Shout

di VahalaSly
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Mudblood ***
Capitolo 2: *** What Lies Beneath ***
Capitolo 3: *** Slytherin ***
Capitolo 4: *** Not so difficult after all ***
Capitolo 5: *** Incomprehensible ***
Capitolo 6: *** The power of books ***
Capitolo 7: *** Changes ***
Capitolo 8: *** Can you not? ***
Capitolo 9: *** Anger ***
Capitolo 10: *** May I have this dance? ***
Capitolo 11: *** Hurt ***
Capitolo 12: *** Don't wake me up ***
Capitolo 13: *** Demons ***
Capitolo 14: *** It's dark outside ***
Capitolo 15: *** Warm ***
Capitolo 16: *** What should I do? ***
Capitolo 17: *** Enemy ***
Capitolo 18: *** When The Moon Rises ***
Capitolo 19: *** Game on ***
Capitolo 20: *** Don't Shout ***
Capitolo 21: *** Shout ***
Capitolo 22: *** Game Over ***
Capitolo 23: *** Vengeance ***



Capitolo 1
*** Mudblood ***


 

Salve a tutti :)
Questa è la prima Fic che scrivo da tanto, tanto tempo. 
Qualche giorno fa, per caso, mi è capitato di vedere un video sui Malandrini. E' stato amore a prima vista! 
Ho deciso di provare a scrivere una storia, una di quelle che solitamente mi piace tenere ben nascoste nel mio computer; tuttavia dopo aver scritto un po' di paragrafi, Amrita, che ringrazio infinitamente per l'enorme aiuto, mi ha convinto a renderla pubblica.
Prometto che mi impegnerò ad aggiornarla nei tempi più brevi possibili e cercherò di non rendere i personaggi troppo OOC. Spero solo che la mia storia vi piaccia e magari, chissà, vi regali qualche minuto di divertimento :)
Buona lettura a tutti!

 

 

 

Quando cinque anni fa arrivai ad Hogwarts, ero assolutamente convinta che niente da allora sarebbe più potuto andare storto.

Rimasi incantata dal magnifico castello che si vedeva in lontananza dal lago, dall'enorme ragazzone che ci condusse attraverso la distesa d'acqua e sopratutto dall'immensa sala da pranzo nella quale fummo accolti. Il soffitto sembrava un magnifico cielo purpureo e tutte le teste dei ragazzi più grandi erano voltate verso di noi. Mi sentivo così emozionata, euforica, quasi non potessi contenere tutta quella felicità; niente avrebbe potuto rovinare quel momento.

O almeno così pensai fino al momento in cui il cappello parlante non mi assegnò a Serpeverde.
Nell'istante in cui mi venne tolto dalla testa, sentii subito il gelo provocato dagli sguardi dei miei stessi compagni di casa, la parola mezzosangue bisbigliata di orecchio in orecchio.

Purtroppo nessuno aveva sentito la necessità di avvertirmi della fissazione dei Serpeverde per il sangue puro; nessuno mi aveva spiegato cosa voleva dire, nella società dei maghi, essere una nata babbana. Specialmente una nata babbana serpeverde.

Lo scoprii a mie spese nelle successive settimane, quando mi ritrovai completamente sola in una scuola che ospitava più di trecento alunni.

Il primo anno fu un vero inferno: vagavo per i corridoi stringendo al petto i miei libri, cercando di ignorare gli insulti lanciatimi dai miei stessi compagni di casa. Finite le lezioni mi rintanavo in biblioteca, evitando di tornare nel mio dormitorio fino a quando non fosse stato estremamente necessario. Le mie speranze di stringere amicizia con ragazzi delle altre case si rivelò vana, visti gli sguardi che mi lanciavano solo per essere nella casa sbagliata. Iniziai a ricambiare quegli sguardi, trovandomi all'improvviso ad odiare le altre tre case di Hogwarts più di quanto odiassi i compagni della mia.
Imparai con il tempo a diventare invisibile, così che entro il secondo anno nessuno sembrava più ricordarsi della mia esistenza; niente più insulti, niente più nottate a piangere soffocando i singhiozzi con il cuscino. La solitudine diventò una piacevole compagna, insieme ai libri e alle pergamene.
Sapevo benissimo che sarebbe bastato un niente per tornare all'incubo che avevo vissuto nel mio primo anno ad Hogwarts, per questo mi maledissi non appena, quattro anni dopo, in un tardo pomeriggio di ottobre, aprii la bocca.

Ero in giardino, come ero solita fare a quell'ora, semi-nascosta dietro il tronco di un albero a leggere, quando un gruppo di Serpeverde si era avvicinato ridendo sguaiatamente e urlando verso i Grifondoro come i Mangiamorte stavano svolgendo un ottimo lavoro ripulendo le strade dai nati babbani. Uno dei ragazzi iniziò poi a vantarsi di come lui sarebbe sicuramente stato scelto per diventare un seguace del “Potente Signore Oscuro” e io, infastidita per l'interruzione e sicuramente affetta da un colpo di calore (nient'altro avrebbe potuto spiegare la mia momentanea stupidità), ebbi la pessima idea di borbottare una sarcastica risposta. Ovviamente mi sentì

“Come hai detto scusa?” sibilò il ragazzo.

Fui quasi tentata di scusarmi, ma il modo in cui mi guardava mi fece cambiare idea. Decisi che ormai il danno era fatto.

“Ho detto che Il Signore Oscuro farebbe veramente un pessimo affare a prenderti tra le sue fila. Con la tua abilità con la bacchetta come minimo dimezzeresti da solo intere schiere dei Mangiamorte.

Non un affare così pessimo, ora che ci penso.” se non fossi stata troppo impegnata ad assicurarmi che non mi lanciasse contro una maledizione mi sarei schiaffeggiata.

Il ragazzo, di cui veramente non ricordavo il nome, sembrò sul punto di scoppiare. Il viso si colorò di un innaturale porpora e alcune vene sulle tempie iniziarono a pulsare. Tempestivamente come al solito mi prese un attacco di ridarella, che camuffai con uno starnuto. Perfetto Elisabeth, ci manca solo che gli scoppi a ridere in faccia.

“Tu, sporca mezzosangue, come OSI rivolgerti a me con questo tono? Tu non dovresti nemmeno esistere, inutile e patetico essere!” ringhiò. Davvero scortese.

“Ma si da il caso che esista, giusto?” ribadii insicura, maledicendomi per essermi cacciata in quel guaio. Il ragazzo-di-cui-non-ricordavo-il-nome era chiaramente più parole che fatti, ma non ci sarebbe voluto molto perché la storia girasse e a quel punto Dio solo sapeva il casino che ne sarebbe nato. Iniziai a pensare a un incantesimo per diventare invisibile permanentemente.

Mi alzai e feci per girarmi ed andarmene, quando il polso mi venne afferrato bruscamente e fui tirata indietro. “Non osare darmi le spalle!” urlò il ragazzo, ma si ritrasse non appena vide la bacchetta puntata contro di lui. Continuai a tenerla rivolta verso il suo volto, lo sguardo fermo, finché egli non iniziò a retrocedere e con lui i suoi amici.

“Sei morta!” soffiò, prima di voltarsi e rientrare nel castello.

A quel punto mi abbandonai contro il tronco dell'albero, esausta.

Avevo combinato un bel casino, un vero e proprio disastro. Ero stato già abbastanza sorprendente che non mi avessero attaccato tutti lì, non appena avevo tirato fuori la bacchetta.
Tuttavia non mi aspettavo altrettanta clemenza nei giorni successivi. O forse dovrei dire anni...
Come se non bastasse, qualunque studente nel raggio di cinquanta metri mi stava fissando. Mi rannicchiai nuovamente al riparo dietro l'albero, ma continuai chiaramente a sentire i loro sguardi perforarmi la schiena. Mi girai per controllare la situazione. I ragazzi parlottavano tra loro, indicandomi, ridacchiando. Sentii addirittura qualcuno fare il mio nome. E addio invisibilità.

Grandioso. In un paio di minuti ero riuscita a distruggere tutto quello che avevo faticosamente impiegato cinque anni a costruire.

Perfino i Malandrini, quattro broccoli Grifondoro del sesto anno che si divertivano particolarmente a rendere la vita dei serpeverde impossibile, sembravano non aver niente di meglio da fare che fissarmi.

Sperai solo di non ritrovarmi presa di mira anche da loro, avrei finito per non avere un attimo di pace.
Visto che sembravano non si farsi troppi problemi a squadrarmi apertamente, li ricambiai.
Ovviamente, li conoscevo bene, erano famosi in tutta la scuola, si erano perfino affibbiati un soprannome. Patetici.

Sirius Black, James Potter, Remus Lupin e Peter Qualcosa ( no, davvero, la mia memoria era imbarazzante) erano l'oggetto di discussioni rabbiose preferito in sala comune, particolarmente i primi due. Il loro bersaglio prediletto era indubbiamente Severus Piton, che riusciva ad essere tra i serpeverde odiato perfino più di me. Tuttavia, quando si trattava dei Malandrini, tutti concordavano con lui nel convenire che fossero la piaga suprema di Hogwarts, tant'è che alcuni desideravano unirsi a Tu-Sai-Chi solo per poterli torturare fino alla morte.

Vi erano poi quelli, tra cui Severus stesso, che erano andati oltre le parole, arrivando ad unirsi a gruppi di giovani sostenitori di Tu-Sai-Chi. Si facevano chiamare Mangiamorte.

Abbassai lo sguardo, stanca di quell'inutile battaglia di occhiate. Mi sollevai, presi il mio libro e tornai nel castello, verso la biblioteca. Speravo di ricavare ancora qualche ora di pace prima di iniziare quelli che sarebbero sicuramente stati i peggiori tre anni della mia vita.

 

Corsi giù per le scale, cercando di fare il minor rumore possibile.

Ero rimasta in biblioteca perdendo completamente la cognizione del tempo, fino a quando Madama Pince non mi aveva riportato bruscamente alla realtà buttandomi fuori.

Purtroppo le 19.30 non erano nemmeno lontanamente abbastanza tardi, perciò mi andai a rifugiare nel bagno in disuso del secondo piano, adorabilmente inutilizzato grazie alla presenza di Mirtilla Malcontenta. Molti avrebbero definito Mirtilla uno strazio, io tuttavia le ero immensamente grata: non sarei sopravvissuta tutti quegli anni ad Hogwarts se non avessi avuto questo bagno per rifugiarmi la sera, sopratutto dopo lo scattare del coprifuoco. Inizialmente avevo avuto parecchie difficoltà a sopportare la sua presenza, ma dopo un paio di anni mi ero adattata. Ora si poteva quasi dire che io e Mirtilla andavamo d'accordo. Quasi.

“Oh, sei di nuovo qui! Pensavo avessi deciso che non era più il caso di degnarmi della tua presenza! D'altronde chi sopporta la bisbetica Mirtilla!”

“Ciao anche a te Mirtilla. Niente di nuovo oggi?” chiesi il più gentilmente possibile.

“No, sempre la solita noia giù nelle fogne. Anche se ad un certo punto sono quasi sicura di aver visto una mano...” raccontò mentre mi fluttuava attorno.

“Una mano?”

“ Sì! Bruttina, un po' decomposta. Vi erano dei topolini che...”

“Ok. Capito. Mano, topi e altri dettagli che preferirei evitare per tenermi la cena nello stomaco” la interruppi. Lei mi guardò, forse pronta a darmi una rispostaccia, ma si trattenne.

Incredibilmente, dopo un po' di frequenti visite, Mirtilla era diventata sempre più tollerante nei miei confronti, se così si poteva definire il suo comportamento. Era, triste a dirsi, probabilmente l'unica amica che avessi in quella scuola. O nel resto del pianeta.

Sospirai, sedendomi sul davanzale di una delle finestre. Mirtilla si accomodò sull'altro lato, dandomi una sensazione di gelo nel punto in cui i nostri piedi si toccarono; cercai di nasconderlo il meglio possibile.
“Oggi sei più silenziosa del solito” mi fece notare, leggermente indispettita.

Sospirai “E' che ho combinato un disastro, e sono preoccupata per quello che potrebbe succedere”

“Hai fornicato con un ragazzo?” domandò curiosa.

“Cosa? No, nessun ragazzo” risposi velocemente, guardandola dubbiosa. “ Ho però insultato uno stuolo di Serpeverde”

“Tu sei serpeverde"

“E una nata babbana. Le cose non sembrano combaciare proprio al meglio” ribattei più duramente di quanto volessi, ancora nervosa per quanto era accaduto

Me ne pentii non appena vidi la faccia offesa di Mirtilla.

“Certo, allora andiamo nel bagno di Mirtilla a sfogarci con lei, tanto che sarà mai! Lei è solo una ragazza morta, non ha dei sentimenti che possono essere feriti!” mi urlò contro. Prima che potessi anche solo scusarmi, o se non altro provare a farla ragionare, era già sparita in un water.

Oggi non sembrava proprio essere giornata.

Ne approfittai per godermi qualche ora in solitudine, in compagnia di un romanzo comprato nell'ultima visita a Hogsmeade.

Parlava di una strega incredibilmente potente che sceglieva di cedere i suoi poteri pur di salvare il suo amato; tuttavia, poiché egli non ricambiava il suo amore, lei si ritrovava senza poteri e senza amato. Decideva perciò di vivere in mezzo ai babbani, che l'autrice del libro non aveva mai chiaramente visto nemmeno col binocolo visto la presenza di oggetti come lo sparapuffoli, il cercoletto e l'autoportabile. La strega alla fine si innamorava di un mortale, lo sposava e finivano a vivere in un'adorabile casetta in riva al mare.

L'ultima pagina del libro conteneva una foto dell'autrice, la quale mandava baci volanti che svolazzarono fuori dalla foto e mi colpirono sulla guancia. Chiusi il libro di scatto.

Devo smettere di comprare libri del genere.

Guardai l'orologio, saltando in piedi non appena vidi l'ora. Mezzanotte! Accidenti, se mi beccano nei corridoi a quest'ora mi tolgono come minimo 100 punti.

Uscii piano dal bagno, sentendo il mio stomaco brontolare. Mi ero completamente dimenticata di cenare, tuttavia evitare la sala grande era stata solo una buona cosa: l'umiliazione pubblica non era proprio il mio più grande desiderio.

Stavo per scendere le scale che portavano ai sotterranei, quando vidi un'ombra. Mi nascosi veloce dietro una sporgenza del muro, giusto un secondo prima che Severus Piton spuntasse dalle scale, guardandosi attorno, per poi dirigersi furtivo verso il portone di ingresso, che incredibilmente si aprì con una sola spinta senza nemmeno un cigolio a rompere il silenzio del castello.

Che diamine stava facendo? Che stesse andando ad incontrare i suoi amichetti Mangiamorte?

Dovrei avvertire Silente, pensai. Però se mi sbagliavo?

Prima che me ne rendessi conto lo stavo seguendo, camminando piano e tenendomi rasente al muro. Arrivata al portone diedi una leggera spinta e quello si aprì, lasciandomi basita nonostante l'avessi visto aprirsi pochi secondi prima con Severus.

Per quanto ne sapevo, il portone non era mai aperto dopo il coprifuoco; c'era decisamente qualcosa che non andava.

Lo seguii per un bel pezzo nel cortile, ma divenne più difficile quando mi ritrovai nella pianura che portava al platano picchiatore, dove non vi era nessun posto in cui nascondersi. All'improvviso si fermò e io dovetti praticamente correre dietro un albero piuttosto distante per impedirgli di vedermi. Tuttavia fu inutile, poiché non si girò. Rimase lì, fermo, come se stesse aspettando qualcuno.

Improvvisamente vidi un'ombra vicino al Platano Picchiatore. Sembrava essere appena uscito dal tronco, cosa altamente improbabile. Severus sembrò vederla a sua volta, poiché si lanciò all'inseguimento. Raggiunse il Platano Picchiatore e lanciò un incantesimo, così che l'albero smettesse improvvisamente di muoversi.

Sentii letteralmente la mia mascella in caduta libera.

Prima che potesse fare anche solo un altro passo però, un'altra figura si diresse correndo verso di lui. Lo raggiunse e lo bloccò, parandoglisi davanti. Sembrarono discutere: Piton era visibilmente alterato e continuava ad indicare il Platano picchiatore, altro negava con la testa, indicando verso il castello.

Alla fine il personaggio misterioso sembrò avere la meglio, poiché Piton si allontanò a grandi passi verso il castello, senza voltarsi indietro. A quel punto la luna sbucò tra le nuvole, illuminando il volto di... JAMES POTTER! No, non ci volevo credere! James Potter era un Mangiamorte? Effettivamente il carattere c'era tutto, ma insomma, i Grifondoro, con quella loro idea di bontà e coraggio e il loro ego gigantesco, proprio non ce li vedevo a stare dalla parte di Tu-Sai-Chi.

Magari però stavo interpretando male io, dopo tutto potevano esserci milioni di spiegazioni plausibili per la scena a cui avevo appena assistito... giusto?

Decisi di scoprire se avevo ragione, facendo probabilmente la cosa più stupida che potessi: non appena anche Potter sparì in direzione del castello, mi avvicinai al platano picchiatore ed analizzai il tronco dal quale mi era parso veder uscire l'ombra.

Non volevo credere ai miei occhi quando vidi un'apertura alla base.

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Capitolo 2
*** What Lies Beneath ***


Sgusciai all'interno, sempre più convinta della mia chiara malattia mentale. Per quale altro motivo avrei fatto una cosa simile? La curiosità era però più forte di me e, anche se non volevo ammetterlo, lo era anche la paura. Non quella di ciò che sarebbe potuto accadere da lì a momenti ( ok, un po' c'era anche quella ), ma la paura di ciò che mi sarebbe accaduto, a me e a tutti gli altri nati babbani, se i così detti Mangiamorte fossero riusciti ad attaccare o a penetrare in qualche modo nella scuola. Pensavo particolarmente alla mia pelle, lo ammetto, ma nessuno è perfetto.

Avanzai a tentoni, praticamente in ginocchio. Ero all'interno di una galleria decisamente angusta, che sembrava condurre verso il basso. Continuai l'avanzata per un bel po' di minuti, sempre più tentata di tornare semplicemente indietro, quando il tunnel iniziò a salire. Velocizzai il passo, stando ben attenta a percepire eventuali rumori. L'ululato del lupi giungeva forte e chiaro, perciò immaginai di essere vicina alla superficie, magari in mezzo alla foresta.

Sentivo i battiti del mio cuore nelle orecchie che diventavano più veloci ad ogni mio passo. Quando uscii dal tunnel mi ritrovai in una vecchia casa, impolverata e decisamente danneggiata.

Che posto è questo?

Ora che ero fuori dalla galleria, il silenzio era assoluto. Non un cigolio, uno scricchiolio, nemmeno i lupi si facevano più sentire. Avvertii dei brividi percorrermi la schiena.

Poi all'improvviso percepii qualcuno respirare profondamente dietro di me. Mi girai lentamente, incontrando un paio di occhi gialli che mi fissavano rabbiosi.

L'enorme licantropo si avvicinò piano, ringhiando.

Non riuscii a trattenere un urlo che si tramutò in un gemito non appena la creatura mi colpii al braccio, facendomi cadere a terra; sentii la tunica strapparsi. Afferrai la bacchetta e gliela puntai contro, urlando l'incantesimo delle pastoie; il licantropo si immobilizzò all'istante, cadendo all'indietro con un tonfo. Mi sollevai velocemente da terra, correndo verso l'entrata della galleria. Immaginate la mia sorpresa quando Sirius Black sbucò da essa. Mi vide e si bloccò, sbiancando in volto; sembrò sul punto di dire qualcosa, poi spalancò gli occhi, spaventato. Non ebbi bisogno di girarmi per capire che l'incantesimo delle pastoie non aveva retto.

“CORRI!” urlai a Black, spingendolo indietro verso la galleria.

Riuscì ad infilarmi velocemente anche io, non prima però di sentire qualcosa lacerarmi la schiena. Soffocai un urlo, cadendo in avanti, ma risollevandomi subito. Black era davanti a me e sembrava incerto se aspettarmi o andare avanti, quando il suo sguardo si posò sulla mia tunica strappata. Lo stemma di Serpeverde si era staccato, lasciando uno squarcio al suo posto.

In quel momento il suo cervello sembrò riaccendersi (grande risultato per un Grifondoro): mi afferrò il polso e iniziò a correre verso l'uscita della galleria, trascinandomi con sé.

Impiegammo meno di 5 minuti ad uscire, tuttavia a me sembrarono un'eternità. Il dolore alla schiena si faceva ogni secondo più forte e la mia vista iniziava ad appannarsi.

Finalmente fummo fuori e io respirai avidamente l'aria fresca della notte. Il Platano Picchiatore era ancora immobile, solo le foglie si muovevano seguendo la brezza.

Black si girò verso i me, le mani sulle ginocchia mentre cercava di riprendere fiato.

“Si può sapere cosa ci facevi lì dentro?!” mi urlò contro.

Iniziai a formulare una rabbiosa risposta, ma fui sopraffatta dal dolore alla schiena.

Poi le tenebre mi avvolsero.

 

“James, vieni, si sta svegliando!” esclamò una voce accanto a me.

“Buongiorno, Mr. Ovvietà!” salutai sarcastica, aprendo gli occhi. Sarcasmo che andò sprecato, giudicai, quando vidi le facce confuse di Black e Potter. Ed ecco il genio dei Grifondoro all'opera.
“Hai dormito bene, principessa?” mi chiese acido Black.

“Come un angioletto, grazie.” risposi secca. Davvero non avevo voglia di farmi fare la morale da una coppietta di broccoli.

Mi guardai intorno, leggermente confusa. Ero stesa nella brandina di quella che sembrava essere un'infermeria completamente vuota, tuttavia non era quella di Madama Chips.

“Dove diamine siamo?” chiesi a disagio. Ero piuttosto sicura di non essere mai stata in quel posto.

“Per essere onesto, non ne ho idea” mi rispose Black, guardandosi in giro “Stavamo cercando un posto dove metterti e abbiamo visto questa stanza. Era vuota con delle brandine, perciò ci è sembrata perfetta. E' stata una bella fortuna, considerando che Gazza era a pochi metri da noi.”

“Beh... è stato gentile da parte vostra... uhm... grazie” la frase suonò quasi come una domanda.
Non riuscivo veramente a credere che Potter e Black avessero quasi rischiato di essere espulsi per aiutare me.

Cercai di mettermi a sedere, sollevandomi lentamente. La schiena mi pulsava dolorosamente, tuttavia mi sforzai di restare impassibile: non mi sarei permessa di mostrarmi così debole.
“Allora, avanti, spiega: che ci facevi lì?” mi chiese Potter senza troppi giri di parole.

Cercai di contenere il fastidio che era sorto dal sentirlo rivolgermisi così e ragionai sulla risposta che era il caso di dare. Ancora non sapevo esattamente cosa fosse successo: Perché Piton, nel cuore della notte, sarebbe dovuto uscire dal castello per andare in una casa che ospitava un licantropo. E sopratutto perché Potter avrebbe dovuto raggiungerlo e impedirglielo.

Avevo la testa troppo annebbiata per pensare ad una scusa decente, perciò decisi di raccontare semplicemente la verità.

“Stavo tornando nella sala comune, ero stata fino a tardi a leggere in bagno, quando ho visto Mr. Ho-disperatamente-bisogno-di-uno-shampoo uscire di soppiatto. Ho pensato che magari stava andando ad una specie di riunione di Mangiamorte o che so io, così ho deciso di seguirlo. Ad un certo punto ha fatto qualcosa al Platano Picchiatore che si è immobilizzato, ma poi sei arrivato tu” dissi indicando Potter “e siete tornati indietro. Ammetto di essere stata curiosa a quel punto e ho deciso di controllare l'albero; ho visto l'apertura e sono entrata. Il resto... beh, lo sapete, immagino” evitai di riferire che avevo pensato che Potter fosse un Mangiamorte. La storia era già abbastanza surreale così.

“Cos'è, eri ansiosa di unirti a Voldemort?” mi chiese quest'ultimo, la voce piena di astio. Mi sorprese che utilizzasse il nome di Tu-Sai-Chi, ma ancora di più che la sua stupidità potesse raggiungere livelli simili. Dio, era imbarazzante perfino per essere un Grifondoro.

“Così ansiosa da dimenticarmi che il suo scopo è sterminare tutti quelli come me. Sono sicura che Tu-Sai-Chi non vede l'ora di avere una sporca mezzosangue tra le sue fila.” ribattei stizzita.

Potter ebbe almeno la decenza di sembrare imbarazzato.

“Direi che ora è il vostro turno di dare spiegazioni.” dissi guardandoli.

Loro si scambiarono uno sguardo, senza però che nessuno dei due sembrasse minimamente intenzionato a chiarirmi quello che era appena successo.

“Se le spiegazioni non me le date voi, allora vedrò di andare a chiederle a Piton, avendo premura di raccontagli esattamente quello che è successo dopo che si è allontanato dal Platano.”

“Tipico di voi serpeverde, sapete ragionare solo a minacce!” mi accusò Potter.

“Io non sto minacciando proprio nessuno! Voglio solo sapere perché sono quasi stata ammazzata da un dannato lupo mannaro rinchiuso in una casa collegata alla nostra scuola da un tunnel nascosto sotto al platano picchiatore!” esclamai arrabbiata. Non aveva proprio diritto di accusare me, quando erano loro a tenermi nascosto tutto!

“Se vuoi sapere la verità, allora devi giurare di non raccontarla mai a nessuno.” disse Black. Potter sembrò sul punto di contestare, ma l'altro lo bloccò con la mano.

“E a chi dovrei raccontarla?” chiesi più a me stessa che a loro. Mirtilla sarebbe andata ghiotta per degli scoop del genere, immaginai.

“Quello che è successo stasera... beh, non era altro che uno scherzo.” disse piano Black.

“Cosa?!” domandai incredula. Era questa la loro idea di divertimento?

“Ho pensato che, beh, sarebbe stato divertente se Mocciosus, che si diverte a pedinarci da almeno due mesi, si fosse preso un bello spavento. Non doveva accadere niente di più. Non mi aspettavo di certo che qualcuno l'avrebbe seguito!”.

“E dire che pensavo fosse Potter quello stupido.” borbottai. Quello fece una smorfia.

“Questo tuttavia non spiega dove avete trovato un lupo mannaro e, sopratutto, come vi è saltato in mente di portarlo così vicino alla... ohh” improvvisamente realizzai tutto. Ma certo, non avevano portato il licantropo vicino alla scuola, ma l'avevano allontanato. Era uno studente. Uno studente che si assentava puntualmente una volta al mese, che risultava sempre malaticcio e provato. Era così ovvio che mi sembrò incredibile non averlo realizzato prima.

“Lupin...” sussurrai “Remus Lupin è un licantropo!”

 

Quando finalmente tornai nel dormitorio della mia casa erano le quattro del mattino passate.
Avevo fatto parecchia fatica a ricordare la parola d'ordine, che quella settimana era “Il potere è la via” (il melodramma era il nostro forte), ma alla fine riuscii entrare e mi precipitai verso il nostro bagno.

Se la sala comune era inquietante, il bagno lo era di gran lunga di più. Tuttavia ero ben disposta a sacrificare un ambiente allegro per il lusso che vi regnava: le pareti erano di marmo verde; i lavandini, disposti in fila, avevano rubinetti d'argento modellati per sembrare dei serpenti. Vi erano due vasche da bagno, enormi, riparate dietro dei paravento verdi e argento.

Ciò che interessava a me, comunque, era il grande specchio che occupava la parete accanto alle vasche. Mi avvicinai con cautela, rimuovendo piano il mantello, il maglione e la camicia, imprecando a bassa voce per il dolore. Diedi la schiena allo specchio, cercando di guardare oltre la mia spalla il meglio possibile.

Lumus” sussurrai piano agitando leggermente la bacchetta.

Quando vidi le condizioni della mia schiena, raggelai. Mi aspettavo una ferita, un graffio magari, invece quello che vi trovai furono tre lunghi squarci che partivano dalla spalla sinistra e scendevano fino all'altezza dei reni. La mia eccessiva magrezza, dovuta a tante cene saltate pur di non entrare in sala grande, faceva sì che mi si potessero facilmente contare le vertebre, che spiccavano esageratamente nella pelle pallida, accentuando il tutto.

La ferita sembrava appena rimarginata; immaginai che Potter e Black avessero provato qualche incantesimo, senza particolari risultati comunque. Non che ne fossi sorpresa.

Mi voltai, dando ora il viso allo specchio.

Il mio volto era stanco, scavato; gli occhi verde fanghiglia ( come mi piaceva definirli) erano cerchiati da profonde occhiaie. I capelli ricci e opachi erano sporchi, pieni di terra; le unghie erano ridotte allo stesso modo.

Sapevo, in generale, di non essere un fiore di ragazza. Non ero sicuramente niente di particolare, né in senso negativo né positivo. Troppo magra, capelli di un anonimo castano che, nei giorni buoni, avevano dei riflessi ramati, pelle pallida.

Proprio l'essere così anonima mi aveva permesso di diventare completamente invisibile in questi anni; ero, perciò, piuttosto grata del mio aspetto fisico.

Mi tolsi del tutto i vestiti e riempii velocemente una delle vasche, in cui mi infilai piano.
Il calore dell'acqua mi rilassò all'istante, anche se aumentò il dolore alla schiena. Mi strofinai via tutto lo sporco, passandomi una spugnetta profumata sulla pelle e infine mi lavai i capelli, districandone i nodi con dei piccoli incantesimi che avevo trovato in un utilissimo libro della biblioteca.
Quando ebbi finito di lavarmi uscii dalla vasca, asciugandomi velocemente, e vi immersi i vestiti, togliendovi lo sporco alla bell'e meglio, per poi asciugare anche quelli e rimettermeli addosso.

A quel punto mi incamminai verso il mio dormitorio in cui mi gettai sul letto, addormentandomi non appena la mia testa toccò il cuscino.

 

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Capitolo 3
*** Slytherin ***


Quando alle otto il mio gatto mi saltò in grembo, faticai a resistere alla tentazione di rimettermi semplicemente a dormire.
Mi stiracchiai uscendo dalle coperte e per un attimo rimasi ad osservare le mie compagne di stanza che si preparavano per andare a colazione. Come al solito nessuna di loro sembrò prestarmi attenzione e io non potei far a meno di sentirmi sollevata.

Forse mi ero preoccupata inutilmente per ciò che era accaduto lo scorso pomeriggio. Forse il ragazzo nemmeno si ricordava più di ciò che era successo. Incrociai le dita.

Quando afferrai il mantello notai lo squarcio al posto del mio stemma serpeverde e mi tornarono in mente gli avvenimenti della notte precedente. Era difficile credere a ciò a cui avevo assistito, ma sopratutto a ciò che avevo scoperto. Uno degli studenti di Hogwarts, uno dei più tranquilli, era un dannato licantropo e Silente stesso lo copriva.

Dopo che avevo realizzato la verità sul lupo mannaro, a Potter e Black non era rimasta altra scelta che raccontarmi la verità, anche se non dubitavo avessero tenuto parecchi punti fondamentali per loro.

Remus Lupin era un licantropo da praticamente tutta la vita. Era stato infatti morso da un altro di quegli esseri quando era poco più che un infante. Il preside, Albus Silente, lo aveva tuttavia ammesso alla scuola, procurandogli un rifugio per trasformarsi, riparato dal platano picchiatore.

Potter, Black e Minus erano gli unici oltre lui a conoscere la verità, perciò avevo dovuto giurare mille volte di non riferire niente a nessuno prima che mi lasciassero andare. Ero sicura, comunque, che non si sarebbero fidati poi molto della mia parola, perciò non dubitavo che me li sarei trovati nei paraggi molto più spesso da quel momento in poi.
Non ero sicura di come riparare il mantello, perciò lo lasciai in camera e indossai la divisa di ricambio, visto che l'altra era ridotta a brandelli. Mi segnai mentalmente di cercare un libro su degli incantesimi di cucito in biblioteca quel pomeriggio.

Mi lavai velocemente i denti, presi i libri e uscii velocemente dai sotterranei, dirigendomi verso la sala da pranzo. Normalmente avrei evitato la colazione, ma il brontolio che fece il mio stomaco mi convinse a fare un'eccezione.

Mangiai velocemente, seduta all'angolo del tavolo, cercando di non incrociare lo sguardo di nessuno. Non mi sentivo affatto tranquilla: temevo che da un momento all'altro i miei timori si realizzassero, perciò dopo aver ingurgitato delle uova e pancetta uscii dalla sala, ignorando le occhiate che mi lanciarono i Malandrini dal tavolo dei Grifondoro.

Mi incamminai verso l'aula di Difesa contro le arti oscure, sedendomi nel banco in fondo all'aula non appena entrai nella classe. Il fortunato professore quest'anno era Crabus Lombott, un largo omino munito di capelli color carota e in mare lentiggini, che spesso delle arti oscure sembrava saperne meno di noi. Le sue lezioni però non erano male alla fine: ogni tanto riusciva anche a insegnarci qualche incantesimo di tutto rispetto.

Dividevamo questa lezione con i Tassorosso che, come al solito, non facevano altro che ciarlare tra loro, irritando tutti i serpeverde presenti, compresa la sottoscritta.

Passai tutte le due ore di lezione in uno stato di profondo dormiveglia, appuntando di tanto in tanto le poche parole della spiegazione sugli incantesimi di difesa che riuscivo a filtrare.

Quando finalmente quello strazio finì, uscii distrattamente dalla classe, diretta verso la sala da pranzo. Stavo pensando che sarebbe stato davvero meraviglioso se quel giorno ci fosse stato il pollo arrosto, quando sentii qualcuno dietro di me lanciare un incantesimo. Mi girai appena in tempo per vedere il ragazzo del pomeriggio precedente con la bacchetta puntata verso di me, poi qualcuno mi si parò davanti, utilizzando un incantesimo scudo.
Rimasero a fissarsi per qualche secondo, le bacchette puntate l'uno contro l'altro, poi il professor Lombott uscì dalla classe. I due studenti riabbassarono velocemente le bacchette, nascondendole sotto il mantello, poi il ragazzo che mi aveva attaccata girò i tacchi e si allontanò, non prima però di avermi lanciato un'occhiataccia.

Io da parte mia rimasi a fissare colui che mi aveva aiutata, incredula nel realizzare che si trattasse di Remus Lupin. In questi giorni c'era chiaramente qualcosa che non andava.

“Credo che io e te dobbiamo parlare” disse, girandosi a guardarmi.

Non riuscii a fare niente più che annuire, cercando ancora di capire cos'era appena successo.

Mi afferrò delicatamente la spalla e mi condusse attraverso un paio di corridoi, finché non raggiungemmo l'aula di trasfigurazione. “Prima le signore” disse, aprendomi la porta. Sbuffai superandolo ed entrando nella stanza.

“Allora, dimmi, è il tuo turno di minacciarmi per evitare che riveli il tuo segreto? Stai tranquillo, i tuoi amici me lo hanno fatto capire forte è chiaro. Non ne parlerò con nessuno. Non mi crederebbe nessuno, comunque.” enunciai subito, sedendomi sulla cattedra e guardandolo negli occhi.
Li analizzai, quasi cercando una traccia di quel giallo che avevo visto la sera precedente; non vi era niente del genere. Anzi... giudicai, trovandomi a pensare che erano davvero belli. Scossi la testa, cercando di scacciare il pensiero.

“In realtà sono qui per scusarmi” replicò. Cercai di capire se si stesse prendendo gioco di me, ma il tormento nella sua voce mi spinse a credere che fosse serio. “James e Sirius mi hanno riferito cos'è successo ieri sera; mi hanno detto che ti ho... ferito alla schiena. Spero non sia niente di grave...” Scossi la testa, facendo spallucce “Sono un graffio” minimizzai.

Mi fissò per un attimo, incerto, poi mi si avvicinò, tirando qualcosa fuori dalla tasca “Questa è una pozione contro i graffi dei... ehm... dei miei artigli. Mettine un paio di gocce ogni sera e nel giro di un mese dovrebbero sparire completamente.”

“Mi dispiace che non ti abbiano potuto portare da Madama Chips, se ne sarebbe già liberata” concluse, lo sguardo imbarazzato. Mi venne l'insano impulso di abbracciarlo. Ecco cosa succede a dormire solo due ore.

“Grazie. Non solo per questa...” gli dissi sincera, prendendo la pozione “Anche per prima; sei stato gentile ad aiutarmi… anche se avrei potuto cavarmela da sola” aggiunsi in fretta.

Sollevò un sopracciglio, sorridendo, ma non commentò. Rimanemmo qualche secondo in silenzio, insicuri di cosa fare, quando decisi che era inutile restare lì. Feci per salutarlo, ma lui fu più veloce di me: “Senti, questo fine settimana io e i ragazzi andiamo a prenderci una Burrobirra a Hogsmeade. Se capiti da quelle parti perché non ti unisci a noi?”.

Impiegai qualche secondo per registrare le sue parole e, quando lo feci, la prima cosa che pensai fu di aver capito male. Non c'era alcuna possibilità al mondo che Lupin mi avesse appena invitato a uscire con lui. Lui e gli altri tre broccoli, corresse con disappunto una voce nella mia testa.

“Non penso i tuoi amici ne sarebbero entusiasti” gli feci notare. Fu il suo turno di alzare le spalle. “Non vedo perché. Alla fine è anche colpa di Sirius quello che è successo; sarà la sua occasione per scusarsi.”. Lo guardai curiosa, evitando di specificare che era solo colpa di Black.

Ero tentata di rifiutare, alla fine una cosa del genere era destinata a fallire miseramente in partenza, tuttavia una parte molto piccola, sepolta molto in profondità di me, reclamava la possibilità di passare un pomeriggio in compagnia di qualcuno. Di essere, per una volta, parte di un gruppo. Mi sentii veramente patetica.

“Ci penserò su.” risposi, decidendo di tenermi aperte entrambe le possibilità. Provai ad auto convincermi che non avevo rifiutato solo per togliermelo velocemente di torno, ma non ci credetti nemmeno per un secondo.

Lui mi sorrise di nuovo, le mani infilate nelle tasche “Saremo ai Tre Manici di scopa domenica, verso le tre del pomeriggio. Ci vediamo” disse, poi uscì.

 

Il resto della settimana passò senza che nemmeno me ne accorgessi, così che domenica mattina ancora non avevo deciso se accettare l'invito oppure no. Tuttavia, quando mi svegliai quella mattina, mi preparai per uscire, maledicendomi.

Non avevo rincontrato Lupin dopo la chiacchierata nell'aula di trasfigurazione, cosa piuttosto normale considerando che eravamo di case e anni diversi, tuttavia non sapevo nemmeno io se esserne contenta o no.

Il ragazzo di Serpeverde, che finalmente ricordai chiamarsi Avery, continuava a lanciarmi occhiate poco promettenti di tanto in tanto, ma con mio estremo piacere si limitò a quelle.

Mercoledì, dopo la lezione di Astronomia, ero tornata nel bagno del secondo piano, ma Mirtilla si era rifiutata di rivolgermi la parola, ancora arrabbiata. Le promisi che sarei tornata entro il fine settimana con un regalo da Hogsmeade, cosa che immaginai le facesse piacere, poiché non se ne lamentò.

Mi ritrovai a vagare per il castello, un sacchetto con qualche galeone in tasca, sforzandomi con tutta me stessa di convincermi che sarei andata a Hogsmeade solo per prendere un libro e il regalo a Mirtilla ( che poi cosa diamine potevo comprare ad un fantasma? ) e non per incontrare i Malandrini. Alla fine presi e mi diressi verso l'uscita, mostrai velocemente l'autorizzazione a Gazza e camminai a passo svelto verso la città di maghi.

Era poco più tardi di mezzogiorno, perciò mi incamminai verso la libreria. Cercai un libro che mi ispirasse, evitando accuratamente la sezione “romantico”. Alla fine optai per un piccolo libro che raccontava di un mago avventuriero, pagai e uscii.

Fu il turno del regalo per Mirtilla, che trovai in un negozio specializzato in oggetti per esseri sovrannaturali. Era un bracciale particolare, stregato apposta per far si che non passasse attraverso i fantasmi. Ero stata tentata di prenderle uno specchio capace di riflettere i fantasmi con i loro volti da vivi, ma le mie magre finanze me lo impedirono. Me la cavai pagando il bracciale 20 zellini.

Tutto ciò non mi impedì però di ritrovarmi esattamente alle tre di fronte ai tre manici di scopa.

Rimasi un attimo incerta sulla porta, poi decisi di entrare. Ho tutto il diritto di andare a prendermi una burrobirra, giusto?

Mi richiusi velocemente la porta alle spalle, sbirciando tra i tavoli per individuare almeno uno dei brocc... Malandrini, rimanendo delusa nel constatare che non erano qui.

Ti aspettavi davvero che un Grifondoro volesse avere qualcosa a che fare con te?

Mi diressi comunque verso uno dei tavoli, decisa a non lasciarmi rovinare il pomeriggio. Mi presi la testa tra le mani e chiusi gli occhi. Chi volevo prendere in giro? Ci contavo veramente.

“Ehi, sei venuta!” esclamò una voce familiare. Sollevai di scatto la testa, sorpresa.
Remus Lupin era davanti a me, accompagnato da Black, Potter e Minus. Battei un paio di volte le palpebre, poi senza che potessi fare niente a riguardo sentii le mie labbra piegarsi in un sorriso.

“Avevo sete.” spiegai, spostandomi leggermente così che si potessero sedere. Sembrarono percepire il mio invito e si accomodarono al tavolo. Lupin si sedette accanto a me, mentre Black, Potter e Minus davanti. Minus sembrava confuso, mentre Black sorrideva sornione, guardandomi divertito.

“Mi devi 10 falci James” esclamò, senza smettere di guardarmi. L'altro sbuffò, tirando fuori i soldi, mentre Lupin accanto a me scuoteva piano la testa, ridacchiando.

“Avete per caso scommesso su di me?” chiesi scettica, guardandoli torva.

“Esattamente. Io l'ho detto che saresti venuta, ma James era sicuro che non ne avresti avuto il coraggio” mi spiegò Black ridendo e dando delle pacche sulle spalle Potter. Mi sentii estremamente felice di essermi decisa ad andare.

Madama Pinch ci si avvicinò sorridendo per prendere le nostre ordinazioni, arrossendo sotto lo sguardo di Black. Non riuscii a trattenere una risatina, che venne intercettata da Potter, divertito a sua volta. Ci guardammo, per poi tornare improvvisamente entrambi seri.

Prendemmo cinque Burrobirre, che arrivarono pochi secondi dopo al nostro tavolo.

“Noi non abbiamo ancora avuto il piacere di presentarci, credo” dissi a Minus per rompere il silenzio imbarazzato che era sceso tra di noi.

“Sono Peter, Peter Minus” disse arrossendo e tendendomi la mano attraverso il tavolo. La strinsi, evitando di precisare che sapevo già il suo nome. “Elisabeth Whincester” risposi.

Presi un sorso di Burrobirra, sperando che qualcuno facesse la prossima mossa; io il mio tentativo l'avevo fatto.

Fu Lupin a prendere l'iniziativa. “Sei del quinto anno, giusto?” mi chiese, evidentemente a corto di idee a sua volta.

“Sì, quinto.” risposi, incapace di trovare un modo per allungare il discorso. Dovrebbero essere vietate dalla legge domande del genere.

“Invece la pozione, funziona?”

“Uh, si, è veramente ottima. Sono però piuttosto sicura che il gufo di una delle mie compagne di dormitorio ne abbia ingerito un po'.” riflettei “Spero sia velenosa.” borbottai poi.

Mi guardarono interdetti, incerti su come prendere la mia affermazione.
“Era una battuta.” spiegai e i loro sguardi si tranquillizzarono. Col cavolo una battuta, quel maledetto uccello è un incubo.

“Ehi, a proposito, com'è la sala comune dei Serpeverde? Me la sono sempre immaginata buia e piena di teste di serpente...” chiese curioso Potter.

“Non tanto diversa da questa descrizione. E' cupa, verdognola ed è pieno di statue di serpenti un po' dappertutto, però i mobili sono piuttosto belli. Credo ci sia addirittura un tavolo risalente ai tempi dei fondatori.”

“Sembra tu stia descrivendo Mocciosus. Senza i mobili però. ” ridacchiò Black, senza una precisa ragione. Lo ignorai.

“Non ti senti un po' a disagio a trascorrere il tempo in una stanza simile?” fu Minus a parlare questa volta.

“Mi dispiace, stai chiedendo alla persona sbagliata. In tutta la mia carriera scolastica ci avrò passato si e no 10 minuti, giusto per attraversarla e andare al mio dormitorio.”

“Credo che a me non dispiacerebbe, tutti quei serpeverde lì radunati a confabulare su Tu-Sai-Chi. Mi divertirei a dargli una lezione” disse Black. Mi irrigidì, non aspettandomi che il discorso prendesse una tale piega. Vidi Lupin lanciargli un'occhiataccia.

“Tra quei serpeverde c'è anche tuo fratello, spero che tu lo sappia” commentai gelida.

“Oh, lo so bene. Nella mia famiglia non c'è onore più grande che servire quel mostro. Speravo che mio fratello riuscisse a finire in una casa migliore, ma dovevo aspettarmelo, immagino. Sembra che io sia l'unico Black che abbia avuto la fortuna di scampare dalle grinfie di quegli esaltati.”

Continuai a fissarlo, senza sapere cosa rispondere. Mi chiesi se si rendesse almeno conto che stava parlando in questo modo della mia casa, ma realizzai che probabilmente lo stava facendo di proposito.

“Sirius adesso smettila.” sbottò Lupin, alterato.

“Perché? Lei è la prima che dovrebbe pensarlo! Le hanno reso la vita un inferno, e solo perché è una nata babbana! Se fosse capitata in un'altra casa questo non le sarebbe successo!”

In quel momento smisi di vederci per la rabbia. Prima che me ne rendessi conto, ero in piedi.

“Se fossi capitata in un'altra casa? Vi sentite così superiori ai serpeverde tutti voi, non è così? E fatemi capire, perché? Se la vostra favolosa casa avesse meno pregiudizi, forse io non mi sarei ritrovata a dover passare quattro anni a Hogwarts completamente da sola! Avete iniziato a giudicarmi nel momento stesso in cui il cappello mi ha assegnato a serpeverde! Voi condannate la mia casa perché discrimina i nati babbani, quando voi fate la stessa cosa con lei. Allora ditemi, perché io proprio non la vedo, qual è la maledetta differenza!” ero riuscita a tenere il tono di voce basso, ma ciò non mi impedii di avere il fiatone. Sentii gli occhi inumidirsi, perciò mi voltai veloce e mi allontanai, uscendo dal locale.

Non sapevo nemmeno perché me l'ero presa così tanto. Non mi importava di ciò che pensavano della mia casa, né mi era mai importato di stare da sola.

Tutto ciò che sapevo era che aver accettato l'invito era stato un errore.

“Elisabeth, aspetta!” urlò Lupin alle mie spalle. Lo ignorai, continuando ad avanzare, decisa a mettere più distanza possibile tra me e lui, che tuttavia non demorse. Dopo pochi secondi lo sentii proseguire silenzioso al mio fianco.  

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Capitolo 4
*** Not so difficult after all ***


Camminammo per un po' fianco a fianco, il rumore dei nostri passi che risuonavano sul vialetto.

Non volevo tenere il broncio, non ne avevo motivo: Black aveva semplicemente detto ciò che pensava e di sicuro Lupin non ne era responsabile.

Tuttavia, anche se non riuscivo a spiegarmi il perché, ciò che mi aveva ferita di più era stato il silenzio da parte degli altri mentre Black parlava. Nessuno aveva speso nemmeno una parola per difendermi.

Certo, Lupin gli aveva detto di smettere, ma non l'aveva contestato. Erano tutti d'accordo con lui.

“Mi dispiace.” sussurrò all'improvviso il ragazzo, interrompendo i miei pensieri.

“Non c'è niente per cui tu ti debba scusare. Black ha semplicemente dato voce ai suoi pensieri, ne ha tutto il diritto” risposi più fredda di quanto desiderassi.

“Non mi sto scusando. Sopratutto non per quello che ha detto Sirius.” rispose, al che io lo guardai confusa.

“Mi dispiace che tu abbia dovuto subire le conseguenze di una guerra tra case che va avanti da secoli e di pregiudizi che esistono da sempre. Se c'è qualcuno che ti capisce, fidati, quello sono io.”

Mi fermai, girandomi a guardarlo. Quasi avevo dimenticato la sua "condizione”.

Sentii come se ora fossi io a dovermi scusare.

Lui mi guardò serio, il viso segnato da una tristezza che potevo solo immaginare. Avrei voluto dire qualcosa, qualunque cosa, ma non ne fui capace, perciò gli presi lentamente la mano, stringendola piano. Lui guardò le nostre mani unite, sorpreso, poi mi sorrise.

“Dovremmo rientrare” borbottai imbarazzata, ritraendomi.

“E' ancora presto. Perché invece non facciamo un giro?” mi chiese dondolando avanti e indietro sui talloni, le mani nelle tasche.

Annuii, ancora a disagio per via del mio gesto, e tornammo indietro per la strada appena percorsa.

“Sarebbe da maleducati chiederti com'è?” domandai, incapace di trattenermi.

“Com'è cosa?” rispose gentilmente.

Arrossii, indecisa se era il caso di fare una domanda così personale. “Com'è... trasformarsi, essere un animale. Un essere completamente libero.” spiegai in un sussurro. Lui rimase in silenzio, guardando avanti, e io temetti di averlo offeso. Prima che potessi scusarmi però, lui ruppe il silenzio: “La trasformazione in sé è terribile. Non credo mi abituerò mai. Perdi completamente il controllo dei tuoi sensi, tutto ciò che percepisci è paura e dolore. Senti le ossa spezzarsi, i muscoli tendersi, il cervello annebbiarsi. Poi non rimane niente. Niente tranne la rabbia e la fame. Non sono libero, non sono nemmeno io. L'animale prende completamente il controllo, mi impedisce di ragionare, di chiamare aiuto, anche solo di rendermi conto di ciò che sta accadendo. Attaccherei il mio migliore amico se me lo trovassi davanti. Attaccherei un bambino in fasce...” la voce gli si spezzò. Si voltò, fermandosi. “Ti ho turbata.” constatò malinconicamente.

“No, non è così. E' solo che me l'ero immaginato in maniera diversa.” ammisi, incapace di guardalo negli occhi. La verità è che ero turbata sì, ma non dalle sue parole, quanto dall'angoscia che ne trapelava. Me ne sentii oppressa, schiacciata. Desiderai poterlo liberare da un tale peso.

Se capì la verità, di certo non me lo fece pesare. Ridacchiò cupamente e riprese a camminare, dandomi le spalle.

Il vento soffiava più forte adesso e i miei capelli iniziarono a volare dappertutto; cercai di tenere il passo di Lupin e contemporaneamente domare i ricci, ma con scarsi risultati.

Quando finalmente entrammo in un negozio ormai sopra la testa avevo un cespuglio che appiattii con le mani, peggiorando solo la situazione.

Ci trovavamo a Mielandia, il negozio di dolciumi per maghi più fornito di tutta l'Inghilterra.

File di scaffali di caramelle occupavano l'intero negozio, centinaia di tipi diversi di dolciumi divisi per colore e sapore erano sistemati in essi.

Mi guardai attorno meravigliata, avvicinandomi ad un barile pieno di Gelatine Tutti i Gusti +1 e sforzandomi di non gettarmici dentro.

Lupin ridacchiò, un po' sorpreso. “Non sei mai stata da Mielandia? In genere è la prima tappa di qualunque viaggio a Hogsmeade.”

“Troppo affollata per i miei gusti” farfugliai, cercando di chiudere in fretta il discorso. Il terzo anno mi era capitato spesso di passarci davanti e sentire il desiderio di entrare, ma qualcosa me l'aveva sempre impedito. Vedevo i ragazzi all'interno ridere tra loro e pensavo, per qualche stupido motivo, che se fossi entrata tutti si sarebbero accorti del fatto che io ero, invece, completamente da sola.

Dopo un po' di tempo avevo semplicemente cambiato strada.

“Vieni, devi assolutamente assaggiare una Piperilla Nera, le trovi solo qui!” esclamò per poi afferrarmi il polso e trascinarmi verso il fondo del locale.

Passammo almeno due ore nel negozio, assaggiando tutti i tipi di dolci che potevamo. Il proprietario ci seguiva vigile, appuntandosi con attenzione ogni dolcetto che prendevamo, scrutandoci diffidente.

Scoprii che le Piperille, per quanto molto buone, avevano l'effetto collaterale di farti sputare fuoco. Dopo aver quasi incenerito la barba di un commesso, iniziai a ridere istericamente, tenendomi la pancia con le mani, incapace di smettere. Lupin rise con me, insistendo perché ne mangiassi un'altra e sputacchiando fuoco a sua volta.

Fu poi il turno delle Bolle Bollenti, che bruciavano incredibilmente in bocca. Finii per saltellare sul posto per mezz'ora prima di decidermi a sputarla. Topo aver mangiato un Topoghiaccio rifiutai decisa delle Lumache Gelatinose, che avevo già avuto la sfortuna di assaggiare un paio di volte, poi sfidai Lupin a mangiare una Gelatina Tutti i gusti +1 di un invitante color ratto, che si rivelò essere al gusto di cemento. Prima che potesse prendere un fazzoletto per sputarla gli rubai il pacchetto, obbligandolo a inseguirmi per tutto il locale. Alla fine si arrese e la ingoiò, tossendo mentre mi malediceva.

Quando ci ritenemmo soddisfatti Lupin pagò tutto, ignorando i miei tentativi di contribuire almeno in parte; comprò inoltre una busta di Calderotti, che ci mangiammo nella strada di ritorno a Hogwarts.

Passeggiammo lentamente verso il castello, chiacchierando tra noi.

Non menzionammo più la questione “lupesca”, ma ci limitammo ad argomenti più leggeri, concentrandoci sopratutto sulla scuola. Scoprii che entrambi avevamo scelto Babbanologia e Divinazione come materie supplementari, nonostante lui in quest'ultima andasse molto bene mentre io il massimo che riuscivo a fare era leggere l'oroscopo da un giornalino babbano.
Era riuscito ad ottenere tre G.U.F.O. con l'Eccezionale, tra cui Difesa contro le Arti Oscure, nella quale ammise di essere particolarmente bravo anche grazie a tutti gli incantesimi che faceva insieme a Black, Potter e Minus.

Era stato bocciato in Astrologia poiché costretto ad assentarsi più volte al mese e aveva ottenuto solo un Accettabile in Erbologia, materia nella quale anche io ero un disastro. Non riuscivo proprio a capire cosa ci fosse di così affascinante nelle piante, a dirla tutta.

Stavo spiegandogli il disastro che avevo combinato l'ultima volta a incantesimi quando, improvvisamente, sentii qualcosa di bagnato sfiorarmi la mano.

Un enorme cane nero mi stava annusando, scodinzolando contento. Sobbalzai sorpresa, e avrei potuto giurare che il suono che fece l'animale in risposta fosse un sogghigno.

“Felpato!” esclamò Lupin accanto a me. Il cane sollevò il muso verso di lui, poi tornò ad annusarmi la mano, ignorandolo.

“Lo conosci?” domandai, chinandomi ad accarezzare Felpato dietro le orecchie. Non era affatto male, pensai osservandolo. Il pelo nero era lucido e curato, le zampe muscolose e gli occhi... beh, quelli erano piuttosto inquietanti in effetti: sembravano quasi umani.

“E' il cane di un amico” borbottò, guardandolo di traverso. Lo osservai, ancora confusa, ma Lupin non sembrò curarsene, continuando invece a fissare il cane con uno sguardo di pura disapprovazione.

“Non dovremmo riaccompagnarlo a casa?” chiesi incerta.

“Direi che se la può cavare da solo. E' abituato, immagino.” finalmente staccò gli occhi dall'animale “Noi invece dovremmo sbrigarci, o rischieremo di arrivare tardi per la cena”.

Annuii, dando un'ultima pacca sul muso a Felpato, poi raggiunsi Lupin e insieme tornammo a Hogwarts.
Quando arrivammo al portone lo guardai un po' imbarazzata, incerta di quanto avesse effettivamente significato questo pomeriggio. Potevo considerarlo un amico? Un conoscente? Oppure dal momento in cui fossi tornata al mio dormitorio avrei dovuto fingere di non conoscerlo?

“Non è stato un completo disastro alla fine, no?” commentò scherzosamente lui, interrompendo i miei pensieri.

“Se dimentichiamo Black, immagino di no.” ribadii.

“Sì, se dimentichiamo quella parte.” ammise.
“Posso chiederti... perché li frequenti? Potter e Black intendo. Siete così diversi...”
Sembrò soppesare un attimo le parole prima di rispondere. “Immagino sia perché, anche se gli piace fingere che non sia così, alla fine sono le persone migliori che io conosca. Mi sono stati sempre vicini, hanno accettato ogni “parte” di me. Sono stati i primi che non si sono allontanati dopo aver scoperto cosa fossi. Gli devo tanto” si fermò, per poi riprendere a parlare, questa volta con una nota divertita nella voce: “Inoltre sai, non sono così male come sembrano! Un po' troppo orgogliosi di tanto in tanto, e spesso esagerano con gli scherzi, però non si tirerebbero mai indietro se si trattasse di aiutare qualcuno.” concluse.
Nonostante ci fossero delle parti nel discorso in cui avrei volentieri obbiettato, mi ritrovai ad invidiarlo. Degli amici così, immaginai, dovevano essere più unici che rari.

“Vedrai che a Sirius passerà. Anche se non lo ammetterebbe mai, è solo spaventato. La minaccia di Tu-Sai-Chi si fa sempre più presente e lui è costretto a guardare la sua stessa famiglia combattere con lo scopo di distruggere tutte le persone a cui vuole bene.
Loro lo ritengono un traditore del proprio sangue, lo hanno addirittura cacciato di casa. Ora, quando non è qui a Hogwarts, vive a casa dei Potter, i genitori di James.”

Rimasi in silenzio, riflettendo su ciò che mi era appena stato riferito.

Io, nel mio piccolo, non avevo mai davvero sentito la presenza di Tu-Sai-Chi. Per me, egli non era altro che una mera e lontana minaccia. Immaginai cosa dovesse essere, invece, viverci così a stretto contatto, vedere la tua famiglia allearsi con il mago oscuro più potente di tutti i tempi.
Mi resi improvvisamente conto di quanto avessi esagerato la mia situazione, vittimizzandomi, quando in realtà ero piuttosto fortunata.

“Signorina Whincester!” mi chiamò una voce in lontananza.

Mi voltai e vidi il professor Lumacorno, l'insegnante di pozioni, nonché direttore della mia casa, venire a grandi passi verso di me.

“Credo per me sia arrivato il momento di andare” dissi al ragazzo, indicando con un cenno Lumacorno. “Ci vediamo Lupin” lo salutai, avviandomi verso il panciuto professore.

“A presto!” mi urlò dietro “E chiamami Remus!” aggiunse un po' impacciato, dondolandosi sui talloni. Gli risposi con un cenno, sorridendo a mio malgrado.

“Aaah, signorina Whincester, sono felice di averla trovata!” mi accolse caloroso Lumacorno.

Lo guardai dubbiosa, stupita perfino che ricordasse il mio nome. Raramente in classe mi aveva degnata di più di uno sguardo, se non per controllare come andasse la preparazione di una pozione.

“Ho recentemente controllato la pozione che ha preparato per l'ultimo test e ne sono rimasto piacevolmente sorpreso. Ho visto di rado una Soluzione Corroborante così ben riuscita! Aggiungere della polvere di luna al composto per diminuirne l'amarezza è stata davvero un'ottima trovata.” Si schiarì la voce, portando un po' in fuori il petto. “Ho pensato che magari potrebbe interessarle unirsi a un piccolo club fondato da me, una cosuccia tanto per passare il tempo tra amici...” l'occhiata che gli lanciai lo convinse a interrompersi.

“Non credo di essere interessata a niente del genere al momento, grazie” asserii “E la polvere di luna l'ho aggiunta per sbaglio” continuai borbottando, per poi girarmi e lasciarlo lì nel corridoio, un'espressione incredula sul volto.

Mentre avanzavo verso il bagno del secondo piano, mi ritrovai a pensare a Remus. Quel pomeriggio era stato indubbiamente qualcosa di nuovo, ma non di negativo.

Dopo essere uscita dai Tre Manici di Scopa mi ero sentita una stupida ad aver accettato quell'invito: avrei dovuto sapere che non ci sarebbe stato modo di far funzionare una cosa simile. Tuttavia, dopo che Remus mi aveva raggiunta, esso era incredibilmente migliorato. Mi ero divertita come non mi accadeva da tempo; troppo tempo, forse.
Mi ero sentita felice.

Mi ritrassi a quel pensiero, inquieta, senza neanche sapere perché.

Arrivai davanti alla porta del bagno e la spinsi piano, entrando. Chiamai Mirtilla un paio di volte prima che sbucasse dallo scarico di un lavandino, il viso corrucciato.

“Ti ho portato un regalo, proprio come ti avevo promesso!” annunciai contenta, frugando nella borsa, per poi rendermi conto che all'interno non vi era niente. Mi guardai preoccupata ai lati, come se mi fosse in qualche modo potuto cadere senza che me ne accorgessi, quando mi ricordai di averlo poggiato accanto al tavolo... da I Tre Manici di Scopa. Imprecai a bassa voce, portandomi le mani al volto.

Come diamine avevo fatto a dimenticarlo?! Maledetto Black, la colpa era solo sua. Di nuovo.

“Allora?” chiese Mirtilla impaziente. Alzai lentamente la testa verso di lei, il viso contratto in un'espressione colpevole “L'ho... emh... lasciato in camera, solo che ora non ho tempo di … ehm... di tornare, sai, la cena, il coprifuoco.”
“Non ti sei mai fatta troppi problemi con il coprifuoco fino ad oggi.” mi fece notare acida, una smorfia sul volto.

“Si ma, ecco, oggi ci sono un sacco di professori in giro e... beh...” iniziai a balbettare, gesticolando con le mani. “Te lo porto domani, va bene?” chiesi infine, sorridendo debolmente. “Mi sto comportando peggio di un Tassorosso” mugugnai nella mia testa.

“Ti sei dimenticata di comprarlo, non è così?!” mi urlò contro Mirtilla istericamente. Negai in fretta, cercando di calmarla “No, no, giuro che domani te lo porto! Sono sicura ti piacerà!” le assicurai.

“Sarà meglio.” borbottò, prima di sparire nel tubo da cui era arrivata.

Sospirai esasperata, calciando la borsa che mi era scivolata ai piedi. Dovevo assolutamente recuperare il bracciale o avrei potuto scordarmi di passare anche solo dieci minuti in quel bagno per i prossimi sei mesi; quando voleva Mirtilla sapeva davvero renderti la vita impossibile.

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Capitolo 5
*** Incomprehensible ***


Quando lunedì entrai in sala grande, l'ultima cosa che mi aspettavo era di trovare Sirius Black ad aspettarmi. Non appena mi vide mi fece un cenno, avvicinandosi veloce. Lo fissai disorientata, non riuscendo proprio ad immaginare perché avrebbe dovuto cercarmi. Dopo il nostro non-proprio-felice incontro dell'ultima volta, credevo fosse ben chiaro che era semplicemente meglio ignorarci a vicenda per evitare di prenderci a male parole.

Non appena mi raggiunse mi porse un oggetto, che realizzai essere il regalo per Mirtilla. Guardai Black sorpresa, il pacchetto ancora nella sua mano, poi piano lo afferrai, incerta su cosa fosse il caso di fare adesso.

“L'hai dimenticato ieri, quando te ne sei andata” mi disse semplicemente lui, guardandomi negli occhi.

“Grazie” gli dissi, il tono duro. Rimasi impalata lì, a fissarlo, aspettando che se ne andasse, ma non accadde. Lui infatti, inaspettatamente, si passo una mano sul volto, borbottando qualcosa che assomigliava vagamente a “Non ci credo che lo sto facendo”, poi tornò a guardarmi, lo sguardo serio. Prese un respiro prima di parlare. “Mi dispiace per quello che è successo ieri; non stavo ragionando, ho sbagliato a dirti quelle cose. Non che non le pensi, sia chiaro...” aggiunse veloce “ ma non vi era alcun motivo per tirarle fuori in quel contesto. Sono state completamente gratuite e ingiustificate, perciò ti chiedo scusa.” quando ebbe finito espirò, lo sguardo più rilassato.

Lo guardai interdetta, senza uno straccio di idea su come ribattere. In quest'ultima settimana Black sembrava aver deciso di farmi fuori per lo shock con tutte quelle manifestazioni di (quasi) gentilezza nei miei confronti. Lui sembrò intuire i miei pensieri e un ghigno divertito gli comparve sulle labbra.

“Allora, per chi è quel regalo?” mi chiese cambiando completamente discorso. Osservai il pacco tra le mie mani, la carta da regalo azzurra chiusa da un fiocco color bronzo: i colori di Corvonero, la casa di Mirtilla.

“Un'amica” risposi genericamente con noncuranza.

“E' carina?” si informò, sorridendo sornione. Alzai gli occhi al cielo divertita. “Oh, eccome! Se vuoi un giorno te la presento.” non potei fare a meno di sogghignare, immaginando la faccia di Black alla vista di Mirtilla. Lei di sicuro non si sarebbe lamentata. Per quanto fossi restia ad ammetterlo, Black era decisamente un bel ragazzo.

“Beh, ora è il caso che vada a portarglielo” dissi improvvisamente imbarazzata, salutandolo con un gesto. Lui ricambiò, poi si voltò incamminandosi verso il tavolo dei Grifondoro. Mi accorsi in quel momento di come parecchi gruppetti di persone mi stavano squadrando, parlottando tra loro. Fui tentata di fare un inchino, o magari lanciargli una maledizione, ma mi limitai a scrollare le spalle e allontanarmi da lì.

Finalmente riuscii a dare il bracciale a Mirtilla, che sembrò perdonarmi non appena lo vide. Se lo mise al polso con uno sguardo raggiante; mi fece addirittura un mezzo sorriso. La dovetti lasciare presto per andare a lezione e poco dopo arrivai trafelata all'aula di Difesa Contro le Arti Oscure, il fiato corto dovuto alla corsa che avevo fatto per arrivare in orario. Il tutto fu inutile, come potei leggere dal foglio affisso alla porta. A quanto pareva la lezione quel giorno era stata cancellata, le cause tutta via non furono specificate. Sospirai rassegnata e mi diressi in giardino, passando dal mio dormitorio per prendere il libro che avevo comprato il giorno prima.
Stavo camminando spedita verso il mio albero preferito, situato proprio sulla riva del lago, quando vidi Minus seduto lì accanto. Non sembrava fare niente di particolare, era semplicemente accucciato a terra, lo sguardo perso nel vuoto.

Mi avvicinai, accomodandomi accanto a lui; non sembrò nemmeno accorgersene, perciò aprii il libro e mi misi a leggere.

Dopo una decina di minuti sentii di essere osservata e alzando gli occhi lo vidi che mi fissava, lo sguardo leggermente sorpreso. Non appena incrociò il mio sguardo arrossì e abbassò la testa, imbarazzato. Sollevai le sopracciglia, leggermente infastidita. Non lo mangio mica!

“Ehi” lo salutai, cercando di essere il più cortese possibile. Lui mi sorrise timido, le guance ancora arrossate. “Cosa stai leggendo?” mi chiese, indicando il libro. Odiavo quella domanda: cosa si dovrebbe rispondere? Un libro, sto leggendo un libro! Gli mostrai la copertina, così che potesse leggerne il titolo. “Oh, era il mio libro preferito quando ero piccolo. Mia madre me lo regalò per il mio compleanno.” mi raccontò, prendendo lo tra le mani. Lo girò e lesse la trama nel retro, il suo sorriso che si allargava.

“Se vuoi posso prestartelo.” provai a suggerire, sinceramente intenerita dal suo sorriso. Improvvisamente sembrò tornare alla realtà “No, non ce n'è bisogno” disse, restituendomi il libro.

“Guarda che non mi costa niente, davvero.” insistetti, nemmeno io seppi perché.

Lui scosse la testa, sorridendomi di nuovo. Alzai le spalle e riaprii il libro, pronta a tornare alla mia lettura; dovetti smettere pochi secondi dopo, quando non riuscii più a sopportare lo sguardo fisso di Minus su di me. Chiusi il libro di scatto e mi girai verso di lui, sforzandomi di sorridere. “Come mai sei qui? Non dovresti avere lezione?” chiesi, cercando di non suonare troppo irritata.
“Non a quest'ora. Sai, non ho preso molti G.U.F.O. lo scorso anno, solo tre in realtà, perciò ho un sacco di tempo libero.” mi guardò “Anche tu dovresti essere a lezione” mi fece notare.

“Sì, avrei dovuto avere doppia ora di Difesa contro le Arti Oscure, ma le hanno cancellate, non so il perché.”

“Ho sentito che è successo qualcosa con il professor Lombott, ne stavano parlando James e Sirius. Credo si sia sentito male, lo hanno portato al San Murgo” mi riferì. Mi stavo domandando cosa potesse essergli successo, quando sentii dei passi avvicinarsi.

“Ma è possibile che tu sia sempre in mezzo ai piedi ultimamente?!” mi chiese Potter non appena mi vide, sedendosi.

“Se tu quello che si è appena seduto accanto a me” gli feci notare, infastidita.

Mi lanciò un'occhiataccia “Tu dovresti essere a lezione” mi accusò. Il fatto che io stessa l'avessi chiesto pochi secondi prima a Peter per sottolineare la mia irritazione e che ora Potter stesse facendo lo stesso con me mi innervosì parecchio.

”Stavamo parlando proprio di questo!” gli rispose Minus al mio posto “Hanno cancellato le ore di Difesa contro le Arti Oscure, perciò le stavo raccontando di Lombott.”

“Ah, sì, sembra sia stato avvelenato.” confermò Potter. Lo guardai sbigottita, aspettandomi altre spiegazioni. Lui quando vide la mia espressione annui serio “E' una cosa piuttosto grave, sopratutto considerando cosa comporta. Solo gli studenti e gli insegnanti avrebbero potuto avere un'occasione per fare una cosa del genere.”
“Ma perché avrebbero dovuto?” chiesi incredula. Non riuscivo proprio ad immaginare una ragione per cui qualcuno avrebbe voluto fare del male al professor Lombott. Non era il miglior insegnante del mondo, ma era un tipo simpatico, ingenuotto. Non sembrava qualcuno capace di crearsi dei nemici.

James scrollò le spalle "A me pare piuttosto ovvio"

"A me no..." risposi io, continuando a guardarlo dubbiosa.

"Davvero non hai notato tutti quei Mangiamorte a Hogsmeade? "

"Avrei dovuto?"

"Tra serpeverde dovreste riconoscervi." disse lanciandomi un occhiataccia.

Scossi la testa, rassegnata.“Tu e Black dovreste fondare un club.”

