Life as Julia Wyncestre - Origins

di Juliaw
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chapter 1 - Origins ***
Capitolo 2: *** Chapter 2 - There's still a long road ahead of us ***
Capitolo 3: *** Chapter 3 - Between Heaven and Hell ***
Capitolo 4: *** Chapter 4 - Sam's Thoughts ***
Capitolo 5: *** Chapter 5 - The Hunt Begins ***
Capitolo 6: *** Chapter 6 - Lucifer's Angels ***
Capitolo 7: *** Chapter 7 - Old Fashioned Mystery ***
Capitolo 8: *** Chapter 9 - Sam's Thoughts ***
Capitolo 9: *** Chapter 8 - Meet the Devil ***
Capitolo 10: *** Chapter 10 - The Mount Rushmore State ***
Capitolo 11: *** Chapter 11 - Point of no Return ***
Capitolo 12: *** Chapter 12 – It’s all about Blood and Destiny ***
Capitolo 13: *** Chapter 13 - From Hell, with Love ***
Capitolo 14: *** Chapter 14 - When God is gone and the Devil takes hold ***
Capitolo 15: *** Chapter 15 - There's no place like home ***
Capitolo 16: *** Chapter 16 - Hold on, little girl, the end is soon to come ***
Capitolo 17: *** Chapter 17 - Sam's Thoughts ***
Capitolo 18: *** Chapter 18 – Saved from danger, saved from evil ***
Capitolo 19: *** Ending Chapter - Waking up in someone else’s life ***



Capitolo 1
*** Chapter 1 - Origins ***


S alve gente!
Bhè come prima cosa volevo ringraziarvi per aver cliccato sulla mia Fan Fiction, ne sono onorata! :) Giusto per spiegarvi un po’ le mie intenzioni, vi dico semplicemente che l’idea di creare questa fan fiction mi è venuta in sogno, si lo so, lo so… Sono pazza, non c’è bisogno di dirmelo, però bhò di solito le cose migliori che scrivo le sogno prima. :O  Ehm…vediamo, giusto, la storia. Bhè ho semplicemente pensato cosa sarebbe successo se Sam e Dean avessero accolto con loro una ragazza, una ragazza normalissima come Julia e come si sarebbe evoluta la storia con lei intorno. Origin perché ho intenzione di scrivere una “seconda serie”, quindi questa per me è il “come tutto iniziò”.  Quindi, non so, se vi piace l’idea non esitate a continuare a leggere e magari lasciatemi anche un vostro parere, di solito quando sono positivi mi danno la carica per continuare a scrivere!
Detto questo, vi auguro buona lettura! ;)
_____________

“Vidi l’alba, il chiarore del cielo portò con se colori del tutto innaturali,
come innaturale era quello che stava accadendo,
sembrava che tutto si coordinava alla perfezione tranne io."




Chapter 1 - Origins

 E ra un normalissimo giorno nella mia normalissima vita. Camminavo frettolosamente fra le ripide strade di San Francisco, cercando in tutti i modi di non far tardi alle lezioni del giorno. Purtroppo però, alle otto e mezzo del mattino non è proprio facile essere di fretta quando c’è praticamente tutta la città che lo è. Muovermi furtiva tra la folla fu difficile, come sempre, strattonai molti passanti chiedendo scusa, ma puntualmente loro rispondevano in modo brusco, ma non potevo dargli mica torto? Anche loro erano di fretta. Di solito, chi è di fretta è inevitabilmente anche di cattivo umore in quanto si è in ritardo il più delle volte. Io non ero in ritardo, ma odiavo esserlo ed è per questo che cercavo di arrivare sempre in orario. Forse la mia vita era fin troppo normale, ma a me piaceva così. Certo non era il massimo del divertimento, ma per me andava bene, essere una ragazza come tante ma comunque avere la fortuna di condurre una vita semplice e spensierata? Per me era la perfezione. Di tanto in tanto la mia vita veniva scossa da eventi particolari. Come ad esempio quel mese c’era il matrimonio della mia cugina preferita. Mi ero offerta di accompagnarla negozio per negozio per trovare un bell’abito da sposa. Lei voleva il suo abito dei sogni, ma dopo ben venti negozi non l’aveva trovato, stavo iniziando a pensare che l’abito dei sogni fosse in realtà inesistente, ma comunque non avevamo ancora gettato la spugna, insomma mancava un mese al matrimonio e non aveva ancora il vestito, era normale…giusto?
Fortunatamente essere una Senior al college portava molti vantaggi, come quello di saltare le lezioni, con un permesso, nonostante fossero a frequenza obbligatoria. Era quello che avevo fatto quel giorno, il mio permesso di quel giorno portava scritto “seri problemi in famiglia impossibilità di frequentare i corsi pomeridiani”. Lo so, lo so, mentire non è leale, ma certe volte è necessario soprattutto quando, secondo mia cugina era una questione di vita o di morte, lei aveva bisogno di trovare il maledetto vestito dei suoi sogni almeno una settimana prima del matrimonio perché si sarebbe dovuta abituare all’idea di indossarlo… Cavolo se era strana mia cugina!
Quando finalmente arrivai, come sempre in orario, alle lezioni mattutine, nel’aula buia non c’era nessuno se non l’inserviente che la stava ancora ripulendo. L’università era quasi deserta. Certo mancava ancora un’ora all’inizio delle lezioni, ma come ho detto odio essere in ritardo. Decisi così di andare a far visita alla mia amica che abitava nei dormitori dell’università. Volendo anche io avrei potuto usufruire dei dormitori, così avrei potuto svegliarmi molto più tardi e non avrei rischiato di arrivare in ritardo, ma d’altronde abitavo abbastanza vicino e sinceramente, preferivo conservarli quei soldi.
C’era un bellissima aria fresca di inizio primavera, il sole ancora basso, filtrava attraverso le folte chiome degli alberi verdi e alti che ornavano il viale principale del college, un viale spazioso dove spesse volte, molti studenti lo percorrevano in bicicletta. Ai lati del vialone c’erano gli edifici delle varie facoltà, compresa la libreria e la mensa, infondo al viale sulla destra invece, c’era un edificio alto dove c’erano i dormitori. Jessica viveva al secondo piano nella terza stanza sulla destra. Era una ragazza del Minnesota, bionda con degli occhi azzurri spettacolari, alta e slanciata, una tipica ragazza americana insomma. Anche io ero americana, ma ero del tutto lontana dallo stereotipo. Capelli castano scuro, occhi verdi non proprio alta, anzi direi quasi bassa e una corporatura nella norma.
Bussai alla porta di Jess. << Arrivo, solo un secondo. >> Udii da dietro la porta.
Aspettai e poi finalmente Jessica venne ad aprire. Stava infilandosi una maglia, era del tutto nuda sotto di essa.
<< Speravo fossi tu. >> Disse facendomi entrare e chiudendosi la porta alle spalle.
<< Già, altrimenti saresti diventata la prima pagina del giornale del college. >> Risi sedendomi sul letto.
Corse nel piccolo bagno vicino la porta d’ingresso. << Sono un po’ di fretta, ho un appuntamento con il mio coordinatore perché devo cambiare una classe, il professore di Antropologia è letteralmente pazzo >>, l’acqua iniziò a sgorgare dal rubinetto, e Jess continuò a parlare nonostante si stesse lavando i denti. << Non riesco a seguirlo, una volta ha chiesto a me se offrivo prestazioni sessuali in cambio di voti alti, cioè ma ti rendi conto?! >> Il rumore dell’acqua cessò e Jess ritornò di nuovo nella camera.
<< Non l’hai denunciato? >>
<< Senza prove? L’ho detto al mio coordinatore, ma crede che stia esagerando. >>
<< Ha accettato di cambiarti classe, giusto? >>
<< Per fortuna. >>
Jessica aprì il cassetto vicino la scrivania e vi prese un fermacapelli nero e poi si rivolse allo specchio poco distante e legò in una coda di cavallo i suoi lunghi capelli biondi.
<< Mi dispiace Julia, ma devo proprio scappare. >>
<< Figurati, non preoccuparti Jess, capisco. >> Mi alzai e mi diressi verso la porta.
<< Magari possiamo vederci oggi pomeriggio dopo le lezioni? >>
<< Ehm…Mi sa che non posso, devo accompagnare mia cugina a scegliere il vestito da sposa. >>
<< Oh ancora con questo vestito? Non fa prima a farselo fare su misura? >>
Risi. << Devo diglierlo! >>
Io e Jessica uscimmo dalla sua stanza. Lei si diresse verso gli uffici e io ritornai a vagare senza una meta. Per fortuna mancava solo mezz’ora all’inizio delle lezioni, così a passo lento, mi diressi in classe. C’era un ragazzo che non sembravo conoscere, ma infondo eravamo un bel po’ a seguire quel corso non potevo mica conoscere tutti? Soprattutto con il carattere timido e introverso che mi ritrovavo, così decisi di fargli compagnia e sedermi anche io. Le luci erano finalmente accese e il proiettore accesso emanava un fastidiosissimo rumore che, quando l’aula era piena, non si sentiva affatto. Mi posizionai infondo ai banchi del terzo scalino della forma a scala che l’aula aveva e poggiai la mia borsa sul lato dove nessuno avrebbe potuto sedersi e attesi.
<< L’apocalisse è vicina. >> La voce profonda del ragazzo provenne da dietro di me, a quattro scalini di distanza. Mi guardai in giro. Lo guardai, aveva le mani incrociate e la testa china e questo non mi permise di vedere la sua espressione.
<< Come scusa? >>
<< L’apocalisse è vicina, moriremo tutti. >>
<< Non capisco cosa tu voglia dire. >>
<< Lo capirai presto. >>
<< Ma scherzi? >>
Non rispose così mi alzai e corsi fuori da quell’aula. Attesi che si riempisse molto prima di rientrare di nuovo. Quando l’aula era mezza piena, mi sedetti al secondo scalino vicino a Kalie, l’unica ragazza con cui parlavo nel mio corso.
Mi guardavo intorno per individuare di nuovo il ragazzo di qualche minuto prima, ma non ci riuscii sembrava essere svanito nel nulla.
<< Julia, cos’hai? Sembri agitata. >>
<< No sto bene, solo credevo di aver visto qualcuno, e adesso non lo vedo più. >>
Kalie annuii sconcertata. Lei era la tipica stronza, falsa amica e ragazza super popolare fidanzata del quarterback della squadra di football dell’università, la bionda da cui tutti stanno lontani perché hanno paura delle sue tremende frecciatine e quella che senza le sue due seguaci sgualdrine non era nessuno. Non so neanche io come mai eravamo diventate amiche, certe volte mi chiedo se non era solamente per convenienza, ma lei aveva tutti voti eccellenti, era bravissima in ogni materia e decisamente migliore di me nelle esercitazioni in laboratorio. Chissà, talvolta succede, credo.
Quando finalmente il professore decise di farci l’onore di iniziare la lezione, con venti minuti di ritardo, la corrente elettrica venne a mancare facendo cadere nel buio l’aula e tutta l’università.
Tutti ci guardammo confusi, una cosa del genere non era mai accaduta prima, l’università funzionava alla perfezione sempre. Il professore ci disse di mantenere la calma e che sarebbe andato a vedere cosa fosse successo, lo vidi parlare con un inserviente che pareva dire che neanche lui sapeva cosa fosse andato storto, poi entrambe sparirono camminando nella direzione opposta all’aula.
<< E’ l’apocalisse. >> Di nuovo quella voce profonda e paurosa del ragazzo misterioso. Proveniva da dietro, infondo l’aula lui era alzato a dispetto di tutti, aveva ancora una volta il viso chino, le braccia che gli cadevano su fianchi con le mani chiuse in stretti pugni. Le sue parole destarono confusione e sconcerto. Tutti lo guardarono in silenzio per qualche secondo dopodiché iniziarono a lanciargli palline di carta e qualunque altra cosa potessero trovare, umiliandolo e insultandolo in qualunque modo possibile. Il ragazzo rimase immobile subendo tutte quelle umiliazioni, come se non lo toccassero neanche un po’, quando finalmente si smosse, si avviò con passo lento e sicuro verso l’uscita dell’aula mentre ancora tutti gli lanciavano palline di carta.
<< Che tipi ci sono in giro. >> Disse Kalie.
<< Puoi dirlo forte, Kal! >>
Finalmente dopo quasi un’ora passata nel buio, la corrente elettrica fu ripristinata e passammo l’ultima mezz’ora della lezione a parlare di cosa successo e di come avevano risolto il problema. Apparentemente, il generatore era stato bruciato e i tecnici avevano dovuto attivare un vecchio generatore ancora funzionante per fortuna. Furono molto efficienti e veloci, come tutto alla San Francisco University, dopotutto.

    Era l’una. L’appuntamento con Blair, mia cugina, era all’una e un quarto fuori il college e così fu. All’una e un quarto precise, la sua fiammeggiante Mercedes rossa decappottabile accostò destando l’attenzione di tutti. Blair non era esattamente il tipo alla mano, la ragazza della porta accanto, no, tutt’altro. Era colei che amava l’attenzione del mondo, e cercava di attirarla in tutti i modi. Il suo futuro marito era il presidente di un’importante compagnia di città, ed era questo che le permetteva di comprarsi la Mercedes decappottabile e tutti i capi delle griffe più svariate, da Louis Vuitton fino a Fendi oppure Prada, certe volte l’invidiavo, ma il più delle volte ero molto contenta per lei perché aveva finalmente la vita che desiderava da sempre e si anche un fidanzato apprensivo e che l’amava molto. I suoi lunghi capelli mossi neri erano in disordine, ma era quello che amava della Mercedes, avere i capelli al vento. Mi fece segno di salire in macchina e questo attirò ancora di più l’attenzione dei curiosi, vedendo me, una comune mortale entrare in macchina di una ricca ragazza di San Francisco, non capitava molto spesso.
<< Julia, ma cos’è questa faccia? Sembri letteralmente che tu abbia visto un fantasma! >>
<< No, Blair, in realtà oggi è stata una giornata un po’ particolare e alquanto strana, ma sto bene. >>
<< Starai ancora meglio quando vedrai cosa ho qui per te, >> si voltò sul sediolino posteriore e cercò tra le varie buste dello shopping giornaliero, << ecco, sono sicura che ti piaceranno. >>
Mi passò una busta di cartone dorata, al suo interno c’era uno scatolo di scarpe. Ho accennato al fatto che avere una cugina con un futuro marito ricco porta molti vantaggi?
<< Oh, ma sono le scarpe che vidi in vetrina la scorsa settimana, >> era un meraviglioso paio di decolté azzurre con due catenelle che cadevano nei lati, semplici ma costavano praticamente un occhio della testa, ma hey, era un regalo non sarebbe stato cortese rifiutare. << Blair, ma non dovevi! >>
<< Hey, sei o non sei la mia cugina preferita? Consideralo come un ringraziamento per tutto quello che ti sto facendo fare ultimamente! >> Blair mise in modo e sfrecciò a tutto gas lontano dall’università e verso Mission Street, li ancora dovevamo vedere.
Blair accese la radio e ovviamente c’era la sua musica pop sdolcinata e lenta di sempre. Amavo Blair, ma di certo non la sua musica. Io ero più per il rock e pop movimentato, non mi piacevano affatto canzoni sdolcinate e romantiche come quelle che ascolta Blair.
<< E’ davvero necessaria questa musica? >>
<< Juls, queste sono le regole, chi guida sceglie la musica da ascoltare! >>
Con i capelli al vento e con gli occhiali da sole, Blair era diventata praticamente la tipica moglie di un ricco imprenditore. L’osservavo mentre cantava e con la mano sinistra teneva il volante mentre la destra era posata sulla gamba, indossava un vestito a fiori azzurro e delle scarpe con la zeppa beige. Cavolo se era bella!
<< Ho capito, ok! >>
Ridemmo entrambe.
Per fortuna avevo legato i capelli altrimenti a corsa finita, sarebbero diventati gonfi e inguardabili, non avevo la fortuna di Blair che era bella e sistemata anche dopo una corsa al vento con la Mercedes.
<< Eccoci, questo è il primo Atelier di oggi, che dici, promette bene? >>
<< Chissà entriamo a vedere, no? >>
Parcheggiò la sua macchina proprio di fronte il negozio, inserì l’allarme, mise le buste dello shopping nel bagagliaio e prese la sua borsa Prada dal sedile posteriore.
Entrammo nell’Atelier. Grande, anzi immenso salone della sposa con manichini che mostravano vari vestiti e molti altri in esposizione tenuti uno in fila all’altro sugli appendiabiti. La moquette di un caldo colore beige, le pareti bianco sporco decorate da simpatici fiori di un colore più scuro e le poltrone rosse e oro, donavano al posto un’atmosfera accogliente, chissà magari quello sarebbe stato il posto giusto. Blair chiese alla commessa, una tipa sulla trentina alta capelli rossi e vestita con un tailleur con gonna nera e bianca, se poteva farle vedere alcuni modelli che le sarebbero potuti piacere, le spiegò lo stereotipo e la commessa sparì dietro l’ammasso di vestiti da sposa esposti poco più avanti.
<< Speriamo sia il posto giusto. >> Disse Blair posando gli occhiali da sposa nella sua borsa.
<< Già, e se trovi il giusto abito, lo prenderai senza esitazioni? >>
<< Certo! Ne ho visti così tanti che mi sta per venire la nausea, poi se ci ripenso posso sempre comprarne un altro. >>
<< Già, giusto! >>
Sorrisi, ma senza farmi vedere da lei. Era così ricca che poteva permettersi due, o forse più, vestiti da sposa!
 La commessa ritornò da noi e tra le mani aveva tre abiti da sposa perfettamente conservati in buste di plastica per non rovinarli.
<< Allora, abbiamo questo di Valentino. Bianco sporco come ha detto lei e con il corpetto che sia allaccia dietro la schiena, per il resto è molto semplice se non per questi piccoli fiori ricamati alla fine dell’abito, vuole provarlo? >>
<< Ehm…Non saprei, non mi convince molto, l’altro? >>
La commessa posò l’abito di Valentino su una poltrona poco distante. << Questo è di Alexander McQueen, corpetto, stretto e ampio alla fine, questo ha più ricami, è molto elegante. >>
<< Questo vorrei provarlo, che dici Juls, ti piace? >>
<< Si è molto bello, provalo. >>
Blair andò nel camerino e io mi accomodai su una poltrona di fronte. Dopo qualche minuto uscì e io le dovetti allacciare il corpetto che le stava perfettamente. Secondo me era perfetta, ma ovviamente a lei non andava bene, diceva che era fin troppo stretto. Allora ne provò uno di un qualche stilista Spagnolo, ma nulla, poi ancora un altro di uno stilista italiano e su questo sembrava essersi convinta, ma poi cedette, rivelando che non le piaceva e che era stanca di quel negozio, solo dopo appena quattro vestiti… La strada era ancora lunga.
Quattro Atelier e un centinaio di kilometri dopo, la fame iniziava a sentirsi e la più totale depressione da parte di Blair era nell’aria. Guidò in silenzio fino ad un ristorantino raffinato sulla Main Street, parcheggiò l’auto in un vicolo e ci dirigemmo verso il ristorante, dove prendemmo posto al tavolo vicino lo specchio, quello di sempre insomma. Cercai di tirar su di morale Blair per tutto il tempo, ma lei sembrava molto scoraggiata, così mi venne in mente l’idea della stilista personale. Mi chiamò salvatrice, migliore cugina del mondo, la più fantastica di tutte e molte altre parole lusinghiere che provenire dalla bocca di una cugina sono sempre ben accettate. Si chiese mille volte come mai non ci aveva pensato prima, molto prima, quando aveva la perfetta stilista da chiamare, certo non era Alexander McQueen o Sara Burton, ma era comunque una stilista molto voluta da ricche mogli di ricchi imprenditori, hey era perfetto!
Ordinammo entrambe un’insilata con una limonata e per tutto il tempo Blair non fece altro che dirmi che mi avrebbe comprato tutto quello che volevo, cavolo, non volevo approfittarne, però la proposta era allettante, molto allettante. Lei disse che non le importava quanto avrebbe speso, l’importante era che mi doveva ripagare in qualche modo quindi accettai, ci accordammo che dopo pranzo saremo andate al centro commerciale a fare dello shopping sfrenato, quale ragazza avrebbe rifiutato?
Quando uscimmo dal ristorante, la strada era stranamente deserta. Non c’era niente e nessuno se non giornali che fluttuavano nell’aria, nel ristorante c’era ancora gente, ma nessuno di loro si era accorto della strana calma che c’era fuori. Io e Blair ci guardammo confuse.
<< E’ l’ora di punta per questo non c’è nessuno per strada? >> Chiesi sconcertata.
<< Non ho mai visto Main Street tanto deserta, non è possibile. >>
<< Forse non sei mai passata a quest’ora, Blair sono le tre e mezzo, la gente forse riposa, chi è rinchiusa negli uffici o chi è in casa per il troppo caldo, forza andiamo. >>
Ci avviammo verso la macchina parcheggiata nel vicolo accanto il ristorante. Certo quella situazione sembrava un po’ strana anche a me, non avevo mai visto una strada principale tanto deserta, ma chissà, era comunque Maggio e faceva un caldo tremendo, devi amare la California!
Quando il motore rombò nel silenzio, udimmo uno rumore proveniente dal retro dell’auto così ci voltammo entrambe. Non c’era nessuno.
<< Dai Blair, parti. >>
Ancora una volta un rumore e poi l’incredibile accadde.
Due uomini si avvicinarono alla macchina, uno molto in carne vestito di stracci e con una barba incolta nera e l’altro magro trasandato e calvo, sembravano due senzatetto, ma non lo erano, avevano entrambe l’aria dei malati mentali, grossi cerchi neri intorno agli occhi scuri e totalmente spaventosi. Il grassone aprì la portiera del guidatore e Blair urlò e io la seguii di soppiatto, il secco la prese per un briaccio e Blair cercò di divincolarsi riuscendoci però questo lasciò sorpreso il grassone, urlai ancora rimanendo pietrificata dalla paura davanti ad una scena così, sembrava che nessuno udisse le nostre urla. Così il grasso e barbuto prese Blair violentemente per il braccio trascinandola fuori con la forza, Blair urlante fece resistenza, ma essendo molto minuta rispetto l’omone, non poté fare niente, così uscii dalla macchina cercando di fare qualcosa, ma non sapevo neanche da dove iniziare. Quei due tipi erano strani, non erano i tipici rapinatori, non parlavano, avevano un’aria confusa ma allo stesso tempo molto minacciosa, che fossero due maniaci scappati chissà da dove?
Diedi un calcio alle ginocchia del magro facendolo cadere a terra, dopodiché tutto successe molto velocemente, l’omone prese Blair urlante in spalla e si allontanò correndo nella direzione opposta, io urlai il nome di Blair e lei urlò il mio, ma non ci fu niente da fare, l’omone scomparve dietro l’angolo. Il secco mi guardò mentre le lacrime scendevano come un fiume in piena e mi appannavano la vista. Ringhiò, borbottò qualcosa di incomprensibile e si portò il polso alla bocca mordendolo, dopodiché sfoderò un piccolo pugnale dalla tasca del suo pantalone stracciato e violentemente mi ferì il braccio sinistro e si fiondò su di me. Urlai, urlai più forte che potevo, implorai aiuto, quello strano individuo mi era sopra e non riuscivo neanche a muovermi di un centimetro, ero immobilizzata e non solo da colui che mi bloccava con il suo peso, ma anche dalla paura. Non capivo perché stava succedendo quello che stava succedendo, perché a noi? Chi erano questi? Che cosa volevano da noi, da Blair?
Il secco face per portare il suo polso sanguinante alla ferita sul mio braccio, ma d’un tratto il rumore risonante di uno sparo, scostò e ferì il secco facendolo spostare da me e rivoltarsi su se stesso morente. Jeans e giacca scura, l’uomo che aveva ancora la pistola puntata e il viso contorto in una smorfia, si avvicinò a me.
<< Stai bene? >> Chiese con voce profonda porgendomi una mano e aiutandomi ad alzarmi.
<< S-si sto bene, credo. >> Non feci neanche in tempo per alzarmi che tutto intorno a me divenne nero, e poi il vuoto, il nulla mi avvolse.

    La prima cosa che vidi fu la pelle nera di un sedile posteriore di un auto. Vi ero stesa sopra, a pancia sotto e con i capelli che mi cadevano sulla faccia. Non sapevo dov’ero, ne con chi e ne come diavolo vi fossi arrivata li. Sentivo delle voci e il rumore del motore dell’auto rombante e chiassoso, cercai di mettermi a sedere spostandomi la lunga massa di capelli castani dal viso e ponendola sulla schiena, tagliare i capelli era diventata la mia seconda priorità dopo quella di aver capito cosa diavolo stava succedendo. Era buio pesto e l’auto in cui sedeva sfrecciava velocemente su una strada dritta di campagna per nulla illuminata.
<< Sei sveglia? Bene, pensavamo di averti persa. >> Era l’uomo che mi aveva salvato, la sua voce profonda era come impressa nella mia memoria come se fosse marchiata a fuoco. Stava guidando quella che a primo impatto mi parve una Chevrolet.
<< C-cosa succede? Chi diavolo siete voi?! >> Dissi a mezza voce mentre mi massaggiavo la testa.
<< Dean, >> si portò la mano al petto come per presentarsi, << e Sam Winchester, e siamo la migliore cosa che ti potesse capitare oggi, carina. >> Dallo specchietto retrovisore vidi che sorrideva in un sorriso malizioso che lo rendeva totalmente affascinante. Aveva i capelli biondo scuro con degli occhi, che da quella prospettiva, sembravano verde scuro, ma sicuramente da vicino erano molto più chiari. L’altro, l’altro uomo che gli sedeva accanto aveva capelli più o meno lunghi castani e se ne stava appollaiato sul sedile del passeggero in silenzio, non riuscii a vederlo bene in faccia perché aveva il viso rivolto al finestrino.
<< Cosa è successo? >> Ripetei impaziente di sapere.
<< Croatoan, tesoro, se non fosse stato per noi adesso saresti stata anche tu una…cosa, come quel tipo che ti ha aggredito. >>
<< Croato che? Ma di cosa parli? Cosa succede?! >> Alzai un po’ la voce, odiavo non capire quello che mi succedeva intorno, mi rendeva nervosa e anche molto acida e antipatica. Si lo so, gran bel caratterino.
<< Straiati ancora un poco, è ancora lontana la nostra destinazione. >> Disse l’altro seduto accanto a Dean.
<< Sdraiarmi? Non fin quando uno di vuoi due non mi da una spiegazione o almeno dirmi dove diavolo stiamo andando. >>
<< Visto Sammy, ti avevo detto che avremo dovuto semplicemente lasciarla li. >> Dean sorrise ancora maliziosamente e Sam lo guardò a sua volta, il suo sguardo però non aveva nulla di malizioso, era piuttosto uno sguardo di ammonimento verso Dean.
<< Perdona mio fratello, crede di essere divertente. >>
Nessuno disse nulla.
<< Bene, quindi cosa ha indotto due fratelli che guidano una Chevrolet a salvare una comune mortale come me? E cosa diavolo è questo Croatonian? E dove stiamo andando? >>
<< Croatoan. >> Corresse Dean guardando la strada.
<< Siamo diretti nel Nevada. >> Disse Sam voltandosi dietro per guardami. Lui era bello. Tratti dolci e aggraziati per nulla femminili, anzi molto mascolini, naso aquilino e occhi verde chiaro, i suoi capelli incorniciavano quel viso angelico alla perfezione, cavolo se era bello!
<< Nevada?! Per quale stramaledettissimo motivo stiamo andando in un altro stato?! >> Questa volta urlai. << Mi avete rapita? Volete un riscatto? La mia famiglia non è esattamente ricca, cosa volete da me? >>
<< Hey, calma… Come ti chiami? >>
<< Il mio nome non è importante fin quando non mi spiegherete cosa diavolo sta succedendo. >>
<< Ok, va bene, ma non ci crederai. >>
<< Prova. >>
<< Croatoan è un virus che si trasmette tramite il sangue, il tizio che ti ha aggredito, ti ha ferita il braccio per infettare il tuo sangue con il suo. A proposito, come va il braccio? >>
Guardai il mio braccio dove c’era la ferita, la ferita era coperta con una pezzuola bianca, saldamente annodata.
<< Bene. L’hai fatto tu? >>
Con sguardo timido Sam annuì.
<< Grazie…>>
<< Hey piccioncini, non abbiamo tempo di smancerie. >> Disse Dean alzando la mano destra dal volante in segno di ammonizione.
Sam e io ci scambiammo un’occhiata confusa.
<< Stavamo dicendo, a proposito…del virus? >> Chiesi confusa e del tutto disorientata. Non sapevo neanche io di cosa parlavo.
<< Giusto, Croatoan, è un virus demoniaco, la maggior parte delle volte viene portato dai demoni, ma- >>
<< Aspetta, aspetta, aspetta…Demoniaco, demoni? >>
Sam mi guardò annuendo.
Due secondi di silenzio e poi sbottai. << Voi due siete pazzi! Fatemi scendere, ferma la macchina. >>
Dean sfoderò di nuovo quel suo sorriso malizioso che ormai mi stava dando ai nervi.
<< Ho detto ferma la dannata macchina! >>
Finalmente la macchina era ferma, vi smontai di scatto girando su me stessa cercando di trovare un senso a tutto quello che stava succedendo. Fino a qualche ora prima ero alla ricerca di un abito da sposa per mia cugina, e adesso? Adesso ero finita in qualcosa di decisamente incredibile. Povera Blair, chissà che fine aveva fatto, ero preoccupata per lei, speravo seriamente che se l’avesse cavata meglio di me. La strada era buia, era solo illuminata dai fari della Chevrolet che facevano luce a non più di una decina di metri. Poggiai le mani sulla portiera della macchina per cercare di pensare, ma la mia mente era offuscata dal pensiero di mia cugina e della mia famiglia, avevo spasmodica voglia di sapere se loro stavano bene e se fosse successo a loro quello che era successo ai due tizi che avevano aggredito me e Blair quella mattina.
<< Stai bene? >> Disse Sam avvicinandosi sfiorandomi un braccio.
<< Non mi toccare! >>
Feci un paio di passi e mi sedetti sul cofano posteriore dell’auto.
<< Hey, hey! Alzati! >> Dean venne verso di me puntandomi il dito contro.
<< Zitto! >> Urlai portandomi le mani alla testa.
Sam si avvicinò e anche lui si sedette sul cofano dell’auto provocando un grugnito di disapprovazione da parte di Dean che tornò, seccato, al posto di guida.
<< Ti avevo detto che ci avresti preso per pazzi, ma mi dispiace, è la verità. Devi crederci. >>
Non sapevo cosa dire.
<< E’ per caso uno scherzo? E’ stata Blair ad ingaggiarvi? >> Dissi alle fine sparando la prima cosa che mi venne in mente.
<< Chi è Blair? >>
<< E’ uno scherzo allora! Ci sono cascata, ok! Sono la ragazza più idiota d’America, avete vinto! >> Mi spostai dal cofano e di nuovo mi voltai su me stessa. << Dove sono le telecamere? >> Risi.
<< Hey, non è uno scherzo, niente telecamere. >> Sam aveva sul suo viso uno sguardo vacuo ma serio e mi guardava con aria di chi guarda qualcuno che sembra disperato. << Mi dispiace, qualunque il tuo nome sia, ma è la realtà, non è uno scherzo. >>
<< Julia, mi chiamo Julia. >> Alzai la mano destra in segno di saluto.
<< Julia, bene, mi dispiace che ti abbiamo coinvolta in tutto questo, ma è stato l’unico modo per salvarti, hanno infettato la maggior parte della città e dello stato, dovevamo portarti fuori di li. >>
<< La maggior parte della città? Questo vuol dire che mia cugina, la mia famiglia… >>
<< Non lo so. >>
Calai il capo. << Quando dici hanno infettato, intendi… >>
<< I demoni.>>
<< Demoni, giusto, perché non ci ho pensato prima?! >> Chiesi a me stessa scetticamente.
<< Ascolta, so che è difficile da accettare, ma le creature della notte, quelle che ti facevano paura da bambina, bhè…la maggior parte di loro sono reali, vampiri, lupi mannari, fantasmi e chissà forse anche l’uomo nero. >> Sam mi fronteggiò.
La mia testa iniziò a girare vorticosamente, probabilmente sbandai, perché ricordo che Sam mi sorresse, era come se ero stata trasportata in un’altra dimensione dove io ero quella anomala che doveva imparare tutto da capo, come un bambino appena venuto al mondo, vedevo tutto quello che mi circondava, distante, strano, come non lo avevo mai visto prima. La domanda era, mi piaceva questa nuova dimensione? No, no, decisamente no.
<< Demoni, mostri? Ne parli per esperienza? >>
<< Certo, io e mio fratello siamo cacciatori, andiamo in giro per il Paese alla ricerca di queste creature per annientarle e rimandarle da dove sono venute. >> Sam ritornò a sedersi sul cofano posteriore dell’auto e dall’interno di essa Dean urlò qualcosa di indecifrabile, evidentemente aveva molto a cuore quella macchina. Era una nera Chevrolet Impala del 67… credo? Non me ne intendevo per niente di macchine, ma quella era una macchina alquanto rinomata da dove venivo e mio padre aveva anche un modellino da qualche parte nel suo studio.
<< Ascolta, non ti sto costringendo ad entrare in tutto questo, dimmi solo dove possiamo portarti, magari da qualche familiare, qualcuno che abita al di fuori della California? >>
<< Non ho nessuno a parte la mia famiglia in San Francisco, non voglio venire con voi, ma per ora siete la mia migliore scelta. >>
Sam sorrise. Il suo sorriso era luminoso e contagioso tanto da far sorridere anche. << Mio fratello aveva detto che siamo la migliore cosa che ti fosse capitata oggi. >>
<< L’aveva detto, non è vero? >>
Non che credevo ai demoni o ai fantasmi, ma effettivamente Dean e Sam erano la mia unica speranza di sopravivenza dato quello che era successo a San Francisco e apparentemente alla California intera, o quasi. Se erano pazzi o meno questo ancora dovevo constatarlo davvero.
<< Potremo ritornare a San Francisco? Devo vedere se la mia famiglia sta bene. >>
<< Prova a chiamarli, nella fretta del salvarti abbiamo salvato anche la tua borsa, forse hai come contattarli li dentro? >>
<< La mia borsa? Dici sul serio? >>
La mia borsa era più o meno il mio kit di sopravvivenza, vi avevo tutto al suo interno, dal cellulare all’ Ipod, portafogli, trucco e perfino lo spazzolino da denti.
<< Si, vado a prendertela. >> Sam si diresse verso la porta del sediolino posteriore dell’auto e li Dean gli chiese se avessimo finito e lui rispose di si e che presto saremo ritornati in marcia. << Ecco. >> Mi porse la mia borsa marrone e beige.
<< Grazie mille, non so davvero come ringraziarti, è la mia vita. >>
<< Oh,ok…sembri affezionata molto alla tua borsa. >> Sam sembrava divertito.
<< Lo sono, c’è praticamente la mia vita al suo interno e certo, ho anche un cellulare. >> Scavai al suo interno e trovai il mio cellulare. C’era linea ed era anche carico per fortuna, la mia premura di non uscire mai di casa con una sola tacchetta della batteria, ritornava utile. Digitai il numero di casa, ma squillò a vuoto. Riprovai e riprovai ma fu invano.
<< Nessuna risposta. >> Dissi riponendo il cellulare nella borsa con tono sconsolato.
<< Mi dispiace, ma vedrai che stanno bene. >>
<< Sicuro… >> Certo lo speravo, ma dopo avevo visto quello di cui erano capaci coloro che “erano infetti dal virus Croatoan”, non ci credevo.
<< Rientriamo in macchina. >> Suggerì Sam.
E così facemmo, rimasi seduta sul sediolino posteriore muta e immersa nei miei pensieri per molto tempo, tutta la notte. Non dormii, e come vuoi dormire quando sei con due sconosciuti all’interno di una Chevrolet diretti in uno stato del tutto sconosciuto a te stessa?  Per tutta la notte, o quasi, Dean e Sam non fecero altro che parlare di Croats, coloro che avevano contratto il virus, di come si stava spargendo in fretta, come sconfinarlo e come fermarlo. Io non li davo ascolto, ero immersa nei miei pensieri.
Vidi l’alba, il chiarore del cielo portò con se colori del tutto innaturali, come innaturale era quello che stava accadendo, sembrava che tutto si coordinava alla perfezione tranne io.
Il cartellone stradale che lessi a malapena mentre correvamo a tutta velocità sulla strada di campagna, diceva “Nevada 100 miglia”. Eravamo praticamente arrivati, eh? << Dean, non sei stanco? >> Infondo aveva guidato tutta la notte.
<< Puoi scommetterci che lo sono, al primo motel che vedo mi ci fiondo. >>
<< Motel? >> Chiesi in tono disgustato.
<< Perché non ti piacciono i motel? Sono così puliti e soprattutto i letti, sono comodissimi, dovresti provare! >> Dean stava facendo ovviamente del sarcasmo.
<< Dovrei, eh? Oh, guarda caso adesso lo farò! >> Risposi a mia volta sarcasticamente ma con un vena acida nel dirlo. Sam rise e guardò Dean che ancora una volta mostrò il suo sorriso malizioso.
<< Cosa ridete? >>
<< Niente, sono solo contento che hai scelto noi come tua fonte di sopravvivenza, ma ti avviso, starci intorno non è esattamente piacevole. >> Disse Dean serio.
<< Certo, ok. >> Risposi ritornando seria a mia volta.
Viaggiammo per ancora tre o quattro ore prima di vedere sulla destra della strada l’insegna che ci annunciava che eravamo a Bishop una cittadina minuscola di periferia. Tutt’intorno a noi c’erano montagne alte e innevate ancora a maggio. Non c’erano auto che circolavano tra le strade della cittadina che era stranamente molto tranquilla e noi, col rumore rombante dell’Impala di certo non passavamo inosservati. Dean rallentò. C’erano pedoni sui marciapiedi ai lati della strada larga, sembravano persone normali, ma quando si voltarono verso di noi rimanendo immobili a fissarci mentre marciavamo lentamente, mi fece rimangiare tutto. Erano Croats, ovvero coloro che erano stati infettati dal virus demoniaco Croatoan. Hey, imparo in fretta!
<< Croats? >> Chiese Sam.
<< Si. >> Rispose Dean.
<< E ora? >> Chiesi impaziente e spaventata.
<< Fuggiamo prima che ci attacchino. >> Suggerì Sam. << Parti Dean, a poche miglia di qui c’è Mammoth Lake, è una città di montagna e con un po’ di fortuna possiamo riposarci senza nessun problema… >>
<< Forse hai ragione. >> Dean cambiò la marcia dell’auto e partì a tutta velocità sfrecciando tra le strade di quella cittadina fantasma. Mi dava i brividi vedere che tutti i pedoni erano fissi a guardare noi mentre fuggivamo, ci osservavano ma non ci attaccavano e questa era la cosa più inquietante di tutte. C’era un senso di inquietudine che credo, sia tipico delle città fantasma. La città tranquilla al nostro passaggio, era una cosa che non si vedeva tutti i giorni, cavolo se ero spaventata!
<< Perché non attaccano come hanno fatto con me e Blair? >> Chiesi sedendomi in mezzo sul sediolino posteriore.
<< Non lo so, non sono certo inoffensivi però, forse ci osservano per riportare al loro superiore quello che hanno visto e soprattutto chi hanno visto. >> Rispose Sam voltandosi verso di me. Rimasi un attimo impietrita quando pronunciò quel chi in quel tono così deciso e conciso. Chi erano davvero Sam e Dean? Se non erano dei pazzi fuggiti da un manicomio allora chi o cosa erano? Cacciatori sicuro, ma gli unici cacciatori che io conoscevo erano coloro che cacciavano, appunto,la selvaggina, forse in questa nuova realtà era diverso. Non lo sapevo e decisi che non mi importava, almeno per ora, solo una cosa si era aggiunta alla lista delle mie priorità, ed era quella di scoprire se la mia famiglia, Blair, mia sorella, mia madre e mio padre fossero ancora vivi, così mi ammutolii. Mi accoccolai sul sediolino posteriore e alzai le gambe al petto mentre uscivamo dalla città. Era incredibile quello che stava succedendo, tutti gli abitanti di quella città trasformati in un qualche specie di zombie, mi chiesi dove ancora era successa una cosa del genere e soprattutto perché stava succedendo, non potevo crederci che la mia vita era stata stravolta dalla sua normalità in meno di un giorno. Fino a qualche ora prima non avrei mai creduto ai zombie, alle possessioni o a qualunque stramaledettissima altra cosa stava succedendo, no. Forse ero stata davvero fortunata ad incontrare Sam e Dean, forse senza di loro sarei già morta o ancora peggio diventata una di quella che loro chiamavano Croats.

 

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Capitolo 2
*** Chapter 2 - There's still a long road ahead of us ***


Eccomi tornata!

Ho praticamente finito questo capitolo ieri, certo l’ho revisionato, ma sicuramente ci sarà qualche orrore grammaticale o perfino qualche parola scritta male, insomma sono cose che capitano u.u
Ehm…Quindi che dire? Buona lettura, chiunque mi segue e chiunque sia arrivato al secondo capitolo, spero che vi piaccia, sapete com’è no? Buone recensioni mi danno la voglia di continuare e bhè…le cattive, magari loro mi potrebbero dare la forza di migliorare? Quindi credo che anche quelle vanno bene, insomma se vi va scrivetemi quello che pensate, mi farebbe piacere leggere più opinioni!
Stay tuned per il terzo capitolo!! ;)
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Chapter 2 - There’s still a long road is ahead of us
 

       Mammoth Lake era una tranquilla città di montagna, abbastanza grande e spesso meta favorita dai turisti provenienti da ogni parte della California per sciare sulla sue alte montagne. Quel giorno di maggio, Mammoth Lake sembrava normale, per fortuna non c’era nulla di anomalo. Ah, quanto amo la normalità! I pedoni non si bloccarono per osservarci e non c’era nell’aria quel senso di inquietudine. La città molto frenetica e sicuramente viva, mi rimise di buon umore, ridandomi quella speranza che poco prima si era spenta, quella di ritrovare sana e salva la mia famiglia.
<< Motel 6, buongiorno bellezza! >> Disse Dean voltando nel parcheggio del Motel.
Il motel non era male, almeno dall’esterno. Bianco e Blue a due piani e con le porte sui balconi che fungevano da ballatoio. Una volta parcheggiata la macchina, Dean e Sam si precipitarono al cofano posteriore per prendere due sacche, quando li raggiunsi chiudendo la porta posteriore, quello che vidi mi sconvolse. Il cofano era stracolmo di qualunque arma da fuoco o da taglio immaginabile e non. Quello che vidi spostò di nuovo l’ago della bilancia sulla voce “sono pazzi”.
<< Cosa diavolo ci fate con tutte queste…armi?! >> Sussurrai.
<< Cacciamo, tesoro! >> Disse Dean chiudendo il cofano e avviandosi verso l’ingresso del motel seguito da Sam. Entrambe mi furono lontano almeno una decina di passi in meno di due secondi.
<< Animali? >> Cercai di raggiungerli dopo che ebbi recuperato la mia borsa dal fondo del retro dell’auto.
Sam e Dean risero. << Magari! >> Disse Sam rimanendo sempre voltato verso l’ingresso del motel.
No. Non era davvero possibile che cacciavano demoni e i mostri, no, davvero non potevo crederci, forse però per farlo avrei dovuto vederlo con i miei occhi, e da li a poco tutte le mie convinzioni e scetticismo si sarebbero definitivamente spente.
La reception del motel si presentava essere arredata in un tipico arredamento di rustico. Parquet scuro, pareti fiorate e corni appesi alle parete. Il grande bancone che precedeva il receptionist, era di puro legno massiccio, scuro e intagliato, era decisamente un normalissimo motel di montagna.
<< Salve, una doppia e una singola per favore. >> Disse Dean prendendo il portafogli dalla tasca posteriore dei sui jeans. << La singola la paga lei. >> Mi guardò sorridendomi.
<< Aspetta, cosa? Io ho appena il resto del pranzo di ieri. >> Presi il portafogli dalla mia borsa, << ho dieci dollari. >>
<< Sono infatti sette dollari a notte, signorina. >> Esortò il receptionist, un uomo sulla cinquantina con lunga barba bianca e occhi grigi.
<< Bene, allora pago solo una notte. >> Diedi i soldi al receptionist e lui mi diedi tre dollari di resto, bene potevo sicuramente viverci.
Una volta che anche Sam e Dean avevano pagato la loro stanza e preso la chiave della camera, ci dirigemmo di nuovo fuori e alla ricerca delle nostre stanze. La mia era la numero 106 la loro la numero 107, esattamente alla sinistra della mia.
<< Penso che domani dormirò qui fuori sul ballatoio, ma comunque grazie lo stesso. >> Dissi seriamente irritata mentre cercavo di aprire la porta che era ovviamente difettosa. Non ce l’avevo con loro, non ero arrabbiata per il fatto che Dean non avesse pagato la stanza anche a me, figuriamoci, li avevo appena conosciuti, eravamo praticamente estranei, conoscenti, ma neanche, ce l’avevo con me stessa per non essere uscita con più soldi nel mio portafogli pensando che avesse pagato tutto Blair ovunque fossimo andate, non avrei mai pensato di dovermi portare altri soldi perché alla fine della giornata avrei dovuto pagare una stanza in un motel in compagnia di due pazzi sconosciuti. L’assurdità della situazione in cui mi trovavo mi dava ai nervi, non ci credevo che tutto quello che stavo vivendo fosse reale.
Quando finalmente riuscii ad aprire la stanza, vi entrai sbattendo rumorosamente la porta alle spalle e lasciando Sam e Dean ancora fuori il balcone-ballatoio. La stanza era scura in quanto le tende delle due finestre che davano sul ballatoio erano chiuse, ma non me ne fregava granché. La moquette marrone scuro sembrava nuova, bhè almeno quello. Il lato notte era separato dell’ingresso una scultura formata da una decina di pilastri sottili ornata da dei cerchi marroni e verdi posti sui cardini, il tutto sostenuto da un muretto alto più o meno mezzo metro. Il letto era rivestito di un copriletto verde e con rifiniture rosse e sulla parete di fronte c’era un quadro che raffigurava le montagne innevate probabilmente di quella città. Poco più avanti c’era un lavandino e una porta che dava accesso al bagno. Lanciai la borsa a terra e urlai. Di solito dopo aver urlato, mi sento meglio. Sfogare la rabbia, in quel caso, la confusione e il nervosismo, dopo aver urlato è un ottimo rimedio che ti offre un po’ di meritato relax mentale. Mi lanciai sul letto ad una piazza e mezzo portandomi le mani sulla faccia cercando di rilassarmi. D’un tratto tutto intorno a me divenne buio e io caddi in un meritato sonno profondo, avrei voluto avere sogni normali, o magari svegliarmi e vedere che stavo vivendo era effettivamente un sogno, tutto nella mia testa, mi avrebbe anche fatto piacere se mi fossi immaginata tutto, ma quello che sognai non fu per niente confortante e ne tanto meno bello. C’era l’Impala di Dean e io che la guidavo a tutta velocità mentre Sam e suo fratello erano sul sedile posteriore agonizzanti, Blair morta o svenuta, era seduta vicino a me, c’era qualcosa che ci inseguiva ma non capivo cosa, la strada d’un tratto divenne ciottolosa e rurale e tutt’intorno gli alberi erano così folti da coprire luce del sole e presto divenne tutto buio, l’Impala si fermò e qualcosa la urtò violentemente.
Mi svegliai di soprassalto quando qualcuno bussò alla porta. Mi strofinai gi occhi e li riaprì di scatto in quanto bussavano alla porta ripetutamente.
<< Arrivo. >> Dissi a mezza voce.
<< Julia stai bene? >> Era Sam.
Mi alzai dal letto e andai alla porta aprendola.
<< Tutto bene, stavo dormendo. >>
Fuori era notte. Quante ore avevo dormito?
<< Entri? >>
<< Grazie. >> Sam entrò nella camera e io richiusi la porta, dopodiché aprii le tende pesanti e feci passare un po’ d’aria nella camera in quanto puzzava ancora di chiuso e di lenzuola pulite.
<< Avete riposato? >> Chiesi sedendomi al piccolo tavolino che era vicino alla finestra destra della camera.
<< Dean, si. Sta ancora dormendo, io no, sto bene per ora. >> Si sedette anche lui e mi fu di fronte. Potei vedere bene i suoi occhi che erano di un verde smeraldo, quasi da togliere il fiato, rimasi a fissarli per molto tempo prima di accorgermi che forse stavo diventando inappropriata. << Ascolta, sono venuto perché volevo scusami da parte di Dean, per quello che ha fatto alla reception, avrebbe dovuto pagarti la stanza. Scusa, ma ho l’ho convinto a pagarti la stanza anche per domani notte se sarà necessario. >> Sam si portò le mani in grembo e poi si sistemò i capelli portandosi le due ciocche castane all’indietro.
Risi. << Non preoccuparti, non mi aspettavo certo che mi pagaste l’albergo? Ci siamo appena conosciuti, non ce l’ho con Dean. E grazie, sul serio per avermi salvata e per tutto quello che avete fatto per me, >> guardai la fasciatura ancora ben salda, << purtroppo certe volte tendo ad essere un po’ scortese e poco riconoscente. >>
<< Figurati, è quello che facciamo, purtroppo non sappiamo ancora per quanto tempo rimarremo qui, finché non troveremo un indizio di chi sono questi demoni e dove si nascondono questo sarà il posto più sicuro. >>
<< Bene quindi appena scade anche la notte di domani, davvero dormirò sul ballatoio! >> Risi e forse contagiai la mia risata anche a Sam perché sembrava divertito.
<< In realtà pensavo che avresti potuto stare nella nostra stanza, >> lo guardai sorpresa, << Io e Dean dormiamo appena e giuro che non siamo per nulla invadenti. >>
Sorrisi. << Capisco, grazie, davvero. >>
Rimanemmo entrambe in silenzio e un’atmosfera pesante si avvolse tutta intorno a noi. Per fortuna, fu Sam a rompere il silenzio e spezzare così anche il silenzio imbarazzante. << Oh quasi dimenticavo, sono venuto qui anche per invitarti a cena. >>
<< Invitarmi a cena? Non so se- >> Sam inizio a ridere e così mi bloccai.
<< Nel senso che abbiamo preso qualcosa anche per te al fast food qui di fronte! >>
Risi anche io. << Oh…Ok, scusa sono la solita scema! >>
<< Ma no figurati! >>
Fu in quel momento che capii che Sam mi piaceva come persona e caratterialmente, molto diverso da suo fratello, Sam si poneva in modo gentile nei miei confronti e questo mi faceva sentire bene. Credo che la gentilezza sia una caratteristica molto importante da possedere e Sam ce l’aveva. Forse era anche questo che ai miei occhi lui risultava bello. Forse mi ero sbagliata sul conto dei due fratelli, forse entrambe nella loro stranezza erano infondo normali.
Ci alzammo entrambe e Sam mi condusse nella loro stanza dove appena entrai non potei far a meno di notare il tavolino stracolmo di fogli e Dean che mangiava un panino con hamburger alto almeno cinque centimetri, d’avanti ad un computer portatile bianco.
<< Hey Julia, ti stavamo aspettando. >> Disse Dean con la bocca piena.
<< Si vede! >>
Dean sorrise mostrando non solo i denti, ma anche quello che stava mangiando. Disgustoso!
Mi sedetti sull’unica sedia disponibile senza neanche chiedere a Sam se si sarebbe voluto sedere, di fatti, lui si sedette sul letto che era poco distante dal tavolino. Dean mi passò una busta di cartone dove al suo interno c’erano un panino con hamburger e patatine fritte. Dietetico, insomma.
<< Grazie ragazzi, non dovevate. >>
<< E lasciarti morire di fame non solo che farti dormire sul ballatoio? Nhà, non preoccuparti non è nulla! >> Esclamò Dean sarcasticamente.
Iniziammo a mangiare, bhè Dean aveva praticamente finito quando io e Sam iniziammo, così lui ci porse due birre prese dal loro frigorifero blue portatile. Erano ben attrezzati, c’era da dirsi, ovviamente tralasciando tutte le armi.
Dean si protese verso il computer e lo voltò in modo che Sam potesse vederlo. << Oh Sam, dai un occhiata, Gold Hill una cittadina la cui popolazione conta 191 anime, è stata totalmente rasa al suolo da un qualcosa che ha provocato la morte di ogni singola persona. Tutte le vittime presentavano segni evidenti di colluttazioni e ferite sparse su tutto il corpo, un morso provocato da una bocca umana è stato trovato su varie parti dei corpi di tutte le vittime. La polizia indaga. >>
Sam si alzò dal letto e guardò lo schermo del computer. << Croats che si attaccano tra di loro? >>
<< E’ l’Apocalisse Sammy, chissà cos’altro succederà! >>

E’ l’apocalisse, quella frase già l’avevo sentita. Ma si! Certo, quello strano individuo all’università.
<< Come scusa? Apocalisse? >>
<< Julia non sa nulla. >> Disse Sam sedendosi sul letto.
<< Non so nulla di cosa? Pensavo che le cose fossero chiare ormai. >>
<< Julia, è davvero una lunga storia e non vuoi sentirla, credimi. >> Dean si alzò e accattonò tutta la spazzatura in una bustina appesa al lato della sua sedia.
<< Che significa è l’Apocalisse? >>
<< Esattamente questo è l’Apocalisse, ascolta Julia, magari ne riparliamo, non ora. Hai già visto molto, per ora fai finta che Dean non ha detto nulla e cerchiamo di concentrarci sul cercare il demone che sta provocando tutto questo. >> Ancora un volta Sam fu gentile nei miei confronti, mi persuase tanto con la sua gentilezza che decisi di lasciar correre, infondo era vero avevo visto fin troppo in soli due giorni e dopotutto non me ne fregava nulla dell’Apocalisse, quando la mia priorità era sapere se la mia famiglia stava bene, o forse si? Insomma se l’Apocalisse era davvero quella che immaginavo, forse me ne sarebbe dovuto importare, infondo il mondo sarebbe finito, tutti saremo morti. Cavolo se pensavo che quel pazzo squilibrato all’università aveva detto una cosa giusta! Che fosse solo una coincidenza ormai ne dubitavo, dopo aver visto tutto quello che avevo visto negli ultimi due giorni, non ero sicura che le coincidenze fossero mai esistite.
Rimasi nella stanza di Sam e Dean per ancora qualche ora prima di ritornare nella mia. Parlammo di tutto, scoprii che il loro cognome era Winchester e che era praticamente l’inglese del mio cognome ovvero Wyncestre, di origini francesi come mio padre. Erano originari di Lawrence Kansas, ed erano nell’ “business” della caccia da sempre, il padre li aveva cresciuti per essere cacciatori, da piccoli viaggiavano per tutti il Paese con il padre che era a sua volta un cacciatore, si spostavano spesso se non sempre, per scovare demoni, e qualche altra diavoleria di cui non ricordo il nome, mi dissero che molte volte il padre non si faceva vedere per settimane e spesse volte mancava anche per le ricorrenze importanti come Natale o perfino i compleanni dei figli. Mi rivelarono che la madre Mary, fu uccisa da un demone quando Sam aveva appena sei mesi e John Winchester il padre, era morto qualche anno prima a causa dello stesso demone, demone che loro chiamavano Azazel e che poi avevano ucciso a loro volta l’anno dopo. Insomma i due Winchester avevano una storia alquanto complicata, triste e diciamocelo, molto interessante, essere cresciuti sulle strade spostandosi per cacciare demoni, certo non si può chiamare una vita normale, ma chissà forse mi sarebbe piaciuto, o forse no. Dean e Sam non desideravano altro che uscire dal “business” per dedicarsi ad una vita normale e crearsi una famiglia loro, ma sapevano che questo non era possibile, perché per le volte che ci avevano provato, c’era sempre qualcosa che li riportava dentro, non volevano mettere in pericolo la vita delle persone a cui tenevano ed è per questo che non si affezionavano facilmente agli estranei. Molte cose mi fecero pensare che fossero in realtà due pazzi scappati dal mattatoio di chissà quale città, ma c’era qualcosa nei loro occhi mentre mi raccontavano tutta la storia…qualcosa di ammirevole, insomma fare quel “lavoro” e non essere ricompensati, salvare vite e lasciare che solo poche persone sappiano realmente cosa sta succedendo, eliminare mostri e non essere considerati eroi, tutto questo mi fece rimangiare tutto quello che avevo pensato su di loro, in un certo senso mi sentii in colpa per essermi comportata così squallidamente nei loro confronti e fu in quel momento che una cosa mi fu chiara, nolente o volente avrei dovuto farmi piacere questa nuova dimensione altrimenti non sarei sopravvissuta a lungo.



    Mi svegliò un tremendo trambusto che proveniva dalla stanza dei ragazzi. Non fu per niente un risveglio piacevole, c’era rumore di vetro rotto e avrei potuto giurare che vi fosse stato anche un colpo di pistola, così mi alzai dal letto e mi vestii più in fretta possibile, avevo dormito con la biancheria intima, ispezionando prima per benino tutto il letto, scuotendo le lenzuola, il copriletto e si, avevo anche controllato sotto il letto, ma non per paura di qualche demone, bensì di qualche topo o chissà quale atra bestia. Condizionabile, chi io?
I vestiti del giorno prima non erano esattamente puliti o profumanti, anzi erano fradici di sudore e puzzavano in una maniera incredibile, però ero stata abbastanza intelligente di lasciarli un po’ all’aria aperta prima di indossarli, si lo so, è una cosa disgustosa, ma a mali estremi, estremi rimedi. Insomma, non avevo mica calcolato la mia permanenza in un motel quando uscii di casa per andare all’università? Una volta essermi vestita e aver pettinato un po’ i miei capelli con la spazzola che fortunatamente avevo nella mia super borsa, li alzai in una coda di cavallo. In meno di cinque minuti ero pronta, mi precipitai fuori e verso la stanza dei ragazzi. Preoccupata dai frastuoni che provenivano da dietro la porta, non pensai neanche di bussare, ma cercai direttamente di aprire la porta girando a destra la manopola d’orata, ovviamente però, non si aprii così iniziai a bussare freneticamente chiamando Sam e Dean, ma nulla. Così decisi di fare una cosa che avevo visto fare nei film, ovvero aprire la porta con un calcio. Dicono che non vi si riesce mai ad aprirla semplicemente con un calcio, ma in quel momento fu la prima cosa che mi venne in mente, così indietreggiai tre o quattro passi dalla porta, inspirai e espirai profondamente e senza pensarci due volte, sferrai un calcio laterale alla porta bianca che mi era di fronte e hey, si aprì!
Lo scenario che c’era al di là della porta bianca, mi paralizzò. Dean era steso sul letto sanguinante e agonizzante, aveva la faccia tumefatta e respirava a fatica, Sam stava praticamente lottando con un uomo alto più o meno quanto lui, ma molto più muscoloso e largo di spalle. Rimasi sull’uscio della porta a fissarlo mentre gliene dava di santa ragione allo sconosciuto, rimanendo impietrita dalle sue capacità di difesa. Avanzai di un passo verso l’interno quando Sam fu colpito da un pugno inflittogli dall’omone allo stomaco che lo fece piegare in due e cadere a terra.
<< Sam! >> Urlai, destando Dean dal letto che una volta che mi ebbe vista, puntò con il dito della mano destra a qualcosa, ma non riuscii a capire cosa. Si teneva premuta una ferita sull’addome e balbettava qualcosa alzandosi leggermente dal letto, ma non capivo. Le mie gambe sembravano di piombo e non riuscivo a muoverle.
In meno di due secondi, la situazione degenerò, era Sam adesso che ne stava prendendo di buona ragione, io non capivo Dean cosa volesse dire e avevo paura di fare un altro passo all’interno della stanza per paura di essere coinvolta nello scontro, si lo so ero una codarda, ma temevo per la mia stessa vita, in quanto non avevo esattamente le stesse abilità di difesa di Sam, anzi non ne avevo per nulla, ero già stata abbastanza fortunata che l’omone non si accorto della mia presenza, non volevo sfidare ancora un po’ la sfortuna, non ero una che amava rischiare, no per nulla.
<< Prendi il pugnale sul tavolo! >> Urlò infine Sam mentre ancora una volta veniva colpito allo stomaco cadendo a terra. Di scatto voltai la testa verso il tavolino, dove c’era uno strano pugnale dalla lama righettata e dal manico di legno chiaro, due passi e lo afferrai, ma non sapevo cosa farci, volevano mica che pugnalassi il tipo grande e grosso? Sarei morta piuttosto! No, forse no, ma… Sam era a terra ormai anche lui intontito e quasi a tappeto e fu quando lo vidi che scattò qualcosa nella mia mente che mi fece correre verso l’uomo e non appena gli impiantai il pugnale nella schiena, un suono elettrico e uno scintillio dorato ne provocarono la morte, così scioccata da quello che era appena successo, ritirai il pugnale dalla schiena dell’aggressore e caddi in ginocchio. Sam venne verso di me strisciando sulla moquette marrone.
<< Tutto ok? >>
<< Quando si dice il buongiorno si vede dal mattino. >> Dissi cercando di rimettermi in piedi.
<< Grazie Julia, senza di te forse saremo morti. >> Sam si stese supino sulla moquette.
Mi alzai. << In qualche modo dovevo ripagarvi, tu piuttosto stai bene? E Dean? >>
Sam sorrise leggermente, in quanto aveva le labbra gonfie e sicuramente erano doloranti. << Dean è stato ferito dal demone, devo curarlo. >> Si avviò verso Dean che era svenuto sul letto, lo seguii e cercai di aiutarlo ad alzarsi, ma lui rifiutò il mio aiuto e piano si trascinava sulla moquette, strisciò all’interno di una chiazza enorme di sangue e arrivò al letto, spostò la giacca scura del fratello e alzandogli leggermente la maglia bianca diede un’occhiata alla ferita. Era una brutta ferita sullo stomaco sanguinava ancora e sembrava profonda, alla vista di tutto quel sangue mi venne un leggero giramento di testa, ma mi ripresi subito, infondo avrei dovuto abituarmici se avrei voluto laurearmi in Scienze Forense tra qualche mese…O forse quella era la vecchia dimensione?    
<< Julia, per favore, in bagno c’è una borsa verde, al suo interno c’è un kit di pronto soccorso, ti dispiacerebbe passarmelo? >> Sam mi scosse dai miei pensieri, era di fianco al letto dove Dean era steso supino e privo di sensi, aveva la voce roca e il braccio sinistro indolenzito, era in ginocchio alla destra del fratello e mi guardava.
Annuii e subito mi precipitai in bagno a cercare la borsa verde, subito la trovai per fortuna e al suo interno c’era un piccolo borsello che conteneva le necessari medicazioni. Corsi di nuovo da Sam e subito gli passai il borsello.
Quello a cui assistei fu un gesto di pura fraternità. Sam che medicava la ferita a Dean nonostante le sue sofferenze, non era altro che amore, vero e proprio amore tra fratelli. Dall’espressione preoccupata che aveva sul volto intuii che Sam voleva molto bene a Dean e che sarebbe morto per lui, avrebbe fatto qualunque cosa per proteggerlo e lo stesso era per Dean e Sam lo sapeva. Quel gesto, mi fece ricordare mia sorella e quanto fossi preoccupata per lei in quel momento, non sapevo se fosse ancora viva e neanche se lo era il resto della mia famiglia, alla meno peggio erano diventati dei Croats, ma in quel caso, sarebbe stato meglio perderli per sempre.
Una volta disinfettata e fasciata alla perfezione la ferita di Dean, Sam si arrampicò sul letto affianco a quello su cui era steso il fratello, e si stese a sua volta. In quel momento mi sentii leggermente fuori luogo, mi trovavo esattamente nello spazio tra i due letti, nel centro tra Sam e Dean Winchester, due cacciatori che erano appena stati appena messi a tappeto da quello che, ormai lo sapevo, non era un umano e io ero li fissarli senza far nulla. In quel momento mi chiesi se avessi mai visto la fine di quella storia.

Non sapendo cos’altro fare, mi diressi alla destra di Sam sedendomi sul letto accanto a lui fissando la parete che mi era di fronte.
<< Stai bene Sam? >>
<< Potrei stare meglio. >>
<< Dean? >>
<< Si riprenderà, ho fermato il sangue, la ferita si dovrebbe rimarginare. >>
<< Dimmi se c’è qualcosa che posso fare, odio essere inutile e non vorrei risultare un peso per voi, avreste dovuto chiamarmi, avrei potuto dare una mano, a mio modo… >>
<< Julia, il demone ci ha attaccati all’improvviso, non avremo mai avuto il tempo di chiamarti e non sei un peso, non preoccuparti. Ti ringrazio di essere così clemente con chi, qualche tempo fa, credevi essere pazzo. >> Sam aveva la mano sullo stomaco e l’altra lungo il suo corpo snello e muscoloso, la camicia strappata lasciava intravedere piccoli lembi di pelle e potevo chiaramente vedere che il suo era un torace scolpito alla perfezione, bhè forse avere delle perfette abilità di difesa comporta avere un fisico letteralmente perfetto, mica male.
Sorrisi e mi voltai a guardarlo, ai miei occhi risultava bello anche con il labro gonfio e il sangue nei capelli, anzi perfino più affascinante dato quello che aveva appena fatto. << Perdonami per averti dato del pazzo, adesso lo so, non lo siete affatto. >>
<< Figurati, va tutto bene. >> Sam si voltò sul fianco e io non fui capace più di vedere il suo viso.
<< Ti lascio riposare, se c’è qualcosa che posso fare, non so…urla. >> Feci per alzarmi, ma Sam mi bloccò per un braccio.
<< Julia resta. >> Mi guardò e io ricambiai lo sguardo fissando i suoi occhi verdi e sedetti di nuovo sul letto mentre lui mi toccava ancora il braccio, la sua frase mi rimase impressa e la sua voce bassa e profonda mi risuonò nella mente un bel po’ di volte prima di ritornare al mondo reale. Così mi stesi anche io sul letto con le mani in grembo e con la schiena appoggiata sul poggiatesta del letto, vegliai sui due fratelli per tutto il giorno, ma alla fine mi addormentai anche io.



    << Sono contento che sei sveglia. >> Era Dean che, seduto al tavolino, beveva un birra. Era notte fuori e la stanza in cui mi trovavo in quel momento non era la mia ma quella dei ragazzi, così in quell’istante ricordai tutto quello che era successo qualche ora prima, mi voltai per vedere se Sam era ancora sdraiato al mio fianco, ma non c’era, c’era solo Dean nella stanza.
Mi misi in ginocchio sul letto. << Non dovresti riposare? La tua era una ferita molto brutta. >>
<< Il mio fratellino l’ha medicata alla perfezione! >> Dean alzò la sua maglia per mostrarmi la fasciatura che Sam gli aveva fatto.
<< Già, ci ho fatto caso… E’ per caso un medico tuo fratello? Ho visto che è molto pratico quando si tratta di fasciature e ferite. >> Allusi alla fasciatura che avevo ancora sul mio braccio alzandolo e mostrandolo a Dean.
<< Nhà, è solo il prodigio della famiglia, e quando fai un lavoro come il nostro certe cose le impari altrimenti non potresti sopravvivere a lungo. >>
<< Già… >>
Dean riprese a bere la sua birra che sembrava fredda e alquanto invitante, poi ruppi il silenzio ricordandomi di chiedere cos’era quello strano pugnale e per quale motivo aveva scatenato quella reazione quando lo avevo impiantato nella schiena del…demone.
<< Era di un demone, è sconosciuta anche a noi la provenienza e perché fa quello che fa, ma ironia della sorte, abbiamo ucciso il demone che ce l’ha regalato con il suo stesso pugnale, la puttana stava facendo il doppio gioco. >> Bevve un sorso di birra.
<< Eravate alleati con un demone...femmina? >>
<< Ruby, si. Brutto periodo. >>
<< Capisco… >>
In realtà non capivo, com’era essere alleati con un demone quando, da quello che avevo visto e sapevo, erano praticamente malvagi? Chissà quale circostanza aveva portato Sam e Dean a fidarsi di un demone, ma dopotutto non erano affari miei quindi non chiesi.
Sam entrò dalla porta qualche minuto dopo, portava con se una busta di un altro fast food ed era stranamente vestito in giacca e cravatta, non ricordavo che per andare a prendere la cena c’era bisogno dell’abito elegante, almeno non in quel motel.
<< Ho portato la cena. >> Disse Sam chiudendosi la porta alle spalle.
<< E la giacca? >> Chiesi.
<< Sono andato a chiedere delle sparizioni in giro, non gliel’hai detto? >> Sam guardò Dean che fece spallucce. << Dopo l’aggressione di ieri sera, apparentemente sono scomparsi due uomini in città in circostanze misteriose, sospettiamo un rapimento effettuato da qualche demone, probabilmente stessa congrega di quello di ieri, in quanto c’era dello zolfo in entrambe le case delle due vittime. >> Sam poggiò la busta marrone di carta con il logo del fast food sul tavolino vicino le scartoffie e il computer, dopodiché mi guardò, si sedette e si allentò il nodo della cravatta.
<< Ma questo non spiega la giacca, e aspetta, cosa c’entra lo zolfo? >>
<< Lo zolfo viene lasciato dai demoni quando si impossessano di qualcuno, sai tutte le dicerie sullo zolfo e di come è associato al demonio? Bhè, anche quello è tutto vero. >>
Rimasi un secondo senza sapere cos’altro dire, assimilare tutte quelle informazioni sul mondo sovrannaturale in così poco tempo, bhè non era per nulla semplice, sentivo come se la mia testa volesse esplodere ogni volta che venivo a sapere qualcosa di più e avevo la voglia di svegliarmi e scoprire che tutto era stato uno dei sogni più strani che avessi mai avuto, ma purtroppo ero sveglia.
Annuii lentamente poi aggiunsi: << E la giacca? >>
Sam prese un distintivo dell’FBI dalla giacca e me lo mostrò sfoderando un espressione innocente.
<< FBI? >> Chiesi sconvolta. << State per caso dicendo che lavorate per l’FBI in realtà, in un qualche sezione che si occupa del sovrannaturale? >>
Dean rise sonoramente. << No, piccola! Ci fingiamo agenti dell’FBI, anche questo fa parte del lavoro. >>
Questa volta rimasi spiazzata. Fingersi per agenti federali, non era per nulla legale da quello che sapevo… << Ok, non voglio dire che siete pazzi, ma…Fingersi per i federali? E’ totalmente una cosa da pazzi, e se vi scoprissero? >>
<< Ci siamo già passati e ce la siamo cavata alla perfezione, adesso abbiamo tutto coperto, nessuno può scoprici e per di più è l’unico modo per avvicinarsi a ipotetiche vittime di ipotetiche aggressioni sovrannaturali, ma questi non sono tuoi problemi, lasciaci fare il nostro lavoro. >> Disse Dean prendendo il suo panino dalla busta marrone sul tavolo.
<< Va bene… >> Dissi cupamente e senza aggiungere altro, presi il mio panino e la mia bibita e mi riversai fuori e nella mia stanza, senza neanche chiedere se era stata pagata per un’altra notte.
Per fortuna era stata pagata e non ero stata cacciata, la mia borsa era ancora poggiata sul cassettone legno scuro di fronte il letto. Mi sedetti al tavolino e mangiai senza voglia il panino con hamburger e insalata che Sam aveva comprato, non era esattamente salutare, ma non potevo rimanere digiuna. Quando ebbi finito la mia cena, mi stesi sul letto senza dormire. Lasciai che il sonno mi venisse da se rimanendo supina a pensare, forse pensavo troppo, ma cos’altro potevo fare? Insomma mi sentivo praticamente un intralcio e del tutto fuori luogo, forse sarei dovuta scappare e trovare un bus che mi avrebbe riportata San Francisco, ma hey, San Francisco da quello che mi era stato detto era stata rasa al suolo dal virus Croatoan e la mia famiglia era letteralmente irrintracciabile, avevo provato a chiamare a casa e sul numero del cellulare di mio padre e mia madre senza ricevere una risposta, squillavano a vuoto. Speravo seriamente che avessero trovato riparo da qualche parte o che magari avessero avuto la stessa fortuna mia. Quando mi accorsi che ancora dovevo chiamare il numero del cellulare di mia sorella, una piccola speranza si accese in me, mi alzai di scatto dal letto e mi precipitai subito verso la borsa, una volta che ebbi trovato il mio cellulare che segnava ormai due tacche di batteria, chiamai mia sorella, squillò a vuoto due o tre volte, ma alla quarta volta qualcuno rispose.
<< Julia… >> Riuscii a capire che era la voce di mia sorella.
<< Alyson? Alyson sei tu? >>. Nessuna riposta. << Alyson? Rispondi ti prego, stai bene? >>
Si sentivano strani rumori metallici e qualcuno bisbigliare sullo sfondo, ma non capii esattamente cosa stavano dicendo, rumore di trascinamento e poi una voce. 
<< Avrei dovuto sequestrartelo prima! >> Era Blair, era la voce di Blair, quando udii la sua voce sussultai e sorrisi urlando il suo nome e il nome di mia sorella senza però, ricevere risposta, fin quando finalmente Blair prese il telefono di mia sorella e mi parlò.
<< Blair, sono contenta che tu stia bene! >>
<< Blair è ormai andata, cara. >> Sentendola bene, capii che c’era qualcosa nella sua voce, qualcosa di diverso.
<< Che cosa stai dicendo, Blair? >>
<< Sapessi come è viva qui dentro! Mi dispiace, ma Blair in questo momento è fuori e non può venire a telefono! >> Dopodiché il telefono forse cadde a terra e poi niente più, non si sentii più nulla.
Rimasi un secondo senza fiato, quando riuscii di nuovo a respirare, feci mente locale. Mia sorella sembrava stare bene, ero molto più risollevata anche se non sapevo esattamente dov’era e se stava effettivamente bene, ma la speranza di ritrovarla viva si animò di nuova luce e mi diede la forza di andare avanti, ma che voleva dire che Blair non poteva venire a telefono? Non era con lei che avevo parlato? Solo due persone potevano darmi una risposta, ed erano nella stanza accanto alla mia.

 

 

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Capitolo 3
*** Chapter 3 - Between Heaven and Hell ***


 

Manzoni disse  "ai miei 10 lettori" io invece dico "al mio unico lettore”… No davvero ù.u
Ecco il terzo attesissimo capitolo…No. Oh, come avrete notato, o forse no, ho cambiato il titolo della storia chiamandola semplicemente “Life as Julia Wyncestre – Origins”, bhò, mi sembra un titolo più appropriato. Dopo di questo capitolo ci sarà una piccola sorpresa sempre inerente alla storia, ma dovrete aspettare fin quando la finisco di scrivere : )
Comunque, si adesso in questo capitolo si inizia, finalmente, ad entrare nel vivo della storia, the hunt begins, insomma!
Buona lettura!


