ISTANTANEE - 'My first kiss' version

di Orient_Express
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Scatto primo ***
Capitolo 2: *** Scatto secondo ***
Capitolo 3: *** Scatto terzo ***



Capitolo 1
*** Scatto primo ***


Disclaimer: i personaggi non mi appartengono; non intendo dare rappresentazione veritiera del loro carattere o del loro orientamento sessuale, né offenderli in alcun modo; scrivo e pubblico senza alcuno scopo di lucro.






Scatto primo

Il mio primo amore aveva sedici anni.
Io anche.
Era un ragazzino spilungone e secco come un chiodo, dalla pelle chiara.
In realtà, io ero già più alto di lui (sono sempre stato alto), ma lui sembrava più alto perché era molto più magro di me. No, non sembrava alto... Sembrava lungo. Già, proprio lungo. Aveva le gambe lunghe, le braccia lunghe, le dita lunghe, i piedi lunghi e persino le dita dei piedi lunghe. Ma forse sembrava lungo solo perché era tanto magro. 
Era nato in America e sentirlo parlare in Inglese era uno spettacolo della natura, ma aveva gli occhi allungati a forma di mandorla, come dicono gli occidentali, forse anche più allungati dei miei.
Comunque, di certo il mio primo amore non era bello. Aveva anche il naso un po’ troppo grande. 
No, decisamente, non era bello.
Probabilmente non era neanche sexy, probabilmente non aveva neanche fascino, ma a me piaceva. Forse perché riuscivo a intravedere che da adulto avrebbe avuto fascino, che da adulto sarebbe stato sexy, anche se magari non sarebbe mai diventato bello.

Neanche io avevo fascino, e non ero sexy. Però mi dicevano tutti che ero bello, più bello di lui (me lo dicono anche adesso, che sono bello, eppure neanche adesso sono sexy e ancora non ho fascino), ma io mi chiedevo solo perché non me lo dicesse anche lui.
Il mio primo amore aveva una vocetta acuta che a me piaceva imitare e quando strillava sembrava una ragazza.

Okay, il mio primo amore era piuttosto imbarazzante.
Il mio primo amore si chiamava Kevin.






Note a piè di pagina:
Non so quando arriverà lo Scatto Secondo. Arriverà quando lo scriverò, immagino! (Sì, potete chiamarmi Miss Ovvio.)
Oggi mi è venuta voglia di pubblicare queste poche righe scritte 
ormai quasi un anno fa, una mattina in cui sono stata colta da "ispirazione fulminante". Dovevano essere l’inizio di una fanfic che non scriverò mai, per una serie di vari motivi; per questo ho pensato di convertire questa one-shot mai nata in una raccolta di flashfic che spero riescano a portare avanti una vicenda unitaria, anche se a modo loro, o almeno ad arrivare da qualche parte.
Restate sintonizzati ;)
Grazie a chi si è fermato a leggere!

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Capitolo 2
*** Scatto secondo ***


Scatto secondo

        -Dai, passamela.
Eli storce appena le labbra, la sigaretta stretta tra le dita; tiene in bocca il sapore amaro del tabacco e a condividere con lui questo piccolo piacere non ci pensa neanche.
Jaeseop gli sfila la sigaretta di mano e se la porta alla bocca. Osserva un po’ di cenere svolazzare leggera a terra, striscia la suola di gomma della scarpa sui fili d’erba producendo un lieve stridio.
La pausa pranzo è quasi finita.
Jaeseop stiracchia le braccia, la sigaretta mollemente appoggiata tra le labbra. Eli non protesta, appoggia la schiena alla panchina di legno, quella in fondo al cortile sulla sinistra, accanto alla fontana, sempre ombreggiata. La sua panchina preferita, quella che spera sempre di trovare libera. Si passa la lingua sulle labbra, trattenendo sulla punta una traccia amara di fumo.
        -Sto dando uno sguardo ai voli.
La voce di Jaeseop gli arriva appena distorta dal filtro della sigaretta che stringe ancora tra le labbra.
        -E…?
Jaeseop schiocca la lingua.
        -Costano.
        -Tanto mica lo fai.
        -Sì che lo faccio.
        -Come l’anno scorso? E poi…- ghigna -Tu non parli Inglese.
Jaeseop non risponde, soffia via il fumo dal naso.
È su questa panchina che Jaeseop gli ha parlato la prima volta, un giorno di maggio di due anni fa.
        ***
Ciao…
Ciao.
Tu… Ti disturbo?
No.
Posso sedermi?
Certo.
        [Jaeseop si siede]
Tu sei americano, vero?
        [Eli annuisce]
Ti rompe se parliamo un po’, in Inglese? Così, ogni tanto…
No di certo.
Vorrei fare pratica… per l’esame…
Sì, ho capito. Va bene.
Grazie.
Non era in Inglese?
        [Silenzio]
Beh, hai cambiato idea?
        [Ancora silenzio]

