she buys me chips and cheese.

di iliketokeepitmellow
(/viewuser.php?uid=318156)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** prologue ***
Capitolo 2: *** chapter one ***
Capitolo 3: *** chapter two ***
Capitolo 4: *** chapter four ***
Capitolo 5: *** chapter five ***



Capitolo 1
*** prologue ***


*din dlon*

*din dlon*

*din dlon*


Era tutto molto strano.
Erano solo le 7 di mattina e già il campanello di casa suonava.
Serena si alza di mala voglia dal letto e come al solito è scalza; ha sempre odiato indossare le ciabatte; dice che senza di esse si sente più libera, dice che le piace il freddo del  pavimento di legno sotto la pianta del piede,che le sembra di volare e da quando è piccola il suo sogno è sempre stato quello di avere due ali.
Mentre cammina verso la porta si guarda allo specchio; è una bella ragazza, con i suoi occhi verdi cangianti sui toni del grigio nelle giornate più fredde, la pelle chiara e i capelli castani scuro lisci e lunghi fino alle spalle.
Li aveva dovuti tagliare perché a furia di tingerli si stavano consumando tutti e così guardandosi ripensò a quando erano lunghissimi e per un attimo nella sua testa ci fu un piccolo flashback di quando, l’inverno precedente, impiegava ore ad asciugarli.
Le succedeva spesso di avere questi flashback e, soprattutto da piccola, si divertiva a fingere di essere una maga…sognava spesso Serena.

Dal piano di sopra sente le urla di Matt che le grida di andare ad aprire la porta.
Non sopporta quel ragazzo…da quando si è fidanzato con Jessica entra ed esce da casa loro come fosse il padrone.
Pulisci lì, cucinami questo, il tè è troppo caldo, questo programma fa schifo e così via…

Apre la porta e davanti a lei c’è un ragazzone alto.
La sua faccia è tirata dal caldo e dal troppo lavoro, e nelle mani tiene una busta e un foglio da firmare; “un pacco per Serena Melanie Browny da New York” lesse lentamente nella sua testa mentre tornava sul divano rosso stinto nel salone.
La tv sempre accesa sul canale Mtv Music come un sottofondo sempre presente in quella casa che le sembrava sempre troppo vuota.
E’ il 23 Luglio e ancora indossa il felpone nero con i suoi leggins color nocciola.
Era sempre stata così freddolosa per quanto ricordasse e questo lo sapeva chiunque la conoscesse.
Incuriosita aprì il pacco senza prestare attenzione alla busta che ovviamente si strappo in maniera irrecuperabile.
Dentro c’era una lettera inbustata in un foglio azzurro e un libro…anzi per meglio dire un diario.
La tentazione di aprire subito il diario era fortissima ma il postino le aveva raccomandato di leggere prima la lettera, diceva che così gli avevano detto.

Con le mani tremolanti e fredde l’aprì.
Sul foglio bianco c’erano scritte solo tre cose: la data di oggi, 23/07/2012; la stessa data ma riportata esattamente a tre anni prima e 1/07/1994.
Leggendo quei numeri il suo cuore smise per qualche secondo di battere e le scese una lacrima che bagnò il foglio, tanto che la prima data era ormai una chiazza blu.
Subito aprì il diario; era uno di quei diari blu, con la copertina rinforzata, di quelli scritti con penne di colori diversi perché o si scaricano o le perdi.
Sulla prima pagina una frase: “London calls me a stranger” e sotto di essa una firma che lei conosceva molto bene, a inchiostro verde e con la calligrafia scombinata: Edward.


ciao a tutti. avevo già pubblicato questa storia ma ho messo a posto il mio account così ho deciso di ripubblicarla. ci tengo davvero tanto a questa fan fiction, che tra le altre cose è ispirata alla canzone 'wake me up' di Ed. i capitoli non sono tantissimi e non sono molto lunghi da leggere. spero che la leggiate e vi piaccia perchè ci metto davvero tutta me stessa. se recensite vi recensisco indietro i capitoli delle vostre storie. se non avete 'Plus' a casa o non conoscete wake me up o per qualche motivo non vi piace Ed Sheeran vi consiglio di ascoltarla perchè è qualcosa di magnifico. bene, grazie a chi la legge! peace <3
-msftgirl.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** chapter one ***


Con gli occhi che pizzicavano di lacrime Serena china la testa verso la pagina ingiallita. Le righe nere le incrociano per un attimo gli occhi, tanto da darle una sensazione di lieve nausea, le parole si intrecciano nella sua testa, mentre le labbra mimano lievemente le parole sul foglio.


