Il Forum dei Giallisti

di Rexam
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Primo ***
Capitolo 2: *** Capitolo Secondo ***
Capitolo 3: *** Capitolo Terzo ***
Capitolo 4: *** Capitolo Quarto ***
Capitolo 5: *** Capitolo Quinto ***
Capitolo 6: *** Capitolo Sesto ***
Capitolo 7: *** Capitolo Settimo ***



Capitolo 1
*** Capitolo Primo ***


1

Milene Depalma, giornalista del “Libro Presente”, sedeva tranquillamente nel suo scompartimento di seconda classe sul treno della linea Roma-Pisa. Fumava una sigaretta cacciando il fumo a intervalli regolari per godersi ogni tiro. Ripensò velocemente agli eventi degli ultimi giorni. I maggior appassionati di gialli del forum che frequentava da ormai quattro mesi avevano proposto di incontrarsi per conoscersi di persona. Un tale con il nickname di “Re del Mistero” aveva suggerito di affittare una villa, così l’incontro sarebbe stato privato e, anche secondo la maggioranza, più suggestivo. A Milene non dispiaceva affatto quest’idea, anzi la trovava decisamente affascinante. Guardò l’orologio d’argento che portava al polso. Erano le 12:10. Aveva ancora un po’ di strada da fare. Guardò verso il finestrino e sbuffò, mentre il treno procedeva rapido.

Il dottor Silvestri salutò la signora De Martino con un cenno di deferenza e andò a sedersi dietro la scrivania del suo studio. Finalmente anche l’ultimo paziente della giornata era andato via. Il dottore scrisse gli ultimi appuntamenti presi sulla sua agendina di pelle marrone e mise velocemente in ordine sul tavolo. Guardò l’ora. Era spaventosamente in ritardo. Si tolse il camice e indossò un elegante completo che si era portato da casa per l’occasione. Si diede una spruzzata di profumo e una pettinata. Sorrise e uscì dal suo studio. Era in ritardo, ancora in ritardo. Non voleva fare brutta figura con gli amici del forum, perciò doveva recuperare il tempo perduto. “Notturno” e “Fantasma informato” avevano scritto dicendo di essere già in viaggio. Salì sulla sua Porshe 256-A e ingranò la prima marcia. Arrivato sull’autostrada premette l’acceleratore a tavoletta. Non sarebbe arrivato in ritardo.

In uno scompartimento dov’era vietato fumare il signor Torre e la signorina Irene Adalera conversavano amabilmente.
«E’ stata davvero una fortuna che noi abitassimo vicino», stava dicendo Irene, «io non viaggio spesso perciò le poche volte che mi tocca prendere il treno mi capita di avere qualche difficoltà.»
«E’ un piacere, ragazza mia, è un piacere», risposte il signor Torre, aggiustandosi con una mano un ciuffo di capelli bianchi scompigliati. «Piuttosto sono io ad essere sorpreso. Non pensavo che una persona giovane come lei potesse trarre un qualche interesse dai racconti gialli dei grandi maestri. Sa, ormai vanno di moda soltanto racconti di fantasia o gialli scritti da autori di infima categoria. Purtroppo si è perso quello spirito che contraddistingueva una buona storia gialla da ogni altro racconto.»
«Ha ragione. Non avremo mai più un altro Sherlock Holmes. E’ anche per questo che mi sono iscritta al nostro forum tempo fa, volevo trovare delle altre persone che avessero la mia stessa passione. E poi… il mio lavoro di psicologa ovviamente mi ha dato la spinta per amare i ragionamenti di tutti questi detective che adoro.»
«E’ davvero incredibile infatti», concordò Torre.
In quel momento passò un cameriere con il carrellino del pranzo. Erano le 12:30. Il signor Torre e Irene ne approfittarono per mangiare un boccone. Il sole splendeva sopra di loro in un cielo azzurrissimo. Si prospettava una magnifica giornata.

Il professor Biancardi, docente della facoltà di Scienze dell’Investigazione, terminò la lezione ai suoi studenti in orario. Spense il proiettore che stava usando e ricordò velocemente alla sua classe che entro lunedì avrebbero dovuto consegnare la relazione settimanale. «Ricordate che tutte queste relazioni influiranno sul voto dell’esame!», disse. A quel punto si aggiustò gli occhiali con il dito medio e raccolse i suoi appunti nella borsa. Prese la giacca e guardò l’ora: erano le 12:30 spaccate. Era perfettamente in orario, come suo solito. Da persona precisa e metodica quale era, aveva preparato tutto in anticipo. L’auto era parcheggiata fuori dal complesso universitario e la sua piccola valigia era già nel portabagagli. Scese dal soppalco e uscì velocemente dall’aula. Incrociò il professor Ricco in corridoio. I due si salutarono velocemente e si augurarono un buon fine settimana. Quando arrivò all’aperto, il professor Biancardi vide che era bel tempo. Il sole spaccava le pietre. “Una giornata perfetta”, pensò. Non sarebbe mancato all’appuntamento per nulla al mondo. Accese il cellulare e controllò il forum. Sembrava che “Notturno” e “Fantasma Informato” fossero in viaggio da un po’. Presto li avrebbe raggiunti. Arrivato all’auto, si sedette dalla parte del conducente e partì.

Ruben Delio, fondatore del Club dei Giallisti Dilettanti, viaggiava a 100 chilometri orari senza casco protettivo su una moto di seconda mano, comprata soli tre giorni prima. Il vento faceva muovere i suoi lunghi capelli castani, mentre i suoi occhi erano nascosti da un paio di occhiali da sole. Erano le 12:45. La destinazione era prossima. Secondo le indicazioni satellitari del GPS sarebbe dovuto uscire al prossimo svincolo. La strada che stava percorrendo, un vecchio sentiero di montagna, era vecchia e piena di buche, ma non gli importava. Ormai era vicino alla meta. In dieci minuti giunse in una zona isolata. Non c’erano né cartelli né indicazioni su dove proseguire. Andò avanti ancora un po’ e vide un ponte di legno che divideva una piccola radura da una villa. Doveva essere quella giusta. Lasciò la motocicletta davanti al ponte e passò dall’altro lato in tutta fretta. La villa aveva proprio l’atmosfera ideale per il loro incontro. Lugubre e intrigante. Delle piante rampicanti circondavano le mura di pietra stringendole come in una morsa, mentre un vecchio gufo troneggiava su un ramo di un albero piantato lì vicino. Sarebbe stata una bella esperienza. A quel punto Ruben salì i tre gradini che conducevano all’ingresso e bussò alla porta.


L'Angolo dell'autore

Ciao a tutti! Come vedete questa volta ho deciso di cimentarmi nello scrivere una storia gialla. Dopo averne letti milioni sono proprio curioso di vedere cosa ne uscirà fuori. Come facilmente gli appassionati potranno intuire, questo primo capitolo si ispira chiaramente all'introduzione di "Dieci Piccoli Indiani", capolavoro di Agatha Christie, e mio libro preferito. Vorrei cercare di usare molto di quel materiale che ho appreso nel corso degli anni sui gialli in questa storia. Spero vi piaccia, e spero di non lasciarla a metà. Mi raccomando, commentate numerosi, che mi date anche un po' di sprint per andare avanti nella scrittura! Alla prossima!

