancore nei miei confronti, per le terribili cose che hai affrontato sulla Terra. – la sua voce si fa all’improvviso più materna e dolce ed anche i suoi occhi neri. – Ma io ti ho dato i tuoi poteri in anticipo per proteggerti. Se non fosse stato per me, forse non saresti neanche qui, ora. –
- Stai cercando di farmi sentire in colpa? – la accuso. Stringo i pugni. Questa… donna? Luna? Astro? Satellite? Mi ha fatto passare le pene dell’Inferno ed ora pretende che io inizi ad usare anche i poteri che ho avuto da lei, dopo che questi hanno causato solo dolore?
La Luna della Luce fa un salto e si ritrova in cima ad una colonna del tempio, alta otto metri. – Non sarebbe molto carino da parte tua. – concorda, per poi ridacchiare.
Quella del Buio serra le labbra. – Se continui a fare così, non avrete mai delle vere speranze contro Rendak. – dice con tono duro.
Sposto per un attimo lo sguardo sull’altra. Sta giocando con dei raggi di luce. Questi prendono forme di animali di tutti i tipi che però non ho mai visto.
Uno è un lama con le ali.
Lasciamo stare.
Riporto lo sguardo sulla Luna del Buio. – Ho anche i miei Talenti. – protesto.
Scuote la testa. – Non ti serviranno a niente se non dai tutta te stessa in questa lotta. –
-Perché mi stai aiutando? Tu non vorresti che ci fosse sempre il buio? Tutto questo non ti porta giovamento? –
Assottiglia lo sguardo e mi studia il viso. Per un tempo che pare infinito, non parla. – Sei intelligente, Iris del Buio e della Luce, sai che potrei benissimo lavarmi le mani di tutta questa faccenda. Tu credi che io sia cattiva. So cos’hai pensato per tutto questo tempo, da quando hai saputo del sacrificio che ha compiuto Demes della Terra ma, no, io non avrei potuto impedire l’incantesimo che ha compiuto. Credimi, avrei voluto farlo, avere sulla coscienza centinaia di morti in un sola notte non è bello. –
-Ha imprecato contro Rendak per ore, quel giorno. – conferma la Luna della Luce.
L’altra alza di nuovo gli occhi la cielo. Giurerei che si tratta di un tic.
-Quella notte, fratelli hanno combattuto contro fratelli, madri contro figli. Tutto per proteggere degli ideali: la giustizia, il volere di noi Lune, il nostro equilibrio. – fa un sospiro profondo. – Ma io non ho potuto impedire tutto questo. -
-È impossibile, Eiran mi ha detto che voi Lune siete più potenti di tutti i Discendenti… -
-Non è così semplice, Iris. –
-Già. – aggiunge l’altra. Inizia a dondolare le gambe. – Sai le regole che dobbiamo seguire? Una tale noia! –
-In che senso? –
-Iris, noi siamo si le reincarnazioni dei raggi delle Lune ma rappresentiamo anche la loro coscienza. Noi siamo mille volte più antiche di Alias. Siamo state noi e gli altri raggi a decidere di dare vita ai Discendenti. Però possediamo solo una piccola parte del potere totale delle Lune. Anche la psicologia terrestre lo dice: il subconscio è la parte sommersa dell’iceberg la cui punta è la coscienza. È per questo che non siamo potenti quanto ti aspetti. In quanto genitrici dei nostri Discendenti, non possiamo ucciderli, non senza rinunciare alle nostre coscienze e se ciò accadesse, avverrebbe il caos totale. –
Fa un pausa, permettendomi di realizzare il tutto. Mi passo una mano tra i capelli.
-Io lo avevo detto che le nostre regole sono una tale noia! – esclama la Luna della Luce. Ora è supina, con la testa sospesa sul vuoto. Mi fa un sorriso gigante all’in giù.
L’altra si massaggia la fronte, invece. Dalla sua espressione deduco che questa non è la prima volta che deve gestire le stranezze della sua compagna. – Ora capisci quello che intendo? Dovrete cavarvela da soli, noi non ti stiamo avvertendo soltanto. Avevo bisogno di chiarire le cose con te, Iris del Buio e della Luce. Non volevo lasciare conti in sospeso e, prima che tu possa chiedermelo, non avremmo potuto farlo prima, siccome questo è l’unico tempio dedicato sia a me che a lei. – indica la Luna della Luce. – Voleva essere presente. – mi lancia un’ultima occhiata, poi schiocca le dita e scompare.
-E mi lascia così? – esclamo. Insomma, tutto questo gran discorso e poi se ne va così, all’improvviso?! Stringo i pugni forte. Tutto dentro la stanza viene circondato da delle ombre che alzano gli oggetti. Abbasso la testa, prima di venire investita da un colonna.
-Ehi, calmati. – ridacchia la Luna della Luce.
Alzo lo sguardo e incontro il suo, completamente dorato, al contrario del mio, e mi sorride.
-Non hai tutti i torti, non hai il controllo su i tuoi poteri del Buio. Ma è perché lo pensi tu. –
Si mette seduta, per poi alzarsi e spiccare un salto, atterrando a pochi metri da me. Fa qualche passo nella mia direzione e, quando siamo di fronte l’una all’altra, mi massaggia le tempie. Fa una smorfia divertita. – Le cose non sono sempre nere o dorate, Iris. dovresti capirlo. Rammentalo, domani. – schiocca le dita e sul palmo della sua mano compare il suo Pezzo.
Spalanco gli occhi. Sembra ambra, all’apparenza, e il suo nucleo risplende, emanando un luce soffusa e calda. – Tieni e ricorda cosa ti abbiamo detto. – mi fa l’occhiolino, prima di scomparire anche lei.
 
Ricompaio a casa barcollando, il discorso fatto con le Lune o i raggi o le coscienze delle Lune, o qualunque cosa fossero, mi ha sconvolto. Troppe informazioni. Loro dicono che sono io che sono convinta di non saper controllare i miei poteri. È impossibile, no?
Mi appoggio ad un muro, prima di cadere. Eracl mi corre subito incontro. Mi afferra e porta sul divanetto rosso. – Tutto bene? – mi domanda. Annuisco a fatica, prima di cadere addormentata.
 
-Quindi sei sicura, non la chiamiamo Taliaron. –
-Si, Aaron, non la chiameremo Taliaron. –
-Sai che stai rinunciando ad un nome semplicemente fantastico e originale, vero? –
Talia ridacchiò per poi annuire. Lanciò un’occhiata d’amore al fagottino che stava tenendo tra le braccia. Aaron si sporse un poco e accarezzò la guancia di sua figlia, con un sorriso così tenero che, se Talia non lo avesse amato fino a quel momento, avrebbe cominciato in quell’istante.
-Si, lo so. Ma mi piace più l’altra opzione. Non prestando attenzione alla tua altra proposta, sei bravo a scegliere i nomi. –
-Attenta, quello sembrava un complimento. –
-Credo che lo fosse infatti. – commentò un’altra voce, familiare ad entrambi i neo genitori.
Talia si voltò lentamente, aveva paura che se si fosse mossa più velocemente, il proprietario della voce potesse sparire ma non fu così. – Tu? – esclamò.
 
Mi risveglio nella mia camera.
-Eracl ti ha portato qui, quando sei crollata. – mi spiega con un sorriso Kori, seduto al mio fianco.
Lo ricambio all’istante. – Che giorno… -
-Il D-Day. – risponde subito.
Annuisco. – Sai, se fossimo sulla Terra, potrebbero confondere il fatto che tu rispondi alle mie domande, senza che le finisca, con una profonda empatia. –
Ridacchia, avvicinandosi a me. Mi afferra la mano e comincia a giocherellare con le mie dita, provocandomi la comparsa di tanti Gremmilns iperattivi, come direbbe Tia, nello stomaco.
-Come mai quest’affermazione? Nostalgia della Terra? –
-Affatto.-
Annuisce. – Io vorrei sapere cos’è successo ai miei genitori adottivi, però. –
-Potresti chiedere ad Eiran. –
Storce il naso. – Sempre che si degni di rispondere. – poi si acciglia. – Cos’hai sognato? –
Alzo un sopraciglio. – Me lo stai chiedendo perché mi hai letto nel pensiero o… -
Scuote la testa. – No, ti agitavi nel sonno. –
-Ah. Ho sognato la mia nascita e i miei genitori che parlavano sul nome che mi avrebbero dato. – aggrotto la fronte. – Poi all’improvviso è comparso qualcuno. Non ne ho visto il viso ma credo che sia mia madre che mio padre lo conoscessero. Il sogno è finito così. –
Kori assume la mia stessa espressione.  Mi si avvicina ancora, fino a che non sono appoggiata al suo petto. – Strano. – commenta. – Che Talia non si… -
-EHI, PICCIONCINI! IL D-DAY È  GIUNTO! –
Ci stacchiamo di colpo, quando Tia apre la porta con un calcio. – Mi avete sentita o devo gridare di nuovo? – ghigna.
 
Tia fulmina con lo sguardo l’ennesima persona che ci guarda in modo strano, non rendendosi conto che già un altro sta imitando il primo. Nessuno di noi si premura di farlo.
Dopotutto non hanno tutti i torti, a guardarci in questo modo: cos’altro potresti fare, vedendo sei adolescenti che si portano dietro borsoni anche più grandi di loro?
Eiran dice che non avrebbe potuto conservare abbastanza energie, se avesse fatto apparire in un altro modo le nostre armi, oltre ai vestiti, così ha deciso di portarsi dietro le borse. Ovviamente stiamo faticando solo noi, per portarle.
-Eiran. – lo richiamo dai suoi pensieri. Si volta verso di me ed alza un sopraciglio. – Devo parlarti dell’ultimo sogno che… -
Alza una mano, fermandomi. – Ora non ha importanza. - guarda il palazzo davanti a sé. – Siamo arrivati. Ilio, passami la tua borsa. –
-Vorrai dire la tua, io la sto solo portando. –
-Non vorrai metterti a discutere di cavilli tecnici adesso, spero. –
Sbuffando, Ilio gli passa la borsa. Eiran ci fruga un po’ dentro, poi prende quella che sembra una tavoletta di legno, delle dimensioni di un libro. La appoggia sul muro di pietra nera e comincia a moltiplicarsi, finché non si formano tante sue copie, l’una ad una distanza di venti centimetri dall’altra. Con un suo schiocco di dita, Eiran fa scomparire le borse. – Dopo di voi. – ci invita.
Con titubanza, Kori sale gli scalini improvvisati per primo, per poi essere seguito da Ilio, me, Eracl, Tia e il Custode.
Nonostante l’apparenza, sono incredibilmente stabili e riescono a reggere il peso di noi sei, per poi scomparire quando anche Eiran giunge in cima al muro di protezione del castello. – Ha fatto un restyling impressionante. – commenta.
Annuisco, ricordandomi di com’era un tempo questo posto, grazie ai ricordi di mia madre.
Il Custode ci lancia un’occhiata indecifrabile. – Avanti, so che volete fare un discorso di addio o qualcosa del genere, prima di entrare. – si siede a terra, a gambe incrociate e fa un sorriso sornione. – Fate come se non ci fossi. – Iniziamo a fissarlo tutti. – Che c’è? – chiede con un sorrisino ironico in faccia, che mi fa venir voglia di dargli un cazzotto e cambiargli i connotati.
Kori ridacchia prendendomi la mano. – Anch’io ne avrei voglia. –
Ricambio la stretta, regalandogli un sorriso. Tia alza gli occhi al cielo. – Vi prego, prendetevi una stanza! –
Eracl sorride. – Allergica alle manifestazioni d’amore, nana? –
La ragazza fa un ghigno. – Affatto, purché non siano esagerate. –
Il suo volto comincia a sembrare un caleidoscopio di emozioni, siccome vi si alternano insicurezza, paura, divertimento e ben altre, ma infine fa qualcosa che non mi sarei mai aspettata. Eracl si china su Tia e poggia le labbra sulle sue. Poi, così come l’ha baciata, si stacca da lei, con un sorriso.
-Spero che questa non ti sia parsa esagerata. –
Tia scuote la testa. – Tu sei tutto scemo. – dice con un sorriso.
-Cosa? - la ragazza lo indica.
- Finalmente mi baci ma solo perché dico “non mi piacciono le manifestazioni d’amore esagerate”? – si volta verso di me e Kori. – Forse vi sareste dovuti muovere prima, così poteva fare lo stesso anche lui. – adesso indica Eracl con il pollice che a quanto pare non riesce a smettere di starsene con la bocca spalancata.
-Tu sapevi che… -
-Brezza estiva, l’unico che non lo sapeva era il gatto. –
-Noi non abbiamo un gatto. –
-Appunto. – ride lei, prima di dargli un pugno sul braccio. – Questo è perché mi hai fatto dannare, idiota. –
Ridacchio. Non credo che quei due potrebbero stare insieme in un altro modo.
-Se avete finito con questa scena così smielata proporrei di muoverci, ma se Ilio si deve dichiarare al sottoscritto, possiamo aspettare ancora un po’. –
-Non è divertente, Eiran. – dice l’interpellata.
-Lo è molto ma tu non hai senso dell’umorismo. – replica lui con uno dei suoi sorrisi sornioni.
La ragazza sbuffa infastidita. – Come continuiamo? –  incrocia le braccia al petto.
-Entrerete nel palazzo, mentre io mi occuperò delle guardie. – spiega il Custode. Piega le dita in uno strano modo e dalla sua mano sembra propagarsi una sorta di luce rossastra. Si allarga, fino a che non illumina tutto l’edificio, poi scompare. All’improvviso sentiamo all’interno del palazzo dei rumori. Tonfi. – Ma cosa sta succedendo? – domando.
-Tutte le guardie si sono appena addormentate. – risponde. Si acciglia. – Ma non durerà per molto, solo qualche ora. Qualcosa o qualcuno sta bloccando il mio incantesimo. Ed è riuscito anche ad evitare che ne subissero l’effetto altri quattro individui. - alza lo sguardo e ci scruta tutti. – Ricordate tutto quello che avete imparato e state attenti. – inizia a trafficare con le borse, apparse solo ora quassù. Che la sua magia stia avendo dei ritardi?
Ci consegna le nostre armi e con un suo schiocco di dita i nostri vestiti riacquistano le loro sembianze reali. Per la prima volta, indosso gli abiti con i colori delle mie due Discendenze, anche se sono coperti da un’armatura di cuoio. Eiran ha detto che è quella che usano tutti i combattenti di Alias: è leggera ma resistente, più di qualsiasi altro materiale del pianeta. Mi rigiro tra le mani la lancia che mi ha consegnato il Custode. È sempre stata l’arma che sapevo usare meglio.
-Attenta a non cavarmi gli occhi. – mi rimprovera, dandomi anche un pugnale. – Sta’ attenta. – annuisco, colpita dal suo tono serio.
Dopodiché seguo gli altri, saltando a terra.
Eracl blocca la nostra caduta, manipolando l’aria. Atterro sbattendo il ginocchio ma per il resto è andato tutto bene. Sempre meglio di quando siamo arrivati qui. – Niente eguaglierà mai il nostro arrivo ad Alias. – aggiunge Kori.
Mi giro verso di lui. – Dovresti veramente cominciare a controllare meglio il tuo Talento. –
Fa spallucce. Sta per replicare ma veniamo interrotti dall’urlo di Ilio. – Elias! – corre alle porte del palazzo, alla cui soglia sta un ragazzo biondo, sanguinante.
La ragazza lo prende ed inizia a singhiozzare. – Cos’è successo? –
Elias alza lo sguardo e le sorride. – Mio padre mi ha solo scoperto mentre aprivo le porte. –
-Cosa intendi? – domanda Tia, aggrottando la fronte.
-Rendak le ha fatte chiudere con un incantesimo, solo quelli che vivono qui possono farlo e, beh, mi ha visto mentre lo stavo facendo. – tenta di fare un sorriso ma gli riesce solo una smorfia.
-E perché avresti dovuto? – gli domanda con diffidenza Tia. Ilio le scocca un’occhiataccia e si sistema meglio l’arco.
Assottiglia per un attimo le labbra. – Ho pensato a quello che ci siamo detti l’ultima volta. – comincia a dire ad Ilio, guardando solo lei. – Mi dispiace, ero arrabbiato e… sconvolto. Credevo che voleste uccidere Shade. Hanno interrotto il rituale. – si ferma un attimo, per tossire. Rabbrividisco, quando vedo la sua bocca macchiarsi di rosso. Elias si passa una mano sulla faccia e si tocca la guancia, tremando, non appena sfiora la ferita che gli va dalla tempia al mento.
-Tia. - dice con voce angosciata Ilio.
-Si? –
-Guariscilo, ti prego. – Ilio scosta i capelli biondi di Elias. – Andrà tutto bene. – gli promette. – Non stancarti troppo. – ma non le da retta. Fa per alzarsi ma è troppo debole, così ricade tra le braccia di Ilio.
-Mi dispiace tanto. – le stringe la mano.
-Anche a me. – gli ricambia la stretta.
Elias sorride. – Mi sento così stanco… -
-Eh no! Prova a chiudere gli occhi e te ne pentirai a vita. – Tia gli si avvicina e si inginocchia al suo fianco. Poggia le mani sul petto coperto di sangue del ragazzo e impreca. – Qualche costola rotta, una ha perforato un organo. Il polmone sinistro. – preme di più ed  Elias geme. – No, quello destro. Mmh… anche i tagli non sono niente male. Mi dispiace ma ti rimarranno le cicatrici. –
-Ma cosa stai dicend… oh! – Elias si frena di colpo e riprende colore. Le ferite lentamente smettono di sanguinare ed iniziano a cicatrizzarsi.
-Posso guarire di tutto, erbetta. – spiega Tia con un sorriso. Si alza. – Non posso fare di più. Devo conservare le forze ma ho fatto un lavoro niente male. – scocca la lingua, soddisfatta e ammirando il suo lavoro. Quello che ha detto è vero: il taglio che poco prima Elias aveva sul volto, ora è solo una cicatrice, sottile ma abbastanza evidente.
-Fortunatamente non ti attraversava l’occhio, in tal caso, lo avresti anche potuto perdere. – gli dice Tia.
Il Discendente della Terra si alza, aiutato da Ilio e le sorride. – Grazie. – mi acciglio. Questo ragazzo mi è familiare…
E ci guida dentro il palazzo.
Non appena siamo dentro, si acciglia. – Ma cos’è successo? –
-Questi corridoi non ci sono mai stati, prima d’ora. – aggiunge Ilio.
Ognuno di noi si avvicina ad un uno. È come se mi stesse chiamando… poi, dietro di me, sento un tonfo. Mi giro e vedo un muro. Inizio a tempestarlo di pugni ma non succede niente.
-Ehi! – grido. – Tutto bene?! – non ottengo risposta. Chiudo gli occhi e in un attimo avverto la presenza dei miei amici nella mia testa. Ci ho ricollegati tutti, compreso Elias. Grazie ad alcuni allenamenti privati con Eiran, ho scoperto che posso estendere il mio Talento anche ad altri.
Ragazzi? Tutto a posto? Kori, stai bene?
Mi potrei anche offendere, Iris. La voce di Eracl mi sale alle orecchie e non posso fare a meno di sorridere.
Eracl, non è questo il momento. Lo rimprovera Ilio.
Giuro che non sono stata io a far crescere questi muri.
Li avete anche voi? Domanda stupito Kori.
Annuisco, per poi darmi della stupida, siccome loro non sono qui per vedermi. Si. Che sia una trappola di Rendak?
Probabile, magari mio padre ha intuito che mi avreste guarito e ha deciso di dividervi.
Deve essere stato aiutato dallo Spirito. Ringhia Kori.
Chi? Chiede Tia, confusa.
Rendak è stato aiutato da uno Spirito, in tutta questa faccenda. Le nostre prove le ha ideate lui. le spiega Eracl. Kori, sta’ attento a lui, non serba un bel ricordo di te.
Ragazzi, credo che sia meglio se percorriamo questi corridoi, da qualche parte porteranno. Se succede qualcosa di strano, avvertiamo gli altri. Iris, tu puoi mantenerci in contatto? Lo interrompe Ilio, con tono sicuro, così diverso da quello che ha avuto fino a qualche attimo fa.
Si.
Nella mia mente ritorna il silenzio ma so che ci sono tutti, da qualche parte ma muti. Scorro la mano sulla parete alla mia destra. Alla fine di questo androne, forse troverò l’assassino di mio padre e di mia madre, Rendak, si, perché è ormai ovvio che è lui l’uomo che ha ucciso i miei genitori. Non so se sono pronta per vederlo. Accenno qualche passo, quando sento una voce. Kori.
Iris?
Si?
All’improvviso sento che sta provando tanta insicurezza, ma anche determinazione, come se sapesse benissimo che questo è l’ultimo momento per dirmi qualcosa.
Ti amo.
Non posso fare a meno di sorridere. Questa frase, seppur breve e a volte detta di sproposito, come se non avesse nessuna importanza, mi ha scaldato il cuore e ridato coraggio.
Anch’io.
Bleah!
Zitta, Tia.
 