James fece finta di niente e continuò "Be', comunque ce ne sono e il fatto che vengano avvistati sempre più spesso è un piuttosto allarmante. Sembra che a Lombott sia stato offerto di entrare nelle loro fila, ma abbia rifiutato." mi riferì "O per lo meno sono queste le voci che girano nella nostra Sala Comune."

Piegai la testa di lato, confusa. "Mi sfugge come tu possa sapere tutte queste cose. Sono piuttosto sicura siano delle informazioni che non vengono divulgate ai quattro venti."

"In un certo senso, sì." mi rispose brevemente lui. "Ma...?" lo sollecitai.

James inspirò a fondo "Tra alcuni studenti è nata una specie di coalizione contro Voldemort, un'idea che è venuta a Frank Paciock. Prende questa cosa molto sul serio, perciò si tiene ben informato. Credo in tutta onestà che sia Silente stesso a passargli certe notizie."
“Una coalizione? Seriamente? Scusami, ma cosa potreste mai fare contro uno come Tu-Sai-Chi?” proprio non riuscivo capire.

“Ogni piccola resistenza potrebbe essere fondamentale. Inoltre, cosa dovremmo fare altrimenti? Stare a guardare mentre prende il potere senza fare niente?” mi chiese. Immaginai che sì non fosse la risposta che voleva sentire, perciò mi limitai ad abbassare lo sguardo.

“Tu pensi questo, non è vero?” la sua domanda suonò quasi come un insulto.
“Non usare quel tono, come se fossi dalla sua parte. Non lo sono.” gli ricordai.

“Però reputi che gli si debba lasciar fare quello che vuole.”

“No, non è così. Certo che voglio che venga fermato, ma non vedo come potremmo, come chiunque potrebbe. Dopotutto è il Mago Oscuro più potente di sempre.”

“Quindi non credi sia giusto combattere per i propri ideali?”

“Non credo sia giusto morire per i propri ideali, che è esattamente ciò che accadrà a chiunque gli si opporrà.” sospirai, guardandolo dritto negli occhi “Tutti questi sacrifici, proprio non riesco a capirli. Tu per esempio sei un Purosangue, giusto? Perché allora dovresti combattere contro qualcuno che non ha niente contro di te?”

“Quello che dici non ha senso” commentò, scuotendo la testa piano “Non puoi ragionare in questi termini! Cosa ne sarebbe allora di tutti i nati babbani? Cosa ne sarebbe di te?”

“Quello che dovrebbe essere. Nessuno si metterà tra me e Tu-Sai-Chi quando verrà il momento e io non chiedo altrimenti.” ribadii, lo sguardo duro.

Lui mi guardò, incredulo. “E tu non ti ribellerai? Ti lascerai uccidere perché un folle ha deciso che non meriti di esistere?!”

“Certo che no. Combatterò per la mia vita, ma non avrebbe senso che qualcun'altro si intromettesse. Vi sarebbero solo due cadaveri al posto di uno.”

“Pensi davvero che chi ti ama sarebbe mai capace di lasciarti morire così? E' meglio la morte al peso che un azione del genere porterebbe con se.”

“E' questo dunque il motivo per cui combattete? L'amore?” chiesi sprezzante. Che cosa stupida.

“Combattiamo per un futuro migliore, uno in cui i nostri amici siano vivi e ognuno sia libero di essere ciò che vuole, di sposarsi con chi vuole, senza temere che i propri figli vengano uccisi, le proprie ambizioni distrutte. Combattiamo per un futuro in cui nessuno abbia più paura di tornare a casa e vedere il marchio nero che vi galleggia sopra, sapendo che all'interno troverà i cadaveri dei propri familiari. Nessuno ha il diritto di decidere delle vite delle persone, né può pensare di averlo. Questo è il motivo per cui combattiamo.” parlò senza staccare un secondo gli occhi dai miei, una forza nella voce che non avrei mai pensato di potergli sentire. Rimasi ad osservarlo qualche secondo, cercando di assimilare le sue parole. Fu una strana sensazione realizzare che ciò che mi aveva appena detto non solo aveva senso, ma poteva effettivamente essere una buona argomentazione.

“D'altra parte non mi aspetto che una serpeverde capisca.” aggiunse.

Ed ecco che eravamo tornati al punto di partenza.

Mi riscossi, incredula di aver pensato anche solo per un attimo che Potter potesse effettivamente avere ragione.

“Questa storia inizia veramente a diventare pesante. Non tutti i Serpeverde sono uguali, così come non lo sono i Grifondoro. Non mi pare ad esempio che Minus, senza offesa” aggiunsi voltandomi verso di lui “Possieda tutto questo coraggio; né che sia così egocentrico, se è per questo.” Peter abbassò lo sguardo arrossendo, ma io non me ne curai.

“Allora facciamo una tregua.” mi propose James “Tu smetti di generalizzare sui Grifondoro e io la smetto di farlo sui Serpeverde.” sembrò ripensarci per un secondo, però poi mi tese la mano. “Allora, affare fatto?”. Fissai la sua mano, interdetta, poi la afferrai, stringendola. “Affare fatto.”

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Capitolo 6
*** The power of books ***


L'ora di Babbanologia sembrò prolungarsi all'infinito, tempo che utilizzai per fissare con sguardo vacuo il muro. Non era certo un mistero il motivo per cui avevo scelto quella materia: l'avevo visto come un Eccellente decisamente facile, un G.U.F.O. in più praticamente regalato. Non avevo nemmeno preso in considerazione il fatto che sarei morta di noia.

Era per certi versi molto interessante studiare i babbani dal punto di vista dei maghi … per le prime due lezioni; poi altro non diventava che lo studio di tutte le tradizioni più noiose che noi babbani sembravamo così tanto amare.

Dividevamo questa lezione con i corvonero (o meglio, dividevo, considerando che ero l'unica serpeverde a seguirla) che continuavano a scribacchiare appunti nelle loro pergamene. Proprio non riuscivo a capire cosa effettivamente ci scrivessero, considerando che la maggior parte delle informazioni di quest'anno riguardava i programmi televisivi. Mi aspettavo da un momento all'altro di dover svolgere una relazione su “Carry On Christmas”.

Quando finalmente la lezione terminò, chiusi velocemente i libri e mi diressi verso la biblioteca, sbadigliando. Per domani dovevo fare un compito lunghissimo ( 3 fogli di pergamena! ) sulle rivolte dei folletti della cornovaglia, che, a mio parere, erano state fatte giusto per creare un po' di confusione.

Mi maledissi per non aver iniziato prima, tuttavia non era di certo una novità. Se c'era una cosa in cui ero bravissima, quella era procrastinare. Immaginai fosse proprio questo il motivo principale dei miei voti disastrosi.

Vi erano un paio di materie in cui me la cavavo abbastanza anche senza passare le giornate sui libri, ma decisamente storia della magia non era tra queste. Il professor Cuthbert Rüf poi era davvero bravo a rendere una argomento già noioso di per sé, soporifero come pochi.

Passai un paio di ore in biblioteca, cercando di districarmi tra date e nomi, ma finii con il riempire due fogli scarsi che erano più che altro occupati da cancellature che non avevo la voglia di eliminare con la magia.

Stavo per correggere l'ennesima data, quando sentii un rumore provenire un paio di scaffali più in là.

“Madama Pince, è lei?” chiesi incerta. Ero piuttosto sicura non vi fosse nessuno in biblioteca oltre me. Quando il rumore si ripeté, mi alzai piano e avanzai verso la fonte del suono, il passo leggero.

Presi la bacchetta dalla tasca del mantello e la tesi davanti a me, l'incantesimo di disarmo pronto sulle mie labbra. Improvvisamente sentii uno scricchiolio dietro di me e mi voltai veloce, ritrovandomi davanti Avery. Dovetti trattenermi dall'alzare gli occhi al cielo e sbuffare. Il ragazzo era tenace, non si poteva certo negarlo, però cominciava a diventare veramente seccante.

“Seriamente? Ancora non ti sei stancato?” chiesi, ostentando una sicurezza che non avevo. Se avesse deciso di attaccarmi, molto probabilmente avrebbe avuto la meglio. Oltre ad avere due anni di esperienza più di me, io non ero proprio un drago negli incantesimi di attacco e difesa.

“Mi hai umiliato davanti a tutta la scuola, cosa ti aspettavi? Non lascerò che una sporca mezzosangue la passi liscia.” sobillò.

“Innanzitutto saranno state massimo venti persone ad osservare la scena e poi, davvero, chi vuoi che se lo ricordi?” più parlavo più sapevo che avrei dovuto semplicemente tacere.

“IO ME LO RICORDO!” urlò furioso.

Mi guardai intorno, sperando di individuare Madama Pince da qualche parte. Possibile che ogni volta che ero lì la trovavo ovunque mi girassi e per una volta che mi serviva non ve n'era traccia?

“Senti, ti chiedo scusa, ok? Certo che Tu-Sai-Chi ti prenderà tra le sue fila. Insomma, chi sono io per giudicare, giusto?” Anche questo tentativo di calmarlo fallì miseramente a giudicare dalla sua espressione ancora più infuriata. Riuscii ad abbassarmi appena in tempo prima che un getto di luce colpisse il punto dove pochi secondi prima si trovava la mia testa.

Ma non l'ha nemmeno pronunciato! Mi lamentai internamente.

Senza pensarci due volte iniziai a correre verso l'uscita, però venni intercettata da Avery che mi si parò davanti. Sogghignò, lo sguardo soddisfatto, poi sollevò la bacchetta, pronto ad attaccare di nuovo. Mi lanciai veloce dietro uno scaffale che venne colpito da un altro incantesimo, e io non potei fare a meno di immaginare la faccia della bibliotecaria alla vista dello stato in cui stavamo riducendo la stanza. Pessimo tempismo. Di nuovo.

“Tu hai problemi!” gli urlai osservandolo da dietro dei libri. Lui per tutta risposta lanciò un altro incantesimo, che stavolta mi colpì al braccio, lasciando uno squarcio nella divisa. Prima che potesse attaccare di nuovo, sporsi la bacchetta da dietro lo scaffale. “STUPEFICIUM!” urlai a pieni polmoni.

Lo mancai clamorosamente.

Lui per tutta risposta rise di gusto, ma all'improvviso sentii un tonfo e poi il silenzio.

Rimasi ancora qualche secondo nascosta dietro la libreria, poi, con fare guardingo sporsi piano la testa da una delle mensole. Avery giaceva a terra, svenuto, sommerso da una decina di libri.

Impiegai un po' a rendermi conto che il mio incantesimo aveva colpito lo scaffale di fronte al mio, facendo cadere quei pesanti tomi sulla testa del ragazzo. Senza riuscire a trattenermi, scoppiai a ridere. Questa si chiama fortuna sfacciata.

“Quale troll di montagna ha fatto questo?!” urlò una voce dietro di me. Madama Pince era ferma all'ingresso, gli occhi sbarrati, un'espressione orripilata sul volto.

Quando i suoi occhi si posarono su di me, il suo sguardo si oscurò. Vidi chiaramente le sue mani stringersi convulsamente a pugno, forse immaginandole intorno al mio collo.

“TU” tuonò “Hai distrutto la mia biblioteca!”

“Cosa? No! Non sono stata ...” cercai di giustificarmi, ma venni interrotta “Lo sai quanto sono antichi alcuni di questi libri? Sono i beni più preziosi di Hogwarts e guarda come li hai ridotti! Stai tranquilla che non la passerai liscia!”
“Ma non sono stata io!” proclamai nuovamente, evitando di menzionare che il danno maggiore era stato fatto proprio dal mio incantesimo. “Lui mi ha attaccata!” continuai, indicando Avery che giaceva terra.

Madama Pince lo guardò, inorridendo “Guarda quei poveri libri in che condizioni sono!” urlò e per un attimo temetti sarebbe scoppiata a piangere.

“C'è un ragazzo lì sotto...” cercai di farle notare “E' stato lui a fare questo casino.”

Lei finalmente sembrò scorgerlo, sollevando le sopracciglia. “Quello svenuto sotto la pila di libri?” mi chiese scettica.

“Beh, sì. Ora è svenuto, ma le assicuro che poco fa era sveglissimo.”

“Per la barba di Merlino! Cos'è successo qui?” e due.

La professoressa McGranitt entrò nella biblioteca incredula, spostando lo sguardo da Madama Pince a me, poi guardò scioccata Avery. “E' uno studente quello?”
“Ehm... teoricamente sì, ma le assicuro che c'è una spiegazione a tutto questo!” le assicurai.

“Una spiegazione che sentiremo davanti al preside, signorina Whincester. Purtroppo per lei il direttore della sua casa è momentaneamente occupato. Niente sconti.” Mi annunciò.

Sospirai rassegnata, raccogliendo i miei libri dal tavolo su cui stavo studiando pochi minuti prima. La McGranitt mi fece segno di precederla, poi si rivolse alla bibliotecaria, che ancora guardava angosciata i libri a terra. “Capisco il suo dolore nel vedere una tale strage” le disse “ Ma per l'amor del cielo, porti quel ragazzo in infermeria!”

 

 

“L'ha attaccata?” ripeté Silente da dietro la scrivania, guardandomi curioso.

“Esattamente. Ha fatto tutto da solo.” confermai per l'ennesima volta.

“Posso chiederle qual'era la sua motivazione?” mi domandò, la voce gentile.

“Avrà avuto una giornata no, immagino.” tagliai corto. Non avevo bisogno della pietà del preside, questo era certo.

“Oh, sono sicuro che sia così.” mi sorrise “Tuttavia non possiamo ignorare i danni che sono stati riportanti dalla biblioteca. La povera signora Pince ha quasi avuto un infarto, secondo quanto mi ha riferito la professoressa McGranitt.” sbuffai a quell'affermazione. “E poiché il professor Lumacorno si è gentilmente offerto di aiutare un collega che si sente poco bene” continuò “Credo proprio spetterà a me decidere la sua punizione.”

“Ma io non ho fatto niente!” protestai nuovamente, arrabbiata.

“Dalla sua bacchetta risulta essere stato lanciato uno schiantesimo.” mi riferì.

“Beh, ho provato a schiantare Avery e potrei... ehm... aver colpito una libreria, ma era per legittima difesa!” sostenni.

“Non ne dubito.” mi rispose pacato, sorridendomi. Cominciava a darmi il nervoso.

“Però mi punirà lo stesso” lo accusai gelida.

“Lo farò, ma non la prenda come una cosa personale. Diciamo pure che, al suo risveglio, il signor Avery potrebbe sentirsi abbastanza soddisfatto dell'essere riuscito a scampare una punizione che invece lei ha ricevuto da ritenere il suo orgoglio illeso.”

Capii immediatamente cosa intendeva. Al suo risveglio infatti, Avery si sarebbe sicuramente sentito umiliato al pensiero di come era stato messo fuori combattimento. Forse, constatare che l'essere svenuto gli avesse consentito di scampare una punizione, ma sopratutto che io ero passata per la colpevole, lo avrebbe convinto a considerarci pari. Non ci speravo troppo, ma era meglio di niente.

Non riuscii però a non essere infastidita all'idea che lui l'avrebbe fatta franca così.

“Cosa dovrò fare?” chiesi, pronta al peggio.

“Credo che un paio di ore alla settimana aiutando la signora Pince la ripagheranno dei danni arrecatele.” mi disse sereno, sistemandosi gli occhiali che, mentre parlava, erano scivolati sulla punta del naso.

“Aiutare in biblioteca?” chiesi conferma, incredula. Mi aspettavo qualcosa di decisamente peggiore. “E cosa dovrei fare esattamente?”.

“Ricatalogare i tomi che sono caduti durante questo increscioso incidente, per iniziare. Riparare le pagine strappate, ritrovare i libri scappati e cose del genere.”

“I libri scappati?”

“Oh sì. Molti lo fanno proprio quando meno te lo aspetti. Starei attenta a quelli con le zampe fossi in lei, sono particolarmente aggressivi.”

“E per quanto dovrei farlo?” domandai ancora, ignorando la frase che mi aveva appena detto, sperando di essermela immaginata.

“Finché la nostra cara Madama Pince lo riterrà opportuno, suppongo.” rispose gentile.

“E' tutto?” chiesi alzandomi. Lui fece lo stesso . “Immagino di sì” disse, avviandosi verso la porta. La aprì e io feci per uscire, quando riprese a parlare: “Sa, spesso proprio la soluzione più facile è quella giusta. Fatti per la gloria. proprio così.” declamò, citando una frase che aveva detto il cappello parlante il primo giorno di scuola. “I serpeverde sono una magnifica casa, per quanto incompresa. Tuttavia sono sicuro che nessuno può contestare il vostro bisogno di eccellere. Prendiamo ad esempio la coppa delle case” mi disse, sorridendo criptico “Nessuno è più deciso a vincerla di voi, penso fareste davvero di tutto per guadagnare dei punti, anche se in genere non avete troppe difficoltà nel riuscirci. Quando si tratta di perderli però è un altro paio di maniche.” Aggiunse, facendomi l'occhiolino. Lo fissai senza sapere come rispondere, poi scossi la testa sconsolata e uscii dal suo studio. Come quest'uomo potesse essere considerato da tutti un genio era un mistero. Era chiaramente pazzo.

Mi avviai verso la sala grande, sperando ci fosse ancora qualcosa da mangiare per cena.

“Ehi Elisabeth!” mi chiamò una voce. Mi girai e vidi Remus che mi veniva in contro, sorridendomi.

“Ehi!” risposi felice, per qualche motivo, di vederlo.

“Ho sentito di quello che è successo in biblioteca. Stai bene?” mi chiese, una nota di preoccupazione nella sua voce. Maledissi l'incapacità degli abitanti di questo castello di tenere qualcosa per sé.

“Sì, diciamo che non era proprio nei miei programmi serali.” gli risposi, strofinandomi gli occhi per uscire dallo stato comatoso in cui sentivo di essere.

“Bel lavoro comunque. Non tutti possono vantarsi di aver atterrato uno come John Avery.”

“Dovresti complimentarti con i libri allora.” borbottai.

“I libri?”

“Sì, non l'ho atterrato io. Gli sono caduti dei libri in testa.” mi fissò per qualche secondo, incredulo, poi scoppiò a ridere.

“Non ci credo!” esclamò, contagiandomi con la sua risata. In pochi secondi eravamo entrambi con le lacrime agli occhi, le risate che risuonavano per il corridoio, mentre gli raccontavo il più dettagliatamente possibile quello che era successo. Tornammo seri quando iniziai a spiegare del mio colloquio con Silente, della punizione e, sopratutto, della frase completamente a caso che aveva detto alla fine.

“Forse ti stava suggerendo di girare con un prefetto, così da scoraggiarli a infastidirti attraverso la minaccia di perdere punti.” Soppesai la sua frase, non proprio convinta dell'interpretazione.

“Anche se fosse, sarebbe impossibile trovare un prefetto disposto a farmi da balia.” gli feci notare.

Lui si schiarì la voce, sorridendo sornione.

“Sei inquietante, lo sai vero?”

Lui per tutta risposta sbuffò, alzando gli occhi al cielo. “Io sono un prefetto.”

Per poco non mi strozzai con la mia stessa saliva. “Eh? Scherzi?”.

“Grazie per l'alta considerazione.” rispose, leggermente offeso.

“No! Non è che non saresti... SEI un buon prefetto. E' che, voglio dire, con Potter e Black...”

“Sospetto che la speranza di Silente quando ha deciso di nominarmi fosse proprio che io riuscissi a contenerli. Ovviamente non sta funzionando.”

"Ovviamente"

Rimanemmo in silenzio per un momento.

"Vuoi che ti accompagni al tuo dormitorio?" mi chiese

"Non starai davvero prendendo in considerazione la storia del prefetto, vero?" gli chiesi ironica, ma il suo sguardo gentile mi convinse a lasciar perdere, perciò annuii e ci avviammo.

“Vuoi una mano a portarli?” mi chiese cortesemente, indicando i libri che faticosamente stringevo al petto. Gliene passai un paio senza rispondergli, guardandolo di sottecchi. Proprio non capivo perché fosse sempre così disponibile con me, nonostante io spesso non fossi proprio la simpatia fatta a persona.

“Divinazione, eh?” domandò, osservando uno dei libri. “Ricordo che quella del quinto anno è particolarmente difficile. Una volta feci confusione tra... che succede?” si interruppe, vedendo che avevo smesso di camminare.

Emessi un suono indefinito, battendo la fronte contro il libro che avevo in mano. Più volte. Dannazione.
Una mano mi impedì di colpirmi di nuovo, posandosi sopra la mia; alzai lo sguardo e incrociai quello di Remus, confuso. “Che c'è?” chiese nuovamente.

“Divinazione.” risposi scostando la mano, imbarazzata. "Con tutto il caos della biblioteca non ho avuto modo di studiarla e ho un test tra solo due giorni." spiegai.

"E qual è il problema?" mi chiese, senza capire.

"Che io e quella dannata materia non andiamo proprio d'accordo. Non posso permettermi un'altra D." Scossi la testa, sconsolata.

Remus sorrise "Posso darti una mano se vuoi" suggerì "Possiamo vederci domani pomeriggio magari?"

Lo guardai in silenzio per qualche secondo, soppesando la sua proposta. A quanto mi aveva raccontato il giorno prima lui in divinazione se la cavava più che bene, perciò di sicuro non avrebbe potuto che aiutare; senza contare poi che aveva già svolto il mio programma.

“Sicuro di non avere niente di meglio da fare?” Mi aspettavo di vederlo scoppiare a ridere da un momento all'altro, spiegandomi che la sua offerta era chiaramente uno scherzo.

“Sicuro.” confermò, mordicchiandosi le labbra. Dopo qualche secondo mi accorsi che le stavo fissando, perciò distolsi rapidamente lo sguardo; mi chiesi per per sbaglio avessi ingerito qualche pozione quella mattina.

“Beh, in questo caso allora accetto.” dissi sorridendogli “ Mi faresti un grande favore”

Quando pochi minuti più tardi, dopo essermi salutata con lui ed esserci dati appuntamento per il giorno seguente alle 17.30, arrivai al mio dormitorio, mi resi conto che non doveva essere quella la mia destinazione iniziale. Ero piuttosto sicura che mi stavo dirigendo verso la Sala Grande prima di incontrare Remus; non capivo come avessi potuto dimenticarmene.

Rinunciai a mangiare e andai direttamente a letto, sdraiandomi sul soffice materasso e tirando le tende per avere più privacy.

I miei pensieri si soffermarono inevitabilmente su Remus, il modo in cui mi aveva chiamata nel corridoio, come se fossi una sua vecchia amica; la sua preoccupazione nei miei confronti; la sua offerta di aiutarmi con Divinazione. Erano tutte attenzioni che non ero abituata a ricevere, che mi confondevano, però allo stesso tempo mi facevano sentire bene.

Che avessi finalmente trovato un amico? Una persona che tenesse a me, che si preoccupasse per me? Avevo davvero avuto la fortuna di avere proprio lui come tale?
Non sapevo come rispondere a queste domande, ma sopratutto non sapevo se ero in grado di gestire un'amicizia, una cosa così nuova per me.
Anche prima dei miei undici anni e del mio arrivo a Hogwarts non ero mai stata una bambina molto socievole, ma qualche amico ero stata in grado di farmelo. Le amicizie a quell'età tuttavia erano una questione molto più semplice e non serviva molto per mantenerle, così come per rimpiazzarle.
Mi schiarii la testa da quell'affollamento di pensieri e decisi che qualunque cosa fosse successa, così come ero sopravvissuta più di quattro anni senza amici, ne avrei potuti superare altri tre. Perciò, nel caso questo rapporto fosse stato solo una mia idea, non ne sarei rimasta delusa.
Provai con tutte le mie forze a convincermene.

La verità era che non era “l'amicizia” in generale che desideravo (anzi, spesso le relazioni mi mettevano a disagio) bensì l'amicizia di Remus. Mi odiai per la mia debolezza, la mia incapacità di resistere alla sua cortesia, alla sua disponibilità. Mi odiai poiché, in qualche contorto modo, io ci tenevo.

Mi addormentai con questi pensieri ancora in testa, il mio gatto acciambellato accanto a me.

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Capitolo 7
*** Changes ***


Il pomeriggio successivo, non appena terminarono le lezioni, mi diressi con passo spedito verso il giardino dove ci eravamo dati appuntamento.
Avevamo entrambi concordato che era meglio evitare la biblioteca, visto i danni che teoricamente io le avevo arrecato. Durante la lezione di trasfigurazione un paio di ore prima, comunque, mi era stato consegnato un foglio con la prima data della mia punizione, che si sarebbe svolta il pomeriggio dopo, alle sei.

Mi sedetti sotto il mio solito albero, aprendo i libri pigramente. Il sole splendeva nel cielo e un leggero venticello mi solleticava il volto, facendomi venire voglia di sdraiarmi lì e dormire.

Qualcuno si accomodò accanto a me e non ebbi bisogno di alzare lo sguardo per capire che si trattava di Remus.

“Iniziamo?” mi chiese subito, avvicinandosi e prendendo il libro di divinazione che avevo posato accanto a me. Annuii e lui lo aprì, sfogliandolo piano.

“Cosa state facendo?” domandò senza smettere di guardare il testo.

“Ehm... analizzando i sogni, o qualcosa di simile.” provai a spiegare.

Oniromanzia quindi. Um, vediamo, raccontami il tuo ultimo sogno.”

“Io non sogno mai.”

“Tutti sogniamo.” mi corresse guardandomi sottecchi.

“Va bene; io non ricordo i miei sogni.” mi corressi, alzando gli occhi al cielo.

“Ce ne sarà almeno uno.” insistette. Io in risposta sbuffai forte, infastidita. “Sai cosa? Perché invece non analizziamo uno dei tuoi? Dubito cambi molto.”

Lui mi fissò, arrossendo, gli occhi sbarrati. “Se non è un problema...” aggiunsi, confusa dalla sua reazione.

“No, no, non è un problema.” mi rispose, la voce calma e il viso nuovamente rilassato. Continuai comunque a chiedermi il perché del panico che avevo letto nei suoi occhi. Che il suo essere licantropo lo turbasse anche nel sonno?
“Um... vediamo... oh, ecco. Qualche settimana fa ne ho fatto uno tranquillo. Allora, mi trovavo in una specie di radura” iniziò a raccontare, mentre io, che nel frattempo avevo preso una pergamena, mi appuntavo radura senza uno scopo preciso.

“Improvvisamente sento qualcosa muoversi dietro di me. Mi volto e vedo un Acromantula, hai presente, uno di quei ragni enormi...” annuisco veloce, mentre continuo a segnare le informazioni “ Tiro fuori la bacchetta, ma questa si trasforma in una barretta di cioccolato che decido di mangiare, e la creatura sparisce.” concluse. Lo guardai dubbiosa, le sopracciglia sollevate. Che diamine di sogno era?
Finii comunque si appuntare quelle che pensavo essere le parole chiave sulla pergamena.

“Allora” cominciai, afferrando il libro “L'essere sdraiato in una natura rappresenta... ehm... il parto? L'acromantula simboleggia invece la morte con dolore... perciò... uhm... morirai di parto dolorosamente.” gli predissi.

Ci fissammo a vicenda per qualche secondo, poi scoppiammo a ridere. “Da qui!” esclamò, togliendomi il libro dalle mani.

“La radura rappresenta la mente.” mi spiegò, indicando una pagina del libro. “E l'acromantula sono le preoccupazioni.” continuò, mostrandomi un'altra riga.

“Però poi abbiamo la bacchetta che diventa cioccolato. Questo rappresenta nuove conoscenze, nuove amicizie. Se li unisci seguendo questo schema, vedi che la bacchetta è l'argomento principale e l'acromantula è semplicemente un rafforzamento. Il mio sogno prevedeva perciò che stringessi una nuova amicizia.” concluse soddisfatto, guardandomi. “Direi che ci ha preso!”

Lo osservai per un attimo, fingendo indifferenza, ma dentro di me qualcosa si agitò. Mi sentii sollevata nel constatare che anche lui mi riteneva un'amica; anche troppo sollevata.
“Si può sapere come diamine hai fatto a capire qual'era la giusta interpretazione?” gli chiesi, cercando di ignorare lo stupido sorriso che cercava di affiorare sulle mie labbra. “Prendi ad esempio la radura: ci sono tipo dieci significati diversi!”
“Devi essere tu a scegliere l'interpretazione che ritieni più giusta infatti... ma deve essere plausibile!” aggiunse ridacchiando quando vide che stavo per obbiettare.

Lo colpii piano al braccio, fingendomi offesa; “La mia era perfettamente plausibile!”

“Oh, sì, assolutamente.” annuì convinto, sghignazzando.

Passammo qualche altra ora provando a decifrare dei sogni inventati da noi che diventarono sempre più strani ed improbabili, finché non ci ritrovammo a discutere di una mosca che beveva tè dal guscio di una lumaca.

“Vuol chiaramente esprimere il desiderio di ballare con un riccio.” insistetti, sicura della mia interpretazione.

“No, guarda bene: il miele sulle sue zampette rappresenta il vento. Il sogno predice perciò che i tuoi capelli si scompiglieranno al vento.” provò a convincermi, incapace di restare serio.

“Quello è già successo.” gli ricordai.

“Vero.” ammise “Ma stavi bene comunque.” aggiunse, poi abbassò lo sguardo.

Scese un silenzio imbarazzato che mi affrettai a rompere: “Per la barba di Merlino! E' tardissimo! Ci siamo persi la cena.”

Lui risollevò lo sguardo, l'aria nuovamente divertita. “Non per forza” mi disse, un sorriso enigmatico sul volto. Si sollevò, porgendomi la mano, che afferrai per sollevarmi a mia volta.

Mi condusse al castello, poi imboccò un paio di corridoi e, dopo qualche passo, si fermò davanti ad un quadro raffigurante un cesto di frutta. Iniziai a credere fosse pazzo quando, senza preavviso, si avvicinò al dipinto e fece... il solletico alle pere?!
“Cos...” cominciai, ma mi interruppi quando il quadro si spostò mostrando un'apertura nel muro.
Fissai Remus interdetta, la bocca spalancata. Lui in tutta risposta mi indicò l'apertura, sorridendo e facendomi cenno di entrare.

Avanzai piano, ancora incredula, solo per diventarlo ancora di più non appena varcai la soglia. Mi ritrovai in una vecchia stanza, poco più grande del nostro dormitorio, piena di piccoli esserini vestiti di stracci che si affaccendavano per la cucina.
“Sono elfi domestici?” chiesi sbalordita a Remus, che nel frattempo era entrato a sua volta.
Avevo studiato quelle creature l'anno precedente e da allora avevo sempre desiderato possederne uno. Sai che pacchia. Mai avrei immaginato di trovarne ad Hogwarts.
“Esatto.” ripose Remus, interrompendo il flusso dei miei pensieri. “Benvenuta nelle cucine di Hogwarts!” esclamò entusiasta.
Cucine? Non era proprio la definizione che avrei dato alla stanza: vi erano vari fuochi, calderoni e camini, tutti circondati da piccoli elfi che lavoravano senza sosta.

Vari tavoli erano poi disposti accanto alla pareti, ognuno occupato da vassoi di cibo e avanzi di dolci.

C'era anche una montagna di stoviglie sporche, che tuttavia si assottigliava di secondo in secondo mentre due elfi domestici sembravano lavarne una decina alla volta solo schioccando le dita.

Remus mi toccò la spalla, facendomi voltare: teneva in mano un vassoio pieno di cosce di pollo e mi sorrideva. Ricambiai il sorriso, lo stomaco che brontolava, e ne afferrai una, mangiandola piano. Lui mi imitò subito, poggiando il vassoio sul tavolo e sedendosi su uno sgabello lì accanto.

“Come hai fatto a scoprire che le cucine si trovavano qui?” chiesi tra un boccone e l'altro.

“E stato un caso. Un giorno Peter si è strusciato contro il quadro e si è aperto il passaggio.” mi spiegò come se fosse la cosa più normale del mondo.

“Quanti passaggi segreti conoscete per l'esattezza?” domandai esitante.

“Eh no, non te lo rivelerò così facilmente!” rispose ridacchiando.

Lo fissai corrucciata, un finto broncio offeso sulle labbra, poi senza dargli il tempo di rendersene conto gli tirai addosso un pezzo di pollo, che gli si spiaccicò nel centro della fronte.

Incominciai a ridere senza ritegno, la mano davanti alla bocca per impedire al cibo di uscire.

La sua faccia era qualcosa di esilarante: era immobile, il pollo ancora dove era atterrato, la bocca aperta. Quando finalmente sembrò riprendersi sogghignò, lo sguardo acceso di sfida. Nel giro di un secondo un pezzo di pollo giaceva sulla mia gonna e colava lentamente verso il bordo. Remus era ancora fermo con il braccio alzato, un sorriso soddisfatto sul volto.

“Inutile che fai quella faccia, la fronte vale decisamente di più.” gli feci notare. Lui per tutta risposta tirò un altro pezzo di pollo, che mi finì dritto nei capelli.

“Non l'hai fatto davvero!” esclamai incredula, fulminandolo con lo sguardo. Lui sembrò credere che fossi veramente arrabbiata, infatti si alzò dalla sedia e mi venne incontro, lo sguardo mortificato.

Gli lanciai due pezzi di pollo uno dietro l'altro.

“Ehi, questo è sleale!” si lamentò.

“Serpeverde, ricordi?” ghignai, continuando a lanciargli addosso tutto il cibo che mi capitava sotto mano, mentre lui riprendeva il vassoio e faceva lo stesso.

Gli elfi domestici attorno a noi ci guardavano preoccupati, raccogliendo più pezzi di pollo possibile da terra.

“Ok, ok, mi arrendo” alzai le braccia in segno di resa non appena finii le munizioni, riconoscendo la sconfitta. Sperai che il suo nobile animo da Grifondoro avesse la meglio.
Sembrò pensarci un attimo, ma alla fine ripose il vassoio sorridendo soddisfatto, togliendosi i pezzi pollo dalla divisa.

Cercai di fare lo stesso, ma la maggior parte del cibo mi era finita nell'ammasso di paglia (anche chiamato capelli) ed era probabilmente destinato a rimanere lì per sempre.

“Vieni, ti aiuto.” mi propose gentilmente Remus, avvicinandosi.

Era almeno venti centimetri più alto di me, perciò non ebbi bisogno di chinarmi. Lui iniziò a districare i pezzi di pollo dai miei ricci, muovendo le mani delicatamente.

Il mio viso era a pochi centimetri dal suo collo e, prima che potessi impedirmelo, lo stavo annusando; l'odore di pollo si mescolava a uno più delicato, come quello di uno di quegli alberi i cui profumi invadono l'aria estiva.

Arrossii, rendendomi conto dell'assurdità del mio gesto. Chiaramente la completa solitudine di quegli anni mi aveva resa pazza. Beh, c'è Mirtilla. Appunto.

Sollevai la testa e incontrai i suoi occhi, incredibilmente vicini. Sembrava sorpreso quanto me della poca distanza che separava i nostri volti, tuttavia in pochi istanti qualcosa nel suo sguardo mutò, divenendo qualcosa che non riuscii a decifrare. Mi allontanai di scatto.

“Forse dovremmo andare” balbettai, lo sguardo basso.

Lui, ancora fermo dove l'avevo lasciato, sospirò piano, poi si mosse verso l'uscita delle cucine.

 

Tornammo verso i nostri dormitori in silenzio, poiché il coprifuoco era scattato da più di mezzora ormai. Sospettavo, comunque, che quello non fosse l'unico motivo. Nessuno dei due infatti sembrava sapere cosa dire dopo quello che era successo pochi minuti prima. Ma cos'era successo? Non lo sapevo nemmeno io. Forse non era niente, anzi, era sicuramente così. La mia immaginazione stava prendendo il volo, convincendomi che ci fosse più di quanto vi era in realtà. Perché allora anche Remus era così silenzioso? L'avevo forse offeso con il mio brusco gesto? O pensava che fossi arrabbiata con lui?

Temevo che, dopo questo episodio, si rendesse conto che frequentarmi non valeva il disturbo.

Decisi che non volevo concludere la serata in quel modo. Non che quello che stavo per fare fosse un modo migliore per terminarla, ma non mi venne nient'altro in mente. “Ehi, vuoi conoscere una persona?”

Lui sembrò riscuotersi dai suoi pensieri e mi guardò sorpreso. “Una persona?”

“Sì, un'amica... ehm... diciamo” a dopo i dettagli.

“Non sarà a letto a quest'ora?” domandò dubbioso.

“Oh, no. Lei non dorme.” spiegai, divertita nel vedere la reazione che la mia affermazione suscitò in lui: sembrava più confuso che mai.

Non fece tuttavia in tempo a rispondermi che dei passi risuonarono per il corridoio. Mi guardai velocemente attorno, cercando una porta in cui infilarci e nasconderci, ma sfortunatamente in quel corridoio non sembrava essercene nessuna.

Afferrai allora Remus per la manica della giacca, che ne frattempo aveva tirato fuori una pergamena su cui puntò la bacchetta, parlottando a bassa voce. Gli sembra il momento?

Lo tirai verso il lato opposto del corridoio, ignorando le sue voglie notturne di fare i compiti, ma lui mi bloccò.

“Tranquilla, sono solo James e Sirius.” mi informò. Stavo per obbiettare che non poteva saperlo, poteva benissimo essere Gazza o, peggio, la McGranitt, quando i musi dei due Malandrini sbucarono da dietro l'angolo.

“Come diamine facevi a saperlo?” sobillai piano, sconcertata.

“Lunga storia” bisbigliò in rimando, poi si diresse verso Potter e Black.

“E voi due che ci fare quest'ora insieme in giro?” chiese Sirius non appena ci vide, mettendo tutta l'enfasi possibile nella parola insieme.

“Ripetizioni.” tagliai corto.

“Alle dieci di sera?” domandò scettico James, sorridendo sarcastico. Il suo sguardo si soffermò poi sulla mia testa “E' pollo quello?”.

“Abbiamo anche cenato.” aggiunsi.

“Cosa avete fatto, un banchetto sui tuoi capelli?” insistette incoraggiato da Black, che ridacchiava. Ah.Ah.

“Voi invece? Che ci fate qui?” chiesi di rimando, cambiando discorso.

“Una passeggiata.” spiegò Sirius vago.

“A quest'ora?”

“Va bene, va bene, capita l'antifona. Ognuno si tiene i propri movimenti serali per sé.” si arrese.

“Torni con noi al dormitorio?” domandò James, rivolgendosi a Remus. “In realtà no. Stavamo andando a conoscere una sua amica.” li informò quest'ultimo, indicandomi.

“La stessa amica del regalo?” si informò Black, improvvisamente interessato. Annuii incerta. “Allora veniamo anche noi!” si auto invitò. Lo fissai scocciata, sperando comprendesse il messaggio, ma fu chiaramente inutile visto che quello mi prese a braccetto, trascinandomi lungo il corridoio “Facci strada!”.

Sospirai rassegnata e mi incamminai verso il bagno. Se non altro mi sarei divertita a vedere le loro espressioni una volta fatta la conoscenza di Mirtilla.

 


 “Perché siamo davanti ad un bagno?” domandò James, confuso.

“La mia amica passa parecchio tempo qui.” spiegai con fare misterioso, mentre mi pregustavo il momento dell'incontro. Aprii la porta e feci entrare i tre ragazzi, che sembravano parecchio dubbiosi, poi avanzai fino al centro della stanza.

“Ehi Mirtilla!” la chiamai piano, immaginando che si trovasse in una delle tubature lì vicine.

Pochi secondi dopo, infatti, sbucò fuori da uno dei lavandini, lo sguardo annoiato che mutò non appena vide che non ero da sola.

“Cos'è? Ora sono diventata un fenomeno da museo?” chiese irritata, guardando storto le facce dei ragazzi. La stavano fissando tutti e tre con la bocca aperta, le espressioni incredule.

“E' questa la tua amica? Un fantasma?!” Sirius era chiaramente deluso.

“Il suo nome è Mirtilla.” annunciai subito, prima che quest'ultima facesse in tempo a lamentarsi di come Black l'aveva definita.

“Ehm... piacere?” fece dubbioso James. Gli occhi di Mirtilla si posarono su di lui e immediatamente si illuminarono. “Ohh, piacere mio.” rispose con fare civettuolo. Se avesse potuto, sicuramente sarebbe arrossita.

Spostai lo sguardo da Mirtilla a James, incredula. Lei ci stava provando?

Guardai di sottecchi Sirius e Remus che, come me, sembravano fare uno sforzo immane per non scoppiare a ridere.

James probabilmente se ne accorse a sua volta: strinse le labbra a disagio e iniziò a guardarsi attorno, fingendo indifferenza.

Mirtilla non sembrò farci troppo caso e gli si avvicinò, posando la testa sulla spalla del ragazzo che rabbrividì al contatto, probabilmente infastidito dalla sensazione di gelo che emanava. La conoscevo bene, mi era capitato fin troppo spesso di toccare Mirtilla: era come se un cubetto di ghiaccio ti passasse da parte a parte, sciogliendosi lentamente all'interno delle tue ossa.

Black mi si avvicinò, approfittando della distrazione di Mirtilla, troppo impegnata a sospirare sognante “Perché non ho mai sentito parlare di quella lì?”.

“Perché nessuno viene mai in questo bagno. Credo che ormai tutti sappiano che non è il caso di entrarci, ma nessuno ricordi più il perché.”

“Tu ci sei entrata.” mi fece notare Remus.

“Voi siete entrati nelle cucine. Decisamente più utile.” ribadii.

Black lo guardò scettico “Le hai mostrato le cucine?” chiese con un tono che rasentava la diffidenza. Alzai gli occhi al cielo. Sapevo che Remus era un licantropo e Sirius si preoccupava che conoscessi l'entrata per le cucine. Ognuno ha le sue priorità.

Remus annuì incerto, al che l'altro ragazzo sbuffò “Regalale anche la Mappa visto che ci sei, no?”

“Scusate, quale mappa?” mi intromisi curiosa.

Black mi guardò stralunato, quasi si fosse dimenticato che mi trovassi lì, poi sgranò gli occhi. “No, eh, dicevo per dire, insomma...” farfugliò.

“Avete creato una mappa?” azzardai. Dalle loro espressioni capii che ci avevo preso. “Non mi sembra questo grande affare. Insomma, è una mappa.

“Non è una semplice mappa.” mi corresse Black imbronciato, quasi avessi offeso un suo familiare “E' speciale.” si lamentò.

“Oh, ho capito, speciale” feci con fare melodrammatico “Tutte le altre mappe non ti capiscono, ti giudicano, ma non lei. No, lei ti ama per come sei veramente.” mi portai una mano al petto, fingendomi commossa.

Black sembrò prenderla sul personale e stava per ribadire, probabilmente con parole poco gentili, ma Remus lo precedette. “Guarda tu stessa.” disse, tirando fuori la stessa pergamena che gli avevo visto nel corridoio e puntandoci sopra la bacchetta. “Giuro solennemente di non avere buone intenzioni.” bisbigliò. In pochi attimi, dove prima non vi era altro che foglio bianco, delle scritte apparvero. I signori Lunastorta, Codaliscia, Felpato e Ramoso, consiglieri e alleati dei magici malfattori, sono lieti di presentarvi la Mappa del Malandrino.

“Che diamine di introduzione è?” fu tutto quello che riuscii a dire. Remus mi ignorò e la aprì, mostrandomi ciò che intendeva Sirius quando diceva “speciale”.

Vi era raffigurato, per quanto potessi vedere, l'intero castello di Hogwarts: la Sala grande, le varie aule, perfino l'ufficio di Silente. Notai vari punti nella mappa in cui vi erano segnalati dei passaggi per uscire dal castello, tra i quali quello che conduceva al vecchio edificio in cui avevo “incontrato” Remus.

La vera particolarità dell'oggetto, tuttavia, erano le centinaia di piccoli puntini che si muovevano per i corridoi e le stanze del castello, ogni paio con un nome.

“Quelli sono gli studenti?” chiesi incredula, riconoscendo alcuni nomi.

“E gli insegnanti” precisò Sirius, che sembrava incredibilmente soddisfatto di sé. Per una volta, non potei proprio biasimarlo: quella mappa era incredibile.

“Come?” domandai incredula, incapace di staccare dall'oggetto magico.

“Vari incantesimi, alcuni non proprio leciti, altri di nostra invenzione.” spiegò Remus, anche lui evidentemente compiaciuto della mia reazione.

“E' una meraviglia, non è vero?” mi chiese quasi commosso James, sbucandomi dietro le spalle e facendomi sussultare. Mi voltai automaticamente alla ricerca di Mirtilla, che tuttavia sembrava sparita; guardai il ragazzo in attesa di spiegazioni, ma James si limitò a scrollare le spalle, indicando il water.

“Gran bella conquista!” sghignazzò Sirius, dandogli una pacca sulle spalle. James gli lanciò un'occhiataccia, ma alla fine ghignò anche lui divertito. Scambiai un'occhiata con Remus, che scollò la testa, alzando gli occhi al cielo.

“Cosa ne farete della mappa una volta finita la scuola?” chiesi curiosa.

“La lasceremo ai nostri figli, immagino.” dichiarò Sirius, alzando le spalle.

“Non penso sarebbe molto educativo...”

James mi guardò come se fossi pazza. “Scherzi?! Se mio figlio non farà almeno la metà di ciò che abbiamo noi mi riterrò molto deluso.”

“Non credo proprio che Lily ti lascerebbe crescere così i suoi figli.” James sembrò essere decisamente infastidito da ciò che aveva appena detto Sirius, nonostante quest'ultimo stesse chiaramente scherzando. Li osservai un po' senza capire. Chi diamine era Lily adesso?

“Ehm, credo di essermi persa di nuovo...” feci, guardando i ragazzi, in cerca di un chiarimento.

“Oh, vedi, Lily è tipo la cotta secolare di James. Le va dietro dal primo anno.” mi spiegò Sirius, al che l'altro si rabbuiò ancora di più. “Non sembra essere propriamente ricambiato.”

“Solo perché non ha ancora avuto occasione per conoscermi bene.” ridacchiò James, noncurante. Per quanto fingesse, comunque, era chiaro che l'argomento lo seccasse parecchio.

Chi l'avrebbe mai detto, Potter un romanticone. O magari semplicemente lo infastidiva essere rifiutato. Non potei tuttavia evitare di pensare però che, effettivamente, una volta conosciuto meglio non era poi così male. Quella Lily, chiunque fosse, forse una chance avrebbe dovuto dargliela.

Feci bene attenzione a tenermi questa riflessione per me; l'ego di Potter era già abbastanza grande senza che vi contribuissi io.

“Ha mai pensato che magari dovrebbe rinunciarci? Non può pretendere che tutte le ragazze gli vadano dietro.”

“Inutile, abbiamo tenuto questo discorso mille volte. E' testardo.” mi spiegò Remus, mentre Sirius annuiva in conferma.

“La smettete di parlare come se non fossi qui?!” sbottò James, nuovamente infastidito. “Non sono testardo e non pretendo che tutte le ragazze mi vengano dietro” si lamentò “ non mi piace nemmeno così tanto quella Evans, siete voi che rendete la cosa più grande di quanto sia in realtà.”

I due ragazzi sbuffarono sarcastici, guardandomi eloquentemente. Trattenni a stento una risata, incapace di restare seria. Prima di conoscerli, li avevo sempre visti come dei ragazzi arroganti e viziati, che passavano il loro tempo a prendersi gioco degli altri, a combinare disastri per tutta la scuola e a far saltare i nervi ad almeno due delle quattro case di Hogwarts. In questo istante però, mentre si sbeffeggiavano a vicenda, scherzando tra di loro, altro non vedevo che dei ragazzi che chiaramente avevano un profondo legame l'uno con l'altro e non facevano niente per nasconderlo. Degli amici che, in tempi come quelli, in cui la minaccia di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato era più forte che mai, erano ancora capaci di sorridere.

Poi ovviamente gli appartenevano anche tutti gli aggettivi che gli avevo assegnato in precedenza.

James li guardò di traverso qualche altro secondo, poi si diresse verso l'uscita del bagno. “Dobbiamo andare adesso.” fece presente “ c'è Peter che ci aspetta all'entrata del dormitorio.”

“Oh, già, Peter. Me ne ero completamente dimenticato.” esclamò Sirius, afferrando la giacca che aveva posato sul davanzale della finestra. Se la sistemò lentamente, facendo ben attenzione a non allacciarla completamente, in modo da mantenere un aspetto trasandato. Quando si accorse che lo stavo fissando, mi sorrise beffardo.

“Vado anche io.” affermò Remus, sfiorandomi una spalla. Gli sorrisi e annuii, aspettando che uscissero. Poco prima che la porta si chiudesse, tuttavia, Sirius si voltò verso di me “Lo sai? Non sei così male, alla fine.”

Lo fissai per qualche secondo, interdetta, poi gli sorrisi sincera “Nemmeno voi.” Lui ridacchiò, poi chiuse la porta, lasciandomi sola con i miei pensieri. 
 

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Capitolo 8
*** Can you not? ***


Mancava meno di una settimana alle vacanze di Natale quando Silente, durante un pranzo all'apparenza ordinario, annunciò che quell'anno si sarebbe tenuto un ballo.

Inutile specificare la reazione degli studenti a tale affermazione: gran parte delle ragazze, di tutte e quattro le case, iniziarono a lanciare grida di gioia, adocchiando tutti i maschi che potevano. Quest'ultimi, tuttavia, sembravano piuttosto perplessi, e a buon ragione! Per quanto ne sapevo, a Hogwarts non si erano mai tenuti dei balli, o almeno non negli ultimi vent'anni.

Continuai a fissare perplessa il preside, sperando che spiegasse il motivo di tale decisione, ma egli si limitò a batter le mani entusiasta e a tornare al suo posto accanto agli altri insegnanti, che scrutavano gli studenti con aria rassegnata.

Mi chiesi se le recenti morti l'avessero spinto ad organizzare l'evento. Questi ultimi mesi in particolare, erano stati sede di una tragedia dietro l'altra; quasi ogni giorno un nuovo studente si ritrovava orfano, o perdeva uno dei suoi cari. Ormai non si radunava quasi più nessuno nel piccolo cortile da cui i ragazzi in lacrime lasciavano la scuola per riunirsi ai proprio familiari in lutto, a parte gli amici più stretti. La cosa peggiore forse era proprio questa: la morte era diventata una cosa ordinaria.
Il clima che si respirava a scuola rimaneva comunque evidentemente molto teso. Gli studenti avevano paura, paura di essere i prossimi ad essere chiamati nell'ufficio del preside, i prossimi a lasciare Hogwarts scossi dai singhiozzi. Potevo capirli, io stessa temevo per la mia famiglia, nonostante continuassi a ripetermi che era improbabile che Tu-Sai-Chi decidesse di riporre la proprio attenzione proprio su di loro.

I miei genitori erano poco pratici del mondo magico, diciamo pure che spesso fingevano di ignorarne l'esistenza. Io, d'altra parte, i due mesi estivi li passavo per lo più chiusa nella mia camera, evitando di parlargli dei mesi scolastici, sapendo che l'argomento li metteva profondamente a disagio.

Erano comunque brave persone, di semplici modi, incuranti della guerra che scuoteva gli animi di migliaia di maghi. Dovevo continuare a credere che fossero al sicuro, o non avrei più avuto un momento di pace: per quanto i nostri rapporti fossero freddi, erano l'unico vero legame affettivo che avessi.

I miei pensieri a quel punto si concentrarono inevitabilmente sui Malandrini.

In quelle ultime settimane il nostro rapporto era evoluto in un modo che non avrei mai creduto possibile: nonostante nessuno l'avesse detto chiaramente, era ormai diventata un'abitudine ritrovarmeli seduti sotto l'albero in cui ero solita rifugiarmi per leggere, quasi fosse diventato un punto di ritrovo. Ogni volta sbuffavo, fingendomi infastidita, ma la verità era che trovavo la loro compagnia oltremodo piacevole; spesso si sedevano semplicemente lì a parlare tra di loro, o James e Sirius prendevano di mira qualche poveretto del primo anno; altre volte, invece, mi si piazzavano davanti, disturbandomi di proposito, ma strappandomi puntualmente un sorriso.

Remus sembrava aver dimenticato il piccolo incidente delle cucine, perciò io mi impegnai per fare lo stesso. Mi piaceva particolarmente la sua compagnia, più silenziosa ma allo stesso tempo più presente rispetto a quella degli altri tre ragazzi, e non volevo che tra di noi si creassero motivi di imbarazzo.

Troppo spesso perché fosse casuale, era venuto a studiare in biblioteca mentre io scontavo la mia punizione. Dopo aver sistemato tutti i libri, ero diventata una specie di seconda bibliotecaria: catalogavo i libri, aiutavo gli studenti a trovare specifici volumi e, sopratutto, intimavo di fare silenzio ai ragazzi più chiassosi sotto lo sguardo di approvazione di Madama Pince che, ultimamente, mi guardava come se fossi la sua figlia da tempo perduta.

Remus a volte aveva provato a darmi una mano, ma puntualmente eravamo finiti a perderci in chiacchiere, finché la bibliotecaria non aveva deciso di bandirlo dalla biblioteca durante l'orario in cui io vi scontavo la mia punizione.
Lanciai uno sguardo dall'altra parte della sala, cercando i ragazzi. Non sembravano essere da nessuna parte, ma non ne rimasi particolarmente sorpresa; spesso e volentieri sembravano sparire anche per delle ore, sopratutto di sera. I giorni di luna piena , non appena era calava il sole, si dileguavano frettolosamente, cercando di non dare nell'occhio. Sapevo che quasi certamente si andavano a rifugiare nella Stamberga Strillante ( avevo scoperto che era così che veniva chiamata la vecchia casa in cui Remus si strasformava ), probabilmente proprio per far compagnia a Remus.

Anche se non ebbi mai il coraggio di chiederlo, ero curiosa di sapere fino a quando restassero con lui. Aspettavano che calasse la notte? Oppure lo guardavano trasformarsi, per poi dileguarsi non appena il licantropo prendeva il sopravvento?

Ricordavo perfettamente la descrizione del dolore che la trasformazione procurava, perciò ad entrambe le lune piene verificatesi fino ad ora ero rimasta sveglia nel mio letto, rigirandomi inutilmente in cerca di una posizione comoda. Non capivo perché non riuscissi a prendere sonno. Era una vita che si trasformava e mai niente era andato storto, o almeno così mi aveva assicurato Remus. Eppure saperlo a pochi chilometri di distanza, soffrendo le pene dell'inferno, mi impediva di prendere sonno.

I giorni che seguivano la mutazione erano probabilmente i peggiori. Remus si faceva a malapena vedere e, quando capitava che lo incrociassi in giro, dovevo sforzarmi parecchio per non lasciar trapelare la tristezza che mi provocava vederlo in quello stato. Lui a sua volta cercava di non darmi a vedere la fatica che faceva anche solo a reggersi in piedi, ma speravo vivamente di essere una bugiarda migliore di lui.

Finii di mangiare e mi preparai a due ore consecutive di Pozioni. Non ero un completo disastro in quella materia, perciò non mi sarebbe dispiaciuto così tanto dover andare a lezione se non fosse stato per il professor Lumacorno. Intendiamoci, era un professore simpatico e tutto il resto, ma da quando avevo rifiutato di unirmi al suo inquietante gruppo pomeridiano continuava a lanciarmi occhiate risentite ogni volta che il suo sguardo si posava su di me.

A dirla tutta ancora non mi era chiaro perché l'avesse fatto; non ero nemmeno lontanamente così brava da entrare nelle sue grazie, né tanto meno avevo dei parenti importanti. Mi chiesi se non fosse proprio questo il motivo di tanto risentimento: mi aveva offerto un'opportunità che in genere concedeva solo a gente decisamente migliore di me e io l'avevo comunque rifiutata. Mi sentii quasi in colpa.

In quel momento la porta dell'aula si spalancò e tutti gli studenti entrarono lentamente in classe, mentre il professor Lumacorno li scrutava uno ad uno, sorridendo benevolo.

Mi sistemai velocemente in un banco laterale che mi ritrovai a condividere con tre ragazze grifondoro che non sembrarono neppure accorgersi della mia presenza, presi il libro e tirai fuori inchiostro e piuma, rimpiangendo come al solito la cara vecchia penna.

“Ragazzi, oggi ho una sorpresa speciale!” esclamò il professore, non appena tutti si sistemarono. “Come avrete sentito pochi minuti fa, quest'anno Silente ha deciso di rendere la mia solita festicciola natalizia un evento che coinvolgerà l'intera scuola.” annunciò entusiasta. “Ho pensato perciò che sarebbe un'ottima idea se, in questa settimana, provaste a creare delle pozioni a vostra scelta che pensate potrebbero tornarvi utili per il ballo. Potrete sbizzarrirvi a scegliere quello che più vi ispira, rispettando ovviamente la scadenza settimanale. Il prossimo martedì me le consegnerete e, chi ha avuto l'idea più originale, riceverà un premio!” per un attimo temetti che esplodesse per l'esaltazione. Rimase lì a fissarci qualche istante, poi sbuffò “Beh, che aspettate? Le vostre pozioni non si prepareranno da sole!”

Sospirai rassegnata e mi affrettai ad aprire il libro di pozioni. Sinceramente, non c'era una sola pozione che mi venisse in mente che avrebbe potuto essere utile per la festa, ma d'altra parte sapevo che non sarei mai riuscita a vincere il premio messo in palio, qualunque esso fosse, perciò me la presi con comodo.

Sfogliai pigramente le pagine, chiedendomi se qualche pozione mortale lo avrebbe sorpreso abbastanza da mettermi una O. Stavo domandandomi se sarei riuscita a convincerlo a farla assaggiare a qualche studente, quando un gufo atterrò sul mio banco, rovesciando due provette che riversarono il loro contenuto sul pavimento tra le urla sconcertate delle tre studentesse al mio fianco. Indietreggiai spaventata, rischiando di cadere, poi mi guardai attorno incredula. Chi cavolo è così stupido da non saper controllare il proprio gufo? Mi chiesi infastidita.

Non saprei nemmeno perché mi sorprese quando questo mi si fermò davanti e, con fare seccato, iniziò a beccarmi piano le dita, aspettandosi che prendessi il biglietto che aveva appena posato.

“Signorina Whincester, immagino lei sappia che vi è un orario ben preciso per ricevere posta.” mi rimbeccò Lumacorno, non appena si riprese dalla sorpresa iniziale.

“Ehm, certo, mi scusi.” risposi confusa, afferrando il bigliettino. Lo aprii velocemente sotto lo sguardo dell'intera classe, non sapendo cosa aspettarmi, poi finalmente lo lessi.

Se non vuoi che i gufi ti facciano il nido nei capelli, ti conviene uscire in fretta. Noi ti aspettiamo fuori. S.

Lo fissai confusa, cercando di capire se vi era un significato nascosto che mi sfuggiva, ma all'improvviso un fischio acuto attraversò il corridoio e, nel giro di pochi secondi, la stanza era invasa di gufi.

Tutti gli studenti si alzarono di colpo, urlando, mentre gli uccelli svolazzavano per tutta la classe, facendo volare pergamene ovunque. Il professore inizialmente intimò di stare tranquilli, ma alla fine si arrese e urlò di uscire, l'espressione più confusa che mai.

Io, d'altro canto, sapevo benissimo chi erano i responsabili. Maledetti Malandrini.

 


Uscii velocemente in giardino, guardandomi attorno. James e Remus erano seduti sul davanzale di uno dei porticati, accuratamente ripulito dalla neve che ormai ricopriva tutto il resto; Sirus era in piedi accanto a loro, con Peter che gli ridacchiava accanto.
“Si può sapere che diamine avevate in testa?!” sbottai non appena fui abbastanza vicina ai quattro ragazzi da essere sicura che nessun altro mi sentisse.

Sirius voltò la testa, fingendosi sorpreso “Non so proprio di che parli.”

Lo ignorai. “Perché?” chiesi invece. James fece spallucce “Era da un po' che non organizzavamo qualcosa. Abbiamo una reputazione da mantenere.”

“Per il vostro bene spero non si venga a sapere che siete stati voi. Ho incrociato la McGranitt per i corridoi e non sembrava affatto contenta.”

“Tranquilla, siamo stati attenti a cancellare le nostre tracce” asserì Sirius dandomi dei colpetti sul braccio, ma ritirandosi quando vide la mia espressione. “L'intera scuola sospetta di noi, ma nessuno lo sa con certezza. Questo basta.”

Lanciai un'occhiata verso Remus, sperando nel suo soccorso, ma anche lui sembrava genuinamente divertito, perciò mi arresi e mi sedetti accanto a lui e James, incrociando le gambe; l'aria fredda mi fece rabbrividire e mi pentii di non essermi portata il mantello prima di uscire.

Sirius si voltò nuovamente verso James e riprese il discorso che avevo probabilmente interrotto pochi secondi prima. Non gli prestai troppa attenzione, la mia mente si scollegò non appena gli sentii usare termini quali “tattica di gioco” e “boccino”, invece preferì osservare gli studenti attorno a noi. Molti sembravano ancora scossi per il recente “attacco” da parte dei gufi, ma la maggior parte sembrava in fibrillazione, immaginai per l'imminente ballo. Vari gruppetti di studentesse ci sorpassarono adocchiando Sirius e James per poi ridacchiare, ma non mancarono nemmeno quelle che invece preferirono concertare la loro attenzione su Remus.

Improvvisamente mi venne voglia di maledirle tutte.

“Ehi, guarda chi c'è” fece ad un certo punto Sirius, dando una gomitata a James. Mi voltai anche io: Lily Evans stava attraversando il cortile, seguita da altre due ragazze. Chiacchieravano tra loro, cercando di evitare i cumuli di neve.

“James, se ti passi ancora una volta la mano tra i capelli finirà per pensare che hai i pidocchi.” gli feci notare, alzando gli occhi al cielo. Lui arrossì e abbassò la mano, come colto in fallo.

“Hai intenzione di invitarla?” gli chiese Peter, tenendo la voce così bassa che a malapena riuscii a sentirlo. James sembrò soppesare la domanda, ma Sirius rispose per lui “Amico, credo sappiamo entrambi quale sarebbe sua la risposta.”

“Perché non porti qualcun altro? Ci sono centinaia di ragazze in questa scuola.” gli feci notare.

“Già, questa è una buona idea!” esclamò Sirius “Porta un'altra ragazza per farla ingelosire!”.

Lo guardai senza capire. James avrebbe dovuto far ingelosire una ragazza che non era interessata a lui portandone un'altra al ballo? Su quale pianeta questa era una buona idea?

“Veramente io intendevo tutta un'altra cosa...” borbottai inutilmente, visto che nessuno mi prestò attenzione.

“La ragazze migliori sono già state prese.” asserì James, che sembrava impegnarsi davvero a riflettere. Lo guardai incredula “Come è possibile? Silente ha detto del ballo nemmeno trenta minuti fa!” poi ricordai che loro nemmeno erano nella sala grande in quel momento “ Inoltre voi come fate a saperlo? Non eravate lì quando l'ha annunciato.”

“Le notizie viaggiano in fretta, ormai dovresti saperlo.” mi ricordò Remus.

“Nel giro di dieci minuti, più di metà della scuola aveva già un accompagnatore.” mi riferì Sirius, ignorando la mia espressione scettica. “D'altronde il ballo è tra soli cinque giorni, la gente non perde tempo.”

James nel frattempo sembrava ancora impegnato a cercare una soluzione, scrutando tra le ragazze del cortile, quando i suoi occhi si posarono su di me. E vi rimasero.

“Cosa?” chiesi confusa. Lui per tutta risposta sollevò le sopracciglia, continuando a fissarmi. “Oh no! No, no, no, no.” scossi la testa, intuendo le sue intenzioni “Non verrò con te al ballo solo per far ingelosire Lily, è un piano stupido e io non intendo contribuire.”

“Oh dai! Tanto non ti inviterà nessun altro! Accetta l'opportunità.”

Lo fissai interdetta. “Ma tu davvero ti chiedi perché la Evans ti rifiuta? E' intelligente, ecco risolto il mistero.” lui continuò a fissarmi, lo sguardo da cucciolo. “Ci sono centinaia di ragazze, invita una di loro!”

“Se lo faccio poi non me ne libererò più. Mi serve qualcuno che sappia del piano e se lo dicessi a qualsiasi altra ragazza quella rifiuterebbe.”

“Tu dici?!” chiesi sarcastica. Lui mi ignorò “E per quanto preferirei portare Peter piuttosto che andare con te, mi serve una ragazza.” terminò.

“Attento con tutti questi complimenti, finisce che accetto davvero.” commentai sprezzante, poi mi voltai verso Remus. Non so perché lo feci, immagino sperassi che mi aiutasse ad uscire da questa situazione; lui però si limitò a tenere basso lo sguardo, evitando accuratamente di guardarmi.

“Mettiamola in un altro modo: mi faresti un enorme favore se mi accompagnassi. Verresti con me, per favore?” mi chiese James, mettendosi in ginocchio davanti a me. Mi guardai attorno, come se temessi che qualcuno potesse vederci in quella ridicola situazione.

“Alzati!” gli ordinai.

“Solo se accetti di aiutarmi.” mi ricattò, sorridendo beffardo. Mi trattenni a stento dal picchiarlo.

“Non che non accetto. Alzati!” ripetei, la voce sempre più tagliente. Lui comunque non si mosse da terra, il volto deciso. Notai Lily che ci osservava in lontananza, così come l'altra metà degli studenti nel cortile. Mi portai le mani al volto, combattuta tra l'imbarazzo e l'istinto omicida, ma alla fine mi arresi “Va bene, va bene! Vengo! Ora però alzati!”.

Lui mi lanciò un sorriso compiaciuto e si sollevò come se nulla fosse, poi lanciò casualmente un occhiata verso Lily e sorrise nel accertarsi che lei aveva assistito alla scena.

Sirius in quel momento scoppiò a ridere, seguito a ruota da Peter. Remus invece si limitò a sorridere, ma era chiaro che non si stava affatto divertendo. Non potei fare a meno di chiedermi se anche a lui questa idea non piacesse, ma allora perché non mi aveva appoggiato? Sentii quasi un moto di rabbia nei suo confronti, perciò gli diedi le spalle, decidendo di ignorarlo come lui aveva fatto con me. Sapevo che era un comportamento infantile ma, per qualche motivo, il suo silenzio mi aveva ferita. Cosa mi aspettavo che facesse? Non lo sapevo nemmeno io.

“Remus, con il tuo “piccolo problema peloso” come la mettiamo?” chiese all'improvviso James.

Li guardai qualche secondo senza capire di cosa stessero parlando, ma quando Remus gli rispose che la prossima luna piena sarebbe stata la sera dopo il ballo, realizzai a cosa si riferissero.

Piccolo problema peloso?” chiesi incredula, trattenendo a stento le risate. Sirius mi sorrise di rimando, alzando le spalle. Immaginai non fosse la prima volta che utilizzavano quel termine.

“A proposito, io ho ancora la tua pozione!” esclamai, ricordandomene improvvisamente. Avevo smesso di usarla da almeno un mese, le ferite alla schiena non erano sparite completamente, ma ormai altro non erano che pallide cicatrici. “Sono almeno tre settimane che mi dico che devo ridartela, ma continuo a dimenticarmene.” Fui costretta a girarmi nuovamente verso Remus, ignorando quella parte di me che desiderava tenergli il broncio un altro po'.

“Puoi tenerla.” rispose facendo spallucce “ Ne preparerò altra durante le vacanze di Natale, non è difficile.” mi rassicurò.

In quel momento la professoressa McGranitt ci si fermò davanti. Vidi le facce dei ragazzi impallidire, ma lei si limitò a invitarci a tornare nelle rispettive classi. Mi alzai veloce e presi i libri, pronta ad andare “Ci vediamo dopo” salutai veloce, al che loro ricambiarono con un cenno.

“Ah, a proposito.” fece James. “Hai qualcosa sulla spalla.”

Voltai la testa, cercando di capire a cosa si riferisse, quando vidi una sostanza bianca sulla divisa; impiegai un po' a capire che uno dei gufi mi ci aveva lasciato un ricordino. Sollevai di scatto la testa, pronta a lanciare qualcosa addosso ai Malandrini, ma li vidi correre via, le loro risate che risuonavano per il corridoio.

 

NdA: Avverto che per il prossimo capitolo molto probabilmente ci vorrà qualche settimana, oggi infatti partirò e non so esattamente quanto starò assente, ma non avrò sicuramente possibilità di connettermi a internet, perciò chiedo scusa in anticipo per il ritardo che ne conseguirà ^^
Ne approfitto per ringraziare tutti coloro che hanno messo la storia tra le preferite, le ricordate o anche solo tra le seguite e ovviamente chi è stato così gentile da utilizzare un poco del proprio tempo per lasciare una recensione! Grazie davvero e buone vacanze!

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Capitolo 9
*** Anger ***


Era una mattinata piacevole quella che scelsi per recarmi a Hogsmeade. Il sole, stranamente, aveva finalmente deciso di tornare a fare capolino da dietro le perenni nubi che lo avevano oscurato per tutta la settimana precedente; il vento soffiava comunque gelido e la neve ammucchiata ai lati della strada non accennava a sciogliersi.

Mi strinsi la sciarpa intorno al collo e continuai a camminare, i passi che risuonavano ovattati sul viale ghiacciato. Avrei preferito rimanere al castello quella domenica, magari rifugiata nelle cucine a leggere un libro con una buona tazza di tè, ma la promessa che avevo fatto a James me lo aveva impedito. Stavo per chiedermi perché mai avessi accettato, quando mi ricordai che non avevo avuto altra scelta. Questa me la paga.

Dopo che egli aveva deciso di rendermi parte del suo disastroso piano, non avevo potuto fare altro che mandare un gufo ai miei genitori, il primo che avessi mai spedito in cinque anni, chiedendogli di inviarmi dei soldi. Poiché l'unico villaggio in cui potevamo andare era Hogsmeade, avevo anche dovuto pregarli di andare prima alla Gringott a cambiarli. L'unica volta che vi erano entrati era stato alla vigilia del mio primo anno, quando mi avevano accompagnata per la prima volta, e anche l'ultima, a comprare il materiale scolastico. Ricordavo benissimo i loro volti orripilati alla vista degli inquietanti folletti, così diversi dagli impiegati del mondo babbano; sapevo perciò che, alla vista della mia richiesta, probabilmente avrebbero deciso semplicemente di rifiutare.

Ammetto quindi di essere rimasta parecchio sorpresa di trovare nella busta che mi avevano mandato in risposta ben dieci galeoni d'oro, che certo non erano una grande somma, ma erano comunque più di quanto avessi mai effettivamente avuto con me.

Una volta in possesso del denaro altro non mi era rimasto che prepararmi per un altro fine settimana a Hogsmeade, in cerca di qualcosa che fosse il più possibilmente simile ad un vestito. Non intendevo mettermi particolarmente in tiro per Potter, anzi, ero stata piuttosto tentata di presentarmi in divisa scolastica al ballo, così da rovinargli i piani, ma avevo deciso che non ne valeva la pena. Sapevo che la verità, in fondo, era che l'idea di andare ad un ballo mi eccitava. Sì, anche se era con quell'esaltato di Potter; perfino se altro non ero che un mezzo per ingelosire un'altra.

