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Era tanto che avevo voglia di
scrivere su dragon ball, la mia prima fissa, la prima cosa che mi abbia portata
alla mia più grande passione: il disegno. A quei tempi
mi sono concentrata molto a disegnare, ma non ho mai scritto niente su dragon
ball, e me ne dispiaccio. Alla fine, stasera, ho
deciso di mettere a racconto quella storia che ho
disegnato tanto tempo fa, e che ora mi fa tanta tenerezza riguardare di tanto
in tanto, come un angolino nel passato dove mi rifugio quando mi sento un po'
persa. La storia non è niente di speciale, ma a me racconta molto. Non posso
pretendere che per voi sia così, e probabilmente sarà noiosa, ma spero che
possa far passare bene qualche minuto anche a chi vorrà dargli una letta.
Baci
baci, Kla.
Cap.1 –L’uomo Che Sapeva Volare-
Assurdo.
Tutto quel che riesco a pensare in questo momento, è
che tutto ciò è semplicemente assurdo, e la sensazione di vita è tanto forte
che nemmeno posso augurarmi di stare sognando. Non sto sognando, e lo so bene.
Eppure, quest’uomo vola,quest’uomo che
mi porta su una spalla sta volando a migliaia di metri dal suolo, e molto più
veloce di qualsiasi veicolo sul quale io sia mai montata.
Provo
a pensare a cosa mi è successo, cerco di far riaffiorare alla mente le ultime
immagini che mi si sono specchiate negli occhi.
Qualche
persona, qualche volto.
Luogo,
ambiente.
Nemmeno
il cielo.
No,
non ricordo niente. E le forze, insieme a una strana
sensazione di paura, mi tengono ferma, senza muovermi, almeno quel poco per
vedere la nuca di colui che finalmente ha raggiunto le capacità che l’uomo ha
sempre invidiato agli uccelli grazie alle bellissime ali piumate che hanno
ricevuto da madre natura. Anche gli angeli hanno le
ali, e possono volare, e anche questi esseri l’uomo ha sempre invidiato,
rappresentandoli in disegni e dipinti, raccontandoli in storie epiche e
musiche, in poesie. Uomini con le ali, che sono tanto lontani
da noi, alti nel cielo, e tanto candidi che preferiscono non avvicinarsi al
nostro mondo così sporco. Sì, il loro volo doveva portarli sicuramente dove ero
io in quel momento, più in alto, forse, ma era difficile immaginarlo, con la
terra sotto di me così lontana e sfocata, da distinguerne solo le valli e le
montagne. Un angelo? Non poteva esserlo. Riversa sulla sua
schiena, avrei dovuto vedere due bellissime e grandi ali bianche,
muoversi armoniosamente, delicatamente, spingere in basso l’aria per poter
andare sempre più in alto. Non c’erano ali su quella schiena vestita di uno
strano tessuto blu, coperto sul torace da una corazza di un materiale
altrettanto sconosciuto ai miei occhi, bianco, rigido, ma contemporaneamente
straordinariamente duttile nel vederlo adattarsi a qualsivoglia movimento di
quel corpo teso e gonfio, muscoli scolpiti e presa
forte. Quella presa, era impossibile non notarla, una presa
forte, quasi arrogante tanto poca era la delicatezza con cui mi costringeva a
testa in giù riversa lungo la schiena. E quel tocco,
non poteva essere la presa di un angelo.
Chissà chi era, quell’uomo
che sapeva volare. Ma soprattutto, cosa voleva da me, come diamine ero finita
sul suo cammino. Qualche immagine affiora rapidamente: luci forti, abbaglianti,
polvere e fumo… immagini strane e confusionarie, c’è
qualcuno, due persone, in questi ricordi, ma non posso vederne le fattezze…
niente, né il colore dei capelli, né la statura, né la corporatura. Non saprei
nemmeno dire se fossero maschi o femmine. Forse, uno di quelli è proprio questo
strano uomo che vola. Ma a parte il fatto che non conosco
nient’altro che la sua schiena, non riesco proprio a vedere niente più in
quelle immagini apocalittiche.
Una
battaglia, distruzione.
La
mia città!
Ero
nella mia città, ecco dov’ero! E poi… e poi… caos. Di nuovo quelle immagini strane. Di nuovo immagini
indecifrabili. Inutile sforzarmi.
E
mi sento tanto stanca, infreddolita, e impaurita.
L’altezza dovrebbe spaventarmi, ma non è quello. La
presa è arrogante, ma forte, e se forse può disturbare
un po', sono sicura di non cadere. Per quanto possiamo essere in alto, non
cadrò giù, e non credo che mi farà cadere di
proposito, altrimenti che motivo avrebbe avuto di portarmi via con sé. No, non
è l’altezza, né la velocità. Non so dove sto andando, né perché. Non so cosa ne è stato della mia città, di quel che ho… o avevo… tutto
distrutto, già. Allora avevo, di cosa avevo… quel poco. Quel poco che mi ero
finalmente ricostruita, una vita, una parvenza di esistenza,
tutto perduto, tutto da ricominciare da capo, di nuovo. Paura? O forse, semplice e pura tristezza, angoscia. Cosa stava succedendo al mondo?
Il
mare sotto di noi era calmo, di un blu tanto intenso, l’acqua
doveva essere molto profonda. All’orizzonte, la distesa blu si inabissava nel cielo, e così per ogni lato che io potessi
vedere. Ma lentamente sento che ci stiamo abbassando,
le orecchie si tappano, la superficie marina che adesso è più vicina si
presenta increspata da una leggera brezza.
In
mare? Che diamine di intenzioni ha questo strano uomo
che vola? Sta scendendo verso il mare, ma che vuol fare?
Paura.
Sì,
adesso è davvero paura, il mare alto, tutto blu, e in fondo all’orizzonte, il
blu del cielo. Sembra di essere in mezzo al niente. Sola, nel niente più
assoluto. Il mare gioca col vento, che fa cantare le sue onde,
ma quel suono così dolce in quel momento non rilassa i miei nervi. Però quel suono, quel suono che sa cullare, non può… no, non
può trovarsi in mare aperto.
Il
blu intenso dell’acqua, diventa via via più celeste.
L’aspetto
cristallino, fa trasparire un fondale ocra, la sabbia chiara.
Il
suono delle onde che sfinite di sdraiano sulla spiaggia
è inconfondibile. Anche se io non lo vedo, davanti a
me c’è della terraferma.
In
un attimo, la vedo anche io, i piedi dell’uomo che sa volare
toccano la sabbia, qualche passo di frenata, e siamo fermi.
Un’isola,
ecco cos’era. E dev’essere anche relativamente piccola, dato che da qui dietro se ne scorge appena la
spiaggia, che curva subito su entrambi i lati.
Delle
voci richiamano chiamano a gran voce un nome che non riesco
a sentire, persa nei miei pensieri. Si avvicinano; le loro voci, proprio ora che
provo ad ascoltarle, si abbassano fino a sparire.
Voglio
scendere, scendere di lì.
Non
ho forze, ho paura, è vero, ma non voglio più fingere di essere
incosciente, non ha senso, e poi probabilmente mi butterà in terra lui da un
momento all’altro. Stringo le mani a pugno, tirando appena la tuta blu. Inizio
ad agitarmi, muovo le gambe.
“Ma dove sono, voglio scendere!”
Mi
solleva, prendendomi per la vita, il tocco è sempre
forte, non garbato. Mi poggia con poca delicatezza davanti a sé, ma non ho
forze, finisco sulle ginocchia. Non credevo di essere così debole.
“Finalmente
parli, tanto lo so che sei sveglia da un bel po'.”
L’uomo
che sa volare, ha una voce strana, forte, fredda ma… ma qualcos’altro.
Nonostante tutto, mi parla di mistero, non riesco ad
averne timore. Non è molto alto, lo noto, sebbene lo veda dal basso. I suoi
capelli sono lunghi e neri, ribelli nel loro svettare verso il cielo. I suoi
occhi, impenetrabili e neri anch’essi. Lo sguardo corrucciato.
Non
era un angelo, non avrebbe mai potuto esserlo. Non
aveva ali, non aveva il tocco, e nemmeno l’aspetto era quello di un angelo. Maquell’uomo sapeva volare.
Lontano dall’essere una divinità, tutt’altro che
umano, che cosa può mai essere quella persona che mi ha portata su quell’isola? Una figura misteriosa, ma non mi incuteva timore.
“Vegeta,
chi è questa ragazzina?”
“Hei, tutto a posto? Hai bisogno di una mano?”
La
voce di donna che ha dato un nome all’uomo che volava,
viene rapidamente seguita da un’ altra voce, più vicina, calda, bassa, maschile.
La voce, e le parole, mi portano a voltarmi. Ricordo
solo in quell’istante, delle voci che hanno accolto il nostro arrivo pochi minuti prima, e voglio vedere se
anche quelle persone sono strane come l’uomo che sa volare, o se sono più
simili a me.
Sono
lontane, un po' più indietro di quel che credevo. Ma non posso vederli bene, colui che ha attirato la mia attenzione facendomi voltare
prima ancora che per la curiosità, è lì vicino a me. Alzo lo sguardo.
Gli
stivaletti ocra hanno una strana forma, i pantaloni
larghi e scuri finiscono in vita su una cintura dalla chiusura celeste. Una canottiera nera coperta da un giacchettino
blu scuro corto alla vita e lungo di maniche. Un fisico scolpito, estremamente scolpito, ma palesemente di un giovane uomo.
Verso di me, la sua mano destra aperta. Sul viso, dai lineamenti simili al
perfetto, risplendono due occhi celesti dall’espressione un po' triste e
ricadono lunghi capelli di un colore chiaro, un grigio tendente al lilla. Mi
rivolge un sorriso, e non posso fare a meno di posare la mano sulla sua.
Da
quel momento, più niente sarebbe stato come prima.
Accidenti, i commenti che ho
ricevuto per il primo capitolo mi hanno fatto un
piacere immenso! Non immaginavo proprio che una storiellina
così potesse interessarvi! Voglio ringraziare scImMia, la prima commentatrice, grazie per i
complimenti, e sull’angelo di Trunks, mi trovo
a concordare con te. Grazie a Lory, tesoro, lo
sai che il tuo parere lo aspettavo… e sono felicissima che ti senti coinvolta,
è proprio l’effetto che volevo dare. LoveDolphin, il tuo commento è terribilmente gentile e
rincuorante, mi fai dei complimenti davvero importanti; e grazie per il
preferito. Eleonora94 sei davvero
gentilissima anche tu, sono contenta che ti abbia coinvolta.
Ringrazio anche Puffoletta, che non ha commentato ma ho visto che ha messo la storia tra i
preferiti.
È davvero
incredibile quanta carica mi abbiano dato queste
quattro ragazze con i loro complimenti generosissimi, ho già scritto un altro
pezzettino. Voglio metterlo, per sapere ancora i vostri pareri, e i pareri di
chiunque abbia voglia di leggere un po' questa storiellina. Un bacione
a tutti, e specialmente a scImMia, lory, LoveDolphin, Eleonora94 e
anche Puffoletta.
Cap.2 –Il Cobra e l’Incantatore-
Quella
mano forte teneva la mia con delicatezza, e con delicatezza mi aveva aiutata ad alzarmi. Gli occhi erano di un celeste strano,
bello, che io non avevo mai visto. Un celeste glaciale
in un’espressione calda. Quell’espressione così simile a quella dell’uomo che sapeva volare.
Voltai diverse volte la testa indietro, e poi di nuovo avanti, lentamente,
guardando con timidezza e ritmicità entrambi i volti,
uno sorridente e l’altro serio. Si somigliavano davvero
molto, era impressionante. Pensai che doveva
esserci una sorta di legame tra quell’uomo e quel
ragazzo, la prima cosa che pensai, effettivamente, fu proprio che quei due
dovevano essere padre e figlio. Ma i tratti somatici
duri, resi ancor più aspri dagli occhi e i capelli neri, si ripresentavano
mitigati su quel ragazzo. Doveva essere sicuramente l’influsso della madre. Si
avvicinarono anche altre persone, in silenzio, aspettando probabilmente una mia
risposta. Mi ero completamente dimenticata che quel ragazzo, porgendomi la
mano, mi aveva chiesto qualcosa che, in quel momento, persa nei miei pensieri,
non ricordavo più, e che lui con lo sguardo sempre fisso su di me sembrava ribadire.
“Gr-grazie…” non sapevo la risposta a
una domanda che non conoscevo più, ma dovevo in qualche modo ricambiare la
cortesia, non tanto dell’aiuto ad alzarmi, ma di quel sorriso che mi
rincuorava. Mi sentivo più al sicuro adesso, e tutte quelle persone che mi
circondavano incuriosite dalla mia presenza avevano
aspetto umano, vestiti umani, e soprattutto espressioni umane.
“Stai
bene?” le sue mani si posarono sulle mie spalle. Anche
il tocco delicato doveva essere della madre. Probabilmente era quella la
domanda di prima, e voleva una risposta sebbene questa
fosse evidente. Annuii appena con un sorriso timido sul volto, non riuscii ad
aggiungere nessuna parola perché una voce interruppe le mie intenzioni già di
natura insicura e titubante.
“Allora,
Vegeta, si può sapere chi è questa ragazza e come mai l’hai portata qui?” una
donna dai capelli corti e celesti tornò voltata verso l’uomo che sapeva volare.
Oltre a lei, si erano avvicinati a me anche un vecchietto con la barba lunga e
gli occhiali da sole; un bambino con capelli biondi e occhi verdi; una donna
giovane, ma che a causa dell’abbigliamento e della pettinatura dimostrava più
della sua età; un maialino vestito e eretto sulle
zampe posteriori e una strana tartaruga marina gigante con l’espressione
addormentata ma troppo intelligente per la sua razza anfibia.
Non
me ne accorsi subito, ma dalla casa in quel momento
stava uscendo un uomo adulto, molto alto, anche lui aveva i capelli biondissimi
e rivolti in alto, gli occhi verdi. Quei due biondi, il ragazzo gentile e
l’uomo che mi aveva portata lì, si somigliavano tutti e quattro in modo
impressionante. Le loro espressioni, erano molto simili. L’uomo alto e biondo
si avvicinò all’uomo che sapeva volare, e solo in quel momento mi accorsi di
lui.
“Vegeta
ma sei impazzito! Cosa diamine ti è passato per la testa!”
“Levati
Kakaroth, non impicciarti!” e dandogli uno spintone
sul braccio lo scansò per poi allontanarsi.
“Dove vai! E questa ragazza? Ancora
non ci hai detto niente!” la donna dai capelli celesti lo
raggiunse, gli posò una mano sulla spalla, e lui si fermò.
Solo
in quel momento quello strano uomo, Kakaroth lo aveva chiamato, si voltò accorgendosi di me. Mi
guardò con espressione stupita, gli occhi prima spinti a chiudersi un po' dalle
sopracciglia corrucciate si aprirono, sorrise e mi scrutò con curiosità.
“Beh
chi è questa ragazzina?” si avvicinò con le mani sui fianchi, e la sua
espressione mi apparve ancor più spensierata. Era evidentemente un uomo adulto,
ma nel viso sembrava un ragazzino. Lo sguardo un po' ingenuo,
come di chi vede le cose sempre per la prima volta. Ma scrutando negli
occhi smeraldo, si scorgeva qualcosa di indecifrabile.
“È
sbucata fuori durante il combattimento” si voltò appena, scrollandosi di dosso
il tocco della donna che lo aveva avvicinato con un movimento brusco “e ha sprigionato una strana forza.”
Sembrava
non voler aggiungere altro, ma alla fine venne
convinto a raccontare tutto. Disse un sacco di cose che io non
ricordavo affatto, e non mi riaffiorarono alla mente nemmeno spinte
dalle sue parole. Lo sentii dire che stava combattendo
contro un certo Cell, che la lotta si era spostata
nel mezzo di una città. Raccontò di essersi trovato in difficoltà, sebbene non abbia mai voluto ammetterlo direttamente, ma comunque
facendolo capire con discorsi oltremodo contorti. In quel momento dice di
avermi vista apparire. Parlava di un’energia strana. Da come raccontava,
benché in modo indiretto, sembrava proprio che fosse stata la mia apparizione a
metter fine alla battaglia. Ma non si dilungò in
particolari, e non riuscirono a fargli dire come mai aveva deciso di portarmi
lì. Se ne andò borbottando, con le braccia incrociate,
sul retro della casa. La donna dai capelli celesti, che pareva aver da lui una
certa confidenza che agli altri era rifiutata, non lo seguì,
rimase lì con noi, dicendo che Vegeta era sempre il solito. Però mi aveva salvata, e anche se strano, burbero e indelicato, l’uomo che
sapeva volare mi incuteva una strana sensazione, di forza fisica e morale, non
maligna.
“Questa
poi è bella” riprese Kakaroth grattandosi la testa e
riportando lo sguardo su di me “e allora, signorina, tu chi saresti?” la sua
curiosità era condivisa da tutto il resto del gruppo, che con lo sguardo
sembrava pormi la stessa domanda.
“I-io… mi chiamo Mirai, signore.”
Mi chiusi nelle spalle; quell’uomo, nonostante
bonario e rassicurante, aveva un aspetto imponente, col suo corpo scolpito, ed
era poi estremamente di bell’aspetto
tanto da mettere in soggezione.
Il
mio nome non sembrò soddisfare la sua curiosità, né quella del resto dei
presenti. Probabilmente avevano molte cose da chiedermi, ma formulando le
domande nella mente poco prima di pronunciarle si rendevano loro stessi conto che il quesito non poteva aver risposta logica
alcuna. Se fossero esistite risposte esaurienti, esse
avrebbero sicuramente portato un po' più di chiarezza nel gesto di Vegeta
assolutamente innaturale per la sua indole. Ma
suonavano tanto strane già solo nelle menti, le domande che si susseguivano, e
probabilmente già nel mio sguardo perso e spaurito si poteva cogliere l’assenza
di una risposta anche da parte mia.
Mi
portai una mano al braccio sinistro massaggiandolo, sentendo uno strano
fastidio, mentre aspettavo che qualcuno cominciasse con l’interrogatorio al
quale probabilmente non avrei saputo rispondere in maniera esauriente. Ma nel silenzio generale, sentii delle mani poggiarsi
laddove stavo cercando di alleviare il fastidio, e mentre mi voltavo per
scoprire di chi fosse quel tocco, mi sentii alzare la manica della maglia.
“Hai
un bel graffio… ti fa male?” il suo sguardo, dal braccio, tornò nei miei occhi.
Il cuore perse un battito. Quegli occhi celesti avevano la capacità di
controllare il muscolo che in petto si preoccupava di battere incessantemente dalla
mia nascita.
“N-no… è fastidioso ma… non fa male
pizzica un po' soltanto…”
“Comunque va disinfettato.” Mi sorrise con spontaneità, lui
che possedeva lo sguardo magnetico e il sorriso incantatore, lui che non sapeva
di provocarmi uno strano calore sul volto con qualsiasi gesto gentile che mi
rivolgeva “Seguimi” e con un gesto della mano mi fece cenno di andare con lui,
mentre si incamminava verso la strana casa dal tetto
grande che sorgeva al centro di quella piccola isola. Iniziai a camminare sui
suoi passi, un po' titubante, scostando lo sguardo casualmente sututti i presenti
come a ritirarmi con cortesia.
“Aspetta
Trunks! Dobbiamo… ancora non…” la
donna di prima lo richiamò, io rallentai il passo, voltandomi indietro.
Stavo per fermarmi pensando lui l’avesse già fatto, ma
quando lo sguardo tornò distrattamente verso di lui trovai di nuovo la sua
schiena, che si allontanava. Non sapevo cosa fare, e camminavo sempre più
lentamente guardandomi avanti e poi indietro.
“Trunks! Trunks mi senti?”
Si
voltò, infine, sembrava volerle rispondere qualcosa. Ma lo sguardo si diresse verso di me.
“Su,
vieni.” Non aggiunse altro. Lo sguardo era un po' meno sorridente,
ma gentile. Ed io lo seguii senza indugio, come si muove il cobra per
mano del suo incantatore, il cobra che sembra
ammaliato dal suono del flauto, ma che in realtà incapace di percepire suono
alcuno si muove seguendo i solimovimenti dell’abile suonatore. E io al suo
pari, senza aver sentito nemmeno una parola di quel che il ragazzo che avevo
scoperto chiamarsi Trunks mi aveva rivolto, lo seguii
dentro casa incantata dalla sua figura e le sue movenze.
Capitolo 3 *** Laddove si Baciano Mare e Cielo ***
Eccomi, sto andando veloce con questa storia per adesso
Eccomi, sto andando veloce con
questa storia per adesso. Ne approfitto, visto che la
scuola mi impegna molto ultimamente, e non so se nei prossimi giorni potrò
aggiornare. È la prima volta che pubblico la storia mentre
la scrivo.
Ringrazio di nuovo Eleonora94,
grazie davvero sono molto contenta che la storia riesca a coinvolgerti così; e
ovviamente un grazissime e un bacione
a lory, che segue quest’avventura
nonostante le scene che la turbano!
Questo capitolo è un po' più
lungo degli altri, ma spero di non annoiare troppo, è solo che tratta tutto
della stessa scena e tagliarlo non avrebbe avuto molto
senso.
Spero
di sapere cosa ne pensate! Un bacio dalla vostra scimmia di quartiere!
Cap.3 –Laddove si Baciano Mare e
Cielo-
La
casa era carina, e dall’interno appariva molto più ampia di quel che non sembrasse guardandola da fuori. Su quell’isola
così piccola, non sembrava poterci entrare una casa tanto grande. Aveva due
piani, e presupponendo a prima vista che quello superiore eguagliasse
in dimensioni quello sottostante, o quasi, erano entrambi molto ampi. La porta
d’entrata dava in un salotto spaziosissimo, al centro del quale si trovava un
tavolino basso circondato da poltrone e un grande divano.
In fronte a quest’arredamento, un grande
televisore, corredato di qualsivoglia accessorio complementare. In fondo alla
stanza, sulla destra dell’entrata, c’era una piccola porta che dava nella
cucina. Guardando avanti, si vedeva l’inizio delle scale che portavano al piano
superiore. Non notai altro, entrando, non notai tutti
i magnifici dettagli che nascondeva quell’alloggio
nel mezzo di un vero e proprio paradiso. Un paradiso fatto
d’acqua e sabbia sottile e morbida, qui, sulla nostra terra infernale.
Senza
rendermi perfettamente conto dei miei movimenti, involontari, guidati da
fortuna e istinto, visto che gli occhi più che guidare il mio cammino si
concentravano nell’ambiente circostante, mi trovai al
centro del salotto.
“Siediti”
accompagnò le parole con un cenno della mano “vado a cercare qualcosa per
disinfettare il graffio.”Sorrideva
ancora, mi sorrideva sempre. Non attese una mia risposta, sembrava
sapere, non so come, che non avrei proferito parola.
Ancora con il naso per aria posai su di lui uno sguardo accennato e distratto,
e solo quando iniziai ad accomodarmi sul divano si allontanò. Soltanto allora
mi voltai verso di lui, seguendo i suoi passi, imprimendo con attenzione nella
mente ogni piega che si formava sui suoi vestiti ad ogni movimento della
schiena o delle gambe. I capelli che lunghi e sciolti
accarezzavano le spalle. Il portamento era elegante, quasi regale, e la
figura scolpita. Era ipnotizzante, sembrava di non averne mai visto abbastanza,
ogni sua movenza pareva nuova e bellissima, uno spettacolo troppo prezioso per potersi permettere di perderlo. Mi accorsi
quando scomparve dietro una piccola porticina, che entrando era sfuggita
alla mia attenzione, di quanto insistentemente lo stessi fissando. E dire che quando mi aveva rivolto la parola lo avevo guardato
distrattamente. Ma capii subito che il mio sguardo distratto, più che dalla
voglia di esplorare curiosa quell’ambiente
per me nuovo e a suo modo affascinante, era stato mosso in maniera distaccata
per pura vergogna. Quella figura, era davvero capace di mettermi in una
terribile soggezione. Quello sguardo, di farmi sentire la
cosa più brutta che potesse mai essere apparsa su questo pianeta. Quel
sorriso, aveva il potere di farmi portare le mani ai capelli e al viso,
convincendomi di essere in qualsivoglia modo trasandata,
con un ciuffo fuori posto o con qualcosa sulla guancia, e disturbando così
quella sua espressione perfetta.
Quel
ragazzo aveva ricevuto dalla natura il dono di una bellezza imbarazzante e di
uno sguardo che rifletteva un animo dolcissimo. Due qualità
che, nella normalità della natura umana, sono in completa antitesi in una sola
persona. Quasi sovrannaturale, ai miei occhi in quel momento, appariva Trunks, quel ragazzo che riuniva in sè
tutto quello che le persone anche impegnandosi in tutta una vita raggiungono solo a metà. Tutto quello che una sola persona
in una intera vita, anche riuscendo a raggiungere, non
saprebbe assolutamente gestire, tanto enorme è il compito di bilanciare con
uguaglianza un aspetto da divinità viziata e un animo da angelo appena nato.
Mentre
guardavo fuori dalla finestra che mi si trovava
davanti, dietro al televisore, non riuscivo a scorgere il confine tra cielo e
mare. Un angolo di mondo senza orizzonte, un mare senza fine,
e un cielo che non toccava la terra. Era proprio un posto strano, quello
in cui mi aveva portato un uomo che sapeva volare. Mi avessero detto che lì il tempo si era fermato, e che il sole e la
luna alternavano il loro lavoro a piacere e capriccio di chi ci viveva, ci
avrei creduto. Era proprio quello il posto dove si potevano trovare creature
tanto strane. E l’impressione di non aver visto nient’altro
che la punta dell’iceberg, fino a quel momento, era sempre più intensa.
Tornò,
col suo passo deciso, ad interrompere i miei pensieri. Trunks
aveva tra le mani una casettina rossa con al centro
una croce bianca inscritta in un cerchio dello stesso colore.
“Perdonami
se ti ho lasciata sola troppo tempo. Non conosco bene
la casa, non riuscivo a trovarla.” Riferendosi con le
sue ultime parole alla valigetta che teneva nelle mani, la mosse appena
indicandola con un cenno della testa. Continuava a guardarmi nel viso, ed io
non sapevo far altro che rifuggire il suo sguardo.
“Non
fa niente… non ci hai messo tanto.” Con tutta la
volontà, forzai un sorriso su quel viso che mi sentivo strano, ridicolo, forse
sciupato, o chissà che altro difetto volevo infliggere
a un volto di ragazza adolescente.
Si
sedette di fianco a me, poggiò la cassettina sulle gambe e l’aprì, tirò fuori
delle garze e una boccetta con del disinfettante.
“Comunque pare che tu… scusa, puoi allungare il braccio?”
obbedii subito “ecco così, brava, tieni la manica alzata” tirò un po' più su la
stoffa sfiorandomi la mano, il cuore rimbalzò due volte in un solo battito
“dicevo, pare che tu abbia avuto modo di distrarti…” e tornò concentrato sulle
garze che stava preparando. Non davo cenno di volergli rispondere, forse persa
ancora nel battito nel petto scombussolato da quel tocco distratto, di quelle mani appena sfiorate “… ti sembra così strana questa
casa?” sicuramente sapeva che una domanda diretta mi avrebbe più probabilmente
portata a parlare. Infatti sortì l’effetto desiderato,
e tornai con l’attenzione sulle sue parole.
“Sì…
cioè no-non… non strana male… strana perché è bella e
non avevo mai… insomma non mi è capitato spesso di vedere una casa così.”
Accennò
una risata, per il modo impacciato che avevo di parlare, forse, o forse perché
avevo detto cose sconclusionate e senza molto senso.
Posò le garze imbevute del liquido
disinfettante sulla pelle offesa dal graffio, ritirai istintivamente il braccio in uno scatto.
Non sono mai stata resistente al dolore, e con un coraggio inferiore al minimo
sindacale. Ma se mi aspettavo un atteggiamento
preoccupato e consolatorio, in tutta risposta il ragazzo mi prese il polso con
forza sebbene senza stringere, mantenendo il tocco delicato ma non sfuggibile.
“Lo
so, brucia un po'… cerca di resistere.” La voce,
sempre la stessa, lo sguardo dolcissimo, senza dubbio. Ma
una decisione inaspettata.
Come
diamine era possibile una tale perfezione in un unico essere? Non era
spiegabile. Se mai si poteva rallegrarsi di una certa debolezza o indecisione
in un animo così innocentequal’era
quello che traspariva dai suoi occhi di ghiaccio, con un gesto aveva di nuovo
sfatato un’altra nube grigia di quelle che si trovano spesso negli esseri umani
a equilibrare i pregi.
Una
divinità, o comunque non un essere umano. Nient’altro
poteva essere quel ragazzo. E se solo non avessi pochi minuti
prima fissato con perizia la sua schiena e i vestiti che su di essa
danzavano anche loro ipnotizzati dai suoi movimenti, probabilmente mi sarei
sporta per vedere se mai vi fossero state due ali sotto le spalle, pronte a
sollevarlo in cielo, quel cielo che in quell’angolo
di mondo non arrivava a finire se non sulla spiaggia.
Metto anche questo capitolo che ho finito di scrivere ieri sera (ok, era
stanotte più che ieri sera ma sono dettagli
Metto anche questo capitolo che ho finito di scrivere ieri sera
(ok, era stanotte più che ieri sera ma sono dettagli!).
Continuo a trovare commenti che mi fanno un immenso piacere! Non
me l’aspettavo e ne sono così felice che effettivamente la storia si sta
scrivendo da sola!
Grazie a Lory, che
continua a seguirmi nonostante io disturbi il suo sonno! eheh scherzo! grazie
comunque di seguirmi così attentamente. Grazie a Eleonora94 che non si perde mai un capitolo e che nei suoi commenti
mi dice cose sempre più gentili, mi fai davvero molto piacere! E' così
importante per me che tu senta queste cose leggendo. Volevo ringraziare e
salutare Amina-chan che è la prima
volta che mi lascia un commento, e sono davvero felice di sentirla; grazie
amina, spero che continuerai a seguirmi e a dirmi quel che pensi della mia
storia. E infine, LoveDolphin, che
io non so davvero che parole usare per ringraziarla, lei che mi lascia dei
commenti davvero splendidi, ed estremamente generosi. Sono contenta che la
storia le arrivi così profondamente in questo modo, e che il mio modo di
scrivere non la induca al sonno ma la faccia quasi incantare. Sei davvero
gentilissima, non sai quanto sia importante.
Bene, adesso vi lascio
all'ennesimo capitolo. Anche questo non è cortissimo, però starò via il fine
settimana quindi diciamo che fa per due giorni! eheh ok, ho sproloquiato
abbastanza. Una bacione a chiunque arrivi in fondo ai capitoli senza
addormentarsi eheh. Spero di sapere il vostro parere, soprattutto se c'è
qualcosa che non vi torna. Una bacio, la vostra scimmia di quartiere.