____________

Between Heaven and Hell

        A prii la porta della stanza accanto alla mia senza pensare di bussare, per fortuna era aperta e Sam e Dean erano entrambe alzati vicino l’entrata del bagno e…in deshabillé. Mi sentii avvampare, arrossii solo a lanciargli uno sguardo veloce, dopodiché voltai la testa verso la porta, avevano entrambe un asciugamano legata intorno alla vita, che bhè non lasciava molto all’immaginazione in quanto era lunga solo fin sopra le ginocchia e la mantenevano entrambe con una mano. Cercai di andarmene, ma fu Dean a fermarmi.
<< Non scappare, stavamo preparando la festa! >> Disse scherzosamente aprendo un braccio e  sfoderando ancora una volta il suo sorriso malizioso, facendomi voltare verso la sua direzione. Sam, qualche passo dietro di lui, rise sotto i baffi.
<< Uhm… >> Mi passai una mano nei capelli cercando di nascondere il mio viso e il suo rossore. Ero imbarazzata quindi non volevo rispondere, non volevo dire nulla per paura di risultare stupida o perfino goffa, molte volte mi succedeva di dire cose senza senso quando ero in imbarazzo. Mi voltai ancora una volta verso la porta, ma mi rivoltai ancora, cavolo se erano sexy! Quell’asciugamano e i capelli bagnati, non fecero altro che accendere la mia immaginazione che iniziò ad andare a ruota libera fino a sorprendermi di me stessa quando pensai che avrei fatto sesso con entrambe senza neanche pensarci due volte, di solito non ero una da una botta e via,soprattutto con degli sconosciuti, ma per loro…bhè per loro avrei fatto sicuramente un’eccezione. Sam aveva le spalle larghe perfettamente proporzionante con la grandezza del suo corpo, alto e snello, sembrava un gigante, pettorali ben formati e gambe lunghe e muscolose al punto giusto, mi mozzò il fiato tanta bellezza, non credo di aver mai visto tanta perfezione su un solo corpo, mentre lo fissavo, sicuramente avendo un’espressione da ebete sul viso, Sam si passò la mano libera tra i suoi capelli castano scuro, bagnati e lunghi, spostandosi dal viso due ciocche, rimasi a fissarlo senza ricordarmi che avrei dovuto respirare, i lineamenti sul suo addome si mossero sinuosamente in contemporanea con la mano che si portò tra i capelli, non potei far a meno di restare li impalata a guardare entrambe, mentre sicuramente, tra i loro pensieri si prendevano gioco di me. Dean era più basso di Sam di una decina di centimetri, ma sicuramente più alto di me di almeno quindici, le spalle un po’ più larghe di quelle del fratello, lo facevano sembrare massiccio e ben impostato. Il corpo era alla pari con la sua altezza, i suoi capelli color miele erano scompigliati come se avesse passato l’asciugamano tra i capelli, anche lui aveva pettorali perfetti, gambe perfette e braccia muscolose, insomma per un secondo mi chiesi se quello non fosse un sogno, una delle mie più perverse fantasie che prendeva vita. Non potei fare altro che fissarli, cercando di nascondere il mio disagio, perché le parole semplicemente non uscivano o forse non volevo farle uscire, volevo davvero impedire di rendermi ridicola ai loro occhi così optai per il silenzio, non avevo mai visto due uomini così perfettamente…perfetti. Quando Dean venne vicino a me ancora con l’asciugamano intorno al bacino, fu ormai impossibile nascondere il mio viso paonazzo, mi era vicinissimo, tanto che mi prese il mento e mi alzò il viso a guardare il suo.
<< Non hai mai visto un uomo nudo? >> Chiese sorridendo.
<< No, cioè si… Forse dovrei andare, non è un buon momento, torno dopo. >>
Sam rise e anche lui si avvicinò. Ok, confermo questa era la mia più perversa fantasia che prendeva vita. << No Julia, resta, ci vestiamo e poi ci dirai perché sei entrata nella nostra stanza senza neanche bussare. Siediti pure, torniamo subito. >> Sam prese Dean per il braccio che non era impegnato a tenere l’asciugamano e lo trascinò verso il bagno, Dean fece storie sul fatto che non sarebbe mai entrato in bagno con il fratello per vestirsi insieme, così Sam sbruffando si sedette sul letto più vicino al bagno e Dean cercò i suoi vestiti nella sacca verde che era appoggiata sul comodino accano al letto. Cercai di non guardare, ci provai con tutte le mie forze, ma la mia curiosità femminile me lo impedì, odio essere ripetitiva, ma Dean aveva un sedere perfetto, sodo e alto. Adesso vi sembrerò la più perversa persona del mondo, ma vi posso garantire che non è così, d’avanti a così tanta bellezza non si può fare a meno di apprezzare. Quando Dean entrò in bagno, rimanemmo solo io e Sam in un silenzio imbarazzante. Seduto, mentre si manteneva ancora l’asciugamano ancora con la sua mano, Sam sembrava alquanto a disagio, speravo sul serio che non ero io a farlo sentire così, forse era solo timido.
<< Scusa. >> Farfugliai, forse pensando ad alta voce.
<< Cosa? >> Chiese Sam che sicuramente non sentii quello che dissi in quanto era un po’ distante.
<< Volevo scusarmi per essere entrata qui dentro senza preavviso e creando questa situazione… imbarazzante. >>
Sam sorrise guardando dritto davanti a se e si passò ancora una volta la mano tra i capelli bagnati, in quel momento mi venne voglia irrefrenabile di sedermi su di lui e passargli la mia mano tra i capelli mentre con l’altra di carezzargli la schiena, rimasi a fissarlo, mentre lui parlava, ma in realtà non lo ascoltavo, infine colsi solo: << infondo,sono sicuro che hai le tue buone ragioni. >>
Mi ricomposi stropicciandomi gli occhi e annuii, << le ho infatti, sono riuscita a contattare Alyson, mia sorella. >> Sam annuii guardando nella mia direzione. << Ma Blair, non so…era strana, ha detto, testuali parole, mi dispiace, ma Blair in questo momento è fuori e non può venire a telefono, dopodiché è caduta la linea. >>
L’espressione sul volto di Sam cambiò, si incupì e sembrava preoccupato.
<< Sam, cosa c’è che non va? Riguarda Blair? >> Chiesi altrettanto turbata.
<< Julia, quello che sto per dirti forse non ti piacerà… >> Disse passando ancora una volta la mano tra i capelli facendo quel maledettissimo gesto che, ormai lo sapevo, non sarei mai riuscita a vedere come un gesto normale, ma come un gesto che era capace di togliermi il fiato e si, facendomi anche sembrare una cretina. Questa volta però riuscii a rimanere più o meno indenne da tanta bellezza e dissi: << Ti prego Sam, devo sapere. >>
<< Blair è stata possibilmente impossessata da un demone. Da quello che mi hai detto, è l’unica cosa che posso dedurre. >>
Rimasi a bocca aperta. Non sapevo come funzionavano le possessioni demoniache, ma ne avevo sentito parlare e avevo sentito parlare anche di esorcismo, quella roba mi dava i brividi, ma forse avrebbe potuto salvare mia cugina da un destino terribile? Forse, così feci per chiederlo a Sam, ma Dean uscì dal bagno vestito con maglietta nera e jeans stracciato sul ginocchio e sulla coscia sinistra, la maglietta nera risaltava le sue braccia possenti e muscolose. Mi guardava ancora con quel suo sorriso malizioso, avrei voluto sferragli un pugno, ma probabilmente mi avrebbe bloccata prima che la mia mano avrebbe sfiorato il suo viso.
Sam scambiò un’occhiata con Dean e facendo spallucce, entrò in bagno.
<< Allora? Stavate parlando della tua piccola improvvisata? >> Dean si accomodò sul letto sfatto, quello più vicino al tavolino e all’ingresso.
<< Proprio così, ma mi sono scusata. >>
<< Niente scuse piccola, potevamo usare un po’ di divertimento da queste parti! >> Sorriso malizioso, sguardo profondo e sexy, capii che quello che avevo nei confronti di Dean era un desiderio fisico, odiavo il suo carattere sfrontato e menefreghista. Chiamai a raccolta tutti i muscoli del mio corpo per impedire a me stessa di saltargli addosso e perdere il controllo di me stessa, in tutti i sensi, ma dissi semplicemente: << Dean, sei disgustoso. >>
<< So che ti piacerebbe, piccola! >>
<< Oddio, potresti non guardami così? Giuro che se mi sorriderai ancora in quel modo, non risponderò ancora delle mie azioni. >>
<< Come così? >> Dean sorrise ancora guardandomi e scatenando i miei nervi.
<< Dean! >> Lo ammonii.
<< Il mio corpo è tutto tuo tesoro! >> Allargò le braccia nell’esortarmi.
<< Oh mio Dio, Dean! >> Portai una mano d’avanti agli occhi per evitare che la mia immaginazione viaggiasse ancora tra le mie fantasie più nascoste, se avessi avuto un po’ più di coraggio, probabilmente gli sarei saltata addosso e chissà cosa sarebbe successo dopo.
Lui rise piegandosi in due.
<< Non mi sembra divertente! >>
<< Certo che lo è, abbiamo bisogno di ridere altrimenti moriremo di tristezza, con tutte le cose spiacevoli che vediamo ogni giorno, ridere ogni tanto fa bene. >> Dean ritornò serio.
<< Ok, forse hai ragione, ma possiamo non ridere su certi argomenti? >>
<< Certo, come vuoi. >>
Sam uscì dal bagno, indossava una camicia beige a quadroni azzurri e un jeans, semplice, ma incredibilmente sexy in quanto metteva in mostra il suo sedere alto e sodo.
<< Julia qui, mi stava dicendo che Blair forse è stata impossessata da un demone. >> Disse Sam lanciando l’asciugamano che aveva intorno al bacino sul letto su cui era seduto Dean.
<< Blair? Come in Gossip Girl? >>
Nessuno rise.
<< No Dean, la cugina di Julia. >>
<< Oh, giusto, quindi suppongo che tu sia riuscita a rintracciarla? >>
<< Già, non solo lei, anche mia sorella che sembrava stare bene, ma Blair… >>
<< Le ha risposto che Blair non era li per rispondere al telefono. >> Sam si sedette sul letto vicino al bagno.
<< Possessione demoniaca, non c’è dubbio. Solo dei demoni avrebbero risposto così. >> Dean iniziò a volteggiare su se stesso guardandosi intorno.
Mi ricordai dei film horror e di come il protagonista combatteva il demonio con un esorcismo, così chiesi. << Funziona per caso l’esorcismo? >> Azzardai.
<< Certo che funziona, ma il problema sta a trovarla tua cugina, i demoni sono abili nel nascondersi. >>
Un problema in meno. Avremo potuto salvare Blair, per ora quello mi bastava.
<< Qualche idea di dove possa essere? >> Chiesi.
<< Da quello che sappiamo, potrebbe essere da qualunque parte del mondo. >>
<< Bene. >> Chinai il capo e alzai le gambe sulla sedia, poggiando la testa su quest’ultime.
<< Mi dispiace Julia, faremo di tutto per cercarla e salvare sia lei che tua sorella. >> Disse Sam.
Salvare Blair e mia sorella era la mia priorità, a quel punto non ero più tanto sicura che mia madre e mio padre fossero vivi sentivo come qualcosa dentro che me lo diceva, era come un presentimento però più forte. Alyson era viva e per ora quello mi andava bene.
<< Ma certo! >> Esclamò Dean ad un tratto rompendo il silenzio. << Perché non c’ho pensato prima, Cas! >> Sam annuii e Dean guardò il soffitto.
<< Cas? >> Chiesi confusa.
<< Si, è un Angelo, stai a guardare. >> Disse Dean.
<< Angelo? >> Ero disorientata, aveva davvero detto Angelo? Angelo nel senso che era una persona molto premurosa e brava o Angelo nel vero senso della parola, con tanto di ali e mutandone? Oddio, avevo la testa che stava per esplodere.
Guardando ancora il soffitto, Dean iniziò: << Prego Castiel di portare le sue piumose chiappe qui giù, su Cas! >> Sgranai gli occhi e guardai Dean. Che cosa stava facendo?
<< Ma co- >> Dean mi zittì puntandomi un dito contro. << Cas, dove sei? Abbiamo bisogno del tuo aiuto, andiamo amico. >>
<< Avete chiamato? >>
Ok, quello fu totalmente inaspettato. Dal nulla, ripeto dal nulla, apparve quest’uomo sulla trentina con un trench beige e un completo blue dalla cravatta dal nodo allentato. Credevo di essere diventata pazza, come era possibile che due secondi prima non c’era nessuno li vicino al bagno? Mi strofinai gli occhi credendo che tutto fosse stata solo un’allucinazione, uno scherzo della mia testa che ormai stava andando in escandescenza, ma non era così, l’uomo…l’Angelo sulla trentina era ancora li a fissare me con l’aria confusa e con lo sguardo vacuo.
<< Julia, questo è Castiel, Castiel questa è Julia. >> Dean fece le presentazioni ma ne io ne l’Angelo allungammo la mano per stringercela.
<< Chi è lei? E perché mi avete chiamato? >>
<< Cas, dobbiamo trovare un demone. >> Dean si avvicinò all’Angelo che era ancora immobile come una statua. Prima di vedere Castiel, pensavo che gli Angeli fossero coloro che portavano lunghe e morbide ali bianche e che fossero biondi e con gli occhi azzurri, ma evidentemente mi sbagliavo, tranne per gli occhi azzurri in quanto, sembrava che l’amichevole Angelo della porta accanto, avesse degli occhi di un colore compreso tra l’azzurro e il blue cobalto.  << E’ la cugina di Julia, c’è stato un attacco del virus Croatoan a San Francisco, da quello che sappiamo lei potrebbe essere l’unica superstite. >>
<< Lo so, ho sentito. >> Castiel si smosse finalmente dalla sua immobile posizione e passo lento si avvicinò a me scrutandomi e senza staccarmi gli occhi da dosso per un solo secondo. << Sono i piani di Lucifero per distruggere l’umanità, il virus è solo un esperimento ben riuscito. >>
<< Lucifero?! >> Urlai. << Vi prego ditemi che è solo uno pseudonimo di qualche demone davvero cattivo. >> Non volevo credere che Lucifero, quel Lucifero, quello che la Bibbia descriveva come padre di ogni demonio e re degli inferi era effettivamente reale, ma considerando che gli angeli e i demoni erano reali, bhè non vedevo perché Lucifero non doveva esserlo, ma che camminasse sulla terra? Adesso capivo quando Dean e lo strano tipo all’università dissero è l’Apocalisse. L’Apocalisse biblica si stava evidentemente avverando e evidentemente Lucifero stava cercando di eliminare l’umanità, forse Sam e Dean erano coinvolti per cercare di fermarla. Se la testa non mi fosse scoppiata in quel momento, allora c’era davvero qualche buon Angelo che mi guardava dall’alto.
In quel momento mi rammaricai di aver chiamato pazzi tutti i predicatori di strada.

Dean spiegò a Castiel tutto quello che era successo negli ultimi giorni, dal mio salvataggio fino a “la cugina di Julia è diventata un demone e noi dobbiamo trovarla”. Dopodiché, Castiel disse che avrebbe dato un occhiata in giro e che sarebbe tornato da noi. Mi chiesi quanto veloce potessero muoversi gli Angeli in quanto dopo meno di cinque minuti che si era letteralmente dileguato dalla stanza, era ritornato riapparendo dal nulla.
<< Allora hai scoperto qualcosa? >> Esortò Dean impaziente.
<< Sono in Nevada, Gold Hill. >> Disse Castiel guardando con espressione vacua Dean. Aveva la voce rauca e profonda e quel qualcosa che lo rendeva particolarmente…interessante, insomma, c’è chi nasce umano e chi nasce Angelo e in quanto umana, trovavo alquanto interessante l’aver incontrato un Angelo.
<< Allora c’era qualcosa in Nevada, ne ero sicuro! >> Disse Sam.
<< Dobbiamo andare, dobbiamo salvare Blair e Alyson! >> Mi alzai dalla sedia e andai incontro a Sam che guardandomi annuì.
<< Partiamo tra poco. >> Disse.
Di scatto, senza pensarci due volte, abbracciai Sam. Forse fu l’euforia del momento, però anche lui ricambiò il mio abraccio, capii che entrambe ne avevamo bisogno. Lui era molto più alto di me, con la mia testa arrivavo al suo petto, così vi ci poggiai la testa rimasi così per qualche secondo, mentre Sam mi carezzava gentilmente la schiena e i capelli, fu Dean a interromperci con una delle sue solite battute maliziose che, ne a me ne a Sam fece ridere.
Ritornai vicino il tavolino e mi ci appoggiai. Guardai Castiel che ancora con quel suo sguardo vuoto mi fissava incuriosito. Mentre ci scrutavano a vicenda dissi: << Cos’ha che non va? >>
<< Chi Cas? Non farci caso, è così di natura! >> Disse Dean dando una pacca sulla spalla a Castiel che non si smosse neanche di un millimetro ne tantomeno cambiò espressione. Era inquietante, non avevo mai visto nessuno essere così impassibile come lui, ma era forse dovuto al fatto che era un Angelo? Gli Angeli sono inespressivi? Non ricordavo perfettamente le rappresentazioni bibliche, ma potrei giurare che alcuni di loro sorridevano o erano perfino tristi. Chissà, forse Castiel era un Angelo diverso, supponendo ovviamente, che esistessero vari tipi di Angeli.
<< C’è qualcosa in te. >> Disse Castiel ancora guardandomi.
<< Qualcosa in me? >> Chiesi confusa.
<< Qualcosa che non riesco a percepire, come se fosse nascosta… >>
<< Va bene…>> Annuii lentamente fissandolo, ma poi mi ritrovai a fissare il vuoto, perché Castiel svanì praticamente sotto i miei occhi. << Angeli? Lucifero? Apocalisse? Sul serio? >> Chiesi alzando leggermente la voce.
<< Sembra assurdo vero? >> Disse Sam.
<< Sembra? >>
<< Ok, è assurdo. Anche io stentavo a crederci all’inizio, ma sai…poi ti ci aibitui. >>
Sam e Dean mi raccontarono come tutto iniziò. Evidentemente un demone bambina chiamata Lilith per liberare il suo adorato paparino, aveva rotto i 66 sigilli che intrappolavano Lucifero nella sua gabbia giù all’inferno e adesso Lilith era morta, ma Lucifero era più vivo che mai in quello che loro chiamarono un tramite umano, e intenzionato a fa fuori tutti perfino colui che amato più di chiunque altro ovvero il suo stesso Padre. Cavolo, non credevo che tutte le dicerie religiose potessero essere più che mai vere, prima d’allora, però dal modo in cui Sam e Dean me lo raccontarono, la fecero sembrare una faccenda più seria di come la si racconta nelle chiese e in quasi tutte le religioni del mondo.
<< Quindi anche gli Angeli usano i tramiti per interagire con gli umani essendo Lucifero un Angelo dopotutto? >>  
<< Esattamente, impari in fretta, piccola! >> Si complimentò Dean.
<< E esattamente per quale motivo è iniziata l’Apocalisse? >>
Sam e Dean si guardarono. << Non vuoi saperlo. >> Disse Sam.
<< Si ma devo. Voglio sapere tutto. >>
<< Mi dispiace Julia, non posso dirtelo, non ancora almeno, te lo dirò quando sarai pronta. Adesso concentrati a salvare Blair e tua sorella, poi forse magari non sentirai più parlare di noi e non dovrai entrare in tutta questa merda in cui siamo dentro fino al collo. >> Disse Dean seriamente.
Lo scrutai con un espressione afflitta sul volto. << E morire mentre Lucifero cerca di distruggere tutta l’umanità? No grazie, preferisco rimanerci nella merda, almeno qui ho chi mi salva il culo. >> Entrambe, Sam e Dean rimasero in silenzio. << Cosa c’è che non va? >> Chiesi allarmata.
<< Non sappiamo ancora come fermare l’Apocalisse, anche se un metodo ci sarebbe… >>
<< Sam! >> Ammonì Dean.
<< Bhè, se c’è un modo allora perché non l’avete fermata prima? Magari prima che i demoni prendessero di mira la mia famiglia? >>
<< Perché è infattibile. >> Rispose seccamente Dean.
Li guardai. Li studiai, cosa sapevano? Qual’era quel modo infattibile di cui parlavano? In quel preciso instante, mentre un’atmosfera così pesante e quasi palpabile divorava la stanza, capii che la questione non riguardava più solo salvare la mia famiglia, bensì riguardava salvare il mondo interno da una quasi inevitabile distruzione, non volevo avere nulla a che fare con il come e quando salvare il Pianeta dai cattivi, ma forse era un po’ troppo tardi per tirarmi indietro. Non avrei potuto salvare Blair e Alyson e dopodiché voltare le spalle a Dean e Sam dopo tutto quello che avevano fatto per me, semplicemente non potevo, speravo seriamente di riuscire a offrigli il mio aiuto in seguito. Fu Sam a rompere il silenzio. << Se partiamo ora, arriveremo a pomeriggio inoltrato. >> Diedi un’occhiata oltre le tendine che coprivano la finestra alle mie spalle, iniziava ad albeggiare.

<< Bene, vado a preparare la mia borsa, ci vediamo sul ballatoio tra dieci minuti. >> Mi staccai dal tavolino e mi diressi verso la porta d’ingresso andando verso la mia camera, e una volta al suo interno, non c’era molto che dovessi fare, così presi la borsa poggiata sul cassettone di legno scuro e mi sedetti sul letto ancora sfatto, aspettai. Forse dieci minuti erano un po’ troppi. Controllai il cellulare, mi rimaneva una sola tacca della batteria, ottimo, dopodiché sarei ufficialmente tagliata fuori dal mondo, mi chiesi se Sam e Dean possedessero un cellulare, forse si, d’altronde chi è che non ha un telefono cellulare nel ventunesimo secolo?
Mi accorsi di essere molto stanca in quanto non avevo dormito molto negli ultimi giorni, insomma ero abituata a fare le ore piccole studiando all’università, ma poi le recuperavo, adesso invece ne avevo molte arretrate.
Guardai il grande orologio di legno sulla parete antecedente al bagno e mi accorsi che i dieci minuti erano passati, così mi avviai sul ballatoio chiudendomi la porta alle spalle. Sam e Dean erano già appena usciti anche loro dalla stanza, tempismo perfetto. Mentre mi facevano strada verso la reception per posare le chiavi delle camere e per pagare la nostra ultima notte, notai che Sam aveva una pistola posizionata sul retro dei suoi jeans, ok so cosa state pensando, ma non è così. Guardai anche Dean e nonostante la sua giacca verde petrolio, riuscivo ad intravedere il calcio bianco di una pistola.
Senza dire nulla, Dean pagò anche la mia stanza passando al receptionist una carta di credito Visa. Il receptionist questa volta era un ragazzo sulla ventina e vestito nel tipico abbigliamento di montagna, camicia sbracciata beige e una salopette sopra di essa.
<< Grazie Mr. Harris. >> Disse il receptionist ridando la carta di credito a Dean. Non chiesi neanche, adesso avevo la mente aperta a tutto, tutto quello che mi sarebbe stato detto da quel momento in poi l’avrei creduto, perfino carte di credito false.
L’Impala era parcheggiata dove l’avevamo lasciata qualche giorno prima, Dean aprii il cofano delle meraviglie e vi posò il suo borsone verde, richiudendolo dopo e dirigendosi verso il lato del guidatore, nel frattempo Sam era già al posto del passeggero, così anche io aprii la portiera posteriore e mi accomodai all’interno. L’odore di pelle dei sedili, mi ricordò la notte in cui mi svegliai su di essi, non avevo idea di tutto quello che sarebbe successo e di come il mio scetticismo sarebbe man mano andato a farsi fottere, benvenuta nel nuovo mondo Julia. In quel attimo mi balenò d’avanti una prospettiva del tutto nuova del mio futuro. Riuscivo a vedere me stessa accanto a Sam e Dean mentre insieme prendevamo a calci in culo un demone, due o tre, però forse prima avrei dovuto imparare a difendermi.

         Mi svegliò l’odore del caffè. Mi ero addormentata e neanche mi ricordavo quando, era giorno, forse erano le otto o forse le nove, però c’era un sole che spaccava le pietre e faceva caldo, mi ritrovai essere sudata e con i capelli appiccicati sulla faccia e sul collo.
<< Hey, buongiorno bella addormentata! >> Dean mi sorrise dallo specchietto retrovisore.
<< Perdonatemi, non intendevo addormentarmi… >>
<< Non preoccuparti è tutto apposto, ci siamo solo fermati per prendere qualcosa per colazione, ti ho tenuto in caldo un caffè e un donut. >> Sam mi passò una piccola busta marrone dove al suo interno c’erano il caffè in un bicchiere dalla copertura di plastica con il beccuccio e rinchiuso in un contenitore c’era il donut.
<< Grazie. >> Dissi aprendo il contenitore del donut e dandogli un morso. Era alla glassa al cioccolato, uno dei miei preferiti e anche quello più facile da trovare.
<< Ricordati che sei molto in debito con noi, Juls! >> Disse Dean sorridendo dallo specchietto retrovisore.
<< Non ho mai detto di non esserlo, anzi vorrei ripagarvi in qualche modo. >>
<< Bhè ti si era presentata l’occasione questa notte, ricordi? Peccato che tu abbia rifiutato. >> Ecco che sfoggiò ancora quel suo sorriso malizioso che però in quel momento non mi fece rabbia, anzi mi fece venir voglia di rispondere.
<< Avresti davvero condiviso il letto oltre che con me anche con tuo fratello…nudo? >> Chiesi a mia volta sfoderando un sorriso arguto che non sapevo di possedere. Sam scosse la testa ridendo.
<< E chi ha detto che avrei dovuto condividere il letto con Sam? Avremo potuto fare a turni. >> Dean ammiccò guardandomi dallo specchietto retrovisore. Va bene, quella non l’avevo vista arrivare, forse era stata la mia fantasia perversa a farmi pensare che Dean avrebbe voluto un
Ménage à trois invece che…bhè avete capito.
<< E chi ha detto che io non avrei voluto un Ménage à trois invece? >> Lo dissi senza neanche pensarci, forse pensando ad alta voce, forse dando voce alla mia immaginazione, ma sta di fatto che dopo avvampai e Dean rise.
<< Mi piace il tuo lato malizioso, ragazza, magari un giorno potrà servire! >> Ancora una volta ammiccò non facendo altro che peggiorare il mio imbarazzo. Quella volta non risposi, sprofondando nel mio disaggio mentre le parole ancora mi rimbombavano nella testa.
Il resto del viaggio fu silenzioso spezzato solo da qualche commento da parte di Sam sulla musica che Dean ascoltava, a me non dispiaceva un po’ di rock anni 80-90, anzi l’ascoltavo abbastanza spesso, ma evidentemente Sam aveva i gusti di Blair e andava sul genere musicale più soft.
Quando finalmente lessi il segnale con scritto “Benvenuti nello stato del Nevada”, seppi che eravamo arrivati, o almeno mancava poco, presto avrei salvato mia sorella dal demone che impossessava Blair e poi avrei salvato anche Blair. Speravo che la fortuna fosse dalla nostra parte e che non ci sarebbe stato nessun imprevisto lungo la via, anche se ero un po’ riluttante.

Gold Hill, popolazione: 191, il piccolo cartello verde e nero che ci dava il benvenuto era piegato in due e lasciato cadere sul lato destro della strada, lo vidi di sfuggita, mentre l’Impala si muoveva furtiva nella cittadina apparentemente deserta. Nell’aria potevo sentire di nuovo quel senso di inquietudine già provato in precedenza, adesso sapevo a quello che andavo incontro quindi non ero più spaventata del dovuto, non ero esattamente quella che si dice ragazza coraggiosa, però quando c’era bisogno di mostrare un po’ di coraggio, ci riuscivo.
Il sole batteva sulla Main Street poco asfaltata e sulle costruzioni ai lati della strada, era ormai alto in cielo e il caldo asfissiante si iniziava a far sentire, il paesaggio tutt’intorno era di vero deserto, insomma si sa che il Nevada è prevalentemente deserto, ma quella zona era particolarmente desolata. Dean fermò la macchina e ci disse che la caccia era iniziata. Lo guardai dal vetro retrostante mentre si dirigeva al cofano e con l’aiuto di Sam riempì la sua sacca verde di pugnali, pistole e fucili di ogni genere. Quando li raggiunsi, Dean mi scrutò. << Ce l’hai la faccia di una che sa sparare. >> Affermò.
<< Bhè… >> In realtà avevo sparato qualche volta con mio padre a caccia, la vera caccia, ma non ero mai stata un’ottima tiratrice. << Mio padre è…era un cacciatore, di animali intendo. >>
<< Perché i demoni cosa sono? >> Dean sorrise e mi lanciò un fucile a pompa.
<< Suppongo non ci sia molta differenza. >> Dissi calando il capo.
<< Hey Julia, andrà tutto bene. >> Sam mi mise una mano sulla schiena confortandomi.
<< Non voglio sparare a Blair, e voglio anche che nessuno di voi lo faccia. >>
<< Bene, come facciamo a riconoscerla? >> Chiese Dean.
<< Impossibile che passi inosservata, quando la incontreremo, la riconoscerete sicuro. >> Impugnai il fucile e mi tutto d’un tratto mi sentii sicura. Guardai Sam, << sicuro che un fucile può uccidere un demone? >>
<< No, ma un fucile caricato con proiettili di sale, si!Il sale respinge il male. >> Rispose sorridendomi.
Annuii.
<< Ok, ecco il piano, Julia, tu ci coprirai le spalle, io e Sam andremo avanti, spara qualunque cosa si muova, tranne Blair ovviamente, appena la incontriamo io e Sam reciteremo il riturale per cercare di liberare il suo corpo dal demone che la impossessa, nel frattempo prendi questa, >> Dean alzò uno degli scompartimenti del cofano delle meraviglie e mi porse una collana << con questa nessun demone potrà impossessarti. >> Dean mi mise la collana al collo, dopodiché presi il ciondolo e gli diedi un occhiata raffigurava un pentagramma e aveva dei strani segni che lo circondavano.
Puntai il fucile al nulla cercando di esercitarmi il più possibile su come maneggiarlo e cercando in tutti i modi di essere precisa senza far tremare le braccia mentre lo sorreggevo, fu uno sforzo notevole, ma con un po’ di tempo e sicuramente dopo qualche colpo mancato, sarei riuscita a capire il meccanismo per non sbagliare, ma la domanda era, potevamo permettercelo uno sbaglio? Forse no, avrei dovuto fare di tutto per essere precisa e guardare bene le spalle ai due fratelli.
Iniziammo a camminare furtivi nel nulla, tra il nulla di Gold Hill, i 191 abitanti da qualche parte dovevano essere no? Quindi supposi che erano tutti demoni ormai, ottimo 191 demoni contro tre umani, quante possibilità avremo avuto di vittoria? Probabilmente neanche una su un milione, però ormai mi fidavo delle capacità dei ragazzi, forse avremo potuto compiere un vero miracolo, che in tempo di Apocalisse, era praticamente una cosa adatta.
D’un tratto, il silenzio fu spezzato da una donna demone che sbucò dal nulla correndo verso di noi con la bocca aperta e gli occhi funesti, Dean la sparò senza esitare un secondo e lei si accasciò su se stessa e probabilmente morì. Altri due, tre, quattro demoni ci corsero in contro sempre più numerosi fin quando il combattimento non diventò corpo a corpo. Riuscii a sparare a tre di loro prima che aggredissero Sam e Dean alle spalle, ma non riuscii a vedere quello che mi prese per il collo di soppiatto e mi tirò all’indietro facendomi cadere su me stessa, era un ragazzo, quel demone si era impossessato di un ragazzo poco più piccolo di me e adesso mi stava sopra mentre con un movimento di mano fece qualcosa, qualcosa che non mi fece più respirare, poi una fitta allo stomaco persuase tutto il mio corpo, dopo fui capace solo di vedere Sam urlare e correre verso di me facendosi spazio tra i demoni con il coltello del demone Ruby, dopo il nulla, chiusi gli occhi e sprofondai nel nero più totale.

 

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Capitolo 4
*** Chapter 4 - Sam's Thoughts ***


 Ebbene si, era proprio questa la sorpresa. Ho pensato perché non scrivere un capitolo dedicato ai pensieri di Sam? E così l’ho fatto, Sam è uno dei miei personaggi preferiti, per non parlare della sua bellezza u.ù. Spero vi piaccia e spero di non essere caduta troppo nel ridicolo. Ah, poi vorrei segnalarvi un’altra novità per quanto riguarda la storia, si, forse alcuni di voi già l’avranno intravista, mia sorella sta scrivendo la stessa storia, ma dal punto di vista di Alyson, la sorella di Julia, bhò se vi piace l’idea, fateci un salto! "Dead or Alive"
Oggi è anche il compleanno di Jared Padalecki, quindi happy birthday Jared e buona lettura a tutti : )


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Sam’s Thoughts
 

         D ue demoni mi stavano attaccando, squarciai la gola and entrambe con il pugnale che Ruby aveva lasciando a questo mondo prima di morire, lo stesso pugnale che l’aveva uccisa e donato la vera morte, non rigettata all’Inferno da dov’era venuta, ma morta, morta davvero.  Mentre combattevo dimenando il pugnale per difendermi dai demoni, con la coda dell’occhio, la vidi cadere a terra attaccata da un demone, subito andai in suo soccorso, lei era distesa al suolo schiacciata da uno schifosissimo essere intento a farle del male, gli pugnalai la schiena e lo guardai mentre la magia del pugnale di Ruby faceva il suo corso e mentre si accasciava a terra morente, gli diedi un calcio e lo spostai dal corpo di Julia, poi mi voltai e pugnalai allo stomaco un altro essere che stava per aggredirmi, i miei riflessi erano allenati al massimo, sapevo difendermi ormai benissimo, sentivo i loro passi dietro di me e le loro intenzioni prima ancora che potessero farmi qualcosa, ero allenato, attento a tutto e questo lo devo a mio padre e a mio fratello Dean, che nonostante tutti i miei capricci e riluttanze verso quel mondo, alla fine m’avevano insegnato a combattere e fatto scoprire chi ero realmente. Io ero un cacciatore non potevo essere altro, non potevo sperare in una vita normale, avere dei figli e magari vivere in una casa contornata dalla classica staccionata bianca, no, io ero legato al mondo del sovrannaturale sin dalla nascita, fin da quando Azazel aveva versato una goccia del suo sangue nel mio organismo, dovevo semplicemente smettere di pensare che in qualche modo sarei potuto fuggire da tutto questo per iniziare così la mia vita, la vita normale che sognavo da sempre, ma da quando vidi Julia, da quando io e Dean l’avevamo salvata, era come se Julia avesse acceso in me quella luce che ormai era spenta da fin troppo tempo, un collegamento con il mondo normale all’oscuro del maligno.
Fu forse per questo che qualcosa scattò in me quando fu attaccata dal demone, quando mi inginocchiai accanto al suo corpo apparentemente senza vita, era troppo tardi lei non respirava, urlai il suo nome un paio di volte poi provai con la respirazione bocca a bocca, ma neanche quello riuscì a farla rivenire, mi sedetti e presi Julia in grembo, chiamai Dean, ma lui era troppo lontano da dove ero io ed era intento a combattere gli ultimi due demoni rimasti di quella prima battaglia. Lasciai Julia su quell’asfalto vecchio e ciottoloso e mi diversi verso Dean per dargli una mano, non avrei mai lasciato mio fratello combattere da solo quando io avrei potuto in qualche modo dargli una mano, mi avvicinai furtivo al demone che era alle spalle di Dean e lo trafissi con il pugnale, si accasciò su se stesso e morì, dopodiché mi guardò e un demone fece per sferrargli un pugno, ma lui riuscì a schivarlo abbassandosi, gli diedi il pugnale e a sua volta pugnalò il demone.
L’espressione stanca sul volto di Dean, mi fece capire che si era dato da fare più di tutti per uccidere quei demoni e salvarci tutti, era un ottimo cacciatore, il mio punto di riferimento, diciamo anche il mio eroe, anche se non l’avrei mai ammesso.
Mi piegai su me stesso per riprendere fiato, poi mi guardai intorno per vedere se c’era magari qualche creatura nascosta da qualche parte, quei maledetti esseri si nascondevano fin troppo bene. << Dean, Julia… >> Dissi una volta che ebbi ripreso fiato. Dean mi guardò con espressione interrogativa stampata sul viso, poi puntai sul luogo dove l’avevo lasciata e insieme corremmo nella sua direzione.
<< E’ morta. >> Constatò Dean testandole il polso.
<< Non è possibile, il demone non l’ha neanche sfiorata.
>> Passai una mano tra i capelli e iniziai a volteggiare su me stesso nervosamente, non era morta, non poteva esserlo. << Dean, portiamola da qualche parte, qui non è sicuro, dobbiamo curarla, chiamiamo Cas, lui saprà sicuramente cosa fare, il demone non l’ha neanche sfiorata, non perde sangue, come fa ad essere morta? >> Ero diventato logorroico, mi accadeva spesso nelle situazioni spiacevoli dove, effettivamente, non c’era altro da fare tranne che accettare la realtà.
<< Sam, vuoi calmarti? Piuttosto aiutami a sollevarla e a portarla in macchina. >>
Annuii e sorressi Julia per le spalle e Dean per le gambe tenendola ben salda per i polpacci, entrambe ci dirigemmo verso l’Impala, quando Dean aprì la portiera del sedile posteriore, presi Julia in spalla, non si muoveva, sembrava davvero morta nonostante non avesse neanche una ferita significativa. Poggiai gentilmente Julia sul sedile di pelle nera con le raccomandazioni di non sporcarlo da parte di Dean e richiusi la portiera dirigendomi verso il posto del passeggero.
L’Impala ne aveva viste davvero tante. Fin dal giorno in cui mio padre l’aveva comprata in un rivenditore di auto usate in Lawrence, dove eravamo nati, quella macchina era diventata più o meno l’oggetto più importante della nostra famiglia, poteva essere considerata la nostra casa.
Dean guidò in silenzio senza una vera destinazione, così chiesi: << Dove stiamo andando? Dobbiamo chiamare Castiel! >>
<< Si, Sammy, non preoccuparti, sto cercando una casa abbandonata, un rifugio, in quanto non vedo motel o magari umani qui intorno. >>
Sammy, quante volte gli avevo detto che il mio nome era Sam e che Sammy era il bambino di dodici anni che ormai non esisteva più? Evidentemente non capiva, così lasciai perdere e adesso credo che mi piaccia quando mi chiama in quel modo, insomma Dean non è esattamente il tipo che mostra i suoi sentimenti così apertamente, così per me quello era un suo modo di mostrare affetto nei miei confronti.
Rimasi di nuovo in silenzio dando un’occhiata ogni tanto a Julia che era prona e immobile sul sedile posteriore, se fosse davvero morta, allora la mia illusione di un filo conduttore con il mondo normale, sarebbe andata distrutta, senza citare il fatto che ci sarei rimasto male e ci sarebbero voluti pressoché giorni per riprendermi, perché forse mi stavo affezionando un po’ troppo a quella ragazza, cosa che non sarebbe dovuta accadere e che avevo lasciato che accadesse perché dopotutto non succedeva spesso, non mi fidavo delle persone molto facilmente, credo che devo anche questo a mio padre. Ho avuto tante storie da una botta e via, insignificanti, ma nessuna di queste si basava sulla fiducia, no, non ho mai amato realmente una donna, tranne quando ero all’Università di Stanford, quando provai a fuggire dalla vita che mio padre mi stava imponendo di vivere, Jessica, doveva essere mia moglie, volevo chiederle di sposarmi prima che Dean rientrasse nella mia vita dopo qualche anno che non lo vedevo chiedendomi, anzi costringendomi a seguirlo nella sua folle ricerca di nostro padre scomparso, non l’avrei fatto se Jessica non fosse morta grazie allo stesso demone che uccise la mamma, no, forse a quest’ora sarei laureato e probabilmente avevo anche la mia vita normale, ma come ho detto, il nostro è un destino avverso, non ci sono vie d’uscite, non ci sono sbocchi, niente, sei costretto a vivere una vita da cane e cercare di salvare quante più persone è possibile e nell’intento magari perdere una o due persone a te care, tutto questo rimanendo nell’ombra, senza ricevere ricompense o riconoscimenti di ogni tipo, certe volte era frustrante, ma qualcuno avrebbe dovuto farlo, no? Avere una vita pericolosa, affrontare ogni giorno la morte, chi avrebbe mai voluto avere una vita così? Probabilmente nessuno, non rinnego affatto quello che sono, chi sono e Dean per avermi costretto nella folle corsa alla ricerca di mio padre, probabilmente se non l’avessi fatto non avremo mai instaurato il rapporto di vero amore fraterno, ma quasi morboso che sia io che Dean abbiamo nei confronti di ognuno. Bhè, probabilmente la vita è anche questo, ogni scelta che ognuno di noi fa in qualche modo lo riporta sempre sulla via che il destino ha designato per noi, non si può avere certo tutto.
 

    Quando il sole calò, finalmente Dean parcheggiò l’Impala d’avanti all’ingresso di una vecchia casa situata praticamente nel nulla, il deserto e l’oscurità totale intorno a noi mi diedero l’impressione di essere in una macchia nera del mondo. La casa si presentava essere di stile coloniale, probabilmente era li da così tanto tempo che tutti avevano dimenticato la sua esistenza. Cadeva a pezzi e probabilmente era anche pericolante, ma era il meglio che potevamo ottenere. La porta d’ingresso doveva essere bianca, ma essendo molto vecchia, tutto il colore era corroso e aveva lasciato solo qualche macchia qui e li. Presi Julia in spalla e io e Dean ci dirigemmo verso la porta, lui aveva cacciato la sua pistola e io avevo la mia lungo il fianco, non si sa mai cosa c’è oltre la porta. Per fortuna, come avevo pensato, era solo una casa abbandonata da tutti e da tutto. Era ancora arredata per quanto lurida e decaduta, era più o meno accogliente, i divani settecenteschi sulla destra erano ormai corrosi e ne fuoriuscivano alcune molle, però ci si sarebbe potuto sedere comunque. Nella stanza accanto, c’era un materasso che per quanto lurido e macchiato, vi poggia Julia.
<< Hey, abbiamo una casa! >> Esortò Dean una volta che fosse sicuro che non c’era nessuno al suo interno.
<< Bhè credo che per ora possiamo chiamarla così. Dean prega per Castiel, per favore. >> Mi sedetti accanto a Julia e le sciolsi la coda in cui erano raccolti i suoi lunghi capelli castani, senza neanche pensarci, presi il suo ferma capelli e lo infilai al mio polso.
<< Va bene. >> E Dean iniziò la sua supplica verso Castiel cercando di farlo scendere qui sulla terra da noi. Non era sempre disponibile, però quando era Dean a chiamarlo veniva sempre, di fatti dopo qualche secondo che Dean iniziò la sua preghiera, lui era li che mi fronteggiava e guardava il materasso dove Julia vi era stesa.
<< E’ morta? >> Chiese avvicinandosi.
<< Spero di no, è per questo che abbiamo bisogno del tuo aiuto Cas, ci serve qualcosa, qualsiasi cosa, un demone l’ha aggredita, ma non le ha inflitto nessuna ferita mortale, so solo che ha perso i sensi e da allora non respira. >> Spiegai, mentre Cas era sempre più incuriosito da Julia.
<< Le avrà fatto un incantesimo interno, dovrò darle un’occhiata. >> Castiel iniziò a sbottonarsi la manica della sua solita camicia per dare uno sguardo nell’anima di Julia.
<< Bene, se servirà a salvarla. >> Assentii.
Castiel con i suoi poteri ultraterreni, era in grado di vedere l’anima di un essere umano praticamente mettendo la sua mano all’interno dell’addome della persona in questione, non era nulla di sanguinolento, piuttosto direi divino.
<< Come credevo, è un incantesimo interno ha bisogno di un antidodo. >> Castiel scomparve sotto i nostri occhi e riapparve dopo due secondi con delle erbe, si diresse verso quello che rimaneva della cucina di quella casa e cercò un recipiente, scomparve di nuovo e tornò con dell’acqua e altre erbe. Iniziò a mischiare il tutto all’interno del recipiente lurido e sporco che aveva trovato chissà in quale mobile. << Dovete spargerle queste erbe sullo stomaco ora, due minuti più tardi e sarebbe persa per sempre, entrerebbe in un coma che solo Lucifero sarebbe in grado di risvegliarla. >> Castiel mi passò quel sudicio recipiente con quel intruglio verde chiaro, e sparì. Guardai all’interno del recipiente e non seppi che fare.
<< Sam, hai sentito Cas, ora! >> Mi esortò Dean.
<< Ok, tienimi questo. >> Gli passai il recipiente e gentilmente sfilali la polo azzurra che indossava Julia, scoprendo il suo intimo di colore coordinato alla maglia, il suo corpo era quello che si può giudicare nella norma, snello e con il seno sodo, un bacino stretto ma curvilineo. Quando mi accorsi che la stavo fissando troppo morbosamente, scossi la testa e Dean mi passò di nuovo il recipiente, vi infilai la mano all’interno e subito fu intrisa di quel miscuglio di erbe al tatto viscido e forse troppo timidamente, iniziai a spalmarlo sullo stomaco di Julia, massaggiando lentamente. Quando tutto il contenuto era ormai sparso sul corpo della ragazza e quando fui sicuro che sarebbe stata bene, mi alzai dal materasso e senza dire nulla mi diressi verso l’uscita.
<< Hey, dove vai? >> Chiese Dean quando ormai ero quasi alla porta.
<< Ho bisogno di schiarirmi un po’ le idee, tornerò. >>
<< Stai attento, potrebbero esserci demoni in agguato. >> Mi avvertì Dean con il suo tono parentale che assumeva sempre, ogni qualvolta che ci dividevamo.
<< Non preoccuparti, prendo l’Impala, guido fino al primo fast food e ritorno. >>
Dean annuii. << Tratta bene la mia Piccola. >> Disse infine lanciandomi le chiavi della macchina.
Ero finalmente fuori da quella casa, e nella macchina che sfrecciando verso l’ignoto forse alla ricerca di un fast food o forse no, so solo che l’atmosfera in quel luogo era diventata quasi irrespirabile per me, mi sentivo chiuso in una gabbia a fare i conti con i miei sentimenti e che se non sarei uscito, la mia testa sarebbe scoppiata. Avevo provato di tutto, ma la mia testa, anzi il mio cuore, diceva che quella ragazza, che solo qualche giorno prima era per me una sconosciuta, un’altra delle tante persone che avevo salvato durante la mia ormai lunga carriera di cacciatore, stava diventando qualcosa di più, forse era il suo modo di fare, o probabilmente il suo modo di porsi che avevano lasciato in me dei segni…o forse, ero solo innamorato della sua vita dopotutto normale, forse di lei non mi interessava così tanto. Mi stavo comportando da vero egoista, non avrei mai potuto dire una cosa del genere così apertamente a nessuno, era duro perfino dirlo a me stesso, i sentimenti erano contrastanti non sapevo cosa volevo realmente e a dirla tutta, non mi ero mai sentito così nei confronti di una ragazza. Che stupido, pensai scuotendo la testa.

 

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Capitolo 5
*** Chapter 5 - The Hunt Begins ***


…And I’m back! C’ho messo poco a pubblicare questo capitolo perché ero quasi a metà quando mi venne in mente di scrivere un capitolo dedicato ai pensieri di Sam, quindi eccomi qui.
Ultimamente però ho avuto un calo di inspirazione e di fatti questo capitolo non mi convince molto, ho cercato di aggiustarlo in mille modi, ma il concetto rimane lo stesso. Forse alcune descrizioni potrebbero sembrare inadatte e sceme, se mi dite cosa ne pensate, magari posso aggiustarle e ri-pubblicare il capitolo in seguito. Oddio, sono proprio scema, però ci tengo u.u
Buona lettura! :)
"Dead or Alive"


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The hunt begins

          Battei gli occhi più volte prima di abituarmi all’oscurità della stanza in cui mi trovavo, ero stesa su un materasso senza lenzuola o cuscino, i miei capelli erano sciolti ed erano appiccicati alla schiena facendomi sentire caldo, la collana dallo strano simbolo, era stretta al collo e quasi stava per soffocarmi se non l’avessi tirata in avanti. Non avevo la maglia, indossavo solo il reggiseno e i jeans. Provai ad alzarmi per mettermi seduta, ma non mi fu possibile, il mio addome era dolorante, era come se il mio stomaco fosse stato schiacciato da qualcosa di molto pesante, lo testai e le mie mani toccarono una roba viscida e appiccicosa che era evidentemente sparsa per tutto il mio addome, quando mi portai la mano al viso per vedere di cosa di trattasse, vidi che era verde e odorava di erbe da cucina. Quella schifezza dopo un po’ iniziò a puzzare, cercai di tossire per schiarirmi la gola e chiamare Sam e Dean, ma neanche quello mi fu impossibile, avevo la gola secca e mi bruciava incredibilmente. Ma cosa diavolo mi era successo? Provai a sussurrare chiamando i ragazzi, ma non funzionò, sentivo appena la mia voce figurasi se si sarebbe potuta sentire oltre quella stanza. Alzai gli occhi al soffitto quando qualcosa mi cadde sul viso, notai che era di legno vecchio sgretolato, non capivo dove mi trovassi, la stanza era enorme e vuota a parte per una sedia senza il cuscino poggiata sulla parete destra e un camino stile settecentesco sulla parete di fronte al letto. Guardai le braccia e il resto del corpo che riuscivo a intravedere alzando leggermente la testa dal materasso, sembravo illesa, non avevo nessuna ferita di ogni tipo, ma allora perché mi sentivo come se qualcuno mi avesse presa a botte e poi lasciata li ad agonizzare?
Finalmente scorsi Dean sull’uscio dell’arco che separava la stanza in cui ero dall’altra.
<< Dean! >> Sussurrai. << Dean! >>
Quando si girò, corse subito verso di me portando una bottiglia d’acqua con se.
<< Julia, sono qui, va tutto bene. >> Si sedette sul materasso e portò la bottiglia alla mia bocca, alzandomi leggermente la testa trattenendola con la sua mano massiccia, feci uno sforzo enorme per protrarmi verso la bottiglia, nonostante fosse sulla mia bocca e riuscii a bere abbastanza da farmi schiarire la gola, l’acqua era caduta sulla mia pelle, tra i capelli e sul materasso.
<< Adesso ti conviene riposare, tra un po’ starai bene. >>
<< Cosa è successo? E cos’è questa roba che mi cosparge lo stomaco? >> Chiesi di nuovo in grado di parlare.
<< Abbiamo cercato di salvarti. >>
<< Dov’è Sam?>>
<< Aveva bisogno di schiarirsi le idee. >>
<< Sta bene? >>
<< Si, sta bene. >>
<< Dean, cosa è successo? Mi sento così indolenzita? >>
<< I demoni erano diventati troppi, ero distratto dal combattimento quando ma uno di loro ti ha afferrato e ha cercato di ucciderti, se non fosse stato per Sam, forse saresti morta. >> Dean mi guardava mentre io dovevo sembrare un vero disastro ai suoi occhi.
<< Mi dispiace, è stata colpa mia, sono un disastro. >>
<< No, Julia non sei un disastro, è stata colpa di quei maledettissimi demoni, erano troppi e noi non eravamo pronti a dovere. >>
Se non sembravo un disastro ai suoi occhi allora, mi sentivo un disastro, non ero riuscita a coprire i due fratelli, Dean diceva che i demoni erano troppi, che non eravamo preparati a dovere, ma ero io quella che non era preparata a dovere, non avevo mai affrontato i demoni prima d’ora, qualche giorno prima gli unici demoni che conoscessi, erano i miei professori e l’unica cosa che avrei immaginato di affrontare erano gli esami dell’ultimo anno, e per quelli non serviva di certo un fucile.
Una lacrima cadde dai miei occhi e mi rigò il viso.
<< So che come ti senti, ma ti prego non fartene una colpa, adesso sappiamo contro cosa andiamo incontro, ci prepareremo all’evenienza, chiameremo altri cacciatori se sarà necessario, ma ti prometto che riusciremo a salvare tua sorella e tua cugina. >> Dean era seduto sul materasso, ma non mi toccava, non mi sfiorava neanche in realtà, era come se cercava di tenersi a distanza.
<< Grazie. >> Sussurrai. << Dean? >>
<< Si? >>
<< Questa schifezza inizia a puzzare, posso pulirmi? >>
<< Se riesci ad alzarti, si. >> Dean si alzò dal materasso e ai piedi di esso vi poggiò un paio di pezzuole bianche. << A questo punto avrebbe già dovuto far effetto, due minuti più tardi e ti avremo persa. >>
Annuii e provai a fare forza sulle braccia per cercare di sedermi e ci riuscii. Evidentemente quello strano intruglio aveva effettivamente fatto effetto.
<< Bene, adesso puoi anche pulirti. >> Esortò Dean.
<< Non mi sembra un luogo dove ci possa essere una doccia, però dimmi che mi sbaglio. >>
<< Purtroppo no, piccola, è stato la cosa migliore che abbiamo trovato nella fretta di salvarti. Però ci sono queste pezzuole qui, puoi usare queste, non è lo stesso di una doccia, ma ci si può accontentare. >>
Gettai la testa all’indietro in segno di sconforto. << Grazie. >> Dissi infine. Riuscii a pulirmi da quella poltiglia verde che mi si era appiccicata sullo stomaco, grazie a delle pezzuole datemi da Dean, facendo un po’ di forza, la poltiglia sparì del tutto e io ritrovai il colorito olivastro della mia pelle.
Quando infine, mi accorsi di essere in reggiseno e che Dean era li guardarmi, arrossii e mi voltai dalla parte opposta alla sua. << Cosa succede, piccola? >> Chiese mentre nella nella sua voce profonda protraeva il suono malizioso di una risatina, anche lui si era accorto del mio disaggio.
<< Uhm…diciamo che per ora può bastare quello che hai visto. Dov’è la maglia? >>
<< Non lo so è stato Sam a spogliarti. >> Questa volta ne ero sicura, il suo sorriso malizioso gli persuase le labbra. << Dai Julia, non fare la bambina, non è che non ho mai visto una donna nuda. >> Ammise.
Probabilmente risi. << Bhè non ne avevo dubbi, ma non voglio che tu veda me. >>
Dean rise. << Non ti sembra che sia troppo tardi ormai? Insomma chi ti dice che non abbia visto oltre il reggiseno mentre tu eri priva di sensi? >>
Mi voltai in tempo per vedere sulle sue labbra carnose e incredibilmente invitanti, il sorriso malizioso che avevo tanto odiato, ma che in quel momento ai miei occhi sembrava incredibilmente sexy. << Dean, oh mio Dio, sei davvero disgustoso. >> Riuscii a dire con un nodo alla gola.
Dean mi scrutò e l’espressione sul suo viso d’un tratto cambiò e divenne seria. Deglutii, il suo sorriso si spense mentre si avvicinava sempre di più verso di me, sentivo le gambe pietrificate e quando, potevo ormai vedere i suoi occhi incredibilmente verdi, verdi come l’erba bagnata d’estate, così belli che per un secondo mi persi nello scrutarli, feci un passo nella sua direzione e non essendo più padrona delle mie azioni, lo baciai. Il bacio per fortuna fu ricambiato, trascinandomi così fuori da tutto il trambusto in cui eravamo entrambe dentro fino il collo. Quello che provavo non riuscirò mai a descriverlo, c’era qualcosa nei suoi occhi che ancora non capivo, era un misto tra mistero, dolcezza e sfrontatezza
. Prese il mio viso tra le mani baciandomi dolcemente, dopo iniziò a massaggiarmi la schiena e a passarmi la mano tra i capelli, mentre io avevo le braccia lungo i fianchi, non proprio sicura di quello che stava accadendo. Le sue labbra così morbide e umide, baciavano le mie tenendomi in una morsa passionale, sentii il suo calore e i battiti leggermente accelerati dei nostri cuori, così mi strinsi di più a lui e gli misi le mani sulla schiena come per non farlo scappare e fu allora che divenni consapevole di quello che stava accadendo, eravamo vicini e stretti in quell’abraccio. Quando il bacio divenne più intenso, gli saltai in grembo. Lui mi sorresse per le cosce, mentre ancora mi baciava. Il mio peso lo fece sbandare un paio di volte, così mi poggiò con la schiena al muro, mentre ancora le mie gambe erano intorno al suo bacino. La passione, anzi la tensione sessuale che avevo accumulato nei suoi confronti d’un tratto si sciolse trovando sfogo in quel bacio passionale che ci stavamo scambiando. Ci guardammo per un secondo, senza parlare, non c’erano bisogno di parole, erano i nostri corpi a dire tutto, gli sfilai la maglia nera e ritrovai lo spettacolo che la notte precedente aveva tanto infiammato la mia immaginazione, sfregai le miei mani contro il suo petto liscio e muscoloso, passando dal petto alle spalle larghe in un continuo e piacevole ritornello. Lui fece lo stesso con me portando la bocca sul seno, facendomi ansimare un paio di volte, iniziò a baciarmi il collo e poi mi staccò dal muro portandomi verso il materasso su cui mi ero svegliata poc’anzi. Mi stese e mi guardò ancora, ma poi dopo continuò a baciarmi la bocca, il collo, il seno. Sentivo il suo respiro sul mio collo e rabbrividii, in perfetta sintonia sbottonò il primo bottone del mio jeans, io feci lo stesso con lui, e quando tirò giù la zip, fu come se aprissi di nuovo gli occhi alla realtà. Smisi di collaborare e quando ormai stava per sfilarmi i jeans, lo bloccai. << Dean, non posso. >> Dissi, a quel punto lui mi guardò confuso e si spostò al mio lato destro.
<< Che significa che non puoi? >>
<< Non lo so, mi dispiace. >> Non lo guardavo, cercavo di riabbottonarmi il jeans, ma avevo le mani tremanti, forse dovuto a tutta la tensione scaricata in quei dieci minuti precedenti.
<< Vorrai mica dirmi che non l’hai mai fatto prima d’ora? >> Mi chiese, sentii il suo sguardo addosso.
<< No, certo che no. Scusami, davvero. >> Dissi velocemente cercando di scappare da quella situazione. Mi alzai dal letto e ancora con i jeans sbottonati mi diressi verso la stanza accanto.
Era quello che sembrava un salone. Preceduto da un grande arco bianco consumato, c’erano due divani uno di fronte l’altro, mi sedetti su quello che sembrava essere più intatto e mi rannicchiai su un lato. Non capivo perché mi ero comportata in quel modo così poco maturo. Di cosa avevo paura? Forse del fatto che Dean fosse uno sconosciuto? Non era poi così tanto uno sconosciuto ormai, mi aveva salvato il culo in parecchie occasioni. Era forse perché la consapevolezza che lui era stato con molte donne, mi faceva temere delle mie,ehm…abilità? No certamente no. Lui era bello, sexy e decisamente metteva in moto la mia immaginazione più perversa. Mentre ero rannicchiata con la testa tra le ginocchia, un’idea per quanto incredibile potesse sembrarmi, mi balenò in mente. Ero attratta dall’altro fratello.

         Mi addormentai in quella pozione e quando mi svegliai udii le voci di Sam e Dean provenire nella stanza in cui mi trovavo prima.
<< Non ti preoccupare Dean, non è successo nulla, lui mi è solo apparso ricordandomi della sua offerta. >>
<< Che vada a farsi fottere lui e la sua offerta, ricordi quello che abbiamo detto? Troveremo un altro modo per fermare l’Apocalisse, non voglio mica che il mondo finisca per mano nostra, Sam? >>
<< No, certo, è ovvio. Dean, non preoccuparti. Non dirò mai di si. >>
<< Voglio sperarlo, Sammy. Adesso chiedi a Julia se è d’accordo su quella questione dell’addestramento. >>
Dopodiché sentii il rumore di una porta chiudersi. Cercai di sgranchirmi le gambe, ero rimasta in quella posizione almeno un’ora perché erano tutte indolenzite. Quando mi misi di nuovo in piedi, mi accorsi che i jeans erano ancora sbottonati e che quello che era successo poco prima non me l’ero immaginato, ma era la realtà, e una strana sensazione di inquietudine mi persuase. Mi riabbottonai il pantalone e ancora indossando solo il reggiseno, mi diressi di nuovo verso la stanza in cui mi trovavo prima.
<< Sam.>> Dissi con voce assonnata. Sam era fermo d’avanti al camino della stanza.
<< Julia, hey, sono contento che tu stia bene. >> Mi venne incontro. L’espressione sul suo viso era calma e pacata, sembrava felice di vedermi.
<< Dean ha detto che sei stato tu a spogliarmi? >> Chiesi stropicciandomi gli occhi e sbadigliando.
Sam rise, << si, sono stato, ma non è quello che pensi, ho dovuto spalmare- >>
Lo bloccai, conoscevo già la storia. << Lo so, è stato piuttosto difficile pulirla, ma, volevo ringraziarti ancora una volta per avermi salvato la pelle, davvero non so come sdebitarmi. >>
<< Non preoccuparti Julia. >>
<< Adesso, se non è troppo chiedere, posso sapere dove hai messo la mia polo, sai com’è, è l’unica maglia che ho con me… >>
<< Certo, l’ho appoggiata proprio qui. >> Si avvicinò al camino nuovamente e si abbassò vicino un piccolo cestino dal quale vi cacciò la mia maglia. << Ho pensato che sarebbe stata al sicuro li, non si sarebbe sporcata, sembrava l’unico posto più pulito di questa casa. >>
Mi passò la maglia e finalmente la infilai coprendomi e sentendomi meno a disaggio, stranamente però, con Sam non mi sentii imbarazzata così tanto quando era Dean a guardarmi mezza nuda, ero leggermente più rilassata, chissà forse era semplicemente perché non pensavo a Sam nello stesso modo in cui pensavo Dean. L’attrazione che provavo nei confronti nei suoi confronti era semplicemente un’attrazione fisica, la stessa attrazione che spesso riusciva a cacciarmi in situazioni imbarazzanti sembrando, forse anche ai suoi occhi, impacciata e stupida.
<< Ah, Julia?>>
<< Si? >>
<< Il tuo fermacapelli, >> si avvicinò allungando il braccio, << ho pensato che lo rivolessi. >>
<< Grazie. >> Gli sfiorai il polso dal quale gli sfilai il mio fermacapelli marrone. Nel farlo lui mi sorrise e io ricambiai con un sorriso un po’ troppo timido. Mi rifeci la coda e mi sentii subito meglio.
 << Io e Dean discutevamo del fatto di volerti in qualche modo addestrarti… per evitare altri imprevisti, che ne pensi? >>
<< Certo, ma…Alyson e Blair? >> Risposi un po’ titubante. Volevo imparare a difendermi e forse Sam e Dean erano effettivamente i migliori insegnati su cui potevo contare per impara qualcosa, però avevo fretta di salvare mia sorella e mia cugina, ma forse non ci sarei riuscita senza un minimo di addestramento, qualunque cosa volevano farmi fare.
<< Riusciremo a salvarle sicuramente dopo che tu hai imparato a maneggiare un fucile o un pugnale, Julia, non possiamo permetterci di sbagliare questa volta, sanno che torneremo e saranno più che mai preparati. >>
<< Hai ragione, scusa. Da dove iniziamo? >>
<< Seguimi. >>
Sam mi precedette, l’una dietro l’altro percorremmo tutta la casa vuota e scura, c’erano molte porte chiuse e mi chiesi cosa c’era dietro ognuna di essa, ma forse non volevo saperlo realmente. Ogni asse del pavimento di legno scricchiolava al nostro passaggio, tanto da farmi pensare se fosse poi così tanto sicuro stare li dentro, insomma sarebbe potuta cadere da un momento all’altro.
Quando raggiungemmo la il patio posteriore, preceduto da una porta di ferro letteralmente arrugginita, Sam l’aprì, al suo interno c’erano vasi rotti e vasi con piante cresciute talmente tanto che avevano fracassato il vaso e impiantato le proprie radici oltre le assi di legno del patio, sul lato destro c’era un lavabo sporco e arrugginito dal tempo, aprendo un’altra porta anch’essa deteriorata, forse peggio della prima, raggiungemmo Dean nel giardino posteriore di quella strana casa, sembrava quasi una giungla, appena si intravedeva il cielo che da quella prospettiva e con quell’oscurità era tempestato di stelle. Il giardino era infinito, non riuscivo a vedere dove finisse, più o meno a una decina di metri da dove mi trovavo, c’era una fontana, dove al suo interno l’acqua piovana aveva formato organismi di ogni specie, verdi e rampicanti e che ne ricoprivano tutta l’altezza. Dean era di spalle rispetto a noi, mentre si esercitava in un tiro a bersaglio con delle lettine di birra vuote poste su un’asse di legno posta su due sedie.
<< Dean. >> Quando Dean si voltò verso di noi, l’espressione sul suo viso non era esattamente quella che mi sarei aspettata, sembrava serio e forse anche un po’ arrabbiato.
Venne verso di me e mi porse la sua pistola dal calcio bianco. << Tieni spara alle lattine, vediamo cosa sai fare. >>
<< Non sono sicura- >>
<< Fai del tuo meglio. >> Disse Dean in tono severo stroncandomi.
Tenendo la pistola con entrambe le mani, puntai alla lattina di Bud Light sulla destra dell’asse, un respiro profondo e sparai, ovviamente come avevo pensato non la centrai affatto, anzi appena premetti il grilletto, la forza sprigionata dallo sparo, mi fece sbandare indietreggiando di un paio di passi. Non dissi niente, ritornai alla posizione di prima e questa volta puntai ad un’altra lattina di Bud Light sulla sinistra, divaricai leggermente le gambe, ricordando gli insegnamenti di mio padre quando andavamo a caccia, chiusi un occhio e con l’altro immaginai la trattoria del proiettile, distesi le braccia che sorreggevano la pistola formando un quasi perfetto angolo di novanta gradi e sparai, questa volta il colpo sfiorò la lattina facendola volteggiare su se stessa per poi tornare alla stessa posizione di prima.  
<< Non male! >> Incitò Sam.
Presi di nuovo la mira, puntai una lattina che si trovava quasi nel mezzo, gambe leggermente divaricate, braccia distese e sparai. Questa volta centrai.
<< Troppo lenta, quando combatteremo contro i demoni non avrai tempo di prendere la mira o fare qualunque altra cosa hai fatto ora. >> Ammonì Dean quasi urlandomi contro con la sua voce profonda. Per un secondo mi spaventai, poi decisi di non pensarci e di non risponderlo.
Presi posizione più velocemente e sparai mancando l’obbiettivo. << Non ci siamo. >> Concluse Dean.
<< Magari se mi mostrassi come fare prima di urlarmi contro, forse riuscirei a fare di meglio! >> Urlai voltandomi verso Sam e Dean.
<< Avevi detto che tuo padre era un cacciatore, pensavo che almeno sapessi sparare, visto che non sai difenderti, ma evidentemente… >> Dean mi puntò il dito contro urlando.
Feci per rispondere, ma Sam si intromise tra me e Dean. << Hey! Voi due, ma che vi prende? Vi sembra il momento di litigare? >>
<< Ha iniziato lui. >> Dissi in tono infantile.
Sam mi guardò con espressione interrogativa. << Cosa è successo mentre ero fuori? >>
Dean voltò le spalle e salii le scalette che lo riportarono nella veranda, in casa e dopodiché sparì dalla mia vista.
L’espressione interrogativa sul viso di Sam era diventata di puro stupore. Mi sentii male, caddi in ginocchio e iniziai a piangere. Piangere per tutto quello che stava succedendo, piangere perché ero una buona a nulla che non sapeva difendere se stessa, piangere perché mia sorella e mia cugina erano in grave pericolo e io non sapevo come liberarle e piangere perché ripensai ai giorni precedenti e all’inizio della fine, quando il mio unico problema era quello di aiutare Blair nella disperata ricerca dell’abito da sposa perfetto per il suo perfetto matrimonio, quando il mondo mi appariva un posto strano e ingiusto in cui vivere ma che infondo la vita era bella e che andava vissuta al cento per cento, quando ero una spensierata ragazza dell’ultimo anno del College con una sola cosa da affrontare, gli esami finali. Con gli occhi lucidi ma non più pieni di lacrime, ripensai al giorno che aveva cambiato la mia vita per sempre, Sam e Dean, due completi sconosciuti allora, che mi salvavano da quello che sarebbe stato per me un accordo con la Morte stessa, alla prima volta che li scambiai per matti e a quando avevo capito che erano infondo normali nella loro stranezza e infine ripensai a quello che era successo poco prima e al mio modo alquanto meschino di stroncare una cosa che per quanto ingiusta e sbagliata, sarebbe stata fantastica. Forse sembrerò banale, ma io credo nei sentimenti, sono una ragazza all’antica, i vecchi valori cavallereschi erano importanti per me e Sam a suo modo li aveva, come si poneva nei miei confronti e per come mi guardava, potevo capire che infondo, sotto la sua enorme e impenetrabile corazza d’argento del cacciatore, c’era un cuore tenero. Infondo però affezionarsi a Sam era sicuramente un rischio, dato la vita che conduceva, però forse era troppo tardi per me. 
D’un tatto, mentre ero ancora li, inginocchiata tra l’erba altissima che quasi arrivava alla mia faccia, capii quanto mi mancava la mia vita fin troppo normale e che forse non l’avrei mai più rivista, il mondo mi appariva sotto un aspetto completamente diverso, i demoni e soprattutto Lucifero, non facevano certo parte della normalità. Normalità? Non sapevo neanche più cosa volesse dire ormai, quei giorni di spensieratezza sembravano lontano anni luce, vedevo tutto scuro intorno a me, ero in un tunnel e non vedevo la luce alla fine di esso.
Fu Sam a sorreggermi e rimettermi di nuovo su due piedi mentre tenevo ancora nella mano destra la pistola di Dean. Cercai di nascondere il mio viso alla sua vista voltandomi dalla parte opposta, ero fin troppo imbarazzata da farmi vedere in quello stato, ma lui mi prese le spalle e mi voltò nella sua direzione e mi abbracciò. << Andrà tutto bene Julia, te lo prometto. >> Mentre mi accarezzava la schiena, ricominciai a piangere. Riuscii a sfogarmi e piansi tutte le lacrime scaricando tutta la rabbia e la tensione accumulata in quei giorni sul petto di Sam e sulla sua camicia a quadroni beige e blue, mentre lui mi continuava a dire che tutto si sarebbe risolto e che presto sarebbe tutto finito. Quando mi staccai dal suo petto, mi asciugai gli occhi e alzai la testa per riuscire a guardarlo negli occhi. << Voglio imparare, Sam, voglio imparare a difendermi, devo salvare mia sorella. >>
Gentilmente Sam annuì.
Mi mostrò come sparare e puntare velocemente senza sbagliare mira, niente tendere entrambe le braccia, uno solo bastava, il trucco stava nel tenere un braccio immobile senza farlo oscillare. Divaricare le gambe non serviva, tutto stava nella stabilità del corpo sulla terra, la fermezza era importante e la sicurezza in me stessa lo era ancora di più. Sparai un paio di colpi centrando perfettamente due lattine e facendole cadere sull’erba. Ancora e ancora fin quando mi risultava così facile non sbagliare che capii di aver imparato, Sam si sorprese delle mie capacità di apprendere così facilmente e altrettanto feci io.
Era quasi l’alba quando rientrammo all’interno. Dean era sul divano dove prima ero rannicchiata io e dormiva, io e Sam non lo disturbammo. Notai però uno strano simbolo ai piedi della porta d’ingresso, così chiesi puntando il pavimento: << cos’è? >>
<< Serve a tenere lontano i demoni, l’avrà disegnato Dean. >>
Mi avviai verso il l’unico materasso della casa e mi ci stesi di nuovo. Sam mi fece un cenno e seguii il fratello nell’altra camera, appollaiandosi sull’altro divano.
Quello che sognai non fu per nulla piacevole, sembrava che ero perseguitata dagli incubi, ma sfido chiunque a vivere una situazione come la mia e non averli gli incubi.
Blair e Alyson non erano più quelle di una volta, mi ricorrevano in quella che sembrava una foresta, tutto intorno il buio e il nulla. Quando Alyson afferrò la mia coscia, vidi i suoi occhi verde smeraldo mi guardavano vuoti e inespressivi mentre borbottava qualcosa in latino, forse? Dopodiché Blair venne in suo soccorso e con un semplicissimo gesto mi squarciò la gola, e fu questo a riportarmi alla realtà. Mi svegliai urlando. Era giorno, ma l’altezza del sole, mi diceva che non erano più tardi delle sette. Sam e Dean non c’erano, o almeno non erano nella mia visuale, mi guardai intorno e non li vidi, questo mi spaventò un po’. Corsi in giardino e non c’erano, aprii la porta d’ingresso e l’Impala non c’era. Mi avevano abbandonata.

    Girovagai per tutta la casa buia nonostante fuori era ormai mattino inoltrato, la luce del sole non sfiorava neanche lontanamente la casa, forse era la posizione o forse semplicemente il fatto che la maggior parte delle finestre al primo piano era sbarrate da assi di legno. Poteva tranquillamente essere classificata come una casa dei brividi, cavolo se me li dava i brividi! Quando Sam e Dean erano con me, non avevo fatto caso agli strani rumori che provenivano dai vari punti della casa, dando troppo per scontato che qualunque cosa fosse successa c’erano loro a proteggermi, adesso invece potevo dire di essere più o meno capace di difendermi da sola…se solo avessi avuto una pistola. Dopo l’ennesimo strano rumore che provenne dalla cima delle scale, decisi di uscire fuori. Non potevo credere che Sam e Dean avevano effettivamente tagliato la corda, forse sono solo andati a prendere la colazione, pensai cercando di rassicurarmi, ma invano. Il paesaggio che mi trovai di fronte era quello del vero deserto. Un piccolo viale ciottoloso e ai lati alberato dai più strani tipi di cactus e altre piante desertiche variopinte, precedeva il nulla, un’immensa distesa di sabbia chiara che ad ogni folata di vento caldo si alzava dalla terra per formare dei piccoli vortici sabbiosi. Misi le braccia conserte guardandomi intorno disorientata e un po’ spaventata quando all’improvviso quello che vidi era praticamente mia cugina Blair venirmi incontro affiancata da due uomini alti e muscolosi in giacca e cravatta…le guardie del corpo? Pensai.
<< Blair! >> Urlai prima di ripensare a quanto Sam e Dean avevano detto sul suo conto, il suo corpo era impossessato da un demone, di mia cugina era rimasto solo l’involucro esterno che se avesse visto come era stato trattato, probabilmente si sarebbe presa a schiaffi da sola. Quel pensiero mi fece sorridere.
<< Ah…tu sei la cugina! Mi avevano detto che eri sulle nostre tracce. >> La sua risata maligna mi fece accapponare la pelle. << Indovina? Sono venuta per te, lui ha bisogno di te. >> Disse Blair raggiungendomi.
Feci qualche passo indietro quando mi accorsi che Blair non si fermava, veniva sempre più vicino. D’un tratto mi ricordai dello strano simbolo disegnato ai piedi della porta, non volevo ritornare li dentro per nessun motivo al mondo, ma se effettivamente quel disegno poteva proteggermi dalla cosa che impossessava mia cugina, hey, valeva la pena rientrarci, infondo un paio di strani rumori non valevano quanto la mia vita. Così, senza dare troppo nell’occhio e mentre Blair e le sue guardie del corpo si avvicinavano sempre più a me, entrai in casa posizionandomi giusto dopo il simbolo sul legno.
<< Interessante… >> Disse Blair guardando a terra. Era come se ci fosse un muro invisibile d’avanti a lei che le impediva di continuare a camminare. Non avevo mai visto una cosa del genere, ed ero sbigottita perché non riuscivo ancora a credere che la persona che avevo d’avanti non era mia cugina, ne aveva tutto l’aspetto, ma maledizione, non lo era. << Ma scommetto che i tuoi amichetti non avevano previsto questo. >> Blair alzò il braccio in un violento gesto nella mia direzione, e l’ultima cosa che so è che mi ritrovai a gambe in aria mentre venivo scaraventata sulle scale che al mio peso e alla violenza dell’impatto alcuni scalini, si ruppero.
Il motore rombante dell’Impala mi fece sussultare e così cercai di rialzarmi da quella scala, però avevo le gambe incastrate in uno scalino che aveva ceduto, cercai di liberarmi, mentre Sam scese dal’auto ancora accesa e corse subito nella direzione di Blair iniziando a recitare strane parole in latino. << Exorcizamus te, omnis immundus spiritus… >> Al suono di quelle parole, Blair iniziò a sbandare e così anche le sue guardie del corpo, il rituale continuò in una lunga cantilena latina, ma d’un tratto una delle guardie del corpo di mia cugina, anzi del demone che impossessava mia cugina, si liberò e si lanciò verso Sam facendolo cadere all’indietro, Dean corse subito in suo soccorso lanciando dell’acqua sulla faccia del demone e facendolo urlare, cosa che mi lasciò alquanto perplessa, continuò e poi prese la pistola e sparò, dopodiché successe quello che non mi sarei mai aspettata, il demone che era sopra di Sam si protrasse all’indietro con le braccia spalancate e dalla sua bocca ne fuoriuscì del fumo, fumo nero in contemporanea di un urlo stridulo e sofferente. Il corpo si accasciò su un lato apparentemente senza vita. Siccome Sam era a terra, fu Dean a continuare l’esorcismo, ma purtroppo non fece in tempo e fu anche lui scaraventato andando a finire sul cofano della sua macchina. Assistetti a tutta la scena mentre ero goffamente presa dal liberarmi dalla morsa dello scalino, sotto le scarpe da jogging potevo sentire che c’erano assi cadute che tenevano i miei piedi bloccati. Chiamai a raccolta tutti i muscoli delle braccia per fare leva e cerca di sollevarmi, ma fu inutile, riprovai e riprovai ancora fin quando l’ultimo tentativo fu quello che funzionò. Riuscii a liberarmi dallo scalino, e rimettendomi in piedi, corsi in aiuto Sam e Dean, che ora erano intenti nel combattimento corpo a corpo con Blair e l’altra guardia del corpo. Blair era esile e sicuramente non avrebbe mai potuto combattere come stava facendo in quel momento se non fosse stata impossessata, le sue tecniche superavano di gran lunga quelle di Sam e Dean in quanto precisione ed efficacia. Sgattaiolai dietro i quattro cercando di non farmi vedere e infine raggiunsi il cofano delle meraviglie dell’Impala, che per fortuna era aperto, non sapevo cosa prendere, era così colmo di armi e altri strani oggetti che per un secondo mi sentii disorientata. Infine decisi per un fucile, quello che era più visibile tra tutta quella roba. Pregai Dio che era carico e soprattutto che fosse carico di proiettili al sale, avrebbero almeno tenuto lontano i demoni per un po’.
Sparai ad entrambe i demoni, rammaricandomi dopo di aver sparato anche a Blair, che presa per fortuna solo di striscio, perse sangue dalla spalla destra, mi guardò ed entrambe scomparvero dalla nostra vista dopo che i proiettili colpirono entrambe, la fortuna per una volta fu dalla mia parte. Sam e Dean si voltarono a guardare nella mia direzione, entrambe con un sorriso stampato sulle labbra mentre riprendevano fiato piegandosi su loro stessi.
<< Grazie, Julia. >> Disse Sam.
<< Il conto non è ancora saldato. >> Dissi sorridendo a mia volta e portandomi il fucile alla schiena col braccio destro.
<< Direi, adesso posa le armi che non sono adatte per le bambine. >> Disse Dean avvicinandosi ancora con il sorriso sulle sue labbra.
<< Hey, se non te ne fossi accorto, ho appena salvato il tuo bel culetto. >>
<< Me la stavo cavando benissimo. >> Disse. Non me lo sarei aspettato, ma mi sorrideva ancora mentre Sam era dietro di lui e sorrideva a sua volta.
Feci il giro dell’auto e posai il fucile all’interno del cofano chiudendolo forse un po’ troppo forte.
<< Puoi fare più attenzione per favore? >> Chiese Dean in tono preoccupato.
<< Scusa… >> Dissi sorridendo.
Una volta che rientrammo nella casa, scoprii che i due ragazzi erano effettivamente andati a prendere la colazione, e dissero che mi avevano lasciata li da sola perché quel simbolo ai piedi della porta mi avrebbe effettivamente protetto da eventuali attacchi demoniaci. Mentre tra un donut e l’altro gli dissi che ero uscita fuori perché udivo strani rumori provenienti dai vari punti della casa, entrambe risero prendendosi gioco di me. Mi fece piacere che in fin dei conti riuscivamo ancora a ridere, anzi che io riuscissi ancora a ridere, dopotutto ero una ragazza solare e positiva non mi piaceva essere negativa perfino se si trattava dell’Apocalisse, Sam e Dean dicevano che avrebbero trovato un modo per riuscire a fermarla, bene, mi fidavo, speravo solo che alla fine non saremo morti tutti, o che se lo saremo, che sarebbe stato almeno indolore.
<< Ho sparato a Blair,  >> iniziai bevendo un sorso di caffè. << Morirà se il demone lascia il suo corpo? >>
<< Un colpo alla spalla è facile da curare, ma deve essere subito soccorsa non appena il demone lascia il suo corpo, se lo farebbe e nessuno la soccorrerebbe, probabilmente morirebbe dissanguata. >> Mi spiegò Sam mordendo il suo donut.
<< Sono proprio un’idiota. >> Constatai.
<< Hai fatto una cosa giusta, non avresti potuto fare altrimenti. >> Disse Dean.
<< Vedrai che saremo li quando il suo corpo verrà liberato e saremo in grado di curarla, non preoccuparti. >> Mi rassicurò Sam mentre si puliva le mani dalla glassa del donut.
Annuii un po’ preoccupata, speravo seriamente che Sam avesse ragione e che tutto alla fine si sarebbe risolto alla meno peggio. Non sarei mai riuscita a vivere se Blair fosse morta dissanguata, era colpa mia dopo tutto. Alla faccia della cugina preferita!
<< Sam, ieri notte hai detto che lui ti era apparso ricordandoti della sua offerta…lui, Lucifero? >> Chiesi d’un tratto distraendomi dai miei pensieri e bevendo un sorso di caffè, ricordando la conversazione che per sbaglio udii mentre i due fratelli erano nella stanza dei divani.
<< Hey, ma gli affari tuoi non te li sai fare? >> Chiese Dean guardandomi seriamente.
<< Ero solo curiosa, tutto qui. Insomma, è pur sempre Lucifero- >>
<< Si, Julia, era Lucifero che mi è apparso. >> Mi bloccò Sam.
<< Offerta? >>
<< Adesso vuoi sapere troppo, preparati che tra un po’ partiamo per Gold Hill. >> Disse Dean spingendomi per la schiena e trascinandomi verso la stanza dove c’era il mio unico bagaglio, la mia borsa.
C’era ancora un alone di mistero che circondava quei due ragazzi, qualcosa che forse dirlo ad alta voce sarebbe risultata assurda e inspiegabile, qualcosa che si portavano dentro come un peso troppo grosso da condividere e qualcosa che solo loro potevano capire dopotutto. Non volevo saperlo, no. Quello che sapevo, quello che ero venuta a sapere grazie a loro mi bastava per ora, se avessi deciso che dopo tutta quella brutta storia volevo essere rinchiusa in un mattatoio, allora forse avrei fatto di tutto per fargli sputare il rospo, ma prima d’allora mi godevo ancora quel piccolo pezzettino di normalità che mi era ancora rimasta. L’ignoranza certe volte può giovare.

 

 

 

 

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Capitolo 6
*** Chapter 6 - Lucifer's Angels ***


Ok, a questo punto mi sembra doveroso ringraziare tutti coloro che
sono arrivati fin qui e tutti coloro che mi hanno lasciato recensioni così
stranamente tutte positive, non mi offendo se scrivete che c’è qualcosa
che non va, eh? u.ù LOL scherzo! ;) No, davvero però se qualcosa non va scrivetelo pure u.u.
Non so cosa altro dire, oltre a grazie, grazie, grazie! Non avrei mai pensato
che avrei riscosso tanto “successo” quando questa storia era semplicemente uno
strano sogno confuso nella mia mente! :O
Ehm…Bene, quindi ritornando alla storia e a questo nuovo capitolo, bhè che dire,
noterete che forse è un po’ piccolo, ma l’ho fatto per il vostro bene credetemi,
perché faceva parte del capitolo che sto scrivendo attualmente e mi era risultato
un tantino lunghetto in quanto era ben dieci pagine e non ero neanche a metà,
quindi visto che non voglio che nessuno di voi scappi a gambe levate dalla noia, l’ho diviso in due.
Ok, questo è corto, però l’altro non lo sarà affatto credetemi. ;)
Buona lettura e ricordatevi sempre "Dead or Alive" la versione di Alyson! :)


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Lucifer’s Angels

       D i ritorno a Gold Hill, con una sola intenzione, trovare mia sorella e salvare sia lei che Blair. Avevo visto di cosa era capace la cosa che era dentro mia cugina, ma speravo che in qualche modo saremo riusciti a completare il rituale per liberare il suo corpo.
Sam mi procurò delle pagine strappate da chissà quale libro, sul quale erano stampate le parole del riturale che poco prima aveva recitato. Durante tutto il tragitto in macchina cercai di leggerlo e memorizzarlo, era latino e non capivo assolutamente nulla, però se sarei riuscita almeno a recitarlo nel momento del bisogno forse ci avrebbe salvato tutti.
<< Exorcizamus te, omnis immundus spiritus, è l’unica cosa che riesco a memorizzare. >> Dissi d’un tratto gettando la spugna.
<< Non ti biasimo, mi ci sono voluti quattro anni per impararlo tutto, ma con tutti i demoni che abbiamo affrontato è stato praticamente impossibile non impararlo. >> Disse Dean.
<< Se solo potessimo intrappolare tua cugina nella Trappola del Diavolo, sarebbe molto più facile. >> Disse Sam voltandosi verso di me.
<< Trappola del Diavolo? >> Chiesi confusa.
<< Si, il disegno ai piedi della porta… >>
Annuii ritornando alle miei pagine in latino.

