Excuse me, miss, you're in trap with me

di MrsGreyC
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Absolutely Perfect ***
Capitolo 2: *** Sweet Candy ***
Capitolo 3: *** Double Trouble ***
Capitolo 4: *** Passional Sparks ***
Capitolo 5: *** In your arms ***
Capitolo 6: *** River flows in you ***



Capitolo 1
*** Absolutely Perfect ***


Absolutely perfect


(Louin ver.)

Assolutamente perfetto.
Il mio viso, naturalmente; mi ci erano volute ore ma l’abile uso del make up aveva fatto il suo dovere e perfino me stessa, la più impalcabile giudice sull’argomento, non riusciva a trovarsi un solo difetto. Avevo fatto le cose bene, per una volta.
-Forza Louin! Ora sì che sei fantastica! - pensai tra me e me soddisfatta. Avevo impiegato circa un’ ora solo per decidere quali vestiti indossare. Ero nel panico, ma super eccitata ed esaltata all’idea di ciò che stava per capitarmi. Tra tutte le proposte ricevute, questa era la miglior cosa che potesse mai succedermi.
(3 ore prima…)
Erano circa le sei e mezzo del mattino . Stavo ancora in stato di ‘dormiveglia’ ed ero concentrata sul pensiero delle crepes alla nutella che avrei mangiato più tardi : - Così dolci … così invitanti… –  avevo la bava che colava giù per il viso e andava a raggrupparsi in un bacino appiccicoso. Stavo dando di matto nel sonno e, intanto, violentavo il cuscino che, arrabbiato e esterrefatto, mi faceva la predica: - Su , dai Louin lasciami andare … oh Dio, non dirmi che quella è bava, ti prego! – si , esatto, il mio cuscino parlava … e be’, non solo il cuscino.
Poco più tardi suonò la sveglia :  “Driin driin driin , è morto il gatto! Driin driin driin, è morto il gatto!”  
Sono davvero addolorata di ciò, ma non ho scelta. Utilizzare la sveglia la mattina mi rattrista, dato che ogni volta causo una strage di gatti. Figurarsi che il servizio specializzato nella sepoltura di animali mi aveva già richiesto l’abbonamento giornaliero.
Erano circa le sette. Mi sono presa il tempo di mangiare le mie tanto sognate crepes e stendermi sul divano. Gli occhi si chiudevano da soli, perciò tentavo di ingozzarmi di nutella. Mi ero sdraiata un attimo, cercando di riprendermi dalla sbornia della sera prima. Non avevo fatto che bere alcolici con gli amici e fare a gara a chi ne resistiva di più. Era una sensazione orrenda e se avessi potuto mandare avanti quella scena, come in un film, l’avrei fatto senza alcun dubbio. Avevo da vomitare, ma cercavo costantemente di trattenerlo pensando: - Ma se vomito poi non la smetto più di vomitare perché mi fa venire da vomitare guardarmi vomitare (?)- Chiedo scusa per il ragionamento contorto. La mia era una situazione disperata.
Mentre tentavo di calmarmi, iniziai a fissare la finestra. Sul davanzale bianco che dava al balconcino dietro stante, scorsi un batuffolo di un nero luccicante che si arrampicava sulla mia amata edera a cui avevo dedicato due interi mesi, fino a sputare sangue, per farla crescere in salute e in una comoda posizione. Stava saltellando qua e là, tentando di strappare tutte le mie piantine. Mi portò all’escandescenza e iniziai a urlargli contro: - Tu lurido gatto, preparati a morire!- e mentre mi fermai un attimo a cianciare un mare di scemenze, quella palla di pelo mi sfuggiva tra le mani portandosi dietro tutta la mia bella edera. -Dannati gatti, mettetevi l’anima in pace, un giorno vi sterminerò tutti quanti. Arrendetevi: un solo passo falso e non uscirete mai più da questo quartiere!- urlai mentre i miei occhi andavano a fuoco. Il lavoro effettuato con tutti i miei sforzi, andava a morire in un centesimo di secondo.
Ho sempre amato guardare i gatti. Fin da piccola ritenevo che fossero davvero carini. Però, se erano nati tutti bastardi non era certo colpa mia! Perciò, dato che ne avevo già abbastanza di avere il cuore a pezzi per degli uomini bastardi, non me lo sarei mai fatto più frantumare da nessun’altro, anche se si trattava di un gatto.
 
Ma almeno non ero l’unica a pensare tutto ciò. Sentivo il mio criceto marroncino cantarmi l’inno dalla gabbietta : - Noona fighting! Alee oh oh! Muori gattino cattivo!- In effetti caratterialmente eravamo molto simili. Forse era per questo che lo tenevo sotto le mie cure.
Dopo aver pensato alle mie solite sciocchezze, mi addormentai nuovamente. Questa volta, fu il mio telefono a svegliarmi. Vibrava da circa dieci minuti ma ancora non ci facevo caso. Ripensai velocemente alla possibilità di essermi dimenticata di qualche impegno, ma niente… La mia carriera di attrice era alquanto stressante ma allo stesso tempo mi portava a guadagnare divertendomi. Direi che un impiego migliore di questo non lo avrei potuto trovare.
Quella mattina ero libera da ogni appuntamento. Perciò mentre un mare di idee insensate mi affioravano per la testa, decisi di non perdere altro tempo e afferrai il mio cellulare. Trovai un elenco infinito di chiamate perse da uno stesso numero sconosciuto. Dovevano essere almeno venti chiamate in mezz’ora. Chi poteva mai essere così insistente?
Tentai di effettuare la richiamata, ma l’utente sconosciuto riuscì ad anticiparmi. Così risposi: -Si, chi parla?-
-Salve, lei è la signorina Louin Park? Qui è la SM Town!-
-Si, sono io. La prego di scusarmi per averci messo tanto a rispondere- ribattei perplessa.
-Non si preoccupi. La chiamo per dirle che la SM Entertainment ha finalmente preso la decisione di mettere in scena una commedia che vede come protagonista maschile Key degli SHINee. Abbiamo bisogno della protagonista femminile e vorremo proporle il ruolo. E’ interessata?- domandò il mittente sconosciuto.
-Mi faccia capire meglio: lei vuole che io interpreti un personaggio protagonista?-  risposi sorpresa.
-Non solo un personaggio protagonista! Lei, signorina ha avuto la fortuna di essere stata scelta per interpretare colei che formerà una vera coppia con quel belloccio! E’ sicura di non voler accettare?-
Ero nell’agitazione più grande. Io avrei dovuto interpretare la ragazza di Key, uscire con Key, magari baciare Key… Ero talmente eccitata all’idea che dissi: -SI! SI! ACCETTO!! NON SONO MAI STATA INDECISA FIN DALL’INIZIO!-  e contemporaneamente saltavo qua e là , mentre vedevo il criceto congratularsi dalla gabbietta : -Vai Louin! Anche il gatto è contento!- . In quel momento stavo perfino iniziando ad amare i gatti .
Dopo una piccola pausa, seguita da normali urla da fan, l’addetto al centralino della SM riprese la conversazione dicendo: -Potrebbe presentarsi alla SM Town a mezzogiorno? La aspettiamo nella sala provini.-
-D’accordo, sarò puntualissima!- riattaccai contenta.
E così a mezzogiorno in punto mi sarei dovuta presentare alla SM Town. Non ci potevo ancora credere. Quale fortuna mi stava capitando. Purtroppo però erano già le undici... Avevo ormai perso la cognizione del tempo e al quel punto dovetti affrettarmi.
Ci misi un po’ a prepararmi, ma alla fine riuscii a rendermi impeccabile in tempo. Indossai un bel tubino bianco e blu di Coco Chanel e delle scarpe di decolleté con un tacco medio. Mi feci un chignon e lo fermai con un fermacapelli comprato in Cina, nella città di Chongging, situata in prossimità del Chang Jiang (Fiume Azzurro). Fui finalmente pronta.
Mancavano meno di cinque minuti all’appuntamento. Uscii di casa correndo e pregando di non rovinare le mie scarpe. Riuscii a trovare un taxi e costrinsi l’autista a portarmi al palazzo in qualche secondo.  
Mi trovavo finalmente davanti il maestoso edificio. Aveva un’aria maestosa ed elegante, ma allo stesso tempo pensai fosse davvero chic.
Entrai. L’appuntamento era stabilito nella sala provini. C’era un solo piccolo problema: -Dove diavolo si trova la sala provini?- pensai preoccupata. Iniziai a chiedere alla security, ma mi scambiarono per una fan vestita da intellettuale. A quel punto iniziai a urlarli contro e a far capire loro quale artista stavano tentando di cacciare via. Finalmente mi fecero passare, indicandomi la sala provini.
All’interno mi ritrovai di fronte a un grande atrio. In fondo ad esso, dopo aver girato a destra, essere entrata nel corridoio e superata la penultima porta che mi ritrovai dinanzi, vi era la famosa sala in cui dovevo entrare. Ero davvero agitata. Avevo il cuore nelle scarpe. Le scarpe erano imbestialite e urlavano: -Non c’è posto, non c’è posto! Albergo pieno!-
Ho ignorato i battibecchi tra il mio cuore e le mie scarpe, e sono entrata nella sala con gli occhi chiusi. Quando aprii gli occhi , mi trovai dinanzi un signore di mezza età e una donna altissima che si sarebbero occupati del mio provino.
Salutai timidamente: -Salve, il mio nome è Louin Park. E’ un piacere fare la vostra conoscenza.- La donna si diresse verso di me e con aria stupita rispose :- Wow! Già dal tuo aspetto si denotano grandi capacità in qualità di attrice. Come ben sai, ti abbiamo chiamato per interpretare la protagonista del drama intitolato ‘Sweet Candy’ e il tuo partner sarà Key. Sono stata io stessa a sceglierti tra tutte le attrici capaci. Il mio nome è Sakura Yamada, ho origini giapponesi ma sono nata a Pusan. Dovresti aver già sentito il mio nome.–
Non ci credevo ancora. Ero di fronte alla mitica Sakura Yamada, una scrittrice di commedie famosissima. Ho sempre amato leggere i suoi libri e guardare drama scritti e diretti da lei. Io sarei stata la protagonista di un suo nuovo capolavoro! In quel momento mi sentii molto più realizzata che fortunata: –Non posso crederci! Davvero lei è la fantastica Sakura Yamada?! Adoro le storie che scrive! Sono davvero fiera di prendere parte a questa commedia. La ringrazio tantissimo!-
La signora Yamada mi sorrise e con un cenno annuì e rispose entusiasta:
-Sono io che devo ringraziarti. Mi hanno parlato molto bene di te e mi aspetto grandi cose, quindi mi raccomando. Lavoreremo sicuramente benissimo insieme. Ma adesso è il momento del provino.-
-Sono pronta!- risposi commossa. Interpretai una scena d’amore, una scena depressiva, una scena comica e una scena d’azione. Avrei continuato all’infinito, ma venni bloccata dalla Yamada che con un caldo sorriso mi assegnò la parte.
Esattamente tre giorni dopo, mi sarei dovuta presentare per conoscere gli attori e per predisporci per le riprese. Dunque, quel giorno avrei incontrato Key. Ovviamente ero calmissima. Lo si poteva notare dal caffè che stavo preparando in quel momento… tutto a terra. Ero in un momento di profondo sclero. E intanto, il mio criceto mi applaudiva.
In un certo senso ero contenta, ma iniziai a entrare in panico. L’idea mi attirava e non ne vedevo l’ora. Tuttavia il pensiero di non fare una buona impressione mi spaventava. Ho cercato di pensare positivo e per calmarmi ho iniziato a parlare col mio pappagallo Ren:
-Tu credi che io possa farcela davvero?-
-Louin , Key-sso!- accennò Ren.
-Eh? Che diavolo hai detto?- risposi perplessa.
-Key-sso, -sso, -sso!- Ren lo ripeteva in continuazione ma non capivo. E mentre iniziavo a fantasticare sulla mentalità perversa di Ren immaginandomi intendesse ‘Ci farai sesso!’ , ecco che completa la frase : -Key Asso!- rivolgendosi alla scatola del mangime per uccelli chiamata ‘Black Asso’. Aveva praticamente fuso i due discorsi. Scoppiai in una risata profonda e allo stesso tempo non ne rimasi affatto stupita. Alla fine lo accontentai e li sistemai il cibo che addentò in breve tempo.
Per quella mattina scelsi di indossare una camicia a righe bianche e blu, e una gonna cortissima e stretta di un bel blu avio. Scelsi tra la mia collezione infinita di scarpe un paio di sandali cenere e blu.
Arrivata nel luogo stabilito per le presentazioni, incontrai la signora Yamada fuori dal locale, avvolta in una nuvola di fumo, che mi invitò a entrare. Era una specie di caffetteria privata dove potevano accedere solo i VIP e in cui regnava una privacy assoluta. Non c’era personale, né una reception,  esattamente come i love hotel.
Entrata nel ritrovo segreto mi trovai davanti a tutti gli attori che avrebbero partecipato al drama. Key era in mezzo al gruppo e sorrideva con aria accogliente. Era il più calmo di tutti, ma ovviamente era normale.
Seduta accanto a lui c’era una ragazza che non faceva che fissarlo. Il suo nome era Yoon In Sa : anche lei una brava attrice che avrebbe interpretato l’antagonista. Mi sedetti accanto a lei e mi presentai fiera alla compagnia: -Piacere di conoscervi! Io sono Park Louin.-
-Oh, tu interpreterai la protagonista vero? Io sono In Sa. E’ la prima volta che ti vedo dal vivo ma già ti adoro! Ho sentito molto parlare di te, devi essere davvero brava.- rispose lieta In Sa. Non sapevo se interpretare il suo intervento come da ragazza dolce o calcolatrice. Non mi aspettavo una risposta di quel genere, ma ho voluto darle fiducia e le sorrisi calorosamente.
-Quindi tu sei la famosa Dea Nazionale di cui ho tanto sentito parlare? Wow, che carina! Devi sapere che sono un tuo ammiratore. Mi piace il tuo entusiasmo e la tua spensieratezza. Sei davvero brava.- mi disse Key. Rimasi sbalordita da quella frase. Non avrei mai immaginato che l’oggetto di ammirazione di tutta la mia vita, mi conoscesse, mi seguisse e mi ammirasse. Ero senza parole ma cercai di sembrare più naturale possibile: -Lo pensi sul serio? Ti ringrazio tanto! Anche io seguo voi SHINee, sin dalla vostra formazione. Vi trovo fantastici!-
-Sono onorato. Sento che lavoreremo benissimo insieme.- rispose come incantato dalla mia immagine. E intanto In Sa mi squadrava come in preda alla gelosia. Ma feci finta di non essermene accorta e iniziai a mostrare tutta la mia ironia, facendo ridere l’intero gruppo.
E’ stato bello come primo incontro; le parole di Key mi rassicuravano tantissimo e mi infondevano fiducia. La paura che avevo di non riuscire a instaurare un rapporto con Key si trasformò ben presto in sicurezza creata in me da lui stesso. Non lo dimenticherò mai.
Quello stesso giorno conobbi oltre a Key e In Sa tutti gli altri partecipanti alle riprese: Kim HyunJoon , nei panni del migliore amico del personaggio di Key ; Choi Bong Cha, nel ruolo di una studentessa modello sempre in mezzo agli eventi più equivoci; Lee Chin Ho , come compagno di stanza di Key; e Chung Hee, come rivale indiscusso.
Ovviamente non erano gli unici attori, ma quelli che sarebbero apparsi più di frequente e con ruoli fondamentali. Erano tutti molto simpatici e ben educati.
Le riprese sarebbero iniziate due settimane dopo. L’attesa fu stancante. Ero molto ansiosa, infatti, non vedevo l’ora di inscenare la parte e iniziare le riprese. Ammetto però che ciò che mi attirava di più era rivedere Key. Dal primo incontro non ho fatto che pensare a lui e alla mia infatuazione che si sarebbe ben presto trasformata in qualcos’altro.
 

