Londra 2007

di QueenVLondon
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 29: *** Capitolo 29 ***
Capitolo 30: *** Capitolo 30 ***
Capitolo 31: *** Capitolo 31 ***
Capitolo 32: *** Capitolo 32 ***
Capitolo 33: *** Capitolo 33 ***
Capitolo 34: *** Capitolo 34 ***
Capitolo 35: *** Capitolo 35 ***
Capitolo 36: *** Capitolo 36 ***
Capitolo 37: *** Capitolo 37 ***
Capitolo 38: *** Capitolo 38 ***
Capitolo 39: *** Capitolo 39 ***
Capitolo 40: *** Capitolo 40 ***
Capitolo 41: *** Capitolo 41 ***
Capitolo 42: *** Capitolo 42 ***
Capitolo 43: *** Capitolo 43 ***
Capitolo 44: *** Capitolo 44 ***
Capitolo 45: *** Capitolo 45 ***
Capitolo 46: *** Capitolo 46 ***
Capitolo 47: *** Capitolo 47 ***
Capitolo 48: *** Capitolo 48 ***
Capitolo 49: *** Capitolo 49 ***
Capitolo 50: *** Capitolo 50 ***
Capitolo 51: *** Capitolo 51 ***
Capitolo 52: *** Capitolo 52 ***
Capitolo 53: *** Capitolo 53 ***
Capitolo 54: *** Capitolo 54 ***
Capitolo 55: *** Capitolo 55 ***
Capitolo 56: *** Capitolo 56 ***
Capitolo 57: *** Capitolo 57 ***
Capitolo 58: *** Capitolo 58 ***
Capitolo 59: *** Capitolo 59 ***
Capitolo 60: *** Capitolo 60 ***
Capitolo 61: *** Capitolo 61 ***
Capitolo 62: *** Capitolo 62 ***
Capitolo 63: *** Capitolo 63 ***
Capitolo 64: *** Capitolo 64 ***
Capitolo 65: *** Capitolo 65 ***
Capitolo 66: *** Capitolo 66 ***
Capitolo 67: *** Capitolo 67 ***
Capitolo 68: *** Capitolo 68 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


La pioggia cadeva incessante. Avrei impiegato almeno dieci minuti prima di raggiungere il mio appartamento. Guardai le mie scarpe nuove completamente rovinate e rimpiansi di non essere uscita prima dalla biblioteca. Ma ormai era troppo tardi.

All'improvviso mi trovai davanti a un pub e decisi di entrare per ripararmi dalla pioggia. Era un locale molto carino, ma soprattutto molto affollato. Diedi un'occhiata in giro, ma non c'era neanche un tavolo libero.

Presi in considerazione l'idea di uscire, ma avevo fame e l'idea di tornare in mezzo alla bufera senza ombrello non mi attraeva. Stavo scrutando con maggior attenzione lo spazio intorno a me, quando la mia attenzione fu catturata da un ragazzo seduto al bancone.

Stava sorseggiando una birra, mentre chiacchierava con un paio di amici. Aveva dei ribelli capelli castani, occhi chiari (dalla distanza a cui mi trovavo non riuscivo a distinguerne con sicurezza il colore) e una pelle così chiara, che sembrava delicata e morbida.

Tuttavia, non fu tutto questo a colpirmi. Fu la sua risata. Era la più spontanea e naturale che avessi mai udito.

Il ragazzo indossava una semplice felpa blu, sopra un paio di jeans scuri e un paio di sneakers nere e stava evidentemente scherzando con i due ragazzi seduti accanto a lui.

Entrambi avevamo i capelli scuri ed indossavano più o meno i suoi stessi indumenti: era abbastanza chiaro che fossero lì insieme.

Fu in quel momento che mi accorsi di un posto libero proprio vicino a uno di loro. Di solito non ero un tipo intraprendente, ma il locale era ancora pieno ed io volevo restare, così feci un profondo respiro e mi avvicinai.

“Scusate, è libero questo posto?” chiesi rivolta ad uno dei suoi amici.

Non avevo avuto il coraggio di rivolgermi direttamente a lui. Il ragazzo mi squadrò dalla testa ai piedi ed infine annuì.

Gli sorrisi e mi sedetti accanto a lui, nonostante mi fossi appena accorta di uno sgabello vuoto vicino al più carino.

Stavo leggendo il menù, quando uno di loro si sporse verso di me, dicendo: “C'è il diluvio fuori, eh?”.

“Già”, risposi, certa che le condizioni dei miei vestiti fossero una prova più che sufficiente a dimostrarlo.

“Ah! Che maleducati! Non ci siamo neppure presentati! Io sono Tom e loro sono Sam e Rob”. Aggiunse indicando i suoi due amici.

Rob... Ecco qual era il suo nome. Di certo il diminutivo di Robert.

Sorrisi a quello che si era presentato come Tom e mi presentai a mia volta.

“Sei italiana?”, mi chiese immediatamente Sam, quello che sembrava il più robusto fra i tre.

“Sì, sono Toscana”.

Il ragazzo iniziò a farmi qualche domanda sulla mia visita a Londra.

Per quanto tempo intendevo fermarmi? Viaggiavo da sola? Cosa mi aveva condotto lì quella sera?

Mi sentivo come in una sequenza di qualche film poliziesco, durante la quale ti chiedono tutto su di te, prima di ucciderti. Per fortuna i ragazzi non avevano l'aspetto di un gruppo di serial killer, anzi, per qualche strana ragione, mi sentii subito a mio agio insieme a loro.

Appena la cameriera mi portò l'hamburger e le patatine che avevo ordinato, anche Tom iniziò a tempestarmi di domande.

Il solo a rimanere in silenzio fu Rob. Sembrava l'unico a non essere felice della mia presenza lì e questo mi ferì più profondamente di quanto avrebbe dovuto. In fondo era soltanto un estraneo. Mi sforzai di non farci caso e mi concentrai sugli altri e sulle loro domande.

Un'ora più tardi, Sam ci salutò e se ne andò, lasciandoci a chiaccherare.

Solo in quel momento notai l'ora: mezzanotte e mezzo.

In loro compagnia mi ero quasi scordata dei miei indumenti molli, ma decisi che fosse necessario dare una controllata al mio aspetto prima di tornare fuori ad affrontare la tempesta. Così, in un impeto di estrema fiducia, lasciai la mia borsa in custodia ai due ragazzi e mi diressi rapidamente verso la toilette.

Quando tornai Tom si alzò immediatamente e disse:

“Beh, io devo andare. E' stato un piacere conoscerti, Jenny”.

“Anche per me, Tom”. Dissi sincera, lasciandogli il mio numero e seguendolo fuori dal locale, seguita dal suo amico.

Tom era un ragazzo molto simpatico e socievole, al contrario di Rob, che non aveva aperto bocca per tutta la sera.

Dopo che Tom se ne fu andato, indugiai per un po' prima di decidere cosa fare.

L'idea di percorrere la strada dal pub al mio appartamento da sola a quell'ora, nonostante la pioggia fosse finalmente cessata, non mi piaceva affatto. Tuttavia, non vedevo altre possibilità. Forse potevo prendere un taxi, ma visto il tempo quasi sicuramente sarebbe stato impossibile trovarne uno libero.

“Da che parte vai?” Mi chiese una voce estremamente sexy, che non avevo mai sentito prima.

Mi voltai di scatto, sorpresa di trovare dietro di me proprio Rob.

Non era ancora andato via. Cosa ci faceva ancora lì?

“Soho”, risposi cauta.

“Anch'io. Facciamo la strada insieme?” mi domandò sorridendo.

“Okay”. Acconsentii un po' perplessa dal suo cambiamento d'umore.

Non si era certo dimostrato molto cortese nei miei confronti nelle ultime ore, quindi perché adesso voleva percorrere la strada con me?

Camminammo per un paio di isolati senza aprire bocca, poi finalmente Rob interruppe il silenzio.

“Cosa ne pensi di Tom?” mi chiese a bruciapelo.

Quindi era per questo che mi aveva chiesto di fare la strada insieme? Per poter spianare la strada al suo amico?

“Mi sembra un ragazzo carino”. Risposi sincera, ma cauta.

In fondo lo conoscevo solo da poche ore e non volevo dare l'impressione sbagliata.

“Lo è”, acconsentì lui.

“Bene...”, commentai non sapevo che altro dire.

“Sai c'è una ragione per cui non ti ha lasciato il suo numero stasera”, aggiunse dopo qualche altro minuto di silenzio.

“Beh, io gli ho dato il mio!”, gli ricordai. “Comunque... Quale sarebbe questa ragione?”, gli chiesi incapace di frenare la curiosità.

“Gli ho chiesto io di non farlo”, rispose senza guardarmi.

COSA?! Ma chi diavolo si credeva di essere?!

“Gli ho chiesto di non farlo, perché vorrei lasciarti il mio”, precisò subito dopo.

Era questa la sua brillante strategia?! Trattenni l'impulso di insultarlo.

“Non mi hai rivolto parla per tutta la sera.” Gli feci notare alquanto irritata.

“Ti ho notata quando sei entrata. Con i capelli bagnati e tutto il resto.” Aggiunse, alludendo alla borsa piena di libri, che avevo in mano. “Volevo fare una mossa, ma temevo mi avresti tirato un libro in testa”, aggiunse imbarazzatissimo ridendo e passandosi una mano fra i capelli.

“Perché me lo stai dicendo?”, gli domandai freddamente.

“Beh, non ci conosciamo e c'è la luna piena, così se per caso quello che ti sto dicendo ti appare un pò folle, potrò sempre sparire dalla tua vita fra cinque minuti”.

Lo osservai alquanto perplessa, incapace di dire una parola.

“Usciresti con me?”, mi chiese guardandomi finalmente negli occhi, ancora visibilmente imbarazzato.

Lo fissai altrettanto imbarazzata, certa che gli avrei detto di no, invece, il suono che uscì dalla mia bocca fu: “Sì”.

“Sì?”, ripeté lui stupito.

“Mi hai fatto un discorso lungo un chilometro per chiedermelo! Non vorrai dirmi che speravi in una risposta diversa?!”

“No, ovviamente!”, disse ridendo.

“Okay, allora. Uscirei volentieri con te”. Anche se inizio a credere che tu abbia dei seri problemi mentali, aggiunsi mentalmente. E probabilmente io ne ho di più visto che sto accettando...

“Pizza e cinema domani sera?”.

“Va bene”.

Mentre lo dissi, mi accorsi che eravamo già arrivati di fronte al mio appartamento.

“Okay, io sono arrivata”. Dissi indicando l'edificio alla mia sinistra.

“Okay...”.

Osservai Rob per un attimo. Era decisamente imbranato, ma c'era qualcosa di particolare in lui... Qualcosa di così stupidamente dolce e pazzesco nel modo in cui mi aveva posto la domanda, che, per la prima volta in vita mia, mi fece desiderare di chiedergli di restare. Avrei davvero voluto chiedergli di entrare in casa.

Ma decisi di non farlo, non quella notte almeno.

Così mi avvicinai e, dopo esserci scambiati i numeri di cellulare, lo salutai baciandolo dolcemente sulla guancia con il cuore che mi batteva a mille, come non ricordavo mi fosse mai successo in precedenza.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Il giorno seguente mi svegliai presto ed attesi con ansia il momento in cui avrei rivisto Rob. Non sapevo esattamente cosa aspettarmi dal nostro incontro; stranamente la sera precedente non ero riuscita ad inquadrarlo.

Sbrigai un paio di commissioni nell'arco della mattinata e trascorsi il pomeriggio in biblioteca nella speranza di riuscire a studiare almeno un po', prima del nostro incontro.

Ero alle prese con dei sonetti di Shakespeare particolarmente complicati, quando mi accorsi che la maggior parte degli altri studenti se ne stava già andando.

In preda al panico, tirai fuori il cellulare per vedere l'ora e notai allarmata tre chiamate senza risposta. Una era di mia madre, ma le altre due erano di Rob.

Accidenti! Erano già le 6:30 p.m. Era impossibile che riuscissi ad arrivare entro le 6:45 al Westfield! Ero dall'altra parte della città! Come avevo potuto essere tanto stupida?! Era impossibile che avessi studiato per quasi quattro ore senza accorgermene. Chiesi per sicurezza l'ora a una ragazza seduta al mio stesso tavolo, ma purtroppo confermò i miei timori. Era tardissimo!

Raggruppai rapidamente i libri e li gettai nella borsa, poi uscii a grandi passi dall'edificio e composi il numero di Rob. Rispose al secondo squillo. Evidentemente aveva il cellulare a portata di mano.

“Scusa!” Esclamai appena sentii la sua voce. Era più sexy di quanto ricordassi.

“Ehm... Jenny?” chiese perplesso. Oddio! Forse non aveva neanche registrato il mio numero.

“Sì, sono io”, risposi mortificata. “Mi dispiace! Ho avuto un imprevisto!”, aggiunsi imbarazzata. Non potevo certo dirgli: stavo studiando e mi sono completamente scordata del nostro appuntamento!

“Vuoi rimandare?” mi domandò con uno strano tono.

“No! Però forse dovremmo rimandare il cinema... Posso essere lì fra 40 minuti circa...!” Aggiunsi affannata, mentre correvo verso la fermata della metro. Forse avrei dovuto seguire il consiglio di mia madre ed iscrivermi in palestra, ma non ero mai stata una persona particolarmente sportiva. Preferivo di gran lunga una passeggiata per Hyde Park a una corsa su un tapis roulant.

“Tranquilla. Ti aspetto”. Disse e concluse la telefonata.

Beh, la nostra prima uscita non era certo iniziata nel migliore dei modi. Arrivai a Westfield con ben 50 minuti di ritardo, a causa di un guasto della metro. Proprio quella sera l'efficiente metro londinese doveva mettersi a fare i capricci? Sembrava proprio che il destino stesse facendo tutto il possibile per ostacolare il mio incontro con Rob.

Non appena vidi la fermata Shepherd's Bush scesi di corsa e percorsi rapidamente i pochi metri che mi separavano dal centro commerciale.

Trovai Rob seduto su un gradino ad aspettarmi. Non sembrava arrabbiato, ma soltanto annoiato. Stava armeggiando con il cellulare. Feci un profondo respiro e mi avvicinai rapidamente a lui. Non avevo neppure avuto il tempo di cambiarmi. Rimpiansi di aver deciso di approfittare del pomeriggio per studiare. Avrei fatto meglio ad andare a fare shopping. Indossavo una vecchia maglietta su un paio di jeans chiari e un paio di ballerine, per fortuna almeno stavolta i miei abiti erano asciutti.

Quando finalmente mi vide, si alzò e mi sorrise. Fui felice di notare che anche lui indossava più o meno la stessa tenuta della sera prima. Ricambiai il suo sorriso più tranquilla e quando fummo vicini si sporse verso di me per baciarmi sulla guancia. Le sue labbra erano morbide e delicate, ma c'era qualcosa nel modo in cui sfiorarono la mia pelle, che mi fece desiderare che fossimo soli.

Rob mi spinse dolcemente verso l'ingresso e trovammo un delizioso ristorantino al primo piano. Mentre aspettavamo il cameriere per le ordinazioni mi accorsi che due ragazzine continuavano a fissarci. Anzi, a fissare lui. Lo stavano squadrando da capo a piedi e ogni tanto lanciavano un'occhiata anche nella mia direzione.

La cosa stava iniziando a infastidirmi. D'accordo: il mio abbigliamento non era decisamente al top quella sera, ma in fondo Rob era vestito più o meno nello stesso modo ed eravamo in un centro commerciale e non al Plaza.

Ordinammo due pizze e delle patatine e parlammo del più e del meno per qualche minuto. Ma, a un certo punto, sentii una risatina provenire dal fondo della sala e non potei trattenermi dal dirgli sottovoce: “Ti sembrerà assurdo, ma due ragazzine ci stanno fissando da quando siamo entrati!”.

Rob si voltò un attimo verso di loro, dopodiché il suo sguardo tornò nuovamente su di me. Era visibilmente imbarazzato, era chiaro che quella situazione non lo faceva sentire a suo agio. Tuttavia, non capivo il motivo di tanto interesse. Certo: Rob era molto bello, carismatico e dolce, ma non riuscivo comunque a capire la ragione per cui continuavano a fissarci da quasi venti minuti.

Non appena videro che lui si era voltato verso di loro, una delle due sussurrò qualcosa all'amica ed entrambe si alzarono e vennero verso di noi. Ma che volevano?

Vidi la più carina delle due fare un profondo respiro e toccare la spalla di Rob per richiamare la sua attenzione. Le tremava la mano. Forse lo conosceva? Ma, in tal caso, perché era così agitata?

“Scusa... Sei DAVVERO Rob Pattinson? Quello che ha fatto Cedric?” domandò questa arrossendo, mentre l'amica guardava Rob come se fosse una divinità greca scesa fra i comuni mortali.

Cedric? Ero sempre più perplessa.

Rob mi lanciò una strana occhiata, poi si voltò verso la ragazza ed annuì.

“ODDIO! Ti prego! Possiamo disturbarti per una foto? PER FAVORE!” Lo supplicò.

Volevano una foto con Rob? Avevo capito bene? Ma che cosa stava succedendo?

“Non c'è problema”. Rispose lui con un sorriso, passandosi una mano fra i capelli.

Pensai che la ragazza accanto a lei fosse sul punto di svenire, tanto era agitata e pallida.

“Scusa- disse quella che aveva parlato fino a quel momento, rivolgendosi per la prima volta a me- potresti scattarci una foto con lui?”

“Ehm... Certo”. Acconsentii, perplessa.

Lei mi sorrise e mi porse la sua macchina fotografica. La presi e scattai loro un paio di foto per sicurezza; dopodiché ringraziarono Rob fino allo sfinimento e poi uscirono ancora tremanti ed incredule dal ristorante.

Non sapevo cosa dire. Di certo volevo una spiegazione, ma non sapevo da che parte iniziare per chiedergliela.

Rob fissò imbarazzato il piatto delle patatine ormai fredde per un po' e poi disse: ”Scusa per l'inconveniente... A volte succede, raramente, ma capita”.

Di solito a me non capitava che delle persone mi fermassero per chiedermi foto, o altro. Perché a lui sì?

Una terribile sensazione si fece strada dentro di me. Era FAMOSO?

Insomma, in Inghilterra magari. Non famoso ai livelli di Brad Pitt, ovviamente. Ma comunque doveva essere conosciuto se qualcuno voleva scattarsi delle foto con lui.

“Non ti ho ancora chiesto cosa fai...?” Lasciai la domanda sospesa a metà.

Lui rimase in silenzio un momento e poi mi rispose: “Beh, ho fatto qualche film. Nulla d'importante. Solo film che finiscono in dvd”, aggiunse ridacchiando imbarazzato.

Le sue parole mi presero in contropiede. QUESTO spiegava tutto. Immagino che anch'io avrei avuto la stessa reazione delle due ragazzine, se mi fossi trovata davanti a un attore che mi piaceva. Pensai per attimo se lo avessi visto in qualche film, ma di certo, in quel caso, me ne sarei ricordata.

“E' un problema per te?”, mi domandò serio.

“No”, risposi senza neanche pensarci.

“Ne sei sicura? Perché tu mi piaci e non vorrei che questo cambiasse qualcosa fra noi”.

Aveva davvero detto che gli piacevo?! Il mio cuore prese a battere più forte, ma mi imposi di mantenere la calma.

“Sono sicura. Non importa che lavoro fai. Beh... Se stasera fosse venuto fuori che sei un serial killer, forse in quel caso...”.

“Non mi sono mai piaciute le armi”. Affermò ridendo.

“Perfetto allora!”, concordai allegra.

 

Appena finimmo di mangiare, uscimmo dal ristorante e Rob mi accompagnò a casa. Stavamo per raggiungere il mio portone, quando il nome Cedric si fece largo nella mia mente.

Ero certa di averlo già sentito...

Ma certo!

Il mio ex ragazzo era un grande appassionato di libri fantasy e mi aveva parlato dei libri di Harry Potter fino allo sfinimento. Possibile che Cedric stesse per Cedric Diggory?

No: era impossibile!

Altro che “film in dvd”! Harry Potter era MOLTO di più!

Ma non potevo esserne sicura... Se non chiedendoglielo. Eppure, per qualche motivo, non sembrava felice di affrontare l'argomento. Forse avrei fatto meglio a cercare su internet.

Ma in fondo... Mi importava davvero saperlo? Questo avrebbe cambiato qualcosa? Sapevo che la risposta era no. Forse non valeva la pena neanche parlarne. Non stasera almeno.

Arrivammo davanti al mio portone. Guardai i suoi occhi chiari e sinceri. Il suo ciuffo ribelle. La sua mascella squadrata. Ma soprattutto il suo sorriso da ragazzino. Era incredibile.

Avrei voluto baciarlo, ma non feci in tempo ad avvicinarmi, perché lui era già a pochi centimetri da me. I nostri visi erano così vicini che i nostri nasi quasi si sfioravano. Il mio cuore batteva all'impazzata. Rob mi sistemò una ciocca di capelli di capelli dietro l'orecchio, continuando a guardarmi negli occhi. Il suo sguardo non cedeva di un millimetro. Nessun uomo mi aveva mai guardata in quel modo.

“Sei bellissima”, mi sussurrò all'orecchio.

Poi si sporse verso di me e mi baciò stavolta sulla bocca. Le sue labbra mi sembrarono roventi, da quanto avevo desiderato quel bacio. Lui si allontanò un attimo per essere certo che fossimo sulla stessa lunghezza d'onda. Gli afferrai il viso e lo avvicinai nuovamente a me, certa che così avrebbe capito che non avevo intenzione di tirarmi indietro. Mi passò un braccio intorno alla vita ed avvicinò ancora di più il mio corpo al suo, senza smettere un attimo di baciarmi.

Non potevamo restare avvinghiati davanti alla mia porta tutta la notte, nonostante in quel momento lo desiderassi più di ogni altra cosa.

Mi staccai da lui per riprendere fiato e cercai le chiavi di casa nella borsa.

Non ero mai stata il tipo di ragazza che si concede alla prima uscita, ma stavolta era diverso.

Lo avevo desiderato dal primo momento in cui lo avevo visto. Non mi sarei tirata indietro. Ma, inspiegabilmente, lo fece lui.

“Aspetta”. Disse, mentre infilavo la chiave dentro la serratura.

Mi voltai ferita. Le sue intenzioni mi erano sembrate abbastanza chiare, ma evidentemente mi ero sbagliata. Eppure non c'era nulla nel modo in cui mi aveva stretto a sé, da potermi far pensare che non volesse passare la notte con me.

“Con un'altra lo farei senza pensarci un attimo. So che ci conosciamo soltanto da due giorni, ma tu mi piaci davvero, Jenny. Sono a mio agio quando sto con te e vorrei rivederti ancora e ancora e ancora. E se adesso entrassi in casa tua e facessi sesso con te, sarebbe soltanto l'avventura di una notte. Ci sono troppe cose che non sai di me, cose che io voglio dirti! Inoltre, ci sono tante cose di te che vorrei sapere”.

Il suo discorso mi lasciò senza fiato, più di quanto avessero fatto i suoi baci.

Quindi riteneva che fra noi potesse diventare una cosa seria?

Mi rendevo perfettamente conto che ci conoscevamo soltanto da due giorni, ma sentivo che poteva essere davvero quello giusto.

“Okay”, dissi senza aggiungere altro.

“Quindi ci vediamo domani?”, mi chiese. Ma, prima che potessi rispondere, si morse il labbro e aggiunse: “Accidenti! Ho un po' da fare domani e... Potrei non essere reperibile per qualche giorno”.

Quella notizia mi spiazzò.

Qualunque cosa dovesse fare, perché farne un mistero?

Non indagai oltre, consapevole che non eravamo ancora abbastanza in confidenza. Se e quando avesse voluto dirmelo, lo avrebbe fatto spontaneamente.

“Allora ci sentiamo appena sei libero”. Dissi un po' più freddamente di quanto avrei voluto e mi avviai verso la porta, che avevo già aperto.

“Aspetta!”, esclamò, afferrandomi per la mano e portandomi verso di sé.

Mi guardò per un attimo negli occhi e poi mi baciò di nuovo, stavolta molto più dolcemente. Ma fu anche abbastanza passionale da farmi desiderare di nuovo molto di più.

“Ti chiamo domani”. Disse poi staccandosi da me.

“D'accordo”.

E, concordato ciò, lo salutai ed entrai in casa, chiudendomi dietro la porta.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Il giorno seguente Rob non chiamò.

Decisi che lasciargli il suo spazio fosse la cosa migliore: in fondo eravamo usciti soltanto due volte (contando anche la sera che ci eravamo conosciuti) e non aveva senso opprimerlo.

Avrebbe chiamato quando ne avesse avuto il tempo.

Tuttavia, arrivata alla 9 p.m. del giorno seguente, iniziai a preoccuparmi.

Che fine aveva fatto? Che si fosse pentito di essersi aperto con me così presto?

Non lo avevo certo costretto... Forse era davvero soltanto impegnato.

Il quarto giorno non potei più trattenermi dal provare a contattarlo.

Composi il suo numero, ma il telefono sembrava morto. Cosa stava succedendo?

Presi in considerazione l'idea di chiamare Tom, ma poi ricordai che non avevo il suo numero... Era lui ad avere il mio.

La situazione stava diventando ridicola: se aveva cambiato idea bastava fare una telefonata per dirmelo, no? Non aveva senso sparire. Non ero certo una stalker...

Dopo l'ennesimo tentativo a vuoto, spensi il telefono e lo gettai sul letto furiosa.

 

Il giorno seguente decisi di andare a fare una passeggiata per Hyde Park.

Nonostante fosse quasi dicembre, era una bella giornata. Ormai era passata una settimana dall'ultima volta che avevo visto Rob.

Sinceramente non avevo idea di quale sarebbe stata la mia reazione, se all'improvviso mi fosse capitato davanti. Un parte di me era veramente arrabbiata con lui, ma un'altra moriva dalla voglia di rivederlo. Impossibile dire quale delle due prevalesse in quel momento.

Hyde Park era coperto di neve e c'erano molti bambini, che stavano facendo dei pupazzi di neve. Uno aveva addirittura decorato il suo con una sciarpa vera a strisce gialle e rosse.

Era la prima volta che vedevo Londra innevata e lo spettacolo, nonostante il freddo, era magnifico. Immersa in quest'ambiente da fiaba, riuscii quasi ad allontanare dalla mente l'uomo che mi stava torturando con la sua assenza.

Dopo un breve giro da Harrods, presi la metro e, mentre mi incamminavo verso casa, lo trovai davanti al mio appartamento. Mi stava aspettando.

Non avevo idea di quanto tempo avesse trascorso lì fuori, ma sperai che ne fosse passato abbastanza e che stesse congelando. Lo meritava.

Per un attimo mi sfiorò l'idea di fare marcia indietro, ma ormai mi aveva vista, per cui mi avvicinai. Inoltre, nonostante la rabbia, ero davvero felice di vederlo lì.

“Ciao!”, esclamò appena gli fui vicina.

Dopo sette giorni in cui era sparito, se ne usciva con un semplice “Ciao”?!

Incapace di risponderli, rimasi a fissarlo fiera e indispettita.

Sembrava molto a disagio. Bene.

“Mi dispiace di non averti richiamata.” Disse e mi sembrò sincero.

Rimasi in silenzio.

“Ascolta. So di essere sparito, ma sono stato fuori dal Paese per lavoro... Beh, insomma, per la possibilità di un lavoro, che di certo non avrò comunque!”. Concluse in fretta.

Rimasi lì a due passi da lui, indecisa su cosa dire. Ero ancora ferita e non mi sarebbe di certo bastata quella frase come spiegazione. Meritavo qualcosa di più.

“Andiamo a prendere qualcosa da Starbucks?” Mi domandò, sfregandosi le mani dal freddo. Non sembrava felice, nonostante il sorriso.

“No, mi dispiace. Ho già un impegno”. Mentii e, detto questo, aprii il portone ed entrai in casa senza degnarlo di uno sguardo.

Non feci in tempo a togliermi il cappotto, che il mio cellulare iniziò a suonare. Era lui.

Per un attimo, accarezzai l'idea di non rispondere. Poi sospirai e presi la chiamata.

“Sì?” Chiesi seccata, prima ancora di sentire la sua voce.

“Mi dispiace davvero di essere sparito. Ma sto veramente morendo congelato qui fuori. Mi fai entrare?” Domandò.

“Okay...”. Dissi, chiusi bruscamente la chiamata ed andai ad aprirgli la porta.

“Allora?” gli chiesi, appena ebbe messo piede il casa.

“Posso sedermi?”

“Certo”, acconsentii, indicandogli il divano del salotto.

Rob si sedette ed io lo imitai. Era visibilmente a disagio e di certo la mia freddezza non lo stava aiutando ad aprirsi con me. Lo guardai e attesi che parlasse.

Dopo qualche minuto di imbarazzante silenzio, fui io a rompere il ghiaccio.

“Perché sei venuto qui?”, gli chiesi.

“Per spiegarti perché sono sparito. Ho pensato che non avresti risposto alle mie chiamate”.

“Beh, non ho visto nessuna chiamata. Inoltre, non sono la tua ragazza! Non mi devi nessuna spiegazione, Rob”. Dissi usando un tono di voce più irritato di quanto avrei voluto.

A quale gioco stava giocando?

Prima si mostrava taciturno, poi si rivelava divertente, spiritoso ed aperto, poi spariva di nuovo. Questo ragazzo era un mistero ed io ne avevo abbastanza delle storie complicate.

“Faccio l'attore e ho trascorso l'intera settimana negli Stati Uniti per un provino”, disse tutto d'un fiato.

La notizia mi lasciò senza fiato. Sapevo ciò che faceva, ma non avevo pensato neanche per un istante che la sua scomparsa avesse a che fare con il suo lavoro. Che sciocca ero stata!

“Com'è andato?”, gli chiesi, incapace di trattenere la curiosità dopo questa rivelazione.

“Ancora non lo so... Grace, la mia agente, è fiduciosa, ma francamente la parte non mi pare giusta per me! Il tipo in questione è un vampiro diciassettenne, che ha scelto di non nutrirsi di sangue umano e che si innamora dell'unica persona da cui dovrebbe stare lontano. E' un idiota! E, per giunta, è descritto come una sorta di dio greco...! Insomma: non ho speranze!” Aggiunse ridendo e passandosi una mano fra i capelli castani già scompigliati dal vento.

“Sarebbe bastato che tu me lo dicessi”. Gli spiegai, cercando di non passare per una fidanzata gelosa.

“Cerca di capire: per me è' già stato abbastanza imbarazzante essersi presentato al provino... Dirlo a qualcuno sarebbe stato... troppo!”, concluse ancora più imbarazzato.

Non lo avevo mai visto recitare, ma davvero non si riteneva abbastanza bello da poter ottenere quel ruolo? Forse aveva bisogno di una visito da un oculista e di un paio di occhiali. Urgentemente.

“Comunque sia., avrò notizie appena la mia agente saprà qualcosa. E' inutile pensarci troppo adesso”.

“Ti va ancora quel caffè?” gli domandai, sorridendo.

“Certo”.

“Bene! Prendo la giacca”.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Rob mi parlò del suo lavoro quella sera a cena. Mi raccontò di un paio di film che aveva girato e di quanto si era sentito a disagio la prima volta che era stato su un set. Di come avrebbe voluto scappare dall'altra parte. Ma non lo aveva fatto. Dopo le prime esperienze un po' traumatizzanti, era venuto il suo primo ruolo importante in “Harry Potter e il calice di fuoco”. Qualcuno lo aveva notato ed aveva fatto qualcos'altro, ma nulla che avesse avuto rilievo, parole sue.

Parlò quasi sempre lui, così mi limitai soprattutto ad ascoltare, annuendo ogni tanto.

Mi sembrò che si sottovalutasse un po' troppo; ma la sua umiltà me lo fece apprezzare ancora di più. Era sicuramente un ragazzo che valeva la pena conoscere ed al quale era giusto concedere una seconda possibilità.

Rob mi parlò anche della sua famiglia e dei suoi amici, in particolare di Tom. Mi raccontò che si conoscevano praticamente da sempre e che erano sempre stati molto legati.

Da parte mia, non potei dire di aver mai trovato un'amicizia del genere. Il loro rapporto mi sembrava davvero speciale.

“Credo di aver parlato per circa un'ora”, mi fece notare imbarazzato.

Sorrisi e dissi: “Chiediamo il conto?”

“Ci penso io”. Disse, bloccandomi mentre stavo chiamando il cameriere.

“Non se ne parla”.

“Insisto- disse- Sono sparito per una settimana, quando ti avrei detto che ti avrei chiamata. Devo farmi perdonare”.

“Okay! Mi sembra giusto!”, acconsentii ridendo. Lui non fece una piega e, dopo che ebbe pagato, uscimmo dal locale.

“Quindi dove andiamo adesso?”, gli chiesi.

“Non lo so... Dove vorresti andare?”

“Non ne ho idea!”

“Vuoi venire con me in un posto?” mi domandò, prendendomi per mano.

Lo guardai negli occhi, prima di rispondere di sì.

Prendemmo un taxi e scendemmo di fronte ad un locale vecchio stile. Lo osservai senza capire.

“Suono qui ogni tanto”, disse Rob richiamando la mia attenzione.

Avrebbe mai finito di sorprendermi? Probabilmente no.

Entrammo nel locale e ci sedemmo ad un tavolino. In fondo, su un palco una ragazza stava cantando una canzone che non riconobbi. Sembrava qualcosa di irlandese. Non ero mai stata un'esperta di musica, ma sapevo apprezzarla. Quando la canzone finì, applaudimmo tutti con entusiasmo. Non doveva essere certo facile salire su un palco e mostrasi vulnerabili di fronte a un pubblico di perfetti sconosciuti, ma in effetti sospettavo che sarebbe stato addirittura più arduo esibirsi di fronte a degli amici.

Il barista riconobbe Rob e lo salutò con un cenno, evidentemente era un cliente abituale.

Andò verso il bancone per ordinare da bere ed intanto il posto della ragazza fu occupato da una band scozzese. Indossavano il kilt e tutto il resto. Fu molto divertente osservali e solo quando ebbero finito un paio di canzoni mi resi conto che Rob era sparito dalla mia visuale.

