Irresistible.

di emotjon
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The tenant. ***
Capitolo 2: *** You can go to hell. ***
Capitolo 3: *** He saved me. ***
Capitolo 4: *** Sexy smile. ***
Capitolo 5: *** Kiss me. ***
Capitolo 6: *** Take care. ***
Capitolo 7: *** I'll say mine if you'll say yours. ***
Capitolo 8: *** Together, through the storm. ***
Capitolo 9: *** Wedding. ***
Capitolo 10: *** Don't think she knows. ***
Capitolo 11: *** As long as you love me. ***
Capitolo 12: *** I’d catch a grenade for ya. ***
Capitolo 13: *** I need you, love. ***
Capitolo 14: *** Anita. ***
Capitolo 15: *** Halfbrother. ***
Capitolo 16: *** Happy birthday, Boo. ***
Capitolo 17: *** Don't let me go. ***
Capitolo 18: *** Beginning of the end. ***
Capitolo 19: *** New Year. ***
Capitolo 20: *** Trust. ***
Capitolo 21: *** Another love. ***
Capitolo 22: *** AVVISO. ***



Capitolo 1
*** The tenant. ***



*il banner l'ho fatto io, vi piace??*

Capitolo 1. The tenant.

 

Ero quasi nel mondo dei sogni, cercando di ignorare il russare leggero di mio fratello Louis. O almeno di farmi cullare da esso. Ma, niente da fare. Non riuscivo a riprendere sonno, unito al suono del campanello alle sette del mattino… diciamo che ormai ero più che sveglia. “Arrivo”, bo­fonchiai passandomi una mano tra i capelli e caracollando fino alla porta d’ingresso, in maglietta e mutande.
Non che me ne fregasse troppo. Così, aprii la porta. Che ne so, magari è il postino…
O magari anche no.
Oh. Mio. Dio.
Un angelo. Ora svengo. Labbra da tener sveglia anche una lesbica, un accenno di barba, un naso a dir poco perfetto. Un sopracciglio inarcato, la fronte aggrottata. E due occhi. Sì, due occhi. Cre­devate ne avesse tre? Due occhi a dir poco incredibili. Color… oh, non lo so. Un castano indefinito, cioccolato, forse. O forse, tendente all’ambra. Boh.
Cerchi mio fratello, immagino”, borbottai facendogli cenno di entrare.
E se fossi un terrorista pronto a farti saltare in aria?”. Eh? “Mi fai entrare così, senza chiedere niente, magari sono un terrorista”, ripeté, rivolgendomi un sorriso. Un gran bel sorriso da figo. Un sorriso che stava a dire che sapeva di essere figo. Eccome se lo sapeva. “Tu devi essere la so­rella…”.
Andie, piacere”, lo bloccai acida porgendogli una mano.
Sei sempre tanto acida?”.
Alle sette del mattino? Sì”, ribattei versando il caffè in due tazze. Una per me e una per mio fra­tello, ovviamente. Non secondo mister sono-figo-e-lo-so, che mi prese una delle due tazze dalle mani, sorridendo. “Certo, come fossi a casa tua, eh?”, borbottai acida, buttandomi sul divano.
Fino a prova contraria questa è anche casa mia”.
Whoa. Che? “Che hai detto, scusa?”. Ero a bocca aperta, la tazza a mezz’aria. Cosa che lo fece ri­dere, di gusto. Uno sconosciuto. Che rideva di me. Non va bene, per niente proprio. “Louis!”, gridai lasciando perdere il caffè e camminando lungo il corridoio, per poi irrompere in camera sua. “Mi spieghi che diavolo ci fa quella sottospecie di egiziano nella mia cucina?”.
Lo sentii borbottare qualcosa di incomprensibile, allora sbuffai. Poi mi sedetti al suo fianco sul letto e gli riempii una guancia di baci, per svegliarlo delicatamente. Non volevo che mi odiasse a vita per averlo svegliato male. E poi, con mio fratello non riuscivo a essere acida, nemmeno di prima mattina.
Lo vidi aprire i suoi meravigliosi occhi azzurri con uno sbadiglio, mascherato da un bellissimo sorriso. “Buongiorno”, borbottò dandomi un bacio su una guancia. “Perché mi hai svegliato così? Non è da te…”.
C’è uno che dice che questa è anche casa sua, nella mia cucina”, gli feci notare guardandolo alzarsi. Si illuminò come un albero di Natale alle mie parole, cosa che per poco non mi fece incazzare. E parecchio. “Tranquillo, non penso sia gay”, scherzai infilandomi un paio di pantaloncini e cambiandomi la maglia, mettendone una delle mie.
Ah, simpatica… ti sei presentata almeno?”.
Annuii, ma poi inarcai un sopracciglio. “Non ce lo voglio qui, ho pensato che se ti avessi detto che non volevo condividere l’appartamento… Aspetta, dove hai intenzione di farlo dormire?”, esclamai incrociando le mani sotto al seno.
Lui rise, alzando gli occhi al cielo, ma senza rispondermi. Sbuffai, decidendo di vestirmi per uscire, almeno non avrei dovuto guardare uno sconosciuto trasferirsi, in camera mia per giunta. Cosa molto probabile, se conoscevo abbastanza mio fratello. E lo conoscevo.
Dove vai sorellina?”, mi chiese Louis notando che mi stavo facendo la coda e infilavo le cuffiette, mettendo poi l’iPod in tasca. Lo ignorai prendendo il telefono e le chiavi di casa, per poi uscire, senza degnare nessuno dei due di uno sguardo. Avevo bisogno di sfogarmi, di correre fino a finie il fiato, per non tornare a casa e arrabbiarmi con nessuno.
Non che fossi violenta, ma… insomma, mi dava altamente fastidio che mio fratello avesse trovato un coinquilino senza farne parola con me. Non mi aveva detto niente, non sapevo perché ci servisse un coinquilino, o almeno chi fosse quel… sì, bellissimo ragazzo. Ma non era quello che volevo dire.
Insomma, uno che ti compare davanti casa alle sette del mattino non dev’essere del tutto normale, no? Avrebbe potuto essere davvero un terrorista, come mi aveva detto. Avrebbe potuto essere un’omicida…
Il flusso dei miei pensieri venne bloccato quando mi accorsi di trovarmi quasi davanti a casa della mia migliore amica, allora rallentai il passo, regolarizzando il respiro. Mi ero fatta dieci chilometri senza nemmeno accorgermene, e ormai erano le nove passate. Magari l’avrei trovata sveglia. Così, suonai al campanello, trovandomi davanti la compagna di suo padre.
Ciao Andie”, mi salutò con un enorme sorriso sul volto. “La svegli tu la dormigliona?”.
Annuii sorridendo, salendo di corsa le scale e facendo irruzione nella camera da letto di Liberty, la mia migliore amica. E quasi non mi strozzai con la saliva nel vederla sdraiata nel suo letto, mezza nuda, abbracciata a Niall, il nostro migliore amico, nonché il suo fratellastro, a dirla tutta. Mi chiusi la porta alle spalle e mi sedetti sul bordo del letto, cercando di non ridere, e le accarezzai un braccio, posandole poi due dita sulle labbra quando la vidi aprire gli occhi.
Pensa se entrava tua madre”, le dissi in un sussurro mentre si infilava una maglietta e uscivamo in corridoio. “Mi devi una spiegazione”, aggiunsi con un sorriso malizioso incrociando le braccia sotto al seno. Le sorrisi, e lei arrossì, violentemente, coprendosi il viso con le mani.
E’ mio fratello…”.
Fratellastro”, la corressi abbracciandola. “E non te ne devi vergognare, siete la dolcezza fatta persona e lo sai che vi trovo adorabili insieme”, aggiunsi dandole un bacio sulla fronte. In fondo lei e Niall non erano fratelli. Erano stati estranei fino all’anno prima, quando il padre di Libby aveva iniziato a frequentare la madre di Niall. Da allora vivevano insieme.
E si erano innamorati. Qual’era il problema? Nessuno.
Se non fosse che un paio di mesi prima i loro genitori avevano deciso di sposarsi.
Sono innamorata di lui, ecco la mia spiegazione”, mormorò passandosi una mano tra i lunghi capelli biondo grano. Sorrisi. Spiegazione banale ma allo stesso tempo ricca di significato. “Ora tu… che ci fai a casa mia a quest’ora, tutta sudata e con la faccia di una che non ha fatto altro che pensare nelle ultime due ore?”. Risi, scuotendo la testa come a scacciare un brutto pensiero. E lei mi strinse una mano, costringendomi a guardarla. “Allora?”.
Non ho dormito niente… Louis russa come un maiale in calore”, confessai lasciandomi scivolare contro la parete e sedendomi sulla moquette. Lei mi imitò, facendomi posare la testa sulla sua spalla. “Così sono uscita, avevo bisogno di sfogarmi”.
E hai corso a perdifiato per dieci chilometri, immersa nei tuoi pensieri”.
Annuii, chiudendo gli occhi ed espirando, cercando di calmarmi. Senza troppo successo. Ancora non riuscivo a capire perché mio fratello cercasse un coinquilino. Senza dire niente a me, oltretutto. Non capivo a cosa ci servisse un coinquilino. E non capivo chi diavolo fosse quella sottospecie di… egiziano con quel viso perfetto.
Abbiamo un coinquilino”, ammisi riaprendo gli occhi. E Libby scoppiò a ridere, credendo che scherzassi. La guardai negli occhi, scuotendo piano la testa. “Non so perché e non so chi è”, aggiunsi abbandonando la testa contro il muro del corridoio.
E’ carino, almeno?”.
Risi, dandole una spinta scherzosa. Ma non le risposi, di proposito. Assunsi uno sguardo sognante, ripensando al mio incontro quella mattina con quello sconosciuto. Già, sbucare del nulla alle sette del mattino non era una cosa normale. In più si era messo a scherzare sul fatto che l’avessi fatto entrare senza chiedere chi fosse.
Alle sette del mattino, il massimo che mi aspettavo era il postino.
Poi, mi aveva rubato il caffè. E infine, mi aveva detto a freddo che casa mia era anche casa sua. Solo mio fratello poteva trovare un individuo del genere. Ma la cosa che mi dava più fastidio in assoluto non era quello strano quanto bellissimo individuo.
Era mio fratello. Non dirmi niente era un colpo basso.
Io gli parlavo di tutto. Dei miei problemi, delle litigate con Libby. Gli avevo parlato della mia anoressia, di quanto stavo male col mio corpo. E lui mi aveva aiutato a uscirne. A uscire da tutto quello schifo. C’era stato per me, e ora che evidentemente era in difficoltà lui, non riuscivo a comprendere perché non me l’avesse detto.
Non è carino, Lib… è da stupro”, ammisi, facendola scoppiare a ridere.
E nello stesso istante la porta della sua camera si aprì, facendone uscire Niall. No, non nudo. Per fortuna. Ma coperto solo di un lenzuolo. Che a dir la verità lasciava ben poco all’immaginazione. Mi coprii scherzosamente gli occhi con una mano, facendolo ridere.
Ciao, Andie”, mi salutò scompigliandomi i capelli. Non riuscii a evitare di sorridere, aprendo poi gli occhi e notando che stava baciando la mia migliore amica come se io non ci fossi. “Ti amo”, lo sentii mormorare contro le labbra di Libby.
Oddio, quanto miele. Un altro po’ e mi viene il diabete.
Infatti… “Anch’io, Nialler”. Oh, santo cielo.
Me ne vado a casa ragazzi… stasera ci siete?”, aggiunsi rivolgendo un sorriso alla mia migliore amica, che arrossì violentemente, accorgendosi del fatto che avevo appena assistito a una scena decisamente imbarazzante. E decisamente smielata, a dirla tutta. Ma non le avrei mai detto che era smielata. Era solo innamorata. Non potevo fargliene una colpa.
Certo, a casa di Liam, vero?”.
Cazzo, me ne ero dimenticata. Ma annuii ugualmente, cercando di non pensare al loro amore, al mio nuovo coinquilino e alla serata a casa del mio ex. Proprio non era il caso che mi mettessi a pensare. Pensavo troppo. E sapevo che prima o poi sarei crollata.

~

Spiegami”, dissi a Louis cercando di restare calma, ma tormentandomi le mani. “Spiegami perché ci serve un coinquilino, perché non me l’hai detto e chi è quello… quello”. Non sapevo nemmeno il suo nome, porca puttana. E avrei dovuto lasciare che si trasferisse in camera mia? “Louis, andiamo…”.
Non abbiamo abbastanza soldi per pagare tutto l’affitto”, mi disse semplicemente. Inarcai un sopracciglio. Mi sarei potuta aspettare di tutto, ma non quello. “Papà ci ha congelato le carte di credito…”, aggiunse, passandosi una mano tra i capelli, scompigliandoli.
Aggrottai la fronte, sicura di aver capito male. “Perché?”, chiesi, molto stupidamente.
Per i finanziamenti all’orfanotrofio”.
Sgranai gli occhi. Davvero, come poteva nostro padre essere così… tirchio? Avaro, a dir poco. Tre settimane prima, finite le vacanze a Doncaster e tornati a New York, io e mio fratello avevamo fatto un salto a un orfanotrofio dove facevamo volontariato. E mi ero messa a piangere, vedendo in che condizioni fossero quei poveri bambini.
Non potevo adottarne uno, io e Louis siamo solo fratello e sorella. Così, gli chiesi di mettere mano al portafogli. Duemila dollari. Un niente per nostro padre, visto che mi aveva regalato vestiti e borse più costosi. Ma evidentemente non gli importava che i suoi figli volessero fare una buona azione.
Mamma che ha detto?”, gli chiesi, contando mentalmente i miei risparmi, che tenevo in una scatola nel doppio fondo dell’armadio. A occhio e croce avrei dovuto avere sui tremila dollari, per… beh, per un sogno. Un sogno che non avevo rivelato nemmeno a mio fratello. Nemmeno Louis sapeva cosa mi passava per la testa quando mettevo da parte quei soldi.
Mi riscossi dai miei pensieri alla risata di Louis. “Mamma? Ha detto che come al solito non c’è verso di farlo ragionare”, ammise guardandomi negli occhi, dello stesso colore dei suoi. Non ci somigliavamo un granché. Se non fosse stato per gli occhi non saremmo nemmeno sembrati fratello e sorella. “Sai com’è fatto”.
So che sta facendo lo stronzo!”, sbottai, acida.
Andie, calmati… io, mi troverò un lavoro e…”.
Lo bloccai con un gesto della mano. “Mi troverò un lavoro anch’io e possiamo lasciare la mia camera al ragazzo di stamattina. Davvero, mi dispiace di essere stata acida stamattina… e poi ci sono sempre i soldi…”.
Stavolta fu lui a bloccarmi, mettendomi due dita sulle labbra. “Non so a cosa ti servano quei soldi, ma voglio che li usi per te, non per pagare l’affitto, okay?”, aggiunse allungandosi sul tavolo per darmi un bacio sulla fronte. Sorrisi appena, passandomi una mano tra i capelli.
Va bene… vado a farmi una doccia, okay? Così poi mi presento per bene al nostro nuovo coinquilino”. Finsi di essere entusiasta, e in fondo lo ero davvero. Molto, molto in fondo. Gli diedi un bacio su una guancia e filai in bagno, chiudendo la porta a chiave.
Non sapevo dove fosse lo sconosciuto di quella mattina. E non volevo saperlo.
Volevo solo aprire l’acqua della doccia e rilassarmi totalmente. Ed è quello che feci. Mi spogliai della tuta e mi slegai i capelli, entrando poi nella doccia e lasciando che le goccioline di acqua bollente picchiettassero sulla mia pelle, facendomi rilassare a poco a poco. Dandomi il modo di pensare per bene. Senza la musica nelle orecchie, senza Louis, Libby e tutti gli altri.
Mi insaponai i capelli con calma, per poi sciacquarmi, finendo l’acqua calda. Mi asciugai e mi rivestii, con un paio di pantaloncini corti e una canotta colorata, per poi uscire dal bagno, tamponandomi i capelli con un asciugamano. E schiantandomi contro… “Porca puttana!”, sbottai, accorgendomi poi che ero andata a sbattere allo sconosciuto.
Rise, con la lingua tra i denti, facendo affiorare un messo sorriso anche sul mio volto.
Non mi sono presentato stamattina, io sono Zayn”.


 

Rieccomi ad intasarvi il fandom, evviva.
A me piace. Ebbene sì, mi piace. Strano, eh?
Me la lasciate una recensione?
Se non piace a nessuno faccio in tempo a eliminarla almeno :(
Ah, un'altra cosa. Ho intenzione una volta a settimana.
Vi lascio i banner delle altre due storie che sto mandando avanti...
Alla prossima, lunedì prossimo :D xx Fede.




 

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Capitolo 2
*** You can go to hell. ***


Capitolo 2. You can go to hell.

Zayn. Che razza di nome è Zayn? Insomma, immaginavo non fosse americano, inglese o che so io. Ma, Zayn. Quale madre sana di mente darebbe a suo figlio un nome del genere? Ero indecisa se scoppiargli a ridere in faccia o chiedere, quando mi accorsi della mano tesa verso di me.
La ignorai, comunque, e dopo qualche secondo lui la abbassò, arrendendosi alla mia momentanea acidità. “Che nome è Zayn?”, gli chiesi alla fine, abbastanza civilmente, lasciando che mi seguisse in camera mia. Che probabilmente da un momento all’altro sarebbe diventata la sua. Ma era ancora la mia camera, e dovevo asciugarmi i capelli, ecco.
Che nome è Andromeda?”.
Sbuffai. “Di solito rispondi alle domande altrui con un’altra domanda?”, ribattei inarcando un sopracciglio e guardandolo negli occhi, ma distogliendo lo sguardo quasi immediatamente. Non guardarlo negli occhi, mi disse una vocina. La mia coscienza, forse. Bah, anche no. “E comunque mi chiamo Andie…”.
Andie. Andie e basta. Non Andromeda. Odiavo quel nome.
Zayn rise, scuotendo piano la testa, divertito. Che cazzo hai da ridere, razza di… “Sono inglese, ma mio padre è pakistano”. Ah, ecco. Ora si spiega il nome ridicolo. Che poi, non ho nemmeno la più pallida idea di dove si trovi, il Pakistan. “Ho una borsa di studio parziale per la Columbia, e mi serviva un appartamento, così eccomi qua”.
Grazie per la spiegazione esaustiva, ora te ne puoi anche andare”, aggiunsi con un sorriso. Abbastanza fasullo, ma non mi importava. “Devo asciugarmi i capelli, Pakistan… aria!”, aggiunsi spingendolo verso la porta.
Lo vidi alzare gli occhi al cielo, ma in sostanza lo ignorai completamente, attaccando il phon alla presa di corrente e iniziando ad asciugarmi. Ci avrei messo un secolo a lisciare i capelli con Zayn intorno. Mi serviva pace, concentrazione. Pace e concentrazione che vennero interrotte mezz’ora dopo dall’irruzione del mio migliore amico, nonché fidanzato di mio fratello.
Sì, mio fratello è gay. Problemi?
Comunque, fui costretta a spegnere l’asciugacapelli quando vidi le sue labbra muoversi ma non sentii quello che stava dicendo. “Che vuoi?”, gli chiesi, facendogli poi la linguaccia, notando che aveva appena inarcato un sopracciglio. Odiava quando facevo l’acida con lui, ma mi stavo asciugando i capelli. Non mi si doveva disturbare in momenti come quello.
Come stai?”, mi chiese dandomi un bacio su una guancia e sedendosi sul mio letto, a gambe incrociate. Lo ignorai, riaccendendo il phon, ma dopo un paio di minuti si spense, e quando mi voltai mi accorsi che Harry aveva in mano il cavo, staccato dalla presa. Sbuffai, per poi sedermi accanto a lui, arrendendomi in pratica. “Allora? Hai intenzione di parlare col tuo migliore amico o no?”.
Scusa se sono stata acida… è una giornata di merda”, ammisi posando la testa sulla sua spalla.
Lou me l’ha detto”, mormorò lui accarezzandomi i capelli. Chiusi gli occhi, come a bearmi della sensazione. Molto, molto rilassante. “E ho conosciuto Zayn”, aggiunse. Lo sentivo sorridere, anche senza guardarlo, cosa che fece sorridere anche me. Mi aspettavo un commento da omosessuale sul mio nuovo coinquilino e infatti… “E’ parecchio gnocco, non trovi?”.
Risi, allontanandomi da lui e tirandogli una cuscinata. “Ma smettila!”.
Oh, andiamo Andie! È da stupro”, esclamò.
Ricambiò la cuscinata, per poi iniziare a farmi il solletico. Non riuscivo a smettere di ridere, con Harry con continuava a farmi il solletico. “S-smettila!”, balbettai cercando di farlo smettere, senza troppo successo in effetti. “Styles, porca troia!”, sbottai, facendolo smettere di colpo, nello stesso istante in cui mio fratello entrava in camera mia, con un sopracciglio inarcato.
Amore, smettila di importunare mia sorella”, scherzò Louis con un sorriso divertito mentre mi ricomponevo a riattaccavo il phon alla presa di corrente. “Ah, piccola?”. Gli lanciai un’occhiataccia. Odiavo che mi si chiamasse in quel modo. Io non ero piccola. Ma lasciai correre per un volta. La prima e ultima volta che avrei lasciato correre. “Forse abbiamo trovato una soluzione per Zayn che non comporti sfrattarti dalla tua camera…”.
Camera che non usavo mai per dormire, visto che dormivo con lui. Ma, dettagli.
Avanti, spara”, borbottai accendendo il phon alla minima potenza in modo da poterlo sentire e nello stesso momento continuare ad asciugarmi i capelli. vidi mio fratello mordersi un labbro, come se stesse pensando se dirmelo o meno… “Allora? Giuro che non mi arrabbio”, gli dissi passando alla ciocca successiva. Non ero molto convinta del fatto che non mi sarei arrabbiata, in effetti…
Potremmo togliere il letto matrimoniale e metterne due singoli…”. Per un attimo mi venne la tentazione di strozzarmi col filo dell’asciugacapelli. Ma no, sarei mancata a troppa gente. “In modo che tu possa tenere la tua stanza e nello stesso momento non debba dormire da sola”, aggiunse con un sorriso tenero, guardandomi negli occhi.
Sbuffai. “Piuttosto che dormire con quel terrorista vado a dormire in camera oscura”, borbottai inacidita uscendo dalla mia stanza, portandomi dietro il phon. “Sai che ti dico? Non mi interessa, fallo dormire dove ti pare”, aggiunsi alzando la voce e chiudendomi in bagno, sbattendo la porta. Uffa. Era riuscito a farmi incazzare, e a farmi inacidire più di quanto non fossi già.
Scivolai contro la porta, ignorando il bussare leggero contro di essa. Probabilmente Harry.
E, passandomi una mano tra i capelli, mi tornò in mente quello che, fino a poco tempo prima, era stato il periodo migliore della mia vita. Meglio della mia infanzia relativamente felice. Meglio dell’adolescenza tormentata. Meglio dell’indifferenza di mio padre, dell’anoressia e di tutto il resto.
Liam era stato meglio di tutto. Forse l’unica cosa bella che la vita aveva voluto darmi.
E pensare che quella sera avrei dovuto rivederlo… beh, diciamo che non era proprio un pensiero felice. Perché? Era stato il mio migliore amico, il ragazzo a cui dicevo tutto, più di quello che dicevo a mio fratello, o a Libby. Lui era… tutto. Era stato come l’aria, anche prima che decidessimo di provare a stare insieme.
Poi, dal nulla, mi ero ritrovata a baciarlo, tre anni prima. Avevo diciassette anni, non capivo un accidente. Così, avevo accettato di essere la sua ragazza. E sì, detto proprio in spiccioli, mi ero innamorata di lui. Ma in fondo, chi non si innamorerebbe di Liam James Payne? Tutto rose e fiori. Adorabile lui e incondizionatamente innamorata io.
Finché non l’avevo beccato a infilare la lingua nella bocca di una delle mie migliori amiche.
Danielle.
Avevo lasciato la squadra delle cheerleader del college per colpa sua. Vederla agli allenamenti tutti i giorni dopo le lezioni era insopportabile. E solo a pensare al suo nome vedevo rosso, e mi veniva una gran voglia di prenderla a pugni. Ma non potevo. Come non potevo arrabbiarmi con mio fratello e Harry. Tantomeno con Zayn, che non conoscevo.
Sentii bussare di nuovo alla porta, allora mi alzai lentamente e aprii la porta, finendo tra le braccia del mio migliore amico. “Credevo ti fossi fatta del male, non rispondevi…”, mormorò contro i miei capelli.
Scusate, tutti e tre”, mormorai di rimando, contro la spalla di Harry. Davvero, avevo dei momenti in cui mi incazzavo per niente. E sì, me la prendevo anche col mio migliore amico. soprattutto. Ma per fortuna poi facevamo pace come se non fosse successo nulla. “Mi dispiace… posso dividere la camera con Zayn, nessun problema”, aggiunsi in un sussurro. Ma vidi mio fratello sorridere, per cui doveva avermi sentita.
Beh, grazie”, sentii dire da Zayn, allora mi scostai da Harry, passandomi una mano tra i capelli, come per scusarmi. “Abbiamo tutti i nostri momenti no, tranquilla”.
Con la piccola differenza che il mio non era un momento. Erano proprio sei mesi. Non proprio qualche secondo. Ce l’avevo col mondo intero da quando Liam aveva fatto quello che aveva fatto. Ma Zayn non lo sapeva. Non poteva saperlo. “Ma teniamo il letto matrimoniale”, specificai legandomi i capelli in uno chignon disordinato.
Lui mi sorrise amichevole. Sorriso che non potei far altro se non ricambiare. Mi veniva spontaneo sorridere con lui. E ancora non ne capivo il motivo. Davvero, era troppo strano che sorridessi con lui in quel modo. Non lo conoscevo, e in pochissime ore stava buttando giù la barriera che mi ero accuratamente costruita attorno. Ero acida, sì. Ma era solo una facciata. Harry, Libby e Lou lo sapevano. Sapevano che facevo così perché non volevano che mi si leggesse dentro, dopo tutto quello che era successo nei due anni precedenti.
E sospettavo che, nonostante in pratica non mi conoscesse, anche Zayn ci stesse arrivando.
Vuoi una mano a scegliere qualcosa da metterti per stasera?”, mi chiese Harry posandomi una mano su un braccio, strappandomi dagli occhi di Zayn. Sospirai appena, guardando il mio migliore amico. Poi scossi la testa. “Sicura di volerci andare?”, mi chiese poi, accennando un sorriso. Sbuffai, ma mi costrinsi ad annuire.
Ho una voglia terribile di sputare nel drink della troia, quindi mi sembra ovvio che io debba venire”, ammisi, facendo spallucce. I tre ragazzi a me scoppiarono a ridere, all’unisono. Ma io non riuscivo a togliere gli occhi di dosso dalla lingua di Zayn, chiusa tra i denti mentre rideva. Vidi Louis alzare gli occhi al cielo, ma non me ne curai più di tanto. “Vado a darmi un senso, se arrivano i piccioncini, fate venire Libby da me”, aggiunsi rifugiandomi in camera mia.
Finii di sistemarmi i capelli con calma, cercando di non pensare a niente. Cercando di non pensare al casino che era stata la mia vita quel giorno. Mio padre era diventato mister avarizia, mio fratello era stato tanto disperato da dover trovare un coinquilino. E poi, il coinquilino stesso. Che non mi conosceva ma che con un sorriso mi mandava completamente in tilt. Con uno stupido sorriso. Con un sorriso, era quasi riuscito a crepare la corazza che mi ero costruita per dimenticare Liam.
Mi infilai un paio di jeans stretti e rimasi per qualche secondo a guardarmi allo specchio, in jeans e reggiseno. Poi mi truccai, con tutta la calma del mondo. Ma mi serviva qualcosa da mettere sopra quei jeans, e frugando nell’armadio mi accorsi che non mi piaceva un bel niente. Sbuffai, passandomi una mano tra i capelli, perfettamente lisci. “Lou! Mi serve una maglia…”, dissi a voce alta uscendo in corridoio.
In jeans e reggiseno.
Schiantandomi contro Zayn. Ovvio no? Ma mi accorsi di essere mezza nuda solo quanto notai che aveva appena sgranato gli occhi. Allora arrossii violentemente, coprendomi alla meglio con i capelli. Giusto. Coinquilino. Maschio, non omosessuale, per giunta.
Non ho visto niente, tranquilla…”.
Sì, certo!”, lo interruppi ridendo. “Mio fratello?”, gli chiesi cercando di rimanere seria. O almeno di fare l’acida. Ma, con lui, era come se mi fosse impossibile. Scosse la testa, distratto da come (non) ero vestita. “Dai terrorista! Entro oggi… mi serve una maglia maschile, dei Nirvana possibilmente, e aperta di lato”, gli spiegai inclinando la testa da un lato.
Ero stata abbastanza acida, dai. Quasi come uno yogurt scaduto.
Zayn sembrò pensarci su, poi mi fece cenno di seguirlo fino in salotto, dove aveva momentaneamente lasciato le sue valigie e gli scatoloni con tutta la sua roba da pakistano. Mi fermai con le braccia incrociate sotto al seno, guardandolo frugare in un’enorme valigia pieni di vestiti. Tutti piegati super ordinatamente. Era più ordinato di me, porca puttana. Si voltò dopo un paio di minuti… “Prendi un paio di forbici”, mi disse facendomi l’occhiolino. Risi, scuotendo la testa. “Tranquilla, la ricompro”, mi rassicurò.
E dieci minuti avevo la maglia che volevo. Sorrisi a Zayn e sgattaiolai in camera mia. Camera nostra, giusto. Mi infilai un paio di tronchetti con le borchie e tornai in salotto, dove erano ricomparsi mio fratello e il suo ragazzo.
Allora, come sto?”, chiesi loro facendo una giravolta. Harry battè la mani, eccitato come un bambino piccolo. Il che mi fece ridere. “Okay, possiamo andare”, aggiunsi prendendo borsa, cellulare e chiavi di casa. Mi bloccai quando, nello stesso momento, suonarono al campanello, e Zayn comparve dal corridoio che portava alle camere da letto.
Ti sta bene la mia maglietta, sai?”, mi fece notare inclinando la testa da un lato, osservandomi.
Sì, anche tu non sei niente male”, ammisi assumendo la sua stessa espressione, facendolo alzare gli occhi al cielo. Gli feci la linguaccia, un attimo prima di venire assalita da Libby, che quasi non mi fece cadere a terra. “Ciao anche a te, carota”, la salutai dandole un bacio su una guancia.
Ma sembrava persa. Fissava Zayn come se non avesse mai visto un ragazzo.
Sbuffai, ignorandola e uscendo dall’appartamento con Harry, Louis e Niall. Seguiti, finalmente, da Libby e Zayn. In macchina, posai la testa contro il finestrino, ignorando la mia migliore amica come aveva fatto lei con me poco prima. Mio fratello mi lanciava dei sorrisi, alzando di tanto in tanto gli occhi al cielo. Patetico. Mi stavano facendo inacidire, tutti quanti.
Finché, senza che me ne accorgessi mio fratello stava parcheggiando davanti alla villetta dove abitavano Liam e sua cugina Destiny, al primo anno di università, quindi più piccola di noi di un anno. Comunque, cercai di non pensare troppo al mio ex ragazzo, quando entrai in quella casa.
Venni avvolta dalla musica e subito trovai Destiny, che si aprì in un sorriso non appena mi vide. Ballai con lei, tutta la sera. Bevendo il giusto, non mi piaceva ubriacarmi, per niente. Era come se perdessi il controllo di me stessa, e non mi piaceva. Tutto a posto, se non fosse stato per le due paia di occhi che mi sentivo addosso.
Gnocco che ti fissa a ore dodici”, mi urlò Destiny in un orecchio, per sovrastare la musica.
Mi voltai con un mezzo sorriso. Zayn. Appoggiato al muro, con le mani in tasca e un’espressione particolarmente sexy sul suo volto perfetto. Lo vidi leccarsi il labbro inferiore… e, strano ma vero, stavo per fargli cenno di venire a ballare. Se non fosse stato per quella testa di cazzo del mio ex. Oh, vai all’inferno, pensai quando sentii le sue mani posarsi sui miei fianchi. “Ciao, piccola”, mi sussurrò in un orecchio.
Riuscii a voltarmi solo quando sentii una delle sue mani a contatto con la mia pancia, dentro la mia maglietta. Stavo per tirargli uno schiaffo. Pregustavo il segno delle cinque dita sulla sua guancia, ma non feci in tempo. Sentii il mio polso stretto in una morsa, e vidi la mia mano ferma a mezz’aria, a una decina di centimetri dalla sua faccia…


 

Aieah, eccomi col secondo capitolo...
Puntuale come un orologio dopo una settimana esatta.
Evviva me. Comunqueeeee...
Cioè. 17 recensioni al primo capitolo.
DICIASSETTE. Ma io vi amo!!!!
Davvero, non pensavo che un capitolo potesse avere un successo simile.
Quindi, grazie a chi ha recensito. Ai 6 che l'hanno messa tra i preferiti.
All'anima buona che l'ha messa tra le ricordate.
E, ultimi ma non meno importanti, grazie agli 11 che l'hanno messa tra le seguite.
Sono incredula, davvero. Bene, non so che altro dire...
Me la lasciate una recensione? Ricambio, basta che mi lasciate il link :)
E, basta chiedere e vi faccio pubblicità, nessun problema.
Vi lascio i banner delle altre mie storie che sto mandando avanti.
Alla settimana prossima meraviglie.
xx Fede.




 

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Capitolo 3
*** He saved me. ***




 

Capitolo 3. He saved me.

Gemetti dal dolore. Liam mi stava stringendo il polso forte. Molto forte. Mi stava facendo male. E tanto anche. “Liam, mi fai male”, protestai con una smorfia. Un sussurro, visto il volume della musica. “Liam…”, riprovai, a voce un pelo più alta. Sentivo le sue dita premere contro le ossa del mio polso, mi stringeva tanto forte da farmi venire voglia di urlare.
Liam, lasciala”, sentii la voce di Destiny nitida alle mie orecchie. Ma per Liam doveva essere un sussurro, come lo era la mia. Chiusi gli occhi, aspettando il momento il cui mi avrebbe lasciata andare. Sperando che mi avrebbe lasciata andare. E, con gli occhi chiusi, rividi ogni momento passato insieme a lui…
Il nostro primo incontro, all’asilo. Ogni primo giorno di scuola. Ogni pomeriggio passato al parco a giocare. Il primo bacio. Il giorno in cui mi aveva chiesto di stare insieme. Il giorno in cui aveva scoperto che ero bulimica. La prima volta in cui mi aveva detto di amarmi. La prima volta che avevamo fatto l’amore.
Finché non sentii le sue dita abbandonare il mio polso. Allora mi azzardai ad aprire gli occhi, trovandomi immersa in quelli color cioccolato del mio coinquilino. “E’ ubriaco, lascialo perdere”, mi disse sfiorandomi il polso. Sussultai dal dolore, cercando di reprimere una smorfia. Avevo le lacrime agli occhi.
Liam. Avrebbe potuto picchiarmi, se Zayn non mi avesse salvata.
Voglio andare a casa”, mormorai. Non ero nemmeno sicura che mi avesse sentita, ma quando mi prese per mano, delicatamente, e iniziò a trascinarmi, mi sentii meglio. La sua mano sulla mia, mi faceva sentire meglio. E, davvero, non riuscivo a capirne il motivo. Continuò a tenermi per mano, trascinandomi per casa di Liam, alla ricerca di mio fratello, forse.
Louis, la accompagno a casa”, gli disse Zayn una volta trovato. Un attimo e sentii gli occhi di mio fratello addosso, sgranati. Come se fosse terrorizzato. “Sta bene, te lo raccontiamo dopo, okay?”, continuò Zayn, rivolgendo un mezzo sorriso a Louis, che in qualche modo si tranquillizzò. Era Zayn. Sembrava che avesse il potere di tranquillizzare tutti con uno sguardo, o con un semplice tocco. “Vieni”, aggiunse poi il moro intrecciando le sue dita alle mie, come per farmi sentire meglio.
E, la sapete la cosa strana? Funzionava.
Cercai di rimanere calma e tranquilla fino in macchina, e tenni gli occhi chiusi per tutto il viaggio fino a casa, cercando di trattenere le lacrime e di non pensare al male che mi faceva il polso. Sussultai, quando sentii una mano di Zayn sulla coscia e mi costrinsi ad aprire gli occhi, lasciando scappare una lacrima al mio autocontrollo di ferro.
Sembri scioccata…”. Mi morsi un labbro per non singhiozzare. “Andie, ce la fai a camminare o devo portarti in braccio?”, scherzò con un mezzo sorriso stringendomi appena un ginocchio. Annuii appena, scendendo dall’auto e appoggiandomi a essa per non svenire. Sentivo che stavo per sentirmi male.
Mi gira la testa, Zayn…”. Poi più niente, il nulla. Buio totale.

~

Aprii gli occhi lentamente, sussultando per il freddo che sentivo al polso, e facendo subito dopo una smorfia ricordando quello che era successo la sera prima. Sentii delle dita correre su e giù lungo il mio braccio e per un attimo pensai che fosse… sì, Liam. Ero terrorizzata dal fatto che potesse essere lui, che la sera prima mi aveva quasi frantumato un polso.
Sono Zayn, Andie, tranquilla”, mi sentii dire. Allora mi azzardai a voltarmi, trovandomi negli spettacolari occhi castani del mio coinquilino. Sarei sprofondata volentieri in essi, pur di poter dimenticare la giornata e la serata precedenti. Sospirai, iniziando a piangere. “Ehi, vieni qui”, mormorò stringendomi a sé.
Allora mi accorsi di indossare ancora i vestiti della sera prima, e in qualche modo riuscii a sorridere. “Non mi hai spogliata”, gli feci notare allontanandomi appena e asciugandomi una guancia. Ero… stupita. Piacevolmente stupita. E molto anche. “Grazie”, mormorai lasciandogli un bacio su una guancia. Gesto strano, se messo in atto da me. “Per avermi salvata da Liam, per avermi portata a casa, per il ghiaccio sul polso…”.
Mi bloccò scendendo dal letto e abbracciandomi. Così, all’improvviso, dal nulla.
Come va il polso?”, mi chiese allontanandosi di un passo e tirandomi su il braccio, per osservare i segni che le dita di Liam ci avevano lasciato. Vidi Zayn scuotere appena la testa, per poi lasciarmi il braccio. Non dissi una parola, non sembravo in grado di articolare nemmeno una sillaba. “Ridicolo”, lo sentii borbottare mentre usciva dalla nostra stanza. E non riuscii a capire se era rivolto a me, al mio polso livido o al mio ex, che da ubriaco sembrava essere diventato un mostro.
Feci un respiro profondo, per poi chiudermi in bagno, togliermi i vestiti e buttarmi sotto l’acqua bollente. Bollente, per poter pensare al calore sulla pelle e non a quello che era successo. Bollente, per cercare di riscaldarmi, visto il freddo che sentivo dentro. Bollente, come la rabbia repressa malamente che provavo per Liam. E senza nemmeno accorgermene ero scivolata lungo la parete della doccia, fino a sedermi sul pavimento, piangendo.
Rimasi lì, e in quella posizione, per quella che mi parve un’eternità, finché non sentii l’acqua chiudersi e, aprendo gli occhi, non vidi Harry, un lampo preoccupato negli occhi verdi e i ricci, di solito sempre perfetti, tutti scompigliati. Chiusi di nuovo gli occhi, fregandomene del fatto che fossi completamente nuda, davanti al mio migliore amico omosessuale. “Piccola…”, mormorò sfiorandomi una guancia. Istintivamente, mi ritrassi, come era successo al mio risveglio con Zayn. “Dee, sono solo Harry”.
Dee, il diminutivo del mio diminutivo.
Dee. Quasi nessuno mi chiamava così. Solo Harry in pratica.
Eravamo Harreh e Dee contro il mondo, qualsiasi cosa succedesse. E, a dire il vero, tra la mia vita e la sua, ne erano successe davvero parecchie. Tutti i miei problemi, certo. Ma anche Harry non era stato da meno. Il suo patrigno l’aveva cacciato di casa, non appena aveva saputo che il figlio di sua moglie non era normale. Normale per lui, ovviamente. Io avevo continuato a volergli bene, e mio fratello aveva iniziato ad amarlo. Per cui, in fondo, non gli era andata tanto male. Aveva perso il suo patrigno, ma aveva trovato Louis.
Voleva farmi male”, dissi in un soffio, abbracciandomi le ginocchia e iniziando a tremare. alludevo a Liam, ovviamente. Harry riprovò a sfiorarmi, e stavolta non mi allontanai, lasciai che mi avvolgesse in un asciugamano e mi abbracciasse.
Non ti farà più del male, piccola”, mi disse, continuando a stringermi a sé. “Te lo prometto, se ti tocca ancora dovrà vedersela con me”, aggiunse, dandomi un bacio sui capelli fradici. Annuii appena, nascondendo il viso nell’incavo del suo collo. Respirando il suo meraviglioso odore di bagnoschiuma alla fragola. Riusciva a calmarmi, il suo odore. Era terribilmente rilassante, almeno per me. “Va meglio?”.
Mi limitai ad annuire, non essendo sicura di come poteva suonare la mia voce.
Vuoi una mano ad asciugare i capelli?”. Mi voltai, sentendo la voce di mio fratello, e dopo qualche secondo scossi la testa, cercando di riprendere il controllo di me stessa. Non potevo farmi buttare giù da quel coglione di Liam. Non dovevo, mi sarei fatta solo del male. “Sicura? Posso farti i boccoli…”.
Scossi di nuovo la testa, accennando un sorriso.
Prendo la macchina fotografica e vado a fare un giro”, dissi uscendo dal bagno. Avevo bisogno di distrarmi, prendere aria, e con quei due che mi guardavano con quell’espressione super preoccupata non mi pareva possibile. “Sto bene”, aggiunsi tamponando i capelli con un asciugamano e legandoli in una treccia laterale.
Mi chiusi in camera e mi vestii, cercando di non pensarci troppo. Mio fratello mi aveva guardata strano. Era come se provasse pena per me. Compassione. Cosa che non sopportavo. Era uno di quelli sguardi che proprio non riuscivo a mandare giù. Sospirai, prendendo la macchina fotografica. E stavo uscendo, cercando non pensarci troppo… quando mi cadde l’occhio su una serie di fotografie che tenevo ancora attaccate allo specchio.
Lou!”, chiamai, senza staccare lo sguardo da una delle foto. Io e Liam, sorridenti come non mai. Mio fratello comparve dopo un paio di minuti, e mi lanciò un’occhiata interrogativa. “Dovresti liberarti di tutte queste foto, ti va?”, gli chiesi guardandolo negli occhi.
Lui si avvicinò e mi diede un bacio sulla fronte, per poi sorridere, come ad annuire.
Vuoi che venga con te?”.
Scossi la testa e gli diedi un bacio su una guancia. “Non c’è bisogno… ah, lascio il telefono a casa, se mi cerca Libby, dille che faccio un giro a Central Park”, aggiunsi avvolgendomi un foulard intorno al collo e sorridendo a mio fratello, che mi fissava, con l’ombra di un sorriso sulle labbra. Gli feci la linguaccia, facendolo ridere.
E uscii nel sole di metà settembre.
Amavo New York, in qualsiasi periodo dell’anno. Ma in autunno era il massimo. Innanzitutto, non faceva né troppo caldo né troppo freddo. Poi? Halloween, il Natale, il compleanno di Niall, e quello di mio fratello, la migliaia di feste al college… sì, era decisamente il mio periodo dell’anno preferito, senza riserve.
Scesi nella metro, facendo qualche fotografia interessante. Salii sul mio treno e arrivai a Central Park, continuando a fotografare qua e là. Una signora anziana con le buste della spesa, un ragazzo che si faceva trascinare dal suo cane, un gruppo di ragazzine che uscivano da scuola… un pakistano particolarmente familiare seduto sotto un albero
Alt, che? Spostai lo sguardo dalla macchina fotografica al ragazzo sotto l’albero e viceversa.
Cazzo. Era proprio lui. Sorrisi, aumentando lo zoom per scattargli qualche primo piano, da lontano, in modo che non si accorgesse di me. Solo che evidentemente il mio piano geniale non comprendeva che Zayn alzasse lo sguardo dal suo album da disegno all’improvviso. E mi vedesse. Risi, avvicinandomi, mio malgrado.
Mi segui, Tomlinson?”, mi chiese Zayn con un sorriso, mentre mi sedevo accanto a lui, sul prato.
Gli diedi una spinta, ridendo. “Stavo solo facendo un giro, avevo bisogno di pensare”, ammisi chiudendo gli occhi per qualche istante. Li riaprii con un sospiro. “Ho chiesto a mio fratello di disfarsi delle mie foto con Liam…”, aggiunsi azzardandomi a guardare Zayn. Aveva serrato la mascella, e teneva i pugni chiusi. Le nocche bianche. “Stai bene?”.
Lo vidi annuire appena, ma senza che si rilassasse un granché.
Quando ho visto che ti stringeva in quel modo, ho avuto paura che ti facesse del male”. Rimasi a bocca aperta. “Non mi sto dichiarando, tranquilla”, mi rassicurò con un sorriso, tenendo lo sguardo basso, sull’album su cui stava disegnando. Sorrisi. Si era preoccupato per me. Lui, uno sconosciuto in pratica, che si preoccupava per un’acida come me.
Mi scappò una risatina. Mi sembrava impossibile. “Scusa, non ridevo di te… è solo che sei strano”, aggiunsi sciogliendo la treccia e passandomi una mano tra i capelli ancora umidi. Non riuscii a reprimere il sorriso che si formò sulle mie labbra, cosa che lo fece ridere.
Sono strano… parla quella che se ne va in giro con una macchina fotografica, tipo paparazzo”, mi prese in giro alzandosi in piedi e tirandosi su, spazzando via i fili d’erba dai jeans. Mi alzai a mia volta, facendo per andarmene, ma la voce di Zayn mi bloccò, facendomi ridere. “Ci vediamo a casa, principessa”.
Ma certo, mio principe”, scherzai con un inchino.

