Welcome to my desgusting life

di Zoe43
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Io, dentro a una stanza e tutto il mondo fuori ***
Capitolo 2: *** In trappola nel mio corpo ***
Capitolo 3: *** Avvolto da una nuvola di tristezza ***
Capitolo 4: *** I segreti divorano da dentro ***
Capitolo 5: *** Ricordare era vietato, dimenticare mi faceva paura ***
Capitolo 6: *** Ed è come se fossi un puzzle e mi mancasse un pezzo ***
Capitolo 7: *** Non cercarla, non guardarla. Se ci credi, lei ti vede ***
Capitolo 8: *** Ho assaggiato la felicità. E sa di caramelle all'arancia ***
Capitolo 9: *** La verità è che ho paura di viverti ***
Capitolo 10: *** Era il Paradiso. Ma al centro esatto dell'Inferno ***
Capitolo 11: *** Vuoto e solo ***
Capitolo 12: *** Dovrei essere io ***
Capitolo 13: *** Ti amo. Ma non mi piaci più ***
Capitolo 14: *** Solo un amore impossibile può essere eterno ***
Capitolo 15: *** Perchè tu mi mancheresti comunque, anche se non ci fossimo mai conosciuti ***
Capitolo 16: *** Nuove cose ***
Capitolo 17: *** Complicazioni amare ***
Capitolo 18: *** Tra tutti i misteri del mondo, il più oscuro era sicuramente lui ***
Capitolo 19: *** Creta nelle sue mani ***
Capitolo 20: *** Questione di attimi ***
Capitolo 21: *** E so che sei ancora tu ***



Capitolo 1
*** Io, dentro a una stanza e tutto il mondo fuori ***


 
 
L'asfalto nero e bagnato dalla pioggia, le nuvole gonfie e grige nel cielo sempre pronte a piangere, la coda di macchine rumorosa e chilometrica. Bradford, la mia città, la mia vita. Adesso stava per diventare probabilmente solo un semplice, squallido ricordo.
 
Una mano grande e calda si posò leggiadra sulla mia spalla. Il suo odore di sigaro me l'avrebbe fatto riconoscere tra mille.
 
-Zayn, dobbiamo andare.- Paul, il mio pazientissimo tutore, parlò cautamente, con una dolcezza che non si addiceva alla sua voce roca e profonda.
 
-Non voglio andare via.- dissi in un sussurro senza voltarmi. Il mio sguardo fisso fuori dalla finestra della mia stanza. Alle mie spalle un sospiro. Il suo respiro incandescente sul mio collo.
 
-Ne abbiamo già parlato.- Stavolta parlò con un tono di voce più freddo e serioso, forse anche un pò esasperato. Mi voltai verso di lui perforando i suoi occhi con i miei.
 
-Paul, ti prego..- La mia ennesima supplica.
 
-No, basta. Ormai è deciso. Non fare storie.- Il suo ennesimo dolce rimrovero. Doveva averne abbastanza di me. Di sicuro, avrebbe voluto starsene da un'altra parte invece di gestire uno stupido "ragazzo prblematico". Ero stato definito così da tante e tante persone.
 
Sbuffai e nascosi le mie iridi, calando su esse le mie palpebre stanche e pesanti.
 
-Ma perchè le mie opinioni, i miei desideri non contano mai?!?- mi ribellai. Cercai di mantenere un tono di voce moderato, non volevo infastidirlo troppo.
 
Paul si massaggiò le tempie con due dita e si strofinò il viso con una mano. Chissà a cosa pensava in quel momento: probabilmente si stava dando dell'idiota per aver deciso di fare da tutore ad uno come me. Non facevo altro che creare problemi. Come non biasimarlo.
 
-Zayn, per favore smettila! E' la cosa giusta per te e per le tue sorelle e non voglio sentire altre storie. Ora prendi le tue valige e andiamo via.- mi intimò. La cosa giusta. Non ne ero poi così sicuro. Abbandonare Bradford, la mia città natale, posto in cui ero cresciuto, in cui avevo fatto amicizia, in cui avevo vissuto davvero. Perchè lasciarmi tutto questo alle spalle? Pearchè era la cosa giusta, diceva lui. 
 
Paul uscì a passo veloce dalla mia stanza ed io afferrai le mie due valige e mi diressi sulla soglia della porta. Guardai per l'ultima volta quella camera che era stata da sempre il mio rifugio, la mia salvezza. E adesso non ci sarebbe stata più.
 
Uscii di casa e, senza guardarmi alle spalle, salii sulla Jeep bianca di Paul ricacciando indietro le lacrime.
 
Doniya, la mia sorella maggiore mi guardò sorridendo tristemente. Forse, solo lei capiva il mio stato d'animo.
 
Paul mise in moto e per un pò l'abitacolo fu immerso nel silenzio, nel quale le mie sorelle si addormentarono pesanetemente.
 
-Allora..- cominciò Paul guardandomi dallo specchietto retrovisore. -Hai fame? Ci fermiamo per mangiare qualcosa, che ne dici?- domandò. Feci un respiro profondo. Odiavo quando cercava di distrarmi.
 
-No, non ho fame.- risposi e ripresi a guardare fuori dal finestrino. Gli alberi sfrecciavano veloci i lati della strada e la pioggia batteva forte sul tettuccio della macchina. Mi dava il mal di testa.
 
Paul respirò prfondamente prima di parlare.
 
-Zayn, dovrai pur mangiare prima o poi! Sei pelle e ossa, ragazzo mio!- esclamò sollevando le sopracciglia scure.
 
-Ti prego, Paul non cominciare! Vorrei essere lasciato in pace, se non ti dispiace.- mi lamentai. Dovevo essere davvero noioso 
 
Dopo la mia richiesta, l'auto cadde nuovamente nel silenzio, spezzato solamente dai respiri lenti e profondi di Doniya, Waliyha e Safaa. Poco dopo mi addormentai anch'io e il mio sonno fu tormentato come al solito da incubi e brutti pensieri. 
 
 
 
Non so dopo quanto tempo, quante ore o quanti minuti, le mani magre di Safaa, la mia sorella più piccola, mi scossero avanti e indietro per le spalle.
 
-Zayyyn! Svegliati!- continuava a urlare con la sua voce petulante. Aprii un occhio e fuori dal finestrino, notai, con mia grande sorpresa, che il sole splendeva e della pioggia non vi era neanche l'ombra. 
 
-Eccoci arrivati nella splendida città di Doncaster.- annunciò entusiasta Paul, aprendosi in un sorriso gioioso. Paul era nato lì e poi si era trasferito a Bradford in cerca di fortuna, ma diceva sempre quanto gli mancasse la sua città d'origine. 
 
Superammo pianure incantevoli e verdeggianti, per poi arrivare all'interno della città. Dovevo ammetterlo, era davvero accogliente: così luminosa e piena di vita, i 67.000 abitanti passeggiavano felicemente per le strade pulite e ben tenute di Doncaster, il sole splendeva nel cielo e ogni casa che superavamo sembrava una villa, talmente era bella ed elegante. La macchina sfrecciò accanto a quartierti favolosi e a centri commerciali enormi. La bellezza e la serenità di quella città mi sorpresero. Niente a che vedere con la buia e cupa Bradford. Ma avrei rinunciato a tutto quello splendore pur di star nella mia Bradford per sempre, per tutta la mia triste e ormai vuota vita. 
 
Paul parcheggiò la sua Jeep davanti a una catapecchia che non so come facesse a reggersi in piedi. Era una casa piccola e trasandata, contornata da un giardinetto per niente curato, pieno d'erbacce e foglie secche e abbandonato a se stesso.
 
Mi coprii il viso con una mano. -Vi prego ditemi che non è vero.- sussurrai afflitto.
 
-Questa sarebbe la nostra nuova casa?!?- esclamò schifata Waliyha, guardandola dall'alto del tetto a punta verso il basso della porta con la vernice verde scuro quasi del tutto scorticata. 
 
-Dai ragazzi, non è mica così male! Una mano di pittura di qua e una tosatura di là ed è a posto!- si giustificò Paul.
 
-Stai scherzando, vero?!?- sbottai. Mi ero trattenuto da quando mi avevano annunciato che ci saremmo trasferiti, ma questo era troppo. -E' uno schifo, Paul. Non è una casa, è una capanna con un tetto in legno.- urlai. Quattro paia di occhi mi fissarono sbalorditi e confusi: era raro che perdessi le staffe, ma da quando quella fatidica e lontana tragedia aveva inflitto le nostre vite, tutto era cambiato. Compreso me.
 
-Ma dai non fare il melodrammatico! Renederemo questa casa una reggia.- cercò di tranquillizzarmi Doniya. Lei era una persona molto creativa e piena di fantasia, adorava i colori e tutto ciò che esprimeva gioia. Era l'esatto contrario di me. Forse per questo motivo andavamo così d'accordo e la consideravo la mia migliore amica.
 
-Sì, certo.- borbottai e mi diressi verso la "casa".
 
L'interno, se è possibile, era ancora peggio dell'esterno: pezzi di intonaco sul pavimento, muri dipinti a tratti di un verde catarro che dava il volta stomaco, una puzza di muffa insopportabile, mobili rotti o inesistenti e polvere e ragnatele dapperttutto.
 
-Wow, davvero splendida.- commentai ironico. -Sono proprio curioso di vedere la mia stanza. Di sicuro sarà fantastica.- Alzai gli occhi al cielo e posai le mie valige al centro del "salotto" spoglio. 
 
-La tua è la seconda e destra.- mi spiegò Paul, ignorando i miei commenti. Salii lentamente le scale scricchiolanti ed entrai nella mia nuova stanza. Non mi sorpresi quando constatai che era un orrore: un letto attaccato alla parete sinistra, un piccolo comodino in legno lì affianco, una scrivania su cui vi era un computer vecchio del 1300 a.C. nella parete a destra e una libreria stracolma di libri e giornali. Tutto il resto era il regno della polvere e del vuoto.
 
 Mi avvicinai e presi a sfogliarne uno a caso, finchè non m'imbattei in un giornale in particolare. La foto in bianco e nero al centro della pagina ritraeva un uomo e una donna: lui sorrideva felice, scoprendo i denti bianchi ed estremamente dritti, nei suoi lineamenti dei tratti orientali, le labbra della donna accanto a lui invece erano increspate da un leggero sorriso e cingeva le spalle dell'uomo con un braccio esile. I miei occhi già offuscati dalle lacrime scesero lungo la didascalia, al di sotto della foto.
 
 
 
 
"Il rovinoso incidente stradale che ha tenuto l'intera città di Bradford incollata ai televisori che trasmettevano la morte atroce e lenta dei due, marito e moglie, genitori di quattro figli, ha commosso e rattristato tutta l'Inghilterra. La notte del tre dicembre dell'anno scorso, i coniugi, lei inglese e lui anglo-pakistano, tornavano alla loro abitazione a bordo della loro macchina dopo un'uscita in compagnia di qualche collega di lvoro. Quella notte pioveva a dirotto: la pioggia insistente e che sembrava infinita, i tergicristalli deboli e troppo lenti e una leggera distrazione hanno causato la tragedia: la macchina si impantana in una profonda pozzanghera di fango. Gli sportelli sono bloccati, i finestrini si abbassano di pochi centimetri, l'uomo e la donna sono intrappolati.
 
-Dal terrazzino di casa nostra abbiamo visto in lontananza una luce, una fiamma probabilmente di un accendino, muoversi da destra verso sinistra, ma non ci è assolutamente venuto in mente che potesse essere un modo per farsi notare, per chiedere aiuto.- Queste sono le parole dell'uomo che quella notte ha visto il tentato richiamo d'aiuto dei due malcapitati.
 
-Hanno provato a farci capire. Hanno utilizzato un accendino per farsi notare nell'oscurità, hanno anche acceso e spento più volte quella che sembrava una pila. Nessuno ha capito che stavano chedendo aiuto. Forse se fossi andato a controllare, avrei potuto salvarli.- dice un'altro uomo che quella fatidica notte ha assistito inconapevolmente alla morte straziante e lenta di marito e moglie. Ora i loro figli sono affidati ad un tutore, Paul Gibens, uno stretto amico di famiglia.
 
-Non hanno altro che me.- dice Gibens. Infatti, i coniugi non avevano parenti di alcun tipo, neanche lontani, perciò i loro quattro figli, Doniya, Zayn, Waliyha e Safaa sono ora affidati all'uomo.
 
-La cosa migliore per loro è cambiare città, devono respirare aria nuova, schiarirsi le idee.- afferma Paul. Infatti, i fratelli Malik si stanno trasferendo, accompagnati dal loro tutore, nella città di Doncaster.
 
-E' la città della mia infanzia, la conosco ed è un buon posto per viverci.- dice ancora Gibens. 
 
La tragedia della famiglia Malik, ha colpito e fatto sentire in colpa molti abitanti di Bradford. Ai funerali dei coniugi sarà presente quasi tutta la città per rendere onore ai due sfortunati e porgere in un certo senso le più sentite scuse per non aver compreso il loro bisogno d'aiuto."
 
 
 
 
La fine della mia vita era racchiusa in quelle poche righe, in quelle dolorose parole. Buttai il giornale per terra e le mie gambe cedettero, come esauste dopo una corsa sfrenata. Le mie guance si bagnarono in pochi secondi, il naso prese a punzecchiarmi, gli occhi non riuscirono a trattenere le lacrime che strabordarono dalla gabbia delle mie palpebre senza ritegno, senza pudore, senza il mio permesso. E pensare che qualche mese prima non mi sarei mai permesso una simile debolezza, eppure, in quel momento, dopo aver riletto per l'ennesima volta quello stupido articolo, sentivo nuovamente che la mia vita non aveva più un senso da quando loro non c'erano più, da quando Paul mi aveva costretto ad abbandonare Bradford, l'unico legame che avevo con i miei genitori, l'unica cosa che mi ricordava che erano esistiti davvero.
 
Quante sedute da psicologi di tutti i tipi ero stato costretto ad intraprendere e il loro esito era sempre lo stesso: "La morte dei suoi genitori è stato un duro colpo per Zayn, adesso si sente inutile, solo e depresso, ha bisogno di compagnia e distrazioni. Pensiamo che darà qualche problema, considerato anche il fatto che era contrario al trasferimento. La sua mente è un subbuglio di pensieri e preoccupazioni, faticherà a venir fuori da questa situazione, mentre le sue sorelle hanno in un certo senso superato la morte dei loro genitori. Zayn per adesso è irascibile, nervoso e triste. Molto, molto triste."
 
Per non parlare dei commenti dei miei insegnanti riguardo il mio comportamento in classe:
 
"Zayn Malik è un ragazzo problematico, ha seri problemi ad ascoltare e a partecipare. E' sempre nel suo mondo e non fa altro che rispondere male a noi professori."
 
Paul cercava sempre di spronarmi a cambiare, ad andare avanti ma le sue parole mi entravano da un orecchio e mi uscivano dall'altro. Non ci riuscivo, era più forte di me. La morte dei miei genitori era stato un tale shock...Non sarei mai riuscito a superarlo.
 
 
 
 
 
 
 
Arrivò l'ora di cena e tutti ci accomodammo attorno al tavolo instabile e sgangherato della piccola cucina. Paul aveva ordinato la pizza. Mangiai tre fette della mia e mi sentii subito pieno. Mi alzai dalla sedia e mi stiracchiai, desideroso di mettermi a letto e dormire. Dormire, dormire, dormire.
 
-Dove vai? Non hai mangiato niente.- mi fece notare Paul.
 
-Sono sazio, vado a letto. 'Notte.- Dicendo ciò mi defilai a passo svelto, non lasciando al povero Paul il tempo di ribattere o di provare a costringermi a mangiare, com'era solito fare da un pò ormai. 
 
Mi buttai sul mio letto e chiusi gli occhi. Mi girai  e rigirai nel materasso scomodo, le cui molle mi perforavano la schiena, con le immagini dell'incidente dei miei fisse nella mia mente. Cominciai a sudare e a piangere senza che me ne accorgessi, finchè non fui preso da un conato di vomito e corsi in bagno. Ributtai quel poco di pizza che avevo buttato giù e litri e litri di bile. Dopo la vomitata, mi lavai i denti e mi rimisi a letto. 
 
Cercai di concentrarmi su pensieri felici, ma poi mi ricordai di non averne nemmeno uno. 
 
Chiusi gli occhi e sperai, come facevo ogni notte, che i miei genitori tornassero da me e mi portassero via con loro, ovunque fossero, anche all'Inferno.
 
Sento che sto andando in frantumi.

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Capitolo 2
*** In trappola nel mio corpo ***


 
Quella mattina mi svegliai completamente sudato, ma anche maledettamente di malumore. D'altronde era ormai da un sacco di tempo che non mi svegliavo felice. Non ricordavo più com'era stare bene, essere sereni così, senza un perchè.
 
Al piano di sotto udivo perfettamente le risa di Safaa mentre giocava con Doniya e Waliyha. Spesso, mi trovavo ad invidiarle: loro erano serene e in pace con loro stesse, erano riuscite a superare, almeno in parte, la morte dei nostri genitori, invece io no. Perchè? Forse ero davvero un ragazzo con seri problemi.
 
La porta della mia stanza si aprì lentamente e sulla soglia apparve un Paul tutto sorrisi con in mano un vassoio stracolmo di pietanze.
 
-Hey, bello!- mi salutò. -Come abbiamo dormito stanotte?- 
 
-MMh.- risposi solo. Paul non perse il sorriso. A volte mi chiedevo come facesse a sopportarmi, a riuscire a mantenere la calma davanti a una persona depressa e svogliata.
 
-Guarda che ti ho portato.- disse avvicinandosi al mio letto e poggiandomi il vassoio sulle ginocchia. -Queste ciambelle sono fantastiche!- spiegò indicando i dolci ricoperti di cioccolato.
 
-Grazie, Paul ma non ho fame.- risposi con la voce impastata dal sonno. In quel momento le sue labbra tornarono ad essere una linea dritta. Sospirò forte e si sedette sul bordo del mio letto.
 
-Zayn, per favore. Non hai più due anni. E da mesi che mangi poco e niente, stai dimagrendo ogni giorno di più, sei debole...Mangia, figliolo, fallo per me.- mi spronò. Disse quelle parole con una tale tristezza negli occhi che mi venne da piangere. Ma perchè ero così? Perchè esistevo?
 
-No.- borbottai e mi alzai dal materasso. Barcollai fino alla porta ma la voce di Paul mi fece fermare.
 
-Aspetta.- disse. Non mi voltai, ma tesi le orecchie. -Non è digiunando che loro torneranno da te, Zayn. Devi capire solo questo.- mormorò. 
 
Strinsi i pugni e chiusi gli occhi, il mio corpo si irrigidì, i miei muscoli si tesero pronti a scattare. Se fosse stato un'altra persona l'avrei già riempito di botte, ma dovevo troppo a Paul per prenderlo a calci.
 
Mi voltai di scatto e mi avvicinai a lui. Era più alto di me di vari centimetri e la sua mole invidiava quella di un body bilder.
 
-Non ti azzardare a ripeterlo, capito?!?- ringhiai. -Pensi che io sia uno sciocco, vero? Bè forse lo sono ma non così tanto da smettere di mangiare per farli tornare da me! Non ho fame, Paul! N-on-h-o-f-a-m-e!- sillabai l'ultima frase per far sì che gli entrasse nel cervello.
 
-Ma chi vuoi prendere in giro, eh?!?- rispose lui alterandosi. -Credi che io non riesca a capire quanto sia difficile? So che è una cosa terribile ma non per questo devi lasciarti andare in questo modo, Zayn!- Ormai la sua voce si era alzata di un ottava e rimbalzava tra le pareti della mia squallida stanza.
 
Mi lasciai andare ad una risata amara, priva di divertimento.
 
-Cosa vuoi che faccia? Vuoi che mi metta a saltellare e a fischiettare? I miei genitori sono morti, cazzo!- ribattei pestando un piede per terra.
 
Ben poche volrte sorgeva questa discussione tra me e Paul, ma quando accadeva erano guai per chi ci stava attorno.
 
-Se servisse a farti stare bene sì, vorrei che lo facessi!- rispose abbassando leggermente il tono di voce. -Zayn, senti io ti voglio bene come fossi mio figlio, sei un bravo ragazzo ma c'è qualcosa che non va. Non ci stai riuscendo, non stai riuscendo ad andare avanti. Penso che non ci tu non ci stia neanche provando.- Ora il tono della sua voce era tornato basso e roco.
 
Mi tappai il viso con le mani e feci vari respiri profondi per calmarmi. Il mio respiro caldo mi faceva sudare la faccia.
 
Non risposi e mi chiusi in me stesso, come facevo ormai da tempo.
 
-Sai ciò che dovrai fare se non riesci a superare questa..cosa. Lo sai meglio di me.- continuò Paul paterno. 
 
Certo che lo sapevo. Sarei andato dritto dritto sulla poltroncina di uno strizzacrevelli, da altri psicologi e poi in ospedale. La depressione è una malattia. E io sono affetto da questa malattia.
 
-No, non ci vado.- dissi.
 
-E allora sforzati di scavalcare il muro che ti sei costruito da solo e in cui sei rinchuiso. Esci, divertiti, vivi la tua vita..- continuò imperterrito.
 
-E con chi cazzo dovrei uscire?!?- sbottai esasperato. -Non ho un cazzo di amico in questa città! Tu mi hai voluto portare via da Bradford e adesso mi dici anche di essere felice?! Pff!-
 
Paul sgranò gli ochhi marroni e puntò le sue mani sui fianchi.
 
-Ma ti rendi conto di quel che dici?!?- domandò sbalordito. -A Bradford non uscivi più con nessuno, non avevi più una santa vita sociale! E hai anche il coraggio di darmi la colpa! Senti, fatti un esame di coscienza e poi ne riparliamo.- Dicendo ciò uscì a grandi passi dalla mia stanza e mi lasciò solo. 
 
Afferrai il comodino posto accanto al mio letto e lo scaraventai contro la parete opposta, mi strappai i capelli e urlai come un animale. Doniya, Waliyha, Safaa e Paul non vennero a vedere che succedeva perchè sapevano alla perfezione che in quei momenti non ero lucido ed ero accecato dalla rabbia e dal nervoso e avrei potuto ucciderli. 
 
Il mio braccio andò dapprima indietro e poi scattò in avanti: la mia mano si scontrò al muro, creando crepe tutte intorno al punto colpito. Le mie nocche si ruppero con un sonoro "tac" e un dolore lancinante si impossessò di tutto il mio braccio. 
 
Caddi in ginocchio e gridai di dolore con tutto il fiato che avevo. I miei denti andarono a mordere con ferocia il mio labbro inferiore per bloccare le urla e il sapore del sangue mi invase il palato. La vista mi si offuscò e, nel tentativo di alzarmi, andai a sbattere contro il letto e poi l'armadio.
 
Come una furia, Paul entrò nella mia stanza e mi prese con facilità tra le sue braccia estremamente muscolose.
 
-Cosa ti fa male? Il braccio?- chiese allarmato mentre si fiondava al piano di sotto a una velocità disumana.
 
-La mano.- gracchiai piagnucolando.
 
Chiusi gli occhi e mi lasciai andare tra le braccia del mio amato tutore, cullato dal suo respiro veloce e dal suo cuore che batteva forte nel mio orecchio sinistro, poggiato al suo petto possente e largo.
 
-Ma che ti viene in mente?!?- esclamò mentre guidava velocemenete verso il pronto soccorso o la guardia medica. -Un giorno mi farai impazzire.-
 
Scusa. Scusa di tutto, Paul.
 
 
 
 
 
 
 
-Ok, abbiamo finito.- annunciò il dottore lisciando con un dito il gesso che mi ricopriva l'avambraccio e la mano destra.
 
-Per quanto dovrò tenerlo?- chiesi. Quando parlavo alle persone che non conoscevo, riuscivo a cogliere la tristezza nella mia voce, così spenta e cupa. Chiunque avrebbe capito che ero disperatamente triste.
 
-Un mese, ragazzo.- rispose gentilmente.
 
-Ok, grazie mille Bob.- disse Paul dando una pacca amichevole al dottore. Erano amici d'infanzia e, prima che i miei morissero, Paul usciva spesso insieme a lui ma poi ero arrivato io a rovinargli l''esistenza. Scusa. Scusa, Paul.
 
-E di che? Figurati.- 
 
Si strinsero in un abbraccio visibilmente sincero e poi ci defilammo.
 
In macchina Paul non mi parlò e mise su la sua faccia da "genitore arrabbiato" che non gli riusciva per niente bene.
 
-Ma come ti è saltato in mente?- chiese poi. Mi strinsi nelle spalle e guardai fuori dal finestrino.
 
-Ero arrabbiato.- risposi.
 
-Non è una buona giustificazione, devi saper gestire le tue emozioni, Zayn.- rispose dolcemente.
 
-Mmh, mmh.-
 
Arrivammo a casa e ignorai tutte le domande delle mie sorelle, non risposi neanche a Doniya. Non mi andava. Non in quelmomento.
 
Salii pigramente le scale e mi rintanai nella mia stanza, coprendomi con il lenzuolo fino alla fronte.
 
Una pressione sul materasso mi fece sobbalzare. Scosatai la coperta ed incontrai gli occhi allungati di Paul. Mi rivolse un sorriso stanco e mi carezzò a lungo i capelli.
 
-Domani comincia la scuola.- disse di punto in bianco. 
 
-Non ci vado.- risposi.
 
-O sì invece. Ci andrai, Zayn. Non te lo stavo chiedendo.- mi rimproverò senza scomporsi.
 
Non risposi e calai le mie palpebre sulle mie iridi.
 
-Come hai già sonno? Sono le due del pomeriggio.- mi fece notare. -Dai vieni, è pronto il pranzo.-
 
-Non ho fame.- 
 
-Non m'interessa!- sbottò. -Tu mangi lo stesso.- Mi afferrò per un braccio e mi trascinò al piano di sotto come fossi una bambola di pezza. Mi fece sedere accanto a lui e riempì il mio piatto di spaghetti al sugo.
 
Fui costretto a mangiarli quasi tutti e con mia grande fatica, dovetti inghiottire anche una cotoletta. 
 
-Vado in camera mia.- annunciai e salii le scale velocemente. 
 
Dopo aver mangiato mi sentivo frizzante e pieno di energie ma, appena feci per entrare nella mia stanza, dovetti fare retromarcia e correre in bagno. Rigettai ogni singolo spaghetto e tutta la poltiglia della carne che avevo mangiato poco prima. Mi accasciai sul pavimento, colto da un ondata di disperazione e piansi a lungo e in silenzio. Il mio organismo ormai non era più abituato a digerire ciò che mangiavo. Avevo fatto un gran casino.
 
Mi misi poi al letto e mi addormentai subito. Feci un sonno tranquillo e senza sogni. Quando mi sveglia, il display del mio cellulare segnava le dieci di notte. Provai a riaddormentarmi ma non vi fu verso. Allora feci ciò che mi aveva insegnato mia madre prima che morisse in caso non riuscissi a dormire.
 
IL primo passo era chiudere gli occhi: fatto; rilassare tutti muscoli del corpo: fatto; respirare profondamente: fatto; pensare al testo di una canzone e cantarlo mentalmente in inglese e poi tradurlo in pakistano, la lingua di mio padre che conoscevo discretamente. 
 
Era un modo per riuscire ad addormentermi. Qualche minuto dopo, infatti, caddi tra le braccia di Morfeo che mi cullò per il resto della notte.
 
Sognai i miei genitori ancora vivi che stavano con me e mi abbaracciavano forte.
 
Le mie labbra si distesero nel sonno.

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Capitolo 3
*** Avvolto da una nuvola di tristezza ***


 
Afferrai il mio cuscino e me lo misi in faccia. Possibile che di prima mattina Safaa dovesse fare tutto quel casino? La sua voce così alta, acuta, stridula, petulante, fastidiosa un giorno mi avrebbe perforato seriamente i timpani.
 
-Ahh!- ringhiai. La mia voce rauca e ovattata a causa del cuscino che mi copriva il viso. -Silenzio!- 
 
-Hey, hey, siamo un pò nervosetti oggi- 
 
Sobbalzai nel sentire una voce nella mia camera. Bassa e roca, profumo di sigari nell'aria. Non poteva che essere Paul.
 
-Lasciami in pace.- gracchiai.
 
-Ma dai, Zayn! Oggi è il primo giorno di scuola! Sii felice!- esclamò gioioso. 
 
Oddio, avevo completamente dimenticato che oggi sarei dovuto andare a scuola. Se era convinto che avrei mosso il culo da quel letto, si sbagliava di grosso.
 
-Non m'interessa, io non ci vado.- borbottai. Da uno spiraglio sotto il cuscino, vidi Paul poggiare un vassoio con la mia colazione sul comodino e sedersi sul bordo del mio letto.
 
-Zayn, ti prego, non ricominciare. Devi andare. Su alzati.- disse dolcemente scuotendomi piano per le spalle. 
 
-Non mi va!- gridai. Mi sentivo tanto un bambino dell'asilo ma proprio non avevo la minima voglia di stare rinchiuso in un'aula per cinque ore.
 
Paul sospirò e stette in silenzio per quella che mi sembrò una vita. Poi si grattò la fronte e mi tolse il cuscino dalla faccia.
 
-Hey!- esclamai contrariato.
 
-Se tutti quanti dicessero così, la scuola andrebbe in fallimento e la società giovanile sarebbe una società di ignoranti. Quindi adesso alzati e non fare storie! Hai quasi 19 anni!- mi spiegò, alzando leggermente il tono della voce.
 
-No, cazzo non voglio andarci!- mi ribellai scalciando.
 
-La metti così?!? Perfetto!- disse, corrugando le sopracciglia. 
 
Afferrò il lenzuolo che mi copriva e lo scaraventò a terra, lasciandomi solo nei miei boxer sdraiato sul materasso.
 
-Alzati!- tuonò. In quel momento sulla soglia della porta apparvero le mie sorelle che assistevano di continuo alle battaglie Paul-Zayn.
 
-No!- gridai.
 
Paul mi guardò in cagnesco, ormai non ci vedeva più dalla rabbia. Mi afferrò dalle ascelle e mi sollevò senza alcuno sforzo dal letto, issandomi sulla sua spalla tutta muscoli e offrendo una panoramica del mio didietro alle mie sorelle. 
 
-Lasciami, Paul!- urlai, ma la voce mi si ruppe in gola, dato che ero a testa in giù. Paul non rispose e continuò a camminare lungo il corridoio buio della nostra squallida nuova casa.
 
Battei più volte i pugni sulla sua schiena enorme, ma lui non diede segno di sentir male o di lasciarmi in pace. Mi portò in bagno e chiuse la porta, mi levo i boxer e mi infilò nella doccia, aprendo il getto ghiacciato dell'acqua. Urlai per quel contatto con il mio corpo accaldato.
 
-Ora lavati e non azzardarti a tornare a letto perchè se nò ti ammazzo di botte!- mi avvertì. 
 
Paul non mi aveva mai picchiato e di certo non avrebbe iniziato adesso.
 
-Vaffanculo.- borbottai e chiusi la tendina della doccia, rassegnandomi al mio crudele destino.
 
Sentii i passi di Paul allontanarsi e la porta del bagno sbattere.
 
Mi lavai con violenza, con gesti nervosi e arrabbiati. Mi accasciai al marmo freddo della doccia e mi coprii il viso con le mani insaponate.
 
"Sei un mostro. Fai schifo. Non meriti di vivere." mi dissi mentalmente. Non c'era niente di più vero. Facevo impazzire Paul, doveva sicuramente odiarmi. 
 
-Quando ti senti triste, canta una canzpne e vedrai che tutto passerà!- Mi ritornarono alla mente le parole di mio padre e, asciugandomi le lacrime che avevano solcato il mio viso pochi secondi prima, cominciai a cantare.
 
Cantai "Let me love you" di Mario, una canzone che adoravo, che conoscevo a memoria e che mi era venuta subito in mente.
 
Chiusi gli occhi e cantai. Quando qualcuno bussò alla porta del bagno, cantai. Quando nella mia mente sfrecciarono le immagini di poco prima con Paul, cantai. Quando la solita fitta di dolore al cuore mi fece stare male per i miei genitori, cantai. Quando ripensai a che schifosa persona ero, cantai.
 
Grazie, papà.
 
 
 
 
Uscii dalla doccia e avvolsi il mio corpo dalla vita in già con un asciugamano. Quando uscii dal bagno, le mie sorelle, mi applaudirono come succedeva ogni volta che cantavo sotto la doccia. Rivolsi loro un debole sorriso e mi diressi nella mia stanza per vestirmi. Indoossai i primi indumenti che viidi in cima alla pila di vestiti ancora dentro la mia valigia.
 
In quel momento mi sentii così solo e triste che per un attimo pensai che se avessi posto fine alla mia vita, forse sarebbe stato un sollievo per tutti. Anche per me.
 
Il rumore di nocche che sbattevano sul legno della mia porta, interruppero i miei pensieri. La testa di Doniya fece capolino e mi sorrise raggiante. Provai a sorridere anch'io ma gli angoli della mia bocca rimasero fermi, dritti. Era da troppo tempo che non lo facevo.
 
-Pronto per il primo giorno di scuola?- domandò con la sua voce dolce e vellutata sedendosi sul mio letto. Mi accomodai accanto a lei e poggiai la testa sulle sue gambe. Non risposi e lei mi carezzò i miei capelli neri, lisci e abbassati sulla fronte. Le sue dita delicate pettinarono le mie ciocche e mi fecero sentire subito meglio, il suo profumo di latte e miele mi arrivò leggiadro alle narici, deliziandomi.
 
-Sai, la scuola non sarà così male. Faremo amicizia con nuove persone, impareremo tante cose..- cominciò. Doniya era così: sempre pronta a tranquillizzarmi, a farmi vedere anche le cose peggiori come piccoli e facili ostacoli.
 
-Non me ne frega un cazzo.- la interruppi giocherellando con un lembo dei suoi jeans chiari.
 
-Dai, Zayn.- disse dolcemente. -Ci sono io con te.- Mi carezzò una guancia e vi lasciò un dolce e caldo bacio.
 
-Dai, vieni. Ti faccio i capelli.- mi disse, alzandosi dal letto e prendendomi per mano. Sapeva quanto tenessi al mio aspetto, ma sapeva quanto era diventato trasandato da quando ero caduto in depressione, perciò lei mi dava sempre una mano a "farmi bello".
 
Strizzò la boccetta e il liquido blu e denso le scivolo sulla mano. Modellò dolcemente i miei capelli, li tirò su, aiuitandosi col gel, in una cresta alta e morbida. Quando ebbe finito mi guardò nello specchio e mi sorrise raggiante.
 
-Sei splendido.- mormorò. Mi voltai verso di lei e l'abbracciai forte, cullandola stretta al mio petto.
 
-Andiamo, ragazzi!- sentimmo urlare dal piano di sotto da Paul.
 
-Su andiamo, altrimenti arriveremo tardi.- si affrettò a dire Doniya e poi sparì dalla mia vista.
 
Scesi pigramente le scale, afferrai il mio zaino e uscii di casa, dirigendomi verso la macchina di Paul.
 
 
 
 
15 MINUTI DOPO.
 
 
Il corridoio della scuola sembrava infinito. Camminavo al centro con sguardo basso. Ai lati, gli studenti fissavano il nuovo arrivato bisbigliando. Alcuni sorridevano, altri rimanevano impassibili, altri mi studiavano. 
 
Arrivai finalmente alla segreteria. Mi schiarii la voce.
 
-Buongiorno.- dissi alla donna occhialuta dietro al bancone.
 
-Oh, salve! Lei deve essere il Signor Malik!- disse sorridendomi cordialmente. Frugò in un cassettone e ne tirò fuori qualche foglio. -Tenga, questi sono gli orari delle sue lezioni, una mappa della scuola e il pass per il pranzo.- spiegò porgendomeli. La ringraziai e andai via.
 
Quel giorno era mercoledì. Controllai l'orario. Prima lezione: Chimica con il prof. Beckerman. Sbuffai e mi diressi nella mia classe, la 53. Bussai piano e trattenni il fiato.
 
-Avanti.- udii dall'altra parte della porta. Abbassai la maniglia ed entrai nell'aula. Tutti gli alunni voltarono le teste verso di me e mi fissarono curiosi. Le ragazze si ravviarono i capelli e mi sorrisero. Distolsi lo sguardo.
 
-Salve, il Signor Malik?- mi chiese gentilmente il prof. Era piuttosto giovane: alto, snello, con folti capelli castani e il tipico sorriso da politico.
 
Mi schiarii la voce.
 
-Ehm, sì sono io.- risposi.
 
-Oh, bene!- esclamò. -Vuole presentarsi alla classe?- mi domandò. 
 
-No.- mi affrettai a rispondere. 
 
-Ehm..ok, come vuole.- rispose il prof. confuso. -Ok, ragazzi!- disse rivolgendosi alla classe. -C'è qualcuno che vorrebbe sedersi accanto al Signor Malik e fargli da guida qui a scuola?- chiese. 
 
Tutta la parte femminile della classe, alzò la mano e si propose volontaria. 
 
-Io!- disse qualcuna. 
 
-No, prof. io!.- disse un'altra. Nella classe si creò un casino assurdo che una voce piuttosto alta riuscì a placare.
 
-Mi offro io.- disse la voce. Tutti si voltarono verso la fonte di quel suono. Era una voce molto fine e acuta che mi ricordò tanto quella di Safaa. Mi scappò un sorriso.
 
-Ok, grazie, Signor Tomlinson.- disse il prof. Le ragazze levarono un coro di lamenti.
 
Mi diressi verso il'ultimo banco nella fila centrale e mi accomodai accanto alla mia nuova guida.
 
-Ciao.- disse. Mi voltai verso di lui: sorrideva amichevolemnte, scoprendo i denti piccoli, bianchi e dritti. Indossava un paio di occhiali dalla montatura nera e rettangolare che gli coprivano leggermente gli occhi azzurri allungati. -Sono Louis.- si presentò, porgendomi una mano. La strinsi.
 
-Sono Zayn.- risposi con voce bassa e maledettamente triste. Il ragazzo mi fissò curioso riportando la mano che poco prima avevo stretto sopra il banco.
 
-Che nome strano!- commentò. -Non è inglese, vero?- chiese poi. Respirai profondamente e cercai di sembrare disinvolto e a mio agio.
 