Cap.4 –La Superficie della Luna-
Finì di medicarmi solo quando non sembrò convinto di aver
perfettamente pulito la ferita, mi disse che non ci metteva niente sopra di
modo che all’aria si sarebbe seccata prima e meglio. Lo ringraziai con lo
sguardo basso, mentre soffiavo un po' sulla pelle striata di rosso.
“Coraggio non fa poi così male, su.” Si alzò per riportare i
medicinali a posto, e incamminandosi mi posò una mano sulla testa,
delicatamente. Tornò quasi subito seduto accanto a me, l’agitazione della
carezza che mi aveva appena donato era ancora visibile, evidentemente, e lui la
interpretò in maniera sbagliata.
“Non devi preoccuparti, Mirai, qui nessuno vuol farti del
male.” Teneva le braccia appoggiate sulle gambe, piegato in avanti, guardava un
punto indefinito di fronte a sè. Il mio nome attraversando le sue labbra pareva
sporcarle. “Io ti sono infinitamente grato per aver salvato mio padre.” In quel
momento ebbi la conferma che la prima impressione che mi aveva dato la vista di
quei due era corretta “E se posso fare qualcosa per te, non esitare a
chiedermelo.”
“Non credo di averlo salvato. Non saprei proprio in che modo
io possa…”
“Lui dice così…” mi interruppe “… e se lo dice lui, lui che
non lo ammetterebbe mai…”
“Non ha detto niente del genere.”
“Non direttamente, ma chi lo conosce l’ha capito.”
Rimasi per un attimo a pensarci, non avendo alcuna risposta.
“Non ricordo niente di quel che è successo, purtroppo.” Stavo
tentando invano di far riaffiorare qualcosa degli ultimi attimi antecedenti il
risveglio in volo.
“Non preoccuparti.” Gli occhi tornarono su di me, cogliendomi
impreparata, e le mie iridi di un banalissimo marrone chiaro si trovarono
inghiottite e perse nei suoi occhi senza fine. Tentai di reggere lo sguardo.
“Nessuno pretende niente da te, stai tranquilla.” Aggiunse.
“Mi dispiace molto, non riesco a capire cosa sta succedendo,
dove mi trovo… non sapevo nemmeno che gli uomini avessero imparato a volare…”
provai a sdrammatizzate, per inghiottire un singhiozzo che quelle parole
rincuoranti mi avevano indotto.
“Qui siamo tutti un po' strani. A questo dovrai farci
l’abitudine.” Sorrise “Non è facile trovare il proprio posto e il proprio senso
lontani da casa, ma ci si può abituare dopo un po'.” La sua voce, non cambiata
di un solo tono, parlava però moltissimo di lui. Sembrava quasi in imbarazzo.
Uno spiraglio, una debolezza finalmente, in quell’essere tanto perfetto, e mi
sentii un po' più degna di sedergli al fianco.
“Non importa, sono strana anche io.” Volevo comunque
rimettere a suo agio quell’angelo al quale avevo scoperto piccola e nascosta
una macchiolina. Fece una breve risata, gli sorrisi anche io. Poi tornò un po'
più serio, e lo sguardo sempre su di me.
“Io non ti chiederò mai niente.”
Arrivate al mio petto, con qualche istante di ritardo
rispetto alle orecchie, quelle parole punsero dolcemente l’anima non
permettendomi di trattenere le lacrime. La vista era ormai appannata, ma non
volevo in alcun modo farglielo notare. Mi voltai in maniera fintamente
distratta di lato, simulavo interesse per un orizzonte che avevo già scrutato a
sufficienza e che comunque non riuscivo a vedere.
“Su, adesso vieni con me. Non staranno fuori ancora per
molto. E loro, di cose da chiederti, ne hanno moltissime.” Si alzò, ed io lo
imitai. “Ti porto in una stanza di sopra, così puoi riposare.”
Non mi sentivo particolarmente stanca, ma di nuovo in balia
di quella persona e dei suoi gesti, mossi appena la testa annuendo, attenta a
non far scoprire quel poco di lacrime che ancora persistevano sul mio volto, e
lo seguii al piano superiore.
La stanza era ampia, e ben arredata. Nonostante mi trovassi
nel paradiso aldilà del mare, l’aspetto era confortevole ma soprattutto
accogliente. Come una stanza di un vecchio amico che ci invita da anni in casa
propria e nella quale ci sentiamo a nostro agio quasi come nella nostra camera.
Il soffitto scendeva obliquo, seguendo la curvatura del tetto soprastante. Sul
lato più alto si apriva la porta d’ingresso, sul lato opposto, il più basso, si
trovava una finestra con piccole tende color pastello e gli infissi aperti. La
luce del sole filtrava la stoffa semi trasparente dei tendaggi illuminando la
stanza di un chiarore tipico del sole del primo pomeriggio. Trunks chiuse la
porta alle nostre spalle mentre io, come poco prima avevo fatto entrando nella
casa, girettavo guardandomi attorno con aria incuriosita e persa nei miei
pensieri. Dalla finestra si vedeva solo il mare, o forse era il cielo, comunque
una distesa infinita di un celeste meraviglioso.
In realtà non avevo molta voglia di dormire. Ero stanca,
probabilmente, ma non riuscivo ad averne la percezione. Tutte quelle cose
strane mi mettevano un’irrefrenabile eccitazione addosso, l’eccitazione
inconscia del mio residuo istinto animale che probabilmente già sentiva che da
quel giorno non sarei stata più la stessa, né io né la mia esistenza.
“Perché stai cercando di… sì insomma, mi stai tenendo a
distanza da tutti… da quelle persone che c’erano prima sulla spiaggia quando
sono arrivata…” Volevo saperlo, la domanda mi rimbombava in testa da un bel
po'. Era innegabile che tutte le sue azioni, fin dalla prima di portarmi in
casa per disinfettarmi la ferita al braccio, fossero mosse con quella finalità.
Mentre la mente era intenta a formulare una frase che potesse nel più cordiale
dei modi fargli capire che non sentivo il bisogno di riposarmi, pronunciai
invece quelle parole che scapparono rapide dai miei pensieri.
Sembrarono quasi coglierlo impreparato, in un primo momento,
e non mi rispose. Mi guardò, il volto era serio ma tranquillo, come se avesse
il concetto ben impresso nella testa ma non avesse il mezzo giusto per farlo
passare dalla sua mente alla mia senza alterarne il significato. I miei occhi,
piano piano, si abituavano alla sua bellezza fuori da ogni canone, e superata
la prima impressione visiva, adesso del ragazzo mi attirava più quello strano
atteggiamento. Sarà stato l’aspetto da bello e dannato, che adesso pur non
percependolo ancora così forte aveva lo stesso ripercussioni ormai inconsce
dentro di me condizionandomi nei pensieri, ma avevo come l’impressione che quel
ragazzo nascondesse qualche sorta di mistero. Insomma ,qualcosa di affascinante
nella sua storia, nel suo carattere, affascinante come quando ti parlano della
luna, che i pochi che hanno calpestato il suo suolo la descrivono come deserta,
disabitata e inospitale, ma tu che la vedi splendere in alto sopra la tua testa
rischiarando anche la notte più buia proprio non ci puoi credere, e ti sembra
l’astro più bello sul quale si possa desiderare vivere. Continuava a non
rispondermi, iniziavo a pentirmi di aver detto quella frase avventata, volevo
cambiare argomento. Ma non feci in tempo a trovare altre parole da pronunciare.
Un vagito di bambino iniziò a diffondersi nell’aria, arrivando alle nostre
orecchie dalla finestra aperta. Sentii la voce della donna dai capelli celesti
allertarsi, anche l’altra donna disse qualcosa. Istintivamente mi portai un po'
più vicino alla finestra e guardai di sotto, sporgendo solo con metà viso per
evitare di farmi notare. Poco distante da dove era atterrato l’uomo che mi
aveva portata in quel posto, non ci avevo fatto caso, ma c’era un tavolinetto
con intorno quattro o cinque sedie lasciate scompostamente da qualcuno che si
era evidentemente alzato di fretta, e su quel tavolino si trovava un piccolo
seggiolino auto da neonati. Da là dentro, si vedevano agitarsi due gambette
dalla pelle chiara, e sui piedini dei calzini corti bianchi con la risvolta. La
donna con i capelli color del cielo allungò le mani e sollevò il fagottino che
là dentro lamentava di essersi svegliato solo e abbandonato, in un mondo tanto
grande per un frugoletto che non aveva più di qualche mese. Bastò il viso di
quella che era evidentemente la sua mamma per rincuorarlo, e i lacrimoni
smisero di scendere dai suoi occhi, rimanendo a inumidire due guanciotte
paffute e colorite dallo sforzo del lamento.
“Che piccolo quel bambino… quella è la sua mamma, vero?” mi
voltai cercando il ragazzo che tanto si stava premurando di me, e mi stupii nel
trovarmelo vicinissimo, alle spalle, anche lui intento a guardare di sotto. Era
tanto vicino che potevo vedere con quanta perfezione la natura avesse scolpito
l’attaccatura del collo sui pettorali turgidi. Vedevo come quell’angolo della
sua pelle che la maglietta lasciava scoperto si muovesse delicatamente in
respiri lenti ma profondi, come controllati, quasi a non voler fare troppo
rumore. Il suo sguardo era fisso su quella donna che giocava col suo bambino. E
quel suo corpo rispecchiato nei miei occhi tanto inaspettatamente, si associò
rapidamente ad un profumo che sentii in quel momento per la prima volta, un
odore che cercai più volte inspirando con forza tanto era il piacere che
procurava. Era il profumo della sua pelle.
“Sì… quella donna si chiama Bulma, ed è la mia mamma.”
In quel momento, devo ammettere di non aver capito proprio niente di
come stessero in realtà le cose, ma le sue parole certo non mi aiutarono
Ok,
ecco la scimmia tornata dal week end… eccomi tornata
e quale miglior accoglienza delle mie adorate Ele94
(posso abbreviarlo così?), Lory e LoveDolphin?
Eh eh migliore non ce n’è davvero… come posso
ringraziare Ele94 per ogni volta che mi rincuora, quando mi dice
che si sente coinvolta come se fosse lei stessa nella storia? Forse lei non se ne accorge, di quanto stupendo sia quello che mi dice! È il
complimento migliore che io possa avere! Lory, tesoro, stanotte sai che faticavo a prender sonno? Eh
eh, sarà mica il senso di
colpa di averti disturbato il sonno? Ah ah ah dai non esageriamo, però sono contenta che ti
coinvolga! LoveDolphin, come posso abbreviare il tuo nick? Love? ODolph?
O che altro? Ehehapparte questo, anche tu sei davvero un angelo nei commenti,
altro che Trunks (eresiaaaa! Eh eheh
ma sì, angeli tutti e due)… sai che ti adoro per avermi menzionato la scena di
Bulma e il piccolo Trunks? L’ho scritta d’impulso (come sempre per tutto, eh eh) però quando ho dato la
rilettura al capitolo, era il mio pezzo preferito! Grazie!
Tornando
alla storia, aggiungo anche questo capitolino, sperando di sbloccare un po' la
scena. Finalmente penso di aver concluso questa
situazione, e dal prossimo capitolo dovrei poter finalmente andare avanti con
la storia, e iniziare a far accadere un po' di cose! Un bacio a chiunque legga
senza avere l’effetto della valeriana! Eh eh. Baci,
la vostra scimmia.
Cap.5 –Parole nel Silenzio-
In
quel momento, devo ammettere di non aver capito proprio niente di come stessero in realtà le cose, ma le sue parole certo non mi
aiutarono. È vero, mi trovavo in un luogo magico,
aldilà del mare, dove gli uomini avevano imparato a muoversi nell’aria come si
fa nell’acqua. Però, non ancora interamente assorbita da quell’ambiente,
e dalla logicità che lo caratterizza, io rimasi
soltanto in silenzio, perplessa, chiedendomi quale strano caso avesse mai
portato quella donna a fare due figli con così tanta differenza di età. Sì,
capii che erano fratelli, in quel momento, e nella mente per un attimo mi
rimbalzò anche l’idea di domandare se quell’uomo
burbero che volava fosse il padre non solo di Trunks, ma anche del piccoletto.
Nessuna parola uscì dalla mia bocca, però. Il ragazzo che mi stava ancora
accanto, molto vicino, date le dimensioni ridotte della finestra dalla quale
entrambi scrutavamo fuori, sembrava incantato da
quella scena. Io ancora non potevo capire, quanto quei semplici e istintivi
gesti di donna, ma soprattutto di madre, parlassero a
quei due occhi celesti che quasi brillando non si perdevano un solo movimento. Ma incantato guardava, e mi sembrava quasi di disturbare
quel momento familiare, tanto che mi allontanai dalla finestra e non proferii
parola. Comunque non mi sembrava il caso di prendermi
confidenze che non mi erano concesse. Si voltò, dopo pochissimo che mi ero
mossa, cercandomi con lo sguardo ma ancora evidentemente assorto nei suoi
pensieri. Le voci sotto la finestra, si sentivano ancora distintamente, eravamo
noi a non ascoltarle più, ognuno perso nei suoi pensieri, ognuno intento a
trovare qualcosa da dire per interrompere quel silenzio senza senso. Forse
erano troppe le cose da dirsi, ma troppa anche la paura di ferire
reciprocamente l’altro, e regnava così solo il
silenzio, quella cosa così strana, un nome per indicare qualcosa che esiste
solo in mancanza di tutto il resto.
“Cosa dobbiamo fare con quella ragazza? Non capisco perché
Vegeta l’abbia portata qui!” fu impossibile ignorare
la voce di donna che entrava dalla finestra, in quel momento di silenzio da
parte di entrambi.
“Suvvia
Chichi, non stare a preoccuparti, ci ha spiegato cos’è
successo, e in questi giorni…”
“La
fai sempre facile tu!” la voce squillante di lei costrinse l’uomo, la cui voce
a me parve quella di colui chiamato Kakaroth, a interrompere il discorso “Io non sono affatto tranquilla!
Non ha spiegato un bel niente, Vegeta! Energia, energia…
e poi? Tu hai capito qualcos’altro?”
“Eh
eheh, beh… no ma…”
“Certo,
Chichi, che possiamo fare? Riportarla in quella città? Ormai è tutto
distrutto…” un’altra donna parlò in mio favore, e
capii anche senza riconoscere il tono che era sicuramente la madre di Trunks,
Bulma.
Mi
sentivo terribilmente a disagio, e questa era la sensazione che traspariva
anche dal volto del ragazzo che si trovava nella stanza insieme a me. Cercò il
mio sguardo, ma non glielo permisi. Il viso si fece caldo, il respiro un po'
più pesante, e non riuscii a far niente per impedirlo. Mi sentivo dispiaciuta,
imbarazzata, d’intralcio. E tutto questo era ancora più accentuato dal fatto
che di fronte a me c’era lui, Trunks, davanti al quale mi sentivo comunque ridicola. Avrei voluto
sparire, avrei voluto andarmene, e tornare in quella città, anche se era
deserta, anche se aveva accolto della mia vita non più di un paio d’anni. Ma non sapevo come. Sono sicura che in quei pochi istanti,
ci fosse stata terraferma invece che una distesa infinita d’oceano, sarei scappata via. Non potevo, però, e ancora più ridicola
mi sembravo già solo nel pensiero nel chiedere a quel ragazzo di riportarmi in
città. Rimasi in silenzio, sedendomi sul letto che, nelle sue lenzuola fresche
e pulite, invitava al riposo al centro della stanza. Per un attimo, le voci
fuori si fecero più basse, e sembravamo entrambi far finta di niente, nella
vana aleatoria speranza e finzione che nessuno dei due avesse
sentito alcuna parola. Poi si tornò a sentire la voce dell’uomo dai
capelli color del sole.
“È una ragazzina, non rappresenta nessun pericolo. La sua
aura è normale, e non ha niente di malvagio. Abbiamo una settimana prima del cell game, e niente da fare, si vedrà in questi giorni cosa
intendeva Vegeta. Me ne occuperò io personalmente.”
Ricominciò un po' di brusio, più o meno basse tutte le
voci vollero intervenire dicendo qualcosa di poco decifrabile, ma l’idea
generale che davano amalgamate era di approvare ciò che diceva quell’uomo. Era dotato di carisma, e di influenza
su chi lo circondava, non c’era il minimo dubbio su ciò. “E comunque,
non possiamo che aspettare, visto che per oggi Vegeta non sembra voler dire una
parola di più.” Concluse con voce distratta, come se
questo fosse normale.
“Avanti,
per ora non ci pensiamo più e andiamo a preparare uno spuntino!” Bulma spezzò
definitivamente la tensione, e tutti ricominciarono a parlare tranquillamente,
come si fa in una qualsiasi riunione tra amici, in
un’allegra giornata di sole qual’era quel giorno.
“Beh,
a quanto pare resti a farci compagnia per un po'.” Fu provvidenziale, e maturo da parte sua, devo ammetterlo.
Avevamo sentito entrambi, e negarlo o ignorarlo non avrebbe
avuto molto senso. Si mosse verso di me, si piegò verso il basso davanti
alle mie gambe, con il volto cercava il mio sguardo abbassato. Mi sorrideva
rassicurante, con quella bella espressione da Dio che
si era ritrovato in dote dalla nascita. Non sapeva che il suo sorriso mi stava
portando con forza le lacrime negli occhi; ma suo malgrado se ne accorse preso.
“Hei, che c’è?” allungò una mano verso la mia guancia,
abbassai un po' più la testa nella speranza di avere la complicità dei capelli
nel nascondere il viso, e nel frattempo di poter rimandare negli occhi quell’acqua salata che voleva per forza saltar giù dal mio
volto. Ma quando arrivò la sua mano a sfiorarmi la pelle, e fu prorompente la
sensazione di gentilezza e delicatezza, mi accorsi che
non avrei più potuto far fintadi
niente. E comunque, se n’era sicuramente già accorto.
“Niente…
non c’è niente, scusa” col dorso della mano destra infransi velocemente il
sogno di quella lacrima che sperava di vivere l’unico momento più bello nella sua
vita, il momento terminale, in cui le è concesso di volare. Volare
per qualche istante, lasciando la mia pelle e infrangendosi per terra, o sulle
mie ginocchia. Fosse stata fortunata, forse si sarebbe
frantumata in mille goccioline sul braccio di trunks, o sulla sua mano. Ma interruppi il suo destino, con un gesto rapido, e senza
mai volare in tutta la sua esistenza, finì il suo cammino con una traccia umida
sulla guancia che trunks non stava sfiorando.
“Come
non c’è niente, stai piangendo…”
“Scusami, non è…”
“Per
caso avevi qualcuno in quella città, hai paura per la
tua famiglia…”
“No!
No, io non ce l’ho… non ho…” mi avrebbe ascoltata, se
avessi proseguito, ma non era il momento, e lasciai la frase in sospeso. Le
lacrime adesso si lanciavano una dietro l’altra, sempre più desiderose di volare anche loro via dagli occhi che provavano senza
successo a imprigionarle.
“Sei
sola?”
Annuii
con il capo, sempre più chino. Sembrò pentirsi di quella domanda, sembrò
pentirsi di indelicatezza.
“E allora perché piangi?” riprese la parola.
La
sola idea di rispondere mi faceva piangere sempre di più. Sapevo che se avessi
aperto bocca non sarei più riuscita a trattenere i singhiozzi. Però aspettava le mie parole, e fu più importante non dargli
l’impressione di star ignorando il suo tentativo d’aiuto.
“Non
lo so…” e fu allora che cominciai a singhiozzare, e mi portai le mani a
nascondermi gli occhi rossi. “Non lo so davvero… non ne ho
idea. Mi è venuto da piangere, ma non ho niente.”E non mentvo. Cercavo in cuor mio
con sincerità cosa avesse scaturito quelle lacrime,
cercavo la ragione razionale, per dirgliela, e perché sapendola anche io forse
avrei potuto impormi di smettere. Ma non lo sapevo,
non avevo risposta, e per questo non avevo modo di impedire ai miei occhi il
loro sfogo più naturale.
Sentii
Trunks sospirare, un sospiro dolce, poi il materasso si mosse, e quando realizzai che si era seduto accanto a me, senza darmi
nemmeno il tempo di togliermi le mani dal volto, sentii le sue braccia forti
che mi stringevano a sé. Non disse niente, non mi chiese più niente, proprio
come mi aveva promesso poco tempo prima. Solo mi
concesse un po' di calore umano, che tanto mi mancava
in quel momento, e il suo profumo. A lungo, sulla sua spalla, lasciai che la
mia agitazione si sfogasse senza più alcun freno.
Bene,
ci risiamo! Avevo scritto questo paragrafo già ieri sera, ma lo metto oggi, e
poi torno ai miei disegni di corsa sennò domani mi scuoiano eh
eh! Di suo, erano quattro pagine, però ho
pensato che erano troppe da reggere in un'unica
lettura e le ho divise! Questa è la prima parte!
Torno a
ringraziare le mie tre adorate recensi… recenso… rece… si insomma le mie
tre angiolette che mi commentano sempre eh eh. Lory, non mi annoi con le tue parole, non potrebbe mai accadere!
Sono felicissima di farti sentire Trunks nelle mie storie, ma non voglio più
turbarti il sonno! Ele94, tesoro, tu ringrazi me, però sono io che devo
ringraziarti perché ciò che mi dici è sempre splendido, ed è anche per te che
continuo a mettere qui i capitoli della storia! Lovva
(ok, ho deciso il soprannome per LoveDolphineheh) i tuoi commenti enormi e pieni di parole
gentilissime mi riempiono di gioia! Anche tu, non ringraziarmi, perché il grazie maggiore è per te, e poi non sei affatto ripetitiva!
Quelle parole dolcissime, anche ripetute mille volte, non potrebbero mai
annoiare! Il fatto che tu sia felice di leggere la mia storia, mi fa un piacere
immenso! Sei una forza davvero per me!
E
adesso, bando alle ciance, vi lascio alla lettura! Da adesso, la narrazione
passa a Trunks, e per un po' sarà onere suo. Voglio sperimentare una narrazione
a più punti di vista; può darsi che in alcuni capitoli passi anche alla terza
persona, dipende, insomma vedremo! Ditemi cosa ve ne pare
delle mie sperimentazioni! Eheh perché io faccio i danni!
Un
bacione a chiunque abbia letto già fin qui! Eheh, saluti, la vostra scimmia!
Cap.6
–Contro me stesso-
Scesi le scale lentamente, senza far rumore, non so se per evitare di svegliarla o perché mi sentivo un po' a
disagio per l’atteggiamento che avevo avuto in quella situazione. Forse
entrambe. Non avevo voglia di tornare giù, ma non avrei potutorifuggire le mie
responsabilità in eterno, tanto valeva affrontare subito quelle persone,
soprattutto mia madre. E poi, la verità era che dovevo affrontare me stesso, e
da me stesso non potevo in alcun modo rifuggire, non importava quante scale scendessi, né quanto silenziosamente. Riconoscevo per primo
di aver avuto un atteggiamento strano, insolito, un atteggiamento
che ritenevo io per primo sconveniente e che non accettavo. Sapevo che mia
madre sarebbe stata probabilmente stupita, delusa, forse spiacevolmente
sorpresa, lei che magari pensava di aver capito come sono, ma che poi aveva
scoperto un lato del mio carattere che non si aspettava, e che non le piaceva.
Forse si sentiva delusa. Ma glielo avrei detto, se mai avesse dovuto farmelo
notare, che se lei si era sentita delusa, io lo ero
quanto lei, io che avevo assunto quello strano atteggiamento contro la mia
volontà, oltre me stesso. Non l’avevo fatto contro di lei, né di nessun altro
dei presenti; mi ero semplicemente mosso d’istinto, contro la mia stessa
volontà, senza sapere quel che stavo facendo.
Scendendo quegli scalini me lo chiedevo, cos’era quel
comportamento che avevo assunto, e perché avevo sentito tanto irrefrenabile
l’istinto di agire come avevo fatto, e avere la piena consapevolezza che, a
tornare indietro, mi sarei mosso di nuovo nello stesso
identico modo. In un momento in cui non ero stato
interpellato, mi sono intromesso; in un luogo dove non sono che un ospite, mi
sono permesso di portarla dentro casa; in una situazione in cui tutti volevano
sapere da lei tante cose, io l’ho portata via. Mia madre, nel futuro,
non mi ha insegnato così. Io non sono così. Però… c’è
un però. Che io non riesco in alcun modo a decifrare,
ma so che c’è. Non so perché ho visto in quel viso qualcosa di me stesso, negli
occhi sperduti di chi non ha più niente. Io ho ancora qualcosa, ho mia madre
che mi aspetta, un passato da difendere, un futuro da ricostruire. La mia vita,
sebbene disastrata, è piena, ho molte cose da fare. La
sua, invece, è vuota, e questo mi era parso di capirlo da prima ancora che me
lo dicesse, che me lo confessasse lei poco fa in
lacrime, con poche, pochissime parole. Non sapevo niente di lei, solo l’ho
vista alzare lo sguardo, sperduta, e ho visto nei suoi occhi quel che ho visto
nei miei, quando la macchina del tempo, dopo aver attraversato spazi mai
esplorati contro il normale andamento della vita, si era fermata in lande aride
e sterili, e io mi ero ritrovato davanti una realtà che nel mio mondo non avevo potuto vivere. Perché in quel tempo
mio padre non aveva ancora scoperto che oltre la sua fame di forza e vendetta,
c’era ancora un angolo di se stesso da scoprire e donare, a chi non pensava di
poterlo trovare in lui.
Dovevo avere lo stesso sguardo, quel giorno di tre anni fa
che viaggiai per la prima volta indietro nel tempo. Dovevo avere le stesse
lacrime chiuse dentro, quando non potevo esaurire la loro curiosità, e le loro
domande mi trafiggevano mentre l’unica cosa che potevo
dirgli era l’arrivo imminente di una sciagura che vivevo da una vita. Portavo
loro nient’altro che un inferno del quale ero primo protagonista, e unico
superstite. Dovevo avere gli stessi occhi, e le stesse
lacrime. Per questo l’ho strappata alle loro domande. Per questo l’ho difesa. Ed infine non posso che mettermi a sua completa
disposizione, perché lei ha salvato mio padre. Non so come, non lo sa nemmeno lei, e mio padre non vuole parlarne. Ma l’ha salvato, e non mi serve sapere altro.
Al piano inferiore, l’allegra combriccola era riunita fuori dalla casa. Il vecchietto era sulla
sdraio addormentato, con la solita rivista piena di donnine nude aperta
e appoggiata sul viso, a fargli ombra agli occhi; Bulma e Chichi parlavano tra
di loro, mentre il signor Goku e Gohan si allenavano in maniera blanda,
alternando deboli colpi e distratte parate a spiegazioni in cui il padre con
ampi movimenti delle braccia tentava di spiegare chissà cosa al figlio. Stavo
per uscire, quando improvvisamente spuntò Olong dalla cucina, portava in mano
diversi vassoi pieni di cibo, e non vedendoci a vicenda ci scontrammo, ma per
fortuna niente cadde a terra. Usai così il pretesto di aiutarlo per andare fuori.
Nessuno sembrò badare a me, quando misi piede fuori dalla
porta, e nessuno sguardo strano mi fu diretto.
“Hei, Trunks! Vieni qui che devo far vedere una mossa a Gohan, mi serve una
mano!” Goku sbracciava e urlava nella mia direzione.
“Uffa basta! Avevi detto che questi
giorni li passavi senza allenamenti, né niente di tutte quelle diavolerie!”
Chichi si alzò in piedi e andò nella direzione dei due uomini della sua
famiglia, prese Gohan per un braccio e lo strattonò lontano da Goku “Guarda
qui, con questa storia del super saiyan già me l’hai trasformato inun teppista, il mio bambino” si chinò sul
ragazzino e lo abbracciò “vuoi farmi morire di crepacuore, e nemmeno un giorno
riuscite a star senza…”
“Dai mamma, non disperarti” Gohan la
interruppe “adesso la smettiamo, va bene?” Io non lo avevo visto così, anzi, lo
avevo visto, ma ero troppo piccolo per ricordare. Ma
si vedeva che era Gohan, quel Gohan che mi aveva cresciuto, e allenato. Quel
ragazzo che mi era stato vicino quando non avevo più
nessuno della mia stirpe che arrivasse a ricordarmi quanto sangue guerriero
scorresse nelle mie vene. Non ero riuscito a diventare abbastanza forte da
proteggerlo, e nemmeno da vendicarlo. Quanta rabbia, quando
vedevo quel ragazzino ignaro del destino infame che lo aveva ingannato nel mio
futuro, e che si era sacrificato per salvarmi. Ero lì anche per Gohan,
per salvare lui e la sua felice realtà nell’unico ultimo modo che avevo
trovato.
Oggi con gli aggiornamenti vado veloce! L'avevo detto che era un
unico capitolo, quindi questo era già pronto! Allora... inizio con le mie tre
angiolette.... (le mie Charlie's Angels! anzi, Kla's Angels! D'ora in poi siete
ribattezzate! eheh). Allora... Ele94, tesoro, ancora grazie! Sono felice tu mi
abbia dato la tua opinione per la narrazione a più punti di vista! Se dici che
ti sembra interessante, continuerò! Lovva, io... che ti devo dire! Ogni volta
per poco non mi fai emozionare! eheh no sul serio, mi scrivi sempre così tante
cose, che solo per il disturbo meriti l'encomio! Anche a te l'idea di più punti
di vista piace...quindi a maggioranza continuerò! eheh... E infine, ma non
ultima, l'angel Lory che mi si emoziona col suo lov lov trunks, soprattutto
quando parla lui (o forse di più quando lo descrive lMirai, che è meglio sentirsi nei panni della ragazza?).
Finito di dire ciò, ho messo il capitolo perchè domani
probabilmente mi attarderò a scuola, e voglio che le mie tre angels lo trovino
(Dai, lo ammetto, è la Lovva
che mi ha convinta, dicendomi che accende il pc per vedere se ho aggiornato,
tesora, che piacere che mi fai! Hai l'esame eh? Non mollare, è dura, ma alla
fine ce la fai!)... e pensate a sta gioia che c'ha l'esame e si mette pure a
finirsi il cervello sui miei scleri! che amore!!!
ok ok basta, che ogni volta per l'introduzione ci vuole più
righe che per il capitolo!
Questo si riallaccia
direttamente al capitolo precedente, per questo inizia con un discorso diretto!
E' sempre Trunks che parla!!! Dal prossimo... ancora non so! eheh baci dalla
vostra scimmia di quartiere!