        ***
Da quel giorno di maggio del primo anno, Jaeseop non ha parlato in Inglese con Eli neanche una volta.

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Capitolo 3
*** Scatto terzo ***


Scatto terzo

Un incontro inaspettato può raddrizzare una giornata iniziata storta. Soprattutto quando riguarda un carissimo amico tornato senza preavviso dopo due anni passati dall’altra parte del mondo.
Il gridolino estatico di Kevin riempie il corridoio della Facoltà senza pudore alcuno, ed è subito un abbraccio virile quello in cui Eli lo stringe, quasi senza dargli il tempo di parlare, di spiegare, ed è un parlottare confuso di voci che si parlano sopra, che ci fai qui?, quando sei tornato?, ti trovo bene, sì, anch’io, mi sei mancato, scusa, lo sai come sono fatto, non mi piace telefonare, rimani?, penso di sì.
    -Allora, hai messo la testa a posto?- Eli lo guarda con gli occhi appena sgranati, quasi a sincerarsi che la sua figura sottile non sia frutto dell’immaginazione.
Kevin si stringe nelle spalle, un sorrisino imbarazzato che non conferma né smentisce, senza rispondere.
        -E i tuoi progetti?
        -Andati.
Eli non ha il tempo di chiedergli se con “andati” intenda “andati in porto” o “andati in fumo”: Jaeseop li interrompe arrivando chissà da dove, gli circonda le spalle con un braccio in un gesto di finta noncuranza.
        -Non mi presenti il tuo amico?- la sua voce sorride, anche i suoi occhi si accendono in una piega più viva.
        -Lui è Jaeseop, ma non sperare di sentirlo parlare in Inglese, in due anni non ha spiccicato-
        -Piacere- Jaeseop prende la parola con una foga che già da sola spiega ogni cosa.
        -Kevin, piacere mio!
Eli lo guarda sorpreso e uno sguardo gli basta: qualcosa nel suo sorriso gli fa capire.

Insomma, capiamoci.
Non è che Jaeseop pensasse d’innamorarsi, quando si è svegliato stamattina, e forse per questo col tempo si accorgerà di non riuscire a tornare con la mente al momento appena precedente lo strappo, neanche sforzandosi… È perché coglie impreparati e spazza via tutte le fragili resistenze mentali?
Jaeseop non pensava d’innamorarsi e di certo non pensava d’innamorarsi di lui, né tantomeno di uno come lui: spilungone e secco come un chiodo, con la voce acuta e il naso un po’ troppo grande, Kevin non si può di certo definire bello. Carino, sì, ma certamente non il tipo di cui Jaeseop pensasse di potersi innamorare, un altro giorno qualunque diverso da oggi.
Eppure, è successo.
Averlo incontrato ha tagliato in due la sua vita come una lama sottile: tornando indietro nei ricordi, Jaeseop un giorno si accorgerà di una crepa, una lieve frattura che ha separato netta la nebulosa di quella mattina dalla vividezza del disordine che Kevin gli ha piantato nel petto.
Jaeseop ha sentito la differenza tra la sua vita con lui e la sua vita senza di lui: tra questi due lembi di vita c’è un dislivello, e forse per questo tornando con la mente a quel giorno si accorgerà che i suoi ricordi cominciano da lì, dal momento in cui l’incontro con Kevin ha tagliato netto in due parti lo scorrere del tempo.
I suoi ricordi cominciano da quella frattura, come un nuovo punto di partenza.

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