-No, è un nome pakistano.- gli spiegai. Louis parve riflettere ma poi sorrise di nuovo.
 
-E come mai hai un nome pakistano?- domandò. Ecco la domanda che temevo. Ora avrei dovuto raccontargli tutto perchè non sarebbe stato carino da parte mia voltarmi e non rspondergli.
 
In quel momento, però il prof. reclamò il silenzio. Luois si strinse nelle spalle ed io buttai un sospiro di sollievo.
 
La lezione di chimica passò con una lentezza inaudita e fu estremamente noiosa. Sapevo già tutto, nella mia vecchia scuola avevo svolto già quel programma.
 
Poggiai la testa sul banco e chiusi gli occhi. Sonnecchai per qualche minuto, cullato dalla voce tranquilla del prof.
 
-Zayn.- soffiò Louis sulla mia faccia. Il suo alito fresco sapeva di caramelle all'arancia. Aprii gli occhi, ritrovandomi il suo viso a pochi centimetri dal mio. I suoi occhi azzurri mi scrutavano curiosi e divertiti, liberi dagli occhiali.
 
-Che c'è?- sussurrai.
 
-Che ti sei fatto al braccio?- domandò indicando il mio gesso. 
 
-Ehm..mia sorella mi si è buttata addosso e non si è accorta che avevo il braccio piegato sotto di me.- mentii facilmente. Louis ridacchiò.
 
-Posso firmartelo?- chiese felice. Annuii e posai il braccio sulla sua parte di banco. Scrisse tutto concentrato e poi sorrise entusiasta. Mi portai il braccio davanti agli occhi e lessi ciò che aveva scritto.
 
"Ciao, Zayn! Sono il tuo fighissimo compagno di banco, Louis Tomlinson! Spero che non ti romperai anche l'altro braccio xx." 
 
Sorrisi. Quel Louis sembrava un tipo in gamba.
 
Il suono stridulo della campanella scuarciò l'aria, facendomi sobbalzare. Il prof. ci salutò e andò via.
 
-Allora, ti piace questa scuola?- mi chiese Louis.
 
-Non ho visto molto per adesso.- risposi.
 
-Oh, giusto. Sei appena arrivato!- notò ridacchiando. Possibile che fosse sempre così felice? 
 
-Raccontami un pò di te.- disse poi, pggiando un gomito sul banco e la testa sulla mano. 
 
Mi morsi il labbro, terribilmente a disagio. Avrei dovuto parlargli di me? Mi sentivo pronto? E se Louis si fosse rivelato una persona pessima? Potevo rischiare?
 
-Se non ti va non c'è problema.- eslcamò sorridendo, come leggendomi nel pensiero. Sospirai.
 
-Scusa, grazie.- dissi a mezza voce. Lui mi diede una pacca sulla spalla.
 
-Tranquillo.- 
 
Il resto delle ore passò in fretta. Louis all'intervallo si sedette nel tavolo insieme a me e una miriade di ragazze venne da me a parlare. Alcune mi chiesero perfino il mio numero. Louis mi fece visitare l'intera scuola, spiegandomi la sua storia e le leggende che si narravano sull'edificio. In certi momenti riuscì a strapparmi anche un sorriso e una risatina. Mi stupii della sua voglia di vivere, ne avrei voluto avere almeno un decimo. 
 
Quando la campana che segnava la fine di quella giornata suonò, preparai il mio zaino e, in compagnia di Louis mi diressi verso l'uscita.
 
-Allora, un voto da zero a dieci al primo giorno di scuola?- mi domandò. Ci pensai su. In fondo, non ero stato poi così male, ma avrei comunque preferito stare a casa mia.
 
-Ehm, un cinque e mezzo?- risposi. Louis mise su un finto broncio.
 
-Mi rifarò domani!- esclamò. 
 
Il suono del clacson dell'auto di Paul attirò la mia attenzione.
 
-Devo andare.- comunicai a Louis. Lui annuì e mi sorrise.
 
-Certo, a domani.- disse. 
 
-Sì.- sussurrai poco convinto. 
 
Mi diressi verso l'auto di Paul e in silenzio ci dirigemmo verso casa.
 
-Com'è andata?- chiese poi. Non riposi e mi infilai le cuffie alle orecchie.
 
Quando arrivammo a casa, mangiai qualche patatina fritta e mi rinchiusi in camera mia. Accesi una sigaretta e cominciai a fumarla lentamente, ripensando a Louis e al suo perenne entusiasmo. Ridacchiai da solo ripensando ad una sua battuta che aveva fatto su una ragazza che aveva detto che ero il ragazzo più bello che avesse mai visto. Louis mi piaceva, era divertente e solare e emanava allegria da tutti i pori. L'esatto contrario di me. 
 
Non volevo raccontare a nessuno a scuola della mia depressione, volevo sembrare normale. Semplicemente un ragazzo serio e silenzioso. 
 
Ma ce l'avrei fatta? Mi presi la testa tra le mani.
 
Sono un fallito.
 
Fanculo la scuola, fanculo la socializzare, fanculo Louis. Non mi meritavo niente di tutto quello. E poi un ragazzo malato dovrebbe stare sempre a casa. Io ero malato. La depressione è una malattia. Non sarei più andato a scuola. Non avrei più rivisto Louis. Che m'importava, l'avrei solamente infettato con la mia tristezza.
 
Non sono nessuno per poterlo fare.

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Capitolo 4
*** I segreti divorano da dentro ***


 
Respirai a fondo e poi mi strofinai una mano sul viso. Dischiusi gli occhi pigramente. Riuscirono ad aprirsi con fatica e, pur essendo estremamente stanchi, un odore pungente di fragola, li spinse a vedere da cosa provenisse . Aguzzai la vista e vidi una figura minuta e sfocata che mi sovrastava. 
 
-Si è svegliato!- urlò. Solo allora capii che era Safaa. Me la scrollai di dosso e borbottai un "vattene" a mezza voce. Non avevo la minima voglia di stare a sentire le urla di una bimbetta sempre allegra e senza pensieri.
 
 Lei salì sul mio letto e cominciò a saltare velocemente sul materasso.
 
-Scendi!- Avrei voluto gridare ma dalla mia gola uscì solo un urlo strozzato.
 
-No!- safaa rise e non accennò a bloccarsi.
 
-Cazzo, vattene!- sbraitai. Mi sollevai dal letto e la presi per un polso. La trascinai sino alla porta, non dando peso ai suoi pianti e ai suoi lamenti, e la buttai fuori da camera mia.
 
Tornai sul mio letto ma non feci in tempo a sdraiarmi che qualcuno entrò nuovamente in camera mia.
 
-Safaa ti ammazzo!- ringhiai, ma voltandomi dovetti ricredermi. Non era safaa. Era solo Paul.
 
-Hey, che c'è? Calmati Zayn.- disse posandomi una mano sulla spalla. Sbuffai e tornai a letto, coprendomi fino alla fronte.
 
-Che stai facendo?- domandò Paul stupito. Mi tolsi la coperta di dosso e lo guardai con un sopracciglio sollevato.
 
-Mi sto mettendo a letto, non è chiaro?- risposi acidamente. Chiusi gli occhi e per una manciata di minuti la stanza fu immersa nel silenzio.
 
-Zaayn, spero tu stia scherzando.- disse con voce buia e stanca. -Oggi devi andare a scuola. E non voglio che succeda ciò che è successo ieri mattina. Non puoi fare i capricci!- mi ricordò.
 
Oh, no. La scuola. Merda.
 
Mi sollevai dal letto e mi misi seduto, per guardarlo in faccia. Il suo viso era stanco e sciupato, sotto gli occhi si erano adagiate delle grandi occhiaie e la barba, solitamente inesistente, quel giorno era lunga e ben visibile.
 
-E non succederà.- dissi. -Perchè io non ci vado a scuola.- Incrociai le braccia al petto e sporsi fuori il mento, come un poppante.
 
Paul levò il viso al soffitto, come se si aspettasse che avrebbe piovuto da un momento all'altro.
 
-Zayn, te lo chiedo pee favore..- cominciò senza guardarmi.
 
-No, no!- lo interruppi. -Basta, io non vado a scuola. Non ci vado! E ora esci dalla mia stanza, Paul!- gli intimai straiandomi.
 
Sorprendentemente lui se ne andò a passo veloce, lasciandomi finalmente solo. Strano, era insolito che avesse ceduto così facilmente. Anzi, che avesse ceduto e basta.
 
Mi strinsi nelle spalle e mi sistemai la coperta addosso, assumendo una posizione fetale. Chiusi gli occhi e provai ad addormentarmi. Ero molto stanco: la notte prima ero stato tormentato dagli incubi.
 
Quando fui sul punto di cadere tra le braccia dolci e calde di Morfeo, qualcosa di ghiacciato mi si scagliò addosso, con una tale potenza e velocità che mi fece urlare come un dannato.
 
Sbarrai gli occhi, accorgendomi di essere tutto bagnato. E non solo io ero fradicio, ma anche il letto, le coperte e una parte del pavimento.
 
Alzai lo sguardo, incontrando la figura di Paul che, con aria vendicativa in faccia, sorreggeva una baccinella ormai vuota che ancora sgocciolava.
 
-Ma sei pazzo?!?- urlai indicandogli il casino che aveva fatto. Alle volte, non sapevo neanche io chi era il più idiota tra lui e Safaa. Tra i due, non sapevo proprio chi scegliere.
 
Mi scompigliai i capelli, mandando una miriade di goccioline d'acqua dapperttutto. Paul ridacchiò ma poi indossò si nuovo quella maschera da "genitore arrabbiato", che detestavo.
 
-Questo è perchè fai storie per andare a scuola!- esclamò. -Alzati o vado a riempire un'altra baccinella!- mi minacciò.
 
Mi sollevai di slancio dal letto e frugai nella valigia in cerca di vestiti.
 
-Contento?- chiesi sgarbatamente, andando in bagno a lavarmi e vestirmi.
 
-Bravo ragazzo.- disse scompigliandomi i capelli bagnati. 
 
In corridoio, le mie sorelle scoppiarono a ridere nel vedermi grondante d'ascqua.
 
-Che cazzo vi ridete?!?- borbottai.
 
-Zayn!- mi rimproverò Paul dall'altra stanza.
 
Ridacchai. Odiava quando dicevo le parolacce.
 
 
 
 
 
 
 
Stavo seduto nel muretto del cortile della scuola, mentre fumavo una sigarette lentamente, godendomi ogni tiro, ogni boccata.
 
Gli studenti si stavano pian piano dirigendo verso l'ingresso, richiamati dall'odiosa campanella che li avvertiva che le lezioni stavano per iniziare.
 
Quella mattina la mia voglia di stare rinchiuso in un aula era pari al numero di abitanti in un deserto. Stavo dormendo in piedi e mi sentivo triste. Ma non triste come al solito: sentivo la mia malattia scorrermi crudele nelle vene. Tutto in me urlava "depressione". Quella terribile parola.
 
Aprii il mio zaino e tirai fuori il pacchetto familiarissimo bianco da cui ero dipendente. Ingurgitai due pastiglie di anti-depressivi. Non servivano a niente, ma almeno potevo illudermi che mi avrebbero aiutato a guarire.
 
Non sarei guarito. Mai.
 
Voltai le spalle e mi incamminai per la direzione opposta. Quel giorno avrei marinato la scuola. 
 
Mentre camminavo, però, senntii una presenza dietro di me, perciò mi voltai. Sobbalzai, portandomi una mano al cuore quando mi scontrai con un ragazzo alto quanto me, con capelli scuri e occhi chiari.
 
-Oh, scusa! Non volevo farti prendere un infarto.- Louis ridacchiò allontanandosi da me. -Stavo per chiamarti ma poi ti sei girato.- si giustificò.
 
-Sta' tranquillo.- mormorai tra un respiro profondo ed un altro.
 
-Probabilmente avrei dovuto dirtelo.- parlò mordendosi un labbro sottile. -Contando il fatto che sei nuovo di qui..- Si bloccò pensieroso. -Ma la scuola è da questa parte, amico.- concluse indicando la parte opposta di quella in cui mi stavo dirigendo io. 
 
Sorrisi debolmente e mi sistemai meglio lo zaino sulla spalla. Quelle pastiglie sembrano pesare quintali.
 
-Lo so che è lì, ma sinceramente non mi va proprio di andarci.- gli spiegai stringendomi nelle spalle. Incredibile come con Louis riuscissi ad essere garbato. Con qualsiasi altra persona sarei stato cafone e sgarbato. Ma non riuscivo a rispondergli male, in fondo era stato cos carino con me il giorno prima a scuola.
 
-Wow, cominciamo bene!- esclamò e ridacchiò da solo. Avrei voluto ridere con lui ma avevo dimenticato come si faceva.
 
Mi schiarii la voce, improvvisamente a disagio.
 
-E tu non ci vai?- gli domandai timidamente. Louis scosse la testa.
 
-Come mai?- continuai. I suoi occhi azzurrissimi si posarono ridenti sui miei e alzò le spalle, con un accenno di sorriso sulle labbra sottili.
 
-Ti ho visto tutto solo e ho deciso di seguirti.- rispose. -Oggi vengo con te!- annunciò felice. -Sempre se non è un problema..- si affrettò ad aggiungere.
 
Avrei voluto dirgli che no, volevo stare solo, volevo starmene in pace con i miei pensieri ma un qualcosa nei suoi occhi mi spinse a dire cose che non volevo.
 
-Certo che puoi venire.- mi sentii dire. Louis sorrise raggiante e mi si fece accanto.
 
-Bene, dove ti va di andare?- chiese allegramente.
 
Scrollai le spalle. Annoiavo perfino me stesso.
 
-Andiamo a prenderci un gelato?- domandò.
 
Ci pensai su.
 
-Ma sì, vada per il gelato!- acconsentii. Lui sorrise e mi guidò verso la gelateria, non smettendo un secondo di blaterare.
 
 
 
 
 
 
 
-Quindi hai tre sorelle?- domandò Louis mentre era intento a divorare il suo cono al pistacchio.
 
Anuii.
 
-Sì, non ti immagini quanto sia difficile convivere con tante ragazza.- gli dissi, gustando il mio gelato al cioccolato e menta.
 
La lingua di Louis i bloccò, tornando nella sua bocca.
 
-Oh, invece sì!- esclamò. -Io ne ho quattro!-
 
-Oh, quindi mi capisci alla perfezione!- riisposi quasi contento. Louis annuì vigorosamente e riprese a leccare il suo gelato.
 
Stemmo in silenzio per un pò. Era un silenzio privo di imbarazzo, semplicemente entrambi eravamo assorti nei nostri pensieri.
 
-Sai quella ragazza che ieri ti ha detto che sei il ragazzo più bello che avesse mai visto?- mi chiese di punto in bianco. Gli occhi scontillanti, la bocca sporca di verde.
 
Ridacchiai silenziosamente e annuii.
 
-Mi ha chiesto il tuo numero.- concluse.
 
-E tu che hai risposto?- domandai curioso.
 
Si strinse nelle spalle e diede un morso al wafer del suo gelato.
 
-Le ho detto che eri gay.- rispose con la boccsa piena.
 
Sgranai gli occhi.
 
-E perchè mai l'avresti fatto?- chiesi sbalordito.
 
Louis rise, sputacchiando qua e là pezzi di cibo mangiucchiato.
 
-Scusa.- disse afferrando un fazzolettino e pulendomi la guancia. -Comunque, le ho detto così perchè volevo vedere la faccia che avrebbe fatto.- mi spiegò. -E crtedimi e stata indescrivibile!- Si tuffò in una risata senza fine, asciugandosi le lacrime e rimanendo senza fiato.
 
-Mi dispiace, forse ti piaceva?- disse appena terminò di ridere.
 
Scossi la testa.
 
-Neanche me la ricordo.- affermai sinceramente. 
 
Non guardavo più veramente qualcuno da quando la depressione mi aveva rapito. 
 
Non mi interessava più di niente e di nessuno da quel giorno.
 
Non avevo più voglia di vivere da quando LORO non erano più con me.
 
Scossi la testa, come per scacciare quei pensieri dolorosi.
 
-Hey, tutto a posto?- chiese Louis preoccupato, carezzandomi una spalla.
 
-No.- dissi senza accorgermene. I suoi occhi si illuminarono.
 
-Vuoi parlarne? Di me puoi fidarti, Zayn.- disse.
 
Louis sembrava cos affidabile e soprattutto sembrava essersi accorto che in me c'era qualcosa che non andava ma io ero pronto per raccontargli la mia "disfatta"?
 
Scossi la testa.
 
-Magari non adesso..- sussurrai.
 
-certo, quando sarai pronto io sarò qui per te.- disse dolcemente.
 
Gli sorrisi e mi asciugai il sudore dalla fronte.
 
-C'è caldo qui..- constatai. Louis annuì, racattando il suo zaino e dirigendosi alla cassa.
 
Uscimmo fuori e l'aria fresca di quel mattino mi schiarii le idee e mi fece sentire subito meglio.
 
-Vieni, andiamo al parco. Voglio parlarti di me.- disse prendendomi per un braccio.
 
-Perchè?- domandai confuso. Louis si bloccò di scatto, voltandosi verso di me e facendo scontrare i nostri petti.
 
-Perchè così poi ti verrà spontaneo dirmi tutto su te..- rispose. 
 
Anuii e mi feci trascinare da lui.
 
 
 
Il parco di Doncaster era splendido. Cos verde, ampio e ben curato.
 
Ci sdraiammo vicino sull'erba, permettendo ai raggi timidi del sole di ncarezzarci il viso.
 
-Io soffro, Zayn. Soffro tanto. Non sembra ma è così.- parlò. Le sue parole mi trapassarono ferocemente, non mi sarei mai aspettato che lui stesse...male. Sembrava sempre così sereno, felice...Avrei tanto voluto essere come lui.
 
-M-mi dispiace..- riuscii a dire e poi mi diedi dello stupido per ciò che avevo appena detto. Louis voltò il capo verso di me e mi sorrise stancamente. Per la prima volta vidi il tormento sul suo viso delicato. Non si addiceva ad un viso d'angelo come il suo.
 
-So che non sembra, riesco a nasconderlo bene ma...- si fermò e respirò profondamente. -..mi sento morire dentro e ogni giorno sto peggio.-
 
Chiusi gli occhi. Quindi anche le persone come Louis potevano soffrire. Non ci avevo mai pensato. Ma continuavo a chiedermi perchè stesse dicendo queste cose a me. Che avesse bisogno di sfogarsi? Ci conoscevamo da un solo giorno e voleva raccontarmi la causa del suo dolore quotidiano? Avevo la sensazione che avesse capito che anch'io tenevo qualcosa di brutto dentro.
 
-No, non sembra..- sussurrai. LUi sospirò tristemente ma non parlò.
 
-Raccontami tutto, Louis.- dissi, improvvisamente divorato dal bisogno di sapere che gli fosse successo.
 
Louis respirò profondamente e dischiuse le labbra per parlare.

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Capitolo 5
*** Ricordare era vietato, dimenticare mi faceva paura ***


 
6 mesi prima.
 
 
Il sole di quel pomeriggio di marzo gli baciava i capelli, facendone risaltare i riflessi di un castano più chiaro. Poggiò la schiena sull'erba corta del giardinetto ben curato di Louis e voltò il capo verso di lui.
 
Si sorrisero felici. Sì, erano felici. Stavano bene. Bene davvero.
 
-Allora che volevi dirmi?- chiese.
 
Louis ci pensò su. Aveva riflettuto molto su quella faccenda e alla fine aveva deciso di intraprendere la scelta più azzardata ma anche la migliore per lui, per loro.
 
-Ci ho pensato molto.- rispose. -E ho deciso che non voglio far finta che tra noi non ci sia niente. Basta, non voglio più nascondermi.- affermò fissando il cielo che si apriva sopra di loro. 
 
Harry sorrise e abbracciò forte Louis.
 
-Davvero?- domandò sprizzando gioia da ogni riccio che aveva in testa.
 
Il più grande rise e annuì vigorosamente.
 
-Mi hai migliorato la giornata, davvero Lou.- disse Harry.
 
Louis non parlò e chiuse gli occhi, inspirando il suo profumo intenso. 
 
Una vita dopo, lo allontanò un pò da se per guardarlo meglio in faccia. Gli occhi verdi di Harry gli scaldarono il cuore, come succedeva ogni qualvolta che li incontrava.
 
Li fissò a lungo, ammaliato ed incantato e poi lo baciò. Modellò le sue labbra su quelle del riccio, come fossero state create per unirsi e diventare un tuttuno, e con la lingua ne tracciò i contorni, come per ricalcarle.
 
Affondò le mani nei suoi ricci soffici come nuvole; le mani di Harry scesero lungo la schiena del suo Louis e poi arrivarono al fondoschiena alto e sodo che palmò giocosamente.
 
Harry non negò l'accesso alla lingua umida di Louis quando, gentilmente, glielo chiese. Finalmente entrò nell'atrio caldo e accogliente della sua bocca, incontrando prontamente quella vogliosa del più piccolo. 
 
Si baciarono come mai avevano fatto, come fosse il loro ultimiissimo bacio. Si desiderarono con anima e corpo, si amarono con tutto il loro cuore.
 
Harry si staccò violentemente dalle labbra di Louis, senza fiato.
 
-Cazzo, Louis.- ansimò. -Un giorno mi farai impazzire.-
 
L'altro ridacchiò e lo attirò nuovamente a se per un lembo della T-shirt che indossava, stampandogli un bacio umido e casto a fior di labbra.
 
-Ti amo.- fu un sussurrò ma alle orecchie di Louis arrivò come un urlo.
 
-Ti amo.- ripete allora il più grande.
 
Harry sorrise.
 
-Andiamo in camera mia?- chiese Louis con voce maliziosa.
 
Il riccio alzò gli occhi al cielo.
 
-Hai rovinato il momento.- si lamentò sporgendo il labbro inferiore.
 
Louis adorava quando lo faceva.
 
-Ma dai, vuoi che stiamo qui a pomiciare come due gatti in calore?- domandò lui scherzoso.
 
Harry sbuffò.
 
-Ma perchè devi sempre mettere in mezzo i gatti?- disse spazientito sollevandosi e dirigendosi verso la casa del suo ragazzo.
 
-E adesso dove vai?- chiese sghignazzando.
 
-Dentro casa.- rispose Harry. -Ci vediamo in camera tua.- aggiunse con voce maledettamente sexy, strizzando un occhio smeraldo.
 
Louis rise di gusto e lo seguì.
 
 
 
 
 
 
-E allora perchè continua a chiamarti?!?- sbraitò Harry gesticolando freneticamente.
 
-Cazzo, Harry per l'ultima volta: non lo so! E comunque con lui non c'è stato niente, si trattava solo di qualche scopata, tutto qui.- rispose Louis sollevando di un ottava la voce per niente mascolina.
 
-Ah quindi stai dicendo che non dovrei incazzarmi?- sbottò allora il primo. -Mettiti nei miei panni, Louis! Cosa dovrei fare? Far finta di niente? Questo qui continua a chiamarti e a mandarti messaggi e io devo starmene qui tranquillo?!?- gridò tormandandosi un ciuffo dei suoi capelli.
 
Louis non fiatò per un attimo. Gli faceva uno strano effetto vedere Harry così contrariato, lo intimidiva.
 
-Non c'è motivo di ingelosirsi.- sussurrò. 
 
-vaffanculo.- borbottò il riccio e lasciò la stanza a grandi passi.
 
Louis lo rincorse e lo abbracciò da dietro.
 
-Dai, non essere arrabbiato. Non me ne frega un cazzo di quello lì. Ci sei tu. Tu e basta.- disse onestamente.
 
Harry sospirò forte per sbollire un pò e poi si voltò, stringendo forte il suo ragazzo.
 
-Scusa, certe volte la gelosia è più forte di me.- ammise tristemente.
 
Louis gli carezzò lentamente i capelli e annuì.
 
-Tranquillo, è tutto a posto.-
 
-Non mi lasciare mai.- La tenerezza con cui il riccio pronunciò quella piccola richiesta, o supplica, o qualunque altra cosa fosse, fece quasi commuovere il più grande che lo abbracciò pi forte, come se non fossero già incollati l'uno all'altra.
 
-Per nessuna ragione al mondo.- gli promise.
 
Sì, era una promessa.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
-Qualcuno ha chiamato un'ambulanza?- strillò una donna alta, giovane e piena di profumo mentre fissava inorridita il corpo inerme di Harry sull'asfalto qualche metro più in là. -Che gli è successo?- chiese ancora.
 
-E' caduto dalla sua moto.- rispose come un automa Andrew, uno dei suoi più grandi amici.
 
Fece scorrere lo sguardo sul corpo del riccio che stava immobile sulla strada a pancia in giù: i capelli erano arruffati, gli occhi chiusi e lividi, gran parte del viso grondante di sangue, gambe e braccia in posizioni innaturali e la sua moto rovesciata a terra e mezza rotta vari metri più in là.
 
"Harry starà bene." continuava a ripetersi Andrew. Avrebbe aperto gli occhi da un momento all'altro e si sarebbe alzato dall'asfalto sorridendo e maledicendosi per la sua distrazione mentre guidava.
 
Sì, sarebbe andata così. Non c'era niente di cui preoccuparsi.
 
Nel frattempo una folla di curiosi aveva attorniato il ragazzo che non si decideva a svegliarsi e in lontananza la sirena disperata dell'ambulanza squarciava l'aria.
 
Anne, la madre di Harry arrivò in quel momento e si accasciò accanto al figlio, carezzandogli il viso e urlando parole incomprensibili, probabilmente suppliche rivolte ad Harry, le solite richieste disperate. "Ti prego non mi lasciare, torna con me. Dai, svegliati." Chissà se lui riusciva ad urdirle.
 
L'ambulanza frenò e in tutta fretta i dottori portarono via il riccio diretti verso l'ospedale.
 
Andrew raccolse la moto dell'amico e la portò nel garage di casa sua.
 
L'avrebbe rimessa a posto per lui, per Harry.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
-Sicuro che te la senti?- domandò sua madre posandogli una mano sulla spalla.
 
Louis annuì.
 
-Certo.- mentì. Ormai era diventato bravo a recitare
 
-Non so magari è troppo dura per te, in fondo ervate così amici..- lasciò la frase a metà.
 
-Mamma, voglio andare al funerale di Harry. Non mi sembra giusto mancare appunto perchè eravamo molto amici.- disse Louis. Pronunciare quel nome gli provocò una fitta al cuore, così forte che dovette alzare gli occhi al cielo per non far cadere le lacrime.
 
-Va bene, tesoro.- disse la donna e andò a sbrgare le sue solite faccende domestiche.
 
Sua madre non aveva sospettato niente, non sapeva che quella che c'era tra lui ed Harry non era una semplice amicizia. Probabilmente non si era accorta neanche dell'omossessualità del figlio.
 
Louis corse in bagno e scoppiò a piangere.
 
Come avrebbe fatto senza il suo Harry?
 
 
 
 
 
 
 
 
 
-Ciao, Louis.- una voce femminile, dolce e bassa lo fece bloccare. Louis si levò gli occhiali da sole, si voltò e rimase fermo un attimo per la vista di quella persona.
 
-Salve, Signora Styles.- disse educatamente distogliendo lo sguardo. Non voleva vedere quegli occhi che tanto gli ricordavano quelli di Harry, non voleva rivedere in lei il suo sorriso, il suo modo di alzare le sopracciglia, di aggiustarsi i capelli. No, non ancora.
 
Harry era morto ormai da due mesi, ma Louis ogni giorno si sentiva come nel preciso momento in cui gli avevano comunicato che il suo "amico" non ce l'aveva fatta.
 
Anne sorrise stancamente.
 
-Come stai?- gli chiese.
 
Louis si strinse nelle spalle e un sorriso amaro gli attraversò le labbra velocemente. Poi sparì alla stessa velocità con cui era apparso.
 
-Se le rispondo "bene", mi crede?- disse.
 
La donna sorrise di nuovo. Ma i suoi occhi non si illuminarono. Si poteva allora definire un sorriso quello?
 
-Non so come andare avanti, Louis.- confessò di punto in bianco.
 
Louis non parlò, si limitò a mangiucchiarsi le unghie.
 
-Scusa, non volevo buttarti addosso quello che sento.- sussurrò e fece per andarsene.
 
-Aspetti!- esclamò Louis tendendo una mano verso la donna.
 
Questa si voltò confusa e lo guardò aspettando che continuasse a parlare.
 
-Con me può sfogarsi.- mormorò.
 
Anne gli fece seno di entrare in casa sua e Louis la seguì. Si accomodarono nelle sedie del tavolo della cucina e sospirarono all'unisono.
 
-Louis, Harry mi parlava di te chiamandoti "migliore amiico", ma qualcosa in me mi diceva e mi dice tuttora che tr voi c'è sempre stato qualcosa di più..intenso.- disse di punto in bianco, con l'ombra di un sorriso sulle labbra piene e rosa.
 
Louis si schiarì la voce: l'aveva capito. Aveva capito che lui ed Harry non erano semplici amici. Era inutile negare: Anne era perspicace. Proprio come Harry.
 
-Come l'ha capito?- chiese con un fil di voce.
 
-Non so, ma il modo in cui vi guardavate parlava da se.- rispose.
 
Louis si lasciò scappare un risolino.
 
-Già, ci ha scoperti.- ammise.
 
-Sono contenta che avesse una persona come te al suo fianco. Peccato che non abbia condiviso la sua gioia con me. Ormai è troppo tardi.- disse la donna guardando il pavimento.
 
Louis si guardò intorno e notò con tristezza che le pareti di casa Styles erano tappezzate da foto di Harry. Appariva solo il suo viso. Ecco i suoi occhi verdi, i suoi boccoli scuri, il suo sorriso contagioso e splendente, il suo fisico asciutto, tutto ciò che era stato racchiuso in una cornice.
 
-Sono belle, vero?- domandò Anne, notando che Louis si era soffermato su ognuna di quelle foto.
 
-Lui è bello.- puntualizzò il ragazzo con voce roca.
 
-Tieni, questa te la regalo.- annunciò la donna alzandosi e togliendo una foto dal muro. Gliela porse e tornò a sedersi.
 
La foto ritraeva Louis ed Harry. Louis ricordava che era stata scattata quasi un anno prima, quando ancora non avevano capito alla perfezione di amarsi ma c'era stato già qualche bacio. Harry aveva poggiato la testa riccioluta sulla spalla di Louis e mostrava un sorriso ampio. Era venuto molto bene ma quando sua madre aveva premuto il tasto per scattare la foto, Harry aveva chiuso involontariamente gli occhi. Louis guardava un punto dietro l'obbiettivo della maccchina fotografica e aveva sulle labbra un sorrisetto furbo e vispo.
 
Una lacrima gli solcò il viso e le sue dita si affrettarono a spazzarla via. Poi andò via da quella casa correndo il più veloce che le sue gambe gli permettessero.
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
La storia di Louis mi fece sentire un pò meglio. Non ero solo: anche lui soffriva per la perdita di una persona che amava. Avere una cosa del genere in comune era quasi rassicurante.
 
Da una parte, però le sue parole mi avevano sfiancato. Mi sentivo stanco, come se avessi dovuto sorreggero un obeso con un dito per ore.
 
-Non avrei mai immaginato che stessi così.- gli confessai.
 
Louis fece un sorriso stanco e sollevò le sopracciglia.
 
-Perchè ho imparato a piangere dentro..- confessò. -Anche se quando una persona a cui tieni così tanto se ne va, ti senti diviso in mille pezzi, non più lo stesso. Ma devi convincerti che ti passerà, che riuscirai ad andare avanti, anche se magari nel tuo intimo sai che non ce la farai mai. Immagino che tu non possa capire.- concluse a bassa voce.
 
In quel momento una forza dentro me mi spiense a dirgli che forse lo capivo più di chiunque altro.
 
-No, ti sbagli. Ti capisco eccome.- spiegai.
 
Louis si voltò di scatto verso me, con l'accenno di un sorriso soddisfatto sulle labbra sottili.
 
-Sapevo che c'era qualcosa che ti tenevi dentro.- 
 
Sgranai gli occhi.
 
-Dai, racconta Zayn.- mi spronò.
 
Feci un respiro profondo e chiusi gli occhi.
 
-Ok, i miei genitori sono morti quasi un anno fa in un incidente stradale. La loro auto si era impantanata nel fango e, pur cercando di far capire che avevano bisogno di aiuto, nessuno ci è arrivato. Ora vivo in una catapecchia con Paul, il mio tutore che era un grande amico dei miei, e le mie tre sorelle. Soffro di depressione e non faccio altro che prendere psicofarmaci e andare da psicologi e strizzacervelli. In tre parole: la mia vita è una merda.- mi sfogai tutto d'un fiato.
 
Era la prima volta che lo raccontavo a qualcuno e adesso che l'avevo detto, il quadro della mia situazione sembrava esser messo molto peggio di come lo vedevo io.
 
-Wow.- si limitò a dire Louis. -Cazzo, mi dispiace amico!- esclamò visibilmente colpito dal mio racconto.
 
-Già..- bisbigliai.
 
-Almeno possiamo farci forza insieme.- sdrammatizzò.
 
-Sì..- dissi.
 
Restammo entrambi in silenzio, fin quando una lacrima non mi solcò la guancia. Mi voltai immediatamente verso Louis: non volevo che mi vedesse piangere, ma notai, con mia grandissima sorpresa, che piangeva anche lui. E non se ne vergognava.
 
-Louis.- dissi e gli posai una mano sulla spalla.
 
-Scusa, ci vediamo domani a scuola.- dicendo ciò si alzò e scomparve dalla mia vista.
 
Ed ecco che mi sentii di nuovo solo e perso. 
 
Presi altre due pastiglie di anti-depressivi e feci finta che stessero facendo già effetto.
 
 
 
 

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Capitolo 6
*** Ed è come se fossi un puzzle e mi mancasse un pezzo ***


 
 
-Allora, Zayn che ne dici di fare una breve chiacchierata tra amici? Dimmi un pò come stai.- disse il Signor Robinson con un sorriso da imbecille stampato in quella faccia da rincoglionito che si ritrovava.
 
Sbuffai. Quel giorno ero piuttosto nervoso: Paul mi aveva svegliato di nuovo con l'acqua fredda e mi aveva trascinato dal mio psicologo. Odiavo stare in quella stanzetta che odorava di chiuso.
 
-Bene.- mentii. Mentivo sempre, ogni volta che andavo da lui.
 
Lo psicologo sospirò e volse per un attimo lo sguardo verso il basso. Poi i suoi occhi piccoli si tuffarono di nuovo nei miei.
 
-Zayn, io sono tuo amico. Puoi dirmi ciò che senti.- insistette.
 
Chiusi gli occhi e cercai di trattenermi dallo sferrargli un pugno sul naso. Le mie nocche avrebbero sbattuto violentemente contro il suo setto nasale e le mie orecchie avrebbero sentito quel delizioso "crack", suono che produce un osso nel momento in cui si rompe.
 
-Sto bene.- ripetei a denti stretti.
 
-Ti senti triste o solo?- domandò il Signor Robinson.
 
Scoppiai in una risata priva di divertimento.
 
-Certo, qui a Doncaster sono circondato da amici! Come faccio a non sentirmi solo?- chiesi sarcastico.
 
Lo psicologo sospirò ancora e si grattò la testa.
 
-Stai prendendo le pastiglie?- chiese stancamente. 
 
-Mmh, mmh.- dissi solo e incrociai le braccia al petto.
 
Qualche istante di silenzio.
 
-E stanno funzionando?-
 
Guardai fuori dalla finestra e respirai profondamente.
 
-Sì.- un'altra bugia.
 
-Sei sicuro?- chiese l'uomo.
 
Annuii senza degnarlo di uno sguardo. Mentire, mentire, mentire. Ormai mi veniva facile come respirare.
 
-Ok, come va la scuola?- domandò poi allegramente.
 
Scossi leggermente la testa da sinistra verso destra e sollevai un sopracciglio, guardndomi le unghie.
 
Possibile che uno psicologo non capisca i pensieri che turbano nella mente del suo paziente?
 
-Bene.- dissi.
 
-Hai conosciuto qualcuno di simpatico?- continuò lui.
 
Strinsi i pugni e contai mentalmente fino a dieci. La voglia di massacrlarlo di botte mi stava uccidendo.
 
-Che importa?- domandai sgarbatamente.
 
-Importa, Zayn. Soprattutto nella tua situazione. Io voglio che tu guarisca.- spiegò con fare paterno.
 
Le sue parole furono la goccia che fece traboccare il vaso. Ma quanto era idiota?
 
-Ah e secondo lei io non voglio?!?- sbottai.
 
Lo psiologo mi fissò confuso e aggrottò le sopraccglia brizzolate.
 
-C-certo, ma..- balbettoò facendosi piccolo piccolo.
 
-Sa una cosa?- chiesi alzandomi in piedi. -Io non guarirò mai. Io me ne sono fatto una fottuta ragione, se la faccia anche lei!- urlai e uscii da quella stanza sbattendo la porta alle mie spalle.
 
Basta psicologi, basta farmaci, basta tutto.
 
Basta me.
 
 
 
 
 
 
 
Quando entrai in casa, non c'era nessuno. Solo uno stupido biglietto appeso alla porta.
 
-Ho portato le ragazze a fare shopping. Se hai fame c'è qualcosa in frigo.
 
Paul.- 
 
Lessi velocemente e poi lo accartocciai.
 
Mangiai un pò di latte con biscotti e andai nella mia stanza.  Mi sdraiai sul letto e presi a giocherellare con i braccialetti che tenevo ai polsi. Li levai, scoprendo la miriade di cicatrici bianche sotto essi. Mi vergognai un sacco nel vedere quelle mie pecche. Nel primo periodo in cui i miei genitori erano morti, avevo cominciato a tagliarmi le vene. Dicevano che farsi male faceva sentire meglio, ma più lo facevo e più mi sentivo vuoto dentro.
 
Chiusi gli occhi, colto da un flashback agghiacciante.
 
 
 
***
 
-Avanti, Zayn fallo! Che aspetti?-
 
La punta delle forbici che tenevo tra le dita tremava. Ero teso, in ansia. 
 
-Pensa ai tuoi genitori.- continuò Dave. Si pressava uno straccio bagnato sul braccio. Aveva rischiato di tagliarsi troppo in profondità. E se fosse successo anche a me? Aveva rischiato perfino Dave che lo faceva ormai da anni, allora io che ci stavo tentando per la prima volta, che fine avrei fatto?
 