Exorcizamus te, omnis immundus spiritus omnis satanica potestas, omnis incursio infernalis adversarii, omnis legio, omnis congregatio et secta diabolica. Ergo draco maledicte et omnis legio diabolica adjuramus te. Cessa decipere humanas creaturas, eisque aeternae Perditionis venenum propinare. Vade, Satana, inventor et magister omnis fallaciae, hostis humanae salutis. Humiliare sub potenti manu dei,contremisce et effuge, invocato a nobis sancto et terribili nomine, quem inferi tremunt. Ab insidiis diaboli, libera nos, Domine. Ut Ecclesiam tuam secura tibi facias libertate servire te rogamus, audi nos. Ut inimicos sanctae Ecclesiae humiliare digneris, te rogamus, audi nos.
Se solo avessi saputo cosa voleva dire, magari mi sarebbe risultato più facile memorizzarlo, ad ogni modo speravo che Sam e Dean ce l’avrebbero fatta da soli a pronunciarlo tutto per salvare Blair. 
Fermammo l’auto all’ingresso della cittadina e proseguimmo a piedi, ero armata con due fucili, uno dei quali era sulla schiena, e due pugnali imbevuti di acqua santa, che stando a quanto detto dai ragazzi, l’acqua santa era come veleno per i demoni, aveva senso e questo spiegava il gesto che Dean aveva compiuto poc’anzi.
<< Fatevi sotto figli di puttana! >> Esortò Dean che era una decina di passi da me e Sam. << Non ci attaccate ora? Avete paura? >> Neanche finì di parlare che un demone gli corse incontro, ma lui da ottimo tiratore, lo centrò in pieno facendolo sparire.
<< Sam? >> Sussurrai avvicinandomi al fianco sinistro di Sam.
<< Si? >> Mi guardò dall’alto verso il basso confuso.
<< Ma sparando i demoni con i proiettili di sale li allontaniamo solo, non dovremo ucciderli? >>
<< Ricordati che sono umani dopotutto, non possiamo ucciderli tutti. >> Tagliò corto Sam, dopodiché ritornai nella mia posizione.
Percorremmo almeno due chilometri tra la via principale deserta della cittadina, fin quando non arrivammo ad una fabbrica, capii che eravamo arrivati al quartier generale dai due demoni che erano di guardia ai cancelli, grandi e grossi, erano entrambe di colore e somigliavano molto alle guardie del corpo di Blair, tranne per il fatto che non erano in giacca e cravatta, ma erano vestiti piuttosto casual. Ci appostammo dietro una casa che fronteggiava la fabbrica senza farci vedere dai due omaccioni che guardavano dritto d’avanti a loro.
<< Ci penso io con il pugnale di Ruby ad uccidere quei due, dopodiché entreremo. >> Sussurrò Sam accovacciato come me e Dean vicino le staccionate del giardino posteriore di una piccola casa dipinta di blue. << Julia, all’interno ci sarà forse tua sorella, ti prego di non compiere nessuna azione avventata, cerchiamo di restare in vita,ok? >> Continuò.
<< Certo, ok, contaci. >> Assentii.
Ci guardammo tutti e annuimmo, dopodiché Sam corse verso le due guardie vicino i cancelli della fabbrica e prendendole alla sprovvista, squarciò ad entrambe la gola, facendole cadere a terra morte. Alla faccia del sono umani dopotutto, Sam li aveva uccisi come se fossero animali, forse però quando è proprio necessario c’è uno strappo alla regola. Quando ci fece segno di raggiungerlo, io e Dean corremmo nella sua direzione mente apriva i pesanti cancelli di ferro della fabbrica. Il sole era cocente e il fucile sulla schiena non faceva altro che ricordarmelo, il mio cuore palpitava e un brivido mi corse lungo la spina dorsale. C’erano almeno dieci metri che separavano l’enorme fabbricato grigio dai cancelli, non c’era praticamente nulla in questi dieci metri, tranne per due grossi tir posti rispettivamente ai lati della recinzione in ferro. Corremmo fino ad arrivare all’ingresso della fabbrica, a quel punto feci un respiro profondo cercando di tenere a bada i battiti accelerati del mio cuore, Dean aprì le grosse porte che emisero un rumore stridulo e fastidioso mentre si aprivano, all’interno non c’era praticamente nessuno e nulla, ma la cosa non tornava, cosa ci facevano quelle guardie li fuori se non sorvegliavano niente? Mentre stavo per entrare al suo interno, Sam mi fermò trattenendomi per un braccio. << E’ una trappola. >> Constatò. << E’ troppo tranquillo, quelle guardie li fuori sembravano messe come esca… C’è qualcosa che puzza. >>
<< Già mi sa che hai proprio ragione questa volta, Sammy… >> Dean si guardò intorno, sembrava apparentemente tutto tranquillo, però a volte le apparenza ingannano, e spesso è proprio quando tutto intorno è tranquillo che bisogna avere paura e cavolo, io ce l’avevo.
<< Non vedo nessuno, forse sono scappati? Dov’è mia sorella? >> Chiesi ingenuamente.
Nessuno dei due ragazzi ebbe il tempo di rispondermi che un demone  alzò la mano destra e fece volare Dean all’interno della fabbrica e a ridosso della parete infondo, facendo rimanere sospeso a mezz’aria, prontamente Sam, lo pugnalò e dopodiché il corpo cadde a terra. Mi voltai su me stessa in tempo per vedere almeno una ventina di demoni marciare nella nostra direzione, Blair era a capo della spedizione.
La battaglia cominciò, iniziai a sparare quando Blair non era nella mia traiettoria, Dio non volevo affatto spararla ancora, una sola volta era bastata. Colpì molti demoni che caddero a terra oppure sparivano, evidentemente anche Sam e Dean fecero lo stesso, ma non fui in grado di vederli in quanto ero pienamente concentrata nel combattimento a fuoco, quando le munizioni nel fucile che avevo in mano finirono, lo lanciai a terra, facendo volteggiare l’altro che avevo sulla schiena in avanti, e continuai a sparare, dopodiché vidi che Sam si lanciò tra i pochi demoni ancora rimasti e iniziò a dimenare il pugnale uccidendo quelli che erano più vicini a lui, a quel punto puntare divenne più difficile, Sam era sempre nella mia traiettoria così sfoderai i miei pugnali imbevuti di acqua santa e mi fiondai anche io nel combattimento corpo a corpo, cavolo non sapevo quello che stavo facendo, però dimenare i pugnali senza un vero senso servì, in quanto riuscii a liberare due corpi impossessati dai demoni, purtroppo però i poveretti morirono in quanto li avevo colpiti esattamente negli organi vitali. Vedere cadere due corpi senza vita sulla terra e d’avanti ai miei piedi, mi scosse facendomi esitare per qualche secondo, ma in quel momento non c’era tempo per pensare.
<< Basta così! >> Urlò Blair ai demoni, che alle sue parole si bloccarono e si posizionarono dietro di lei, se prima ce n’erano una ventina, adesso ne erano più o meno sei o sette. << Julia Wyncestre, ascolta bene queste parole, perché non le dirò di nuovo, Lucifero ha bisogno della tua famiglia, sappi che non riuscirete ancora a lungo a scappare da lui. >> La fissai mentre parlava, e rimasi sconvolta da quello che venne fuori dalla sua bocca. Che diavolo…forse non è appropriato dire diavolo…cosa voleva Lucifero da me? Il mio cuore stava per schizzare fuori dal corpo, avevo le labbra secche e un nodo in gola che mi non mi permetteva di dire nulla, ero paralizzata dalla paura e immobile a fissare colei che sembrava mia cugina, ma non lo era affatto. Probabilmente anche Sam si accorse della mia paura, perché mi guardò ma poi riportò la sua attenzione a Blair. << Dove è andato l’altro fratello? >> Chiese d’un tratto il demone guardandosi intorno.
Guardai Sam che ancora in posizione di guardia, era nello stesso punto in cui c’era un cadavere. Lui fece spallucce e quello che successe fu una cosa che non si vede proprio tutti giorni.
<< Exorcizamus te, omnis immundus spiritus omnis satanica potestas, omnis incursio infernalis adversarii, omnis legio, omnis congregatio et secta diabolica. Ergo draco maledicte et omnis legio diabolica adjuramus te. >> La voce che proveniva dagli altoparlanti esterni era quella di Dean, io e Sam guardammo in contemporanea gli altoparlanti che si trovavano su una parete alta della fabbrica, che a tutto volume e chissà da quale sala di trasmissione, Dean stava recitando il rituale. Molti demoni lasciarono i corpi dei malcapitati formando un enorme nuvola di fumo nero sulla terra sparendovi al suo interno lasciando i corpi inanimati cadere, erano ritornati all’inferno? Probabilmente.
Quando tutti i demoni furono fuori gioco, vidi che dalla bocca di Blair iniziava a fuoriuscire del fumo nero, ma persisteva, quel maledetto demone che l’aveva impossessata era incredibilmente forte e forse aveva trovato la perfetta dimora in un corpo debole ed esile come quello di Blair, povera cugina mia, non immaginavo neanche cosa significasse essere impossessati, cosa si provava e se in qualche modo si riusciva a sentire ancora il proprio corpo, averne il controllo… Solo una cosa sapevo, se fossi mai riuscita a salvarla, non sarebbe mai più stata la stessa. Mentre guardavo Blair contorcersi e mentre il fumo nero quasi uscì dal suo corpo, altre parole uscirono dalla sua bocca. << Angeli di Lucifero, non riuscirete a scappare da lui. >> Mentre si contorceva agonizzante su se stessa e senza neanche dare tempo a nessuno di noi di replicare, sparì. Cavolo, sparì! Dean aveva finito il rituale e lei riuscì a scappare. Che cosa voleva dire? Angeli di Lucifero? La testa mi scoppiava. << No! >> Urlai. << No! >> Corsi in direzioni dei cancelli, però mi fermai quando capii che era effettivamente inutile correre, chissà dove diavolo era andato quel demone con il corpo di mia cugina. << Blair! >> Riuscii a dire mentre abbassavo il pugnale su un fianco. 

         Setacciammo l’intera fabbrica, ogni stanza, ogni angolo e ogni possibile nascondiglio, ma non trovammo mia sorella, di lei ne trovai solo il suo cellulare rotto a terra in un angolo di quell’enorme spazio vuoto e le catene a cui era stata legata. A quel punto la disperazione mi assalii, urlai, urlai e mi sfogai.
Sam mi prese per un braccio e quando mi voltai verso di lui, vidi che aveva sul suo viso un’espressione di compassione e tolleranza. << Perché Sam? Cosa c’entra la mia famiglia con Lucifero? >> Chiesi senza pensarci troppo.
Sam mi guardò con espressione vacua e scosse la testa.
<< Dobbiamo chiamare Bobby, abbiamo bisogno di lui. >> Concluse Dean uscendo dalla fabbrica e cacciando il suo cellulare da una tasca dei suoi jeans.
Qualche secondo dopo lo seguimmo anche io e Sam, senza dire nulla mentre una sensazione di sconforto si protraeva tutta intorno a noi, o almeno intorno a me.
Non capivo, per quale motivo Lucifero aveva bisogno di me? E per quale maledettissimo motivo non c’era mia sorella in quella dannatissima fabbrica? Non capivo e quando no capivo diventavo irascibile e acida, e non mi piace, non avevo intenzione di trattare chi mi stava intorno in modi rudi e poco cortesi, insomma, Alyson non c’era e io non avevo la benché minima idea di dove fosse, se fosse viva o se fosse morta, la cosa che più mi spaventava e che neanche i ragazzi avevano una risposta alle mie domande, Dean sembrava scosso e Sam letteralmente sbigottito, per quanto ci provavano a nasconderla, riuscivo a sentire la loro paura e questo non fece altro che alimentarne la mia. Purtroppo quella volta la fortuna non ci assisté e così mi chiesi quante volte la Dea Bendata fosse stata dalla parte dei cacciatori, molto probabilmente la percentuale era al disotto del dieci, per quanto ne sapevo quei demoni avrebbero potuto uccidere Alyson e seppellirla li da qualche parte a Gold Hill, e per quanto cercavo di pensare positivo, in quel momento non ci riuscivo proprio. E come se non bastasse, adesso a riempire i miei pensieri negativi, c’erano anche le parole di Blair che pesavano nella mia testa come enormi macigni di pietra.
<< Ok, siamo diretti in South Dakota, saltate in macchina voi due. >> Disse Dean aprendo la portiera dell’Impala e sistemandosi al posto di guida.
<< South Dakota? Sarà ad almeno tre o quattro giorni di distanza e perché siamo diretti li, credevo che i demoni fossero qui… >> Aprii la portiera posteriore dell’auto e sprofondai nel sedile di pelle nera.
<< Bobby? Pensavo fosse anche lui da queste parti. >> Disse Sam evitando la mia domanda.
<< Dobbiamo andare li, ha delle novità che non mi ha saputo dire per telefono, quindi sedetevi e godetevi il viaggio, ma non posso assicurarvi che sarà il viaggio migliore della vostra vita. >> Dean mise in moto e partì, sfrecciando tra le strade deserte della cittadina fantasma.
Chi diavolo...cavolo dovevo smetterla di dire diavolo. Chi era Bobby? Non ebbi neanche la forza di chiedere che subito i pensieri negativi sul conto di Alyson ritornarono a infestare la mia mente. Diedi un’occhiata al mio cellulare stranamente ancora carico, poi mi accorsi che era praticamente inutile cacciarlo dalla borsa, infondo avevo provato mille volte a chiamare i miei ma non c’era mai stata nessuna risposta, però quella volta provai a chiamare la mia migliore amica, Jessica, ma come sospettavo il suo cellulare squillava a vuoto, così lo riposai in borsa sospirando.
<< Sam, Dean? >> Chiamai, << voi sapete perché Lucifero vuole la mia famiglia, non è vero? >> Chiesi in tono calmo.
<< Julia, ma come potremo? >> Mi chiese Sam gentilmente.
<< Non lo so, è che mi sembra strano, che significa Angeli di Lucifero? >>
<< Julia, redimi una volta che saremo in South Dakota, le tue domande avranno finalmente una risposta. >> Disse Sam mentre mi guardava con un’espressione indecifrabile, un misto tra paura, sconforto e confusione. << Cerca di non pensarci, rilassati. >>
A quel punto il cellulare di Dean squillò.
<< Si? >> Rispose mentre teneva con la mano destra il volante e con l’altra il cellulare. << Tooele? Quindi li giù non si sono verificati strani rapimenti, infezioni da Croatoan, o cos’altro legato alla maledetta Apocalisse? >> Dean annuiva mentre sentiva quello che l’interlocutore dall’altra parte del telefono diceva. <> Dean emise suoni d’approvazione e dopodiché chiuse la conversazione e rimise il telefono in tasca. << Siamo diretti a Tooele! >> Disse premendo l’acceleratore.
<< Dove si trova? >> Chiesi.
<< Utah, un giorno di marcia da qui. >> Rispose Sam.
<< E perché siamo diretti proprio li? >>
<< Già Dean, perché? >> Mi fece eco Sam.
<< Bobby ha detto che ci sono stati due casi di omicidio ed in entrambe le finestre e le porte erano chiuse dall’interno, nessun segno di scassinatura ed entrambe le vittime, senti qua, sono state trovate spezzate letteralmente a metà tra il bacino e le gambe. >>
<< Ma è orribile! >> Sbottai.
<< Un caso di poltergeist isolato dall’Apocalisse? >> Chiese Sam incuriosito da quello che aveva appena detto il fratello.
<< Proprio così Sammy, uno dei casi vecchio stile, quelli che amiamo tanto. >>
Non sapevo di cosa parlavano.
<< Un ritorno alla vecchia vita, insomma? >>
<< Esatto Sammy, stacchiamo la spina da questa merda e buttiamoci in un po’ di mistero vecchia scuola. >> Dean sembrava molto divertito, cosa c’era da essere felici quando c’erano due tipi che erano stati tagliati a metà e noi eravamo praticamente diretti li?
Sam annuì e dopodiché notai un sorriso sul suo viso, cavolo, ma ero l’unica a cui la faccenda faceva letteralmente voltare lo stomaco?
Non parlai, mi ammutolii letteralmente sprofondando nel sediolino e ascoltando un po’ di rock anni 80 che la radio trasmetteva, nonostante le proteste di Sam alla fine Dean aveva vinto.
Cercai di rilassare mente e corpo mentre le canzoni dei Blue Oyster Cult erano a tutto volume e l’Impala sfrecciava tra le strade deserte del nulla, solo un paio di volte vidi due macchine andare nella direzione opposta alla nostra, ritornare a Gold Hill? Forse avrebbero semplicemente cambiato rotta non dovevano essere mica per forza diretti in quella cittadina infernale? D’un tratto sperai che non erano effettivamente cittadini di Gold Hill che erano ritornati da chissà dove.
Mi addormentai, ero tanto stanca che la musica ad alto volume non mi diede per niente fastidio, ma probabilmente Sam o Dean si accorsero che mi stavo appisolando perché ricordo che d’un tratto la musica divenne più frivole. Mi stesi lasciando le gambe penzolanti, non volevo ricevere un’altra lamentela da parte di Dean sul fatto che gli rovinavo la macchina, Dio quanto doveva essere affezionato a quella macchina! Sicuro, era una macchina d’epoca, ma hey, è pur sempre una macchina, chissà forse per lui era molto più di una semplice auto. Mentre sedevo sulla sinistra del sedile posteriore, notai che nella sul bracciolo e posa cenere, c’era incastrato un soldatino verde, così allora capii, per loro l’Impala era molto di più di una semplice auto, per loro era casa.

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Capitolo 7
*** Chapter 7 - Old Fashioned Mystery ***


Probabilmente a questo punto non mi sopportate più. Vi capisco u.u
anche io non mi sopporterei più non preoccupatevi,
ma per me “l’angolo dell’autrice” è più o meno un must do.
Bhè ve l’avevo detto che questo capitolo sarebbe stato
piuttosto lungo, quindi sedetevi rilassatevi e leggere i miei
orrori ;) Ancora un grazie a tutti coloro che mi seguono, che mi
recensiscono e che mi leggono, grazie, grazie! :)
Un'ultima cosa ricordatevi sempre "Dead or Alive" la versione di Alyson! :)


______________

Old Fashioned Mystery

 
    Mi  svegliai quando il mio stomaco iniziò a brontolare e quando la fame mi attanagliò.
<< Wow, qualcuno ha fame! >> Esclamò Sam voltandosi dalla mia parte.
Sorrisi e dopo mi lasciai trasportare da una timida risata. << Già. >>
<< Abbiamo appena passato una segnalazione, diceva che tra due miglia ci sarebbe stato un fast food, presto colmeremo il tuo vuoto. >> Disse Dean guardandomi dallo specchietto retrovisore.
<< Grazie. >> Dissi imbarazzata, avevano fatto così tanto per me che iniziavo realmente a sentirmi in dovere di ricambiare, in qualunque modo. Non potevo offrire soldi perché avevo solo tre dollari nel mio portafogli e non potevo offrire la mia protezione perché avevo appena imparato a sparare e non ero poi tanto sicura delle mie abilità, insomma cosa potevo fare oltre che annuire e ringraziare ogni qualvolta che facevano qualcosa per me?
Dean fermò l’Impala nello spiazzato di un fast food abbastanza affollato a differenza della strada desertica. 
<< Si mangia! >> Esortò Dean con un sorriso stampato sul suo viso e chiudendo la macchina.
Quando entrammo all’interno, il luogo era accogliente e ben organizzato, c’era solo una cosa che non mi andava a genio, la puzza insopportabile di frittura, per poco non vomitai, negli ultimi giorni avevo mangiato solo roba fritta e se il mio organismo non ne aveva ancora risentito allora dovevo essere davvero fortunata, nella mia sfortuna ovviamente.
Ci accomodammo ad un tavolo dalle poltrone rosse, come rosse erano le mattonelle di linoleum a terra e bianche e rosse quelle delle pareti, era tutto arredato a stile anni cinquanta con tanto jukebox funzionante. Mi sentii rilassata e riuscii a lasciar andare tutti i miei problemi e pensieri, concentrandomi solo su quel menù tanto invitante quanto disgustoso, c’erano panini con hamburger, salciccia o pollo con qualunque contorno, bibite di ogni genere e per fortuna c’erano anche vari tipi di insalate, così optai per la Cesar Salad, insomma non avrebbe fatto che bene al mio organismo, avevo bisogno di depurarlo, oddio non voglio sembrare una fissata con la dieta o magari con la giusta alimentazione, ma infondo dopo quasi una settimana di hamburger e patatine, avevo bisogno di un po’ di cibo sano, no?
Mentre aspettavamo che i nostri ordini arrivavano, Sam cacciò da una borsa il computer portatile bianco e l’accese. << Amo il ventunesimo secolo, ovunque vai c’è sempre una connessione wireless pronta li per te! >> Sorrise contento.
<< Sei proprio uno strano, Sammy.>> Dean scosse la testa e dopo guardò me incuriosito. Io gli ero seduta vicino e quindi ero di fronte a Sam. << Che cosa ci vedi in lui? >> Mi lasciò spiazzata. Tanto che battei più volte gli occhi prima di rispondere. << Che? >> Fu quello che riuscii a dire.
<< Juls, dai! Secondo te per quale motivo non hai voluto che continuassimo il nostro incontro… >> Sgranai gli occhi e guardai Sam, anche lui aveva gli occhi sgranati e guardava entrambe in alternanza. << Non sono nato mica ieri, piccola! >> Ecco che sfoggiò ancora una volta il suo sorriso malizioso, che fece risaltare i suoi occhi verdi. In quel momento però non mi sembrò affatto sexy, anzi, gli avrei voluto sferrare un bel pugno su quella faccia dalla sfrontatezza unica che si trovava, ma semplicemente sorrisi ammutolendomi.
Fu Sam a interrompere il silenzio, mentre beveva un sorso della sua bibita e mostrandoci l’articolo che parlava delle due vittime tagliate a metà in Tooele. Effettivamente rispecchiava alla perfezione la descrizione che Dean aveva dato poc’anzi, entrambe tagliati a metà, entrambe case delle vittime con porte e finestre chiuse dall’interno e nessun segno di scassinatura, la polizia sospettava dei familiari che vivevano con le vittime, solo che uno era single e viveva solo.
<< Non c’è dubbio, poltergeist, troviamo il figlio di puttana e bruciamo le sue maledette ossa! >> Disse Dean in tono sicuro.
<< Sul serio, sono riuscita ad accettare i demoni e ad accettare tutto quello che sono capaci di fare, ma non riesco per niente ad immaginare un fantasma che uccide? Mi sembra fin troppo strano. >> Dissi prendendo portandomi una forchettata di insalata alla bocca.
<< Non un semplice fantasma, Julia, è un poltergeist. Di solito uno spirito o un fantasma rimane connesso alla realtà del mondo normale perché è attaccato ad essa grazie ad un affare in sospeso o incompleto. >> Sam iniziò a gesticolare guardando verso di me in un’espressione sicura. << Molti poltergeist hanno il desiderio di vendetta contro coloro che hanno in qualche modo causato la loro morte e i a differenza degli spiriti, posso muovere gli oggetti e impossessarsi della vittima. >> Mi spiegò Sam. Rimasi a bocca aperta per tutta la spiegazione, ero molto stupita da quanto quei due ne sapevano del sopranaturale.  
<< Q-quindi un polter- come diavolo si chiama, avrebbe ucciso le due vittime o impossessandosi di loro oppure uccidendole con qualche attrezzo, >> Guardai Sam che annuii e continuai, << è stata trovata l’arma del delitto? >>
<< Nessuna arma del delitto, solo molto sangue e corpi spezzati in due. >>
Ero confusa. << Come è successo che si sono spezzati, allora? >>
<< Stiamo andando li proprio per questo, piccola! >> Disse Dean alzandosi dalla poltrona per dirigersi alla cassa per pagare.
<< Sam, posso contribuire con i miei tre dollari? >> Chiesi in fare timido, mentre ancora Dean era di spalle a pagare.
Sam rise. << Julia, ti ho già detto di non preoccuparti. >>
<< Si lo so, ma mi sento in colpa a farvi pagare sempre tutto. >>
Sam mi avvolse le spalle con un braccio e sorrise, non aggiunse niente, quel sorriso che metteva in risalto la fossetta che si ritrovava ad avere sulla guancia destra, diceva tutto. Fu allora che riuscii a percepire la sua dolcezza e la sua gentilezza che in quel fino al quel momento erano sempre stati offuscati dall’immagine del grande e potente cacciatore, la maschera che Sam indossava ogni giorno.
<< Vamos gente! >> Esorto Dean uscendo dal locale. Non chiesi quanto avesse pagato, mi sembrava scortese.
Quando ritornammo nell’Impala, Dean accese a tutto volume la radio iniziando a cantare una canzone degli AC/DC che non conoscevo, però incitava sia me che Sam a cantare, purtroppo io non sapevo le parole, ma Sam si e così timidamente iniziò anche lui a seguire Dean nel suo canto spensierato. Mentre entrambe cantavano, sorrisi, sorrisi perché erano buffi ed incredibilmente stonati, e non riuscii a trattenere la mia risata, che non smosse neanche per un secondo i due fratelli che continuavano a cantare mentre io ridevo quasi a crepapelle. Ne avevo bisogno, mi sentii subito meglio.
Quando la notte calò su di noi, ci trovavamo nel bel mezzo del nulla in un strada deserta secondaria, un cartello però ci annunciò che eravamo in Utah.
<< Bhè penso proprio che parcheggeremo qui per questa notte. >> Disse Dean spostando la macchina dalla strada ai lati di essa e in un piccolo sentiero coperto da alberi e cespugli di vario genere. << Scusate, ma non è molto prudente guidare quando si è assonnati. >> Dean si appoggiò al finestrino.
<< Posso guidare io se vuoi. >> Propose Sam guardando il fratello.
<< Mi dispiace Sammy, non mi fido a lasciarti guidare la mia Piccola di notte, per ora sarà meglio che riposiamo tutti, domani sarà una giornata faticosa per tutti. >> Sam scosse la testa sorridendo, ma nessuno rispose.
Non avevo molto sonno e avevo paura che se rilassavo la mente allora tutti i miei pensieri negativi tornassero a farmi visita, ero decisa a tenerli fuori dalla mia testa almeno fin quando il problema non si fosse presentato d’avanti, allora l’avrei valutato e affrontato, ora volevo solo pensare al presente e a quello che tra qualche ora avrei visto, avrei almeno dovuto prepararmi psicologicamente a presunti fantasmi, così rimasi seduta nel mezzo del sediolino posteriore a guardare Sam e Dean mentre si accoccolavano come meglio potevano per trovare una posizione confortevole. Il silenzio era calato all’interno della macchina e io iniziavo a sentirmi un po’ fuori luogo, così mi posizionai con la testa sulla destra del sedile posteriore e le gambe sulla sinistra, stesa, lasciando solo i piedi penzolanti. Guardai il tetto dell’auto, beige, guardai i poggia schiena dei sedili anteriori, chiusi gli occhi un paio di volte, ma li riaprivo sempre, il sonno semplicemente non voleva venirmi, così cercai di pensare alla mia vita e di come e quanto era cambiata da quando Sam e Dean vi erano entrati, ero così coinvolta da tutta quella situazione che adesso mi sembravano così tanto lontani i giorni all’università, i pomeriggi passati sui libri e i giorni di festa passati con la mia famiglia in giardino.
Mi voltai su un fianco e vidi la mano di Sam penzolare alla destra del suo sedile, così non pensandoci troppo, allungai il mio braccio e l’afferrerai. Era fredda nonostante fosse il primo di Giugno e facesse caldo, ma fu una bella sensazione. Lui non ricambiò la presa, probabilmente dormiva, notai che al polso portava un braccialetto di cotone marrone e che dall’avambraccio possente, visibile grazie al fatto che la sua camicia aveva le maniche rivoltate fino al gomito, di tanto in tanto si potevano vedere le pulsazioni delle vene al di sotto della pelle.
Mentre la mia mente si era finalmente rilassata e il sonno stava ormai persuadendo il mio corpo, la mia mano fu stretta dalla presa di Sam che voltandosi incrociò il mio sguardo assonnato senza dire nulla, ci scrutammo per qualche secondo, dopodiché lui si voltò e si appoggiò di nuovo al finestrino sempre tenendo salda la mia mano nella sua.

 

         Il mattino seguente ci mettemmo in marcia di buon ora, mi svegliai quando ormai eravamo ben lontani dal luogo dove avevamo trascorso la notte. I due fratelli parlavano animatamente su una questione che non riuscii ad afferrare subito. << Buongiorno ragazzi, come succede? >> Chiesi mentre mi stiracchiavo.
<< Julia stavamo pensando al fatto che avrai bisogno di un distintivo… >> Iniziò Dean.
<< Distintivo? >>
<< Già, agente FBI, medico specializzato, qualunque cosa. >> Mi spiegò Sam.
<< Non capisco. >> Ammisi.
<qualcuno se vogliamo andare davvero in fondo a questo caso, quindi caccia una tua fototessera e lascia fare il lavoro sporco a noi.>> Insistette Dean.
Ero letteralmente sbigottita, ma infondo aveva un filo logico quello che Dean mi stava dicendo, se ci fossimo presentati semplicemente come noi stessi, probabilmente ci avrebbero cacciato o magari arrestati, speravo solamente che non si sarebbe scoperto che portavo un distintivo falso nella borsa. Buon Dio, stavo iniziando a pensare come loro!
<< Ho quella del mio libretto dell’università, potrebbe andare? >> Presi il libretto dell’università dalla borsa e lo porsi a Sam.
<< E’ perfetto…eri bionda? >> Chiese Sam divertito.
<< Si, brutto periodo quello. >> Dichiarai.
Sam strappò la fototessera dal libretto e aprii un distintivo dell’FBI che mostrava la sua di fotografia sotto il nome di Agente Clark, tirò fuori dalla plastica la foto e ritagliando la mia foto leggermente più piccola, l’applicò al posto di essa. Adesso quel distintivo era dell’Agente Taylor Clark. Ingegnoso, avevano preso un distintivo il cui nome era adatto sia al maschile che al femminile. << Ecco questo è tuo, agente Clark! >> Sorrise Sam passandomi il distintivo. Cavolo, sembrava proprio reale, non so come sono fatti i distintivi originali dell’FBI, però quello ne aveva tutta l’aria.
<< Grazie. >> Sorrisi a mia volta.
Ero biondissima in quella fotografia, ma infondo tutti passano prima o poi un periodo transitorio che ci porta a capire più o meno chi siamo realmente, no? Bhè il mio periodo transitorio risaliva a quando avevo ventidue anni, ero al secondo anno del college e mi vedevo con un uomo la cui età superava di gran lunga la mia, lui mi aveva chiesta in sposa, ma avremo dovuto fare tutto di nascosto perché i miei non approvavano la relazione, così dopo varie suppliche e varie dimostrazioni d’amore, gli dissi di si e che ci saremo sposati dopo che avessi finito il college, ma lui non ne volle sapere, voleva che ci sposassimo subito, voleva che abbandonassi i miei studi e che dopo il matrimonio avrei dovuto dargli dei figli, dopodiché aprii gli occhi e nonostante i sentimenti che provassi nei suoi confronti, lo lasciai, nessuno poteva impedirmi di studiare, nessuno. Così per dimenticarlo, feci la pazzia di tingermi i capelli di biondo, era un biondo quasi platino e quasi naturale, nella fotografia che adesso era sul distintivo dell’FBI avevo un’acconciatura semplice, capelli ricci una ciocca tirata all’indietro. Non stavo male, ma i capelli erano letteralmente inguardabili, decisi in seguito di ritingerli castano scuro, solo alla fine del terzo anno del college quando avevo trovato un ragazzo serio e che mi apprezzava per come ero, aveva anche intenzione di aspettare sulla questione sesso, di fatti, consumammo dopo quasi dieci mesi che eravamo stati insieme, ma dopo uno ci lasciammo perché scoprii che lui si scopava un’altra. Insomma, la mia vita sentimentale non aveva per nulla un passato sereno, anzi, preferivo dimenticare tutto al più presto e forse è anche per questo che mi affeziono troppo alle persone appena conosciute, rimanendo spesse volte, delusa. Adesso però sapevo chi ero, o chi ero stata…Julia Wyncestre, studentessa del college prossima alla laura e con un futuro da investigatrice della scena del crimine che aspettava solo me, bhè avrebbe dovuto aspettare ancora per molto, anche se…anche se adesso non lo vedevo più quel futuro, vedevo solo una nuvola grigia sul mio cammino, una nuvola fatta di dubbi e incertezze, forse però stavo solo seguendo quello che il destino aveva in serbo per me. In quell’istante mi chiesi se c’era effettivamente una forza superiore a designare per noi una strada o che eravamo noi gli artefici del nostro destino, chissà, i pensieri filosofici non erano il mio forte, altrimenti avrei susseguito la laura in filosofia, non credete?
<< Hey, Julia che hai? >> Chiese Sam voltandosi verso di me.
<< Eh? Cosa? Nulla. >>
<< Avevi un’espressione inquietante sul volto. >>
<< Ero solo immersa nei miei pensieri. >>
Sam si voltò di nuovo verso la strada e io appoggiai la testa al finestrino destro, pensando ad Alyson e Blair.
Tooele, sembrava un cittadina di periferia alquanto normale e movimentata, appena arrivammo, vidi le persone nella loro rutine di normalità, almeno era quello che sembrava dall’esterno. Camminavano frettolosamente tra le strade affollate, gente che entrava ed usciva dai negozi e gente che si fermava ad un caffè per parlare con amici o parenti, mi diede un senso di pace, anche se infondo la pace di quella cittadina era stata stroncata dalle morti misteriosi di due concittadini.
<< Ok, ci fermiamo qui, sembra un buon posto. >>

Villa Motel. Un’altra stanza da pagare, in quel momento la proposta di Dean di pagarli in natura non mi sembrava tanto male, almeno non mi sarei sentita più in debito. Oddio, ma che pensieri mi passano per la testa? Dopo la mia dignità sarebbe finita sotto i piedi per non parlare della stima in me stessa. Decisi di rimanere ancora in debito con loro e tenere intatta la mia dignità che già era stata fin troppe volte calpestata in passato.
<< Spero tu sia d’accordo se condividiamo una stanza con due letti matrimoniali. >> Disse Dean prendendo la chiave che il receptionist gli aveva dato e dirigendosi fuori dalla piccolissima reception.
<< Uhm…certo. >>   
Sam e Dean mi precedettero e quello mi fece ricordare la prima volta che entrai in un motel con loro.
La stanza puzzava e non di chiuso, ma bensì di piedi.
<< Che puzza di piedi! >> Esclamò Dean chiudendosi il naso con una mano e lanciando il borsone verde su uno dei due letti. Per fortuna non ero solo io a pensarlo. Sam aprì entrambe le finestre che davano sulla strada e finalmente un po’ di aria pura entrò nella stanza. Posai la borsa sul cassettone di legno chiaro e mi diressi subito verso i letti, scoprendoli e facendo prendere aria anche alle lenzuola e coperte. Forse Sam e Dean mi presero per una fissata con la pulizia, ma non avrei mai dormito in un letto le cui lenzuola non venivano cambiate da chissà quanto tempo.
Una volta fatto, lasciai i letti scoperti con le coperte e le lenzuola piegati ai piedi di esso, sembravano puliti, ma non si sa mai, meglio prevenire che curare, è uno dei miei motti preferiti.
<< Hai finito di fare le pulizie di primavera? >> Chiese Dean con un sorriso stampato sulla sua faccia da schiaffi. Sam era entrato in bagno mentre rideva sotto i baffi.
<< Mi ringrazierai. >> Gli puntai un dito contro sorridendo a mia volta.
<< Oppure tu ringrazierai me per quanto sto per dirti. >>Inclinai la testa su un lato con fare interrogativo, Dean cacciò il portafoglio dalla tasca sul retro dei jeans, << prendi questi cinquanta dollari, dovrai comprarti qualcosa che possa farti sembrare un agente federale. >> Mi porse i cinquanta dollari.
<< Dean…Non posso accettare. >>
<< Julia, se non puoi accettare allora non potrai venire con noi. >>
<< Bhè non ho mai detto di voler venire, siete voi quelli che sono entusiasti all’idea di vedere due cadaveri tagliati a metà, non certo io. >>
<< Non possiamo lasciarti qui, per quanto ne sappiamo i demoni sono sulle tue tracce, sarai al sicuro finché sarai con noi. >>
<< Che ne dici di disegnare uno di quei strani segni a terra? >> Proposi.
<< Paghi tu i danni? >>
Mi ammutolii e calai il capo. Aveva ragione sarei dovuta andare con loro, volente o nolente, Lucifero o qualunque altro demone erano sulle mie tracce anche se non capivo bene il perché, ma hey adesso la mia mente era aperto a tutto, anche se non posso nascondere che essere ricercata dal Re degli Inferi mi faceva un po’ paura, ma giusto un po’.
Sospirai e presi i soldi dalla mano di Dean e mi avviai verso la porta. << Sarò al sicuro per strada? >> Chiesi sorridendo.
<< Certo che no, ecco perché Sammy ti farà compagnia nel tuo shopping sfrenato! >> Dean spinse Sam per la schiena verso la mia direzione.
<< Come? C-cosa? >> Sam era esitante.
<< Andate e divertitevi piccioncini, non preoccupatevi per me, io andrò al bar a vedere un po’ com’è il gentil sesso da queste parti. >> Dean aveva l’espressione più sfrontata e maliziosa che avessi mai visto, ma mi fece sorridere.
Mi diressi verso la porta seguita, nonostante non lo volesse, da Sam.
<< Non preoccuparti, sono diversa da tutte le altre, se c’è una cosa che mi piace la prendo e non faccio altre discussioni. >>
Sam emise un sospirò liberatorio. << Non pensare male, non intendevo essere scortese. >> Si portò le mani in aventi in segno di difesa.
<< Scortese? >>
<< Già, quando Dean mi ha spinto verso di te involontariamente. >>
Risi. << Non preoccuparti, ti capisco, infondo sei un uomo, a quale uomo piace fare shopping con una donna? >>
Sam mi guardò dall’alto verso il basso sorridendo e annuendo.
Il sole stava calando e presto i negozi avrebbero chiuso quindi camminammo a passo svelto fino ad arrivare al centro che per fortuna non era molto lontano dal motel. Era la solita strada centrale di qualunque normale città di periferia, i negozi e ristoranti erano posti l’uni distante dagli altri su entrambe i lati della strada, camminammo finché non ci trovammo sulla destra un grande centro commerciale, per quanto grande possa essere un centro commerciale in una città piccola come quella, e vi entrammo. Camminare con Sam mi fu quasi faticoso, il suo passo equivaleva a tre dei miei ed era difficile stargli dietro, lui era altissimo, almeno diciotto o venti centimetri più di me, ma mi piaceva stare con lui, la sua grandezza mi faceva sentire in qualche modo protetta.
Durante tutto il tragitto non avevamo parlato molto, forse entrambe eravamo imbarazzati o forse non c’era niente da dire in quanto non avevamo esattamente cose piacevoli di cui parlare, lui mi disse solo che una volta, cinque anni fa, frequentava la Stanford University e che era stato prossimo alla laurea prima che il fratello lo costringesse a seguirlo, così gli dissi che anche io sarei stata prossima alla laurea se il mondo sarebbe rimasto lo stesso, così lui scoprii la mia età e io la sua, ne aveva passate davvero tante per avere solo ventotto anni. Non esattamente tutti i ventottenni possono dire di vivere al minuto avendo a che fare con spaventosi esseri sopranaturali,no, proprio no. Questo lo faceva apparire ai miei occhi maturo e incredibilmente affascinante, cavolo come avrei voluto spostargli quella ciocca che gli cadeva di tanto in tanto sul viso!
Entrammo nel primo negozio sulla destra e subito adocchiai una gonna a tubino lunga fin sopra il ginocchio grigia e una camicia bianca che si sarebbe abbinata alla perfezione sulla gonna e avrebbe dato più o meno il look che gli agenti federali dovrebbero avere, almeno da quello che avevo visto in tv, non eccessivamente casual e eleganti al punto giusto, insomma dovevano sembrare professionali, e quel completo ne aveva tutta l’aria. Dato i prezzi conveniente di entrambe i capi, decisi di prendere anche un jeans una polo, della biancheria intima nuova e un paio di sandali più o meno alti da abbinare sotto il completo da angente dell’FBI.
Pagai con i cinquanta dollari datomi da Dean e la cassiera mi diede cinque dollari di resto che subito porsi a Sam insistendo che avrebbe dovuto prenderseli o comunque ridarli al fratello, gli ribadii più e più volte che mi sentivo a disagio ad, in qualche modo, approfittare della loro bontà, ma lui continuava a ripetermi che avrei dovuto preoccuparmi.
Una volta ripercorso tutta la strada che portava al motel senza neanche scambiarci una parola, udimmo delle urla provenire dalla nostra stanza.
<< Dean? >> Chiamò Sam preoccupato, provò ad aprire la porta, ma era chiusa a chiave e quella maledetta era fin troppo pesante da riuscir a buttar giù con una semplice spallata, nonostante le spalle di Sam fossero possenti. Così bussò alla porta ininterrottamente chiamando il nome del fratello continuamente. << Dean? Che cosa succede? Apri la porta! >>
Finalmente Dean venne alla porta con il lenzuolo avvolto attorno al bacino.
<< Oh. >> Fu quello che Sam riuscì a dire in tono secco, sorpreso e letteralmente imbarazzato, prima che Dean urlasse contro ad entrambe. Io cercavo ancora una volta di nascondere il mio imbarazzo, ma questa volta ridendo sotto i baffi, chiunque fosse con Dean in quella stanza, sicuramente se la stava spassando alla grande date le urla.
<< Vi dispiace? Stavo cercando di godermi un momento di normalità. >> Ammonì Dean.
<< Giusto, giusto…Torniamo dopo,ok? >>
Dean guardò Sam con l’espressione di un cane a cui era stato tolto l’osso, sembrava seccato, bhè lo capivo e più di tutto capivo la donna che era con lui nella stanza.
Così io e Sam sedemmo su una panchina che era posta poco dopo la porta della stanza e diretta verso il parcheggio. Il sole era ormai svanito dietro le alte montagne in lontananza, ma il cielo era ancora vagamente chiaro donando a quelle poche nuvole che c’erano, un colore innaturale compreso fra il rosso, arancione e un giallo intenso, mi sembrò uno stupendo spettacolo della natura e in quel momento mi rammaricai che non avevo con me la mia macchina fotografica. Adoravo fare foto, certo non a livello professionale, ma ovunque andavo scattavo foto, credo che in ogni fotografia si racchiuda un pezzo di ognuno di noi, un ricordo in ogni risata immobilizzata in quell’istante in cui la fotografia è stata scattata. Insomma non ero una fotografa provetta, ma con la mia macchinetta digitale avevo scattato davvero tante foto. Guardare quel panorama mi ridiede la voglia di sperare in un futuro normale, respirare l’aria frizzante di giugno però mi ricordò anche che Blair si sarebbe dovuta sposare proprio quel giorno e questo mi portò di nuovo ai miei pensieri negativi, chissà se Richard, il futuro marito di Blair, fosse ancora vivo, chissà se anche in lui c’era un essere immondo e chissà se entrambe fossero mai tornati normali.
<< Meraviglioso non è vero? >> Chiesi destandomi dai miei pensieri, Sam sembrava troppo tranquillo perfino per un tipo taciturno come lui.
<< Già fantastico, mi capita spesso di vedere spettacoli di questo genere, quando io e Dean stacchiamo la spina da tutto, spesse volte, ci sediamo sul cofano della macchina a guardare le stelle in silenzio, con solo il rumore della natura a farci compagnia, è davvero incredibile quello che il mondo può offrirti se ti fermi un secondo ad osservarlo. >> Sam guardava il cielo e mentre l’osservavo, mi parve un tantino malinconico.
<< Sam tutto ok? >> Chiesi.
<< Si, perché? >>
<< Mi sembravi un po’ malinconico. >>
<< No, non preoccuparti sto bene. >> Abbozzò un sorriso e dopodiché si alzò dalla panchina e iniziò a camminare senza fermarsi dandomi le spalle.
<< A me non sembri star bene. >> Dissi quando ormai era lontano da me e non potesse sentirmi.

Che cosa avrà per la testa?  Mi chiesi. Aveva le mani nelle tasche del jeans e da quella distanza ai miei occhi era diventato solo una macchiolina nera. Mi sentii per un secondo in colpa chiedendomi se avessi per caso fatto qualcosa di male nei suoi confronti senza accorgermene, o se per caso ero io a farlo sentire come si sentiva in quel momento, insomma mi chiesi se entrando nella loro vita non avessi in qualche modo allentato il forte legame di fratellanza che c’era tra Sam e Dean.
<< Va bene, a presto piccola, mi dispiace eh. >> Era la voce di Dean che evidentemente aveva accompagnato la ragazza alla porta forse in un modo non esattamente romantico. << Hey, Julia! >> Chiamò.
Mi voltai a guardarlo. << Si? >>
<< Potete entrare. >> Disse lasciandosi la porta leggermente socchiusa alle spalle.
Guardai verso Sam e decisi di non chiamarlo, mi avviai nella direzione della stanza lasciando la porta socchiusa.
<< Dov’è il tuo ragazzo? >> Chiese in tono deciso Dean mentre si rimetteva la sua maglia nera.
<< Sam? E’ rimasto fuori, si è allontanato da me mentre stavamo parlando. >>
<< Oh, è una vergogna che litighiate di già. >> Questa volta Dean sembrava seriamente divertito.
<< Dean, non è divertente. >> Lo ammonii.
<< Non preoccuparti, Juls! Sam è uno strano, tra poco tornerà dicendo che si era allontanato perché aveva visto un nuovo libro sulla vita di Gandhi nella libreria di fronte. >> La sua voce così profonda mi vibrò lungo tutta la spina vertebrale.
<< Non c’è nessuna libreria di fronte Dean. >> Dissi in tono secco.
<< Julia… >> Sospirò spegnendo il sorriso che gli si accese sulle labbra.
<< Per quale motivo? Perché non volete dirmi cosa sta realmente succedendo? >> Alzai leggermente la voce.
<< E’ una questione delicata, troppo. >>
<< Va bene. >> Alzai le mani in segno di sconfitta e voltai le spalle. Mi avviai al bagno, dove dalla busta del negozio dove avevo comprato i nuovi vestiti, vi cacciai il jeans nuovo, la polo rossa e bianca, un paio di mutandine nere elastiche semplici e il reggiseno nero abbinato ad esse. Aprii la manopola dell’acqua calda e la feci scorrere nella doccia. Per fortuna sul piano all’interno della doccia, c’era una saponetta e dello shampoo per capelli. Mentre mi sfilavo la polo azzurra, notai che ancora avevo il braccio fasciato da Sam il primo giorno che l’incontrai, la fasciatura era ormai lurida e sporca, così la sciolsi e finalmente vidi la ferita che mi procurò lo strano mostro che mi saltò addosso a San Francisco, era lunga più o meno dieci centimetri sembrava molto profonda però quasi del tutto rimarginata.
Una volta che fui del tutto svestita, entrai all’interno della doccia sentendomi subito meglio quando l’acqua invase tutto il mio corpo in un tiepido abbraccio. Avevo proprio bisogno di una doccia, oddio a pensare che non la facevo da quando quella mattina ero uscita di casa per andare all’università, mi vennero i brividi. Così finii quasi tutta la saponetta, non era per niente di qualità e quasi non odorava, però riuscii a lavarmi e magari anche a sembrare un po’ meno sporca. Lavai anche i capelli che senza balsamo sarebbero risultati crespi e scompigliati, però non potevo farci nulla, dovevo accontentarmi di quello che c’era. Quando uscii dalla doccia, scoprii che l’asciugacapelli non c’era da nessuna parte e così, mi rivestii indossando la nuova biancheria e i nuovi indumenti e con i capelli bagnati e posti su un asciugamano per non bagnare la maglia nuova di zecca, uscii dal bagno.
<< Hey, vedo che ti sei data allo shopping sfrenato con i miei soldi! >> Disse Dean che era steso sul letto a guardare la televisione.
<< Ti dispiace? >> Chiesi in tono colpevole.
<< Ma per niente, piccola! >>
Notai che Sam era rientrato ed era sdraiato sul letto accanto a quello su cui era Dean e dormiva.
<< Dean, sai per caso se hanno un’asciuga capelli da queste parti? >>
<< Mi stai chiedendo di comprartela? >>
<< No, certo che no, se magari la si poteva chiedere alla reception? >>
<< Ok, vai. >> Disse in tono secco.
Lo guardai con espressione seccata, sbruffai e mi avviai alla porta, uscire con l’asciugamano sarebbe stato alquanto imbarazzante, così prima la lasciai sul tavolino e mi avviai alla reception. Per fortuna avevano un asciugacapelli che per quanto vecchio funzionava alla perfezione. Riuscii ad asciugare i capelli e non farli sembrare così tanto crespi grazie al pettine che avevo nella borsa, con il quale accompagnavo ogni ciocca mentre l’asciugavo. In fine, quando furono tutti asciutti, li lasciai sciolti e ritornai nella stanza.
<< Prepara i vestiti da agente federale, domani prima cosa al mattino andiamo sulla scena del crimine. >> Mi avvertì, così cacciai dalla busta anche la gonna e la camicia lasciandoli sul cassettone e accanto alla tv. << Non vedo l’ora di vederti con quella addosso. >> Ed ecco che sfoderò il suo sorriso malizioso che conteggiò anche me.
<< Dove dormo? >> Chiesi forse in tono un po’ infantile.
<< Bhè a me piace dormire comodo e potrei non essere un ottima compagnia, quindi ti conviene dormire con Mr. Strano, li. >> Mi sorrise Dean mentre si toglieva le scarpe, il pantalone rimanendo solo in maglietta intima e boxer neri, tirandosi il lenzuolo del suo letto, spegnendo la luce sul suo comodino e adagiandosi sul cuscino che non sembrava per niente comodo. Bhè per fortuna aveva avuto la decenza di usare il letto sul quale aveva consumato.
Mi sedetti sul letto sul quale Sam dormiva e leggermente a disaggio gli alzai il lenzuolo sulle spalle, dopodiché mi sfilai il pantalone e mi misi anche io sotto il lenzuolo che adesso odorava di pulito.
Il cuscino, come avevo immaginato non era per nulla soffice e alto come piaceva a me, ma era sottilissimo e per nulla comodo, sembrava di dormire sul materasso, era praticamente inutile.
Non mi sentivo esattamente a mio agio a dormire in intimo con un uomo con il quale non ero per niente in rapporti stretti o confidenziali nel letto, però non potevo fare altrimenti, dormire con il jeans non era una buona idea, però a quanto pareva, a Sam piaceva.
Mi girai e mi rigirai cercando di trovare un posizione almeno comoda, facendo attenzione a non dar fastidio a Sam e quando finalmente la trovai, su un fianco con la mano sotto il cuscino, mi addormentai.
Non sognai, forse dovuto al fatto che mi svegliai diverse volte durante tutta la notte, e proprio mentre ero riuscita di nuovo a prendere sonno dopo l’ennesima volta che mi svegliai, Sam, forse non coscientemente, si avvicinò a me e mi cinse il bacino con il suo braccio sinistro, rimasi un secondo sorpresa, poi gli sfiorai il dorso della mano e infine intrecciai le dita nella sua mano e mi riaddormentandomi di nuovo. Il contatto fisico mi faceva sentire bene e ne avevo bisogno, avevo bisogno di sentire il calore di un altro essere umano sul mio corpo, avevo bisogno di conforto e in quel momento lo trovai nell’abraccio, per quanto non cosciente, di Sam.

    << Aww, ma che carini! >> La voce di Dean mi svegliò e notai che Sam era ancora abbracciato a me e mentre cercavo di stiracchiarmi, si svegliò e subito si spostò da me.
<< Scusa Julia. >> Si voltò dall’altra parte.
<< Siete una bella coppia, adesso però mettetevi in tiro che abbiamo un caso da risolvere. >> Disse Dean in tono severo mentre si aggiustava la cravatta allo specchio.
Entrai in bagno e dopo aver seguito la mia routine mattutina, mi vestii, stavo effettivamente bene con quel completo, sembravo davvero un’agente. Mi sentii fiera di me e mi guardai allo specchio più volte, infine alzai i capelli nella solita coda e aggiunsi del trucco al mio abbigliamento, bhè l’unico che avevo in borsa, un velo di fondotinta, un po’ di ombretto grigio e matita nera in una linea sottile sulla palpebra, adesso avevo un aspetto da vera agente federale. Prima di uscire dal bagno, sentii una stretta allo stomaco, era davvero giusto fingersi agenti federali? Era per una buona causa, ok, ma avevo paura di fare qualcosa di stupido, insomma non ero proprio la migliore delle bugiarde, il più delle volte ridevo quando raccontavo qualcosa di non vero, semplicemente non sapevo dirle le bugie, la verità per quanto faccia male a volte, è sempre la migliore cosa da dire.      
Uscii dal bagno e come avevo previsto Dean emise versi di approvazione. << Devi indossarla più spesso la gonna, stai benissimo. >> Disse ammiccando.
Mi sentii un po’ in imbarazzo e forse arrossii, così cambiai argomento. << Andiamo? >>
Sam e Dean mi precedettero, entrambe con un completo giacca e cravatta nero, Sam portava la cravatta rossa che spiccava molto sulla camicia bianca che aveva sotto la giacca e Dean aveva una cravatta blue cobalto.
Guidammo per almeno mezz’ora prima di arrivare alla centrale di polizia della città.
<< Cosa ci facciamo qui? >> Chiesi pensando che le nostre prime tappe fossero state le scene del crimine.
<< Prima fase, cerchiamo casi non archiviati, non risolti e cerchiamo tracce del sopranaturale in quelli che all’apparenza sono omicidi normali, insomma indaghiamo sul passato della città. >> Mi spiegò Dean. << Tieni pronto il distintivo, ce lo chiederanno sicuramente per aver accesso all’archivio, non dire nulla, limitati a guardare. >>
Annuii e insieme con Sam salimmo i tre gradini prima di entrare nell’ampia stazione di polizia. Era tutta bianca, pareti, pavimenti e perfino il bancone che precedeva gli uffici.
<< Salve, sono l’agente Jerry Wanek, >> Dean mostrò il distintivo al sottotenente che era seduto dietro il bancone e che lo fissava morbosamente. << Loro sono i miei colleghi, agente Clark e agente Stone, >> Sam mostrò prontamente il distintivo e subito lo richiuse, feci lo stesso, forse con qualche secondo di ritardo, cacciando il mio distintivo dalla tasca laterale della mia borsa, << siamo qui per i due casi di omicidio avvenuti qualche giorno fa e volevamo visualizzare l’archivio se è possibile. >> Dean sembrava essere davvero sicuro di quello che faceva, aveva un tono deciso e calmo e una certa tempra che lo facevano apparire sotto una luce del tutto differente, sembrava effettivamente uno che sapeva il fatto suo, insomma un professionista.
<< Chi diavolo ha chiamato l’FBI? Non abbiamo mica bisogno di voi per risolvere questi casi. >> Disse in tono acido il sottotenente dagli occhi azzurri.
<< Certo, lo sappiamo, ma siamo qui perché siamo venuti a conoscenza di retroscena misteriosi, possiamo visualizzare l’archivio? >> Insistette Dean.
<< Certo, ok…è sulla destra. >> L’agente ci fece segno e io e Sam seguimmo Dean in una piccola stanza illuminata da una luce soffusa gialla, c’erano due scrivanie e quattro sedie e tantissimi scaffali pieni zeppi di cartelle sistemate alfabeticamente. Dean sfilò dallo scaffale infondo sulla destra un’enorme scatolo etichettato casi non risolti e iniziò a leggere e rileggere i vari rapporti, esaminare gli indizi, vedere foto di cadaveri straziati nei modi più brutali possibili e a scambiare opinioni con Sam. Entrambe alla fine, erano d’accordo che sul fatto che tutte quei rapporti sui casi non risolti non c’entrassero un bel nulla con i due cadaveri trovati tagliati in due, così abbandonammo la stanza dell’archivio e facendo ancora qualche pressione al sottotenente dietro il bancone, riuscimmo ad avere una lista di familiari e amici con tanto di indirizzo di entrambe le vittime. Lasciammo la stazione di polizia per dirigerci finalmente sulla scena del delitto. Avevo uno strano senso di eccitazione dentro di me, forse perché studiavo scienze forense o forse perché non ero mai stata su una vera scena del crimine fino ad allora, solo quelle finte create dai nostri professori per farci esercitare.
La casa della prima vittima, Jason Smith, era una villetta sue due piani con le pareti esterne tinte di arancione chiaro e la classica staccionata bianca contornava la casa. Aprimmo il cancelletto bianco e ci dirigemmo all’ingresso, la porta era stata sbarrata da due fasce di plastica gialla con su scritto in nero “scena del crimine non oltrepassare”, e noi puntualmente lo facemmo. Bhè eravamo agenti federali, ne avevamo tutto il diritto, no? Per fortuna la casa non era sorvegliata da nessuno, così non avrei dovuto fingere e mi rilassai.
Aprimmo la porta e un tanfo incredibile ci assalì costringendoci a indietreggiare di un passo e di tapparci il naso con la mano. Era puzza di sangue, puzza di sangue vecchio. Non appena voltammo l’angolo per dirigerci all’interno del salone capimmo da dove quella puzza venisse. Il salone grande e moderno era praticamente invaso dal sangue, sulle pareti, sui divani, sulle poltrone e sui mobili di legno. C’era infine una pozza di sangue dietro il divano e vicino la televisione, probabilmente era li che avevano trovato il corpo del malcapitato. Il mio stomaco iniziava a dare segni di squilibro, tanto che emisi due sforzi di vomito, cercando di trattenere il più possibile, davvero non sapevo come facessero Sam e Dean a muoversi all’interno con così tanta disinvoltura, cercavo di stare dietro ad ognuno, ma ad un tratto Sam cacciò dalla giacca uno strano dispositivo da cui tirò una piccola antenna e iniziò a girare per il salone, cucina e corridoio che si trovavano al primo piano. Quello strano aggeggio emetteva striduli e deboli suoni.
<< Cos’è? >> Chiesi a mezza voce avvicinandomi di qualche passo a Sam che ora si trovava nella cucina, mentre cercavo ancora di non vomitare.
<<
EMF ovvero Electromagnetic field detector o meglio ancora, rilevatore di campi elettromagnetici. >> Sam alzava quell’aggeggio nell’aria e intorno a tutta la stanza, ma il segnale rimaneva sempre basso, ad un tratto quel suono stridulo divenne acuto e preciso fino a far accendere una lucina rossa quando Sam lo portò vicino la pozza di sangue. << C’è stata senza dubbio un interazione supernaturale in questo punto, adesso dobbiamo capire perché e come. >>
Dean dalla cucina annuii, io ero ferma sull’arco che precedeva il salone con il naso tappato.
<< Parliamo con i familiari e amici delle vittime, vediamo se avevano nemici, qualche strano alone di mistero… >> Propose Dean uscendo dalla casa.
Rientrammo in macchina e ci dirigemmo a un isolato da li, vivevano l’ex moglie e la figlia di Jason Smith. Erano entrambe scosse, entrambe belle donne ed entrambe non seppero dirci nulla sul conto di Jason, così le lasciammo al loro lutto e ci dirigemmo verso il centro della città dove la vittima lavorava in un negozio di articoli sportivi.
<< Salve, agente Wanek, loro sono i miei colleghi, se non le dispiace vorremo porle alcune domande su Jason Smith. >> Ancora una volta Dean cacciò il suo distintivo e così facemmo anche io e Sam.
<< Ancora voi sbirri? Già ho lasciato la mia deposizione, non ho nulla da aggiungere. >> L’omaccione che era dietro il bancone era grasso e mi dava un senso di sporco, aveva la barba incolta e molto lunga, occhi grigio scuro e un cappellino che gli copriva il capo.
<< Abbiamo bisogno di porle altre domande se a lei non dispiace. >> Si intromise Sam.
L’omaccione sospirò e infine disse: << va bene, cosa volete? >>
<< Quanto bene conosceva il suo collega Jason Smith? >> Chiese Sam mentre anche lui assumeva una posizione professionale.
<< Direi benissimo, eravamo migliori amici. >> Disse scrutandomi, mi spostai sul lato di Sam.
<< Ottimo, quindi lei saprebbe dirmi se per caso frequentasse cattiva gente… >>
<< Ma no, per niente! Jason era un uomo per bene. >> Sbottò l’omaccione.
<< Quindi non ci sono segreti sul suo conto, intendo non le nascondeva nulla? >>
<< No, sapevo tutto di Jason, sono tanto addolorato dalla sua morte e se adesso ve ne andaste sarebbe molto meglio. >>
<< Mi dispiace, ma stiamo cercando di capire chi ha ucciso il suo amico, un’ultima domanda, conosceva per caso un certo Peter Ronalds? >>
<< Ronalds? Certo, lavora qui da tanto ormai, dipendente calmo e taciturno, sapete che fine ha fatto quel figlio di puttana? Sono tre giorni che non si presenta a lavoro. >>
Sam e Dean si scambiarono un occhiata. << Peter Ronalds è morto lo stesso giorno in cui è morto il suo migliore amico, signore. >>
L’omaccione sembrò sorpreso, anzi sconvolto. Sgranò gli occhi e ci urlò contro dicendoci di uscire dal suo negozio.
<< Lui sapeva qualcosa, altrimenti non ci avrebbe mai scacciato via in quel modo! >> Esortai puntando verso l'interno del negozio.
<< Julia, non abbiamo ancora prove a suo carico, andiamo a vedere i corpi ora. >> Disse Sam.

I corpi? Non avevo previsto che avremo effettivamente visto i corpi delle due vittime e questo mi fece venire la nausea, esattamente, non avevo mai visto neanche un vero corpo, però non ne ho tutte le colpe, poco meno di una settimana fa ero semplicemente una studentessa universitaria e adesso ero una sedicente agente dell’FBI, chi l’avrebbe mai avuta una fortuna del genere?
Cercai di rilassarmi inutilmente all’interno dell’auto fin quando non arrivammo all’ospedale e infine nel morgue del posto, dopo aver mostrato i nostri distintivi, ovviamente. Questa volta partii avvantaggiata, c’ero già stata in un obitorio, dovuto sempre alle solite esercitazioni sul campo designate dai nostri professori, ma quella volta fu diverso, il senso di nausea aumentò e un nodo allo stomaco mi impedii di respirare per qualche secondo quando il medico legale tirò fuori i due corpi dai loro “frigoriferi”. Mi appoggiai ad una parete e sbottonai un bottone della camicetta per cercare di prendere aria e riprendermi, ma fu alquanto inutile. Iniziai a sudare e così quando il medico fece per alzare i due lenzuoli bianchi che coprivano i corpi, dissi: << Posso uscire? Mi sto sentendo male. >> Dean mi guardò confuso e Sam assunse un’espressione preoccupata, dopodiché entrambe annuirono. Mi precipitai fuori da quel posto e arrivai ai giardinetti dell’ospedale che si trovavano di fronte alla sala mortuaria, respirando e inspirando profondamente fin quando no mi sentii meglio. Mi sedetti su una panchina ed aspettai il ritorno dei ragazzi, mi avrebbero vista in quanto la panchina era alla destra della porta della sala. Forse, anzi sicuramente, il mio era stato un comportamento per niente professionale, quale agente dell’FBI si sarebbe sentito male alla vista di un cadavere? Quelli alle prime armi? Neanche. Loro erano addestrati e io il mio addestramento da tecnico della scena del crimine ancora dovevo finirlo, non ero pronta per vedere un vero cadavere, no decisamente non lo ero.
<< Posso uscire, mi sto sentendo male?! >> Mi fece eco Dean con un tono acido, mentre veniva nella mia direzione.
<< Dean…scusami, ma era il mio primo cadavere, non ce la facevo. >>
<< Pensavo che avessi detto che studiassi scienze forense. >> Disse Sam.
<< Certo, ma gli unici corpi che ho mai visto sono sempre stati quelli dei manichini posti sulle false scene del crimine, e fatemelo dire, si vedevano che erano finti. >>
Sam sospirò. << Ok, suppongo tu abbia una buona ragione. >>
<< Cerca di trattenerti se ci sarà mai una prossima volta, non vogliamo che la nostra copertura salti. >> Disse Dean camminando verso l’uscita.
Rientrammo nell’Impala e siccome era ora di pranzo, ci dirigemmo ad un fast food, non avevo per niente fame, così presi solo una bibita. Sam ordinò un’insalata, mentre Dean ordinò un panino con doppio hamburger, pomodoro, pancetta e cetrioli e una torta ai mirtilli. Sam aveva preso posizione mettendo il suo computer portatile bianco sul tavolo e cercando altri indizi rilevanti per risolvere il caso, qualche articolo che riguardasse l’omaccione all’interno del negozio di articoli sportivi, aveva due dipendenti morti nello stesso giorno, sapeva qualcosa e noi dovevamo capire cosa ci stava nascondendo.
<< Come fai? >> Chiesi guardando Dean disgustata.

Dean diede un morso all’enorme panino che aveva d’avanti << A fare cosa? >>
<< Ad avere ancora voglia di mangiare dopo aver visto due corpi straziati. >>
<< Esperienza, piccola.>>
<< E come fai a mangiarli tutti i giorni? >>
<< Li smaltisco facilmente,>> ammiccò, << non sono mica come lui… >> Dean fece segno con la testa nella direzione di Sam che era intento nella ricerca che forse neanche ci sentì.
<< Ti ho sentito sai?>> Disse infine Sam sempre rimanendo concentrato sulla ricerca mentre beveva un sorso di soda.
<< Juls, ti prego portatelo a letto, ne ha bisogno guardalo, non riesce neanche a staccare un attimo la testa dal quel maledetto coso. >>
Risi timidamente nonostante non volessi farlo.
<< Dean non se divertente, se magari ti degnassi di darmi una mano a quest’ora saremo già in South Dakota da Bobby. >>
<< E di nuovo nella merda fino al collo per colpa dell’Apocalisse? No grazie, preferisco stare qui e guardare come ti friggi il cervello cercando di trovare qualcosa di rilevante. >>
Sam sbruffò e si ammutolì.
Io finii la mia bibita e Dean il suo enorme panino e adesso mangiava la sua torta con evidente piacere, mentre Sam aveva ancora metà insalata da mangiare.
<< Ecco lo sapevo! >> Esortò Sam voltando il computer dalla nostra parte. << Trevor Miller, proprietario del The Sports, è stato già indagato per la misteriosa scomparsa di Alfred Rosserburgh nel duemilacinque, il corpo di Rosserburgh non fu mai ritrovato. Quindi non solo ha due dipendenti morti, ma anche uno sparito, che ne pensi? >>
<< Penso che hai bisogno di una scopata… >> Disse Dean sorridendo e annuendo al fratello.
<< Dean! >> Ammonii il fratello.
<< Perdonami, intendevo dire, sei davvero bravo Sammy, andiamo a parlare di nuovo con quel figlio di puttana di Miller e facciamoci dire cosa sa sul conto del dipendente scomparso. >>
Dean pagò il conto lasciando venticinque dollari sul tavolo e lasciammo il locale dirigendoci, sempre a bordo dell’Impala, al negozio di articoli sportivi che questa volta trovammo chiuso.
<< Avremo dovuto prevederlo, figlio di puttana! >> Sbottò Dean.
<< Adesso lo spirito potrebbe essere sulle sue tracce. >> Concluse Sam.
<< Dobbiamo tornare alla polizia, abbiamo bisogno dell’indirizzo di Miller. >>
Dean fece retromarcia e ritornammo alla stazione di polizia, dove questa volta parlammo direttamente con il capo dell’indagine in corso, lui era un po’ riluttante sul fatto che noi fossimo agenti dell’FBI, però alla fine cedette e ci fornì l’indirizzo di Miller.
Parker’s Park era un piccolo distretto residenziale poco fuori Tooele, sembrava un quartiere molto tranquillo, un solito quartiere residenziale americano, tutte le case erano dipinte di bianco con graziosi cancelli di legno scuro che le circondavano, la casa di Miller era sulla Dimaggio Drive, parcheggiammo la macchina sul suo vialetto e non appena scendemmo dalla macchina, udimmo dei strani rumori seguiti da urla stridule e spaventate, dopo aver preso la borsa verde dal cofano, ci dirigemmo subito verso la porta d’ingresso della casa bussando, ma poi infine Sam riuscì a sfondarla e quello che vidi superava di gran lunga tutto quello che avevo visto fino a quel momento. Una figura fluttuante e trasparente era sul lato di Miller teneva nella mano destra quella che a primo impatto mi sembrò una katana giapponese se la stava innalzando nella direzione del grosso viso di Miller. Sam corse subito in suo soccorso prendendo la paletta da camino e prontamente sferrandola contro…il fantasma. Sparì subito dopo. Rimasi immobile a guardare la scena ad occhi sgranati, ok il mio scetticismo sul mondo sopranaturale era ufficialmente scomparso.
<< Miller, lei poteva essere ucciso stasera, avrebbe fatto la stessa fine dei suoi dipendenti! >> Sbottò Dean andando incontro all’omaccione che era seduto sulla poltrona impanicato.
Stando a quanto dettomi da Sam prima che ci ficcassimo in tutta questa storia, i poltergeist
hanno il desiderio di vendetta contro coloro che hanno in qualche modo causato la loro morte, quindi da quanto avevo capito, Miller c’entrava qualcosa con la morte del poltergeist che stava per ucciderlo,  e che era presumibilmente il fantasma del dipendente scomparso nel duemilacinque.
<< Miller, cosa avete fatto lei e i suoi due dipendenti ad Alfred Rosserburgh? >> Chiese pacatamente Sam.
<< E’ stato un incidente, ok? >> Iniziò Miller che quasi piangeva.
<< Dobbiamo saperlo, Trevor. >> Insistette Sam che si accovacciò per guardare l’uomo che ormai piangeva, in faccia.
<< Eravamo a lago, Salt Lake fuori città, quando per arrampicarci sul promontorio e arrivare dall’altra parte di esso, Alfred è scivolato battendo la testa sulla roccia ed è precipitato fin giù il lago, le rocce l’avevano segato praticamente in due, è stato orribile! Lui non ci voleva neanche venire con noi quel giorno! >> Ormai Miller era in un fiume di lacrime, lacrime di colpevolezza, lacrime di risentimento.
<< Bhè adesso sappiamo perché ha ucciso Smith e Ronalds spezzandoli in due. >> Sussurrò Dean guardando Sam, << dove avete seppellito il corpo? >> Chiese infine quando l’uomo si fu calmato.
<< Nella radura, a due miglia dal lago. >>
<< Deve dirci l’esatto luogo della sepoltura. >> Insistette Dean.
<< Non lo so, c’era una radura, l’abbiamo seppellito li. >>
<< Questo lo sappiamo, come facciamo a trovarlo? >>
<< C’era una quercia e un albero di pesco proprio vicino ad essa, l’abbiamo seppellito alla destra dell’albero di pesco, non ricordo altro. >>
A quel punto il poltergeist, il fantasma o come lo si voglia chiamare, riapparve di nuovo facendo volare Sam con un solo colpo sbattendolo alla parete destra del salone in cui eravamo e materializzandosi di nuovo di fronte a Miller. Quello che riuscii a vedere fu il poltergeist servirsi di un piccone da camino e squarciare il bacino di Miller facendolo cadere spezzato in due in differenti punti della sala. Urlai, urlai per lo stupore e per la paura. Il sangue era schizzato anche sulla mia camicia e probabilmente anche sulla mia faccia, e quando me la toccai ne ebbi la conferma, il liquido scuro mi sporcò anche le mani.
<< Sam! >> Dean corse in soccorso di Sam, mentre io ero ancora incredula da quello che i miei occhi avevano visto, non riuscivo a muovermi. Per fortuna Sam stava bene, si alzò da terra e subito ritornò nel salone per assistere a quello scempio.
<< Adesso sappiamo anche come li ha uccisi. >> Disse infine Dean.
Sam annuì massaggiandosi una spalla. << Tutto ok, Julia? >> Chiese guardandomi.
<< Ho bisogno di una doccia, urgente. >>
Uscimmo dalla casa e subito sfrecciammo verso il lago per cercare la radura descritta da Miller, adesso non capivo, cosa c’entrava il luogo di sepoltura del malcapitato?
Era pomeriggio inoltrato ormai e il sole stava calando lentamente, il caldo si era affievolito e il mondo assunse il colore dorato tipico dei tramonti, guardai le nuvole e questa volta non avevano l’innaturale colore di quelle del mattino precedente. Durante il tragitto ci fermammo perché Sam e Dean cambiarono le loro camice con delle maglie a maniche corte, e misero le giacche nel bagagliaio.
Camminammo tra le rocce alte e scivolose, non era proprio il massimo camminarci con i miei sandali, scivolai spesse volte e per fortuna c’era Sam a sorreggermi altrimenti avrebbero dovuto seppellire anche il mio di corpo. Arrivammo alla radura quando il sole era basso, l’alta quercia era subito preceduta da un albero di pesco e li Dean buttò sull’erba verde la sua borsa e da dentro vi cacciò le pale che erano visibili anche dall’esterno. Sam prese una pala e iniziò a scavare e Dean fece lo stesso subito dopo.
<< Mi spieghereste? Non capisco più niente. >> Dissi quando c’era ormai un bel buco nella terra.
<< Reputati fortunata che non abbiamo un'altra pala. >> Disse Dean un po’ affannato.
<< Eh? >>
<< Scaviamo per cercare il corpo di Rosserburgh, per poi bruciarne le ossa o comunque i suoi resti, dopodiché non dovrebbe più dare ulteriori fastidi. >> Spiegò Sam mentre mi guardava poggiato sulla sua pala.
Li guardai mentre scavavano e scavavano. Era ormai diventata sera e l’illuminazione nella radura era scarsa, se non ci fosse stata la luna, sarebbe stato buio pesto.
Finalmente il corpo ritornò alla luce, Sam e Dean uscirono dalla fossa e cosparsero il corpo con sale e poi gli diedero fuoco.
<< Se non altro adesso ha concluso la sua vendetta. >> Precisai a bracia conserte. Non guardai quello che rimaneva di Rosserburgh, non ne ebbi il coraggio, vedevo solo delle fiamme provenire dall’interno della fossa. Senza dire una parola, ritornammo all’Impala e infine al motel.

         La notte fu tranquilla, dormii di nuovo nel letto con Sam, ma questa volta non ci fu nessun contatto anche se l’avrei voluto ma non avevo la forza necessaria per cercalo, insomma avevo paura di una brutta reazione che forse non avrei potuto sopportare, dormimmo entrambe all’estremità opposte dei nostri cuscini, l’uno alle spalle dell’altro senza voltarci una volta, potevo sentire la tensione che c’era tra di noi, e se fossi stata solo io a sentirla? Non volevo farmi nessun strano complesso sul conto di Sam o sui, ok chiamiamoli pure sentimenti, che provavo per lui, ma stare con lui, vicino a lui e nello stesso letto, mi diede da pensare. Poteva mai il grande e potente cacciatore innamorarsi della piccola e indifesa comune mortale? No, decisamente no.

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Capitolo 8
*** Chapter 9 - Sam's Thoughts ***


Eccomi tornata dopo quasi un mese di assenza, bhè anche io ho diritto alle vacanza però u.u
Ritornando seri…(cosa impossibile :)) Non penso che la storia vi sia mancata più di tanto, soprattutto ad Agosto quando c’è da pensare al mare, al sole, alle vacanze e soprattutto al dolce far niente, ma comunque ecco il seguito per chiunque mi segue, il secondo Sam's Thoughts, una finestra sui pensieri del fratellino minore, il primo ha riscosso un successo alquanto discreto quindi ho detto perchè non scriverne anche un'altro?. Magari se volete e se l'estate non vi ha reso troppo pigri per scrivere, fatemi sapere cosa ne pensate, lo sapete ormai, i commenti e sopratutto quelli positivi mi danno l'ispirazione e quella forza in più per scrivere.
Giusto un'ultima cosa, avevo detto che questo capitolo era praticamente ORRENDO, ma adesso diciamo che ha una parvenza alquanto normale, l’ho aggiustato e riaggiustato mille volte fin quando non mi è piaciuto, e quindi spero che piaccia anche a voi.
Detto questo, non c'è più nulla da aggiungere, quindi... buona lettura, people!


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Chapter 9 – Sam’s Thoughts

      Abbracciavo e stringevo a me Julia, colei con la quale avevo condiviso me stesso poco prima e proprio mentre l’abbracciavo la mente prese il sopravvento sul cuore facendomi sentire terribilmente in colpa. Nonostante avessi avuto tanti rapporti occasionali, in quel momento sentivo che quello che era appena accaduto non sarebbe mai dovuto succedere e sapevo anche il perché, avevo usato quella ragazza, l’avevo usata per sfuggire e per dimenticare, anche se solo per poco, le miei paure e le mie incertezze sul futuro, per quanto difficile mi era ammetterlo, era probabilmente giusto e pensare che lei aveva fatto l’amore con me forse con sentimento mi faceva sentire un vero egoista. Eppure anche lei faceva parte di tutta quella faccenda, proprio come me e Dean, quindi in qualche modo anche a lei era servito per nascondersi, ma forse stavo cercando solo di ingannare me stesso, la verità era che non amavo Julia, non ero portato per quel tipo di cose, però qualcosa in me diceva che andava protetta, dovevo salvarla e portarla fuori da quella situazione perché dopotutto non vi apparteneva, era stata trascinata dentro solo grazie a noi, forse se non l’avessimo mai salvata, non avrebbe mai scoperto nulla sul suo passato o sui suoi antenati demoniaci, se sarebbe sopravvissuta o sarebbe morta questo non saprei dirlo, però almeno sarebbe rimasta una ragazza normale, ma chi diceva che salvarla non era quello che il destino aveva in serbo per noi? Non lo sapevo, solo una cosa era chiara per me in quel momento, non avrei mai permesso a quel bastardo di Lucifero di prenderla o di assorbire il suo potere, non l’avrei mai lasciata morire, no, il mio filo conduttore con il mondo esterno non poteva morire.
Se solo qualcuno avrebbe potuto ascoltare la mia mente, scoparmi una ragazza solo perché mi ricordava la normalità, neanche Dean ne sarebbe stato capace! Spesso mi sorprendevo di me, solo qualche anno prima non avrei mai trattato una ragazza come un semplice oggetto,non l’avrei fatto, anche perché se la mia vita fosse stata normale avrei probabilmente sposato Jessica, ma condurre la vita del cacciatore forse ti porta a diventare egocentrico e menefreghista, diciamo solo che è uno dei duri prezzi da pagare per coloro che salvano il culo al mondo ogni giorno senza neanche essere riconosciuti. La nostra vita è solo un dare senza mai ricevere e per quanto potesse far schifo non si può cambiare e a quel punto ero arrivato alla rassegnazione più che all’accettazione, infondo non si può avere tutto dalla vita e quello era un motto che ormai la descriveva perfettamente la mia
Chiusi gli occhi e mi voltai alla mia destra, guardai l’orologio analogico sul comodino, segnava le 4:12am. Con la mente offuscata da pensieri di ogni genere, chiusi gli occhi e stranamente riuscii ad addormentarmi.
A scuotere i miei sogni strani e prettamente legati a Lucifero, fu uno spiraglio caldissimo e accecante di sole che entrò dalla porta d’ingresso e che mi fece battere più volte gli occhi per vedere e mettere a fuoco chi o cosa avesse aperto la porta. << Woah, woah… >> Era Dean che entrando e per la sorpresa, portò le mani in avanti e si voltò verso la porta. Con gli occhi ancora pieni di sonno, riuscii a notare che in una mano teneva un sacchetto marrone con, probabilmente, la colazione al suo interno.
<< Cosa? >> Chiesi strofinandomi gli occhi.
<< Vedo che Julia ha preso alla lettera il mio consiglio. >> Esortò sempre voltato verso la porta.
Mi alzai dal letto spostando con cautela Julia, che era ancora stesa sul mio petto, e adagiandola sul cuscino, non si svegliò, mormorò solo qualcosa di incomprensibile. Diedi un’occhiata veloce all’orologio analogico che adesso segnava le 7:30am, bhè almeno tre ore ero riuscito a dormire. Potevo considerarmi fortunato quando riuscivo a farlo, il più delle volte ero così impegnato a salvare qualcuno o a lavorare su un caso, che non riuscivo mai ad avere tempo di dormire, so che non è una buona cosa tralasciare il sonno, ma…ricordate i prezzi da pagare per essere un cacciatore? Bhè non dormire era uno di quelli, contando anche e ovviamente sostare in luridi motel, passare la maggior parte del tempo in macchina e mentire a tutte le persone che ti passano accanto solo perché potrebbero considerarti pazzo se dicessi la verità. Però bisogna ammetterlo, essere un cacciatore avvolte era anche bello, certo nel senso più perverso della parola, certi avvenimenti ti facevano capire che infondo la vita era bella, era bella quando io e Dean ci fermavamo nel mezzo del nulla e di notte guardavamo le stelle in silenzio e solo con il rumore della notte che ci circondava, era bella quando vedevo il sorriso di un bambino, era bella quando venivo ringraziato da chi avevo salvato da un crudele destino ed era bella perché con me ed al mio fianco per sempre c’era Dean che seppure petulante e spesse volte con uno strano senso d’umore era pur sempre mio fratello maggiore e io avrei dato la mia vita per la sua come lui aveva già fatto con me, dopotutto eravamo in debito. Probabilmente era per quello che una parte di me voleva dire si a Lucifero, avrei provato ad ucciderlo dall’interno per poter salvare ancora una volta il mondo e quindi anche mio fratello, avrei così in qualche modo riscattato il nostro debito, certo era da stupidi pensare di essere in debito con il proprio fratello, però se c’era un modo per salvare lui e tutti allora perché non provarci? Dean non sapeva ancora nulla delle mie idee e non avevo intenzione di parlagliene, almeno non ora.

