The Remedy

di Nollie
(/viewuser.php?uid=207006)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Il risveglio ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


L'edificio in cui si trovava Prue non era dei più grandi della città, poteva contenere, sedute, circa cento persone, non molto di più, e i ragazzi, di certo, non si aspettavano un pubblico maggiore. Si sarebbero esibiti sul palco, che ricopriva, più o meno, i due quinti della sala. Era a forma di semicerchio, più si andava in fondo più ci si avvicinava alla scalinata dove, chi alzato, chi seduto, avrebbe suonato gli strumenti, lasciando il piano di base per i due ballerini di danza moderna. Tutti erano coperti dal sipario, ma la loro presenza la si percepiva dal loro camminare, avanti e indietro, sul legno del palco, che produceva tanti piccoli colpi, accompagnando il parlottare degli spettatori. Prue avrebbe suonato il violoncello, non ricordava nemmeno da quanto tempo avesse iniziato a suonarlo, ma le piaceva. I ricordi dell'anno precedente le erano completamente all'oscuro, come se non fossero mai esistiti, ma il mondo le offriva amore come se ci fosse stata da sempre. L'organizzatrice era quella che più si dimenava a destra e a sinistra. Si avvicinò a Prue e le disse: - Girati, hai i capelli scompigliati. Non voglio niente di imperfetto in quest'occasione. -

Prue si girò da comando e sentì le dita affusolate della donna che passavano tra i suoi capelli biondi e ondulati. Due ciocche si univano al centro in una treccia, ornandole il capo come una coroncina, l'organizzatrice distrusse il legame che formavano i capelli e rifece la treccia, rendendola più ordinata di prima, perchè ne fuoriuscivano dei capelli per il troppo muoversi dall'agitazione. Prue quasi sussultò sentendo la liberazione iniziale della treccia, come se le stessero sciogliendo più di una semplice coroncina. Treccia finita l'organizzatrice la prese per le spalle e la girò verso di se'.

- Perfetta. - Sussurrò, facendo un ampio sorriso, per poi annunciare ad alta voce che presto avrebbero iniziato e che dovevano immediatamente mettersi tutti ai propri posti. Si sistemarono, chi agitato e chi orgoglioso di se', ma tutti in maniera impeccabile. I due ballerini si postarono al centro del palco, in posizione iniziale, dove il volto del ballerino era completamente girato, non osservava la compagna, ma da dovere si mise a fissare un punto: gli occhi di Prue. Lei non se ne accorse minimamente, ma quando calò il sipario, lo spettacolo iniziò e i due iniziarono a ballare, lei, nel suo tubino color panna, che indossavano tutte le ragazze lì sul palco, non suonava con espressività, si limitava a strofinare l'arco sulle corde, come se suonasse perchè va fatto, non per passione. La sua concentrazione si stabilì sul ballerino, solo ed esclusivamente su di lui, lo avrebbe fatto fino alla fine dello spettacolo se la sua pelle, partendo dai piedi, non avesse iniziato a raggrinzirsi, accaldarsi, passando da un colorito roseo a un rosso fuoco. Un fuoco che nessuno avrebbe potuto dire che fosse immaginario, la pelle fiammante passò a nera e a poco a poco cascò dal corpo come cenere. Le sue braccia continuarono a suonare, ma lei fu del tutto incredula a ciò che le stava accadendo. La cenere scende, la fiamma sale. La cenere scende, la fiamma sale. Tutto il corpo di Prue cessò di esistere se non sotto forma di cenere, nessuno si accorse del fuoco nato dallo stesso corpo della ragazza, continuarono tutti a suonare, a ballare e ad ascoltare compiaciuti, come se qualcuno avesse ordinato loro di non dare attenzione. Al burattinaio, però, sfuggì una marionetta. Il ballerino la vide bruciare, aveva visto la sua scomparsa con la coda dell'occhio e mentre ballava non smetteva di guardare, impassibile, la cenere.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Il risveglio ***