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Capitolo 2
*** Capitolo Secondo ***


2

Il Professor Biancardi trovò la villa non senza difficoltà. Era ben nascosta in una piccola radura, invisibile quasi dalla strada principale.  Lasciò l’auto di fronte al grande ponte di legno, di fianco ad una volgare motocicletta e ad una Porshe nera. Erano le 13:30. “Giusto in tempo”, pensò. Si affrettò a passare dall’altra parte del ponte e si trovò di fronte alla lugubre villa del loro incontro. C’erano inferriate alle finestre e piante rampicanti che ricoprivano un po’ tutte le mura. Salì i tre gradini di pietra e bussò ad un grande portone d’ingresso. Dopo qualche istante una giovane donna venne ad aprire. Non era molto alta, con qualche lentiggine qua e là sul volto. I capelli erano castani, raccolti in una coda da cavallo. Indossava un completo da cameriera. Doveva essere la governante.
«Buonasera», disse la donna, «lei è qui per l’incontro?».
Biancardi annuì.
«Può fornirmi il suo nickname per cortesia?»
«Certamente, io sono “Scacchista”. Spero di non essere in ritardo.»
«Oh, quasi tutti gli ospiti la stanno aspettando, ma è in orario, non si preoccupi, hanno preferito aspettare prima di iniziare a pranzare.»
Il Professor Biancardi sorrise leggermente. La donna si spostò di lato per farlo passare. L’ingresso era immenso. Un enorme tappeto rosso si estendeva da una parte all’altra di quella grande sala mentre, dal lato opposto, scale dorate trionfavano sul pianterreno. Alte porte di legno pregiato si ergevano da un lato all’altro di quell’immensa stanza. Un enorme lampadario vecchio stile era incatenato al soffitto con i bracci che sembravano avvolgere l’ingresso da tutte le direzioni.
«Oh, mi perdoni se non mi sono presentata, sono Maddalena, la governante che avevate richiesto per questo fine settimana.»
«Molto lieto, io sono il Professor Biancardi, docente della facoltà di Scienze dell’Investigazione.»
I due si strinsero cordialmente la mano.
«Può dare a me i suoi effetti, li porterò nella sua stanza al piano di sopra. Se nel frattempo vuole accomodarsi, i suoi colleghi la stanno aspettando nella Sala Lettura, prima porta a destra.»
Biancardi le diede la piccola valigia e la vide sparire su per quelle scale dorate. Nella  casa regnava un silenzio quasi inquietante. Lì chiunque avrebbe trovato ispirazione per un giallo in piena regola.
Il Professore si aggiustò la camicia e si passò una mano fra i capelli, dopodiché si mosse verso la Sala Lettura ed aprì la porta.

Davanti ai suoi occhi si mostrarono differenti tipologie di persone riunite in un’accozzaglia quasi incoerente, come un immenso guazzabuglio. In un angolo della sala un anziano signore e un’elegante donna giocavano a scacchi, mentre dall’altro lato, un uomo di mezz’età leggeva un libro seduto su un lussuoso divano fregiato. Una graziosa signorina si guardava in giro con aria incuriosita, mentre un bel giovanotto suonava una chitarra su una sedia in tranquillità.
Quando videro il loro nuovo ospite si voltarono tutti verso di lui.
«Lei dev’essere “Scacchista”», disse l’uomo seduto sul divano.
Il Professor Biancardi sorrise. Poi chiese: «Da cosa lo ha capito?».
«Beh, lei non può essere di certo quello strano personaggio che è “Re del Mistero”, dico bene? Non ha affatto l’aria della persona che si diverte a lanciare piccoli enigmi in rete o a scrivere frasi criptiche su Poirot. Sembra più un tipo preciso e ordinato», l’uomo si alzò e gli andò vicino, «uno scacchista, dico bene?»
Il Professore si aggiustò gli occhiali con il dito medio e sorrise maliziosamente.
«Il mio nome è Charlie Biancardi, sono “Scacchista”. Piacere di conoscervi di persona.»
«Lasci che le presenti gli altri», disse l’uomo, con fare sbrigativo, «il signore che gioca a scacchi lì in fondo è Augusto Torre, corrispondente al nickname di “Invincibile”. La graziosa signorina, sua rivale, è Irene Adalera, alias “Nerei”.»
I due abbozzarono un cenno di saluto.
«Poi abbiamo la signorina Milene Depalma, “Fantasma Informato” mentre quel simpatico giovanotto è Ruben Delio, “Notturno”, dico bene?»
I due annuirono.
«E infine ci sono io, il dottor Orlando Silvestri, il “Secondo Holmes”, per servirla.»
Il dottore mimò teatralmente un inchino con la mano destra.
«E’ davvero un piacere conoscervi tutti», replicò Biancardi.
«Sembra che alla fine “Re del Mistero” si farà attendere… che ne dite di incominciare a pranzare ora che siamo quasi tutti presenti?», propose Silvestri.
In quell’istante la governante si presentò al gruppo di amici.
«Ah, signora Maddalena, giusto lei, in sala da pranzo è tutto pronto vero? Le dispiace iniziare a prendere le prime portate? Abbiamo deciso di incominciare senza il nostro ultimo ospite.»
«Molto bene, accomodatevi pure allora», rispose la donna.
Il gruppo si iniziò a muovere verso l’altra ala di quella grande casa.
«Mi scusi», disse Biancardi alla governante, «prima di andare, avrei bisogno di usare la toilette.»
«Ma certo, signore, vada in fondo all’ingresso. Dietro le scale ci sono due porte che conducono al lato posteriore della villa. I servizi sono subito a destra», rispose prontamente Maddalena.
Biancardi si eclissò mentre gli altri raggiunsero la sala da pranzo. Quella stanza era ancora più lussuosa e magnificente di quanto fosse stato il resto della casa. Il soffitto era a volta, le pareti avevano un rassicurante color rosato, due enormi quadri ricoprivano interamente la parete destra e sinistra, mentre in fondo un orologio a pendolo ticchettava rumorosamente. Non c’era nessuna finestra, ma un grande lampadario illuminava tutta la sala. Al centro v’era un grande tavolo circolare.
Il Dottor Silvestri andò a sedersi immediatamente dal lato opposto all’ingresso. Al suo fianco si sedettero il signor Torre da un lato e Milene dall’altro. Poi presero posto anche Ruben e Irene, uno vicino all’altra. Dopo qualche minuto il Professor Biancardi fece il suo ingesso e prese posto insieme agli altri.
L’atmosfera era abbastanza tiepida. Probabilmente erano tutti abbastanza imbarazzati nel parlare a voce per la prima volta, ma fortunatamente la sciolta parlantina di Silvestri riuscì a rompere il ghiaccio fra i conviviali.
«Dunque lei e il signor Torre vi siete incontrati in treno?», stava domandando Silvestri a Irene.
«Beh si», rispose lei timidamente, «ci eravamo scritti sul forum poco prima di partire.»
«E ci dica, siamo curiosi, come mai è appassionata dei vecchi gialli come noi? Voglio dire, lei è ancora molto giovane, a cosa dobbiamo questa passione?»
«Oh, io ne sono stata innamorata fin da bambina. Adoravo le storie di detective e mia madre era anche lei una grande appassionata. Credo che un po’ sia stata lei a trasmettermi quest’amore per i gialli. Il mio lavoro poi ha fatto il resto.»
«E posso chiederle cosa fa nella vita?»
«La signorina è una psicologa», disse Torre, intromettendosi educatamente nella discussione, «ed è anche molto brava da quello che mi ha raccontato.»
«Lei è troppo buono, signor Torre», riprese lei, «comunque ha ragione, sono una psicologa e mi affascina profondamente la mentalità di Holmes. I suoi ragionamenti perversi sono l’avvisaglia del fatto che ci troviamo di fronte ad un genio! Recentemente ho anche pubblicato un articolo su una nota rivista in cui spiego perché Holmes mi affascini tanto.»
«Davvero?», disse Ruben Delio sorpreso, «anche noi pubblichiamo qualcosa di tanto in tanto su alcune riviste. Io sono il fondatore del Club dei Giallisti Dilettanti. E’ nato come semplice passatempo di un gruppo di studenti universitari e siamo man mano aumentati sempre di più! Pubblichiamo per lo più fan fiction su Sherlock, come diceva anche lei, e su Dupin.»
«Ammirevole», commentò Torre, scandendo ogni sillaba.
Maddalena arrivò in quel momento con un carrellino e servì sobriamente la cena a tutti gli invitati.
«Beh, se è per questo, recentemente io ho pubblicato, tramite un mio caro amico editore, un paio di libri su Hercule Poirot. Probabilmente non raggiungono i livelli di Madame Christie ma al pubblico sono piaciuti discretamente», disse Silvestri.
«Davvero dottore?»
«Ma sicuro, pensi che porto sempre con me un’agendina in cui scrivere i miei… “lampi di genio”.»
Silvestri rise.
Parlarono tutti ancora per un po’. Milene Depalma discusse del suo lavoro di giornalista, di come aveva conosciuto Holmes, del fatto che aveva scritto un articolo sui “grandi maestri” mentre il signor Torre ricordò a tutti i telefilm del Tenente Colombo mimando la celebre frase “Ah, un’ultima cosa…”. Il resto del pranzo passò piacevolmente e con tranquillità.

