Sweet side of revenge

di Robigna88
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Note d'autrice: Questo è il rifacimento della prima ff mai scritta in vita mia. Ringrazio StillAnotherBrokenDream per il costante supporto e vi ricordo che i commenti sono sempre ben accetti :)
Buona lettura, Roby.
Ps: si prega di non copiare.

PROLOGO







«Non me ne importa niente okay? Ti ho detto che... No!» scosse il capo mentre caricava con una mano i bagagli in auto.

La notte precedente aveva appena risolto una faccenda un po' “scottante” quando l'avevano chiamata per assegnargliene subito un'altra. “Solo tu puoi risolvere questo problema” le avevano detto e quando aveva sentito di cosa si trattava non era riuscita a dire di no.

Allison Morgan aveva un difetto: amava il suo lavoro per quanto schifoso fosse. Negli anni, dopo la morte dei suoi genitori ed il cambiamento di suo fratello aveva provato ad uscirne, ma non era mai riuscita a farlo. Anni ed anni a fare quell'orrendo mestiere faccia a faccia con gli incubi peggiori di ognuno eppure non riusciva a staccarsene del tutto. Aiutare la gente era la parte migliore e a lei piaceva pensare che fosse quel dettaglio a renderle tutto difficile da lasciare alle spalle.

Poche volte invece aveva pensato che fosse perchè non aveva altra scelta; cose come quelle perseguitano per sempre, che lo si voglia oppure no.

Richiuse il bagagliaio e rimandò indietro i capelli con un gesto nervoso. Li strinse tra le mani e poi li lasciò scivolare di nuovo lungo le spalle: onde castane morbide e lucenti, una delle poche cose che amava di sé. Li aveva presi da sua madre: stesso spessore, stessa lunghezza, stessa forma. Solo il colore era diverso, sua madre Alice, li aveva di un bel rosso caldo, lei no. Da sua madre aveva anche preso la pelle, rosea e liscia, di velluto. Gli occhi nocciola e le fossette sulle guance invece li aveva presi dal padre, e lui l'aveva sempre sottolineato con un moto di orgoglio nella voce.

«La mia bella bambina...» diceva «Ha i miei occhi e le mie fossette, non è adorabile?» e lei arrossiva ogni volta, imbarazzata ma intenerita da quella dimostrazione di affetto paterna.

Era stato un padre perfetto il suo, attento e premuroso nonostante il suo lavoro lo tenesse lontano da casa per molto tempo. Era un luminare della medicina, e questo aveva il suo prezzo. Anche sua madre era stata una madre perfetta, sicura e determinata le aveva insegnato ad essere la donna che adesso era. Le mancavano ogni giorno e la loro morte non smetteva di rivivere nella sua mente, ogni notte, appena chiudeva gli occhi. Per molto tempo aveva pensato che sarebbe stato meglio lasciare quella casa intrisa di ricordi, ma poi aveva deciso di rimanere. Lì dentro c'erano anche i ricordi belli e quelli non voleva dimenticarli per nulla al mondo.

«Non capisci Carl!» urlò attraverso il telefono «Non posso stare in due posti contemporaneamente. Come diavolo dovrei fare? Non mi interessa, trova qualcun altro... No, no... non dire così io non... Perchè devo essere io a trovare qualcuno? Vacci tu, puoi cavartela... Beh si hai ragione, non puoi, ma trova qualcun altro. Davvero non posso. Fammi sapere come va a finire, hai capito? E non urlarmi contro. Si va bene, ciao.»

Fece un grosso respiro e si passò le mani sul viso, poi si mise a sedere distrattamente sul bagagliaio della sua auto. Aveva sonno, necessitava decisamente di una bella dormita, ma non ne aveva il tempo. Scosse il capo facendo uno sbadiglio e si stiracchiò roteando il collo per sgranchirlo. Quando scricchiolò si sentì meglio. «Avrei tanta voglia di dormire...» sussurrò raggiungendo il sedile del guidatore.

Alzò gli occhi per guardare di nuovo la sua casa prima di partire e fu allora che lo vide: un uomo sui quarant'anni, di bell'aspetto ma dall'espressione vuota e malinconica, la osservava in piedi accanto ad una delle colonne del suo portico. Chi diavolo era?

Allison richiuse lo sportello e lo raggiunse a passi lenti assicurandosi di avere con sé le armi necessarie a difendersi se ce ne fosse stato bisogno, anche se ne dubitava. Se c'era una cosa che aveva imparato in tanti anni di duro mestiere era leggere negli occhi della gente, e gli occhi di quell'uomo sembravano essere dalla parte giusta. Tristi ed incattiviti dal tempo forse, ma buoni.

