Stay.

di irishsseyes
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** prologo. ***
Capitolo 2: *** capitolo uno. ***
Capitolo 3: *** capitolo due. ***



Capitolo 1
*** prologo. ***


PROLOGO.
 
Ottobre 2012, Londra, Inghilterra.
Entro nel parco e faccio un respiro profondo. 
A qualche metro da me, un gruppo di sedicenni ride e scherza. Cerco il suo volto con lo sguardo, e non ci metto molto a trovarlo. Eccolo, lì seduto con il suo skatebord in mano, intento a parlare con un suo amico. 
Quasi mi vengono le lacrime agli occhi. Ma non piango, non lo faccio ormai più da sedici anni.
Mi avvicino lentamente al tavolo di legno su cui è seduta la comitiva.
-Liam?
Una decina di paia di occhi mi fissano. 
-Sì?
Si gira, e finalmente lo vedo dopo tutto questo tempo. I suoi occhi color nocciola che amavo, il suo sorriso che sognavo tutte le notti e la sua voglia al collo, che riconoscerei sempre. 
-Posso parlarti?
Probabilmente si starà chiedendo chi io sia, o del perché una donna trentenne sappia il suo nome. Ma mi ritrovo a sperare che non si faccia troppe domande.
Lui mi fa un cenno, intimandomi a continuare, così io chiarisco: -In privato.
Liam si alza, guarda i suoi amici e sorride. Poi comincia a camminare verso una panchina. Si siede, e aspetta che io faccia altrettanto.
-Chi sei?- mi domanda, non lasciando trasparire nessuna emozione, se non forse un impercettibile senso di noia.
-Emma.- Il mio cuore perde un battito al ricordo di quando ci presentammo per la prima volta. -Non mi conosci. O meglio, non ancora.- spiego.
Apre la bocca, e fa per parlare, ma non lo lascio fare.
-Senti, sto rischiando molto. Ma se non lo faccio, potremmo non incontrarci mai più.-
Ed è in quel momento che capisce: io so il suo segreto. La maggior parte delle sue domande ha una risposta. Ma ha ancora un'incognita, che non esita a domandare neanche un secondo dopo: -Come sai?- chiede, aggrottando la fonte in quella maniera che ho sempre adorato.
Mi scappa un piccolo e malinconico sorriso. -Non ha importanza, ora.
Tiro fuori una piccola busta gialla borsa, e gliela porgo. -Ecco, tieni. Leggila quando sarai da solo. Capirai tutto, forse.-
Non aspetto altro. Mi alzo e, senza voltarmi indietro, percorro il sentiero inverso per uscire dal parco.
So che ciò che ho fatto ha dei rischi grossi, ma l'ho dovuto fare. Non ho nulla da perdere. Il mio piano potrebbe non funzionare. Potrebbe cambiare tutto, o niente. Ma cosa costa tentare? Tentare una vita diversa. Non sicura. Non comoda. Non nella media.
D'altronde, non era una vita così che avevo deciso?

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Capitolo 2
*** capitolo uno. ***


CAPITOLO UNO.
 
