Come l'Agata nera

di ladygleek86
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'incontro ***
Capitolo 2: *** L'anello ***
Capitolo 3: *** Si va a caccia ***
Capitolo 4: *** Nei boschi ***
Capitolo 5: *** Una strana sparizione ***
Capitolo 6: *** Confessioni ***



Capitolo 1
*** L'incontro ***


COLANE - lg86 - cap 1
    - Capitolo 1



Accadde tutto così in fretta e in modo così confuso da sembrare uno di quei sogni che si dimenticano appena ci si sveglia. C’era qualcosa là fuori, me ne ero accorta dall’odore di sangue che impregnava l’aria e mi rendeva difficile respirare senza essere costretta a tenere a bada l’istinto, che cercava di avere la meglio sulla mia parte razionale.

Fu allora, proprio allora, che per la prima volta incrociai quegli occhi.

Neri. Iridi nere come la pece, circondate dal rosso sangue. Alcune venature bluastre si espandevano appena sotto le ciglia, per poi diradarsi poco più in basso. Il viso era contratto in un’espressione terrificante, degna di un essere pericoloso come un vampiro. Le labbra erano tese a scoprire i denti macchiati di sangue e, soprattutto, i canini aguzzi che bramavano di perforare la tenera superficie del collo umano. Sembra impossibile, ma alla vista di quella creatura, così simile a me ma così diversa nell’agire, la prima cosa che pensai fu: "è una dea; questa è la dea del caos".

Sapevo cosa fare, avevo una missione da compiere, ma continuavo ad osservare quella scena come se non mi appartenesse. Come se fosse distante anni luce ed io fossi solo una spettatrice. La sensazione era la stessa di quando si guarda un programma in tv: lo guardi, ti prende, ti coinvolge, ma non sei realmente lì ad assistere dal vivo.

Nonostante ci avvolgesse l’oscurità, la mia incredibile vista da creatura notturna mi permise di scorgere tutta l’essenza assolutamente unica di quell’essere. I lunghi capelli neri ricadevano morbidi sopra le spalle. La pelle era scura, ma non troppo. Il viso, ora contratto, doveva essere di una bellezza stupefacente. L’abbigliamento era semplice ed efficace: appariva una donna forte, dalla quale era meglio stare lontani. La canottiera nera era infilata nei jeans scuri e stretti e poi coperta da una giacca scura in pelle.

All’improvviso l’espressione su quel viso ambrato mutò, trasformandosi in una maschera di rabbia; dalla sua gola esplose un ringhio di frustrazione.

Mi aveva vista e continuava a guardarmi sempre più furiosa, infastidita dalla mia presenza.

Inspirai a fondo quell’aria dall’aroma irresistibile e serrai la mascella, lasciando che la mia vera natura emergesse.

Dovevo intervenire, dovevo dire qualcosa... ma prima ancora che riuscissi ad aprire bocca, lei mi fu addosso. Mi sollevò, con le mani ancora sporche di sangue, e mi lanciò contro il muro poco distante. Mentre si avvicinava per riafferrarmi, la presi per un lembo della giacca e la scaraventai a terra, bloccandola con le ginocchia e tenendo ferme le sue braccia con le mani. Era in trappola.

Sulla sua bocca sporca di sangue apparve un sorrisetto sadico decisamente fuori luogo.

“Lasciami in pace, ragazzina. Potrei stravolgere la situazione in una frazione di secondo” disse, sprezzante.

Sgranai impercettibilmente gli occhi al suono di quella voce. Era incantevole, melodiosa e leggermente rauca.

“Sto aspettando che tu lo faccia”, soffiai arrogante.

Senza che me ne rendessi conto, i ruoli si invertirono e mi ritrovai a terra, con le sue ginocchia sul petto.

“Vuoi uccidermi?”

“No, ma potrei seriamente prendere in considerazione questa possibilità. Mi hai rovinato la cena, lo sai?”

Mi scappò un mezzo sorriso.

“Non si caccia a Saint Angel”.

Di nuovo quell’espressione sadica. Si leccò le labbra e assaporò il sangue che le era rimasto sul viso.

“Brittany!” strillò Mark, venendomi incontro.

Ci girammo entrambe verso di lui e mi accorsi che aveva un paletto di legno in mano.

Scaraventò la vampira contro il muro e ringhiò qualcosa a pochi centimetri dal suo viso.

“Lasciala!” gridai, mentre cercava di infilzare il suo addome con il pezzo di legno.

“Torna nel locale!”

“Ti ho detto di lasciarla!”

Lo presi per una spalla e lo tirai via da lei. Mark non oppose resistenza, ma mi guardò perplesso e confuso.

“Non mi ha fatto niente, ok? So difendermi da sola.”

“Ti stava per uccidere!” controbatté, aggrottando le sopracciglia.

“Non mi ha fatto niente!” scandii piano, severamente, sotto i suoi occhi meravigliati.

Mi girai per andare da lei, ma era sparita; non c’era più. Era tornata ad essere un tutt’uno con la notte.

“Perfetto!” strillai, in preda alla rabbia.

Mark si avvicinò e mi cinse con le sue grandi braccia muscolose.

“Lo sai che non tutti sono disposti a ragionare” mi sussurrò dolcemente per rasserenarmi.

“Già”.

Appena mollò la presa, andai dall’umano che giaceva a terra senza forze, ma pur sempre vivo. Era un ragazzo, probabilmente sui venticinque anni, senza alcun dubbio un cliente del locale. Mi morsi il polso e lo costrinsi a bere il mio sangue: in questo modo, almeno, si sarebbe ripreso.

“Dimentica tutto e torna a casa. Hai passato una splendida serata e bevuto tanti alcolici”.

Il ragazzo uscì da quel vicolo buio e si incamminò verso casa, com'era giusto che facesse. 

Io e Mark tornammo nel locale e lo chiudemmo poco prima del solito: in fondo, nessuno si era fatto niente. Per tutto il resto della serata non feci altro che pensare a quegli occhi, così neri, oscuri almeno quanto la creatura che li aveva in viso. Quegli occhi sarebbero stati in grado di bucarmi l’anima, se mai ne avessi avuta una.



*




“Allora, com’è andata al locale?” chiese Puck, appena aprimmo la porta di casa.

“Male” risposi, secca.

“E’ perché non vi abbiamo raggiunti? Pensavamo che fosse meglio lasciarvi da soli, piccioncini” disse, ridacchiando assieme a Quinn e Kurt.

“Ho avuto un incontro con un’altra vampira”.

“Più che incontro, direi scontro”, aggiunse Mark.

Il sorriso di Puck sparì e lasciò il posto a un’espressione stupita e preoccupata, la stessa che apparve anche sul viso degli altri.

“State bene?” chiese Quinn, preoccupata.

“Sì” risposi, seccata.

“Brittany ce l’ha con me perché gli ho fatto scappare la vampira” disse Mark, alzando gli occhi al cielo e appoggiando la testa sulla mia spalla.

“Ti poteva uccidere” dichiarò Kurt, con un tono di voce più alto del necessario.

“Non l’avrebbe fatto! Ok?”

“Forse è meglio che andiate” annunciò Mark, accennando alla porta.

“Ci vediamo domani” affermò Puck, dando un pugno amichevole alla spalla del vampiro al mio fianco.

“Ciao, Britt” mi salutò Quinn, abbracciandomi.



*



Era l’aprile del 1930. Come poteva una ragazza giovane, ricca e bella, curarsi dei tanti pericoli infidi ed oscuri che il mondo nascondeva dietro ogni angolo? Non c’era niente, assolutamente niente che non andasse nella mia vita. Fidanzata con il figlio del più ricco imprenditore della città e aspirante ballerina, la mia intera esistenza era costellata da sogni che parevano facili da realizzare a una giovane viziata e innamorata della sua stessa immagine come me. Passavo le ore a provare, provare e riprovare, aspettando ansiosamente il giorno in cui mi sarebbe stato assegnato il ruolo di protagonista in uno dei più celebri spettacoli di Broadway. ”Promettente”, così mi aveva definita quello che allora fu il mio insegnante di danza... ripensandoci ora, forse ad esser promettenti erano tutti i soldi che mio padre sganciava affinché il mio più grande sogno potesse diventare realtà.

Paul Hughes era quel che si definiva un vero artista. Affascinante, talentuoso e con un curriculum in grado di far diventare verdi di invidia tutti coloro che avessero avuto modo di conoscerlo, durante la sua scalata verso il successo. Egli mi era stato affiancato per provare una difficile coreografia, che sembrava sarebbe diventata presto l’attrazione principale di tutti i teatri della zona. Ero così presa, assuefatta dal talento di Paul, che non mi accorsi di una cosa a dir poco fondamentale. Lui era diverso, ma non perché fosse l’unico a riuscire a trasmettere tanta emozione con un solo sguardo o passo di danza: lui era diverso proprio perché tutta quella bravura non era umana.

“Sei così bella, Britt” disse, con lo sguardo che si perdeva velocemente tra le curve del mio corpo.

“Lo so” risposi, accarezzandogli il petto freddo e scolpito.

Non era mio solito tradire, ma con un uomo così bello e innamorato di me, sarebbe stato impossibile non cedere alle tentazioni. Mi rialzai dal gelido pavimento e presi a rivestirmi.

“Sai, è da un po’ che ci penso”.

“A cosa?” chiesi, ammirando per l’ennesima volta il suo corpo nudo e perfetto.

“A me e te. Dovremmo fuggire insieme. Magari potremmo andare a vivere in Francia, tentare la fortuna nei suoi meravigliosi teatri, e potremmo sposarci... non ti sembra fantastico?”