Mi voltai verso il bancone, ma non era più lì; mi domandai se per caso non si fosse fermato a salutare qualcuno che conosceva, quando all'improvviso lo vidi salire sul palco con una chitarra in mano.

Non pareva a suo agio in quella situazione, ma non appena iniziò a suonare fu diverso.

Sembrava molto più tranquillo, come se tutto quello che stava succedendo intorno a lui non lo toccasse minimamente. Se in quel momento fosse successo il finimondo, non credo che se ne sarebbe accorto.

Ero felice che mi volesse rendere partecipe di qualcosa che evidentemente che era importante per lui: che mi volesse nella sua vita, perché anch'io desideravo farne parte.

Quando ebbe finito di suonare, ringraziò il pubblico e tornò subito da me.

“Sei stato fantastico!”, dissi sincera, baciandolo delicatamente sulle labbra.

Lui ricambiò il bacio ed ammise: “Ero imbarazzatissimo prima di cominciare a suonare”.

“L'ho notato”, gli dissi ridendo e poi passai una mano fra i suoi già scompigliai capelli.

 

Restammo nel locale per un paio d'ore, dopodiché mi riaccompagnò a casa.

Rob propose di prendere un taxi, ma non eravamo molto lontani dal mio appartamento, così lo convinsi a fare la strada a piedi, come la prima volta in cui c'eravamo visti.

Non mi ero mai sentita tanto vicina a qualcuno, com'era successo con lui quella sera. Non avevo mai pensato di poter stare con qualcuno anche senza parlare. Ma ormai non c'era alcun disagio fra noi.

Rob mi tenne la mano per tutta la strada ed io non potevo non desiderare di più.

Quando arrivammo al mio appartamento, qualcosa mi convinse a non chiedergli di entrare... In fondo ci conoscevamo soltanto da poco tempo e non volevo rischiare di rovinare le cose, bruciando le tappe troppo rapidamente. Così lo baciai e poi entrai in casa da sola.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Ormai io e Rob ci frequentavamo regolarmente da circa un mese ed ero molto presa da lui e lui sembrava provare lo stesso nei miei confronti.

Tuttavia, non avremmo passato le vacanze di Natale insieme: avevo già promesso ai miei genitori, che sarei andata a trovarli.

Da quando mi ero trasferita a Londra quattro mesi prima, non avevamo avuto molte occasioni per vederci e sentivo molto la loro mancanza.

Stavo preparando le ultime cose da mettere in valigia quando il telefono squillò. Era mia madre.

“Pronto mamma! Stavo giusto finendo di preparare la valigia!” Esclamai non appena sentii la sua voce.

“Tesoro! Purtroppo c'è un problema...”.

Il tono della sua voce mi mise subito in ansia: “E' successo qualcosa?!”, le domandai preoccupata.

“No, stiamo tutti bene! Però c'è una bufera di neve da ieri e tutti i voli sono stati cancellati”.

“Stai scherzando spero!”

“No, amore. Ci tenevamo molto ad averti a casa per le feste”.

“Ed io ci tenevo ad esserci, mamma”.

“Tuo padre chiede se puoi farti rimborsare almeno il biglietto”.

“Ehm... Non credo. Ma non preoccuparti- aggiunsi- non avevo speso molto”.

“Senti magari possiamo venire noi a trovarti per capodanno”. Aggiunse dubbiosa.

Sapevo bene che i voli in quel periodo erano carissimi, per cui declinai gentilmente la sua offerta e le dissi che sarei andata da loro in febbraio, per il suo compleanno.

Sapevo che i miei non erano felici all'idea che passassi le feste da sola e, per un attimo, fui tentata di parlargli di Rob, ma all'ultimo momento decisi di non farlo. Non mi sentivo ancora pronta ad espormi con loro. Non avevo mai fatto conoscere i ragazzi che frequentavo ai miei. Non che fossero rigidi o qualcosa del genere. Ma non avevamo mai parlato molto di queste cose. Per cui le dissi brevemente che sicuramente avrei potuto passare le feste con un paio di amiche.

Provai a telefonare sia a Jana, che a Megan, ma entrambe avevano già preso altri impegni. Per cui mi rassegnai all'idea di passare il giorno di Natale da sola.

Era il primo anno che non sarei stata a casa per le feste. Per fortuna nel pomeriggio avrei visto Rob. E, con questo pensiero fisso in mente, inizia a togliere tutti gli abiti dalla valigia ed a riporli nuovamente al loro posto nell'armadio.

 

Io e Rob avevamo fissato di trovarci ad Hyde Park verso le 4 p.m.

Ero così impaziente di vederlo, che arrivai al nostro solito posto con mezzora d'anticipo. Tuttavia, sorrisi quando mi accorsi che mi aveva preceduta.

“Ciao!” esclamai appena lo vidi.

“Ehi sei in anticipo!”. Esclamò. La puntualità non era mai stata il mio forte.

“Già”, replicai omettendo il fatto che fossi così in anticipo, perché morivo dalla voglia di vederlo.

Rob mi prese per mano e mi chiese se avevo già preparato tutto per la partenza. Gli spiegai rapidamente il mio cambiamento di programmi e mi sembrò sinceramente dispiaciuto di sapere che non avrei raggiunto i miei per le vacanze: sapeva quanto ci tenessi.

Passeggiammo sui prati ricoperti di neve per un pò, ma la temperatura era talmente bassa che, nonostante i guanti di lana e il cappello col pelo, stavo quasi congelando. Probabilmente non mi sarei mai abituata al rigido inverno inglese!

Rob notò che stavo assiderando, così ci fermammo in un bar a prendere una cioccolata calda e poi prendemmo la metro per trovare rifugio al Westfield, che era pieno di persone che si affannavano alla disperata ricerca degli ultimi regali di Natale.

Avevo speso un sacco di tempo per scegliere cosa comprare a Rob. Avevo addirittura chiesto consiglio a Tom, ma il suo aiuto era servito a ben poco. Alla fine ero andata sul tranquillo optando per un semplicissimo cappello di lana nero: almeno sarei stata certa che gli sarebbe servito.

Non avevo la minima idea di cosa (e se) mi avesse preso lui, ma di certo lo avrei scoperto presto.

 

Dopo un giro per i negozi, Tom ci raggiunse insieme ad altri amici. Non ne conoscevo nessuno, ma si rivelarono tutti molti simpatici.

Tuttavia, dal momento che dovevo acquistare ancora qualcosa per Jana e Megan, suggerii a Rob di non aspettarmi: sapevo di essere molto lenta quando si trattava di fare compere e sapevo bene che uomini e negozi non erano certo un'accoppiata vincente.

Lui rise di gusto e, senza farsi pregare troppo, se ne andò con i ragazzi.

Fu una fortuna visto che impiegai circa due ore per scegliere i regali per le mie amiche; alla fine optai per un cardigan rosso per Jana, che ero certa avrebbe adorato ed una collana con delle pietre azzurre per Megan.

Diedi un'occhiata all'orologio e visto che erano già le 7:30 p.m. decisi di fermarmi a mangiare qualcosa prima di tornare a casa.

Quando arrivai lì, trovai un biglietto infilato sotto la porta. Era di Rob.

Vieni da me per Natale”.

Sorrisi leggendolo.

Non avevo la minima intenzione di auto invitarmi a casa dei suoi genitori per le feste, ma avevo segretamente sperato che mi invitasse lui. E lo aveva fatto. Fra l'altro, aveva volontariamente omesso il punto interrogativo.

Era il più bel regalo che potesse farmi. Presi il biglietto ed, appena entrai in casa, lo chiamai per ringraziarlo. Ci saremmo trovati a Victoria Station alle 11:00 a.m. e saremmo andati a casa dei suoi genitori insieme.

Ero un po' agitata all'idea di presentarmi da loro così all'improvviso. Non avevo idea di cosa aspettarmi, ma, visto il legame che li univa, ero sicura che non mi avrebbe invitata se i suoi non fossero stati più che d'accordo e questo pensiero bastò a tranquillizzarmi.

Non mi piaceva l'idea di presentarmi a mani vuote, così dal momento che il mio frigorifero non mi offriva molte possibilità di scelta su cosa portare, decisi di mettermi alla prova con una semplice torta alle mele. Fui piuttosto soddisfatta dal risultato e l'odore che la torta emanava era decisamente invitante; così finii di sistemare l'angolo cucina e poi andai a dormire.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


La mattina seguente telefonai ai miei per fargli gli auguri, dopodiché mi preparai in fretta e raggiunsi Victoria Station, dove Rob mi stava già aspettando.

Lo salutai baciandolo e poi salimmo sulla metro e mi diede il mio regalo.

“Un cd dei Kings of Leon? Veramente?!” chiesi, prendendolo in giro.

Era uno dei suoi gruppi preferiti e sapeva benissimo che non li apprezzavo molto.

“Così forse inizieranno a piacerti i miei gusti musicali!” esclamò ridendo.

“Amo la tua musica”. Gli dissi sincera.

Lui mi prese il viso fra le mani e, ignorando le due signore anziane che ci stavano fissando da quando eravamo saliti, mi baciò appassionatamente. Poi si voltò verso di loro e gli sorrise.

“Che scemo!” dissi e lui mi baciò di nuovo, stavolta più dolcemente.

“Allora...?”

Mi lanciò uno sguardo interrogativo. Stava aspettando il suo regalo.

“In effetti, ti ho preso qualcosa... Ma non è propriamente per te...”. Aggiunsi con fare misterioso.

“E per chi sarebbe?” chiese ridendo.

“Beh, per saperlo devi aprirlo”, gli spiegai dandogli il suo regalo.

Lui scosse la testa e poi lo aprì. Quando vide il contenuto del pacchetto, scoppiò a ridere così forte che due ragazzi dietro a noi si voltarono a fissarci.

“Un cappello di lana?” domandò allo stesso tempo perplesso e divertito.

“Te l'ho detto, tesoro! Non è per te, ma per i tuoi capelli!”.

“Per i miei capelli?”

Annuii.

“E se per un malaugurato incidente dovessi tagliarli?”

“Beh, in quel caso credo che il capello potrebbe disperarsi”. Gli risposi cercando di rimanere seria; ma non appena incrociai il suo sguardo, scoppiammo entrambi a ridere.

 

Non ero mai stata nel quartiere dov'era nato Rob.

Era una zona molto elegante, con deliziose villette a schiera dai giardini perfettamente curati.

Ero un po' agitata all'idea di conoscere la sua famiglia. Mi aveva detto che erano tutti felici che io fossi lì, ma sinceramente se Rob non mi avesse tenuta per mano, probabilmente sarei scappata dall'altra parte senza pensarci due volte.

Invece ero ancora lì con lui.

Estrasse le chiavi dalla tasca dei pantaloni, aprì il portone e mi fece strada.

“Mamma! Papà! Buon Natale!” Esclamò non appena varcammo la soglia di casa.

Suo padre, Richard, ci venne subito incontro. Lasciai andare la mano di Rob e suo padre lo salutò, abbracciandolo. Rimasi in disparte, poi il signor Pattinson lo lasciò andare e rivolse la sua attenzione anche a me. Intanto anche sua madre, aveva abbandonato i fornelli per venire a salutarci. Strinsi la mano del signor Pattinson e mi presentai. Poi salutai anche sua madre Clare e, dopo aver ringraziato entrambi per l'ospitalità, le diedi la torta che avevo preparato.

La signora Pattinson mi ringraziò calorosamente e ci invitò a toglierci i cappotti e ci disse che le sue due figlie, Victoria e Lizzie, sarebbero arrivate presto.

Mi offrii di darle una mano in cucina, ma disse che aveva tutto sotto controllo, così Rob mi fece fare un giro per mostrarmi la casa.

Le maggior parte delle pareti erano coperte da foto che ritraevano Rob bambino insieme alle sue sorelle.

“Eri carinissimo!” esclamai, osservandone una.

“Ehm.. Grazie! E adesso?”.

“Sei ancora passabile!”. Dissi scherzando.

Era molto più che passabile, ma a volte non credo che se ne rendesse pienamente conto. La sua umiltà talvolta era un tratto troppo marcato.

Sua sorella Victoria arrivò poco dopo, ma ci comunicò che Lizzie non sarebbe riuscita ad arrivare a causa di un contrattempo. Notai che tutti rimasero delusi dalla sua assenza, ma Victoria si rivelò davvero una compagnia piacevole. Era una ragazza molto simpatica e socievole. Molto simile a Rob in questo, nonostante mi sembrasse fin da subito molto meno riservata di lui.

La signora Pattinson ci invitò tutti ad accomodarci in sala da pranzo e, fra una portata e l'altra, conversammo amabilmente.

Spiegai ai genitori di Rob che mi ero trasferita a Londra una volta finito il liceo, perché me ne ero innamorata follemente in seguito ad un viaggio con i miei zii quando avevo 15 anni. Così una volta diplomata avevo deciso di lasciare la mia città natale per quella nuova esperienza.

Amavo tutto di Londra: i suoi parchi, i suoi monumenti, i suoi musei, le sue strade. Ogni cosa aveva qualcosa di magico. Non avrei potuto desiderare di vivere in un altro luogo.

“Quindi quanto tempo resterai qui?”, mi chiese Victoria.

“Spero a tempo indeterminato”, risposi e non potei fare a meno di lanciare un'occhiata a suo fratello, che stava parlando con suo padre.

Lei sorrise intercettando il soggetto del mio sguardo e annuii.

Clare era veramente una cuoca eccezionale ed una padrona di casa impeccabile. Non ebbi invece modo di parlare molto con Richard finché non arrivammo al dolce.

Sua moglie era in cucina intenta a lavare i piatti; mi ero proposta nuovamente di aiutarla, ma aveva educatamente declinato l'offerta. Per un attimo mi sembrò che stesse segnando il territorio.

In ogni caso, Victoria e Rob erano saliti un attimo al piano di sopra, per cui mi trovai da sola a tavola con Richard. Mi era sembrato fin dall'inizio un uomo socievole, ma non sapevo cosa dire per rompere il silenzio che si era creato quando gli altri avevano lasciato la sala da pranzo.

Per qualche minuto nessuno di noi parlò. Cercai disperatamente qualcosa da dire, ma non avevo idea di cosa potesse interessare il signor Pattinson.

Poi ricordai che Rob mi aveva detto che vendeva auto d'epoca. Tuttavia, prima che potessi tirar fuori l'argomento, Richard mi disse: “Sei la seconda ragazza che mio figlio ha portato qui. Ma non ne aveva mai invitata nessuna per le feste”, aggiunse guardandomi con uno sguardo indecifrabile.

Le sue parole mi spiazzarono un po', così gli dissi sorridendo: “Non volevo intromettermi in un'occasione così famigliare...”.

“No! Non devi scusarti! Non ho mai visto mio figlio così a suo agio con qualcuno quanto lo è con te”.

Le sue parole mi provocarono una gioia indescrivibile.

“Suo figlio è meraviglioso”. Gli dissi sincera.

Avrei voluto spiegargli quanto tenessi a lui, ma l'uomo dei miei sogni era di nuovo nella stanza insieme a sua sorella.

Poco dopo anche la signora Pattinson tornò da noi con la mia torta e dei biscotti a forma di albero di Natale che, ero certa, doveva aver preparato lei. Era veramente una cuoca straordinaria, per cui fui molto felice quando si complimentò con me per le mie doti culinarie e, l'occhiata che suo marito le lanciò, non passò inosservata.

Dopo aver trascorso un paio d'ore seduti in veranda a chiaccherare, io e Rob salutammo la sua famiglia e facemmo ritorno a Londra.

 

Non appena scendemmo dalla metro, Rob tirò nuovamente fuori il suo abbonamento.

“Cosa fai?” gli domandai.

“Prendo la metro!”.

“Ma siamo appena scesi...”, gli feci notare perplessa.

“Ti ho accompagnata a casa”, disse tranquillamente.

“Scherzi?”

“Non volevo che facessi la strada da sola per Natale. E volevo essere certo che fossi sopravvissuta all'incontro con la mia famiglia e che non avresti cancellato il mio numero di telefono non appena te ne fossi andata”, disse un po' imbarazzato.

“Perché avrei dovuto farlo?”, gli chiesi divertita.

“Dopo che mia sorella ti ha raccontato che da bambino mi mettevano i loro vestiti e mi chiamavano Claudia?”

In effetti quella storia mi aveva divertito molto.

“E' una storia carina invece!”, esclamai ridendo.

Mi guardò come se fossi matta e chissà, forse lo ero davvero.

Avrei dovuto sentire la mancanza dei miei genitori, della MIA famiglia in una giornata del genere; allora perché non l'avevo provata?

Non come avrei immaginato almeno... Ero certa che sarebbe stato terribile passare il Natale lontano dai miei genitori, eppure non era stato affatto così.

Ero felice di aver passato quella festività con Rob e con la sua famiglia. Non avrei potuto desiderare di più, salvo forse che ci fossero anche i miei. Magari il prossimo anno... Ma era meglio non affrettare le cose. In fondo stavamo insieme soltanto da poco più di un mese, eppure mi sentivo davvero legata a lui. Era come se fosse già diventato una parte di me. Una parte molto importante e questo, se da un lato era emozionante, dall'altro mi terrorizzava. Cosa avrei fatto se fosse finita?

Lasciando da parte le riflessioni, diedi un'occhiata all'orologio e, dopo aver salutato Rob, mi diressi verso casa.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Io e Rob non c'eravamo visti molto dopo aver passato il Natale insieme.

Jana e Megan mi avevano praticamente costretta ad uscire insieme a loro quasi ogni giorno e, visto che la famiglia di Jana possedeva una villetta a Cambridge, mi avevano invitata a passare Capodanno là.

Ero convinta che avrei trascorso l'ultimo giorno dell'anno con Rob, ma visto che non avevo passato molto tempo con lei amiche ultimamente, decisi di assecondarle e di andare con loro.

In fondo potevo passare tutto il tempo che volevo insieme a lui tutti gli altri giorni dell'anno, per cui quella sera l'avremmo trascorsa entrambi con i rispettivi amici. Almeno questo era quello che avevamo pianificato. Ma le cose non andarono esattamente così...

Rob si fece trovare davanti alla porta di casa mia quella mattina ed andammo insieme a fare colazione da Starbucks. Ci sedemmo ai tavolini della sala di sopra e restammo lì a parlare quasi tutta la mattina.

Verso l'ora di pranzo Rob doveva vedersi con Tom e gli altri per prendere le ultime cose per la festa che avrebbero organizzato a casa di quest'ultimo.

Quando venne il momento di lasciarci, Rob mi salutò baciandomi appassionatamente, così appassionatamente che mi pentii di aver accettato l'invito delle mie amiche. Ma ormai avevo dato loro la mia parola e non avevo intenzione di darli buca all'ultimo minuto.

Così, dopo aver salutato Rob, tornai a casa ed iniziai a preparare la valigia: mi sarei fermata da Jana per un paio di giorni. Misi nel bagaglio un paio di maglioni, dei cambi di biancheria e poche altre cose. Dubitavo che saremmo andate molto in giro, viste le previsioni meteorologiche. Valutai l'idea di prendere delle semplici slip di cotone bianco, ma alla fine decisi di non tradire la tradizione ed optai per un perizoma in pizzo rosso.

Megan passò a prendermi in auto verso le 5:45 p.m. ed insieme arrivammo a Cambridge. Jana ci accolse calorosamente e ci invitò subito a fare come se fossimo a casa nostra.

Rimasi sorpresa dalle dimensioni della villetta: a me sembrava più una reggia, tanto era grande. C'erano almeno cinque camere degli ospiti, per non parlare della sala da pranzo che avrebbe potuto ospitare un ricevimento per almeno 50 persone ed addirittura un quartetto d'archi!

Sembrava di essere in una favola. Mi era quasi impossibile immaginare che lei fosse cresciuta lì. L'appartamento a Firenze dei miei, ci sarebbe entrato almeno 20 volte, per non parlare di quello in cui vivevo adesso che era veramente minuscolo.

Preparammo insieme la cena ed aspettammo la mezzanotte per brindare.

Alle 00:01 a.m. il mio telefono si illuminò, lo afferrai subito e aprii il nuovo messaggio.

Era di Rob.

Buon anno, tesoro”.

Non feci in tempo a rispondere, che il cellulare squillò.

Ma proprio in quel momento iniziarono anche i fuochi d'artificio, così non riuscii a sentire nulla. Quasi nello stesso istante qualcuno suonò al campanello.

Possibile che non si potesse avere un attimo di pace?!

“Amore! Non ti sento! Aspetta un attimo!” Urlai al telefono.

Mi accorsi solo in quel momento che le mie amiche non erano più nei paraggi, così rassegnata andai io ad aprire la porta e lo ritrovai lì in piede, davanti a me, con il cellulare ancora in mano.

“Buon anno!”, ripeté Rob ridendo.

“Co-cosa ci fai qui?!” Esclamai piena di gioia.

“Beh- disse entrando in casa e passandosi una mano fra i capelli per togliersi qualche fiocco di neve (non mi ero neanche accorta che avesse iniziato a nevicare)- ho pensato: visto che secondo la tradizione quello che fai il primo dell'anno lo fai tutto l'anno, non potevo essere con nessun altro oggi”.

Rimasi a fissarlo come un'idiota, troppo sorpresa per muovere un muscolo. Non avrebbe potuto farmi una sorpresa più bella e più riuscita.

Rob chiuse la porta e, guardandomi negli occhi, si avvicinò a me e mi afferrò per la vita per avvicinare il mio corpo al suo. Non avevo idea di dove fossero finite le mie amiche e, sinceramente, in quel momento non mi importava affatto di loro. Riuscivo solo a pensare a Rob, alle sue mai sopra al mio corpo e alle sue labbra sulle mie. Lo presi per mano e lo condussi nella stanza che Jana mi aveva lasciato. Chiusi la porta a chiave per sicurezza e guardai Rob. Stavolta sapevo che non si sarebbe tirato indietro ed ero certa di essere pronta per portare la nostra relazione al livello superiore. Mi fidavo ciecamente di lui.

Rob era seduto sul letto e stava guardando uno dei quadri appesi alle pareti della stanza, probabilmente quello era il suo modo per darmi il tempo di capire se volevo tirarmi indietro. Ma ogni parte di me urlava il suo nome. Non c'era niente al mondo che desiderassi di più che stare con lui quella notte.

Rob si voltò di nuovo verso di me, ricambiai il suo sguardo e mi avvicinai lentamente a lui. Era ancora seduto. Gli accarezzai dolcemente il viso e poi iniziai a baciarlo. Lui mi afferrò per la vita e mi spinse sopra di sé. Non eravamo mai stati tanto vicini. Rob iniziò a liberarmi dai miei vestiti e ringraziai la mia prontezza di spirito, che mi aveva fatto optare per il perizoma di pizzo. Le slip di cotone sarebbero state un affronto a quella serata, a quella notte.

Rob passò la sua lingua sull'incavo del mio mento e poi scese giù, fino all'altezza del mio seno. Ogni contatto con il suo corpo era un grido di piacere. Sentirlo dentro di me mi fece solo desiderare di averlo con me sempre. Lo afferrai per avvicinarci ancora di più.

Non avrei mai potuto desiderare che finisse. Io e lui. Non poteva esistere nessun altro. Mai.

La sua dolcezza fu qualcosa di indescrivibile, così come la sua passionalità. Erano un tutt'uno in lui. Sapeva esattamente quello che desideravo nel momento in cui lo volevo. Era perfetto. Unico. Sorprendente. Magico.

Passammo il resto della notte abbracciati e quando mi svegliai la mattina seguente, ero ancora avvinghiata a lui. La mia testa era appoggiata contro il suo petto e con un braccio mi cingeva protettivo la vita. Sarei potuta restare così, immobile, per sempre.

Ma all'improvviso il display del mio cellulare si illuminò, facendomi sussultare. Mi allontanai di malavoglia da Rob e lo afferrai.

Un nuovo messaggio.

Ti è piaciuta la sorpresa? ;) J & M”.

Sorrisi. Ovvio. Non potevano non saperlo.

Scrissi rapidamente.

Se non vi volessi bene, vi prenderei a calci per non avermi avvertita!”.

Un nuovo messaggio.

Se te l'avessimo detto non sarebbe più stata una sorpresa!”.

Prima di darmi il tempo di rispondere, arrivò ne arrivò un altro.

Dobbiamo torturarti per avere i dettagli?!”

Dove siete?”, scrissi.

Siamo al piano di sotto”.

Il tempo di fare una doccia e sono da voi!”.

;)”.

Sorrisi ed appoggiai il cellulare sul comodino.

“Buongiorno!”, disse un'assonnata voce ultra sexy.

“'giorno!”, risposi baciandolo appassionatamente.

“Dove vorresti andare?”, mi chiese trattenendomi per un braccio ed attirandomi a sé.

“Vado a fare una doccia e poi devo scendere dalle ragazze”. Risposi sorridendo.

“Mi sento leggermente ferito! Ti approfitti di me e poi te ne vai dalle tue amiche”. Scherzò Rob.

“Alzati!”, gli dissi lanciandogli un'occhiata, che non poteva non far trasparire le mie intenzioni tutt'altro che innocenti. “Devo essere giù fra massimo 15 minuti, o Jana verrà qui di persona!”. Dissi scherzando soltanto in parte. La conoscevo abbastanza bene da sapere che ne sarebbe stata capace.

“Non hai idea di cosa si può fare in meno di 15 minuti...!”.

“Dimostramelo allora”. Dissi stuzzicandolo e facendo come per uscire dalla stanza.

Rob scese dal letto ridendo e disse:”L'hai voluto tu!”.

Risi anch'io e scappai fuori dalla stanza. Mi raggiunse quasi subito e, dopo avermi baciata sul collo, mi afferrò e mi portò sotto la doccia con lui.

Durò decisamente più di 15 minuti.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Lasciai Rob a vestirsi in camera e, dopo aver indossato le prime cose che mi trovai fra le mani, scesi dalle mie amiche.

Appena mi videro mi lanciarono sguardi carichi di interrogativi, ai quali sapevo non avrei potuto esimermi dal rispondere dettagliatamente. Sorrisi e, prima che potessero chiedermi qualcosa, iniziai a raccontare quello che era successo la scorsa notte.

Non elusi i particolari che sapevo volevano conoscere, ma evitai volontariamente di parlare del modo nel quale Rob mi aveva accarezzato i capelli, di come i nostri corpi si erano congiunti, del modo in cui aveva sussurrato il mio nome... Erano dettagli troppo intimi. Volevo che appartenessero soltanto a noi due.

Stavo rispondendo all'ennesima domanda di Jana, quando Rob entrò in salotto. Tre paia di occhi lo fissarono in un silenzio carico di sottintesi.

Esplicitamente imbarazzato da tutta quell'attenzione, mi lanciò un'occhiata, come ad invitarmi ad andare di là con lui.

Quando mi allontanai dalle ragazze e lo seguii in cucina, sentii i risolini di Megan e la voce di Jana, che disse: “Fate pure con calma! Di nuovo!”.

Avrei voluto sotterrarmi e sparire, ma non prima di aver strozzato Jana.

Aveva mai sentito parlare di una cosa chiamata “discrezione”? Chiaramente la nozione doveva esserle totalmente oscura.

“Devo andare”. Disse Rob, chiaramente infastidito.

Nel sentire le sue parole mi sentii ferita.

Era così allora? Avevo fatto sesso con lui ed ora se ne andava?!

Mi sentii crollare il mondo addosso. Lui colse la mia espressione e si affrettò a precisare: “Tom e gli altri erano già abbastanza seccati che venissi qui la scorsa notte... Ho praticamente spezzato una tradizione consacrata da anni per essere qui”. Aggiunse un po' imbarazzato.

“Ti perdoneranno se ritardi di un'altra mezzora?”

“Beh... Fammi pensare... Credo che sapranno cavarsela per mezzora”. Rispose, fingendosi dubbioso.

“Bene. Perché c'è qualcosa che voglio mostrarti...”. Dissi gettandogli le braccia al collo.

“Cosa?”

“E' una sorpresa”. Precisai.

“Okay”.

Gli sorrisi e lo portai di nuovo di sopra. In camera da letto.

“Beh... Questa sorpresa mi piace già molto!”. Disse, avvicinandosi a me.

“Non è quello che pensi. Mi dispiace!”. Esclamai prendendolo in giro.

“E quindi cosa sarebbe?”, mi chiese un po' perplesso.

“Questo!”, dissi estraendo due biglietti dalla borsa e porgendogliene uno.

Lo guardò per un attimo senza capire, poi lo osservò meglio e gli comparve una strana luce negli occhi.

“E' quello che penso che sia?”, mi domandò infine.

“Sì. Vorrei che venissi con me a Firenze. Il 13 febbraio è il compleanno di mia madre e vorrei che conoscessi i miei”.

Rob rimase in silenzio contemplando quel pezzo di carta.

Accidenti! Forse ero stata troppo precipitosa.

“Senti. So che è presto. Molto presto! Per cui, davvero, non preoccuparti: se avevi già un altro impegno, o se non ti va di venire... Insomma, va bene lo stesso. Possiamo andarci insieme un'altra volta, oppure no. Come preferisci”, conclusi rapidamente.

“Puoi smettere di parlare per un secondo?”, mi domandò poggiando il suo dito indice sulle mie labbra.

Feci un respiro profondo ed annuii.

Rob mi prese il viso fra le mani e disse: “Certo che verrò. Sei venuta da me per Natale e sarei felicissimo di incontrare i tuoi genitori. Ma sei sicura di volermi con te?”.

“Cosa?”

“Beh, mi hai detto più volte che non hai mai presentato nessuno dei ragazzi con cui uscivi ai tuoi, per cui... Sei sicura di volere che mi conoscano?”

“Sì”.

“Allora sì. Verrò con te. Poi non sono mai stato in Italia!”, aggiunse sorridendo.

“Beh, ti anticipo che come guida turistica sono penosa!”, lo informai.

“Sopravviverò!” esclamò e poi mi baciò dolcemente sulle labbra.

Lo accompagnai di sotto e, dopo aver salutato Jana e Megan, se ne andò.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Io e Rob non ci vedemmo molto nelle settimane seguenti. Il provino che aveva fatto circa un mese prima era andato bene, quindi adesso doveva prepararsi per il secondo. Tuttavia, mi assicurò che sarebbe venuto con me a trovare i miei genitori, per cui quando telefonai a mia madre le accennai che probabilmente non sarei arrivata da sola.

La notizia la prese in contropiede, ma non replicò. Esclamò soltanto un “Finalmente!” e aggiunse che sia lei che mio padre sarebbero stati felici di vedermi indipendentemente da chi sarebbe stato il mio compagno di viaggio.

 

Ormai mancava soltanto una settimana alla data prevista per la nostra partenza, così quella sera Rob venne a cena da me per discutere i dettagli del viaggio.

Non appena suonò il campanello, sorrisi ed andai ad aprire la porta. Rob mi baciò non appena mi vide e lo condussi in cucina.

Mangiammo la cena che avevo preparato quasi senza parlare. Riuscivo sempre a intuire se qualcosa lo preoccupava e quella sera qualcosa chiaramente non andava.

Nonostante l'entusiasmo con cui mi aveva stretta a sé, c'era qualcosa di strano. Non sembrava disposto a parlarne, così aspettai che finissimo la cena nella speranza che si confidasse con me.

Tuttavia, non lo fece, così presi in mano la situazione e gli chiesi se ci fosse un problema.

“E' il provino”. Rispose senza aggiungere altro.

“Cioè?”.

“La mia agente ha chiamato stamani per dirmi che la regista vorrebbe che provassi la scena con la protagonista. Per vedere se fra noi c'è intesa, oppure no”, spiegò.

“Sono sicura che rimarrà incantata da te!”, dissi credendoci davvero.

“Forse...”. Disse dubbioso. “Non ho certo la sua esperienza!” Aggiunse ridendo per mascherare, senza riuscirci, la sua tensione.

“E chi sarebbe?”

“Kristen Stewart”.

Quel nome non significava nulla per me. Non avevo idea di chi fosse. Ma, in ogni caso, l'idea di lavorare con lei lo innervosiva.

Mi alzai e presi posto sulle sue gambe.

“Beh, sono sicura che, se quella ragazza ha un minimo di giudizio, vorrà lavorare con te”.

“Lo spero”.

“Io ne sono sicura”, dissi accarezzandogli i capelli.

“C'è un altro problema in effetti...”.

“Quale?”

“Il giorno del provino è il 12 febbraio”.

Bingo! Era il giorno stabilito per la nostra partenza.

Rimasi molto male di fronte a quella rivelazione, ma quel provino era molto più importante del nostro viaggio. Saremmo andati insieme dai miei un'altra volta. Non c'era fretta. Non poteva perdere quell'occasione.

“Non c'è problema, amore. Potrai conoscere i miei un'altra volta!”.

“So che era importante per te che ci fossi”, affermò accarezzandomi delicatamente una guancia.

“Non ha importanza. E' solo un viaggio. Il tuo lavoro è importante. E non ti permetterò di rinunciare, okay?”.

“D'accordo”. Acconsentì e poi mi baciò.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Cinque giorni dopo accompagnai Rob in aeroporto.

Mi aveva ripetuto almeno mille volte che non c'era bisogno che lo facessi, visto che dovevo ancora finire le ultime cose per la mia partenza, ma sapevo che in realtà era felice di avermi accanto.

Rilesse il copione per quasi tutto il nostro viaggio il treno, infine sospirò e lo mise finalmente via. Non lo avevo mai visto così nervoso ed ormai non sapevo veramente più cosa dire per tranquillizzarlo, per cui mi limitai ad appoggiare la mia testa sulla sua spalla.

Una volta arrivati in aeroporto, lo accompagnai al check-in: il volo aveva un leggero ritardo, così ci sedemmo ad aspettare. Rob prese la mia mano e finalmente si rilassò.

Dopo circa un'ora annunciarono aperto il check-in, così ci preparammo a separarci.

Avevo già letto il copione un paio di volte ed avevo anche provato la scena con lui. Si trattava di una delle scene cardini del film: il bacio fra il vampiro e l'umana.

Non ero elettrizzata all'idea che baciasse un'altra ragazza, ma sapevo che faceva parte del suo lavoro, per cui cercai di non pensarci troppo. In fondo sapevo che quelle labbra erano mie, che noi due ci appartenevamo: il resto significava ben poco.