Marzo 1995, Wolwerhampton, Inghilterra.
Il tipico tempo di Wolwerhampton, quella mattina, non faceva altro che farmi sentire ancora più oppressa. Mi ero svegliata con lo stesso umore di sempre, e certo quelle nubi che minacciavano pioggia non avrebbero migliorato la situazione.
Decidetti, però, che non avrei saltato il mio allenamento mattutino. Magari un po' di pioggia non mi avrebbe fatto poi così male.
Scesi le scale, facendomi una coda sbadata ai capelli. Non dovetti neanche arrivare all'ultimo gradino, che un forte odore di caffè mi invase le narici: mia mamma era già sveglia.
-Buongiorno tesoro- mi salutò distogliendo per un secondo lo sguardo dalla sua tazza.
Ricambiai con un cenno accompagnato da uno stanco sorriso. Poi mi misi le cuffie nell'orecchio, e uscii.
Le vie vuote, a quell'ora mi affascinavano. Non c'era nessuno, se non forse qualche signore che andava a lavoro particolarmente presto. Le luci, nelle case e per strada, erano quasi tutte spente. L'unica cosa che illuminava la strada che stavo percorrendo era la sfumatura di rosa che il sole dipingeva su ogni cosa. Adoravo l'alba.
Arrivai alla pista di atletica con già il fiatone. Avevo spinto troppo, senza rendermene conto. Ma non me ne importava. Amavo correre, nessun dolore riusciva a raggiungermi.
Presi un sorso d'acqua dalla mia borraccia, cambiai canzone dal mio lettore CD e mi rimisi sotto con l'allenamento.
Cominciai a fare due giri, poi tre. Guardavo dritto davanti a me. Solo ogni tanto volgevo lo sguardo verso gli spalti, per essere sicura che non ci fosse nessuno.
Al terzo giro, però, lo vidi. Un uomo.. Forse un ragazzo. Indossava un cappotto nero, e mi osservava con un sorriso in volto. Aveva i capelli rasati, mi accorsi. Nessuno in questa piccola cittadina si sognerebbe di portarli così. Non c'era ragazzo che non avesse la cresta, nella mia scuola.
Non mi fermai, continuai a correre senza fargli notare che mi ero accorta di lui. 
Non ero molto lontana dal ragazzo. Egli era seduto solo al secondo gradone degli spalti. Riuscivo a vedere le piccole rughe d'espressione che gli si formarono intorno agli occhi mentre sorrideva ancora di più. Probabilmente si era accorto che anche io, ora, lo stavo fissando.
Non  mi spaventava, anzi: mi incuriosiva. Quel sorriso faceva tutt'altro che paura. Potrei dire che fosse un mio amico da come mi guardava, ma io ero fortemente sicura di non averlo mai visto.
Mi scostai una ciocca di capelli scivolatami sugli occhi, e in quel momento notai una piccola lacrima scendere sulla guancia del ragazzo. Egli la lasciò cadere al suolo, soffiando e facendo così che dalla sua bocca uscisse dell'aria gelata.
Mi ritrovai inconsapevolmente a sorridere, nonostante quella situazione dovesse spaventarmi.
Abbassai un secondo lo sguardo, mentre seguivo la curva che prendeva la pista su cui correvo. Poi lo rialzai, decisa ad andare da quella figura misteriosa.
Ma lui non c'era più.
Mi fermai, portandomi una mano al fianco e riprendendo fiato. 
Dove era finito?
Non esitai ad avvicinarmi verso il seggiolino dove un attimo prima era seduto lui. Lo toccai, era caldo. Nella neve sotto erano impresse delle impronte di scarponcini, ma non andavano oltre.
Lui era stato lì.
Lui non c'era più.
Lui era scomparso.
 
Quando, due ore dopo, entrai a scuola, fui subito accolta da Abby.
-'giorno, tesoro.- cinguettò, con il suo strano accento irlandese. Poi mi abbracciò, stampandomi un bacio sulla guancia. 
-Hai saputo?- mi chiese euforica, come se si stesse trattenendo questa domanda da fin troppo tempo.
Alzai gli occhi al cielo. -No, ovviamente. Quando mai è successo che io sia venuta a sapere una cosa prima di te?-
Misi i libri nell'armadietto, lasciando fuori solo quello di spagnolo.
Abby ignorò la mia retorica domanda, e si affrettò a spiegarmi, eccitata: -C'è un ragazzo nuovo a scuola. Si è appena trasferito da Londra. Londra, capisci?- 
-Oh, è una bella cosa.- Le risposi sovrappensiero. Mi convinsi che ero solo stanca, quando in realtà la verità era ben altra: non riuscivo a distogliere i pensieri da ciò che era accaduto quella mattina stessa. Lo avrei dovuto raccontare ad Abby? Avrei dovuto rendere partecipe la mia migliore amica di un evento che neanche io riuscivo a spiegarmi? 
-Ok, ora posso raccontarti una cosa... strana?- le chiesi, con il volto del ragazzo ancora impresso tra i miei pensieri.
-Ovvio.- Abby accennò un sorriso.
-Non lo devi dire in giro, però. Non è uno dei tuoi soliti gossip questi.- le chiarii, e lei alzò le mani quasi a volersi difendere da qualcosa.
Presi un respiro profondo. Mi preparai mentalmente le parole che avrei potuto dire senza essere presa per pazza.
Ma non feci in tempo neanche ad aprir bocca che Harry Styles, giacchetto della squadra di basket e sorriso smagliante, posò un braccio sulle spalle di Abby e le avvicinò le labbra all'orecchio.
-Buongiorno, dolcezza.- le sussurrò.
-Bleah, Harry.- rispose Abby, scostandolo con una leggera spinta ma allo stesso tempo incoraggiandolo con un mezzo sorriso. - Non vedi che stavamo parlando? Cosa vuoi?-
-Te lo dico... Se fai un giro con me nei corridoi.- Harry sorrise mostrando delle adorabili fossette, in netto contrasto con il suo corpo da uomo fatto e compiuto.
Abby gli rivolse un'occhiata, poi guardò i corridoi, ed infine si rivolse verso di me. -Ne parliamo oggi a pranzo, ok?- mi chiese, ed io annuii. Poi Abby prese Harry sotto braccio e si avviarono verso le aule.
A quel punto mi appoggiai agli armadietti, chiusi gli occhi e mi passai una mano sul viso. Forse quell'intromissione era un segno. Forse è meglio che io non dica nulla ad Abby, mi dissi. Decisi che ci avrei pensato più tardi, e feci un gesto con la mano, quasi a voler allontanare quei pensieri dalla testa.
Mi voltai, ma andai a sbattere contro qualcuno.
Alzai la testa e lo riconobbi: era il ragazzo che avevo visto nella pista.
Mi si mozzò il respiro.
-Scusa.- mi sussurrò distrattamente, poi mi scostò piano e ritornò a seguire il preside Parker. 
Rimasi immobile, gli occhi spalancati.
Quindi eccolo, la new entry da Londra. Il ragazzo dalla testa rasata e gli occhi color nocciola. Il ragazzo che quella mattina era sparito nel giro di un secondo dal campo.
Li guardai finchè non voltarono l'angolo, pallida e a bocca aperta.