«Mi scusi,» gli disse quando fu a pochi metri da lui «posso aiutarla signore?»

Lui si guardò intorno e fece un altro passo verso di lei. Guardingo e attento si schiarì la voce tenendo le mani nelle tasche della giacca sdrucita «Sei tu Allison Morgan?»

«Forse.» rispose prontamente lei «Chi la sta cercando?»

L'uomo tirò le mani fuori dalla tasca e se ne passò una sulla nuca quasi volesse alleviare un qualche fastidio «Mi chiamo John Winchester e ho bisogno del tuo aiuto.»



****





«Hey, guarda lì.» Dean indicò con la testa il ponte sul quale un discreto numero di poliziotti se ne stava vicino ad un'auto. Nella ricerca di loro padre nulla era da sottovalutare, quindi il maggiore dei Winchester aveva deciso di fermare l'auto e scendere a dare un'occhiata. Sospirò mordendosi l'interno della guancia destra e si voltò verso il fratello. Gli sorrise con quell'espressione strafottente che Sam odiava e allungò la mano fino al cruscotto. Lo aprì e ne tirò fuori una vecchia scatola di compensato. Sollevò il coperchio e prese dentro due distintivi. La richiuse e ne diede uno a suo fratello.

Lui lo prese e lo guardò con aria stupita «Sceriffi federali?!» chiese a metà tra la domanda e l'esclamazione «Sei impazzito per caso?»

Dean rise e lo ignorò, scese dall'auto e richiuse lo sportello piano piano, senza rischiare di far danno alla sua baby, la sua preziosa Impala del '67. Sam lo seguì dopo pochissimi secondi, e in silenzio mentre camminava guardandosi intorno si chiese perchè cavolo aveva deciso di seguirlo. Suo padre era perfettamente in grado di badare a se stesso e anche Dean lo sapeva. Iniziava a credere che l'avesse trascinato con lui solo per il gusto di farlo, solo per fargli capire che magari quel lavoro gli mancava.

Ma si sbagliava, Sam Winchester aveva sempre odiato la caccia, se se ne era andato a Stanford, lontano da tutto, lontano dalla sua famiglia era perchè voleva una vita normale, sicura. Alzarsi al mattino, andare a lezione fino alla laurea e poi lavorare come avvocato, tornare a casa dalla sua dolce Jessica e sposarla, avere una famiglia.

Sospirò guardandosi intorno e man mano che si avvicinavano alla macchina larghe macchie di sangue si fecero visibili sui finestrini di quell'abitacolo abbandonato, facendogli intuire che c'era davvero qualcosa che non andava. Deglutì cercando di tenere sotto controllo la sua ansia e mise le mani nelle tasche della sua giacca marrone.

Non era spaventato, perchè quella era stata la sua vita per moltissimi anni; mostri e creature di ogni tipo, e già a nove anni con una pistola sotto il cuscino pronto a cacciare gli esseri che sarebbero sbucati da sotto il letto. Ma non lo faceva da parecchio, ed era sempre un'esperienza forte ritornare al soprannaturale. Anche se, doveva dire, si era sempre tenuto informato sui fatti più bizzarri che avvenivano in giro per il paese. Questo però a Dean non l'avrebbe detto. Quando furono vicini ai poliziotti si stampò sul viso un'espressione seria e decise di rimanere in silenzio.

«Salve.» disse loro Dean mostrando velocemente il falso distintivo «Sceriffi federali.»

«Sceriffi federali?» chiese di rimando il poliziotto «Non siete un po' troppo giovani?»

«Oh... lei è molto gentile ufficiale.» gli disse ancora Dean «Allora, che succede qui?» chiese girando intorno all'auto.

«Questa è l'auto di un ragazzo della città, Troy.» spiegò il poliziotto «Non sappiamo cosa sia successo. Non ci sono impronte, niente di niente. Stiamo ancora cercando di capire cosa si accaduto.»

«E di Troy ovviamente non c'è nessuna traccia giusto?» chiese Sam intromettendosi.

«No!» esclamò l'altro poliziotto «Troy era il ragazzo di mia figlia. Lei sta appendendo manifestini ovunque.»

Dean annuì guardando l'auto, poi sospirò dando una pacca sulla spalla a Sam «Grazie signori.» disse a tutti. Si allontanò seguito dal fratello e si schiarì la voce «Non sanno neanche con cosa hanno a che fare.»