 ~

Stavo tornando a casa, dopo aver passato praticamente tutto il pomeriggio in giro per il centro di New York a fotografare. Qualsiasi cosa mi saltasse all’occhio, come ero solita fare. Stavo tornando verso casa, quando mi scontrai contro… “Zia!”, esclamai aprendomi in un sorriso. La abbracciai di slancio, facendola ridere.
Tesoro, che ci fai qui?”.
La settimana prossima comincia il semestre alla Columbia”, le spiegai con un sorriso.
Lei annuì, ricominciando a camminare e facendomi cenno di seguirla. “Ho parlato con tua madre, mi ha detto della storia dell’orfanotrofio”, mi disse accennando un sorriso. Feci una smorfia. “Mi ha detto che vi siete dovuti trovare un coinquilino…”.
Lo sapeva perfino mia zia? Evviva. Annuii, passandomi una mano tra i capelli e tentando di mascherare un sorriso, pensando a Zayn. Che poi, da dove mi veniva di pensare a lui? Lo conoscevo appena e mi stava altamente sulle ovaie, per ovvi motivi. Ma ovviamente zia Katherine si accorse del mio mezzo sorriso, come al solito.
Stai sorridendo, Andromeda?”. Sbuffai, lanciandole un’occhiataccia. “Possibile che ti piaccia?”. Scoppiai a ridere senza ironia. Al diavolo, zia Kat. “Ti conosco, Andie”, mi fece notare posandomi una mano sul braccio. “E so che ti sei nascosta dietro una maschera per troppo tempo, dopo Liam”, aggiunse sorridendomi appena. “Ti sei chiusa in te stessa per non soffrire più…”.
Feci una smorfia, odiavo quando riusciva a capirmi con uno sguardo.
E’ un bel ragazzo, tutto qui”, minimizzai passandomi una mano tra i capelli. La verità è che Zayn mi metteva in soggezione. Con un solo sguardo, o semplicemente un sorriso, riusciva ad abbattere ogni mia barriera. Cosa che non era mai riuscito a fare nessuno, nemmeno Liam. Lui mi conosceva da sempre, ma in fondo non era mai riuscito a capirmi davvero. “E sì, è possibile che sia attratta da lui”, ammisi, facendo ridere mia zia tra sé. “Smettila”, la rimproverai, ma senza trattenere un sorriso.
Le raccontai in poche parole tutto quello che era successo il giorno prima, facendola sorridere col mio solito comportamento da zitella acida. Le raccontai di Zayn, dell’impressione che mi aveva fatto, del fatto che da quel momento in poi avremmo dovuto condividere la camera da letto. Mi piaceva parlare con mia zia, molto. Quando ero più piccola non parlavo con mamma, correvo da lei, per qualsiasi cosa.
Quindi?”, mi chiese alla fine del mio racconto, ferme davanti casa sua.
Mi ha fatto capire che non ho bisogno di Liam, perché ci sono altre persone a cui importa di me”, ammisi facendo spallucce. Sospettavo che mia zia in un’altra vita avesse studiato psicologia, davvero. Era strano, quasi terrificante il modo in cui riusciva a leggermi dentro. “Mi ha salvata”, aggiunsi.
E con quelle tra parole non intendevo solo che Zayn mi aveva salvata da Liam, la sera prima.
Mi aveva salvata. Punto. In ogni senso possibile.
Salvata dal sorriso di uno sconosciuto, possibile?


 


Andromeda:


Zayn:



*ballalacongadallafelicità*
Cioè, ci rendiamo conto che mi sono arrivate 21 recensioni al secondo capitolo??
VENTUNO. Come i miei anni *.*
Che dire? Grazie. A chi ha recensito. Alle 6 che l'hanno messa tra le preferite.
Alle 3 che l'hanno messa tra le ricordate. E alle DICIANNOVE che la seguono.
Comunque, tornando serie, se lo siamo mai state...
Me la lasciate una recensioncina?? Pleaseeee...
Okay, basta, mi dileguo. A lunedì prossimo splendori ;)
xx Fede.

ANGOLO PUBBLICITA':
(basta che cliccate sul nome delle storie e si aprono)
1. I'm fucking in love with my best friend, right? di I am Gonna Marry Malik.

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Capitolo 4
*** Sexy smile. ***



 

Capitolo 4. Sexy smile.

Erano passate due settimane dall’inizio della convivenza forzata con Zayn ti-farei-svenire-con-un-sorriso Malik. Ma più che altro lo evitavo. Sì, da quando avevo parlato con mia zia, quel pomeriggio dopo Central Park, non avevo fatto altro che evitarlo.
Insomma, sopportavo (a fatica) tutta la sua roba in camera mia, il suo disordine, i suoi libri sulla mia scrivania, le sue scarpe nella mia scarpiera, i suoi vestiti, che occupavano metà del mio armadio… la sua mania di dormire mezzo nudo, col piumone. Il suo russare leggero, che mi rendeva quasi impossibile addormentarmi. Ma lo sopportavo, senza fiatare.
Anche perché, a volerla dire tutta, ci vedevamo a stento, visto che la mattina mi svegliavo prima di lui, per evitare che mi vedesse mezza nuda e mi saltasse addosso. Poi uscivo, passavo dalla mia migliore amica, e insieme andavamo a lezione, alla fine della quale mi precipitavo al lavoro, per poi tornare a casa e chiudermi in camera oscura, a lavorare ad un progetto… diciamo segreto.
Una cosa di cui avevo parlato solo con Niall, dato che l’idea era stata sua.
Ma quella era un’altra storia.
Comunque, furono due settimane pressoché perfette, con la mia presenza invisibile. Io e Zayn ci parlavamo a malapena, impegnati entrambi nelle proprie cose. In pratica io non gli parlavo e lui non parlava con me, una specie di silenzio consensuale.
Finché una mattina la voce acuta di Jen, una mia compagna di corso, non interruppe il corso dei miei pensieri. “Oh. Mio. Dio. E quello da dove salta fuori?”. Praticamente lo gridò, a pochi centimetri dal mio orecchio, facendomi fare una smorfia. Le volevo bene, ovvio, ma a volte esagerava per niente… Porco cazzo, Zayn. Viva la finezza, Andromeda. Oh, dannata coscienza, stai zitta.
Aprii la bocca diverse volte e la richiusi, accorgendomi di chi stesse parlando Jennifer.
E volevo dire qualcosa, ma Libby mi anticipò agitando la mano come una cretina, per farsi notare. Ridacchiai, scuotendo la testa. La odiavo quando si comportava in quel modo, ma era troppo dolce da guardare, davvero troppo. “Ciao Zayn!”, gridò continuando ad agitare la mano. Mi battei una mano sulla fronte, cercando disperatamente di non scoppiare a ridere.
Ciao ragazze… ciao principessa”, aggiunse piantando i suoi occhi nei miei. Volevo distogliere lo sguardo, sul serio, ma era come se i miei occhi fossero calamitati verso i suoi, come fossero incatenati. I miei, color cielo. Nei suoi, color… quasi verdi in quel momento, col contorno dell’iride più scuro, del color cioccolato che li caratterizzava di solito. Incatenati, come se i miei occhi fossero nati per immergersi nei suoi.
Ritornai alla realtà quando mi arrivò una gomitata nelle costole, da Jennifer. Sbuffai, facendo ridere Libby. E Zayn. Distolsi lo sguardo dalle sue labbra, cercando di non sentire la sua risata. Mi faceva un effetto strano, sin dalla prima volta che l’avevo sentita, due settimane prima.
E mi voltai, quando mi accorsi che si stava sedendo esattamente dietro di me. “Mi spieghi che ci fai qui, terrorista? Sei venuto a mettere una bomba sotto la mia sedia, non è vero?”. Quasi non feci in tempo a finire la frase, che sentii le sue dita bollenti contro le mie labbra, come a zittirmi. E sorrideva divertito, lo stronzo.
Feci per mordergli un dito, ma Libby mi richiamò dandomi un pizzico. Mi voltai, notando che la professoressa Delgado mi fissava, un sopracciglio elegantemente inarcato. Avrà avuto si e no trent’anni, e dire che ero gelosa del suo fisico era dire poco. Era, beh. A dir poco bellissima. L’invidia di parecchie delle mie compagne di corso, e il desiderio sessuale di tutti gli studenti maschi del campus.
Abbassai lo sguardo, aprendo il mio libro. E sentendo la risata smorzata di Zayn dietro di me.
Sono a New York per una laurea in Storia dell’arte, Andromeda”, mi sentii sussurrare dopo una manciata di minuti, praticamente nell’orecchio, mentre la Delgado iniziava a spiegare vita, morte e miracoli di Caravaggio. Andromeda. Ora lo uccido. “Ho frequentato il primo anno a Londra”, continuò Zayn, facendomi sorridere appena.
E con la borsa di studio sei venuto qui? Per storia dell’arte non era meglio…”.
Signorina Tomlinson, vuole condividere con noi quello che sta dicendo con il signor Malik?”. Oddio, ora scendo e la strangolo con quell’orrenda collana di zirconi. Non dissi una parola, abbassando lo sguardo sul mio libro, ma poi, all’improvviso, cambiai idea. “Benissimo, possiamo continuare…”.
Recuperai la mia roba e mi alzai, facendo cenno a Jen di farmi uscire dalla fila, sotto lo sguardo allibito di parte degli studenti. Mi voltai, facendo l’occhiolino a Zayn, che rise, scuotendo la testa. “Ci vediamo all’esame, professoressa Delgado”, le dissi salutandola con la mano, facendo ridere la maggior parte degli studenti. Uscii, con un peso enorme in meno sullo stomaco. Mi detestava, lo sapevano tutti.
L’anno prima avevo dato il suo esame quattro volte prima di passarlo. Con il massimo dei voti, ovviamente. Ma mi aveva bocciata tre volte prima di arrendersi all’evidenza che, nonostante la facciata da cattiva ragazza, fossi una studentessa modello. Mi detestava… e la cosa era reciproca. Anch’io la detestavo, profondamente.
Uscii nel cielo nuvoloso di inizio ottobre e respirai l’aria umida di New York, pensando a cosa avrei potuto fare in quelle quattro ore, prima di andare al lavoro. Sarei potuta passare a prendere la macchina fotografica a casa e passare in orfanotrofio. E l’avrei fatto, se non avessi sentito dei passi dietro di me, e una risata, che mi fece voltare.
Le ho detto che una delle mie sorelle è in ospedale”, mi disse Zayn, rispondendo alla mia domanda inespressa. Inarcai un sopracciglio. “Ho tre sorelle, potevo fingere che una delle tre stesse male, no?”.
Perché?”, gli chiesi incrociando le braccia sotto al seno.
Lui rise, scuotendo la testa. “Ci dev’essere un motivo per tutto quello che faccio, Andie?”. Dio, grazie che non mi ha chiamata col mio nome per intero o l’avrei strangolato. “E poi, potrei farti la stessa domanda, perché? Perché mi hai evitato tutta la settimana?”.
Inarcai un sopracciglio. “Ho avuto da fare, hai presente?”. Lui rise, mentre mi allontanavo. Volevo andare in orfanotrofio, da sola, senza pakistani a distrarmi. Ma mi bloccai al centro del piazzale, vedendo una scena che non pensavo potesse darmi ancora fastidio. Evidentemente mi sbagliavo. Liam. E Danielle. Lei, abbarbicata sulla schiena di lui, la sua cascata di capelli ricci sulla sua spalla, mentre gli baciava una guancia. Sentii gli occhi diventare lucidi in una manciata di secondi, mentre Liam si voltava verso di me e nello stesso momento Zayn mi raggiungeva. “Portami via”, mormorai rivolta al mio coinquilino.
Vidi Liam parlare con Danielle, per poi farla scendere dalla sua schiena.
Ma mi accorsi appena che si avvicinava a noi.
Zayn mi aveva appena preso il viso tra le mani, facendomi voltare verso di lui. “Guarda solo me”, mi sussurrò con un mezzo sorriso, facendomi scivolare nei suoi occhi. “Non c’è bisogno di scappare”, aggiunse raccogliendo una lacrima dalla mia guancia. Non mi ero nemmeno accorta di piangere. Non potevo piangere. Lo guardai, smarrita, senza sapere che dire. “Vieni con me, ti porto in un posto”.
Liam…”.
Se n’è andato, sta tranquilla”, mi disse prendendomi una mano e stringendola appena. In quell’istante, fu come se il mio cuore tornasse integro, anche se solo per un attimo. Mi mancò il respiro, ma era un dolore… quasi piacevole. E forse, sottolineo forse, avevo sbagliato a stare lontana da Zayn per quelle due settimane.

~

ZAYN’S POINT OF VIEW.
L’avevo praticamente trascinata via dal campus. Ma beh, non era colpa mia se quando le avevo visto gli occhi lucidi non ci avevo visto più. E poi, accorgermi cosa, o meglio chi, le stava facendo avere quella reazione… non aveva aiutato proprio per niente.
Certo, non che odiassi Liam. Nemmeno lo conoscevo, in fondo.
Magari era solo il fatto che sentivo di dover proteggere la mia coinquilina. Perché, nonostante fosse acida e fottutamente insopportabile, nonché praticamente una scaricatrice di porto… beh, sentivo di poter dire che non mi era del tutto indifferente.
Le lanciai un’occhiata, mentre guidavo fuori New York, verso l’oceano. La prima volta che l’avevo vista mi aveva colpito il suo fisico. Beh, dopotutto era in slip e maglietta. Lasciava ben poco all’immaginazione. Poi, c’erano i suoi capelli, che lei adorava, passava ore a sistemarli la mattina, prima di uscire.
I suoi occhi, che quando sorrideva – per quel poco che lo faceva – brillavano in un modo assurdo. Erano color cielo, e sembravano di un normalissimo azzurro, a meno che non li guardassi bene. Alla luce del lampadario della cucina diventavano quasi viola. Ma alla luce del sole erano a dir poco spettacolari…
Allora, mi dici dove andiamo o devo indovinare?”. La sua voce interruppe il flusso dei miei pensieri. Sorrisi appena, scuotendo la testa. Mi piaceva da matti quando si incazzava, e vederla stringere i pugni e mordersi un labbro quasi non mi fece scoppiare a ridere. “Sei un terrorista, e mi hai appena rapita… ora come minimo mi trascinerai in aeroporto e mi spedirai da Osama, come scambio per farti ridare tua sorella, tua madre o che so io!”, esclamò gesticolando come una pazza.
Scoppiai a ridere, imboccando l’uscita dell’autostrada. “Sei impazzita? E poi, Osama è morto…”, le feci notare passandomi una mano tra i capelli, tirandone appena le punte. Notai che i pugni erano meno stretti rispetto a poco prima… e che si leccava il labbro inferiore, guardandomi. “Sono eccitante, Tomlinson?”, le chiesi con un sorriso malizioso.
La vidi arrossire appena, cosa che la rendeva ancora più bella, se possibile. Sorrisi. Solo che arrossendo aveva abbassato gli occhi, guardandosi le unghie. Ma, un attimo. Andromeda Tomlinson in imbarazzo? Non mi sembrava vero.
Lascia perdere, voglio solo sapere dove mi stai portando… non ho intenzione di morire”.
E io non ho intenzione di ucciderti”, borbottai serrando i pugni sul volante, facendone sbiancare le nocche. In vent’anni mi avevano dato dello zingaro, del terrorista. Mi avevano persino definito “nero”. Ma quando mai, poi? E anche se Andie stava scherzando, mi dava fastidio che avesse appena insinuato che volessi ucciderla…
Scusa, dovrei pensare prima di aprire bocca”, mormorò, mentre parcheggiavo e scendevo dall’auto, sbattendo la portiera. La vidi sobbalzare, impaurita che potessi farle del male. Allora mi ricordai di Liam. E del suo polso. “Non avrei dovuto dirlo, scusami”, la sentii dire mentre, una volta scesa dall’auto, mi posava una mano sull’avambraccio, cercando di calmarmi.
Resta il fatto che tu l’abbia detto”, le dissi, leggermente acido.
Ah, ecco chi mi ha rubato lo yogurt scaduto, stamattina”, scherzò cercando di trattenere un sorriso, senza successo. Cosa che contagiò anche me, fino a farmi scoppiare a ridere. “Sai, tra me e te sei tu quello col sorriso più vero, non dovresti farti buttare giù da un’acida come me”, aggiunse passandosi una mano tra i capelli, lo sguardo fisso sull’oceano.
Sappiamo entrambi che fai solo finta di essere acida, Andie”.
Lei mi ignorò, ma ero sicuro di avere ragione. La sua doveva essere una facciata. Il motivo? Con il fratello e con Harry sorrideva dalla mattina alla sera. Con loro era aperta. Sospettavo che fosse così acida solo con le persone di cui non si fidava, o che magari non conosceva abbastanza. Come il sottoscritto. Speravo solo che prima o poi si sarebbe fidata. E avesse smesso di fare l’acida magari. Anche se in fondo non potevo negare che mi intrigasse. Più di quanto fosse lecito.
Perché mi hai portata qui, Malik?”, mi chiese, strappandomi dai miei pensieri.
Sorrisi tra me. “Mi è sempre piaciuto l’oceano, mi ispira calma, serenità…”.
Diciamo che quando sei incazzato vai a farti un bagno al mare, capito”.
Inarcai un sopracciglio, poi scoppiai a ridere. Era quasi imbarazzante quello che le stavo per dire, ma… “Ho solo detto che mi piace l’oceano, non che voglio morire travolto da un’onda”. La vidi inarcare un sopracciglio, poi sgranare gli occhi e mordersi un labbro per non ridere. Ero sicuro che avesse capito cosa intendevo. “Non so nuotare, contenta?”, ammisi, mentre camminavamo sulla sabbia, verso l’oceano.
In Pakistan non c’è il mare?”, mi prese in giro ridacchiando. Sbuffai, alzando gli occhi al cielo. Cosa che la fece ridere. “Togliti le scarpe e tirati su l’orlo dei pantaloni”, la sentii dire. Lei intanto stava togliendo i sandali e tirando su a fatica gli skinny jeans che indossava. Lasciò la borsa con il resto della sua roba e si diresse verso l’acqua, mentre io la imitavo, senza riuscire a smettere di sorridere come un idiota.
Che cazzo ti prende, Malik?, mi disse una vocina nelle profondità della mia mente. La coscienza, probabilmente. Quel poco che ne era rimasta, per capirci. E’ solo la tua coinquilina, non è lei. Sussultai, ripensando a lei, ma mi ripresi in fretta, notando che Andie mi chiamava dalla riva.
Mi spieghi perché mi hai fatto togliere le scarpe”, le chiesi inarcando un sopracciglio.
Camminare sulla riva non ti farà affogare, andiamo…”, aggiunse con un mezzo sorriso tendendomi una mano, che presi, lasciando che mi trascinasse. Nell’acqua fino alle caviglie, era già un successo, per me. “Sei pensieroso”, mi fece notare dopo un po’, sorridendo appena. Si voltò a guardarmi negli occhi, allora mi incantai a guardarli. Cosa che mi era capitata troppe volte in quelle due settimane.
Vi sarete chiesti perché li abbia definiti spettacolari, i suoi occhi.
Ecco, alla luce del sole, seppure debole in quel momento, brillavano in un modo straordinario. Celesti, col contorno dell’iride più scuro. E con delle pagliuzze argentate. Dei frammenti di stelle, nei suoi occhi.
Pensavo a quanto sei sexy quando sorridi. Ovviamente, non glielo dissi. Tenni la bocca chiusa, sigillata. Meglio così. “Non mi hai detto perché mi hai evitato…”, le dissi, cercando di cambiare argomento.
Ho avuto da fare, tutto qui”, disse stringendosi nelle spalle, sorridendo appena. “Tra l’università, il lavoro e tutto il resto… diciamo che sono già stanca dopo due settimane di college, non ne posso già più”, ammise con un sospiro.
E la Delgado?”.
Quella troia mi odia”, sputò, diventando acida tutto d’un tratto. Avevo l’impressione di aver toccato un nervo scoperto. “Hai idea di cosa voglia dire dare un esame quattro volte? Davvero, è meglio che io me ne stia a casa durante le sue lezioni… tanto poi all’esame mi distrugge, che io frequenti o che io non lo faccia”, aggiunse passandosi una mano tra i capelli, mossi dal vento.
Sai, io penso che sia solo invidiosa di te”, le feci notare. E lo pensavo davvero. Certo, la nostra professoressa era una bellissima donna, ma… non so, vedevo in Andie qualcosa che in Carmen Delgado proprio non riuscivo a vedere. Andie era chiusa in sé stessa, misteriosa…
Mi riscossi quando la sentii ridere. “Scherzi, vero?”, mi disse, spingendomi appena.
Risi, schizzandola con un piede. Vidi la sua bocca formare una “o”, per poi abbassarsi e schizzarmi di rimando, bagnandomi tutta la camicia, per poi cominciare a correre, per allontanarsi da me. Senza smettere un attimo di ridere.
Il suono di mille campanelli.
Che diavolo mi stava facendo quella ragazza?

~

ANDROMEDA POINT OF VIEW.
Risi. Risi davvero. Risi come non ridevo da tanto, troppo tempo. Forse non ridevo in quel modo da sei, sette mesi. Da quando stavo con Liam, per intenderci. Ma con Zayn mi veniva naturale. Come se lo conoscessi da una vita. Come se sentissi di potermi fidare, nonostante le due settimane di convivenza.
Continuai a correre lungo la spiaggia, sentendo i suoi passi dietro di me.
Finché non mi sentii prendere per i fianchi, e sollevare da terra. Schizzando Zayn ancora di più, e senza riuscire a smettere di ridere, ridendo all’unisono con lui. “Lasciami, Zayn!”, strillai, facendo ridere due signore anziane che camminavano sulla riva. “Zayn, basta…”.
Non feci in tempo a dire altro mi ritrovai sdraiata sulla riva, completamente fradicia e infreddolita, con Zayn sopra, che si teneva sollevato sui gomiti per non pesarmi. Non che mi importasse, stavo affogando nei suoi occhi.
Non vedevo altro. Solo le sue meravigliose iridi, color miele in quel momento.


 


Perdonatemi il capitolo smielato, vi prego.
E' che sto passando un sacco di tempo con un certo ragazzo...
E tutto quel miele mi viene naturale, scusate.
Comunque, a parte la dose massiccia di miele, penso che il capitolo sia venuto bene tutto sommato.
Fatemi sapere che ne pensate con una recensione...
Ah, e a proposito di recensioni... 61 recensioni per tre capitoli??
Credevo di sciogliermi quando le ho viste c:
Grazie mille a tutte, meraviglie. Vi adoro, dalla prima all'ultima, anche se non vi conosco (?)
Mi dileguo che è meglio, bella gente... A lunedì prossimo, xx Fede.

Andromeda:


Zayn:



Angolo pubblicità:
(basta che cliccate sui titoli e si aprono c: )

1. I'm fucking in love with my best friend, right? di I am Gonna Marry Malik
2. Lost memories di xheyme
3. I like your face, do you like my song di Imitalianbaby_Erica
4. LAUGH, that the life is one di Imitalianbaby_Erica

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Capitolo 5
*** Kiss me. ***



 

Capitolo 5. Kiss me.

L’avevo allontanato. Di nuovo. Mi stava sopra, e la parte razionale di me aveva deciso di mettersi a fare l’acida proprio nel momento perfetto. La mia visuale era piena dei suoi occhi, e le mie labbra erano praticamente incollate alle sue. Due millimetri e si sarebbe annullata ogni distanza.
Ma la mia stupida coscienza si era decisa a rovinarmi il momento felice.
Fottiti, coscienza del cazzo. Fottiti.
Così, me ne stavo davanti a quel dannato pc, con i capelli ancora umidi e impregnati di salsedine, a ritoccare le foto dell’ennesimo matrimonio. Lavorare per un fotografo mi avrebbe aiutata a farmi pubblicità con le mie foto, un giorno… ma quasi non mi misi a piangere dalla frustrazione quando passai alla foto successiva.
I due sposi. Il loro primo bacio da sposati. Entrambi felici e sorridenti.
Mi sfuggì un sospiro, che a Libby, che lavorava con me, ovviamente non era sfuggito. Sentii il suo sguardo addosso per diversi minuti, allora mi azzardai a voltarmi. “Non mi dire che hai passato la parentesi Liam ti-ho-tradito-con-Danielle-ma-devi-perdonarmi Payne e finalmente ti sei decisa ad andare avanti…”.
Sorrisi, mio malgrado. “Sono una stronza, acida e con un carattere del cazzo”, sbuffai.
E sei anche la finezza fatta persona”, mi fece notare la mia migliore amica stringendomi un ginocchio. Sorrisi, più o meno. “Ma in fondo sei straordinaria, con o senza Liam”, aggiunse Libby scendendo dal suo sgabello e mettendosi dietro di me, abbracciandomi. “Il fatto che tu passi tutto il tuo tempo libero in orfanotrofio ti dice niente? Daresti te stessa per quei bambini…”.
Darei me stessa per essere una persona diversa, Libby…”.
Ti vorrei bene comunque, lo sai”, mi disse dandomi un bacio sui capelli e tornando al suo lavoro. Sospirai, tornando a mia volta a fare quello che stavo facendo. Di solito ci mettevo tutta me stessa, mi piaceva. Ma in quel momento non riuscivo a togliermi dalla testa il colore degli occhi di Zayn alla luce del sole.
E il suo odore.
E le sue labbra.
Mi portai una mano sul cuore, solo per sentirlo battere ad una velocità spropositata. Prima o poi mi sarebbe venuto un infarto, se fossi andata avanti in quel modo. “Lib, mi serve il resto del pomeriggio libero…”, le dissi facendole gli occhi dolci. La vidi inarcare un sopracciglio, come a chiedermi una spiegazione. “Devo andare da Zayn”, ammisi, facendola aprire in un sorriso.
Perché?”.
Perché? Okay, la mia migliore amica è decisamente fuori di testa. La relazione clandestina col fratellastro deve averle dato alla testa. Che razza di domanda è: perché? Continuava a guardarmi, con quel sopracciglio fottutamente perfetto, inarcato. Allora scoppiai. “Non riesco a togliermelo dalla testa, contenta?”.
La mia migliore amica rise. Cazzo ridi, idiota?
Vai, ti copro io con Sam… corri!”, aggiunse mentre mi infilavo la giacca e recuperavo la borsa. La sentii ridere, mentre uscivo in strada. Presi un respiro profondo, prima di cercare di chiamare un taxi… Fortuna volle che Niall stesse parcheggiando a pochi metri dal fotografo, probabilmente per andare a trovare Libby…
Niall, lo sai che ti voglio bene, vero?”, urlai sbracciandomi per farmi vedere. Lo vidi inarcare un sopracciglio e passarsi una mano tra i capelli, freschi di tinta. “Mi serve un favore… devo parlare con Zayn, perché sono un idiota”, gli spiegai in breve, gesticolando come una pazza, cosa che lo fece ridere.
Andie, io e Lib volevamo…”. Gli feci gli occhi dolci, sporgendo il labbro inferiore in fuori, come a pregarlo di assecondarmi, per una volta. Gli volevo un bene dell’anima, e gli stavo già facendo un favore per il regalo di Natale di Liberty… “E va bene, ti lascio la macchina”, borbottò dandomi le chiavi, mentre praticamente gli saltavo addosso, abbracciandolo.
Non puoi capire quanto ti voglia bene”.
Fai poco la ruffiana, Tomlinson”, mi disse ridendo e scompigliandomi i capelli. Risi, e gli diedi addirittura un bacio su una guancia. Okay, era proprio strana come situazione. Io non davo baci sulla guancia. A nessuno, se non Libby, Harry e mio fratello. “Wow, ha abbattuto la barriera a quanto pare…”, lo sentii borbottare salendo in macchina mentre lui andava da Libby.
Lo ignorai, pur sapendo che aveva perfettamente ragione.
E mi immisi nel traffico di New York, nonostante odiassi profondamente guidare, soprattutto in centro, e soprattutto vicina all’orario di punta. Parcheggiai sotto casa, tirando sotto il bidone della spazzatura dei vicini, ma pregando che Zayn fosse a casa, con tutta me stessa.
Andie, dove…?”.
Mi serve Zayn”, dissi a mio fratello con fiato corto, in mezzo alle scale. Una mano sul cuore, cercando di non andare in iperventilazione. Vidi Louis sorridere come un cretino di fronte a quello che stavo facendo, ma lo ignorai. “Allora? Dimmi che è in casa, ti prego…”.
E’ passato prima, si è fatto una doccia totalmente scazzato ed è uscito”. Scivolai lungo la parete, lasciandomi andare sugli scalini, con mio fratello che mi fissava, con un sopracciglio inarcato. “Solo che non ti ho detto che so dov’è andato…”. Saltai in piedi, saltando in braccio a mio fratello, che scoppiò a ridere. “Mi ha detto che ti ha portata al mare”, aggiunse salendo in macchina. Ancora la macchina di Niall, ma stavolta feci guidare lui.
Annuii, passandomi una mano tra i capelli. “Ero scazzata per Liam…”.
Me l’ha detto… mi ha anche detto che vi siete quasi baciati”, aggiunse lanciandomi un’occhiata, guidando verso la periferia di New York. Mi mordicchiai un labbro, cercando di calmarmi. Mi sudavano le mani, e non riuscivo a capirne il motivo. Insomma, era impossibile che in due settimane, in cui in pratica ci eravamo evitati, Zayn mi avesse rivoluzionato la vita. “Non ci sono riuscito io, e nemmeno Harry… sono quasi invidioso che ci sia riuscito Zayn, sai?”.
Mi azzardai a guardarlo, inarcando un sopracciglio, senza capire di che stesse parlando.
Il muro che ti sei costruita intorno con la bulimia, l’autolesionismo e tutto il resto”, mi spiegò guardando la strada. Sapeva perfettamente che odiavo che si parlasse dei miei problemi. Anche perché io non ero più così, quello era il passato, e come tale doveva rimanere. “Credo che il nostro amico pakistano abbia trovato il modo di tirar giù tutte le tue barriere… anche quelle di cemento armato che hai tirato su dopo il tradimento di Liam”, aggiunse, facendomi irrigidire.
Smettila, Lou…”.
Ho solo detto quello che penso, sorellina, e sai anche tu che ho ragione”, aggiunse posandomi una mano sul ginocchio, stringendo appena. Annuii. E solo in quel momento mi accorsi di dove stessimo andando e gli lanciai un’occhiataccia, sopracciglio inarcato compreso. “Mi ha chiesto se conoscevo un posto dove potesse disegnare in pace…”.
E tu gli hai consigliato il mio posto?”, sbottai, inacidendomi di colpo.
Louis rise. Cazzo ti ridi, stronzo di un fratello? Quello era il mio posto segreto, porca minchia. Ci andavo quando dovevo schiarirmi le idee, quando scazzavo con tutti e non volevo parlare con nessuno. Aveva cominciato ad andarci quando litigavo con Liam, o con mia madre. Era un posto fuori Manhattan, che avevo scoperto l’anno prima girando con la macchina fotografica…
Non poteva aver detto a Zayn di quel posto, no.
E dai, dove potevo mandarlo?”.
Da qualsiasi altra parte, porca carota!”, sbottai mentre parcheggiava. Scesi, quasi inciampando nei miei stessi piedi, e feci cenno a mio fratello di sparire. Doveva volatilizzarsi all’istante se non voleva essere castrato. “Ci vediamo a casa… se sopravvivo a questo”, borbottai all’allontanandomi dall’auto mentre lui rimetteva in moto, allontanandosi.
Camminai per una cinquantina di metri, finché non vidi la persona che mi stava facendo fare una marea di pazzie. Che mi stava facendo diventare la cosa più mielosa che conoscessi. Stavo diventando tipo melassa a frequentare quell’essere… non mi era indifferente, ormai era ovvio.
Morivo dalla voglia di baciarlo. Ancora più ovvio.
Non sopportavo il fatto che mi capisse. Che riuscisse a leggermi come se per lui fossi un libro aperto. Insomma, mi conosceva da due fottute settimane, non era normale che stesse riuscendo a tira giù i muri che mi ero costruita intorno in due anni. Anni di lavoro per apparire acida e fredda agli occhi di tutti e lui rovinava tutto con un fottuto sguardo. Con un semplice quanto fottuto sorriso.
Lo guardai qualche secondo disegnare sul solito album da disegno, prima di auto convincermi a muovere gli ultimi dieci passi che ci separavano e sedermi accanto a lui, sulla mia panchina. “Sai, pensavo che avessi continuato a guardarmi disegnare fino a stasera…”, mi disse accennando un sorriso, ma senza guardarmi.
Continuava a disegnare, come se io non esistessi.
Ho sempre amato questo posto, sai?”, mormorai alzandomi in piedi e camminando per qualche metro. Era una specie di parco, che dava a strapiombo sul fiume Hudson. E da cui si vedeva tutta Manhattan. Non c’era quasi mai nessuno, di giorno almeno. Cercavo di evitare quel posto la sera, si riempiva di drogati e prostitute. Ma era il mio posto preferito a New York, nonostante tutto. “Sai perché sono venuta qui, vero?”.
Ma ero talmente immersa nei miei pensieri da non accorgermi che Zayn era dietro di me, e mi cingeva i fianchi. “Ho parlato con tuo fratello”, mi disse posando il mento sulla mia spalla. Chiusi gli occhi, respirando il suo meraviglioso odore di tabacco.
Meraviglioso odore? Dovevo essere proprio fuori di testa, eh?
Non mi interessa se hai parlato con Louis, non potrebbe interessarmi di meno”, borbottai, continuando a tenere gli occhi chiusi. “Ti avrà detto che sono una ragazza difficile, ma che sono forte. Beh, non è vero. Io non sono forte, mi sono solo chiusa dietro a un muro…”, dissi in un soffio. Non sapevo nemmeno perché glielo stavo dicendo. Ed era come se gli avessi aperto il mio cuore, in un certo senso.
E’ quello che mi ha detto Louis… ed è anche il motivo per cui sei qui”.
Sospirai, distogliendo lo sguardo dal ponte di Brooklyn e voltandomi, fissando i miei occhi color cielo in quelli color terra di Zayn. “Sono venuta a cercarti perché sono un’idiota”, ammisi accennando un sorriso. Lo abbracciai. Io di solito non abbracciavo nessuno, se non le persone di cui mi fidavo realmente.

~

ZAYN’S POINT OF VIEW.
Sono venuta a cercarti perché sono un’idiota”, la sentii sussurrare. Si era voltata verso di me. E aveva gli occhi fissi nei miei. Ma alle sue stesse parole mi aveva abbracciato, nascondendo il viso contro la mia spalla. Come se si vergognasse di quello che mi aveva appena detto. Sorrisi, posando il mento sui suoi capelli.
Un’idiota molto carina però, principessa”, le dissi, facendola scoppiare a ridere.
Sapevo perfettamente quanto le piacesse essere chiamata in quel modo. E da quel che mi aveva detto Libby, Liam non l’aveva mai chiamata così. Forse era anche per quello che le piaceva, che la faceva arrossire ogni volta. Era come se una semplice parola di undici lettere, detta da me, riuscisse a distruggere la corazza di acciaio che si era costruita addosso.
La sentii sospirare, prima che ricominciasse a parlare.
Sono venuta a cercarti perché… non mi sarei dovuta allontanare da te, non avrei dovuto ignorarti per due settimane. Non avrei dovuto respingerti prima, in spiaggia. Non avrei dovuto far finta che tu non esistessi… sono un’idiota”, ripeté Andie, ancora con il viso contro la mia spalla. La allontanai di qualche centimetro, giusto quanto bastava per sollevarle il mento con due dita e guardarla negli occhi.
Sei venuta a cercarmi perché non puoi vivere senza di me”, le dissi posando un pollice sulla sua guancia, catturando una lacrima che le era sfuggita. Avevo sempre odiato veder qualcuno piangere. Soprattutto una ragazza. Ma con Andie era diverso. Si era sfogata, si era aperta con me. E lo apprezzavo, nonostante stesse piangendo.
Come siamo modesti, Jawaad”, mi disse, distogliendomi dai miei pensieri. Tornai alla realtà solo perché si era allontanata, e perché mi aveva chiamato col mio secondo nome. Solo mia madre mi chiamava così, e solo quando era veramente incazzata nera. Solo che detto da lei non mi dava fastidio, proprio per niente. Mi trattenni dal sorridere. “Ho letto il tuo secondo nome sul contratto d’affitto…”.
Inarcai un sopracciglio. Non sarebbe riuscita a farmi cambiare argomento. “Però è vero”, ribattei prendendola per un polso e voltandola verso di me. La vidi inclinare la testa da un lato, come se non avesse capito. “Che non puoi vivere senza di me… o non saresti venuta a cercarmi per chiedere scusa”, mormorai sfiorandole il labbro inferiore con un dito, facendola rabbrividire.
Non ti ho chiesto scusa”, mi disse in un soffio.
E’ come se lo avessi fatto”, mormorai di rimando, avvicinandomi ancora, alternando lo sguardo dei suoi occhi, quasi lilla in quel momento, alle sue labbra, appena dischiuse a formare una piccola “o”. “Sai, sogno di fare una cosa dalla prima volta che ti ho vista, quella mattina di due settimane fa”.
La vidi sorridere. “Ero in mutande e maglietta, Malik… vedi solo di non stuprarmi”. Risi, avvicinandola a me di un altro centimetro. Al che, sospirò contro le mie labbra, facendomi rabbrividire. “Fallo e basta, Zayn”. Inarcai un sopracciglio. “Fallo, baciami e basta, senza troppi giri di parole”.
Allora posai le labbra sulle sue, e la sentii sorridere, mentre allacciava le braccia dietro il mio collo, tirandomi a sé. Risi contro le sue labbra, cosa che le gliele fece dischiudere, approfondendo il bacio. Lasciando che la mia lingua entrasse in contatto con la sua, lasciando che la stringessi a me come se non ci fosse un domani. Mentre io lasciavo che giocasse con i miei capelli. Odiavo che me li toccassero, ma lei poteva.
Mi staccai appena, continuando a tenere la fronte sulla sua, aspettando che riaprisse quei due zaffiri che aveva al posto degli occhi. Sbatté le ciglia un paio di volte, prima di fissare gli occhi nei miei, sorridendo.
Wow”, esalò attirando di nuovo le mie labbra alle sue.
Sì, wow”, mormorai di rimando, contro le sue labbra.

 


In perfetto orario, amatemi c:
Ma tanto io vi amo di più... perchè, cioè...
OTTANTASETTE recensioni per quattro capitoli?
Credevo di svenire, sul serio.
Grazie a chi ha recensito, e a chi l'ha messa tra le preferite/seguite/ricordate.
Un grazie enorme a tutti, anche a chi legge silenziosamente c:

Comunque... finalmente sono riuscita a farli baciare!!
Evviva c: E sono anche riuscita ad essere meno smielosa dell'altra volta.
Quindi, me la lasciate una recensioncina, vero? Vero.

Va bene, mi dileguo bellezze...
Vi lascio con con qualche GIF.
Alla prossima settimana c;
xx Fede.

P.S.: mi dimentico sempre di lasciarvi twitter, mannaggia.
Eccolo qui ⇒ @jawaadsperfect

Liberty (Amanda Seyfried):


prof. Carmen Delgado (Adriana Lima):

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Capitolo 6
*** Take care. ***



 

Dedico questo capitolo alla mia Giusy.
Per essere rimasta con me fino alle undici di sera per aiutarmi a dargli un senso.
Grazie tesoro, non puoi capire quanto ti voglia bene.
xx Fede.

 

Capitolo 6. Take care.

Mi rannicchiai contro il sedile dell’auto di Zayn, senza riuscire a dire una parola. Niente. Me ne stavo immobile, con un mezzo sorriso sulle labbra e gli occhi chiusi. Finché non sentii uscire dalla radio le note di una delle canzoni che in quel periodo mi davano letteralmente il tormento. Aprii gli occhi, continuando a sorridere, notando poi che Zayn canticchiava.
Up in the air. Dei 30 Seconds To Mars.
Io amavo, letteralmente, Jared Leto. Una specie di cotta adolescenziale per il proprio idolo. Ma non mi era ancora passata. Certo, potevo vantare di averlo abbracciato, ad un concerto, a Londra. Era stato due anni prima, mi aveva fatta salire sul palco. Mi aveva tirata su per un polso, e alla mia smorfia, si era limitato a guardare i miei tagli, per poi lasciarmi un bacio su ogni polso. Non avevo potuto far altro se non abbracciarlo forte.
Al che mi ero accorta che non era giusto che volessi smettere di vivere.
Mi sarei persa troppe cose. Tra le quali Jared Leto.
Alcuni trovavano sollievo nei testi di Demi Lovato, o nella sua splendida voce. O Justin Bieber, o qualsiasi altro. Io, invece potevo dire di aver smesso di farmi del male grazie a un quarantenne, che sembrava più un ventenne a dire il vero, che con la sua voce e i suoi occhi grigio-azzurri era riuscito a lavare via parte del dolore che provavo.
Ma, dettagli.
Alza”, mormorai mentre partiva il ritornello.
Ora so cosa regalarti per Natale”, mi disse Zayn notando che mi era sfuggita una lacrima, a sentire la voce di Jared. Mi succedeva ogni fottuta volta, cazzo. “Ti piace?”, mi chiese con un sopracciglio inarcato, mentre mi esibivo in un perfetto playback.
Risi appena, asciugandomi la guancia. “Mi ha salvato la vita”, ammisi. “Storia lunga”, aggiunsi.
Mi piacerebbe sentirla, quando vuoi”, mi disse Zayn posando una mano sul mio ginocchio, stringendolo appena. “Magari ti porto ad un loro concerto”. Mi illuminai, voltandomi a guardarlo. E annuii, felice. La mia espressione da bimba eccitata lo fece ridere, allora gli tirai un pugno leggero su una spalla, ma senza trattenere un sorriso.
Sai, non ti facevo il tipo da rock”, ammisi, mentre la canzone finiva, purtroppo.
Non tutto il rock, solo qualcosa”, mi disse lui, parcheggiando sotto al nostro appartamento. “Ma se vuoi ascoltare del buon r’n’b devi assolutamente sbirciare tra i miei cd”, aggiunse scendendo dall’auto, girandoci intorno e aprendomi la portiera. Storsi il naso, pensando al terzo grado che mi avrebbe fatto Louis se fosse stato in casa. “Sali da sola, ci vediamo in camera…”.
Mi passai una mano tra i capelli, mordendomi il labbro inferiore. “Davvero?”.
Lui rise, lasciandomi un bacio sulla fronte. “Davvero, ora vai… ah, piccola?”, mi richiamò mentre attraversavo il portone. Mi voltai con un mezzo sorriso. “Sei ancora più carina quando non fai l’acida, sai?”. Piccola? Oh. Mio. Dio. Gli feci la linguaccia, e salii di corsa le tre rampe di scale che mi separavano dal mio appartamento.
Nostroappartamento, giusto.
Feci un respiro profondo, come per calmarmi, poi infilai la chiave nella serratura ed aprii la porta, rimanendo sulla soglia. Silenzio. Completo silenzio. Allora mi azzardai a entrare. “Lou!”, chiamai, mentre un sorriso enorme si apriva sul mio volto. Niente, solo il più perfetto dei silenzi. Trassi un sospiro di sollievo, finché non sentii qualcuno cingermi i fianchi, allora sobbalzai.
Non c’è, vero?”. Vero. Ma mi aveva appena fatto prendere un colpo. Davvero, ero sulla soglia dell’infarto, quasi. Mi voltai, lanciandogli un’occhiataccia. Cosa che lo fece ridere. “Scusa, non volevo spaventarti, principessa”.
Sorrisi, sciogliendomi, mentre posava le labbra sulle mie. Due secondi. Un semplice bacio a stampo, ma ero sempre più vicina allo svenimento. O all’attacco di cuore. Cazzo, quanto miele. Cazzo. Era da un po’ che non pensavo come una scaricatrice di porto.
Poi mi venne in mente una cosa. “Mi spieghi perché mi chiami principessa?”.
Lo vidi inclinare la testa da un lato. “Che c’è? Troppo mieloso? Posso trovare un altro nomignolo…”. Alzai gli occhi al cielo. Volevo solo sapere quel fottuto motivo, non volevo che smettesse di chiamarmi in quel modo. “Sei nata lo stesso giorno di Kate Middleton”, mormorò con un altro bacio a stampo.
Cazzo, vero. Non ci avevo mai pensato.
Risi, allacciando le braccia dietro al suo collo. “Tu però sei molto più gnocco di William”, mormorai contro le sue labbra, lasciando che mi tirasse su, in modo da farmi stringere le gambe intorno al suo bacino. “In più sei pakistano, non è una cosa da tutti”, aggiunsi mordendogli il labbro inferiore. “E hai molti più capelli di lui…”.
E tu parli troppo, lo sai vero?”, ribattè camminando fino al muro e schiacciandomi contro di esso. Mi teneva semplicemente stretta, tra sé e il muro. Senza baciarmi. Senza fare praticamente niente. Aveva solo le labbra posate contro il mio collo, ma il contatto mi fece rabbrividire ugualmente. E davvero non riuscivo a capirne il motivo.
Zayn?”, lo chiamai passandogli una mano tra i capelli.
Mmm…”.
Risi, attirando finalmente la sua attenzione. E ritrovandomi, praticamente senza parole, immersa nei suoi occhi. Cioccolato, per il momento. Gli sfiorai uno zigomo con le dita, continuando a guardarlo negli occhi. “Non so se sono pronta a stare con qualcuno, dopo quello che è successo con Liam…”, dissi in un soffio, praticamente contro le sue labbra. Non avrei nemmeno voluto dirglielo, non sapevo perché gliel’avevo appena detto. “Non so se voglio stare con qualcuno a tal punto da uscirne cambiata, diversa… non voglio essere diversa, non voglio che qualcuno mi cambi, mi è bastato Liam…”.
Non ti voglio cambiare… ti sembrerà impossibile, ma mi vai bene così come sei”, mormorò sfiorandomi una guancia. Cercai di trattenermi dallo scoppiare in lacrime davanti a lui, e in qualche modo ci riuscii. Ma davvero, non capivo come facesse a volermi in quel modo.
Io ero sbagliata. Ero nata sbagliata.
L’unico che fosse riuscito a volermi era stato Liam, ma nonostante avessi provato con tutte le mie forze ad impedirglielo, mi aveva cambiata. Ma comunque rimanevo complicata, e sbagliata. Io ero il buio. Zayn la luce, per quel poco che lo conoscevo. Non volevo che finisse nel baratro per colpa mia, era tanto sbagliato?
Andie, guardami”, mi disse posandomi due dita sotto al mento, costringendomi a guardarlo negli occhi. Mi ci potevo vedere riflessa da quanto luccicavano. E mi sembrava irreale, ma quegli occhi, erano pieni… di me. “Non mi interessa sa avevi problemi con te stessa, se hai tentato il suicidio, se stavi con Liam. E’ il tuo passato, e lo rispetto. Ma io voglio te, come sei adesso”.
Vuoi una ragazza acida, stronza e senza cuore quando puoi avere chiunque…”.
Lo vidi sorridere appena, per poi lasciarmi scendere dal suo abbraccio e prendermi una mano. Lo guardai curiosa, mentre posava le nostre mani intrecciate al centro del mio petto, sul cuore. “Ce l’hai un cuore, un cuore enorme… è solo che lo nascondi”.
E’ solo che…”.
Vuoi proteggerti dal mondo. Hai creato un muro intorno a te per non soffrire, per non provare più dolore… e ti capisco, perché ho fatto la stessa identica cosa dopo…”.
Dopo cosa?”, mormorai con gli occhi lucidi, sfiorandogli un labbro per distrarmi.
E’ una storia lunga, piccola… ma non è questo il punto”, mi disse sfiorandomi il naso con il suo. “Il punto è che ti capisco, che sono stato male anche io… che sono stato tradito, mi hanno trattato male e tutto il resto, ma sono andato avanti, nonostante tutto il male che avevo intorno a me”, aggiunse mentre nascondevo il viso nell’incavo della sua spalla, sospirando.
Era stato male.
Probabilmente una stronza peggio di me l’aveva tradito. Era stato ferito, proprio come me. E si era creato la stessa corazza che avevo io, per il mio stesso motivo. Per proteggersi da tutto il male che lo circondava.
E fu a quel punto che capii quanto avevo sbagliato ad evitarlo, a non volergli parlare e tutto il resto. Perché io e Zayn eravamo uguali. Due fottutissime gocce d’acqua. Le due parti di una cosa sola. Lui completava me, in un modo che ancora non riuscivo a comprendere. E dal suo sguardo era probabile che anche io lo completassi.
Uguali ma totalmente diversi.
Gli stessi traumi, gli stessi problemi.
Ma eravamo gli opposti. A partire dai capelli, per passare agli occhi, all’altezza. Al nostro modo di vestire. Al nostro modo di sorridere. Io sorridevo appena, a labbra chiuse. Lui la maggior parte delle volte non sorrideva, rideva direttamente. Con quella meravigliosa lingua tra i denti.
Andromeda. Il buio, la notte, le lacrime, l’acqua, il nero, il mare, il sale, il rock, la “A”…
Zayn. La luce, il giorno, un sorriso, il fuoco, il bianco, la terra, il miele, il pop, la “Z”…
L’uno il contrario dell’altra. Ma nello stesso tempo le due metà di una stessa cosa. “A cosa stai pensando?”, mi chiese dopo un’eternità, distraendomi dai miei pensieri. Allora riaprii gli occhi, che nemmeno mi ero accorta di aver chiuso, e li fissai per l’ennesima volta nei suoi.
Pensavo a quanto siamo uguali, ma nello stesso tempo diversi…”, riuscii a mormorare staccandomi a malincuore dal suo abbraccio e prendendo fiato. Ma, strano ma vero, era come se respirassi per la prima volta… e facevo una fatica terribile. Mi accorsi appena che aveva annuito alle mie parole. “Però mi devi dare del tempo, Zayn…”.
Tutto il tempo che vuoi, piccola”. Sorrisi appena, annuendo, mentre nello stesso istante il citofono prendeva a suonare come impazzito. “Vado io, tranquilla”, mi disse a fior di labbra, un attimo prima di allontanarsi.
Tirai un sospiro, respirando il suo odore, nonostante si stesse allontanando.
Salii le scale con una calma anormale, superai la nostra stanza, e mi chiusi in camera oscura. L’unica stanza di quell’appartamento che non fosse impregnata dall’odore di Zayn, l’unica che in quel momento sarebbe stata in grado di calmarmi, di darmi un minimo di forza per superare quella giornata.