-Dai Zayn.- sussurrò.
 
Annuii e premetti leggermente la punta fredda e argentata della lama delle forbici, facendola poi scorrere lentamente sulla mia pelle. Strinsi i denti. Il dolore era a dir poco insopportabile.
 
Buttai le forbici a terra e Dave si affrettò a avvolgere la mia ferita con uno straccio umido.
 
-Ok, ora siediti e sta tranquillo. Poggia la testa sulle mie gambe.- mi suggerì. Lo feci e dagli angoli dei miei occhi spunarono delle lacrime che mi rigarono noiosamente le guance.
 
L'avevo finalmente fatto. Ma adesso mi sentivo meglio? Più sereno? Qualche taglietto sarebbe bastato a colmare il dolore che provavo dentro?
 
Che idiota.
 
***
 
 
Da quella sera, avevo cominciato a tagliarmi quasi ogni giorno. Paul a quanto pareva non se ne era mai accorto. Forse Doniya sospettava qualcosa ma non mi aveva mai detto niente.
 
Era da un pò che non lo facevo più e all'improvviso mi balenò in testa l'idea di provare a rifarlo. Ma poi mi accorsi che sarebbe stato inutile.
 
Mi girai per una mezzoretta i pollici e poi decisi di farmi un giro in città. Indossai una felpa e uscii di casa.
 
Vagabondai per strade e stradette senza una meta precisa fin quando due dita non mi picchiettarono una spalla.
 
Mi voltai e i miei occhi andarono a finire dritti dritti in altri due, estremamente azzurri.
 
-Hey!- esclamò Louis sorridendo allegramente. Non feci a meno di pensare che in quel momento stesse soffrendo in silenzio.
 
-Ciao, Louis.- risposi abbozzando un sorriso.
 
-Che fai qui da solo?- domandò guardandosi intorno.
 
Scrollai le spalle.
 
-Mmh, niente. Facevo un giroper Doncaster.- gli dissi. -Tu?-
 
Sorrise divertito.
 
-La stessa cosa.- 
 
Ridacchiammo e poi stemmo in silenzio, trasportati ognuno dal flusso dei propri pensieri.
 
-Ti va di accompagnarmi a fare una cosa?- domandò poi.
 
Mi voltai verso di lui e incrociai i suoi occhi, cercando di leggervi qualche indizio, ma da essi non trapelò nulla. Non capii se fosse divertito, triste, arrabbiato. Capii solo che il suo sorriso era sparito.
 
-Ok.- risposi.
 
 
 
 
 
 
 
Odiavo i cimiteri ma non dissi niente a Louis. Prima di tutto perchè lui era stato sempre gentile con me e non mi sembrava giusto abbandonarlo lì da solo e poi perchè nel momento in cui avevavamo varcato la soglia di quel luogo così cupo e buio, avevo capito ciò che aveva intenzione di fare.
 
Lo seguii in silenzio finchè non voltò bruscamente verso destra, camminando dritto tra la fila di lapidi ai suoi lati. QUalche passo dopo si bloccò e si inginocchiò davanto ad una di esse.
 
Mi avviccinai anch'io ma mantenni un pò di distanza da Louis, per dargli un pò di privacy. 
 
Sulla lastra grigia di marmo lessi le solite scritte che si trovano sulle lapidi:
 
-Harold Edward Styles
 
01/02/1994-22/03/2012.-
 
Ma l'ultima mi stupì e mi commosse allo stesso tempo:
 
-Il migliore amico migliore del mondo.
 
Insieme sempre e comunque.- 
 
Non mi ci volle molto ad immaginare che fosse da parte di Louis.
 
Louis tirò fuori dalla tasca della sua giacca una bustina e la posò accanto alla lapide del suo Harry. Probabilmente era una lettera.
 
Di punto in bianco le ginocchia di Louis cedettero e lui cadde sul terriccio del cimitero, con la testa tra le mani. 
 
Mi inginocchai accanto a lui e gli cinsi le spalle con un braccio.
 
-Louis, cazzo tutto bene?!?- domandai allarmato. In quel momento non pensai che le parolacce e il cimitero non andavano molto d'accordo.
 
Lui scosse la testa e piagnucolò.
 
-No, no, no. Io non ce la faccio più!- urlò. Lo tenni forte stretto a me per far sì che i singhiozzi non gli squarciassero il petto in due.
 
-Sì che ce la fai.- dissi con un fil di voce. La cosa brutta era che sapevo perfettamente che non ce l'avrebbe fatta, perchè vivevo le sue stesse emozioni sulla mia pelle, in prima persona, ma chi avrebbe sputato in quel modo la verità in faccia a qualunque persona stesse così male?
 
-No, Zayn. Non riesco..- un singhiozzo interrupe la sua frase. Liberò il suo viso dalle mani e i suoi occhi umidi, rossi e gonfi perforarono i miei buttandomi addosso la sua frustrazione.
 
La paura di non riuscire più a sorridere come una volta. la consapevolezza che quel vuoto che si ha dentro, non andrà via mai. Mai.
 
-Non riesco ad andare avanti senza lui...io...- sopirò forte. -io e lui ervamo così uniti, ancora non riesco a crederci. Quando sento il suo nome devo correre in bagno perchè non riesco a trattenermi dal piangere, quando ripenso al suo viso, ai suoi baci vorrei morire e quando..- 
 
-Zitto.- lo interruppi con voce bassa. Lui obbedì e stette in silenzio.
 
-Lo so, Louis.- dissi. -Ma devi metterti in testa che ce la puoi fare, che hai la forza non di dimenticarlo ma di...vivere anche per lui.- fui colpito dalle mie stesse parole. -In fondo anche se non è qui con te fisicamente starete insieme per sempre in ogni caso. Vivo o morto, fidanzato o non fidanzato, tra voi non cambierebbe nulla.- conclusi carezzandogli la schiena.
 
Louis annuì e si asciugò le lacrime con un lembo della giacca che indossava. Poi mi abbracciò e mi strinse così forte che mi mancò il respiro per qualche secondo. Ma non dissi nulla. Sapevo che lui ne aveva bisogno.
 
Risposi all'abbraccio con forza e sentimento. Forse anch'io, sotto sotto, ne avevo un gran bisogno.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
-Ciao, Zayn. Come va?- mi chiese Paul appena varcai la soglia di casa mentre mescolava una poltiglia giallo-arancio in una pentola.
 
-Bene, grazie.- risposi e per la prima volta da chissà quanto tempo, non mentii. 
 
Avevo passato tutta la giornata con Louis, avevamo parlato, ci eravamo sfogati l'uno con l'altro. Era bello poter parlare con qualcuno che ti capisse davvero. E poi parlare con lui era cos facile, mi veniva spontaneo.
 
-Com'è andata la giornata?- domandò aparecchiando la tavola per la cena.
 
-Bene, ero in giro con un amico.- risposi con nonchalance. Il piatto che teneva Paul in mano si bloccò a mezz'aria. Probabilmente era sconvolto. Da quant'è che non sentiva uscir fuori dalla mia bocca la parola "amico"? Da quanto non mi vedeva per la prima volta quasi vivo?
 
-Oh, e ti sei diverito?- chiese fingendosi disinteressato.
 
-Sì, molto.- risposi in tutta sincerità.
 
-Bene sono felice, ora vai a lavarti le mani che la cena è pronta.- mi disse. -No Safaa non toccare quel quadro!- esclamò poi tendendo una mano verso mia sorella.
 
Ridacchiai sommessamente e salii le scale.
 
Mi sciacqua il viso con l'acqua fredda e fissai il mio riflesso allo specchio.
 
Era davvero un sorriso quello che stava spuntando sulle mie labbra?
 
Eppure mi sentivo ancora vuoto, incompleto.
 
Inoltre ci sarebbe stata una ferita dentro me che neanche Louis sarebbe riuscito a riparare.
 

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Capitolo 7
*** Non cercarla, non guardarla. Se ci credi, lei ti vede ***


 
Il cappio pendeva legato ad un'asse di legno e dondolava lentamente, come fosse annoiato. 
 
Il cuore mi batteva forte nel petto, così tanto da essere l'unico suono che riuscivo ad udire.
 
Lo sgabello sul quale ero in piedi traballava e scricchiolava in continuazione.
 
Chiusi gli occhi e poggiai il mento sulla corda. 
 
Le lacrime fuoriuscivano a fiotti dai miei occhi, mi rigavano le guance veloci e cadevano a terra senza far rumore.
 
Ero tormentato. La consapevolezza che di lì a poco sarei diventato il niente mi distruggeva, mi faceva piangere. Ma come una forza dentro di me mi spingeva a porre fine alla mia vita. Non ero io quello che prendeva quelle decisioni, eppure vedevo le mie mani tenere fermo il cappio, le mie gambe prepararsi a saltare, i miei occhi vedere per l'ultima volta. 
 
Satavo per morire, mancavano pochi secondi. Me lo sentivo dentro.
 
Infilai la testa nel cappio e mi lasciai andare.
 
Lo sgabello cadde a terra con un tonfo.
 
Mi sentii stringere la gola dalla corda e percepii l'ossigeno bloccarsi nella trachea.
 
In quel momento mi pentii del mio gesto. Ma ormai avevo già fatto tutto. I miei occhi si macchiarono di chiazze rosse e le palpebre lentamente calarono sulle miei iridi.
 
Feci in tempo solo a vedere due occhi azzurri che mi fissavano spaventati.
 
 
 
 
 
 
 
 
Sobbalzai e cacciai un urlo tenendomi la gola con le mani. 
 
Tossicchiai e mi guardai in torno. Ero nella mia stanza, sotto le coperte, madido di sudore. Ma vivo.
 
Tirai un sospiro di sollievo e mi accasciai sul materasso, asciugandomi le goccioline di sudore che mi imperlavano il viso con il lenzuolo.
 
Rimasi a lungo in quella posizione a fare respiri profondi e a cercare di scrollarmi quell'incubo di dosso. Ma era come una ventosa nella mia mente.
 
Mi alzai dal letto e andai a sedermi sul davanzale della finestra della mia stanza. Da lì potevo vedere alcune colline piuttosto basse di un verde così vivido da sembrare disegnato e qualche abitazione solitaria.
 
Accesi una sigaretta e cominciai a fumarla distrattamente. Il fumo si michiava con l'aria e spariva, disegnava forme indistinte nel cielo limpido.
 
Le immagini del sogno ancora mi tormentavano, perciò mi misi alla scrivania e cominciai a disegnare. Tracciai il profilo di qualche collina e dei ciuffi d'erba tutt'intorno, nel cielo il sole che brillava scoperto dalle nuvole, sulla destra un laghetto e in primo piano due figure viste di spalle che coprivano parzialmente il paesaggio. Erano seduti su delle sdaio e guardavano il panorama che si apriva dinnanzi ai loro occhi, il capo di tre quarti. Uno era avvolto dal buio, così cupo da dare i brividi, emanava rabbia e solitudine; l'altro era un raggio di sole fatto a persona, era completamente immerso nella luce e sulla guancia visibile si intravedevano delle piccole rughe, segno che stava sorridendo. 
 
Istintivamente diedi a quei personaggi della mia fantasia il mio nome e quello di Louis. Lui ovviamente era quello luminoso.
 
Io non sarei mai potuto esserlo.
 
Sospirai e piegai il disegno in due, nascondendolo tra due libri.
 
Uscii dalla mia camera e mi stiracchiai in coorridoio. waliyha mi passò affinco ma appena incrociò i miei occhi abbassò lo sguardo. Lei era molto timida e sembrava che le facessi paura. D'altra parte io talvolta neanche mi ricordavo di lei. Tra noi non c'era rapporto, era come se non ci conoscessimo.
 
-Hey Zayn!- esclamò allegro Paul appena mi vide prendere posto al tavolo della cucina. Feci un cenno con la mano e cercai di capire cosa stesse cucinando.
 
-Stasera andiamo a fare un giro per Doncaster.- disse poi, sorridendo fiero. -Vieni vero?-
 
Aveva formulato quella frase come una domanda, ma sapevo alla perfezione che era un ordine. Anche se avessi rifiutato l'invito, mi avrebbe costetto a venire. L'avevo sentito parlare con il mio psicologo: aria aperta, distrazioni e amici. Ecco quello di cui avrei dovuto avere bisogno. Puah.
 
Alzai le spalle e Paul ovviamente lo prese come un sì.
 
-Wow che bello! Ci divertiremo un sacco!- trillò come un bambino.
 
Sospirai. Tutto quel provare ad essere positivi, ottimisti, felici, tutto quel provare a distrarmi e farmi dimenticare anche solo per qualche attimo che la mia vita stava precipitando, che stava venendo divorata dalla mia malattia. Qualcuno riusciva a comprendere che non serviva a niente? Non riuscivano ad accettare che fossi malato, Paul in particolare, faceva di tutto per scuotermi. Ancora non capiva che non c'era soluzione.
 
Paul cucinò i pancakes, io ne mangiai mezzo per non rischiare di rigettarlo subito dopo. Poi andammo tutti a prepararci. Le mie sorelle si vestirono tutte in ghingheri come se stessero andando ad una festa, come se fossero delle vip. Io invece indossai i primi indumenti che mi capitarono a tiro.
 
-Dai, ragazzi usciamo.- disse Paul. -Doniya, chiudi a chiave quando esci.- 
 
Uscimmo di casa e ci sedemmo sui sedili morbidi della Jeep di Paul. Poco dopo ci raggiunse anche Doniya e Paul partì a tutto gas verso chissà dove.
 
Pochi minuti dopo arrivammo in una piazza tonda enorme, caotica e soleggiata. Era ghermita di gente in un modo che non avevao mai visto e sembrava quasi traboccare di persone. Passeggiammo un pò di qua e di là e un paio di volte qualche gruppetto di ragazze mi si fece vicino e cominciò a darmi un sacco di attenzioni.
 
-Ti ricordi di me?- domandò una rossa. -Siamo nella stessa scuola!- spiegò.
 
-Certo.- mentii. La rossa sorrise scoprendo i denti candidi. 
 
-Hey, ciao piaci tanto alla mia amica, usciresti con lei?- chiese una bionda.
 
-Mi dai il tuo numero?-
 
-Dove abiti?-
 
-Facciamo un giro insieme?-
 
-Zayn!-
 
Mi tappai il viso con le mani e scappai via. Quelle ragazze mi aveva oppresso, mi sentivo senza fiato. Non riuscivo più neanche a rapportarmi con la gente.
 
Seguii Paul verso il centro della piazza e, tra due teste davanti a me, riuscii a vedere un ragazzo che suonava sorridente una chitarra e che riceveva una miriade di spiccioli. Udii poi una voce cristallina che cantava sopra le note dolci dello strumento, ma non era la sua. Mi sporsi più avanti per cercare di capire chi stesse cantando, per giunta con una voce così insolita e particolare. Avanzai ancora un pò finchè non lo vidi. Era seduto su uno sgabello e poggiava una mano sull'asta del microfono dinnanzi a sè. Con l'altra si teneva lo stomaco, teneva gli occhi chiusi e cantava una canzone che non conoscevo. La gente lo appalaudiva, sorrideva. Era bravo, sapeva decisamente cantare.
 
Il ragazzo con la chitarra rallentò il ritmo e la canzone terminò con note lente e malinconiche. Louis, al suo fianco, smise di cantare, aprì gli occhi e sorrise alla folla davanti a sè.
 
-Grazieee!- urlò al microfono. Il suo "pubblico" rise a applaudì forte. Louis fece un inchino e fece scorrere lo sguardo su tutta la piazza, che ammaliata lo aveva adorato. I suoi occhi di ghiaccio si posarono su alcuni visi e poi ìncontrò i miei. Il sorriso sparì dal suo volto e mi fissò in modo strano. Intenso, penetrante. Così tanto che mi scaldò dentro, mi fece compiere un gesto inaspettato che ormai era per me solo un ricordo. Sollevai una mano e la sventolai a destra e a sinistra a mò di saluto e poi sentii gli angoli della mia bocca curvarsi all'insù. Fu una sensazione strana tornare a farlo, tornare a sorridere. Probabilmente venne fuori un sorriso brutto, storto. Era da troppo tempo che non lo facevo, ma mi era venuto così spontaneo.
 
Louis mi guardò visibilmente sorpreso, piegando leggermente il capo verso un lato. Poi sorrise raggiante facendo nascere due piccole rughe ai lati della sua bocca e dei suoi occhi brillanti. Sembrava...felice di vedermi. E io lo ero? Ero felice di averlo visto? Sì, ne ero contento. Mi sentivo meglio quando incrociavo il suo sguardo vispo e sereno. 
 
Mi raggiunse e mi stritolò, tenendomi stretto al suo petto ampio e muscoloso.
 
-Zayn!- esclamò. La sua voce acuta mi ruppe quasi un timpano ma non ci feci caso e cercai di ricambiare l'abbraccio come avrebbe fatto una persona normale.
 
-Hey..- dissi, improvvisamente a disagio tra le sue braccia. Louis aveva un odore molto sfizioso, così dolce, profumava biscotti, zucchero filato, marshmallows. Roba del genere. Quel profumo mi invadeva i polmini, ero pieno di Louis. 
 
Louis sciolse l'abbraccio e mi fissò negli occhi, tenendomi per le spalle. Azzurro e marrone, si carezzavano e si mescolavano come se si guardassero da una vita.
 
-Come mai qui?- chiese con voce sorpresa e concitata. Ogni tanto qualcuno gli dava pacche amichevoli e si complimentava per la sua performance di poco prima.
 
-Sono venuto a fare un giro con..Paul e le mie sorelle.- gli spiegai quasi vergognandomi di essere uscito con il mio tutore. Ma ciò che gli dissi non semrò impressionarlo e non mi guardò come se fossi uno sfigato.
 
Lui si limitò a sorridere e a conntinuare a guardarmi in quel modo così insolito. Mi fece arrossire ma da una parte, quel suo modo di guardarmi, mi piacque, mi fece sentire accettato, voluto.
 
Mi schiarii la voce e abbassai lo sguardo, interrompendo quello scambio di sguardi infuocati, che bruciavano dentro.
 
-Quindi canti..- cominciai, cercando disperatamente un qualcosa di cui parlare.  
 
Louis ridacchiò.
 
-Si più o meno. Vengo qui e cerco di raccimolare un pò di soldi.- mi spiegò stringendosi nelle spalle. 
 
-Sei bravo.- dissi fissandomi ancora i piedi.
 
-S, me la cavo.- disse. Il tono di voce allegro, divertito. Sollevai lo sguardo appena in tempo per vedere un ragazzo raggiuncerci. Era quello che suonava la chitarra.
 
-Lou, andiamo a mangiare qualcosa?- domandò all'amico, poggiandogli una mano sulla spalla. Louis guardò dapprima lui e poi me.
 
-Zayn, lui è Stan il mio migliore amico.- mi disse. Stan spostò lo sguardò e mi guardò come se si fosse accorto di me solo in quel momento. Mi sorrise e mi porse la mano.
 
-Stan, lui è Zayn. Andiamo a scuola insieme.- spiegò all'amico.
 
Strinsi la sua mano lunga e sudaticcia.
 
-Piacere.- disse cordiale.
 
Annuii e volsi lo sguardo altrove mollando la sua mano.
 
-Zayn, vieni con noi? Andiamo a pranzo e poi ci facciamo un giro.- Louis sorrise e annuì come per essere più convincente. 
 
-Ehm..non lo so.- balbettai guardandomi intorno. Incorciai gli occhi di Paul che mi guardò confuso, aggrottando le sopracciglia. 
 
-Dai vieni!- mi spronò Louis. 
 
-D'accordo.- mi sentii dire. Salutai Paul con la mano e gli feci segno che ci saremmo visti dopo. Lui annuì poco convinto e mi seguì con lo sguardo fin quando non svoltai l'angolo in compagnia dei due.
 
Lungo il tragitto io non parlai molto, risposi solo alle domande di Stan, che mi chiedeva un pò di me, della mia vita. Feci il vago nel raccontare della mia famiglia ma mi soffermai sul rapporto che avevo con ognuna delle mie sorelle. Per il resto, parlò per lo più Louis che non fece altro che raccontare barzellette e aneddoti. Mi strappò quasi una risata ad un certo punto.
 
Andammo a mangiare al Mc Donald's, io mangiucchiai solo delle patatine. Tutto andava bene, mi sentivo a mio agio con Stan e Louis fin quando successe quel qualcosa che mi fece tornare nel buio.
 
-Zayn.- mi chiemò Stan. Alzai lo sguardo, incrociando i suoi occhi castani. -Sei la persona più depressa che abbia mai visto. Ti è morto il gatto?- disse e ridacchiò da solo per le sue stesse parole.
 
Io rimasi pietrificato, mi si gelò il sangue nelle vene. Quindi si vedeva così tanto che ero malato? Chiusi gli occhi e respirai lentamente cercando disperatamentre di non scoppiare a piangere. 
 
Vidi Louis sbriciolare l'amico con uno sguardo di ghiaccio e assestargli un pugno allo stomaco.
 
-Hey, ma che ho fatto?!?- esclamò contrariato.
 
-Io torno a casa, Louis.- annunciai con un fil di voce alzandomi in piedi.
 
-No dai aspetta, non poteva sapere..- lasciò la frase a metà e si alzò dalla sedia anche lui, fissandomi mortificato e con sguardo supplichevole.
 
-Sapere cosa?- si intromise Stan sgranando gli occhi. Io e Louis scuotemmo la testa all'unisono e non rispondemmo.
 
-Resta.- sussurrò Louis.
 
-No, ci vediamo domani a scuola.- dissi sfuggendo al suo sguardo e corsi via.
 
Salii sulla metro e riuscii ad arrivare subito a casa. 
 
Mi massaggiai le tempie con due dita e asciugai le lacrime che mi avevano solcato sfacciatamente le guance.
 
Le parole di Stan mi vorticavano nella mente, aveva notato che in me c'era qualcosa che non andava. Aveva capito che stavo male. Questo mi buttava giù, il fatto che la gente potesse vedere la morte nei miei occhi. sperai che Louis non gli raccontasse niente.
 
Entrai in casa e mi diressi in bagno. Presi una lima per unghie e incisi due tagli nei miei polsi. Strinsi gli occhi e vi poggiai sopra uno straccio.
 
Voglio morire.
 
-La depressione non dev'essere il centro della tua vita. E' solo un suo dettaglio. Non cercarla, non pensarci e lei non tormenterà te.- aveva detto il mio psicologo.
 
E' difficile non incontrarla.

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Capitolo 8
*** Ho assaggiato la felicità. E sa di caramelle all'arancia ***


Ciaao, scusate se pubblico così tardi ma dovevo studiare per l'esame di matematica e ho avuto problemi con la connessione.
Ecco l'ottavo capitolo.
 
Buona lettura:)
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Mi doleva tutto. Ogni muscolo del mio corpo era contratto e teso come una corda di violino. Aprii un occhio e mi accorsi di non essere nella mia stanza. Mi guardai intorno e capii di essere disteso nel pavimento del bagno. Mi sollevai lentamente da terra cercando di non far caso al sangue incrostato nel mio polso e alla puzza di tristezza che sentivo nell'aria. Scesi al piano di sotto e mi diressi in cucina, ma la voce di Paul mi fece bloccare.
 
-No, tu non capisci. E' peggiorato, sta sempre peggio.- disse coprendosi il viso con la mano che non era impegnata a reggere il telefono. Nella stanza silenzio, Paul ascoltò le parole del suo interlocutore limitandosi a sospirare e a scuotere la testa. 
 
-No, non funziona niente! Le pastiglie non hanno funzionato, ho provato a scuoterlo, distralro in ogni modo ma niente. Zayn non reagisce. Va' tutto malissimo.- Paul singhiozzò come un bambino, io strinsi i pugni e chiusi gli occhi. Mi sedetti sul pavimento e rimasi in ascolto. Qualcuno o qualcosa dentro me mi gridava di andarmene, sapeva che ciò che avrei sentito mi avrebbe fatto male. Le mie gambe, d'altra parte, rimanevano immobili, ghiacciate come se non ricordassero più come muoversi.
 
-Io voglio bene a Zayn. Gli voglio bene, davvero. Ma se potessi tornare indietro nel tempo, non acetterei mai di fargli da tutore.- Dopo quelle parole Paul scoppiò a piangere, dai suoi occhi precipitarono una miriade di lacrime, tutte quelle che aveva trattenuto e ricacciato indietro fino a quel momento. Strinsi i denti e mi alzai in piedi. Corsi su per le scale senza preoccuparmi di farlo in silenzio. Volevo che Paul sapesse, che capisse che avevo sentito ogni sillaba che era uscita dalla sua bocca, che si sentisse bruciare dal senso di colpa per aver anche solo pensato quelle cose.
 
Arrivai in camera mia come una furia, mi scagliai sul mobile e lo gettai a terra, scaraventai il materasso del mio letto sgangherato, picchiai i pugni sul muro, sferrai calci in ogni direzione mentre le lacrime bollenti mi scolcavano decise il viso. Mi afferrai i capelli con entrambe le mani e li strappai: nei miei palmi tante ciocche corvine. Presi a pugni ripetutamente il muro, la rabbia che avevo in corpo era forte, incredibile. Paul non mi voleva. Probabilmente la mia sola resenza lo infastidiva. Lui che era l'unica persona che ancora mi stava accanto, adesso mi aveva deluso, mi aveva trafitto il cuore con la forza di semplici parole.
 
Continuai a urlare e piangere, ormai ero fuori di me, me ne accorgevo. In quel momento due braccia forti mi circondarono la vita e mi tennero strette.  L'odore forte di sigaro mi pervase i polmoni e, pur riconoscendo Paul, non mi scostai e non mi divincolai dalla sua presa. 
 
-Zayn! Zayn! Calmati, calmati, ok?!- mi urlò in un orecchio. Avrei voluto dargli un pugno sul naso ma tremavo, mi sentivo piccolo e debole, mi sentivo perso, finito. Paul mi voltò verso se e mi asciugò le lacrime con le mani grandi.
 
-Zayn..- mormorò trafiggendomi con le iridi grige.  Quello sguardo così paterno, così rassicurante ormai era diventato lo sguardo di un estraneo. Lo allontanai spingendolo dal torace massiccio e mi lasciai cadere sul letto. Afferrai le lenzuola e gridai, gridai e gridai. Paul si catapultò in un lampo sopra di me e mi immobilizzò per i polsi. 
 
-Zayn! Smettila per l'amor di Dio!- disse cercando di sovrastare le mie urla. Sul suo viso la confusione, la paura e forse anche il senso di colpa. FOrse. 
 
Fissai Paul negli occhi, gli gettai addosso tutta la tristezza che provavo in quel momento con la sola forza di uno sguardo, poi me lo scrollai di dosso e uscii da quella stanza. Mi rinchiusi in bagno e ingurgitai quattro pastiglie di anti-depressivi. Poi ne afferrai altre sette e poi altre quattro. Alla fine inghiottii tutta la scatola. Sudai freddo per ciò che avevo appena fatto, mi tremarono le mani e le pastiglie, nel mio stomaco, diventarono tutto a un tratto pesanti come macigni.
 
Dieci minuti più tardi, afferrai il mio zaino e feci per uscire di casa ma la mano di Paul mi tenne fermo per una spalla. 
 
-Zayn..- cominciò ma poi scosse la testa e abbassò lo sguardo. -Non essere triste.- disse. Lo fissai con disgusto, come poteva dirmi di non essere triste dopo ciò che aveva confessato al telefono? Come poteva dire a un depresso di non essere triste?
 
-Sei ancora in tempo per cambiare lavoro.- borbottai e uscii di casa, certo che Paul capisse che mi stavo riferendo all sua telefonata di poco prima. 
 
Camminai verso la scuola con passo lento e incerto. Mi bloccai e mi poggiai al muro. Chiusi gli occhi e feci qualche respiro profondo. Mi sentivo strano, mi sentivo estremamente debole. Mi strofinai una mano sul viso e ripresi a camminare. Sentivo le gambe pesanti, sembravano fatte di piombo. Fui costretto a fermarmi di nuovo e a sbattere le palpebre piùà volte. Avevo la vista appannata, vedevo tutto ciò che mi circondava assurdamente sfocato. Bevvi un piccolo sorso d'acqua e camminai piano, sorreggendomi con una mano al muro. La scuola distava ancora qualche metro ma con la lentezza con cui mi stavo muovendo, ci sarei arrivato come minimo due giorni dopo. Mi bloccai e mi tastai lo stomaco: il doloe era così potente che mi mozzava il respiro. Cominciai a sudare, mentre l'ansia cresceva rapidamente in me. La consapevolezza di aver fatto una cazzata mi pervase ogni fibra del corpo. Prendere un'intera scatola di pastiglie si era rivelata una pessima idea.
 
Udii i rombi dei motorini e le voci dei ragazzi e capii di essere vicino alla scuola. Barcollai fino al cancello ed entrai nel cortile ghermito di gente. Ero impaurito e spaesato: non vedevo niente, solo chiazze colorate, lo stomaco si accartocciava su se stesso e doleva, doleva da morire. Mi asciugai il sudore dalla fronte con la manica della mia felpa e mossi qualche passo in avanti. Avevo paura di sbattermi a qualcuno o a qualcosa perciò portai le mani di fronte a me e stizzai gli occhi. Continuai a gironzolare alla ceca, cercando disperatamente di non scoppiare a piangere fin quando una mano si posò sulla mia spalla.
 
-Zayn.- disse una voce. Di fronte a me solo la sagoma sfocata di un viso. Chiusi e aprii gli occhi più volte ma non riconobbi quella persona. 
 
-Mi dispiace per ieri, Stan non poteva sapere che tu..ma che hai?- chiese e la sua voce mi sembrò preoccupata. Le orecchie mi fischiavano, sentivo a tratti ciò che mi diceva, la vista non tornava e il dolore allo stomaco non mi lasciava respirare. Piagnucolai piano e cercai di respirare profondamente.
 
-Zayn, che cazzo è successo?!- continuò quella voce. Tossicchiai e scossi la testa. Due mani mi afferrarono per le spalle e mi fecero sedere su quello che mi sembrò un muretto. 
 
-Zayn sono Louis, mi riconosci?- domandò. Dentro me scattò qualcosa. Come avevo fatto a non riconoscere quella voce cristallina? Provai ad annuire ma una fitta allo stomaco mi pietrificò e mi fece gemere.
 
-Ma che cazzo hai fatto?- chiese Louis avvicinando il suo viso al mio. Il suo alito mi arrivò alle narici e l'odore di caramelle all'arancia mi fece sentire quasi meglio. Quasi. 
 
-Zayn, devi dirmi cosa hai fatto. Cos'hai?- continuò scuotendomi per le spalle. Aprii la bocca per parlare ma le parole si bloccarono in gola. Mi voltai dall'altra parte e mi piagai in due. Vomitai un mare infinito di liquido bianco. Ributtai tutte le pastiglie che avevo ingerito. Vomitai perfino l'anima quel giorno. Vomitai così tanto che ebbi paura che non finisse più o di morire soffocato. Louis mi posò una mano fresca sulla fronte e aspettò che finissi di vomitare. Finalmente quel momento arrivò e alzai il viso per respirare meglio. Aprii lentamente gli occhi e mi accorsi con grandissimo sollievo che la mia vista era tornata, riuscivo di nuovo a vedere. Il dolore allo stomaco era svanito; in quel momento mi sentii così bene che mi lasciai andare ad una risata che udii solo io. E forse anche Louis. Sollevai il busto e guardai dinnanzi a me: una miriade di studenti mi circondava e mi fissiva attonita. Alcuni parlavano tra loro, altri esaminavano ciò che avevo appena vomitato, altri ancora mi riempivano di domande. 
 
Louis mi fece alzare e mi tenne per un braccio. Ero ancora debole e il mio equilibrio era precario. Mi massaggiai le tempie con le dita: tutto quel vociare mi trapanava la testa. Louis mi prese per le spalle e fece incontrare i nostri sguardi. Ora riuscivo a vedere l'azzurro vivo dei suoi occhi. Mi sembrò più bello del solito.
 
-Andiamo a casa mia?- domandò. Non ci pensai due volte e annuii. 
 
 
 
 
 
 
Louis spalancò il portone e davanti a me si aprì l'enorme salotto di casa sua. Entrai e mi guardai intorno ammaliato: divani in pelle, tappeti pregiati, vasi antichi. Ogni oggetto gridava "soldi". La casa di Louis era gigantesca ma molto accogliente e davvero chic. L'arredamento aveva colori chiari e delicati e si abbinava perfettamente al ppavimento di parquè scuro. 
 
-Vieni con me.- disse Louis prendendomi per un gomito. Ci dirigemmo verso una splendida scala a chiocciola e salimmo al piano di sopra.
 
-Se vuoi farti una doccia il bagno è quella porta là.- indicò una porta semi aperta a pochi passi da noi. Annuii e ci separammo. Entrai nel bagno e non mi sorpresi davanti a tutto quel lusso. La mia casa era un quarto della sua. Mi infilai subito nella doccia e usai un bagnoschiuma alla vaniglia e al cocco e uno shampoo al muschio bianco. Stetti lì dentro un'ora buona e il getto caldo della doccia mi fece rinascere. Con un asciugamano coprii la parte bassa del mio corpo, dal basso ventre in giù e uscii dal bagno. Mi bloccai nel corridoio e mi sentii nuovamente spaesato in quel labirinto. Mi chiesi in quale delle ottocento stanze fosse finito Louis ma poi udii la sua voce dolce chiamarmi.
 
-Sono qui.- disse. Aprii la porta da cui era provenuta la sua voce ed entrai in quella che probabilmente era la sua stanza. Le pareti erano tappezzate di poster dei The Fray, la scrivania strapiena di libri sovrapposti, di fogli e cartacce. Solo un oggetto era accuratamente poggiato sulla superfice di legno: era una foto che ritraeva lui e un ragazzo riccioluto . Immaginai che non fosse una foto recente: i lineamenti di Louis erano più infantili, ancora delicati e bambineschi. Ma d'altronde lui era un eterno bambino, sempre allegro e spensierato. Una sorta di Peter Pan inglese. Feci per avvicinarmi ad esaminarla meglio ma la voce di Louis mi fece bloccare.
 
-Zayn.- mormorò. Mi voltai verso di lui. Era sdraiato su un letto matrimoniale e mi fissava con occhi semi aperti. Lo raggiunsi e rimasi impalato di fronte al letto. Mi sentii a disagio e un pò in imbarazzo. Louis battè una mano sul materasso ed io ubbidii e mi ci stesi sopra. Mi sdraiai a pancia in su mentre Louis assunse una posizione fetale piuttosto bambinesca e affondo il  viso nell'incavo del mio collo. 
 
-Profumi.- sussurrò e il suo fiato caramelloso sulla mia pelle mi fece rabbrividire. Rimasi immobile, non lo respinsi. Mi limitai a fare respiri profondi e ad ascoltare il battito frenetico del mio cuore.
 
-Ti senti meglio?- chiese poi massaggiandomi i capelli con una mano. Mi irrigidii e chiusi gli occhi. Annuii e impercettibilmente mi allontanai un pò da lui. 
 
Louis alzò il  viso, poggiò un gomito sul materasso e si tenne la testa con una mano. Puntò le sue iridi ghiacciate nelle mie e mi ipnotizzò con lo sguardo. Si fece più vicino e fece scorrere un dito affusolato sul mio corpo, dal torace fino all'ombelico. 
 
-Sei magro.- bisbigliò. Trattenmni il fiato e non risposi. Louis avvicinò il suo viso e cominciò a baciarmi il collo, il petto, le guance. Con la lingua tracciò il profilo della mia mascella e mi mordicchiò il lobo dell'orecchio sinistro. Di punto in bianco si mise a cavalcioni su di me e riprese a baciarmi il collo, mordendo e leccando un lembo di pelle. I nostri bacini si incollarono e potei percepire la sua erezione spingere forte contro i suoi pantaloni rossi. Fece scorrere una mano sul mio coorpo fino ad arrivare all'asciugamano che ancora copriva la mia intimità. Lo afferrò e me lo tolse di dosso con ferocia. Già ansante si sbottonò i pantaloni mentre ancora mi baciava e mi toccava ogni parte del corpo.
 
-Louis! Louis no!- esclamai afferrandogli la mano che armeggiava ancora con i bottoni. Lui mi fissò confuso, aggrottando le soppracciglia ma poi i suoi occhi si illuminarono e con uno scatto fulminio si allontanò da me, catapultandosi dall'altra parte del letto.
 
-Oddio, scusa Zayn! Mi dispiace davero tanto.- disse mortificato.
 
-Non preoccuparti, è tutto ok.- lo tranquillizzai. Dopo le sue scuse nessuno fiatò più, l'imbarazzo e la tensione che c'erano tra noi erano difficili da sorregggere.
 
-Zayn.- la voce flebile e dolce di Louis ruppe quel silenzio tombale. Lo ringraziei mentalmente per averlo fatto. 
 
-Sì?- dissi voltandomi verso di lui. Fissava in basso e si torturava le dita; le sue guance tinte di rosa.
 
-Ti va se ci baciamo e basta?- domandò timidamente senza guardarmi. Sollevai le sopracciglia, sorpreso da quell'innocente richiesta. In fondo, mi aveva chiesto un semplice bacio, non sembrava niente di male. Immaginai che sentisse terribilmente la mancanza di Harry e avesse bisogno di sfogarsi un pò. Io per lui ci sarei stato. Sempre e comunque. Ci riflettei un pò su, senza parlare, senza guardarlo. Poi chiusi gli occhi e feci un respiro profondo.
 
-Sì.- mormorai. Louis sgranò gli occhi ma poi scosse la testa e si avviccinò lentamente a me. Le sue labbra sottili si poggiarono leggiadre sulle mie. Poi si dischiusero e la sua lingua vogliosa incontrò subito la mia.
 
Louis era incredibile. Mi baciò come fosse il suo ultimo bacio, come se esistessi solo io e nessun altro. Mi fece sentire di nuovo vivo. 
 
Presi il suo labbro inferiore tra i denti e lo moricchiai. Lui gemette di piacere e mi tirò i capelli con due dita. Le sue labbra erano dolci, sapevano di zucchero e il suo sapore mi mandava in tilt. Louis mi stava facendo letteralmente impazzire. 
 