Continuai a camminare per altri dieci minuti buoni, poi finalmente i familiari edifici del villaggio di maghi fecero capolino dalla curva della strada.

Mi diressi a passo spedito verso quella che sapevo essere la via con più negozi di abbigliamento che non si limitassero a capelli a punta e strane vesti colorate. Toccai la tasca della divisa per controllare che i soldi fossero ancora lì, poi mi feci forza ed entrai nel primo negozio.

 

Un'ora dopo ancora non avevo trovato quello che cercavo; ero entrata in tre negozi diversi, ma nessuno di questi sembrava avere quello che cercavo. Un paio di vestiti mi erano piaciuti, ma i prezzi esorbitanti mi avevano convinta a cambiare idea.

Cominciavo ad essere stanca e andare a far compere non era proprio il mio passatempo preferito, perciò stavo per rinunciarci quando, inaspettatamente, una vetrina attirò la mia attenzione: dietro il vetro vi era esposto un vestito blu, di una stoffa lucida e con le spalline di pizzo che sembrava fare proprio al caso mio. Non sapevo esattamente quali fossero i canoni di un vestito per un ballo di natale, ma immaginai che quello non doveva esserne troppo lontano.

Mi avvicinai alla vetrina, leggendo il prezzo.

Dieci galeoni! Doveva essere il mio giorno fortunato! Quasi mi avventai sulla porta, come se temessi che il vestito potesse scomparirmi sotto lo sguardo. Improvvisamente però il mio sguardo si posò su un cartello affisso appena sopra la maniglia e tutto il mio entusiasmo scemò.

Lo rilessi più volte, incapace di credere che stessi interpretando bene le parole che vi erano scritte sopra, nonostante queste fossero fin troppo chiare.

In questo negozio non si accettano nati babbani.

Una rabbia cieca prese il posto dello stupore e sentì le mie mani stringersi, le unghie che si conficcavano nella carne. Mi sarebbe piaciuto essere arrabbiata per via del cartello, ma la verità era che la rabbia era rivolta a me stessa; dopo aver letto il cartello, per qualche secondo, qualche minuscolo lasso di tempo, mi ero vergognata. Mi ero vergognata per la prima volta in vita mia di non essere una purosangue e questo non potevo perdonarmelo. Ero stata fiera dei miei natali per cinque anni ad Hogwarts e ora uno stupido cartello era riuscito a farmi vergognare. Provai l'impulso di aprire la porta comunque, entrare e toccare tutti i loro bei vestiti, provarli, per poi sputare in faccia alle commesse che ero ciò che loro tanto disprezzavano e tutti i loro eleganti abiti erano stati rovinati dalle mie mani in cui vi scorreva sangue sporco. Desiderai urlare loro addosso tutto il mio disprezzo, tutto il mio odio, poiché per colpa del loro cartello mi ero permessa di sentirmi inferiore.
Mi ritrovai a chiedermi se l'avrebbero capito appena avessi messo piede nel negozio quali fossero i miei natali, o se avrei avuto prima il tempo di distruggere qualcosa.

Una mano si posò sulla mia spalla, facendomi sussultare. Mi voltai veloce, pronta a sfogarmi con chiunque si trovasse alle mie spalle, ma la mia determinazione si dissolse non appena vidi Remus che mi guardava triste, lo sguardo lievemente oscurato. Senza dire nulla mi prese tra le sue braccia e mi strinse a sé e io lo lasciai fare, posando la fronte sul suo petto. Sentii le sue braccia strette attorno alle mie spalle, il suo petto che si alzava e si abbassava seguendo il suo respiro. Mi accorsi che stavo tremando per la rabbia, così cercai di calmarmi. Sentii i miei muscoli rilassarsi piano, i pugni aprirsi con una punta di dolore nei palmi causata dalla pressione che le mie unghie vi avevano esercitato. Espirai lentamente, ascoltando i battiti lenti del suo cuore. Sentii la rabbia scemare lentamente, finché non fui nuovamente tranquilla; rimasi qualche altro momento tra le sue braccia, una piacevole sensazione che mi si diramava per le ossa, poi mi staccai.

"Scusami, non so cosa mi sia preso." sussurrai, guardandolo negli occhi. Volevo fargli capire che non ero a disagio con quanto era appena successo, né me ne vergognavo; volevo che vedesse la gratitudine nel mio sguardo, nonostante le mie parole stessero contraddicendo i miei pensieri.

Lui non rispose, ma si limitò a sorride come se nulla fosse accaduto “ Stai cercando un vestito per il ballo?” mi chiese evitando accuratamente di guardare il negozio alle mie spalle. Lo fissai per qualche secondo, presa in contropiede dall'improvviso cambio di argomento. Mi chiesi se per caso si fosse pentito del suo gesto e, per questo motivo, stesse cercando di dimenticarlo; il pensiero mi lasciò una sensazione davvero sgradevole alla bocca dello stomaco, come se un peso vi si fosse appena abbattuto contro. Mi limitai ad annuire in risposta, ora profondamente a disagio.

“Allora sei nel posto sbagliato. Vieni con me, ne conosco uno che fa al caso tuo.” mi spiegò, invitandomi con un gesto a seguirlo. Sbuffai leggermente e gli andai dietro, sempre più confusa rispetto alle sue intenzioni. Inoltre, che diamine ci faceva qui?

Percorremmo la strada in silenzio, cosa che ultimamente era diventata quasi un'abitudine: nessuno dei due amava particolarmente parlare, perciò spesso ci trovavamo a goderci la rispettiva quiete.

Lo osservai di sottecchi, la testa affollata di pensieri. Per certi versi ero contenta che non si fosse soffermato sull'abbraccio, se così si poteva chiamare e, sopratutto, sulla mia esagerata reazione nei confronti di uno stupido cartello. Non ero sicura se avrei saputo come gestire il discorso, io stessa avevo lasciato i miei veri pensieri rispetto al suo gesto a sua libera interpretazione e decisamente non era da me lasciarmi andare in quel modo.
D'altra parte però, il modo in cui aveva semplicemente evitato la questione, fingendo che nulla fosse accaduto...

“Eccoci qui” annunciò Remus improvvisamente, riportandomi bruscamente alla realtà.

Guardai scettica il negozio davanti al quale ci eravamo fermati, che altro non sembrava che un'abitazione con una seria esigenza di essere ristrutturata, inoltre non vi erano vetrine, né insegne di alcun tipo.

“Ehm... sicuro che siamo nel posto giusto?” gli domandai incerta, dando un'occhiata nei dintorni.

Lui vide la mia espressione e ridacchiò, aprendo la porta “Forza, abbi un po' di fiducia!”

Sbuffai e lo superai, entrando nel “negozio”. Dentro era, se possibile, ancora più malridotto dell'esterno: il locale era buio, umidiccio, un velo di polvere che copriva ogni cosa. Lo spazio era angusto, pieno di scatole e oggetti vari, alcuni di cui non riuscivo proprio a capire l'utilizzo; sentivo chiaramente l'odore di muffa che impestava l'ambiente e non potei fare a meno di chiedermi dove diamine di aveva portato Remus.

“Fiducia?” gli domandai sarcastica, non appena anche lui fece il suo ingresso. Lui alzò gli occhi al cielo e si diresse verso un vecchio tavolo di legno, che immaginai dovesse fare da bancone, e scosse un vecchio campanello, da cui si sollevò una nuvoletta di polvere.

“Ohhhh, salve, benvenuti del mio negozio!” esclamò una voce alla mie spalle, facendomi sobbalzare. Mi voltai di scatto e mi ritrovai davanti quella che immaginai essere una donna, anche se era difficile da stabilire con certezza: era alta e magra e non sembrava avere più di vent'anni. Era avvolta da una quantità esagerata di scialli che le ricoprivano le spalle e la testa, dalla quale sbucavano fuori dei capelli crespi. Un enorme paio di occhiali le ingrandiva spaventosamente gli occhi, dando una sensazione di sproporzione al suo viso e rendendola incredibilmente simile a un gigantesco insetto. Mi trattenni dall'indietreggiare, o dallo scoppiare a ridere.

“Cosa posso fare per voi?” chiese, il tono che rasentava il melodrammatico.

“Cerchiamo un vestito.” gli spiegò velocemente Remus, avvicinandosi.

“Per te caro? Non credo di averne uno adatto.” rispose lei, annuendo convinta.

Alzai gli occhi al cielo, incredula. “No, non per lui, per me.” Lei sembrò accorgersi solo allora della mia presenza; mi fissò per qualche secondo, poi batté le mani “Ma certo cara, lo sapevo. Che tipo di vestito avevi in mente?”

Rimasi impalata per qualche istante, incapace di rispondere. Il fatto era che non avevo in mente alcun tipo di vestito, nei negozi precedenti avevo semplicemente adocchiato quelli che mi ispiravano, ma erano tutti completamente diversi. All'ultimo vestito che avevo visto preferivo non pensarci proprio.

“Un vestito... da ballo?” feci incerta, lanciando un occhiata a Remus. Lui comunque sembrava saperne quanto me, perciò quando vide la mia confusione alzò le spalle. Lo guardai storto: era stato lui a portarmi qui e nemmeno sapeva quello che avrei dovuto cercare?! Sinceramente, dubitavo che l'inquietante proprietaria del negozio potesse effettivamente avere qualcosa che mi interessasse.

“Beh cara, ne ho parecchi di quelli, perché non vieni con me a guardarne qualcuno?” mi chiese cortese, spostando una tendina dietro la quale vidi un'altra sala. Riluttante la seguii, guardando nuovamente Remus che fece cenno con una mano “Fai con comodo, io ti aspetto qui,” mi disse, poi si sedette in un vecchio divanetto in un angolo, alzando una nuova nuvola di polvere che lo fece tossire piano. Ridacchiai, pensando che l'asma se la sarebbe meritata tutta, poi seguii la proprietaria del negozio.

Scostai malamente la tenda, evitando con cura di toccare una delle tante ragnatele che sembravano adornarla e guardai la donna mentre si affaccendava all'interno di alcuni armadi, lanciando sbuffi di tanto in tanto.

“Mi scusi... ehm... lei...” la donna si voltò verso di me, sorridendo “Oh cara, chiamami Sibilla.”

“Sì, certo, Sibilla, magari non sono venuta nel posto giusto, io...” cominciai, decisa ad andarmene il prima possibile: se anche ci fosse stato un vestito lì in mezzo, di certo sarebbe stato pieno di strani fronzoli o direttamente maledizioni di dubbio effetto.

“Ohhh, non essere sciocca, sei esattamente dove dovresti essere!” mi interruppe, dandomi una lieve pacca sulla spalla. Battei incredula le palpebre, chiedendomi per l'ennesima volta che razza di posto fosse quello.

Sibilla tornò a frugare nell'armadio, borbottando di tanto in tanto, infine ne riemerse carica di vari vestiti, i pochi che riuscii ad adocchiare per niente rassicuranti.

Li posò su una sedia lì vicina, poi si risistemò gli occhiali e mi guardò entusiasta “Questi dovrebbero andare. Provateli pure tutti cara, io aspetterò fuori con il tuo amico.” detto questo prese e uscì, lasciandomi sola con il mucchio di abiti.

Sospirai rassegnata e mi ci avvicinai scettica, fissando incerta quello che sembrava un enorme scarafaggio attaccato al primo abito. Rabbrividii, sicura di non voler scoprire se fosse una decorazione o un insetto vivo, e lo scostai rapidamente di lato, emettendo un suono strozzato quando lo vidi muoversi.

Guardai schifata gli altri vestiti, ma mi accorsi che, superato il primo, gli altri non erano così male come avevo pensato. Ne sollevai un paio, ammirandoli piacevolmente sorpresa. Erano entrambi lunghi e... antiquati, non avrei saputo definirli altrimenti, ma in un modo che non mi dispiaceva.
Li posai sullo schienale della sedia e ne presi altri due, sollevandoli a loro volta. Uno dei due aveva troppi fronzoli per i miei gusti, ma l'altro non era affatto male.
Controllai di essere ancora sola, poi mi spogliai velocemente, togliendo i vari strati di vestiti che avevo indossato per proteggermi dal freddo. Quando non mi rimase altro addosso che la biancheria intima, afferrai il vestito, tremando per colpa dell'aria gelida, e lo indossai. Capii subito che qualcosa non andava quando lo sentii cadere pesantemente attorno a me; guardai giù e vidi che ci navigavo dentro, letteralmente.
Mi maledì per aver saltato tutti quei pasti in questi anni e me lo sfilai velocemente, sempre più abbattuta.
Guardai velocemente gli altri vestiti, cercando di capire quale mi sarebbe potuto effettivamente stare e finii per tenerne da parte solo due, uno dei quali scartai all'istante visto il suo colore giallo brillante.

"Ehi Elisabeth, so che ti avevo detto di fare con calma, ma Sibilla è andata a prendere il tè e conoscendo la sua mania di predire le mort..." Remus scostò la tendina, continuando a parlare, poi mi vide e raggelò. Ci fissammo per qualche secondo, entrambi immobili, finché non mi ricordai di essere in biancheria intima. Afferrai velocemente tutti i vestiti che potevo e me li strinsi addosso, completamente incapace di proferire parola, gli occhi sgranati.
"Per le mutande di Merlino!" esclamò Remus che sembrava finalmente tornato in sè, poi sembrò ripensare a ciò che aveva detto "NO, volevo dire la barba, la barba di Merlino! Scusami!" Si voltò di scatto, non prima di arrossire fino alle punte dei capelli, e continuò a scusarsi anche dopo essere uscito dalla stanza. "Non ci ho pensato! Scusami!" poi lo sentii imprecare e allontanarsi velocemente.

Io rimasi ancora qualche secondo immobile, incapace di realizzare ciò che era appena successo, poi mi portai le mani sul volto, morendo di imbarazzo. Non sapevo cosa c'era che non andasse con questa giornata, ma di sicuro ne avevo avute di migliori.

Mi rivestii in fretta e afferrai l'unico abito che era sembrato andare bene senza nemmeno dargli una seconda occhiata, poi cercai di risistemare al meglio gli altri sulla sedia e uscii velocemente da lì, desiderando solo di lasciare il negozio il prima possibile e possibilmente dimenticare questo episodio. Sperai che Remus fosse bravo a ignorare questo così come aveva fatto con ciò che era successo prima quel pomeriggio. Due in una sola giornata. E' un nuovo record.

Scostai la tendina e vidi il ragazzo seduto sul divano, gli occhi serrati e le mani sulla fronte. Non appena mi avvicinai lui sollevò la testa e arrossì nuovamente, questa volta senza proferire parola.

"Ohh cara, vedo che hai finito. Hai trovato quello che cercavi?" domandò Sibilla sbucando da un punto indefinito della stanza e portando con sé un vassoio con quelle che sembravano delle tazze di tè.

Sollevai il vestito che avevo in mano e annuii, evitando di guardare verso Remus. Avrei semplicemente voluto smaterializzarmi seduta stante e nascondermi da qualche parte per il resto della mia vita e, in tutta onestà, ero piuttosto convinta fosse lo stesso anche per lui.

"Ottima scelta, quel vestito apparteneva a Antonia Creaseworthy, una nobildonna dai gusti davvero raffinati." mi informò Sibilla, che non sembrava aver notato minimamente la tensione che aleggiava nella stanza.

"Quanto costa?" chiesi, domandandomi se non stesse inventandosi le origini dell'abito solo per alzarne il prezzo. Mi ricredetti quando la sua risposta fu "Tre galeoni".

Che avessi preso un vestito rovinato? Non era possibile che costasse così poco. Magari quella Antonia Crequalcosa c'era morta dentro. Presi comunque i soldi dalla tasca e li diedi alla donna, che li posò incurante sul bancone per poi passarmi una sacca in cui mi fece infilare il vestito.

"Allora ragazzi, volete del tè?" ci domandò poi, versandone una tazza. Stavo per rifiutare quando lei la piazzò nel tavolino davanti a me, invitandomi ad accomodarmi. Sospirai e mi sedetti accanto a Remus, decisa a non curarmi troppo dell'incidente di pochi minuti prima, ma sentii comunque le mie guance scaldarsi.

Sibilla posò una tazza anche davanti a Remus, poi ci invitò a berlo prima che si raffreddasse. Lo bevetti il più velocemente possibile, non vedendo l'ora di andarmene, ma appena l'ebbi finito Sibilla prese la mia tazza e cominciò a guardarla curiosa. La fissai interdetta, incerta su cosa fare, quando questa me la riposò davanti guardandomi seria "Oh cara, mi dispiace farti sapere che i prossimi mesi non saranno affatto facili per te, oh no." mi avvertì, lanciandomi uno sguardo di compassione.

"Come prego?" le chiesi, riconoscendo la lettura delle foglie di tè che avevo, purtoppo, dovuto affrontrare il terzo anno."Oh, vedi, devi sapere che io sono la nipote di Cassandra Cooman e da lei ho ereditato i miei poteri che, aimè, spesso sono un fardello che sono costretta a portare." mi spiegò, sospirando teatralmente. "Nel tuo futuro purtroppo vedo tanta sofferenza."
"Interessante..." commentai, sollevando gli occhi al cielo.

Lei non sembrò fare troppo caso al mio scetticismo e afferrò la tazza di Remus, che continuava a lanciare occhiate alla porta.

"Ohhh!" esclamò con tono grave, allontanando leggermente la tazza "Ragazzo, caro ragazzo, tu e i tuoi fratelli avete davanti a voi un destino orribile!" riprese la tazza e la osservò per qualche altro secondo, poi tornò a fissare Remus "Uno di loro sarà la causa dei vostri problemi." annunciò.

Mi trattenni dallo sbuffare, stanca di ascoltare quelle assurdità.

"Io sono figlio unico, in realtà." le spiegò gentilmente lui, sorridendo debolemente. Lei rilasciò un piccolo "Ah," poi afferrò le tazze e le rimise sul vassoio, il volto corruciato.

"E' il caso di andare." dissi sollevandomi dal divano, prima che Sibilla decidesse di tirare fuori le carte o che so io. Remus si alzò a sua volta, stringendole la mano e salutandola, poi si diresse verso la porta.

“Al ballo sarete una bellissima coppia!" esclamò Sibilla, sospirando felice. Remus stava per replicare ma io glielo impedii, dandogli una leggera spinta verso la porta e borbottando un "Grazie" in risposta.

Quando finalmente ci trovammo fuori inspirai a pieni polmoni l'aria fresca, finalmente libera dall'opprimente cappa di umidità che mi era penetrata fin nelle ossa.

"Mi spieghi come caspita facevi a conoscere questo posto?" chiesi immediatamente a Remus, lanciando un occhiata al negozio.

Lui sollevò le spalle "E' un'amica di famiglia." rispose semplicemente, al che io scossi la testa incredula. Non sapevo se era più assurdo che lui avesse deciso di portarmi in un posto simile, o che io vi avessi effettivamente comprato un vestito.

"E' la peggior veggente che abbia mai incontrato." fu tutto quello che riuscii a dire, incapace di trovare dei termini adatti per commentare il resto.

Lui scoppiò a ridere, guardandomi divertito "Non credo che sia nemmeno una vera veggente, si considera tale per via di Cassandra, ma per quanto ne sappia non è mai riuscita a predire nemmeno quello che sarebbe accaduto da lì a un'ora."

A quel punto si passò una mano sul volto, sospirando rumorosamente "Senti, per quello che è successo prima..." mi trattenni dallo sbuffare, rendendomi effettivamente conto di quanto lo facessi, e aspettai che trovasse le parole giuste per terminare la frase rimasta in sospeso. "Mi dispiace, davvero. Sono abituato con i ragazzi... pensavo li avresti solo guardati..."

Lo interruppi "Non è successo niente, davvero. Dimentichiamocene e basta." volevo passare oltre quella situazione in fretta.

"Non puoi semplicemente dimenticare tutte le cose che non ti piacciono, Elisabeth." asserì Remus, lo sguardo ancora fermo sui miei occhi.

Lo guardai sorpresa "Non lo faccio."

Lui mi osservò per qualche altro secondo, poi scosse la testa e fece per voltarsi.

"Non sono io che ho finto che non fosse accaduto nulla fuori da quel negozio." gli ricordai, incapace di tacere. Lui tornò a guardarmi, un espressione confusa sul volto.

"Non eri tenuto a farlo, non ne avevi alcun diritto. Eppure l'hai fatto. E poi cosa? Hai cambiato discorso e mi hai portato qui. Non dovevi farlo, non per poi pentirtene."

Remus non sembrava capace di proferire parola. Continuò a fissarmi, l'ombra della comprensione che cominciava ad affiorare nei suoi occhi. "Pensi che me ne sia pentito?" mi chiese, la voce rotta. Io non risposi, improvvisamente insicura. Lui mi si avvicinò, poggiandomi le mani sulle spalle "Ero dietro di te e ho visto quel cartello, lo stesso che potrebbero mettere per non fare entrare un cane. Ho percepito la tua rabbia, chiunque avrebbe potuto, era palpabile nell'aria; ma io conosco quella rabbia, ci convivo ogni giorno. Quando ti ho abbracciata, non l'ho fatto perchè avevo pietà di te, nè perchè sentivo di doverlo fare. L'ho fatto perchè volevo, perchè sapevo che io ne avevo bisogno e lo rifarei di nuovo."

Abbassai lo sguardo, senza sapere cosa pensare. "Perchè non lo hai detto?"

"Perchè credevo lo avresti capito, Elisabeth! E' questo che fanno gli amici, si aiutano, condividono... cose." mentre parlava alzò le braccia e le fece ricadere pesantemente, lo sguardo ancora puntato su di me.

"Come mi hai aiutata con James?" chiesi, guardando mentre la sua espressione cambiava "Non fare quella faccia, ho visto benissimo che quella situazione non piaceva nemmeno a te, eppure mi hai ignorata!" mi lamentai, incapace di fermarmi. Mi vergognavo di me stessa, ma non potevo più trattenere quelle parole.

"E' un'altra questione questa. Lui ti ha solo invitata al ballo, cosa avrei potuto fare? E' suo diritto farlo." rispose, il tono ora più pacato, lo sguardo più sfuggente.

"Non mi ha invitata, mi ha costretta e per un motivo incredibilmente infantile. Ho cercato il tuo appoggio, ma tu hai fatto finta di niente, come fai sempre quando Sirius o James fanno gli stupidi. Gli lasci passare ogni cosa, anche se questo vuol dire abbandonare un amico, non è così?" gli chiesi, il tono sempre più rabbioso.

Lui sembrò cercare qualcosa con cui ribattere, ma alla fine curvò le spalle, abbassando lo sguardo "Questo è ingiusto da parte tua. Come volevi che ti aiutassi? Non avrei potuto fare niente."

"Avresti potuto invitarmi tu." risposi glaciale, poi mi allontanai veloce verso il castello senza voltarmi indietro.

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Capitolo 10
*** May I have this dance? ***


Martedì, a poche ore dal famigerato ballo, il senso di colpa per il mio atteggiamento verso Remus ancora non accennava ad andarsene. Avevo continuato a ripetermi che tutto ciò che avevo detto non era altro che la verità, ma sapevo benissimo che non meritava quel trattamento. Non sapevo se fosse un caso, o se mi stesse evitando, fatto sta che non avevo avuto modo di parlargli da allora; mi era capitato di incrociare Sirius e Peter per i corridoi, ma di Remus nemmeno l'ombra.

Come mi era saltato in mente di dirgli quelle cose? Certo che non era colpa sua se James aveva una mente bacata. Avrei semplicemente voluto scusarmi con lui, spiegargli che era stato un momento di rabbia a farmi parlare così.

Decisi che era inutile rimuginarci e raccolsi i libri dal tavolo di pozioni, cercando di non rovesciare qualche altra fialetta, poi mi diressi verso il mio dormitorio, sperando di non trovarlo troppo affollato dalla gente che si preparava per il ballo.

Sorpassai il professor Lumacorno, che stava ancora congratulandosi con Dirk Cresswell, il fortunato vincitore dell'ambito premio (che altro non erano che un paio di biglietti per una partita di Quidditch) e mi feci largo tra la folla di studenti che occupava i sotterranei.

Dovetti spostare malamente qualche ragazzino del primo anno, ma alla fine riuscii a raggiungere la porta d'ingresso del dormitorio. Borbottai velocemente la parola d'ordine e non appena il passaggio si aprì mi lanciai verso la stanza del quinto anno, desiderosa di andarmene da lì il prima possibile.

Spalancai il mio baule e tirai fuori la sacca con il vestito e altri oggetti che avevo pensato mi sarebbero potuti servire per quella sera, poi tornai velocemente indietro, diretta verso il bagno del secondo piano. Sperai che Mirtilla, su questo argomento, ci capisse più di me.

 

“Non credo che quelle si abbinino molto, sai?” commentò Mirtilla, osservando le scarpe da ginnastica che avevo appena indossato.

Sospirai abbattuta, cercando di sistemare al meglio le linguette “Lo so, ma non ho nessuna scarpa adatta, inoltre non penso che riuscirei a stare in piedi per più di qualche secondo con dei tacchi.” sollevai una gamba, osservandomi il piede “E comunque il vestito è piuttosto lungo, non credo che qualcuno farà caso alle scarpe.”

Mirtilla fece schioccare la lingua, ma non commentò. La vidi gironzolare attorno alla sacca, curiosa di vedere il vestito.

“Cosa farai se non ti starà?” mi domandò sghignazzando divertita. Io la ignorai, preferivo non pensarci. Non ricordavo nemmeno come fosse fatto, non che lo avessi guardato abbastanza bene da saperlo proprio, comunque. Mi alzai in piedi, decidendo di togliermi velocemente ogni dubbio. Raccolsi la sacca e, lentamente, tirai fuori l'abito, sentendo Mirtilla che tratteneva il fiato.

Lo tenni davanti a me e mi rilassai visibilmente, un po' più speranzosa: non era affatto male, anzi. Era incredibilmente semplice, nessuna decorazione, nessun pizzo; era di un rosa antico, pallido, fatto di un tessuto piuttosto leggero. Lo indossai, grata di sentire la stoffa stretta nei punti giusti.

Mi guardai allo specchio e vidi che ero stata in grado di trovare la taglia esatta, per quanto fosse stato difficile; l'abito rimaneva lievemente largo sui seni e non curvava come avrebbe dovuto nei fianchi, ma in fin dei conti andava più che bene.

Mirtilla mi si avvicinò, studiandomi attentamente “Ti sta bene” decretò e io le sorrisi, grata per il suo supporto, totalmente inaspettato. “Però dovresti mangiare di più, sei pelle e ossa.” aggiunse.

Sollevai gli occhi al cielo, poi feci una giravolta e risi felice quando la gonna si sollevò e roteò con me, per poi tornare lentamente al suo posto.

“Sì, sì, tutto molto bello.” commentò acida Mirtilla “Ora però è il caso che ti sbrighi a prepararti, o finirai per arrivare lì che il ballo è già finito.”

Borbottai qualcosa che assomigliava vagamente a un “d'accordo” e tornai a frugare nuovamente nella sacca, tirando fuori una piccola sacchetta con dei trucchi, ancora nuovi, che mi aveva regalato mia madre l'anno precedente e un libro di incantesimi per i capelli, che speravo vivamente funzionassero correttamente.

Nel giro di una trentina di minuti avevo finito, non che avessi fatto poi molto: per quanto riguardava il trucco, visto la mia totale inesperienza nel settore, avevo semplicemente usato del rossetto chiaro ed ero riuscita, rischiando di accecarmi varie volte, a mettermi del mascara in maniera semi-decente.

I capelli erano stati un'altra storia, visto che non sembravano proprio voler stare al loro posto; il risultato finale era una specie di crocchia, da cui però uscivano impertinenti vari ciuffi. Avevo provato ad usare un paio di incantesimi, ma alla fine vi avevo rinunciato, decretando che erano totalmente fuori dalla mia portata.

Mi diedi una rapida occhiata allo specchio, piuttosto soddisfatta del risultato finale; il mio aspetto era decisamente domestico, ma accettabile.

Mirtilla era mezza appisolata sul davanzale della finestra, o almeno lo era per quanto un fantasma potesse esserlo. Mi schiarii la gola rumorosamente, facendola sobbalzare “Allora, che ne pensi?” chiesi, facendo un giro e sorridendole speranzosa.

Lei mi osservò qualche secondo, poi scoccò un occhiata scettica ai miei capelli “Cosa sarebbe quella?”

Mi toccai piano la testa “La mia pettinatura...credo.” La osservai allo specchio: non era poi così male... no?

“Togli quella forcina lì.” mi consigliò, indicandone una. La afferrai piano e la tolsi, facendo ricadere i capelli che vi erano raccolti. “Meglio.” decretò, girandomi attorno.

Mi diedi un'ultima occhiata veloce, poi raccolsi tutti i vestiti sparsi per il bagno e li sistemai nella sacca, posandola sul davanzale. “Poi controllarla per me?” domandai a Mirtilla, che subito corrucciò le sopracciglia “Non sono mica il tuo cane da guardia.”

Senza prestarle attenzione mi diressi verso la porta del bagno, il respiro veloce. Non mi piaceva la folla e sapevo che appena uscita da lì ne avrei incrociata parecchia, per non parlare poi di tutte le persone ammucchiate in sala grande. Inspirai profondamente, poi aprii la porta e, prima di uscire, mi voltai verso Mirtilla. “Grazie.” dissi semplicemente, infine uscii.

 

Camminavo veloce per i corridoi, cercando di non incrociare lo sguardo di nessuno. Fortunatamente sembravano tutti troppo impegnati a specchiarsi su qualsiasi superficie riflettente per far caso a me.

Osservai i vestiti delle altre ragazze e mi resi conto di quanto il mio fosse insignificante confronto ai loro, che erano per la maggior parte pomposi e brillanti; maledissi per l'ennesima volta Potter e velocizzai il passo.

“Elisabeth?” mi chiamò una voce, facendomi alzare lo sguardo: Sirius e James erano a pochi passi da me, entrambi vestiti con degli eleganti smoking neri. Li raggiunsi, lisciandomi il vestito nervosamente e cercando di rilassarmi; non capivo nemmeno perché fossi così agitata.

“Ehi, guarda chi si è messa in tiro.” esordì Sirius non appena mi fermai, sorridendo “A quanto pare allora c'è davvero una ragazza sotto tutti quegli strati di ostilità!”.

Feci una smorfia “Con quello smoking ti avrei quasi scambiato per un gentiluomo, ma le tue parole ti smentiscono sempre, Black. A proposito, come sei riuscito a farci stare il tuo ego? Sembra strettino.” ribattei, cercando di mantenere un'espressione seria anche quando quest'ultimo ghignò divertito.

Scossi la testa e mi guardai intorno in cerca di Remus, ma, ovviamente, non ve ne era traccia.

“Dove sono Peter e Remus?” chiesi noncurante, il tono completamente casuale.

“Peter è laggiù” mi indicò James, al che lo vidi che chiacchierava, o meglio, ascoltava una ragazza che parlava. Lo guardai sbalordita, poi spostai il mio sguardo su James che sorrise, probabilmente comprendendo la mia sorpresa “Cosa vuoi che ti dica, siamo degli ottimi amici!”si limitò a dire, stringendo le spalle.

“Siamo andati in giro a chiedere a praticamente qualunque ragazza e alla fine ne abbiamo trovata una anche per Peter.” mi spiegò Sirius, lanciando occhiate seducenti alle ragazze che lo adocchiavano. Improvvisamente sporse la testa oltre la mia spalla e fece un gesto a qualcuno dietro di me.

Mi voltai e vidi una ragazza dai lunghi capelli argentei venire verso di noi; avanzava con lo sguardo perso, guardando il soffitto come se non lo avesse mai visto prima.

Sirius vide la mia espressione scettica e fece spallucce “E' strana, ma rinuncio volentieri alla sanità mentale per una bellezza del genere.”

Osservai meglio la ragazza, annuendo distrattamente: sulla bellezza di certo non le si poteva dire niente, era splendida.

“Un certo Xenophilocoso ha passato tutta la giornata a seguirla, cercando il coraggio di invitarla al ballo ma, ehi, mago che aspetta perde il boccino.” aggiunse Sirius, guardandomi eloquentemente.

“Ciao a tutti.” ci salutò la ragazza con voce sognante, impedendomi di chiedere ulteriori spiegazioni a Sirius. Lui le si avvicinò e la prese a braccetto “Vogliamo andare?” le chiese, poi si avviarono insieme verso la Sala Grande. Dopo qualche passo Sirius si voltò nuovamente verso di noi e ci fece l'occhiolino, ridendo divertito.

James sollevò il pollice, ridendo a sua volta, poi si voltò verso di me “Andiamo anche noi?” mi chiese, porgendomi il braccio. Annuii, tenendo accuratamente le braccia strette davanti al petto, e seguimmo Sirius e la sua accompagnatrice.

“Allora, avete trovato una ragazza anche per Remus?” gli domandai curiosa.

James scosse la testa, guardandosi attorno, probabilmente alla ricerca di Evans “No, non ce n'era bisogno, una ragazza gli aveva già messo gli occhi addosso " mi spiegò ridacchiando, facendomi chiudere lo stomaco per la sorpresa e la vergogna "Ma non ha accettato." terminò, senza prestarmi troppa attenzione. Nascosi un sospiro di sollievo “Come? Perché?”

“Perché ha tutte le priorità sballate, come te. Probabilmente in questo momento è in biblioteca a leggere e mangiare cioccolata.” asserì, scuotendo la testa.

Quindi non sarebbe venuto.

Mi impedii di sentirmi delusa; non capivo nemmeno perché mi interessasse in realtà, non erano affari miei ciò che decideva di fare, inoltre ero la prima che se avesse potuto avrebbe evitato tutto questo.

Quest'ultimo pensiero si rafforzò non appena entrammo nella Sala Grande, quando la confusione che vi regnava mi investì. Ancora intontita, venni afferrata da James per un braccio e trascinata a un tavolo lì vicino. Poi, mi fece accomodare quasi lanciandomi sulla sedia.

“Come, non mi chiedi di ballare?” gli chiesi sarcastica guardando, con un sopracciglio sollevato, il modo in cui si sedeva cercando di sembrare elegante, mentre il suo sguardo correva impaziente tra la massa danzante di studenti. Sospirai rassegnata e mi preparai ad una serata decisamente noiosa e un potente mal di testa dovuto alla musica troppo alta.

 

Non saprei dire da quanto fossi seduta a quel tavolo quando, improvvisamente, James si alzò in piedi, afferrandomi la mano e trascinandomi in mezzo alla pista da ballo senza una parola.

“Che succede?” gli chiesi mezza addormentata, infastidita dai modi bruschi.

Lui mi fece un cenno con la testa e io vidi dietro di me Lily che ballava con uno studente che avevo già intravisto qualche volta; mi sembrava di ricordare che fosse il caposcuola di Tassorosso, ma non ne ero pienamente convinta.

Lui la teneva stretta, accarezzandole i capelli e lei rideva divertita, muovendosi delicatamente seguendo la musica. Indossava un abito verde acqua, con uno scialle dello stesso colore che le copriva le spalle e svolazzava ad ogni sua mossa.

“Beh, questo sì che è un colpo per la mia autostima.” borbottai, incapace di trattenermi dal fare un confronto tra me e lei, decisamente impari.

“Sono una bella coppia” constatai poi, ghignando divertita quando James, che nel frattempo mi aveva afferrata per la vita e trascinata a pochi metri da loro, mi lanciò un'occhiataccia.

Mi rassegnai e posai la testa sulla sua spalla, chiedendomi se sarei riuscita a dormirci sopra senza che nessuno ne se accorgesse. Mentre giravamo lentamente, per non addormentarmi, mi misi ad osservare le coppie attorno a noi e riconobbi Frank Paciock ballare con una ragazza, anche lei del settimo anno, che mi sembra chiamarsi Alice, o forse Amber.

Spostai lo sguardo e notai che parecchie persone erano ferme a guardare me e James; immaginai qualcuno si stesse chiedendo chi fossi, altri perché James Potter stesse ballando un lento con una serpeverde. Vidi anche Lily lanciarci una veloce occhiata, per poi afferrare la mano del suo accompagnatore e, ridendo, invitarlo a seguirla, sparendo tra la folla.

Sentii James imprecare, dopodiché si staccò da me e si allontanò rabbioso, lasciandomi impalata in mezzo alla sala.

Restai ferma per qualche secondo, completamente presa alla sprovvista. Beh, questo sì che è scortese pensai amaramente mentre tornavo a sedermi, chiedendomi cosa effettivamente mi aspettassi.

Insomma, era pur sempre di Potter quello di cui si stava parlando, lo stesso che l'anno precedente aveva tolto le mutande a Piton davanti all'intera scuola. Episodio che effettivamente avrei preferito non riportare a galla, decretai, quando sentii la fame passarmi completamente al solo ricordo.

Mi sedetti pesantemente sulla sedia e afferrai un bicchiere lì vicino pieno di spumante, senza preoccuparmi troppo di controllare che fosse effettivamente il mio.

Fu in quel momento che lo vidi. Non so bene cosa attirò la mia attenzione, fatto sta che, improvvisamente, notai chiaramente Remus Lupin a pochi passi da me che scrutava la folla in cerca di qualcuno. Senza sapere perché, quando si voltò nella mia direzione, mi abbassai velocemente sotto il bordo del tavolo, ignorando le occhiate incuriosite che mi lanciarono gli studenti attorno.

Aspettai qualche secondo, poi mi sollevai piano, osservandolo senza farmi notare: indossava la divisa scolastica ma vi aveva tolto la cravatta e messo una giacca scura sopra, creando una specie di completo; aveva l'aria stanca, abbattuta e la pelle particolarmente tirata, chiari sintomi della vicina luna piena.

Nonostante questo, comunque, il suo abbigliamento mi sembrava decisamente più appropriato alla situazione rispetto al mio, completamente carente in parecchi settori.

Perché diamine mi sto nascondendo? mi chiesi improvvisamente, rendendomi conto dell'assurdità del mio comportamento. Mi sollevai del tutto, stando comunque ben attenta a non attirare la sua attenzione e mi lisciai la gonna dell'abito, rimpiangendo di non aver prestato maggiore attenzione alla scelta del vestito. Si può sapere che diavolo ti prende? Smetti di comportarti da stupida e vai a parlargli!

Afferrai il bicchiere e bevetti un altro sorso di spumante, poi mi diressi con passo deciso verso Remus, che ancora non sembrava essersi accorto della mia presenza.

“Se cerchi James, se n'è andato qualche minuto fa.” gli dissi non appena fui alle sue spalle, facendolo sobbalzare piano.

Si voltò sorridendo, guardandomi per qualche secondo in silenzio. “Non cercavo James.” mi riferì semplicemente. Sollevai lievemente le sopracciglia “ Sia Sirius che Peter credo stiano ball...”

“Elisabeth, speravo di trovare te.” mi interruppe lui, alzando gli occhi al cielo e ridacchiando nervoso. Lo fissai per qualche secondo senza sapere cosa dire, confusa, ma per mia fortuna non ebbi bisogno di pensare ad una risposta poiché Remus pochi istanti dopo mi porse la mano, sorridendo timidamente “Ti va di concedermi un ballo?”

Mi morsi il labbro inferiore, sorridendo a mia volta. Posai la mia mano sulla sua, ricordandomi che era già la terza volta che succedeva una cosa simile, ma questa volta non la ritirai. Mi lasciai condurre nuovamente verso la pista, incapace di formulare un pensiero razionale, di staccare gli occhi da quelli di Remus.

Lui mi strinse a sé come aveva fatto poco prima James, tuttavia la sensazione che provai era completamente diversa, decisamente meno soporifera. Mi posò una mano sulla vita, mentre l'altra rimase stretta alla mia e iniziammo a muoverci lentamente, ondeggiando piano, non curandoci di seguire dei passi. (Anche perché, probabilmente, nessuno dei due ne conosceva.)

Posai la fronte al suo petto, assaporando il familiare senso di pace che mi si diramò nelle ossa e sentii Remus espirare piano, il cuore che batteva veloce.

“Scusami.” sussurrai piano, sapendo che avrebbe capito a cosa mi riferivo. Lui mi strinse più forte, avvicinandomi maggiormente a sé “Non devi scusarti.” disse, la sua bocca a pochi centimetri dal mio orecchio “Avevi ragione, avrei dovuto invitarti. Volevo farlo.” si interruppe, ridendo amaramente “Ma non ho avuto il coraggio, sopratutto dopo la storia di James. Bel Grifondoro, eh? Sono stato un codardo.”

“No, non un codardo. Uno stupido, e questo è molto Grifondoro.” ridacchiai, sentendolo ridere a sua volta, il respiro tra miei capelli. “Però delle scuse te le devo comunque. Ho fatto tutta quella storia per un nulla, quando tu sei sempre stato gentile con me. Non intendevo arrabbiami così.”

“Immagino si possa dare la colpa alla tua parte Serpeverde.” scherzò lui, ma sapevo che aveva accettato le mie scuse, perciò mi rilassai, felice di essermi tolta quel peso.

Rimanemmo qualche secondo in silenzio, la musica che ormai copriva a malapena il vociare degli studenti. Notai che, a differenza di quando avevo ballato con James, nessuno sembrava fare troppo caso a me e Remus, piuttosto sembravano tutti molto presi dal cibo, che stava riducendosi a vista d'occhio.

Guardai su e vidi Remus che mi osservava a sua volta, il volto incredibilmente pallido.

“Stai bene?” non potei fare a meno di chiedergli, nonostante sapessi benissimo la risposta. Lui fece un sorriso tirato, annuendo “La luna è vicina, non proprio i migliori giorni del mese,” mi sussurrò all'orecchio “Ma sto bene.” aggiunse, aumentando la stretta del suo braccio.

Mi osservò in silenzio, il sorriso che non accennava ad abbandonare il suo volto. Improvvisamente liberò la mia vita dalla sua stretta e mi fece fare una giravolta, strappandomi una risata. Vidi la gonna sollevarsi e girare con me e scoppiai a ridere ancora più forte, incapace di smettere. Sentivo il cuore scoppiarmi di felicità, desideravo fermare il tempo e restare lì a ballare con Remus per sempre, solo noi due, per essere per sempre così felice, per stare per sempre così bene.

“Belle scarpe.” mi prese in giro lui, lanciandogli un'occhiata divertita. Io sollevai lievemente la gonna, mostrandogliele completamente “Non lo sai? Sono l'ultima moda.”

Lui ridacchiò e mi prese le mani, riavvicinandomi a sé, questa volta però restando abbastanza distante da guardarmi dritto in viso “Sei perfetta.” commentò, arrossendo lievemente.

Mi guardai il vestito e sospirai “Ma come, monsieur, non ha visto le altre dame? I loro abiti sono così eleganti che potrebbero facilmente andare a ritirarci un Oscar.”

Lui girò, spostandomi con sé “Madame, lei potrebbe ritirare tutti gli Osrar...”

“Oscar”

“...tutti gli Oscar che vuole. Inoltre, il vestito è splendido. Posso assicurarle che ha fatto un'ottima scelta.” mi assicurò, continuando a girare in tondo senza uno scopo preciso.

“Ohh, non posso prendermene tutto il merito. Un certo gentiluomo mi ha condotta nel negozio in cui l'ho acquistato.” risposi melodrammaticamente, guardando in lontananza.

Lui si avvicinò, lentamente, finché le sue labbra non si trovarono a pochi centimetri dalle mie “Deve avere proprio buon gusto.” sussurrò, sempre più vicino.

Lo guardai, osservando le pagliuzze dorate sparse tra il marrone dei suoi occhi, e eliminai la poca distanza che rimaneva tra noi “Puoi giurarci.” bisbigliai a fior di labbra.

“Scusami, puoi aiutarmi?” chiamò una voce lì accanto, facendoci sussultare entrambi. Ci allontanammo veloci, voltandoci verso la ragazza che aveva parlato, che si rivelò essere l'accompagnatrice di Sirius “Hai per caso visto Sirius? Era andato a prendere da bere, ma non è più tornato.” mi domandò, il tono confuso.

“Ti sembra il momen...” iniziai, ma Remus mi bloccò posandomi una mano sulla spalla, sorridendole cordiale “Probabilmente si è sentito poco bene e a preferito andarsene. Non credo ti convenga aspettarlo.”

Lo guardai scettica, ignorando la ragazza che ci salutava e si allontanava.”Cos'era quello?”

“Quello cosa?” mi chiese confuso.

“Quello! Quel “probabilmente è stato male”” gli spiegai, cercando, senza successo, di imitare la sua voce. Lui guardò la ragazza, ora ferma al centro della pista a ballare da sola “Perché è meglio mentirle che dirle che probabilmente Sirius è con un'altra ragazza in qualche aula vuota.”

“Oh.” ora era decisamente più chiaro. “Poteva almeno inventarsi una scusa decente.”

“Ehi, Elisabeth!” mi chiamò, nuovamente, una voce. Mi girai scocciata dall'ennesima interruzione e mi ritrovai davanti Sirius. Parli del diavolo...

“Non sei con un'altra ragazza.” notai confusa.

Mi guardò come se fossi impazzita “Eh?”

“Lascia perdere.”

Lui mi fissò scettico per qualche altro secondo, poi la sua attenzione si concentrò su Remus “Non sapevo ci fossi anche tu.” affermò, spostando lo sguardo su di me, poi nuovamente su Remus.

“Si può sapere che c'è?” chiesi brusca, guardandolo in cagnesco. Ci mancava solo che si mettesse a fare congetture.

Lui sembrò ricordarsi, finalmente, il motivo per cui era venuto a cercarmi. Oltre all'infastidirmi, ovviamente. “Ah, già. Speravo di trovare James in realtà.” spiegò, lanciando una nuova occhiata a Remus.

“Se l'è filata qualche minuto fa, dopo che la Evans sembra aver deciso di concedere più di un ballo al suo accompagnatore.” gli spiegai “E, a proposito, ti cercava la tua ragazza strana.”

“Ambra?” chiese con aria preoccupata.

Remus annuì “Le ho detto che probabilmente te n'eri andato.”

Sirius espirò rumorosamente, dando una pacca sulla spalla a Remus “Grazie amico, mi hai salvato la vita.”

Alzai gli occhi al cielo “La vita? Cosa ha fatto, ha minacciato di pettinarti i capelli?”

“Ah. Ah. Davvero divertente.” sbuffò lui, guardandomi storto “Non ha fatto niente, ma ritiro decisamente quello che ho detto prima: la bellezza non vale la totale mancanza di sanità mentale.”

“Ma non mi dire.”

“Da quanto se n'è andata?” chiese a Remus, ignorandomi.

“Ehm, veramente è ancora qui.” lo informò l'altro, indicandogliela. Sirius spalancò gli occhi, sorpreso “Merda!” imprecò, nascondendosi dietro di me.

“Oh sì, ottimo piano.” borbottai “Nascondiamoci dietro la ragazzina bassa e magra, chi vuoi che se ne accorga.”

“Sirius?” domandò qualcuno alle mie spalle. Sollevai le braccia e le riabbassai di colpo, sbuffando. Si può sapere cos'è stasera?! Una riunione di cui non sono stata messa al corrente?

James avanzò verso di noi, un'espressione di assoluta confusione sul volto. “Cosa stai facendo?”

“Mi nascondo, non si vede?” rispose quello, rifiutandosi di spostarsi. Lanciai una silenziosa richiesta d'aiuto a Remus, che sembrava sforzarsi di non scoppiare a ridere.

James aprì la bocca un paio di volte, ma infine la richiuse, probabilmente incapace di trovare un modo per commentare. Alzò lo sguardo e vide Remus, al che cominciò a guardarsi attorno, il volto corrucciato “Mi sono perso qualcosa?”

In quel momento vidi chiaramente Ambra alzare lo sguardo verso di noi e Sirius dovette notarlo a sua volta, poiché improvvisamente afferrò James per un braccio e gli si appiccicò addosso, fingendo di ballare con lui. “Sei impazzito?!?” strillò quello, mentre io e Remus scoppiavamo rumorosamente a ridere. Cercai disperatamente un fotografo nelle vicinanze ma, per mia sfortuna, non sembrava esservene nessuno.

“Shhh, mi vedrà!” esclamò preoccupato Sirius, mentre trascinava lentamente James verso l'uscita, senza smettere di ballare. Mi accorsi solo in quel momento che Lily era proprio accanto al portone che chiacchierava tranquillamente con il suo compagno e che, ovviamente, Sirius e James si ci stavano dirigendo proprio contro.

Remus accanto a me sollevò una mano, pronto ad avvertirli, ma io gli afferrai il braccio e glielo abbassai “Non rovinarmi il divertimento.” sghignazzai.

Pochi secondi dopo, infatti, James si scontrò violentemente contro la schiena di Lily, perdendo l'equilibrio e precipitandole addosso. Sirius, invece di aiutarlo, si limitò a scoppiare a ridere, guadagnandosi un'occhiataccia dal ragazzo di Lily che invece si sporse subito ad aiutarla togliendole malamente James di dosso.

Gli studenti a quel punto cominciarono a radunarglisi attorno, guardando divertiti Lily che spingeva via James, gli occhi infiammati di rabbia “Visto che sembri aver finalmente trovato la tua anima gemella” sibilò, indicando Sirius “Sei pregato di lasciarmi in pace.”

James arrossì violentemente, infiammandosi a sua volta, ma riuscì solo a borbottare qualche parola sconnessa, poiché in quel momento Ambra sembrò finalmente vedere Sirius e lo chiamò, facendolo visibilmente sbiancare. Il ragazzo afferrò bruscamente James per la spalla, che cercava inutilmente di ritrovare un minimo di dignità, e lo trascinò velocemente fuori di lì.

Mi voltai nuovamente verso Remus ghignando divertita, mentre quest'ultimo aveva una mano posata sul viso “Questo è stato imbarazzante.” sospirò scuotendo piano la testa e passandosi la mano sul volto “James ci tirerà dietro questa storia per i prossimi due secoli.”

Lanciai un'occhiata al portone, dove la Evans ancora si stava aggiustando l'abito, il volto paonazzo. “Ne è decisamente valsa la pena”

Remus mi fissò, mordendosi il labbro inferiore e dondolandosi sui talloni. Riconobbi il suo solito atteggiamento nervoso e mi ricordai quello che stava per accadere poco prima che venissimo interrotti. Sentii il sorriso scivolare via dalle mie labbra, ma mi sforzai di apparire tranquilla.

E ora, cosa avrei dovuto fare? Non ne avevo idea, non sapevo nemmeno cosa volevo. Certo, questa volta non c'era molto da interpretare, la situazione era abbastanza chiara: stavamo per baciarci e lo stavamo per fare senza strani sguardi impacciati o imbarazzati, ma entrambi pienamente consapevoli delle nostre azioni. Non potevo sorvolare sull'accaduto come avevo fatto la scorsa volta né, sinceramente, volevo farlo. Insomma, quel bacio lo avevo cercato anche io, giusto?

La verità era che non avevo idea di come funzionassero queste cose, non avendole mai sperimentate prima. A questo punto cosa succedeva? Cosa volevo che succedesse?

Era ormai piuttosto chiaro che provavo qualcosa per Remus, inutile negarlo ulteriormente, il problema era stabilire cosa effettivamente provassi.

Desiderai strozzare Ambra per l'interruzione, sicura che se il bacio fosse effettivamente avvenuto, tutto mi sarebbe stato più chiaro. Ora però non potevo mica saltargli al collo per decretare quali fossero i miei sentimenti, sarebbe stato quanto meno imbarazzante.

“Forse è il caso che vada anche io.” mi sentii affermare, lo sguardo puntato su un punto imprecisato del muro.

Lui annuì e un misto di disagio e delusione gli attraversò per un attimo il volto, ma venne subito sostituito da un sorriso cordiale, distaccato.

Sentii un'ondata di senso di colpa attraversarmi e senza pensarci troppo mi avvicinai a lui, sollevandomi sulle punte, e lo baciai leggera sulla guancia. Una pura espressione di stupore si dipinse sul suo viso ma io non ci feci troppo caso; invece gli sorrisi e lo salutai con la mano, incamminandomi poi verso l'uscita.

E adesso?

 

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Capitolo 11
*** Hurt ***


Aprii gli occhi di scatto, il cuore che batteva all'impazzata. Mi sollevai lentamente a sedere, ascoltando l'opprimente silenzio che mi circondava.

Mi guardai attorno, felice di constatare che, come al solito, tutte le mie compagne di dormitorio erano partite per le vacanze natalizie, lasciando la camera completamente per me. Vidi i primi raggi del sole che si affacciavano alla finestra, per quanto almeno potessero farlo attraverso l'acqua e corrucciai la fronte, perplessa. A giudicare dalla poca luce che filtrava dal lago, non poteva essere più tardi delle sei; allora perché mi ero svegliata?

Rimasi qualche altro secondo immobile, aspettando qualcosa che nemmeno io sapevo cosa fosse, poi mi accasciai nuovamente sul cuscino espirando rumorosamente.

In quel momento lo sentii nuovamente, quel suono, il suono che ora ricordavo essere la causa del mio risveglio improvviso; era come se qualcuno mi stesse bisbigliando dritto nell'orecchio, però non riuscivo a capire cosa stesse dicendo. Mi alzai dal letto, ora seriamente spaventata, e ruotai su me stessa, poi controllai sotto il letto, ma non trovai niente. Cosa diamine...

Il suono cominciò ad affievolirsi di nuovo, come se la persona che bisbigliava si stesse allontanando da me. Sollevai la testa cercando di seguire il rumore e mi ritrovai a camminare verso l'uscita del dormitorio, non prima però di aver afferrato la bacchetta dal comodino e averla stretta in mano.

Aprii lentamente la porta, la bacchetta puntata dritta davanti a me, il respiro veloce. Mi trattenni dal chiedere se ci fosse qualcuno, sapendo bene che, anche se qualcuno fosse effettivamente stato lì, difficilmente si sarebbe affacciato e mi avrebbe avvertito della sua presenza.

Continuai ad avanzare, raggiungendo infine la sala comune, a sua volta completamente vuota. Tesi le orecchie, ma tutto quello che riuscivo a sentire era il lontano russare di qualche studente con chiari problemi respiratori. Aspettai ancora per qualche minuto ma i bisbiglii sembravano essere completamente cessati, così scossi la testa esasperata, ripromettendomi di non bere mai più spumante, anche se si fosse trattato di solo meno di mezzo bicchiere – visto che l'effetto sembrava chiaramente durare più di ventiquattro ore – e mi mossi nuovamente in direzione del dormitorio, decisa a restare a letto per almeno altre cinque ore.

In quel momento vidi chiaramente qualcosa muoversi dietro di me e mi voltai di scatto, trattenendo a stento un urlo; un cane argenteo si muoveva piano della penombra della sala comune, il pelo lucido che rifletteva la poca luce che vi veniva a contatto.

Lo osservai affascinata, chiedendomi se fosse sicuro avvicinarsi, ma quello non appena vide che aveva catturato la mia attenzione si diresse a passo spedito verso l'uscita, sparendo oltre la porta.

Presi seriamente in considerazione l'idea di voltargli le spalle e tornarmene a letto, ma la curiosità ebbe come sempre la meglio. Raggiunsi in fretta la porta e la aprii, uscendo nel corridoio dei sotterranei. L'aria lì sotto era gelida, perciò mi sfregai le braccia coperte solo da una leggera camicia da notte, che nel caldo del dormitorio era più che sufficiente, rabbrividendo.

In quel momento qualcosa di umido mi sfiorò la mano, facendomi sobbalzare. Un enorme cane nero mi stava toccando piano la mano col muso, guardandomi con aspettativa.

Impiegai qualche secondo a riconoscerlo, ma infine ricordai di averlo già incontrato qualche mese prima a Hogsmeade “Ehi, piccolo, che ci fai qui?” gli chiesi senza una ragione precisa, chinandomi a grattargli il collo. Lui si limitò a leccarmi la mano e posare una zampa sul mio braccio, lo sguardo spaventosamente serio.

“Sei ehm... Pulcioso, giusto?” giurerei che il cane alzò gli occhi al cielo “Come sei entrato qui?” domandai più a me stessa che a lui, guardandomi intorno lievemente preoccupata. Se era riuscito ad entrare lui, allora doveva essere un gioco da ragazzi per uno degli scagnozzi di Tu-Sai-Chi fare la stessa identica cosa.

Il cane, con mia immensa sorpresa, sbuffò rumorosamente, poi, prima che potessi anche solo rendermene conto, davanti a me si erigeva niente di meno che Sirius Black.

Lo guardai a bocca aperta per quelli che mi sembrarono giorni interi, il mio cervello che si rifiutava di credere a ciò a cui aveva appena assistito. “Vedi qualcosa che ti interessa?” mi domandò Sirius sorridendo sornione, guardandomi divertito mentre cercavo di risollevarmi da terra.

“Tu... il cane... cosa... sei nudo?!” fu tutto quello che riuscii a dire, comprendendo cosa intendesse con la sua frase. Ignorando completamente quello che il buon gusto avrebbe imposto, mi rifiutai di distogliere lo sguardo, come se avessi avuto paura che, se avessi smesso di guardare anche solo per qualche secondo, Sirius sarebbe sparito e la mia pazzia sarebbe stata finalmente confermata.

“Acuta osservazione, però in genere a questo punto si ci gira dicendo qualcosa come Mettiti qualcosa addosso” ridacchiò lui, totalmente a proprio agio.

Lo ignorai, concentrandomi invece su un pensiero che mi era appena affiorato nella mente. “Oh, ma certo, Felpato.” borbottai, improvvisamente consapevole di ciò che mi era stato tenuto nascosto.

“Come ho fatto a non collegarlo prima? Che idiota.”

“Forse perché credevi mi chiamassi Pulcioso?

Lo fulminai con lo sguardo, fingendo di non avere problemi con il fatto che fosse completamente nudo, sebbene ne avessi parecchi. Gli lanciai un paio di occhiate di sottecchi, decretando che nonostante spesso e volentieri fosse un totale imbecille, fisicamente parlando pareva... correttamente assemblato.

“Allora, sei venuto qui per dirmi qualcosa oppure sentivi semplicemente il bisogno di pavoneggiarti?” gli domandai, sforzandomi di mantenere un tono di voce neutrale.

Lui tornò improvvisamente serio “In effetti sono qui per la pozione, quella che ti aveva prestato Remus qualche mese fa.”

Lo guardai confusa “Quella per curare le ferite? Non capisco, Remus mi aveva detto che ne avrebbe preparata altra durante queste vacanze.”

“C'è stato un imprevisto.” affermò cupo Sirius, distogliendo lo sguardo.

“Un imprevisto? Sirius, spiegati meglio. Subito.” gli ordinai, incapace di nascondere il panico nella mia voce. Lui sembrò accorgersi della mia agitazione, poiché subito sorrise cercando di tranquillizzarmi, ma peggiorando solo il mio stato d'animo. “Una sciocchezza, non ti preoccupare. Remus si è fatto un piccolo graffio durante la trasformazione, tutto qui.”

“Accidenti Sirius, dì le cose come stanno! Sta bene?”

“Sì, sì, sta bene. Ora per favore, la pozione.” tagliò corto lui, indicando spazientito la porta della sala comune. Sbuffai alterata e tornai al dormitorio, presi la pozione dal fondo del mio baule e feci velocemente ritorno da Sirius, una lieve stretta di panico sullo stomaco che non accennava ad allentarsi. Lui nel frattempo era tornato nella sua forma canina e mi guardava nervoso, la coda che frustava il pavimento.

Gli feci un cenno con il braccio “Forza cucciolone, fammi strada.”

Sirius rimase per qualche secondo immobile, poi scosse con forza il grosso muso e tentò di prendermi la pozione dalla mano, che io però alzai velocemente in aria.

“Ah-Ah, non se ne parla. Vengo anche io.”

Lui sollevò gli occhi al cielo e sbuffò fissandomi, probabilmente sperando che cedessi e gli consegnassi la boccetta, ma io non avevo alcuna intenzione di essere lasciata qui.

Dopo poco comunque Sirius sembrò arrendersi e si incamminò verso l'uscita dei sotterranei, subito seguito da me. Camminammo per almeno cinque minuti, anche per colpa di Gazza che sembrava essere onnipresente in tutti i corridoi che attraversavamo, e io intanto potei chiaramente notare l'agitazione crescente di Sirius, che respirava sempre più velocemente e teneva gli occhi puntati davanti a sé.

Quando ormai credevo che i miei nervi si sarebbero disintegrati per la tensione, finalmente il sacco di pulci si fermò davanti all'entrata delle cucine guardandomi con aspettativa, al che io sfiorai piano le pere nel quadro che subito cominciarono a ridacchiare e aprirono il passaggio.

Praticamente ci lanciammo all'intero del locale, rischiando di calpestare qualche elfo domestico.

“Oh mio Dio...” guardai scioccata Remus che giaceva svenuto in uno dei tavoli della cucina, circondato da James e Peter che stavano consultando un libro di incantesimi. Nonostante fosse in penombra, potevo chiaramente vedere il volto ricoperto di sangue e due enormi tagli che glielo attraversavano. Mi avvicinai lentamente, sentendomi sbiancare ad ogni passo.

James alzò di scatto la testa e mi osservò in silenzio, poi si voltò verso Sirius “L'hai portata qui? Perché?!”

“Non ho avuto molta scelta.” borbottò quello, che nel frattempo era tornato nella sua forma umana e stava indossando i vestiti che erano sistemati sulla sedia lì accanto.

Peter non commentò ma si limitò a lanciarmi qualche occhiata di sottecchi, le mani che gli tremavano mentre cercava senza grande successo di tamponare le ferite di Remus.

Gli presi quella specie di tovagliolo che stava usando dalle mani e chiesi ad un elfo domestico dell'acqua, che mi venne portata nel giro di un paio di secondi, poi bagnai il pezzo di stoffa e lo passai piano sul volto di Remus, incapace di distogliere lo sguardo.

“Avevi detto che si era graffiato. Graffiato, Sirius!” sbottai “Questi sono due enormi squarci. È fortunato a non averci perso un occhio!” ispirai rumorosamente, cercando di calmarmi e pensare lucidamente “Come è successo?”

“Noi... ecco... non lo sappiamo.” confessò, la voce piena di rammarico “Eravamo con lui, stavamo correndo come al solito per il bosco e potremmo... ecco, potremmo esserci avvicinati troppo al villaggio.”

“Al villaggio? No, anzi, aspetta, cosa vuol dire che stavate correndo con lui? Siete tutti e tre...”

“Animagi, sì.” affermò James, spostandosi dall'altra parte del tavolo e guardandomi dritto negli occhi. “Abbiamo deciso di diventarlo al secondo anno, quando abbiamo scoperto di Remus”

“Quindi voi, quando c'è la luna piena... voi restate con lui tutto il tempo?”

Annuirono tutti e tre, una chiara punta di orgoglio nei loro occhi.

“Allora mi spiegate come fate a NON SAPERE QUELLO CHE GLI È SUCCESSO?!” inveii, alzando la voce più di quanto volessi. I tre ragazzi furono chiaramente presi in contropiede dal mio improvviso cambio di umore ma questo non impedì loro di abbassare la testa a disagio, lo sguardo pieno di rimorso.

James sospirò, passandosi una mano sul volto “Ad un certo punto lo abbiamo perso.”

“Stavamo correndo vicino al villaggio e all'improvviso Remus non era più con noi.” spiegò Sirius, mentre Peter annuiva.

“Intendete Hogsmeade? Stavate correndo con un lupo mannaro vicino a Hogsmeade?”

“Senti, è facile per te giudicare. E' da oltre un anno che lo facciamo e non è mai successo niente, almeno non prima di oggi.” sbottò James infastidito.

“Hai ragione, è decisamente facile giudicarvi.”

“Ci sentiamo abbastanza in colpa anche senza la tua collaborazione, perciò per favore smettila, non sei d'aiuto” mi disse Sirius, scuotendo la testa.

Fui tentata di rispondergli male, ma mi resi conto che aveva ragione: accusandoli di essere degli idioti non avrei sicuramente portato alcun aiuto a Remus, anche se mi sarei sicuramente sentita meglio io.

“Forse dovremmo portarlo da Madama Chips.” suggerì Peter, guardando preoccupato il nuovo flusso di sangue che cercavo senza successo di bloccare.

James gli lanciò un'occhiataccia “Ma quanto puoi essere zuccone, Codaliscia? Non possiamo certo presentarci in infermeria con lui ridotto così! Come pensi potremmo spiegare quelle ferite a Madama Chips?”

Peter arrossì violentemente, abbassando lo sguardo.

“Ha ragione però, non possiamo curarlo noi” asserii, vedendo che la pozione che avevo appena versato sui graffi stava facendo a malapena effetto “Le ferite sono troppo profonde”

Sirius osservò preoccupato Remus, poi si rivolse a James “Possiamo però avvertire Silente, lui saprà che fare.”

“Ma come faremo a spiegargli la nostra presenza qui? Il discorso è lo stesso.”

Lanciai un'occhiata al libro di incantesimi accanto a me “Lì non c'è niente?”

James scosse la testa “Niente che funzioni su di lui, almeno. Siamo riusciti a fermare il flusso di sangue per un po', ma poi come hai visto ha ripreso peggio di prima.”

“Cosa mi dite dell'incantesimo che avete usato la scorsa volta con me? Quello se non altro aveva chiuso le ferite.”

“Non era un semplice incantesimo, ma un impacco.” mi spiegò Sirius.

“Beh, rifatelo.”

“Non è così semplice, la scorsa volta eravamo in quella specie di infermeria e lì abbiamo trovato tutti gli ingredienti che ci servivano, ma da allora non abbiamo più visto quella stanza.”

“Non potete procurarvi gli ingredienti da qualche altra parte?”

Sirius stava per dissentire, ma James invece annuì pensieroso, dandogli una pacca sul braccio “Sì che possiamo, ci saranno sicuramente nel ripostiglio di Lumacorno.”

In quel momento Remus spalancò gli occhi, facendomi saltare indietro e quasi cadere addosso a Sirius. Lo fissai, spaventata dal giallo che avevo chiaramente intravisto nelle sue iridi, così simile a quello che le colorava quando era trasformato.

“Per la barba di Merlino, Lunastorta! Come ti senti?” chiese subito James, avvicinandosi.

“Come se mi fosse passata sopra l'intera nazionale di Quiddich” rispose lui sedendosi e portandosi una mano sul volto, gemendo di dolore quando le sue dita entrarono a contatto con le ferite “Che è successo?”

Sirius sospirò, cercando – senza successo – di mascherare il suo sollievo “Ah, lo sai come vanno queste cose. Un attimo prima stiamo correndo e un attimo dopo sei a terra, ricoperto di sangue e mezzo morto.”

“Molto esaustiva la tua spiegazione, grazie Felpato.”

“Il fatto è che loro non lo sanno cosa è successo.” borbottai, lanciando occhiatacce in giro per la stanza.

Remus mi fissò per qualche secondo, perplesso “Elisabeth? Tu che ci fai qui?”

“Non sei l'unico che se lo chiede” bofonchiò James, beccandosi in risposta la ciotola piena d'acqua in testa.

Mi asciugai le mani sulla camicia da notte, ignorando le macchie di sangue che vi stavo lasciando sopra, e tornai a concentrarmi su Remus “Il cane è venuto a chiamarmi.” Sentii Sirius sbuffare pesantemente in risposta.

Remus gli lanciò un'occhiata interrogativa e quello scollò le spalle “Ci serviva la pozione, speravamo bastasse per curare le ferite.”

“Non basta?”

“A quanto pare no.” mi intromisi, mostrandogli il panno pieno di sangue “Non smetti nemmeno di sanguinare” gli spiegai sincera, cercando di farlo sdraiare nuovamente “E da seduto stai solo peggiorando la situazione.”

Quando finalmente tornò disteso sul tavolo presi la ciotola che un elfo domestico si era sbrigato a riempire nuovamente d'acqua e ripresi a sciacquare il sangue dal volto di Remus, che da parte sua mi fissava senza sembrare intenzionato a distogliere lo sguardo.

James e Sirius nel frattempo sembravano impegnati a discutere tra di loro, probabilmente decidendo gli ingredienti che avrebbero dovuto prendere per preparare nuovamente l'impacco. Peter li osservava senza dire niente, ma il suo colorito verdastro rendeva piuttosto chiaro il suo desiderio di uscire dalla stanza il prima possibile, lasciandosi alle spalle tutto quel sangue.

“Alla fine non mi hanno detto cosa è successo.” mi fece notare Remus, facendo una smorfia di dolore quando passai il tovagliolo sul suo mento.

Ora che il sangue era stato quasi tolto via, potevo vedere chiaramente le proporzioni delle ferite, che non avrei saputo decidere se erano meglio o peggio di quanto mi aspettassi: la prima partiva da sopra il sopracciglio sinistro ( sembrava aver evitato per pura fortuna l'occhio ) e, attraversando il naso, scendeva fino alla metà della guancia destra; la seconda iniziava invece sullo zigomo sinistro e gli attraversava le labbra, fermandosi sul mento.

Potevo chiaramente vedere il percorso che avevano fatto gli artigli sul suo viso, così simile a quello che avevano compiuto sulla mia schiena, anche se molto più in profondità. Mi chiesi cosa sarebbe successo se fossero andati ancora più a fondo, cosa avrei fatto se Sirius fosse venuto da me per dirmi che Remus era...

“Elisabeth?”

Mi riscossi, guardandolo negli occhi “Sì, scusami, cosa dicevi?”

“Ti ho chiesto se potevi passarmi un bicchiere d'acqua.” ripeté, la voce roca. Mi voltai subito alla ricerca di un elfo domestico e mi resi conto che io e Remus eravamo rimasti da soli nella stanza.

Mi guardai attorno confusa, in cerca degli altri tre ragazzi, ma non ve ne era traccia.

“Sono usciti qualche secondo fa.” mi informò lui, notando la mia espressione spaesata.

“Oh, ok.” borbottai, afferrando poi un bicchiere e riempendolo d'acqua io stessa, visto che ora gli elfi domestici sembravano impegnati a cucinare quella che sembrava un'abbondante colazione.

Perché poi, era un mistero, visto che erano partiti praticamente tutti, lasciando sì e no quindici studenti nel castello, colpa sicuramente del clima che si respirava in questi ultimi mesi. Tutti desideravano passare più tempo possibile con le loro famiglie sapendo bene che vi era la concreta possibilità che fossero gli ultimi giorni insieme. Per quanto riguardava la maggior parte dei serpeverde, invece, era più una questione di “andiamo a uccidere i mezzosangue con zio Voldy”, il che rendeva per me la loro assenza da qui ancora più piacevole.

Non perché uccidevano i mezzosangue, ovviamente. Ma insomma, meglio loro che io.

Tornai da Remus e lo aiutai a bere, il sangue delle labbra che inevitabilmente si mischiava all'acqua, rendendola di un inquietante rosa pallido.