Cap.7 -Mille e uno modi di Amare-
“Trunks, tesoro, mi aiuti a portare queste cose dentro casa?”
la voce di mia madre attirò la mia attenzione, e posate sul tavolo le cose che
aveva afferrato Olong in cucina, andai da lei e con un cenno rapido del capo
offrii in silenzio l’aiuto che mi richiedeva. Non riuscii a guardarla negli
occhi. Avevo come la paura di trovare nelle sue iridi alle quali dovevo il
colore delle mie un cenno di rabbia, stupore, o peggio ancora delusione. Prese
un vassoio anche lei, mentre a me aveva lasciato delle bibite e altre cose più
pesanti, e mi fece strada fino alla porta, che si chiuse dietro di noi con un
rumore debole ma secco, e dentro casa, il silenzio. Il brusio che si sentiva
appena da fuori non faceva che accentuare sempre più la totale assenza di
rumori al chiuso. Eravamo soli, io e lei, e mi sentivo a disagio, mi sentivo in
colpa, mi sentivo di volerle dire qualcosa ma al contempo questo qualcosa non
aveva parole per essere espresso. In fondo, suo figlio era quel fagottino col
quale adesso stava giocando il giovane Gohan. Ma il pensiero che un giorno,
quel bambino che rideva innocente, sarebbe diventato l’adulto che si era
comportato tanto inaspettatamente, forse la turbava.
“Perché non è scesa?” la sua voce, nel bel mezzo dei miei
pensieri, mi prese di sorpresa, e prima che potessi realizzare ciò che mi
chiedeva il cuore cominciò a correre nel petto, agitato dalla paura che potesse
confessarmi quel qualcosa che l’aveva ferita, o anche solo disturbata.
“Mi- Mirai?”
“Sì, la ragazza.” Si voltò verso di me, guardandomi. Faceva
finta di aver qualcosa da fare, ma in realtà armeggiava con i bicchieri senza
combinare niente.
“Si… si è addormentata.”
“Beh, è comprensibile, doveva essere molto stanca.”
“Sì, lo era.”
Di nuovo il silenzio. Anche lei non sapeva più cosa
inventarsi per dare un senso al suo attardarsi in cucina.
“Non ti ha detto niente?”
“Detto niente di che?”
“Qualcosa su di se…” sapeva quel che voleva dire, ma non le
giungevano le parole giuste per esprimerlo. Sperando che lo capissi da solo,
come era avvenuto, lasciò la frase incompiuta.
“Non mi ha detto niente.” Abbassai lo sguardo, reo di aver
mentito in parte, ma non potevo reggere anche quella sensazione, e proseguii a
voce un po' più bassa “so solo che non ha familiari, né qualcuno che la
aspetti… in quella città.”
Annuì voltando appena lo sguardo verso l’ingresso, ma non ci
guardava davvero, solo i suoi occhi avevano bisogno di un posto dove
appoggiarsi. Aspettando quel che stava fingendo di finire, mi ero appoggiato
allo stipite della porta con la schiena, e le braccia incrociate dietro
aiutavano la schiena a non sentire troppo lo spigolo pungente. D’un tratto posò
lo straccio sul lavandino e tornò verso l’ingresso, per uscire. Ma poco prima
di posare la mano sulla maniglia si voltò di nuovo, e cercò il mio sguardo che
alla fine le concessi.
“Hai fatto bene, prima”
“Prima? Qu-quando?”
“Quando l’hai portata via.”
Sgranai gli occhi senza volere, anche se cercai di
contenermi, ma lei lo percepì di sicuro. A lei non potevo nascondere niente,
che fosse quella del futuro o quella del passato. Sembrava conoscermi anche
senza avermi mai visto, e sentire quel che nemmeno io riuscivo a decifrare dei
miei pensieri, anche solo guardandomi negli occhi.
“Mi dispiace” non riuscii ad aggiungere altro.
“Di che?” ma so che lo sapeva.
“Ho agito impulsivamente, non avrei dovuto permettermi.”
“Ma di cosa parli? E comunque ricorda che tu sei il figlio
della grande Bulma, nonché di quel principe dal broncio perenne! Puoi far tutto
quello che ti pare!” alzò il pollice facendomi l’occhiolino. Le sorrisi
d’impulso, e la mia anima si alleggerì tanto da poter tirare un sospiro a pieni
polmoni. “Le darò dei vestiti e degli asciugamani puliti così quando si sveglia
potrà cambiarsi e farsi una doccia.” Toccò il metallo freddo della maniglia,
aprendo la porta sulla quale indugiava ormai da diversi minuti. “Tu non vieni
fuori?”
“Io… preferisco guardare un po' la TV…”
“Se hai fame, in cucina e fuori abbiamo un sacco di cose
buone! Anche se oggi non hanno attirato tuo padre!”
“È sempre nel retro?”
“No, se n’è andato da un po'… speriamo non si cacci di nuovo
nei guai.” Sorrise, e uscì. Sembrava noncurante, nei confronti di quel saiyan
cinico e distaccato. Ma avevo come l’impressione che invece si preoccupasse per
lui. Guardava il cielo, mentre uscendo sperava che non si andasse a ficcare in
qualche brutta situazione, come aveva fatto quel giorno. Guardava il cielo
forse sperando di vederlo tornare, e nel contempo avendo piena consapevolezza
che non sarebbe accaduto, e nemmeno lei sapeva dire con precisione per quanto.
Aveva uno strano modo di prendersi cura di lui, di amarlo. Anzi, forse il suo
era il modo più difficile da applicare, e cioè rispettandolo, lasciandolo libero,
soffrendo in silenzio le preoccupazioni e la sua mancanza piuttosto che frenare
quel suo animo ribelle. Non ce l’avrebbe mai fatta; anche se è difficile
immaginare qualcosa in cui mia madre non riesce. Forse, semplicemente, quel suo
modo d'essere era tutto ciò di cui si era innamorata, e non avrebbe mai potuto
spegnere quella fiamma dalla quale lei stessa era stata bruciata, e che amava
tanto sentir ardere il suo corpo. Forse, la mia nascita, stava lentamente
tovando un senso.
A passi lenti mi diressi nel salotto, accesi la tv e mi
sdraiai sul tappeto coperto di grandi e morbidi guanciali. A pancia in su
fissavo il soffitto, se avessi avuto modo di vedere attraverso il muro avrei
potuto vegliare sul suo sonno.
Quella ragazza, quella Mirai, agli occhi di tutti aveva
qualcosa di strano da scoprire, da analizzare, la sua forza, la sua energia. Ma
ai miei occhi non era niente del genere. Debole e insicura, attraverso di lei
potevo finalmente difendere quell’io che tenevo chiuso dentro da tanto tempo.
Allora ero convinto che scoprendo come curare la sua anima turbata, sarei
riuscito a trovare la medicina che cercavo da tempo per risargire le mie
ferite.
Ah! Se qualcuno volesse infamarmi in diretta il mio contatto
hotmail è bakasaru_kla@hotmail.com ... ogni volta mi scordavo! evviva i
cervelli da scimmia!
Dei passi si fecero pian piano sempre più percepibili lungo le scale
E
vada anche oggi con il nuovo capitolo! Ciao angeli! Lory
è stata la prima a mettere il commento stavolta! E mi sembra di sentire in
questa recensione che davvero ti è piaciuto molto
questo capitolo: quello che mi dici, era tutto quello che volevo esprimere. T i
ringrazio tanto! E dormi calma ti prego xD.
Poi, Lovva, tesoro, non preoccuparti, non devi sempre scrivere tanto, quando so che hai letto per me è
sufficiente (ebbene sì, aggiorno per farti trovare tutti i giorni il capitolo
quotidiano!eheh pare una preghiera, ma che è xD)… scherzi a parte, l’idea che nonostante tutto quel che
hai da fare ti premuri di leggere e commentare con così tante e gentili parole
il mio lavoro, ti giuro mi fa un piacere infinito! Un kiss
anche al tuo cervello in fusione eheh e mi raccomando
non investire le vecchiette! E la mia terza angel,
Ele94, mi fai sentire soddisfatta del mio lavoro se
davvero la storia ti coinvolge così personalmente… e ci credo, visto che le
parole che mi rivolgi sono davvero ciò che volevo comunicare. Sei sempre così gentile, non saprei mai che parole trovare
per ringraziarti a dovere.
E adesso, vi lascio al prossimo capitolo! È sempre
Trunks che narra… forse dal prossimo si ricambia! (ma
cos’è un juke-box? Eheh)… un bacione
dalla vostra scimmia preferita (?) xD
Cap.8 –Parole di Fumo-
Dei passi si fecero pian piano sempre più
percepibili lungo le scale. Tocchi leggeri in punta di piedi,
passi delicati che sembravano quasi titubanti. Avrei dovuto percepirlo
dall’aura e dal suono che stava scendendo, ma me ne accorsi
quando era quasi lì nel salotto. Effettivamente, non ero particolarmente
all’erta, non ne avevo motivo, e probabilmente i miei
sensi erano un po' annebbiati da quello strano stato di sonnolenza che ti fa
tenere gli occhi aperti fissando qualcosa che a ripensarci non riesci in alcun
modo a ricordare, nemmeno un minuto dopo. Tra l’altro, la tv non riusciva a
trasmettere niente di interessante, se non quello
strano combattente dai lunghi baffi e la folta capigliatura nera che, acclamato
dalla folla, dichiarava di salvare il mondo sconfiggendo Cell.
Uno spettacolo decisamente deprimente, e che
invogliava al sonno.
Non l’avevo sentita arrivare, cosa molto strana
per un essere che ha nelle vene il sangue della razza guerriera per eccellenza,
ma non era questo il motivo principale. Non era la sonnolenza. Ho avuto da
subito l’impressione che il motivo principale fossequell’aura mite: percependo di lei non si riusciva a
cogliere che una debole sensazione di vita. Non che in lei non ci fosse forza
vitale, era sana e allegra, solo che… dava una
completa sensazione di inoffensività. Come un bambino. E all’arrivo di un’aura
del genere i miei sensi, proprio perché sviluppati più del canone standard
terrestre, non solo non volevano, ma proprio non potevano allarmarsi.
Se così non fosse stato, a me come a mio padre, al
signor Goku e a Gohan, la vita sarebbe stata resa impossibile, trovandoci in
stato di allerta all’arrivo di qualsiasi essere, fosse questo anche un semplice
neonato.
Un’aura bassa, debole, e completamente innocua,
insomma. Che cosa mai aveva trovato mio padre in lei
da portarla alla nostra attenzione, io proprio non riuscivo a capirlo. Aveva
parlato di una strana energia. Aveva espresso, facendosi quasi pregare, poche
parole che parlavano di un salvataggio vero e proprio grazie a quella
ragazzina. Non riuscivo a capire, e di minuto in minuto, più avevo a che fare
con lei, più le parole di mio padre mi sembravano un eco lontano, aleatorio,
che svanisce come il fumo di una sigaretta dalla bocca di un fumatore che
espira distratto. Mi convincevo lentamente e inconsciamente che si era
sbagliato, che si era in qualche modo espresso male, lo davo proprio per
scontato, visto che quel che raccontava erano solo parole sparite con lui
chissà dove in solitudine, mentre Mirai era lì con me, e potevo percepire coi sensi quel che annientava le parole di mio padre.
“Hei Trunks…” la voce,
bassa, incerta, richiamò la mia attenzione poco dopo aver percepito la sua
presenza scendere le scale. Mi voltai. Il sorriso che le avevo
preparato esitò un istante, quando trovai la sua figura leggermente diversa da
come l’avevo lasciata. Il compito di ricoprirle la pelle lattea era stato
affidato a un morbido vestitino lungo al ginocchio
color celeste ghiaccio, che stringeva sotto il petto, lo scollo ampio a barca
aveva al centro un fiocchetto. In testa i grandi ciuffi ondulati erano raccolti
in un codino sul lato sinistro. Ai piedi, delle ballerine
bianche, che accentuavano leggermente la statura non molto alta.
“Ho dormito tanto… eh?” ero a malapena riuscito a
risponderle con un sorriso, e così riprese lei la
parola.
“Hai fatto bene” le feci un cenno con la mano,
battendo piano sui cuscini che mi circondavano e sui quali ero appoggiato
“vieni, siediti.”
Mi venne accanto, fu un po' impacciata nel
sedersi, non sembrava abituata alle gonne.
“Tua mamma mi ha dato dei vestiti puliti… è stata
davvero molto gentile” l’aria si mosse, nel suo avvicinarsi, e mi portò l’odore
tipico di bagnoschiuma che aveva sulla pelle e sui capelli.
“Aveva detto che ti
portava anche degli asciugamani puliti” azzardai, per non essere troppo
indiscreto.
“Sì…” finì di aggiustarsi la gonna sulle gambe
piegate, poi riprese “infatti mi ha lasciato un grande
asciugamano, mi ha detto che potevo lavarmi, meno male, dopo una doccia sto
davvero meglio. Nella camera poi c’erano i vestiti e queste scarpe” mosse un
piede a destra e a sinistra un paio di volte “per fortuna sono la mia misura.”
“Tu e mia madre avete
più o meno la stessa altezza… lei di queste cose se ne intende.”
Continuava a lottare con quella stoffa che
evidentemente non la copriva come voleva. Sembrava impegnata, assorta nel
sistemarsi il vestito. L’espressione era quella che ha
solitamente un bambino quando, nel fare la cosa più semplice, impiega tutte le
abilità acquisite fino a quel momento, ma nonostante ciò non riesce e sembra
sempre sull’orlo di scoppiare in un pianto col quale richiedere aiuto a un
adulto. Non potetti trattenermi dall’osservarla insistentemente. Alzò il volto,
accortasi che la fissavo, le guance sembrarono colorirsi.
“Mi chiedevo, quanti anni tu abbia” per un attimo
ebbi la paura che l’avesse sfiorata il pensiero che il mio sguardo insistente
fosse sulle gambe a suo avviso, evidentemente, troppo scoperte.
“Ho 19 anni.” Nel rispondere, il viso tornò
basso, ma doveva aver comunque notato una certa
espressione eloquente nel mio volto “Ti sembravo più piccola? Me lo dicono
spesso.”
Mi venne una breve risata, non sapevo come
rispondere, quando si parla di età con le donne, è
peggio che camminare in un campo minato.
“Tu quanti anni hai, Trunks?” passò due volte le
mani velocemente sulla gonna, come a lisciarla bene sulle gambe per l’ultima
volta, e alzò il viso verso il mio “Aspetta indovino!” le
sorrisi, accogliendo la piccola sfida “Uhm… una cinquantina!”
“Cinquanta?!” mi misi a
ridere, lei mi fece una linguaccia “Ok, adesso siamo
pari!”
“Dimmelo tu quanti anni hai, magari faccio
davvero la gaffe!”
“Io ho 21 anni.” Le risposi semplicemente,
mandando il busto indietro e sorreggendomi con le braccia tese e appoggiate con
le mani più indietro della schiena. “Li porto bene?”
“Uhm…” fece finta di scrutarmi a fondo “direi di
sì.” Non aveva più lo sguardo sul
mio, non teneva mai per molto gli occhi nei miei.
Rimanemmo per qualche istante in silenzio, aveva cambiato posizione delle gambe ed era ricominciato il
rituale della gonna.
“Ti ringrazio tanto, per prima.” Parlò, col capo
chino, intenta nel suo lavoro certosino, e non me
l’aspettavo. Non aveva niente da ringraziarmi, aveva salvato mio padre, non sarebbe mai stato abbastanza quel che potevo fare per
sdebitarmi. E poi, attraverso di lei, servendomene
quasi, e per un attimo l’idea mi fece sentire un pungente senso di colpa, io
credevo di poter conoscere ed espiare i fantasmi che avevano tormentato la mia
vita passata. Tutto questo, lei in parte lo sapeva, in parte
non doveva saperlo. Ma comunque, non doveva
ringraziarmi.
“Hai fame? Vuoi qualcosa da mangiare? C’è di
tutto!” mi guardò per un attimo, cercando di capire come mai non gli avessi
risposto, ma nel sorriso che le rivolsi sembrò comprendere,
e tornando con l’attenzione sulla mia ultima domanda, con un cenno del capo
annuì. Mi alzai andando verso la cucina, mi imitò.
“Attenta a quando ti
muovi, quel vestitino è corto!” parlai senza fermare il passo, dandole le
spalle. Non l’avevo nemmeno vista, per la verità.
“Vero?!” il tono era
imbarazzato e preso dal panico, non la guardai ma potrei in piena tranquillità
scommettere che diventò paonazza “Dannazione io non ci sono abituata!”
Tornata dal fine settimana! Rieccomi qui! Allora angeli...siete
tuttee tre a rapporto vedo! eheh...
cominciamo in ordine...
Ele, certo che puoi chiamarmi kla! Ah, me l'aveva chiesto anche
la Lovva tempo fa, ma mi ero scordata di risponderle, comunque già mi chiama
così perciò...insomma chiamatemi come vi pare! eheh tornando a Ele, sono
contenta che ti piaccia Mirai, sto cercando di mantenerla naturale e non
montata, e con i vestitini che piacciono anche a me, perciò il fatto che l'hai
trovata carina è anche un complimento personale e perciò sempre più gradevole!
Lovva, arrivo a te adesso... sei splendida! eheh davvero! Non preoccuparti se
non riesci a leggere ogni giorno, so quanto puoi avere da fare! Tanto anche io
d'ora in poi rallenterò un po'... il tuo commento presto o tardi è sempre
importantissimo! Il fatto che quando leggi non ti accorgi nemmeno di arrivare
in fondo al capitolo è davvero un bellissimo complimento per me! Eh sì, adesso
i due si cominceranno a conoscere bene... beh ogni tanto ci vuole anche una
risatina no? Un bacio tesora, in bocca al lupo per tutto! E la terza angel in
ordine di recensione, Lory! Tu cogli sempre le sfumature di Trunks che voglio
mettere in risalto! Sono contentissima che l'hai notato! Grazie davvero, e
grazie anche per il bel commento, come sempre!
Adesso vi lascio al
capitolo... stavolta è un po' più lunghino, visto che sono tre giorni che vi
lascio in pace eheh (ma anche no! nd.Ele-Lovva-Lory)... la narrazione è sempre
di Trunks... per ora resta a lui, almeno fino a fine della situazione! Un
bacione dalla vostra Scimmia x3
Cap.09 -Il Segreto del tuo Sorriso-
Era buffa, mentre mangiava. Aveva
appetito, e si vedeva, ma cercava di non farlo notare. Era attratta da tutto
quel che c’era sul tavolo di cucina, che andava da pizzette e schiacciatine a
moltissimi tipi di dolci, per arrivare a piatti come pasta e riso freddi. C’era
di tutto perché mia madre e Chichi fanno sempre le cose in grande. E Mirai
guardava in silenzio, con l’aria di chi non sa cosa scegliere, perché mangerebbe
tutto. Però si sentiva in imbarazzo, era evidente, e così prese una fettina di
dolce alla cioccolata e iniziò a morderlo lentamente, con gli occhi che si
guardavano attorno solo per non ricadere di nuovo sui vassoi stracolmi.
“Prendi pure tutto ciò che vuoi” mi
avvicinai a lei porgendole un bicchiere con del succo di frutta, che aveva
scelto poco prima. Finì di ingoiare il boccone che stava masticando, poi prese
con la mano libera il bicchiere.
“Sì sì…” sembrava titubante, e prese un
sorso.
“Non ti piace niente?” ero sicuro che il
problema fosse l’opposto, ma glielo chiesi ugualmente.
“No…” si mise in bocca l’ultimo pezzetto
della fetta di torta e lo ingoiò velocemente “Anzi… tra l’altro… dev’essere
tutto buonissimo” alzò lo sguardo verso di me.
Aveva un aspetto buffissimo, con la
bocca tutta circondata di briciole di dolce. Sorrisi un po' più profondamente,
e rimase perplessa, stavo per dirle cosa mi facesse tanto divertire ma
evidentemente lo capì da sola, e si portò le mani alle labbra pulendosi
velocemente.
“Ho la bocca sporca?” era imbarazzata, e
tornò con lo sguardo verso il pavimento. Il viso le si coloriva sempre così
velocemente.
“Tieni” presi un fazzolettino di carta
dietro di me e glielo porsi, finì così di pulirsi. Alzò il viso senza parlare,
ma guardandomi delicatamente. “Sì, adesso va bene” le dissi capendo cosa
tacitamente mi chiedeva. Sorrise, si girò di scatto, prese una pizzetta, e
tornò voltata verso di me stringendola con entrambe le mani appena sotto la
bocca.
“Chi ha preparato queste cose? Tua
mamma?” adesso era meno timida, e si muoveva con un po' più di disinvoltura. Ci
aveva messo molto meno lei a fidarsi di me, che tutti gli altri quando arrivai
la prima volta ed offrii loro da bere.
“Sì, la mamma e anche la signora Chichi.”
“Chi è Chichi? Quella signora coi
capelli neri?”
Annuii alla sua domanda, e non parlai
visto che dall’espressione che fece dopo il quesito pareva essersi accorta di
aver chiesto una cosa ovvia, dato che esclusa mia madre l’unica altra donna era
lei. Non glielo feci notare.
“E lei… chi sarebbe?”
“E’ la moglie del signor Goku… hai
capito chi è Goku, giusto?” mordicchiando la pizzetta, mi fissava con gli occhi
grandi sgranati, e dopo qualche istante di silenzio mosse la testa a desta e a
sinistra. Dimostrava sedici anni, diciassette al massimo. “No? ti ha parlato
quando sei arrivata, ricordi?” non muoveva più la testa, ma da quegli occhi
pareva di poter leggere i suoi pensieri, e non v’era dubbio alcuno che
continuasse a brancolare nel buio.
“Su vieni” sorrisi incamminandomi verso
l’esterno “te li presento.”
Titubò, in un primo momento. Mosse il
braccio in avanti e aprì la bocca come per parlare, ma non disse niente, solo
rimase ferma in cucina. Sulla porta d’ingresso mi fermai e con la mano sulla
maniglia la guardavo aspettando di capire quale problema avesse. Ma i suoi
occhi erano bassi, e non potevo leggervi attraverso. Sembrò riflettere un
attimo, poi alzò lo sguardo, sorrise, e trotterellando mi venne accanto.
“C’è qualche problema?”
“No…”
Non mi convinceva quella risposta, ma
non chiesi spiegazioni, mi voltai e socchiusi la porta. Prima di poter uscire
mi sentii tirare una manica della maglia, tornai con gli occhi su di lei.
“Non mi… io non voglio restare sola… per
piacere…” evitava il mio sguardo, mollò subito la presa sulla stoffa della
manica.
“Tranquilla, ci sono io.” Poggiai la
mano sui suoi capelli, e lei si chiuse leggermente nelle spalle strizzando gli
occhi, poi li aprì e guardandomi sorrise, sembrava ringraziarmi. Così
finalmente, uscimmo fuori.
Mi stava appiccicata al fianco, con la
testa china e gli occhi che guizzavano da una parte all’altra attraverso i
riccioli che le ricadevano sul volto, per guardarsi intorno. A volte le sue
mani, camminando, toccavano le mie braccia, e mi dava l’impressione di volersi
aggrappare forte a me, ma non si azzardò a dar sfogo al suo istinto. Non so se
con i miei movimenti ho influito sul suo desistere… non pensai nemmeno un
istante di porgergli la mano, non per cattiveria, ma proprio perché pensavo che
lei stessa avrebbe potuto imbarazzarsi a tal gesto, lei che non riusciva a
sostenere neppure il mio sguardo. Se l’avesse davvero voluto, pensavo che
avrebbe potuto farlo da sola. Non pensai, in quel momento, che già abbastanza
sperduta e sballottata, non avrebbe mai azzardato; e solo ora mi accorgo che ho
mancato nei suoi confronti, quel giorno. Comunque arrivammo vicino agli altri,
chi seduto al tavolino, chi in piedi.
“Guarda, Chichi, te l’avevo detto che il
celeste le avrebbe donato!”
“È tuo quel vestitino Bulma? Non te l’ho
mai visto… è adorabile!”
“Certo che non me l’hai mai visto, ti
pare che abbia l’età per mettermelo?” si alzò, mia madre, avvicinandosi a noi
che ancora camminavamo lentamente nella loro direzione, e si portò vicino a
Mirai. “Risale a quando avevo la sua età…” le poggiò una mano sulla spalla e
dopo averle sorriso tornò con lo sguardo sull’altra donna. “Una volta lo
dimenticai qui e poi… c’è sempre rimasto.”
“Non è un po' troppo femminile per te
quel vestito, Bulma? Tu eri molto più maschiaccio alla sua età!” Goku si
avvicinò a noi, con una mano si grattava la nuca e sorrideva. Lo seguiva poco
distante suo figlio.
“Ma cosa dici io sono femminilissima!” a
passo spedito andò di fronte all’amico, e con aria furibonda parlando gli agitò
l’indice sotto il mento “Da chi me lo devo sentir dire, da quello che non
distingueva i maschi dalle femmine!”
Iniziarono a battibeccarsi, com’erano
soliti loro, nel modo che avevano di dimostrarsi il profondo affetto che li
legava.
“Vieni Mirai” attirai l’attenzione della
ragazza assorbita e divertita allo stesso tempo dalla scena. “Ti presento gli
altri mentre loro si calmano.” Iniziai a camminare, mi seguì col suo solito
passo saltellante.
“Sono buffi!” sentii la sua voce alle
spalle.
“Sì, è vero.”
Arrivammo davanti alla sdraio del
vecchietto, adesso sveglio e intento nelle sue solite letture.
“Genio.” Mosse lo sguardo verso di noi,
e notando la presenza femminile, subito si agitò cercando di nascondere le
riviste piene di signorine che, quando erano nella loro versione più vestita,
portavano ridottissimi bikini. “Volevo presentarti Mirai.”
Si alzò, mentre con i piedi ancora
spingeva gli ultimi giornalini rimasti alla vista sotto la sdraio.
“Piacere, piacere! Wow che bella
ragazzina!” le fissava insistentemente il seno prosperoso, che con lo scollo
ampio del vestitino era messo ancora più in risalto. Mirai se ne accorse, ma
cercava di non crederci, io invece me ne ero accorto e ci credevo eccome. Mi
sarei stupito del contrario. “Allora, qui sei la benvenuta resta pure quanto
vuoi!” non toglieva lo sguardo dal suo petto, se non per cercare di vederle
anche il resto del corpo sotto la gonna.
“La… la ringrazio…” non sapeva più cosa
fare per sfuggire da quella situazione imbarazzante, tanto che a un certo punto
mi guardò, lo fece cercando di sembrare naturale, ma capii subito che mi
chiedeva aiuto. Le posai una mano sulla spalla, e la spinsi leggermente dietro
di me.
“Genio!” cercavo di richiamare la sua
attenzione, e di fargli alzare lo sguardo, ma dietro quegli occhiali scuri
anche a testa alta avrebbe guardato dove voleva. “Genio!” alla fine alzò la
testa nella mia direzione.
“S-sì? Dimmi Trunks…”
“La lasciamo al suo relax… sa dirmi
dov’è Olong?”
Si guardò attorno più volte “Era qui…
era qui con me fino a un minuto fa!”
Un grido acuto e prolungato ci fece
sobbalzare, e senza avere il tempo di voltarmi verso Mirai me la trovai
attaccata al braccio ancora urlante, mentre agitava una mano dietro di se. Non
me l’aspettavo, o sarà stato quell’urlo che entrava pungente fino a far
incrinare i timpani, ma d’istinto la presi per la vita e la sollevai sopra la
testa.
“Olong!” era lì, il porcellino che
stavamo cercando, dietro di lei, le manine grassottelle ancora allungate di
fronte a se. Ci mise un po' a rendersi conto che ciò che stava impropriamente
toccando gli era sparito in un attimo, e quando realizzò alzando lo sguardo
incrociò i miei occhi. Dovevo avere un espressione furibonda, anche se in quel
momento non me ne resi conto. “Ma cosa diamine sta facendo!”
“Ah… io… io…” balbettò cose poco
decifrabili, poi si zittì. L’espressione leggermente impaurita tornò seria. La
testa era sempre rivolta verso l’alto, ma i suoi occhi non sembravano più
incrociare i miei. Capii pochi istanti dopo cosa stesse accadendo, quando la
bocca si inarcò in un sorrisino strano, e voltandomi trovai anche il Genio
nella stessa beata espressione pervertita.
“Trunks ti prego, fammi scendere!” nello
stesso istante, la voce di Mirai mi portò con lo sguardo in alto. La stavo
tenendo a pancia in su, quasi totalmente orizzontale sulla mia testa, e la
gonna del vestitino era tutta tirata su, fino al punto vita. Mi sentii colorire
il viso, trovandomi il tessuto a fiorellini degli slip a pochi centimetri dal
volto. E quando se ne accorse, ricominciò a strillare, portandosi le mani alla
gonna e cercando disperatamente di coprirsi le gambe.
“S-scusami!” la tirai giù, tenendola
sempre in braccio, mentre lei stringendomi le braccia intorno al collo vi
sprofondava il viso colorito di infinita vergogna.
“Che belle mutandine…” dicevano
alternandosi il vecchietto e il maialino, con le loro solite facce affamate di
giovani e morbide rotondità femminili.
“Adesso basta! Non avete ritegno!” alzai
il tono di voce, istintivamente, e fu la seconda volta in quel giorno che mi
trovai ad assumere un atteggiamento non mio. Si schiacciarono entrambi con le
spalle contro il muro, leggermente intimoriti dalla mia voce alterata. “M-mi
dispiace” cercai di riprendermi, nel frattempo feci scendere Mirai, che ancora
tentava di tenere il volto coperto guardando in basso. Mi sentivo un calore
sulle guance mai provato.
“Beh, noi adesso torniamo dagli
altri.”mi piegai appena in avanti, come un piccolo inchino più studiato per
scusarmi che per salutare. Mirai mi imitò, impacciata, sembrava farlo per la
prima volta. Fu quel gesto a farmi tornare il viso del suo colore naturale,
rilassandomi con un sorriso spontaneo.
Per tornare da mia madre e gli altri,
feci il giro largo di modo da farle vedere tutta l’isoletta e farle fare il
giro completo della casa. Stavamo in silenzio, un silenzio imbarazzante. Provai
a dire qualcosa di assolutamente superfluo e insensato per illustrarle quella
casa che non aveva assolutamente bisogno di spiegazioni, lei mi seguiva a capo
chino senza ribattere.
“Perdonali… sono un po' eccentrici, ma
col tempo… forse ci… beh… cerca di farci un po' l’abitudine.”
“La casa… è del Genio?” non c’entrava
niente, ma furono le prime parole che mi rivolse.
“Sì… ma c’è sempre un gran via vai di
gente.” Mi soffermai aspettandola, lei che mi seguiva a qualche passo di
distanza, di modo che mi venisse al fianco. Avevo paura che non volesse, invece
mi sbagliavo. Trotterellò nel suo solito modo, mi si mise vicino poi alzò il
visino tondo e la trovai sorridente, il colorito assolutamente normale.
“Si vede… qui sembra un po' casa di
tutti.” Mi sentii sollevato dal trovarla tranquilla e allegra.
“Infatti è così… è sempre stato così…”
Non capivo come potesse un sorriso così
felice e spontaneo essere su quel volto che avevo visto poco più di un’ora
prima inondato di lacrime senza un motivo preciso, ma che sgorgavano
semplicemente dal suo inconscio sperduto e ferito. Eppure non mentiva, né
adesso né prima, ne avevo la certezza. Aveva solo un’incredibile capacità di
ripresa, e una forza vitale che raramente avevo visto, nel mio mondo perso
nella distruzione. Se avessi imparato il suo segreto, avrei potuto anche io
tornare a sorridere in quella mia realtà lontana decine di anni nel futuro.