~

ZAYN’S POINT OF VIEW.
La mattina dopo mi svegliai per il freddo. Ormai mi ero abituato a dormire con Andie, a tenerla abbracciata. E in due settimane non avevo mai patito il freddo. Mai. Ma quella mattina mi svegliai con la pelle d’oca.
La sera prima mi ero quasi aperto a lei. Quasi, la crepa sul mio cuore lasciata da Michelle faceva ancora troppo male, non si era ancora richiusa del tutto. Ci eravamo baciati, e sembrava che fosse tranquilla, ma poi le paure l’avevano travolta. Mi aveva detto che non se la sentiva a stare con me. Non che volessi chiederglielo, non ancora.
Ma la capivo. E aveva ragione.
Io e lei eravamo uguali, nelle nostre diversità.
Lei castana, occhi azzurri. Io moro, occhi quasi neri. Lei magra e minuta, io abbastanza muscoloso e alto una decina di centimetri più di lei. Lei, che sorrideva a malapena. Io, che avevo imparato a sorridere nonostante tutto. Che ridevo, sempre.
Ma il mio sorridere per tutto era una maschera almeno quanto la sua. Lei si nascondeva dietro la sua finta acidità, io mi nascondevo dietro un sorriso. Sorridevo per non pensare, per non farmi travolgere dalle stesse paure che avevano travolto Andie la sera prima, quando ci eravamo quasi aperti l’uno all’altra.
Si era rintanata in camera oscura, per quanto ne sapessi. E io avevo voluto lasciarla da sola a pensare. Le serviva, almeno quanto serviva a me, in quel momento. Così avevo semplicemente aperto la porta di casa e mi ero ritrovato davanti un Liam Payne con le mani nelle tasche e un sorriso dispiaciuto sul volto.
Avrei voluto sbattere la porta su quella sua faccia da cazzo, ma la teneva bloccata con un piede.
E così mi ero ritrovato a parlare, quasi serenamente, con l’ex ragazzo della ragazza di cui inconsciamente mi stavo innamorando. Si era scusato per quello che era successo due settimane prima, alla festa. Quando aveva quasi staccato un polso alla ragazza che una volta poteva aver amato. E, cosa alquanto sorprendete… ci eravamo trovati a parlare di Andie come se niente fosse.
Mi aveva detto tutto di lei, della loro storia, tutto. Senza peli sulla lingua.
E forse, e ripeto forse, Liam non era così male. Forse faceva il cretino con le ragazze solo da ubriaco. L’unica cosa che non capivo, però, era il perché si fosse scusato con me e non con Andie. A me in fondo non aveva fatto niente, nemmeno ci conoscevamo, cazzo.
Stavo diventando una scaricatore di porto a vivere con Andie…
Oh, chissene.
Mi alzai e caracollai lungo il corridoio, e giù per le scale. Convintissimo di trovarla in cucina a fare colazione, o in salotto a fare non so cosa. Ma niente, nada, nisbah. Della piccola Tomlinson non c’era traccia. E nemmeno di Louis a dirla tutta, ma lui era solito dormire fino a tardi la mattina, quindi non me ne preoccupai più di tanto.
Risalii le scale e continuai a cercarla. Sbirciai anche in camera di Louis. Ma niente. O meglio, niente Andie. Louis se la dormiva beato abbracciato a Harry, così alzai gli occhi al cielo e continuai lungo il corridoio. Finché non arrivai di fronte all’unica stanza di quell’appartamento in cui non ero ancora entrato. Il paradiso di Andie, a quello che mi aveva detto Louis, e Liam, e Harry, e Libby… quello che mi avevano detto tutti insomma.
La camera oscura.
Abbassai la maniglia ed entrai. E quello che vidi mi fece rimanere a bocca aperta. Quella stanza era la cosa più bella che avessi mai visto in tutta la mia vita. Almeno finché non vidi Andie sdraiata su un divanetto di pelle nero. Profondamente addormentata, e con un enorme album di fotografie posato sullo stomaco. I capelli scompigliati tutto intorno al viso, e le ciglia che proiettavano la propria ombra sugli zigomi. Una visione.
Allora capii, sedendomi accanto a lei e accarezzandole lentamente una guancia, quanto inconsciamente tenessi a lei. Capii, in quel momento, che per quella ragazza così indifesa quanto bellissima, probabilmente avrei fatto di tutto. E quando dico tutto, intendo davvero tutto.
Mi sarei preso cura di lei. Fosse stata l’ultima cosa che avessi fatto.


 


Ce l'ho fatta. Quasi in ritardo, ma ci sono.
Sono un po' di fretta, più che altro sto crollando da sonno...
Quindi, mi dileguo in fretta.
Grazie infinite, alle 23 persone che hanno recensito lo scorso capitolo.
Grazie a chiunque legga, e a tutti quelli che l'hanno messa nelle varie categorie.

Grazie ancora a Giusy, la mia migliore amica.
Grazie per essere rimasta con me tutto il giorno a spaccarti i timpani con i 30stm.
E grazie per un sacco di altre cose, che sai solo tu.

Okay, che altro dire...
Me la lasciate una recensione vero??
Alla prossima settimana.
xx Fede.

twitter 
@jawaadsperfect

P.s.: Ah,un grazie enorme a Jared Leto, che con la sua voce meravigliosa mi ha accompagnata durante la scrittura travagliata del capitolo.
Ora mi metto a ringraziare anche i cantanti?? Andiamo bene. xx

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Capitolo 7
*** I'll say mine if you'll say yours. ***


// scusate l'immenso ritardo nel postare, spero almeno ne sia valsa la pena//


 

Capitolo 7. I’ll say mine if you’ll say yours.

Tre settimane di pace. Beh, dopo il bacio con Zayn mi ero impegnata a essere me stessa. Meno acida e più disponibile, per intenderci. Condividevamo la stessa stanza con un peso enorme in meno, entrambi. Eravamo solo io e lui, e ero persino riuscita ad ammetterlo in camera oscura, il mio paradiso personale. Anche se, se avessimo litigato, me ne sarei pentita amaramente, sicuro al 100 %.
Eravamo solo io e lui, nella nostra bolla, finché una mattina, qualche giorno prima di Halloween, non mi venne l’idea di svegliarmi dopo di lui, e quindi di doverlo salutare in cucina, davanti a mio fratello. Non che mi vergognassi, ma… magari non avrei dovuto baciare a stampo Zayn in quel modo.
Buongiorno”, mormorai a fior di labbra, respirando a pieni polmoni l’odore paradisiaco del mio coinquilino. Odore di sigaretta, di terra e di ciambelle. L’odore migliore del mondo, perfetto per svegliarsi.
Venni travolta dall’urletto stridulo di Louis, cosa che mi avrebbe fatta sorridere, se non fossi stata appena sveglia. Che mi avrebbe addirittura fatta ridere, in qualsiasi altra situazione. Ma che mi fece fare una smorfia, ancora contro le labbra di Zayn, che rise appena, facendomi allontanare e scontrare con mio fratello, che se ne stava davanti a noi, ancora a bocca aperta per quello che aveva appena visto.
Sembra che tu abbia visto un fantasma”, gli feci notare spingendo via Zayn con un fianco, per poi prepararmi la colazione e nascondere il viso in un’enorme tazza di cereali. Cosa che fece urlare di nuovo mio fratello e ridere Zayn. “Che hai stamattina?”, gli chiesi passandomi una mano tra i capelli.
State insieme…”.
Assolutamente no”, mi anticipò Zayn baciandomi una tempia.
Gli sorrisi riconoscente, mentre mi lasciava da sola, in compagnia dell’omosessuale più mestruato sulla faccia della Terra. “Viviamo, dormiamo e studiamo insieme… ma no, non stiamo insieme in quel senso, fratellino”.
Ma vi siete baciati”, mi fece notare inarcando un sopracciglio. Ma dai, perspicace. “E stai mangiando!”, aggiunse quasi urlando. Un volume alquanto spacca timpani per una che si era appena svegliata. Considerata poi la tonalità della voce di mio fratello… stridulo era il termine più adatto per descriverlo.
E tu sei gay”, mormorai dopo aver mandato giù una cucchiaiata di cereali.
Eh?”.
Niente, pensavo fosse la fiera delle ovvietà”, ammisi con un mezzo sorriso finendo la mia colazione in quattro e quattr’otto. Stavo per sfuggire all’interrogatorio, ma a dirla tutta sarebbe stato troppo bello se mio fratello non mi avesse fermata e inchiodata con i suoi occhioni azzurri, sgranati oltre l’inverosimile. “Ci hai messo tre settimane per accorgerti che finalmente andiamo d’accordo, Boo”, gli feci notare dandogli un bacio su una guancia ispida. “E dovresti farti la barba…”. Oltre che un bel pacco di affari tuoi.
Lo feci rimanere a bocca aperta con un sorriso, e mi dileguai verso le camere da letto, legandomi i capelli in una coda. Okay che era mio fratello, ma non era colpa mia se non me la sentivo di parlare del mio rapporto a dir poco altalenante con Zayn. Non ne parlavo con nessuno, non era questione di Louis, o Libby, o Harry.
Non riuscivo a parlarne, punto.
Forse era per l’enorme paura che mi portavo dietro dopo quello che era successo con Liam, forse credevo che parlando di quello che avevo con Zayn lui sarebbe scomparso. Credevo che avrebbe potuto volatilizzarsi da un momento all’altro. E poi, parlandone, sarebbe diventato vero, e io mi sarei spaventata anche di più. Lo so, sono psicologicamente disturbata, me ne rendo conto. Ma con tutto quello che avevo passato, la paura per il futuro era solo un problema alquanto insignificante, credetemi.
Entrai in bagno senza bussare. E senza badare al rumore dell’acqua della doccia. Ero soprappensiero, finché non sentii Zayn ridacchiare, allora mi guardai allo specchio… e nel riflesso lo vidi. Completamente nudo. Coperto in parte dal vapore dell’acqua calda.
Oh. Cristo.
Una visione. Una gran bella visione.
Aprii e richiusi la bocca un paio di volte, mentre il viso mi andava a fuoco, e Zayn scoppiava a ridere. “Mi fai compagnia, principessa?”. Non potei farne a meno, così scoppiai a ridere a mia volta, recuperando l’occorrente per sistemarmi i capelli e uscendo dal bagno, trattenendomi appena dall’alzare gli occhi al cielo.
E dal saltargli addosso, a dirla tutta.
Mi vestii con calma, cercando di non pensare a quello che avevo appena visto. E cercando di non arrossire più di quanto non avessi già fatto. Presi un respiro profondo, chiudendo gli occhi e cercando di allacciare la zip del vestito senza mettermi a urlare dal nervoso… e mi ritrovai e fare su e giù fino a far incastrare la cerniera, allora sbuffai e riaprii gli occhi.
Ma non feci in tempo a maledire quel vestito, in nessuna lingua possibile e immaginabile mi stesse venendo in mente, perché sentii le mani umide di Zayn sulle mie, a trafficare con la cerniera al posto mio. “Ce l’avrei fatta, sai?”, borbottai scostando i capelli, che avevo arricciato poco prima, su una spalla. Gli sentii tirare su la cerniera fino in cima, per poi lasciarmi un bacio sulla nuca.
Rabbrividii, voltandomi con un mezzo sorriso. “Buongiorno anche a te”, mormorò posando le labbra sulle mie. Sorrisi, lasciando che mi tirasse su per le cosce e mi depositasse sul letto, montandomi sopra senza smettere un secondo di far giocare le nostre labbra. “Che lezione hai stamattina?”, mi chiese tra un bacio e l’altro, come se niente fosse.
Presi fiato e gli lasciai un bacio sulla punta del naso, facendolo sorridere. “Tecniche di fotografia”, riuscii a dire, continuando a guardarlo negli occhi. Lo vidi incupirsi, ma solo per un secondo, perché poi si aprì davanti ai miei occhi il sorriso più bello del mondo. “Che c’è? Non rimarrò tutta la mattina nel letto a fare le coccole, nemmeno fossi un adolescente alla prima cotta”, borbottai trattenendo un sorriso. Borbottai, soprattutto l’ultima parte. Non ero più un adolescente, e quella di sicuro non era la mia prima cotta.
Ma in un certo senso ero tornata piccola, ed era come se Zayn fosse la mia prima cotta.
Ti propongo una cosa, allora”, mi disse allontanandosi e tirandomi su con sé, facendomi sorridere. Una proposta indecente? Questa la devo proprio sentire. “Mi ha detto tuo fratello che ti piace aiutare gli altri…”. A quelle parole non potei far altro se non sorridere, sorridere davvero. “Mi hanno commissionato un ritratto e pensavo che potresti farmi vedere l’orfanotrofio”, mi disse aiutandomi ad infilare la giacca verde acqua e sorreggendomi mentre mi infilavo le scarpe.
Okay”, acconsentii recuperando la macchina fotografica e la borsa.
Avrei potuto approfittarne e scattargli una miriade di foto senza che si lamentasse più di tanto. E magari ci saremmo conosciuti. Insomma, oltre ai rispettivi nomi e cognomi non è che sapessimo un granché l’uno dell’altra.
Salii in macchina sistemandomi il vestito e incrociando le caviglie, sorridendo.
Era a dir poco incredibile quanto stessi sorridendo in quel periodo, con Zayn. Sorridevo di continuo, per qualsiasi cosa, in qualsiasi situazione. Cosa che non facevo davvero da un pezzo. E quell’ennesimo viaggio in macchina fu l’ennesima occasione per sorridere, e per parlare con Zayn. Niente di che, chiacchiere futili smorzate dalla musica, ma stavamo bene. Credo che saremmo stati bene anche in silenzio, io e lui.
Nemmeno mezz’ora di macchina, e mi ritrovai a farmi aprire la portiera e aiutare a scendere dall’auto, sulle note di Russian roulette. Una delle mie canzoni preferite, con un significato tutt’altro che scontato. E la mia vita mi passa davanti agli occhi come se fosse un flash, mi chiedo se riuscirò a vedere un’altra volta il sole sorgere, non potrò salutare molte persone per l’ultima volta, ma è troppo tarsi per pensare al volare della vita ora.
Parole che non fanno altro se non ricordarmi il mio quasi suicidio, che ricordano decine di pasticche inghiottite, centinaia di secondi che non facevano che avvicinarmi alla morte, migliaia di gocce di acqua gelata sulla mia pelle bollente, sempre più vicina alla fine. Parole che fanno comparire davanti ai miei occhi i visi di tutte le persone che avrei perso che l’avessi fatta finita. Libby, Louis, Harry, Liam, i miei genitori, zia Kat…
Stai bene?”, mi chiese Zayn scuotendo dai miei pensieri negativi. Scossi la testa, stringendo leggermente la presa sulla sua mano, come per darmi la forza. “Andie, ti riporto a casa…”. Feci un respiro profondo e tentai un sorriso, non molto ben riuscito viste le lacrime agli occhi.
Stavo per dire di stare bene, benissimo. Stavo per mentire spudoratamente, quando venni salvata da una decina di bambini e bambine sorridenti, che ci stavano correndo intorno. “Zia Andie!”, mi urlò una di loro, Marie, saltandomi in braccio. Capelli rosso fuoco, occhi verde smeraldo, dieci anni. Un amore di bambina. “Sei venuta a fare qualche foto, vero?”.
Annuii, dandole un bacio su una guancia. “Devo fare qualche foto a quel bel ragazzo”, le sussurrai in un orecchio, in modo che mi sentisse solo lei. La feci ridere. Far ridere qualcuno di quei poveri bambini era diventata la mia ragione di vita, da un anno a questa parte. “E ho un regalo per te”, aggiunsi facendola scendere e tirando fuori dalla borsa un sacchetto di biscotti alla cannella.
Andie, grazie”, mi sussurrò con gli occhi lucidi e le guance rosse.
Ti erano piaciuti l’altra volta, piccola”, le feci notare lasciandomi abbracciare la vita. E voltandomi appena mi accorsi che gli altri bambini erano praticamente saltati addosso a Zayn, cosa che per poco non mi fece scoppiare a ridere. “Ehi, piccole pesti! Andiamo dentro, su…”, dissi a voce alta, in modo che mi sentissero tutti, e tirando su Derek, un altro dei bambini dell’orfanotrofio.

~

Stavo fotografando Marie, intenta a magiare i biscotti che le avevo portato, quando sentii Zayn sedersi al mio fianco, munito del solito album da disegno e del solito carboncino. “Se mio padre non ci avesse bloccato le carte di credito a quest’ora questi bambini starebbero… decisamente meglio”, dissi con un fil di voce passandomi una mano tra i boccoli.
Con la coda dell’occhio vidi Zayn sorridere.
Che rapporto hai con i tuoi?”, mi sentii chiedere dopo un po’.
Non un gran rapporto…”, mormorai arrotolandomi un boccolo su due dita. “Più che altro ci sopportiamo a vicenda”, gli spiegai tentando un sorriso. Non mi piaceva parlare del rapporto con i miei, più che altro perché in effetti loro non c’erano mai stati per me. Tanto quanto per Louis, l’adolescente perfetto (se non fosse per l’omosessualità).
Ma, per me? La ragazza bulimica, autolesionista e quasi suicida?
Per mia madre era stato meglio affidarmi a uno psichiatra e agli antidepressivi. Per mio padre invece era stato meglio starsene in disparte, come sempre, o al massimo riempirmi di regali. Quando eravamo bambini erano stati bravi genitori, glielo concedo… ma poi, era come se si fossero persi. Come se io, Louis e nostra sorella Charlotte fossimo diventati un peso.
Quando avevo bisogno di una madre lei mi ha dato il numero di uno psichiatra”, gli dissi, sentendo gli occhi diventare lucidi e riempirsi di lacrime. “Non proprio il classico rapporto madre-figlia”. Non volendo, la voce mi si ruppe, e una lacrima mi scese lungo la guancia, catturata da Zayn appena prima di arrivare al mento.
Mia madre se n’è andata quando avevo sei anni”, ribattè Zayn stringendomi la mano e intrecciandone le dita con le sue. “Ha lasciato un inutile biglietto e ha lasciato me e mia sorella Doniya con nostro padre. Lui si è rifatto una vita, si è risposato, eccetera eccetera”, aggiunse con un sorriso amaro. “Meglio avere una madre che ti da il numero di uno psichiatra che non averla affatto”.
Meglio non averne una, credimi… tanto è stato come se non ce l’avessi”.
Sospirai, asciugandomi le guance dalle lacrime. Era la mattinata perfetta per conoscere Zayn, ma io pensavo di cominciare dall’inizio. Che ne so, colore preferito, gruppo musicale, cibo preferito… qualsiasi altra cosa, ma di certo non pensavo di dovermi aprire con lui sulla mia famiglia. Non mi piaceva parlare di loro. In confronto zia Katherine era stata molto, ma molto più presente quando ne avevo avuto bisogno.
Ti va di parlarne?”. Ed ecco la fatidica domanda. Storsi il naso, facendolo ridere. “Io ti dico qualcosa del mio passato travagliato e tu mi dici qualcosa del tuo, ci stai?”. Mi voltai a guardarlo negli occhi, annuendo appena.
Parlare passivamente del mio passato era una cosa.
Ma sapere anche qualcosa del passato di Zayn sarebbe stato decisamente meglio.
Chi è lei?”, gli chiesi inclinando la testa da un lato. Tre settimane prima aveva accennato a una lei che gli aveva spezzato il cuore, e beh, lui sapeva già di Liam quindi era in vantaggio su di me, in un certo senso. Mi rivolse un’occhiata confusa, facendo finta di non capire. “La stronza che ti ha rovinato la vita”, gli spiegai con un mezzo sorriso.

~

ZAYN’S POINT OF VIEW.
Lei. L’unica persona della mia vita di cui avrei preferito non parlare, che avrei preferito saltare a piè pari. Andie aveva ragione, era stata una stronza, e mi aveva rovinato la vita. Era l’unica persona che avessi mai amato veramente, l’unica per cui avrei dato la vita, a cui avrei donato la mia anima…
Michelle”, mormorai passandomi una mano tra i capelli.
Amica di infanzia, migliore amica, prima cotta, primo amore, primo bacio, prima volta, prima sbornia, prima sigaretta… Michelle era stata tutto, come Liam era stato tutto per Andie. Eravamo cresciuti insieme, nati lo stesso giorno per giunta.
Avevamo festeggiato ogni compleanno insieme, dalla culla fino a due anni prima.
Quando, dopo quattro anni insieme, l’avevo trovata a letto con un altro. Nuda, coperta solo da un lenzuolo, abbracciata ad un ragazzo che non ero io. Ma la cosa che mi ha spezzato il cuore non è stato il tradimento in sé…
Mi ha detto che pensava fossi io, che era ubriaca, ha tentato di farsi perdonare, ha detto che mi amava, che noi due siamo nati per stare insieme”, spiegai a Andie con una risata amara. Non che non ne avessimo sopportate tante prima di… quello. Ma trovarla nuda, nel mio letto, con un altro, è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso.
Mi dispiace”, la sentii mormorare, lasciando che mi abbracciasse. “Siamo proprio uguali io e te, vero?”, aggiunse allontanandosi, per poi sedersi tra le mie gambe, la sua schiena ad aderire perfettamente al mio petto. Nonostante tutto riuscii a ridere, le labbra contro i suoi capelli, cosa che la fece rabbrividire.
Uguali. Un’altra cosa da aggiungere alla lista delle somiglianze.
Entrambi cornuti. Che soddisfazione.
Qualche altro scheletro nell’armadio?”, le sussurrai lasciandole un bacio su una spalla. La sentii annuire, sospirando. “Se ti va di parlarne, io sono qui, okay?”. Annuì di nuovo, per poi abbandonare la testa contro la mia spalla. Poi la vidi fare una cosa che davvero non mi aspettavo. Insomma, suo fratello mi aveva accennato che era stata male con sé stessa, mi aveva detto che doveva essere lei a dirmelo.
E quando la vidi intrecciare le dita alle mie e voltare il polso verso l’altro, le vidi.
Le cicatrici pallide sui polsi e sugli avambracci.
Il mio scheletro nell’armadio più grande”, mi disse in un soffio. “Mi sono fatta del male, fisicamente e psicologicamente. All’inizio per attirare l’attenzione dei miei, poi per sfuggire a chi diceva che ero grassa, brutta…”.
Le si ruppe la voce, come era successo poco prima, allora non potei far altro se non stringerla a me, strofinando il naso contro il suo collo. “Sei bellissima, principessa”, le mormorai, prima che venissimo interrotti dai bambini dell’orfanotrofio.



 


Ehilà belle donzelle... scusate il ritardo colossale, ma è un periodo un po' di merda.
Comunque, ce l'ho fatta. Meglio tardi che mai.
Ho rubato una mattinata allo studio per finire il capitolo, vi ho messe al primo posto c:
Non so che dire, grazie a chi ha recensito lo scorso capitolo, di cuore...
Mi dileguo in fretta... Me la lasciate una recensione??
A questo punto, a lunedì (dovrei farcela c:).
xx Fede.

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Angolino pubblicità:
(se volete che pubblicizzi qualcosa di vostro basta che me lo scriviate nella recensione c:)
- "Hate that I love you" di zayns_lips

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Capitolo 8
*** Together, through the storm. ***




 

Capitolo 8. Together, through the storm.

 

31 ottobre. Halloween. La festa americana per eccellenza. La festa dei bambini, degli adolescenti, degli adulti. Halloween è una di quelle feste senza età, che tu abbia tre o sessanta anni, sei pur sempre liberissimo di festeggiare. Ed è l’unico giorno dell’anno in cui si può essere qualcun altro. Puoi decidere di essere sexy quanto ti pare, o far paura quanto vuoi… nessuno, ad Halloween, potrà dirti che sei sbagliato.
Per questo mi è sempre piaciuta.
Negli ultimi anni sono stata una vampira, una strega e un’infermiera.
E’ arrivato il momento della gothic lolita. Sì, insomma, anche Maria Antonietta non sarebbe stata male, ma il costume costava troppo, e con la carta di credito bloccata era abbastanza possibile che mi potessi permettere un costume del genere. A meno che non avessi attinto alla scatola nel doppiofondo dell’armadio. E non potevo, quei soldi mi servivano… per un’altra cosa, non è il caso di parlarne adesso, no?
Così mi stavo aggirando per la quinta strada con Libby e Jen, alla ricerca di un paio di fottutissime autoreggenti nere che mi piacessero, da abbinare al mio costume da gothic lolita. Corsetto viola con inserti di pizzo nero, gonna simile al corsetto, tacco dodici, anch’esse viola… e la mia pochette preferita. Di Alexander McQueen. Nera con le borchie.
Un sacco trasgressiva. Un regalo di Harry, a dire il vero.
Andie, mi stai ascoltando?”.
E’ la voce della mia migliore amica a riportarmi alla realtà, a distogliermi da quello che ultimamente è diventato il mio pensiero fisso. Mi perdo per minuti interi a pensare a… Zayn. Ai suoi capelli, alla sua pelle, praticamente dello stesso colore della mia, al profilo del suo naso, alle sue labbra.
Le sue labbra. Che sanno di tabacco, menta piperita e cannella.
Ti sto ascoltando, Libby”, mentii con un mezzo sorriso.
La vedo alzare gli occhi al cielo, scuotendo la testa, cosa che fece scoppiare a ridere Jennifer. “Ti conosco, Andromeda, e sappiamo tutte e tre che stai pensando al pakistano che non deve essere nominato”.
Scoppiai a ridere, tirandole una gomitata leggera, che per poco non la fece rovinare addosso a Jen. Non riuscivo a smettere di ridere, finché non mi bloccai a bocca aperta davanti ad una vetrina, facendo bloccare anche le mie due amiche, che quasi non mi finirono addosso.
Bingo, autoreggenti trovate.
Sorrisi, battendo le mani come una bambina il giorno di Natale ed entrai nel negozio senza dire una parola. Se fossi stata in grado di intendere e di volere avrei detto tre parole: autoreggenti, nere e pizzo. Una favola di autoreggenti, molto ma molto sexy.
Finalmente possiamo andare a casa”, sbuffai, facendo ridere Libby. “Dicevi?”.
Se la smettessi di pensare a Malik per cinque secondi, magari non sarei costretta a ripetere”. Le feci la linguaccia, come facevamo da bambine, quando abitavamo a Doncaster, e lei scoppiò a ridere, nonostante tutto, nonostante non la stessi ascoltando, poco prima. “Dicevo… mio padre e la madre di Niall hanno fissato la data delle nozze”.
Ricordo perfettamente la mia espressione.
Spalancai la bocca, fermandomi di scatto in mezzo al marciapiede, pensando alle implicazioni di quello che mi aveva appena rivelato. Punto primo, mi serviva un vestito. Punto secondo, mi serviva un accompagnatore. Punto terzo, la mia migliore amica sarebbe diventata a tutti gli effetti la sorella del suo ragazzo.
E la cosa che mi preoccupava di più era il punto tre, ovviamente.
O stranamente, a seconda dei punti di vista.
Sapevo perfettamente che il sorriso di Liberty in quel momento era il più finto del mondo, riuscivo a vedere quello che provava ad avermi dato quella notizia solo guardandola negli occhi. Dai suoi occhioni verdi traspariva tutta la tristezza e il dolore che stava provando. Davanti a me non riusciva a nasconderlo.
Jen, chiameresti un taxi?”, mormorai stringendo Lib in un abbraccio. La vidi annuire, mentre la ragazzina con cui ero cresciuta si scioglieva, letteralmente, tra le mie braccia, trattenendo a stento i singhiozzi.
Io ero stata la prima che si era accorta del rapporto non proprio fraterno che aveva con Niall. la prima che se n’era accorta, e la prima a cui Liberty aveva confidato tutto. Niall era il ragazzo perfetto per lei, la amava come nessuno aveva mai fatto. La faceva sentire come non era mai riuscito nessuno.
Ero la persona che più li sosteneva, nella loro storia d’amore. L’unica forse che li avrebbe sostenuti sempre, qualsiasi cosa fosse accaduta. Li avrei sostenuti anche quel giorno, quando i loro genitori si sarebbero sposati, glielo dovevo. Sia a Niall che a Liberty, soprattutto.
Non voglio essere sua sorella”, mi sentii dire una volta a bordo del taxi. Jen non era salita, avrebbe proseguito a piedi fino al campus, dove alloggiava. Quindi eravamo solo io e lei, la donna della mia vita, in un certo senso. “Voglio essere la sua ragazza… non la sorella”, ripeté senza riuscire a trattenere un singhiozzo.
Lib, guardami”, le ordinai asciugandole una guancia. “Non sei sua sorella, non siete nati dalla stessa madre, non avete legami di sangue… e non è sbagliato che tu lo ami, lo sai come la penso”, aggiunsi schioccandole un bacio sulle labbra. Niente di amorale, non siamo lesbiche. È solo il nostro modo di confortarci a vicenda. Lei sorrise appena, per poi posare la testa sulla mia spalla. “Solo, credo che dobbiate dirlo ai vostri genitori”, aggiunsi dopo un po’, intrecciando la mie dita alle sue, come per darle coraggio.
Lo sai che non ci riesco”.
Sbuffai, scompigliandole i capelli e facendola ridere. “Glielo dico io”, mi offrii per l’ennesima volta, e come ogni volta lei scoppiò a ridere. Ma io non scherzavo, avrei parlato volentieri con suo padre e la madre di Niall, se quei due non si fossero decisi in fretta.
Arrivati sotto casa sua, mi venne un’idea. A dir poco geniale.
Ci vediamo stasera, allora…”.
So cosa fare”, mormorai, incredula perfino alle mie orecchie. La mia migliore amica risalì sul taxi, guardandomi con gli occhioni verdi sgranati. Tra le due, era sempre stata lei quella con le soluzioni geniali ai problemi dell’altra. Era a dir poco normale che fosse sorpresa. “Prima di venire a casa mia stasera, libera il corridoio da tutte le cornici, e domani pomeriggio ci vediamo lì, prepara tante puntine”, aggiunsi lasciandole un bacio su una guancia e spingendola fuori dal taxi, più confusa che mai.

~

LIBERTY’S POINT OF VIEW.
Ero arrivata alla festa di Halloween nell’appartamento di Andie e Louis più confusa che mai.
Già era stata una giornata pessima, con la notizia del matrimonio. In più la mia migliore amica si perdeva in pensieri poco casti sul proprio coinquilino, non mi ascoltava, poi mi consolava e infine si faceva venire in mente piani diabolici per non so cosa.
Uno di quei giorni l’avrei ammazzata se non le avessi voluto così bene.
In più non riuscivo a trovare Niall, per metterlo al corrente dei piani misteriosi di Andie. Ma non era quella la preoccupazione più grande. Non lo vedevo da quella mattina, e avevo un bisogno irrazionale di baciarlo fino a farmi mancare l’aria.
Di malumore, agitata e senza il mio ragazzo. La sera di Halloween. In più, come se non bastasse, mi stava già venendo mal di testa, con la musica a tutto volume e l’odore di alcool, sudore e fumo di sigaretta che riempiva l’aria. Sbuffai, versandomi da bere, almeno mi sarei distratta dal pensiero fisso del matrimonio.
Il matrimonio. Mio padre. La madre di Niall.
Tra tante persone nel mondo proprio loro due dovevano trovarsi?
Proprio di Niall mi ero dovuta innamorare?
Lib, tesoro, sei arrivata!”. La voce da ubriaco del fratello della mia migliore amica di trapana le orecchie. La risata da ubriaco di Louis Tomlinson ti entrava nel cervello, come una canzone che non vuole saperne di essere dimenticata. Un tormentone, in poche parole.
E quando Louis beve, non fa altro che ridere.
Lo abbracciai, scoppiando a ridere a mia volta. Louis è sempre stato il migliore amico gay che tutte vorrebbero, il miglior consigliere del mondo. “Sei ubriaco”, gli feci notare continuando a ridere, non riuscendo a smettere. Lui mi fece segno con le dita di aver bevuto solo quattro bicchieri di… non so cosa. “Tua sorella?”, gli urlai in un orecchio per sovrastare la musica altissima.
Lui rise ancora più forte, se possibile. “Poco fa ballava su un tavolo…”.
Mi battei una mano sulla fronte, sconsolata. Io ero praticamente astemia, perciò Andie si ubriacava per entrambe. Beveva per due. Beveva fino a star male, fino a stramazzare al suolo. Quando era quasi andata in coma etilico mi aveva promesso che avrebbe smesso di bere. Il risultato? Non aveva mantenuto la promessa.
Sarebbe potuta morire, ma niente, continuava a bere come se niente fosse.
Tu stai bene?”, gli chiesi prima di allontanarmi. Mi spinse via con un gesto della mano e il suo bellissimo sorriso da ubriaco. Scossi la testa e mi feci strada tra la marea di gente compressa nel loro appartamento, fino a trovare la mia migliore amica e Alicia che ballavano su un tavolino di vetro.
Alicia? Una nostra compagna di college.
Mora, occhi scuri, fisico da modella, origini argentine. Un amore di ragazza. L’altra metà di Andromeda, quando si tratta di bere fino a star male. Sui banchi di scuola si sopportavano appena, ma coi fumi dell’alcool diventavano inseparabili. E sarei anche potuta esserne gelosa, ma io avevo Andie da sobria. Ed era molto, ma molto, meglio.
Libbiiiiiiiiii!”, mi urlò Andie non appena mi vide, scendendo dal tavolino e barcollando verso di me. Alzai gli occhi al cielo, prendendola al volo prima che crollasse al suolo ridendo. “Ho bevuto un po’”, aggiunse legandomi le braccia intorno al collo. Le sorrisi comprensiva, notando poi che Zayn ci guardava dalla postazione del dj.
Ci penso io”, gli mimai con le labbra guidando Andie attraverso la folla, fino in terrazza. “Siediti, splendore”, aggiunsi aiutandola a sedersi su una sedia di plastica. Non la smetteva di ridere, ma una volta seduta la vidi scoppiare in lacrime. Valli a capire gli ubriachi… “Che è successo?”, la chiesi abbracciandola, accarezzandole la schiena per calmarla.
C’è Liam, con Danielle”, mi disse tra un singhiozzo e l’altro.
Alzai gli occhi al cielo, lasciandole un bacio sui capelli. La capivo perfettamente. In giro avevo visto la ex ragazza di Niall, Samantha. E avevo il terrore di poterli trovare incollati l’uno all’altra in un angolo, totalmente ubriachi.
Per Andie non era proprio la stessa cosa, quello che temevo io a lei era già successo.
Lei stava provando ad andare avanti, finalmente.
Tesoro, lo sai benissimo che non ti serve più Liam per stare bene”.
Erano stati migliori amici, e si erano amati. Io l’avevo visto. Avevo visto il loro amore nascere, crescere e morire tra le fiamme del tradimento. Avevo visto l’amicizia di Andie con Danielle finire in una nuvola di fumo, le avevo viste prendersi per i capelli, prendersi a parolacce, picchiarsi addirittura.
Ma ora aveva conosciuto Zayn. Lui la stava aiutando.
C’era una speranza, anche se minuscola, che Zayn Malik avrebbe potuto salvare la mia migliore amica… da sé stessa, da tutto il male che si portava dentro e che la stava corrodendo. Io credevo in loro. Avrei creduto in loro sempre e comunque. Come Andie avrebbe fatto sempre per quanto riguardava me e Niall. Da migliore amica, glielo dovevo.
Per questo ti sei ubriacata?”, le chiesi stringendola a me. La sentii annuire, il viso nascosto nell’incavo del mio collo. “Come va con Zayn?”, le chiesi ripulendole le guance dal mascara colato. E per la prima volta da quando ero arrivata alla festa, la vidi aprirsi in un sorriso. Un sorriso vero, fantastico, mozzafiato.
Non le vedevo un sorriso tanto bello sul volto da anni.
Sorrisi a mia volta. Il suo sorriso valeva più di mille parole, mi diceva che con Zayn andava tutto bene, che la trattava da principessa, che probabilmente si stava innamorando di lui senza nemmeno accorgersene.
Il sorriso di Andie mi diceva che lei stava bene.
Aveva fatto finta di stare bene talmente tanto tempo che alcuni potevano fare fatica a riconoscere un sorriso vero da uno finto. Ma io, che la conoscevo praticamente da sempre, riuscivo a capire. Eravamo come telepatiche, in un certo senso. Lei capiva sempre se avevo qualcosa che non andava. E lo stesso io con lei.
Voglio andare via da qui”, biascicò sciogliendo l’abbraccio e alzandosi in piedi cercando di non barcollare. Risi, tenendola in piedi. “E ho fame”, aggiunse passandosi una mano tra i boccoli. Cosa che mi avrebbe fatta sbellicare, se non fosse stata totalmente fuori.
Tirai fuori il telefono e mandai due messaggi, a Niall e Zayn, dicendogli di vederci fuori di lì.
Ti serve qualcosa per quello che devi fare nel mio corridoio?”, chiesi a Andie in un orecchio, passando in mezzo a tutta quella gente ubriaca e arrivando finalmente all’ingresso del suo appartamento.
Lo scatolone con le vostre foto, è in camera oscura”.
Inarcai un sopracciglio, ma Zayn mi anticipò comparendo dal nulla con uno scatolone tra le braccia. Mi sorrise, ed ero convinta che sapesse già tutto, era più che evidente. Alzai gli occhi al cielo, divertita, mentre anche Niall compariva da chissà dove, cingendomi i fianchi.
Ed è normale che tu abbia uno scatolone con le nostre foto, vero Andie?”, le chiesi una volta in macchina. Lei annuì ridendo, posando la testa contro il petto di Zayn, che si era seduto nei sedili posteriori, e ora la teneva tra le braccia sorridendo. “Va bene, farò finta di credere che tu sia normale… passiamo da…”.
Ho voglia di sushi”, mi interruppe, facendo ridere Zayn.
Rimasi a bocca aperta, e Niall scoppiò a ridere. “Sei vegana, Andromeda”, le feci notare scuotendo la testa e iniziando a guidare verso casa mia. “Non mangi niente che derivi dagli animali”, le ricordai sorridendo.
Niente niente?”, mi chiese Zayn. Allora mi accorsi dallo specchietto retrovisore che la mia migliore amica si era appena addormentata tra le braccia del suo coinquilino. Annuii alla sua domanda. “L’ho vista ingozzarsi di gelato”.
Gelato di soia, cioccolata di soia… ha persino trovato la panna di soia”, gli dissi passandomi una mano tra i capelli. Sentii Zayn ridere sottovoce, probabilmente per non svegliare Andie. E parcheggiando sotto casa mi misi a pensare ai suoi gusti alimentari. Era diventata vegana dopo il concerto dei Thirty seconds to mars, prima di allora era solo vegetariana. “Anche Jared è vegano”, mormorai con un sorriso.
Jared?”, mi chiese Niall con un sopracciglio inarcato.
La voce di Zayn mi trattenne dal saltargli addosso. “Il cantante che le ha salvato la vita”, gli spiegò prendendo in braccio Andie e seguendoci lungo il vialetto. Mi voltai con un mezzo sorriso. Andie gli aveva detto proprio tutto allora… o almeno una buona parte del suo tutto.
E la cosa mi fece sorridere.
Tieni, falle mangiare queste”, dissi a Zayn porgendogli un cestino di fragole. Lui mi sorrise e svegliò delicatamente la mia migliore amica, con una serie di baci a stampo. Ricambiai il sorriso, sbirciando nello scatolone. E rimasi a bocca aperta.
C’erano migliaia di foto mie e di Niall. Migliaia.
Migliaia di abbracci, di baci, di carezze. Migliaia di mani intrecciate, di primi piani. Sentii gli occhi diventare lucidi, e all’improvviso capii per ché Andie voleva che liberassi il corridoio e le procurassi molte puntine. Sarebbe stata una nottata interessante, un halloween decisamente migliore di quello che avremmo passato a casa sua.
La guardai con un sorriso, lasciando scappare una lacrima.
Supereremo anche questa, Libby”, mi disse giocherellando con una fragola.
Grazie”, mormorai di rimando abbracciandola.
Saremo sempre insieme, lo sai… sempre insieme, qualsiasi tempesta possa irrompere nelle nostre vite. Io e te potremo sempre contare l’una sull’altra, parola di scout”, aggiunse dandomi un bacio a fior di labbra, facendomi ridere.
Aveva ragione, avremmo superato anche questa.



 



Eccomi qua mie piccole meraviglie c:
Sono tornata a postare in orario, amatemi.
Il capitolo non è stato un trauma da scrivere, per fortuna.
E tutto sommato mi piace (strano).
Comunque, le recensioni sono diminuite... uffa.
Spero che tornerete a essere più numerose c:
Vi lascio i miei contatti e la pubblicità, alla prossima.
xx Federica.

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Capitolo 9
*** Wedding. ***




 

Capitolo 9. Wedding.
 