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Capitolo 2
*** Sweet Candy ***


Sweet Candy


(Louin ver.)

Oggi sarebbero iniziate le riprese. Le mie emozioni erano alle stelle ed io ero immersa in una eccitazione tale, da mettermi a cantare facendo finta di avere come microfono una delle mie pantofole rosa : -Sono un asso io lo so! Col cricetino ballerò! E il pappagallo che mi stressa, stà lì che mi pressa, oh oh! Anche io il Black Asso mangerò! No, non è vero che lo fò! – e in contemporanea mi inventavo parole senza senso mischiando qualsiasi tipo di discorso e di dialetto locale. Be’ , almeno facevo contenti i miei animaletti, forse. Il mio cricetino mi applaudiva e intanto ballava Gangnam Style tentando di vincere un po’ di mangime; mentre il pappagallo sclerava perché non voleva permettermi in alcun modo di assaggiare le sue prelibatezze.
Il problema non erano loro… ma la vicina. D’accordo, sono un po’ stonata. Ma il fatto è che erano ancora le sette del mattino.
Ho sentito le urla di quella vecchiaccia che tentavano con il loro tono di rompermi le finestre. La povera Himchan ne aveva tutte le ragioni ma dopo mezz’ora di lamenti , ha mandato il mio pappagallo in tilt. Ren sembrava appena uscito da una maratona di canzoni da discoteca e ormai si ritrovava talmente scosso da crearsi un proprio moto di rotazione. Ha iniziato a gettarsi dall’asticella poggiata verso la metà della gabbietta per tentare il suicidio, ma la caduta era troppo breve da non provocarli nulla. In seguito è riuscito a calmarsi per un breve periodo di tempo e poi, ha iniziato a sclerare pronunciando parole inesistenti.
Il criceto , invece, stava facendo qualcosa che non aveva mai fatto. D’un tratto è salito sulla rotella e ha iniziato a correre talmente veloce da non essere più rilevato dall’occhio umano e dunque da mescolarsi con le molecole d’aria. Corse talmente veloce da rompere la rotella e venir schiacciato dal peso.
Fortunatamente riuscii a salvarlo in tempo ma si notava la sua confusione: -Devo andare al gabinetto…- ma lui non è un criceto di classe vip, non può usare il gabinetto.
Dopo questo mio risveglio movimentato , sono finalmente arrivata sul luogo delle riprese. La prima scena del drama ‘Sweet Candy’  doveva essere girata su un campo verde immenso. Il sole era altissimo, non vi erano nuvole. Il cielo era limpido, brillava, mi metteva ansia ma entusiasmo. Non vedevo l’ora di iniziare e con il mio solito ottimismo ero sicura di non sbagliare nessuna parte.
Era il momento di cambiarmi e di prepararmi alle prime prove ufficiali.
Qualche giorno prima, è stato lo stesso Key a chiamarmi segretamente per provare insieme le battute: inizialmente ero molto allegra, ma l’amicizia che si era creata in precedenza tra di noi sembrava essere mutata in qualcos’altro. Iniziai a sentirmi un po’ tesa e agitata , ma l’emozione si trasformò presto in calma e dolcezza. Mi sentii molto a mio agio con lui. Quando parlava sembrava un cavaliere, nonostante in ‘Sweet Candy’ interpreti un personaggio un po’ distaccato. Era davvero bellissimo.
Incrociare il suo sguardo mi faceva stare bene, e mi sarebbe bastato guardarlo, immobile. Il mondo mi sembrava infinito solo guardando i suoi occhi… Peccato che inspiegabilmente arrivò qualcuno a rovinare quel magico momento: era la sua cuginetta che lo costrinse a uscire con lei. Anche se breve, ammetto di averne fatto un bel ricordo.
Dato che il nostro ultimo incontro si concluse in modo improvviso, non ebbi l’occasione di salutarlo a dovere. Durante le prime prove l’avrei rincontrato; per questo ero davvero impaziente.
 La signora Yamada mi accompagnò dalla costumista e dalle truccatrici. In seguito alla preparazione del mio dolce personaggio , fui pronta per registrare. Non mi avevano ancora fatto incontrare Key proprio per rendere la scena più naturale. In quel momento volevo utilizzare il forno che utilizza il povero Onew per cuocere pollo, solamente per il gusto di arrostire il regista che aveva previsto questo particolare.
Giunta sul luogo della tanto attesa 1°scena recitai una piccola introduzione. Dovetti danzare sotto il candido gazebo, posto in quella immensa distesa di verde. Dopo questa prima parte, il copione mi imponeva di inciampare in seguito a un errore della coreografia.  Inciampai, e accecata dal sole alzai gli occhi al cielo: vidi un giovane così brillante da sembrare un angelo. Era lui, Key. Perfino il sole invidiava la sua lucentezza e maestosità.
Dovevo fingere l’emozione, far finta di avere le farfalle nello stomaco, di restare incantata dalla sua bellezza. Dovevo restare immobile e guardarlo negli occhi. Non fu difficile come scena perché ormai non sentivo più il bisogno di fingere: io ero follemente innamorata di lui. Sin dal nostro primo incontro ho iniziato a sognarlo ogni notte e provare una cotta talmente forte da uscire dai limiti umani.  Il cuore palpitava senza accennare a fermarsi.  Ammirarlo senza fermarmi mi rendeva felice e mi faceva sorridere come un’ebete. Anche se durò un breve istante, vederlo brillare di luce propria assieme al sole mi sembrò un’eternità.
 

(Onew ver.)

Dall’assenza di Key, ho tentato svariate volte di occuparmi del pranzo.
Avendo come pasto preferito il pollo, ho chiesto al manager di comprarne un po’. Così, li ho scritto un bigliettino che indicava le quantità.
Peccato che solo all’arrivo della scorta , mi sono accorto di aver sbagliato a scrivere, aggiungendo uno zero di troppo ai kg di pollo. Il manager ritornò al dormitorio con cinquanta confezioni di pollo di 2 kg ciascuna, e arrabbiato mi chiese spiegazioni : -Ma che diavolo combini? Hai invitato una mandria di gnu a pranzo?-
-Devi aver sbagliato a leggere. Io ho scritto 10 kg di pollo da consumare in una settimana!-
-Qui c’è scritto chiaramente 100 kg ! Da quando la lista della spesa è un optional?-
-Mi sarà scivolata la penna! Ma guardiamo il lato positivo: almeno avrò la possibilità di fare più tentativi!- non sapevo più cosa inventarmi per scamparmi un’allucinante predica di tre ore.
Tutte le confezioni di pollo non entravano in cucina e riempirono tutto l’angolo del salotto. Il manager si arrabbiò un sacco ma non finivo più di ridere.
Ho cercato a lungo la ricetta, ma non la trovai. Il pc era sparito dalla circolazione [colpa di Jonghyun], dunque il mio problema era : -E adesso come diavolo cucino del pollo?- Ci pensai per un po’ ed ebbi un idea:
 -Basterà andare a tentativi! Alla fine, con un po’ di fortuna, ci riuscirò in qualche modo!-
Non ho mai cucinato pollo fritto, ma mi sarebbe bastato impanarlo all’italiana.
Ho preso una scodella in cui avrei dovuto sbattere qualche uova. Presi un paio di uova e le lanciai intere nella scodella. Qualcosa non andava, non erano venute liquide come le faceva Key; erano sparsi per la scodella tanti pezzi di guscio. Ho iniziato a ragionare, ma non mi veniva niente. Poi comparve Jonghyun dal nulla dicendo: -Guarda che il guscio và buttato.-
-Accidenti, come ho fatto a dimenticarlo? Non dovrei essere imbranato a tal punto- affermai disperato.
Dopo essere finalmente riuscito a sistemare le uova sbattute ho messo la farina in un sacchetto. Ho diviso il pollo in più pezzi e li ho imbalsamati nelle uova, per poi gettarli nel sacchetto di farina. Ovviamente con l’aiuto di Jonghyun.
Lui ha seguito la ricetta che mi stavo appena inventando, ma almeno ha incontrato meno imprevisti di me. Dopo essersi riempito le mani di farina, ha lasciato il resto a me. Lo pregai di aiutarmi ma lui rispose: -Non eri tu che dovevi occuparti del pranzo? Io devo mettere in ordine!- [come se ne fosse in grado].
A quel punto misi un po’ d’olio nella teglia e sistemai il mio pollo. Non mi sembrò di aver saltato dei passaggi. Sistemai la cottura a una temperatura molto alta e intanto andai nella mia stanza per collegarmi in rete. A un certo punto, sentii Taemin urlare dal salotto: -Hyung puzza!- . Erano passate già due ore di cottura. Mi ero dimenticato di spegnere il forno. Con uno scatto felino raggiunsi la cucina e aprii il forno. Uscì una nuvola di fumo nera , ma tentai di chiudere gli occhi e di afferrare la teglia per poi tirarla fuori : –Ahi! Scotta!- avevo dimenticato di indossare le presine. Il dolore fu talmente forte da farmi lanciare involontariamente in aria la teglia con il pollo all’interno. Mi lacrimavano gli occhi dalla sofferenza.
Mentre continuavo a lamentarmi, l’eroico Jonghyun con il fucile ad acqua giocattolo, tentò di sistemare il fumo, ma finì per allagare la cucina. La teglia che avevo appena lanciato in aria atterrò capovolta interamente sul vaso di fiori. Il vaso venne spinto a terra e si rovesciò tutto il terreno all’interno.
Taemin incuriosito si mise a correre per la cucina e scivolò sul pavimento bagnato.
Conclusione del primo tentativo: la cucina era un completo disastro e senza Key non saremmo durati a lungo…
 

 (Taemin ver.)

Dall’inizio delle riprese del nuovo drama di Key, sono sorti diversi problemi nel dormitorio SHINee.
Onew sembrava impazzito per via del pollo che bruciava continuamente. Lui non sa cucinare affatto e l’unico che ne è in grado, Key , era impegnato con le riprese. Stavamo passando a causa di questo, dei momenti davvero complicati.
Jonghyun non faceva che passare la giornata su Twitter a pubblicare foto assurde o a farmi disegnare per poi pubblicarne gli aggiornamenti sul fansite giapponese, anche se questo implicava lo spacciarsi per me. Quando finalmente si stancava di giocare al pc, veniva a scherzare con me. Con lui mi sono divertito un sacco! Abbiamo a lungo pianificato scherzi da fare a Onew, anche se lui alla fine riusciva a corrompermi minacciandomi di mangiarsi tutti i miei yogurt. Va bene scherzare, ma i miei yogurt non si toccano.
Minho, invece, passava tutta la giornata a spasso con la sua fidanzata, Miharu.  Ad eccezione del fatto che senza lui né Key riuscivamo a mangiare qualcosa di decente, lo preferivo fuori dal dormitorio, perché da quando ha trovato una compagna non fa che parlarne. Quando lo fa sono contentissimo per lui, ma mi fa venire un mal di testa terribile...
Quel giorno ero solo in casa con Onew. Ho acceso la televisione mentre Onew puliva la sua stanza.
In quella trasmissione mostravano una nuova artista, famosa per le strade ma non per il suo nome. Non riuscii a capire il suo nome, ma compresi che da un po’ di tempo si esibiva per le strade, creando attenzione e curiosità nella folla. Aveva un volto angelico, ma mostrava tutto il contrario. Era uscita senza nessun preavviso una nuova versione di Reila dei The Gazette insieme a lei. Suonava la chitarra elettrica in maniera impeccabile. La sua voce era dolce e si muoveva come una fata.
I capelli le coprivano il viso e trasmetteva un’aria fredda e distaccata ma tenera. Ne rimasi affascinato. Aveva i capelli lunghi, biondi e occhi verdi che ardevano di passione. Con il suo sguardo travolgente ma misterioso mi mandava in confusione. Chi poteva mai essere?
Passavano le settimane… Nel dormitorio SHINee c’era una pace irreale.
Ma col tempo si intensificò per tutto il palazzo un viavai continuo. Alla radio, in televisione, per i cortili della SM non si parlava che di quella bellissima sconosciuta.
I direttori della SM volevano ingaggiarla a tutti i costi, ma nessuno conosceva la sua identità. Più passava il tempo, più desideravo incontrarla anch’io. Ammattito da quella consapevolezza passai le giornate nell’ozio.
 

(Key ver.)

Le riprese erano iniziate da un paio di settimane. Il lavoro stava procedendo alla perfezione anche se avevo urgente bisogno di visitare un parrucchiere. Il mio ciuffo preferito era un disastro, e il colore marrone mi aveva stancato. Decisi di schiarirli un po’, anche se questo fece arrabbiare la signora Yamada:
-E questi capelli? Non mi sembra di averti permesso di schiarirli!-
-Ma erano un disastro! Ammettiamolo, un ciuffo così lungo non va più di moda dagli anni ’80 e non si abbina al mio stile!-
-Oh, Key caro , ti prego non farmi questo!-
-Andiamo ‘signorina’ Yamada chiuda un occhio! Le prometto di dare il massimo nel drama.-
-E va bene! Ma solo perché si tratta di te! E mi raccomando: niente sfumature rosa per il momento- non compresi affatto cosa intendesse con quella frase.
Durante le riprese ero contento di aver sistemato i miei capelli, ma mi rendeva ancora più felice recitare con Louin. La sua personalità mi ha molto colpito sin dall’inizio. Mi faceva sempre ridere con gusto. Era l’unica che ci riusciva così di frequente. La sua bellezza senza freni mi lasciava privo di forza. Mi sentivo come se impiegassi tutti i muscoli del mio corpo solo per ammirarla.
Iniziai a provare qualcosa per lei, ma avevo paura di rovinare il rapporto che si era creato tra di noi, perché ritenevo che lei mi considerasse come un amico.
Ho sempre pensato di dichiararmi subito alla persona che amo per evitare fraintendimenti, ma preferii aspettare un po’ per capire cosa le passava per la testa e cosa provavo esattamente nei suoi confronti. Per questo, decisi di aspettare prima di dichiararmi ufficialmente.
 

(Louin ver.)

I giorni passavano e il mio cuore stava per esplodere.
Altro che farfalle nello stomaco! Mi sentivo una mandria di gnu imbestialiti che facevano a gara per mettermi sottosopra le interiora.
Volevo dichiararmi a Key ma mi sembrava ancora presto. Erano passati solo due mesi dal nostro primo incontro. Anche la mia testa era sottosopra. Quando ero con Key cercavo di trattenermi, ma una volta a casa non facevo che liberare battute idiote che mi venivano in mente durante la giornata, e sfogarmi con Ren e con il cricetino senza nome.
Dopo più di due mesi di vita con il cricetino che mi regalò mia nonna in onore della mia carriera, mi ricordai ancora in quel momento che avrei dovuto affibbiarli un nome.
Impiegai l’intera domenica a pensarci ma nella mia mente risuonava un solo nome: -Key, Key, Key, Key, Key, Key, Key, Key, Key, Key, Key, Key…-
Alla fine scelsi il nome con l’aiuto di Ren che , ancora scosso dalla brutta esperienza con la vicina , non faceva che ripetere parole insensate e inesistenti : -Kema, Koba, Lanu, Codu , Simu , Dimu, Kish … Kiba–
Si, Kiba era davvero un bel nome per un cricetino di cui non sapevo nemmeno il sesso.
Il cricetino non appena li presentai il suo nuovo nome, si mise nuovamente a ballare Gangnam style in segno di vittoria.
Mentre la mia cotta per Key cresceva a dismisura, i giorni richiesti per la registrazione del drama diminuivano sempre di più, e i guai che combinavo non facevano che aumentare. Dovevo sbrigarmi a far capire a Key una volta per tutte che lo amavo con tutta me stessa e non facevo che ragionare su come dirli tutto.
Sorridente, mi scese una lacrima di ansia : -Ne succederanno delle belle!- pensai.