Alla fine del corridoio trovo una porta, nella parete sinistra. Non ne ho trovate altre. Mi avvicino alla soglia e constato che è leggermente socchiusa, riesco a vedere l’interno della stanza. Mi acciglio, quando vi scorgo. Faccio un passo all’indietro. Quell’uomo mi è familiare. Guardo per l’ultima volta la porta. È semplice, di un legno molto scuro, nero, con sopra incisi i simboli della Discendenza del Buio.
Entro e, non appena riesco a vedere meglio il volto dell’uomo, trasalo.
Ecco perché mi era familiare: la sua pelle è molto pallida, quasi bianca, gli occhi sono neri, infossati e piccoli, la fronte alta e gli zigomi sporgenti, la labbra sono sottili, rosse e il naso è dritto, i suoi capelli sono quasi ricci e neri. Nonostante l’ultima volta che l’ho visto fosse più basso e senza il pizzetto, lo riconosco all’istante. – Zio Igor. – mormoro. – Cosa… cosa ci fai qui? –
Mio zio mi si avvicina. Cammina come potrebbe camminare solo un leader, qualcuno abituato ad essere rispettato. La sua camminata ha ampie e silenziose falcate. Mi sorride affascinante e in questo istante decido che il suo viso, seppur non convenzionalmente bello, è attraente, affascinante.
-Quindi è così che ti hanno detto che mi chiamo. – dice. La sua voce è bella, mi sorprendo, rassicurante e suadente. Ma quello che mi dice mi riscuote.
-Cosa? –
-Igor non è il mio vero nome. – spiega, in viso un sorriso compiaciuto. Una parte di me, abbastanza infastidita, si chiede  se non mi stia mettendo alla prova.
-Qual è, allora? –
Fa una pausa, assaporandosi il momento. – Rendak. -

* è latino, mi piaceva l'idea di usarlo. Vuol dire "va' in pace."

Note dell'autrice:
Ziao. 
Si, sono tornata. Ed anche abbastanza presto!
Mi sento potente.
Beh, che dire?
L'inferno è iniziaaaaaaaaaaaaato! 
Io vi avevo avvertito :3 * si rintana in un angolino a piangere * Aaron, perché ti ho ucciso? Perchè?!?!?!?!?* si riprende * Dicevamo?
Comunque, spero che i vari... sostenitori? Fan mi sembra esagerato, la mia è solo una storia, di cui non guadagno niente. Mi pare troppo dire anche seguaci, tipo setta.
Umh... no, preferisco sostenitori, poi ditemi se è così o no.
Comunque, spero che i sostenitori della Tiacl siano soddisfatti, sopratutto ValeryJackson :) contenta, cara? Ammetto che mi ero immaginata il loro bacio in un altro modo, della serie lui che cammina da lei e la bacia come se non ci fosse un domani ma mi piace anche come l'ho scritta.
E, uhm, ho risolto anche con l'Ilias. Yeah! Il loro litigio non è durato come per quello dell'Iriko... :)
Un grazie a chi recensisce sempre, siete adorabili, ragazzi <3 Un applauso a chi lo ha sempre sospettato, che lo zio di Iris fosse Rendak

 

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Capitolo 38
*** 37. Comprendi? ***


Kori.
 
Iris?
Si?
Ti amo.
Anch’io.
Non posso fare a meno di sorridere come un ebete, in questo momento. Non faccio altro che ripetermi questa breve conversazione e, non appena arrivo a quel “anch’io”, ricomincio tutto, dicendomi che magari ho capito male ma no, non è così.
Mi ama ed io amo lei.
Sorrido ancora.
Il ché è anche abbastanza fuori luogo, visto dove mi trovo, ma non riesco a non pensare che mai mi sarei aspettato a quanto potesse cambiare la mia vita in tre mesi.
Quasi novanta giorni fa, ero in Giappone, con l’ennesima ragazza che mi veniva dietro e mia madre adottiva che mi minacciava di amputare qualche dito, se non avessi tolto le mani dal tagliere.
E adesso so di essere un Discendente, so chi sono stati i miei genitori, ho incontrato quattro nuove persone che sono diventate in poco tempo quelle senza cui non potrei stare, soprattutto una certa Discendente del Buio e della Luce.
La vita è strana, decido ad un certo punto, fermandomi in mezzo al corridoio. Strana ed estremamente mutevole.
Mi chiedo dove siano gli altri, se siano proprio dall’altra parte di questo muro oppure molto più lontani. Mi sorge spontaneo chiedermi anche se adesso stiano combattendo o se vaghino negli antri di questo palazzo senza capire dove andare, come sto facendo io in questo momento.
Rendak avrebbe anche potuto darci una mappa per orientarci, eh.
Sembra che in questo posto sia obbligatorio vedere solo ciò che intorno a noi in un raggio di un metro, perché, se oso cercar di scorgere qualcos’altro oltre, mi viene solo un gran mal di testa. Dopo l’ennesima volta che ci provo, mi devo sedere per un attimo, poggiando una mano sulla fronte.
-Efficiente il mio incantesimo, eh? – dice una voce nell’ombra. non ci metto molto a riconoscerla. Lo Spirito. Mi alzo subito in piedi e faccio comparire alle mie mani delle fiamme. Le scaglio a casaccio nel corridoio. – Cosa avresti voluto ottenere? Una tremenda emicrania? Sai, sulla Terra, con una pillola, riuscivamo a farla scomparire, quindi, complimenti! Una pillola è in grado di annullare l’effetto di un tuo incantesimo! – grido, girandomi su me stesso.
Non lo ammetterei mai, ma ho paura di lui e adesso è in vantaggio rispetto a me, non vorrei che mi colpisse alle spalle. Barcollo per un attimo, il mal di testa non se n’è ancora andato. Ugh.
La sua voce nell’oscurità ride divertita. – È divertente guardarvi cercare una via per arrivare da Rendak. A quanto pare solo la tua preziosa Iris c’è riuscita. –
Sbianco di colpo. – Iris è con Rendak in questo momento? – ripeto con voce incredula e, lo ammetto, anche un pochino stridula.
Pare compiaciuto del mio tono. – Già, con il suo dolce zietto. –  gongola.
-“Zietto”? Iris non ha… - mi fermo un attimo e per poco non cado. – Igor. – mormoro.
-Si! Esatto! Il vostro amato Custode vi ha mentito, Discendente del Fuoco. Io non mi fiderei mai di un bugiardo ma visto cos’hai fatto tu alla ragazza che ami… leggerle la mente a tradimento, davvero? Ma cosa sei? Un bambino? – mi sembra quasi di vederlo scuotere la testa con un’espressione fintamente di rimprovero. Però, ovviamente, sento lo stesso il bisogno di giustificarmi.
-Volevo aiutarla! – esclamo in una direzione, anche se non so dove sia lo Spirito. Magari potrebbe essere dietro di me. Mi giro di scatto.
Lo Spirito ridacchia. – Certo, tu sei il principe azzurro, o dovrei dire rosso? L’eroe senza macchia e paura che salverà la sua bella e le garantirà un futuro senza preoccupazioni, vero? – all’improvviso si forma nel corridoio una brezza leggera e alla mia sinistra compare lui. È appoggiato al muro, a qualche metro da me, le braccia incrociate al petto, e mi guarda scettico. – Scusa ma io non capisco cosa ci possa trovare in te. Non ti ci vedo proprio come eroe. – il suo sguardo si fa sempre più furioso. – Piuttosto come bambino spaurito che, cercando di fare il suo meglio, agisce impulsivamente e così non si rende conto che sta condannando i suoi migliori amici. Lasciatelo dire, sei piuttosto impulsivo. – gli lancio contro una fiammata ma scompare prima che possa colpirlo.
Riappare alle mie spalle. – Visto? –
La mia mano scatta all’elsa della spada. La stringo ma aspetto a brandirla.
-Perché ce l’hai tanto con me? Anche gli altri hanno distrutto le tue creature! Tia quella roccia vivente, Ilio il Minotauro ed Eracl ha perfino distrutto un tempio! – faccio un passo indietro, chiedendomi se così avrò abbastanza spazio per usare la spada. Questi corridoi non sono proprio larghi. – Io ho solo ucciso il Riflesso di Iris! –
All’improvviso vengo colpito. Non capisco bene esattamente da cosa, so soltanto che l’attimo dopo mi ritrovo a terra. La testa mi fa ancora più male di prima. Cerco di alzarmi ma non ci riesco, è come se una forza invisibile me lo impedisse.
Sono immobilizzato, constato con orrore.
Lo Spirito mi si avvicina con lentezza e, ad ogni suo passo, sento una pressione sempre più forte al petto. I suoi occhi neri paiono in fiamme, da quanto è furioso. – Non. Osare. Dirlo. Un. Altra. Volta. – mormora con tono minaccioso. Apre e chiude i pugni, come se non fosse deciso su che posa assumere in questo momento.
Mi acciglio. Perché sta avendo questa reazione? Il Riflesso che ho ucciso era solo questo, no? Giusto?     
 
Una bambina, sugli otto o nove anni, ridacchia divertita. Fa una piroetta su se stessa e si allontana di poco. Si gira e fa un sorriso verso di me. Ma questo non è il mio ricordo è di… Oh. La bambina allarga ancor di più il sorriso. Si scosta con gesto veloce una ciocca di capelli scuri dal viso. – Vieni, papà! –
 
Esco dal ricordo così come ne sono entrato, inconsapevolmente e in modo incredibilmente veloce.
Incontro lo sguardo dello Spirito ma è come se non lo vedessi. Cos’è stato? Chi era quella bambina? Non pare essersi reso conto di quanto è successo ma potrebbe benissimo star fingendo.
-Hai capito?! – ringhia. Si ferma al mio fianco e mi guarda in cagnesco, con così tanto odio che quasi rabbrividisco. Sciocca le dita e mi ritrovo in piedi. – Su, alzati. Sono un signore, al tuo contrario. E perciò combatto i miei avversari senza vantaggi. –
-Quello che hai appena fatto lo si potrebbe definire un vantaggio di non poco conto. –
-Se vuoi, ti ributto a terra e ti finisco. – mi minaccia. – Ma non sarebbe divertente come ucciderti con le mie stesse mani. Comprendi? – mi sorride, sadico, e mostrando i suoi denti da squalo. Alla sua mano sinistra compare una spada. È bianca, la lama lunga novanta centimetri.
Deglutisco ma brandisco lo stesso la mia, poi mi ricordo il motivo per cui sono qui e mi si infonde di nuovo il coraggio. Non permetterò a questo psicopatico di uccidermi, di rendere vana la morte dei miei genitori.
Gli sorrido di rimando. – Alla perfezione. –
-Bene. – e tenta un affondo che paro subito.
Cerco di farne uno anch’io ma lo schiva senza difficoltà.
Iniziano così i fendenti, ogni volta che sembra che io stia per colpirlo, mi allontana. Devo ammetterlo: è uno spadaccino eccellente.
Ci sono vari momenti in cui potrebbe benissimo finirmi subito ma non lo fa. Vuole vendicarsi del suo Riflesso, anche se ho ormai penso che non lo fosse veramente. -Stanco, Kori del Fuoco? – mi domanda con un ghigno, sentendo il mio fiatone. L’attimo dopo riesce a disarmarmi. Mi punta la lama alla gola. – Anch’io, è evidente chi è il più bravo tra di noi, no? – la mia spada si solleva dal pavimento ed inizia ad accartocciarsi. – Tanto perché non ti vengano strane idee. – mi spiega con un sorrisetto perfido.
-Non lo farei mai. –
Aumenta la presa all’elsa e spinge la punta della spada sul mio collo. Sento le prime gocce di sangue sgorgare. – Ultime parole? –
Faccio vagare il mio sguardo per il corridoio ma non trovo niente. Cerco più modi per uscire da questa situazione ma mi rendo presto conto che mi potrebbe uccidere ancor prima che io possa creare dal nulla una palla di fuoco. Questo mal di testa mi sta uccidendo. Poi mi viene in mente un’idea. – Si, tua figlia era adorabile. –
-Cosa… -comincia a dire, distraendosi per un secondo, il tempo sufficiente per sottrarsi alla lama della sua spada ed allontanarmi da suo raggio d’attacco. Quando si riprende dallo shock, io ho già evocato alle mani delle fiamme. – Tu… brutto figlio di… -
Gliene lancio una, mancandolo, purtroppo. – Non. Osare. Dire. Altro. – dico.
Sembra che stia per controbattere ma si ferma. Guarda in basso con gli occhi un pochino vitrei per qualche secondo e poi li riposa su di me. – A quanto pare devo andare. – dopo di che scompare, lasciandomi qui e facendomi sentire un perfetto idiota.


Note dell'autrice:
la scuola dovrebbe essere illegale.
La prossima settimana sarò sommersa di compiti ed interrogazioni, per cui non stupitevi se aggiornerò tardi, anche se il prossimo capitolo ce l'ho già in mente, più o meno. 
Questo è stato a dir poco un parto ç_ç 
Ma parliamo d'altro... ecco un altro colpo di scena! Che non si capisce molto, vero -.-" Sinceramente mi è venuto in mente solo oggi ma l'idea mi piace non poco, perchè così dà una storia anche allo Spirito. 
Emh... non ho molto altro da dire, spero che il capitolo vi sia piaciuto, vado :)
p.s. Un grazie enorme a chi segue, preferisce, ricorda e recensisce questa storia. 

 

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Capitolo 39
*** 38. Incontro una vecchia conoscenza ***


Tia.
 