«Nemmeno noi.»

«Ma noi lo scopriremo, loro continueranno a brancolare nel buio.»

Sam scosse il capo abbozzando un sorriso e poi si fece serio davanti allo sceriffo e a due veri federali.

«Avete bisogno di qualcosa, ragazzi?» chiese loro l'uomo.

«No... no...» farfugliò Sam «Ce ne stavamo andando signore.»

«Agente Mulder, agente Scully...» disse Dean ai due federali e sotto agli sguardi perplessi dei due si allontanarono scuotendo poco il capo e risalirono in auto.

«Allora...» sospirò Sam «Che facciamo ora?»

«Cerchiamo la fidanzata appendi volantini e vediamo se lei sa qualcosa...» rispose Dean. Lo guardò arricciando la bocca e accese la radio lasciando che la musica degli AC/DC risuonasse ad alto volume nell'auto.





****





Allison sistemò delle zollette di zucchero in una piccola ciotola di ceramica e la portò in salotto su un vassoio con due tazze di caffè e del latte. Lo posizionò sul tavolino e si mise a sedere sulla poltrona guardando il suo stanco visitatore. Non era solita far entrare in casa dei perfetti sconosciuti, ma qualcosa nello sguardo di quell'uomo sapeva rassicurarla. Era quasi paterno, quasi... indifeso, nonostante la grossa pistola che nascondeva nella tasca della giacca.

«Allora,» iniziò schiarendosi la voce «esattamente che tipo di aiuto potrei darle, John?»

L'uomo tuffò una zolletta di zucchero nel caffè e dopo una breve mescolata con un cucchiaino se la portò alle labbra «Credo che tu lo sappia Allison.»

«Davvero? E come esattamente?»

John Winchester sorrise amaramente e poggiò la tazza sul vassoio, poi si schiarì la voce e tirò fuori dalla tasca una mappa, la spiegò sull'angolo del tavolino libero e gliela mostrò indicando un punto preciso. «Sai che posto è quello?»

Allison corrugò la fronte e si sporse poco per guardare meglio sulla mappa: Jericho, lo sapeva bene, ma in quale modo un punto su una mappa stropicciata rispondeva alla sua domanda?

«È Jericho,» rispose zuccherando il suo caffè e prendendo la tazza in mano «ma non capisco come questa indicazione possa rispondere alla mia domanda.»

«Io e te facciamo lo stesso mestiere, e i miei figli anche. Loro mi stanno cercando, ho lasciato delle tracce che partono da Jericho. Una serie di casi da risolvere che comunicherò loro strada facendo. Non sanno dove io sia e faranno di tutto per trovarmi. Vorrei che tu li cercassi e lavorassi con loro.» spiegò l'uomo.

Allison sospirò e bevve un altro sorso di caffè, poi si mise più comoda sulla poltrona e lo scrutò a fondo prima di rispondere «Ipotizzando che io sappia di cosa lei stia parlando, in questo lavoro nessuno si fida di nessuno, quindi cosa le fa credere che i suoi figli mi prenderanno in “squadra”?»

John poggiò la schiena al divano e fece spallucce scuotendo poco il capo «Non lo faranno. Dovrai guadagnarti la loro fiducia e sopratutto non dovrai mai dire loro che sono stata io a mandarti lì. Io e te non ci siamo mai visti.»

«Mi faccia capire...» replicò lei facendo un gesto riassuntivo con la mano «Devo raggiungere i suoi figli a Jericho, conquistarmi la loro fiducia, seguire passo passo i casi che lei ha sistemato ad arte lungo la strada e tenere loro nascosto il fatto che io ed il loro padre, che stanno cercando, abbiamo fatto una piccola riunione nel mio salotto bevendo caffè?»

«Esatto.»

«E come diavolo dovrei fare secondo lei?»

«Non lo so,» ripose John alzandosi dal divano «ma sono certo che troverai un modo.»

«Bene, allora posso almeno sapere perchè?»

«No, non puoi.» rispose lui.

«Oh si certo.» rispose Allison alzandosi a sua volta «Andiamo da Allison, strappiamola via alla sua città e alla sua casa senza dare risposta alle sue domande; diamole ordini criptici e indicazioni strampalate senza uno straccio di spiegazione, vediamo se accetta. Beh sa che le dico, lei è pazzo e non ho nessuna intenzione di aiutarla. Perciò se ne vada e si dimentichi di questo incontro.»