“Remus tu... tu non ricordi cos'è successo, vero?” non riuscii a impedirmi di chiedere. Lui scosse la testa, posando il bicchiere mezzo vuoto sul tavolo “No, non ne ho idea. Purtroppo non ho memoria di quello che succede mentre sono trasformato”

Sospirai “Beh, l'importante è che tu stia bene. Insomma, più o meno.”

Lui ridacchiò, ma se ne pentì all'istante, gemendo piano quando il taglio sulle labbra riprese a sanguinare. Mi affrettai a passargli il panno, anche se ormai era talmente zuppo che difficilmente sarebbe servito a qualcosa. Lui lo afferrò e se lo posò sulla bocca, strofinando via il sangue e provocandosi ancora più dolore.

“Ahh, dà a me!” sbottai, quando vidi che ci si stava praticamente cancellando la faccia con quel tovagliolo. Lo afferrai e lentamente gli tamponai il labbro, cercando di esercitare meno pressione possibile.

“Così, sono degli animagi, eh?” mormorai, il mio cervello che ancora non sembrava aver assimilato a pieno quell'informazione.

Remus annuì “Scusami se non te l'ho detto prima, ma è il loro segreto, non il mio. Non mi sembrava giusto...”

“Ehi, tranquillo, non eri tenuto a raccontarmelo.” lo bloccai, sorridendo sincera. In realtà, ero un po' offesa dal fatto che non mi avessero detto niente; insomma, da Potter non mi aspettavo niente di diverso, con Peter a malapena ci parlavo, ma almeno Sirius e Remus...

Il fatto era, comunque, che per quanto mi piacesse pensarlo, non ero parte del loro gruppo. Ero più una specie di intrusa occasionale.

Lui dovette notare la mia espressione non particolarmente convinta, poiché sospirò e cominciò a parlare: “Quando Silente mi disse che sarei potuto venire a scuola nonostante la mia condizione... beh, puoi immaginare la mia felicità. In genere quelli affetti dalla licantropia come me sono destinati a vivere come dei reietti, allontanati da tutti.

L'amicizia con James, Peter e Sirius è stata ancora più inaspettata, ad essere sincero. Ricordo che in treno avevo incontrato questi due ragazzini incredibilmente sbruffoni e pieni di sé che nel giro di un paio d'ore già sembravano andare incredibilmente d'accordo e mi ero detto che trovare qualcuno con cui legare così, per me, sarebbe sicuramente stato impossibile.”

Sorrisi a queste parole, capendo perfettamente cosa intendeva. Non era forse quello che pensavo ogni volta che guardavo i quattro Malandrini?

“Invece, come ben sai, strinsi amicizia proprio con quei due, ai quali poi si aggiunse anche Peter.

Il primo anno era tutto piuttosto tranquillo, alla luna piena prendevo a mi nascondevo nella vecchia casa oltre il Platano Picchiatore, aspettando il sorgere del sole.

Al secondo anno però... beh, diciamo che avrei dovuto immaginare che non si sarebbero bevuti le mie bugie su mia madre malata ancora per molto. Un giorno, uscendo dal platano, me li sono ritrovati lì davanti e non ho potuto fare altro che raccontare loro la verità, per quanto fossi spaventato che questa li terrorizzasse al punto da non voler avere più niente a che fare con me.

E' stato in quel momento che ho capito quanto tenessi alla loro amicizia, quanto avessi bisogno del loro appoggio e così è stato. Appena hanno saputo la verità invece di ritirarsi spaventati, hanno deciso di sfruttare la situazione per divertirsi come loro solito. Ci hanno impiegato tre anni, ma alla fine l'anno scorso sono riusciti a diventare animagi; Sirius in un cane, Peter in un topo e James in un cervo.”

“La mia natura di lupo mannaro mi impedisce di stare a contatto con qualsiasi essere umano durante la luna piena senza provare il desiderio di ucciderlo, ma per gli animali è diverso. Con loro posso correre la notte senza temere di ferirli, o di ferire me stesso. E' un enorme cambiamento rispetto a quando dovevo trasformarmi da solo e per questo sarò loro eternamente grato.”

Lo fissai in silenzio, incapace di commentare ciò che mi era appena stato riferito. Quello che avevano fatto quei tre era... beh, sì, incredibile. Erano riusciti da soli a diventare degli animagi, processo che tutti nel mondo magico sapevano essere incredibilmente complesso e difficile.

Per quanto mi costasse ammetterlo, ero parecchio impressionata.

“Hai gli occhi verdi.” mormorò lui all'improvviso, distogliendomi dai miei pensieri “Ho sempre creduto li avessi marroni, sono così scuri.”

“Remus Lupin, non ti avrei mai creduto il tipo che non guarda le ragazze negli occhi” sghignazzai, cercando di alleggerire l'atmosfera.

Lui arrossì violentemente, abbassando lo sguardo “Io... non... ehm...”

Ridacchiai, spostandogli i capelli dalla fronte. Spesso era fin troppo facile con lui.

Quando la mia risata si spense, calò il silenzio nella stanza, rotto solo da qualche elfo domestico che lavorava in lontananza. Mi avvicinai al suo viso, tamponando ancora la ferita sul sopracciglio, che sembrava non voler smettere di sanguinare. Nonostante fossi concentrata, potevo sentire lo sguardo di Remus su di me. Abbassai gli occhi, incontrando i suoi e cercando di non arrossire.

"Che c'è? Ti sto facendo male?" chiesi, un po' titubante.

"Cosa? No, no! Anzi, hai le mani molto delicate!"

Gli sorrisi incerta e ripresi il mio lavoro ma nel giro di qualche secondo sentii Remus muoversi sotto di me e mi allontanai un po'. Possibile che non riuscisse a restare fermo?

"Che stai facendo?" gli chiesi, mentre si puntellava sui gomiti "Mettiti giù o riprenderai a sanguinare!" esclamai, avvicinandomi di nuovo e mettendogli una mano sul petto per spingerlo giù.

"Starò bene." mi rispose brevemente. Potevo sentire il suo respiro sul mio volto e mi resi conto che la distanza separava i nostri volti era di, forse, qualche millimetro. Gli fissai la bocca, ormai pulita dal sangue, e rimasi immobile mentre lui si avvicinava ancora di più, eliminando definitivamente qualunque distanza. Sentii le sue labbra posarsi leggere sulle mie, il contatto appena accennato. Chiusi gli occhi, lasciando che la sua mano mi percorresse i capelli, sfiorandoli appena. Cercai di non muovermi, sapendo che la minima pressione gli avrebbe provocato dolore e ispirai piano; nonostante l'odore ferroso del sangue, potevo distinguere anche il profumo inebriante degli alberi della foresta.

Nel giro di un istante, o forse di un'ora, ci separammo. Aprii gli occhi e li puntai sui suoi, incapace di distogliere lo sguardo, la mente che vagava persa su quanto era appena accaduto.

Un rumore di passi dietro di me mi riportò bruscamente alla realtà. Sbattei ripetutamente le palpebre, fissando per qualche altro istante Remus, poi mi voltai ad aiutare Sirius e James che erano appena entrati trasportando decine di boccette. Ero piuttosto sicura, comunque, che le domande che mi ero posta due sere prima avessero appena trovato una risposta.

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Capitolo 12
*** Don't wake me up ***


Insomma, quanto ci vuole ancora?” domandai spazientita, guardando Sirius e James che rovesciavano il contenuto dell'ennesima ampolla in una ciotola.

James mi lanciò un'occhiataccia “Se credi di poter fare più in fretta, vieni e preparalo tu”

Sbuffai e mi voltai alzando le braccia al cielo, ma non gli risposi. Non avevo idea di come si preparasse quell'impacco, perciò sicuramente non avrei potuto essere più veloce di loro; tuttavia non c'era alcun bisogno di evidenziare questo particolare.

La scorsa volta non ci avete messo così tanto” ero piuttosto sicura di non essere rimasta svenuta per più di venti minuti, eppure questa volta era da quasi quaranta minuti che lavoravano.

La scorsa volta avevamo gli ingredienti belli pronti negli scaffali, già macinati e suddivisi.” sibilò James.

Mi limitai a grugnire in risposta, lanciando un'occhiata a Remus che nel frattempo si stava tenendo il tovagliolo sul viso, gli occhi chiusi.

Possibile che tu sia sempre così di malumore?” sbottò improvvisamente James. Lo guardai storto “Senti chi parla”

Io lo sono solo quando ci sei tu in mezzo ai piedi”

Chi ti dice che non sia lo stesso per me?”

Sirius scoppiò a ridere “Sembrate una vecchia coppia di sposi che litigano per chi ha la bacchetta più lunga”

Ohhh, sta zitto Sirius!” esclamammo contemporaneamente io e James, per poi tornare a guardarci in cagnesco. L'altro si limitò a scuotere la testa, continuando a sghignazzare indisturbato.

Guardai nuovamente Remus, trattenendo a stento un sorriso quando lo vidi ridacchiare di sottecchi. Ripensai a quello che era successo prima che era... beh... nuovo, ma certamente piacevole. Sapevo che avrei dovuto fare qualcosa, magari parlarne con lui, ma tutto quello che volevo al momento era godermi quella fantastica sensazione di felicità che nemmeno Potter sembrava essere in grado di scalfire. E questo era tutto dire.

Come farà a spiegare le cicatrici?” domandò Peter, la voce che proveniva da un angolo imprecisato della cucina. Si era ritirato lì non appena rientrato al seguito di James e Sirius e, con mia immensa sorpresa, aveva anche trovato la forza di smangiucchiare alcune pietanze che stavano preparando gli elfi.

Non vi furono rispose alla sua domanda, chiaramente poiché nessuno ne aveva una. Delle ferite così erano difficili da giustificare, soprattutto trovandosi sul viso.

Alla fine fu Sirius a prendere la parola “Potrebbe dire che l'ha attaccato un ippogrifo selvatico”

James storse il naso “Vorrebbe dire che è entrato nella foresta proibita, verrebbe punito”

Meglio una punizione della verità.”

Lo sapete vero che non ci crederà nessuno?” mi intromisi “Sopratutto Madama Chips, che saprà di non essere stata lei a curarlo”

Se lo portiamo da lei si accorgerà subito di cosa è stato a ferirlo,” mi ricordò James “E a quel punto le cose diventerebbero ancora più difficili da spiegare”

Restammo a fissarci per qualche secondo, rendendoci tutti conto di essere giunti ad un punto morto.

Potete anche smetterla di preoccuparvi, ho io un'idea” borbottò Remus, facendoci voltare tutti di scatto verso di lui.

Ossia?” fece Sirius, guardandolo con aspettativa.

Remus sospirò e si sollevò nuovamente a sedere, ignorando la mia espressione contrariata “Dirò che è stato il Platano”

Sirius lo osservò senza capire “L'albero?”

Sì. Basterà dire che mi ci sono avvicinato troppo e sono stato colpito”

Questo non spiegherà comunque perché non sei andato a farti curare da Madama Chips” gli feci notare, continuando ad controllare preoccupata che le ferite non riprendessero a sanguinare.

Chiederò ad Hagrid di coprirmi. Dirò che è stato lui a trovarmi e a mettermi l'unguento, poi andrò da Madama Chips per un secondo controllo. Se l'impacco funzionerà, presumibilmente le ferite saranno abbastanza rimarginate da poter essere state causate da dei rami” spiegò Remus, al che Sirius e James annuirono convinti, apparentemente lasciando solo me completamente perplessa.

C'è qualcosa che non mi è chiaro. Chi diamine è Hagrid e perché dovrebbe coprirti?”

James sbuffò sonoramente “Sei in questa scuola da cinque anni, come fai a non sapere chi è Hagrid?”

Lo ignorammo entrambi “E' l'apprendista di Ogg, il guardiacaccia” mi chiarì Remus “E non sarebbe la prima volta che ci tira fuori dai guai. Basterà dirgli che eravamo andati nella foresta proibita e lì sono stato ferito. Gli diremo che ci serve che ci copra, altrimenti finiremo in punizione”

Ma così non rischierà di finire nei guai?” domandai. Non che mi interessasse, tuttavia mi sembrava parecchio strano che loro non sembravano preoccuparsene.

Lui comunque scosse la testa “No. E comunque, anche se fosse, sono sicuro che Silente capirà subito la verità e vedrà di chiudere in fretta la faccenda”

Lo fissai in silenzio, non completamente convinta. Mi sembrava un piano così fragile, come se chiunque avrebbe potuto facilmente intuire la verità. Ringraziai il fatto che fossimo nel periodo delle vacanze natalizie, così che nessuno avrebbe effettivamente avuto occasione di vedere le ferite fresche di Remus; beh, quasi nessuno ovviamente. Qualche studente era rimasto ad Hogwarts, ma con un po' di fortuna sarebbero stati tutti troppo occupati a scartare regali e organizzare stupidi giochi natalizi per badare a lui. “Allora speriamo che quel maledetto intruglio funzioni” mi limitai a bofonchiare infine.

Sirius abbassò la testa e osservò silenziosamente il contenuto della ciotola, poi vi avvicinò il naso e diede una leggera annusata, allontanandosi con ribrezzo “Beh, la puzza è quella giusta”

Afferrò il tutto e si avvicinò a Remus, che fissava titubante la strana gelatina verdastra che Sirius stava per apprestarsi a spalmargli in faccia “Sicuro che funzioni?”

L'altro annuì convinto “Sì, l'abbiamo sperimentato su di lei” asserì sorridente, indicandomi con un cenno della testa. Lo guardai incredula “Volete dirmi che non l'avevate mai usato prima?!”

James ghignò divertito “Su qualcuno dovevamo pur provarlo”

Gli lanciai un'occhiata gelida, desiderando più che mai di essere capace di eseguire incantesimi senza la bacchetta ( che al momento purtroppo era posata sul tavolo accanto a Remus ) o, per lo meno, di avere un'enorme accetta tra le mani.

Nel frattempo, comunque, Sirius sembrava aver ignorato le deboli proteste di Remus e stava allegramente cominciando a spandere un bello strato di quella robaccia viscida sul viso del ragazzo, che stava chiaramente cercando di mantenere un'espressione impassibile... fallendo miseramente.

Per tutti i Fuochi Fatui, ma cosa c'è in questa roba?!” sbottò infine, cercando un modo per tapparsi il naso senza effettivamente toccare il naso, che era ricoperto dalla suddetta roba.

Mi allontanai da lui quasi inconsciamente, felice di constatare che da quella distanza l'odore non era percepibile. James e Sirius ora stavano ridendo incontrollatamente, seguiti a ruota da Peter, il quale tuttavia sembrava più schifato che effettivamente divertito, sentimento che condividevo a pieno. Il pensiero di aver avuto quella porcheria sulla schiena mi fece rabbrividire disgustata.

Fidati Lunastorta, preferisci non saperlo” affermò Sirius non appena riuscì a calmarsi e lanciando un'occhiata significativa a James, che annuì senza smettere di ridacchiare.

Poi, nel giro di qualche secondo, si sentì un rumore simile a quello di un lavandino che viene sturato e, sotto il mio sguardo esterrefatto, tutto l'impacco venne assorbito dalle lacerazioni sul volto di Remus, eliminandone ogni traccia dal resto del viso. Mi avvicinai lentamente – seguita dagli altri tre Malandrini – e trattenni lievemente il respiro quando vidi che ora le ferite erano chiaramente migliorate, come se fossero vecchie di almeno una settimana.

Peter si avvicinò timidamente all'altro lato del tavolo, gli occhi aperti in una chiara espressione di meraviglia “Ha funzionato” sussurrò, al che Remus si passò piano una mano sul volto, stupito di non trovare più alcuna traccia di sangue o di roba.

Sirius sbuffò “Certo che ha funzionato. Non capisco perché ne siate tutti così sorpresi”

Sollevai lo sguardo verso di lui, incapace di trattenere un sorriso. Aveva funzionato! Sinceramente, visto quanto sembravano impediti nel maneggiare quegli ingredienti, non ci avevo sperato proprio.

Allora si prosegue come abbiamo deciso!” proclamò James, dando una pacca sulla spalla a Sirius “Bisogna andare a chiamare Hagrid e dirgli di venire qui. Deve portarti lui in infermeria per rendere la storia credibile” aggiunse, rivolgendosi a Remus.

Sirius posò subito la ciotola che teneva ancora in mano, ignorando me e Peter che ci allontanavamo automaticamente da essa, guardandola diffidenti “Vado io, il gigantone mi adora!” proclamò, facendosi strada verso la porta e sparendo velocemente dietro quest'ultima, senza darci nemmeno il tempo di controbattere.

Questa volta siamo andati davvero vicini all'essere scoperti” disse Remus, alzandosi dal tavolo che subito venne circondato da Elfi impazienti di pulirlo. James tornò di colpo serio “Il problema è che non capiamo cosa sia successo. Eravamo nella solita parte della foresta, quella al limitare di Hogsmeade, quando improvvisamente ci giriamo e tu eri letteralmente sparito! Abbiamo pensato che magari ti fossi fermato ad inseguire qualche animale selvatico, così siamo tornati indietro. Nel giro di cinque minuti comunque sei rispuntato fuori, ferito”

Peter annuì “Potremmo farti vedere dove è successo, magari riesci a ricordarti qualcosa”

Non credo, ma potremmo comunque andare e cercare di capire dove e come è successo. Sarebbe più sicuro se cancellassimo ogni traccia della mia presenza”

Mi avvicinai lentamente “Il prossimo fine settimana a Hogsmeade è programmato tra due settimane, sarà difficile trovare qualcosa allora”

I ragazzi si voltarono verso di me, come se avessero dimenticato che mi trovavo lì.

James mi lanciò una delle sue solite occhiate arroganti “Non abbiamo intenzione di aspettare il fine settimana. Andremo stanotte”. Remus annuì “Useremo uno dei passaggi segreti. Non sarà difficile, l'abbiamo fatto milioni di volte”

Li osservai per qualche secondo, sforzandomi di non ricordargli che un'altra cosa che avevano fatto milioni di volte era correre vicino ad Hogsmeade, ed ecco il risultato.

Scommetto che sarà inutile cercare di persuaderti a non venire con noi” borbottò James, al che io scossi decisa la testa guardando di sottecchi Remus, che mi sorrise divertito.

Direi che il passaggio migliore da usare è quello al quarto piano, così ci troveremo direttamente ad Hogsmeade. Madama Chips sicuramente insisterà per tenermi in infermeria, perciò potremmo incontrarci lì verso le... facciamo dieci?”

Nove e trenta. Gazza fa sempre un pisolino a quell'ora” asserì James, per poi voltarsi verso di me “Sarà meglio che tu sia puntuale, non staremo ad aspettarti”

Non mi presi il disturbo di rispondergli, invece afferrai la bacchetta e la infilai in una delle lunghe calze che indossavo. Remus mi osservò curioso, lo sguardo leggermente corrucciato “Te ne stai andando?”

Annuii distrattamente, guardandomi attorno per assicurarmi di non aver lasciato niente in giro “In questo momento non sono interessata a fare la conoscenza di Hatty, o qualunque sia il suo nome”

Hagrid è un tipo tranquillo, non ti creerà alcun problema”

Strinsi le spalle “Magari un'altra volta. Ho comunque da fare” Ad esempio buttarmi a letto e dormire per il resto della giornata.

Remus non aggiunse altro, limitandosi a fissarmi con un sorriso appena accennato sul volto. “Ci vediamo stasera” lo salutai, sfiorandogli piano la mano con la mia, quasi desiderassi assicurarmi che non si fosse pentito di ciò che era successo prima. Lui la afferrò e la strinse lievemente, senza distogliere lo sguardo dai miei occhi, poi mi lasciò andare. Feci un cenno a James e Peter, i quali sembravano alquanto atterriti, infine uscii dalle cucine. Non feci nemmeno in tempo a richiudere il passaggio che la voce di James mi giunse chiaramente alle orecchie “E quello cos'era?!”

 

Mi feci strada per i corridoi deserti, stando ben attenta a non fare troppo rumore. Avevo ancora un po' di tempo prima dello scattare del coprifuoco, ma preferivo comunque evitare di incontrare qualcuno, sopratutto considerato che avrei dovuto poi spiegare cosa ci facevo con mantello e sciarpa nel castello a quell'ora.

Arrivai presto all'infermeria e mi fermai dietro il portone, controllando che Madama Chips non fosse nei paraggi. La stanza, comunque, sembrava deserta, ad eccezione di una figura rannicchiata sotto le coperte di un letto a pochi metri da me, che immaginai essere Remus. Lo osservai rigirarsi piano nel sonno, mormorando piano qualcosa che non riuscii a capire.

Quella mattina, una volta uscita dalle cucine, avevo passato la giornata a pensare e ripensare al bacio che ci eravamo scambiati, incapace di togliermi uno stupido sorriso ebete dalla faccia. Continuavo a ripensare alla morbidezza delle sue labbra, al leggero pizzicore dovuto alla barba che ricresceva, alle sue mani che mi accarezzavano leggere i capelli e le spalle.

Avrei mentito se avessi affermato di non essere stata spaventata da tutte le sensazioni che un così semplice gesto aveva provocato. Io non ero così, non ero una di quelle ragazze che vivono alla ricerca del “vero amore” che tanto sembravano affollare i miei libri; eppure non mi ero mai sentita così bene in tutta la mia vita, come se improvvisamente si fosse accesso qualcosa in me, qualcosa che ancora non sapevo se mi piacesse o meno.

Nel pomeriggio, dopo aver inutilmente provato a prendere sonno, mi ero impegnata il più possibile a togliermi Remus dalla testa, ma ogni cosa mi riportava a quello che era successo quella mattina, facendomi sentire incredibilmente patetica.

Un movimento improvviso alle mie spalle mi fece trasalire, distogliendomi dai miei pensieri. Mi schiacciai velocemente contro il muro, nascondendomi dietro una sporgenza. Madama Chips uscì a grandi passi dall'infermeria, sbadigliando sonoramente. Si frugò per qualche secondo nelle tasche, poi tirò fuori un enorme mazzo di chiavi, con il quale aprì la porta del suo studio; vi entrò velocemente e vi si chiuse dentro, facendo scattare la serratura.

Attesi un paio di minuti, poi entrai lentamente nell'infermeria, dirigendomi verso il letto su cui dormiva Remus. Quando gli fui accanto si voltò verso di me, continuando a dormire. Mi avvicinai ancora, osservando le ferite: si erano evidentemente rimarginate, sicuramente grazie a qualche miracoloso rimedio dell'infermiera, tuttavia i due grossi tagli erano ancora ben visibili anche nella penombra della stanza, a malapena illuminata dalla luce della luna.

Sei in anticipo” biascicò lui, facendomi sobbalzare per la sorpresa. Si sollevò a sedere e si stiracchiò, sbadigliando.

Mi sedetti sul letto accanto a lui, facendo cigolare lievemente le molle del vecchio materasso. "Madama Chips ha fatto un buon lavoro" giudicai, indicando con un cenno le cicatrici sul suo volto. Lui le sfiorò piano, sorridendo malinconicamente "Immagino di sì. Ha detto che difficilmente se ne andranno mai del tutto, però ha cercato di fare il possibile per nasconderle" abbassò lo sguardo “Sfregiato oltre che mostro, le ragazze faranno la fila"

"Ora non fare il melodrammatico. A me piacciono" decretai, avvicinandomi e passando delicatamente l'indice su una delle ferite "Pensa a quello che potrai raccontare ai tuoi figli. Potrai dirgli che hai sfidato un drago e ne sei uscito quasi illeso, impresa non da poco”

Remus ridacchiò, ma nel giro di qualche istante il suo sguardo si fece nuovamente cupo. “Che c'è?” domandai, incapace di trattenermi.

Io... beh, non... non posso avere dei figli. Quelli come... quelli della mia specie non si... ehm... riproducono solitamente. Nessuno perciò sa se la licantropia è ereditaria. Non potrei mai rischiare di passare questa maledizione a mio figlio” farfugliò, una tale tristezza nella voce che mi sentii immediatamente in colpa per aver tirato fuori l'argomento.

Rimasi in silenzio per qualche istante, poi borbottai: “I bambini sono sopravvalutati ,comunque. Sono rumorosi e puzzolenti, oltre che parecchio anti-igienici”.
Ci fissammo per qualche secondo, lo sguardo di Remus totalmente incredulo, poi scoppiammo a ridere, la tensione finalmente allentata.

Anche questo è un valido modo di vedere la questione” sghignazzò.

Mi sistemai meglio nel letto, sollevando lievemente la gonna e indicando una piccola cicatrice sulla coscia “Anche io ho una cicatrice, vedi?” asserii, evitando di menzionare le altre tre che avevo sulla schiena che, probabilmente, sarebbero solo servite ad accrescere il suo senso di colpa “Me l'ha fatta un Thestral”

Lanciai un'occhiata a Remus, il quale stava osservando la cicatrice attento. Non appena si accorse che lo stavo guardando, tuttavia, distolse subito lo sguardo arrossendo violentemente e, sempre con lo sguardo rivolto altrove, si affrettò a schiarirsi la voce “Davvero?”

Sbuffai, ignorando il suo comportamento “Certo che no. Sono caduta dalla scopa il primo anno. Brutta cicatrice e pessima figura, ma ottima storia da raccontare”

Remus annuì distrattamente, i pensieri chiaramente rivolti da un'altra parte. A giudicare dal modo in cui evitava il mio sguardo, comunque, era abbastanza chiaro a cosa stesse pensando.

Prima che potessi ragionarci su e cambiare idea, perciò, decisi di dare voce ai miei pensieri. Ero stufa di quei silenzi imbarazzati. “Ascolta, non so bene come vanno queste cose, perciò probabilmente dicendoti quello che ti sto per dire infrangerò qualche regola o qualcosa del genere, ma lo faccio comunque. Remus, tu mi piaci. Non so dire esattamente perché, o da quando, so solo che è così. Quello che è successo questa mattina è stato semplicemente... giusto. E lo rifarei di nuovo” dichiarai, ostentando una sicurezza che non avevo “Posso capire se non sei d'accordo. Se ti sei pentito di quello che è successo non devi fare altro che dirmelo, non devi sentirti obb...” non riuscii a terminare il mio discorso, perché Remus improvvisamente mi afferrò le spalle e, prima che potessi rendermene conto, le sue labbra erano nuovamente posate sulle mie. A differenza della volta precedente, questa volta le sue mani mi stringevano quasi febbrilmente a lui, tenendomi stretta al suo petto. Totalmente incapace di ragionare, gli strinsi le braccia attorno al collo, sollevandomi lievemente e inginocchiandomi al suo fianco, così da avvicinarmi il più possibile a lui.

Sentii il mio respiro farsi più affannoso, mentre lui si chinava piano verso di me, le sue dita che scorrevano sulla mia schiena. Ero inebriata dalla marea di sensazioni che stavo provando, così profonde e piacevoli che potevano essere facilmente scambiate per l'effetto di una pozione.

Quando ci separammo, entrambi eravamo senza fiato. I nostri volti erano a pochi millimetri l'uno dall'altro e io non avevo mai visto una tale decisione nello sguardo di Remus, che sembrava essere incapace di distogliere gli occhi dai miei.

Direi che questo vale come una conferma” sussurrai, la voce più roca del previsto.

Ehi, che ci fa lei qui? L'orario delle visite è finito da oltre un'ora!” abbaiò Madama Chips alle mie spalle, percorrendo velocemente la distanza che la separava da noi. Mi allontanai da Remus e mi sollevai di scatto, lisciandomi per bene la gonna, poi assunsi un aria mortificata “Oh, mi scusi! Ho saputo che il mio ragazzo era stato ferito e avevo bisogno di controllare che stesse bene; non mi ero proprio resa conto dell'ora!” piagnucolai, fingendo di tirare su con il naso per buona misura. Ero stata tentata di dire amico, ma vi era un'alta probabilità che la donna avesse assistito alla... ehm... situazione di pochi secondi prima.

Madama Chips sembrò scrutarmi per qualche secondo, poi posò il suo sguardo su Remus che si limitò ad annuire sorridendo debolmente “Bene. Ora che si è assicurata che è sano e salvo direi che può tornare al suo dormitorio. Non informerò il direttore della sua casa della sua visita notturna solo perché il coprifuoco è appena scattato, ma che sia la prima e l'ultima volta che lo infrange”

Annuii animatamente, poi mi diressi con passo spedito verso l'uscita – prima che decidesse di cambiare idea – sentendo chiaramente lo sguardo della donna puntato sulla schiena. Non appena voltai l'angolo però andai dolorosamente a sbattere contro qualcosa, cadendo malamente a terra.

Cosa diamine...” sbottai, sollevandomi e guardandomi intorno, solo per constatare che non vi era niente davanti a me. Girai su me stessa un altro paio di volte, poi sbuffai infastidita e cercai un punto in cui nascondermi mentre aspettavo le nove e mezza.

Fu in quel momento che la testa di Sirius spuntò fuori dal nulla e si avvicinò, o meglio, galleggiò verso di me. La osservai per qualche istante, credendo di essere in preda alle allucinazioni. Poi, accanto a Sirius, improvvisamente intero, apparvero Peter e James, che teneva in mano un pezzo di tessuto. Un mantello dell'invisibilità riconobbi Dove diamine se lo sono procurato?

Sei in anticipo” sbottò James, arrotolando il mantello.

Anche voi” gli feci notare, poi un agghiacciante pensiero si fece strada nella mia mente “Da quanto... ehm... da quanto tempo siete qui?” domandai, cercando di mantenere il tono di voce più distaccato possibile.

Siamo appena arrivati” mi informò Peter, nello stesso istante in cui James domandava “Perché ti interessa?”

Curiosità” tagliai corto, trattenendo a stento un sospiro di sollievo.

Visto che siamo tutti qui direi che possiamo anche anticipare l'uscita. Chiamiamo Remus e andiamo” affermò Sirius, cominciando a dirigersi verso l'infermeria. Lo fermai afferrandolo per un braccio “Non possiamo, c'è Madama Chips. Dobbiamo aspettare che esca”

Beh, allora direi che è meglio assicurarci che non ci veda” decretò James, tirando nuovamente fuori il mantello. Se lo posò distrattamente sulle spalle, poi si avvicinò a me e Sirius e ci avvolse in esso, facendo un cenno a Peter che si aggiunse a sua volta.

Non ci staremo mai tutti e quattro” feci notare, mentre i ragazzi tentavano inutilmente di schiacciarsi sempre di più, le schiene incurvate.

Ci staremmo se solo non rischiassimo di soffocare tra i tuoi capelli” ribatté James. Quel ragazzo diventava più acido di minuto in minuto.

Fa silenzio, Bambi” sbottai, ricevendo in risposta solo occhiate confuse che ignorai volutamente, concentrandomi invece sui passi che si avvicinavano. Pochi secondi dopo Madama Chips uscì nuovamente dall'infermeria e, di nuovo, entrò nel suo studio chiudendocisi dentro. Subito, il mantello sparì da sopra le nostre teste ed entrammo velocemente nella stanza, adocchiando di tanto in tanto la porta.

Siete in anticipo” ci fece notare Remus, lanciandomi una veloce occhiata per poi tossicchiare piano.

Sirius lo afferrò per le spalle, tirandolo fuori dal letto “Forza, andiamo in esplorazione!” esclamò entusiasta, chiaramente impaziente di uscire dal castello.

Remus sbuffò scocciato “Posso almeno mettermi dei vestiti addosso o vuoi che venga in pigiama?”

Fai come preferisci, basta che ti sbrighi!”

Il ragazzo borbottò qualcosa infastidito, poi cominciò a sfilarsi velocemente la maglia del pigiama, al che io mi voltai velocemente, imbarazzata.

Con lui ti giri, eh?!” sghignazzò Sirius, rischiando di beccarsi una maledizione.

Finalmente Remus finì di vestirsi e, con in mano la mappa del malandrino, ci condusse fuori dall'infermeria, verso il passaggio segreto del quarto piano. Sarà una lunga nottata.

 

Bene, questo è il punto in cui ti abbiamo ritrovato” annunciò James, indicando il tronco di un albero sporco di sangue quasi congelato. Avevamo camminato per più di due ore in mezzo alla foresta, ma alla fine erano riusciti a ritrovare il luogo giusto. La selva era incredibilmente buia e spesso ospitava suoni piuttosto inquietanti, tuttavia i quattro ragazzi sembravano essere totalmente a proprio agio. Lo stesso non si poteva proprio dire di me.

Remus osservò l'albero con un'espressione corrucciata, poi vi passò sopra una mano “Non è qui che mi sono ferito, il sangue è troppo poco”

James annuì “Sì, è quello che abbiamo pensato anche noi. Ci sono delle tracce che conducono verso Hogsmeade, forse dovremmo provare a seguirle”

Sirius si inginocchiò, indicando un'enorme impronta sporca di sangue sulla neve, subito seguita da un'altra “Non sarà difficile, sono piuttosto chiare.”

Remus non aspettò nemmeno che Sirius finisse la frase prima di cominciare a ripercorrere il tragitto. Non mi sfuggì l'inquietudine che trapelava dal suo sguardo, così mi sbrigai a seguirlo, cercando di apparire sicura e fiduciosa nella speranza che almeno questo potesse tranquillizzarlo un po'.

Camminammo ancora per qualche minuto, le orme che diventavano più chiare ad ogni passo. Ad un tratto, però, davanti a noi non vi era più nulla; non una traccia, non un'impronta. Il soffice manto di neve sembrava completamente inviolato.

Sirius imprecò rumorosamente, guardandosi attorno, imitato da James e Remus. Tuttavia nessuno di loro sembrò vedere niente.

Se le tracce finiscono qui, allora vuol dire che è qui che ti sei ferito” decretò infine James, gesticolando impaziente “Sembra che alla fine la spiegazione sia quella più semplice: ti sei graffiato per sbaglio”

Remus scosse la testa, scettico “Anche se fosse, ci deve essere un motivo.”

Forse dovremmo provare a guardare in giro, magari troviamo qualcosa” suggerì Peter, piuttosto dubbioso.

Sirius si strinse le spalle “Provare non costa nulla. Che ne dite se poi andiamo a mangiarci qualcosa? Sto morendo di fame”

Quando si dice tatto” brontolai, dirigendomi verso quella che mi sembrava una roccia perfetta per sedersi. Cambiai idea non appena vidi la miriade di insetti che sembravano averla scelta come abitazione. Tornai subito indietro e mi resi conto di essere rimasta praticamente da sola. James, Sirius e Remus si stavano allontanando mentre parlottavano tra loro, le espressioni corrucciate.

Peter d'altro canto sembrava piuttosto concentrato ad osservare un cespuglio poco più in là. Mi avvicinai curiosa, notando improvvisamente cosa avesse catturato la sua attenzione “Altro sangue” osservai.

Peter annuì “Forse abbiamo trovato qualcosa” urlò poi, tentando di richiamare i tre ragazzi. Mentre aspettavo che ci raggiungessero, vidi del graffi su un tronco a pochi metri da noi, perciò mi affrettai ad avvicinarmi, riconoscendo i segni degli artigli di Remus.

Stavo per avvertire gli altri, quando sentii una parte di terreno sotto di me cedere. Prima che potessi anche solo provare a spostarmi o afferrare qualcosa, stavo rotolando malamente giù per una profonda buca invisibile nel buio del bosco. Sentii delle rocce tagliarmi la pelle delle braccia e delle gambe, ma non riuscii nemmeno ad emettere un suono. Poi, con un tonfo che mi mozzò il fiato per qualche minuto, la mia corsa finì.

Mi sollevai a fatica, la testa che pulsava dolorosamente. Sentii la voce di Remus chiamarmi da un punto imprecisato sopra la mia testa, ma al momento non avevo la forza per rispondere.

Ancora intontita, tastai attorno alla ricerca della bacchetta che avevo lasciato cadere a metà percorso. Sentii qualcosa di viscido e appiccicoso sotto alle mie mani e pregai che non fosse uno di quegli enormi insetti che popolavano questo posto.

Non appena sentii la familiare impugnatura della mia bacchetta, che afferrai immediatamente, mi appoggiai ad un albero lì vicino e cercai di calmare i battiti impazziti del mio cuore, controllando nel mentre di essere tutta intera.

Elisabeth!” chiamò nuovamente Remus, sempre più allarmato, seguito dalle voci degli altri ragazzi.

Sono qui! Sto bene!” urlai in risposta, incapace di impedire alla mia voce di tremare. Solo Merlino sapeva che spavento mi ero presa.

Lumos” sussurrai. Una volta illuminato l'ambiente, quella che inizialmente mi era sembrata una buca si rivelò essere un fossato. Non era nemmeno così profondo, a dirla tutta.

Puntai la bacchetta sul lato da cui ero scivolata e osservai con angoscia il percorso compiuto dal mio corpo. Ero stata piuttosto fortunata: avevo evitato tutte le rocce più grandi, che molto probabilmente non si sarebbero limitate a lasciarmi soltanto dei graffietti; inoltre ero atterrata su un enorme cumulo di neve, presumibilmente l'unico motivo per cui il mio collo era ancora tutto intero.

Afferrai la radice di un albero e tentai di tirarmi su, ma scivolai nuovamente indietro. Casualmente, la luce della bacchetta illuminò il palmo della mia mano e io trattenni a stento un urlo: del sangue la ricopriva completamente, colando piano verso l'interno della manica della mia divisa.

Mi tastai frenetica il petto e la testa, cercando il punto in cui mi ero ferita, ma presto mi resi conto che non sembravo sanguinare da nessuna parte. Poi capii.

Con immenso orrore mi voltai e puntai la bacchetta sul terreno, il cuore che batteva così veloce da lasciarmi senza respiro. Quando finalmente vidi quello che in realtà speravo di non trovare, un fortissimo senso di nausea mi travolse: un uomo giaceva a terra, la neve circostante macchiata di rosso. Gli occhi vitrei sembravano fissarmi e le sue membra erano orribilmente scomposte in una posa innaturale, tuttavia non furono quei particolari a disturbarmi.

Ciò che quasi mi fece fuggire, che mi fece stringere lo stomaco con orrore e apprensione, furono i chiari segni di morsi e graffi sparsi su tutto il corpo. Ferite così profonde che potevano essere state inferte solamente da un licantropo.


 

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Capitolo 13
*** Demons ***


Remus. Era tutto quello a cui riuscivo a pensare. Era questione di minuti prima che arrivasse qui, prima che vedesse... e a quel punto ne sarebbe stato distrutto, non vi erano dubbi in merito.

Feci dei respiri profondi, cercando di ritrovare la calma.

Dovevo fare qualcosa, nascondere il corpo magari. Ma come?
Non ero nemmeno lontanamente abbastanza brava per trasfigurarlo; il massimo che sarei riuscita a fare sarebbe stato camuffarlo, ma questo non sarebbe certamente bastato ad ingannare Remus.

Quello era un cadavere, un uomo assassinato, ucciso da un licantropo, ucciso da... Remus.

No. Questo non potevo saperlo. Questo bosco pullulava di licantropi durante la luna piena, lo sapevano tutti. Poteva essere stato uno di loro.

Per il bene di Remus, speravo vivamente fosse così.

Provai a capire quanto potesse pesare l'uomo. Forse avrei potuto spostarlo, nasconderlo. Non mi fermai nemmeno a prendere seriamente in considerazione quell'idea, considerato quanto fosse ridicola. Se anche fossi riuscita a spostarlo, mi ci sarebbero voluti secoli per muoverlo di qualche centimetro, figuriamoci nasconderlo.

Forse la cosa migliore sarebbe stata allontanarsi, incontrare i ragazzi a metà strada e fingere di non aver visto nulla. Una breve occhiata ai miei vestiti mi fece capire che tutto il sangue su di essi mi avrebbe chiaramente tradito; cercai di ricordarmi velocemente un incantesimo per farlo sparire, ma non riuscivo a pensare lucidamente.

Sentii dei passi avvicinarsi veloci. Mi guardai attorno febbrile, cercando inutilmente una soluzione che purtroppo non sembrava esistere. Quando i passi furono ormai alle mie spalle, non mi premurai nemmeno di voltarmi, continuando a fissare il cadavere ai miei piedi. Sentii qualcuno trattenere il respiro, poi Sirius mi superò, avvicinandosi al cadavere e chinandoglisi accanto.

“Queste ferite...” sussurrò all'improvviso, voltandosi verso di me, il volto mortalmente pallido.

Riuscii solo ad annuire, poi mi posai con la schiena al tronco di un albero e, sentendo le gambe che non riuscivano più a reggere il mio peso, mi lasciai piano scivolare a terra, lo sguardo ancora puntato sul cadavere a pochi centimetri da me.

“Dov'è Remus?” domandai, al che lui sgranò gli occhi, tornando a guardare il cadavere “Poco lontano da qui, arriverà a momenti” disse infine.

“Cosa facciamo? Non può vederlo. Non reggerà”

“Non è stato lui” rispose il ragazzo, più duramente di quanto mi aspettassi.

“Sai bene quanto me che non ci crederà nemmeno per un secondo” ribadii, facendo come per passarmi una mano sul volto. La allontanai di scatto non appena mi ricordai del sangue che la ricopriva, trattenendo a stento un conato di vomito.

Sirius si inginocchiò davanti a me, posandomi un fazzoletto di stoffa tra le mani. Vidi chiaramente le sue iniziali ricamate sul bordo, le lettere che spiccavano sul bianco candido della stoffa in una maniera quasi innaturale.

Lo afferrai, ringraziando silenziosamente il ragazzo che ora mi guardava con attenzione “Tu stai bene? Sei ferita?”

“Non è a me che devi pensare. Il cadavere. Dobbiamo nasconderlo” decretai, pulendomi malamente le mani e rialzandomi in piedi, infastidita dal tono con cui mi si era rivolto.

Lui mi osservò ancora per qualche secondo, poi si passo una mano tra i capelli, espirando rumorosamente “Non possiamo”

Lo fissai senza capire “Cosa vorrebbe dire non possiamo?”

“Non c'è modo di mentirgli su una questione di tale importanza. Questa storia verrà a galla prima o poi, è meglio che lo sappia subito”
“Per Merlino, Sirius! Sai meglio di me come la prenderà!” sbottai, completamente presa contropiede dalle sue parole. Lui cominciò a camminare in circolo, esasperato, lo sguardo pieno di dubbio “Certo che lo so! Non cambia il fatto che deve saperlo, ma ora, non dalle pagine di un giornale”

“Lo distruggerà”
“E' più forte di quanto pensi. Ne ha superate tante, supererà anche questa” affermò lui fingendosi chiaramente più sicuro di quanto fosse in realtà. Si fermò nuovamente davanti a me e mi posò una mano sulla spalla, guardandomi dritto negli occhi “Non è stato lui” ribatté poi, facendomi chiedere, dal modo in cui lo aveva detto, se lo pensasse veramente o se stesse semplicemente esponendomi la versione ufficiale dei fatti, una versione a cui nemmeno lui credeva davvero.

Scossi la testa, ma non ribadì. Riconobbi che c'era qualcosa di vero nelle sue parole, ma questo non mi impedii di sussultare al suono della familiare voce di James a pochi metri da noi, che ci fece voltare entrambi di scatto “Eccovi finalmente! Abbiamo girato mezza foresta per cercarvi. Potevi avvertirci che l'avevi trov...” non riuscì a terminare la frase, poiché i suoi occhi notarono ciò che si trovava ai miei piedi. Io comunque a malapena mi accorsi del suo improvviso silenzio, troppo impegnata a osservare Remus mentre, incuriosito, cercava ciò che sembrava aver catturato l'attenzione di James e, finalmente, lo trovava.

Riuscii chiaramente a leggere la serie di emozioni che provò, tutte scritte chiaramente sul suo volto: orrore, paura, confusione, preoccupazione, dubbio e, infine, colpendolo così all'improvviso che quasi lo vidi piegarsi sotto il suo peso, arrivò il senso di colpa.

Vidi Peter alle sue spalle indietreggiare veloce, gli occhi spalancati dall'orrore, ma nessuno gli prestò attenzione. Gli occhi di tutti ora erano puntati su Remus, che sembrava paralizzato, lo sguardo che percorreva avanti e indietro il cadavere dell'uomo, soffermandosi su ogni taglio, ogni morso.

Sembrò essere passata un'eternità quando James decise di interrompere il glaciale silenzio che era sceso, avvicinandosi cauto a Remus “Non saltiamo a conclusioni affrettate. Sai bene quanti licantropi si aggirino per questi boschi. Non dobbiamo...”

Remus non gli diede modo di concludere la sua frase, voltandosi all'improvviso e correndo via, sparendo velocemente nell'oscurità della foresta.

“Lunastorta, aspetta!” urlò Sirius, precipitandoglisi dietro. James mi lanciò un'occhiata, poi afferrò Peter per un braccio. “Aspetta qui” mi intimò, affrettandosi poi a seguire gli altri due ragazzi trascinando con sé Peter, che continuava a fissare l'uomo a terra, pietrificato.

Non gli risposi nemmeno, andandogli subito dietro. Sinceramente, dubitavo fortemente che non si fosse accorto che lo stavo seguendo, visto quanto rumore stavo facendo, tuttavia sembrò non preoccuparsene. Lui e Peter si mossero il più velocemente possibile verso la direzione che presumibilmente avevano preso Remus e Sirius, ma per mia fortuna Minus sembrava non riuscire a fare due passi senza inciampare su qualcosa, permettendomi così di seguirli senza problemi.

Dopo qualche minuto sentii chiaramente la voce di Remus che urlava rabbiosa alla mia destra, e io mi sbrigai a raggiungerla, il cuore stretto in gola.

“Come fai a dire che non sono stato io?! E' a quanto? Dieci metri da dove mi avete ritrovato?”

“Questo non vuol dire niente” affermò Sirius, il tono quasi implorante. Mi avvicinai ancora, James e Peter subito dietro di me. Remus si voltò di scatto nella nostra direzione, la pelle più pallida che mai, gli occhi lucidi e rabbiosi.

“Remus...” sentì Peter mormorare, muovendosi lentamente nella sua direzione.

“Non sei stato tu, Lunastorta. Lo sai che non sei stato tu” disse subito James, così deciso che per qualche secondo gli credetti anche io. Remus tuttavia non sembrava pensarla allo stesso modo, perché subito strinse le mani a pugno “Il mio odore era ovunque. E per quanto finga che non sia così, anche Felpato lo ha sentito”

Spostai subito il mio sguardo su quest'ultimo, che si limitò ad abbassare la testa, rifiutandosi di smentire le parole dell'altro, che lo osservava quasi sperasse nel contrario.

“Potresti essere stato attratto dall'odore del sangue ed essere andato lì. Potresti aver sentito l'odore di un altro licantropo” continuò James.

“Smettetela di comportarvi come se non sapeste benissimo che sono stato io! I licantropi non vivono più in questa foresta, si sono uniti tutti a Tu-sai-chi, sono tutti con lui, e voi lo sapete!”

Nessuno dei ragazzi seppe cosa ribadire a quell'affermazione, al che io capii che doveva essere corretta.

“Quindi sei stato tu, è così?” domandai. I suoi occhi si sollevarono, pieni di orrore e vergogna, per incontrare i miei.

“Rispondimi” continuai duramente “Sei stato tu?”

Sentii la mano di Sirius sulla mia spalla, ma la ignorai, continuando invece a fissare Remus, che ora sembrava cercare con tutto se stesso un modo per non rispondere alla mia domanda, che chiaramente lo faceva soffrire. Mi sentivo morire nel vederlo così, ma volevo che rispondesse, volevo che capisse la portata di quanto si stava accusando.

“Sì” sussurrò improvvisamente, la voce impastata di dolore.

Mi avvicinai decisa, fermandomi a pochi centimetri da lui “Bene. Non mi interessa”

La testa di Remus si sollevò di scatto, una pura espressione di incredulità sul suo volto “Non mi importa di quello che è successo. Non eri in te. Tu stesso mi hai detto che quando sei trasformato, il lupo prende completamente il controllo. Smetti di incolparti”

“Non posso. Quell'uomo aveva una vita, forse una famiglia e io... Sono stato io. La colpa è mia“ Non era nemmeno più arrabbiato. Il suo tono di voce era lento, pacato, spento.

“E cosa intendi fare? Fuggire nei boschi, così che quello che è successo ieri notte accada ad ogni luna piena? Consegnarti? E a quel punto cosa pensi che accadrà alla tua famiglia, che non ti ha registrato come lupo mannaro al ministero? O a Silente, che ti ha accettato nella scuola?” vedevo il suo sguardo farsi sempre più incerto ad ogni mia parola. Non mi importava minimamente dei guai che avrebbero potuto passare quelle persone, ma sapevo che lui ci teneva. E io tenevo a lui. “E cosa farai se ti faranno bere del Veritaserum? Sarai costretto a raccontargli anche di Sirius, Peter e James. Dubito fortemente che si siano registrati come Animagi. Vuoi davvero vederli ad Azkaban?”
Remus guardò i suoi amici alle mie spalle, poi si posò la testa tra le mani “Che devo fare?”

La sua domanda rimase senza una risposta, nonostante vi fosse una parola che aleggiava limpidamente tra noi. Niente.

“Vieni, torniamo al castello” proposi, tendendogli la mano. Lui la osservò per qualche istante, chiaramente ancora combattuto, ma con mio immenso sollievo alla fine la afferrò.

James e Peter nel frattempo si erano avvicinati a Sirius, che ora stava annuendo pensieroso.

“Noi vi raggiungiamo tra poco” ci informò James, lanciandomi un'occhiata che diceva chiaramente “non fare domande”

Decisi di dargli ascolto, almeno per il momento, e mi sbrigai a trascinare via Remus, che fortunatamente sembrava troppo perso nei suoi pensieri per anche solo rendersi conto di quello che stava accadendo attorno a lui.

Camminammo per più di mezz'ora, mentre io cercavo di orientarmi in mezzo alla foresta, provando a cercare delle tracce che mi indicassero la strada, inutilmente. Remus continuava a fissare il vuoto, il volto così tirato che temevo si accasciasse al suolo da un momento all'altro. Avrei mentito se avessi detto di capire quello che provava: quell'uomo trovato poco prima per me era un estraneo, niente più di quello. Mi dispiaceva fosse morto, ma solo perché era Remus a doverne pagare il prezzo. Volevo che stesse bene. Volevo che mi parlasse, che mi guardasse negli occhi. Volevo che tornasse tutto come poche ore prima, quando la mia preoccupazione più grande erano i sentimenti che provavo nei suoi confronti.

Mi fermai, bloccando anche lui. Era inutile continuare a girare a vuoto, non saremmo mai riusciti a uscire da qui se Remus non mi avesse dato una mano.

Mi voltai verso di lui, decisa a smuoverlo dallo stato catatonico in cui sembrava caduto. Lo afferrai delicatamente per una spalla, chinandomi quanto bastava per riuscire ad incontrare i suoi occhi, che erano fissi sul terreno ai nostri piedi “Remus, mi serve il tuo aiuto”

Lui non mi rispose, ma anzi distolse lo sguardo dal mio, continuando ad osservare altro “Guardami, per favore” richiesi, cercando di nuovo il suo sguardo. Quando lui spostò la testa pur di evitarlo, cominciai ad irritarmi “E' questa la tua strategia adesso, evitare di guardarmi in faccia per il resto dell'anno?” mi allontanai lievemente da lui, posando le mani sui fianchi “Se credi che questo basterà a tenermi lontana ti sbagli di grosso. Quello che è successo stasera per quanto mi riguarda è stato solo un incidente di percorso. Ciò che ti ho detto precedentemente questa sera non cambia, sarà meglio che te ne faccia una ragione”

Niente, nessun segno di comprensione da parte sua.

“Remus...” chiamai ancora. Improvvisamente lui alzò lo sguardo e, pochi istanti dopo, le sue mani erano attorno alle mie spalle, che mi stringevano quasi dolorosamente in un abbraccio. Curvò la schiena e posò la fronte sulla mia spalla, stringendo ancora di più la presa. Inizialmente la sorpresa mi impedì di reagire, ma presto mi sentii stringerlo a me a mia volta, affondando il volto tra i suoi capelli.

Il suo peso mi fece indietreggiare, finché non sentii il duro tronco di un albero alle mie spalle. Fu in quel momento che percepii qualcosa di bagnato sulla spalla, e presto mi resi conto che Remus stava piangendo silenziosamente.

Rimasi immobile per qualche secondo, incapace di fare qualunque cosa. Mi ricordai quando mi aveva raccontato di cosa era per lui quella maledizione, e non potei fare a meno di sentirmene schiacciata nuovamente, esattamente come la prima volta in cui me ne aveva parlato.

Gli sollevai il viso, guardandolo dritto negli occhi lucidi. La sua presa ferrea non accennava ad allentarsi, ma io non volevo altrimenti. Avvicinai lentamente una mano al suo viso, cancellando una lacrima sfuggita ai suoi occhi, poi posai le mie labbra sulle sue.

I suoi occhi si spalancarono in sorpresa. Lo sentii quasi indietreggiare al mio tocco, ma io gli impedii di allontanarsi. Non mi farai del male, volevo che capisse. Niente era cambiato. Niente.

Non ci volle molto perché si arrendesse, abbandonandosi a me.

Questo bacio non fu gentile o incerto come il primo, né pieno di desiderio come l'ultimo.

Questa volta, il suo tocco sapeva di disperazione e rammarico. Il suo corpo era più vicino al mio di quanto fosse mai stato, eppure lui sembrava capace di continuare ad accorciare la distanza, come se non fosse mai abbastanza. Sentii il sapore salato delle lacrime sulle sue labbra e con esso ne sentii il dolore e la colpa. Non avevo più fiato, eppure non riuscivo a staccarmi da lui. Sentivo il suo bisogno per me, lo sentivo dentro le ossa e, quando lui fece salire una delle sue mani sul mio collo, mi resi conto che anche io avevo bisogno di lui. E questo mi fece paura.

Si staccò all'improvviso, dandomi velocemente le spalle. Rimasi qualche secondo appoggiata all'albero, respirando pesantemente, e lo guardai mentre si passava le mani sul volto, la schiena curva in avanti “Scusami, io...” cominciò.

“Sono stata io a baciarti, Remus. Non prendertene il merito”

“Il merito? Per Merlino, Elisabeth, hai visto cosa ho fatto a quell'uomo! Devi starmi lontana, per il tuo bene”

“Per il mio bene io dovrei stare lontana da James e Sirius, non da te. Inoltre, ormai dovresti saperlo che il mio bene ha poco a che vedere con le mie scelte”

Lui scosse la testa e si voltò nuovamente a guardarmi, ma mantenne le distanze “ Allora fallo per me, ti prego” mi supplicò. Io non battei ciglio, ostinatamente ferma sulle mie idee “Sono troppo egoista per farlo. Per di più, la tua trasformazione avviene una volta al mese. Una volta al mese, Remus” gli ricordai “Sono ventotto lunghi giorni in cui sei completamente innocuo. La tua scusa non regge”

“Non c'è nessuna scusa”

“E allora smettila di cercare di allontanarmi!” implorai, avvicinandomi a grandi passi verso di lui “Perché se il tuo timore è quello di ferirmi, allora stai prendendo la strada peggiore nel cercare di evitarlo”

“Potresti avere di molto meglio...”

Sollevai gli occhi al cielo, senza nemmeno lasciargli finire la frase “Non provarci nemmeno. Non è una tua scelta quello che è meglio per me, Remus. Tu sei ciò che voglio”

Lui mi fissò in un silenzio esasperato, infine si limitò ad espirare rumorosamente, abbassando le spalle “Sei la persona più testarda che abbia mai conosciuto. Sei perfino peggio di Sirius”

“Sono piuttosto sicuro che James mi batta abbondantemente. Alla fine, quanti anni sono che non demorde con quella Evans? Cinque?” ribadì, trattenendo a stento un sorriso. Sapevo che probabilmente la discussione non sarebbe semplicemente finita qui, ma ero contenta di aver vinto, almeno per questa sera. “In effetti probabilmente l'aggettivo più adatto in questo caso è imbecillità”

Vidi chiaramente le sue labbra piegarsi nell'ombra di una risata, ma purtroppo durò meno di un istante. La sua espressione tornò presto malinconica, ma io cercai di non curarmene. Sapevo ci sarebbe voluto un po' perché le cose tornassero al loro posto.

“Allora, hai intenzione di farci strada fino al castello o preferisci girare in tondo per tutta la notte?”

 

Riemersi velocemente dall'acqua, il fiato corto, e mi appoggiai al bordo della vasca. Osservai l'acqua in cui ero immersa, ormai completamente tinta di rosso, e ne sfiorai la superficie con le dita. Strano come non provassi assolutamente niente al pensiero che quel sangue appartenesse ad un uomo morto, quando invece tremavo al solo ricordo dei suoi occhi vitrei, dell'espressione di puro orrore sul suo volto.

Se qualcuno fosse entrato nel bagno in quel momento, probabilmente avrebbe pensato che mi stessi facendo il bagno in una vasca piena di sangue, quando invece erano bastate poche gocce sulle mie braccia e sulle gambe per rendere l'acqua così rossa. Quanto sangue c'era voluto per colorare la neve attorno al cadavere? Di sicuro l'uomo ne aveva perso parecchio, a giudicare le ferite che lo ricoprivano. Aveva sofferto? Era morto all'istante? Aveva visto il suo carnefice arrivare, o era stato colpito alle spalle, senza nemmeno il tempo di lanciare un grido di aiuto?
Scossi la testa, lanciando gocce d'acqua in giro per il bagno. Non serviva a niente farsi queste domande. L'uomo era morto, fine. Vi erano questioni decisamente più urgenti di cui occuparsi, domande più importanti da porsi. Remus, cosa ne sarebbe stato di lui?
Appena usciti dai boschi, eravamo tornati in silenzio verso la grotta che conduceva al passaggio verso il castello. Remus si era nuovamente richiuso nel silenzio, ma se non altro non sembrava più temere di incrociare il mio sguardo. Quando finalmente eravamo tornati all'interno di Hogwarts, il cielo aveva già cominciato a schiarirsi, perciò Remus si era affrettato a tornare in infermeria, fortunatamente ancora deserta, mentre io mi ero rifugiata nei dormitori della mia casa.

Mi sarebbe piaciuto rimanere con lui, almeno per assicurarmi che non avesse intenzione di fare niente di stupido, ma purtroppo sapevo bene che ciò era impossibile.

Cosa sarebbe successo ora?

Gli avvenimenti di questa notte sicuramente avrebbero avuto delle conseguenze. Come avrebbero gestito la prossima luna piena, considerando quello che era accaduto? Avrebbero rinchiuso Remus nella Stamberga Strillante? L'avrebbero incatenato? Entrambe le possibilità mi procurarono un enorme peso sul petto. Avrei semplicemente voluto cancellare gli ultimi due giorni, fingere che non fossero mai accaduti.

Mi bloccai. Lo volevo davvero?

Senza che potessi evitarlo, mi sfiorai piano le labbra. Avrei davvero rinunciato a... questo?

Probabilmente, se ne avessi avuto la possibilità, avrei dovuto, eppure non ero affatto sicura che l'avrei fatto.

Uscii dalla vasca da bagno senza preoccuparmi troppo di non gocciolare per terra, poi recuperai i vestiti che avevo messo sul bordo di un lavandino ad asciugare. La cosa stava diventando un'abitudine, notai.

Tornai verso la mia stanza, godendomi ancora una volta il silenzio che vi regnava, e mi gettai senza troppi preamboli sul letto, esausta. Feci appena in tempo a pensare che avrei dovuto parlare il prima possibile con gli altri tre Malandrini, prima di abbandonarmi al sonno.

 

Mi risvegliai cinque ore e un mal di testa più tardi, la mente appannata e confusa.

I ricordi della notte prima, comunque, erano chiarissimi, come se non avessi mai smesso di pensarci.

Mi sollevai di colpo, mettendomi addosso i primi vestiti babbani che mi capitarono sotto mano, poi uscii a passo spedito nei sotterranei, dirigendomi verso un punto imprecisato del castello. Il punto imprecisato si rivelò presto essere, come forse avrei dovuto aspettarmi, l'infermeria. Mi fermai all'entrata, osservando Remus che dormiva profondamente, il volto rilassato. Entrai e afferrai una sedia, sedendomi al suo fianco, godendomi l'espressione serena sul suo volto. Mi chiesi cosa stesse sognando che lo rendeva così felice, cosa gli avesse procurato quel sorriso.

Afferrai un libro che giaceva aperto sul suo comodino: era un libro babbano, un classico dell'ottocento. Con un sospiro mi sistemai meglio nella sedia e cominciai a leggere, stando ben attenta a non svegliare Remus. Non saprei dire con esattezza quanto restai lì a leggere, tuttavia all'improvviso sentì una mano posata sulla mia spalla e vidi Madama Chips che mi guardava con comprensione “Dovresti andare a mangiare qualcosa”

Lanciai un'occhiata a Remus, ancora profondamente addormentato, che subito venne intercettata dalla donna “Non si sveglierà prima di sera. Aveva il sonno agitato, perciò gli ho dato una pozione sognante. Se ti sbrighi farai ancora in tempo per il pranzo di Natale, sarebbe un peccato perderselo”

Annuii distrattamente, facendo una piccola orecchietta alla pagina a cui ero arrivata e posando il libro come lo avevo trovato. Per quanto mi sarebbe piaciuto rimanere per tutto il giorno a leggere ascoltando in sottofondo il lento respiro di Remus, c'erano delle questioni più urgenti da sbrigare e no, non erano il pranzo di Natale.

Ora che ero uscita dall'infermeria e la strana cappa di tranquillità di cui sembrava essere pervasa si era dispersa, sentii tutta l'agitazione tornare a premermi sul petto. Improvvisamente, non potevo più aspettare, dovevo sapere ciò che avevano trovato i Malandrini sul cadavere; perché sapevo che era questo ciò che avevano fatto quando erano rimasti indietro. Era quello che avrei fatto anche io.

Percorsi velocemente i corridoi del castello, affacciandomi in tutte le stanze in cui pensavo potessero essersi rifugiati i ragazzi. Controllai la Sala Grande, il cortile e perfino la biblioteca, poi feci una breve ricognizione in cucina, ma i tre beoti non sembravano essere da nessuna parte.

Emisi un grugnito esasperato – molto poco signorile – e mi appoggiai al muro, posandomi le mani sulle tempie. Che fossero ancora nella foresta? Poco probabile, a quest'ora si sarebbero accorti della loro assenza e allora avrebbero passato dei guai. E se fossero stati trattenuti? Magari qualcuno li aveva visti, magari li avevano trovati accanto al cadavere. Possibile che fossero stati arrestati?

Nel caso, cosa avrebbero fatto? Avrebbero finto di averlo trovato per caso? Ma come avrebbero poi fatto a spiegare la loro presenza fuori da Hogwarts? E se avessero consegnato Remus? No, non l'avrebbero mai fatto... giusto?

Scossi la testa. Se c'era qualcosa di cui ero convinta, è che non si sarebbero mai traditi a vicenda. La fedeltà che sembravano provare nei confronti dei loro amici era quasi eccessiva, tuttavia in questa occasione risultava decisamente conveniente.

Era comunque molto probabile che mi stessi facendo dei problemi inutili. Magari si erano semplicemente addormentati e... il dormitorio! Ecco dove non avevo controllato!

Praticamente mi lanciai verso la torre Grifondoro, ignorando le occhiate perplesse che ricevetti dai pochi studenti che incrociai. Percorsi le scale a due a due, arrivando finalmente in cima con il fiatone. Stavo già pensando a quali domande avessero la priorità, quando mi si parò davanti un ostacolo.

Ah, già. La parola d'ordine.

Guardai l'enorme e paffuta donna protagonista del dipinto davanti a me, che si stava ammirando con concentrazione in un piccolo specchio che teneva in mano. Mi chiesi se vi fosse modo di aggirarla, magari con un incantesimo, ma conoscendo Silente difficilmente avrei potuto trovare qualcosa che funzionasse.

“La parola d'ordine, cara?” mi chiese la signora gentilmente, lanciandomi comunque un'occhiata diffidente. La osservai in silenzio, meditando su quale parola potessero scegliere dei Grifondoro. Conoscendoli, non avrebbe sicuramente brillato per la sua ingegnosità.

“Siamo un branco di imbecilli?” borbottai, ricevendo in risposta solo un'espressione indignata “Mi dispiace, ma non è questa”

“Rimane comunque vero”

In quel momento il quadro si spostò e, per qualche glorioso istante, credetti di aver indovinato la parola. Poco dopo però vidi una figura mingherlina uscire dall'apertura, che subito si richiuse alle sue spalle. Era un ragazzino di non più di dodici anni, probabilmente del primo anno; teneva in mano una lettera e, con passo svelto, si stava affrettando a superarmi.

“Ehm, scusami, tu!” lo chiamai, facendolo voltare verso di me “Sì?” mi chiese lievemente seccato, riponendo svelto la lettera in una tasca. “Non è che potresti dirmi la parola d'ordine? L'ho... dimenticata” annunciai sorridendo cordiale e battendomi una mano sulla fronte.

“Sì, come no” ribadì quello, scoccandomi un'occhiata di sufficienza “Ti conviene inventartene un'altra”

Lo guardai sconcertata “Come prego?”

“Non ho intenzione di dare la nostra parola d'ordine ad una serpe” affermò quello con sguardo sprezzante, guardandomi dalla testa ai piedi con aria schifata, come se avesse avuto davanti un'enorme lumaca carnivora.

Rimasi per qualche secondo in silenzio, interdetta. Come aveva fatto a capire di che casa ero lo sapeva solo Merlino, visto che indossavo i miei abiti babbani “Va bene, mi hai beccata. Resta il fatto che lì dentro ci sono alcune persone con cui dovrei parlare e, senza parola d'ordine, non ho modo di farlo. Potresti gentilmente” strinsi i denti a questa parola “farmi entrare?”

“No.” rispose lui, chiaramente molto soddisfatto di sé “Ti converrà metterti comoda, perché ti toccherà aspettare qui finché quelle persone non usciranno di lì. Sappi, comunque, che i vostri giochetti da Mangiamorte non ci fanno paura. Ti conviene lasciar stare la mia casa, altrimenti dovrai fare i conti con me!”

“Con te?” chiesi ironica, squadrandolo. L'avvertimento non risultava particolarmente minaccioso, e immaginai che il fatto che il ragazzino raggiungesse a malapena il metro d'altezza facesse la sua parte.

Il suo volto si dipinse di un acceso color porpora e immediatamente la bacchetta fu nella sua mano tremante, puntata verso di me “Ti conviene girare alla larga”

Ok, questo è troppo.

Prima che avesse il tempo di reagire, si ritrovò appeso per una gamba come da una corda invisibile che pendeva dal soffitto, incantesimo che avevo imparato proprio da James e Sirius. Ironico come alla fine perfino quei due erano riusciti ad insegnarmi qualcosa di utile.

Il ragazzino si dimenò, cercando di liberare la gamba, ma senza successo. Sentii la donna del quadro alle mie spalle urlare indignata, ma non ci feci caso. Mi avvicinai al bambino e raccolsi la bacchetta che gli era caduta a terra, mettendogliela davanti agli occhi “La prossima volta, se vuoi minacciare qualcuno, assicurati di avere questa ben stretta in mano”

“Lasciami andare!”

“Solo se mi darai la parola d'ordine”
“Mai!”

Alzai gli occhi al cielo. E io che credevo che fossimo noi Serpeverde quelli drammatici “Allora resterai lì appeso finché quelle persone non usciranno da lì”

“Bene!” urlò lui, incrociando le braccia al petto con fare deciso. Gli scoccai un'occhiata infastidita, chiedendomi se la maledizione Cruciatus sarebbe stata considerata un trattamento eccessivo. Quando vidi il ragazzino farmi la linguaccia, decisi che probabilmente sarebbe stata fin troppo tenue.

Stavo ripercorrendo mentalmente gli incantesimi che avevo visto utilizzare da Sirius e James, decisa a farmi dare quella parola d'ordine – ora più per una questione di principio, che per necessità – quando notai che il ragazzino, il cui volto ormai assomigliava ad un enorme peperone, stava cercando freneticamente di nascondere la lettera che gli avevo precedentemente visto mettere in tasca sotto il largo maglione natalizio che indossava.

Mi avvicinai lentamente, godendomi la sua espressione allarmata, e sfilai velocemente la lettera mal nascosta sotto l'indumento “E questa cos'è?” domandai curiosa, aprendo la busta.

“E' una cosa personale, non toccarla!” ribadì lui, agitando le braccia e cercando di riprenderla, ma finendo solo per dondolare avanti e indietro come un allocco.

Lo ignorai, prendendo la lettera e aprendola con sincera curiosità. Cosa poteva contenere di così personale da farlo agitare tanto?

Mia adorata Lily,

E no, non un altro! Ma che aveva questa ragazza, una fabbrica di dolciumi incorporata?!

Sono io, Reginald ( Reg ) Cattermole, quello che hai sgridato qualche settimana fa perché correva nel corridoio del secondo piano.

Devi sapere che da quel giorno, non sono riuscito a pensare ad altro che a te. I tuoi capelli sono come l'alba, i tuoi occhi... smisi di leggere, indecisa se ridere o dare di stomaco.

“E così, la Evans ha fatto nuovamente colpo eh?” gli domandai sarcastica, felice di constatare che ora sembrava aver perso tutto lo spirito combattivo “James Potter sarà felice di constatare che ha un altro pretendente”

Il ragazzino, Reg, alzò di colpo lo sguardo, improvvisamente terrorizzato “Oh no, ti prego, non glielo dire!” mi supplicò. Lo osservai incuriosita, chiedendomi cosa lo spaventasse così tanto di James. Che avesse davvero avuto la faccia tosta di proclamare la Evans suo territorio? Conoscendolo, la risposta veniva da sé.

“E cosa avrò in cambio del mio silenzio?” gli domandai, facendomi aria con la lettera. La situazione mi stava divertendo fin troppo, constatai mentre osservavo il suo sguardo abbassarsi con espressione sconfitta “Va bene, ti farò entrare...” sussurrò a voce così bassa che a malapena riuscii a sentirlo “Però” aggiunse, alzando la voce “Ti aprirò io il passaggio, e starò con te tutto il tempo”

“Tutto il tempo? Non se ne parla”

“E va bene, almeno finché non sarai con le persone con cui devi parlare!” proclamò adirato, agitandosi “Ora però fammi scendere!”

Mossi lievemente la bacchetta, interrompendo l'incantesimo, e Reg cadde a terra pesantemente, gemendo di dolore. Quando si rialzò, subito si sporse per riprendere la bacchetta e la lettera dalle mie mani, ma io le sollevai in aria, impedendogli di raggiungerle “Queste le riavrai dopo che saremo entrati”

Lui sbuffò, ma non insistette oltre. Si diresse con aria mogia verso la donna del quadro, che ora mi stava letteralmente fulminando con lo sguardo, e borbottò a voce bassissima quella che speravo essere, per il suo bene, la parola d'ordine.

Trattenni un'esclamazione di vittoria quando vidi il quadro spostarsi e subito mi affrettai a entrare nel passaggio, prima che la signora che lo occupava cambiasse idea e decidesse di tranciarmi a metà strada.