Prese delicatamente la mia lingua tra le sue labbra calde e la succhiò regalandomi un dolce piacere che mai avrei immaginato di poter provare con un uomo. Gli presi il viso tra le mani e lo baciai con trasporto, assaporando ogni singolo angolo della sua bocca. Poi i nostri visi si allontanarono e Louis si lasciò cadere sul materasso, accanto a me. Restammo in silenzio. I nostri respiri irregolari e il rimbombare assordante dei nostri cuori nel petto. Sorrisi debolmente. Avevo ancora il suo profumo addosso. 
 
-Grazie.- bisbigliò.
 
-Di niente.-
 
 

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Capitolo 9
*** La verità è che ho paura di viverti ***


 
 
3 mesi. Erano trascorsi tre lunghi mesi da quando io e Louis ci eravamo baciati per la prima volta nella sua stanza.
 
Fuori faceva freddo. Quel freddo crudele che ti penetra nelle ossa e ti immbolizza. Quel freddo che ti fa battere forte i denti, che ti mozza il respiro, che fa diventare viola le labbra.
 
-Ricordami perchè ho accettato di venire.- mormorai avvicinandomi al suo orecchio. Fui percorso da un brivido potente, mi feci più vicino al falò di fronte a noi.
 
-Perchè mi vuoi bene.- rispose Louis. La sua voce tremava e le sue guance erano di un rosa acceso per il freddo.
 
Mi strinsi nel mio giubotto imbottito e chiusi gli occhi.
 
-Si muore di freddo Louis. Solo a te poteva venire l'idea di andare in campeggio a dicembre con -80 gradi.- borbottai. 
 
Lui ridacchiò e fece un respiro profondo. Il suo fiato ghiacciato creò una nuvola vicino alla sua bocca.
 
-Dai Zayn, ti stai lamentando solo tu!- esclamò. Afferrò due pezzi di legno e li gettò nel fuoco. 
 
-Tieni bevi questo.- mi disse poi e mi porse una bottiglietta.
 
-Cos'è?- domandai ma non aspettai la sua risposta e inghiottii un pò del liquido al suo interno. Strizzai gli occhi e tossii. Era alcool. Mi scese lungo la gola bruciandomi dentro. Però mi scaldò e mi sentii un pò meglio.
 
-E' whisky.- disse e mi tolse la bottiglia dalle mani. Ne bevve un lungo sorso e poi mi sorrise raggiante.
 
-Hey ragazzi, ne volete un pò?- chiese Louis rivolgendosi ai suoi amici seduti con noi attorno al falò.
 
Louis aveva deciso di andare in campeggio. Ci trovavamo in un boschetto con quelche tenda e del cibo complletamente isolati dal mondo. Lì i cellulari non prendevano e nessuno di noi aveva un computer. Eravamo isolati da tutto il resto. Era riuscito a convincermi a venire con lui e i suoi amici e adesso mi trovavo lì a morire dal freddo.
 
Mangiucchiai qualche marshmallows in silenzio, perso nei miei lugubri pensieri. Mi tornò in mente la mia ultima litigata con Paul, il ricordo del dolore nel suo volto era ancora fresco e impresso a fuoco nella mia mente. Bruciava, bruciava come un rimpianto e il senso di colpa dentro me cresceva.
 
 
 
**flashback**
 
-Zayn oggi hai l'appuntamento dal Signor Robinson.- Paul parlò senza guardarmi in faccia, nella sua voce un pizzico di timidezza.
 
Mi voltai verso di lui e strinsi la mano in un pugno.
 
-Ti avevo detto di interrompere le sedute, Paul. Non voglio più andare da quello psicologo del cazzo.- Parlai con voce buia e inquietante, cercando disperatamente di non perdere le staffe.
 
Paul mollò il mestolo con cui stava girando gli spaghetti nell'acqua bollente della pentola. Chiuse gli occhi ed espirò rumorosamente.
 
-Non m'interessa quello che vuoi. Tu DEVI andarci. Discorso chiuso, Zayn.- rispose con calma e calcò quel "devi".
 
Sbattei il pugno sul tavolo e finalmente riuscii ad attirare la sua attenzione. Mi fissò con sguardo tra lo spaventato e l'esasperato.
 
-Non t'interssa mai quello che voglio, Paul! E' questo il problema, di me non te ne fotte un cazzo, per te è come se io non esistessi. Quello che voglio fare o essere per te è uno mio stupido capriccio. Non mi capisci, non capisci ciò che voglio e soprattutto non capisci che non mi serve uno psicologo per uscire dalla depressione. Non so più come spiegartelo. Io non guarirò. Basta, Paul non ce la faccio più. Tu e i tuoi stupidi tentativi di farmi stare bene mi avete stancato, sei esasperante e opprimente, mi stai sempre col fiato sul collo, mi sento in gabbia con te! Basta, cazzo.- sbottai. Dissi, o meglio urlai, tutto d'un fiato. Quella era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso. In quei giorni Paul non aveva fatto altro che starmi addosso, era diventato assente e scontroso e di ciò che provavo non gli interessa niente. A lui importava solo che prendessi gli anti-sepressivi, che sorridessi e che andassi dallo psicologo. Basta, nient'altro.
 
-Puoi dirmi tutto quello che vuoi, puoi accusarmi di tutto quello che vuoi ma non puoi assoluatamente dire che di te e di quello che desideri fare non me ne importi niente. Io per te ho fatto e sto facendo di tutto. E il fatto che tu non te ne accorga e che non lo apprezzi mi distrugge. Non è vero che non m'interessa niente di te, io voglio solo che tu stia bene. Voglio vederti felice, Zayn. Se continuo a ripeterti di andare dal tuo psicologo, se cerco in tutti i modi di farti guarire dalla tua malattia vuol dire che ho ancora una speranza. La speranza che tu ritorni a sorridere. Il fatto che tu ti senta in gabbia mi uccide, mi dispiace non essermene accorto e averti fatto stare male. Mi dispiace davvero tanto ma non incolparmi se mi batto perchè tu guarisca. Non giudicarmi se ancora ci provo e sappi che lo faccio perchè per me sei come un figlio.- disse. Parlò con una calma inaudita, disse delle parole profonde e maledettamente sincere. Fu molto più signore di me in quel momento. Nei suoi occhi grigi vidi il mio riflesso. Il riflesso di un mostro, di un ingrato. Possibile che avessi avuto il coraggio di dire quelle cose a Paul? Paul, il mio maestro, la mia guida, il mio tutto. Ed io avevo appena distrutto tutto ciò che aveva atto per me con la semplice forza delle parole.
 
-Paul..senti, non volevo. Io ho detto cose che non pensavo, ero arrabbiato.- balbettai.
 
Paul mi gurdò a lungo finchè una lacrima gli scolcò il viso e in tutta fretta abbandonò la stanza.
 
Rimasi solo con me stesso a piangere come una ragazzina. Mi sentii così in colpa per ciò che avevo detto a Paul che gli scrissi una breve lettera di scuse e la nascosi sotto il suo cuscino.
 
Due giorni dopo la vidi accartocciata nel cesto della spazzatura ancora nemmeno aperta.
 
 
**fine flashback**
 
 
 
 
-Hey, tutto a posto?- la voce cristallina di Louis inturruppe i miei pensieri.
 
-Sì, sì.- mentii.
 
-E allora perchè piangi?- mi chiese tristemente. Solo in quel momento mi accorsi delle lacrime che mi avevano solcato le guance. Le asciugai con la mano ricoperta dal guanto di lana e mi guadai intorno con la paura che anche gli altri mi avessero visto piangere. Ma accanto a me non c'era più nessuno.
 
-Dove sono tutti gli altri?- sviai il discorso e la mia voce si spezzò a metà frase.
 
-Sono andati tutti nelle loro tende.- rispose e sospirò circondandomi le spalle con il braccio muscoloso.
 
Tirai fuori una sigaretta e cominciai a fumarla con ancora l'immagine della mia lettera nella spazzatura nella mente e le parole di Paul nel cuore.
 
-Mi fai fare un tiro?- chiese Louis di punto in bianco indicando la sigaretta che tenevo tra le labbra. Alzai le spalle e gliela porsi.
 
-Hai mai fumato? Sai come si fa?- domandai.
 
Louis sollevò un sopracciglio e si lasciò andare in una breve risata.
 
-Eeh, ci sono ancora tante cose che non sai di me, piccolo Zayn.- disse con l'ombra di un sorriso sulle labbra sottili. Chiuse gli occhi e fece un paio di tiri. Sembrava fumasse da una vita. Si voltò verso di me e buttò fuori il fumo che mi investì il viso. Mi ridiede la sigaretta e rimase in silenzio a fissarmi mentre fumavo.
 
-Sei sexy quando fumi, sai?- esclamò poi. Io ridacchiai e gli diedi un buffetto sul mento.
 
-Fumo da quando avevo trdici'anni.- gli spiegai.
 
Louis non rispose ma afferrò la mia sigaretta e la buttò a terra.
 
-Hey, perchè..?- domandai confuso.
 
Feci in tempo solo a vedere il suo viso avvicinarsi pericolosamente al mio e le sue labbra schiudersi. Si posarono leggiadre sulle mie e poi si allontanarono.
 
Mi schiarii la voce più in imbarazzo che mai ma poi non riuscii a fermarmi e poi fui io che mi avvicinai alle labbra di Louis.
 
Lui sembrò piuttosto sorpreso ma questo non lo distrasse e si esibì ancora una volta in uno dei suoi baci mozzafiato, da maestro. 
 
La sua lingua era ghiacciata ma poi a contatto con la mia si scaldò subito e le nostre labbra da viola ripresero il loro colore naturale. Il sapore delle caramelle all'arancia di Louis era più forte e delizioso del solito, così dolce da farmi girare la testa. 
 
La sua mano gelida si infilò timidamente sotto la mia felpa e sussultai quando carezzò la mia pelle calda. La afferrai con la mia e sospirai.
 
-Basta.- sussurrai sulle sue labbra.
 
Louis sospirò a sua volta e si allontanò da me. Poi si alzò in piedi e si diresse nella tenda che avrebbe dovuto condividere con me. Io lo seguii e vi entrai anch'io. Chiusi la cerniera e mi stesi accanto a lui. Per la prima volta vidi la frustrazione sul suo viso d'angelo. Niente più smorfie e sorrisi.
 
-Che c'è?- bisbigliai.
 
Lui scosse la testa e continuò a fissare di fronte a sè. Sospirai e mi voltai verso di lui assumendo una posizione fetale. 
 
-Louis, dimmi che hai. So che c'è qualcosa che non va, te lo leggo in faccia.- dissi e lo scossi piano per la spalla. Lui respirò profondamente mi fissò finalmente negli occhi come a volermi trasmettere ciò che pensava con lo sguardo. Cercai di incoraggiarlo e gli sorrisi ma lui non parlò e afferrò il suo labbro inferiore con i denti piccoli e dritti.
 
-E' evidente che non vuoi parlarmene. Fa niente.- borbottai e feci per voltarmi dall'altra parte ma la sua mano mi fece bloccare.
 
-E' che questa situazione è così strana. Non penso di poter continuare a far finta di nulla.- mormorò. Nei suoi occhi la confusione, nel tono della voce, per la prima volta da quando lo conoscevo, serietà.
 
-Di che parli?- gli chiesi divorato dalla curiosità.
 
Lui stette in silenzio, sembrava stesse riflettendo su quali fossero le parole giuste da usare, sembrava fosse in difficoltà.
 
-Te ne sarai accorto, sì insomma..- si schiarì la voce. -tu..io, bè..- lasciò la frase a metà e si coprì il viso con le mani.
 
Capii alla perfezione ciò che stava cercando di dirmi. Gli carezzai una mano e chiusi gli occhi.
 
-Capisco. Mi dispiace, non avrei dovuto.- sussurrai riferendomi al bacio di poco prima. Louis spalancò gli occhi di ghhiaccio e corrucciò le sopracciglia.
 
-No, no! Io sono felice che tu..- si bloccò ancora, io annuii. -Senti, non mi piace questa situazione che si è creata tra noi. Cioè in verità mi piace ma vorrei delle certezze.- si sfogò.
 
-Capisco.- bisbigliai. -Bè forse stiamo correndo troppo..non so nemmeno io cosa voglio.- conclusi.
 
Louis annuì.
 
-Quindi, amici? Vuoi amicizia e solo amicizia da me Zayn?- mi domandò con sguardo implorante. 
 
Distolsi lo sguardo.
 
-Tu..tu cosa vuoi?- chiesi timidamente.
 
Lui non parlò. Per un atimo nella tenda si udirono soltanto i nostri respiri andare all'unisono e nient'altro.
 
-Io..penso di volere qualcosa di più della semplice amicizia. Ma quello che veramente importa è ciò che vuoi tu.- rispose.
 
Annuii e ci pensai su. Quello che stava succedendo a me e a Louis era alquanto bizzarro. Tra noi c'era amicizia ma anche tanta passione, desiderio. Non avevo mai provato niente di tutto ciò con un uomo. Anzi, con nessuno. Louis era speciale, se avessi perso lui non avrei saputo proprio che fare, avrei smesso di vivere. Lui mi aveva insegnato ad essere felice, a trovare un lato divertente in ogni situazione. Ma sentivo di non essere pronto, di non essere all'altezza di ciò che sarebbe potuto succedere tra noi. Avevo bisoogno di riflettere, di pensare. 
 
-Mi serve tempo.- risposi.
 
-E avrai del tempo.- acconsentì Louis. -Ma non farmi aspettare troppo.-
 
Annuii.
 
 
 
 
1 settimana dopo.
 
Riposi le ultime cose nel mio zaino e uscii dalla tenda. Qul giorno saremmo tornati alla vita civile. Sarei tornato a casa, avrei dormito in un letto e usato il cellulare. Dopo due settimane di isolamento totale sarebbe sato sicuramente strano riabituarmici. Salii sul bus che ci avrebbe riportato in città e aspettai Louis. Quando salì anche lui i nostri sguardi si incrociarono ma subito lui distolse il suo e andò a sedersi in fondo, lasciandomi solo. Strinsi i denti e cercai di non sferrare un pugno al finestrino. Da quella notte in tenda Louis si comportava in modo freddo con me, certe volte non mi degnava neanche di uno sguardo o non mi parlava per intere ore. Io gli avevo chiesto del tempo per riflettere e lui me l'aveva concesso, ma adesso perchè sembrava arrabbiato? 
 
Mi misi gli auricolari alle orecchie e cercai di non pensare più a Louis. Il tempo passò in fretta e subito arrivammo a Doncaster. Scendemmo dal bus e ognuno si diresse per la propria strada. Louis non mi salutò.
 
Tornai a casa e fui accolto da un'atmosfera fredda e tesa. Paul non mi degnò di uno sguardo, probabilmente ce l'aveva ancora con me per la litigata di qualche settimana prima. Mi rinchiusi in camera e dormii per quelli che mi sembrarono due giorni. Poi Safaa mi svegliò per avvertirmi che la cena era pronta. Controllai il cellulare: zero messaggi. Louis ogni giorno mi scriveva miliardi di messaggi, lo faceva da sempre. Mi sentii vuoto e solo. Sentii il bisogno di averlo vicino, di sentire il suo profumo e di carezzare i suoi capelli morbidi e lisci. Ma lui non c'era e chissà se ci sarebbe stato in futuro.
 
La cena fu breve e avvolta dal silenzio. Mi ritirai in camera mia e mi stesi sul letto. Pensai a Louis, ai suoi occhi, al suo sorriso vispo, ai suoi baci, alle sue battute, alle sue smorfie e al suo modo di vedere le cose. Mi mancava. Nella settimana in cui non ci eravamo visti non ci eravamo sentiti nemmeno una volta, lui non mi aveva mai mandato un messaggio e io ci avevo provato mille volte ma poi avevo cambiato idea. Le vacanze natalizie erano ormai giunte al termine. Il giorno del compleanno di Louis non ci eravamo potuti vedere perchè era andato a Londra a trovare i suoi nonni, ma gli avevo promesso che gli avrei fatto un regalo indimenticabile. Ancora non gli avevo comprato niente. 
 
Il giorno dopo sarei dovuto andare a scuola. Avrei tirato fuori le palle e avrei parlato con lui. Gli avrei chiesto cosa c'era che non andava. Mi addormentai col sorriso sulle labbra, con la cdertezza che tra noi si sarebbe rimesso tutto a posto.
 
La mattina dopo mi scvegliai preso, mi infilai nella doccia e poi mi vestii. Non salutai nessuno e uscii di casa impaziente di arrivare a scuola e palrlare con lui. 
 
Corsi fino all'edificio e lo cercai in cortile. Niente. Allora entrai a scuola e lo cercai in tutti i corridoi, ma di lui nemmeno l'ombra. Alla fine, suonò la campanella e fui costretto ad entrare in classe. Lì vidi il mio banco vuoto. Sospirai e mi sedetti al mio posto. Con la coda dell'occhio però vidi Louis seduto due banchi davanti al mio. Si voltò verso di me e mi fissò con disprezzo e poi tornò a chiacchierare col suo compagno d banco.
 
Vederlo lontano da me mi rattristò davvero tanto, vederlo così arrabbiato con me mi confondeva. Sembrava che mi odiasse.
 
La prima ora passò con una lentezza inaudita ma poi inalmente suonò la campana e il professore ci lasciò soli. Vidi Louis catapultarsi fuori dalla classe e allora non persi l'occasione e lo seguii.
 
-Louis.- dissi. Lui non si voltò e non accennò a smettere di camminare. Sbuffai e lo afferrai per una spalla.
 
-Louis, fermati cazzo!- urlai. Lui scansò la mia mano e si voltò verso di me, incenerendomi con uno sguardo gelido.
 
-Che cosa vuoi?- domandò con tono scorbutico.
 
-Che cosa ti prende?- chiesi. Nel frattempo una miriade di curiosi ci aveva attorniato per assistere alla scena.
 
Louis si lasciò andare ad una risata amara, inquietante.
 
-Hai anche il coraggio di chiedermelo?!- sbottò. Non l'avevo mai visto così nervoso. -Scherzi?!- La sua voce già alta di suo si alzò di un'ottava.
 
-Sì cazzo, te lo sto chiedendo! E voglio una risposta.- sbraitai. Louis mi trafisse con le sue iridi azzurro ghiaccio e si fece più vicino.
 
-Sei uno stronzo, ecco che c'è.- disse puntandomi un dito al petto.
 
-Io sarei lo stronzo?!- domandai spalancando le braccia. -Sei tu che mi ignori da..quella sera.- mormorai. Lui abbassò lo sguardò ma poi tornò a fissarmi.
 
-Sai benissimo perchè mi sto comportando così. Sei uno stronzo, Zayn.- rispose a voce bassa. Nel suo viso lessi solo tristezza. Fece per andarsene ma lo afferrai per un polso e lo riportai dov'era. Per la rabbia lo strattonai troppo forte e inciampò nei suoi stessi piedi.
 
-No, non capisco prorpio perchè tu ti stia comportando così con me! Eravamo arrivati ad un accordo quella sera in tenda, no? E' da quel giorno che sei cambiato e che mi tratti come se non esistessi. Cos'è successo? Cos'ho fatto?!- gridai. Ormai ci stava guardando tutta la scuola. I ragazzi urlavano e schiamazzavano, alcuni mi incitavano a prendere Louis a pugni, altri incitavano lui a prendermi a calci.
 
-Mi comporto così perchè te lo meriti cazzo!- urlò. -Pensi che io stia bene? Pensi che io sia felice? Eh?! Anch'io ho dei sentimenti e tu li stai calpestando. Hai voluto del tempo? Te l'ho dato e tu lo stai usando nel modo più sbagliato che ci sia. Sto male, Zayn, ho bisogno di una risposta. Di QUELLA risposta. E tu te ne stai tranquillo a pensare, pensare e pensare senza però capire che nel frattempo io soffro.- disse con voce roca. Si strofinò gli occhi con una mano e ricacciò le lacrime indietro. Le sue parole mi fecero sentire un verme, una merda. Mai avrei pensato che Louis stesse così male. Non avevo capito che soffrisse così tanto.
 
-M-mi dispiace, Louis. Non volevo assolutamente che ci stessi male. Non avevo capito..- sussurrai più a me stesso che a lui.
 
-Bè ora lo sai.- rispose freddo.
 
Nel corridoio era piombato il silenzio. Rivissi il litigio con Paul, risentii le prole che gli avevo urlato in faccia, rividi i suoi occhi tristi e poi guardai Louis. Avevo fatto soffrire Paul e adesso anche lui. Facevo stare male tutti, sembrava che li stessi infettando con la mia malattia.
 
Mi sentii debole e sentii il bisogno di stendermi.
 
-Scusa..- sussurrai e corsi via.
 
-Zayn!- la voce di Louis mi penetrò nelle orecchie ma non mi bloccai. 
 
Dovevo andarmene.

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Capitolo 10
*** Era il Paradiso. Ma al centro esatto dell'Inferno ***


Cadere in basso.
Solo ora capivo il vero senso di quelle parole. Solo in quel momento, in quello schifosissimo momento, ne afferrai il significato più oscuro, il più vero, quello che rimane nascosto, che emerge solo quando ormai è troppo tardi per evitarlo.
Io stavo cadendo in basso. O forse ero già caduto.
“Precipitato.” Mi corressi mentalmente.
Quella era l’espressione appropriata per la mia situazione, per ciò che stavo vivendo. 
Avevo toccato il fondo e non riuscivo più a tornare in superficie.
-Hey ragazzo, quanto ne vuoi?-  mi domandò una voce profonda e catarrosa.
L’uomo che mi stava davanti avrà avuto all’incirca una cinquantina d’anni, mi fissava con sguardo opaco, dal suo tono di voce impaziente e concitato capii che aveva fretta, i capelli brizzolati gli stavano appiccicati alla fronte sudaticcia, i baffi erano unti e i denti marci e grigiastri.
Si grattò la pancia gonfia in attesa di una mia risposta e sbuffò buttandomi in faccia il suo alito pestilenziale. Trattenni un conato di vomito e mi schiarii la voce.
-N-non lo so, non ho molti soldi.- sussurrai.
L’uomo sbuffò ancora e fece un cenno col capo a uno dei suoi amici. Questi ci raggiunse, si inginocchiò davanti a me e mi fissò negli occhi con l’espressione più strafottente che avessi mai visto. Lui era più giovane del primo, aveva una zazzera di capelli scuri in testa e uno sguardo acceso di chi la sa lunga.
-Senti, moccioso..- cominciò. In qualsiasi altra occasione, se si fosse rivolto a me in quel modo, non avrei esitato dallo spaccargli la faccia ma in quel momento preferii non creare problemi, perciò mi portai le ginocchia al petto e le abbracciai stringendo le mani in pugni.
-Non siamo qui per giocare.- mi spiegò e mi strizzò il naso tra l’indici e il pollice, poi ridacchiò scatenando le risate dei suoi compagni. Scansai la sua mano con un movimento della testa e lo fissai in cagnesco.
-Uh, qualcuno è un po’ nervosetto.- constatò e mi tirò una sberla così forte che mi fece sbattere l’altra guancia al muro a cui ero appoggiato. Strinsi forte i pugni e faci qualche respiro profondo per calmarmi.
-Non siamo qui per giocare.- ripetè sollevando le folte sopracciglia. –Allora, che cosa vuoi?- domandò acido. –Coca? Anfetamina? Ashish? E non pensare che avrai roba gratis, ragazzino!- esclamò.
Chiusi gli occhi e mi coprii il viso con le mani. Mi facevo schifo per ciò che stavo facendo. Entrare in un girone di droga e spacciatori solo perché non mi piaceva il modo in cui stava andando la mia vita era la cazzata più grande che potessi fare. Era anche peggio dei tagli nei polsi. Almeno quelli poi scomparivano e non facevano più male ma la droga macchia l’anima.
-Sentite, ho cambiato idea. Non voglio più nulla.- dissi con voce tremante alzandomi dall’asfalto. Avrei voluto usare un tono di voce rigido e sicuro ma avevo così tanta paura in corpo che faticai anch’io a sentirmi.
Come se avessi appena raccontato la barzelletta più divertente del mondo, tutti gli uomini presenti nel vicolo scoppiarono a ridere di gusto, dandosi pacche sulle spalle e asciugandosi addirittura le lacrime dagli occhi.
L’uomo con la zazzera di capelli scuri mi afferrò per il colletto della mia maglia e avvicinò il suo viso al mio.
-Non è così che funziona.- ringhiò, improvvisamente tornato serio. –Non puoi uscirne così, ormai ci sei dentro. Quindi ora ci dai tutti i tuoi soldi e non ti procuriamo un po’ di roba. Non hai scelta, ragazzino.-
Quelle parole mi terrorizzarono, mi fecero desiderare con tutte le mie forze che a qualcuno fosse venuta la brillante idea di inventare una macchina del tempo così che io avrei potuto rifare daccapo quella giornata, evitare la litigata con Louis, dirgli quanto gli volevo bene, non scegliere la via della droga e non trovarmi in un vicolo isolato dal mondo con una decina di uomini con aria minacciosa e truce.
Strizzai gli occhi e cominciai a piangere. Un pianto silenzioso e disperato, stracolmo di paura  e sensi di colpa. Quanto avrei voluto che Paul fosse lì in quel vicolo insieme a me. Li avrebbe picchiati tutti, mi avrebbe difeso, mi avrebbe stretto tra le sue braccia e avrebbe detto che andava tutto bene. Ma lui non c’era.
Gli uomini scoppiarono di nuovo a ridere.
-Guardate! Piange!- esclamò il tizio che ancora mi teneva per il colletto della maglietta. –Ti manca la mammina, tesoruccio?- mi prese in giro.
Oh, eccome se mi mancava.
All’improvviso arrivò un altro uomo davvero massiccio, vestito di nero da capo a piedi e senza capelli e tutti smisero di ridere e scherzare. Gli consegnarono un sacco di soldi e poi mi tastarono da ogni parte, in ogni tasca fino a trovare le quindici sterline che tenevo in quella posteriore dei jeans. Li consegnarono al tizio tutto muscoli e cominciarono ad “ordinare.”
L’uomo scriveva tutti i grammi di droga che gli uomini richiedevano in un blocchetto, dedussi che fosse lo spacciatore.
Quando terminò mi fissò a lungo e poi si avvicinò. D’istinto mi ritrassi leggermente ma lui mi tenne fermo per le spalle.
-Quanti anni hai?- mi chiese con voce cupa e tenebrosa. Chiusi per un attimo gli occhi.
-19.- mormorai. Lui sospirò e le sue labbra furono increspate da un leggero triste sorriso.
-Che ci fai qui?- domandò quasi in  modo paterno. Mi tremarono le labbra e ricacciai indietro le lacrime meglio che potei.
-Non lo so.-  risposi con voce tremante.
L’uomo sospirò ancora, soffiandomi in faccia. Al contrario degli altri uomini, lui aveva un buon odore. Per un attimo pensai che mi avrebbe lasciato andare, che mi avrebbe permesso di andare via da quel vicolo di merda ma poi mi lasciò le spalle e si allontanò.
-Avrete ciò che mi avete chiesto tra 20 minuti, massimo mezz’ora.- annunciò e in pochi istanti scomparve dietro l’angolo immerso nel buio della notte.
Gli uomini esultarono e si leccarono le labbra, pregustando ciò che avrebbero avuto tra pochi minuti.
-Ci sarà da divertirsi!- ululò uno di loro e mi diede una forte pacca sulla schiena.
Andai a sedermi in un angolino e misi la testa tra le ginocchia aspettando che quella parentesi della mia giornata si chiudesse in fretta. In quel momento il cellulare mi vibrò forte nella tasca.
Lessi il messaggio.
Louis.
“Ti prego non sparire, vorrei vederti. Al più presto. Per favore.”
Chiusi gli occhi e sospirai. E pensare che mi era messo in quel pasticcio per lui. Stavo male per ciò che era successo tra noi, mi odiavo per ciò che avevo fatto.
E questa forse era la mia punizione.
 
 
**
 
 
 
Controllai l’orologio. Avevo la vista appannata ma riuscii comunque a leggere che erano le 11 e mezza di notte. Barcollai e mi sbattei ai muri per tutta la strada di casa. Più di una volta qualche passante mi offrì il suo aiuto o mi che chiese se andasse tutto bene. Non li degnai di uno sguardo. La strada che percorrevo ogni giorno per arrivare a casa, quel giorno sembrava tutta curve e fossi, continuavo ad inciampare e ad andare a sbattere. Ma da una parte mi sentivo felice, leggero. Inconsistente.
Respirai a pieni polmoni l’aria frizzante di quella sera e mi stiracchiai. Tirai fuori le chiavi e aprii il portone di casa.
Appena entrai in soggiorno fui investito da una marea di odori diversi. Sentivo perfettamente l’aroma dei sigari di Paul, il profumo fragoloso di Safaa,  quello dei trucchi di Doniya e l’odore della torta al cioccolato di Whaliya ma ce n’era un altro che mi colpì come un proiettile al cuore. Che avessi le allucinazioni olfattive? Era il delicato profumo di caramelle all’arancia quello che sentivo? Era una cosa impossibile. Quel profumo apparteneva solo ad una persona. A lui. E sentirlo in casa mia era alquanto bizzarro.
-Zayn?-
La voce di Paul.  Fu un sollievo risentire il suo tono preoccupato. Proveniva dalla cucina. Udii un borbottio indistinto, un chiacchiericcio sommesso e concitato. Prima che potessi arrivare in cucina, Paul mi raggiunse in corridoio e mi stritolò tra le sue braccia.
-Ma dove sei stato?!- esclamò carezzandomi in ogni dove. Dopo quella domanda cominciai a sudare freddo, le mani iniziarono a tremarmi, il cuore galoppò frenetico nel mio petto. Paul non doveva sapere ciò che avevo fatto poco prima. La mia pecca più grande.
-S-scusa..- balbettai con voce tremante. E fu lì che lo vidi.
Louis uscì lentamente dalla cucina con sguardo basso. Rimase fermo dietro Paul e poi puntò le sue iridi congelate e più azzurre che mai su di me. I suoi occhi mi trafissero l’anima e mi sentii così indifeso, così scoperto che dovetti fare un grande sforzo per non scoppiare a piangere. Fu come se con quello sguardo avesse intuito che era successo qualcosa, gli era bastato guardarmi per capire che avevo fatto la cazzata più grande della mia vita? Drogarmi. Non avrei mai immaginato di arrivare a tanto.
-Louis ha insistito tanto per aspettarti.- mi comunicò Paul sciogliendo il nostro abbraccio. MI guardò in faccia e mi sorrise paterno. Non riuscii a proferire parola così annuii e basta.
-E’ un ragazzo davvero in gamba, così simpatico!-  continuò Paul dandogli una pacca sulla spalla. Louis gli sorrise leggermente.
-Non mi avevi mai parlato di lui.- constatò poi.  
A quelle parole gelai. Louis ridacchiò amaramente.
-Forse non sono poi così importante per lui.- insinuò.
-No!- esclamai e scossi forte la testa. –Non so perché non te ne ho mai parlato, non c’è nessun motivo particolare.- mi difesi. Louis alzò gli occhi al cielo, Paul mi sorrise di nuovo.
-Sembri stanco, vai a dormire Zayn.- mi disse Paul già dirigendosi verso le scale. Si comportava in maniera così dolce con me, doveva essersi preoccupato davvero tanto non vedendomi ritornare a casa quel pomeriggio dopo scuola.
-Scusa, Louis non vorrei sembrare scortese, non voglio ce tu te ne vada ma..- aggiunse poi indicandomi.
-No, non c’è problema, volevo solo salutarlo.- rispose Louis e fece per andarsene.
-No, no aspetta, Louis. Resta. Vieni, andiamo in camera mia.- mormorai. Lui mi fissò a lungo e poi annuì. Salimmo insieme le scale scricchiolanti in assoluto silenzio. Mi vergognavo tantissimo delle condizioni schifose della mia casa e odiavo il fatto che Louis avesse visto com’era malridotta.
Arrivati in camera mia, io mi stravaccai sul mio letto mentre Louis rimase impalato al centro della stanza. Si dondolò a lungo senza dire una parola e poi si fece più vicino.
-Bè,..- cominciò guardandosi i piedi. –Come stai? Stamattina a scuola sei corso via e non ho avuto modo di vedere se stavi bene. Sei sparito.- spiegò tristemente. Mi sollevai dal letto e lo raggiunsi. Gli carezzai il volto scarno e liscio e lui chiuse gli occhi poggiando una mano sulla mia.
-Sto bene.- mentii e mi strofinai il naso arrossato. Quella notte avevo sniffato per la prima volta e il dolore alle narici ancora non mi era passato. Mi feci schifo da solo.
Sorprendentemente Louis scoppiò a piangere e l sue lacrime mi bagnarono la mano che tenevo ancora sulla sua guancia. Lo abbracciai forte e lo cullai avanti e indietro.
-Che c’è?-  gli sussurrai ad un orecchio.
-Zayn, ho paura che un giorno tu possa allontanarti da me e lasciarmi solo.- singhiozzò. Le sue lacrime sulla mia maglietta, il suo corpo appiccicato al mio, le sue braccia forti intorno alla mia vita.
-Non ti lascerò mai solo.- gli spiegai innervosito dal fatto che non capisse quanto tenessi a lui.
-E se un giorno ti stancassi di me?- continuò disperato. Sospirai e sciolsi il nostro abbraccio. Fissai i suoi occhi arrossati e umidi.
-Louis ma che stai dicendo?-  lo rimproverai dolcemente. Dietro quell’atteggiamento da ragazzo spensierato, ce n’era uno terribilmente insicuro e fragile.
Lui tirò su col naso e si tormentò il labbro inferiore con i denti.
-E’ che..ti sento più distante da me ogni giorno che passa. Sento che il nostro rapporto è cambiato negativamente e se è necessario posso ignorare i sentimenti che provo per te ma ti prego non rinunciamo alla nostra amicizia.- mi supplicò.
Rimasi a bocca aperta, sconvolto. Io non meritavo niente di ciò che mi offriva Louis. A partire dalla sua persona in generale e a finire con i  sentimenti che provava per me. Come avevo potuto farlo soffrire così?
Lo afferrai per le spalle e lo tirai verso di me. Unii le nostre labbra in un bacio travolgente e nostalgico. Passai a lingua sulla punta dei suoi denti e lui si strinse più a me. Ma durò un attimo perché poi si scansò e andò dall’altra parte della stanza.
-Non voglio che mi baci perché ti faccio pena. Voglio che mi baci perché mi vuoi.- disse.
-Ok, allora voglio baciarti.- risposi.
-Zayn, non voglio che tu ti senta in dovere di farmi felice, di accontentarmi e di scegliere se ancora non sei pronto.- mormorò afflitto.
-No io voglio solo che tu stia bene. E voglio..te. Mi sento vivo quanto ci sei tu.- gli dichiarai. –E’ un sentimento nuovo, non lo conosco e ammetto che mi fa un po’ paura ma voglio godermelo. Perché mi fa stare bene. Tu mi fai stare bene.- conclusi.
Louis si aprì in un sorriso favoloso, uno dei migliori che avesse mai sfoggiato in mia presenza, così luminoso da accecarmi, così traboccante di felicità che sentii gli angoli della mia bocca curvarsi all’insù, pronte a ricambiarlo nel migliore dei modi.
 
 
Sentivo di essere quasi felice ma, nonostante la presenza di Louis avesse ripercussioni praticamente miracolose su di me, ancora qualcosa mi tormentava e mi faceva sentire il gusto amaro della tristezza nel palato.
Era come trovarsi nel Paradiso ma sentirsi cirondato dalle lingue di fuoco dell'Inferno.