Ore 15:00.
«Sembra che alla fine “Re del Mistero” non verrà…», stava commentando qualcuno.
«Già… ha per caso aggiornato il forum?», chiese Ruben.
«Purtroppo temo che qui il telefono cellulare non abbia segnale, quindi è un po’ difficile connettersi alla rete…», disse Biancardi.
«Poco male», concluse Irene, «non ci faremo certo rovinare questo incontro da un membro mancante, no?»
In quell’istante il grande lampadario centrale si spense. Non essendoci finestre, la sala da pranzo piombò nella più totale oscurità.
«Ma che succede?», disse qualcuno, spaventato.
«Deve essere saltato il generatore, non si preoccupi, vado a controllare», rassicurò la governante.
Si sentì la porta della sala aprirsi e chiudersi. Rumore di sedie, poi un colpo secco fendette l’aria. Un sordo suono di pistola. Un urlo agghiacciante. Un tonfo al centro del tavolo. Poi solo silenzio.
Le luci si riaccesero. Tutti gli ospiti erano seduti al loro posto. Una rivoltella riposava al centro della tavolata circolare. Irene Adalera mostrava un’espressione di immobile terrore. Aveva la testa trafitta da parte a parte da un proiettile.  Sulla sua spalla, i cinque ospiti notarono un familiare fazzoletto ricamato elegantemente di colore rosa sul cui fronte era incisa la lettera H.



L'Angolo dell'autore
Allora, allora, allora... le cose cominciano a farsi interessanti. Perdonate innanzi tutto la mia lentezza, ma sono abbastanza occupato in questo periodo e l'ispirazione viene con difficoltà. Devo dire, inoltre, che scrivere un giallo non è nemmeno lontanamente facile come immaginavo. Non si può improvvisare. Si deve avere un piano in mente. E sembra che in questo capitolo qualcuno ce l'abbia! I giallisti più accaniti forse sapranno già dare una risposta alla domanda: cosa significa il fazzoletto rosa? Non vi anticipo nulla (altrimenti la suspence dov'è?) ma annuncio solo che i colpi di scena non sono finiti con questo capitolo!! Grazie di averlo letto. Un commento (sia di elogio che di critica costruttiva) è sempre gradito.

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Capitolo 3
*** Capitolo Terzo ***


3

Ruben Delio ero pietrificato dall’orrore. Accanto a lui Irene Adalera giaceva senza vita. Una chiazza di sangue rossastra macchiava il pavimento mentre tutti i presenti guardavano sbigottiti la scena che avevano di fronte. Milene Depalma urlò e il signor Torre le si avvicinò per calmarla. Contemporaneamente il Dottor Silvestri si alzò e si mosse verso Irene, confermando il decesso. Tutti gli ospiti erano in preda al panico più totale.
«Ma cosa diavolo è successo, per Giove?», urlò Torre da un lato.
«Dobbiamo chiamare aiuto, subito!!», disse Biancardi dall’altro.
In quell’istante Maddalena entrò in sala da pranzo correndo. Appena ebbe varcato la soglia si udì un rumore che sembrava provenire dai recessi più profondi dell’Inferno. Un enorme scoppio, un BOOM distruttivo scosse tutti i presenti più di quanto già non fossero. Si udì la vetrata sopra la porta di ingesso infrangersi e andare in mille pezzi, cadere al suolo come le tessere di un domino.
Maddalena svenne. Silvestri le si avvicinò e l’adagiò su una sedia. Poi prese il comando della situazione.
«Delio, lei resti qui con le ragazze. Biancardi, lei mi segua. Signor Torre, non faccia toccare il corpo e soprattutto che nessuno tocchi quell’arma!»
Sparirono al di là della porta della sala da pranzo. Giunsero correndo fino all’atrio.
«Dobbiamo chiamare aiuto», disse Silvestri, «qui i telefoni cellulari non hanno segnale, prendiamo la mia macchina e…»
Si bloccò. Erano all’aperto. Davanti al grande ponte di legno. La Porshe 256-A del dottor Silvestri era invasa dalle fiamme. La moto di Delio era saltata in aria senza troppa difficoltà e l’auto di Biancardi, in mezzo alle due, stava per essere divorata dal fuoco.
«Questo non è possibile…», Biancardi era paonazzo.
«Stia giù!», urlò Silvestri.
Ebbero appena il tempo di ripararsi che anche la vettura del professore saltò in aria. Le fiamme avevano coperto i lembi del grande ponte di legno che, di conseguenza, cadde nel baratro davanti agli occhi basiti e impotenti dei due uomini.
«Questo è assurdo… assurdo… assurdo…», Biancardi era fuori controllo.
Lì, in quella villa sperduta fra le montagne, i sei ospiti erano completamente isolati. Biancardi aveva paura.