Entrai velocemente nella sala comune Grifondoro, ora addobbata di decorazioni natalizie e pacchi regalo – la maggior parte scartati – sparsi per tutta la stanza. Il colore dominante sembrava decisamente essere il rosso, che creava un ambiente caloroso e familiare, assolutamente opprimente. A differenza dei compagni della mia casa, parecchi Grifondoro sembravano aver scelto di passare le loro vacanze natalizie ad Hogwarts e, ora, ognuno di essi sembrava impegnato a fissarmi con aria diffidente.

“Dove sono i dormitori maschili del sesto anno?” chiesi a Reg, che continuava a fissare la lettera tra le mie mani con aria truce. Lui non mi rispose, ma si limitò a camminare verso una scalinata alla nostra sinistra. Lo seguii, felice di allontanarmi da quella stanza. Quando finalmente raggiungemmo il dormitorio, superai Reg e aprii impaziente la porta, ritrovandomi in una stanza circolare con otto letti, tre dei quali erano occupati da delle figure familiari.

Figurati se non stavano dormendo pensai seccata, avvicinandomi al letto di Sirius. Mi chinai al suo fianco, osservando divertita i suoi capelli arruffati e sparsi per tutto il cuscino, e lo scossi piano per la spalla, cercando di non svegliare gli altri. Per sapere cosa era successo, Sirius era più che sufficiente: Peter difficilmente diceva più di due frasi in croce; James al contrario ne diceva fin troppe, ma raramente contenevano qualcosa di utile.

Sirius emise un grugnito, muovendo il braccio come a scacciare una mosca. Lo scossi con più forza, chiamando il suo nome, infine, scocciata, gli diedi un leggero schiaffo sulla guancia. A quel punto i suoi occhi si aprirono di scatto, fissandosi sui miei e, prima che me ne rendessi conto, si era allontanato da me urlando e cadendo dall'altra parte del letto, trascinando tutte le coperte con sé.

Spaventata dall'improvviso movimento, anche io arretrai di colpo, lanciando un grido e cadendo addosso a James, che si trovava nel letto alle mie spalle. Quello si alzò velocemente a sedere, guardandosi attorno con fare spaventato. Non appena mi vide i suoi occhi si spalancarono in sorpresa “Per tutti i berretti rossi, cosa cavolo stai facendo?!”

Mi sollevai di scatto “Sono venuta qui per parlare” annunciai subito, come se questo bastasse e spiegare tutto. Tornai a guardare Sirius, che ora stava cercando di sbrogliare le gambe dalle coperte, che sembravano averlo intrappolato nella loro presa. Peter intanto continuava a dormire indisturbato, come se avesse ingerito anche lui qualche litro di pozione sognante.

Un colpo di tosse risuonò per la stanza e tutti ci voltammo verso la fonte del suono. Reg era lì fermo che ci guardava incerto “Voi... voi la conoscete?” chiese timorosamente a Sirius e James. Con loro fai il timido eh?

“Purtroppo” commentò James, beccandosi la solita occhiataccia in risposta. Reg comunque sembrò non ascoltarlo nemmeno, troppo impegnato a fissare la sua preziosa lettera che ora giaceva sul letto di James, a pochi centimetri dalla sua mano. Fui quasi tentata di consegnarla a James, tuttavia decisi che quel ragazzino sarebbe potuto tornarmi nuovamente utile, perciò la afferrai veloce e gliela riconsegnai insieme alla sua bacchetta “Ecco, come promesso. Ora te ne puoi andare” decretai, facendo cenno verso l'uscita. Reg non se lo fece ripetere due volte; dopo aver scoccato un'altra veloce occhiata a James, subito uscì dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle.

“Come l'hai convinto a farti entrare?” domandò sorpreso Sirius, che finalmente era riuscito a rimettersi in piedi “E' un osso duro quello”

“Ognuno ha i suoi metodi” tagliai corto, sorridendo di sottecchi “Bene, cosa avete trovato?”

James e Sirius si scambiarono uno sguardo. "Eh?"

Alzai gli occhi al cielo “Nel bosco, quando siete rimasti indietro. Avete scoperto qualcosa?”

James mi guardò sconcertato “E tu ci hai svegliati per questo? Non potevi aspettare questo pomeriggio per saperlo?!”

“E' pomeriggio” ribadii impaziente, continuando a guardarli con aspettativa. Sirius sospirò rumorosamente, sedendosi di nuovo sul letto “E va bene. Abbiamo controllato le ferite, sono indubbiamente i segni di un lupo mannaro. Non c'è modo comunque di capire se è stato effettivamente... lui a infliggerli. Abbiamo comunque cercato di nascondere il corpo il meglio possibile. Quando salterà fuori, si scatenerà una vera e propria caccia al licantropo” mi spiegò con tono grave.

“C'è comunque qualcosa che non quadra in tutta questa storia” decretò James, passandosi una mano tra i capelli già scarmigliati “Ad esempio i graffi sul suo volto. Perché avrebbe dovuto ferirsi da solo?”

“Non è possibile che si sia reso conto di quanto stava facendo e si sia ferito per questo?” domandai incerta. James scosse la testa “Molto improbabile. Per quanto ne sappiamo, da lupo perde completamente la coscienza”

“Cosa farete alla prossima luna piena?” chiesi allora, constatando con amarezza che purtroppo avevano scoperto ben poco.

Sirius espirò rumorosamente “Niente”

“Cosa vorrebbe dire niente?”

“Esattamente quello che sembra” dichiarò James “Non possiamo rinchiuderlo, anche se probabilmente insisterà perché venga fatto. Quando è rinchiuso, diventa violento. E poiché non ha nessuno contro cui esserlo, lo diventa contro se stesso”

“Perciò preferite che rischi di ammazzare qualcun altro, purché non si faccia del male?” domandai sconcertata. James mi guardò alterato “Lui non ha ammazzato proprio nessuno. Non c'è nessuna prova...”

“Ehi, calma, non sto dicendo che non sono d'accordo. Lo sono. Ciò che mi sorprende e che voi siete di questa idea”

“Come stavo dicendo, noi a differenza tua siamo disposti a credere che non sia stato lui. Tu invece sembri aver già deciso che è così”

“Io non...” non riuscii a finire la frase, perché la porta del dormitorio si spalancò con un tonfo. Un ragazzo si precipitò dentro il dormitorio con il fiato corto e subito si diresse verso il suo baule, gettandovi dei vestiti all'interno.

“Che succede?” gli chiese preoccupato Sirius, avvicinandosi. Il ragazzo alzò lo sguardo, guardandolo confuso “Non hai sentito? Hanno trovato un cadavere a poca distanza da qui. Mia madre mi ha imposto di tornare immediatamente a casa”

Io e James ci lanciammo un'occhiata, entrambi con lo stesso pensiero in testa.

“A sì?” domandò Sirius con aria casuale, nascondendo a malapena la preoccupazione nella sua voce, che tuttavia fu mal interpretata dal ragazzo “Fai bene ad essere spaventato, perché non è la cosa peggiore. Sembra che sia stato un lupo mannaro! Ti rendi conto, un lupo mannaro a Hogsmeade!”

James corrugò la fronte “A Hogsmeade?”

“Sì, appena fuori da Mielandia. Una ragazza poco più grande di noi, una vera tragedia”

Un brivido mi percorse la schiena, accompagnato anche da una sensazione di sollievo. Un altro cadavere. Dopotutto, forse Remus era davvero innocente.

Questo però voleva dire che vi era un altro licantropo in circolazione, uno che non sembrava preoccuparsi di mietere vittime. Lo stesso licantropo che probabilmente aveva ferito Remus, quasi uccidendolo.

Quando incrociai nuovamente il mio sguardo con quello di James, tutto ciò che vi lessi fu terrore.

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Capitolo 14
*** It's dark outside ***


Quindici studenti lasciarono Hogwarts quel pomeriggio.

Non definitivamente, sia chiaro; solo per il periodo delle vacanze natalizie. I genitori non volevano che i loro figli stessero così vicini ad un lupo mannaro. Lupo che, il ministero stesso aveva garantito, sarebbe stato catturato e consegnato alla giustizia entro la settimana; questo almeno era quanto avevo letto sulla Gazzetta Del Profeta che James si era fatto lasciare dal ragazzo che era entrato poco prima.

Non che qualcuno ci credesse davvero.

Per quanto ne sapevamo, quel licantropo a quest'ora poteva essere dall'altra parte del pianeta, a bere piña colada ( o Burrobirra, sempre che venisse venduta anche fuori dal Regno Unito ) da qualche parte; cosa che, in tutta sincerità, era la mia più grande speranza.

Lanciai un'occhiata a Sirius, che parlava concitato con James accanto a me. Era da oltre un'ora che non facevano altro, rifiutandosi di condividere i loro pensieri con me ( o anche solo degnarmi di uno sguardo, se per questo ) per mia immensa irritazione. Non appena l'altro ragazzo aveva finito di preparare i bagagli, chiaramente confuso dal silenzio che sembrava essere sceso nella stanza dopo il suo annuncio, si era affrettato ad uscire, salutando incerto James e Sirius – Peter continuava a dormire beato – e facendo una specie di gesto nella mia direzione, che non mi ero preoccupata di ricambiare.

Non aveva nemmeno fatto in tempo a chiudere la porta, che Sirius si era letteralmente lanciato verso James, iniziando a parlare a bassa voce di qualcosa che riguardava un certo ordine di qualcosa e, da quel poco che avevo capito, di Tu-Sai-Chi.

Ora, avevo da poco appreso che i licantropi erano dalla parte di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato, questo comunque non mi spiegava perché credevano che questi attacchi fossero in qualche modo collegati a quest'ultimo. Non vi era modo di sapere se le vittime fossero dei nati-babbani e, anche se lo fossero state, questo non voleva dire che fosse il Signore Oscuro in persona il mandante di tali omicidi. Era, anzi, parecchio improbabile, considerando che non mi sembrava molto conveniente affidare un compito del genere a qualcuno che, trasformato, non distingueva gli amici dai nemici. Inoltre, cosa aveva intenzione di fare, eliminare i mezzosangue uno per uno? Ma, ehi, lungi da me criticare i piani del Signore Oscuro.

Ero stata spesso tentata di alzarmi e andarmene, ma, in tutta onestà non avrei proprio saputo dove; per di più ero incredibilmente impaziente di farmi dare delle spiegazioni e temevo che, se fossi uscita, poi li avrei dovuti inseguire per tutto il castello prima di vederne anche solo l'ombra.

James si alzò di scatto, afferrando velocemente una piuma e una pergamena dal comodino “Userò il solito codice, le informazioni ci servono subito” disse frettoloso a Sirius, che assentì “Io penserò ad avvisare Remus, ci vediamo in Sala Grande per le sei”

James annuì veloce, poi aprì la porta e uscì sulle scale, così in fretta che quasi sperai cadesse e si fratturasse qualche osso. Sirius stava per seguirlo, ma io fui veloce a fermarlo, bloccandogli il passaggio “Non così in fretta”

Lui mi fissò per qualche istante perplesso “Da quanto sei qui?”

Sbuffai infastidita, guardandolo incredula “Non me ne sono mai andata! Per Merlino, ogni tanto mi chiedo se ho il potere dell'invisibilità” Sirius fece per ribattere, ma io lo fermai con un'occhiataccia “Allora, cosa sta succedendo?”

“Una fastidiosa ragazza mi sta impedendo di andare ad informare un mio amico che non è un assassino” rispose lui, sollevando con irritazione le sopracciglia.

“Non fare il melodrammatico, non ti sto impedendo di fare proprio niente. Quella da incolpare è madama Chips”

“Eh?”

“Ha dato a Remus una pozione sonnifera, o qualcosa del genere. Non si sveglierà prima di sera”

Sirius mi guardò con sospetto “E tu come lo sai?”

Sentii le guance scaldarsi dall'imbarazzo, ma mi rifiutai di abbassare lo sguardo “Sono passata a controllare come stava questa mattina” risposi con il tono più casuale che riuscissi a fare.

“A sì?” domandò sarcastico, guardandomi con espressione divertita. Espirai esasperata, alzando gli occhi al cielo “Levati quell'espressione saccente dalla faccia, prima che lo faccia io”

“Siamo passati alle minacce ora?”

Mi passai le mani sul viso, trattenendomi a stento del ringhiargli addosso. Che poi, come eravamo finiti a parlare di questo? “Possiamo per favore tornare all'argomento principale? Tu e James avete concluso qualcosa in quest'ora di borbottii, o vi siete limitati a soffiarvi aria addosso?”

“In tutta sincerità, non siamo arrivati a molto” confessò Sirius, passandosi una mano tra i capelli “Abbiamo più che altro tirato fuori delle teorie, ma sono una più improbabile dell'altra”

“Fammi un esempio” chiesi interessata, seguendolo mentre si sedeva sul letto e accomodandomi al suo fianco.

“Ad esempio, che quel licantropo sia un fuggiasco. La cosa sarebbe anche possibile, se non fosse che solo uno stupido si avvicinerebbe così tanto ad un villaggio se non volesse essere notato, sopratutto quando questo villaggio è Hogsmeade”

“Intendi un licantropo che fugge da Tu-Sai-Chi? O dal ministero?”

“Da entrambi. I lupi mannari sono ricercati da tutti al momento. Voldemort li vuole con sé, mentre il ministro della magia ha aperto una vera e proprio caccia, dando per scontato che siano tutti dalla parte del Signore Oscuro, e proclamandoli tutti nemici dei maghi”

Mi rattristai a quelle parole, rendendomi per la prima volta conto di quanto questa guerra fosse pericolosa per Remus. Se non altro, i nati-babbani li voleva morti sono una delle fazioni.

“Non mi sembra una mossa molto intelligente. Di certo così non li spingerà ad amarli di più, i maghi”

Sirius annuì “Infatti non lo è. Molti licantropi, in particolare quelli registrati come tali, sono stati spinti ad unirsi a Voldemort proprio da questo. Tuttavia ce se sono sicuramente ancora alcuni che sono rimasti neutrali, affidandosi all'anonimato. Remus ne è un esempio”

“E questo potrebbe essere uno di loro?”

“Come ti ho detto, sono solo supposizioni, e neppure troppo credibili. Potrebbe esserci la mano di Voldemort dietro questi attacchi, potrebbero essere un messaggio per Silente o qualcosa del genere. Tutti sanno che è l'unico mago di cui Voldemort ha paura”

Lo fissai incredula “Tu-Sai-Chi ha paura di Silente? Vorrai scherzare?!”

“Per niente. Silente è probabilmente il mago di più potente degli ultimi tre secoli. Se c'è qualcuno che può proteggerci da Voldemort, questo è lui” affermò Sirius, serissimo. Lo osservai ancora per qualche secondo, sperando che scherzasse, ma alla fine mi posai una mano sulla fronte, rassegnata “Siamo spacciati”

Sirius sollevò gli occhi al cielo, poi continuò “James è andato a scrivere una lettera a Frank Paciock. Lui è nell'Ordine della Fenice, perciò speriamo abbia qualche informazione su questa storia”

“Questo Ordine della Pernice...”

“Fenice”

“E' lo stesso. Sempre di uccelli si parla”

“Ora mi fai pensare male”

Lo ignorai, cercando di riordinare le idee “Questo Ordine della Fenice è stato creato da Silente, giusto?”
“Beh, teoricamente è stata una idea di Frank, ma sì, l'Ordine è stato fondato da Silente”

“E lui lascia che degli studenti ne facciano parte?”

“Non proprio. Solo quelli del settimo anno, in quanto maggiorenni, ne fanno parte ufficialmente. Insomma, non penso ne sia contentissimo, ma non può certo impedirglielo. Nell'Ordine ci sono poi naturalmente persone che hanno già terminato la scuola da qualche anno, e sono loro che fanno la maggior parte del lavoro. Si infiltrano tra le fila dei Mangiamorte, controllano alcune persone importanti, cose così. Inoltre, alcuni studenti degli altri anni se ne interessano in un modo più indiretto”
“Lo fanno alle spalle di Silente insomma”
“Detto così sembra peggio di quello che è. Semplicemente cercano di tenersi informati e se riescono, provano ad aiutare in qualche modo”

“Ovviamente tu, James, Remus e Peter non siete tra questi”
“Ovviamente lo siamo”

“Ovviamente” sospirai, scuotendo piano la testa “E quelli di quest'ordine... loro... loro sanno di Remus?” domandai incerta. Sirius scosse subito la testa “No, certo che no. Perché dovrebbero? Solo Silente, ovviamente, ne è al corrente. Le uniche altre persone che conoscono il suo segreto siamo io, Peter e James”

“E io” aggiunsi a bassa voce. Sirius mi fissò per qualche secondo “E tu, già”

“Cosa mi dici di Severus Piton?” chiesi allora, il pensiero che mi sfiorò improvvisamente.

“Mocciosus? Che c'entra lui?”

“Ti ricordo che qualche mese fa, grazie a qualcuno, per poco non faceva una visita a Remus alla luce della luna piena” gli rammentai. Sirius abbassò subito lo sguardo, il volto cupo “Continuo a non vedere il nesso, considerato che James l'ha fermato in tempo”

“Però fino a lì c'è arrivato, giusto? Questo vorrà dire che sospetta qualcosa, se non ha addirittura intuito la verità”

Sirius sbuffò contrariato “Quel Thestral condito d'olio non sarebbe capace di riconoscere un licantropo nemmeno se gli stesse sgranocchiando quel suo naso ossuto. Lui non è un problema, fidati”

Non risposi, per niente convinta. Era piuttosto chiaro che il giudizio di Sirius fosse molto imparziale, visti i loro trascorsi e passatempi. Severus Piton era tante cose, ma di certo non era stupido e, da quanto avevo capito nei discorsi che avevo sentito nella mia sala comune negli ultimi mesi, anche il Signore Oscuro se ne era reso conto. Se avesse mai deciso di rivelare a Tu-Sai-Chi i suoi eventuali sospetti su Remus, sempre che non l'avesse già fatto ( sentii un brivido percorrermi la schiena a quel pensiero ), le cose si sarebbero potute mettere davvero male.

Sirius sbadigliò assonnato, poi si appoggiò allo schienale del letto, mettendo le braccia dietro la testa “Allora, tu e Remus eh?”

Sgranai automaticamente gli occhi, presa alla sprovvista “Non mi sembra il momento adatto per fare questo discorso”

“Perché? Nessuno dei due ha niente di meglio da fare, mi pare”

“Allora modifico la frase: noi non faremo mai questo discorso” Forse se mi concentro riesco a diventare invisibile per davvero.

“Lo stiamo già facendo”

Cosa?! Tu lo stai già facendo”

“E tu mi stai rispondendo. Questo fa di te parte integrante della discussione”

Se non avesse smesso di sorridere in quel modo, avrebbe fatto una brutta fine “Beh, non c'è niente da dire”

“Davvero? James mi ha raccontato le cose in maniera diversa” fece irrisorio, guardandomi con aria compiaciuta.

Quel cerbiatto era morto “Ah, se te lo ha detto James allora...”

Sirius sogghignò “Sei una pessima bugiarda”

“Detto da un esperto come te, fa male” feci sarcastica, portandomi le mani al cuore. Lui in risposta finse un'espressione scandalizzata, poi mi si avvicinò un poco con fare cospiratorio “Do anche lezioni, nel caso volessi usufruirne. Pagamento anticipato di due galeoni a lezione”

“Vedo che oltre che bugiardo sei anche ladro” asserii, incapace di trattenere una risata. Sirius non rispose, limitandosi a sfoggiare un promettente sorriso a trentadue denti.

“Elisabeth, che ci fai qui?” domandò una voce assonnata alla mia destra. Peter si sollevò a sedere con un grande sbadiglio, stiracchiandosi. Si guardò attorno con aria spaesata, poi spostò lo sguardo da me a Sirius, sempre più confuso “Mi sono perso qualcosa?”

Sirius si sollevò, avvicinandoglisi, poi afferrò il giornale dal comodino e glielo lanciò in grembo “Ah, Codaliscia, non ne hai idea!”

 

Sbadigliai sonoramente, mentre camminavo assonnata per i corridoi. Quella notte non ero riuscita a dormire molto, nonostante una buona notte di riposo fosse decisamente uno dei miei bisogni principali al momento. Avevo continuato a pensare a ciò che mi aveva detto Sirius e a Remus, indecisa se sentirmi sollevata o inquieta. Il pomeriggio prima, alla fine, avevo deciso di tornarmene al mio dormitorio – non avevo voglia di sorbirmi le scoccianti lamentele che James avrebbe sicuramente fatto se avessi seguito Sirius e Peter all'appuntamento in Sala Grande – dopo che Sirius mi aveva comunque assicurato che mi avrebbe riferito tutto la mattina seguente. Ero passata dall'infermeria, solo per trovare Remus ancora addormentato, perciò ero tornata nella mia sala comune, doppiamente inquietante ora che era completamente addobbata per Natale. Sotto l'albero c'era niente, ma io vi ero abituata: i miei genitori non erano a loro agio con la posta magica, perciò i regali dell'intero anno mi venivano consegnati al mio ritorno a casa. Decine di regali tutti insieme, di certo non avevo niente di cui lamentarmi.

Avevo deciso di iniziare la montagna di compiti che ci era stata assegnata per le vacanze, ma alla fine avevo passato tre ore ad osservare il soffitto. Molto più interessante.

I brontolii sempre più insistenti del mio stomaco mi avevano poi obbligata ad andare a cena, sinceramente anche spinta dalla speranza di trovare lì i Malandrini, ma purtroppo nessuno dei tre si era fatto vedere. Mi ero tirata su di morale mangiando chili di dolci natalizi, decisamente deliziosi.

Ne avevo mangiati così tanti, in effetti, che potevano essere anche quelli la causa del mio sonno agitato.

Sbadigliai nuovamente, strofinandomi gli occhi. Sarei rimasta volentieri a dormire ancora, ma ero davvero troppo curiosa di conoscere la risposta che Frank Paciock aveva dato a James per riuscirci. Velocizzai perciò il passo, salendo le scale due a due e riemergendo davanti al portone d'entrata. Raggiunsi in fretta la Sala Grande, ispezionando il tavolo alla ricerca di Sirius. Come ad ogni vacanza di Natale, tutte e quattro le case erano state radunate in un unico tavolo; quest'anno, comunque, gli occupanti erano una ventina scarsa e la maggioranza sembravano essere Grifondoro, a giudicare dal chiasso che facevano. Quando finalmente trovai Sirius, non riuscii a trattenere un enorme sorriso: Remus sedeva al suo fianco, mangiucchiando un pancake. Lui sollevò lo sguardo, incrociando il mio, e sorrise a sua volta, un espressione così felice che non ci fu modo di dubitare che ancora non sapesse la verità. Provai l'insano impulso di correre ed abbracciarlo, ma mi trattenni, obbligandomi invece a camminare lentamente verso di lui, ignorando completamente gli altri tre ragazzi. Remus comunque non sembrò della stessa idea, poiché, quando fui a pochi passi da loro, si sollevò in piedi e mi raggiunse, allargando le braccia e stringendomi in un abbraccio così forte che sentii i miei piedi staccarsi da terra. Ridacchiai e strinsi le mie braccia attorno al suo collo, un'ondata di calore che mi si diffondeva per tutto il corpo.

“A noi non ci ha mica abbracciati così” sentii Sirius brontolare divertito, mentre qualcuno che immaginai fosse James sbuffava sonoramente. Remus mi lasciò andare, poggiandomi lentamente a terra “Ti va di fare una passeggiata?”

Lanciai un'occhiata ai tre ragazzi seduti dietro di noi, che stavano adocchiandoci con aria sospetta, e annuii vivacemente, lasciandomi condurre fuori in giardino. Tutto era bianco, esattamente come due giorni prima ( erano passati davvero solo due giorni? ) e nuovi fiocchi di neve stavano cominciando a scendere leggeri, intrufolandosi nel colletto della mia giacca e facendomi rabbrividire.

Remus camminava taciturno al mio fianco, lo sguardo basso. Riconobbi il suo atteggiamento, lo stesso che aveva ogni volta che intendeva parlarmi di qualcosa, ma non riusciva a trovare le parole; aspettai perciò in silenzio, calciando di tanto in tanto dei cumuli di neve. Lo osservai di sottecchi, godendomi la serenità che mostrava il suo volto: nonostante fosse chiara la stanchezza dovuta alla recente luna piena e la leggera agitazione, probabilmente dovuta a ciò che doveva dirmi, il suo viso era completamente rilassato.

“Ci è arrivata una lettera da Frank Paciock questa mattina. Nessuno sembra sapere niente di questo nuovo licantropo” esordì improvvisamente, lasciandomi parecchio confusa. Non era questo l'argomento di cui mi aspettavo volesse parlare, non si ci avvicinava nemmeno “Probabilmente perciò non ha niente a che vedere con Tu-Sai-Chi. Sirius mi ha detto di averti già spiegato che avrebbe potuto trattarsi di un fuggitivo...” mi guardò con attesa.

“Sì. Sì me ne ha parlato” risposi, chiedendomi cos'altro gli avesse riferito Sirius. Aveva forse accennato alla sua domanda su me e Remus? Che poi, anche se lo avesse fatto, quale sarebbe stato il problema? Non avevo risposto nulla di compromettente, anzi, non avevo risposto nulla e basta. E anche se avessi risposto, non ci sarebbe stato nulla di male. Insomma, Remus e io eravamo qualcosa, giusto? Qualcosa, sì, ma cosa?

Concentrati Elisabeth, state parlando di tutt'altro.

“Mi ha anche detto però che era una teoria molto improbabile, per via della vicinanza con Hogwarts” aggiunsi, cercando di mantenere un tono piatto. Remus annuì “E' vero, però è anche possibile che non avesse idea di dove stesse andando, o di dove fosse in generale”

Non ero completamente convinta “Come possiamo essere sicuri che non ci sia Tu-Sai-Chi dietro?”

“Non possiamo, però è molto poco probabile. Sono veramente pochi i lupi mannari strettamente coinvolti con lui. Probabilmente, in effetti, è solo uno” la sua voce si incupì visibilmente. Stavo per chiedergli a chi si riferisse, quando lui si fermò, voltandosi verso di me “Quello che ti ho detto l'altra sera... “ cominciò incerto, tenendo lo sguardo basso “Anche se abbiamo chiarito che sono... innocente, tu meriti davvero di meglio” Ecco, questo era quello che mi aspettavo.

Sollevai gli occhi al cielo, spazientita: questo ragionamento era totalmente insensato. Che poi, insomma, la colpa era sua. Era lui che aveva cominciato, con tutto quello charme e gli occhi da cucciolo. Inoltre, era stato lui a baciarmi per primo, no? E ora cosa voleva fare, tirarsi indietro? Cos'è, si era improvvisamente ricordato di essere un licantropo?

“Ti ho già detto cosa ne penso, Remus”


Lui non rispose, continuando a fissare le punte delle sue scarpe, come se non vi fosse altro al mondo di più interessante “Remus Lupin, sei un tale idiota” sbottai, attirando finalmente il suo sguardo su di me “Meglio è una parola assolutamente sopravvalutata. Ci sarà sempre qualcosa di migliore, sempre qualcosa di più adatto. Questo non vuol dire che sia quello che voglio, né ciò che mi rende felice. Tu mi rendi felice, lo fai in un modo così nuovo che ho fatto davvero fatica ad imparare a gestirlo, perciò ora non rinuncerò a tutto perché tu pensi che merito di meglio, fattene una ragione”

Remus abbassò il volto, arrossendo lievemente, ma io feci in tempo a vedere la nascita di un sorriso sulle sue labbra. Aspettai in silenzio una sua risposta, ma con il passare dei secondi cominciò a diventare piuttosto chiaro che non riusciva a trovarne una; continuò a guardare in basso, strusciando di tanto in tanto i piedi.

Davvero? Nemmeno un “va bene”?

Iniziai a sentirmi leggermente irritata dal suo silenzio perciò, prima che potessi anche solo pensarci bene, avevo raccolto un enorme mucchietto di neve e lo avevo appallottolato, per poi tirarglielo dritto in testa.

Quando la neve lo colpì, Remus alzò di scatto la testa, sorpreso. Mi osservò per qualche istante, poi si abbassò di colpo e afferrò una manciata di neve, lanciandola verso di me. La schivai e scoppiai a ridere, ma poi sentii i miei piedi perdere la presa e scivolai malamente sulla neve, sprofondandoci dentro.

Remus si avvicinò, l'aria tra il preoccupato e il divertito. Quando mi fu davanti, però, si aprì in una sonora risata, i capelli ancora ricoperti di neve e il naso arrossato.

“Ti sembra il modo di trattare una signora?” gli domandai indispettita, incrociando le braccia la petto. Lui si posò un pugno davanti alla bocca, cercando di smettere di ridere, poi mi porse la mano “Ha ragione, madame, l'aiuto io” affermò in un pessimo accento francese. Tesi la mano verso di lui, poi, quando sentii la sua salda presa stringermela, ritirai indietro il braccio con uno strattone.

Remus lottò per qualche secondo, poi perse completamente l'equilibrio e cadde accanto a me. Di faccia. Ben gli sta.

Afferrai altra neve e gliela gettai addosso, cercando di seppellircelo sotto, lui però riuscì a riemergere, scuotendosi forte. Puntò il suo sguardo su di me, e io capii immediatamente che era meglio filare. Cercai di sollevarmi da terra, ma non riuscivo a tenere una presa salda, poiché appena posavo il piede questo sprofondava, facendomi cadere di nuovo. Finalmente riuscii a sollevarmi, ma subito sentii qualcosa afferrarmi per il mantello e trascinarmi nuovamente giù. Caddi di sedere e immediatamente un'enorme manciata di neve mi fu rovesciata sopra la testa, inzuppandomi completamente. Non riuscii a trattenere uno strillo quando la sentii scendermi per la schiena nuda, fermandosi appena sopra l'elastico delle mutande e lasciandosi dietro una scia ghiacciata. Poiché Remus era ancora dietro di me, cominciai a lanciargli della neve alla cieca, ridacchiando divertita quando lo sentivo mugugnare.

“Arrenditi!” urlai, girandomi verso di lui. Remus mi lanciò altra neve, poi mi si lanciò addosso, obbligandomi a sdraiarmi sul manto ghiacciato e cadendo sopra di me.

“Ho vinto” asserì, le sue mani posate ai lati del mio viso, per sostenere il peso del suo corpo. Cercai di sfuggire alla sua presa, ma riuscii solo a seppellirmi di più. Remus ghignò divertito, poi avvicinò il suo viso al mio e mi diede un lieve bacio sulla punta del naso. Quando fece per ritirarsi, sollevando il busto, mi sporsi in avanti, depositandogli un lieve bacio sulle labbra. Remus fece subito per riavvicinarsi, ma io, approfittando del fatto che aveva allentato la presa, sgattaiolai via dalle sue braccia e lo spinsi con la schiena a terra, sedendomi su di lui “Sicuro?”

When the moon hits your eyes like a big pizza pie that's amoreeeehhh” sollevai la testa, sorpresa, osservando James e Sirius che ci venivano incontro, con il braccio stretto alle spalle dell'altro, mentre dondolavano cantando a squarcia gola “When the world seems to shine like you have had too much vine that's amoreeeeehhh”

Mi alzai di scatto, mantenendo a malapena l'equilibrio, e sentii Remus che faceva lo stesso alle mie spalle, borbottando qualcosa che somigliava vagamente a “Io quei due li ammazzo”

“Ehi, tranquilli, non fermatevi per colpa nostra. Le cose stavano cominciando a diventare interessanti” esordì Sirius, lanciando un'occhiata significativa a Remus. Io da parte mia riuscii solo a guardarli incredula, sbattendomi sonoramente una mano in fronte. Non avevo nemmeno più la forza di minacciarli mentalmente – e non – visto che oramai difficilmente avrei trovato una punizione abbastanza pesante da fargliele pagare tutte. Oltre che la morte ovviamente, ma quella non era contemplata. Non ancora.

Sentii qualcosa che mi sfrecciava accanto, perciò sollevai nuovamente lo sguardo, facendo appena in tempo per vedere due enormi palle di neve colpire in piena faccia sia James che Sirius, facendoli cadere a terra con le gambe all'aria. Mi voltai stupefatta verso Remus, che aveva la bacchetta puntata in avanti ed un enorme sorriso soddisfatto sul volto, poi scoppiai a ridere, accompagnata subito da quest'ultimo.

“Lo sai, la compagnia di Elisabeth sta avendo una brutta influenza su di te, Lunastorta. Prima non eri mica così violento” borbottò Sirius, cercando di risollevarsi e aiutare James a fare lo stesso.

Remus ridacchiò, poi andò verso di loro per aiutarli. Non impara mai, feci appena in tempo a pensare, prima che sia Sirius che James lo afferrassero per le braccia, trascinandolo a terra. Osservai tutti e tre scapicollarsi per rialzasi e allo stesso tempo tenere giù gli altri due, afferrandoli per le spalle e ricoprendoli di neve, e non potei trattenere un sorriso, rendendomi anche conto di quanto Remus ci fosse andato leggero con me. Dal modo in cui si lanciavano l'uno sull'altro, immaginai che ne sarebbero usciti tutti e tre con degli enormi lividi.

“James!” chiamò Peter, che arrivava correndo verso di noi, portando con sé un giornale che stava sventolando sopra la testa. Sentii immediatamente un senso di inquietudine addosso e mi affrettai a raggiungerlo, scavalcando gli altri tre ragazzi che erano ancora a terra.

“Che succede?” domandai subito, cercando di scuotere via un po' di neve dai capelli. Peter non mi rispose, fermandosi invece un attimo a riprendere fiato. Quando anche Sirius, Remus e James furono accanto a me, passò a quest'ultimo il giornale “Hanno trovato un altro cadavere, giù in River Street” spiegò Peter, mentre James leggeva l'articolo con aria sempre più cupa.

“Cosa? Un altro?!” domandò Sirius con aria preoccupata, avvicinandosi a suo volta al giornale e cercando di leggere insieme a James.

Come poteva esserci un altro cadavere? Era possibile che un lupo mannaro uccidesse tre persone in una sola notte? Inoltre, River Street era una via molto affollata, possibile che per più di due giorni nessuno avesse trovato il corpo?

“Sempre lo stesso licantropo?” domandai incerta a James una volta che questo staccò gli occhi dalla pagina “Non è stato un licantropo questa volta” affermò, adocchiando Remus, il quale sembrava confuso quanto me “L'uomo è stato ucciso ieri notte”

“Ieri? E' stato ucciso da un incantesimo?”

James scosse la testa, ma fu Sirius a rispondere “E' stato ucciso a morsi. Morsi umani”

Spalancai gli occhi, incredula. Tornai a guardare Remus, immaginandomi di leggere la stessa emozione sul suo volto, invece incontrai una fredda comprensione “Fenrir” sussurrò.

Lo osservai senza capire “Chi?” domandai, non completamente sicura di volerlo davvero sapere. Remus alzò lo sguardo verso di me, un'espressione piena di sconforto “Il lupo mannaro che mi ha morso, quello che mi ha trasformato in ciò che sono.”

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Capitolo 15
*** Warm ***


Ok, comincio questo capitolo chiedendo immensamente scusa. Lo so, ho impiegato millenni ad aggiornare, ma purtroppo domani ricomincia la scuola *sigh* e io, un paio di settimane fa, ho tragicamente realizzato di non aver nemmeno cominciato i compiti.
Questo, e il fatto che ho fortunatamente/sfortunatamente cominciato una nuova long ( che in realtà si è praticamente cominciata da sola), ha fatto sì che non trovassi davvero il tempo di aggiornare.
Sono imperdonabile, lo so ç_ç
Vi lascio a questo nuovo capitolo, che mi spiace ma è prevalentemente di transizione, spero vi piaccia comunque.
Spero davvero, scuola permettendo, di riuscire ad aggiornare molto più rapidamente il prossimo capitolo ^^
Buona lettura!





Bé... merda.

Questo fu sicuramente il primo pensiero che mi attraversò la mente, seguito da una marea di altre imprecazioni sempre meno signorili. Possibile che non ci fosse un momento di pace? Credevo di aver appena sistemato le cose con Remus, ed ecco che un suo vecchio nemico del passato tornava a fargli visita. No, non un nemico giudicai, leggendo l'angoscia che ora era chiaramente scritta sul suo volto, un incubo.

“Credevo che fosse in giro a radunare altri licantropi per Voi-Sapete-Chi” disse Peter, probabilmente cercando di allentare la tensione perfettamente palpabile nell'aria. Non ci fu bisogno che qualcuno gli desse una risposta perché si rendesse conto che, molto probabilmente, era proprio quello che stava facendo. Ma perché così vicino a Hogwarts?

Volevo saperne di più, ma temevo di fare le domande sbagliate. Non volevo incasinare ancora più le cose per Remus; non sapevo esattamente quali avrebbero potuto essere le risposte, né quanto avrebbero potuto essere piacevoli. Conoscendo la mia fortuna, immaginavo non molto.

Lui comunque, superato il primo momento di sorpresa, sembrò recuperare la calma “Se ha deciso di radunare nuovi seguaci da queste parti, vuol dire che qualcuno lo ha avvertito della mia presenza. Sa che c'è ancora un licantropo in questi boschi”

Un orribile sensazione mi colpì alla bocca dello stomaco. Guardai verso Sirius, e vidi la stessa ombra di comprensione nel suo sguardo. Lui fece per dire qualcosa, ma io lo bloccai con un'occhiata; non potevamo esserne certi e, se avessimo rivelato i nostri sospetti adesso, avremmo rischiato di sollevare un polverone per nulla. Anche nel caso in cui Severus Piton avesse davvero rivelato al Signore Oscuro della presenza di Remus, noi ormai non potevamo farci niente. James lo odiava troppo per essere obbiettivo, lo avrebbe attaccato prima ancora di essere certo della sua colpevolezza e, a quel punto, avrebbe rischiato di rivelargli più di quanto sapesse.

Peter si guardò attorno con aria preoccupata, come se il traditore potesse effettivamente essere alle nostre spalle “Chi può averlo fatto? Nessuno di noi ti tradirebbe mai, lo sai bene” disse, lanciando una brave occhiata nella mia direzione. EHI!

Remus scosse la testa, sorridendo tristemente “Tranquillo Codaliscia, non sospetterei mai di voi” lo rassicurò “E' da oltre tre anni ormai che andiamo in giro ad ogni luna piena, era logico che prima o poi qualcuno mi vedesse”

“Non potrebbe essere una coincidenza? Magari Fen... lui, ha semplicemente deciso di prendersi una vacanza e ha pensato che Hogsmeade fosse il luogo di villeggiatura perfetto” domandai, ricevendo una serie di occhiatacce incredule da parte di James e Sirius. Mi strinsi le spalle, sollevando leggermente le braccia e mostrando i palmi Che volete? Almeno io ci ho provato.

Remus comunque ridacchiò “Sì, forse è così. La nostra speranza, nel caso, è che non si ricordi di avermi incontrato nella foresta, l'altra notte”

Tornai a concentrarmi su di lui “Oh, ma questo è facile. Nessuna memoria della trasformazione, giusto?”

Ovviamente non era così facile.

“Greyback, lui... la sua condizione è... beh, è diversa” provò a spiegarmi Remus, passandosi una mano tra i capelli “Da qualche anno ha cominciato a sviluppare una predilezione per la carne, la carne umana, anche nella sua forma umana” Storsi il naso, ma mi sforzai di non commentare ad alta voce l'ultima informazione “Questo gli ha concesso, diciamo, delle agevolazioni. La sua natura umana si sta fondendo con la sua parte animale, capisci? E' come se ormai le due parti non fossero più completamente separate, ma fossero collegate tra loro in ogni momento”

“Vuoi dire che può trasformarsi in ogni momento?” Scherziamo?!

Remus scosse subito la testa “No, e se siamo fortunati questo non accadrà mai. Semplicemente, anche nella sua forma umana mantiene alcune delle caratteristiche da licantropo, oltre che i suoi istinti”

Cominciai a intuire quello che volesse dirmi “Perciò... anche da licantropo mantiene delle caratteristiche da umano? Come ad esempio... come la sua memoria?”

Vidi Sirius e James scambiarsi un'occhiata preoccupata, e non potei fare a meno di chiedermi se anche loro fossero all'oscuro di queste informazioni. Remus si era forse tenuto informato su Greyback di proposito, evitando di condividere questi particolari con gli altri Malandrini? Qualora fosse stato così, non ero sicura di poterlo biasimare. Se io fossi stata al suo posto, non avrei avuto pace sapendo che colui che aveva rovinato per sempre la mia vita era lì fuori da qualche parte, distruggendone altre.

“Purtroppo, questo è possibile”

L'avevo già detto merda?

“Lunastorta, andiamo, questo non può essere vero!” esclamò Sirius, guardandosi attorno in cerca di approvazione, e rimanendo chiaramente deluso nel non trovarne alcuna.
“Ti ricordo che a me una volta al mese crescono pelo e artigli, oltre che una fastidiosa coda. Credi davvero sia così strano che uno dei più pericolosi – e potenti – licantropi degli ultimi anni riesca a mantenere una coscienza anche durante la luna piena?”

Sirius sembrò sul punto di rispondere, poi però cambiò idea, concentrandosi invece su un altro particolare “E da quanto sai queste cose, per l'esattezza?”

Remus arrossì lievemente, ma non avrei saputo dire se fosse più per imbarazzo o irritazione “Le sto... raccogliendo da qualche mese ormai. Forse un anno”

Sirius lo osservò incredulo, corrucciando le sopracciglia “Un anno?! E quando pensavi di parlarcene?” sbottò adirato, ignorando la presa di James sul suo braccio.

Remus comunque non si lasciò impressionare, anche se era ben chiaro che si sentiva ferito dal comportamento dell'amico “Non c'era motivo di farlo. Non avrei dovuto cercare quelle informazioni a priori, è stata solo una morbosa curiosità che avrei dovuto sopprimere tempo fa”

Sirius rilasciò una risata di scherno “Ah, Lunastorta, lo sappiamo entrambi che non è così” affermò, lasciando però la frase in sospeso “Siamo i tuoi migliori amici! Se non ne parli con noi, con chi lo fai?”

Non mi piaceva per niente dove stava andando a parare questa storia, tanto meno mi piaceva il tono con cui si stavano rivolgendo l'uno all'altro.

Nei tre mesi in cui avevo frequentato i Malandrini, non li avevo mai visti discutere per qualcosa di serio, né avevo mai visto Sirius con una tale collera nello sguardo. Non capivo perché se la prendesse tanto, ma d'altronde non ritenevo nemmeno di poter comprendere il legame che legava i quattro ragazzi.

“Con nessuno, Sirius. Era una questione personale, e volevo che rimanesse tale.”

L'utilizzo del nome vero di Black da parte di Remus fu come la rottura di un incantesimo. Improvvisamente tutta la rabbia scomparve dallo sguardo di Sirius, lasciandosi dietro solo una muta amarezza “Bene, ho afferrato il concetto” disse, poi si voltò e si allontanò a passo veloce, senza voltarsi indietro.

“Oh, forza Sirius, non fare così!” gli urlò dietro James, sospirando rumorosamente quando l'amico finse di non averlo sentito “Vado a farlo ragionare” disse poi, affrettandosi a raggiungerlo.

Peter lo seguì subito, lasciando me e Remus da soli. Solitamente avrei dato qualunque cosa per avere finalmente qualche momento di solitudine con lui, ma dopo ciò che era successo qualche minuto fa non sapevo come comportarmi. Prima Greyback, poi, come se non bastasse, si ci era messo anche Sirius.

Si aspettava che dicessi qualcosa? Che gli dessi un mio parere sulla faccenda? Perché, nel caso, non penso sarei riuscita a formulare un discorso neanche minimamente vicino alla decenza.

Remus si sedette su una roccia lì vicino, sospirando. Era completamente fradicio, con il maglione appiccicato al petto e i capelli che gli gocciolavano sul volto.

Mi avvicinai e mi chinai davanti a lui, spostandogli le ciocche bagnate da davanti agli occhi. Erano la cosa che preferivo di Remus, di un marrone così denso e pieno che sembrava potessi affogarci dentro. Spostai lo sguardo sulla cicatrice che passava appena sotto il sopracciglio sinistro e, per l'ennesima volta, ringraziai che si fosse fermata lì.

“Che c'è?” domandò Remus, sollevando lo stesso sopracciglio che stavo osservando.

“Mi piacciono i tuoi occhi” confessai, spostando un un altro ciuffo dietro il suo orecchio. Remus ridacchiò “Se continui a fissarli così, finirai per consumarli”

Feci una smorfia, dandogli una pacca sulla spalla, poi cercai uno spazio sulla roccia su cui era seduto e mi accomodai accanto a lui, rabbrividendo quando si alzò una folata di vento. Sfortunatamente, lui non era l'unico senza un centimetro di pelle asciutta.

Remus sembrò accorgersene, perché tirò fuori la bacchetta e me la puntò addosso “Essicco” sussurrò. Sentii i miei vestiti asciugarsi all'istante, diventando caldi e morbidi come se fossero appena stati stirati. Devo farmelo insegnare questo decisi, stringendomi le braccia attorno al corpo mentre Remus ripeteva la stessa operazione con i suoi vestiti.

Non appena entrambi fummo asciutti, lo sentii posarmi un braccio attorno alle spalle, avvicinandomi a lui. Lo lasciai fare, appoggiando la testa sulla sua spalla e nascondendo il naso nell'incavo del suo collo, godendomi la piacevole sensazione di calore che come sempre mi si diffuse per il corpo. Non sapevo se fosse dovuta all'incantesimo o alla vicinanza con Remus, ma nemmeno mi interessava; sentii un forte senso di torpore e chiusi gli occhi, decisa a dimenticare – almeno per qualche minuto – tutto quello che stava accadendo attorno a noi: la guerra, Tu-Sai-Chi, Fenrir Greyback, le morti... e Merlino sapeva solo cos'altro.

“Pensi che... credi che avrei dovuto dirglielo?” domandò improvvisamente Remus in un sussurro così flebile che per un istante credetti di essermelo immaginata. Tenni gli occhi chiusi, intuendo subito a cosa si riferisse “Credo che sia tuo diritto avere dei segreti. Tutti hanno bisogno di un po' di privacy, di tanto in tanto” borbottai incerta. Non ero sicura di essere la persona giusta per dare questo tipo di consigli, considerato che non avevo mai sentito il bisogno di condividere niente con nessuno.

Remus rimase qualche secondo in silenzio, la sua mano che mi accarezzava piano i capelli “Spesso mi sono detto che avrei dovuto raccontarglielo. Forse avrei dovuto ascoltarmi”

Mi sollevai, voltandomi per guardarlo negli occhi “Se credevi fosse sbagliato, perché lo hai fatto?”

Lui abbassò lo sguardo, stringendosi nervosamente le mani “Mi vergognavo” confessò, scuotendo piano la testa con rammarico “Il fatto è che... malgrado tutto, non sono riuscito a lasciarmi Fenrir alle spalle. Sono passati quasi dodici anni da quando mi ha morso e pensavo... credevo di essere riuscito ad andare avanti. Non a dimenticare ovviamente; la luna si impegna a darmi un promemoria difficilmente eludibile, ma almeno ad accettarlo e, lo sai, farmene una ragione. Insomma, a malapena mi ricordo la mia vita prima che... prima” sospirò, continuando a fissare per terra “Però poi lo scorso anno Frank mi ha raccontato di questo ordine che stava creando con alcuni studenti e, tra una cosa e l'altra, è finito a parlarmi di Greyback. Ovviamente lui non poteva sapere del nostri trascorsi, ma quando mi ha descritto tutto quello che stava facendo... è stato come tornare indietro, alla notte in cui...” smise di parlare, la voce piena di angoscia. Lo osservai con apprensione, sentendo un'ondata di rabbia che mi attraversava le ossa. Era Grayback la causa, lo sapevo benissimo. Il solo pensiero di lui che attaccava Remus... due volte... due volte di troppo.

Mi assalii un tale desiderio di vendetta che per qualche secondo ne fui spaventata, ma presto lo accolsi come un nuovo amico. Desideravo vedere Grayback morto, lo desideravo come mai nient'altro in tutta la mia vita.

Ero talmente persa nei miei pensieri che quasi non mi accorsi che Remus aveva ripreso a parlare, il tono nuovamente fermo “Da allora ho continuato a tenermi informato, è diventata una specie di ossessione. Non so nemmeno io cosa speravo di ottenere... forse aspettavo di sentire del suo arresto, della sua...” si fermò di nuovo, passandosi una mano sul volto “Che poi, cosa mi porterebbe? Ormai sono quello che sono, non c'è modo di cambiarlo”

Avrei voluto consolarlo, dirgli che c'era ancora speranza o un'altra di quelle cose che leggevo sempre nei libri, quelle frasi che cambiavano la vita al personaggio, che gli permettevano di vedere tutto con una luce diversa, ma la verità era che Remus aveva ragione. Quello che gli aveva dato Grayback, la maledizione, non poteva essere restituito o curato. Avrebbe dovuto conviverci per sempre, con la consapevolezza che non sarebbe mai stato davvero bene. E se la cosa uccideva me, non volevo neanche immaginare cosa provasse lui al riguardo. Quello che temevo di più, in effetti, era di scoprire che ormai non gli rimaneva altro che muta rassegnazione.

“E ora è qui. Ironico come alla fine sia stato lui a venire da me” disse, tornando finalmente a guardarmi.

“Credi che sappia che sei... beh, tu?” domandai incerta. Remus scosse la testa “No, non penso. In tutta onestà, dubito che si ricordi perfino della mia esistenza. Purtroppo, non sono stato né il primo né l'ultimo ad essere morso da lui”

So che questo avrebbe dovuto disturbarmi, ma tutto ciò che riuscii a provare fu un forte senso di sollievo. Se non altro, Remus era ancora al sicuro.

Sempre che Severus Piton non abbia fatto il suo nome mi ricordò una vocina nella mia testa, facendo tornare tutta l'angoscia dov'era prima. Era davvero possibile che fosse lui la spia? D'altronde, non eravamo nemmeno sicuri di quanto effettivamente sapesse.

“A che pensi?” domandò Remus, distogliendomi dai miei pensieri. Feci un cenno con la mano “Niente” borbottai. Notai lo sguardo scettico di Remus e sospirai “Mi stavo solo chiedendo, lo sai, chi può aver rivelato il tuo segreto”

Remus mi osservò in silenzio, poi chinò leggermente la testa di lato “Tu hai un nome in testa”

Scossi la testa, pronta a negare, poi però cambiai idea. Non aveva senso tenerglielo nascosto, inoltre Sirius aveva ragione: non ero brava a mentire, non a Remus almeno.

“Severus Piton” dissi semplicemente, aspettandomi una reazione sorpresa. Reazione che ebbi io quando tutto quello che si limitò a fare Remus fu espirare rumorosamente, tornando a guardare davanti a sé “Sì, ci ho pensato anche io”

Dovette notare la mi espressione, perché si affretto a spiegare “Severus è intelligente, forse anche troppo. Non gli ci sarebbe voluto molto per capire la verità, considerando che sono anni ormai che tenta di capire cosa facciamo la notte. Gli sarebbe bastato rendersi conto che accadeva ad ogni luna piena...”

“Eppure tu non pensi sia stato lui” constatai. Remus scosse la testa “No, io credo di no. Se davvero l'avesse scoperto... non lo so, sarebbe stato più da lui rivelarlo all'intera scuola così da farmi cacciare...”

Non commentai, limitandomi invece a osservarlo guardare fisso davanti a sé. Non conoscevo abbastanza Piton da poter valutare la veridicità delle parole di Remus, ma sapevo che spesso lui tendeva a giustificare a priori chiunque. Chiunque tranne se stesso, ovviamente.

“Che ne dici se andiamo a prenderci una cioccolata calda?” gli domandai, decisa a tirarlo su di morale. Era assurdo che ultimamente non riuscissimo a passare qualche momento tra noi senza doverci preoccupare di qualcosa. Volevo semplicemente godermi la presenza di Remus in santa pace.

Lui mi guardò con fare incerto, lanciando una nuova occhiata agli altri tre ragazzi in lontananza, poi annuì, sollevandosi.

Lo guidai attraverso i corridoi, conducendolo nei sotterranei e infine davanti alla porta della sala comune Serpeverde. Remus mi fissò scettico, osservandomi pronunciare la parola d'ordine e lasciandosi condurre all'interno della stanza.

“E così, questa è la vostra sala comune. Elegante” decretò, lasciandomi il polso e guardandosi attorno curioso “I riflessi del lago sono davvero... affascinanti”

“Puoi anche dire che è inquietante, non mi offendo mica”

“Ok, sì, è inquietante da morire”

Ci osservammo in silenzio, poi scoppiammo a ridere contemporaneamente. Ancora ridacchiando mi avvicinai ad un campanello riposto su uno scaffale, scuotendolo con forza. Dopo aver scoperto che ad Hogwarts vi erano degli elfi domestici, avevo cominciato ad osservare con interesse il modo in cui le stanze venivano magicamente pulite di notte, finché non ero riuscita a beccare un paio di elfi domestici all'opera. Avevo pensato di proporre a uno di loro di passare al mio servizio o qualcosa del genere, ma entrambi si erano affrettati a mostrarmi un campanello d'argento posato sopra il camino, spiegandomi che erano anni che la mia casa lo utilizzava per richiamare un elfo domestico in caso di necessità.

Amavo la mia casa.

Sotto lo sguardo ancora incuriosito di Remus suonai il campanello, accogliendo con gioia l'elfo domestico che comparve subito davanti a me, prodigandosi in un profondo inchino “Al suo servizio”

“Portaci due tazze di cioccolata calda, e qualche biscotto magari” gli ordinai, osservandolo compiaciuta sparire all'istante.

“Che diamine...?” domandò il ragazzo al mio fianco, fissandomi incredulo. Ridacchiai, sollevando lievemente le spalle “Lunga storia” mi limitai a dire, andando a sedermi su una delle poltrone davanti al camino. Quanto amavo le vacanze di Natale.

Remus restò fermo dov'era con fare incerto ancora qualche minuto, poi scosse la testa con fare rassegnato e mi raggiunse, sedendosi nella poltrona accanto alla mia. Lo fissai scettica, sollevando gli occhi al cielo quando lo vidi ricambiare il mio sguardo senza capire; con un sospiro mi alzai, prendendo e sedendomi sulle sue gambe, accoccolandomi al suo petto.

Remus si affrettò a stringermi a sé, ridacchiando piano e posando il mento sul mio capo. Restammo così per pochi secondi, dopodiché l'elfo tornò con la nostra cioccolata, posandola sul tavolino davanti a noi e dileguandosi nuovamente, senza emettere un suono.

“Elisabeth?” mi chiamò Remus, la sua bocca a pochi centimetri dal mio orecchio. Non riuscì a trattenere un sorriso, alzando la testa così da incontrare i suoi occhi “Sì?” sussurrai.

“C'è qualcuno che ti fissa da dietro quella colonna” bisbigliò. Indietreggiai lievemente, completamente presa alla sprovvista, poi tesi il collo, guardando nella stessa direzione in cui mi aveva fatto cenno Remus. I miei occhi incontrarono quelli di un ragazzino paffutello, che dimostrava meno di undici anni, che mi osservava con un'espressione di puro terrore.

Non appena si rese conto che l'avevo visto, emise un verso che poteva benissimo passare per uno squittio e si dileguò nell'ombra.

“Che cosa gli hai fatto a quel poverino?” domando ridendo Remus, osservandomi con curiosità. Io da parte mia ero ancora immobile, che cercavo di capire che diamine fosse appena successo.

“Sinceramente, non l'ho mai visto in vita mia” dissi, cercando di ricordarmi se per caso gli avessi mai davvero fatto qualcosa, ma continuando a non avere idea di chi fosse.

Dopo un po' mi limitai a scuotere le spalle, tendendo un braccio verso il vassoio con sopra le tazze e i biscotti e afferrando le nostre cioccolate, porgendone una a Remus e tornando ad accoccolarmi al suo petto.

Fosse stato per me, probabilmente non mi sarei mai più mossa dalla mia posizione. Così stretta a Remus, nel più completo silenzio – fatta eccezione per il crepitio del fuoco – potevo davvero dimenticare tutto quello che stava accadendo attorno a me, e concentrarmi solamente su di me. Su di lui. Su di noi.

Eravamo un noi?

Sinceramente, non ne avevo idea. Non sapevo cosa eravamo, né se fossimo davvero qualcosa, ma sapevo che qualunque cosa fosse, non l'avrei cambiata per niente al mondo.

Ormai, la sola presenza di Remus al mio fianco era capace di farmi sentire come avvolta da un manto di felicità, come se tutte le emozioni negative venissero lentamente messe a dormire, lasciando spazio solo a pensieri felici.

Perfino con tutto quello che stava accadendo, ora ero felice. Felice come non lo ero mai stata in tutta la mia vita. Ero felice di essere con lui, ero felice che lui fosse con me.

Perché avesse scelto me, questo sarebbe probabilmente per sempre rimasto un mistero. Però io sapevo esattamente perché avevo scelto lui. Il mondo sarebbe potuto finire in questo istante e io, stretta tra le sue braccia, non me ne sarei accorta.

Lentamente, dopo aver finito di sorseggiare la mia cioccolata, chiusi gli occhi, addormentandomi stretta al sicuro tra le braccia di Remus.

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Capitolo 16
*** What should I do? ***


Poco più di una settimana dopo, le lezioni, per mio immenso dispiacere, ripresero a pieno ritmo, riportando con loro tutti gli studenti precedentemente tornati a casa per le vacanze.

Greyback sembrava essere sparito dalla circolazione e, per quanto la cosa avrebbe dovuto farmi piacere, riusciva solo a rendermi più agitata. Una parte di me voleva davvero credere che avesse semplicemente deciso dedicarsi ad altro, o che, ancora meglio, fosse davvero così vicino a Remus solo per una sventurata coincidenza, ma qualcosa in me sembrava diffidare da questo ottimismo.
Remus d'altra parte si era ben premurato di non tirare in ballo la faccenda. Da quando aveva avuto quel diverbio con Sirius, in realtà, sembrava aver fatto di tutto per non tirare in ballo nessuna faccenda.

Nonostante mi avesse assicurato che tra lui e Sirius le cose fossero a posto, non sembrava neanche provare a farmelo credere davvero. Dal pomeriggio del litigio, il tempo che io e Remus passavamo insieme sembrava essersi triplicato, se non di più. Non che non mi facesse piacere ovviamente, anzi, spesso mi ero ritrovata a desiderare che le cose restassero così per tutto l'anno, tuttavia nonostante cercasse di non darlo a vedere, era chiaro quanto soffrisse della distanza dai suoi amici. James sembrava infatti aver cercato di mediare tra Remus e Sirius, ma quest'ultimo rimaneva comunque il suo migliore amico. Questo, più il fatto che stando con Remus doveva sopportare anche la mia presenza, facevano sì che il ragazzo passasse la stragrande maggioranza del suo tempo con Sirius, seguito ovviamente a ruota da Peter, che sembrava essere quello che soffriva di più la situazione che si era andata a creare.

Non riuscivo ad immaginare come le cose funzionassero nel loro dormitorio, dove i quattro ragazzi non potevano fare a meno di stare tutti a stretto contatto, ma immaginavo che quello fosse uno dei motivi per cui, nei giorni precedenti alla ripresa delle lezioni, Remus tendeva a restare nel mio dormitorio fino anche alle prime luci dell'alba, approfittando del fatto che fosse completamente deserto. Un paio di volte si era perfino addormentato accanto a me, permettendomi di osservare indisturbata l'espressione completamente rilassata sul suo volto. Cadendo in dormiveglia, mi ero quasi immaginata di sentirlo pronunciare il mio nome nel sonno, ma ero piuttosto sicura che fosse stato solo frutto dell'immaginazione. Questo non mi aveva comunque impedito di crogiolarmi tra le sue braccia, accogliendo il calore che emanava il suo corpo così vicino al mio, nonostante lui avesse sempre insistito per stare sopra le coperte lasciandole così a me.

Mi ero resa conto che, in qualsiasi altra situazione, probabilmente avrei insistito molto di più per non lasciarlo al completo gelo invernale che regnava sovrano nella camera, ma, per certi versi - per quanto la cosa fosse ridicola - quella barriera di lana rendeva meno nervosa anche me.

Nervosa per cosa? Ah, non sapevo nemmeno più perché me le ponevo certe domande.

Per quanto mi piacesse affidarmi al mio raziocinio, quando ero con Remus tutti i miei gesti e sentimenti sembravano perdere qualsiasi sentore di logica. Ero infastidita, infastidita dalla mia incapacità di capire, di controllarmi. Davvero un semplice ragazzo poteva farmi quell'effetto? Era come se improvvisamente fossi diventata tutto quello che prima disprezzavo, tutto ciò che ritenevo sciocco e futile. Ero, mi resi con immenso orrore, diventata una Tassorosso.

Stupida tu e stupido Remus!

Sì, stupido Remus. La colpa era tutta sua.

E visto che c'ero, al diavolo pure gli altri tre.

L'arrivo del professor Rüf mi distolse dai miei pensieri. Pigramente, afferrai il libro e aprii quella che mi sembrava di ricordare essere l'ultima pagina letta in classe, almeno a giudicare dalla chiara forma della mia faccia spiaccicatasi sopra in un improvviso attacco di sonno.

Inizialmente non mi resi conto dei persistenti borbottii e mormorii che mi circondavano, ma, quando finalmente mi decisi a sollevare lo sguardo, tutto ciò che riuscii a fare fu spalancare la bocca assumendo un'espressione incredula.

Il professor Rüf galleggiava a pochi passi da me, la solita espressione annoiata sul volto. Sì, esattamente, galleggiava.

In qualche assurdo modo, l'uomo sembrava essere quasi... scolorito. E leggero. Sembrava quasi un... fantasma?! Il professor Rüf era morto?!

Egli comunque non sembrava essersene reso conto, o se non altro prestare alla cosa la benché minima attenzione. Cominciò la solita cantilena che amava spacciare per spiegazione – la stessa che di solito mi avrebbe assicurato un viaggio di sola andata per il mondo dei sogni – senza sembrare curarsi troppo dell'agitazione generale. Dopo qualche minuto, vidi finalmente una ragazza serpeverde a qualche banco da me sollevare lentamente una mano, facendo tintinnare i vari braccialetti appesi al suo polso. Il professore quando la notò la fissò per qualche secondo sconcertato, quasi come se non fosse certo di cosa dovesse fare. Ero piuttosto sicura che fossero passati anni dall'ultima volta che qualcuno fosse riuscito a rimanere abbastanza concentrato durante una sua lezione da avere una domanda da fare.

“Sì?” domandò incerto, ma schiarendosi subito la voce con aria professionale.

L'alunna aprì la bocca per parlare, poi si guardò attorno come ad assicurarsi che tutti nell'aula stessero effettivamente vedendo quello che vedeva lei “Si sente bene, professore?” domandò scettica guardando l'uomo, o quello che restava di lui, galleggiare a più di venti centimetri dal suolo.

Lui sollevò le sopracciglia, osservando la ragazza con espressione confusa “Mi sento perfettamente, grazie. Potrei sapere il perché del suo interessamento?”

“Professore, lei... ecco... lei è trasparente”

 

Uscii dall'aula con la bocca spalancata in un enorme sbadiglio, le palpebre che sembravano pesare come due macigni. Incredibile ma vero, la scoperta di essere deceduto non aveva turbato particolarmente il professor Rüf, che aveva garantito agli studenti – per l'esaltazione generale – che avrebbe aspettato la fine della lezione prima di prendere i dovuti provvedimenti al riguardo. Così, due ore e milioni di sbadigli dopo, finalmente riuscii ad uscire, miracolosamente ancora sveglia, dall'aula di Storia della Magia, dirigendomi con passo pesante verso Remus che mi attendeva con un libro aperto sulle gambe seduto sul davanzale di una finestra a pochi passi dalla classe.

“Questa scuola è un manicomio” dichiarai non appena gli fui accanto, sbirciando il titolo del libro tra le sue mani: Incantesimi avanzati per la difesa contro le arti oscure: cosa non ti insegnano! “Sembra interessante”

Remus sollevò lo sguardo, chiudendo il libro “Lo è. Gli incantesimi racchiusi qui dentro rasentano la legalità, ma sono decisamente utili”

“Spero che tu non intenda uccidere nessuno. Non senza rendermi partecipe almeno”

Lui ridacchiò, sollevandosi con un leggero sbuffo e sbadigliando a sua volta “Sto morendo di fame” disse, incamminandosi al mio fianco. Come avevamo deciso un paio di giorni prima, invece ad andare a mangiare in Sala Grande ci dirigemmo verso le cucine. Sapevo benissimo che Remus, oltre a farlo così da non lasciarmi a mangiare da sola al tavolo della mia casa, lo stava facendo per evitare Sirius. Per l'ennesima volta, pensai che questa situazione andasse risolta alla svelta. Avere Remus tutto per me era fantastico, ma non se questo voleva dire essere usata come scusante.

“Credi che Silente lascerà che un fantasma insegni?” domandai entrando nelle cucine. Remus ci pensò su qualche secondo “Immagino di sì, credo dipenda dal fantasma in questione... perché?”

Mi sedetti, prendendomi il tempo di afferrare un piatto di tacchino e un vassoio carico di dolci “Il professor Rüf è morto”

“Morto?!” Remus strabuzzò gli occhi, afferrando in fretta uno sgabello e sedendosi di fronte a me “Quando?”

Alzai le spalle “Durante la notte, credo. Oggi è arrivato a lezione ed era, beh, era un fantasma”

Remus continuò ad osservarmi con espressione stralunata, perciò gli spiegai brevemente quanto era accaduto. Non che ci fosse poi molto da raccontare.

“Quindi ha semplicemente ripreso la lezione?”

Annuii, spiluccando una fetta di crostata. Da quando la facevano così buona? “A quanto pare la guerra dei Dieci Maghi non poteva aspettare”

Remus si poggiò allo schienale, guardando concentrato un punto imprecisato del muro “Sai, ho spesso pensato a come sarebbe rimanere ad Hogwarts. Come insegnante intendo. Potrei insegnare ai nostri figli, a quelli di James e Peter. Forse perfino a quelli di Sirius. Però l'idea di farlo per sempre... in realtà, l'idea stessa del per sempre. Sembra stancante, non credi?”

La sua domanda non trovò una risposta, in quanto io ero troppo impegnata a rielaborare per la decima volta le due parole che, unite, mi avevano impedito di prestare attenzione al resto della frase “Nostri figli?” chiesi quasi inconsciamente ad alta voce. Remus stette in silenzio per qualche secondo, ma giuro che potei chiaramente vedere i suoi pensieri che si riavvolgevano tornando a ciò che aveva detto pochi istanti prima. Non ebbi nemmeno troppe difficoltà a capire quanto arrivò effettivamente al punto, poiché spalancò gli occhi, rischiando quasi di strozzarsi con il biscotto che aveva in bocca. Cominciò a tossire rumorosamente, abbassandosi per prendere il fazzoletto che un elfo domestico gli stava prontamente porgendo. Quando finalmente riuscì a scampare da una quasi certa morte per asfissia, tornò a guardarmi, il volto completamente rosso – non saprei dire se per l'imbarazzo o la mancanza di ossigeno - “Era un nostri generico! Non intendevo... insomma, ti ho detto che non potrei... non volevo suggerire che... io... tu...noi...”

Mi sentii quasi in colpa per il piacere che provai nel vederlo così in difficoltà. Quasi, poiché allo stesso tempo internamente ridacchiavo soddisfatta. Non dovetti riuscire a trattenere un ghigno divertito, poiché Remus improvvisamente smise di blaterare, guardandomi incredulo “La tua perfidia non ha limiti!” sbottò, arrossendo però nuovamente. Scoppiai a ridere, nascondendo bene a fondo quanto mi fosse piaciuto sentirgli dire 'nostri figli'. Se lo stessi nascondendo a lui o a me, questo non mi era dato saperlo.

“E tu sei carino quando ti arrabbi” decretai, aspettandomi quasi che da un momento all'altro mi facesse una linguaccia. Lui invece si limitò a squadrarmi con sguardo vendicativo, continuando a mangiare con estrema lentezza – forse per paura di strozzarsi di nuovo – i biscotti che aveva sul piatto.

Ridacchiai piano, continuando a mangiare in silenzio e tornando nuovamente a concentrarmi sui pensieri che Rüf aveva prepotentemente interrotto. Osservai Remus di sottecchi, chiedendomi quando, quando ero diventata così dipendente da lui. Erano bastati pochi minuti in sua presenza che già mi sentivo completamente ubriaca, ubriaca di stupide risatine e sciocchi ragionamenti.

Mi sollevai di slancio, afferrando i libri che avevo poggiato sul tavolo e avvicinandomi a Remus, dandogli un leggero bacio sulle labbra.

Quello mi guardò confuso “Già vai?”

“Ho due ore di Erbologia, devo per forza”

“Che facciamo, ci vediamo dopo in biblioteca?”

Scossi la testa, sinceramente dispiaciuta “Non oggi, io ho la mia punizione da scontare e tu sei bandito fino a nuovo ordine”

Remus sospirò sconfitto in maniera teatrale, afferrando una barretta di cioccolato da un punto imprecisato della divisa e cominciando a scartarla con aria abbattuta.

“Tutta quella cioccolata finirà per farti venire il diabete” gli feci notare. Lui osservò la barra tra le sue mani quasi non si fosse nemmeno accorto di averla lì “Quella è solo una leggenda per far mangiare le verdure ai bambini” disse, annuendo vivacemente.

Scossi la testa rassegnata, sollevando gli occhi al cielo “A volte sei peggio di James e Sirius messi insieme”

Mi voltai per uscire, ma Remus mi afferrò per il polso, facendomi voltare verso di lui e dandomi un profondo bacio al gusto di cioccolato “Ah sì?”

Ridacchiai, lasciandomi baciare di nuovo e sorridendo come un'ebete “Sei proprio odioso” sghignazzai spingendolo via, poi afferrai la cioccolata che aveva in mano e me la misi in bocca, uscendo dalle cucine con aria soddisfatta.

 

Ci sono vari motivi per cui potevo affermare di odiare Erbologia, e il principale era indubbiamente le schifezze che le piante magiche sembravano capaci di produrre e, nella maggior parte dei casi, sputarti poi addosso.

Con questo pensiero mi allontanai dalla serra di Erbologia, le mani completamente ricoperte di un disgustoso e puzzolente pus bluastro che un'impertinente pianta dal nome impronunciabile aveva gentilmente deciso di donarmi.

“Alla fine della lezione sarai un mucchietto di cenere” borbottai tra me e me, sapendo benissimo che se avessi anche solo provato a sfiorarla la professoressa Sprite avrebbe ridotto me in un mucchietto di cenere, e poi probabilmente mi avrebbe usato come concime per la suddetta pianta.

Mi guardai attorno spaesata, cercando la bacinella di cui aveva parlato la professoressa. Eh sì, perché non solo la pianta-dal-nome-impronunciabile si divertiva a ricoprirti di liquidi di dubbia provenienza, ma il suo pus aveva anche tali proprietà magiche da rendere impossibile l'ultilizzo degli incantesimi contro di esso. Ergo: le mani andavano lavate nella maniera tradizionale.