Alla vista di Kori ed Iris che si prendono per mano, alzo gli occhi al cielo. A stento reprimo un verso di disgusto. – Vi prego, prendetevi una stanza! – esclamo.
Eracl, vedendomi, sorride e con la coda dell’occhio noto che anche Ilio sta facendo lo stesso.
Si, sono un tipo romantico. - Allergica alle manifestazioni d’amore, nana? – mi domanda Eracl.
Faccio un ghigno, anche se non so esattamente perché se ne sia uscito con questa frase. Non ci bado e gli rispondo: - Affatto, purché non siano esagerate. – ma se tu facessi lo stesso penso che potrei anche non lamentarmi, eh.
Per qualche secondo, il suo viso assume un’espressione strana, come se non sapesse cosa pensare. Non che lo faccia spesso, secondo me. Sembra riprendersi e fa un sorriso beffardo, così improvviso che il mio cuore salta un battito. Mi si avvicina con pochi passi e fa incontrare i nostri sguardi. Interdetta dal suo atteggiamento, non commento, taccio, convinta che sotto sotto Eracl ne sia contento. Sento il mio cuore fare le giravolte e qualcosa dentro di me mi urla che ho solo due opzioni: baciarlo o fare un passo indietro e prenderlo in giro. Peccato che io non abbia neanche il tempo per decidere, ed erano due valide alternative, ci avrei messo un po’ per sceglierne una, che Eracl si china su di me e mi bacia.
È un bacio velocissimo, a stampo. Insomma, un semplice contatto tra le nostre labbra ma mi sembra che stia durando secoli. Quando si stacca da me, mi trattengo a stento dal saltargli addosso per picchiarlo. È da settimane che aspetto solo che questo deficiente si faccia coraggio e, quando finalmente ce la, è tutto qui?! – Spero che questa non ti sia parsa esagerata. – ma hai sentito sì o no quello che ho pensato prima?! Ah, giusto. Lo stavo pensando.
Scuoto la testa. – Tu sei tutto scemo. – dico con un sorriso che non ho saputo trattenere. Dopotutto non è che il bacio non mi sia piaciuto.
-Cosa? – domanda. Ha pure la faccia tosta di… ugh. Ma esiste qualcuno di più stupido?
Lo indico, puntandogli l’indice contro il petto. - Finalmente mi baci ma solo perché dico “non mi piacciono le manifestazioni d’amore esagerate”?- mi volto verso Iris e Kori. In volto hanno tutti e due un sorriso. - Forse vi sareste dovuti muovere prima, così poteva fare lo stesso anche lui. – lo indico con il pollice, oltre la mia spalla. Anche se non lo vedo, so che ha un’espressione stupida, cioè, più del solito.
Mi giro di nuovo e mi godo lo spettacolo della sua faccia mentre realizza quanto ho detto. – Tu sapevi che… - dalla notte in cui Gene se n’è andato, brezza estiva.
-Brezza estiva, l’unico che non lo sapeva era il gatto. – il fatto che poi noi non ne abbiamo uno è qualcosa da trascurare.
-Noi non abbiamo un gatto.
-Appunto.rido, per poi dargli un pugno sul braccio. Eracl si sfrega la parte colpita. Esagerato. – Questo è perché mi hai fatto dannare, idiota. – gli getto le braccia al collo e do un bacio sulle labbra, consapevole che gli altri non ci stanno guardando. Troppo presi da Eiran che sta per ridimensionare la sua autostima.
 
Faccio scorrere le dita lungo il muro. È umido. Cammino da ore per questo corridoio che, si, ha delle curve, ne ho percorse così tante che ormai mi è venuto il dubbio che non stia girando in tondo, sarebbe da me, dopotutto, ma non ci sono porte. Quello che posso fare è continuare a camminare, sperando che alla fine questo corridoio mi porti da qualche parte.
Mi chiedo cosa stiano facendo gli altri.
Avranno già trovato Rendak?
Sicuramente sì, magari sono io l’unica che non riesce a uscire…se Eracl lo venisse a sapere, mi prenderebbe in giro per i prossimi dieci anni. Ugh. No, Tia, questo non puoi permetterlo. Una cosa è perdersi la battaglia, un’altra è permettere che brezza estiva si…un rumore, appena accennato, quasi nullo, attira la mia attenzione, facendomi perdere il corso dei miei pensieri.
Appoggiandomi al muro alla mia sinistra, mi affaccio oltre all’ennesima curva del corridoio.
C’è una stanza. Ha il soffitto basso ed è spoglia. Scorgo alcune crepe sulle pareti ma non sembrano gravi. Trattengo un sussulto quando riconosco l’uomo al suo interno, intento a parlare con un altro.
Indietreggio all’istante.
È lui.
Il tizio sovrappeso a cui non darei mai il coltello.
Afferro l’estremità della mia treccia e l’attorciglio attorno all’indice destro.
È ridicolo averne paura. È solo un uomo di mezz’età sovrappeso.
Cosa mai potrebbe farmi? Mangiarmi? Chiudo gli occhi. Non posso fare a meno di pensare a quello che ha tentato di fare con Iris. Stupido cervello che mi ricorda certe cose. Okay, forse potrebbe decidere anche di non mangiarmi.
Faccio un respiro profondo e riprendo il controllo.
Si, posso farcela.
Mi riaffaccio e guardo meglio l’uomo con cui sta parlando.
È alto e mortalmente pallido. I capelli sono pallidi e lisci, gli arrivano alla mascella. Indossa abiti bianchi, che sia un Custode? Mi mordo il labbro superiore, indecisa sul da farsi.
Quello di cui stanno discutendo sempre importante e poi non è che io abbia tanta voglia di affrontare due uomini con solo qualche coltello da lanciare.
Si, certo potrei sempre usare il mio Elemento ma qui non ve n’è traccia e sono sempre stata negata ad evocarlo troppo in fretta.
Opto per lo spionaggio.
-Sei uno stupido, Nidar! – esclama il Custode. – Non avete possibilità. La ragazza dell’Acqua ha reso vani tutti i nostri sforzi. –
-Tu stai vaneggiando, Spirito! È impossibile che il piano di Rendak stia fallendo. – aumenta la presa alla sua lancia. – Io resto. –
Lo Spirito, rabbrividisco, realizzando che è stato lui a creare tutti quegli esseri che custodivano i Pezzi, inclina la testa di lato. Schiocca le dita e mi sento sollevare. – Merda. – impreco, iniziando a scalciare.
-I piccoli eredi hanno dei Talenti, lo sai bene, Nidar, oppure non eri attento quando Gene ci raccontava tutto? – sussulto al suono del suo nome. Gene non viene nominato da settimane a casa. O almeno io non pronuncio più il suo nome. E sono sicura che lo stesso valga per Eracl. – Sono potenti. –
-Lasciami! – mi dibatto ancora e riesco a dargli un calcio in faccia, con mia somma soddisfazione. Lo Spirito si massaggia la mascella con un ghigno stampato in volto. Fa un gesto con la mano e cado a terra.
-Come vuoi. – prende la lancia di Nidar e la lancia contro di me.
Non riesco neanche a gridare, l’arma all’improvviso termina la sua corsa, come se avesse appena incontrato un muro invisibile. Si spezza a metà e cade a terra. Lo Spirito schiocca la lingua, con espressione di rimprovero, quasi sperasse che avessi la decenza di farmi uccidere senza cercare di proteggermi. Uh, dovrei dirgli che ho la tendenza a fare le cose a modo mio?
Fa un sospiro e si gira verso Nidar. – Proprio quello che intendevo. – schiocca le dita e scompare.
Porto la mano destra ad un dei miei coltelli ma con orrore scopro che non ne ho più nessuno. Lo Spirito deve avermeli fatti scomparire. Impreco sottovoce, maledicendolo. Mi alzo traballando un po’ e guardo dritto negli occhi Nidar.
A quanto pare non ho altra scelta se non affrontarlo col mio Elemento.
Mi alzo con uno scatto e scocco un’occhiata, che spero sembri minacciosa, in direzione di Nidar, poi gli lancio un mattone. Si, sono un genio.
Lo evita con facilità, cosa che non avrei mai detto, facendo conto del suo fisico. Fa qualche passo verso di me ed io ne faccio altrettanti all’indietro, cercando, intanto di pensare ad un modo per uscire da questa situazione.
Non sembra volermi attaccare, anzi. Alza le mani in segno di resa e sul suo volto appare un insopportabile sorriso che in teoria dovrebbe sembrare rassicurante.
Quando nota che voglio rimanere ad una certa distanza da lui, si ferma. Mi appoggio al muro e con una nota di sollievo avverto che è fatto di pietra. Potrei riuscire a controllarlo.
-Sai, potremmo anche non combattere. – esordisce con tono un po’ insicuro. Che stia cominciando a credere a quello che gli ha detto lo Spirito? Che poi, cosa gli ha detto, precisamente?
Sollevo un sopraciglio. – Cosa intendi? – gli chiedo guardandolo dubbiosa.
Nidar fa un sorriso. – Che potresti unirti a noi. Saresti trattata benissimo, con te al nostro fianco, vinceremo. – fa una pausa e poi aggiunge: - Cosa ne dici? –
Faccio finta di pensarci un po’ su e mi avvicino a lui, facendo dei passi ampi e tenendo le mani dietro la schiena. L’unica cosa cui riesco pensare adesso è che vorrei spappolargli quella testa bacata, insomma, mi sta chiedendo di tradire i miei amici e rendere vani gli sforzi dei miei genitori dopo che ha cercato anche di tagliarmi la mano?, con un martello o qualcosa del genere. Dai, dai, dai, un grosso martello, non sto chiedendo troppo, no? Mi concentro affinché tra le mie mani appaia quello che ho chiesto, cercando di attingere anche al Pezzo di Luna, come ci ha insegnato Eiran.
-Quali altre alternative avrei? – domando, prendendo tempo.
Pare pensarci un po’ su. – Solo una: combattere contro di noi. Pensavo fosse ovvio, principessa. –
Sussulto. Questo è il soprannome che usava sempre Gene con me.
 
- Cosa intendi dire? – domando. Il ragazzo davanti a me borbotta qualcosa. – Senti, armadio, io non ho un traduttore per capire cosa stai dicendo quindi io la vedo così: o parli decentemente, o taci e non te ne lamenti  e quindi io vado a dormire, devo ammettere che questa è la mia opzione preferita, oppure mi mimi cosa vuoi dire. Quale accendiamo? –
Gene mi rivolge un’occhiata confusa poi scoppia a ridere. – Per tutte le lune, quanto mi fai ridere, principessa. –
 
Scuoto la testa, cercando di dimenticarmi di quella notte in cui ho perso un amico e ho capito che Eracl ricambia i miei sentimenti.
- Veramente ce n’è un’altra, secondo me. – dico, quando sento il peso del martello nelle mie mani.
Nidar alza un sopraciglio. – E quale? –
Mi avvicino ancora a lui e aumento la presa al manico. Quando sono a meno di un metro da lui, gli rispondo, però non prima di averlo fatto inquietare con un ghigno. – Io che ti spacco la faccia con un martello che fa invidia a quello di Thor. – al ché lo colpisco sulla mascella, spedendolo a terra. Sorrido, quando lo vedo rialzarsi a fatica, infatti non ci riesce e ricade sul pavimento. Tenta un’altra volta e in questa ci riesce. Fa un gesto goffo con tutte e due le braccia e mi lancia addosso dei dardi d’acqua.
Ancora una volta, non vengo colpita: davanti a me si crea una sorta di barriera traslucida che mi protegge ed è solida come un muro di mattoni. Con un gesto della mano lo dissolvo.
Pesto un piede a terra e il pavimento sotto di noi inizia a tremare, finché non si solleva, come se fosse una sorta di onda e avvolge Nidar.
Mi avvicino a lui. – Cosa intendeva lo Spirito? – gli domando. – Cosa ha fatto la mia amica? – lo incalzo poi.
Scuote la testa e non mi risponde. – Avanti! C’entra con Shade del Buio? –
Continua a non parlare, così, con uno sbuffo lo lascio perdere e decido di lasciarlo così. Non voglio ucciderlo, finirei per diventare come Rendak e i suoi. Faccio vagare lo sguardo sulle pareti della stanza, constatando che non ci sono vie d’uscita, eccetto per il corridoio con cui sono arrivata.
Mi volto verso Nidar. – Come faccio ad andare da Rendak? Qual era il corridoio giusto? –
L’uomo ridacchia, facendo tremolare le sue guance paffute. – Così gli stai rendendo tutto facile, principessa. – stringo i pugni ma non reagisco al soprannome.
-Rispondi! – esclamo, facendo un passo verso di lui ed alzando il martello. Ugh, ma quanto pesa?
Mi scruta per un attimo e poi fa un altro sorriso. – Il primo da sinistra. –
Inclino la testa di lato e faccio mente locale. Io ho preso quello centrale, Ilio il primo da destra ed Eracl il secondo dalla stessa direzione. O è il contrario? No, Kori ha preso il primo da destra e Ilio il primo da sinistra. Sì, ne sono sicura. Eracl ha preso il secondo da destra ed Iris… Oh, merda.
Impreco, maledicendo Rendak per tutti gli assi nella manica che rivela d’avere ogni volta che sembra che noi cinque conquistiamo un progresso.
Mi rivolgo ancora a Nidar: - E come potrei arrivarci? –
Fa una risata divertita. – Non puoi, a meno che tu non cominci ad abbattere muri. –
-Ovvio, come ho fatto a non pensarci? –
Accenna un’altra risata ma, quando nota il mio sguardo, si rabbuia subito. – Non dirai sul serio! –
Lo guardo di traverso. – Certo che si. – gli rispondo, dandogli le spalle e camminando verso la parete che reputo possa portarmi al corridoio che ha preso Iris. serro la presa al martello e sorrido.
Chissà se Rendak se la prende se decido di buttar giù qualche parete.


Note dell'autrice.
Sono tornata! :D
Qualcuno si ricorda di me?
Uhm... ne dubito....
Dopo quasi un mese che non aggiorno....
Normale che sia finita nel dimanticatoio.
Fa freddo nel dimenticatoio.
Comunque... scusate la lunga attesa per questo capitolo (non mi piace neanche, in realtà) ma come ho già detto nel precedente ho avuto un periodo allucinante a scuola e il mio computer per un po' di giorni era posseduto dal maligno. 
Non scherzo.
La prima parte l'ho scritta per lo più per SilenaBeckenford (amo sempre più il tuo nickname, sappilo :'( ) e sinceramente è l'unica cosa che trovo decente in questo capitolo... Comunque nel prossimo ci sarà ancora un momentuccio Tiacl che spero vi piaccerà... 
Prima di andare, ringrazio i ragazzi che hanno recensito lo scorso capitolo :)
Siete i miei tesori <3

 

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Capitolo 40
*** 39. Umh, credo di essermi persa. ***


Eracl.
 