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Capitolo 11
*** Vuoto e solo ***


I suoi occhi limpidi brillavano al sole, i suoi capelli scuri e lisci venivano mossi dal vento che portava il loro profumo di cocco sul mio viso, la sua voce alta e cristallina intonava distrattamente una canzone dolce e malinconica. Il mio cuore batteva forte dall’emozione, la mia mano intrecciata alla sua, i nostri sguardi incollati l’uno all’altro.
Louis staccò un filo d’erba dal prato del suo giardino e ci giocherellò.
-Allora,  che dovevi farmi vedere?- mi chiese sorridendo sornione. Senza neanche accorgermene sorrisi di rimando e gli sfiorai una guancia con il dorso della mano. Prima di conoscerlo non avrei mai immaginato di poter anche solo stare bene, e adesso eccomi lì, a sorridere. Nella più totale serenità.
Gli avevo preparato una sorpresa insolita e speravo davvero che gli sarebbe piaciuta. Da una parte mi vergognavo a mostrargliela ma dall’altra non vedevo l’ora.
-Ok..- sussurrai e mi alzai in piedi. Respirai profondamente e aprii con gesti lenti la zip della mia giacca. La lasciai cadere a terra e sotto lo sguardo sorpreso di Louis mi levai la maglia restando a torso nudo. I suoi occhi azzurri si spalancarono e le sue labbra sottili e rosse presero la forma di una “o”. Si avvicinò a me e sfiorò con i polpastrelli freddi i contorni della L che mi ero fatto tatuare sul petto.
-Per cosa sta la “L”?- domandò ancora allibito. Ridacchiai in imbarazzo e sentii le guance scaldarsi, le immaginai colorarsi di rosa.
-Per Louis, il tuo nome.- risposi.
-L’hai tatuata sul cuore.- constatò commesso con le lacrime agli occhi. Annuii felice che avesse capito il punto esatto.
-Sì, così ti avrò lì per sempre.- sussurrai timidamente. Lui si asciugò le lacrime con la manica della sua felpa e sorrise raggiante.
-Grazie, Zayn. Non so neanche cosa dire..non avrei mai immaginato che..che tu..- lasciò la frase a metà sbattendosi una mano sulla fronte e facendo un risolino. Afferrai la sua mano gelida e la tenni stretta tra le mie. Sembrava di tenere sui palmi un ghiacciolo.
-Non devi dire niente di che.- gli spiegai. –Solo che ti piace.-  Lui annuì vigorosamente.
-Lo adoro, davvero.- disse e riprese a seguire i contorni della lettera con le dita. Passò i polpastrelli sulla L e poi proseguì tracciando quelli intrecciati che andavano a creare il simbolo dell’infinto. Di punto in bianco però strinse la mano in un pugno lasciandola sul mio petto e chiuse gli occhi.
-Che c’è?- chiesi confuso. Lui corrucciò le sopracciglia e si morse il labbro.
-Non so..forse non avresti dovuto tatuarti l’iniziale del mio nome..insomma, potrebbe succedere di tutto. Potremmo litigare, perderci di vista..-  si bloccò e riaprì gli occhi fissandomi con uno sguardo quasi di scuse. Sbuffai e mi rivestii in tutta fretta.
-Sembra quasi che tu voglia che accada.- borbottai infastidito dalle sue parole. Lui sgranò gli occhi chiari e scosse la testa.
-No, no è solo che siamo ancora giovani, abbiamo ancora tutta la vita davanti. Non è..prudente legarsi a qualcuno così tanto.- spiegò. Mi sbattei le mani sulle cosce e lo fissai sconvolto.
-Ma che cazzo stai dicendo, Louis?- sbottai. Lui abbassò lo sguardo e cominciò a giocherellare con un lembo della sua maglia.
-Ci conosciamo da poco ma sai benissimo anche tu che tra noi c’è sempre stato qualcosa, qualcosa che non si può ignorare.  Certo è vero, potremmo litigare o perderci di vista ma ciò che sta succedendo adesso non cambierà mai. Non si dimentica.-  ruggii. Delle lacrime timide gli solcarono le guance e d’improvviso Louis si accasciò a terra e singhiozzò forte.
-Ho paura, Zayn. Ho una paura tremenda di legarmi alle persone. Di legarmi a te. Ho paura di perderti e non voglio..stare male ancora.- disse disperato e una parte di me capì che si riferiva ad Harry. Feci per ribattere ma lui continuò a parlare, più disperato che mai.
-E non voglio nemmeno che sia tu a soffrire. Non immagini quante volte abbia pensato di lasciarti perdere, di non affezionarmi perché non ce la faccio, Zayn. Non voglio che tu stia male per me, non voglio che tu soffra. Voglio che tu abbia una vita felice, senza complicazioni.- singhiozzò. Mi afferrai i capelli con le mani e strinsi i denti.
-Ormai è troppo tardi, Louis!- urlai. –Non vedi che ormai siamo una cosa sola?! E poi come pensi che io possa avere una vita felice se sono la persona più depressa di questo mondo? Come pensi che io possa averla lontano da te? Non capisci, vero? – gli domandai. –No, certo che non capisci.- mi risposi da solo, a bassa voce.
-Zayn tu non riesci a capire.- rispose lui serio con gli occhi umidi e arrossati. –Io..io probabilmente non sono quello giusto. Ho troppi problemi, non sono abbastanza per te. Meriti una persona che riesca ad amarti senza paura. E io ne ho, davvero tanta, Zayn.- concluse.
-E te ne accorgi adesso che non sei quello giusto?!- sbraitai incenerendolo con lo sguardo. Odiavo vedere Louis in quello stato. Così triste e indifeso ma provai un odio più profondo  verso ciò che mi disse. Un odio che mi spinse ad andare via, lontano da lui. Lasciai il suo giardino a grandi passi con una rabbia disperata dentro e con il tatuaggio che mi pesava come un macigno sul petto.
 
 
**
 
 
Il suo viso delicato si fece più vicino al mio, un forte profumo di vaniglia pervase le mie narici, i suoi riccioli morbidi colo grano mi carezzarono delicatamente le guance, le sue mani candide e aggraziate mi massaggiarono i capelli. Le sue labbra piene e rosate si posarono leggiadre sulle mie. La strinsi a me per i fianchi leggermente arrotondati, la tirai su e le sue gambe lunghe mi circondarono il bacino. Si allontanò di qualche centimetro dal mio viso e mi fissò con gli occhi verde chiaro grandi e allungati, sorrise dolce scoprendo i denti brillanti. Sorrisi di rimando e mi leccai le labbra sentendo sul palato il sapore del suo lucidalabbra appiccicoso. Unii nuovamente le nostre labbra e la baciai. Quasi mi aspettai di sentire sulla lingua il sapore delle caramelle all’arancia. Ma non accadde mai. Sentii solo sapore di dentifricio e fragola.
Brianna andava alla mia stessa scuola. Più di una volta le sue amiche erano venute da me a spiegarmi quanto le piacessi e quanto volesse uscire con me anche solo una volta ma io ogni volta mi inventavo delle scuse per non vederla. Tutti i ragazzi le morivano dietro, sbavavano quando la vedevano per i corridoi, sorridevano come ebeti quando passava loro affianco e quasi svenivano quando sorrideva. Brianna era perfetta. Ma non perfetta per me. Era bellissima, una delle ragazze più belle che avessi mai visto, ma non mi faceva battere forte il cuore, non pensavo a lei nelle notti insonni, non immaginavo di abbracciarla e baciarla. Non la volevo davvero. Mi si stringeva lo stomaco quando pensavo che le stavo spezzando il cuore, perché era ciò che stavo facendo. Io le piacevo davvero ma per me non era niente. Solo una temporanea valvola di sfogo.
Sospirai sulle sue labbra, lei mi contornò il viso con le mani e mi fissò a lungo. Poi sorrise.
-Sei bellissimo, Zayn.- mormorò con la voce mielata.
-Grazie.- sussurrai e le carezzai i boccoli lunghi e dorati.
Lentamente mi sfilò la maglia e mi baciò il petto. Fui percorso da forti brividi lungo tutto il corpo.
-Hai un tatuaggio.- constatò carezzandolo. Chiusi gli occhi e mi tornò in mente la forte litigata con Louis. Annuii.
-L?- chiese lasciandomi umidi baci sul collo.
-Ehm, mio padre.- mentii. Lei annuì e i suoi ricci mi solleticarono la pancia.
Quando tornai a casa piansi interrottamente per tutta la notte. Piansi così tanto che mi svegliai con un dolore lancinante al petto e gli occhi estremamente gonfi e rossi.
Brianna non fece altro ch mandarmi messaggi e chiamarmi ed io, a malincuore, la ignorai. E la ignorai anche il giorno dopo, la settimana dopo, perfino il mese dopo finchè lei si stufò di corrermi dietro e mi lasciò perdere. Quasi svenni quando la vidi piangere per me. Mi sentii così in colpa che una mattina la portai in disparte e le parlai.
-Senti, non devi piangere per me. Credimi, io non ti merito. Mi dispiace di averti fatta soffrire, davvero non volevo però in questo momento non me la sento di aver una relazione. Ho molti problemi e non è un buon periodo.- le dissi. Lei sorprendentemente mi attirò a sé e mi abbracciò forte. Mi sentii quasi protetto dalle sue braccia esili.
Le avevo detto la verità. Stavo male, ero depresso. Come nel primissimo periodo in cui erano morti i miei. Non riuscivo ad andare avanti senza Louis. Non ci parlavamo da ormai un mese, non ci guardavamo neanche. In realtà io stavo a fissarlo come un idiota quando lui non se ne accorgeva, lo fissavo con una nostalgia che mi divorava da dentro. Mi mancava tutto di lui. Non sopportavo il vuoto che aveva lasciato nella mia vita. Odiavo il fatto che fosse finita così male. Eppure pensavo che la nostra amicizia sarebbe durata per sempre. Bruciavo di invidia quando lo vedevo chiacchierare con altri, abbracciare Stan. Era straziante stargli lontano. Mi chiedevo in continuazione se piangesse tanto quanto piangevo io per noi, se mi pensasse, se sentisse anche solo un po’ la mia mancanza. I ricordi dei mesi passati insieme continuavano a tormentarmi la testa. Paul si era accorto che qualcosa era cambiato, continuava a farmi domande e a parlare con il mio psicologo. Diceva che ne avevo bisogno.
Non capiva che avevo bisogno solo di Louis. 

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Capitolo 12
*** Dovrei essere io ***


Ciao a tutti, questo dodicesimo capitolo è scritto dal punto di vista di Louis. Spero vi piacciaJ
Buona lettura.x
 
 
 
 
Guardava in basso da più di mezz’ora. Le folte ciglia lunghe gli sfioravano le guance, le sopracciglia grosse e scure erano corrucciate e andavano a formare un profondo solco verticale tra loro,  le labbra chiare sporgevano leggermente dandogli un’aria tenera e bambinesca, i capelli corvini erano spettinati e selvaggi e dall’espressione tesa del suo viso scarno riuscivo perfettamente ad intuire che era nervoso e amareggiato. Di tanto in tanto sospirava e contraeva la mascella. Mi sorpresi a constatare che lo faceva più o meno ogni due minuti. Il fatto che fossi diventato così paranoico nei suoi confronti non mi spaventava più. Ogni cosa che faceva, che diceva ormai erano come una droga per me.
Zayn Malik era la mia ossessione più grande. Da quando avevamo smesso di frequentarci era cambiato tutto. Ogni singola cosa, anche quella più insignificante. Le giornate passavano lentamente e sembravano così buie, così malinconiche. Una parte di me, ancora, mi spingeva a prenderlo per la manica della sua giacca Letterman e trascinarlo tra le mie braccia, a stringerlo forte fino a  percepire il suo battito del cuore nel mio petto fino a sentirmi invaso dal suo profumo insolito e  dolce. Era simile all’odore dell’aria fresca. Era come guidare di notte con i finestrini abbassati, come andare su una spiaggia e respirare a pieni polmoni l’odore salmastro del mare. E poi quell’inconfondibile aroma di fumo che gli impregnava le mani grandi.
Il solo pensiero dell’assenza di tutte queste piccolezze per me così importanti, mi distruggeva, mi faceva venir voglia di correre via e piangere forte. Eppure sarebbero bastate poche parole e tutto sarebbe tornato come prima: io e Zayn insieme nel mio giardino, i suoi baci caldi sul mio viso, i suoi occhi profondi nei miei. Ma non ero pronto per tutto ciò. Io non gli avrei potuto mai dare ciò che meritava di avere.
 Non avrei mai potuto essere così egoista.   
Lui si meritava una persona migliore di me, una persona che potesse amarlo con tranquillità e senza paura. Io avevo paura. La paura di perderlo, di soffrire. Non avevo ancora superato la perdita di Harry e ,nonostante Zayn mi facesse sentire così bene, così vivo, non potevo, non volevo rischiare di perdere anche lui. Non sarei mai riuscito ad accettarlo.
Il suono stridulo e penetrante della campanella mi fece sussultare e mi distolse dai miei pensieri. Vidi Zayn sbuffare e sollevare lo sguardo. Per un attimo i nostri occhi si incontrarono. Il loro colore ambrato era limpido e luminoso come sempre, fui così contento di rivederlo che sentii le mie labbra distendersi in un sorriso. Zayn rimase visibilmente sorpreso da quel mio gesto e rimase a fissarmi con aria interrogativa, piegando leggermente il capo a un lato. Distolsi immediatamente lo sguardo e finsi di sorridere a una ragazza dietro di lui. Mi sentii un vero verme, così mi catapultai immediatamente fuori dalla classe finendo dritto dritto tra due braccia lunghe e ossute.
-Dove scappi, bello?- una voce divertita e roca mi spinse a sollevare lo sguardo.
-Hey, Stan.- dissi con voce piatta tentando disperatamente di nascondere la sofferenza nella mia voce. Stan mi fissò confuso, corrucciando le sopracciglia castane e storcendo le labbra.
-Tutto a posto?-  mi domandò tenendomi per le spalle. Abbassai lo sguardo, certo che potesse leggervi il mio tormento. Stan mi conosceva da una vita, era il mio migliore amico e aveva una grandissima capacità nel leggermi nel pensiero.
-Oh, sì sì..- mentii ancora guardandomi i piedi.
-Louis.- il suo tono di voce si fece scuro e serioso, la sua stretta sulle mie spalle più rigida. Sollevai finalmente lo sguardo, mostrandogli i miei occhi umidi. Lui mi fissò sorpreso ma poi la sua attenzione si spostò su qualcos’altro.
-Hey, ciao Zayn.- disse cordiale, sorridendo al ragazzo che era appena uscito dalla classe. Mi affrettai a ricacciare indietro le lacrime e cercai di metter su un espressione serena.  
Zayn fece saettare le iridi color ambra da me a Stan per un paio di volte.
-Ciao.- mormorò con la voce bassa e vellutata e poi si defilò rapidamente camminando a passo spedito verso una bionda che lo aspettava all’angolo con il sorriso più splendente che avessi mai visto sulle labbra a cuore. Rimasi a lungo a fissarli a bocca aperta sotto lo sguardo confuso di Stan.  La ragazza circondò il collo di Zayn con le braccia magre e candide e gli disse qualcosa che non riuscii ad udire, le sue parole vennero sovrastate dal chiasso che regnava nel corridoio. Immaginai che gli stesse sussurrando parole dolci o timidi complimenti ma Zayn scoppiò a ridere divertito. Stava ridendo. Rideva di gusto, sembrava quasi felice: gli occhi allungati socchiusi, le guance arrossate, le labbra curvate all’insù che scoprivano la dentatura perfetta e brillante, delle piccole rughe che gli incorniciavano la bocca, il suono della sua risata forte e chiaro alle mie orecchie.
In quel momento fui invaso da un’ondata potente di felicità. Un impulso istintivo che mi portava ad essere felice per il semplice motivo che lo era anche lui. Ma subito dopo un’alta ondata venne a pervadermi dentro.
La gelosia.
Fu così forte che per un attimo pensai di non riuscire a trattenermi dal levargli di dosso quella biondina mozzafiato.
Strinsi i denti e chiusi gli occhi, contando mentalmente fino a dieci.
-Hey, tutto bene?- mi chiese preoccupato Stan fissando dapprima me e poi i due in fondo al corridoio.
-Sì, benissimo.- risposi esibendomi in un sorriso falso come una banconota da tre euro. D’altronde, il Louis che conoscevano tutti era sempre solare, spensierato, felice.
-Ora, devo andare, Stan. Ci vediamo più tardi.- gli dissi con ancora quel sorriso sulle labbra, dandogli una pacca sulla spalla e lentamente m’incamminai per il corridoio ghermito di ragazzi, intenzionato a seguire Zayn e la ragazza che si stavano lentamente allontanando dal resto della gente.
 
 
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http://www.youtube.com/watch?feature=player_detailpage&v=p5Jw-T4dVss  (ascoltare per dare più enfasiJ)
Nascosto dietro un cespuglio nel giardino della scuola, mi sentii tanto uno stalker ma la curiosità era diecimila volte più forte di me. Cos’era che quella ragazza diceva per farlo divertire così tanto? Stavano forse insieme?
-Per ogni cosa, Zayn io ci sono, devi tenerlo a mente, ok?-
Per la prima volta riuscii ad udire la voce della ragazza. Quel suono era una cucchiaiata di miele. Dolce e calda, a dir poco ammaliante.
Riuscii a vedere Zayn sorridere leggermente e stringere forte la mano della ragazza.
-Grazie, piccola. Lo so.- mormorò. A quelle parole mi si chiuse lo stomaco, mi si formò un nodo alla gola e provai fastidio. Davvero troppo fastidio.
Rimasi lì per quelli che mi sembrarono giorni, a sentirli ridere, scherzare, sfogarsi, carezzarsi e in tutto quel lasso di tempo la mia mente non riuscì a far altro che partorire lo stesso triste pensiero.
“Dovrei essere io.”
Dovevo esserci io al posto di quella splendida ragazza bionda.
Dovevo essere io a carezzare la pelle levigata di Zayn.
Dovevo essere io a farlo ridere.
Dovevo essere la causa della sua serenità.
Non facevo altro che chiedermi se fosse davvero così, se al posto di lei ci sarei dovuto essere io a proteggerlo, a volerlo, semplicemente. O forse la cosa migliore per lui era stare con lei, una bellissima ragazza che aveva la capacità di farlo stare bene.
Immaginai che Zayn mi avesse già dimenticato, si fosse già scordato dei nostri momenti, del legame speciale che ci teneva uniti come il Sole e la Terra, di ciò che provavamo stando solo a guardarci. Forse era meglio che fosse andata così. Lui sembrava felice ed era l’unica cosa che gli auguravo. Essere sereno, superare la depressione e sconfiggerla e se quella ragazza era la soluzione per stare bene, non sarei stato di certo io a portargliela via.
Sospirai e feci per andarmene ma ci fu un qualcosa, forse una semplice sensazione che mi fece rimanere lì a fissarli.
La ragazza si scostò il ricci biondi dagli occhi e contornò il viso scarno di Zayn con una mano bianca e delicata. Poi chiuse gli occhi verdi, così simili a quelli di Harry che mi sorpresi a sorridere, e poggiò le sue labbra rosate su quelle semichiuse di lui.
 
 
**
 
 
Spalancai la porta ed entrai nell’enorme salotto di casa mia. Camminai nervosamente vanti e indietro per vari minuti, borbottando tra me e me finchè mia madre non fece irruzione nella stanza.
-Louis!- esclamò sorridendo.
-Hey!- quasi gridai, colto alla sprovvista. Misi subito su uno dei miei migliori sorrisi felici e la abbracciai forte. Lei mi cullò sul suo petto e mi carezzò i capelli.
-Allora, com’è andata oggi a scuola?- mi domandò dolcemente,
Male.
Malissimo.
La giornata più brutta della mia vita.
Da schifo.
-Alla grande.- un’altra bugia.
-Oh, bene sono contenta. Senti, ho fatto i biscotti al cioccolato che ti piacciono tanto e ho invitato qui da noi quella ragazza carina..sì dai quella con cui uscivi qualche tempo fa..mmh, come si chiamava? Ah sì! Eleonor! Che cara ragazza!-  cinguettò felice.
A quelle parole mi si gelò il sangue nelle vene e una marea di ricordi si rovesciò con violenza nella mia mente.
Eleonor era stata la mia ragazza più di un anno prima. A quel tempo io ed Harry non ci eravamo dichiarati e quando avevamo scoperto di essere attratti l’uno dall’altra l’avevo lasciata con una scusa scontata e banale, con parole stupide e insulse.
-Non sei tu, sono io. E’ che tu sei perfetta, io non sono adatto ad una come te.- le avevo detto. Tutte balle. Non volevo rivelarle la mia omossessualità. E per tutto quel tempo, fino ad oggi, l’avevo usata come copertura.  
Quante volte mia madre mi aveva chiesto come andasse tra me ed Eleonor ed io le avevo risposto che andava tutto a gonfie vele, che lei era fantastica? Forse mille, forse troppe.
 Qualche settimana prima avevo simulato una rottura per telefono: avevo fatto finta di chiamarla e avevo raccontato a mia madre che mi aveva lasciato. Lei ovviamente ci aveva creduto subito. Ero sempre stato un ottimo attore.
 E adesso, come se nulla fosse successo, l’aveva invitata a casa nostra.
-Mamma, perché l’hai fatto?- domandai con un fil di voce. Lei corrucciò le sopracciglia e mi fissò confusa.
-Bè, eri così depresso quando ti aveva lasciato che ho pensato di provare a calmare un po’ le acque.- mi spiegò. Poi si fece più vicino e mi posò una mano sulla guancia. –Che c’è che non va, tesoro?-
Chiusi gli occhi e cominciai a singhiozzare. Poi non riuscii più a trattenermi. Afferrai bruscamente la mano di mia madre, ancora poggiata sul mio viso, e me la levai di dosso.
-Non ne avevi alcun diritto, cazzo!- urlai. Avevo cominciato a dire sempre più parolacce da quando avevo conosciuto Zayn.
Mia madre mi fissò con gli occhi chiari spalancati, ricordando tanto un cerbiatto abbagliato dai fari di una macchina.
-L-Louis..che ti prende?- balbettò impaurita. Non avevo mai perso le staffe con lei ma odiavo il fatto che fosse così distratta quando si parlava di me. Quale madre non si sarebbe accorta, dopo così tanto tempo, di avere un figlio omossessuale?! Lei non mi conosceva. Non sapeva chi ero.
Non l’aveva mai saputo.
-IO non voglio che venga Eleonor. Io non la voglio! Non l’ho mai voluta!- sbraitai. Mia madre indietreggiò e si appoggiò al tavolo della cucina.
-Ma perché? Sembravi così preso da lei..- mormorò confusa. Ringhiai e sbattei un pugno al tavolo. Come faceva a non capire?
-Sono gay, mamma! Ok?! Lo sono sempre stato e tu non l’hai mai capito. E se t’interessa, Harry non era il mio migliore amico ma il mio ragazzo.- le sputai in faccia la verità con crudeltà, con il viso inondato da lacrime infinite. Tutte quelle che avevo tenuto dentro negli ultimi mesi.
Lacrime per Harry, per me, per la mia paura.
Per Zayn.
Lei non emise un suono, non aprì bocca. Rimase semplicemente a fissarmi con gli occhi fuori dalle orbite. Per un attimo mi sembrò quasi disgustata da me. Mi voltai e salii in tutta fretta le scale, certo che il rapporto tra me e mia madre sarebbe cambiato per sempre.
Mentre correvo verso la mia stanza udii il suono del campanello.
Eleonor.
-Mandala via!- gridai senza preoccuparmi che lei potesse sentirmi.
 
 
 

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Capitolo 13
*** Ti amo. Ma non mi piaci più ***


-Scusate tanto per l'imperdonabile e abissale ritardo.
 
 
 
Eh sì, mi mancava ancora. Per quanto incomprensibile poteva essere, sentivo ancora forte e chiara la sua mancanza. Lo sentivo soprattutto in certi momenti, quando uscivo all'aria aperta, sotto il sole che sembrava non splendesse più con la stessa energia di prima, quando mi sedevo a tavola con Paul e le ragazze, quando appariva l'arcobaleno dopo che aveva piovuto, quando la gente intorno a me parlava del più e del meno, quando la normalità incalzava. E soprattutto in quei momenti in cui mi domandavo che cosa ci facevo lì. Perché mi ostinavo a rimanere. Perché non me ne andavo una volta per tutte.
Non avevo mai visto occhi cosi belli. La finestra era aperta e il sole li illuminava. C'era l'anima in quegli occhi.
 
 
Arrivai alla conclusione che non lo meritavo. Non meritavo Louis, forse era così. Come poteva una persona così piena di vita, così spensierata, così felice e serena stare dietro ad uno come me? Ad una persona ormai morta. Il mio non era vivere, io non stavo vivendo. E se quella era vita, era solo una gran delusione.
Paul quella mattina non venne a prendermi a scuola come mi aveva promesso. Se ne era dimenticato. Si era dimenticato di me. Sospirai e mi incamminai a passo lento e annoiato verso casa mia. Durante il tragitto una sagoma entrò nel mio campo visivo, aguzzai la vista finchè quella persona non fu abbastanza vicina perchè io la riconoscessi. 
Louis. Il mio cuore perse un battito. 
Camminava a passo spedito e con lo sguardo basso, quando incastrò i suoi occhi azzurri nei miei mi bloccai all'improvviso e lui fece lo stesso. Ci fissammo per attimi che sembrarono secoli, attimi carichi di tensione. Espirai forte e senza accorgermene, gli angoli della mia bocca si piegarono all'injsù.
-Ciao, Louis.- mormorai. Lui mi fissò leggermente sorpreso ma poi si schiarì la voce e finse un sorriso.
-Ehm, ciao.- rispose tornando a guardare in basso. MI rabbuiai. Era palese che non avesse la minima voglia di vedermi, perciò col cuore in fiamme mi feci da parte per farlo andare via.
Lui però non si mosse, rimase immobile a fissarmi intensamente negli occhi. Mi sentii perfino bruciare da quelle iridi ghiacciate.
Con un'insolita lentezza mi si fece più vicino e chiuse gli occhi. Inspirò lentamente e poi sorrise. Ebbi la sensazione che mi stesse annusando ma non ne ebbi la certezza.
Il cuore mi martellò forte nel petto quando mi prese per la manica della mia giacca e mi portò in un vicolo isolato.
-Ma che..?- riuscii a dire ma poi Louis mi sbattè contro il muro e incollò il suo petto al mio, tenendomi in trappola. I nostri visi erano così vicini da rendere i suoi occhi due figure indistinte, azzurre e sfocate. Sentivo il suo cuore battere forte, come se volesse perforargli il petto ed entrare nel mio. Louis ansimava, soffiandomi il suo alito profumato sulle labbra.
Corrucciò le sopracciglia e serrò la mascella e poi fece combaciare le sue labbra sottili sulle mie. Mi sentii letteralmente esplodere, qualcosa dentro di me scattò e mi fece grugnire come un animale. Contornai il suo viso con entrambe le mani e presi a baciarlo con foga, con violenza. Quanto mi era mancato il suo sapore d'arancia. La sensazione delle sue mani che strisciavano sinuose sul mio corpo, il suo profumo invadermi i polmoni, la sua lingua scontrarsi con la mia e i suoi denti stringermi il labbro.
Di punto in bianco però si allontanò di scatto da me, ansante. 
-Louis!- protestai e con due falcate mi fiondai nuovamente sulle sue labbra, preso da una voglia irrefrenabile di averlo. Lui si divincolò dalla mia stretta e mi spintonò via, ma ormai il suo bacio aveva come fatto riemergere qualcosa che era nascosto dentro me che non poteva più essere soffocato.
Louis mi respinse per la seconda volta e mi guardò in cagneasco.
-Basta!- urlò. -Non ti avvicinare, Zayn.- Mi fissò con aria imbronciata ed io, annebbiato dalle sensazione che mi faceva provare solo parlandomi, mi avvicinai di nuovo. Gli afferrai una spalla e lo tirai verso di me, premendo forte le mie labbra sulle sue.
A quel punto la sua mano destra si schiantò contro la mia guancia e mi pietrificai. Mi toccai il punto in cui mi era arrivato lo schiaffo e fissai Louis in silenzio.
-Cazzo, Zayn. Non riprovare a farlo ancora.- mi minacciò. Lo fissai sbalordito, a bocca aperta. La voglia di baciarlo era magicamente sparita, forse quello schiaffo mi aveva rischiarato la mente. In me, c'era solo la voglia di ucciderlo con le mie mani.
Mi lasciai andare in una risata priva di divertimento e poi mi feci serio, fissandolo dritto neglio occhi limpidi.
-Tu hai baciato me. Tu mi hai trascinato qui per ficcarmi la lingua in bocca, Louis. Non io.- parlai lentamente per far sì che io ogni mia parola si imprimesse a fuoco nella sua mente. Lui fissò in basso per qualche secondo visibilmente a disagio e poi puntò nuovamente le sue iridi chiare sulle mie.
-Era solo uno stupido bacio!- esclamò esasperato, alzando le braccia muscolose al cielo. LO fissai incredulo, quasi non lo riconoscevo: in lui non c'era più la spensieratezza che lo contraddistingueva da tutti gli altri, non c'era più la solita dolcezza nei suoi modi, nè la gentilezza o il guizzo vispo nei suoi occhi azzurri. Solo superficialità e vuoto totale.
-Che cosa?- chiesi a bassa voce. -Uno stupido bacio?- ripetei. Ridacchiai amaramente. -Complimenti, Louis, sei davvero un figo adesso!- esclamai. 
Lui mi fissò in cagnesco per una manciata di secondi e poi sbuffò. 
-Basta, Zayn, devi metterti in testa che tra noi non c'è e non cisarà più niente di niente. Dimenticami.- sibilò cattivo. Mi portai istintivamente una mano al petto all'altezza del cuore, all'altezza di quel fottuto tatuaggio. Sembrava bruciare.
Pensai fosse diventato pazzo. 
-Quello l'ho capito.- sputai tra i denti. -Ma se è finita davvero perchè mi hai portato qui e mi hai baciato, eh coglione?!" sbottai.
Louis indietreggiò impercettibilmente e si strinse nelle spalle.
-Un bacio d'addio.- si prese gioco di me e le sue labbra vennero attraversate da un sorrisetto fugace e bambinesco. DOpo quelle parole non ci vidi più, strinsi la mano in un pugno e colpii Louis sul naso. Lui cadde all'indietro coprendosi il punto in cui l'avevo appena colpito con la mano e fissandomi con gli occhi sgranati.
Mi abbassai su di lui e lo guardai con disgusto. Ciò che aveva fatto e il modo in cui si era comportato erano sati una pugnalata al cuore per me.
Mantenni il mio sguardo fisso nel suo mentre delle lacrime salate gli solcavano piano le guance e andavano a posarsi sulle labbra che poco prima si erano adagiate sulle mie. Perchè aveva deciso di fare lo spaccone? Dove credeva di poter arrivare illudendomi in quel modo?
-Ti amo, Louis Tomlinson.- confessai senza il minimo pudore. I suoi occhi ghiacciati si spalancarono ancora di più e il suo corpo fu scosso da un forte brivido. Che avesse freddo?
-Ma non mi piaci più.- terminai stringendomi nelle spalle. -QUesto non sei tu, davvero,non ti riconosco e non capisco perchè l'hai fatto. Sai benissimo che ti voglio e, nonostante sapessi già che tra noi era finita, mi hai baciato. E perchè poi? Per il semplice gusto di limonare? Perchè proprio a me? Non soffro già abbastanza per te? Perchè darmi false speranze?- chiesi disperato cercando in tutti modi di stare calmo.
Louis continuò a piangere in silenzio, senza rialzarsi dall'asfalto, senza rispondermi.
-Questa è pura cattiveria. E sai una cosa?- domandai certo che non mi avrebbe risposto. -Ero convinto che nel tuo DNA non ci fosse, la cattiveria intendo.- risi per niente divertito e lui abbssò lo sguardo con un'espressione addolorata sul volto scarno e macchiato di sangue quasi secco. 
-Sì, davvero. Ero convinto che fossi la persona migliore di questo mondo. Sai, ho persino pensato di non meritarti.- smisi di parlare e fissai un punto dietro di lui. Sospirai e tornai a guardarlo, più sorpreso di lui della calma con cui ero riuscito a parlare. Nessuno sarebbe riuscito a capire che dentro, in realtà, morivo. Tranne LOuis, forse.
-Ti saluto e penso che non ci sia bisogno di dirti che baci sempre da dio- lui singhiozzò forte  -ma tranquillo me ne farò una ragione. Cercherò di accettare che è finita.-
Dicendo ciò lo lasciai solo nel vicolo, ma appena svoltato l'angolo dovetti fermarmi e appoggiarmi al muro. Mi piegai in due e respirai a fatica, reprimendo un conato di vomito. Stetti lì per un pò, finche il mio respiro non si regolarizzò e poi mi asciugai il viso con la manica della mia giacca. Mi fecero schifo quelle lacrime. Con il cuore infranto mossi qualche passo incerto ma poi fui distratto da un verso strozzato proveniente dal vicolo.
-Zayn.- pianse LOuis. 
 
 
 
 
Sbattei più volte la testa contro la porta di casa mia, non riuscendo a ricordare come si facesse a suonare un campanello,  finchè questa non si aprì.
-Zayn.- disse Paul. -Ma che hai fatto?!- esclamò prendendomi per i fianchi e trascinandomi dentro. Scoppiai a ridere senza un'apparente motivo e scoccai un bacio sulla guancia di Paul.
-Ho bevuto solo un pò..- biascicai calando le palpebre sulle mie iridi.
-Senti che puzza!- esclamò storcendo il naso. -Sei ubriaco fradico.- constatò.
-No!- mi lamentai divincolandomi meglio che potei dalle sue braccia massicce. -Ho bevuto solo un pò.- ripetei e ripresi a ridacchiare. Sentivo la testa così pesante, mi meravigliai di riuscire a tenerla dritta.
-Come ti è saltato in mente di ubriacarti in questo modo, eh?!- sbraitò Paul, caricandomi su una spalla e portandomi al piano di sopra. Ciondolai a testa in giù per dodici infinite scale con un ronzio acuto nelle orecchie e con gli occhi che non riuscivano a rimanere aperti per più di due secondi.
Paul mi posò sul mio letto e mi coprì con un lenzuolo. Poi rimase in silenzio a fissarmi. Non riuscii a vedere la sua espressione e non capii se mi fissò con fare paterno o con fare semplicemente, e giustamente, incazzato per lo stato in cui mi ero presentato in casa.
-Sto per vomitare.- dissi ridacchiando. Lui corse fuori dalla stanza e ritornò appena in tempo con una bacinella in cui rigettai gran parte di ciò che avevo bevuto poco prima.
-Merda.- sibilai e mi massaggiai le tempie con due dita.
-Sei uno sconsiderato, Zayn.- disse Paul severo. -Adesso, dormi.- 
Mi rimboccò le coperte e fece per andarsene ma io lo tenni fermo per una mano.
-No, non abbandonarmi anche tu, cazzo. Sono così solo.- piagnucolai e delle calde lacrime cominciarono a solcarmi veloci il viso. Paul si sedette subito sul mio letto e prese ad accarezzarmi i capelli.
-No, no, campione, non sei solo. IO sono con te, sempre. Chiaro?- esclamò contornandomi il viso con le mani grandi e callose.
-Cos'ho che non va?!- urlai diperato mentre altre lacrime precipitarono dai miei occhi e arrivarono a bagnarmi fino al collo.
Paul si affrettò ad asciugarle ed a catturare quelle che stavano spuntando dagli angoli dei miei occhi. Ebbi l'impressione che anche lui stesse piangendo ma non poteio dirlo con certezza dato che la mia vista era parecchio annebbiata.
-Tu..tu non hai niente che non va. Sei perfetto, non hai niente che non va. Niente, Zayn, niente.- mi rassicurò, carezzandomi le guance.
-Stronzate.- urlai. -Sono tutto sbagliato, non c'è niente di giusto o sensato nell'essere me! Che senso ha continuare a vivere?!- sbraitai disperato.
Il mio caro e paziente tutore mi tappò la bocca con la mano. Sentii nel palato il gusto dei sigari.
-Non ti azzardare a dirlo ancora. Non pensarlo neanche. Tu sei una persona fantastica, sei il migliore e non sai quanto sia felice di averti incontrato, zayn. Davvero, non sai quanto.- la sua voce si spezzò alla fine della frase e Paul si voltò dall'altra parte tirando su con il naso.
-Hai detto che non accetteresti di farmi da tutore se potessi tornare indietro.- piagnucolai riferendomi alla fatidica telefonata di mesi prima che avevo origliato e mi afferrai la testa tra le mani con la paura che potesse scoppiare da un momento all'altro.
-Sì, è vero, l'ho detto. Ma l'ho detto in un momento di sconforto. Non lo penso davvero, te l'assicuro!- mi scosse per le spalle per risvegliarmi da un momentaneo e involontario breve sonno in cui ero caduto -Io ti voglio bene come se fossi mio figlio.- sussurrò.
-Basta, non voglio più fare niente. Sto male.- biascicai con fatica, ancora prigioniero dell'alcool e dei suoi effetti. Paul mi tastò la fronte, fraintendendo il senso delle mie parole.
-Che hai?- domandò preoccupato.
-Vorrei tanto che fosse solo febbre.- sussurrai più a me stesso che a lui.
-Zayn, che c'è?- insistette.
-Sono un gay del cazzo.- dissi e scoppiai a ridere. Paul rimase in silenzio e la sua mano che prima mi carezzava dolcemente si bloccò sulla mia guancia, come morta.
-Che cosa stai dicendo?- bisbigliò stupito.
-E lui non mi vuole più..perchè..non lo so..sono brutto forse..- disse frasi sconnesse e ripresi a ridacchiare.
-Riparliamone da sobrio.- decise Paul e si alzò dal mio letto. -Adesso dormi.- ordinò. Si diresse verso la porta e si voltò a guardarmi. Ricambiai lo sguardo con un occhio solo, improvvisamente infastidito dalla luce al neon del mio piccolo lampadario.
-E non sei brutto. Sei davvero bello.- mormorò e si defilò spegnendo la luce.
Sorrisi e chiusi gli occhi, tirandomi le lenzuola fin sopra i capelli.
-Io non sono brutto.- sussurrai. -Sono bello, io.- sorrisi.

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Capitolo 14
*** Solo un amore impossibile può essere eterno ***


-sorpreeeesa:)) ecco il quattordiciesimo capitolo.xx
 
 
Zayn.
 