Finalmente individuai il barile di legno pieno d'acqua. Era a pochi passi dalla capanna del guardacaccia, proprio accanto a quella che sembrava un'enorme trappola per orsi. La aggirai inquieta, affrettandomi poi ad immergere le mani nell'acqua e cominciando a strofinare con forza, cercando di eliminare quella robaccia blu da sotto le unghie.

Stavo assicurandomi di essermi ripulita per bene, quando sentii una voce maschile provenire dalla capanna. Inizialmente la ignorai, ma quando anche il secondo ragazzo parlò, riconobbi subito l'aspro tono di Avery.

Sollevai la testa di scatto, asciugandomi le mani sulla gonna ed avvicinandomi circospetta alle voci. Per poco non lasciai un'esclamazione di sorpresa quando mi resi conto che i due ragazzi non erano all'interno dell'abitazione, bensì a pochi passi da me, inizialmente nascosti alla mia vista proprio dalla capanna. Provai l'impulso di allontanarmi il più velocemente possibile, ma, inutile specificarlo, la curiosità ebbe come sempre la meglio. Mi accostai piano al muro, abbassandomi e sporgendo la testa il tanto che bastava per vedere il ragazzo biondo di fronte ad Avery, che ricordavo chiamarsi Mulciber.

“Tutta questa situazione non mi piace. Quell'essere è senza controllo” stava dicendo quest'ultimo, lo sguardo pieno di disprezzo “Non capisco cosa ci faccia qui”

Sentii Avery sputare a terra “Nemmeno io mi fido di Greyback, ma i licantropi sono una preziosa risorsa. La loro totale mancanza di intelletto ci permette di utilizzarli a nostro piacimento, lo sai tu così come lo sa il Signore Oscuro. Non è bene mettere in discussione le sue decisioni”

Mulciber non si fece intimidire dal tono duro dell'amico “E io non lo sto facendo, ma questo non cambia che non mi piace avere a che fare con quegli abomini, sopratutto con lui. Ha ucciso il figlio di un auror, cazzo! Ce li ha portati tutti qui! Per colpa sua ora anche solo uscire da Hogwarts è diventato quasi impossibile”

Corrucciai le sopracciglia, confusa. Ero piuttosto sicura che questa notizia non fosse stata riportata nella Gazzetta del Profeta, né in qualsiasi altro giornale. Uno di quei cadaveri era il figlio di un auror? O vi erano state altre morti che non erano state rivelate?

Quanto stava effettivamente nascondendo il ministero alla comunità magica?

“Malfoy ha assicurato che gli auror se ne andranno presto. Alla prossima luna piena rimarranno il tempo di assicurarsi che non ci sia nessun licantropo che scorrazza libero per i boschi, poi torneranno al loro solito insulso lavoro d'ufficio”

“Sempre che Greyback sia abbastanza intelligente da andarsene. Non riesco nemmeno a capire perché sia venuto così vicino ad Hogwarts a prescindere”

Mi tesi inconsciamente verso i due ragazzi, desiderosa di conoscere a mia volta la risposta a questa domanda. Mi ritrovai quasi ad incrociare le dita, sperando che la risposta fosse qualcosa che poi avrei potuto riferire a Remus senza sentire quell'orribile sensazione di dolore che mi provocava sempre la sua espressione ferita. Avery mi fece attendere a lungo, come se fosse incerto se fosse davvero il caso di confidarsi con l'amico “Sta facendo il suo lavoro, radunando licantropi. Mi è capitato un paio di volte di vederlo all'opera, riconosco il suo metodo: occupa il territorio del lupo mannaro di cui è a caccia, lasciandosi dietro una scia di cadaveri. Quelle creature sono incredibilmente territoriali. Ora, per colpa dell'incidente con il figlio dell'auror, si è dovuto fermare, ma non appena la prossima luna piena sarà passata riprenderà. Prima o poi, posso assicurarti che l'altro licantropo uscirà allo scoperto”

Mulciber osservò Avery con espressione scettica “Questo vorrebbe dire che c'è una di quelle creature ad Hogsmeade. Come è possibile? Come ha fatto a passare inosservata?”

Avery rimase nuovamente in silenzio, tant'è che io per qualche secondo temetti che si fosse allontanato. Proprio quando stavo per arrischiarmi a sporgere un po' di più la testa per controllare che fosse ancora lì, quello riprese “Non sarebbe possibile infatti. A meno che non sia nascosto nel luogo più impensabile”

“Taglia corto con questi indovinelli e dimmi quello che devi”

Avery schioccò la lingua indignato, ma decise comunque di confidare i suoi pensieri a Mulciber “Io sono convinto che il licantropo sia proprio qui, ad Hogwarts, protetto da quello squilibrato di Silente in persona”

Il mio cuore perse un battito. Come era possibile che Avery fosse riuscito ad arrivare così vicino alla verità? Così vicino...

“Tu mi prendi in giro! Nemmeno lui sarebbe capace di fare una tale follia!” sbottò Mulciber “Ospitare un licantropo ad Hogwarts. Sarebbe quasi come condannare i suoi studenti a morte certa”

Non mi fu difficile immaginare Avery scuotere la testa “No, ha preso i dovuti provvedimenti”

Pausa. “Tu sai forse chi è?”

Il cuore che mi risuonava così forte nelle orecchie che temetti i due ragazzi potessero a loro volta sentirlo.

“Ho dei sospetti”

Un suono improvviso mi fece scattare in piedi, strappandomi un verso strozzato. Vidi quella che mi era parsa la trappola per orsi ora chiusa attorno ad un enorme ragno, ma non ebbi il tempo di preoccuparmi della grandezza dell'aracnide, poiché mi accorsi presto dell'innaturale silenzio che era calato attorno a me. Molto lentamente, attenta a non emettere il minimo rumore, indietreggiai fino ad un albero lì vicino, sperando di riuscire a raggiungerlo prima che i due ragazzi si decidessero a venire a controllare. Sapevo che se mi avessero beccata ad origliare la loro conversazione, considerato sopratutto l'argomento di cui stavano discutendo, molto probabilmente non avrei vissuto abbastanza da vedere l'alba del giorno dopo.

Quello che mi interessava, inoltre, era riuscire ad informare Remus di quanto avevo sentito. Dovevo metterlo in guardia, fargli sapere della trappola che Fenrir era pronto a tendergli.

Riuscii appena a nascondermi dietro il tronco dell'albero che Avery e Mulciber spuntarono da dietro la casa, entrambi visibilmente tesi e attenti. Si guardarono intorno con le bacchette già pronte alla mano, gli sguardi duri che esaminavano il paesaggio. Quando Mulciber vide la trappola a terra ed il ragno intrappolato in essa si rilassò all'istante, abbassando lievemente la bacchetta. Fece un gesto ad Avery, così da mostrargliela, ma questo a differenza sua continuò a guardare diffidente verso il barile dell'acqua poi, per un orribile istante, il suo sguardo sembrò posarsi su di me. Mi ritirai velocemente dietro l'albero, il cuore in gola, aspettando piena di terrore di vedere il ragazzo spuntarmi davanti, la bacchetta puntata al mio petto e l'anatema che uccide sulle labbra. No, non avrebbero fatto una cosa del genere ad Hogwarts, vero? Non ne ero poi così sicura.

Nel giro di un paio di minuti, comunque, io ero ancora viva e di Avery nemmeno l'ombra. Con il briciolo di coraggio che mi era rimasto in corpo mi affacciai appena, notando con stupore che entrambi i ragazzi erano spariti. Incerta, rimasi ferma dov'ero ancora per un poco, poi finalmente ebbi il coraggio di rialzarmi.

Quando tornai alla serra, le gambe mi tremavano ancora così violentemente che ebbi quasi paura si curvassero all'indietro.

 

Passai le mie due ore di punizione settimanali in biblioteca con i pensieri ancora completamente focalizzati su quanto era successo quel pomeriggio. Ora che avevo avuto il tempo di rifletterci su, non ero più sicura che riferirlo a Remus fosse davvero una buona idea. Oltre a sapere quanto irresponsabile gli sarei molto probabilmente sembrata, avevo anche imparato a conoscere la sua propensione a salvare il pianeta. Non ero sicura che il mio avvertimento di non cadere nella trappola di Greyback andando a fermare gli omicidi non avrebbe avuto proprio l'effetto contrario.

Eppure, tenere per me ciò che avevo sentito sembrava una prospettiva altrettanto poco piacevole. La verità è che ero talmente spaventata all'idea che Avery potesse davvero essere a conoscenza del segreto di Remus, che il solo pensiero di non informarlo della possibilità mi sembrava improponibile.

Quando ormai il cielo era già scuro, salutai distrattamente Madama Prince, incamminandomi verso la sala grande il più lentamente possibile. Cosa avrei dovuto raccontare a Remus? Potevo escludere dei dettagli e riferirgli il resto? Sarebbe stato giusto nei suoi confronti?

No, certo che no.

Eppure non riuscii a scartare completamente la possibilità.

Qualcuno mi arrivò addosso, e per poco non persi l'equilibrio. Una mano si tese in mio aiuto, afferrandomi per il braccio e impedendomi di cadere. Sollevai lo sguardo, combattuta tra l'impulso di arrabbiarmi e ringraziare per l'aiuto, quando incrociai un paio di occhi blu.

Il sangue mi si gelò nelle vene e un inquietante sorriso si aprì sul volto di Avery. 

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Capitolo 17
*** Enemy ***


“Guarda chi si rivede, la piccola mezzosangue”

Indietreggiai involontariamente, trattenendo rumorosamente il respiro quando mi resi conto del duro muro a pochi centimetri dalle mie spalle.

“Dovresti stare più attenta a dove metti i piedi. Potresti finire per farti male”

Non mi ci volle un libro di divinazione per interpretare le sue parole, era chiaro come il sole che non si stesse riferendo al nostro precedente scontro. No, lui stava parlando di quello che era successo prima quel pomeriggio. Avevo avuto ragione a pensare che mi avesse visto. La giusta domanda da farmi ora era: cosa aveva intenzione di fare al riguardo?

In effetti, a giudicare dalla scintilla di minaccia nel suo sguardo, anche quella sembrava diventare superflua.

Il mio istinto mi diceva di prendere e correre via, nella speranza che la sorpresa non gli desse il tempo di scagliarmi addosso un incantesimo. Le mie gambe però non sembravano affatto d'accordo, standosene prepotentemente piantate al suolo come se vi fossero state incollate con un incantesimo di Adesione Permanente.

Inoltre, la mia posizione mi aveva in qualche modo messa in trappola, bloccandomi tra la spessa parete del corridoio e Avery, che sembrava esserne reso pienamente conto.

Mi guardai ansiosamente attorno, cercando con sguardo speranzoso una qualunque persona – viva o no – che passasse di lì. Almeno così da avere un testimone al mio omicidio.

“Non ti preoccupare, non verremo disturbati. C'è agnello stasera a cena” mi disse Avery quasi leggendomi nel pensiero. Sorrisi rilassata, o almeno fingendo di esserlo. Potevo letteralmente sentire tutti i miei muscoli tendersi così forte da rischiare di spezzarsi.

“Uhh, davvero? Non vorrei proprio perdermelo. Credo che andrò anche io” annunciai, muovendo un passo in direzione della Sala Grande.

Come previsto, Avery si spostò subito così da bloccarmi il passaggio “Perché non facciamo due chiacchiere invece?”
Come se avessi scelta “Non sarai ancora arrabbiato per la storia del Mangiamorte...”

Il volto del ragazzo si colorò leggermente di rosso, stringendosi in una smorfia appena accennata, ma il sinistro sorriso non accennò a lasciare le sue labbra “No, certo che no” rispose, ma era palese la sua menzogna.

Rilasciò un lieve sbuffo, posando una mano sul muro alle mie spalle, così da bloccarmi completamente “Ho visto che ora ti diverti ad andartene in giro con i Grifondoro. Non mi stupisce, probabilmente saresti stata molto meglio in quell'insulsa casa, circondata dai tuoi simili. E dimmi, te li fai tutti e quattro, o hai delle preferenze?”

Lo osservai con disgusto, sentendo montare l'ira. Prima di poterci pensare due volte, spostai con un brusco gesto il suo braccio, avanzando di qualche passo “Cos'è, sei forse geloso?”

Lui rise di gusto, piegando la testa all'indietro. Quando finalmente sembrò calmarsi tornò a guardarmi con aria famelica, sorridendo malignamente “Perché dovrei? Non ho certo intenzione di ritrovarmi sfregiato a vita”

Impallidii lievemente “Cosa vuoi dire?”

“Dimmi una cosa, sei stato tu a ridurlo così, o è stato l'altro mostro?”

“Non capisco di cosa parli” sibilai tra i denti, anche se avevo una teoria ben precisa su cosa stessero insinuando le sue parole.

“Parlo del tuo stupido amico e delle sue cicatrici. Credevi forse che non sarebbero state notate? Solo uno stolto non si renderebbe conto di cosa sono. E io non lo sono, posso assicurartelo”

“Quel tipo di ferite le conosco molto bene, ho avuto la fortuna di vederne un paio di persona, anche se, devo confessartelo, in genere chi le portava aveva ben altro di cui preoccuparsi. La mancanza di battito, per esempio”

Rise di nuovo, come se avesse appena formulato una battuta estremamente divertente. Io mi limitai a rimanere in silenzio, troppo sorpresa per riuscire a inventare un qualunque tipo di scusa.

“Perciò ti ripeterò la mia domanda: sei stata tu a procurargliele? Oppure Greyback gli ha sentito addosso la tua puzza?”

“Fottiti”

Il suo sorriso si allargò ancora. Avery mi spinse brutalmente contro il muro, facendomi sbattere la testa “Bene, facciamo che allora ti dirò quello che so io”

“Tu, piccola sporca mezzosangue, non ti limiti ad essere una delle più ignobili razze esistenti nell'intero mondo magico. Riesci ad esserne ben due. O magari tre. Dimmi, per caso tua madre è un elfo domestico?”

Mi trattenni dal ringhiargli addosso, rischiando solo così di confermare le sue teorie. Avery, lui... non ci potevo credere. Lui credeva che io fossi...

“Un lupo mannaro, chi l'avrebbe mai detto. Anche se, in effetti, così quasi si spiega la tua perenne brutta cera”

“Per essere uno che dice di disprezzarmi, mi hai osservato parecchio”

“Oh, ti ho osservato più di quanto pensi. In effetti, la colpa di ciò è tutta tua. Il giorno in cui hai deciso di rivolgerti a me come se fossi un mio pari, come se avessi una qualsiasi importanza su questo pianeta, hai decretato il tuo fato”

Mise talmente tanto sprezzo nelle parole che pensai che di lì a poco avrebbe vomitato. Ogni volta che si riferiva a me, il suo viso si contraeva in una morsa di completo disgusto. Mi chiesi come si potesse odiare così, poi però mi ricordai di ciò che provavo io per Greyback. Se davvero i sentimenti di Avery nei miei confronti erano altrettanto forti, allora ero morta.

“Quella notte avevo deciso di farti una sorpresa. Non sono un tipo tollerante, e volevo fartela pagare. Sono venuto nel tuo dormitorio, scoprendo così che tu non eri lì. Mi sono seduto in un angolo della sala comune, ma alle tre passate tu non ti eri ancora fatta vedere, e io ho deciso che avrei potuto aspettare il mattino dopo. Mi chiedo se, rimanendo, non avrei scoperto la verità molto più in fretta.

Sono stato troppo preso dalla mia rabbia per rendermi conto che tipo di notte fosse quella. Non ho collegato. Errore mio, lo ammetto”

La notte in cui avevo scoperto il passaggio sotto il Platano Picchiatore. Quella in cui ero tornata alle quattro del mattino ricoperta di sangue. Ma lui non aveva visto. Non aveva prove.

“Il giorno dopo comunque, come ben sai, non è andata come previsto. Quello stupido del tuo amico si è messo in mezzo”

Ricordavo benissimo quel giorno. Era stata la prima volta che avevo parlato con Remus. Era stato ciò che aveva dato il via a tutto.

“Ho dimenticato quella notte, ma non il torto. Attaccarti in biblioteca è stato un errore, anche se di certo non mi aspettavo che la tua incapacità di maneggiare una bacchetta sarebbe stato proprio ciò che mi avrebbe fregato. Comunque, quel giorno per me non era stato piacevole, e tu eri lì tutta sola, un'ottima distrazione”

“Lo ricordo. Ricordo anche il tuo svenimento da ragazzina”

L'espressione di Avery si fece improvvisamente rabbiosa, e lui mi afferrò il polso, facendo cadere la bacchetta che avevo faticosamente sfilato dalla tasca mentre parlava “La fortuna non sarà sempre pronta ad aiutarti, Elisabeth. Dovresti ricordartelo”

Sentii un brivido nel sentirlo pronunciare il mio nome. Era come se improvvisamente lui non fosse più una lontana e fastidiosa minaccia, ma qualcuno di vicino e presente. Qualcuno che sapeva benissimo chi fossi e, da quanto mi sembrava di capire dalle sue deliranti parole, qualcuno che credeva anche di sapere cosa fossi.

"Mi sono ripromesso di lasciarti perdere. Non avevo di certo tempo da sprecare con te, non ora che il Signore Oscuro è nel pieno della suo potere. Avevo quasi dimenticato la tua presenza, quando un mio compagno qualche giorno fa mi ha raccontato di una divertente vicenda. Sembrava che suo fratello, un ragazzino del primo anno, gli avesse raccontato di aver visto una scena spaventosa la mattina prima di natale. Apparentemente il bambino è sceso per andare in bagno, quando la porta della sala comune si è aperta, rivelando una ragazza – parole sue – completamente coperta di sangue. La storia ha subito attirato la mia attenzione. Questa volta sapevo bene che notte fosse quella precedente alla vigilia. Io e alcuni amici eravamo stati i primi ad utilizzarla per... convincere alcuni maghi particolarmente testardi a passare dalla nostra parte”

La notte prima di natale, quella in cui Sirius era venuto a chiamarmi. La notte in cui Remus era tornato ferito, il volto orribilmente lacerato. Ricordavo bene le condizioni in cui avevo fatto ritorno al dormitorio, migliori forse solo di quelle in cui ero tornata la notte successiva.

Avery sembrò leggere la comprensione sempre maggiore nei miei occhi, sorridendo di sinistra soddisfazione e continuando “Mi sono fatto dire se sapeva chi era la ragazza, e il bambino è stato così gentile da indicarmela. Puoi immaginare la mia sorpresa quando questa si è rivelata essere te”

“Eri accanto al ragazzo Grifondoro, ora completamente sfigurato. E improvvisamente ho capito.

La tua assenza quella notte di ottobre, le ferite, la presenza di Greyback. Tutto

“Eppure, chi l'avrebbe mai detto. La piccola sudicia mezzosangue, un licantropo”

Rimasi immobile, completamente paralizzata. Cosa avrei dovuto fare? Avrei dovuto smentire? E poi cosa, mi avrebbe creduto? No, perché avrebbe dovuto.

Inoltre, era incredibilmente vicino alla verità. Se fossi riuscita a dimostrargli il suo errore, non ci avrebbe messo molto a capire che aveva semplicemente sbagliato persona. Che il ragazzo che continuava a nominare come di mio contorno, in realtà altro non era che il protagonista della situazione.

Era proprio quello che mi spaventava di più. Aveva nominato troppe volte Remus per i miei gusti, lo aveva notato troppo, e tutto per colpa mia. No, non avrei smentito. Se voleva credere che fossi un licantropo, era libero di farlo. Ma non avrei venduto Remus.

“Ti faccio i miei complimenti, non sei idiota come pensavo” esclamai, sorridendo allusivamente, ma trattenendo a stento le mie gambe dal tremate “E ora cos'hai intenzione di fare? Consegnarmi a Greyback?”

Gli occhi di Avery brillarono, come se non avesse aspettato altro che quella domanda “No, non ho intenzione di fare una cosa simile. Per quanto mi riguarda, quella bestia può benissimo tornarsene da dove è venuta. No, il piacere di distruggerti sarà tutto mio”

Sentii un brivido ghiacciato percorrermi la colonna vertebrale. Non dubitai per un attimo delle sue parole: sapevo benissimo che non avrebbe provato altro che piacere nel vedermi morta, se non peggio.

Un righio alle mie spalle mi fece alzare gli occhi, e Avery a sua volta si girò improvvisamente – storcendomi dolorosamente il braccio – per poi arretrare arrivandomi così quasi addosso.

Un enorme cane nero era davanti a noi, i denti scoperti e la posizione pronta in attacco. Fui quasi tentata di gridare, quando riconobbi gli occhi grigi che mi guardavano con preoccupazione.

Sirius.

Avrei voluto saltargli al collo, ma mi trattenni. Osservai invece Avery lasciarmi finalmente il polso, ormai completamente dolente ed arrossato, ed allungare la mano verso la tasca dei pantaloni.

Felpato se ne accorse, emettendo perciò un righio ancora più profondo e avanzando minaccioso, finché ragazzo non si decise ad allontanarsi da me, indietreggiando lentamente verso la Sala Grande, la mano ferma sulla tasca della bacchetta.

Il cane continuò a ringhiargli addosso finché questo si voltò, correndo via il più velocemente possibile.

Tornai finalmente a respirare, massaggiandomi il polso dolorante e osservando Felpato avvicinarmisi, sfiorandomi la gamba con il muso con espressione interrogativa. Di nuovo, provai l'impulso di saltargli al collo, abbracciandolo con gratitudine, ma di nuovo mi trattenni. Invece mi posai le mani sui fianchi, guardandolo con disapprovazione “Si può sapere che ti è saltato in mente?!”

Felpato piegò il muso di lato con espressione confusa, riuscendo quasi a farmi sentire in colpa per il mio tono brusco. Ricordarmi che quello era Sirius e non un povero cagnolino indifeso fu più che sufficiente per farmela passare.

“Come pensi che riuscirò a spiegare la tua presenza qui? Per tutti i folletti Sirius, torna subito umano!”

Il cane emise un latrato infastidito, poi in un lampo davanti ai miei occhi vi era Sirius. Mi ricordai un momento troppo tardi di precisare di non farlo proprio subito, ma la mia preoccupazione fu vana “Ehi, ma sei vestito!”

Sirius fece una smorfia “Perspicace come sempre, vedo”

“Perché sei vestito?”

“Mi preferivi nudo?”

“Sì! Cos.. NO! Certo che no!” mi corressi subito, continuando a fissarlo incredula “Ma l'altra volta... credevo che...”

Lui ridacchiò, aggiustandosi la cravatta leggermente sbilenca “Trasformarsi con i vestiti non è facilissimo, ma con un po' di esercizio si ci fa l'abitudine”

“E tu hai appena imparato a farlo?”

“In realtà l'ho imparato l'anno scorso”

“E allora perché... SIRIUS!” esclamai indignata, dandogli una spinta sulla spalla.

Lui alzò le mani in segno di resa “Ehi, pensavo che un piccolo spettacolino ti avrebbe reso più mansueta”

Lo guardai incredula “Mansueta? MANSUETA?” inspirai cercando di mantenere la calma “Lo sai? Sei incredibile”

“Lo so benissimo, grazie”

Sollevai gli occhi al cielo, trattenendomi per l'ennesima volta dal gettarmi al suo collo. Questa volta, però, per strozzarlo.

Quando tornai a guardarlo, notai che il suo sguardo era puntato sul mio polso. Potevo già vedere i primi segni di un futuro livido, perciò mi sbrigai a nascondere il braccio dietro la schiena, riportando l'attenzione di Sirius a me. Lui comunque sembrava aver perso tutta la sua sbruffonaggine, limitandosi ora a fissarmi con espressione preoccupata “Cosa stava succedendo con Avery?”

Scossi lievemente la testa, sbuffando con finta indifferenza “Mi ha sorpreso ad origliare una sua conversazione qualche ora fa, ed è venuto per convincermi a non farlo più. Lo sai, i soliti discorsi...”

“Spero che allora ne sia valsa la pena. Sentito niente di interessante?”

Annuii, sorridendo soddisfatta “Oh sì, eccome”

 

Nel giro di mezz'ora, tutti e quattro i Malandrini erano davanti a me, chiusi nel bagno del secondo piano. Non sapevo esattamente come avesse fatto Sirius a richiamarli così in fretta, né come avesse gestito le cose con Remus, fatto sta che sembravano tutti osservarmi con espressione persa, come se non avessero esattamente saputo cosa ci facessero lì. Mirtilla da parte sua non sembrava essere nei paraggi, e io – purtroppo – sapevo che probabilmente si trovava nel bagno dei prefetti a spiare gli studenti farsi il bagno.

Da quando avevo scoperto che Remus era un prefetto, quell'azione per me aveva assunto tutto un nuovo significato.
Ma non divaghiamo.

Lanciai un'occhiata di rimprovero a Sirius, che mi osservava con le braccia incrociate al petto, lo sguardo concentrato. Quando gli avevo riferito le parole di Avery – tralasciando ovviamente quanto mi aveva detto nel corridoio – lui si era subito affrettato a dire che anche gli altri avrebbero dovuto saperlo. Non mi era sembrata una cattiva idea, almeno non finché aveva insistito che fossi proprio io a riferirglielo.

Mi schiarii la voce, notando con disapprovazione come Sirius e Remus si fossero posizionati ai lati opposti del bagno. Va bene cercare di evitarsi, ma io come avrei dovuto fare per parlare con entrambi contemporaneamente?!

“Allora... um... immagino che Sirius vi abbia detto che ho... sentito...”

“Origliato” mi corresse il ragazzo. Strinsi le labbra, impedendo al pesante insulto che avevo in mente di lasciarle “Che ho sentito una conversazione tra Avery e Mulciber questo pomeriggio”

Dal modo in cui i tre ragazzi mi guardavano, immaginai che Sirius non gli avesse detto proprio niente. Si poteva sapere come li avesse attirati lì?
“Stavano parlando di Greyback. Hanno nominato la morte del figlio di un auror...”

James annuì “Martin Gullan, sì. E' stato ucciso la scorsa settimana”

Remus corrucciò le sopracciglia, rivolgendosi a James “La notizia non è stata riportata sulla Gazzetta”

Il ragazzo sorrise tristemente “E quando mai lì vi vengono riportate notizie vere? Ti immagini cosa avrebbe causato sapere che il figlio di un auror era stato ucciso? Sarebbe stato come annunciare all'intera comunità magica che nessuno era al sicuro. Se perfino il figlio di uno dei maghi addestrati proprio per evitare questo genere di situazioni muore, chi può sperare di sopravvivere?”
Remus sospirò sconsolato, passandosi una mano sul volto “Perciò nascondono la notizia, impedendo alle persone di essere pronte in caso di attacco. E' proprio per questo che Fenrir continua a mietere così tante vittime”

“Un falso senso di sicurezza è tutto per il Ministero. E' l'unica cosa che gli permette ancora di avere una comunità da gestire” disse Sirius, rendendosi poi quasi conto di non avere il diritto di parlare con Remus, e girandosi perciò subito dall'altra parte.

Io lo ignorai, spiegando invece brevemente quanto avevo udito. Gli riferii della presenza degli auror, del piano di Greyback ( Remus sbiancò in volto quando ne venne a conoscenza ) e, infine, raccontai di come la trappola mi avesse costretta a ritirarmi.

Non menzionai i sospetti di Avery, non ora che sapevo essere direzionati in tutt'altro modo.

“Che Malfoy fosse uno dei loro era ben risaputo, purtroppo però non possiamo farci niente. La sua famiglia è una delle più ricche dell'intero mondo magico” asserì James in tono piccato, lanciando un'occhiata significativa a Sirius, occhiata che non fui in grado di identificare. Immaginai che quest'ultimo fosse in qualche modo collegato a questo Malfoy, o per lo meno lo conoscesse. Io da parte mia non lo avevo mai sentito nominare, se non forse in uno di quegli stupidi trofei di Quiddich.

“Non è di Malfoy che dobbiamo preoccuparci al momento. Greyback è alle porte di Hogwarts, lasciandosi dietro un'insana scia di cadaveri. E' lui quello che dobbiamo fermare” disse Sirius, guadagnandosi un'occhiata di approvazione da parte di Remus.

Scossi velocemente la testa. Davvero? Ma mi avevano ascoltato? “No, non dovete. E' proprio quello che si aspetta”

“Cosa dovremmo fare allora, restare a guardare?” mi domandò Peter, il tono sorpreso. Sapevo benissimo quale fosse la mia risposta.

Non dovevamo restare a guardare. Sarebbe bastato chiudere gli occhi.

Per quanto mi riguardava, nessuna cifra di cadaveri sarebbe mai valsa quanto l'incolumità di Remus. Non lo avrei lasciato andare a precipitarsi nella trappola di Fenrir.

Stavo ancora cercando una risposta adatta, quando Sirius si intromise “Greyback si aspetta solo un licantropo, non cinque maghi. Riusciremo facilmente a sopraffarlo”

Remus alzò la mano davanti al volto, scuotendo categoricamente la testa “No, non faremo niente del genere. Non lascerò che vi mettiate in pericolo per me. Andrò io e io solo ad affrontarlo”

Sirius scosse la testa a sua volta “Non se ne parla, non andrai da solo”

“Devo”

“No, è proprio questo il punto. Non devi, né vuoi. Smettila di tagliarci fuori, come se questa situazione non ci riguardasse. Noi siamo i tuoi migliori amici, abbiamo sempre lottato insieme e per sempre lo faremo, ricordi? La regola vale ancora se non sbaglio”

Remus osservò Sirius con tristezza “Questa è la mia battaglia, non la vostra”

“Certo che è anche la nostra! Pensa se le parti fossero invertite, riusciresti a lasciare andare uno di noi da solo?”

“Io... no, non lo farei” disse Remus dopo un lungo silenzio, abbassando lo sguardo sconfitto. Nessuno fiatò per qualche secondo, poi Sirius riprese a parlare “Credo di doverti delle scuse. Io... so che è stato stupido arrabbiarsi così, l'altro giorno. In realtà, l'ho capito da parecchio ormai, solo che... ecco” tossì un paio di volte, schiarendosi la voce “Mi vergognavo” sussurrò con un filo di voce.

Sentii le mie labbra piegarsi in un sorriso, e vidi Remus fissare l'amico con una tale espressione di sollievo che mi resi finalmente conto di quanto effettivamente il litigio con Sirius lo stesse ferendo. In due grossi passi, si fermò davanti all'amico, che ora stava guardando testardamente il muro davanti a sé.

“Anche io ti devo delle scuse. Avrei dovuto dirvelo, solo che non volevo che vedeste la mia incapacità di lasciar andare Greyback. Voi fate di tutto per non farmi pesare la situazione, e io non volevo che sapeste...”

“Nessuno si aspetta che ti lasci qualcosa del genere alle spalle, Lunastorta” lo bloccò Sirius “Di sicuro non io”

Calò nuovamente il più assoluto silenzio, e nessuno sembrava bene cosa fare per interromperlo. Remus e Sirius erano ancora uno davanti all'altro, ancora fermi da osservarsi. Mi schiarii la voce “Bene, allora, per quanto riguarda Greyback...”

Non riuscii a finire la frase, poiché improvvisamente vidi Sirius lanciarsi su Remus, afferrandolo per le spalle e abbracciandolo in una morsa incredibilmente stretta. Osservai i due ragazzi incredula, poi però un nuovo sorriso si affacciò sulle mie labbra. James prese e si lanciò su di loro, trascinandoli a terra insieme a sé. Peter scoppiò a ridere, guardandoli con divertimento mentre cercavano di risollevarsi da terra.

Sospirai rumorosamente, avvicinandomi con cautela ai tre “Ahem, scusate, possiamo tornare alla storia di...” una mano sbucò dal mucchio, afferrandomi e trascinandomi a terra. Lanciai un urlo di sorpresa, perdendo l'equilibrio e cadendo di sedere a terra, osservando indignata i quattro ragazzi – ora fermi – che mi guardavano sghignazzando.

“Davvero divertente” borbottai, lanciando un'occhiata particolarmente minacciosa a Remus. Lui piegò la testa di lato, sorridendo, poi si sollevò, porgendomi la mano per aiutarmi.

La afferrai, gemendo però di dolore quando lui la strattonò per tirarmi su. Remus mi lasciò immediatamente, e io istintivamente mi afferrai il polso. Mi resi conto del mio errore quando vidi il suo sguardo posarsi immediatamente lì, e l'espressione farsi presto preoccupata “Che ti è successo?”

Sorrisi, fingendo indifferenza “Niente, solo uno stupido incidente”

Sirius mi guardò con disapprovazione, ma io lo ignorai “Ora, per favore, possiamo tornare alle questioni importanti?”
Remus annuì incerto, ma fortunatamente lasciò correre.

“Io direi di attaccare Greyback al più presto, così che non se lo aspetti. Basterà trovare il luogo in cui si nasconde” propose James, ma Remus scosse la testa “No, è troppo forte. Dobbiamo aspettare un momento in cui è indebolito, perciò o appena prima o appena dopo la luna piena”

Nessuno menzionò il fatto che anche Remus lo sarebbe stato, ma il pensiero aleggiò comunque per l'intera stanza.

“Non prima, ci sono gli auror in giro. Se anche riuscissimo ad evitarli, dubito che Greyback se ne vada in giro con quelli nei paraggi” feci notare, al che Remus annuì “Sì, sono d'accordo”

“Dovremo riuscire a tendergli una trappola, portarlo allo scoperto” disse Sirius.

Peter lo guardò dubbioso “Ma come possiamo sapere che ci cadrà?”

“Credo che lo farà” asserì Remus “Vedete, lui è abituato ad uccidere durante la luna piena, è praticamente il suo lavoro. Se ora davvero ci sono gli auror in giro, non ne avrà la possibilità. Probabilmente hanno messo una protezione anti-materializzazione, perciò non potrà nemmeno allontanarsi troppo. Sarà costretto ad incatenarsi, o comunque rinchiudersi da qualche parte”

“E allora?”

“Beh, il giorno dopo sarà indubbiamente affamato. Andrà subito a caccia, sopratutto se quello che ha detto Avery è vero. Riprenderà immediatamente la sua missione, approfittandone anche per nutrirsi”

“Ma noi glielo impediremo” dichiarò James, lo sguardo duro “Non gli permetteremo di uccidere ancora”

Tutti e quattro i ragazzi annuirono convinti, ma io mi limitai ad osservarli senza esprimere la mia opinione. Parecchie volte avevo dubitato dei loro piani, però dovevo ammettere che in genere funzionavano. Più o meno.

Restava il fatto che Greyback era uno dei maghi più pericolosi presenti nel mondo magico, mentre noi eravamo cinque semplici studenti, due dei quali nemmeno particolarmente dotati di abilità magiche. Avevamo davvero anche una sola misera possibilità contro di lui?

Immaginai non mi rimanesse che scoprirlo.

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Capitolo 18
*** When The Moon Rises ***


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Ti amo”

Si avvicinò con aria sognante, arricciando le labbra già pronte per un bacio. Dal modo in cui teneva gli occhi ben aperti, era chiaro che si aspettava una risposta.

Ti amo anche io” dichiarò la ragazza bionda seduta davanti a lui, dandogli uno dei baci più appassionati e meno igenici a cui avessi mai dovuto assistere in tutta la mia vita.

Distolsi lo sguardo lievemente schifata e tornai a concentrarmi su Remus seduto davanti a me, che leggeva con attenzione il menù aperto davanti agli occhi.

Quando mi aveva proposto di andarci a prendere qualcosa di caldo, di certo non mi ero aspettata questo.

Quel pomeriggio eravamo usciti subito dopo pranzo insieme agli altri ragazzi, diretti verso Hogsmeade. Era stata una sorpresa scoprire che Silente avesse organizzato una gita per quel fine settimana, considerando che proprio quella notte ci sarebbe stata la luna piena, ma Remus mi aveva spiegato che era stato proprio il ministro stesso ad insistere per non annullarla.

A quanto pare, per lui era importante che gli studenti si sentissero completamente al sicuro, senza essere spaventati invano da una minaccia praticamente inesistente. Così inesistente che solo il mese prima aveva compiuto una vera e propria strage, ma immaginai che questo particolare non fosse di grande importanza.

Qualunque cosa fosse, quel sabato mattina Remus mi aveva invitato ad andare con lui e io, lanciato uno sguardo alla pila di compiti che mi aspettava, avevo accettato di buon grado.

Ci eravamo separati dagli altri tre Malandrini a metà strada ed eravamo entrati in un piccolo locale; locale nel quale, mi ero presto resa conto, avrei preferito non mettere piede.

Hai scelto?” mi chiese Remus, adocchiandomi lievemente perplesso. Scossi la testa, afferrando il menù a mio volta e nascondendomici dietro. Sapevo che probabilmente aveva scelto il posto nella speranza di farmi piacere, ma, insomma, c'erano tovaglioli a forma di cuoricini, per non parlare dell'incredibile ed eccessivo numero di coppiette presenti all'interno.

Forse in questo modo cercava di dirmi qualcosa, mandarmi un messaggio.

Voleva mettere in chiaro che anche noi eravamo una coppia? In quel caso, avrebbe semplicemente potuto dirmelo. C'era proprio bisogno di portarmi in quella specie di caffetteria completa del più vasto commercio di germi dell'intera Inghilterra?

Il posto in realtà, in altre circostanze, non sarebbe stato nemmeno così male. Era piccolo e tranquillo, i tavolini rotondi di legno erano finemente intagliati così come le piccole sedie. Grandi vetrate si affacciavano sulla strada e dal nostro tavolo, che era proprio attaccato ad una di esse, pareva quasi di essere all'esterno. Solo molto più al caldo.

Credo che prenderò un tè” borbottai, cercando di ignorare il suono della biondina e il suo ragazzo che cercavano di risucchiarsi la faccia a vicenda con tanta voracità da far invidia ad un dissennatore.

Remus annuì, lo sguardo ancora puntato verso il suo menù.

Sospirai, guardando fuori dalla finestra. Aveva finalmente smesso di nevicare, ma in compenso il cielo era coperto da delle enormi e nere nuvole, che facevano sembrare le tre del pomeriggio la più scura delle notti.

“Ehi, ma quello è Lumacorno?” domandai ad un certo punto, notando una figura familiare dirigersi con aria circospetta verso un vicoletto a pochi metri da noi. Remus alzò curioso la testa, appena in tempo per vedere il professore sparire dietro l'angolo di un edificio “Chissà che ci fa qui...”

“Magari sta comprando qualche strano ingrediente per la sua prossima lezione. Non so a te, ma quelle 'dita di centauro' che ha usato nella mia scorsa lezione non sembravano particolarmente legali” dichiarai, rabbrividendo al solo ricordo.

Remus ridacchiò divertito, distogliendo lo sguardo dalla strada “In effetti ci sarebbe da chiedersi come se le è procurate. Non credo che se le siano lasciate prendere senza protestare”

“O senza schiacciargli la testa sotto gli zoccoli”

“Sei sempre così brutale”

“E tu così delicato”

Remus scosse la testa, lanciando una breve occhiata infastidita ai due ragazzi accanto a noi, che ora erano praticamente spalmati sul tavolo. Allora non li ho notati solo io!

Beh, in effetti sarebbe stato improbabile il contrario.

“Comunque...” proseguì lui, cercando probabilmente di distrarmi “Forse sta segretamente andando a comprarsi una scorta di dolci”

“Dovresti andare a farti suggerire il negozio allora” dissi, scoppiando a ridere quando vidi l'espressione offesa sul volto di Remus.

“Lo sai, prima di parlare dovresti ricontrollare tutti i dolci che ti sei mangiata tu ieri sera” esclamò, ghignando in una maniera incredibilmente simile a quella di Sirius. In quel momento davanti a me non vi era più Remus, ma Lunastorta.

“Dolci che ha portato su dalle cucine chi?”

Lui guardò il soffitto con finta indifferenza “Non so di che parli”

“Ah sì? Allora deve essere stato un tuo doppione quello che ho beccato a sbafarsi due scatole di cioccolatini mentre mi aspettava in corridoio”

“Una scatola e mezzo” borbottò lui “Ed è stata una lunga attesa”

Alzai gli occhi al cielo, trattenendo a stento un sorriso “Sei incorreggibile”

In quel momento una signora si ci avvicinò, portando con sé un vassoio vuoto “Allora ragazzi, cosa volete ordinare?” domandò con una voce così gentile da essere quasi nauseante. Remus si voltò a guardarla, dandole i nostri ordini. Stranamente, lui aveva ordinato una cioccolata.

Temevo davvero una crisi diabetica da un momento all'altro.

“Allora” feci, non appena la donna si fu allontanata “Vieni spesso qui?”

Lui arrossì lievemente “In verità, non c'ero mai entrato prima di oggi”

Lo osservai incuriosita, chiedendomi se allora davvero non avesse semplicemente fatto una scelta piuttosto sfortunata. Insomma, mi sembrava abbastanza chiaro che non fossi esattamente il tipo che apprezzava posti del genere. Perfino quell'idiota di Potter sarebbe stato in grado di …. oh.

“Remus, per caso questo posto ti è stato suggerito da James o Sirius?”

Il ragazzo abbassò lo sguardo “Entrambi” sussurrò, posandosi una mano sulla fronte “Avrei dovuto immaginarmelo, non è vero?”

Tesi le labbra, chiedendomi se la neve fosse abbastanza alta da seppellirceli sotto. Se non altro ora avevo la conferma che non fosse stato lui a decidere di portarmi qui.

“Lo sai, dovresti considerare l'idea di farti nuovi amici” dissi. Remus annuì, una smorfia di disapprovazione sul volto “Mi dispiace, davvero. Se vuoi possiamo semplicemente andarcene”

Scossi la testa, sospirando piano. Ormai potevo quasi dire di essermi abituata all'idiozia di quei ragazzi, per quanto non mi piacesse ammetterlo. Insomma, non che avessi comunque avuto la possibilità di fare altrimenti.

La donna fece ritorno con le nostre ordinazioni. Versai un po' di latte nel mio tè, poi me lo portai alle labbra, decretando che forse quel posto non era stato tutto un sabotaggio. Non sapevo cosa vi avessero messo – e forse preferivo non saperlo – ma raramente avevo bevuto qualcosa di così buono.

Sollevai lo sguardo, solo per trovare Remus che mi fissava. Si aprì subito in un sorriso, tornando a bere la sua cioccolata, ma a me non sfuggì l'espressione di angoscia che avevo intravisto nei sui occhi mentre mi osservava.

Non mi stupì. Sapevo che, nonostante facesse di tutto per farmi credere il contrario, il pensiero di quanto stava per accadere lo terrorizzava almeno quanto terrorizzava me, con la differenza che lui l'avrebbe vissuto in prima persona, stremato dalla luna piena.

Quando avevamo deciso, ormai più di una settimana prima, di tendere una trappola a Greyback, avevo capito che non mi sarei limitata a starmene in disparte nella più completa inutilità. C'era voluto un po', ma alla fine avevo convinto Remus a darmi qualche piccola lezione privata, almeno così da insegnarmi qualche incantesimo di difesa. Purtroppo, proprio come già sapevo, non mi ero rivelata proprio una cima, ma speravo di farmeli bastare.

Gli avevo anche chiesto il libro Incantesimi avanzati per la difesa contro le arti oscure: cosa non ti insegnano!, così da potermi esercitare anche per conto mio. Non avevo davvero appreso nulla, ma presto mi ero resa conto di quanto poco sapessi delle maledizioni senza perdono. Insomma, eravamo in guerra, e di certo i Mangiamorte non avrebbero utilizzato l'incantesimo di disarmo se mai avessi avuto la sfortuna di incontrarli.

Approfittando della mia possibilità di muovermi in libertà nella biblioteca, grazie alla completa fiducia che ormai Madama Pince sembrava riporre in me, mi ero intrufolata nella Sezione Proibita, prendendo in prestito un libro su di esse.

A mio malgrado, non mi c'era voluto molto per rimanerne affascinata. A parte la maledizione che uccide, i cui effetti non erano particolarmente fantasiosi, le altre due mi erano parse incredibilmente interessanti.

La maledizione Imperius era qualcosa di straordinario. Il pensiero di essere capace di controllare completamente la volontà di qualcuno mi era parsa così eccezionale che per qualche secondo mi ero chiesta se avrei avuto modo di provarla con qualcuno.

Quanto potere poteva davvero dare un cosa simile? Non ne vedevo i limiti. Il fatto che queste magie non fossero insegnate a scuola mi parve quasi un'ingiustizia, nonostante certo ne capissi la pericolosità oltre che il potenziale.

Non l'avrei mai ammesso a nessuno, particolarmente a Remus, ma avevo fatto ben attenzione a memorizzarne la formula, oltre che i giusti passaggi per riuscire ad utilizzarla. Mi chiesi se sarei mai stata abbastanza potente da usarla.

La seconda maledizione, la Maledizione Cruciatus, la conoscevo già abbastanza bene. Mi era sempre piaciuto il modo in cui questa riuscisse a creare un dolore puramente psicologico, qualcosa che però non era realmente esistente.

Era possibile resisterle? Insomma, se il dolore non era reale, vi era modo di riuscire a rendersene conto e perciò annullare gli effetti della maledizione?

Nel libro che avevo preso questo non c'era scritto, perciò immaginai che nessuno vi fosse mai riuscito. Di nuovo, l'idea di sperimentarla mi era parsa incredibilmente eccitante. Mi ero perfino esercitata a lanciarla, ovviamente a nessuno in particolare.

Immaginavo di avere davanti a me Greyback e, qualche volta, anche l'idea di usarla contro Avery mi era parsa ottima. Non avevo detto niente di tutto ciò a Remus, sapevo non avrebbe approvato.

Un colpo alla finestra mi fece sussultare, strappandomi con violenza dai miei pensieri e rischiando di farmi rovesciare il tè sul maglione.

Sirius era a pochi centimetri da me, dall'altra parte del vetro, che vi alitava per poi disegnarvi dei cuoricini, lo sguardo perso e sognante. La cosa sarebbe già stata imbarazzante di per sé, ma James sembrava pensarla in maniera diversa e giudicare dal modo in cui, dandoci la schiena, si strofinava le braccia sopra le spalle, forse fingendo di baciare appassionatamente qualcuno ma riuscendo solo a sembrare in preda e forti crisi epilettiche.

Mi voltai, notando come tutti – perfino l'allegra coppietta accanto a noi – erano fermi a fissare i due ragazzi, le espressioni così sbalordite che sembravano davvero tutti sotto maledizione Imperius.

L'unico che sembrava trovare la situazione maledettamente divertente, nemmeno a dirlo, era Peter, che si sbellicava dalle risate a qualche metro dagli altri due idioti.

Feci appena in tempo ad alzare lo sguardo verso Remus che lui si era già alzato, camminando a passi pesanti verso l'uscita. Con un sospiro afferrai la tenda alle mie spalle, tirandola cercando di mantenere un'espressione impassibile, lo sguardo fisso davanti a me.

Mentre fuori si scatenava una pioggia di “Ahia!”, io ripresi a bere il mio tè con tutta la dignità che mi era rimasta.

 

Un paio di ore dopo stavamo tutti e cinque camminando nuovamente in direzione del castello, le sciarpe ben tirate sul volto in modo da ripararsi dal vento, impedendo perciò qualunque forma di comunicazione.

Io comunque ero troppo impegnata a riflettere su quanto mi avevano riferito per aver voglia di conversare. Prima di venire a disturbare me e Remus, Sirius, James e Peter si erano dati all'esplorazione dei dintorni, con l'intenzione di mettere in atto la loro trappola – che di tale per il momento sembrava avere solo il nome – ma la presenza degli auror li aveva costretti a ritirarsi, tornando indietro a mani vuote.

Non sembravano comunque essersi affatto dati per vinti, ma, anzi, erano convinti che la loro “trappola” avrebbe funzionato. L'unica dubbiosa sembravo continuare a rimanere io, ma mentirei se dicessi che l'idea che mi stessero tenendo dei particolari nascosti non mi avesse sfiorata.

Tuttavia il modo in cui anche Remus si fingeva così palesemente felice e spensierato per poi rabbuiarsi non appena pensava che nessuno lo stesse guardando mi faceva presupporre che neanche lui contasse troppo su la riuscita di questo piano.

Perfino Sirius in effetti sembrava troppo euforico, quasi si stesse sforzando di far vedere quanto fosse ottimista, e James con lui. Peter dal canto suo sembrava sempre spaventato, perciò non avrei saputo giudicare.

Con un sospiro mi resi conto che, in effetti, erano tutti terrorizzati. Forse addirittura più di me.

“Merlino, stavo congelando!” esclamò Sirius non appena attraversammo il portone del castello, immediatamente accolti da un'ondata di piacevole calore.

Non feci nemmeno in tempo a togliermi la sciarpa che una ragazza ci passò davanti, fermandosi di colpo “Remus!” esclamò, andandogli subito incontro.

Era una ragazza bassa e piccola, quasi fosse in miniatura. I capelli mossi e biondi le coprivano quasi completamente la schiena, anche se ero sicura che, comparati ai miei, sarebbero risultati ben più corti, nonostante i miei mi superassero appena le scapole.

“Mary” fece Remus. Lo guardai scettica, poi tornai a concentrarmi su di lei. E questa chi diamine sarebbe?

La ragazza si fermò davanti a lui, salutando con un cenno gli altri tre ragazzi che si affrettarono rispondere. Il ghigno che si era formato sul volto di Sirius mi preoccupava non poco.

“Ho finito il saggio per Rüf. Grazie mille per avermi prestato il tuo, non so come avrei fatto senza. Ovviamente sono stata ben attenta a non copiare frasi intere...” disse, sorridendo a trentadue denti. Ma era almeno possibile averli così bianchi?

Remus sorrise cordiale “Figurati, non mi è costato niente”

Stai andando in sala comune? Posso ridartelo ora, salgo un secondo in dormitorio” Grifondoro ovviamente.

Remus si voltò un secondo a guardare gli amici alle sue spalle – me compresa – chiaramente preso leggermente alla sprovvista, ma io mi limitai a fissarlo con sguardo granitico.

Sperai quasi di vederlo rabbrividire o, che so, gettarsi a terra implorando il mio perdono. Lui invece piegò lievemente la testa, lanciandomi uno sguardo di pura perplessità.

No... no, ora non posso. Tienitelo pure, puoi darmelo domani”

La ragazza sembrò percepire qualcosa nell'aria, e finalmente il suo sguardo si posò su di me “Oh, allora... ehm... certo” fece, allontanandosi lentamente e voltandosi solo per salutare con un breve “Ciao”, che suonava più come una domanda.

Non appena scomparve nel corridoio, io mi rilassai, rendendomi immediatamente conto di quanto fosse appena stata stupida la mia reazione. Di nuovo, mi resi conto con odio di quanto, attorno a Remus, fossi irrazionale.

E' sempre più cotta, eh?” sghignazzò Sirius, acquistando immediatamente la mia completa attenzione. Guardai Remus, il quale era arrossito fino alla radice dei capelli.

Eh già. E' un peccato che tu abbia spostato le tue preferenze altrove” aggiunse James, adocchiandomi palesemente divertito.

Sollevai le sopracciglia, cercando di nascondere l'irritazione, sapendo benissimo che avrebbe solo peggiorato le cose. Inoltre non intendevo dargli la soddisfazione di fargli sapere quanto la situazione mi stesse infastidendo.

Remus fissò entrambi i ragazzi con sguardo assassino, ma Sirius ghignò nuovamente “E pensare che Lunastorta non riusciva a toglierle gli occhi di dosso appena l'anno scorso. È proprio vero quello che si dice: mago che padroneggia l'incantesimo cessa di ammirarlo”

Sbuffai a quella ridicola constatazione, ma allo stesso tempo sentii una fastidiosa sensazione di bruciore alla pancia. Mi sforzai di mantenere la mia espressione impassibile, quasi ai limiti della noia.

Remus ora aveva la bocca aperta in un'espressione di stupore, quasi non potesse credere a quanto avessero appena detto i suoi amici “Voi... io... riuscivo benissimo a toglierle gli occhi di dosso!”

Sì, certo, continua a ripetertelo”

Remus afferrò James per un braccio, con Sirius e Peter subito dietro di loro. Si allontanarono di qualche passo, ma non mi fu difficile sentire quanto stavano dicendo. C'era un eco spropositato un quell'andito.

Siete impazziti?!”

Entrambi i ragazzi si strinsero le spalle, mentre Peter li osservava incerto se ridere o no. Forse temeva una nuova lite.

Sospirai pesantemente, guardando per qualche secondo i ragazzi discutere; poi, prima che potessero notarmi, mi voltai e tornai indietro sui miei passi, uscendo nuovamente al freddo del cortile, decisa a lasciare i ragazzi a parlare per i fatti loro.

Quando una folata di vento mi colpì in pieno petto, facendomi per poco volare via la sciarpa e scombussolandomi i capelli più di quanto non fossero, cambiai quasi idea. Ma tornare lì dentro così che pensassero di essere riusciti a turbarmi non era nemmeno una vera possibilità.

Anche perché non mi avevano turbata. Non proprio.

Elisabeth, aspetta” sentii Remus chiamarmi, per poi raggiungermi. Continuammo a camminare per qualche secondo l'uno accanto all'altra, una piacevole sensazione di Dèjà vu nell'aria.

Mi dispiace” fece lui dopo un po', dandomi un colpetto con la spalla. Scossi la testa “Non sono arrabbiata”

Era vero, non ero arrabbiata. Ero... triste? Insicura? Gelosa?

Gelosia, che parola nuova.

Ero piuttosto sicura di non esserlo mai stata.

Invidiosa, quello di sicuro, ma mai mi ero sentita così... così... Insomma, sapevo di non essere la prima ragazza per cui Remus provava qualcosa. Quante possibilità ci sarebbero state?

Solo perché ero strana io, non voleva dire che lo fosse anche lui. Eppure vederlo con i miei occhi... non saprei, ero quasi delusa. Delusa dell'idea che mi ero fatta della nostra relazione, forse.

Eppure, sapevo bene che tutto questo non aveva niente a che fare con Remus in sé.

Non è che non potevo staccare gli occhi da lei” borbotto lui dopo qualche secondo di silenzio “E' che... insomma, mi piaceva. E sapevo di piacerle a mia volta. Però, l'idea di stare con qualcuno senza potergli mai rivelare la verità su di me, sulla mia maledizione...”

Un enorme peso mi schiacciò il petto “Quindi è per questo che stai con me? Perché so?” domandai, senza soffermarmi troppo a pensare al fatto che fosse la prima volta in assoluto che uno di noi definiva in qualche modo la nostra relazione.

Lui comunque sembrò impiegare qualche secondo ad elaborare la mia domanda “Certo che no” asserì serio, corrugando le sopracciglia.

Continuai a camminare, dubbiosa.

Magari all'inizio. Insomma, il fatto che tu sapessi della mia maledizione eppure mi guardassi come se fossi... beh, come se davanti a te avessi un essere umano...”

Non dire stupidaggini” lo interruppi “Tu sei umano. Hai solo un... piccolo problema peloso” borbottai, chiedendomi nell'istante in cui terminai la frase perché mai al mondo avessi deciso di usare proprio quel termine.

Remus ridacchiò “Vedi? E' proprio questo che intendo”

Ero incuriosito, e affascinato” continuò “Non pensavo che quanto era accaduto con Peter, James e Sirius potesse ripetersi.

Comunque, l'interesse che provavo nei tuoi confronti era puramente amichevole. Non mi aspettavo di certo... non mi sarei mai immaginato che io e te... che noi saremmo diventati questo

Solo amichevole, eh?” domandai, sollevando lievemente le sopracciglia.

Proprio così. Ti ho sempre trovata carina però”

A mio malgrado, ridacchiai, scuotendo la testa con rassegnazione. Eravamo praticamente arrivati alla capanna del guardiacaccia, perciò ci fermammo. Dal comignolo usciva una bianca folata di fumo, e con il vento che tirava perfino l'idea di stare al calduccio in quella disastrata casetta mi sembrava invitante.

Quando però Remus si sedette su una roccia lì accanto, aprendo le braccia in segno di invito, non ci pensai due volte prima di gettarmici dentro, accogliendo il calore emanato dal suo petto con un sospiro.

Credo che sia stato il pollo a fregarci”

Il pollo?” chiese Remus, confuso. Annuii, osservando con preoccupazione il cielo sopra di noi.

Un acquazzone stanotte non ce lo risparmia nessuno.

Sì, il pollo. Ricordi quella volta in cui mi hai dato ripetizioni? E quando in cucina ci siamo quasi...”

Baciati?”

Sì, proprio quello” confermai, segretamente felice di sapere che non avevo mal interpretato la situazione al tempo “Prima di allora non avevo mai pensato a te come... lo sai”

E dopo invece sì?”

Gli diedi un leggero colpo sulla spalla “No. Forse. A malapena”

Il suo petto si scosse in una risata, e Remus si chinò appena per darmi un bacio sulla nuca “ A me mi ha fregato il letto”

Spalancai la bocca, sollevandomi e guardandolo con un'espressione di finta indignazione.

Che impudente!” esclamai, provando a colpirlo di nuovo. Lui mi afferrò la mano, scoppiando a ridere senza però riuscire ad impedire ad un lieve rossore di colorargli le guance “Parlavo di sogni”

Lo osservai curiosa, ma questo lo fece solo arrossire di più “Ti ho... potrei averti più o meno sognata”

Sognata?”

Più precisamente sei tu che ti sei intrufolata in uno dei miei sogni”

Io non ho fatto proprio niente del genere”

Remus sbuffò, scoccandomi un'occhiataccia “Vuoi proprio rendermi le cose difficili, eh?”

Sempre”

Lui assottigliò lo sguardo, poi sospirò “E va bene, ti ho sognata. Con la S maiuscola. Il giorno dopo il disastro in biblioteca, dopo averti riaccompagnata al dormitorio”

Ricordavo quel giorno, fin troppo bene in realtà.

Quindi il giorno dopo, quando ti ho chiesto dei tuoi sogni... E' per questo che sei arrossito!” non riuscii a trattenere una risata. Insomma, la situazione era ridicola.

Me ne pentii non appena vidi l'espressione mortificata sul volto di Remus “E cosa facevo in questo tuo sogno?” chiesi, cercando di mostrare quanto fossi seria, o di fingere per bene almeno.

Niente in realtà. Eri ferma a qualche metro da me che mi osservavi”

Non sembra un sogno particolarmente interessante” gli feci notare. Lui comunque abbassò lo sguardo, sorridendo timidamente “Lo era per me”

Mi fissai le scarpe, insicura su come commentare. Tutti i dubbi, tutte le paure che avevo avuto. E lui aveva cominciato a provare qualcosa per me mesi prima.

Come ero stata stupida.

Ora penserai che sono un idiota, eh?” mi domandò Remus, sorridendo tristemente. Una risposta sarcastica premette sulle mie labbra, ma la trattenni. Sentivo che non era il momento, non adesso.

Penso che devo essere la ragazza più fortunata al mondo ad averti” dissi, prendendogli il volto tra le mani e guardandolo fisso negli occhi, così che potesse leggere la verità nelle mie parole “E penso che l'idiota sono stata io a non averlo realizzato prima”

Posai delicatamente le mie labbra sulle sue, lasciando scivolare le mani sulle sue spalle. Ci separammo quasi subito, gli sguardi ancora fermi l'uno su quello dell'altro.

Ti amo”

Mi paralizzai all'istante, incapace di emettere un suono. Per qualche secondo sperai quasi di essermi appena immaginata le parole di Remus, ma la sua espressione nervosa mi convinse del contrario.

Il silenzio calò tra noi, e presto mi resi conto che forse avrei dovuto dire qualcosa, rispondergli magari. Avrei dovuto mostrarmi felice? Avrei dovuto dirgli “ti amo” anche io?

Ma sopratutto, io lo amavo?

Non riuscii a darmi una risposta, poiché in quel momento Remus si alzò in piedi, lo sguardo concentrato. Per un attimo temetti che si fosse sollevato per andarsene, ma quando cercai di parlargli lui si posò un dito sulle labbra, facendomi segno di fare silenzio e indicando qualcosa in lontananza.

Impiegai un po', ma alla fine lo vidi: Avery.

Era a qualche metro da noi, diretto verso il bosco che si guardava attorno con aria furtiva. Non appena si voltò nella nostra direzione, sia io che Remus istintivamente ci chinammo, nascondendoci appena dietro le rocce.

Avery comunque non fece caso a noi, ma continuò ad avanzare, sparendo dopo poco dietro gli alberi. Mi sollevai di scatto.

Andiamo” dissi, cominciando a seguirlo. Mi ci volle qualche passo per rendermi conto che Remus non mi stava seguendo.

Mi voltai, e lo vidi osservarmi incerto, poi guardare con apprensione il cielo. Capii immediatamente il problema “La luna sta per sorgere”

Remus annuì “E' questione di minuti. Un paio di ore al massimo”

Posso andare da sola” dissi, nonostante il solo pensiero mi terrorizzasse. Remus comunque scosse la testa “No, vengo con te. Solo cerchiamo di fare in fretta, qualunque cosa stiamo per fare”

Annuii, afferrandogli la mano e incamminandomi a passo veloce verso il punto in cui avevo visto sparire Avery. Quando arrivammo ai piedi della foresta ci fermammo per qualche istante, guardandoci a vicenda, poi entrammo.

Dentro era perfino più buio del solito, la chioma degli alberi che impediva alla poca luce di filtrare. Remus tirò fuori la bacchetta, accendendone la punta e usandola per farci strada.

Cercammo di fare il meno rumore possibile e, allo stesso tempo, di ascoltare tutti i suoni attorno a noi, nella speranza di ritrovare Avery. Quasi lanciai un urlo di vittoria quando lo vidi a pochi passi di distanza, che camminava lentamente addentrandosi sempre di più tra gli alberi.

Richiamai l'attenzione di Remus. Alla vista del ragazzo sussurrò Nox, riportandoci nella più completa oscurità ma impedendo così ad Avery di vederci.

Dovemmo camminare ancora per qualche minuto, ma finalmente ecco che il ragazzo si fermò, uscendo allo scoperto in uno spazio aperto. Poi sparì.

Fissai il punto in cui fino a pochi istanti prima vi era Avery con espressione vuota. Che stava succedendo?

Sentivo il respiro pesante di Remus alle mie spalle. Sapevo che dovevamo tornare indietro. Sapevo che la situazione stava diventando pericolosa.

Eppure non mi detti ascolto. Avanzai, uscendo allo scoperto ed esponendomi alla luce del sole. Sentii Remus afferrarmi la mano, perciò mi voltai verso di lui. La vicinanza della luna era evidente sul suo volto, sempre più tirato ad ogni minuto che passava. Sapevo cosa mi stava dicendo, voleva che tornassi indietro, voleva che mi mettessi al sicuro. Per un secondo pensai di farlo.

Un secondo ancora, poi andiamo. Prometto” dissi invece, lasciandogli la mano ed avanzando ancora.

Troppo tardi sentii Remus che urlava il mio nome. Troppo tardi vidi Avery nascosto nella penombra, che sorrideva pericolosamente appagato, la bacchetta tesa verso di me.

Qualcosa mi rovinò addosso, facendomi cadere a terra.

Il colpo al petto mi lasciò senza fiato, e una dolorosa fitta si fece strada su per il mio braccio. Rimasi ferma lì, a terra, il cuore che batteva ad un ritmo innaturalmente veloce.

Stai bene?” mi chiese una voce familiare a pochi centimetri dal mio orecchio. Quasi scoppiai a piangere dal sollievo. Mi sollevai lentamente, aiutata da Remus.
“Credevo di essere morta” ammisi, constatando invece di essere ancora miracolosamente tutta intera. Lo stesso non si poteva dire l'albero incenerito alle mie spalle.

Ti avevo detto che non te l'avrei resa facile”

Mi voltai di scatto, il corpo teso e pronto all'attacco. Prima di rendermene conto avevo già afferrato la bacchetta e l'avevo tesa davanti a me.

Anche Remus fece lo stesso, ma la lentezza dei suoi movimenti tradì la sua stanchezza. Sperai solo che Avery non lo notasse.

Remus comunque avanzò di qualche passo “Due contro uno. Non è stata una grande mossa” decretò, lo sguardo duro. Curvai le labbra in un sorriso: non avevo dubbi che, anche così, Remus si sarebbe sbarazzato di Avery in un secondo.

E chi ha detto che combatterò con voi?” domandò allora lui, aprendosi in un sorriso “Per distruggervi, io non ho bisogno di fare niente”

Non sembravi pensarla così qualche secondo fa” gli feci notare, indicando con un cenno l'albero sul quale era caduto l'incantesimo destinato alla mia testa.

Avery scoppiò a ridere, facendomi accapponare la pelle. Istintivamente mi strinsi leggermente a Remus.

Non hai capito proprio niente. Quello non l'ho lanciato per colpirti. Quello serviva per farti spostare esattamente dove sei ora”

Sia io che Remus guardammo ad i nostri piedi, la tensione palpabile nell'aria. Temevo quasi di vedere un nido di serpenti, invece non vi era niente “Tu deliri”

Adesso basta” sbottò Remus. Il suo sguardo si spostava affannosamente da Avery al cielo, che stava diventando sempre più scuro. Tese la bacchetta davanti a sé, la mano quasi tremante. Poi accadde.

Vidi appena l'incantesimo lasciare la sua bacchetta, tanto lo lanciò in fretta. Non una parola lasciò le sue labbra, non un movimento tradì la sua azione. Avery non avrebbe potuto bloccarlo, non avrebbe mai fatto in tempo.

Ma poi, ecco che un incantesimo colpì me e Remus, scaraventandoci a terra. Sentii il petto esplodermi, ma la sensazione passò in fretta. Con un gemito mi tirai su, solo per incontrare lo sguardo terrorizzato di Remus al mio fianco. Mi voltai immediatamente a guardare Avery, ancora fermo e sorridente al suo posto. Non capivo. Come aveva fatto? Non era possibile che avesse lanciato un incantesimo senza la bacchetta. Che vi fosse qualcun altro nella radura?

Pensi ancora che io stia delirando?” mi chiese Avery, scoppiando a ridere. Remus tese lentamente la mano alla sua destra, verso qualcosa che io chiaramente non potevo vedere. Capii le sue intenzioni solo quando, ad un certo punto, dalle sue dita scaturì una scintilla blu, che si diradò tutto attorno a noi, quasi a formare un cilindro di energia.

E poi capii.

Una trappola. Era stata tutta una trappola.

Avery ci si avvicinò, rimanendo però al di fuori del perimetro della circonferenza “Ti piace? Un piccolo incantesimo di mia invenzione” disse, chinandosi così da guardarmi negli occhi “A prova di licantropo, ovviamente”

Fortunatamente Avery era troppo impegnato a fissare me per accorgersi di Remus, che non appena sentì la parola spalancò gli occhi, guardando l'altro ragazzo incredulo. Strinsi le labbra, sentendomi incredibilmente stupida. Come avevo potuto caderci davvero? Come avevo potuto trascinare Remus con me?

Sentii il suo sguardo accusatore sulla mia nuca, ma mi rifiutai di alzare la testa. Mi concentrai invece su Avery “Cosa hai intenzione di fare?”

Te l'ho detto, niente. Ci penserai tu a fare tutto. La luna sorgerà a breve”

E allora, non sarò io a trasformarmi. Non sarò io ad uccidere la persona chiusa qui con me. Sarà Remus.

Quando gli auror ti troveranno, ormai del tuo ragazzo non sarà rimasto molto. Abbastanza per accusarti di omicidio però, e rinchiuderti ad Azkaban per tutta la vita.

O forse non ci arriverai nemmeno. Ho sentito che al ministero piace sperimentare su quelli come te. Stanno cercando una cura”

Avery... non farlo” mi ritrovai a sussurrare, in preda alla disperazione. Non sapevo quale alternativa fosse peggiore: dover essere io ad uccidere Remus, o il fatto che sarebbe stato lui ad uccidere me, costretto a convivere con questo peso per il resto della sua vita.

Avery sorrise per l'ultima volta “L'ho già fatto” poi si voltò, allontanandosi con passo leggero.

Non lasciarci qui!” urlai, facendo per inseguirlo. La barriera mi ributtò indietro, facendomi cadere per l'ennesima volta a terra. Quando sollevai lo sguardo, vidi il sole che tramontava davanti ai miei occhi.

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Capitolo 19
*** Game on ***


Ah, guarda chi si rivede. Me. 
Lo so, lo so, lo so. Sono un disastro. E sono imperdonabile. E' passato un intero mese dall'ultima volta che ho aggiornato. Se potessi spiegare a parole il senso di colpa che provo lo farei, ma non saprei da dove iniziare.
La cosa peggiore è che il problema non è la mancanza di idee, o il "blocco dello scrittore". Il problema qui è la totale mancanza di tempo. Per darvi un'idea della situazione, questo capitolo è stato quasi interamente scritto durante le varie ore di Storia dell'arte ( su carta ) e oggi ho letteralmente lasciato perdere biologia ( nonostante abbia l'interrogazione domani ) pur di copiarlo sul pc e pubblicarlo. 
Perciò, mi inginocchio e chiedo clemenza. Vorrei poter promettere che il prossimo capitolo lo aggiornerò con molto anticipo (e spero sarà così!), ma purtroppo non posso esserne certa.
Ok, ho blaterato abbastanza. Vi lascio al nuovo capitolo, che spero vi piaccia! 
PS: Ne approfitto per ringraziare come sempre chiunque abbia messo questa storia tra le preferite, le seguite e le ricordate. Davvero non so esprimere la mia gratitudine.
Un immenso grazie anche a tutti coloro che puntualmente mi lasciano una recensione, siete fantastici e vi amo tutti *cries*


 
 

Remus si passò le mani sul volto, osservando con orrore il sole calare lentamente dietro le montagne, il lieve rossore dei suoi raggi appena visibile da dietro le scure nubi cariche di pioggia.

Stavo per morire. Lo sapevo. Eppure la cosa non mi pareva reale. Morire così, adesso, era... sbagliato. Semplicemente non era come mi ero immaginata sarebbe successo. Era da quando avevo undici anni che davo per scontata la mia dipartita per mano di uno degli scagnozzi di Tu-Sai-Chi non appena quest'ultimo avesse preso il pieno potere della comunità magica.

Guardando Remus, provavo ad immaginare come invece sarebbe stato morire per mano sua. E non ci riuscivo. Sembravo proprio non essere capace di accettare il mio inevitabile fato.

“Dobbiamo uscire di qui” dissi, avvicinandomi a sfiorare la barriera che ci circondava con la punta delle dita, e ritraendo la mano non appena una forte scossa mi percorse l'intero braccio. Di nuovo, proprio come quando l'aveva toccata Remus, ecco che lentamente comparve, diventando visibile e mostrando esattamente il suo piccolo perimetro. La osservai, cercando con attenzione qualche falla, qualche punto di rottura, qualcosa che mi mostrasse un modo per uscirvi. Quando questa cominciò lentamente a sbiadire, avvicinai nuovamente la mano, ma la presa salda di Remus mi bloccò. Sollevai sorpresa lo sguardo, incontrando il suo. Non mi ero nemmeno accorta che si fosse mosso.