'Finalmente questo lungo incubo è finito.
Basta con questa scuola, con questi professori che hanno sempre da ridire su di me, finalmente ho dato la maturità e posso fare le due cose che desidero da tutta la vita: andarmene da questa città, che mi ha sempre trattato come uno straniero e buttarmi nella carriera da cantante.
Sarà difficile, scrivere migliaia di testi differenti, sentirsi dire di no.
Molte volte mi rimprovereranno per la mia voce, perché canto veloce ma io non mi scoraggierò mai.
Questo è il mio sogno, e io lotterò per realizzarlò.
Ce la farò!
Ho salutato tutti i miei amici e ho preparato le valigie per andarmene.
Era già qualche anno che riflettevo di farlo e ora che la scuola era finita ho finalmente potuto.
Me ne torno a casa mia, la mia vera casa, Halifax.
Beh…diciamo che non vado lì tanto per il paese…beh lì c’è ben altro di più importante.
C’è Serena.
Lei, lei è la mia migliore amica.
L’unica che mi sia stata sempre vicino.

Era il 1 Luglio del 1994 e mia mamma, come ogni Domenica, mi portò al parco.
Sapeva benissimo che amavo stare all’aria aperta, guardare la natura con i miei piccoli occhi azzurri dietro agli occhiali rotondi.
Sull’altalena di legno verde vidi una bambina.
I suoi lunghi capelli castani erano raccolti in una coda di cavallo, tenuta ferma da un nastro rosso scarlatto.
Indossava un vestitino lungo fino alle ginocchia di pizzo bianco con dei fiorellini giallo canarino sui bordi e ai piedi, sotto le calze azzurre, un paio di sandali blu elettrico con i nastri verde fluo.
Notai subito che la sua altalena era ferma e lei stava piangendo e così corsi verso di lei, le presi le mani e le chiesi perché piangeva.
Mi rispose che aveva visto una nuvola a forma di cuore ma per colpa di quel cattivo del vento era scomparsa.
Lentamente passai dietro e presi le catene dell’altalena con le mie piccole mani.
Le iniziai a raccontare tutte le cose che avevo fatto all’asilo e lei non smetteva più di ridere, soprattutto quando le raccontai di essere caduto alla recita di Natale mentre ero vestito da pacchetto regalo.
Aveva una risata stupenda, i suoi piccoli denti dritti e bianchi mi ricordavano il latte che mia nonna mi versava nel the, la cosa che amo di più al mondo da bere.
Parlammo per quelle che sembrarono ore e ci raccontammo tutto ma proprio tutto. Avevamo un sacco di cose in comune e alla fine ci ripromettemmo di vederci la Domenica successiva.
Mi ricordo che tornando a casa passai tutto il tempo a parlare di lei.
Poi non ci lasciammo più.
Ci vedevamo ogni giorno e diventai molto amico anche con suo fratello.
Mi aveva insegnato a giocare ai videogiochi, ma purtroppo perdevo sempre.
Passarono esattamente 5 anni, 6 mesi, 21 giorni e 53 ore prima che i miei genitori mi dessero la brutta notizia, ci saremmo trasferiti a Londra.
Londra…lei e le sue strade immensi, i suoi migliaia di quartieri e io così piccolo.
Dopo di che da quel giorno non abbiamo mai smesso di scriverci.
1085 lettere in 10 anni. I nostri primi amori, le prime sensazioni, le nostre paure, le mie prime canzoni, i suoi concorsi di danza, i pianti, le litigate, il primo bacio, il suo apparecchio e le mie lenti a contatto, la prima volta in cui abbiamo fatto l’amore, le medie, le superiori, il suo coro…migliaia di prime volte.
E ora ho deciso di farle questa sorpresa, andare da lei senza dirle nulla.
Sto prendendo in considerazione di tatuarmi la sua firma sul palmo della mano sinistra, e appena avrò un po’ di soldi giuro che lo faccio.
Bene ho preso tutto il necessario per il viaggio;
la mia chitarra, i miei vestiti, la maglietta che mi aveva spedito 2 anni prima da Parigi.
Ora vado che il mio autobus parte tra 5 minuti…oddio da tanto tempo non ero così felice.'