Dopo esserci salutati, lasciai Rob in fila per il check-in (era quasi il suo turno) e mi diressi verso l'uscita principale. Stavo per varcare la soglia, quando una mano che conoscevo fin troppo bene afferrò la mia.

Sorrisi e mi voltai.

Rob studiò la mia espressione per un secondo e poi, guardandomi negli occhi, sussurrò: “Ti amo”.

Rimasi frastornata dal suono di quelle parole. Cinque lettere in grado di cambiare tutto.

Era la prima volta che qualcuno me le diceva e, per qualche strana ragione, non replicai. Non dissi nulla. Sapevo di amarlo, ma non riuscii a dirglielo. Forse dentro di me temevo che se avessi detto qualcosa, la magia si sarebbe spezzata.

Rob non si scompose di fronte al mio silenzio, mi baciò sulla fronte e disse: “Ci vediamo al mio ritorno”.

Ancora con la testa fra le nuvole, raggiunsi la fermata del treno e tornai a casa.

 

La mia breve vacanza a Firenze andò benissimo. I miei genitori erano felicissimi di avermi a casa con loro per un'intera settimana ed io ero felice di essere lì. Mia madre rimase un po' delusa dall'assenza del mio ragazzo, mentre mio padre non ne sembrò affatto dispiaciuto. Probabilmente per lui sarei rimasta sempre la sua bambina. Tuttavia, ero sicura che quando avrebbero conosciuto Rob, lo avrebbero adorato. Era un ragazzo dal cuore d'oro ed era impossibile non rimanerne affascianti.

Rob mi chiamò la mattina dopo il mio arrivo in Italia e mi raccontò ogni dettaglio del provino.

La regista a quanto pare non aveva lasciato trasparire nulla, ma una delle sue assistenti gli aveva espresso il suo apprezzamento. Sperai con tutto il cuore che fosse andato tutto per il meglio: non c'era una persona che meritasse quel lavoro più di lui. Ero fermamente convinta che avrebbe potuto fare grandi cose, se solo ne avesse avuta l'occasione.

Nessuno di noi menzionò quello che mi aveva detto in aeroporto. Sapevo di essere stata una stupida a non rispondergli, ma lui non sembrava nè irritato, né arrabbiato; per cui decisi che avrei affrontato l'argomento una volta tornata a casa.

Rob mi chiamò di nuovo il giorno del compleanno di mia madre e mi disse che si sarebbe fatto trovare di fronte al mio appartamento al mio ritorno.

Inizialmente si propose di aspettarmi a Gatwick, ma declinai gentilmente l'offerta: avevo bisogno di un altro pò di tempo per riordinare le idee prima di vederlo.

Il giorno della mia partenza, mio padre mi accompagnò all'aeroporto di Firenze Peretola e, dopo averlo salutato, mi diressi verso il mio gate.

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Il volo Firenze-Londra fu abbastanza tranquillo, tuttavia le due ore di viaggio trascorsero fin troppo velocemente... Una volta atterrati a Gatwick, mi diresse verso la fermata del treno per far ritorno a casa.

Scesa dal treno, presi la metro, dopodiché camminai per un paio di isolati prima di raggiungere il mio appartamento.

Appena svoltai l'angolo, la prima cosa che notai fu Rob.

Il suo volto si illuminò non appena mi vide e camminò sorridente verso di me.

Era una giornata nuvolosa, ma portava comunque il suo solito cappellino da baseball. L'avevamo comprato insieme al mercatino di Portobello qualche settimana prima.

Non capii davvero quanto mi fosse mancato, finché non fu a due passi da me.

Come avevo potuto esitare, anche se solo per un istante?

Rob afferrò la mia valigia e poi mi baciò. Quel contatto fu come una scarica elettrica, non avrei più voluto staccarmi da lui. Restammo avvinghiati per qualche minuto, poi si allontanò da me, mi prese per mano ed insieme entrammo nell'appartamento.

Lì con lui mi sentii davvero a casa.

 

Due settimane dopo.

Io e Rob eravamo a cena da Pizza Hut, lo stesso locale in cui eravamo andati la prima volta e stavamo chiacchierando del più e del meno quando il suo cellulare squillò. Appena lo afferrò e vide il display, osservai la sua espressione da rilassata farsi improvvisamente preoccupata. Mi guardò per un attimo, dopodiché uscì senza dire una parola.

Dal modo in cui se n'era andato, immaginai che dovesse trattarsi di qualcosa d'importante.

Non avevamo più parlato del suo provino, ma sapevo che ci stava pensato comunque.

Sospirai e sperai che tornasse con buone notizie. Dopo cinque minuti che attendevo da sola al nostro tavolo, iniziai ad innervosirmi e, per attimo, pensai di uscire.

Stavo giusto per alzarmi e raggiungerlo, quando lo vidi rientrare. La sua espressione era indecifrabile.

Tornò rapidamente al tavolo e si sedette senza dire una parola e senza guardarmi. Infine alzò la testa e posò il suo sguardo su di me. Era ancora indecifrabile.

“Allora?”, gli domandai per spingerlo a parlare.

“Sono dentro”, disse, senza aggiungere altro.

“Sei dentro?!”, gli chiesi di nuovo, per essere certa di aver capito bene il senso delle sue parole.

“Sono dentro”. Ripeté privo d'espressione.

“E' magnifico, Rob!” Esclamai.

Perché non stava esultando con me?

Sembrava ancora sotto shock, chiaramente non si aspettava di avercela fatta. Tendeva sempre a sottovalutarsi, ma stavolta doveva godersi questa vittoria.

Gli sorrisi e gli accarezzai i capelli. Lui mi prese l'altra mano, poi esclamò, stavolta con entusiasmo: “Ce l'ho fatta davvero!”

Mi sporsi sopra il tavolo, gli afferrai il viso e lo baciai. E fu in quel preciso momento che mi resi conto di amarlo.

Credevo di aver amato anche il mio ex, ma mi resi improvvisamente conto che quello non era mai stato vero amore. Era stato solo affetto, soltanto amicizia.

Ma fra me e Rob non era affatto così: mi sarei gettata nelle fiamme affinché non ci finisse lui. Avrei fatto qualunque cosa se me l'avesse chiesto. Se mi avesse proposto di partire, lo avrei seguito in capo al mondo.

Semplicemente, lo amavo.

Mi staccai da lui e, dopo che fummo usciti dal ristorante, passeggiammo per un pò in silenzio tenendoci per mano.

Ma quando arrivammo a Trafalgar Square, lo guardai negli occhi e gli dissi quello che non avevo mai avuto il coraggio di dire prima.

“Ti amo”.

“Ti amo anch'io”, mi sussurrò e poi mi baciò appassionatamente sulle labbra.

 

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Due settimane dopo, Rob passò da me per salutarmi, prima di partire per Vancouver.

La prospettiva di non vederlo per mesi non mi piaceva affatto.

Non avevo mai creduto molto nelle relazioni a distanza: come puoi stare con qualcuno se non sei fisicamente con lui? Tuttavia, mi fidavo ciecamente di Rob e sapevo che potevamo trovare un modo per far funzionare le cose.

“Sei sicuro che non vuoi che ti accompagni in aeroporto?”, gli chiesi per la milionesima volta fra un bacio e l'altro.

“Sono sicuro”, rispose fissandomi con i suoi meravigliosi occhi chiari.

“Okay...”.

“Ehi! Non sto partendo per il fronte!”, disse per allentare la tensione. “Sarò a casa prima che tu ti accorga che sono partito! Anzi... Ho intenzione di chiamarti così spesso che probabilmente ti stuferai del suono della mia voce”.

Impossibile, pensai.

“D'accordo! Ora vai! Non credo che fermerebbero l'aereo per aspettarti!”

“Sto andando”, disse senza muoversi.

“Rob! Andrai alla grande!”, dissi convinta, accarezzandogli i capelli.

“Ti chiamo appena arrivo”.

“Ti consiglio proprio di farlo”. Lo minacciai sorridendo.

Mi baciò un'ultima volta e poi se ne andò.

 

Tenersi in contatto fu più complicato del previsto: oltre al problema del fuso orario, Rob era quasi sempre sul set, mentre io ero sommersa dalle cose da studiare.

Trovare un momento per parlare con calma divenne praticamente impossibile.

Finalmente, dopo un paio di settimane, il ritmo sul set, complice il beltempo che aveva reso impossibile le riprese, sembrò rallentare. Era strano che avessero bisogno della pioggia e delle nuvole per girare; ma per i vampiri del libro uscire sotto il sole senza essere riconosciuti dagli umani era praticamente impossibile e questo implicava che, per loro, lo era girare con il beltempo.

Jana e Megan mi chiesero più volte notizie riguardo al film, ma purtroppo non potevo riferire loro nulla di quello che Rob mi raccontava in confidenza. Era strano non poterne parlare con le mie amiche, ma presto ci feci l'abitudine.

Inoltre, presto Rob sarebbe tornato e quest'alone di mistero si sarebbe certamente attenuato.

Nel frattempo iniziarono ad uscire le prime interviste dal set e quello che vidi non mi piacque affatto.

Forse dipendeva solo dal fatto di aver lavorato a stretto contatto per molte settimane, ma mi sembrò che Kristen Stewart, la ragazza scelta per interpretare il ruolo della protagonista, Bella Swan, si stesse prendendo un po' troppe libertà con il mio ragazzo. C'era qualcosa che mi urtava nella maniera in cui gli parlava, che decisamente non sarebbe stato il modo nel quale io avrei parlato ad un collega.

Inoltre, il fatto che molte ragazze su internet non avessero usato parole molto carine quando avevano scoperto chi avrebbe interpretato il bel vampiro, aumentava notevolmente la mia rabbia.

Tuttavia, quella sera non ne feci parola con Rob: ero certa che fosse già abbastanza stressato anche senza doversi occupare di quei pettegolezzi.

Gli accennai ad un breve viaggio di cui avevo discusso con Jana e Megan, ma invece di mostrarsi entusiasta per la mia prospettiva commentò solo con un “Ah”.

“Ah?”, ripetei.

“Speravo non avessi già fatto programmi in effetti”.

“Perché?”

“Beh... Speravo potessimo vederci”.

“Puoi lasciare il set?”, gli domandai incredula.

Ero certa che mancasse almeno un mese alla fine delle riprese. Lo sentii ridere di gusto.

Io no, ma tu non hai una settimana di vacanza?”

“Beh, sì... Dieci giorni”. Precisai.

“Vorrei che venissi qui”.

“A Vancouver?”, domandai sorpresa.

Era l'ultima cosa che mi sarei aspettata mi chiedesse...

In realtà le mie amiche contavano sulla mia presenza per il viaggio. Però io e Rob non ci vedevamo da più di un mese e sarei volata persino a Melbourne pur di vederlo per 5 minuti.

Inoltre, anche l'idea di incontrare Kristen mi incuriosiva: speravo davvero di sbagliarmi su di lei. Valutai le varie opzioni per qualche secondo e poi acconsentii.

Sentii Rob tirare un sospiro di sollievo.

“Credevi che ti avrei detto di no?”, gli chiesi ridendo.

“No. Volevo solo essere sicuro che andasse tutto bene fra di noi”.

“E' tutto apposto”, affermai.

“So che non è facile gestire le cose a distanza, tesoro”.

Il suo tono era abbastanza angosciato, per cui decisi che non fosse il caso di riversare su di lui le mie preoccupazioni. In fondo erano ben poco importanti.

“E' tutto okay, tranquillo!”, lo rassicurai.

Stavo per aggiungere che, davvero, non doveva preoccuparsi per me, quando qualcuno bussò alla porta.

“Accidenti! E' Jana. Dovevamo vederci per studiare”.

“Vai pure! Ci risentiamo domani. Ti amo, Jenny”.

“Ti amo anch'io”, dissi, dopodiché riattaccai il telefono e andai ad aprire alla mia amica.

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Io e Jana passammo l'intero pomeriggio a fare tutto meno che studiare e le parlai della proposta che Rob mi aveva appena fatto. Ne discutemmo per un po', ma in realtà avevo già deciso di accettare. Non mi sarei persa l'opportunità di rivederlo prima del previsto per nessuna ragione al mondo. Per cui trascorsi la restante parte del pomeriggio scusandomi con Jana per il fatto che non sarei potuta andare insieme a loro a Parigi.

La mia amica si finse offesa, ma ormai la conoscevo abbastanza bene da sapere che la sua era tutta una finta, quindi cercai di non prestarle troppa attenzione. In fondo sapeva quanto tenessi a rivedere il mio ragazzo.

“D'accordo! Hai la mia benedizione!”, disse infine. “Ma quest'estate tieniti libera almeno per una settimana ad agosto, perché devi venire con me! Se anche il principe William ti invitasse nel suo castello, dovresti rifiutare l'invito, è chiaro?”

“Non saprei... Un invito del genere non credo che si possa rifiutare!”

“Beh, allora sarai la prima a rompere la tradizione!”

“D'accordo!”, acconsentii ridendo.

“Comunque... Come vanno le cose fra voi?”

Fra me e Will? Molto bene direi: la regina ha appena acconsentito al nostro fidanzamento ufficiale!”, dissi scherzando.

Jana scoppiò a ridere, ma si ricompose in fretta e me lo chiese di nuovo.

“Non saprei...”.

In fondo almeno con la mia amica in questo potevo essere sincera, no?

“Cosa c'è che non va? A parte la distanza”, precisò subito dopo.

Non lo so, Jana. Non mi sento tranquilla. Voglio dire... So che lui sta lavorando e sono felicissima di questo, ma lo vorrei con me. O almeno vorrei poter essere con lui”.

“Beh, andrai da lui fra un paio di settimane, no?”, mi ricordò Jana.

“Sì, certo”.

La mia amica osservò per un attimo la mia espressione e capì che c'era dell'altro. Ci conoscevamo soltanto da un paio di mesi, ma capiva sempre quando qualcuno le stava volontariamente nascondendo qualcosa. Addirittura spesso io e Megan la prendevamo in giro, dicendole che avrebbe dovuto lavorare per FBI.

“Jenny andiamo! Cosa non vuoi dirmi? Sai che so tenere la bocca chiusa!”, aggiunse un po' risentita.

“Okay! Ma è solo una sciocchezza!”, puntualizzai.

“Parla”, disse con un tono che non ammetteva repliche.

Kristen Stewart”.

Chi?”, domandò senza capire.

“L'attrice che lavora con Rob”.

Non mi piace”. Affermò Jana, togliendomi le parole di bocca.

Le sorrisi riconoscente.

“Ovviamente non la conosco, ma non mi sento tranquilla sapendo che lavora fianco a fianco con Rob”, spiegai sentendomi alquanto infantile.

“A lui l'hai detto?”, mi chiese, immaginandosi già la risposta.

No”, le risposi arrossendo. “Senti, cancella quello che ti ho detto! E' la lontananza che mi sta facendo diventare paranoica... Probabilmente sono solo gelosa del fatto che lo veda ogni giorno, mentre io non posso nemmeno dire che stiamo insieme”.

“Già... Non ho ben capito questa storia”.

“Beh, l'agente di Rob gli ha consigliato di non parlare della sua vita privata. Vogliono che i giornalisti si concentrino soltanto sul film”.

Ma se non sbaglio questa Kristen sta con qualcuno... L'ho letto da qualche parte...”, affermò Jana.

, un certo Michael qualcosa. Non ricordo il suo cognome. Stanno insieme da un po'... La cosa era già uscita tempo fa”, precisai sottintendendo che quindi almeno loro potevano farsi vedere insieme.

Ah. Ascolta Jenny: non ha senso angosciarsi per questa storia! Vedrai il tuo Rob tra un paio di settimane! Questa tizia è fidanzata e poi sai che Rob non penserebbe neanche di sfiorare un'altra”, mi ricordò la mia amica sorridendo.

“Lo so”.

Non c'era bisogno che Jana mi ricordasse che ragazzo meraviglioso fosse. Sapevo bene che Rob non mi avrebbe mai tradita; inoltre Kristen non era assolutamente il suo tipo. Mi sentii una sciocca per avere anche solo dubitato di lui.

“Allora! Pizza?”, mi propose infine Jana. “Sto morendo di fame!”

“E pizza sia”, acconsentii con un sorriso riconoscente.

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Rob mi chiamò il giorno seguente per comunicarmi i dettagli della partenza. Mi sentii un po' come se dovessi incontrare il presidente degli Stati Uniti in persona, invece che il mio ragazzo ,quando mi disse che un'auto scura sarebbe passata a prendermi all'aeroporto di Vancouver e mi avrebbe portata sul set.

Ero molto emozionata di fronte a quest'idea, ma ero sopratutto felicissima di rivedere Rob. Era incredibile che fosse già trascorso quasi un mese e mezzo dalla sua partenza!

Mi mancava passeggiare con lui per Hyde Park, mi mancava il modo in cui prendeva sempre la mia mano e quello in cui mi baciava. Era la cosa che mi mancava di più; ma per fortuna fra meno di 24 ore ci saremmo rivisti!

Il volo per Vancouver fu abbastanza tranquillo; Rob aveva insistito perché almeno viaggiassi in prima classe e non avevo fatto obiezioni. Le hostess furono incredibilmente gentili e mi chiesero più volte se c'era altro che potessero fare: era decisamente un bel cambiamento rispetto alla cara vecchia Ryan Air!

Atterrammo a Vancouver con una ventina di minuti d'anticipo, ma impiegai molto tempo per passare i controlli. La mia borsa suonò due volte, perché avevo dimenticato di togliere il sacchetto dei liquidi. Come avevo potuto scordarlo lì dentro? Quando finalmente riuscii a passare, cercai il cartello col mio nome.

Mi sentii pervadere dalla gioia quando vidi un uomo con il cartello con scritto “Ms Jennifer Presciani”. Sorrisi e mi avvicinai a lui.

Volle vedere un documento per essere certo che fossi veramente io e, dopo averlo verificato, mi guidò verso l'auto.

Impiegammo circa due e mezzo per raggiungere il set, compresa una breve pausa in hotel per posare i bagagli.

L'autista fu molto cortese e mi parlò del più e del meno per tutta la durata del tragitto.

Quando finalmente arrivammo sul set, non potei non sentirmi più leggera: fra pochi minuti avrei rivisto Rob.

Ringraziai l'autista e mi diressi verso l'ingresso degli studi.

La sicurezza mi squadrò da capo a piedi ed una ragazza della troupe mi venne incontro per accertarsi che fossi veramente chi dicevo di essere.

“Abbiamo quasi finito per oggi”, disse. “Sei mai stata su un set prima?”

“No”, risposi cercando di non far trapelare il mio nervosismo.

“Cerca di non fare danni allora”.

Ma la cortesia era diventata un optional?

Mi sforzai non replicare e cercai di concentrarmi sulla ragione per cui ero lì.

Non appena lo vidi il mio cuore accelerò. Era girato si spalle e non sembrava essersi accorto del nostro ingresso nella stanza. Indossava un paio di jeans scuri ed una t-shirt bianca, che riconobbi subito: era quella che aveva addosso la prima volta che eravamo usciti insieme. Si passò una mano fra i capelli, posò qualcosa su una sedia e sbadigliò. Mi avvicinai lentamente a lui, certa di coglierlo di sorpresa. La ragazza mi lanciò un'occhiataccia, ma non disse nulla.

Quando fui a un passo da lui, mi schiarii la voce e dissi:

“Mr Pattinson? C'è qualcosa che posso fare per lei?”

Rob si voltò non appena sentì pronunciare il suo nome e, quando mi vide, mi strinse in un abbraccio quasi soffocante e mi baciò appassionatamente, incurante del fatto che non fossimo soli. Rob mi lasciò andare soltanto quando Katherine, la regista, scoppiò a ridere.

Imbarazzatissima e con il viso in fiamme, attesi che ci presentassero; anche se probabilmente dal modo in cui ci aveva appena visti avvinghiati, doveva aver capito perfettamente chi fossi.

“E' un piacere conoscerti, Jennifer!”, affermò e mi sembrò sincera.

“Il piacere è mio. Ti ringrazio di avermi dato la possibilità di venire sul set”, le dissi altrettanto sincera.

“Figurati. Credo che per oggi abbiamo finito”. Aggiunse rivolta alla troupe.

Poi prese da parte Rob e gli sussurrò qualcosa che non riuscii a capire. Lui si voltò per un attimo verso di me, prima di risponderle e poi annuì.

“Beh, spero che ti avremo qui con noi domattina, però ti consiglio di dare anche un'occhiata in giro per la città. Ci sono molte cose interessanti da vedere!”. Aggiunse rivolta verso di me.

Annuii, dopodiché seguii Rob fuori dal set.

 

Rob ed io non ci staccammo neanche per un attimo durante il tragitto in auto.

Le sue labbra mi baciavano senza sosta. Le sue mani accarezzavano vogliose il mio corpo ed io fremevo sempre di più ad ogni tocco.

L'autista non disse nulla ed io mi dimenticai presto della sua presenza lì. Tutto ciò che desideravo era Rob.

Una volta arrivati in hotel, lo seguii nella sua stanza.

La produzione aveva stabilito che avessimo due camere separate. Non ero felice della notizia, ma in quel momento aveva ben poca importanza.

Rob era già quasi senza vestiti prima ancora di toccare il letto. Accarezzai il suo petto e lasciai che mi togliesse la camicia. Nell'impeto del momento, mi strappò addirittura un bottone, ma ci feci a malapena caso: me ne sarei occupata la mattina seguente. Mi liberai da sola dei pantaloni e lui fece lo stesso. Il contatto con la sua pelle sudata non fece altro che aumentare il mio desiderio. Le sue labbra indugiarono sul mio collo, Lo afferrai per un braccio e lo spinsi verso di me.

Rob mi tenne fra le sue braccia per tutta la notte. Mi baciò i capelli e mi sussurrò un'infinità di volte quanto gli ero mancata e quanto fosse felice di avermi lì con lui. Non potevo desiderare altro. Cercai di scacciare dalla mente il pensiero che sarebbero passati solo pochi giorni prima di lasciarlo di nuovo e, sfinita, mi addormentai fra le sue braccia.

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Mi svegliai la mattina dopo e mi sentii morire quando non lo trovai nel letto. Mi calmai soltanto quando sentii il fruscio dell'acqua e sorrisi.

Rob uscì dalla doccia poco dopo, con solo un asciugamano intorno alla vita.

“Buongiorno piccola!” Disse baciandomi.

“Buongiorno! Che ore sono?”

“Quasi le cinque e trenta”.

Le cinque e trenta del mattino?

“Mi dispiace se ti ho svegliata, ma fra mezzora passerà una macchina a prendermi per andare sul set”.

“Non fa niente. Mi sei mancato”.

“Mi sei mancata anche tu, tesoro. Colazione?”

Annuii.

“Non sono i muffins dello Starbucks, ma non sono male”. Disse, alludendo al contenuto di un vassoio posto sul comodino, che non avevo ancora notato.

“Sono perfetti, grazie”. Dissi baciandolo.

Rob scese nella hall ed io ne approfittai per fare colazione e prepararmi. Non sapevo cosa indossare. Cos'è più adatto per andare sul set di un film? Alla fine presi le prime cose che trovai in valigia e, dopo una rapida passata di cipria e di mascara, scesi nella hall, dove Rob mi stava aspettando.

“La macchina sarà qui fra un paio di minuti, Mr Pattinson”, disse il consierge.

“Grazie, Thomas”.

“Dovere, signore”.

L'uomo mi lanciò una strana occhiata quando Rob mi prese per mano, ma non disse nulla.

Appena fummo sul set, capii che la situazione era molto più caotica di quanto potessi immaginare.

C'erano tantissime persone e per poco non urlai quando riconobbi Cam Gigandet: ero rimasta molto colpita da lui fin dalla prima volta in cui lo avevo visto in "The O.C." e di certo non mi sarei mai aspettata di vederlo dal vivo. Cam salutò Rob con un cenno e poi mi sorrise.

Aveva davvero sorriso a me?! Non riuscivo quasi a crederci. Tirai una gomitata a Rob nelle costole e gli dissi:

“Questo non me lo avevi detto!”

“Me lo sarò dimenticato...!”, esclamò con fare misterioso.

“Come no!”

Prima che potessi aggiungere altro Catherine ci raggiunse e Rob tornò subito serio.

Mi accorsi solo dopo che dietro di lei c'era anche una ragazza, che riconobbi essere Kristen Stewart. Salutò Rob con un freddo cenno della testa e mi squadrò da capo a piedi. Il suo modo di fare mi mise molto a disagio, ma cercai di non darle troppa importanza. Rob ci presentò rapidamente.

“Jenny, lei è Kristen. Kristen Stewart”. Le feci un timido sorriso, che lei ricambiò a malapena. Come inizio non c'era male...

“Iniziamo?” domandò a Catherine.

Evidentemente pensava che IO fossi la causa di un eventuale ritardo.

Lasciai andare Rob dalla costumista e mi diressi da una delle assistenti della regista, che iniziò a spiegarmi un po' di cose sul suo lavoro. Era tutto molto interessante e fu molto gentile a darmi l'opportunità di aiutarla nelle cose più banali.

Dopo un po', la ragazza mi chiese se avessi letto “Twilight”. Annuii, dopodiché mi spiegò che avrebbero girato la scena successiva a quella della partita di baseball: l'arrivo dei vampiri nomadi sul campo.

La giornata fu molto intensa, ma vedere Rob al lavoro mi ripagò di ogni sacrificio. Era incredibile quanto riuscisse a immedesimarsi nel suo personaggio. Ero certa che se ognuno di loro si fosse impegnato finora la metà di quanto aveva fatto lui, il film sarebbe stato un successo!

Tutti furono molto gentili e disponibili con me, ma decisi di non tornare sul set il giorno seguente in modo da avere un po' di tempo da dedicare alla visita della città.

Quando annunciai la mia decisione a Rob quella sera a cena, non rimase sorpreso e mi disse che Cam lo aveva preso in giro più volte dicendogli che si era portato dietro la sua ragazza sul set. Sorrisi soddisfatta e lo baciai.

A quanto pare la mia presenza non aveva infastidito nessuno, tranne Kristen. Rob mi confessò che l'aveva sentita lamentarsi con Catherine in una pausa fra un ciak e l'altro.

La notizia non mi fece né caldo né freddo: avevo capito fin dall'inizio che mi era ostile, tuttavia non capivo quale fosse il suo problema. Ero sicura di non aver fatto nessun danno sul set e di certo non avevo fatto sentire troppo la mia presenza.

“E' gelosa del fatto che tu sia stata sul set oggi, mentre il suo ragazzo non è potuto venire”, mi spiegò Rob.

“Per quale motivo non è venuto?”

“Le stiamo preparando una festa a sorpresa... Michael doveva sistemare alcune cose”.

Il termine stiamo non mi piacque molto, ma feci finta di niente.

“Quand'è il suo compleanno?”, gli chiesi.

“Dopodomani”, rispose accarezzandomi la mano. “Dovresti venire”.

Ero abbastanza certa che lei sarebbe stata tutt'altro che felice di vedermi alla sua festa, ma forse poteva essere una buona occasione per conoscerla meglio. Inoltre, magari Rob aveva ragione e si era mostrata così ostile, solo perché il mio ragazzo mi aveva portata sul set, mentre lei aveva dovuto rinunciare al suo. In ogni caso, era una sua collega per cui le avrei dato una seconda chance; in fondo non sempre le prime impressioni sono quelle giuste, no?

“D'accordo”.

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Il giorno dopo dedicai il mio tempo ad un tour della città. Vancouver era molto più grande e bella di quanto potessi immaginare e, nonostante il freddo, mi potei godere una splendida giornata.

Quella sera cenai da sola, perché Rob mi avvertì che avrebbero fatto molto tardi. Avrei voluto aspettarlo sveglia, ma la stanchezza si impadronì di me e, non appena toccai il cuscino, mi addormentai.

Erano circa le due di notte quando rientrò in camera. Inutile dire che nessuno di noi aveva preso in considerazione l'idea di dormire separati, per cui avevo deciso di usare la mia stanza come una sorta di deposito bagagli e di trascorrere il tempo nella sua, che era decisamente più spaziosa.

“Ehi, mi dispiace di averti svegliata!”, disse chinandosi e baciandomi sulle labbra.

“Non fa niente. Come sono andate le riprese oggi?”, mormorai ancora mezza addormentata.

“Abbiamo avuto un po' d'imprevisti, ma alla fine ce l'abbiamo fatta”. Disse, togliendosi i vestiti e afferrando un asciugamano. “Sono distrutto. Vado a fare una doccia e poi vengo a letto. Tu rimettiti a dormire, piccola”.

Troppo assonnata per replicare, richiusi gli occhi e sprofondai nel sonno.

 

Al mio risveglio, Rob stava ancora dormendo. Diedi un'occhiata alla sveglia: segnava le 6:30. Per un attimo accarezzai l'idea di rimettermi a dormire, ma alla fine abbandonai decisi di approfittare di quel tempo per controllare le mail.

Trovai un nuovo messaggio fra la posta in arrivo. Era di Jana.

 

Ehi!!! Sto iniziando a pensare di dover chiamare l'ambasciata!!!

Com'è andato il viaggio?? Sei sopravvissuta ad un intero volo da sola??

Com'è il Canada?? Sei stata sul set??

Ora che stai con un attore famoso, non provare a dimenticarti di me!!!

Devi assolutissimamente presentarmi Johnny Depp! Sono sicura che potrebbe addirittura lasciare la tizia con cui sta adesso per me!

A proposito di “tizie”... Com'è quella Kristen?

Devo liberare i cani??

Salutami Rob.

Xxx

Jana

 

Fu difficile trattenere le risate leggendo le sue parole.

Le risposi rapidamente.

 

Ciao!

Il viaggio è andato benissimo!

E rivedere Rob è stato stupendo!!!

Sono stata sul set il giorno in cui sono arrivata...

Ci tornerò fra poche ore!!!

Ieri ho fatto un breve giro per Vancouver!

E' una città magnifica, dovremmo tornarci insieme!

Kristen non è stata molto gentile... Ma stasera la troupe ha organizzato una festa a sorpresa per lei (è il suo compleanno) e spero che si dimostri più carina...

A prestissimo

xoxo

Jenny

PS. DUBITO che Rob conosca Johnny Depp! Ma in caso, sarai la prima a saperlo!

Promesso!

 

La sua risposta non si fece attendere.

 

Lo spero bene!!!

Sono, o non sono, la tua migliore amica?!

Tieni gli occhi aperti con la tizia: non mi piace...

Fammi sapere come va la festa...

Ah! Ci torneremo sicuramente: ricordati che mi devi ancora un viaggio!

xxx

Jana

 

Sorrisi e scrissi:

 

Ti aggiorno domani!

Promesso!

Ora devo andare a prepararmi!

Xoxo

Jenny

PS. Salutami Megan!

 

Jana rispose:

 

Ti saluta anche lei!! (E' qui con me!) XD

xxx

Jana

 

Sorrisi di nuovo e misi via il cellulare.

Rob stava ancora dormendo.

Era incredibile quanto mi sentissi a mio agio vicino a lui. Sentivo che avrei potuto affrontare persino una tempesta di neve, se solo lui fosse rimasto al mio fianco. Rob tirò le coperte verso di sé, scoprendomi una gamba.

Erano ancora le 7:00. Non avevo idea dell'ora nel cui l'auto sarebbe venuta a prenderci. Ma, a giudicare dal fatto che la sveglia non era ancora suonata, doveva esserci ancora un po' di tempo, per cui decisi di farmi una doccia.

Stavo finendo di sciacquarmi i capelli, quando la porta della doccia si aprì.

“Buongiorno!”, disse Rob, accarezzandomi la schiena bagnata.

Il suo tocco mi procurò un brivido lungo tutta la schiena.

“Buongiorno!”, risposi, gettandogli le braccia al collo e baciandolo appassionatamente.