    << Potresti almeno vestirti? >> Chiese Dean in tono disgustato mentre cercava di non guardare dalla mia parte e mentre si sedeva al tavolino.
Presi i miei pantaloni e corsi in bagno. Non potei far a meno di notare il sorriso compiaciuto sul volto di mio fratello, per quanto cercasse di nasconderlo, a lui faceva sempre piacere quando il suo fratellino minore aveva un po’ di azione, come diceva lui, ma se solo avessi avuto il coraggio di raccontargli i miei pensieri probabilmente si sarebbe sorpreso di me, e come biasimarlo? Lui mi vedeva come il fratello buono, quello di cui ti puoi fidare, quello gentile con tutti, come potevo dirgli che stavo pensando di dire di si a Lucifero perché probabilmente era l’unico modo per salvare il culo a lui e al mondo intero? Come potevo dirgli che avevo fatto sesso con Julia solo per dimenticare per un po’ i miei problemi? Probabilmente lui avrebbe cercato qualche scusa, però…
In quel momento non potei far a meno di chiedermi come Dean vedesse Julia, come una vittima da salvare o come l’ennesima ragazza con la quale era giusto passare la notte e perché no anche due? Decisi infine che non volevo saperlo, quello che pensavo io per ora era abbastanza da confondermi la mente come non mai.
<< Spero tu non abbia la fame che ho io perché ho comprato solo un donut a te e uno alla tua ragazza. >> Era la voce di Dean che sentivo al di là della porta bianca del bagno era allegra e con quella vena di sfrontatezza che in lui era innata. Annuii ma senza rispondere rendendomi conto solo in seguito che non avrebbe potuto sentire. << Sam tutto bene? >> Dean venne a bussare alla porta del bagno.
<< Si, tutto bene, sarò fuori tra un minuto. >> Forse un minuto era un po’ restrittivo in quanto entrai nella doccia. L’acqua gelata era proprio quello di cui avevo bisogno mi sentii subito più lucido e perfino più calmo. Per un secondo riuscii anche a pensare che l’idea di far usare il mio corpo al Diavolo non era proprio una delle migliori, però bastò il cessare dell’acqua corrente a farmi credere che era letteralmente quello di cui tutti avevamo bisogno. Insomma essere il tramite di Lucifero, colui capace di far camminare il Diavolo sulla terra, non era proprio un peso leggero da reggere, come biasimarmi se pensavo alle più svariate vie per uscire da quella assurda storia? Ricordo ancora quando Lucifero mi apparve in sogno nei panni della mia Jessica, per un po’ mi era sembrato essere davvero lei che mi parlava, che mi coccolava e mi diceva che avevo un’importante missione che da ingenuo credevo fosse quella del cacciatore, ma solo dopo qualche notte che lo sognai mi rivelò la cruda verità raccontandomi infine tutta la storia. Ricordo ancora come mi sentii, avrei voluto urlare e uccidere Lucifero li in quel momento, volevo farlo per redimermi dai miei eventi passati, tornare da Dean vittorioso e vedere il suo sorriso fiero stampato sulla sua faccia da schiaffi, l’avrei voluto così che Dean avesse di nuovo visto in me il fratellino minore, non quello  che era stato persuaso dal sangue demoniaco e da Ruby che era il demone femmina più meschino e falso che avessi mai incontrato. Quello era il periodo oscuro della mia vita, adesso pareva che le cose con Dean funzionassero di nuovo, ma se gli avessi detto che avevo un modo per uccidere Lucifero sarebbero cambiate? Insomma come potevo uccidere me stesso?
Morire era l’ultima delle cose a cui volevo pensare in quel momento, così dopo una buona mezz’ora uscii dalla doccia, mi asciugai e mi rivestii.
Aprii la porta del bagno e ancora con i capelli bagnati guardai Dean. << Un minuto? >> Chiese in tono sarcastico mentre addentava un panino.
<< Un panino a colazione? >> Gli feci eco.
Lui fece spallucce e addentò il suo panino al bacon. << Vieni a mangiare il tuo donut. >>
<< Grazie. >> Mi sedetti di fronte a lui e presi il donut che era nel sacchetto marrone. << Dove sei stato tutta la notte? >> Di solito queste sono le domande che un fratello maggiore pone ad uno minore, però anche un minore aveva il diritto di preoccuparsi del maggiore, no?
<< Ho passato la notte nell’Impala, avevo bisogno di schiarirmi la mente e cercare di capire fin dove vogliamo arrivare con la questione dell’Apocalisse. >>
<< Dove vogliamo arrivare, Dean? >> Emisi un sospiro spazientito.
<< Sam, io non ho intenzione di dire si a Michael, spero sia lo stesso anche per te. >> Dean divenne serio e mi guardò con quell’espressione paternale che assumeva ogni qualvolta che io facevo parte di una questione delicata.
Quello mi parve un momento adatto per parlagli del mio piano, così iniziai seriamente e fissandolo negli occhi. << Dean… >>
<< Oh Sam…non mi piace quell’espressione, cosa hai in mente di dirmi? >> Dean posò il suo panino sul tavolo e mise una mano avanti in segno di difesa.
<< Dean, pensavo di riuscire a dominare Lucifero una volta dentro di me. >>
L’espressione sul suo viso cambiò nettamente, sgranò gli occhi e forse per riflesso involontario aprì la bocca ed emise un sonoro: << Cosa? >>
<< Non possiamo lasciare che il mondo vada a puttane quando noi avremo potuto salvarlo. >>
<< Troveremo un modo, Sammy. >> L’espressione sul suo viso era ormai triste e consapevole.
<< Lo dici sempre, ma più ci penso e- >> Dean mi bloccò.
<< Non voglio parlarne Sam, sul serio. >>
Sospirai scuotendo la testa e addentai il mio donut.
<< Bhè è una fortuna che questa notte non sia rientrato, no? >> Dean aveva una naturale abilità nel cambiare discorso, espressione e umore che era praticamente invidiabile, però infondo lo sapevo come si sentiva, sentirsi dire che il proprio fratello vuole affrontare una missione suicida non è un’informazione facile da dimenticare, però sul suo viso c’era quel sorriso che non faceva altro che mostrare la sua sfrontatezza.
Sospirai. << Dean… >>
Mi diede una pacca sulla spalla e quasi rideva. << Racconta. Ti è saltata addosso? >>
<< No, Dean. >>
<< Allora? Hai finalmente alzato la testa da quel computer e sei saltato tu addosso a lei? >>
<< No, Dean. >> Il tono della mia voce non inspirava per niente voglia nel continuare la conversazione, ma questo forse mio fratello non lo capiva.
<< Come è successo, Sammy? >>
Sospirai spazientito e alla fine cedetti. << Suo padre l’ha chiamata e le ha detto che non avrebbe dovuto più cercare la sua famiglia e che saremo morti tutti, ho cercato di consolarla. >>
Dean rise. << Mhm, vedo. >>
<< Già… >>
<< E allora perché non ti vedo entusiasta? >>
<< Dean, non mi sembra giusto. Io ho fatto sesso, lei ha fatto l’amore, ma non è solo questo… >>
<< Quindi? >> Dean inarcò il sopraciglio destro e assunse un espressione confusa.
<< Sapevo che non avresti capito. >>
<< Oh andiamo Sammy! Non puoi rammaricarti solo perché hai fatto sesso per dimenticare le tue preoccupazioni, sono sicuro che anche per lei è stato lo stesso, dopotutto è un Angelo di Lucifero, qualunque cosa significhi. >>
<< Forse hai ragione. >> Fu tutto quello che riuscii a dire, non volevo riaprire la conversazione e volevo che finisse li.
<< Lo so. >>
Finimmo in silenzio la colazione e mettemmo da parte un donut per Julia.

 

    Quando lei si svegliò aveva il viso paonazzo e avrei giurato di aver visto anche i suoi occhi castani chiaro,lucidi. Cercava di coprirsi come meglio poteva con gesti frettolosi e impacciati, mentre con occhi sgranati ed espressione impaurita guardava me e Dean seduti al tavolino e si faceva strada verso il bagno.
<< Vi lascio soli? >> Chiese Dean inarcando ancora il sopracciglio destro e una volta che Julia entrò in bagno chiudendosi la porta alle spalle.
<< Forse, non lo so. >>
Non sapevo cosa dire, non capivo perché Julia avesse quell’espressione così spaventata sul suo volto, sembrava che avesse visto qualcosa di orribile, qualcosa che l’aveva sconvolta e che stava cercando in tutti i modi di scappare da essa. L’unica cosa orribile che mi venne in mente in quel momento era Lucifero che la stava praticamente stanando, forse aveva finalmente messo a fuoco la situazione. Bhè speravo fosse questo, perché la seconda cosa orribile che mi venne in mente ero io e il mio orrendo passato da bevitore di sangue demoniaco che però non era in grado di vedere.
<< Bhè, mi trovate in macchina, massimo tra un’ora partiamo. >> Disse Dean alzandosi dal tavolino, prendendo la sacca verde e dirigendosi verso l’esterno.
Mi lasciò solo e con una ragazza spaventata in bagno. Avrei voluto dirle ancora una volta che sarebbe andato tutto bene, che avremo trovato una soluzione, ma era inutile ingannarsi, un’altra bugia non avrebbe fatto altro che peggiorare la situazione, tanto valeva affrontarlo il problema e il problema era li ora che mi fissava, dovevo solo fare la prima mossa.
Mi alzai dalla sedia e mi diressi verso la porta del bagno. << Julia, stai bene? >> Chiesi bussando, ma non ricevetti risposta udii però piangere. << Julia? >> Insistetti, non volevo facesse nulla di avventato, dopotutto per quanto impercettibile quella goccia di sangue possa sembrare è sempre li che si nasconde e che attacca quando meno te l’aspetti, porta a pensare e a fare cose che risulterebbero mostruose perfino ai nostri occhi ma che ci spinge a non fermarci e volerne ancora e a ancora, fin quando per le persone che ci circondano non siamo diventati letteralmente dei mostri.
Continuai a bussare alla porta senza ricevere risposta dall’altra parte, provai a girare la maniglia per vedere se fosse aperta ma non lo era. << Julia? Apri la porta. >> Le imposi.
<< Vai via. >> Fu la risposta che ricevetti, rimasi sorpreso e mi scostai leggermente dalla porta, la sua voce mi parve rauca.
<< Mi trovi fuori, io e Dean saremo in macchina, ti aspettiamo li. >> Le dissi infine lasciando la maniglia della porta e quando feci per andarmene la sua voce bassa e camuffata dalla porta mi bloccò. << Voi andate pure, io torno a San Francisco. >>
Mi avvicinai ancora una volta alla porta bianca del bagno e vi appoggia la testa e che già di buon mattino mi faceva male. << Non dire stupidaggini, Julia, non è un posto sicuro in questo momento San Francisco. >>
<< Non è vero. >>
<< Lucifero ti ucciderebbe. >>
<< Che venga! Cos’è una vita a confronto di milioni? L’hai detto tu, ricordi? >>
Scossi la testa e poi urlai battendo un colpo sulla porta: << Julia! >> Non riuscivo a sopportare che aveva deciso di arrendersi senza neanche combattere, così glielo dissi, ma ci fu il silenzio.
Solo dopo qualche eterno minuto la porta si aprii e Julia ancora coperta con un lenzuolo avvolto intorno al suo corpo, aveva le guance rigate dal pianto e i capelli arruffati, mi venne istantaneo di abbracciarla. << Non puoi arrenderti, capito, non puoi. >> Le dissi mentre ancora una volta le accarezzavo la schiena. Impercettibilmente lei annuì e appoggiò il viso sul mio petto.
E fu come se fosse sempre stato li sotto il mio naso ma che io, accecato dalla rabbia, dalla paura e dai miei sentimenti contrastanti, non ero riuscito a vederlo. Julia non era così diversa da me se solo avesse dato sfogo a quella piccola goccia di fluido rosso demoniaco che aveva dentro sarebbe diventata un mostro e non volevo che accadesse, volevo che rimanesse integra almeno un pezzo della sua normalità, il mio filo conduttore con il mondo esterno non poteva spezzarsi proprio adesso che era così vicino a me.

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Capitolo 9
*** Chapter 8 - Meet the Devil ***


Eh si, nelle note delle caratteristiche della storia ho aggiunto un Lime e diciamo pure che è qui che prende vita, ma non voglio aggiungere altro, tranne un affermativo contenuto non adatto ai minori. Nhà non voglio esagerare, o forse si? o_o Bhò non lo so decidete voi! XD Voglio solo dire che mi sono divertita molto a scrivere questo capitolo e non per il motivo che adesso so che vi frulla per la testa (u.u diciamo che comunque da buona single non mi è dispiaciuto affatto scriverlo), ma perché qui più o meno si spiega tutto e la nostra protagonista scopre molte cose. Un'ultima cosa, se questo capitolo/storia ha urtato in qualche modo la vostra sensibilità, vi ha offeso in qualche modo, fatemelo sapere, cercherò di rimediare! :) Non posso far altro che augurarvi una buona lettura, e ancora ringraziare tutti coloro che mi hanno seguita fino ad adesso e che mi lasciano recensioni che mi fanno meravigliare perfino di me stessa. Grazie, grazie, grazie <3
Ps: Ricordate "Dead or Alive" la versione di Alyson! :)


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Chapter 8 - Meet the Devil

 u na settimana era passata da quando la mia vita aveva preso un risvolto del tutto inaspettato, se fossi stata ancora San Francisco mi sarei preparata per l’imminente cerimonia di laurea e Blair sarebbe stata ormai sposata e probabilmente in viaggio di nozze, mi faceva male pensare a lei e a Richard che adesso era morto e non c’era modo di farlo tornare in vita.
Tutto era pazzesco, una settimana fa ero nello stato della California pronta per il mio futuro e adesso ero praticamente a più di mille miglia da casa a bordo di una Chevrolet Impala del ’67 diretta in South Dakota a casa di uno sconosciuto, per quanto incredibile forse per qualcun altro sarebbe potuto sembrare eccitante, ma per me non lo era affatto, il mondo è decisamente più gradevole quando non si conosce l’aspetto soprannaturale della vita. C’era da dire però, che la settimana appena passata era stata impegnativa e ricca di sorprese, su quest’aspetto non potevo certo lamentarmi se solo le sorprese fossero appartenute al mondo della normalità, si intende.
Il caldo insopportabile non faceva altro che alimentare la mia noia infinita, di stare in macchina non ne potevo più, erano ormai sette ore che non ci fermavamo, tranne ovviamente per le pause bagno, e il South Dakota era ancora lontano, trecento miglia diceva un segnale stradale che avevamo appena passato. Eravamo in Wyoming e appena usciti da una cittadina chiamata Cheyenne dove avevamo fatto rifornimento di cibo, gasolio e soprattutto birra. Il paesaggio era lo stesso, sempre le solite alte montagne sullo sfondo, strada deserta e cinque o sei macchine che, di tanto in tanto, passavano sfrecciando sulla nostra destra o sinistra, ma cosa avevano i fratelli Winchester contro le normalissime autostrade? Ero praticamente sprofondata nel sedile posteriore di pelle nera e non facevo altro che sbruffare, aggiustarmi la coda e guardare al di fuori del finestrino. Per fortuna avevo una maglia, un jeans e soprattutto della biancheria nuova, mi sentivo bene e perfino rilassata anche se estremamente annoiata. Il vento che mi fluiva tra i capelli, era l’unica preoccupazione con cui volevo avere a che fare in quel momento, non i demoni, non Lucifero o perfino la fine del mondo, i ragazzi avevano detto che Bobby avrebbe avuto le risposte a molte delle mie domande e questo bastava a tenere la mia mente distratta da altri problemi. L’avevano descritto come un uomo molto acculturato, forse un po’ scontroso, ma sempre e comunque disponibile. Avevano infine aggiunto che Bobby Singer era per loro la figura paterna che gli era mancata da cinque anni, gli volevano molto bene anche se spesse volte non lo dimostravano. Mi raccontarono che Bobby divenne un cacciatore dopo che la sua stessa moglie era stata impossessata da un demone e lui fu costretto ad ucciderla, da allora era sempre vissuto con il rimorso e la rabbia e questo non faceva altro che renderlo un cacciatore migliore.
Era ormai pomeriggio inoltrato quando Dean fermò l’auto su un lato della strada e tra i pochi alberi scese. << Ho bisogno di sgranchirmi un po’ le gambe. >> Affermò.
<< Non potrei essere più d’accordo. >> Disse Sam che seguì subito il fratello fuori l’auto.
Rimasi nell’auto ma poi decisi che anche io avevo bisogno di muovere un po’ le gambe, infondo erano comunque sette ore che ero ferma e seduta ad un solo posto, alquanto stancante, anche se non sembra. Dean prese dal bagagliaio e poi dal frigo portatile tre bottiglie di birra e ne passò una a me e una a Sam, dopodiché si sedette sul cofano anteriore, mentre Sam si poggiò semplicemente, io rimasi in piedi e di fronte ai due fratelli.
<< Dovremo arrivare domani a pomeriggio inoltrato se ci fermiamo per la notte. >> Disse Sam bevendo un sorso della sua birra.
<< Il primo motel sulla strada ci fermiamo? >> Chiese Dean, ma sembrò più una proposta.
<< D’accordo. >> Annuii Sam.
<< Hey, Julia, sembri più rilassata. >> Notò Dean battendomi un colpo sulla spalla.
<< Lo sono, confido molto in questo Bobby, magari lui sa dove possiamo trovare Alyson. >>
<< Sono sicuro che riusciremo a trovarla presto. >> Disse Sam.
Annuii bevendo ancora qualche sorso della mia birra, dopodiché la abbassai al fianco e inizia a volteggiare su me stessa guardandomi intorno e chiedendomi per quale motivo le strade secondarie erano così maledettamente desolate.
<< Ok gente, si riparte! >> Esortò Dean dopo che aveva finito la sua birra, rientrando in macchina.

Il Sage and Sand Motel era situato nella cittadina di Casper, il quale nome era molto allettate date le miei ultime esperienze con gli spiriti, nella zona industriale e quindi quella più malfamata della città. Il motel era piccolo, a forma di U al contrario, aveva solo un piano e stanze le quali porte e finestre si affacciavano sul parcheggio, mi sembrò uno di quei motel in cui porti la tua ragazza per una notte e via, insomma non era il miglior motel che avevo visto fino ad ora, ma cosa ne potevo sapere io di motel? Non ero mica mia sorella Alyson? Alyson era un’avventuriera, aveva girato Asia e India con uno zaino in spalla e aveva dormito nei peggiori posti del mondo, mi diceva sempre che io ero una perfezionista e che esigevo che tutto fosse al posto giusto altrimenti non potevo conviverci, insomma, aveva ragione ero una perfezionista nata, ma quando c’era da adattarsi lo facevo, il più delle volte. Il mio rapporto con Alyson era praticamente quello che si chiama d’amore e d’odio, andavamo d’accordo ma quando litigavamo, litigavamo di brutto, roba che non ci sentivamo per giorni interi, in quanto lei abitava nei dormitori dell’università, era troppo libertina per rimanere a casa durante il college e così i miei l’accontentarono.
Una volta prenotata la solita stanza con due letti matrimoniali, ci avviammo verso di essa, la numero 21 la seconda sul lato destro della U. A dispetto dell’esterno, l’interno si presentava essere accogliente e ben mantenuto, le pareti erano rivestite con carta da parato a fiori bianchi su uno sfondo verde limone, i due letti matrimoniali avevano le coperte verdi e bianche che richiamavano le pareti e l’essenziale arredamento era di legno chiaro, o forse sembrava legno ma in realtà era plastica. Aveva perfino un microonde e un mini frigorifero posto su un lato. Dean subito vi depositò le birre all’interno del piccolo frigo e anche le tavolette di giaccio all’interno del piccolissimo congelatore che era all’interno, così che si sarebbero tenute fredde.
<< Fast food? Tavola calda? O preferite cena in camera? >> Chiese Dean mentre era seduto sul letto destro vicino la porta del bagno.
<> Chiesi fiduciosa di poter mangiare un pasto caldo dopo tanto tempo.
<< Credo di si, piccola. >>
<< Possiamo…potete permettervelo? >>
<< Certo, perché no?>>
<< Allora posso chiedervi di andare li, vorrei davvero un bel piatto caldo e salutare.>>
Sam e Dean annuirono e dopo aver sistemato le poche cose che avevamo, uscimmo. Prendemmo l’Impala perché il luogo in cui si trovava il motel non era esattamente il luogo per una passeggiata soprattutto di notte, di fatti vidi moltissime facce brutte sulla via e mi vennero i brividi, mi chiesi come diavolo c’ero finita in tutta quella merda, come era potuto succedere che una studentessa normalissima come me adesso avesse a che fare con l’Apocalisse e come diavolo, per l’appunto, era possibile che Lucifero in persona era sulle mie tracce? Speravo sul serio che Bobby Singer avesse le risposte che tanto cercavo altrimenti sarei impazzita o forse morta.
La tavola calda, la Johnny J’s Diner era un luogo accogliente e molto frequentato dai residenti di Casper, la gente era cordiale e si mangiava piuttosto bene, finalmente il mio stomaco fu capace di nuovo di assaporare il buonissimo gusto della zuppa di patate e pomodoro, una delle mie preferite, seguita da una bistecca ben cotta e dell’acqua naturale, mi sentivo piena, anzi pienissima, come non lo ero mai stata e mi ricordai le feste e le abbondanti tavolate che organizzavamo a casa e nei giorni di festa, durante le quali mi alzavo sempre da tavolo sentendomi gonfia come un palloncino e consapevole del fatto che solo trenta minuti di tapis roulant non sarebbero bastati ma che avrei dovuto almeno starci un’ora per smaltire tutto quel ben di Dio. A mia madre piaceva cucinare, anzi lo amava, diceva sempre che se avrebbe avuto un po’ più di fortuna forse oggi sarebbe stata una degli chef più famosi del mondo, ed è per questo che casa nostra era sempre colma di gente e sempre in festa. Mi piaceva vivere in un ambiente quasi sempre armonioso e festoso, aiutava a tenere l’umore alto quando proprio non riuscivo ad averlo.
Uscimmo dalla tavola calda chiacchierando e ridendo animatamente, era stata una bella serata, tutto quello di cui avevamo parlato non aveva nulla a che fare con il sopranaturale, raccontammo per lo più delle nostre vite, di me non dissi molto, oltre al fatto che frequentavo la San Francisco University e che praticamente a giorni avrei dovuto laurearmi, non c’era molto altro da aggiungere, conducevo una vita fin troppo normale e parlare dei miei amori passati con due uomini non era proprio una buona idea, così tacqui e feci parlare loro. Venni a sapere molte cose sulle vite dei due Winchester, Dean trent’anni, era sempre stato quello più affezionato al padre e quando morì se la vide molto brutta, cercava di imitarlo sempre e portava ancora con se la giacca di pelle marrone scuro che indossava sempre John Winchester. Dongiovanni di professione, Dean non aveva mai amato una donna realmente, non lo disse, ma da come mi raccontava le sue esperienze, lo si capiva alla perfezione.  Sam cercava una vita normale, ma il suo passato adesso gli impediva di vederla nel futuro, continuava a dire che ormai sapeva chi era, era un cacciatore e non poteva farci altro. Mi confidò che per un periodo di tempo che lui disse che fu uno dei peggiori, ebbe una relazione con il demone Ruby, non aggiunse altro e io non chiesi.
Rientrammo al motel e quello che vidi non appena accesi la luce mi sconvolse. Blair, Richard e un altro uomo che non riconobbi erano alzati li vicino al cassettone che aspettavano noi.
<< Julia Wyncestre, come sono felice di conoscerti, somigli molto a Genevieve. >> Iniziò l’uomo che non conoscevo. Era biondo e aveva il viso tumefatto su un lato e anche le mani riportavano le stesse ferite che aveva sulla faccia. Sam mi toccò una spalla e mi costrinse a fare due passi indietro portandomi sul suo lato, dopodiché lui e Dean mi passarono d’avanti per farmi scudo. << Oh, i Winchester, non potevo chiedere di meglio. >>
<< Che cosa ci fai tu qui? >> Chiese Dean con voce più profonda del solito che suonò minacciosa.
<< Sam, vorrei essere pronto quando tu deciderai finalmente di arrenderti a me, così sono venuto a prendere un po’ di potere…magia come la chiamate voi. >>
Dean fece per dire qualcosa, ma io lo bloccai. << Alyson? Come è sfuggita Alyson? Dov’è? >> Chiesi impaziente, non riuscivo a vederlo in faccia, i ragazzi mi coprivano.
L’uomo dal volto tumefatto rise e la sua maledettissima risata maligna mi fece venire i brividi. << Blair, Richard, prendetela, ma non uccidete i Winchester. >> Disse infine.
Blair e Richard obbedirono al comando dell’altro demone e vennero in direzione della porta dove io ero coperta dai ragazzi, con un gesto della mano Blair portò Sam ad una parete della stanza immobilizzandolo a mezz’aria, Richard fece lo stesso con Dean. Sgranai gli occhi e guardai mentre Blair e Richard venivano contro di me con fare minaccioso, i loro occhi d’un tratto divennero neri, completamente neri ed inespressivi, dopodiché tornarono normali e mi guardarono.
<< Julia! >> Urlò Sam che era bloccato in qualche modo sulla parete. Non fui in grado di gridare o di fare qualunque altra cosa, so solo che d’un tratto chiusi gli occhi e sentii sulla spalla il tocco di Blair, dopodiché quando li riaprii, quello che vidi non era il motel, Sam e Dean bloccati sulla parete o quell’uomo dall’aria minacciosa, ero in un altro luogo, non so come diavolo fosse successo, ma non ero più nel motel, tutto intorno a me era buio, e mi trovavo in una stanza senza neanche una finestra, mi voltai su me stessa e vidi Blair che mi osservava.
<< Mia cara signorina Wyncestre vorrei farti finalmente conoscere il tuo Re, Lucifero. >> Blair aprii la porta della stanza senza le finestre e da essa vi entrò l’uomo che poco prima era nel motel, il biondo con il viso tumefatto, supposi che dovesse essere il tramite di Lucifero in quanto l’ultima volta che controllai, Lucifero non aveva sembianze umane. Non riuscii a parlare, non riuscii neanche a pensare, urlai e urlai ancora e le ginocchia mi cedettero così ero a terra a guardare dal basso verso l’alto il corpo di mia cugina e il Re degli Inferi in carne e d’ossa d’avanti i miei occhi. A nessuno dei due sembrò importare delle mie urla e questo mi spaventava ancora di più.
<< Grazie, Blair adesso puoi andare, dici a Richard di prepararsi per il rituale, avrò bisogno anche di lui. >>
<< Si, Signore. >> Blair uscii dalla stanza e rimasi sola con il Diavolo.
Ero ormai seduta a terra e cercavo di allontanarmi sempre di più da quella cosa, strisciai all’indietro fino ad arrivare alla parete dietro di me a quel punto mi sentii in trappola. L’espressione sul mio viso era sicuramente quella del terrore puro, quella di quando si ha il diavolo alle calcagna per l’appunto. Il mio cuore batteva a mille e avevo il respiro accelerato dovuto alla paura.
<< Julia, Julia, Julia, non devi avere paura di me, non potrei mai farti del male. >> Lucifero fece un passo nella mia direzione e io urlai ancora. << Tu non lo sai ancora, ma sei molto importante per me, sei un tramite Julia, racchiudi in te un potere alquanto unico. Come avrai notato, il tramite che indosso ora, non è esattamente integro, devo assolutamente usarne uno che sia capace di contenermi e siccome il tuo amichetto non si decide di essere il mio tramite perfetto, bhè avrò bisogno di usare il tuo corpo per un po’ per completare un paio di cose, ovviamente non lo farò se tu non mi darai il permesso, ma sono sicuro che capirai dopo un po’, infondo non siamo molto diversi io e te. >>
Non avevo la minima idea di cosa o chi parlasse, non capivo nulla delle sue parole, per me fu come se parlava in un’altra lingua a me del tutto sconosciuta. Che cosa intendeva con tramite molto potente? Chi era il tramite perfetto? Che significava che io e lui non eravamo molto diversi? Altro che risposte, le domande non facevano altro che moltiplicarsi ogni minuto che passava.
<< Dov’è Alyson?>> Chiesi infine a mezza voce.
<< Alyson? Intendi dire l’altra Wyncestre? Bhè mi dispiace deluderti, ma non è qui, è stata salvata da due cacciatori venuti a mettere i bastoni tra le ruote al mio piano perfetto. >> Rispose in tono ironico.
Alyson era stata salvata, era questo che importava. Era salva e quando me lo disse fui molto risollevata tanto che emisi un respiro di sollievo forse un po’ troppo rumoroso, perché lui rise.
<< Siete i miei angeli voi sorelle Wyncestre, gli Angeli di Lucifero, è così che vi chiamano ora, più uniche che rare e detentrici di un grande un potere che solo Lucifero in persona può adempiere. >> Sgranai gli occhi e lo fissai immobile.  << Adesso ti spiego come funzionano le cose qui mia cara Julia, dovrò incontrarmi con Michael, mio fratello per far si che la mia vendetta contro voi esseri umani sia compiuta e per fare questo avrò bisogno di Sam Winchester o meglio il mio vero tramite per uccidere Michael e tutta la razza umana. >>
<< Sam Winchester? >> Chiesi quasi sussurrando.
<< Lui sarà capace di contenermi, lui è da sempre destinato ad essere il mio vero tramite, però siccome il ragazzo non vuole decidere a collaborare, bhè potrò accontentarmi per un po’ anche del tuo bel corpicino. >>
<< Non lo avrai mai. >> Affermai con rabbia.
<< Oh, suvvia Julia! Tutto quello che devi fare è richiamare a te il tuo sangue demoniaco e così io potrò assumere il completo potere per battere mio fratello quando arriverà il momento. >>
<< Sangue demoniaco? Di cosa parli? >> Adesso ero proprio spaventata. Era come se avessi un blocco, un blocco alla gola che non mi permetteva di parlare e che faceva risultare le parole che fuoriuscivano dalla bocca, stridule e sussurrate.
<< Parlo esattamente di questo, non solo Sam ha del sangue demoniaco nel suo organismo, cara, è una questione sugli antenati che non sono qui a spiegarti, sei mia figlia, un pezzo di me sarà sempre in te e ben presto saremo uniti di nuovo. >>
<< E Sam? >>
<< Ho bisogno di lui per battere Michael, ma non è detto che non posso prima assorbire tutto il tuo potere prima di convincere lui a dire di si. >> Mi guardò e poi continuò. << Ti piacerà sapere che in tutta questa storia c’è anche un lato divertente, mio fratello Michael, bhè anche lui è in guerra con il suo vero tramite Dean Winchester che è praticamente ostinato a non farlo entrare nel suo corpo nonostante le sue intenzioni sono dopotutto buone. >> Lucifero sfoggiò un sorriso maligno che mi fece accapponare la pelle.
Le cose iniziavano a acquistare finalmente un senso anche se poteva sembrare incredibile. Era questo che Sam e Dean cercavano di nascondermi, Sam essere il vero tramite di Lucifero e Dean essere il vero tramite di Michael, il destino del mondo era sulle loro spalle, due fratelli che condividevano un legame profondo avrebbero dovuto ospitare, per non dire farsi possedere, nei loro corpi altri due fratelli che si sarebbero dovuti uccidere tra di loro, ma Lucifero aveva bisogno del mio presunto potere per convincere Sam ad accettare la sua offerta.
La fottuta battaglia finale del’Apocalisse, si sarebbe dovuta adesso concludere sulla terra che data la violenza, non solo avrebbe distrutto uno dei due Angeli, bensì anche la terra stessa. Mi girava la testa.
<< Che ne dici se iniziamo domani? >> Chiese d’un tratto Lucifero distogliendomi dai miei pensieri.
<< Cosa? >> Chiesi a mia volta quasi piangendo.
<< Il tuo addestramento, trasformazione, chiamala come vuoi, se chiamerai il sangue demoniaco che ti scorre dentro, potremo finalmente essere uniti. >>
<< No, non te lo permetterò. >>
<< Ah Julia, domani vedrai le cose sotto tutt’altro aspetto. >>
Il Re degli Inferi uscì dalla stanza chiudendo la porta alle sue spalle.
Iniziai a piangere e ad urlare, ma probabilmente nessuno fu capace di sentirmi, chissà dov’ero, chissà se ero ancora in Wyoming e chissà se Sam e Dean erano li fuori da qualche parte a cercarmi o forse erano semplicemente contenti che io non ero più tra i piedi, magari bevevano una birra e ridevano sul fatto che Lucifero avrebbe preso me prima di arrivare a Sam così che avevano più tempo per pianificare il da farsi. I pensieri negativi erano di nuovo tornati a farmi visita.
<< Dio, aiutami. >> Dissi infine battendo dei colpi lievi sulla porta in ferro.
<< Lui non ti ascolta, è ufficialmente fuori dal gioco. >> Disse una voce proveniente da fuori.
Lasciai perdere, dopotutto non ero stata mai una credente vera e propria e non volevo più pensarci, avevo fatto appello a Dio perché forse lui era l’ultima speranza a me rimasta, ma evedientemente… L’ultima cosa che ricordo era che battevo le mani vicino la porta prima di cadere in un sonno profondo dovuto al fatto che ero stanca mentalmente che avrei dormito anche sulle pietre e il pavimento che c’era in quella stanza poteva benissimo reggere il confronto.

    I rumori che mi svegliarono provenivano oltre la porta di ferro. Mi alzai lentamente e rimasi in silenzio a carponi cercando di concentrarmi per sentire qualcosa, sentii urla di dolore e rumore di qualcosa che si rompeva fino a quando la porta non mi si aprii d’avanti e Castiel, l’Angelo amico dei Winchester, apparve sulla soglia. << Andiamo, non abbiamo molto tempo. >> Disse porgendomi una mano, l’espressione sul suo viso esprimeva calma e impassibilità.
<< Blair? Richard? >> Chiesi cercando di vedere oltre la sua figura che purtroppo occupava tutto lo spazio tra l’arcata e la stanza accanto. Quando si spostò finalmente vidi. Blair non c’era ma quello che giaceva a terra senza vita era il corpo di Richard sanguinante in vari punti della spalla, gamba e addome, lui era morto. << Richard! >> Urlai e portai le mani al viso per nascondere le lacrime.
<< Dobbiamo andare, potrebbero tornare.>> Mi impose Castiel anche se la sua espressione rimase immutata, mi porgeva ancora la mano. La presi e insieme sparimmo dalla stanza per materializzarci di nuovo nel motel dove si trovavano i ragazzi entrambe seduti sul letto con la testa fra le mani immobili. Mi girò leggermente la testa e fui costretta a poggiarmi sul tavolino, suppongo sia normale quando in un batter d’occhio sparisci da una stanza per apparire da tutt’altra parte. Il rumore che feci quando mi appoggiai, fece destare Sam e Dean dai loro pensieri.
<< Cas, finalmente! >> Esortò Dean aprendo le braccia e alzandosi dal letto.
<< Julia! >> Sam mi venne incontro e mi prese la testa fra le mani guardandomi negli occhi. 
<< Sto bene. >> Mi scansai con espressione imbronciata e ritornai a fianco di Castiel, a quel punto mi resi conto che quei due ragazzi che avevo d’avanti erano effettivamente degli estrani. I Sam e Dean Winchester che avevo imparato a conoscere durante tutta la settimana appena passata, d’un tratto non esistevano più, quelli che avevo d’avanti non erano chi credevo che fossero, avevo parlato, condiviso il letto e quasi condiviso me stessa con delle maschere, semplici e patetiche maschere, ok la storia non era proprio una storia che si sente tutti i giorni, insomma non si può semplicemente dire ad una persona appena conosciuta “hey sono il vero tramite di Lucifero, dovrò battere mio fratello Michael, il cui tramite è il mio adorato fratello maggiore per annientare l’umanità per pura vendetta contro mio padre”, ormai facevo parte anche io della storia, volente o nolente, Lucifero era sulle mie tracce, voleva me e il mio presunto potere, certo loro non potevano saperlo, però…a questo punto tanto valeva rimanere vicino l’Angelo dall’espressione immutabile.
<< Lucifero è ufficialmente sulle tracce della vostra amica. >> Disse Castiel.
<< Per quale motivo, Cas? Credevo che il bastardo volesse Sam. >> Replicò Dean alzando leggermente la voce.
<< Vuole assorbire il potere che ha dentro di lei per assicurasi di battere Michael quando arriverà il momento. Sapevo che c’era qualcosa in lei, sangue demoniaco, Genevieve Wyncestre e tutta la sua stirpe. >>
<< Che? >> Chiese Dean con espressione confusa.
<< Julia Wyncestre è l’antenata di Genevieve Wyncestre, l’umana che partorì un demone, non ne avete mai sentito parlare? >>
<< No. >> Rispose Dean che parve ancora più confuso.
<< Chi è questa Genevieve? >> Chiesi a mezza voce.
<< E’ una tua antenata, in te scorre sangue demoniaco Julia, l’un percento del tuo corpo appartiene a Lucifero ed è per questo che ti vuole. >>
<< Ha accennato a qualcosa chiamato gli Angeli di Lucifero e anche Blair prima di lui. >> Quasi sussurravo, appoggiata sul tavolino e con le braccia conserte mentre cercavo di dare un senso a tutta quella storia.
<< Angeli di Lucifero, due sorelle, due sorelle che condividono il suo sangue. >> Castiel era del tutto inespressivo, i suoi grandi occhi blue quasi guardavano il vuoto mentre mi spiegava la cosa più assurda che avessi mai sentito. Angeli di Lucifero? Io non lo ero di certo.
<< Aspetta, questo vuol dire che non vuole più Sam? >> Dean sembrava sollevato.
<< Certo che no, Sam è il suo vero tramite, senza di lui non potrà battere Michael, solo con il vero tramite sarà in grado di ucciderlo. >>
Dean volteggiò su se stesso e parve sconfortato.
<< Avresti voluto che prendesse me a posto di Sam, non è così? >> Chiesi in tono infantile prima che le lacrime iniziassero a rigarmi il viso in un fiume in piena. Cercai di nascondermi con le mani, ma poi corsi verso l’esterno cercando di tenere ancora intatta la mia dignità.
C’era la luna alta nel limpido cielo di Giugno, faceva molto caldo nonostante ci fosse una leggera brezza, quello che avevo d’avanti ai miei occhi era il parcheggio del motel, mi posizionai sul bagagliaio dell’Impala cercando di ricompormi. La situazione non era delle migliori. Avevo appena scoperto che la mia antenata era praticamente stata la puttana del Diavolo e avevo detto a Dean che avrebbe preferito che Lucifero prendesse me piuttosto che Sam, ma cosa mi aspettavo? Era normale che preferiva Sam a me, ma cosa mi era passato per la testa? Sam era sua fratello io ero praticamente nessuno per lui, un’estranea una povera comune mortale che il destino aveva fatto entrare nella sua vita per pura casualità, non potevo aspettarmi che Dean abbandonasse Sam per salvare me, no semplicemente non potevo. Ma che diavolo mi stava succedendo? La chiacchierata con il Re degli Inferi mi aveva scossa, la storia sul mio passato mi sembrava assurda e inverosimile, mi chiesi se mia madre o mio padre sapessero qualcosa del sangue demoniaco, cavolo mi chiesi perfino se fossero dei cacciatori del sopranaturale in segreto! Non pensavo lucidamente e dicevo cose senza senso. Mi rammaricai di aver detto quello che avevo detto non appena riuscii a pensare di nuovo chiaramente.
<< Julia. >> Era Sam che uscii dalla stanza del motel e si avvicinava verso di me. << Stai bene? >>
Annuii, ma il movimento risultò impercettibile perfino a me. << Non so cosa pensare, Sam. >> Ammisi infine guardando dritto d’avanti a me.
<< Neanche noi sapevamo niente della tua storia Julia, puoi credermi. >>
<< Non è questo Sam, è tutto, tutto quello che mi circonda mi sembra assurdo, incredibile come se la Julia Wyncestre che frequentava la San Francisco University non fosse mai esistita. >>
<< So come ti senti, posso capirti. >>
<< Non penso che tu poss,>> mi allontanai di qualche passo rimanendo di spalle in confronto a Sam. << Altrimenti mi avresti detto che tu sei il vero tramite di Lucifero. >>
<< Non sapevamo nulla, Julia. Io e Dean credevamo fossi una persona normale. >>
<< Lo credevo anche io per l’amor di Dio! >> Sbottai voltandomi di nuovo a guardare Sam.
<< Mi dispiace, ma visto che ci siamo, non è tutto Julia, quello dei tramiti è solo la parte finale. >>
<< Cos’altro c’è? >>
<< Una volta mi chiedesti se sapevamo come fosse iniziato tutto questo, e noi ti dicemmo che te l’avremo detto quando saresti stata pronta, bhè credo che adesso lo sei. >>
Annuii cercando di capire dove voleva andare a parare.
<< Julia, Dean ha iniziato l’Apocalisse rompendo il primo dei sessantasei sigilli che tenevano in gabbia Lucifero, risorgendo dall’Inferno. Ed io ho rotto l’ultimo sigillo che teneva il bastardo rinchiuso, è colpa nostra se l’Apocalisse è approdata sulla terra ed è colpa nostra se adesso c’è una battaglia in corso tra Paradiso ed Inferno. >>
Sgranai gli occhi e poi lo guardai. << Che cosa? >> Chiesi sconvolta. << Sam, cosa mi stai dicendo? >>
Sospirò e continuò. << Dean era all’Inferno perché aveva cercato di salvare me e il demone con il quale ha firmato il patto, gli ha dato un anno di tempo, in cambio della mia vita. >>
<< Un anno di tempo? Non capisco Sam, vuoi dire che Dean era morto? >>
<< Si Julia, Dean era morto. Castiel l’ha riportato dal mondo degli Inferi sulla terra rompendo così il primo sigillo della gabbia di Lucifero.
Ed è scritto che il primo sigillo sarà spezzato da un uomo giusto che verserà sangue all'inferno. >>
<< Mi gira la testa. >>
<< Infine, io sono stato dipendente dal sangue demoniaco, bevevo sangue demoniaco per sentirmi potente, inizialmente credevo che fosse una cosa buona, riuscivo ad usare questo potere dentro di me per esorcizzare demoni senza far morire chi li ospitava, ma infine mi ha portato solo a cadere nella trappola di Ruby, tutto quello che voleva quella puttana era portarmi sulla gabbia di Lucifero per uccidere Lilith, l’ultimo sigillo. E così Lucifero è risorto. Non è proprio una storia che senti tutti i giorni la nostra. >>
Rimanemmo in silenzio a guardare la porta della stanza che era dritto d’avanti a noi. Cercai di far mente locale di quello che avevo appena sentito, Dean all’Inferno? Sam dipendente dal sangue demoniaco? Suonava terribile, che razza di vita conducevano i Winchester? Suonava terribile. Scossi la testa un paio di volte come per scrollarmi di dosso tutte le nuove informazioni, prima di chiedere: << Non c’è altro da aggiungere? Questo è tutto? >>
<< Adesso sai tutto. >>
Sospirai. << Sam, ci sarà un altro modo. >>
<< Julia, non c’è. >>
<< Ci deve essere, Dean ha detto che l’avreste trovato insieme. >>
<< Dean parla, ma alla fine lo sa anche lui che l’unica possibilità che abbiamo di vincere è che io dica si. >>
<< Ma non puoi, non puoi combattere contro tuo fratello, il mondo finirà. >>
<< Secondo te voglio farlo? Ma almeno così avremo una possibilità. >>
<< Tu moriresti. >>
<< Cos’è una vita a confronto di milioni? >> Detto questo Sam si allontanò da me e avviandosi verso la porta, lo seguii dopo poco ed entrambe entrammo dentro.
<< Avreste dovuto dirmelo prima. >> Esortai puntando un dito contro Dean.
<< Non dirò mai di si a Michael, Julia, puoi starne tranquilla, non voglio essere il responsabile della fine dei nostri giorni, non voglio essere incolpato anche di questo. >>
<< E cosa accadrà allora? >>
<< Lucifero schiavizzerà l’umanità, torturerà ogni singolo essere umano per dare sfogo alla sua vendetta contro nostro Padre. >> Si intromise Castiel che era ancora li, immobile a fissare me Sam e Dean.
<< Ci deve essere un modo per sconfiggerlo! >> Urlai.
<< No. >> La voce profonda di Castiel non fece altro che aumentare la mia rabbia e così urlai ancora.
<< Lo troveremo un modo, ne sono sicuro, quel figlio di puttana ritornerà nella sua gabbia, è solo questione di tempo. >> Disse sicuro di se Dean prima di uscire dalla stanza sbattendosi la porta alle spalle. Sam fece per rincorrerlo, ma Castiel lo fermò dicendogli che sarebbe stato inutile e che aveva bisogno di sbollire un po’ la rabbia, anche io avrei dovuto, urlando non avevo risolto molto. Sentivo tutti i muscoli tesissimi e poi mi accorsi di tremare, l’adrenalina che avevo accumulato nell’ultima ora aveva finalmente trovato il momento giusto per sciogliersi.
<< Hey, Juls, tutto ok? >> Chiese Sam quando si accorse che mi appoggiai al tavolino tremante.
<< Tutto ok, ora passa. >>
<< Se mai dovreste avere novità riguardo qualsiasi cosa, chiamatemi. >> Non avemmo neanche il tempo di annuire che Castiel scomparve dalla nostra vista.
Sam entrò nel bagno e io mi sedetti nel mezzo del letto più vicino alla porta cercando di non tremare più, mi abbracciai e mi accarezzai le braccia ripetendomi che andava tutto bene, ma evidentemente la mia mente non lo accettava, sapeva la verità e non potevo ingannarla con l’ennesima bugia per non impazzire. Impazzire, forse è proprio quello che stava accadendo e se all’inizio mi sembrava di essere in una totale difendente dimensione, adesso sembra di essere in tutt’altra ancora, le dimensioni che la mia mente creava mi stavano portando allo stremo e non ne potevo più, i miei pensieri furono interrotti dalla canzone Carry On My Wayward Son dei Kansas. Carry on My Wayward Son? Ma era la suoneria del mio cellulare! Scesi a carponi dal letto e subito mi precipitai verso la borsa che era ancora poggiata sul cassettone come al solito e scavai per cercare il telefono trovandolo sul fondo, lo schermo indicava che la chiamata proveniva dal telefono di casa mia, due pensieri mi balenarono per la testa, i miei genitori erano vivi e volevano accettarsi che anche io lo fossi, o era un mio parente che mi avvisava che erano morti. Risposi. << Pronto? >> Dissi a mezza voce.
<< Julia. >> Era la voce di mio padre, aveva la voce roca e molto bassa.
<< Papà? Papà siete vivi? >>
<< Non cercarci, non cercarci mai più. Morirete tutti. >> Una semplice frase che mi fece rabbrividire non ebbi il tempo di replicare che cadde la linea, cadde la linea e mi ritrovai a parlare da sola, chiamavo mio padre disperatamente, poi le lacrime scesero di nuovo dagli occhi. Per la rabbia, lanciai il telefono e sbatté sulla parete che avevo di fronte frantumandosi in mille pezzi, perfetto adesso ero ufficialmente tagliata fuori dal mondo. 
<< Sam? >> Chiamai Sam quasi in un lamento forse troppo frivole perché lui potesse rispondermi, così alzai leggermente la voce. << Sam! >> La mia voce era stroncata dal pianto e questa volta le parole risultarono essere un lamento vero e proprio. Però Sam mi sentii perché uscii dal bagno, aveva il viso e alcune ciocche dei capelli bagnate.
<< Julia, mi hai chia- >> Sam si bloccò quando vide il mio cellulare frantumato in mille pezzi vicino la parete del bagno e accorgendosi che piangevo. << Woah…Tutto ok? >> Chiese asciugandosi il viso con un asciugamano.
<< Sam…mio padre, ha chiamato. >> Le lacrime continuavano a scendere dagli occhi e il viso di Sam si contrasse in una smorfia compassionevole e si sedette vicino a me. << Ha detto di non cercarlo più, che saremo morti tutti. >>
Senza aggiungere altro e mentre teneva lo sguardo fisso sulle mie lacrime e quindi sul mio viso, Sam mi attirò a se per la nuca e posò delicatamente le sue labbra sulle miei in un bacio gentile, le lacrime d’un tratto si bloccarono e i miei occhi rimasero aperti e spalancati per la sorpresa, rimanemmo fermi in quella posizione per qualche secondo, qualche secondo che a me parve essere un’eternità. I sentimenti, se così vogliamo chiamarli, che provavo nei suoi confronti erano confusi, però in quel momento mi sembrò di vederli chiaramente, era come se fossero stati oscurati da una patina impenetrabile e adesso erano li d’avanti ai miei occhi ed io ero in grado di vederli, vederli e capire che in quel momento non volevo essere con nessun altro tranne che con lui.
Aveva ancora le labbra sulle mie quando decisi di ricambiare il bacio, così mi arresi a lui e le nostre labbra si dischiusero in un bacio vero e proprio, lui mi prese una mano e incrociò le sue dita tra le mie, facendomi ricordare le svariate volte che era già successo. Una lacrima cadde dai miei occhi e poi ancora un’altra, fin quando d’un tratto Sam si fermò e mi guardò, scrutai i suoi occhi verdi senza dire nulla, portò una mano sul mio viso e asciugò la lacrima che avevo sulla guancia destra con fare gentile, probabilmente avevo il viso gonfio e paonazzo, ma lui sembrò essere impassibile l’espressione che aveva sul suo viso era quasi indecifrabile, ne colsi un misto tra compassione e desiderio. Rimase li a guardarmi, poi si avvicinò leggermente e timidamente e con entrambe le mani mi sfilò la polo rossa e bianca facendomi rimanere solo con il reggiseno. Rimasi sorpresa e lo guardai con espressione confusa, dopodiche' lui mi sorrise gentilmente e annuii, mi sedetti a cavalcioni su di lui e l’abbracciai nascondendo il mio viso dietro le sue spalle, poi lo guardai e lui mi guardò battendo le palpebre più volte e così iniziai a passargli la mano tra i capelli spostandogli le solite ciocche che gli cadevano sul viso, placando finalmente il mio desiderio di farlo, lui sorrise timidamente e continuai ad abbracciarlo cercando quel calore umano di cui avevo così tanto bisogno in quel momento. Sentii le sue mani possenti sulla mia schiena, quasi come un massaggio. Lo guardai nuovamente e questa volta la sua espressione rimase immutata, e non resistendo a così tanta perfezione, lo baciai, trasformando quel bacio in qualcosa di più passionale e lui iniziò a massaggiarmi il seno e poi decisi che era arrivato il momento di sbottonargli la camicia. Avevo ancora poggiate le labbra sulle sue mentre lentamente sbottonavo ogni bottone fin quando non rimasi  senza fiato dai perfetti pettorali che nascondeva, sulla destra del suo petto c’era tatuato lo stesso simbolo della collana datami da Dean, quella anti-possessione, lo guardai un secondo negli occhi e poi continuai. Con due dita percorsi la forma del petto fino alla cintura marrone e baciandolo poi dolcemente, fino ad arrivare al ventre che accarezzai con entrambe le mani percorrendo i perfetti addominali che risultavano essere duri e possenti al tocco. I respiri di entrambe accelerarono e i battiti dei nostri cuori si sincronizzarono mentre lo tenevo stretto per la schiena facendo strada sul suo collo con la mia bocca, baciandolo continuamente mentre i capelli mi coprivano letteralmente tutto il viso. Alla fine lui prese il sopravvento e sostenendosi sulle braccia montò su di me sorridendo timidamente ma anche maliziosamente, sorriso che ricambiai mentre gli slacciavo i pantaloni e guardavo lui e quei suoi capelli castano scuro che gli sfioravano il viso. Una volta che ebbi tirato giù la zip dei suoi jeans, ci pensò lui a farli sparire gettandoseli alle spalle e guardandomi ancora sorridendo. Avevo il cuore che batteva a mille e una presa invisibile mi chiudeva lo stomaco, avevo paura di continuare e di quello che sarebbe successo se non ci fossimo fermati, supposi che però era troppo tardi, quel contatto mi faceva stare bene, ne avevo bisogno e non volevo che finisse. Mentre mi baciava in un continuo ritornello il collo, la bocca e la parte alta del seno, finì per baciarmi l’addome facendomi gemere, fino a slacciare anche i miei di pantaloni, glielo lasciai fare e non lo fermai. Quel momento e quel posto mi sembravano essere perfetti.
Le nostre bocche si toccavano e si cercavano freneticamente mentre Sam cercava di sfilarmi i jeans e quando ci riuscì le sue labbra si dilatarono in un sorriso e ancora sorridendo ritornò sulla mia bocca passando una mano sulla schiena e slacciandomi il reggiseno, ero esitante nel rimuoverlo del tutto così cercai di trattenerlo senza sembrare impacciata, ma alla fine lui vinse, lo rimosse e lo lanciò alle sue spalle, dopodiché portò la bocca sul seno destro mentre con una mano massaggiava l’altro, ansimai e gemetti mentre sentivo tutto il peso contro l’addome e la sua erezione contro la mia gamba. Mi guardò per un istante e la sua espressione divenne seria, mi sfilò anche gli slip e io goffamente cercai di far scivolar giù il suo boxer azzurro a righe non riuscendoci e quindi risi portandomi una mano sulla bocca per non sembrare indiscreta, ma la sua espressione rimase immutata e si denudò da se. A quel punto eravamo entrambe completamente nudi e diciamo solo che che tutte le mie congetture riguardo il suo corpo erano esatte. Essendo troppo alto per la posizione del missionario si sostenne sulle braccia come per fare i piegamenti e quando mi penetrò e lasciai scappare un mugolio sentendolo duro e grosso dentro di me. Inizialmente il ritmo fu lento, dolce e misurato, mi accarezzava il viso e mi sorrideva dolcemente guardando nei miei occhi e di tanto in tanto baciava la mia guancia destra delicatamente nascondendosi tra i miei capelli e rimanendo li come se non volesse farsi vedere, come se volesse nascondersi.
Il ritmo si fece più rapido, serrato, guardai nei suoi occhi verdi, toccai i capelli castani e ribelli mente il piacere si faceva strada dentro di me. Ormai gemevamo e ansimavamo insieme, sincronizzati, fin quando il piacere non raggiunse il culmine ed ci lasciammo trasportare da un ultimo intenso grido di appagamento. 

    Eravamo stesi sul letto a guardare il soffitto in silenzio e forse un po’ intimiditi, non ci toccavamo ne ci coccolavamo, in un certo senso sentii che la tensione che provavo prima nei suoi confronti era in qualche modo ritornata. Mi coprivo con un lenzuolo mentre lui era ancora nudo accanto a me.
Interruppi il silenzio, voltandomi su un fianco a guardare il suo profilo dissi: << grazie. >>
Sam parve confuso, si voltò verso di me e batté gli occhi più volte. << Di cosa? >> Chiese infine posizionandosi sul fianco a guardarmi.
Potevo sentire un opaco rossore che mi stava salendo al viso. << Di questo. >>
Lui mi portò a se abbracciandomi e tenendomi stretta, mi baciò la testa e dopo la guancia. Avevo il mento sulla sua spalla a guardare il letto che era vicino al bagno e mi sentivo al sicuro, nulla poteva distruggere quel momento che mi sembrò essere così perfetto, così giusto.
<< Grazie a te. >> Disse infine posizionandosi di nuovo supino sul letto e portandosi un braccio dietro la nuca. Non aggiunsi altro, lo guardavo ammutolita ed incredula di quello che era appena successo, no, non era uno sconosciuto l’uomo che avevo accanto a me sul letto in quel momento, non lo era più, adesso era qualcos’altro, qualcosa che stavo ancora cercando di capire, così svuotai la mente da tutti i miei pensieri e mi stesi sul suo petto adagiandomi con la testa, dopodiché lui prese il braccio che non aveva dietro il capo e lo portò sulla mia schiena lentamente accarezzandola. Pochi e semplici genti che mi fecero capire che dopotutto mi sbagliavo, la tensione non era tornata, adesso era del tutto sciolta.  

 

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Capitolo 10
*** Chapter 10 - The Mount Rushmore State ***


Chapter 10 - The Mount Rushmore State

      Sapevo che mi stavo comportando da piagnucolona, però non potevo farci niente. Avrei sfidato chiunque a non esserlo dopo che praticamente la vita si era trasformata in una sola settimana senza neanche darmi il tempo di abituarmi alle notizie sempre più nuove che ricevevo ogni singolo giorno, sempre più frequenti e sempre più confuse, era un miracolo se rispondevo ancora delle mie azioni e che avevo ancora mantenuto dopotutto, la calma. Insomma, Lucifero? Per poco non vomitai, quando sedendomi sul letto della stanza ormai vuota pensai a lui e al fatto che effettivamente esisteva. Stavo appena realizzando che tutto nella settimana appena passata era veramente successo e stavo per sentirmi male. Fino a quel momento era come se avessi vissuto in terza persona e quello che vedevo era come un film, una persona che compiva azioni che volevo e desideravo, diceva le cose che avevo in mente ma che sentivo non essere io, però finalmente vedevo le cose chiaramente e mi stupii di me stessa perché avevo impiegato una settimana a capire cosa stava succedendo realmente.
Oltre al senso di nausea, sentivo quella strana sensazione di inquietudine dentro di me, quando si vuole scoppiare e parlare, magari anche urlare, ma sfogarsi con le lacrime agli occhi e alla fine sentirsi di nuovo liberi e leggeri come se niente fosse successo…
Ma chi volevo prendere in giro? Se pure avessi urlato e fossi riuscita a sfogarmi, il peso rimaneva sempre dentro di me, non si poteva certo smaltire così facilmente l’essere la prescelta da Lucifero per farsi dissanguare ai fini di una battaglia apocalittica. Per non parlare della strana telefonata ricevuta da mio padre, mi dava i brividi pensarci e avrei preferito non farlo, almeno per un po’. La ciliegina sulla torta era che avevo appena fatto sesso con Sam, quanto poteva ancora deteriorare la situazione? Forse arrivati in South Dakota sarebbe migliorata, ma ne dubitavo.
Mentre sedevo sul letto disfatto, stringendo a me sempre più stretto il lenzuolo bianco che avevo tirato proprio da quel letto, voltai la testa verso la porta e vomitai. Fu una reazione normale, credo.
Sam e Dean erano fuori che mi aspettavano e avrebbero dovuto aspettare ancora per lungo in quanto dovevo rimettermi in sesto.
C’era ancora in me quell’idea di mollare tutto e prendere il primo bus per San Francisco, però Sam aveva detto che non dovevo arrendermi senza neanche combattere e io avevo deciso di farmi convincere perché infondo tra di noi adesso c’era un legame, e che per quanto stupida e sdolcinata posso sembrare, credo che si crei qualcosa di magico tra due persone quando condividono i loro corpi come avevamo fatto io e Sam e no, non mi stavo innamorando di Sam, come ho detto il grande e potente cacciatore non poteva innamorarsi della piccola e indifesa comune mortale…ma la piccola e indifesa comune mortale?
Riuscii a riacquistare le forze necessarie per alzarmi quando tutto intorno a me smise di girare e il senso di nausea era scomparso, rimaneva solo la puzza dovuta al vomito, così spalancai le finestre e nel farlo vidi Sam e Dean nell’Impala mentre parlavano, si strattonavano e ridevano tra loro, bhè almeno qualcuno la stava prendendo alla leggera. 
I miei vestiti erano sparsi per tutta la stanza, la notte prima nel togliermeli, Sam li aveva lanciati un po’ ovunque e adesso mi ritrovai a raccoglierli sul grande cassettone, sulla televisione e il mio reggiseno sul piccolo frigorifero del motel. Una volta che li ebbi ammassati insieme li misi sotto il mio braccio e mi diressi nuovamente in bagno per indossarli. Non trovai il mio fermacapelli, così fui costretta a lasciare i capelli sciolti sulle spalle che, con quel caldo, non era proprio l’ideale.
Mi guardai allo specchio a figura intera del bagno facendo scivolare il lenzuolo ai miei piedi. Ero un disastro. Avevo i capelli arruffati e sporchi, le occhiaie e gli occhi gonfi. Sembrava proprio che non dormivo da giorni anche se in qualche modo era così. Quella notte, dopo averla passata con Sam, fu la notte prima notte dopo più di una settimana, in qui dormii come un ghiro a dispetto di tutte le altre che non avevo quasi chiuso occhio, si sto cercando di dire che il petto di Sam era notevolmente più comodo dei cuscini troppo morbidi e fin troppo sottili di qualunque motel negli Stati Uniti.
Quando non sopportai più l’immagine riflessa allo specchio, iniziai a vestirmi e a cercare di pettinare quella massa marrone che dovevano essere i miei capelli.
Una volta del tutto vestita, presi la mia borsa e mi diressi fuori quella stanza che adesso iniziava seriamente a puzzare troppo, colpa mia, certo…speravo solo che il servizio pulizie avrebbe lavato quella macchia giallognola sulla moquette e che non l’avrebbe lasciata li a marcire ed aspettare il prossimo cliente, che però non si sa mai poteva anche essere un cliente a cui la puzza di vomito andava bene…nhà.
Feci un respiro profondo, aprii la portiera dell’Impala e mi ci ficcai dentro, mi sedetti e misi la borsa al mio fianco e quindi dietro di Dean. << Hey Sammy, guarda chi si rivede! >> Iniziò allegro Dean dando una pacca sulla spalla a suo fratello. << Ti avevamo data per dispersa, piccola stavamo per andarcene. >>
Non volevo rispondere, non ne avevo ne la voglia ne la forza. << Hey, c’è qualcuno? >>
<< Cosa?! >> Dissi infine forse in modo troppo scortese.
<< Qualcuno è di mal’umore questa mattina. >> Concluse Dean mettendo finalmente in moto l’auto e andando a marcia indietro per uscire dal parcheggio del motel. Mal’umore no, scocciata si. Ma non dissi nulla, rimasi sul mio sedile posteriore a braccia conserte e con espressione imbronciata rimanendo in silenzio, sbruffando di tanto in tanto, chiedendomi come apparivo in quel momento ai loro occhi e guardando il solito paesaggio desertico che ormai conoscevo fin troppo bene.
Quel silenzio che durava ormai da ben cinque ore, fu spezzato da Dean che accese la radio e mise una cassetta dei Metallica e che non essendo proprio il mio genere, emisi un suono di disapprovazione che parve però divertire Dean che mi guardava sorridendo dallo specchietto retrovisore. Sembrava proprio che ci trovava gusto nel punzecchiarmi, forse però era semplicemente il suo modo di fare. << Sei arrabbiata perché hai litigato con il tuo ragazzo? >> Chiese Dean sempre sorridendomi e abbassando leggermente il volume della musica.
<< Io non ho un ragazzo. >> Affermai.
<< Ah no? E cosa mi dici del tipo con cui hai appena passato una notte di passione? Ho sentito che è stato bello. >>
Feci per replicare, ma le parole mi morirono sulla punta della lingua, perché Sam mi precedette. << Dean, e dai… >>
Finalmente Dean si arrese, ma continuava a sorridere divertito era proprio quello il momento in cui lo odiai più di sempre. Ok, non lo odiavo, insomma era sempre e comunque colui che aveva salvato il mio culo, però certe volte era proprio difficile tenergli testa, sapeva di essere inappropriato e sfacciato come mai chiunque altro, ma a lui piaceva e non faceva altro che mostrarlo sempre di più. Sam, che aveva un po’ più di senso del pudore rispetto il fratello, aveva un espressione di disapprovazione sul suo viso aquilino e guardava il fratello spazientito, sembrava proprio uno di quei momenti in cui si è arrivati al limite di sopportazione nei confronti del proprio partner, o in quel caso fratello, e lo si voglia morto proprio li e all’istante, era più o meno quello che volevo anche io, in senso figurativo almeno, in quanto la sfrontataggine di Dean aveva raggiunto il limite, chiamatemi pure una che non sa stare al gioco, però come ho già detto in passato, sono una ragazza tradizionalista e a certe cose ci tengo.
<< Dean, dovresti misurare le parole prima di parlare, o almeno far funzionare il tuo cervello una volta ogni tanto. >> Dissi tutto d’un fiato senza neanche pensarci due volte.
Dean parve sorpreso, aprì la bocca e iniziò a ridere.
<< Oh Juls, se non sai stare agli scherzi, abbiamo un problema qui. >>
Va bene, era vero mi stavo comportando come una ragazzina di quindici anni a cui viene chiesto del suo ragazzo, scontrosa e antipatica, però…non avevo mai provato nulla di così contrastante nei confronti di un uomo, ero sempre stata sincera con me stessa per quanto riguarda i sentimenti che provavo verso qualcuno, ma in quel momento non ci riuscivo, non capivo cosa volevo per me stessa e cosa provavo per Sam, non volevo innamorarmi, no non lo volevo affatto perché allora sarei stata davvero nella merda fino al collo, però c’era qualcosa in lui, qualcosa di così attraente che mi risultava difficile stargli lontano, saranno stati i suoi folti capelli castani, o forse il suo corpo, o magari lo strano lavoro che faceva, non lo so, però probabilmente era proprio per la mia confusione mentale che mi faceva comportare come una ragazzina innamorata.

 

 



    Il cartellone stradale che indicava “South Dakota 400 miglia” mi passò di lato mentre l’Impala sfrecciava a tutta velocità su quella strada deserta, solo quattrocento miglia, pensai, e forse tutto questo avrà un senso.
Ero ormai curiosa di conoscere Bobby Singer, dopo i piccoli contrattempi che erano avvenuti durante il viaggio, non vedevo l’ora di scoprire che faccia avesse il padre acquisito dei Winchester, insomma lo avevano descritto come un uomo colto, quindi avrei dovuto forse pensare ad un tipo in giacca e cravatta con gli occhiali sempre chino sui libri? Però avevano anche detto che era un cacciatore e la giacca e la cravatta per cacciare non sono proprio gli indumenti più adatti, quindi lo immaginai essere un tipo sulla sessantina, vestito in modo casual con degli occhialini rotondi poggiati sul naso e con un po’ di barba bianca che si intravedeva.  Decisi che quella descrizione si addiceva a quanto dettomi dai due fratelli e così poggiai la testa al finestrino e mi rilassai, rilassai i muscoli che fino a quel momento erano tesi per la mia piccola discussione avuta con Dean che adesso era intento a guardare la strada d’avanti ai suoi occhi, anche se diciamocelo, non passava neanche un’anima viva.
Era arrivato il momento di scusarsi, non mi sembrava il caso di tenere il muso con i miei due salvatori, quindi tanto valeva far cadere sotto i piedi tutto l’orgoglio e scusarsi. << Scusami Dean. >>
<< Eh? Per cosa? >> Chiese confuso. Sam si girò nella mia direzione e mi guardò anche lui confuso, poi subito ritornò a guardare la strada.
<< Per quello che ho detto prima. >>
Dean rise. << Non preoccuparti Juls, se siamo qui a puntualizzare su tutto allora dovremo essere morti da un po’, non credi? >>
<< Forse, però…mi pareva giusto chiedere scusa. >>
<< Scuse accettate. >>
<< Grazie. >>
<< Di nulla, e adesso dimmi, te la sei spassata con Mr. Strano, qui? >>
Sam si passò una mano tra i capelli e scosse la testa spazientito o forse rassegnato.
<< Dean, non cambierai mai. >> Affermai.
<< Volevo solo sapere.>> Disse con espressione falsamente offesa.
<< Non sono affari tuoi, Dean. >>
E così si zittì e tornò a guardare la strada senza mai staccare gli occhi da essa, poi d’un tratto iniziò a cantare, cosa che diventò alquanto irritante dopo un paio di ore e con me e Sam anche il mio stomaco iniziò a protestare. Eh già, avevo fame.
<< Ti avevo comprato un donut, non l’hai mangiato? >> Chiese Dean spegnendo finalmente la radio.
<< Diciamo che non avevo proprio fame questa mattina. >>
Dean annuì compiaciuto. Perché sorrideva a qualunque cosa dicessi? Mi dava ai nervi. << Bene, allora non appena vedi un fast food dimmelo, ti compro un panino. >>
<< Si, papà. >> Dissi sprofondando nel sedile posteriore a braccia conserte mentre ancora lui sorrideva.
Fu Sam a riportare alla vita quell’argomento, quell’argomento che avevo cercato di evitare, ma che comunque ed inevitabilmente sarebbe ritornato alla luce, andava affrontato.
<< Julia, mi dispiace per quello che ha detto tuo padre, quando tutto questo sarà finito potremo tornare a San Francisco, se vuoi… >> Rimase voltato verso la strada, non mi guardava.
<< Stavo cercando di dimenticarmene, ma comunque grazie. >>
<< Scusami allora. >>
<< Non preoccuparti, e si voglio tornare a San Francisco al più presto possibile quindi troviamo un modo per uccidere Satana e salviamo il culo al mondo prima che gli Angeli lo riducono in cenere con la loro battaglia. >>
<< Bene detto, Juls! >> Si complimentò Dean ammiccando.
<< Io avevo in mente un modo per distruggere Lucifero… >> Iniziò Sam, ma fu bloccato dal fratello che l’ammonì per aver anche solo pensato quello che stava pensando. << Dean, è un buon piano, potrei riuscirci. >>
<< E una volta che avrà ripreso il controllo del tuo corpo? >>
<< Lasciamo perdere. >> Concluse Sam guardando il fratello. Dopotutto, forse non era un buon piano.
<< Certo che no, argomento chiuso,ok? Appena arriviamo a casa di Bobby ne riparliamo con lui. >>
Sam si ammutolì e ritorno a guardare la strada. Finalmente dopo qualche minuto sulla nostra destra vedemmo un piccolo fast food che sembrava quasi abbandonato ma che per fortuna non lo era, avrei mangiato di tutto con la fame che avevo, anche un panino con doppio hamburger, bacon e pomodoro andava bene, e di fatti, fu quello che presi e la mia scelta lasciò sorpresi i due fratelli Winchester, che mentre mangiavo con gusto quel bello e grasso panino, mi guardavano con espressioni sbigottite.
<< Il sesso far venir fame. >> Affermò Dean guardandomi a bocca aperta.
<< Puoi scommetterci. >>Dissi semplicemente addentando il mio panino era inutile prendersela per le battute a doppio fondo di Dean, tanto valeva assecondarlo anche perchè quello che aveva detto era vero.
Sam rise, lui aveva preso l’insalata che avrei preso di solito io, ma che però adesso, solo a guardarlo, mi veniva voglia di imboccargli il mio panino solo perché quell’insalata mi faceva venir in mente persone denutrite, forse era solo la fame che mi faceva pensare queste cose. Avevo perfino superato Dean, che questa volta ordinò semplicemente delle ali di pollo piccanti.
<< Ha già mangiato un panino con bacon a colazione. >> Disse Sam guardando Dean.
<< Bhè dovevo tenermi in forze. >> Si scusò Dean.
Sorrisi. Erano buffi quando si pizzicavano e si prendevano in giro, sottolineava il profondo rapporto che c’era tra di loro, mi ricordavano anche me e mia sorella che non facevamo altro che lanciarci frecciatine e cercare sempre di essere migliore dell’altra anche solo per scherzare, ma che inevitabilmente finivamo per litigare o semplicemente lasciavamo perdere.
Già, Alyson…chissà se Bobby avesse avuto informazioni su di lei, e chissà se sapeva della sua esistenza, ne dubitavo, ma l’unico modo per scoprirlo era uscire da quel fast food nel mezzo del nulla e tornare in marcia e fu proprio quello che facemmo, ovviamente Dean pagò e dopodiché ritornammo nell’Impala, ormai mancava davvero poco al South Dakota, presto avremo oltrepassato il confine di stato, anche se non sapevo quanto lontano era Sioux Falls dal confine, speravo non molto, l’attesa stava diventando insopportabile. Non vedevo l’ora di andare in quella casa, non vedevo la mia da una settimana e questo non faceva altro che aumentare il desiderio di vederla, una casa dove ci sarebbe stata una vera doccia, magari anche una vasca da bagno, dei letti comodi e con lenzuola pulite e anche del buon cibo nel frigo, mi sarei anche offerta volontaria per cucinare ai tre uomini purché avessi avuto di nuovo le comodità di tutti i giorni. Certo non era proprio il massimo rimanere a casa di un estraneo e fare comunque i lavori di casa, però a mali estremi, estremi rimedi,no? Volevo a tutti i costi trovare Alyson e salvare Blair e se pure ci sarebbero voluti giorni sarei stata ben contenta di rassettare qui e li mentre gli uomini facevano il loro lavoro. Dio, speravo sul serio funzionasse così!

    Lo stato del Monte Rushmore, meglio come conosciuto come il South Dakota, era uno stato alquanto importante nella storia degli Stati Uniti, in quanto ospitava per l’appunto il Monte Rushmore ovvero il Monte dei Quattro Presidenti. Speravo di vederlo visto che saremo dovuti passare per li, ma l’avversione che provavano i fratelli Winchester verso le superstrade me lo impedì, ma non mi impedì di vedere che mancavano ancora trecento miglia per Sioux Falls, Sam e Dean mi raccontarono che era sul confine dello stato e quindi una delle ultime cittadine. Bene! Pensai spazientita, e sbruffando sprofondai di nuovo nei sedili di pelle e mentre ero immersa tra i miei pensieri, ricordai che nella borsa non c’era più il mio cellulare e che l’avevo lanciato così violentemente vicino al muro che era in mille pezzi sulla moquette non più morbida del motel. Un po’ mi dispiaceva in quanto quello era il mio primo telefono cellulare buono dopo aver posseduto solo quelli non a colori, non ero proprio un asso della tecnologia, però hey almeno avevo un profilo Facebook*, che non è il massimo della tecnologia di questi giorni?
Stava ormai facendo sera, ma qualcosa mi diceva che quella volta non ci saremo fermati in un motel, e per me andava bene così non volevo ancora una volta fare le pulizie prima di assicurarmi che non ci fossero scarafaggi. Volevo anche evitare situazioni imbarazzanti tra me e Sam che non avevamo avuto occasione di parlare di quello che era successo la notte precedente, ma cosa c’è da dire?  E’ stato bello, sei stato bravo, spero di rifarlo?  Mi chiesi. Non c’era molto da dire dopotutto, però l’imbarazzo non sarebbe stato poco, almeno per me, per quanto ne sapevo, per Sam potevo anche essere stata l’ennesima delle sue una notte e via.
Erano le dieci e mancavano, finalmente, cinquanta miglia alla cittadina sul confine dello stato e io iniziavo a sentirmi stanca, non sembra, ma viaggiare in macchina può davvero risultare faticoso. Chiesi a Dean di mettere un po’ di musica, avrebbe tenuto svegli tutti visto che non avrebbe avuto senso fermarsi proprio ora che mancava così poco. Dean iniziò inevitabilmente a cantare le canzoni degli AC/DC e quella volta non mi diedi ai nervi, anzi le canzoni che conoscevo le cantammo anche io e Sam a squarciagola e ridendo, tra un ritornello e l’altro, della nostra performance impeccabile.
La grossa insegna impressa su un arco di metallo arrugginito diceva “
Singer Auto Salvage”. Stavamo entrando in uno scasso? Proprio così, c’erano altissime colonne di auto rotte e ormai vecchissime in tutti i punti di quel cimitero per macchine che non riuscivo a capire dove la casa di Bobby fosse e soprattutto perché dovevamo passare per uno scasso prima di arrivare a casa sua, tutte le miei domande ebbero una risposta quando Dean fermò la macchina sotto un capannone dove c’erano molti attrezzi metallici.
<< Dov’è la macchina di Bobby? >> Chiese Dean guardando Sam, chiudendo l’Impala.
Sam fece spallucce. << Non aveva detto che sarebbe rimasto qui perché aveva una situazione da gestire? >>
<< Già. >> Confermò Dean. << Andiamo in casa, forse la macchina l’ha parcheggiata sul d’avanti. >>
Senza neanche dire una parola, seguii i due fratelli in quello scasso per auto finché non arrivammo alla porta sul retro di una casa, della casa di Bobby. Su due piani, la casa all’esterno e dal retro si presentava essere decaduta e a corto di manutenzione, il colore lilla sulle assi di legno che ne coprivano l’esterno era quasi tutto eroso e si vedeva il legno scuro al di sotto.
<< Bobby, sei in casa?>> Dean bussò alla porta del retro, ma non ci fu risposta. << Bobby? >>
<< Aspetta qui Dean, io e Julia diamo un occhiata sul d’avanti. >> Dean annuì, Sam mi prese per mano e mi trascinò con se attraverso il giardino incolto e attraverso un cancelletto che definiva il d’avanti e il di dietro della casa.
Mentre ancora teneva stretta la mia mano nella sua, Sam si bloccò, si voltò verso di me e guardandomi negli occhi mi attirò a se per la nuca e mi baciò. Mi spinse fino alla parete della casa, passandomi la mano tra i capelli e accarezzandomi la schiena. Quel bacio mi pulii un po’ la mente da assurde domande e assurdi complessi, forse e chissà perché non ero dopotutto una delle sue ennesime una notte e via, a meno che non ci si comporta così con una ragazza dopo la, come si dice oggi, bottarella, bhè non potevo saperlo, però stare tra le sue braccia mi faceva stare bene e non volevo staccarmi più, anche se la posizione in cui ero non era delle migliori, fui costretta ad alzarmi sulle punte data la sua altezza, ma avrei resistito ancora per molto se solo non avremmo dovuto trovare Bobby cosicché tutte le mie domande sul sovrannaturale, sul mia sorella e su di me avrebbero avuto finalmente una risposta.
<< Sam, Bobby… >> Gli ricordai staccandomi da lui e ritornando con i piedi per terra.
Mi accarezzò una guancia e disse: << già…diamo un occhiata nelle finestre. >>
Salimmo i pochi gradini che portavano al patio e sbirciammo nelle finestre, non c’era nessun movimento e la casa era apparentemente deserta. Così, senza dire nulla, ritornammo da Dean.
<< Allora? >> Chiese impaziente quando ci vide arrivare. Gli riferimmo che in casa non c’era nessuno, così lui ci guardò e in quel momento capii cosa voleva fare, se volevamo entrare in casa di Bobby l’unico modo sarebbe stato rompere il vetro della porta ed entrare girando la maniglia all’interno, dopotutto si sa, le case americane non sono le prime per quanto riguarda la sicurezza, però certe volte può risultare positivo.
Dean prese un attrezzo dal cassettone di metallo giallo e nero che era sotto il padiglione poco distante da noi e ruppe il vetro al primo colpo. Entrammo finalmente in casa, io ero nel mezzo, tra Sam e Dean mentre  loro mantenevano fermamente e rispettivamente un fucile a pompa e una pistola tra le loro mani. L’interno era scuro, non c’erano luci e c’erano segni di lotta.
<< Segni di lotta, credi che Bobby sia stato attaccato da un demone? >> Chiese Dean riponendo la pistola sul retro dei suoi jeans.
<< Molto probabile, ci sono due fucili, uno qui e uno li nella libreria. >>
In quel momento ci trovavamo nella cucina che si presentava essere poco accogliente e non era fornita come avevo creduto che lo fosse. Per quanto riguarda quello che vidi di casa Singer, era scura e arredata con mobili dal legno così scuro che sembrava quasi nero, di fronte a noi c’era quella che Sam aveva chiamato la libreria ed in effetti lo era, c’erano molti libri sparsi un po’ ovunque in quella stanza, sulle mensole di ogni singola parete e perfino per terra, sul pavimento notai un enorme disegno che raffigurava la trappola del Diavolo, quella stanza era a prova di demone e chissà forse lo era ancora la casa. Le pareti rosse e decorate da qualche strano disegno ottocentesco, donavano alla casa quella strana inquietudine che è possibile provare solo in una casa infestata, sembrava essere in un monastero del sovrannaturale, i libri erano tutti libri esoterici e qui e li sulle mensole qualche strano ingrediente era posato li da chissà quanto tempo. Per non parlare della polvere che era ancora più visibile degli stessi libri.
Sam accese una luce nella libreria e setacciò intera stanza alla ricerca di qualcosa, ma non trovò nulla, invece Dean trovò nella cucina, un recipiente vuoto ma che sul suo lato vi erano delle strane erbe e dei strani ingredienti che avvicinandomi capii che era sangue.
<< Sangue di agnello, qui è stata creata una pozione, forse un Angelo. >>
<< Cas? >> Chiese Sam.
<< Non lo so. >> Dean scosse la testa e fece cadere le braccia lungo il corpo. << Dobbiamo- >>. Dean fu zittito da un rumore secco proveniente dal retro e quindi dalla porta in cui entrammo. Ci disse di tacere e estrasse dai jeans la sua pistola dal manico bianco e precedette me e Sam. Sam seguendo il fratello si mise in guardia tenendo il fucile stretto tra le mani.
<< Chi sei? >> C’era una strana figura che si aggirava sul retro della casa.
<< Dean?>> Chiese la figura.
<< Rufus? Sei tu? >>
<< Certo che sono io. >> La figura venne avanti ed entrò in casa, dopodiché Dean e Sam riposero le armi e sospirarono. << Dove diavolo è Bobby? >> Chiese Rufus.
<< Non lo sappiamo, siamo appena arrivati e lo stavamo cercando anche noi, tu dov’eri? >> Chiese Sam.
<< Ero diretto in Kansas, ma ho dimenticato le munizioni quindi sono tornato indietro.>> Rufus era un cacciatore, era più o meno sulla cinquantina, afroamericano e vestito molto sciattamente. La lunga giacca beige gli toccava quasi le ginocchia e quindi il suo jeans scuro, forse nero, sotto la giacca una maglia mimetica. << E chi è quella? >> Chiese con espressione confusa e riferendosi a me aprendo le braccia e puntando verso l’arcata della libreria dov’ero poggiata.
<< Rufus, lei è Julia, Julia lui è Rufus, cacciatore e amico. >> Sam fece le presentazioni, ma nessuno dei due si avvicinò all’altro, ci scambiammo solo un cenno del capo.
<< E lei cos’è? Demone, Angelo, cacciatrice? >>
<< Un Angelo di Lucifero. >> Disse Sam schiettamente.
<< Un che? >>
<< Lascia perdere, è una lunga storia. >>
Rufus calò le mani in segno di resa ed aggiunse: << perché siete qui? >>
<< Bobby aveva detto che aveva una situazione da gestire, qualche idea di cosa parlasse? >> Spiegò Dean con calma apparente.
<< Alyson? Intendi la situazione di Alyson? >> Chiese Rufus sempre più confuso.
A quel nome subito scattai.
<< Alyson? Alyson come in Alyson Wyncestre? >> Quasi urlai.
<< Certo, la conosci? >>
<< E’ mia sorella! >> Gli occhi mi si riempirono di gioia e quasi iniziai a piangere, non potevo credere che Bobby avesse mia sorella e che l’avesse forse salvata, adesso il problema era trovare entrambe, però questo non faceva altro che alimentare le mie speranze e finalmente sapevo che era al sicuro con Bobby che era un cacciatore e che avrebbe potuto proteggerla se si fosse presentata l’occasione. Sospirai e sorrisi felice, Sam se ne accorse e ricambiò il sorriso.
<< Vuoi dire che la sorella di Julia è stata qui da Bobby? >> Chiese Sam.
<< Certo, c’ero anche io fin quando non me ne sono andato questa mattina, l’abbiamo salvata dalle grinfie del tuo Diavolo a Gold Hill e l’abbiamo portata qui. >>
Tutto mi fu chiaro, nella fabbrica a Gold Hill non trovammo nessuno perché Alyson era già in salvo quando noi passammo di li, non potevo sentirmi più felice di così, così forse con un gesto un po’ avventato abbracciai Rufus. << Grazie, grazie, grazie! >> Dissi mentre lo stringevo così forte da non farlo respirare.
<< Hey, hey, prego. >> Lui non ricambiava l’abraccio, non l’avrei fatto neanche io se fossi stato in lui, però non mi importava, l’importante è che avevo espresso la mia gratitudine nei suoi confronti e per quello che aveva fatto per mia sorella. Sorrisi, non riuscivo a smetterlo di farlo, per la prima volta dopo una settimana e due giorni mi sentivo finalmente bene.
<< Bhè, adesso che sappiamo che Alyson è con Bobby e dovremo cercarli entrambe. >> Affermò Sam.
<< Sono d’accordo. >> Accordai.
<< Non sarà così facile. >> Tutti sussultammo quando udimmo quella voce profonda provenire alle nostre spalle, era Castiel che con i soliti vestiti, trench beige e vestito elegante sotto di esso, era apparso dal nulla. Ci girammo tutti nella sua direzione.
<< Cas, sai che odio quando appari così all’improvviso. >> Lo ammonì Dean puntandogli un dito contro, ma lui rimase impassibile.
<< Scusami, Dean. >> Disse spostando il suo sguardo su di Dean.
<< Perché non sarà così facile, Cas? >> Chiese Sam.
<< Non riesco a trovarli neanche io, sapevo che eravate diretti qui e volevo fare una ricognizione prima del vostro arrivo, ma… è come se fossero spariti del tutto. >>
<< Che vuol dire? >> Chiesi avvicinandomi di qualche passo verso Castiel. << Spariti? >> Chiese in contemporanea Sam.
<< No, certo che no, e si spariti, come gettati in un'altra dimensione o qualcosa del genere. >>
<< Credi c’entri qualcosa il trickster? Gabriel? >> Chiese Dean.
<> Non avevo idea di cosa intendesse, ma sapevo che parlava di me, mi guardava con i suoi occhi blue e vuoti, senza neanche battere ciglio una volta.
<< Come farai a trovarci? >> Chiese Dean.
<< Non preoccupatevi. >> Castiel si avvicinò a me furtivamente e io indietreggiai d’istinto.
<< Cosa vuoi? >> Chiesi sgranando gli occhi quando lui alzò una mano ed era praticamente a due passi da me.
<< Fidati di me. >> Castiel mi guardò negli occhi e io guardai Sam che annuì, così posai di nuovo lo sguardo su Castiel e annuii lentamente, dopodiché mi sfiorò il petto e un dolore lancinante si diffuse per tutto il corpo, ma durò un secondo, giusto il tempo di farmi accasciare a terra ed urlare. << Che cos’era? >> Chiesi mentre cercavo di alzarmi.
<< Ho impresso sulle tue costole un simbolo anti-angelo. >>
Non risposi, lo guardai solo più confusa che mai e lui ricambiò il mio sguardo risultando così impassibile che mi venne voglia di strattonarlo, ma non lo feci, tenni a bada i miei impulsi e semplicemente lo ringraziai, anche se non ero proprio che era la cosa giusta da dire.
<< Cas, come facciamo a trovare Bobby e Alyson? >>
<< Non lo so, Dean, tornerò da voi quando scopro qualcosa. >> Castiel scomparve sotto i nostri occhi e rimanemmo di nuovo in quattro.
<< Bene, io ho recuperato le miei munizioni e di sicuro non voglio immischiarmi con i vostri casini, quindi sparisco prima che sia troppo tardi. >> Imperterrito questo Rufus, pensai.
Così i ragazzi salutarono Rufus e Rufus salutò noi raccomandandosi di non far finire il mondo e scomparve, aveva i modi di fare strafottenti, però credo sia una cosa buona quando sei nel mondo del sovrannaturale, meglio farsi i fatti propri quando si può.