E poi Ilio dice di essere lei quella sfortunata. Se lo dirà un’altra volta, giuro che la uccido.
- A che stai pensando, cugino? – mi domanda con un insopportabile sorriso straffottente Gene, appoggiato alla parete sinistra del corridoio. È cambiato dall’ultima volta che l’ho visto: sembra più alto e i suoi capelli ricci sono cresciuti.
- Al fatto che dovresti tagliarti i capelli. – ribatto con la stessa espressione, per poi assumere la sua stessa posizione. – Se vuoi ti aiuto. Però non ho delle forbici con me. Magari potrei strapparteli. –
Gene fa una smorfia. – Ti piacerebbe. –
-Non sai quanto. – sorrido, impugnando meglio la mia spada, e mi lancio su di lui.
Evita il mio affondo e gira su se stesso, per poi tentar di colpirmi alla spalla, incontrando però la mia lama. Per un attimo rimaniamo immobili, l’uno di fronte all’altro, guardandoci negli occhi, poi io allento la presa e arretro, evitando la sua spada che si conficca a terra.
Mi appoggio alla mia, guardandolo con un sorriso cercar di liberare la sua arma.
Quando ci riesce, fa un ringhio e si scaglia su di me. Paro il suo colpo e ne tento uno, riuscendo a ferirlo al braccio. Non è una ferita molto profonda ma è proprio sul braccio che sta usando per tenere la spada e, beh, quindi non da sottovalutare.
Sembra però non farci caso e continua a sferrare affondi, che schermo tutti, o quasi, e parate.
-Non male. – mormora dopo un po’. – Com’è che combatti decentemente oggi? – fa un passo a sinistra, sfuggendo ad un mio attacco.
-La tua faccia mi motiva a migliorare. –
Fa una risata sarcastica. – Anche la tua, se per questo. –
Incrociamo di nuovo le lame ma questa volta decido un approccio diverso e, con una rotazione del polso, lo disarmo.
Gene scocca la lingua con un’espressione seccata in viso e fa un ampio gesto con la mano destra, creando una ventata che mi spedisce a terra, a qualche metro da lui. Faccio cinta che non mi stia facendo malissimo il fondoschiena e mi rialzo con un balzo, pronto a ricambiare il favore, quando, però, sento un fracasso infernale alle mie spalle. Per un momento, Gene ed io interrompiamo il nostro scontro e ci voltiamo entrambi nella stessa direzione. Dietro di me, alla parete si è creato un buco dalla forma quasi rotonda, da cui sta uscendo Tia.
Tiene in mano un martello enorme, di roccia. Si sta guardando attorno con aria confusa, come se non stesse capendo bene dove si trova, poi incrocia il mio sguardo e sorride, dopo però nota Gene ed assume un’espressione indecifrabile. – Umh. Credo di essermi persa. –
-Dici sul serio, nana? – domando cercando intanto di reprimere una risata.
Tia incrocia le braccia. – Ti sembra che stia scherzando, brezza estiva? – mi scocca un sorriso divertito e canzonatorio.
Prima che possa ribattere, Gene ci interrompe. – A quanto vedo le cose non sono cambiate, tra voi due, eh, Tia? -  la ragazza si volta verso di lui. - La mia proposta rimane sempre valida. – aggiunge poi con tono più insicuro. Si mordicchia il labbro inferiore.
Tia si scosta un ricciolo dalla fronte. – Ti sbagli, armadio. – mi lancia un breve sguardo. – Sono cambiate un po’ di cose e la mia risposta rimane la stessa. –
Gene ci mette qualche secondo per capire cosa intende, poi si mette a ridere, come solo, a mio parere, uno psicopatico potrebbe fare. – Oh, quindi mio cugino finalmente ha deciso di farsi avanti o come al solito hai dimostrato di essere tu quella coraggiosa? – Si china e raccoglie qualcosa da terra. - È davvero fantastico. – dice poi con tono sarcastico. – Davvero… ma anche un peccato. –
-Aspetta, cosa? –
Il Discendente dell’Aria porta il braccio sinistro indietro, per poi muoverlo in avanti. In volto ha un’espressione feroce ed è solo in un secondo momento che mi rendo conto di cosa ha raccolto: uno dei detriti del muro da cui è uscita Tia.
Alzo la mano, cercando di concentrarmi per dirottarlo con una corrente d’aria, ma il mattone interrompe la sua traiettoria e metà del suo percorso, come se avesse incontrato una parete invisibile, e cade a terra. – Ma cosa… - faccio un passo in avanti, guardando incuriosito e allo stesso tempo sbalordito quello che mi sono appena ritrovato davanti al naso. È traslucido, spesso e resistente. Vi appoggio una mano.
-Ti consiglio di non riprovarci, Gene. – dice con voce minacciosa Tia. – Altrimenti la prossima volta non mi limiterò a bloccare il mattone. –
Ci giriamo verso di lei, ricreando una situazione che è successa appena dieci minuti fa’. Tia ha lanciato a terra il suo martello ed ora stringe entrambe le mani a pugno. Le sue labbra sono serrate e gli occhi ora sono interamente verdi. Non l’ho mai vista così. Non posso fare a meno di sorridere in modo sghembo. – Ti consiglio di starla ad ascoltare, cugino. – mormoro, chiedendomi se Tia avrebbe la stessa reazione con i suoi possibili futuri figli. Oh, poveri ragazzi. Che madre che capiterà loro.
Gene scocca la lingua, riportandomi alla realtà. – Che carino, ti fai difendere da lei. – incrocia le braccia al petto, assumendo un’espressione odiosa che mi fa digrignare i denti. – È fantastica, vero? Sicuro che la meriti? -
Mi lancio su di lui. Gli sferro un pugno mentre con l’altra mano lo tengo per la maglia grigia. Dal naso comincia scendergli del sangue ma non smette di sorridere sprezzante. È inquietante come il suo sangue riesca a brillare in questi corridoi in penombra. – Dai, fallo. Sfogati. Dimostrale che sei un bravo ragazzo. Falle vedere quello che sei. – pronuncia “bravo ragazzo” con tono tanto sarcastico da farmi desiderare di dargli un altro pugno. Serro ancor di più la mano ed intanto riesco quasi a sentire le mie iridi estendersi, fino a coprire la pupilla e il bianco del bulbo oculare.
-Eracl. – mi richiama una voce. Ci metto un po’ per capire che si tratta di Tia. – Lascialo. Non ne vale la pena. – fa una pausa. – So dove dobbiamo andare. –
-E cosa vi dice che io permetterei di andarvene? – domanda mio cugino. Non sembra intimidito. Ora la sua attenzione è rivolta solo a Tia.
La ragazza accenna un sorriso malandrino e scocca le dita. Il pavimento pare rialzarsi, finché non si rompe e dall’apertura escono delle radici di un bel verde intenso. Queste crescono, fino a raggiungere i piedi di Gene ed iniziano a diventare più spesse, man mano che salgono lungo il corpo di mio cugino. Mollo la sua maglietta, quando le radici mi sfiorano.
Sia mai che Tia si sbagli e debba finire legato a Gene. Faccio un passo indietro. – Questo. – risponde Tia con tono soddisfatto. Mi tende la mano. – Andiamo. – la afferro.
-Tia. – la richiama Gene, quando siamo al foro del muro. Tia si volta ed incontra il suo sguardo. – Se… le cose fossero state diverse, se io non fossi quello che sono, la risposta sarebbe stata la stessa? –
Per un minuto Tia non risponde, limitandosi a rimanere in silenzio. Sta praticamente torturandomi sia psicologicamente  che fisicamente, da quanto sta stringendo la mia mano. – No, sarebbe stata la stessa. – volge lo sguardo su di me per poi farlo ritornare su Gene. – Scusa. – e poi attraversiamo l’apertura.
Inavvertitamente scoppio a ridere, non riuscendomi a trattenere. Tia si volta verso di me e sorride.
Mi fermo un attimo a guardarla, incantato per poi chinarmi su di lei e baciarla.
Subito lei si alza sulle punte per starmi più vicino, mettendo le sue mani tra i miei capelli, mentre le mia hanno raggiunto i suoi fianchi. Muovo le labbra sulle sue, godendomene la morbidezza e il suo odore floreale. Credo che non capirò mai di che fiore si tratti ma non me ne dispiace. Ci stacchiamo solo per riprendere fiato e questo accade, beh, dopo un bel po’ di tempo.
Mi allontano da lei di pochi centimetri, sufficienti per permettermi di guardarla in viso.  Ha le labbra leggermente gonfie e più rosse del solito. Ha il respiro pesante e i capelli sparati in tutte le direzioni ma non credo che potrei trovare un momento in cui mi è sembrata più bella. – Ti amo. – mi sento dire, per poi mordermi la lingua. Idiota.
-Ti dispiacerebbe se adesso dicessi “lo so”, tipo principessa Leila di Star Wars? –
Faccio un sospiro divertito. – Ammettilo: rovinare questi momenti è il tuo terzo Talento. –
Sorride, prima di avvicinare ancor di più le nostre labbra tanto che adesso si sfiorano, mentre sussurra: - La tua capacità deduttiva mi stupisce sempre di più, brezza estiva. -



Note dell'autrice:
scusate ma queste note saranno molto brevi, devo uscire e ho tipo 5 minuti per prepararmi ma come un'idiota ho voluto finire il capitolo a tutti i costi. Credo che se ne capisca il motivo per quello che succede :)
Scusate se ci sono degli errori, poi provvederò a correggerli tutti :)
Un grazie a chi ha recensito il precedente capitolo, presto risponderò a tutti.

 

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Capitolo 41
*** 40. Il Discendente del Buio. ***


Ilio.
 
-E se mi lasciassi qui? – propone Elias dopo un po’ che è appoggiato alla mia spalla.
Spalanco gli occhi e boccheggio per qualche secondo, prima di capire cos’abbia detto ed iniziare a scuotere violentemente la testa. Stringo forte la mia mano destra nella sua maglietta verde. – NO! Io non ti lascio qui, okay?! Ce ne andremo insieme da qui e… -
Vengo interrotta dalla sua risata. Non è come quelle cui sono abituata ma mi scalda lo stesso il cuore e mi fa sorridere. – Non intendevo “lasciami qui a morire”, Ilio. Ti sto rallentando soltanto. –
Ci fermiamo e si allontana da me, per appoggiarsi ad un muro e permettermi di riposarmi un attimo. Io faccio lo stesso, mettendomi davanti a lui. Accenno un sorriso. – Non pensavo quello. Ho il terrore che, se ci separiamo, potrebbe succederti qualcos’altro e… -
Elias si sporge con le labbra sottili piegate in un sorriso dolce. Posa la sua mano sulla mia guancia ed inizia ad accarezzarla.
Sento all’istante il cuore cominciare a battermi all’impazzata e le mie guancie diventare rosse ma non faccio niente, neanche per avvicinarmi ulteriormente a lui, anche se lo vorrei tanto, adesso. Con il pollice inizia ad disegnare il profilo della mia bocca, con delicatezza. – Niente ci separerà. – mi promette. – Non ci succederà niente, ne sono certo. –
Alla luce delle fiaccole, la sua nuova cicatrice sembra luccicare, per via della pelle ancora liscia e senza peluria. Tento un sorriso non troppo convinto, prima di annullare la distanza tra le nostre bocche.
La mano di Elias è ancora sulla mia guancia e continua ad accarezzarmi, mentre l’altra mi afferra il fianco e mi stringe ancor di più a lui, le mie, invece, sono sul suo petto.
Chiudo gli occhi, quando il bacio inizia a farsi più passionale, e zittisco una tremenda voce nella mia testa, il cui timbro assomiglia a quello di Eiran, tra l’altro, che mi fa notare che non è questo il momento opportuno per fare certe cose. Sono io la prima a staccarmi, non appena sento un rumore. Prendo subito l’arco e una freccia, preparandoli entrambi ad usarli. Faccio vagare lo sguardo per il corridoio ma non vedo niente, solo ombre che si ritirano alle sporadiche fiaccole appese.
Poi, alle mie spalle, sento qualcuno battere le mani.
Mi volto all’istante e vedo, sorgere dall’ombra, Shade del Buio. – Emozionante, commuovente, romantico. – fa un sorriso tenebroso, che mi fa rizzare i peli delle braccia. – Complimenti, fratellone. –
Sul volto di Elias compare un sorriso sollevato, molto diverso dall’espressione che ho in viso. – Shade. – fa una pausa, in cui il suo viso si fa più serio. – Che ci fai qui? –
Shade alza gli occhi al cielo ed esce definitivamente dall’ombra. Incrocia le braccia al petto e mi lancia un’occhiata divertita. – Secondo te? –
Elias fa un passo verso di lui, le mani strette a pugno. – Shade, c’è sempre un’altra alternativa. Puoi rifiutarti di assecondarlo. Fa’ come ho fatto io, ribellati a Rendak, a nostro padre. –
Shade accenna una breve risata divertita. – Sei sempre così certo che io sia buono. – sul suo volto compare una smorfia. – Come fai? Come fai a fidarti di me? Dopotutto Rendak, nostro padre, potrebbe avermi “deviato”, come dici sempre te, in questi anni, eh? Che ne sai tu se non è stato così?! TU, DOPOTUTTO, TE NE SEI ANDATO! – ora anche le sue mani sono strette a pugni ed i suoi occhi completamente neri. Le ombre del corridoio iniziano a tremolare, a contorcersi.
Shade sta perdendo il controllo ma Elias non ne sembra impressionato. Fa un altro passo verso il fratello. – Se così fosse, non ci avresti neanche pensato un momento ad ucciderci, Shade. – alza una mano, come per poggiarla sulla sua spalla, sebbene siano distanti oltre cinque mentri.
Il quattordicenne scuote lievemente la testa, in volto non è ancora scomparsa quella smorfia che sembra allo stesso tempo un sorriso sarcastico e tipico di accetta il suo destino, dopo aver lottato tanto.  – Magari è solo una trappola, magari sto prendendo tempo. –
Elias sbuffa dalla bocca, ha ancora quel sorriso. Come fa? – Magari lo sto prendendo io, del tempo. –
Distolgo per un attimo lo sguardo tra i due e lo faccio vagare per il corridoio. Le ombre sembrano avanzare e i loro bordi tremolano. Lo riporto su Shade ed Elias.
Mai, come in questo momento, mi sono sembrati più diversi. Non è solo una questione d’aspetto, sebbene abbiano alcuni tratti del viso in comune, ma anche per il loro carattere e la loro storia.
Elias è gentile, estroverso, solare  e indipendente. Non permetterebbe mai che qualcuno gli metta i piedi in testa e ciò che ha passato lo dimostra.
Shade è introverso, a volte lunatico, orgoglioso e a tratti arrogante ma, allo stesso tempo, tanto bisognoso di affetto, che qualcuno gli stia accanto.
Elias ha lasciato la sua famiglia a quattordici anni.
Shade a quattordici è disposto a tutto per guadagnare l’approvazione di ciò che gli resta della sua.
-Elias… - provo a dire ma lui mi ignora e continua a prestare attenzione a suo fratello. Si lecca le labbra sottili ed aspetta una risposta.
Dopo alcuni secondi di tensione, in cui io tento di non far caso a queste ombre e pare esserci una gara di sguardi tra Shade ed Elias, il Discendente del Buio sembra riprendere il controllo, perché l’oscurità retrocede. Scuote la testa, facendo muovere i suoi capelli folti. – Sei sempre stato un gran testardo. – dice poi.
-Vale lo stesso per te. – ribatte prontamente Elias, per poi aggiungere: – Shade, ti prego, lascia perdere questa storia. Vieni con me, vieni con noi. –
Suo fratello alza gli occhi al cielo. – Stai iniziando a diventare noioso. – la sua voce dovrebbe sembrare distaccata, invece trema un po’.
-Se dicessi di sì, la smetterei. –
Noto con non poco sollievo che ora gli occhi di Shade sono ritornati normali. Il ragazzo serra le labbra, come se volesse impedir loro di tremare. – Tu non capisci. –
Elias fa un altro passo verso di lui. – Non capisco cosa? –
Shade si porta le mani alla testa e le scuote violentemente. – TUTTO! – esclama. Faccio un passo indietro, al contrario di Elias che ne fa un altro in avanti. – Tu puoi uscirne indenne da tutta questa storia, tu sei Elias della Terra. Nonostante anche tu sia figlio di Rendak, loro non ti additeranno mai come “il figlio del tiranno”, “il figlio di Rendak”. MAI! E sai perché? Perché tu te ne sei andato, perché sei scappato. – alza lo sguardo da terra e lo posa su suo fratello. Trema ma non saprei dire se per la rabbia o altro. – Alcuni potrebbero definire questo un atto di forza di carattere, di coraggio. Insomma, “un quattordicenne che se ne va di casa perché suo padre è malvagio? Perbacco! Quel ragazzo è degno di lodi!” – cambia la sua voce, rendendola più profonda e adulta, forse nel tentativo di impersonare una persona a caso. - Beh, io so invece cosa indica, fratellone. – gli punta un dito contro. Ora sono quasi tre i metri che li separano. – Indica debolezza, Elias. Tu non te ne sei andato per ribellarti. O almeno non solo per questo. Tu te ne sei andato perché avevi paura. Avevi paura di quello che stava accadendo a tua madre. Te ne sei andato e mi hai lasciato da solo. Il tuo non è stato un gesto onorevole, è stato da codardo. – fa un respiro profondo. – Da egoista. –
Faccio un passo in avanti. - Vorrei vedere cos’avresti fatto tu! – urlo. Non posso permettere che dica questo di Elias, senza che nessuno lo difenda, neanche il diretto interessato.
Shade porta il suo sguardo su di me. – Non avrei mai potuto. Mia madre è morta per darmi alla luce. –
Elias alza una mano. – Ilio, fallo parlare. – dice con voce seria, senza guardarmi. Con lentezza Shade distoglie lo sguardo da me e lo riporta su suo fratello.
-Così mi hai lasciato da solo, senza neanche avvertirmi. Puff! Un giorno c’eri e quello dopo Elias non c’è più. –
-Shade, ero sconvolto e poi ho cercato di convincerti a venire con me ma hai sempre rifiutato. –
-Avrei dovuto scegliere tra mio padre e mio fratello, Elias. Avrei dovuto scegliere te, che mi sei fratello a metà? –
-Non ero solo questo. Eravamo amici, Shade. –
-Tu non vivevi neanche con noi… –
-Ma abbastanza vicino. –
-Non è la stessa cosa. –
-E di chi pensi sia la colpa? –
Shade fa un sospiro esasperato, mentre si porta di nuovo le mani alla testa. – Cosa vuoi, Elias? – mormora poi con voce lamentosa.
Elias gli si avvicina ancora, la mano è sempre rimasta sospesa a mezz’aria. – Che tutto ritorni a quando eravamo bambini, Shade, ricordi? –
Il quattordicenne accenna una risata divertita. – Sono passati quei bei tempi! Sono passati i tempi in cui giocavamo con le spade giocattolo e fingevamo di sconfiggere creature immaginarie. – ribatte con voce che si fa sempre più malinconica.
-Shade… -
-Da quando te ne sei andato è cominciato il mio addestramento. – si porta una mano al collo. Sgrano gli occhi quando capisco che tiene in mano il Pezzo della Luna del Buio. – Un giorno sono quasi scappato. Senza di te, era tutto così insopportabile, nostro padre ha fatto progetti per me da quando ero nella culla. Come hanno fatto con lei. – mi indica con un gesto del mento. Inizia a tormentarsi le mani, con sguardo truce che evita quello di Elias. – Avevo calcolato tutto: l’orario dei turni delle guardie, la posizione di nostro padre, tutto. Poi ho pensato “e dopo? Dove potrei andare dopo?”. Non avevo nessuno da cui andare, nessuno mi avrebbe mai offerto un rifugio. Non ero come te, che potevi contare sugli amici di tua madre, la mia era morta da tempo e non penso che avrebbero aiutato la causa della morte della loro amica. – accenna una risata poco convinta.
Ascolto con orrore il racconto di questo ragazzo, rendendomi conto che la facciata di Shade con cui ho sempre avuto a che fare fino ad ora serve solo a nascondere la sua fragilità. Quanto dolore può sopportare una persona prima di diventare così diffidente della bontà altrui? Faccio un passo avanti e all’istante mi rendo conto che tutto il rancore che potevo provare per lui fino a qualche secondo fa’ è svanito, ora mi dispiace soltanto per questo ragazzo che fin da bambino ha portato sulle spalle il peso dell’avidità del padre, senza neanche accorgersene.
-Così sono rimasto. Credo che nostro padre abbia saputo delle mie intenzioni, perché da quel giorno ha diminuito le guardie. Sapeva che non sarei scappato. Sapeva che mi ero reso conto di non avere altri che lui. Ricordo che, quando me ne resi conto, provai un misto di orgoglio, insomma, nostro padre si fidava di me, ero euforico, lo stavo rendendo fiero di me, e rassegnazione, perché sapevo che non potevo fare altro. – si appoggia alla parete e alza la testa, evitando i nostri occhi e facendo un sospiro. Incrocia le braccia al petto.
Finalmente Elias lo raggiunge, gli si mette affianco e assume la sua stessa posizione. Non posso fare a meno di invidiarlo un po’, per come sta interagendo con suo fratello. – So cosa stai cercando di dirmi, Shade. Forse allora eri solo, è vero. Non avevi nessuno. So di aver sbagliato, hai ragione: scappare è stato un gesto da codardo. – Non lo sta assecondando, ci crede veramente in quello che dice, mi rendo conto. – Ma era una cosa più grande di noi, e lo è ancora. Anche per loro. – mi indica con un gesto del mento, così simile a quello che ha fatto il fratello poco prima che mi fa sorridere. – Ma combattono lo stesso per ciò che è giusto, e sai una cosa? Dobbiamo farlo anche noi. – si stacca dal muro e porge la mano sinistra al fratello che lo guarda titubante. – Prometto che non ti sentirai più così, Shade. Sei ancora in tempo per non essere riconosciuto come la pedina di Rendak o suo figlio. –
Ci sono alcuni secondi di tensione, in cui sia io che Elias pensiamo che Shade non accetterà la sua mano ma poi la prende ed io mi rendo conto che ho trattenuto il fiato senza neanche accorgermene.
Shade accenna un sorriso malandrino che si fa sempre più grande man mano che passano i secondi. – Se mi lascerai da solo, sappi che saprò vendicarmi. –
Elias ride. – Lo so, lo so. – si volta verso di me con un sorriso enorme in volto. Ha salvato suo fratello, qualunque sia la fine di questo giorno, per lui avrà fruttato lo stesso qualcosa di buono. – Credo che adesso tu possa lasciarmi da solo. -
Annuisco. Immaginavo che avrebbe detto qualcosa del genere. Gli scocco un bacio a fior di labbra e sussurro all’orecchio: - Eri solo un ragazzino. – sapendo benissimo che ha capito a cosa mi riferisco. Mi allontano di qualche passo e li guardo. – Ci sono altri quattro ragazzi in giro. Forse li potreste incontrare… - mi rivolgo a Shade.
Non faccio nemmeno in tempo per aggiungere altro che sento uno schianto alle mie spalle. Ci voltiamo all’istante e vediamo una parte della parete sinistra cedere. Dal buco ne escono tre figure che conosco molto bene: Kori, Tia ed Eracl. In volto hanno tutti e tre un’espressione preoccupata che sembra attenuarsi quando mi vedono. – Iris. – mormora con tono urgente Kori.
Spalanco gli occhi e lo raggiungo. – Cos’è successo? –
-È con Rendak. – risponde al suo posto Tia. Si sta tenendo per mano con Eracl.
-Dobbiamo raggiungerla. – dico con decisione e faccio per entrare nell’apertura nel muro.
Sento Shade ridacchiare. – Ne succederanno delle belle adesso, me lo sento. – mi volto verso di lui.
-Cosa? –
Fa spallucce. – La figlia di Talia del Buio e Aaron della Luce con Rendak, colui che li ha uccisi? Mi stupirei se non succedesse niente. –
-Come fai a sapere il suo nome? – gli domanda Elias. – Ormai nessuno se li ricorda più, i nomi dei figli dei precedenti sovrani delle Discendenze. –
-Nostro padre mi ha parlato sempre molto di lei. –
-E perché avrebbe dovuto? –
-Perché Iris è la figlia di Talia, sua sorella. -