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Capitolo 3
*** capitolo due. ***


 
CAPITOLO DUE.
 
Marzo 1995, Wolwerhampton, Inghilterra.
-Allora? Che ne pensate del londinese?- chiese Abby, facendo un piccolo cenno con la testa al nuovo ragazzo, seduto da solo in un tavolo non molto lontano da noi. Ovviamente, quel giorno, pranzare non importava a nessuno. Erano anni che non avevamo nuovi studenti, era un evento raro. L'ultima new entry era stata... Beh, Abby.
Seguii la traiettoria del suo sguardo con gli occhi, e mi misi a guardarlo anch'io. Quel ragazzo era strano. Perché mi aveva ignorato per tutta la mattina? Neanche dopo la lezione di spagnolo mi aveva cercato. Sembrava come se non mi conoscesse. Ma da come si era comportato neanche due ora prima, pareva quasi che io significassi qualcosa per lui. 
La cosa che più mi sorprendeva, però, era il semplice fatto che lui esistesse davvero. Non ero l'unica a vederlo. Non era una mia visione.
Avevo ancora in testa la scena dove lui scompariva dagli spalti, e ora eccolo lì, riapparso vivo e vegeto nella scuola che frequento da sempre.
-Ha il tipico fascino di Londra, devo ammetterlo, ma non è il mio tipo.- rispose Danielle, ammiccando.
Abby assunse un aria pensierosa, storcendo leggermente la bocca e aggrottando le sopracciglia. -A me sembra più un surfista.- 
-Surfista?-
-Sì, surfista. California, mare, tavola da surf.. Hai presente? Secondo me è un surfista.-
Risi appena, poi mi voltai verso le due mie amiche. -E dimmi: fa surf a Londra, vero?-
Scoppiammo tutte e tre a ridere, non prima però che Abby mi diede una scherzosa e leggera spinta.
Impovvisamente mi feci seria e tornai a guardare il ragazzo. Lui non sembrava accorgersi di nulla, mentre teneva con una mano il libro che stava leggendo, e con l'altra una mela che spillucchiava ogni tanto. O magari faceva semplicemente finta di accorgersi di niente.
-E' strano.- me ne uscì, senza distogliere lo sguardo su di lui.
-Spiegati meglio.- Danielle si appoggiò sui gomiti e si sporse poco più avanti.
-Questa mattina, quando sono andata a correre, c'era anche lui. Insomma, non è abbastanza strano che un ragazzo vada alla pista della scuola alle 5:00 del mattino? Sembrava come se mi stesse spiando- Evitai volutamente di raccontare la parte in cui lui scompariva dalle gradinate. -E quando prima ci siamo rincontrati, è stato come se non mi avesse mai visto. Abbiamo anche l'ora di spagnolo in comune, ma... Niente. Come se non fosse mai successo nulla.- Sospirai, abbassando lo sguardo sul tavolo e poi volgendolo verso Abby e Danielle.
-Quindi è una specie di stalker?- mi chiese quest'ultima. 
-Non direi. E' soltanto... strano.-
Abby mi guardò alzando un sopracciglio. -Sai cosa? Ora glielo andiamo da lui, e glielo chiediamo. Anzi, sai che faccio? Ve lo porto qua, il cafone.- sbottò, e si alzò di scatto. La sedia si spostò violentemente indietro, e il mio bicchiere di succo vuoto cadde dal vassoio.
-Nessuno stalkera la mia migliore amica!- la sentì sussurrare quando ormai stava già camminando. Non riuscii a fermarla, ma ero certa che non avrebbe fatto nulla per attirare l'attenzione. 
Mi scappò un sorriso quando la vidi civettare con lui. Sapevo che non era tipo da scenate rabbiose davanti a tutta la scuola, anche se in quel momento gli avrebbe tirato volentieri uno schiaffo in pieno volto.
Abby indicò verso il nostro tavolo, e Danielle, affianco a me, li salutò con la mano. Dopo neanche qualche secondo vidi il ragazzo piegare un orecchio del libro, prendere il vassoio e avvicinarsi verso di noi.
-Ciao.- Sorrise, poi si sedette nel posto accanto a quello in cui dopo poco si sistemò Abby. 
-Ragazze, lui è Liam.- lo presentò. Poi con mi indicò con un dito, e si rivolse verso di lui. -Lei è Emma.- disse, con aria di sfida.
Sul volto di Liam si dipinse un espressione confusa, poi divento quasi impaurita. Gli allungai la mano, e quando lui me la strinse quasi non me ne accorsi. -Emma?- mi chiese, sbalordito -Ti chiami Emma?-
Sembrava come se fosse stato accusato di omicidio. 
Mi fissò, come se mi riconoscesse. Un attimo dopo, però, si ricompose e riassunse quel tipico sorrisino di cortesia che aveva sempre stampato in volto.
-La conosci già?- chiese Abby, nello stesso momento in cui Danielle, per smorzare l'attenzione, si presentò.
Liam ignorò la domanda della mia migliore amica, e strinse la mano a Danielle.
La rossa si volse verso quest'ultima, facendole una smorfia, poi tornò ad osservare, o meglio squadrare, il ragazzo. 
-Allora... Dove ti trovavi questa mattina, più o meno verso le cinque?- gli domandò, alzando le sopracciglia e dandogli un leggero colpo sulla spalla.
Mio Dio, ma cos'era? Un interrogatorio?
-Beh, ecco... Dormivo, credo.- Liam rise, e io non potei fare a meno di sorridere a mia volta. Era così carino, in imbarazzo.
-La pista della scuola ti dice qualcosa? Corsa campestre? Gradinate? Stalking?-
-Woh, woh, woh.- Il ragazzo alzò le mani. -Di cosa state parlando?-
-Emma ci va a correre tutte le mattine. E ti ha visto lì, che la fissavi.- esclamò a quel punto Danielle, indicandomi.
Liam alzò gli occhi pensieroso, poi, senza scomporsi, disse: -Vi starete confondendo con qualcun altro.- E mi sorrise; lo stesso sorriso che mi convinse ancora di più del fatto che no, non mi ero sbagliata. Avevo visto proprio lui sugli spalti.
-Sicuro?- tentai io, -Indossavi una giacca a vento.-
-Mi spiace, non ho una giacca a vento.-
Lo sguardo che gli rivolse Abby mi fece capire che neanche lei credeva alle parole di Liam.
Tra noi quattro piombò un silenzio imbarazzante.
Poi, qualche attimo dopo, Liam si alzò.
-E' stato un piacere conoscervi.- disse, poi prese il suo vassoio e lo portò al bidone della spazzatura. Io, Abby e Danielle lo guardammo scuotere la testa e uscire dalla mensa.
-Ok, beh, è stato... inquietante.- ammisi poi, riprendendo finalmente a respirare.