“Ma sei pazzo?” domandai, ridacchiando delle sue strampalate idee.

“Sono innamorato di te, Brittany Susan Pierce, e voglio trascorrere la mia eternità al tuo fianco”.

“Sono parole importanti Paul, dovresti destinarle ad una persona che sia disposta a cedere alle tue follie... e soprattutto, che non sia già impegnata con un uomo”.

“Ti prego, Britt, lascia quel ragazzino viziato e vieni via con me. Posso renderti felice.”

“Carl è un bravo ragazzo e quando sarò diventata una ballerina famosa, ci sposeremo. E’ così che deve andare la mia vita.”

Gli occhi di Paul si accesero dalla rabbia e in un attimo, non so come, mi fu sopra.

“Sto per renderti la ballerina più brava di tutti i tempi”, mi sussurrò all’orecchio.

“Lasciami, Paul! Che vuoi fare?!”

Non ebbi risposta e rimasi paralizzata alla vista del suo vero essere. Si morse il polso e mi costrinse a ingoiare il sangue che ne fuoriusciva. Ero terrorizzata, pietrificata nelle mie emozioni incontrastabili. Non poteva essere vero quel che i miei occhi stavano vedendo sul suo volto. Era un demone quel che si celava sotto l’aspetto di un ragazzo bello e pieno di talento.

“Così staremo sempre insieme, per l’eternità”, disse un’ultima volta, prima che le ossa del mio collo si rompessero.



Quando ripresi conoscenza, non riuscii a ricordare immediatamente quel che era successo. Sentivo solo un fortissimo dolore alla tempia, e il respiro interrotto a tratti da un intenso bruciore, che partiva dalla gola e si espandeva fino a diventare quasi visibile, anche al di fuori del mio corpo. Era impressionante, la confusione che mi governava: mi sembrava di ricordare qualcosa, ma subito dopo quelle immagini sfocate svanivano nel nulla, come se fossero sempre state frutto della mia fantasia. Mi alzai a fatica da terra e davanti all’uscita trovai Paul che mi guardava sorridendo.

“Ti riaccompagno a casa” disse, come se non fosse successo nulla.

Annuii e, prima ancora che capissi cosa fosse successo, mi ritrovai nella zona più malfamata della città. Non so perché, ma nonostante avessi capito che la destinazione non fosse Villa Pierce, non opposi resistenza. Ero troppo concentrata sulle immagini confuse che mi balenavano in testa, ero troppo concentrata su quello strano senso di fame che sentivo: sembrava diverso, struggente.

“Vieni” disse, gentile, aprendomi lo sportello di quel vecchio prototipo di macchina.

Lo seguii in un silenzio assordante e terribilmente strano.

Poco distante da noi apparve un uomo, che correva via con una borsetta in mano. Doveva aver appena rapinato qualche povera signora, ma d’altronde, da quelle parti, era una cosa giornaliera. Di notte era meglio non farsi trovare per quelle strade, eppure Paul mi aveva portata proprio lì... ma a quale scopo?

“Aspetta qui” disse, per poi sparire nell’oscurità.

Come aveva fatto a spostarsi così rapidamente? Di nuovo mi colpì un dolore tremendo alla tempia e fui costretta a chiudere per un istante gli occhi. Quando li riaprii, Paul era in piedi davanti a me, con la bocca sporca di sangue e il rapinatore proprio davanti i miei piedi.

“Bevi” disse, indicando il profondo morso sul collo dell’uomo.

Annusai l’aria e sentii quella nuova sensazione di bruciore divenire ancora più forte e intensa.

Mi chinai sul corpo dell’uomo e ingoiai, sorso dopo sorso, tutto il suo sangue. Era come una droga, e nonostante i suoi gemiti soffocati, non ero in grado di fermarmi. Era così caldo, così buono... e più ne bevevo, più pareva che il bruciore incontenibile si placasse.



*



“Ripensi ancora a quella vampira?” chiese Mark, interrompendo i miei ricordi.

“Mi dispiace di essermela presa”.

“Sta’ tranquilla” disse, baciandomi sulla fronte. “Ti ho preparato la vasca”.

“Grazie, è stata una giornata un po’ pesante.”

“Lo so, amore”.

Mi spogliai, entrai nella vasca e lasciai che l’acqua calda e piena di schiuma allentasse la tensione, mentre cercavo di cancellare dalla mente il volto di quella dea.



 

Carissimi fan di Glee, salve a tutti. Avete presente quando avete un'idea fissa in testa e non riuscite a fare a meno di pensarci in continuazione, senza che vi lasci in pace? Beh, è proprio così che è nata questa ff e alla fine ho deciso di cimentarmi nella scrittura. Non è la prima ff che scrivo, ma quest'idea in particolare ha ottenuto tutta la mia attenzione poiché amo alla follia Glee e il Brittana.
"Come l'Agata nera" è un racconto che prende come spunto i vampiri del telefilm "The Vampire Diaries", ma distaccandosi dalla stessa trama di questo e dando vita ad un qualcosa che spero venga apprezzato e seguito da tutti voi. Fatemi sapere che ne pensate, al prossimo capitolo!
 
Ladygleek86










BETATO DA  HSwall


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Capitolo 2
*** L'anello ***


    - Capitolo 2



“Buongiorno, amore”, mi sussurrò delicatamente Mark.

“Buongiorno” dissi, accarezzandogli i capelli e stampandogli un bel bacio sulle labbra.


“Abbiamo ancora un po’ di tempo prima di andare ad aprire il Wings”.

“E quindi?” chiesi, sorridendo.

Prese a baciarmi il collo, la bocca, la scapola e mi tolse rapidamente il reggiseno. A parte bere il sangue, non c’era niente di più bello al mondo che fare l’amore con un vampiro.




*



“Merda, abbiamo fatto tardi!” strillò Mark dal bagno mentre si allacciava la camicia.

“Sembrava che la cosa non ti dispiacesse”.

“Ovvio” affermò, facendomi l’occhiolino.

“Oggi pomeriggio vado al centro commerciale con Quinn, puoi cavartela da solo?”

“Certo! Mi ritieni così incapace?” rispose, ridacchiando.

Non risposi, ma lo baciai.



Arrivò il momento dell’apertura del locale e, nonostante l’atmosfera fosse decisamente diversa da quella della sera precedente, mi sembrò di vivere una specie di deja- vu.

“Ti raggiungo tra un momento”.

“Ok”.

Mi incamminai poco distante dal Wings, decisa a raggiungere il luogo dello scontro di poche ore prima. Ovviamente sapevo che non l’avrei ritrovata lì, ma avevo bisogno di vedere quel posto per convincermi che non si fosse trattato solamente di immaginazione, che avessi incontrato davvero quella furiosa vampira dagli occhi neri.

A breve mi ritrovai nel vicoletto che ora, illuminato dalla luce solare, faceva tutto un altro effetto. Sul cemento erano ancora visibili le macchie di sangue del ragazzo divenuto la sventurata preda della tipa. Improvvisamente, uno strano bagliore mi colpì in viso: c’era qualcosa a terra che rifletteva la luce.

Guardai più attentamente e la mia teoria si dimostrò esatta: era un anello… probabilmente l’anello della vampira che mi ossessionava. Era molto piccolo e dalle sue condizioni pareva molto vecchio. La base d’oro sosteneva una graziosa pietra in onice nero. Fissai quell’oggetto per un bel po’, e più lo guardavo, più mi venivano in mente i suoi occhi che nell’oscurità della notte parevano essere dello stesso colore della pietra. Doveva essergli caduto durante lo scontro… se si fosse trattato di un anello stregato, sarebbe stato un vero problema. Lo infilai delicatamente all’indice della mano destra e sfilai l’altro, che si trovava invece all’anulare. Feci tutto con cautela, perché se si fosse trattato di un banalissimo anello, sarei bruciata al sole. Fortunatamente non successe nulla, ed ebbi la conferma di quello che pensavo: la vampira aveva perso il suo anello solare. Si sarebbe fatta sicuramente vedere di nuovo.
 
“Tesoro, che succede?” chiese Mark, affatto sorpreso di trovarmi lì.

“Niente, adesso arrivo” dissi, stringendo il piccolo oggetto nella mano.

Entrai nel locale e mi misi al lavoro, tentando di distrarmi.




*



“Ti sei ripresa?” chiese Quinn, guardandomi attentamente.

“Come scusa?”

“Ma ci sei?! Dio… è tutto il giorno che sei distratta”.

“Sono solo sovrappensiero…”

“E ti dispiacerebbe informare la tua migliore amica di quel che ti passa per la testolina?”

“Ti ricordi quando... eravamo…”

“Era a questo che pensavi?” ridacchiò. “A quando eravamo delle vampire drogate di sangue umano e ce ne andavamo in giro spensierate bevendo da chiunque incontrassimo?”

“Sì, anche se hai aggiunto troppi dettagli”.

“Eravamo delle pazze scatenate” disse, scuotendo la testa e sorridendo.

“Sai, quella vampira, ieri... non so perché, ma mi ci ha fatto ripensare”.

“Erano altri tempi, Britt, tempi in cui reprimevamo qualunque sentimento umano”.

“Lo so, però a volte ci ripenso, tutto qui.”

“Fa parte del nostro passato” affermò, toccandomi la mano adagiata sul tavolo. “Siamo cambiate”.

“Già” aggiunsi, guardando le persone che passeggiavano serenamente concedendoci qualche occhiata distratta.

La vampira dagli occhi neri come la pece era riuscita, in qualche modo, a portare alla mente ricordi nascosti ma mai dimenticati.