 
 
 

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Capitolo 3
*** Double Trouble ***


Double Trouble!


(Sheila ver.)

Era passata poco più della mezzanotte e mi trascinavo in giro per la stazione degli autobus.
Avevo trascorso tre giorni su un autobus per arrivare a Seoul e i miei capelli puzzavano di pollo ammuffito e fumo. La mia situazione fisica era un disastro, ma il mio stato d’animo era alle stelle, dato che finalmente stavo raggiungendo uno ad uno i miei sogni.
Il mio prossimo traguardo era diventare una cittadina di Seoul a tutti gli effetti.
Aprii il cellulare e chiamai la mia migliore amica già residente a Seoul, Miharu, per la settima volta in un’ora, nella speranza che venisse a prendermi. E per la settima volta mi sorbii la voce registrata dalla sua segreteria : “Ciao. La segreteria telefonica di Miharu è rotta. Io sono il forno a microonde. Dettami il messaggio molto lentamente e io me lo attaccherò addosso con un piccolo magnete.”
Come si dice nel mio paese: “Quando la vita ti regala limoni , spruzza il succo negli occhi di qualcuno!”. Altro che limone… un lime bello grosso direi!
-Ciao, sono Sheila. Rispondi a quello stramaledetto telefono prima che ti lanci una maledizione sovrannaturale!- chiusi il cellulare di scatto e lo infilai in tasca.
Erano passati due mesi da quando i The Gazette mi avevano pescato casualmente tra le strade per rifare Reila. La canzone ormai era diventata famosissima e non facevo che sentirla ovunque.
E’ stata un’esperienza molto emozionante anche se alla fine ho dovuto rifiutare ogni contratto effettivo. Perché l’ho fatto? Semplice. Entrare nella loro famiglia non era mai stato un mio obbiettivo.
A parte la mia promettente carriera ancora  da dissotterrare dal terreno assieme alle patate, erano passati sei mesi da quando mi ero diplomata al liceo senza aver imparato niente di rivendibile nel mondo del lavoro.
Essendo rimasta orfana, abbandonata in un convento sperduto del Regno Unito, adottata in seguito alla chiusura del convento… ho aspettato a lungo il momento di diventare indipendente.
A questo punto non mi rimaneva che dare una svolta decisiva alla mia vita. [E’ il caso di adottare tutto quello che ho imparato!] pensai. E iniziai a farmi strada tra la gente, con la chitarra in spalla e le borse in mano, dandomi l’aria di una tizia figa di un altro pianeta.
Ho fatto una corsetta fino al bagno della fermata degli autobus. Il mio look non andava affatto bene. Ormai ero una cittadina di Seoul a tutti gli effetti. Portare i capelli e i vestiti da rockstar esaltata mi faceva apparire decisamente drogata.
Ho arrotolato la maglietta bianca e rossa fino a sopra la vita e ne ho fatto un nodo. Ho cercato di nascondere il viso con un cappello a visiera. Ho indossato dei pantaloncini di jeans davvero corti e una maglia larga nera con un teschio bianco stile lolita, legata proprio sotto il seno. Era il caso di mettere un po’ in mostra il mio fantastico piercing della Playboy sull’ombelico. Ultimo tocco di classe: le mie amate Adidas leopardate.
Ho legato i miei capelli (da tagliare) in una coda lunghissima e ho preso un taxi, dirigendomi sul lato destro della città. Ormai fare affidamento su Miharu era come chiedere a un procione in calore di fare una doccia fredda.
Erano circa le dieci e mezzo quando sono giunta in un punto sperduto della città.
Davvero bella Seoul! Unico problema:- Dove diavolo mi trovo? E dov’è il mio appartamento?!-
Dopo essere arrivata a Seoul ho girovagato a vuoto per le strade, alla ricerca della mia nuova tana in cui strafogarmi di budini al cioccolato.
Non conoscendo la strada, decisi di chiedere indicazioni al primo passante che mi sarebbe capitato di fronte.
Passarono due ragazzi un po’ più giovani della mia età, completamente diversi da quelli che si trovavano nella mia vecchia città e che avevano la sigaretta in bocca e i pantaloni fino a sotto il sedere. Questi invece, erano sexy anche interamente coperti. Ma soprattutto, rimasi incantata dai loro occhi a mandorla, esattamente come i miei. Nel Regno Unito non si trovava alcun asiatico in giro, eccetto me.
Tentai di chiedere gentilmente loro informazioni, da brava turista:
-Scusate, potreste dirmi dove si trova la piazza principale di Seoul?-
-Oh, sei una turista? Che carina! Ti accompagniamo noi!- rispose cordiale il più alto dei due.
-Vi ringrazio tanto. Ma non è il caso di rovinare la vostra passeggiata.-
-Ah, capisco… Be’ se ti va, appena ti sarai sistemata, ti potremmo portare a visitare Seoul!-  cambiai presto idea, ero un po’ timorosa di ciò che sarebbe successo se mi fossi allontanata con loro.
Me ne uscii con una scappatoia e me la diedi a gambe senza pensarci.
-D’accordo. Allora ci si vede in giro.-
Alla fine mi dimenticai completamente di quello che dovevo fare, e imbucai una via a caso. Inspiegabilmente, non so nemmeno io come, mi son trovata nella piazza che cercavo da più di tre ore. Sul lato destro c’era il mio appartamento.
Sono salita fino in stanza e ho trovato una distesa vuota, priva di arredamento. In compenso, nell’ingresso, erano già arrivati tutti i miei pacchi che avrei dovuto sistemare al più presto.
Il tempo di posare le valigie e iniziare a disimballare i mobili. Ho sistemato innanzitutto il mio pesce pagliaccio che ormai galleggiava a pancia in su, e pensando che fosse morto ho iniziato a fissarlo per accertarmene. Non era affatto morto, ma era un attore talmente bravo da meritarsi l’oscar.
Ho portato la sua vaschetta nel bagno e ho tirato lo scarico nella speranza di farlo spaventare. Senza perdere tempo è subito rinvenuto o almeno è quello che mi ha fatto credere.
-Certo che sei un pesce proprio simpatico. O dovrei dire pagliaccio, eh Shin?-
Con quell’aria da pesce lesso, come ogni pesce del resto, mi faceva le bollicine nell’acqua per farmi notare quant’era simpatico. Le bollicine emergendo in superficie liberavano dei piccoli suoni davvero fastidiosi.    –Pop sbop pob pop…-
-La vuoi piantare? Non vorrai restare senza cena?-
Shin spalancò gli occhi all’istante e nel suo linguaggio rispose: -Scupshab!- 
-Che pesciolino divertente! Tutti a me mi capitano… E va bene, ecco la tua cena.- rivolgendomi sorridente e spargendo nell’acqua il mangime. Mi lamentavo del pesce ma alla fine ero io quella anormale che parlava con qualunque pianta, animale o oggetto inanimato.
Ho posato i mobili principali e ho sistemato il tappeto. Nell’aprire gli scatoloni ho trovato un vecchio diario scritto durante la mia infanzia. Ho iniziato a leggerlo e frattanto si erano fatte già le ventidue. Ho finito con l’addormentarmi sulla tappezzeria…
 
(Qualche settimana dopo)
“Il pellicano è frocio, il pellicano è frocio… bzz… brpz…”
[Oh no, ancora… ma si può sapere chi cavolo ha inventato certe sveglie assurde?] pensai nel sonno. Forse avrei dovuto prenderla a Seoul la sveglia… e non tra i quartieri di Shibuya durante il mio soggiorno a Tokyo.
Tentai di girare il capo e afferrare il cuscino, ma finii con lo sbattere sul bordo del letto. Mi svegliai a terra, accanto al letto. Tutta colpa di quella gattaccia, comprata alla fiera del paese qualche giorno prima, che mi aveva sfrattato dal mio stesso letto. La chiamai Nana per sfidare il fato e dimostrare che il numero sette non porta affatto sfiga. Be’ mi sbagliavo. Il numero sette porta sfiga, ed anche molta.
Quella mattina avrei dovuto far sbocciare la mia carriera in una combinazione di sapori, possibilmente in modo diverso da come avevo preparato le uova. Un disastro. Non mi era mai successo di confondere il sale con lo zucchero.
Colpa della gatta. Dannata gatta. Le lanciai un’occhiata allucinante: -Prega affinché la mia maledizione non ti raggiunga!-
-Miao?!- era ovvio che il suo “miao” era inteso come un “ma che caz** vuoi?!-
A differenza della gatta, il mio pesce rosso sembrava essere di buon umore: -Forza ragazzi, si parte! Su le mani! Su le mani, yo!- si era stranamente svegliato credendosi un DJ.
Nana, fantasiosa com’era di espressioni, lo guardò nello stesso modo con cui guardò me qualche minuto prima.
-Yo, yo ! Bub bub, su le mani! Oppan Shin-boo style! Bub pop…- la gatta iniziò a infastidirsi alla vista dei neuroni di Shin che andavano spargendosi nella vaschetta, e con gli occhi, iniziò a studiare il percorso per avvicinarsi alla sua vaschetta.
-Non azzardarti a fare quello che stai pensando.- Prendere un gatto in presenza di un pesce non era stata affatto una buona idea. Dovevo essere davvero intelligente per compiere una simile pazzia.
Ho preso la spigola surgelata dal freezer e sono salita sul tavolo. Mi sono messa a ballare disperata con la spigola in mano, nella speranza di attirare l’attenzione di Nana.
[Andiamo gattaccia, guarda che pesce sexy che ho in mano! Non c’è paragone con Shin.]
La gatta rizzò gli occhi e, più veloce della luce, raggiunse la sua colazione. [Okay , addio pranzo.]
Dopo i primi imprevisti mattutini, mi sono preparata al meglio che potevo. Ho ripassato la coreografia e il testo con cui mi sarei dovuta esibire.
Quella mattina dovevo raggiungere il mio obbiettivo e niente e nessuno mi avrebbe fermato.
Erano le undici in punto, e in quell’esatto istante sarei uscita allo scoperto e mi sarei rivelata alla gente.
Ero lì, esattamente davanti il maestoso edificio della SM. Le mie labbra erano un misto di varie smorfie. Anche se ero sicura della riuscita della mia missione, abbandonare la mia vecchia vita e diventare il centro dei mass media mi agitava.
Ho fatto una scelta in passato: diventare famosa per ritrovare la mia famiglia. Sapevo che non sarei stata codarda. Ho fatto un primo passo, poi un altro... Non sarei mai più tornata indietro. Ero decisa nelle mie azioni, per la prima volta nella mia vita.
Presentatami davanti all’atrio d’ingresso, c’erano due ciccioni pelati muniti di occhiali enormi ‘da mosca’ che non volevano farmi entrare. Erano proprio buffi.
Inizialmente opposero un po’ di resistenza e mi trattarono come una ragazzina esaltata che voleva incontrare a tutti i costi i propri idoli.
Ma quando chiesero il mio nome, io risposi: -Mi chiamo Sheila. In breve sono quella che ha rifatto Reila con i The Gazette.-  e il mio anello firmato Vivian Westwood, apparso  anche nel video, non mentiva affatto.
Con un’occhiata lampante, uno degli assistenti del presidente che passava casualmente di lì, incrociò il mio sguardo. Rimase come fulminato alla vista della mia persona.
Con uno scatto improvviso mi raggiunse, chiedendo incredulo: -Oh oh! Tu sei quella ragazza dazzling che suona la guitar come una goddess?- Che tipo originale. Rimasi perplessa ma divertita alla sua vista.
-Già, in plastica e terracotta. Sono scesa dallo spazio solo per fare un provino. E’ possibile? Mi piacerebbe tanto entrare nella vostra famiglia- e ci aggiunsi anche:-Oh oh!-
-Oh oh oh really? Non mi aspettavo nulla di simile. Ti abbiamo cercato per tantissimo time e volevamo proporti un contract dal principio. Please, accomodati dentro.-
-La ringrazio Boss!- Entrai nel grande salone ed entusiasta tirai fuori la lingua contro i ciccioni disturbati di qualche minuto prima. Non capii la fissa per l’inglese del presidente, così mi permisi di chiedere. Lui mi rispose:-Oh oh, sure! English is very important.-
Nella immensa sala provini, c’erano quasi la metà dei residenti del palazzo, curiosi di assistere alla mia fenomenale entrata. [E ora state a guardare] sorrisi sicura di me.
Cantai Girls on top di BoA , e chiunque mi stesse ad ascoltare, mi guardava come se provenissi da un altro pianeta.
Era il momento di ballare, di muovere il bel sedere di cui andavo fiera,  e di mostrare a tutti quanto fossi sexy . Poca modestia, insomma.
La musica partì. Ballare era la mia passione. Amavo cantare, suonare la chitarra, ma ballare era qualcosa che avevo nelle vene. Mi veniva spontaneo anche senza conoscere la coreografia.
Iniziai a muovermi insieme alla musica. Avevo troppi occhi puntati su di me, ma era divertente. Mi sentii importante e ne ero felice.
Affermare il mio sogno con passione e ritrovare i miei veri genitori, era quello il mio più grande desiderio.
 

(Taemin ver.)

Era lì. Non avrei mai pensato di incontrare così presto quell’angelo biondo.
Ero nascosto dietro la porta dell’aula e non facevo che osservarla tutto il tempo.
In Reila ha ballato solo un piccolo pezzo classico, ma ciò che stava ballando in quel momento era un genere completamente opposto.
La vidi ballare Eat you up di BoA e poi Bubble pop di HyunA. Erano due generi completamente diversi, ma sapeva misurarsi al massimo in entrambi.
Il suo ritmo devastante mi faceva spalancare gli occhi.
Non ho mai guardato una ragazza in quel modo. Un tempo affermai che le ragazze sono carine quando ballano quei generi, e continuavo a pensare ciò.
Ma per lei era diverso. Lei era davvero brava e provocante, e mi faceva salire il sangue al cervello. Non sono mai arrivato a pensarlo e non credevo mai di arrivarci, ma dovetti ricredermi.
Rimasi incantato e il desiderio di conoscerla non faceva che aumentare.
Di quel passo l’avrei sicuramente conosciuta. Era solo questione di tempo.
 

(Jonghyun ver.)