Mi sentivo leggero come una nuvola ma dentro me se ne stava un peso, un qualcosa di grosso, che pesava più di un rimpianto. La sentivo di nuovo forte e chiara. Sì, la sua presenza. La depressione. Oh, quanto avevo odiato quella parola. E quella mattina, lì steso sul mio letto sghangherato, la sentivo insinuarsi in me con una nuova forza; più prepotente, più appicicosa. La verità era che non mi aveva abbandonato mai, anche nei momenti in cui mi sentivo felice e una parte di me cercava di convincersi che forse ero finalmente guarito, lei era ancora lì. Se ne stava accucciata in un angolo pronta ad aggredirmi al primo momento di sconforto. Ed ora mi stava letteralmente divorando da dentro.
La porta della mia stanza si aprì lentamente e da lì fece capolino la testa scura di Paul con un grande vassoio pieno di cibo in mano. Mi sorrise raggiante e intorno ai suoi occhi nacquero tante piccole rughette. Lo guardai attentamente in volto: due grandi ombre scure si erano adagiate sotto i suoi occhi grigi, il volto era scarno e la barba lunga, sembrava fosse invecchiato di dieci anni. Mi sentii in colpa quando realizzai che probabilmente ero io la causa del suo invecchiamento precoce. Chissà quanto avrebbe voluto uscire con gli amici, prendersi una boccata d'aria fresca invece che stare appresso a me. Non avrei mai smesso di essergli riconoscente e di chiedergli scusa. Il problema era che le mie scuse erano silenziose, non mi ero mai scusato davvero con lui. 
Mi stroppicciai velocemente gli occhi prima che delle lacrime crudeli potessero solcarmi il viso e Paul fece il suo ingresso nella mia stanza. Mi arrivò alle narici un forte odore di ciambelle che mi diede il voltastomaco. Il mio tutore si sedette sul mio letto e poggiò il vassoio sul mio comodino. Mi carezzò i capelli con fare materno più che paterno e mi stampò un bacio sulla fronte, fissandomi poi con gli occhi umidi.
-Tutto bene?- domandammo all'unisono. Sorridemmo e ci guardammo con complicità.
-Prima io.- disse e mi diede un buffetto sulla guancia. Annuii e mi misi seduto.
-Come stai, Zayn?- chiese improvvisamente serio.
-Bene.- risposi in fretta. Ormai ero abituato a ripetere quella parola. Con gli amici, con Paul, con il mio psicologo.
Paul scosse la testa.
-No, tu non stai bene. Insomma, ieri mi sei sembrato davvero..distrutto.- mi spiegò. Corrucciai le sopracciglia e chiusi gli occhi: i ricordi della sera precendente mi invasero la mente a sprazzi.
-Non ricordo.- per la prima volta fui sincero.
-Sei tornato a casa ubriaco.- disse con una punta di rimprovero nella voce bassa. Stetti in silenzio per un attimo e ripensai a Louis. Mi aveva fatto così male il giorno prima.
-Sì, mi ricordo.- bisbigliai.
-E hai detto che stavi male.- continuò.
-Certo che stavo male, Paul! Avevo bevuto troppo, come si fa a non stare male?!- sbottai nervoso. Paul chiuse gli occhi e si massaggiò le tempie. Di nuovo mi sentii maledettamente in colpa. 
-Non stavi male in quel senso.- mormorò ancora ad occhi chiusi. -Non stavi male fisicamente. Tu stavi male mentalmente o sentimentalmente, non lo so! Hai detto tante di quelle cose ieri sera che mi hanno davvero spezzato il cuore, eri così triste..ed io non sapevo che fare.- la sua voce divenne un susurro flebile e la sua mano granbdo andò a catturare una lacrima che stava per precipitare dall'angolo del suo occhio sinistro.
Gli gettai le braccia al collo e lo tenni stretto a me.
-Paul, non è colpa tua. Tu non potresti essere un tutore migliore per me. Non pensare a ciò che ho detto ieri sera, ero davvero tanto ubriaco.- cercai di tranquillizzarlo. Lui tirò su col naso e aumentò la stretta sulla mia vita.
-Gli ubriachi dicono sempre la verità.- disse con la voce rotta. Sospirai e gli carezzai la schiena.
-Che altro ho detto?- mi arresi. Paul respirò a fondo e sciolse il nostro abbraccio, incastrando i suoi occhi grigiastri nei miei.
-Che sei solo e che..sei gay.- mormorò. Sgranai leggermente gli occhi e cominciai a giocherellare nervosamente con un lembo del lenzuolo che mi copriva ancora in parte. 
-E poi continuavi a dire che non ti voleva più. Chi non ti vuole più, una rgazza?- domandò speranzoso. Lo fissai con un pò di disgusto e poi chiusi gli occhi.
-E' meglio che tu te ne vada, Paul.- ringhiai.
-No, no aspetta. Hai frainteso, a me non importa se ti piace un ragazzo o una ragazza, voglio solo che tu sia felice.- si corresse.
-Non m'interessa, vattene. E non pensare a ciò che ho detto ieri, non so neanch'io di cosa stessi parlando. Ciao.- voltai la testa dall'altra parte e aspettai che abbandonasse la mia stanza per fiondarmi in bagno.
Mi sedetti sul pavimento e tirai fuori la limetta. Era da tempo che non mi tagliavo. Sollevai la manica della giacca che indossavo dalla sera prima e fissai a lungo le cicatrici dei tagli precedenti ormai bianche. Poggiai la punta della lama sulla mia pelle e tracciai una linea più lunga e più rpfonda delle altre che divenne subito rossa. Chiusi gli occhi e poggiai sopra la nuova ferita il solito panno bagnato mentre tante lacrime cominciavano a bagnarmi il viso.
E poi fu un attimo.
Percepii la porta del bagno aprirsi perciò spalancai di scatto gli occhi. Come avevo fatto a dimenticarmi di chiudere a chiave? 
Sulla soglia apparve Doniya che appena vide la limetta sporca di sangue buttata per terra e la morte nei miei occhi si tappò la bocca con una mano e mi fissò inorridita.
-NO, cazzo! Doniya esci dannazione!- urlai e sbattei forte la porta, questa volta chiudendola a chiave.
Subito dopo un bussare frenetico alla porta mi fece innervosire più che mai.
-Zayn, apri immediatamente! Che stai facendo lì?- la voce di Paul.
-Cosa vuoi che stia facendo?!- risposi acido ansimando per il dolore. -Cosa fa la gente normale in bagno?-
-Tu non sei..- Paul si bloccò di scatto, lasciando la frase a metà. -No, aspetta non volevo dire quello.- si corresse. -Apri, per favore.- mi supplicò continuando a bussare.
-Sei stato più che chiaro.- sussurrai e chiusi gli occhi. Il cellulare nella mia tasca vibrò dolcemente.
Louis.
Il mio cuore smise di battere.
 
 
Louis.
 
Le sue labbra tracciarono una scia infuocata dal mio petto fino all'ombelico. Gli afferrai i capelli biondi e li tirai un poco, in estasi. Il ragazzo tornò a fissarmi, puntò le sue grandi iridi color cioccolato nelle mie e poi mi sorrise. Distolsi lo sguardo e lo spinsi verso di me. MI fiondai sulle sue labbra estremamente rosse e gli tolsi la maglietta scoprendo il suo fisico asciutto e abbronzato. Mi leccai le  labbra e gli morsi un lembo di pelle del collo. LUi grugnì e mi slacciò il bottone dei jeans. POtevo sentire il suo odore forte di pino e il suo sapore di menta nel palato.
-Sei sicuro che tua madre non sia in casa?- domandò gettando un'occhiata alla porta della mia stanza. Roteai gli occhi senza farmi vedere.
-Non preoccuparti.- sussurrai. Gli leccai le labbra carnose e poi le mordicchiai, lui sorrise ancora e prese ad accarezzare le mie cosce nude spingendosi molto lentamente verso il mio inguine infuocato. Affondai le unghie nelle sue spalle ampie e chiusi gli occhi.
-Zayn..- sussurrai sopraffatto dal piacere. Il ragazzo sopra di me si bloccò dio scatto.
-Louis, che hai detto?- chiese corrucciando le sopracciglia sottili. Lo fissai negli occhi profondi e lessi la sua delusione nell'avermi sentito dire un nome che non era il suo.
-Mark, lascia stare. Su vieni qui..- mormorai in modo suadente afferrandolo per la nuca e spingendolo verso di me. LUi si divincolò dalla mia prese e scivolò accanto a me mettendo su un'espressione imbronciata. I denti dritti e bianchi mordicchiarono il labbro inferiore e le sue mani andarono a recuperare i suoi vestiti dal pavimento.
-Hey, che fai? Vai già via?- domandai accarezzandogli la schiena. Ma qual'era il suo problema? Avevo solo voglia di divertirmi un pò, di non pensare ad altro. E lui che faceva? Si rivestiva. Merda.
Mark non rispose e continuò a vestirsi frettolosamente.
-Mark.- dissi spintonandolo per una spalla. Lui si voltò verso di me e mi fissò in cagnesco con la mascella serrata.
-Chi è questo Zayn?- chiese nervoso. Lo guardai a bocca aperta e mi lasciai scappare una risatina.
-E tu chi sei per chiedermelo? Una fidanzatina gelosa?- dissi acido. -Su torna al letto.- gli ordinai spingendolo sul materasso. Lui però si rialzò il piedi e sbattè un pugno sul muro.
-Louis, cazzo!- urlò. Il viso arrossato, i capelli scompigliati, il petto che andava su e giù velocemente. -Per cosa mia hai preso? Per un trombamico?!- sbraitò. Io lo fissai annoiato e mi strinsi nelle spalle.
-Cosa credevi che volessi da te, MArk? Una relazione?- scoppiai a ridere pur non essendo divertito. MArk serrò ancora la mascella e strinse le mani in pugni. 
-Sai benissimo che provo qualcosa per te dai tempi delle medie. Non puoi illudermi così. A te piace un altro! Avevi voglia di una scopata? Qual'è il problema?- gridò più nervoso che mai. -Lui non te lo da?!- 
Mi alzai di slancio dal letto e gli saltai addosso riempendolo di pugni dapperttutto.
-Non è affar tuo, stronzo. E non provare a giudicare se non conosci la mia situazione. Vaffanculo, non mi sei mai piaciuto.- ringhiai. 
MArk mi gettò via e si alzò dal pavimento, con le labbra color lampone leggermente livide. 
-Non pensavo fossi così, Louis. Ma evidentemente mi sbagliavo, sei una vera merda. Mi hai illuso.- ripetè. Strinsi i pugni. Era la seconda persona che me lo diceva e nonostante non fosse importante come la prima che mi aveva accusato di illuderla, mi ferì lo stesso.
E così era questo che ero diventato? Una brutta persona che andava in giro a dare false speranze a tutti?
-Senti, scusami..- provai a dire ma Mark raccattò i suoi vestiti e uscì dalla mia stanza.
Mi sedetti sul materasso e mi tenni la testa tra le mani piangendo come una ragazzina che si sbuccia un ginocchio al parco.
Zayn. Pensavo solo a lui. Ai suoi occhi, alla sua voce, al suo sorriso che raramente si vedeva. Persino mentre io e il mio secolare amico gay MArk stavamo per scopare mi era sfuggito il suo nome. Sorrisi amaramente leccando una lacrima dalle mie labbra. Aveva detto di amarmi. Ed io? Io che provavo per lui?
Adorazione. Sì, adorazione. Lo adoravo.
Afferrai il cellulare  e digitai un breve messaggio e poi lo inviai a Zayn.
-Ti amo anch'io.- scrissi.

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Capitolo 15
*** Perchè tu mi mancheresti comunque, anche se non ci fossimo mai conosciuti ***


Ed ecco di già il quindiciesimo capito! Voglio farmi perdonare per quel ritardo di tipo due mesi, scusate ancora.
Buona lettura, baci <3
 
 
 
 
Quella mattina mi svegliai piuttosto di malumore. Un malumore dovuto probabilmente al fatto che Zayn non avesse risposto al mio messaggio ma, d'altronde, cosa potevo aspettarmi? Che si precipitasse tra le mie braccia e che mi baciasse magari? Ero stato io a porre fine a quel qualcosa che c'era stato tra me e lui, quel qualcosa a cui ancora adesso non sarei riuscito a dare un nome specifico.
Afferrai il mio cappotto grigio e, prima di uscire di casa, incontrai lo sguardo triste e spento di mia madre, sguardo che non era cambiato di una virgola dalla sera in cui le avevo confessato la mia omossessualità. La cosa che più mi feriva eri il fatto che non mi avesse accettato per com'ero realmente, era davvero così importante essere un etero? Non si poteva amare serenamente una persona indipendentemente da ciò che avesse in mezzo alle gambe? Probabilmente lei non la pensava così. Dal giorno in cui le avevo confessato di essere gay mi guardava in modo diverso e non si comportava nella stessa maniera di prima: ora i suoi gesti, le sue parole nei miei confronti avevano assunto una sfumatura a dir poco glaciale. Tante volte avevo pensato di entrare in camera sua, la notte e accoccolarmi accanto a lei come facevo da bambino, ma poi ci avevo sempre ripensato.
Sospirai distogliendo lo sguardo e uscii fuori nella fresca aria di marzo: era una splendida giornata. Quasi mi semrò di sentire la voce di Zayn che diceva quanto fosse raro vedere bene il sole a Bradford, la sua città. Le mie labbra furono attraversate da un sorriso veloce e nostalgico che andò via altrettanto rapidamente. Salii in macchina e mi diressi verso la scuola.
Attraversai i corridoi dell'edificio mettendo su il sorriso più sinecero che riuscii ad indossare e salutando di tanto in tanto qualche amico. Come al solito feci scorrere lo sguardo fino ad arrivare all'armadietto di Zayn. Lo trovai lì insieme alla bella ragazza bionda dagli occhi verdi simili a quelli di Harry; chiacchieravano sommessamente e ogni tanto si lasciavano a ndare a risatine spensierate. Non mi accorsi nemmeno di aver camminato fino a lì e di essermi bloccato a pochi passi da loro.
Zayn si voltò e posò le sue iridi ambrate su di me, fissandomi sorpreso e confuso, la ragazza invece mi rivolsi un sorriso timido.
-Ciao, Louis.- balbettò Zayn guardando in basso.
-Ehm..hey, ciao ragazzi.- risposi sorridendo e sventolando una mano da destra verso sinistra.
-Lei è Brianna.- diachiarò Zayn ma subito dopo si morse il labbro come pentito di avermela presentata. Ancora non capivo che cosa ci facessi lì. Perchè non me ne andassi.
La ragazza mi porse la mano candida ed io la strinsi.
-Piacere, dolcezza. Sono Louis.- mi presentai. Le rivolsi uno dei miei sorrisi migliori e feci un leggero e scherzoso inchino. Brianna ridacchiò ed arrossì visibilmente, sotto lo sguardo stralunato di Zayn.
-Bè, ora dobbiamo proprio andare.- sibilò gelido Zayn prendendo la ragazza per mano e cominciando già ad andare via.
-certo, piacere di averti conosciuto, Brianna.- dissi con voce suadente rivolgendole un ultimo sorriso. La ragazza ricambiò il sorriso e mi salutò con la mano, scomparendo tra la miriade di studenti nel corridoio. Mi diressi verso la mia classe mentre la mia mente partoriva una nuova e subdola idea. Mi sentii sopraffatto dalla gelosia e il fatto che avessi posto fine alla mia storia con Zayn non implicava che lui non fosse più mio. Non accettavo il fatto che mi venisse portato via da una bella ragazza qualsiasi, tra noi c'era qualcosa di speciale che neanche lei sarebbe stata in grado di spezzare. Se solo Zayn avesse riprovato a mettere le cose a posto tra noi, probabilmente avrei ceduto e sarebbe tornato tutto come prima. Ma lui era troppo orgoglioso per farlo ed io lo ero troppo per andare a chiedergli un'altra possibilità. Nonostante ciò, ero ancora dell'idea che si meritasse qualcuno di meglio di me, qualcuno che poetesse amarlo senza paura e come meritava di essere amato. Sapevo che avrei compiuto una pazzia ma l'idea che Zayn baciasse le labbra di qualcun'altro all'infuori delle mie mi distruggeva. Volevo che capisse che io continuavo ad adorarlo.
La mattinata passò in fretta e durante la pausa pranzo vidi Brianna nel cortile della scuola. Sorrisi, felice di averla incontrata sola. La raggiunsi e mi sedetti accanto a lei sul muretto.
-Hey.- dissi. Lei sollevò lo sguardo incastrando i suoi occhi verdi nei miei. Appena mi riconobbe arrossì e si aprì in un ampio sorriso.
-Hey, Louis!- esclamò. Sorrisi.
-Come mai qui tutta sola?- domandai.
-Oh, aspettavo Za..- cominciò a dire. Non le lasciai il tempo di terminare la frase e premetti le mie labbra sulle sue affondando una mano nei suoi rici dorati. In un primo momento, la ragazza rimase immobile e potei sentire il suo respiro diventare irregolare, ma poi si lasciò andare e chiuse gli occhi contornandomi il viso con le sue mani profumate.
-Louis.- una voce incredula che conoscevo fin troppo bene interruppe il nostro bacio. Brianna si scostò immediatamente da me coprendosi le labbra rosse con una mano, si alzò in piedi e corse via. Mi dispiaque di averla usata per far riavvicinare un pò a me Zayn ma non ci pensai molto e mi concentrai sugli occhi del moro che mi fissavano con finto odio.
-Louis.- ripetè sbigottito.
-Sì?- chiesi con tono innocente. LUi si coprì il viso con le mani e rimase a lungo in quella posizione.
-Perchè?- chiese poi- -Perchè?- urlò lanciandomi uno sguardo di fuoco. Mi alzai dal muretto e lo raggiunsi, standogli difronte a meno di un metro di distanza.
-Non ti basta avermi fatto soffrire una volta?- domandò con voce tremante che salì di un'ottava. Lo fissai in silenzio, col cuore stretto in una morsa d'acciaio.
-Mi hai detto meritavo una persona migliore di te e ,pur non essendo d'accordo, io ho accettato la tua richiesta e ti ho lasciato andare. E adesso che finalmente penso di aver trovato qualcuno..tu..tu..me la porti via. Perchè, Louis? Qual'è il tuo problema?- la sua voce si abbassò e si fece più triste, più sconsolata.
MI strinsi nelle spalle ricacciando indietro le lacrime.
-S-sono geloso..- sussurrai. Tra noi cadde un silenzio tombale, rotto solo dal canto di qualche uccello nel cielo.
-Come hai detto? Non ho sentito.- disse infuriato. Sospirai e mi stroppicciai gli occhi con le dita.
-Ho detto che sono geloso.- affermai fissandolo negli occhi. Zayn corrucciò le sopracciglia e mi puntò un dito al petto quasi sfiorandolo con il polpastrello.
-Tu mi hai lasciato, Louis!- gridò.
-Senti, lo so..io voglio che tu incontri qualcuno ma è più forte di me..io..- bisbigliai in preda al panico. Ma che cosa stavo facendo? Ero ridicolo. Feci per andarmene ma le mani incandescenti di Zayn mi bloccarono per le spalle a una spanna dal suo viso. Lo guardai dritto in quegli occhi dolci e profondi dalle ciglia lunghe e nere, trattenendomi a stento dal baciarlo.
-Non ce la faccio più.- fu un sussurro flebile e poco udibile e non fui sicuro che fosse rivolto a me o se l'avesse detto più a se stesso. Chiusi gli occhi e gli strinsi una mano ancora poggiata sulla mia spalla.
-Non immagini nemmeno quanto stia male, Louis.- mormorò tirando su col naso. Mi sentii male al sentire quelle parole e ignorai le lacrime che mi solcarono il viso lentamente, ustionandomi la pelle.
-Non sai quante volte ho sperato che ci ripensassi, Louis, che tornassi da me ma non è successo e ho cercato di farmene una ragione.- disse a bassa voce. -E poi arrivi tu e distruggi tutti i miei sforzi. Dici di amarmi ma se mi avessi amato davvero non saresti stato così crudele con me.- mormorò chiudendo gli occhi. La sua mano sotto la mia bolliva, quasi riuscivo a percepire lo sforzo che stava facendo per non scoppiare in lacrime.
-Zayn...ti amo davvero e non so neanch'io perchè mi sto comportando così. Mi manchi tanto ma voglio che tu abbia al tuo fianco una persona degna di te, non codarda come me. Non so perchè ti sto rendendo la vita così difficile, scusa.- piagnucolai asciugandomi le lacrime. Inaspettatamente lui mi abbracciò forte. Percepii il suo cuore battere all'impazzata e il suo petto scosso dai singhiozzi.
-Possiamo riprovarci..-propose con un fil di voce.
-No.- dissi subito e mi ci volle tutta la forza per non dire il contrario. Zayn sospirò e mi aspettai che se ne andasse ma invece rimase incollato a me come un bambino. Lo cullai sul mio petto inspirando con nostalgia il suo profumo.
-Va bene e ti prego cerca di non rendere più difficile la situazione. Se non vuoi stare con me, stai al tuo posto. Provaci, Louis e comunque voglio che tu sappia che sei l'unica persona che probabilmente mi mancherà sempre.- confessò stringendomi più forte a sè -Più del dicibile, più di tutto. E non importa quanto tempo sia passato, non importa come sia andata a finire e come finirà. Non importa.- si fermò un attimo per riprendere fiato e poi riprese a parlare. Io lo ascoltavo senza parole, commosso più che mai. -Perchè tu mi mancheresti comunque, anche se non ci fossimo mai conosciuti.- concluse piangendo.
Restammo così abbracciati per un arco di tempo che mi sembrò infinito e che avrei voluto durasse in eterno ma poi Zayn sciolse il nostro abbraccio e andò via, lasciandomi solo in mezzo al cortile divorato dalla nostalgia e dai sensi di colpa.
 
 
Girai la chiave e la porta di casa mia si aprì cigolando. Entrai nel salotto ancora scosso per le parole di Zayn e mi diressi in cucina per mangiare qualcosa. Lì vi trovai mia madre. Rimasi stupito di vederla lì dato che a quell'ora di solito lavorava, perciò ci fissammo per vari minuti in silenzio senza che nessuno dei due facesse niente.
-Ciao.- dissi poi.
-Ciao.- rispose lei. Ci guardammo, o meglio ci studiammo, nello stesso modo in cui si studiano due estranei che si incontrano per la prima volta. Solo che non era la prima volta che m'imbattevo in mia madre ma, per il fatto che non fosse un'estranea per me, non ci avrei potuto giurare.
-Come stai?- mi chiese timidamente.
-Male.- risposi di getto e poi mi tappai la bocca con la mano. Avrei voluto mentirle come al solito, come ogni volta che mi chiede3va come stessi, dirle che stavo bene ma quel giorno chissà perchè fui sincero.
Lei guardò in basso con un'espressione addolorata in volto.
-Ed è in parte colpa tua.- continuai. Mia madre non mi guardò, rimase in silenzio col capo chino come un cane che viene sgridato dal suo padrone.
-Perchè non mi accetti per come sono? Sono tuo figlio!- sbraitai travolto dall'ira. -Che t'importa se mi piacciono i ragazzi o le ragazze, eh?! E' da quella sera che ti comporti diversamente con me, sono gay e allora?- gridai. Lei sospirò forte e finalmente incastrò i suoi occhi nei miei.
-Non è naturale, Louis.- mormorò. -Dio è stato chiaro, un uomo e una donna..- disse. Quelle parole mi rimbombarono più volte nella testa, dolendomi quasi.
-No, sai cos'è che non è naturale? L'omofobia.- scandii lentamente l'ultima parola, con rabbia. -E il fatto che una madre non accetti suo figlio solo perchè non è come vorrebbe Dio, e il fatto che un ragazzo si senta un estraneo a casa prorpia. Ecco, cos'è innaturale, questo. Non amare.- terminai serrando la mascella.
Mia madre cominciò a piangere tenendosi una mano sul petto.
-Perchè mi devi recare così tanto dolore?- chiese disperata. -Non potrò mai avere la gioia di vedere dei nipootini gironzolare per casa, verrò additata e perchè? Perchè tu dici di essere..- si bloccò facendo una smorfia disgustata. -Senti, tu sei solo confuso, vedrai che è solo un perdiodo. Passerà.- si avvicinò a me e mi posò le mani fresche sulle guance. Le scostai malamente.
-Sei tu che fai soffrire me. Non ti rendi neanche conto di quel che dici ma sai qual'è la cosa peggiore?- chiesi in lacrime. -Il fatto che tu non riesca a volermi bene come prima.- sibilai e abbandonai la stanza a grandi passi.
La solitudine pervase ogni fibra del mio corpo, avrei voluto tanto avere una madre come quella di Harry: che importa se con un uomo o con una donna? Lui comunque era stato felice. E lei lo aveva capito.
Quella non era mia madre. 

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Capitolo 16
*** Nuove cose ***


Salve a tutti! Ora che finalmente il mio computer è resuscitato posso procedere con la storia:) Mi dispiace che abbiate dovuto attendere così tanto ma questa volta non è stata colpa mia! Spero tanto che continuerete a leggere questa fanfiction!
Vi auguro un buon anno nuovo (in ritardisssssssimo ma vabbè) e ci tenevo a fare un ringraziamento speciale a _JK_ che mi ha lasciato una recensione davvero bellissima nell'ultimo capitolo! Grazie anche a tutti gli altri <3 .xx
 
 
 
 
 
 
 
Fissai il mio volto nello specchio del bagno. Socchiusi gli occhi e mi feci più vicino: dire che avevo un aspetto orribile era davvero un eufemismo. Ero a dir poco mostruoso quella mattina. Mi ero svegliato con i capelli tutti appiattiti a un lato e due occhiaie che mi arrivavano al mento e che facevano invidia ad un orsetto lavatore. Sospirai rassegnato e cercai di aggiustarmi quella massa arruffata e oscena che avevo in testa meglio che potei e poi uscii dal bagno sbadigliando.
-Buongiorno, splendore!- esclamò Doniya euforica saltandomi letteralmente tra le braccia. Come si faceva ad essere così allegri e pimpanti di prima mattina? Sarebbe rimasto per sempre un mistero.
-Hey, siamo di bonumore stamattina.- la strinsi delicatamente per la vita e sorrisi. Lei ridacchiò e sciolse l'abbraccio fissandomi con gli occhi che brillavano. 
-Già.- sospirò felice.
-E' successo qualcosa di emozionante?- domandai incuriosito da tutta quella ilarità.
-Mmh..no niente.- abbassò lo sguardo e arrossì. Le pizzicai le guance tra l'indice e il pollice e poi le sfiorai con i polpastrelli nel punto in cui si erano tinte di un rosa acceso.
-Non dovresti nascondere niente al tuo adorabile fratellino.- scherzai sorridendo appena. Doniya ridacchiò e mi diede un buffetto al braccio.
-Dai, ti do un passaggio, adorabile fratellino.- 
 
 
 
-Grazie, Doni ci vediamo a pranzo?- le domandai scendendo dalla sua auto. Lei si levò gli occhiali da sole e parve pensarci su.
-Oh, oggi no, sto con..un amico.- spiegò. -Invita qualcuno, così non stai solo.-
-Mmh mmh. Ciao, a dopo.- dissi e mi diressi verso il cancello della scuola. Negli ultimi giorni Doncaster era perennemente illuminata da un sole primaverile a dir poco bollente, così Paul, Waliyha e Safaa avevano deciso di fare una vacanzina sulla costa, a Blackpool. Perciò io ero rimasto con Doniya ma era come se fossi da solo dato che lei non era mai in casa. 
Mi levai la felpa e rimasi solo con la T-shirt: quella mattina il caldo era davvero soffocante.
-Hey, Zayn!- udii una voce in lontananza e socchiusi gli occhi alla ricerca del suo proprietario. Andy Stevens si sbracciava per farsi notare da me e con un sorriso mi faceva cenno di avvicinarmi al cappannello di ragazzi accanto a lui. Raggiunsi il gruppo ed Andy mi contornò le spalle con il braccio muscoloso.
-Ciao, ragazzi.- dissi e sorrisi. Le belle giornate mi rendevano quasi felice.
-Hey, Zayn!-
-Che si dice, Malik?-
Tutti i ragazzi mi salutarono con pacche sulle spalle e scherzosi palpeggiamenti al sedere. Io e LOuis ci scambiammo un cenno con la testa e un sorriso.
-Allora, sentite..- esordì Andy sorridendo eccitato a noi ragazzi. -Oggi è sabato, il giorno delle scintille che aspettiamo per tutta la settimana- gli amici ridacchiarono. -perciò ho deciso di dare una festa a casa mia. Alcool, ragazze, piscina e ancora ragazze e soprattutto niente genitori!- urlò selvaggiamente e mi strinse tra le braccia sollevandomi da terra. Scoppiarono tutti a ridere ed esultarono come barbari. Louis sembrava elettrizzato, sprizzava eccitazione da tutti i pori e gli occhi azzurri splendevano di una luce divertita. I nostri sguardi si incontrarono e all'unisono ci stringemmo nelle spalle e ridacchiammo.
-Ovviamente voi siete tutti invitati e siete liberi di portare con voi qualche deliziosa amichetta- strizzò un occhio verde-azzurro -e ,tralasciando gli sfigati, inviterò la maggior parte della scuola.- ci informò senza perdere l'entusiasmo. La casa di Andy non poteva neanche essere definita una casa, tanto era grande. Poteva essere definita un hotel ad almeno 5 stelle talmente era immensa e bella e poi, da quanto sapevo, lui era piuttosto bravo ad organizzare le feste. Louis una volta me ne aveva parlato. "Dovresti vedere le feste che organizza a casa sua!" aveva esclamato eccitato come una ragazzina. "Sono un vero spettacolo!". 
-Tomlinson!- esclamò poi. Louis lo fissò aspettando che continuasse a parlare. -Tu potresti cantare.- si aprì in un sorriso ampio e stupefacente, immaginandosi, probabilmente, la voce di Louis risuonare tra le mura del suo palazzo.
-Ci sto, amico.- accettò lui e battè il suo pugno contro quello dell'amico.
-Ok, perfetto, comunicherò della festa agli altri della scuola durante la ricreazione in sala mensa.-
 
 
 
 
Per l'ennesima volta, feci uno sforzo immane per far sì che le palpebre, estremamente pesanti, non mi calassero sugli occhi. Mi pizzicai un braccio nel tentativo di svegliarmi un pò ma niente, mi stavo lentamente addormentando. Era quasi inquietante il fatto che non riuscissi a stare sveglio, che non riuscissi a impormi di non addormentarmi. Comandavo io, giusto? E allora perchè il mio corpo sembrava stesse dendo retta ad un alto cervello (che non era di certo il mio)?
Provai a bere un pò d'acqua ma rischiai di cadere nel sonno mentre bevevo. Sobbalzai spaventato. Avrei potuto morire affogato! Ridacchiai sommessamente al pensiero che qualche settimana prima non mi sarebbe dispiaciuto affatto porre fine alla mia vita, anche con una morte così stupida. Morto annegato perchè colto dal sonno mentre beveva da un'innoqua bottiglietta d'acqua. 
Ridacchiai ancora e scossi la testa, stroppicciandomi un occhio. Che stessi guarendo dalla depressione? Contrassi la mascella. Una parte di me si impose di non illudersi, ma l'altra saltò di gioia a quel pensiero. Eppure, ero convinto che la lontananza da Louis mi avrebbe fatto solo peggio. Invece tutto procedeva sempre meglio. Lui mi mancava, sempre, costantemente ma il rapporto che avevamo adesso non mi dispiaceva. Certo, non era abbastanza e in certi momenti questo mi faceva soffrire, ma almeno c'era. Non era tutto finito, non ci ignoravamo. Ad un occhio esterno e distratto saremmo potuti apparire come due buoni amici. Ed io lo accettavo. Tutto, pur di non perderlo.
Mentre la mia mente correva libera tra pensieri, speranze e fantasie, un bigliettino piegato in quattro mi colpì alla testa e si adagiò sulla superficie liscia e bianca del mio banco. Sobbalzai e mi voltai alla mia sinistra, verso il mio compagno di banco, che era tornato ad essere Louis, e lo fissai con sguardo interrogativo. Lui alzò le soppracciglia e sbuffò, indicando con gli occhi il biglietto. Lo aprii e lessi le poche parole scritte con la sua calligrafia familiare, ordinata e tondeggiante.
"Che c'è che ti fa ridere tanto?;)" c'era scritto. LO fissai, stupito che si fosse accorto delle mie impercettibili e rare risatine e lui mi sorrise con aria divertita.
"Niente, pensavo." scarabocchiai sotto la sua domanda. Non potei fare a meno di provare un leggero moto di invidia nei suoi confronti: la mia calligrafia era disordinata e nervosa, praticamente illegibile. Lui era più bravo di me in tutto, anche nelle cose più banali. 
Ripiegai il bigliettino e, senza farmi vedere da quella sottospecie di cietaceo enorme spappolato sulla cattedera, meglio conosciuto come Prof. Patterson, lo feci scivolare verso il banco di Louis.
Lui lo aprì quasi impaziente con ancora un sorrisetto allegro sulle labbra che poi sparì subito dopo aver letto la mia risposa insoddisfaciente. Afferrò la sua bic verde e scrisse velocemente una risposta, dopodichè mi ripassò il biglietto.
"Mmh, ok e cerca di stare sveglio, la grassona ti fissa di continuo!!!" lessi. Mi morsi un labbro e cercai di respirare profondamente ma non riuscii a trattenermi e scoppiai in una rumorosa e potente risata che fece voltare tutti, compresa la grassona, ovvero la professoressa. 
Louis mi fissava con uno sguardo tra il confuso e l'ammaliato con un sorriso stupito dipinto sulle labbra sottili.
-Malik, cosa c'è di così tanto divertente nel Romanticismo? Faccia divertire anche noi.- mi rimproverò il cetaceo fissandomi infastidita da dietro i minuscoli occhiali dalla montatura tonda.
-Guarda,- bisbigliò LOuis con una mano davanti alla bocca per non farsi sentire da nessuno oltre me, mentre ancora ridacchiavo ed ero scosso da sussulti. -sembra che anche il suo doppio mento ti stia fissando con degli occhietti malefici!- scoppiò in una risatina verso la fine della sua battuta ed io mi rigettai in una'altra risata senza fine, asciugandomi le lacrime dagli occhi e piegandomi in due dal dolore agli addominali. La mia mente, in quell'insolito momento, era un subbuglio disordinato e rumoroso di pensieri, tutti in contrapposizione tra loro: alcuni erano estremamente divertiti per ciò che diceva Louis, altri erano spaventati per la punizione che avrei subito per aver disturbato la lezione, altri ancora erano doloranti dato che avevo la pancia a pezzi per aver sforzato così tanto gli addominali ridendo, altri invece erano esterreffatti. Da quant'è che non ridevo così? Avevo dimenticato quanto fosse bello e liberatorio ridere. In quel momento potei dire di essere felice davvero. Semplicemente felicee spensierato.
-Malik, si può sapere che le prende? Sto per sbatterla fuori dalla classe.- mi avvertì furiosa. Avrei tanto voluto smettere di ridere ma mi era davvero impossibile e, cosa ancor più grave, Louis non era affatto d'aiuto: non faceva altro che prenderla in giro e fare battute su ogni cosa uscisse dalla sua bocca.
-Uuuh, hai sentito, Zayn?- chiese Louis con voce suadente. -Vuole sbatterti fuori dalla classe! Che cosa sexy. Soppravviverai o verrai inglobato nel suo lardo strabordante?- sussurrò malizioso. Mi alzai di scatto dalla sedia, tenendomi la pancia con una mano e indicando con l'altra la porta. Sperai che la prof capisse che la mia era una muta richiesta disperata di uscire dalla classe. 
-P-posso..- provai a dire, ma un fiume di risate mi interruppe ancora.
-Fuori di qui!- tuonò lei. Mi precipitai, tra le risate, fuori dall'aula e mi poggiai al muro. Louis mi seguì e si posizionò di fronte a me con aria divertita. Il corridoio era deserto e la mia risata rimbombava in modo assurdo tra le pareti.
-Dio, non respiro..- gracchiai. Louis mi afferrò il viso con entrambe le mani.
-Zayn, basta. Se continui a ridere finirai per farti scoppiare una vena!- esclamò sorridendo leggermente. Chiusi gli occhi e feci dei respiri profondi. La parte di me che ancora pensava a Louis di notte e immaginava di baciarlo, rabbrividì e annegò lentamente nella sensazione che le mani fredde di Louis poggiate sulle mie guance mi provocavano. 
Stemmo in silenzio per un pò, in attesa che mi calmassi del tutto. Quando ogni traccia delle risate cessò, aprii gli occhi, incontrando i ghiacci azzurri di Louis.
-Non farlo più.- mormorai.
-C-che cosa?- sembrò spaesato, intimidito dalle mie parole.
-Farmi ridere così tanto.- gli spiegai. Lui sorrise e non diede segno di voler levare le sue mani dal mio viso. Distolsi lo sguardo e ne afferrai una con le dita, come se fosse fragile e preziosa. La levai dalla mia gota accaldata e la tenni per qualche secondo stretta alla mia, poi la lasciai andare, come avevo fatto con lui tempo prima.
-Ehm..- Louis si schiarì a disagio la voce e portò anche l'altra mano in tasca. -Dovremmo andare in mensa, tra poco Andy annuncerà la sua festa.- disse guardandosi i piedi e grattandosi la nuca.
Annuii.
 
 
 
 
 
-Si sente?- la voce alta di Andy sovrastò il chiacchiericcio dei ragazzi nella mensa. Picchiettò con un dito contro l'altoparlante e lo avvicinò alle labbra, distese in un sorriso. -Buongiorno, scuola!- tuonò. Gli studenti esultarono, alcuni lo salutarono con un "Sei grande, Stevens!", altri lo mandarono elegantemente a farsi fottere. 
-Come tutti vi sarete accorti, oggi è sabato, perciò..- si bloccò e fissò gli studenti che ,in silenzio, aspettavano che proseguisse a parlare, con un sorriso quasi inquietante stampato in faccia. -voglio che tutti voi basterdelli trasciniate le vostre chiappe regali a casa mia stanotte per divertrvi a quella che sarà la festa più bella della storia!- gridò alzando un braccio al cielo (il soffitto della mensa) come un divo del rock davanti al suo pubblico. La mensa si riempì di un esulto unico e frastornante che mi ruppe un timpano. -Ah e ovviamente,- continuò Andy con voce vellutata e sguardo angelico. -gli sfigati non sono assolutamente invitati!. Ci vediamo stasera alle 10, amici miei!- concluse sorridendo ancora. Gli sarebbe venuta una paralisi facciale con tutti quei sorrisi. Quel ragazzo era davvero vanitoso ed egocentrico.
-Tu ci vai?- domandò Louis al mio fianco. Mi strinsi nelle spalle e incrociai il suo sguardo.
-Sì, penso di sì.- risposi annuendo.
-Mmh, come mi vesto?- mi chiese aggrottando le sopracciglia. Ridacchiai e gli posai una mano sulla spalla. 
-Senti, ti va di venire a pranzo da me? Sono solo a casa. Così decidiamo anche come vestirci per la festa.- proposi. Il quel momento però mi resi conto che forse non era stata la migliore delle mie idee invitarlo a casa mia. Magari avrebbe pensato che mi stessi illudendo che saremmo tornati insieme e avrebbe cominciato a spiegarmi che non sarebbe potuto succedere, avrei sofferto e il suo atteggiamento nei miei confronti sarebbe tornato freddo e distaccato. Mi feci prendere dall'ansia e cominciai a mangiucchiarmi nervosamente un'unghia.
-Sì, perchè no?- rispose tranquillamente Louis, con mia grandissima sorpresa.
-B-bene allora. Hai la macchina, sì?- domandai. Lui fece l'occhiolino e mi diede una scappellotto dietro la nuca.
-Certo, sciocchino.-
 
 
 
 
 
 
-Zayn, sei un pessimo cuoco.- affermò schietto Louis punzecchiando con la forchetta la massa collosa di pasta col sugo nel suo piatto. Alzai lo sguardo dalla mia porzione ormai quasi finita.
-Fà così schifo?- chiesi a bocca piena. Avevo talmente fame che non avevo neanche sentito il sapore degli spaghetti che avevo cucinato, preso com'ero ad ingozzarmi.
-Decisamente, sto per vomitare.- rispose schifato, allontanando il piatto da se. Sospirai un pò in imbarazzo.
-Potrei cucinarti..- cominciai a dire mentre, nella mia mente, scorrevano tutte le immagini in cui Paul provava ad insegnarmi a cucinare qualcosa ed io rispondevo con un "Chi se ne importa. Non mi servirà mai a niente saper cucinare". Oh, come mi sbagliavo.
-No, tu non cucinerai nient'altro!- m'interruppe alzando un dito. -Tu mi darai il numero di una pizzeria e il sottoscritto ordinerà una dozzina di pizze perchè sta davvero morendo di fame perchè tu non sai cucinare.- mi ordinò isterico. Inghiottii il boccone e mi pulii la bocca con la tovaglia.
-Sei a casa mia e detti legge?- domandai fingendomi arrabbiato. Lui alzò gli occhi al cielo ed incrociò le braccia sul petto. -E non è nemmeno tanto carino da parte tua farmi notare che sono una frana in cucina!- mi finsi offeso e gettai i suoi spaghetti ormai freddi e appiccicati tra loro nella spazzatura.
-Quando ho fame divento nervoso.- si giustificò stringendosi nelle spalle ampie. -Dai prendiamoci una bella, invitante e commestibile pizza!- propose sorridendo come un bambino. Non mi sarei sorpreso se in quel momento avesse cominciato a saltellare per tutta la casa e a battere le mani tutto contento.
Digitai il numero di una pizzeria sul telefono e Louis ordinò ciò che voleva.
 