Sala Lettura. Ore 17:00. Il corpo di Irene Adalera era stato spostato dalla Sala da Pranzo e adagiato nella stanza che le era stata assegnata per la notte. Il professor Biancardi era seduto su una sedia vicino un vecchio scrittoio e si tormentava le mani furiosamente. Il signor Torre aveva lo sguardo perso nel vuoto, affacciato alla finestra. Delio e Milene erano in disparte, in silenzio.
All’improvviso il dottor Silvestri fece il suo ingresso nella stanza, accompagnato da Maddalena. Scrutò attentamente i presenti e poi, lentamente, scandì le sue parole.
«Signori, la signorina Irene è stata assassinata con un colpo di proiettile alla fronte sparato, con tutta probabilità, dalla rivoltella che abbiamo trovato sul tavolo. Come avete avuto modo di vedere, il ponte di collegamento è crollato a causa di un incendio che ha distrutto tutti i mezzi con cui noi siamo giunti qui. I telefoni cellulari non prendono. Non vi nascondo che la situazione è grave.»
Molti erano provati.
«Ma c’è dell’altro: ho ragione di credere che il colpevole dell’omicidio di Irene sia uno di noi.»
«Ma non sia ridicolo!», disse Delio, «questo è impossibile!».
«Io non lo ritengo affatto impossibile. E dal momento che non possiamo chiamare i soccorsi ho intenzione di avviare un’indagine; chi ha compiuto un gesto così disumano la pagherà cara», era esaltato.
«Guardi che questo non è un gioco, Silvestri», disse Milene, «non so se lo ha notato ma c’è una ragazza morta con un colpo di pistola nella stanza di sopra! Qui c’è qualcuno che l’ha fatta fuori! Non c’è tempo per giocare al detective! Non siamo in una storia di Doyle. Dobbiamo andare via di qui. Ci sarà pure un modo!»
«Sfortunatamente», intervenne Maddalena, «temo di no… tuttavia, dopo questo fine settimana, sarebbero passati quelli dell’agenzia per controllare lo stato della villa e fare le pulizie, quindi basterà aspettare fino a lunedì.»
«E noi dovremmo rimanere qui con un pazzo furioso che ha appena ucciso una donna?»
«Temo non ci siano alternative», disse Silvestri, «ed è per questo che ora ci metteremo in cerchio e daremo tutti la nostra versione dei fatti. Ma prima c’è una questione più urgente.»
Gli altri lo fissarono.
«C’è una rivoltella di là sul tavolo. Non dovremmo lasciarla così esposta. L’assassino, che sia fra noi o meno, potrebbe colpire di nuovo. Maddalena, mi dica, c’è per caso una cassaforte o qualcosa di simile in questa villa?»
«Oh, beh, si, in effetti si», rispose lei, titubante.
«Bene, propongo allora di mettere la rivoltella in quella cassaforte e sigillarla. Poi ritengo doveroso buttare la chiave nel crepaccio antistante la villa, in modo tale che nessuno di noi possa tornare a prenderla. Sono certo che i proprietari ne avranno un’altra copia, cosicché in seguito quell’arma possa essere prelevata per essere analizzata dalla polizia.»
«Mi sembra una buona idea», disse Torre.
Anche gli altri furono d’accordo.
Il signor Torre e il Dottor Silvestri andarono a prendere la rivoltella e, insieme a Maddalena, la posero all’interno della cassaforte, situata in Biblioteca, di fianco la Sala Lettura. Poi dettero una doppia mandata con una piccola chiave dorata. A quel punto Silvestri prese la chiave e andò fino al crepaccio. Gli altri lo osservarono buttare via la chiave e tornare dentro la villa con più serenità.

Ore 17:15. I sei ospiti erano in cerchio nella Sala Lettura. Biancardi si tormentava ancora le mani.
«Mi presterò al suo gioco, Dottore, ma prima di iniziare», disse Delio, «vorrei chiedere una cosa. Avete notato anche voi il fazzoletto che era sulla spalla di Irene dopo che… si insomma… si è riaccesa la luce?»
«Già, volevo chiederlo anch’io», disse Milene, «mi ricorda qualcosa di familiare, ma non riesco a focalizzare dove potrei averlo già visto…»
«Letto, non visto, signorina Milene», rispose Torre con fare soldatesco, «Assassinio sull’Orient Express, 1933, Agatha Christie. Non so se sia una semplice coincidenza o meno, ma se lo ricorderà anche lei, no? In quel giallo, nella camera del signor Ratchett, Poirot, il signor Bouc e il Dottor Constantine trovarono un fazzoletto del tutto simile a quello che aveva la signorina Adalera. Quel fazzoletto sembrava non essere di nessuno dei presenti, in quel giallo, ma alla fine si scoprì che apparteneva alla principessa Dragomiroff, il cui nome di battesimo era Natalia, di origine russa, e in russo la N si scrive come l’H. Se lo ricorda?»
«Mi sta prendendo in giro, signor Torre?», rispose Milene, «secondo lei davvero quel fazzoletto rimanda ad Agatha Christie? Non sia ridicolo!»
«Ma non trovate effettivamente quantomeno “particolare” che proprio un oggetto che era stato una importante prova in un giallo della Christie sia finito per essere una prova anche in questo omicidio, durante una riunione di giallisti?», disse Delio dubbioso.
«E c’è un’altra cosa che mi lascia perplesso… », disse il Dottor Silvestri, «non trovate strano il comportamento di “Re del Mistero”? Era stato proprio lui ad affittare questa villa e ad insistere che ci incontrassimo, ma alla fine non si è presentato…»
Tutti i presenti guardarono Silvestri. Avevano capito dove il Dottore voleva andare a parare.
«E se fosse stato lui a pianificare tutto questo? Io credo che “Re del Mistero” si stia nascondendo in questa villa. E se non è così», disse con un filo di voce, «allora “Re del Mistero” è uno di noi!»


L'Angolo dell'Autore

E così siamo arrivati al capitolo 3! Le cose si complicano e spero con tutto il cuore di non commettere errori o incongruenze nella trama. Ho deciso di spezzare questo capitolo in due parti, di cui questa è la prima, sia perchè altrimenti sarebbe venuto troppo lungo, sia perché così posso procedere nella narrazione con i piedi di piombo rileggendo anche quello che ho già scritto per evitare di fare sbagli. Ci stiamo addentrando nella storia. Nel prossimo capitolo cercheremo di fare luce sulla morte di Irene. Nel frattempo conviene chiedersi: chi è davvero "Re del Mistero"? Uno dei sei ospiti rimasti o un personaggio completamente differente?

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Capitolo 4
*** Capitolo Quarto ***


4

Milene Depalma osservava il Dottor Silvestri con sconcerto. Le sembrava incredibile di trovarsi in una situazione a lei così familiare per i tanti gialli letti in passato.
«Andiamo con ordine allora», disse Silvestri, «innanzi tutto, cosa ha fatto a saltare la corrente? Maddalena, lei è andata a controllare. Ci dica, si trovava in piedi quando si sono spente le luci vero?»
«Si, signore», rispose lei prontamente, «ero vicino al tavolo, come ricorda. Eravamo tutti in questa stanza. Quando si sono spente le luci le ho detto che sarei andata a controllare. Il generatore si trova in cantina vicino alla toilette, per arrivarci bisogna attraversare la porta che si trova sotto le scale che conducono al piano di sopra. A quanto pare era stato manomesso per far si che si spegnesse proprio in quel momento.»
«Questo ci porta a pensare che tutto questo fosse stato programmato.»
Silvestri fece un attimo di pausa.
«Professore, lei si è assentato per qualche minuto prima di venire a cena in Sala da Pranzo per andare alla toilette. Avrebbe avuto il tempo di manomettere il generatore e tornare da noi come se niente fosse. Inoltre lei è stato l’ultimo ad arrivare qui, il suo ritardo potrebbe essere stato solo una scusa per avere il tempo di piazzare, per esempio, delle bombe sotto le nostre auto e precluderci così ogni via di fuga.»
«Ci vada piano con le accuse!!», rispose Biancardi, adirato, «io ero seduto vicino alla signorina Depalma e a Delio. Dal mio posto come avrei fatto a mirare alla signorina Irene in quel buio? Per ucciderla mi sarei dovuto alzare, sarei dovuto arrivare vicino Irene e colpirla. Ma in quel caso il colpo sarebbe arrivato da dietro, mentre, come lei ha precisato, la signorina presenta un colpo di pistola sulla fronte. Il più sospetto non sono io, sono quel ragazzo laggiù e il signor Torre, secondo me, che erano seduti vicino la vittima», disse indicando anche Delio.
«Ma tutti abbiamo sentito rumore di sedie, quando si è spenta la luce. Io, non lo nasconderò: mi sono alzato improvvisamente. Mi capita di cercare di prendere in mano le situazioni quando c’è qualcosa che non va.»
«Lo abbiamo notato, dottore», disse Milene ironica.
«Ma non l’ho uccisa io. Mi sono seduto subito dopo che Maddalena ha detto di voler andare a controllare il generatore.»
«Per quanto mi riguarda», iniziò Torre, «sono rimasto seduto tutto il tempo. Io e la signorina Irene eravamo arrivati insieme alla villa. Ci eravamo incontrati sul treno, ricordate? Nessuno di noi due avrebbe potuto piazzare le bombe sotto le auto.»
«Chissà, magari c’è sotto un qualche trucco», intervenne Delio, convinto, «ognuno di noi sappiamo che è andato in bagno almeno una volta da solo, quindi ognuno di noi avrebbe potuto manomettere il generatore. Ma piazzare una bomba sotto un’auto non è cosa da poco.»
«Infatti», disse Biancardi, «ricapitoliamo un istante. Se ho ben capito, l’ordine in cui siamo arrivati alla villa è Delio, Silvestri, Depalma,  Torre e Irene, e infine io. Lei Silvestri sarebbe potuto arrivare con una bella bomba già pronta ad esplodere nella sua auto. So che è una follia viaggiare su un’auto con un ordigno del genere, ma per quanto ne sappiamo, lei potrebbe benissimo essere un pazzo, o, che so, un serial killer.»
Silvestri fece un’impercettibile smorfia contrariata.
«Io non avrei mai potuto mettere delle bombe in auto che ancora non c’erano, quindi ho un alibi», disse Delio.
«Lei non è mai più uscito dalla villa?»
«Certo che no, perché avrei dovuto?»
«Beh, magari quando ci ha detto di andare alla toilette invece è uscito fuori, ha sistemato le bombe, poi ha manomesso il generatore ed infine è tornato.»
«Questo vale per tutti allora.»
«In realtà», intervenne Maddalena, «io stavo preparando la Sala da Pranzo. E avevo la porta aperta. E’ vero che mi sono assentata un paio di volte per andare in cucina, ma se fosse passato qualcuno l’avrei visto.»
«Capisco…», disse Silvestri.