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


Arrivammo sul set un paio d'ore dopo.
Ero un po' tesa al pensiero della festa a sorpresa in onore di Kristen. Inoltre, la ragazza non appena mi vide mi salutò freddamente, ma dall'altra parte fece lo stesso con Rob...
Anche quel giorno diedi una mano ad Anne, l'assistente della regista, ed insieme a lei la giornata passò molto più in fretta. Non ebbi molte occasioni per parlare con Rob, ma, in compenso imparai molte altre cose sul funzionamento di un set.
“Non fare troppo caso alla Stewart”, mi disse Anne all'improvviso.
“Come?”
“E' solo timida. E non le piace l'idea di avere estranei mentre lavora. Vedrai che si scioglierà stasera alla festa”, aggiunse incoraggiante.
Sssssh! Anne rovinerai la sorpresa se ne parli ad alta voce!”, la sgridò una voce maschile che non riconobbi.
“Hai ragione, Michael! Scusami!”, disse rivolta al nuovo arrivato.
Era un ragazzo sui vent'anni, corporatura media, altezza media, con i capelli scuri. Il tono di voce che aveva usato non mi era sembrato molto cortese, ma il volto sembrava cordiale. Ipotizzai che fosse il ragazzo della festeggiata.
Kristen venne verso di noi non appena lo vide e lo baciò rapidamente sulle labbra.
“Tanti auguri Kiki!”, le disse sorridente, baciandola.
“Sta zitto!”, gli intimò lei dopo aver ricambiato il bacio. “Devo tornare a lavoro, a dopo!”.
Il ragazzo continuò a fissarla, mentre si allontanava. Non era stata molto carina in effetti, ma Michael non ne sembrò risentito. Evidentemente ci aveva fatto l'abitudine.
Michael sembrò accorgersi solo in quel momento della mia presenza. Mi squadrò anche lui da capo a piedi, ma non sembrò farlo per valutarmi, ma piuttosto per cercare di capire chi fossi. Decisi di facilitargli il compito, presentandomi.
“Ciao! Sono Jennifer, la ragazza di Robert”.
Lui sgranò gli occhi, poi annuì.
“Piacere di conoscerti, Jennifer. Io sono Michael Angarano, il ragazzo di Kristen”, aggiunse con nonchalance.
Mi porse la mano e gliela strinsi con decisione.
“Verrai anche tu alla festa stasera?”, mi domandò cortesemente.
Annuii.
“Bene. Avremo la possibilità di conoscerci meglio allora!”.
Il suo entusiasmo mi lasciò un po' perplessa, ma non replicai e mi limitai a sorridergli educatamente. Di certo, Michael era più gentile della sua ragazza. Tuttavia, forse Anne aveva ragione e Kristen si sarebbe mostrata diversa a telecamere spente. Non mi restava che aspettare ancora qualche ora per scoprirlo.
Finalmente, intorno alle 10:00 p.m. gli attori smisero di lavorare e potei passare qualche minuto con Rob, prima della festa.
Avevo dato una mano a Michael a sistemare le ultime cose e si era rivelato davvero un ragazzo molto simpatico. Per un attimo mi sembrò impossibile che stesse con Kristen... Ma mi sentii perfida per averlo pensato: in fondo la conoscevo da soli tre giorni, lui da interi anni. Probabilmente era una persona deliziosa, superata la prima impressione.
Michael, che si era allontanato un attimo per concederci un po' di privacy, tornò poco dopo dicendoci che Kristen sarebbe arrivata fra pochi minuti. Catherine l'aveva allontanata con una scusa per darci il tempo di spegnere le luci e nasconderci.
Sorrisi incoraggiante a Michael e mi nascosi vicino a Rob. Lui mi prese la mano in silenzio ed attese come tutti noi l'ingresso della festeggiata.
Kristen entrò con la regista e non appena accese le luci, tutti ci alzammo e gridammo:
“Sorpresa!”
Nonostante avessi dato una mano al suo ragazzo, non potei non sentirmi un po' fuori posto.
Kristen si guardò intorno perplessa, ma per la prima volta in tre giorni la vidi finalmente sorridere. Michael la raggiunse e la baciò di fronte a tutti. Lei non si tirò indietro, ma sembrava piuttosto imbarazzata di fronte a quelle effusioni pubbliche. Non potei trattenermi dal pensare che, al suo posto, probabilmente avrei baciato il mio ragazzo con tanta passione da far scappare gli inviatati... Forse Anne non aveva del tutto torto riguardo alla sua timidezza.
“Buon compleanno Kiki!”, ripeté dopo che le loro labbra si furono staccate.
Tutti applaudirono ed anche io e Rob andammo a farle gli auguri.
“Buon compleanno Kris!”, disse Rob baciandola sulla guancia. Gli feci eco sorridendo e, per la prima volta, la ragazza si aprì in un sorriso che mi sembrò sincero.
“Grazie, Rob! Grazie Jennifer”.
“Grazie Jenny!- mi bisbigliò Michael all'orecchio- Senza il tuo aiuto non so se sarebbe venuta altrettanto bene!”.
“Figurati! E' stato un piacere dare una mano”, gli dissi sottovoce.
Dopo che Kristen ebbe spento le candeline, Catherine esclamò, facendo scoppiare tutti a ridere:
“Ora ti toccano anche i turni di notte!”

La serata si rivelò molto più piacevole del previsto e fui felice di avere avuto l'opportunità di aiutare Michael e di passare un po' di tempo con i colleghi di Rob. Almeno adesso sapevo qualcosa in più sulle persone con cui aveva passato la maggior parte del suo tempo nelle ultime lunghe settimane.

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


“Sei stata molto carina a dare una mano a Michael”, mi sussurrò Rob a letto, accarezzandomi i capelli.
Non ci eravamo trattenuti molto alla festa: nessuno di noi aveva troppa voglia di perdere il poco tempo che ci restava trascorrendolo con altri.
“La festa è stata un successo!”, esclamai sorridendo.
Mi mancherai quando tornerai a Londra”, disse abbracciandomi più forte. “Potrei tenerti qui in ostaggio per un po' di più!”
“Mi piacerebbe essere sequestrata da lei Mr Pattinson... Ma sa... Sono una ragazza esigente!
“Esigente, eh?”
“Molto!”
“Penso che potrei trovare qualcosa da fare che possa piacerti...”
“Non ho dubbi in proposito”, dissi baciandolo appassionatamente e spostandomi sopra di lui.
“Beh... Sei una ragazza intraprendete!”
“So quello che voglio”.
“Beh, sono a tua completa disposizione!”.
“Bene! Perché ho un'idea riguardo a come impiegare il nostro tempo...”.
“Sono ansioso di sentirla”.
“Dovresti esserlo”, concordai sorridendo.
“Ti amo”, disse baciandomi il collo e le labbra.
“Ti amo anch'io”, dissi liberandomi dei pochi abiti che avevo ancora addosso.

La mattina seguente accompagnai Rob sul set, dopo aver mandato una dettagliata e-mail a Jana con il resoconto della festa.
Ormai tutta la troupe mi conosceva, per cui mi sentivo perfettamente a mio agio.
Vidi Kristen solo di sfuggita mano nella mano con Michael, il quale, dopo aver salutato la sua ragazza, venne verso di me.
“Ehi ciao!”, ci disse non appena fu più vicino. “Rob: Kiki è già andata in sala trucco, dovresti andare anche tu”, aggiunse rivolto al mio ragazzo.
“Ah certo! Ci vediamo dopo”, disse baciandomi e poi se ne andò.
“Allora... Vuoi restare qui tutto il giorno a guardare gli altri lavorare, o preferisci fare un giro con me in città?”, mi domandò Michael.
“Vada per il giro in città!”.
“Bene. Chiamo un taxi”.
Mentre Michael chiamava la compagnia di taxi, inviai un sms a Rob per fargli sapere il mio cambiamento di programma. Ero certa che non avrebbe avuto nulla da ridire; inoltre, lui avrebbe lavorato tutto il giorno, per cui non avremmo avuto neppure un attimo per stare insieme.
“Il taxi arriverà fra 10 minuti”, mi comunicò Michael.
“Perfetto”.

Io e Michael parlammo del più e del meno per tutto il tragitto ed una volta arrivati in centro pranzammo in un delizioso ristorante.
“Allora... Fra quanto devi ripartire?”, mi domandò a bruciapelo.
“Ti infastidisco per caso?”
“Ma no, figurati! Ma non ho molto da fare ultimante ed è molto più divertente farti da guida turistica, piuttosto che stare sul set a guardare gli altri lavorare”, mi spiegò.
“Già... Sono la turista perfetta!”, dissi scherzando.
“Assolutamente sì!”, concordò.
Non avevo difficoltà a parlare con Michael. Era un ragazzo alla mano e non si faceva troppi problemi a dire le cose come stavano: mi piaceva questo lato del suo carattere.
“A parte gli scherzi, cosa ne pensi del film?”, mi domandò.
“Non posso certo definirmi un'esperta, ma ho letto i libri dopo che Rob mi ha detto che aveva fatto il provino e la storia mi è piaciuta molto!”.
“Non la trovo così geniale in effetti...”.
“Beh, ci vuole una certa sensibilità per poterla apprezzare a pieno!”, dissi prendendolo in giro.
Avevo già sostenuto quella conversazione con Rob ed era strano rivivere di nuovo quella scena.
“Sapevo che le brillanti perle di saggezza del tuo ragazzo non erano farina del suo sacco!”.
“Abbiamo letto il copione insieme in effetti. Ma l'idea di puntare sul disprezzo che Edward prova nei confronti di se stesso è stata di Rob”, precisai con orgoglio.
“D'accordo... Parliamo di cose serie! Quando verrò a Londra dovrai farmi tu da guida turistica!”
“D'accordo!”, acconsentii ridendo.
Passeggiammo per le vie di Vancouver per un po', dopodiché Michael mi propose di rientrare e, visto il freddo, fui più che d'accordo.
Durante il viaggio di ritorno, ci scambiammo i numeri di telefono e gli indirizzi e-mail.
“Non dire nulla a Kiki, per favore. E' diventata un po' troppo gelosa ultimamente”.
“Non c'è problema. Ma nasconderle qualcosa non credo che migliorerà le cose fra voi”.
“Miglioreranno quando il film sarà finito”. Aggiunse enigmatico.
Stavo per chiedergli cosa volesse dire, ma il suo telefono squillò.
Decisi di approfittarne per mandare un altro sms a Rob, ma, prima che potessi farlo, anche il mio telefono suonò.
Era lui.
“Ciao amore”, disse e, prima che potessi aprire bocca, aggiunse in fretta. “Stasera faremo più tardi del previsto. Cath vuole approfittare del tempo favorevole per ultimare alcune cose”.
“D'accordo... Non c'è problema”, dissi un po' delusa.
“Mi dispiace”.
“Tranquillo! Vorrà dire che ci vedremo direttamente in hotel!”.
“Credo che le cose andranno per le lunghe... Non aspettarmi alzata”.
“Okay... Inizierò a preparare le valigie”. Dissi un po' contrariata all'idea della mia partenza.
Sei ancora con Michael?”, domandò dopo una breve pausa.
“Sì, stavamo venendo da voi”, precisai, lanciando una breve occhiata al ragazzo seduto accanto a me.
Rob rimase in silenzio, ma, dal tono con cui mi aveva posto la domanda, mi sembrò abbastanza irritato.
“Ci vediamo in hotel”, disse infine freddamente.
“Ehi! Tutto bene?”, gli domandai un po' preoccupata.
“Benissimo”, rispose, ma ero certa che non fosse la verità.
Lanciai di nuovo un'occhiata a Michael, che nel frattempo aveva concluso la sua telefonata e decisi che quello non era il momento adatto per indagare oltre.
“D'accordo. Ci vediamo più tardi allora!”
“A dopo”, disse e chiuse la telefonata senza aggiunger altro.

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


Una volta tornata in hotel, salutai Michael ed ordinai la cena nella mia camera. In effetti, più che una camera, era una vera a propria suite: dentro ci sarebbe potuto entrare perfettamente tutto il mio piccolo appartamento!
Dopo che ebbi finito di cenare, aprii controvoglia le ante dell'armadio ed iniziai a preparare la valigia.
Ero tutt'altro che felice all'idea di tornare a casa senza Rob... Per fortuna l'avrei avuto per me per tutta l'estate!
Ovviamente, escludendo le due settimane in cui sarei partita con Jana e Megan. Se le avessi dato buca alla prima un'altra volta, probabilmente avrebbe assoldato un sicario per uccidermi.
Inoltre, avevo pensato che Luglio sarebbe stato un bel periodo per fare visita ai miei insieme a Rob... Dovevo soltanto dirlo a lui, ma dubitavo che sarebbe stato contrario all'idea.
Il mio pensiero tornò per un attimo alla nostra ultima telefonata. Mi era sembrato alquanto irritato dopo aver saputo che ero uscita con Michael. Sperai solo che la sua collega non lo avesse contagiato con la sua gelosia, perché ero certa che non l'avrei sopportato.
Dopo un paio d'ore, avevo finito di sistemare quasi tutto e stavo seriamente accarezzando l'idea di andare a dormire, quando qualcuno bussò alla porta della mia camera.
“Jenny, sono io”, disse la voce di Rob dall'altra parte.
Chiusi la valigia ed andai ad aprirgli.
“Ciao!”, esclami non appena lo vidi.
Lo baciai, ma per la prima volta mi ricambiò freddamente.
“Hai già preparato la valigia”, disse un po' sorpreso.
“Era quello che ti avevo detto avrei fatto”, gli ricordai perplessa.
“Già, hai ragione”, disse rilassandosi un po'.
“Pensavi... Pensavi che ti stessi mentendo?”, gli domandai a bruciapelo.
“Ovviamente no”, rispose immediatamente.
Tuttavia, la sua espressione contraddisse le sue parole.
La situazione era ridicola!
Da quando Rob metteva in dubbio le mie parole?
Ero sempre stata sincera con lui. Era su questo che doveva basarsi una relazione e lui si era sempre detto d'accordo con me.
Perché improvvisamente iniziava a dubitare di ciò che gli dicevo?
Non potei non pensare che ci fosse la mano di Kristen in tutto questo... Beh, anche se aveva dei problemi a fidarsi del suo ragazzo, non aveva certo il diritto di suscitarli anche nel mio!
“Rob, ascolta. Sono uscita con Michael oggi, okay? Mi avevi detto che avreste girato tutto il giorno e non ci saremmo visti comunque. Avevo voglia di fare un altro giro per Vancouver e quando Michael mi ha proposto di farmi da cicerone mi è sembrata una buona idea. E' un ragazzo simpatico, ma è tutto qui”.
“D'accordo. Sono stato un'idiota”.
“Sai che puoi fidarti di me”, gli dissi guardandolo negli occhi.
“Mi dispiace”, disse imbarazzato, passandosi una mano fra i capelli. “Kristen ha detto che tu e Michael eravate usciti, prima che mi arrivasse il tuo messaggio e dopo quello che mi ha detto di lui... Mi dispiace”. Ripeté.
Ecco! Kristen!
Ero certa che c'entrasse in qualche modo!
“Rob, quali che siano i problemi di Kristen con Michael riguardano solo loro. Non sono i nostri. Okay?”, dissi accarezzandogli i capelli per tranquillizzarlo.
“Hai ragione”. Concordò, afferrando la mia mano e portandosela dietro il collo. “Ti amo”.
“Ti amo, anch'io”.

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


Il giorno dopo accompagnai di nuovo Rob sul set.
Quando vidi la sua co-protagonista le sorrisi debolmente, nonostante avrei preferito farle un bel discorsetto sulla fiducia e sul farsi i fatti propri.
Tuttavia, non avrei permesso che io e il mio ragazzo litigassimo per colpa sua.
Nonostante fossi più che felice che Rob avesse ottenuto quel lavoro, il solo pensiero che avrebbe passato ogni giorno del prossimo mese con Kristen, mi irritava molto. Per cui preferii non pensare al fatto che avrebbero anche dovuto promuovere il film insieme...
La giornata trascorse senza imprevisti e tutta la troupe mi salutò calorosamente prima che io e Rob ce ne andassimo. Cath disse che era stato un piacere avermi con loro ed Anne mi diede addirittura il suo numero di cellulare, dicendomi di chiamarla ogni tanto.

Una volta arrivati in hotel realizzai che, fra meno di 12 ore, avrei dovuto salutare Rob.
A questo pensiero, per poco non mi misi a piangere. Rob mi accarezzò un braccio e mi tenne stretta a sé. Sapevo che stava pensando la stessa cosa.
Non avevo particolarmente voglia di dormire: non volevo perdermi neanche un attimo di quella notte.
Nessuno di noi parlò molto. Rob si limitò a baciarmi ed a sussurrarmi parole dolci, finché non mi addormentai al suono della sua splendida voce.

Alle 6:30 quando mi svegliai, trovai Rob già vestito e pronto per andare sul set. Non appena vide che ero sveglia, si avvicinò a me e mi baciò sulle labbra dolcemente.
“Ho chiesto al consierge di farti passare a prendere da un taxi alle 7:30”, disse tristemente.
“Okay... Devi già andare?”, gli domandai.
“Fra circa mezzora purtroppo. Mi dispiace non poterti accompagnare in aeroporto”, aggiunse, accarezzandomi i capelli.
“Non fa niente”.
“Non è vero”, disse baciandomi. “Prometto che sarò tuo per tutta l'estate! Potresti arrivare persino a stufarti di me ed a supplicarmi di andarmene!”, aggiunse ridendo.
“Staremo a vedere allora!”, replicai sorridendo.
Facemmo colazione insieme, dopodiché mi salutò per andare a lavoro.
Una volta rimasta sola, sospirai ed alle 7:20 scesi nella hall.
Il taxi arrivò in orario e mi condusse in aeroporto. La strada era sgombra e impiegammo meno del previsto per arrivare a destinazione.
Fino al momento dell'imbarco sperai stupidamente che Rob apparisse lì, ma ovviamente non accadde... In fondo c'eravamo già salutati e, fra poco più di un mese, sarebbe tornato a Londra.
Dovevo solo pazientare ancora un po', senza perdere tempo a preoccuparmi. Sarebbe andato tutto per il meglio, ne dovevo essere certa.

Il viaggio di ritorno fu più turbolento di quello di andata e mi sembrò durare un'eternità. Ma forse dipendeva solo dal fatto che stavolta non avevo affatto voglia di tornare a casa.
Il mio cuore era rimasto a Vancouver insieme all'uomo che amavo.
Non appena misi piede all'aeroporto di Londra, la prima persona che vidi agli arrivi fu Jana. Non riuscivo a credere che fosse venuta a prendermi!
“Ehi! Ciao!”, dissi non appena le fui vicina. “Ma cosa fai qui?”
“Ciao! Secondo te?! Sono passata a prenderti! Mi devi un racconto dettagliatissimo degli ultimi sette giorni, no?”, precisò facendomi l'occhiolino.
“Giusto!”, acconsentii ridendo.
Raccontai alla mia amica ogni dettaglio degno di nota della mia settimana a Vancouver, compreso il lieve fraintendimento con Rob.
“Quella Kristen porta problemi”. Commentò la mia amica, dopo che le ebbi detto tutto.
“E' una collega di Rob”, dissi cercando di restare neutra.
“Beh, meno le sta intorno e meglio è secondo me!”
“Non posso farci nulla, Jana! Lei è parte del pacchetto; in compenso il suo ragazzo è molto simpatico”.
“Beh, tu sei impegnata, ma io sono libera!”, disse scherzando. “Dovrai presentarci se viene qui: da quello che mi hai detto sembra proprio il mio tipo!”.
Scoppiai a ridere e le domandai cosa avesse fatto lei in quella settimana. Il suo breve resoconto fu addirittura più dettagliato del mio e finalmente fui felice di essere di nuovo a casa.

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Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***


Io e Rob ci sentimmo quasi ogni giorno nelle settimane che precedettero il suo rientro in Inghilterra. Nel frattempo, parlai con lui anche della possibilità di andare a trovare i miei a luglio ed acconsentì di buon grado.

Ero un po' agitata al pensiero che li conoscesse, ma la più ansiosa all'idea di quell'incontro era mia madre!

Non appena la informai della notizia, diventò particolarmente assillante ed iniziò a chiamarmi quasi ogni giorno chiedendomi se il nostro viaggio stavolta era confermato. Evidentemente non doveva averle fatto una buona impressione il fatto che la scorsa volta Rob non fosse più venuto con me... Tuttavia, la tranquillizzai: stavolta non ci sarebbero stati imprevisti. Rob mi aveva garantito che le riprese erano quasi finite e che non ci sarebbe stato più bisogno della sua presenza fino all'autunno, quando avrebbero iniziato la campagna promozionale.

Non avevo dato informazioni precise ai miei riguardo al film, un po' perché non potevo parlarne e un altro po' perché mia madre non amava le storie di vampiri, nonostante Twilight avesse ben poco a che vedere con Dracula.

Quando finalmente Rob mi poté dire il giorno del suo rientro, mi organizzai in modo da farmi trovare in aeroporto.

Quella mattina mi alzai alla buonora, sbrigai un paio di commissioni ed arrivai a Heathrow con ben due ore d'anticipo, tanto ero felice ed ansiosa di riabbracciarlo. E, per un fortunato segno del destino, il suo volo atterrò con ben 25 minuti d'anticipo e non appena lo vidi gli gettai le braccia a collo e lo baciai.

“Bentornato!”, esclamai.

“Mi sei mancata!”

“Mi sei mancato anche tu! Com'è andato il volo?”, gli domandai.

“Ne ho fatti di migliori in effetti... L'uomo accanto a me ha russato tutto il tempo. Non ho chiuso occhio!”, aggiunse ridendo.

Sotto gli occhiali scuri notai delle belle occhiaie.

“Dai andiamo!”, gli dissi sorridendo.

Lui annuì e mi prese per mano. Quanto mi era mancato quel contatto nelle ultime settimane!

Io e Rob prendemmo un taxi per Barnes e le nostre mani non si separarono per tutto il viaggio. Aveva disdetto l'affitto del suo appartamento in quanto non aveva senso che lo pagasse dal momento che non era quasi mai là, per cui i suoi genitori avevano insistito affinché tornasse a stare da loro per un po'.

Non gli avevo proposto di venire da me... Nonostante fossi certa dei miei sentimenti, non mi sentivo ancora pronta per un passo del genere ed inoltre sarebbe ripartito alla fine dell'estate, per cui per ora era meglio fare le cose con calma.

Rob si addormentò con la testa sulla mia spalla cinque minuti dopo che lasciammo l'aeroporto. Mi era sempre piaciuto guardarlo dormire, aveva qualcosa di così innocente e tenero, che staccare gli occhi da lui sembrava un vero peccato.

Così quando raggiungemmo il piccolo sobborgo residenziale, fui costretta a malincuore a svegliarlo.

“Ehi, siamo quasi arrivati”, gli sussurrai dolcemente accarezzandogli i capelli.

Lui aprì gli occhi a fatica e sbadigliò.

“Hai decisamente bisogno di una notte di sonno. Non hai proprio un bell'aspetto!”, aggiunsi ridendo.

“Ti ringrazio”, disse scoppiando a sua volta a ridere. “In effetti mi sento a pezzi”.

Quando il taxi fermò davanti al vialetto dei Pattinson, Rob mi chiese:

“Entri con me?”

“Certo”.

Mi baciò, dopodiché pagò l'autista, afferrò il borsone ed entrammo insieme in casa.

Non appena lo videro i suoi gli corsero incontro per abbracciarlo, mentre sua sorella Victoria venne verso di me.

“Ciao Jenny!”, disse sorridente.

“Ciao Vic!”, le risposi altrettanto cordiale, dopodiché salutai i genitori del mio ragazzo, che nel frattempo lo avevano lasciato andare.

“Sembri distrutto figliolo”, gli disse suo padre.

Rob lanciò un'occhiataccia prima a me e poi a Richard e scoppiò a ridere.

“Vi siete messi d'accordo?”, ci chiese.

“Può darsi”, disse suo padre facendomi l'occhiolino.

“Dovresti mangiare qualcosa e poi recuperare un po' di sonno!”, gli consigliò sua madre.

Rob annuì e dopo aver cenato salì di sopra, lasciandomi in salotto con la sua famiglia.

Parlai ai Pattinson del viaggio che avremmo fatto quell'estate in Italia e ne sembrarono entusiasti, in particolare sua sorella, che ormai mi considerava una di famiglia.

Non avevo avuto molte occasioni di incontrare Lizzie, sua sorella maggiore, ma a prima vista mi aveva fatto una buona impressione.

Anche Clare ormai sembrava lieta di avermi lì: ero felice che finalmente avesse accettato che stessi con suo figlio.

“Quindi avete già avete già fissato una data per il viaggio?”, mi domandò gentilmente.

“Non abbiamo ancora avuto modo di parlarne con calma, ma penso di proporgli fine Luglio”.

“Mi sembra una buona idea”, intervenne Richard. “Noi non siamo mai stati in Italia, vero Clare?”, aggiunse rivolgendosi a sua moglie e lanciando allo stesso tempo un'occhiata verso di me.

“Non mi pare il momento giusto, Richard”, gli rispose continuando a fissare me.

La situazione iniziava a diventare imbarazzante. Lanciai un'occhiata disperata a Vic, che pose fine a quella discussione dicendo:

“Puoi venire di sopra con me, Jenny? Volevo mostrarti alcune foto che ho scattato di recente!”.

Annuii riconoscente e, dopo aver dato la buonanotte ai signori Pattinson, la seguii di sopra.

Una volta nella sua stanza, chiuse la porta e scoppiò a ridere.

“Papà sta già pensando al vostro viaggio di nozze!”

“Non scherzare, Vic!”, esclamai ridendo. “E' decisamente presto per pensare a una cosa del genere... Fra l'altro non mi sono mai considerata il tipo da abito bianco!”.

“Beh, dovrai spiegarlo a mio padre quando sarà il momento!”, aggiunse. “Scherzi a parte, sei la sola persona con cui ho mai visto mio fratello così' felice. Come sono andate le cose in Canada?”

Raccontai a Vic i dettagli del mio viaggio, tralasciando il litigo con Rob e lei sembrò entusiasta del mio racconto.

“Senti, domani io e Liz andiamo a fare un giro in città, vieni con noi?”, mi domandò.

Attesi un attimo prima di rispondere...

In realtà avrei preferito trascorrere l'intera giornata con Rob, ma poteva essere una buona occasione per conoscere meglio anche sua sorella, per cui, dopo averci riflettuto un momento, acconsentii.

“Benissimo! Ci divertiremo!”, esclamò soddisfatta. “Ti lascio andare a dormire! Buona notte!”

“'Notte, Vic!” e così dicendo, andai nella stanza degli ospiti, che nel frattempo Clare mi aveva preparato.

Per un attimo accarezzai l'idea di raggiungere Rob, ma probabilmente stava dormendo; inoltre, non credevo che i Pattinson avrebbero gradito la cosa!

Stavo quasi per addormentarmi quando la porta di aprì lentamente. Era Rob.

“Ehi, sei sveglia?” sussurrò a bassa voce.

“Sì”. Risposi sorridendo nell'oscurità.

“Bene”, disse chiudendosi la porta alle spalle ed avvicinandosi al letto.

“Se i tuoi ci beccano insieme qui, ci ammazzano Rob!”

“Tranquilla, stanno dormendo!”, mi assicurò entrando nel letto.

“A che ora si alzano di solito?”

“Intorno alle 7. Metterò la sveglia alle 6:30, così non ci saranno problemi!”, disse abbracciandomi. “Mi sei mancata”, aggiunse.

“Mi sei mancato anche tu”, dissi baciandolo. “Dovremmo dormire...”. Aggiunsi poco convinta.

In realtà stavo pensando a tutt'altro.

“Hai già programmi per domani?”, mi chiese accarezzandomi i capelli.

“Dovrei uscire con le tue sorelle, in effetti”.

“Ah, d'accordo”. Replicò un po' deluso.

“Non ho avuto molte occasioni di parlare con Lizzie”, gli spiegai.

“Beh, Liz ti trova molto simpatica. Sai in realtà temo che mio padre voglia chiedere la tua mano!”, aggiunse scoppiando a ridere.

“Smettila!”, sussurrai. “Se ridi così forte ci sentiranno!”.

“Impossibile”. Replicò sicuro.

“Comunque se tuo padre mi facesse la proposta, potrei anche prendere in considerazione l'idea di accettarla!”, dissi per stuzzicarlo.

“Ah davvero?!”

“Sì!”

“Beh, in questo caso dovrò tenere gli occhi aperti e controllarti molto da vicino...”, disse guardandomi negli occhi.

“Già, dovresti proprio farlo”, dissi e poi lo baciai.

“Mmm... Starò molto attento allora”, disse sbadigliando.

“Forse dovremmo davvero dormire un po': le occhiaie non ti donano molto”. Aggiunsi passando una mano fra i suoi capelli ribelli.

Rob mi lanciò un'occhiataccia, ma non replicò. Si limitò a stringermi più forte a sé e dopo poco ci addormentammo l'uno fra le braccia dell'altro.

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Capitolo 22
*** Capitolo 22 ***


Era buio. Sentivo il vento gelido sulla mia pelle. Indossavo un piumino, ma provavo freddo come se fossi stata nuda. Guardai avanti. Vedevo solo nebbia. Perché ero stata così stupida da uscire da sola in una giornata del genere?

Diedi un'occhiata all'orologio. Le 5.00 p.m. Avevo un appuntamento con Rob alle 4:30!

Ecco la ragione per cui ero lì in mezzo alla bufera! Volevo vederlo. Non ricordavo neppure l'ultima volta che avevo osservato il suo viso, che avevo stretto la sua mano fra le sue... Dovevo vederlo. Sentirlo vicino, anche se solo per pochi istanti. Presi coraggio e continuai a camminare cercando di orientarmi come meglio potevo.

Avevo già visto quella strada. Ne ero sicura. Ad un certo punto, dopo quelle che mi sembrarono ore, mi trovai davanti ad un bivio.

C'erano due strade. Non avevo idea di quale fosse quella giusta. Possibile che in giro non ci fosse nessuno a cui chiedere?

Guardai di nuovo l'orologio: le 8 p.m. Cercai il cellulare nella borsa, ma non lo trovai.

Perfetto! Lo avevo sempre con me e per una volta in cui davvero mi serviva, non c'era.

Cosa potevo fare? Rob non sarebbe rimasto ad aspettarmi per sempre! Inoltre, non riuscivo a ricordare DOVE dovessimo incontrarci...

All'improvviso sentii il rumore di alcuni corvi avvicinarsi e mi sentii gelare il sangue. Quel suono mi terrorizzò. Aumentai il passo e presi una strada qualunque. Avevo troppa paura per restare ferma, dovevo muovermi. Fare qualcosa per uscire da quella nebbia. Dovevo raggiungere Rob in un modo o nell'altro, sempre sperando che lui ci fosse ancora.

Misi un piede in fallo e caddi a terra, sbucciandomi un ginocchio. Mentre cercavo dolorante di rialzarmi, il corvo mi si avvicinò ed iniziò a colpirmi sul braccio.

Cercai di scacciare l'animale, ma non riuscivo ad avvicinarlo...

Poi, all'improvviso, sentii qualcosa di caldo sfiorarmi il braccio ferito. A quel contatto, la ferita si rimarginò miracolosamente.

Mi voltai di scatto, ma prima che potessi vedere che cosa o chi, mi stesse aiutando, una mano si protese verso di me e senza pensarci due volte l'afferrai.

Una voce vellutata mi sussurrò qualcosa che non compresi e fui immersa in una luce chiara e luminosa: non avevo più paura.

Mi sentii osservata e riaprii lentamente gli occhi.

La prima cosa che vidi una volta sveglia, fu il volto di Rob a pochi centimetri dal mio.

“Ehi, buongiorno”, sussurrò baciandomi delicatamente le labbra.

Ancora tramortita ricambiai il bacio e mi portai istintivamente la mano sul braccio destro, quello che nel sogno era stato colpito dal corvo.

“Tutto bene?”, mi chiese Rob un po' preoccupato. “Ti sei agitata parecchio stanotte”.

“Ho avuto un incubo...”, gli spiegai arrossendo.

“Ne vuoi parlare?”, disse stringendomi fra le sue braccia.

“Niente di così importante in effetti. Che ore sono?”

“Le 6:45. Devo tornare nella mia cella!”, aggiunse ridendo.

“Okay... Ci vediamo giù fra un po'!”, dissi baciandolo.

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Capitolo 23
*** Capitolo 23 ***


Dopo che se ne fu andato, ripensai al mio sogno...

Era stato tutt'altro che piacevole. Ma mi rendevo perfettamente conto che non aveva il minimo senso preoccuparsi per una cosa così stupida! Così mi alzai dal letto e mi vestii.

Quando scesi in cucina, trovai Clare in felpa intenta a preparare la colazione.

“Buongiorno, Clare”, dissi non appena la vidi.

“Oh! Buongiorno, Jenny. Sei mattiniera anche tu?”

“Abbastanza! Ti serve una mano?”, le domandai sbirciando nella ciotola che teneva in mano.

“No, grazie cara. Ho quasi finito!”

“Pancakes?”

“Sì. Sai che mio figlio li adora, no?”.

“Davvero? Ho sempre pensato a Rob come ad un tipo da muffins”, dissi sorridendo.

In fondo, ogni volta che avevamo fatto colazione insieme, avevamo sempre mangiato quelli. Rob non mi aveva mai detto di preferire i pancakes.

“Perché sa che tu ami i muffins”, mi disse sincera.

La sua risposta mi lasciò perplessa: non sapevo cosa risponderle, così mi limitai ad annuire in silenzio.

“Puoi mettere dei piatti in tavola, se ti va”, mi suggerì.

“Volentieri!”, dissi ed inizia a fare quello che mi aveva chiesto.

Rob e Vic scesero giusto nel momento in cui Clare aveva finito di cuocere i pancakes.

“Mmm! Che odorino!”, esclamò il mio ragazzo non appena entrò in cucina.

“Buongiorno ragazzi!”, esclamò Clare sorridendo ai suoi due figli.

“Mamma! Sai che ti adoro!?”, esclamò Vic. “Buongiorno Jenny!”, aggiunse rivolgendosi a me.

“Buongiorno Vic!”, le dissi sorridendo.

“Buongiorno Jenny!”, le fece eco suo fratello avvicinandosi a me e prendendo la mia mano per baciarla.

“Ah! Noto con piacere che qualcosa ti ho insegnato, Rob!”, esclamò compiaciuto Richard Pattinson, che era entrato in cucina appena in tempo per vedere il gesto del figlio.

“Buongiorno Richard”, esclamai sorridendo.

“Giusto qualcosa, papà!”, gli rispose Rob ridendo.

“Ragazzi! Sedetevi prima che si raffreddi tutto!”, disse Clare.

Scoppiammo tutti a ridere e ci gustammo la colazione.

Una volta finito diedi una mano a Clare a riordinare, dopodiché uscii insieme a Vic per andare ad Oxford Street, dove ci saremmo incontrate con sua sorella Lizzie.
 

La giornata trascorse molto in fretta e mi diede finalmente l'occasione di scambiare più di due parole con la maggiore delle sorelle Pattinson.

Non mi ero mai resa veramente conto di quante cose avessero in comune Liz e Rob e rimasi sorpresa dal caloroso saluto che questa mi rivolse non appena mi vide.

In tutte le altre occasioni si era mostrata abbastanza fredda nei miei confronti, per cui ero quasi certa di non esserle molto simpatica, ma evidentemente dovevo essermi sbagliata.

Mi accorsi della sua estrema timidezza e di quanto tenesse alla sua famiglia ed, in particolare, a Rob. Era molto protettiva nei suoi confronti e forse era per questo che non si era mai sbilanciata nei miei confronti. Era una ragazza molto educata, per cui non si era mai mostrata apertamente scortese, oppure ostile, ma mi ero accorta fin dall'inizio che era molto diffidente. Proteggeva ciò che amava e non potevo non stimarla per questo, ma ero felice che finalmente ci avesse dato la sua benedizione.

 

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Capitolo 24
*** Capitolo 24 ***


Dopo che le ebbi salutate, tornai nel mio appartamento ed iniziai a riordinare i miei acquisti, finché il telefono non squillò. Era Rob.

“Tesoro! Devo chiederti un favore...”, disse misterioso, senza darmi modo di aprire bocca.

“Okay... Dimmi pure”, replicai cauta.

“Si tratta di Tom...”.

“Dimmi”, ripetei.

“Vorrebbe uscire con Jana”.

“Ah...”, fu la sola cosa che riuscii a dire.

Lui scoppiò a ridere.

“So che non ti sembra il suo tipo. Non la conosco molto, ma mi sembra una ragazza un po'... ehm... e Tom... beh.. è Tom!”, concluse poco convinto.