Mi ritrovai stranamente in una maestosa stanza, arredata con gusto e che trasmetteva un’aria seria ma dolce.
C’era un grosso banco su cui regnava una  donna di mezza età vestita di tutto punto, con un’espressione antipatica. Era un giudice.
Perché mi trovavo al comune? E perché ero davanti a un giudice? Eppure non avevo ancora commesso nessun reato.
Insomma, non avevo ancora diffuso le foto scomode di Minho nel suo letto. Ma soprattutto, non avevo ancora accennato a nessuno la sua abitudine di delirare il nome della sua amata quando quest’ultima non passava la notte con lui.
Ma allora, cosa diavolo era successo?
Quella altezzosa vecchiaccia mi guardava imbestialita e dopo un breve periodo di silenzio si alzò e mi venne incontro: -Ma insomma! Dove sono gli sposi? Sono passati ben venti minuti dall’ora stabilita.-
La guardai stordito. –Che? Matrimonio?- sussurrai tra me e me. [Che diavolo ci faccio io qui]
Partì una musica nuziale dal nulla. Mi si offuscò la vista ma riuscii chiaramente a vedere Onew nel suo elegante vestito da sposo.
Colei che non vidi fu la sua compagna. Non facevo che chiedermi chi fosse e come mai non mi ricordavo nulla di tutto ciò che stava succedendo.
Attraversai una specie di salto temporale e mi ritrovai in una sala di un ristorante lussuoso. Proprio fuori dalla sala, sulla piscina c’erano gli sposi, con dei vestiti completamente diversi da quelli che avevano al comune.
Stavo ormai pensando di aver assunto involontariamente qualche sostanza stupefacente e iniziai a cercare qualcuno che mi spiegasse quella maledetta situazione.
Dopo il lancio del bouquet, riuscii a trovare Onew che parlava con alcuni invitati al festone.
Lo strappai dagli ospiti e lo guardai turbato. Lui straniato mi chiese: -Testimone, qualcosa non va?-
-Che? Testimone io? Aspetta, mi spieghi cos’è questa storia e chi è quella donna vestita di bianco?-
-Amico mio, devi avere la febbre! Non ricordi? Sei al mio matrimonio e lei è la mia sposa.-
Lo guardai intontito. Ma allora era davvero lui il soggetto della festa? Perché non ricordavo nulla?
-Se è uno scherzo non fa ridere Onew. E poi chi sarebbe quella tizia? Non la conosco affatto!-
Onew mi guardò come se me ne fossi uscito pazzo: -Se vuoi te la ‘ripresento’... La amo con tutto me stesso e sin dal nostro primo incontro ho pensato fosse molto invitante!-
Si rivolse alla sua donna dicendo: -Tesoro, posso presentarti un mio caro amico?- Vidi un corpo quasi umano indossare un vestito corto, con il velo che copriva interamente il viso. Erano le gambe più strane che ebbi mai visto. Quella donna rimosse il velo senza darmi il tempo di analizzarla, e alzò il capo sorridente. I miei occhi si dilatarono di quasi 5 cm.
-Ma t- tu s- se- sei… Un pollo!- e la parola ‘pollo’ risuonò per minuti in tutto l’edificio e l’area circostante.
Quale spettacolo inquietante avevo davanti ai miei occhi. Quello era Onew abbracciato con una polla nel vero senso della parola.
Lo spavento fu talmente grande da farmi inciampare nella piscina. Ero sul fondo della vasca e non riuscivo a trattenere il fiato. Ho iniziato a nuotare e a cercare di salire in superficie.
E proprio quando pensai di essere riuscito a tirare fuori la testa dall’acqua, sono andato a sbattere contro la mensola collocata sopra il mio letto. La botta fu talmente forte che arrivò Onew dalla cucina preoccupato.
Lo vidi di sfuggita e tirai via un urlo ancora attaccato alla visione avuta nel sonno –NO NO NO NO NO! Onew come hai potuto! Credevo che fossimo amici! Proprio ora che stavo accettando la tua fissa per il pollo…- una lacrima mi scese e afflitto abbassai lo sguardo.
Quando finalmente riuscii ad aprire gli occhi e a vedere chiaramente la mia stanza, mi resi conto di essere tornato nella realtà e di aver sognato per tutto il tempo.
 

 
 
 

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Capitolo 4
*** Passional Sparks ***


Passional Sparks


(Key ver.)

A causa di un imprevisto avvenuto durante le riprese, vi era stata annunciata la sospensione del drama. Le riprese erano arrivate all’episodio nove su sedici. Le nostre parti ancora non si erano incrociate, di conseguenza non vi sono state alcune scene particolari.
Capitava a proposito.
Avrei approfittato di quella pausa per prendermi tempo con Louin e mettere in chiaro le cose.
Tra di noi quella scintilla che si era manifestata all’inizio era sempre più accesa e non faceva che creare episodi di imbarazzo. Vi era disagio tra di noi, ma era un disagio dolce da provare sulla pelle. I suoi movimenti morbidi e sciolti mi portavano a fissarla senza tregua. Non ho mai provato tanta stanchezza nell’osservare qualcosa, qualcuno.
Io la amavo, era ormai chiaro a tutti.
Non mi restava che dichiararmi, ormai non potevo più aspettare.
Presi il cellulare e composi ansiosamente il numero , ma la paura mi portava a chiudere la chiamata. Ci riprovai varie volte e alla fine riuscii ad assumere un atteggiamento fiero e ad aspettare una sua risposta.
Mi ricordai che lei non aveva il mio numero, quindi non si sarebbe affatto aspettata la mia chiamata, né la mia proposta.
-Ehm, si pronto chi sei?- rispose estraniata.
-Ciao Louin! Sono io, ehm, Key… Volevo chiederti se ti andrebbe di fare un giro con me. Che ne pensi?- ero assalito dall’ansia e timoroso di ciò che avrebbe risposto.
 
-Oh ciao Key! Non mi sarei mai aspettata una tua chiamata. Se mi va di fare un giro con te? Certo che mi va, più che volentieri- non me l’aspettavo ma il suo tono sembrava davvero imbarazzato. Forse stavo solo fraintendendo ma chissà cosa provava nei miei confronti.
-Non pensavo avresti accettato. Allora se per te va bene, passo a prenderti a mezzogiorno, okay?- l’avrei portata a mangiare, poi avremo visitato la piazza, saremo andati al cinema e chissà cos’altro. C’erano davvero troppe cose che avrei voluto fare con lei. E senza accorgermene mi ero già fatto troppi film mentali.
-Va benissimo. Sono contenta che tu mi abbia chiamato. Non vedo l’ora!- accennò entusiasta.
La chiamata terminò. Oh mamma, a mezzogiorno  sarei uscito con Louin, con la mia amata Louin. Cosa poteva succedere? Si farà un’idea sbagliata o accetterà i miei sentimenti?
Erano ancora le dieci e qualcosa , ma stavo già andando in panico. E trovare un abbigliamento decente con la confusione che avevo in testa mi sembrò un’impresa eroica.
 

(Louin ver.)

Ero appena uscita dalla doccia e stavo oziando insieme a Ren. Il telefono squillò d’improvviso e sullo schermo vi apparve un numero sconosciuto. Chi poteva essere?
Terminata la chiamata rimasi immobile per qualche secondo in modo da riconnettere tutti i miei neuroni. Pareva che i miei occhi fossero usciti dalle orbite. Ho lanciato un urlo, seguito da uno sclero da fan:
-Oh my gosh! Key! Era Key! Ren aiutami! Non ho paura, non ho paura, non ho paura… SI CHE HO PAURA!-
Esatto, ero lì distesa sul tappeto a urlare con l’asciugamano indosso. Sarei uscita con Key a mezzogiorno. CON KEY. 
Cosa dovevo mettermi? Come dovevo truccarmi? Cosa avremmo fatto? Cosa dovevo dire? Help. Ero in un autentico panico, ma felice.
Non me lo sarei mai aspettato. La sua voce era così calda e sensuale. Sentirlo pronunciare il mio nome mi mandava in confusione, facendomi viaggiare tra le calde spiagge delle Hawaii.
Ho passato due ore intere per preparare il mio aspetto. E mi sono scolata l’intera boccetta di profumo per l’alito a lunga durata, anche se non serviva affatto. Be’, ciò che sarebbe successo non si poteva mai sapere…
Ho indossato un abito panna un po’ scollato sulla schiena e lungo fin sopra le ginocchia. Ho abbinato delle scarpe di decolleté  beige e bianche, con un tacco altissimo. Poi applicai un leggero make up. Ero pronta.
Mancavano cinque minuti a mezzogiorno e non facevo che guardare l’orologio.
Uscii e mi appostai fuori dal portone, in quella strada isolata. Chi avrebbe mai immaginato che un episodio simile stava accadendo realmente.
Eccolo, puntualissimo. Arrivò elegante con la sua macchina nera e i vetri oscurati. Aprì la portiera e uscì dalla macchina. Sembrava imbarazzato ma rimaneva gentile. Se il tempo si fosse fermato non mi sarei mai stancata di guardarlo: con la mano sulla portiera della macchina, l’aspetto fiero, quel suo sorriso perfetto. Anche Kiba si sarebbe intontito a quella visione.
Venne verso di me e mi sorrise gentilmente. Era come se mi trovassi in una dimensione parallela, solo noi due. Il mio cuore palpitava forte, sarebbe potuto esplodere.
Era mezzogiorno in punto. L’attesa affrontata qualche minuto prima mi sembrò un’eternità, così come il tempo che impiegò per uscire dalla macchina e salutarmi calorosamente.
-Ho aspettato a lungo questo momento Louin.- mi sussurrò dolcemente.
Non risposi. Ero ancora nel paese delle meraviglie, nonostante Alice tentava di cacciarmi e il bianco coniglio mi faceva ‘ciao ciao’ con la manina. C’era anche il cappellaio matto che versava il thè nella tazzina e lo rovesciava a terra scuotendo il capo, per indicare che lì non ero la benvenuta.
Quando ripresi i sensi ero nella macchina di Key. Quel bel galantuomo mi scortava e mi chiedeva dove sarei voluta andare.
-Conosco un posto davvero carino. Hai fame?- mi guardò entusiasta.
-Si andiamo.- ero troppo felice. La macchina nera brillò di mille colori perché non facevo che vomitare arcobaleni.
Mangiammo spaghetti ai funghi e una scaloppina. Consumammo in fretta un caffè e uscimmo.
Camminammo di fianco per ore, l’una all’altro e allegri chiacchieravamo spigliati nell’aria.  Il sole culminava in alto assieme ai nostri sguardi.
Ardevo di passione e desideravo con tutta me stessa saltargli addosso, ma cercai a lungo di mantenermi. Più mi guardava, più venivo scossa da un tremolio di piacere. Ah, se il tempo si fosse fermato!
Le lancette dell’orologio continuavano a scorrere. Era così bello nonostante lo fosse ogni giorno. [Può mai un essere umano essere così inumanamente perfetto?] Non avrei voluto mai più uscire da quel sogno meraviglioso…
 
 
(Key ver.)

Mio dio, stavo sognando. Quando non posava i suoi occhi su di me, tentavo di schiaffeggiarmi  per realizzare di essere nella realtà.
Era inutile, non avevo mai provato una simile sensazione.
Di fianco a me, camminava obbediente. La voglia che avevo di stringerla forte al petto cresceva, ma ho cercato di compiere singolarmente ogni passo, uno dietro l’altro.
L’ansia svaniva poco a poco e si mescolava con il suo smalto color carne.
Il pomeriggio passò in fretta, guardando divertiti gli artisti di strada e riflettendo le nostre immagini sulle chiare vetrine.
La portai in un lussuoso ristorante, poi girammo per i negozi e passeggiammo a lungo, mano nella mano senza quasi accorgercene.
Le feci un regalo: un ciondolo a forma di libellula per simboleggiare la spensieratezza che mi trasmetteva ogni giorno. Sorrise calorosamente a quella sorpresa e mi riempì il cuore di gioia in un solo istante.
Al calar del pomeriggio il tramonto sfiorava l’orizzonte. I colori caldi provenienti da esso si mescolavano con l’acqua del fiume.
Accanto a quel parco che dava sulle estese rive, ci appostammo su un porticciolo. Eravamo circondati da coppie per noi invisibili. Eravamo i soli a vivere quel momento così soave e meraviglioso.
Arrivò la sera così in fretta ma lentamente. E’ impossibile per me spiegarlo a parole.
Rimanemmo nelle vicinanze del fiume e cenammo in un modesto locale in prossimità dell’acqua. Il suo sorriso restò identico, dal lussuoso ristorante al modesto locale.
Era lo stesso per me. Non importava il luogo in cui ci trovavamo. L’importante era stare insieme, solo noi due.
Quella tarda notte la riportai a casa fiero. La accompagnai al suo portone e le confessai i miei sentimenti senza paura.
Senza parlare né accennare una risposta, il suo improvviso bacio mi lasciò congelato. Non me lo sarei mai aspettato.
Inizialmente le nostre labbra si sfiorarono, ma in seguito diventarono una cosa sola per diversi minuti. Mi sembrò un’eternità ma allo stesso tempo un istante.
Lei mi amava, così come io la amavo. Eravamo fatti l’uno per l’altra, in fondo l’ho sempre saputo.
Le parole non servivano più a nulla ormai, ma tentai di dirle la frase più importante. Lei sorridente riuscì ad anticiparmi : -Ti amo- mi disse.
-Anch’io, da così tanto tempo- le risposi guardandola negli occhi suoi, lucidi. Erano passati poco più di due mesi dal nostro primo incontro, eppure la passione che provavamo sembrava essersi sviluppata nel doppio del tempo.
 

(Louin ver.)

Sentirlo pronunciare quelle parole mi faceva evaporare allegramente e mescolarmi con gli atomi dell’aria. [Dannato bastardo disumano, come fai ad essere così figo in una tale situazione? Chiunque diverrebbe un uomo pietoso in un solo secondo.]
Quella notte non ci lasciammo come previsto l’uno per la propria strada.
Mi portò nel suo appartamento e passammo la notte insieme. Cavolo, com’ero imbarazzata!
 
Le cose furono molto affrettate, ma in fondo era logico: ci siamo trattenuti per fin troppo tempo. E poi a me non dispiaceva affatto.
Quella notte pioveva molto forte, ma noi non ce ne accorgemmo. Non riuscii a sentire alcun rumore fuori da quel grande letto.
Sentivo unicamente il suo respiro, docile sulla mia pelle. Il suo petto possente su di me, regnava quel morbido materasso.
La notte fu lunga fino all’alba e alle fauci del mattino seguente potevamo affermare di essere diventati una persona sola.
I miei occhi si aprirono alle prime luci che trapassavano dalla finestra: lo guardai dormiente tra le sue braccia.
 

(Jonghyun ver.)