Note dell'autrice:
Uh, ultimamente aggiorno in fretta che è una meraviglia. 
Forse è perchè questi capitoli me li sono progettati da tempo, sopratutto questo che è il mio preferito della storia, quindi sono curiosa di cosa ne pensiate. Sinceramente devo ringraziare coloro a cui è piaciuto fin dall'inizio Shade, non avevo dei bei piani per lui ma, leggendo le vostre recensioni, posso affermare che l'abbiate salvato, davvero. Quindi, siccome è uno dei miei personaggi preferiti, grazie di cuore <3
Comunque... mi è piaciuto tantissimo scrivere questo capitolo, incentrato su Shade ed il suo rapporto con Elias *^*
Mi piacciono insieme.
Ad ogni modo, vorrei fare una sorte di annuncio, grazie a Lacus Clyne, che mi ha incoraggiata, ho deciso di postare un'altra storia, siccome sono certa di poterle gestire adesso che questa sta finendo ç_ç (altri sei capitoli ed è finita, ragazzi, sono a pezzi) e mi piacerebbe che vi faceste un salto. Ovviamente non siete costretti ma quella storia è importante per me e mi piacerebbe ricevere dei pareri. Ho delle grandi idee per lei (?) e vi premetto che è totalmente diversa da I Sei Elementi ma, come ho già detto, mi farebbe piacere se vi faceste un salto. Tutto qui.
Grazie comunque.
Un abbraccio a chi recensisce sempre, preferisce, ricorda e segue la storia <3

 

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Capitolo 42
*** 41. Rendak ***


Iris.
 
Spalanco gli occhi, sbigottita. – No. – mormoro a voce bassa. Aumento la presa alla mia lancia. – Tu non puoi… -
Rendak solleva un sopraciglio. – Non posso cosa, Iris? – sfoggia un sorriso perfido, mentre nasconde le braccia dietro la schiena.
Non distolgo lo sguardo da lui. Deglutisco. – Essere lui. –
-Al contrario. – mi si avvicina di qualche passo, poi inizia a camminarmi intorno, come se mi stesse studiando. Forse è così. Mi giro, quando arriva all’altezza dei miei fianchi. Non voglio perderlo di vista. Arriccia il naso, dopo che si ferma. – Sei incredibilmente simile a lui. –
Non c’è bisogno che mi spieghi a chi si sta riferendo per comprendere ciò che ha appena detto. Sta parlando di mio padre Aaron. Gli scocco un’occhiataccia prima di rispondere: - Lo prenderò come un complimento. – mi ricompongo, accorgendomi solo ora che mi sono ingobbita.
Rendak alza nuovamente il sopraciglio. Non posso fare a meno di notare che questo gesto mi ricorda tremendamente mia madre. – Non lo era però. –
Mi dà le spalle per avvicinarsi ad un altare che non avevo notato, prima. Lo accarezza pensieroso.
Reprimo a stento un ringhio. Eiran non mi ha mai detto che fine avesse fatto mio zio durante la rivolta di Rendak ma ho sempre sperato, nel profondo del mio cuore, che fosse sopravvissuto. Ho sempre pregato di poter avere una seconda possibilità di avere una famiglia decente, che non mi odiasse o fosse morta prima che potessi ricordarmene, ma ora me ne pento. Preferirei essere sola, piuttosto che poter dire di avere del sangue in comune con lui. Faccio un respiro profondo, cercando di controllarmi. Con la coda dell’occhio, però, vedo comparire delle crepe su una parete. Come osa comportarsi così? Come se gli omicidi che ha causato non fossero nulla? Per la sua ambizione sono morte delle persone ed altre, per sedici anni, hanno subito angherie insopportabili.  
-Non me ne potrebbe fregare di meno. – replico con tono duro. – Tu sei un… sei un mostro! Un traditore! Hai ucciso i miei genitori e quelli dei miei amici! Hai ucciso tua sorella! - 
Rendak si volta all’istante. - E tu hai ucciso un ragazzo. – ribatte con un sorriso malevolo.
Sussulto alle sue parole, credevo che solo Kori ed Eracl fosse a conoscenza di ciò che ho fatto sulla Terra.
-Non ti aspettavi che lo venissi a sapere, eh? Forse non siamo così simili, nipote. –
-No, non è vero. Io non volevo fare del male a Tyler. – ribatto. Faccio un passo indietro.
-E tu ti aspetti che io ci creda? – mi si avvicina. – Io lo so che ti sei rallegrata della fine di quel ragazzo. – nei suoi occhi compare una luce malata, sadica. – Buon geni non mentono. –
Scuoto la testa, facendomi finire qualche ciocca davanti gli occhi. Le rimetto a posto e, quanto vedo che sono fin troppi pochi i metri che ci distanziano, quasi tre, compio un gesto con la mano destra, come per scacciare le sue parole. Così, all’improvviso, dal pavimento si alza un’ombra che si dirige a gran velocità verso di lui ma la devia con facilità e finisce per conficcarsi in un muro, per poi dissolversi.
Faccio un gridolino spaventato. Ho appena usato le ombre. Mi guardo atterrita le mani. Credevo di aver imparato a controllarle. Mi passo una mano tra i capelli con il petto appesantito dall’angoscia. E se non ci riuscissi mai?
-Sai, Iris, non c’è peggior sordo di chi non sente. – afferma.
Non faccio in tempo a replicare che la porta si spalanca, o farei meglio a dire “esce dai cardini”?
-Spero che tu ne valga la pena, vecchio bastardo. Non sai che casino ho fatto per arrivare fin qui. – esclama una voce che conosco molto bene. Sul mio viso si fa subito strada un sorriso enorme. Sono qui. Dopo aver parlato, appare Tia. Tra le mani si rigira un martello fatto di terra. Lo maneggia con così tanta naturalezza che sembra che ce l’abbia fin dalla nascita.
- Abbiamo fatto. – la corregge Ilio. Entra anche lei nella stanza e prende dalla faretra una freccia. La punta su Rendak.
Tia alza gli occhi al cielo e le fa il verso, facendo ridere Eracl che poi riprende subito un’espressione minacciosa. Dopo di lui arriva Kori. Non appena lo vedo, sento il mio cuore gonfiarsi, è solo da poche ore che siamo separati, ma mi sono sembrate un’eternità. Mi cerca con lo sguardo e, non appena mi vede, sul suo volto compare un sorriso sollevato e le sue immancabili fossette. Con passo sicuro mi raggiunge e si mette al mio fianco. Non potrei essere più sicura di me, adesso: le persone che amo sono tutte qui, o quasi.
Rendak accenna una risata. – Sempre con la battuta pronta, Tia della Terra. –
Al sentirlo pronunciare il suo nome, la ragazza gli rifila un’occhiataccia.
Eracl fa un sorriso minaccioso. – Non sai quanto hai ragione. Almeno avrai detto qualcosa di sensato, prima di morire. –
Rendak solleva un sopraciglio. In viso ha l’espressione di chi sa che sta per vincere. – Che parole audaci, Eracl dell’Aria. Davvero audaci. –
Il ragazzo serra la mascella. Fa scorrere le dita lungo la superficie dell’altare, non dandoci le spalle. Poi, alza la mano destra e tra le sue dita affusolate compare una sfera d’ombra. Ruota su sé stessa, come se fosse un piccolo pianeta. – Mi ricordi tua madre. – mormora con tono distaccato. – Anche lei aveva un caratterino niente male. –
Alle sua parole, Eracl ringhia e apre le braccia, subito una raffica di vento si crea dal nulla nella stanza e la indirizza contro mio zio. No, non è mio zio. Preferirei dissanguarmi piuttosto che ammettere di essere imparentata con lui.
Rendak però espande con un gesto della mano la sfera che gli fa da scudo. Il vento ci sbatte contro e si disperde, diventando un lieve brezza che scompare subito.
-Tutto qui? – domanda con un ghigno. Poi il suo scudo d’ombra prende un’altra forma, simile a quella di un giavellotto e la scaglia contro il soffitto.
Questo inizia quasi subito a creparsi. Sgrano gli occhi, quando vedo un grosso pezzo del soffitto cominciare a staccarsi e precipitare su di noi.
Senza neanche pensarci alzo le mani nella sua direzione e questo si illumina di giallo, rallentando la sua caduta.
-Ma cosa… - fa per dire Eracl, quando la luce che proietta cambia colore e diventa azzurra, poi verde, grigia, rossa ed infine nera, ma non finisce la frase che veniamo inondati tutti da un ennesimo raggio che ci fa sbalzare all’indietro.
Mi massaggio un gomito dolorante e mi guardo attorno.
Kori si alza in piedi barcollando. – Ma cos’è successo? –

Note dell'autrice:
Sì, il capitolo non solo è corto ma finisce pure così.
Mi fa stranissimo pensare che questo è l'ultimo scritto dalla parte di Iris...
Mi sarebbe piaciuto che fosse più lungo ma credo che dopo sarebbe potuto risultare un po' forzato, anche perché non sapevo cos'altro aggiungere. Per il prossimo capitolo ho in serbo una grande sorpresa, provate ad indovinare! :D
Un grazie a tutti quelli che hanno recensito lo scorso capitolo <3

 

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Capitolo 43
*** 42. Le Lune ci fanno un regalo inaspettato ***


Kori.
 
Mi guardo attorno. Siamo in un posto all’apparenza vuoto, bianco e inondato di luce. Aiuto Iris a rialzarsi, porgendole la mano ma non gliela lascio. La sento stringere forte la mia. neppure lei è tranquilla. Incrocio il suo sguardo. I suoi occhi mi guardano preoccupati e credo che lo stia facendo pure io. – Stai bene?- le domando. So che avrei potuto chiederglielo senza dirlo a voce alta ma voglio che mi risponda allo stesso modo, per risentire la sua voce.
Annuisce, prima di dire: - Sì, tranquillo. – mi sorride, scaldandomi il cuore. Fa per aggiungere altro ma Ilio attrae tutta la nostra attenzione con un incerto “Emh, ragazzi?”.
Ci voltiamo entrambi nella direzione che indica e, ne sono certo, impallidiamo tutti e due nello stesso momento, ovvero quando scopriamo che non ci siamo solo noi cinque in questo strano posto.
All’improvviso il petto mi si fa pesante, come se il mio cuore fosse diventato di cemento.
Aumento la presa alla mano di Iris, chiedendomi distrattamente se non le stia facendo del male. Faccio vagare il mio sguardo tra le altre cinque persone davanti a noi e non mi fermo finché non incontro degli occhi perfettamente identici ai miei ma marroni. Mi sento in balia di mille e più emozioni e dubbi. Come è possibile che siano qui? Siamo morti? Rendak? Che fine ha fatto? Abbiamo fallito? Dove siamo? Ma tutte queste domande si annullano quando Ilio interrompe il silenzio, un poco imbarazzante che si è creato tra noi dieci che, da quando abbiamo capito di non essere soli, abbiamo tenuto, guardandoci con espressioni incredule e commosse.
-Mamma. – mormora, le lacrime agli occhi e la mano destra alla bocca, forse per impedire di crollare a piangere.
Kara fa un sorriso enorme, anche lei con gli occhi azzurri lucidi, e spalanca le braccia tra cui Ilio non esita un attimo a buttarcisi. Continua a mormorare, come una dolce litania, “mamma”.
Un secondo dopo mi ritrovo abbracciato a mia madre. La sua pelle è leggermente fredda ma morbida e liscia, piacevole. Il suo abbraccio mi conforta, è come una ricompensa per tutto quello che abbiamo passato fino ad adesso. Mi sta stringendo come se volesse compensare tutti i sedici anni in cui non ha potuto neanche sfiorarmi ed io la ricambio.
La sento sussurrarmi all’orecchio quella che sembra una ninna nanna ma non l’ho mai sentita. Parla delle fiamme che proteggono e portano calore. Che sia tipica della nostra Discendenza?
-Ah, come sei cresciuto. – bisbiglia mia madre, che strano pensarlo, all’orecchio. – Fra un po’ dovrò alzarmi sulle punte per guardarti negli occhi. – ridacchia poi, staccandosi da me.
-Cosa… cosa ci fate qui? – lancio uno sguardo di sfuggita agli altri. Anche loro sembrano aver posto la stessa domanda alle loro madri. – E dove siamo? – aggiungo quando riporto il mio sguardo su Eileen.
Incrocia le braccia al petto e mi fa un sorrisetto furbo, come se lei sapesse qualcosa che io non so ed in effetti è così. – le Lune hanno un immenso potere, Kori. –
Aggrotto la fronte. – Cosa? –
Alza la mano sinistra e me la posa su una guancia. Con il pollice mi accarezza dolcemente lo zigomo, esattamente identico al suo. – Ci hanno concesso un po’ di tempo per stare con voi, Kori. – mi spiega con voce dolce. – Ci sono un po’ di cose da spiegare, no? –
Annuisco. – Perché non ci avete detto che Rendak è… -
-Il fratello minore di Talia e lo zio di Iris? Che importanza avrebbe avuto? Voi avreste dovuto spodestarlo lo stesso. – stacca la mano dal mio volto ed assume un’espressione malandrina, come se ne avesse combinato qualcosa e volesse sfidarmi ad accusarla. – Vuoi sapere altro? –
Faccio cenno di sì. – Dove siamo? – mi guardo attorno. È ancora tutto bianco e luminoso. Siamo in una stanza o in un luogo aperto?
-Le Lune hanno creato, per un tempo ristretto, un posto solo per noi. Sapevano che avreste avuto bisogno di noi. –
-Perché ci siete solo voi? –
Inizia a tormentare una delle sue ciocche nere, rigirandosele attorno alle dita. Volge il suo sguardo ai piedi e guarda le sue dita pallide. – Vorrei tanto che tu incontrassi tuo padre, Kori, ma le Lune hanno deciso così. Bisogna accontentarsi ogni tanto, no? – fa un sorriso minuscolo, non molto convinto.
Stringo i pugni. Le Lune scelgono a quale Discendenza apparteniamo, chi sarà il sovrano tra due pretendenti al potere. Perché dovremmo assecondarle? Sono loro che ci hanno portato a tutto questo. La Luna del Buio ha scelto che Talia sarebbe stata la sovrana della sua Discendenza, scatenando l’ira di Rendak, e sempre la stessa ha rovinato la vita di Iris. Perché dovremmo fidarci di loro?
Mia madre mi afferra il polso. I suoi occhi scuri fiammeggiano, sebbene non siano più rossi. Perché? – Kori, non osare pensarlo. – Spalanco i miei. Come ha fatto a capire a cosa stessi pensando? – Le Lune cercano di fare quello che credono sia il bene per i loro Discendenti. A volte sbagliano ma chi non lo fa? Le Lune ci hanno dato la vita e ci aiutano. Non pensare mai più a quello che stavi pensando. Chiaro? Altrimenti giuro che ti inseguo per tutta Alias. Con la morte avrò pur perso i miei poteri, ma sappi che so usare ancora la lancia egregiamente. –
Dalla mia bocca esce un verso stridulo di sorpresa. Chi l’avrebbe mai detto che mia madre assomigliasse di carattere a quella che mi ha cresciuto?
Guardando la mia espressione, mia madre ridacchia. Mi getta le braccia al collo ed abbraccia di nuovo. – Sei identico a tuo padre Jeiin. – mi dice all’orecchio. – Entrambi non riuscite a capire quando scherzo. – poi il suo tono si fa più serio. – Ma sono seria. Se metti in dubbio le Lune, ti inseguo per tutta Alias. –
-E lo Spirito? È ancora là fuori. –
Non mi risponde ma il fatto che si stia torturando il labbro inferiore mi fa capire che la risposta è “sì”. Merda. Ho fallito. Per colpa mia, c’è ancora in giro uno psicopatico assetato di sangue e vendetta.
Mia madre mi accarezza ma prima che possa dire qualcosa, una voce si intromette nella conversazione: è Talia del Buio. – Non è colpa tua, Kori. Posso parlarti? –
Eileen, dopo averla guardata per qualche secondo con un’espressione a dir poco stupita in volto, annuisce e si allontana. Quando è abbastanza lontana, la madre di Iris incatena il suo sguardo al mio. – Ormai le cose sono andate così, Kori del Fuoco. Non dannarti troppo per lo Spirito. Non darà fastidio per molto tempo. –
Ah, adesso dare fastidio vuol dire creare dei Riflessi delle persone per ucciderne delle altre e aiutare Rendak?  Il suo sguardo si rabbuia. – La situazione non è così semplice. – dice, facendomi capire che ha compreso a cosa stessi pensando. Sono così limpido? – Comunque, sta’ accanto a mia figlia. Ne avrà bisogno. –
Annuisco. Lo avrei fatto anche senza il suo consiglio.
-E non azzardarti più a fare giochetti come quello della torre. – aggiunge con cipiglio serio. Arrossisco, non trovando nulla da replicare.
Talia si lascia scappare un sorriso. – Però so che l’hai fatto per Iris e ti ringrazio. Aaron è entusiasta che il figlio della sua migliore amica sia innamorato di sua figlia. – scuote la testa mentre il suo sorriso si allarga. Poi riassume un’espressione più seria. – Buona fortuna. – mi augura, prima di tornare da sua figlia. Con la coda dell’occhio la vedo abbracciare Iris, stanno piangendo entrambe.
Mia madre lancia un’occhiata ad Iris, a pochi metri da noi, quando mi raggiunge di nuovo. – È diventata molto bella… - dice sorridendo maliziosa.
-Già. – replico con la gola improvvisamente secca. Il cuore mi si gonfia per la semplice consapevolezza di sapere che mi ama.
-Hai buon gusto. – ghigna. –Però sai che è complicata, vero? – Annuisco e faccio un sorriso piccolo. -  Testarda. – continua lei, al ché io compio un altro gesto d’assenso. – E che non devi più leggerle la mente senza… -
-Mamma! – la interrompo. – Ti prego non anche te! –
Mi stupisco all’istante di ciò che ho detto: “mamma”. È straordinario chiamarla “mamma”, nonostante per anni io abbia pensato che non avrei mai avuto l’occasione per rifermi così alla persona che lo è veramente, o quanto meno per me.
Ridacchia. – Per tutte le Lune! Sei peggio di Jeiin e Silan messi insieme! -  il suo sguardo si fa dolce. – Però è stato bello sentirtelo dire. –