 
 
 
 
 
Tre pizze e un quarto dopo, Louis si getò sul divano con un'espressione sofferente sul volto e tenendosi la pancia con una mano.
-Oh, dannazione, Zayn!- strillò ancora più isterico.
-Che c'è?- chiesi distrattamente, mentre le mie dita correvano veloci sullo schermo del mio cellulare.
"Stasera c'è la festa di Andy. Io vado e tu?" avevo scritto a Brianna. Avevo cominciato a considerarla come una migliore amica anche se, ogni tanto, ci incontravamo tra le lenzuola. Adoravo il modo in cui mi faceva stare bene e vedere la vita in un modo tutto diverso e facile. Sorrisi immaginandola mentre correva da una parte all'altra della sua stanzetta, che profumava di confetti e bucato, che si disperava e che continuava a ripetere che non aveva niente da mettersi.
-Zayn sei un vero idiota.- continuò Louis, non smettendo un attimo di lamentarsi. Sollevai gli occhi dal cellulare e lo fissai con un sopracciglio sollevato.
-Qual'è il problema, sua maestà?- domandai facendo un inchino teatrale.
-Avresti dovuto fermarmi e impedirmi di mangiare tre pizze.- piagnucolò gesticolando freneticamente. Mi lasciai scappare una risatina.
-Ma l'ho fatto.- risposi. -E tu mi hai morso una mano!-
Louis scosse la mano e distolse lo sguardo.
-Che ore sono?- chiese coprendosi il viso con una mano.
-Le 3.- risposi fissando malinconico l'orologio.
-Manca un'eternità alla festa!- riprese a lamentarti.
-che ti va di fare?- gli domandai.
-Usciamo un pò?- propose.
-Va bene. Vado a cambiarmi.- dissi e mi defilai.
Due minuti più tardi tornai in salotto e afferrai il cellulare e le chiavi di casa.
-Bè, andiamo?- Mi voltai verso Louis e gli angoli delle mie labbra si piegarono all'insù. Louis dormiva profondamente sul divano di casa mia, con una mano tra i capelli scompigliati e le labbra dischiuse a formare una "o". Corsi nella mia camera e tornai da lui con un plaid azzurro. Lo adagiai sopra di lui e gli carezzai i capelli lisci e morbidi. Mi sentii tanto una mamma ma non ci pensai e, con la scusa stesse dormendo, mi sedetti a terra e presi a guardarlo, in ogni suo dettaglio, in ogni neo, ogni dettaglio più piccolo. All'improvviso, la sua espressione, da beata e riposata, si fece ansiosa e corruciata.
-No..- mormorò rigirandosi e stringendo tra le dita affusolate la coperta. Tesi l'orecchio e lo osservai estasiato. -Troppe pizze..- si lamentò. Ridacchiai e gli carezzai una guancia.
Troppo presto, però, i miei occhi cominciarono lentamente a chiudersi, stanchi e insonnoliti. Lottai con tutte le mie forze per non addormentarmi, volevo continuare ad ammirare il viso angelico di Louis, ma il sonno fu più forte di me.
 
 
 
 
 
 
La vibrazione forte e insistente nella tasca dei miei jeans mi fece svegliare da un sonno splendido e riposante. Alzai e il busto e mi guardai in torno: era sul pavimento. Avevo dormito lì, al freddo. Rabbrividì e guardai Louis, ancora tra le braccia di Morfeo, al caldo sul divano. 
Sospirai e gli rimboccai le coperte, afferrai il cellulare e lessi i due messaggi che mi erano arrivati da Brianna.
"Wow, la festa di Andy Stevens! Ci vengo sicuramente:)" c'era scritto nel primo.
"Oddio, Zayn devi aiutarmi. COSA MI METTO?" diceva il secondo. Ridacchiai e digitai velocemente una risposta. 
Mi stiracchiai e lo sguardo mi cadde sull'orologio: segnava le 9. Mi grattai la testa, avevamo dormito davvero tanto. Andai da Louis e lo scossi dolcemente.
-Lou, sono le 9. Dobbiamo prepararci per la festa.- mormorai il più dolcemente possibile. Lui mugugnò frasi incomprensibile e poi aprì di scatto gli occhi arrossati di un azzurro vivido e liquido. Si alzò dal divano con un movimento fulmineo, come una molla e puntò le sue iridi estremamente chiare su di me, fissandomi con un sorriso sornione sulle labbra.
-Mi sento benissimo! Andiamo a farci belli!- cinguettò prendendomi per un gomito e correndo per le scale verso camera mia.
 
 
 
 
 
 
 
-Dici che, se venisse fatto un concorso o una statistica sui ragazzi più fighi della festa, io potrei risultare almeno fra i primi dieci?- mi domandò Louis con le mani strette sul volante e con lo sguardo che alternava dalla strada a me. Mi voltai lentamente verso di lui divertito ma, vedendo la sua espressione seria e concentrata sul volto delicato, capii che non stava affatto scherzando. Era fuori di testa.
-Oh, ma certo.- risposi guardando fuori dal finestrino. Il punto era che per me sarebbe stato sempre lui il più bello di tutti.
Lui sorrise soddisfatto dalla mia risposta e mi carezzò una spalla.
-Anche tu finiresti tra i primi. Anzi, forse saresti il primo.- mormorò serio e nell'auto si respirò immediatamente un'aria tesa e imbarazzata.
Ci schiarimmo la voce in simbiosi e Louis si finse improvvisamente molto interessato alla strada che stava percorrendo.
D'improvviso, in lontananza ma neanche così lontano, udimmo la musica proveniente sicuramente dalla casa di Andy.
-Cazzo, siamo arrivati, Zayn!- urlò felice Louis e si aprì in un sorriso a sessantacinque denti. Parcheggiò lì vicino e scendemmo dalla macchina respirando l'aria calda della notte. Il caldo non ci abbandonava neanche quando non c'era più il sole.
Insieme, ci incamminammo verso l'ingresso che trovammo socchiuso. Louis alzò le spalle e lo spinse in avanti.
Il mento mi rotolò sul petto dallo stupore. Quella non poteva essere una casa, avevamo sicuramente sbagliato indirizzo. Quella doveva essere assolutamente una di quelle discoteche enormi e fantastiche che solo i più ricchi si potevano permettere. Oltre ad esserci praticamente il mondo lì dentro, l'ambiente era illuminato da luci intermittenti colorate e un enorme televisore trasmetteva una partita di calcio della Play Station 3. In fondo alla stanza notai un chilomentrico tavolo rettangolare completamente pieno di bottiglie di alcolici e punch. Tutti ballavano, si strusciavano e certi si baciavano in gruoppo. Sembrava tutto zozzo e divertente. Ripensai alle mie innumerevoli serate nelle discoteche di Bradford prima che i miei morissero. Scossi la testa e fissai la bolgia di gente di fronte a me.
Mi voltai verso Louis che aveva gli occhi che gli scintillavano dall'emozione e un sorriso enorme sulle labbra.
-Bè, io direi di entrare..- disse come in trance. Annuii e ci trascinammo dentro, avvolti da un odore pungente di alcool e sudore.
-Ciaaao, ragazzi!- ululò Andy appena ci vide, già ubriaco fradicio.
-Andy.- dicemmo in coro io e Louis.
-Che ne pensate?- urlò per farsi sentire, indicando la stanza intorno a se.
-Festa incredibile, come tutte le altre!- rispose Louis dandogli una pacca sulla spalla. Lui sorrise e barcollò un poco verso di me, circondandomi le spalle con un braccio.
-Zayn..- disse a voce alta vicino al mio orecchio. Un forte odore di vodka alla fragola mi invase le narici e mi sorpresi a gradirlo. -Tu sei un animale da rimorchio, amico mio.- affermò e scoppiò a ridere senza un motivo apparente. Risi anch'io, divertito dalla scioltezza delle sue parole che sapevano solo di alcool. -Facci vedere chi sei.- disse infine e mi diede un paio di pacche sulla schiena.
-Hey, Andy tesoooro!- Una ragazza alta e magra, con un vestitino stretto fuxia si avvicinò barcollando a lui in compagnia di un ragazzo più sbronzo di lei. Abbracciarono Andy e gli scoccarono un bacio sulle guance.
-Ragazzi, loro sono i miei genitori.- annunciò il ragazzo. Se avessi avuto dell'acqua in bocca l'avrei sicuramente sputata dallo stupore. Che cosa?! Quelli, i suoi genitori?!
Louis li salutò cordiale con la mano come se fosse la cosa più naturale del mondo che i genitori di colui che aveva dato la festa fossero degli invitati e poi si mischiò tra la folla mormorando un "A dopo."
-Salve.- dissi e loro mi sorrisero con le palpebre pesanti quasi del tutto abbassati sugli occhi. Se Andy non mi avesse detto che quelli erano i suoi genitori, li avrei scambiati per adolescenti come noi.
-Non avevi detto che i genitori non ci sarebbero stati?- gli domandai ad un orecchio. Lui rise e scosse la testa.
-I genitori degli altri, non i miei!- esclamò e, ballando, mi lasciò solo.
Mi diressi al bancone, ridendo quando le ragazze prendevano a strusciarmi addosso, e mi versai un bicchieri di vodka alla pesca. Lo buttai giù tutto d'un sorso e poi ne bevvi altri tre. Mi sentii subito più allegro e senza pensieri, così mi versai un bicchiere di punch e mi avvicinai alla ragazza pi bella che avessi mai visto.
-Ciao, Brianna.- le sussurrai ad un orecchio. Lei si voltò e si aprì in un sorriso abbagliante.
 
 
 
 
 
 
 
 
Mi asciugai il sudore dalla fonte e ripresi a ballare, con la musica che mi rimbombava nel petto e con gli schiamazzi della gente che mi circondava nelle orecchie. Mi stavo esibendo in un balletto hip-hop improvvisato e ovviamente ero una frana.
-Vai Zayyyn!- urlò Brianna avvicinandosi e baciandomi in modo tutt'altro che casto. Le accarezzai la schiena e poggiai la fornte sulla sua, con il petto che andava su e giù velocemente.
-Fine del ballo.- urlai ai miei "spettatori" ubriachi. Erano ormai due ore che ballavo interrottamente, avevo diritto anch'io ad un pò di riposo. 
-Quello è il mio amico!-  si vantò Louis sollevandò il bicchiere che teneva in mano in aria e sorridendo viscido ad una ragazza mezza nuda.
-Vieni.- mi disse Brianna prendendomi per mano e trascinandomi al piano di sopra. Io e Louis ci fissammo per una manciata finchè lui non mi mandò un bacio. Io sorrisi e gli mostrai la lingua.
Andammo all'aperto, sul tetto e ci sedemmo vicini a smaltire la sbronza respirando l'aria pulita e fresca.
-Questa festa è uno sballo.- ridacchiai.
-Già.- assentì Brianna sorridendo dolcemente. Giocherellai con uno dei suoi ricci dorati e lo arrotolai in un dito, sorprendendo della velocità con cui tornava ad essere un boccolo perfetto quando lo lasciavo andare. Per un pò andai avanti così, finchè lei si voltò verso di me e mi investì con la potenza delle sue iridi verdi. La ammirai per quelli che mi sembrarono dieci minuti e pensai che era davvero stupenda, poi lei parlò.
-Zayn?- soffiò vicino al mio viso. Il suo alito profumava di limone e alcool. Chiusi gli occhi e inspirai a pieni polmoni. Le orecchie mi fischiavano e la testa mi doleva forte.
-Sì?- sussurrai senza aprire gli occhi.
-Tu mi ami?- domandò di getto carezzandomi le palpebre con i polpastrelli.
"E' ubriaca. E' solo ubriaca".
"Le persone ubriache dicono sempre la verità".
Corrugai le sopracciglia e aprii la bocca per rispondere ma due mani ci spinsero da dietro e cademmo nel vuoto. Non feci in tempo a realizzare che stavo cadendo da un tetto e da chissà quale altezza, che atterramo con un tonfo in acqua. Riemersi confuso e mi guardai intorno: io e Brianna ci trovavamo nella piscina calda di Andy. Scoppiai a ridere e mi unii all'urlo divertito generale. Brianna uscì dall'acqua e sparì tra la folla. Feci per seguirla ma Andy e altri ragazzi mi presero sulle spalle come avessi vinto una gara importante.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Erano forse ore che cercavo Brianna ma ero così confuso che talvolta me ne dimenticavo e mi ritrovavo a ballare con ogni ragazza mi passasse davanti.
A un certo punto due mani mi fecero voltare e incontrai gli occhi stravolti di Louis.
-Ti diverti eh?- mi chiese, parlandomi ad un orecchio.
-Parecchio.- urlai per sovrastare la musica assordante.
-Balli?- mi domandò ma riuscii a leggerere solo il labbiale. Piegai il capo a un lato e lo osservai per una miriade di secondi.
-No.- dissi poi e feci per andarmene ma lui mi afferrò per un gomito e mi trascinò in cucina. Non c'era nessuno, era deserta. Se Louis avesse voluto uccidermi, l'avrebbe potuto fare in tutta tranquillità, tanto nessuno mi avrebbe sentito.
-Perchè non balli con me?- domandò offeso. -Cos'ho fatto?- i suoi occhi si riempirono di lacrime.
-Louis..niente..mi scoppia la testa.- dissi massaggiandomi le tempie. Lui bevve l'ultimo sorso del suo mohito e mi si fece più vicino, schiacciandomi tra la parete e il suo corpo.
Passò lentamente la sua lingua sul contorno del mio labbro superiore e poi sorrise.
-Ah, mi era mancato questo sapore.- disse. Io gli morsi il labbro fino a farlo sanguinare e potei sentire il sapore di metallo sulla lingua, lui gemette.
-Domani mi dimenticherò anche di questa festa.- pensai ad alta voce.
-Ma non di me. Non puoi. Non puoi dimenticarti di me, Zayn.- e le nostre labbra si unirono, come due atomi attratti l'uno dall'altro.
 
 
 
 

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Capitolo 17
*** Complicazioni amare ***


 
Aprii un occhio e cercai di capire in quale luogo strano e puzzolente mi trovassi. Capii di trovarmi su un divano solo quando riuscii ad inquadrare per bene la sua figura. Avevo un sapore terribile in bocca e la testa continuava a girare, a girare ininterrottamente. Provai a muovermi ma qualcosa me lo impedì: alzai lo sguardo e incontrai il corpo abbandonato nel sonno di Zayn che giaceva dalla parte opposta del divano, tutto raggomitolato su se stesso. Mi misi seduto e mi passai una mano sul viso, sbadigliando rumorosamente. Sorpassai qualche persona distesa per terra e mi diressi lentamente nella cucina della casa di Andy. Sussultai e soffocai un grido in gola quando notai una testa riccia nascosta in un angolo della stanza.
-Hey?- gracchiai con la voce impstata dal sonno. La ragazza sobbalzò e voltò di scatto la testa nella mia direzione, fissandomi con gli occhi verdi sgranati e con qualche lacrima che le bagnava il viseo roseo.
-Arianna?- chiesi confuso, grattandomi la testa. Lei aggrottò le sopracciglia e il suo petto venne scosso da un singhiozzo.
-Brianna.- mi corresse con voce tremante.
-Oh, sì giusto..-mormorai. -Allora, che ci fai qui tutta sola a piangere?- 
Brianna assunse improvvisamente un'aria quasi disgustata e mi fissò innervosita da sotto le ciglia fitte e lunghe.
-Che c'è? Vuoi baciarmi un'altra volta?- domandò tagliente, alludendo alla mattina in cui l'avevo baciata per mettere a repentaglio la sua relazione con Zayn. Indietreggiai impercettibilmente e rimasi in silenzio, sentendomi quasi in colpa. 
-Senti, lasciamo perdere, ok? Tanto sicuramente nemmeno te lo ricordi..- disse e spostò lo sguardo dinnanzi a se.
-Mi ricordo.- replicai serio. Brianna tornò a guardarmi, quasi sorpresa stavolta.
-Perchè stai piangendo?- le chiesi avvicinandomi. Lei sospirò e si asciugò le lacrime.
-Non credo t'interessino tanto le lamentele di noi ragazze..- spiegò e un sorriso triste le attraversò velocemente le labbra color lampone. Immaginai quelle piene di Zayn che si aggincevano a baciarle dolcemente. Scossi la testa e mi sedetti accanto a lei.
-Oh, ti sbagli, io sono piuttosto bravo ad ascoltarvi e a darvi consigli.- le sorrisi incoraggiante. Lei ridacchiò piano e si spostò un boccolo dietro le spalle. Rimase una manciata di secondi in ssoluto silenzio rotto solo dai nostri respiri regolari. Poi le sue labbra a cuore si dischiusero.
-E' per Zayn.- mormorò, sollevando lo sguardo come spaventata dalla reazione che avrei potuto avere alle sue parole. Dentro me, sussultai. Fuori, non lasciai trapelare nessuna emozione, neanche la gelosia che in quel momento mi stava letteralmente divorando.
-Ah..e,e perchè? Che è successo?- chiesi cercando disperatamente di apparire indifferente alle sue parole e di non farle notare quanto fossi curioso. Lei sembrò non accorgersi di niente.
-Non lo so è che..ci frequentiamo da un pò- le sue iridi verdi si posarono sulle mie. Abbassai lo sguardo. -ed io..bhè..-
-Ne sei innamorata?- domandai di getto, senza neanche accorgermene. Brianna distolse lo sguardo e cominciò a torturarsi le dita sottili.
-Non ha importanza.- bisbigliò.
-Sì, sì che ha importanza!- mi alterai. La sua espressione si fece sbalordita. -I tuoi sentimenti hanno importanza.- dissi poi carezzandole una spalla. La ragazza sospirò e mi fissò tristemente.
-Io..credo di sì.- mormorò. Il mio cuore sussultò e chiusi gli occhi. -Ma lui..sembra che non gli importi niente di me.- continuò. -Sembra sempre in un altro mondo, con la testa per aria. Spesso devo chiamarlo più volte per far sì che mi presi attenzione anche per poco.- si sfogò demoralizzata.
Sospirai e mi tappai il viso con le mani.
-Tu che ne pensi?- mi chiese timidamente. Pensai a qualcosa da dirle ma non mi venne in mente niente perciò mi alzai da terra e andai a bere un bicchiere d'acqua.
-Voi siete molto amici, ti ha detto qualcosa?- continuò. Mi voltai verso di lei e scossi la testa.
-Noi non siamo amici.- ruggii. Brianna mi fissò smarrita e confusa con le labbra socchiuse a formare un "o" muta e rosa.
-C-come no?-
-Senti, è una storia lunga. Non ci pensare, ok? Sono sicuro che Zayn saprà darti una risposta migliore di quella che potrei darti io. Parlaci, chiedigli cosa prova per te.- le suggerii tra i denti mentre la mia mano destra si stringeva in un pugno.
-Ma gliel'ho già chiesto ieri!- protestò sollevando le braccia e facendole ricadere subito dopo lungo i fianchi.
-E quando?- domandai sollevando un sopracciglio. -Quando era ubriaco fradicio e non si ricordava nemmeno il suo nome?-
Brianna sospirò e abbassò lo sguardo. IO girai i tacchi e tornai in salotto, più nervoso che mai.
-Louis.- una voce alle mie spalle mi fece sobbalzare. Mi voltai e incontrai gli occhi assonnati e incredibilmente dolci di Zayn. Subito mi calmai e mi aprii in un sorriso.
-Ciao.- sussurrai e gli carezzai una spalla scendendo poi lungo tutto il braccio. Gli angoli delle sue labbra si curvarono all'insù e poi sbadigliò, stiracchiandosi.
-Dormito bene?- domandai.
-Mmh..- mugugnò. -Non come avrei voluto.- Sbadigliò ancoa, contagiando anche me.
-Ti sei divertito ieri?- chiesi ancora. Zayn si massaggiò le tempie con due dita e poi si strinse nelle spalle.
-Non ricordo molto, in realtà..- rispose.
-Senti, di là c'è Brianna in lacrime. Dice che non t'importa di lei.- lo informai. osservai il suo viso diventare, da sereno e tranquillo, a confuso e preoccupato.
-Cosa?!- esclamò. Io annuii e fissai il nocciola scintillante dei suoi occhi. 
-E l'ha detto a te?- chiese sollevando le sopracciglia folte. Annuii ancora, alzando le spalle.
-Maledizione..- borbottò passandosi una mano sulla fronte.
-Sembrava davvero triste.- pensai ad alta voce. Sembrò quasi che Zayn stesse per scoppiare in lacrime da quanto  il suo viso si fece mortificato.
-Davvero?- domandò dispiaciuto. Annuii per la terza volta. Lui girò su se stesso e poi tornò di fronte a me, infilando le mani nelle tasce dei suoi pantaloni beige.
-Tu..tu la ami?- chiesi timidamente, abbassando lo sguardo. Lui non rispose ma percepii il suo corpo e il suo viso farsi più vicini, il suo respiro abbattersi piano sul mio collo e un leggero odore di alcool insinuarsi nelle mie narici.
-Non si possono amare due persone contemporaneamente.- disse a bassa voce. Alzai lo sguardo e lo fissai con gli occhi sgranati, mentre una parte di me, su di giri,realizzava che magari, quella persona che Zayn amava davvero, sarei potuta essere io, finchè lui, indietreggiando, si allontanò da me e sparì in una stanza.
 
 
 
 
 
Quel pomeriggio rientrai a casa distrutto emotivamente e fisicamente. Mi trascinai in cucina e trovai un enorme torta al cioccolato sul bancone. Aggrottai le sopracciglia: mia madre cucinava le torte solo quando c'erano ospiti. Mi strinsi nelle spalle e ne tagliai una fetta, ingurgitandola in meno di venti secondi. 
Con ancora la bocca piena, mi diressi in salotto e fu un miracolo che non svenni. A casa mia, nel mio divano, nella stessa stanza in cui mi trovavo in quel momento, vicino a mia madre era seduta Eleonor con una minigonna verde fin troppo familiare per me, i capelli scuri e mossi liberi sulle spalle e con una fetta di torta mezza mangiata tra le mani.
-Louis, caro finalmente!- esordì mia madre aprendosi in un enorme sorriso. La fissai sconvolto, senza preoccuparmi di nascondere la mia sorpresa verso il suo atteggiamento nei suoi confronti. Da quando era così dolce e accogliente con me? Da quando le avevo confessato di essere gay, a malapena mi salutava quando mi incrociava per casa, a malapena mi guardava. E adesso, perchè quella scenetta della famigliola perfetta? Di un rapporto madre e figlio forte e amorevole?
Non risposi e la fissai con disgusto.
-Ho invitato Eleonor, sai le ho detto che l'alta volta stavi poco bene perciò..- mi guardò intensamente per farmi capire la sua bugia e reggerle il gioco.
-Veramente, è da più di un anno che non mi ammalo.- annunciai soddisfatto sorridendo raggiante e sedendomi rumorosamente sulla poltrona.
Mia madre ridacchiò nervosamente e mi lanciò un'occhiataccia.
-Ti va del the, dolcezza?- chiese gentilmente ad Eleonor. Lei le sorrise leggermente e scosse la testa.
-No, grazie. Credo sia meglio andare.- disse con la voce vellutata. Si alzò dal divano e il suo sguardo sgusciò per un attimo verso di me, poi volò via.
-Ma no, che dici! Resta qui con noi! Ci fa davvero piacere rivederti, vero Louis?- si voltò verso di me e mi fissò in cagnesco. Eleonor aspettò una risposta a disagio.
-Oh, ma certo, fa sempre piacere rivedere la propria ex piombare così in casa!- esclamai ironico. Mia madre spalancò gli occhi chiari e la bocca e mi fissò quasi con disgusto, Eleonor invece chiuse gli occhi e le sue labbra tremarono.
-Arrivederci, signora. Grazie per la torta.- disse con voce tremanete e uscì a grandi passi da casa mia senza degnarmi nemmeno di uno sguardo.
-Sei contento?!- sbraitò mia madre con le lacrime agli occhi, indicando la porta di casa. -L'hai ferita, Louis!- mi accusò.
-L'hai ferita più tu oggi di quanto possa aver mai fatto io.- la incolpai. Lei si guardò intorno, terribilmente a disagio.
Colpita e affondata.
-Almeno io l'ho lasciata per un buon motivo e basta, non le sono più ronzato intorno. Le persone si lasciano tutti i giorni, è normale: capita.- cominciai alzandomi dalla poltrona e gesticolando. -Ma tu l'hai illusa che io volessi rincontrarla e magari toprnarci insieme. Basta, mamma, questa non è la tua vita. Non puoi decidere al posto mio, faccio ciò che voglio. Non ho più due anni.- conclusi stranamente calmo.
Lei rimase in silenzio a fissarmi con gli occhi annacquati e privi di vita.
-Ah è così? Fai ciò che vuoi? E'la tua vita?- domandò freddamente. Non mi mossi e un brivido mi percorse la schiena.
-Bene, allora vai fuori da casa mia e non tornare mai più.- annunciò e percepii la temperatura della stanza abbassarsi improvvisamente di parecchi gradi.

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Capitolo 18
*** Tra tutti i misteri del mondo, il più oscuro era sicuramente lui ***


 
 
Hola a tutti:)) volevo solo ringraziarvi per il vostro supporto, per tutti i complimenti e per le recensioni! Grazie mille, apprezzo molto il fatto che non mi abbiate abbandonato nemmeno dopo quell'abissale ritardo nel postare i capitoli <3 grazie grazie e grazie, buona lettura.xx
 
 
 
 
 
 
Spalancai di getto la porta di casa e la sigaretta che stringevo tra le labbra mi cadde a terra alla vista di due enormi occhi azzurri colmi di lacrime.
-Louis.- dissi sbalordito poggiandogli una mano sulla spalla. Lui abbassò lo sguardo e qualche lacrima precipitò giù, fino a bagnargli la punta delle scarpe. Le sciugò in fretta con due dita e poi tirò su con il naso.
-Cos'è successo?- domandai carezzandogli i capelli alla base della nuca.
-C'è qualcuno in casa?- chiese con la voce rotta dal pianto e il petto che veniva scosso da forti singhiozzi.
-No, solo io.-
-Posso entrare?- i suoi occhi umidi si posarono sui miei e dovetti distogliere lo sguardo per riuscire a non scoppiare in lacrime.
-Ma certo.- mormorai scostandomi dalla porta per farlo passare. Attraverso la soglia e andò a gettarsi sul divano, coprendosi il viso con le mani. Mi sedetti accanto a lui e gli circondai le spalle con un braccio. Sapevo benissimo che Louis si chiudeva in se stesso quando le emozioni che provava erano troppo forti per lui, perciò attesi in silenzio offrendogli solamente la mia presenza.
Il suo viso ruotò piano verso il mio e i nostri occhi si trovarono a pochi millimetri di distanza. Louis sorrise debolmente, di un sorriso amaro, quasi rassegnato e triste, terribilmente triste. Allungò una mano e la poggiò sulla mia guancia, disegnando cerchi concentrici sulla mia pelle ruvida con il pollice. Le sue labbra sottili si dischiusero e cominciò a respirare più velocemente con la bocca: il suo repiro di caramelle all'arancia s'insinuò nelle mie narici ed io respirai a pieni polmoni. 
L'intensità del suo sguardo era tale che mi provocava la tachicardia ed aveva un effeto a dir poco ipnotico su di me. Chissà se avevo lo stesso effetto su tutti gli altri comuni mortali.
-Va meglio?- sussurrai. Lui annuì e avvicinò ancora di più il suo viso al mio. Sfiorò ripetutamente le mie labbrra con le sue inumidendole talvolta con la punta della lingua.
-Louis..- bisbigliai chiudendo gli occhio e scendendo piano sul suo collo, depositando un bacio leggero sul pomo d'Adamo.
-E' così difficile starti lontano.- mormorò più a se stesso che a me, affondando una mano tra i miei capelli e stringendone una ciocca tra le dita. Alzai la testa e feci scontrare la mia fornte con la sua, mentre lui era ancora alle prese con i miei capelli. Acchiappai con la punta dell'indice una lacrima che ancora era rimasta all'angolo delle sue labbra.
-Sai che non sei obbligato..- bisbigliai poggiando una mano dietro la sua nuca. Louis mi morse piano uno zigomo e annusò la mia pelle chiudendo gli occhi cielo.
-Cos'è successo, Louis?- domandai poi. Lui sospirò e si allontanò da me, distogliendo lo sguardo e incrociando le braccia nude sul petto.
-Mia madre mi ha buttato fuori di casa.- borbottò fissandosi i piedi. Strinsi i pugni. Ma che razza di persona era sua madre?
-Per quale motivo?- esclamai.
-Perchè non mi vuole bene, Zayn!- si alterò guardandomi con gli occhi che erano tornati ad essere freddi come cubetti di ghiaccio. -E sai perchè?- continuò abbassando il tone della voce fine. Rimase in silenzio per una manciata di secondi, poi alzò lo sguardo e mi fissò serio ma estremamente dispiaciuto in procinto di piangere ancora. Mi avvicinai e gli strinsi forte una mano.
-Perchè non sono come vorrebbe lei.- ringhiò con voce tremante.
-Oh, Louis.- mormorai e lo strinsi tra le mie braccia mentre altre lacrime prendevano a solcargli le guance.
 
 
 
 
 
 
-Non ci credo che l'hai tenuto.- 
Mi voltai verso Louis che curiosava tra le scartoffie nella mensola della mia stanza. Tra le mani teneva il gesso che avevo tenuto mesi prima, sul quale lui ci aveva scritto il giorno che ci eravamo conosciuti; sulle labbra un sorriso divertito e nostalgico. O forse era solo una mia impressione.
Sorrisi un pò in imbarazzo e lessi ciò che c'era scritto. 
"Ciao, Zayn! Sono il tuo fighissimo compagno di banco, Louis Tomlinson! Spero che non ti romperai anche l'altro braccio xx."
Ridacchiammo in coro e riposi il gesso sulla mensola.
-Perchè l'hai conservato?- mi domandò Louis stendendosi sul mio letto e incrociando le braccia dietro la testa. Mi strinsi nelle spalle, sedendomi sulla sedia girovelo e avvicinandomi a lui.
-Leggerlo mi mette di buonumore.- affermai sincero. Lui mi sorrise visibilmente lusingato.
-Ero così idiota allora.- scherzò ridacchiando e scuotendo la testa.
-Non sei cambiato molto.- replicai ridacchiando.
-Che razza di stronzo!- esclamò e mi tirò il cuscino in faccia. -Che hai pensato di me il primo giorno di scuola?- mi domandò poi assumendo un'espressione seria e curiosa. Ci pensai su mentre un sorriso mi attraversava le labbra.
-Che eri un pazzoide.- risposi. Ci sorridemmo. -Eri sempre così felice e allegro, quasi mi spaventavi. Ma mi sei piaciuto fin da subito.- dissi poi seriamente. LOuis sorrise fiero e poi schioccò la lingua sul palato.
-Appena ti ho visto- cominciò. -la prima cosa che ho pensato è stata "che gnocco"!- strillò scuotendo le mani. Scoppiai a ridere e lui si unì a me.
-Dove andrai a stare adesso?- chiesi poi cambiando discorso. -Saresti potuto stare da me ma sai anche tu che qui non c'è posto..- mi giustificai. Lui scosse una mano e si morse il labbro inferiore.
-Proverò da Stan.- rispose. Annuii e entrambi rimanemmo in silenzio finchè la porta della mia stanza si aprì lentamente cigolando, come in un film horror.
Io e Louis ci voltammo all'unisono verso la soglia, incontrando la figura massiccia di Paul. I suoi occhi grigi guizzarono dapprima su di me e poi su Louis, ripetendo il gesto almeno cinque volte: era da una vita che non portavo amici a casa mia.
-Ciao, ragazzi!- esclamò tutto eccitato, come una ragazzina davanti ad uno smalto nuovo.
-Salve, Paul.- rispose Louis del tutto a suo agio.
-Hey.- dissi io facendo un cenno con la testa a mò di saluto.
-Louis, giusto?- chiese sorridendo cordiale.
-Esattamente.- rispose Louis strizzando un occhio azzurro.
-Avete fame? Vi porto qualcosa?- domandò sfregando le mani grandi tra di loro. In quel momento un'altra persona fece irruzione nella mia stanza.
-Zayn, hai visto il mio maglioncino bianco? Ero sicura di averlo lasciato..oh, ciao.- cinguettò Doniya prima di notare la presenza di Louis e arrossire.
-Lei è mia sorella Doniya.- annunciai. Louis si alzò dal letto e le si fece più vicino, porgendole una mano.
-E'un onore conoscerti.- disse investendola con tutta la potenza del suo sguardo seducente. Doniya trattenne il fiato e gli sorrise dolcemente facendo apparire due piccole rughe ai lati della sua bocca e stringendogli la mano.
-Oh, molto piacere.- mormorò con la voce vellutata. Gli occhi di Louis non le si staccavano di dosso nemmeno per un attimo e lei continuava ad arrossire. Provai un moto di gelosia verso Louis e uno di odio verso Doniya. Possibile che dovessero essere così attraenti?
-Il piacere è tutto mio! Sono Louis.- annunciò fiero lui. Le loro mani continuavano a stringersi e non accennavano a separarsi. Quella stretta di mano stava durando decisamente troppo. Non era davvero concepibile che Louis fosse un farfallone del genere, mi stava dando davvero sui nervi.
Smettete di guardarvi come se vi amaste da una vita. Smettete di tenervi per mano.
Mi alzai di scatto e abbandonai la stanza a grandi passi, sferrando un calcio alla porta.
-Zayn?- sentii la voce di Paul chiamarmi ma non gli diedi retta e uscii di casa.
Camminai a passo spedito senza una meta precisa, con una rabbia in corpo che mi ribolliva crudele nelle vene e che mi faceva venir voglia di gridare a squarciagola senza curarmi di niente e di nessuno.
Possibile che anche nei momenti in cui stavo bene e mi sentivo felice, dovesse succedere qualcosa di spiacevole?
In quel momento odiai Louis con tutte le mie forze: sapevo che in certi momenti poteva essere davvero cattivo, riusciva ad illudermi che mi volesse ancora, mi dava false speranza, mi baciava, mi diceva che gli ero mancato, poi mi respingeva, mi ignorava e ci provava con mia sorella davanti ai miei occhi. Come se non avessi sentimenti, come se, per me, lui non contasse più niente. Ma perchè si comportava così?
Tirai un calcuio ad un sassolino e mi passai una mano tra i capelli. Per sbaglio mi sbattei contro un signore che perse l'equilibrio e cadde quasi sulla strada.
-Guarda dove metti i piedi, ragazzino!- sbraitò imprecando poi a bassa voce. Mi voltai verso di lui e lo fissai in cagnesco, mi avvicinai e gli sferrai un pugno allo stomaco. Lui si piegò in due e rantolò per qualche secondo, poi si accasciò a terra respirando a fatica.
-Sta' zitto, stronzo.- ruggii e lo lasciai solo riprendendo a camminare con, adesso, una meta precisa nella mia mente. Camminavo verso la mia valvola di sfogo, verso la mia salvezza, la mia ancora.
Quando arrivai davanti a quel familiare portone rosso, suonai il campanello e attesi battendo ripetutamente un piede a terra.
Quindici secondi dopo, la porta si aprì lentamente e sulla soglia apparve lei.
Brianna mi fissò con gli occhi color smeraldo spenti e non frizzanti come al solito, le sue braccia esili sui fianchi, i capelli ricci raccolti in una crocchia alta che le lasciava libero il viso bianco e delicato, le labbra serrate tra loro e un soppracciglio sollevato.
-Ciao.- le sorrisi e mi avvicinai a baciarla. Lei però si scostò, voltando il viso dall'altra parte.
Respirai profondamente e feci per parlare, fin quando il telefono nella mia tasca prese a vibrare più forte del solito. Lo estrassi sbuffando e aprii il messaggio: in alto comparve la scritta "LOUIS". Il cuore cominciò a battermi più velocemente. Odiavo l'effetto che aveva su di me quel nome.
"Ma dove cazzo sei finito? Che ti è preso? Possiamo vederci? Per favore." c'era scritto. 
"Ho da fare." risposi soltanto. Sperai che capisse che non mi andava di vederlo.
-Allora, che vuoi?- domandò Brianna con un tono di voce scocciato. Cercai le sue mani ma lei le infilò nelle tasche della sua tuta rosa pallido. Sospirai.
-Posso entrare?- chiesi, sapendo già più che bene come sarebbe andata a finire. 