*



Qualche decennio dopo la mia trasformazione, incontrai Quinn a Parigi. A quel tempo aveva ancora lunghi capelli biondi che le ricadevano sulle spalle chiare. Parlava un francese perfetto, ed incrociai per la prima volta il suo sguardo in un lussuoso locale, proprio al centro della città; non esisteva posto al mondo in cui fosse più facile trovare una preda.

Mi avvicinai lentamente ad un uomo ben vestito, sulla quarantina, e lo soggiogai per portarlo nel bagno e nutrirmene. Il piano riuscì alla perfezione, ma poco dopo aver affondato i canini nella sua morbida pelle, sentii la porta alle mie spalle aprirsi.


“Vedo che non sono l’unica affamata qui dentro” mi disse, con un gran sorriso.

Smisi di bere e, dopo essermi passata la mano sulla bocca sporca di sangue, mi avvicinai prudentemente. Nonostante non fossi una vampira da molto tempo, avevo imparato che abbassare la guardia di fronte ad uno della mia stessa specie, alla fine, portava sempre dei guai.

“Questo è mio” dissi secca, mantenendomi a distanza.

Lei sorrise e si avvicinò, quel tanto da lasciarmi turbata.

“Nessuno te lo tocca, ce ne sono talmente tanti… e poi, non è mio solito condividere i pasti con qualcuno”.

Avevo deciso di ignorarla (in fondo, non era il primo vampiro che incontravo) ma un suo gesto mi lasciò totalmente a bocca aperta.

“Io sono Quinn” disse, sorridente, porgendomi la mano.

Si stava presentando?! Stranamente qualcuno, per la prima volta, aveva deciso di fare la mia conoscenza.

“Io sono Brittany” risposi, accennando un sorriso incerto.

“Sei Newyorkese?”

“Di Manhattan, per essere precisi”.

“Fico! Si sente dall’accento” rispose, entusiasta.

“E tu?”

“Philadelphia”.

Continuava a sorridermi, come se avesse trovato una cosa preziosa, rara. Forse si era solamente resa conto di aver appena conosciuto quella che sarebbe diventata la sua migliore e immortale amica.




*



“Quando deciderai di alzare il tuo culo pallido da questa sedia, forse riusciremo a dare un’occhiata a quel bel paio di Jeffrey Campbell che ho visto qualche giorno fa”.

Nel corso dei suoi quasi centosettant’anni, non era riuscita a farsi passare la terribile mania per le scarpe.

Forse, quella sera, qualcosa nella mia testa aveva smesso di funzionare bene. Non sapevo il perché, ma me ne stavo lontana da Mark e dagli altri, continuando a fissare l’entrata del Wings.

Una parte di me voleva che venisse, mentre l’altra… beh, l’altra sperava che non si facesse mai più viva nella cittadina di Saint Angel. Ero combattuta, ma dentro di me sapevo bene che avrebbe vinto la parte speranzosa di rivederla. Volevo guardarla, studiarla in un contesto magari amichevole e ovviamente ridarle anche l’anello.


Qualcosa di bagnato cadde sulla punta del mio naso; mi girai verso Puck che rideva come un adolescente scemo.

“Ma che cavolo fai?”

“Ti lancio un po’ di birra, così forse ti risvegli dalla trance” disse, ridacchiando.

Lo ignorai e continuai a fissare l’entrata.

Passavano i minuti, e di lei nessuna traccia. Diedi uno sguardo all’orologio: erano le 22:00 passate.
Cominciai a tamburellare fastidiosamente le dita sul bancone e gli altri cominciarono a lanciarmi occhiate sempre più insistenti; probabilmente avrebbero pagato oro per riuscire a leggermi nella testa. All’improvviso, però, qualcosa catturò la mia attenzione. Un odore familiare saltò subito alle mie narici; alzai gli occhi e la vidi. Si faceva strada tra i ragazzi in piedi, che se la mangiavano con gli occhi.

Per la prima volta provai un tipo di sensazione stranissima... la stessa sensazione che fa battere il cuore all’impazzata agli umani quando incontrano la persona che desidererebbero avere al loro fianco.

Mi sentivo agitata senza che ce ne fosse motivo... insomma, Mark e tutti gli altri erano poco distanti da me, non avevo modo di temere che mi facesse del male. La guardavo come se ne fossi rimasta incantata, sprigionava un fascino indescrivibile e si muoveva con un passo elegante e terribilmente femminile; sicuramente, tutte le persone di sesso maschile che si trovavano nel locale erano state colpite anche solo dal suo modo di camminare. Una giacca in pelle nera copriva le braccia sottili e ambrate, sotto questa vi era un top rosso che lasciava intravedere un seno prosperoso; un paio di jeans neri le fasciavano alla perfezione le gambe, e il tutto era completato da un paio di scarpe nere, lucenti, tacco dodici. I capelli neri, sciolti e fluenti, ricadevano morbidi lungo la schiena. C’era un solo aggettivo per definirla: perfetta, veramente una dea.


“Che diavolo ci fa lei qua?!” chiese Mark con un tono di voce isterico.

“Non lo so”.

In realtà lo sapevo, ma lui non poteva immaginarlo.

Puck aveva sul volto un’espressione stupita, ma allo stesso tempo compiaciuta dal fatto che la vampira in questione fosse così bella. Quinn aveva le sopracciglia corrucciate e scattò in piedi non appena capì cosa stesse succedendo, e Kurt mi guardò con occhi sgranati e un’espressione indecifrabile.


La vampira avanzò velocemente e si fermò ad un paio di metri da noi, poi, senza motivo, sfoderò uno strano sorrisetto.

“Non pensavo che una cittadina così piccola fosse occupata da così tanti succhiasangue”.

Riascoltare quella voce fu veramente strano. Era più bella di quando l’avevo sentita la sera prima, forse perché questa volta non era in corso alcuno scontro (almeno per il momento).

“Non sono affari tuoi”, rispose secco Mark.

“E invece lo sono eccome. Sai, penso che ci sarebbe da divertirsi se mi trasferissi qui. In fondo avevo giusto bisogno di cambiare aria, quella di Los Angeles cominciava a diventare pesante”.

Mark si irrigidì tutt’un tratto e la fissò come se avesse potuto fulminarla con lo sguardo.

“Che diavolo vuoi?” chiese Quinn, avanzando verso di lei.

“Quinn!” la richiamò Puck, preoccupato per la sua incolumità.

“Sta’ tranquillo, siamo in pubblico e siamo in cinque, non mi sfiorerà nemmeno con un dito”, lo rassicurò l’altra.

“Pensi che questo potrebbe ostacolarmi?” domandò la vampira dagli occhi neri, con fare arrogante.

“In effetti un paletto nel cuore potrebbe ostacolarti”.

“Datemi una birra, bella fredda, per piacere” chiese, secca.

“Cosa?” domandai, perplessa.

“Non si ordina da bere, qui? E’ forse un locale per vecchi decrepiti a cui sono stati vietati gli alcolici? Ho chiesto una birra! Non mi sembra ci sia qualcosa di strano”.

Presi la birra dal frigorifero, la stappai e gliela porsi.

“Grazie” disse, guardandomi negli occhi.

Non avevo affatto sbagliato, erano proprio neri. Quelle iridi mi ricordarono l’anello che tenevo ancora in tasca. Strano che non l’avesse ancora menzionato.

“Vi starete chiedendo cosa ci faccia una tipa come me in un posto del genere, e soprattutto con della gente del genere, ma la risposta è molto semplice. Avete una cosa che mi appartiene e la rivorrei indietro”.

“Noi non abbiamo niente!” rispose alterato Mark.

“E tu, bionda?” chiese, posando gli occhi color carbone sul mio viso.

In quel momento mi prese il panico. Nessuno sapeva che avevo il suo anello, ma se non glielo avessi dato, l’avrei costretta a nascondersi per l’eternità dalla luce del sole. D'altro canto, se glielo avessi restituito, Mark e tutti gli altri si sarebbero arrabbiati con me... ma capii che, in realtà, volevo rivederla, e l'unico modo per rivederla ed instaurare un rapporto con lei sarebbe stato restituirle l’anello. Infilai la mano in tasca, aggirai il bancone e glielo porsi.

“Tieni” dissi, poggiandolo sul palmo della sua mano.

“Brittany, m-ma dove…”

“Ti spiego dopo, Mark”.

“Grazie, Brittany” disse, enfatizzando in particolar modo il mio nome.

Se lo mise al dito medio e girò i tacchi, senza proferire altra parola.



Mi girai verso gli altri e vidi che mi guardavano, tra il sorpreso e il perplesso, tutti con gli occhi sbarrati.

“Avevi l’anello?!” strillò Mark, appena la vampira uscì dalla porta.

“Mark, per favore. Ne parliamo a casa”.

“No, ne parliamo adesso! Tu avevi l’anello di quella schizzata e non mi hai detto niente?!”

“Sì, Mark! L’ho trovato prima, per terra nel vicolo, ok?”

“Ok” rispose, secco, uscendo dal locale e sbattendo la porta con forza.
   








Cari lettori, eccoci qui al secondo capitolo. Dunque, c’è stato un secondo incontro tra Brittany e Santana, e pare che Brittany stia già iniziando a perdere la testa nonostante sia fidanzata con Mark. Sarà veramente così, oppure è solo l’impressione?
Fatemi sapere che ne pensate, ci tengo tantissimo a sapere la vostra opinione! 
Stavo giusto pensando che, anche leggendo i capitoli, molte cose potrebbero sfuggirvi poiché non è detto che tutti seguiate il telefilm di ‘The Vampire Diaries’, quindi creerò uno spazio apposito per chiarire determinate cose che si possono conoscere solo guardando il telefilm.