grazie ai 47 che hanno letto il prologo...non so se potete capire quanto conta per me anche solo una lettura...allora, avrete capito che questo che sta leggendo Serena è il diario di Sheeran...non voglio anticipare proprio niente. ecco, questo capitolo è preso dal testo di wake me up che dice 'I should ink my skin with your name. And take my passport out again, and just replace it. See I could do without a tan, on my left hand, where my fourth finger meets my knuckle'. ho scelto di parlare in generale e di introdurre la loro amicizia, dal testo ho preso la parte del passaporto, visto che lui parte per andare da lei, e la parte del scriversi il suo nome sulla mano. spero che vi piaccia. so che non è un granchè lungo ma è pur sempre un diario. vi amo lettori.
-msftgirl

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** chapter two ***


1 Giugno.

Il viaggio in treno mi sembra sempre che duri ore.
Avete presente quella sensazione di nausea…quella dove ti sembra di poter vomitare da un momento all’altro che ti viene prima di una gara?
Prima di un esame importante?
Ecco, eccola qui con me.
Credo siano 19 anni che è con me.
Non è paura…è più che altro eccitazione.
Mi sta attaccata come un bambino quando va al supermercato con sua mamma.
Solo che quel bambino deve crescere.
Dal finestrino fisso le città che cambiano forme e colori, i profili delle piante e il cielo che ha il suo solito colore azzurro opaco…come se avessero preso un pennello, l’avessero impregnato di acqua sporca e l’avessero spalmato sull’azzurro del cielo.
Finalmente posso scorgere il profilo della stazione di Halifax quindi devo andare.
Oddio oddio oddio sono nel panico completo.


 
E’ successo tutto quello che volevo succedesse…anche di più.
Ho smesso di scrivere quando sono arrivato in stazione giusto?
Ecco ripartirò da lì.
Sceso dal treno ho deciso di non passare a salutare nessun amico, tanto mi sono detto: Ed hai davanti 23 giorni prima di dover tornare a Londra deficiente, corri da lei e baciala.
Ecco mi sono dimenticato di scrivere che un anno fa ho fatto un provino per entrare a far parte di un programma.
Non un programma televisivo, ma una grande etichetta discografica ha deciso di aprire una specie di reality show sulla loro rete televisiva dove 5 ragazzi si sfidano per ottenere un contratto.
L’altra settimana erano le 6 di mattina e mi ero appena alzato, a dire la verità mi stavo mettendo le mutande,  per andare all’esame di matematica quando è arrivata la chiamata.
Mia madre che piangeva di gioia e mio padre che non la finiva di abbracciarmi e ripetermi che sono il campione.
Io come al solito sono andato a festeggiare con i miei amici all’irish pub “The Alexandra” e così sono finito ubriaco un’altra volta.
Dovrò smetterla un giorno o l’altro lo so, ma da quando sono diciannovenne e posso bere legalmente…beh direi che il mio corpo al posto di essere fatto da un 90% d’acqua è fatto di birra.

Torniamo a noi…
Per arrivare a casa sua ho preso il bus e sono sceso alla fermata “4 Horton street”.
Ho un sacco di ricordi legati a quel pullman. Mi ricordo che lo prendevo sempre per andare da casa dei miei nonni alla sua.
Gli interni neri, i suoi 2 piani e la gente che lo riempiva all’ora di punta.
L’ultimo anno ad Halifax è stato il primo anno in cui ho preso il bus da solo.
Ricordo che un giorno mentre tornavo da casa di Serena c’era un ragazzo con una chitarra che suonava sul pullman.
Mi sono follemente innamorato del modo in cui suonava: sembrava che facesse l’amore con le corde, ci giocava, prima le pizzicava dolcemente e poi le scuoteva con forza.
Appena arrivato a casa chiesi a mio padre di comprarmi una chitarra.
Oh merda mi sto perdendo nei ricordi e ho ancora un sacco di cose da scrivere.