In quella mattina di riposo dormimmo a lungo.
Taemin si era addormentato sul divano abbracciato al cuscino. Onew invece, russava sul tappeto bianco di fianco al divano.
Fui il primo ad aprire gli occhi al rumore devastante provocato dal leader. Come poteva quell’adorabile maknae mantenere il suo volto inespressivo e dormire a sonni tranquilli nonostante l’ ‘adorabile sinfonia’ di Onew?
Mi cambiai in fretta e decisi di uscire dal dormitorio al fine di girare a vuoto nella SM Town.
Aprii la porta e chinai solo il capo in avanti per osservare il corridoio immenso che dava  ai vari dormitori.
Vidi il vicedirettore condurre una ragazza in pantaloncini di jeans e maglietta con un’imponente valigia alle sue spalle. Egli le indicò la porta rossa accanto la mia e lei si avviò per il cortile.
Sembrava spaesata ma era incantata a guardare le porte colorate per ogni gruppo: rosa per le Girls’ Generation, verde per i Super Junior, celeste per noi SHINee e così via. Sulla porta rossa che le era stata assegnata non vi era ancora nessuna insegna, nessun nome.
Quel volto mi sembrò familiare ma per un attimo non riuscii a ricordare dove potevo averla vista.
La guardavo e sorridevo. Era davvero carina per essere appena arrivata.
Non appena si avvicinò a me, tentai di attaccare discorso con un pretesto: -Hai bisogno di una mano?- indicando la valigia che portava.
Lei sorpresa lasciò la presa e avvicinò la sua mano alla mia. Poi mi guardò scherzosamente e scoppiò a ridere, ed io assieme a lei.
-Devi essere una burlona- le dissi.
-Stai a guardare!- continuava a ridere ma non sembrava affatto emozionata, nonostante una star della televisione famosa ovunque le stesse dinanzi. Il suo sorriso giocoso accresceva il mio desiderio di conoscerla.
-Ti ho già vista da qualche parte ma non lo ricordo… Qual è il tuo nome?
-Mi chiamo Sheila, devi avermi vista nella versione inglese di Reila con i The Gazette, giusto?- vero, me n’ero completamente dimenticato…
-Oh si, hai ragione. Wow non mi sarei mai aspettato di averti tra noi della SM. Benvenuta nella famiglia- a quel punto fui contento di essere stato il primo a darle il benvenuto. Mi fece cenno, ringraziandomi.
Il vicepresidente lanciò un’occhiata da lontano e le fece una raccomandazione: -Sheila, corri a sistemare la tua stanza. Abbiamo già trasferito tutti i tuoi pacchi e devi predisporli ordinatamente entro stasera. Domani verrai presentata a tutti i tuoi coetanei e poi inizierai a lavorare. Dunque potrai pensarci dopo alle presentazioni, con calma- non era arrabbiato, sembrava molto contento di averla trovata. Per giorni non aveva fatto che cercarla ovunque con scarsi risultati. Dunque in quel momento i suoi occhi erano colmi di gioia e traboccavano di speranza per il futuro. –Fai presto a sistemarti, io intanto cerco di trovarti un buon manager-
-D’accordo master- sorrideva, non faceva che sorridere. Era carina mentre sorrideva, davvero tanto carina.
Chinò lo sguardo verso di me , dicendo :-Allora ci si vede in giro- si avviò per la sua stanza con quei pantaloncini così sexy. Non era anoressica, non aveva un kilo fuori posto. Era nel giusto. Era da così tanto tempo che non ammiravo una bellezza simile. Dalle mie parti si potevano incontrare solo delle anoressiche alquanto denutrite. Quelle gambe affusolate e quel sedere teso e sodo mi facevano venire in mente un mare di pensieri proibiti.
Le corsi dietro e la afferrai per il braccio : -Stasera quando avrai finito, organizziamo una festa nel dormitorio SHINee, ti va? Anche Taemin vorrebbe incontrarti- A quel punto i suoi occhi si illuminarono e sorpresa accennò con un filo di voce : -Taemin? D’accordo, sarà divertente-
Quando entrò nella sua stanza restai perplesso. Ha continuato a sorridere per tutto il tempo ma quando ho pronunciato il nome di Taemin, la sua espressione cambiò. Le si allargarono gli occhi di quasi 2 cm e spalancò la bocca. A quel nome cambiò immediatamente programma e accettò la mia offerta. Non ne avevo ancora capito il motivo, ma ero molto interessato a stringere amicizia con lei.
A primo impatto mi sembrò una ragazza simpatica e leale. Dava l’impressione di avere un carattere forte e di credere fermamente in ciò che faceva. I suoi occhi ardevano passione e le sue labbra così sexy potevano incantare chiunque. Aveva un fisico quasi perfetto. Non aveva un seno molto prosperoso ma non era affatto male.
Più ci pensavo, più mi veniva voglia di avvicinarmi a lei. Magari un giorno sarebbe diventata la mia compagna, chissà.
 

(Sheila ver.)

Entrare nella SM Town non era affatto male.
L’aria che si respirava lì era molto buona. Lo spazio era immenso ed arredato con gusto.
Il corridoio che dava ai dormitori, mi sembrò in quel momento la cosa più simpatica mai vista prima. Ogni porta in base al gruppo a cui era stata affidata aveva un colore differente.
La prima porta su cui passai dinanzi era quella delle Girls’ Generation che risplendeva di un rosa vivo molto acceso. A seguire c’erano tante altre porte. Quella che venne affidata a me , era di colore rosso e si trovava proprio dietro a quella degli SHINee che invece, era di un celeste lucido.
Mi aspettavo di mettermi immediatamente a lavoro ma fortunatamente mi sono stati concessi dei giorni da riservare alla mia sistemazione e alla conoscenza dei membri e delle varie sale dell’edificio.
Appena arrivata, sono stata trattata molto bene da tutti. Il presidente si era già affezionato a me ed essere invitata da Jonghyun per una festicciola nel dormitorio SHINee non faceva che rendermi sempre più felice.
Ero al primo passo per realizzare il mio sogno ma mi sembrava già di essere arrivata a metà scala.
Ho seguito gli SHINee fin dalla loro formazione e pensare a quanto erano lontani da me prima e quanto sono vicini ora, mi faceva saltare per la stanza come una pazza.
Chissà a che ora mi sarei dovuta presentare alla porta accanto.
Ho cercato di sistemare in fretta tutti i pacchi che avevo. Fortunatamente mi ci è voluto meno del previsto.
La mia stanza era davvero ampia e tutta di colore bianco e rosso lucido. Fu molto divertente arredare quell’ambiente.
Dopo aver passato circa due ore e mezzo a scartare e a piazzare in giro mobili e oggetti vari, sono corsa nella mia stanza e ho cercato di creare un abbinamento perfetto. Mi stavo quasi dimenticando che tra qualche ora mi sarei dovuta presentare a una piccola parte delle festicciole organizzate in mio onore. Per quanto potesse essere modesta, alla fine si rivelò la migliore festa di una lunga serie.
Alla fine la scelta non era molta, quindi ho indossato un jeans stretto e una maglia verdognola con dei nastrini di raso che si allungava di più da un lato. Ho scelto di indossare delle scarpe abbastanza alte color tortora. Ho sistemato i capelli in una coda alta lasciando cadere in avanti la frangia e alcuni ciuffi.
Erano passate ormai le nove e mezzo e mi stavo avviando per il dormitorio accanto al mio.
Uscita dalla porta trovai Jonghyun e Taemin che mi aspettavano lì fuori.
Taemin: che cucciolo che era!  Aveva un’espressione leggermente spaesata e curiosa. Sembrava adorabile ma allo stesso tempo così maledettamente figo. Indossava un jeans più o meno largo e una felpa bianca e rossa priva di cappuccio.
Era da anni ormai che seguivo gli SHINee e Taemin è sempre stato il mio preferito. Vederlo così diverso da come me lo ero sempre immaginato mi lasciava senza parole.
Jonghyun venne verso di me e mi invitò ad entrare. Taemin mi prese la mano e fece un leggero inchino dicendo: -Sono Taemin ma dovresti conoscermi bene!- scoppiò in una di quelle sue risate bellissime da vedere almeno una volta nella vita, e io sorridente risposi:-Io sono Sheila, anche se non di nome dovresti aver già sentito parlare di me- scoppiai a ridere con lui ed entrammo in stanza.
Cavoli, era più in ordine di quanto mi aspettassi!
Le mura erano bianche e alcune celesti. La stanza era arredata con gusto. Vi era un salone enorme con due divani e una televisione al plasma.
C’era una teglia con un pollo arrosto nel mezzo del tavolo. Era apparecchiato senza alcuna imperfezione. E anche la cucina era in un perfetto ordine.
Era stato preparato tutto apposta per me. Ne rimasi molto sorpresa.
Conobbi il leader che con le sue battute mi fece ridere talmente tanto che mi venne il mal di pancia. Purtroppo però, non ebbi l’occasione di conoscere Minho e Key che erano impegnati fuori in qualche appuntamento.
Miharu, la mia migliore amica, non mi aveva ancora chiamato ma sapevo per certo che era quasi diventata la signora Choi. Mi aveva raccontato tutto della loro storia. Mi mancava solo l’invito al matrimonio.
Quella sera fu davvero divertente. Jonghyun si comportava come un cavaliere verso di me anche se io non ci facevo molto caso. Taemin invece, cercava di attaccare discorso e comportarsi come un uomo adulto. Più ci provava, più mi faceva morire dalle risate. Mi piaceva molto tutto ciò.
Fu davvero divertente anche se mancavano due membri. Eravamo solo in quattro ma la casa sembrava piena.
L’odore del pollo arrosto aromatizzava l’ambiente. Abbiamo mangiato e bevuto un sacco. Onew si ubriacò verso la fine e ne disse di tutti i colori:
 -O pollo che vieni da lassù, è sempre un piacere mangiare le parti di te- e Taemin divertito lo rispondeva a tono : -Hyung, a te il pollo ti fa male- Onew ormai non connetteva più e anche se continuava a parlare, i suoi occhi sembravano sconnessi dai nervi. –Giovane maknae, non potrai mai capire il dolce sentimento che il tuo hyung prova nell’assaggiare del pollo succulento. Anche ballando per anni non riuscirai mai a provare la stessa sensazione- In quella conversazione si intromise anche Jonghyun e le cose non facevano che diventare sempre più divertenti: -Mio sexy leader, oggi che non c’è Key posso concederti una notte di forte passione. Su appoggiati a me che ti porto in stanza, così ci divertiamo.
-Jonghyun, sto per vomitare- li rispose Onew. Inizialmente pensavamo che si riferisse alla frase pronunciata da Jong qualche minuto prima, ma in realtà aveva davvero bisogno di essere accompagnato in bagno.
E mentre Jonghyun cercava di far riprendere Onew, Taemin mi accompagnò fino alla mia porta e mi diede nuovamente il benvenuto. Poi mi disse che ero molto simpatica e che non vedeva l’ora di lavorare con me e di accrescere la nostra amicizia. Fu davvero amabile la sua espressione.
La serata finì lì ma le risate continuarono a lungo.
Tutto questo accadde per me. Fu talmente divertente che non credo mi sarebbe accaduto ancora durante tutta la mia esistenza.
Quella fu sicuramente la miglior serata della mia vita che non avrei mai dimenticato per nulla al mondo.
 
 

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Capitolo 5
*** In your arms ***


In your arms

(Sheila ver.)

Erano passati due mesi dal mio arrivo alla SMTown.
Il palazzo era molto accogliente così come tutti i componenti. All’inizio ho fatto molta fatica ad ambientarmi a quella sorta di labirinto, ma col tempo ho iniziato ad abituarmici.
Lo spazio era immenso e lo stile di arredamento era squadrato: mura bianche, mobili spigolosi , ambienti silenziosi, attrezzature specifiche. La qualità della tappezzeria era eccellente e le poltrone straordinariamente confortevoli. Ma soprattutto era silenzioso.
Ciò che mi interessò particolarmente fu la sonorità delle stanze. L’isolamento acustico era tale che non arrivavano rumori dall’esterno e viceversa. In quelle grandi stanze capitava spesso che accendessero gli stereo e trasmettessero alcune canzoni. L’acustica era perfetta. Inizialmente non ci feci caso. Un giorno invece, mi appostai in una sala di soggiorno con l’intento di leggere: fu lì che notai questa particolarità.
Proprio in quella stanza vi era l’apparecchiatura principale: era lucida e nera e scintillava orgogliosamente. Aveva alcune manopole e, le scritte verdi galleggiavano eleganti sul display. Senza dubbio era uno stereo di alta tecnologia. Non l’apparecchio che ci si aspetterebbe di trovare su una vettura o in una normale abitazione.
Ma del resto era logico: non mi trovavo né in una vettura né in una normale abitazione. Tutto ciò era nuovo ai miei occhi , ma essere in un altro mondo era davvero entusiasmante.
I miei compagni erano sempre gentili con me. Con il tempo riuscii anche a conoscere Key che si rivelò più simpatico del previsto.  Miharu invece, il microonde magnetico, mi presentò Minho. Sembrava davvero contenta quando parlava del suo lui.
Trascorrevano insieme ogni giorno. Quando Minho doveva lavorare passava prima da Miharu per le ‘coccole giornaliere’ e poi si buttava nel lavoro. Erano davvero appiccicosi ma sembravano divertirsi molto a stare sempre insieme.
Visto da fuori Minho mi sembrava una persona piuttosto orgogliosa e introversa, invece era tutto il contrario: molto dolce, aperto con gli altri e anche divertente. La classica persona di cui ti potevi fidare ma allo stesso tempo burlona e un po’ vendicativa. Ma non in senso cattivo, anzi.
Da ciò che mi raccontò erano una coppia davvero affiatata ; si poteva capire da tutte le attenzioni che avevano l’uno per l’altro. Presto si sarebbero sposati. Ero davvero felice per lei. Non era affatto facile trovare un marito così perfetto.
Conobbi Miharu durante un suo viaggio negli Stati Uniti, quella che credevo fosse la mia patria. Avevo solo dodici anni e lei invece, ne aveva quindici. Divenne ben presto la mia unnie indiscussa. Così , sin dal principio fummo molto amiche e non facevamo che comunicarci tutto ciò che ci accadeva. Fu lei a convincermi, a portarmi a prendere quella grande decisione. Un giorno li avrei trovati. Le dovevo molto per avermi infuso coraggio e per avermi appoggiato per così tanti anni.
La mia vita a quel maestoso palazzo era davvero divertente ma anche stancante. A differenza dei miei precedenti allenamenti in solitudine, qui era una cosa completamente diversa: ero in compagnia e questo diminuiva di molto la fatica.
All’inizio, subito dopo il mio arrivo, vi fu organizzata una festa unicamente in mio onore. Ricevetti un sacco di regali , tanto da riempire l’armadio , la scarpiera, le stanze… Quella sera venni truccata e vestita da qualcun altro che non fossi io per la prima volta nella mia vita: fu davvero entusiasmante. Modestia a parte, poi, ero una gnocca da paura!
Ne approfittai anche per conoscere tutti i miei coetanei.
Mi feci moltissimi amici oltre agli SHINee. Erano tutti gentilissimi e anche coloro che dall’esterno mi apparivano odiosi, in realtà non lo erano affatto.
Mi era particolarmente simpatica Sunny delle Girls’ Generation, con cui non facevo che spettegolare e fare qualsiasi tipo di attività. Anche andare nei posti isolati e oscuri era eccitante con lei.
Poi c’era Leeteuk dei Super Junior che ogni volta che avevo bisogno di un consiglio mi prestava il suo aiuto. Peccato che non ebbi molto tempo per conoscerlo, dato che dopo quasi due mesi dal mio arrivo, lui dovette entrare nel servizio militare. Mi lasciò dicendo:- Ci rivedremo , vedrai. E tra due anni, quando tornerò, sarai ancora più formidabile di quanto tu non lo sia già.- Le sue parole furono sempre molto confortanti e come oppa mi piacque tantissimo.
Il divertimento assoluto lo provavo con Sulli delle f(x) che con le sue sciocchezze mi faceva talmente ridere da provocarmi il mal di pancia. Con Sulli potevo parlare e scherzare per ore! Ci capitava spesso di pedinare qualcuno e di osservarne i comportamenti. Chiunque ci vedeva,  capì quanto eravamo deficienti.
A breve , da soli due mesi di allenamento, avrei dovuto iniziare il mio primo MV e ammetto che ero davvero in ansia. Per una normale persona che stava per debuttare, due mesi di allenamento erano miseri dato che richiedevano minimo tre anni di allenamento. Salvo eccezioni: ovviamente io ero un caso particolare e ne andavo abbastanza fiera.
Tuttavia ci pensavo spesso e presto, mi sorsero moltissimi pensieri. Alcuni positivi, altri esattamente opposti e negativi. Col passare dei giorni cominciò a crescere in me l’insicurezza. Cercai di rinnegarla ma era così acuta che non sarebbe potuta scomparire facilmente.
E se i miei genitori in realtà non hanno mai provato a cercarmi?
Tutto ciò era frustante. Più ci pensavo più non capivo da dove mi venissero certi pensieri, ma allo stesso tempo smisi di non badarci, e fui intrappolata in quella che poteva essere una possibile verità.
Cercavo di trattenerlo e di dare tutta la mia energia negli allenamenti. Volevo impegnarmi al massimo perché la verità iniziale, quella verità che sapevo dalla mia nascita era tutto ciò che desideravo.
Provai ad accantonare questi pensieri e mi concentrai nelle prove.
Taemin era spesso con me e ogni volta che i suoi occhi si posavano su di me, mi tornava su il morale. Incrociare il suo sguardo mi portava a fare sogni che credevo effimeri e momentanei.
Se non avessi avuto lui, probabilmente, non ce l’avrei mai fatta.
Jonghyun anche riusciva a percepire tutta la paura che tenevo dentro e mi rivolgeva sguardi curiosi ma preoccupati allo stesso tempo. Ogni tanto mi fermava e mi chiedeva il mio stato d’animo ma io stavo bene, o almeno era quello che non facevo che ripetere.
Decisi di non confessare nulla. Tutto ciò riguardava solo me.
Il mio desiderio si sarebbe esaudito con le mie sole forze. Non avrei mai fatto preoccupare nessuno, men che meno le persone che amavo.
Ero abbastanza forte per badare a me stessa , a trattenere le mie lacrime medesime. Nella mia infanzia mi insegnarono ad amare il prossimo e a non trasmetterli le proprie paure e insicurezze. Non potevo cedere a coloro che potevano essere i miei fratelli, tutti i miei mali. Non era necessario , potevo superarlo facilmente senza far preoccupare nessuno.
Quando ormai le mie forze erano al culmine , potevo liberarle. Sola.
Quella stanza ampia e vuota rispecchiava ciò che provavo: mi capitava spesso di sentirmi svuotata come se fossi nel posto sbagliato e forse, incapace, chissà.
Cosa ci faccio io qui? Perché non siete ancora venuti a prendermi?
Molte volte mi lasciavo prendere da questa mia insicurezza. Mi percorrevano mille voci, ma nonostante tutto io lo sapevo.
Continuando a sorridere, un giorno ci sarei riuscita sicuramente. Era solo questione di tempo. E’ così vero?
Avevo solo bisogno di risposte concrete. Non necessitavo di nient’altro.
 