_______________

Credo si chiami… Angolo dell’Autrice?

Pensavate mi fossi dimenticata? Eh no u.u Ho solamente notato che l’angolo dell’autrice/autore, di solito si trova in basso al capitolo, quindi ho pensato di farlo anche io, così bhò senza una ragione ben precisa.  Quindi ritornando a noi… finalmente il decimo capitolo, non vedevo l’ora di arrivarci! Bhè se avete letto l'ultimo capitolo di "Dead or Alive" adesso credo che sarete un pò confusi, ebbene era proprio la reazione che io e mia sorella ci aspettavamo, no non siamo pazze (o forse si, non lo so, lo decidete voi u.u) è solo che abbiamo in serbo, per queste due storie, graaaaaandi proggetti, eh già u.ù

*Ah già, la nostra Julia ha un profilo Facebook, perché non le fate una visita? Credo ne sarà contenta u.u -> "Julia Wyncestre on Facebook"
Si lo so, è da pazzi, ma non è colpa mia quando si hanno delle amiche che ti danno le idee più stupide di questo mondo, avevano perfino detto di creare una pagina su Facebook, ma ho desistito, insomma, chi sono io? Chi Diavolo mi seguirebbe? Meglio rimanere nell'anonimato insomma, preferisco :)
Ultima cosa come sempre, non dimenticate la storia vista dalla prospettiva di Alyson, "Dead or Alive".
Detto questo vi lascio e a presto all’undicesimo capitolo *-*

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Capitolo 11
*** Chapter 11 - Point of no Return ***


Chapter 11 – Point of No Return

      Un’altra settimana era passata da quando scoprii che Alyson era ancora viva ma che comunque era scomparsa insieme con Bobby. Ero risollevata ma anche molto preoccupata.
Passai la settimana nel ricercare tra i libri e la rete una qualche spiegazione che potesse dar un senso a tutta quella situazione, lessi perfino dell’Apocalisse Biblica, di Satana e di come l’Arcangelo Michael l’avesse segregato all’inferno. Ero diventata più familiare anche con il celeste mondo degli Angeli grazie sempre ai due Winchester, che durante tutti i sette giorni mi avevano raccontato delle storie su di loro che mi facevano accapponare la pelle. Ah, se solo tutti i Cristiani avessero saputo che gli Angeli erano dopotutto solo dei bastardi sovrannaturali e che non avevano nulla a che fare con le bellissime raffigurazioni e descrizioni che li raccontavano come buoni e misericordiosi e che li ritraevano biondi con gli occhi chiari e enormi ali dietro la schiena, le ali ce le avevano, ma evidentemente noi umani eravamo troppo limitati per vederle.
Castiel, a differenza degli altri, era diverso, era leale e i due fratelli potevano fidarsi, da quello che mi dissero, mi diede l’impressione che lui fosse una sorta di Angelo Custode, anche se
Castiel non incarnava proprio quella figura, era essenzialmente un guerriero, per quanto celeste.
Ribellatosi agli Angeli e ai loro piani di portare il Paradiso in Terra, Castiel era inizialmente intenzionato a fermare l’Apocalisse rivolgendosi a l’unico, oltre a Michael, che avrebbe potuto fermare Lucifero, ovvero Dio, però adesso era deluso in quanto era venuto a sapere che dopotutto Dio voleva che l’Apocalisse accadesse, si sentiva tradito dal proprio Padre e adesso, insieme ai Winchester, era intento a trovare un’altra soluzione per evitare l’inevitabile. Bel casino! Pensai.
Tra gli aneddoti che mi raccontarono Sam e Dean, uno che mi rimase impresso era quello dell’Angelo
Zachariah che aveva provato di tutto per dire a Dean che se non avesse lasciato che Michael indossasse il suo corpo ci sarebbero state delle serie conseguenze, e di fatti, lo aveva perfino mandato nel 2014 per mostrargli come il mondo sarebbe stato se lui non avesse posto fine all’Apocalisse. Non volle raccontarmi proprio tutto, disse solo che il virus Croatoan aveva letteralmente infettato tutti grazie a Lucifero, che risiedeva nel corpo di Sam, e che le poche persone scampate erano in trincee fuori le principali città, e Dean tenne a sottolineare che erano davvero poche e che la propagazione del virus a San Francisco lo preoccupava e gli faceva chiedere se quel futuro potesse essere cambiato. Zachariah era ancora vivo, ma non si era fatto più vedere da quando li aveva perseguitati in Paradiso, nel loro Paradiso, quando due cacciatori molto arrabbiati con i Winchester per la storia dell’Apocalisse, li spararono nella loro stanza d’albergo.
Certo, scoprire che Sam e Dean erano in cima alla mia lista delle persone morte e resuscitate più volte mi diede i brividi, però venni a sapere che gli Angeli li resuscitavano solo perché avevano ancora bisogno di loro sulla terra, quindi fin quando tutta la storia dell’Apocalisse non fosse stata archiviata, i due fratelli, avevano un biglietto ritorno dal regno dei morti assicurato.
Passammo l’intera settimana a cercare, chi sui libri, chi sul portatile, informazioni utili riguardo la scomparsa di Alyson e Bobby, certo che tutto trovai tranne qualcosa che avrebbe potuto servirci, e di fatti, presi quell’occasione di curiosare fra i libri esoterici per imparare qualcosa i più riguardo il mondo del sovrannaturale e scoprii che i demoni erano solo dei piccoli pesci in confronto a tutti gli altri mostri che abitavano il nostro mondo, Gohul, Skin-Walker, licantropi e perfino i vampiri, proprio così i vampiri esistevano, ma non avevano nulla a che far con i belli e tenebrosi vampiri descritti in tutti i libri di Anne Rice, anzi la spiegazione che trovai nel libro, li descriveva come bevitori di sangue spietati e senza morale, spesso erano antichi e vivevano in congreghe fuori città, diventati ormai rari per mezzo dei cacciatori che li avevano eliminati quasi tutti, la loro sete e rabbia nei confronti degli esseri umani aumentava di giorno per giorno.
Per quanto riguarda i Licantropi,
bhè almeno loro erano come si vedeva nei film, spietati e desiderosi di carne umana, era davvero un sollievo sapere che si confondevano perfettamente tra gli umani e che chissà che forse anche io non ne avevo conosciuto uno, per quanto ne sapevo e grazie alle loro abilità, anche la mia migliore amica poteva essere un Licantropo.  
Era un martedì e stavo leggendo dei trickster tra i libri polverosi della casa di Bobby, quando Sam iniziò a raccontarmi un altro aneddoto della loro vita, mi confessò che in realtà i fratelli Winchester non erano solo due, ma bensì tre. Adam Milligan Winchester era il figlio nato da una relazione segreta che il padre dei ragazzi ebbe ventuno anni fa. Venuti a conoscenza del loro fratello perso, Sam e Dean non fecero neanche in tempo per conoscerlo che un Gohul si impossessò di lui e della sua memoria, uccidendo così il vero Adam che adesso giaceva in una tomba nel cimitero di Windom in Minnesota, dov’era nato. Giorno dopo giorno e ora dopo ora conoscevo sempre meglio i fratelli Winchester e questo per me era un bene, voleva dire che si fidavano.
Negli ultimi giorni, però, nell’aria c’era un irrespirabile atmosfera pesante. Dean e Sam quasi non si parlavano e a malapena si accorgevano che c’ero anche io in casa, questa cosa non mi piaceva, si guardavano sempre con espressione di sfida e Sam era sempre pronto a bloccare il fratello dal lasciare la casa e dal fare qualche stronzata, così diceva lui. Sembrava che Sam era intenzionato a non far usare il proprio corpo dal Diavolo, ma Dean…Dean era adesso convinto che dire di si all’Arcangelo Michael sarebbe stata la soluzione migliore per tutti, avrebbe salvato molte vite, ma ne io ne Sam eravamo intenzionati a lasciaglielo fare, bhè per quanto la mia opinione potesse contare tra due fratelli litiganti.
<< Devo dire di si.>> Iniziò Dean alzando la testa dall’enorme libro che stava leggendo.
<< Dean…>> Fece Sam in tono spazientito, << ne abbiamo già parlato. >>
<< Sam, Michael può far fuori Lucifero, salveremo un mucchio di persone. >>
<< Ma non tutte, quindi dobbiamo trovare un altro modo. >> Mi intromisi.
<< Bhè facile a dirsi, ma se Lucifero rade a suolo la terra e io potevo evitarlo, indovina un po’? E’ colpa mia! >> Sbottò.
<< Non puoi arrenderti proprio adesso… >> Gli dissi, bhè era un consiglio che avevo seguito anche io, ma Dean era difficile da convincere. << Riuscirem- >>
<< Che ne sai tu, eh? Tu non sei al mio posto! >> Dean mi urlò contro.
<< Scusa. >> Mormorai e abbassai lo sguardo sul libro che mi era d’avanti.
Sam andò in cucina e così Dean, mi lasciarono sola ed intenta, almeno credevano, nel leggere quel maledetto libro sulle sparizioni dovute ai demoni. No, non potevo permettere che Dean facesse usare il proprio corpo a Michael, in qualche modo e forse in quello più strano e perverso, mi ero affezionata a lui, non volevo vederlo nella battaglia contro il Diavolo e magari essere ucciso nell’intento, non avrei sopportato il dolore di Sam nel vederlo morto, ma quello purtroppo non era l’unico problema, c’era mia sorella, Alyson viva ma dileguata, e dovevo trovare un modo per riportarla da noi, avevo cercato di tutto, demoni, licantropi e perfino i trickster, ma niente di utile. Ah, quanto mi mancavano i miei libri di biologia e chimica, certo la matematica può essere davvero una scocciatura, ma provateci a leggere libri sul sovrannaturale e sicuramente vi mancherà.
<< Aiuto. >> Era ormai sera quando Castiel apparve tutto d’un tratto spaventandomi, portava qualcuno in spalla che subito poggiò sul piccolo divano sotto la finestra.
<< Ragazzi! >> Chiamai Sam e Dean alzandomi dalla sedia. Avevo sicuramente un’espressione impaurita sul viso, cosa che volevo Castiel non vedesse, perché infondo non avevo paura di lui, ma di quello che stava succedendo.
Sam e Dean corsero nella libreria e subito si diressero verso il divano dove c’era poggiato quel corpo così sporco che mi ci volle un po’ per capire che fosse un essere umano.
<< Chi è? >> Chiesi mentre mi sistemavo a braccia conserte come per proteggere me stessa da un imminente pericolo.
<< E’ nostro fratello. >> Fece Sam che aveva un espressione di totale confusione sul suo viso.
<< Adam Milligan? >> Chiesi spalancando gli occhi.
Ci guardammo, evidentemente tutti eravamo confusi, anche loro, anche loro non sapevano per  quale motivo Castiel aveva tirato fuori dalla terra il loro fratello minore morto.
<< Cas, ma che diavolo? >> Chiese Dean voltandosi verso Castiel che sembrava sfinito e che con espressione vacua e con gli occhi persi nel vuoto posò sulla scrivania piena di libri aperti due enormi pugnali lunghi e arrotondati d’argento e disse: << Angeli. >>
<< Angeli? E per quale motivo? >> Chiese Sam.

Bene, ecco un altro Winchester da aggiungere sulla mia lista, pensai spazientita.
<< Non lo so, ma so una cosa per certo, >> Castiel si avvicinò a passo svelto verso il divano e poggiò una mano sul petto del piccolo Winchester, << dobbiamo nasconderlo, ora. >> Una luce bianca apparve sotto le sue dita e Adam sembrò provare così tanto dolore, che si svegliò spalancando gli occhi e respirando affannosamente.

Parlando del fratello morto…Pensai quando lo vidi rinvenire.
Era spaesato, i suoi occhi di un azzurro così chiaro che potevano far invidia allo stesso cielo, si guardavano intorno, posò il suo sguardo su Dean, Sam ed infine su Castiel e me, << Dove sono? >> Chiese infine riportando lo sguardo sui fratelli.
<< Va tutto bene, sei salvo- >> Iniziò Sam con tono pacato e cercando di calmare Adam.
<< Chi diavolo sei? >>
<< Forse troverai questo che sto per dirti un po’…molto strano, ma siamo i tuoi fratelli. >> Disse Dean tagliando corto.
<< E’ la verità, John Winchester è anche nostro padre, vedi io sono Sam- >> Aggiunse Sam che assunse un tono vocale così profondo che mi fece venire i brividi. Non avrei dovuto pensare a lui in quel modo e soprattutto in quel momento, ma la mia immaginazione era fervida e feci di tutto per non andargli vicino ed abbracciarlo, magari anche consolarlo, hey suo fratello morto gli stava di fronte, cos’altro avrei potuto pensare?
<< Si, e sono sicuro che quello è Dean. >> Si intromise Adam.
Sam e Dean si scrutarono silenziosi, capii anche io, come poteva Adam sapere di loro se era morto prima di incontrarli? Teorizzai la risposta, Angeli. Gli Angeli gli avevano detto tutto.
<< So tutto di voi. >> Continuò Adam.
<< Come? >> Chiese Sam sempre in quel tono vocale che toglieva i freni alla mia immaginazione.
<< Mi hanno avvertito. >>
<< Chi? >> Chiese Dean. Bhè lui aveva sempre la voce profonda e precisa, ma in quel momento era diversa perfino in lui. Forse aveva a che fare con il ritrovamento del fratello, forse con gli Angeli, forse per la confusione o per la paura, però in quel momento quella voce mi vibrò attraverso la colonna vertebrale come non aveva mai fatto, facendomi sorprendere di me stessa, perché Dean, per quanto tenessi a lui, era passato in secondo piano da quella notte passata con Sam, ma adesso mi andava di consolarlo e digli che tutto sarebbe andato bene.
<< Gli Angeli. >> Affermò Adam, hey, la mia teoria era giusta, miglioravo!
Adam aveva tutto il terreno sparso sul suo viso lungo e quasi aquilino, non proprio come quello di Sam, ma quasi. Il terreno era anche sui vestiti e sulle scarpe, dopotutto era stato tirato fuori dalla sua tomba. 
Il silenziò calò per qualche secondo, tutti avevano gli occhi puntati su Adam, mentre i miei vagavano tra Sam, Dean e Castiel tutti con espressione sconcertata stampata sul viso, perfino Castiel che non l’avevo mai visto così espressivo da quando l’avevo conosciuto.
<< Adesso, dove diavolo è Zachariah? >> Chiese Adam.
Nessuno rispose, nessuno aggiunge niente, così decisi di farlo io. << Perché non sali di sopra a cambiarti? C’è la doccia e penso che i vestiti di Dean ti andranno alla perfezione. >> La voce mi uscii un po’ tremante, forse non sapevo neanche io perché avevo appena suggerito ad Adam di farsi una doccia, però magari avrebbe aiutato a sciogliere l’atmosfera così pesante che si era creata da quando Castiel aveva poggiato il fratello perduto sul divano.
Anche questa volta nessuno disse niente, e un po’ mi vergognai, tanto che feci un passo indietro per tornare in disparte.
<< E tu chi saresti? >> Chiese Adam in tono arrabbiato, quasi ringhiava.
Feci per rispondere, però Sam lo fece per me. << Adam, Julia ha ragione, vai di sopra quando sarai pronto potrai raccontarci tutta la storia. >>
Adam annuì senza aggiungere altro e senza mai levarmi gli occhi confusi e allo stesso tempo pieni di rabbia di dosso, salii di sopra e Castiel si offrì per sorvegliarlo, non avrebbe voluto che scappasse.
<< Bel casino! >> Esortai mentre Dean girovagava per la stanza e Sam era seduto su una sedia e con la testa fra le mani.
<< Puoi dirlo forte. Che cosa c’entra Zachariah ora? >> Disse Sam che con entrambe le mani si spostò i capelli dal viso, lo stesso gesto che una settimana prima mi tolse il fiato, stesso effetto una settimana dopo.
Dean scosse la testa, << non lo so. >>
<< Se penso a quale sarebbe stata la mia reazione una settimana fa…woah. >> Scossi la testa.
<< Già, non si vedono tutti i giorni fratelli che risorgono dal mondo dei morti, non è vero? >> Chiese Dean sarcasticamente e sfoggiando uno di quei suoi sorrisi compiaciuti, tipici di ogni battuta.
<< No, non dalle mie parti. >> Risposi sospirando. << Sarà meglio che prepari un sandwich ad Adam, sarà affamato. >>
Nessuno dei due disse nulla, però sentii i loro sguardi su di me, mi seguivano fin quando non potevano più perché impediti dalle pareti della cucina.
La cucina era abbastanza grande e letteralmente vuota, l’avevamo rifornita alla meno peggio e adesso, dopo una settimana, le provviste scarseggiavano, rimanevano però le birre, il frigo ne era pieno. Presi il pane dal mobile sulla mia testa e del prosciutto e del formaggio dal frigo e iniziai a preparare il sandwich al piccolo Winchester, si è affamati quando si ritorna dal mondo dei morti? Speravo di si, perché ne preparai due.

    Adam scese di sotto e ritornò a sedersi sul divano sotto la finestra, era finalmente pulito e i suoi occhi azzurri risaltavano più che mai a contrasto con la camicia e la maglia scura che aveva indossato. Gli porsi un bicchiere di scotch, pensavo ne avesse bisogno. Lo accettò senza dir nulla.
<< Allora, perché non ci racconti tutto? Inizia dal principio. >> Iniziò Dean che nel frattempo sedeva su una sedia dalla parte dello schienale. Io mi posizionai dietro di Sam e quindi dietro la grossa scrivania di legno e vicino al cammino nero della stanza, volevo rimanere in disparte, non c’entravo nulla, però avevo una visuale dell’intera stanza, vedevo tutti e tutto.
Adam lo scrutò. << Bhè, io ero morto ero in Paradiso, solo che sembrava il ballo di fine anno, >> Gli esperti, mi avevano detto che il Paradiso era il posto in cui in qualche modo vivi in uno dei tuoi migliori ricordi, evidentemente quello di Adam era il ballo di fine anno. << stavo pomiciando con questa ragazza, il suo nome era Kristen McGee, >> continuò.
<< Si, sembra davvero il Paradiso, sei arrivato in terza base? >> Chiese Dean con il suo sorriso malizioso sulle labbra, non lo vedevo da molto tempo e la sua battuta mi fece sorridere.
Sam ammonì Dean tossendo e guardandolo quasi divertito ma anche di chi ha la consapevolezza che il proprio fratello non la smette mai di scherzare, anche quando la situazione non è delle migliori. << Continua. >> Disse infine Sam incoraggiando Adam.
<< Bhè questi Angeli sono apparsi all’improvviso e mi hanno detto che sono il prescelto. >>
<< Per cosa? >> Chiese Sam incuriosito.
<< Per salvare il mondo. >>
<< E come lo farai? >> Domandò Dean.
<< Oh, sembra che io ed un Arcangelo uccideremo il Diavolo. >> Adam sembrava divertito.
<< Quale Arcangelo? >>
<< Michael, sono la sua spada, il suo tramite, qualcosa del genere, non lo so. >> Rise.
<< Bhè ma è una cosa assurda. >> Fece Dean altrettanto divertito ma anche confuso.
<< Non come sembra. >> Si intromise Castiel.
<< Cosa?>>
Gli occhi di tutti erano adesso puntati sull’Angelo dagli occhi blue che era poggiato su un’altra scrivania meno massiccia poggiata ad una parete della libreria. << Penso che vogliano sostituirti, Dean. >>
<< Ma non ha alcun senso. >>
<< Lui è figlio di John Winchester e il fratello di Sam,non è la situazione ideale, ma è possibile. >>
<< No, stai scherzando. >> Esortò Sam sempre con la sua voce profonda e diversa dal solito. <<  E perché dovrebbero farlo? >>
<< Forse hanno pensato erroneamente che Dean sarebbe stato in grado di opporsi a loro. >> Castiel sapeva tutto della fantastica idea di Dean e di come avrebbe voluto che Michael si impossessasse di lui, Castiel non lo sopportava e per fortuna non era l’unico.
<< Senti perché non vai a farti fottere?! >> Sbottò Dean guardando Castiel. L’Angelo parve sorpreso, anzi, no incerto.
<< Non è possibile, dopo tutto quello che è successo? Tutte quelle stronzate sul destino e all’improvviso gli Angeli hanno un piano B? >> Sam alzò leggermente la voce che risultò un tantino stridula. << A voi sembra normale questo? >> Gesticolò.
<< Ragazzi, è stata una riunione di famiglia davvero commovente, ma io avrei da fare, quindi… >>
Sam bloccò Adam toccandogli la spalla << No un momento, siediti, ascoltaci, per favore. >>
<< Incredibile. >> Adam tornò a sedersi sul divano sbuffando.
<< Allora Adam, >> iniziò Sam, << è chiaro che gli Angeli ti stanno mentendo, dicono sempre un mucchio di balle. >>
Adam rise. << Oh, non credo proprio. >>
<< E perché? >>
<< Perché sono Angeli. >>
<< Sai che volevano arrostire mezzo pianeta? >>
<< So che la battaglia poteva essere un tantino ardua, ma si tratta del Diavolo, giusto? Quindi dobbiamo fermarlo. >>
<< Certo, ma esiste un altro modo. >>
A quel punto Dean guardo Sam. Davvero non sembrava più credere che ci fosse un altro modo, no, non ci credeva più, darsi a Michael era l’unico modo per lui.
<< Fantastico, quale? >> Chiese Adam.
<< Stiamo lavorando sul potere dell’amore. >> Si intromise Dean sorridendo sarcasticamente.
<< E come sta andando? >>
Dean scosse la testa sempre sorridendo. << Non tanto bene. >>
<< Ascolta Adam, so che non mi conosci, me ne rendo conto, ma ti prego fidati di me. >> Disse Sam che sembrava fiducioso dal persuadere Adam dalla fiducia che riponeva negli Angeli. << Dammi un po’ di tempo. >>
<< Dammi un buon motivo. >>
<< Abbiamo lo stesso sangue. >>
<< Non hai nessun diritto di dirmelo. >>
Sospirai, il caratteraccio di Adam era perfino peggio di quello di Dean, si vedeva che erano fratelli, così mi intromisi. << Sei pur sempre il figlio di John Winchester. >>
<< No, John Winchester era uno che mi portava ad una partita di baseball una volta all’anno, io non ho un padre. Avremo anche lo stesso sangue, ma non siamo una famiglia, mia madre è la mia famiglia e se farò quello che devo fare, finalmente potrò rivederla, quindi scusate, ma l’unica che mi frega qualcosa è lei, non voi. >>
Sam annuì. << Mi sembra giusto, ma se hai solamente un ricordo bello di papà, anche uno solo, devi darci un po’ più di tempo, per favore. >>
Adam lo guardò e infine annuì a stento. << Chi è lei? >> Chiese puntando con il capo verso di me.
<< Julia Wyncestre, è praticamente nella nostra stessa situazione. >> Spiegò Sam.
<< Cos’è? Anche lei è la spada di Michael? >> Chiese Adam riluttante.
<< Molto peggio, e non lo vuoi sapere. >> Disse Sam.
Adam sorrise e scosse la testa. << Certo che… >>
<< Cosa? >>
<< Niente, lascia perdere. >>
<< Ehm…Adam? >> Lo chiamai.
<< Si? >>
<< Ti ho preparato un sandwich, è in cucina. >>
<< Grazie, ma non ho fame. >>
<< Prova a mangiare qualcosa, ti terrà in forze. >> Lo incoraggiò Dean.
Così Adam andò in cucina seguito da Castiel che però poi scomparve così senza dire nulla e rimase il piccolo Winchester solo ma ben in vista da dove eravamo noi.
<< Julia, sarai stanca, perché non vai a letto? >> Mi chiese Sam avvicinandosi e guardandomi.
<< Sto bene. >>
<< Hai fatto davvero tanto per oggi, da qui in poi ce la caveremo da soli. >>
<< Ma Adam… >>
Era ad un passo da me e così mi abbracciò. << Non preoccuparti, andrà tutto bene. >> Speravo che lo dicesse, affondai il mio viso sul suo petto coperto dalla camicia beige a quadroni rossi e lo strinsi più che potevo, non volevo staccarmi, ma effettivamente ero stanca e avevo bisogno di riposare. Cavolo, non ero certo abituata alle ore piccole come i Winchester? Così staccandomi da Sam e toccandogli una mano nel farlo, mi diressi verso le scale che salii lentamente per cercare di sentire cosa Sam e Dean si dicessero tra di loro, ma non sentii nulla, e quindi entrai nella camera da letto di Bobby, quella in cui avevo dormito per una settimana e mi fiondai letteralmente sul letto, non mi spogliai neanche perché non ne ebbi il tempo che subito caddi in un sonno profondo, ma per niente solenne. Gli incubi erano tornati a farmi visita, sognai di persone ormai zombie che risalivano dalla terra, che mi inseguivano in un campo che sembrava essere un cimitero abbandonato, avevano l’aspetto tipico degli zombie di Hollywood, e mi terrorizzavano. Cercavo di urlare, ma la voce sempre mi moriva in gola, così correvo, correvo più che potevo per cercare di salvarmi, e quando credevo di essere arrivata alla salvezza, la strada intorno e d’avanti a me diventava più lunga e più larga facendomi così correre ancora e cadere a terra per lo sfinimento. Mi svegliai di soprassalto quando lo zombie mi afferrò la gamba.
<< Ti ho svegliata? >> Per abituare gli occhi all’oscurità della stanza li battei più volte freneticamente. Sam era nella stanza appoggiato alla porta chiusa, non l’avevo sentito entrare e di certo non era stato lui a svegliarmi. Avevo il cuore che mi batteva a mille e i capelli appiccicati alla schiena sudaticcia, ricordavo di aver avuto incubi in passato, ma quest’ultimo era così reale, così vero che quando lo zombie mi aveva finalmente presa avevo perfino sentito il suo tocco viscido e le carni putrefatte sulla mia caviglia, tanto che me la controllai per vedere se avevo dei segni o qualunque altra cosa avrebbe potuto lasciare.
<< Che ore sono? >> Chiesi un po’ stonata.
<< Non ne ho idea. >> Sam aveva la voce bassa e l’espressione imbronciata sul viso.
<< Stai bene? Oh scusa, domanda stupida. >> Come poteva stare bene quando aveva appena rivisto il suo fratellastro morto? Scossi la testa e con una mano mi nascosi gli occhi.
<< Ho avuto una discussione con Dean. >> Disse tutto d’un fiato avvicinandosi a passo lento al letto. Iniziò a volteggiare su se stesso tenendosi le mani tra i capelli. 
<< Non si fida di me, pensa che in un modo o nell’altro mi trasformeranno, che Lucifero mi impossesserà e che deve essere lui a fermarmi, non Adam. >> Alzò leggermente la voce. << L’ho rinchiuso nella panic room, da li almeno non scapperà per fare qualcosa di avventato. >> Aggiunge di nuovo a voce pacata. Si fermò a guardare il mio viso che sicuramente aveva un espressione confusa. Mi misi in ginocchio sul letto e incitai Sam a sedervi.
<< Non permetterò che succeda, non permetterò che tu e Dean vi affrontiate. >> Dissi quando si sedette e si tenne la testa fra le mani.
<< Inizio a pesare che non ci sia altro modo per fermare l’Apocalisse. >>
<< Forse io posso essere un altro modo. >>
Sam si voltò a guardarmi, anche se lui era seduto e io ancora in ginocchio, la differenza di altezza era ben visibile. << Non lascerò che Lucifero ti abbia, non pensarci neanche lontanamente, non posso combattere anche con te .>>
Sospirai. << Se è l’unico modo per salvare te e tuo fratello, voglio farlo. >>
<< Julia no, ti prego. >>
Guardai i suoi occhi, erano lucidi e scuri a contrasto con l’oscurità, la luna in cielo non c’era e questo rendeva la notte ancora più buia e paurosa. << Sam, sono in debito. >>
<< Non ne vale certo la tua vita. >>
Sospirai di nuovo e poggiai una mano sulla spalla di Sam. << Magari se avrà il mio sangue Lucifero si placherà. >>
<< E’ il Diavolo, Julia. Come pensi che possa placarlo il tuo sangue? Gli darà solo più forza. >>
Non risposi, aveva ragione, però una parte di me era seriamente disposta a sacrificarsi per salvare il mondo e i due…i tre Winchester. Non avevo mai fatto nulla che poteva farmi sentire importante, e quella era la mia occasione, se la pensate in un modo alquanto macabro e perverso, certo.
Nessuno aggiunse altro, come se niente fosse successo entrambe ci stendemmo sul comodo letto matrimoniale dalle coperte a fiori e ci tenemmo stretti, il suo petto era perfino più comodo dei cuscini dei letti in casa di Bobby! Speravo di non abituarmici altrimenti non avrei saputo come fare quando e se tutto sarebbe tornato normale.
Rimanemmo l’una nelle braccia dell’altro e in silenzio per tutta la notte, entrambe svegli, vigili e totalmente immersi nei propri pensieri, ma pronti a qualunque evenienza. I muscoli delle braccia di Sam erano tesi, cercai di farglieli rilassare, ma non c’era modo. La tensione nell’aria era troppa, lui era preoccupato per i suoi fratelli, per se stesso, per il mondo intero e non potevo lasciare che si preoccupasse anche di me, era troppo da sopportare per un ragazzo di ventotto anni.
Scendemmo le scale in fretta quando sentimmo dei rumori provenire dal piano di sotto. Castiel stava sorvegliando Adam e Dean era rinchiuso nella panic room della casa, cosa poteva esserci che non andasse?
<< Adam? >> Chiamò Sam. Quando vide che Adam non era più sul divano dove l’aveva lasciato, iniziò a preoccuparsi e si guardò in torno.
<< L’hanno preso gli Angeli. >> Castiel apparve tutto d’un tratto sostenendo Dean con il proprio corpo, era ridotto male, aveva escoriazioni su tutto il viso e non si reggeva in piedi, Castiel lo poggiò sul divano sotto la finestra.
<< Cosa gli è successo? >> Chiese Sam alludendo al fratello, ma non sembrava molto preoccupato per le condizioni di Dean, chissà forse pensava che se la meritasse davvero una bella lezione. << Bhè, sono stato io. >> Ammise Castiel.
<< Come è possibile che gli Angeli abbiano preso Adam? Non gli avevi marchiato le costole? >> Chiesi forse intromettendomi un po’ troppo.
<< Certo, Adam li avrà informati. >>
<< Dove possono averlo portato? >> Chiese Sam.
Castiel scomparve e riapparve dopo solo qualche secondo. << La stanza verde, in California, hanno già portato Dean li. >>
<< California? >> Chiesi fiduciosa, forse sarei potuta tornare a San Francisco.
<< Già. >> Castiel scomparve di nuovo.
C’eravamo solo io, Sam e Dean senza sensi sul divano.
<< Julia, per favore, dovresti aprire la porta della panic room, devo mettere Dean al suo interno. >> Sam sembrava serio, troppo serio. Voleva praticamente rinchiudere suo fratello in prigione e possibilmente buttare la chiave.
<< Ok, dimmi solo dov’è. >>
<< Nel seminterrato. >>
Mi feci strada nel seminterrato, non ero mai stata li prima d’allora e di certo non sapevo che la casa di Bobby avesse una panic room, però avrei dovuto pensarci visto e considerato che l’intera casa era praticamente un santuario del sovrannaturale.
Il seminterrato era buio e le scale che stavo scendendo scricchiolavano ad ogni singolo passo, avevo paura che potessero cadere da un momento all’altro, ma non lo fecero, e riuscii a scendere fin giù sana e salva. Non c’era granché li giù. Solo tantissima polvere e una porta in ferro arrugginito posta sull’estremità della parete destra, pensai fosse la panic room e così mi avvicinai per aprirla. Notai che ai piedi della porta c’era la Trappola del Diavolo, bhè era pur sempre una panic room.
Chiamai a me tutte le mie forze per aprire quella grossa porta di ferro e finalmente un rumore secco e stridulo mi avvertì che era finalmente aperta. Il suo interno circolare era anch’esso rivestito di ferro e a terra, sul pavimento un’altra trappola del diavolo e un’altra ancora che veniva riflessa dalla ventola enorme sul soffitto, certo che erano state prese fin troppe precauzioni, però chissà, forse nell’ambito del sovrannaturale le precauzioni non sono mai troppe.
Entrai al suo interno scavalcando la piccola diversità di livellazione, notai che c’erano degli armadietti vuoti probabilmente usati per le armi, un materasso e un cuscino sporchi e al suo fianco qualche rivista a luci rosse. Mi guardai intorno incuriosita.
<< Le pareti sono rivestite in ferro e sale, così che gli spiriti e i demoni non possono attraversarla. >> Mi spiegò Sam dopo che ebbe sistemato il fratello sul materasso chiudendogli i polsi in delle manette.
Annuii sempre guadandomi intorno, Bobby era un genio. << Sei sicuro che le manette sono proprio necessarie? >> Chiesi guardando Dean svenuto su quel materasso.
<< Si, non conosci bene Dean se credi che non lo siano. >>
<< Forse hai ragione, non lo conosco. >>
Sam sorrise e poi aggiunse: << Tu vai, vai di sopra a riposare, io rimango qui e aspetto che si svegli. >>
<< Sicuro che non hai bisogno di compagnia? >>
Accennò un sorriso. << Sicuro, non preoccuparti. >>
Arrivai alla porta e quando stavo per scavalcare il piccolo scalino per ritornare nel seminterrato mi voltai e guardai Sam che a sua volta guardava Dean con espressione sconfitta. << Tu stai bene, vero? >> Chiesi una volta fuori.
<< Si, mai stato meglio. >>
Abbozzai un sorriso, ovviamente mentiva, ma cosa avrei potuto fare? Nient’altro che chiudere la porta della panic room e avviarmi di sopra per riposare ancora un po’, anche se sapevo che era letteralmente impossibile.

    << Sei sveglia? >> La voce profonda e pacata di Castiel mi svegliò da quel sonno che purtroppo era durato fin troppo poco, mi sentivo ancora stanca e stordita, cercai di mettere insieme i pezzi per capire cosa fosse successo la sera precedente e la testa iniziò a farmi male. Mi coprii gli occhi perché la luce era troppo accecante e quando finalmente si furono abituati a tutto quel sole che entrava dalla finestra, dalla porta e chissà da quale altra parte, guardai Castiel che era fermo ed immobile li d’avanti a me sempre con quel suo trench e il suo bel completo elegante e mi fissava perplesso.
<< Cosa? >> Chiesi con voce roca e stanca.
<< Dove sono Sam e Dean? >> Chiese a sua volta sempre immobile con gli occhi puntati su di me.
<< L’ultima volta che li ho visti erano nella panic room, credo siano ancora li. >>
<< Bene. >> Sparì e mi lasciò sola. Sospirai spazientita e di nuovo mi stesi sul divano sotto la finestra, ma la pace durò per poco, Sam, Dean e Castiel risalirono dal seminterrato e parlavano tra di loro animatamente, qualcosa su perché Castiel non volesse che Dean andasse con loro e Sam si.
<< Julia, tu devi restare qui, saresti solo d’intralcio. >> Affermò Castiel più che mai schietto.
<< Oh… >> Feci io, << ma in California, li vivo io, potrei tornare a San Francisco. >>
<< Non andrai da nessuna parte fin quando Lucifero non sarà morto. >> Esortò Dean che si avvicinava a me mentre mi puntava un dito contro.
<< Devo vedere se la mia famiglia sta bene. >> Affermai in torno deciso.
<< No Julia, Castiel e Dean hanno ragione, sarà meglio che tu rimanga qui, torneremo presto, te lo prometto. >> Mi disse Sam che era il più ragionevole di tutti. Con il suo tono e la sua gentilezza alla fine mi convinse.
<< E va bene, ma se viene Lucifero? >>
<< Hai le costole marchiate. >> Disse Castiel.
Sbruffai. << Va bene. >>
E prima che me ne accorgessi i tre non c’erano più, spariti nel nulla.
Non sapevo cosa fare, così accesi il computer portatile di Sam per ricercare ancora qualcosa sulla sparizione di Bobby e Alyson, ma ovviamente non trovai nulla, anche perché non sapevo cosa cercare, provai con sparizioni sovrannaturali e i risultati mi portavano a testimonianze di persone apparentemente rapite dagli alieni, così provai con semplicemente sparizioni e c’erano link ai casi federali e io non pensavo che Bobby e Alyson potessero essere stati rapiti da un vero rapitore, uno di quelli che chiede il riscatto, no, pensavo che il rapitore fosse un demone, un Angelo o magari anche un’altra di quelle mostruosità che lessi nei libri.
Non avendo più nulla da fare e non sapendo cos’altro cercare, anche se ero un po’ riluttante ad aprire la mia pagina Facebook, alla fine lo feci. Nessuna notifica, nessuna richiesta di amicizia e nessun messaggio. Era un brutto segno, cercai il nome della mia migliore amica Jessica Randolph e vidi che i suoi ultimi post risalivano a più di due settimane fa, parlava del professore pedofilo e delle ingiustizie nei confronti degli studenti, venti mi piace, dodici commenti e nessun’altra interazione. Stessa cosa nel profilo di Blair, Alyson e Kalie.
Ritornai nella homepage e ovviamente anche tutte le notizie recenti non erano state aggiornate. Era come se il mondo si fosse fermato a due settimane fa, bhè almeno il mio mondo.

Il mondo è un posto migliore quando non si conosce il suo aspetto sovrannaturale. Pubblica.

___________________

Già penso proprio che sia Angolo dell’Autrice.

Salve people! Nuovo capitolo dopo un milione di anni, finalmente. Eh già ho avuto un po’ di problemini di memoria per quanto riguarda gli avvenimenti e quindi ho dovuto praticamente riscriverlo questo capitolo. So che ci sono tantissimi dialoghi e spero di non avervi annoiato. Se vi siete annoiati però fatemelo sapere, cercherò di rimediare in qualche modo :)
Come avrete notato il dialogo tra Sam, Dean e Adam è stato preso dalla puntata Point of no Return per l’appunto e se forse trovate qualche incongruenza con i dialoghi italiani, è perché io l’ho tradotto letteralmente dalla puntata in inglese, quindi please forgive me! Ah giusto, e ovviamente l’ho riadattato per la storia.
Devo inoltre aggiungere che forse questo è l’ultimo capitolo che pubblicherò, in quanto tra dieci giorni esatti parto per l’Inghilterra dove andrò a studiare all’università è non so quando posso ritornare a scrivere. Magari ottobre? Lo spero proprio. Spero che vi mancherò almeno un pochino, ehm… no probabilmente no, ma vorrei tanto leggere le vostre opinioni riguardo gli ultimi capitoli pubblicati, ovviamente anche quelle negative sono ben accette.
Cercherò comunque di scrivere un ultimo capitolo prima di partire anche perché è mezzo completo, però senza fretta altrimenti potrebbe risultare un vero disastro :o
Sempre e comunque ricordate "Dead or Alive", anche a lei farebbero piacere le vostre opinioni ogni tanto in quanto mi chiede sempre cosa ne penso e io rispondo sempre che è mi piace come sta venendo, però non è la mia opinione quella che conta.
Thank you people! :)
See you soon <3

 

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Capitolo 12
*** Chapter 12 – It’s all about Blood and Destiny ***


Chapter 12 – It’s all about Blood and Destiny

Dopo tre giorni che mi avevano lasciata sola, finalmente Sam e Dean rientrarono dalla porta posteriore della casa di Bobby. Corsi subito dalla libreria all’ingresso tirando un respiro liberatorio. << Sam, Dean! >> Iniziai guardando entrambe. << Avreste dovuto avvisare che non sareste tornati poi così presto! >>
<< Perdonaci Julia, ci sono state delle complicazioni. >> Si scusò Sam che venne ad abbracciarmi così spontaneamente che mi sembrò essere un gesto che aveva sempre fatto, come un marito che torna a casa e bacia la moglie. A primo impatto non ricambiai perché rimasi un po’ allibita dal quel suo gesto. << L’importante è che state bene. >> Risposi infine stringendolo a me. Come era possibile che un suo semplice tocco poteva farmi dimenticare tutto? Saranno stati i suoi occhi verdi, il suo sguardo incredibilmente dolce o magari la sua gentilezza, ma per quanto ci avevo combattuto, alla fine i miei sentimenti stavano prendendo il sopravento e provare qualcosa nei confronti di Sam Winchester era a dir poco pericoloso, però al mio cuore non importava, evidentemente gli piaceva essere preso a pugnalate.
<< Stiamo bene. >> Mi assicurò Sam accarezzandomi la testa.
<< Piccioncini, se avete finito con le smancerie, magari potremo tornare a lavoro. >> Si intromise Dean.
Con riluttanza quasi visibile mi staccai da Sam guardandolo prima negli occhi, i suoi occhi che in quel momento era impenetrabili e inespressivi come non mai, così alla fine chiesi: << Ragazzi, c’è qualcosa che non mi state dicendo? >>
<< Si tratta di Adam, Julia. >> Iniziò Sam, << è rimasto nella stanza verde e sospettiamo che adesso sia il burattino degli Angeli. >>
<< Cosa? >>
<< Già proprio così, eravamo quasi salvi e quasi fuori quella maledettissima stanza, ma lui non è riuscito a seguirci ed è rimasto bloccato al suo interno proprio mentre Michael stava arrivando. >> Spiegò Dean con tono palesemente frustrato.
<< Non capisco…la stanza verde? >>
<< La stanza verde è dove gli Angeli riescono a manipolare la realtà, mi ci tennero prigioniero una volta. >> Spiegò Dean.
<< E adesso?>>
<< Adesso facciamo le cose a modo nostro, ci riprenderemo Adam, ritroveremo Castiel e uccideremo quel figlio di puttana di Lucifero. >> Concluse Dean avviandosi a passo svelto verso la libreria.
Sam fece spallucce e le sue labbra si contorsero in una smorfia di approvazione. << La cosa buona è che ha di nuovo fiducia in me. >> Evidentemente tra i due le cose si erano finalmente aggiustate. Era stato Adam ad avere il trattamento più brusco di tutti, venne a sapere che era stato resuscitato solo per trarre una trappola a Dean che avrebbe sicuramente tentato di salvarlo e avrebbe finalmente concesso all’Arcangelo di far usare il suo corpo in cambio della vita di Adam. Ma le cose non erano proprio andate come gli Angeli avevano pianificato ed adesso era Adam che era intrappolato e possibilmente anche impossessato da Michael, se un Winchester non acconsente si passa ad un altro, questa era più o meno la filosofia che gli Angeli stavano adottando negli ultimi periodi. Dean, che era andato li convinto di dire di si a Michael, aveva cambiato idea solo per non deludere Sam che aveva riposto in lui fiducia come nessun’altro aveva fatto. L’amore fraterno vinceva ancora, insomma e tutte le mie preoccupazioni erano state finalmente rimosse, adesso rimaneva solo trovare un modo per riportare Bobby e Alyson da noi, uccidere il Diavolo e finalmente il mondo avrebbe di nuovo riacquistato una parvenza di normalità. Semplice, no?
<< Facebook? >> Chiese Sam quando aprii il suo computer portatile che era poggiato sulla massiccia scrivania.
<< Si, è un social network, >> stupidamente assunsi che Sam e Dean non sapessero dell’esistenza di Facebook data la loro impegnatissima vita alla ricerca delle mostruosità del mondo. << Sono rimasta online per vedere se qualcuno dei miei contatti fosse ancora vivo, ma ho ricevuto solo un messaggio da una mia amica in Chicago e mi ha detto che si stavano preparando per la tempesta del secolo… >>
<< So cos’è Facebook, ma non pensavo che una come te avesse un profilo su questo sito, ecco tutto. E comunque mi dispiace. >>
Inarcai un sopraciglio e tentai di rendere l’espressione sul mio viso più interrogativa possibile. Una come me? E com’era una come me? Una pazza isterica, super suscettibile, fin troppo sensibile e romantica? Per quale motivo una come me non avrebbe dovuto avere un profilo Facebook? Oddio, non volevo pensarci.
Scossi la testa. << Non preoccuparti, è solo strano vedere la homepage non aggiornata. >>
<< Dovremo farci un profilo Facebook, Sam. Quanti amici ci aggiungerebbero secondo te? >> Chiese Dean sfoggiando il sorriso compiaciuto, quello delle battute.
Sam rise a sua volta. << Nessuno Dean, nessuno. Li abbiamo fatti uccidere tutti e comunque dubito che quei pochi ancora in vita abbiano un profilo qui sopra. >> Sam sembrava malinconico, avevano davvero fatto uccidere i loro amici? Come era successo? E perché? Queste erano domande a cui non avrei mai ricevuto una risposta. Non erano affari miei e per quanto fossi curiosa di sentire tutta la storia, tacqui.
<< Io vi aggiungerei. >> Dissi semplicemente intromettendomi nella conversazione con un sorriso a trentadue denti stampato sulla faccia.
<< Bene, abbiamo un amica sicura, Sammy crea il mio maledetto profilo su quel cavolo di coso, sei tu quello strano qui, sono certo che tu lo sappia fare. >>Dean si stese sul divano, incrociò le gambe e mise le braccia dietro la testa.
<< Abbiamo questioni più importanti da affrontare. >> Sam sospirò e fissai le sue labbra mentre si contraevano in un sorrisino, quel sorrisino che mise in risalto la sua fossetta sul mento e sulla guancia. Quelle labbra…volevo andare li e passargli una mano trai i suoi capelli folti per poi baciare le sue labbra così perfette, ma non lo feci. Cavolo, certe volte rimpiango di non essere più coraggiosa.
<< Promettimi che mi registrerai dopo che l’Apocalisse sarà archiviata e avremo ritrovato Bobby e Alyson, promettimelo! >> Dean ormai rideva e anche Sam, ma non capivo se intendesse davvero iscriversi o stava semplicemente prendendo in giro tutti i social network e le persone che li frequentavano.
<< Va bene Dean, va bene. >>
<< Oh Sam, scusami se ho usato il tuo computer senza il tuo permesso, è solo che era li e- >>
<< Non preoccuparti Julia, nessun problema. >> Mi sorrise e ancora una volta il mio sguardo cadde sulle due labbra, il suo mento e la sua fossetta così perfetta sulla sua perfetta guancia. Ok, me ne rendevo conto anche da sola, c’era qualcosa in me, qualcosa di incredibilmente sbagliato e perverso che mi faceva pensare, anzi immaginare le situazioni più assurde, forse si può chiamare masochismo, non lo so, però in qualche modo le miei fantasie riuscivano a colmare quel grosso vuoto in me, che ormai lo sapevo, non si sarebbe più colmato tanto facilmente, quello dell’amore. Ero troppo esigente, l’uomo perfetto credo che dovessero crearmelo su misura, ma Sam Winchester si avvicinava fin troppo.
<< Grazie. >> Dissi infine rispondendo al sorriso timidamente e sistemandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Mi mancava il mio fermacapelli azzurro e non sopportavo più quei capelli lunghi appiccicati sul collo e sulle spalle, avevo resistito più volte a prendere la forbice e tagliarli tutti, non lo feci solo perché non mi fidavo delle miei abilità da parrucchiera e ci tenevo ai miei capelli, però hey… una sforbiciata ogni tanto non guastava mica, ho già accennato al fatto che quando tutta quella storia fosse finita sarei andata subito a tagliarli? Si, penso di averlo fatto.
<< Quindi? Hai trovato qualcosa di utile riguardo Bobby e tua sorella? >> Chiese Dean che era ancora beatamente steso sul divano.
<< No niente, mi dispiace. >>
<< Ok, allora mettiamoci a lavoro. >>
Finalmente Dean alzò il culo da quel divano sotto la finestra e prese dallo scaffale destro della libreria una manciata di libri dalla copertina marrone, sembravano pesanti, però a lui non sembrava importare. Li ripose sulla scrivania dove era poggiato il computer e avvicinò una sedia dove si sedette e iniziò a leggere. << Bene, iniziamo. >>
Non sapevamo esattamente cosa cercare, e quella per me fu ancora una volta l’occasione giusta per leggere del sovrannaturale. Sott’occhio lessi dei Quattro Cavalieri dell’Apocalisse, già Morte, Carestia, Pestilenza e Guerra facevano parte anche loro del mio nuovo mondo, mi chiesi se tutte le guerre e i mali del mondo fossero dovuti proprio a loro, probabilmente si.
Voltai e rivoltai le pagine giallognole di quel libro e alla fine passai ad un altro, cavolo, ma come era possibile che non c’era nulla sulle sparizioni sovrannaturali? Stavo iniziando ad irritarmi, per fortuna c’era la mia bella birra gelata a calmarmi, mentre invece Dean preferiva lo scotch, lo chiamava il carburante dei cacciatori e in quel momento ne stava abusando.
Erano le nove e mezzo di sera quando d’un tratto un Dean un po’ troppo ubriaco iniziò ad urlare. << In questi libri non c’è nulla! Non capisco perché Bobby non li butti. >> Dean lanciò i libri su cui stava lavorando sul pavimento e alzandosi dalla sedia bevve un altro sorso di scotch dalla bottiglia.  
<< Dean perché ti sei ubriacato? >> Chiese Sam alzando la testa dal suo computer e guardando Dean spazientito.
<< Sam, lasciati andare ogni tanto! >> Dean si avvicinò alla finestra ancora con la bottiglia in mano. << Come fai ad essere così paziente dopo otto mesi di ricerche inutili, Il Diavolo vincerà questa maledetta battaglia e noi tutti arrostiremo insieme a tutto il pianeta! >> Barcollava e lentamente si avvicinò alla finestra. <>
Assistetti a tutta la scena in silenzio, mentre Sam andava in direzione del fratello per toglierli quella bottiglia dalle mani e magari riuscire a calmarlo e quando Dean, forse dovuto alla sbornia, iniziò a piangere e a blaterare qualcosa sull’Apocalisse che forse il giorno dopo non si sarebbe neanche ricordato. Quando le lacrime gli rigarono il viso, sentii una morsa al cuore, non avevo mai visto Dean piangere e sembrare così indifeso tra le braccia del fratello che lo confortava e gli diceva che tutto sarebbe andato per il meglio, la maschera dello sfrontato cacciatore dallo scudo d’acciaio si era finalmente sciolta e aveva mostrato l’uomo che si nascondeva sotto di essa, e allora mi chiesi, se Dean aveva paura di tutto quello che stava accadendo a lui e al mondo, allora cosa come sarebbe andata a finire? Saremo davvero arrostiti tutti insieme con l’intero pianeta? Come avremo… avrebbero ucciso il Diavolo e salvare tutti quando in realtà erano loro i primi ad avere così paura? E infine, come potevo essere forte quando in realtà io la maschera non la indossavo o forse non riuscivo ad indossarla?
<< Dean, meglio che adesso vai a dormire, domani ti sentirai meglio, non preoccuparti. >> Sam accarezzava la schiena del fratello mentre ancora lui era in lacrime e si nascondeva la faccia tra le mani come per non farsi vedere. Era visibile però il fatto che quella non era la prima volta che Sam si occupava di Dean, Dean era l’unica cosa più vicina ad una famiglia che aveva e si sa, non si può scegliere la famiglia. Certo, potevano anche essere poveri economicamente, ma penso di non aver mai conosciuto delle persone così ricche di animo come i due fratelli Winchester. L’amore fraterno che provavano l’uno nei confronti dell’altro si vedeva sempre ed in ogni gesto che compivano, quando parlavano e si capivano con un solo sguardo, perfino quando Dean cantava e Sam lo sopportava, non sapevo se anche per me e Alyson era lo stesso, forse si o forse no, però Sam e Dean ce l’avevano ed era una cosa davvero…bellissima.
<< Sammy… >>
<< Shhh…Non aggiungere altro. >> Sam iniziò a camminare sostenendo il fratello circondandolo con un braccio intorno il bacino e dirigendosi verso le scale di casa di Bobby.
Quando Dean e Sam erano ormai saliti di sopra, il piano inferiore della casa divenne fin troppo tranquillo da risultare spaventoso, così decisi di andare a vedere se Dean stesse bene, seguendoli.
Le ombre che si riflettevano grazie alla luce gialla della libreria negli spazi scuri della casa, mi inquietavano e io non volevo rimanere ancora sola, le tre notti precedenti avevo dormito sul divano della libreria con un fucile sotto il cuscino, un pugnale sul davanzale e una pistola al fianco, ero terrificata dal restare sola in quella casa. Cosa sarebbe successo se Lucifero o altri demoni mi avrebbero trovata? Le mie abilità con le armi da fuoco non erano di certo migliorate, però avere tutte quelle armi vicino a me mi avevano fatta sentire al sicuro, oddio, non volevo vivere con la paura di rimanere sola, però in tempi apocalittici, forse era normale. 
Avevamo letteralmente preso d’assalto quella casa, ci dormivamo ormai da quasi tre settimane, però sono sicura che Bobby ci avrebbe ringraziato e soprattutto avrebbe ringraziato me quando avrebbe visto la pulizia che ora regnava non solo in cucina, ma anche nelle due stanze da letto e nei bagni. Mi ero data da fare per donare un aspetto vivibile a quella casa che sembrava essere usata solo per ricerche e per creare pozioni. Mi resi conto, mentre rassettavo un po’ da per tutto, che mancava letteralmente il tocco femminile che però aveva sicuramente avuto, date le lenzuola con i fiori e le cornici sparse un po’ da per tutto al secondo piano. La moglie di Bobby appariva essere una donna davvero deliziosa in quelle foto che erano nella loro stanza da letto, aveva i capelli biondi corti e sembrava davvero felice con lui mentre la stringeva e l’alzava in aria, entrambe sorridevano e guardavano verso l’obbiettivo della macchina fotografica. Era strano vederla e dare finalmente un volto a quella donna che fu uccisa dal suo stesso marito perché impossessata da un demone. Per quanto riguarda Bobby, bhè dalle fotografie non era proprio come l’avevo immaginato, aveva una lunga barba folta brizzolata e portava spesso un cappellino, notai però che quando era con la sua donna, vestiva meglio e sembrava anche più pulito, che cosa non si fa per le donne.
<< Sta bene? >> Chiesi a Sam una volta che lo abbi raggiunto. Era poggiato nell’arcata della porta e guardava suo fratello steso sul letto matrimoniale di Bobby.
<< Domani starà meglio. >> Affermò sospirando.
Annuii senza aggiungere altro e altrettanto fece lui, però poi si voltò verso di me, avanzò di due passi, mi guardò dall’alto verso il basso e mi sfiorò una spalla col tocco gentile del dorso della mano, mi scansai.
<< Tu stai bene? >> Mi chiese mentre ancora provava ad accarezzarmi la mia spalla nuda, indossavo un top nero costato due dollari che comprai quando Dean mi aveva lasciata al supermercato per fare “un po’ di rifornimento per la cucina”, intendeva dire birre.
<< C-credo di si. >> La luce soffusa del piccolo lume sul comodino della stanza da letto, donava a noi fuori il corridoio un’atmosfera soffusa e fin troppo scura, però c’era lui con me, non avevo paura. Al secondo tentativo, riuscì ad accarezzarmi la spalla, poi con il palmo della mano mi sfiorò gentilmente tutto il braccio arrivando infine alla mano, che prese e se la portò al petto.
<< Grazie Julia. >> Sussurrò, la sua voce era così bassa che appena potevo sentirlo.
Ero confusa e quindi inarcai il sopraciglio. <> Chiesi a voce un po’ troppo alta.
<< Per essere entrata nella mia vita, l’hai resa migliore in qualche modo. >>
Riuscii solo a dire: << Oh… >>
<< So che probabilmente per te non è lo stesso, insomma chi è che vorrebbe entrare nelle nostre vite, però, quando tu sei intorno è come se il resto non ci fosse… >>
Che cosa voleva dimostrare? Anzi, cosa voleva farmi capire? Buon Dio! Come se la mia testa non era già abbastanza confusa!
Non risposi, non sapevo cosa dire, che c
osa provavo? Mi sentivo estranea a tutto quello che mi stava accadendo, erano nuove sensazioni quelle che provavo, belle, credo ma sapevo che non sarebbe durato, come avrebbe potuto? Ma il masochismo il quel momento mi faceva comodo, avevo bisogno di lui, di due braccia che mi tenessero stretta e che mi facessero dimenticare del mondo intero, del calore di un corpo contro il mio, e della sensazione di pura confusione e momentanea pace che solo Sam era stato in grado di farmi provare.  
Di nuovo attirandomi a lui per la nuca posò le labbra sulle mie dischiudendole in un bacio. Quando il calore del suo corpo orami aderiva al mio, lo avvicinai di più, stringendolo, dopodiché lui fece diventare quel bacio innocente un bacio passionale ed energico lasciandomi quasi senza fiato. Non riuscivo a ragionare, non riuscivo a pensare cose sensate, i suoi baci avevano il potere di farmi diventare un imbecille e probabilmente apparivo così anche ai suoi occhi, ma perché mi sorrideva? Perché non riuscivo a togliere lo sguardo dai suoi occhi verdi? Perché tutto questo? Mi scrutava in viso, cercava qualcosa nei miei occhi, nei mie capelli, nelle mie labbra, e così cercando di non sembrare inopportuna mi avvicinai al suo viso, gli passai una mano tra i capelli spostandogli dal viso quelle ciocche che andavano a coprirgli gli occhi, dopodiché gli mordicchiai il labbro inferiore. Parve apprezzare e fece lo stesso con me, mi sfiorò la coscia e gli saltai in grembo, le punte dei miei piedi iniziavano a farmi male e stare così tra le sue braccia, era un sollievo ben accetto.

Quanto deve essere forte per sostenermi così saldamente?  Fu l’unico pensiero sensato che mi passò per la mia mente prima di lasciarmi avvolgere dal suo odore, dalle sue braccia e dai suoi baci che riempivano mente e corpo.
Mi poggiò con la schiena al muro mi bloccò le mani alla parete strette tra le sue e mi guardò, il suo sorriso malizioso, quello che fino a quel momento avevo visto solo sul viso del fratello, faceva capire chiaramente dove volesse arrivare. Il senso di pace, risultato dei nostri corpi uniti, mi era mancato e ne avevo bisogno, chiamatelo pure un bisogno primitivo, io ce l’avevo ed era li pronto ad esplodere. Senza rendermene conto dissi: << Prendimi, Sam. >>
Lui sorrise ancora maliziosamente, mi staccò dalla parete e tenendomi per i glutei mi trasportò nell’altra unica stanza libera, ero avvinghiata a lui come una scimmia ad un albero e persa tra i suoi e i miei capelli che mi coprivano la faccia e il suo collo, gli baciai continuamente la carotide e prima che me ne potessi accorgere, lui mi fece cadere sul letto e sbottonandosi la camicia blue e grigia, scoprì lo spettacolo che era il suo corpo perfetto e possente lasciando così che i miei occhi si riabituassero a così tanta perfezione e dopodiché si stese su di me facendo leva sui suoi gomiti in modo da non schiacciarmi, bhè non era colpa mia se lui era un gigante e io ero una nana.
Iniziò col baciarmi il collo, il seno e l’addome, dopodiché scese tra le mie gambe e mi sfilò i jeans, e quando lo sentii, ancora una volta, pronto contro la mia gamba, mi lasciai completamente trasportare da quella meravigliosa sensazione di pace e confusione che ormai regnava quasi sovrana nella mia non più sana mente.
Quella notte fu la seconda che passammo insieme.

    Ero stesa con Sam in quel letto ad una piazza e mezzo forse un po’ troppo piccolo per due persone, ma che però noi ci stavamo alla perfezione, in quanto con quasi tutta me stessa ero adagiata sul suo corpo nudo e nonostante il caldo afoso, non sembrava gli importasse, anzi, di tanto in tanto mi baciava la testa e io d’istinto lo abbracciavo più forte, stringendo le sue larghe e possenti spalle e sprofondando con il mio viso nel suo petto liscio accarezzandolo con una guancia.
<< Ah, Julia? >> Disse d’un tratto cercando il mio viso sul suo petto.
<< Si? >>
Cacciò il braccio da sotto il lenzuolo e dal polso ne estrasse il mio fermacapelli. << Credo che questo appartenga a te. >> Disse passandomelo.
Mi alzai a sedere sul letto, lasciando cadere il lenzuolo, coprirsi era inutile, ormai lo conosceva già il mio corpo. << Il mio fermacapelli! Pensavo di averlo perso, grazie. >> Lo ringraziai con un sorriso e subito mi accinsi a farmi la coda alta per alzare finalmente quella lunga massa marrone dalla mia schiena che era sudaticcia e appiccicosa grazie proprio ai miei capelli.
<< No, lasciali sciolti. >> Disse Sam sfiorandomi un braccio con un gesto gentile che mi lasciò un po’ sorpresa, non replicai, non dissi nulla, lo guardai forse con gli occhi sgranati e con espressione confusa, ma alla fine gli ubbidii, lasciai i capelli sciolti sulla schiena, lui mi attirò a se facendomi stendere di nuovo sul suo petto e iniziò ad accarezzarmi i capelli.

Non toccarmi. Perché mi accarezzi i capelli? Quei sentimenti contrastanti erano tornati più forti che mai e la paura di innamorarmi era troppa…rischiare la mia vita per amore, non ero così tanto coraggiosa. Però cavolo! Sam era quasi diventato una dolce ossessione per i miei sensi, mi stavo perdendo in lui e ritrovarmi risultava ogni giorno più difficile.
Quasi stavo soffocando, quasi non ne potevo più di lottare con la mia testa e il mio cuore che mi stavo alzando, ma Dean spalancò la porta della stanza facendomi sussultare. << Oh, no, non di nuovo! >> Il lenzuolo che adesso copriva solo Sam, lasciava scoperta gran parte del mio corpo, mi affrettai a tirarlo un po’ più dalla mia parte e riuscii a coprirmi, mi sentii avvampare e cercai di coprire il rossore sulle mie guance con i capelli. << Non posso credere che io sia l’unico a non avere un po’ di azione da queste parti! >> Disse infine sospirando e lasciando cadere le braccia lungo il corpo. Quella sua espressione, avere un po’ di azione, mi fece ridacchiare sotto i baffi, ma lui non vide, avevo i capelli che mi coprivano praticamente tutto il viso.
<< Dean, stai bene? >> Chiese Sam mentre si stropicciava gli occhi.
<< Certo, mai stato meglio, forza dobbiamo tornare a lavoro! >>
Non ricordava nulla della sera precedente o forse si, ma adesso indossava di nuovo la maschera e riusciva perfettamente a nasconderlo.
Sam fece per alzarsi dal letto ma Dean lo bloccò puntandogli il palmo della mano contro. << Non provarci neanche, aspetta almeno che esca dalla stanza, ho già visto troppo. >>
<< Hai già visto troppo. >> Gli feci eco e poi uscì scuotendo la testa e sospirando.
<< Bella carrozzeria che hai, Juls! >> Gridò Dean dal corridoio. Ed ecco che il mio viso divenne di nuovo paonazzo.
<< Perdonalo. >> Disse Sam sorridendo e posando lo sguardo su di me, mi dava le spalle perché era seduto e pronto ad alzarsi quindi fu costretto a voltare il volto che appariva un po’ arrossato e i suoi occhi verdi erano ridotti a fessure, forse per la luce del giorno che entrava incurante dalle due finestre sulla parete alla destra del letto, così forte e così calda che mi fece sudare al solo sguardo. << Non preoccuparti, non puoi scusare Dean per quello che fa, è fatto così. >> Affermai facendo spallucce e ricambiando al sorriso, dopodiché raccolsi il reggiseno e gli slip dal pavimento e li indossai più velocemente possibile per nascondere la mia bella carrozzeria. << Ti dispiace se vi raggiungo dopo? Ho davvero bisogno di una doccia. >> Sam assentì con un cenno del capo.
Ma che diavolo stavo facendo? Stavo mica comportandomi come la fidanzatina dolce e simpatica? Si, era proprio quello che stavo facendo e mentre mi facevo strada per arrivare nel bagno che per fortuna si trovava nella stanza, mi sentii una cretina e mi diedi della stupida almeno una decina di volte. Chiusi la porta alle mie spalle e volli sprofondare sotto terra e nascondermi dai due Winchester solo per non affrontarli.
Entrai nella doccia e lasciai scorrere l’acqua fredda, dopo mi ci buttai sotto di soppiatto, c’era tutto in quel bagno, grazie a me ovviamente, che con i soldi di Dean e Sam avevo comprato lo shampoo, bagno schiuma e perfino il balsamo, certo usare i loro soldi mi dava ancora fastidio, però hey… almeno adesso avevamo qualcosa con cui lavarci, cosa da non tralasciare soprattutto il mese di Giugno.
I due fratelli usavano il bagno che si trovava nell’altra stanza da letto, in quanto era l’unico, insieme a quello in cui mi trovavo io, che avevo pulito e rassettato, non esplorai il resto della casa di Bobby, ma ero sicura che c’era almeno un altro bagno nascosto chissà dove.
La doccia mi riportò alla vita. Mi rivestii e uscii dal bagno. Nella stanza non trovai più Sam, ma solo le lenzuola sparse per terra e un cuscino lasciato sul pavimento di legno. Sospirai e mi diedi da fare per rifare il letto. Una volta fatto, scesi di sotto, ma non c’era nessuno, la casa sembrava deserta, però c’erano delle voci che provenivano dal retro, così le seguii e la prima cosa che vidi fu fuoco, un cerchio di fuoco con all’interno un uomo che non avevo mai visto. Era leggermente più basso di Dean, portava i capelli più o meno lunghi chiari e pettinati all’indietro. Guardava Sam, Dean e Castiel con espressione spazientita, rimasi a guardare cercando di non farmi vedere.
<< Vi ho detto che non so nulla.>> Affermò l’uomo senza nome.
<< Gabriel, non mentire…ripeto, sei stato tu a far sparire Bobby Singer e Alyson Wyncestre? >> Chiese Castiel più pacatamente possibile. Evidentemente il problema numero uno sulla lista dei problemi da risolvere, adesso era riportare a casa Bobby e Alyson. Per me andava bene, ma comunque avremo dovuto far i conti con la fine del mondo prima o poi, ma hey… il mio motto era sempre stato “perché fare le cose adesso quando le puoi fare dopo?”. E funzionava sempre alla perfezione.
<< Sono ordini superiori. >> Disse Gabriel sorridendo. Gabriel come in Arcangelo Gabriel? Bhè sarebbe stato logico, c’era l’Arcangelo Michael, Lucifero e perché no, anche l’altro fratello ora!
<< Purtroppo non possiamo fare altro. >> Castiel si rivolse a Sam e Dean che erano alle loro spalle.
<< Bastardo. >> Disse Dean quasi sussurrando.
<< Mi dispiace Winchester. >> Gabriel ammiccò con un sorrisetto compiaciuto sul viso.
<< Mi piacevi di più quando facevi il Trickster. >> Ammise Sam.
I Trickster, esseri divini o semi divini, erano capaci di manipolare la realtà a loro piacimento e far apparire oggetti dal nulla. Attratti dai dolciumi e dalle belle donne, potevano essere uccisi solo intingendo un paletto di frassino nel sangue di agnello. Bhè si, i libri esoterici che stavo leggendo davano i loro frutti. Ma Gabriel era un Arcangelo e quindi cosa diavolo c’entrava con i Trickster? Bene, l’emicrania a prima mattina era proprio quello che mi serviva.
<< Già, devi ammettere che era più divertente, però il dovere chiama. >> Gabriel sospirò e poi aggiunse: << ricordate quello che vi dissi in quella vecchia fabbrica abbandonata? Non voglio sembrare quello petulante, ma voi siete nati per questo,così come è in Cielo, così è in Terra. N
on si tratta di una guerra, capite? Ma di due fratelli che si amavano e che si sono traditi l’un l’altro: Michael e Lucifero. Suona familiare? Michael, il fratello maggiore, sempre leale e fedele al padre assente; e Lucifero, il fratello minore, che si ribella ai progetti del padre, voglio solo che tutto questo finisca, non mi importa che vince, Paradiso o Infe- >> Dean bloccò Gabriel urlandogli contro. << L’abbiamo già sentito! >> Sbottò. << E io ripeto, no. >>
Gabriel scosse la testa. << In un modo o nell’altro Michael e Lucifero riusciranno a usare i vostri corpi- >>
<< Gli Angeli potrebbero avere un piano B. >> Aggiunse Dean in tono furioso.
<< Ah, di questo non ne ero a conoscenza, di cosa si tratta? >> I modi di fare di Gabriel, superavano di gran lunga la strafottenza e la sfrontatezza totale di Dean, però lui in qualche modo mi era simpatico, per quanto simpatico può essere un Arcangelo ad un umana.
<< Se non sbaglio siamo stati noi i primi a chiederti qualcosa. >> Disse Sam, anche lui sembrava furioso, forse più di Dean. Tutto il suo viso era contratto in un espressione cupa e rabbiosa che era capace di ridurre a piccole fessure i suoi occhi e quasi incuteva timore.
<< Dov’è mia sorella? >> Urlai e facendomi finalmente vedere.
<< E tu chi sei? >> Gabriel parve sorpreso.
<< Sono colei che tuo fratello ha chiamato Angelo di Lucifero. >>
Gabriel annuì interessato sfregandosi il mento. << Ah, giusto, l’altra Wyncestre. >>
<< Proprio così. >>
<< Lascia perdere Julia, non ci dirà nulla.>> Sam mi prese per un braccio e mi fece indietreggiare, ma io mi ribellai. << Dici a Lucifero che se servirà a salvare i Winchester e mia sorella sarò ben contenta di accettare la sua offerta. >> Gabriel mi guardò sorpreso, Sam disse che dovevo star zitta e prima che tutti ce ne potessimo accorgere, Lucifero e Blair si erano materializzati al fianco del cerchio di fuoco in cui si trovava Gabriel e l’unica cosa che mi venne in mente in quel momento fu, perché gli Angeli hanno paura del fuoco?
<< Le mie orecchie sono in festa. >> Il viso di Lucifero, bhè quello del suo tramite, era peggiorato dall’ultima volta che lo vidi, quelle escoriazioni si erano estese per quasi tutta la parte alta e adesso si stavano facendo strada sulla parte inferiore.
<< Cosa mi farai? >> Chiesi con voce un po’ stridula dovuta alla paura.
<< Julia, adesso basta. >> Sam tentò di nuovo di prendermi per il braccio, ma di nuovo mi ribellai, se c’era un modo per sdebitarmi di tutto quello che avevano fatto per me allora era quello, farmi dissanguare da Lucifero, farmi possedere, andava bene, purché avrebbe dato più tempo ai Winchester per trovare un modo meno pericoloso per uccidere il Diavolo.
<< Sam, dovresti prendere la tua amichetta come esempio, dopo che avrò dissanguato lei, sarò capace di farti dire di si in un batter d’occhio. >>
<< Non provare a toccarla. >>
<< Altrimenti? >>
Sam non rispose.
<< Sam… >> Disse Dean in un tono vocale che non avevo mai sentito prima d’ora, era così basso e pacato che si sentiva perfettamente la sua preoccupazione e la paura.
<< Bene, Blair prendila così che potremo iniziare. >> Blair sparì dal fianco di Lucifero e si materializzò al mio, mi bloccò per le braccia e prima che potesse fare qualunque cosa, Dean le sparò alla spalla e lei sparì. Da dove aveva preso quel fucile, non lo sapevo, però gli fui grata. D’un tratto non mi importò più di Blair, so che forse è un pensiero egoista, ma ne valeva la mia vita.
Gabriel d’un tratto libero dal cerchio di fuoco, corse vicino a Dean e gli diede qualcosa che non riuscii bene a vedere, dopodiché alzò entrambe le mani e scaraventò il fratello a terra facendolo fluttuare in aria per una decina di metri.
<< Hey Lucy! >> Lo chiamò con un sorriso stampato sul volto. << Non dissanguerai, ne ti impossesserai di nessuno, finché non lo dico io. >> Disse mentre la sua voce si faceva impavida e più profonda.
Mentre Gabriel teneva a bada Lucifero, corremmo verso l’interno della casa di Bobby e ci chiudemmo dentro, certo non sarebbe servito a molto soprattutto contro due Angeli, però era pur sempre qualcosa. Sentivo la tensione che cresceva tra tutti noi e quella fu la prima volta che vidi un’espressione preoccupata sul volto di Castiel, i suoi grandi occhi blue erano sgranati e guardavano oltre le finestre come in cerca di qualcosa, ma che non riuscivano a trovarla. Fuori il giardino di casa Singer c’erano Lucifero e Gabriel che stavano apparentemente parlando, ma sapevamo tutti che così non sarebbe finita. Di fatti, dopo qualche minuto che la situazione sembrava ormai essere sotto controllo, udii un urlo di dolore e mi coprii le orecchie e chiusi gli occhi, non volevo sapere chi aveva emesso quell’urlo, non volevo vedere oltre le finestre per scoprire se Lucifero era finalmente morto, volevo solo riaprire gli occhi e ritrovarmi a casa circondata dalla mia giornaliera normalità e si, anche circondata da enormi libri andava bene, ma non fu così. Riaprii gli occhi ed ero ancora a casa di Bobby e prima che potessi, sentire o vedere qualunque cosa, Lucifero era li di fronte a me e mi guardava con espressione maligna negli occhi. Blair, ritornata da chissà dove, aveva bloccato Sam e Dean alla parete come fece nel motel in Casper, non riuscii a vedere Castiel.
<< Devo ammetterlo, l’incantesimo anti-angelo stava funzionando alla perfezione se non avreste portato qui mio fratello, dovreste saperlo, no? Un fratello sa sempre dove si trova l’altro. >>
<< Bastardo, non la toccare! >> Urlò Sam dal muro della cucina.
<< Ah…tutta quella rabbia, bene Sam, bene. >>
Lucifero mi sfiorò appena una spalla e dopo qualche secondo, mi resi conto di essere in una stanza buia e urlai mente lui camminava a passo lento al mio fianco. << Oddio, sei insopportabile! >> Sbottò Lucifero in tono che mi sembrò ironico.
<< No! >> Urlai. << Non ti do il permesso di prendere il mio sangue. >>
<< Oh, ma già me l’hai dato! >> Detto questo, prese un pugnale che si trovava sul tavolino dietro di lui e venne verso di me senza staccarmi gli occhi di dosso, sarà che forse quel corpo era impossessato dal Re degli inferi, però il suo viso era così scuro e scavato che sembrava realmente un demone.
Col pugnale mi ferì il braccio destro nell’esatto punto in cui avevo la ferita ormai cicatrizzata inflittami quel tipo infettato dal virus Croatoan a San Francisco due settimane fa, e da allora sembrava essere passata un’eternità. Urlai per il dolore e forse lasciai anche che una lacrima mi rigasse il viso, ma no, questa volta non volevo piangere. Bloccai la ferita con una mano per non farla sanguinare, ma il sangue era troppo ed era impossibile contenerlo. Lucifero mi guardò con una falsa espressione compassionevole e mi spostò la mano dal braccio ferito, toccò il sangue con due dita e guardandole compiaciute, se le portò alla bocca.
<< Non immagini quanto sangue ho dovuto bere per tenere integro questo tramite, ma il tuo…oh il tuo ha tutt’altro sapore, due gocce e già sento il potere crescere dentro di me. >> Sembrava estasiato mentre leccava quelle due dita intinse del mio sangue.
Non sapevo cosa dire, stavo li a guardare il Re degli Inferi mentre leccava il mio sangue dalle sue dita e mente mi teneva eretto il braccio sinistro che mi stava provocando un dolore lancinante. Mi mordevo il labbro e cercavo di rimanere immobile pensando a qualche modo per far perdere i sensi al Diavolo, ma non mi venne nulla di sensato in mente. Dargli un pugno con il braccio libero, sarebbe stato stupido e l’avrebbe fatto solo infuriare, tra l’altro non sapevo quanto male potessero fare i miei pugni in quanto non ero allenata, non c’era nulla con cui tramortirlo e di certo prendere un pugnale da quel tavolino li dietro di lui non sembrava una bella idea, quindi rimasi li impalata a soffrire mentre lui mancava poco che leccasse il mio braccio invece delle dita.
Ero disgustata a vederlo, vedere il suo volto così malridotto era già abbastanza da sopportare per i miei occhi, ma vederlo bere il mio sangue, quello era davvero troppo.
<< Così non basta, non finiremo mai. >> Con un colpo secco affondò il pugnale dentro la ferita, urlai dal dolore tanto che le gambe mi cedettero e caddi in ginocchio. Lucifero che aveva ancora in mano il pugnale, e guardandomi dall’alto verso il basso lo affondò nella parte opposta della ferita provocandomi un altro enorme e profondo graffio. Il sangue ormai aveva invaso tutto il braccio e la mano e questa volta Lucifero se lo portò alla bocca, ma non lo leccò, il sangue gli cadeva perfettamente all’interno.
Iniziai a piangere, non riuscii a trattenermi, il dolore era troppo forte. << Uccidimi! >> Urlai. << Cosa aspetti, fallo, fallo, fallo! >>
<< Magari fosse così facile, mia cara. >>
<< Uccidimi… >> Lo dissi quasi sussurrando, mente le lacrime prendevano il possesso della mia voce facendola risultare rauca e bassa.
<< Ah Julia, Julia. >> Lucifero alzò il pugnale al cielo e con un gesto violento mi provocò un’altra ferita sulla spalla destra e in pochissimo tempo il braccio divenne rosso come quello sinistro. Il sangue scorreva a fiotti e il mio corpo non riusciva più a sopportare tutto quel fluido che fuoriusciva, mi girava la testa, avevo la vista offuscata e mi sentivo venir meno.
Lucifero era ancora li che faceva graffietti superficiali sulle mie braccia e leccava di tanto in tanto il pugnale luccicante alla luce fioca di quella stanza, mi sentivo meglio, ma non bene. I due profondi graffi avevano smesso di sanguinare, ma non smettevano di provocarmi un dolore lancinante. Mi accorsi che ero stesa al centro della stanza e al mio fianco, seduto su una sedia, il Diavolo, che sembrava essere felice come non mai.
<< Devo ringraziare Genevieve, non appena la rivedo. >> Iniziò, << senza di lei, la tua stirpe non sarebbe mai esistita e io non avrei mai assaggiato il tuo sangue. >>
<< Genevieve, la mia antenata… >> Fu tutto quello che riuscii a dire, ero troppo debole.
<< Eh si, la tua antenata mia dolce Julia Wyncestre. Perfino il cognome è simile a quello dei Winchester, non credi sia semplicemente fantastico? Tutto così perfetto, tutto così come voleva il destino. >> Aveva il pugnale in mano e lo fece luccicare alla luce del sole che entrava da una piccola finestra posta sulla parete estrema della stanza. << Tu credi nel destino, Julia? >> Mi chiese d’un tratto guardandomi.
<< Sono tutte stronzate. >> Stavo cercando di alzarmi, di recuperare la forza nelle gambe per mettermi almeno a sedere, ma non ci riuscii.
<< Dovresti crederci, Genevieve era molto simile a te non solo fisicamente ma anche caratterialmente, sai? Determinata ma allo stesso fragile. >> Mi sorrise malignamente e con un gesto della mano alzò il top nero che indossavo e iniziò a graffiare il mio addome con la punta di quel maledetto pugnale. Urlai ancora.
<< Come potevi conoscerla? >> Chiesi a mezza voce.
<< Come non potevo conoscerla? Ne parlavano tutti li giù, nonostante fossi chiuso nella mia gabbia, sentivo tutto. Ingravidata da un demone, fu la prima volta che accadde e per noi era considerato un vero miracolo. >>
<< Non dovresti parlare di miracoli. >> Lo ammonii.
<< Ah giusto, paparino è lui che fa i miracoli. >> Sospirò e poi alzò lo sguardo scuotendo la testa e poi aggiunse, << posso almeno dargli il merito per aver permesso che Sam venisse al mondo, senza di lui quante cose non sarebbero potute succedere. >>
<< Che cosa intendi? >>
<< Bhè come prima cosa, non si sarebbe fidato mai di una bella demone la cui intenzione era solo liberare me e secondo tutto l’esercito di demoni che Azazel stava preparando per lui sarebbe stato inutile. >>

Non fui capace di replicare che Lucifero iniziò a blaterare qualcosa su Detroit ed un eventuale incontro, non sapevo di cosa parlava e non volevo saperlo, mi incitava a parlare, a rispondere, ma non dissi una parola, lo guardavo con la vista offuscata e la testa che mi rimbombava.
Mi guardava ancora con la sua falsa espressione compassionevole e senza aggiungere altro, mi pugnalò all’addome, fu quello il momento in cui capii che sarei morta dissanguata.