- NOTE

Il tipo di vampiro utilizzato in questa fan fiction può, ad esempio, dormire la notte, può piangere, può sanguinare e provare dolore anche se le ferite subito dopo si rimarginano. Chi conosce le streghe ha una buona probabilità di riuscire ad esporsi alla luce del sole grazie ad un gioiello (spesso un anello) diurno che loro sono in grado di creare con un incantesimo, e l’anello che Brittany trova in questo capitolo è proprio di questo genere. Verso la fine del testo emerge un altro particolare: Santana che chiede una birra. I vampiri possono tranquillamente bere alcolici, che tra l’altro li aiutano a mantenere la loro temperatura corporea più calda. Questo tipo di vampiro può essere ucciso tradizionalmente, ossia con un paletto nel cuore oppure può essere indebolito con un particolare tipo di pianta: la verbena. La verbena è una sorta di veleno per loro; a contatto con la loro pelle la brucia, ingerita rende deboli e la stessa cosa vale se viene iniettata nel sangue. Subito dopo la trasformazione, tutte le emozioni sono amplificate e si può scegliere di spegnerle oppure lasciarle attive. Se un vampiro spegne le sue emozioni, diventa impassibile ad ogni cosa ed è di una pericolosità da non sottovalutare, ma se un vampiro uccide con le emozioni accese, soffrirà tantissimo per ogni singola uccisione e per gli sbagli commessi. Il sangue dei vampiri, se ingerito da un umano ferito, è in grado di curarlo, ma attenzione: se l’umano muore con il sangue di un vampiro nel suo corpo, di conseguenza si troverà in uno stato di transizione (da umano a vampiro) e completerà la sua trasformazione solo nutrendosi di sangue umano, altrimenti morirà. Loro non cambiano aspetto; non diventano pallidi e i loro occhi non cambiano colore, continuano a mantenere la loro forma umana. Altra cosa importantissima, a differenza di ‘Twilight’, più un vampiro è anziano e più è forte (l’esatto contrario della saga della Meyer). Hanno la capacità di soggiogare gli umani guardandoli intensamente negli occhi e ordinando loro ad alta voce, però se l’umano ha ingerito, o indossa la verbena, il soggiogamento non funzionerà. Ovviamente, il vampiro che si nutrirà di sangue umano sarà più forte di quello che si nutrirà di sangue animale, e di conseguenza, anche il soggiogamento sarà più forte rispetto all’altro.

Detto questo, vi presento la copertina di ‘Come l’Agata nera’ :D




 P.S.: Magari vi starete chiedendo che diavolo ci faccia Jared Padalecki (Sam di Supernatural) al fianco di Brittany... beh,lui rappresenta Mark :P Nella mia testa si assomigliavano parecchio, e così ne ho approfittato. Grazie a tutti, e al prossimo capitolo!



Ladygleek86











BETATO DA  HSwall



 

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Capitolo 3
*** Si va a caccia ***


   - Capitolo 3

 

“Hai letto?”

Porsi il giornale a Mark, che serrò la mascella non appena lesse il titolo:

MORTI DUE SESSANTENNI, USCITI FUORI STRADA. STRADE DI SAINT ANGEL: POCO SICURE?

“Cazzo!” strillò, sbattendo il giornale sul tavolo. “Cinque vittime per incidenti stradali in una settimana, quella stronza sta combinando un casino”.

Era passata una settimana dal giorno in cui avevo restituito l’anello alla vampira, sotto gli occhi increduli dei miei amici. Mark non mi aveva parlato per ben due giorni, poi però lo avevo costretto ad ascoltarmi, giustificandomi: se gli avessi detto la verità, si sarebbe arrabbiato e mi avrebbe costretto a tenerlo. Quinn, che mi conosceva meglio di tutti, era sospettosa: aveva capito che in verità quella spiegazione non aveva senso e pensava che cercassi di nascondere qualcosa.

In realtà non nascondevo niente; avevo agito senza pensare, seguendo il mio istinto… io stessa non riuscivo a dare una spiegazione alle mie azioni. Una cosa era certa : quel che era fatto, era fatto.

“Ho sbagliato a restituirle l’anello” dissi, con aria mortificata.

Se non l’avessi fatto, forse ci sarebbero state meno vittime… di sicuro la sua libertà di agire sarebbe stata limitata.

“No, sarebbe stata comunque libera di notte, non sarebbe cambiato un granché”.

Sbuffai pesantemente, pensando alla pessima situazione in cui ci trovavamo.

Saint Angel era una cittadina piccola, le voci correvano in fretta ma, soprattutto, le persone entravano nel panico con molta facilità. Cinque morti in una sola settimana facevano parlare, mettevano paura e creavano scompiglio. Non tutti i vampiri adottavano la nostra stessa dieta, era comprensibile, eravamo noi i “diversi”; ci sforzavamo di provare emozioni umane, e grazie a Dio non avevamo alcun tipo di problema a comportarci nel modo più civile possibile, ma nonostante agissimo con una certa razionalità, nella ‘seconda’ vita di ognuno c’era stato un periodo più buio, di smarrimento, pieno soltanto di assassinii assolutamente disumani. Era difficile ritrovare il controllo una volta perso, ma per fortuna, con un po’ di allenamento, alla fine diventava una cosa fattibile e non più assurda come poteva sembrare all’inizio.

“Che facciamo?”

“Andiamo a caccia… andiamo a caccia di vampiri ” rispose, da bravo capo qual era.

                                        *

“Ok, ma secondo me state esagerando”.

Puck e Mark ci avevano dato un paletto a testa e si affrettavano a riempire due borsoni di siringhe cariche di verbena, frecce per la balestra e due pistole, una in ogni borsa. Non succedeva spesso che ci dovessimo armare in quel modo, ma semplicemente perché in gruppo avevamo avuto raramente dei problemi; se qualcuno minacciava la città in cui ci eravamo stabiliti, bastava sempre qualche avvertimento per intimidirli e far sì che cambiassero zona. Il gioco di squadra era ottimo.

“Bisogna ucciderla, Brittany! L’abbiamo ignorata e le abbiamo permesso di far fuori cinque innocenti, ma ora dobbiamo intervenire”.

“Ci sono anche altri modi, magari possiamo provare a farla ragionare”.

“Ma l’hai vista? Ti sembra una tipa in grado di ragionare? E’ una psicopatica!” esclamò Kurt.

Mark mi fece cenno di no con la testa. “La uccideremo e basta” disse, chiudendo velocemente una delle due borse.

“Dunque, ci divideremo in due gruppi. Il gruppo che la trova per prima invierà un messaggio agli altri. La città è piccola, non sarà difficile individuare dove si nasconde”.

“Io, Brittany e Puck formiamo il primo gruppo, tu e Kurt il secondo, ok?” disse Quinn, in attesa del consenso di Mark.

“Mi sta bene… tu ed io siamo i più anziani, in questo modo formeremo due gruppi equilibrati.”

Ad essere sincera, il loro atteggiamento mi infastidiva non poco. Sembravano dei soldati, pronti a far fuoco a qualunque cosa si muovesse… ma quel che mi dava ancora più fastidio era proprio il comportamento di Mark. Era stato lui a farmi conoscere un modo di vivere diverso, a farmi capire che non bisognava per forza bere sangue umano per sopravvivere, e adesso fremeva per uccidere una vampira a cui, secondo me, poteva essere data una seconda chance e che, magari, aveva bisogno della nostra guida in un percorso a lei sconosciuto. Lo conoscevo bene, e sapevo che quando si metteva in testa una cosa, difficilmente cambiava idea.

Puck prese la cartina della città e un tratto-pen nero.

“Dividiamo Saint Angel nella zona A e nella zona B. La zona A sarà quella del gruppo di Quinn, e quella B invece sarà del gruppo di Mark. Le case le escluderei a prescindere, bisogna essere invitati e…”

“Il tuo ragionamento fila, Puck” disse Kurt, interrompendolo “ma non ci vuole molto a soggiogare un umano per farsi invitare. In tal caso sarebbe impossibile ucciderla, perché non ci permetterebbe in alcun modo di entrare nella casa di cui è ospite.”

“Kurt ha ragione” affermò Quinn.

“Se contassimo anche le case, diventerebbe una ricerca infinita”.

“E’ vero, Puck” concordò Mark.

“Decidiamo per alzata di mano! Chi è d’accordo con l’idea di controllare anche le case?”

Quinn e Kurt alzarono le mani. Io ero indecisa sul da farsi: le case erano tante, troppe, anche se la città era piccola, ma al posto suo mi sarei nascosta proprio lì. Nessuno poteva essere invitato se si soggiogava il padrone di casa a non farlo e, di conseguenza, sarebbe stato il posto più sicuro in cui stare; sarebbe stato più facile tenere tutto sotto controllo.

D’altra parte però, da quel che ero riuscita a percepire della vampira, avrei scommesso che non si stesse nascondendo. Era arrogante, spavalda, saccente, sicura di sé e sembrava non avesse timore di niente e di nessuno: per farla breve, l’avrei definita una tipa alquanto temeraria. Probabilmente l’avremmo trovata in qualche locale a bere super alcolici senza pagare, oppure a passeggiare per la città come se la sua coscienza non fosse mai stata intaccata dalle tante uccisioni che aveva causato nell’arco della sua ‘vita’.

Quinn si schiarì la voce per attirare la mia attenzione. Mi mimò un ‘dai’ e prese ad alzare su e giù le sopracciglia ritmicamente, per convincermi ad alzare la mano. Presi aria gonfiando le guance, e la rilasciai subito dopo in un sonoro sbuffo.

“No” dissi, scuotendo la testa. ”Niente case!”