Effettivamente ero abbastanza certa che Tom non fosse esattamente il tipo della mia amica, ma non mi sembrava carino farglielo notare.

“Beh, posso provare a chiamarla e chiederle se le va un'uscita a quattro stasera”, proposi incerta.

Sentii degli strani rumori dall'altra parte del telefono.

“Rob? Tom è lì con te, vero?”, gli domandai.

“Ehm... può darsi!”, rispose lui scoppiando a ridere.

“Già... Beh, nell'ipotesi che sia così, digli che questa è la prima e ultima volta che intercedo per lui, okay?”

“Riferirò!”

“Perfetto. Vi richiamo fra poco”, dissi sicura che il suo amico fosse con lui, dopodiché conclusi la telefonata e chiamai Jana.

Le esposi la questione senza troppi giri di parole, certa che avrebbe declinato senza troppo garbo la mia proposta. Tuttavia, come al solito, la mia amica mi stupì ed, anzi, si dimostrò entusiasta di fronte alla prospettiva di un'uscita a quattro.

Così richiamai Rob, che mi propose di trovarci tutti nel solito pub. Accettai ed informai la mia amica riguardo al posto e all'ora.

Era da parecchio tempo che non partecipavo a un'uscita a quattro, ma le mie esperienze precedenti erano state tutt'altro che positive, tuttavia, stavolta non sarei stata io quella in balia di un perfetto sconosciuto! Questa volta avevo qualcuno con me, qualcuno che amavo davvero e che, ero certa, mi ricambiava nello stesso modo. Per cui sorrisi rincuorata dall'eccitante novità ed iniziai a prepararmi per la serata con i miei amici e col mio ragazzo.

Mi trovai con Jana a Trafalgar Square ed insieme andammo nel piccolo pub dove avevo incontrato Rob ed i suoi amici la prima volta.

Era incredibile come fossero passati in fretta quei mesi...

Mi sembrava soltanto ieri, eppure erano ben 8 mesi che stavamo insieme.

“Come sto?”, mi chiese Jana, prima di entrare nel pub.

“Stai benissimo, Jana! Come al solito!”, le risposi sorridendo.

Era vero. Indossava un top di raso nero su un paio di jeans chiari e portava un paio di Converse nere.

“Non pensavo fossi un tipo da Converse!”, aggiunsi ridendo.

“Ehm... Non lo sono! Ma non penso che questo sia il luogo adatto a un paio di sandali tacco 12!”, mi spiegò accennando al locale in cui stavamo per entrare.

“In effetti non sarebbero state molto adatte”, concordai.

“Allora entriamo?”, mi domandò, visto che stavo indugiando sulla porta da un po'.

Nonostante non ci tenessi ad entrare in argomento, non potei fare a meno di chiederle, perché avesse accettato l'invito.

“Scherzi?! Dai! Tom è carino!”

“Certo! Ma non mi sembra il tuo tipo...”, non potei fare a meno di aggiungere.

“Lo so... Non rispecchia i miei canoni estetici...- incrociò il mio sguardo e si affrettò ad aggiungere- Insomma! Sono uscita con un'infinità di ragazzi che rispecchiavano i miei ideali estetici e non è mai finita bene con nessuno di loro... Forse dovrei cambiare!”

“Lo sai che ti voglio bene, Jana. Ma Tom è il miglior amico di Rob... Le cose fra noi sono già abbastanza complicate al momento ed io non vorrei che se quest'incontro non andasse bene, questo cambiasse i nostri rapporti”.

“Tranquilla, Jenny! Ti preoccupi troppo come al solito! Non mangerò Tom, okay? E poi è stato lui a chiedermi di uscire, no?”, mi ricordò la mia amica, con orgoglio.

“Hai ragione! Ignora quello che ho detto!”, le dissi abbracciandola.

“D'accordo! Ora possiamo entrare?”

“Certo!”, dissi ed aprii la porta del pub.

Non appena fummo dentro, notai Rob e Tom che ci stavamo aspettando ad un tavolo sul lato destro del locale e ci avvicinammo a loro.

“Ciao amore!”, disse Rob alzandosi e baciandomi.

“Ciao!”, risposi, dopo aver ricambiato il bacio. “Ciao Tom!”, aggiunsi.

“Ciao Jenny! Ciao Jana!”, disse guardando solo la mia amica, che nel frattempo aveva preso posto accanto a lui.

“Ciao Jana!”, disse Rob, staccandosi da me e tornando al suo posto.

“Ciao Rob!”, lo salutò lei.

“Allora ordiniamo?”, chiese Tom.

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Capitolo 25
*** Capitolo 25 ***


Due ore più tardi, fu abbastanza chiaro che Tom e Jana non avevano praticamente nulla in comune; tuttavia, sembravano divertirsi davvero (ma probabilmente parte del merito andava alle birre che avevano bevuto).

“Allora... Quest'estate porterai Rob a conoscere i tuoi?”, mi domandò Tom, scoppiando a ridere.

“Beh, detta così, sembra una cosa atroce!”, risposi ridendo. “Comunque faremo una vacanza in Italia, sì”.

“Beh, auguri!”, disse rivolto al mio ragazzo. “Ti ricordi quando in seconda media...?, gli chiese allusivo.

“Ah! Tom ti prego! Non ricominciare con questa storia!”, esclamò Rob ridendo.

“Quale storia?”, chiese Jana.

“Ormai devi parlare Tom! Non ci alzeremo da questo tavolo finché non avrai finito il discorso!”, dissi lanciando un'occhiata divertita a Rob, che mi sorrise disperato.

“E' una stupidaggine! Davvero! Giusto, Tom?”, disse guardando il suo amico, con sguardo minaccioso.

“Non direi proprio!”

“Avanti Tom! Parla!”, lo spronò Jana.

“Le signore vogliono sapere, Rob!”

Prima che il mio ragazzo potesse replicare, il suo cellulare squillò. Diede un'occhiata al display e sospirò.

“Devo rispondere. Vado fuori. Nel frattempo... Tom sta zitto, per favore!”, intimò all' amico.

“Allora?”, gli domandò Jana, dopo che Rob se ne fu andato.

“Beh! Eravamo in seconda media ed era il giorno di San Valentino. Rob si era presa una cotta assurda per Samantha Robinson, così, visto che non aveva i soldi per comprarle dei fiori, strappò delle rose dal giardino! Vi giuro! Non ho mai visto Clare tanto arrabbiata!”, disse ridendo.

“Beh... Non fa molto ridere, Tom!”, commentò Jana.

“Perché non avete visto la faccia di sua madre ed il modo in cui si era vestito!”

Non appena Tom ebbe finito il suo breve racconto arricchendolo di particolari, come il colore dei pantaloni di Rob, quest'ultimo tornò al nostro tavolo.

“Mi dispiace amico! Non ho potuto tacere!”, disse Tom, dandogli una pacca sulla spalla.

“Tutto bene?”, gli domandai notando la sua espressione tesa.

“Come?”, mi chiese alzando un sopracciglio.

“Tutto okay, tesoro?”

“Tutto bene! - replicò più allegro- E' impossibile farti stare zitto, Tom!”, aggiunse diretto al suo amico.

Chiacchierammo del più e del meno per il resto della serata e Tom ci deliziò con altri dettagli della loro infanzia, che, probabilmente, né io né la mia amica eravamo così ansiose di conoscere; tuttavia, fu impossibile frenarlo.

Verso l'una decidemmo di andarcene. La mia amica e Tom presero un taxi, mentre Rob ed io tornammo a piedi nel mio appartamento.

Rob aveva riso e parlato per tutta la sera, tuttavia ormai lo conoscevo abbastanza bene da capire che c'era qualcosa che lo turbava.

Così, una volta entrati in casa, lo baciai dolcemente e gli chiesi quale fosse il problema.

“Non è nulla, davvero!”, replicò lui.

Non mi lasciai ingannare.

“Rob... E' una fortuna che reciti meglio di quanto menti, perché sei decisamente pessimo nel farlo”.

“Forse non sono così pessimo solo a mentire”, dichiarò scoraggiato.

“Ehi!- dissi accarezzandogli una guancia- Cosa c'è? E' da quando ti è arrivata quella telefonata che sei strano. Parlami”.

Lui sospirò, ma poi disse:

“Era la mia agente al telefono. La promozione del film inizierà prima del previsto”.

“Quando?”

“Luglio”, disse incapace di guardarmi.

Luglio. Certo! Questo significava cancellare il nostro viaggio in Italia. Di nuovo.

Razionalmente mi rendevo perfettamente conto che faceva parte del suo lavoro e che non dipendeva da lui, tuttavia non potei non sentire una stretta al cuore di fronte a quella rivelazione.

“Mi dispiace. L'ho saputo soltanto stasera... In qualche modo riuscirò a venire con te in Italia. Magari potremmo anticipare il viaggio”, mi propose.

“I miei non ci sarebbero però, hanno già altri programmi”.

“Ah...”.

“Senti, non fa niente, okay? So che non dipende da te”, affermai con tutta la convinzione che trovai, nonostante mi sentissi ferita.

“Troverò una soluzione”.

“Quando dovresti partire?”

“Devo essere a San Diego il 25 luglio. Potrei venire con te per un paio di giorni, conoscere i tuoi, visitare Firenze e ripartire il giorno dopo! So che salterebbero sia la visita di Venezia che quella di Roma, ma...”.

“Sarebbe perfetto!”, esclamai interrompendolo. “Andremmo lì un'altra volta”, dissi, accarezzandogli dolcemente i capelli. “Roma e Venezia non scapperanno, okay? Fa quello che devi fare... Avremo tutta l'estate per stare insieme”.

“Cosa ho fatto per meritarti?”, chiese più rivolto a se stesso che a me.

“Beh... Sei stato fortunato!”, esclamai.

“Sono stato sfacciatamente fortunato!”, mi corresse, cingendomi a sé.

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Capitolo 26
*** Capitolo 26 ***


Sentii un suono fastidioso. Stando attenta a non svegliare Rob, allungai un braccio verso il comodino ed afferrai il telefono.

“Pronto?”

“Buongiorno!”, mi rispose allegra la voce della mia migliore amica.

“Jana?”, risposi mezza addormentata.

“Non dirmi che stavi ancora dormendo!? Sono le 8:30!”, dichiarò, risoluta come se fossero state le 12 P.M.

“Beh, adesso sono sveglia...”.

“Bene! Perché devo parlarti di ieri sera!”, urlò.

“Okay... Potresti evitare di rompermi un timpano, per favore?”

“Sei di cattivo umore per caso? , domandò e, senza darmi il tempo di replicare, aggiunse: “Passo da te fra dieci minuti e andiamo a fare colazione insieme, okay?”

“D'accordo”, acconsentii rassegnata. “Ma facciamo venti minuti”.

“Perfetto! A fra poco!”, disse e riattaccò.

Riposi il telefono sul comodino e feci per alzarmi, quando una mano mi bloccò.

“Buongiorno”, disse Rob.

“Buongiorno”, ripetei, chinandomi per baciarlo.

“Chi ti chiama a quest'ora di domenica mattina?”

“Indovina!”, dissi ridendo.

“Ah! Temo di saperlo!”

“Jana!”, affermammo in coro.

“Già. Non credo che possa dormire più di 5 ore per notte!”

“Non posso non invidiarla!”, commentò.

“Già. Beh, mi ha chiesto di andare a fare colazione con lei. Non me la sono sentita di rifiutare...”.

Rob mi guardò confuso, ma annuì.

“Devi andare dai tuoi dopo?”, gli chiesi.

“Sì. Devo dare una mano a mio padre e nel pomeriggio dovrei vedermi con Sam e Tom”, aggiunse, come per precisare che non ci saremmo potuti vedere.

Okay. Forse è meglio che vada a prepararmi... Jana di solito è puntuale”.

“Va bene”.
 

Feci una rapida doccia, dopodiché indossai le prime cose che trovai nell'armadio ed aprii la porta proprio nel momento esatto in cui la mia amica stava per suonare il campanello.

“Ciao! Che tempismo!”, esclamò non appena mi vide sulla porta.

“Già. Andiamo?”

“Okay!”

Jana parlò senza sosta fino allo Starbucks più vicino, e soltanto quando iniziò ad addentare il suo muffin, i miei timpani ebbero un po' di tregua.

“Jenny? Mi stai ascoltando?”

“Come?”, chiesi riconcentrandomi su di lei.

“Tutto bene, tesoro? Non hai detto una parola stamattina!”

Sospirai e bevvi un sorso di tè.

“Non proprio in effetti”.

“Non farti cavare le parole di bocca, dai!”

“Va bene! Rob ha un imprevisto di lavoro e non potremo più fare il nostro viaggio in Italia”.

Non come lo avevamo programmato, aggiunsi mentalmente.

“Mi dispiace, Jenny. So quanto ci tenevi”.

“So che non dipende da lui... Ma, secondo te, esserci rimasta male mi rende un'egoista che pensa solo a se stessa?”, le domandai incapace di trattenermi.

Era così sbagliato volere il mio ragazzo solo per me per una settimana? Una settimana!

“Certo che no!”, rispose convinta. “Avete passato due mesi lontani; è normale che tu voglia passare del tempo con lui facendo qualcosa che avevate già deciso insieme”.

“Già”.

“Gliel'hai detto che ci sei rimasta male?”

“Non esattamente”.

Jana mi guardò torva.

“Mi conosce. Sa che ci sono rimasta male, così come io so che non è colpa sua”.

“I sentimenti sono tutto tranne che razionali, Jenny! Devi essere chiara con lui. Fa parte del suo lavoro? Bene! Mettiti l'anima in pace, tesoro! Avrai il tuo Rob per il resto dell'estate! Non è una tragedia!”, affermò con convinzione la mia amica.

“Hai ragione!”, dissi.

Dovevo soltanto digerire la novità e pensare a godermi il resto dell'estate con il mio ragazzo. In fondo nessuno ci correva dietro... Eravamo già stati lontani per due mesi; qualche giorno in più che differenza poteva fare?

Dopo aver parlato con Jana tornai a casa molto più serena e per prima cosa chiamai Rob, ma non ottenni nessuna risposta.

Forse ero stata un po' troppo brusca quella mattina.

Sospirai ed iniziai a prepararmi il pranzo.

Avevo appena finii di rigovernare, quando qualcuno bussò alla porta. Andai ad aprire e rimasi sorpresa quando lo vidi di fronte a me.

“Ciao”, disse entrando.

“Ciao!”.

Restammo a guardarci per un instante, che mi sembrò interminabile, poi presi coraggio e feci per parlare, ma lui mi precedette.

“Mi dispiace, amore. Non mi piaceva il modo in cui c'eravamo lasciati questa mattina”, disse accarezzandomi il braccio.

“Neanche a me”, concordai.

“Se potessi evitare di andarci, ti giuro che lo farei. Il solo pensiero di stare su un palco, circondato da centinaia di persone che mi odiano...”.

“Aspetta un attimo! Chi dovrebbe odiarti?”, gli domandai confusa.

“I fans di Twilight! Mia madre mi ha mostrato alcuni commenti che girano su internet... Sono tutto tranne che entusiasti del fatto che io interpreti il loro vampiro...”, mi spiegò.

Il suo tono era rimasto neutro, ma il suo sguardo valeva più di mille parole.

Ricordavo perfettamente di aver letto anch'io dei messaggi su internet tutt'altro che incoraggianti, ma sinceramente non riuscivo proprio a capire perché sua madre glieli avessi voluti mostrare!

“Rob- dissi accarezzandogli la mascella squadrata e guardandolo negli occhi- Ognuno di loro si sarà fatto un'idea di Edward diversa. E' su questo che giocano i libri! E' descritto come l'immagine della perfezione... Ogni ragazza ha un suo Edward. Non si possono accontentare tutte e poi...”.

“Poi?”

Tu rappresenti perfettamente il mio”, gli dissi baciandolo. “Non sarà così terribile come credi”.

“D'accordo. Forse hai ragione”, concordò sorridendomi.

“Non ho dubbi in proposito!”, affermai ridendo.

Lui mi prese la mano e finalmente si rilassò.

“Senti, ti va di uscire stasera?”, mi domandò.

“Che avevi in mente?”

“Pizza e cinema?”, mi propose.

“Perfetto!”, dissi abbracciandolo.

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Capitolo 27
*** Capitolo 27 ***


La serata trascorse piacevolmente e Rob addirittura sembrò essersi scrollato di dosso un po' di preoccupazioni; tuttavia sapevo bene che stava solo cercando di non pensarci.

Tornò dai suoi quella notte e fu un bene visto che Tom mi chiamò due minuti dopo che fui rientrata per parlarmi della festa a sorpresa, che stavamo organizzando per il mio ragazzo.

Rob avrebbe compiuto ventidue anni fra soli cinque giorni ed io e Tom avevamo avuto la brillante idea di organizzargli una festa a sorpresa. Beh, in realtà l'idea era stata di Tom, ma ero stata più che felice di dargli una mano e, nonostante avrei preferito festeggiare da sola con Rob il suo compleanno, ero sicura che lui avrebbe voluto trascorrere quella giornata coi suoi amici.

Tuttavia, mi sarei tirata indietro se avessi saputo che "aiutare Tom" voleva dire fare tutto da sola! Tom, infatti, oltre ad invitare gli amici di Rob, non aveva fatto praticamente nulla per cui mi ero trovata a dover supplicare Megan e Jana di darmi una mano e, per fortuna, le mie amiche erano state felici di aiutarmi.

Nei giorni successivi io e le ragazze fummo molto indaffarate coi preparativi, per cui fui costretta ad inventare scuse su scuse per spiegare a Rob la ragione per cui non potevamo vederci.

Fortunatamente fu Tom a trovare il posto adatto alla festa: se mi avesse lasciato anche quell'incombenza probabilmente l'avrei ammazzato!

Venne fuori che un suo conoscente avrebbe aperto un pub a Covent Garden la settimana dopo e si disse felicissimo di aprirlo segretamente per noi quella sera.

Non ero molto convinta di quell'idea, ma non avevo voglia di sobbarcarmi anche quell'impegno, per cui cedetti di fronte all'entusiasmo di Tom.

 

La mattina del 13 maggio mi svegliai molto presto e per prima cosa inviai un sms a Rob per fargli gli auguri, dicendogli che lo avrei chiamato più tardi.

Dopodiché telefonai a Tom, che stava ancora dormendo, per rivedere insieme il nostro piano per la festa. Il ragazzo, fra uno sbadiglio e l'altro, mi assicurò di aver già preparato tutto e che ci saremmo dovuti trovare al pub intorno alle 11 p.m.

Naturalmente, avevo io il compito di assicurarmi che il mio ragazzo non sospettasse nulla, una missione che si rivelò abbastanza semplice, almeno fino alle 10:30 di quella sera, quando lasciammo insieme Barnes.

Sua madre Clare aveva insistito affinché andassimo a cena da loro; tuttavia, questo significava impiegare più tempo per arrivare a Covent Garden. Così dopo che intorno alle 10 Liz e Vic se ne furono andate, restammo in casa Pattinson per una ventina di minuti prima di uscire.

Rob rimase un po' perplesso quando gli dissi che volevo tornare a casa presto, ma si convinse nel momento in cui gli ricordai che non aveva ancora ricevuto il mio regalo.

Così salutammo i suoi genitori e ci incamminammo verso la stazione della metro. Una volta sopra estrassi una benda nera dalla borsa e, sorridendo, gli intimai di indossarla.

“Scherzi?”, mi chiese scoppiando a ridere.

“Assolutamente no, tesoro!”, esclamai.

“Fammi capire bene: tu vorresti che mettessi questa benda per non vedere la strada di casa?”, mi chiese perplesso.

“Beh, non ho mai detto che siamo diretti lì!”, gli ricordai con tono misterioso.

“Stai iniziando a spaventarmi!”, disse prendendo la benda nera dalle mie mani e portandosela sopra agli occhi.

“Aspetta! Faccio io!”, dissi aiutandolo a legarla.

“Okay! Non vedo ufficialmente nulla!”, mi informò.

“Beh... Non ti servono gli occhi per fare questo”, dissi baciandolo.

Dopo una ventina di minuti scendemmo dalla metro e ci incamminammo verso Covent Garden.

“Jenny, ti rendi conto che potrei andare a sbattere contro qualcuno, o, peggio ancora, contro un muro?!”, disse Rob, un po' preoccupato dal momento che lo avevo obbligato a non levarsi la benda.

“Non sbatterai contro un muro Rob! Ci sono io!”

“D'accordo... Ma la situazione sta diventando ridicola!”

“Dai! Siamo quasi arrivati!”, dissi ridendo.

“E' facile dirlo per te! Io non vedo nulla!”, mi ricordò.
 

Camminammo per un'altra decina di metri, dopodiché ci trovammo davanti al locale.

Dal momento che ci eravamo fermati, Rob mi chiese se fossimo finalmente arrivati a destinazione.

“Aspetta ancora un attimo!”, esclamai ed inviai rapidamente un sms a Tom per informarlo del nostro imminente arrivo.

Lui rispose dopo pochi secondi, dicendomi che tutto era pronto.

“Okay! Entriamo!”, dissi afferrando di nuovo la mano di Rob.

“Finalmente!”, commentò ridendo.

Una volta entrati nel locale, gli sfilai soddisfatta la benda.

Non appena aprì gli occhi diede un'occhiata intorno e qualcuno accese le luci, rivelandogli la presenza di tutti i suoi amici e delle sue sorelle.

“Ma che diavolo...!”, esclamò sorpreso.

“Sorpresa!”, gridammo tutti in coro.

Lui scoppiò a ridere imbarazzato e guardò prima me e poi il suo migliore amico, che si era fatto strada in mezzo agli altri invitati e stava venendo verso di noi.

“Ah ecco! Voi due!”, affermò Rob con convinzione guardandoci.

“Buon compleanno, amico!”, gli disse Tom, dandogli una pacca sulla spalla.

“Quindi ipotizzo che ogni volta in cui mi hai dato buca questa settimana fosse per stare con la mia ragazza!”, dichiarò Rob, passandosi una mano fra i capelli.

“Già! E non sai che strazio doverla sopportare!”

“Grazie, Tom! Anche per me è stato un piacere!”, dissi fingendomi offesa.

“Lo immagino!”, acconsentì Rob.

“Beh- disse Sam avvicinandosi a noi- visto che finalmente il festeggiato ci ha onorato con la sua presenza, che ne dite di iniziare questa festa?”.

Rob sorrise al suo amico ed afferrò la birra che questo gli stava porgendo.
 

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Capitolo 28
*** Capitolo 28 ***


Un'ora dopo tutti si stavano divertendo ed io, Rob, Liz e Tom eravamo seduti ad un tavolino a chiaccherare.

“Quindi chi ha avuto la brillante idea di portarmi qui bendato?”, domandò Rob.

“E' stata mia!”, disse Liz.

“Grazie sorella! Me lo ricorderò il giorno del tuo compleanno!”, la minacciò, ridendo.

“Se no avresti saputo dove ti stavo portando!”, dissi.

“Vero”, concordò lui bevendo un sorso di birra.

Dopo un paio di minuti, Liz ci informò che lei e Vic se ne sarebbero andate.

“Di già?”, le chiese Tom, che, secondo me, aveva una cotta segreta per lei.

“Sì, domattina dobbiamo alzarci presto”, spiegò.

“Ah! Va bene. Grazie della sorpresa!”, disse suo fratello, abbracciandola.

“E' stato un piacere!”, affermò Liz, facendomi l'occhiolino.

Dopodiché recuperò sua sorella ed insieme lasciarono il locale.

“Signorina Presciani! Sta monopolizzando il festeggiato!”, disse Sam, sedendosi al nostro tavolo al posto lasciato vuoto da Liz.

Io, Rob e Tom scoppiammo a ridere. Restai con loro ancora qualche minuto, dopodiché mi alzai per lasciare al mio ragazzo un po' di spazio con i suoi amici ed andai a salutare Megan e Jana, che erano appena arrivate.

“Ciao! Come sta andando la festa?”, mi chiese Megan, dopo che le ebbi raggiunte.

“Beh, il tuo ragazzo sembra che si stia divertendo parecchio!”, affermò Jana con un sorriso, lanciando un'occhiata verso Rob che stava ridendo e scherzando con i suoi amici.

“Sembrerebbe di sì!”, concordai allegra. “Vi ringrazio per l'aiuto ragazze”, aggiunsi sottovoce.

“Non c'è problema!”, disse Megan.

“Dovrai semplicemente ricordarti di noi quando ti chiederemo di organizzare una festa con 1000 invitati!”, aggiunse Jana ridendo.

“Promesso!”, esclamai, un po' preoccupata: ormai la conoscevo abbastanza da sapere che stava parlando sul serio!

“Ciao Rob! Auguri!”, esclamò Jana, salutando il mio ragazzo, che si era appena accorto dell'arrivo delle mie amiche e che era venuto a salutarle.

“Grazie Jana! Ciao Megan!”

“Auguroni Rob!”, aggiunse la mia amica.

“Grazie!”, ripeté Rob e si sedette con noi ad un tavolo.

“Scommetto che c'entrate anche voi!”, affermò dopo un po', alludendo alla festa.

“Colpevoli!”, risposero in coro le mie amiche.

“Lo immaginavo!”, disse. “Mi sono appena reso conto di non aver ancora ringraziato come si deve la mia splendida ragazza!”, aggiunse sottovoce, rivolgendosi solo a me.

“Già!”, concordai, passandogli una mano fra i capelli ribelli.

“Dovrò rimediare”, disse, attirandomi a sé e baciandomi appassionatamente davanti a tutti i nostri amici.

Inutile dire che il suo gesto accompagnato da applausi e grida di incitamento.

“Beh- dissi staccandomi da lui- io devo ancora darti una parte del tuo regalo...”.

“Ma davvero?”

“Sì!”.

“Mmm... Sono curioso!

“Per ora ti anticipo soltanto che dovrai scartarlo in privato e che ci sarà bisogno della panna montata”, precisai, guardandolo negli occhi, con un sorrisetto malizioso.

Lui sorrise e mi baciò di nuovo in mezzo alle risate dei suoi amici.

Un'ora dopo la festa si stava decisamente riscaldando e la maggior parte degli invitati era decisamente alticcia.

Avevo già conosciuto molte persone simpatiche, per cui avevo deciso di restare un po' in disparte con Megan, visto che non conosceva nessuno a parte me, Jana e Rob.

Quest'ultima, infatti, aveva ben presto rivolto le sue attenzioni ad uno dei ragazzi presenti, lasciando Megan da sola al tavolo. Così avevo nuovamente lasciato Rob in compagnia dei suoi amici, per chiaccherare con lei.

“Jana è sempre la stessa, eh?”, commentò Megan dopo un po'.

“Già”.

Restammo a parlare del più e del meno per un'altra ora, dopodiché una Jana molto accaldata tornò verso di noi, seguita dallo stesso ragazzo con cui l'avevamo vista parlare poco tempo prima.

“Guarda chi si rifa vedere!”, esclamai ridendo.

“Scusate, ma io e Chris ce ne vorremmo andare”, ci comunicò, facendomi l'occhiolino e accennando al ragazzo moro dietro di lei.

“Okay!”, dissi alzandomi e salutandola. “Sei tremenda!”, le sussurrai sorridendo.

“Mi conosci! Non si può non cogliere un'occasione come questa!”, disse ridendo. “Megan, ti dispiace tornare da sola?”

“Ehm, no, non c'è problema. Vai pure tranquilla!”

“Okay! A presto ragazze! Ciao!”, disse ed uscì dal locale insieme al ragazzo.

Non appena la porta si richiuse, io e Megan scoppiammo a ridere.

“Qualcosa di divertente?”, ci chiese Rob, cogliendomi di sorpresa, dal momento che non l'avevo sentito avvicinarsi.

Solo Jana!”, rispose Megan sorridendo.

“Già , l'ho vista andare via con un tizio... Ma non ho idea di chi fosse!”

“Non è un tuo amico?”, chiesi a Rob.

“Mai visto prima!”, rispose lui.

“Ah...”, commentò Megan.

“Dal poco che la conosco direi che non c'è da preoccuparsi!”, affermò Rob.

“Hai ragione!”, dissi baciandolo.

“Ah!- esclamò Tom avvicinandosi a noi- Mi dispiace, ma per stasera il festeggiato è tutto nostro!

“Dai Tom! Non credi di stare esagerando?”, gli chiese Rob.

“Assolutamente no, amico! Lascia stare la tua ragazza e torna al nostro tavolo!

Rob si chinò verso di me e mi sussurrò: “Credo sia meglio accontentarlo!”

“Vai pure!”, concordai sorridendo.

Dopo che Rob si fu allontanato, parlai un po' con Megan riguardo ai miei programmi per le vacanze ed, in particolare, del viaggio che io e Rob avremmo fatto a Firenze.

“Ed i tuoi cosa ne pensano?”

“Beh, mia madre è al settimo cielo!

“Non ne dubito”, affermò ridendo. “Non le hai mai fatto incontrare nessuno dei tuoi ragazzi”.

“Beh, non posso dire che ce ne siano stati molti!”, le ricordai ridendo. “Non sono certo Jana!”.

“Senza dubbio!”, concordò lei. “Quindi... Stavolta è diverso?”, mi chiese dopo un po'.

“Sì, Megan. Lo è”, dissi arrossendo.

Avevo sempre trovato un po' imbarazzanti certi argomenti.

Ti ama. Si vede dal modo in cui ti guarda. Ti adora”, affermò la mia amica sorridendo.

Le sorrisi anch'io ed annuii.

“Senti, io dovrei andare... Domattina ho lezione e devo alzarmi presto”, disse dopo.

“Va bene. Ti accompagno!”, dissi.

Sapevo fin troppo bene che la mia amica non amava fare la strada da sola.

“No! Non ce n'è bisogno, Jenny!”, disse subito.

“Megan: Rob si divertirà anche senza di me! E poi non mi va che tu faccia la strada da sola a quest'ora di notte!”, aggiunsi sincera.

“Beh...”

“Non si discute!”, affermai, sorridendo, per chiudere il discorso.

“Grazie”.

“Dammi due minuti”, dissi, accennando a Rob.

“Certamente!”.

Così mi alzai e mi avvicinai al mio ragazzo che stava ridendo e bevendo con Sam e Tom. Lo abbracciai da dietro e poi gli coprii gli occhi con le mani.

“Non di nuovo, amore!”, disse ridendo.

Lo lasciai andare e lui mi cinse la vita con la mano libera non impegnata a tenere la birra.

La sua espressione cambiò quando lo informai che stavo per andarmene con Megan.

“Se vuoi vengo con voi”, disse.

Scherzi?, dissi, accarezzandogli una guancia. “E' la tua serata! E poi i ragazzi mi ucciderebbero se ti portassi via adesso!”, aggiunsi ridendo, guardando Tom.

“Assolutamente”, concordò quest'ultimo.

“D'accordo!”, disse Rob.

“Promettimi solo che prenderete un taxi, okay?”

“Promesso”, disse e poi mi baciò di nuovo.

Salutai rapidamente i ragazzi, dopodiché uscii dal locale insieme a Megan.
 

Dopo che l'ebbi accompagnata a casa, percossi velocemente i pochi metri che mi separavano dal mio appartamento.

Conoscevo abbastanza bene Tom da sapere che Rob non sarebbe tornato a casa tanto presto. Quindi non appena entrai in casa, decisi approfittarne per farmi una doccia.

Diedi rapidamente un'occhiata nel cassetto della biancheria ed indossai la sottoveste di raso nera, che avevo acquistato per l'occasione. Ero certa che Rob l'avrebbe apprezzata.

Tuttavia, non ero del tutto convinta che sarebbe tornato abbastanza lucido da concludere qualcosa. Diedi un'occhiata alla sveglia sul comodino. Segnava le 2:50 a.m. Sospirai e decisi che forse non era il caso di aspettarlo alzata, così spensi la luce e mi misi a letto.

Mi addormentai quasi subito e mi svegliai soltanto quando, un paio di ore dopo, uno strano rumore mi fece sussultare.

Cercai insonnolita l'interruttore e, quando accesi la luce, la prima cosa che vidi fu il mio ragazzo in piedi accanto alla porta della mia camera da letto, che stava osservando alquanto perplesso la lampada caduta a terra.

Chiaramente doveva averci sbattuto.

“Scusa, mi dispiace di averti svegliato!”, esclamò, voltandosi verso di me.

“Non fa niente”.

Questa lampada da quanto è in questo punto?”, mi domandò, chiaramente ubriaco.

“Da quando ho affittato l'appartamento!”, lo informai sorridendo.

“Ah ecco! Evidentemente doveva essermi sfuggita!”, affermò, chinandosi per rimetterla a posto.

Per fortuna non è fragile!”, dissi, scendendo dal letto ed andando verso di lui.

Wow!”, esclamò quando notò la mia sottoveste.

Ero sicura che gli sarebbe piaciuta!

“Sei bellissima”, disse, accarezzandomi la schiena.

“Credo che non ci sia bisogno di chiederti, se vi siete divertiti!”, dissi, accarezzandogli i capelli.

“E' stato tutto perfetto. Tu sei perfetta”, disse, baciandomi sul collo.

“E tu sei decisamente ubriaco”, gli feci notare sorridendo.

“Lo ammetto senza problemi”, affermò alzando la mano destra a mo di giuramento.

“Okay, bel festeggiato! Forza andiamo a letto”, dissi, prendendolo per mano ed aiutando ad arrivare fino a lì, visto che si reggeva a malapena sulle gambe.

Una volta seduto, Rob mi lanciò un'occhiata inconfondibile. Ma ero più che convinta che sarebbe crollato in massimo un paio di minuti, così mi limitai ad accarezzargli una guancia e scossi gentilmente la testa, sperando di non ferirlo.

Non sono così ubriaco!”, protestò con convinzione ed iniziò a sbottonarsi la camicia.

Beh, se non altro ci provò!

“D'accordo! Forse lo sono...”, disse, arrendendosi, mentre gli sganciavo i bottoni della camicia uno ad uno e lo aiutavo a spogliarsi.

Già, direi di sì”, concordai, abbassandomi e togliendogli anche le scarpe.

“Mi dispiace”, sussurrò, già mezzo addormentato.

“Non importa, avrai il tuo regalo domani e il giorno dopo e quello dopo ancora”, dissi baciandolo.

Rob si sdraiò sul letto e, dopo aver spento la luce, lo raggiunsi.