John chiuse gli occhi per un attimo e poi la prese per le spalle piano «Sta succedendo qualcosa di molto grosso Allison. Un demone ha ucciso mia moglie e non sono certo che abbia smesso di cercare la mia famiglia. Gli sto dando la caccia da ventidue anni e non posso... io non posso dire ai miei figli dove sono, non posso riunirmi a loro perchè passerei troppo tempo a preoccuparmi per loro, perchè con me non sarebbero al sicuro.» le disse tutto d'un fiato «Non posso costringerti ad aiutarmi, ma spero che lo farai. Avrai le spiegazioni che vuoi a tempo debito.» prese un pezzo di carta e glielo mise in mano «Memorizza questo numero e butta via questo bigliettino. Aiutami ti prego.»

Allison Morgan sospirò e si spostò indietro i capelli castani «Perchè io?» chiese allargando le braccia.

«Perchè tu sei quella giusta per farlo. Sei Allison Morgan ed entrambi conosciamo il peso di questo nome.» si mise le mani in tasca e fece un grosso respiro «Chiamami solo se strettamente necessario, altrimenti aspetta che sia io a farlo. Mi terrò in contatto.»

«Hey, non ho ancora detto di si... Hey!»

Ma John Winchester era già fuori di casa. L'aveva lasciata lì con un bigliettino da distruggere ed un mucchio di altri pensieri e preoccupazioni. Aveva ragione, entrambi conoscevano il peso di quel nome e lei se lo portava sulle spalle da troppo tempo per non iniziare a sentirne la pesantezza. Memorizzò le dieci cifre e poi appallottolò il bigliettino e sospirò voltandosi piano. «Cosa ne pensi?» chiese.

«Non lo so.» rispose il suo interlocutore «Però mi sembrava sinceramente preoccupato. Dovresti andare.»

«Ma che succede se non riesco a conquistarmi la loro fiducia, se qualcosa va storto?»

«Andrà tutto bene.»

«Tu credi? Come fai a dirlo?»

«Sei Allison Morgan, il tuo nome ha il suo peso ma lo ha per delle buone ragioni. Fai attenzione.» rispose lui.

Sparì così come era venuto, d'improvviso ed Allison rimase ferma con dieci cifre nuove stampate nella sua mente ed una nuova sfida. «Cavolo!» esclamò «Non so nemmeno come si chiamano questi due.» scosse il capo e salutò la sua casa prima di uscire senza sapere quando e se sarebbe tornata.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


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CAPITOLO 1







Allison bevve un sorso del suo caffè e rilassò le spalle sulla sedia. Si trovava a Jericho da più di un'ora ma, nonostante avesse cercato ovunque in città, dei due Winchester nessuna traccia. Pensò che in fondo, visto che non sapeva neppure che facce avessero, magari li aveva già incrociati e non riconosciuti. Concluse che no, non era possibile. Avrebbe riconosciuto altri cacciatori subito; dallo sguardo disorientato e dalla postura sempre tesa, come a voler essere pronti per qualunque evenienza in qualunque momento. Forse agli occhi di chi conduceva una vita del tutto normale, quei dettagli erano del tutto invisibili, ma per un altro cacciatore erano come spie luminosissime. «Una sorta di specie a parte...» mormorò stringendo piano il bicchiere in mano.

Per un attimo fu tentata di contattare il numero che John le aveva lasciato, ma decise di non farlo e di concedersi qualche altro minuto prima di farlo. Anche se l'uomo le aveva detto di chiamarlo solo se strettamente necessario, lei non aveva intenzione di perdere tempo in quella città senza nemmeno un indizio su come trovare i suoi figli.

Si disse che era stata stupida a mollare tutto solo per aiutare un tizio mai visto prima, come tutte le volte che qualcuno le chiedeva aiuto d'altronde. Si passò la mano sul viso ed accese il suo portatile. Indipendentemente da tutto, doveva ammettere che quello che stava succedendo in quella città era piuttosto strano. Ragazzi scomparsi, sangue versato e una leggenda secondo la quale una misteriosa donna in bianco chiedeva passaggi sul ciglio della statale «Non ti hanno mai insegnato che non bisogna salire in auto con degli sconosciuti?» sussurrò scorrendo lo sguardo sul display. Scosse il capo alzando gli occhi su due ragazzi che litigavano per chi tra loro dovesse usare il computer e si schiarì la voce «Hey!» disse loro «Sapete che ci sono alti computer che potete utilizzare vero? Piantatela di fare baccano.»