“Non serve a niente fare così” disse serio. Io lasciai la sua presa, passandomi una mano tra i capelli intricati “Cosa dovremmo fare allora? Stare fermi ad aspettare che sorga la luna?”

Remus abbassò lo sguardo, osservandosi le mani tremanti, e io mi pentii immediatamente delle mie parole. Rimasi comunque in silenzio, sapendo che probabilmente parlando non avrei fatto altro che peggiorare la situazione.

Si passò con fare nervoso una mano sui pantaloni, tornando poi finalmente a guardarmi “Tu sapevi che lui pensava...”

Lo fissai per qualche secondo, sapendo bene che si stava riferendo a quanto aveva detto Avery, al fatto che pensasse fossi un lupo mannaro.

“Sì” confessai infine.

Remus non sembrò nemmeno particolarmente sorpreso “Perché non me l'hai detto?”

“Mi dispiace, va bene? Mi dispiace” sbottai, cominciando a camminare in circolo “Sono stata stupida e mi dispiace”

“Non sto dicendo questo...”

“Beh, è la verità” dissi, fermandomi e sedendomi a terra “Volevo solo... non lo so, volevo – pensavo – che per una volta avrei potuto cavarmela da sola. Pensavo di poter gestire Avery per conto mio, senza tirarti in ballo. Chiaramente mi sbagliavo”

O forse avrei semplicemente dovuto uccidere Avery alla prima occasione. Avrei dovuto immaginare che la storia non si sarebbe conclusa facilmente. Ero riuscita ad incasinare tutto prima ancora che ci fosse qualcosa da incasinare.

“Mi dispiace” ripetei, chiudendo gli occhi e posando la fronte tra le mani “Volevo solo tenerti al sicuro”

Sentii Remus muoversi al mio fianco, il suono di foglie secche e rametti spezzati che risuonavano in maniera quasi innaturale nel silenzio. Si fermò davanti a me, ma io tenni ostinatamente il viso nascosto. Non volevo incontrare il suo sguardo, temendo di leggervi qualcosa che non mi sarebbe piaciuto. Disprezzo, per esempio. O, molto più probabilmente, senso di colpa.

“Potremmo stare ore qui a discutere su chi avrebbe dovuto fare cosa” sussurrò “Ma perderemmo solo tempo che non abbiamo” si sollevò di nuovo, e io lo seguii con lo sguardo, sbirciando curiosa.

“E' un incantesimo ristretto ad un area molto piccola, e non ha usato la bacchetta per intrappolarci. Ti ha detto che gli serviva che andassi proprio qui, in questo punto...”

Lo osservai incerta, non pienamente sicura di comprendere a cosa volesse arrivare “Deve essere delimitato da qualcosa, un oggetto oscuro probabilmente”

“Delimitato?”

“Sì. Deve esserci un qualcosa che segni i confini dell'incantesimo”

Guardai automaticamente al mio fianco, dove sapevo esserci la base del campo “Qui non c'è niente”

“Forse l'ha reso invisibile. Aspetta” disse, tirando fuori la bacchetta. La puntò verso il terreno, sussurrando un incantesimo a fior di labbra.

Niente.

Remus rimase in silenzio qualche secondo, osservando con insistenza il terreno “Eppure ero sicuro...”

Sollevò allora lo sguardo in aria, con fare concentrato “Potrebbe essere sospeso sopra di noi, ma non vedo come. Tenere sospeso un oggetto carico di magia oscura non è una passeggiata, sopratutto senza tenergli la bacchetta puntata sopra”

“O forse è riuscito a creare una tela che...”

“Non potrebbe essere sotto?” domandai, interrompendo i suoi farfugliamenti. Remus tornò a concentrarsi su di me “Sotto?”

“Sotto terra. Mi sembra la scelta più ovvia”

Remus guardò il terreno ai suoi piedi, poi corrucciò la fronte “E' piuttosto logico in effetti” borbottò, alzando nuovamente lo sguardo. Io sollevai le sopracciglia, sorridendo con fare sarcastico, poi mi chinai, spostando alcune foglie e cominciando a spostare manciate di terra, cercando di raggiungere l'oggetto, qualunque esso fosse, lateralmente, così da non essere intralciata dalla barriera.

Quasi non lo vidi all'inizio, talmente era sottile, ma poi la mia attenzione fu attirata dall'enorme quantità di insetti radunati lungo tutto il suo perimetro.

Un filo, ecco qual'era il potente oggetto oscuro che ci stava tenendo lì. Un misero filo argenteo poco più spesso della mina di una matita.

Rilasciai un sospiro di sollievo: era fatta.

Lanciai uno sguardo a Remus, anche lui ora visibilmente più tranquillo, e mi sporsi ad afferrare il filo. Sarebbe bastato spezzarlo per uscire di lì.

“Aspetta” esclamò Remus appena prima che le mie dita lo sfiorassero. Lo guardai confusa, poi seguii il suo sguardo fisso sugli insetti. Sì, insomma, non entusiasmava nemmeno me l'idea di toccarli, ma da lì dovevamo pure uscire.

“Non ho problemi con quelli” mentii. Remus comunque scosse la testa “Sono tutti morti”

Per un attimo pensai fosse impazzito. Forse era un sintomo della vicina luna piena. Poi però, posato di nuovo lo sguardo verso il terreno, capii a cosa si riferiva.

“Che diamine...” sussurrai, notando finalmente l'innaturale immobilità di tutte quelle disgustose creature.

Remus si avvicinò, chinandosi accanto a me “Deve essere maledetto”

Ovviamente.

Senza stare troppo a pensarci, afferrai un rametto lì accanto. “Questo dovrebbe andare” borbottai, avvicinandomi piano al filo. Sentii la mano tremarmi leggermente, la paura che il filo potesse effettivamente ridurmi come quegli insetti che mi premeva nella mente con insistenza. Quando il legno fece contatto con il filo, la sua estremità cominciò immediatamente ad annerirsi, ma non sembrò avere alcun effetto su di me. Tirando un sospiro di sollievo, sollevai piano il filo argentato, sentendo chiaramente il cerchio di energia stringersi attorno a noi, l'aria che si faceva improvvisamente pesantissima, comprimendo il mio corpo fino a farmi quasi mancare il respiro.

“Non è che hai un paio di forbici, vero?” scherzai. Remus scosse la testa, puntando subito la bacchetta verso il filo “Ho di meglio”

Un potente getto di luce si scagliò verso il filo, quasi fosse un frusta infuocata. Con uno schiocco ( che sentii passare pericolosamente vicino al viso ) si abbatté su di esso, generando una cascata di scintille. Mi coprii il volto con il braccio libero, cercando di sfuggire al calore sprigionatosi dall'incantesimo.

Scese il silenzio, e io riemersi lentamente, aprendo gli occhi.

“Ce l'hai fatta!” esclamai, aprendomi in un sorriso sincero e afferrando il braccio di Remus “Siamo liberi!”

Lui però rimase serio, abbassando la bacchetta “Devi andartene subito” disse, soffermando per un istante lo sguardo sugli ultimi raggi di sole visibili oltre le montagne.

“Dobbiamo andare” lo corressi “Non puoi trasformarti qui nel bosco. Non con tutti questi auror in giro a cercare un lupo mannaro”

“Non faremo mai in tempo ad arrivare alla Stamberga, e non posso rischiare di trasformarmi con te vicino. Non riuscirei a controllarmi” sussurrò con vergogna, lo sguardo carico di preoccupazione.

“Allora ci conviene sbrigarci” ribattei testarda, afferrandogli la mano e trascinandolo con me. Non avevamo proprio il tempo di discutere al momento, e lo sapeva benissimo anche lui.

Tornammo indietro sui nostri passi, questa volta correndo il più velocemente possibile, senza curarci di quanto rumore stessimo facendo. Sentii vari rami graffiarmi, sassi premere dolorosamente sotto le mie scarpe, ma cercai di non curarmene. Anche quando ormai anche solo respirare era diventato una pena, mi impedii di cedere alla tentazione di fermarmi.

Ci vollero meno di dieci minuti per uscire dal bosco, meno della metà del tempo che ci avevamo messo all'andata, ma era stato comunque troppo.

La luna stava sorgendo davanti ai miei occhi.

Ripresi a correre, Remus alle mie spalle che si lasciava trascinare con sguardo vuoto. Non sapevo esattamente cosa gli stesse accadendo, ma ero piuttosto sicura che non fosse piacevole.

“Resisti ancora un po'” sussurrai, anche se non ero certa riuscisse a sentirmi. La sua presa sulla mia mano stava facendosi sempre più stretta. “Ancora qualche minuto”

“Remus, finalmente!” esclamò Peter vedendoci arrivare al Platano Picchiatore e correndoci incontro “La luna...”

“Dove sono Sirius e James?” chiesi frettolosa, catturando lo sguardo del ragazzo.

“Sono andati a cercarlo, erano preoccupati. Dove...”

“Non abbiamo tempo adesso, dobbiamo portarlo subito alla Stamberga”

“Ma...”

“Ora!”

Peter mi fissò per qualche secondo, poi annuì. Si lanciò all'interno del passaggio, fortunatamente deciso a non perdere altro tempo.

Feci andare Remus prima di me, che non appena fu al riparo dai raggi dalla luna rilassò il volto, lasciando la presa sulla mia mano. Sperai che il cielo nuvoloso giocasse in nostro favore.

“Ci siamo quasi” dissi, sospingendolo appena. Lui annuì, osservando con aria preoccupata me e Peter, le pareti così strette attorno a noi. Non mi sfuggirono i suoi pensieri: se si fosse trasformato lì, non ci sarebbe stato modo di fuggire.

“Avreste dovuto andarvene” sussurrò, le mani tremanti “Non voglio farvi del male”

“E non ce ne farai” lo rassicurai, prendendo la sua mano nella mia, senza però smettere di camminare.

Avanzammo il più velocemente possibile, quasi piegati in due, ma la galleria sembrava più lunga che mai. Sentivo i battiti del mio cuore che acceleravano sempre di più, come se stessero scandendo il poco tempo che ci rimaneva. Remus avrebbe potuto trasformarsi da un momento all'altro. Sentivo la sua mano farsi sempre più rigida, i muscoli sempre più tesi, il tremore sempre più forte. Stava combattendo contro la luna, ma sapevo bene che la cosa non sarebbe potuta durare.

Quando finalmente il tunnel cominciò a salire, Remus ormai era un blocco di marmo. Lo sospinsi nell'apertura, accogliendo con un sospiro la vista della Stamberga.

Era perfino più disordinata di quanto la ricordassi. Lì, dove avevo trovato Remus quella fatidica notte di luna piena poco meno di quattro mesi prima, giacevano a pezzi mobili e pezzi di muro, che sapevo essere stati distrutti dal lupo.

“Remus!” al grido di Peter mi voltai di scatto, osservando terrorizzata Remus accasciarsi a terra con un gemito. Dalla piccola finestrella nella stanza, la luce della luna si affacciò con prepotenza, lasciata finalmente libera dalle nere nubi.

I nostri volti furono illuminati, e io potei leggere con chiarezza l'immenso dolore sul volto di Remus, i suoi occhi puntati sui miei.

Aprì la bocca, come per dire qualcosa, ma fu un urlo a lasciare le sue labbra. Automaticamente mossi un passo nella sua direzione, ma Peter mi fermò con un braccio “Scappa! Ora!”

Sapevo che aveva ragione. Sapevo che avrei dovuto allontanarmi da lì. Ma i miei occhi si rifiutarono di distogliersi da Remus.

Lentamente, le sue spalle iniziarono ad incurvarsi. Il terribile suono di decine di ossa che si spezzano riempì l'aria, e lui gridò di nuovo. Il suo volto cominciò a mutare, allungandosi e ricoprendosi di grigi peli. I suoi vestiti si strapparono, cadendo a terra come stracci vecchi. Le sue mani, posate a terra nel tentativo di sostenere il corpo, cominciarono ad dilatarsi a loro volta, e le unghie crebbero fino a diventare lunghi artigli. Con un ultimo lamento, Remus improvvisamente si bloccò.

Rimase lì, immobile.

Poi alzò la testa.

Un paio di occhi gialli mi fissarono con bramosia.

“Elisabeth allontanati. Lentamente” sussurrò nuovamente Peter, attirando così l'attenzione di Remus su di sé. Con uno squittio, Peter cominciò lentamente a rimpicciolirsi, fino a sparire. Approfittando della momentanea distrazione del lupo, impegnato ad osservare i vestiti con diffidenza, cominciai ad indietreggiare lentamente. Poiché Remus era proprio davanti al passaggio, non mi restò altro che andare verso le scale, nella speranza che, se mi fossi allontanata abbastanza in fretta, lui non si sarebbe ricordato della mia presenza, non venendomi perciò a cercare.

Non appena misi il piede sul primo scalino, facendolo scricchiolare rumorosamente, divenne abbastanza chiaro quanto stupido il mio piano fosse.

Mi voltai di scatto, cominciando a correre su per le scale. Un profondo ululato risuonò per tutta la casa, facendomi venire la pelle d'oca. Mi ritrovai in un corridoio appena illuminato, perciò mi diressi alla cieca verso un punto imprecisato, tastando il muro fino a trovare quella che riconobbi essere una maniglia. Senza attendere oltre, aprii di scatto la porta ed entrai all'interno della nuova stanza, chiudendo immediatamente la porta alle mie spalle.

Non che sarebbe servita a molto.

Qualcosa di pesante la colpì, facendomi indietreggiare con un grido. Sentii Remus ringhiare con rabbia, vidi l'ombra delle sue zampe muoversi con nervosismo da sotto la porta. Quando questa venne colpita di nuovo, posai automaticamente le mani su di essa, come a volerla tenere. Sapevo che non avrei mai potuto equivalere la forza di un licantropo, eppure non sembravo essere in grado di escogitare nient'altro. La paura era diventata quasi paralizzante e allo stesso tempo inibitoria. Era come se non avessi pieno controllo del mio corpo, né della mia mente. I miei pensieri vorticavano ad una tale velocità che mi era impossibile seguirne il flusso. Le mie gambe tremavano così violentemente che mi reggevo a malapena in piedi.

Nuovi colpi alla porta. Questa volta brevi, molto più deboli.

“Elisabeth? Elisabeth, maledizione, apri la porta!”

Fantastico, ora eravamo arrivati alle allucinazioni.

“Giuro che la sfondo!”

Arricciai il naso, riconoscendo la voce, troppo irritante per essere un'allucinazione “James?”

“Ben svegliata. Ti decidi ad aprire? O preferisci vedermi ridotto in brandelli?”

“Ora che la metti così...”

“Apri e basta”

Aprii la porta, lasciando entrare un Potter sudaticcio e affaticato. Feci appena in tempo a richiuderla alle mie spalle, che un nuovo pesante colpo la scosse, subito seguito dal rumore di oggetti che venivano distrutti e lievi mugolii di dolore “Che sta succedendo là fuori?”

“Sirius sta cercando di tenerlo impegnato, così che non venga a cercare noi” mi spiegò James in parole povere, alzando poi la bacchetta e cominciando a lanciare incantesimi verso la porta. Guardai come sempre con invidia il modo in cui lui e Remus riuscivano a lanciarli senza pronunciare mezza parola.

“Questi dovrebbero bastare a tenerlo fuori”

Mi rilassai, sapendo bene che, per quanto idiota, James con gli incantesimi ci sapeva fare “Non dovremmo fare entrare anche Peter e Sirius?” domandai all'ennesimo rumore di vetri rotti.

“No, loro sono trasformati, non corrono pericoli. Inoltre, mal che vada, possono sempre rifugiarsi nel tunnel. E' troppo stretto perché Remus riesca a passarci”

“E come mai tu sei venuto qui a farmi da balia?”

James scioccò le labbra infastidito “Non faccio la balia proprio a nessuno. Nemmeno sapevo che fossi qui, a dirla tutta. Ma la mia forma animale è troppo grande perché riesca a trasformarmi qui dentro”

Lo fissai per qualche istante, poi scoppiai a ridere, chiaramente a causa di un esaurimento nervoso. Quando notai l'espressione assassina di James, strinsi le labbra, bloccandomi “E' solo” provai a spiegare, incapace di trattenere la ridarella “Che non ho potuto fare a meno di immaginarti incastrato per le corna”

“Per caso hai sbattuto la testa?”

“Due o tre volte”

James sospirò, andando a sedersi sopra il letto impolverato.

“Sarà una lunga notte”


 

La prima cosa che notai quando mi svegliai la mattina successiva, la testa che mi pulsava dolorosamente, fu un fastidioso peso sullo stomaco. E non intendo in senso figurato. C'era letteralmente qualcosa di pesante che mi premeva sulla pancia.

Gemetti piano e aprii gli occhi. Mi ci volle qualche secondo per ricordare dove mi trovassi e quanto fosse accaduto la sera prima, ma appena lo feci mi passai una mano sul volto, chiedendomi quando esattamente tutto questo era diventato la normalità per me.

Sollevai piano il busto, cercando di capire cosa diamine mi stesse impedendo di muovermi. Quando finalmente riuscii a vedere di cosa si trattava, spalancai gli occhi incredula.

James Potter mi stava usando come cuscino.

Lo fissai per qualche secondo, non credendo ai miei occhi. Non mi ero nemmeno accorta che si fosse messo a dormire sul letto con me. A dirla tutta, non ricordavo di essermici messa nemmeno io a dormire su quel letto.

Il mio primo istinto fu di alzarmi di scatto, lasciando pure che il bel addormentato si schiantasse a terra. Poi però cambiai idea. Un Potter di malumore di prima mattina non mi sarebbe stato di nessuna utilità. Cominciai perciò a strisciare lentamente fuori dal letto, adagiando piano la testa dell'idiota sul materasso. Questo si mosse infastidito un paio di volte, borbottando qualcosa come “Non sono stato io a schiantare Mocciosus, Evans”, ma non diede altro segno di essersi accorto dei miei movimenti.

Quando finalmente fui libera mi alzai in piedi, stiracchiandomi indolenzita. Per essere vuota, la testa di James era incredibilmente pesante.

Con la coda dell'occhio notai una vecchia coperta ai piedi del letto, quasi sicuramente portata da uno dei ragazzi nelle precedenti lune piene. La afferrai, poi mi avvicinai lentamente alla porta, aprendola il più silenziosamente possibile. Non appena abbassai la maniglia, sentii come una corrente d'aria lasciare la stanza, e capii che gli incantesimi di protezione erano caduti. In punta di piedi lasciai la stanza e mi richiusi la porta alle spalle.

Il corridoio era appena più illuminato della notte precedente, la luce che arrivava dal fondo della scale. Osservai i graffi sui muri e il mobilio distrutto, sentendo un'ondata di preoccupazione farsi strada nella mia mente. Scesi le scale, stando attenta a non farle scricchiolare troppo, e appena arrivai di sotto mi guardai attorno.

Anche qui, pezzi di mobili e vetri ricoprivano l'intero pavimento. La stanza era ridotta decisamente peggio della sera prima, ma non riuscii a concentrarmi per molto su quel pensiero, perché presto la mia attenzione fu catturata da altro.

Remus dormiva sdraiato a terra, rannicchiato in posizione fetale, nudo come il giorno in cui era venuto al mondo. Vari graffi sanguinanti gli ricoprivano le spalle e la schiena, ma il suo respiro era lento e regolare. Mi avvicinai, accucciandomi accanto a lui, e gli spostai delicatamente i capelli dal volto, osservando con tenerezza la sua espressione tranquilla. Solo Merlino sapeva quello che aveva passato la sera prima, eppure nel sonno riusciva ancora ad essere sereno. Sentii le mie labbra piegarsi in un sorriso mentre ripensavo a quanto mi aveva detto il giorno prima, al fatto che mi aveva sognato. Chissà se lo stava facendo anche adesso.

Mi risollevai, spiegando la coperta con un gesto secco davanti a me e posandola con delicatezza su Remus.

“Non sono sicuro di voler sapere perché sei qui”

Sorrisi tra me e me, finendo di sistemare la coperta su Remus e girandomi lentamente “Sei troppo ficcanaso per non volerlo sapere”

Sirius sorrise, sistemandosi uno dei tanti ciuffi ribelli dietro l'orecchio “Meglio lasciarlo dormire. È stata una nottata movimentata” disse, facendomi segno di seguirlo. Lanciai un'ultima occhiata a Remus, poi gli andai dietro. Risalimmo le scale, entrando però in un'altra stanza del corridoio. Era più piccola di qualsiasi stanza avessi visto in quella casa, con solo un divanetto e un piccolo camino sporco, ma la luce del sole entrava chiara dalla finestra, illuminando completamente l'ambiente. Mi sedetti sul divano sollevando una nuvoletta di polvere, poggiando la testa sulla spalliera “E' tutto coperto di graffi”

Sirius strinse leggermente le labbra in un sorriso costernato “Potrebbe essere causa mia. Per allontanarlo da James - beh, a quanto pare anche da te - gli sono saltato al collo, e questo non gli ha fatto particolarmente piacere. Io e Peter siamo fuggiti all'interno della galleria e Remus per la rabbia... beh, non potendosela prendere con noi se l'è presa con sé stesso”

Storsi le labbra in una smorfia di disapprovazione. L'idea di Remus ferito non mi piaceva per niente, anche se era lui stesso a provocarsi le ferite.

“Lo so, nemmeno a me ha fatto piacere assistere alla scena” asserì Sirius come se mi avesse letto nel pensiero, lo sguardo seriamente dispiaciuto “Ma non potevo farci niente”

“Lo so” lo rassicurai. Di certo non potevo incolpare lui per quanto era successo quella notte. A dire la verità, se qualcuno aveva delle colpe, quella ero io. Ero stupidamente caduta nella trappola di Avery, trascinando Remus con me. Se non fossi stata così stolta, ora probabilmente Remus sarebbe stato incatenato al muro, ma illeso.

Di nuovo, Sirius sembrò indovinare i miei pensieri “Vuoi dirmi cosa è successo ieri sera?”

Sospirai, raddrizzando la schiena e guardandolo negli occhi “Avery” dissi, poi cominciai a raccontargli di come io e Remus lo avessimo visto entrare nella foresta con aria furtiva, e avessimo deciso di seguirlo. Come io avessi deciso di seguirlo. Gli raccontai brevemente della trappola e di quanto aveva detto Avery, lasciandoci poi lì in balia della luna.

“Aspetta, mi stai dicendo che Avery credeva che il licantropo fossi tu?”

Annuii “Per quanto ne so, lo crede ancora”

Sirius si sollevò in piedi, guardandomi incredulo “Era questo che ti stava dicendo la scorsa settimana in corridoio! Perché non ce l'hai detto?”

“Oh, ti prego, non ti ci mettere anche tu” sbottai, abbassando lo sguardo. Di sensi di colpa ne avevo già abbastanza per conto mio, senza che si aggiungesse anche lui “Se mi fossi resa conto che stavo mettendo Remus in pericolo, non avrei esitato a dirvelo”

“Qui non si parla di Remus, si parla di te! Sei tu quella che si è messa in pericolo”

Lo osservai senza capire dove volesse andare a parare. Cosa stava dicendo?

Sirius sospirò, tornando a sedersi accanto a me “A volte sei così ottusa. E' come se pensassi che l'unico motivo per cui ti rivolgo anche solo la parola sia per quello che c'è tra te e Remus”

“Non è così?”

“Certo che no. Tu sei mia amica, è normale che mi preoccupi per te”

Mi bloccai, completamente presa alla sprovvista. Mi chiesi se non mi ero immaginata quelle parole, perché di sicuro Sirius non poteva averle davvero appena dette. Eppure, avrei mentito dicendo che io stessa ormai non consideravo Sirius un amico. Era così impossibile che per lui fosse lo stesso?

“Merlino Beth, davvero lo pensavi?!”

“Beth?”

“E dire che ti ritenevo una ragazza intelligente”

“Beth?!”

Sirius scosse la testa con aria rassegnata, ma io sentii comunque uno strano senso di felicità aleggiarmi attorno, come se qualcosa fosse appena andato al posto giusto, rimettendo un minimo di ordine nel caos che negli ultimi mesi sembrava perennemente circondarmi.

Improvvisamente, mi tornarono in mente le parole che aveva pronunciato il giorno prima Remus, quelle due piccole paroline che avevano creato un tale panico nella mia testa. Ti amo. Era davvero così difficile da dire? Se fossi morta quella notte, Remus non avrebbe mai saputo ciò che provavo per lui. Eppure, nemmeno io ero ancora sicura di saperlo. In fin dei conti, cosa è l'amore? Reazioni chimiche e ormoni? O vi era davvero qualcosa di più?

L'amore era forse la gioia che provavo nel trovare Remus accanto a me le mattine natalizie? Era la paura che avevo provato quando l'avevo visto ferito su quel tavolo della cucina, il sangue che ricopriva il suo volto? O forse il sollievo di vederlo nuovamente in piedi, con quel sorriso sulle labbra che sapevo riservava solo a me? Era la felicità che provavo ogni volta che facevamo qualcosa di stupido, come giocare tra la neve o lanciarci cibo addosso? Era la pace che sentivo stando raggomitolata tra le sue braccia, senza una preoccupazione al mondo?

O forse era semplicemente quel senso di completezza che non avrei mai pensato di poter provare prima di incontrare Remus, e di cui ora invece non potevo fare a meno. Se questo era l'amore, allora, beh, forse, dopotutto, io amavo Remus.


 


 


 

Il rumore di foglie secche sotto i miei piedi risuonava minaccioso nella silenziosa foresta. Ogni ramoscello che spezzavo equivaleva ad un piccolo attacco di cuore. Cercai di convincermi che andava tutto bene, che non correvo alcun pericolo, ma sapevo bene che di pericoli ne stavo correndo eccome. Forse non ne avevo mai corsi così tanti.

Lanciai uno sguardo alle mie spalle, cercando di cogliere qualche movimento. Niente, sembravo essere completamente da sola.

Continuai a camminare, fermandomi di tanto in tanto accanto al tronco di un albero, strofinandovi sopra il largo maglione che indossavo, per poi riprendere la marcia. Non sapevo da quanto stavo andando avanti così. Forse qualche minuto, forse delle ore. La foresta sembrava tutta uguale, non vi era niente che mi aiutasse ad orientarmi. La tentazione di afferrare la bacchetta e rischiarare il percorso si faceva di minuto in minuto più forte, ma mi sforzai di lasciarla nella tasca dei pantaloni.

Il buio questa notte era mio alleato.

Alle mie spalle, qualcuno respirava piano. Con il cuore che rischiava di saltarmi fuori dal petto dalla paura, mi voltai. Un uomo era fermo alle mie spalle, un ghigno crudele sul volto.

Fenrir.


 

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Capitolo 20
*** Don't Shout ***


Il rumore di foglie secche sotto i miei piedi risuonava minaccioso nella silenziosa foresta. Ogni ramoscello che spezzavo equivaleva ad un piccolo attacco di cuore. Cercai di convincermi che andava tutto bene, che non correvo alcun pericolo, ma sapevo bene che di pericoli ne stavo correndo eccome. Forse non ne avevo mai corsi così tanti.

Lanciai uno sguardo alle mie spalle, cercando di cogliere qualche movimento. Niente, sembravo essere completamente da sola.

Continuai a camminare, fermandomi di tanto in tanto accanto al tronco di un albero, strofinandovi sopra il largo maglione che indossavo, per poi riprendere la marcia. Non sapevo da quanto stavo andando avanti così. Forse qualche minuto, forse delle ore. La foresta sembrava tutta uguale, non vi era niente che mi aiutasse ad orientarmi. La tentazione di afferrare la bacchetta e rischiarare il percorso si faceva di minuto in minuto più forte, ma mi sforzai di lasciarla nella tasca dei pantaloni.

Il buio questa notte era mio alleato.

Alle mie spalle, qualcuno respirava piano. Con il cuore che rischiava di saltarmi fuori dal petto dalla paura, mi voltai. Un uomo era fermo alle mie spalle, un ghigno crudele sul volto.

Fenrir.

 

Non urlare mi imposi, cercando di mantenere la calma. O di fingere di averne ancora almeno un briciolo. Ero piuttosto sicura che mi stesse per venire un infarto.

“Ti sei persa, ragazzina?” domandò Greyback avanzando minaccioso verso di me, i denti affilati scoperti in un ghigno. Potevo sentire chiaramente il suo odore, così aspro da impedirmi quasi di respirare; era così diverso dal profumo di Remus, eppure allo stesso tempo vi era qualcosa di simile, anche se non ne avrei saputo cogliere la natura.

Fai in fretta pregai tra me e me, faticando a restare ferma mentre Greyback si avvicinava sempre di più, fino ad arrivare a qualche centimetro del mio volto. Esattamente dove devi essere.

“Dimmi, ragazzina, di chi è il maglione che hai addosso?”

Colsi con la coda dell'occhio un movimento alle sue spalle, e immediatamente mi rilassai. Sorrisi appena, puntando lo sguardo su quello dell'uomo davanti a me; “Suo” sussurrai indicando Remus con un cenno della testa e saltando immediatamente all'indietro, osservando Greyback voltarsi sorpreso, solo per trovarsi le quattro bacchette dei Malandrini puntate addosso.

“Bene, bene. Una trappola. Le cose si fanno interessanti” sghignazzò, guardandoli divertito e soffermando lo sguardo su Remus “Uno studente di Hogwarts. Questa sì che è una sorpresa. E io che ho perso tutto quel tempo cercandoti ad Hogsmeade, quando avrei potuto nutrirmi di carne molto più fresca”

“I confini di Hogwarts sono invalicabili” ribatté Sirius con rabbia, lo sguardo pieno di disgusto. Fenrir spostò lentamente lo sguardo su di lui, piegando appena la testa mentre lo studiava con attenzione. Dopo poco lo sguardo si accese con interesse “Ancora per poco, Black. Lo sai, sei tale e quale a tuo padre, peccato tu non abbia seguito la sua strada. Immagino non gli dispiacerà troppo se ti uccido, piccolo traditore”

“Devi solo provarci” ringhiò il ragazzo avanzando appena. Lo raggiunsi veloce, afferrandolo per un braccio e lanciandogli un'occhiataccia. Sirius si bloccò all'istante, poi si rilassò appena, tenendo la bacchetta puntata verso Greyback, che continuava a sembrare inquietantemente divertito da tutta la situazione. Sentii un ondata d'odio pervadermi il corpo: desideravo afferrare la bacchetta e lanciare qualsiasi incantesimo conoscessi contro quell'essere, così da guardarlo soffrire davanti ai miei occhi mentre implorava pietà. Sapevo che non avrei battuto ciglio, che avrei provato solo piacere a quella vista, ma sapevo anche bene che non era ciò che avrebbe voluto Remus. Dopo tutto quello che questo mostro gli aveva fatto, ancora non lo voleva morto. Certe volte proprio non riuscivo a capirlo.

Greyback mi fissò di rimando, leccandosi appena le labbra con fare provocatorio. Non mi lasciai intimorire, sapendomi al sicuro, ma sentii comunque un brivido di disgusto attraversarmi la spina dorsale.

Un getto di luce lo colpì, facendolo ululare di dolore. Guardai Remus sorpresa, la sua bacchetta che ancora emetteva qualche debole scintilla, ma lui mantenne il suo sguardo fisso sull'uomo davanti a lui. Greyback riaprì gli occhi, il viso contratto in un'espressione di collera “Piccolo moccioso, la pagherai per questo” ringhiò, avanzando con passo sicuro. Sorrisi, osservando con soddisfazione il licantropo scontrarsi con l'invisibile barriera e venire spinto all'indietro, rischiando quasi di perdere l'equilibrio.

Dovevo ammetterlo, per una volta James aveva avuto un'idea intelligente. Quando avevamo raccontato a lui e Peter quanto era successo nel bosco con Avery, si era allontanato con passo veloce, borbottando qualcosa riguardo ad un piano. Era tornato un'oretta dopo con un familiare filo argenteo arrotolato in un panno spesso e l'espressione soddisfatta “A prova di licantropo avete detto, giusto?”

Chissà cosa avrebbe pensato Avery sapendo l'enorme favore che ci aveva fatto procurandoci quell'artefatto.

“Fatemi uscire di qui. Ora!” disse infuriato, guardandosi attorno pieno di confusione. Ci impiegai un po', ma alla fine capii che stava cercando di smaterializzarsi, senza alcun esito. Era fregato, era in trappola.

“Non sprecare energie, gli auror saranno qui a breve. Ti troveranno una bella sistemazione permanente ad Azkaban” disse James, avvicinandosi a Remus e dandogli una pacca sulla spalla. Greyback lo guardò incredulo, poi tornò a sorridere, puntando nuovamente lo sguardo su Remus “Dovranno fare spazio per due”

Nessuno gli rispose, né reagì in alcun modo. Dopo qualche secondo, Remus puntò nuovamente la bacchetta su Greyback, la mano ferma e lo sguardo impassibile. O almeno questo era quanto cercava di mostrare.

Mai avevo visto un'espressione tanto dura sul suo volto, né tanta determinazione. Potevo solo immaginare quanto fosse difficile per lui stare davanti all'uomo che gli aveva rovinato per sempre la vita. Sapevo bene però quanto fosse difficile per me. Ogni minuto che passava sentivo l'odio e la rabbia crescere, quasi divorarmi, e sapevo bene di non essere l'unica. Dal modo in cui Sirius stringeva i pugni, era chiaro che anche lui non desiderava altro che vedere Greyback morto.

“Cosa vuoi fare ragazzino, uccidermi?” domandò il licantropo in modo canzonatorio “Non sei così diverso da me, dopotutto”

“Io non ho niente a che vedere con te” ribatté Remus gelidamente “La tua memoria verrà cancellata. Non avrai alcun ricordo di quanto è accaduto stanotte”

“Goditi i dissennatori. Dicono che sono piuttosto amichevoli” aggiunse Sirius.

Greyback fissò la bacchetta di Remus, poi si aprì in un sorriso “Se credi che mi dimenticherò così facilmente di te, Lupin, ti sbagli di grosso”

Mi sentii pietrificare. Come poteva conoscere il nome di Remus?

“Ora che sei umano riconoscere il tuo odore è fin troppo facile. Puzzi esattamente come quel fallito di tuo padre. Come si chiamava? Lionel? Lyann?”

“Lyall” disse Remus con tono freddo, e immediatamente vidi Peter sussultare “Non dargli retta” borbottò, tornando poi subito a guardare Greyback pieno di terrore. Quest'ultimo comunque non sembrava intenzionato a distogliere il suo sguardo da Remus “Ah, già. Lyall Lupin” disse come ne stesse assaporando il nome “Coraggioso quanto stupido”

“Ti ha mai raccontato perché ti ho morso?”

Remus non rispose, stringendo invece la mandibola con forza.

“No eh? Posso capirlo. Non è facile confessare al proprio figlio di essere la causa della rovina della sua vita”

“L'unico ad avere una colpa qui sei tu” affermò deciso James, fermandosi poi davanti a Remus “Non ascoltarlo, sta cercando di distrarti”

“Distrarti? E perché dovrei? Posso assicurarti che altro non sto dicendo che la verità.

Vedi, circa dodici anni fa fui accusato dell'omicidio di due bambini. Alcuni auror mi portarono al ministero senza avere la minima idea di cosa fossi, e non mi ci volle molto per fingermi un senzatetto completamente ignaro di tutta la faccenda, così come dell'esistenza del mondo magico.”

“Erano già pronti a scagionarmi, quando quello sciocco di tuo padre si fece avanti. Non si era lasciato ingannare e aveva riconosciuto cosa fossi, ma non servì a nulla. I suoi colleghi lo derisero, addirittura si scusarono con me. Ammetto che fu piuttosto divertente”

Nessuno ora fiatava più, eravamo tutti troppo impegnati a fissare Fenrir. Vi era un tale divertimento nella sua voce mentre raccontava questa faccenda che mi sentivo quasi nauseata. Quell'essere era spregevole.

“Tuo padre non la prese bene. Pensò bene di ricordare a tutti cosa fossero i lupi mannari. Fu molto dettagliato nel descriverci. Disse che eravamo... aspetta... ah, sì: senz'anima e bramosi solo di morte. Dimmi, la pensa ancora così? Guarda anche te pieno di disgusto?”

Remus continuò a non rispondere, ma i suoi occhi erano pieni di dolore. Avrei voluto far semplicemente tacere Greyback, ma allo stesso tempo desideravo che finisse di raccontare quanto era accaduto. Ero come stregata dalle sue parole.

“Fui rilasciato. Ci misi qualche secondo a sbarazzarmi del mago che avrebbe dovuto farmi l'incantesimo di memoria, poi mi ricongiunsi ai miei amici. Anche loro come me non apprezzarono particolarmente le parole di tuo padre. Ci riteneva così spregevoli da non meritare altro che la morte? Bene, che potesse provare tale disgusto più da vicino”

Era flebile, ma la colsi comunque: una punta di rabbia era ben presente nella voce del licantropo, nascosta sotto tutti quei falsi sorrisi. Nonostante ormai fosse passato più di un decennio, Greyback ancora non aveva perdonato, né certamente dimenticato.

“Fu allora che scoprimmo che aveva un figlio. Un piccolo pargoletto di appena quattro anni. Quando venni a farti visita, dormivi nel tuo letto più sereno che mai, mentre io e la mia razza eravamo costretti a nasconderci, braccati come cani randagi dal ministero e da uomini come tuo padre. Tu meritavi questa maledizione”

Fu come lo spezzarsi di un incantesimo. A quelle parole, Sirius scattò in avanti, brandendo la bacchetta. Lo raggiunsi appena in tempo, prima che superasse il confine dell'incantesimo che teneva rinchiuso Greyback e lo tirai all'indietro “Non fare idiozie!” sbottai, ma in verità riuscivo a capire il suo gesto.

“James, no!” sentii l'urlo di Peter troppo tardi e, quando mi voltai, Fenrir ormai aveva afferrato James, trascinandolo a sé. Il ragazzo si dibatté, ma una volta dentro il confine si lasciò andare, sapendo bene che non avrebbe potuto superarlo.

“Non una mossa particolarmente astuta, ragazzo” ghignò Fenrir, osservando compiaciuto le nostre espressioni piene di orrore “Ora, che ne dite di fare uno scambio? Voi mi fate uscire di qui, e io non uccido il vostro amico. Ancora”

“Non fatelo” esclamò subito James con sicurezza. Socchiusi appena gli occhi, respirando lentamente. Perfino in quelle situazioni, Potter doveva sempre fare l'eroe. Peccato che fosse decisamente troppo tardi: ormai il danno era fatto.

Peter avanzò deciso verso la barriera, il volto sconvolto “Lascialo andare!” sbottò, rivolgendosi a Greyback con fare rabbioso. Tutti gli sguardi si puntarono su di lui, esterrefatti. Fenrir comunque non si lasciò intimidire, ma anzi aumentò la presa sul collo di James, che si lasciò sfuggire un debole lamento.

Remus impallidì appena, spostando lo sguardo da James a Greyback e viceversa. Quando l'unghia del licantropo si conficcò appena nella gola del ragazzo, provocando un piccolo rivolino di sangue, Remus cedette “Va bene, va bene! Ora però smettila!”

L'uomo sorrise, allentando la presa. Sirius non aspettò oltre, afferrando un ramo lì vicino e conficcandolo dove sapeva esserci il filo, per poi spostarlo con decisione. Immediatamente, il velo che separava Greyback e James da noi scomparve. Tutti sollevammo veloci le bacchette, ma il licantropo non si lasciò prendere alla sprovvista. Con un gesto secco afferrò una gamba di James, piegandola in una maniera completamente innaturale, poi lo lanciò verso di noi, voltandosi e scappando nella direzione opposta.

L'orrendo suono di un osso che si spezzava risuonò per l'aria, facendomi accapponare la pelle. James urlò di dolore, cadendo a terra; istintivamente ci precipitammo tutti ad aiutarlo. Perfino io non potei fare a meno di tendermi nella sua direzione, cercando ancora di elaborare cosa fosse accaduto.

“Ramoso, per Merlino, la gamba!”

James sbuffò, cercando senza troppo successo di sorridere “Niente che non abbia già visto durante una partita di Quidditch”

“Dobbiamo portarti in infermeria” affermò Remus, afferrando il braccio dell'amico e sorreggendolo appena. James scosse la testa, sfuggendo alla sua presa e poggiandosi all'albero alle sue spalle “Per quello c'è tempo. Dovete inseguire Greyback, è la nostra unica occasione per liberarci definitivamente di lui”

“Ma...”

“Ha ragione” affermai, incontrando subito lo sguardo costernato di Remus “Ha ferito James di proposito, ha creato un diversivo. Vuol dire che sa che potremmo sopraffarlo. Dobbiamo andargli dietro immediatamente”

Sirius alzò a sua volta lo sguardo, cercando Greyback e facendo una smorfia di disappunto nell'accorgersi che non ve ne era traccia “Potrebbe già essersi smaterializzato”

Remus guardò James per qualche istante ancora, poi sembrò decidersi “No, quell'antefatto maledetto è molto potente. Quando io ed Elisabeth ne siamo usciti, io stesso ho provato a smaterializzarmi per allontanarmi il più in fretta possibile”

Lo fissai sorpresa, ma presto mi resi conto che avrei dovuto aspettarmelo; alla fine era pur sempre di Remus che si stava parlando.

“Ma non ho potuto, nonostante fossimo ben lontani dai confini del castello. Credo che la barriera abbia inibito la mia capacità di smaterializzarmi almeno per qualche minuto”

James annuì soddisfatto “Allora non avete tempo da perdere” borbottò “Vi seguirei anche io, ma non credo che sarei molto d'aiuto”

Osservai Remus in silenzio, il quale ancora non sembrava completamente convinto all'idea di lasciare James da solo, così come d'altra parte non lo sembrava Peter, che lo fissava con apprensione sempre maggiore.

Sirius sembrava invece ben più fiducioso delle capacità di cavarsela di James, e deciso a partire all'inseguimento.

Io sapevo solo che volevo concludere quella storia il prima possibile e una volta per tutte. Greyback ci aveva visto tutti in volto, sapeva che eravamo studenti e inoltre aveva riconosciuto sia Sirius che Remus. Non potevamo permetterci di lasciarlo scappare, per andare magari a riferire quanto aveva scoperto a Tu-Sai-Chi.

Finalmente, Remus annuì. Con un cenno del capo salutò James, poi ci mettemmo in marcia.

 

Fortunatamente, Greyback non sembrava essersi preoccupato troppo di coprire le proprie tracce. I segni del suo passaggio erano chiari come il sole: rami spezzati, impronte, perfino qualche macchia di sangue – il sangue di James.

Forse se non fossimo stati così concentrati sull'idea di ritrovarlo prima che si smaterializzasse ci saremmo resi conto che tutto ciò era decisamente troppo facile.

Avanzammo per qualche minuto, mantenendo un completo silenzio. Non ci sarebbe stato molto da dire comunque, la situazione riusciva a far passare la voglia di chiacchierare perfino a Sirius, e questo era dire tutto.

Eravamo spaventati, tesi, arrabbiati. Remus continuava a sfiorarmi la mano con la sua, ma non vi era altro contatto tra di noi. Sapevo che probabilmente in questo momento stava lottando contro una marea di pensieri differenti, e di certo non mi aspettavo di avere uno spazio in essi. Le cose erano andare completamente storte. Non avevamo previsto la fuga di Greyback nel piano, sembrava tutto troppo perfetto perché accadesse. Ora invece ci ritrovavamo improvvisamente a inseguire uno dei più pericolosi licantropi d'Inghilterra per tutta la foresta, andando a lanciarci in chissà quale situazione. Avendo anche perso James, le nostre forze si erano notevolmente ridotte.

Non era certo un segreto il fatto che io e Peter fossimo di scarso aiuto, per quanto le mie capacità fossero notevolmente migliorate nelle ultime settimane. Non ero comunque nemmeno lontanamente all'altezza di Sirius o Remus, figuriamoci a quella di un Mangiamorte.

Se fossimo stati fortunati abbastanza, comunque, la superiorità numerica avrebbe giocato in nostro favore. Greyback era oltretutto decisamente più pericoloso come licantropo che come mago.

Più avanzavo, però, più questi pensieri non bastavano a tranquillizzarmi. Non sapevo esattamente perché, ma avevo una strana sensazione sulla pelle. Era come se ci fosse qualcosa di sbagliato nell'aria, qualcosa che mi dava la pelle d'oca e mi riempiva la mente di un cieco terrore.

Sapevo che probabilmente altro non era che paura. Avevo sempre avuto un forte istinto di conservazione. Ero abituata ad allontanarmi dai problemi più grandi di me, ad evitare qualsiasi situazione che non fossi pienamente sicura di poter gestire.

O almeno così avevo fatto fino a qualche mese prima. Da quando avevo iniziato a frequentare i Malandrini sembrava non ci fosse più spazio per la prudenza, e non ero convinta che la cosa mi stesse bene. Avevo corso più pericoli negli ultimi mesi di quanti ne avessi mai corsi in tutta la mia vita.

Certo, era anche vero che la colpa non era di certo loro se Greyback aveva deciso di presentarsi alle porte di Hogwarts, e Avery era un problema che mi ero creata da sola.

Allo stesso tempo, con la guerra che dilagava per il mondo magico e cresceva di giorno in giorno, sapevo bene che non ero mai stata davvero al sicuro. Nessuno lo era.

Un lampo squarciò il cielo, facendomi sobbalzare. Sollevai gli occhi al cielo, sbattendo velocemente le palpebre quando pesanti gocce di pioggia cominciarono a cadermi sul volto.

“Fantastico, ci mancava la pioggia” sbottai, incapace di trattenere il malumore. Nessuno commentò, ma il passo venne immediatamente aumentato: dovevamo ritrovare Greyback prima che le sue tracce venissero eliminate dall'acqua, e a giudicare dalla forza con cui stava piovendo ciò sarebbe accaduto nel giro di minuti.

Sirius si fermò di colpo e Peter si scontrò contro la sua schiena, emettendo un leggero lamento. Il ragazzo si posò un dito sulle labbra, facendoci segno di fare silenzio. Tesi le orecchie, incerta sul perché del suo comportamento: davanti a non non vi erano altro che alberi, e non vi era alcun rumore oltre quello della pioggia.

“Cosa succede?” sussurrò Remus, confuso quanto me. Sirius avanzò di qualche passo, poi ci fece segno di avanzare lentamente. Lo seguimmo tutti tesi come una corda di cuore di drago. Mi sembrava quasi di udire nostri nervi risuonare nervosi ad ogni nostro passo, mi sembrava di sentirli risuonare per l'intero bosco perfino attraverso il rumore della pioggia.

“Lì” bisbigliò Sirius, indicando un punto poco lontano da noi. Strizzai gli occhi, cercando di individuare qualunque cosa avesse attirato la sua attenzione in mezzo a tutta oscurità. Sussultai appena quando qualcosa si mosse tra gli alberi a pochi metri da noi.

Mi mossi automaticamente verso Remus, senza sapere nemmeno io se stessi cercando di proteggerlo o di essere protetta. Lui mi afferrò la mano, spostandomi alle sue spalle, poi cominciò lentamente ad avanzare con la bacchetta tesa, seguito immediatamente da Peter e Sirius.

“Mi sembrava che avessimo un patto, noi due” disse Greyback, uscendo dall'ombra. Così come noi, anche lui era completamente fradicio. I capelli così schiacciati sul volto non facevano che aumentare la sensazione di avere a che fare con un animale, e non con un uomo.

Remus lasciò la presa sulla mia mano, facendo un paio di passi avanti “Ti abbiamo lasciato andare. Non abbiamo mai detto che non ti avremmo inseguito”

“Così come io non ho mai detto che vi avrei ridato il vostro amico tutto intero. Sembra che entrambi abbiamo qualche leggero problema con la questione della sincerità”

“Ho intenzione di mantenere la mia parola. Verrai consegnato agli auror, stanotte”

Fenrir ci osservò per qualche istante, poi scoppiò a ridere “E come mi terrai qui fino al loro arrivo? Ci penserà forse quello lì?” lo canzonò, indicando con un cenno Peter “O lascerai la ragazzina a pensarci?”

“Noi siamo quattro, tu sei da solo. Non hai possibilità” replicò gelido Sirius, spingendo appena avanti Peter che non sembrava apprezzare affatto l'improvvisa attenzione che Fenrir gli aveva dedicato. Tutta la determinazione che aveva mostrato pochi minuti prima sembrava essere svanita.

Greyback sorrise appagato, come se non aspettasse altro che quella frase “Io non ne sarei così sicuro”

Un improvviso movimento alla mia destra. Mi voltai, osservando con orrore una figura incappucciata comparire da dietro un albero a pochi passi da me. Indietreggiai appena, ma mi scontrai immediatamente con Sirius, che a sua volta si stava allontanando da un'altra alla nostra sinistra. Mi guardai attorno, notando una terza figura comparire alle nostre spalle.

Eravamo circondati.

Eravamo spacciati.

“Non ci avevi detto che erano dei bambini” borbottò una delle figure con voce profonda, togliendosi il cappuccio dalla testa. Era un giovane dai tratti delicati, il volto scavato e duro, la pelle bianca come il giaccio. Sentii Sirius al mio fianco irrigidirsi, come colpito da una scossa.

“C'è anche uno dei tuoi bambini” replicò Greyback, lievemente infastidito. Non gli piaceva aver dovuto chiamare aiuto.

L'uomo puntò lo sguardo su Sirius, schioccando la mascella con disapprovazione “E' il cugino di mia moglie, non ha niente a che vedere con me”

Fissai Sirius sorpresa. Remus mi aveva spiegato della sua famiglia, e io stessa conoscevo il fratello Regulus, ma non avevo mai realizzato quanto fosse enorme la frattura tra Sirius e il resto della sua famiglia. Non prima di vedere il disprezzo negli occhi di quell'uomo.

“Può essere chi ti pare, non ho intenzione di inimicarmi l'intera famiglia Black”

L'espressione dell'uomo, se possibile, si indurì ulteriormente “Quindi dovrei farlo io per salvare la tua schifosa pellaccia? Non credo proprio”

“Signori, suvvia, smettetela” disse la persona alle nostre spalle “State spaventando i ragazzi”

“Questo è l'ultimo dei nostri problemi” rispose una terza voce, e anche la terza figura si rivelò, togliendosi il cappuccio dalla testa. Una folta chioma di capelli ricci perfettamente curati si scoprì, rivelando il giovane volto di una donna, un finto sorriso sulle labbra “E posso assicurarvi che la mia famiglia sarà lieta di ricompensare chiunque faccia fuori questo piccolo schifoso traditore del suo sangue” sputò con rabbia, tornando poi immediatamente a sorridere.

“Meglio traditore che al servizio di un mostro” esclamò Sirius, rivolgendosi alla donna. Aveva i pugni così stretti da avere le nocche bianche, i denti scoperti quasi in un ringhio. Sembrava odiarla con più forza di quanta ne avesse in corpo.

“Come osi, piccolo moccioso?” esclamò lei, perdendo ogni briciolo di finta gentilezza “Come osi?” ripeté, puntando la bacchetta verso Sirius. Lui rimase immobile, la bacchetta a sua volta tesa verso la donna.

“Bellatrix, non farti prendere dalla fretta” sospirò l'uomo alle nostre spalle, il tono quasi annoiato. Lei non si mosse, lo sguardo fisso su Sirius “Perché? Te l'ho detto, a mio zio farei solo un favore”

“Sono studenti, suoi studenti. Stranamente, sembra tenerci”

Bellatrix sbuffò, sollevando qualche ciuffo di capelli “Silente non è qui”

“Concordo con la pazzoide, dobbiamo sbarazzarcene” disse Greyback, avvicinandosi. Io rimasi paralizzata, incapace di emettere anche solo un suono. Ero talmente terrorizzata che quasi mi ero dimenticata di essere lì, in mezzo a quella situazione, e non esserne semplicemente spettatrice. Improvvisamente, il peso di quanto stava accadendo mi colpì: quei quattro Mangiamorte stavano decidendo il nostro fato.

L'uomo dietro di noi si avvicinò alla donna, entrando così finalmente nella mia visuale. Questo, a differenza di Bellatrix e l'uomo che immaginai altri non fosse che suo marito, che non sembravano dimostrare più di venticinque anni, aveva già i capelli brizzolati, accompagnati da qualche ruga sul volto. La sua espressione era annoiata, come se quanto stesse accadendo attorno a lui non lo riguardasse, ma fosse solo una spiacevole inconvenienza.

Seppi all'istante che era probabilmente il più pericoloso lì in mezzo.

“Sarebbe come annunciare guerra aperta” affermò, indicandoci con un cenno della mano “E non spetta a noi fare questa mossa”

“Il Signore Oscuro apprezzerà il nostro gesto”

“Ne sei così sicura? Vuoi davvero scatenare la sua ira?”

Bellatrix non rispose, osservandoci invece piena di indecisione. Greyback sembrò notarla, perché le si avvicinò irritato, afferrandole un polso “Non vorrai lasciarli andAAAAH!” con un urlo, il licantropo cadde a terra, tenendosi il braccio ora ricoperto di vesciche.

“Non osare toccarmi, animale” sibilò Bellatrix, osservando Greyback ancora dolorante a terra. Lo sentii appena: fu un attimo, una leggerissima pressione al gomito. Mi voltai verso Sirius, e questo mi fece un cenno. Un piccolo, minuscolo cenno. Ma sapevo esattamente quali erano le sue intenzioni.

Tutto questo finirà incredibilmente male riuscii a pensare, prima di sollevare la bacchetta e lanciare un expelliarmus, miracolosamente colpendo l'uomo alla mia destra e facendogli volare via la bacchetta dalla mano. Sirius nel frattempo aveva fatto lo stesso con Bellatrix, che era però riuscita a scansarsi in tempo. Vidi l'uomo più anziano osservarci per qualche secondo, poi con un forte CRAC scomparve, lasciando Bellatrix da sola. Questa comunque non parve nemmeno accorgersene, invece mosse veloce la bacchetta, rilasciando un raggio verde che puntava dritto verso Sirius, impegnato a tenere Greyback sotto tiro.

Fu una questione di un secondo. Vidi il raggio a pochi metri da Sirius, e sapevo che l'avrebbe colpito. Non avrebbe fatto in tempo a pararlo.

Con un gesto secco, mi lanciai su di lui, trascinandolo a terra. Atterrai dolorosamente, sprecando solo qualche istante nell'assicurarmi che stessimo entrambi bene. Lui mi osservò sorpreso, poi sorrise “C'è mancato poco, eh?!”

Mi sollevai impaziente, non prima però di avergli mollato un forte pugno sulla spalla. Odiavo ammetterlo, ma per qualche secondo avevo avuto seriamente paura, perfino più di quanta ne stessi provando al momento.

Un incantesimo scudo comparve davanti a me, e un nuovo incantesimo vi si infranse sopra. Guardai Remus al mio fianco, lanciandogli un ringraziamento silenzioso, poi tornai a concentrarmi sui Mangiamorte davanti a me.

Bellatrix era inarrestabile. Senza un attimo di pausa, continuava a lanciare incantesimi, tutti senza alcun dubbio mortali. Un piacere folle era dipinto sul suo volto, eppure per qualche motivo sembrava quasi si stesse trattenendo, come se non stesse veramente provando ad ucciderci. L'uomo invece aveva nuovamente in mano la sua bacchetta, questa volta ben stretta tra le sue dita. Mi lanciò uno sguardo infuocato, poi dalla punta della sua bacchetta cominciò ad uscire un filo, che presto cominciò a delinearsi nell'aria.
Con orrore, mi resi conto altro non aveva appena creato che una frusta. Assomigliava vagamente all'incantesimo utilizzato da Remus per spezzare il filo maledetto, solo che l'aspetto era decisamente più terrificante. Sembrava animata da vita propria, come se sapesse esattamente che avrebbe dovuto colpirmi. Si muoveva come un serpente alla ricerca della sua preda, strisciando sinuosa a qualche metro da terra. Quando l'uomo si preparò a colpire, mi spostai immediatamente, lanciando ogni incantesimo che mi venisse in mente e cercando allo stesso tempo di allontanare il raggio del suo incantesimo dai Malandrini, così che non rischiassero di essere colpiti a loro volta.

Un urlo bloccò il suo incantesimo a mezz'aria. Ci voltammo entrambi, osservando Bellatrix tenersi la spalla con forza, l'espressione sconvolta. Sembrò pronta ad attaccare nuovamente, poi si guardò attorno, quasi solo ora si rendesse conto di essere rimasta praticamente da sola.

Puntò un ultima volta lo sguardo verso Sirius, poi anche lei si smaterializzò.

Il Mangiamorte rimasto rimase immobile per qualche istante, quasi non riuscisse a capire come potesse esserci solo lui adesso. Greyback sembrava essersela svignata già da un pezzo – di nuovo – e i suoi due compagni avevano battuto la ritirata.

“Petrificus Totalus!” esclamò Remus, colpendolo in pieno petto. L'uomo cadde all'indietro, pietrificato all'istante.

Scese il silenzio. Ci osservammo a vicenda, quasi nessuno di noi potesse effettivamente credere di essere ancora vivo, poi Sirius scoppiò a ridere, una risata quasi isterica da quanto era esagerata. Scossi la testa, incapace di sorridere a mia volta. Non riuscivo a togliermi dalla testa il pensiero che Greyback era fuggito. Sapeva di Remus, e noi non eravamo riusciti a fermarlo.

Lanciai uno sguardo al Mangiamorte a terra, un'idea improvvisa che mi balenò per la mente. Greyback era stato in attesa per settimane, aspettando che gli auror sgombrassero il campo. Sicuramente aveva trovato un rifugio, un luogo dove potersi trasformare senza rischiare di essere visto e catturato. Un luogo in cui, forse, stava tornando ora.

Era una debole possibilità, ma valeva la pena tentare.

“Remus” chiamai, voltandomi poi verso di lui. Rimasi un attimo smarrita nel rendermi conto che eravamo rimasti da soli.
“Sono andati a prendere James, i Mangiamorte potrebbero essere ancora in giro. Così come Greyback”

Il suo tono di voce si incrinò appena, ma riuscì a mantenere un'espressione quasi impassibile. Mi sforzai di fare lo stesso, fingendo un sorriso “C'è un modo per parlare con quel tipo senza che possa smaterializzarsi?” o uccidermi domandai, indicando il Mangiamorte a terra. Remus mi osservò scettico, ma fortunatamente non fece domande. Con un leggero gesto della mano, rimosse l'incantesimo dal volto dell'uomo, che subito cominciò ad urlare di lasciarlo andare.

Feci un segno a Remus, cercando di fargli capire che volevo fare questa cosa da sola, poi mi avvicinai al Mangiamorte.

“Avanti, uccidimi!” esclamò questo appena mi vide, un sorriso folle stampato sul volto. Forse dovrei pensai, rimanendo però immobile. Lui lanciò un occhiata al maglione di Remus che portavo addosso, poi scoppiò a ridere, piegando la testa all'indietro “Voi Grifondoro siete tutti uguali: così tante parole e così pochi fatti. Siete patetici”

“Forse” risposi, sentendo le labbra piegarsi in un sorriso “Peccato che io sia Serpeverde”

Il sorriso sparì immediatamente dalle labbra dell'uomo “Traditrice” sussurrò a fior di labbra, guardandomi con occhi sgranati.

“Dove si trova il rifugio di Greyback?” domandai impaziente, chinandomi appena. Lui non mi rispose, spuntando a pochi centimetri dal mio volto. Lo ignorai.

“Dov'è?” ripetei.

“Sei pazza se pensi di poterlo fermare. Nessuno di voi marmocchi può”

“Dov'è?”

“Io non sono un traditore”

Mi sollevai, puntandogli la bacchetta al petto “Vedremo” bisbigliai, poi chiusi gli occhi e lanciai la maledizione Cruciatus.

 



Non mi fermo nemmeno più a scusarmi, credo di averne fin troppo abusato. Sappiate solo che vi ringrazio infinitamente per il costante supporto e pazienza, e che ora che - finalmente!- arriveranno le vacanze di natale non avrò scuse per non aggiornare!
A presto!
PS: Molto probabilmente nel capitolo ci sono vari errori di battituta. Purtroppo impaziente di pubblicarlo non ho avuto modo di revisionarlo come si deve, perciò se trovate qualcosa fatemelo pure sapere, mi affretterò a correggerlo ^^

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Capitolo 21
*** Shout ***


L'uomo si dibatteva ai miei piedi, urlando di dolore. Sapevo che avrei potuto fermare tutto quello nel giro di un istante, ma più ascoltavo le sue grida, più desideravo continuare quella tortura. Vedere il Mangiamorte lì, a terra, mi faceva sentire... bene. Per la prima volta da mesi, sentivo di avere nuovamente le cose sotto controllo, di non essere più una semplice pedina della scacchiera. Ora ero io ad avere il potere, e non intendevo sprecarlo.

“Dove si trova il rifugio?” domandai per l'ennesima volta, senza ottenere alcuna risposta. Fissai l'uomo con disprezzo, sentendo una nuova ondata di rabbia attraversarmi la spina dorsale, aiutandomi a rafforzare la maledizione “Dimmelo!”

“Elisabeth!” sentii Remus chiamarmi, poi la sua mano si posò sulla mia spalla “Elisabeth, fermati”

Scossi la testa, senza cessare l'incantesimo “Lui sa dov'è. Sa dov'è Greyback”

“Non ne vale la pena, non così”

Non lo ascoltai. Non mi aspettavo la sua approvazione, né ne avevo bisogno. Avevo accettato le sue condizioni su Fenrir, e ora ci trovavamo a dover affrontare minacce ancora più grandi di prima. No, questa volta avrei fatto a modo mio.

L'uomo a terra emise un rantolo, battendo debolmente la mano al suolo un paio di volte “Ba...basta” sussurrò, gli occhi sbarrati “Basta”

“Elisabeth...”

Strinsi i denti, chinandomi così quasi da sfiorare l'orecchio del Mangiamorte con le labbra, la pioggia che batteva imperterrita sul mio volto, colandomi attraverso il colletto della camicia. “Dimmi dove si trova Greyback, o ti prometto che mi assicurerò che il tuo cuore abbia smesso di battere prima di fermarmi” sussurrai a fior di labbra, stando bene attenta a celare le mie parole a Remus.

Un rantolo, poi l'uomo voltò appena la testa, intrecciando lo sguardo oramai iniettato di sangue al mio “Una...grotta, a Ovest” bisbigliò piano “...fine di Hosmeade... oltre lo steccato... rifugio”

Mi sollevai con un ghigno, guardando l'uomo agonizzante a terra con soddisfazione.

Ce l'avevo fatta. Quasi non riuscivo a crederci.

Una mano mi afferrò il braccio, abbassandolo insieme alla bacchetta. Nell'istante in cui la maledizione Cruciatus si fermò, il Mangiamorte si immobilizzò con un gemito, poi con un forte Crack si smaterializzò davanti ai miei occhi, lasciando dietro di sé nient'altro che il ricordo delle sue grida.

Mi voltai con un gesto secco verso Remus, la sua mano ancora saldamente stretta al mio braccio “Sei impazzito?! Perché l'hai fatto?”

Lui mi fissò per qualche secondo in silenzio, l'espressione mortalmente seria “Lo stavi uccidendo”

“E anche se fosse? Meritava di morire. Ha cercato di uccidermi, di uccidere tutti noi!” sbottai, stufa di sentirmi in colpa per la rabbia che ormai da settimane mi pervadeva le ossa.

“Non spetta a noi decidere chi merita di morire e chi no, Elisabeth! Non capisci? E' proprio questo ciò che ci distingue da i Mangiamorte”

Una risata amara lasciò le mie labbra “Ciò che ci distingue dai Mangiamorte è che noi continuiamo a morire, mentre loro diventano ogni giorno più forti e più numerosi perché ci rifiutiamo di essere come loro

“Uccidere Mangiamorte non ci farà vincere questa guerra, ma solo perdere noi stessi. Una vita non la togli senza pagare un prezzo, un prezzo troppo alto perché valga la pena anche solo pensarci”

“Togliendo una vita potresti salvarne cento! Se solo avessimo ucciso Greyback quanto ne avevamo la possibilità, ora non ci ritroveremmo in questa situazione!”

Remus scosse la testa, facendo volare delle gocce di pioggia dai suoi capelli “Ci ritroveremmo con un cadavere per le mani, il cadavere di un uomo”

“Greyback non è un uomo! E' solo un mostro assetato di sangue!”

Mi pentì delle mie parole non appena lasciarono le mie labbra, osservando lo sguardo di Remus velarsi di tristezza.

“Sai che non è quello che intendevo”

Remus non rispose, tenendo gli occhi puntati sui miei “Per quanto mostruoso egli sia, rimane pur sempre un uomo e come tale deve pagare per i suoi crimini, ad Azkaban”

“Ad Azakaban” ripetei sprezzante “E quanto pensi che ci rimarrebbe? Due giorni? Tu-Sai-Chi ne fa uscire più di quanti ne entrano. Greyback sarebbe fuori prima ancora di vedere la sua cella e a quel punto pensi che non ti verrebbe a cercare? Sa il tuo nome, Remus! Sa il nome di Sirius! Sei davvero pronto a sacrificare la vita tua e dei tuoi amici per una stupida idea morale?”

Lui mi osservò in silenzio, la verità nelle mie parole che si faceva lentamente strada in lui. Un lampo gli attraversò lo sguardo, ma fu questione di un attimo. Nel giro di un istante la sua espressione tornò dura, decisa “Non possiamo ucciderlo”

La mia pazienza raggiunse il limite, lasciandomi una fastidiosissima sensazione di bruciore allo stomaco. “Sei un codardo” sibilai rabbiosa, arretrando di qualche passo.

Remus accusò il colpo, incurvando le sopracciglia in un'espressione ferita “Non lo pensi davvero”

Non risposi, voltandogli invece le spalle “Se tu non sei in grado di fare quello che va fatto, allora ci penserò io. Non dovrai preoccuparti di avere un cadavere sulla coscienza, potrai dormire sogni tranquilli fino alla fine dei tuoi giorni”

“Non ti lascerò andare, Elisabeth”

Strinsi i denti, voltandomi nuovamente verso di lui “Non puoi impedirmelo”

Lui si avvicinò appena, e io mi ritrovai ad arretrare inconsciamente. Lo fissai quasi con sorpresa. Come eravamo arrivati a questo? Cosa ci stava succedendo?
Ma quando vidi la sua mano avvicinarsi alla bacchetta, la rabbia prese nuovamente il sopravvento “Hai intenzione di usare quella su di me?” domandai gelida, stringendo più saldamente la mia.

Remus abbassò lo sguardo sulla sua mano, poi la allontanò bruscamente dalla sua tasca, alzandola in un gesto di pace “Voglio solo proteggerti. Ti prego Elisabeth, ti scongiuro. Troveremo una soluzione insieme. Ma non fare niente con cui non sei sicura di poter convivere”

“Ho già preso una decisione” sussurrai, sentendo lo stomaco stringersi al pensiero di quanto stavo per fare “Perdonami”

Sollevai la bacchetta, puntandola verso Remus. Lui ebbe appena il tempo di registrare il movimento, la mano che scattava veloce in una automatica risposta verso la sua bacchetta, prima che lo schiantesimo lo raggiunse, colpendolo in pieno petto.

Volò all'indietro, cadendo contro il terreno con un tonfo sordo. Sussultai, portandomi una mano tremante davanti alla bocca. Fissai il ragazzo riverso a terra per qualche istante, incapace di realizzare quanto avessi appena fatto, incapace di accettare che fossi davvero stata in grado di colpire Remus, poi corsi verso di lui, cadendo in ginocchio al suo fianco.

“Mi dispiace” sospirai, sentendo gli occhi riempirsi di calde lacrime di rammarico “Mi dispiace così tanto, ma non avevo scelta” Non potevo lasciare che mi fermasse. Non potevo lasciare che permettesse a Greyback di rovinargli la vita che si era così difficilmente costruito qui ad Hogwarts.

Posai la fronte sul suo petto, ascoltando i lievi battiti del suo cuore per un'ultima volta, poi mi sollevai.

Quando mi misi in cammino, i miei occhi erano asciutti e i miei pensieri rivolti solo a Greyback.

 

Mano a mano che mi addentravo nel bosco, la rabbia che mi scuoteva il corpo stava cominciando a scemare, lasciandomi intravedere con chiarezza tutte le falle nel mio piano.

Falla numero uno: non ce l'avevo, un piano.

Falla numero due: stavo andando in contro ad una morte certa, probabilmente lenta e dolorosa.

Falla numero tre: il mio incredibilmente accurato senso dell'orientamento sembrava più confuso di me riguardo a dove fossi.

Come se la pioggia a dirotto non fosse stata abbastanza, uno spesso strato di nebbia si stava lentamente alzando, rendendo la foresta già di per sé spettrale a dir poco terrificante. La parte peggiore, però, era che stava diventando sempre più chiaro il fatto che mi fossi completamente persa.

Continuavo a guardarmi attorno, cercando con lo sguardo qualcosa che mi indicasse la direzione da prendere per riuscire ad uscire da quel maledetto campeggio per insetti, ma tutto ciò che riuscivo a vedere erano alberi. Alberi e nebbia.

“Sono un'idiota” grugnii, accovacciandomi a terra e stando ben attenta a non poggiarmi sui fiumi di fango che mi circondavano. In tutta onestà, non era la prima volta che in preda alla rabbia facevo qualcosa di cui mi pentivo non appena riacquistata un minimo di lucidità. Eppure, nonostante ora mi rendessi conto di come la mia linea d'azione fosse un totale disastro, non avevo cambiato idea riguardo alla faccenda di Greyback.

Perché avrei dovuto rinunciare alla mia tranquillità per le idee buoniste e moraliste di uno stolto Grifondoro? Remus... no, non dovevo pensare a lui. Se l'avessi fatto, sapevo bene che non sarei riuscita ad andare avanti, a fare quello che sapevo andava fatto. Se mi fossi soffermata a pensare a quanto era successo pochi minuti prima, allo sguardo pieno di delusione e avvilimento che mi aveva rivolto alla vista della mia bacchetta puntata al suo petto... Hai fatto la cosa giusta, Elisabeth, cercai di auto convincermi. Però lì, accovacciata sotto la pioggia, crederci sembrava particolarmente difficile.

Dovevo alzarmi in piedi, decisi, alzarmi e trovare la fine di quella maledetta foresta. Una volta arrivata ad Hogsmeade non sarebbe stato difficile trovare lo steccato, e da lì la grotta.

Non doveva esserlo, non poteva, perché se davvero non fossi riuscita ad arrivare a Greyback, allora sarebbe stata finita. Nessuno oltre lui sapeva di Remus, ne ero sicura. I Mangiamorte che ci avevano circondato non sembravano avere idea del perché Greyback li avesse chiamati, altrimenti non avrebbero esitato un secondo a prendere Remus e uccidere tutti noi, così da non lasciare tracce.
No, sembrava quasi che Greyback avesse preferito tenere l'informazione per sé; non sapevo perché e non nemmeno mi interessava, ma sapevo che non dovevo sprecare l'opportunità.