“Ti amo”, disse, quando appoggiai la testa sul suo petto.

“Ti amo anch'io”.

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Capitolo 29
*** Capitolo 29 ***


Stavo dormendo fra le braccia di Rob, quando un suono mi infastidì. Cercai di ignorarlo, ma era troppo insistente. Così aprii gli occhi e, muovendomi il meno possibile per non svegliarlo, cercai la fonte del rumore. Era il mio cellulare.

Maledissi mentalmente la persona che mi stava chiamando: prevedibilmente era Jana.

Avrei dovuto spiegarle con calma che non poteva continuare a telefonarmi sempre la domenica mattina!

Sospirai e presi la chiamata.

“Pronto?”, dissi assonnata.

“Jenny! Ti stiamo aspettando qui fuori!”, mi comunicò.

Sgranai gli occhi.

“Cosa?”

“Io e Megan siamo fuori dal tuo appartamento!”, ripeté.

La mia prima reazione fu quella di sbatterle il telefono in faccia e mettermi a dormire, ma poi pensai a Megan e risposi fra i denti:

“Vengo ad aprivi”.

“Bene!”

“Jana?”

“Sì?”

“Questa è l'ultima volta però!”.

Lei non rispose e si limitò a chiudere la telefonata.

Stando ben attenta a non fare rumore, nonostante fossi più che certa che Rob difficilmente avrebbe potuto svegliarsi visto l'andamento della scorsa notte, mi alzai ed andai ad aprire alle mie amiche.

Non appena mi videro, Jana scoppiò a ridere, dicendo:

“Sai che non sei il nostro tipo, vero Jenny?”

Ci misi un attimo a capire a cosa si stesse riferendo e quando lo compresi arrossii visibilmente. Indossavo ancora la sottoveste di raso.

“Entrate dai!”, dissi, per evitare che qualche passante notasse il mio look tutt'altro che casto.

Le mie amiche non se lo fecero ripetere due volte e, dopo che furono entrate, chiusi rapidamente la porta alle mie spalle.

Le guidai in cucina e poi tornai in camera per mettermi qualcosa di più consono a una colazione con le ragazze.

Quando mi fui vestita, lanciai rapidamente un'occhiata a Rob e tornai in cucina. Solo allora mi accorsi di una busta di Starbucks che Jana aveva posato sul tavolo.

“Puoi scegliere fra un muffin ai mirtilli e uno al triplo cioccolato!”, mi informò Jana. "Megan ha già prenotato quello orange!”.

Sorrisi e risposi: “Vada per quello ai mirtilli allora!”

Jana ci passò i nostri muffins, sorridendo, e anche i tre tè che aveva preso.

Facemmo colazione in silenzio, dopodiché Jana disse:

“Allora...”.

Io e Megan ci voltammo verso di lei. Si vedeva chiaramente che moriva dalla voglia di raccontarci la sua serata. Megan mi fece l'occhiolino ed io annuii, cercando di evitare di ridere.

Jana ci osservò speranzosa per un pò, ma visto che nessuna di noi aveva ancora sollevato l'argomento, alla fine sospirò e disse con enfasi:

“La mia serata è stata grandiosa!”

Io e Megan restammo in silenzio.

“Chris è stato... incredibile!”.

Nessun commento.

“Insomma più di una volta!”, aggiunse maliziosa. “Ragazze!?”, esclamò, chiaramente infastidita dal nostro silenzio.

Io e la mia amica ci guardammo per un attimo, dopodiché dissi:

“Jana ti rendi conto che sei piombata qui, senza avvisarmi, di nuovo?”

“Ringrazia che prima sia passata da me, Jenny!”, affermò Megan. “Almeno tu hai potuto dormire 15 minuti in più!”.

“Va bene! Va bene!”, esclamò Jana risentita. “La prossima volta verrò un po' più tardi, okay?”

Consapevoli che quello era il massimo che avremmo potuto ottenere, sorrisi e le dissi:

“Dai! Racconta!”

La mia amica naturalmente non si fece pregare e ci narrò nei minimi dettagli- dettagli che molto probabilmente né io né Megan avremmo voluto conoscere- la sua notte di passione.

Quando finalmente concluse il suo racconto, sembrò ricordarsi che la festa fosse stata quella del mio ragazzo e mi chiese della mia serata.

“Io e Megan siamo venute via poco dopo che tu te ne sei andata”, la informai.

Megan si intromise per ringraziarmi di nuovo e Jana disse ridendo:

“Beh, è ovvio! Senza di me non aveva più senso restare!”

“Chiaramente!”, convenne Megan, scoppiando a ridere.

“Certo!”, dissi. “La festa in realtà era la tua!”.

“Scherzi a parte- mi disse Megan- com'è andata la tua serata?”

“Non esattamente come avevo immaginato in effetti”, ammisi.

I miei progetti per una serata speciale con Rob di certo non includevano mettere a letto il mio ragazzo, completamente ubriaco.

Però ero davvero felice che Rob si fosse divertito. Non aveva avuto molto tempo da trascorrere con i suoi amici ultimamente ed ero fermamente convinta che questo fosse ciò di cui aveva bisogno prima di iniziare la promozione del film che, da quello che mi aveva detto, sarebbe stata abbastanza lunga.

“Beh, conoscendo Tom- disse Jana interrompendo le mie riflessioni- non faccio fatica a crederlo!”

La mia amica non amava parlare di Tom. Sebbene non mi avesse raccontato molto della loro serata insieme, riuscivo ad avvertire sempre un certo livello di imbarazzo da allora. Inoltre, il fatto che Jana non avesse parlato, la diceva lunga su come dovevano essere andate le cose! Potevo soltanto ipotizzare che qualcosa fosse andato storto, ma avevo volontariamente deciso di non mettermi in mezzo e di non farle domande in proposito. Non sapevo se Rob fosse a conoscenza di qualche dettaglio, ma io preferivo restarne all'oscuro.

“Oddio! Sono quasi le 11:30!”, esclamò a un certo punto Megan.

“Di già?”, chiesi, sorpresa.

Le ultime due ore erano volate. Era da un bel po' di tempo che non avevo modo di trascorrere del tempo a chiaccherare tranquillamente con le mie amiche e avevo quasi dimenticato quanto fosse piacevole. Dovevo dedicare loro più tempo d'ora in poi.

Quasi mi avesse letto nella mente, Jana disse:

“Ricordatevi che abbiamo in programma una vacanza ad Agosto! E, stavolta, non accetto scuse di nessun genere!”, aggiunse, rivolta a me.

“Promesso!”, affermai, abbracciandola. “Grazie della colazione”.

Jana sorrise e, seguita da Megan, uscì dal mio appartamento.

Dopo che se ne furono andate, gettai i resti della nostra colazione nella pattumiera e poi tornai in camera, per vedere se Rob nel frattempo si fosse svegliato.

Tuttavia, il mio ragazzo stava ancora dormendo. Quasi mi incantai ad osservarlo. C'era qualcosa di sorprendentemente dolce in lui, quel qualcosa che mi aveva colpito anche la notte in cui ci eravamo incontrati e quello stesso qualcosa che mi aveva spinta ad amarlo.

Rob si giro nel letto e si tirò su la coperta. Nonostante fosse metà maggio, il tempo era tutt'altro che mite.

Sorrisi e stavo per tornare di là, quando sentii il suo cellulare suonare. Lo vidi sul comodino e lo afferrai a tempo record per evitare che quel rumore lo svegliasse. Lanciai un'occhiata al numero che lampeggiava sul display. Era Liz.

Un po' incerta sul da farsi, alla fine decisi di rispondere io. In fondo ero certa che a Rob non sarebbe dispiaciuto.

“Jenny?”, chiese Liz un po' perplessa, quando riconobbe la mia voce.

“Sì, sono io!”, le confermai. “Tuo fratello sta dormendo”, aggiunsi, per essere certa che capisse che non era mia abitudine invadere la privacy di Rob.

Ah! Beh, dovrai svegliarlo allora. Mia madre vi vorrebbe vedere per pranzo”, disse.

“Se venissimo per cena?”, le proposi.

“I Brownson gli hanno invitati a cena da loro”, mi informò Liz.

I Brownson erano stati i vicini di casa dei Pattinson per almeno 25 anni e si erano da poco trasferiti in Galles. Dal modo nel quale Richard e Clare ne avevano parlato più volte, era chiaro che erano ancora molto legati.

“Resteranno in città solo per un paio di giorni e per domani hanno già altri impegni”, mi spiegò Liz.

“Capisco...”.

“Avete fatto così tardi ieri sera?”, mi domandò Liz ridendo.

“Non io!”, risposi sorridendo.

“Beh, dovresti svegliare mio fratello! Vi aspettiamo qui fra un'ora!

Dal momento che Liz non era un tipo insistente di solito, era chiaro che c'era sotto qualcosa, per cui acconsentii e dopo la salutai. Posai di nuovo il cellulare sul comodino e mi sedetti sul bordo del letto accanto a Rob.

Mi sporsi verso di lui e lo baciai delicatamente sulle labbra. Nessuna reazione. Sorrisi e gli accarezzai dolcemente i capelli, sussurrandogli:

“Ehi, bell'addormentato! E' ora di alzarsi”.

Rob aprì lentamente gli occhi e, chiaramente confuso, mi osservò per un attimo, prima di dirmi:

“Buongiorno”.

“Buongiorno”, ripetei.

“Quanto ho dormito?”, mi chiese.

”E' quasi mezzogiorno”, risposi.

“Mezzogiorno?”, ripeté incredulo, mettendosi seduto. “Oddio la mia testa! Ricordami di uccidere Tom non appena lo vedo!”, esclamò, massaggiandosi le tempie.

“Beh, non credo che ti abbia legato la birra alla mano”, gli feci notare.

Rob mi guardò in maniera strana.

“Mi dispiace di essere tornato così tardi. In effetti ricordo ben poco dopo che te ne sei andata”, disse.

Sorrisi e dissi: “Lo sospettavo”.

“Quindi immagino di non aver...?”, mi chiese arrossendo e lasciando la domanda sospesa a metà.

“No. Quando sei tornato ti reggevi a malapena in piedi”, gli ricordai.

“Ah... Beh, ho fatto proprio una bella figura allora!”, constatò, passandosi una mano fra i capelli per allentare la tensione.

“Beh- dissi prendendogli il viso fra le mani- vedi di essere in forma questa sera! Hai ancora un regalo molto importante da scartare”.

“Se la metti così!”, disse baciandomi.

Ricambiai il bacio e poi gli raccontai della telefonata di Liz e dell'invito a pranzo. Lui mi guardò disperato.

“Scherzi, vero?”

Scossi la testa sorridendo.

“Quanto adoro la mia famiglia?”, mi chiese subito dopo.

“Da morire”, gli ricordai con un sorriso.

Lui sospirò, ma poi annuì.

Lanciai un'occhiata alla sveglia sul comodino: segnava già le 12:05.

“Rob, sai che ti amo, vero? Ma dovresti proprio farti una doccia. Puzzi terribilmente di birra e dubito che sia una buona idea presentarti dai tuoi così!”

“Hai ragione”, acconsentì lui, baciandomi di nuovo.

Dopodiché si alzò, prese un asciugamano ed andò in bagno.

Mentre Rob era sotto la doccia, ne approfittai per riordinare un po' la stanza e notai che la lampada nella quale il mio ragazzo era inciampato la notte precedente aveva una leggera ammaccatura su un lato. Sospirai. La lampada era stata un regalo di mia madre e dubitavo che sarebbe stata felice di venire a conoscenza del piccolo incidente, che l'aveva vista coinvolta.

Dopo aver finito di piegare i vestiti della sera prima, cambiai le lenzuola ed aprii l'anta dell'armadio, alla ricerca di qualcosa da indossare per il pranzo coi Pattinson.

Ormai mi trovavo perfettamente a mio agio con la famiglia di Rob, per cui era davvero strano pensare che lui non avesse ancora conosciuto i miei genitori. Per fortuna, pensai sorridendo, avremo rimediato presto.

Indossai un paio di jeans chiari, una camicetta bianca a mezza manica ed un cardigan blu, dopodiché attesi che il mio ragazzo liberasse il bagno, così da potermi truccare un po'. Tuttavia, dal momento che ci stava impiegando più tempo del previsto, decisi di approfittarne per chiamare i miei.

Ultimamente non c'eravamo sentiti molto spesso e sapevo che, nonostante mia madre cercasse di non essere invadente, moriva dalla voglia di conoscere Rob.

Composi il suo numero di cellulare e, come avevo previsto, rispose al primo squillo.

“Pronto tesoro!”, esclamò, prima ancora di darmi il tempo di aprire bocca.

“Ciao mamma! Come state?”

“Tutto bene, cara. Tu piuttosto? Com'è andata la festa?”, mi chiese.

Sorrisi e le raccontai i dettagli della serata, tralasciando ciò che ero abbastanza certa non avrebbe gradito sapere.

Mia madre si dimostrò entusiasta del mio resoconto e, come avevo previsto, ci tenne a ribadire che "moriva dalla voglia di conoscere il mio bel ragazzo inglese”.

“Anche lui è impaziente di conoscervi”, dissi sincera.

“Perfetto! E' un vero peccato però che non possa trattenersi di più”, aggiunse subito dopo.

“Lo so, mamma...”.

“Non può proprio evitare quel viaggio in California?”, mi chiese per l'ennesima volta.

Ammetto che non avevo fornito molte informazioni ai miei genitori riguardo ai progetti lavorativi di Rob... Sapevo che mio padre non era entusiasta del fatto che fosse un attore.

“Quel mondo è pieno di corruzione, droga e di gentaccia!”, credo che mi avesse ripetuto queste parole almeno un centinaio di volte quando vivevo con loro, o quando in televisione trasmettevano notizie riguardo a questo o quell'altro VIP coinvolto in faccende poco pulite. Quindi ero abbastanza sicura che avrebbe squadrato Rob dalla testa ai piedi almeno un centinaio di volte per capire che tipo fosse.

Fortunatamente almeno mia madre era molto più tranquilla in proposito: si fidava abbastanza del mio giudizio da sapere che se io mi fidavo di lui, non era quel tipo d'uomo.

“Purtroppo non aveva molte possibilità di scelta”, le ripetei.

“Va bene, va bene! Non parliamone più!”, affermò con convinzione.

“D'accordo!”, acconsentii più serena. “Scusa mamma, ma devo salutarti adesso!”

“Sei a pranzo con Jana e Megan?”, mi domandò, sapendo bene che a Jana piaceva invitarci a pranzo fuori.

“Non oggi”, risposi con un sorriso. “I genitori di Rob ci hanno invitato a pranzo”.

Rimase in silenzio per qualche istante. Sapevo che la notizia non la rendeva troppo felice. Era terribile dirlo, ma avevo decisamente trascorso più tempo con la famiglia di Rob, che con la mia negli ultimi mesi. Purtroppo era quello il prezzo da pagare per vivere a Londra e onestamente, per quanto mi mancassero i miei, ero ben felice di pagarlo per vivere lì.

“Allora ci sentiamo in questi giorni!”, disse infine con un'allegria che mi sembrò un po' forzata.

“Certo mamma! Saluta papà!”

Lei acconsentì, dopodiché chiusi la telefonata nel momento esatto in cui Rob uscì dal bagno con un asciugamano intorno alla vita.

“Con chi stavi parlando?”, mi chiese.

“Con mia madre”, risposi.

“Mmm... Dovrei essere nervoso per l'imminente incontro con i tuoi genitori?”, mi domandò, passandosi nervosamente una mano fra i capelli bagnati.

“Non dire sciocchezze!”, esclamai ridendo.

Lui sorrise, ma non sembrava tranquillo.

“Immagino che i tuoi abbiano certe aspettative visto che sono il primo uomo che conoscono...”, aggiunse.

“Amore- dissi avvicinandomi a lui e abbracciandolo da dietro- I miei vogliono soltanto conoscere l'uomo che mi rende felice, non hai nulla di cui preoccuparti”.

Lui sorrise più sereno e disse: “Allora... Ti rendo felice?

“Non se facciamo tardi dai tuoi!”, risposi, lasciandolo andare.

“Beh, sarà meglio che mi vesta allora”.

“Buona idea!”, dissi, dopodiché andai in bagno a finire di prepararmi.

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Capitolo 30
*** Capitolo 30 ***


Intorno alle 12:50 p.m. arrivammo di fronte a casa Pattinson, a Barnes.

Clare ci accolse a braccia aperte come al solito: ormai i tempi in cui non si fidava al 100% di me erano lontani.

Una volta dentro trovammo la tavola già apparecchiata e Liz e Vic in soggiorno, intente a guardare la televisione.

“Ciao!”, ci salutarono non appena entrammo nella stanza.

“Com'è andata la serata?”, ci chiese Vic.

“Benissimo!”, le risposi.

“La tua faccia Rob sembra voler dire il contrario!”, disse Liz fissando il fratello e ridendo.

Mi voltai anch'io verso di lui ed osservai con più attenzione il viso del mio ragazzo. In effetti non aveva una bella cera.

“Tutto bene?”, gli chiesi sottovoce accarezzandogli una guancia.

“Sono stato decisamente meglio”, rispose con un sorriso tirato.

Le sue sorelle scoppiarono a ridere.

“A quanto pare qualcuno ha fatto tardi ieri sera!”, esclamò Vic.

“Cosa c'è di tanto divertente?”, domandò Richard, entrando nella stanza in quel momento.

“Ciao Richard!”, lo salutai con un sorriso.

“Ciao papà”, disse Rob.

“Ciao Jenny! Ciao Rob! Tra due minuti è pronto in tavola”, ci informò. “Allora, com'è andata la famosa festa a sorpresa?”

“Lo sapevate anche voi?”, chiese, risentito.

“Ovviamente figliolo!”, disse suo padre ridendo.

Rob scosse la testa e sorrise. Gli afferrai la mano e lo guardai negli occhi, lui ammiccò verso di me, dopodiché rispose che era andata benissimo tranne per la parte in cui era stato “costretto a camminare bendato per la città”.

Io e Liz ci guardammo e scoppiammo a ridere.

“Amore, saranno stati 300 metri!”

“Oppure 3 chilometri!”, replicò lui con tono melodrammatico.

Gli lanciai un'occhiataccia, ma, prima che potessi replicare, sua madre entrò nella stanza e ci invitò a sederci a tavola.

Il tempo trascorse piacevolmente e, fra una pietanza e l'altra, raccontammo loro i dettagli relativi alla festa. Quando arrivammo al dolce, Clare disse a suo figlio:

“Tesoro non hai mangiato quasi niente”.

“Non ho molta fame”, replicò infine, dopo un silenzio carico di imbarazzo.

Sua madre gli lanciò uno sguardo di rimproverò, ma non disse altro.

Dopo che avemmo finito di mangiare il dolce (che Rob assaggiò a malapena), mi alzai e seguii Clare in cucina.

“Grazie cara”, mi disse, quando riposi i piatti sporchi nel lavello.

“Vi serve una mano?”, domandò Liz, piombando alle mie spalle.

“Puoi lavare questi intanto”, le disse sua madre, indicando dei bicchieri.

Lei annuì e iniziò a sciacquarli.

“Gli effetti della festa si fanno sentire anche oggi, eh?”, commentò Liz ridendo.

Non sapendo bene cosa risponderle di fronte a sua madre, mi limitai ad asciugare uno dei bicchieri che mi stava passando.

“Avresti dovuto vedere come stava il giorno dopo il diciottesimo compleanno di Tom!”, precisò dopo un po'.

“Oh! Quella festa fu un vero disastro”, affermò Clare sorridendo.

“Come mai?”, chiesi, quasi temendo la risposta, visto chi era il festeggiato.

“Ti risparmio i dettagli, o mio fratello potrebbe uccidermi, ma ti dico soltanto che i vicini chiamarono la polizia dal casino che c'era!”

Richard entrò nella stanza in quel momento, dicendo: “Ricorderò per sempre quando Rob ci chiamò alle 6:00 del mattino per avvisarci...”.

“Ancora con questa storia?”, esclamò Rob interrompendolo. “Vi prego... E' abbastanza imbarazzante”.

Liz scoppiò a ridere, ma non disse nulla.

“Beh, ora voglio sapere di cosa si tratta!”, affermai con convinzione,

“Non se ne parla!”, mi rispose Rob, accarezzandomi la schiena con le sue dita affusolate. “Evitiamo, per favore”, mi ripeté sottovoce, passandosi una mano fra i capelli.

Stavo decisamente morendo di curiosità, ma raramente lo avevo visto così imbarazzato, per cui annuii e cambiai argomento.

“Dov'è Vic?”, gli chiesi.

“Al telefono”, rispose Rob.

Sua sorella aveva iniziato a frequentare un nuovo ragazzo da qualche settimana e nessuno in casa Pattinson sembrava entusiasta della cosa. Persino Rob ne sembrava infastidito. Stavolta, infatti, fu Clare a cambiare discorso, chiedendomi dei miei genitori. Le raccontai che avevo parlato con mia madre quella stessa mattina e si dimostrò molto felice della cosa. Immaginavo che anche lei non fosse stata esattamente entusiasta, quando suo figlio era stato in Canada per girare “Twilight”. Probabilmente si trattava di una sensazione del tutto normale per una madre: preoccuparsi per i propri figli. Desiderare che fossero adulti e, al tempo stesso, sperare che non lasciassero mai il tetto materno. Una vera e propria contraddizione naturale.
 

Restammo a casa Pattinson per un'altra ora, dopodiché io e Rob prendemmo la metro e, visto che la giornata era molto bella, andammo a Hyde Park per una passeggiata.

“Stai meglio?”, gli chiesi, quando fummo davanti alla statua di Peter Pan.

“Sì, grazie”, mi rispose imbarazzato. “Non avrei dovuto bere così tanto ieri sera”.

Sorrisi e lo presi per mano, dicendo con tono malizioso: “Beh, quello che importa è che tu sia in forma per stasera”.

“Oh, credimi lo sono già!”, rispose, fulminandomi con i suoi occhi chiari.

“Bene”.

“Vogliamo rientrare?”, mi chiese dopo un po'.

“Assolutamente sì!”, concordai sorridendo.

 

Io e Rob arrivammo al mio appartamento a tempo record e non feci in tempo a chiudere la porta, che trovai le sue labbra sulle mie. Ci baciammo appassionatamente per un po', dopodiché mi staccai a malincuore da lui, sussurrandogli:

“Dammi cinque minuti”.

Lui mi guardò con espressione maliziosa.

“Cinque minuti?”, ripetés cettico, inarcando un sopracciglio.

Annuii appena e mi allontanai, per recuperare dal cassetto del cassettone la sottoveste, che non avevo potuto usare a pieno la sera precedente.

Sorrisi di nuovo a Rob e poi entrai in bagno per indossarla.

Mi ero appena tolta la camicetta, quando la porta si aprì e lui entrò, dicendo:

“Non credo di voler aspettare cinque minuti!”

Dopodiché si avvicinò a me e mi spinse dolcemente, ma con decisione, contro la porta della doccia, che vibrò a quel contatto. Fissai il volto dell'uomo di fronte a me: i suoi occhi chiari accesi di desiderio non erano che un tenue riflesso dei miei.

Travolta dall'impeto del momento, lo afferrai per la camicia per avvicinarlo di più a me ed iniziai a baciarlo appassionatamente, gettando a terra in malo modo la sottoveste che avevo ancora in mano. Non avevo fatto neppure in tempo ad indossarla.

Rob mi accarezzò la schiena con una mano, facendomi tremare ancora di più di desiderio ed avvicinò il mio corpo al suo.

Poi, senza smettere un attimo di baciarmi, si liberò in fretta dei pantaloni, dopodichè sorridendo sganciò il bottone dei miei jeans, attirandomi a sé.

Accarezzai con un dito i lineamenti del suo viso, che rasentavano la perfezione, e vidi i miei occhi riflessi nei suoi. Mi liberai a mia volta in fretta dei jeans e li gettai a terra in malo modo. Erano un regalo di Jana e se li avesse visti ridotti in quello stato, probabilmente mi avrebbe tagliato la gola. Sorrisi a quel pensiero sciocco ed innappropriato alla situazione.

“Perchè sorridi?”, mi chiese, Rob con voce roca di passione.

“Niente”, risposi, baciandolo.

Ogni contatto con la sua pelle morbida mi faceva bruciare di desiderio. Lui scosse leggermente la testa e riprese a baciarmi prima sul collo, poi scese sulla mia spalla fino al mio seno. Posai la mia testa sulla sua spalla accaldata ed afferrai ancora di più la sua schiena. Ad ogni tocco della sua mano, il mio respiro diventava più affannoso e raggiunse il culmine dell'intensità nell'istante esatto in cui Rob entrò in me.

Eravamo fatti per stare insieme e quella sera ne ebbi l'ennesima prova: io e lui. Nessun altro contava.

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Capitolo 31
*** Capitolo 31 ***


La mattina seguente mi svegliai alle prime luci dell'alba ed osservai per un attimo le pareti della mia camera da letto. Erano color panna e non c'era un velo di sbavatura. Quel lavoro di precisione mi era costato caro! Dopo aver accantonato in cinque minuti l'idea di dipingere da sola la casa, avevo finito col dar retta a mio padre e assumere un professionista che ne se occupasse. Non era stata una scelta economica, ma almeno la tinta aveva un aspetto fantastico!
Ero così soddisfatta del lavoro, che avevo appeso alle pareti il minimo indispensabile: un calendario acquistato alla National Gallery poco dopo il mio arrivo a Londra ed un paio di riproduzioni di opere di Degas e Picasso (due dei miei artisti preferiti).
Sul comodino, invece, c'erano soltanto una lampada ed due cornici: la prima mi immortalava insieme a Jana e Megan al compleanno della seconda; l'altra, invece, mostrava me e Rob a Hyde Park.

Ancora non riuscivo a credere che fra poco più di un mese Rob avrebbe incontrato i miei.... Dovevo ammettere che ero particolarmente nervosa all'idea dell'imminente viaggio di Italia. La mia paura non aveva tanto a che fare con Rob, ma piuttosto con la reazione di mio padre. Ero certa che avrebbe torchiato Rob per appurare le sue intenzioni.
Sorrisi a quel pensiero. Mio padre era sempre stato molto protettivo nei miei confronti, ma forse dipendeva soltanto dal fatto che fossi figlia unica: di certo se avessi avuto un fratello, o una sorella la situazione sarebbe stata diversa.

Eppure non ero minimamente pentita della mia scelta: sapevo che i miei dovevano conoscere Rob. Lui era quello giusto.
Sorrisi di nuovo e concentrai la mia attenzione sull'uomo al mio fianco. Era di una bellezza sconvolgente ed ero abbastanza sicura che mia madre, anche se con una certa dose di discrezione che le apparteneva, me lo avrebbe fatto notare subito. Potevo quasi immaginare la sua faccia nel momento in cui l'avrebbe visto: di certo avrebbe sgranato gli occhi incredula. Mio padre... Beh, era meglio non preoccuparsene per il momento!

Rob si girò nel letto e sorrise, ancora addormentato. Non mi sarei mai stancata di guardarlo, tuttavia il mio stomaco vuoto richiamò la mia attenzione. La sera precedente eravamo stati troppo impegnati per cenare ed, all'improvviso, mi resi contro di stare morendo di fame. Così dopo aver lanciato un'ultima occhiata a Rob, mi alzai dal letto e, dopo essermi fatta una doccia, afferrai un paio di jeans ed una maglietta ed uscii di casa, stando attenta a non sbattere la porta.

Una volta fuori mi diressi verso lo Starbucks più vicino e comprai un paio di muffins e due caffè, poi mi incamminai di nuovo verso casa.

Ero quasi arrivata al mio appartamento, quando mi sentii chiamare. Mi voltai e vidi Megan correre verso di me.

“Ciao!”, esclamò, quando mi ebbe raggiunta.

“Ciao Megan!”, le risposi con un sorriso, “Come va?”

Lei sospirò e disse: “Torno da una colazione con Jana”.

Le sorrisi comprensiva, dopodiché aggiunse: “Dopo averne parlato per circa tre ore, alla fine avremmo optato per la Spagna per il nostro viaggio estivo!”.

“La Spagna... Se non altro non ci sono mai stata!”

In tutta sincerità non erano molti i posti che avevo visitato finora.

“Spagna: dove?”, le chiesi.

“Barcellona”.

“Wow!”, esclamai entusiasta. “Per me va benissimo, Megan! Dillo pure a Jana!”.

“Sì, beh... In tal proposito: mi devi un enorme favore!”, disse, facendomi l'occhiolino.

“Cioè?”

“Jana!”, rispose, come se il nome della nostra amica fosse sufficiente a chiarire ogni dubbio.

Le rivolsi uno sguardo interrogativo.

“L'ho convinta che non era necessario piombarti in casa stamani”, mi spiegò con un sorriso, che ricambiai riconoscente.

“Beh, ti lascio andare!”, aggiunse subito dopo, lanciando un'occhiata ai due caffè che tenevo in mano. “Non vorrai far aspettare troppo il tuo ragazzo!”.

“Grazie Megan”, le dissi sincera, dopodiché la salutai e percossi rapidamente i pochi metri che mi separavano dal mio appartamento.

Aprii la porta, facendo meno rumore possibile, e mi diressi in cucina per appoggiare la colazione sul tavolo.

“Jenny?”, mi chiamò la voce di Rob dalla stanza accanto.

Sorrisi e, quando entrai in camera, trovai Rob che si stava tirando su la cerniera dei jeans.

“Buongiorno”, dissi con un sorriso.

“Sai, mi sento un po' usato...”, disse lui, venendo verso di me a torso nudo.

“Ah sì?”, gli chiesi, guardandolo negli occhi.

“Sì”.

“E come mai Mr Pattinson?”, domandai con sguardo malizioso, passando le mie dita fra i peli del suo petto.

Lui sorrise e poi disse: “Beh, mi seduci non indossando una sottoveste molto sexy e la mattina seguente al mio risveglio mi ritrovo da solo nel tuo letto senza niente addosso...! Potrei sentirmi vagamente offeso per questo trattamento poco dignitoso”.

“Veramente?”, chiesi, stando al suo gioco.

“Già...”, disse, sistemandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

“Beh, sono molto dispiaciuta per sue parole”, gli sussurrai all'orecchio. “Cercherò un modo per farmi perdonare...”, aggiunsi maliziosa.

Lui osservò per un istante la mia espressione seria, poi scoppiò a ridere dicendo: “Già la colazione andrebbe bene!”

Risi anch'io e, prendendolo per mano, gli dissi: “Ogni suo desiderio è un ordine”.

Lui sorrise di nuovo ed insieme andammo in cucina a fare colazione.
 

Io e Rob passammo il resto della giornata chiacchierando allegramente del più e del meno, ma la conversazione si diresse sulle vacanze estive quando accennai al mio breve incontro con Megan.

Rob si rivelò entusiasta riguardo alla scelta della Spagna. Mi disse di aver girato un film lì prima che ci conoscessimo, Little Ashes, e di essere rimasto incantato dalla vitalità della Spagna ed in particolare di Barcellona.

“Sai che è un po' ridicolo il fatto che tu non voglia farmi vedere i tuoi film, vero?”, gli feci notare quella sera a cena.

“Lo so”, convenne imbarazzato, passandosi una mano fra i capelli già spettinati ed evitando di guardarmi. “Beh, hai visto How To Be, no?”, mi ricordò dopo un po'.

“Più che altro che ho ascoltato le tue lamentele, mentre tentavo di guardare il film!”, gli feci notare un po' irritata.

Dopo settimane di suppliche ero finalmente riuscita a convincerlo a mostrarmi qualcuno dei suoi progetti passati; tuttavia, il pensiero di vederli in tranquillità era risultato credibile quanto un'oasi nel deserto!
Rob non riusciva a tacere un attimo, commentando in malo modo praticamente ogni parola che usciva dalla sua bocca nel film e criticando aspramente la sua performance. Andava bene essere autocritici, ma lui era decisamente esagerato! Alla fine avevo deciso che forse era meglio vedere i suoi film da sola, magari con Megan o Jana, piuttosto che con lui. Forse un giorno sarebbe riuscito a convincersi delle sue capacità... FORSE.

“Allora”, disse Rob per cambiare argomento. “Facciamo qualcosa stasera?”

“Va bene”, risposi sorridente. Ma prima che potessi chiedergli se avesse già in mente qualcosa, il suo cellulare squillò.

“E' Tom”, disse con un sorriso, che era per metà una smorfia.

Io scoppiai a ridere e dissi: “Rispondi dai!”

Lui annuì debolmente e prese la chiamata del suo migliore amico.

“Ciao Tom”.

Rob sembrò soppesare ciò che l'altro gli stava dicendo, aggrottò la fronte e si passò la mano libera fra i capelli. Poi mi lanciò una rapida occhiata.

Rimasi in attesa.

“No, Tom!”, esclamò Rob, ridendo, dopo un paio di secondi di totale silenzio. “Facciamo un'altra volta!”

Osservai il volto di Rob farsi un po' preoccupato.

“Dico davvero!”, affermò.

“Rob se vuoi uscire con Tom, vai pure!”, gli sussurrai sottovoce con un sorriso.

Lui mi guardò e scosse la testa.

“Non se ne parla! Voglio passare la serata con te!”, mi disse, accarezzandomi la mano e baciandola.

Le sue parole mi riempirono di gioia e soddisfazione.

Rob mi sorrise e disse a Tom che si sarebbero risentiti il giorno seguente, dopodiché riattaccò.

“Allora... Cosa avevi in mente?”, gli chiesi con un sorriso.

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Capitolo 32
*** Capitolo 32 ***


“Ciao Rob! Ciao Jenny!”, ci salutò Alan, il barista, non appena entrammo nel locale. “E' da un po' che non ti si vede in giro”, aggiunse, rivolgendosi a Rob.

Lui si passò una mano fra i capelli con aria imbarazzata e poggiò a terra la chitarra, dopodiché disse: “Sono stato un po' impegnato ultimamente”.

Alan sorrise maliziosamente lanciandomi un'occhiata, che mi fece immediatamente arrossire.
Osservai un secondo il volto di Rob e notai che sembrava persino più a disagio di me.

“Stasera c'è poca gente”, disse Alan. “Puoi andare a prepararti di là”.

“Okay! Ti raggiungo dopo al tavolo”, mi sussurrò Rob, baciandomi, poi si mise la chitarra in spala ed andò nella direzione che l'uomo gli aveva indicato.