Entrambi si voltarono a guardarla ed uno dei due si sistemò addosso una giacca di pelle sdrucita «Senti dolcezza, stiamo lavorando.»

Lei sgranò gli occhi e lanciò un'occhiata al loro computer; sullo schermo erano aperte più o meno le stesse pagine che erano aperte sul suo. Guardò di nuovo entrambi e si chiese se davvero era stata così fortunata dal trovarli. I Winchester erano loro?

Scosse il capo e decise di giocarsi il tutto per tutto, dopotutto non aveva un piano preciso, tanto valeva cominciare ad improvvisare sin da quel momento. Bevve l'ultimo sorso del suo caffè e si alzò. Gettò il bicchiere vuoto nel cestino lì vicino al tavolo e chiuse il suo portatile. Lo mise nella grande borsa e si avvicinò all'unico dei due che le aveva parlato «Funziona di solito?» gli chiese.

«Che cosa?»

«Questo tuo atteggiamento da duro sicuro di sé?»

Lui fece spallucce abbozzando un sorriso «Dimmelo tu.»

Allison rise e si guardò intorno «Direi di no,» rispose «anzi lo trovo piuttosto patetico come atteggiamento. E giusto perché tu lo sappia, odio essere chiamata con squallidi nomignoli da casa del piacere.» volse lo sguardo all'altro ed indicò il computer «Si chiama Constance Welch. Nell'ottantuno ha ucciso i suoi due figli affogandoli nella vasca da bagno, e un'ora dopo si è tolta la vita saltando giù da un ponte. Da allora il suo spirito vaga per le strade chiedendo passaggi a giovani uomini che poi uccide. Questo è tutto quello che dovete sapere.»

I due ragazzi la fissarono con occhi sgranati. Entrambi in piedi la osservavano come se il loro più grande segreto fosse appena stato rivelato al mondo intero.

«Tranquilli,» li rassicurò «il vostro segreto è al sicuro con me. Siamo sulla stessa barca, ero venuta qui a Jericho proprio per occuparmi di questa faccenda, ma visto che c'è già qualcun altro a lavorare a questo caso credo che me ne cercherò un altro. Buona fortuna,» disse sorridendo al più alto dei due. Poi si rivolse all'altro «e tu... sai cosa? Non importa.» li salutò con un gesto della mano ed uscì dalla biblioteca. Non era sicura che quello fosse stato l'approccio migliore, ma pensò che avrebbe scoperto presto se quella breve chiacchierata aveva lasciato un segno oppure no.



****



Sam e Dean si guardarono per un lungo momento negli occhi. Era stato un incontro bizzarro quello appena avuto. Quella ragazza era bizzarra.

Spensero il computer che stavano utilizzando e la raggiunsero di fretta. Una volta fuori si guardarono intorno, cercandola con lo sguardo. Ma di lei non sembrava esservi alcuna traccia.

«Chi diavolo era quella ragazza?» chiese Dean guardando il fratello.

L'altro fece spallucce «Non ne ho idea. Una cacciatrice probabilmente.»

«Davvero?» replicò il maggiore sarcastico «Fino a lì ci ero arrivato da solo.»

Sam scosse poco il capo e fece un grosso respiro «Però ci ha dato una pista.»

«E se invece ci avesse misteriosamente spinto in una trappola?» gli disse il fratello «Voglio dire, non ci ha neppure detto il suo nome. Se un cacciatore ne incontra un altro quanto meno ci si presenta. Non si gettano a caso indicazioni su un caso e si sparisce. Dove diavolo è finita?»

«Mi chiamo Allison.»

Entrambi i ragazzi sobbalzarono e si voltarono verso la voce. Eccola lì la misteriosa donna che aveva praticamente detto loro come risolvere il caso. Dean, che oramai cacciava a tempo pieno da anni, pensò che non aveva un viso per niente familiare, non ricordava di averla mai incontrata prima, neppure intravista durante uno dei casi che aveva risolto con suo padre. Guardandola meglio ipotizzò che avesse più o meno l'età di Sam, forse qualche anno in meno. Aveva un aspetto curato e per nulla trascurato come le cacciatrici donna che incontravano di solito e, malizioso come solo lui era, si chiese come facesse a combattere con quella minigonna di jeans che indossava. La guardò da capo a piedi e poi corrugò la fronte «Sei una cacciatrice?»

«No!» esclamò lei «Sono una cameriera e mi stavo occupando di questo caso solo per la scarica di adrenalina che la caccia ai fantasmi mi fa provare.» gli disse fingendosi entusiasta «Certo che sono una cacciatrice.»