____________________________

Angolo dell’autrice

Eh si, penso proprio che questo sia l’ultimo. Tra cinque giorni parto e credo che mi devo dedicare un po’ alle ultime cosucce da fare. Mi dispiace lasciarvi così, ma don’t worry, tornerò. Massimo fine ottobre e pubblico il capitolo successivo. Quindi colgo l’occasione per ringraziare tutti coloro che sono arrivati a leggere fin qui e tutti coloro che lo faranno, tutti coloro che mi hanno lasciato le proprie opinioni e perplessità, già perplessità perché alcuni di voi hanno notato le incongruenze tra questa e la storia di mia sorella, bhè tutto quello che posso dire è che abbiamo grandi progetti per entrambe le storie, haha oddio, siamo pazze! :) Però hey, c’è gente almeno un po’ pazza come noi perché ci leggono… mi sento meglio u.u
Bhè per quanto riguarda questo capitolo, penso sia l’ultimo che si rifarà un po’ al telefilm vero e proprio, si perché voglio continuare con la mia immaginazione e non voglio essere per niente forzata a scrivere cose già viste o scritte. La storia è un What if? Proprio per questo, cosa sarebbe successo se… Quindi non so, spero che non vi annoierò in futuro e spero che non vi ho annoiato fino ad ora. Ringrazio già tutti coloro che mi scriveranno qualche recensione perché non so quando sarò in grado di rispondere.
Grazie, grazie, grazie.

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Capitolo 13
*** Chapter 13 - From Hell, with Love ***


Chapter 13 – From Hell, with Love

     Non ero morta, ma non mi sentivo neanche viva. Avevo tutto il corpo dolorante e non riuscivo a muovermi. Non capivo dove mi trovassi, ma di certo non ero più in quella stanza buia con il Diavolo. La stanza in cui mi trovavo era arredata in stile moderno, il nero, il bianco e il rosso erano i colori che prevalevano, c’era un luce bianca artificiale che la illuminava tutta, voltai leggermente la testa per capire che si trattava di un lume poggiato su un comodino di fianco al letto, quello dove mi trovavo sembrava essere un motel, o forse un hotel dato l’arredamento nuovo e nessuna puzza di piedi, e se quello era davvero un hotel, allora i fratelli Winchester sicuramente non erano da quelle parti.
Iniziai a preoccuparmi e ad un tratto la paura mi assalì. Chi mi aveva portata in quel posto? Speravo non fosse stato lo stesso Lucifero, ma per quale motivo?
Volevo muovermi, ma proprio non ci riuscivo, era come se qualcuno mi avesse legata e incollata a quel letto, che pur essendo comodo, stava iniziando a diventare insopportabile essere ferma li e non capire bene la situazione in cui mi trovavo, chiamai aiuto, ma nessuno rispose, ci riprovai, ma nulla. Tentai di alzarmi per mettermi a sedere, lentamente e scoprii che ero vestita solo del mio intimo, mutandine nere e reggiseno abbinato e avevo la parte bassa dell’addome fasciata, stesso con le braccia. Non vidi i miei vestiti da nessuna parte, la stanza sembrava essere pulita e fin troppo ordinata, nessun segno delle sacche verdi dei ragazzi e nessun segno dell’immancabile frigorifero portatile azzurro. Un’idea terrificante mi balenò in mente, qualcuno mi aveva rapita, curata, stuprata e lasciata li a marcire e anche a pagare la stanza di quell’hotel… ok guardo troppi film, però a quel punto mi chiesi se i film potessero mai eguagliare quello che mi stava succedendo, probabilmente no.
Quando finalmente riuscii ad alzarmi, tra gemiti di dolore e imprecazioni varie, non cambiò nulla. La stanza era sempre la stessa, vuota e moderna. Chiamai di nuovo aiuto e prima che potessi finire la frase, notai che sul comodino dove era posizionato il lume, c’era una pistola, mi sporsi e subito la presi tra le mani. Quella pistola l’avevo già vista, era la pistola di Dean, quella col calcio bianco. Era un buon segno, voleva dire che Dean era stato li, ma ora dov’era? Forse stavo preoccupandomi per nulla, forse i due fratelli avevano racimolato qualche soldo e adesso potevano permettersi un hotel a qualche stella in più del normale e forse erano fuori a prendere la cena.
Mi stesi di nuovo sul letto, l’addome mi faceva male, davvero male.

Designer Inn Suites, Toledo Iowa, USA. Così diceva un biglietto da visita che si trovava nel cassetto del comodino, Iowa, quindi non più South Dakota e quindi non più casa di Bobby. Iowa e quindi sulla strada per Detroit. Che diavolo c’entrava Detroit adesso? Se davvero i Winchester erano fuori e sarebbero rientrati, avrebbero dovuto raccontarmi tutta la maledetta storia per filo e per segno, non ne potevo più di sapere le cose a metà, ormai ero dentro fino al collo e quindi volevo sapere tutto, non c’era nessuno scopo a tenermi segrete le cose.
La mia vita era cambiata, cambiata per sempre e per quanto difficile era da accettare, quella era la mia nuova schifosissima realtà.
<< Fanculo! >> Imprecai ad alta voce al nulla. Non credo che il soffitto della stanza potesse sentirmi, ma me la presi con lui…mi sfogai contro il soffitto, quale persona sana di mente lo farebbe? Quando mi resi conto di quello che stavo facendo, scossi la testa e mi coprii gli occhi con una mano, non potevo dare di matto proprio adesso
Toccai il mio bacino dolorante e notai che era bagnato, iniziava a sanguinare. Alzandomi, forse troppo violentemente per mettermi a sedere, il dolore aumentò e subito cercai di sciogliere la fasciatura per vedere la ferita. Non l’avessi mai fatto.
Si trattava di una ferita lunga una quindicina di centimetri dalla quale fuoruscivano piccole gocce rosse che si andavano a riversare sui miei slip, lo spettacolo non era bello da vedere, forse sarei dovuta rimanere ferma ed immobile ad aspettare l’arrivo di qualcuno, ma la mia curiosità spinta dalla mia incredibile cocciutaggine questa volta mi erano costate care.
Tenni premuta la ferita ma questo mi procurò altro dolore e iniziai ad imprecare di nuovo, dopo che tutto quello sarebbe finito, sarei sicuramente finita all’Inferno e allora si che Satana avrebbe potuto avermi. Il solo pensiero mi fece venire i brividi e mandai a quel paese tutto.
Qualcuno bussò alla porta e la prima cosa che feci fu chiedere aiuto.
Sam aprì la porta di scatto, seguito da Dean e tirai un profondo respiro di sollievo quando li vidi entrare la stanza acchitati con le loro cravatte e giacche eleganti. Divisa da agente FBI, voleva dire che c’era un caso li in Iowa, bhè ma in quel momento non mi importava proprio niente.
<< Julia! >> Esortò Sam che subito corse verso di me. << Pensavo avesse smesso di sanguinare. >> Si mise in ginocchio accanto al letto in cui mi trovavo. Dalla sacca che aveva sulla spalla ne cacciò un kit di pronto soccorso che armeggiò con evidente esperienza. Esperienza che sicuramente aveva testato spesse volte anche sulla sua propria pelle.
Guardai la ferita che tenevo ancora premuta con una mano ansimando per il dolore e per il troppo sangue che stavo perdendo. << Lo pensavo anche io. >>
<< Forse non avresti dovuto alzarti. >> Disse Dean mentre si slacciava la cravatta guardandosi allo specchio enorme poggiato alla parete di fronte i due letti matrimoniali.
<< Lo so, ma ho avuto paura, non capivo dove mi trovassi. >>
<< Adesso sdraiati, fammi dare un occhiata. >> Sam prese la mano che era poggiata sulla ferita e mi aiutò a stendermi di nuovo su quel letto. << Sei rimasta priva di sensi per più di due giorni, iniziavamo a preoccuparci. >> Iniziò a spiegarmi Sam, << Lucifero ti aveva conciata veramente male, per fortuna siamo arrivati in tempo. Cas è riuscito a capire dove si trovava il suo nascondiglio e ci ha subito trasportati li, abbiamo ucciso una quarantina di demoni prima di arrivare a lui, ma alla fine ti ha lasciata andare senza neanche lottare, come se ti avesse già consumata, dopodiché abbiamo viaggiato dal South Dakota fin qui all’Iowa. >> Non mi guardava, ma io guardavo lui. Lo guardavo mentre con abilità quasi medica mi ricuciva la ferita, cercai di non urlare dal dolore e di concentrarmi solo su di lui e sui suoi folti capelli che gli cadevano selvaggi sul viso perfetto che era intento a disinfettare il mio corpo malfatto.
<< Per fortuna. >> Dissi infine a denti stretti. << Grazie. >>
Sam alzò la testa dal mio addome e mi sorrise, adesso stava avvolgendomi una nuova fasciatura intorno il bacino, quindi fui costretta a sollevarmi leggermente, cosa che non mi procurò tanto dolore come avevo immaginato.
<< Mentre eri momentaneamente morta, abbiamo scoperto molte cose. >> Esortò Dean rompendo il silenzio che si era creato dopo che Sam ebbe buttato le fasciature insanguinate.
<< Dici davvero? >>
<< Certo, abbiamo un modo per rigettare Lucifero da dove è venuto e sbarazzarci di lui. >>
<< Questa si che è una bella notizia. >> Volli alzami, ma fui trattenuta da Sam che toccò una spalla costringendomi a stendermi di nuovo, mi guardò spazientito e un po’ divertito. << Come? >> Chiesi infine quando fui di nuovo stesa a guardare il soffitto.
<< Gli anelli dei Quattro Cavalieri dell’Apocalisse. >> Dean finalmente smise di specchiarsi e mi guardò sorridendo.
<< Sapevo che prima o poi avrei incontrato anche loro. >>
<< Bhè se la cosa può farti sentire meglio, incontrerai solo Pestilenza e Morte, gli anelli di Guerra e Carestia già sono nelle nostre tasche. >>
<< Oh certo, mi sento molto meglio alla notizia di incontrare la Morte. >> Dissi in tono sarcastico gesticolando. << E per quale forza mistica gli anelli dovrebbero riportare Lucifero all’Inferno? >>
<< Hanno il potere di riaprire la sua gabbia, ma il problema adesso è che non possiamo certamente invitare il Diavolo a saltare nella sua gabbia, quindi qualcuno lo dovrà costringere- >> Sam fu bloccato da Dean che gli andò in contro con aria minacciosa.
<< Ne abbiamo già parlato, e sai come la penso. >>
<< E’ l’unico modo, Dean. Posso riuscirci. >>
<< Hey? Rendetemi partecipe, non ne posso più di sapere le cose a metà, voglio sapere tutta la storia. >>
<< Il tuo ragazzo ha intenzione di dire si a Lucifero. >> Tagliò corto Dean
Spalancai gli occhi tenendoli sempre diretti verso il soffitto, dopodiché voltai leggermente la testa a guardare Sam. << No. >> Dissi.
Sam sospirò e scosse la testa, << Julia, è l’unico modo, lo sai tu come lo sa anche Dean. >>
<< Abbiamo appena finito di combattere contro di Dean e le sue assurde idee e adesso dovremo iniziare con te? >> Chiesi alzando leggermente la voce
<< Julia… >>
<< No Sam, non te lo permetterò. >>
<< Visto Sammy? Anche la tua ragazza non approva, è una cazzata. Ce lo spingeremo con la forza Lucifero in quella maledetta gabbia, ma tu non gli permetterai di indossarti al ballo di fine anno. >>
Sam sospirò di nuovo e si alzò dirigendosi verso il bagno lasciando me e Dean soli.
<< Fanculo! >> Sbottai sentendomi forse un po’ stupida, ero immobile e guardavo quel dannato soffitto color vaniglia ed ero impossibilitata dal guardare l’espressione sul volto di Dean che dopo un poco si sedette sul letto accanto il mio e si sbottonò il primo bottone della sua camicia bianca.<< Ho bisogno di Bobby. >> Sospirò e quella volta potei vedere l’espressione preoccupata e impaurita ben impressa sul suo volto, questa volta si riusciva di nuovo ad intravedere l’uomo dietro la corazza.
<< Già…Alyson. >>
<< Sono sicuro che e’ in buone mani. Forse quando avremo rigettato Lucifero nella sua dannata gabbia, ritorneranno da noi come per magia. >>
<< Lo spero proprio. >> Ritornai in posizione supina a guardare dritto sopra di me. Pensai ad Alyson e di dove potesse essere, in quel momento mi mancò più di tutto e tutti, volevo lei per parlare e scambiarci opinioni su quel nuovo strano mondo, avevo bisogno di lei per sfogare la mia rabbia e la mia preoccupazione, era l’unica che avrebbe potuto capirmi, non Dean neanche Sam, solo mia sorella Alyson. << Dean? >> Chiamai dopo qualche minuto.
<< Mhmm… >>
<< Sam non può permettere a Lucifero di possederlo. >>
<< Lo so Julia, lo so. >>
Dopodiché mi diede le spalle e probabilmente si addormentò.
Incredibile, con i Winchester era una lotta continua, non c’era un modo per vivere tranquilli anche solo per un giorno, no, doveva sempre andare tutto a puttane.
Se Sam pensava che potesse dire si dopo che eravamo stati così vicini, intimi, si sbagliava di grosso, avrei fatto di tutto per impedirglielo, avrei perfino permesso a Lucifero di possedere me al suo posto se questo fosse stato possibile.
Cavolo. Ero proprio innamorata.

Quando si è pronti a sacrificare la propria vita per qualcuno, quando non si riesce ad immaginare il mondo senza quella persona, credo che sia questo l’amore.
Però provate a chiedere a chiunque altro e forse parleranno di pura magia, qualcun altro invece dirà che l’amore è tutto, e qualcun altro ancora, penserà che l’amore non esiste.
Credo di averlo provato almeno una volta nella vita. Ma si può spiegare cos’è realmente? Ok forse sono la persona meno indicata di questo mondo per parlare d’amore. Avevo amato gente che non se lo meritava, gente che non mi amava. Avevo amato gente con cui non avevo niente in comune, avevo amato gente con cui avevo tutto in comune eppure non bastava mai. Avevo amato ogni persona sbagliata della mia vita, ma cavolo, questa volta era diverso, quando ero con lui, ero felice, però…chi l'avrebbe mai detto che la felicità potesse essere così dolorosa?
Passai tutta la notte a pensarci, l’intera notte ad occhi spalancati con la mente che vagava tra i pensieri filosofici ed astratti che neanche sapevo esserne capace di formularli. Mentre i fratelli Winchester pianificavano la prossima mossa, mentre entrambe dormivano beatamente ed in silenzio e mentre lui era disteso al mio lato destro che mi teneva la mano stretta nella sua, come per farmi sentire la sua presenza, presenza che avevo bisogno di sentire, avevo bisogno di aggrapparmi a qualcuno o a qualcosa per non impazzire e finché Alyson non fosse ricomparsa, Sam andava bene, più che bene.
Quando le prime luci dell’alba iniziavano ad intravedersi tra le tende nere di quella stanza d’albergo, riuscii ad addormentarmi, ma allora i sogni, anzi gli incubi furono quelli che infestarono la mia mente.
Non pensavo che Lucifero mi avesse spaventata tanto, però lo sognai e sognai le cose orribili che era capace di fare, il sogno era molto sfocato nei dettagli, ma molto vivido nel sottolineare l’inquietudine e il terrore che provavo durante di esso e così nel sonno urlai, e fui scossa da Dean che riuscii a svegliarmi e farmi ritornare alla realtà.
<< Julia, va tutto bene. >> Continuava a dirmi mentre mi accarezzava la testa premuta contro il suo petto.
Farfugliavo cose senza senso, le dicevo senza che lo volessi, come se fossi spinta da una forza sovrannaturale che aveva preso possesso del mio corpo e della mia mente anche se solo per poco. << Lucifero, lui…lui e’ qui. >>
<< No Julia, sei al sicuro. >> Dean mi teneva stretta tra le sue braccia confortandomi, inizialmente riuscii a trovare quel conforto che tentava di trasmettermi, dopodiché mi accorsi che il nostro contatto stava diventando troppo intimo e così mi staccai da lui.
<< Dove sono i miei vestiti? >> Chiesi completamente ritornata alla realtà, mentre prendevo il lenzuolo nero del letto per coprirmi.
<< Woah Juls, non credi sia un po’ troppo tardi per coprirsi? >> Chiese mostrando quel suo sorriso malizioso che forse gli era mancato da troppo tempo su quel suo viso sfrontato.
<< Dov’è Sam? >> Risposi con un’altra domanda guardandomi intorno freneticamente.
<< Rilassati, è in bagno. >>
Trassi un respiro di sollievo dopodiché chiesi ancora una volta: << dove sono i miei vestiti? Vorrei rimettermeli. >>
<< Nhà credo che tu stia benissimo anche così. >>
<< Dean! >> Lo ammonii, lo fece di nuovo, stava stuzzicandomi con battute maliziose per testare la mia pazienza.
Sospirò spazientito e poi disse: << Il tuo ragazzo li ha messi in via, chiedi a lui. >>
Annuii semplicemente, poi aggiunsi: << qual è la nostra prossima mossa? Possiamo tornare a San Francisco? >>
<< Trovare Pestilenza e Morte, dopodiché prenderemo i loro anelli e riapriremo la gabbia di quel bastardo per ributtarlo dritto all’Inferno e no niente San Francisco per ora, piccola. >>
<< Merda. >> Feci spallucce. << Allora un passo alla volta, sappiamo dove sono i due Cavalieri? >>
<< Certo che si, per chi ci hai preso? >>
<< Ah bhè…io vi seguo, ma voglio che mi portiate a San Francisco, ho bisogno di tornare li. >>
A quel punto Sam uscì dal bagno e la stessa scena di qualche settimana prima si ripeté.  Asciugamano stretta intorno al bacino e capelli bagnati erano ancora capaci di togliere i freni della mia sfrenata fantasia, forse rimasi a bocca aperta e impalata a guardarlo, perché Dean schioccò le dita d’avanti il mio viso per farmi ritornare alla realtà.
<< Hey! >> Disse. << Sam, ridai i vestiti a Julia, adesso pensa anche lei che sei uno strano. >>
Sam spostò il suo sguardo su di me mentre ancora con un mano si teneva stretta l’asciugamano, questa volta un po’ più lunga, intorno il bacino.
<< Io non l’ho detto! >> Vi voltai verso di Dean che rideva. << Ho solamente detto che avrei preferito rivestirmi. >>
<< Certo, vado a prenderteli.>> Sam sembrò impassibile i suoi occhi erano inespressivi e fin troppo vuoti. Capii quando mi guardò, che la faccenda di Lucifero lo tormentava. Avrei voluto fare qualcosa, ma cosa? Sarei solo sembrata inopportuna e invadente e volevo evitarlo.
Ritornò in bagno e riapparse con il mio jeans e la mia polo rossa poggiati sul braccio libero.
Quando me li porse, lo ringraziai e lui rispose con un semplice cenno.
Mi rivestii con cautela, i dolori al bacino non erano più forti come la notte precedente, ma c’erano e dovevo star attenta a non far movimenti bruschi per non rischiare di riaprire la ferita. Sam non disse nulla, era anche lui li a guardare me mentre lentamente infilavo la maglia e i jeans, non si vestii e questo non fece altro che diminuire la concentrazione su quello che stavo facendo ogni volta che alzavo lo sguardo per guardarlo. La sua bellezza statuaria era capace di togliermi il fiato anche dopo tutto quello che era c’era stato, penso che non ci si abitui facilmente quando si ha tanta perfezione d’avanti i propri occhi, eh no.
Quando fui completamente vestita, Sam smise di guardarmi e tornò in bagno senza dir nulla. Scossi la testa e sospirai. Iniziavo a preoccuparmi.
<< Tutto ok, Juls? >> Chiese Dean che era ancora seduto vicino a me.
<< Si, sono solo preoccupata per tuo fratello. >>
<< Gli passerà quando capirà che il suo e’ un piano di merda, non c’e’ nulla di cui preoccuparsi. >>
<< E se quello fosse l’unico piano? >>
<< Non dire cazzate Juls! Come ho detto ce lo spingiamo con la forza il bastardo nella gabbia. >>
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<< No! >> Urlò, sembrò convinto però poi aggiunse, << ok, forse si, ma questo non significa che lascerò mio fratello morire. >>
Lo guardai negli occhi. Avrebbe fatto di tutto per salvare Sam, i suoi occhi erano sinceri e avevano quel filo di preoccupazione che nonostante indossasse la sua maschera, era visibile.
<< Non lo lascerò morire neanche io. >> Attestai infine.
<< Bene, mi fa piacere che siamo d’accordo almeno su questo. >>
Annuii accennando un sorriso triste.
<< Julia, sei innamorata di Sam? >> Chiese tutto d’un fiato Dean.
Lo guardai dal basso del letto all’alto della sua intera figura, rimasi in silenzio, poi dissi: << No, certo che no. >> Mentii, ma i miei occhi mi tradirono. Dean sospirò, scosse la testa e iniziò a girare su se stesso. << Perché?>> Chiese infine a testa bassa allargando le braccia in segno di resa.
<< Non e’ colpa mia! >> Cercai di rimettermi in piedi, ma mi fu un po’ difficile e così Dean mi spinse di nuovo sul letto facendomi sedere.
<< Julia, non avresti dovuto. >>
<< Ti ho già detto che non e’ colpa mia, non posso mica controllare ciò che provo?! >>
<< Forse non avresti dovuto portartelo a letto, so che le donne hanno la tendenza ad affezionarsi all’uomo dopo aver passato una notte insieme. >> Stava quasi urlando e girava ancora su se stesso, come se fosse arrabbiato, arrabbiato con me e con quello che provavo.
<< Non e’ quello. >> Dissi ancora pacatamente.
<< E allora cosa? Ti rendi conto delle conseguenze? >> Adesso urlava e sembrava furioso.
Delle conseguenze? Un cuore spezzato, forse due, ripercussioni sul mondo sovrannaturale se non su Lucifero stesso e sulla maledettissima Apocalisse, si me ne rendevo conto…forse.
<< Perché diavolo urli? >> Gli chiesi alzando leggermente la voce.
Si passò le mani tra i capelli, trasse un respiro profondo dopodiché si rilassò. << Hai ragione, scusa. E’ solo che- >>
<< Lo so, lo so, sono una stupida. >>
<< No, non lo sei, perdona il mio poco tatto e’ solo che non ci capisco praticamente niente di sentimentalismo e amore. >>
Sorrisi. << Questo lo so e si vede. >>
Dean accennò un sorriso. << Non so neanche cosa vuol dire amare, vuoi sposare Sam? >>
<< Cosa? No! Cioè, non sarebbe possibile. >> Sentii le guancie in fiamme e l’imbarazzo crescere.
<< Io verrei al vostro matrimonio, sempre se sopravviviamo all’Apocalisse, si intende. >> Si strinse nelle spalle e sorrise.
Abbastanza con il sentimentalismo.
Ero ancora stesa supina sul letto a guardare il soffitto del quale conoscevo ormai a memoria ogni sua crepa e piccola imperfezione quando mi alzai di scatto e senza sentire troppo dolore all’addome mi avviai all’esterno. L’aria in quella camera stava diventando irreparabile. Non sono claustrofobica, ma la consapevolezza di non poter alleviare le sofferenze dell’uomo che amavo stava diventando asfissiante.
Sbattei la porta forse troppo violentemente, ma non mi importava dovevo andare via da quel posto al più presto possibile.  
Camminai per un po’ tra il parcheggio deserto di quello che, adesso lo sapevo, era un hotel a tre stelle. Diavolo, dovevo chiedere ai Winchester come mai eravamo in quel posto.
Il cielo era tutto coperto di enormi nuvole rosse, probabilmente il giorno seguente avrebbe piovuto. L’atmosfera tutt’intorno era inquietante, non c’era praticamente nessuno, l’Impala era l’unica macchina parcheggiata, non c’era un’anima viva e l’enorme edificio di pietra rossa di fronte a me non faceva altro che aumentare il mio senso di angoscia, non avrei voluto dirlo, ma quella mi sembrava la perfetta atmosfera pre-Apocalisse.
<< Oh, non mi avevano detto che eri così carina! >>
Sobbalzai e lanciai un gridolino. L’accento scozzese proveniva dalla bocca di quell’uomo che era apparso tutto d’un tratto di fronte a me, indossava un completo nero e un sorriso compiaciuto. 
<< Chi diavolo sei? >> Il cuore ancora mi batteva forte e la mia voce risultò’ essere stridula e impaurita.
<< Diavolo? Nhà non direi. Crowley re degli incroci, questo e’ il nome. >> Fece una pausa dopodiché mi scrutò e continuò, << e’ un onore poterti conoscere Julia Wyncestre, i ragazzi mi hanno parlato di te, soprattutto Sam che non la piantava con il suo blah blah blah interminabile. >> Parlava veloce, anzi velocissimo e il suo accento scozzese era fin troppo marcato e non riuscii a capire proprio tutto.
<< Conosci Sam e Dean? >> Chiesi solo indietreggiando di qualche passo a braccia conserte.
<< Certo, sono il loro demone preferito, se così la vogliamo mettere. >> Quel suo sorriso compiaciuto non si spegneva sulla sua rotonda faccia da schiaffi.
<< Sei un demone buono? >> Quella probabilmente era la domanda più stupida che avessi mai potuto scegliere, buon Dio! Qualche demone era buono?
Crowley rise sonoramente allargando le braccia. << Oh andiamo Juls! Qualche demone e’ buono in questo mondo? >>

Come non detto, pensai. Non risposi, ricambiai solo con un sorriso palesemente imbarazzato.
<< Bene adesso se non ti dispiace, ho delle questioni da discutere con i Winchester, a presto. >> Sparì lasciando dietro di se solo le foglie che volavano al vento.
Volevo rimanere ancora li fuori da sola e a rimuginare sulle mie preoccupazioni e i miei sentimenti, però cosa sarebbe successo se Crowley avesse attaccato Sam e Dean e io avrei potuto salvarli?
Oh al diavolo!
Corsi a direzione della stanza e spalancai la porta. Evidentemente il mio pronto intervento fu inutile. I ragazzi stavano discutendo pacatamente con il demone che era steso comodamente e beatamente rilassato su uno dei due letti.
<< Cos’e’ quella faccia? Credevi che potessi far del male ai tuoi ragazzi? Non mi conosci, cara! >
Esortò Crowley prendendosi gioco di me.
<< Non preoccuparti Julia, Crowley e’…bhè, e’ un demone con il quale si può parlare. >> Mi assicurò Sam che adesso era voltato verso di me.
<< Oh. >>
Bene, avrei voluto sprofondare. Avrei voluto che la dannata gabbia di Lucifero si fosse aperta li sotto i miei piedi e mi avrebbe inghiottita solo per non affrontare l’imbarazzo. Va bene, pensiero piuttosto macabro, ma hey, eh no questa volta la battuta pronta non ce l’ho.

`    Apparentemente Crowley sapeva dove Pestilenza si trovava e aveva rivelato il posto solo ai ragazzi. Per qualche strano motivo voleva tenermi fuori dalla conversazione, diceva che era una conversazione per i grandi e io ero ancora una bambina, sarà stato strano sarcasmo scozzese, chissà.
Il cellulare di Dean squillò, era poggiato sul grande cassettone laccato di nero. Ero sola in stanza, i Winchester erano fuori a prendere cibo o qualcosa del genere. Così mi alzai dal letto e mi avvicinai al cassettone per prendere il cellulare, senza neanche guardare il display, risposi.
<< Pronto? Dean? >> La voce era quella profonda dell’Angelo, Castiel.
<< No, sono Julia, Dean non c’e’ in questo momento. >>
<< Oh Julia. >>
<< Già, dove sei Castiel? I ragazzi mi hanno di quello che e’ successo… >>
<< Bhè…sono in ospedale. >> Potevo sentire un velo di ironia nella sua voce, strano ma vero, l’Angelo in trench beige, pacato ed inespressivo era anche capace di ironia.
<< In ospedale? Da quando gli Angeli hanno bisogno di ospedali? >>
<< Non capisci. >>
<< Allora spiegati. >>
<< Preferirei parlare con Dean. >> La sua voce era di nuovo tornata pacata, quasi severa.
<< Mi dispiace dirtelo, ma finché Dean non torna dovrai accontentarti di me. >>
<< Ecco vedi… >> Oh, sentivo mica insicurezza? Anche questo era strano. << Mi hanno ritrovato privo di sensi e sanguinante su un peschereccio al largo di Delacroix, mi hanno detto che i marinai si sono spaventati. >>
<< Oh…comunque- >> Non feci in tempo a finire la frase che dalla porta entrarono Sam e Dean sorridenti e spensierati, bhè’ almeno esternamente.
<< Hey, con chi parli? >> Chiese Dean mentre posava sul tavolino nero un sacco marrone.
<< E’ Castiel mi ha detto- >>
<< Castiel? Dammi quel telefono. >> Dean mi strappò il telefono da mano e subito chiamò il nome di Castiel un paio di volte prima che lui potesse rispondere, tutta la conversazione fu basata sul fatto che Dean e Sam erano molto preoccupati per lui, erano contenti che stava bene e Dean l’aveva invitato a partecipare alla caccia a Pestilenza trasportandosi dall’ospedale all’albergo in cui ci trovavamo, l’unico problema e’ che adesso l’Angelo era umano.
<< Che significa? >> Chiese Sam quando la conversazione finì.
<< Non lo so, batterie scariche, finita la magia degli Angeli o roba del genere. >>
Sam fece spallucce. << Almeno sappiamo che e’ vivo. >>
<< Preparati Principessa, dobbiamo tornare in marcia ed attuare il nostro piano perfetto. >> Mi disse Dean con un sorriso stampato sulla sua faccia da schiaffi.

Prima ancora che me ne rendessi conto, eravamo in macchina. Era notte, pioveva e ovviamente eravamo su una strada deserta nel mezzo del nulla, non sapevo dove fossimo diretti, ed ero fin troppo stanca per chiedere, così sprofondai nel mio sedile posteriore e poggiai la testa alla porta per cercare di riposare, ma tra la musica di Dean e i pensieri nella mia testa, fu praticamente impossibile.
I Winchester parlarono di speranza, speranza nel ritrovare Bobby, speravano di ritrovarlo vivo e magari un giorno anche di salvare Adam dalle grinfie degli Angeli. Era bello quando erano così convinti delle loro parole, i loro occhi si illuminavano di luce nuova e donavano a me la dolce illusione della normalità.
<< Tutto ok Julia? >> Chiese Sam dopo qualche ora dalla partenza. Come si fa non innamorarsi di un uomo che si preoccupa per te quando non c’e’ nulla di cui preoccuparsi? O forse c’era, ma momentaneamente stavo bene. << Si, perché? >>
<< Ti ho visto un po’ giù, vuoi parlare? >> Ok, adesso era davvero troppo, non potevo sopportare ancora una parola in più così gentile, altrimenti avrei finito per saltargli addosso, ma invece dissi solo: << non preoccuparti, va tutto bene. >>
Dean emise un suono di disgusto e fece rotare gli occhi. << Smettete di essere così romantici, almeno in mia presenza? >>
<< Sei solo irritato perché non vedi una ragazza da qualche secolo. >> Sam sorrideva al fratello che era intento a guardare la strada e non staccava gli occhi da essa, anche se si poteva chiaramente vedere che aveva incassato il colpo. << Eh Dean? Niente da dire? >> Sam ormai rideva e io altrettanto, non me l’ero presa per la battuta a doppio fondo, mi faceva piacere che Sam non era più chiuso in se stesso ed immerso nei suoi problemi, mi faceva bene vederlo sorridere.
<< Argh, sai una cosa? Anzi, sapete una cosa? Andate entrambe a fanculo! Oh, troppo tardi. >>
<< Ouch, questa era davvero dura! >> Dissi ancora ridendo.
Sam si voltò verso di me, i suoi occhi verdi mi guardavano e per qualche secondo non riuscii più a pensare e mi ripresi solo dopo che mi ricordai che dovevo respirare. << Fa solo così perché sa che ho ragione. >>
Sorrisi.
<< Sam, adesso e’ troppo, se non vuoi che fermo la macchina e ti faccio scendere, piantala! >>
<< Oh Dean, sembri davvero arrabbiato. >> Notai, ma in realtà non lo era affatto, sapeva che lo stavamo prendendo in giro, e quello delle donne era più o meno il punto debole di Dean, quindi rendeva la cosa ancora più divertente.
Dean scosse la testa e accelerò mentre io e Sam ancora ridevamo a crepapelle.

 

    << Oh bene, quindi questo sarebbe il covo del Dottore Cattivo. >> Eravamo fermi nell’Impala nel parcheggio di una casa di riposo, Sam e Dean avevano un binocolo tra le mani e lo muovevano per guardare le varie finestre e porte di quel posto. << E’ più deprimente che malvagio. >> Affermo Sam sospirando.
<< Già, ti vien voglia di morire giovane, ma ovviamente per Pestilenza e’ come un luna park li dentro. >>
<< Bene, un edificio pieno di persone e non sappiamo chi e’ un demone, chi e’ umano e chi e’ Pestilenza, quindi cosa facciamo? >>
Sospirai. << Questo sarebbe il vostro piano perfetto? >>
<< Bhè, ci stiamo ancora lavorando… >> Si scusò Sam.
<< Oh hey! Ci sono delle telecamere. >> Dean scese dalla macchina e ci fece segno di seguirlo, ma prima io e Sam aprimmo il bagagliaio e prendemmo due sacche piene di armi di ogni genere, eh no non avevo avuto tempo per esercitarmi con le armi da fuoco e ne tanto meno con quelle da taglio, ma avrei dovuto dare del mio meglio, almeno per quella sera, speravo solo di non farci uccidere.
<< Ok, ecco il piano, io entro dentro, persuado un po’ la guardia notturna ed infine vi farò segno di entrare, ci siete? >> Dean spiegò il suo piano ingegnoso.
<< E come persuaderai la guardia esattamente? >> Chiesi.
<< Guarda e impara, piccola. >> Dean si avviò e Sam ed io lo seguimmo.
Entrammo all’interno della deprimente Serenity Valley Convalescent Home e tutto quello che c’era erano persone anziane su sedie a rotelle e trasportate da infermiere tranquille e angeliche.
Dean bussò alla porta della guardia notturna e vi entrò.
<< Come sono le tecniche di persuasione di Dean? >> Chiesi a Sam una volta che la porta fu chiusa.
<< Uhm…non buone direi. >> Sentimmo un rumore secco di metallo dopodiché Dean bussò alla porta, era il segnale per farci entrare.
<< Era proprio necessario? >> Chiesi allarmata alla vista della guardia stesa sul pavimento incosciente.
<< Bhè si, era proprio necessario. >> Confermò Dean sorridendo e portandosi verso i monitor delle telecamere di sorveglianza.
Scossi la testa.
<< Mettiamoci a lavoro! >> Esortò Dean.
Prendemmo tre sedie e ci posizionammo al tavolo dove c’erano i monitor ed iniziammo a guardarli senza mai staccare gli occhi, bhè almeno io e Sam che eravamo entrambe concentrati su quello che stavamo facendo, mentre invece Dean se la prendeva comoda, dormiva.
<< Sam? >> Chiamai sussurrando.
Sam staccò gli occhi dai monitor e li portò su di me, << si?>>
<< Ricordi quando hai detto che entrando nella tua vita, l’ho resa migliore? >> Ok, lo so, non era per niente il momento adatto per confessare i miei sentimenti, ma cavolo le parole uscirono come un maledetto fiume in piena, ma per fortuna Sam non sembrò volerne parlare.
<< Già, mi dispiace di avertelo detto, cioè capisco che- >>
<< Shh, ho capito. >> Calai il capo e tornai a guadare i maledetti monitor. Avrei dovuto aspettarmelo, molti uomini raccontavano dolci bugie alle donne per portarsele a letto, non credevo che Sam fosse uno di loro, ma mi sbagliavo. Forse nella sua carriera da cacciatore aveva anche imparato a mentire a tutte le donne che aveva incrociato, tutte quelle che si era portato a letto insomma, o forse le aveva semplicemente ammaliate con i suoi capelli, i suoi occhi e i suoi modi dolci e gentili.
Non ci volevo pensare, mi sentivo una cretina, una stupida ed un illusa. Maledetti sentimenti.
<< Hey Dean! >> Chiamò Sam facendo destare Dean dal suo sonno.
<< Si? >>
<< Che cosa stiamo cercando esattamente? >>
<< Bhè e’ Pestilenza, quindi probabilmente avrà un aspetto da malato. >>
<< Tutti hanno un aspetto malato qui dentro. >>
Dean fece un respiro profondo e alzò la testa al cielo e così feci io, non proprio un ottimo piano quello dei Winchester.
Mi alzai dalla sedia per sgranchirmi le game, volteggiai su me stessa un paio di volte e dopodiché Dean mi seguii e fece lo stesso mentre Sam era ancora intento a guardare quei monitor.
<< Spero i vostri bambini non prendano da lui. >> Mi fece Dean mentre si stiracchiava.
<< Non sei divertente. >>
<< Cosa? Vuoi che siano tutti dei nerd come il padre? >>
Non feci in tempo a rispondere che Sam ci chiamò esortando, << hey ragazzi, date un occhiata! >> Un po' di azione, che fortuna.
Il monitor aveva qualche interferenza dovuto al passaggio di una persona vestita con una giacca nera che si dirigeva verso l’ascensore.
<< Adesso si ragiona. >> Disse Dean.
Ritornammo tra i corridoi della casa di cura dirigendoci verso Pestilenza. Ci muovevamo furtivi per evitare brutti incontri, tra le mani avevo un pugnale e nel retro dei jeans una pistola che non avrei mai usato per paura di sbagliare bersaglio, sarebbe stato un peccato.
D’un tratto qualcosa accadde. C’era una puzza insopportabile, come se qualcosa fosse andato a male misto all’odore del sangue e morte, mi tappai bocca e naso con una mano e continuai a camminare fin quando non mi accorsi che i ragazzi dietro di me, sbandavano e non si reggevano in piedi. << Sam, Dean, cosa succede? >>
<< Ci stiamo avvicinando. >> Affermò Dean.
Continuammo la nostra marcia e presto incontrammo due cadaveri sul pavimento in una pozza di sangue e in una qualche poltiglia verdognola puzzolente, quella volta fui io ad avere un giramento di testa, ma poi mi rimisi subito in sesto. Sam e Dean invece non riuscivano a tenersi in piedi, si tenevano ai muri e tossivano continuamente, c’era qualcosa che non andava
Chiesi continuamente gli stava succedendo, ma loro non rispondevano e presto si accasciarono a terra. A quel punto urlai.
Scossi entrambe i corpi dei due fratelli per farli rinvenire con fare allarmato, avevano del sangue che usciva dalla bocca ed erano sudati, come se una malattia di qualche genere li avesse colpiti all’improvviso. Non sapevo di cosa erano capaci i cavalieri e soprattutto non sapevo di cosa era capace Pestilenza, e quello che era appena successo, mi spaventava.
La porta della stanza 210 si aprì d’avanti i miei occhi. Un’infermiera dal viso dolce e i capelli corti ricci e scuri disse: << Il dottore vi riceverà subito. >>
Rimasi li impalata a guardarla, non era umana, sicuramente il suo corpo era stato impossessato da un demone. D’un tratto alle spalle dell’infermiera appari’ un uomo alto e con la giacca scura, ecco a quel punto seppi che lui era Pestilenza.
<< Julia Wyncestre…non sai quante ne ho sentite su di te, >> allargò le braccia come per esortarmi ad abbracciarlo, ma non lo avrei mai fatto. << Sono davvero sorpreso che tu sia immune al mio potere. >> Si strinse nelle spalle. << Forse ti abbiamo sottovalutata, sei perfino più forte di quei due. >>

Il suo potere, qualunque cosa fosse era maledettamente forte e malefico per mettere al tappeto due uomini grandi e grossi come Sam e Dean e io, una donna, fragile e senza esperienza ero immune, cavolo immune! Non sapevo se avere paura o gioire per la mia buona salute.
<< Che cosa gli hai fatto? >> Chiesi ancora ferma li sull’uscio della porta.
<< Chissà, sarà scalettiate, la meningite, magari anche la sifilide, non e’ divertente, vero? >>
Dean e Sam furono trasportati all’interno della stanza dall’infermiera demone dalla faccia angelica e io fui spinta all’interno con la forza. Finalmente i ragazzi riuscirono a riprendersi, ma non avevano un bell’aspetto, entrambe si contorcevano e tossivano sangue.
<< Curali! >> Esclamai.
<< La malattia ha una brutta reputazione, non credete? >> Pestilenza aveva il fare sfacciato e maleficamente ironico di ogni demone, si avvicinò ad un tavolino dove sopra c’era dell’igienizzante per le mani e ne prese un po’. << E’ ripugnante, caotica. Ma in realtà questo descrive solo le persone che si ammalano, la malattia in se e’ molto… pura direi, determinata. I batteri hanno un solo scopo, duplicarsi e conquistare e’ per questo che alla fine, vince sempre lei. >> Pestilenza venne verso di me e mi strappò il pugnale che avevo tra le mani e lungo il corpo, non gli fu difficile in quanto ero praticamente pietrificata dalla paura.
<< Quindi mi sono sempre chiesto perché Dio riversi tutto il suo amore in un essere così malridotto e debole. >> A quel punto iniziò ad alzare la voce facendomi sussultare, prese per i capelli Sam e lo guardò in faccia. << E’ ridicolo, io posso solo dimostrargli che si sbaglia, scatenano un epidemia dopo l’altra, adesso…in una scala da uno a dieci, quanto soffrite? >>
<< Lasciali andare! >> Era tutto quello che riuscivo a dire, non mi ero mai sentita così impotente e impaurita prima d’allora.
<< Oh Julia, dovresti vederti, sei così indifesa. >>
<< Va a farti fottere! >> Bella idea mandare a quel paese uno dei quattro Cavalieri dell’Apocalisse!
Pestilenza rise, dopodiché quello che successe lo posso solo chiamare un vero miracolo voluto da colui che tutto può. Castiel spalancò la porta della stanza entrando spavaldo e coraggioso.
<< E tu come sei arrivato qui? >> Chiese Pestilenza.
<< Castiel!>> Esclamò Sam tra un colpo di tosse e l’altro.
<< Ho preso il bus. >>
Castiel corse verso Pestilenza pronto ad attaccarlo, ma prima che potesse anche toccarlo con un dito si accasciò anche lui a terra cacciando sangue dalla bocca.
<< No! >> Dissi. Mi buttai sul pavimento in soccorso di Castiel, Sam e Dean. Tutti erano messi male, davvero male.
<< Un contenitore occupato, ma privo di poteri…e’ affascinante. Non c’e’ una briciola di Angelo rimasto in te, non e’ vero? >>
Castiel scattò, riuscii ad alzarsi, raccogliere il mio pugnale da terra e subito taglio il dito del Cavaliere. << Magari solo una briciola. >> Disse mentre le grida e i lamenti di Pestilenza facevano da sfondo. Castiel riuscii anche ad uccidere l’infermiera con il pugnale di Ruby, dopodiché fu come se tutto non fosse mai successo, i Winchester si alzarono da terra e riuscivano a tenersi in piedi, gli offrii il mio aiuto, ma non fu necessario. Dean corse subito verso il tavolino su cui il dito di Pestilenza giaceva, la testa iniziò a girarmi e quella volta non fu colpa di nessuna malattia, solo del mio maledetto stomaco debole.

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Angolo dell’autrice 

Sono tornataaaaaaaaaaaaa!! Eh si prima del previsto, sono brava, sisi u.u
Vi parlo direttamente da Londra e precisamente da Seething Wells Halls of Residence della Kingston University! Woohooo new life!!
Ho avuto tempo per scrivere e quindi ecco il nuovo capitolo, cavolo, spero proprio che non vi ho annoiato con la storia o con questi miei angoli dell’autrice, oddio vi prego ditemelo se l’ho fatto! :o
Bhe’ che dire, ovviamente non fate caso se ci sono degli orrori grammaticali, l’ho rivisto parecchie volte, ma SICURO ci sono, troppo bello per essere vero se non ci fossero u.u
Eh si, ci avviciniamo alla fine pero’ con questo capitolo festeggio anche le mie 100 pagine di storia wooohooo (103 precisamente u.u).
A presto peopleeeeee! :)
Ps: Don't forget "Dead or Alive" :)

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Capitolo 14
*** Chapter 14 - When God is gone and the Devil takes hold ***


E se spostassi l’Angolo dell’Autrice sopra nuovamente? Eh?

Non so perché, bho’ forse semplicemente perché mi va.
Cooooomunque, eccomi tornata con un nuovo capitolo, vorrei che mi dicesse solo una cosa…sta facendo effettivamente schifo la storia e come si sta evolvendo? Vi prego ditemelo, non mi offendo, mi piace leggere le diverse opinioni, anche perché noterete che ho cambiato molte cose rispetto la trama originale e se c’e’ qualcosa che non vi garba, che vi ha offeso in qualche modo scrivetelo pure, non vi mangio mica! :D

Insomma siamo praticamente agli sgoccioli, non posso credere che sto per finire una storia…uh uh uh non mi era mai capitato prima hahahah
Notare il titolo del capitolo cosa vi ricorda? Eccerto! Oh Death di Jen Titus sountrack della penultima puntata della quinta serie Two minutes to midnight. Credo sia fantastica la canzone e perfetta per la puntata e quindi risentendola ventimila volte, ho esratto una frase che si adattava al capitolo.

Bhe’ non c’e’ nient’altro da aggiungere, quindi Buona Lettura folks! :D
Ah giustooooooooo, tutti quiiiiiiiii!!! --> "Dead or Alive"

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Chapter 14 – When God is gone and the Devil takes hold

      La pioggia cadeva ininterrottamente e non mi importava.
Mentre il temporale estivo bagnava incessantemente il suolo del parcheggio poco illuminato del Economy Inn, un minuscolo motel in una minuscola città sul fiume in Illinois emettendo un rumore assordante, ero a braccia conserte poggiata sulla portiera posteriore di una delle macchine parcheggiate in quello spazio così spaventoso che in altre circostanze stare li da sola mi avrebbe fatto urlare e fuggire a gambe levate, ma non in quel momento, quella solitudine e quella pioggia mi facevano bene, forse solo per l’illusione che avrebbero potuto lavar via ogni preoccupazione, ogni parola detta e ogni sentimento.
Ma se la pioggia davvero avesse questo potere, forse nel mondo ci sarebbero meno cuori infranti e molta più felicità e purtroppo non era così.
Era passato un mese. Un mese dall’inizio della nuova realtà, della nuova Julia Wyncestre e in un mese avevo praticamente attraversato l’America in macchina, molti la chiamerebbero una piacevole gita, ma non io. Io la chiamavo “lotta-contro-la morte-ogni-giorno-ed-in-ogni-stato, non proprio piacevole”. Forse l’unica cosa positiva in quel mese appena passato era l’aver incontrato i due Winchester che però in realtà era proprio loro la colpa della mia nuova realtà, ma se non fossero mai entrati nella mia vita forse a quest’ora sarei morta o forse sarei un mostro, però non avrei mai avuto l’occasione di conosce Sam ed innamorarmi di lui, oh insomma tutte le cose hanno i propri pro e contro.
Dei passi decisi picchiettavano sulla strada bagnata. << Julia, cosa fai qui fuori? Torna detro…piove a dirotto! >> Era Sam che veniva verso di me con la giacca alzata sulla testa.
Non risposi, mi voltai solo a guardarlo mentre non si fermava e ancora si avvicinava a me.
<< Julia? >> Adesso era li a solo due passi da me e ancora con la sua giacca alzata sulla testa e mi guardava con espressione confusa. << Vieni qui, ti porto dentro. >> Senza aggiungere altro, mi attirò a se per un braccio e mi costrinse ad entrare sotto il suo ombrello improvvisato ma coprirmi non sarebbe servito più a nulla. Probabilmente però Sam non poteva far a meno di mostrare il suo lato dolce e disponibile ogni volta che poteva e questo non faceva altro che pugnalare il mio cuore ancora ed ancora.
Eravamo sul ballatoio, Sam mi disse di aspettare fuori mentre lui sarebbe andato in bagno per portarmi un paio di asciugamani.
<< Grazie. >> Asciugai i capelli, la faccia e tolsi le scarpe che lasciai fuori prima di entrare.
<< Non proprio una bella serata, eh? >> Sam sorrise mentre cercava di asciugare i suoi capelli e la sua giacca come meglio poteva. Le mani passate nei capelli, era quello il gesto capace di togliermi il fiato ogni maledetta volta, era come se lo facesse apposta.
<< No, direi proprio di no. >> Risposi impassibile ed immobile sulla soglia della porta chiusa mentre gocciolavo e mentre intorno a me si creava una pozzanghera sempre più grossa di acqua.
<< Forse dovresti toglierti i vestiti bagnati… >> Suggerì Sam con un velo di imbarazzo.
Non gli risposi, chiesi solo: << dov’e’ Dean? >>
<< Oh, e’ fuori in qualche bar. >>
<< Ok. >>
Era come se evitasse il problema, era come se se ne fosse dimenticato o forse come se tutto fosse passato e l’Apocalisse fosse scampata. Sembrava così spensierato che toccò a me riportarlo alla realtà. << Sam, vuoi ancora dire di si a Lucifero? >>
Sospirò e spostò il suo sguardo dallo specchio del bagno alla mia intera figura. << Julia… >>
<< No Sam. >>
<< Ok, allora lo costringerai tu a saltare nella sua gabbia quando l’apriremo. >> Rise nervosamente e alzò leggermente la voce gesticolando.
<< Lo costringerò io. >> Affermai calando la testa ed in tono triste.
<< Piantala di dire stronzate. >>
Spalancai gli occhi e alzai il capo a guardarlo, non si era mai rivolto a me in quel modo.
<< Scusa, ok? Mi dispiace, ma non c’e’ nessun altro modo. >> Le sue scarpe emettevano uno strano rumore, erano bagnate anche quelle e ormai sulla moquette di quella stanza c’erano macchie d’acqua quasi da per tutto.
<< E dopo cosa succederà? Tu finirai all’Inferno intrappolato nella gabbia con Lucifero, e poi? Non pensi a Dean? Non posso permettere che succeda, Sam. Semplicemente non posso. >>
Allargo le braccia. << Perché? Insomma meno di un mese fa avresti fatto di tutto per sbarazzarti di me e di mio fratello. >>
Un sospiro spazientito mi sfuggì dalle labbra. << Come puoi…come puoi dire una cosa del genere dopo…niente, lascia perdere. >> Crollare d’avanti ai suoi piedi, no, meglio evitare.
<< Cosa? >> Insistette.
Lo guardai in silenzio dopodiché fu come se non riuscissi a tenere la bocca chiusa, come se la mia mente volesse trovare un modo per esplodere cacciando fuori tutto quello che c’era al suo interno, forse non fu proprio una buona idea. << Pensavo fossi diverso, ma evidentemente non lo sei, le parole dolci, gli sguardi e la tua gentilezza illimitata nei miei confronti erano solo dei mezzi per portami a letto, non e’ così? >> Stavo quasi per piangere e avevo la voce tremante, ma no piangere d’avanti a lui e per lui era la cosa più imbarazzante e poco dignitosa che potesse accadere in quel momento e così cercai di trattenermi.
<< Oh Julia, come puoi pensare una cosa del genere? >>
<< Non lo so, dimmelo tu. >>
<< Non e’ come pensi, non ho usato nessun mezzo per portarti a letto Juls, e’ successo perché entrambe lo volevamo, non e’ così? >>
<< C-credo di si. Ma questo non significa che ti permetterò a Lucifero di indossarti. >>
<> Mi prese tra le sue braccia e mi tenne stretta. << Penso sia arrivata l’ora di asciugarti un po’, non credi? >> Sorrise mentre mi accarezzò la guancia dove adesso c’era una lacrima che involontariamente scese dagli occhi. Mi scansai di qualche passo e mi asciugai gli occhi dopodiché mi diressi in bagno.
Se Alyson fosse stata con me in quel momento, probabilmente mi avrebbe rimproverato dicendo che ero troppo una sentimentalista romantica e smielata tanto da far venire il diabete, ma non era mica colpa mia? Insomma non si possono mica controllare le sensazioni che una persona può trasmetterti con un semplice abbraccio? No, non penso.

Oh Aly, dove diavolo sei? Pensai mentre buttavo i miei jeans e la mia polo fradici sul lavandino ed entrando nella doccia. Mentre l’acqua scendeva tiepida e mentre il mio corpo veniva inondato e riscaldato da essa, mi sedetti tirai le ginocchia a me e piansi.
Improvvisamente un sentii un rumore secco e forte. Era quello di una porta che si chiuse violentemente. Mi fece sobbalzare e così uscii dalla doccia e più velocemente possibile e con l’asciugamano lunga avvolta intorno il mio corpo assistetti alla scena più imbarazzante e disgustosa che avessi mai visto, Dean era li che pomiciava con una bella ragazza bionda praticamente nuda avvinghiata al suo corpo nudo e poggiata sulla porta marrone chiusa, non si era per niente accorto della mia presenza così emisi un colpetto di tosse, non volevo disturbarli, ma non volevo che situazione diventasse bollente mentre io ero presente.
<< Oh…oh cavolo Julia! >> Disse Dean quando si girò verso di me e mentre ancora la bionda era avvinghiata a lui. << Pensavo fossi in giro con Sam… >> Tirò il lenzuolo del letto più vicino e coprì sia lui che la bionda.
<< Eh, no…ero nella doccia in realtà. >> Mi strinsi nelle spalle più imbarazzata che mai.
<< La conosci? >> Chiese la bionda con un accento molto marcato. Scese dal grembo di Dean e mi guardò in cagnesco.
<< E’ la ragazza di mio fratello, non avrebbe dovuto essere qui. >> Sospirò spazientito.
<< Cosa? Non sono la raga- >>
Dean alzò una mano e mi bloccò dal continuare la frase << Comunque, >> urlò marcando la parola, << Julia stava andando via, non e’ così? >>
Feci per rispondere ma la bionda si intromise. << Bhè non e’ male, potrebbe unirsi a noi. >>
<< Che? >> Feci io.
Dean rise e poi mi sorrise maliziosamente allargando un braccio. << Oh, piccola,sai quanto mi farebbe piacere… >>
<< Ripensandoci, sono la ragazza di tuo fratello dopotutto, quindi no mi dispiace sono troppo fedele a lui. >>
Dean rise mentre ritornavo nel bagno. << Mi rivesto e tolgo il disturbo! >> Urlai dal bagno.
Così feci, uscii dalla porta senza neanche guardare Dean e la sua ospite che ormai erano stesi sul letto avvolti nel lenzuolo mentre si scambiavano risolini e battute.
Mi diressi nuovamente nel parcheggio, per fortuna smise di piovere e l’afa tipica del mese di giugno faceva di nuovo da padrona nell’atmosfera e questo permise ai miei capelli di asciugarsi abbastanza velocemente. Certo sarebbero stati crespi e gonfi, ma a mali estremi…
Mi feci strada tra le macchine per arrivare ad una panchina posta alla fine e alla destra del parcheggio vicino un cestino della spazzatura che per fortuna non puzzava. Era un po’ bagnata, ma non ci feci caso. Mi rannicchiai in me su quel poco spazio e guardai il cielo. C’erano enormi nuvoloni rossi e la notte era troppo buia, la poca luce gialla che proveniva dai lampioni di quel parcheggio non la illuminava neanche un po’, anzi rendeva il tutto molto più deprimente e inquietante.
<< Ci rivediamo Julia! >> Sobbalzai e subito mi rimisi in piedi quando vidi Lucifero apparire proprio di fronte i miei occhi circondato da due demoni, uno dei quali era Blair.
Cercai di indietreggiare, ma la panchina me lo impedì e così inciampai in essa finendo di nuovo seduta. Avevo i brividi, ma non di certo dovuti al freddo. Il suo viso era così deteriorato che riuscivo a vedere i muscoli sottostanti, le sue mani perdevano quasi sangue e i suoi occhi erano cerchiati di nero ed era diventato impossibile distinguere il colore di essi.
<< C-cosa ci fai tu qui? >> Riuscii a chiedere.
<< Non lo senti? Ci siamo, la fine e’ vicina. >> Disse alludendo al cielo.
<< Perché sei qui? >>
<< Vedi cara…uhm, come dirlo senza sembrare troppo indiscreto… >> si sfregò il mento e guardò in alto. << Se Sam non si deciderà a farmi usare il suo corpo bhè, dovrò ucciderti. Non che voglia farlo, ma devo rafforzare il mio tramite se voglio che io abbia la meglio su mio fratello.> > Sorrideva malignamente. << Come vedi, il mio tramite non e’ proprio in ottima forma… il tuo sangue, l’assaggio che mi hai concesso, mi ha rafforzato certamente, ma non quanto basta. >>
<< Se mi uccidi, lascerai andare Blair, Sam, Dean e farai ritornare Alyson e Bobby? >>
<< Woah! Quante richieste…vediamo, certamente lascerò ai loro destini i Winchester, per tua cugina vedro’ cosa posso fare e Alyson e Bobby, dici? Ho paura che non sia in grado di farli tornare da dovunque siano, non sono stato io a farli sparire. >> Si strinse nelle spalle.
Annuii e calai il capo.
<< Bhe’ pensaci Julia, manca davvero poco alla fine e se fossi in te, mi sbrigherei. >> Sparì.
Ricordate quando dissi che non avevo coraggio di rischiare la mia vita per amore? Bene, credo che non si sappia di averlo fin quando non ci si e' innamorati, ed io lo ero e quel coraggio c’era e avrei fatto di tutto per salvare la persona che amavo.
Cavolo, un mese prima non avrei mai detto una cosa del genere. Mi sentivo carica e depressa allo stesso tempo, insomma avrei lasciato non solo il mondo in cui vivevo, ma anche Alyson, la mia famiglia, i miei amici e…Sam.
Volevo piangere ma le lacrime non uscirono e così urlai.
Un lampo, un tuono, un paio di schizzi leggeri ed infine di nuovo la pioggia incessante.
In meno di due secondi fui di nuovo bagnata dalla testa ai piedi. Era come se la dea bendata ce l’avesse con me. 

    << Julia? >> Di nuovo lui che veniva verso di me, questa volta con un ombrello. << Julia, sei tu? Cosa diavolo ci fai di nuovo qui fuori? >> Chiese ponendomi l’ombrello sulla testa.
<< Grazie.>> Tremavo e mi tenevo stretta a braccia conserte.
<< Ma stai tremando, prendi questa. >> Si tolse la sua giacca beige, quella di sempre e me la poggiò sulle spalle, potevo usarla come vestito in quanto era davvero grande per la mia statura e corporatura, ma almeno mi copriva quasi interamene, lui rimase con la sua camicia azzurra a quadroni beige con le maniche rivoltate sul gomito. << Allora? >>
<< Dean e’ dentro con una. >> Dissi tagliando corto.
<< E ti ha cacciata? >>
Feci spallucce. << Bhe’ mi aveva proposto di unirmi a loro, però… >>
Sospirò e poi si passò la mano che non era impegnata a tenere l’ombrello tra i capelli. << E’ incredibile! Non cambierà mai. Forza torniamo dentro. >>
Camminammo sotto la pioggia. Avevo il suo braccio intorno il mio collo e io lo tenevo stretto a me per il bacino con il viso poggiato sul suo petto. Sentivo i battiti del suo cuore che aumentavano leggermente ogni passo che facevamo verso la porta della stanza.
Finalmente eravamo sul ballatoio che era coperto, Sam iniziò a bussare bruscamente alla porta chiamando il fratello continuamente e non in tono amichevole.
Dean venne ad aprire la porta in boxer neri. << Ti dispiace? >> Chiese Dean in tono sarcastico.
<< Sei incredibile Dean. >>
Dean spostò il suo sguardo su di me che ero dietro di Sam mentre mi tenevo stretta la giacca sulle spalle per riscaldarmi, probabilmente non dovevo proprio essere un bello spettacolo visto il suo sguardo sconcertato. << L’avevamo invitata ad unirsi a noi, ma non ha voluto sentire storie, ti ama troppo, ritieniti fortunato. >> Sgranai gli occhi e Dean diede una pacca sulla spalla del fratello sfoderando un sorriso compiaciuto e annuendo fece per chiudere la porta che Sam bloccò prima che fosse chiusa del tutto. << Facci entrare Dean. >>
<< Sono nel mezzo di un cosa, vi va di passare dopo? >>
<< Scherzi? >>
Il viso di Dean sbucò all’improvviso dalla porta mezza aperta. << No. >>
Sam sembrava davvero spazientito quando Dean gli sbatté la porta in faccia, mi poggiai al muretto del ballatoio e Sam mi imitò.
<< E’ assurdo, farebbe qualunque cosa per una scopata. >> Iniziò Sam facendomi scappare un risolino. << Perdonalo, Julia. >>
<< Non preoccuparti, in un modo o nell’altro deve sfogare, non credi? >> Gli sorrisi.
<< Già, se vogliamo vederla così… >>
Non aggiungemmo altro e un silenzio quasi imbarazzante cadde su di noi. Imbarazzante anche perché dall’interno della camera provenivano strani gridolini e versi alquanto animaleschi.
<< Ok, ne ho abbastanza, spostiamoci di qui.>> Sam mi spinse per una spalla e ci spostammo verso la fine del ballatoio e quindi vicino le scale.
<< Sam? Sappiamo dove si trova l’altro Cavaliere? >> Chiesi rompendo il silenzio e poggiandomi alla parete.
<< No, ma Crowley dovrebbe fornirci le informazioni necessarie. >>
<< Bene. E dopo? >>
<< Tenteremo di fermare l’Apocalisse, rigetteremo Lucifero all’Inferno e troveremo il modo di riprenderci Bobby e Alyson. >>
Calai il capo. << Sembra facile detto così. >>
Sam mi fronteggiò, << hey Julia… >> disse prendendomi per le spalle. Alzai la testa a guardarlo, dopodiché poggiò le sue labbra sulle mie e mi baciò.
Mi tenne stretta fra le sue braccia e tutto il suo corpo aderiva così perfettamente al mio che sembrava fossero l’uno il pezzo mancante dell’altro, il cuore mi batteva a mille. Avrei voluto dirgli che l’amavo, ma per questo non avevo tanto coraggio e mai ne avrei avuto, figurarsi in una situazione del genere. Sam aveva la vita già abbastanza incasinata così com’era e non volevo sapere come avrei reagito dopo una risposta negativa, quindi mi stetti zitta. Cavolo se lo sapevo che lui non si provava lo stesso per me, probabilmente mi vedeva ancora come una da salvare, maledizione.
<< Grazie, Sam. >> Ma quello doveva essere un ti amo, Sam.
Sam prese il mio volto tra le mani e di nuovo poggiò le sue labbra sulle mie sorridendo. << Quando tutto questo sarà finito, voglio che dici a Dean di riportarti a casa o almeno darti i soldi per tornare a San Francisco, voglio che tu ritorni alla tua normalità. >>
Sorrisi nervosamente mentre ancora lui teneva il mio viso tra le sue mani, mi scansai. << Normalità? Se non ricordo male, hai detto che mezza città era stata infettata dal maledetto virus Croatoan, come posso tornare alla normalità? >>
<< Ci saranno sicuramente dei sopravvissuti, voglio che tu torni li perché tu appartieni a quel mondo al quale io non avrò mai accesso…e voglio che tu sia felice. >>
Sorrisi e mi aggiustai una ciocca dei capelli dietro l’orecchio, forse un po’ ci teneva a me. << E se io fossi felice adesso dove sono? >> Quello doveva essere solo un pensiero nella mia testa, ma invece uscii dalle mie labbra prima che potessi fermalo, era come se la mia mente avesse delle perdite, cavolo era forse segno di pazzia?
<< So che non e’ così. >> Eh già, cosa ne puoi sapere tu? Pensai. << Tu vuoi la tua normalità e non posso biasimarti per questo. Dean dovrà riportarti a casa, consideralo come un ultimo desiderio, ok? >>
<< Sam! Oddio, ti prego non ripeterlo mai più, suona così macabro e deprimente. >> Mi portai le mani al viso come per non guardarlo più poi di nuovo lo guardai e dissi, << tu non morirai… Lucifero e’ apparso poco prima che arrivassi tu. >>
<< Cosa? E perché non me l’hai detto prima? >>
<< Te lo sto dicendo ora. >>
Gli riferii tutto quello che Lucifero riferii a me e del mio piano per salvarlo che ovviamente non approvò, ma io non approvavo il suo piano suicida. Quanto lontano saremo arrivati?
<< E quindi? >> Chiesi.
<< Julia, sai benissimo che il mio e’ l’unico piano sensato che abbiamo ed e’ anche quello che sono intenzionato a fare. >>
<< Ma Sam… >>
Sam mi prese di nuovo tra le sue braccia ed esplosi in lacrime. Affondai la faccia nel suo petto per nascondermi, già dovevo sembrare un disastro bagnata ed infreddolita figuriamoci con le lacrime agli occhi. Non saprei descrivere quello che mi stava succedendo, ma mi sentivo incredibilmente fragile, indifesa e nonostante tutto, sola. Forse Sam aveva ragione, forse volevo tornare davvero a casa, insomma perché continuare a combattere contro la morte ogni singolo giorno quando sarei potuta tornare alla mia spensierata routine, ah giusto… per quanto ne sapevo non avevo più una casa e ne tanto meno una città, probabilmente San Francisco era diventata la città fantasma per eccellenza, non guardavo telegiornali da un mese ed ero letteralmente tagliata fuori dal mondo quindi la mia immaginazione andava a ruota libera. 
<< Aww, però siete davvero carini insieme! >> L’accento scozzese era quello di Crowley. Il demone adesso era appoggiato al muretto del ballatoio con un grosso sorriso compiaciuto sulla sua faccia rotonda.
Sam si staccò da me e guardò Crowley. << Crowley! Notizie su dove possiamo trovare Morte? >>
<< Certo, certo. Guarda questo. >> Diede a Sam un giornale e puntò su un articolo sulla destra.
Sam iniziò a leggere a voce alta: << ”La Niveus pharmaceuticals si sta affrettando a distribuire il suo nuovo vaccino contro la febbre suina per arrestare un ondata di epidemia senza precedenti. Il vaccino sarà spedito mercoledì.” >>
<< La Niveus pharmaceuticals, capito?>> Crowley guardò sia me che Sam, ma entrambe inarcammo il sopraciglio perché infondo non lo seguivamo. Crowley sospirò, << il tuo amante dei demoni, Sam. Bready, vice presidente della distribuzione Niveus. >> Guardai Sam che sembrò aver capito e l’espressione sul suo viso cambiò del tutto, divenne spaventato e preoccupato. Io in realtà non capivo, non conoscevo questo Bready ne tantomeno la Niveus pharmaceuticals. << Ah, sento il rumore delle rotelle che girano! >> Esultò Crowley, << ci siamo arrivati? >>
<< Uhm… >> Feci per replicare, ma Sam subito si bloccò.
<< Pestilenza stava diffondendo l’influenza suina. >>
<< Si ma quella era solo la fase uno, la fase due e’ il vaccino. >> Ok questo era del tutto inaspettato, Dean appoggiato alla parete poco distante da noi si teneva il lenzuolo stretto intorno il bacino e sembrava assorto come un bravo studente universitario. Tutti lo guardammo sconcertati. << Cosa? Secondo voi potevo mica perdermi questa bella riunione di famiglia? >>
Sam sospirò e le sue labbra si allargarono in un sorriso divertito. << Quindi tu pensi che- >>
<< Lo so, mi ci gioco la reputazione. >> Rispose Crowley in tono ironico. << Quel vaccino e’ pieno zeppo di virus Croatoan nella sua forma più aggressiva. >> Spalancai gli occhi, Croatoan. Da dove tutto era iniziato.
Guardai Sam, che annuii e sorrise nervosamente e Dean scosse la testa. << Distribuzione simultanea in tutto il paese, un bel piano. >> Affermò Sam.
<< Non si diventa Cavalieri senza un motivo. >> Sottolineò Crowley. << Quindi e’ meglio che facciate una bella scorta, bhè…di tutto. Giovedì prossimo a quest’ora vivremo in Zombieland. >>
Rimanemmo tutti a bocca aperta. Il cerchio si stava stringendo e la fine era maledettamente vicina, più di quanto mai avessi immaginato.   

I piani erano due. Fermare la Niveus pharmaceuticals e i suoi demoni dall’esportazione del vaccino e trovare Morte ucciderlo e prendere il suo anello, suonava quasi ironico…quasi.
La prima parte della missione era la più urgente, andare in Nevada, al quartier generale della Niveus e fermare l’esportazione del vaccino. Eravamo già in macchina quando mi resi conto di quello che stavamo facendo, di dove stavamo andando e che avevo un ex Angelo seduto vicino a me sul sedile posteriore che non ricordavo neanche da dove era sbucato. Altri tre giorni di gita in macchina, chi e’ che non vorrebbe una cosa del genere?
Non ci fermammo quasi mai se non per le cose importanti come ovviamente la birra, cibo, bagno e benzina. << L’Apocalisse costa troppa benzina. >> Disse Dean in una delle milioni di stazioni di rifornimento in cui ci fermammo e diavolo se era vero, come dargli torto? Forse però sarebbe valsa la pena dopo che avremo fermato sventato il piano di Lucifero di trasformare tutto il mondo in Zombieland, già peccato che nessuno l’avrebbe mai saputo.
Iniziavo a capire la vita del cacciatore, iniziavo a rendermi conto che era alquanto frustrante salvare il mondo ogni giorno e mai essere riconosciuti, oddio, non l’avevo mai fatto prima d’ora però adesso in qualche modo avevo la possibilità di farlo anche se comunque ci sarebbe stato il cinquanta percento di possibilità che Lucifero avesse vinto e probabilmente non sarebbe saltato nella sua gabbia, forse il piano di Sam era effettivamente il più sensato.
Durante tutto il tragitto, scoprii finalmente cos’era la Niveus pharmaceuticals e chi diavolo era Bready. L’azienda di prodotti farmaceutici Niveus era una delle più importanti degli Stati Uniti, Bready il vice presidente, era in realtà un demone che impossessava il corpo di un amico d’università di Sam e dal secondo anno che si conoscevano, lui lo teneva d’occhio. Sam non nascose che quando lo venne a sapere non riuscì a controllare la sua rabbia verso di lui e verso Lucifero, inoltre Dean, cambiando argomento rivelò che molte cose a cui aveva assistito nel 2014 si stavano suo malgrado avverando. Castiel diventato umano, i Croats che infestavano le città e Lucifero che ne usciva vincitore e nel corpo di Sam regnava sul mondo, gli dissi che non avremo dovuto affrettare le cose, c’era ancora speranza e lui iniziò a dire che non c’aveva mai creduto nella speranza e che qualunque cosa lui e suo fratello facevano finiva sempre nella merda più totale.
Si intuiva che Dean e come anche Sam, iniziava a perdere fiducia e finiva sempre più per credere che nessuno di noi avrebbe avuto scampo dopo che Lucifero e Michael si sarebbero battuti.
Non sapevo cosa dire, e non appena accennai al mio piano di sacrificio per salvare Sam, mi disse che ero pazza e non sapevo quello che dicevo. Forse aveva ragione.

    Il cielo nel Nevada era grigio, non cupo, solo grigio. Quel tipo di grigio che opprime le giornate e le rende fiacche, pigre e vuote, quel tipo di grigio che si addiceva perfettamente al pre-Apocalisse.
Con il cofano pieno di esplosivi non era prudente fare un viaggio di tre giorni, ma chissà quella volta la dea bendata era dalla nostra, gli esplosivi andavano posti in ogni capannone del quartier generale in modo da far esplodere e quindi distruggere ogni singolo vaccino presente li dentro, peccato che un camion carico di virus Croatoan stava adesso lasciando l’edificio.
<< Ma che…? >> Iniziò Dean prima di uscire fuori la macchina e lanciarmi le chiavi.
Senza mezzi termini, Dean, appoggiato pienamente da Castiel, mi aveva detto che sarei dovuta rimanere in macchina e che sarei stata, ovviamente, solo d’intralcio con le mie scarse abilità di difesa rischiare era troppo prezioso e io concordavo, certo però rimanere in macchina mentre gli uomini svolgevano il duro lavoro era frustrante per non dire preoccupante ma, tutto quello che potevo fare era sperare che se la cavassero senza lasciare nessuno dietro.
Castiel, Dean e Sam corsero verso il camion e dopodiché non fui in grado di vedere più nulla.
Sospirando nervosamente, passai al sedile del guidatore scavalcando dal sedile posteriore, probabilmente Dean non avrebbe approvato, ma lui non era li in quel momento e così ne approfittai.
Quella macchina era fantastica e non solo esteriormente, come ho detto non ne capisco molto di macchine, ma quella Chevrolet Impala del ’67 raccontava a suo modo una storia. Dean mi raccontò che fu comprata da suo padre quando era al liceo e da allora aveva sempre fatto parte della famiglia e stupidamente, solo adesso capivo perché ci tenesse così tanto e perché era sempre li che le faceva manutenzione. Era perfetta anche nelle sue piccole ed apparentemente invisibili imperfezioni.
Sorrisi mentre pensavo Sam e Dean bambini e seduti sul sedile posteriore di quella macchina e mentre facevo scivolare una mano sulla pelle nera dello schienale. Chissà quanto avevano protestato, pianto e scalpitato in quell’auto mentre John Winchester la guidava per l’ennesima volta verso un nuovo stato e chissà come si erano sentiti a cambiare scuola praticamente sempre, forse soli ed esclusi non avendo poi così tanto tempo di fare amicizia. Ne conoscevo di persone con un’adolescenza turbolenta, ma non potevo neanche immaginare quello che Dean e Sam avevano passato, qualcosa mi diceva che non erano molto felici di aver aperto gli occhi al mondo prima di un qualunque altro bambino, ma sicuramente ne erano grati perché adesso erano forti, grandi ed in grado di salvare persone innocenti quando ce n’era bisogno e che per quanto il riconoscimento può essere minimo o nullo, non e’ mica una cosa da poco?  

    Quella fu l’esplosione più grande a cui assistetti, non che ne abbia viste tante, ma quella faceva davvero paura e Castiel, Sam e Dean non si vedevano. Misi in moto l’auto ma non sapevo se dovevo muovermi o rimanere li dov’ero e il panico mi assalii fin quando non sentii un telefono suonare, telefono? Non era di certo il mio che adesso era in mille pezzettini sul pavimento di un motel in Casper, eh no, quindi tentai di capire da dove proveniva quella suoneria così perpetua, cercai ed alla fine lo trovai, era nel cruscotto, un telefono grigio, uno di quelli che si aprono, guardai il display, ma il numero era sconosciuto, così risposi.
<< Julia? >> Era Sam e aveva il respiro affannato.
<< Sam? Sam, dove siete? >>
<< Siamo fuggiti dall’entrata secondaria, stiamo bene e stiamo arrivando. >> Se aveva chiamato solo per tranquillizzarmi allora aveva funzionato.
<< No, fermatevi li, vengo a prendervi. >> Non so se fu per l’eccitazione di guidare un Chevrolet d’epoca oppure per l’ansia di rivederli vivi, ma posai il cellulare nel cruscotto al suo posto e misi in moto. Non avevo mai guidato nessun’altra macchina fuori dal mio Maggiolone della Volkswagen blue e sentire il motore dell’Impala vibrare sotto di me mi fece sorridere. Premetti sull’acceleratore e iniziai a guidare verso la seconda entrata dello stabilimento che ora era in fiamme, nessun demone e nessun Croats erano in giro, segno che la missione era stata compiuta comunque.
Guidai lungo il perimetro quadrato della Niveus e alla fine vidi i ragazzi stremati sul lato della strada, spensi il motore e corsi verso di loro.
<< State bene? >>
<< Tutto bene e scordati di guidare ancora una volta l’Impala. >> Fece Dean puntandomi un dito contro, ma infondo sorridendo.
<< Va bene, va bene. >> Alzai le mani in segno di resa.
<< Bhe’, missione compiuta, adesso fase due. >> Disse Sam avviandosi verso la macchina.
Era strano vedere Castiel con un fucile a pompa tra le mani, non riuscivo ancora a rendermi conto che era diventato umano, come può un Angelo diventare umano ma comunque ancora risiedere all’interno del corpo del suo tramite? Uno dei mille misteri del sovrannaturale che mai avrei risolto.
<< Almeno un punto a nostro favore. >> Iniziò Castiel sospirando. Mi voltai a guardarlo e pareva triste e molto sconfortato era un’espressione che non avevo mai visto quando era un Angelo, forse perdendo i suoi poteri aveva acquistato la capacità’ di espressione. << Chissà se era quello che voleva lui. >> Guardò in alto.
<< Bhe’ Cass, se può farti sentire meglio, l’ultima volta che abbiamo controllato, lui voleva che l’Apocalisse accadesse, ricordi? >> Disse Dean tenendo gli occhi fissi sulla strada.
<< Già hai ragione. >>
L’auto ormai sfrecciava nell’oscurità’ di una strada secondaria da qualche parte in Nevada. Se pensavo al Nevada e di come ero cambiata dall’ultima volta che ero li, quasi mi veniva da piangere, quella bambina che doveva imparare tutto sul mondo adesso era cresciuta e pur non essendo ancora del tutto matura e adulta, ci stava arrivando. << Dove siamo diretti? >> Chiesi infine scuotendo la testa dai pensieri.
<< Bhe’ in South Dakota a casa di Bobby se Crowley non ci dice dove trovare Morte. >> Rispose Sam voltandosi dietro.
<< Oh no, io non mi faccio altri tre giorni di viaggio per poi magari ritornare in Nevada, vi prego fermiamoci ad un motel, ho ancora tre dollari nel portafogli posso contribuire. >> Sembrò una supplica mista ad una richiesta, ma non avrei resistito a lungo se avessimo dovuto affrontare un altro lunghissimo viaggio di tre giorni.
<< Ne vedi uno? >> Chiese Dean.
<< No, ma ci deve essere, siete voi gli esperti. >>
<< Hey Fernely cinquanta miglia, che dici ce l’avranno un motel in una cittadina nel mezzo del deserto? >> Disse Sam leggendo un cartellone stradale che c’era appena passato di lato.
<< Direi di si. >> Dean acconsentì stringendosi nelle spalle.
Eravamo finalmente entrati nella cittadina di Fernely e a pochi metri dal punto in cui ci trovavamo ci sarebbe stata una doccia e un letto, non comodo, ma era pur sempre qualcosa. Ok, chiamatemi anche inopportuna, rompiballe e esigente, ma sfiderei chiunque a non essere stanco o comunque avere il desiderio di una doccia dopo tre giorni passati in viaggio in macchina, forse Sam e Dean erano abituati, ma quella non era la mia vita e comunque avevamo del tempo fin quando Crowley non sarebbe riapparso con le informazioni su Morte.
Fu in quel momento che il pensiero più egoistico che avessi mai formulato mi balenò nella mente, volevo tornare così tanto a casa e alla mia normalità che non mi importava come quella storia sarebbe finita, avrei fatto di tutto per far tornare il mondo come prima, anche permettere a Lucifero di possedere Sam. A quel punto mi coprii la faccia con le mani e scossi la testa, no…quel pensiero non avrebbe dovuto mai passarmi per la mente, ero ancora del parere che il piano di Sam facesse schifo nonostante fosse il più sensato.