Dovrebbe essere illegale che qualcuno riesca ad organizzare un matrimonio con duecento invitati in due misere settimane. Dovrebbe essere illegale che la mia migliore amica e il suo ragazzo debbano diventare fratello e sorella. Dovrebbe essere illegale che due adulti come i loro genitori si sposino in chiesa.
E dovrebbe essere illegale essere tanto belli, aggiunse una vocina nei meandri della mia mente malata, mentre sono intenta a guardare il mio ragazzo/coinquilino che si allaccia la cravatta. Whoa, riavvolgete il nastro dei miei pensieri contorti, forse ho pensato male…
No, direi di no.
Ho pensato proprio alla parola “ragazzo”, non c’è dubbio.
Vi chiederete: “Che ci siamo persi?”. La risposta è semplice: due settimane di delirio puro. La notte di Halloween uno Zayn col naso immerso nei miei capelli mi ha chiesto se volevo essere la sua ragazza. Conciso e diretto. Dritto al punto, da buon pakistano qual è.
Ero in punta di piedi ad attaccare una foto particolarmente bella di un primo piano della labbra di Libby e Niall, quando alle sue parole per poco non gli caddi addosso, sentendolo sorridere contro la mia nuca. Mi voltai con le lacrime agli occhi, ancora mezza ubriaca. “Giurami che non mi stai prendendo per il culo”.
Bonsoir finesse.
Lui era scoppiato a ridere. “Ti sembro uno che ti prenderebbe in giro?”.
La mattina dopo mi ero svegliata tra le sue braccia sulla moquette del corridoio di Libby, per le urla inarticolate e ai singhiozzi della madre di Niall, che guardava le foto che avevamo appena appeso in corridoio con un’espressione di terrore puro dipinta sul volto. Uscendo con Zayn l’avevamo sentita urlare le peggio cose contro la figliastra, così Libby se n’era andata di casa, sbarcando – anche lei – a casa mia.
Ma, per quanto ne sapessi, le foto erano ancora incollate al muro di quel corridoio.
Tornai al presente sentendo le dita bollenti di Zayn intente a tirarmi su la cerniera del vestito per il matrimonio. E rabbrividii, come ogni volta. Chiusi gli occhi, godendomi a pieno la sensazione delle sue dita contro la mia schiena. Ha sempre fatto tanto caldo a novembre? No, credo proprio di no.
Sicura di voler parlare con suo padre?”, mi chiese Zayn mordicchiandomi il lobo dell’orecchio. Annuii con un sospiro. Dovevo assolutamente parlare col padre della mia migliore amica. Sposando la madre di Niall avrebbe rovinato la vita alla figlia, poco ma sicuro. Oddio, non che volessi sabotare il matrimonio, ma volevo troppo bene alla mia migliore amica per vederla soffrire per il resto della vita. “Piccola, non so se è il caso…”.
Piccola. Ora lo uccido. Tra i due è lui quello piccolo, non cominciamo.
Sbuffai, voltandomi per lanciargli un’occhiataccia, che lo fece ridere.
Non voglio che Liberty soffra”, ammisi stringendomi a lui.
E se avessi un’idea migliore?”, mi chiese posandomi un bacio sul naso. Richiesta mia, non volevo che mi rovinasse il trucco. Comunque, inarcai un sopracciglio, curiosa. Volevo parlare col padre di Libby, vero. Ma se avessimo trovato una soluzione diversa… sarebbe stato decisamente meglio, per tutti.
Sentiamo, terrorista”.
Io accompagno Libby e tu ti fai accompagnare da Niall. Solo per la cerimonia, poi a sorpresa torniamo le solite coppie di sempre”, mi disse con un mezzo sorriso sfiorandomi il naso con il suo. Era a dir poco adorabile quando lo faceva. Ed era davvero adorabile quando pensava, un amore.
E in effetti, a pensarci bene, non era proprio una cattiva idea.
Libby e Niall avrebbero potuto fingere, almeno per la cerimonia, di essere fratello e sorella. Io non avrei dovuto presentare Zayn ai miei, e ci sarebbero stati meno problemi per tutti. Per poi, magari durante le danze, tornare a essere quelli di sempre.
Un’idea geniale. E bravo il pakistano.
Ora sappiamo chi ha organizzato l’attentato dell’undici settembre”, scherzai lasciandogli un bacio a stampo, per poi ripulirlo dal rossetto. Oh, al diavolo il trucco. “Sei un genio, piccolo”, aggiunsi con un altro bacio, insistendo sull’ultima parola, che infatti lo fece sorridere. Stavamo per continuare il nostro bacio, quando mio fratello fece irruzione, capelli scompigliati e cravatta slacciata. “Tranquillo, non disturbi”, borbottai passando il pollice sul labbro inferiore del mio ragazzo.
Sento un caldo terrificante, e devo mettere la cravatta?”.
Inarcai un sopracciglio. Camicia abbottonata male, capelli post sesso, guance rosse, bretelle messe male… devo continuare? “Se non scopassi prima di un matrimonio, magari non sentiresti caldo”, dissi, facendo ridere Zayn, che mi diede un bacio sulla tempia e uscì dalla nostra camera da letto.
Mio fratello arrossì violentemente, facendomi ridere.
E beh, anche se in effetti l’idea di sposarsi a novembre in Messico era forte, Louis non aveva tutti i torti, faceva proprio caldo. O magari io sentivo caldo per altri motivi. Zayn Jawaad Malik in completo elegante, ad esempio.
I coniugi Tomlinson sono arrivati dal loro albergo a cinque stelle mezz’ora fa”, mi disse Louis stringendomi una mano. Sorrisi appena, riusciva a scherzare sui nostri “genitori” nonostante tutto. “E’ arrivata anche Lottie”, aggiunse con un enorme sorriso sul volto, che fece sorridere anche me.
Non vedevo quella peste di Charlotte Tomlinson da tre mesi.
Inutile dire che mi mancava da impazzire.
Almeno per la cerimonia io sono l’accompagnatrice di Niall, okay?”, gli dissi lasciandogli un bacio su una guancia. Lui inarcò un sopracciglio, evidentemente non capendo. Ovvio che non capisse, in effetti non avevo capito nemmeno io. Non del tutto almeno. “Idea del terrorista, meglio non chiedere Boo”, aggiunsi uscendo in corridoio.
E per poco non mi slogai una caviglia, finendo addosso a… Liam.
Alzai le mani senza dire una parola e lo superai, scendendo le scale e finendo praticamente tra le braccia di mia sorella, con i suoi capelli freschi di tinta rosa sulle punte, sul volto. E la sua risata cristallina nelle orecchie.
Mi sei mancata da morire, cucciola”, mi disse prendendomi il viso tra le mani e lasciandomi un bacio a stampo. Risi, guardandola dritta negli occhi, appena lucidi. “Non piango, giuro”, aggiunse in un sussurro, nascondendo il viso nell’incavo del mio collo. Stavo per ribattere che tutti piangono ai matrimoni, quando sentii qualcuno di familiare cingermi i fianchi e vidi mia sorella sgranare gli occhi.
Familiare, ma non abbastanza.
Storia lunga… ciao Lottie”, aggiunse Niall prendendomi una mano e stringendola appena.
Voltati e dimmi se non è bellissimo”, mormorai a mia sorella facendola voltare verso Libby e Zayn, che parlavano con una zia di non so chi. Un attimo, e gli occhi di Zayn furono nei miei, come se il resto non esistesse, come se non stesse abbracciando la mia migliore amica, come se non avesse il mento posato sulla sua spalla. E come se di tanto in tanto non le stesse lasciando un bacio nell’incavo del collo.
Sembrava davvero convincente, devo ammetterlo.
Decisamente meglio di Liam, sorella. Complimenti”, mi disse Lottie strappandomi ai miei pensieri. “E ti ha appena fatto l’occhiolino, già lo adoro”, aggiunse battendo le mani, eccitata come una bambina piccola. Alzai gli occhi al cielo, vedendo poi il mio ragazzo sorridere e tornare alla discussione con Libby e la zia sconosciuta. “Spiegami, in breve…”.
Io e Libby non vogliamo essere fratello e sorella”, le disse Niall con un sorriso triste.
Ricordo ancora l’espressione di mia sorella. A dir poco memorabile. Ma solo perché lei non sapeva nulla di Libby e Niall. non aveva saputo nulla, fino a quel momento. La vidi aprire la bocca un paio di volte, e richiuderla senza riuscire a dire niente. Espressione che aveva preso da me, del resto.
E non volete perché…?”.
Ed ecco la parte tarda di Charlotte Tomlinson. Parte presa da Louis, se non si fosse capito.
Perché scopano come conigli”, le sussurrai, beccandomi uno schiaffo sul braccio da Niall. Mi mordicchiai il labbro per non ridergli in faccia. In fondo, avevo ragione io. Insomma, che si amassero era più che evidente, ma era anche vero che ci davano dentro come conigli. “Scusa, mi correggo… fanno l’amore come conigli”, mi corressi, facendo ridere Lottie. “Ma dettagli. Vieni, ti faccio conoscere Harry”.
Anche perché, ancora non ero riuscita a capire perché Louis non le avesse fatto conoscere il suo ragazzo. Stavano insieme da una vita, ed era anche il mio migliore amico. Quindi, quale occasione migliore di un matrimonio per farglielo conoscere?
Stavamo arrivando sottobraccio da Harry e Louis, quando sentii qualcuno di familiare prendermi per il polso. No, non Zayn. Magari. Mia madre. Mi trattenni dallo sbuffare, voltandomi verso di lei e le rivolsi il sorriso più finto dell’universo, mentre Lottie finiva tra le braccia di Louis e veniva - finalmente – presentata ad Harry.
Elizabeth Regina Tomlinson. In tutto il suo splendore da snob. Lunghi capelli biondo scuro, mossi e fino al punto vita, e occhi verde scuro che nessuno dei suoi figli aveva ereditato. Occhi freddi quanto bellissimi. Occhi calcolatori… ho già detto freddi? Beh, glaciali. Fasciata in uno splendido abito grigio perla al ginocchio, con le maniche lunghe di pizzo e la schiena completamente scoperta.
Sentii le sue dita stringere contro il mio polso, e sentii freddo. Come sempre, quando qualcuno toccava le vecchie cicatrici. Un senso di freddo che si propagava dalla punta delle dita fino al gomito, che mi fece rabbrividire. “Da quando tu e Horan state insieme?”, mi chiese fredda, puntando i suoi occhi nei miei.
Siamo amici, mamma”, le dissi altrettanto fredda, sentendo gli occhi di Zayn addosso. Ti prego, non rovinare il tuo piano geniale, pensai cercando di strattonarmi dalla presa di mia madre. È uno dei migliori amici che abbia, e sono la sua copertura per oggi, perché è innamorato della sua futura sorella.
Allora tu e Liam state di nuovo insieme?”.
Stavo quasi per mandarla a fanculo, senza troppi giri di parole. Quando vidi la mano ambrata di Zayn posarsi sul mio braccio, scacciando via la sensazione di freddo di poco prima e non so come mi trattenni dal sospirare. “Ti cercano, si comincia tra una decina di minuti”, mi disse con un mezzo sorriso. Ma io che ormai lo conoscevo, potevo vedere perfettamente la mascella contratta dal nervosismo e la vena sotto l’occhio tremare leggermente.
Poco più di un’ora dopo Libby mi stava stritolando una mano, subito dopo la fatidica frase: “Se qualcuno ha qualcosa da dire contro questo matrimonio, che parli ora o taccia per sempre”. Ricambiai la stretta, cercando di tenerla al suo posto, ma in un attimo non eravamo più mano nella mano e lei stava correndo lungo la navata, seguita da Zayn, come da copione.
Niall, tra i testimoni, mi lanciò un’occhiata, alla quale scossi impercettibilmente la testa.
Non poteva correrle dietro, anche se in fondo lo capivo. Era innamorato perso di Libby e se vederla in quello stato era un colpo per me che ero la migliore amica, figuriamoci per lui. “Andrà tutto bene”, gli mimai con le labbra.
Cercai di continuare a sorridere per il resto della cerimonia, cercando di contagiare anche Niall.
E stranamente funzionò fino alla fine, fino alle foto di rito, alle quali riuscii a far partecipare anche Libby, con l’aiuto di Zayn. All’inizio era tutto un “Non posso farlo. Non posso fingere davanti a mio padre…”. Ma alle parole di Zayn aveva preso a sorridere come una cretina, arrossendo anche. Era molto convincente, davvero.
Pensa che sia il tuo matrimonio, con Niall”, le aveva detto Zayn baciandole una tempia.
In quel modo semplice, quanto fantasioso, riuscimmo a farla sorridere per tutta la durata delle foto, e in macchina fino al ricevimento. E per tutto il pranzo, fino al momento in cui il piano geniale di Zayn ci avrebbe portati a smettere di fingere e a tornare quelli di sempre.
Ti va di ballare, Andie?”, mi chiese Niall, impaziente, sotto lo sguardo quasi divertito di mio padre. Gli lanciai un’occhiataccia. Da ubriaco era quasi divertente, in effetti. Finii il mio bicchiere di vino e gli presi la mano, lasciando che mi trascinasse in pista. Lasciando che mi facesse fare qualche giro di pista… e lasciando che con una giravolta mi facesse finire direttamente tra le braccia di Zayn.
Facendolo ridere e facendo ridere anche me, e lasciando di stucco parecchi degli invitati al matrimonio. “Mi sei mancata, sai?”, mi disse il mio ragazzo posando le mani sui miei fianchi e lasciandomi un bacio a fior di labbra. Risi contro le sue labbra, guardando con la coda dell’occhio Libby e Niall che ballavano, sembrando tutto tranne che fratello e sorella.
Sì, anche tu… grazie per avermi salvata da mia madre, stamattina”.
Sembrava che volesse ucciderti con uno sguardo”, mi sussurrò stringendomi a sé e respirando nei miei capelli. “Tuo padre però sembra simpatico”, aggiunse sorridendo. “E tua sorella è bellissima”.
Mi allontanai inarcando un sopracciglio, contrariata. Cosa che lo fece ridere.
Sei uno stronzo”, borbottai facendo per allontanarmi, ma lui intrecciò le dita alle mie e mi tirò a sé con una giravolta, per poi ridere, le labbra a qualche millimetro dal mio orecchio. “Davvero, se devi provarci con mia sorella…”.
Mi chiuse la bocca posando le labbra sulle mie, strappandomi un sorriso.
Sei gelosa, Andromeda?”.
Andromeda Tomlinson gelosa? Assolutamente no, ma quando mai? Non sono mai stata gelosa, nemmeno di Louis, di Harry o di Liam. La gelosia non ha mai albergato nel mio corpo da acida zitella, mai in vent’anni.
Ma con Zayn… boh, credo che sarei gelosa persino dell’aria che respira, o della luce del sole che si rifrange sulla sua pelle. Sarei gelosa di chiunque, dalla bambina di tre anni al parco giochi, alla settantenne del mini market sotto casa.
Gelosa… scherzi vero?”, mentii con un sorriso. Un gran bel sorriso finto.
Devo ricordarti che riesco a capire quando menti, piccola?”.
Sbuffai, lasciandolo in mezzo alla pista e andando a sedermi al tavolo degli sposi, mezzo vuoto, mettendo il muso. Accavallai le gambe e mi guardai intorno. Tutti che si divertivano, Libby e Niall che addirittura andavano contro tutti per poter stare insieme. I miei genitori ubriachi che non davano in escandescenze vedendo me con un musulmano e Louis innamorato di un ragazzo.
Un lieto fine per tutti, persino per Lottie, che ci provava spudoratamente con il fratello di Niall.
Un lieto fine per chiunque, tranne che per la ragazza che non riesce ad ammettere di essere gelosa. Ma porca puttana, perché devo essere così? Avrei potuto semplicemente annuire quando Zayn mi ha accusata di essere gelosa di lui. Avrei potuto dirgli la verità, fidarmi di lui. Invece mi complicavo la vita, come al solito.
Tutto bene, Andie?”, mi sentii chiedere dopo un po’. Ero rimasta immobile a guardare gli altri ballare, sorridendo di tanto in tanto, vedendo Libby e Niall tanto felici, che ballavano spensierati come se il resto del mondo non esistesse. Mi voltai verso lo sposo, accennando un sorriso. “Sono davvero belle le fotografie… immagino sia opera tua”.
Annuii appena, con la testa da tutt’altra parte.
Sono una stupida”, gli dissi passandomi una mano sulla fronte, cercando di rimanere calma. Zayn era sparito, per colpa del mio stupido orgoglio. E in fondo era quella la mia paura più grande, che si allontanasse per qualcosa di idiota che avrei potuto fare. Non che mi tradisse, come aveva fatto Liam.
Perché credevo in lui più di quanto avessi mai creduto in Liam. Zayn era diverso, era buono. Era la luce. E a me la luce piaceva, volevo essere salvata dalle tenebre più di qualsiasi altra cosa. E serve la luce per combattere le tenebre, no?
Penso solo che tu sia innamorata, Andie”, mi disse stringendomi una spalla, prima di tornare a ballare con quella che era appena diventata sua moglie. Lasciandomi da sola, con quella frase nell’aria.
Ma non sarei rimasta a piangermi addosso ancora per molto… nonostante tutto rimanevo la ragazza forte, stronza e acida di sempre. Non potevo farmi buttare giù da un gesto, una parola, un battito di ciglia, il movimento delle labbra migliori della Terra…
No, non era il momento di farsi buttare giù dall’orgoglio o dalla stupidità.


 




Vestito di Andie: http://www.polyvore.com/andie_wedding_outfit/set?id=86991714
Vestito di Libby: http://www.polyvore.com/libby_wedding_outfit/set?id=87365395
Vestito di Lottie: http://www.polyvore.com/lottie_wedding_outfit/set?id=87364013


Aieah, rieccomi qui, in perfetto orario c:
Devo ammettere che sono un po' scoraggiata dalle recensioni...
Sono diminuite un sacco :c Comunque...
Ho postato lo stesso, yeah. Anche perchè sto capitolo l'ho finito di scrivere sabato sera, amatemi.
In più sono un po' scazzata, la mia prof di fotografia ha spostato la data dell'esame u.u
Comunque, non vi interessa.
Bene, che dire? Un enorme GRAZIE a chi recensisce c:
E grazie a chi l'ha messa tra le preferite, seguite, ecc...
Ora mi dileguo, alla prossima settimana bellezze.
xx Federica.

 

Ah, dimenticavo... passereste dalla mia originale??
Ecco il link, se vi va c:
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1926994&i=1

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Capitolo 10
*** Don't think she knows. ***




 

*il titolo della canzone è ispirato a "Don't think they know" di Chris Brown.
canzone di cui mi sono letteralmente innamorata, e di cui vi consiglio l'ascolto c: *


Capitolo 10. Don’t think she knows.


 

La mia stupidità decisamente non ha confini, ammettiamolo.
Con la frase del padre di Liberty nelle orecchie, avevo cercato di parlare con Zayn tutta la sera, ma lui non faceva altro che evitarmi. E in fondo lo capivo, mi ero comportata male con lui, faceva bene a vendicarsi.
E due giorni dopo, di nuovo a New York, me ne stavo in cucina a girare un cucchiaino nel mio cappuccino di soia, totalmente assente. Libby era tornata a casa e io, pur di non dormire con Zayn, mi ero appropriata del divano. Penso solo che tu sia innamorata, Andie. Quella frase continuava a ronzarmi in testa, senza alcun motivo apparente.
Possibile che mi stessi innamorando di Zayn?
Possibile che ad una persona bastassero poco meno di due mesi per conoscerne un’altra come le proprie tasche? E soprattutto, possibile litigare dopo due settimane che si sta insieme? Fanculo il mio ego, e fanculo il mio orgoglio del cazzo.
Non ci parlavamo dal matrimonio, se non fosse stato per le frasi di circostanza, ma a volte nemmeno quelle. Ci evitavamo a vicenda, eravamo tornati agli inizi, all’inizio di tutto, quando nemmeno sopportavo di condividere la mia camera da letto con lui.
Buttai il cappuccino nel lavandino, lasciando uscire una lacrima.
Mi piaceva quello che eravamo diventati con il tempo. Due normali ragazzi che parlavano, che si confidavano il proprio passato, che si baciavano come se non ci fosse un domani, che addormentavano abbracciati come se si conoscessero da sempre.
E mi mancava quello che avevamo costruito in quei due mesi. Faticavo ad ammetterlo, ma mi mancava stare con lui in quel modo. Mi trascinai in camera da letto con ancora le lacrime agli occhi e mi sdraiai di fianco a Zayn, che dormiva ancora.
Presi ad accarezzargli i capelli, il viso e il collo, osservandolo aprire lentamente gli occhi, con un’espressione decisamente confusa sul volto. “Ciao”, mormorò prendendomi una mano e intrecciandone le dita con le sue. Aprì le braccia, invitandomi ad abbracciarlo, cosa che non mi feci ripetere due volte, rannicchiandomi contro il suo petto.
Sono una cogliona”, bofonchiai iniziando a piangere.
Hai resistito due giorni senza di me, è ammirevole”, scherzò asciugandomi le guance con i pollici, per poi lasciarmi un bacio sulla fronte. Strofinai il naso nel suo collo, beandomi del suo odore… tabacco, mirtillo e cioccolato bianco. Non riuscii nemmeno a controbattere alla provocazione, l’unica cosa che riuscivo a fare era stargli appiccicata come una cozza allo scoglio.
Perché lui era diventato il mio scoglio, che lo volessi o meno.
Era la mia luce, di cui ormai non potevo più fare a meno.
Era la mia aria, senza di lui mi era impossibile respirare.
Era diventato il mio tutto in così poco tempo… forse era per questo che ne ero tanto spaventata.
Ti ho mentito la sera del matrimonio, sono gelosa, è vero”, ammisi allontanandomi appena per vederlo sorridere. Stavo facendo il suo gioco, ma sinceramente non mi importava più di tanto. “E sto iniziando a credere che il padre della mia migliore amica abbia ragione”, aggiunsi tirandomi a sedere sul materasso, passandomi una mano tra i capelli.
Tu sei gelosa, ma io ho esagerato”.
Sorrisi appena, quasi contenta che Zayn non mi avesse chiesto cosa mi avesse detto il padre di Libby. E contenta che avesse ammesso che non era solo colpa mia, per una volta. Sospirai, tornando ad abbracciarlo. Mi era mancato davvero tanto in quei due giorni, più di quanto immaginassi. Davvero, non pensavo potesse mancarmi in quel modo… lontana da lui era come se mi mancasse un pezzo.

~

ZAYN’S POINT OF VIEW.
Due stupidi. Due orgogliosi cronici. Ecco cos’eravamo io e Andie. Magari anche due persone troppo uguali per stare insieme, molto probabile. Gelosi l’uno dell’altro in un modo nemmeno troppo normale, anche.
Geloso di lei. Geloso dell’aria che respirava, geloso del vento che le scompigliava i capelli, del sole che baciava la sua pelle. Odiavo ammetterlo, ma avrei voluto essere io. Avrei voluto essere io a scompigliarle i capelli durante uno scherzo… e volevo essere io a baciare la sua pelle, come aveva fatto la luce del sole quando eravamo in Messico.
Geloso di come la guardava Louis, anche se era solo il fratello.
Geloso di come si comportava con Harry, pur sapendo che il riccio era gay e che era solo il migliore amico. Chiunque, se non li conoscesse, avrebbe detto che erano più che migliori amici, solo da come si abbracciavano.
Geloso di Liam. Di come la spogliava con gli occhi, soprattutto.
Geloso persino di Libby, quando le vedevo baciarsi a stampo. Sapevo perfettamente che in quel leggero sfioramento di labbra non c’era assolutamente niente di malizioso, ma era più forte di me. Non riuscivo a non esserne geloso.
Stavo impazzendo, decisamente.
Sapevo che anche Andie era gelosa, soprattutto ora che mi aveva svegliato in quel modo, con le lacrime agli occhi e con la voglia irrazionale di abbracciarmi. Dire che era stata dolce era dire poco, sul serio. Da quando la conoscevo stava lasciando da parte la corazza da acida e intrattabile per un lato di lei dolce e mieloso.
Lato di lei che adoravo, come tutti gli altri del resto.
Ma nemmeno abbracciandola e accarezzandole i capelli, riuscivo a togliermi dalla testa quello che mi aveva detto poco prima.E sto iniziando a credere che il padre della mia migliore amica abbia ragione. Su cosa? E quando aveva parlato col padre di Libby?
Avevo lasciato correre, stringendola a me. Mi era mancata troppo per mettermi a pensare, in quel momento. Ma magari ci aveva parlato durante il ricevimento, e la aveva illuminata su… boh, su qualcosa. Dopo aver sentito che non era gelosa di me mi ero incazzato, lo ammetto. Capivo quando mentiva, e lei lo sapeva, doveva averlo fatto apposta.
Piccola, quando hai parlato col padre di Lib?”, le chiesi dopo un po’. Ce ne stavamo in silenzio, abbracciati a letto, ma dentro di me mi stavo scervellando per capire cosa avesse inteso poco prima, e quando la sentii sorridere contro la mia spalla mi sentii meglio. Se l’aspettava, si aspettava che prima o poi gliel’avessi chiesto.
Si allontanò appena per guardarmi negli occhi, con un sopracciglio appena inarcato.
Dopo la mia scenata da idiota… mi sono seduta al tavolo degli sposi col broncio, e lui se n’è accorto”, mi disse con un mezzo sorriso. “Diciamo che ero un po’ giù e mi ha tirata su”, aggiunse, facendomi ridere appena. Le scostai una ciocca di capelli dal viso, facendole cenno di continuare. “Mi ha fatto notare una cosa…”.
Cosa?”, le chiesi a fior di labbra, sentendola poi sorridere.
Crede che io sia…”.
Ma l’irruzione di quel rimbecillito di suo fratello la bloccò a metà frase, facendomi fare una smorfia, che fece sorridere Andie. Louis aveva la bella abitudine di interromperci, sempre. A metà di un bacio, di un abbraccio, di un discorso, di uno scherzo, di una discussione. In parte sospettavo lo facesse apposta per farmi arrabbiare. Se era così, ci riusciva ogni fottuta volta.
Zayn, posso parlarti?”, mi chiese Louis, facendo inarcare un sopracciglio alla sorella.
Lasciai un bacio sulle labbra di Andie, sorridendo appena la sentii rabbrividire. “Con te finiamo dopo, okay?”, mormorai ignorando i sospiri di suo fratello. Andie mi lasciò un ultimo bacio, mordicchiandomi un labbro, per poi allontanarsi e annuire, leccandosi il labbro inferiore. Prima o poi mi avrebbe fatto impazzire, sempre che non l’avesse già fatto. “E ti prego, evita di leccarti il labbro in quel modo…”, aggiunsi.
Lei mi fece l’occhiolino, un attimo prima che uscissi col fratello.
Scossi la testa leggermente, alzando gli occhi al cielo, ma senza riuscire a trattenere un sorriso.
E’ successo un casino”, mi disse Louis, passandosi una mano tra i capelli e tirandone le punte. Doveva essere nervoso. Ma non capivo per cosa. Continuava a torturarsi le unghie e a guardare basso…
Louis, di che stai parlando?”, sbottai costringendolo a guardarmi. Sbuffai, quando lo vidi scuotere la testa, come se non volesse dirmelo. Ma allora, mi chiedo, potevi lasciarmi a parlare con tua sorella, no? “Respira e dimmi che è successo, Lou”.
Un attimo e aveva iniziato a parlare a vanvera del fatto che avesse parlato del mio passato con sua sorella, di mia madre eccetera. E di Michelle. Lo bloccai con un gesto non appena lo sentii pronunciare il suo nome, e storsi il naso, confuso più che mai.
Mi ha mandato una mail, non so come mi conosca…”.
Chiusi gli occhi, cercando di calmarmi. Michelle era fuori dalla mia vita. Mi aveva rovinato, non avrei nemmeno più voluto sentirla nominare a dirla tutta… e ora saltava fuori che conosceva – non so come – il fratello della mia ragazza.
Che ti ha scritto nella mail?”, chiesi a Louis cercando di mantenere un minimo di calma. Ma non feci in tempo a dire altro che Andie comparve in salotto, le braccia incrociate sotto al seno e un sopracciglio inarcato. Uno sguardo che era tutto un programma, che pretendeva spiegazioni.
Mi hai detto che era uscita dalla tua vita”, mi accusò con le lacrime agli occhi.
Ha scritto che vuole la sua vendetta e che io devo aiutarla… mi ha fatto promettere di non dirti niente”, mi disse Louis, ignorando completamente il fatto che la sorella si fosse appena seduta sulle mie ginocchia. Mi mordicchiai un labbro, pensoso, ma Andie mi anticipò.
Vendetta?”. Stavo pensando esattamente la stessa cosa. “Ti ha tradito lei…”.
Ma l’ho lasciata io”, mormorai con un sorriso triste asciugandole una guancia. “Le ho spezzato il cuore, come lei l’ha spezzato a me”, aggiunsi lasciandole un bacio sui capelli. Evitai di sospirare, nonostante ne avessi una gran voglia. Michelle mi aveva distrutto il cuore in una miriade di pezzettini, e ora che stava andando tutto bene con Andromeda, ricompariva dal nulla e pretendeva vendetta.
Voleva rovinarmi la vita di nuovo, la stronza.
Dammi la mail della zoccola, se la trovo le strappo i capelli uno ad uno con le pinzette per le sopracciglia”, borbottò strofinando il naso nell’incavo del mio collo. Le accarezzai i capelli, trattenendo una risata. Diventava ancora più adorabile quando si incazzava, o come in questo caso, quando faceva la parte della fidanzata gelosa.
Non c’è bisogno, piccola”, le dissi stringendola a me. La sentii borbottare qualcosa di incomprensibile, ma sentivo di aver ragione. Bastava ignorare Michelle e sarebbe andato tutto alla grande.
O almeno era quello che speravo.

~

Nonostante tutto, non riuscivo a togliermi dalla testa quello che mi aveva Louis quella mattina. Io e Andie stavamo passeggiando per Central Park, mano nella mano. Come una qualsiasi altra coppia di innamorati. Okay, forse non proprio innamorati, perché non sapevo cosa provasse lei, ma…
Io mi ero innamorato di lei il primo momento in cui l’avevo vista, sulla soglia del nostro appartamento, in maglietta oversize e mutandine di pizzo fucsia. Mi ero innamorato dei suoi capelli, degli occhi, del suo fisico. Del suo sorriso, che veniva fuori di rado, ma era sempre bellissimo da vedere.
Ero innamorato del suo fare da stronza, della sua acidità, della sua dolcezza.
Ero innamorato dei suoi problemi, del suo passato.
Ero innamorato di qualsiasi cosa facesse parte di lei, perché Andromeda Tomlinson era unica nel suo genere. Avrei scommesso un rene che una come lei non sarei riuscito a trovarla nemmeno avessi avuto a disposizione una vita intera per cercarla.
Quei due giorni che non ci eravamo parlati erano stati un disastro, a dir poco. Mi era mancato tutto, dal colore indefinito dei suoi occhi alla piccola voglia a forma di cuore che aveva sulla coscia destra. Dal suo modo di mordicchiarsi il labbro quando era nervosa al suo modo di socchiudere gli occhi quando si ingelosiva.
Era da quel piccola particolare che avevo capito che era gelosa di me. Quando le avevo detto di trovare Lottie bellissima aveva assottigliato, guardandomi malissimo. E, non so come, era riuscita ad essere stupenda anche in quel momento, scappando via da me come si scappa dalla peste.
Ehi, ci sei?”. La voce di Andie mi fece tornare alla realtà.
Sì, scusami…”.
Feci per continuare a camminare, ma Andie mi strattonò per un polso, facendomi quasi rovinare al suolo. E avrei riso, se non fossi stato tanto immerso nei miei pensieri. Magari avremmo riso insieme della mia distrazione, ma la mia ragazza era seria, la mano libera a giocherellare con una ciocca di capelli.
Me lo dici a cosa pensi?”, mi disse avvicinandosi e alzandosi in punta di piedi per guardarmi negli occhi. Color cioccolato nel pervinca. Quel pomeriggio i suoi occhi erano particolarmente incredibili, una via di mezzo tra il color cielo e il viola. Pervinca. A quanto sei bella, ecco a cosa penso. “Anch’io riesco a capire quando menti, cucciolo”, mormorò poi, praticamente contro le mie labbra.
A malapena mi trattenni dal ridere. “Cucciolo?”.
Lei rise, spingendomi appena. “Allora, a che pensavi?”, ci riprovò, circondandomi la vita con le braccia e nascondendo il viso contro la mia clavicola. La strinsi a me, chiudendo gli occhi. Ignorando completamente la gente che ci passeggiava intorno.
Solo io e lei. La gente potrebbe credere di vedere un ragazzo e una ragazza che si abbracciano.
Due migliori amici, magari. Due ragazzi che si conoscono da una vita.
 

Don’t listen to (How could they know)
What people say (How could they know)
They don’t know about (How could they know)
‘Bout you and me (How could they know)

 
Pensavo che nonostante Michelle voglia rovinarmi di nuovo la vita, non penso che lei sappia…”.
Lasciai apposta la frase in sospeso. E in effetti non ero nemmeno convinto di voler continuare. Avrei dovuto starmene in silenzio? Lasciar perdere? E perdere l’occasione di dirle tutto prima che fosse tornata Michelle. La conoscevo, quella ragazza avrebbe rovinato tutto.
La mia vita. E quella di Andie, soprattutto.
Cosa non sa?”, mormorò Andie lasciandomi un bacio sul collo.
Niente, Michelle non sapeva niente.
Che sono innamorato di te”, mormorai di rimando, tenendo gli occhi chiusi. Accorgendomi appena che si stava allontanando da me. Accorgendomi appena che il suo profumo stava svanendo nell’aria, tra gli altri odori. Riaprii gli occhi quando la sentii singhiozzare, a qualche metro da me, accasciata su una panchina, con il viso tra le mani. “Piccola…”, mormorai abbassandomi al suo livello.
Davvero non capivo che le prendesse.
Ripetilo”, la sentii dire mentre praticamente affogavo nei suoi occhi.
Cioccolato nel blu.
Luce nel buio.
Incredulità nell’amore.
Ti amo, Andie”.
Lo ripeteresti fino a non avere più fiato?”. Risi, notando poi una lacrime bollente scivolare lungo la sua guancia, rossa dal freddo. Annuii, e nello stesso istante vidi un piccolo fiocco di neve posarsi sulla punta del suo naso.
Lo urlerei al mondo, se servisse”, ammisi dandole un bacio a stampo.



 


 

Ehilà bellezze, eccomi qui in perfetto orario, totalmente su di giri e con tante cosucce da dire.
1. Grazie per le 21 recensioni al capitolo precedente.
2. Grazie per le 219 recensioni totali, mi volete morta?
3. Grazie per le 24 preferite, le 10 ricordate e le 49 seguite u.u
4. Grazie infinite a hopeandfaith, _imliamssmile e luca_etus per aver segnalato la storia per le scelte, vi amo.

Grazie, grazie e ancora grazie.
Sono tornata al vecchio layout, col testo a tutta pagina... era un casino messo come prima :c
Cooooomunque, passando alle cose serie, visto?
Zayn ce l'ha fattaaaaaaa, le ha detto che la ama, alleluia.
Andie glielo stava per dire, ma Louis rovina sempre tutto, tipico.
E Michelle... beh, si farà vedere molto presto...
Muahahahahahah (?)
Okay, lo spazio autrice sta diventando un po' lungo, perdonatemi.
Quindi, ora mi dileguo... alla settimana prossima c:
xx Federica.

 

Angolino pubblicità:
1. IL SOGNO DEI SOGNI di super_angy_69.
2. Don't think they know di fedee_missmalik.

*nell'ordine Andromeda, Zayn e Michelle*

  

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Capitolo 11
*** As long as you love me. ***




 

Capitolo 11. As long as you love me.
 

 

“As long as you love me
we could be starving
we could be homeless
we could be broke”.

- Justin Bieber feat. Big Sean.

 


Guardai dritta nei suoi occhi. Totalmente spiazzata, incredula e a bocca aperta. Se ne esce che Michelle non sa... E dice di essere innamorato di me. Così, dal nulla.
Osservai qualche secondo il fiocco di neve che mi si era posato sulla punta del naso e chiusi gli occhi, cercando di tornare a respirare in modo più o meno normale.
Mi ero quasi convinta di essere innamorata di lui.
Ero riuscita ad abbattere quasi totalmente il muro che mi separava dall'amore. Ed ecco che quelle parole perfette escono dalle sue labbra prima che dalle mie.
Sono sempre stata un essere umano razionale, forse troppo. Razionalizzo, penso, elaboro e poi alla fine agisco. Libby mi ha sempre detto che passo troppo tempo a pensare, che di questo passo morirò pensando.
Un discorso che, razionalmente, non sta né in cielo né in terra. Appunto, penso davvero troppo.
Avevo immaginato il momento in cui sarei tornata a fidarmi delle persone, il momento in cui finalmente mi sarei fidata di Zayn e gli avrei detto tutto, gli avrei detto che ero innamorata di lui. E ci sarei riuscita, se non fosse stato per quel decerebrato di mio fratello. Mi aveva rovinato il momento perfetto.
Michelle mi aveva rovinato il momento perfetto.
Possibile odiare una persona senza averla mai vista?
Possibile amare una persona dopo così poco tempo che la si conosce?
Possibile, in entrambi i casi.
Ormai era inutile negarlo, ero innamorata persa di quel pakistano dagli occhi color cioccolato, l'accento strano, le labbra che sapevano di cannella, menta piperita e tabacco e il sorriso che riusciva ad oscurare il sole.
Ma chissà come non riuscivo ad accettarlo. Non riuscivo a capire cosa gli piacesse di me a tal punto da amarmi. Io, che avevo sempre pensato di essere sbagliata, di non essere abbastanza... Lui era quello che avrei sempre voluto essere io, ma al maschile.
Eravamo uguali. Talmente uguali da far sì che la cosa mi spaventasse.
Uguali ma fottutamente diversi. Diversi, ma fottutamente simili. Ed era quella la cosa che mi spaventava di più – oltre che potesse finire come era successo con Liam. Mi spaventava guardare nei suoi occhi e vedere tanta bellezza, tanta perfezione. Mi spaventava guardarlo e trovare delle somiglianze con Liam, fare paragoni.
Io non volevo Liam, volevo Zayn. Ma il mio cervello si ostinava su Liam.
 

“Ti amo, Andie”.
“Lo ripeteresti fino a non avere più fiato?”.
“Lo urlerei al mondo, se servisse”.

 
Mi aveva colpito dal primo momento in cui l’avevo visto, nonostante la sua presenza mi desse fastidio. Mi avevano colpito le sue labbra che sarebbero riuscite a tener sveglia una lesbica, i suoi occhi, il suo sorriso, i suoi capelli che rasentavano la perfezione.
Il suo accento a dir poco strano. Il suo nome esotico, altrettanto strano.
Qualsiasi cosa mi faceva venire in mente lui, e il fatto che la mia/nostra camera da letto fosse impregnata del suo odore, di certo non aiutava il mio autocontrollo, la mia razionalità, o qualsiasi altra cosa avessi nella scatola cranica.
Piccola…”. La sua voce mi riportò alla realtà, mentre una sua mano mi accarezzava una guancia.
Si aspettava una risposta, glielo leggevo in quegli occhi meravigliosi, quasi neri in quel momento. Scossi appena la testa, osservando poi i suoi occhi scurirsi ancora di più, se possibile. Mi lasciai sfuggire l’ennesima lacrima, ma non riuscivo a dire niente, non riuscivo ad esprimere come stavo.
E’ stata una giornata…”.
Non pensavo che l’amore non corrisposto facesse tanto schifo”, mormorò passandosi una mano tra i capelli, tirandone le punte. Lo guardai sedersi accanto a me, e gli presi una mano, intrecciandone le dite. Avevo bisogno di lui, inconsciamente, ma non riuscivo ad ammettere a voce alta cosa provassi, mi era a dir poco impossibile.
Ti voglio bene, lo sai, ma…”.
A me non sembrava che mi volessi solo bene, stamattina”, mi disse passandomi un pollice sulla guancia, per asciugarmi le lacrime. Ero stanca di soffrire. Stanca di tutto. Stanca di non riuscire a pensare a Zayn come più di un amico…
O meglio, riuscivo a pensarlo. Ma esternare i sentimenti era decisamente un’altra cosa.
Mi devi dare un po’ di tempo, Zayn”, riuscii a mormorare alla fine. Era una pazzia, e sapevo perfettamente di avergli appena spezzato il cuore. Mi strinse a sé, dandomi un bacio sui capelli, per poi annuire, al che tirai un sospiro di sollievo. “Ho avuto paura di perderti”.
Non mi perderai mai, amore”, mormorò dandomi un bacio sulla punta del naso, mentre i fiocchi di neve ci turbinavano intorno, mossi dal vento. Avrei dovuto sentire freddo, vista la neve, ma quella parola, uscita dalle sue labbra, scaldava il cuore.
Anche il mio, normalmente incastonato nel ghiaccio.

~

Mi rigirai nel letto per l’ennesima volta, attenta a non svegliare Zayn, che dormiva profondamente, come un bambino. Mi misi a sedere, per poi accarezzargli una guancia. Sembrava un angelo, e sarebbe stato mio, se mi fossi decisa ad accettarlo come tale.
Sospirai, scendendo dal letto e chiudendomi in bagno, scivolando con la schiena lungo la porta.
Mi veniva da piangere. Essere indecisa in quel modo sui miei sentimenti era stressante, mi faceva male. Da buona masochista, mi stavo facendo del male per l’ennesima volta nella vita. Mi passai una mano tra i capelli, cercando di non mettermi a singhiozzare come una bambina.
Feci un paio di respiri profondi, pensando a cosa avrei potuto fare.
Dovevo allontanarmi da tutto, da Zayn. Anche se avesse significato scappare. Feci una smorfia. Non mi piaceva scappare, ma ormai a quel punto ero diventata brava a farlo. Sparire un paio di giorni, magari non se ne sarebbe accorto nessuno.
Ma chi voglio prendere in giro? Se ne sarebbero accorti, e avrebbero scoperto in un battibaleno dove mi fossi andata a nascondere. Sospirai, asciugandomi una guancia dalle lacrime che non mi ero nemmeno accorta di piangere, per poi alzarmi in piedi e tornare in camera, prendere le cose più indispensabili e uscire di casa, lasciando un biglietto attaccato allo specchio, per Zayn.
 

Non mi odiare, ti prego. Ho bisogno di te, ma ho anche bisogno di un paio di giorni per pensare a quello che voglio. Mi sono sempre definita sbagliata, non adatta alle relazioni. Credo sia ora di verificarlo… non mi cercare, ti supplico.
Dammi un paio di giorni, e tornerò da te. Magari più felice e serena di quanto non lo sia adesso.
Perché sono stanca di sopravvivere, anche se lo faccio grazie al tuo amore. Potrei non mangiare, essere senza casa o stare male fisicamente, ma col tuo amore sopravvivo. Solo che sono stanca di sopravvivere e basta.
Voglio vivere. Merito anch’io di essere felice, giusto?
Scusami se ti sto facendo del male, non avrei mai voluto.
Tua, sempre e comunque, Andie.

 
Mi asciugai le guance. Faceva male lasciarlo da solo, anche perché in quel modo facevo del male anche a me stessa. Avrei dovuto essere abituata al dolore… invece no. Faceva male ogni volta come fosse la prima.
Faceva male adesso come la prima volta che mi ero tagliata.
Faceva male adesso come quando subivo gli insulti dei compagni di classe al liceo. Come quando avevo iniziato a ficcarmi due dita in gola per non ingrassare. Come quando mia madre aveva iniziato a mandarmi dallo psicologo o quando aveva iniziato a negarmi l’affetto di cui avevo disperatamente bisogno.
Faceva male adesso come quando Liam mi aveva tradita.
Continuava a fare male, nonostante fosse passato tutto quel tempo. Dicono che il tempo curi le ferite. Beh, per esperienza personale non credo che sia vero. Credo che il tempo in qualche modo depositi un velo sulle nostre ferite, che le disinfetti, che le ricopra.
Ma la ferita che ci è stata lasciata rimane, sotto la corazza che costruiamo per proteggerci da altro dolore che potrebbe arrivare e prenderci di sorpresa. Non è il tempo a guarire le ferite, non funziona così.
Sono la persone a guarirci, non il tempo.
Sono le amicizie, gli affetti, gli amori a guarirci, non il tempo.
Nel mio caso è Zayn a guarire le mie ferite, a riempire l’enorme buco nero che mi porto dietro. È lui a riempire il buco nero che porta al mio cuore, immerso nel ghiaccio. È lui, sin dalla prima volta che l’ho visto. Devo solo trovare il modo di accettarlo e andare avanti.
Camminai per le strade deserte di New York con la consapevolezza – in fondo al cuore – di star facendo la cosa giusta, la cosa migliore per tutti. Era la prima volta che in un modo o nell’altro agivo per me stessa e non per gli altri.
E in fondo non era una brutta sensazione. Ho sempre pensato che aiutando gli altri sarei stata meglio, che avrei colmato il vuoto lasciato da Liam. Ma mi sbagliavo, solo Zayn può riempire quel vuoto.
Solo che forse me ne sono accorta troppo tardi.