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Capitolo 19
*** Creta nelle sue mani ***


 
-Zayn!- 
Due mani mi scossero tutt'altro che delicatamente, mentre una voce acuta non la smetteva un attimo di chiamarmi. Mugugnai e scacciai quella mano che tanto mi disturbava.
-Zayn, devi svegliarti! Mia madre ti vedrà-.- mi avvertì. Aprii un occhio: la stanza in cui mi trovavo non era la mia, le pareti erano di un azzurro tenue, le tende bianche di pizzo e il letto a su cui ero steso era di forma circolare.
-Zayn!- continuò arrabbiata. Aprii anche l'altro occhio e sollevai il busto dal materasso. Mi strofinai gli occhi con due dita sbadigliando mentre Brianna mi lanciava i miei vestiti in faccia.
-Svelto, vai via!- disse. Sbuffai togliendomi le coperte di dosso, lei arrossì.
-Ehm..dove sono i miei boxer? domandai con una punta di divertimento nella voce. Brianna spostò i suoi ricci su una spalla e mi lanciò le mutande poggiate sulla spalliera di una sedia, guardando ogni cosa meno che la mia nudità.
Ridacchiai infilandomi i boxer e vestendomi.
-Esci dalla finestra.- Annuii e mi avvicinai a lei posando le mani sulla sua vita coperta da una canottiera color pesca. Strofinai il mio naso contro il suo ma lei voltò il viso dall'altra parte.
-Che hai?- chiesi aggrottando la fronte.
-Brianna!- Una voce dal piano di sotto e dei passi per le scale ci fecero entrare nel panico e sobbalzare all'unisono.
-Vattene!- sussurrò Brianna spingendomi verso dalla finestra. Mi sedetti sul davanzale e mi buttai giù nel suo giardinetto. Lei si affacciò per guardarmi andare via e mi rabbuiai quando non rispose al bacio che le lanciai con la mano.
Misi gli auricolari alle orecchie e alzai il volume al massimo mentre m'incamminavo verso casa. Sullo schermo era presente solo un nome: Louis. Mi aveva mandato la bellezza di dieci messaggi a cui io ovviamente non avevo risposto. Erano tutti uguali, tutti mi chiedevano la stessa cosa.
"Si può sapere dove sei?!"
"Quando torni??"
"Che ho fatto?"
"Stai per tornare? Paul è preoccupato"
"Dove sei????"
Sospirai e mi concentrai su altro, come sul sole che mi carezzava la pelle e sul profumo di Brianna che impregnava la mia maglietta e mi arrivava a sbuffi alle narici. Ripensai alla notte passata con lei con un sorriso ebete stampato in faccia, quando il rumore di un clacson mi fece sobbalzare. Mi levai di getto gli auricolari, accorgendomi solo in quel momento di essere in mezzo alla strada. Feci per scusarmi con l'autista della macchina che si trovava a pochi centimetri dal mio corpo, quando riconobbi quasi con orrore la figura al suo interno.
Strinsi gli occhi per vedere meglio ma ero sicuro, l'avrei riconosciuto tra mille. Louis mi fissava con occhi spenti e spaventosi, con un aria fin troppo calma, così composta da sembrare irreale, da far paura. Fece un cenno con la testa come per dirmi di salire in macchina. Gli alzai il dito medio e ripresi la mia camminata, questa volta, sul marciapiede.
Pochi secondi dopo sentii il motore della sua auto spegnersi e il rumore dello sportello aprirsi e poi chiudersi.
-Sali in macchina, Zayn.- ordinò con voce glaciale. Mi voltai e scossi la testa, come un bambino.
-NO.- Louis sospirò e mi afferrò per un lembo della mia T-shirt strattonandomi.
-Ti sembra normale il tuo atteggiamento?!- mi rimproverò.
-Vaffanculo! E non dirmi come devo comportarmi. Tu sei il primo che fa sempre cazzate.- ringhiai e mi divincolai dalla sua presa.
Louis rimase in silenzio per qualche secondo ma poi la sua voce cristallina s'insinuò di nuovo nelle mie orecchie.
-Dai, sali in macchina.- disse con un tono di voce più dolce. -Casa tua è lontana, arriverai in ritardo a scuola.- continuò. Io non smisi di camminare, sentivo che mi seguiva.
-Non sarebbe la prima volta.- risposi a tono.
-Non fare il bambino, Zayn!- sbuffò esasperato. Mi bloccai e mi voltai verso di lui.
-Louis, lasciami stare ok? Posso benissimo tornare a casa a piedi, non ti preoccupare.- replicai più calmo che potei. Lui sospirò e abbassò lo sguardo annuendo appena.
-D'accordo..- acconsentì finalmente. -Ma prima mi dici che ti è preso ieri sera?- domandò rialzando lo sguardo e posandolo su di me.
Chiusi gli occhi alzando il viso al cielo ed espirando rumorosamente.
-No, non mi va.- dissi poi non riaprendoli. Pur non vedendo la sua reazione, immaginai che stesse annuendo.
-Come vuoi ma l'offerta per il passaggio è ancora valida.- disse e la sua voce tornò quella acuta e scherzosa di sempre. Riaprii gli occhi incontrando i suoi vispi e limpidi e provai di nuovo un moto di fastidio nei suoi confronti. Se ne fregava altamente di ciò che sentivo, di ciò che mi era preso ieri sera. Non provava nemmeno ad insistere per riuscire a capire cosa fosse successo. Odiavo quando faceva finta di niente, quando calpestava le complicazioni e le soffocava per non vederle. Odiavo la sua indifferenza.
-Fottiti.- borbottai e andai via a passo svelto, ignorando la sua voce che continuava a perforarmi i timpani.
 
 
 
 
-Si può sapere dov'eri finito?!- 
Ecco come mi accolse Paul appena varcai la soglia di casa. Le sue mani grandi erano puntate sui fianchi, le sue sopracciglia aggrottate formavano una V profonda tra loro, la mascella tesa e i suoi muscoli ancora più abnormi di quanto ricordassi. Incombeva su di me con un'aria minacciosa sul volto scuro e, per quanto potesse intimidire con la sua altezza e la sua mole, il grembiule a fiori che stava indossando dissolveva ogni possibilità di incutere paura.
Soffocai una risata  e borbottai qualcosa di incomprensibile.
-Non mi ero accorto che fosse così tardi.- dissi infine stringendomi nelle spalle. Lui sollevò un sopracciglio.
-Zayn, sono le otto e mezza. Come hai fatto a non accorgerti dell'orario?-  chiese. -E poi ieri non era nemmeno sabato, che ci facevi in giro di notte e per di più da solo?-
Sbuffai a mezza voce. Era impossibile mentire a Paul.
-Chi ti dice che ero da solo?- risposi e mi feci mentalmente un applauso per essere riuscito a spostare la sua attenzione in qualcos'altro.
-Non m'interessa con chi eri. Non farlo più e sei stato anche un maleducato, hai lasciato il tuo ospite.. Hey dove stai andando, signorino?! Resta dove sei!- urlò mentre io continuavo a salire lentamente le scale.
-Non finisce qui, Zayn!-
-Sì sì.- borbottai scuotendo una mano. In corridoio mi imbattei in Doniya e la fissai in cagnesco. Feci per sorpassarla ed entrare in camera mia ma lei mi prese per le spalle, mi fissò con i grandi occhi da cerbiatta e poi mi abbracciò.
-Finalmente!- esclamò affondando il viso nell'incavo del mio collo. -Avevo paura che ti fosse successo qualcosa.-
La spinsi piano per la vita lontano da me e annuii impercettibilmente scostandola da un lato per poter passare. Lei mi afferrò per una mano e mi riportò dinnanzi a se, guardandomi confusa dal mio atteggiamento.
-Che succede?- mormorò piegando leggermente la testa di lato.
-Niente, Doniya, niente.- risposi spazientito. -Ma che avete tutti quanti? Lasciatemi in pace.- aggiunsi strofinandomi una mano sul viso. Doniya sgranò un poco gli occhi e sollevò le sopracciglia sottili.
-Scusa tanto se ci preoccupiamo per te visto che scappi così senza dire niente la sera e torni a casa la mattina dopo.- replicò innervosendosi.
-Scuse accettate. Ciao.- La lasciai sola ed entrai nella mia stanza. Mi stesi sul letto e chiusi gli occhi cadendo in un sonno inaspettato.
 
 
-Zayn, svegliati!- 
Una voce profonda mi fece sobbalzare. Ma che avevano tutti quella mattina? Avevo per caso una scritta in testa che diceva "Svegliatemi, vi prego"?!
-Che c'è?- borbottai affondando la faccia nel cuscino.
-Devi andare a scuola!- esclamò Paul scuotendomi per una spalla.
-Oggi non ci vado.-
-Invece ci vai!- Mi tirò su per un braccio e mi trascinò per la stanza come se avessi la stessa leggerezza di un peluche.
-Lasciami, Paul!- gridai puntando i piedi per terra. -Non è la fine del mondo se salto un giorno!-
-Oh, davvero? Louis è giù in cucina che ti aspetta e quando gli ho detto che non saresti andato a scuola mi ha detto che oggi ci sarebbe stato un compito in classe importante!- mi informò gesticolando e fissandomi con gli occhi color acciaio.
Strinsi la mano in un pugno. Louis. Non era possibile che l'avesse fatto davvero. Sapevo quanto potesse essere subdolo e fastidioso Louis, l'aveva fatto solo per farsi due risate. Pazzo, era totalmente pazzo.
-Geesù.- sospirai e mi diressi in bagno per prepararmi.
Quindici minuti dopo mi trovavo sul vialetto di casa mia battendo un piede a terra e scuotendo la testa.
-No, vado a piedi.- ripetei per l'ennesima volta. Louis sbuffò e si sfilò gli occhiali da sole, ponendoli sulla testa.
-Zayn, non fare l'idiota e sali in macchina. Siamo già molto in ritardo.- rispose lui con una calma adulta.
-Ah sì? Se non fossi venuto a rovinarmi la mattinata facendo irruzione in casa mia, a quest'ora saresti già tra i banchi!- sbottai infastidito. Lui trattenne un sorriso e mi fissò a lungo, poi dischiuse le labbra.
-Ok, d'accordo. Scusami, non avrei dovuto farlo. Non succederà più, va bene?- tentò di ammaliarmi con i suoi occhi sinceri e la sua capacità di convincermi a far ciò che voleva lui ebbe quasi la meglio. Distolsi lo sguardo e fissai un punto indistinto in lontananza.
-Non ci casco, Louis. E non provare a sbattere le ciglia con me.- lo ammonii. Lui scoppiò a ridere e mi strinse in un abbraccio inaspettato, poi portò il suo viso a poca distanza dal mio e mi guardò intensamente.
-Dai, Zayn sali in macchina con me.- sussurrò soffiandomi in faccia. Trattenni il respiro mentre la consapevolezza che avrei perso e che lui stava vincendo e stava riuscendo nel suo intento cresceva piano piano dentro di me. 
-V-va bene.- balbettai sbattendo le palpebre velocemente. Louis si aprì in un sorriso splendente a trentadue denti.
-Bene.- disse e mi diede un lungo bacio sulle labbra, mordicchiando poi piano quello inferiore. 
-Andiamo.- bisbigliò poi e fece scivolare la sua mano nella mia, intrecciando le nostre dita. Ci incamminammo verso la sua auto, le mie gambe sembrarono possedere un cervello loro e si mossero con Louis, mentre sentivo forte e chiaro il battito assordante e frenetico del mio cuore rimbombarmi nelle orecchie.
Louis lasciò la mia mano e si sedette al posto di guida, io indugiai un attimo e poi presi posto accanto a lui.
-Allora che ti va di fare?- mi chiese sorridendo e carezzandomi con un dito il dorso della mano. In quel momento dimenticai tutto, dimenticai il motivo per cui mi ero arrabbiato con lui, dimenticai il fatto che per colpa sua Paul mi avesse svegliato e mi lasciai immergere dalle dolci sensazioni che il suo tocco mi provocava. 
Sospirai. -Non dovevamo andare a scuola?- risposi.
-Questo non l'ho mai detto.- sussurrò avvicinando il suo viso al mio collo e deposintadovi dei piccoli e casti baci. Chiusi gli occhi e gli afferrai i capelli con le dita, spostando la testa di lato per lasciargli più spazio. Lui mi morse un lembo di pelle appena sotto l'orecchio e poi ci passò la lingua sopra, sollevando il bel viso e ricoprendo di baci l'angolo della mia bocca, gli zigomi e gli occhi.
Mi sentivo creta nelle sue mani, così vulnerabile, mi scioglievo sotto il suo tocco. Era lui il padrone della situazione, faceva ciò che voleva ed io non potevo far altro che assecondarlo e chiedergli di più.
-Oh, Louis.- sopirai e contornai il viso con le mani baciandolo stavolta con passione. Lui ricambiò il bacio con altrettanto entusiasmo facendo passare la sua lingua esperta sui miei denti e carezzandomi le guance con i pollici.
-Ti voglio..- sussurrò sulle mie labbra. Il mio cuore sussultò al suono di quelle parole e mi ritrovai a sorridere come un ebete. Ripresi a baciarlo carezzandogli la schiena da sotto la maglietta. Lui mugolò e si staccò da me stringendomi forte una mano e facendo dei respiri profondi.
-Zayn,sei così..- cominciò ma poi s'interruppe mordendosi il labbro con i denti piccoli e dritti. Io lo incoraggiai a proseguire con lo sguardo e lui mi sorrise dolcemente.
-..bello.- disse poi alzando le spalle. Sorrisi e gli carezzai una guancia, sentendo le punte ruvide della barba che stava nascendo.
-Ti va di venire in un posto con me?- domandò poi con l'entusiasmo di un bimbo, sorridendomi vivace. Non seppi far altro che annuire mentre gli angoli delle mie labbra si piegavano all'insù e il motore dell'auto di Louis prendeva vita con un rombo.

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Capitolo 20
*** Questione di attimi ***


 
 
-Quanto manca?- domandai sfinito. Ormai eravamo in viaggio da più di due ore, mi sentivo debole e affaticato come se avessi corso per chilometri senza mai fermarmi a prendere fiato. Il caldo era a dir poco soffocante, sentivo la mia t-shirt bagnata e appiccicata alla pelle. La levai sbuffando e asciugandomi il sudore dalla fronte con il dorso della mano. Lo sguardo di Louis indugiò sul mio torace scoperto e poi volò via velocemente tornando a fermarsi sulla strada davanti a noi. 
Le sue labbra vennero increspate da un sorriso vispo e divertito, spazzò via con le dita affusolate una gocciolina di sudore che timidamente gli scendeva sulla tempia.
-Non molto.- rispose senza perdere il sorriso.
-L'hai detto anche un'ora fa.- borbottai sporgendo la testa fuori dal finestrino e prendendo una boccata d'aria. Il mio stomaco si accartocciò sui se stesso e brontolò contrariato. Gli alberi sfrecciavano veloci ai lati della strada e contribuivano ad aumentare la nausea che mi tormentava da ormai tre quarti d'ora.
-Non ti senti bene?- chiese Louis picchiettandomi una spalla per attirare la mia attenzione.
Riportai la mia testa sul sedile e chiusi gli occhi sfregandomi una mano sul viso.
-sto di merda.- risposi con finezza. Lui ridacchiò e mi tastò la fronte sudaticcia.
-Bleah, sei fradicio.- commentò con voce da checca. Lo guardai di traverso e poi chiusi gli occhi con una smorfia di disgusto in faccia, colpito da una forte ondata di nausea.
-Ma che hai?- domandò poi. -Ti viene da vomitare?- 
Presi il mio labbro inferiore tra i denti e lo strinsi forte.
-Non dirlo..- gracchiai tenendomi lo stomaco con la mano.
-Cosa? Vomitare?- chiesi subdolo e assai divertito dalla situazione.
Mi tappai la bocca con una mano, sicuro che avrei rigettato anche l'anima. Sentii Louis ridere.
-Ok mi fermo un attimo.- sentenziò e accostò all'ombra di qualche albero, sul ciglio della strada.
Frugò nel borsone buttato nei sedili posteriori e tirò fuori una bottiglia d'acqua fresca.
-Tieni, bevi. Piano.- disse e me la porse. Feci come mi aveva detto e poi me ne versai un pò sul palmo della mano spalmandola poi sulla fronte.
-Cristo, che caldo.- commentai. Louis annuì e lo vidi frugare ancora nel suo borsone. Tirò fuori da chissà dove un cubetto di ghiaccio.
Incastrò i suoi occhi azzurri nei miei e con una lentezza estenuante cominciò a passarmi il cubetto lungo il mio corpo, scosso quasi da brividi di freddo. Ripetè l'operazione per un paio di volte ancora, su e giù, su e giù, dal petto fino all'ombelico. Poi si portò il cubetto di ghiaccio alle labbra e sembrò baciarlo. Lo gettò fuori dal finestrino e avvicinò il suo viso al mio.
Poggiò le sue labbra gelide sulle mie e mi baciò con passione, attorcigliando la sua lingua fredda alla mia. Sorrisi nel bacio divertito dalla sua idea folle ma utile per far scivolar via il calore e anche la nausea che era, chissà come, sparita.
Louis spostò le sue labbra sul mio collo, sotto l'orecchio, sulle spalle facendo dissolvere nel nulla le goccioline di sudore di cui prima ero prigioniero.
Affondai una mano nei suoi capelli leggermente umidi e lasciai un bacio sulla sua testa calda.
-Va meglio?- sussurrò sulla mia pelle.
-Decisamente.-
Alle mie parole si staccò in un lampo e mise in moto con un sorriso sulle labbra che non prometteva nulla di buono. Ancora scosso da quel momento sensuale e rinfrescante, non gli feci alcuna domanda.
Dieci minuti più tardi, Louis posteggiò davanti ad una spiaggia. Mi voltai verso di lui e ci sorridemmo.
-Mmh, gran bell'idea andare al mare, Lou.- dissi respirando a pieni polmoni l'odore salmastro dell'oceano.
-Ah ah.- assentì ma il perenne sorrisetto sulle sue labbra mi avvertiva in continuazione che c'era qualcosa sotto. Ancora non feci domande e scesi dall'auto stiracchiandomi. Louis afferrò il suo borsone e tirò fuori un ombrellone dal suo portabagagli. Ci incamminammo verso la spiaggia e mi tolsi le scarpe per poter affondare le dita nella sabbia soffice e bianca ma lo spettacolo, se così si poteva definire, che mi si parò davanti mi fece venir voglia di tornare a casa a gambe levate.
-Louis!- esclamai sbarrando gli occhi e voltandomi a fissarlo. Lui tratteneva a stento le risate.
-Che c'è?- chiese innocente stringendosi nelle spalle. Lo guardai in cagnesco. Ogni persona, adulti bambini e, bleah!, anziani, si aggirava tranquillamente per la spiaggia compleatamente nuda. Non ci volle molto a capire che quella non poteva esser altro che una spiaggia per nudisti.
Louis mi diede di gomito e strizzò l'occhio color cielo ancora sorridendo divertito.
-Non c'è nulla di simpatico in tutto questo, Louis.- lo ammonii più serio che mai. Lui scoppiò a ridere strizzando gli occhi e mi trascinò verso la spiaggia.
 
 
 
 
-No! NO! Io non mi spoglio!-
L'imbarazzo era davvero insostenibile. Nonostante tutti lì fossero nudi e tranquilli, non riuscii a levarmi anche i boxer.
-Dai Zayn, qui sono tutti nudi. Non guardano di certo te e il tuo amico laggiù!- esclamò lanciando uno sguardo ai miei boxer neri.
-Fanculo.- borbottai bloccando il mio sguardo sui suoi occhi e impedendogli di scendere verso la sua nudità ora esposta al sole.
-Guarda che qui è vietato stare anche solo con un indumento addosso.- mi spiegò seriamente ma ebbi l'impressione che stesse facendo del suo meglio per trattenere le risate. Roteai gli occhi e lo fulminai con uno sguardo, incrociando le braccia sul petto nudo.
-Oh davvero?- domandai innervosito. -Andare in una spiaggia normale era così difficile, Louis?!- 
Lui sospirò e si scostò i capelli sudati dalla fronte.
-Va bene, fa' come vuoi ma se ti buttano fuori è soltanto colpa tua.- mi avvertì e si diresse verso l'acqua offrendomi un'ineguagliabile panoramica del suo sedere tondo e sodo. Deglutii sentendomi accaldato e mi guardai in torno per vedere se qualcun'altro oltre me stesse ammirando il fondo schiena sexy e perfetto di Louis. Ma nemmeno un paio d'occhi era posato sul quello spettacolo. Tutt'altro! Erano posati tutti su di me. Mi fissavano quasi indignati. 
Distolsi lo sguardo e corsi per raggiungere Louis.
-Qual'è il problema?- mi chiese lui fissando l'acqua azzurra e limpida popolata da migliaia di corpi nudi. -Ce l'hai piccolo?- ipotizzò e scoppiò a ridere.
Alzai gli occhi al cielo e mi avvicinai all'acqua immergendo i piedi e tirando un sospiro di sollievo: era così rinfrescante.
Il mio sguardo si posò su una donna dal corpo floscio e un pò raggrinzito che usciva dall'acqua insieme al suo bambino, il cui fisico non era ancora maturo ed era liscio e delicato. Mi sorpresi nel vederli tranquilli e ridenti, senza alcuna vergogna di mostrarsi nudi davanti a tutti. se fossi stato il marito di quella donna, non avrei sopportato tutto ciò.
La donna si accorse che la stavo guardando e la sua espressione, dapprima solare e serena, si fece indignata e scontroso. Coprì con una mano gli occhi del suo bambino e mi si fece vicino.
-Ragazzo, ma non ti vergogni ad andare in giro conciato così?!- esclamò arrabbiata indicando i miei boxer. -Ci sono bambini qui!- Se ne andò indispettita lasciandomi solo e a bocca aperta dallo stupore. Nel frattempo, molte altre persone annuivano d'accordo con la signora.
Louis mi si avvicinò ridendo a crepapelle, tenendosi la pancia con le mani.
-Ma l'hai sentita quella?- domandai incredulo scuotendolo per una spalla. -Dai mi sembra un'esagerazione!-
-L'esagerazione è che tu te ne stia in una spiaggia nudista in mutande. sei ridicolo, Zayn.- rispose tra una risata e l'altra. Sbuffai e gli assestai una gomitata tra le costole.
-Dai su, andiamo in acqua.- mi esortò prendendomi per un polso. Ci tuffammo all'unisono e restammo a galla a lungo lasciando che l'acqua fresca ci carezzasse ogni angolo della nostra pelle, tranne le parti intime nel mio caso.
Louis sparì sott'acqua e poi riemerse qualche secondo dopo, aggiustandosi i capelli all'indietro con le dita. Mi fissò ridente e i suoi occhi azzurri si fecero più chiari, quasi trasparenti, avvolti dalla luce potente del sole. Le goccioline d'acqua che gli imperlavano il petto brillarono dandogli l'aspetto quasi di un dio.
Mi sorrise sornione facendo comparire due piccole rughe agli angoli della sua bocca. Poi il suo sguardo scese sul mio petto e lui s'irrigidì impercettibilmente. Capii che stesse osservando la L tatuata sul mio torace ma non dissi nulla e feci finta di ammirare una barca in lontananza.
Dopo qualche minuto di interminabile silenzio, nel quale si udivano le grida dei bambini che giocavano e gli strilli dei gabbiani, Louis si fece più vicino e parlò.
-Sei contento di essere qui?- chiesi e nel tono di voce che usò percepii una nota di insicurezza. Louis non era mai insicuro, non indugiava, non rifletteva, non si fermava. Feci per rispondere ma non me ne diede il tempo.
-Insomma..- continuò con sguardo basso e torturandosi le dita. -sei contento di essere qui..con me?- chiese in un sussurro. sembrava così piccolo in quel momento, fragile così tanto che mi fece una gran tenerezza. Mi portai una mano alla bocca dallo stupore e chiusi gli occhi. Poi lo afferrai e lo strinsi forte al mio petto.
-Non sai quanto, Lou.- dissi con sincerità e voce tremante. Mi sembrò che il suo corpo venne scosso da un singhiozzo ma non ne fui certo. Lo strinsi di più e inspirai forte sul suo collo.
-Dopo tutto quello che ti ho fatto tu.. tu sei ancora qui. Sei qui che mi abbracci, dopo che ti ho fatto soffrire un sacco di volte.- mormorò afflitto. 
Le sue parole viaggiarono nella mia mente con lentezza più e più volte e mi presero in contro piede. Non seppi che dire, rimasi in silenzio. Sperai che il mio abbraccio gli trasmettesse ciò che la mia voce non avrebbe saputo esprimere nel modo più giusto.
-Mi sento in colpa ogni giorno.- continuò restando ancorato al mio corpo come un bimbo a quello della madre. -Qualche notte piango pensando a te e mi rendo conto di non meritare nemmeno un tuo sguardo ma che tu te ne freghi e ti comporti al meglio con me, come se lo meritassi. Come se non fosse mai successo nulla.- terminò e tirò su col naso.
Sciolsi il nostro abbraccio, lo presi per le spalle e feci incastonare i miei occhi nei suoi. Azzurro e marrone. Acqua e terra. 
-Louis. Basta. Non tormentarti.- dissi a bassa voce. Lui si sfregò una mano sul viso, affranto. -Quello che abbiamo passato, momenti belli e brutti, è passato. E' inutile continuare a puntarti il dito contro. ciò che è fatto è fatto e io sono ancora qui. Tu sei ancora qui. Possiamo ricominciare e stare bene insieme. Louis io..- mi interruppi fissando il suo volto stupito e commosso. Meditai su come continuare la frase, poi sospirai.
-Voglio te. Voglio stare con te, capisci?- chiesi dolcemente e gli carezzai una guancia. Lui chiuse gli occhi e poggiò la sua mano sulla mia. Poi si aprì in un sorriso abbagliante.
-Sei fantastico.- disse.
 
 
 
 
 
 
Salimmo in macchina e restammo per una manciata di minuti fermi e in silenzio. Poi ci voltammo in simbiosi e ci regalammo un sorriso sincero e felice. I suoi occhi brillarono al sole e uno di loro si chiuse in un occhiolino. I nostri corpi emanavano odore di sale, i nostri capelli erano crespi e chiari, la mia pelle abbronzata, quella di Louis un pò bruciacchiata. Le sue guance erano tinte di rosso e l'azzurro vivido dei suoi occhi risaltava ancora di più. Credetti di annegare in quegli occhi.
Louis si sporse verso di me e mi diede un lungo e dolce bacio sulle labbra tenendo gli occhi chiusi e respirando irregolarmente dal naso. In silenzio e ancora col sorriso sulle labbra mise in moto e partì nella strada popolata da qualche macchina solitaria. Allacciai la cintura e poggiai la testa a un lato chiudendo gli occhi. Mi appisolai per quelle che mi sembrano ore poi il suono incessante e assordante di un clacson mi fece risvegliare di soprassalto.
-Merda!- udii e mi voltai verso Louis che era intento a fare una manovra contorta e ingarbugliata con gli occhi fuori dalle orbite e uno sguardo tra lo spaventato e l'incazzato. Le sue mani correvano veloci sul volante, i muscoli delle sue bracciano erano tesi e vistosi, fuori era calata la notte e davanti a noi solo una luce, no due luci, due luci forti, abbaglianti. Due fari.
-Louis..- dissi con voce rauca fissandolo mentre disperatamente cercava di spostare la macchina da quel punto. 
-Ma che cosa..- cercai di dire ma a quel punto fu tutto chiaro. Il camion davanti alla nostra auto veniva sempre più vicino, vidi per un attimo il volto terrorizzato del conducente e poi Louis riuscì a spostarsi dalla traiettoria del tir. Tirai velocemente un sospiro di sollievo e mi voltai verso Louis. Aggrottai le sopracciglia nel vederlo ancora disperato, con il volto rigato di lacrime mentre era intento a portare disperatamente la macchina ancora in un'altra direzione. Guardai allora dinnanzi a me e capii ciò che lo preoccupava: ci stavamo dirigendo dritti dritti su un grosso albero e sembrava che il tempo di cambiare strada fosse ormai esaurito. Sentii qualche lacrima incandescente scendere dai miei occhi, spostai lo sguardo su Louis, lo sentii gridare, supplicare, piangere. Tutto in quei pochi attimi. In quei pochi attimi in cui realizzai con orrore che la sua cintura non era allacciata, a differenza della mia. Lanciai un grido e l'ultima cosa che riuscii a vedere fu il tronco dell'albero che spaccava il parabrezza e il corpo di Louis che veniva scaraventato fuori come fosse appartenuto ad un pupazzo senza vita.

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Capitolo 21
*** E so che sei ancora tu ***


 
ZAYN.
 
 
Non era vagare solo nel buio che mi inquietava. M'impauriva la certezza che fosse successo qualcosa di terribile e che io, impotente, non potessi intervenire in alcun modo. L'ansia mi si era incollata addosso, sapevo di dover fare qualcosa, di dover reagire, muovermi, parlare ma una forza più potente di ogni tipo di richiamo, m'impediva di oltrepassare quel buio fitto che mi appannava la mente. Eppure qualcosa mi spronava ad attraversarlo. Qualcuno cercava di afferrarmi e farmi riemergere.
-Zayn!-
Dentro me sobbalzai. Quella era una voce. Un timbro così familiare, così roco. Nel profondo sapevo pefettamente di chi si trattasse ma il mio cervello non riuscì a creare l'immagine di quella persona nella mia mente. Mi sentivo oppresso, schiacciato da qualcosa di troppo forte per me.
-Zayn, devi aprire gli occhi.- 
Ancora quella voce e poi due mani sulle mie spalle. Quegli scossoni mi riportarono su, in superficie, facendo polverizzare il buio che mi circondava possessivo.
Ed eccomi di nuovo con la vita dentro.
 
 
 
PAUL.
 
 
Zayn spalancò gli occhi di scatto puntandoli sui miei, come trafitto da una pugnalata improvvisa alle spalle. Non seppi bene se mi stesse guardando davvero o se le sue iridi si fossero posate sulle mie quasi per sabglio, senza volerlo, senza capire. Nonostante ciò, tirai un sospiro dei sollievo e gli contornai il viso scarno con le mani.
Respirava irregormente, a volte rantolando, il suo petto andava su e giù ad una velocità impressionante, quasi spaventosa. I suoi occhi opachi si spostavano irrequieti in continuazione: si posavano dapprima su di me e poi sulle persone che gli stavano attorno, senza fermarsi per più di due secondi sullo stesso viso.
-Zayn, calmati. Stai bene, è tutto ok.- cercai di rassicurarlo carezzandogli una guancia e lasciando che tutte le lacrime trattenute scendessero libere dai miei occhi. Ma lui non sembrò tranquillizzarsi, anzi si agitò ancora di più.
-No, no!- biascicò terrorizzato, fissando un punto dietro di me. -L'albero! L'albero! NO!- gridò scoppiando a piangere. 
Mi guardai intorno, spaventato dalla sua reazione, non sapendo che fare o che dire. L'uomo che lo aveva soccorso mi fissò confuso, dicendomi che l'ambulanza sarebbe arrivata a momenti.
Posai lo sguardo su Zayn sdraiato sull'erba, col volto tumefatto, i vestiti strappati, il terore negli occhi nocciola. Non riuscii ad avvicinarmi all'altro ragazzo ancora accasciato sull'asfalto, con gli occhi chiusi, il volto dolce e bambinesco, i lineamenti rilassati come se stesse dormendo.
Zayn continuò ad urlare e a dire cose senza senso fin quando non arrivò l'ambulanza. Caricò i due ragazzi sulle barelle, fecero addormentare Zayn e si avviarono ad una velocità sovrumana verso l'ospedale. 
Per tutto il viaggio in ambulanza non guardai Zayn nemmeno una volta. Vederlo ridotto in quelle condizioni mi uccideva. Se fosse morto, sarebbe morta automaticamente anche una parte di me.
 
 
 
 
***
 
 
 
ZAYN.
 
 
La mia mente era lucida, sveglia, vigile ma il buio ancora mi teneva stretto nelle sue grinfie. Provai a parlare, a chiedere aiuto ma non riuscii a ricordare come si facesse. Tentai di muovere le mnani ma tutto rimase immobile. Mi sentivo come perso nel mio stesso corpo. Niente obbediva ai comandi del mio cervello, tutto sembrava così grande, così lontano. Mi feci prendere dal panico, mi sentii solo come non mai.
"E se resto così per sempre?" 
La voce dei miei pensieri mi rimbombò nella testa. Mi sentii raggelare. E se fossi rimasto lì da solo per sempre? Dov'erano tutti? Mi venne da piangere e sorprendentemente mi accorsi di percepire le lacrime scendere e le mie guance bagnarsi.
Improvvisamente realizzai di poter aprire gli occhi.
Feci fatica a sollevare le palpebre, usai tutte le mie forze in un disperato bisog o di tornare a vedere la luce.
E alla fine, fu proprio la luce che vidi.
La stanza in cui mi trovavo era bianca e ordinata, quasi abbagliante. Di fronte al letto su cui ero stesso, quattro figure. Paul, Doniya, Whaliya e Safaa.
-Dove eravate?- gracchiai sforzandomi per farmi sentire. Loro, invece di rispondere alla mia domanda, si aprirono in un sorriso splendente e sollevato.
-Stai bene!-strillò eccitata Safaa saltandomi addosso e abbracciandomi. Gridai forte dal dolore spingendola giù dal letto. Pauò la rimproverò e mi rimboccò le coperte.
-Zayn, tutto bene?- mi domandò Paul avvicinandosi e carezzandomi i capelli. Lo guardai confuso, non capendo dove volesse arrivare.
-Ehm..sì, perchè?- chiesi. Doniya prese a singhiozzare e, scusandosi, lasciò la stanza. Whaliya mi sorrise timidamente e si sedette su una sedia lì vicino al letto.
-Ma..dove sono?- domandai grattandomi la testa.
Paul mi guardò a lungo e poi mi strinse una mano.
-Sei in ospedale.- annunciò serio. Non capii subito il significato delle sue parole. Riuscii solo a ricordare che prima, chissà quanto prima, mi trovavo al mare con Louis e adesso ero lì in quella stanza bianca e luminosa.
La confusione che avevo in testa mi dava forti dolori alle tempie, il perchè mi trovassi in ospedale passò magicamente in secondo piano.
-Io ero con Louis.- dissi e sperai che Paul potesse far chairezza tra i miei pensieri, ma abbassò lo sguardo mordendosi un labbro quasi con ferocia.
-Dov'è Louis?- doamandai guardandomi intorno. Magari era al bagno o forse era andato a prendere qualcosa da mangiare, oppure era a casa sua sul divano a sgranocchiare dei popcorn.
Non seppi se scoppiare a piangere o tornare nel buio più totale che mi circondava poco prima quando il mio sguardò cadde su un letto in fondo alla stanza, alla mia sinistra. Lì vi era sdraiato inerme un ragazzo coperto di lividi e graffi, con un tubicino sotto il naso e una flebo al braccio destro. Teneva gli occhi chiusi e le ciglia gli carezzavano le gote arrossate, la mano sinistra era abbandonata sull'orlo del materasso, priva di vita, i capelli castani ridotti ad un groviglio disordinato e le labbra sottili socchiuse.
Mi coprii il volto con le mani, chiusi gli occhi e l'immagine di un albero che si faceva sempre più spaventosamente vicino mi inondò la mente.
La cintura di Louis non era allacciata. 
Louis piangeva.
Louis era riuscito a girare appena in tempo, prima che quel tir ci venisse addosso.
La macchina si stava dirigendo a una velocità folle su un albero.
Louis gridava, piangeva. E la sua cintura non era allacciata.
-No, no.- gemetti senza scoprirmi il viso.
-Zayn..- Paul mi posò una mano sulla spalla. Tornai a guardare Louis steso su quel letto con gli occhi annebbiati dalle lacrime, lo stomaco chiuso e una gran voglia di correre lì e scuoterlo forte fino a svegliarlo, vedere il suo sorriso e perdersi nel suo abbraccio.
-Cazzo, no!- urlai battendo i pugni sul materasso. -Qualcuno lo svegli! So che può ancora svegliarsi! Per favore, svegliatelo!- urlai disperato tra le lacrime. Paul si coprì la bocca con una mano e cominciò a singhiozzare. Un'infermiera entrò nella stanza e mi conficcò una siringa nel braccio.
-NO!- protestai fissandola con cattiveria negli occhi. -Louis vuole svegliarsi! Fategli aprire gli occhi..- la mia voce si affievolì e le mie palpebre cominciarono a calare. 
-No..- gemetti piangendo, impotente contro la sostanza che era ormai in circolo nel mio corpo. -Di nuovo no.-
I miei occhi si sigillarono e caddi in un sonno triste e profondo.
 
 
 
 
 
-Sarebbe meglio che lui per adesso non ci parlasse. Sì, sono molto amici..- 
Sentivo Paul parlare sommessamente con qualcuno e fui sicuro al cento per cento che stesse parlando di me. Mi sforzai di aprire gli occhi e mugolai per richiamare su di me la sua attenzione.
-Hey, ciao.- disse lui sorridendomi dolcemente. L'infermiera al suo fianco fece lo stesso e mi porse un bicchiere d'acqua.
Mi voltai tristemente verso il letto di Louis e mi trattenni dal ricominciare ad urlare quando notai che era lucido e sveglio con i suoi soliti occhi vispi e limpidi e un lieve sorriso sulle labbra.
-Louis!- esclamai lasciandomi andare in una risata sollevata.
-Zayn dai adesso mangia qualcosa, lascia stare.- cominciò Paul ponendosi al mio fianco. Lo ignorai scostandolo da lì e tornai a guardare Louis che in quel momento ricambiava il mio sguardo, fissandomi con curiosità. Riconobbi nella donna al suo fianco lo stesso sguardo curioso e confuso, gli stessi occhi, la stessa forma del viso. Possibile che fosse sua madre?
-Louis, stai bene! L'abbiamo scampata.- dissi felice ma lui non rispose. Mi sorrise timidamente e si strinse nelle spalle, ridacchiando nervosamente e guardando per un attimo la donna che gli somigliava tanto.
Fece un risolino con la voce sottile e argentina e tornò a fissarmi.
-Credo che tu ti stia confondendo con qualcun'altro.- parlò sollevando le soppracciglia fini. Aggrottai la fronte e pensai fosse uno dei suoi tanti scherzi.
-Comunque, anche se vedo che lo sai già, io sono Louis, piacere.- si presentò sorridendomi cordialmente e tendendo una mano.
Sbarrai gli occhi e cercai con lo sguardo Paul che mi fissò tristemente annuendo appena, mentre il ragazzo al mio fianco aspettava che gli stringessi la mano senza sapere che però l'avevo stretta dolcemente già milioni di volte.
Quel ragazzo non aveva idea di chi fossi. Ma io sapevo che quello era ancora il Louis che conoscevo, che avevo abbracciato, amato, guardato, baciato. E fu lì che capii di dover tenere quei ricordi preziosi custoditi al meglio nella mia mente. Lui non avrebbe potuto farlo.

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