Lo guardai scomparire alla mia vista e mi diressi verso uno dei tavolini liberi per godermi lo spettacolo.

Erano passati mesi dall'ultima volta che ero entrata nel locale in cui Rob amava esibirsi ogni tanto. Sorrisi ripensando alla prima volta che mi aveva portata lì.
Dovevo ammettere che, da fuori, non mi aveva fatto una bella impressione. Probabilmente il proprietario avrebbe fatto bene ad assumere qualcuno per dare una mano di vernice e per sistemare l'insegna del locale, che pendeva visibilmente da un lato. Tuttavia, una volta entrata, ricordo di essere rimasta incantata dall'atmosfera d'altri tempi che si respirava: non era difficile capire perché a Rob piacesse tanto. Aveva un qualcosa di magico.

La prima volta che lo avevo visto salire sul palco con una chitarra in mano ero rimasta alquanto sorpresa, ma non appena aveva iniziato a suonare il mio stupore si era trasformato in orgoglio, perché quell'uomo straordinario ed imprevedibile quella sera di circa sei mesi prima, aveva scelto di rendermi partecipe di una delle sue grandi passioni. La musica. E, sei mesi dopo, eccoci di nuovo lì insieme. Nulla era cambiato. Anzi, se possibile, adesso lo amavo ancora di più.

Quando Rob salì sul palco, tutti lo accolsero con un applauso incoraggiante.

“Grazie”, disse al microfono, dopodiché si sedette ed iniziò a suonare.

Ero certa che non mi sarei mai abituata a sentirlo cantare; ogni volta provavo un'emozione unica ed indescrivibile.
Rob metteva tutto se stesso in quello che faceva e la sua musica era parte di lui. Inoltre, dettaglio tutt'altro che trascurabile, la sua voce era tremendamente sexy!

Spesso avevo l'impressione che fosse quello il suo posto, il ruolo che più era adatto per lui. Una volta lui stesso mi aveva confessato che più volte si era immaginato vecchio a suonare il pianoforte in un vecchio locale con un bicchiere di whisky accanto, come aveva visto fare una volta a un pianista durante un viaggio sulla Costa Azzurra.

Molti applausi seguirono la sua performance e Rob, imbarazzato da tutta quell'attenzione, ringraziò di nuovo e poi mi raggiunse al tavolo.

“Sei andato alla grande!”, esclamai con un sorriso, non appena si sedette accanto a me.

Lui scosse la testa e mi disse, ridendo:

“Sono fuori allenamento!”

“Beh, ti assicuro che non sembrava affatto. Comunque la prossima volta che dovrai partire potresti portare la chitarra con te!”, dissi, colta da un'improvvisa ispirazione.

Lui sorrise e mi baciò appassionatamente.

 

La settimane seguenti furono tutt'altro che tranquille! Io ero sommersa da una mole di studio che avrebbe potuto scoraggiare Shakespeare in persona; mentre Rob passava la maggior parte del suo tempo al telefono, per discutere di ciò che avrebbe dovuto dire al Comic Con di San Diego.

A quanto pareva il film non era ancora montato, così Catherine aveva deciso di non mostrare nessuna clip per il momento, puntando invece l'attenzione di tutti sugli attori del cast e questo aveva gettato il mio ragazzo nello sconforto.

Nonostante facesse il possibile per fingersi tranquillo, lo vedevo chiaramente preoccupato per questa imminente apparizione pubblica. In effetti riuscivo a capire la sua ansia soltanto fino a un certo punto. In fondo aveva già preso parte alla promozione di un film, in realtà di un film ben più importante e conosciuto di “Twilight”; tuttavia stavolta era diverso, come mi confessò quella sera, dopo aver fatto l'amore.

“Le fans si sono fatte un'idea precisa di come dovrebbe essere Edward... Quando mi vedranno salire sul palco mi rideranno in faccia! Sempre che non mi lancino uova marce addosso!”, aggiunse con tono melodrammatico.

“Dai! Non dire stupidaggini, tesoro. Nessuno ti prenderà a uova in faccia!”, gli dissi ridendo.

Lui scosse la testa, preoccupato:

“Non ci giurerei...! Ho letto i commenti che ci sono su internet...”, dichiarò, tristemente.

Lo abbracciai più forte per tranquillizzarlo e gli dissi:

“Amore, sono sicura che non appena ti vedranno cambieranno idea. Inoltre, anche nella peggiore delle ipotesi, non sarai il solo bersaglio su quel palco!”, gli ricordai, per allentare la tensione.

Lui scoppiò a ridere.

“Hai ragione! Ne ho parlato anche con Kristen e anche secondo lei mi sto preoccupando per nulla”.

Non ero del tutto entusiasta che ne avesse discusso con lei, tuttavia era normale che si sentissero visto che era una sua collega; fra l'altro anch'io mi ero sentita con Michael un paio di volte. Non c'era nulla di male.

“Beh, sono d'accordo!”, affermai, accarezzandogli una guancia. “Sii solo te stesso a San Diego. Non potranno non adorarti e ti prometto che, se qualcuno oserà lanciarti un uovo addosso, prenderò il primo volo per la California e ti ripulirò io stessa”, aggiunsi sorridendo, facendogli l'occhiolino.

“Ah sì?”, mi domandò, inarcando un sopracciglio.

“Lo prometto”.

Rob sorrise, dopodiché mi baciò sulla fronte, finalmente più rilassato.

“Grazie”, mi sussurrò all'orecchio.

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Capitolo 33
*** Capitolo 33 ***


Lanciai un'ultima occhiata disperata alla mia valigia. Forse non prendere solo il bagaglio a mano non era stata una bella idea... Di solito riuscivo a farci entrare tutto senza troppi problemi; tuttavia dal momento che stavolta avrei viaggiato con Alitalia avevo deciso di approfittarne e di portare anche un bagaglio da stiva.
Pessima idea!
Chiuderla sembrava davvero un'impresa impossibile, per cui, dopo l'ennesimo tentativo fallimentare, decisi che avrei lasciato che fosse il mio ragazzo a pensarci l'indomani mattina.

Io e Rob, infatti, non avremmo passato la notte prima della partenza insieme: dal momento che ero stata quasi un fantasma con le mie amiche nelle ultime settimane, Jana mi aveva praticamente costretta a passare quella serata con loro per decidere gli ultimi dettagli della nostra partenza per la Spagna.

Rob, invece, avrebbe trascorso la serata con Sam e sarebbe passato da me per andare insieme in aeroporto la mattina seguente.

Lanciai un'ultima occhiata alla vaglia, dopodiché sospirai, presi la borsa ed uscii per raggiungere le mie amiche a Covent Garden.

“Ciao!”, mi salutò Megan, con un sorriso, non appena mi vide.

“Ah! Allora sei ancora viva!”, esclamò Jana, ridendo.

“Ciao ragazze!”, dissi con un sorriso. “A quanto pare sì! Anche se per un attimo ho temuto che la valigia mi soffocasse!”, aggiunsi, ridendo.

Le mie amiche mi sorrisero, comprensive.

“Dai, entriamo!”, affermò Jana, impaziente. “Sto morendo di fame!”.

Io e Megan ci scambiammo un'occhiata divertita e la seguimmo all'interno del ristorante.

 

“Sei nervosa?”, disse Rob poggiando la sua mano sulla mia e puntandomi addosso i suoi occhi chiari.

“Un pò”, ammisi, imbarazzata.

“Beh, quello sotto processo, fino a prova contraria, sono io! Non tu!”, disse scherzando, per allentare l'atmosfera.

Non potevo non dargli ragione...

Tuttavia, la tensione che avevo scacciato parlando con le mie amiche la sera prima, in quel momento, complice forse un volo tutt'altro che tranquillo, era ricomparsa senza che potessi contrastarla.

Non avevo mai presentato un ragazzo con cui uscivo ai miei genitori e l'idea che conoscessero Rob e che potesse non piacerli mi terrorizzava.

Soprattutto perché lui era molto più che un ragazzo.

Era lui. Il solo. Quello che non avevo mai cercato per timore di non trovarlo e che, invece, mi aveva trovata quando meno me lo aspettavo. Era l'amore della mia vita. Ne ero certa.

Mi lasciai involontariamente sfuggire un sospiro e Rob mi baciò dolcemente, per rassicurarmi.

“Prometto che sarò perfetto!”, disse con un sorriso, facendomi l'occhiolino.

Scoppiai a ridere e gli accarezzai la mascella squadrata.

“Sei meraviglioso così come sei”, gli sussurrai, baciandolo appassionatamente sulle labbra.

Avrei volentieri trascorso l'intera mezzora che mancava all'atterraggio attaccata a lui, ma un sonoro colpo di tosse mi riportò alla realtà e mi staccai rossa in viso.

Lui sembrava altrettanto imbarazzato quando incrociò lo sguardo della signora seduta accanto a me.

Probabilmente aveva circa la stessa età dei nostri genitori e sembrava molto seccata dal nostro pubblico scambio di effusioni. Per tutto il viaggio aveva sfogliato una rivista ed, occasionalmente, aveva rivolto uno sguardo carico di desiderio verso il posto occupato dal mio ragazzo, che si era anche gentilmente offerto di fare cambio. Ma lei aveva declinato l'offerta con tono scortese e si era concentrata sulla sua rivista: almeno finché le nostre effusioni non l'avevano infastidita.

Io e Rob ci scambiammo un'occhiata carica di sottintesi e distogliemmo contemporaneamente lo sguardo l'uno dall'altra, per evitare di scoppiarle a ridere in faccia.

Rob poggiò con molta nonchalance una mano sulla mia coscia e lanciò un'occhiata fuori dal finestrino. Il tempo era tutt'altro che sereno e sembrava annunciare una tempesta imminente: sperai che riuscissimo almeno ad atterrare prima che si scatenasse.

Miracolosamente, una decina di minuti prima del nostro atterraggio, le nubi sparirono e nel cielo si aprì uno squarcio di sole.

“Direi che ci siamo quasi”, mi sussurrò Rob.

Io annuii seria.

Le sue previsioni erano corrette, infatti, dopo circa trenta secondi, l'hostess ci annunciò l'inizio delle manovre di atterraggio. Lanciai un'ultima occhiata a Rob e finalmente mi tranquillizzai davvero.

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Capitolo 34
*** Capitolo 34 ***


Una volta scesi dall'aereo, ci dirigemmo verso i controlli in silenzio, dopodiché andammo ad aspettare i bagagli insieme agli altri passeggeri.

Tamburellai impaziente le dita sulla gamba e lanciai uno sguardo inquieto verso il tabellone. L'attesa dei bagagli mi aveva sempre reso nervosa: avevo il terrore che li smarrissero, o li rompessero e, certamente, non sarebbe stata la prima volta!

Anche Rob, nonostante quello che aveva detto poco prima durante il volo, sembrava tutt'altro che tranquillo. Trascorsero un paio di minuti e finalmente annunciarono l'arrivo dei bagagli.

Rob mi guardò, sorrise, ed insieme ci avvicinammo per prenderli.

Come al solito, mi sentii sollevata quando vidi il mio trolley ed il borsone di Rob.

“Lascia, lo prendo io”, mi disse il mio ragazzo e, prima che potessi aprire bocca, afferrò il mio bagaglio e lo posò accanto a me. Poi prese anche il suo e se lo mise in spalla.

Ero più che certa che il mio fosse molto più pesante, nonostante in teoria non avessi bisogno di portare troppe cose per stare a casa dei miei genitori, dal momento che la maggior parte della mia roba era ancora lì.

“Tuo padre ci aspetta fuori?”, mi chiese Rob, mettendosi i suoi vecchi Ray Ban. “Jenny?”

“Scusa, amore! Ma la valigia è un po' più pesante di quanto non ricordassi!”, ammisi imbarazzata.

Avevo decisamente esagerato: ero certa che pesasse più o meno quanto me.

Lui scoppiò a ridere e disse:

“Lascia, la porto io!”

“Grazie!”, esclamai, baciandolo delicatamente sulle labbra.

Ci sarebbe stato da ridere a portarla fino al quarto piano senza ascensore... Ma non era necessario chelo sapesse subito...

“Tuo padre?”, mi chiese di nuovo.

“Gli ho detto di aspettarci nel parcheggio”.

“Okay”.

Una volta fuori dall'aeroporto ci fermammo un attimo e diedi un'occhiata in giro alla ricerca della vecchia Punto dei miei.
Niente.

“Forse è meglio se lo chiamo”, dissi, prendendo il cellulare dalla borsa.

Stavo per comporre il numero di mio padre, quando Rob mi sfiorò un braccio, sussurrandomi:

“Ehm, Jenny...”.

Alzai lo sguardo dal telefono, seguii quello di Rob e notai mio padre, che stava camminando verso di noi.

“Papà!”, esclamai con un sorriso non appena ci fu vicino.

Lui mi abbracciò e disse:

“Ti avevo detto l'uscita secondaria: questa è quella principale!”

“Ah... Hai ragione! Scusa, l'avevo dimenticato!”, mi scusai con un sorriso.

“Pensavo di doverti lanciare dei segnali di fumo!”, disse, scherzando. “Fortuna che lui mi ha notato”, aggiunse, facendo un cenno in direzione del mio ragazzo, che nel frattempo si era tenuto un po' in disparte.

Mi voltati verso Rob, sorrisi, e dissi:

“Rob, questo è mio padre, Paolo. Papà, ti presento Robert”.

Mio padre lo osservò per un istante, che mi parve interminabile, dopodiché gli porse la mano.

“Piacere di conoscerla, signor Presciani”, disse Rob, in tono estremamente rispettoso, stringendogliela.

“Chiamami pure Paolo”, disse mio padre, evidentemente sorpreso dalla perfetta educazione del mio ragazzo. “La valigia è pesante?”, mi domandò ridendo ed alludendo al fatto che, chiaramente, la stava portando Rob.

Ormai sapeva che tendevo ad esagerare, se ne avevo l'occasione.

“Già!”, commentai con un sorriso.

“Lascia pure, Robert”, disse al mio ragazzo, allungando una mano per afferrarla.

“Non c'è problema!”, disse Rob con un sorriso.

“Insisto”, disse mio padre, con tono deciso.

Gli lanciai un'occhiataccia. Rob gli porse la valigia e si passò nervosamente una mano fra i capelli. La tensione fra loro era palpabile: sembravano due leoni in una gabbia, che si contendono l'ultimo pezzo di carne. Peccato che quel pezzo di carne fossi io.

Guardai Rob con fare rassicurante e lanciai l'ennesimo ammonimento a mio padre, sperando che recepisse il messaggio.

“Allora, vogliamo andare verso la macchina?”, chiese subito dopo.

Io annuii, afferrai la mano di Rob, ed insieme lo seguimmo verso il parcheggio.

 

I venti minuti che ci separavano da casa sembravano non trascorrere mai. Mio padre ci chiese com'era andato il volo, ma per il resto ignorò totalmente il mio ragazzo, che, d'altra parte, non cercò neanche di partecipare alla conversazione, visto che il suo telefono suonò numerose volte. Gli lanciai uno sguardo interrogativo, ma lui scosse debolmente la testa come per dire che non era il momento gusto per parlarne...

Un po' perplessa mi limitai ad annuire e concentrai la mia attenzione sui palazzi al di fuori del finestrino.

Tirai un sospiro di sollievo quando vidi il condominio dove vivevano i miei. Finalmente avrei rivisto mia madre, che certamente avrebbe riservato un trattamento un po' più cortese al mio ragazzo.

Sapevo che mio padre voleva soltanto essere protettivo, ma dovevo fare in modo che desse una chance a Rob. Nessuno se la meritava più di lui.

Facemmo un paio di giri dell'isolato, ma era chiaro che la situazione parcheggi non era migliorata nell'ultimo anno. Mio padre sospirò, poi ci consigliò di scendere, mentre lui andava a cercare un posto.

Annuii e scesi dall'auto insieme a Rob.

“Signor... Paolo, forse è meglio se lascia la valigia a me visto che non sembrano esserci parcheggi qui intorno”, disse Rob, rivolgendosi per la prima volta direttamente a lui.

Sentii nuovamente una certa tensione nell'aria, ma alla fine mio padre ringraziò Rob ed aprì il bagagliaio dell'auto in modo che potesse prendere i nostri bagagli.

Tirai un altro sospiro di sollievo quando il portone del palazzo si aprì e ne uscì mia madre.

“Mamma!”, la salutai e feci per andarle incontro.

“Jenny, tesoro! Finalmente siete arrivati! Stavo iniziando a preoccuparmi!”, disse, venendo verso di me ed abbracciandomi.

“Il volo è atterrato puntuale, ma abbiamo girato un bel po' per trovare un posto. Alla fine papà si è rassegnato e ci ha lasciati qui”, le spiegai con un sorriso.

“Sempre la solita storia!”, commentò lei. “Avremmo proprio dovuto acquistare il garage dei Bianchi tre anni fa”.

Restammo in silenzio per qualche istante, dopodiché lanciò un'occhiata dietro di me e mi chiese:

“E' lui?”

Era assolutamente impossibile non capire a chi si stava riferendo.

Annuii.

“E' davvero molto carino!”, commentò, con tono d'approvazione.

Sorrisi un po' imbarazzata: Rob era molto più che “molto carino”!

“Non vorrai lasciarlo lì ad aspettare!”

Effettivamente era stata così tanta la gioia di riabbracciare mia madre che, per un secondo, mi ero totalmente dimenticata di presentarle Rob. Lanciai un'occhiata in direzione del mio ragazzo, che mi sorrise. Era questo uno dei lati che amavo tanto in lui: sapeva lasciarmi sempre i miei spazi, così come io avevo sempre cercato di dargli i suoi.

“Vieni che vi presento”, le dissi sottovoce.

Percorremmo insieme i pochi passi che ci separavano da Rob e, quando lui e mia madre furono l'uno davanti all'altra, mi avvicinai a lui e dissi:

“Rob, questa è mia madre, Monica. Mamma, lui è Rob”.

Per fortuna almeno lei gli sorrise raggiante e, prima che lui potesse dire o fare alcunché, lo abbracciò. Il suo gesto mi lasciò un attimo perplessa, ma mi ricomposi in fretta; sicuramente più velocemente del mio ragazzo, che non si aspettava un'accoglienza così calorosa. Quando finalmente lo lasciò andare, Rob si passò una mano fra i capelli, imbarazzato, e sorrise sorpreso, ma visibilmente sollevato.

“Beh, temo che tuo padre ci metterà un po' a trovare un posto a quest'ora”, disse mia madre, guardando l'orologio. “E' meglio se lo aspettiamo dentro!”, aggiunse con un sorriso.

“Okay”.

Rob annuì e lasciò che mia madre ci facesse strada.

“Carine le scale!”, mi sussurrò, non appena vide le tortuose rampe che ci separavano dal portone dei miei.

“Mi dispiace”, mi scusai con un sorriso colpevole, quando ricordai quanto pesava la mia valigia.

“Non c'è problema”, disse, facendomi l'occhiolino.

Sorrisi di nuovo e, una volta entrate in casa, tirai un sospiro di sollievo: lo scoglio di presentare Rob ai miei genitori ormai era superato. Magari l'incontro con mio padre non era stato proprio incoraggiante, ma di certo mia madre aveva ampiamente pareggiato la situazione.

Tuttavia, sebbene fossi stata un po' preoccupata dal modo nel quale i miei avrebbero accolto Rob, dovevo ammettere che, anche il pensiero di come lui avrebbe potuto considerarli, mi inquietava nello stesso modo.

Anzi, forse addirittura di più... Non era una sensazione razionale, ma era quello che provavo: speravo, volevo davvero che si piacessero. Erano le tre persone più importanti per me e desideravo che andassero d'accordo.

A questo punto era chiaro che lo scoglio era rappresentato da mio padre, ma in fondo ero certa che avrebbe adorato Rob dopo questi due giorni insieme. Doveva soltanto conoscerlo e soprattutto superare i suoi pregiudizi sugli attori.

“Ehm... Dove appoggio queste?”, chiese Rob, interrompendo le mie riflessioni e alludendo chiaramente ai nostri bagagli.

“Oh- intervenne mia madre- lasciale pure lì, Robert. Ci penserà Paolo a metterle di là”.

“Va bene”.

“Beh, il pranzo è quasi pronto! Perché nel frattempo non mostri a Robert l'appartamento?”, mi suggerì mia madre.

“Ma certo!”, esclamai.

“Sono molto curioso di vedere la tua camera in effetti!”, mi sussurrò Rob, dopo che mia madre si fu allontanata.

“Idiota!”, lo apostrofai, dandoli un rapido bacio sulle labbra, nel timore che mia madre tornasse. “Dai andiamo!”, aggiunsi, prendendolo per mano.

L'appartamento dei miei era decisamente più piccolo di casa Pattinson a Barnes, (ma ben più grande del mio monolocale a Londra!) per cui impiegai pochi minuti per mostrare a Rob tutto.
Ovviamente lasciai la mia stanza per ultima...

Realizzai improvvisamente che era il primo ragazzo, escludendo i miei cugini, ad entrarci e d'un tratto desiderai di avere il tempo per togliere tutti i poster che avevo alle pareti. Ma ormai era troppo tardi...

Accidenti!

Avrei dovuto chiedere a mia madre di farlo prima del nostro arrivo...!

Perché non ci avevo pensato?

Sospirai e Rob mi osservò divertito.

“Promettimi di non scoppiare a ridere, per favore?”

“Dai, apri questa porta!”, disse, ridendo.

Gli lanciai uno sguardo, che doveva risultare minaccioso, ma probabilmente a lui dovette sembrare comico, perché rise ancora più forte.

“Okay, okay! Prego... Entra...”, dissi, aprendo lentamente la porta della mia vecchia camera.

Era addirittura peggiore di quanto non ricordassi. Al contrario di quella di Londra, le cui pareti forse erano fin troppo spoglie, era... sovrabbondante di cose. Anzi, di foto e poster!

“Carine queste 1200 foto di Brad Pitt!”, commentò Rob, cercando di non ridermi in faccia, dopo essersi guardato un pò intorno.

Sorrisi a disagio, ma apprezzai il suo sforzo.

“Ma questo è Cam?!”, affermò ad un certo punto fra il perplesso e il divertito.

Arrossii violentemente e sperai quasi che il pavimento mi inghiottisse.

“Beh, lo informerò che la mia ragazza ha una sua foto in camera! Anche se... In effetti mi sento un po' ferito!”, disse, lanciando un'ulteriore occhiata alle foto appese alla pareti. “Ci sono un po' troppi uomini nella tua vita passata!”, aggiunse.

Ci guardammo per un attimo e scoppiammo a ridere simultaneamente.

“Ragazzi, venite di là? E' tutto pronto e anche tuo padre è arrivato”, ci venne ad informare mia madre poco dopo.

“Arriviamo subito mamma!”, le dissi con un sorriso.

Mi voltai per seguirla, ma Rob mi bloccò toccandomi un braccio e attirandomi verso di sé.

“Aspetta”, disse, sistemandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

Rimasi in attesa, i nostri volti a pochi centimetri di distanza. Riuscivo a sentire il suo respiro sulla mia pelle. Mi guardò negli occhi per qualche secondo, dopodiché mi baciò appassionatamente.

Nulla a che vedere con il bacio tenero e casto che gli avevo dato io prima. Mi dimenticai che i miei erano nella stanza accanto e che ci stavano aspettando per pranzare. Mi scordai di tutto. Volevo solo lui. Desideravo solo lui con ogni fibra del mio corpo. Gli accarezza la mascella squadrata e poi gli sussurrai:

“Per cos'era questo?”

“Beh, volevo mettere in chiaro le cose con i tuoi poster”, disse, con espressione indecifrabile.

Scoppiai a ridere e scossi leggermente la testa.

“Jenny! Robert! Sto per scolare la pasta!”, ci urlò mia madre dalla cucina.

“Arriviamo!”, le urlai di rimando. “Scemo!”, apostrofai dolcemente il mio ragazzo, dandogli un rapido bacio sulle labbra.

“Forse è meglio andare prima che torni di qua!”, disse lui con un sorrisetto malizioso.

“Andiamo allora!”, concordai, prendendolo per mano.




Il tanto attesa incontro con i genitori di Jenny è avvenuto.
Spero che sia riuscito a soddisfarre le vostre aspettative! Personalmente mi sono divertita molto a scrivere questo passaggio!
Sono davvero curiosa di conoscere le vostre impressioni.
A presto, Vale.

PS. Grazie a Cri ed Ele che mi hanno fatto notare che non avevo mai postato nessuna nota di saluto: onestamente non ci avevamo proprio pensato! Pardon ;)

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Capitolo 35
*** Capitolo 35 ***


“E' una cuoca straordinaria Monica!”, esclamò Rob, mentre mia madre sfornava il dolce, che emanava un odore meraviglioso.

“Grazie, Robert”.

“Allora, cosa...?”, gli chiese mia madre, ma, prima che potesse finire la frase, il telefono del mio ragazzo squillò.

Era almeno la terza volta da quando c'eravamo seduti a tavola.

“Sei molto richiesto, eh?”, gli fece notare lei, accennando a un sorriso.

“Mi dispiace molto”, si scusò, imbarazzato, deviando la chiamata.

“Tesoro, forse dovresti rispondere”, gli consigliai sottovoce.

“Ma certo caro!”, acconsentì mia madre.

Rob mi fissò per un attimo ed infine annuì e si allontanò, scusandosi di nuovo.

Chiaramente mio padre non poté trattenere i suoi commenti e borbottò qualcosa che suonò come: “Questi attori”.

Sospirai e mia madre gli disse:

“Paolo, per favore... Probabilmente si tratta di qualcosa di importante”.

Rob tornò dopo qualche minuto con un sorriso stampato in faccia, ma, io che lo conoscevo bene, non mi lasciai ingannare dal suo falso buon umore. Era evidente che qualcosa lo preoccupava.

“Tutto bene, Robert?”, gli chiese mia madre cordialmente.

“Benissimo, grazie”, le rispose con un sorriso.

“Bene! Spero vi sia rimasto spazio per il dolce”.

“Assolutamente!”, esclamai.

“Torta di mele, eh?”, chiese Rob, guardandomi di sottecchi e inarcando un sopracciglio.

“Ti piace, Robert?”, gli chiese mia madre un po' preoccupata.

“Oh sì! Certamente!”, la rassicurò lui, tornando a guardarmi.

Sapevo bene cosa stava pensando in quel momento, perché era ciò che stavo pensando anch'io. Era la stessa torta che avevo portato al pranzo di Natale quando avevo conosciuto la sua famiglia. Era incredibile che mia madre l'avesse preparata proprio quel giorno: di solito non la faceva mai. Era un dettaglio stranamente confortante e probabilmente anche Rob la pensava allo stesso modo.

Gli sorrisi e posai una mano sulla sua coscia, certa che il mio gesto, adesso che eravamo tutti seduti, sarebbe passato inosservato.

Mangiammo la torta più o meno in silenzio, finché, a un certo punto, mia madre chiese a Rob qualche dettaglio sul film che doveva promuovere.

Rob posò la forchetta per un secondo e le rispose:

“Beh...”.

“Jenny ci ha detto soltanto che si tratta di una storia di vampiri”, gli disse.

“Hanno poco a che fare con dei vampiri, almeno stando a quello che ci hai raccontato”, intervenne mio padre, rivolgendosi a me.

“Sì, beh- riprese Rob- in effetti non sono i tipici vampiri. Non gli definirei neanche vampiri! Il mio personaggio, Edward Cullen, è descritto come l'uomo perfetto, ma francamente continuo a non capire come a una donna possa piacere sul serio... E' un represso. Odia ogni singolo aspetto di sé...”.

“Non è poi così male!”, esclamai.

Scosse la testa, accennando un sorriso: “E' bellissimo, si è diplomato circa 200 volte!”, aggiunse, perplesso.

“Questo è abbastanza deprimente!”, convenne mia madre con un sorriso.

Assolutamente!”, disse Rob, dopodiché riprese a mangiare la sua fetta di torta.

“Tu dove ti sei diplomato, Robert?”, gli domandò mio padre.

Il mio ragazzo posò nuovamente la forchetta, si pulì la bocca con il tovagliolo, e gli rispose:

“All'Harrodian. E' un liceo maschile privato poco lontano da casa dei miei”.

“A Barnes, giusto?”, gli chiese mia madre.

“Sì, esatto”.

“E pensi mai di andare al college?”, gli domandò mio padre.

“Sì, beh... Non lo so”.

“Voglio dire, fare l'attore, a meno di non essere Brad Pitt, oppure George Clooney, non è certo un lavoro sicuro”.

Rob sorrise al nome di “Brad Pitt”, ma poi si ricompose e disse:

“No, decisamente no”.

“Finita la promozione di questo film, cosa farai?”

“Papà!”, esclamai, esasperata.

Non era giusto che mettesse così a disagio il mio ragazzo.

“Non c'è problema”, mi sussurrò Rob sottovoce. “Stavo quasi per mollare prima di ottenere questo ruolo. Ho sempre pensato che se non facessi, o non provassi a fare l'attore, frequenterei la facoltà di Scienze Politiche. Mi piacerebbe scrivere quegli stupidi discorsi per i politici, o cose del genere”. Disse rivolgendosi a mio padre e lasciandomi senza fiato.

Non me lo aveva mai detto prima, eppure ero certa che non lo avesse detto soltanto per impressionare mio padre. Rob non sapeva mentire. Era assolutamente sincero e questa rivelazione mi spiazzò!

Anche mio padre rimase un po' perplesso e per qualche secondo restò in silenzio, meditando sulla parole del mio ragazzo.

“Beh, è interessante”, disse infine.

“Già”, convenne mia madre. “Non è detto che tu non possa fare entrambe le cose! Siete così giovani: non dovreste precludervi nessuna alternativa”, aggiunse.

Rob le sorrise e tornò a concentrarsi sulla sua fetta di torta.

“Tesoro, tu e le tue amiche avete già fissato il vostro viaggio a Barcellona?”, mi domandò.

“Non ancora”, le risposi. “E' un po' difficile trovare un hotel che vada bene a Jana!”, le spiegai.

“In effetti quella ragazza è molto esigente”, commentò mio padre, accennando a un sorriso.

Parlammo della mia amica e dei suoi gusti complicati per un po', dopodiché mia madre ci chiese quali programmi avessimo per il pomeriggio.

Rimasi in silenzio per qualche secondo: sapevo che i miei ci tenevano a trascorrere quella giornata con noi... In fondo non passavamo spesso del tempo insieme. Tuttavia, Rob sarebbe partito il giorno seguente e non ci saremmo potuti vedere per un'intera settimana!

“In realtà non abbiamo ancora deciso”, le risposi, restando sul vago.

“Beh, non vorrete stare in casa! E' la prima volta che Robert viene in Italia! Dovresti mostrargli la città!”, disse mia madre.

Le sorrisi riconoscente.

“Mi pare una buona idea”, convenne inaspettatamente mio padre, lasciandomi senza parole.

Anche mia madre rimase un po' perplessa, ma si ricompose subito. Rob si limitò ad annuire.

“A che ora è il tuo volo domani, Robert?”, gli domandò mio padre subito dopo.

“Alle 3 PM”, rispose educatamente.

Sentii una stretta al cuore non appena Rob rispose, ma mi sforzai di non pensarci. Volevo godermi questa mini vacanza con lui, senza preoccuparmi del resto.

Stavo per proporre un itinerario a Rob, quando il cellulare squillò di nuovo: era almeno la quarta volta.

Rob scrutò lo schermo per un secondo, dopodiché sospirò, si alzò e disse:

“Mi dispiace, ma devo rispondere”.

Mio padre gli lanciò un'occhiataccia, ma stavolta non commentò. Era già qualcosa. Tuttavia, queste continue telefonate iniziavano a preoccuparmi: era evidente che qualcosa non andava. Dovevo parlare con Rob da sola.

Una decina di minuti dopo Rob non era ancora tornato, così mi alzai e diedi una mano a mia madre a sparecchiare, dopodiché caricai la lavastoviglie.
Ancora nessuna traccia di Rob. Qualcosa non andava... Non era da lui trattenersi così tanto al telefono. Doveva trattarsi di qualcosa di estremamente importante, probabilmente riguardante il Comic Con di San Diego. Dopo che ebbi finito di versare il detersivo nella lavastoviglie, la chiusi e dissi ai miei:

“Scusatemi un attimo”.




Ciao a tutte!
Spero che il tanto sospirato incontro con i genitori di Jenny vi sia piaciuto!
Il caro Paolo sta decisamente dando del filo da torcere a Rob, ma ho notato dai vostri commenti che la cosa non vi dispiace troppo!
Queste continue telefonate...
Jenny avrà ragione?
Si tratta soltanto di lavoro?
Non vi resta che attendere il prossimo capitolo per scoprirlo!
Kisses
Vale

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Capitolo 36
*** Capitolo 36 ***


Trovai Rob seduto sul divano del salotto con il cellulare in mano, intento a contemplare qualcosa.

“Amore, tutto apposto?”, gli domandai.

“Sì, certo”, rispose lui, passandosi una mano fra i capelli.

“Lo sai che sei un pessimo bugiardo”, gli ricordai con un sorriso, avvicinandomi e sedendomi accanto a lui.

“Già...”.

“Cosa c'è che non va?”

“Era Grace. Catherine l'ha chiamata più volte per rivedere il programma di domani, etc.”, mi spiegò, lasciandosi sfuggire un sonoro sospiro. “Anche Kristen e Taylor mi hanno chiamato per parlare del Comic Con. Non vedo l'ora che tutto questo sia finito!”, aggiunse, battendo nervosamente le dita sulle ginocchia.

Gli accarezzai una guancia, dolcemente.

“Beh, adesso basta però! Sono in una delle più belle città del mondo con una donna bellissima: non dovrei parlare di lavoro!”, disse con un sorriso.

“Già- concordai, baciandolo- con una donna bellissima che ti farà da guida turistica in giro per la città oggi!”.

Non vedo l'ora di esplorare la città con te”, disse Rob, accarezzandomi la schiena e procurandomi una serie di brividi lungo la spina dorsale.

“Allora è meglio se andiamo!”.

“Okay!”.

 

Io e Rob salutammo i miei genitori e cinque minuti dopo fummo in strada.

“Non è andata tanto male!”, commentò una volta usciti.