Quando tornammo dagli altri, Bulma e Kakaroth avevano smesso di
bisticciarsi
Ok, rieccoci
qui! Wow questo capitolo cinque recensioni! Sono piacevolmente sorpresa! Ci
sono le mie tre adorate Angels, Ainim93 e il mio nuovo
Angel, Alan! Partiamo con
ordine! La prima a recensire stavolta è stata la Lovva! Ciao carissima!
Spero che la tua febbre sia passata, e che tu stia un po' meglio! Grazie ancora
per le bellissime parole che mi rivolgi ogni volta,
non importa se ci sono o no errori di grammatica, le scimmie come me non
riescono nemmeno a riconoscerli! Eheh… ah, e sono
contenta che hai notato la frase finale… era molto
importante! Ma non avevo dubbi! Ele, grazie ancora dei
complimenti! Eheh, no, pare che Genio e Olong non
cambieranno mai! Trunks è stato protettivo istintivamente, certo, magari però
se non l’alzava sopra la testa di modo da non sollevarle il vestitino forse era meglio! Eheh, ma come
biasimarlo, mica se ne intende di donne e vestiti! Lory,eheh, tu
aspetti solo l’inciucio eh! Beh non so se sia stato un principio di gelosia o meno, fatto sta che il
nostro principino si trova in una situazione per lui sconosciuta e quindi ha
atteggiamenti piuttosto istintivi! E poi, lui vuole
proteggerla perché lei ha salvato (si sapesse come! Eheh)
suo padre! Ma diamo tempo al tempo… Alan, è un
piacere sentirti! Un bel coraggio a esserti fatto
cinque capitoli uno dietro l’altro! Dici bene, ho il vizio di
essere molto dettagliata, ma soprattutto mi piace cogliere e descrivere
i momenti più comuni, quelli più banali diciamo! Sono quelli in fondo i momenti
più importanti, quelli che costruiscono i rapporti e definiscono le relazioni
interpersonali, inoltre sono quelli più intrisi dei nostri sentimenti. Comunque lo scopo è proprio quello di vedere Trunks alle
prese con qualcosa di sconosciuto per lui, cercando di tenerlo più fedele
possibile al personaggio! Vedremo come va! Per ora, grazissime
per le recensioni dettagliate e attente, e grazie per leggere la storia! Sei il
mio quarto angel! Eheh anche
se erano tre… ma io ne ho quattro! XD
E poi, un
saluto anche aAinim93!
Grazie per i complimenti! Non ho ben capito se hai sempre seguito la storia o
se l’hai letta tutta insieme o solo quel capitolo, comunque
spero che mi seguirai! Un bacio e grazie ancora!
E adesso… sotto
col nuovo capitolo! La narrazione torna a Mirai… detto questo… un kissone a tutti dalla vostra scimmia! x3
Cap.10 –Il ragazzo venuto dal
Futuro-
Quando tornammo dagli altri, Bulma e Kakaroth avevano smesso di bisticciarsi. Chiacchieravano seduti attorno al
tavolino, e mentre ci avvicinavamo si accorsero di noi ma
non ci dedicarono più di un’occhiata sfuggente, e qualche sorriso, persi
com’erano in un qualche discorso che aveva tutta l’aria di essere serio. Mentre
li raggiungevamo d’improvviso vidi Trunks sedersi sulla sabbia a un passo dalle onde che arrivavano a riva, e con un gesto
della mano mi invitò a imitarlo. Mi sedetti così di fianco a lui, e mentre mi
aggiustavo quella dannata gonna che pareva avercela con me, parlò rivolto verso
l’orizzonte.
“Stiamo un po' qui, ti va? Tanto loro stanno parlando di Cell…”
“Di
chi?” andai a cercare il suo sguardo, che mi concesse.
“Cell… è quel mostro che combatteva contro mio padre quando tu sei spuntata all’improvviso.”
“Non
lo ricordo…” provai a lungo a riesumare qualche immagine dalla memoria, ma non
servì a niente.
“Non
ha importanza… non ti perdi niente!”
Gli
feci diverse domande a quell’affermazione, e lui
rispondendomi esaurientemente mi raccontò tutto su quel nuovo terribile nemico.
Rabbrividii alla parola “essere perfetto”, una definizione che lasciava ben
poche speranze alla razza umana e la sua sopravvivenza, ma il ragazzo di fianco
a me mi rincuorò, dicendomi che Goku era molto forte e
che aveva sempre risolto ogni problema, questo era quello che gli aveva sempre
raccontato sua madre.
“Ma Goku chi è? Non l’ho ancora capito!” alla fine, ci eravamo dimenticati di finire le presentazioni.
“Ma come! È quello laggiù” si voltò in
direzione del gruppetto riunito al tavolino, indicando appena col dito “Ci hai
parlato, ricordi? Quello con la tuta arancione!”
“Ma quello… quello non è Kakaroth?”
Tornò
voltato verso di me, mi fissò per lunghi istanti con espressione neutra, poi
scoppiò in una risata.
“Adesso
ho capito!”
“Cosa c’è da ridere?” continuavo a chiedergli un po'
imbarazzata, sapevo che non rideva di me, ma quella figura mi metteva sempre a
disagio, qualsiasi cosa facesse.
“Non
preoccuparti” sembrava aver capito il mio stato mentale, tornò col volto
rilassato e mi sorrise teneramente “Hai ragione! Mio
padre davanti a te l’ha chiamato Kakaroth… ma solo mio padre lo chiama così. Il suo nome è Goku.”
“Ah!
Quindi lui è Goku.” La mia espressione doveva essere
perplessa, mentre muovendo la testa facendo cenno di aver capito.
“Mio
padre lo chiama a quel modo, perché…” si soffermò. Sembrava non sapere da dove
cominciare, ed effettivamente ogni parola era strettamente collegata ad
altrettante premesse che era difficile riuscire a
concludere una frase. “Sai è difficile da spiegare!” si portò
una mano alla nuca, lo sguardo tornò in direzione del confine del mare,
e sorrise.
“Qui
è tutto così strano!” non riuscii a trattenermi… forse era la voglia di
interrompere il silenzio, forse la cosa che più sentivo in quel momento. Non
rispondeva, e nella minima paura che la frase potesse essere intesa male
ripresi la parola “Ma le favole più belle sono quelle
piene di mistero, no?”
“Favola
dici?” quelle due gocce di cielo tornarono su di me.
“Un
uomo che vola in un’ isola da paradiso terrestre… come
inizio di una favola è perfetto.”
Fece
una leggera risata, chiuse gli occhi e portò il viso rivolto verso il cielo. Era sporto all’indietro, si sorreggeva affondando le mani
nella sabbia dietro di se. I capelli lunghi e lisci ricaddero verso il basso,
non più appoggiati sulle spalle e lungo la schiena, adesso erano liberi di
danzare ad ogni minimo alito di vento. La luce del sole filtrava dalle palme
sotto le quali eravamo seduti colorendo a macchie il
suo volto ancora verso l’alto, con gli occhi chiusi, e l’espressione pacifica. Il
sorriso scivolò via lentamente dal suo viso, in maniera impercettibile anche
per me che lo guardavo senza distogliere un attimo lo sguardo. Se ne andò come se ne va il sole tramontando, che lo puoi
fissare senza interruzione, ma d’improvviso l’ultimo raggio ti saluta e
scompare dietro le montagne all’orizzonte, e tu non ti sei nemmeno accorto di
quando scendendo le ha sfiorate per la prima volta. All’improvviso era serio, sembrava addormentato. Ma
il vento danzava nei suoi capelli, sfiorava il suo collo e poi andava a
carezzargli il volto. Pareva avvolto da questa pace, e godersi le coccole della
brezza marina. Non avrei mai potuto interromperlo,
rapita da un attimo così magico. E intorno a noi, il rumore delle onde che si
sdraiavano per un attimo sulla sabbia fina e bianca, stanche
dell’incessante danza del mare.
“Come
inizio è perfetto…” vidi le sue labbra muoversi, solo quelle
“… ma non c’è un finale da favola a questa storia.”
“Beh,
non è detto…” rannicchiai le gambe al petto e le strinsi con le braccia,
continuavo a guardare quella figura che sembrava un tutt’uno
con la natura. Ma improvvisamente aprì gli occhi,
tornò col busto in avanti, voltò la testa verso di me e mi trovò intenta ad
osservarlo. Mi imbarazzai e portai lo sguardo davanti
a me, sperando di farlo prima che i nostri sguardi si incrociassero, ma sapevo
che era comunque troppo tardi.
“Invece
è detto… io lo so… io conosco il finale di questa storia.”
“Non
essere così pessimista… nessuno conosce il futuro.”
Parlai un po' assorta, ancora concentrata a rivedermi la scena appena passata
nella mente più e più volte sperando di trovare una minima speranza che non si
fosse accorto del mio fissarlo.
“Io
conosco il futuro.” Parlò con voce greve, tanto che dovetti tornare con gli
occhi su di lui, ma evitando i suoi. Rimasi in silenzio, sperando che
proseguisse. Ma non lo fece, e furono lunghi gli
attimi di silenzio che seguirono. I nostri occhi tornarono lentamente verso la sabbia. Dovevo trovare un significato a quelle
parole, forse intendeva qualcosa di particolare, forse c’era un doppio senso
che avrei dovuto carpire.
“Potresti
non credere a quel che sto per dirti.” Alzai gli occhi
su di lui, che finalmente aveva ricominciato a parlare, interrompendo ogni mio
dubbio. “Però io… io… non appartengo a quest’epoca.”
Iniziavo
a capire, ma nel contempo non potevo convincermene. Rimasi
in silenzio, guardandolo. Fu lui, per la prima volta, ad abbandonare per primo
il contatto di sguardi.
“Cosa intendi?” a quel gesto non riuscii a trattenermi dal
parlare. Sembrava un po' triste, malinconico… debole.
“Io
sono arrivato fin qui dal futuro. Ho viaggiato con una macchina del tempo.” Silenzio, poi di nuovo la sua voce “Riesci a credermi?”
“Io
sono arrivata qui sulla schiena di un uomo che vola.”
Ritrovai il suo sguardo, un po' stupito, tanto che potevo vedere ancora meglio
il celeste delle sue iridi. Niente da invidiare a quel mare
che cantava davanti a noi, né al cielo che si mostrava terso sopra le nostre
teste. Il sorriso sul mio viso divenne più profondo “Come potrei non crederti.”
“Ti
ringrazio” e con queste parole i suoi occhi vennero
socchiusi da un sorriso, e quel colore unico tornò di nuovo a nascondersi nelle
palpebre.
Quello che mi raccontò successivamente, aveva dell’incredibile
Finalmente, ce l’ho fatta a scrivere un altro capitolo! Doveva essere
breve invece… come sempre, ho sforato! Vabbè…
passiamo ai miei angeli…
Questa volta
il primo è stato il mio New Entry… Alan! Ciao Alan!
Mi fa piacere che la narrazione a più voci ti piaccia
con l’andamento della storia! Ero molto indecisa sul da farsi! Effettivamente
il tempo a loro disposizione è poco, e l’incertezza per il domani non manca…
chissà se useranno il poco tempo a loro disposizione al meglio! Anche tu sei
preoccupato su cosa farà Trunks quando dovrà tornare
al futuro! Ehehè la preoccupazione
di tutti… vedremo… un bacio! La seconda a commentare è stata… la Lovva! X3 ciautesora! Allora… possiamo dire di avere un nuovo pericolo
per le strade italiane? Eheh… spero che sia andato
tutto bene! Sono felice che sia stato il tuo capitolo preferito! Effettivamente
ruotava proprio sul gioco di sguardi, come hai notato! Un bacione,
e grazie ancora per le tue parole sempre stupende! Poi ho ritrovato il commento
di Ainim! Mi ha
fatto molto piacere! Adesso so finalmente che sei una new
entry, ma se volevi potevi anche darmi un parere sul capitolo! Eheh… cmq rispondo al tuo dubbio:
sì, serendipity
ha un significato, e in parole (molto) povere, è una parola che indica il
trovare qualcosa mentre stiamo cercando qualcos’altro;
è generalmente indicato anche come l’influsso del destino. Ovviamente, non a
caso è il titolo della storia! Grazie per la domanda, nessuno me lo aveva
ancora chiesto ma è molto importante! Lory, spero tu
stia meglio! Grazie per le tue parole… beh effettivamente anche su Mirai c’è
qualche mistero… ma lo scopriremo col tempo, no? un bacio! E dormi tranquilla! Ele (il cui
commento è sparito per i problemi di ieri sera suppongo! Ma avevo scritto prima
che venisse cancellato!), non preoccuparti se non hai
potuto recensire prima! Il tuo commento è arrivato proprio
mentre stavo scrivendo questo capitolo! Ho avuto molte cose da fare in
questi giorni e non ho avuto modo di proseguire, ma sono contenta che tu sia
arrivata in tempo! Non sei affatto
ripetitiva, non sai quanto mi fanno piacere le tue parole, e il fatto che anche
tu stia sentendo le emozioni crescere gradualmente non può farmi che un piacere
immenso! È proprio quello che mi sono riproposta di
fare! Un bacione.
E adesso…
passiamo al prossimo capitolo (che riposto visto che è sparito! Alan… la tua recensione è andata xD spero che me la rimetterai x3)… narrazione… ma
dai, che lo devo dire davvero? Si capisce! ^^ un kissone, la vostra scimmia di quartiere.
Cap.11 -La Promessa Infranta-
Quello che mi raccontò successivamente,
aveva dell’incredibile. Mi risultò molto più facile
credere alla sua voce che mi annunciava il suo arrivo da un’ epoca ancora
inesistente, piuttosto che farmi un’idea che suo padre e quel Goku fossero due
alieni provenienti da un pianeta di guerrieri ormai distrutto da anni.A grandi linee capii soltanto che Goku era
cresciuto sulla Terra ignaro di essere un alieno, mentre il padre di Trunks era arrivato pochi anni
prima con l’intenzione di distruggere il pianeta. Poi erano successe altre
cose, battaglie in pianeti ai confini dell’universo, nemici in comune… e la
storia tra quello strano uomo che volava e la madre di Trunks.
“Ma non sembrano alieni…” mi uscì di bocca piano, mentre voltandomi davo delle occhiate sfuggenti
all’uomo dai capelli biondi dietro di me.
“Già, perché non hai visto le loro code!”
“Code?” tornai con lo sguardo sul ragazzo seduto
di fianco a me “come la coda? Ma tuo padre non…” ci pensai
bene prima di concludere la frase. Ma ero stata diversi minuti
riversa sulla sua schiena, mentre mi portava all’isola, e se avesse
avuto una coda non avrei potuto non ricordarmene.
“Adesso non ce l’hanno
più, se la sono levata. Per i saiyan la coda è un
punto molto debole.” Non mi permise di proseguire, aveva capito
quel che intendevo. Continuai a guardare nei suoi occhi, senza sapere cosa
dire. “Anche a me l’hanno levata appena nato” e si
portò una mano sul fianco muovendola un paio di volte da sinistra a destra.
“Nemmeno il tuo fratellino ha la coda! L’hanno tolta
anche a lui?”
Mi guardò perplesso, rimanendo immobile per
qualche istante.Allora gli indicai con
una mano il piccolo che riposava in braccio a Bulma. “Lui non è figlio di Vegeta?” ma non riuscii a finire la frase che Trunks scoppiò
in una risata.
“Scusami” non mi permise di
crucciarmi verbalmente per quel suo scatto d’ilarità, e prese la parola “non mi
sono spiegato bene! Quello non è mio fratello… quello
sono io da piccolo!”
Tornai con gli occhi alla ricerca della piccola
figura rannicchiata tra le braccia della sua mamma. Da lontano non vedevo bene,
ma lo sguardo lo cercò ugualmente. Che storia strana legava
tutte quelle persone, che a prima vista, a non veder volare uno di loro,
parrebbero semplici umani come tanti, come fin troppi che affollano la
Terra. Ma non solo Vegeta, anche Trunks mi disse che sapeva volare, e pure Goku e suo figlio, e non
solo loro. Avevano altri amici, alcuni alieni e alcuni terrestri, che volavano
come loro. Sembrava uno scherzo, una storia, o un set cinematografico. Ma forse proprio perché era tanto strana da non sembrar
vera, quella storia mi elettrizzò, e mai per un attimo pensai che quel ragazzo
mi stesse mentendo. Se avesse dovuto raccontarmi una balla, per un qualsiasi
motivo, probabilmente se ne sarebbe inventata una più verosimile, è questo quel
che pensavo. Mentre in maniera
inconscia sentivo di potermi fidare di lui.
“Hei, ragazzi!” la voce
di Goku, disattesa alle nostre spalle, ci fece trasalire.
“Salve signor Goku” lo salutò con cortesia
Trunks, alzandosi in piedi. Di riflesso lo imitai, e mi mossi in un piccolo
inchino. Apparve un sorriso nel volto del ragazzo dai capelli lunghi, vedendo
cheagivo come
l’avevo visto fare poco prima di fronte al vecchietto.
“Eh eheh suvvia ragazzi non sono
abituato a tutta questa formalità” parlava in una piccola risata, quell’uomo dalla corporatura imponente che ci stava di
fronte. Alla sua sinistra, in una postura estremamente
impostata e impeccabile, forse quasi troppo per un bambino della sua età, si
trovava il figlio. Nonostante la compostezza,
sorrideva benevolmente.
“Prima non abbiamo finito le presentazioni”
riprese la parola, tornando leggermente più serio, ma sempre sorridente. “Io mi
chiamo Son Goku” e mi porse una manona grande e
robusta.
“P-piacere” stavo per
ripetere il mio nome, ma ricordai che glielo avevo già detto, e mi limitai a
mettere la mano nella sua. Aveva la mano calda, e la stretta con la quale
suggellò il nostro saluto era forte, ma delicata. Si sentiva che stava
trattenendo una potenza eccezionale, e si muoveva con me come di solito gli
adulti si muovono con un neonato, in maniera
impacciata e tesa alla vista di un esserino indifeso
che non può dire se sente male. Certo, io potevo parlare, ma se avesse usato
tutta la sua forza non ne avrei avuto il tempo. Tutto
questo traspariva dai suoi modi delicati nei miei confronti.
“E questo qui è mio
figlio.”Proseguì poi lasciando la presa
sulla mia mano e posandola sulla spalla del ragazzino, spingendolo
delicatamente in avanti.
“Piacere, io mi chiamo Gohan.” Le braccia erano
dritte lungo il corpo, lo sguardo fisso negli occhi della persona a cui
parlava. E in quel caso, potevo chiaramente vedere quanto verde ci fosse nel suo sguardo. Sorrideva un po' timidamente, unica
cosa che tradiva un appariscente rigida educazione. Presi anche la sua mano, piccola ma forte quasi quanto quella del
padre. Solo l’atteggiamento era un po' diverso, meno timoroso, forse a
causa dell’incoscienza che ancora non lo faceva render conto della propria
forza, conseguenza comprensibile della sua giovane età.
“Ascolta, Mirai, avevo
intenzione di capire meglio cosa intendesse Vegeta con quelle parole sulla
strana energia che hai sprigionato.” Lo sguardo del padre tornò
su di me, era sempre più serio e il sorriso un po' meno intenso.
“Io… non saprei proprio… non so
proprio…” tornai con lo sguardo a terra. Trunks notò subito il mio imbarazzo,
sapeva che non avevo risposte. Fece un piccolo passo in avanti, mettendosi
leggermente di fronte a me, stava evidentemente per parlare, ma Goku lo
anticipò.
“Sappiamo che tu non hai idea di cosa sia
successo, non preoccuparti. Volevo soltanto fare delle prove con te.” Tornai a
guardarlo, anche Trunks lo fissava con aria dubbiosa. “Non è niente di strano e
tanto meno pericoloso, non preoccuparti.”
“Vuole metterla alla prova in che senso?”
intervenne Trunks, sembrava calmo e trasmise sicurezza anche a me, alzai gli
occhi cercando lo sguardo di Goku.
“Cercherò di capire che energia ha in sé, che
intensità ha la sua aura… insomma, quanto sa gestirla…” lasciò gli occhi di
Trunks per trovare i miei. “Sempre se tu sei d’accordo.”
Quel volto, non solo di bell’aspetto,
non solo deciso e sicuro sebbene decorato da un sorriso, non solo gentile, ma
adesso anche più misterioso ai miei occhi perché sapevo provenire da un
universo che non osavo immaginare nemmeno di notte quando
scrutavo il cielo e le stelle… ma quel volto mi ispirava troppa fiducia per
rifiutare.
“Per me va bene” riuscii a dire solo queste
parole, mentre Trunks rimase in silenzio. Mi guardava serio, e quando cercai il
suo sguardo per capire cosa egli pensasse a proposito, mi concesse uno dei suoi
soliti sorrisi.
“Allora dobbiamo andare in un
posto più isolato… tu non sai volare vero?”
“No…”
“Coraggio, vieni, ti porto io.” Le sue mani forti
mi strinsero le vita, e con la facilità con cui mi
aveva sollevata Trunks poco prima, anche Goku mi sollevò e mi mise sulla
propria schiena. D’istinto strinsi le braccia intorno al suo collo, i muscoli
erano talmente rigidi e tesi che mi parvero pietra. Ma la pelle era calda.
Si guardò attorno un
paio di volte scrutando l’orizzonte, come per fare mente locale, poi mosse
qualche passo verso la parte opposta dell’isola.
“Dove dobbiamo andare?”
sentii la voce di Trunks alle nostre spalle. Goku portò le braccia indietro per
sostenermi le gambe che avevo piegato e tenevo strette ai lati del suo torace.
“Andiamo da soli, Trunks. Tu resta qui.” Il
ragazzo dagli occhi marini rimase in silenzio, ma le labbra ancora aperte
tradivano una certa interdizione. Anche io mi sentii
agitata a quella novità. Non avevo paura di Goku, ma avevo una certa strana
sensazione nel rimanere senza Trunks. “Ci vediamo tra poco!” con la voce un po'
più alta parlò alla moglie e al resto dei presenti.
“Tra poco? Dove vai
adesso, Goku?” le grida di Chichi non servirono a niente, il saiyan non
l’ascoltò. Mentre la donna ancora finiva la frase, l’uomo al
quale ero aggrappata mosse qualche passo e con un balzo si alzò in volo; in
pochi attimi l’isola divenne un puntino lontano. Il vento era forte,
lassù nel cielo, e le nuvole erano cumuli di cotone inconsistente che ci
circondavano. Sotto di noi, solo il mare sempre più blu. Ma quel colore a me
ricordava solo due occhi che da pochi minuti avevo
perso, gli occhi di quel ragazzo che mi aveva detto che mi avrebbe protetta e
che mi sarebbe stato vicino, ma che adesso era lontano, tanto lontano da me, in
quell’isola da sogno che era già sparita
all’orizzonte.
Bene… dopo il fine settimana a Roma, torno con
questo nuovo capitolo! Un pezzo l’ho scritto in treno, figurarsi! Eheh… ma partiamo dai miei angeli!
Allora, la prima recensione è diAlan! Hei, l’ultimo arrivato è sempre il primo ultimamente! Ehehe mi fa molto piacere, Alan,
e lo sai quanto mi lascino felice le tue recensioni!
Capisci sempre molte cose in ogni capitolo (molte più di me xD)… ma vediamo se stavolta
riuscirai a scovare il senso del titolo! Ma, devo ammettere, che questo titolo
è stato dato un po' così… il senso è difficile capirlo
perché non ce l’ha! Ehehe scherzo… comunque,
un bacio e ancora grazie di seguirmi! È davvero importante avere un lettore
come te! La seconda è stata… la Lory!
Eheh carissima, anche tu non manchi mai! La tresca
con Goku non c’è (ehehe) però il nostro saiyan avrà un atteggiamento niente male… e
forse riusciremo davvero a scoprire qualcosa in più su Mirai… un bacio e ancora
grazie! Poi, c’è Ele94! Per lei, un
ringraziamento speciale, e anche una piccola dedica: sì, perché metà di questo
capitolo è nato proprio grazie alla tua recensione! Ero partita con l’idea di
andare in questo capitolo direttamente con una narrazione in terza persona… ma
quando ho letto le ultime parole della tua recensione in cui dici “Per Trunks, penso che fosse quasi scontato
andare con loro due, mi piacerebbe davvero sapere quali siano i suoi pensieri
dopo la risposta negativa di Goku”subito mi è venuto in mente che era
davvero una buona idea mettere i pensieri di Trunks.E così, ecco qui un primo piccolo paragrafo
di ciò che frulla nella testa del nostro principino
dei saiyan. Mi hai dato davvero un’ottima idea, ti devo
ringraziare di cuore! E ovviamente grazie anche per
tutte le altre cose gentili che mi dici, sono sempre molto contenta di sapere che
ciò che racconto riesce a trasmetterti molte sensazioni. È tornata anche Ainim a
recensire! Ti ringrazio molto per i complimenti, e mi fa un immenso piacere che
anche tu abbia notato il significato del titolo, il
fatto che la promessa è stata infranta, sì, ma contro la volontà di Trunks.
Grazie ancora, e spero che mi dirai cosa ne pensi anche di questo capitolo!
Stavolta la
Lovva
non ha lasciato la recensione, spero che stia bene e che non stia ammattendo
dietro tutte le cose che ha da fare, comunque la
saluto e le mando un bacione!
Finiti i ringraziamenti, andrei alla storia, voi che
dite? Uff, il finale mi è rimasto un po' in sospeso,
non volevo lasciarlo così, ma poi diventava troppo lunga! Comunque
non credo che qualcuno sclererà per il patos! Eheheh se così fosse, aggiornerò
prima del previsto xD
Un bacione
e un augurio di buone feste a tutti: a chi recensisce, chi legge, e chi entra a
dare un’ occhiata, dalla vostra scimmia di quartiere
x3
Cap. 11 –La
Fine e L’Inizio-
Era una sensazione strana, quella che provavo in
quei momenti. Mi sentivo a mio agio, non c’era niente che mi infastidisse,
solo qualcosa che mi lasciava vuoto, una presenza che completava ogni minuto, e
che adesso mi mancava. Uno scopo. Forse era quello, ciò di cui sentivo la mancanza,
il mio nuovo scopo, quella promessa a me stesso, e anche a lei. Quella promessa
spezzata. Dovevo proteggerla, lei contava su di me, e invece non lo stavo
facendo. Mi era stato impedito, e da un momento all’altro io ero costretto a
sperare che qualcun altro si preoccupasse di
ottemperare ai miei doveri. Mi fidavo ciecamente del signor Goku, e con lui
Mirai era al sicuro, forse più al sicuro che con me. Ma nonostante ciò, io non
potevo sapere cosa sarebbe successo; è vero, io conosco il destino del Mondo,
ciò che lo aspetta nei prossimi venti anni, tuttavia io non potevo vantarmi di
conoscere il futuro di quella realtà diversa, tanto diversa fin dal primo
istante che avevo messo piede lì. Quindi,
nella mia mente, poteva verificarsi qualsiasi evenienza di cui Mirai avrebbe
potuto subirne le ingiuste conseguenze. Non era sotto i miei occhi, non era
tanto vicina da poterla prendere per un braccio e
tirarla dietro di me, e questo mi metteva inquietudine. Una
strana inquietudine che nemmeno il canto debole e rilassante delle onde poteva
interrompere. Non riuscivo a capire l’atteggiamento del signor Goku, e
non potevo accettarlo. Una strana smania prendeva il
posto del mio autocontrollo, delle strane immagini caotiche si susseguivano
nella mia mente, assurde, ma terribilmente incancellabili. Poteva tornare,
Goku, da un momento all’altro, nel panico, senza di lei. Allora avrei dovuto
capire cos’era successo, se era viva, o magari avrei
dovuto sentir rimbombare nelle mie orecchie tante inutili parole che mi
spiegavano come non aveva potuto salvarla. Avrebbe detto
che era stato preso alla sprovvista, che l’aveva messa in salvo ma lei era
sbucata improvvisamente fuori. Avrebbe detto che gli
dispiaceva. Ma a me non importava niente di tutto ciò,
né del destino infame né delle sue scuse. Io non avevo tenuto
fede alla mia promessa, per colpa del suo agire istintivo e senza rispetto, e
questo il signor Goku non lo calcolava.
“Hei, Trunks, tu non
vieni lì dagli altri?” la voce di Gohan arrivò a sfatare quelle immagini che si
stavano appropriando della mia calma e razionalità. Mi
sembrava di averle sotto gli occhi, in maniera così
reale, che non riuscivo proprio a capire come mai, dato che non erano altro che
pensieri, io non ricordassi cos’avessi fissato fino a quel momento. E forse
anche Gohan se n’era accorto, e aveva parlato proprio per ridestarmi da quegli
incubi a occhi aperti. Mi voltai, guardandolo.
“Certo, andiamo.” Cercai di sembrare il più
credibile possibile, sorrisi e iniziai a camminargli al fianco.
Dopo diversi minuti di volo, all’orizzonte
apparve un fazzoletto di terra, un isola un po' più
grande di quella di Genio, completamente deserta, la ricopriva interamente
soltanto la sabbia, pietre, e qualche arbusto secco. Goku si era premurato di
farla sentire a proprio agio, avevano chiacchierato durante il volo, e avevano riso. Il saiyan sapeva come avere la simpatia delle
persone, anche solo regalando loro uno sguardo. E
Mirai lo sapeva, sapeva di potersi fidare di quell’uomo
strano, con i capelli tanto gialli da brillare e la forza spropositata. Era più
grande di Trunks, e se anche la sua forza fosse stata uguale a quella del
ragazzo, probabilmente aveva a suo vantaggio una maggiore esperienza e capacità.
Lo si coglieva non solo facendo questi ragionamenti,
ma anche da qualcosa che trasmetteva inconsciamente, standogli accanto,
stringendogli la mano o aggrappandosi alla sua schiena. Aveva rallentato,
quando gli pareva che la velocità di volo potesse infastidire o impaurire la
ragazza. Aveva abbassato un po' la quota, quando si era accorto che lei aveva
aumentato la stretta al suo collo. Ad un leggero tremore delle braccia, gli
aveva chiesto se avesse freddo o paura. Tutto questo
rincuorò la giovane, che in pochi minuti già era più rilassata e abituata a
quello strano modo di spostarsi che avevano quegli
alieni provenienti da un universo distrutto.
“Ci fermiamo su quell’isola
laggiù?” disse Mirai accompagnando le parole ad un gesto della mano, indicando
l’isola che si faceva sempre più vicina. Ma il saiyan volava veloce, anche se
aveva rallentato, e mentre rispondeva la superò .
“Non serve un’isola… non hai ancora capito o fai
finta di non capire?” quelle parole risultarono
alquanto strane, alla giovane ragazza, che si limitò a tornare a stringere il
collo dell’alieno al quale si teneva saldamente aggrappata. Improvvisamente
l’atmosfera si fece più cupa e tesa. Fino a quel momento avevano scherzato, ma
il tono di Goku non era più lo stesso di qualche minuto prima.