    Il Lazy Inn in quella minuscola cittadina nel mezzo del nulla, aveva una reception alquanto accogliente e ben arredata. Aveva le pareti rivestite in legno così come il pavimento e graziose poltroncine tappezzate di fiori poste di fronte un piccolo camino in pietra scura, sul bancone della reception, sempre in legno, c’erano poggiati in un vaso un mazzo di rose rosse e di fianco il registro degli ospiti, sul quale c’erano le firme di quattro ospiti, due maschi e due femmine.
<< Ah, i ragazzi di oggi, voi e le vostre perversioni sessuali, non lasciate nessuna macchia sulla moquette, scrivete il nome qui e pagatemi in anticipo, grazie. >> La donna di mezza età grassa e bionda che era dietro il bancone aveva un fare furioso e non ci guardava neanche, ci dava le spalle mentre cercava le chiavi da darci.
Dean mi guardò e poi mi sorrise maliziosamente. << Stai a guardare. >> Mi sussurrò. << Non si preoccupi siamo sempre attenti, le lasceremo la stanza più pulita di prima. >>
Sam scosse la testa e Castiel parve non capire in quanto rimase li fermo ed immobile a guardare la donna dietro il bancone che ancora ci dava le spalle. << Non capisco proprio come fate a scoparvi una sola ragazza, ah…i ragazzi di oggi. >>
Stavo per ridere, per fortuna mi bloccai quando la donna si girò finalmente verso di noi mostrando il suo viso paonazzo e paffuto.
<< Veda, in realtà sono io a scoparmi la ragazza, questi due sono gay. >> Puntò verso Castiel e Sam che subito protestò, ringraziò la donna della chiave, pagò i dieci dollari per la prima notte e spinse Dean fuori dalla reception.
<< Cosa? >> Dean sorrideva e aveva le braccia allargate.
<< Non era divertente, Dean. >>
<< Certo che lo era. >>
Castiel rimase impassibile, io rimasi li a guardare Sam e Dean che discutevano sullo scherzo e involontariamente sorrisi, erano buffi quando litigavano soprattutto per le battute di Dean.
<< Tu hai capito cosa intendesse Dean? >> Mi chiese Castiel che si avvicinò a me di qualche centimetro.
<< Si Castiel. >>
<< Ah. >>
Si ammutolì e calò la testa.
<< Va bene bambini, andiamo. >> Esortò Dean capeggiando il gruppo. Ci portò fino la stanza numero 31 al piano terra, apri’ la porta e una forte puzza di chiuso invase le mie narici.
La prima cosa che feci fu aprire la finestra scorrevole che dava sul parcheggio per far entrare un po’ di aria pura.
<< Allora Julia, quale letto preferisci? >>
<< Dean, non sei divertente. >>
<< Non sei divertente Dean, non era divertente Dean, blah blah blah. Formate una bellissima coppia, congratulazioni. >> Dean si prese gioco sia di me che di Sam e dopodiché alzò le mani in segno di resa e si stese sul letto vicino il bagno. Castiel era ancora fermo con un espressione confusa sul volto, gli occhi blue del suo tramite guardavano la stanza come se fosse stata l’Inferno.
<< Lo so Cass, sembra davvero l’Inferno, ma dopo un po’ ci fai l’abitudine. >> Diedi una pacca sulla spalla di Castiel che non si mosse neanche di un centimetro. << Castiel? >>
<< Credo che debba usare il bagno… >> Lo disse come se fosse la cosa più strana del mondo, ah giusto per lui lo era sicuramente visto che qualche giorno prima era un Angelo.
Sam rise, lo stesso feci io e Castiel quasi marciando andò verso il bagno.
<< Doppio cheeseburger al bacon? >> Chiese Dean che era ancora steso sul letto con le mani dietro la testa. << Vanno bene per voi? >>
<< Insalata per me, grazie. >> Annunciò Sam.
<< Oh andiamo Sammy, e’ un hamburger non ti ucciderà e tra l’altro ci sarà dell’insalata al suo interno. >> Disse Dean alzandosi dal letto.
Sam allargò le braccia in segno di resa.
Deglutii. << Io passo. >>
<< Insalata per Julia e tre doppi cheeseburger, ok, a dopo. >> Dean corse verso la porta prima che io potessi protestare, qualcosa avrei dovuto pur mangiare e l’insalata andava bene dopotutto.
<< Hey, perché io non posso avere l’insalata? >> Chiese Sam urlando alla porta.
Sam lasciò perdere e si sedette sul letto più vicino all’ingresso.
Mi diressi verso la sedia comoda e rivestita di tessuto blue poggiata alla parete vicino cassettone dove c’era la televisione, mi rannicchiai tenendomi strette le ginocchia e poggiando la testa su di esse e quando i miei occhi incontrarono quelli di Sam, mi accorsi che quasi rideva mentre la sua bocca era contratta in un sorriso compiaciuto, lo guardai confusa e ricambiai il sorriso timidamente scuotendo leggermente la testa, non la smetteva, era li con gli occhi fissi su di me e così alla fine chiesi: << cosa c'e'? >>
<< Niente. >>
<< Ho qualcosa che non va? >> Mi passai una mano nei capelli e dopo mi diedi un’occhiata veloce.
<< No, davvero non e’ niente. >>
<< No, davvero voglio sapere. >> Feci eco a Sam che rise.
Sospirò << Hai ancora i capelli sciolti da quando ti ho detto di non legarli, ecco tutto. >>
<< Oh. >> Mi presi una ciocca di capelli tra le mani e la guardai, dopodiché mossi un po’ la testa in modo che altre ciocche mi coprissero il viso che adesso era rosso di imbarazzo e colpevolezza. <> Come una bambina, nascosi la mia faccia tra le ginocchia e quella volta feci caso ai capelli che si mossero come serpenti sulla mia schiena, sulle mie spalle e sulle mie braccia.
Quando rialzai la testa, lui era in ginocchio li di fronte a me che mi guardava ancora con il suo sorriso compiaciuto sul suo viso perfetto contornato da una spruzzata di barba che era visibile solo da così vicino. Oh ti prego, non fare così, pensai mentre sentivo le guancia ribollire.
<< Sei bellissima. >> Mi disse mentre mi aggiustava una ciocca di capelli dietro le orecchie. Spalancai gli occhi e rimasi in silenzio a guardarlo. Non e’ vero, non sta succedendo, io non sono qui, dove sono? La mia mente in quel momento era un groviglio di pensieri sconnessi, un velo oscurava la mia ragione e impediva al mio cervello di ricordarmi di respirare, quel velo si chiamava Sam Winchester.
<< Julia? >> Mi chiamava.
Sarebbe stato carino ringraziarlo, ma forse la mia mente non voleva credere che quelle parole che erano appena uscite dalla bocca di Sam fossero vere, così semplicemente dissi senza pensarci due volte: << Sam…c’e’ una cosa che devi sapere. >>
Sam annuì con un espressione di curiosità sul suo viso.
<< Ecco! Si mangia! >> Dean entrò dalla porta principale della stanza mostrando fiero tre buste di cartone pienissime di roba da mangiare e unte così tanto che per poco non si rompevano.
<< C’ho messo un po’ a capire come funzionava. >> Affermò Castiel uscendo dal bagno.
Tutti lo guardammo sorpresi e allo stesso tempo divertiti. << Cass, senza poteri sei solo un bambino in trench. >> Disse Dean poggiando le buste sul tavolo verde vicino la finestra.
Castiel sembrò offeso o forse semplicemente confuso, per quanto cruda l’affermazione di Dean fosse, probabilmente era vera e così vidi Castiel sotto una luce diversa, un figlio abbandonato dal proprio Padre e da ogni legame celestiale che un angelo possa mai avere con il Paradiso, adesso sceso in terra e senza poteri in procinto di affrontare un Apocalisse che avrebbe per sempre cambiato il mondo…come doveva sentirsi?
<< Devo mangiare quella roba? >> Chiese Castiel puntando alla busta più unta sul tavolo.
<< No, questo e’ mio, tu mangi questo. >> Dean afferrò la busta unta e la tenne stretta come per proteggerla e passò a Castiel una busta più piccola e molto meno unta.
Per fortuna Dean s’era ricordato di prendermi un insalata, era un insalata di pollo non la mangiavo da un po’ così la gustai con molto piacere.
<< Oh Julia, cos’e’ che dovevi dirmi?>> Chiese Sam mentre addentava il suo panino.
Ingoiai il boccone che mi andò di traverso e tossì ripetutamente. Bevvi un sorso di soda e tornai a guardare Sam che aveva un’espressione interessata impressa sul viso. << Nulla di serio, può aspettare. >> Sentenziai.
<< Ok. >> Assentì.
Finii di mangiare l’insalata ma con meno entusiasmo di prima, il fatto che Sam mi avesse ricordato che gli avevo quasi rivelato i miei sentimenti mi faceva venir voglia di urlare.
<< San Francisco, ragazzi, Morte si trova a San Francisco. >> Crowley apparse tutto all’improvviso mentre regnava il silenzio più totale in tutta la stanza e mentre tutti cercavamo di dormire, ricordo che urlai per lo spavento, non e’ certo bello ritrovarsi un demone in una stanza mentre si e’ nel dormiveglia. Quando elaborai nella mia mente quello che aveva appena detto spalancai gli occhi e dissi in tono allarmato: << San Francisco?! >>
<< Si. >>  
<< Come lo sai? >> Chiese Dean una volta accesa la luce.
<< Ogni angolo della città pullula di mietitori, deve essere li. >>
<< Va bene, andiamo. >> Affermò Sam mentre si alzava dal letto e dirigendosi verso il suo borsone. Crowley sparì.
<< Vorrei avere i miei poteri, sarebbe più facile portarvi li. >> Affermò Castiel mentre era immobile vicino la porta d’ingresso, stranamente non era rimasto li tutto il tempo che avevamo in qualche modo riposato, no, aveva riposato anche lui, si era disteso di fianco a Dean che aveva ovviamente protestato ampiamente, ma non aveva avuto molta scelta.
Dormire con Sam portava sempre delle sorprese, certe volte me lo ritrovavo praticamente incollato a me e certe volte, come quella sera, che era disteso così distante da me che quasi cadeva dal letto.

Eravamo in viaggio verso San Francisco, dove tutto era iniziato e dove tutto, con un po’ di fortuna, si sarebbe concluso.
Ritornare nella mia città mi dava l’ansia, avevo paura di ritrovarla deserta, abbandonata da tutti e da tutto, ma poi ritornando a ragionare e ritornando con i piedi per terra, San Francisco era una città enorme e il virus Croatoan non poteva mica aver contagiato tutti? Dio, lo speravo…ah già, lui era momentaneamente fuori servizio.

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Capitolo 15
*** Chapter 15 - There's no place like home ***


…E della serie non importa a nessuno, sono finalmente tornata! Ho modificato il capitolo rendendolo meno stupido e meno lungo. C’ho provato almeno e probabilmente fa ancora più schifo di prima e se e’ cosi vi prego di dirmelo, cercherò di migliorarlo ancora.
Grazie mille per l’attesa, chiunque legga o segue questa storia, finalmente l’ispirazione e’ tornata e ho anche iniziato a scrivere l’altro capitolo, così magari prima di Natale pubblico anche l’altro.
Ah esatto, volevo annunciarvi che ho aperto una pagina dedicata a Supernatural su Facebook, quindi non so se vi va passate a darle un’occhiata, sarete i benvenuti! :)  --> Lost in a Supernatural World
Non dimenticate di fare una visita anche alla storia di mia sorella --> "Dead or Alive"
Buona lettura, people!


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Chapter 15 – There’s no place like home

      Benvenuti in California, una scritta corsiva gialla su un cartello blue ci dava il benvenuto nello stato californiano. Anche se non sapevo dove eravamo precisamente, avevo il cuore in gola al solo pensiero che presto avrei messo di nuovo piede nella mia città natale, e la paura che potesse essere stata rasa al suolo era tanta.
C’eravamo fermati in parecchie stazioni di servizio e in nessuna di esse avevo trovato un quotidiano il quale parlasse di San Francisco e di una presunta desertificazione, era un buon segno, no? Speravo di tornare a casa, bussare alla porta e riabbracciare mia madre e mio padre così forte da non farli respirare, sognavo di raccontargli tutta la storia senza tralasciare i particolari, oddio forse mi avrebbero creduta pazza, però non mi sarebbe importato. Ma poi tornai con i piedi per terra e ripensai a quella frase inquietante che mio padre mi disse tramite il mio defunto cellulare, in Casper e mi rattristii. Che cosa voleva dire?
Non cercarci, non cercarci mai più. Morirete tutti. Non riuscivo a togliermi quelle parole dalla testa, chiusi gli occhi, scossi la testa, mi schiaffeggiai, ma le parole erano come impresse a fuoco nella mia mente, Castiel parve sconcertato quando mi vide fare tutto ciò, ma come spiegare ad un ex Angelo cosa provavo in quel momento? Avrebbe mai capito? Probabilmente no.
L’ansia cresceva mentre i chilometri che ci distanziavano da San Francisco diminuivano e avevo una voglia tremenda di uscire da quella maledetta macchina per prendere un po’ d’aria, ma non dissi nulla, cercai di controllarmi inspirando ed espirando profondamente, dopodiché Sam si accorse che qualcosa non andava e quando si voltò verso di me probabilmente arrossii perché sentii il viso andare in fiamme per l’imbarazzo.
<< Tutto ok? >> Chiese.
<< Si, sto bene…ma starò meglio quando arriviamo a San Francisco. >>
<< Oh…giusto. C’e’ qualcosa che posso fare? >>
<< No, non preoccuparti. >>
<< Bhe’ guarda il lato positivo, ti stiamo riportando a casa, il tuo incubo e’ finito. >> Le sue labbra si contrassero in un sorriso a trentadue denti che contagiò’ anche me, ma che diversamente dal suo, il mio subito si spense.
<< Facile a dirsi. Non so ancora se ho una città o una casa e mia sorella e’ scomparsa, non c’e’ nessun lato positivo. >>
<< Già forse hai ragione, troveremo una soluzione a tutto vedrai quando arriveremo a- >> Lo bloccai.
<< Ed eviteremo anche a Lucifero di indossarti e di uccidermi, si come no. >> Sospirai nervosamente sprofondando nel sedile a braccia conserte. La speranza stava lentamente abbandonando anche me e non era una cosa bella, mi sentivo sconfortata e depressa non vedevo una soluzione a nessuno dei problemi che avevamo, vedevo solo la fine del mondo che sarebbe avvenuta senza o con il corpo di Sam…ma non con il mio sangue. Lucifero aveva bisogno di me, di me morta e quindi di tutto il mio stramaledetto sangue per essere capace di battere suo fratello, questo significava che avevo un modo di salvare il mondo. Non dovevo permettere a Sam di dire si e io non avrei permesso a Lucifero di uccidermi, semplice…ma quanto coraggio richiedeva? E quante erano le possibilità che Lucifero e Michael non si sarebbero battuti lo stesso, radendo comunque al suolo il mondo? Scossi la testa smuovendo quel pensiero dalla mente.

    In lontananza le assi rosse del Golden Gate risplendevano sotto il sole ribollente californiano tipico del mese di giugno, e riflettevano la luce fino a noi. Erano le dieci di mattina quando entrammo nella caotica Market Street, si caotica. A mia sorpresa e probabilmente anche degli altri, le strade ripide di Market Street erano più popolate che mai, c’era traffico e milioni di persone affollavano i marciapiedi ai lati della strada muovendosi furtivi tra la folla e sembrando più normali che mai.
E d’un tratto ero fuori, ero fuori da quella famosa dimensione mentale in cui ero finita un mese fa, la dimensione nella quale io ero una bambina che apriva gli occhi ad un nuovo mondo del tutto differente dalla realtà, realtà nella quale io ero semplicemente la studentessa di Science Forense all’Università’ di San Francisco. Era bello essere in grado sentirsi se stessi di nuovo. Era tutto così familiare, così normale e così dannatamente pieno di vita.
<< Città fantasma, eh? >> Chiese Dean mentre suonava ripetutamente il clacson.
Sorrisi. Avevo voglia di scendere e correre verso casa a piedi e anche se era letteralmente dall’altra parte di San Francisco, l’avrei fatto. << E’ inutile suonare ripetutamente! Non si scioglierà’ il traffico! >> Dissi ridendo.
<< Adesso capisci perché odio le grandi città e le autostrade? >>
Adesso capivo. Impazienza, insofferenza e totale disaccordo con caos e normalità, bhè si sembra proprio Dean.
<< Julia, mentre cerchiamo di capire dove si trova precisamente Morte, vuoi che ti riportiamo a casa? >>
Non esitai a rispondere. << Sarebbe fantastico. >>
Incrociammo la Main Street e il ristorante in cui io e Blair avevamo mangiato insieme per l’ultima volta e quel maledetto vicoletto da dove era iniziato tutto, sembrava tutto così normale che quasi faceva paura. Il vicolo era li silenzioso e c’erano due macchine parcheggiate, una di quelle era la Mercedes rossa decappottabile di mia cugina, il mio cuore si fermò per un secondo quando la vidi e così chiesi a Dean di fermare la macchina e scendendo, mi diressi verso di essa.
Era la solita vecchia lussuosa macchina della mia cugina super ricca, aveva ancora e perfino lo strano pupazzetto rosa appeso allo specchietto retrovisore, era come se nessuno avesse cercato di ritrovare e riprendere la macchina, ne mia madre ne mio padre e ne tantomeno i genitori di Blair.
Flashback di quello che successe un mese prima iniziarono ad invadere la mia povera mente, era come se ovunque mi girassi vedevo i due Croats che volevano attaccarmi con i loro occhi rossi e la loro tremenda furia omicida, mi coprii gli occhi e tutto intorno a me iniziò a girare vorticosamente fin quando non caddi a terra in ginocchio con ancora le mani sugli occhi. Mi rannicchiai in me stessa come per proteggermi da quel luogo, da quelle memorie, ma fu inutile.
<< Julia, tutto bene? >> Sam mi prese per un braccio smuovendomi dalla mia posizione fetale e costringendomi ad alzarmi, la mia espressione doveva essere quella di puro terrore perché Sam continuava a chiedermi se andasse tutto bene e cos’era che mi aveva spaventata così tanto fin quando non mi guardò dritto negli occhi.
<< I Croats, e’ come se fossero qui, e’ come se volessero attaccarmi di nuovo. >> Stavo impazzendo. Mi coprii nuovamente gli occhi cercando di cacciare quelle memorie così vivide.
<< Non c’e’ nessuno qui, Julia. >> Toccò le mie mani, e cercò di smuoverle, ma non glielo permisi. << Julia, guardami ti prego. >>
Scossi la testa. << Non se ne andranno. >>
<< Julia guardami per favore. >> Insistette.
Lo guardai.
<< Visto? Nessuno, solo io e te. >>
<< Portami a casa. >> Lo abbracciai e lui mi accarezzò i capelli ancora sciolti sulla schiena, dicendomi che quella sarebbe stata la prossima meta.
Quando Dean e Castiel videro finalmente tornare me e Sam, emisero un respiro di sollievo. Erano visibilmente scocciati. << Vi sembra il momento di giocare ai fidanzati quando abbiamo questioni più importanti da sistemare? >> Chiese Dean risalendo in macchina.
Sam sospirò e poi anche lui salì in macchina seguito da me e Castiel. << Dean quello di fronte e’ il vicoletto in cui salvammo Julia un mese fa, se ben ti ricordi. >>
<< Certo, per questo volevate- >>Lo bloccai.
<< Dean, tu non capisci, credo di essere pazza. >>
<< Benvenuta nel mio mondo, allora! >> Dean sorrise compiaciuto e divertito.
<< Voglio uscirci fin quando sono in tempo. >>
<< Stiamo riportandoti a casa, no? >>
<< Esattamente. >>
<< Visto? Te l’avevo detto che non eri felice qui con noi. >> Disse Sam che si intromise voltandosi verso di me e mostrando un accenno di sorriso sulle sue labbra.
Non dissi niente, e neanche Dean che tornò ad essere concentrato sulla strada abbastanza sgombra della Main Street, eravamo diretti al 95 della McLaren Avenue nel quartiere Sea Cliff a ovest di San Francisco, era li che era la mia casa. Era una classica casa americana, moderna, su due piani di mattoni gialli e con il tetto marrone, aveva un lungo balcone che affacciava sul retro e quindi sul grande giardino che mio padre amava curare.
Non trovammo molto traffico ed una volta che entrammo in Sea Cliff, il mio cuore iniziò a battere come un tamburo dentro di me ed un nodo in gola mi impediva di parlare, l’ansia di vedere di nuovo la mia casa dopo un mese era tantissima e le milioni di domande sulla salute dei miei genitori stavano per ricevere una risposta e nonostante il quartiere fosse quello di sempre e c’erano sempre le solite mamme giovani che portavano i loro figli in carrozzino a spasso, era come se qualcosa non andasse.
La signora McMasters era ferma al bordo del marciapiede e guardava l’Impala che si muoveva lentamente tra le case di quel quartiere, lo stesso la signora Lewis e sua figlia Elizabeth, era come se avessero appena visto un fantasma.
Mancava una curva e dietro ci sarebbe stata casa mia. Feci un respiro profondo, poi un altro e poi ancora un altro fin quando Castiel non mi guardò e mi chiese se andasse tutto bene, io risposi con un no categorico. 
La prima cosa che vidi fu la macchina di mio padre parcheggiata nel vialetto di casa, il prato cresciuto dall’ultima volta e le siepi incolte. La seconda cosa che mi saltò all’occhio erano dei nastri di plastica gialla che delimitavano la “scena del crimine”, ce n’erano due a formare una x attaccati vicino la porta di legno d’ingresso. Dean fermò la macchina ed io come un razzo mi fiondai lungo le scale che portavano alla casa, spalancai la porta e quello che vidi mi sconvolse. Il bellissimo ingresso arredato così meticolosamente da mia madre era rovinato, c’era il piccolo mobiletto basso rivoltato su se stesso e tutte le cose al suo interno sparse sulla morbida moquette beige, feci due passi e intravidi il salone, anch’esso rovinato, i divani sfoderati e le due credenze spaccate praticamente in due, c’erano tantissimi fogli sparsi un po’ a per tutto, la televisione aveva un buco sullo schermo e il telefono era scollegato.
Non sapevo cosa dire, non sapevo cosa fare, non sapevo cosa pensare. Era come se avessimo subito una rapina, come se qualcuno cercasse qualcosa, ma cosa? E cosa c’entrava con tutto questo?
Sam, Dean e Castiel corsero anche loro all’interno della casa e rimasero alle mie spalle.
<< Julia, hai questa casa e vai in giro con dieci dollari nel portafogli? Con i tuoi soldi potevamo permetterci i grandi hotel durante tutto questo tempo! >> Disse Dean senza il minimo tatto.
<< Dean, e dai. >> Lo ammonì Sam. << Cosa e’ successo qua dentro? >>
<< Non lo so. >> Mi voltai verso di loro che si guardavano intorno stupiti e disorientati, soprattutto Castiel. Una maledetta lacrima mi rigò il viso, dopodiché salii le scale e mi diressi nella mia stanza, il cassettone era a terra, i miei vestiti sul letto e i cassetti della scrivania aperti. Non avevo nulla nascosto nella mia stanza, niente di particolarmente strano o segreto.
Uscii dalla mia stanza e mi diressi verso quella di Alyson che ormai era una palestra. Li niente era stato toccato, forse perché non c’era praticamente nulla per nascondere qualcosa, ma non si può dire lo stesso per la stanza dei miei genitori.
Il materasso poggiato alla rete del letto, era bucato in vari punti come se qualcuno lo avesse usato come barriera durante una sparatoria, i cassetti, tutti compresi quelli del grande armadio a muro in legno chiaro erano aperti e tutto il loro contenuto riversato da per tutto in quella stanza. Infine, feci l’errore di guardare cosa c’era dietro il materasso e per poco non svenni.
Una pozza di sangue vecchio era li sulla moquette chiara della stanza dei mie genitori nessun corpo, solo sangue. Ebbi un momentaneo capogiro che mi fece sbandare, feci qualche passo indietro e mi appoggiai al materasso che ricadde sulla rete nella sua posizione naturale.
Non capivo, non riuscivo a capire per quale motivo qualcuno era entrato nella nostra casa mettendo a soqquadro ogni stanza e possibilmente uccidendo anche i miei genitori. Eravamo una famiglia normalissima, con una normalissima vita e con i normalissimi problemi di tasse e bollette, perché allora tutto d’un tratto avevo la sensazione che dopotutto quella in cui avevo vissuto era solamente una farsa?
<< Julia? Julia Wyncestre? >> Era la voce della signora Lewis che si avvicinava sempre di più al luogo in cui mi trovavo io. << Oddio Julia! Tutti qui ti credevano morta! >>
Mi alzai dal letto e andai incontro la signora Lewis trascinandola fuori da quella stanza. << Sono viva. >>
La signora Margaret Lewis era la rinomatissima pettegola del quartiere, conosceva ogni cosa di chiunque in quel vicinato, qualunque cosa lei la sapeva e non perché gli altri le parlavano delle loro cose, semplicemente perché aveva un orecchio attento e un occhio fin troppo vigile e purtroppo anche sua figlia Elizabeth era sulla buona strada per ricevere l’eredita’ innata della madre.
<< Lo vedo cara! Dopo che l’orribile virus terrorista ha colpito- >>
<< Virus terrorista? >> Chiesi sorpresa.
<< Si, non li hai visti i telegiornali? Dove sei stata tutto questo tempo? >>
<< Fuori città. >> Risposi in tono severo.
<< Il virus che i terroristi hanno impiantato a San Francisco per qualche strano esperimento segreto, ha infettato ed ucciso molte persone, il virus era capace di rendere violente le proprie vittime, sono stati giorni di terrore, >> mi chiesi come diavolo erano riusciti a trasformare un virus demoniaco in un virus terrorista, insomma i governi dovevano essere proprio nella merda fino al collo e non aver nessun indizio di cosa fosse realmente per aver mandato in giro quella notizia assurda. << Poi per fortuna l’emergenza e’ passata, >> continuò, << e’ stata una cosa terribile, la città ha subito troppe perdite e i tuoi genitori…ah, una gravissima perdita. >>
La bloccai. << I miei genitori, tu sai qualcosa? Dimmelo ti prego. >> Presi per le spalle la signora che sembrò un po’ sorpresa, dopodiché Sam, Dean e Castiel mi raggiunsero.
<< Julia? >> Mi chiamò Sam.
Mi voltai verso di Sam, << va tutto bene. >> e poi ritornai a concentrarmi sulla Signora Lewis. << Signora Lewis, devo sapere dei miei genitori, la prego. >>
<< Ma cara…non lo sai? >> Sembrava preoccupata e allo stesso tempo sconvolta.
<< No, cosa?! >> Quasi urlai.
<< Ma…ma che sono morti. >>
E fu come se tutto il peso del mondo d’un tratto mi fosse caduto sulle spalle e mi fece sentire minuscola, piccola come una formica insignificante, tutta la mia vita, tutti i miei sogni, tutte i miei obbiettivi improvvisamente distrutti. La mia vita era finita, non avevo più una famiglia. Cavolo, era difficile ammetterlo ma era la fottuta verità. Iniziai a piangere ininterrottamente e a singhiozzi, dovevo essere un vero spettacolo e un patetico disastro tra le braccia di Sam, di nuovo, come se ormai lui fosse li solo per confortarmi. Potrei giurare di aver sentito il tocco di Dean e perfino quello di Castiel sulla mia schiena mentre avevo la faccia sul petto di Sam, era come se volessero farmi capire che loro c’erano ed erano li per me nonostante la merda in cui tutti ci tovassimo.
<< Julia, mi dispiace tantissimo, credevo che la polizia ti avesse chiamato. >> La signora Lewis si scusò con tono colpevole. Il mio fottuto cellulare e’ in mille pezzi in un motel in una città sconosciuta, pensai.
<< Come e’ successo? >> Chiesi tra un singhiozzo e l’altro, e con la voce camuffata visto che avevo ancora il viso affondato nel petto di Sam.
La signora Lewis con tono pacato e preoccupato mi disse quello che aveva saputo grazie alle sue tecniche di seduzione usate su uno dei poliziotti affidati al caso, ovvero che c’era stata una sparatoria. Due sconosciuti, si erano introdotti in casa e l’avevano messa a soqquadro probabilmente in cerca di qualcosa e i miei genitori avevano reagito iniziando a sparare, ma purtroppo i due avevano avuto la meglio su di loro, aggiunse inoltre che c’era uno strano particolare che incuriosiva molto i poliziotti, i proiettili che avevano sparato i miei, erano di sale.

      Ed eccomi tornata. Di nuovo rigettata nella cara vecchia altra dimensione, chissà forse era proprio a quella a cui io appartenevo e la normalità dell’altra, mia aveva semplicemente adottata, presa in prestito.
Lo shock della perita dei genitori e’ estremamente difficile da superare e non sapevo se l’avrei mai fatto, ma digerire il fatto che mia madre e mio padre potessero essere cacciatori era ancora peggio, non potevo crederci che per ventitre anni ero stata all’oscuro di tutto. Era un pensiero terribile sapere che probabilmente lavoravano in segreto e di notte per andare a caccia di mostri mentre io e mia sorella eravamo al caldo sotto le coperte dei nostri letti e che erano riusciti a nascondere il loro segreto per così tanto tempo e così bene che quasi mi faceva dubitare della personalità di mia madre e di mio padre. Insomma, come potevo ancora credere che la faccia sorridente di mia madre a prima mattina e quella di mio padre mentre preparava i pancake era la loro vera faccia? Non potevo, tutto questo era davvero troppo, insomma avevo appena scoperto che i miei genitori erano una sorta di agenti segreti del sovrannaturale!
Iniziai a correre per tutta la casa rovistando in ogni angolo per trovare un posto segreto dove avrebbero potuto tenere le loro armi, le loro strategie segrete e tutto quello che avrebbero potuto sapere, una parte di me sperava che non avessi mai trovato nulla per rimanere nel dubbio, ma quello che trovai nel seminterrato fece andare via ogni dubbio sulla vera personalità dei miei.
Era una porta, una porta nascosta così maledettamente bene dietro una vecchia libreria vuota.
Una di quelle porte a scorrimento camuffate in una parete azionabili grazie ad un mattone diverso dagli altri, credevo che queste cose si vedessero solo nei film, ma invece ne avevo una proprio nel seminterrato di casa mia, che fortuna!
Non avevo mai amato il seminterrato, avevo sempre avuto paura fin da bambina e adesso probabilmente capivo il perché.
<< Julia, aspetta. Sei sicura di voler entrare li dentro? >> Chiese Sam prendendomi per un braccio mentre stavo per entrare nella stanza scura che mi precedeva.
Lo guardai. << Devo sapere. >>
C’era solo lui. Dean e Castiel erano scomparsi.
Con lo sguardo fisso su di lui annuii e poi mi lasciò andare. << Ti dispiace venire? >>
Accennò un sorriso. << Certo che no. >> Mi prese per una mano e mi guardò dall’alto verso il basso, il suo sguardo profondo e celato dietro gli occhi più verdi che avessi mai visto, mi davano coraggio, così iniziai a camminare nel buio profondo testando le pareti in cerca di un interruttore quando finalmente lo trovai, una luce accecante illuminò la stanza.
La stanza era tutta bianca, pareti, pavimento e mobili, c’era un tavolo enorme al centro della stanza praticamente vuoto. Due librerie di metallo occupavano l’intera parete destra della stanza ed erano ricolme di libri, ricordavano quelle della casa di Bobby, solo che queste erano più moderne. Sulla parete sinistra c’era un mobile lungo aperto con al suo interno armi di ogni genere, fucili, pistole, pugnali e centinaia di bottigline di acqua santa.
<< Come e’ possibile tutto questo? >> Chiesi a me stessa.
<< Forse te l’hanno tenuto segreto per proteggere te e Alyson. >>
<< Avrebbero dovuto dirmelo! >> Battei le mani sul tavolo.
<< Julia, volevano solo darti una vita normale, deve essere stato difficile per loro lavorare in segreto e devi essere grata di quello che hanno fatto. I tuoi genitori ti amavano e hanno voluto donarti la normalità che a me fu negata, ritieniti fortunata. >> I suoi occhi erano pieni di malinconia ma non dissi niente, mi passai la mano tra i capelli e volteggiai su me stessa due volte prima di vedere un foglio bianco poggiato su uno dei libri sugli scaffali, mi avvicinai incuriosita e lo afferrai. “Julia & Alyson”. Era una lettera, era un po’ ingiallita e all’esterno non c’era scritto più nulla, con un nodo alla gola l’aprii.

Carissime figlie, se state leggendo questa lettera probabilmente significa che il peggio e’ purtroppo accaduto. In questo momento sarete arrabbiate, confuse e forse deluse, ma sappiate che se ve l’abbiamo tenuto segreto era solo per il vostro bene, volevamo donarvi una vita normale, una diversa da quella in cui siamo vissuti noi. Adesso e’ troppo tardi per le scuse, non doveva andare così, non doveva succedere ma il destino l’aveva stabilito e noi non siamo stati capaci di cambiarlo. Vorremo essere li con voi e stringervi forte, vorremo sentirvi urlare mentre cercate di capire cosa realmente sta succedendo, ma questo non e’ possibile. Alyson, Julia, vi abbiamo sempre amato con tutti noi stessi, siete delle figlie straordinarie, siamo stati fortunati ad avervi, e sappiate che siamo infinitamente orgogliosi di voi e non rinneghiamo nulla di quello che avete fatto e ricordate sempre che gli errori commessi nelle vostre vite adesso non sono più errori bensì esperienze da tenere strette nel proprio bagaglio di vita personale perché sono proprio quelle che ci aiutano a crescere e ci aiutano ad andare avanti nel momento del bisogno. Probabilmente un giorno, quando avrete una famiglia vostra, capirete il perché di tutto questo, ma fino ad allora non vi chiediamo di capire, ma solo di accogliere nella vostra vita questo pezzo della nostra famiglia che e’ stato con noi per generazioni e generazioni. Vorremo che la tradizione si spezzasse, ma questo non sta a noi deciderlo.
Fate delle vostre vite un sogno e del sogno una realtà.
Con affetto, Mamma e Papà.

 

Piangevo mentre leggevo la lettera, da quanto sapevano che quel momento sarebbe arrivato?
Sentii la mano di Sam toccarmi la schiena, si lo so sei qui con me. Pensai.
Mi voltai verso di lui e mi ci fiondai tra le sue braccia ancora una volta, per l’ennesima volta e per quanto stupida potessi sembrare non me ne importava, avevo bisogno di due braccia che mi tenevano stretta.
Quando finalmente mi ripresi, chiesi con voce camuffata dal pianto: << dove sono Castiel e Dean? >>
<< Sono tornati in città per cercare Morte. >> Rispose Sam in tono deciso e pacato.
Annuii asciugandomi le lacrime con le mani, non mi sarei sorpresa se Sam mi vedeva ormai come una debole, probabilmente era quello che ero.

    Wyncestre, era il titolo del libro sul quale era stata poggiata la lettera, era stato fatto di proposito, il libro spiegava la storia della nostra famiglia che apparentemente era una famiglia di cacciatori dal 1910 ovvero da quando il mostro, figlio di Genevieve Wyncestre aveva stuprato sua sorella minore donandole un bambino, era da allora che il sangue demoniaco scorreva nella famiglia Wyncestre, l’ultima generazione risaliva al 1958 ovvero quando mio padre George Wyncestre era nato. Dopo di lui, nessun’altro aveva portato avanti l’albero genealogico che si trovava dietro il libro. Mi chiesi come mai mia madre fu trasportata dentro tutto quel casino, ma poi mi risposi da sola, per amore.
Posai il libro nella libreria e tornai di sopra nella mia stanza per prendere dei vestiti puliti, feci una doccia veloce e cambiai la mia borsa marrone con una molto più grande e capiente, presi qualche maglia, due jeans e della biancheria intima, aprii il salvadanaio dei miei risparmi e i cento dollari che c’erano al suo interno li misi nel portafoglio, dopodiché mi riversai nello studio di mio padre e aprii la cassaforte dietro la riproduzione di un quadro di Picasso e portai con me tutti i risparmi della famiglia e anche quelli che avrebbero dovuto servirmi per l’ultimo anno di università. Diedi uno sguardo allo studio messo a soqquadro e di una cosa fui sicura, qualunque cosa i demoni stessero cercando non erano soldi.
Prima di uscire da quella stanza, guardai il modellino della Chevrolet Impala del ’67 che mio padre aveva posizionato su uno degli scaffali in ebano del suo studio e lo presi.
Sam iniziò a chiamarmi insistentemente, la sua voce proveniva dal salone dove mi ci fiondai non appena chiusi la porta dello studio.
<< Cosa c’e’? >> Chiesi una volta nel salone.
Sam si voltò verso di me dopodiché spostò il suo sguardo verso Bobby che era li d’avanti a lui con occhi spalancati e disorientato. Il cuore iniziò a palpitare forte quando vidi Alyson che era di fianco a Bobby altrettanto confusa e altrettanto disorientata. I suoi capelli erano gonfi e disordinati, fu tutto quello che notai prima di iniziare a parlare: << co…? >> Le parole non uscivano, erano bloccate, bloccate dalla sorpresa dell’avvenimento.
<< Non lo so, li ho trovati qui. >> Spiegò Sam stringendosi nelle spalle.
<< Ma che cavolo sta succedendo qui? >> Urlò Bobby in tono rude.
<< Alyson? >> Corsi verso di lei, << Alyson! >>
Mia sorella spalancò gli occhi e scavalcando tra il macello che c’era in salone mi raggiunse in corridoio per abbracciarmi forte. << Julia, sei davvero tu questa volta? >>
<< Cosa vuol dire? Certo che sono io! >> La guardai. << Mi sei mancata così tanto, come sei arrivata qui? >> Ero di nuovo in grado di guardarla nei suoi occhi verdi, era finalmente tornata, la mia sorellina era viva e stava bene, e averla tra le mie braccia ed essere capace di sentire il suo tocco di nuovo era bellissimo, una sensazione di puro sollievo.
<< E’ successa una cosa incredibile. >> Disse Alyson mentre aveva ancora il mento poggiato sulla mia spalla.
<< Lo so, lo so Alyson, abbiamo entrambe molto da dirci. >> E probabilmente la prima cosa sarebbe stata dirle dei nostri genitori.
<< No… >>
La bloccai.<< Alyson, l’importante e’ che tu stia bene. >>
<< Julia…c’eravate anche tu, Sam e Dean! >>
<< Cosa? >> Mi staccai dall’abraccio e guardai Sam che scosse la testa e si strinse nelle spalle. Presi Alyson per la mano e la trascinai nel salone di nuovo, dove c’era anche Bobby ancora immobile ad occhi spalancati che si guardava intorno più che confusi, sconvolti.
<< Dove ero prima c’eravate anche voi! >>
<< Non capisco come siamo capitati qui… >>Iniziò Bobby facendo un passo in avanti. << Insomma eravamo in rotta per uccidere il Diavolo e poi l’Impala finisce contro un muro e dopodiché ci siamo ritrovati qui solo io ed Alyson, come e’ possibile? >>
<< Aspetta, aspetta… >> Sam si portò le mani in aventi e strinse gli occhi avvicinandosi a Bobby, << cosa vuoi dire eravamo in rotta per uccidere il Diavolo? >>
<< Esattamente che eravamo in rotta per uccidere il Diavolo, idiota! >> Sbottò Bobby in tono irritato. << Il piano faceva schifo, non volevamo ucciderti, ma lasciare che lo scontro accadesse era come lasciare che il mondo finisse senza neanche provare a salvarlo e così scoperto il luogo dell’incontro dei due fratelli stavo venendo a salvarti o comunque provarci. >> Bobby era ormai seduto sul divano sfoderato con la testa fra le mani.
<< …Vuoi dire che Sam aveva permesso a Lucifero di possederlo? >> Chiesi con un filo di voce. Sentii la mano di Alyson sulla spalla ed ebbi la mia risposta. Calai il capo ed aggiunsi: << ancora deve accadere, quindi si può cambiare. >>
Sam si voltò verso di me e scosse la testa, era fin troppo determinato ad andare fino infondo e cavolo non c’era nulla che potessi fare.
<< Bobby cosa e’ successo? Intendo dire, eravamo diretti a Sioux Falls per gestire la situazione in cui ti trovavi, ma quando siamo arrivati tu non c’eri e la casa era messa a soqquadro. >> Disse Sam cambiando discorso.
<< Voi siete arrivati! La situazione era Alyson, Alyson che ho salvato insieme a Rufus a Gold Hill. >>
<< No Bobby, tu non c’eri. >> Insistette Sam.
<< Non mi sono mai mosso da casa dopo che vi ho chiamati! >> Bobby quasi urlò gesticolando, probabilmente diventava irritabile quando si trovava in una situazione inspiegabile, chissà.
<< Sei sicuro Bobby? >>
<< Certo, idiota! >>
Sam incassava bene tutti quegli insulti, forse era abituato alla poca cortesia di Bobby. << Cosa e’ successo prima che arrivassimo? >> Adesso Sam sembrava sinceramente intrigato e passandosi una mano tra i capelli si sedette sul bracciolo di uno dei divani.
<< Effettivamente qualcosa di strano e’ successo prima che voi arrivasse, si… E’ apparso dal nulla un uomo dai capelli più o meno lunghi che con fare sfacciato e falsamente simpatico, ci ha detto che ci avrebbe salvato il culo con quello stava facendo. >> Spiegò Alyson intromettendosi nella conversazione e lasciandomi la mano.
<< Un Angelo? >> Chiesi facendo un paio di passi avanti.
<< Non lo so, non l’ha detto, aveva solo un modo di fare sfrontato molto peggio di Dean. >> Disse Alyson.
Guardai Sam e all’unisono esclamammo. << Gabriel! >>
<< Gabriel? Gabriel…Chi? >>
<< Gabriel l’Arcangelo. >> Spiegò Sam a Bobby.
 << E quindi…il fratello di Lucifero? >> Chiese Bobby nuovamente arrabbiato.
<< Si, e quel bastardo aveva detto che non c’aveva nulla a che fare con questa storia. >>
<< Ragazzi, non ci sto capendo nulla. >> Confessò Alyson con la sua solita sincerità innata.
La situazione stava diventando complicata e se e’ possibile, alquanto incredibile.
Gabriel aveva creato una sorta di dimensione parallela per buttarci dentro Bobby e Alyson per proteggerli da Lucifero, un piano geniale bisogna ammetterlo, peccato che adesso era fallito. I due erano di nuovo nella realtà e a Lucifero non sarebbe risultato molto difficile trovare anche l’altra Wyncestre.
<< Volete dire che tutto questo tempo, abbiamo dato la caccia ad un nemico che non esisteva? >> Chiese Bobby alzando la voce e irritandosi di nuovo.
<< Bobby, l’importante e’ che voi stiate bene. >> Disse Sam pacatamente.
<< Dov’e’ quell’idiota di tuo fratello? >>
<< Dean? E’ andato a cercare Morte, per l’ultimo anello, sapete la storia, no? >>
<< Ma certo, idiota! >>
Mi avvicinai a Sam tanto da potergli sussurrare nell’orecchio: << e’ così di natura? >>
<< E’ il suo modo di dimostrare affetto, Juls. >> Rispose ad alta voce sorridendo.
Bobby scosse la testa, dopodiché disse: << chiama tuo fratello, l’anello ce l’abbiamo già noi. >> Dalla tasca del suo gilet estrasse un anello massiccio dalla pietra bianco perla e lo mostrò a me e Sam.
<< Ok…cosa vuol dire? >>
<< Questa storia e’ sempre più assurda. >> Affermò Alyson portandosi la mano alla fronte. E non e’ finita qui. Pensai. Dovevo ancora dirle dei nostri genitori, ma come avrei potuto dirle che erano morti? Insomma e’ vero che non avevano mai un rapporto stretto, soprattutto dopo che lei intraprese il lungo viaggio per il mondo, ma erano pur sempre i suoi genitori e sapere che erano sempre stati dei cacciatori dietro le sue, le nostre spalle e sapere che erano morti per mani demoniache, non poteva far altro che rabbia.
<< Sono contento di vederti Bobby… >> Sam si avvicinò a Bobby a braccia aperte pronto per abbracciarlo, Bobby fu riluttante inizialmente ma in fine si lasciò andare e abbracciò Sam con tanto di pacca sulla spalla destra. Dopodiché, quando le cose non potevano diventare più inspiegabili e incredibili, Sam fece due passi indietro tenendosi la testa con entrambe le mani e emettendo dei mugolii di dolore.
<< Sam? >> Chiamai muovendomi verso di lui.
<< C-come e’ possibile? Cosa diavolo sta succedendo? Perché ricordo…? >>
<< Che cosa? Ricordi? >> Chiese Alyson che velocemente si avvicinò a Sam e toccandogli le mani per smuoverlo da quella posizione. << Sam? Cosa ricordi? >>
Sam strinse gli occhi e calò la testa emettendo un altro suono di dolore. << Tutto. >> Ripose infine.
<< Che significa tutto? >> Chiesi.
<< Non lo so, conosco Alyson, so della nostra corsa per trovare Morte, so dei vampiri in Yuma, tutto, come se loro non fossero mai spariti. >> A quel punto cadde in ginocchio toccandosi di nuovo la testa, corsi verso di lui e calandomi gli toccai le mani che aveva sulle tempie e stupidamente pensai che così avrei potuto alleviargli il dolore.
<< Come e’ possibile tutto questo? Perché io non lo ricordo? Che diavolo vuol dire? >>
<< Non saprei dirlo Julia, non ho mai visto una cosa del genere, e’ come se un portale dimensionale si sia aperto e stia vomitando tutto quello che e’ successo al di fuori di questa realtà, ma non saprei spiegare perché tu non ti ricordi di noi. >> Rispose Bobby ch sembrava essersi finalmente calmato nonostante Sam fosse li che soffriva. Qualche secondo dopo Sam si accasciò sul pavimento svenuto. Subito mi accovacciai per smuoverlo, lo chiamavo ma non rispondeva, era li tra le mie braccia e se non fosse stato per quel leggero battito del cuore che potevo sentire sotto la mia mano destra, avrei potuto dire che fosse morto.
Bobby scosse la testa. << Vorrei poter avere i miei libri. >>
Alyson prese un cuscino sfoderato che era poggiato sulla mensola dove c’era la televisione e lo posiziono sotto la testa di Sam. << Speriamo si riprendi presto. >> Si guardò intorno e finalmente se ne accorse: << Julia, sapresti spiegarmi cosa diavolo e’ successo qui dentro? >>
Sospirai e inizia con raccontarle tutto. La sua espressione passò da interessata a stupita e da stupita a delusa, triste e sconvolta. Le mostrai la lettera e lei urlò, urlò e le lacrime iniziarono a scendere dai suoi occhi incessanti come un fiume in piena, si chiedeva il perché, diceva che si sentiva in colpa e che avrebbe dovuto saperlo o che almeno io avrei dovuto sospettarlo in quanto, secondo lei, possedevo l’intuito dell’investigatore, ma invece no, neanche io ne avevo la minima idea.
Stropicciò la lettera e la bagnò di lacrime prima di porgermela di nuovo e alzarsi dal pavimento. La imitai e dopodiché si lanciò tra le miei braccia ancora in lacrime e frustrata, fu allora che successe. Una fitta alla testa mi fece staccare dall’abraccio di Alyson e cadere a terra come se le mie gambe non mi rispondessero più, erano deboli e mi fecero crollare su me stessa. Delle visioni di una vita che non mi apparteneva ma che sapevo essere mia, mi passarono d’avanti gli occhi come un film al cinema. Vidi quando a casa di Bobby incontrai di nuovo mia sorella e i sentimenti provati in quel momento adesso facevano parte di me, vidi il mio tanto desiderato sfogo avuto con mia sorella nel quale ci raccontammo tutto, le parlai di Sam e di quello che era successo e subito sentii il cuore un po’ meno pesante. Le memorie della vita mai vissuta adesso erano li dentro di me più vivide che mai e quando finalmente i dolori alla testa smisero riuscii ad alzarmi in piedi e guardare Alyson e poi Bobby a occhi spalancati, corsi verso di Alyson che a sento tratteneva la sua rabbia e l’abbracciai, dapprima non ricambiò, solo dopo sentii le sue braccia che sfioravano il mio corpo.
<< Julia… >> Mi sussurrò all’orecchio, << voglio trovare chi li ha uccisi, non voglio che la tradizione si spezzi, essere cacciatrici e’ nel nostro sangue? Ebbene così sia. >>
Annuii e la guardai. << Conta pure su di me. >>
<< Ricordi anche tutte le tecniche che ti ho insegnato? >> Chiese Bobby in tono severo.
Mi voltai verso di lui ed esclamai: << oh Bobby! >> Corsi verso di lui e mi lanciai tra le sue braccia, era Bobby il solito Bobby brontolone e irritabile di natura, lui mi aveva insegnato cose sul sovrannaturale che io non avrei mai imparato da sola, mi aveva insegnato a maneggiare un fucile e acquistare confidenza con una pistola, seppure non l’avevo vissuto, sapevo che l’avevo fatto.
Sorprendenti sorprese, forse e’ proprio questo che rende il mondo del sovrannaturale così…magico.    

        La porta d’ingresso di casa sbatté violentemente, dopodiché passi veloci si fecero strada nel salone dove tutti eravamo seduti sui due divani sfoderati e dove ci interrogavamo sul perché e percome della nostra nuova esperienza dimensionale.
<< Alyson, Bobby! Ma allora e’ vero! >> Era Dean che ad occhi spalancati guardava Alyson e Bobby in alternanza. << Ero in macchina ed avevo lasciato Castiel al centro per fare qualche ricerca su Morte, ma poi un tremendo mal di testa mi ha colpito e d’un tratto tutto mi e’ stato chiaro, Morte non si e’ mai trovato a San Francisco, dobbiamo andare a Chicago! >>
<< Stai tranquillo idiota, l’anello già ce l’abbiamo noi! >> Esclamò Bobby mostrando l’anello massiccio.
<< Allora anche questo e’ vero, ed e’ anche vero che ho promesso a Morte che ingabbieremo Lucifero di nuovo? >>
<< Questo e’ quello che mi hai detto. >> Rispose Bobby stringendosi nelle spalle. << Abbiamo avuto una conversazione alquanto profonda sulla questione, ricordi? >>
<< Si lo ricordo, ma perché? Cosa diavolo e’ successo? >>
<< Anche io e Sam abbiamo ricordato, secondo Bobby un portale dimensionale creato da Gabriel in persona si e’ aperto e sta praticamente buttando fuori tutto quello che e’ successo fuori dalla realtà. >> Gli spiegai mentre lui aveva gli occhi spalancati ed era praticamente immobile al centro dell’arcata del salone.
<< E’ pazzesco. >> Questa volta si mosse, fece un giro su se stesso e si passò le mani sulla faccia. Dopodiché la sua espressione mutò del tutto e un sorriso a trentadue denti gli spuntò sul suo viso da schiaffi. << …Forse però un lato positivo c’e’ ricordo di aver fatto il più fantastico sesso con quella bella ragazza li. >> Aveva sfoderato di nuovo il suo sorriso malizioso, mentre Alyson diventava paonazza e cercava di coprirsi la faccia con entrambe le mani.
<< Dean! >> Lo ammonii.
<< Perché devi dirlo al mondo intero, Dean? >> Chiese Alyson mentre aveva la faccia sprofondata fra le ginocchia.
<< Ma piccola, e’ stato fantastico! Prima che tutto questo succedesse, dovevo accontentarmi di guardare quei due, >> puntò me e Sam, << scopare ogni giorno, mi sento bene con me stesso adesso! >> Sorrise.
<< Va bene, abbiamo questioni più importanti di cui occuparci. Andiamo a prendere Lucifero. >>
Sam rispose prontamente per cambiare argomento e gliene fui più che grata. Ricordare e quindi sapere che mia sorella era andata a letto con Dean, aveva praticamente concluso l’ennesima e purtroppo non ultima giornata di merda.

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Capitolo 16
*** Chapter 16 - Hold on, little girl, the end is soon to come ***


And I’m back!
Salve a tutti gente! Sono finalmente tornata con un nuovo capitolo, in realtà non c’è niente di nuovo o importante da aggiungere, oltre che la storia è quasi finita e non posso crederci che sto davvero per finire una storia, non mi è mai capitato u.u
Bhè ovviamente ricordate sempre di passare da "Dead or Alive" che anche lei adesso ha aggiunto un capitolo. Detto questo vi auguro un Buon Natale e a presto al prossimo capitolo <3

Ah giusto, se avete voglia passate nella mia pagina :) --> Lost in a Supernatural World

****** Titotolo del capitolo tratto da una canzone degli Evanescnece,Sick *******

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Chapter 16 – Hold on, little girl, the end is soon to come

            Eravamo in giardino, io e Alyson, a guardare il nulla, a parlare senza guardarci, farci domande sui nostri genitori e non trovare nessuna risposta in quella che era una normalissima notte d’estate in California. Cos’era rimasto di normale nella mia vita? Praticamente nulla, la mia vita non era mai stata normale dopotutto, avevo vissuto in una menzogna fino a quel momento, all’oscuro di un segreto il quale covo era proprio sotto il mio naso.
Sia io che Alyson avevamo parlato con tutti i vicini che erano venuti a darci le condoglianze e scoprimmo che tutti ci credevano morte e che avevano perfino organizzato una veglia in nostro onore. Credevano che il virus terrorista aveva infettato anche noi però erano felici di rivederci, dicevano…ma quanta gente falsa viveva in quel diavolo di vicinato? Tutti ricconi con la puzza sotto il naso, tutte sgualdrine che persuadevano i poliziotti solo per sapere la storia dietro un omicidio e i figli e le figlie? Spesso credevo di essere l’unica ragazza normale e semplice in quel vicinato, erano sempre tutti acchitati e messi in tiro anche solo per andare alla casa accanto, avevano almeno tre o quattro relazioni a mese e facevano festa praticamente ogni giorno…ma abbastanza parlare del mio vicinato, non ci sarei ritornata comunque se un giorno avessi di nuovo visto la normalità nella mia vita, no.
<< Julia, Alyson! >> Chiamò Dean dall’interno della casa in tono severo.
Guardai Alyson e lei si strinse nelle spalle, dopodiché ritornammo all’interno.
<< La temperatura e’ scesa di quindici gradi a Detroit, ma solo nel raggio di cinque isolati nel centro di Motown. >> Spiegò Bobby quando ci vide entrare.
<< Detroit, e’ li che si trova Satana. >> Concluse Dean.
<< Detroit, perché non sono sorpresa? >> Chiesi ricordando le parole confuse di Lucifero su un futuro incontro a Detroit.
<< Quel bastardo lo sapeva fin dal principio Julia, anche a me l’aveva detto… nel futuro. >>
<< Quindi e’ Detroit la nostra prossima destinazione? >>
<< Esattamente, facciamo fuori quel figlio di puttana. >> Esclamò Dean convinto, ma sul suo volto era perfettamente visibile un’espressione di preoccupazione, la sua maschera era nuovamente penetrabile.
<< Il piano non e’ cambiato, vero? >> Chiesi stentante.
<< No. >> Rispose Sam che era poggiato alla parete più lontana del salone, in disparte rispetto tutti noi.
<< E se dicessi io di si? >> Cocciuta e testarda com’ero non demordevo.
<< No Julia, il Diavolo non ti prenderebbe. >>Sam aveva un tono deciso, forte e severo. Era convinto di quello che faceva e non c’era nulla che potesse fargli cambiare idea.
<< Avrai bisogno di sangue demoniaco per tentare di avere la meglio su di lui, Sam. Lo sai vero? >> Castiel si avvicinò a Sam che annuii lentamente.
<< Armona, una città completamente colonizzata da demoni, dopo l’attacco del virus Croatoan molti demoni hanno pensato bene di possedere tutte le persone di quella minuscola città per passare inosservati, ma tra la comunità dei cacciatori e’ già ben nota, venti demoni sono stati già uccisi da un paio di cacciatori prima di venir uccisi loro stessi, penso che quella sia un ottimo posto dove prendere un po’ di sangue e per di più e’ solo a duecento kilometri da San Francisco, dopodiché andremo a Detroit. >> Spiegò Bobby chiudendo il computer bianco di Sam. Sembrava essere sempre così saggio e così sicuro di se quando parlava di demoni che spesso faceva paura, spesso mi chiedevo se passava la sua vita facendo qualcos’altro oppure era totalmente attaccato al sovrannaturale che poteva anche dimenticarsi della sua vita.
<< Bel piano di merda! >> Esclamai avviandomi a passo svelto verso l’uscita della casa.
Se mi stavo comportando come una bambina viziata, non me ne importava più di tanto. Non poteva finire così, mi sentivo male al solo pensiero di non rivedere più Sam e i suoi occhi da un momento all’altro, cosa sarebbe successo? Avrei smesso di vivere? Sarei caduta in una profonda depressione? Cavolo, maledetti sentimenti e beati coloro che non riescono a sentire nulla.
<< Julia, stai bene? >> Alyson scese i due gradini che separavano l’ingresso dal vialetto principale e si avvicinò a me a braccia conserte.
<< Non proprio, Alyson deve per forza finire così? >>
<< Dalla dimensione dalla quale sono uscita, Sam era già stato impossessato. >>
Sospirai. << Lo so. >>
<< Mi dispiace Juls, però se posso darti un consiglio, confessagli quello che provi prima che sia troppo tardi, ti sentirai meglio. >>
<< Che differenza farebbe? Nessuna, Sam non e’ il tipo che darebbe la sua vita per una donna, figurarsi per una che non ama, e scusami se l’eufemismo non era adatto alla situazione. >>
Alyson mi prese per le spalle e mi abbracciò.
<< Siete pronte ragazze? >> Chiese Dean uscendo dalla casa seguito da Bobby e Sam.
<< Si. >> Disse Alyson sciogliendo l’abbraccio.
<< Vado a prendere la mia macchina, aspettate qui. >> Disse Bobby.
<< La sua macchina? Non ricordavo che anche la sua macchina fosse uscita dall’altra dimensione. >>
<< Nhà, l’avrà’ rubata a qualcuno. >>
<< Cosa?! >> Chiese Alyson stupita.
<< Bhe’ in un modo o nell’altro dovremo arrivarci a Detroit e tutti nella mia piccola non possiamo entrarci, si rovinerebbe. >>
Alyson scosse la testa, dopodiché vidi Castiel uscire dalla casa con due fucili caricati in spalle e due fra le mani, li poggio nel cofano delle meraviglie dell’Impala e poi rientrò di nuovo dentro per poi uscire ancora una volta con altri fucili e munizioni.
<< State svuotando l’arsenale dei nostri genitori? >> Chiesi un po’ irritata.
<< A loro non mancherà e poi siete voi le prossime cacciatrici della famiglia Wyncestre, non e’ così? >> Rispose Castiel mentre passava ancora tre fucili a Dean.
<< Immagino di si… >> Disse Alyson con un filo di voce. << Però cavolo Dean, potresti avere leggermente più tatto, erano sempre i nostri genitori per diamine! >>
Non dissi nulla, lasciai parlare Alyson che sembrava gestire bene la situazione molto meglio di quanto io avrei fatto e vederla battibeccare con Dean non faceva altro che aumentare la stima che avevo nei confronti di mia sorella, insomma lei si che sapeva tenergli testa.
<< Che ho detto? >>
<< Ma niente, parli solo dei nostri genitori come se noi non fossimo qui. >> Alyson strinse gli occhi e alzò una mano in segno di protesta.
<< Lo sai? Era meglio quando non mi ricordavo di te, o non sapevo della tua esistenza, o qualunque cosa ci fosse prima che tu apparissi all’improvviso. >>
<< Oh lo so che non lo intendi veramente! >>
<< Certo che si, tesoro. >> Dean salì in macchina e chiuse la portiera del guidatore, dopodiché Sam finalmente uscì dalla casa e senza poggiare lo sguardo su nessuno di noi si diresse al posto del passeggero.
Scossi la testa e mi sedetti all’interno dell’Impala, seguita da Alyson. Castiel invece, entrò nella macchina rubata di Bobby. Formavamo davvero una bella squadra, eh si.

 

    I suoni della notte e le luci gialle posizionate sui marciapiedi del quartiere residenziale di Sea Cliff, furono le ultime cose che accompagnarono l’addio alla mia vecchia vita. L’ultimo sguardo alla mia casa fu veloce, come se non volessi vederla mai più, ma infondo sapevo che mi sarebbe mancata e mancate tutte le giornate passate al suo interno. Avevo preso tutto quello che potevo portare e avevo messo il tutto in un borsone da viaggio per ricordarmi di essa e dei miei genitori, forse un gesto stupido ma che per me valeva moltissimo. Chissà forse era sempre il mio lato sentimentalista a farmi rimanere legata alle cose belle del passato, dovevo migliorare, dovevo diventare più forte, volevo diventare più forte e se davvero avrei intrapreso la vita della cacciatrice non ci sarebbe stato tempo per sciocchi sentimentalismi e lacrime facili. 
Quando le ripide discese e le alte salite erano ormai tutte passate, seppi che eravamo fuori da San Francisco e in rotta verso la minuscola città di Armona nel grande deserto californiano e quindi nuovamente nel mezzo del nulla.
<< Sam, quante possibilità pensi di avere nell’avere la meglio su Lucifero? >> Chiesi all’improvviso rompendo quel silenzio così pesante che aveva ormai invaso l’auto da qualche kilometro.
<< Non lo so, penso che potrei essere abbastanza forte dopo aver bevuto del sangue. >> Rispose in tono piatto.
Dean scosse la testa ma non disse nulla. Molto probabilmente non gli andava a genio l’idea che Sam avesse dovuto bere nuovamente del sangue demoniaco in quanto in passato aveva avuto una vera e propria dipendenza da esso. Ma era proprio quello che gli avrebbe donato la forza necessaria per tentare di prendere il controllo dopo che Lucifero si sarebbe impossessato del suo corpo, sarebbe stato proprio il maledettissimo sangue demoniaco a donare al mondo una possibilità di continuare ad esistere e a noi una speranza nel riavere Sam tutto d’un pezzo.
Annuii senza più parlare e l’atmosfera pesante si fece di nuovo spazio nella macchina mentre sfrecciava tra le strade della California, buie ed illuminate solamente dalle stelle e dai fari della nuova macchina di Bobby e quelli dell’Impala.
<< E se ti offrissi un po’ del mio sangue? Dopotutto c’e’ comunque del sangue demoniaco in me. >> Proposi, nuovamente rompendo il silenzio. << Forse ti renderebbe ancora più forte, forse saresti in grado di sopravvivere e in grado di uccidere Lucifero. >>
<< Non penso sia una buona idea. >> Ancora quel suo tono falsamente calmo e totalmente piatto.
<< E’ una buonissima idea, Sam! Non hai visto quanto Lucifero desidera il mio sangue? Pensa quanto bene potrebbe fare a te! >>
<< Ho detto che non e’ una buona idea, Julia. >>
<< E che cavolo Sam, certe volte penso che tu voglia proprio morire! >>
Si voltò dietro e la luce dei fari della macchina di Bobby attraversò i suoi occhi e mi permise di vedere il loro verde smeraldo così stranamente intenso, che li rendevano vuoti. << Cosa? >>
Lo guardai ma non dissi nulla.
<< Se pensi che io voglia morire, Julia, bhè allora ti sbagli di grosso. Non voglio, però devo farlo perché nonostante tutto, sono tutto quello che abbiamo e il mio e’ l’unico piano fattibile che abbia un senso e questo mi pare già di avertelo detto >>
E con quello la conversazione finì per l’intera notte.
Alle prime luci dell’alba, entrammo in Armona e il rombo del motore dell’Impala fece smuovere dalla sua posizione immobile, quello che probabilmente era un demone seduto su uno delle cinque sedie fuori un bar abbandonato, aveva un fucile poggiato sul petto che manteneva con entrambe le mani e un cappello che gli copriva la faccia. Si alzò e puntò il fucile contro l’Impala. Prontamente Sam e Dean uscirono dalla macchina e aggredirono il demone uccidendolo in una manciata di secondi.
Bobby disse di proseguire e di fermarci al primo padiglione grigio, li avremo trovato una congrega di demoni potenti che sarebbero stati perfetti per Sam.
Le sensazioni che provavo in quel momento erano incedibili e se avevo pensato solo per un momento che quello che stavo vivendo era ormai normale, allora adesso era arrivato il momento di rimangiarmi tutto. Mi sentivo nuovamente estraniata da quella realtà e incredula a tutto quello che stava succedendo e come stava succedendo, il mio corpo era presente, ma la mia mente era così vuota e così assente da farmi credere che la pazzia mi aveva finalmente colpita, ma no, in verità dovevo semplicemente accettare la mia nuova vita e mi era ormai chiaro che per me era alquanto difficile lasciare quella vecchia.
Il parcheggio in cui sostammo, era quello di un padiglione grigio sorvegliato da nessuno. Era prima mattina e forse ancora tutti dormivano, aspetta…i demoni dormivano? Ecco un’altra domanda a cui non avrei mai avuto una risposta. Come potevo mai accettare la nuova vita quando mi risultava essere così misteriosa e complicata rispetto l’altra?
Feci per uscire dalla macchina, ma Sam prendendomi per il braccio, mi costrinse a rimanere li con Alyson, non voleva che vedessimo tanta violenza, ma che carino da parte sua.
Sbruffai, ancora e ancora.
<< Julia? >> Mi chiamò Alyson in tono interrogativo.
<< Alyson, la nuova vita fa schifo! >>
Alyson rise. << Vedrai che tutto andrà meglio dopo che sventeremo la fine del mondo. >>
<< Come fai ad essere così sicura che tutto andrà bene? Cavolo, certe volte vorrei vedere le cose così positivamente anche quando non c’e’ niente per cui essere positivi, sai inizialmente ci riuscivo, ma giorno per giorno mi sono resa conto della gravità della situazione. >>
<< Julia, io credo in questi ragazzi, sono forti e sono davvero gli unici a poter evitare il peggio. >>
<< Si ma a che prezzo? >>
Alyson calò il capo e non disse nulla.
<< Secondo te riusciremo ad intraprendere la vita da cacciatrici, dopo che tutto questo sarà finito? >> Chiesi.
<< Penso che all’inizio una cosa complicatissima, insomma cacciare cose e uccidere mostri non e’ la cosa più normale di questo mondo, però credo seriamente che potremo riuscirci con l’andare del tempo, dopotutto e’ nel nostro maledetto sangue demoniaco, Julia. >>
Annuii e dopo aggiunsi: << ho trovato questo diario quando stavo preparando il borsone, >> le mostrai un vecchio diario dalla copertina marrone sbiadita dal tempo e le pagine ingiallite. << Era ben nascosto tra la libreria della stanza segreta di mamma e papà. Racconta di tutte le cacce e di tutti i mostri che insieme hanno ucciso dal 1980, ti rendi conto? Molto prima della nostra nascita. >>
<< Lo so e’ assurdo, ma cavolo se volevano essere dei cacciatori per quale motivo hanno avuto dei figli? >>
<< Forse non volevano esserlo e’ per questo che hanno avuto noi. Forse volevano una vita normale dopotutto, ma c’era sempre qualcosa che li riportava nel business della caccia, guarda qui, c’e’ scritto >>, aprii il diario alla pagina marcata 5 Febbraio 1987 e lo mostrai ad Alyson che parve interessata. << Oggi un demone ha cercato di portare via la mia Julia, e’ la seconda volta che accade in un solo mese, la mia famiglia e’ in pericolo e non smetterò di dare la caccia a chiunque ci voglia morti fin quando non saranno morti loro stessi, GW. >> Quando lessi le iniziali di mio padre un dolore atroce attanagliò il mio stomaco facendomi perdere il respiro per un secondo, spalancai gli occhi, inspirai ed espirai e finalmente riuscii a respirare normalmente.
<< Avevi quattro mesi, e’ assurdo, hai mai avuto la sensazione di sentirti estraniata? >>
<< Certo, e adesso sai come mi sento io e sono contenta che almeno tu mi capisca. >>
<< Sei mia sorella devo per forza farlo. >> Alyson sorrise gentilmente dopodiché’ mi diede una pacca sulla spalla che fece sorridere anche me. << L’unico tuo problema e’ che ti affezioni troppo presto alle persone, Juls. Sai che dovrai lasciare andare Sam, vero? >>
Oramai lo sapevo. Annuii.
<< Magari troverai un altro bel cacciatore che ti salverà da un demone cattivo prima che tu muoia, hai ancora tutta una nuova vita d’avanti, vedrai che succederanno cose che neanche ti aspetti! >> Alyson sempre così piena di vita e sempre così positiva, mi era mancata e così risi. << Che bella prospettiva, Aly! >>
<< Ma si. >>
<< E che succederà se Lucifero dissanguerà me e te nel tentativo di ucciderlo? >>
<< Julia, cosa dicevi sul pensare positivo? Bene, puoi iniziare da ora. >>
Ridevo quasi a crepapelle per un motivo sconosciuto in quanto non era molto divertente quello che Alyson aveva appena detto, si chiama risata nervosa ho letto da qualche parte e spesso aiuta a calmare i nervi e rilassarsi, funzionò per un secondo prima che vidi Castiel e Sam portare fuori da quel padiglione contenitori da due litri stracolmi di sangue di demone, e allora il mio sorriso sparì di nuovo.
Non avevo il coraggio di uscire dalla macchina, non volevo guardarlo in faccia, avevo paura dell’espressione che ci potesse essere sul suo viso e quando finalmente Sam e Dean rientrarono in macchina dopo quasi un quarto d’ora rimasti fuori a guardar il nulla, fui capace di guardarlo in volto. Era determinato, ma c’era quel velo di malinconia e preoccupazione che neanche lui riusciva a nascondere, i suoi occhi da cucciolo indifeso adesso guardavano dritto d’avanti a se e per un secondo non potei far a meno di chiedermi quello che adesso passava per la sua mente. Insomma come ci si dovrebbe sentire un uomo quando la propria vita sta per volgere al termine? Avevo una voglia immensa di stringerlo e tenerlo stretto fra le mie braccia convincendolo a cambiare idea, convincendolo a trovare un altro modo, ma era impossibile, la fine era così dannatamente vicina e i kilometri che ci distanziavano da Detroit erano sempre meno. Nessuno di noi aveva parlato da quando avevamo lasciato Armona, nessuno aveva neanche emesso un suono e di nuovo l’atmosfera pesate regnava padrona all’interno dell’auto.
Staccai gli occhi dalla strada e guardai Alyson, era evidentemente esausta e aveva ceduto alla stanchezza, dormiva poggiata con la testa al finestrino e rannicchiata in se stessa sul sedile posteriore dell’Impala, Dean non le aveva neanche fatto la solita ramanzina e questa cosa non poteva che essere una cosa preoccupante.
Avevo la mente così stanca che decisi di lasciarmi trasportare anche io dal sonno, non dormivo da più di ventiquattro ore e la stanchezza si iniziava a sentire. Poggiai la testa sul sedile e chiusi gli occhi. Avrei dovuto vedere semplicemente il retro delle mie palpebre, ma non fu così, quello che vidi era sangue, sangue e ancora sangue, ma perché tutto d’un tratto la mia vita ruotava intorno ad esso? La pozza di sangue dei mie genitori sulla moquette di casa, il sangue nei contenitori che adesso viaggiavano con noi e il mio maledetto sangue demoniaco. Quando finalmente precipitai nel baratro del sonno, quello che sognai non fu molto diverso delle immagini che invadevano la mia mente.

    Fu la voce di Sam che tutto d’un tratto mi scosse dal sonno. Era notte e evidentemente avevo dormito un bel po’, ma non dissi nulla stetti ad ascoltare la conversazione in silenzio e cercando di non far rumore.
<< …Dobbiamo solo sperare che non sappia degli anelli. >> Diceva Sam a Dean. Fece una lunga pausa e poi continuò, << senti, c’e’ una cosa che devo dirti…se questa storia finirà bene e io riuscirò a saltare con lui nella gabbia, non tornerò più. >>
A quel punto una lacrima rigò il mio viso, e un pianto silenzioso spezzò la mia apparente calma. Sentir dire che qualcuno a cui tieni non tornerà più, forse è una delle cose più brutte del mondo, e non sapevo come Dean potesse essere così impassibile e impenetrabile.
<< Si, lo so. >> Rispose Dean in tono severo.
<< Quindi devi promettermi una cosa… >>
<< Ok, si quello che vuoi. >>
<< Devi promettermi di non riportarmi indietro. >>
<< Cosa? No, questo non fa parte del piano. >>
Sam scosse la testa. << Dean… >>
<< Paragonato al tuo, il mio Inferno sembrerà Grace Land e vuoi che me ne stia senza fare niente? >>
<< Quando si chiuderà la gabbia, non potremo riaprirla e’ troppo rischioso. >>
<< No, no, no. Non ti lascerò marcire laggiù. >>
<< Si che lo farai, non hai altra scelta. >>
<< Non puoi chiedermi questo, e a Julia non ci pensi? >>
<< Mi dispiace Dean devi farlo e anche lei deve, dille le stesse esatte parole. Non voglio che cerchiate di riaprire la gabbia. >>
Dean scosse la testa e sbruffò. << E io che fine farò? >>
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Ebbi una fitta al cuore e a quel punto il mio pianto risultò’ essere un piano rumoroso e non poté che attirare l’attenzione dei due fratelli, che subito si voltarono verso di me. Certo che ero proprio sula buona strada per ricostruire il mio carattere, eh?
<< Julia… >> Iniziò Sam.
<< Sam lo so, ho sentito tutto. >>
Sam sospirò.
<< E allora io che fine farò? >> Dissi tra un singhiozzo e l’altro.
<< Devi laurearti Julia, non pensare neanche di entrare a far parte di questo schifosissimo mondo. >>
<< Devo trovare chi ha ucciso i miei genitori, non posso lasciare le cose in sospeso. >>
<< E se fosse stato Lucifero ad ucciderli? Se fosse stato lui, mi prometti che tornerai a San Francisco e che tu finisca il tuo corso di laurea? Magari diventerai un’investigatrice della scena del crimine famosa e presto tutta questa storia ti sarà dietro le spalle, così lontana che neanche te ne ricorderai. >>
Smisi di piangere. Aveva effettivamente un senso. Se fosse stato Lucifero e magari uno dei suoi scagnozzi per non parlare di Blair, allora forse la mia vendetta sarebbe stata fatta e sarei tornata in quella dimensione che mi aveva adottata per così tanto tempo e tornare alla mia vita normale, non era male come piano, però sarebbe stato meglio se Sam faceva parte del quadro, ma lui non mi vedeva neanche lontanamente come una possibile amante, no lui mi vedeva ancora come la vittima da portare in salvo, mi chiedo se le cose fossero state diverse se non fosse stato lui a fare l’eroe, ma che diamine, ne avevo abbastanza di fare supposizioni che non si sarebbero mai avverate.
E l’idea che Dean avrebbe dovuto prendere Alyson e costruirsi una vita normale con lei, non sapevo se mi andava tanto a genio, insomma avevano più di sette anni di differenza e lei era pur sempre mia sorella e lui era pur sempre Dean Winchester, quale vita normale si può avere con un Winchester? Non era stato proprio Sam a dirmi che non c’era via di fuga dalla vita del cacciatore?
Annuii lentamente e infine lui si voltò di nuovo a guardare la strada buia.      
Le prime luci dell’alba ci annunciarono che avevamo appena passato il confine di stato con il Nevada e che adesso eravamo nello Utah. Mio padre stava pianificando una gita nello Utah e tra i suoi parchi meravigliosi poco prima che tutto succedesse. Non amavo molto stare a contatto con la natura, però sapevo che mio padre l’aveva fatto solo per riallacciare il rapporto con mia sorella, per passare un po’ di tempo con lei e con la sua famiglia, magari il suo era anche un modo di scappare dal mondo sovrannaturale di cui faceva parte, però chi può dire che un demone non avrebbe sconvolto la sua tranquillità anche così lontano da casa? Infondo quei maledetti invadono il mondo.
Avevo passato il resto della notte a guardare fuori dal finestrino e così anche Alyson, eravamo tutti molto silenziosi che data la situazione di merda in cui ci trovavamo, era dopotutto normale. Eravamo visibilmente preoccupati e anche se c’erano ancora un bel po’ di kilometri da fare prima di arrivare a Detroit, diminuivano comunque, e la meta si faceva sempre più vicina.  
D’un tratto un rumore proveniente dallo stomaco di Alyson mi fece distogliere dai miei pensieri.
<< Scusate. >> Disse.
<< Hai fame, piccola? >> Chiese Dean in tono pacato.
<< Abbastanza, ma posso aspettare. >>
<< Morirai di fame fin quando non saremo a Detroit, al prossimo fast food ci fermiamo. >>
Alyson sorrise e infine disse: << grazie. >>
Non sapevo cosa provasse Alyson nei confronti di Dean e neanche Dean dei confronti di Alyson, insomma per me questo era relativamente nuovo, se non fosse stata per la mia esperienza paradimensionale forse non sarei stata così calma nel vedere Alyson feltrare così con Dean, eh no avrei iniziato a fare domande, peccato che però conoscevo la maggior parte delle risposte ormai. Conoscete la filosofia secondo la quale una sorella maggiore può fare tutto ma la sorella minore non può far niente? Bhe’ era più o meno come la vedevo io, dopotutto volevo solo proteggere Alyson dal mondo schifoso in cui ci trovavamo, non ero mica una cattiva sorella?
Dopo qualche kilometro ci fermammo nello spiazzato di un fast food così deteriorato che sembrava abbandonato ma che comunque era popolato, la macchina di Bobby ci seguii inesorabilmente.
Non appena smontammo dall’auto, a passo svelto Bobby ci venne incontro. << Ma che diavolo? >>
<< Bobby, tu non hai fame? >> Chiese Dean mentre si stiracchiava, notai che Alyson fece cadere il suo sguardo sul boxer nero di Dean che grazie al suo stirarsi adesso era parzialmente visibile.
<< Fame un corno, Dean! C’e’ un’Apocalisse da fermare, per Dio! >>
<< Certo, certo, non preoccuparti compriamo solo qualcosa da mangiare durante il viaggio e ripartiamo. >>
Detto ciò, finalmente entrammo all’interno di quel fast food e non appena Dean spinse la porta per farsi strada all’interno, tutti si voltarono verso la nostra direzione. Erano tutti vestiti in vero stile country, cappello da cowboy, stivali con la punta e camice bianche oppure beige definite con pelle di qualche animale sulle spalle. Lo Utah era conosciuto per la sua cultura country e la sue miniere, quindi era più o meno normale andare in giro da quelle parti conciati in quel modo.
Quando tutti si accorsero che eravamo dei viaggiatori, ritornarono tutti a concentrarsi sul proprio pasto non facendo più caso a noi, devo ammetterlo, fu inquietante avere gli occhi di tutti puntati addosso contemporaneamente.
<< Salve, mi faccia sei doppi cheeseburger con patatine e bibita da portare, grazie. >> Dean ordinò senza neanche chiederci quello che volevamo, non lo biasimavo, il tempo stringeva e un doppio cheeseburger in quel momento suonava davvero bene.
La cameriera annuii e subito portò l’ordine in cucina, Dean pagò i trentacinque dollari chiesti dalla bella cameriera e sorridendole, lasciò il banco delle ordinazioni e si poggiò al muro poco distante.
Non appena il nostro ordine fu pronto, una cameriera vestita con un grazioso vestito giallo e degli stivali da cowgirl, gentilmente porse i sei sacchetti marroni a Dean che li accettò con un altro sorriso malizioso e salutò altrettanto maliziosamente. Insomma, Dean non si smentiva mai, neanche nelle peggiori situazioni.
Rientrammo in macchina e subito ritornammo in marcia. Finalmente diedi un morso a quel doppio cheeseburger e il buco che si era formato nel mio stomaco iniziò a riempirsi. Mangiavamo tutti, perfino Castiel che vidi dando un’occhiata oltre il vetro posteriore, aveva tra le mani il suo panino e lo assaporava morso dopo morso gustandoselo al massimo, come se non avesse mai mangiato un panino prima d’allora, ah giusto, probabilmente non l’aveva mai fatto, gli Angeli non mangiano.
C’era solo uno di noi che non aveva il panino tra le mani e quello era Sam, insomma non mi stupii però iniziavo a preoccuparmi, non che prima non fossi preoccupata, ma aveva bisogno di tenersi in forze.
<< Sam, forse dovresti mangiare qualcosa. >> Iniziai.
<< No, sto bene. >> Quel suo tono falsamente calmo era ancora con lui, lo faceva quasi risultare severo, cattivo e impassibile a tutto e queste caratteristiche semplicemente non descrivono chi Sam Winchester fosse ed e’ anche per questo che stavo odiando quella maledetta situazione ogni secondo che passava.
<< Sam, Julia ha ragione, hai bisogno di sostenerti fino a Detroit. >> Dean per fortuna mi assecondò.
<< Davvero, sto bene. >> Insisteva.
<< Cosa succederà se sverrai perché sei privo di forze quando arriveremo a Detroit? >> Ipotizzò’ Dean che ormai sembrava aver perso la sua pazienza.
<< Va bene! Ok! >> Urlando, Sam finalmente aprii il suo sacchetto e iniziò a mangiare qualche patatina.
Guardai Alyson che scosse la testa sospirando, neanche a lei piaceva quella situazione, ma sfido qualunque persona a vivere in tanta tensione e riuscire a vivere bene.