Note dell'autrice:
Avrei voluto veramente aggiornare prima ma ho avuto da fare, vi chiedo scusa. Ho avuto da fare e infatti sono indietro con molte storie che sto seguendo. Da domani provvederò a recensire e a rispondere alle recensioni, scusate ancora.
Un grazie a tutti e chiedo venia in anticipo per i possibili errori nel capitolo, ho voluto pubblicarlo non appena l'ho finito di scrivere.

 

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Capitolo 44
*** 43. Sorpreso? Pure io, sinceramente. ***


Tia.
 
La prima cosa che penso vedendola è “non le assomiglio per niente”, la seconda che forse abbiamo dei tratti in comune, come il volto rotondo, la terza è che forse sarebbe stato meglio se le Lune non si fossero intromesse ancora un volta. Insomma, noi cinque ci stiamo allenando da mesi per seguire il loro volere e cosa fanno? Interrompono la battaglia, lo scontro finale. È come se fossimo al cinema e ci fosse l’intervallo proprio al momento più bello.
Ugh. Ora mi è venuta voglia di pop corn.
Scuoto la testa e vengo investita da mia madre. No, veramente, avrei preferito vederla dopo che tutta questa storia fosse finita. Almeno non prenderei il suo abbraccio come una sorta di porta fortuna ma uno di congratulazioni.
Mi accontenterei anche di un biglietto, a questo punto. Tutto, pur di togliermi questo dente il prima possibile.
Chissà se anche gli altri vedono Rendak come un dente da estirpare. Un fastidiosissimo dente con una carie. Magari un canino.
Mia madre, Sulla, si alza sulle punte, anche se non ne avrebbe bisogno, siccome mi supera di circa cinque centimetri, a quanto pare sono veramente la più bassa di tutta Alias, come sostiene Eracl da quando siamo arrivati qui, e avvicina la bocca al mio orecchio. – Sono così fiera di te, Tia. Sei diversa da come mi aspettavo che saresti diventata ma meglio. Sei molto più forte, coraggiosa e intelligente. –
Okay, forse su quest’ultimo punto ha un po’ esagerato, ma chi sono io per contraddire mia madre?
 
Io e mia madre parliamo per troppo poco tempo ma in questi brevi istanti mi diverto, sentendola raccontare di come fosse goffo mio padre Nar con me appena nata e altri aneddoti.
Sulla mi abbraccia un’ultima volta, prima di dire: - Ricorda quello che ti ho detto, sii meno impulsiva. Le nostre azioni e parole hanno delle conseguenze. Ti voglio bene. –
La stringo ancor più forte a me, consapevole che questa sarà l’ultima volta che potrò toccarla.
-Anch’io, mamma. – le rispondo, sperando che Eracl non senta, perché inizierebbe sicuramente a lamentarsi del fatto che con lui sono molto meno affettuosa. Beh, brezza estiva, lei è morta, tu non ancora. Poi scompare, si vaporizza davanti i miei occhi. È come se all’improvviso perdesse consistenza e, qualche secondo dopo, sbiadisse.
Sarebbe inutile dire che mi si spezza il cuore.

Dopo che le nostre madri scompaiono, tocca a noi andarcene da… qui. Non saprei in che altro modo definirlo. Diamine, il mio maggior problema, fino a tre mesi fa circa, era di farmi invitare ad uno stupido ballo scolastico da un tizio con un nome ancora più banale, adesso invece quello più innocuo è di trovare una definizione per un posto in cui mi sono ritrovata mentre stavo combattendo con il colpevole della morte dei miei genitori.
Suona ancora più strano, pensandoci.
Non dirlo a me, pensa Kori, fino a tre mesi fa dovevo solo preoccuparmi di non farmi scoprire addormentato durante le lezioni di matematica e che Ito Kasami mi lasciasse in pace.
Chi è Ito? Si intromette Iris, con tono confuso.
Emh…
Scusa ma non stavamo per fare qualcosa di più importante che parlare di una ragazza che aveva una cotta per Kori? Commenta Ilio.
Definisci importante, la esorta Eracl, con la coda dell’occhio lo vedo ridacchiare. Kori, invece sta diventando sempre più rosso.
Combattere contro un tiranno che tormenta da sedici anni Alias, gli risponde Ilio che solleva gli occhi al cielo ed incrocia le braccia, prima di scomparire. Che abbia assunto quella posa per aggiungere più effetto alla sua “uscita di scena”? Cavolo, voglio anch’io fare qualcosa del genere.
Allora questo è solo divertente, ridacchia ancora Eracl, prima che Kori ed Iris, ormai del tutto disinteressati alla nostra conversazione, svaniscano anche loro.
Do un pugno alla spalla di Eracl. Idiota.
 
Non ritorniamo nello stesso punto della stanza da cui siamo spariti ma in un angolo, nascosti da una cortina d’ombra creata da Iris. Ha le braccia spalancate e dai suoi palmi fuori escono delle strisce sottili di nebbia nera, che si aggiungono al velo che ci sta nascondendo.
Mi rialzo da terra, rendendomi conto che Iris sta usando i suoi poteri da Discendente del Buio. È una sorta di miracolo.
Ragazzi, una volta che l’abbasso, ci vedrà. Siete pronti? Ci chiede, il suo tono è leggermente insicuro, mi rendo conto solo dopo che è terrorizzata. Siete i migliori amici che potessi desiderare, voglio che lo sappiate.
Si vede che non hai avuto molti amici.
Giuro che un giorno di questi ti prendo a calci, Eracl.
Quello è il mio compito, Ilio!
Okay, Iris, fallo e lascia perdere questi imbecilli.
Sembra quasi che non stiamo per rischiare la vita.
Iris chiude le mani a pugno e lascia cadere le braccia ai fianchi, nello stesso momento, la barriera che ci ha nascosto inizia a scomparire e a renderci visibili agli occhi di Rendak. Chiudo i miei e mi concentro sul mio Elemento. Quando li riapro, sul pavimento della stanza sono comparsi tanti piccoli germogli che si stanno facendo sempre più alti e robusti. Con la coda dell’occhio vedo che anche gli altri stanno facendo lo stesso: Kori è letteralmente in fiamme, Ilio sta maneggiando una grande sfera d’acqua, modellandola con attenzione, Iris sembra una luce intermittente, un attimo brilla, quello dopo sembra scomparsa, chissà cosa le ha detto la madre per convincerla ad usare a pieno i suoi poteri, ed Eracl è nell’occhio del suo personale ciclone, piccoli detriti, foglie, pezzetti di mattoni ed altro, vengono sollevati dal vento e girano attorno a lui. I suoi capelli grigi sono mossi dall’aria e il suo sguardo è minaccioso. Non mi è mai sembrato più bello e pericoloso di adesso.
Non appena ci individua, sul volto di Rendak compare un sorriso maligno. – Finalmente vi ho trovato, mocciosi. – nella sua mano sinistra compare un’altra ombra che, man mano che il braccio di Rendak si alza, diventa sempre più stretta ed affilata, poi, schizza verso di noi e in aria inizia a dividersi in tanti piccoli dardi.
Prima ancora che io possa erigere una barriera per proteggerci, o che ci pensi Iris o chiunque altro di noi cinque, le ombre vengono deviate. Da altre ombre solide. Mi volto verso Iris ma dalla sua espressione sorpresa capisco che non è lei la responsabile.
Riporto lo sguardo davanti a me. Le ombre ora si sono trasformate in degli animali. Due felini, per la precisione. Una è una pantera, l’altra un leone, due volte più grosso della prima. Il leone si lancia contro l’avversaria ma questa sguscia via prima di venire ferita.
Guardo affascinata i due felini combattere, lo fanno in maniera elegante e calcolata, studiando i movimenti dell’avversario prima di attaccare.
Proprio quando il leone sembra che stia per sopraffare la pantera, questa gli dà una zampata sugli occhi e si allontana dall’avversario con un balzo, poi si rilancia contro di lui, lo morde ad un fianco e il leone scompare.
La pantera ci lancia uno sguardo disinteressato, come se ci avesse salvati solo perché gli andava e non perché gli importi veramente qualcosa di noi, si volta verso la porta, su cui si affacciano due figure maschili in contro luce, una snella ed un’ altra bassa con una spada imponente, annuisce e svanisce.
-Nei miei allenamenti eri più duro, padre. – dice con voce divertita quello basso.
Solo in un secondo momento capisco chi sia. Shade. Fa un passo in avanti e così ora riesco a vedere meglio il suo volto. È sporco e unto, i suoi capelli arruffati e ha un sorriso folle, che lo fa sembrare ancora più minaccioso, vista la spada enorme che sta tenendo in mano con una disinvoltura inquietante. È come se ci giocasse fin da bambino e non mi stupirei se fosse così, visto quello che mi ha raccontato su di lui Ilio. Ce lo vedo quasi, a cinque anni, venire messo a letto dal padre e dirgli con voce seria che la sua spada potrebbe mettersi a piangere se non dormiranno insieme. Sempre che Shade abbia mai usato tale scusa. Io lo facevo sempre con la mia madre adottiva, anche se la pregavo di farmi di dormire con una pianta, al posto della spada. – Sorpreso? – dice poi Shade. Alza l’arma. – Pure io, sinceramente. –
Il viso di Rendak non lascia trasparire alcuna emozione, anche se scommetterei che è abbastanza sorpreso. Io lo sono. Per qualche minuto non parla, si limita a restarsene fermo, sbalordito e con la bocca socchiusa. Poi, quando sembra intenzionato a prendere la parola, si odono per tutto il castello delle urla, dei passi e dei rumori di battaglia. Rendak richiude la bocca e serra le labbra, prima di parlare: - Cosa sta succedendo? – sul suo volto compare una smorfia infastidita. Pare quasi che questo fracasso infernale sia solo una mosca tediosa che gli ronza davanti agli occhi.
Anche Elias fa un passo in avanti, pure lui ha il volto sporco e noto alcuni nuovi graffi sul braccio. Il Discendente della Terra fa un sorriso soddisfatto, prima di rispondere al padre: - I Discendenti della Luce avevano una gran voglia di uscire. –
Credo che il mio mento abbia appena toccato il pavimento. Ehi, fa pure rima!
Se Rendak sembra sorpreso, non lo da a vedere di certo. Ugh, è così frustrante. Il suo volto non lascia trasparire niente di quello a cui sta pensando. Tipo Eiran. Anzi, sorride perfino.
-Quindi adesso ti sei convinto pure te, Shade? Secondo te merito di morire? –
Il quattordicenne stringe ancora di più le mani attorno all’elsa della spada, le sue nocche diventano, se possibile, ancora più pallide. Riesco quasi a distinguere le vene bluastre. Passano alcuni minuti di silenzio, in cui Shade non risponde. Elias ha in volto un’espressione indecifrabile. Che stia dubitando della risposta del fratello?
Poi il Discendente del Buio fa un respiro profondo e le sue spalle sembrano rilassarsi. Chiude gli occhi e le ciglia sono così lunghe che gli sfiorano gli zigomi, non appena lo fa. Realizzo con sorpresa che è identico alla madre di Iris, Talia del Buio. Shade apre gli occhi e si appoggia allo spadone con un’ altezzosità che potrebbe usare solo un principe. Ed in effetti lo è stato, per quattordici anni. Si lecca le labbra sottili, prima di rispondere al padre: - Hai paura di morire, padre? Non è così? Tutti hanno paura di qualcosa. – qui la voce gli trema un poco ma poi riprende il tono da adulto alla mano. – Credo che tu conosca la mia, come io so qual è la tua. È questo il fine degli ultimi quattordici anni, eh? Avevi già in mente che al tuo piano ti sarebbe servito un figlio della tua stessa Discendenza. Per questo hai lasciato Demes. Lo Spirito ti aveva già detto a quale sarebbe appartenuto Elias. Volevi qualcuno da poter sfruttare, qualcuno che ti sarebbe rimasto fedele. Davvero furbo, padre. Davvero. Fin da quando sono nato, hai già tessuto le trame del mio futuro. Cosa sarei, insomma? La tua vittima sacrificale o la tua guardia del corpo, siccome ti aspettavi che ti avrei aiutato, se si fosse presentata una situazione del genere? Forse è per questo che sapevo usare i miei poteri ancor prima dei dieci anni. –
A queste parole, Iris sussulta. Mi giro verso di lei, ha gli occhi spalancati. – Anche tu? – mormora con sorpresa nella voce. Shade la ignora ma credo che questo breve scambio abbia fatto capire una cosa importante ad entrambi: non sono soli. In un secondo momento mi rendo conto che ha smesso di brillare, come Kori ha finito di essere veramente la Torcia Umana, e Ilio, Eracl e me abbiamo cessato di manipolare i nostri Elementi
- Tu mi stai chiedendo se meriti di morire. Io non sono un dio, un essere superiore o altro. Non ho il diritto per deciderlo, quindi neanche per farlo. In fondo sei stato mio padre, mi hai voluto bene, o quanto meno me lo hai fatto credere. Sei stato la mia famiglia. Non si uccide la propria famiglia se non con un motivo più che valido. Io non ce l’ho. – si stacca dalla spada. La guarda un attimo, prima di lanciarla ad Eracl. – Loro sì. Sono sicuro che saranno dei sovrani mille volte meglio di te. –
Dopo di ché, si volta indietro e scambia uno sguardo con il fratello. Elias annuisce e dal pavimento spuntano altri germogli, altre radici che vanno ad attorcigliarsi alle caviglie di Rendak, ancora fermo su sé stesso. Poi delle ombre vanno ai suoi polsi e all’improvviso è come se gli pesassero una tonnellata, perché Rendak cade in ginocchio, le mani a terra.
Shade fa un passo indietro, mentre noi ci accerchiamo attorno a Rendak. Eracl si passa tra le mani la spada. Ora non sembra così grossa. La alza e punta sul torace di Rendak, però non l’affonda. Capisco all’istante cosa sta pensando: dobbiamo farlo insieme.
La abbassa leggermente, per permettere a me e ad Iris di poter impugnare l’elsa anche noi. Prima che lo facciamo, che diamo un senso al nostro ritorno ad Alias, anche se non abbiamo mai saputo che fosse questa casa nostra, Iris dice qualcosa: - Vorrei tanto che tu fossi stato diverso. –
Non posso fare a meno di concordare.