Pensò che forse non era più il momento di ridere, ma il
momento di affrontare le prove alle quali doveva essere sottoposta, e si zittì
senza chiedere le spiegazioni che voleva. Si sentì strana, un po' stupida e
sfacciata, con l’impressione di aver preso una confidenza che non le era
concessa. Ma non si scusò, non sapendo di cosa effettivamente doveva scusarsi,
e sentendosi ridicola se magari in realtà tutta quell’atmosfera pesante fosse stata solo una sua impressione.
Improvvisamente, Goku si fermò. L’isola appena passata sotto di loro era ormai solo un cenno
che permetteva all’occhio umano di dividere il blu del mare da quello del
cielo. Tra loro due e l’acqua sottostante, centinaia di metri.
Le mani di Goku andarono all’indietro, su Mirai,
la sollevò togliendole l’appiglio alla propria schiena, e se la portò davanti,
sorreggendola per la vita. La ragazza, d’istinto, portò le mani sugli
avambracci dell’uomo che la teneva, e le gambe erano sempre leggermente
curvate, come a volersi rannicchiare per essere più leggera,
o forse un istintivo rifiuto ad allungarsi verso quel vuoto che le appariva
mortale. Lo sguardo del saiyan era serio, fermo, un po' distante. Lei si limitò
a rimanere seria a sua volta, ma tenendo sempre la sua
tipica espressione gentile, un po' da bambina.
“Avanti, facciamola finita.” Furono le parole di lui, di nuovo disattese, di nuovo con un tono
diverso da quello di poco prima, a interrompere il silenzio.
“Finita? Finita di… di cosa?” le dita affondarono
un po' nella carne delle braccia di Goku.
“Suvvia, non c’è bisogno che continui con questa
recita! La tua aura non puoi mascherarla con quell’espressione
fintamente innocente.”
Mirai non capiva. Che
idea si era fatto Goku di lei? E come mai prima era
stato così gentile, mentre ora il suo atteggiamento era distante e ostile? La
presa sulla carne dell’uomo era sempre più forte.
“Vedi? Hai capito benissimo quel che ho
intenzione di fare. Perciò è inutile che continui a
stringere, come se tu avessi paura di cadere. Lo so, che sai volare meglio di
me.”
Gli occhi della ragazza si sgranarono, e un tremito
forte e incontrollabile prese il controllo su di lei. Tentò, invano, di
mantenere un espressione neutra sul volto, lei che non
riusciva ancora a credere di aver capito bene. Ma la
faccia dell’uomo che le stava di fronte era sempre più seria. Alla fine, le
parole le uscirono dalle labbra tremanti senza che potesse
fermarle.
“Non… non vorrai lasciarmi cadere…”
“Ti conviene smetterla…
altrimenti ti farai un tuffo in mare!”
Il volto di Mirai
divenne pallido, l’espressione sempre più agghiacciata. Non capiva, non
riusciva a capire cosa stesse succedendo. Ma le restarono pochi istanti per ripetersi nella mente le
parole appena pronunciate da Goku: improvvisamente, finita la frase, il saiyan
aprì le mani, e la presa della ragazza sulle sue braccia servì a ben poco. La
figura dell’uomo si fece rapidamente minuscola, alta nel cielo, poi la forza di
gravità unita alla velocità di caduta, portarono la testa della ragazza verso
il basso, e ai suoi occhi apparve solo il blu dell’oceano, sempre più scuro e
sempre più vicino.
Volare. Goku le aveva detto di volare, le aveva detto che era sicuro che lo sapesse fare. Ma
si sbagliava, aveva commesso un errore, un tragico errore, e Mirai non sapeva
come fare per potersi salvare. D’istinto si portò le braccia incrociate davanti
al viso, e chiuse le palpebre, riducendo così lo spazio che si erano trovate le lacrime nei suoi occhi, e facendole
scivolare via lungo il volto. Quando abbandonavano la pelle, essendo leggere,
loro, rimanevano in alto, impiegando più tempo di lei a cadere verso il basso,
verso quel mare che se per la ragazza rappresentava la fine, per quelle gocce
uscite dai suoi occhi rappresentava forse un nuovo inizio, una nuova vita
immortale, tra le onde dell’oceano di cui avrebbero
per sempre da quel momento in poi fatto parte.
Tornata! Ohi, ma sono più fuori che dentro casa in ‘sti giorni! Vabbè… partiamo con i
miei angelseheh…
La prima stavolta è stata Ainim! Wow sono contenta di
trovarti ancora nelle recensioni! Il tuo commento mi ha fatto sorridere, per il
tono che aveva la prima frase: “Io spero tanto che Goku non si sbagli”. Eheh beh, se Goku si sbaglia o no, lo leggerai in questo
capitolo se ti va, e così vedrai anche se Trunks lo fa a fettine o no! eheh… Goku dovrebbe capire cosa? Ma se Goku non capisce mai
niente nemmeno quando ce l’ha sotto il naso! Grazie ancora per le tue
recensioni, spero di risentirti! E buone feste! Poi c’è… la Lovva! Tesora,
mi sei mancata! Ma certo che ti saluto lo stesso, come dimenticare te e i tuoi
commenti stupendi! Allora avevo immaginato bene: avevi l’influenza! Spero
davvero che tu stia un po' meglio! A me in compenso il raffreddore sta
passando! Eheh… beh che dire, Goku ha compiuto
un’azione un po' azzardata, comunque adesso potremo capire come mai… ma non
perder tempo a sgridarlo, tanto è tardivo, si sa xD
Ribadisco, non preoccuparti se non hai tempo, tanto anche io non aggiorno con
furia, e poi immagino come sei impegnata! I tuoi commenti valgono talmente
tanto che vale la pena aspettare un po'! Buone Feste anche a te, e buon 2008!
Un bacio, ci sentiamo! La terza era… Ele94!
Ciao carissima! Beh che dire, tu hai dato l’idea a me, e io sono riuscita a
renderla come te l’immaginavi: un bel gioco di squadra! Comunque ti ringrazio
ancora! Con questo capitolo potrai scoprire i motivi che hanno spinto Goku a quell’ (insano) gesto! xD beh,
certo, se Trunks fosse stato con loro avrebbe riacchiappato subito Mirai, ma
non solo, probabilmente avrebbe pure tirato uno scappellotto al nostro caro
saiyan! xD Auguri anche a te cara, grazie di tutti i
complimenti generosissimi, un bacio e alla prossima! Ora passiamo ad Alan!Heihei, non hai più il primato della prima recensione! Ehehe ma sì dai, l’importante è che ci sei, mi fa molto
piacere, lo sai! Ovviamente le varie stranezze che riguardano Mirai verranno
svelate piano piano più avanti, non solo in un unico
capitolo e così presto! Comunque vedo che hai capito il significato anche di
quel titolo di capitolo! Non avevo dubbi! Eheh… parte
la sfida anche per questo? No… questo è troppo scontato xD
Comunque… sì, la scelta della terza persona nello scorso capitolo era per
quelle ragioni che dicevi tu… in una descrizione in prima persona avrei rotto
un po' l’atmosfera. Lascio un po' in sospeso anche questo finale, non sgridarmi
ti prego xD ci sentiamo, così ti chiedo qual è la
frase che non hai capito! Baci baci! E infine, ecco la Lory!
La scena che mi hai citato era proprio un modo per dare l’idea del punto di
vista della ragazza senza narrare in prima persona come faccio spesso. Sono
felice che tu l’abbia notato. Non sei mai monotona nei commenti, Lory! Mi fa piacere sapere quel che pensi… ah, lo sai… la
tresca non è nei miei progetti a breve termine xD un
bacio, ci sentiamo!
Bene… anche stavolta ho
detto tutto ai miei angeli! Torniamo al capitolo! Di nuovo narrazione in prima
persona, affidata al nostro principino preferito! Un bacio a tutti, e un buon
2008, visto che mi sa che questo è l’ultimo aggiornamento dell’anno! (almeno
penso! °°)… un bacio, la vostra scimmia!
Cap.13 –La Nuvola d’Oro-
Ricordo nitidamente quella strana sensazione. Ero
inquieto da diverso tempo, da quando l’avevo vista sparire all’orizzonte sulla
schiena del signor Goku. Ma ci fu un attimo, un preciso istante, in cui non
riuscii più a controllare il mio istinto. Eravamo seduti tutti intorno al
tavolino davanti alla casa di Genio, sulle mie gambe tenevo il piccolo me
stesso che giocherellava tirandomi i capelli. Era strano credere davvero che
quel fagottino fossi io, credere che io ero stato così piccolo. Non mi sembrava
vero, che quegli occhi così ingenui, così innocenti e felici, un tempo erano
stati sul mio viso. Non c’era da crederci che in pochi anni avrebbero pianto
lacrime amare, e che sarebbero divenuti sempre più tristi, giorno dopo giorno,
nella straziante ma inesorabile consapevolezza di essere sempre più solo,
inutile e disperato. Una responsabilità troppo grande, un fallimento personale
totale. Perché avrebbe dovuto subire tutto ciò, quel bambino che adesso rideva
i suoi sorrisi più belli, con la boccuccia spalancata e senza nemmeno un
dentino? Non v’era motivo accettabile per cui dal suo volto avrebbe dovuto
sfuggire quell’espressione felice. Eppure sarebbe
accaduto… sentii prorompente la necessità di difendere la gioia di quel
bambino. Per la prima volta, mi resi conto di quanto quel viaggio lo avessi
fatto anche per me stesso.
Tirava i miei capelli con forza, il piccolo che
doveva alla genetica una potenza già fuori dal comune, e tutti non potevano che
ridere di quel suo modo spontaneo di far male senza rendersene conto, e di
giocherellare con i capelli che un giorno avrebbero adornato il suo stesso
viso. L’aria era allegra, tutti erano rilassati. Sembravano essersi tutti
dimenticati di quella ragazza, che aveva impedito che quel bambino non
conoscesse suo padre. Forse per loro non era così importante, l’idea di perdere
qualcuno, perché potevano resuscitarlo, perché sapevano che comunque potevano
riaverlo. Io avevo provato in tutta la mia vita la terribile sensazione di aver
strappate le persone care da un addio rapido, disatteso e soprattutto
definitivo. E per me l’idea che mio padre quel giorno avesse scansato il
cammino della Morte, non poteva esser cancellata da nessuna risata. Io che con
il mio arrivo avrei dovuto salvar tutti, per poco non stavo per permettere che
la persona alla quale più desideravo salvare la vita incrociasse di nuovo la
terribile sorte che gli era capitata nella mia realtà. E se ciò non era
accaduto, se mio padre era ancora vivo, era merito soltanto di una persona. Fu
in quel momento, con quel ragionamento, che quella strana sensazione mi investì
totalmente, e se fino a quel momento con razionalità ero riuscito a convincermi
di concentrarmi su quel bambino che giocava con i miei capelli, in un solo
istante ogni mio cenno di autocontrollo svanì. Borbottai delle scuse senza
molto senso, non notai il visino un po' interdetto del cucciolo che riappoggiai
tra le braccia della sua mamma, ancora voglioso di giocare con quelle ciocche
che gli sembravano solo un nuovo divertentissimo balocco, e mi alzai
rapidamente, allontanandomi verso il retro della casa. Probabilmente tutti
sapevano cosa avevo intenzione di fare, ma non volli alzarmi in volo di fronte
a loro. Sentii la voce di Gohan dirmi qualcosa piano, mentre mi alzavo,
cercando di convincermi a restare lì, che suo padre voleva rimanere da solo e
che sapeva quel che faceva. Non riuscì a calmarmi. Feci finta di non sentirlo,
e proseguii nelle mie intenzioni. Appena fuori dal loro campo visivo spiccai un
salto e iniziai a volare più veloce che potevo nella direzione dalla quale
sentivo l’aura del signor Goku. D’istinto cercai di percepire la sua, perché
sapevo che essendo più forte l’avrei trovata meglio. Ma mi stupii, quando la
percepii relativamente modesta, mentre l’aura di Mirai era penetrante e impossibile
da ignorare. La brutta sensazione che avevo trovò in questo strano fenomeno
nuovo nutrimento, e continuavo a perdere sempre di più ogni rapporto con la
razionalità. Aumentai l’aura fino a trasformarmi, senza nemmeno accorgermene,
per volare più velocemente. Sentivo che ero vicino, quando d’improvviso l’aura
di Mirai scomparve. Nella mia mente, mille idee, confuse, sconclusionate, mi
accecarono sempre più. Non potevo volare più veloce di quel che stavo facendo,
e me ne incolpavo. Sentivo le vene nella fronte pulsare fino a darmi fastidio,
ma continuavo a sforzare il mio corpo. Quando mi accorsi che dovevo ormai
essere tanto vicino da poter già riuscire a vederli, iniziai a cercare più
attentamente intorno a me, e ci misi un po' a notare quella macchia scura in
basso, vicinissima all’acqua. Senza nemmeno soffermarmi, scesi in picchiata, e
mentre mi avvicinavo distinguevo sempre più nitidamente la figura del signor
Goku, che stava volando a pochi centimetri dalla superficie marina. Ma sulla
sua schiena non era più aggrappata Mirai.
“Signor Goku!” lo chiamai d’istinto, quando ormai
l’avevo quasi raggiunto. Sicuramente si era già accorto che stavo arrivando,
trasformato in super saiyan la mia aura era ancora più prorompente nella
percezione, ma si voltò solamente quando richiamai la sua attenzione con quel
grido. Poco prima che mi trovasse con lo sguardo, preferii perdere la
trasformazione, e i capelli tornarono a poggiarsi morbidi sulle mie spalle.
Mentre ruotava il busto verso di me, con espressione seria, ma non ostile,
riuscii a vedere che tra le braccia stringeva Mirai. Durò poco la sensazione di
tranquillità che mi portò la vista della ragazza: in un attimo gli arrivai
vicino, e bloccandomi di scatto, quasi a fatica vista la velocità a cui volavo e
che non avevo diminuito se non all’ultimo istante, notai subito le braccia
abbandonate verso il basso, la testa reclinata indietro e gli occhi chiusi. Il
suo corpo completamente incosciente era abbandonato tra le braccia di Goku, che
la sorreggeva con una mano sotto la schiena e l’altra a raccoglierle le gambe.
In quel momento il grido che sentii dentro fu
tanto forte da non permettermi di proferire alcun suono, nessuna parola. In
quel tempo che mi ero immaginato una scena del genere, tanto era l’odio che sentivo
potermi crescere dentro nei confronti di colui che mi aveva strappato alla mia
promessa, che adesso che quell’odio stava nascendo
davvero non sapevo come contenerlo. Mi sembrava di esplodere, mi sembrava di
non riuscire a respirare, nell’attesa di comprendere se mi stessi sbagliando, o
se di lì a poco avessi perso completamente la ragione e la responsabilità delle
mie azioni. Nel frattempo, riuscivo solo a rimanere immobile, e la voce non
voleva chiedere spiegazioni, per paura di sentire quello che non avrei in alcun
modo accettato.
“Trunks… ti avevo detto di aspettarci all’isola
con gli altri.”
Rimasi ancor più sconcertato. Era quella la sua
unica preoccupazione?
“Che… che cos’è successo?” un filo di voce, solo
quelle parole, niente più riuscii ad elaborare per poter parlare senza lasciar
uscire fuori anche tutta la mia rabbia.
Goku, senza muovere gli occhi dai miei, con aria
quasi più rilassata, ci mise un attimo a rispondermi un misero “Niente”.
“N- niente?” mi tremava la voce, e quell’atteggiamento noncurante aggravava solo la situazione
“Co… cosa…” allungai una mano verso la ragazza, ma
Goku si mosse leggermente di lato, non permettendomi di arrivare a sfiorarle la
pelle. Le braccia di Mirai si mossero, a quello scatto, ondeggiando
incontrollate. La testa ebbe un lieve movimento di lato, per poi tornare nella
posizione originaria.Sentii uno strano
tremore. In quel corpo dall’aspetto privo di vita colsi qualcosa che non so
spiegare, mentre l’atteggiamento del signor Goku mi insinuò uno strano risentimento,
e una nuova paura si fece sempre più spazio nella mia mente.
“Non preoccuparti, Trunks. Sta bene.”
“Non mi sembra!” non riuscii a trattenere una
risposta un po' stizzita. Colui che avevo davanti mi guardò leggermente
contrariato, ma mai severo.
“È svenuta, ma sta bene.”
“Beh, e cosa le è accaduto per perdere
conoscenza!” non mi rendevo conto, in quegli attimi, di come il mio tono si
facesse sempre più alterato. Ma probabilmente Goku aveva già notato la mia
agitazione, da prima che iniziassi a parlare. Sul suo volto tornò un
espressione sorridente, e sembrava non rimproverarmi più con lo sguardo per non
aver mantenuto la parola che gli avevo dato poco prima, di non seguirli. Con
voce calma mi spiegò quel che aveva fatto.
Mi prese un sussulto, quando mi raccontò il modo
in cui l’aveva lasciata cadere, e la sensazione che più mi infastidiva
vedendomi la scena, era quella che sorgeva cercando di immaginarmi l’angoscia
di Mirai. Sola e improvvisamente tradita da un uomo di cui io le avevo
indirettamente detto di fidarsi. Chissà se mi aveva odiato, in quei momenti. Mi
raccontò che quando si era reso conto che non avrebbe volato, si era teletrasportato vicino a lei riprendendola pochi istanti
prima dell’impatto, e in quel momento si era accorto che era svenuta. Disse che
non era quella la sua intenzione, ma che comunque quella nuova fatalità giocava
a suo favore. Se non avesse perso conoscenza per lo spavento, avrebbe dovuto
farla svenire in un altro modo.
“Ho dovuto agire così, altrimenti non avrei potuto
avere la certezza di una risposta vera. Chiedendoglielo, non avrei cambiato
niente, avrebbe potuto mentire.”Furono
le parole che pronunciò a conclusione del lungo discorso, che ascoltavo in
silenzio.
Non riuscivo in alcun modo a capire come e perché
quella ragazza potesse averci mentito, recitando una parte per uno scopo ai
miei occhi del tutto ignoto. Inconcepibile, assolutamente inconcepibile. Ma chi
avevo davanti era Son Goku, e lui forse ne sapeva più di me. Forse. Stavolta si
sbagliava e io me lo sentivo, però volli concedergli il beneficio del dubbio.
“Se… se avesse voluto fingere… magari ha finto di
precipitare. Se è un nemico con delle informazioni su di noi poteva immaginare
che lei voleva metterla alla prova e che non l’avrebbe mai e poi mai lasciata
morire.”
“Certo… ci ho pensato infatti. Ecco perché ti ho
detto che il fatto che sia incosciente adesso gioca a nostro favore.” Alzò lo
sguardo al cielo “Nuvola d’oro!” gridò verso l’aere sulle nostre teste. Ci
vollero pochi istanti, e una piccola nuvola tutta gialla apparve all’orizzonte
per raggiungerci in altrettanto poco tempo. Me ne aveva parlato, mia madre,
della nuvola che Goku aveva da piccolo, e che usava per spostarsi su lunghe
distanze, prima di imparare a volare.
“Adesso che è incosciente, non potrà mentire.”
Tornò con lo sguardo su di me “Vedi Trunks, su questa nuvola può salire solo
chi ha l’animo puro.” E alla sua spiegazione mi tornarono in mentre le parole
di mia madre che, raccontandomi della nuvola di Goku, mi aveva raccontato anche
di questa sua caratteristica.
“Se fosse stata sveglia… avrebbe potuto volare
fingendo di essere sostenuta dalla nuvola.” Parlai d’istinto, concludendo il
ragionamento iniziato dal guerriero di fianco a me. Goku mosse appena la testa,
in un cenno di assenso, dopodichè tornò voltato verso la sua vecchia amica
dorata.
Protese le braccia in avanti, adagiando la
ragazza su quella piccola nube gialla. Il corpo di Mirai si mosse appena,
abbandonato dalle braccia che l’avevano sorretta fino a quel momento, sprofondando
un po' in quel cumulo dall’aspetto morbido come un grosso batuffolo di cotone.
Il viso si piegò di lato, scomparendo tra i riccioli dei capelli e della
nuvoletta. Un braccio era rimasto fuori dalla nuvola, pendendo verso il basso,
con la mano aperta.
Per diversi secondi rimanemmo fermi, io e il
signor Goku, fissando quel corpo dall’aspetto addormentato adagiato su quell’insolito giaciglio. Aspettavo che il guerriero di
fianco a me proferisse parola, ma non intendeva farlo, almeno non prima che la mia
pazienza avesse trovato il suo limite. Mi mossi così in avanti, lentamente
sulle prime, come pronto a fermarmi ad un qualsiasi segnale di colui che mi
affiancava. Ma non mi impedì di avvicinarmi, così proseguendo nel mio
movimento, andai vicino a Mirai e la presi in braccio. Feci in modo di tenere
il busto sollevato, completamente appoggiato a me, così da poter avere il suo
viso vicino al mio collo, e poter controllare in qualsiasi momento i suoi
respiri, che trovai fin da subito regolari e caldi sulla pelle. Mi sentii
subito meglio, e in un sospiro di sollievo mi voltai verso Goku con un sorriso.
“Adesso possiamo fidarci?” ma la mia domanda era
più retorica che realmente bisognosa di una risposta.
“Pare che tu non abbia mai avuto il minimo dubbio
a riguardo… vero, Trunks?”
Tornai con lo sguardo su quel visino tondo
addormentato. Sembrava piccola e imbranata, sembrava ai miei occhi una bambina
un po' capricciosa, con quei riccioli sul viso, e le lentiggini. Ma come tutti
i bambini che dormono, in quel momento io la vedevo solo come un essere
indifeso. Mentre la fissavo, nell’incoscienza alzò appena una mano che aveva
appoggiata sul proprio ventre e l’aggrappò alla maglietta nera, e mosse un po'
il viso strofinandolo contro la giacca. Goku non attese le mie parole, notò
sicuramente che perso nei miei pensieri avevo tutta l’intenzione di tardare un
bel po' nel dargli una risposta che già traspariva dai miei sguardi.
“Però Trunks… questa era solo la prima delle
prove di cui parlavo…”
“Lo so.” Risposi tornando con gli occhi in quelli
del guerriero di fianco a me “Ma io mi fido di lei, signor Goku.”
Quando riaprii gli occhi, la prima cosa che vidi fu la mia mano che
stringeva la maglietta nera di Trunks
Anno nuovo,
capitolo nuovo! Beh, speriamo non sia un capitolo
l’anno! Eheh… ok, ho
diverse cose da fare adesso che sta per ricominciare scuola. Comunque
ogni tanto aggiungo un pezzetto! Ma prima passiamo ai
commenti!
Chi è che ha
commentato per prima? Lory,
vero? Eheh, sì, perché ha aspettato pure
l’aggiornamento! Ti ho fatto fare le ore piccole, ma sono contenta che per te ne è valsa la pena! Ok, per il
bacio dovrai aspettare dai… abbi pazienza xD
intanto un bacio lo mando io a te! Poi… Ainim! Ciao, sono contenta di ritrovarti! I tuoi commenti mi
fanno sempre sorridere! Il pezzo di Trunks che torna
nel futuro e dice a Bulma che ha fatto a pezzi Goku era a dir poco esilarante! Anche quella dello sbarco dai monti con la piena del fiume
mi ha fatta ridere mezz’ora! Mirai è proprio così! XD
Ovviamente, grazie mille per i complimenti, mi fanno molto piacere! Baci, alla
prossima spero! Il terzo, Alan! L’ho
pubblicata di notte perché Lory mi ha aspettata… ma tanto il primato non è l’importante! L’errore
c’era… ma l’ho corretto! Sarà stato
il sonno…scrivessi di giorno ogni tanto…mah! Poi… poi Ele!Ciao carissima!
Beh, chissà quanto ha capito Goku, forse non molto, comunque
ha assecondato Trunks e tanto ci basta che dici? Ora vedremo se assisterà al
resto delle prove o no! Grazie ancora per i complimenti sempre generosissimi
che mi fai! Sei troppo buona con me! Bacioni alla prossima! E infine… la Lovva!Tesora, non scusarti più ti prego! Il tuo commento,
primo ultimo o in mezzo non ha importanza, è sempre fantastico! Mi riempi di
complimenti, non so nemmeno più che risponderti, è importantissimo per me che
il mio modo di scrivere ti stimoli così alla lettura. La frase che hai citato
di Goku effettivamente ha una certa importanza… ovvio
che poi la portata celebrale di Goku chissà cosa gli fa capire… eheh ogni cosa a suo tempo! Un bacio ancora, sperando che
tua sorella non abbia deciso di mangiarsi te dalla disperazione! xD Alla prossima!
Tornando al capitolo, questo è piuttosto breve… purtroppo volevo evidenziare questo passaggio per tutta una serie di
significati che ci sono sottintesi, ma poi mettere anche le prove successive
sarebbe stato troppo pesante. Mi sembrava che questo pezzetto stesse bene così,
da solo. Alla prossima, vedremo un po' queste fantomatiche prove di Goku, e
come reagirà Mirai! (almeno
penso!)…credo di aver detto tutto… vi lascio al capitolo! Bacioni,
dalla vostra solita vecchia scimmia!
Cap. 14 –Fiducia-
Quando riaprii gli occhi, la prima cosa che vidi
fu la mia mano che stringeva la maglietta nera di Trunks. Mi accorsi in pochi
istanti, che mi teneva tra le sue braccia, e sulle prime finsi di non essermi
ancora svegliata, perché mi sentivo in imbarazzo e non avrei saputo come
affrontarlo. E poi, sentire il battito del suo cuore
era bellissimo. Quella maglietta nera era così sottile, e alla mia guancia
appoggiata al suo petto arrivava tutto il calore della sua pelle giovane e
viva.
“Ti
sei svegliata?” la sua voce mi colse d’improvviso, sentii un battito in più nel
petto, poi alzai il volto verso il suo. Era lì, così vicino da poter sentire il
suo respiro. Mi sorrideva.
“Cosa…” chiesi in un sussurro spiegazioni, mentre cercavo di
ricordare cosa mi fosse accaduto. Ricordai quasi nello stesso istante in cui mi
accorsi che Goku era di fronte a noi.
“Ti
senti bene?” mi chiese portandomi a togliere lo sguardo da quello di Trunks.
Non riuscii ad evitare di guardarlo un po' storto, e d’istinto strinsi ancora
di più le mani alla maglietta del ragazzo che ancora mi sorreggeva. Sentii
Trunks sorridere delicatamente, Goku invece assunse un
espressione sorridente ma un po' imbarazzata, si portò una mano dietro
la nuca ridacchiando. “Non guardarmi così” riprese la parola interpretando il
mio silenzio più che eloquente “Non avevo intenzione di farti niente di male.”
“Mi
stavo ammazzando!” mi fidavo di quell’uomo, e la cosa
che mi faceva più male era aver sentito la mia fiducia mal riposta. E poi quel
volo verso il mare non era stato affatto piacevole.
“Il
signor Goku sapeva quel che faceva… è stato lui a riprenderti prima che tu
cadessi in mare. Non avrebbe mai permesso che ti accadesse qualcosa di brutto.” La voce di Trunks mi fece chiudere un po' più nelle
spalle, affondando una metà di viso nel suo petto.
Mi
sentivo strana. Non potevo capire come mai Goku avesse avuto quell’atteggiamento, e la sensazione della paura che avevo
provato copriva ogni probabile comprensione. Mi ero sentita così vicina alla
morte, così sola, quasi tradita. Accettare che quell’uomo non intendeva
farmi del male, senza sapere però il motivo che lo aveva spinto ad un azione
del genere, non era concepibile per me. Volevo fargli tante domande, volevo
sentire le sue motivazioni, ma non mi usciva nessuna parola dalla bocca, e
nemmeno una frase di senso compiuto mi si formulava in testa.
“Te
la senti di scendere?” mi chiese Trunks facendomi tornare con l’attenzione su
di sé. Alzai il volto, guardandolo.
“No”
rimbombava nella mia mente. Non era debolezza fisica, bensì bisogno di contatto
umano quello che mi spingeva a desiderare di rimanere tra le sue braccia.
Sembrava che solo con lui io mi sentissi pienamente a mio agio, e protetta. “No,
che non voglio scendere!” continuavo a ripetermi nei pensieri. Ma aprendo bocca
risposi semplicemente “Sì, certo, sto bene.”
Delicatamente,
allora, piegò le braccia permettendomi di toccare terra coi
piedi, mi sostenne con il braccio intorno alla vita finché non fu sicuro che
potevo tenermi in equilibrio da sola, dopo di che mi mollò. Fui io a rimanere
con una mano aggrappata alla manica della sua giacca blu, ma me ne accorsi solo più tardi, lì per lì fu un gesto automatico.
E lui rimase impassibile, tutto il tempo che tenni
stretta la stoffa, come se non se ne fosse accorto, o come quando un gesto è
talmente abitudinario e scontato che non ci facciamo nemmeno più molto caso.
Mi
guardai intorno. Eravamo su un’ isoletta desolata e
deserta, sembrava proprio quella che avevo visto in volo poco tempo prima con
Goku. La terra era polverosa ed arida, qualche roccia si alzava sterile verso
il cielo, in un’ impresa disperata di raggiungerlo
viste le dimensioni ridotte. Il mare tutto intorno bagnava la terra sul bordo
frastagliato, che assorbiva avidamente l’acqua in pochi istanti per poi tornare
infertile come prima.
“Ti
chiedo scusa per come ho agito. Volevo vedere se sapevi volare.”
“Io
non so volare e gliel’avevo detto!” continuavo ad avere un tono
involontariamente stizzito, anche se quel volto spensierato che si scusava riusciva
a farmi sentire quasi in colpa del mio stesso risentimento.
“Sai,
quando ti ho chiesto se eri disposta ad affrontare delle prove… ovviamente
accettando era compresa un minimo di fiducia in me.”
Abbassai
la testa, a quelle parole, e vidi con la coda dell’occhio che lo sguardo di
Trunks era tornato su di me. Se lui era tranquillo, sentivo di poterlo essere
anche io, e se dopo quel che era successo lui stava lì in silenzio aspettando
una mia reazione, poteva solo significare che non avevo niente da temere. Quando Goku aveva avanzato la proposta di sottopormi a delle
prove, ancor prima di farmi rispondere, era intervenuto per capire meglio;
adesso stava in silenzio, e questo mi diede forza.
“Però… non mi butti più di sotto, vero?” alzai lo sguardo di
nuovo su quello del saiyan biondo di fronte a me.
“Promesso.”
E sorridendo mi allungò la mano, nella quale riposi la
mia. “Adesso dobbiamo continuare con le prove, Mirai.”
Proseguì lasciando la presa, sempre con la solita delicatezza che usava nei
miei riguardi. Mossi la testa in un cenno di assenso.