Ero stanca. Erano passati due giorni da quando avevamo lasciato San Francisco e ormai anche la mia pazienza era agli sgoccioli, c’eravamo fermati raramente, così raramente che in più di mille kilometri si potevano contare sulle dita di una mano le volte che avevamo sostato.
La tensione era del tutto alle stelle, non parlavamo, non c’eravamo scambiati neanche una parola l’uno con l’altro da più di ventiquattro ore, ero stanca anche di rimanere in silenzio ed ero stanca anche di sentirmi pensare, volevo solo che quella storia finisse al più presto.
Solo l’Illinois e una piccola parte dell’Indiana ci separavano dal Michigan e quindi da Detroit, forse seicento kilometri o poco più e ci saremo ritrovati faccia a faccia con la fine.
E allora cosa sarebbe successo? Cosa sarebbe accaduto dopo che Lucifero avrebbe posseduto Sam? Davvero si sarebbe scontrato con l’Arcangelo Michael come la Bibbia raccontava? Era come se me ne rendessi conto solo il quel momento, avevo adesso chiara d’avanti a me la visione di cosa sarebbe successo. Nel caso avesse vinto Michael allora metà del mondo sarebbe stata spazzata via dal suo immenso potere sprigionato dal rigettare suo fratello all’Inferno, ma se nel caso avesse vinto Lucifero allora tutto il mondo non avrebbe avuto speranza di sopravvivere, il Diavolo avrebbe portato letteralmente l’Inferno sulla Terra. L’Apocalisse andava quindi fermata, la battaglia non poteva prender luogo, dovevamo solo riaprire la gabbia del bastardo e rigettarlo all’interno. Morte aveva rivelato nell’incontro avvenuto con Dean nella sua vita parallela, la formula che serviva per attivare il potere dei quattro anelli, era un formula Enochiana che apparentemente era la lingua degli Angeli e anche da dove tutti quegli strani simboli uscivano fuori.
E se il Diavolo sapeva già degli anelli? Quante possibilità avevamo di sopravvivere? Forse nessuna, forse una, forse mille, non l’avremo mai saputo se prima non fossimo arrivati a Detroit.
Fu proprio nell’Illinois che ci fermammo di nuovo dopo aver passato almeno uno stato intero. Era notte e il cielo era totalmente illuminato da miliardi di stelle, mi piaceva guardare il cielo mi donava sempre un senso di pace che però in quel momento non riuscivo proprio a trovare. A braccia conserte e a passo lento mi avvicinai a Dean che era appoggiato alla portiera anteriore della sua macchina, aveva lo sguardo rivolto verso quelle stelle che dall’alto brillavano così tanto che donavano a quel luogo deserto, una luce argentea innaturale, quasi sovrannaturale. Era come se anche il mondo intero si stesse adeguando alla nostra situazione, preparandosi per l’imminente Apocalisse.
<< Dean? >> Lo chiamai smuovendolo dai suoi pensieri.
<< Sono le notti stellate come queste che compensano la dura vita di un cacciatore, lo splendore delle stelle e’ surreale, così tanto che non puoi staccare gli occhi dal cielo. >>
<< Come stai? >> Una domanda stupida che subito mi pentii di avergli chiesto e che non faceva altro che rendermi più stupida ai suoi occhi.
<< Io e Sam ne abbiamo viste di notti stellate, ma questa, questa le supera tutte, la luce argentea e’ così forte che quasi sembra che tutto sia fatto di argento brillante. >> Evitava la domanda.
<< Dean… >>
<< Sarebbe bello rimanere qui tutta la notte a goderci lo spettacolo sorseggiando una birra e buttandoci tutti i problemi alle spalle. >> Era chiaro ormai che pensava a Sam, pensava a suo fratello e le notti passate in silenzio sul cofano dell’auto a guardare il cielo, il grande cacciatore Dean Winchester provava malinconia, ma non l’avrebbe mai ammesso.
<< Dean, manca poco. >>
Si staccò dalla portiera e mi fronteggiò. << Lo so. >>
<< E non possiamo farci proprio niente? >>
<< No Julia, ormai e’ deciso. >>
<< E che succede se Lucifero vuole me? L’ultima volta che l’ho visto voleva ancora il mio sangue. >>
<< Sam non lo permetterà, non preoccuparti Julia, presto finirà tutto. >>
<< Vuoi davvero che tuo fratello muoia? >>
Sgranò gli occhi che con quella luce innaturale risultarono essere verdi scuro velati di uno strano azzurro. << Certo che non voglio che Sam muoia! >> Sbottò. << Credi davvero che lascerei che mio fratello saltasse in quel maledetto buco se ci fosse un altro modo per farla finita con questa maledetta storia? >>
<< Non ho detto questo… >> Quasi sussurrai, volevo sparire, l’avevo fatto di nuovo mi ero resa ridicola ai suoi occhi.
<< Senti Julia, so che tieni a Sam ma mi dispiace penso che anche tu debba fartene una ragione, lasciare andare non e’ mai facile ma certe volte e’ necessario, per un bene superiore. >>
Calai il capo, diavolo se volevo sparire. Dean però aveva ragione. << Per un bene superiore. >> Sussurrai, dopodiché mi poggiai anche io alla portiera dell’auto, quella posteriore, e rimasi in silenzio a guardare il cielo non potendo fare a meno di chiedermi se mai l’avrei visto di nuovo così splendente come quella sera e se mai mi avrebbe donato ancora una volta quel senso di pace che cercavo sempre quando alzavo il capo verso di esso.
<< Mi dispiace Dean. >> Dissi improvvisamente.
<< Cosa? >> Chiese guardandomi.
<< Scusami se ti ho detto quelle cose, sono così ingenua. >>
<< Non preoccuparti Julia. >> E ritornò a rivolgere lo sguardo al cielo.
Mi allontanai dall’auto e mi diressi all’interno della stazione di servizio per comprare qualcosa da mangiare, avevo finalmente i soldi nel portafogli, questa volta non dovevo chiedere.
Comprai una barretta di cioccolato e un sandwich. All’interno di quello che era più o meno un punto ristoro incontrai anche Sam e Alyson che erano intenti a parlare e bere una tazza di qualcosa di caldo, non mi avvicinai, non avevo il coraggio per affrontare Sam. Non mi notarono così uscii nuovamente fuori dove questa volta vicino a Dean c’era Castiel che gli spiegava qualcosa in modo molto animato, Bobby invece era poggiato alla sua macchina e scuoteva la testa incessantemente. Gli andai incontro, << Bobby. >> Lo chiamai.
<< Julia, questa situazione e’ una merda totale. >> Con la sua finezza inesorabile e il suo poco tatto aveva praticamente centrato il punto.
<< Lo so Bobby, lo so. Insomma perché proprio i Winchester? >>
<< Qualche angelo ha detto che e’ loro destino, fin dalla nascita. >>
<< Stronzate, il destino può essere cambiato! >>
<< E’ troppo tardi Julia. >>
<< Ma che diavolo! Tutti sembrano essersi arresi, perché sembra che solo io sia l’unica che abbia ancora un po’ di speranza? >>
<< Non c’e’ rimasto nulla in cui sperare, porca puttana! >> Sbottò Bobby gesticolando.
Sussultai e non aggiunsi nient’altro, mi diressi verso l’Impala e mi ci fiaccai al suo interno, a braccia conserte e offesa come una bambina viziata avrebbe fatto.

La fine. Eccola, adesso la vedevo bene, era la fine che si era inesorabilmente fatta spazio tra le nostre vite ed era pronta per fotterci tutti.
Due mesi erano praticamente passati in un batter d’occhio, e non saprei dire se e’ una buona o una cattiva cosa, erano stati due mesi così intensi che certe volte mi chiedevo come diavolo avevo fatto a sopravvivere fin a quel punto, di certo non era una cosa che capita a molta gente venir a sapere che i mostri e tutte quelle creature che ci fanno paura da bambini esistono, scoprire che nelle proprie vene scorre sangue demoniaco, conoscere il Diavolo e i Cavalieri dell’Apocalisse, vedere la Morte negli occhi letteralmente, cacciare e uccidere vampiri, provare un esperienza extradimensionale e sapere che i propri genitori erano in segreto dei cacciatori. Insomma, chi e’ che poteva considerarsi così fortunata come le sorelle Wyncestre? Sicuramente non molti.
E Blair? Blair la mia cugina super ricca impossessata da un demone era scomparsa, forse morta per quanto ne sapevo. Cercarla e liberarla era ancora uno dei miei obiettivi, non si dimentica la famiglia.
Eravamo a Detroit e diretti al centro, il cielo era scuro, più scuro che mai, senza neanche una stella o la luna a donare la loro luce. La città non sembrava deserta come l’avevo immaginata, anzi era piuttosto viva per essere comunque notte fonda. Il luogo in cui fermammo le auto, però era diverso dagli altri, non c’era nessuno e l’atmosfera era più fredda, senza vita. L’edificio che Bobby stava guardando tramite un binocolo sembrava abbandonato, ma secondo lui almeno due dozzine di demoni si trovavano al suo interno, << c’e’ qualcosa che bolle in pentola. >> Affermò infine Bobby.
<< Più che qualcosa, lui e’ qui…lo so. >> Dean mi passò di fianco e passò di fianco ad Alyson e Sam dirigendosi verso il cofano dell’Impala e rimanendovi li a fissare la serratura che avrebbe aperto il bagagliaio con al suo interno non più solo qualunque arma per distruggere il male, ma anche pieno, zeppo di sangue demoniaco. L’espressione che era stampata sul volto di Dean esprimeva chiaramente frustrazione e rabbia, mi fece paura, tutta quella situazione faceva paura, non avrei mai pensato di arrivare davvero così infondo, così vicina alla fine, inizialmente l’Apocalisse era solo un puntino lontano, un’immagine sbiadita, una cosa che non si sarebbe mai avverata, qualcosa di così assurdo che presto l’avremo completamente rimossa, ma invece no. Eppure l’avrei dovuto sapere, avrei dovuto fare i conti con la realtà molto prima, avrei dovuto pensarci due volte prima di cedere ai sentimenti e invece no. Che stupida, pensai.
Il rumore del bagagliaio che si apriva, mi scosse dai miei pensieri. Dean aveva finalmente aperto il cofano e guardava il suo interno disgustato e furioso.
Sam fece un passo avanti, verso Bobby. Aveva un’espressione che ricordava un cane bastonato, mi fece tenerezza, li per un secondo e mi strinsi nelle braccia, i suoi occhi, i suoi occhi verdi quelli che avevo imparato ad ammirare ogni volta che ne avevo l’occasione, adesso erano ridotti a fessure, piccoli e scuri. Scosse le spalle e Bobby gli andò incontro. Ecco, era anche arrivato il momento degli addii. Avevo una voglia irrefrenabile di correre via da quel luogo da quell’atmosfera e da quella vita, volevo sparire attraverso le stradine secondarie del centro di Detroit e cominciare da capo, ma purtroppo c’erano ancora troppe cose a legarmi a quella mia nuova vita di merda.

<< Ci vediamo in giro, ragazzo. >> Iniziò Bobby che allargò le braccia aspettando un abbraccio da parte di Sam.
Sam infine annuii e concordò: << ci vediamo in giro. >> Ricambiò l’abraccio, voltai la testa cercando di trattenere le lacrime non guardando quella scena per me straziante.
<< Quando sarà li dentro, combattilo con le unghie e con i denti, capito? Non mollare, non cedere di un millimetro. >> Raccomandò Bobby a Sam in tono deciso, fermo.
Sam annuì e disse: << si, signore. >>
Sam sospirò e si voltò su se stesso per trovarsi di fronte a Castiel al quale gli pose la mano, ma lui non la prese. << Prenditi cura di loro, ok? >> Disse.
Castiel scosse la testa nei sui occhi blue si poteva leggere  un filo di tristezza e malinconia che li rendeva del tutto umani, scosse la testa e iniziò parlare sempre con la sua voce profonda e pacata.
<< Questo, non e’ possibile. >>
<< Avresti dovuto assecondarmi. >> Disse Sam che non poté fare a meno di farsi scappare quello che era un sorriso dovuto dall’ingenuità, se permettete, celestiale di Castiel.
<< Ah, volevi che mentissi. >> Disse anche lui con un finto sorriso stampato sulle labbra.
Sam sospirò ancora sorridendo, chiamatemi scema, ma quel suo sorriso, seppure falso rendeva l’atmosfera meno pesate e alleviava la tensione che c’era nell’aria, ma forse era solo una mia impressione.
<< Certo, mi prenderò cura di loro. >> Aggiunse infine Castiel sorridendo e cercando di rendersi più accondiscendente possibile agli occhi di Sam, ma a quanto pare non funzionò.
<< Smetti…smetti di parlare. >>
E infine si voltò verso me e Alyson e allora mi sentii il cuore in gola e avevo le mani sudate, non volevo dirgli addio, non ero pronta. Non poteva essere davvero la fine.
<< Julia, Alyson, >> iniziò allargando le braccia. << Mi dispiace di avervi trascinato in questa storia, davvero. So che non vale molto ormai, però spero che riuscirete a ritrovare la vostra normalità. >>
<< Non abbiamo mai avuto una normalità, Sam. >> Rispose Alyson che pareva essere fin troppo calma.
<< Va bene… >> Annuii e si allontanò senza aggiungere altro.
Si diresse verso Dean che teneva il bagagliaio aperto e guardava il fratello sconfortato, senza speranza, distrutto.
<< Non guardarmi, per favore. >>
E senza aggiungere altro Dean camminò fino a una certa distanza, sicuro di non poter guardare il fratello fare quello che lui aveva cercato di fargli evitare a tutti i costi.
La dipendenza dal sangue di Sam, gli aveva causato una grave perdita di fiducia nei confronti del fratello e insomma, diciamocelo, se non ci si può fidare dell’unica persona di cui ti puoi fidare al mondo, bhè allora si che si è davvero nella merda.  
Non guardai Sam, non potevo, c’era la porta del bagagliaio che me lo impediva e forse nei fui grata, non sapevo se sarei riuscita a sopportare una cosa del genere. Ma non potevo rimanere li impalata a far nulla, infondo ero anche io parte di quella storia ormai, quindi feci una cosa che seppure avventata, sapevo dentro di me che era la cosa giusta, così mi scollai dalla portiera anteriore dell’Impala e mi diressi verso di lui.
Lo guardai e sussultai. Quando lui si accorse di me, mi guardò. Per un millesimo di secondo non lo riconobbi, quello che era d’avanti ai miei occhi non era il Sam Winchester dolce, gentile e dallo sguardo da cucciolo che conoscevo, no quello era una bestia, i suoi occhi erano diventati neri dovuti forse alla bramosia del sangue di demone. Le sue labbra sottili erano rosse e dei rivoli che minacciavano di macchiare la sua camicia, si muovevano svelti sul suo mento e sul suo collo.
Smisi di guardarlo, mi imposi di non guardarlo e posai il mio sguardo su un pugnale che si trovava li nel cofano delle meraviglie, senza pensarci a lungo, ne presi uno.
Lacerai le carni del mio braccio nell’esatto punto in cui lui mi medicò la ferita la prima volta. Il sangue, il mio maledettissimo sangue demoniaco iniziò a sgorgare come un fiume in piena e allora, non curandomi del dolore che in quel momento provavo, dissi: << bevi. >>
Sam rimase immobile a guardare il mio braccio, solo dopo qualche interminabile secondo lo afferrò e con incredibile forza e se lo portò alla bocca per berne il sangue e allora sussultai, sentivo la pressione delle sue labbra contro la mia pelle, il liquido rosso che gli cadeva dai lati della bocca e le mie gambe che diventavano sempre più deboli, ma andava bene così, preferivo darlo a lui, morire per lui, piuttosto che per Lucifero, mai avrei permesso al Diavolo di prosciugarmi e sperai che anche Alyson si sentiva così, dopotutto il sangue di demone scorreva anche nelle sue vene.
<< Non posso. >> Disse staccandosi dal mio braccio.
La testa iniziava a girarmi e la vista ad offuscarsi. Riuscii solo a dire: << continua. >>
<< Vai via! >> Mi urlò contro con una voce che non era la sua, non era lui, rifiutavo di credere che colui che mi era di fronte era il Sam che avevo imparato a conoscere, ma perché il destino era stato così crudele con me?
Corsi, forse barcollando, verso Alyson che mi accolse tra le sue braccia e con una pezzuola trovata chissà dove iniziò a premere sulla mia ferita in modo da fermare l’emorragia.
<< Andrà tutto bene. >> Continuava a dire mia sorella mentre teneva ferma quella fascia intorno il mio braccio.
<< Certo che no. >> Finalmente dissi scuotendo la testa e rendendomi conto che riuscivo a rimanere in piedi stabilmente. Entrai in macchina, non volevo più vederlo, non volevo più vedere nessuno e più di tutto non volevo vedere più quella città e quella macchina, avrei solo voluto prendere mia sorella e scappare il più lontano possibile da tutta quella merda che c’era intorno, e ritornare alla nostra cara vecchia normalità che seppure ci aveva solo adottate, era stata pur sempre la nostra realtà fino a qualche mese prima. Era forse chiedere troppo? Si, probabilmente si. Se solo non fossi stata così sognatrice.
Un sospiro profondo e poi la macchina rimbalzò leggermente quando Sam chiuse violentemente il bagagliaio. << Ok, andiamo. >> E si avviò con passo svelto e deciso avanti e verso la fine, nostra, sua e del mondo intero.

 

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Capitolo 17
*** Chapter 17 - Sam's Thoughts ***


E questo è l’ultimo Sam’s Thoughts. Sinceramente questo capitolo mi piace molto, non per vantarmi ma credo sia riuscito abbastanza bene u.ù. Ma a voi l’ardua sentenza :) , certo non è molto lungo però ho cercato di descrivere i pensieri di Sam nel miglior modo possibile, quindi spero davvero che vi piaccia!
La storia è davvero agli sgoccioli, massimo altri due capitoli e finisce, quindi vorrei cogliere l’occasione di ringraziare chi è arrivato fino a questo punto e chi continuerà a leggere, chi mi ha recensito e chi mi recensirà, thank you so much! :D
Detto questo vi lascio alla lettura,
peace and love
Bhè ovviamente ricordate sempre di passare da "Dead or Alive"

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Chapter 17 – Sam’s Thoughts

      Come ci si dovrebbe sentire un uomo quando sa che la propria vita sta per volgare al termine? Suppongo che il mondo dovrebbe assumere un aspetto diverso, la vita un altro significato e possibilmente capirne il vero. Per me la vita era la stessa, incasinata e stressante come sempre, non vedevo nulla di diverso, anche adesso che la morte bussava alla mia porta, però chissà, magari l’Inferno mi avrebbe schiarito le idee, mia avrebbe fatto vedere chiaro e allora inevitabilmente mi chiesi come sarebbe stato li giù. Non volevo morire, insomma chi è che desidera la propria morte? Ma dovevo farlo, farlo per un bene superiore, per salvare il mondo e la sua umanità, era più o meno quello che facevo ogni giorno, solo che questa volta il prezzo da pagare era la vita, la mia.  
Il sangue demoniaco era ormai in me e circolava nelle mie vene facendomi sentire potente, potente come non mi sentivo da tempo, troppo tempo. Ero pronto a tutto, ma in realtà non sapevo se fossi riuscito a sopraffare Lucifero una volta che avrebbe preso possesso del mio corpo, però dovevo almeno provarci. Non volevo ricaderci, non volevo che il sangue demoniaco diventasse nuovamente una parte indispensabile della mia vita, però non posso negare che il piacere che provavo nel berlo era indescrivibile, mi donava forza che seppure mi facesse sembrare un mostro, uno scherzo della natura agli occhi di molti, era bello potersi sentire pronto ad affrontare qualunque cosa, era bello scappare da me stesso, dal debole che ero, non ero il migliore dei cacciatori, non lo ero mai stato, ma ero tutto quello che avevamo.
Mentre cercavo di non pensare e concentrarmi solo ed unicamente su quel bastardo figlio di puttana che avrebbe posseduto il mio corpo, una cosa mi balenò in mente: Dean.
Sarebbe stato possibile sentire la sua mancanza li giù? Sarebbe stato possibile vederlo felice? Sarebbe mai stato felice? Le mie supposizioni sull’Inferno erano assurde, ma avrei potuto non chiedermi come sarebbe stato?
Dean era il mio fratello maggiore e seppure non fossi stato in grado di pensare a lui quando sarei stato in quella maledetta gabbia, allora sentivo la sua mancanza adesso. Non volevo che mi guardasse con quegli occhi colmi di rabbia e frustrazione, non volevo farlo soffrire per me, ma non sapevo cos’altro fare, ero impotente d’avanti a così tanto potere, non potevo far altro che inginocchiarmi e accogliere quello che il destino aveva in serbo per me. Già il destino, questa probabilmente era la prova che il destino non può essere cambiato, se era stato scritto che la mia vita doveva terminare nella gabbia di Lucifero come molti Angeli e Arcangeli sostenevano, allora i bastardi avevano ragione. I sforzi compiuti nel cercare di trovare un’altra soluzione erano stati, prevedibilmente, inutili, se solo l’avessimo saputo. Se solo non fossimo stati così stupidi a credere alle machiavelliche supposizioni sul destino e sul suo corso, forse avremo potuto evitare molte cose come la morte di Jo e Ellen per iniziare, ovviamente morte per mano nostra e nell’invano tentativo di cambiare il destino. Che ingenui che siamo stati. Pensavo. Ma era alla vita che ero attaccato e non potete certo biasimarmi per averci provato, insomma non volevo che finisse. Non volevo lasciare quello che rimaneva della mia famiglia, allora davvero, cosa sarebbe stato di Dean? Speravo che avesse intrapreso una vita normale come gli dissi, speravo che si sarebbe buttato tutta la storia del cacciatore alle spalle e che sarebbe riuscito a scappare da quella vita di sofferenze.
Una volta Dean mi riferii che c’era effettivamente gente che bramava il nostro stile di vita, maledetti Arcangeli che avevano reso la nostra vita pubblica al mondo, ah e dannazione a Chuck che aveva accolto la loro proposta e aveva iniziato a scrivere libri sulla vita dei Winchester in modo che il mondo sapesse, Supernatural li aveva intitolati, già, peccato che sarebbero rimasti semplicemente libri. Era inutile, la vita di un cacciatore non può essere spiegata al mondo della normalità, anche se avessimo sventato l’Apocalisse, era tra di noi che rimanevamo eroi, non per il resto del mondo. Nessuno avrebbe saputo del mio sacrificio per salvare l’umanità, Chuck avrebbe potuto anche scriverlo, ma nessuno avrebbe mai pensato che quella fosse la realtà. La nostra era una vita che aveva luogo in un mondo parallelo a quello della normalità, a quella normalità a cui ero tanto attaccato e che ormai avevo perso ogni speranza di farne parte. E allora mi chiesi come sarebbe stato, se fossi diventato un avvocato e se avessi sposato Jessica, avrei davvero avuto quella vita normale che ero arrivato a desiderare spasmodicamente? Forse si, forse no. Forse Jessica sarebbe morta comunque, il fottuto destino non potevo cambiarlo. Se solo Azazel non avesse fatto nessun tipo di patto con mia madre, se solo non fossi nato… Allora mio padre sarebbe morto, e mia madre probabilmente destinata a cacciare mostri al posto dei suoi genitori, e allora no. Ero contento che almeno per un po’ i miei genitori avessero vissuto il Sogno Americano, avevano condotto un esistenza normale ed erano perfino riusciti a far nascere due bambini, ovviamente però c’era comunque la fregatura, nella vita di un cacciatore c’è sempre la fregatura, ed è anche per questo che mi chiedevo se Dean fosse mai stato felice.
Non avevo mai conosciuto mia madre, e crederci o meno l’avevo vista solamente quando era poco più di una ragazzina nel passato, quando per un altro tentativo futile di fermare l’Apocalisse Castiel ci aveva rimandati indietro per fermare Anna, l’Angelo che voleva evitare la mia nascita in modo che non ci fosse stato più nessun tramite per Lucifero nel futuro. Insomma, era come sentirsi un danno per l’intera umanità ad un certo punto e forse fare quel sacrificio aveva dopotutto un senso.
Sapete quando si dice che quando si è sul punto di morte si è capaci di vedere la propria vita d’avanti gli occhi? Bhè anche se non ero proprio sull’orlo della mia vita, a me successe. E diavolo, non c’era un granché di bello da rivivere, però forse il solo avere la fortuna di avere mio fratello al mio fianco era abbastanza, e allora rividi i momenti passati con lui, quei momenti passati a guardare le stelle e quelli a passati a litigare anche solo per quale musica dovevamo ascoltare in macchina, sarebbero stati quei momenti che mi sarebbero mancati, se fosse stato possibile.
Forse se solo mi fossi aggrappato a quei ricordi sarei riuscito a prendere di nuovo il controllo del mio corpo una volta che Lucifero l’avrebbe posseduto. I miei sentimenti e il mio forte legame con mio fratello sarebbero stati abbastanza forti da sopraffare il Diavolo? Probabilmente no, insomma chi è che crede a quelle stronzate? Però la verità é che non avevo nient’altro in cui credere quindi probabilmente c’avrei provato.

    Talvolta è difficile da credere, ma anche un cacciatore era infondo un umano e come ogni umano io anche ero programmato a provare emozioni e sentimenti, nonostante volessi reprimerli per sembrare forte, un duro, alla fine trovano sempre il modo di venire a galla e se non lo fanno è come se un nodo attanagliasse la gola e non si riesce a parlare e a pensare cose sensate, fin quando non permetti a quelle emozioni di liberarsi. Ma la verità era che non ero portato per fare l’amante, per prendermi cura di qualcuno al di fuori di me stesso, non ero tagliato per queste cose, però perché provavo un senso di pace e tranquillità quando quella ragazza mi era intorno? Anche quando ormai lei non era più il mio filo conduttore con il mondo esterno, perché dopotutto Julia non era molto diversa da me, per niente, appartenevamo allo stesso mondo di merda, anche adesso era per me quel rifugio sicuro in cui scappare quando proprio mi sentivo distrutto, a pezzi e senza speranze, lei c’era. E allora i rimorsi iniziarono a farsi strada in me. Non era stato certo un modo molto carino di dirle addio, non era stato per niente un addio, non era stato nulla, ma non avrei mai potuto voltare le spalle e andarle incontro per rimediare ai miei errori, non l’avrei rivista mai più e avrei portato i miei rimorsi all’Inferno, era questa la realtà. Chissà se c’era un girone dedicato a quelli come me, ma l’avrei scoperto presto. Fu allora che mi chiesi per la prima volta come risultavo agli occhi di Julia. Se mi vedesse come un mostro non la biasimavo, avevo bevuto il suo sangue ero stato avvinghiato al suo braccio come un maledetto vampiro, quale persona normale fa una cosa del genere? Ma forse avrei dovuto semplicemente accettare il fatto che la parola normale non fa parte della mia vita o di qualunque altro cacciatore, allora forse sarebbe stato più facile. Se quello che provavo dentro di me era amore, non lo sapevo, non avevo provato nulla del genere con nessuna delle mie storie da una notte e via, nessuna di quelle donne con cui ero stato aveva la capacità di strapparmi dalla realtà e trasportarmi in un mondo migliore, farmi sentire bene…farmi sentire un uomo, anche se solo per una notte, una mezz’ora o per un minuto, le ero riconoscente. Forse era un modo egoistico di pensare, ma non avrei saputo spiegarlo altrimenti.  
Una parte di me voleva voltare la testa e scambiare con lei un ultimo sguardo, tentare di farle capire che per me lei non era una qualunque, solo una vittima da portare in salvo, era molto di più. Forse non l’avrebbe mai saputo perché il mio ego mi impediva di tornare da lei, la mia missione per il bene superiore aveva la precedenza. Mi chiesi allora se un uomo davvero innamorato l’avesse mai fatto se fosse stato nella mia stessa situazione, ma maledizione non ricordavo cosa voleva dire essere innamorato, l’unica ragazza che mi aveva fatto sentire in quel modo era Jessica, ma quello fu molto tempo fa, la mia vita era cambiata radicalmente dalla sua morte, i mostri erano diventati il centro di essa e salvare il mondo lo scopo principale, il destino era stato crudele con me, ma probabilmente se fosse stato diverso, neanche mi sarebbe piaciuto, dopotutto un uomo è anche programmato per non accontentarsi mai, volere sempre il meglio e volere sempre di più erano più o meno alla base di qualunque essere umano.
Per un momento desiderai di essere freddo come la pietra, in quel modo non avrei provato nulla, la paura della morte e miei sentimenti confusi, sarebbero scivolati giù sulla mia pelle come la pioggia fa con le pietre, ma ovviamente quella fantasia non si sarebbe avverata mai.
Era arrivato il momento di andare, il sangue demoniaco stava facendo il suo corso nelle mie vene e il potere era dentro di me e pronto per essere sprigionato, pronto per accogliere quel figlio di puttana. Mi avviai, con a mio fianco Dean, verso il grande edificio che c’era di fronte per sfidare chiunque ci fosse al suo interno, per annunciarci insomma, quando la voce di Julia che risuonò forte nel silenzio tanto da vibrare lungo la mia spina dorsale mi scosse, chiamava il mio nome, così mi voltai e fui in grado di colmare quel mio desiderio di guardare il suo viso ancora una volta, l’ultima.

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Capitolo 18
*** Chapter 18 – Saved from danger, saved from evil ***


I’m back, I’m back! Perdonate la luuuuuuuuunga pausa, ma davvero questo penultimo capitolo non sapevo proprio come finirlo :O
Ebbene si, penultimo capitolo, non posso crederci che finalmente ci sono arrivata! Manca solo l’epilogo ed ho finito la prima fan fiction, OMG! Ovviamente non l’avrei mai fatto senza il supporto dei miei carissimi lettori, che nonostante siano pochi mi hanno comunque dato quella spinta in più per continuare. Thank you! Come ho detto nel primo capitolo della storia, i miei piani erano quelli di continuarla, ovvero farne una seconda basata sulla sesta serie questa volta, e penso proprio che lo farò, se andrà come questa sono più che felice!
Ovviamente, la scena finale è la stessa che si vede in Swan Song ma adattata alla storia e spero davvero che l'abbia adattata bene, ma insomma fatemi sapere voi cosa ne pensate! Bhè adesso vi lascio e per la penultima volta vi dico, buona lettura :)

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Saved from danger, saved from evil

Chapter 18 – Saved from danger, saved from evil

La mia voce risuonò nel silenzio surreale del centro di Motown, << Sam! >> Lo chiamai, quasi di scatto, lui si voltò i suoi occhi si guardavano intorno freneticamente e poi incontrarono i miei, aveva la sua solita espressione da cucciolo stampata sul viso, avrei voluto andare li e accarezzargli una guancia, baciarla dolcemente e sussurragli che sarebbe andato tutto bene, ma per quella volta dovevo mettere da parte le mie fantasie.
Avevo la gola secca, le mani sudate e il cuore che minacciava di esplodere da un momento all’altro, ma nonostante tutto, a passo lento, fin troppo lento, gli andai incontro. << Sam… >> Iniziai quando fui ancora una volta in grado di perdermi nei suoi occhi verdi che adesso erano vuoti, inespressivi. << Non andare… >> dissi tutto d’un fiato.
Lui scosse la testa e guardò per un secondo alle sue spalle contorcendo la bocca, poi ritornò a guardarmi, fece un passo verso di me e disse con voce calma e profonda più del solito: << Mi dispiace Julia. >> Si voltò e fece per andarsene, ma quella sarebbe probabilmente stata l’ultima occasione e allora, agii prima che potessi permettere a quello che restava della mia stabilità mentale di avere la meglio sul mio cuore. Avevo fin troppi rimorsi, non potevo permettere che ancora un altro si insinuasse nella mia vita ricordandomi quanto fossi stata codarda e quindi lo chiamai ancora una volta, << Sam! >> Prima che potesse fare qualunque altra cosa feci qualche passo verso di lui e finalmente come un fiume in piena, vomitai quelle parole che nel mio cuore erano diventate pesanti come macigni.
<< Ti amo Sam. >>
Adesso i suoi occhi assunsero un espressione sorpresa, e la luce gialla che illuminava la strada li colpì e così fui in grado di guardarli ancora una volta, forse l’ultima. Per qualche secondo interminabile Sam rimase a guardarmi, sorpreso, senza parole e a bocca aperta, come se cercasse di racimolare qualche parola da poter dire, ma non riusciva ad emettere nessun suono. Una parte di me avrebbe voluto che lui avesse ricambiato con le stesse identiche parole, ma la mia parte razionale mi diceva che quello non sarebbe stato possibile. No che mi fossi illusa, anzi. Se era possibile, adesso stavo meglio, anche se comunque lui sarebbe morto lo stesso.
Calai la testa e indietreggiai per tornare vicino a mia sorella che probabilmente pensava quanto diavolo potessi essere melodrammatica, ma sentii il tocco di Sam sul mio viso e allora alzai il capo per guardarlo, mi attirò a se per la nuca e poggiò le sue labbra, questa volta secche, sulle mie e mi baciò. Una la lacrima mi rigò il viso, ma ricambiai il bacio, le sue labbra avevano il sapore e l’odore del sangue, ma non mi importò, sapevo ormai che quello era un bacio d’addio.
<< Addio Julia. >> Senza aggiungere altro continuò a camminare verso l’edificio alto e scuro che c’era di fronte.
Ritornai al mio posto a braccia conserte vicino ad Alyson, non cera bisogno di parole per capire quello che mia sorella stesse pensando, era preoccupata e non solo per me. Dopotutto i Winchester stavano per affrontare Lucifero, insomma il Diavolo in persona, letteralmente.
<< Va bene, siamo qui figli di puttana! >> Urlò Sam alzando le braccia al cielo, << venite a prenderci! >>
E a quel punto dalla piccola porta principale dell’edificio che c’era di fronte vi fecero capolino due energumeni vestiti in giacca e cravatta e messi così a tiro da farmi pensare che quelle fossero in realtà le nuove guardie del corpo del Diavolo e iniziai a chiedermi che fine avesse fatto mia cugina.
<< Hey ragazzi, vostro padre è a casa? >> Chiese Dean in tono sarcastico.
Senza dire niente le due guardie del corpo presero letteralmente di peso Sam e Dean e se li trascinarono all’interno non permettendo nessuno di noi di fermarli, chiusero la porta sbarrandola alle loro spalle.
<< Bene, è iniziata, dobbiamo sperare solo che il Diavolo non sappia del piano dei ragazzi. >> Fu Bobby a rompere il silenzio.
<< Siamo spacciati. >> Affermò Castiel che anche se ormai era umano, aveva ancora l’abilità di risultare impassibile e restare immobile come una statua, pensavo che fosse una qualità che solo gli angeli possedessero ed invece…
<< Quanto ottimismo, Cass! >> Sbottò Alyson che finalmente stava reagendo a tutto quello che era appena successo, sembrava che fossi l’unica che avesse provato a fermare l’impossibile, almeno per quegli ultimi tremendi attimi ed invece c’era anche Alyson dalla mia parte, anche a lei faceva schifo quella situazione. << Insomma, se non possiamo credere nei Winchester in chi possiamo credere? In Dio? >>
<< Dio è momentaneamente fuori servizio. >> Rispose ancora impassibile.
<< Lo so! Era ironico, per diamine! >>
<< Non capisco l’umorismo di voi umani. >>
<< Fin qui c’ero arrivata anche io. >>
<< Ragazzi non mi sembra il caso di litigare. >> Disse Bobby cercando di mettere fine a quella momentanea scarica di adrenalina.
La porta rossa dell’ingresso dell’edificio si spalancò nuovamente rivelando Blair dietro di essa. Sussultai facendo forse qualche passo indietro, non aveva più il vestitino rosa dell’ultima volta che l’avevo vista e di quando era stata impossessata, no, questa volta il demone, che evidentemente era una donna, aveva agghindato quel corpo dannatamente bene e con abiti che la mia cara cugina super ricca non avrebbe mai messo. Corpetto stretto nero di pelle le cingeva la vita e le alzava il seno, e i pantaloni super attillati anch’essi neri e di pelle mettevano in risalto le sue curve, per completare il tutto un paio di decolté mozzafiato, alti almeno il doppio di quelli che Blair avesse indossato se fosse stata ancora lei. I capelli neri erano perfettamente in ordine, mossi, come piacevano a lei.
<< Salve cugine. >> Si chiuse la porta alle spalle e mostrò un sorriso maligno.
<< Blair. >> Sussurrò Alyson, << cosa hai fatto a Blair? >> Questa volta urlò.
<< Dici il completo? Non credi che le stia una favola? La fa sembrare così…sexy. Questo corpo mi piace, credo che lo possederò per un bel po’ di tempo. >> Ancora una volta sfoderò un sorriso maligno che sul viso fine e aggraziato di Blair stonava del tutto.
<< Puttana! >> Urlò Alyson.
<< Oh suvvia, perché tanto odio? Non sono qui per uccidere nessuna delle due e ne tantomeno loro. >> Puntò col capo a Castiel e Bobby che non si mossero neanche di un centimetro.
<< Allora perché sei qui? >> Chiesi con voce pacata e ancora poggiata alla portiera posteriore dell’auto.
<< Sono venuta a portarvi un messaggio da parte Lucifero, adesso che ha Sam Winchester, presto avrà bisogno del sangue di entrambe a quanto pare… sarà interessante. >> Si sfregò il mento.
D’un tratto, un colpo sparato dal fucile a pompa che aveva in mano Bobby, attraversò l’addome del corpo di Blair che però non si mosse neanche di un centimetro, disse solo: << Mi hai fatto male, maledetto! >> E si diresse verso Bobby cercando di strangolarlo.
Corsi verso di lei e la spinsi, dopodiché mi guardò in cagnesco e sparì, prima che sparisse però notai che sanguinava e non poco. Voleva mica dire che se un giorno fossimo riusciti a liberare Blair dalle grinfie del demone sarebbe stato troppo tardi? Oddio, speravo proprio di no.
<< Bobby, perché l’hai fatto?! >> Urlai.
<< Fatto cosa?! >> Ribadì lui stringendosi nelle spalle mentre ancora aveva il fucile tra le mani.
<< Hai sparato mia cugina, adesso morirà! >> Avevo probabilmente un’espressione stupita e impaurita, ero preoccupata per Blair, non c’era niente di sbagliato.
<< E’ un demone, non può morire, non così. >> Si intromise Castiel ancora impassibile ed immobile.
<< Ti ho salvato la vita. >> Disse Bobby voltandosi di spalle.
<< Allora…allora stai dicendo che se mai riusciremo a liberarla, potrà vivere anche se ha praticamente un buco nello stomaco? >> Chiese Alyson con voce stridula, anche lei era visibilmente sconvolta.
<< Dipende. >> Rispose Castiel.
<< Da cosa?! >> Urlò questa volta Alyson.
<< Non sono queste le questioni di cui dobbiamo occuparci ora. >>
<< E’ nostra cugina, è quello che resta della nostra famiglia, come fai a considerarla non importante, ah…giusto. Parlo con un ex Angelo il quale non sa neanche cosa vuol dire vivere. >> Ironizzò Alyson guardando Castiel in cagnesco.
Castiel si strinse nelle spalle e iniziò a camminare a passo svelto verso la strada parallela a quella in cui eravamo, braccia lungo il corpo e passo deciso, Castiel d’un tratto si fermò e ci scrutò tutti, come per incitarci a seguirlo. Scossi la testa e seguita da Bobby e Alyson raggiungemmo Castiel che era ancora immobile e guardava il nulla d’avanti a se. Probabilmente senza i Winchester, noi tutti non ci sentivamo al sicuro, la verità era però che era tutto nelle loro mani, stava a loro cercare di salvare il mondo e quindi noi non potevamo far altro che aspettare quello che per Castiel sembrava inevitabile. Di fatti, fu proprio Castiel a dire continuamente che il mondo sarebbe finito da un momento all’altro, non faceva altro che ripeterlo, fin quando la porta del grande edificio ora di fronte a noi, si spalancò e questa volta rivelò Dean, che quasi correndo venne verso di noi.
<< Dean! >> Lo chiamò Bobby. << Dov’è Sam? >>
Ci raggiunse. << Dove vuoi che sia? Il bastardo l’ha posseduto, >> al suono di quelle parole per poco non svenni. Sapere Sam posseduto dal Diavolo, sapere che Sam era il Diavolo, quanto ancora avrei potuto reggere prima di cedere all’instabilità mentale? << Ho aperto la gabbia, ma il figlio di puttana non c’è cascato. >> Dean era nervoso, si guardava intorno e si passò le mani tra i capelli almeno una ventina di volte, aveva gli occhi lucidi e probabilmente si stava solo adesso rendendo conto di quello che era appena successo. << Sapeva tutto, capisci Bobby? Sapeva tutto quel bastardo figlio di puttana. >>
Alyson gli posò una mano sulla schiena, per confortarlo. << Dean… Mi dispiace .>> Dean prese la sua mano e se la portò sul petto e guardandola negli occhi le disse: << Non è colpa tua Alyson, dispiace a me che non sono riuscito a fermare tutto questo come avevo promesso. >>
<< Non è ancora detta l’ultima parola, fin quando quei due non si batteranno, abbiamo ancora qualche possibilità…Non è così? >> Alyson sembrava quasi convinta.
Castiel fece ancora qualche passo prima di arrivare ad un negozio di elettrodomestici con dei televisori accesi nella vetrina, tutti lo seguimmo e assistemmo allo sconvolgente spettacolo che quegli schermi ci mostravano. Un telegiornale con notizie dell’ultimo minuto, annunciava terremoti a Boston, Portland, Hong Kong, Berlino e Teheran.
<< E’ iniziata. >> Annunciò con voce profonda Castiel.
<< Dici davvero genio? >> Chiese Dean sarcasticamente.
<< Non fare lo spiritoso. >>
<< Che facciamo adesso? >>
Castiel scosse la testa, questa volta, per la prima volta, l’Angelo dalla celestiale ingenuità era insicuro. << Suggerisco di bere copiose quantità di alcool e aspettare l’inevitabile onda d’urto. >>
<< Si, grazie Bukowski, intendo dire, come fermiamo tutto questo? >>
<< Non possiamo.>> Affermò socchiudendo gli occhi, << Lucifero incontrerà Michael nel luogo fissato e la battaglia dell’Armageddon avrà inizio. >>
<< Ok, e questo luogo dove si trova? >>
Dean sembrava aver riacquistato quella speranza che sembrava aver perso in precedenza, probabilmente però voleva solo salvare suo fratello.
<< Non lo so. >> Ammise Castiel.
<< Ci deve essere qualcosa che possiamo ancora fare!? >>
<< Mi dispiace Dean, è finita. >>
<< Stammi a sentire razza di codardo, noi non ci arrendiamo… >> Dean finalmente si voltò verso di noi che eravamo ancora fissi a guardare gli schermi d’avanti a noi. << Bobby, Julia, Alyson? >>
Probabilmente capì dai nostri sguardi persi e dalle nostre espressioni sconvolte che anche noi c’eravamo oramai arresi. << Bobby… >> Disse a voce frivola.
<< Non abbiamo mai avuto molte speranze. >> Affermò Bobby con voce smossa dallo shock. << Davvero non so cos’altro fare. >>
Dean ci scrutò tutti ancora una volta con gli occhi lucidi, e infine disse: << Alyson, Bobby dalla dimensione da cui siete usciti, questo era già successo, come mai eravamo sulla rotta per uccidere il Diavolo? Perché non me lo ricordo? >>
<< Io…io non lo so. >> Disse Alyson con un filo di voce. << Neanche io ricordo, è come se ci fosse un buco nero da Detroit in poi. >>
Era vero, neanche io ricordavo le evenienze della dimensione parallela, eppure Alyson aveva davvero detto che eravamo in rotta per uccidere il Diavolo prima che ritornasse nella realtà, avrei dovuto ricordare come era avvenuto fino a quel momento, ma le memorie si fermavano a Detroit.
Mi voltai di nuovo verso le televisioni per non guardare l’espressione desolata e sconfortata di Dean, e tutto quello che vidi erano scene di devastazione generale e d’un tratto fui sicura di aver perso del tutto quel briciolo di speranza che fino a poco tempo prima risiedeva in me.

Poteva essere davvero quella la fine? La fine del mondo intero? Cosa era successo al piano di rigettare Lucifero da dove era venuto? Mi sentivo vuota e senza speranza, non avevo neanche più la forza per piangere, volevo farlo ma era come se c’era qualcosa che mi bloccasse, forse le mie lacrime s’erano esaurite, forse ad ognuno di noi era dovuto solo un certo numero di lacrime e io le avevo sprecate tutte. Era come assistere alla fine del mondo e avere un posto in prima fila, uno schifo totale. Assistere, era questo il problema. Non volevo assistere, volevo fare qualcosa, ma cosa? Credere al potere dell’amore per rompere l’incantesimo è una cosa che accade solo ed unicamente nelle favole e avevo smesso di credere in loro da un bel po’ ormai. Volevo che Sam ritornasse da noi, volevo solo che Lucifero lasciasse andare il suo corpo, che lo liberasse, ma anche in questo non credevo più.<< Povero bastardo. >> Disse Bobby levandosi il suo berretto e lo tenne stretto fra le mani mentre guardava Dean che si passava le mani tra i capelli voltando più volte su se stesso distante qualche metro da lui.
<< Bobby, è davvero la fine? >> Chiese Alyson come se non sapesse già la risposta.
<< Alyson, non lo so. >> Rispose schietto Bobby. Anche lui adesso era diverso, non era più il solito intrattabile Bobby di prima, in qualche modo lo vedevo diverso, ammorbidito, come si suol dire, probabilmente era la realtà dei fatti che lo faceva sembrare così.
<< Non posso credere che gli ho permesso di dire di si, gli avevo promesso che avremo trovato un altro modo, anche Dean ne era convinto, perché è successo? Perché siamo qui ad assistere alla fine del mondo? >> Le parole uscirono come un fiume in piena.
<< Era destino, Julia. >> Rispose Castiel.
<< Che si fotta il destino! >> Sbottai. << Ne ho abbastanza di sentire queste parole, chi dice che non possiamo cambiare il destino? Chi dice che non possiamo scrivere noi la nostra storia? Dio? Indovina un po’? Dio è momentaneamente fuori servizio. >>
<< Julia ha ragione, ci deve pur essere un modo per fermare i capricci di Lucifero prima che sia troppo tardi. >> Disse Alyson fiancheggiandomi.
< > Affermò Castiel ancora più impassibile che mai.
<< Diavolo Castiel, potresti almeno una volta essere più ottimista?! >> Chiesi alzando leggermente la voce.
Castiel mi guardò sconvolto, come se qualcuno finalmente qualcuno gli avesse aperto gli occhi alla realtà, era umano e adesso poteva provare delle sensazioni che prima non sapeva neanche che esistevano e lui sembrò capirlo solo in quel momento, ma non aggiunse altro, fece qualche passo indietro e rimase in disparte, fin quando Dean iniziò a sistemare qualcosa nel bagagliaio dell’Impala e allora istintivamente ci avvicinammo.
<< Vai da qualche parte? >> Chiese Bobby che adesso indossava di nuovo il suo berretto blue e bianco. Dean sospirò e poi Bobby aggiunse: << Hai in mente qualcosa di stupido, te lo leggo in faccia. >>
<< Ho chiamato Chuck. >> Affermò chiudendo il cofano.
<< Chuck? Il profeta? >> Chiese Castiel confuso.
<< Si, si, Chuck il profeta, Castiel. >> Rispose Dean con una vena di acidità nella sua voce aggredendo l’ex Angelo.
<< Chi diavolo è Chuck adesso? >> Chiese Alyson confusa e con un filo di voce accarezzandosi le braccia conserte.
<< Il profeta che gli Arcangeli hanno incaricato di scrivere la storia della nostra vita. >>

L’espressione sorpresa e confusa che il viso di Alyson assunse, era la stessa che avevo io sul mio di viso. Profeta? Scrivere della vita dei Winchester? Ma che diavolo…?
<< Si, esistono dei libri su di noi, si chiamano Supernatural, puoi comprali in una qualunque libreria, non costano molto dato che quasi nessuno li legge. >> La vena di acidità nella voce di Dean divenne più tagliente e profonda. Va bene, un profeta personale che scriva la biografia dei Winchester, potevo accettarlo…per ora.
<< Cosa c’entra adesso? >> Chiesi.
<< E’ un profeta, Julia! Non capisci? Voglio parlare con Sam, mi ha detto il luogo della battaglia. >> Dean ci scrutò tutti lanciandoci un’occhiata fulminea, guardandoci come se fossimo estranei, come se fossimo li per bloccare i suoi piani, infondo però volevamo solo impedirgli di impazzire, di fare qualche cazzata, ma come biasimarlo per come si stava comportando? Voleva solo salvare quello che rimaneva della sua famiglia, lo capivo. Per lui noi eravamo probabilmente degli estranei che prima o poi saremo usciti dalla sua vita, ma non Sam, Sam era suo fratello, suo fratello minore e avrebbe fatto di tutto per salvarlo, insomma la filosofia del fratello maggiore non era poi tanto diversa dalla mia.

<< Non vuoi proprio mollare. >> Gli disse Bobby.
<< Si tratta di Sam! >> Sbottò Dean quasi in contemporanea.
<< Se non sei riuscito a salvarlo qui, non ci riuscirai sul capo di battaglia. >> Disse Castiel.
<< Siamo già stati sconfitti, non ho niente da perdere. >> Dean posò il suo sguardo su Bobby e su Alyson che sembravano essere leggermente offesi da quella sua affermazione.
<< Io voglio solo che tu capisca, l’unica cosa che vedrai laggiù è Michael che uccide tuo fratello. >>
<< Non lo lascerò morire da solo. >>
Ebbi un tuffo al cuore, in quelle parole era racchiuso tutto l’amore che Dean provava per il suo fratellino minore, come poteva lasciarlo morire nelle grinfie di Lucifero? Non poteva certo, era ovvio ormai, lui lo non lo avrebbe mai lasciato da solo in un momento tremendo come quello della morte. E fu allora che realizzai che Sam non sarebbe davvero tornato più, Dean non sarebbe andato laggiù per salvarlo, oddio ero sicura che c’avrebbe provato probabilmente senza successo, ma lui sarebbe andato li per non farlo morire da solo, per assistere alla fine insieme e allora ecco che le lacrime erano tornate incessanti e sentii il mio cuore spezzarsi procurandomi quel dolore che ormai conoscevo fin troppo bene. Alyson se ne accorse e mi abbracciò, mi abbracciò tanto saldamente che sentii il suo cuore battere così forte che sembrava volesse esplodere, cosa pensava di me in quel momento? Anche in quel momento mi vedeva come la melodrammatica sorella sdolcinata?
Bobby infine sospirò e Dean, senza aggiungere altro, ritornò in macchina e accese il motore. Sciolsi l’abbraccio di Alyson e prendendola per mano mi avvicinai alla portiera del passeggero un secondo prima che Dean partisse, e l’aprii fiondandomi all’interno dell’auto.

<< Veniamo con te. >> Dissi con la voce stroncata dalle lacrime.
Dean scosse la testa e partì.

Era la solita vecchia strada di periferia quella che percorrevamo in quel momento, buia e con qualche crepa nell’asfalto, diretti chissà dove.
Il chiarore del cielo annunciava l’imminente alba, i colori erano quelli che vidi quando i due Winchester mi salvarono, del tutto innaturali, come innaturale era quello che stava accadendo, solamente che questa volta anche io mi coordinavo alla perfezione con quello che mi circondava.
<< Dove siamo diretti?>> Chiese finalmente Alyson rompendo l’evidente tensione che c’era nell’aria.
<< Lawrence, Kansas. >> Affermò Dean con voce ferma e tenendo sempre lo sguardo fisso sulla strada sempre uguale.
<< Lawrence? Non è dove siete nati voi? Vuoi dirmi che la battaglia finale si terrà dove tutto è iniziato? >> Chiesi.
<< Esattamente, il destino fa strani scherzi, non credi? I bastardi si sfideranno a mezzo giorno e dovremo essere allo Stull Cemetery prima di quell’ora, quindi mi dispiace ma non ci fermeremo. >>
Percorrere più di mille kilometri e attraversare quattro stati in meno di un giorno sembrava un impresa impossibile, ma non per Dean Winchester e la sua Impala. Alle otto e mezzo del giorno successivo vidi un cartellone che ci dava il benvenuto in Missouri. Mancavano meno di cento chilometri e saremo arrivati in Kansas, diavolo se solo pensavo a tutti gli stati in cui ero stata in questi due mesi, mio padre ne sarebbe stato sicuramente geloso!
Erano le undici e un quarto quando arrivammo a Lawrence che sembrava del tutto normale al nostro passaggio, non una città fantasma come ci si sarebbe aspettato visto che avrebbe fatto da sfondo allo spettacolo finale. Insomma, mancava meno di un’ora e il mondo avrebbe visto la fine, e diciamo che starmene in una Chevrolet Impala del ’67 che era diretta verso il Diavolo non erano proprio i miei piani per la fine del mondo, ma forse non era tanto male dopotutto, stavo andando incontro l’uomo che amavo e penso che qualunque altra persona innamorata avrebbe voluto essere con il proprio innamorato l’ultimo giorno. Cavolo, se solo avessi saputo che sarebbe finita così avrei fatto più attenzione a tenere a bada i miei sentimenti, ma no, era del bello e dannato che io dovevo innamorarmi, come sempre, perché ormai soffrire per amore faceva parte della mia vita quindi da una parte ero contenta che sarebbe tutto finito presto. Ok, l’amarezza del momento mi faceva essere egoista e sadica però non potevo certo negare che se avessi avuto solo una possibilità di farlo tornare tra di noi, allora sarei stata la persona più felice del mondo, ma come ho detto, avevo smesso di credere alle favole un bel po’ di tempo fa.
Un enorme cancello di ferro nero arrugginito c’era a dieci metri di distanza, in lettere grandi e in stampatello semplice c’era scritto “Stull Cemetery” tondeggiante sull’intera arcata principale che si presentava essere del tutto grezza, era dopotutto un campo d’ossa, nessuno ci veniva più li dentro da chissà quanto tempo, un luogo macabro e perfetto per la battaglia finale.
C’eravamo, e ormai eravamo davvero arrivati.
Dean fece un respiro profondo e poi disse: << Ok, adesso tutto quello che ci vuole è un po’ di carica. >> Dopodiché spinse una cassetta nello stereo e partì una canzone rock che non conoscevo, fece rombare il motore dell’Impala un paio di volte poi vi si fiondò all’interno del cimitero.
L’erba alta strisciava sulle portiere dell’auto mentre si muoveva lentamente per raggiungere quelle due figure che si fronteggiavano, Michael e Lucifero, Sam e Adam, pronti a battersi l’uno con l’altro e adesso intenti a guardare l’Impala venire verso di loro, Dean si fermò a qualche metro da loro e poi esultante e con fare spavaldo disse: << Salve ragazzi, interrompo qualcosa? >> Con quel suo tono sarcastico che anche in un momento come quello era capace di tirar fuori.
Gli occhi verdi di Sam erano gelidi e guardavano Dean in un espressione di sfida, respirava velocemente ed era evidente che era furioso, no quello non era più Sam. Vederlo così mi si strinse il cuore, chissà cosa provava lui a non avere più controllo del proprio corpo, chissà se stava bene, chissà se poteva vedere quello che stava succedendo, cavolo, mi rimpiansi di non aver letto di più sulle possessioni demoniache a casa di Bobby quando ebbi l’occasione.
Dean calò la testa per guardare me e Alyson che eravamo immobili ed evidentemente molto provate e mentre fissavamo i due Arcangeli di fronte a noi e ci disse: << Restate qui. >> Dopodiché spense lo stereo, chiuse la portiera anteriore e fece qualche passo verso Sam. << Hey, dobbiamo parlare. >> Disse facendo cenno al fratello che adesso lo guardava con un misto di indifferenza e superiorità. Le voci erano camuffate, ma riuscii comunque a coglierle.
<< Dean… >> Iniziò Lucifero che non riuscì a trattenere uno dei suoi sorrisi maligni che anche sul volto di Sam risultavano agghiaccianti e tremendamente minacciosi. << Perfino da te non mi aspettavo una mossa tanto stupida. >>
<< Non voglio parlare con te, voglio parlare con Sam. >>
<< Non sei più il tramite, Dean. >> Si intromise Adam il quale corpo era posseduto dall’Arcangelo Michael. Anche lui era cambiato, era cupo, incattivito dall’Arcangelo che lo possedeva, gli occhi azzurro cielo del piccolo Winchester erano vuoti e avvolti da uno strano alone di mistero.
<< Adam, se sei li dentro, mi dispiace. >>
<< Adam non è in casa al momento. >>
<< Non preoccuparti, tu sei il prossimo, adesso mi servono cinque minuti con lui. >> Dean fece cenno a Sam con la testa.
<< Lurido verme! Tu non fai più parte di questa storia! >> Sbottò Adam che fece per aggredire Dean ma fu fermato dalla comparsa improvvisa di Bobby e Castiel che, con una molotov tra le mani distrasse Michael: << Hey, bastardo! >> Esortò lanciandoci la molotov addosso. Adam prese fuoco e dopodiché scomparve tra le fiamme e le urla emettendo uno strano suono stridulo che fece coprire le orecchie a tutti, ma non era certo morto, se c’era una cosa che avevo imparato riguardo il mondo del sovrannaturale è che gli Angeli possono essere uccisi solo con uno strano pugnale sacro, uno di quelli che Castiel aveva tra le mani quando trovò Adam, quella cosa non me la sarei più dimenticata.
Lucifero guardo in cagnesco Castiel che se ne stava li con espressione ingenua sul viso e poi disse in una voce così diversa da quella di Sam che mi fece rabbrividire: << Castiel…hai tirato una molotov di fuoco santo su mio fratello? >>
<< Uhm…no… >> Castiel cercava di allontanarsi a passo lento e con le mani alzate in segno di difesa.
<< Nessuno gioca con Michael, eccetto me. >> Detto questo, l’incredibile accadde. Lucifero con un semplice schiocco delle dita fece esplodere letteralmente Castiel, riducendolo in mille pezzettini, a quel punto mi coprii gli occhi, non era possibile, non potevo crederci, quello che stava succedendo era assurdo, era troppo. Alyson lanciò un gridolino dopodiché si fiondò tra le mie braccia e si nascose sul mio petto. Non vidi la reazione ne di Dean e ne di Bobby a quanto appena successo, non ne ebbi il coraggio. L’Angelo dall’ingenuità divina era morto, c’era un altro modo per uccidere un Angelo allora, o forse quello non valeva perché Castiel dopotutto aveva perso le ali?
Stavo ancora cercando di riprendermi da quanto appena visto, anche se comunque sapevo che non l’avrei fatto molto presto, quando Lucifero che fino a quel momento non ci aveva viste o aveva fatto finta di non notarci, si avvicinò a passo lento verso la portiera del passeggero, quella destra e aprendola disse: << Grazie Dean, vedo che hai portato il carburante, che ne dici se eliminiamo per sempre la stirpe dei Wyncestre? Dopo quello che ho fatto a George e Amanda, sarà un piacere rifarlo alle loro figlie. >> Era stato lui, forse l’avevo sempre saputo, forse l’avevo sperato per non cacciare chissà quale altra diavoleria. Allora la rabbia mi accecò, uscii dalla macchina e fronteggiai il corpo di Sam.
<< Lasciale stare, capito? >> Continuava a dire Dean mentre adesso aveva Alyson avvinghiata al suo braccio sinistro.
<< Bastardo! >> Urlai.
<< Julia, no! Non permettergli di farti del male! >> Disse Dean.
Non so da dove venne quell’improvvisa carica di adrenalina che allo stesso tempo << Perché? Perché uccidere anche i nostri genitori? Perché? >>
Lucifero sorrise, però quello non era il sorriso che ero abituata a vedere su quel viso, no, era qualcosa di maligno qualcosa che non apparteneva a quel corpo, neanche un po’. << Oh, Julia, sei così ingenua. >>
<< Julia, ritorna in macchina! >> Urlò Bobby che era a qualche passo dietro di me.
<< Vedi, i tuoi genitori hanno cercato di fermarmi, hanno cercato di uccidermi, molto prima che io e te ci incontrassimo, hanno lottato fino alla fine per riuscire a bloccare questo, ma non potevo permetterglielo come potrai immaginare e quindi li ho eliminati per sempre, due Wyncestre in meno, cosa c’è di meglio? E il loro sangue? Solamente un dolce antipasto prima del vostro, così…così dolce, forte. >>
<< Sei, un bastardo… >> Scossi la testa cercando di non guardarlo più, << stavano solo cercando di proteggerci da questo dopotutto… >> Sussurrai.
Ghignò. << Ti do una scelta, prima o tu o tua sorella? >>
<< Fottiti! >>
<< Va bene vorrà dire che inizieremo da te. Sai, avevo perso la speranza di avere il tuo sangue mia cara Julia, avevo effettivamente lasciato perdere, ma perché accontentarsi quando si può avere tutto? >> Fece nuovamente schioccare le dita e un dolore lancinante mi colpì, era il mio braccio, mi aveva spezzato il braccio, urlai. Dopo poco iniziò ancora una volta a sanguinare sulla vecchia ferita fasciatami da Sam al nostro primo incontro.
<< Julia! >> Alyson urlò e fece per venire verso di me ma Dean la fermò.
<< Non è romantico? La ferita che ti ha fasciato il nostro Sammy. Sento tutto, tutto quello che prova per te è chiaro qui nella sua mente. >> Si tocco la fronte con un dito.
Dopodiché Lucifero riuscì ad attirare a se anche Alyson e con un altro schiocco di dita le sue braccia iniziarono a perdere sangue a fiotti. Alyson urlò, Dean chiamò il nome di Sam una decina di volte e poi finalmente Lucifero iniziò a bere il nostro sangue.
<< Due al prezzo di una, così mi piace. >> Era avvinghiato ad entrambe le nostre braccia e succhiava, mentre sentivo l’energia che mi abbandonava ad ogni sorso, era forte, era dannatamente più forte di quando usava il suo vecchio tramite, Sam doveva avergli donato il suo vero potere, il suo vero tramite era lui dopotutto e questo gli permetteva di usare le sue capacità diaboliche appieno.
Poco prima che potessi dire addio al mondo prima della sua scadenza, Dean si fiondò su Lucifero facendolo cadere su se stesso e spostandolo da noi.
Caddi in ginocchio, avevo la vista appannata e la testa mi girava.
<< Sammy, riesci a sentirmi? >> Chiese Dean mentre Lucifero si alzava.
Lucifero si pulì la bocca e poi continuò a guardare Dean con espressione vuota ma che comunicava perfettamente l’odio e la rabbia che provava in quel momento. << Ho provato ad essere gentile, >> iniziò, << per il bene di Sammy. Ma tu, tu continui ad essere una spina nel fianco. >>
Quello che vidi fu Lucifero lanciare Dean sul cofano anteriore dell’Impala e proprio mentre stava per andargli incontro, Bobby lo sparò alle spalle. Gli scaricò, quella che sembrava una Revolver Colt, addosso che però ovviamente non gli fece praticamente nulla, così con un movimento della mano spezzò il collo di Bobby facendolo cadere sulla terra senza vita. Non sapevo più cosa pensare dopo aver assistito a quello che era appena successo, Bobby non sarebbe dovuto venire.
<< No! >> Urlò Dean disperato.
Guardai Alyson che era stesa sulla erba arida del cimitero, aveva gli occhi aperti e respirava appena, mi accennò un sorriso per farmi capire che stava bene, per non farmi fare nulla che potesse ancora una volta attrarre l’attenzione del Diavolo su di noi e così feci, mi adagiai tra l’erba altra e continuai a guardare accadere l’impossibile.
<< Si! >> Affermò Lucifero e iniziò a scaricare la propria rabbia su Dean, lanciandogli un pugno che lo fece sanguinare.
<< Sammy? Sei ancora li? >>
<< E’ qui dentro, tranquillo. >> Ancora un pugno. << E sentirà le tue ossa che si spezzano. >> Ancora un altro e Dean cadde sul suolo. << Ogni singolo osso. >> Lucifero lo sollevò per la maglia poggiandolo alla portiera. <> Un pugno, ancora un altro ed un altro.
<< Dean! >> Alyson chiamava non riuscendo ad alzarsi. Allungava la sua mano verso di lui come se avrebbe voluto aiutarlo, ma il sangue che aveva perso e che ancora perdeva, era troppo.
<< Dannate Wyncestre! >> Urlò Lucifero. Fece per avvicinarsi, ma Dean lo prese per la camicia, la camicia, quella di Sam, quella che gli avevo visto indossare più spesso, quella blue scuro e a quadroni beige e marroni. Non vedevo Dean e come era ridotto, ma lo sentivo e aveva una voce svigorita e bassa. << Sammy, va tutto bene, sono qui, sono qui, non ti abbandonerò. >> Diceva, ma Lucifero continuava a dargli pugni sempre più forti e sempre più frequenti. E poi qualcosa accadde, proprio mentre stava per dargli il colpo di grazia, qualcosa lo fermò, rimase li a guardarlo per qualche secondo e dopodiché la sua mano si schiuse e allora lo capii, Sam aveva ripreso il controllo del suo corpo.
Si allontanò da Dean ansimando frequentemente e disse con la sua voce, quella voce che avevo imparato a conoscere fin troppo bene, << va tutto bene Dean, andrà tutto bene. Ce l’ho in pugno. >> Non potevo dire niente per paura di distrarlo, ma avrei voluto dire tutto, avevo la gola secca e il braccio dolorante e non potevo muovermi. Frugò nella tasca del jeans e trovò gli anelli dei Quattro Cavalieri e finalmente si voltò a guardare me e Alyson.
<< Sam… >> Sussurrai scuotendo la testa e facendomi scappare qualche lacrima dovute al dolore non solo del braccio. Eravamo li, era giunto il momento, il momento per Sam di saltare nella gabbia e finirla una volta e per tutte con la storia dell’Apocalisse, avevo sperato che non arrivasse, ma era li e doveva farlo. Addio Sam. Pensai, quando lanciò gli anelli sul terreno arido e iniziò a pronunciare la formula in enochiano, quella che Morte aveva dato a Dean. Qualche parola incomprensibile e la terra si aprì letteralmente, rivelando un buco nero dal quale non usciva altro che vento.
Sam guardò Dean, me e poi Alyson annuendo, ma prima che potesse saltare, Michael lo fermò.
<< Sam! >> Lo chiamò. << Non finirà in questo modo, fatti da parte! >>
<< Dovrai obbligarmi a farlo! >>
<< Io devo combattere mio fratello Sam, qui ed adesso, è il mio destino. >>
Sam non aggiunse altro, guardò ancora una volta Dean e dopo allargò le braccia e chiuse gli occhi, era pronto a lanciarsi. Adam tentò di fermarlo, ma Sam lo prese per un braccio e tenendolo saldamente, lo trascinò con se nella gabbia del Diavolo giù all’Inferno.
La gabbia si chiuse emettendo una luce biancastra e facendo ritornare come prima il terreno e gli anelli su di esso. Chiusi gli occhi e affondai la mia faccia tra l’erba alta, era finita. Non riuscivo a pensare, la mia mente era un groviglio di pensieri spezzettati e confusi che non ero capace a mettere insieme. Alyson riuscì ad alzarsi, a quanto pareva le sue braccia avevano smesso di sanguinare, ma quanto era pallida? Tantissimo, era debole, ma nonostante questo andò incontro a Dean, avrei voluto avere la sua forza di volontà. Lo prese per un braccio aiutandolo ad alzarsi e per quanto sembrasse riluttante, alla fine cedette e ritornò in piedi, e fu allora che riuscii a vedere come Lucifero l’aveva conciato, aveva il viso una volta perfetto, gonfio e paonazzo, un occhio nero e turgido e escoriazioni sulle labbra e sulle guancie. Provai pena per lui, volevo dirgli qualcosa, ma qualunque cosa sarebbe stata inutile, aveva appena perso suo fratello minore, colui che era la sua sola famiglia, era tutto per lui e no le parole non servivano, non servivano a niente.
Lentamente si avvicinò agli anelli che adesso sembravano bollenti e cadde nuovamente in ginocchio a guardare la terra senza piangere, senza far nulla, solo a fissare il terreno. Qualche minuto dopo Alyson gli poggiò una mano sulla spalla cercando di confortarlo. Ma Dean sembrava ipnotizzato d’avanti al terreno arido dello Stull Cemetery. Dopodiché mia sorella gli si inginocchiò accanto e iniziò ad accarezzargli la guancia meno gonfia e disse: << Dean, lasciati andare. >> E allora Dean guardò Alyson e iniziò a piangere a singhiozzi, come non l’avevo mai visto fare, tenne stretta la mano di mia sorella e poi poggiò il capo sulla sua spalla.
Mi rimisi in piedi facendo forza solo sul braccio ancora intatto mentre l’altro lo trascinavo. Li raggiunsi e rimasi li a guardarli e poi Castiel apparve, radioso e avvolto in questa luce così bianca che sembrava essere appena sceso dal paradiso, ma forse era davvero così, se la mia mente non stava giocandomi qualche strano scherzo, Castiel era vivo.
Dean lo guardò.
<< Castiel, sei vivo? >> Chiesi facendo un passo verso di lui con espressione confusa.
<< Sono molto più di questo. >> Poggiò due dita sulla fronte di Dean e con un semplice tocco lo guarì, il suo viso ritornò bello e perfetto come prima. L’Angelo era definitivamente tornato.
Dean si alzò e lo fissò negli occhi sorpreso. << Cass, sei Dio? >>
<< E’ un bel complimento, ma non lo sono. Anche se credo sia lui che mi abbia portato indietro, >> fece un passo verso di me e poi continuò: << nuovo e più forte. >> Mi toccò il braccio rotto e con il suo potere fu in grado di guarirlo, sentii solo una forte fitta e poi il dolore sparì nel nulla, il braccio sembrava essere come nuovo, perfino le cicatrici erano sparite. Fece lo stesso con Alyson e poi con Bobby, che ritornato alla vita, sembrò confuso, ma non disse nulla, annuì semplicemente a Castiel, poi guardò Dean e capì che Sam era saltato, non c’era più e che c’aveva salvato tutti. << Sapevo che avrebbe potuto farcela. >> Ammise.
<< E adesso? >> Chiesi con un filo di voce.
<< Bobby, vai avanti tu. >> Dean salì in macchina e prima che potesse aggiungere altro, Castiel scomparve. << Bastardo. >> Disse scuotendo la testa.
Risalimmo al posto del passeggero e Dean mise in moto, Bobby ritornò sulla strada seguito da noi.

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Capitolo 19
*** Ending Chapter - Waking up in someone else’s life ***


Edit del 10/05/2013.

LO SO. E' passato più di un anno, ma oggi rileggendo questo ultimo capitolo, mi sono sentita nostalgica e quindi ho apportato qualche modifica qui e li, quindi bhò niente.
Poi, bhè, per quanto riguarda il continuo (se a qualcuno interessa), ho scritto solo 2 righe, pensavo volesse saperlo u.u NO DAVVERO. Vorrei scrivere, ma da quando ho finito questa ho praticamente ispirazione 0!! Non so dove andrla a prendere, ogni consiglio è ben accetto u.u
Magari la settimana prossima quando vedrò l'ultima puntata della nona serie foooorse qualcosa potrebbe ritornare, ma non assicuro nulla u.u
E nulla, vi saluto e per chiunque fosse nuovo e fosse arrivato fin qui a leggere, GRAZIE. E grazie ancora a chinque (nessuno) abbia letto di nuovo questa storia o comunque questo capitolo.



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Ultimo capitolo ç__ç
E’ davvero finita, non posso crederci! La prima storia/fan fiction che finisco, sono felicissima e sono anche più felice di non aver scritto tutto questo inutilmente, nel senso che c’è stata gente che ha letto le mie oscenità. Ma che bello! *-*
Come ho già menzionato in qualche capitolo precedente, ho intenzione di scriverne un’altra con stessa protagonista e storia, quindi sono so, se vi è piaciuta questa continuate a seguirmi :)
Detto questo, non so davvero cos’altro aggiungere tranne che un ennesimo GRAZIE a tutti coloro che hanno commentato, sono arrivati fin qui e hanno letto questa storia, grazie davvero!
Nel frattempo, se avete voglia, coraggio e non avete nulla da fare, passate a leggere la mia PRIMA oneshot in tema di San Valentino "And I wonder if I ever cross your mind, for me it happens all the times", la storia di mia sorella vista dal punto di vista di Alyson "Dead or Alive" ed infine, passate dalla mia pagina dedicata a Supernatural su Facebook, "Lost in a Supernatural World"
E per l’ultima volta, buona lettura ;)

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Ending Chapter - Waking up in someone else’s life

Apri gli occhi.
La sua voce, quella che alla mia mente piaceva sentire ogni mattina, il suo viso, ancora i suoi occhi e poi il chiarore di un altro normalissimo giorno. Erano ormai due mesi che vedevo l’immagine di Sam prima di riaprire gli occhi. Già, Sam. Non era più il ragazzo col sangue demoniaco, no, era il ragazzo che c’aveva salvato tutti dall’Apocalisse e seppure fosse un eroe per pochi, il suo nome, la sua faccia e le sue imprese non erano poi così facili da cancellare.
Nei miei momenti no piangevo ancora per lui, sembrerà stupido, ma cavolo se ancora ci soffrivo per la sua perdita, spesso mi chiedevo se mai l’avrei superato e se mai mi fossi innamorata ancora una volta, se avessi visto in altri lui e se avrei trovato mai uno come lui. Insomma, due mesi dopo l’Apocalisse e la mia vita era ancora un completo casino, con l’unica eccezione che questa volta il sovrannaturale non c’entrava nulla. Avevo avuto il cuore spezzato molte volte, ma questa volta era del tutto diverso. Lui non sarebbe tornato più, il suo sorriso, non l’avrei mai più visto e diavolo non avevo neanche una sua foto, avevo paura di dimenticarmi del suo viso, del suo carattere e allora chissà se mi fossi svegliata ancora con la sua voce nella mia mente, chissà se sarebbe stata l’illusione del suo viso a darmi il buongiorno, ci pensavo molto spesso e molto spesso finivo per piangere tanto da cadere in un sonno profondo che durava fino all’indomani, così la routine si sarebbe ripetuta e io l’avrei rivisto. Era come una dolce e continua tortura, faceva male ma non riuscivo a smettere e allora certe volte era come avere l’impressione di svegliarsi nella vita di qualcun altro, mi sentivo come se quella vita non fosse mia, distaccata, ma probabilmente dovevo solo abituarmi nuovamente alla normalità, non c’erano più demoni, mostri o qualunque altra diavoleria a disturbare il mio equilibrio, era tutto maledettamente piatto e noioso, come piaceva a me. Vi dirò, anche la mia stabilità mentale non era più minacciata da improvvisi shock, andava bene così, ma c’era sempre quel qualcosa che mancava. Dopotutto la normalità mi aveva solo adottata, avevo ancora il permesso di ritornare da lei? Forse no, o forse si non mi importava più di tanto ormai, ero ritornata e non avevo intenzione di tornare indietro.
Avevo iniziato a lavorare part-time al bar dove mia sorella era ormai Manager, insomma, passare il mese di Agosto a San Francisco è come essere in un forno, la California è calda si sa, ma ad Agosto è peggio di sempre. The Blue Light Bar, era un bar molto frequentato dagli studenti della San Francisco University e anche da Dean Winchester che negli ultimi due mesi era diventato più di un cliente abituale, diceva che era li per tener d’occhio Alyson e pestare chiunque si fosse comportato male nei suoi confronti, ma si leggeva perfettamente nei suoi occhi che non voleva rimanere solo neanche un minuto. Dean era cambiato profondamente, insomma era sempre e comunque il solito simpaticone, scortese e sessualmente frustrato Dean di sempre, però c’era qualcosa in lui che s’era spezzato dopo quello che era successo al fratello, i suoi occhi erano spesso vuoti e lo sorprendevo regolarmente a fissare la sua ennesima birra senza berla, solo fissarla, come se fosse fuori dal mondo. Avrei voluto dirgli che lo capivo e che non doveva indossare più la sua maschera, ma come potevo? Suo fratello minore era morto, ovviamente non capivo come si sentiva in quel momento e allora preferivo rimanere in silenzio.
Anche lui era impegnato in un nuovo lavoro e no non c’entrava nulla col cacciare i demoni, no, Dean lavorava di tanto in tanto in un cantiere poco fuori San Francisco e diceva anche che gli piaceva come lavoro, pagava bene e gli permetteva di mantenere la casa che lui e Alyson avevano affittato al centro della città, non se la passava male però era chiaro che gli mancava il suo fratellino, il suo Sam. Alyson e lui ormai facevano quasi coppia fissa anche se nessuno dei due l’avrebbe mai ammesso, dicevano che odiavano le etichette e se stava bene a loro, allora stava bene anche a me, solo una piccola parte mi dava un po’ fastidio, Dean trentenne si portava a letto mia sorella ventiquattrenne, avrei dovuto però rassegnarmi, avevo passato la vita a proteggere Alyson dai tipi come Dean, ma evidentemente lei era attratta dai duri e io non potevo farci nulla, tranne sperare che non le avrebbe spezzato il cuore da un momento all’altro. Ma no, dopotutto entrambe avevano bisogno l’una dell’altro, quindi almeno per un po’ potevo stare tranquilla.
La casa dei miei genitori era stata venduta dopo che le autorità avevano fatto tutte le perizie e interrogato sia me che Alyson, non avrei voluto metterci piede mai più li dentro, ero entrata solo un ultima volta per prendere le cose a me care e ovviamente pulire l’arsenale nel seminterrato prima che la polizia lo vedesse e adesso i libri polverosi e vecchi erano rinchiusi in uno dei tanti scatoloni nel mio appartamento universitario nel centro di San Francisco. Proprio così, avevo preso casa nei pressi dell’università, ero intenzionata a laurearmi ed era più o meno una promessa che feci a Sam, e quindi volevo farlo, avevo abbastanza soldi da pagarmi quegli ultimi mesi di recupero e poi avrei avuto tra le mani la mia laurea, non sapevo se sarei mai entrata nella scientifica dopo gli studi, ma proprio non mi andava di pensare al futuro. Studiare sarebbe stato difficile soprattutto se Sam fosse sempre stato tra i miei pensieri, ma dovevo riuscirci, non volevo deluderlo. Vi sembrerà stupido anche questo, ma era come se in qualche modo ci fosse ancora, a guardarmi, controllare tutto e non vi nascondo che qualche volta sbirciavo fuori la finestra per vedere se c’era lui poggiato, forse, al palo della luce che guardava la mia finestra con un sorriso stampato sul suo viso perfetto, ma no, non c’era mai nessuno.
Alyson e Dean erano quello che rimaneva della mia famiglia, di Blair non avevo più notizie da quell’ultimo incontro a Detroit, e non sapevo se l’avrei mai rivista considerata la mia devozione alla normalità. Sarà un modo egoistico di pensare, ma con un po’ di fortuna il demone la possedeva ancora e non aveva buttato il suo corpo chissà dove, forse c’era ancora un modo di salvarla e speravo davvero che da un giorno all’altro l’avrei rivista nella sua Mercedes rossa sfrecciare tra le strade di San Francisco, con i capelli al vento e lo stereo con le canzoni d’amore più sdolcinate di sempre, ma non sarebbe mai stata la stessa se fosse ritornata. Il suo futuro marito, Richard, era morto, la sua famiglia anche e non sarebbe stato facile spiegarle perché e come.

Il virus terrorista aveva portato molte persone a lasciare San Francisco, ma in alcuni punti della città si potevano ancora scorgere fotografie di persone scomparse e lettere alle persone amate, un po’ come si vede in televisione dopo una tragedia. Della scomparsa del grande imprenditore Richard Miller c’erano ancora le notizie sul giornale e spesse volte anche in tv, ma forse solo noi sapevamo cosa davvero gli era successo.
<< Julia? Julia? Ma che cavolo guardi? >> Era Jessica, sorprendentemente viva e vegeta era riuscita a fuggire al virus Croatoan rifugiandosi in Arizona dai nonni, quando scoprii che era ancora viva, mi sentii meglio, come se un po’ di luce fosse entrata di nuovo nella mia vita, era la mia migliore amica e le volevo bene.
<< Jess, scusami ero sovrappensiero. >>
<< Ultimamente lo sei un po’ troppo spesso, prima o poi ci dirai cosa è successo quando ti credevamo morta. >> Anche Kalie era ancora viva, incredibile ma vero era riuscita a scappare prima di che le fosse stata infettata. A suo dire, un Croats, quello che lei però chiamava infettato, le era saltato addosso e poi qualcuno l’aveva sparato facendolo morire su di lei prima che potesse fare qualunque altra cosa. Mi chiesi se quel qualcuno fosse un cacciatore. << E poi ci dirai come ha fatto tua sorella a conoscere quel gran pezzo di ragazzo. >> Ovviamente si riferiva a Dean, non sapevano nulla ovviamente della mia piccola gita per gli Stati Uniti, ma stavo iniziando ad inventare una bugia decente.
<< Mentre eravamo in Nevada, Kalie, è stato amore a prima vista. >> Dissi pulendo il loro tavolo.
<< Quindi sei stata fuori dalla California? Cosa hai fatto un coast-to-coast? >>
<< Uhm…puoi metterla così, dopo la morte dei nostri genitori volevamo solo un po’ di tempo per noi, sai fuggire da tutto e quindi abbiamo intrapreso la road trip. >> Non ero una brava bugiarda, ma quello mi uscii quasi naturale.
<< E tu? Avrai conosciuto anche tu un bel ragazzo, così da poterti finalmente togliere dalla testa Jack? >>
<< Io? No…io no. Vi porto il conto! >> E mi allontanai dal tavolo prima che la situazione diventasse più pesante, e andai verso il bancone dove Dean ordinò la terza birra della giornata. Stava diventato anche questa una cattiva abitudine per Dean, spesso lasciava il bar ubriaco e Alyson e io eravamo costrette a riportarlo a casa. Affondare i propri dolori nell’alcool, quella si che era una cosa da Dean Winchester, solo che questa volta invece di farfugliare cose sulla fine del mondo, parlava senza senso di Sam e di come avrebbe dovuto essere lui a riportarlo a casa. Il fratello maggiore non riusciva a lasciar andare il passato, e chi può biasimarlo, neanche io ci riuscivo.

Spesso mi capitava di sognare Sam, di sognare che ritornasse e di finire in lacrime quando capivo che era solo un sogno, però quella notte la sua voce non la sognai.
Ero sveglia a guardare il soffitto buio della mia stanza da letto quando sentii il mio nome sussurrato, proveniva dalla casa, ne ero sicura. Spalancai gli occhi e mi rimisi in piedi di scatto. Cercai dovunque, in ogni angolo della casa, cavolo chiamai perfino il nome di Sam, ma non c’era nessuno, mi sembrava di impazzire mentre ancora sentivo il mio nome continuamente. Il telefono squillò facendomi sobbalzare.
<< Pronto?! >> Dissi rispondendo con voce affannata e la gola secca.
Nessuno rispose.
<< Pronto? >> Ripetei.
Solo il fruscio del vento e nessuna voce. Ma che diavolo, stavo davvero impazzendo? << Sam? >> Chiesi esitante. La linea cadde. Per un secondo pensai di essere in una di quelle scene finali di qualche film dell’orrore, dove il maniaco ti segue ancora ma tu non sai che è proprio dietro di te e allora continui a vivere, dormire o qualunque altra cosa tu stia facendo. Era proprio per questa sensazione che tenevo dell’acqua santa sotto il letto e una pistola sotto il cuscino, chiamatela paranoia, ma non potete certo biasimarmi, ero stata in contatto con il Diavolo in carne ed ossa.
Il mio primo istinto fu di chiamare Alyson e Dean, ma cosa gli avrei detto? Mi avrebbero sicuramente presa per pazza e non potevo dargli torto. Così ritornai a letto e stringendo il cuscino a me come per cercare del calore che solo un corpo avrebbe potuto darmi, le lacrime, quelle maledette erano di nuovo sul mio viso, era così ogni notte, ogni dannata notte prima di cadere in un sonno profondo dovuto allo sfinimento.
Quella però, fu la goccia che fece traboccare il vaso, finalmente il cervello ebbe la meglio sul mio cuore e questa volta senza combattere a lungo. Ne avevo abbastanza di soffrire, di stare male e di piangere ogni dannata sera, Sam non sarebbe mai più tornato e allora basta, dovevo vivere la mia vita, lasciare il passato alle spalle e continuare dritta verso il futuro che proprio grazie al suo gesto avevo iniziato di nuovo a vedere, sarebbe stato difficile, anzi difficilissimo, ma ne sarei uscita, ci sarei riuscita come sempre, come ogni altra storia finita, sarei tornata normale nonostante il buco che adesso era al posto del mio cuore, sapevo che col tempo si sarebbe colmato, forse ci sarebbero voluti anni, decenni, ma adesso avevo imparato ad indossare quella maschera e sarei riuscita a sembrare forte, almeno per un po’. Sam Winchester avrebbe riempito sempre una parte della mia vita, il mondo gli doveva molto, ma lui non aveva avuto niente, ovviamente nessuno sapeva del suo sacrificio e al diavolo i libri! Erano solo carta, divertenti da leggere durante un pomeriggio piovoso, ma nessuno avrebbe saputo la verità, che il mondo aveva rischiato di essere raso al suolo per i capricci di un Angelo Caduto e del fratello troppo fedele al Padre. E allora il minimo che potevo fare era ricordarlo sempre, anche se di nascosto.

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