Note dell'autrice:
Questo capitolo è stato un parto. Mi dispiace di pubblicare solo adesso ma, ecco, ho cambiato idea così tante volte che non sono sicura se la maniera in cui l'ho scritto sia "quella giusta". L'idea originale era di scrivere di una gran battaglia eccetera ma poi, boh, mi è uscita così, la fine di questo capitolo. E sinceramente non mi dispiace neanche. Non so che pensare al riguardo. Credo sia meglio così, siccome il mio parere non è propriamente obbiettivo. Mi fa ancora strano che i capitoli che devo ancora scrivere si contano in neanche le dita di una mano, davvero. 
Che ne pensate del capitolo? Qui Tia diventa molto più riflessiva, verso la fine ma penso che non sarebbe potuto essere altrimenti, visto quello che succede. 
Grazie a chi ha recensito lo scorso capitolo e chi segue/preferisce/ricorda questa storia.
p.s. Rendak... Mi piace pensare che si sia lasciato uccidere così facilmente per le parole di Shade, ma se voi lo trovate strano, vi capisco, anche una parte di me lo pensa.


 

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Capitolo 45
*** 44. Il destino di chi resta. ***


Eracl.
 
 Prima che la lama oltrepassi il suo petto, Rendak ha un fremito. È come se prendesse una piccola scossa. Assisto alla scena con distacco, ne sono solo lo spettatore, non colui che ne ha pieno controllo.
Chissà se anche per gli altri è lo stesso.
Quando il corpo cade in avanti sul pavimento, con un rumore sordo, sussulto. Mi aspettavo quasi che non producesse suoni. Facendone, è come se fosse umano.
Non voglio che Rendak mi appaia umano.
Ritiro la spada dal cadavere, incredulo.
Possibile che sia veramente lui, quello che abbiamo ucciso?
Rimaniamo tutti e sette in silenzio per un po’, a fissare quello che è stato Rendak del Buio, poi io lo spezzo. – Sono io il solo a credere che sia stato tutto troppo facile? – apro e chiudo le dita attorno all’elsa dell’arma. Tra le mie mani, non sembra così imponente. Ma dove l’ha trovata Shade?
Kori aggrotta la fronte. – No, ma spero che non ci siano altre sorprese, in realtà. –
Accanto a lui, Iris annuisce. Si appoggia a lui con lo sguardo fisso ancora sullo zio morto.
Una parte di me non può fare a meno di invidiarla: Iris ha Shade ed Elias. I suoi ultimi parenti. Certo, io ho Gene ma è come se non ne avessi nessuno.
Come se avesse percepito i miei pensieri, Tia mi prende la mano, lo sguardo rivolto nella stessa direzione di quello della Discendente del Buio e della Luce.
Ovvio che li ho sentiti, Einstein. Siamo ancora collegati. Mi rimprovera con non molta energia.
Guardo per qualche secondo di troppo, insomma, abbastanza tempo per fare la figura del rimbambito, le nostre mani intrecciate. Non eri contraria alle manifestazioni d’affetto?
Tia sbuffa, assumendo un’adorabile espressione seccata. Oh, sta’ un po’ zitto.
 Ma non posso proprio prenderla sul serio, visto che poi si appoggia a me.
 
Copriamo Rendak con un telo che troviamo fuori dalla stanza. Il palazzo è tornato normale. Niente corridoi con cugini che vogliono soffiarti la ragazza.
Non appena Elias copre anche il viso del padre, i Pezzi di luna iniziano a brillare. Con sguardo attonito osservo il mio sollevarsi, fino ad arrivare all’altezza dei miei occhi.
Faccio per toccarlo ma quello schizza subito via. Verso l’altare. Il Pezzo viene presto raggiunto dai suoi fratelli che iniziano ad avvicinarsi sempre di più l’uno all’altro.
Presto tutti e sei smettono di emanare luci dei colori delle loro Discendenze e cominciano a brillare di candidi raggi bianchi.
Man mano che si intensificano, i Pezzi sembrano sprofondare nell’altare, fino a che non vediamo più la luce lattea. Poi, odo un rumore, una piccola esplosione a mala pena udibile.
- Ma cosa… - faccio per dire, poco prima che l’onda d’urto ci investa e tutto intorno a me esploda.
Vengo sbattuto all’indietro e, mentre sono in aria, attiro Tia contro il mio petto, nel tentativo di proteggerla con il mio corpo. Finiamo contro una parete o almeno credo, perché sono certo di essere finito dall’altra parte della stanza, ma, sinceramente, non ci giurerei, siccome non sento alcuno schianto con il muro di pietra.
Solo in un secondo momento mi rendo conto di aver chiuso gli occhi e, con non poca esitazione, ne apro uno alla volta.
Sono sospeso in aria, circondato da quella che sembra una luminosa aura bianca.
Ma cosa…?
-Allora ce l’avete fatta. – dice una voce che in questi mesi mi è diventata fin troppo familiare. Non posso fare a meno di sorridere. Eiran.
Sento uno schiocco di dita e il pavimento inizia ad avvicinarsi sempre di più a me, troppo velocemente per i miei gusti. Con facilità, manipolo una corrente e, invece di cadere, scendo delicatamente a terra, lasciando gli altri al loro destino.
Non moriranno mica per una caduta di tre metri. Non dopo quello che abbiamo appena passato.
Mi guardo attorno. Siamo fuori dal Palazzo e attorno a noi ci sono macerie. Il muro che circondava l’edificio è crollato, come l’edificio stesso, del resto.
-Avevi qualche dubbio? – replica Ilio con un  sorriso sghembo. Elias è appoggiato a lei ma non saprei dire se per la gamba, che già da prima gli doleva, o per altro.
Eiran inarca un sopraciglio. – Alcuni, siccome tra di voi ci sono certi individui. – per un momento penso che si riferisca a Elias e Shade, poi mi accorgo che sta rivolgendo il suo sguardo su me e Kori.
Che bello sentirsi amati.
Gli dedico un sorriso strafottente, mentre mi gratto la testa. – Grazie a queste tue parole, so che potrò sempre contare su di te. Grazie davvero. -   
Il Custode si limita ad ignorarmi e a volgere la sua attenzione su Shade ed Elias. Fa qualche passo verso di loro e si ferma quando li distanziano circa due metri. Non sembra fare caso al braccio del maggiore adagiato sulle spalle di Ilio. –Il vostro è stato un atto di grande coraggio. Sappiate che le vostre madri sarebbero fiere di voi. – dice con voce incolore, come se stesse dicendo queste parole a pappagallo. Il suo sguardo verde si sofferma un po’ di più su Shade, che se sta fermo, i pugni ai fianchi e gli occhi fissi su quelli del Custode.
-Perché? L’hai forse conosciuta? – gli domanda con voce dura.
Eiran non fa una piega al commento di Shade e non replica. Il che non è poi così strano, siccome sono abituato al suo comportamento ma diciamo che il fatto che sorrida mi sorprende non poco.
-A proposito di madri, - si intromette Iris, attirando quindi l’attenzione del Custode. – le… le abbiamo incontrate. – stringe la mano attorno al suo medaglione. – Su concessione delle Lune. –
Eiran annuisce debolmente. – Lo so. –
Kori lo guarda con un misto di stupore e diffidenza negli occhi rossi. – E come? –
-Me lo ha detto Ambra. –
Okay, ora sono davvero sorpreso.
 
-Che fine hanno fatto i Discendenti della Luce? E Gene? E Nidar? – chiede, dopo un po’ di stupefatto silenzio, Tia.
Eiran evita con maestria il suo sguardo ma risponde lo stesso. – Tutti gli altri nel Palazzo… beh, non hanno fatto una fine proprio bella. –
Spalanco gli occhi. – Cosa?! – esclamo.
Eiran mi guarda come se fossi un bambino particolarmente stupido. – Non ci sono più. Questo lo capisci? –
-Ma… perché? E cos’è stata quell’esplosione? – lo incalzo.
Prima di darmi una risposta, chiude gli occhi e si stringe il dorso del naso tra il pollice e l’indice, quasi fosse tremendamente annoiato e infastidito, e sono sicuro che sia così, dalle mie domande assillanti. – Le Lune ne sono le responsabili. Hanno adempito al loro compito: prendersi cura dei loro Discendenti. –
-Uccidendoli? – replica con diffidenza nella voce Iris. Ha le mani strette a pugno. – Sono davvero caritatevoli! –
Eiran solleva gli occhi al cielo. – Sì, perché tutti quei Discendenti della Luce avrebbero avuto una gran vita qui. La metà di loro era malata e prossima alla morte, l’altra era impazzita. Le Lune non li hanno uccisi. Li hanno prelevati da questo mondo, – dà un calcio ad un detrito. – che ci metterà tempo per risanarsi. – lo osserva rotolare fino a che non si scontra con ciò che rimane di un muro ancora in piedi. Rivolge di nuovo il suo sguardo su di noi e, vedendo le nostre espressioni scettiche, sbuffa. – Se questo può rincuorarvi, non erano gli ultimi Discendenti della Luce di Alias. – si lascia scappare un sorriso sornione. – Oh, certo che no. Non tutti sono così stupidi da farsi prendere. E, beh, altri nascono da coppie inaspettate. –
Inclino la testa di lato. – Che intendi dire? –
Il suo sorriso da stregatto si allarga. – Ci sono anche i figli dei Custodi. La prole nata da una coppia formata da due Custodi, è molto imprevedibile. Può essere di tutto. Credo di avervelo detto, una volta. Ma ovviamente ciò che vi dico vi entra in un orecchio e vi esce dall’altro. –
-Insomma, vuoi dire che ad Alias ci sono altri Discendenti della Luce? Che sono scappati? –
Il Custode annuisce. – Ovvio. In questi sedici anni, alcuni nuclei sono riusciti a nascondersi dove era più difficile per Rendak raggiungerli. –
-E lo Spirito? Come hanno fatto ad aggirare anche lui? – gli domanda Kori.
Eiran fa spallucce. – Tra di loro ci sono anche dei Custodi. Hanno creato delle difese che impedissero allo Spirito di venire a sapere della loro esistenza. E, prima che tu possa domandarmelo, no, non so dove sia finito. – la sua espressione si fa torva. – Né cos’abbia in mente. – mormora poi a bassa voce.
-Cosa intendi dire? – lo sollecita a parlare Ilio, con voce curiosa e allo stesso tempo insicura.
Eiran incontra il suo sguardo. – È stato lui a permettervi di uccidere Rendak. –
-Cosa?! – esclamo per la seconda volta, guadagnandomi anche questa un’occhiataccia da parte del Custode.
-Rendak è stato sempre, fin dall’infanzia, un individuo schivo, era quasi impossibile capire cosa pensasse. Per tutti questi anni ho creduto che non nutrisse rimorsi per la morte di Talia ma… ecco, credo, che tu, Shade, glieli abbia fatti nascere. –
-Ma hai appena detto… - fa per dire Iris.
-So, cos’ho appena affermato. Ma, se foste così gentili da non interrompermi, forse riuscirei a finire la mia spiegazione. – si ferma un attimo per guardarci uno ad uno, poi, quando si ritiene soddisfatto, continua a spiegare: - Io… penso che le tue parole lo abbiano colpito, Shade del Buio, - l’espressione dell’interpellato non fa una piega. Per questo, mi ricorda un po’ Eiran. E suo padre. –ma non so cosa avrebbe fatto se lo Spirito non lo avesse manipolato. –
-In che senso? – si acciglia Kori.
-Nel senso che lo Spirito ha fatto sì che non cercasse di resistervi, alla fine. Credo che abbia percepito ciò che sentiva. Ha capito che non gli era più utile e lo ha sacrificato. –
-Stai dicendo che mio padre è stato per tutto questo tempo una marionetta nelle mani di un Custode morto? – domanda Shade con tono cinico. Lo guardo con la coda dell’occhio: in volta ha un’aria truce e tiene le braccia incrociate al petto.
Eiran scuote la testa, serio. - È difficile dire chi si fidasse di meno tra quei due. E no, Rendak non è mai stato manipolato dallo Spirito e non lo ha mai manipolato. Diciamo che si sono alleati per interessi in comune. –
-E quali sarebbero? – lo incalza Tia, un sopraciglio alzato.
-Credo che ce li possiamo solo immaginare. –
 
 
 
Il giorno dopo…
 
-Oh, andiamo! Non ci vedremo per un mese, mica per dieci anni! – cerco di protestare, tentando, allo stesso tempo, di scollarmi Ilio di dosso.
-Non fare l’insensibile. – brontola lei contro il mio petto, facendo così ridere Kori, che sta tenendo per mano Iris. Ilio si volta verso di lui. – Guarda che tra un po’ ritorno da te, eh! –
Kori impallidisce all’istante. C’è stato bisogno di me, Iris ed Elias per staccare Ilio da Kori. Tia si è limitata a ridere per tutto il tempo, cosa che sta facendo pure ora, tra l’altro.
Che piccola bellissima nana infame.
Lentamente, porto le mani alle spalle della mia amica e la spingo via delicatamente. Non sono il primo che dovrà partire per la capitale della propria Discendenza, bensì Ilio, ecco perché sembra essere diventata una cozza umana, ma voglio lo stesso salutare Kori, siccome lui sarà il secondo.
La Discendente dell’Acqua fa un passo indietro e mi dedica un sorriso un po’ triste. Sospira. – Non fare casini troppo irreparabili in questi giorni, okay? –
Annuisco. – Ci proverò. –
-Questo vuol dire che tra una settimana l’intera Città dell’Aria si rivolterà contro di lui, lo sai, vero? - si intromette Tia con voce squillante.
Ilio ride. – Sarei sorpresa del contrario. – afferma prima di prendere la mano di Elias e scomparire nel portale. Shade lancia un’occhiata a tutti quanti, si sofferma di più su Iris, prima di seguirli.
Quando, ieri, Eiran ci ha informato che saremmo dovuti andare a vivere nelle capitali delle nostre Discendenze, rivendicando così le nostre cariche che ci spettano di diritto eccetera, per non vederci quindi per un mese, Elias ha subito deciso che sarebbe andato con Ilio. E, beh, dove va Elias, va anche Shade, vista la promessa che il primo ha fatto a quest’ultimo. Non so se Shade sia contento o no di andare alla Città della Sorgente ma non ha protestato, il che dovrebbe suggerirci che forse non è poi così contrario alla cosa.
Dopo Ilio, è il turno di Kori per attraversare il portale. Lo saluto esattamente come ho fatto quando è andato a prendere il suo Pezzo di Luna: gli do una pacca sulla spalla. Poi gli sorrido.
-Oh, guarda che puoi anche abbracciarlo senza sembrare troppo sentimentale! – esclama ironica Tia.
La ignoro.
Iris, ovviamente, non deve attraversare alcun portale, siccome siamo già nella Città del Buio e della Luce. O della Luce e del Buio. Non ho mai capito veramente quale venisse prima.
Circondo le sue spalle, quando noto che ha gli occhi lucidi di lacrime mentre Kori scompare.
Iris mi ringrazia sorridendomi.
Si discosta da me per abbracciare Tia. Le sento sussurrarsi qualcosa sottovoce ma non capisco cosa. Io mi limito a starmene un po’ a distanza da loro, con Eiran al mio fianco.
Deve fargli strano non vederci dopo aver passato praticamente ogni giorno con noi.
-Ehi, brezza estiva! Non mi saluti? – richiama la mia attenzione Tia. o dovrei dire “la mia ragazza”?       
Le sorrido e la raggiungo con poche ed ampie falcate. – Non oserei mai, nana. –
Mi dà un leggero pugno sulla spalla, giusto per ricordarmi che odia farsi chiamare così tanto quanto io adoro farlo. – Vedi di non rischiare di farti tagliare la mano. –
Ridacchia. – La parte della mammina che si preoccupa non ti si addice, Einstein. Quella ormai è stata rivendicata da Ilio. – scherza, mentre le cingo la vita con un braccio.
Mi chino su di lei e sento l’aria che le esce dalla bocca sfiorarmi le labbra. Sono a tanto così dal baciarla che Eiran ci interrompe. – Bando alle ciance, non posso tenere aperto il portale per tutto il giorno. Se non vi muovete, farete la strada a piedi! –
Tia si sporge oltre la mia spalla per parlare col Custode, lasciandomi leggermente interdetto. – E… quanto dista la Città della Foglia da qui? –
-Qualcosa come 2000 chilometri. – alla sua risposta, la ragazza trasale, mi scocca un veloce bacio sulle labbra e corre verso il portale. Però, prima di attraversarlo, si gira ed incatena il suo sguardo al mio.
-Spiacente, brezza estiva! Sono troppo pigra per rischiare di far incavolare quella vecchietta scorbutica. Magari approfondiremo il discorso tra un mese, eh? –
Pigra.