(Taemin ver.)
Lei sorrideva. Sorrideva sempre. Il suo viso così dolce trasmetteva calore a chiunque.
A volte però mi capitò di osservarla più nel profondo, da vicino. Mi capitava spesso di seguirla o di osservarla di nascosto, per questo riuscii a notarlo. Col tempo si poteva notare la sua tristezza solo guardandole gli occhi.
Quando gli altri le si allontanavano, lei chiudeva le labbra. La sua espressione diventava cupa. Abbassava le palpebre e iniziava a sospirare.
Non faceva che tremare, ma cercava di trattenere ciò che, probabilmente, non voleva rivelare.
Era preoccupata, ma non sembrava la solita paura da palcoscenico. C’era qualcosa di più triste che oscurava il suo cuore.
Lei non se ne accorse per molto tempo, ma io la osservavo sempre. Ovunque andasse io ero sempre a pochi metri da lei. Ero così preoccupato che volevo sorvegliarla per evitare ogni imprevisto.
Forse avrei dovuto cercare di essere più cauto, ma non potei farne a meno.
Con il passare dei giorni, a poco a poco, era sempre più triste. Sarebbe presto scoppiata.
Non mancava molto all’arrivo del fatidico giorno in cui avrebbe debuttato ufficialmente.
Qualcosa non andava, io me lo sentivo. Continuava a peggiorare, era impossibile non accorgersene.
Quel giorno nevicava e lei continuava a provare la coreografia. Non sudava affatto. Era fredda in volto. Le sue mani erano bianche e gelide come la neve che posava all’esterno dell’edificio.
Io la osservavo come al mio solito, ma qualcosa le mancava. Non aveva più energia ormai.
Non avevo la minima idea di ciò che la turbava. Volevo aiutarla , consolarla, darle il mio sostegno, il mio amore, la mia spalla.
Mi allontanai per un momento in seguito alla chiamata del vice direttore.
Non appena tornai in sala prove , lei era a terra fresca ma con un’espressione esausta.
La portai in infermeria. Aveva perso i sensi. Nessuno era tra i corridoi.
Entrato in stanza con lei in braccio, tentai di spostare la tenda con la spalla e poi, la posai distesa su quel lettino bianco. Cercai di uscire in fretta a cercare aiuto. Iniziai a correre in ogni direzione.
Girai a vuoto diversi corridoi e stanze, ma non trovando nessuno decisi di tornare indietro. Non potevo lasciarla sola, non più stavolta.
Arrivai col fiato a mille davanti la porta e affacciai il capo : lei era rinvenuta, ma diversamente dal suo solito, piangeva.
Era disperata e non faceva che disperdere lacrime amare. Io la vidi così triste. Un giorno sarebbe scoppiata, lo sapevo fin dall’inizio.
In silenzio, entrai in quella stanza a passo lento. Potevo darle tutto il mio calore ed è quello che feci. Così, accelerai il paso e mi appostai dinanzi a lei. Mi guardò e i suoi occhi iniziarono a parlarmi.
Da ciò che cercava di comunicarmi, avrei potuto piangere ancora più dalla disperazione ormai chiara sul suo volto.
Mi sedetti accanto a lei e l’abbracciai forte. Così forte che quel suo tepore profumato non si sarebbe più staccato dalla mia maglia.
I suoi capelli profumavano di zucchero filato.
Un carillon malinconico percorreva le nostre orecchie e attraversava le nostre anime.
Le lacrime non cessavano. Il mio petto le dava conforto.
-Va bene, sfogati pure. Qualunque cosa succeda, io sarò sempre pronto ad offrirti il mio petto. Per cui piangi pure, adesso. Buttale giù tutte e poi confidati. Io ti proteggerò.-
Lei alzò lo sguardo e con le lacrime tirò un sorriso forzato. Io la strinsi a me ancora più forte di quanto non lo stessi già facendo.
Tutto ciò che disse fu: -Grazie.-
Passarono circa due ore e noi rimanemmo così, immobili, l’uno all’altra.
Quando riuscì a calmarsi, le lacrime si fermarono. Ricominciò a respirare regolarmente.
Allora sorrise. Non vedevo quel sorriso da così tanto tempo.
Quel giorno, di sera, finì con il raccontarmi tutta la sua storia.
Tutto ciò che voleva era non preoccupare nessuno e finì con l’accumulare tutto da sola. Non desiderava compassione da quella storia oscura, e io non gliela avrei mostrata.
L’avrei aiutata a cercare ciò che ardentemente desideravano i suoi occhi infuocati. Ero pronto soprattutto per me stesso.
Quello che volevo io, invece, era essere un vero uomo. E grazie a lei potevo finalmente comportarmi come tale. Ora che avevo qualcuno da proteggere , mi era spontaneo comportarmi in modo virile e maturo.
Probabilmente, se non fosse stato per lei, non mi sarei mai sentito così.
-Se mai ancora, qualcosa oscurerà il tuo sorriso, io sarò sempre pronto a consolarti.- Le sue debolezze finirono col diventare la mia forza. Potevo tutto ormai, solo ed unicamente per lei.


(Louin ver.)
Le riprese del drama erano quasi alla fine.
Procedeva sempre meglio e grazie a lui non facevo che migliorare la mia indole artistica. Mi continuavano a fare i complimenti per ore. La signora Yamada era davvero fiera di me. Mi disse a lungo che non facevo che migliorare a vista d’occhio.
Il drama aveva una trama banale ma davvero appassionante: Key nei panni dello studente migliore di tutta la nazione, sempre silenzioso e con l’aria orgogliosa. Durante la sua solita vita scolastica, un giorno, arrivò una ragazza dall’estero, ovvero io. Altrettanto brava nello studio e negli sport, lo conobbi quasi subito ma la mia prima impressione verso di lui fu davvero pessima. Questo nel drama, ovviamente. All’inizio mi diede l’impressione del ragazzo figlio di papà, così mi promisi di superarlo in qualsiasi cosa in cui fosse al primo posto , per dimostrarli che non era l’unico a poterci riuscire. Nel periodo in cui cercavo di raggiungere la mia aspirazione ne successero di tutti i colori e fu proprio lui ad aiutarmi e a trasmettermi la sua generosità e il suo senso di altruismo. Quando però uscirono i risultati degli esami , riuscii a superarlo come volevo ma non ne ero contenta, non ne andavo affatto fiera. Mi sentii in colpa. Quando invece vidi la sua faccia, dopo l’accaduto , rimasi ancora più colpita: lui mi sorrise e mi fece sentire ancora più misera. Quella sensazione divenne ammirazione e col tempo cercai di rimediare al mio errore. Anche lui iniziava a interessarsi a me e a provare i miei stessi sentimenti. Così diventammo amici, poi più che amici e infine una vera coppia.
Come ho già detto, è davvero bella come storia. Ma dopotutto, non mi sarei potuta aspettare di meglio dalla grande Sakura Yamada. Quella donna era davvero da ammirare in tutti i sensi.
A parte questo, i miei sentimenti, anzi, i nostri, puntualmente crescevano.
Nello sceneggiato baciavo Key, fuori dalle riprese baciavo Key, a casa sua baciavo Key. Che cosa fantastica! Mi sentivo la ragazza più felice del mondo, ed è ciò che provo ancora oggi.
Brillavo, i miei occhi splendevano di gioia. Lo portai a casa mia e alla sua visione, le mie ‘bestie’ impazzirono.
Quel dannato Ren disonesto che non faceva che sparare stupidaggini a caso, rivelò a Key tutte le frasi più oscure che pronunciavo su di lui.
Lui moriva dalle risate ad ascoltare tutte le mie sciocchezze registrate da quell’inutile bocca lunga. –Dai non ascoltarlo, è così imbarazzante!- cercavo di evitare di scatenare ancora più imbarazzo di quanto già non stessi provando.
-Ma no, è davvero dolce da parte tua dire certe cose!-ma lui non mi ascoltava e continuava a ridere.
-Ehm… dolce?!-
-Okay, è abbastanza divertente. E tu sei una pervertita.- mi guardava talmente divertito che non sapevo dove nascondere la faccia. Poi però mi disse che li piaceva ascoltare tutto ciò , anche se dal becco di quel fottuto pennuto. –Ren, ti prometto che quando Key và via, sei morto.-
- Ma non dovrà aspettare un po’ troppo, contando il fatto che resterò qui fino a quando morirò?-si intromise Key divertito.
-Oh Ren… in quel caso ti lascerò morire di vecchiaia!- Morte eh?! Chissà cosa sarebbe successo una volta superati i confini della vita. Era proprio ciò che avrei voluto rimandare molto più avanti.
 
(Kang Ho Dong ver.)
Una ragazza bionda, giovanissima e molto carina era appena arrivata alla SMtown. Era alta, magra, con un bel viso e dallo stile occidentale. Sembrava avere vent’anni, ma il suo sorriso era quello di una sedicenne.
La nuova recluta sembrava una persona molto affabile e gentile ed anche brava in ogni campo. Parlavano tutti molto bene di lei. Il suo nome era Sheila e conoscerla era uno dei miei principali obbiettivi al momento.
La ragazza avrebbe partecipato come ospite d’onore al mio programma, per la nuova puntata di Star King. Sembrava davvero simpatica e comunicava tenerezza.
Un giorno tra quelli, la vidi casualmente tra i corridoi dell’immenso edificio. Mi trovavo alla SM per discutere con il produttore e i manager della nuova puntata. Dovevamo progettare un episodio diverso dal solito, organizzato in due posti: prima nel normale stage del programma e poi in un piccolo parco acquatico montato appositamente per l’occasione.
Era rannicchiata sui sedili del lato destro del corridoio. Sembrava annoiarsi. Portava una divisa sportiva e un bel paio di Air Max color viola vivo e bianche. Si era sciolta i capelli e, scomposta, si agitava sul sedile con il cellulare il mano.
Arricciava le labbra e strizzava le palpebre. Guardava il soffitto, sospirava, ma poi scoppiava tra le risate.
Solo a guardarla mi veniva da ridere. Doveva essere davvero stanca per accucciarsi tra i corridoi in quel modo. Era davvero tenera e nonostante gli sforzi che stava affrontando per via degli allenamenti, scherzava come niente fosse, senza lamentarsi.
Mi avvicinai con l’intento di comunicarle l’invito al programma. Lei era sdraiata sulla schiena e quando cercò di fare una specie di ponte sul sedile, chinò la testa all’indietro e mi vide. Restò immobile per qualche secondo, mentre i capelli le scendevano in volto, e cercò di squadrare la mia persona per capire chi fossi, come straniata.
Quando probabilmente si ricordò di avermi già visto in televisione, balzò in avanti , scivolò sul lato e scese dal sedile. Sistemò i capelli arruffati all’indietro, mi guardò per un altro secondo. Poi alzò il braccio e mi indicò dicendo: -Ma tu sei il ciccio panzo di Star King!-
-Ciccio panzo?! Ahahahaahhaah e cosa significherebbe?- già dalla prima frase capii che era davvero così simpatica come dicevano.
Lei rispose: -Si certo, quando iniziai a seguire Star King insieme a una mia amica, ti attribuimmo quell’appellativo perché non conoscevamo il tuo nome. Poi quando lo scoprimmo, non riuscimmo a cambiare perché era pi divertente il precedente…- scoppiò a ridere e io con lei.
Che divertente! Era meglio di quanto mi aspettassi. Le raccontai tutto e la invitai al programma. Lei accettò senza problemi e continuò a sorridere.
Avrebbero partecipato tutti i membri della SM. La puntata trattava una sorta di metodo per presentare ai fan, la personalità solare e il carattere aperto di Sheila.
Erano tutti molto impazienti all’evento.
 
 (Il giorno della puntata)


(Sheila ver.)
-Rieccoci a una nuova puntata di Star King!- le telecamere si alternavano da ogni angolo e i riflettori accendevano l’atmosfera.
Entrarono tutti i partecipanti e nella prima fila si disposero gli SHINee insieme alle Girls’ Generation. Il resto dei gruppi si appostarono nelle file più esterne allo stage. Wow che emozione! Ero tra coloro con cui stabilii il miglior affiatamento: gli SHINee.
Ero circondata da esseri perfetti che parevano immortali: con un corpo bello, slanciato, forte , scattante e proprio strafigo, del tipo che ogni giovane uomo dovrebbe avere, se in grado di gestirlo.
Avevo sognato ognuno di loro venir sforacchiato da proiettili e uscirne illeso, guarendo sotto i miei occhi. Sembra fantascienza, lo so… Chi non ha mai desiderato un ragazzo da poter gettare sotto un camion senza alcun effetto permanente? Ovviamente però, le cose non erano esattamente così, dato che erano interamente dei mortali anche se avevano l’aspetto di esseri  opposti. Ne ero ben consapevole.
Ma restavo dell’idea che anche in un crollo improvviso, terremoto o chissà cos’altro, loro sarebbero potuti sopravvivere senza farsi neanche un graffio, e camminare fieri sotto note in stile western, con le loro immagini che si alternavano a rallentatore. Proprio come un film d’azione.
Ecco, io in tutto quel lasso di tempo sarei dovuta essere l’ospite d’onore. Fu proprio Ho Dong, il presentatore di Star King a propormelo. Lo conobbi mentre ero in pausa e ciondolavo per i corridoi senza obbiettivi. Era davvero simpatico e mi riportò alla luce tutte le risate che mi feci, quando qualche anno fa iniziai a seguire il programma assieme a Miharu. Lo soprannominammo ‘Ciccio Panzo’. All’epoca non avevamo nemmeno chiaro il significato, ma era molto divertente pronunciarlo.
Guardare il programma dal televisore era un momento molto divertente, ma viverlo ed esserne protagonista era una sensazione unica e irripetibile.
Mi alzai e a passi decisi raggiunsi il centro della scena. Non ero affatto agitata perché mi sembrò di trovarmi in una famiglia. La mia.
Il ciccio panzo venne verso di me, prese la mia spalla abbracciandola con il suo braccio e annunciò un gioco: avrei dovuto rispondere sinceramente alle sue domande scegliendo tra i membri degli SHINee.  Oh, a quel punto mi misi a ridere ma allo stesso tempo iniziavo ad essere agitata, anzi curiosa e eccitata all’idea.
-Cara Sheila, da fonti attendibili ho saputo che i primi con cui hai stretto amicizia sono stati quei bei cinque. Dunque ora dovrai rispondere sinceramente alle loro domande e alla tua risposta, osserveremo attentamente le loro reazioni. Ecco la prima domanda: chi ritieni che abbia il fisico più perfetto tra di loro?- si rivolse Ho Dong verso di me.
Senza esitazione e soprattutto sincera, risposi: -Minho!- lui alla mia risposta balzò in aria e lanciò a Jonghyun uno sguardo divertito e consapevole di quanto avessi appena confermato.
-Chi tra di loro è il più divertente?- a quella domanda risposi quasi immediata:-Onew chiaramente!- e tutto il pubblico iniziò a ridere e a guardarlo. Lui sfoggiò il suo sorriso kilometrico e disse:-…Chiaramente lo so!-
-Chi ha lo stile più stravagante? E chi ha una voce che fa sognare?-
-Key e Jonghyun.- sorrisi entusiasta e attesi l’ultima domanda. Intanto quei due appena tirati in ballo si guardarono dandosi un’intesa. Taemin invece, aveva un’espressione seria, probabilmente perché non avevo ancora fatto il suo nome.
-Okay Sheila, passiamo all’ultima domanda di questo gioco: immagina di dover scegliere come fidanzato uno di loro cinque. Attenta a ciò che dici: chi sceglieresti? E perché?- Ho Dong iniziò a guardarmi curiosissimo e intanto, spalancava le pupille a mille.
Tutto il pubblico dagli acclami precedenti piombò in un silenzio totale, attento alla mia risposta. Io iniziai a pensarci e a valutare ogni aspetto. La risposta arrivò quasi subito.
Così sorrisi e li guardai bene. Poi, di scatto, girai lo sguardo verso Ho Dong e dissi: -Hmm, Taemin perché è tutto ciò che mi hai chiesto fino ad ora!-
Alla mia risposta divenni più rossa di un peperone! Il pubblico balzò in piedi e prima sfornò degli ‘Aww’ molto energici, poi iniziò ad applaudire talmente forte da buttar quasi giù lo stage.
Taemin invece, nel suo bel cappellino di lana restò qualche millesimo di secondo immobile. Ma non appena il pubblico iniziò ad urlare lui saltò in piedi e corse a tutta velocità contro di me, abbracciandomi.
Mi strinse talmente forte che avrei potuto piangere di gioia. La folla iniziò a urlare ancora più di prima e noi restammo così per qualche minuto. Aveva un profumo odoroso, molto virile. Ne rimasi inebriata, quasi rapita. Il suo petto era caldo, proprio come allora, quando vinceva contro le mie lacrime di ghiaccio.
Sembrava davvero entusiasta e felice della mia risposta e mi abbracciava forte come se la ricambiasse. Poi mi prese in braccio e mi riportò sugli spalti, tra il pubblico.
Le risate continuarono a lungo, e non mi riferisco solo alla puntata. Di quel passo il mio sorriso non si sarebbe mai spento.
Con quella nuova vita stavo scoprendo di giorno in giorno, minuto per minuto, emozioni talmente forti ed eccitanti che non credo avrei voluto cambiarla…
 