Sam trattenne una risata, guardò il fratello e si schiarì la voce prima di parlare «Io sono Sam» le disse «e lui è mio fratello Dean.»

«Molto lieta.» rispose lei vaga «Mi è parso di capire che mi stavate cercando. Posso aiutarvi?»

«Si!» esclamò Dean avvicinandosi «Puoi dirci che diavolo succede? Compari dal nulla e ci sveli i segreti di un caso per il quale non avevamo nessuna traccia. Come facevi a sapere che siamo cacciatori e come mai, tra tutti i casi che potevano capitarti ti è capitato tra le man proprio questo a Jericho?»

Allison sospirò e si passò le mani tra i capelli «Coincidenze?»

«Certo, come no.» mormorò Dean guardando Sam.

Quest'ultimo prese la parola e si guardò intorno prima di parlare «Senti, siamo in una situazione un po' incasinata al momento, e non crediamo alle coincidenze da... credo che non ci abbiamo mai creduto, quindi per favore, se c'è qualcosa che dovremmo sapere, diccela. Qualunque cosa sia. Ti hanno detto che ci avresti trovato qui oppure»

«Dio...» mormorò Allison interrompendolo «i cacciatori sono paranoici e diffidenti, credetemi lo so, ma voi due... voi due siete i più paranoici e sospettosi di tutti quelli che ho incontrato fino ad ora e ne ho incontrati parecchi.» fece un grosso respiro e si massaggiò la nuca «Sentite, capisco questo atteggiamento, davvero. Ma non è stato un qualche disegno diabolico a portarmi qui. Ho sentito quello che stava succedendo qui in televisione e ho pensato che fosse un caso fuori dall'ordinario, un caso adatto a me e così sono venuta. L'avervi incontrato è stato un caso. Lì, dentro la biblioteca, ho visto che stavate facendo le stesse ricerche che stavo facendo io e ho pensato di darvi una mano Tutto qui.»

«Si ma come facevi a sapere che siamo dei cacciatori?» chiese Sam «E se fossimo semplicemente stati degli studenti interessati al folklore?»

«Oh andiamo!» esclamò Allison roteando gli occhi «Forse le coincidenze non esistono, ma l'istinto non sbaglia mai. Faccio la vostra stessa vita, e un cacciatore ne riconosce sempre un altro.»

Sam e Dean si guardarono per un lungo momento ed infine Sam fece spallucce «Okay, va bene.» disse «Ma se non ti dispiace vorremmo comunque fare qualche test, giusto per essere sicuri. E se vorrai potrai fare lo stesso con noi.»

Allison scosse impercettibilmente il capo prendendo il cellulare dentro la borsa «Non ne sento il bisogno, ma grazie per l'offerta. Datemi solo un minuto.» disse sollevando poco il cellulare. Si allontanò di qualche passo e sospirò prima di rispondere. Non conosceva il numero e sperò che non fosse John, non in quel momento. «Pronto.» rispose piano.

«Ally Ally Ally» risposero dall'altro capo del telefono «tra tutte le donne che ho conosciuto in tutta la mia vita, tu sei la più guardinga e stronza.»

La ragazza si passò una mano sugli occhi cercando di mantenere una postura rilassata «Detto da te è un complimento.»

«Dove le hai messe?»

«Non ho idea di cosa tu stia parlando.»

Dall'altro capo del telefono si sentì una risata nervosa, poi parlarono di nuovo «Allison, conterò fino a tre, dopodiché»

«Uno, due bla bla. Non ho tempo ora, quindi fottiti.» disse. Riattaccò rimettendo il cellulare in tasca e riprese il controllo delle sue emozioni prima di tornare da Sam e Dean.

«Seguitemi fino al motel dove alloggio» disse loro «e faremo tutti i testi di cui avete bisogno.» raggiunse la sua auto e strinse forte il volante tra le mani prima di partire seguita dai Winchester.



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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


CAPITOLO 2






Allison si fasciò la mano e sospirò cercando di stringere il più possibile. «Siete soddisfatti?» chiese ai suoi nuovi “amici”.

Dean e Sam si guardarono per un lungo secondo e annuirono all'unisono.

«Si,» rispose Sam «scusa se ti abbiamo sottoposto a queste prove ma come ben sai in questo lavoro la prudenza non è mai troppa.»