Non riuscì ad aprire gli occhi, si era risvegliata, sì, ma allo stesso tempo si sentì strappata da un sonno paradisiaco, indescrivibile, il quale non voleva ancora abbandonare. Mi dispiace per voi, ma niente sveglia assordante, niente battito cardiaco accelerato dall'improvviso risveglio, ma soprattutto niente letto. Giaceva su un terreno, la cui terra non era più visibile, ormai coperta da cenere, dall'odore diverso da quella cenere più comune: quella che si viene a creare dopo un piccolo tiro di sigaretta. Più che odore era un profumo, così forte da diventare insopportabile come puzza, dolciastro, ti entrava dentro e lo potevi sentire con tutti i sensi. Miele, miele le papille gustative urlavano, un dolce da amare e odiare, piacevole ma troppo accentuato. Mosse le dita dei piedi lentamente e alternando un dito e l'altro, sentì la cenere sfiorarle la pelle, delicatamente, facendole il solletico, cosa che le fece scattare la gamba sinistra, dandole la volontà di alzarsi, insieme al riconoscimento che la delizia di quel tatto non era dato dalle lenzuola, bensì da qualcosa di più granuloso. Piegò una gamba e poi l'altra e sentì affondare le ginocchia in quella superficie grigia, si sostenne a quattro zampe, sulle ginocchia e sulle mani, che sprofondando riuscirono a sentire una sostanza meno asciutta, simile a gelatina, mista a quella cenere che le aveva sporcato tutto il corpo. Affondò le unghie, strinse i pugni e ne sentì la consistenza, più la si faceva passare tra le mani e più diventava cremosa. Non ebbe ancora il coraggio di aprire gli occhi, adesso non era più sonnolenza, la stava accompagnando la paura. Si alzò del tutto, con le gambe leggermente piegate e tremolanti, iniziò a prendere coscienza di ciò che le stava accadendo, si passò la mano sinistra dal pube all'ombelico, girando con i polpastrelli attorno ad esso, passò al lato destro del suo corpo e affondò le unghie sulla sua stessa carne.
- Tutto vero. -  Mormorò con la bocca impastata. Vero il fatto che fosse nuda, vero che fosse ricoperta, quasi del tutto, da quel materiale. Fece partire la mano destra dal fianco salendo su, incontrando l'altra mano che non si era staccata dalla carne, fissandosi su quel punto, ancorandosi per una salvezza, perchè tutto ciò che non è quotidiano, comune, conosciuto da se stessi è un pericolo. Arrivò al lato del seno destro, alla clavicola, saltò al viso e si toccò le palpebre chiuse, picchiettò sopra con i polpastrelli, non curandosi del fatto che si stesse sporcando molto di più, dato che il viso era l'unica parte che fosse rimasta più naturale del suo corpo. In realtà tutto era molto più naturale di quanto si creda, nel toccarsi, Prue, sentì il suo corpo tenero come quello di un bambino appena nato, fresco e con tutta la voglia di raggiungere una pelle raggrinzita pur di scoprire tutto il mondo negli anni futuri. Alla fine gli occhi cedettero e si aprirono, il piccolo e il grande erano uguali, nel suo piccolo lei era spoglia e quel paesaggio pure. Un vastissimo terreno la cui fine non si poteva delineare, qualche edificio qua e là di un massimo di tre piani, poco curati e l'uno distante dall'altra circa un kilometro e mezzo, approssimativamente, come se per l'uno non esistesse l'altro, ma che in un certo senso fossero legati da un filo impercettibile. Lei si trovava in una zona recintata, ogni recinto era grande circa quanto una camera da letto, piccola piccola, tanto per farci entrare un letto e un armadio a due ante. Una decina di recinti, tutti in fila, come a delineare la fine di quel deserto, ma, anche se Prue non lo fece, voltandosi, ciò che c'era dietro era completamente simmetrico a quello che stava vedendo con i suoi occhi in quell'istante. Fece un passo e poi un altro, il recinto le arrivava si e no alle ginocchia, alzò il piede sinistro e scavalcò, facendo lo stesso con quello destro. Sollevando di nuovo il sinistro per camminare in una via sconosciuta, la via stessa si materializzò, non si sentì soffocata, ma ebbe l'istinto di alzare lievemente le braccia e tastare le pareti trasparenti che si erano venute a creare. Dondolò lentamente la testa, notando che con i raggi del sole si intravedevano delle decorazioni nelle pareti, varie figure geometrice sovrapposte, celesti dai contorni indaco, di altezza di cinque centimetri per una larghezza di tre, distanti l'una dall'altra di due centimetri. Grazie ad esse l'esistenza delle pareti era più visibile e si accorse che il sentiero era uno e uno solo, il recinto era circondato dalla parete, altissima, impossibile da scavalcare, forse anche capace di raggiungere lo spazio. Tentò di passare le dita solo tra lo spazio fra una figura e l'altra, ma nulla, andare avanti sarebbe stata l'unica possibilità. S'incamminò, prima tremolante e insicura, come se avesse perso la capacità di muoversi, ma col tempo acquisì sicurezza e un passo più deciso. Ad un tratto svoltò a sinistra e alla fine, sì una fine c'era, il sentiero portava ad uno degli edifici posti in simmetria in quel posto desolato. Pensando di poter incontrare delle persone, fece quel che potè per coprirsi le parti intime, con poco successo. Camminò goffamente per tutto il sentiero, arrivò ai tre scalini in legno dell'edificio rozzo e poco curato, li salì e arrivata alla porta, non sapendo quale delle due mani liberare e quale parte del suo corpo lasciar libera, pensò bene di appoggiare la schiena alla porta e spiengerla per girarsi di scatto, così che l'unica parte del suo corpo libera, le natiche, non fossero in bella vista per colui o coloro che abitavano in quel luogo.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1748477