Arrivo davanti a casa sua.
E’ esattamente come me la ricordavo.
Il campanello dorato con la targhetta storta, l’erba profumata e appena tagliata e i fiori colorati che tapezzavano il muretto.
Il campanello che bisognava suonare sempre 3 volte prima che la porta venisse aperta.
Era lì.
Davanti a me.
I capelli erano raccolti in un asciugamano nero usato come turbante ma era stato fatto di fretta perché aveva due ciocche di capelli che le cadevano sulla fronte, sopra il naso due occhi verdi con un anello grigio intorno all’iride che mi ricordano lo smeraldo dell’anello nuziale di mia mamma.
Sotto le spalle ampie e ossute un asciugamano da doccia azzurro copriva il suo corpo fino alle coscie.
E infine le sue gambe muscolose e chilometriche appena depilate.
Sono stato subito felice nel vedere che non ha perso la sua abitudine a stare scalza.
Dice che così si sente più libera.
Sul suo viso il sorriso creava sue fossette profonde e dai suoi occhi scendevano delle lacrime brillanti.
In silenzio mi fatto entrare in casa e poi si è liberata in un urlo di gioia.
Io intanto ero immobilizzato dalla felicità.
Quando mi è saltata in braccio mi sono chiuso su di lei e ho iniziato a piangere anche io e così alla fine siamo caduti per terra e siamo rimasti sul pavimento di legno freddo per quelle che sembrano state ore.
Alla fine lei mi ha preso per mano e mi ha portato in camera sua così veloce che le scale di casa mi sono sembrate delle nuvole soffici.
Si è tolta l’asciugamano e sotto mi sono fermato ad ammirare le sue curve formose e il reggiseno grigio con le stelline argentate che sorreggevano i suoi seni prosperosi.
Lei non ha smesso di parlare e io ho passato il tempo a sorridere e guardare ogni suo movimento.
Sì, non era più la dolce bambina che conoscevo…è una donna ormai ma infondo anche io sono cresciuto e questo non cambierà nulla nel nostro rapporto.
Ha indossato la calzamaglia di lana a righe e sopra la canottiera color carne a messo un maglione lungo anche quello di lana.
Mi sono messo a ridere perché in questo non è per niente cambiata.
Lei ha sempre odiato il freddo e di fatti quando eravamo piccoli e lei aveva freddo mi abbracciava e io la stringevo fortissimo per non farle prendere freddo.
Non aveva ancora imparato a cucinare così ho chiamato il pronto pizza e abbiamo ordinato due pizze giganti e adesso eravamo sul suo letto a parlare con la coperta sulla testa, perché ci ricordava le tende degli indiani, come quando eravamo piccolini.

Dio solo sa quanto mi mancava.'
hi people! dunque...Ed è finalmente arrivato ad Halifax come tanto desiderava. In questo capitolo avete conosciuto Serena e credo che abbiate intuito che per Ed non è solo un'amica...ma anche su questo non voglio parlare perchè ho paura di rovinare tutto. questo capitolo è preso dal verso della canzone che dice 'And I should run you a hot bath fill it up with bubbles ‘cause maybe you’re loveable maybe you’re my snowflake. And your eyes turn from green to gray and in the winter I’ll hold you in a cold place and you should never cut your hair, ‘Cause I love the way you flick it off your shoulder and you will never know just how beautiful you are to me but maybe I’m just in love'. su questo pezzo ho riflettuto molto...direi che ho subito avuto l'ispirazione con la doccia perchè mi ha dato l'idea di far trovare un Serena impreparata all'arrivo di Ed, e quale momento più impreparato se non quello di lei che ha appena finito una doccia. e poi mi ha aiutato molto il colore degli occhi perchè spiega molto su di lei...bene, non saprei che altro dire. aspettatevi delle belle cose. ah, ecco, i prossimi capitoli non saranno ispirati dalla canzone ma completamente originali. ciao a tutti e grazie, grazie davvero a chi la sta leggendo.
-msftgirl

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** chapter four ***


E’ una bellissima serata.
Sopra il tettuccio aperto della macchina le stelle brillano luminose nel cielo, e alcune di esse formano una specie di sorriso.
Il suo.
Ha un sorriso bellissimo.
Quando era piccola i suoi denti erano cresciuti leggermente storti e si accavallavano, poi aveva messo l’apparecchio così ora erano dritti e bianchissimi.
Mi divertivo a giocare con i riflessi che la luce creava sul metallo dell’apparecchio, ma lei sembrava sentirsi a disagio quando li fissavo troppo così cercavo di non farmi scoprire.
Ecco, a guardare quelle stelle con la testa di Serena appoggiata alla mia spalla mi ha fatto venire in mente un pezzo di una canzone che potrei scrivere:
“This, is, the star, something beautiful
This, is, the star, something beautiful
You, are, the one, make me loose it all
You, are, the star, something beautiful”
Sì mi piace…suona bene.
Mi piacerebbe poter condividere la sinfonia che ho in testa ma purtroppo su un diario non posso scrivere la musica…beh potrei scrivere la…la…la la, la la la….però sarebbe stupido e odio sembrare stupido.
Come sono arrivato a trovarmi sdraiato sui sedili ribaltati della mia macchina, con Serena appoggiata alla spalla che dorme e questa musichetta che mi risuona nella testa e non vuole andarsene via?