“Allora,
io torno dagli altri.” Sentii Trunks intervenire, dopo un attimo di silenzio, e
solo in quell’istante mi accorsi che tenevo la manica
della sua giacca. Ma non la mollai, a maggior ragione
per quel che aveva detto. Lo guardai, e poi guardai Goku in
attesa della sua risposta. Gli avevo promesso fiducia, ma l’idea di allontanarmi
da Trunks continuava a lasciarmi una brutta sensazione.
“D’ora
in poi, se preferite, puoi restare.” Quel plurale che
usò nella frase parlò molto di ciò che aveva capito, e che forse noi ancora non
comprendevamo pienamente.
Rimasi
in silenzio, provai a guardare Trunks, credendo che volesse
parlarne con me, ma lo trovai col volto diretto verso il guerriero che ci stava
davanti.
“Allora,
preferisco restare.” E sorrise. Solo dopo, sempre col
suo sorriso, mi guardò. In quell’espressione sembrava
non esserci il minimo dubbio, che anche io la pensassi come lui, che anche io
lo volessi lì. E fu a quello sguardo, al quale risposi
con altrettanto garbo in un sorriso, che mollai la
presa sulla sua manica. Non avevo bisogno di tenerlo: lui mi sarebbe comunque rimasto vicino.
Ci furono dei lunghi minuti in cui regnò il silenzio
Buonasera (anche se forse sarebbe meglio un
“buonanotte” dato l’orario!) a tutti! Sembra incredibile, ma sono tornata alla
carica! Dopo quasi un mese di assenza, riesco ad
aggiornare… purtroppo, come qualcuno sa, tra scuola e problemi vari ho dovuto
far passare in secondo piano molte cose, come questa fanfic.
Ma oggi ho scritto un nuovo capitolo, e finalmente la
storia riparte! Cominciamo con le recensioni del capitolo precedente!
Alan, che devo aggiungere? Hai capito quasi più di me quel capitolo!
Beh, comunque che Trunks non sia ancora
definitivamente l’amore, hai proprio detto bene. Per ora per lei è più un punto
di riferimento, una certezza. Sono contenta che si capisca. Grazie del
commento, al prossimo capitolo! È tornata anche Ainim! Beh, ormai ti considero
parte del gruppo delle angels, eh! Sono contenta che
mi segui con assiduità, per quel che riguarda la curiosità spero di averla saziata almeno un po’ con questo nuovo capitolo,
fammi sapere! Grazie e un bacione grande! Ho trovato
anche una commentatrice nuova, la carissima Xhennet! Che
io adoro tra l’altro, perciò trovare la tua recensione è stato davvero un
piacere doppio! Complimenti vivissimi intanto per esserti letta tutto il
mattone dall’inizio, e comunque non avrei mai
immaginato che tu volessi leggerlo, è stata davvero una piacevole sorpresa!
Grazie mille dei complimenti, spero che la trama si sviluppi senza delusioni.
Per l’appunto questa è la prima volta che aggiorno con così
tanto ritardo, ma spero comunque che continuerai a seguire la storia e
soprattutto che mi farai sapere cosa ne pensi! Un bacio grandissimo e grazie
ancora! E poi, c’è l’immancabile Lory! Ogni volta mi fai i complimenti per le descrizioni, e questo mi rende sempre molto felice. Ho esaurito almeno un po’ la tua
curiosità? Ah… lo so che aspetti il bacio xD
pazienza dai… pazienza per un altro po’… eheh.
Un saluto anche alla Lovva e aEle94 che a questo capitolo non ho
sentito, ma visto che sono due delle mie angels le
saluto con un bacione e spero che stiano bene!
E adesso… torniamo alla
storia, che è meglio. Forse è un po’ più lunghina del
solito… ma visto che sono mancata un mese, me lo
concedete?
Un bacione
a tutti, anche chi dà una letta veloce! Ci sentiamo al prossimo capitolo, la
vostra scimmia x3
Cap.15 -Mano nella mano-
Ci furono dei lunghi minuti in cui regnò il
silenzio. Dopo che Trunks aveva deciso, anche a nome mio, di restare, Goku si
era avvicinato a me allontanando un po’ il ragazzo dal mio fianco. Non ebbi
quella strana sensazione che sentivo quando mi si
allontanava, quella brutta sensazione di abbandono, e non solo perché mi rimase
comunque relativamente vicino. No, c’era dell’altro, qualcosa che non potevo ben meglio definire se non interpretandolo come una
fiducia crescente nei confronti del giovane dai capelli lunghi.
Goku mi girò un po’ intorno,
osservandomi attentamente, ogni tanto poggiava una mano su di me, a
volte su una spalla, a volte sulla testa, restava qualche istante immobile, poi
abbandonava il tocco e continuava a scrutarmi. Si fermò dopo
qualche minuto, mi si mise davanti con le mani sui fianchi, lo sguardo
pensieroso. Un’ ultima occhiata partì dai miei piedi arrivando fino ai capelli.
“Beh, perlomeno con quei fianchi farai dei gran bei
bambini!” la voce era spensierata, quasi in contrasto con l’espressione fin
troppo seria, che subito seguendo il tono delle parole mutò tornando meno
greve.
Mi portai con uno scatto le mani sulla parte del
mio corpo presa in esame, e sentii il volto farsi caldo, mentre istintivamente
corrucciavo lo sguardo.
“Ma… ma che c’entra!” mi
lagnai. Sebbene dalla vergogna tenessi lo sguardo in
un punto indefinito del terreno, mi accorsi che Trunks, divertito da quell’uscita spontanea, ridacchiava un po’ imbarazzato poco
distante da noi.
“Non hai proprio il fisico di una guerriera!” si
difese il saiyan dai capelli biondi portandosi una
mano alla nuca “Sei bassettina, hai i fianchi un po’
larghi per la tua altezza, e i tuoi muscoli non sono certo…” si
interruppe lentamente, sembrò scorgere qualcosa nell’espressione che
involontariamente avevo assunto. Non erano certo parole adulatorie, quelle che
mi venivano rivolte, ma sentirle pronunciare da quell’uomo, con quell’aria
bonaria e l’espressione solare, non potevano in alcun modo ferire. Sentendole
rimbombare nella testa, durante il silenzio che si era creato, non riuscii a
trattenermi da una risata. Trunks, che in un primo momento seguiva l’evolversi
della scena un po’ impaurito dalla reazione che avrei potuto avere, al mio
gesto di allegria distese i nervi e ricominciò a ridere
a sua volta. Come se non avesse potuto gioire di una cosa
palesemente divertente, se questa non avesse divertito anche me.
“Senti un po’, Goku! Hai
conquistato così tua moglie?” tornai con lo sguardo su quello dell’uomo
di fronte a me, assumendo un tono ironico. Lui sembrò non
capire, la sua espressione dubbiosa per la mia risata rimase immutata,
ma più concentrata, cercando di comprendere il senso della mia domanda. Poi si
voltò verso Trunks, come a chiedergli consiglio. Il giovane, ancora divertito,
si chiuse nelle spalle accompagnando il gesto con un’espressione un po’
dispiaciuta, come a dirgli che non poteva aiutarlo.
Non è che non avesse capito, ma da quel poco che lo
conosceva già sapeva che con Goku c’era sempre poco da spiegare, e preferì
evitare di intromettersi nel discorso di sua natura già molto delicato. Sapeva
che parlando di fisicità con una donna si corrono
molti rischi. Il guerriero più grande, ancora confuso, sembrò dimenticarsi
della mia domanda retorica e proseguì il discorso che sembrava essersi nel
frattempo sviluppato nella sua testa.
“E poi, con quelle due cose lì davanti, se tu
dovessi mai combattere alcuni movimenti ti risulterebbero
sicuramente impacciati!” se il sorriso che avevo sul volto si stava rilassando,
tornò a questa frase più teso e profondo. Almeno quello, avrei potuto prenderlo
come un complimento. Ma ciò che mi faceva più
sorridere, era vederlo parlare in modo schietto e spontaneo, come un bambino.
“È veramente bizzarro immaginarti come guerriera.”
Finalmente, arrivò alla conclusione di tutto quel ragionamento, e esplicò a parole la motivazione dei gesti di poco prima.
“Ma io infatti non sono
una guerriera!”
“Sì, ho capito, ma se è vero quel che ha detto
Vegeta, almeno qualcosa di te dovrebbe riportare a una
natura guerriera, invece…” si interruppe scrutandomi un’ennesima volta da capo
a piedi, poi riprese la parola “… comunque, meglio passare oltre. Del resto,
Vegeta non ha detto che hai combattuto, ma solo che
hai sprigionato una strana energia.” Mi si avvicinò a passi
lenti, mi sollevò una mano poi prese saldamente il polso voltando il
palmo verso l’alto. “Tu ricordi qualcosa di quell’energia?
L’hai sviluppata volontariamente?”
“Non ricordo niente.”
Ero concentrata sui suoi movimenti, ma accorgendomi che non si muoveva più, nel
momento di silenzio aggiunsi “E comunque, non mi è mai
accaduto niente del genere. Non ho mai sprigionato nessuna energia…
né volontariamente, né involontariamente.”
“Quindi non sai fare
questo” alzò la mano che non teneva la mia, girò il palmo verso l’alto e
materializzò una piccola sfera luminosa. Sebbene di dimensioni non maggiori a una palla da baseball, si poteva nitidamente sentire un
imponente calore, oltre la forte luminosità che mi impose di voltare la testa
dalla parte opposta. Non avevo mai visto niente del genere, se non nei cartoni
animati e in qualche film di fantascienza. Eppure
quella strana sfera era reale, e scaturiva dalle mani di quell’uomo.
Voltai di nuovo lo sguardo verso quell’energia,
la fissai, costretta però a strizzare gli occhi, molto attentamente. Trunks mosse qualche passo
verso di noi, lentamente, distrattamente. Di lì a poco, Goku fece
sparire la sfera. “Sapresti fare questo?” insistette, sempre tenendomi il
polso.
“No” scossi il capo diverse volte accompagnando la
risposta.
“Prova” sentii la stretta più serrata,
imponendomi di tenere il palmo verso l’alto. Portai lo sguardo su quello di
Goku.
“Ma non so che devo
fare.”
“Devi concentrarti… concentra le tue energie
nella mano.”
Mi infastidì, anche solo per
un secondo, il modo che aveva di insistere. Non avevo la minima idea di quel
che mi chiedesse di fare. Non capivo cosa intendesse
per energie. Ma sembrava non voler proprio comprendere che non sapevo minimamente cosa fare, così portai lo sguardo sulla
mano. E mentre pensavo di concentrarmi mi accorsi che
in realtà pensavo a cosa volesse dire concentrare le energie, perciò pensavo
senza in realtà concentrarmi. Pensavo fissandomi la mano, e ovviamente non
accadeva niente.
“Non sei proprio capace, eh?” sentii la sua voce
interrompere i miei pensieri. Fu in quell’istante che
mi accorsi di come fossi totalmente sconcentrata.
“Te l’ho detto…”
Mollò la presa sul polso,
lasciandomi libera
la mano.
“Sì, ma eri anche troppo distratta.” La sua
espressione era perennemente spaurita e allegra, ma bastavano poche parole per sottolineare come fosse in realtà a attento a ciò che lo
circondava. Almeno, verso ciò che lo interessava.
“Forse mio padre si è sbagliato…” la voce di
Trunks, disattesa, mi fece notare quanto vicino ormai ci fosse.
“Chi? Vegeta che si sbaglia su qualcosa del
genere?” Goku portò lo sguardo sul giovane al suo
fianco. “Tuo padre non fa che combattere da tutta la vita. Sa quello che dice.”
“C’era caos in quel momento,
era in difficoltà…”
“E comunque, Trunks, lui
ha riconosciuto di esser stato aiutato da una potente energia; se non è stata
lei, chi è stato?” dopo un attimo di silenzio, Goku proseguì “anche se non
fosse stata lei, qualcuno ha sprigionato quel potere perché Vegeta lo ha
percepito. Se ha avuto la forza di percepirlo, era abbastanza lucido da capire
chi fosse a sprigionarlo. Sai meglio di me come noi saiyan possiamo resistere al dolore: quando perdiamo
lucidità è praticamente solo in punto di morte.”
Il giovane dai lunghi capelli lisci chinò la testa
e portò lo sguardo verso terra. Ciò che gli aveva detto quel guerriero molto più esperto di lui era vero. Si limitò a rimanere in
silenzio, in cenno di assenso.
“Forza Mirai, vieni
qui.” Si rivolse poi a me, Goku, che mi intimò di
mettermi al suo fianco con un gesto della mano. Gli obbedii subito, portandomi vicino
a lui con passo deciso.
“Adesso metti le mani in avanti col palmo verso
l’alto” simulò il movimento che mi aveva appena descritto “Così.” Aggiunse una volta in posizione. Lo imitai in silenzio.
Trunks, a pochi passi da noi, osservava attento.
Sulle mani di Goku si formò una sfera di energia gialla più grande di quella che mi aveva mostrato
poco prima, delle dimensioni più o meno di un pallone da calcio. Come era successo prima, mi dava un po’ noia il calore e la
luce, ma strizzai solo un po’ gli occhi cercando di resistere di nuovo col viso
rivolto verso quello strano fenomeno.
Goku iniziò a muovere la mano verso la mia. Il
calore si faceva sempre più noioso, la pelle bruciava a
ogni centimetro che le sue mani si avvicinavano alle mie, ma rimasi immobile.
Solo non riuscivo a mitigare un’espressione infastidita sul volto. I piedi di
trunks si agitarono senza spostarlo di un passo, come se si volessero
inconsciamente muovere ma la ragione li placasse.
“Prova a sostenere questa sfera d’energia” mi
disse Goku con voce calma. Sembrava che per lui fosse meno faticoso che
sollevare un bicchiere. Ma io mi sentivo bruciare
sempre di più la cute, e iniziavo a sudare, vuoi per il calore, vuoi per la
tensione che stava crescendo. Sforzandomi restai immobile mentre la sfera,
sebbene sui miei palmi, era sorretta dall’uomo di fianco a me. Ma quando fece
per mollarla lasciandomi l’onere di sostenerla, ritirai
le mani facendo qualche passo indietro di scatto. Fu rapido lui, che con una
mossa decisa, come se il mio gesto non lo avesse stupito nemmeno più di tanto, riprese
subito l’energia per poi farla sparire in pochi istanti da dove era stata
generata.
“Scusami.” E alzai
subito lo sguardo verso di lui, che si voltava nella mia direzione scrutando
che stessi bene. “scusami non ce l’ho fatta. Bruciava,
bruciava terribilmente e poi…” non potetti finire, poiché
mi prese le mani guardandole.
“Non ti sei fatta male, vero?” poi mi fece una
carezza sulla testa e sorrise benevolo “Non preoccuparti va tutto bene.”
Portai lo sguardo verso Trunks, era fermo, ma il
suo corpo sembrava pronto a scattare in avanti. Era serio, ma pareva un animale
legato, pronto a correre al massimo non appena la catena che lo tratteneva si fosse spezzata.
“Ok, allora… non ci
siamo nemmeno così. Vediamo un po’ come possiamo fare…” il guerriero si voltò
verso il giovane che ci guardava senza distrarsi un solo istante “Trunks, puoi
aiutarmi?”
Con un cenno del capo, il
ragazzo si avvicinò a Goku, il quale gli spiegò cosa doveva fare. Ma
non capii quasi niente, ancora persa nei miei pensieri, nel guardarmi le mani,
nella paura, nel desiderio di interrompere quelle strane prove.
“Allora, Mirai” tornò rivolto verso di me, il saiyan biondo, spingendomi delicatamente verso Trunks “tu
stai qui vicino a lui.”E
mentre parlava, iniziò a camminare per distanziarsi un po’ da noi due “Ti
mostriamo come si può liberare l’energia. Osserva bene, e se ti senti pronta a un certo punto…” si fermò e tornò voltato nella nostra
direzione “… prova a sostenere l’energia di Trunks. Ma
per adesso osserva.”
Muovendo la testa gli risposi senza parole che
avevo capito, poi portai lo sguardo a Trunks, che trovai già con gli occhi su
di me.
“Mi fido di te.” Sembrò stupito da quelle parole,
che mi uscirono spontanee dalle labbra. Le dissi riferite
a ciò che mi aveva appena detto; le dissi riferite a lui come persona. Le
dissi, perché in quel momento avevo solo lui.
I due uomini si concentrarono, ognuno a modo suo
si misero in posa, e dopo pochi minuti nelle loro mani si formarono sfere di intensità e luminosità differenti, che poi spinsero l’una
incontro all’altra. Un fascio di luce sembrava unire le mani dei due ragazzi,
interrotto solo al centro dalle due energie che fuse creavano una sfera grande
e luminosissima. Schizzavano strani raggi simili a fulmini da
quella sfera, grandi da far paura, spuntavano da un polo della bolla
energetica e con un balzo arrivavano al polo opposto per poi essere inghiottiti
di nuovo. Sebbene quell’energia sprigionasse, oltre a
forza e calore, anche un forte vento, i due non sembravano
affatto affaticati né in difficoltà, tanto che quando i miei occhi
persero la concentrazione per tornare ad osservare i due uomini che si
confrontavano, mi sembrò quasi una cosa facile da farsi. Non pensavo che poco
prima non ero nemmeno riuscita a concentrarmi;
guardando loro sembrava solo tutto così semplice. Che Goku fosse un guerriero
più forte ed estremamente più esperto di Trunks
l’avevo capito, perciò non mi stupii se il più del tempo il punto d’incontro
delle due energie era sempre più sbilanciato verso il giovane Trunks. Via via che passavano i minuti,
sembravano quasi dimenticarsi di me, di dovermi mostrare qualcosa: sembravano
più voler dimostrare qualcosa a loro stessi, e le energie si intensificarono.
La bolla luminosa che scaturiva dal contrasto dei loro poteri
era sempre più vicina a Trunks, ma Goku si tratteneva magistralmente per non
rischiare di ferirlo in alcun modo.
Mentre loro parevano ormai essersi scordati di
me, ricordai quello che mi aveva detto Goku, di provare a sostenere l’energia con
Trunks se me la fossi sentita. Senza pensarci su più
di una volta mossi una mano in direzione di quelle del
ragazzo. Lui se ne accorse, mi guardò senza muovere la
testa, sorrideva come a rassicurarmi. Sorridendogli a mia volta poggiai il
palmo sul dorso delle sue mani unite.
Non ebbi nemmeno il tempo di accorgermi cosa stesse accadendo. In quel preciso istante il fascio di energia che usciva dalle mani di Trunks raddoppiò, i
capelli del ragazzo divennero biondi e irti verso il cielo, come erano quelli dell’altro
guerriero. La sfera energetica divenne enorme e iniziò a correre indietro lungo
la scia luminosa verso Goku, che anche se preso alla
sprovvista riuscì comunque con uno sforzo a deviare il colpo verso il cielo,
dove esplose e si esaurì. Il contraccolpo sbalzò Trunks qualche passo indietro,
mentre io rotolai qualche metro per terra per poi
fermarmi contro una roccia. Ricordo solo la polvere, tanta polvere da non
vederci niente, la terra arida su cui ero sdraiata, e
il mio respiro disturbato dalla terra che, volante, mi entrava nei polmoni ad
ogni respiro. Non mi dava noia non poter respirare. L’unica cosa che mi
angosciava era che, con quel senso di soffocamento, non riuscivo a chiamare
quel nome, quel nome che mi rimbombava nella testa… il
suo nome.
Aggiornamento rapido! Tanto per
farmi perdonare dell’assenza di inizio anno! Partiamo con
le recensioni!
La prima è stata Bea, una nuova lettrice! È stato
davvero un piacere, e ti ringrazio di avermi lasciato un pensiero! Sei stata
davvero gentilissima, ma soprattutto paziente a leggertela tutta in una sera! In
questo capitolo la tua curiosità dovrebbe essere soddisfatta almeno un po’… spero che mi lascerai un commento anche stavolta per farmi
sapere che ne pensi ^^ grazie mille ancora, un bacio! Poi c’è l’angel maschio, Alan, che non manca mai! Effettivamente quello di Goku
potrebbe essere quasi definito accanimento terapeutico ^^’ … ma infatti Mirai è un bel po’ stufa, e in questo capitolo è
anche evidente! Forse in questo capitolo l’avvenimento proprio chiave non c’è,
però è vero che è un po’ un capitolino conclusivo della situazione, e il vero e
proprio cambiamento lo avremmo nel prossimo… ci sentiamo alan,
byebye! E ritorna anche la mia nuova angel (eh, sì, ormai sei ufficiale xD a tutti gli effetti x3) Ainim! Beh, quella di Kaioshin poteva essere
una buona idea xD ma se la
caveranno ugualmente senza xD grazie ancora per i
complimenti, sei gentilissima, ci sentiamo alla prossima! Bacioni!
E infine, è arrivata anche la Lory!
Sei veramente troppo gentile, sono contenta che il capitolo ti sia
piaciuto! Chissà, forse questo ti piacerà un po’ di più, visto che c’è un po’
più di vicinanza e tenerezza tra Trunks e Mirai x3 un
bacio!
Il
capitolo, come ho già accennato, è breve… ma volevo
concludere questa situazione per poi cominciare con un nuovo capitolo nel passo
successivo della vicenda… e poi, dopo il papiro del capitolo precedente,
qualcosa di più breve e lento ci vuole! Un bacio dalla vostra scimmia!
Cap.16-Tra Cielo e Terra-
“Mirai!”
sentii la voce di Trunks, nitida, farsi sempre più vicina
“Mirai! Mi senti?”
Gli
occhi mi frizzavano, ma il richiamo mi spinse a non curarmene, e li aprii. La
vista era appannata, ma vidi ugualmente la sua sagoma
avvicinarsi, a passo spedito, e in pochi istanti mi fu vicino; le sue mani
forti mi aiutarono a sollevarmi.
“Mirai,
stai bene?” mi chiedeva in continuazione. Lo sentivo, ma il fastidio della
sabbia che mi offuscava la vista, insieme alla polvere che mi aveva inaridito
la gola, non mi faceva rispondere. Ottenendo così una
preoccupazione sempre crescente del ragazzo che continuava a sorreggermi.
“Sto
bene, Trunks… sto bene, è solo che la polvere…” gli
risposi, dopo qualche colpo di tosse, per liberare un po’ la gola dal fastidio.
“Hei, tutto ok?” arrivò anche
Goku, rapidamente, raggiungendoci nel polverone che si stava ormai diradando.
“Io
sto bene… lei…”
“Sì,
sì… sto bene.” Li rassicurai, e per avvalorare ancora di più le mie parole alzai lo sguardo sorridendo. Ma quando i miei occhi si posarono
sul ragazzo che mi stringeva, rimasi con le labbra schiuse senza aver alcuna
parola da proferire: i suoi capelli erano biondi, raggruppati in grossi ciuffi
che spiccavano verso l’alto, e i suoi occhi erano diventati di un verde estremamente acceso. Era identico a Goku. Tanto
che per un attimo pensai che nella confusione e nello stordimento mi forse mi
ero sbagliata, che era stato Goku a sollevarmi da terra e Trunks quello che era
arrivato dopo. Spostai lo sguardo sull’uomo davanti a
noi, riconobbi Goku. Mi guardai di nuovo a lato, in maniera un po’ più attenta, e solo allora ritrovai nei lineamenti di quel volto
giovane il viso di Trunks. Senza che dicessi una sola
parola, sembrarono entrambi capire cosa mi tratteneva in uno strano stato di ammutolimento. Si guardarono per qualche istante, poi
Trunks sembrò concentrarsi; ma dopo poco tirò un sospiro rassegnato, mentre il
volto era un po’ stupito.
“Trunks…
forse è meglio se torni allo stato normale…” intervenne Goku, che non capiva cosa stesse aspettando a farlo.
“Ci
sto provando… ma… non sono capace…”
“Come?
Che significa?” tra lo stupito e l’interessato, il
volto di Goku si fissò sul giovane che aveva di fronte.
“Non
lo so… la mia energia sembra… non so… sembra non
volersi esaurire…”
“Trunks…
come mai… sei… sei biondo! Tu e Goku siete uguali!”
finalmente, in un istante di silenzio, riuscii a mettere in parole i miei
dubbi. La mia voce spostò lo sguardo del guerriero più anziano su di me. Senza
rispondermi mi fissò un attimo in silenzio, poi mi prese
per un braccio e delicatamente mi staccò da Trunks, tirandomi a sé.
“Come
va l’energia?” gli chiese poi, con occhi concentrati tanto da sembrare scrutare
la sua anima. “Mi sembra che la tua aura sia meno confusa…”
“Sì…
va meglio…” gli rispose il ragazzo, fissando il terreno ai suoi piedi. Lo
sguardo era serio anche se non turbato, però i pugni erano serrati e tenuti
all’altezza dei fianchi, con le braccia leggermente piegate, e questa posizione
tenuta involontariamente faceva trasparire una certa agitazione.
Sembravano
entrambi talmente concentrati che preferii non dire niente, anche se le domande
erano molte, e rimasi in silenzio e immobile al fianco di Goku che ancora mi
teneva per un braccio.
Lentamente,
quell’alone giallo che circondava Trunks si affievolì
fino a scomparire, i capelli tornarono morbidi e lisci, di quel colore chiaro
tendente al lilla. Gli occhi erano di nuovo celesti,
un celeste non brillante ma profondo, quel bel colore che mette in imbarazzo.
Tirò un sospiro, poi alzò il volto verso di noi, sorrise rapidamente a Goku e
si soffermò su di me, porgendomi una mano.
Non
curandomi della mano che mi reggeva il braccio mossi qualche
passo in avanti liberandomi dalla presa ormai involontaria e andando a prendere
la mano che il ragazzo mi porgeva.
“Ti
sei spaventata?” mi chiese allungandosi e prendendomi anche l’altra mano.
“No…
solo lì per lì non ti ho riconosciuto…” un forte calore mi salì dal collo per
tutto il viso. Quel modo che aveva avuto di prendermi le mani
mi aveva imbarazzata, e il cuore martellava tanto come se avessi corso un’ora. Mi
accorsi presto, però, che la stretta era intensa, e la sua espressione
leggermente concentrata.
“Strano…
non mi fa l’effetto di prima…”
Mi
sentii una stupida, per un attimo, io che in quella stretta avevo percepito
chissà cosa, mentre lui ancora cercava una spiegazione a quello strano fenomeno
di poco prima.
“Io
non capisco perché ti sei trasformato in super saiyan!
Poteva essere pericoloso, Trunks, e tu dovresti
saperlo” lo redarguì Goku.
“Non
l’ho fatto apposta” si difese il giovane “mi sono sentito invadere da una
strana sensazione… la sfera d’energia mi è partita dalle mani senza che me ne accorgessi… non ho sentito nemmeno l’energia scorrermi il
corpo e attraversarmi le mani… non so se per la velocità o… non lo so, ma mi
sono reso conto solo dopo della trasformazione.”
Entrambi
portarono gli occhi su di me, in silenzio.
“Ah,
io non ne so niente, eh! Non chiedetemi cos’è successo perché io non ho fatto nulla!”
plagiai il tono rendendolo volutamente lagnoso, alzai
le mani in segno di resa e portai gli occhi al cielo. Assunsi un tono giocoso,
ma cominciavo ad essere davvero un po’ stanca di quella situazione. Forse lo
capirono, così fu Goku a porre fine a quello che stava diventando un debole
calvario.
“Beh,
penso che per oggi sia sufficiente…” sembrava che la frase terminasse in altro
modo nella sua mente, ma in quel momento ci tacque i suoi propositi, e dopo un
po’ concluse “… torniamo all’isola? Siamo
via da troppo tempo… Chichi mi ammazza!”
Annuendo
col capo, Trunks mi tornò vicino, mi sorrise, poi mi strinse le braccia attorno la vita e si sollevò in volo, aspettando che Goku
facesse altrettanto per poi farlo andare avanti. Aveva molto rispetto nei
confronti di quell’uomo.
Nel
ritorno all’isola di Genio, Trunks mi spiegò di quella strana trasformazione
che subivano loro saiyan quando si potenziavano. Era una trasformazione che sapevano
richiamare a comando, ma mi disse che quel che era
successo poco prima era strano, perché si era trasformato senza volere, senza
nemmeno accorgersene, e soprattutto senza riuscire a perdere la trasformazione.
Cosa che non gli era mai accaduta.
“Quindi
anche Goku ha i capelli lilla come i tuoi?” gli chiesi
di riflesso dopo averci ragionato su. Lo vidi sorridere.
“No…
lui ha capelli e occhi neri, come quelli di mio padre.”
Stando com’ero così stretta a lui, sentii il suo cuore battere un po’ più forte
nominando Vegeta “Loro sono saiyan, e i saiyan purosangue hanno occhi e capelli neri.”
“Bulma è una terrestre…”
“Già…
mia madre, come la moglie del signor Goku, sono umane.
Io e Gohansiamo
mezzosangue, anche se lui ha ugualmente le caratteristiche fisiche tipiche dei saiyan…”
“Perché anche Chichi ha occhi e
capelli scuri…”
Vidi
la sua testa muoversi in un cenno di assenso.
“Mentre
Bulma è chiara…” più che altro pensavo
ad alta voce “… e ha creato il primo saiyan dagli
occhi celesti.”
Proprio quegli occhi che avevo nominato, a quelle parole
arrivarono su di me. Sorridevano, teneramente. E il
suo cuore tornò a battere forte. In quel momento, col vento che ci scompigliava
i capelli, con la terra lontana metri sotto i nostri piedi, con il cielo così
vicino che sembrava potessi toccarlo, mi sembrava che
non esistesse molto altro oltre le onde e le nuvole. In quel limbo tra cielo e
terra, l’unica cosa che sentivo era quel piccolo martello battere nel suo
petto, e rimbombare dando nuova vita nel mio.
Dopo tanti mesi, torno ad aggiornare questa storia
Dopo tanti mesi,
torno ad aggiornare questa storia. Chissà se qualcuno ancora se ne ricorda!
Nell’ultimo capitolo
mi hanno lasciato un pensiero Alan, Lory e Ainim, tra l’altro
quello di Ainim molto
recente! Scusate l’assenza prolungata… alla fine sono
ripartita! Vi ringrazio molto per i vostri commenti, sempre gentilissimi ^^ …
mi raccomando, Alan, non smettiamo mai di sperare nel
pensionamento prematuro del musetto verde xD.
Senza ulteriore sproloquio, vi lascio alla lettura del nuovo
capitolo… sempre dal punto di vista di Mirai, un capitolo piuttosto lento, ma
pensavo che un po’ di rallentamento ci volesse…
Un
bacio, la vostra scimmia, Kla!
Cap. 17 –
Non è mai stato facile-
Quello che era
successo non aveva scombussolato solo me, ma anche i due saiyan
che mi avevano messa alla prova. L’unico risultato alla ricerca di risposte,
era stato un ulteriore carico di domande, che si
aggiungevano ad una lista già sufficientemente lunga.