~

LIAM’S POINT OF VIEW.
Liberty Ambrose, la migliore amica della mia ex ragazza.
Bionda, occhi verdissimi. La mia ex vicina di casa, a Doncaster. Le nostre madri si conoscono dal liceo, e proprio come noi sono cresciute insieme, sono state migliori amiche. Ho sempre trovato Libby molto carina, una delle ragazze più belle che abbia mai visto… ma non l’ho mai vista come qualcosa di più.
Il massimo è stato vederla come la migliore amica della mia migliore amica.
La migliore amica della ragazza di cui ero innamorato.
La migliore amica della ragazza a cui per dare ascolto agli ormoni ho rovinato la vita.
Hai visto Andie, Liam? La verità, per favore… o ti stacco le palle e le do da mangiare al mio gatto”. Mi viene incontro, minacciosa, e praticamente mi aggredisce. Solo che non riesco a capirne il motivo.
Persino Niall, che è dietro di lei e le cinge la vita come per calmarla, sembra agitato.
Amore, ci vediamo dopo”, dissi a Danielle spingendola via da me, senza nemmeno salutarla. La sento borbottare qualcosa, ma poi si allontana senza protestare, forse spinta dall’occhiata assassina di Liberty. “Che è successo?”.
La bionda sbuffò, passandosi una mano tra i capelli, liscissimi quel giorno.
Andie è sparita, da una settimana”, mi disse, nello stesso istante in cui Niall aumentava la presa sui suoi fianchi. Scossi la testa con un mezzo sorriso. Qualsiasi cosa fosse successa, era un comportamento degno di Andromeda Tomlinson, tipico di lei. “E non sappiamo dove possa essere, così…”.
Ti sei abbassata a venire a chiedere al ragazzo che le ha rovinato la vita?”. Libby annuì, rivolgendomi un sorriso di scuse. Annuii di rimando, come potevo biasimarla? Aveva ragione del resto, le avevo rovinato la vita, era stata male per colpa mia. “La vado a cercare, ti tengo aggiornata, okay?”.
E corsi via, senza nemmeno darle la possibilità di ribattere.
Anche perché con tutta probabilità sapevo dove si fosse nascosta. Ma cercai di non pensare a niente, mentre correvo verso la fermata della metro, salivo sul treno, scendevo alla stazione e ricominciavo a correre.
Arrivai a destinazione meno di un’ora dopo, col fiato corto e il cuore che mi batteva all’impazzata, e quasi non mi accasciai sugli scalini dell’ampio porticato. Suonai al campanello diverse volte, finché non mi trovai davanti… “Liam, ciao”, mi accolse con un mezzo sorriso la zia di Andie.
Dimmi che è qui, ti prego”, le dissi cercando di riprendere fiato.
Nella camera degli ospiti, ma credo che stia dormendo”, mi disse scostandosi da davanti alla porta, per permettermi di entrare. “Non farle del male, Liam”, aggiunse stringendomi appena una spalla, un mezzo sorriso a illuminarle il viso.
Annuii, salendo le scale di corsa e fermandomi davanti alla camera degli ospiti, prendendo fiato, ma senza darmi il tempo di pensare. Ero sempre stato impulsivo, in qualsiasi cosa facessi. Ero stato impulsivo anche con Andie, soprattutto con lei.
Aprii leggermente la porta, trovando la ragazza più bella che avessi mai visto addormentata, proprio come aveva predetto sua zia. Mi chiusi la porta alle spalle, andando a sedermi accanto a lei sul letto e scostandole una ciocca di capelli dal viso. Era bellissima, serena come mai prima d’ora. Davvero, non penso di averla mai vista tanto serena e rilassata… sembrava un angelo.
Le accarezzai una guancia il più delicatamente possibile, osservandola aprire gli occhi, spaesata nel vedermi accanto a lei, da sua zia, dove nessuno l’avrebbe mai cercata. Ma io la conoscevo meglio di chiunque altro, più di quanto si conoscesse lei stessa.
Vidi i suoi occhi color cielo diventare lucidi e mi accorsi appena che mi stava abbracciando.
Sorrisi, lasciandole un bacio sui capelli.
Aveva bisogno di qualcuno che la salvasse da sé stessa. E aveva Zayn, solo che… sospettavo che essendo ancora “legata” a me non riuscisse ad andare avanti, che in un certo senso avesse bisogno di una spinta.
Ti va di parlarne, piccola?”, le chiesi asciugandole una guancia.
E quando la vidi annuire capii quanto mi fosse mancata la mia migliore amica.



 



  

Sono vivaaaa!!! In ritardo di un giorno, ma ci sono, yeah.
Scusate il ritardo, innanzitutto, spero ne sia valsa la pena...
Davvero, spero che il capitolo vi piaccia, anche se solo di passaggio.
Ringrazio catelovesniall per la segnalazione per le scelte.
Sei un amore tesoro, adorabile.
Ringrazio hopeandfaith per la recensione davvero chilometrica.
Ho pianto quando l'ho letta, amore mio.
Ringrazio le 27 che hanno recensito lo scorso capitolo.
Ceh, VENTISETTE?? Mi volete morta, vero?
Ringrazio le 251 recensioni totali, le 27 preferite, 11 ricordate e 51 seguite c:
Passando alle cose serie, me la lasciate una recensione anche qui, vero?
Poi... ho fatto il trailer (basta cliccare sulla parola e si apre).
Che altro dire? Bah, niente... alla prossima settimana.
Dovrei riuscire ad aggiornare lunedì c:
xx Federica.

   

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Capitolo 12
*** I’d catch a grenade for ya. ***




*banner nuovo di zecca, ve gusta??*

 

Capitolo 12. I’d catch a grenade for ya.

 

“Cause what you don’t understand
Is I’d catch a grenade for ya
Throw my hand on the blade for ya
I’d jump in front of a train for ya
You know I’d do anything for ya”.

- Bruno Mars.




Iniziai a singhiozzare contro il suo cappotto, come una bambina piccola. Mi ero ripromessa di non piangere, mi ripetevo che ero forte, che avrei potuto superare anche questa. Ma una vocina mi diceva che sbagliavo a credermi forte, non lo ero affatto.
Stavo peggio che mai.
Stare lontana da Zayn era la cosa più brutta che avessi mai fatto in tutta la mia vita. Era doloroso, più doloroso di qualsiasi cosa avessi mai provato.
Non mangiavo, e a malapena riuscivo a dormire quattro ore per notte. Ma fisicamente stavo bene, tutto sommato. Era mentalmente che ero sfinita, non facevo altro che pensare, cercare di capire, ma niente... Niente da fare. Buio totale.
E ora, la comparsa provvidenziale di Liam, che mi lasciava più confusa di quanto non fossi già, se possibile. "Ti va di parlarne, piccola?", gli avevo sentito chiedere. Ed era a quel punto che ero scoppiata, quando l'avevo sentito sorridere contro i miei capelli.
Ero scoppiata a piangere, realizzando quanto mi fosse mancato. Eravamo cresciuti insieme, io e Liam, ed era stato la mia prima volta in un'infinità di cose. Ma stranamente non mi mancava come fidanzato. Mi mancava poter parlare con lui come facevamo una volta, quando non eravamo che Andromeda e Liam, quando non eravamo che migliori amici.
"Mi sei mancato, Lee", riuscii a mormorare dopo un po', nascondendo il viso nell'incavo del suo collo. Rise sottovoce, praticamente contro il mio orecchio, facendomi rabbrividire. "Davvero, un po' speravo che mi trovassi...".
Ed era vero. Speravo con tutta me stessa che mi trovasse, anche perché Liam Payne era l'unico che avrebbe potuto capire dove mi fossi nascosta. Solo, speravo di essere trovata prima...
"Sono corso qui non appena Libby mi ha detto che non ti si trovava da nessuna parte".
Casa di zia Katherine era una villetta fuori Manhattan, con un enorme portico bianco e un dondolo sotto di esso - dove io e Libby avevamo passato decine di pomeriggi, l'estate appena passata - e una piccola piscina nel giardinetto sul retro.
Adoravo quella casa, mi ci rifugiavo appena potevo, anche perché potevo trovare la tranquillità che non trovavo da nessun'altra parte...
Fino a qualche mese prima, quando avevo conosciuto Zayn. Avevo trovato una specie di equilibrio in lui, quell'equilibrio che avevo cercato invano in Liam, Harry, Libby e tutti gli altri.
Nessuno di loro riusciva a farmi sorridere per niente, o a calmarmi solo fissando i suoi occhi nei miei. Zayn Malik era l'unico che ci fosse mai riuscito, aveva qualcosa di magico nello sguardo, qualcosa che mi faceva venire la pelle d'oca e che nello stesso tempo mi teneva a galla, impedendomi di venire schiacciata da quelle quattro mura che mi ero costruita attorno per difendermi dal dolore.
Stanca. Stanca di soffrire, di piangere... Persino stanca di dover scegliere se seguire il cuore o il cervello. Stanca di tutto.
"Sono stanca di stare così per amore, Liam", ammisi allontanandomi appena da lui e passandomi una mano tra i capelli. Mi sorrise, inclinando la testa da un lato. Allora mi accorsi di cosa avevo appena detto.
Per amore. Doveva essermi scappato. O forse no.
Sbuffai, dandogli una spinta sulla spalla, facendolo sorridere. "Mi dispiace che tu sia stata male per me, Andie", mi disse togliendosi il cappotto e sdraiandosi sul mio letto. Mi rannicchiai contro di lui, la testa nascosta contro la sua spalla, aspettando che continuasse. "Ho rovinato un'amicizia durata una vita per colpa degli ormoni, e mi dispiace...".
Io e Liam eravamo sempre andati d'accordo, in un certo senso ci eravamo trovati. Il motivo? Eravamo totalmente diversi. L'uno l'opposto dell'altra.
Come con Zayn, in un certo senso.
Solo che io e Zayn eravamo diversi fisicamente ma uguali caratterialmente. Con Liam eravamo gli opposti, e stop. Un esempio? Io pensavo continuamente, a volte anche troppo. Lui invece... Semplicemente non pensava. Agiva di impulso, era forte, sicuro di sé. Era una di quelle persone che se voleva una cosa se la prendeva.
In un certo senso Liam Payne era come avrei voluto essere io. Forte, apparentemente insensibile e sicura di me. A volte arrogante, sempre divertente. Ed era per tutto quell'insieme di cose che mi ero innamorata di Liam. Ma in quel momento non riuscivo a pensare a quello che avevo perso.
Non riuscivo a smettere di pensare a quello che avrei perso se non avessi detto a Zayn che lo amavo.
Avrei perso il suo sguardo, il suo sorriso, il suo profumo, il suo sapore... Ed era incredibile che lo stessi capendo tra la braccia del mio ex ragazzo. Incredibile, ma stranamente per niente imbarazzante.
"E non puoi capire quanto tu mi sia mancata", aggiunse strappandomi ai miei pensieri. Gli rivolsi un mezzo sorriso. "Sono venuto qui perché ti conosco e capisco perfettamente che tu abbia...".
"Ho paura, Liam... Non puoi capire quanta", lo interruppi allontanandomi per guardarlo negli occhi. Ero stata innamorata di quegli occhi. Color nocciola, quasi rossi alla luce del sole. Unici, come erano unici gli occhi di Zayn...
E non che non avessi avuto paura, con Liam. Ma Zayn, boh... Quel ragazzo mi stava cambiando la vita in meglio, stava conoscendo la vera Andie. Avevo paura che scappasse alla minima stronzata che avessi potuto fare, paura che scappasse da me, che mi lasciasse da sola.
"Anch'io avevo paura, quando ho detto a Danielle di amarla".
Mi misi a sedere sul letto, guardandolo con la testa inclinata da un lato. Ero curiosa, nonostante tutto. Non che Danielle mi andasse a genio, ma un tempo eravamo state amiche... E poi volevo sapere cosa mi ero persa da quando io e Liam ci eravamo lasciati. Semplice curiosità, giuro.
"Sì, ma tu sei sempre bravo ad esprimerti... Io sono una frana", gli ricordai, mentre una mezza smorfia mi increspava il volto. Lui rise, prendendomi una mano e guardandomi dritta negli occhi. "Non so da dove cominciare", ammisi sospirando.
"Sono solo due parole, Dee".
Risi, scuotendo la testa. Liam aveva ragione. Ma erano due parole che mi avrebbero cambiato la vita, cazzo. Se le avessi dette automaticamente avrei accettato Zayn in ogni minima sfaccettatura, Michelle compresa. E mi sarei fatta accettare, tutta intera, non solo una parte. Tutta Andie, autolesionismo e bulimia compresi.
"Sai amare meglio di qualsiasi altro, piccola. E poi...".
Inarcai un sopracciglio, trattenendomi dal prenderlo a parolacce. Avevo sempre odiato il fatto che lasciasse le frasi in sospeso, fin da quando eravamo bambini. Lo odiavo, con tutto il cuore.
"Poi cosa?", sbottai, accorgendomi che non accennava a continuare.
"Ho visto come ti guarda", si arrese di fronte alla mia espressione omicida. Accennai un sorriso, alzando poi gli occhi al cielo. Però, in fondo, non avevo mai fatto troppo caso a come mi guardava Zayn.
"E come mi guarda, sentiamo".
"Ti guarda come uno che prenderebbe una granata, per la ragazza che ama", mi disse Liam scostandomi una ciocca di capelli dal viso. Mi mordicchiai un labbro. "Ti guarda come uno che prenderebbe un proiettile per salvarti, come se fosse disposto a gettarsi davanti a un treno per fermarlo prima che possa investirti...".
Mi passai una mano tra i capelli, ripensando a quello che mi aveva appena detto Liam. Non ho mai fatto caso al modo di Zayn di guardarmi, non mi sono mai immersa veramente nei suoi pozzi castani.
Mi sono limitata a cercare di capirne il colore. A guardarli, ma senza mai vederci dentro come avrei dovuto. Ti guarda come uno che prenderebbe un proiettile per salvarti... Ora è anche peggio, non so come comportarmi davanti a... questo.
"Secondo te mi sta prendendo in giro?".
Liam scoppiò a ridere, credendo forse che lo stessi prendendo per il culo. Inarcai un sopracciglio, cercando di fargli capire di essere seria, ed evidentemente ci riuscii.
"Sei seria?", mi chiese alzando il tono di voce di un'ottava. Annuii, trattenendo un sorriso alla sua reazione. "Dopo quello che ti ho appena detto, credi davvero che Zayn ti abbia mentito dicendoti che ti ama?".
Scesi dal letto con un sospiro, andando a sedermi sulla cassapanca sotto alla finestra. Recuperai un elastico dal cassettone e mi legai i capelli in una crocchia disordinata, cercando di smettere di pensare. Non è da me, mi rendo conto. Ma ho bisogno di staccare, di pensare ad altro...
Ho bisogno di Zayn. E nient'altro.
"Non vuoi sapere come faccio a sapere che è innamorato di te, piccola?", mi chiese Liam dopo un po', avvicinandosi e prendendomi le mani tra le sue, abbassandosi al mio livello. Scossi la testa, insicura. Ma convinta che tanto me l'avrebbe detto lo stesso. "Ti guarda nello stesso modo in cui ti guardavo io quando stavamo insieme, Andie. È perso per te... Ed è perso senza di te".

~

ZAYN'S POINT OF VIEW.
Avete presente quella sensazione di vuoto che vi si presenta nello stomaco quando si perde una persona cara? Io ricordo perfettamente quella sensazione. Abbandonato da mia madre e tradito da Michelle. Un padre che praticamente non mi considera come figlio e una sorella maggiore che non vedo da quasi un anno.
E ricordo perfettamente di essermi sentito nello stesso modo, o forse peggio, nel vedere il biglietto di Andie attaccato allo specchio del bagno.
Non mi odiare, ti prego.
Non l'avrei potuta odiare nemmeno se avessi voluto, arrivati a quel punto. Eravamo al punto di non ritorno, non si poteva tornare indietro, in nessun caso, a meno che non trovassimo una macchina del tempo, ma lo trovavo alquanto improbabile.
Eravamo al punto in cui lui confessa il suo amore per lei e lei scappa. Al punto in cui lui soffre come un cane e lei è chissà dove a pensare. Al punto in cui lei manca a lui come l'aria.
Al punto in cui lui sta male e si chiude in camera oscura, quasi senza mangiare e dormire, a guardare e riguardare una pila di fotografie, cercando di non pensare alle parole scritte in quel dannato biglietto. Cercando di trattenersi dall'uscire per andarla a cercare.
Mi sono sempre definita sbagliata, non adatta alle relazioni. Credo sia ora di verificarlo… non mi cercare, ti supplico.
Sbagliata. Scossi la testa. Era la persona più buona che avessi mai conosciuto. E aveva avuto dei problemi, vero. Ma chi non ne ha? Bellissima, con gli occhi più incredibili che avessi mai visto in vita mia… era la persona migliore che conoscessi, nonostante tutto quello che aveva dovuto passare.
Ma non era mai stata colpa sua. Erano stati gli altri a definirla sbagliata.
Lei ci aveva solo creduto.
Zayn, fammi entrare”. La voce di Liberty mi riportò alla realtà, facendomi accorgere che stavo piangendo, di nuovo. Feci un respiro profondo, asciugandomi le guance e sforzando un sorriso, per poi alzarmi e caracollare fino alla porta, aprirla e trovarmi davanti la mia migliore amica della mia ragazza scomparsa.
Ciao”, riuscii a mormorare lasciando che mi abbracciasse.
Vuoi prima la buona o la cattiva notizia?”, mi chiese con un mezzo sorriso, mentre Niall compariva dietro di lei con un sacchetto di patatine. Non le risposi, mi limitai a passarmi una mano tra i capelli, tirandone le punte. “La cattiva è che ho dovuto chiedere aiuto a Liam”, mi disse andandosi a sedere sul divanetto di pelle.
La buona è che ha trovato Andie”, la anticipò Niall, con la bocca piena.

~

ANDROMEDA'S POINT OF VIEW.
Mi ritrovai a sorridere come un idiota, mentre Liam scoppiava a ridere, per poi lasciarmi un bacio sulla fronte. Zayn perso senza di me? Io non volevo che soffrisse. Gli avevo chiesto di non cercarmi perché volevo stare da sola. Ma in realtà volevo che mi cercasse. Lo volevo con tutta me stessa.
Mi alzai in piedi passandomi una mano tra i capelli, senza smettere di sorridere.
Andiamo a casa?”, mi chiese Liam inclinando la testa da un lato, intuendo i miei pensieri. Annuii solamente, recuperando il cappotto e il telefono. Accendendo quest’ultimo dopo una settimana e sorridendo, notando le chiamate di Libby, Louis e Harry.
Nemmeno una di Zayn. Mi aveva ascoltata.
Andiamo a casa”, confermai uscendo dalla stanza degli ospiti di zia Kat.
Lasciandomi alle spalle tutto il dolore e le lacrime che avevo provato in quella settimana. Lasciandomi alle spalle tutte le paure e le insicurezze. Lasciando in quella camera degli ospiti ogni pensiero negativo che avrebbe potuto tornare a perseguitarmi.
Lasciandomi alle spalle una percezione sbagliata di me stessa.
Lasciandomi indietro la paura di tornare ad amare.
Abbracciai zia Kat, e la vidi lanciare un sorriso a Liam. alzai gli occhi al cielo, facendoli ridere entrambi e salii in macchina, ignorando il loro borbottare insopportabile. Mi lasciai cullare dal movimento dell’auto e dalla voce di Jared Leto alla radio.
Cercando più di tutto di non pensare a quelle due parole che mi aveva detto Zayn due settimane prima. Quelle due parole che mi avrebbero cambiata, se le avessi dette. Quelle due parole che prima o poi avrei dovuto dire.
Più prima che poi.



 


Scusate il finale da infarto, giuro che il prossimo capitolo sarà RICCO (?)...
Ricco di contenuti, più che altro, visto che questo è di passaggio.
Comunque, grazie a chi recensisce, mi state migliorando sto perdiodo, che è un po' di merda.
Quindi, grazie alle 283 recensioni totali.
Grazie alle 32 preferite, 11 ricordate e 52 seguite c:
Grazie a Tu Nenita Loka, _imliamssmile e hopeandfaith.
Ragazze... all'ultima recensione che avete lasciato... HO PIANTO, giuro.
Quindi, un enorme grazie, dal cuore c:

Poi, passando al capitolo... Che ve ne pare??
Mi lasciate una recensione, vero?? Vero vero c:
Vi lascio i miei contatti e il trailer, e mi dileguo...
Alla prossima bellezze, xx Federica.

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Capitolo 13
*** I need you, love. ***




 

Capitolo 13. I need you, love.



Ero ferma davanti alla porta del mio appartamento da una decina di interminabili minuti. Immobile, indecisa se entrare o meno. Indecisa se entrare o tornare a casa di zia Kat un’altra settimana. Indecisa se tornare a fidarmi di Liam o meno. Ma sicura di voler correre tra le braccia di Zayn, sicura al cento per cento.
Chiusi gli occhi un istante, infilando la chiave nella serratura.
E non feci nemmeno in tempo a pensare che mio fratello mi fu addosso. “Louis!”, cercai di protestare debolmente mentre mi prendeva in braccio, sollevandomi da terra, ma più che altro mi veniva da ridere. Lo sentii singhiozzare tra i miei capelli, mentre mi metteva giù e dietro di lui comparivano Libby, Niall, Harry e Jen.
Lui è di sopra”, mi sussurrò la mia migliore amica abbracciandomi velocemente.
Non mi degnai nemmeno di salutare gli altri. Corsi di sopra, facendomi mancare il respiro e inciampando in un paio di gradini, sentendo la risata di Jen a quella scena. Ero ridicola, mi rendo conto. Mi fermai col fiato corto davanti alla nostra camera da letto, scivolando lungo la porta e sedendomi un momento sulla moquette.
Posai la testa contro la porta, cercando di regolarizzare il battito del cuore, invano.
Era appena diventato un treno in corsa, e avevo una mandria di elefanti nello stomaco, altro che le farfalle. Feci l’ennesimo respiro profondo, fin quando non sentii le parole di una delle mie canzoni preferite riempire la camera da letto. A volume altissimo, come fosse un grido d’aiuto.
You’ve got the words to change a nation, but you’re biting your tongue… You’ve spent a lifetime stuck in silence, afraid you’ll say something wrong… If no one ever hears it how we gonna learn your song? So come on, come on…
Mi accorsi appena di stare piangendo e mi alzai in piedi, abbassando la maniglia e aprendo la porta, trovando Zayn sdraiato sul letto con un cuscino sulla faccia, come se stesse cercando di non pensare a niente, come se cercasse di evadere dalla realtà anche se solo per un momento.
Senza pensarci due volte mi chiusi la porta alle spalle e mi sdraiai accanto a lui, prendendogli la mano e intrecciandone le dita alle mie, come se fosse la cosa più naturale di questo mondo. Sentii le sue dita assecondare le mie e stringermi appena la mano, prima che la sua mano libera levasse il cuscino che teneva sul viso.
Non sembri più serena”, mi disse mentre finiva una canzone e ne iniziava un’altra.
Scossi appena la testa avvicinandomi a lui per abbracciarlo. “Senza di te? Impossibile”, mormorai cercando di smettere di piangere, senza troppo successo. Lo sentii sorridere contro i miei capelli, ma non disse una parola. Iniziò ad accarezzarmi la schiena, continuando a rimanere in silenzio. Gli lasciai un bacio sulla clavicola, ma niente. Neanche una parola. “Vuoi proprio farmelo dire, vero?”.
Stavo solo assaporando il momento, amore”.
Sbuffai, facendolo ridere, le labbra a qualche centimetro dal mio orecchio. E poi, un attimo… amore? Vi prego, se è un sogno, non svegliatemi. “Resta il fatto che tu vuoi farmi dire che…”. Mi blocco aspettando la sua reazione, che non tarda ad arrivare. In un secondo mi è sopra, le mani a bloccarmi i polsi e il suo respiro a mischiarsi col mio. Sorrisi, inarcando un sopracciglio.
Cosa voglio farti dire, principessa?”.
Mi è mancato sentirmi chiamare così”, mormorai cercando di dargli un bacio a stampo, ma centrai solamente l’angolo della bocca. Alzai gli occhi al cielo, cercando di trovare le parole giuste. Lo guardai negli occhi, che nel frattempo erano diventati scuri. Scuri almeno quanto lo erano stati due settimane prima. E guardandoli, fu come se il mio cuore tornasse integro. Mi erano mancati, i suoi occhi. Come mi erano mancate le sue labbra, le sue braccia tatuate, il suo sorriso, il suo ciuffo sempre in ordine, il suo odore e il suo sapore… “Sono innamorata di te”, mormorai.
Labbra contro labbra.
Occhi negli occhi.
Azzurro nel cioccolato.
Amore nell’amore.
Mi leccai un labbro con un sorriso. Sorriso che in un attimo comparve anche sul suo volto, illuminandolo, e facendone schiarire gli occhi, che da cioccolato diventarono verde scuro, con un milione di pagliuzze dorate. In un attimo sentii le sue labbra iniziare a baciarmi la mandibola, dall’orecchio al mento e ritorno, per poi arrivare alle mie labbra e posarsi su di esse, facendomi ridere.
Pensavo non mi amassi, sai?”, ammise in un sussurro, tra un bacio e l’altro.
Perché? Perché sono sparita una settimana?”, gli chiesi accarezzandogli una guancia leggermente ispida con due dita. Lui annuì, riaprendo gli occhi e fissandoli nei miei. Dolcezza. Devozione. Amore. Erano le tre cose che riuscivo a vedere in essi. “Non posso non amarti… ho bisogno di te, amore”.

~

ZAYN'S POINT OF VIEW.
Ho bisogno di te, amore.
Ho bisogno di te.
Amore.
Cinque parole. Diciotto lettere. Diciotto piccole lettere, insignificanti di per sé, ma che messe insieme mi riempirono il cuore. Quelle cinque fottutissime parole riuscirono a riempire la voragine che si era creata nel mio petto in quella settimana, facendomi quasi mancare il respiro.
A quelle parole sentii come se mi venisse tolto un peso enorme dallo stomaco. Come se mi avessero liberato di un “problema”, in un certo senso. Ero stato male un settimana. L’avevo aspettata. E non l’avevo cercata, come mi aveva chiesto.
Avevo sofferto, quando se n’era andata era stato come se mi avessero riempito il cuore di schegge di vetro, in modo che ogni volta che il sangue veniva pompato ad esso io provassi dolore. Senza di lei, ogni battito di cuore era dolore. Era inutile. Senza di lei il mio cuore non meritava di battere, perché se io ero il cuore lei era il mio battito.
E l’uno senza l’altro erano inutili.
Avevo bisogno di lei come un cuore aveva bisogno dei battiti.
Vieni, ti porto in un posto”, mormorai dandole un bacio veloce e alzandomi, tirandola su con me e facendola ridere. “E’ una sorpresa”, aggiunsi posandole due dita sulle labbra prima che potesse dire qualsiasi cosa. La vidi alzare gli occhi al cielo, ma sinceramente ero troppo felice per arrabbiarmi.
Era adorabile quando lo faceva, vero. Ma mi dava anche un gran nervoso.
Ed era estremamente sexy, oltretutto.
La feci salire sulla mia schiena, senza che smettesse nemmeno per un secondo di ridere, e scendemmo al piano di sotto, sotto lo sguardo a dir poco incredulo degli altri. Vidi Liberty scuotere la testa divertita, per poi sedersi sulle ginocchia di Niall, ignorandoci completamente mentre uscivano continuando a ridere.
Smisi di ridere solo in macchina, quando vidi Andie accasciarsi contro il sedile e passarsi una mano tra i capelli, quasi senza fiato. La vidi chiudere gli occhi con un sorriso felice, così misi in moto e accesi la radio, facendo partire la mia playlist.
We found loveriempì l’abitacolo, facendomi sorridere mentre guidavo fuori città, guidato dal canticchiare di Andie e dal rumore delle sue dita che battevano contro la sua coscia. “Non hai intenzione di uccidermi, vero?”, mi chiese dopo un po’ senza smettere di tenere gli occhi chiusi.
Alzai gli occhi al cielo. “Non ci riuscirei nemmeno se volessi”, mormorai.
Allora Andie aprì gli occhi. Sentivo il suo sguardo addosso e anche senza guardarla riuscii a capire che stava sorridendo. Ed era vero, quello che le avevo appena detto. Per ucciderla avrei dovuto odiarla. Ma per odiarla avrei dovuto smettere di amarla. E la amavo davvero troppo per smettere di farlo.
Cosa ti ha fatto innamorare di me?”. Per poco non persi il controllo dell’auto, a quella domanda. E lei scoppiò a ridere, posando una mano sulla mia, che tenevo sulla leva del cambio. “Lascia stare”, mormorò dopo un po’ scuotendo la testa. Sorrideva, ma la conoscevo troppo bene ormai. Voleva una risposta, anche se non lo stava dando a vedere.
Presi un respiro profondo. “I tuoi occhi, il tuo sorriso e il tuo atteggiamento… non in quest’ordine”, specificai in un sussurro, mentre la mia playlist passava With you, di Chris Brown. “Il tuo atteggiamento mi intrigava, il tuo sorriso era talmente raro da vedere che quando sbocciava sul tuo viso mi mandava all’altro mondo… e i tuoi occhi sono unici, dovresti saperlo”, aggiunsi con un sorriso continuando a guardare la strada.
Con quelle parole riuscii a zittirla, fino a quando una quindicina di minuti dopo parcheggiai vicino al molo, e la sentii ridacchiare tra sé. Mi voltai verso di lei, trovandola con gli occhi lucidi, allora mi slacciai la cintura e mi avvicinai per lasciarle un bacio sulla punta del naso.
Sei bellissima”, sussurrai asciugandole una guancia.
Lei rise, mordendomi il labbro inferiore. “Non è vero”.
E’ vero, è solo che non ci credi”, ribattei scendendo dall’auto e girandoci intorno per aprirle la portiera. “Facciamo un giro, ti va?”, le chiesi poi intrecciando le mia dita alle sue. Andie annuì, alzandosi poi in punta di piedi per lasciarmi un bacio a fior di labbra.
Avete  mai provato vera felicità? Intendo quel sentimento totalizzante che ti riempie dalla punta dei capelli alle unghie dei piedi, quello per cui sul tuo viso spunta un sorriso da idiota, la maggior parte delle volte senza alcun motivo apparente.
Vi siete mai sentiti talmente bene da non credere che fosse vero? Avete mai riso fino a far scendere le lacrime? O ancora, vi siete mai sentiti talmente innamorati di una persona tanto da voler dare la vostra vita per far sì che lei sia felice?
Per me, la risposta a tutte queste domande retoriche, in quel pomeriggio di fine novembre, era solo una: Andromeda Louise Tomlinson.
Aveva iniziato a piovere – diluviare, a dire il vero – da un paio di minuti, ed eravamo già fradici fino alle ossa, tanto da farmi credere che portarla a Long Beach con quel freddo forse non era stata un’idea tanto grandiosa.
Mi ero ricreduto sentendola scoppiare a ridere, porgendo il viso al cielo e godendosi l’acqua ghiacciata a contatto con esso. Ed ero scoppiato a ridere con lei, quasi fino alle lacrime, quando dopo una decina di secondi aveva incastrato le nostre dita gelide e fradice e aveva iniziato a correre, trascinandomi con sé fino ad una delle torrette del salvataggio.
Deserta, ovviamente.
E per la prima volta in vent’anni, mi ero sentito davvero felice. Come se avessi trovato il mio posto nel mondo. Come se alla collisione delle nostre labbra umide e intirizzite dal freddo, per la prima volta mi fossi sentito davvero a casa.
Forse non mi ero mai sentito tanto bene in tutta la mia vita. Se credevo che fosse vero? A fatica, devo ammetterlo. La mia vita non era mai stata delle migliori, ma in quel momento riuscivo solo a sentire le braccia esili di Andie intorno alla vita, a vedere i suoi occhi color pervinca riflessi nei miei e a sentire le sue labbra, posate delicatamente contro il mio mento leggermente ispido.
Liam aveva ragione”, la sentii mormorare. La sua voce era la mia panacea, riusciva a guarire qualsiasi ferita, più o meno profonda. Sembrava quasi ultraterrena alle mie orecchie, come se appartenesse ad un angelo.
O ad una stella.
Ma alle sue parole tornai in me, inarcando un sopracciglio. Profondamente divertito dalla situazione. Io stavo per dire di amarla più di quanto avessi mai amato me stesso, e lei nominava Liam. Divertente. Ma mi trattenni dal ridere, non so come.
Ha detto che quando mi guardi, lo fai come uno che morirebbe per salvarmi”, mormorò con un mezzo sorriso. Stava tremando dal freddo, e io con lei. “E’ vero, amore?”, mormorò ancora, tenendomi stretto a sé per sentire meno freddo. Sorrisi, posando le labbra contro i suoi capelli. Si notava così tanto? La amavo a tal punto che quando stava male lei stavo male anche io.
Al poter morire per lei. Sì, lo avrei fatto, senza riserve.
E’ vero”, ammisi scocciato, facendola ridere.
Rimaniamo qui?”, mi chiese dopo un po’ sedendosi sul pavimento della torretta e tirandomi giù con sé, posando infine la testa sulla mia spalla. Annuii con un mezzo sorriso, attirandola poi a me per un bacio. Lei sorrise contro le mie labbra, per poi farmi sdraiare e sedersi a cavalcioni su di me, senza staccare le labbra dalle mie nemmeno per un secondo.
Risi, accarezzandole la schiena da sotto il maglione e la canottiera. “Che stai facendo, piccola?”, le chiesi con il fiato corto mentre passava a torturarmi il collo con le labbra e la lingua, lasciando il morso giocoso di tanto in tanto.
Si staccò appena, sollevandosi per guardarmi negli occhi. I suoi si erano come scuriti dal desiderio, mentre mi scostava i capelli ancora umidi dalla fronte. “Voglio fare l’amore con te, Zayn”, mi disse in un soffio, le labbra a un millimetro dalle mie.

~

ANDROMEDA'S POINT OF VIEW.
Non posso credere di averlo detto davvero.
Mi sentii arrossire immediatamente, e nascosi il viso nell’incavo del suo collo, nel più completo imbarazzo. E lo sentii ridere sottovoce contro il mio orecchio. “Ehi, hai detto fare l’amore”, mormorò Zayn stirando le labbra in un sorriso. Annuii, leggermente confusa, quando a me sembrava di aver detto la cosa più normale di questo mondo. Avevamo appena scoperto che la porta della torretta era aperta e le dita infreddolite del mio ragazzo stavano lottando contro i bottoni del mio cappotto. Mi venne da ridere. “Michelle non ha mai usato quelle due parole”.
Io non sono Michelle”, ribattei con un sorriso liberandolo dal cappotto, dal maglione e dalla canottiera.
Lo so, tu sei molto meglio”.
Arrossii, sfiorando con le dita tremanti dal freddo uno dei suoi tatuaggi. Due ali di angelo, con al centro un cuore. Per quanto mi riguardava, era lui stesso un angelo, un angelo che in meno di tre mesi mi aveva rubato il cuore. Zayn era il mio angelo.
Sfiorai un tatuaggio dopo l’altro, con la punta delle dita, facendolo rabbrividire. Erano davvero tanti, ma a dire la verità su di lui non stonavano. Erano i tatuaggi giusti al posto giusto, uno per uno, anche se ancora di alcuni sinceramente non avevo capito il significato.
Anch’io ho un paio di tatuaggi, lo sapevi?”, gli chiesi facendogli alzare gli occhi al cielo. Per tutta risposta sentii le sue dita scorrere lungo la spina dorsale, ormai libera dai vestiti bagnati, fino a fermarsi sulla scritta che avevo tatuata appena sotto le fossette di venere.
Devo ricordarti che ti ho già vista in biancheria intima? Non potevo non notare quella scritta…”. Risi, rabbrividendo al contatto con le sue dita, che intanto si stavano spostando lungo il fianco, fino a posarsi sulla cresta iliaca sinistra. “Solo che non capisco che simbolo sia, né cosa significhi quella frase…”.
Sospirai, lasciandogli un bacio a stampo. Non mi andava di parlarne in quel momento, lo desideravo troppo. Più di quanto fosse lecito. “Provehito in altum, significa “lanciati verso l’alto” in latino… e la triad è il simbolo dei Thirty seconds to Mars”, ammisi arrossendo violentemente. Zayn si mise a ridere contro le mie labbra, sfiorandomi il labbro inferiore con la lingua.
Mi ero fatta fare entrambi i tatuaggi dopo il famoso concerto di Londra, dopo l’abbraccio di Jared. Dopo le sue parole. Io credo in te, mi aveva mormorato un attimo prima di farmi scendere dal palco, alludendo ai tagli sui miei polsi. Lui voleva che smettessi, e l’avevo fatto. Lui credeva in me, e quei due tatuaggi erano la prova tangibile di quanto io credessi in lui.
Anche”. Bacio. “Io”. Bacio. “Credo”. Bacio. “In te”.
Altro bacio, che col passare dei secondi si stava trasformando in un bacio tutto tranne che casto. Sorrisi contro quelle labbra perfette, e lasciai che mi facesse sdraiare sul divano che si trovava lì dentro, per poi sdraiarsi delicatamente su di me. E sembrerà la cosa più strana del mondo, ma non sentivo nemmeno più freddo.
Sicura?”, mi sentii chiedere dopo una manciata di secondi. Sfiorai il naso di Zayn con il mio, sorridendo. Lo volevo, volevo fare l’amore con lui più di qualsiasi cosa al mondo. Era il momento perfetto. Nel luogo perfetto – nonostante il freddo – e con il ragazzo perfetto.
Sicura”, mormorai tenendo gli occhi nei suoi.
Marrone nell’azzurro.
Azzurro nel marrone.
La luce nelle tenebre.
Il fuoco nell’acqua.
La “A” nella “Z”.
Un attimo e non esistevano più né Zayn né Andromeda. Loro erano due unità separate, ma in un certo senso unite. In quel momento invece io e Zayn eravamo uniti, uniti più che mai, in ogni modo possibile.
Ti amo”, mormorai un attimo prima di addormentarmi, la testa sul suo petto e un sorriso felice sulle labbra. Il sorriso più felice della mia vita, il sorriso di una ragazza perdutamente innamorata del suo principe.
Ti amo anch’io, principessa”.


 



In perfetto orario... non so come ci sono riuscita, a dire il vero.
Coooomunque, vi avevo promesso un capitolo RICCO di contenuti, penso di essere riuscita nel mio intento, yep.
Un GRAZIE enorme alle 23 che hanno recensito.
Un GRAZIE gigante a chi ha messo la storia tra le preferite/ seguite/ricordate.
Poi... beh, che altro dire? Me la lasciate una recensione, vero?
Ora mi dileguo, che sono in università, piove e devo tornare a casa. Pfff.
Vi lascio i miei contatti, e la pubblicità c:
Alla settimana prossima, xx Fede.

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1. "I never let you go" di SmilerBelieber
2. "We're not dangerous" di Remij

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Capitolo 14
*** Anita. ***




 

Capitolo 14. Anita.



MICHELLE’S POINT OF VIEW.
Inizio dicembre. Freddo, davvero troppo freddo. Sopportavo a malapena il freddo inglese, figuriamoci New York in pieno inverno. Stavo bubbolando senza nemmeno essere scesa dall’aereo, porca troia. Sbuffai, stringendomi nel mio cappotto color panna di Chanel, e mi sistemai il berretto di lana sulla testa, trattenendomi dall’urlare dalla frustrazione.
Dovevo ancora capacitarmi di quello che stavo facendo.
Avevo la parola vendetta scritta a caratteri cubitali sulla fronte.
Vendetta per essere stata lasciata, vendetta per tutto il male che avevo dovuto subire. Vendetta verso Zayn Jawaad Malik, il mio ex migliore amico, il mio ex ragazzo. Vendetta, punto. Se la meritava, per avermi lasciata per una stupidaggine. Per avermi lasciata per quella vacca che adesso probabilmente lo venerava come un Dio. Non poteva essere altrimenti, in effetti.
Lui non poteva amare nessun’altra che non fossi io.
Me l’aveva promesso. Aveva promesso che avrebbe amato sempre e solo me.
Chiamai un taxi, decisa più che mai a fargliela pagare. Farla pagare a lui, e a lei, che me l’aveva portato via. Farla pagare a chiunque altro si fosse messo sulla mia strada. “Alla Columbia University”, dissi al tassista regalandogli un sorriso, mentre caricava le mie valigie nel bagagliaio. “Preparati, Malik… la vendetta va servita fredda”, mormorai tra me mentre il tassista metteva in moto.

~

ANDROMEDA'S POINT OF VIEW.
Era passata una settimana.
Una settimana dal mio “ti amo”. Una settimana dal diluvio che ci aveva fatti raffreddare entrambi. Una settimana, dalla nostra prima volta, nella torretta del salvataggio. Una settimana, ma ancora se chiudevo gli occhi riuscivo a rivivere ogni attimo perfetto passato con lui.
Dopo quella notte, non ero riuscita a smettere di sorridere nemmeno per un istante.
Stavo guardando Zayn dormire da una mezz’ora buona, senza muovermi dal suo abbraccio per non svegliarlo. Era davvero troppo bello quando dormiva. Il mio angelo. Mio. Tre lettere, ma proprio una bella parola a pensarci bene, no? Ma ormai erano quasi le otto e mezza, mi dovevo alzare, purtroppo.
Piccolo”, mormorai tracciando dei ghirigori sul suo petto con la punta delle dita. Scesi con le dita verso gli addominali. Niente da fare, immobile come una statua. Ancora col respiro pesante di uno che sta dormendo e non ha intenzione di svegliarsi. “Amore”, ci riprovai, lasciandogli un bacio sulla clavicola, dove la sera prima gli avevo lasciato un succhiotto, che durante la notte era diventato viola.
Mio. Decisamente mio.
Sbuffai, vedendo che non aveva intenzione di svegliarsi. Allora presi la macchina fotografica dal comodino e mi misi a cavalcioni su di lui. Non mi importava di svegliarlo, a quel punto. Misi a fuoco e scattai qualche primo piano, nella penombra della nostra camera da letto, sorridendo quando gli vidi storcere il naso, ancora addormentato nonostante lo scattare della macchina fotografica.
Non riuscivo a credere che stesse ancora dormendo, cazzo.
Hai finito col servizio fotografico?”, mi sentii chiedere dopo una manciata di secondi. La sua voce appena sveglio? Roca, sensuale, meravigliosa, quasi ultraterrena. Sorrisi e mi chinai su di lui per lasciargli un bacio sulla punta del naso. “Ciao, piccola”, aggiunse cingendomi i fianchi e iniziando a farmi il solletico.
Sussultai, iniziando a ridere. “Smettila… Zayn… amore, basta”, riuscii a dire tra una risata e l’altra. Mi accoccolai contro il suo petto non appena lo sentii smettere, e sospirai. Era una cosa che facevo spesso in quel periodo, senza nemmeno saperne il motivo scatenante. “Devo andare a lezione”, mormorai, più a me stessa che a lui.
Ti accompagno, se vuoi…”, mormorò di rimando, accarezzandomi i capelli.
Sinceramente? Credevo lo facesse apposta ad accarezzarmi in quel modo. Mi faceva venire voglia di rimanere sotto le coperte mezza nuda, con lui, tutta la giornata. Mi faceva passare la voglia di fare la studentessa modello, quell’amore di ragazzo.
Considerato quanto ci metti a sistemarti i capelli…”. Mi bloccò scoppiando a ridere, nello stesso momento in cui bussavano, insistentemente, alla porta della nostra camera da letto. “Vado da sola… Che vuoi, Louis!”, aggiunsi a voce più alta, scendendo mio malgrado dal letto e caracollando non troppo elegantemente verso la porta, che aprii di scatto, trovandomi davanti Harry. “Ciao, mio piccolo cupcake!”, esclamai, facendolo scoppiare a ridere, scuotere la testa e alzare gli occhi al cielo.
Cazzo, peggio di me.
Sei ancora in pigiama”, mi fece notare con un sopracciglio elegantemente inarcato. Sbuffai, legandomi i capelli e infilandomi un paio di jeans e gli stivali al ginocchio col tacco. Ignorai il fatto che ci fossero due ragazzi e mi levai il reggiseno, infilandomi velocemente una canottiera bianca smanicata con sopra una giacca a righe bianche e nere.
Che avete da guardare?”, sbottai passando con lo sguardo da Zayn a Harry e viceversa.
Il primo mi guardava con la mascella contratta. Geloso e terribilmente sexy.
Il secondo sorrideva apertamente, scuotendo leggermente la testa.
Non capivo dove fosse il problema. Insomma, Zayn non aveva motivo di essere geloso del mio migliore amico omosessuale, felicemente fidanzato con mio fratello altrettanto omosessuale. E Harry dal canto suo mi aveva vista nuda tante di quelle volte che ormai non mi dava nemmeno più fastidio. Anche perché era come se Libby mi vedesse nuda, visto che sessualmente Harry non provava assolutamente nel vedermi nuda, giusto? Giusto.
Mi riscossi quando sentii la risata del mio migliore amico perforarmi le orecchie.
Il tuo ragazzo è geloso”, mi fece notare Harry passandosi una mano tra i ricci. “Ti aspetto in macchina”, aggiunse lasciandomi un bacio sui capelli, appena prima di uscire e chiudere la porta. Appena prima che io con un sorriso risalissi sul letto, mettendomi di nuovo a cavalcioni su Zayn, che mi teneva il muso.
Sei in ritardo”, mi disse acido.
Non devi essere geloso di Harry, lo sai”, ribattei ignorando il suo tono di voce e abbassandomi per dargli una serie di baci lungo la mandibola, arrivando al mento e salendo fino alle labbra, fino a lasciargli un bacio sulle labbra. “Ti amo, cucciolo”, mormorai lasciandogli poi un bacio sul naso e scendendo dal letto.
Presi la borsa, mentre Zayn si girava a pancia sotto borbottando qualcosa.
Mi fece sorridere, mentre uscivo dalla camera da letto e successivamente uscivo di casa. Continuai a sorridere nonostante il comportamento di Zayn. Alcune avrebbero potuto incazzarsi ad un comportamento del genere. Ma era dolce. Insomma, il mio ragazzo non era uno di quei gelosi possessivo-compulsivi. Era… dolce, quando si ingelosiva.
Salii in macchina ignorando apertamente il sorriso da deficiente di Harry. Era sul punto di scoppiare a ridere, riuscivo a capirlo anche senza guardarlo. Così decisi di guardare fuori dal finestrino fino alla Columbia. La neve che cadeva, la gente che rischiava di scivolare sui marciapiedi, le solite cose, visto il periodo dell’anno.
Ignorai Harry per tutto il viaggio in macchina, continuando a pensare al comportamento di Zayn di poco prima. E continuando a sorridere. Non riuscivo a smettere di farlo, nonostante fosse stato geloso di me. Anzi, forse era proprio quello che mi faceva sorridere.
Avanti, innamorata… siamo arrivati”.
La voce di Harry, seguita dalla sua risata, mi riportò alla realtà, facendomi tornare l’acida di sempre. Più o meno. Certo, non ai livelli di acidità pre-Zayn, ma c’eravamo quasi. “Fottiti, Styles!”, gli dissi scendendo dall’auto e sbattendo violentemente la portiera, per poi attraversare mezzo campus con la risata divertita del riccio nelle orecchie.
Risata che automaticamente fece comparire un sorriso sul mio volto.
Ma sorriso che svanì quasi immediatamente quando per la distrazione, per il ghiaccio e per i tacchi, quasi non mi schiantai contro una ragazza alta più o meno quanto me, con una cascata di boccoli castano scuro e un adorabile berretto rosso sul capo. Ma la cosa più incredibile era il cappotto bianco panna che indossava.
Un cappotto di Chanel che valeva qualcosa come ventimila dollari.
L’avrei insultata se non avesse avuto indosso quel cappotto, lo ammetto. Non guardava dove stava andando, e mi era venuta addosso lei, o no? “Oddio, scusami!”, mi anticipò puntando i suoi meravigliosi quanto magnetici occhi castani. Sembrava cioccolato fuso, il colore dei suoi occhi. Cosa che mi fece pensare a Zayn, ovviamente. Solo che non ne capivo il motivo sinceramente. “Sono così distratta, mi sono appena iscritta, e ho tanto a cui pensare…”.
Non riuscii a trattenere una risata, e le porsi una mano.
Andromeda, puoi chiamarmi Andie”, aggiunsi notando che aveva inclinato la testa da un lato, confusa dall’evidente stranezza del mio nome. Perché, ammettiamolo, quale madre sana di mente darebbe alla figlia il nome di una costellazione? Ma mia madre non è mai stata sana di mente, è risaputo. Quindi, problema superato.
Anita, piacere”, mi disse lei con un sorriso a trentadue denti, che ricambiai.
Sembrava tanto innocua e carina.
Sembrava, appunto.