Ore 19:27. In Sala Lettura ognuno era immerso nei propri pensieri.
«Credo che non faccia bene a nessuno di noi continuare a rimuginare su questi pensieri. Credo che mi ritirerò nella mia camera», disse Milene, «sono piuttosto stanca.»
«Allora mi unirò a lei», disse Silvestri, «consiglio a tutti di chiudere a chiave la porta della propria camera e di non aprire per nessun motivo.»
I presenti annuirono. La signorina Depalma e il dottore uscirono dalla sala lettura. Una volta rimasti soli, gli altri non riuscirono a spiccicare parola. Erano come imbarazzati gli uni di fronte agli altri, sospettandosi a vicenda.
«Volete che prepari del tè, magari?», propose Maddalena, titubante.
«Si, credo che ci farebbe bene», rispose il professore a nome di tutti.
«Aspetti, vengo a darle una mano», disse Torre.
I due si spostarono verso la cucina.
«Che brutta storia, non è vero?», stava commentando Torre.
«Già… non riesco a credere che qualcuno possa fare una cosa del genere… e per quale motivo poi?»
«Eh chi lo sa, Maddalena, chi lo sa… l’animo umano è formato da tantissime emozioni. Finché si tratta di amore o amicizia non c’è nessun problema, ma se per qualche scherzo del destino si trasformano in rabbia o gelosia ecco che lì nasce il desiderio di fare del male. E’ una cosa che ho imparato col tempo.»
«Credo che abbia ragione, ma compiere un omicidio è comunque un gesto imperdonabile. Povera signorina Irene…»
Quando l’acqua fu abbastanza calda, Maddalena la tirò via dal bollitore e la versò il diverse tazzine aggiungendo ad essa zucchero e un’infusione di tè. Infine i due tornarono nella Sala Lettura. L’atmosfera era ancora tesa. Ruben aveva iniziato a tormentarsi le mani come Biancardi.
«Secondo voi “Re del Mistero” è veramente uno di noi?», disse Biancardi all’improvviso, rompendo il silenzio.
«Non lo so… potrebbe anche essere…», rispose Delio, «io l’ho sempre trovato il più strano di tutti sul Forum. È stato l’ultimo ad iscriversi giusto? Ha iniziato a postare una serie di rompicapi ed enigmi da risolvere accompagnati sempre da frasi enigmatiche… credevo che stesse cercando di calarsi in un qualche ruolo, ma a quanto pare potrebbe davvero essere uno psicopatico fuori di testa.»
«Ma perché Irene?! Perché l’avrebbe uccisa?»
«Bisognerebbe rivedere le conversazioni che hanno avuto on line per cercare qualche indizio, ma dal momento che qui non c’è campo per i telefoni cellulari, dubito che ci sia rete», disse Torre.
«Già… proprio non capisco…».

Ore 21:00. Il gruppo nella Sala Lettura si sciolse, e tutti andarono nella propria camera. Maddalena aveva una stanza a piano terra. Disse che se gli ospiti avessero avuto bisogno di lei durante la notte era stato predisposto un interruttore collegato ad un campanello in tutte le stanze. Sarebbe bastato suonarlo e Maddalena sarebbe accorsa.

Ore 1:19. Le stelle illuminavano il secondo piano della villa con una macabra luce biancastra. Re del Mistero era sul pianerottolo, perfettamente compiaciuto. In mano stringeva una ben nota rivoltella.


L'Angolo dell'Autore

Mi scuso per la lunga assenza, ma sono stato parecchio impegnato in questo periodo e non è stato facile concentrarsi per scrivere un altro capitolo, ma sembra che ce l'abbia fatta. Dalla prossima settimana dovrei tornare a pubblicare regolarmente i capitoli. Ringrazio tutti voi lettori per la pazienza che avete nell'aspettare le pubblicazioni e grazie anche per tutti i commenti che pubblicate. Come potete vedere, questo è un capitolo "di transizione", i personaggi fanno il punto della situazione, mentre un misterioso figuro si prepara nuovamente a colpire. La domanda sorge spontanea: chi è Re del Mistero?

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Capitolo 5
*** Capitolo Quinto ***


5

Ore 1:19. La notte era buia e silenziosa nella misteriosa villa in cui i sei ospiti erano rinchiusi. Una lieve brezza soffiava nel giardino, muovendo rami di alberi centenari.  Maddalena, la governante, riposava saporitamente nel suo letto, nella piccola stanzetta a piano terra. Un orologio a pendolo scandiva i secondi di quelle ore maledette producendo un rumoroso ticchettio. Improvvisamente uno spiacevole suono destò la donna dal suo sonno. Assomigliava al rumore di una sveglia o di una campanella, ma allo stesso tempo era qualcosa di molto diverso. Maddalena, intontita dal sonno, si alzò dal letto e camminò a tentoni per cercare di capire l’origine di quel fastidioso fracasso. Quando finalmente ebbe riacquistato un po’ di lucidità, vide che il campanello della sua stanza era illuminato di giallo, ed emetteva quell’orrendo “driin” che l’aveva svegliata. Qualcuno degli ospiti aveva bisogno di lei. Cosa poteva essere successo nel cuore della notte? La porta della piccola stanzetta era chiusa a chiave e, con un assassino in giro, Maddalena provava non poco timore ad aprirla. Si decise. Prese la piccola scopa situata in un angolo della stanza e, impugnandola come un’alabarda, aprì la porta. Era molto buio e non si riusciva a vedere quasi nulla. Immediatamente Maddalena accese la luce, poi passò da sotto le scale arrivando al salone d’ingresso. Non c’era nessuno, regnava il più totale silenzio. La notte si stava forse diradando? Inaspettatamente, mentre la donna si trovava alle pendici della grande scalinata per il Primo Piano, venne udito un suono che le fece gelare il sangue. Un colpo di pistola nel buio spezzò in due quella notte insanguinata. Che un’altra vittima stesse per cadere? Che un’altra pedina stesse per essere mangiata in questa folle partita a scacchi?
Senza pensarci due volte, Maddalena salì immediatamente di corsa al Primo Piano per accertarsi della situazione. Impugnava sempre la sua scopa a mò di spada. Appena si fu lasciata alla spalle l’ultimo gradino si trovò al Primo Piano, una leggera luce fioca illuminava il corridoio. E vide il dottor Silvestri con aria minacciosa sul pianerottolo.