Il ritorno
all’isola di Genio fu, come era facile prevedere,
molto caotico. Chichi strillava, Gohan
chiedeva, il piccolo Trunks piangeva in braccio ad una Bulma
distratta; poi c’erano Genio e Olong che allungavano le mani, e la Tartaruga, poveraccia,
involontariamente certo, ma sempre tra i piedi.
Trunks, impegnato
com’era a discutere con Goku e Gohan di quegli strani
avvenimenti, pareva non ricordarsi più di me: appena toccato
terra mi aveva mollata, portandosi più vicino al guerriero dai capelli
biondi e lasciandomi indietro. Come rimaneva poco di quel volo, e di quel limbo che sembrava senza fine.
Andai dentro
casa, a passi lenti, sperando che d’improvviso lui si ricordasse di me e
corresse chiedendomi dove andassi. Ma non accadde.
Cercando una meta a quella camminata iniziata con ben altro scopo, alla fine la
trovai nel bagno: comunque, una bella sciacquata al
viso era quel che ci voleva.
Fu solo in quel
momento, per la prima volta dall’inizio di tutta quella strana situazione, che
mi chiesi cosa mi stava accadendo. Fissando il mio volto serio e sconvolto, mi
venne da chiedermi “che cos’è mai successo a quella
ragazza? Perché ha quella faccia?”
Effettivamente,
avevo un’espressione piuttosto sconvolta.
La mia città rasa
al suolo da una creatura strana, poi uomini volanti, anzi no, non uomini… alieni! Alieni che diventano biondi
quando gli pare.
“Certo che i
parrucchieri devono essere andati tutti in fallimento sul loro pianeta!”
La battutaccia
più scontata e scabrosa che potesse venirmi in mente…
ma in quel momento, era il massimo che il mio cervello riuscisse a sfornare. Allora
ancora non sapevo, che quel pianeta che avevo appena nominato non esisteva più
ormai.
Dopo qualche
secondo che fissavo la mia immagine riflessa, riuscii
a farmene una ragione. O quantomeno, a convincermi di
smetterla di stupirmi. Quando ascoltavo quella canzone
ripetermi in continuazione se capitava anche a me di pensare che, aldilà del
mare, viveva una città dove gli uomini sapevano già volare… beh… rispondevo
spesso di sì. Sì, a volte mi capitava di pensarlo. Sono sempre stata
un’inguaribile bambinona. E adesso che ero arrivata a
quella città che mi veniva annunciata in un canto, adesso che avevo visto gli
uomini volare… adesso non ci potevo credere.
Forse era
semplicemente successo tutto troppo in fretta, come nei sogni… come nei sogni, dove accadono tante cose una sconnessa dall’altra… e
non ci si chiede il perché, ci sembra al contrario tutto molto logico, lineare,
scorrevole. Nei sogni, persone a noi conosciute hanno volti diversi da quelli
che hanno nella realtà, e nel sogno noi non ci facciamo nemmeno caso. Nei
sogni, ci ritroviamo nudi per strada senza chiederci con che cognizione di
causa siamo usciti di casa senza vestirci…
Forse, ero
proprio in un sogno. La cosa, stranamente, mi tranquillizzò. In fondo, non è il
desiderio di una vita vivere in un sogno?
Insomma, per
diversi minuti girai attorno al problema con successo, ma scaduto il tempo limite le difese della mia mente furono costrette ad alzare
bandiera bianca.
C’era un unico motivo per cui tutta quella situazione mi sembrava comunque
sopportabile, quell’unico motivo che mi teneva lì
senza chiedermi perché diamine non desiderassi ardentemente andarmene da quel
posto, quella ragione che mi faceva sentire bene e sulla quale si concentrava
ogni mia attenzione.
C’era lui.
C’era quel
Trunks.
Pensando a lui,
non riuscivo nemmeno più a guardarmi nello specchio. Non volevo affrontare
l’espressione sicuramente stupida che avevo nel volto, come non volevo guardare
quel viso che al suo pensiero mi sembrava pieno di difetti.
Non lo negai a me
stessa nemmeno per un istante, quella era proprio una
bella cottarella. Era piacevole avere le sue
attenzioni su di me, i suoi occhi che mi cercavano… era
così piacevole che quando per un attimo mi erano mancati, subito mi ero sentita
peggio. Non era proprio il momento di infatuarsi, me ne
rimproverai. Ma non potevo farci niente.
Era davvero molto
bello, e si era rivelato in più anche premuroso e dolce. Peccato che l’unica
cosa che lo interessasse di me, era quella maledetta
energia del cavolo che io non sapevo nemmeno cosa fosse.
Erano ormai
diversi minuti che ero chiusa lì dentro, persa nei miei ragionamenti senza
uscita. D’istinto mi sarebbe piaciuto aspettare che lui mi avesse
cercata; ma non ero a casa mia, ed ero già stata abbastanza audace ad
introdurmi in casa senza dir niente. L’unico pensiero, d’improvviso, fu solo
quello di passare per una maleducata, e dopo essermi aggiustata velocemente i
capelli uscii alla svelta, sperando che gli altri fossero
tutti ancora fuori immersi nelle loro discussioni.
Pochi passi oltre
la soglia del bagno, però, e trovai Chichi e Bulma in cucina che parlavano
piuttosto animatamente dei loro mariti, e Genio e Olong
in salotto che guardavano una trasmissione sul fitness femminile con
espressioni piuttosto adoranti. Nessuno prestò attenzione a me. Come se la mia
presenza fosse qualcosa di normale, come se fossero abituati all’andirivieni in
quella casa.
Mi avvicinai alle
due donne in cucina, con passi piuttosto incerti. Non avevo niente da dir loro,
ma non volevo uscire e trovare ancora quei due uomini a parlare di cose che non
capivo. E poi, se Trunks fosse stato preoccupato per
me, sarebbe venuto lui a cercarmi!
- Oh, Mirai!- fu Bulma a rivolgermi la parola, vedendomi avvicinare incerta – Tutto ok, vero? Spero
che quei due maniaci della lotta non ti abbiano scombussolata
troppo!-
- Ah… no io… no sto bene non mi hanno… -
- Goku sta
davvero esagerando, ultimamente!- squillò Chichi
d’improvviso interrompendo il mio balbettare – Sta trasformando il mioGohan in un teppista! Non ha
altro in testa che il combattimento… tu non hai idea, Bulma,
da quant’è che io e Goku non… - poi si interruppe, e portò gli occhi su di me. Pochi attimi di
silenzio mi permisero di capire il senso di quell’interruzione.
- Beh, allora io…
sono… sono fuori gli altri?- fingendo come la più pessima
delle attrici di non aver capito, cercai una scusa per allontanarmi, così da
non disturbarle oltre.
MaBulma scoppiò
in una risata, nella quale in pochi attimi trascinò anche Chichi,
che finalmente si liberò dall’imbarazzo.
- Oh tesoro, sì,
il mio bellissimo Trunks è lì fuori… ma stai attenta…
come stava dicendo Chichi adesso, non è affatto
facile essere le donne di questi saiyan… - poi il suo
tono, sebbene il volto ancora sorridesse leggermente, si fece un po’ più serio
– Vivi al loro fianco nella consapevolezza che sarai sempre al secondo posto… -
Io non avevo
detto “Trunks”. Io avevo detto “Gli altri”. Ma Bulma
mi guardava benevola, e certo non volli
specificarglielo… avrei riconfermato quello che volevo inutilmente negare.
- No, beh… cioè, mi piacerebbe aiutarvi… se posso fare qualcosa… tanto…
tanto quelli là parlano di cose che io non capisco – l’impressione di
disturbare svanì, sorpassata dalla voglia di far apparire un certo disinteresse
per il bel mezzosangue dagli occhi chiari.
- Ma certo tesoro! Stai qui con noi, non dar retta a quei
maniaci della lotta! – mi rispose la voce squillante della donna mora, poi, dopo
aver frugato in un cassetto, mi infilò un bel
grembiulino giallo e bianco.
Chiacchierammo del
più e del meno, ma più che altro io rimasi zitta ad
ascoltare i loro discorsi. Scoprii nuove cose su quegli strani alieni, e poi mi
raccontarono anche qualche episodio del passato, di come si erano conosciuti…
mi dissero anche che il papà di Trunks, Vegeta, era arrivato sulla terra per
distruggerla. Mi raccontarono che era stato davvero molto cattivo. Chichi non sembrava ancora molto convinta della sua buona
fede. Bulma non disse niente.
Io mi fidavo di quell’uo… beh, di quell’alieno.
Insomma, io mi fidavo di lui. E non riuscivo a
concepirlo come quell’assassino spietato che appariva
dai racconti. Per quanto Trunks avesse potuto prendere dalla madre, comunque era nato. Sì, esiste anche l’istinto, il sesso… ma
Trunks non sembrava nato da qualcosa del genere.
Cambiammo comunque presto argomento, e parlammo di molte altre cose,
finché non fu il momento di chiamare tutti a tavola per la cena. Era
incredibile come quei ragazzi accorressero repentini
non appena si parlasse loro di cibo.
La serata proseguì tranquilla, dopo cena, un po’ fuori al fresco, un
po’ in salotto a chiacchierare. Solo un servizio speciale alla tv ci riportò ad
un certo punto alla realtà: Cell aveva attaccato e
distrutto un’altra città.
- Aveva detto che non avrebbe fatto altre vittime innocenti, prima
del torneo… - soffiò Goku serio come ancora non l’avevo mai visto.
- Cosa ti aspetti da un mostro del genere? – commentò
borbottando Genio.
Nessuno era
stupito di quell’atteggiamento. Maquell’avvenimento interruppe la nostra spensieratezza.
Ricominciarono così a parlare di quelle cose, dei combattimenti, dicendo che il giorno dopo dovevano tornare in un certo
posto (parlarono di qualcosa tipo una “stanza del tempo” e di qualcos’altro) e
che dovevano organizzarsi per i turni per entrarci. Poche parole d’intesa tra di loro.
Poi, in pochi
minuti, in un silenzio quasi totale, andammo tutti a dormire. Io tornai nella
stanza in cui mi aveva portata Trunks appena arrivata sull’isola, stanza dove
dormiva anche Bulma. Goku e Chichi
erano in un’altra camera, e Gohan rimase con Trunks
che sennò si sarebbe ritrovato a dormire da solo insieme adOlong e Genio nella camera più grande.
La giovane donna
dai capelli celesti fu molto gentile con me. Parlammo ancora un po’ nel buio,
le raccontai quello che avevo detto a Trunks e che lei già sapeva, ma mi
ascoltò con pazienza. Alla fine ci augurammo la buonanotte, dopo che lei mi
disse di stare tranquilla, che Goku ci avrebbe salvati
tutti.
La luce della
luna era molto fioca, non era notte di plenilunio. Ma abbastanza intensa da farmi localizzare la finestra anche a luci
spente.
Che strana giornata. Ma
le credevo.
Là fuori il mare
continuava a bagnare la sabbia morbida e bianca. Quell’isola
non avrebbe cessato la sua vita.
Io le credevo.
Dentro quella
casa delle persone dormivano mentre un mostro si
preparava a distruggere il mondo, ma dormivano fiduciose.
Io le credevo.
Quella donna mi
aveva messo in allerta, dicendomi che non era facile
amare quegli alieni.
Le credevo, e in
un angolino del mio inconscio, già lo sapevo.
Eccomi
con il nuovo capitolo! Anche stavolta, ho aggiornato con molto ritardo. Cause
di forza maggiore.
Ringrazio
davvero tanto Ainim, che nonostante gli aggiornamenti
dispersivi mi lascia sempre un pensiero, e Sabri, che
ha iniziato a leggere da poco la mia storia e la segue con tanta pazienza!
Adesso
ho la trama molto più delineata nella mia testa, perciò spero di aggiornare più
di frequente.
Un bacio, Kla.
Cap.18 – Ricordi
di nebbia
Mi
svegliai discretamente presto quella mattina. In realtà non dormii poi molto.
Ci misi ad occhio e croce quasi un’ora per addormentarmi, fissando l’unico
debole punto di luce nella stanza, la finestra poco distante da me. Quando
riaprii gli occhi, la luce che riusciva a filtrare dai vetri era sempre più o
meno la stessa. E la sensazione era quella tipica di quando hai molto sonno ma
hai dormito molto poco. Dal primo risveglio in poi, non sono più riuscita ad
addormentarmi completamente, e si alternavano momenti di dormiveglia a momenti
in cui stavo ad occhi spalancati cercando un soffitto che non vedevo.
Quando
una luce arancione iniziò a colorire l’interno della stanza, mi sentii meglio:
quella notte tanto simile ad un calvario era terminata. Non saprei dire tuttora
il motivo per cui quella notte non riuscivo a prendere sonno. Di motivi ce ne erano
eccome, forse anche troppi, per poterne trovare uno solo. Ed io, sdraiata nel
letto ad occhi aperti, stavo sveglia sapendo di dover pensare a qualcosa ma non
sapendo a cosa.
Alla
fine, sentii Bulma muoversi. Si era mossa diverse
volte durante la notte, ma i movimenti di chi dorme sono ben diversi dai
movimenti di chi si sveglia. Riconobbi subito quei suoni: finalmente si stava
svegliando.
Aspettavo
quel momento con ansia: non avevo più voglia di stare in quel letto, ma non mi
sentivo abbastanza in confidenza con l’ambiente per uscire dalla stanza da
sola. La vidi alzare il busto e stiracchiarsi, titubò qualche istante
stropicciandosi gli occhi, poi ruotò le gambe facendole scivolare dal bordo del
letto, rimanendo seduta mentre coi piedi cercava le ciabatte. In ogni suo
movimento si coglieva una certa premura nei miei confronti, cercava in maniera
evidente di far piano per non rischiare di svegliarmi. Ma non appena in piedi,
dedicandomi un rapido sguardo, notò i miei occhi fissi su di lei.
-
Ah, sei sveglia – disse con la sua tipica voce allegra – Ho fatto troppa
confusione? -
Mi
tirai a sedere in uno scatto.
-
No, figurati… sono sveglia da un po’… -
Mi
chiese se avevo passato una buona nottata e altre domande sul genere, alle
quali in risposta ovviamente mentii.
L’isola
di prima mattina era bellissima, la vidi spalancando la finestra e
crogiolandomi nell’aria di mare che mi attraversava il viso. Temporeggiai,
godendomi il panorama, mentre Bulma era in bagno.
Proprio mentre ero lì che iniziavo a sentirmi calda la pelle sotto i raggi del
sole, sentii la porta d’ingresso aprirsi, e sporgendomi verso il basso vidi
uscire Trunks, Goku e Gohan.
Si stiracchiavano in una ginnastica di riscaldamento per i muscoli. Capii
subito che avevano intenzione di allenarsi. Certo che non pensavano ad altro!
-
Il bagno è libero, Mirai – sentii la voce di Bulma
dietro di me, e sobbalzai proprio come sobbalza un bambino colto con le mani
nel barattolo di biscotti – Se vuoi puoi andare – concluse con il suo solito
sorriso.
-
Sì, grazie! – risposi balbettando appena, e simulando indifferenza. Ma certo,
non potevo pretendere che Bulma mangiasse la foglia.
Mentre
prendevo della biancheria pulita che mi aveva gentilmente preparato, e il
vestito che mi aveva dato il giorno prima, la donna dai capelli celesti si
affacciò alla finestra con passo delicato.
-
Ti ho lasciato degli asciugamani puliti vicino al lavandino – aggiunse mentre
lanciava un’occhiata distratta di sotto. Poi, sorrise maliziosa tornando con
gli occhi su di me, che nel frattempo, troppo concentrata nella consapevolezza
che mi aveva beccata piena a fissare inebetita suo figlio, non le avevo
risposto.
-
Ti aspetto in cucina per la colazione – la sentii dirmi, mentre già uscivo
dalla stanza.
Scesa
al piano terra, trovai Chichi e Bulma
in cucina, impegnate apparentemente nella preparazione di un buffet
matrimoniale. Genio e Olong, in salotto, non si erano
accorti di me, totalmente concentrati su un programma di fitness femminile alla
tv. Tornai con gli occhi sulle due donne in cucina, e andai da loro.
-
Chi si sposa? – chiesi con una confidenza che non riconobbi mia.
Le
due mi guardarono piuttosto perplesse, poi capirono e sorrisero entrambe.
-
Oh, ti stupirai nel vedere come mangiano quelli là – mi rispose Bulma tornando ai fornelli – Anzi, valli a chiamare, che la
colazione è pronta –
Chichi mi diede il buongiorno, e convenne con l’amica che fosse il
caso di chiamare i tre saiyan là fuori. Così,
titubante, mi mossi verso la porta d’ingresso.
Salutai
ad alta voce Genio e Olong, che si accorsero di me e
ricambiarono il saluto, schiodando gli occhi dallo schermo un solo attimo.
Poi
aprii la porta per cercare i tre ragazzi come mi era stato ordinato. Il cuore
accelerò il battito. Sapevo il perché, ma mi arrabbiavo con me stessa. Mi
sentivo una sciocca ragazzina.
Con
stupore non li trovai lì dove li avevo lasciati vedendoli dalla finestra, e
muovendo qualche passo sulla sabbia chiara mi guardai intorno perplessa.
Dove
potevano essere spariti, in un’isola così piccola?
Girai
intorno alla casa, e tornai al punto di partenza. Di loro, nessuna traccia.
Stavo
già per perdere le speranze, convinta che fossero tornati dentro passando per
una finestra, o altrimenti dandoli per dispersi. Beh, che erano strani si
sapeva.
Invece,
d’improvviso, sentii una forte ventata alle spalle, poi una discreta onda
causata dal moto violento dell’aria si alzò dalla distesa semi immobile di mare
finendomi addosso e bagnandomi fino alle gnocchia.
Non riuscii a trattenere un grido, mentre mi voltavo, e vidi i tre saiyan che volavano tutto intorno all’isola, poi risalivano
verso il cielo, poi riscendevano in picchiata, combattendo tutti e tre
contemporaneamente l’uno contro l’altro.
-
Ma sono pazzi! – mi uscì di bocca in un sospiro, mentre indietreggiavo
reggendomi la gonna, che con quel vento svolazzava ovunque.
Mentre
raggiungevo la porta, mi sentii strattonare via dal suolo, e senza che potessi
capire cosa fosse accaduto mi ritrovai il mare sotto i piedi, a diverse decine
di metri di distanza.
Solo
dopo qualche secondo riuscii a piazzare le mani su quei due macigni che mi
stringevano la vita, e facendo forza sulle braccia mi voltai trovando il volto
di quello che io ancora riconoscevo come Kakaroth.
Non mi guardava, fissava in alto; così, spontaneamente, mossi lo sguardo verso
il punto che guardava lui. Poco più in su, c’erano Gohan
e Trunks. Il più giovane stava fermo, riprendendo
fiato, mentre il ragazzo dai capelli lunghi stava preparando un attacco
energetico. Proprio nell’istante in cui lo stava per lanciare, lo raggiungemmo.
Trunks si immobilizzò, quando Goku mi sporse in
avanti tenendomi completamente sospesa in aria. Quell’uomo ci stava prendendo
gusto nel togliermi anni di vita, non c’era dubbio. Cercando il volto di chi mi
teneva sospesa tra la vita e la morte, lo trovai a sorridere beffardo.
-
E ora che fai? – chiese il più adulto al giovane che aveva di fronte, totalmente
spiazzato al punto da dover riassorbire l’energia che aveva preparato in una
sfera luminosa.
-
Devi stare attento, Trunks – aggiunse poi con tono
più calmo, avvicinandosi lentamente al ragazzo e porgendomi a lui.
-
Buongiorno! – cercai di sdrammatizzare, mentre mi aggrappavo alle spalle di Trunks e lui mi stringeva saldamente a sé.
-
Buongiorno anche a te – rispose lui gentile. I suoi capelli tornarono lilla, e
anche Goku e Gohan, che nel frattempo si era
avvicinato, persero la trasformazione super saiyan.
-
Allora! – squillò Goku con la sua solita leggerezza – Scommetto che sei venuta
a dirci che la colazione è pronta! – e si massaggiò avidamente la pancia.
-
Sì! La colazione è pronta! – sottolineai ripetendo come un pappagallino; girai
appena la testa, ma senza muovere un muscolo del corpo.
Effettivamente,
Bulma e Chichi avevano
ragione: quei tre ragazzi mangiavano come un esercito. E fu solo questione di
buone maniere se Trunks, a differenza di Goku e Gohan, si astenne dal chiedere il bis anche quando la
tavola era stata completamente spazzolata.
-
Adesso basta! – sbottò Chichi verso il marito ed il
figlio – Non c’è più niente da mangiare! Aspettate l’ora di pranzo! –
-
Già, a proposito – intervenne Bulma, battendo un
pugno del palmo della mano opposta – Cosa gli diamo a pranzo, se non c’è più
niente! –
-
Oh, no, Bulma, starai scherzando vero? – nella voce
di Goku, limpida e nitida una vena di disperazione. Io dico che non sarebbe
stato così disperato nemmeno se gli avessero annunciato lo sterminio di tutta
la sua famiglia. Certo che no, la famiglia si resuscita, ma il frigo chi lo
riempie? Ma io, questa magia, la più importante forse, in quel momento ancora
non la conoscevo.
La
donna dai capelli chiari si portò una mano sulle labbra.
-
Dobbiamo andare a fare la spesa… - borbottò pensosa Bulma-
… allora, chi va? – squillò poi fissando con un bel sorrisino killer il resto
dei presenti.
-
Beh, tu hai la macchina volante, no? – ribattèChichi rivolta all’amica.
-
Oh, sì… ma sai quanto ci metterei con quella ad arrivare al primo villaggio? –
poi fissò i tre begli omaccioni che aveva di fronte – Deve andarci qualcuno di
loro – concluse indicandoli.
-
Vado io! – squillò Goku felice.
-
Non se ne parla! – lo rimbeccò la moglie – Saresti capace di mangiarti tutto
per strada, e poi non mi fido a lasciarti dei soldi in mano! –
Mi
venne da ridere. Che strana razza di rapporto avevano quei due?
-
Beh, mandiamo Gohan con lui! In fondo, tuo figlio è
molto affidabile e sono sicura… -
-
Non se ne parla! – strillò ancora più forte Chichi,
interrompendo Bulma – Gohan
deve fare i suoi compiti per scuola! –
-
Vado io – si propose allora Trunks, con grande calma,
facendo calare un pacifico silenzio – Per me non c’è il minimo problema –
Dopo
averci pensato un po’ su, Bulma e Chichi
convennero che quella fosse la soluzione migliore. Stilarono una dettagliata
lista della spesa, più somigliante ad un dizionario culinario, e gliela
consegnarono insieme al denaro.
-
Tu vieni con me – sussurrò Trunks ad un tratto,
rivolto a me, mentre Bulma e Chichi
mettevano lista e soldi in una piccola busta – Vero? –
La
risposta, più che ovvia, era senz’altro sì. Ma invece di dirglielo di getto, indugiai.
Pensai qualche secondo al motivo per cui voleva portarmi con sé, sicuramente
per quella storia che avevo salvato suo padre, così lui era convinto. Pensai a
cosa avrebbero detto Bulma e Chichi,
se si fidavano di me, se avrebbero iniziato a insinuare qualcosa su di noi. Ma
subito dopo pensai che, qualsiasi fosse la ragione, io potevo stare con Trunks, e qualsiasi cosa potessero mai pensare gli altri,
alla fine o già lo pensavano, o l’avrebbero pensato il giorno dopo.
-
Certo! – risposi allora in un soffio, sorridente e sinceramente entusiasta.
Quando
Trunks si incamminò verso la porta d’ingresso e io lo
seguii camminando al suo fianco, nessuno disse niente. Come se nessuno l’avesse
notato, o più semplicemente la cosa fosse ovvia e scontata. Salutai allora a
mia volta, e chiusi la porta dalla quale eravamo usciti.
A
pochi passi dal bagnasciuga, Trunks si fermò
aspettando che lo raggiungessi, poi si voltò dandomi le spalle e mi incitò a
saltargli sulla schiena. Feci come mi aveva ordinato, e sentii le sue braccia
forti avvolgere saldamente le mie gambe, strette sui suoi fianchi.
-
Reggiti, mi raccomando – mi disse, e solo quando gli strinsi le braccia
saldamente intorno al collo, partì. Cercò di farmi abituare gradualmente a quel
nuovo modo di spostarmi, me ne accorsi, perché all’inizio volava molto piano, e
poi lentamente accelerò. Ma non considerava che io ero già stata svezzata al
volo da suo padre. E Vegeta, questo tipo di riguardi, non si sogna di averli
con nessuno.
La
cittadina che ci avevano indicato Bulma e Chichi come la più vicina, era un piccolo villaggio
sperduto tra le montagne. Laggiù, il terrore di Cell
era ancora solo una notizia trasmessa alla radio, o alla tv. Ma la sensazione
tangibile di morte che io avevo negli occhi, sebbene solo in qualche flash,
quella era ben distante da quel luogo.
Fu
quell’aria di apparente tranquillità che ci convinse di poter perdere un po’ di
tempo girando per le vie, e prendendocela comoda nel fare la spesa. Un
carrello, ovviamente, non bastò, e dovevamo portarne uno a testa; entrambi,
ovviamente, già stracolmi a metà lista.
In
quel momento, pensai che in fondo potevo essere felice. Per quanto quel ragazzo
fosse entrato con rapidità nella mia vita, e con altrettanta rapidità poteva
uscirne, in quel momento io mi sentivo felice. E dato che il mio passato era
stato completamente inghiottito da una voragine nera, e che tutto quello che
rimaneva di me erano due anni di vita vissuta cercando di ricostruire i cocci
di un vaso ridotto in frantumi e che io nemmeno conoscevo, pensai che in fondo
ogni piccola felicità ripagava questo strano percorso che era la mia vita.
Pensavo
questo mentre scrutavamo insieme la lista della spesa, spalla contro spalla.
Pensavo questo mentre mi aiutava a prendere un prodotto sul ripiano più alto
dello scaffale. Pensavo a questo quando mi sorrideva porgendomelo, e io che lo
ringraziavo.
Mi
accontentavo della mia piccola, effimera felicità. Ma non credevo che qualche
forza maggiore ce l’avesse così tanto con me, così tanto da privarmi anche di
quel poco di cui mi accontentavo.
D’improvviso
ci fu un boato, e mezzo negozio crollò, spargendo macerie e polvere ovunque.
Le
grida erano le stesse che avevo sentito il giorno prima, quando Vegeta mi aveva
portata via con sé. La polvere, e le macerie, le stesse.
Qualcosa
tornò nella mia mente, fulmineo.
Una
voce.
“Mirai”
Sì,
quella voce.
Nella
confusione ero caduta in terra, ma a quei ricordi mi sentii attraversare da una
sensazione di puro panico. Trunks mi venne vicino,
prendendomi per un braccio.
-
Mirai, stai bene? – continuava a chiedermi. Ma la sua voce, nella mia testa,
era solo un’eco. Uno dei tanti rumori che c’erano nell’aria. La sua voce, le
grida di dolore e di paura, le macerie che continuavano a cadere. Tutto
insieme, un impercettibile sottofondo.
“Mirai…
oppure…” quell’ombra indefinita, che a malapena ricordavo insieme alla figura
di Vegeta, si faceva sempre più chiara.
-
Mirai! Rispondimi! Ti sei fatta male? –
“Mirai…
oppure… dovrei dire…” Un mostro. Un enorme mostro verde. L’ombra del giorno
prima, fu d’improvviso nitida nei miei ricordi. Quel mostro e Vegeta
combattevano senza tregua distruggendo tutta la città, davanti ai miei occhi.
Quella voce che continuava a rimbombarmi nella testa, era la sua voce. Ne ebbi
improvvisamente la certezza.
-
Mirai, ti prego, dì qualcosa! – la voce di Trunks,
era ormai un grido. Mi si parò davanti, scuotendomi per le spalle, e non potei
che trasalire dai miei pensieri.
-
Trunks ti prego portami via! Portami via di qui! Devo
scappare, ti supplico! Morirò! Mi ucciderà!- presi a gridare, completamente
inghiottita dal panico. Come nella più macabra delle sensazioni, già sapevo chi
aveva causato quel caos. Lo sapevo, perché sentivo la sua voce nella testa, lo
sapevo perché poche ore prima avevo avuto la stessa scena di distruzione
davanti agli occhi.
Il
ragazzo, colto evidentemente alla sprovvista dalla mia reazione, rimase per un
attimo immobile, senza reazione. Ma io non volevo stare lì. Mi alzai di scatto
e presi a correre.
-
Aspetta, dove vai! – mi richiamò lui, alzandosi a sua volta per raggiungermi.
-
Mirai! –
Quella
voce, tuonò intorno a noi. In quel macabro silenzio che si crea dopo un’enorme
distruzione.
Mi
bloccai di scatto, e Trunks per poco non mi finì
addosso. Mi tirò per un braccio, portandomi dietro le sue spalle. Iniziai a
gridare.
-
Ciao Mirai – riprese quella voce, ormai certa che fossi davvero io. La sua sagoma,
iniziava a delinearsi sempre meglio, via via che la
polvere cadeva al suolo. Intorno a noi, solo macerie, e i corpi di chi non era
riuscito a fuggire, e che adesso giaceva senza vita sul suolo di un
supermercato.
-
Non ascoltare! – gridai, mossa dall’istinto. Mi tappai le orecchie, strillando,
strillando di non ascoltare.
-
Su, Mirai, non fare così… - borbottò quel mostro ironicamente. A passi lenti si
dirigeva verso di noi.
-
Cell! – tuonò d’improvviso Trunks,
quando la figura fu nitida e a pochi passi da noi – Non ti avvicinare! – lo
intimò mettendosi in posizione di difesa.
Aggiornamento
rapido, stavolta. La storia si sta davvero snodando tutta nei miei pensieri, e non
riesco a fare a meno di scrivere. Grazie Sabri per il
commento. Sono contenta che ci hai capito qualcosa nel caos di quel capitolo… l’ultimo
pezzo era un po’ contorto, me ne rendo conto.
Al prossimo capitolo. Baci, Kla x3
Cap.19 – A una
porta dalla Verità
- HeilàTrunks! Tuo padre ha rifilato a te la ragazzina? –
chiese con tono sempre più cinico.
- Vattene via Cell –
- Altrimenti? – lo provocò il
mostro – Cosa pensi di fare, eh? –
Il giovane saiyan, rimase senza risposta. Sapeva benissimo di non
potere niente contro la forma perfetta di Cell. Non
era riuscito a fare niente quando l’aveva affrontato insieme a suo padre,
terminando lo scontro con una rovinosa sconfitta e uscendone vivo per miracolo.
Ma non aveva intenzione di farlo avvicinare a Mirai, e lo avrebbe ostacolato
con tutte le sue forze. Senza poter ribattere, si trasformò in super saiyan e accentuò la posizione di difesa.
- Beh, adesso cominci davvero
a farmi paura… - lo prese in giro il mostro.
- Maledetto… - soffiò il
giovane.