 

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Capitolo 6
*** River flows in you ***


River flows in you


(Sheila ver.)

La mia vita stava cambiando. Pensare che dalla mia entrata alla SM, ora tutto era diverso: la mia stanza, il mio ambiente, le mie scarpe e perfino me stessa. Stavo viaggiando, ma non solo per tutto il mondo. Anche il mio animo viaggiava.
Dal primo giorno in cui potevo sentirmi un’estranea, sconosciuta a tutto il resto, ora vantavo di essere a casa, circondata da tutta la mia nuova famiglia.
Un insegnamento che credevo surreale, ora rispecchiava la mia indole artistica. Se volevo realizzare ciò che bramavo da tutta la mia vita dovevo far vale i miei sforzi.
“Se vuoi cambiare il mondo, devi partire da te stesso.”  E io ci stavo riuscendo: passo dopo passo, acceleravo in salita.
I miei capelli da un biondo ramato venivano acconciati con kili di spray, lacche e fermagli. Guardarli portavano a pensare a chiunque, ricoperti da una pellicola sottile e morbida, ma luccicante, così resistente da non spostarsi nemmeno con un monsone invernale in grado di spazzar via ogni cosa. Errore: perfino io potevo venir spazzata via, tranne i miei capelli. Potevano diventare addirittura impermeabili, rivestiti da una tuta che in realtà si dimostrava inesistente.
Erano diventati la mia armatura. Seppur l’apparenza che davano erano straordinariamente morbidi, ancora più di prima.
Quando camminavo per le strade di Seoul, potevo chiaramente vedere i capelli delle fan interamente scompigliati dal vento. I miei invece, erano immobili. Durante i periodi da dedicare agli autografi, mi ponevano un sacco di domande. Questi eventi si organizzavano solitamente all’aperto e, dunque, capitavano spesso le giornate ventose.
Ricordo chiaramente la domanda di un fan:-Non per essere invadente, ma i tuoi capelli hanno anche l’antifurto?
-Oh si, dovresti vedere! Se qualcuno mette mano, parte la canzone Attention di HyunA- e poi iniziai a rendergli più chiara l’idea cantando: -Hey hey, what you gonna do? Attention! Attention, attention ah ah attention!- il ragazzo si spaventò per un attimo, ma dopo avergli ultimato l’autografo, scoppiò a ridere assieme a me.
Con il passare delle settimane iniziavo a sentirmi un po’ spaesata perché erano molte le differenze a circondarmi. Mi divertiva la cosa ma allo stesso tempo mi lasciava perplessa.
Ad esempio, la prima volta che utilizzai il bagno, vidi una strana pelliccia rossa che rivestiva anche la parte inferiore del water, oltre a quella superiore. Pensavo, tuttavia, che prima dell’utilizzo dovessi rimuoverla, ma non ci riuscivo. Così chiamai una delle donne delle pulizie per chiedere aiuto e, quando le illustrai la situazione, scoppiò in una risata euforica, mi mise la mano sulla testa come per accarezzarmi e mi guardò come se fossi di un altro pianeta. Inizialmente mi disse: -Tranquilla, non sei la sola ad essere rimasta perplessa per la pelliccetta… è tutto normale.
Qualche secondo dopo la donna sollevò la mano dai miei capelli e mi guardò stranita: -La musichetta anche rientra nel ‘normale’?!- io annuii e a quel punto andò via confusa.
Non avrei mai immaginato questo nuovo mondo in cui stavo vivendo. Poteva presentare parti imperfette, ma nella sua imperfezione si dimostrava impeccabile. Quel mondo privilegiava la bellezza, quasi maniacale di ogni cosa.
Ritornando alla mia vita interiore, credevo di essere in grado di mostrare sempre le mie stesse capacità, le mie stesse doti, gli stessi rapporti che avevo con gli altri.
Invece iniziavano ad apparire delle sfaccettature, ma non in senso negativo. Alcune mie qualità mutavano diversamente rispetto alle altre. Tutto dipendeva da chi avevo intorno, da quello che provavo, da ciò che mi stava accadendo ogni giorno che passava. Solo aver realizzato ciò che volevo davvero dalla mia vita mi stava trasformando in qualcosa di diverso.
Ora ero più forte sia interiormente che fisicamente, sempre con la forza di rialzarmi, di non farmi abbattere. Dopotutto, cosa può buttarmi giù adesso?
La causa del mio mutamento però, non era dovuta solo al mio genio. C’era una persona che mi aveva aperto gli occhi (difatti ora camminano con le stampelle). Una persona che mi stava trasformando in qualcosa di  simile al miele. Magari un giorno avrebbero potuto utilizzarmi per il mal di gola, chi può dirlo?
 Quella persona con la sua dolcezza e la sua spontaneità mi aveva portato a capire tutto ciò di cui avevo bisogno. Tuttavia, la fiducia che riponevo in essa è cambiata: è diventata più forte e stava mutando in un legame inseparabile. Esempio: avete presente quelle zanzare enormi che quando si accoppiano, si attaccano in maniera oscena? Ecco, ora levatevi questa assurda idea dalla mente e concentratevi su una coppia di formiche che, tentando di accoppiarsi, incollano tra loro i rispettivi posteriori. No, non sto dicendo che quella persona mi sta – MODO BARBARO DI ESPRIMERE IL CONCETTO- con tutte le sue forze. Assolutamente no. Non ancora, insomma…
Ritornando al discorso serio, io stavo conoscendo un sentimento che il mio cuore non aveva mai provato: l’amore profondo verso qualcuno.
Dopo tre mesi di duro lavoro, la mia spensieratezza era improvvisamente deceduta e io sono scoppiata in lacrime. Ma lui era lì, sempre pronto a consolarmi e a starmi accanto. Inutile ammettere che gli dovevo tutto, perché ora lui era diventato il mio tutto. Da quel giorno il mio sorriso non si è mai spento.
Taemin: ormai non sapevo più come trattarlo. Dopo tutto quello che ha fatto per me, dopo quello che ho detto ‘accidentalmente’ in diretta da Star King su di lui, dopo ciò che ha fatto quando l’ho detto. Mio dio, al solo pensiero mi veniva da urlare e da piangere felice così forte da saltare per tutto l’edificio. Nana, la mia maledetta gatta, era altamente infastidita da tutto ciò e, ogni tanto, mi graffiava d’istinto le chiappe per ricordarmi che in quell’appartamento non ci abitavo solo io.
Taemin era sempre con me e, anche se fino a quel momento non avevamo mai discusso ufficialmente sulla nostra storia, stavamo sempre appiccicati.
-Sembrate due piccioni!- mi ripeteva Miharu. Meglio piccioni che zanzare/formiche. Eppure malgrado il suo pensiero, ci vedevo più lei con il suo lui in quella descrizione.
Quel giorno, io e Taemin eravamo in sala prove. Lui mi stava insegnando a ballare Michael Jackson ma io non sarei mai diventata brava come lui. Gli ripetevo sempre che amavo guardarlo ballare quel genere ma lui mi rispondeva di non esserne soddisfatto. Al suo posto non sarei mai riuscita a mantenere tutta quella modestia anche in quel campo.
All’improvviso l’atrio della sala si spalancò. Era Onew con i capelli interamente spettinati e le pantofole gialle a forma di paperelle. Probabilmente era appena tornato da un mondo parallelo e, inizialmente, pensammo fosse uscito da un film buffo per bambini. Poi capimmo che in realtà era appena stato rilasciato da un ufo giocattolo del film Toy story.
Aveva una busta bianca in mano e non faceva che urlare: -Ragazzi, non sapete cosa è successo. Non ci posso credere, non ci posso credere…
-A cosa non puoi credere? In Strambolandia non c’è il pollo fritto?- sorrise sarcastico Taemin. Onew lo guardò in modo strano ma non ci fece molto caso.
-E’ un invito! Quei due si sposano, di già!- urlò Onew con tutta la foga possibile –Cos’è Strambolandia? Hanno aperto un nuovo parco di divertimenti? Ci andiamo?- arricciò le labbra sperando nella compagnia.
-Hyung, sei ritardato!- gli urlò Taemin, ma lui non capì lo stesso e rinunciò a farlo. –Già si sposano? Oh mamma mia, non ci posso credere!- esclamai.
Iniziai a saltare per la sala e a urlare contenta. Taemin mi prese per le mani e iniziammo a saltare come bambini in tondo. Onew ci guardava perplesso. Di solito la situazione era al contrario: eravamo noi a guardare lui perplessi. Sembravamo dei canguri. Poi aggiunsi spontanea –Pensavo fossimo dei piccioni…
-Che intendi?- mi guardò Taemin.
-Ah be’… niente, scherzavo- scoppiai in una risata imbarazzata ma euforica. Forse stavo cambiando in meglio, ma dovevo ancora imparare a trattenere alcune cose.
L’invito era fissato per tre settimane dopo, in pieno Aprile, quando i fiori di ciliegio danzavano nell’aria e ricoprivano i verdi campi sottostanti creando un’atmosfera romantica e amabile.
Onew ritornò nella sua stanza, mentre io e Taemin iniziammo a giocare per la troppa gioia. Lui mi prese sulle sue braccia e iniziò a correre senza una traiettoria precisa. Voleva farmi credere che mi avrebbe lasciato cadere, così da incutermi paura. Ma la paura era l’ultima cosa a cui pensavo. Per nulla al mondo avrei lasciato quella presa così salda che premeva sui miei fianchi. Se fossimo stati formiche (ma anche no) col cavolo che mi sarei staccata da quel bel posteriore.
Mi stringeva a sé, come se fossi il suo tesoro privato, impossibile da condividere con gli altri. Come se fossi solo e unicamente sua. Ma se volevo davvero esserlo, non potevo lasciare le cose così, dovevo darmi una mossa.
Lui frenò di scatto e il suo petto andò in avanti assieme a me. Non pensavo ci sarebbe riuscito, ma la paura di separarmi da lui mi sconvolse. Quel dolce terrore, portò le mie braccia oltre il suo collo e il mio viso accanto al suo. I miei occhi si chiusero con forza e quel morbido abbraccio si strinse.
Lui si fermò e lasciò le mie gambe, ma non mi separai da lui. Il mio corpo restò nella posizione precedente, e non ero presa da un semplice principio di inerzia. Io volevo abbracciarlo così, volevo stargli appiccicata, volevo tante altre cose e pian piano iniziavo a immaginarmele.
Lui ricambiò l’abbraccio, poi mi guardò intenerito e mi baciò la guancia. Così, mi chiese di aspettarlo nella stanza degli strumenti, mezz’ora più tardi. Acconsentii e lui si congedò momentaneamente. Avevo già intuito delle possibilità in quell’incontro. Tutto traspariva da quel semplice bacio sulla guancia: c’era qualcosa su cui dovevamo parlare, chiarire e deciderne una svolta. Giuro che l’avrei spedito a Strambolandia con un calcio, se solo si fosse permesso di richiedere la mia metamorfosi in una formica.
Intanto mi andai a cambiare, e dopo aver sostituito la tuta con un vestitino bianco ricoperto da sottilissime righe color corallo, mi avviai per il luogo stabilito.
Erano passati solo venti minuti, ma lui era già lì. Erano circa le sei del pomeriggio. Il suo aspetto era completamente cambiato: ora aveva una sottile camicia bianca con i primi tre bottoni aperti. Dalla manica rialzata sulla parte superiore del braccio, riuscivo a intravedere dei forti muscoli delineati da alcune vene in rilevo. Portava i capelli leggermente arruffati e ricurvi su loro stessi. Era così attraente; avrei potuto saltargli addosso, ma non mi sarei più limitata solo ad un abbraccio. Nonostante tutto, il suo sorriso era sempre lo stesso e mi faceva sentire a casa.
Mi invitò ad entrare e socchiuse la porta. Disse che c’era una sorpresa per me, così posò dolcemente le sue mani sui miei occhi e, dietro di me, mi indicò la strada. Poi mi aiutò a sedermi e quando aprii gli occhi, mi trovavo davanti un pianoforte bianco e dipinto da raffinati disegni, con un principe seduto proprio accanto a me e pronto a utilizzare le sue belle mani per rendermi omaggio.
Posò per primo il palmo della mano destra sull’asta del piano. Allungò le sue lunghe e magre dita sui tasti. Fissò per un secondo davanti a sé, come per trovare la giusta concentrazione.
Mi guardò sorridente e poi iniziò. Dopo la seconda nota, mi ero già resa conto della melodia che si apprestava a suonare. Quella era da sempre la mia preferita, l’unica melodia che avrei potuto riconoscere ovunque e in qualunque momento. Anche lui la pensava al mio stesso modo, e il grande maestro Yiruma ne era contento.
Stava suonando River flows in you. Ed era dedicata solo a me.
Tante emozioni provai in quel momento: commozione, amorevolezza, stima, ansia, dolcezza, voglia di ricambiare, amore.
Lo guardavo con il fiato a mille. Gli occhi spalancati ad ammirare colui che superava le sette meraviglie del mondo. Per me era il più bello di tutti, di tutto. Restai incantata per diversi minuti come ipnotizzata. Portai la mia mano dietro il suo collo, intenta ad accarezzargli i morbidi capelli. Feci quel gesto senza pensarci. Lui chiuse gli occhi per un attimo sorridendo sicuro e determinato.
Dopo l’assolo, il mio cuore tremò da un caldo brivido. Poi in un’istante l’esecuzione si fermò e sentii qualcosa di morbido e caldo che sfiorava le mie labbra. La sua mano si appoggiò dolcemente sul mio braccio, e quello sguardo dal taglio a mandorla che incrociava il mio a pochissimi centimetri mi pietrificò. Non avrei mai immaginato di organizzare niente del genere. Rimasi stupita da quel gesto.
Quando le nostre labbra si separarono per un attimo, lui sorrise.
-Non dovevi interrompere un’esecuzione da sogno per me-  dissi
ricambiando il suo sorriso.
Poi il suo sguardò si intenerì ancora –Sei tu il mio sogno adesso- mi disse.
Non credevo alle mie orecchie. Non avevo mai sentito una frase così dolce e virile allo stesso tempo. Mossa dall’adrenalina del momento mi spinsi tra le sue braccia, e andai alla ricerca di un bacio appassionato. Avevo le lacrime dalla gioia –Per me è lo stesso- piagnucolai felice. Mi sfiorò le lacrime con le dita, poi mi baciò soddisfatto e contento.
Fu il nostro primo bacio. Non avrei mai più dimenticato ogni singolo particolare di quell’episodio. E tornata nella mia stanza non feci che pensarci per ore, mentre piangevo dalla gioia.
 