«Non si muova, dottore!!», urlò Maddalena in preda al panico.
«Maddalena, la prego si calmi, non ha sentito lo sparo?», rispose lui.
«Certo che l’ho sentito, e appena sono accorsa ho trovato lei qui in corridoio! Non si muova, Re del Mistero!»
Il dottor Silvestri era sbiancato di colpo. All’improvviso comparve Biancardi dal lato sinistro del corridoio.
«Si può sapere cosa succede? Cos’era quel rumore assordante?», disse il professore.
«Lo chieda a lui! Lo chieda a lui!», urlò Maddalena, «moriremo tutti, moriremo tutti!».
«Maddalena, si calmi, la prego, andiamo a vedere, presto. Dottore, lei cammini bene in vista davanti a me, poi ci spiegherà tutto!»
Il terzetto attraversò il lato destro del corridoio. Accesero la luce e videro il signor Torre in camicia da notte uscire dalla sua camera, spaventatissimo.
«Ma si può sapere cosa diavolo succede?».
Milene Depalma, sentendo quel clamore assordante, aprì la porta della sua stanza e vide i suoi compagni in preda al panico davanti a lei. A quel punto si precipitarono tutti in camera di Delio. La porta non era chiusa a chiave. Il ragazzo era riverso sul letto, le lenzuola erano completamente insanguinate, ed aveva un proiettile conficcato nel petto. Per terra, al suo fianco, riposava un sottile foglio bianco sul quale erano disegnati degli omini danzanti.


L'Angolo dell'Autore

E così siamo arrivati al quinto capitolo. Chi si ricorda "L'avventura degli omini danzanti" di Doyle dovrebbe trovare familiarità con la conclusione di questo paragrafo. In questo capitolo sono inoltre state gettate le basi per la soluzione del mistero. Perchè tutti questi riferimenti alle opere gialle? E soprattutto... chi è davvero "Re del Mistero"?

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Capitolo 6
*** Capitolo Sesto ***


6

Milene Depalma, avvolta in una coperta, con gli occhi arrossati e lacrimanti, fumava intensamente una sigaretta nella sua camera. Il signor Torre e Maddalena le erano al fianco. Silvestri era poco distante, seduto su una sedia logora, mentre Biancardi lo tempestava di domande. Tuttavia il dottor Silvestri non riusciva ad aprire bocca, era come in uno stato di trance, immerso in chissà quali pensieri.
«La smetta di tormentare quel pover’uomo», disse all’improvviso il signor Torre, «non vede che è completamente sconvolto? E non è il solo, a dirla tutta!», aggiunse.
«Pover’uomo?! Pover’uomo?!», Biancardi era diventato rosso, irato, «con tutto il rispetto, signor Torre, questa persona è un maniaco omicida! Un criminale! E ha ucciso ben due persone!»
«Sarà anche così, ma non concluderà nulla urlando a sproposito», lo rimbeccò Torre. «Dottor Silvestri», disse poi, poggiando una mano sulla sua spalla, «può dirci con esattezza cosa è successo?»
Silvestri si riscosse e guardò negli occhi tutti i presenti, che lo fissavano con aria minacciosa.
«Io… io non lo so…», iniziò piano, «ho sentito qualcuno bussare alla mia porta, ho chiesto ripetutamente chi fosse ma non ho ottenuto risposta, quindi ho cautamente aperto la porta. Nel corridoio non c’era nessuno. Mi sono sporto in avanti per controllare meglio e, davanti le scale, ho sentito quello sparo… quello sparo terribile…».
Il dottore iniziò a singhiozzare, sembrava aver perso completamente la solita lucidità che lo contraddistingueva.
«Sta mentendo, è chiaro!», disse Maddalena con asprezza, «è un alibi inverificabile e poi io l’ho visto sul pianerottolo dopo lo sparo!! Secondo me stava cercando di tornare in camera come se niente fosse! E’ un assassino!»
Con pazienza, Milene cercò di calmare Maddalena, mentre tutti cercavano di districare il filo di quell’assurdo mistero. Nessuno riusciva a capirci più nulla. Biancardi guardava Silvestri con sospetto, mentre Milene aveva cacciato un’altra sigaretta e fumava pensierosa davanti la finestra. Torre era immobile di fianco al dottore, mentre Maddalena era andata a chiudersi in camera al piano di sotto, dicendo di non voler avere niente a che fare con un assassino.

Ore 8:13. Una triste ombra aveva abbandonato la magione mentre i raggi del sole illuminavano le stanze degli ospiti. Un sottile raggio di luce filtrava dalla finestra della camera di Delio e illuminava i suoi occhi ormai spenti.
Maddalena aveva allestito una piccola colazione nella Sala Lettura. Gli ospiti erano tornati nelle loro camere e avevano cercato invano di dormire per il resto della notte. Silvestri fu il primo a raggiungere la governante. Quando entrò Maddalena gli lanciò un’occhiataccia. Poi anche gli altri scesero, uno dopo l’altro. Mangiarono in silenzio. Nessuno osava parlare degli avvenimenti della notte scorsa. Gli ospiti erano spaventati. Si sospettavano l’un l’altro con reciproca ostilità. Ma gli sguardi interrogativi andavano a posarsi sempre più su Silvestri. Il dottore notò subito la cosa. Milene, Torre, Biancardi, Maddalena, tutti loro volevano fargli capire che non era gradito. Silvestri allora si alzò, disse di andare in camera sua e chiese di non essere disturbato.
Lasciata la Sala Lettura, Silvestri tirò un sospiro di sollievo. La situazione si stava facendo opprimente e il cappio attorno al suo collo si stringeva sempre di più. Doveva agire, e in fretta. Stava considerando i fatti, era impossibile che avesse trascurato qualcosa, eppure decise di ricominciare daccapo. Velocemente si recò nella camera di Delio. All’interno, notò il piccolo pulsante bianco di fianco alla porta. Premendolo, sarebbe scattato un qualche suono nella camera di Maddalena. Poi si avvicinò al corpo immobile di Delio. Era davvero un bel ragazzo, quasi provò compassione del fatto che cotanta bellezza fosse stata deturpata dal sangue raggrumito sulle lenzuola del letto. Un proiettile era conficcato in profondità nel suo petto.
Questo non era possibile.
La pistola che avevano trovato tutti gli ospiti sul tavolo in Sala da Pranzo era sicuramente l’arma del delitto che aveva ucciso Irene, ma quella rivoltella era stata sigillata in cassaforte e la chiava era stata buttata nel crepaccio antistante la villa proprio dal dottor Silvestri.
Il dottore si recò immediatamente a controllare la cassaforte e la trovò perfettamente chiusa. Tuttavia, in questo modo, era impossibile sapere se la rivoltella fosse ancora al suo interno.
Il dottor Silvestri ripensò improvvisamente a Re del Mistero. Aveva creato un nickname così particolare, una personalità così stravagante in rete… era stato davvero furbo.
Milene Depalma, nella Sala Lettura, stava raccogliendo i tasselli di quel sinistro rompicapo. Sul secondo luogo del delitto non era stata rinvenuta nessun’arma. Allora come ha fatto il killer a uccidere Delio? Se Delio era stato colpito da un proiettile era logico supporre che in quel momento qualcuno avesse una rivoltella, ma quella che aveva ucciso Irene era stata chiusa in cassaforte e la chiave era stata buttata via. Un momento! La chiave era stata buttata via, ma da chi? Da Silvestri! Sia Maddalena che Torre lo avevano visto da lontano lanciare qualcosa nel crepaccio, ma nessuno dei due poteva essere sicuro del fatto che Silvestri avesse effettivamente buttato via quella piccola chiave dorata. La spiegazione poteva essere una sola…
Augusto Torre non riusciva a togliersi dalla mente l’espressione di orrore stampata sul volto di Delio. Così giovane, così disperato. Irene era stata uccisa, Delio era stato ucciso. A chi sarebbe toccato adesso? Era un terno al lotto ormai. Cosa avrebbe fatto Poirot al suo posto? Poirot, Holmes… Quel disegno che aveva visto nella camera di Delio lo inquietava ancora. Conosceva ovviamente la storia degli Omini Danzanti di Doyle e il fatto che per la seconda volta ci fosse un riferimento ad un giallo sulla scena di un omicidio lo elettrizzava ma lo rendeva anche terribilmente nervoso… Come agire adesso? Chi di loro?
Maddalena Fresi, la governante, era rinchiusa nella sua camera. Silvestri, è lui l’assassino. Lei l’aveva visto, non aveva dubbi. L’aveva visto in cima alle scale. Il colpo di pistola. Quel ragazzo, morto nella sua camera. E tutto quel sangue… Dio mio, Dio mio, tutto quel sangue… Non avrebbe mai perdonato Silvestri per quel gesto folle, ma non riusciva a capire perché, perché… Cos’è che aveva detto Torre? Se le emozioni si trasformano in odio o in gelosia ecco che lì nasce il desiderio di fare del male. E’ la natura umana, l’invidia, il rancore, il peccato. Tutto sembrava ruotare nella sua testa in una cupa spirale di morte…
Charlie Biancardi batteva rumorosamente le dita sul tavolo della Sala Lettura. Un assassino. Ecco cos’era. Chi aveva ucciso sia Irene che Delio poteva essere solo un assassino. Come si può togliere la vita a due persone così buone con un tale sangue freddo? E’ terribile. Un gesto disumano. E poi anche la beffa. “Assassinio sull’Orient-Express”…  “L’Avventura degli Omini Danzanti”… Tutto sembrava combaciare con un piano superiore. Sembrava di trovarsi in uno di quegli assurdi gialli della Christie, di Poe o di Doyle, ma era vero… Pazzesco.