Puck fece una smorfia alla ragazza, ma Mark a differenza sua non si scompose affatto. Quinn stralunò gli occhi e scosse la testa in segno di disapprovazione, Kurt non proferì parola.

“Porca miseria, Britt!” esclamò la bellissima vampira bionda, portandosi una mano tra le ciocche di capelli.

“Scusa” mormorai in tono sommesso.

“Escludendo le case è tutto più semplice. Dividiamo il bosco in zona A e zona B e facciamo la stessa cosa per i luoghi pubblici ed i locali, che ne dite?”

“Sembra perfetto!”

Quinn si mise il borsone in spalla e la stessa cosa fece Mark; ogni gruppo si diresse nelle zone stabilite.

“Sentite” disse Puck mentre raggiungevamo il centro commerciale “avrei un’idea che velocizzerebbe il tutto.”

“Spara!”

“Il bosco di Saint Angel è bello grande, ed i locali non sono un grosso problema.”

“Io e Puck potremmo andare a dare un’occhiata nel bosco, e tu per i locali…” annunciai a Quinn, sperando in una sua risposta positiva.

“Siete proprio degli infami! Mi lasciate da sola, eh?” disse, con fare sarcastico.

“Dai, mi sembra una buona idea”.

“Andate! Ma avvisate subito se la trovate, non fate di testa vostra, ok?”

“Ok!” rispondemmo in coro.

Corremmo velocemente, come solo un vampiro è in grado di fare, e in pochissimo tempo ci ritrovammo di fronte alla fitta ed estesa vegetazione che caratterizzava la piccola cittadina. Quella era una delle tante cose belle di Saint Angel, il bosco si estendeva per circa 2000 ettari, cosa niente male per cacciare gli animali tipici del posto.

“Dovremmo andare in direzioni diverse” suggerii poco dopo esserci addentrati nel territorio di caccia.

“Non se ne parla, Mark non me lo perdonerebbe mai se ti lasciassi da sola”.

“Dai, Puck… me la posso cavare, lo sai bene!”

Sbuffò sonoramente e si toccò gli insoliti capelli dal taglio alla mohicana.

“Che senso ha dividersi ancora? Diventa solo un gran casino!”

“Non avrai mica paura?”

“Puckzilla che ha paura? Ma piantala!”

“Perfetto! Ci vediamo qui tra un’ora.”

Non gli lasciai nemmeno il tempo di rispondere. In una frazione di secondo mi allontanai nella direzione opposta alla sua. Quel che stavamo facendo non era giusto, ma avevo comunque intenzione di trovare la vampira per prima. Non sapevo cosa sarebbe successo, però probabilmente non l’avrei uccisa.

Camminai per un quarto d’ora abbondante. Il mio olfatto sviluppato, eredità della nostra specie, mi permetteva di fiutare facilmente delle possibili tracce. Sarebbe bastato sentire la scia del suo odore, o semplicemente scovare le sue impronte sul leggero strato di fango che ricopriva il terreno umido del bosco, per trovare il suo nascondiglio. Mi arrampicai fino alla punta dell’albero più alto che trovai nella zona che stavo setacciando; non si vedeva la vampira e nemmeno Puck. Saltai sull’albero che avevo di fronte, e poi su un altro ancora, e un altro, e un altro… percorsi un kilometro soltanto in questo modo, poi scesi a terra e cercai più scrupolosamente di prima, ma non trovai una sola traccia.

Guardai l’orologio e mi accorsi che erano passati quaranta minuti dall’inizio della mia “spedizione” in solitaria. Ormai mancavano venti minuti per tornare da Puck. Una cosa però era certa, se la tipa si nascondeva nel bosco, era stata particolarmente attenta a non lasciare alcuna traccia del suo passaggio.

Corsi per un altro kilometro, ma poi qualcosa mi fece bloccare di colpo… un odore. Avevo sentito uno strano odore. Chiusi gli occhi e inspirai profondamente per rintracciarne la fonte. Proveniva da est, perciò mi ci diressi.

Camminai piano, in modo tale da non farmi sfuggire nulla. Mi avvicinai ad un albero e posai il naso sulla corteccia, poi ne respirai a pieno l’essenza. Anche ad uno dei vampiri più attenti sarebbe potuto sfuggire quel delicato aroma impregnato nel resistente strato che rivestiva il fusto dell’albero. Era familiare, ma talmente lieve da non potermi permettere la certezza che appartenesse all’oggetto delle mie ricerche.

Mentre continuavo ad annusare per capirne di più, udii un movimento alle mie spalle e mi girai di scatto, pronta ad attaccare se fosse stato necessario… ma era soltanto un cerbiatto che mi guardava incuriosito. Lo ignorai, mi avvicinai ad un altro albero, e presi ad annusarlo come prima. Anche lì c’era l’odore, ma sempre lieve ed indecifrabile.

Non mi importava di non avere più tempo: avevo trovato una scia da seguire, e sarei andata avanti. Passai dieci minuti buoni ad annusare ogni albero che mi capitava a tiro, era un lavoro noioso ed estenuante, ma necessario. Dopo aver poggiato il naso su almeno una quarantina di cortecce, mi accorsi che la scia si interrompeva di colpo. Era assolutamente impossibile, non poteva volatilizzarsi nel nulla e nemmeno teletrasportarsi, ma forse mi era sfuggito qualcosa.

“Ma guarda chi si rivede” disse una voce alle mie spalle, che mi fece sussultare.

Girai la testa quel tanto che bastava per rendermi conto di chi avessi dietro. Era lei.

Mi sentii tremare le gambe. Volsi il resto del busto e cominciai a guardarla, senza pronunciare una parola. Indossava la solita giacca nera di pelle, una canotta bianca, jeans blu e converse in tinta con la giacca. I capelli arruffati facevano pensare che avesse corso nel bosco.

“Devi andartene” annunciai secca, accorciando impercettibilmente la distanza che ci divideva.

“E perché mai dovrei farlo?” chiese lei, rivolgendomi un sorriso sprezzante.

Il suo atteggiamento mi dava sui nervi.

“Perché i miei amici ti cercano e vogliono ucciderti”.

“Uccidermi?” domandò, facendosi improvvisamente più seria.

“Esattamente. Vogliono ucciderti!”

“E tu, Brittany? Tu vuoi uccidermi?” chiese, avvicinandosi e sorridendo con quel suo modo di fare spavaldo.

“Beh, se avessi voluto, probabilmente l’avrei già fatto…”

“Mmmh… capisco”.

Continuò ad avvicinarsi.

“Ascoltami, anche se quello che hai fatto è terribile, non mi piace negare una seconda possibilità a nessuno. Ti faccio scegliere…”

“Scegliere cosa?” mi interruppe lei.

“Puoi restare qui adattandoti alla nostra dieta, oppure puoi andartene e procurare danno da qualche altra parte”.

“E se non scegliessi nessuna delle due?”

“Beh, in quel caso, penso che avvertirei i miei amici, tu scapperesti e noi seguiremmo le tue tracce finché non ti troveremmo e ficcheremmo un paletto nel tuo petto”.

“Opzione davvero interessante, non c’è che dire” commentò, ridacchiando.

Si avvicinò ancora, fino a che non potei guardare il suo viso chiaramente e allo stesso tempo percepirne l’odore distintamente. Restai immobile e ci scambiammo lunghe occhiate indecifrabili.

I suoi occhi neri nei miei, i miei occhi azzurri nei suoi.

Tirò una lieve brezza e l’odore dei suoi capelli mossi nel vento mi si stampò sul viso.

“Come ti chiami?” chiesi, interrompendo il silenzio assordante che si era creato.

“Santana” rispose lei, accennando un sorriso sghembo.

“Va’ via, Santana. Questo di oggi era un avvertimento, ma se non rispetti le regole, sarà peggio per te”.

La vampira socchiuse leggermente gli occhi, si passò la punta della lingua sull’angolo della bocca, e poi sparì nel bosco.

 



Salve a tutti!Eccoci al terzo capitolo :D
Questa volta ho ben poco da dire...mmmh...beh,ringrazio chiunque abbia letto questo capitolo e chiunque abbia deciso di seguire la FF,alla prossima!Fatemi sapere che ne pensate :)


Ladygleek86









 

BETATO DA  HSwall

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Capitolo 4
*** Nei boschi ***


   - Capitolo 4


“Non ci posso credere!” strillò Quinn, non appena entrò nella stanza.

“E’ più furba di quanto pensassimo”.

“Già!” concordò Mark, nero di rabbia.

Speravo proprio di aver fatto la cosa giusta. In effetti, a pensarci bene, avevo agito per l’ennesima volta a vantaggio di Santana. Me ne avrebbe fatto pentire?

Se avessi detto a Mark e agli altri che lei si nascondeva nel bosco, avrei stilato la sua condanna a morte. Ciò che faceva era sbagliato, in fondo non era costretta ad uccidere per nutrirsi, e ciò probabilmente la rendeva ancor più sadica e selvaggia agli occhi degli altri; degli altri, appunto.

Non capivo per quale diavolo di motivo non riuscissi ad odiarla o ad essere disgustata dalle sue azioni; gli altri fremevano per farla fuori ed io invece rimanevo lì, ad ascoltare le loro strategie, assolutamente contrariata dalle loro idee. Era la vampira ad aver torto, gli altri cercavano soltanto di evitare problemi e di proteggere la città, ma nella mia testa i ruoli non erano così netti. Cercavo quante più scuse potessero esistere per non aprire gli occhi alla realtà: lei era la cattiva, e noi i buoni.

“Ve l’avevo detto che dovevamo cercare nelle case!” continuò Quinn, che scuoteva la testa, innervosita dal fatto che non le avessimo dato retta.