Questa mattina mi sono svegliato prestissimo, dalla finestra della camera entrava uno di quei soli che solamente una mattinata di Luglio poteva portare in quel paesino.
Guardando fuori ho visto una mamma.
Davanti a lei due bambini, un maschio e una femmina, giocavano a rincorrersi felici sotto il suo occhio vigile.
Forse l’idea me l’ha fatta venire la direzione verso cui camminavano o forse mi sono ritrovato in loro perché il bambino aveva i capelli rossicci e la bambina castani…o forse semplicemente ho trovato che fosse un bel modo per passare il tempo insieme a lei.
Ho preso il borsone rosso blu che suo fratello usava sempre quando andavamo a giocare a calcio e l’ho riempito con tutte le cose necessarie.
Okay lo ammetto…forse la chitarra e tutti gli spartiti dei Beatles non erano necessari ma non posso staccarmi dalla musica.
Mi ha aiutato molto soprattutto quando ci siamo trasferiti a Londra.
Mi ricorderò sempre il giorno in cui ho ricevuto la mia prima chitarra.
Era un giovedì, e il lunedì prima i miei genitori mi avevano letteralmente buttato in faccia il trasferimento.
Arrivai a casa dei miei nonni e, appena fui entrato nel salone lei era lì…sul divano a fiori rosa e gialli con la federa consumata e le molle rotte.
Color ebano con una parte metallica rossa a forma d’ala di pipistrello.
Era bellissima e, nel portaplettro, c’era un plettro bianco con la scritta “IMAGINE”.
Le corde ruvide mi tagliavano i polpastrelli e dovevo tenerla inclinata perché era troppo grande in confronto al mio piccolo corpo.
Suonare quella chitarra non mi faceva pensare a nulla.
Mi faceva dimenticare che da lì a poche settimane sarei stato portato via dalla mia città, dalle mie maestre e dalla mia migliore amica.
Gli spartiti invece me li spedì Serena per il mio tredicesimo compleanno…forse è per questo che non me ne separo mai.
Comunque questa mattina dopo aver fatto la borsa le ho preparato la colazione e ho lasciato un bigliettino che diceva di preparare una borsa con tre vestiti e le cose essenziali, e sono andato a fare un giro.
Mi piace uscire a fare una passeggiata la mattina.
Mi piace sentire l’aria fresca e profumata entrare nei miei polmoni, amo sentire il canto degli uccellini e il cielo che si apre e fa entrare i raggi del sole sul suo suolo.
Quando sono tornata a casa c’era lei.
Aveva una canottiera arancione che faceva spuntare in modo evidente i suoi seni e sotto ad essa un paio di pantaloncini corti di jeans con la scritta “make them laugh” sulle tasche posteriori.
Era bellissima…beh come al solito…okay non sono innamorato…lei è la mia migliore amica non posso pensarla in quel modo.
Con la mano destra sorreggeva un borsone fucsia con una ballerina disegnata, mentre con l’altra il mio borsone.
Sul suo volto c’era un sorriso a 32 denti bianco come il latte che quella mattina avevo messo dentro il suo the.
Non feci in tempo ad aprir bocca che era fuori di casa, chiuse la porta girando la chiave da cui pendeva un piccolo peluche che rappresentava un orso e mi prese la mano.
Un brivido saliva lungo la mia schiena ogni volta che le sue dita si incrociavano con le mie.
Le sue mani avvolgono tanto da somigliare alla maglietta aderente che indossavo questa mattina.
Siamo saliti in macchina e lei ha steso le sue lunghe gambe sul cruscotto e mi soffermai ad ammirare le sue caviglie.
Finalmente ho visto il tatuaggio che si era fatta l’anno prima: una piccola farfalla viola con scritto “Angels will fly”.
Lo trovo bellissimo…beh come qualunque parte del suo corpo…okay basta Ed basta pensare a lei in quel modo.