Ore 12:34. Uno degli ospiti era nella camera di Irene. Maddalena aveva portato i suoi bagagli nella stanza che le era stata assegnata senza sapere che, purtroppo, non l’avrebbe mai utilizzata. Quest’ospite stava rovistando fra gli effetti personali della donna. Ad un certo punto da una borsa saltò fuori una macchina fotografica. L’accese e iniziò a scorrere le fotografie scattate di recente. Ad un certo punto vide qualcosa che avrebbe fatto gelare il sangue nelle vene a chiunque fra i presenti alla villa. Sapeva di essere in pericolo. Sapeva l’identità di Re del Mistero.


L'Angolo dell'Autore
Qualcuno si sta avvicinando alla soluzione del mistero, tutti i tasselli si incastrano. Grazie a tutti per i vostri commenti, mi fa piacere che questa storia stia appassionando più di qualche persona. Spero di non deludervi, ci vediamo al prossimo capitolo!

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Capitolo 7
*** Capitolo Settimo ***


7

Il Professor Biancardi, in Sala Lettura, si torceva nervosamente le mani. Milene Depalma era seduta sul divanetto  al suo fianco. I suoi occhi guizzavano velocemente da un lato all’altro della stanza. Il signor Torre aveva acceso un sigaro e fumava vicino la piccola finestra. Maddalena Fresi era in piedi accanto la porta d’ingresso e mandava occhiatacce a tutti i presenti.
In quel momento il dottor Silvestri entrò con fare sbrigativo. Maddalena sembrò congelarsi alla sua vista. Silvestri avanzò fino al centro della stanza ed iniziò a parlare, con il suo solito tono affabile.
«Probabilmente vi starete tutti chiedendo come mai siamo ancora una volta riuniti tutti qui. Il motivo è semplice, vorrei ripercorrere con voi le vicende che ci hanno portato a questa imprevedibile situazione, dall’inizio, sempre che nessuno abbia qualcosa in contrario…», aggiunse soffermando i suoi occhi sulla governante.
Dopo qualche secondo di silenzio Silvestri sorrise e riprese a parlare.
«Spinti dalla volontà di conoscere altri giallisti come noi, ci siamo iscritti su un Forum adatto e poi abbiamo deciso di incontrarci qui per presentarci di persona. Lei, Biancardi, che va sotto il nickname di “Scacchista”, poi la signorina Depalma, “Fantasma Informato”, il Signor Torre, “Invincibile”, Ruben Delio, “Notturno”, la signorina Irene, “Nerei”, il sottoscritto, il “Secondo Holmes” e infine una settima persona che va sotto il nickname di “Re del Mistero”. Ebbene adesso posso affermare con certezza che “Re del Mistero” è uno di noi.»
I presenti si scambiarono sguardi ambigui fra di loro, ma non pronunciarono nemmeno una parola.
«Devo riconoscere che è stato davvero molto furbo. Usando un secondo nickname questa persona ha potuto scegliere il luogo in cui avremmo alloggiato per questo fine settimana, sembrando contemporaneamente uno degli ospiti all’oscuro di tutto. Infatti, era necessario un luogo isolato perché potesse attuare il piano che aveva in mente, e questa villa», disse Silvestri, allargando le braccia con fare teatrale, «era assolutamente perfetta.»
«Qui i cellulari non hanno segnale ed è impossibile connettersi alla rete, quindi se fosse successo qualcosa saremmo rimasti isolati. Tuttavia era necessario anche un incentivo a non farci abbandonare la villa, ed è per questo che è stato fatto saltare il ponte sul crepaccio. In questo modo, “Re del Mistero” ha messo tutti i suoi topi in trappola, doveva solo aspettare gli sviluppi che questa situazione avrebbe portato.»
«Un momento», disse Maddalena, «lei sta parlando come se questo “Re del Mistero” e il nostro assassino siano la stessa persona!»
«Mia cara», disse gentilmente Silvestri, «è ovvio che sono la stessa persona. Non c’era nessuno nella villa a parte lei quando siamo arrivati. Inoltre abbiamo perlustrato per bene tutte le stanze dopo la morte di Irene e non abbiamo trovato nessuno. La creazione di “Re del Mistero” serviva anche a questo, a farci credere che fosse stato qualcun altro a commettere quei delitti mentre il colpevole si nasconde ancora fra noi, proprio qui, in questa stanza.»
Tutti gli ospiti erano impalliditi alle parole del dottore. Milene non osava alzare lo sguardo da terra. Vicino la finestra, Torre tossì leggermente.
«Non ho ancora ben chiaro quale sia lo scopo dell’assassino, se eliminarci tutti o colpire così a caso, ma sono certo di una cosa, il suo piano prevedeva di incastrarmi! Voleva gettare sospetti su di me in modo tale da poter agire indisturbato e, suppongo, finire il suo lavoro. Infatti sono stato io a scaraventare la piccola chiave della cassaforte nel crepaccio, ma chi vi assicurava che lo avessi fatto davvero? E ancora, sono stato attratto con l’inganno nel corridoio all’ora del delitto e, come ci si aspettava, Maddalena mi ha visto.»
«La smetta con tutti questi discorsi», disse Biancardi, «lo sa chi ha commesso questi delitti oppure no?!»
Aveva riacquistato un po’ di colore al viso, diventando rosso, per l’ennesima volta. Il dottor Silvestri lo guardò dritto negli occhi.
«Ma certo che lo so, professore. Il colpevole è lei», disse puntando il dito, «signor Augusto Torre!»
Tutti i presenti si voltarono verso l’anziano signore, emettendo versi di meraviglia. Torre rimase impassibile e continuò a fumare il suo sigaro come se niente fosse.
«Sarei io l’assassino?», disse, «il terribile “Re del Mistero” che ha terrorizzato queste sei persone? Non sia ridicolo, Silvestri. Le ricordo che sulla sua testa pendono molti più sospetti che sulla mia, come ha giustamente ricordato.»