Note dell'autrice:
Umh... spero che l'ultimo capitolo di Eracl vi sia piaciuto, ci ho messo giusto anche un po' di Tiacl, tanto per non deludere quelli che li shippano ^-^
In questo capitolo... beh, è parecchio di passaggio ma io penso che sia parecchio utile, visto che qui si spiegano un po' di cose... Ammetto che è da quando ho pubblicato il capitolo precedente che penso alla questione Rendak/Custode eccetera. Vi dico solo che, se le cose vanno bene, potrei spiegarla meglio ma non in questa storia. Umh, sì, sto pensando ad un sequel. Ma non so se farlo o meno, siccome ho un'altra storia in corso e, beh, vorrei iniziare a pubblicarne un'altra, una volta che avrò scritto gli altri capitoli.
Boh, devo decidere.
Anche gli accenni ai Discendenti della Luce che sono scappati non sono casuali. Credo che nel prossimo capitolo si capirà il perché. Cioè, io credo che lo si capisca poi non so se sia così ovvio. 
Ad ogni modo, scusate se non ho risposto alle recensioni provvederò a farlo al più presto.
p.s. Nel prossimo ci sarà una sorpresa che, spero, sarà gradita.

 

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Capitolo 46
*** 45. Shade ***


Shade.
 
Un mese dopo…
 
Sinceramente non so se sarei venuto, se Elias non mi avesse praticamente costretto ad assistere all’incoronazione di Ilio e nostra cugina Iris. Mi fa strano pensare che adesso saranno loro, i sovrani delle sei Discendenze di Alias.
Dopotutto nostro padre, non c’è più.
È passato esattamente un mese dalla sua morte e la gente sembra aver già dimenticato quei sedici anni bui in cui nessun Discendente della Luce era al sicuro, in cui tutte le provviste erano sotto il controllo di nostro padre, così come le sei Discendenze.
 E quindi, in teoria, dovrebbero aver anche dimenticato che io, in teoria, avrei dovuto condannarli minimo ad altrettanti anni di sofferenze. Invece ora alcuni si limitano a guardarmi con diffidenza, ma solo per la mia parentela con Rendak, ed altri mi sorridono perfino.
Rispondo a tutti e due nello stesso modo: ignorandoli.
I primi sono solo degli ipocriti, che si dimostrano gentili qual tanto che basta, siccome, alla fine, assieme a mio fratello Elias ho aiutato anche io a liberare Alias, ma che credono che, molto probabilmente, prenderò il posto di mio padre, un giorno.
I secondi mi mettono a disagio.
Non capisco propriamente perché mi sorridano.
Una volta l’ho chiesto ad Elias ma lui si è limitato a ridere.
Lancio uno sguardo alla folla davanti a me.
Ci saranno più di un migliaio di persone, che parlano, ridono, si divertono eccetera. Sembrano un mare colorato di rosso, giallo, blu, verde, grigio e nero. Tra una persone e l’altra lo spazio è veramente poco.
Tranne che per noi, io ed Elias.
È come se fossimo in un’isola in mezzo a questo oceano.
Mi piace la definizione.
So di essere sempre stato diverso dagli altri della mia età e non mi dispiace questa cosa, anche se è logico, siccome non ho mai avuto veramente qualcosa con cui confrontare la mia vita.
Neppure con quella di mia cugina, in fondo, visto che fin da quando era piccolissima già era stato deciso che avrebbe ucciso mio padre.
Che strano decidere per un neonato.
Non ne ho mai visto nessuno dal vivo, ma una volta ho trovato dei miei ricordi di quando avevo poco più di due mesi. Mi ha fatto uno strano effetto pensare che quell’essere così piccolo ero io. Sembrava un’altra persona. Non potevo essere io quello.
Era così piccolo, indifeso, inconsapevole di ciò che avevano progettato per lui, a differenza della sua versione che lo stava guardando, tredici anni più vecchia.
Lancio un’occhiata a mio fratello, senza che lui se ne accorga. Mi supera di una ventina di centimetri circa e sono veramente pochi i nostri lineamenti in comune, eppure è già successo che, alla Città della Sorgente, ci abbiano riconosciuto subito come fratelli, quei fratelli.
Tutte le volte, Elias si è limitato a replicare che adesso l’era di Rendak è finita, fortunatamente.
Io, invece, ho sempre taciuto.
So perfettamente che il legame tra Elias e nostro padre è totalmente diverso da quello che io ho avuto con lui e non me ne può importare di meno, se mio fratello cerca di dimenticarlo.
Io non posso.
Dopotutto è pur sempre stato mio padre. È stata la mia ancora, in un certo senso.
E credo che mi abbia voluto bene, a modo suo. Non so se sia stato lo stesso per Elias.
È per questo che continuo a riferirmi a lui come “mio padre”, facendo storcere parecchie volte il naso a Elias ed Ilio, quando mangiamo insieme nel suo palazzo, così diverso da quello tetro in cui sono cresciuto.
Non posso dimenticarlo così facilmente, Rendak mi ha reso quello che sono, non posso rinnegarlo anche se molto probabilmente le uniche persone che non mi temeranno saranno Elias e i cinque salvatori di Alias, come tutta la gente che oggi è venuta a vederli ha iniziato a chiamarli.
Io e mio fratello veniamo chiamati semplicemente “i figli di Rendak”.
A causa di questo, ho realizzato che Rendak non è stato un semplice Discendente del Buio, no, io credo che lui sia anche qualcosa di indimenticabile, un segno indelebile. Una volta che ti segna, è impossibile che tu possa cancellare la sua impronta.
Il fatto che io sia riconosciuto solo come suo figlio, e non con il mio nome, ne è un esempio.
Con un sospiro seccato, mi appoggio alla colonna dietro di me. Incrocio le braccia al petto e lancio un’occhiata truce al palco poco distante da noi. Qui sopra, ci sono Iris, Kori, Eracl, Tia, Eiran ed Ilio.
Elias mi guarda divertito. – Ti stai annoiando? –
Alzo un sopraciglio, assumendo un’espressione che, come mi ha raccontato Ilio, è tremendamente simile a quella della mia defunta zia Talia. – Tu che dici? –
Ridacchia. – In effetti ti ho costretto io a venire… - ammette.
Faccio spallucce ed evito il suo sguardo, riportandolo sulla folla. Scorgo una ragazza che vi passa attraverso, fermandosi ogni tre secondi per sistemare la marea di collanine che porta in mano o darne una ad un Discendente o un Custode.
Quando incontro i suoi occhi dorati, distolgo lo sguardo. – Il primo passo è ammetterlo. – borbotto in direzione di Elias.
-Ed il secondo? – mi stuzzica con un sorriso.
-È… -
-Volete un ciondolo? – mi interrompe la ragazza di prima, quella che stava distribuendo collanine a destra e a manca.
Rimango in silenzio, guardando l’oggetto in questione. È semplice, sono solo sei perline colorate con i colori delle sei Discendenze e la cordicella bianca , probabilmente simboleggia i Custodi, non ha nulla di speciale.
Poi studio la ragazza. Credo abbia la mia stessa età, non saprei dirlo, non ho avuto modo per affinare la mia “tecnica” nel distinguere l’età di qualcuno guardandone solo il volto, anche perché, neanche quando guardo il mio, non saprei dire quanti anni io dimostri.
È una Discendente della Luce. Molto probabilmente si è trasferita qui da poco, siccome fino ad un mese fa avrebbe rischiato la vita, se avesse sfoggiato in strada i suoi abiti dorati o i riccioli quasi dello stesso colore.
Umh. Strano. I suoi capelli non sono chiari come gli altri componenti della sua Discendenza. Anzi, sembrano di qualche tono più scuro, come se li avesse tinti più volte. Le arrivano alle spalle e paiono indomabili. Il suo volto è pallido e ovale, cosparso da tantissime lentiggini. I lineamenti sono dolci e le labbra rosee, i suoi occhi grandi e contornati da folte ciglia di qualche sfumatura più scura dei capelli, come le sopraciglia dritte.
È alta quanto me, forse persino di più, ma credo solo di pochi centimetri, probabilmente uno o due.
Mi stacco dalla colonna, tentando di rendere giustizia ai miei 158 centimetri di statura. Il fatto che io sia più basso della media, come ho potuto notare in questi ultimi giorni, mi mette a disagio.
Indossa abiti puliti, nuovi. Li ha comprato di recente, ovviamente. Negli ultimi anni non poteva andarsene in giro sfoderando l’appartenenza alla Discendenza della Luce.
Non appena nota che la sto guardando, la ragazza arrossisce un poco.
Elias invece non se ne accorge e sfodera un sorriso amichevole. – Certo. – e prende una delle collane che gli porge la Discendente che poi si volta verso di me per dirmi: - E tu? –
Alzo un sopraciglio e borbotto un “è uguale”, prima di incrociare di nuovo le braccia al petto.
Mio fratello si limita a ridacchiare, scuotendo la testa. – Grazie… -
-Delia della Luce. – si presenta lei con un sorriso.
-Io sono Elias della Terra. – le stringe la mano.
-Be’, allora ciao, Elias della Terra. – dice per poi andarsene.
Quando non è più a portata d’orecchio, mio fratello si volta verso di me. – Carina, eh? – la sua voce ha un tono strano, quasi malizioso. Ci metto qualche secondo per capire cosa intenda e ne passano altrettanti in cui annaspo, cercando qualcosa da dire per fargli capire che quello che sta insinuando è semplicemente ridicolo. Insomma, mio fratello crede che io trovi attraente una Discendente della Luce?! Pft.
Alla fine, realizzo che, se cercassi di negare, potrei fornirgli delle scuse per continuare quest’idiozia, così rimango indifferente. O almeno ci provo. – Se lo credi tu. – borbotto dopo aver fatto spallucce.
- Certo, Ilio è tutta un’ altra storia… - continua, guardandomi di soppiatto.
Alzo gli occhi al cielo, mentre lo ignoro e vago con lo sguardo sulla folla. Solo in un secondo momento mi accorgo che, qualcosa, dentro di me, spera di trovarla. Ugh. – Se preferisci il genere. – replico dopo un po’ che l’ho scorsa. Mi mordo l’interno della guancia destra, quando mi rendo conto che avrei dovuto presentarmi. Ma poi scaccio il pensiero con un gesto della mano. Stupide convezioni sociali.
-E il tuo quale sarebbe, sentiamo? -  ride lui, facendomi, per mia disgrazia, arrossire non poco.
Non gli rispondo e continuo a guardare la Discendente della Luce, Delia. La vedo sorridere e dare quelle collanine a chiunque si dimostri interessato, ovvero più o meno tutti meno che io.
Evviva la distinzione dalla massa.
Credo che Elias stia continuando a parlarmi ma, sinceramente, non ne sono troppo sicuro, siccome sono impegnato a cercare di ignorarlo, non smettendo di guardare Delia.
Più che altro perché mi incuriosisce.
Sicuramente per tutta la sua vita si è nascosta dai seguaci di mio padre, dai suoi alleati, ha visto negarsi la possibilità di essere sé stessa e sorride.
È possibile non provare rancore dopo aver subito tali ingiustizie?
Io lo nutro, eppure, tecnicamente, sono il carnefice, non la vittima.
Per due volte, Delia si volta verso la mia direzione, e altrettante io sto attento a non farmi scoprire a fissarla. Sarebbe a dir poco imbarazzante.
La terza volta che si volta di nuovo, si aggiusta i capelli, muovendo il braccio con le collane con così tanta foga che gliene cadono alcune senza che se ne accorga.
-Le sono cadute. – constato, quando noto che nessuno si prende il gran “fastidio” di restituirgliele.
-Cosa? – domanda Elias con sorpresa. Probabilmente non si aspettava che avrei parlato, troppo preso a stuzzicarmi, approfittandosi del fatto che lo ignorassi e dunque non avrei risposto violentemente. Cosa che è quasi accaduta, una volta, quando avevo sette anni e lui mi prendeva in giro.
-Le sono cadute le collane. – ripeto, con tono seccato.
Mio fratello ci mette un po’ di tempo, troppo, per capire cosa io intenda, dopo di ché le sua labbra hanno un lieve movimento verso l’alto, appena percettibile ma che mi irrita tantissimo.
-Qualcuno dovrebbe portargliele. – mormora con un sorriso furbo.
Incrocio le braccia al petto. – Già. –
-Ma nessuno se n’è accorto tranne te. –
-E te. – aggiungo subito.
Annuisce. – Già. –
Innalzo un sopraciglio, voltandomi verso di lui e perdendo così il mio contatto visivo con Delia.
Ora non cerca più di nascondere il suo sorriso. – Hai bisogno di un messaggio scritto per farti capire che a me va bene se vai? –
-Cosa? – spero vivamente che non abbia notato la sorpresa nella mia voce.
-Hai capito benissimo. –
-Invece no. Dove dovrei andare, scusa? –
Fa uno sbuffo, poi guarda me, Delia e di nuovo me. Alza un sopraciglio e mi fa un gesto con le mani come per dirmi “devo aggiungere altro?”.
Io mi limito a seguire Delia con lo sguardo per un minuto buono per poi riportare la mia attenzione su Elias, scrutandolo per cercare di capire cosa stia pensando. Fa un gesto affermativo ed io mi stacco dalla colonna.
I passi mi sembrano malfermi, è strano. Sono sempre stato abituato a camminare come se tutta Alias fosse mia, ai miei piedi, il ché è vero, in un certo senso. Ma ora…
Per tutte le Lune, non devo fare nulla di che, vado, prendo quelle stupide collane, cerco di non fare la figura dell’idiota e torno da mio fratello. Veloce e semplice.
Raccolgo i ciondoli e la raggiungo, scoccando occhiatacce a tutti quelli a cui devo dare spallate per impedire di finire soffocato. Mai come in questo momento ho odiato di più la mia bassezza.
Mai.
Quando le arrivo alle spalle, vengo colto all’improvviso da una strana agitazione.
Insomma, per cosa dovrei esserlo?
Elias non è nervoso quando parla con le ragazze, non lo è mai stato con Ilio. Perché io dovrei esserlo con questa sconosciuta?
Mi do mentalmente dello stupido e le picchietto la spalla. Si gira e quando mi vede spalanca gli occhi dorati per la sorpresa.
Mi stupisco non poco nel pensare che mi piacciono. Sembrano pieni di meraviglia.
-Cosa ci fai qui? – domanda.
Le mostro le collane e, se possibile, lei apre gli occhi ancor di più. Sembrano enormi, ora.
Li prende e per sbaglio sfiora la mia mano, provocandomi un sussulto. – Grazie… -
Vuole sapere il mio nome… merda. Anche se non ha associato la mia faccia con quella del figlio di Rendak, non appena le dirò il mio nome, capirà chi sono. Ma di cosa dovrei preoccuparmi? Delia della Luce è una sconosciuta. La sua reazione, sicuramente catalogabile nella classe delle persone che non si fidano di me, non mi scalfirà. Sarà solo un’altra goccia nell’oceano. Impercettibile.
-Shade del Buio. – rispondo con tono serio, alzando lievemente il mento, in attesa che sul suo volto lentigginoso compaia un’espressione sospettosa o qualcosa del genere.
-Come il figlio di Rendak? – chiede lei genuinamente, sorprendendomi non poco.
-Io sono il figlio di Rendak. – la correggo, desideroso di avere l’ennesima conferma che le eccezioni sono solo un’utopia.
-Oh. – fa lei.
“Oh”? Incontro il suo sguardo, a dir poco sbigottito. Non ho captato tracce di avversione, solo sorpresa. Delia mi fa un sorriso. – Grazie per le collane, Shade del Buio. – le guarda un attimo, per poi posare gli occhi su tutta la gente. – Ho ancora un po’ da fare. Avrei bisogno d’aiuto. Se ti annoi, puoi sempre raccontarmi come insieme a quei cinque, - indica Iris, Ilio, Kori, Tia ed Eracl sul palco. – e tuo fratello hai salvato Alias. –
Fa per andarsene, lasciandomi in mezzo a tutta questa gente. Probabilmente ho perfino la mascella che sfiora il pavimento.
Non che ci sia molta distanza.
Per. Tutte. Le. Lune. Cosa. Diamine. È. Appena. Successo?
Ci metto qualche secondo, prima di decidere di seguirla, con la sensazione che qualcosa sta cambiando in me, che forse mi porterà a qualcosa di buono. Magari mi cancellerà questo segno indelebile che mi ha lasciato Rendak, mio padre. Per quanto possa essere possibile cancellare un segno indelebile. Eppure potrebbe essere sempre possibile. No?
Potrebbe addirittura essere un nuovo inizio, penso raggiungendola.

Note dell'autrice:
Allora, ho appena deciso di pubblicare questo capitolo. La mia prima intenzione era di metterlo assieme a quello di Ilio ma, siccome il suo è ancora in fase di revisione/scrittura (diamine non avevo mai scritto il capitolo finale di una storia: in un certo senso non lo auguro a nessuno), ho pensato che fosse giusto aggiornare, siccome è da quasi un mese che non mi faccio sentire e i sensi di colpa mi stanno facendo un agguato ogni volta che vedo il mio profilo. Perciò... ecco a voi Shade.
All'inizio non volevo neanche scrivere un suo punto di vista, avevo intenzione di descrivere il suo incontro con Delia da parte di Ilio ma poi ho pensato che non avrei mai potuto far capire come si sentisse in quel momento e come affrontasse la sparizione del padre.
Mi è piaciuto non poco entrare nella sua piccola testa bacata e credo che sia venuto fuori un capitolo niente male, o quanto meno a me piace, poi fatemelo sapere, ci tengo a leggere le vostre opinioni.
Mi piacerebbe sapere anche che cosa ne pensate di Delia *^* anche se il suo personaggio non è approfondito per niente... cosa che farò nel seguito che ho intenzione di scrivere: mi stanno venendo delle idee... devo assolutamente metterle giù e non appena avrò scritto anche l'epilogo lo inizierò.
Beh, credo di aver detto/scritto tutto, spero che non me ne vogliate troppo per questo periodo di silenzio *^*
p.s. Pubblicherò il capitolo seguente non appena lo avrò finito. Quindi potrebbe essere questione di pochi giorni.

 

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