Lei ha passato tutto in silenzio a fissare gli alberi e il cielo fuori dal finestrino.
E’ stato meraviglioso.
A volte mi piace il silenzio…credo che aiuti i pensieri…e soprattutto mi è sempre piaciuto sentire il suono del suo respiro, fin da quando da piccoli lei appoggiava la testa sul mio cuore e si addormentava. Non avrei potuto chiedere di meglio.
Una mezz’oretta dopo siamo arrivati al parco.
Probabilmente era tanto tempo che non ci andava perché appena arrivati non ebbe un sussulto evidente…ma appena arrivammo nel vialetto con le mattonelle rosse e verdi ormai sbiadite dal tempo, la sua mano si strinse fortissima alla mia quasi come se non volesse perdere neanche un istante di quelle ore.
Serena non ha mai parlato molto…in realtà quand’era piccolissima parlava un sacco ma quando il papà è volato in cielo ha iniziato a essere silenziosa.
Tutti, la mamma, il fratello, i professori, lo psicologo, tutti dicevano che questo era un problema…secondo me è molto meglio così, noi ci capiamo con uno sguardo.
È anche per questo che ci siamo sempre scritti lettere.
Lei riesce a tirare fuori tutto quello che prova, scrivendo.

Siamo entrati dal cancello verde arrugginito e la sua mano mi ha trasportato fino all’altalena.
Mi ha fatto sedere sulla seggiola e si è seduta in braccio a me, come facevamo da bambini.
Il mio sedere non ci sta perfettamente perché sono cresciuto…okay non diciamo palle…più che altro è perché ho conosciuto Ronald McDonald; ma lei era ancora leggera come una volta e riuscivamo anche a dondolarci.
Credo siano passate 5 ore prima che lei si alzasse.
Appena seduti lei mi ha chiesto di cantare per lei.
Era davvero tanto tempo che non sentivo la sua voce. Leggermente roca ma con un bel timbro vocale…ecco, la voce che hai quando ti svegli la mattina dopo esser stato zitto per molte ore, la voce più sensuale del mondo.
Edward Christopher Sheeran se ti becco a pensare a lei ancora una volta in quel modo ti picchio brutto deficiente.

Scusa ricominciamo.
Ho cantato per lei per 5 ore tanto che la mia gola in questo momento sta andando a fuoco e lei per tutto il tempo è rimasta fissa con gli occhi per aria a guardare il cielo mentre sul suo volto le fossette erano scavate in un sorriso.
Verso le 7 e mezzo siamo tornati in macchina e lei ha preso le chiavi, l’ha aperta lentamente e ha schiacciato il tasto per aprire il tettuccio. A quel punto ha reclinato i sedili e si è sdraiata sopra.
Poi ha preso la mia mano.
Le sue erano davvero fredde…le succede quando vuole piangere ma non riesce.
Mi sono sdraiato vicino a lei, ho appoggiato la sua testa sul mio cuore ed è scoppiata in lacrime, quelle lacrime con il sorriso, quelle che ti vengono quando ti senti infinito.
Bene vado perché sto morendo di fame, sì non ho mangiato un pasto completo per la bellezza di 2 giorni, e prendo un panino dal borsone. Quanto è bella quando dorme?

hi. è tanto che non pubblicavo un capitolo ma ora è arrivata l'estate e ho davvero voglia di ricominciare a scrivere e pensare con la testa di qualcun'altro. dunque, in questo capitolo Ed ha portato Esse per la prima tappa di questa vacanza, il parco giochi dove si sono conosciuti. non voglio dire altro perchè la storia deve andare avanti, e questa volta pubblicherò presto il quinto capitolo. grazie a chi legge questa fan fiction. anche solo un capitolo, ma è davvero importante per me.  vi adoro.  
-msftgirl


Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** chapter five ***


La porta per entrare nella casa è davvero stretta.
Alzando gli occhi puoi vedere dei piccoli buchi che probabilmente sono stati fatti dalle tarme…si vede che da un po’ di tempo non entra più nessuno.
Eppure da piccoli venivamo qui tutti i giorni.
Lei portava la valigetta rosa, quella con sopra l’orsacchiotto bianco e nero col cappello da cuoco bianco, e dietro, sullo sfondo della cucina giallo canarino, la scritta Harry’s Cupcake.
Mi sono sempre chiesto cosa intendesse con Harry…probabilmente era il nome dell’orsetto o un nome a caso buttato lì dal costruttore cinese perché il manager inglese si chiamava Harry.
Sono stato a pensare a questa cosa per anni.
I misteri dell’intensa vita di Edward Christopher Sheeran.
Allora parliamo di oggi.
Ieri sera avevo finito di scrivere quando, girandomi verso di lei, avevo visto i suoi occhi chiusi ed ero rimasto ad ascoltare il suo respiro che risuonava nella notte.
Le ciglia lunghe erano ancora impregnate dal mascara nero volumizzante e le palpebre, contornate da una sottile linea di matita azzurra che si abbinava in modo perfetto con i suoi occhi smeraldo, pulsavano leggermente a ritmo del suo cuore.
Posato il diario, ho appoggiato la mia testa sul suo petto e ho provato ad addormentarmi.
Ho sempre cercato di sincronizzare i miei sospiri, il mio respiro, il battito del mio cuore al suo ma non ce l’ho mai fatta.
Il suo cuore batte troppo veloce, il suo respiro è leggero e quasi affannato, come se con esso potesse esprimere tutte le parole e il dolore che non tira fuori.
 Come se dentro di lei ci fosse un’ansia che non poteva smettere di esserci.
Il mio invece è lento, controllato, quasi sereno.
Mentre riflettevo su quanto amavo l’odore della sua pelle, le mie palpebre si sono chiuse e con loro le stelle sono diventate nere.
 
Questa mattina quando ho aperto gli occhi ho incrociato i suoi.
E’ stato bellissimo, si era svegliata e vedendomi dormire era rimasta a guardarmi.
Sono rimasto qualche minuto perso in quel grigio contronato di verde e poi lei mi ha baciato.
Un bacio a stampo, un bacio leggero da amici, ma il miglior bacio che avessi mai dato.
Siamo stati ancora alcuni istanti fermi a guardarci sorridere e poi mi sono alzato.
Ho solamente tirato su il mio sedile e ho acceso il motore lasciandola sdraiata sul sedile perché nel frattempo si era addormentata e così sono andato pianissimo per lasciarla dormire.
Il tettuccio sopra di noi, sempre aperto,  mostrava il cielo limpido e faceva penetrare i raggi del sole sui suoi capelli che prendevano delle sfumature rosse e ramate.
Erano passati circa dieci minuti e lentamente aprì gli occhi.
Ha sbattuto due o tre volte le palpebre e poi ha parlato.
In due giorni stava parlando più di tutto quello che aveva detto in 19 anni.
Lo so che questo è un diario e quindi non si può usare il discorso diretto ma voglio scrivere esattamente quello che ha detto.
Sai Sheer, è parecchio tempo che non parlo. Dopo tutto quello che è successo a papà ho sempre preferito stare in silenzio e tenere il dolore per me. Tu sei stato l’unico ad essermi stato vicino in ogni momento, prima fisicamente e poi con le lettere. Sono stata un’adolescente triste e sola. Nessuno si è mai davvero affezionato a me perché avevano paura per via del mio carattere…i ragazzi mi hanno sempre usata. Le mie braccia riportano ancora i segni delle ferite e sì, ogni volta poi mi sono pentita ma ci sono dei momenti nella vita dove ti senti maledettamente triste e sola e l’unico modo per liberarti e farti del male. Non ho mai amato il mio corpo, troppo magro, troppo invidiato. Io sono una ragazza timida e non mi piace quando una arriva da me e mi dice che sono perfetta. Io non lo sono. Sai, tu non sei solo il mio migliore amico. Io ti amo. Okay. Tu sei l’unico che mi accetta per quello che sono e in questi 10 anni non vederti è stata la cosa peggiore che mi è successa. Sono sempre stata male ogni volta che mi hai scritto le tue esperienze con le ragazze, con la scuola, con gli amici, perché ci sarei voluta essere. Sì, forse è vero, anche io ne ho avute ma la verità è che ha sempre fatto tutto schifo da quando te ne sei andato. L’unica cosa che mi ha fatto andare avanti era sapere che tu pensavi a me. Ho contato i giorni, i mesi e i minuti prima di vederti e adesso non voglio che tu te ne vada mai più. Mi hanno fatto andare avanti le tue lettere, le canzoni che mi hai scritto, i cd che mi hai mandato. Mia mamma non c’è stata mai davvero, soprattutto dopo che si è risposata e George, beh lui non è stato esattamente il miglior fratello del mondo. Ora siamo qui, io e te su questa macchina affittata e i suoi interni caldi, queste canzoni tutte uguali che parlano solo di vite facili e felici. Ma non sanno cos’è la vera felicità. In questi due giorni mi sto sentendo più felice di tutta la mia felicità in questi 10 anni. Grazie.”
Ha finito così.
 Ha detto questo e io sono rimasto zitto tutto il tempo perché volevo lasciarla parlare, perché amo il rumore della sua voce che lei invece odia.
 A un certo punto mentre stavamo per arrivare davanti a casa dei miei nonni dalla radio è partita una canzone.
 Non una canzone come le altre, quella canzone parlava di noi due.
La nostra storia. Scritta apposta per noi. Un pezzo in particolare mi è rimasto in mente perchè lo trovo magnifico così ho deciso di trascriverlo qui sotto.
In fondo questo è sempre un diario personale.
“A thousand miles seems pretty far 
But they've got planes and trains and cars 
I'd walk to you if I had no other way 
Our friends would all make fun of us 
and we'll just laugh along because we know 
That none of them have felt this way 
Delilah I can promise you 
That by the time we get through 
The world will never ever be the same 
And you're to blame “