“Stiamo calmi!” gridò Puck, sbattendo la cartina della città sul tavolo. “Domani riprenderemo le ricerche e questa volta faremo come dicono Quinn e Kurt”.

“Giusto”.

“Ok, ok”.

“Hai lasciato Jake al Wings?” chiese Noah, prendendo per mano la ragazza che, ancora alterata, sbuffava senza sosta.

“Per forza, avevamo altro da fare”.

“Se vuoi lo sostituiamo io e Quinn, almeno ci distraiamo un po’”.

“Nessun problema, anzi, ci fareste un favore”.

“Veramente io avevo altre idee per la nostra serata, Puckerman…” aggiunse la bionda, ammiccando.

Noah si rattristò momentaneamente per aver già preso impegni, ma Kurt gli toccò amichevolmente la spalla, lasciando intendere che ci avrebbe pensato lui.

“Grazie, Kurt” dissi, sorridendo.

“Figurati”.

Era stata una giornata pesante, e i pensieri sembravano non volermi lasciare in pace.

“Hai fame?” chiese Mark, che si allungò a torso nudo sul divano.

“Un pochino, in effetti”.

Sapevo controllare bene la mia sete, e difficilmente cadevo in tentazioni, ma era innegabile che dopo aver prosciugato un bel cervo mi sarei sentita senza alcun dubbio meglio.

“Domani sera andiamo a caccia con gli altri”.

Mi avvicinai a lui e cominciai a baciargli gli addominali. Mark alzò leggermente il busto e mi misi a cavalcioni su di lui. Ci baciammo a lungo mentre lui scorreva con le mani sui i miei seni; li toccava, li cercava... quando tutto questo non gli bastò più, mi strappò la maglia di dosso e slacciò il reggiseno. Lo spogliai con la velocità che solo un vampiro può avere e poi mi sfilai le mutandine, lentamente, mentre i suoi occhi blu ardevano scorrendo lungo le linee sottili del mio corpo.





*




“Buongiorno, amore mio” sussurrò dolcemente il ragazzo dai capelli raccolti in un codino, che mi stampò le labbra sulla fronte.

“Buongiorno” risposi, assonnata, aprendo gli occhi a fatica.

“Ti porto il caffè oppure lo prendi in cucina?”

“Adesso mi alzo” dissi, sorridendo.

Spostai le lenzuola che avvolgevano la mia pelle pallida e nuda, e indossai una comoda vestaglia.

Non appena mi sedetti al tavolo della cucina, qualcuno bussò alla porta. Mark, che girava per casa con solo degli slip addosso, si apprestò ad indossare velocemente un pantalone grigio della tuta ed una canottiera bianca.

“Buongiorno, bellissimi!” trillò Quinn, che a malapena gli diede il tempo di aprire la porta.

“Buongiorno anche a te” disse Mark, che scuoteva la testa ironicamente.

“Ehi Q, vacci piano, mi sono appena svegliata”.

“Nottata impegnativa?” domandò lei, sfoggiando un sorrisetto pieno di energia.

“Sembri uno di quegli spot pubblicitari di creme per le occhiaie” risposi, finendo di bere il caffè.

“Magari potrei passare la mia eternità ad inventarne una, sarebbe fico”.

“Assolutamente!” risposi, sarcastica.

“Allora, ti sbrighi?”

“E perché mai dovrei sbrigarmi?”

“Andiamo a caccia, fannullona!”

Mi girai verso Mark, che curiosava tra gli scaffali della cucina.

“Pensavo che dovessimo andarci tutti insieme”.

“Meglio se ci alterniamo, non mi fido a lasciare Jake troppo tempo al locale…” disse lui, facendo spallucce.

“Dai, su! Vatti a vestire” mi incitò Quinn.

“Sarebbe questo il tuo abbigliamento da caccia?” chiesi, squadrandola con gli occhi sgranati.

Indossava un comodo vestitino bianco candido, con un coprispalle dello stesso identico colore e dei sandali col tacco di sughero.

“Già” rispose lei secca, puntando il dito verso la camera.

“Ok, ok. Vado!”

A differenza sua, indossai cose assolutamente comode. Un paio di pantacollant neri, delle scarpe da ginnastica e una maglia semplice a maniche corte, poi mi legai i capelli e tornai in cucina.

“Pronta per andare nel bosco?”

Aveva detto la parola bosco?  Merda!

Avevo dimenticato un piccolo dettaglio: si cacciava nel bosco. Esattamente nello stesso bosco in cui, il giorno prima, avevo visto la vampira che tutti i miei amici volevano uccidere. Mi bloccai sul posto e smisi di respirare.


“Che ho detto?” chiese Quinn, confusa dalla mia improvvisa e inaspettata reazione.

“N-niente! Assolutamente niente”.

“Ok, allora andiamo.”

E se, nonostante il mio avvertimento, non se ne fosse mai andata via da lì? Sarebbe stato un bel problema se Quinn fosse incappata nella scia che il giorno prima avevo seguito minuziosamente, o se, peggio ancora, ce la fossimo ritrovata improvvisamente alle nostre spalle. Dio, quel solo pensiero mi caricò di un’ansia indescrivibile. Non solo tutti quanti avrebbero capito che avevo mentito, ma Santana avrebbe anche fatto una pessima fine. Sperai veramente con tutta me stessa che la tizia avesse abbandonato ogni tipo di orgoglio e spavalderia,e avesse preso il mio avvertimento in seria considerazione.




*




Quando io e Quinn giungemmo nell’esatto punto in cui avremmo cacciato, l’ansia che avevo provato per tutto il tragitto si trasformò in paura.

“La sostituzione di Kurt è valsa la pena?” chiese la vampira bionda, mentre scrutava e toccava attentamente il terreno.

“Che?” risposi, grattandomi la testa.

“Quando fai così ti ucciderei…” rispose, scuotendo il capo ancora chino sul suolo umido.

“E cioè?”

“Sei distratta, Britt! Sei sempre con la testa tra le nuvole. Io ti parlo e tu capisci a malapena l’ultima parola di quel che ho detto…”

“Non è vero!” ribattei, infastidita.

“Oh, sì che è vero!” disse lei, ridacchiando.

“Ti ho detto di no!”

“Allora dimmi, che ti ho chiesto?”

Quinn avanzò di una decina di metri e inspirò a pieno l’aria del sottobosco. Quando fece quel gesto, mi immobilizzai di nuovo, in attesa di un responso che speravo fosse privo di disastrosi problemi.

“Allora?” chiese, tranquilla. Nessuna traccia di Santana!

“Ehmm… mi hai chiesto di Kurt al locale”.

“Ovviamente” rispose, lanciandomi un’occhiata eloquente.

Sbuffai. Speravo di aver azzeccato almeno parte dell’argomento, ma non mi diede modo di capirlo.

“Dammi una mano, mi sa che è meglio!”

Seguimmo velocemente la scia che, come era previsto, ci portò sulle sponde del ruscello. Sull’altra sponda c’era un bellissimo cervo non molto grande e probabilmente molto giovane. Immergeva la delicata e rosea lingua nell’acqua, completamente ignaro del pericolo che gli si avvicinava.

“Dai, prendilo tu, così forse il tuo livello di concentrazione salirà” disse, ridacchiando.

Stavo quasi per lanciarmi su di lui, ma poi pensai una cosa. Se avessi preso quel cervo, Quinn sarebbe andata alla ricerca di un altro senza di me; e se avesse rintracciato l’odore della vampira?

“Non lo voglio” risposi, secca.

“E perché mai?” chiese, aggrottando le sopracciglia. “Guarda quanto è bello!”.

“E’ tutto tuo, ne cercherò uno più grande”.

“Stupida ingorda” rispose, scuotendo la testa.

In una frazione di secondo le urla dell’animale si scatenarono, per poi affievolirsi e cessare poco dopo.

Saltai dall’altra sponda del ruscello e, grazie al potente olfatto, in breve tempo trovai un altro cervo, ma non molto più grande dell’altro. Mi avventai sul caldo collo dell’animale che, all’impatto con il mio corpo, stramazzò a terra. Sentivo il sangue sulla mia lingua, sulle mie labbra, e da esse colarmi lungo il collo, che si muoveva irregolarmente ad ogni sorso del quale godevo.

Per quanto le vite di noi altri potessero essere viste quasi parallelamente a quelle umane, nessuno era in grado di soffocare il desiderio che ci rendeva, appunto, “diversi”.


 


Ed eccoci qui con il quarto capitolo! :D Scusate se l'ho pubblicato con un po' di ritardo...spero che vi sia piaciuto,anche se,rispetto a quelli che verranno,non è niente di che...Il bello deve ancora venire!!

Ciao a tutti,ed alla prossima!


Ladygleek86







 

BETATO DA  HSwall

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Capitolo 5
*** Una strana sparizione ***


   - Capitolo 5



“Allora? Come è andata la caccia?”

“Benissimo”, rispondemmo in coro.

Pur non essendo ancora il momento di tirare un sospiro di sollievo, per qualche assurdo motivo la fortuna era stata dalla mia parte. Nessuna traccia di Santana e, quindi, nessun tipo di problema: tutto era filato liscio come l’olio.

“Pronto, Puck?”

“Certo, fratello!”

I due, dopo averci salutate distrattamente, uscirono dal locale e si diressero a fare uno “spuntino”. Noah e Mark erano come fratelli, condividevano lo stesso rapporto che avevamo io e Quinn. Si erano anche conosciuti all’incirca allo stesso modo. Inutile dire che, dopo secoli passati assieme, ci sentivamo tutti come una vera e propria famiglia.