~

Avete quelle ragazze che non fanno altro che parlare e parlare… sempre, di continuo. Tipo Liberty. Logorroiche, insomma. Ma Anita faceva paura da quanto parlava. In due ore di cultura visuale sapevo quasi più di lei di quanto non sapessi di me stessa.
E di rimando lei stava imparando tutto di me.
Era carina e coccolosa come i pinguini di Madagascar, avete presente?
Ed era tanto dolce, nonostante la sua voce mi desse quasi la nausea ad un certo punto, che rispondere a quelle domande tanto banali mi veniva naturale, come stessi parlando con un'amica.
"Okay, vediamo... Sei fidanzata?", mi chiese voltandosi totalmente verso di me. Incurante della professoressa Scott che ci guardava. Incurante del fatto che ci conoscessimo tipo da tre ore. Sembrava che fosse più interessata a conoscere me che non a seguire la lezione.
Stava diventando inquietante.
"Sì, da poco più di un mese", mi arresi dopo una manciata di secondi. Cazzo, era già un mese che io e il bel terrorista stavamo insieme, ci avreste mai creduto? Se me lo avessero detto l'estate precedente probabilmente avrei riso in faccia a chiunque me l'avesse detto. Togliete il probabilmente. Era sicuro al cento per cento che l'avrei fatto.
Ma Zayn mi aveva cambiato la vita, inutile negarlo ormai.
Mi riscossi quando sentii Anita battere le mani, eccitata come una bambina piccola. Ho già detto che stava diventando inquietante? Molto inquietante. "È fantastico, come si chiama il fortunato?".
Stava ancora gesticolando come una deficente, quando mi accorsi di un tatuaggio tanto familiare da sembrare irreale. Sul polso sinistro aveva tatuato uno yin yang, nello stesso identico punto in cui ce l'aveva Zayn. Delle stesse dimensioni e nello stesso punto, come se... come se lo avessero fatto insieme.
Scossi la testa con un mezzo sorriso, era impossibile.
Doveva essere una coincidenza. Una coincidenza inquietante, ma pur sempre una coincidenza. Insomma, poteva essere che una ragazza di Bradford, appena arrivata a New York, avesse lo stesso identico tatuaggio del mio ragazzo, no?
Non le risposi, comunque, e cercai di seguire per quel poco che rimaneva della lezione della professoressa Scott. Ma la verità era che alla vista di quel tatuaggio mi era mancata l'aria, come quando si ha un brutto presentimento.
E smettendo di parlare con Anita avevo smesso anche di sorridere. Perché in fondo non c'era niente da sorridere, ecco tutto. Era una ragazza che conoscevo a malapena, logorroica e inquietante. Perché cazzo avrei dovuto sorriderle?
Non ce n'era motivo.
Ce la fai a venirmi a prendere? Devo parlarti di una cosa. Ti amo, A.Digitai in fretta quel messaggio e lo inviai a Zayn, sorridendo appena e cercando di non farlo leggere alla ragazza seduta al mio fianco.
Così, alla fine della lezione mi stavo per eclissare. Stavo per sparire dalla circolazione. Mi serviva Zayn, subito. Mi mancava l'aria da quanto ero agitata. Agitata senza un motivo apparente. Agitata.
Sbuffai, velocizzando il passo per uscire da lì il prima possibile, ma la fortuna proprio non era dalla mia quel giorno. Era la seconda persona che mettevo sotto quel giorno. E se si fosse rivelata come Anita c'era davvero da avere paura.
Ma il brutto era che avevo quasi buttato a terra l'unica professoressa che non riusciva a sopportarmi. Quella gelosa di me, come mi aveva detto Zayn una volta. "Mi scusi, signorina Delgado", borbottai senza nemmeno degnarla di una sguardo e continuando a camminare per la mia strada, senza fermarmi fino al parcheggio, dove Zayn mi aspettava appoggiato alla portiera della macchina.
"Whoa, piccola!", mi disse divertito quando praticamente gli saltai addosso. Mi rilassai visibilmente, mentre mi accarezzava la schiena e mi lasciava un bacio sulla tempia. Sfiorai le sue labbra con le mie, allora mi sentii davvero a casa, in pace con me stessa come forse non mi ero mai sentita. "Credevo tornassi a casa con Harry".
Nel suo tono di voce non c'era più la gelosia di quella mattina. E anche se da geloso era adorabile, devo ammettere che mi sentii meglio, anche se non del tutto tranquilla.
"Devo raccontarti una cosa che mi è successa...".
"Un sogno erotico?". Risi, dandogli poi una pacca sulla spalla. Come facevo a stare con un ragazzo tanto pervertito? E bellissimo, dolcissimo e tanto tanto sexy. Okay, forse il fatto che fosse pervertito non era così importante, no?
"Sono seria, amore", gli feci notare salendo in auto. Aspettai che salisse e che mettesse in modo, dopodiché iniziai a raccontargli per filo e per segno dello scontro con Anita, e di tutte le domande personali che mi aveva rivolto durante le tre ore di cultura visuale. Gli raccontai dello scontro con la Delgado, ma mi bloccai quando mi tornò in mente il motivo della mia agitazione.
"Ehi, che hai?", mormorò il mio ragazzo fermandosi per fare attraversare una donna che spingeva una carrozzina gemellare. Oh, che dolce! "Andie, mi stai facendo preoccupare...".
"Ha il tuo stesso tatuaggio", sbottai passandomi una mano tra i capelli. Era quello il vero motivo per cui ero agitata. In fibrillazione, quasi. Zayn si voltò verso di me, inarcando un sopracciglio, chiaramente confuso. "L'imbecille che mi ha fatto il terzo grado", spiegai sbuffando rumorosamente.
La donna con la carrozzina aveva attraversato ormai, ma Zayn non accennava a voler ripartire. Era come impietrito sul posto, lo sguardo perso nel vuoto. "Come hai detto che si chiama?", mi chiese dopo un po', tornando a guidare.
Il suo tono di voce era freddo, gelido, glaciale. Come se sapesse già la risposta e quella risposta non gli piacesse per niente. "Anita", riuscii a mormorare. Un sussurro, ero troppo intimorita dal suo sbalzo d'umore per riuscire a connettere. "E mi ha detto di venire da Bradford, per questo mi sono spaventata quando ho visto il tatuaggio...".
"Devi stare lontana da lei", mi interruppe, freddo come la neve che scendeva intorno a noi. Freddo, come una stilettata al cuore. Ma sinceramente non sembrava incazzato con me, piuttosto con lei. Che la conoscesse? Non riuscivo proprio a capire... "È Michelle", mormorò voltandosi un attimo per guardarmi negli occhi.
Il suo sguardo era tornato caldo in un attimo, incredibile.
Ma, un secondo. Fermate tutto e riavvolgete il nastro, non penso di aver sentito bene. Sgranai gli occhi, come a chiedere a Zayn se si riferisse proprio a quella Michelle. E quando lo vidi annuire fu come se l'intero universo mi cascasse addosso. Oh cazzo.
Michelle. Mi era sempre piaciuto come nome, ma improvvisamente sembrava aver perso ogni attrattiva. Chissà perché, mi chiedo.



 



Ehilà, mie dolcissime crepes alla nutella (?)
Se trovate un appellativo simile nelle recensioni che mando non fateci troppo caso, periodo strano.
Comunque, tornando a noi... questo capitolo, pfff.
Sinceramente non è che mi piaccia un granchè, lo ammetto.
Mi è insipido, boh. Ero anche tentata di non metterlo e farvi aspettare un'altra settimana.
Ma ho provato a ricominciarlo e veniva fuori anche peggio, perciò vi dovrete accontentare di questo lol.
Bene, che altro dire?
Ah, un grazie enorme a chi ha recensito c:
Sorrido come una cretina ad ogni recensione, quindi GRAZIE.
Non ho altro dire... penso.
Ah, invece sì. E' possibile che in settimana riesca a postare una OS su Harry.
In caso verrete avvisate tutte, giuro c:
Okay, sparisco che sto scrivendo il solito poema.
Vi lascio i miei contatti, alla prossima.
xx Fede.

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Capitolo 15
*** Halfbrother. ***




 

Capitolo 15. Halfbrother.

 

Avete presente quella sensazione di terrore che vi attanaglia lo stomaco quando avete un brutto presentimento? È una sensazione strana, orrenda. Una sensazione che non ti permette di dormire, di mangiare, di fare niente. Una sensazione che ti lascia un senso di agitazione, fino a farti venire la nausea.
Me ne stavo seduta sul divano, con le ginocchia al petto, rannicchiata su me stessa e intenta a fissare la televisione spenta. Interessante. Era il venti dicembre. E avevo cercato di ignorare la strana sensazione che avevo avuto al ritorno di Michelle… ma il fatto che mancassero quattro giorni al compleanno di Louis, il ritorno della stronza e la convocazione della Delgado, erano tre cose che non riuscivano a farmi stare tranquilla.
Louis si comportava in modo a dir poco strano da un paio di settimane. Sembrava mestruato, detto tra noi. Trattava male tutti, compresa me e il suo ragazzo. Ed era proprio quella la cosa strana, che trattasse male Harry. Io in fondo ero abituata al fatto che fosse lunatico.
Nessuno riusciva a capire cosa avesse. Tantomeno io che ero la sorella.
Nemmeno Lottie, che era a New York da una settimana, riusciva a capirlo.
La cosa iniziava ad essere preoccupante.
In più, quella psicopatica della mia professoressa di storia dell’arte, mi aveva dato appuntamento nel suo ufficio. Il ventitré dicembre. Vi sembra normale? A me no, proprio per niente. Anche perché proprio non riuscivo ad immaginare cosa volesse da me, quella stronza.
Ero tornata in modalità acida da quando era apparsa Michelle.
Il che implica la finezza di una scaricatrice di porto, l’irritabilità di una donna in menopausa e la voglia di vivere di un tubero. Sì, un tubero. Avete presente le patate e le carote? O lo zenzero? Ecco, io ero un tubero.
Ed essere in quello stato sotto Natale non era proprio da me.
Io avevo sempre amato il Natale. Anche perché il compleanno di mio fratello era la vigilia. E il compleanno del mio idolo il ventisei dicembre. Erano tante cose felici tutte vicine. Ed era anche per quel motivo che mi piaceva così tanto l’inverno.
Tornando a noi. Era il venti dicembre, e per non soffrire il freddo e scampare alla maledizione Michelle Anita Adams, io e Zayn ce ne stavamo una sopra l’altro sotto il piumone… a parlare. La maggior parte del tempo almeno. Eravamo nel nostro bozzolo da tipo tre giorni, e ne uscivamo solo per mangiare o andare in bagno.
Di solito, almeno.
Ho fame”, mormorai contro le sue labbra sentendo lo stomaco brontolare. Zayn rise, passandomi le dita lungo la schiena, fermandosi sulle fossette di Venere. Il mio punto debole. Ma dopotutto in quei tre giorni gli avevo raccontato tutto. Tutto, davvero tutto quanto. Dal colore preferito, alla storia della mia vita. E ovviamente aveva imparato a conoscere anche il mio corpo, alla perfezione.
Anch’io ho fame, piccola”, mormorò di rimando mordendomi il labbro inferiore.
Pervertito, Malik.
Ma riuscì a farmi ridere. E a farmi arrossire. “Intendevo di cibo”, gli feci notare con un sorriso tirandomi su, sedendomi sul suo bacino.Era incredibile anche spettinato e con una canotta logora addosso. La canotta che era sua e poi era diventata mia per la festa a casa di Liam. “Sei bellissimo, te l'ho mai detto?”.
Lui rise, tirandosi su e sfiorando il mio naso con il suo. “Che ne hai fatto di quell'acida della mia ragazza?”, scherzò succhiandomi il labbro. Alzai gli occhi al cielo, distogliendo il cielo dalla terra, solo per un istante. La mia parte acida era quasi completamente scomparsa quando avevo conosciuto lui, inutile negarlo ormai.
Sai che era solo una facciata, Malik”.
Lui rise ancora, strofinando il naso nell'incavo del mio collo, per poi lasciarmi una scia di baci fino alla punta della spalla, facendomi sfuggire un sospiro. Chiusi gli occhi facendo sfarfallare le ciglia, mentre le sue labbra risalivano, fino a fondersi con le mie, facendomi sorridere. “Ordiniamo cinese?”, mi chiese Zayn tra un bacio e l'altro.
Scossi la testa, allontanandomi appena per rivolgergli un sorriso malizioso, che in un momento fece scurire i suoi occhi dal desiderio. “Veramente...”, mormorai giocando con l'orlo della canottiera. “È da un po' che non mangio pakistano”.
Ma tu non eri vegana?”.
Risi appena, le labbra a qualche millimetro dal suo orecchio, facendolo rabbrividire. “Non quando si tratta di te, dovresti saperlo”, sussurrai in un soffio, liberandolo della maglietta e lanciandola chissà dove.
Il resto, beh... Immagina, puoi.

~

Svegliarsi con l’odore di involtini primavera nelle narici era sempre stato il mio sogno nel cassetto. Okay, ovviamente no, ma suonava bene come metafora, ammettiamolo. “Ciao”, mormorai aprendo gli occhi e trovandomi davanti il sorriso meraviglioso di mister universo, alias Zayn Jawaad Malik.
Mi stropicciai gli occhi al suo sorriso, troppo abbagliante per una che si era appena svegliata. Mi sa che tutto quel sesso mi rincoglioniva. O forse stavo così perché erano tre giorni che non uscivamo di casa.
Sì, forse era per quello.
Ciao”, mormorò Zayn di rimando, tirando fuori i cartoni del ristorante cinese. Eh, sì, il mio naso non mente mai. Sorrisi come un’ebete, coprendomi col lenzuolo e avvicinandomi per dargli un bacio a stampo.
Stiamo diventando troppo smielati, Malik”, gli feci notare mordicchiando un involtino primavera. Lui rise, scompigliandomi i capelli. “Non sto scherzando, magari dovremmo uscire…”.
Piccola, Michelle…”.
Non eri tu a dire che dovevamo ignorarla?”, gli feci notare inarcando un sopracciglio. Non volevo litigare, non dopo quei tre giorni, non dopo quello che avevamo passato. Non con Zayn. “Non lascerò che quella troia mi rovini il Natale, okay?”, gli chiesi mettendo da parte la mia cena e prendendogli il viso tra le mani.
Fissai lo sguardo nei suoi occhi, quasi verdi e quasi lucidi, in quel momento.
Gli lasciai un bacio sulla punta del naso, come per tranquillizzarlo, ma la verità era che Zayn era davvero spaventato. Gli lasciai un altro bacio e scesi dal letto, recuperando le biancheria intima e un paio di jeans stretti, quando la sua voce mi bloccò al mio posto. Ferma, immobile, senza più la forza di muovermi.

~

ZAYN'S POINT OF VIEW.
Feci un respiro profondo, assaporando il sapore delle sue labbra, che era rimasto sulle mie. “Ho paura che possa portarti via da me”, ammisi in un sussurro mentre Andie recuperava i suoi vestiti dal pavimento. Ero quasi convinto che non mi avesse sentito, ma poi la vidi diventare immobile, come una statua.
E non potei far altro se non sorridere, a quella reazione, alzandomi poi dal letto e abbracciandola da dietro, posando il mento nell’incavo del suo collo. Sentii Andie rilassarsi mentre le sfioravo il collo. “Non mi porterà via da te, lo sai…”, la sentii sussurrare mentre cercavo di non scoppiare in lacrime.
Perché sì, anche Zayn Malik ha dei sentimenti.
Sai che ringrazio ancora tuo fratello? Ogni singolo giorno”, riuscii a dire lasciandole un bacio alla base del collo. La sentii sorridere. Ed era vero, ringraziavo Louis ogni giorno, per avermi chiesto di andare a vivere con loro, per avermi fatto conoscere sua sorella.
Per avermi fatto dimenticare Michelle.
Per avermi fatto innamorare di nuovo, quando non lo credevo possibile.
Immagino, amore”, mormorò Andie, strappandomi dai miei pensieri. E facendomi sorridere. E stavo per chiederle di stare attenta a Michelle. Di non farsi imbambolare dalle sue parole. Di non parlarle proprio, nel limite del possibile. “Starò attenta, te lo prometto”, mi disse voltandosi verso di me e prendendomi il viso tra le mani. “Ma non posso prometterti che non le metterò le mani addosso…”, aggiunse con un mezzo sorriso.
E mi fece scoppiare a ridere, con la lingua tra i denti.
Sapevo perfettamente che adorava quando lo facevo, e quando la vidi mordersi il labbro non capii più niente, e la presi in braccio, facendo scontrare le labbra con le sue, nel momento esatto in cui bussavano alla porta.
Cercai di ignorarlo, ma Andie mi mise una mano sul petto, ridendo.
Chi è?”, chiese giocando con il mio labbro inferiore.
Lottie, maialini”, scherzò sua sorella, facendo ridere entrambi. Aprii la porta con Andie ancora in braccio, tenendola su per i glutei e vidi Charlotte inarcare entrambe le sopracciglia a vederci in quello stato. Io in boxer e lei in mutande e avvolta dal lenzuolo, con le gambe avvolte intorno alla mia vita e le braccia unite dietro al mio collo. “Va bene, farò finta di niente… la Delgado al telefono, tesoro”.

~

ANDROMEDA'S POINT OF VIEW.
Sbuffai, non appena sentii le parole di mia sorella.
Che palle. Io e Zayn stavamo da Dio, stavo anche smettendo di pensare a Michelle. E ora la telefonata della Delgado, non mi mancava nient’altro. Diedi un bacio a stampo a Zayn e lo obbligai a farmi scendere, per poi infilarmi una camicia di Zayn e correre al telefono.
Feci un respiro profondo e mi portai la cornetta all’orecchio.
Pronto, signorina Delgado”, dissi passandomi una mano tra i capelli.
Signorina Tomlinson, l’ho chiamata per chiederle di venire prima per il nostro colloquio, ce la farebbe per stasera? Io sono ancora al campus…”. Alzai gli occhi al cielo e mi mordicchiai il labbro pensierosa.
Cosa poteva esserci di tanto urgente da chiamarmi a casa alle sette di sera?
Va bene, io… mi vesto e arrivo”, le dissi mentre Zayn compariva in cucina, seguito da Lottie. Parlavano concitatamente, ma come se non volessero che io li sentissi. E non appena mia sorella si accorse che ero ancora al telefono, scosse la testa, tirando poi una gomitata al mio ragazzo. “A tra poco, signorina Delgado”.
E praticamente le chiusi il telefono in faccia, guardando mia sorella e il mio ragazzo. Un espressione preoccupata aleggiava sul viso di entrambi. Soprattutto sul viso meraviglioso di Zayn. Inarcai un sopracciglio.
Abbiamo un problema”.
Oh, strano. In quel periodo c’erano più problemi che altro, in quell’appartamento. Il ritorno della ex, la professoressa schizzata, il fratello mestruato, la sorella in visita – che a pensarci bene non era tutto questo problema. Che altro poteva esserci?
A Lottie serviva il pc, e ha aperto quello di Louis”, mi spiegò Zayn avvicinandosi e prendendomi una mano. Inclinai la testa da un lato. Non riuscivo a capire, davvero. Guardai negli occhi di Zayn, vedendoci una sfumatura strana, quasi rossa. Una sfumatura che ci avevo visto anche qualche minuto prima.
Paura. Paura di perdere tutto. Di perdere me.
Mi stai facendo preoccupare”, ammisi in un sussurro sfiorandogli una guancia.
Ci sono decine di mail di Michelle… e altrettante risposte di tuo fratello”, mi spiegò, facendomi irrigidire. Immobile, impietrita. Ma non spaventata, sinceramente. Cosa avrebbe potuto fare quella sciacquetta? Insomma, era solo una ragazzina spinta dalla vendetta.
L’amore vince su tutto. Anche sulla vendetta, no?
Le avete lette?”, chiesi in un sospiro camminando verso il bagno e infilandomi nella doccia, seguita da Zayn. Lo vidi scuotere la testa, attraverso il vetro della doccia, allora sorrisi, come a scacciare la preoccupazione che gli stava trasfigurando il viso. “Non lo fate… Michelle non mi porterà via da te, capito?”.
Ti amo, Andromeda”.
Lo disse come fosse un segreto solo nostro, come una promessa che avrebbe cercato di mantenere nonostante tutto, fino alla fine. E forse anche oltre la fine. Con la voce roca, quasi spezzata dalle lacrime. La voce di un ragazzo innamorato. Una voce che mi spezzò il cuore in mille pezzettini.
Sorrisi. “Lo so”, mormorai mentre usciva dal bagno.
Mezz’ora dopo stavo cercando di infilarmi un paio di jeans aderenti senza soffocare. Possibile che fossi ingrassata? Insomma, con tutta l’attività fisica che facevamo io e Zayn mi sembrava impossibile, anche se mangiavo come un maialino all’ingrasso a pensarci bene. Scossi la testa cercando di non pensarci e finii di vestirmi, legandomi poi i capelli in una coda alta, lasciandoli mossi.
Uscii di casa lasciando un bacio rassicurante sulle labbra di Zayn, che stava smezzando la mia cena cinese con mia sorella. Sembrava preoccupata anche lei, per chissà quale motivo. Magari solo per Michelle. Comunque, non indagai, ci sarebbe stato tempo durante le vacanze per rovinarmi le feste.
Durante il viaggio in macchina fino al campus, cercai di non pensarci.
Di non pensare a Michelle, alla Delgado, a Louis, a Lottie. Nemmeno a Zayn. Cercai di non pensare a niente, sparando Closer to the edge ad un volume a dir poco spacca timpani. C’eravamo solo io e la meravigliosa voce di Jared Leto.
Non un pensiero. Non una preoccupazione. Non un problema.
E sarebbe dovuto essere così sempre, nonostante io per natura pensassi davvero troppo. La musica era l’unica cosa che riusciva a farmi evadere per quei quattro minuti. Quattro minuti perfetti, in un mi facevo travolgere dalla tranquillità più assoluta e dalla voce del cantante.
Nient’altro. Io e la musica.
Arrivai al campus con un sorriso rilassato sul volto, camminando per i corridoio totalmente serena, come forse non ero mai stata, nell’ultimo periodo. Ed era strano, visto che stavo andando incontro alla donna che l’anno prima mi aveva fatto ripetere un esame quattro volte.
Bussai alla porta del suo ufficio con sicurezza, quasi con sfrontatezza direi.
Ma di certo non mi aspettavo di aprire la porta e trovarla in lacrime, circondata da decine di fazzoletti appallottolati. Mi chiusi la porta alle spalle e mi avvicinai senza dire una parola. La abbracciai. Chiamatela solidarietà femminile, se vi va, ma quella donna mi faceva una gran pena in quel momento.
La lasciai singhiozzare accarezzandole la schiena.
Non era più la donna sicura di sé che mi trattava di merda a lezione. Era una donna in lacrime, straziata dal dolore, coi capelli scompigliati e il trucco colato, che si era rinchiusa nel suo ufficio e per chissà quale motivo aveva chiamato me.
Va meglio?”, le chiesi dopo un po’, allontanandomi e passandole un fazzoletto.
E’ colpa di suo padre, signorina…”.
Whoa, che? Di che diavolo stava parlando? Così inarcai un sopracciglio, per poi toglierle il fazzoletto di mano e tamponarle le lacrime dal viso. Anche se sinceramente non riuscivo a capire perché lo stessi facendo.
Mi chiami Andie, e mi spieghi di che sta parlando”, aggiunsi portandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio e sorridendole appena. Non sembrava cattiva, in quello stato. E davvero non riuscivo a capire cosa c’entrasse mio padre. Non ci arrivavo. Lui era a Doncaster, a migliaia di chilometri da noi, con la sua amata avarizia.
Suo padre mi ha chiesto di trattarla male, di bocciarla… ha detto che se non l’avessi fatto non avrei rivisto mio figlio”, mi spiegò in breve, mentre altre lacrime scendevano dai suoi occhi celesti. Sgranai gli occhi. Un figlio? “Suo figlio”, aggiunse in un sussurro.
Suo. Suo di chi?
Mi portai una mano alla bocca, quando fissò i suoi occhi nei miei. Quando capii. Suo figlio. Figlio di mio padre. Mi accasciai sul pavimento, la testa tra le mani, le lacrime che scendevano copiose dai miei occhi.
E stavolta fu lei ad abbassarsi al mio livello e ad abbracciarmi.
Avevo proprio bisogno di un abbraccio, lo ammetto. Solo, non avrei mai immaginato di poter abbracciare Carmen Delgado e sentirmi bene. Era come abbracciare una madre, in un certo senso. Una madre che in fondo io non avevo mai avuto. “Mi spieghi…”, le dissi cercando di tornare a respirare normalmente.
La vidi prendere un respiro profondo, come per darsi forza.
Dopodiché iniziò a raccontarmi tutto dall’inizio. Di come lei e mio padre si fossero conosciuti, in Brasile. Mio padre era là per un viaggio di lavoro, e lei ci viveva. Mio padre l’aveva aiutata ad ottenere la cittadinanza americana, a trovare un lavoro… e lei si era innamorata. Innamorata di mio padre, non riuscivo a crederci.
E avevano continuato a frequentarsi, di nascosto da mia madre.
Finchè, comunque, due anni prima era rimasta incinta. L’aveva detto a mio padre, sperando che la aiutasse, che magari lasciasse mia madre e riconoscesse il piccolo. Ma mio padre era sempre stato uno stronzo, non una grande novità.
“Come si chiama?”, le chiesi con un mezzo sorriso.
Parlava di quel bambino come se fosse la sua unica ragione di vita, come fosse l’unica cosa che riusciva ancora a mandarla avanti. Ne parlava con il sorriso sulle labbra, e scuotendo la testa divertita nel descrivere la sua risata, o il suo incredibile sorriso.
Il sorriso del mio fratellastro.
Gabriel”, mormorò passandosi una mano tra i capelli. “Non lo vedo da tre mesi, tuo padre mi impedisce di vederlo, se non ti tratto male agli esami, o a lezione…”. Annuii, capendo tutto al volo. Non andando a lezione, lei non poteva trattarmi male. Di conseguenza mio padre aveva pensato di toglierle l’unica cosa che la faceva sentire viva.
Brutto stronzo.
E’ qui a New York?”, provai a chiedere, cercando di essere il più delicata possibile.
E quando mi sentii dire il nome dell’orfanotrofio in cui mio padre lo teneva segregato, lontano dalla madre, quasi non mi venne un colpo. Era lo stesso orfanotrofio. Lo stesso al quale avrei voluto donare quella cifra nemmeno troppo esorbitante di ritorno dalle vacanze a Doncaster.
Prima di Zayn. Prima di tutto.
Cosa sei disposta a fare per riavere tuo figlio?”, le chiesi alzandomi in piedi e tirando su anche lei. La vidi sorridere timidamente, ma determinata più che mai. E sapevo perfettamente la risposta. Sarebbe stata disposta a tutto, se era disposta a rovinare la mia carriera universitaria.
Tutto, Andie… qualsiasi cosa”.
Allora andiamo a riprenderci Gabriel, non vorrai che passi il Natale lì dentro, vero?”, le chiesi retorica e sarcastica allo stesso tempo, recuperando la borsa e la giacca. E la mia professoressa, che fino al giorno prima detestavo, fece una cosa che non mi sarei aspettata mai e poi mai.
Grazie”, mi disse in un soffio, stringendomi a sé.



 




Allora, grazie alla mia dannata connessione di cacca, è la seconda volta che scrivo questo spazio.
Poi, passando alle cose degne di nota.
Innanzitutto, avevo messo "completa" alla storia. PER SBAGLIO.
Non è finita, proprio per niente.
Grazie a chi ha recensito lo scorso capitolo.
Grazie a Future_Mrs_Direction per aver recensito tutti i capitoli, ti adoro.
Grazie alle preferite, ricordate e seguite, vi amo tutte, dalla prima all'ultima.
Bene, passando al capitolo.
C'è stata una modifica dell'ultimo momento.
Doveva esserci il compleanno di Louis, ma ho pensato di inserire la Delgado, yep.
Che pensate? Me la lasciate una recensione vero?

IMPORTANTE: DOMENICA 18 PARTO PER LE VACANZE, E NON RIUSCIRò A POSTARE PER TIPO TRE SETTIMANE.
QUINDI, ANCHE SE MI DISPIACE DA MATTI, CI RIVEDIAMO A SETTEMBRE.
Per chi invece segue anche "Blind love", ci vediamo venerdì.
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Alla prossima, xx Fede.

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Capitolo 16
*** Happy birthday, Boo. ***


 

 

Capitolo 16. Happy birthday, Boo.


Ventiquattro dicembre. Uno dei giorni più belli dell'anno, per quanto mi riguarda. La vigilia di Natale, ovviamente. Ma anche il compleanno di mio fratello. Louis William Tomlinson compie ventidue anni e sembra ancora un bambino, ci credete?. Non sembra invecchiare di un giorno, di solito. Ma quest'anno è diverso, come se stesse fingendo di stare bene quando in realtà sta di merda.

Sulle labbra sottili aveva quel fottuto sorriso finto che ho indossato anch'io come una maschera dopo Liam. Dopo Liam e prima di Zayn. E devo ammettere che mio fratello sa fingere in modo quasi impeccabile. Quasi, appunto. Può prendere per il culo chi vuole. Ma non sua sorella, non me.

Riesco a capire perfettamente se qualcosa non va. E questo è uno di quei casi.

Comunque, mi svegliai con il sorriso sulle labbra, quella mattina. C'era aria di Natale, oltre che del solito odore di Zayn. Ah, se ve lo state chiedendo, siamo rimasti al campus. Io, Zayn, Harry, Louis e Lottie almeno. Niall e Libby si sono regalati un viaggio in Irlanda, e per quanto riguarda Jennifer, è tornata dai suoi in Canada. Liam e Danielle, invece, sono tornati a Doncaster.

Zayn voleva tornare a Bradford.

E non potete immaginare nemmeno lontanamente la sua faccia quando sua sorella Doniya è comparsa davanti alla nostra porta. Era a bocca aperta, con gli occhi praticamente sgranati. Espressione diventata ancora più allibita e divertente quando la sorella si è praticamente tuffata tra le mie braccia, facendomi ridere.

Ciao Dony”, la salutai senza smettere di ridere, gustandomi l'espressione del fratello. Ci eravamo sentite via mail, e visto che Zayn voleva andare a Bradford ma nello stesso momento rimanere con me... mi ero presa la libertà  di invitare la sorella da noi.

Ciao, oddio... sei meravigliosa!”, mi aveva detto, ignorando completamente Zayn, che ci guardava con un sopracciglio inarcato e le braccia conserte. Un attimo, e Doniya era scoppiata a ridere, correndo ad abbracciarlo. Quasi a stritolarlo, a dire il vero.

Ma passando alle cose serie, la mattina del ventiquattro dicembre mi svegliai sorridente, nonostante stessero suonando alla porta. E come per magia riuscii a scendere dal letto più pimpante che mai, e a caracollare con eleganza fino alla porta.

In mutande e maglietta. E a piedi nudi, un freddo che non vi dico.

E strano ma vero, iniziai a sorridere come un'idiota, trovandomi davanti Carmen, con Gabriel in braccio. Un anno e mezzo, capelli scurissimi e occhi dello stesso colore della madre. Di quel blu indefinito che stavo imparando ad amare, a piano a piano.

 

 

Salii in macchina e sbattei la portiera con forza, mettendo in vivavoce la telefonata con mio padre, che rispose nel momento esatto in cui Carmen saliva in auto. “Ciao, papà”, dissi acida. Ero incazzata, e parecchio. Non tanto per il fatto che avesse tradito mia madre. So che è strano, okay, ma davvero non riuscivo a mandare giù il fatto che volesse privare una madre del proprio bambino.

E non capivo nemmeno perché ce l'avesse con me.

Andromeda, non ora, sono al telefono con...”.

Ciao, Simon”, prese la parola la mia professoressa di storia dell'arte. Dall'altra parte della cornetta, silenzio. Intanto misi in moto, prendendo poi a guidare verso l'orfanotrofio. “Stiamo andando a prendere Gabriel, sono stufa dei tuoi ricatti”, aggiunse dopo un po' chiudendo la telefonata. Risi, passandomi una mano tra i capelli, un attimo prima di parcheggiare. Quella donna aveva appena tenuto testa a mio padre, zittendolo. Già la amavo, possibile?

Ti ha detto per caso...”.

Non sapevo nemmeno se chiederglielo o meno.

Non vuole che ti laurei”, mi spiegò con un mezzo sorriso. Un sorriso triste però, come se si fosse pentita di quello che aveva fatto l'anno prima e che avrebbe dovuto fare in quei tre mesi. Il sorriso stanco di una donna che ha bisogno del figlio. “Mi ha ripetuto un migliaio di volte che la vostra famiglia è destinata a grandi cose, avvocati, giudici, medici...”.

Allora capii, tutto quanto.

Louis studiava medicina, per cui non c'era pericolo che gli impedisse di seguire la sua strada. Ma per me e Lottie si prospettava l'inferno in Terra. Con me che volevo diventare fotografa e Charlotte che voleva fare la stilista... si spiegava il caratteraccio di mio padre nei nostri confronti.

Ma avrebbe potuto dircelo, semplicemente. Parlare da persone adulte, spiegarmi il perché non voleva che facessi la fotografa. Invece era passato ai fatti, rovinando tutto. Rovinando il nostro rapporto a dir poco precario... E a questo punto, rovinando l'intera famiglia.

E quando un'ora dopo vidi Carmen in lacrime con suo figlio in braccio... mi sentii bene, in pace, realizzata. Come se avessi appena risolto un enorme problema, o appena compiuto una missione impossibile.

 

 

Tornai in me quando Carmen mi schioccò le dita ad un paio di centimetri dal naso. E rise, posandomi due baci sulle guance e lasciando che prendessi in braccio il mio fratellastro. Suonava strano trovarsi con un fratello in più da un giorno all'altro. Ma lo adoravo. Mi sarei abituata prima o poi. “Ciao, piccolo”, mormorai dandogli un bacio sulla fronte, che lo fece ridere, facendogli battere le sue adorabili manine paffute.

Tao dada”.

Risi e gli scompigliai i capelli, per poi sentire le braccia calde di Zayn avvolgermi, e il suo mento posarsi sulla mia spalla, a solleticarmi la pelle con quei due millimetri di barba, che lo rendevano ancora più sexy di quanto non fosse già. Sorrisi, mentre Gabriel allungava una delle sue adorabili manine a tirare il ciuffo di Zayn.

Mi portai una mano alla bocca, cercando di trattenermi dal ridere, mentre Lottie sbucava dal nulla coi capelli sconvolti e il mascara sbavato fino a metà guancia, stile panda coccoloso. La vidi aprirsi in un sorriso, vedendoci in quel modo mentre nello stesso momento Gabriel agitava le braccine verso di lei, obbligandola a prenderlo in braccio.

Sembrate sposati”, mi fece notare mentre mi voltavo per dare un bacio al mio ragazzo, ignorandola il più possibile. Sentii Zayn sorridere contro le mie labbra, mentre finalmente il festeggiato compariva dal corridoio, seguito da Harry e Doniya, che ridevano e scherzavano come se si conoscessero da sempre.

Diedi una serie di baci a Zayn, per poi praticamente saltare in braccio a quella carota troppo cresciuta di mio fratello. Lui rise, ricambiando l'abbraccio. Rise. Quasi non ci potevo credere. Rise davvero, come non lo vedevo ridere da quando era comparsa Michelle.

Mi è mancata la tua risata”, confessai. “Ah, e buon compleanno”.

 

~


MICHELLE'S POINT OF VIEW.

Ventiquattro dicembre. Una data di svolta. La vigilia di Natale, okay. Ma il compleanno di un mio possibile alleato è decisamente più importante. Louis Tomlinson compie ventidue anni. E il fatto che io fossi riuscita a farmi invitare in casa loro era a dir poco... eccezionale, decisamente. Avrei potuto mettere in atto il mio piano geniale, rivedere Zayn e liberarmi della stronza in un colpo solo.

Era colpa sua se Zayn mi aveva abbandonata.

Lei e i suoi occhi perfetti, i suoi capelli perfetti e il suo fisico perfetto. Mi stavano portando via l'unica cosa che avessi mai voluto veramente. L'unico a cui avessi mai donato il mio cuore. L'unico ragazzo che mi avesse mai amata, era sparito quella mattina, quando mi aveva trovata nuda nel letto del suo migliore amico. Ci eravamo persi per un errore mio. Una stupidaggine capitata una volta sola. E solo perché quello stronzo mi aveva... Okay, no. Non ero ubriaca.

Ero lucida. E tradire Zayn mi era venuto naturale, ammettiamolo.

Mi ero resa conto solo dopo di quanto avessi rovinato. Un'amicizia durata anni, dalla nascita addirittura. Avevo rovinato un milione di sorrisi, di abbracci, di risate. Un milione di baci, di regali, di giornate passate a coccolarci nel letto. Avevo rovinato tutto, e Zayn mi era mancato davvero troppo per potermene stare ancora al mio posto.

E avrei fatto di tutto per rimediare. Qualsiasi cosa.

 

~

 

LOUIS' POINT OF VIEW.

Strinsi forte Andie, scoppiando a ridere. Non ero riuscito a farne a meno, in una situazione come quella. Stavo da schifo per tutta la situazione che si era creata con Michelle, e non riuscivo nemmeno più a ridere, da settimane ormai. Trattavo tutti di merda, persino Harry, e non era da me.

Non ero più io.

Ed ero sicuro che Andie se ne fosse accorta. Era preoccupata per me, anche se cercava a tutti i costi di non farlo vedere. Io lo vedevo, non per niente era mia sorella. Era preoccupata, come lo era anche Lottie, del resto. Ma sapevano fingere, bisognava ammetterlo. Erano quasi convincenti. Quasi.

Non pensavo che a qualcuno potesse mancare la mia risata. Non pensavo che potesse mancare a mia sorella. Ma evidentemente pensavo male. Le ero mancato. E mi stavo sentendo terribilmente in colpa, mentre mi stringeva a sé e mi augurava “buon compleanno”. In colpa per come mi ero comportato in quei giorni. In colpa per non averle detto che sospettavo il tradimento di nostro padre.

In colpa per aver smesso di sorridere davvero.

E in colpa. Terribilmente in colpa per quello che stava succedendo con Michelle.

Lei mi aveva scritto. Non so come aveva avuto la mia mail. E continuava a scrivermi, non avrebbe smesso tanto facilmente. Alla fine avevo ceduto. Mi stava ricattando, e non avrei sopportato di perdere Harry solo per non aver fatto quello che mi chiedeva lei. Quindi le avevo dato il mio indirizzo e le avevo promesso di aiutarla, a patto che lasciasse fuori l’amore della mia vita da tutta quella storia.

E con mia enorme sorpresa aveva accettato.

Ma forse c’era un modo. Un modo per liberarsi di Michelle, intendo.

Insomma, le avevo dato l’indirizzo di casa, magari sarebbe bastato cambiare luogo della festa. Annuii tra me sorridendo, meravigliandomi dell’idea geniale che avevo appena avuto, e cercando di evitare l’occhiata del mio ragazzo. Harry sembrava confuso, stranito per qualcosa. Gli sorrisi, il più convincente possibile, e lasciai andare Andie, accorgendomi poi di Gabriel, in braccio alla professoressa di storia dell’arte di mia sorella.

Feci una smorfia. Quella donna non mi piaceva.

Innamorata di mio padre, aveva praticamente rovinato il matrimonio dei miei, oltre che la vita di Andie l’anno prima. Però aveva una cosa dalla sua, per cui mi costringevo ad ammettere che aveva avuto una buona ragione. Gabriel era un bambino davvero adorabile, si faceva amare dal primo momento in cui lo vedevi. Ma quale assurdo motivo poteva esserci per suonare alla porta la mattina della vigilia di Natale?

E come se mi avesse letto nel pensiero, Harry mi cinse la vita con un braccio, tirandomi a sé e facendo sorridere Lottie sotto i baffi. E “Qual buon vento, Carmen?”, le chiese sorridendo e stringendomi una mano, intimandomi con quel semplice contatto di stare calmo e di non dare di matto. Di non sbroccare il giorno del mio compleanno, almeno.

Siamo venuti a salutare, ce ne andiamo in Brasile per un paio di settimane”, ci disse  con un sorriso riprendendo in braccio Gabriel e stringendolo a sé. L’aveva appena riavuto, era normale che fosse possessiva. La capivo. E in fondo era adorabile, tanto che mi scappò un sorriso, nonostante tutto.

Una manciata di secondi e vidi una lacrima scorrere furtiva sulla guancia di mia sorella Andie, e le dita di Zayn catturarla velocemente, lasciandole poi un bacio su una tempia. Vedere mia sorella piangere era sempre un colpo al cuore. Mi lasciava una crepa sul cuore ogni fottuta volta.

Accennò un sorriso, per poi venirmi ad abbracciare.

Rimasi un attimo spaesato, non capendo.

Prometti che non te ne andrai da me, Lou”, mi sussurrò, mentre ancora confuso ricambiavo l’abbraccio, cercando di trattenere le lacrime. E a quelle parole capii quanto fosse preoccupata per me. E capii anche un’altra cosa. Lei sapeva tutto. Tutto quanto. Ogni singola cosa.

 

~


Un bel compleanno. Una bella festa, trasformata all’ultimo momento in falò sulla spiaggia. Spiaggia che avevano scelto Zayn e mia sorella, non chiedetemi il perché, non ne ho la più pallida idea.

Un freddo assurdo, essendo la vigilia di Natale.

Ma in fondo stipati gli uni agli altri e coperti da quattro strati di coperte di lana non si stava tanto male. Il freddo veniva spazzato via dalle braccia calde di Harry intorno a me, sotto la coperta. Dal suo petto che aderiva perfettamente contro la mia schiena e dal suo respiro caldo contro il mio collo.

Era così che immaginavo il Paradiso, se ne esisteva uno per quelli come me, ovviamente.

E l’ennesima bottiglia di vodka aiutava il tutto. Incuranti dello scambio di saliva e delle malattie ci attaccavamo tutti alla stessa bottiglia. Incuranti dei gusti sessuali gli uni degli altri, del sesso, della religione, della cultura che ognuno di noi possedeva.

Io e Harry ce ne eravamo andati poco prima di mezzanotte, appena brilli, mano nella mano, seguiti dai fischi degli altri, rimasti intorno al fuoco la notte di Natale. Avevamo preso la macchina e guidato fino a casa. E avevo cercato di non pensare a niente, finché una volta nel mio appartamento non mi era arrivato un messaggio…

Tranquillo, rispondi… ti aspetto in camera”, mi aveva sussurrato Harry in un orecchio, la voce arrochita dal desiderio. Terribilmente eccitante. Tanto che mi venne voglia di saltargli addosso e ignorare il messaggio. “Davvero, rispondi amore”, lo sentii aggiungere mentre le sue labbra si congiungevano con le mie.

Solo un attimo. Un attimo che ti faceva dimenticare tutto il resto.

Che mi fece sorridere come non facevo da tempo.

E che fece ridere Harry, mentre mi spingeva verso l’ingresso, in modo che potessi rispondere. Alzai gli occhi al cielo, arrendendomi. E sbiancai, vedendo il messaggio. Michelle. No, non poteva. Non la notte di Natale.

Pensavo che cambiando programmi magari si sarebbe arresa.

Ma evidentemente mi sbagliavo. L’avevo sottovalutata.

Così spensi il telefono e lo lasciai nella giacca, rifugiandomi tra le braccia dell’amore della mia vita. Indifferente verso tutto il resto. Ma con le parole di Michelle che continuavano a frullarmi per la testa, come un eco. Quelle parole, che non accennavano a volersene andare, che non sarebbero scomparse dall’oggi al domani nemmeno sotto tortura.

So essere vendicativa, Boo, ricordatelo… Non la passerai liscia, nessuno di voi avrà vita facile da ora in poi. Spargi la voce. xx Michelle.

 

 


 

 

 

Ho sclerato contro il pc tutto il pomeriggio, pur di mettervi il capitolo.

Davvero, stavo uscendo di testa, tra il pc stesso, la connessione che non ne voleva sapere, e l'editor nuovo.

Almeno l'editor del forum di efp funziona, o non so come avrei fatto.

Passando alle cose serie... sono tornata, e nonostante tutto sono in orario, yeah.

Grazie per le recensioni e per non avermi abbandonata, un bacio enorme e tanto amore.

Che ne pensate del capitolo? A me piace...

Ma il prossimo mi piace di più. Muahahahahahah.

Okay, la smetto e mi dileguo, ma prima vi lascio i miei contatti, come al solito, yuppi.

Ci vediamo venerdì con "Blind love", per chi la seguisse.

E dovrei postare una os mercoledì. O se riesco anche stasera, vediamo.

Comunque, mando il link a tutte, tranquille c:

Alla prossima, xx Fede.


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Capitolo 17
*** Don't let me go. ***





Capitolo 17. Don’t let me go.