Mille miglia sembrano così lontane ma esistono gli aerei, i treni e le macchine.
 Io camminerei per arrivare da te se non avessi altre strade  e i nostri amici si burlerebbero di noi  e noi rideremmo prima di sapere che nessuno di loro si è mai sentito così .
Delilah posso prometterti che col tempo supereremo tutto e il mondo non sarà più lo stesso 
e sei tu quella da incolpare…beh è perfetto.
 L’ho detto che siamo noi.
Finita la canzone siamo scesi dalla macchina e davanti a noi il nostro albero era ancora come ai vecchi tempi.
Il tronco grande e robusto tinto con un misto tra il marrone e il rosso aveva ancora tutti i rami e sopra di essi una casa, a misura di bambino.
Erano ormai le quattro di pomeriggio e così decidemmo di andare da nonna e poi la sera andare a dormire nella casetta.
Il campanello andava come sempre suonato tre volte prima che nonna Emmeline lo sentisse.
 È sempre stata un po’ sorda. Mi ricordo che mamma mi raccontava sempre che da piccoli lei e i suoi fratelli potevano tornare a ogni ora del giorno e della notte perché tanto lei non li sentiva.
 Da qui attaccava con i suoi ricordi delle serate in discoteca con i vestiti fluo, i capelli brillantinati e le scarpe pesanti. Sarei rimasto ad ascoltarla per ore…mi sembrava di vivere le emozioni che provava.
Ero felice.
Alla porta venne ad aprire una vecchina con i capelli ricci tinti di rosso, aveva un sorriso smagliante anche se coperto dalla dentiera.
Dai suoi occhi azzurri…ormai bianchi iniziarono a scendere fiumi di lacrime…sembrava che i suoi occhi fossero i rubinetti della vasca dove mi lavava quando ero piccolo e mamma e papà mi lasciavano tutto il giorno da lei e il nonno.
 L’avevo vista piangere solo tre volte in tutta la mia vita: il giorno in cui nonno se n’è andato, il giorno in cui me ne sono andato e oggi.
Abbiamo mangiato tutti insieme e come al solito nonna ha passato il tempo a ripetere a Serena che è bellissima e saremmo dovuti stare insieme, e dire a me che devo mangiare di più e più sano.
E’ sempre la solita.
 Ogni volta che parlava a Serena di noi due sul suo viso compariva una curva e le sue gote diventavano rosso scarlatto.
Ora siamo qui.
 Abbracciati l’un l’altro e stretti in maniera eccessiva, scomoda, perché la casetta è troppo stretta.
 Dalla porta si vede il cielo, e anche stasera ci sono le stelle.
Speriamo che anche domani sia così perché avremmo molta strada da fare, lei è bellissima.
Ieri sera prima di salire qui ci siamo fatti una doccia e così adesso profuma di bagnoschiuma all’arancia, lo stesso che usava nonna per farci la doccia quando, dopo aver giocato nel fango, tornavamo a casa tutti impiastricciati.
Ho davvero voglia di baciarla.
Di averla solo per me.
La sto di nuovo vedendo in quel modo...devo proprio finirla di farmi del male.

eccomi...vi amo tutti, davvero. anche solo voi che leggete un capitolo, grazie. questo è il quinto capitolo, il secondo del viaggio che sta regalando Ed a Esse. spero che vi stia piacendo...mi impegnerò a pubblicare il prossimo capitolo molto presto. grazie ancora xx
-msftgirl

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1824746