*



“Ehi, Q…”

“Si?” rispose lei, apprestandosi a prendere le ordinazioni dei clienti.

“Hai visto Kurt?”

“Veramente no! Ero convinta che sarebbe andato a ‘fare una passeggiata’ con gli altri”.

“Sì, anch’io…”

“Hanna, sostituiscimi un momento!” urlò alla ragazza bionda che puliva i tavoli.

Quando quella prese il suo posto, Quinn corse da me, dietro il bancone.

“Forse ha raggiunto gli altri nel bosco!” dissi, con una debole speranza.

“Chiamo Puck!” rispose secca, sfilando il telefono dalla tasca.

“Aspetta!”, la bloccai. “Li faremmo solo allarmare, prima proviamo a chiamarlo!”

“Ok.”

Compose velocemente il numero e riuscii a sentire distintamente il suono del cellulare che squillava. La chiamata si chiuse prima che qualcuno rispondesse. Quinn ed io ci guardammo in faccia, con la chiara espressione di chi temeva per la vita di qualcuno. Richiamammo, senza ottenere miglior risultato. La vampira bionda sgranò vistosamente gli occhi ed esclamò un sonoro “Cazzo!”.

“Ragazze, non ce la faccio da sola! Ho bisogno che una di voi due venga a darmi una mano…”

“Ci mancano solo gli umani”, borbottò l’altra tra sé e sé.

“E’ tutto ok?”

“Va tutto alla grande!” risposi tempestivamente, con il sorriso più convincente che potessi sfoderare.

“Adesso arrivo” disse Quinn, stralunando gli occhi.

Mi passai una mano sulla faccia e fissai lo sguardo sulla vampira, che imprecava silenziosamente. Non poteva essere successo qualcosa; non poteva e basta! Dopo che l’avevo salvata da morte certa, non riuscivo a credere che Santana potesse essere coinvolta in quella storia. No, lei probabilmente se ne stava tutta tranquilla, nascosta in qualche posto sicuro, a farsi i propri affari.

“Chiama Mark! Aiuto Hanna e torno.”

“Ok.”

Composi il numero e dopo soli tre squilli sentii il suono della sua voce.

“Tesoro, dimmi.”

“Kurt è lì con voi?”

Dalla mia voce era facilmente intuibile la preoccupazione che mi assaliva.

“Non è al locale?”

“Merda!”

“Arriviamo subito!”

Alzai gli occhi verso Quinn, che era dalla parte opposta della sala, e vidi la sua mascella serrarsi e la sua mano stringersi in un pugno, pronto a distruggere tutti i tavolini che la circondavano.



*



Quando finalmente gli altri ci raggiunsero, ci riunimmo tutti nel grande ufficio del locale. La tensione era alta e palpabile in tutta la stanza, avrei giurato di riuscirne a sentire anche l’odore. Ci guardavamo nervosamente, aspettando che qualcuno cominciasse a parlare, ma nemmeno Mark, questa volta, trovava le parole giuste per discutere della situazione. Tutti si ponevano domande silenziose ed erano sommersi da pensieri angoscianti.

“Se è stata quella troia, giuro che la ammazzo!” strillò Quinn, battendo il pugno contro il muro.

“E chi altro può essere stato?” rispose Puck, allargando le braccia.

“Credevo che non ci avrebbe dato più problemi…”

Appena terminai la frase, mi resi conto di essermi fatta scappare qualcosa.

Tutti mi guardavano, meravigliati e perplessi.

“A volte mi chiedo a cosa diavolo pensi, prima di parlare!” gridò Mark, con lo sguardo più severo che gli avessi mai visto sul volto.

Quinn e Puck restarono a bocca aperta, e anche io. Avevo sbagliato a dire quella frase, anche se ne ero stata cosciente solo dopo averla pronunciata, ma il modo in cui Mark mi stava trattando, il tono della sua risposta, era stato a dir poco esagerato e inaccettabile.

“Scusa se non fremo per diventare una cacciatrice di vampiri!”

“Cacciatrice di vampiri? Ma che cavolo dici! Quella stronza che tanto difendi ha appena rapito Kurt, e ti ricordo che Kurt fa parte della nostra famiglia. E’ uno di noi.”

“Sai che ti dico, Mark? Ti piace tanto fare il leader, ma quando ti trovi in queste situazioni non sei in grado di cavartela, diventi isterico e insopportabile.”

Sbuffò e abbassò la testa, toccandosi nervosamente i capelli.

“Datevi una calmata, tutti e due! Mi state facendo venire i nervi! Vi sembra questo il momento di litigare? Kurt è sparito! Sparito! Ok? Quindi, invece di urlarci contro, dovremmo cercare una soluzione e, soprattutto, cercarla insieme.”

“Sante parole, baby!” disse Puck, annuendo con la testa.

Tutti erano stati così sopraffatti da altri pensieri e dalla discussione tra me e Mark che non si preoccuparono, per mia fortuna, di analizzare con più attenzione quel che mi era sfuggito.

 “Che proponete?”

“Trovarla e ucciderla!” rispose l’amico, che già assaporava quel momento.

“Pare facile. Prima dobbiamo trovarla, ma se troviamo lei non è detto che troviamo anche Kurt.”

“Già, Quinn ha ragione.”

La situazione cominciava a farmi riflettere. Mi sentivo così in colpa che sarei potuta scoppiare in lacrime da un momento all’altro. Se nel bosco avessi avvisato gli altri, tutto quel casino non sarebbe mai successo. Ero in lotta con me stessa. Se avessi rivelato l’incontro del giorno precedente, cosa sicuramente utile, avrei senza alcun dubbio perso la fiducia di tutti i miei amici... ma se non l’avessi fatto? Ero pronta a mettere a rischio la vita di Kurt per colpa di un gesto così egoistico? Se fosse successo qualcosa, sarei stata in grado di sopportare tutto quel senso di colpa per il resto dell’eternità? Avevo combinato un bel casino, eppure non sapevo ancora spiegarmi perché. Ero stata così ingenua da pensare di aver trovato ancora un briciolo di umanità in quegli occhi scuri come la pece. L’avevo percepita, seppur molto in profondità, dietro quella maschera da dura e arrogante. Ero stata erroneamente convinta che avesse semplicemente bisogno di una seconda possibilità, e i risultati si erano visti. Avevo tradito i miei amici per avvertirla ed evitarle la morte, e sentivo che ne avrei pagato le conseguenze.

“Dobbiamo farla fuori!” dissi secca e ormai convinta delle mie parole. Non avrei messo a rischio la vita di
Kurt... avrei rimediato ai miei errori a tutti i costi, anche se avrebbe significato agire da sola.


Uscii dalla stanza e mi sbattei la porta alle spalle. Mi sedetti ad un tavolino vuoto e sentii le lacrime rigarmi il viso. Quello, proprio quello era uno dei tanti svantaggi dell’avere ancora un bruciolo di umanità nel petto. Quel dolore pungente che sentivo bruciare dall’interno era tremendo e logorante allo stesso tempo. I pensieri affluivano ad una velocità pazzesca e non mi permettevano di ragionare con lucidità. Volevo solo piangere e lasciarmi andare alle emozioni, con in testa la costante idea di tutto il casino che avevo combinato. Probabilmente quella pazza se ne stava ridendo in qualche angolo remoto di Saint Angel, e dentro di me, avrei tanto desiderato essere capace di fare proprio come lei: spegnere quell’umanità che permetteva alle lacrime di solleticarmi le guance.












 

BETATO DA  HSwall

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Capitolo 6
*** Confessioni ***


   - Capitolo 6


“Tesoro, mi dispiace tantissimo” disse dolcemente Mark, sedendosi al mio fianco.

Non risposi. Continuavo a fissare il tavolo lasciando che le lacrime, causate dai sensi di colpa, scorressero liberamente. Mark si avvicinò ancora un po’ e mi cinse le spalle con il suo braccio muscoloso, poi, con un tocco appena percettibile, mi asciugò una lacrima.

“Mi dispiace tanto di averti trattata in quel modo orribile. Il punto è che hai ragione, questa situazione mi sta distruggendo e mi sento sotto pressione”
.

“Lo so” biascicai, cercando di soffocare i singhiozzi.

“Ti giuro che in qualche modo mi farò perdonare. Te lo giuro!”

“Non ce n'è bisogno, capisco quello che è successo. Siamo tutti un po’ sconvolti e nervosi”.

Mark, forse per fortuna, non aveva intuito nulla. Era convinto che stessi piangendo per il modo in cui ci eravamo parlati poco prima nell’ufficio e, di conseguenza, si sentiva in colpa. Non sapevo se considerarmi fortunata o meno: il mio segreto, per così dire, era ancora al sicuro, eppure ne avvertivo particolarmente il peso.

“Però non piangere, mi fai stare male” sussurrò, per poi baciarmi sulla guancia.

Asciugai velocemente le lacrime con la mano e mi alzai in piedi. Quinn era poco distante e mi guardava con un’espressione impietosita e preoccupata. Mi fece segno di avvicinarmi, e io lo feci. Mi abbracciò stretta stretta e prese a schioccarmi qualche bacio sulla guancia. Continuava a coccolarmi come se fossi un cucciolo indifeso, ma io sapevo di non meritare affatto tutta quell’attenzione.

“Sai che facciamo adesso io e te?” domandò, con un sorriso palesemente inadatto alla situazione.

“Cosa?” risposi, con la voce indebolita per il pianto di poco prima.

“Ce ne andiamo al parco e ci rilassiamo”.

“C-cosa?! Non abbiamo il lusso di poterci rilassare! Dobbiamo trovare Kurt!”