(Jonghyun ver.)

Quel giorno mi ero fatto coraggio. Sheila era ormai diventata il mio unico chiodo fisso. Sapevo già che lei era attratta da Taemin, ma nonostante tutto io ero in grado di farle cambiare idea. Lei doveva venire da me un giorno o l’altro. Non doveva più restare contrapposta su due versi.
Così quel giorno, decisi finalmente di parlarle. Avevo tante cose da confessarle. Il mio amore non poteva finire così.
Taemin era uno dei miei migliori amici e io non ho mai avuto niente contro di lui. Tuttavia in amore, vince chi si rivela il migliore a dimostrare i propri sentimento. Lei avrebbe scelto il più meritevole, e quello dovevo essere io ad ogni costo.
Onew mi parlò del matrimonio di Minho con la sua Miharu, e tutti all’edificio SM erano profondamente contenti per lui. Sicuramente anche Sheila era felicissima per la sua amica.
Così, la cercai a lungo per tutto l’edificio. Non riuscivo a trovarla. Era ormai tardo pomeriggio.
Nella mia ricerca pensai a lungo. Iniziai ad avere paura: l’amavo troppo per ricevere un rifiuto.
Volevo fare lunghe passeggiate con lei, andare al cinema, fare shopping per poi riportarla a casa e dirle “Ti amo”. Volevo essere ricambiato, volevo piangere felice. Non vedevo l’ora di vedere avverato questo mio dolce sogno.
Dopo aver cercato in tutte le sale, giunsi nella sala più improbabile: quella degli strumenti. Lei suonava la chitarra, ma quello era l’unico strumento che non si trovava in quella stanza. Stavo per andar via senza controllare, dato che sarebbe stato inutile in ogni caso, dato che non poteva trovarsi lì. Poi però, mi venne in mente un pensiero orribile e decisi di dare un’occhiata per sicurezza.
Mi avvicinai e sentii l’unica melodia che non avrei voluto sentire. Iniziai a spaventarmi e a pensare a numerose possibilità.
Conoscevo quel tocco, quel suono. Era Taemin che suonava il piano. Non avrei mai voluto guardare, avevo troppa paura che la mia amata si trovasse proprio lì. Restai lì impalato per qualche minuto, poi la melodia si fermò d’improvviso. Spinto dalla curiosità mi affacciai in quella piccola fessura. Vidi la cosa più terribile che potesse capitarmi.
Lei era lì, accanto al mio migliore amico. Lui la abbracciava e la baciava, lei era così felice da non trattenere l’emozione.
In amore vince la legge del più forte così come nel mondo. E il più forte, stavolta, non ero io. Assistii a tutta la scena: la melodia, il bacio, la dichiarazione…
Avevo il cuore ormai spezzato. Così mi voltai e mi appoggiai alla porta, piangendo come non avevo mai pianto. Ero così triste di aver perso la mia bella, che non credevo mi sarei nuovamente innamorato. Avevo però giurato in precedenza che, se fosse successo ciò, non le avrei negato la mia amicizia né la mia disponibilità. Quindi ora non mi restava che farmi coraggio e ricominciare da capo.
Guardarli così era per me la sconfitta più grande. In fondo ho sempre saputo di non essere io il prescelto, ma non l’ho mai ammesso a me stesso. Ero troppo orgoglioso per farlo.
 
 
(Miharu ver.)

Dopo sei capitoli di lunghe attese, ora ascolterete finalmente me e le mie demenziali lagne.
Mi presento, sono Miharu, un povero fornetto a microonde che presto sposerà un enorme forno per la pizza. Che dire: si è innamorato dei miei messaggi attaccati su me stessa con magneti a forma di cuoricino, della mia estetica così laccata e luminosa, della mia capacità massima in qualità d’ impianto…
Okay ora smetto subito di sparare idiozie.
Come stavo dicendo, sono sempre stata una misera fan degli SHINee e da anni ero innamorata di uno di loro. Ovviamente ero ben consapevole del fatto che non sarei mai riuscita a incontrarli. Ma la mia determinazione, anzi ossessione, prevalse. Così mi trasferii a Seoul al fine di incontrarli.
Lasciai in Inghilterra, il mio paese d’origine, mio fratello e la mia migliore amica Sheila e poi partii. Continuai a sentirli lo stesso anche se niente era più come prima.
Tentai per diversi mesi di incontrare gli SHINee, di incontrare il mio Minho e di soddisfare il mio pietoso amore. Ma era stato tutto invano. Io non li avrei mai incontrati. Così dopo un anno perso a vuoto a Seoul, decisi di ritornare a casa.  
Quel giorno, prima di partire feci un ultimo giro per le strade coreane. Era un paese così bello, ma non faceva per una come me… Un misero fornetto inglese non c’entrava niente con tutto quel ben di Dio.
Andai in un piccolo laghetto artificiale in Pusan. Non avevo molta fame, così restai tutto il tempo su quel ponte, a pensare afflitta al futuro che non riuscivo a vedere.
Era un posto molto isolato, non era particolarmente ricco di attrazioni, ma rimaneva tranquillo. Perciò non era frequentato da quasi nessuno ed era il posto in cui sicuramente non avrei mai incontrato i miei idoli, il mio amore (né avrei mai sperimentato del sano sesso con lui, ma sorvoliamo).
Mentre ero immersa nei miei pensieri, scoppiai improvvisamente in lacrime, senza nemmeno accorgermene.
Quelle poche persone anziane che stavano sedute sulle panchine, era come se non ci fossero per me. Non sentivo più nulla: né gli uccellini cantare, né le basse acque cristalline sfiorare il ponticello.
Sentivo solo delle voci che mi dicevano di arrendermi, di sprofondare, di farmi rottamare perché tanto quello non sarebbe mai stato il mio vero mondo.
Le lacrime non accennavano a fermarsi, e per un attimo smisi anche di pensare. Mi accasciai sulla ringhiera del piccolo ponte di legno, ripiegandomi su me stessa.
Quando a un tratto, delle mani calde mi presero per i fianchi. Mi girai di scatto e spaventata, pensai fosse un vecchio maniaco. Invece non era così.
Era un tizio piuttosto buffo: aveva i capelli lunghi e di un castano scuro, legati in un codino. Portava un cappello con la visiera e degli enormi occhiali neri da vista. Aveva uno sguardo un po’ camuffato dagli occhiali, ma ebbi un lieve impressione di aver già visto quel viso.
-Posso permettermi di chiederti il motivo di queste lacrime?- disse lui.
-Non è niente di importante- risposi. –Tu chi sei?-
A quella domanda passarono diversi minuti prima di ricevere una risposta. Il ragazzo a me davanti, abbassò lo sguardo e dopo un po’ rispose: -Sono solo un mediocre ventunenne a spasso-
Rimasi colpita dalla risposta, mi asciugai le lacrime, e incuriosita chiesi:
-Come ti chiami?-  quel buffo ragazzo balbettò un attimo, poi mi disse: -Io sono Superman e, modestamente, nemmeno l’ametista mi intimorisce- scoppiò in una lieve risata e io insieme a lui. –Ma non era criptonite?! Comunque se sei Superman, adesso ti alzerai in volo e mi porterai a fare un giro nel cielo?- Lui sorrise e alzò lo sguardo dicendo: -Chiedo venia signorina! Ma al momento le mie forze mi hanno abbandonato ed è per questo che ora sono solo un mediocre ventunenne a spasso!
-E menomale che nemmeno ‘l’ametista’ ti spaventa!- Grazie a quel simpatico idiota avevo ripreso il sorriso e probabilmente la mia partenza si sarebbe rivelata più gioiosa.
Quel giorno lo passai insieme a quel ragazzo senza scoprirne l’identità. Gli rivelai il mio nome, ma lui non ricambiò. Sembrava molto preso dalla mia persona europea. E restammo insieme fino a tarda notte. Continuammo a parlare e a scherzare per tre lunghi giorni, che in realtà si rivelarono ben più brevi di quanto immaginassi.
Il quarto giorno, però, avrei dovuto lasciare il paese, e recarmi nella mia patria. Anche quella mattina rimasi con quel bellissimo sconosciuto, ma quando gli accennai la mia partenza, qualcosa cambiò. Aspettai apposta a dirglielo, proprio per non renderlo triste o forse, nostalgico. Sembrava essersi molto attaccato a me e viceversa.
Quella sera mi accompagnò in aeroporto. Rimase accanto a me tutto il tempo, però sembrava essere alquanto depresso per la mia partenza. Era stata una bella e divertente avventura. Ormai dovevo andare.
Lo salutai calorosamente e gli lasciai il mio recapito telefonico. Poi gli voltai le spalle e mi avviai per l’uscita dell’aereo su cui dovevo salire.
Dopo aver percorso circa sei metri, lui mi corse incontro dicendo: -Non andare via. So di non aver il diritto di fermarti, né di provare qualcosa. Solo, non andare via, devo dirti tutta la verità e confessarti cosa ho provato in questi giorni- rimasi senza parole dal gesto.  Pensai di essere stata solo presa in giro, ma poi presi quella frase in senso positivo. Così mi voltai –Allora dimmi, chi sei tu?-
-Probabilmente non mi crederesti mai, ma per verità intendo tutta la verità- avevo parlato con quel ragazzo della mia passione per gli SHINee e della mia determinazione verso il mio amore non trovato fino a rendermi ridicola. Lui sapeva tutto ciò che pensavo di Minho, quello che mi piaceva e quello che ammiravo. Eppure durante i miei discorsi su Minho, lui mi ripeteva: “Pensi che sia davvero ciò che dimostra?” non capendone mai il significato.
-Non arrabbiarti. Sono quello che tu credi perfetto, il migliore, una star in carriera. Ma in realtà io non sono come mi descrivi, non sono niente di tutto questo… Io sono Minho- si tolse il cappello, gli occhiali. Mi guardò. Io rimasi sconvolta, i miei occhi si dilatarono a mille.
-Perdonami se non te l’ho detto dall’inizio, ma comprendimi, non avrei potuto rivelare la mia identità a chiunque. E cosa importante: in questi giorni sono stato bene come non lo sono mai stato. Tutto grazie a te, Miharu- a quelle parole sorrisi e scossi il capo come per avvisarlo di non preoccuparsi. La mia espressione accennava vergogna e un po’ di imbarazzo. Insomma, il mio amore perduto mi era stato accanto per quattro lunghi giorni e io non ero stata in grado di riconoscerlo?
-Allora, fammi capire bene: tu mi stai dicendo di essere proprio ‘quel’ Minho?- lui annuì. –Oh, benvenuto nel florido mondo di Miharu. Divertiti- sorrise divertito, poimi abbracciò. Restammo così per tanto tempo senza prestare attenzione al resto.
Quando mi allontanai da lui, il mio aereo era già partito da mezz’ora, ed io ero ancora lì, assieme al mio lui. Scorrevano fiumi di lacrime sul mio viso. Erano lacrime di gioia, le stesse che tralasciavano gli otaku dopo aver visto l’ultimo episodio di una serie di 947590692174859381717184927 puntate.
Magari la fortuna avrebbe iniziato a sorridermi?
E infatti fu così, con il passare del tempo il nostro legame crebbe e dopo un mese di amicizia, diventammo qualcosa di più. Eravamo innamorati: io da tantissimo ma ebbi l’occasione di trasformare quell’amore nel suo doppio, invece lui raggiunse quel doppio in così poco tempo.
Ed ora, eccoci qui. Ci stavamo per sposare. Mancavano solo due settimane. L’agitazione cresceva in me, così come l’ansia. Ma anche la gioia. Pensare a tutto ciò che stavo diventando, tutti i preparativi da effettuare: le bomboniere, la chiesa, la festa, i menù, il ristorante…
Ma parliamo della torta: avevamo optato al posto dei classici sposini in cima, a un fornetto a microonde e a un forno in abiti nuziali. Dopotutto la storia li richiedeva.
Invece per quanto riguardava i vestiti da sposi, Minho aveva già deciso. Io invece, ero in leggero ritardo. Esatto: mancavano meno di due settimane e io stavo ancora a zero.
Ebbene signori lettori, il mio vestito non era ancora pronto, dato che nemmeno io ero pienamente convinta della sua estetica. Insomma, era il mio matrimonio con Minho. Non potevo indossare un abito non adatto. Avevo optato per il classico abito bianco. Inizialmente lo scollo era chiuso, ma siccome dall’inizio non mi aveva convinto, ho costretto le sarte ad apportare una modifica, rendendolo interamente di merletto. In questo modo, seppur coperto mostrava una bella scollatura, un po’ eccessiva, ma sexy.
All’attaccatura del corpetto con la parte di merletto, vi era una striscia di piccoli fiorellini bianchi. Il corpetto era decisamente stretto e aveva delle leggere striature che partivano dalla parte superiore per poi incrociarsi e scontrarsi tra loro, fino a finire all’inizio della gonna. L’inizio della gonna era la parte che non mi convinceva: aveva lo strato inferiore bianco e rivestito interamente da ricami. Al di sopra c’erano dei veli arricciati. Tuttavia in vita, dove avveniva il distacco tra il corpetto e la gonna mancava qualcosa. Ma cosa? Non riuscivo a farmi venire in mente niente di decente. Per questo i giorni passavano senza effettuare cambiamenti.
A un tratto mi venne un lampo di genio:- Ese facessi mettere un fiore su un lato tempestato di diamanti?
-Ma signorina, non crede che il prezzo potrebbe rivelarsi eccessivo?- guardai la sarta pensierosa, poi mi incantai verso la finestra sconsolata. La sarta prese ago e filo e si sedette con l’abito in mano. –Dimenticavo che non sono io a sposare un ragazzo perfetto… Insomma Minho è bello, di talento, famoso e… ricco…-
Non avevo mai concretamente pensato a questo, eppure mi resi conto che non era proprio in torto. –Ottima osservazione Margot, lo stavo dimenticando anch’io- anche se non sposavo Minho per tutte quelle qualità. Lo sposavo perché era l’unico che solamente standomi dinanzi riusciva a diventare l’unico soggetto del mio panorama. Era il forno più soddisfacente e innovativo che avessi mai visto.
Era solo questione di tempo e ben presto avrei potuto affermare di essere il mediocre fornetto con calamite più fortunato di questo mondo.

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