Con uno scatto, Cell colse di sorpresa Trunks,
lanciandogli una sfera di energia che il giovane riuscì a bloccare con una
barriera a pochi centimetri dal viso. Contrastare quell’energia gli costava
un’evidente sforzo, ma non aveva intenzione di mollare.
Sarebbe morto.
Ma quell’essere spregevole
sarebbe arrivato a Mirai poggiandogli i piedi sulla schiena.
- Mirai, allontanati! Ti
prego, allontanati! Mi senti? – continuava a implorare il ragazzo. Lei,
inginocchiata dietro di lui, tra le macerie che le escoriavano le ginocchia,
tra la polvere che le imbiancava i capelli e la pelle, lo osservava con occhi
spalancati.
- Non lo ascoltare, Trunks! Non ascoltarlo! Non è vero! – ripeteva alternando
il tono della voce, prima basso, poi alto improvvisamente, fin quasi ad urlare.
- Vattene Mirai! – gridò
allora il saiyan con tutta la voce che aveva. Il suo
ultimo grido. Ogni respiro, oramai, era forza preziosa che gli serviva per
guadagnare qualche istante di vita.
Una piccola folata di vento
investì alle spalle i due giovani. Non se ne accorsero granché. In quella
confusione, un po’ di venticello era davvero il problema minore.
- Tho!
Guarda chi si vede! – tuonò d’improvviso la voce di Cell
–Son Goku! – ed interruppe all’istante l’attacco. Trunks
ebbe un lieve contraccolpo, fece un passo in avanti e riprese l’equilibrio; poi
si voltò con uno scatto.
- Signor Goku! – esclamò
rincuorato.
Il saiyan
si chinò su Mirai, la prese per le braccia aiutandola ad alzarsi, e Trunks si avvicinò a loro.
- Signor Goku, non so come
ringraziarla! Non sapevo più… -
- Poggiami una mano sulla
spalla, Trunks – lo interruppe lui senza togliere lo
sguardo dal mostro che aveva di fronte. Sapeva di non potersi permettere il
lusso di abbassare la guardia.
- Finalmente ci rivediamo,
Goku! Sarà molto più divertente battermi con te, che con quel moccioso… -
- Non sono qui per te! – ribattè il saiyan - Non sono
ancora trascorsi dieci giorni! – poi il suo volto, sempre così allegro e
spensierato, si incupì ancora di più – E tu hai ucciso degli innocenti nel
frattempo. Sei un essere viscido Cell. Ma ti pentirai
di ciò che hai fatto – lo minacciò.
- Mi sono accorto di aver
commesso un madornale errore – si difese il mostro, sempre con tono
canzonatorio – Dieci giorni sono davvero troppi. Mi sto annoiando a morte. Voglio
combattere subito –
- Non sono qui per te. Non
voglio più ripeterlo – ribadì Goku, portandosi l’indice e il medio della mano
destra alla fronte.
- Non farlo! Ti troverò in
capo al mondo! – gridò Cell, avendo perfettamente
intuito le intenzioni del guerriero. Ma Goku non lo ascoltò. In un istante la
sua figura scomparve, insieme a quella di Trunks e
Mirai.
I tre si materializzarono
d’improvviso al palazzo del Supremo, generando lo stupore dei presenti.
- Kakaroth!
– balbettò Vegeta, preso alla sprovvista – Che ci fai, qui? – poi lanciò
un’occhiata distratta anche a Trunks e Mirai,
inarcando un sopracciglio come a voler mostrare il proprio disappunto.
- Chi c’è nella stanza dello
spirito e del tempo? – chiese Goku, con apparente furia.
- È appena uscito Piccolo.
Adesso devo entrare io, e poi… -
Ma Goku si mosse di scatto,
trascinandosi dietro Mirai per un braccio, senza ascoltare il resto delle
parole di Vegeta, tanto che il principe dei saiyan si
innervosì.
- Che cosa hai in mente, eh?
– grugnì a denti stretti, raggiungendolo e bloccandogli la strada. Ma Goku
pareva essere davvero irrequieto. Rimase per un attimo a fissare il coetaneo,
severo, sperando che desistesse dal voler attaccare rissa.
- Signor Goku, che cosa ha
intenzione di fare? – la domanda di Trunks, alla fine
era la stessa di quella di Vegeta. Solo che il figlio seppe porla con molto più
garbo. E a lui, Goku sentì di dover dare davvero delle spiegazioni.
- L’obiettivo di Cell era lei, vero Trunks? –
chiese rapido.
- B…beh, sì… - balbettò incredulo
il giovane – Ma lei come… -
- Non ho sentito traccia
della tua aura finché non ti sei trasformato. Tu, da quando sei venuto via
dall’isola di Genio, hai sempre tenuto a zero la tua aura. Sbaglio? –
- No… è come ha detto lei… - Trunks appariva sempre più confuso. Vegeta, nel frattempo,
cercava di capire qualcosa.
- Quindi Cell
vi ha localizzati cercando l’aura di Mirai! Vuol dire che conosce la sua aura,
e che… che stava cercando proprio lei. – concluse Goku, fissando la ragazzina
che ancora non aveva mollato. Lei, spaurita, restava immobile con lo sguardo sul
pavimento. Non sembrava totalmente presente, con il pensiero.
- Quindi non mi sono
sbagliato! – intervenne Vegeta, d’improvviso, prima che Trunks
potesse mostrare il suo assenso – Quella che ho sentito prima era davvero
l’aura di Cell! –
- Sì, papà. Quel mostro ha
attaccato me e Mirai mentre eravamo in un villaggio – poi il più giovane tornò
con gli occhi sull’altro saiyan – Quel che lei dice è
giusto, signor Goku. Infatti Cell… - ma si interruppe.
Guardò Mirai, senza riuscire a vederle il volto, coperto dai capelli, e non
proseguì.
- Infatti Cell,
cosa? – lo incitò Goku. Trunks, scosso da quelle
parole, trasalì e riprese la parola.
- Infatti Cell…
- abbassò lo sguardo - …si è rivolto a lei… diciamo che le ha parlato come se
la conoscesse… -
Vegeta sgranò gli occhi –
Quando l’ho trovata, effettivamente… - parve pensarci su, poi riprese - …
effettivamente, non sembrava ignorarla come il resto dei presenti. Quando lei
ha sprigionato quella strana energia che mi ha permesso di – deglutì – di
fuggire… l’ho sentito dire qualcosa. L’ho sentito maledire qualcuno. Ora che ci
ripenso… ha detto … - anche Vegeta cercò con lo sguardo la figura della
ragazzina – Ha detto Mirai –
- Ho capito – soffiò Goku, riprendendo
a camminare – Trunks, vieni con me –
- E adesso dove vai, Kakaroth? –
- Mi dispiace Vegeta. Dovrai
allenarti domani – rispose senza nemmeno voltarsi verso il suo interlocutore, e
lasciandolo ad augurargli maledizioni e sciagure.
Mirai seguiva l’uomo che la
trascinava senza proferire parola, né discutere. Non alzava gli occhi dal
terreno, e non mostrava reazione a ciò che le succedeva intorno. E sì che Goku,
dal nervoso, forse un po’ troppo il braccio lo stringeva.
Trunks le si affiancò, voleva chiederle qualcosa, voleva
rassicurarla con un tocco sulla spalla. Ma la camminata era a passo spedito, e
lei sembrava non essersi nemmeno accorta della sua presenza. Decise di
aspettare che Goku si fermasse, cosa che avvenne dopo un percorso lastricato e
affiancato su ambo i lati da colonne alte e bianche, davanti a una grande porta
decorata.
- La stanza dello spirito e
del tempo? – sfuggì di bocca a Trunks, che conosceva
bene quel portone.
- Salve Goku – si palesò
d’improvviso mister Popo, alle loro spalle.
- Ciao Popo.
Dobbiamo usare la stanza, se non ti dispiace – la domanda di Goku, fu più
retorica che altro
- So che doveva entrare
Vegeta – rispose lui, con la sua solita inespressività.
- Siamo d’accordo con lui –
per Goku, essere d’accordo con Vegeta significava avergli imposto una sua
decisione. E si era quasi stupito di non aver dovuto prenderlo a cazzotti per
convincerlo a far slittare di un giorno il suo allenamento.
- Allora, fate pure –
concluse lo strano ometto nero.
Goku si voltò, spalancò la porta
della stanza speciale e si voltò verso Trunks,
fissandolo negli occhi.
- Forza, entrate – lo incitò.
- Ma signor Goku! Mirai non
può sopportare le condizioni che ci sono in questa stanza! Non è allenata a
sufficienza! –
- Lei non sa azzerare la sua aura.
Se non entra qua dentro, Cell la troverà di nuovo –
Era vero. Se ne rese conto
subito anche Trunks. E sapeva bene cosa avrebbe
significato un secondo incontro con Cell. Stavolta,
non avrebbe potuto difenderla.
- Insegnale il controllo
dell’aura. Solo quando saprà tenerla perfettamente azzerata potrete uscire.
Solo allora – si raccomandò Goku, scandendo particolarmente le ultime due
parole.
- Farò del mio meglio –
acconsentì il giovane saiyan con un cenno deciso del
capo – Vieni Mirai – si rivolse poi alla ragazza, prendendola per le spalle.
Lei, senza fiatare, lo seguì.
Un ultimo sguardo tra i due
guerrieri, poi la porta si chiuse, lasciando Goku e i suoi mille quesiti lì
fuori, e Mirai con le risposte che inconsciamente portava con sè lì dentro.
Impensabile ma vero, il primo giorno in quello strano posto Mirai e
Trunks lo passarono nel più totale silenzio
Rieccomi con un nuovo capitolo… spero di non andare troppo lenta con la
narrazione… effettivamente siamo a venti capitoli e ancora sono passati sì e no
due giorni o tre… Magari, fatemi sapere se secondo voi l’andatura narrativa è
troppo lenta. È che io tendo ad essere troppo descrittiva!
Nel
frattempo, ringrazio Sabri che mi segue sempre
(speriamo che Mirai se la cavi nella stanza speciale, dai!) e una new entry, Cri92! Grazie per avermi lasciato un commento, e
sono contenta che la storia ti abbia incuriosito! Solo non capisco… sei
riuscita a leggerti tutti e diciannove i capitoli? Che pazienza, lasciatelo
dire!
Bene,
adesso passo al nuovo capitolo. La narrazione è volutamente alternata… pensavo
ci stesse bene in un momento del genere. Il capitolo è corto, in quanto questo
passaggio della storia, a mio avviso, meritava una parte a sé stante.
Alla prossima! Un bacio, Kla.
Cap.20 – Il
Figlio di Vegeta
Impensabile ma vero, il primo giorno in quello strano posto
Mirai e Trunks lo passarono nel più totale silenzio. E per silenzio, non va
intesa qualche parola sporadica e sterile, ma la definizione di silenzio nel
suo significato più originale.
Mentre Trunks ancora finiva di chiudersi la porta alle
spalle, lei si era avventurata in quello spazio impervio e sconosciuto come se
stesse entrando in casa propria. Quando arrivò alla stanza da letto, e vide i
due grandi letti a baldacchino, senza la minima esitazione si sdraiò pancia in
giù su quello che prima riuscì a raggiungere, sprofondando il viso nel
guanciale, come se non stesse aspettando altro.
Trunks non la seguì, un po’ inconsciamente, un po’ dovendo
reprimere l’istinto. Vinse la scelta di abbandonarla a se stessa, anche perché
l’unico motivo che lo spingeva a non lasciarla sola era la paura che si
addentrasse nel bianco sconfinato che regnava fuori da quelle poche stanze
arredate, e che si perdesse. Ma realizzò subito che se Mirai avesse anche solo
provato a mettere un piede sugli scalini che davano verso il bianco nulla,
sarebbe stata bloccata dalla super gravità, nonché dalla carenza di ossigeno e
dalle condizioni impervie e limitative per un comune essere umano. Pensando
questo, si rese conto di non essere pienamente sicuro che lei fosse un essere
umano. Era questo dubbio il motivo che lo tratteneva dal curarsi di lei.
Comunque, giustificò presto il suo istinto agitato, riflettendo sul fatto che
se non fosse stata una terrestre indifesa se la sarebbe cavata benissimo.
Qualsiasi fosse la verità, perciò, non si trovava in
pericolo, e non aveva bisogno di lui.
Così prese la direzione opposta a quella di lei, e andò in
cucina a controllare le condizioni della dispensa.
Il resto della giornata non si incrociarono mai: Mirai non
si mosse nemmeno una volta dal letto, e c’è da credere che a un certo punto si
sia addormentata, sfinita dallo stress e probabilmente dal pianto che avrà
soffocato nel guanciale tutto il tempo.
Trunks, dopo aver controllato che nelle varie stanze fosse
tutto ok, si era messo ad allenarsi, e sprofondato nei suoi pensieri continuò a
combattere il niente per tutta la notte, in quel bianco infinito e accecante.
- Sei un Cyborg? – mi chiese Trunks, cogliendomi di sorpresa
alle spalle. Lo sapevo che non dovevo uscire dalla camera, ma la fame si era
fatta insopportabile. E poi avevo sete. Forse avevo pianto troppo.
Tenni l’espressione forzatamente seria, quando mi voltai
cercando il suo sguardo. Né pianto, che era stato dominante quasi tutta la
notte, né tristezza, né sorrisi pietosi. Mi sentivo colpevole, macchiata di
un’onta che non conoscevo, e la sensazione di averlo ingannato era terribile e
fortissima.
Non poteva durare per sempre, quella gioia, lo sapevo. Ma
nemmeno così poco.
Ripensai alla sua gentilezza, alla sua disponibilità.
Alla sua promessa.
- Io non ti chiederò
mai niente-
Eravamo nella grande sala della casa di Genio, e lui mi
aveva portato via dalla curiosità di tutti gli altri, che tanto mi feriva e mi
stordiva.
- Sei un Cyborg? –
Eravamo in una cucina di una stanza strana e sconosciuta, e
lui mi mostrava tutta la sua curiosità, che tanto mi feriva e mi stordiva.
I suoi occhi non erano più il riflesso di un oceano
tropicale caldo e cullante. Il celeste, guardato in quel momento, mi ricordò
solo il ghiaccio, il mare freddo del nord.
Anche se l’avessi saputo, non glielo avrei detto.
- E se lo fossi, tu… dovresti uccidermi? – mi chiese, in
risposta, con voce stanca, ma neutra. Si sentiva che non parlava da molto, e il
suo tono era spezzato da tracce inequivocabili di un brutto sonno e un pianto
prolungato.
La sua risposta mi pietrificò, e per lunghi minuti mi trovai
a tacere.
La sua risposta mi mise in discussione.
Da quando eravamo entrati lì dentro, da quando mi ero chiuso
la porta alle spalle ed avevo avuto un minuto intero di silenzio per
riflettere, quella era la prima domanda che mi era balenata per la testa.
Dopodiché, non ero più riuscito a smettere di pensarci.
Qualsiasi fossero gli indizi, i pochi momenti vissuti
insieme, qualsiasi cosa io conoscessi di lei, sebbene poco, era stato tutto
cancellato da quella domanda. Se tornavo col pensiero al suo sorriso
riconoscente, lo vedevo come menzogna e inganno. Riuscivo a sentire nella testa
i suoi pensieri, dietro a quel sorriso. Qualcosa del tipo “sembra che ci stia
cascando”, o altre variazioni sul tema.
- E se lo fossi, tu…
dovresti uccidermi? –
Ora questa domanda aveva preso il posto della mia. Ed era
questa domanda a mettere in discussione tutti i miei pensieri.
Era questa domanda la nuova prospettiva dalla quale vedevo
tutto il resto.
- No –
Avrei voluto sentirmi rispondere. Non mi importava di avere
spiegazioni, non le volevo. Anche fosse stata una bugia, io avevo bisogno che
lei, guardandomi negli occhi, mi dicesse No.
Lei aveva salvato mio padre. Io le avrei creduto.
Ma questo, lei, probabilmente non lo sapeva. Lei, a ragione,
sicuramente aveva la certezza che non le avrei creduto.
Eppure…
- Sì –
… se mi avesse risposto un Sì, io cosa avrei mai potuto fare? Avrei dovuto ucciderla,
eliminarla, o quantomeno combatterla. Avrei dovuto uscire in fretta, dicendolo
al signor Goku, a mio padre, a tutti gli altri.
La delusione di mia madre incisa distintamente nel suo
sguardo. Il disprezzo negli occhi di chi l’aveva accolta e ospitata con tanta
cortesia.
Questo, lei, lo sapeva sicuramente. Lei, a ragione,
sicuramente aveva la certezza che questa fosse l’unica risposta alla quale
avrei creduto.
Invece, lei non mi aveva risposto. Non aveva detto il No che
l’avrebbe salvata, non mi aveva detto il Sì che l’avrebbe condannata.
Era passata oltre la risposta, andando direttamente allo
stadio successivo.
La mia domanda, quella terribile ossessione che mia aveva
posseduto, era solo una nuvola di fumo. Non aveva senso, come un vicolo senza
sfondo.
- E se lo fossi, tu… dovresti uccidermi? –
Così lei aveva portato i miei occhi sul muro alto che
chiudeva quel vicolo.
Trunks chinò il capo, arreso. Strinse i pugni, in un chiaro
segno di ira con sé stesso.
- Devi perdonarmi – sospirò con voce debole – Sono molto più
solo di te – aggiunse prima di fare un passo in avanti. Pareva esserci una
precisa intenzione che aveva mosso quel gesto. Ma il ragazzo si fermò.
- Dimmi quello che devo fare. Io lo farò – dichiarò lei
trattenendo le emozioni. Come se le sue parole non avessero la minima
importanza; come se non avesse altro modo di porsi con lui, se non mettersi a
sua completa disposizione.
Era il prezzo per la gentilezza e la fiducia che aveva
ricevuto.
- Dimmi di no – rispose Trunks senza alzare gli occhi –
Dimmi che non sei un cyborg. Io ti crederò-
- Non lo so – parve insistere lei, deludendolo. Lui si era
spogliato di ogni difesa, le aveva servito la propria fiducia su un piatto
d’argento. Voleva crederle, anche contro ad ogni razionalità.
Voleva crederle.
Con quella risposta, lei sembrava non volerglielo
permettere. Forse, Mirai lo capì.
- Non so cosa sia un cyborg – sospirò, poi riprese un
pensiero ad alta voce – Ma se comunque io avessi a che fare con quel mostro, se
sono un essere umano invece che un cyborg è un po’ meno grave? -
Questa domanda, improvvisa e semplice, arrivò alle orecchie
del giovane saiyan.
In tutta la sua durezza lo colpì come non era mai stato
colpito.
Lui.
Che era erede di una stirpe aliena, guerriera, e sanguinaria
di invasori.
Lui.
Che aveva combattuto per tutta la vita i nemici dell’umanità
fin quasi alla morte.
Questa domanda, improvvisa e semplice, era arrivata a lui.
- Continuo a non capire – esclamò lei portandosi le ginocchia al petto,
e sembrando così ancora più piccola su quel letto tanto grande – Quindi quando
tu tornerai nel tuo futuro, non sarà cambiato proprio niente
E
anche oggi sono riuscita a finire il nuovo capitolo. Doveva essere più breve di
quel che è, ma comunque penso che sia coerente lo stesso. La narrazione è
sempre in terza persona, per adesso mi serve molto per velocizzare la situazione.
In fondo, in questo momento, sono più importanti i fatti delle riflessioni. Un
bacio a Sabri che continua a leggere e commentare la
storia! Non preoccuparti, via via si farà tutto
chiaro!
Al prossimo capitolo, Kla
Cap. 21 – Hope
- Continuo a non capire – esclamò lei portandosi le
ginocchia al petto, e sembrando così ancora più piccola su quel letto tanto
grande – Quindi quando tu tornerai nel tuo futuro, non sarà cambiato proprio
niente? –
Trunks sorrise, un sorriso quasi d’imbarazzo, mentre
abbassava lo sguardo sul guanciale che aveva a fianco – Sì, è così – ammise
parlando piano. Si portò tutto sul letto, incrociando le gambe. Lei, lì davanti
a lui, lontana quanto la distanza di un letto e vicina quanto la distanza di
un’occhiata.
Com’era difficile, da un po’ di tempo, sostenere il suo
sguardo. Non era più la stessa cosa.
- Ma il fatto è che l’importante per me e mia madre era
riuscire a creare un mondo dove nessuno soffrisse come abbiamo sofferto noi –
aggiunse lui sistemando le lenzuola leggermente increspate dai suoi movimenti.
- Molto eroico – lo canzonò lei. Quando Trunks alzò lo
sguardo per capire dalla sua espressione quale fosse il tono della frase,
all’udito totalmente sterile, la trovò a sorridergli – Stavo scherzando – aggiunse
allora Mirai, presa in pieno dallo sguardo inquisitorio – Io ti trovo
sorprendente –
Il ragazzo sussultò leggermente, e come suo solito arrossì,
riportando lo sguardo sul proprio letto. Non era abituato ad avere un certo
tipo di rapporti con altre persone, non era abituato affatto. Amicizia,
affetto, conoscenza… concetti così distanti dalla sua mente. Si ritrovò a
pensarci, in quell’istante, e se ne rammaricò. L’unico amore mai provato, era
quello per sua madre; l’unica amicizia mai avuta, quella di Gohan.
E poi? Poi il niente.
Nel momento in cui era diventato abbastanza grande per avere
un qualsiasi tipo di legame, il mondo era già stato quasi totalmente raso al
suolo dai cyborg: le persone si nascondevano al mondo, rimanendo nascoste anche
ai suoi occhi; ogni giorno andava trascorso nella segretezza, nascosti nelle
macerie di quello che sembrava il ricordo di un imponente edificio, importante
e prestigioso.
Ciò che rimaneva della Capsule Corporation.
Gli unici rapporti umani che era riuscito ad avere, si erano
materializzati nelle rare occasioni in cui era riuscito a strappare qualche
vita dalle mani assassine dei cyborg. Rapporti che iniziavano con un timido –
Tutto ok? – e terminavano nello stesso istante con le urla della persona tratta
in salvo, che scappava gridando da quel terribile incubo ad occhi aperti.
Quella realtà distrutta dall’orrore, sterile di sua natura,
sembrava oltremodo essergli avversa.
Forse era questa la sua punizione per essere l’unico in
grado di salvare quel mondo, e non essere ancora riuscito a farlo.
- Non trovi? – le parole di Mirai, come un eco, lo
distolsero dai suoi pensieri. Quando alla fine arrivarono forti alle sue
orecchie, alzò gli occhi di scatto su di lei. Lo sguardo dubbioso della ragazza
parlava chiaro: era diverse volte che gli poneva una qualche domanda.
- Eh… sì… sì certo – rispose lui frastornato. Provò a
mentire, in maniera goffa, quasi inutilmente. In fondo, anche se mezzo saiyan, era pur sempre un uomo.
Mirai sorrise debolmente. La intenerì l’atteggiamento così
indeciso di un ragazzo tanto forte e coraggioso. Aveva capito perfettamente che
Trunks non l’aveva ascoltata, ma non volle infierire su di lui, e lasciò
correre, soddisfatta comunque di averlo strappato a quei pensieri che
probabilmente gli affollavano la testa, e che sicuramente erano molto tristi.
Trunks era sempre così quando parlava del suo futuro, si
perdeva nei discorsi, accennava pochi particolari e poi sembrava sprofondare
senza ritorno nei propri pensieri.
- Ma scusa… se non ricordo male… non mi hai forse raccontato
che tu e tuo padre avete combattuto Cell alla sua
seconda trasformazione, e che avreste potuto tranquillamente batterlo? – parlò
d’improvviso, Mirai, quasi le fosse tornato in mente qualcosa di molto
importante, un pensiero che le era sfuggito dalla mente persa nell’osservare
Trunks immerso nei suoi ricordi.
- Certo, al suo secondo stadio lo avremmo eliminato senza
alcun problema… - assentì lui. Nei suoi occhi, una vena di dolore. Ancora una
volta, non era riuscito a salvare il mondo dall’incombente minaccia.
- E allora com’è che non riesci ad eliminare i cyborg nel
tuo tempo? Sono forse più forti di quelli in questa realtà? Sono più forti di Cell? – chiese Mirai sempre più incalzante.
Trunks tornò a sorridere; stavolta il suo sorriso era soddisfatto,
illuminato di speranza, e al contempo bonario e gentile, stupito da tutte le
attenzioni e le curiosità di quella ragazzina ingenua.
- No- scosse lentamente il capo – La loro forza è la stessa.
Sono io che mi sono allenato in questo mondo… e la mia forza è aumentata da
quando sono arrivato –
- Ma allora! – squillò lei battendo un pugno sul palmo
dell’altra mano – Quando tu tornerai nel futuro, non è vero che non sarà
cambiato proprio niente! Sarai cambiato tu! – sentenziò indicandolo.
Il giovane saiyan, rimanendo in
silenzio, portò gli occhi sorridenti sulla ragazzina che, di fronte a lui,
sembrava tanto entusiasta.
- Questo è ciò che mi auguro – le rispose semplicemente. E
ancora una volta si trovava a non capire quella ragazza, il suo entusiasmo e quel
modo di affrontare le avversità, l’idea costante che la nebbia è solo presagio
di una bellissima giornata.
Aveva tratto molta fiducia dalle parole di Mirai. Da come ne
parlava lei, sembrava che fosse già tangibile la certezza che il suo mondo ben
presto avrebbe visto e vissuto la bellezza della pace. Questa sensazione lo
calmò molto, e non riuscì a trattenersi dal ringraziarla col pensiero.
Al contempo, stranamente, sentì forte una strana sensazione.
Lui che pensava di conoscere bene il proprio scopo, quel solo ed unico obiettivo
della sua vita, ora che questo era ad un passo dalla realizzazione, scoprì in
quel momento non essere la sola cosa importante.
La pace. Il suo percorso.
Fino a quel momento l’aveva attraversato guardando in basso,
passo per passo, dove metteva i piedi.
Alle parole di Mirai, aveva finalmente alzato lo guardo, e
constatato con gioia che quel percorso arrivava davvero alla sua meta. Ma al
contempo, aveva intravisto lontano, ma sempre più vicino, qualcosa che sembrava
distogliere la sua attenzione.
Non era un ostacolo, né un impedimento. Ma era qualcosa che
offuscava la vista del suo traguardo.
Non c’era solo la pace, alla fine di quel tragitto. Adesso
qualcosa oscurava il suo obiettivo.
E gli venne da chiedersi se quello fosse un prezzo da
pagare, o una rinuncia da dover affrontare.
Ormai era passato quasi un mese, da quando erano entrati
nella stanza dello spirito e del tempo. I primi giorni non erano stati facili,
né da un punto di vista emotivo per entrambi, né da un punto di vista fisico
per Mirai. Le condizioni di quella stanza le erano davvero avverse. Tuttavia,
con impegno, si trovò ad adeguarsi il meglio possibile a quella situazione.
Trunks si era rivelato un buon insegnante, riuscendo ad
iniziare Mirai alla tecnica del controllo dell’aura. Purtroppo, però, trascorso
quasi un mese la parola giusta da usare era sempre “iniziare”. La ragazzina non
mostrò fin da subito grande propensione per le tecniche spirituali di
autocontrollo, e per nessuna tecnica specifica.
A dirla in maniera semplice, era totalmente negata.
Solitamente quasi tutta la giornata veniva impiegata
nell’allenamento, e mentre Mirai cercava di mettere in pratica ciò che Trunks
le insegnava, il ragazzo, per impiegare in modo costruttivo il suo tempo,
spesso andava nello spazio bianco fuori dall’abitazione ad allenarsi un po’. O
semplicemente a far finta di allenarsi, ma almeno rilassava la mente. Spiegare
a chi non capiva era terribilmente stancante.
Un giorno, il saiyan aveva appena
finito di allenarsi. O meglio, aveva sentito odore di cibo provenire dalla
cucina, e aveva deciso che per quel giorno si era allenato a sufficienza.
Rientrando guardò gli scalini, spesso vi trovava un asciugamano, e quel giorno
non fu una delle rare eccezioni. Lo prese e si asciugò il sudore sul viso e sul
torace, continuando ad annusare attentamente l’aria. Quando Mirai non combinava
disastri ai fornelli, riusciva a tirar fuori anche qualcosa di commestibile.
Ultimamente era migliorata, comunque.
In cucina come in tutto, Mirai sembrava saper fare molte
cose; ma partiva facendole in maniera mediocre, per poi migliorare molto in
poco tempo. Come se non le stesse imparando sul momento, bensì le conoscesse
già bene da tempo, ma le avesse accantonate in un angolo della sua memoria e le
stesse tirando fuori lentamente dai ricordi.
A passi decisi Trunks si avvicinò alla cucina,
affacciandosi. Mirai non era ai fornelli. Ne rimase quasi stupito, e si voltò
per vedere se fosse alle sue spalle, o in un’altra stanza.
Cercandola ma non riuscendo a localizzarla, d’improvviso si
accorse di non percepirla.
- Ti fai prima la doccia o prima si mangia? – la voce della
ragazzina si palesò d’improvviso, e la sua figura apparve di fronte al giovane saiyan, intento a guardarsi alle spalle, cogliendolo di sorpresa
tanto da spingerlo ad un involontario scatto nervoso. Il braccio di lui urtò la
pentola che Mirai teneva in mano, e il suo contenuto andò diritto su metà viso
e un braccio di lei. Ovviamente, il grido che ne seguì rasentò gli ultrasuoni.
Quella specie di brodaglia non aveva un odore granché appetitoso, ma bruciava!
Bruciava eccome!
- Mi dispiace! – continuava a scusarsi Trunks – Mi dispiace
moltissimo! – e dopo essersi guardato nervosamente intorno per diversi secondi,
focalizzò l’asciugamano che aveva sulle spalle e prese ad asciugarle il volto e
il braccio.
Alla fine, bagnandole più volte le parti semi ustionare, la
fece calmare.
Riuscì a farla sedere, mentre lui, accoccolato di fronte a
lei, continuava a tamponarla delicatamente sull’avambraccio.
- Va meglio? – le chiese per l’ennesima volta. Non riusciva
ad ottenere risposta.
- Sì… - piagnucolò lei finalmente, col tono di una bambina –
Sì, sto meglio – e con la mano del braccio non ustionato si asciugò i lacrimoni agli occhi.
- Potevi scegliere un momento migliore per farmi vedere che
hai imparato! – fu il docile rimprovero del ragazzo. Lei lo guardò spaurita.
- Che? – chiese perplessa.
- L’aura! – specificò lui. Non aveva ancora capito, che il
concetto non era per niente evidente.
Mirai non mutò l’espressione inquisitoria che aveva sul
volto.
- Ci penso io alla cena – riprese lui senza obbligarla a
chiedere ulteriori spiegazioni. Era palese che era stato solo un caso.
Mentre preparava la tavola, portò più volte gli occhi sulla
ragazzina, per assicurarsi che fosse davvero calma. Ma l’unica cosa che riuscì a
vedere distintamente, fu con quanto piacere lei portava spesso l’asciugamano al
viso, per lasciarsi calmare e cullare dall’odore che questo emanava.