ANDROMEDA’S POINT OF VIEW.

Come ci fosse venuta l’idea di rimanere a dormire in spiaggia, rimane un mistero irrisolvibile. Fatto sta che quando Harry e mio fratello si erano dileguati nel buio per una notte di sesso selvaggio, noi quattro rimasti ci eravamo stretti il più possibile intorno al fuoco, decisamente troppo brilli per poter guidare fino a casa.
Avevamo parlato di qualsiasi cosa ci venisse in mente fino alle due, quando ero crollata nel tepore dell’abbraccio di Zayn.
Mi ero accorta a malapena di essere stata spostata per stare più comoda, per poi abbandonarmi al sonno, senza curarmi del freddo, che mi avrebbe quasi sicuramente fatto venire una polmonite.
Ero con Zayn. Non mi importava di nient’altro.
 
Ero sdraiata sotto a un salice circondato da un prato sconfinato, non riuscivo a scorgerne la fine. Vedevo solo verde, intervallato dal viola delle orchidee, il mio fiore preferito. Avevo la testa posata sulle gambe di Zayn, che mi accarezzava i capelli canticchiando qualcosa a bassa voce, mentre io tenevo gli occhi chiusi, sorridendo beatamente.
 
I promise one day I’ll bring you back a star
I caught one and it burned in my hand oh
Seems like these days I watch you from afar
Just trying to make you understand
I’ll keep my eyes wide open yeah
Don’t let me
Don’t let me
Don’t let me go
‘Cause I’m tired of feeling alone.
 
Non lasciarmi andare, perché sono stanco di sentirmi solo.
Aprii gli occhi, fissandoli nei suoi, lucidi. E sorrisi, asciugandomi una guancia da un paio di lacrime che in realtà non mi ero nemmeno accorta di aver lasciato scendere. Non lasciarmi andare. Davvero non riusciva a capire che non avrei potuto lasciarlo nemmeno se avessi voluto? Non stanco di sentirmi solo. Beh, benvenuto nel club. Anch’io sono stanca di sentirmi sola, non puoi capire quanto.
Un ragazzo e una ragazza soli in mezzo alla folla.
Soli, prima di quella mattina di metà settembre. Perché io e Zayn ci eravamo trovati, dal primo istante. E pensare che non avevo mai credo nel destino. Tantomeno nell’anima gemella e in tutta quella serie di stronzate.
Ero dovuta ricredermi perché non tutti i giorni incontri un ragazzo pakistano dagli occhi color cioccolato fuso in grado di rubarti il cuore. Non tutti i giorni trovi un ragazzo capace di farti diventare di gelatina con un sorriso, o in grado di comprenderti meglio di chiunque altro con uno sguardo.
Quindi, se non è destino, cosa potrebbe essere?
Riaprii gli occhi, non sentendo più le dita affusolate di Zayn tra i miei capelli. riaprii gli occhi e balzai a sedere. Non c’era più niente. Niente più Zayn. Niente più salice. Niente più orchidee viola. Niente di niente, se non il vuoto.
Il buio, una stanza tutta nera.
Finché dal nulla non iniziarono a comparire tante Michelle. Sì, avete capito bene. Tante Michelle. Un’infinità. E iniziarono a ridermi in faccia una dopo l’altra, dicendomi che Zayn sarebbe tornato da lei.
Che sarebbe sempre stato suo.
E che non avrei potuto fare niente per impedirlo.
 
Mi tirai su con un gemito, facendo borbottare senza senso mia sorella Charlotte che mi abbracciava da dietro e facendo spaventare Zayn che mi teneva stretta a sé. Mi portai una mano sul cuore, che batteva a velocità sovrumana e passai l’altra mano tra i capelli arruffati, cercando di calmarmi.
Era solo un sogno”, mi rassicurò Zayn notando che avevo le lacrime agli occhi.
Tu sei sparito”, lo accusai lasciando mio malgrado che mi abbracciasse. Mi serviva proprio, un abbraccio del genere. “Poi è comparsa lei, ed era tutto nero, e…”. Non mi lasciò nemmeno finire la frase che le sue labbra furono sulle mie, come a far sparire tutto il resto. Come per farmi rendere conto che lui c’era, e che non sarebbe andato da nessuna parte. “Ho avuto paura che ti portasse via da me”.
Non ci fu bisogno di dire che parlavo di Michelle. Lui lo sapeva, solo guardandomi.
Non lo farà, è una promessa”, mormorò contro le mie labbra, ancora tremanti dal freddo.
~

ZAYN’S POINT OF VIEW.

Penso proprio che fosse una caratteristica dei Malik, quella di formulare promesse apparentemente impossibili da mantenere. Aspettate, non che non potessi mantenerla. Ma Michelle era imprevedibile, lo era sempre stata, da che ho memoria. Non sarebbe riuscita a portarmi via da Andie… ma ci avrebbe provato, poco ma sicuro.
Le baciai le labbra, allora mi resi conto che magari rimanere a dormire in spiaggia non era stata un’idea tanto grandiosa. Stava congelando, letteralmente, visto anche che erano a malapena un paio di gradi sopra lo zero. Anche se, a dire il vero, non sembrava che le importasse più di tanto, avvinghiata a me.
Andiamo a casa”, mormorai con le labbra contro i suoi capelli.
La sentii annuire appena, allora svegliai Doniya e Charlotte, mentre Andie ripiegava le coperte, senza smettere di tremare nemmeno per un istante. Non tremava per il freddo, però. Quella era paura, terrore puro. Una cosa che riusciva a spegnere la luce dei suoi occhi, e che di riflessi spegneva anche i miei.
Lasciai perdere quello che stavo facendo e le presi le mani, stringendole nelle mie e cercando inutilmente di farla smettere di tremare. Niente da fare, era terrorizzata da qualcosa che stavo cercando di capire, ma che probabilmente non avrei mai capito, nemmeno in un migliaio di anni.
Allora mi resi conto davvero di che giorno fosse.
Natale.
Il giorno di una sorpresa che preparavo da settimane.
E mi venne da sorridere, mentre ci allontanavano mano nella mano dalla spiaggia. La spiaggia che aveva visto il nostro quasi primo bacio. La stessa spiaggia che ci aveva visti ridere sotto la pioggia e che aveva visto due ragazzi amarsi per la prima volta.
Dove andiamo?”, mi chiese la mia ragazza una volta in macchina. Quasi un sospiro. Quell’incubo doveva averla scossa davvero tanto, se stava così. Immobile, incapace di reagire. E mi sentivo impotente, senza sapere che fare o che dire per farla stare meglio.
Dal tuo regalo di Natale”, le dissi con un mezzo sorriso.
Contattare un cantante della fama di Jared Leto non era stato facile. Insomma, magari avesse fatto solo il cantante sarebbe stato meno difficile. Ma quando ti trovi a dover incastrare la tua ragazza nell’agenda di un cantante, attore, regista, e filantropo, come lui… beh, sembrava impossibile.
Avevo passato tutta la settimana al telefono con la sua assistente, quando non ero con Andie, si intende. Cercando di trovare un buco tra gli impegni dell’idolo della mia ragazza. Impegnato anche il giorno di Natale, non mi sembrava possibile. Ma non appena ho ricordato ad Emma dell’episodio di Londra, e che Andie e Jared si conoscevano già… beh, è stato un gioco da ragazzi chiederle un piccolo, infinitesimale, favore.
E poi, l’espressione di Andie una volta arrivati davanti al Plaza riuscì a ripagarmi di tutta la fatica che avevo fatto per fare avverare il suo sogno, anche se per qualche minuto. Aveva un rapporto tutto suo con il suo idolo, ed ero sicuro che anche vederlo dieci secondi e magari riuscire ad abbracciarlo, per lei sarebbe stato un traguardo enorme.
Spostava lo sguardo da me all’albergo, e ritorno.
Gli occhi aperti, le labbra dischiuse in una dolcissima espressione di sorpresa. E non riusciva a proferire parola. Davvero troppo adorabile e perfetta per poter essere vera. “Io… tu… Jared… no, impossibile”, balbettò abbracciandomi e nascondendo il viso nell’incavo del mio collo.
Tutto è possibile, principessa”.
~

ANDROMEDA’S POINT OF VIEW.

New York. Il Plaza. Il giorno di Natale.
Non poteva essere, davvero. Zayn non poteva aver smosso mezzo mondo musicale solo per far contenta me. Solo per me. Solo perché il giorno del nostro primo bacio aveva accennato che mi avrebbe regalato… lui. Speravo in un cd autografato, un biglietto per un concerto.
Di certo non mi aspettavo che il mio ragazzo mi accompagnasse all’albergo dove alloggiava una delle persone più importanti della mia vita, la mattina di Natale. Ed ero a dir poco a bocca aperta, vedendolo parcheggiare davanti a quell’albergo.
Sapevo perfettamente che il mio idolo avrebbe passato il Natale lì.
Ero una specie di stalker. Dire che lo seguivo su twitter era davvero dire troppo poco.
Lo sapevano tutti da settimane, da quanto ne avevo parlato. Ma non credevo possibile incontrarlo, magari anche solo per un minuto. Non credevo che Zayn mi amasse così tanto. Tanto da smuovere il mondo, pur di farmi ritrovare la parvenza di un sorriso.
Ma sono le otto di mattina”, protestai rompendo l’abbraccio, con un sorriso a trentadue denti ad incresparmi il viso. Erano appena le otto, e sicuramente Jared stava dormendo beato tra le lenzuola di seta della sua suite. Sempre che fosse riuscito a prendere sonno. Soffre d’insonnia, e io con lui. In più non ero nemmeno vestita a dovere per un incontro come quello.
Non avevo niente addosso che mi facesse riconoscere come Echelon.
In una parola: snervante.
Emma mi ha detto…”.
Fermi tutti. Emma Ludbrook, l’assistente del mio idolo. L’assistente, il braccio destro dell’uomo che mi aveva salvato la vita. la donna che organizzava la vita di Jared Leto minuto per minuto. E Zayn ci aveva parlato al telefono. Ero sotto shock, senza parole. “Hai parlato con Emma!”, lo interruppi malamente iniziando a saltellare, eccitata come una bambina davanti ai regali di Natale.
Appunto.
E alla risata di Zayn smisi semplicemente di pensare, di tremare e di sentire freddo. Tutto grazie alla risata di un ragazzo. Il mio ragazzo. Tutto spazzato via dalla risata di un angelo. Tutto grazie al pensiero che di lì a pochissimi minuti avrei potuto abbracciare una delle persone più importanti della mia vita.
Quell’uomo che con la sua voce aveva stravolto il mio mondo.
Non mi accorsi nemmeno che Zayn parlava al telefono, né che qualche minuto dopo Emma Ludbrook in persona mi stava dando la mano, col solito sorriso onnipresente sulle sue labbra. Ricominciai a tremare in ascensore, sotto lo sguardo divertito di Emma. Non tremavo dal freddo però. La paura che non si ricordasse di una qualsiasi delle sue fan era troppo forte, davvero troppo.
Lo svegli tu?”, mi chiese Emma strappandomi dai miei pensieri, mentre entravamo nella sua suite.
Wow. Cazzo, wow.
Un letto a baldacchino, scuro. Con le lenzuola di seta nera. E sdraiato sotto di esse lui, rigorosamente mezzo nudo, con solo il lenzuolo nero a coprirlo fino alle creste iliache. Arrossii nel buio, per poi passarmi una mano tra i capelli, ridacchiando della mia stessa stupidità.
Non seguivo il suo gruppo per il fisico di Jared. Non l’avevo mai fatto.
Ero stata attratta dalla sua voce e dalle parole delle canzoni, prima che dal suo fisico.
Mozzafiato, certo. Ma non la prima cosa che abbia notato in lui, ecco tutto.
Non riuscivo a smettere di guardarlo. Lui, il suo fisico a dir poco perfetto nonostante i quarantadue anni e i suoi tatuaggi. Trattenni un sospiro da adolescente alla prima cotta, e mi riscossi solo quando mi accorsi che Emma stava tirando le tende, lasciando entrare la luce di New York. Luce che si propagò sulla moquette, sul letto, sugli addominali di Jared e sempre più in alto, fino al suo viso.
Sorrisi, vedendolo fare una smorfia. Era davvero carino, con quell’espressione da cucciolo.
Certo, non era Zayn, che finalmente mi ero convinta di amare più di me stessa.
Lui era il mio salvatore, solo questo. Una parola scontata, ma che non userei se non ne fossi convinta al duecento per cento. Devo la vita a Jared Leto. E so che può essere strano, ma è così. Devo la vita ad un cantante che dal vivo ho visto sì e no cinque volte.
Un attimo e vidi le sue palpebre sollevarsi. E alla vista di quei due ghiacciai che aveva al posto degli occhi per poco non sentii le gambe diventare di gelatina. Sentii il cuore iniziare a battere più forte, e proprio quando iniziavo a credere che non mi avesse riconosciuta, si mise a sedere e mi rivolse un sorriso a dir poco meraviglioso.
Sorriso che mi fece scoppiare in lacrime come una ragazzina.
Ragazzina che non ero mai stata, se proprio devo essere sincera.
Mi lasciai andare sul bordo del letto, non riuscendo a fermare l’emozione. Piansi davvero, come non facevo da un sacco di tempo. Rabbia, odio e tristezza repressa malamente. Lasciai uscire tutto quanto, mentre Jared scendeva dal letto e mi si metteva di fronte, per poi abbracciarmi.
Buon Natale, Andie”, mi sussurrò accarezzandomi i capelli, lasciando che mi sfogassi.
Mi allontanai appena, sorpresa. “Ti ricordi…”.
Lui rise, la voce ancora arrochita dal sonno, ma pur sempre meravigliosa. “Come potrei dimenticarmi di te?”, mi chiese retorico, sciogliendo l’abbraccio il tempo necessario a legarsi i capelli in un codino. “Vedo che hai smesso”, aggiunse poi sfiorandomi un polso.
Rabbrividii appena, per poi annuire.
Lo guardai negli occhi tentando un sorriso, per fargli intuire che era stato lui a farmi smettere. Lui, la sua voce da brividi e i suoi occhi dal colore tanto strano da far sì che non avessi ancora capito di che colore fossero.
Posso chiederti un favore?”, mormorai arrossendo nella penombra.
Prima però…”, mormorò di rimando alzandosi e prendendo qualcosa dal comodino. senza smettere nemmeno per un secondo di sorridere. Lo sentii sedersi dietro di me, e dopo una manciata sentii qualcosa di freddo sfiorarmi lo sterno. “Okay, ora puoi chiedermi quello che vuoi”, mi disse con un altro dei suoi sorrisi infilandosi una canotta due volte più larga, mentre io mi rendevo conto – a fatica – di cosa mi avesse messo al collo.
Una collana, una delle sue.
Il simbolo della band, e una “J” incisa sul retro.
Stavo per rimettermi a piangere, ma lui mi bloccò stampandomi un bacio sulla fronte. “Che ti serve?”, mi chiese, dolce. Quell’uomo era la dolcezza. Tutto quanto, dalla testa ai piedi. “Un autografo, un biglietto per un concerto… favori sessuali?”.
Scoppiai a ridere, dandogli una spinta scherzosa, e facendo ridere anche lui.
Posso chiederti di cantarmi… Hurricane?”.
~

Un’ora dopo Jared mi stava riaccompagnando nella hall dell’albergo, senza lasciarmi la mano nemmeno per un istante. “Io però non ti ho regalato niente”, gli feci notare azzardandomi a guardarlo negli occhi e mordendomi un labbro, mentre le porte dell’ascensore si aprivano lentamente.
Lui mi aveva regalato una vita nuova, un milione di sorrisi, il suono della sua voce, una collana unica… e Hurricane. Io cosa gli avevo dato in cambio? Assolutamente niente, se non una rottura di scatole, il giorno di Natale per giunta.
Ma al solito Jared Leto seppe essere sorprendente.
Mi hai regalato il tuo miglior sorriso, le tue emozioni, e un abbraccio sincero”. Fece una pausa, facendo schioccare la lingua contro il palato, come fosse soddisfatto della sue parole. “Non è cosa da tutti, Andromeda”, aggiunse voltandosi verso di me e regalandomi l’ennesimo sorriso.
Allora non riuscii a trattenermi, e lo abbracciai di nuovo, respirando il suo profumo. Tanto buono da non sembrare vero. Un profumo fortissimo, indimenticabile, che mi sarebbe rimasto impresso nelle narici per parecchio tempo
Beh, allora buon Natale, Jay”, gli sussurrai sciogliendo l’abbraccio e osservando l’espressione soddisfatta di Zayn, che si stava avvicinando, quasi divertito dal momento col mio idolo. Divertito, felice. Ma non geloso. Wow, un bel progresso. “Grazie”, aggiunsi passando ad abbracciare forte il mio ragazzo.
Nascosi il viso nell’incavo del suo collo, respirando il solito odore di mirtillo e cioccolato bianco. Tanto diverso da quello di Jared, ma anch’esso importante nella mia vita. Forse più importante ancora, se possibile.
Prenditi cura di lei, mi raccomando. Se lo merita”, sentii dire dal mio idolo al mio ragazzo. I due uomini più importanti della mia vita che si guardavano negli occhi. Gli occhi color ghiaccio di uno in quelli color cioccolato fuso dell’altro. Uniti – anche se solo per un istante – in un intreccio formidabile. Altra cosa che non mi sarei scordata tanto facilmente di quel Natale. “Ah, Andie…”.
Mi voltai, ancora mano nella mano con Zayn, curiosa.
Dimmi, Jay”, gli dissi, chiamandolo ancora col suo diminutivo. E inarcando un sopracciglio.
Se hai bisogno io ci sono, okay?”.
In qualche modo riuscii ad annuire senza mettermi a piangere. E uscii da quell’albergo con la consapevolezza che odiarmi non era servito a niente. Io sarei stata il più forte possibile. Ma in caso non ce l’avessi fatta, ci sarebbe stato sempre qualcuno pronto comunque a volermi bene.
Nonostante ciò che pensavo di me stessa.
Nonostante i mille e più problemi che mi portavo dietro.
Nonostante tutto.


 
 
Salve bellissima gente c: E' lunedì, siete contente??
Io tanto, nonostante odi il lunedì, perchè non vedevo l'ora di postare questo capitolo.
Capitolo travagliato, per quanto mi riguarda.
Scritto in vacanza su un quaderno mezzo distrutto e copiato su pc... stanotte.
Quindi, spero almeno che vi piaccia, lol. C'è un enorme pezzo di me dentro.
E l'ho scritto prima di sapere che FORSE andrò a vedere i Thirty Seconds to Mars in concerto.
Forse, perchè mio padre ancora non è convinto. E soprattutto l'idea di andarci da sola non mi attira, lol.
Comunque, non vi interessa. Che ne pensate del capitolo?
Vi lascio i soliti contatti e il solito trailer, yeah.
Alla settimana prossima c: xx Fede.


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Capitolo 18
*** Beginning of the end. ***


*leggete lo spazio autrice, è importante c:*
 
Capitolo 18. Beginning of the end.

ANDROMEDA’S POINT OF VIEW.

Non pensavo di poter stilare una lista, proprio l’ultimo giorno dell’anno. Insomma, non era troppo normale che invece di prepararmi me ne stessi sul letto, in stato comatoso a fissare il soffitto. A pensare. A pensare, troppo, come di consueto. Niente di nuovo insomma.
Se non fosse stato per il fatto che io adoravo l’ultimo dell’anno.
Significava che mi sarei lasciata alle spalle l’ennesimo anno di merda, sperando che il destino l’anno successivo fosse stato leggermente più benevolo con la mia vita. Peccato però che il 2013 non riuscissi ad odiarlo. Almeno, di sicuro non riuscivo ad odiare gli ultimi tre mesi.
Il compleanno di Niall, l’inizio delle lezioni, Halloween, il matrimonio in Messico, il compleanno di Louis, il Natale, Jared Leto in carne ed ossa, il compleanno della mia migliore amica, il riavvicinamento con Liam, la mia nuova amicizia con la Delgado.
E Zayn Malik. Zayn, Zayn, e ancora Zayn.
Erano stati tre mesi pieni, a dir poco. Pieni di Zayn. Pieni di Jawaad. Pieni di Malik.
Pieni di odio e pieni di amore. Odio per mio padre, mia madre e praticamente tutti i Tomlinson, se escludiamo zia Katherine. Amore, tanto amore. Per mio fratello, mia sorella, i miei migliori amici, il mio fratellastro. Odio, verso Michelle, qualsiasi cosa stesse architettando.
Amore per Zayn.
Zayn. Quel ragazzo tanto incredibile da accettarmi, tutta quanta. Con i miei problemi, i miei difetti, i pochissimi pregi e il mio migliaio di manie. I miei sorrisi, le mie risate, la mie lacrime e le mie preoccupazioni. La mia passione per l’arte, la fotografia e la musica.
La mia mania di rivedere il live di Londra dei Mars ogni volta che avevo il morale a terra. Era riuscito ad accettare tutto, chissà come. Tutto, persino il vegan esimo. Il mio non mangiare niente che non fosse vegetale. Era riuscito a trovare una pasticceria vegana – senza uova e latte – non chiedetemi come.
Come avrei fatto a non amarlo?
Mi riscossi dal flusso dei miei pensieri quando sentii qualcuno infilarsi sotto le coperte. Sorrisi appena, sentendo l’ormai familiare odore di mirtillo e cioccolato bianco pervadere l’aria. Chi ha detto che “casa” deve essere un luogo? Beh, chiunque fosse si sbagliava di grosso.
Quell’odore era casa mia, come lo erano quegli occhi, che in quel momento mi scrutavano, come confusi. Parecchio confusi.
A cosa pensavi?”, mi chiese Zayn facendomi posare la testa sul suo petto.
Pensavo all’anno che sta finendo”, ammisi con un mezzo sorriso abbracciandolo. Non era da me, proprio no. Ma stranamente di quell’anno, anche se orrendo inizialmente, non riuscivo ad avere rimpianti. “In sostanza pensavo a te”, aggiunsi, voltandomi per guardarlo esibire uno dei suoi sorrisi migliori.
E io che pensavo che a voi ragazze servissero ore e ore per…”.
Io non sono una ragazza”, scherzai interrompendolo bruscamente. Rise, portandosi sopra di me e lasciandomi un bacio sulla punta del naso, accompagnato da un’altra risata, causata dalla mia espressione. Io lo volevo sulle labbra il bacio, cazzo. Era come se in qualche modo avessi bisogno di quel bacio, come se sapessi che mi avrebbe dato la forza per andarmi a preparare.
Se tu non sei una ragazza, io sono decisamente gay”, mi fece notare lasciandomi finalmente un bacio sulle labbra, ma allontanandosi quasi subito ridendo. E facendomi sbuffare dal nervoso. Uscii di malavoglia da sotto le coperte, e caracollai fino al bagno passandomi una mano tra i capelli mossi, senza alcun senso. “Avrai tutto il 2014 per farti baciare, piccola”, aggiunse sussurrandomelo in un orecchio, mentre fissavo i sue vestiti appesi alla porta.
Sorrisi, alzando gli occhi al cielo. “Allora vedi di non sparire”, mormorai di rimando.
Un attimo e mi fece voltare verso di sé, schiacciandomi tra il suo corpo e la porta del bagno. Un sorriso sulle labbra e gli occhi color cioccolato immersi completamente nei miei. Un attimo, e non c’era più distanza. Labbra contro labbra, per l’ennesima volta.
Un attimo, e la sua lingua chiedeva accesso alla mia bocca. Un attimo e lo stavo baciando come fosse l’ultima volta, senza nemmeno rendermene conto. E lui ricambiava, ma come se volesse spazzare via ogni minima preoccupazione mi pesasse sul cuore.
Ed erano parecchie, davvero tante. Troppe, forse.
Non vado da nessuna parte, promesso”, sussurrò Zayn allontanandosi quanto bastava per posare la fronte sulla mia. Vicini come durante il bacio, ma abbastanza lontani da guardarci negli occhi. Annuii con un sorriso. Un sorriso vero, di quelli che spuntavano solo quando i miei occhi color cielo si specchiavano nei suoi color cioccolato. Un sorriso che aveva aspettato mesi prima di rispuntare sul mio viso.
Perché dopo Liam era scomparso.
Ed era tornato solo con Zayn.
Solo che avevo paura che potesse sparire di nuovo. Il mio sorriso, e tutta l’allegria e il benessere portati dal mio ragazzo. Paura che svanisse nel nulla, come se non fosse mai successo nulla. Paura che Michelle me lo portasse via alla prima occasione. Paura che mio fratello avesse potuto fare qualcosa che mi avrebbe rovinato la vita.
Paura di me stessa. Di quello che avrei potuto farmi se Zayn se ne fosse andato.
Ti amo”, riuscii a mormorare senza mettermi a piangere, sparendo in bagno col vestito per la serata. Senza nemmeno aspettare una risposta, anche se mi serviva più di qualsiasi altra cosa al mondo.
Feci un respiro profondo e iniziai ad arricciarmi i capelli in tanti boccoli. Farmi i capelli mi aveva sempre rilassata, ma in quel caso non serviva a niente. Avevo un brutto presentimento, ma non capivo a cosa fosse dovuto. Era come se il mio corpo sentisse che qualcosa non stava andando come avrebbe dovuto. Come se sentissi che qualcuno mi avrebbe colta di sorpresa, o presa in contropiede.
Mi ripresi dalla sbadataggine solo quando per poco non mi bruciai il lobo dell’orecchio, e cacciai un urlo. Togliete il “per poco”. Mi affrettai a passarci un batuffolo di cotone bagnato. Ma faceva un male cane.
Meno di un minuto e Zayn irruppe in bagno. In boxer e camicia sbottonata.
Wow”, mormorò vedendomi. Eppure ancora non avevo fatto un granché. Ero riuscita a sistemare i capelli, certo, ma… e poi mi resi conto di essere in biancheria intima. Risi, ma feci una smorfia quando sentii un boccolo sbattere contro l’orecchio. “Vieni qui”, aggiunse avvicinandosi con un sorriso malizioso.
Amore, che…”. Mi bloccai non appena sentii le sue labbra premere delicatamente sul lobo scottato. Per un attimo, sentii meno dolore, quasi niente. E riuscì persino a farmi sorridere quando scese con le labbra fino alla clavicola, per poi passare alla spalla. “Mi devo vestire”, gli feci notare ridendo, allontanandolo controvoglia.
No, quello non te lo metti”, borbottò accorgendosi finalmente del vestito.
Rosso, a tubino. Attillato e lungo fin sopra il ginocchio. Senza spalline.
E con una cerniera dorata sulla schiena, per tutta la lunghezza del vestito.
Mi morsi il labbro per non ridere, ma scoppiai lo stesso, scuotendo la testa. Geloso marcio. E continuava a guardarmi con gli occhi scuri ridotti a fessura. Geloso marcio, eppure troppo dolce per essere ignorato. La vecchia me si sarebbe incazzata a morte davanti a tale scatto di gelosia. Appunto, la vecchia me. La ragazza acida che ero prima di lui. “Non è tanto corto, amore”, gli feci notare sporgendo il labbro inferiore in fuori.
E i suoi occhi tornarono del solito color cioccolato, con qualche scintilla dorata. E rise, tirandomi a sé e facendo schiantare le sue labbra con le mie. Risi anch’io, ritrovando per un momento in buonumore che era stato spazzato via dal brutto presentimento. “Te lo lascio mettere solo perché è l’ultimo dell’anno…”.
L’avrei messo lo stesso”, borbottai filando in bagno, e lasciando che mi segua, un sopracciglio inarcato. Senza volerlo sono tornata acida, e me ne accorgo solo quando mi abbraccia da dietro e mi sciolgo completamente sotto il suo tocco. Sospirai, non capendo nemmeno io cosa mi fosse preso, e mi voltai per ricambiare l’abbraccio, è più forte di me. “Scusami”.
Sorrise, lasciandomi poi un bacio sulla fronte.
Finisci di vestirti, poi leggi questa”, aggiunse tirando fuori da non so dove una busta, e lasciandola sul mobile del bagno, di fianco al lavandino. Inarcai un sopracciglio, ma non appena mi voltai mi accorsi di essere da sola. Era già uscito, senza darmi il tempo di replicare.
Sospirai, sconfitta, e continuai a prepararmi come se quella busta non esistesse.
Ma dopo meno di un’ora, una volta pronta per uscire, ero seduta sul bordo del letto, a rigirarmela tra le dita, indecisa se aprirla e leggerla o meno. Indecisa se fare quello che mi aveva chiesto Zayn o ignorarlo nel modo più completo.
Sfilai le scarpe e mi sedetti a gambe incrociate sul letto.
Aprii la busta.
Non mi importava se mi sarei rovinata il trucco, o addirittura l’ultimo dell’anno.
Non mi importava di niente, solo di Zayn. Anche se il presentimento di poco prima stava tornando prepotentemente a galla. Qualsiasi cosa fosse, sarei sopravvissuta, come sempre. Perché non ero da sola.
Io avevo Zayn.
~

ZAYN’S POINT OF VIEW.

Non riuscivo a credere di averle dato quella lettera. Non riuscivo ancora a credere alle parole di Louis, il giorno prima. Quando mi aveva detto della minaccia di Michelle. Non aveva detto niente a sua sorella. Per fortuna, cazzo. O Andie avrebbe decisamente dato di matto…
Non riuscivo a credere di averla scritta, quella lettera.
Non riuscivo a credere di aver rivisto Michelle e non aver fatto niente per impedirle di agire. Voleva la vendetta, e io mi sono concesso a lei, senza fiatare. Senza provare a protestare. Senza provare a salvare e proteggere quel poco di buono che era entrato nella mia vita.
 
Amore, ciao… non so da dove cominciare.
Non puoi immaginare quanto io sia innamorato di te, perché nemmeno io riesco ad immaginarlo. Innamorato dei tuoi occhi, dei tuoi capelli, dei tuoi sospiri. Innamorato delle tue labbra, della punta del tuo naso.
Innamorato di te, tutta quanta. Acidità da yogurt scaduto compresa.
Innamorato anche del tuo passato, per quanto possa essere “oscuro”.
Innamorato delle tue manie, delle tue insicurezze, della tua passione per la musica. Innamorato del tuo sguardo quando capisci che ti sto prendendo in giro. O della tua espressione quando ti chiamo “piccola”.
Sono innamorato di te e delle tue labbra tanto baciabili da farmi venire voglia di farle mie fino alla fine dei tempi. Di te, e dei tuoi baci tanto imperdibili da farmi venire voglia di essere con te sempre. Di te, e delle tue dita, che vorrei mi sfiorassero fino a non sentire nient’altro.
Innamorato di te. E dei tuoi occhi irresistibili.
Quegli occhi color mare che mi hanno letteralmente stregato. Quegli occhi grigi che mi portano su un altro pianeta ogni volta che facciamo l’amore. Quegli occhi pervinca che mi fanno dimenticare tutto il resto, solo con uno sguardo.
Ti amo, e mi dispiace da morire che tu debba leggere queste righe proprio l’ultimo giorno dell’anno. Mi dispiace averti detto che non sarei andato da nessuna parte. Ho mentito, e non lo meritavi. Mi dispiace averti detto che avresti avuto tutto un anno per farti baciare da me. Avrei dovuto cogliere l’attimo e baciarti fino a non farti respirare.
Baciarti fino ad ucciderti, mi sarei sentito meglio, in confronto a quello che sto facendo.
Non voglio lasciarti. E non voglio che tu soffra.
Ti amo troppo per volere una cosa simile.
E se a mezzanotte non sarai tra le mie braccia, sappi che è tutta colpa mia. Colpa del ragazzo che ha appena dato ascolto alla sua ex psicopatica e non al proprio cuore. Non voglio che lei ti faccia del male, per questo sto andando con lei.
Ti voglio al sicuro. E ti prego, per il tuo bene, non mi cercare.
Ti amo piccola, per sempre. – Zayn.
P.S.: fidati di me, non di quello che dicono gli altri. Di me, e non di Michelle.
 
Non riuscivo a credere di essere uscito di casa senza nemmeno salutare l’amore della mia vita, per andare tra le braccia della mia rovina. Sospirai, sotto lo sguardo vigile di Michelle, che mi guardava con un sopracciglio inarcato, mentre parcheggiavo sotto casa di Libby. “Cos’è quella faccia, Malik? Ti manca quella vacca con cui mi hai tradito?”.
Strinsi i pugni intorno al volante, facendo sbiancare le nocche.
Ma cercai di calmarmi con un respiro profondo, non dovevo cedere se volevo proteggere Andie. Avrei resistito, finché non avessi trovato un modo di uscire da quella situazione, finché non avessi capito quale fosse il problema di Michelle.
Come mi hai trovato?”, le chiesi, un po’ per distrarmi, un po’ perché volevo saperlo davvero. Ridacchiò, per poi sistemarsi il vestito a righe beige e nere che indossava. Un gran bel vestito, ma sinceramente l’avrei visto meglio su un’altra persona.
Suo padre”, mi disse passandosi una mano tra i capelli.
Sbiancai, per far vedere che la notizia mi aveva colpito. Non mi interessava chi le avesse detto come trovarmi. Mi interessava solo trovare un modo per aiutare Andie a trovarmi una volta lasciata New York, ma senza dirlo direttamente a lei.
E mi venne in mente una persona.
Sarebbe stata una bella storia. Ed era solo l’inizio.
L’inizio della fine, per Michelle.
~

ANDROMEDA’S POINT OF VIEW.

Lasciai scorrere una lacrima. Due, tre… e ancora. Mi lasciai andare su quel materasso che ne aveva viste tante, troppe forse. Finché non sentii la porta aprirsi e Louis non si sedette accanto a me. “Devo dirti…”. Si bloccò quando sollevai le palpebre, accorgendosi che stavo piangendo.
Mi asciugai le guance con rabbia, spazzai via le lacrime con forza, pregando con tutte le forze che non ne scendessero altre. Preghiera invana, non riuscivo proprio a smettere, nonostante lo volessi.
Lo so, Louis”, mormorai tirandomi su e sistemando il vestito. Ed era vero, sapevo tutto. Tutto quanto. Di come Michelle l’avesse minacciato, del fatto che non avesse voluto dirmi niente per proteggermi. Sapevo tutto. Sapevo anche troppo. Sapevo che Zayn era appena andato via, con lei.
Da lei.
Via da me.
Piccola…”.
E non chiamarmi piccola”, sbottai una volta scesa dal letto, puntandogli un dito contro. Solo Zayn poteva chiamarmi in quel modo, perché detto dalle sue labbra mi faceva sentire davvero piccola. Piccola, fragile e indifesa. E Louis… mi aveva mentito per due mesi e ora aveva anche il coraggio di venirmi a parlare? Dio, che schifo. Mi veniva da vomitare solo a pensarci. “Ho intenzione di fare di tutto per riprendermelo, okay? Non ho intenzione di mollare solo perché una psicopatica…”.
Sei innamorata di lui”, mi interruppe la voce di Harry dalla porta.
Pensavo si fosse capito, Harold”, scherzai lisciando le pieghe del vestito e rimettendomi le scarpe. Scherzai, ma non sorrisi. Non ne avevo la forza. Avevo a malapena la forza di sperare… e di fidarmi di Zayn, proprio come mi aveva chiesto. “Andiamo?”, chiesi poi prendendo sottobraccio il mio migliore amico, mentre mio fratello mi guardava con le lacrime agli occhi.
Scusami…”, mormorò abbracciandomi.
Rimani un coglione”, mormorai di rimando baciandogli una guancia. Ma gli volevo bene, e capivo perfettamente perché avesse aiutato Michelle. Harry era più importante di me, nella sua vita. Io ero solo la sorella. Lui, l’amore di una vita. “Andiamo, ho bisogno di bere…”, borbottai scendendo le scale, seguita dalla risata di Harry.
E sorrisi. Cercando con tutte le forze di fidarmi di Zayn.
Perché quello era solo l’inizio. Magari l’inizio della fine, chissà.


 
 
Lo so, sono in un ritardo orrendo, schifoso, orribile, stupefacentemente terribile.
Mi dispiace, periodo di merda. Detto questo, però... Sono riuscita a postare.
E il capitolo... boh, nonostante sia stato un parto da scrivere, mi piace.
Sono la prima sostenitrice degli Zandie, è vero... ma si sapeva che Michelle avrebbe scassato la minchia, no?
Ringrazio per le recensioni, preferite, seguite, ecc...
Mi fate sapere che ne pensate, vero??
Bene, sparisco... Ah, no. IMPORTANTE.
Dalla settimana prossima mi vedo costretta a postare sempre di sabato.
Sia questa che Blind love. Mi dispiace, ma io ho da fare e la maggior parte di voi ha scuola.
Quindi, è meglio per tutti, se ci pensate.
Bene, ora evaporo davvero. Vi lascio trailer e contatti, al solito.
Di facebook metto il nuovo account, quello apposta per efp. Aggiungetemi se avete fb, non vi mangio.
A sabato prossimo, xx Fede.

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Capitolo 19
*** New Year. ***




*spero che il capitolo abbia un senso, e se ci sono errori scusate, non ho avuto tempo di controllarlo*

Capitolo 19. New Year.


ZAYN’S POINT OF VIEW.

Carmen Delgado.
Il nome che non smetteva di frullarmi per la testa. Il nome dell’amante del padre della donna della mia vita. Il giro di parole più contorto della storia, mi rendo conto. Il nome della professoressa di storia dell’arte, della madre del piccolo Gabriel, della donna che aveva rovinato l’anno alla mia ragazza.
Il nome della donna che forse poteva salvare tutto quanto.
Scesi dall’auto e sbattei la portiera, ma non mi persi lo sguardo perso di Michelle mentre mandava giù qualcosa con un sorso d’acqua. Inarcai un sopracciglio. Pasticche? Droga, no di certo. Non era il tipo. Ma allora…
E in un attimo fui travolto da un ricordo.
Un ricordo in cui una bambina dai boccoli castani, lunghi fino a sotto la vita, che mandava giù controvoglia due pasticche, costretta dalla zia. Una bambina orfana, che in sostanza viveva in casa Malik.
Una bambina che nessuno voleva intorno se non io.
Una bambina con frequenti attacchi epilettici e attacchi di panico. I primi dalla nascita, i secondi dovuti alla morte dei genitori quando aveva cinque anni. Era per quel motivo che prendeva quelle pillole.
E sperai che fossero le stesse pillole di allora. Sperai che non si drogasse.
E sperai di riuscire ad aiutarla. Perché nonostante mi stesse facendo male, io la conoscevo. Michelle Anita Adams non era così. Era stata la migliore amica che potessi desiderare. Era stata la persona migliore che potessi chiedere dalla vita. C’era stata quando mia madre non c’era, quando litigavo con mio padre o con Doniya…
C’era stata, sempre.
Perché lo stai facendo, Elle?”, riuscii a chiederle quando finalmente si decise a scendere dall’auto. Vidi i suoi occhi farsi lucidi, ma scosse la testa, tornando ad indossare la solita maschera di sempre.  “Tu non sei così”, aggiunsi scostandole una ciocca di capelli dal viso.
Non sono pazza”, mi accusò dandomi una spallata.
E allora capii. Stava male. Prendeva quelle pasticche perché stava male, per qualcosa che però a me sfuggiva. Mi rivoleva con sè perché ero l’unica persona che fosse riuscita a farle stare bene. Si era pentita di avermi tradito, e magari stava creando tutto quel casino solo perché le mancavo.
Non penso che tu sia pazza”, le dissi prendendola per un polso e tirandola a me. “Penso che tu abbia bisogno di aiuto”, aggiunsi guardandola negli occhi. E per un attimo rividi la ragazzina che mi aveva difeso il primo giorno di liceo quando mi avevano dato del “terrorista”. Era ancora dentro di lei, la vera Michelle, nascosta sotto la barriera del dolore.
E mi accorsi che lei e Andie erano praticamente uguali.
Ti rivoglio con me, tutto qui…”.
Mi costrinsi a tirar fuori la bugia più grande della mia vita, a fatica. La abbracciai, lasciandole un bacio sui capelli. Bugia. Non volevo abbracciare lei, ma Andie. Non volevo baciare i suoi capelli, ma quelli di Andie. E “Mi hai di nuovo con te, se è quello che vuoi… ma devi lasciar stare Andie. Mi importa solo di te, okay?”, aggiunsi continuando a guardarla negli occhi.
La vidi annuire soddisfatta, per poi prendermi per mano e trascinarmi dentro casa di Libby. Cercai di ignorare lo sguardo sorpreso della padrona di casa, e di Niall, che mi guardavano entrambi con gli occhi sbarrati e la bocca aperta. Lanciai un’occhiata a Libby, che si costrinse ad annuire, capendo quello che volevo dirle solo da uno sguardo.
Capendo che le stavo chiedendo scusa. Capendo che quella sera ero con Michelle solo per evitare che facesse del male ad Andie. La sua migliore amica. L’amore della mia vita. Capendo che se io fossi davvero dovuto sparire con Michelle, avrebbe dovuto essere lei a prendersi cura di Andie, anche da parte mia.
La vidi mormorare qualcosa nell’orecchio di Niall, mentre Michelle mi trascinava in salotto, dove avevano organizzato una pista da ballo. Musica altissima, alcool a fiumi. Il perfetto ultimo dell’anno. E si vedeva perfettamente che Andromeda Tomlinson avesse aiutato ad organizzare il tutto.
Mi costrinsi a far finta di divertirmi, a bere, a ballare.
Come se la ragazza tra le mie braccia fosse Andie, e non Michelle.
Lasciai che la mia ex mi si strusciasse addosso, ma non sentivo niente. Assolutamente niente. Se non un enorme, soffocante, senso di colpa. E quando la vidi dall’altra parte della sala con l’occhio lucido e la mano a coprirsi le labbra… mi si spezzò il cuore. In mille pezzi. Con Liam accanto che cercava di farla voltare.
Era bellissima, più bella che mai.
Ricordo ancora il suo sguardo. Gelido eppure rovente. Azzurro, pervinca, grigio. Gelido. Ma l’occhio lucido, come di chi non riesce a trattenere le lacrime. Rovente. Una pugnalata al petto. Ogni lacrima che vidi scorrere sul suo viso fu una pugnalata. Non volevo che piangesse.
E mi sentii ancora peggio, quando sentii tutte le persone attorno a noi iniziare a fare il conto alla rovescia per la mezzanotte.
Dieci, e la rividi come l’avevo vista la prima volta, ad aprirmi la porta di casa.
Nove, e fu come se la stessi portando in braccio fino in camera da letto, dopo la festa a casa di Liam. Appena dopo il ritorno a galla delle sue paure.
Otto, e ricordai la sua espressione la prima volta che l’avevo chiamata principessa.
Sette, e mi tornò in mente il nostro primo bacio, in quel parco vicino al ponte di Brooklyn.
Sei, e mentre Michelle si voltava verso di me, io pensavo al matrimonio in Messico, a quanto fosse bella. Bella, persino quando aveva negato di essere gelosa di me.
Cinque, e mi costrinsi a guardare Michelle, mentre in realtà pensavo alla prima volta che avevo detto ad Andie di amarla. Al fiocco di neve posato quasi per scherzo sulla punta del suo naso. Alla sua espressione quando mi aveva detto che le serviva tempo e alla mia reazione, quando le avevo promesso che avrei aspettato, che ci sarei stato.
Quattro, e lasciai scorrere una lacrima, mentre lei si faceva abbracciare da Liam.
Tre, e il ricordo della prima volta che avevamo fatto l’amore mi colpì inaspettato, potente come non mai. Ogni sensazione, ogni suo sguardo. Ogni tocco, gemito o “ti amo” mi colpirono al cuore, facendo male. Più male che mai.
Due, e ogni suo sorriso mi trapassò il cervello, ricordandomi quanto poteva essere perfette quando sorrideva. E quando sentii di nuovo il suo sguardo addosso era troppo tardi. Michelle si era avvicinata sensibilmente, fino a sfiorarmi le labbra col suo respiro.
E uno. La fine.
Andie tra le braccia di Liam, e le labbra di Michelle premute contro le mie.

 
~

ANDROMEDA’S POINT OF VIEW.