Angolo autrice.

Buonsalve! :)
Ho deciso di inziare a mettere un mio angolo alla fine di ogni capitolo, per chiarirvi meglio le idee lol
Anche perché, lo ammetto, la storia all'inizio è abbastanza complicata, ma presto capirete tutto uhuhuh
Comincio col dire che mi scuso enormemente per il ritardo ma ho avuto grossi problemi di connessione cwc
(non avevo la connessione dal pc, omg)
Comunque... Questo capitolo, personalmente, fa abbastanza schifo lol. Il problema era che io lo avevo già scritto, però il mio computer merdoso me lo ha cancellato e l'ho dovuto riscrivere in fretta cwc 
Comunque, abbiamo modo di conoscere un po' i personaggi... più o meno.
Liam è sempre strano (e te pareva? lol) ma prometto che più avanti lo conosceremo meglio.
Emma l'abbiamo già conosciuta, penso, nel capitolo precendente.
Abby? Sì, sembra tanto una civetta ma tenetela bene a mente, perché servirà più avanti. *spoiler*
Danielle.... Beh, oddio, lascio il parere a voi.
Detto questo, mi farebbe davvero piacere un vostro parere. xx
Non esitate a dire quello che pensate, accetto tutto, anche critiche (purché siano costruttive).
Un bacio,
Irene.

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