«E’ vero», risposte il dottore, «questo perché, come ho detto, è stato molto astuto. Lei è arrivato alla villa in compagnia della signorina Irene, creandosi, ipso facto, un alibi inattaccabile. Infatti in questo modo non avrebbe avuto il tempo né il modo di posizionare degli ordigni nascosti. Vorrei ricordare a tutti che Delio, io e Depalma eravamo già qui. Tuttavia anche in questo caso è stato adottato un trucco. Lei ha chiesto alla signorina Irene di precederlo perché voleva fumare un sigaro o qualcosa del genere, una scusa vale l’altra in questo caso, e di aspettarlo gentilmente all’ingresso della villa. Lei lo ha fatto, ha attraversato il ponte e l’ha aspettato dall’altro lato. In questo modo lei, Torre, ha avuto il tempo di posizionare gli ordigni che nascondeva nella sua borsa sotto le nostre autovetture e di entrare nella villa in sua compagnia, procurandosi un alibi inattaccabile. Tuttavia questa mossa ha fatto nascere un problema. Se le vetture fossero esplose, Irene avrebbe immediatamente sospettato di lei ed è per questo che è stato costretto ad eliminarla per prima. Ha manomesso il generatore con un timer (ne ha avuto il tempo, dal momento che tutti ci siamo assentati dalla Sala Lettura almeno una volta) e, quando le luci si sono spente, l’ha uccisa. Infatti lei era seduto di fianco alla signorina a pranzo perciò, quando è andata via la luce, tutti sono entrati nel panico, lei deve aver chiamato la signorina a bassa voce, o toccatole il braccio, Irene si è voltata verso di lei ed a questo punto, Torre, ha sparato. Nessuno degli altri avrebbe potuto commettere quel delitto: Delio si trovava al fianco di Irene, perciò anche lui poteva essere l’assassino ma, quando si è trasformato in una vittima è stato automaticamente escluso. A quel punto ho iniziato a capire… Era impossibile colpire una donna con una tale precisione al buio dall’altro lato della tavolata. Poteva essere stato solo uno di voi due.»
Torre guardava Silvestri con aria di sfida mentre continuava a cacciare volute di fumo dalla bocca. Gli altri ospiti erano ipnotizzati dalla spiegazione del dottore.
«Passiamo a Delio, le va? La sua morte non è stata casuale. Infatti lei, per gettare i sospetti su di me, ha chiamato Maddalena dalla sua stanza con l’interruttore, poi è venuto a bussare alla mia porta, infine si è fatto aprire con una scusa da Delio e gli ha sparato. Dal momento che la sua stanza e quella di Delio erano contigue, e il corridoio in cui si trovano è perpendicolare a quello della mia camera, lei ha potuto velocemente tornare in camera sua come se niente fosse, per poi uscirne e recitare la parte del signore preoccupato. Anche in questo caso soltanto lei e la signorina Depalma potevate essere i colpevoli, poiché le vostre camere erano le uniche attigue a quella di Delio e perpendicolari al corridoio in cui si trovavano le stanze di Irene, Biancardi e la mia.»
«Sta dimenticando una cosa», disse Torre, «la chiave. Come avrei potuto prendere una rivoltella che era stata sigillata?»
Silvestri sorrise.
«Una volta escluso l’impossibile ciò che resta, per quanto improbabile, deve essere la verità. Se la ricorda, non è vero? La celebre frase di Holmes…»
Torre guardò Silvestri con stupore per la prima volta. La sua mascella era contratta in una smorfia disgustata.
«Lei aveva due rivoltelle. Ha usato la prima come uno specchietto per le allodole. Faceva sempre parte del suo piano per incastrarmi. Ho trovato infatti la seconda rivoltella ben nascosta nella sua stanza e scommetto che quando domani arriveranno i soccorsi e apriremo la cassaforte troveremo l’altra arma del delitto. Le impronte balistiche potranno confermare che il colpo che ha ucciso Irene è partito dalla prima pistola, mentre quello che ha ferito a morte Delio è arrivato dalla seconda.»
Silvestri si fermò un secondo a riprendere fiato e poi riprese a parlare, pronto a dare il colpo di grazia.
«Sospettavo di lei fin dall’inizio, Torre, ma ho avuto la prova definitiva quando ho trovato questa in camera di Irene. Era nella sua borsa.»
Silvestri stringeva saldamente in mano una macchina fotografica.
«Quando lei ha detto alla signorina Irene di anticiparlo, la ragazza ha attraversato il ponte e, nell’attesa, ha scattato delle foto ricordo alla villa. Ce n’è una in particolare rivolta verso il ponte in cui lei è il protagonista.»
Silvestri mostrò agli altri la fotografia. Ingrandendo l’immagine si poteva chiaramente vedere il signor Torre nell’atto di posizionare qualcosa sotto l’auto di Silvestri.
«La poverina probabilmente non se n’è neanche accorta e ha continuato a seguirla senza alcun sospetto.»
Il sigaro che Torre stava fumando cadde per terra e si spense. Il suo sguardo era duro e severo.
«Sapevo di non essere all’altezza», ammise, alla fine.
«Perché lo ha fatto? Perché?», chiese Maddalena.
«Perché voi avete infangato la loro memoria!», rispose con impeto, indicando i suoi compagni di sventura.
«”Loro”? A chi si riferisce?»
«Credo di aver capito…», disse Biancardi titubante, allibito da quella motivazione così semplice, «Assassinio sull’Orient-Express, l’Avventura degli Omini Danzanti…»
Nel sentire quelle parole Torre si rianimò.
«Già», disse con rinnovata energia, «voi avete osato utilizzare i loro personaggi, le loro storie per scrivere nuovi squallidi romanzi che non sarebbero mai dovuti essere associati ai grandi maestri. Avete infangato i loro nomi, la loro storia, soprattutto lei, Silvestri, che ha dato alle stampe quei libracci su Poirot. Vi professate dei giallisti? Non siate ridicoli!! Siete lontani anni luce dalla bravura e dalla freschezza dei classici…»

L’indomani mattina arrivarono i soccorsi. Tutti gli ospiti vennero portati in salvo. Il signor Torre venne consegnato alla giustizia, mentre i sopravvissuti si lasciavano alle spalle quella triste storia di un uomo ossessionato dai gialli e di come un “Secondo Holmes” l’avesse sconfitto.


L'Angolo dell'Autore
E così siamo arrivati alla fine! Urca, non credevo di farcela! Vorrei ringraziare tutti quelli che hanno seguito con interesse questa storia e si sono divertiti a leggerla almeno quanto io mi sono divertito a scriverla. Mi piacerebbe moltissimo avere una vostra opinione generale sul racconto, ora che è concluso, perciò, se vi va, lasciate un commento!

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