Se qualcun altro ne fosse venuto a conoscenza, sarebbe stata questione di giorni prima che la notizia giungesse alle orecchie del Signore Oscuro. Ero sicura che la notizia che vi fosse un licantropo ad Hogwarts non l'avrebbe lasciato indifferente; e per quanto le mie speranze di riuscire a fermare Greyback rasentassero lo zero, erano comunque infinite rispetto alle mie – inesistenti – possibilità contro Tu-Sai-Chi.

“E io che pensavo avrei dovuto girare tutta la foresta per trovarti”

Sobbalzai, voltandomi in direzione della voce. Un incredibilmente fradicio Sirius era posato al tronco di un albero, osservandomi con un sopracciglio sollevato. Abbassai lo sguardo, non dell'umore adatto per azzardare una rispostaccia. Ora che Sirius mi aveva trovata, tutto il mio piano saltava. Non si sarebbe fatto prendere alla sprovvista come Remus, che sicuramente gli aveva raccontato quanto era successo. Inoltre, non ero sicura che sarei riuscita a farlo di nuovo, neanche se si trattava di Sirius. Ero un fallimento, in tutti i sensi.

“Abbiamo trovato Remus” disse, cercando di mantenere un tono casuale “Era a terra, svenuto. Dice di non ricordarsi come sia successo”

Rimasi in silenzio, sentendo un'ondata di vergogna attraversarmi, subito seguita da l'irritazione. Perfino dopo quello che avevo fatto, quello stupido continuava a proteggermi.

Ma io non avevo bisogno della protezione di nessuno.

“L'ho colpito io” dissi in tono duro, senza scostare gli occhi dal terriccio ai miei piedi. Aspettai in silenzio una reazione da parte di Sirius, ma quello si limitò a sospirare, scalciando una manciata di fango con la punta della scarpa “Lo so”

Sollevai la testa, incrociando il suo sguardo “Lo sai?”

“Certo che lo so. Lo sappiamo tutti. Non che ci volesse Priscilla Corvonero per capirlo: tu sparita e Lunastorta che non appena si risveglia ci dice di trovarti prima che tu possa fare qualcosa di stupido. Beh, qualcos'altro”

Schioccai le labbra, ma mi trattenni nuovamente dal commentare; per una volta non ero sicura di potergli dare torto.“Non posso tornare indietro adesso, né voglio farlo” dissi allora semplicemente, senza distogliere lo sguardo dal suo. Sirius curvò le labbra in un sorriso, lasciandomi appena il tempo di scorgere un guizzo compiaciuto nei suoi occhi “E io non ho intenzione di fartelo fare”

Sollevai le sopracciglia, completamente presa alla sprovvista “E allora perché sei qui?”

“Perché non riuscirai mai a fermare Greyback. Non da sola”

“Tu vuoi aiutarmi? Vuoi affrontare Greyback?”

“Lo voglio ora come lo voglio da anni”

Mi scostai i capelli bagnati dal volto, sollevandomi con una leggera smorfia “Sirius, io non ho intenzione di consegnare Greyback agli Auror”

“Lo so”

“E ti sta bene? Sei davvero disposto a sporcarti le mani?”

Sirius si avvicinò di qualche passo, il sorriso ora rimpiazzato da un'espressione mortalmente seria “Sono disposto a tutto se si tratta assicurarmi la sicurezza dei miei amici”

Sorrisi appena, sentendo una leggera punta di dolore nel constatare come, perfino quando i nostri scopi combaciavano, le nostre motivazioni erano differenti: sebbene entrambi desiderassimo assicurarci la salvaguardia di Remus, era chiaro che Sirius era disposto a mettere da parte la sua reticenza ad uccidere pur di farlo; io, invece, gioivo al pensiero di poter terminare l'inutile esistenza di Greyback.

E sapevo che proprio per questo Remus non sarebbe mai riuscito a perdonarmi.

“Dove dobbiamo andare?”

Distolsi lo sguardo da Sirius, guardando con apprensione la scura foresta “Alla fine di Hogsmeade andando verso Ovest, così ha detto il Mangiamorte”

“Rodolphus”

“Come?”

Sirius emise un lieve sospiro “Il nome di quel Mangiamorte era Rodolphus Lestrange”

Annuii appena, lievemente incerta “Ha parlato di uno steccato e di una grotta”

“Non è molto”

“Lo so, ma è meglio di niente. Ciò che è certo è che dobbiamo attraversare Hogsmeade, così da arrivare dall'altra parte. Hogwarts è a Est rispetto ad Hogsmeade, giusto?”

“Così pare” borbottò lui, l'attenzione rivolta alla sua bacchetta, ora posata sul palmo della mano. La lasciò ferma per qualche secondo, poi vi avvicinò le labbra alla punta “Guidami

Osservai la bacchetta ruotare un paio di volte, prima di fermarsi con sicurezza puntando alla mia destra.
“Da questa parte” disse Sirius, afferrandomi un polso e facendomi girare di spalle, per poi sospingermi avanti “L'ovest è di qua”

Mi liberai dalla sua presa, seguendolo però di buon passo mentre avanzava sicuro tra la nebbia fitta.

Mentre camminavamo, la fiducia sulla riuscita di quanto avevamo intenzione di fare calava sempre di più, il pensiero che tutto quello che ci aspettava altro non era che una morte lenta e orribile sembrava sempre più plausibile, sempre più reale. Eppure continuavo ad andare avanti, il desiderio di vendetta che bruciava come un incendio incontrollato le mie membra e le mie ossa. Mi tornarono in mente le parole che Greyback aveva pronunciato quella sera, il suo tono divertito mentre raccontava gli orrori che aveva compiuto, la sua espressione compiaciuta mentre osservava il volto di Remus farsi sempre più pallido.

No, non avremmo fallito. Non potevamo. Greyback doveva pagare.

 

“Questo dovrebbe essere lo steccato” annunciò Sirius parecchi minuti dopo, guardandomi con aspettativa “E ora?”

Lo osservai per qualche secondo, puntando poi lo sguardo in lontananza. Ora che aveva finalmente smesso di piovere, era decisamente più facile riuscire ad orientarsi un minimo, peccato che io non avessi la benché minima idea di dove fossimo. Ero piuttosto sicura di non essere mai stata in quella parte di Hogsmeade; le case lì erano più grandi, più lontane tra di loro, complete di curati giardini e forti incantesimi di protezione.

“Il Lestrange ha detto semplicemente oltre

Sirius sbuffò con forza, guardando a sua volta verso il piccolo colle davanti a noi “Continuiamo ad andare ad Ovest dunque?”

“Non puoi fiutare le tracce?”

Lui mi lanciò un'occhiataccia “Non in forma umana, ed è troppo pericoloso trasformarmi qui e adesso. Qualcuno potrebbe vedermi, o potremmo essere attaccati. Non è proprio facile usare la bacchetta con le zampe”

“Allora direi che si va a Ovest” borbottai, scavalcando con un balzo la staccionata e cominciando ad incamminarmi verso quello che speravo fosse l'ovest.

“Così andiamo ad uccidere il lupo direttamente nella sua tana eh?” sentenziai, osservando Sirius camminare accanto a me. Ogni suo passo equivaleva a due miei, perciò presto mi ritrovai a dover accelerare per non restare indietro “Non un'azione molto Grifondoro”

“Neanche molto Serpeverde, se è per questo” disse lui, lanciandomi un'occhiata di soppiatto “Ma credevo ormai fosse chiaro che non si può generalizzare quando si parla delle case di Hogwarts”

Sorrisi appena, il ricordo di quanto era successo ai “Tre Manici di Scopa” qualche mese prima che ancora bruciava chiaro nella mia memoria “E' buffo che sia proprio tu a dirlo”

“Non puoi biasimarmi se avevo qualche pregiudizio agli inizi; la mia famiglia non è proprio il migliore degli esempi. E Mocciosus...”

“Eppure ora hai cambiato idea”

“Già”

Lo osservai per qualche secondo, il passo veloce e lo sguardo dritto davanti a sé, poi azzardai la domanda che svolazzava libera nella mia mente da quando Sirius mi aveva definito sua amica “Perché?”
Sirius rallentò impercettibilmente il passo, ma rimase in silenzio ancora per qualche secondo "Perché con te Remus è felice, e tu sei felice con lui”

Corrugai le sopracciglia, fermandomi involontariamente e fissando Sirius con scetticismo “E questo cosa dovrebbe c'entrare?” domandai, sentendo un leggero dolore al petto al pensiero di me e Remus insieme.

Sirius si fermò a sua volta, voltandosi verso di me “Non molto, in realtà. Eppure, per certi versi, tutto”

Continuai a guardarlo, più confusa di prima. Mi chiesi se non mi stesse semplicemente prendendo in giro, dandomi risposte sempre più prive di senso. Quando notò il mio sguardo, comunque, il ragazzo sospirò, sollevando una nuvoletta di fumo dalle labbra “Quando ho incontrato te e Remus sulla strada di Hogsmeade, il giorno in cui abbiamo avuto... ehm... quella piccola discussione ai Tre Manici di Scopa...”

“Quando ti sei comportato da str-”

“Sì, quel giorno” mi interruppe lui, lanciandomi un'occhiataccia e riprendendo a camminare “Ero in forma canina, perciò ho potuto seguirvi per un po'. Insomma, inizialmente vi avevo seguito perché... non mi fidavo, ecco. Non volevo che giocassi qualche tiro mancino a Remus”

Alzai gli occhi al cielo, ma non commentai oltre.

“Però quando vi ho visti insieme... insomma, raramente avevo visto Remus sorridere così. Non che con noi non sorrida, anzi, insieme ci divertiamo e stiamo bene. Però era un sorriso... diverso, capisci cosa intendo?”

“Vuoi davvero una risposta?”

Sirius sbuffò, scuotendo appena la testa “Con te è impossibile!” sbottò, poi tornò a guardarmi “Comunque, è stato quel sorriso a farmi pensare che magari, magari avrei dovuto aspettare un altro po' prima di condannarti. Per Remus”

“Pessima scelta” borbottai sarcastica, guardando Sirius scoppiare a ridere “Sì, immagino di sì” disse sorridendo, il volto finalmente rilassato.

Sorrisi a mia volta, sentendomi in qualche modo più leggera. Era strano pensare che ultimamente era diventato piuttosto frequente che parlare con Sirius mi facesse questo effetto, ma di certo non potevo lamentarmene.

Sentii lentamente il sorriso scivolarmi dalla labbra, i pensieri che inevitabilmente si rabbuiavano “Dopo questa sera, mi odierà per sempre” sussurrai abbastanza piano da non essere sicura che Sirius mi avesse sentito.

“No, non lo farà” affermò però lui in risposta, continuando a camminare.

Sarebbe stato bello poterci credere.

Improvvisamente, notai qualcosa nella nebbia. Inizialmente pensai fosse la mia immaginazione, ma non appena ci avvicinammo un poco riconobbi quella che chiaramente pareva una piccola apertura nella roccia. Le pareti all'interno erano lievemente illuminate di rosso, e sussultai appena quando notai delle ombre muoversi al suo interno.

Diedi un colpo a Sirius, indicandogliela con un cenno, poi entrambi ci dirigemmo verso di essa, i volti tesi e i passi felpati. O almeno, sarebbero stati felpati se non avessi tremato così forte da faticare a camminare dritta; temevo di ruzzolare giù per la collina da un momento all'altro.

“Sirius, aspetta!” sussurrai allarmata quando lo vidi entrare direttamente all'interno della grotta, senza nemmeno darmi il tempo di tirare fuori la mia bacchetta.

Maledetto beota!

Lo seguii veloce, il cuore che batteva a mille e la bacchetta che tremava come se fosse stata affetta da un incantesimo Gambe Molli. Uscendo dall'apertura quasi andai a sbattere contro Sirius, ora immobile davanti a me.

Mi ci volle poco per individuare la fonte del suo interesse: a pochi metri da noi, addormentato davanti al calore del fuoco, giaceva Greyback.

 

Ero immobile, troppo terrorizzata perfino per respirare. Se avessi potuto avrei fermato anche il mio cuore, che sembrava risuonare così rumorosamente in quella piccola caverna.

Come potessimo essere ancora vivi, questo era un mistero. Eppure, Greyback sembrava riposare sereno lì sul duro pavimento, senza essere minimamente disturbato dalla nostra presenza lì a pochi passi da lui.

Io e Sirius ci scambiammo un'occhiata, entrambi troppo spaventati per azzardarci ad emettere un solo suono. Entrambi sapevamo che se volevamo agire dovevamo farlo subito, senza sprecare un solo secondo ancora, e lo sguardo di Sirius parlava chiaro quanto avrebbero fatto mille parole: chi dei due avrebbe dovuto farlo? Chi di noi avrebbe dovuto uccidere Greyback?

Annuii piano, voltandomi poi verso il licantropo addormentato a terra con la bacchetta tesa; sapevo benissimo che questo compito spettava a me e a me solamente. Per quanto Sirius fosse d'accordo con me sul destino di Greyback, non poteva ucciderlo lui stesso. Ma io potevo. Io dovevo.

La figura supina di Greyback si mosse appena, emettendo un suono impastato dal sonno. Perfino così, il suo volto pareva ancora distorto da un nefasto ghigno, lo stesso che gli avevo visto mentre raccontava di tutte le ignobili cose che aveva fatto, mentre si burlava del dolore di Remus, osservandolo con sadica gioia.

Sentivo la rabbia dentro di me, la sentivo premere contro la mia mano chiedendo di essere espressa a pieno attraverso la maledizione che uccide. Sapevo che avrei potuto lanciarla, quello che mi mancava in potenza l'avevo in collera e furia vendicativa. Avrei potuto lanciarla in quell'istante, avrei potuto cancellare quell'essere maledetto dalla faccia della terra nel giro di una manciata di attimi.

Eppure, qualcosa mi bloccava. Avrei perso Remus, forse per sempre. Anche se un giorno fosse riuscito a perdonarmi, non avrebbe mai potuto dimenticare; non avrebbe mai potuto dimenticare che ero un'assassina, e le cose non sarebbero mai più state come prima.

Mi sentivo tagliata a metà, come se l'indecisione fosse stata così forte da avermi strappato l'anima, dividendola in due. Ed ogni parte urlava, urlava per attirare la mia attenzione, dicendomi che stavo sbagliando: stavo sbagliando ad esitare, stavo sbagliando a pensare di fare una cosa simile...

Una mano si posò leggera sulla mia. Mi voltai sorpresa, osservando Sirius fissarmi con profonda tristezza, gli occhi fissi sui miei. Poi, senza allontanare il suo sguardo dal mio, scosse appena la testa. Fu un gesto infinitesimale, ma era tutto quello che mi serviva.

Abbassai le spalle, tornando a respirare. Fu come se la mia anima venisse ricucita istantaneamente, provocandomi un'immediata sensazione di sollievo. Sapevo che Greyback doveva morire, sapevo che era pericoloso per tutti noi. Ma, per quanto mi sarebbe piaciuto, ero troppo egoista per perdere tutto ciò a cui tenevo. Ero troppo egoista per perdere Remus.
Greyback doveva morire, ma non sarei stata io ad ucciderlo.

Non così. Non ora.

“Chiama gli auror” sussurrai a Sirius, osservandolo espirare e annuire a suo volta estremamente sollevato. In fin dei conti, altro non eravamo stati che due ragazzini che si erano divertiti a giocare a fare i grandi.

Un crepitio, poi vidi una mano afferrare Sirius, lanciandolo verso la parete dall'altra parte della grotta. Il ragazzo emise un gemito strozzato, poi cadde a terra con un tonfo sordo. Lo osservai con orrore, muovendomi istintivamente verso di lui. Fenrir però si piazzò davanti a me, sorridendo con sadico divertimento “Non credo proprio”

Indietreggiai veloce, inciampando sui miei stessi piedi e cadendo a terra. Lui rimase davanti a me, il sorriso sul suo volto che sembrava solo crescere mentre mi osservava cercare goffamente di rimettermi in piedi, le gambe che però sembravano rifiutarsi di mettersi in moto.

Finalmente riuscii a tastare la parete alle mie spalle, aggrappandomi ad una roccia sporgente e tirandomi su a fatica, rifiutandomi di distogliere lo sguardo da Greyback. Se dovevo morire, almeno volevo accorgermi che stava succedendo.

“Avresti dovuto uccidermi quando potevi” dichiarò, avvicinandosi tanto da permettermi di sentire il suo respiro sulla pelle “O almeno, quando pensavi di potere”

Spalancai lo sguardo, rendendomi conto di quanto effettivamente fossimo stati stupidi. Greyback sembrò accorgersi della mia improvvisa comprensione “Vi ho sentiti a chilometri di distanza, difficile non farlo. In effetti, pensavo quasi lo stesse facendo di proposito”

“Allora perché non ucciderci subito?” domandai, incapace di trattenere la domanda. Lui piegò la testa da un lato, osservandomi con divertimento “Volevo vedere se avevate abbastanza fegato per farlo. Sono rimasto un po' deluso, lo ammetto”

Strinsi i denti, chiedendomi se avrei potuto raggiungere la mia bacchetta abbastanza in fretta da rimediare ai miei errori, ma dopo averla individuata sul pavimento dietro Greyback fu ben chiaro che non ne avevo modo.

“Non è importante, comunque. Mi sarai utile lo stesso”

“Utile?” domandai, cercando senza successo di mantenere un tono impassibile. Lanciai un'occhiata a Sirius, sentendo il cuore stringersi in una morsa gelata alla vista del sangue che gli bagnava il volto, colando a terra in piccole gocce scarlatte.

“Utile a richiamare qui il tuo amico, Lupin” disse, chiaramente godendo alla vista della mia espressione piena di panico. Si lasciò scappare una risatina, come un'adolescente alla vista della sua cotta “Sono contento che sia stata tu a venire. Le urla delle ragazzine sono le mie preferite”

A quelle parole, sentii il sangue ghiacciarmisi nelle vene. Non avrei avuto nessuna forma di pietà pietà, nessuna indulgenza e Sirius mi avrebbe seguito nella tomba nel giro di minuti, tutto per colpa della mia stupida testardaggine.

Greyback mi afferrò con presa salda il braccio, trascinandomi fuori dalla grotta senza preoccuparsi troppo del bordi affilati dell'apertura. Mentre uscivamo, riuscii con un piede a trascinare la bacchetta, portandola fuori con me; non appena ci ritrovammo all'aria aperta, comunque, Greyback con un brusco movimento mi sospinse in avanti, facendomela perdere di nuovo.

“Ora, ragazzina, urla” e quando le sue unghie si conficcarono nel mio collo, io urlai.

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Capitolo 22
*** Game Over ***


Caddi a terra, il sangue che mi colava lungo la schiena. Mi posai una mano sul retro del collo, provando a fermare il flusso mentre cercavo di pensare a come poter scappare. Il terrore però mi annebbiava la mente e il sangue che stavo perdendo di certo non mi aiutava. Cominciavo già a sentire le membra più pesanti, la forza abbandonarmi; era una sensazione leggera, ma sapevo che se Greyback avesse continuato di questo passo avrei presto perso i sensi.

Una mano mi sollevò bruscamente, senza darmi il tempo di riprendermi. Strinsi gli occhi, promettendomi che questa volta non avrei gridato; non potevo permettermelo, né volevo dare questa soddisfazione a Fenrir.

Lui mi afferrò con forza i capelli, tirandomi la testa all'indietro. Sentii gli occhi riempirsi di lacrime, perciò gli serrai con forza, decisa a non mostrarmi debole, non davanti a quel mostro.

Afferrò la mia mano destra, stringendola con forza nella sua. Sentii le ossa stringersi tra di loro, cominciando piano a rompersi; il dolore era accecante, ma io strinsi la lingua tra i denti, trattenendo le grida che minacciavano di uscire.

Greyback non sembrò apprezzare il mio gesto, poiché la presa si fece più forte. Lentamente e con agonia, ascoltai con orrore il rumore delle mie dita che si spezzavano, il sapore del sangue si diffondeva per la mia bocca mentre continuavo a mordermi la lingua senza pietà.

Sto perdendo la pazienza ragazzina” ringhiò il licantropo ad un soffio dal mio orecchio “Urla, o la prossima cosa che affonderà nel tuo collo saranno i miei denti”

Spalancai gli occhi, perdendo la concentrazione e emettendo un nuovo urlo quando l'ennesimo osso si spezzò, facendomi perdere completamente la sensibilità nella mano. Il panico si fece strada nella mia mente al pensiero del morso di Greyback: avrebbe avuto effetto anche se non vi era la luna piena? Poteva passarmi comunque la sua maledizione?
Ero terrorizzata.

Lui rise con soddisfazione, strofinando il suo naso ai miei capelli “La carne giovane è la migliore, e il tuo profumo mi fa venire l'acquolina in bocca”

Un brivido mi percorse la schiena, lasciandomi per un secondo senza fiato. Era piuttosto chiaro che non mi sarei dovuta preoccupare di diventare un lupo mannaro: se mi avesse morso, l'avrebbe fatto per mangiarmi.

Ero combattuta tra il disgusto e il panico, cercando di ignorare il suo respiro sul mio collo sanguinante. Sapevo di servirgli ancora, almeno per qualche minuto. Dovevo approfittarne, dovevo trovare il modo di recuperare la bacchetta alle mie spalle; non mi era sfuggito il fatto che Greyback non sembrava aver tirato fuori la sua, forse sicuro di non averne bisogno.

Se ne sarebbe pentito.

Vuoi sapere un segreto?” mi domandò, la voce disgustosamente suadente “Questa idea del sangue puro e il sangue sporco, di come uno sia migliore dell'altro... sotto le mie fauci, avete tutti lo stesso, squisito sapore”

Scossi appena le spalle cercando di liberarmi dalla sua stretta, ma riuscii solo a renderla più forte. Le sue parole mi nauseavano, facendomi sentire sporca, contaminata. Non volevo ascoltarlo, non mi interessava sapere cosa pensasse. Sapevo che stava cercando di spaventarmi, di causarmi quanto più terrore possibile prima di uccidermi. Non potevo permetterglielo. Dovevo essere lucida e veloce se volevo liberarmi e scappare. Non c'era spazio per la paura nella mia fuga.

Mossi bruscamente il braccio, colpendo Greyback allo stomaco con un gomito e sfuggendo per qualche istante dalla sua presa. Mi riafferrò subito, ridendo come se trovasse incredibilmente divertente il mio gesto, poi tirò indietro la mia spalla sinistra, facendola scrocchiare con un orribile suono che risuonò nel silenzio della notte. Urlai ancora, cadendo a terra con un tonfo, mentre Greyback continuava a ridere, lo sguardo puntato dritto davanti a sé “Sei una cosina divertente”

Strisciai lentamente in avanti, rischiando di emettere sospiro di sollievo alla familiare sensazione della mia bacchetta sotto le dita. La strinsi appena, sentendo un dolore immenso mentre piegavo le dita rotte. Pensai di cambiare mano, ma il braccio sinistro non rispondeva ai miei comandi, non lasciandomi altra scelta che utilizzare la mano destra.

Greyback intanto non sembrava essersi accorto di niente, lo sguardo che ancora scrutava il paesaggio davanti a sé “Ce ne sta mettendo di tempo” sghignazzò, spostando gli occhi su di me “Mi sa che dovremo divertirci ancora un po'”

Potrebbe non venire mai” sussurrai, la voce resa roca dal dolore “Potrebbe essere tornato al castello”
Speravo vivamente l'avesse fatto, ma sapevo anche che era una speranza vana.

Greyback emise uno sbuffo divertito “Forse, se avesse nascosto l'istinto di protezione nei tuoi confronti un po' meglio, ci avrei anche potuto credere”

Rallentai il mio respiro, assicurandomi di sentire la bacchetta stretta con sicurezza tra le dita. Sapevo di avere solo una possibilità.

Potrebbe aver chiamato degli auror. Non avrai scampo allora” dissi, cercando di distrarlo mentre mi voltavo verso di lui, sollevando il busto e nascondendo la bacchetta dietro la schiena. Lui scosse la testa, tornando a guardare in lontananza “Rischiando di finire ad Azkaban con me? Spero proprio che non sia così stupi-”

Spostai il braccio, puntando la bacchetta verso il petto di Greyback. Quello non fece nemmeno in tempo ad accorgersi del mio movimento, che lo schiantesimo lo colpì in pieno, facendolo cadere a terra.

Rimasi a terra per qualche istante ancora, tremante. Osservai Greyback a terra, sollevandomi di scatto non senza difficoltà, la mano che pulsava rilasciando ondate di dolore in tutto il braccio. Dovevo fuggire all'istante, sapevo che l'incantesimo non sarebbe durato molto. Mi voltai verso Hogmeade, preparandomi a correre con tutto il fiato che avevo in gola.

Sirius!

Girai di scatto la testa verso l'apertura della caverna, osservando il gioco di luce e ombre sulle sue pareti che ora sapevo essere causate dal fuoco. Sirius era lì, ferito.

Mi immobilizzai. Non potevo restare qui, saremmo solamente morti entrambi. Dovevo andarmene, ero sicura che anche lui sarebbe stato d'accordo. Dovevo salvarmi, mettere me stessa prima di ogni cosa, così come avevo sempre fatto. Sapevo che era così.

Allora perché continuavo a guardare la caverna, senza muovere un passo in direzione della mia libertà?
Perché sentivo quell'immenso dolore al petto al pensiero di abbandonare Sirius?

Non avrei mai potuto salvarlo! Avevo una spalla slogata ed una mano rotta, oltre ad essere completamente fradicia del mio stesso sangue. Se fossi tornata indietro, non me ne sarei mai andata.

Eppure sapevo che l'idea di andarmene senza Sirius non era nemmeno una vera possibilità.

Con uno sbuffo infuriato mi diressi a passo spedito verso l'apertura, maledicendo la mia debolezza. Stupida, stupida! Continuai a ripetermi mentre entravo nella caverna, avvicinandomi veloce al corpo supino di Black, circondato da una piccola pozza di sangue.

Un pensiero orribile si fece strada per la mia mente, facendomi provare un terrore sordo. Voltai il ragazzo bruscamente, scuotendolo per le spalle con forza “Sirius? Sirius, svegliati!”

Lui non diede segno di avermi sentito, il volto pallido e un grosso taglio sulla fronte che mi spaventavano più di quanto volessi ammettere “Sirius, maledizione! Svegliati! Svegliati subito!”

Gli lasciai le spalle di colpo, la mia mente che si rifiutava di elaborare quello che i miei occhi mi stavano chiaramente mostrando. Un impeto di rabbia mi fece sollevare la mano di scatto, per poi sbatterla con forza sulla guancia del ragazzo. Me ne pentii all'istante quando un atroce dolore mi paralizzò, riempendomi gli occhi di lacrime e lasciandomi senza fiato.

Stai piangendo per me? Non ti avrei mai detto così sentimentale” sussurrò una voce accanto a me. Mi asciugai veloce gli occhi, osservando con sorpresa Sirius mettersi seduto, una mano premuta sulla fronte “Che male, maledizione”

Sei vivo!” esclamai sorpresa, guardandolo incredula. Eppure pensavo...credevo...

Se lo dici così sembra quasi che ti dispiaccia”

Scoppiai a ridere, una risata quasi isterica. Era vivo.

Sirius mi osservò preoccupato, il volto che si rabbuiava di più ogni secondo che passava “Cosa ti è successo?”

Scossi la testa, sollevandomi in piedi e lanciandogli uno sguardo veloce “Non c'è tempo di spiegare, dobbiamo andarcene immediatamente”

Lo osservai sollevarsi, le gambe che sembravano non essere in grado di reggere il suo peso “Woah, è la stanza che sta girando o sono io?” borbottò, piegandosi pericolosamente verso sinistra. Gli andai accanto, porgendogli la spalla destra prima che si ritrovasse completamente disteso a terra e aspettando mentre mi circondava incerto con un braccio, quasi temesse che potessi rompermi sotto il suo tocco.

Aggrappati per bene, non ho il tempo di raccoglierti da terra” lo avvertii, trattenendo un gemito quando la sua mano strinse con forza la mia spalla sinistra. Strinsi i denti e mi feci forza, camminando a grandi passi verso l'apertura. Superare quella fu più difficile: era troppo stretta perché potessimo passarci entrambi contemporaneamente, così dovetti passare per prima per poi voltarmi ad aiutare Sirius, il quale continuava a borbottare di non aver bisogno del mio aiuto.

Appena riuscimmo ad uscire entrambi mi voltai veloce, il terrore di avere Greyback alle spalle. Dietro di me non vi era niente, ma quando spostai lo sguardo mi pietrificai.

Sirius sembrò notare il mio panico, poiché automaticamente strinse la presa sul mio braccio, avvicinandosi fino a toccare la mia schiena con il suo petto “Che succede?”

Greyback... è sparito” sussurrai, indicando con un cenno della testa il punto in cui era caduto, i segni del suo atterraggio ancora ben visibili. Lentamente ripresi la mia bacchetta dalla tasca dei pantaloni, questa volta però con la sinistra; sapevo che in questo modo era inutilizzabile, considerato che mi era impossibile muovere il braccio, ma l'idea di assaggiare di nuovo il dolore che avevo provato poco prima mi terrorizzava.

Forse se n'è andato”

Annuii piano, per niente convinta “Sì, forse”

Avanzai veloce, decisa ad andarmene il prima possibile; se davvero Greyback se ne era andato, allora non ci sarebbe voluto molto perché tornasse. Non c'era tempo da perdere.

Un fascio di luce mi passò accanto, rischiando di farmi cadere a terra trascinando Sirius con me. Greyback stava davanti a noi, il sorriso che tanto detestavo ora sparito dalle sue labbra e sostituito da un'espressione infuriata.

Piegò una gamba, poi cominciò a correre verso di noi, gli occhi che bruciavano di rabbia.

Era incredibile quanto fosse veloce, sicuramente il risultato della sua natura sempre più animale; mi ritrovai bloccata a fissarlo, incapace di muovermi o di sollevare la bacchetta. Fortunatamente Sirius riuscì presto a riprendersi dalla sorpresa iniziale, afferrando la sua e cominciando a lanciare vari incantesimi, mentre Greyback li schivava senza neppure guardarlo. Un getto di luce rossa riuscì a colpirlo alla spalla, facendolo indietreggiare sorpreso e quasi cadere a terra.

E' indebolito dalla luna, pensai, ricordando quanto aveva detto Remus a proposito della notte successiva alla luna piena, il periodo in cui erano più deboli.

Non gli ci volle molto per riprendersi, tornando ad erigersi ancora più incollerito di prima. Indietreggiai, sentendo Sirius alle mie spalle fare lo stesso “Scappa Elisabeth, io lo tengo impegnato”

Seguirebbe me, sarebbe inutile” sussurrai, sapendo bene che da quando lo avevo schiantato per Greyback la situazione era diventata personale.

Dovresti andartene tu” aggiunsi. Era inutile che morissimo entrambi.

E perdermi tutto il divertimento?” scherzò, la voce spezzata che tradiva il suo panico. Gli sorrisi, sentendo uno strano tremore al petto nel vedere Sirius spaventato: ora che perfino lui che sembrava sempre essere in grado di mantenere il sangue freddo aveva paura, come avrei dovuto sentirmi io?

Un nuovo getto di luce mi passò accanto, questa volta però arrivandomi alle spalle e colpendo Greyback al volto, facendolo urlare di dolore e cadere a terra. Mi voltai sorpresa, trattenendo urlo di gioia alla vista di Remus che veniva verso di noi, il volto serio e tirato.

Incrociai il suo sguardo ed immediatamente un'ondata di vergogna mi assalì, costringendomi ad abbassare gli occhi, tenendoli fissi verso il terreno.

State bene?” domandò lui, il tono agitato. Annuii appena, continuando a rifiutarmi di incrociare il suo sguardo che sapevo benissimo essere puntato su di me, sentendone quasi il peso sulla nuca.

Solo un taglietto” borbottò Sirius, probabilmente in risposta ad una domanda silenziosa sulla sua ferita “Lei invece...”

Sto benissimo” lo interruppi, lanciandogli un'occhiata di sbieco. Non volevo che Remus si sentisse in pena per me, non volevo che vedesse quanto ero stata stupida, quanto pateticamente avevo fallito.

Mi resi conto, con sorpresa, che per qualche motivo ero ancora arrabbiata con lui. Non avrei saputo dire perché, considerato che non era lui quello che mi aveva schiantato per poi lasciarmi svenuta nella foresta, eppure era così.

Stavo impazzendo.

Quando ti ho detto di andare a cercarla, non era questo che intendevo” sentii Remus bofonchiare a Sirius, il quale alzò indifferente le spalle “Aveva buone argomentazioni”

Mi trattenni dal commentare - considerato che io non avevo argomentato proprio niente – concentrandomi invece sulla figura che ora si erigeva sopra Greyback, legandogli i polsi con un incantesimo. Assorta come ero su Remus, mi ero appena accorta della persona che era arrivata con lui, ma non appena si voltò verso di noi la riconobbi: era il caposcuola di Grifondoro, Frank Paciock.

Dovete andarvene in fretta, gli Auror saranno qui a momenti”

Lo osservai senza capire, voltandomi automaticamente verso Remus per ulteriori spiegazioni. Questo annuì, tornando poi a guardarci “Vi spiego tutto strada facendo, ora però è meglio andare”

Con un cenno veloce salutò Paciock, poi insieme ci mettemmo in marcia verso il castello.





Procedemmo silenziosi, la tensione palpabile nell'aria. Sirius, appoggiato alle spalle di Remus, aveva inizialmente provato ad intavolare un discorso, ma la totale mancanza di collaborazione mia e dell'amico gli aveva preso fatto cambiare idea.

Nonostante ci aveva promesso delle spiegazioni, Remus ancora non aveva aperto bocca, e per quanto io odiassi essere all'oscuro di quanto fosse successo non avevo il coraggio di rivolgergli la parola.

Sapevo bene quanto mi stessi comportando da codarda, nascondendomi dietro il silenzio piuttosto che affrontare le conseguenze delle mie azioni, ma quasi speravo che se fossi rimasta abbastanza a lungo invisibile tutti i miei problemi sarebbero spariti.

James è in infermeria” annunciò improvvisamente Remus, facendomi quasi sussultare “Ha detto di essere caduto dalle scale andando in bagno. Non sono sicuro che gli abbiano creduto”

Sirius rilasciò uno sbuffo divertito, poi tornò serio “Si sono accorti della nostra assenza?”

Non lo avevano fatto quando me ne sono andato, non la tua almeno” disse, lanciandomi un'occhiata veloce “Frank si è assicurato di coprirti, ma non possiamo sapere se qualcuno nei sotterranei ha notato che Elisabeth non è lì”

Non se ne accorgono mai” borbottai, scrollando le spalle. Avevo passato più giorni fuori dal mio letto che dentro ormai, e comunque dubitavo che a qualcuno interessasse dove fossi.

Nè Sirius né Remus commentarono, ma non mi sfuggii il loro scambio di sguardi.

Sapete cosa?” esclamò Sirius a voce troppo alta per risultare naturale “Credo che mi farò il resto della strada in forma canina”

Sollevai un sopracciglio “Ma se non riesci nemmeno a reggerti in piedi!”

Non hai idea della differenza che possa fare stare a quattro zampe” dichiarò, lasciando la spalla di Remus e chinandosi su sé stesso. “Sirius, no-” non riuscii nemmeno a finire di parlare che quello si era già trasformato in una palla di pelo, la coda scodinzolante e la lingua di fuori.

Alzai gli occhi al cielo, osservandolo allontanarsi veloce nel folto della foresta. Quando tornai a guardare davanti a me, notai Remus che mi fissava imperscrutabile, il viso che non tralasciava alcuna emozione. O forse ero semplicemente io che non volevo leggere quello che aveva da dire.

Fu a quel punto che capii che Sirius si era allontanato per lasciarci da soli, forse nella speranza che risolvessimo i nostri problemi. Il bastardo mi aveva messo con le spalle al muro.

Remus mi osservò in silenzio per qualche secondo ancora, poi sospirò “Sei ricoperta di sangue”

Sì, ultimamente mi succede spesso” borbottai, desiderando che il sangue fosse davvero il peggiore dei miei problemi in quel momento: dei dolori lancinanti mi impedivano di muovere il braccio sinistro, lanciando fitte gelate alla schiena ogniqualvolta mi giravo. La mano destra invece pulsava dolorosamente, ed ero piuttosto sicura di aver visto un osso spuntare dalla carne quando la avevo alzata per colpire Greyback, così ora la tenevo nascosta dietro la schiena. Non sapevo come avrei fatto: era chiaro che andare in infermeria non era un'opzione, considerato che vi era già James; inoltre per me sarebbe stato un po' più difficile giustificare le mie ferite. Sembrava che in qualche modo avrei dovuto cavarmela da sola, e Merlino sapeva quanto ero terrorizzata all'idea dei danni che avrei potuto farmi cercando di maneggiare magie che chiaramente non conoscevo.

Perché Paciock è venuto con te?” domandai, cercando di distrarmi dai miei stessi pensieri. Remus sembrò incerto per qualche istante, probabilmente rendendosi conto di quanto disperatamente stessi cercando di cambiare discorso, ma alla fine lasciò correre “Facendo parte dell'Ordine della Fenice... ufficialmente, sarà ben più facile per lui spiegare la sua presenza al rifugio di Greyback”

Quindi sa...”

No, no. L'ho incontrato in corridoio mentre accompagnavo James all'entrata dell'infermeria e poiché Sirius non era ancora tornato... ho pensato potesse servirci aiuto. Gli ho spiegato che avevamo trovato Greyback, che l'avevamo affrontato e che le cose erano andate... non secondo i piani. Gli ho spiegato che tu e Sirius eravate ancora nella foresta, che non sapevo cosa vi fosse successo...”

Di nuovo, Remus aveva mentito piuttosto che riferire cosa avevo fatto. Sentii nuovamente una punta di rabbia, ma cercai di ignorarla, sempre più incerta su come interpretarla.

Gli ho detto che non potevo dargli spiegazioni, ma lui ha accettato comunque di venire con me a cercarvi. Siamo tornati indietro il più in fretta possibile, e io ho seguito le indicazioni che ti aveva dato quel Mangiamorte” mi lanciò una veloce occhiata, spostando poi lo sguardo verso un punto imprecisato del terreno “Il resto lo sai”

Non l'ho ucciso” sussurrai, chiedendomi immediatamente perché tra tutte le cose che avrei potuto dire avessi scelto questa “Mi sono fermata”

Remus sollevò nuovamente lo sguardo verso di me, piegando appena la testa di lato “Lo so”

Ed ora lui dirà agli Auror di te”

No, non lo farà” ribadì veloce lui, avvicinandomisi di qualche passo “Frank è uno dei migliori con gli incantesimi di memoria. Greyback non si ricorderà niente”

Abbassai lo sguardo “Però vivrà. Vivrà nonostante tutto quello che ha fatto”

Se non hai cambiato idea riguardo alla sua morte, perché ti sei fermata? Perché non l'hai ucciso?” anche senza guardarlo riuscivo benissimo a pitturarmi la sua espressione, le sopracciglia corrugate e lo sguardo confuso.

Perché sono troppo egoista per perderti” sussurrai, rifiutandomi di alzare lo sguardo “Anche se forse ci avrei dovuto pensare prima”

Non vi fu alcuna risposta alla mia affermazione, e io sentii il mio cuore comprimersi su se stesso, come se improvvisamente non ricordasse più come battere. Eppure, sapevo bene che non potevo stare a compiangermi: qualunque fosse stata la scelta di Remus io avrei dovuto accettarla, e tornare a vivere la mia vita. Sapevo che lo stavo perdendo quando avevo lanciato quel maledetto schiantesimo, lo sapevo mentre mi allontanavo per andare incontro a Greyback. Forse, l'unico rimpianto era proprio quello di non aver finito ciò per cui mi ero presa così tanto disturbo.

Sollevai di scatto la testa quando sentii qualcuno toccarmi le spalle, ritrovandomi improvvisamente stretta in un abbraccio. Il familiare profumo di Remus mi avvolse, e immediatamente sentii i miei muscoli distendersi, il mio respiro tornare lento e regolare come non era ormai più da ore. Ignorai il dolore alla spalla, lasciandomi cullare dal battito del cuore del ragazzo, ascoltando il suo petto alzarsi ed abbassarsi sotto la mia guancia. Prima di rendermene conto gli occhi mi si riempirono di lacrime che lasciai scivolare silenziose sul volto, lasciando che portassero via con loro tutta la tensione di quella notte.

Non potresti mai perdermi” sussurrò Remus senza lasciarmi andare “Spesso avrei voluto poterti lasciar andare per tenerti al sicuro, ma ormai so bene che non sono in grado di farlo”

Mi posai completamente su di lui, sentendo tutta la stanchezza accumulata piombare su di me, le mie stesse gambe che facevano fatica a reggermi “Volevo davvero farlo, ucciderlo. Lo voglio ancora. Sono così e non posso cambiare, né voglio farlo”

E io non voglio che tu lo faccia” disse Remus, accarezzandomi i capelli in familiari gesti “Questo non vuol dire che non faccia fatica ad accettare le tue idee, ma sapevo in cosa mi stavo imbattendo dal primo momento in cui ti ho vista”

Immagino dovremo lavorarci su” dissi, chiudendo gli occhi “Imparare a trovare dei compromessi”

Remus avvicinò il viso al mio collo, così da sussurrare direttamente nel mio orecchio “Non vedo l'ora di incominciare”

Sorrisi sincera, poi mi lasciai andare all'oscurità, finalmente tranquilla.





Aprii gli occhi lentamente, solo per richiuderli di scatto quando un forte getto di luce li colpì, rischiando di accecarmi. Qualcuno al mio fianco si mosse, provocando il leggero stridio di una sedia.

Mi voltai di lato, cambiando immediatamente idea quando sentii una fitta alla spalla. Alzando il braccio destro così da ripararmi il volto, provai nuovamente ad aprire gli occhi.

La prima cosa che notai, indubbiamente, fu il gesso che, partendo da appena sotto il mio gomito, scendeva fino a avvolgere completamente la mia mano, facendo sembrare il mio braccio una specie di enorme fiammifero bianco.

Lo spostai lentamente, riconoscendo all'istante l'ambiente in cui mi trovavo come l'infermeria di Hogwarts, compresa di James addormentato a qualche letto di distanza.

Qualcuno si schiarì la voce alla mia destra, facendomi voltare sorpresa nella sua direzione. Il professor Silente era seduto accanto a me, gli occhiali a mezzaluna sempre in bilico sulla punta del suo naso e un sorriso gentile stampato sul volto.

Ben tornata tra noi signorina Whincester” disse, facendomi un leggero cenno di benvenuto con la testa. Io non risposi, troppo sorpresa per riuscire a fare alcunché. Avevo come l'impressione che mi mancasse un immenso pezzo del puzzle, fondamentale per comprendere che diamine stesse succedendo.

Si starà chiedendo cosa ci faccia io qui, immagino” disse lui, intuendo i miei pensieri. Annuii piano, sollevandomi lentamente a sedere “A dirla tutta” cominciai diffidente, incerta su cosa il preside sapesse e cosa no “Non so nemmeno cosa ci faccio io”

Ah, signorina Whincester, domanda interessante. Ammetto di essermi chiesto lo stesso quando il signor Lupin è entrato di corsa del mio ufficio in piena notte accompagnato dal signor Black e portando lei svenuta, ricoperta di sangue e con varie ossa rotte tra le braccia”

Spalancai gli occhi. Che diamine gli era passato per la testa?

Non sono sicuro di voler davvero sapere come facessero a conoscere la parola d'ordine per entrarvi, ma so che avrei dovuto aspettarmelo. Ho il sospetto che la conoscenza che hanno i suoi amici di questo castello sia inferiore solamente a quella dei nostri elfi domestici”

Dove, ehm” mi schiarii la voce “Dove sono adesso?”

Silente sollevò le sopracciglia “Oh, credo proprio che in questo momento siano nelle cucine a preparare il pranzo”

Lo osservai interdetta, poi abbassai le spalle con esasperazione “Non gli elfi domestici. I ragazzi”

Oh! Ma certo” borbottò, e quasi mi parve di vedere un cipiglio divertito nel suo sguardo “Il signor Lupin e il signor Minus sono a lezione, il signor Potter riposa qualche brandina più in là e, con estremo disappunto di Madama Chips, il signor Black si è allontanato dall'infermeria alle prime luci dell'alba, tornando a dormire nel suo letto” abbassò la voce, avvicinandosi a me con fare cospiratorio “Cosa per cui non lo biasimo. Io stesso ho avuto la malasorte di dormire in uno di questi letti un paio di volte, e ricordo bene di essermi svegliato con un molestante mal di schiena”

Sollevai ed abbassai la testa in quello che doveva essere un cenno di comprensione, ma tutto ciò che riuscivo a pensare era che quest'uomo era l'unico che Tu-Sai-Chi temesse, ed era completamente pazzo.

Tornando a noi” borbottò, risistemandosi sulla sedia “Il signor Lupin ha seguitato a raccontarmi quello che è accaduto con Fenrir Greyback. Scelta poco saggia quella di andare a cercarlo, lo ammetto, ma prova di grande coraggio”

Non riuscii a trattenermi “Non era coraggio, non da parte mia” dichiarai “Volevo solo mettere Remus al sicuro”

Per via della sua condizione, immagino”

Mi resi conto troppo tardi di aver detto troppo. Silente non sapeva che ero al corrente della maledizione che affliggeva Remus, e forse quest'ultimo voleva che rimanesse così.

Di nuovo, il professore sembrava sapere esattamente cosa mi passasse per la testa: “Oh, non si affligga. Il signor Lupin si è premurato di farmi sapere che il suo segreto è condiviso tra i suoi amici ormai da un periodo relativamente lungo”

Mi rilassai, trovandomi nuovamente a chiedermi quanto Silente effettivamente sapesse. Remus gli aveva forse anche detto che Sirius, Peter e James erano animagi? Per qualche ragione, ero convinta non l'avesse fatto.

Il fatto che lei abbia rischiato la vita per salvarlo dimostra un grande coraggio, che lei sia d'accordo o meno”

Non sono una persona coraggiosa” ribadii allora, decisa per qualche motivo a smontare la sua idea. Sapevo perché avevo fatto quello che avevo fatto, sapevo come, e il coraggio c'entrava ben poco “Ero terrorizzata”

Ed è proprio questo che la rende tale” ribadì l'uomo, sorridendo sincero. Mi rabbuiai. Vecchio testardo! Non ne voleva sapere di mollare l'osso.

Silente si sollevò, sollevando la sedia e adagiandola con estrema lentezza accanto al tavolino alla destra del letto. Quando ebbe concluso il suo lavoro tornò a rivolgermisi, non prima però di essersi aggiustato gli occhiali ormai prossimi alla caduta: “Poiché sono al corrente che sono ormai mesi che sa del piccolo segreto del signor Lupin, non credo ci sia bisogno che mi raccomandi con lei tenere l'informazione assolutamente privata. Anche se ricordo di aver pensato lo stesso con il signor Lupin ed ora sembra che la metà dei suoi compagni di stanza ne siano al corrente, più qualche aggiunta esterna” borbottò, lanciandomi un'occhiata complice. Lo fissai sempre più esasperata, la mia fiducia nella possibile sconfitta di Tu-Sai-Chi che scemava di secondo in secondo.

Ritengo che i suoi amici la raggiungeranno presto, perciò ora la lascio tornare a riposare. Prima di andarmene, però, sono ben felice di annunciarle che Fenrir Greyback è stato arrestato e attualmente soggiorna in una delle celle di Azkaban, strettamente sorvegliato dai dissennatori”

Finalmente un'informazione utile “E gli altri?”

Silente piegò appena la testa, confuso “Gli altri?”

Non lo sapeva. Non sapeva che altri Mangiamorte ci avevano attaccati. Questo voleva dire che erano ancora in libertà.

Niente” dissi allora, scuotendo la testa “Non è importante”

Silente mi osservò incuriosito ancora per qualche secondo, poi si voltò e uscì dall'infermeria mentre io, con uno sbuffo, mi ributtavo pesantemente sul materasso.

Però ha ragione, mi ritrovai a pensare, è proprio scomodo.







NdA:
Ah! Eccomi qui! Avevo detto che questa volta avrei aggiornato presto, anche se ammetto di averci impiegato più del previsto. Mi prendo la libertà di dare la colpa di ciò all'uscita del nuovo episodio di Sherlock ( telefilm britannico, per chi non lo sapesse ) di un paio di giorni fa, che mi ha tramutata in una specie di budino umano incapace di fare altro che lanciare gridolini e riguardare l'episodio fino ad impararlo a memoria.

Ma, tornando a noi, finalmente stasera sono riuscita a rimettermi sotto e finire questo capitolo che è, purtroppo, il penultimo.

E sì, con il prossimo – che è ovviamente l'epilogo - si concluderà l'avventura che è stata questa fanfiction, per me scriverla e – spero – per voi leggerla. Voglio ringraziare infinitamente ( e davvero non penso di poter esprimere a pieno la mia gratitudine ) tutti coloro che hanno letto e/o recensito. Il vostro supporto è stato indispensabile per me, e voi sarete indubbiamente la cosa che più mi mancherà di questa storia.

Però c'è un però. Un però di cui parlerò meglio alla fine del prossimo capitolo. Un però molto incerto, ma possibile.

Si vedrà.


Per ora perciò mi congedo con un immenso grazie, nella speranza che, oltre ad aver ricevuto una montagna di affetto e supporto da parte vostra, io stessa sia stata in grado di darvi qualcosa. Che sia anche solo un piccolo momento di serenità.

Un abbraccio immenso.

Vahala

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Capitolo 23
*** Vengeance ***


So che sei sveglia”

Piegai le labbra in un sorriso, voltandomi lentamente e aprendo gli occhi. Remus mi osservava sereno mentre poggiava la sedia accanto al mio letto, sedendosi senza staccare gli occhi dai miei.

Ciao” sussurrai, il ricordo degli avvenimenti della notte precedente stampato a fuoco nella memoria. Remus si aprì in un sorriso sincero, posando i gomiti sul materasso così da essere con il volto a pochi centimetri dal mio.

Ciao”

Restammo in silenzio per qualche secondo, e mentre io cercavo disperatamente qualcosa da dire per rompere il silenzio, Remus sembrava essere completamente a suo agio, osservandomi con un'espressione lievemente oscurata.

Che avesse cambiato idea? Che fosse arrabbiato con me? Istantaneamente arretrai lievemente, sprofondando ancora di più la testa nel cuscino.

Quando dopo alcuni minuti la situazione rimase invariata, decisi che ne avevo avuto abbastanza: “Remus, ascoltami, capisco se sei ancora arrabbiato con me, ma...”

Il ragazzo sembrò cadere dalle nuvole, e io mi fermai a metà frase. Non avevo idea di cosa gli stesse passando per la mente e la cosa non mi piaceva nemmeno un pochetto.

Non sono arrabbiato con te, lo sono con me stesso”

Lo guardai scettica, chiedendomi perché in qualche modo arrivava sempre a quella conclusione. Per quale motivo si stava colpevolizzando adesso?

Quando ti abbiamo riportato al castello siamo dovuti andare da Silente, non avevamo altra scelta. Respiravi a malapena ed eri così pallida... per un attimo ho pensato...” i suoi occhi incontrarono i miei, e improvvisamente mi resi conto di tutta l'angoscia presente nel suo sguardo. Gli presi la mano con la mia, stringendola appena “Non è stata colpa tua, è chiaro? Io ho deciso di andare a cercare Greyback. Io ho deciso di correre il rischio”

Lui sollevò appena un angolo della bocca “E forse avrei dovuto darti ascolto”

Sollevai con forza le sopracciglia, credendo di aver sentito male “Come?” domandai, incerta su cosa pensare. Quando sentii la stretta di Remus farsi più forte, mi resi conto che la nuvola di rabbia che avevo visto precedentemente nel suo sguardo era tornata “Una spalla lussata, tredici ossa della mano rotte, cinque tagli sul collo e una contusione alla schiena, oltre ad una considerevole quantità di lividi. Madama Chips non sapeva cosa pensare”

Ha capito cosa è successo?”

Se anche l'ha fatto, si fida abbastanza di Silente da non fare domande” rispose in tono secco, abbassando lo sguardo verso le nostre mani intrecciate. Lo osservai in silenzio, presa di contropiede. Il suo umore sembrava continuare a variare come dondolasse su un'altalena e, nonostante affermasse di non avercela con me, ora non riusciva nemmeno a guardarmi negli occhi.

Mi sporsi appena verso di lui, le mie labbra quasi a contatto con la sua fronte “Remus...”

Avevi ragione tu. Avrei dovuto ucciderlo” le parole lasciarono le sue labbra quasi come sobilli, la rabbia che traspirava da ogni singola lettera. Avrei dovuto essere felice che finalmente Remus vedesse il suo errore, che si rendesse conto che le sue scelte erano state sbagliate, eppure riuscivo solo a pensare a quanto quelle parole fossero inesatte quando pronunciate da lui, come se non fosse davvero lui a parlare.

No, non è vero” sussurrai, osservandolo rialzare la testa “Hai fatto quello che ritenevi giusto, quello che ancora adesso ritieni giusto” Remus fece per interrompermi, ma io lo bloccai “E' così, non puoi negarlo. L'omicidio non rientra nel tuo repertorio, e io non mi sarei mai potuta perdonare se fossi stata la causa di una tale decisione”

Sei quasi morta” ribatté, come se questo potesse giustificare tutto. Io però scossi la testa, sapendo bene che non era così “Ma non lo sono, giusto? Non è facile liberarsi di me, te lo posso assicurare”

Remus sollevò un angolo della bocca con incertezza, accarezzandomi delicatamente il palmo della mano sovrappensiero “Mi dispiace di averti trascinato in tutto questo. La tua vita era tranquilla”

La mia vita era una noia, Remus. E per quanto spesso e volentieri farei a meno di alcune.... grane” lanciai un'occhiata di sottecchi alla brandina di James, alzando gli occhi al cielo quando lo vidi serrare di colpo gli occhi, fingendo di dormire “Non cambierei quello che ho ora per nulla al mondo”

Sorrisi con sincerità, navigando negli occhi di Remus. La mia mente tornò inevitabilmente a quelli che mi sembrava essere successo ormai anni prima, quando erano passati appena due giorni.

Ti amo”

Le sue parole mi risuonavano ancora chiare nella testa, così piene di significato eppure così insignificanti. Sapevo di non aver ancora dato una risposta, e sapevo che Remus per quanto non lo mostrasse ne soffriva. Eppure, per qualche motivo, sentivo come se ridurre quello che provavo per lui a due semplici parole non fosse abbastanza, come se abbassasse qualcosa di straordinario ad un semplice conformismo, un qualcosa di preconfezionato e pronto all'uso.

Però Remus aspettava una risposta, ed era giusto che io gliela dessi. Senza staccare gli occhi dai suoi, mi schiarii appena la voce “Remus, io... a proposito di quanto mi hai detto due giorni fa... io volevo dirti...”

Le sue labbra si posarono sulle mie, interrompendo il mio discorso. Sentii un moto di irritazione nei suoi confronti, considerato con quanta fatica stessi cercando di cacciare fuori quelle maledette parole, ma l'usuale sensazione di calore che mi si diramò per il corpo mise a tacere i miei pensieri, lasciando spazio solo alle percezioni.

Quando riaprii gli occhi Remus era nuovamente davanti a me, lo sguardo già agganciato al mio. Con una leggera carezza mi spostò un ciuffo di capelli dal volto e, prima che potessi anche solo riorganizzare la mente, si avvicinò al mio orecchio.

Ho capito” disse in un sussurro, tornando poi a posare le sue labbra sulle mie, questa volta che maggiore forza. Gli strinsi il braccio sano attorno al collo, sollevando il busto in modo da potermi avvicinare meglio a lui e lasciando che le sue dita mi percorressero la schiena in movimenti delicati.

Oh per tutti i folletti, trovatevi una stanza!” sentii James grugnire infastidito.

Sorrisi compiaciuta, rafforzando la presa su Remus e approfondendo il bacio. Questa volta ci sarebbe voluto ben più di Potter per distrarmi da lui.



Ci volle un altro giorno prima che Madama Chips mi desse il permesso di lasciare l'infermeria. La spalla ormai era completamente guarita, e così i tagli sul collo; per la mano sapevo ci sarebbe voluto ancora qualche giorno, ma non me ne preoccupai troppo. Se non altro avevo una scusa per non fare i compiti, e solo Merlino sapeva quante pergamene da riempire si erano accumulate durante il mio breve ricovero.

Afferrai il libro e i cioccolatini che avevo sul comodino, entrambi portatimi di Remus la sera precedente. Sorrisi appena ricordando come se ne fosse divorato più della metà prima ancora che potessi assaggiarne uno, e il mio sorriso si allargò ancor di più al pensiero di come avevo avuto la possibilità di assaggiarli direttamente dalle sue labbra.

Non mi stupiva che James avesse insistito per essere dimesso il pomeriggio precedente.

Il ragazzo va portato immediatamente al San Murgo! E' una situazione gravissima!” esclamò Madama Chips, entrando improvvisamente seguita dal professor Lumacorno. Inevitabilmente mi sentii immediatamente attratta dalla loro conversazione, un lieve senso di familiare agitazione che mi torceva lo stomaco.

Il professor Lombott se ne sta già occupando, come sa vi è stato lui stesso da poco e mi ha assicurato... oh, signorina Whincester! Non sapevo fosse qui” disse l'uomo non appena si accorse della mia presenza, distogliendo l'attenzione da una per niente rassicurata Madama Chips. Quando questa si accorse di aver perso l'interesse dell'uomo alzò gli occhi al cielo, voltandosi e dirigendosi a passo spedito verso la sua stanza.

Incidente con la scopa” borbottai, alzando appena la mano così da mostrare la fasciatura. Lumacorno annuì sorridente, osservandomi comprensivo “Beh, spero che si riprenda presto”

Mi sforzai di sorridere a mia volta, piegando poi la testa in un'espressione curiosa e- speravo – innocente “Non ho potuto fare a meno di ascoltare... Avete nominato San Murgo. È successo qualcosa?”

Il professore scosse la testa con fare melodrammatico, sospirando pesantemente “Un incidente con uno studente, probabilmente un incantesimo andato storto” Sollevò lo sguardo verso di me “In effetti penso sarebbe meglio non parlarne”

Oh, le prometto che non lo dirò a nessuno!” risposi nel tono più civettuolo che riuscissi a fare, sperando che non ce l'avesse ancora con me per quel suo stupido Club. Ormai erano passati mesi.

L'uomo mi osservò incerto per qualche secondo, poi scosse una mano davanti al volto “Immagino che non succeda niente anche se glielo dico, lo verrebbe comunque a sapere appena tornata in dormitorio”

Annuii convinta, anche se sapevo che probabilmente non era affatto così. Decisi che era meglio non soffermarsi sui dettagli.

Il povero John Avery è stato colpito da un incantesimo, sembrerebbe lanciato dalla sua stessa bacchetta. Non siamo sicuri di come possa aver fatto un tale errore, fatto sta che al momento la sua testa è grande due volte le dimensioni originali e sembrerebbe aver subito una perdita di memoria”

Perdita di memoria?” domandai scettica, un pensiero che lentamente si faceva strada nella mia mente. Lumacorno annuì “Sì, niente di troppo grave, tre o quattro mesi. Comunque, per il momento la cosa non sembra essere reversibile”

Trattenni a stento il sorriso che sentivo cercare di nascere sulle mie labbra, concentrandomi invece sul pensiero di quanto stupidi e incoscienti fossero quei dannati Malandrini.

Quindi... insomma... gli ultimi quattro mesi...”

Puff!” esclamò il professore, scioccando le dita “Probabilmente sarà costretto a ripetere l'anno, ma detto tra noi probabilmente avrebbe dovuto farlo comunque. Non tra i miei studenti più brillanti, devo ammetterlo”

Annuii, i miei pensieri completamente rivolti da un'altra parte. Avery aveva perso la memoria. Gli avvenimenti degli ultimi quattro mesi, tutti spariti, cancellati.

Grazie mille per l'informazione” sussurrai veloce, stringendomi al petto il libro e i cioccolatini e cominciando ad incamminarmi verso l'uscita “Ora devo proprio... ehm...”

Oh, certo, non voglio trattenerla” borbottò lui, sorridendo più cordiale che mai “E si ricordi che la mia offerta è sempre valida. Se mai deciderà di unirsi al mio piccolo Club sarà sempre la benvenuta”

Ci penserò” risposi frettolosa, poi superai veloce la porta dell'infermeria, uscendo in corridoio.

Stranamente, non ci misi molto a trovare i Malandrini. Dopo una veloce ricognizione alle cucine salii al secondo piano, sentendo chiaramente le loro voci provenire dal bagno di Mirtilla. Alzai gli occhi al cielo, chiedendomi perché di tutti i posti avessero scelto proprio questo, poi aprii la porta.

I quattro ragazzi erano seduti in circolo a terra, parlando fitto tra loro. Sollevai un sopracciglio, poi mi schiarii la voce, osservandoli gettarsi su i fogli sparsi a terra, cercando di nasconderli il meglio possibile.

Ah, sei tu” borbottò Sirius alla mia vista, “risistemando” le varie pergamene a terra. Strinsi le labbra, chiudendomi la porta alle spalle “Se lo dici così sembra quasi che ti dispiaccia”

Ignorai la risposta poco cortese del ragazzo, curiosando invece con lo sguardo tra i fogli “State ancora giocando con la vostra mappa?”

Noi non giochiamo con la Mappa” ribadì James con aria offesa. Peter annuì “La stiamo aggiustando”

Pensavo che non potessi uscire prima di domani” disse Remus, spostandosi poco a sinistra e facendomi segno di sedermi accanto a lui. Mi accomodai rilasciando un sospiro, cercando di posizionare la mano in modo che potessi muovermi senza dare una gomitata a qualcuno “A quanto pare non ha senso tenermi ancora in infermeria, facendomi perdere le lezioni. Sopratutto considerato che ho quei maledettissimi G.U.F.O. quest'anno”

Remus annuì, poi tornò a guardare la mappa “Peter ha scoperto una nuova stanza segreta”

Volsi lo sguardo verso il ragazzo, che immediatamente arrossì fino alle punte dei capelli “E'-è successo per caso. Dopo aver portato James in infermeria... sai, per la gamba rotta... stavo tornando in dormitorio quando ho sentito dei passi. Non sapevo dove nascondermi, poi questa porta mi è comparsa davanti”

Siamo tornati sul posto” lo interruppe James, facendolo arrossire ancora di più “Era lo stesso in cui avevamo trovato quella strana infermeria quel giorno in cui sei rimasta ferita”

Quindi abbiamo effettivamente una seconda infermeria fantasma?”

No, niente del genere. Non vi era traccia di alcuna porta quando siamo tornati”

Corrucciai le sopracciglia “Quindi non c'è nessuna stanza”

Fu Remus a scuotere la testa questa volta “Oh no, la stanza c'è. Compare solo quando ne hai bisogno però”

Li osservai in silenzio, chiedendomi se per caso avessero perso il lume della ragione.

Ci abbiamo messo un po' a capire come funzionava” spiegò Sirius “Ma quando si è fatta ora di cena eravamo affamati e...”
“E la stanza ci è comparsa davanti, come una cucina questa volta” finì James “E' come una specie di stanza dei bisogni”

Perciò ora avete intenzione di segnarla sulla Mappa?” domandai, ancora non pienamente sicura di aver compreso qualcosa dai loro vaneggiamenti. Sirius comunque scosse la testa “Lo faremmo, se solo ci riuscissimo! Questa maledetta stanza non sembra proprio volersi far segnare. Ogni volta che proviamo a tracciarla sparisce”

Abbiamo eliminato tutti gli incantesimi di protezione della mappa, ma niente da fare. Stavamo pensando di provare a segnarla direttamente con la piuma e vedere che succede” aggiunse Remus, afferrando la boccetta di inchiostro e passandola a James.

Li guardai lavorare in silenzio per qualche secondo, indecisa se fare la domanda che più mi premeva o tenermela semplicemente per me. Quando per caso incrociai lo sguardo di Sirius presi una decisione, alzandomi in piedi e facendogli segno di seguirmi.

Quello lo fece a malavoglia, raggiungendomi accanto ai lavandini a pochi passi dagli altri tre ragazzi, ancora impegnati a disegnare.

Ho sentito cosa è successo ad Avery” sussurrai, lanciando un'occhiata al ragazzo “Vi ringrazio per l'aiuto, ma se scoprono cosa avete fatto tu e James vi espellono all'istante”

Sirius corrucciò le sopracciglia, guardandomi come se fossi improvvisamente impazzita “Avery?”

Sì. Qualcuno gli ha fatto un incantesimo di memoria, oltre ad avergli... raddoppiato la dimensione della testa”

Sirius scoppiò a ridere, attirando l'attenzione di Remus su di noi “Bella trovata, ma ti assicuro che non siamo stati noi due, anche se mi sarebbe piaciuto molto”

Se non siete stati voi, allora chi è stato?” domandai dubbiosa. Ero stata convinta sin dal primo istante che lui e James fossero gli artefici del suddetto tiro mancino: mettendo fuori gioco Avery non solo avrebbero aiutato me, ma anche assicurato il mantenimento del segreto di... oh.

Contemporaneamente al mio, lo sguardo di Sirius si illuminò di comprensione. Entrambi ci voltammo verso Remus, osservandolo arrossire e distogliere lo sguardo, l'espressione chiaramente colpevole.

Involontariamente sentii le mie labbra piegarsi in un sorriso incredulo, guardando divertita come il ragazzo cercasse disperatamente di non posare lo sguardo su di noi, finendo per farlo soffermare sul soffitto.

In quel momento un boato scosse l'intero bagno, facendomi sussultare spaventata. Lanciai un'occhiata preoccupata a Remus, sollevando le sopracciglia con fare scettico quando lo vidi ridacchiare, accompagnato dagli altri tre Malandrini.

Oh, per la barba di Merlino! Che avete combinato?!” sbottai, abbassando le braccia con un tonfo.

Non feci nemmeno in tempo a voltarmi verso Sirius che questo stava già correndo verso la porta, seguito immediatamente da Peter e James. Remus si voltò verso di me, quasi si aspettasse che andassi con loro, ma io mi limitai a scuotere la testa con rassegnazione, chiedendomi per l'ennesima volta perché mai tra tutti gli studenti di quel castello avessi dovuto trovarmi proprio quei quattro come amici.

Non appena la porta del bagno venne chiusa mi risedetti a terra, ignorando le urla miste a risate che provenivano dal corridoio. Mi guardai attorno chiedendomi che fine avesse fatto Mirtilla, ma anche di lei non sembrava esservi traccia.

Inevitabilmente, i miei occhi finirono per posarsi sulla Mappa. Osservai con curiosità i vari puntini che si muovevano su di essa, notando come un gran numero di essi in questo momento fosse riunito nel corridoio del primo piano, correndo frenetico in varie direzioni.

Individuai anche Remus e Peter tra la folla, poi James poco più in là, infine Sirius.

Ci volle un po' prima che un particolare pensiero si facesse strada nella mia mente, ma non appena lo fece un inquietante sorriso mi comparve sul volto.

Nessun incantesimo di protezione, eh?” sussurrai, prendendo la Mappa tra le mani. Forse quello poteva essere proprio il mio giorno fortunato.



Quasi quindici minuti dopo mi sollevai soddisfatta, sfregandomi le mani sulla gonna della divisa. Mi avviai verso la porta – sapendo bene che era meglio filarsela il prima possibile – ma questa si aprii prima che potessi anche solo toccarla, lasciando entrare i quattro ragazzi ricoperti da quella che sembrava gelatina.

Non voglio sapere” dichiarai immediatamente, scostandomi per evitare di entrare a contatto con quella roba.

Devo prendere una cosa in dormitorio” borbottai poi sbrigativa, uscendo dal bagno prima che qualcuno avesse anche solo il tempo di rispondermi.

Chiusi la porta alle mie spalle, camminando il più velocemente possibile verso la mia Sala Comune. Sapevo di dovermi mettere al riparo al più presto.

Feci appena in tempo a girare l'angolo prima di udire l'urlo di Sirius.

ELISABETH!!

Sghignazzando, cominciai a correre.





I signori "E'-quel-periodo-del-mese", “Coda-liscia-fumante-di-piastra”,

"Cosa-ti-fa-pensare-che-io-abbia-le-pulci" e "Le-corna-non-fanno-riferimento-a-nulla",

consiglieri e alleati dei magici broccoloni,

sono fieri di presentarvi la Mappa del mentecatto!



*Fatto il misfatto*









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Ed eccoci qui, alla fine dell'ultimo capitolo.
Che dire, questa storia è stata un'avventura. Non ho mai scritto una fanfiction così lunga, nè credo di aver mai completato una long prima d'ora in tutta onestà. E' una bella sensazione, lo ammetto, ma allo stesso tempo c'era qualcosa che questo capitolo proprio non voleva farmelo pubblicare. Continuavo a scriverlo e a cancellarlo, nonostante finissi poi per riscrivere praticamente le stesse cose; dopo essermi resa conto che stavo probabilmente inconsciamente cercando di posticipare la fine della storia, l'ho preso così com'era e l'ho preparato alla pubblicazione ( per cui ovviamente non ne sono affatto convinta ).
Perciò ecco, in ritardo ( tanto per cambiare ), l'ultimo capitolo.
Così come ho già detto nel capitolo precendente, ringrazio infinitamente tutti coloro che hanno letto e/o recensito questa storia e che si sono volutamente subiti tutti i miei vaneggiamenti e scene insensate. Il vostro supporto è stato fondamentale per riuscire a completare questa storia, che molto probabilmente altrimenti sarebbe stata abbandonata a metà. Perciò, GRAZIE!
Sempre come ho già velatamente (ehh!) accennato nello scorso capitolo, 
potrebbe ( e sottolineo il condizionale ) esserci un sequel a questa storia, semplicemente perchè io sono la persona più incapace del mondo a lasciar andare i personaggi altrui, figuriamoci perciò i miei! 
Se il sequel ci sarà, comunque, posso assicurarvi da adesso che non sarà nel prossimo futuro. Qualche mese fa ho cominciato una nuova long originale che è stata messa nel cassetto così da potermi concentrare a pieno su Shout, ma ora che questa è finita non posso decisamente più rimandare. 
Perciò, il sequel potrebbe esserci, ma potreste dover aspettare un po'. Il tutto dipenderà ovviamente anche dalla quantità e 
qualità di idee che mi verranno, perchè pubblicare un sequel senza una trama decente tanto per farlo non sarebbe affatto accettabile.
Quindi, riassumendo, un abbraccio immenso a tutti coloro che sono arrivati fino a questo punto, che mi hanno supportato e sopportato e/o mi hanno regalato dei momenti fantastici con le loro recensioni, sempre bellissime e apprezzatissime.
Siete stati veramente magnifici, e vi devo tantissimo.
Una caterva di Cioccorane,
Vahala


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