Allison Morgan fece un grosso respiro e raggiunse il tavolo vicino alla finestra. Aprì il coperchio del suo portatile e lo girò verso Sam che l'aveva appena raggiunta «Il marito di Constance è ancora vivo a quanto pare.» disse «Ho fatto alcune ricerche e alcune telefonate e sono riuscita a combinare un incontro tra lui ed uno studente di giornalismo della California University.»

«Per quand'è l'incontro?» chiese Dean lucidando un pugnale.

La ragazza si alzò e si versò un bicchiere di acqua «Per questo pomeriggio alle quattro.» rispose «E, onestamente credo che lucidare il pugnale sia inutile, non ucciderai un fantasma con quello.» gli disse indicandolo con la mano.

Dean rise e lo poggiò sul letto «Lo so bene, saputella. Mi piace semplicemente mantenere le armi pulite.»

«Oh...» mormorò lei ridendo «Sei suscettibile.»

«Suscettibile? Non è affatto vero.»

«Se ne sei convinto.» replicò lei facendo un gesto con la mano.

«Ragazzi!» esclamò Sam interrompendoli «Invece di perdere tempo, perché non cerchiamo di capire come fare a fermare Constance. Quello che rimaneva del suo corpo è stato cremato e la sua casa è andata distrutta insieme a tutte le sue cose, come diavolo facciamo ad eliminarla?»

Dean corrugò la fronte e si chiuse in un'espressione riflessiva. «Bella domanda.» sussurrò.

«In realtà è molto semplice.» si intromise Allison. Tirò fuori dalla borsa una specie di registratore e lo poggiò sul tavolo «Ascoltate.» Dal registratore uscì un suono metallico e poi, come un sussurro la voce di una donna. «È la voce di Constance.» spiegò loro «Ho registrato per una notte intera ogni suono sul ponte da cui Constance ha fatto il volo d'angelo. La frase su questo nastro viene ripetuta continuamente.»

«Non posso mai andare a casa.» sussurrò Sam «Che significa?»

Suo fratello si passò una mano tra i capelli e si mise a sedere sul letto «Non ne ho la più pallida idea. Chiedilo alla saputella, sono sicuro che lei ha una teoria.» gli disse indicando Allison.

Lei sorrise e annuì «In realtà ce l'ho. Io credo che i suoi figli non siano annegati accidentalmente. Credo che lei li abbia uccisi, che i loro spiriti siano rimasti intrappolati in casa e che le non voglia tornare a casa per paura di affrontarli.»

Sam Winchester abbozzò un sorriso. Allison era sveglia, doveva ammetterlo. «Però... è una buona teoria.»

«È anche l'unica che abbiamo.» disse Dean «Quindi che facciamo? La costringiamo a tornare a casa?»

Allison si alzò e raggiunse il suo cellulare che squillava «È esattamente questo il piano.» replicò «Allison Morgan.» rispose al telefono.

«Allison, devi tornare a casa.»

«Al momento ho un po' da fare, non potremmo»

«Lo sta facendo di nuovo. I bambini hanno ricominciato a sparire. Due soltanto oggi.»

«Età?»

«Quattro e sei anni. I loro genitori sono disperati.»

Lei sospirò «Dannazione!» esclamò. Guardò l'orologio; segnava mezzogiorno. «Sarò lì stasera. Ci vediamo a casa.»

«Guida più in fretta che puoi.»

Allison riattaccò e si massaggiò la fronte riflettendo «Devo andare a Los Angeles.»

«Adesso?» chiese Sam alzandosi «Va tutto bene?»

«Si, ho solo una questione in sospeso da sistemare.»

«Ti serve aiuto?»

«No, è una cosa che devo fare da sola.» disse radunando le sue cose «Cercherò di tornare il prima possibile. Lascio qui il mio computer con dentro tutte le ricerche che riguardano questo caso. E questo,» disse scrivendo il suo numero su un pezzo di carta «è il mio cellulare. Tenetemi aggiornata.» lo porse a Dean e prese il suo borsone «Fate attenzione e buona fortuna.»

Sam sospirò guardando il fratello «Anche a te.» le disse prima di guardarla uscire dalla camera. «Credi che sia il caso di preoccuparsi?» chiese a Dean.

Il maggiore dei Winchester scosse il capo raggiungendolo al tavolo «No, credo che sappia badare a se stessa, e comunque non la conosciamo abbastanza, quindi qualunque cosa sia non è un nostro problema. Ora portiamo Constance a casa.»




****




Allison entrò in casa e andò dritta al piano di sopra seguita dall'uomo «Victor,» gli disse «parlami. Che sta succedendo? Voglio ogni dettaglio.»