“Ci penseranno gli altri! Hai bisogno di sciogliere un po’ la tensione e chiacchierare con la tua migliore amica”.

Ovviamente l’idea di Quinn, in caso di una mia risposta negativa, sarebbe diventata un ordine. Teneva a me più che a chiunque altro, e  sapeva che avevo bisogno di distrarmi; Quinn aveva la testa dura e difficilmente avrebbe cambiato idea. C’era anche da dire, però, che non avrebbe mai abbandonato Kurt, anzi, tenace com’era, appena finito il momento di relax, avrebbe tirato fuori tutta la rabbia e l’audacia che adesso avrebbe messo da parte per starmi vicina. Era un’amica perfetta, la migliore che chiunque avesse mai potuto desiderare.



*



Ci spostammo a piedi verso il piccolo parco della città; Quinn mi teneva sotto braccio e di tanto in tanto tirava fuori qualche pettegolezzo appena origliato grazie all'udito molto sviluppato dei vampiri. Raggiungemmo velocemente una panchina vuota e più isolata rispetto alle altre, poi ci sedemmo. Mentre avvertivo lo sguardo fisso di Quinn sul mio viso, ammiravo l’erba perfetta e verde, sulla quale erano posati i miei piedi. Voleva che dicessi qualcosa, che sparisse dal mio viso quell’espressione mista di tristezza e disperazione, per accoglierne un’altra apparentemente più allegra; peccato che non avesse idea di quel che mi passava per la testa.

“Si può sapere cos’hai?” disse, rompendo il silenzio che ormai andava avanti da minuti.


“Secondo te cosa dovrei avere? Magari penso a dove cavolo possa essere finito Kurt”.

Quinn mi guardò sbuffando e alzando gli occhi al cielo.

“Ti conosco da quasi un secolo, pensi di riuscire a prendermi in giro?”

“E va bene!” risposi, sconsolata. “Si tratta di Mark. E’ strano, scontroso e fastidiosamente insopportabile. Hai visto come mi ha risposto prima?”

“Sì. E’ una testa calda, e sappiamo bene che è parecchio impulsivo. Se Puck si fosse azzardato a rispondermi in quel modo, me lo sarei mangiato vivo”.

“L’ho fatto!” risposi con enfasi.

“Quello, secondo te, era mangiarselo vivo? Non te la sei nemmeno presa un po’. Cinque minuti dopo ti abbracciava come se non fosse successo niente”.

“Me la sono presa eccome, ma ti pareva il caso di litigare? Dopo tutto il casino che sta succedendo?”


Lei sbuffò sonoramente.

“No, hai ragione, però dico solo che, anche se lo ami, devi farti rispettare”.

Cademmo di nuovo in un silenzio che, con Quinn, sembrava molto strano: in genere, non smetteva mai di parlare. Tornai a fissare l’erba e ad immaginare diverse scene di quello che, magari, potesse stare accadendo in quel preciso momento a Kurt. All'inizio lo vedevo legato ad una sedia, con la vampira a pochi centimetri dal suo viso, che esibiva un sorrisetto di sfida; poi, invece, chiuso in una cella e sdraiato a terra, mentre lentamente il suo corpo bisognoso di sangue prendeva a disidratarsi, facendolo soffrire terribilmente. Quelle immagini erano troppo dure da sopportare, sentivo sulla mia pelle tutto il dolore delle corde coperte di verbena che avvolgevano Kurt, oppure la sete soffocante e logorante che provava mentre si disidratava. Era davvero terribile e non potevo sopportarlo! Non l’avrei sopportato! Dovevo andare a cercarlo subito, era il minimo che potessi fare.

“Basta! Vado a cercare Kurt” dichiarai improvvisamente.

Dalla faccia di Quinn, capii che era parecchio allarmata e non sapeva bene cosa pensare. Fissò i suoi occhi nei miei, ma prima che potesse proferire anche solo una parola, mi alzai di scatto per adempiere al mio dovere.

“Ferma!” disse, afferrandomi il polso, mentre già mi avviavo senza dare tante spiegazioni.

“Che c’è?” chiesi, ormai stranita da tutte le sue ‘deviazioni’.

“L’hai incontrata, vero?” domandò, guardandomi con quei suoi occhioni verdi.

Rimasi completamente spiazzata. Quinn mi conosceva bene, era vero, ma non poteva aver capito quello che era realmente successo. Mi aveva letto nel pensiero? Come diavolo aveva fatto? Ero rimasta completamente immobile, pietrificata, mentre il suono delle sue parole mi rimbombavano ancora in testa. Cosa avrei potuto dirle? Come mi sarei potuta giustificare? Avrei mentito? No, probabilmente non avrei avuto il coraggio necessario per guardarla negli occhi e negare quel che aveva chiesto. Era giunto il momento di raccontarle tutto, in fondo era la mia migliore amica. Avevo un bel po’ di tempo per provare a farmi perdonare.

“Sì. Ieri, nel bosco”.

Mi mollò il polso e si irrigidì vistosamente. Non sapevo che fare, non sapevo come comportarmi. Presi un bel respiro e mi sedetti al suo fianco.

“La verità è che non sono mai stata d’accordo con tutti voi. Non ho mai voluto ucciderla, non ho mai avuto intenzione di farlo”.

“E perché mai? Ha ucciso cinque abitanti di Saint Angel per puro sadismo!” rispose, aggrottando le sopracciglia.

Non avrei saputo definire la sua reazione. Era evidente che fosse abbastanza arrabbiata, ma più che altro riuscii a cogliere nei suoi occhi lo sforzo che stava facendo per cercare di giustificarmi a se stessa. Non riusciva a capire il motivo per cui avessi fatto una cosa del genere... ma, onestamente, neanche io l’avevo ancora capito.

“Non lo so, Quinn. Non so spiegartelo, sul serio. E’ come se fossi rimasta... stregata, da quegli occhi scuri. Non riuscivo a sopportare l’idea che venisse uccisa. Pensavo che le andasse data una seconda possibilità”.

Sbatté gli occhi un paio di volte e si spostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio.

“Raccontami bene come è andata” rispose, secca.

In fin dei conti non potevo proprio lamentarmi. Era stupita, quello sì, però mi aspettavo di peggio. Credevo che avrebbe iniziato a strillare puntandomi il dito contro o facendo a pezzi la panchina sulla quale era seduta. D’altronde, Quinn non aveva proprio un carattere molto tranquillo, era una tipetta abbastanza ‘vivace’, per così dire.

“Io e Puck eravamo nel bosco, ci siamo divisi e dopo un po’ ho intercettato una scia. Non ero sicura che fosse la sua, finché non me la sono ritrovata dietro”.

“E non ci hai avvisati…” commentò lei, storcendo la bocca.

“Già” risposi, secca. “Le ho detto di andarsene, perché altrimenti l’avremmo uccisa. Poi è scomparsa nel bosco”.

“E’ per questo che piangevi? Ti senti responsabile della scomparsa di Kurt?”

“Sì. Mi sono comportata come una stupida, sono stata ingenua, e adesso…”

Sospirò e scosse la testa.

“Sei proprio una pazza, Brittany Susan Pierce. Onestamente, non riesco a capire perché tu abbia fatto una cosa del genere, ma lo sai bene che non posso avercela con te per più di cinque minuti”.

Il sollievo che provai al sentire quelle parole fu indescrivibile. Mi ero tolta un peso dal cuore e per di più, Quinn non l’aveva presa proprio male, per fortuna.

“Vieni qui” aggiunse poi, abbracciandomi. “Troveremo Kurt, stai tranquilla. Niente di quel che è successo è colpa tua. Sei buona, e la bontà non può essere considerata una colpa. E’ proprio questo che ti distingue da lei, Britt, ricordatelo, perché ti rende migliore di quello che credi”.

“Q, sei veramente fantastica!”

“Si, lo so. Oltre che straordinariamente bella, so essere anche estremamente comprensibile e saggia” rispose, ridacchiando.

“Potresti evitare di…”

“Nessuno saprà niente! Sarà un altro dei tuoi ennesimi segreti che custodirò” rispose, sorridendo.

“Nemmeno immagini quanto bene ti voglio!”

“Credimi, lo immagino eccome!” concluse, ridendo.

Le diedi un bacio sulla guancia e ci sdraiammo, l’una di fianco all’altra, per terra. Circa cinque minuti dopo, mi squillò il cellulare.

“Mark, che c’è?”

“Abbiamo delle novità!”



Ehilà,è un po' che non scrivo qui...diciamo che non amo appesantirvi il capitolo con le mie chiacchere finali,ma questa volta c'è un motivo serio.
In questi giorni,immagino che molti di voi siano venuti a conoscenza della morte di Cory Monteith (Finn Hudson di "Glee"),ed è successo anche alla sottoscritta.
Davvero,io non ho parole...sono rimasta scioccata,sconvolta e probabilmente ancora non me ne rendo conto ; so solo che a prescindere dal fatto che si è o no dei fans di Glee,il mondo ha perso un volto importante e speciale come quello di Cory.Insomma,chi l'avrebbe mai immaginato che la persona che interpretava il goffo ma gentile Finn sarebbe morto a soli trentuno anni?Mi dispiace davvero tantissimo per Lea,che ha perso l'uomo della sua vita,e per tutto il cast che ha perso un amico.
Ricorderò sempre Cory come l'attore che ha dato il volto di Finn,protagonista del telefilm che mi ha aiutata a crescere.
Non riuscirò più a guardare una singola puntata di Glee,senza rattristarmi e pensare al fatto che ormai lui non ci sia più.

R.I.P. Cory Monteith,eri unico ed insostituibile,e continuerai ad esserlo anche da lassù.











 

BETATO DA  HSwall

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