Avevo una voglia assurda di mettermi a bere fino a dimenticare tutto. Mandare giù un bicchiere dopo l’altro di vodka liscia fino a non sentire più niente. Fino a strusciarmi contro il primo ragazzo che mi fossi trovata di fronte, proprio come stava facendo Zayn con Michelle.
Io però non riuscivo. Non riuscivo a strusciarmi addosso a qualcuno che non fosse lui.
E, cosa decisamente strana, non riuscivo a bere fino a far sparire ogni cosa, non quella sera. Avrei potuto bere fino a star male, ma senza Zayn non sarebbe comunque servito a niente. Non serviva star male se non potevo avere lui per stare meglio.
Così cercai di non pensare alle sue parole in quella lettera. Cercai di non pensare alla prima volta che l’avevo visto, al primo bacio, al suo sorriso, ai suoi capelli, o alla prima volta che avevamo fatto l’amore.
Cercai di non pensare alla persona che mi aveva cambiato la vita.
E ci riuscii, ignorando le occhiate di Libby e Niall. Ignorando mio fratello e il mio migliore amico. Ignorando chiunque mi guardasse con pietà sapendo che il mio ragazzo era avvinghiato alla sua ex dall’altra parte della stanza.
Riuscii a farmi distrarre da Liam, fino a dieci secondi prima della mezzanotte, quando vidi quella vipera di Michelle strusciarsi addosso al mio ragazzo. Li avevo evitati entrambi tutta la sera, cercando di divertirmi e di non pensare.
Ma quando Liam mi prese per un polso e fece per voltarmi, rimasi immobile.
Travolta dai pochi secondi che mancavano alla fine dell’anno.
Travolta dai ricordi.
Dieci, e da dietro le palpebre vidi il sorriso strafottente che aveva sul viso il giorno che si presentò come mio coinquilino. Lo stesso, identico, sorriso. Lo stesso lampo negli occhi dal colore indefinito. Le stesse labbra che avrebbero tenuto sveglia una lesbica. E la stessa risata, provocata dalla mia acidità da yogurt scaduto.
Nove, e sentii di nuovo la stessa sensazione di sicurezza e protezione che avevo provato quando mi aveva salvata da Liam. La sua stretta nella mia mano era stata la più leggera del mondo. La sensazione più bella della vita, fino a quel momento.
Otto, e la sensazione delle sue labbra sulle mie al nostro primo bacio mi fece quasi svenire. Le sue labbra perfette, premute delicatamente sulle mie. Il paradiso. Ricordai ogni singola parola che ci eravamo detti quel giorno. Ogni più piccolo particolare, tornato a galla in un secondo.
Sette, e ricordai quant’era serio la prima volta che mi chiamò principessa.
Sei, e vidi Michelle voltarsi verso di lui. Ma io non riuscivo a smettere di pensare a quanto fossi stata idiota a non ammettere di essere gelosa di lui, in Messico. Avevo perso una settimana. Un’intera settimana, solo per colpa del mio orgoglio.
Cinque, e rividi quello stramaledetto fiocco di neve posato sulla punta del mio naso, attimi dopo il suo primo “ti amo”. Attimi interminabili, in cui ero rimasta sotto shock. Senza parole. Con a malapena la forza di scappare.
Quattro, e lasciai che Liam mi abbracciasse. Mi sciolsi tra le sue braccia, pensando per un istante a quando mi aveva trovata a casa di zia Katherine.
Tre, e presi a singhiozzare contro la clavicola di Liam. Tanto mi avrebbe sentita solo lui, con tutto quel frastuono. Ma non singhiozzavo per la situazione in sé. Un ricordo tanto nitido da farmi scoppiare si era appena impossessato del mio cervello. Io e Zayn, nella casetta sulla spiaggia, la prima volta che avevamo fatto l’amore. Ogni più piccola sensazione fu come una stilettata al cuore. Ed ogni coltellata equivaleva ad una lacrima versata.
Due, e decisi di voltarmi per guardarlo, mentre uno dei suoi splendidi sorrisi magnetici mi trapassava il cervello. Lo guardai, le labbra tremanti e le dita strette sulla camicia di Liam. E quando vidi Michelle avvicinarsi al suo viso mi sentii morire.
E uno. La fine.
Le labbra del mio ragazzo pressate su labbra che – purtroppo – non erano le mie. La sua lingua a rincorrere quella di Michelle. Le sue mani sui fianchi di lei, a tenerla stretta come fino a qualche ora prima aveva fatto con me. Strizzai gli occhi e mi voltai, nascondendo il viso nella camicia di Liam.
Andiamo via, Dee”, lo sentii mormorare mentre mi trascinava via, tra le lacrime che non riuscivo a fermare. Ma non riuscivo a camminare. E mi girava la testa. Altro dolore che si andava ad aggiungere sul mio cuore.
Ho bisogno di lui…”, dissi in un soffio, mentre il mio ex – ironia della sorte – mi prendeva in braccio come pesassi due chili. Senza il minimo sforzo. Repressi un singhiozzo, continuando a stringere le mani sulla sua camicia, e mi accorsi a malapena che mi stava portando via di lì. “Zayn…”, dissi, continuando a piangere.
Lo so, piccola… ora andiamo a casa mia e ti spiego quello che mi ha detto, okay?”.
Sgranai gli occhi, e smisi di piangere all’istante, intravedendo il barlume di una speranza in tutto quel dolore. Vidi Liam sorridere appena, allora presi coraggio e annuii, posando la testa sulla sua spalla. Lasciai che mi trasportasse fino alla sua auto, allora mi accorsi che in quel quadretto del dolore mancava Danielle.
Danielle…”.
Le ho spiegato la situazione, tranquilla”, mormorò Liam mettendo in moto e accendendo la radio, come per colmare quel silenzio. Sospirai. Non solo il mio ultimo dell’anno stava facendo terribilmente schifo. Ma avevo contribuito a rovinare anche il suo, e quello di Danielle. “Anzi, potrebbe esserti più utile di quanto pensi, dato che Zayn le ha mandato un messaggio…”, aggiunse, facendomi voltare di scatto verso di lui.
La mia reazione lo fece ridere, e sorrisi anche io. Più o meno.
Ma non riuscivo a capire. Perché Danielle?
Rimasi in silenzio, e chiusi gli occhi, canticchiando. Avevo un disperato bisogno di staccare la spina, anche se solo per un momento. Avevo bisogno di pensare ad altro che non fossero gli occhi di Zayn sprofondati nei miei. O le sue labbra, premute contro quella zoccola della sua ex.
Feci un respiro profondo, cercando inutilmente di calmarmi.
E a malapena mi accorsi che Liam stava parcheggiando sotto casa sua, per poi scendere e aprirmi la portiera, mentre Danielle compariva trafelata sulla soglia, meno sorridente del solito. Ma pur sempre allegra. Non capivo come facesse, ma non mi importava a dire la verità. “Ciao”, mi salutò con un mezzo sorriso abbracciandomi.
Ricambiai, nonostante quello che avevo passato a causa sua.
E quando mi passò il suo i-Phone… non so, mi sentii meglio. Sentii come se Zayn mi fosse vicino. Sentii come di poter sperare, almeno un po’. Non che fosse molto, ma non era una brutta sensazione. E vedere il numero di Zayn sullo schermo… quello sì che mi fece sentire meglio. “Non l’hai aperto”, mormorai con le lacrime agli occhi guardando Danielle, che mi strinse una spalla, come per rassicurarmi.
Sbloccai la schermata con le dita che mi tremavano e quasi non mi cadde il telefono di mano. Preso però al volo da Liam, che mi lasciò un bacio sulla tempia, prima di leggere.
 
Fallo leggere ad Andie, Danielle… l’ho mandato a te per sviare Michelle.
Piccola, già mi manchi. Non puoi capire quanto sto male. E non puoi capire quanto io abbia bisogno della tua fiducia. Devi fidarti. Devi. Perché Michelle sta male. Male seriamente, da quanto ho capito.
Ma non importa. La cosa importante è che tu vada da Carmen, in Brasile.
La chiamerò appena posso, te lo prometto.
E lo so che non ci stai capendo un cazzo. Lo so. Ma fidati, e il resto verrà da sé.
Ti amo, principessa. Tuo, sempre, Zayn.
 
Buttai la testa all’indietro, contro la testiera del divano, cercando di impedirmi di piangere. Ero dannatamente stufa di piangere. Dannatamente stufa di soffrire. E dannatamente stufa che la gente mi rovinasse la vita proprio quando stavo finalmente bene.
Con mia madre stavo bene, e il mio tentato suicidio aveva rovinato tutto.
Con Liam stavo bene, e lui mi aveva tradita con Danielle.
Con Zayn stavo bene, perfettamente bene. E Michelle si metteva in mezzo.
Stava male. Sbuffai, come se me ne fregasse qualcosa. Che rottura di ovaie. E conoscendo Zayn avrebbe provato a salvarla. Era fatto così. Ma non era quello che non capivo. La cosa che non capivo era il perché avesse nominato Carmen. Perché sarei dovuta andare in Brasile? Non riuscivo a comprendere…
Finché non mi si accese una lampadina.
E caddi in uno dei flashback più straordinari della storia. Zayn mi stava accarezzando la schiena nuda, dopo aver fatto l’amore. Niente di strano, lo faceva sempre. E non era nemmeno strano che sorridesse, canticchiando una delle canzoni della sua playlist. “Mi spieghi che devi farci con i soldi che tieni nel doppio fondo dell’armadio?”, mi aveva chiesto all’improvviso, facendomi sorridere.
E sorrisi, aprendo gli occhi di scatto e guardando Liam, che mi guardava di rimando, palesemente confuso. “Ho capito cosa devo fare”, dissi convinta, tentando un sorriso. Zayn voleva che andassi da Carmen per un motivo preciso, era chiaro. Ma nel frattempo avrei potuto approfittarne per fare un’altra cosa. E Zayn lo sapeva. Sapeva che tenendomi impegnata la sua lontananza forzata mi sarebbe pesata di meno.
Lo sapeva perfettamente.
E io, dal canto mio, avevo intenzione di fidarmi, proprio come gli avevo promesso.


 
 
Salve bellissime donne c: Okay, la pianto.
Non mi dilungo troppo, che mi sta venendo l'influenza e non sto bene per niente.
Allora, che dire? Il capitolo ha senso? Perchè non ne sono convinta.
Insomma, a parte i due conti alla rovescia non è che mi piaccia un granchè... u.u
Comunque, fatemi sapere che ne pensate, yeah.
Vi lascio i contatti e il trailer c: Alla prossima...
xx Fede.

P.s.: ce la facciamo a far risalire le recensioni??? 


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Capitolo 20
*** Trust. ***


*scusate, scusate, scusate.
due mesi. mi rendo conto che è una vita.
quindi scusate, davvero.
e spero che il capitolo vi piaccia almeno un po'...
anche se sostanzialmente è di passaggio.
beh, che dire. se è rimasto qualcuno a seguire la storia, grazie, dal cuore.
alla prossima bellezze, xx Fede.*





Capitolo 20. Trust.


ANDROMEDA’S POINT OF VIEW.

Ho sempre pensato che la parola fiducia fosse uno di quei paroloni ai quali le persone danno un significato più forte di quello che in realtà posseggono. Ho sempre pensato che fosse una parola sopravvalutata, utilizzata così, senza pensare davvero al suo significato. E ho sempre pensato di non essere in grado di fidarmi, dati i precedenti.
Insomma, parliamone.
Per quanto provassi a fidarmi dei miei genitori, mia madre non è stata proprio la miglior madre del mondo, e mio padre… beh, visti gli ultimi avvenimenti, è chiaro che di lui non mi posso fidare. Chiaro come il sole, la luna, e l’azzurro degli occhi di mio fratello.
Libby e Harry sono stati un caso a parte. Essendo cresciuti insieme ho avuto il tempo per fidarmi, a poco a poco, di entrambi. Prima della ragazzina bionda che non la smetteva di starmi intorno, continuando a chiacchierare senza sosta. E poi del ragazzino riccio tanto timido da dovergli cavar le parole di bocca con le pinze.
Liam… mi ero fidata di lui, subito. Forse troppo in fretta.
Per poi rimanere fregata, un classico.
Carmen. Beh, storia decisamente complicata. Fidarsi di lei all’inizio mi sembrava impossibile, ma poi conoscendola e capendo quanto il mio odio nei suoi confronti fosse immotivato… mi sono fidata. Come sembra si sia fidato Zayn, a quanto pare.
E Zayn…
Mi scappa un sospiro, a pensare a lui. E Charlotte mi stringe la mano, lasciandomi posare la testa sulla sua spalla. Sono passate due settimane dal messaggio di Zayn a Danielle – a me – e ho cercato di non farmi pesare la sua mancanza. Ho cercato di non farmi pesare che non ci sarebbe stato al mio compleanno, o al suo.
Però in quel momento, sull’aereo per il Brasile, non riesco a smettere di pensarci.
Fidarsi di lui è stata la cosa migliore che avessi potuto fare in vita mia. Perché, nonostante all’inizio non lo sopportassi, i suoi occhi mi hanno stregata. Il suo sorriso mi manda in tilt. Ed è l’unica persona sulla faccia della Terra che sia mai riuscita a capirmi. L’unica persona che sia uguale a me, ma allo stesso tempo completamente differente.
L’unica persona che con un’occhiata capisce come sto, senza dover aprir bocca.
La fiducia non è mai stata il mio forte. Tutti si sono presi quella che distribuivo, ma io sono sempre stata restia a prenderne un po’ dagli altri. Sempre restia, sempre ritrosa, verso tutti. Finché un bel giorno di settembre un ragazzo un po’ strano e decisamente incredibile, è entrato a far parte della mia vita.
Parte di me. Parte del mio cuore.
Ti manca, vero?”, mi chiese mia sorella interrompendo il flusso dei miei pensieri. Mi limitai ad annuire, non fidandomi del tono della mia voce. Stavo reprimendo singhiozzi su singhiozzi da due settimane. Stavo scoppiando, letteralmente. “Vi shippo dal primo istante, lo sai?”.
Ridacchiai, scuotendo leggermente la testa.
Lo so, tesoro”, mormorai, chiudendo gli occhi.
Charlotte si limitò ad accarezzarmi i capelli e a canticchiare qualcosa a bocca chiusa. Era incredibile come a volte sembrasse lei la sorella maggiore, e non io. Cercai di concentrarmi sul tocco delicato delle sue dita tra i miei capelli, ma inevitabilmente mi ritrovai a pensare ad altre dita, un altro tocco, un’altra persona.
Strizzai gli occhi per non piangere, non volevo.
Anche se probabilmente ne avevo un gran bisogno.
Prova a dormire, ti sveglio quando arriviamo”, mormorò Charlotte, le labbra contro i miei capelli. Annuii, ancora, immaginando però di essere tra le braccia di Zayn. Immaginando che fosse lui ad accarezzarmi i capelli. E immaginando che fossero le sue labbra a sfiorarmi.
E versai una lacrima, un attimo prima di cadere in un sonno fortunatamente senza sogni.

***

Piccola, siamo arrivate”.
E giuro che per un momento credetti di sentire la voce di Zayn. Stavo impazzendo? Probabile che in effetti fosse già pazza, da un bel pezzo. Probabile che anche mia sorella mi credesse pazza, visto come mi guardava. Anche se, vista da una certa prospettiva, sembrava solamente preoccupata.
Molto preoccupata, a dire il vero.
Non dissi una parola, mi lasciai trascinare per l’aeroporto di Rio de Janeiro come una bambola di pezza. Senza vita. Senza voglia di vivere. Senza mostrare come in realtà stavo dentro. Sembravo calma, ma l’attesa di un segno – divino – mi stava uccidendo lentamente, mi stava divorando, quasi senza che me ne accorgessi.
Scivolai tra la folla di turisti come un fantasma.
Respirai l’aria brasiliana come se quell’odore tanto diverso da quello caratteristico di New York potesse farmi stare meglio. Respirai l’aria calda di Rio, l’odore di oceano che sovrastava qualsiasi altra cosa.
Dammi la macchina fotografica”, mormorai a Lottie, quasi in trance.
Ma lei obbedì con un sorriso, vedendomi tanto entusiasta e meno fossilizzata sul pensiero fisso di Zayn. E scattai fotografie, tante, mentre mia sorella cercava di fermare un taxi. Ritrovai un pezzetto di me, in quegli scatti. Scatti che in qualche modo riuscirono a lenire la mancanza del mio ragazzo.
Mi sentii meglio, al solo rumore dello scatto.
Mi sentii bene, come non stavo da due settimane.
Ripresi a respirare davvero, come se per quelle due settimane avessi trattenuto il respiro. Come fossi rimasta in apnea per troppo tempo e finalmente tornassi in superficie. Perché anche se non l’avrei mai ammesso, l’aria mi serviva, come serviva a tutti.
Avevo provato a vivere di persone, abbracci e ricordi.
Ma l’aria mi serviva comunque. Mi sarebbe servita sempre.
Va meglio, vero?”, mi chiese Lottie una volta a bordo del taxi, che sinceramente non mi ero nemmeno accorta fosse arrivato, tantomeno di esserci salita.  Ma annuii, tentando un sorriso, che evidentemente non mi riuscì tanto male, visto il sorriso in risposta di mia sorella. “Mi spieghi perché il Brasile?”.
Il Brasile. Bella domanda.
No, non per Carmen.
Vi sarete chiesti a cosa mi servissero i soldi che tenevo nel doppiofondo dell’armadio. Beh, eccoci – finalmente – arrivati alla tanto agognata soluzione. La verità è che sono sempre stata una ragazza fiduciosa. Una ragazza che forse ha avuto anche troppo, materialmente, dalla vita.
E immaginate la mia passione per la fotografia, portata in giro per il mondo. Insieme al mio talento naturale nell’aiutare il prossimo. Quindi, cosa sarebbe meglio di unire la fotografia agli orfani di mezzo mondo? Assolutamente niente… niente sarebbe meglio del progetto che porto avanti segretamente da anni.
Voglio aiutare quei bambini”, le dico, sorridendo davvero, mentre passiamo al confine con una favela. Mi si riempiono gli occhi di lacrime, senza che nemmeno me ne accorga. Perché aprire un orfanotrofio in Brasile è sempre stato il mio sogno. Fotografare quei bambini, è sempre stato il mio sogno.
Ed è un progetto minuscolo, paragonato al sogno più grande di tutti.
Aprire diversi orfanotrofi, in ogni angolo del pianeta. Vivere di periodo in periodo a contatto con quei bambini. E fotografare, qualsiasi cosa, qualsiasi bambino, ovunque nel mondo. Per poi organizzare una mostra, per far vedere al resto del mondo cosa si stanno perdendo a starsene fermi nelle loro case perfette, lontani ma allo stesso tempo vicini a quei bambini.
Non c’entra Carmen?”.
Carmen è venuta dopo questo progetto, Lot”, ammetto facendo spallucce.
Certo, quella donna è l’unico indizio che mi ha lasciato Zayn prima di sparire chissà dove con Michelle. Ma Carmen non c’entra assolutamente niente con gli orfanotrofi. Quelli sono tutta farina del mio sacco. E quel progetto è venuto molto prima che conoscessi Zayn. Prima di lui, di Carmen, di Michelle… prima di tutto.
Zayn sa degli orfanotrofi?”. E non credevo potesse fare tanto male, il suo nome. Così mi limitai ad annuire, lasciando andare la testa contro il sedile del taxi, cercando di non pensare a quanto mi mancassero i suoi occhi, il suo sorriso e il suono della sua voce. Non mi sarei lasciata buttare giù in quel modo. Non da un fottuto nome. “E’ anche per lui che siamo qui, vero? Insomma, speri che lui contatti Carmen, o qualcosa del genere”, mi disse Charlotte cercando di attirare la mia attenzione. “Parlami, Andie”.
Ma semplicemente io non volevo parlare. Tantomeno di lui.
E per fortuna, per una volta nella vita, il destino era della mia parte. Il taxi si fermò nell’esatto momento in cui mia sorella stava per farmi l’ennesima domanda a cui non mi sarei degnata di rispondere. Scesi con un sospiro di sollievo a pagai il taxi, tirando giù il mio borsone e voltandomi per vedere dove ci avesse portate.
E, wow… rimasi a bocca aperta per quella che mi parve un’eternità. A fissare l’oceano a pochi metri da noi, senza sapere che dire. A sentire mia sorella borbottare qualcosa di incomprensibile, ma senza trovare le parole adatte.
Finché la voce del mio fratellastro non mi arrivò alle orecchie. Limpida. Allegra. Felice. Come mai l’avevo sentito, per quel poco che lo conoscevo. E voltandomi di nuovo lo vidi in braccio alla madre, davanti ad una fila di case a schiera, tutte uguali. Col suo ditino cicciottello puntato verso me e Charlotte.
Che ci fate voi due qui?”, ci salutò Carmen, decisamente sorpresa di vederci.
Troppo sorpresa. Più sorpresa di quanto mi aspettassi. Perché Lottie non aveva tutti i torti. Io avevo sperato fino all’ultima cellula del mio corpo che Carmen sapesse che saremmo arrivate. Che Zayn l’avesse contattata. E che almeno lei, in tutta quella storia, sapesse cosa stava succedendo.
Perché io non sapevo niente. Anche l’ultima speranza mi era appena scivolata tra le dita.
Lasciai cadere il borsone nella polvere di Rio de Janeiro, senza curarmene troppo. E mi accasciai su di esso, nascondendo il viso tra le mani. E iniziando a piangere in silenzio, mentre mia sorella raccontava tutto a Carmen. Io non volevo sentire. Non volevo parlare. Sarei solo voluta sprofondare nel terreno sotto ai miei piedi. E morire magari. Perché di vivere non ne potevo davvero più.
Tesoro, vieni dentro…”, mi sentii dire da Carmen dopo una manciata di minuti. Sentii le sue mani a spostare delicatamente le mie, per poi asciugarmi le lacrime dalle guance, mentre io tenevo gli occhi chiusi, sperando che il mondo mi inghiottisse. “Andie, andiamo…”.
Lui mi ha detto di venire da te…”, singhiozzai lasciando che mi tirasse su e mi abbracciasse. Lasciando che mi accarezzasse i capelli, e che cercasse di calmarmi. Ma la verità è che io non volevo calmarmi. Volevo solo capire cosa ci facessi lì. “Lui mi ha detto…”, ripetei in un soffio.
Non mi ha chiamata, tesoro… ma se te l’ha promesso lo farà, te l’assicuro”.
Non puoi saperlo”, mormorai.
Lo so invece, perché ti ama da morire, piccola”, mi disse allontanandosi per guardarmi negli occhi, regalandomi un mezzo sorriso. Angosciata come me, ma sempre e comunque con quella vena di positività. E sorrisi anch’io, anche se un sorriso appena accennato.
Era pur sempre qualcosa.

***

ZAYN’S POINT OF VIEW.

Una persona orribile. Ecco, in due parole, quello che ero. Orribile, orribile davvero. Ero scappato dagli Stati uniti, dagli amici… da Andie. Per proteggerla. Per cercare di salvare Michelle. Quindi pazzo, oltre che orribile.
Mi aveva trascinato in Argentina.
Beh, non proprio. In qualche modo ero riuscita a convincerla che nessuno ci avrebbe cercati, in Sudamerica. Le avevo mentito. Avevo cancellato il messaggio mandato a Danielle, e avevamo passato quelle due settimane come voleva lei.
Mentendoci l’un l’altro, in un certo senso.
Io non le avevo detto di Andie e del Brasile. Tantomeno del suo bellissimo progetto degli orfanotrofi. Avevo tenuto il segreto, aspettando il momento adatto per chiamare Carmen. Momento che ancora non era arrivato. Più che altro perché Michelle era sempre tra i piedi. E perché non sapevo se la mia ragazza si fosse fidata.
Michelle, dal canto proprio, non aveva voluto spiegarmi niente. Né delle pillole che le avevo visto prendere l’ultimo dell’anno, né di cosa avesse a che fare col padre di Andie, né… niente. In sostanza, non mi aveva voluto spiegare niente.
E stavo aspettando che si addormentasse, la testa posata contro il mio petto nudo, i capelli sparsi sulla mia spalla e sul cuscino. Chiusi gli occhi per un istante, sentendo il suo respiro appesantirsi e regolarizzarsi. E immaginando gli occhi celesti di Andie incatenarsi coi miei.
Allora sgranai gli occhi, passandomi poi una mano tra i capelli e prendendo un respiro profondo. Due settimane, e ancora i suoi occhi lucidi mi trapassavano i pensieri. Due settimane, e ancora non avevo dimenticato le pagliuzze di luna che si nascondevano in quegli occhi.
Sto impazzendo…”, borbottai in un sussurro coprendo Michelle col lenzuolo e scendendo lentamente dal letto, cercando di fare meno rumore possibile. Trattenni il fiato, vedendola cambiare posizione. Ma per fortuna continuò a dormire, cosa che mi permise di prendere il cellulare dal comodino e sparire lungo il corridoio della camera d’albergo.
Mi sedetti sul bancone del cucinotto che avevamo in camera. E accesi il telefono. Cosa che non facevo da due settimane. E sbam. Il significato della mia fuga mi colpì come un uragano, come qualcosa che non ti aspetti, ma che nel mio caso mi sarei dovuto aspettare.
Decine e decine di notifiche. Centinaia tra auguri di buon anno e compleanno. Centinaia di “Dove sei finito?”, degli amici, di mia sorella. Di Louis, Harry, Libby, Niall. Persino qualche messaggio di Liam, e di Charlotte.
Ma li ignorai, uno dopo l’altro, senza nemmeno degnarli di uno sguardo.
Non riuscivo a smettere di fissare il nome di Andromeda, bianco su nero. Decine di chiamate. Decine di sms. Decine di messaggi in segreteria. Tutti suoi. E a quel punto le possibilità erano due. Cancellarli tutti senza leggerli. O leggerli, tutti, e piangere. E cercare di risolvere.
Chiusi gli occhi un secondo, per poi chiamare la segreteria telefonica, senza nemmeno guardare i numeri sfiorati dalle mie dita. E il primo messaggio. Il suono della sua voce, bellissima, ma rotta dal pianto. E di riflesso una lacrima a solcare la mia guancia, per poi finire nella barba che non avevo più voglia di fare.
Perché senza lei non aveva senso. Niente aveva senso.
Ciao amore… io… non so che dire…”. Ogni pausa un singhiozzo. Ogni singhiozzo una lacrima fuori dai miei occhi, chiusi. Ogni parola un battito più forte da parte del mio cuore. “Non so dove sei, non capisco niente… e ho bisogno di te, come dell’aria… ti prego, torna…”.
Mi lasciai sfuggire un singhiozzo, e passai al messaggio successivo.
Non lasciare che il mio cuore muoia, ti prego”.
Zayn…”.
Ti amo…”.
Ogni messaggio una frase. Ogni frase un pugno nello stomaco, fin quasi a farmi venire da vomitare. Ogni parola una lacrima. E ogni lacrima altro dolore. Ogni colpo un singhiozzo che non riuscii a trattenere. Mi lasciai scivolare giù dal bancone, fino a sedermi a terra, con la schiena contro il forno.
Con gli occhi chiusi, e l’immagine del suo sorriso a trafiggermi la mente.
E senza sapere minimamente cosa fare per risolvere la situazione di merda che si era creata. Che io avevo creato. Sapevo solo che Andie mi mancava come l’aria per respirare. Sapevo solo che sentire la sua voce rotta dal pianto faceva male, più di qualsiasi altra cosa al mondo. Sapevo solo che avevo bisogno di vedere i suoi occhi…
O tanto valeva farla finita.


 
 
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(askate, vi supplico in ginocchio, lol)

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Capitolo 21
*** Another love. ***


*crepo male. avevo messo il capitolo e mi si è chiuso internet.
ma okay, ce la posso fare. scusate il ritardo di quasi tre mesi.
mi spiace troppo non essere riuscita ad aggiornare prima.
tanto che a questo punto spero ci sia ancora qualcuno a seguirla...
comunque, ci siamo. capitolo leggermente di svolta.
e non so quanti ne mancano alla fine, lol.
quindi, per il momento è questo. e spero di riuscire ad aggiornare presto...
ah, ho un nuovo profilo twitter, se volete seguirmi, ve lo lascio in fondo con gli altri contatti.
alla prossima ragazze :) e buona festa della donna, awww.
- emotjon.*


21. Another love.


ANDROMEDA’S POINT OF VIEW.

Il Brasile mi era sempre piaciuto. L’avevo sempre considerato uno di quei Paesi dai quali avrei potuto ricominciare da capo, se mi fosse successo qualcosa. Ed eravamo a Rio da un paio di giorni, tempo che mi era bastato e avanzato per amare quel posto anche più di prima, più di quanto fosse possibile, forse.
Mi ero ripresa dal viaggio, in quei giorni. Ma mi ero rifiutata di mandare giù più di quanto mi servisse. Saltavo un pasto dopo l’altro, fino ad arrivare ad un millimetro dallo svenimento. Allora Carmen, o Charlotte, mi vedevano più pallida del solito e mi costringevano a mangiare. Nonostante non volessi.
Mangiare non aveva senso, senza di lui.
Respirare, non aveva senso.
«Tesoro, devi mangiare qualcosa», mi riprese mia sorella per l’ennesima volta, provando ad accarezzarmi i capelli. Mi ritrassi, quasi come fosse automatico per il mio corpo allontanarmi da lei. Semplicemente perché lei non era lui. «Andie… lo so che stai male…».
Quello, poi, era anche peggio.
Lei non sapeva niente. Non sapeva come stavo, come mi sentivo. O perché mi rifiutassi di mangiare. Non sapeva perché avevo sempre gli occhi gonfi dalle lacrime trattenute, come non sapeva che continuassi a sognare Zayn tutte le notti, da due settimane. Non sapeva niente, inutile che provasse a convincermi del contrario.
«No, non lo sai», riuscii a dire, con voce roca, asciugandomi velocemente una guancia. Ma non volevo piangere, non davanti a lei. Io dovevo essere forte. Per me. Per Zayn. Per entrambi. «Non sai come si sta quando la persona che ami di più al mondo è chissà dove…». Con la sua ex. Ma niente, non riuscii nemmeno a finire la frase, bloccata dai singhiozzi.
Mi accorsi appena delle lacrime e dei singhiozzi. E chiusi gli occhi, pur di non vedere il viso preoccupato di mia sorella, annebbiato e confuso. Mi accorsi appena di Carmen, entrata qualche istante dopo in cucina. Come mi accorsi appena di mia sorella, che prese Gabriel per mano e lo portò via dalla cucina, lontano da me.
Non mi resi conto di niente, se non dell’abbraccio della bellissima donna che avevo di fronte. Lasciai che mi accarezzasse i capelli, che mi stringesse a sé. Lasciai che mi facesse sfogare come volevo. Come avevo bisogno, più che altro. «Io lo so come ti senti, Andie… sono stata innamorata di tuo padre per così tanto…».
Annuii, a quel sussurro. Cercando poi di ritrovare un minimo di controllo. Lasciai che mi asciugasse le lacrime, delicatamente. Da mamma, quasi. Quasi come fosse mia madre. Come la mia vera madre non aveva mai fatto, però. Impressionante. Impressionanti la dolcezza, l’amore, e la tenerezza, che Carmen mise in quel gesto.
«Io senza di lui non sono niente…».
Ed era vero. Lo pensavo veramente. Io, senza Zayn, ero come una notte senza stelle e senza luna. E magari può sembrare smielato. Ma è terribilmente vero. Lui era come un bicchiere d’acqua nel deserto, o la luce nella notte. Lui mi teneva in vita. Lui mi dava la speranza che mi serviva per andare avanti, per non farla finita da un momento all’altro.
Lui era il mio tutto.
E senza di lui, letteralmente, non sarei stata che una briciola di me stessa. Senza Zayn, avrei fatto riemergere le vecchie paure, le vecchie barriere, la vecchia acidità. La vecchia me. La parte brutta e cattiva di me, quella che non volevo ritirare fuori.
«Perché ti ha mandata qui?», mi chiese dopo una manciata di secondi, aiutandomi a sedere su uno sgabello e avvicinandomi una fragola alla bocca. Cercai di cacciare indietro le lacrime, al pensare alla labbra di Zayn, che sapevano anche di fragole.
E le raccontai tutto.
Del messaggio a Danielle. Dei soldi che tenevo nascosti da mesi nel doppio fondo dell’armadio. Degli orfanotrofi. Delle fotografie. Della mostra che volevo far allestire una volta creato il tutto. «Ha detto che ti avrebbe chiamata… e venendo in Brasile io sarei stata occupata con il mio progetto», aggiunsi scuotendo la testa e addentando una seconda fragola.
In fondo, avevo più fame di quanto non pensassi.
«Non ho mai visto una persona amare qualcuno come Zayn ama te, piccola», mi disse in un soffio, prendendomi il mento con due dita e avvicinandosi per darmi un bacio leggero sulla fronte. Bacio che mi ricordò di lui, ancora una volta. Ma cercai di non darlo troppo a vedere. Cercai di non essere debole, una volta tanto. «C’è un orfanotrofio in fondo alla strada, che sta andando in malora… se vuoi ti accompagno e vediamo cosa poter fare».
Sorrisi. Davvero. E per una volta, senza il sorriso di Zayn Malik a martellarmi il cervello. E mangiai una terza fragola, quasi senza rendermene conto. Cacciai le lacrime al loro posto. Sorrisi, ancora, per poi darmi una sistemata e rendermi presentabile.
Dovevo aiutare quei bambini. E distrarmi dal pensiero di Zayn, era l’unico modo. L’unico che avevo trovato. E forse anche l’unico modo possibile, a dirla tutta. Cercai di non pensare a niente che non fosse il mio obiettivo. Niente che non fosse il mio progetto.
Niente Zayn, a quel punto. Niente occhi color cioccolato fondente. Niente sapore delle sue labbra. Niente odore penetrante a scombussolarmi gli ormoni. Niente barba sempre incolta di qualche millimetro. Niente “principessa”. Niente sorriso contagioso. Niente risata fuori dal mondo.
Niente di niente.
«Mi accompagni, Carmen?», le chiesi in un sussurro prendendo la borsa e legandomi i capelli in una treccia mezza sfatta. Un attimo e Gabriel mi corse incontro attaccandosi alla mia gamba. Riuscendo persino a farmi ridere. «Che c’è, piccolo?», gli dissi abbassandomi al suo livello e scostandogli una ciocca di capelli scuri dalla fronte.
A vederlo così da vicino… somigliava fin troppo a mio padre.
«Via?».
Spostai per un attimo lo sguardo dal piccolo davanti a me a sua madre, che intanto si era avvicinata. La vidi mordersi il labbro, e passarsi poi una mano tra i capelli. Ma la ignorai, scuotendo leggermente la testa e tornando a guardare il mio nuovo fratello. «Non vado da nessuna parte, piccolo».
«Ma…».
Lo bloccai posandogli delicatamente le labbra sulla fronte e sorridendo. «Esco con la tua mamma… andiamo ad aiutare dei bimbi come te, che hanno bisogno di me… ti giuro che torno presto, okay?», aggiunsi lasciandogli poi un bacio sulla punta del naso. Lui rise, annuendo pianissimo, ma aveva una luce strana negli occhi. Una luce che avevo già visto. Negli occhi di… Zayn.
L’occhio mezzo lucido. La paura di essere abbandonato. La stessa paura che avevo avuto io negli occhi due settimane prima. La stessa sensazione alla bocca dello stomaco. E certamente non era una bella sensazione. Non l’avrei augurata a nessuno, nemmeno a Michelle.
E riuscii solo ad abbracciarlo, cercando di non scoppiare in lacrime. Ero davvero troppo stufa di piangere. Stufa di sentire la mancanza di Zayn. Basta. Avrei dovuto smetterla di pensare alle cose e alle persone che non potevo o non riuscivo ad avere. E tutto per colpa di un bambino di due anni, poi?
Lasciai che Carmen prendesse suo figlio in braccio e mi lasciai andare sul pavimento, cercando di riprendere fiato, e di togliermi la figura del mio coinquilino – e ragazzo che amavo alla follia – dalla mente. Lasciai che si inginocchiasse al mio fianco e mi tirasse a sé per un abbraccio, di cui avevo bisogno, più di qualsiasi altra cosa.
«Tesoro, non ci pensare… Gabriel ha solo paura di…».
«Perdermi», finii per lei, con un respiro profondo.

 

***

ZAYN’S POINT OF VIEW.

Mi rigirai il flacone di pillole tra le dita, soprappensiero. Era pieno. Forse ancora sigillato, mai aperto. E non riuscivo a capire. Non capivo niente. Niente di niente. Che Michelle mi avesse mentito? Magari non stava male come avevo creduto. Magari mi aveva solo preso in giro… per fare in modo che lasciassi Andie e scappassi con lei.
Mi passai una mano tra i capelli, che stavano crescendo fin troppo in fretta, e sospirai. Non ce la facevo più a sopportare tutta quella situazione. Mi mancava troppo la mia ragazza. La mia coinquilina. L’amore della mia vita. Mi mancava Andie, più di quanto avrei potuto immaginare.
Mi mancavano i suoi occhi, il suo sorriso, le sue sopracciglia inarcate. Le sue labbra, la sua pelle. Il suo odore. Mi mancava lei, tutta quanta. Acidità compresa. Carattere impossibile compreso.
Guardai per un secondo Michelle scendere le scale fischiettando.
Amavo anche lei.
Ma era un altro tipo di amore, totalmente diverso. E forse, totalmente sbagliato. Un amore da buttare, un amore che più che altro era malessere. Le volevo bene come ad una sorella, era quello l’amore che provavo per lei. E mi venne da piangere, guardando lei e immaginando che fosse… Andie.
Ormai era un pensiero fisso. L’unico pensiero che mi permetteva di fingere tanto bene con la mia ex. Fingevo che lei fosse Andromeda. Fingevo di toccare lei, di baciare lei, di parlare con lei. Immaginavo gli occhi di Andie, e il suo sorriso. Fingevo persino di fare l’amore con lei, quando invece era Michelle.
Come eravamo arrivati a quel punto? Come avevo potuto permettere che la mia ex fuori di testa irrompesse nella mia vita e rovinasse tutto ancora una volta? Ero stato stupido io a fidarmi? O forse stupido a credere di star facendo la cosa giusta, stupido a credere di poterla salvare.
Ed ero stufo di fingere. Stufo che mi mancasse Andie.
«Piccola, mi spieghi?», le chiesi in un soffio stanco, continuando a rigirarmi il flacone tra le dita. La vidi sgranare gli occhi e schiudere le labbra. La vidi sedersi sull’ultimo scalino, prendendosi poi la testa tra le mani. «Non ti posso aiutare se non mi spieghi cosa sta succedendo», aggiunsi avvicinandomi e sedendomi al suo fianco, prendendole le mani e scostandogliele dal viso.
«Ti ho trovato dopo… due settimane che convivevi con lei».
Annuii pianissimo, lasciando che prendesse fiato e si aprisse. Avevo bisogno di sapere. Di capire come mi avesse trovato. Perché volesse trovarmi. E cosa c’entrasse il padre della mia ragazza in tutto quel casino.
«Ero in un bar, a Londra, e ho sentito un uomo parlare al telefono… diceva di aver bloccato le carte di credito ai figli, e che si erano trovati un coinquilino. Allora lui doveva aver fatto le sue indagini, e lo sentii pronunciare il tuo cognome…», continuò voltandosi finalmente per guardarmi negli occhi.
Li aveva lucidi, arrossati, e gonfi di lacrime. Mi fece pena, in un certo senso. Possibile che non volessi vederla soffrire? Quasi come fosse Andie, come fossi ancora innamorato di lei. Ma non era possibile. Lei non era Andie. Michelle era il mio passato. Non avevo bisogno di lei, non in quel senso.
«Vai avanti…».
La vidi prendere un respiro profondo e annuire appena. «Lo avvicinai e gli dissi che ti conoscevo. Gli raccontai cosa era successo tra me e te, e lui… mi chiese se potevo fare qualcosa. Se potevo allontanarti da Andie». Rabbrividii, sentendola pronunciare il suo nome. Era la prima volta che lo diceva. E quel nome riportò a galla la mancanza di lei. La mancanza che avevo cercato di nascondere, stando con Michelle. «Accettai… mi disse che mi avrebbe pagata… e io gli chiesi se poteva procurarmi queste», aggiunse indicando il flacone che tenevo in mano.
«Non ti ha detto perché mi voleva lontano da lei?».
Ignorai il fattore pasticche. Andie era più importante di Michelle. Più importante delle pasticche. Più importante dei suoi problemi. E poi, ero troppo curioso di sapere il perché. Perché il padre di Andie mi volesse lontano da sua figlia, anche senza conoscermi.
«Io… non lo so… forse non ti ritiene degno di stare con lei…». Ma noi non stavamo insieme. Io ed Andie non eravamo niente all’inizio. Solo coinquilini, e ci ignoravamo pure. «Non lo so, Zay… io avevo bisogno delle pillole, e in quel momento lui era l’unico che avrebbe potuto procurarmele senza fare domande», aggiunse lasciandosi andare ad un sospiro stanco.
«Io ho bisogno di lei, però», le spiegai stringendole una mano, intrecciando le dita con le sue. La sentii irrigidirsi, come se mi stesse nascondendo qualcosa. Come se ci fosse altro. Come se non volesse dirmelo. «Io sono l’ombra di me stesso, senza Andie… mi capisci?».
Sentivo di avere gli occhi lucidi, ma non mi interessava. Mi stavo aprendo con lei come probabilmente non avevo mai fatto e non avrei dovuto fare. Mi stavo scoprendo, stavo buttando giù un muro. Allora la vidi puntare gli occhi nei miei, e annuire, quasi impercettibilmente.
«Ho accettato di aiutarlo perché mi mancavi», ammise, lasciandomi la mano e alzandosi in piedi, leggermente traballante. «Ho accettato perché senza di te mi sembrava di morire… ma… tu sei innamorato di lei». La vidi sorridere appena, al pronunciare quelle parole. Ed erano le parole più vere che mi avesse detto, forse da quando la conoscevo.
Era una verità, che fossi innamorato di Andie.
«Michelle…».
«Quelle pillole mi servono Zayn… senza quelle vado nel panico, letteralmente». Ascoltai ogni parola col cuore sempre più in gola. Sempre più oppresso dal senso di nausea. Lei stava male, avevo ragione. Erano gli attacchi di panico, ancora ragione. «Ma non posso impedirti di essere felice», aggiunse dopo una manciata di secondi, lasciandomi totalmente a bocca aperta. «Non sono tanto sadica, Malik…».
Eppure io non riuscivo a crederci. Come non riuscivo a muovermi.
«Non vado da nessuna parte finché non ti ho tirata fuori da questo casino», dissi dopo qualche minuto di silenzio, alzandomi in piedi e abbracciandola. La sentii sorridere contro il mio collo, e annuire un attimo dopo, ricambiando l’abbraccio. «Però ti devi fidare di me».
Le lasciai un bacio sui capelli, sentendola annuire.
Sarebbe andato tutto bene. Ora ne ero leggermente più sicuro.
E non restava altro se non chiamare Andie. Feci tutto in automatico, ignorando persino il sorriso da idiota di Michelle. Presi il telefono e feci il numero di Carmen a memoria. Pregando che rispondesse. Pregando che Andie fosse dove le avevo chiesto di andare. Pregando che andasse tutto bene.
«Pronto…».
«Carmen, sono Zayn». Vidi Michelle inarcare un sopracciglio, evidentemente confusa. Ma non me ne curai. Riuscii solo a sentire la mia professoressa di storia dell’arte trattenere il fiato, e poi espirare pesantemente. «Ti prego, dimmi che Andie è con te», mormorai, cercando di trattenere altre lacrime.
Tornai a respirare normalmente solo quando sentii un singhiozzo mal trattenuto e un “passamelo”, appena sussurrato e leggermente balbettato. Sentire il respiro della mia ragazza nell’orecchio mi fece sentire meglio, fin troppo.
«Amore… oddio…».
«Piccola, non piangere», le dissi a voce bassissima, mentre la mia ex spariva al piano di sopra. La sentii prendere un respiro, cercando di obbedirmi, ma senza troppo successo. Continuava a singhiozzare. Mi sembrava quasi di sentire il rumore delle lacrime scivolarle lungo le guance.
«Credevo mi avresti abbandonata, cazzo», riuscì a dire, continuando a piangere. C’era comunque il solito velo di acidità che la accompagnava sempre. Ma non ci feci caso, mentre mi sedevo sugli scalini tirandomi quasi nervosamente una ciocca di capelli. Solo, non c’era da essere nervosi.
E in qualche modo, sorrisi. «Ti avevo detto di fidarti di me, no?».
«Mi fido, piccolo, è solo che… ho avuto paura di…».
«Perdermi», finii per lei, sentendo poi Michelle sedersi al mio fianco e posare la testa sulla mia spalla. La vidi sorridere, con la coda dell’occhio. «Devi continuare a fidarti di me, piccola… devo aiutare Michelle, okay?».
La sentii sospirare pesantemente, tra una lacrima all’altra. E poi, solo silenzio.
Finché… «Tieni presente che se non ti amassi quanto ti amo ti avrei già dimenticato, Malik», mi sentii dire, quasi incredulo. Mi era mancato troppo sentirla pronunciare quelle due parole. Mi era mancata l’inflessione dolcissima della sua voce, mentre le pronunciava. «Solo, non metterci troppo, ti prego».
«E’ un modo carino per dire che ti manco?».
Allora la sentii ridere, mentre ancora piangeva, e seppi che tutto sarebbe andato al proprio posto, in un modo o nell’altro. Bastava soltanto crederci.


 

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Capitolo 22
*** AVVISO. ***


Avviso.
 


Buongiorno… io boh, non penso sarà un buongiorno, dopo tutti gli avvisi che pubblicherò, ma okay. Ci si prova comunque. Quindi, vediamo… non so da dove cominciare, ho paura che dopo questa vogliate uccidermi tutti, lol. Spero di no, ovviamente. Ma non si sa mai, del resto.
Chi mi segue vedrà lo stesso avviso in tre delle mie storie. Non preoccupatevi, non sono impazzita, non più di quanto non sia già pazza di mio almeno. Ma cerchiamo di arrivare al punto, va.
Qualsiasi cosa io scriva fa evidentemente parte di me. E’ chiaro, no? E penso sia più che normale che io sia attaccata ai miei personaggi, forse anche più di quanto lo siate voi che ne seguite le gesta, magari restando col fiato sospeso, chissà. Magari piangete, ridete con loro, e tutto.
E credetemi, mi dispiace da morire farlo, da devo interrompere per un po’ la stesura di questa storia.
Non per problemi personali, morte di familiari o mancanza di ispirazione.
Semplicemente per il fatto che la mia mente è presa totalmente dalla stesura di “Higher”, e siccome mi mancano solamente cinque capitoli da scrivere prima della fine, ho pensato di interrompere tutto il resto e concentrarmi su di lei. Concentrarmi su Madeleine, Zayn e Harry, che sono decisamente più impegnativi da portare avanti, ma che in questo periodo vengono fuori meglio di qualsiasi altra cosa io scriva.
Quindi, in definitiva, questo avviso serve per dirvi che “Irresistible” verrà “abbandonata” per un po’, almeno finché non arrivo alla fine della stesura di “Higher”, come già detto. Credo di star diventando ripetitiva, no?
Evaporo in fretta, ve lo giuro.
E vi giuro anche che Andromeda tornerà presto, così come Zayn, Liberty e Niall, Liam, Harry e Louis, quella pazza di Michelle, e tutti gli altri. Torneranno, quando meno ve lo aspettate. E scoprirete come va a finire, ve lo giuro. Scoprirete i piani del padre di Andie, l’amore illimitato di Andie e Zayn, l’ennesima dimostrazione di pazzia di Michelle e tutto il resto.
Torneranno, promesso.
Giurin giurello, parola di scout.
Va bene, forse mi sono anche dilungata troppo.
Intanto vado. A presto bellezze.
E per qualsiasi cosa, mi trovate nei soliti contatti, che vi lascio qui sotto.
Un abbraccio virtuale,
- emotjon.

 

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