Victor Morrison conosceva Allison sin da quando era piccola. Era stato il migliore amico dei suoi genitori e si era reso cura di lei dopo la loro morte. Conosceva da sempre il bizzarro lavoro della ragazza e suo malgrado si era trovato costretto ad imparare tutto quello che c'era da sapere sul soprannaturale, per proteggersi e per proteggerla, anche se alla fine dei conti erano maggiori le volte in cui lei doveva proteggere lui.

Allison sembrava avere una dote naturale per combattere quel mondo, e sicuramente la sua determinazione ed il suo coraggio erano una componente importante di quel “talento”. Quella giovane donna ne aveva passate tante nella sua vita, ma non aveva mai perso la speranza, nonostante il dolore e le prove da superare.

«Ha rapito quattro bambini. I primi due sono stati ritrovati dopo qualche ora. Erano spaventati e disidratati ma vivi. Gli altri due sono spariti un'ora prima che ti chiamassi e non si ha nessuna notizia da allora.»

Allison prese alcuni paletti da una cassaforte e li sistemò dentro una borsa «Sei sicuro che sia lui?»

Victor annuì «Si. Ha mandato uno dei suoi a lasciare un messaggio.» le disse mostrandole un ciondolo.

La ragazza lo prese tra le dita e chiuse gli occhi per un attimo «Il ciondolo di mia madre...» mormorò richiudendo la cassaforte. «L'hai individuato?»

«È in una casa abbandonata in periferia e suppongo che i bambini si trovino lì dentro.»

«Loro sono la nostra priorità,» disse lei caricando una pistola «tutto il resto non ha importanza.»

«Allison» le disse Victor calmo «potrebbe essere la volta buona, sei pronta?»

Lei annuì «Si!» esclamò «Quel bastardo ha ucciso i miei genitori ed io me lo sono fatta sfuggire fin troppe volte. Forse allora non ero pronta ma ora lo sono.»

L' uomo le accarezzò una guancia con fare paterno «Andiamo allora.»





****





La casa era fatiscente, esattamente come lei l'aveva immaginata. Allison entrò lentamente puntando la pistola in avanti. «Victor,» gli sussurrò «appena troviamo i bambini voglio che tu li porti fuori di qui. Portali in ospedale, chiama i loro genitori e assicurati che la dinamica di queste spiacevoli ore rimangano nel limite del normale. Beh, sai cosa intendo.»

Victor annuì «Posso chiamare qualcuno che li porti all'ospedale Allison, non voglio lasciarti qui da sola.»

«Non preoccuparti, me la caverò benissimo.» replicò lei «Porta quei bambini a casa, dalle loro famiglie.»

«Bene bene!» esclamò una voce dietro di loro.

Allison si mise dritta e si voltò lentamente. Avrebbe riconosciuto quella voce ovunque, se chiudeva gli occhi poteva ancora rivivere il momento più tragico della sua vita con quella voce malefica in sottofondo. «Lucas...» disse piano «Sei ancora il tirapiedi di Matt?»

«Io preferisco dire braccio destro, ma chiamami come preferisci, cacciatrice.» le disse indicando una porta dietro di loro «I bambini sono lì dentro, erano solo un'esca per attirarti qui. Matt vuole parlarti.»

Victor si avvicinò alla porta indicata dal vampiro e la aprì. I bambini se ne stavano rannicchiati in un angolo, terrorizzati. «Bambini,» disse loro raggiungendoli e prendendoli per mano «venite, vi riporto a casa.»

Allison annuì guardandolo e sorrise gentile ai bambini mentre loro si allontanavano con l'uomo. Poi volse di nuovo lo sguardo a Lucas.

Lui la precedette lungo un corridoio freddo e sporco. C'era sangue dappertutto ed Allison si lasciò sfuggire un gemito. Svoltarono a destra ed entrarono in una stanza n po' più luminosa delle altre. Matt se ne stava davanti alla finestra, le dava le spalle ma lo avrebbe riconosciuto ovunque. «Spero che sia importante. Stavo lavorando ad un caso molto interessante prima che la tua incoscienza mi facesse tornare di corsa qui.»

L'uomo rise e si voltò lentamente «Allison cara,» le disse «sono lieto che tu sia venuta qui da sola, senza il tuo angioletto custode. Io e te dobbiamo parlare, in privato.»

Allison si inumidì le labbra e sfiorò il paletto nascosto nella sua giacca mentre il suo interlocutore mostrava i canini appuntiti e assetati.

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