“Già!”

“A un certo punto ho temuto davvero che tuo padre mi avrebbe ucciso!”, aggiunse, ridendo, per allentare la tensione.

“Intendi quando ti ha chiesto del college... O prima? Avevo il terrore che ci sbranaste per la mia valigia!”

Lui scoppiò di nuovo a ridere.

“Mi sono visto abbastanza male in più di una situazione in effetti. Tua madre invece è stata davvero molto gentile”, disse, prendendomi per mano.

Sorrisi.

“E' vero”, concordai. “Non credevo sarebbe stata così entusiasta!”.

“Ah, davvero?”, mi chiese con sarcasmo, inarcando un sopracciglio.

“Già...!”

“E perché non avrebbe dovuto esserlo?”, domandò. “Sono fantastico!”, aggiunse, ridendo.

Risi anch'io. Ma aveva ragione. Lo era davvero. Era incredibile che fosse riuscito a mantenere la calma con mio padre, dal momento che io stessa avevo faticato a trattenermi dal tirargli un calcio sotto il tavolo, quando aveva iniziato ad assillare Rob! Ma lui si era mostrato tranquillo ed aveva risposto ad ogni sua domanda con tono pacato. Così, in sole due ore, era riuscito ad impressionarlo. Non avrei potuto esserne più felice.

“Sai... C'è una cosa che mi ha sorpresa”, gli confessai dopo un paio di isolati.

“Quale?”

“Perché non mi hai mai parlato delle tue alternative?”

“Del college?”, mi domandò, capendo immediatamente a cosa mi stessi riferendo.

Annuii seria.

“Non lo so”, rispose sincero. Poi prese coraggio e mi disse: “Tu sai esattamente quello che vuoi, ciò che ti piace. Io sto ancora cercando di capirlo... Finito questo film... Non ho idea di cosa farò! Non ne ho la minima idea”, ripeté tristemente.

“Non devi decidere adesso”, gli assicurai, prendendolo per mano.

“Già...”.

“Rob?”

“Sì?”

“Sai che puoi parlare di ogni cosa con me, vero?”, gli domandai seria, guardandolo negli occhi.

Rob si fermò un attimo, mi guardò dolcemente, ma intensamente, e infine disse:

“Lo so, amore”.

“Okay”, dissi, baciandolo.

 

Camminammo in totale silenzio per una decina di minuti. Non sapevo su cosa stesse riflettendo Rob, ma sapevo benissimo quello a cui stavo pensando io. Lo amavo da morire, eppure mi stavo rendendo conto che non sapevo ancora tante cose su di lui ed ogni fibra del mio essere desiderava soltanto potergli stare accanto. Sempre.

La vista di piazza del Duomo mi riscosse dai miei pensieri: era incredibile. Nonostante amassi Londra alla follia, non c'era nulla di paragonabile ai capolavori di Brunelleschi e di Giotto.

Benvenuto a Firenze, tesoro!”, gli dissi non appena ci trovammo di fronte al campanile di Giotto.

“Wow!”, esclamò. “E' magnifico!”.
 

Trascorremmo la restante ora e mezzo a girare per le vie del centro, dopodiché ci sedemmo sui gradini del Duomo a mangiare un cono gelato.

“Allora...”, dissi appoggiando la testa sulla spalla di Rob e fissando il cielo limpido. “Che te ne pare della mia città natale?”

“E' meravigliosa”, affermò Rob, ma, prima che potesse continuare ad elogiare i capolavori di Firenze, qualcuno di interruppe.

“Non ci posso credere!”, dichiarò una voce maschile fin troppo famigliare. “Jennifer!”

Alzai di scatto la testa dalla spalla del mio ragazzo e mi voltai verso la direzione da dov'era provenuto il suono.

“Michele! Ciao!”, lo salutai senza fiato.

Michele Andreini.

Erano passati quasi due anni da quando ci eravamo lasciati, anzi, da quando io l'avevo piantato.

Michele era stato il mio primo ragazzo, la mia prima storia importante. All'epoca avevo creduto davvero che fosse quello giusto, salvo poi rendermi conto che quello che provavo non era amore. Non avevo mai amato Michele.
Tuttavia, mi fece uno strano effetto trovarmelo davanti così all'improvviso.
Capii pienamente che avevo preso la decisione giusta lasciandolo: se non lo avessi fatto in quel momento non sarei stata lì con Rob. E non riuscivo ad immaginare nulla di peggiore!

“Ciao Jennifer!”, mi salutò nuovamente, venendomi incontro e sorridendomi.

Mi alzai per abbracciarlo e, non appena gli fui vicina, mi disse:

“Allora! Hai finalmente deciso di abbandonare la piovosa Londra?

Scossi la testa con un sorriso.

“Non direi! Sono qui soltanto per un paio di giorni”, gli comunicai.

“Quindi il tetro clima londinese ti ha conquistata davvero!”, commentò.

“Così sembrerebbe!”

Era piacevole parlare con Michele: era una fortuna che dopo la nostra rottura fossimo rimasti in buoni rapporti.

Rob si alzò e venne verso di noi.

“Ciao!”, lo salutò Michele cordialmente, quando si rese conto che era con me.

Rob gli sorrise e mi passò un braccio intorno alla vita: stava decisamente marcando il suo territorio.

“Rob, ti presento Michele, un mio vecchio amico. Michele, lui è Rob, il mio ragazzo”.

“Piacere di conoscerti”, gli disse il mio ex, con un sorriso.

“Piacere mio”, disse Rob, stringendogli la mano senza lasciarmi andare.

“Beh, mi ha fatto piacere rivederti, Jenny!”, mi disse Michele, facendo scorrere lo sguardo da me a Rob.

“Anche a me”, convenni sincera.

Lui fece un cenno in direzione di Rob, dopodiché si allontanò.

“Un amico, eh?”, mi chiese Rob scettico, inarcando un sopracciglio. “Dal modo in cui ti guardava non direi!”.

“E in che modo mi guardava?”, gli domandai, divertita.

Tuttavia, prima che il mio ragazzo potesse rispondermi, Michele fu di nuovo davanti a noi.

Perché era tornato indietro?

Per un attimo temetti che Rob avesse davvero ragione... Forse Michele si era ero conto di amarmi ancora?

Era lì per farmi una scenata?

Sperai proprio di sbagliarmi!

Ma mi resi conto che lui non stava osservando me, ma Rob!

La cosa non aveva il minimo senso...

A meno che...!

“Scusate, non vorrei fare una pessima figura, anzi probabilmente la sto già facendo... Ma Robert Pattinson? Cedric di Harry Potter? Scusa, ma se non sei tu, potresti tranquillamente fargli da controfigura!”, disse Michele, visibilmente imbarazzato.

Avevo totalmente dimenticato che Michele era un grande, gradissimo fan di Harry Potter!

Rob ridacchiò, divertito. In effetti la situazione era comica.

“Sì, sono io”.

Michele rimase senza parole per un attimo, poi si ricompose e disse:

“Sai, ehm... Mia sorella è un'accanita fan di Harry Potter... Così mi stavo chiedendo...”.

Non appena Michele ebbe pronunciato la parola “sorella” dovetti sforzarmi non poco per non scoppiare a ridere.

“Certo, non c'è problema”, acconsentì il mio ragazzo.

“Accidenti! Mai un foglio quando se ne serve uno!”, bofonchiò Michele, frugandosi nelle tasche.

Anche Rob stava decisamente trattenendo le risate. Il mio ex mi lanciò uno sguardo al tempo stesso incredulo e disperato. Chiaramente non aveva con sé un foglio in quel momento. Sorrisi, frugai nella mia borsa ed estrassi un blocchetto e una penna, che porsi a Rob.

“Come si chiama tua sorella?”, chiese a Michele.

Il mio ragazzo stava cercando di essere gentile, ma chiaramente lui non poteva sapere che Michele non aveva una sorella!

“Ehm... Basterà la firma!”, rispose vago.

“Okay”.

Mentre Rob stava firmando, Michele mi guardò con sguardo supplichevole. Annuii con un sorriso. Non avrei detto a Rob che quell'autografo era per lui e non per una fantasmatica sorella.

“Beh, grazie”, disse, quando Rob gli porse il foglio.

“Figurati!”

“Beh ora dovrei andare!”, aggiunse, dopo qualche secondo di silenzio.

“Salutami tua sorella!”, esclamai, incapace di trattenermi.

“Ehm... Certo...! Grazie ancora! Ciao Jenny!”, ci salutò, dopodiché se ne andò, stavolta definitivamente.

“Così sua sorella è una mia fan?”, mi chiese Rob.

“A quanto pare...”, risposi, restando sul vago.

“D'accordo! Qual è la nostra prossima meta signorina guida turistica? Non vorrei essere assediato da un esercito di ragazzine urlanti!”

“Ah Ah! Divertente!”, esclamai, fingendo di ridere. “Forza andiamo!”



Ciao!!!
Aggiornamento un pò tardivo, ma è periodo di esami per quasi tutti.
Ma parliamo della storia!
La prima tappa turistica di Jenny e Rob ha riservato la prima sorpresa: il suo ex!
Mi pareva doveroso ricordare che Jenny è una ragazza vitale e con un passato sentimentale alle spalle.
Spero che l'avventura tutta italiana della coppia vi stia piancendo!
Lasciate un commentino se vi va. ;)
Un bacio e al prossimo capitolo!
Vale

 

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Capitolo 37
*** Capitolo 37 ***


Io e Rob facemmo un giro per il mercatino di San Lorenzo. Personalmente non lo avevo mai amato particolarmente, ma di certo era un'attrazione turistica molto conosciuta, per cui ritenni giusto che Rob lo vedesse.

Dopo un po' di tempo, diedi un'occhiata all'ora: erano già le 19:00.

“Forse sarebbe meglio se rientrassimo”, dissi a Rob. “Penso che i miei ci aspettino per cena”.

“Certo. Dovrei anche rivedere alcune cose per domani e volevo farmi una doccia”.

“Okay”.

Stavamo per avviarci verso casa dei miei, quando il mio cellulare squillò. Diedi un'occhiata al display: era mia madre. Probabilmente si stava chiedendo che fine avessimo fatto.

“Jenny, tesoro!”, mi salutò non appena sentì la mia voce.

“Dimmi mamma! Stavamo giusto per rientrare”, aggiunsi, certa che stesse per chiedermi questo.

“Beh, si tratta proprio di questo, cara. Io e tuo padre non ci saremo stasera a cena”, disse, lasciandomi senza parole.

“Come?”, le chiesi, non del tutto sicura di aver capito bene.

“Tua zia mi ha chiamato poco fa per ricordarmi della cena che avevamo programmato per stasera. Da loro”, precisò.

“Ah...”, fu il solo commento che mi uscì.

Di certo quando avevo detto ai miei che volevo presentargli il mio ragazzo, non intendevo di certo che dovesse conoscere TUTTI i miei parenti!

“La serata sarà molto noiosa”, continuò mia madre, interrompendo le mie riflessioni. “Tua zia deve parlarmi di non so quale faccenda... Sono sicura che tu e Robert vi annoiereste a morte! Non ha senso che veniate con noi”, aggiunse.

Di fronte alla sue parole toccai il cielo con un dito.

“Mamma, sei sicura?”, le domandai.

“Ma certo, tesoro! Ci vediamo stasera a casa. Godetevi la vostra serata!”

“Grazie mamma!”, le dissi riconoscente, dopodiché la salutai e chiusi la telefonata.

Con un sorriso a trentadue denti mi voltai verso Rob, che era chiaramente in attesa di informazioni e gli dissi:

“Mia madre mi ha appena fatto sapere che stasera lei e mio padre non ci saranno”.

“Ah no?”

“A quanto pare saranno a cena da mia zia”.

“Quindi avremo l'appartamento tutto per noi?”, mi chiese Rob con tono di voce allusivo, attirandomi verso di sé e guardandomi negli occhi.

“Già”.

“Mmm... Interessante!”, commentò con un sorriso.

“Non si entusiasmi troppo Mr Pattinson!”, gli dissi. “Non staremo tutta la sera a casa!”, lo informai con un sorrisetto malizioso.

“No!?”

“No!”

“Quindi che programmi ha per noi signorina guida turistica?”

“Lo scoprirai presto!”, dichiarai predendogli il viso fra le mani e baciandolo appassionatamente.

 

Una volta tornati a casa, trovai mia madre nella sua stanza intenta a decidere cosa indossare. La raggiunsi, mentre Rob andava a farsi una doccia.

“Allora! Com'è andato il vostro giro in centro?”, mi domandò, indossando una camicetta.

“E' andato bene!”

“Hai già deciso dove portarlo stasera?”, mi chiese con un sorriso, riponendo un vestito nell'armadio.

“Non esattamente... Ma ho qualche idea”, le risposi.

“Sono sicura che gli andrà bene qualsiasi posto gli proporrai”.

Sorrisi, certa che il mio ragazzo avrebbe preferito stare a casa impegnato in altre attività.

“A proposito... Grazie per averci lasciati liberi stasera”, le dissi riconoscente.

Lei sorrise comprensiva.

“Ho pensato che Robert ne avesse abbastanza del terzo grado di tuo padre e visto che domani dovrà ripartire...”.

“Già”.

Non c'era bisogno che mia madre me lo ricordasse: non riuscivo quasi a pensare ad altro.

“Per quanto starà via?”, mi chiese, comprendendo il mio silenzio.

“In teoria per una settimana, ma potrebbe volerci più tempo. Credo che debbano scattare anche delle foto per la locandina del film ed altre cose del genere”, le spiegai.

“La sua collega com'è?”, mi domandò dopo un po'.

“I suoi colleghi sono tutti molto carini”, le risposi, eludendo in parte la sua domanda.

Avevo capito perfettamente che mia madre voleva sapere com'era la protagonista femminile del film, ma francamente non sapevo proprio cosa risponderle. Non mi stava particolarmente simpatica, ma non potevo certo dire di conoscerla bene. Inoltre, non mi andava di interpretare la parte della ragazza gelosa. Mi fidavo di Rob e poi Kristen era impegnata da un bel po' con Michael. Per cui non avevo nulla di cui preoccuparmi.

“Sai qual è la prima cosa che ho pensato quando ho visto Robert?”, mi domandò mia madre.

“Che era molto più che carino?”, le chiesi, ricordando le sue parole.

Mia madre sorrise.

“Anche. Ma la prima cosa che ho notato era il modo in cui ti guardava. Non penso che tu debba preoccuparti di questa ragazza, né di nessun'altra. E' tuo”.

Le sorrisi anch'io.

“Lo so”, le dissi più tranquilla. “Mi dispiace soltanto che debba partire così spesso, ma in fondo non conta quanto tempo passi con una persona, ma come lo impieghi, no?”

“Certamente”, convenne lei.

“Beh, forse è meglio che tu vada!”, le dissi.

“Oh sì! Tuo padre mi starà aspettando in auto da almeno venti minuti!”

Scossi la testa ridendo: decisamente la puntualità non era un dono di famiglia!

“Buona serata!”, le dissi.

“Grazie tesoro, anche a voi!”, contraccambiò mia madre, dopodiché mi abbracciò ed uscì.

Sorrisi non appena si fu chiusa la porta alle spalle: finalmente io e Rob eravamo soli.

Senza aspettare neppure un istante, bussai e poi aprii la porta del bagno. Una volta entrata, la prima cosa che vidi fu il mio ragazzo di spalle con un asciugamano intorno alla vita. Sorrisi di nuovo, mi avvicinai a lui e lo abbracciai da dietro.

“Ehi”, esclamai, appoggiando la mia testa sulla sua schiena bagnata.

Il contatto con la sua pelle fresca fu come sempre afrodisiaco: desideravo soltanto stare sola con lui ed in quel momento lo eravamo.

“Ehi”, ripeté lui, afferrando la mia mano e baciandola.

“I miei sono usciti poco fa”, lo informai.

“Quindi siamo soli?”, mi chiese, voltandosi verso di me.

“Direi proprio di sì”.

Rob sorrise chiaramente eccitato dalla mia rivelazione e mi spinse dolcemente, ma con decisione, contro il muro.

Avevo già il respiro corto ed i battiti del cuore accelerati. Desideravo soltanto lui.

Lui mi prese il volto fra le mani e mi baciò appassionatamente, poi fece scorrere le sue lunghe dita affusolate lungo il collo fino al mio seno. Tirai giù la cerniera dei miei jeans e li gettai a terra. Rob continuò ad accarezzarmi ed a baciarmi. Non avevo mai bramato così tanto ogni contatto con lui. Feci cadere a terra l'asciugamano che ancora portava e avvicinai ancora di più il mio corpo al suo. Lui mi guardò negli occhi per un istante infinito e mi sussurrò:

“Ti amo Jennifer Presciani”.

“Ti amo anch'io”.




Buon inizio di settimana a tutti!
Noto con piacere che lo scorso capitolo vi è piaciuto e soprattutto che nessuno si aspettava l'apparizione dell'ex di Jenny!
Sono contenta di essere riuscita a sorprendervi. ;)
Kisses
Vale


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Capitolo 38
*** Capitolo 38 ***


“Allora! Dove mi porterai stasera?”, mi domandò Rob, afferrando una t-shirt pulita.

“E' una sorpresa!”

“Spero che includa anche la cena! Sto morendo di fame!”

“Beh, abbiamo bruciato un bel po' di calorie”, gli ricordai con un sorriso malizioso.

“Eh già”, concordò lui avvicinandosi a me e mettendomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

“Bene, allora faremo meglio ad andare...”.

“Okay”, convenne lui, il volto a pochi centimetri dal mio.

Osservai per un istante i suoi lineamenti perfetti, dopodiché lo baciai appassionatamente, scordandomi nuovamente della cena.

 

Portai Rob da Giovanni, un piccolo ristorante fuori Firenze, in cui ero solita andare fin da bambina. Il locale era pieno ed il proprietario mi salutò con un sorriso entusiasta non appena mi vide. Nonostante la marea di gente, fummo serviti da Giovanni in persona a tempo record. Ogni pietanza era deliziosa e, dopo aver mangiato un ottimo cheesecake al cioccolato, uscimmo rilassati e sazi dal ristorante.

Erano soltanto le 10:00 P.M. e né io, né Rob avevamo voglia di rientrare.
Avevo pensato molto a dove portarlo...
C'erano molti luoghi della città ai quali ero affezionata e che avrei voluto mostrargli, tuttavia il tempo giocava contro di noi. Fra meno di ventiquattrore lui sarebbe stato in un altro continente. Sentii una fitta al cuore a quel pensiero e sospirai.

“Ehi, tutto bene?”, mi domandò premuroso Rob, salendo in macchina.

“Sto bene”, mentii. “Sto soltanto pensando a dove portarti!”, aggiunsi, fingendo un'allegria che non mi apparteneva del tutto.

Effettivamente c'era un posto speciale, il mio posto speciale.

Come avevo fatto a non pensarci prima?

Sorrisi più serena e misi in moto. Rob accese la radio ed iniziò a cambiare stazione alla ricerca di qualcosa di orecchiabile.

“No, ti prego!”, esclamai, ridendo, quando si fermò su una canzone dei Kings of Leon. Miracolosamente la riconobbi: "Sex on Fire".

Lui scoppiò a ridere.

“Pensavo che ormai ti piacessero!”

“Mmm... No! Credo di aver ascoltato per intero il cd che mi hai regalato solo una volta!”, confessai.

Per quanto amassi Rob, non riuscivo proprio a farmi piacere quel gruppo.

Lui scosse la testa, continuando a ridere.

Risi anch'io. Con lui niente era un dramma: era un'altra delle ragioni per cui lo amavo.

Alla fine Rob si arrese e cambiò stazione radio. Guidai per circa venti minuti con in sottofondo la voce di una cantante non ben identificata; dopodiché mi accostai e parcheggiai l'auto.

“Siamo arrivati!”, annunciai con un sorriso.

Il mio ragazzo si guardò intorno un po' perplesso, ma non commentò. Scese dall'auto, poi venne dalla mia parte e mi aprì la portiera con un gesto da vero gentleman.

“Grazie”, gli sussurrai.

“Sono al suo servizio, signorina!”, replicò lui, baciandomi.

Sorrisi di nuovo e lo presi per mano.

 

Camminammo per un centinaio di metri, dopodiché feci un profondo respiro e gli dissi:

“Chiudi gli occhi”.

“Stai scherzando, vero?”, mi domandò, inarcando un sopracciglio.

Il suo tono di voce sembrava tranquillo, ma riuscivo a percepire una leggera ansia.

“Dai, chiudi gli occhi! E non barare!”, dissi, baciandolo.

“Okay, okay! Ma è l'ultima volta, d'accordo?”

“Non ti posso promettere nulla!”, esclamai, ridendo.

Rob mi lanciò un'occhiataccia, ma infine chiuse gli occhi.

Lo guidai per un paio di metri, poi gli sussurrai:

“Ci siamo... Apri gli occhi”.

Ovviamente non se lo fece ripetere due volte ed obbedì. Osservai il suo volto e vidi un lampo di luce nei suoi occhi. Quello spettacolo lo aveva incantato come aveva sempre fatto con me.

“E' incredibile”, disse infine, fissando il panorama che si estendeva di fronte a noi. “Dove siamo?”

“Piazzale Michelangelo. Poco sopra Firenze. Stiamo guardando dall'alto tutto ciò che abbiamo visto oggi”, precisai felice.

“E' stupefacente”, commentò.

“Lo so”.

Avevo sempre amato la vista che si godeva da lassù. Dopo la mia famiglia, era la cosa che più mi mancava da quando vivevo a Londra. Ricordavo perfettamente che da bambina ero rimasta folgorata di fronte alle luci della città: mi sentivo stranamente potente, in una posizione privilegiata, lì. Era come se potessi controllare ogni cosa, come se nulla potesse ferirmi. Lo avevo sempre considerato liberatorio.

“I miei mi hanno portata qui la prima volta quando avevo cinque anni”, gli spiegai. “ Beh, per lo meno quella è la prima volta che ricordo nitidamente. Non c'è nessun altro luogo della città che senta più mio”, aggiunsi.

Volevo che Rob capisse quanta importanza avesse per me e quanto significasse il fatto di averglielo mostrato.

“Hai una macchina fotografica?”, mi chiese poco dopo.

Scossi la testa.

“Okay... Allora dovremo accontentarci del mio cellulare!”

“Che vuoi fare?”

“Una foto! Così la porterò con me a San Diego”, disse con un sorriso imbarazzato, ma tenerissimo.

“Vieni qui”, dissi, accarezzandogli una guancia e baciandolo. “D'accordo: facciamo questa foto!”

Mi cinse la vita con un braccio, mentre con l'altra mano teneva il cellulare. Sorrisi e poco dopo il flash ci colpì entrambi. Era abbastanza fastidioso!

“Bene!- disse Rob-- vediamo cos'è venuto fuori!”

Osservammo per un secondo lo schermo del telefonino e scoppiammo a ridere quasi nello stesso momento.

“Direi che come fotografo hai ancora parecchia strada da fare!”, esclamai, cercando, con scarsi risultati, di recuperare un minimo di serietà.

“Dai, non è così male!”

Gli lanciai uno sguardo incredulo:

“Amore, forse hai bisogno di un paio di occhiali! Ti rendi conto che noi non siamo neppure nell'inquadratura?!”

“Sì, beh... E' una foto d'avanguardia!”, affermò con decisione come se io non capissi le sue (dubbie) doti artistiche.

“Certo!”, convenni ridendo.

Lui scosse la testa con un sorriso.

“Beh, se sei così brava, prova tu!”, mi disse, tendendomi il telefono.

“No, no! IO non ho mai vantato abilità da fotografa! Forse ci converrebbe fermare un passante”, suggerii.

Diedi un'occhiata in giro, ma, nonostante fosse una calda serata di Luglio, non c'era nessuno.

“Mmm...”, commentai.

“Dai, riproviamo! Ho un ottimo presentimento!”

“Okay”, dissi baciandolo, certa che comunque la foto non sarebbe venuta migliore della precedente.

Mi sporsi verso Rob, gli accarezzai una guancia e lo baciai e fu in quel momento che partì il flash. Sorrisi e, prima di guardare il display, dissi:

“Forse stavolta avrai fotografato almeno un piccione!”

“Guarda qui, donna di poca fede! Ho una brillante carriera da fotografo davanti!”

Scossi la testa, ma rimasi sorpresa quando guardai l'immagine sul display. D'accordo, non era nitidissima, ma almeno stavolta c'eravamo entrambi! E, cosa ben più importante, eravamo immortalati esattamente nel momento in cui ci stavamo baciando.

“E' perfetta”, commentai.

“Te l'avevo detto!”, ridacchiò.

“Adesso non montarti la testa!”, gli dissi, ridendo.

“Non dovrei? Eppure hai appena definito perfetta la foto!”, mi ricordò.

Scossi la testa:

“Forse ho esagerato!”

“Oh beh, non puoi rimangiartelo!”, mi informò, scoppiando a ridere.

 

Passeggiammo per un po' per Piazzale Michelangelo, dopodiché dissi poco convinta:

“Forse dovremo rientrare...”.

“Così presto?”

“I miei ci staranno aspettando alzati e non mi va di tardare troppo”.

“Ah, d'accordo!”, convenne lui.

Sorrisi e mi voltai per tornare indietro.

“Ehi, aspetta!, disse Rob, bloccandomi per un braccio e spingendomi verso il muretto.

Mi fissò negli occhi, dopodiché mi baciò appassionatamente.

“Che intenzioni ha, Mr Pattinson? Vorrei evitare una denuncia per effusioni eccessive in un luogo pubblico!”

“Ah sì?”

“Sì”.

“Peccato: mi sembrava una prospettiva piuttosto eccitante. Io e te, una cella tre metri per due. Soli tutto il tempo!”, disse, baciandomi sul collo.

Due vecchiette, che passavano di lì, ci lanciarono un'occhiataccia. Diventai immediatamente bordeaux e mi allontanai dolcemente dal mio ragazzo.

“Direi che è giunto il momento di rientrare davvero!”, esclamai, ridendo.

Rob annuì e tornammo alla macchina.

Guidai per un paio di minuti in silenzio, poi Rob disse:

“Sono felice di aver conosciuto i tuoi”.

“Vorrei che non dovessi partire domani”, gli confidai in un sussurro.

“Anch'io... Non sai cosa darei per passare un altro giorno con te, Jenny”.

“Lo so”, dissi dolcemente.

 

Una volta rientrati a casa- come previsto- trovai i miei genitori in salotto a guardare la televisione: chiaramente ci stavano aspettando.

Rob si congedò quasi subito ed anch'io feci lo stesso, nonostante avessi ben poca voglia di dormire. Mi faceva sempre uno strano effetto stare nella mia vecchia stanza, circondata dalle mie vecchie cose. Mi girai nel letto parecchie volte, ma infine riuscii ad addormentarmi.





Ciao a tutti!
Ho impiegato un po' più del solito per aggiornare, ma eccomi qua!
Jenny ha mostrato a Rob un luogo molto importante per lei ed il ragazzo par aver apprezzato davvero la visita a casa di Paolo e Monica. Purtroppo però la sua partenza è imminente.
Attendo i vostri commenti!
Un bacione e a presto!
Vale

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Capitolo 39
*** Capitolo 39 ***


Al mio risveglio sentii una fitta al cuore: soltanto un paio di ore e Rob sarebbe dovuto partire.

No, non dovevo pensarci!

Dovevo soltanto concentrarmi sul presente: in quel momento era ancora lì, a pochi passi da me.

Inoltre, sapevo che era sincero quando mi aveva detto di essere contento di aver conosciuto i miei. Avremo recuperato presto quei giorni di lontananza e poi avremo avuto tutto il resto dell'estate per stare insieme. Ne ero certa: nulla avrebbe potuto dividerci. Dovevo pazientare solo una settimana.

Mi vestii in fretta e, quando raggiunsi i miei in cucina per la colazione, trovai Rob già lì impegnato a parlare con mia madre.

Facemmo colazione parlando del più e del meno in tranquillità, eppure mi sembrava che il tempo avesse premuto sull'acceleratore. Se non altro la tensione fra Rob e mio padre, che si sentiva il giorno precedente, era quasi del tutto sparita. Era tutto perfetto.

 

“E' stato un piacere averti qui, Robert”, esclamò mia madre al momento dei saluti, abbracciandolo.

Avevamo stabilito che avrei accompagnato io il mio ragazzo in aeroporto. L'idea era abbastanza straziante, ma almeno avremo potuto salutarci lontano dallo sguardo indiscreto dei miei e soprattutto da quello vigile di mio padre. Non mi sentivo ancora a mio agio a scambiarmi effusioni con Rob di fronte a lui e di certo il mio ragazzo era ancora più in imbarazzo di me.

“Grazie a voi per l'ospitalità, Monica!”, disse con un sorriso. “Sono felice di aver avuto la possibilità di conoscervi”, aggiunse, guardando mio padre.

Quest'ultimo annuì e gli porse la mano. Rob gliela strinse con un sorriso: chiaramente non sarebbero diventati “due amiconi”, ma almeno notai un certo rispetto nel modo in cui mio padre lo aveva guardato.

“Ci vediamo dopo!”, dissi ai miei, dopodiché seguii Rob per le scale.

 

Mentre guidavo verso Firenze Peretola, iniziai a sentire una certa tensione nell'aria: ormai mancava davvero poco alla nostra separazione.

“Che cosa farai in questi giorni?”, mi chiese Rob, portando la sua attenzione dal paesaggio circostante a me.

“Non ho ancora deciso, ma pensavo di rivedere alcune vecchie amiche e di trascorrere il resto del tempo con i miei genitori. Temo che mi toccherà sorbirmi anche una visita da certi parenti!”.

“Non uscirai con il tuo ex?”, mi domandò sarcastico.

“Michele?”

“Già, Michele...”.

“Non sarai geloso di lui, vero?”, gli chiesi sorridendo.

“Assolutamente no!”, rispose, prima di tornare a fissare lo spazio che si apriva fuori dal finestrino. “Okay, forse un pò”, ammise, passandosi una mano fra i capelli con un sorriso irresistibilmente tenero ed un po' imbarazzato.

“Io e Michele siamo soltanto amici e non penso che lo rivedrò presto”, affermai con decisione.

“D'accordo”, disse, rilassandosi un po'.

Scossi la testa con un sorriso. Di certo la sua agitazione non era colpa del mio ex. Sapevo bene che l'idea di partecipare al Comic Con di San Diego lo preoccupava più di quanto non volesse ammettere. Tuttavia, ero altrettanto certa che non avesse motivo di angosciarsi. Sarebbe andato tutto bene.

 

Una volta arrivati in aeroporto parcheggiai l'auto ed accompagnai Rob all'interno.

Il mio ragazzo mi cinse la vita con un braccio e diede un'occhiata al tabellone degli orari dei voli: Il check-in era già aperto.

Mi lasciai sfuggire un sospiro.

“Direi che ci siamo”, dissi, cercando di mantenere un tono di voce pacato, nonostante avessi un groppo in gola.

Non era la prima volta che passavamo del tempo separati, quindi perché stavolta mi sentivo così?

Lanciai un'occhiata verso di lui e mi accorsi che la sua espressione era la copia esatta della mia. Sorrisi fra me e lo abbracciai, socchiudendo gli occhi per un momento per sentire ancora di più il calore del suo corpo.

“Sei nervoso?”, gli chiesi poco dopo, senza staccarmi da lui.

“Un po'”, ammise, baciandomi sulla fronte e stringendomi più forte. “Mi mancherai”.

“Anche tu”.

Restammo in silenzio per un po', poi Rob disse:

Dovrei andare”.

Annuii, ma non lo lasciai andare e lui non fece nulla per allontanarmi. Stavolta fu lui a sospirare, angosciato.

“Amore, te la caverai benissimo a San Diego”, affermai con fermezza.

“Speriamo!”, commentò lui con un sorriso nervoso.

“Sarai fantastico”, gli assicurai.

“Sarebbe meraviglioso stare qui con te per un'intera settimana!”, ribatté dolcemente, accarezzandomi la schiena.

“Già”.

Sospirò di nuovo.

“Dai, vai!”, gli sussurrai con un sorriso. “Non vorrai perdere il volo”.

Rob scosse la testa facendo una smorfia e disse:

“Catherine mi ucciderebbe! Per non parlare di cosa potrebbe farmi Grace... Ti chiamo non appena atterro, okay?”

“Ci conto!”

“Ti amo”.

“Ti amo”.

Rob mi guardò negli occhi per un istante, che mi parve interminabile, poi si mise il borsone in spalla e mi baciò appassionatamente.

“Ci vediamo la prossima settimana”, mi sussurrò prima di allontanarsi.

Io annuii in silenzio, dopodiché lo guardai camminare verso il check-in.


Ciao a tutte!
Purtroppo il momento della partenza di Rob per il Comic Con è arrivato prima di quanto i due avrebbero voluto... Ma con il suo charme il ragazzo è riuscito ad ingraziarsi anche Paolo, il padre di Jenny, che fin dall'inizio gli era ostile.
Cosa accadrà adesso che i due sono separati??
Un bacione
Vale

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Capitolo 40
*** Capitolo 40 ***


La settimana a casa dei miei genitori trascorse rapidamente, nonostante l'assenza di Rob. Purtroppo telefonarci era diventato più complicato del previsto: oltre al problema del fuso orario, il mio ragazzo era quasi sempre impegnato fra photoshot ed interviste, per cui riuscimmo a parlarci con calma soltanto un paio di volte.

Non volevo pensarci troppo, quindi cercai di godermi al massimo quei giorni a Firenze, come avrei fatto se lui fosse stato con me.

Per fortuna i miei genitori non mi stettero troppo addosso e nessuno di loro commentò le scarse chiamate di Rob; nonostante mio padre avesse sbuffato un paio di volte quando certi parenti, venuti a trovarci, mi avevano chiesto quale lavoro facesse il mio ragazzo.

Inoltre, ero anche riuscita ad incontrare le mie vecchie amiche. Era quasi un anno che mi ero trasferita a Londra ed avevo perso i contatti un po' con tutte; tuttavia, avevo deciso di approfittare di quella vacanza per rivederle.

Rimasi davvero molto sorpresa nell'apprendere quante cose fossero cambiate in soli 365 giorni. Due mie ex compagne di scuola avevano avuto un figlio; altre, come me, si erano trasferite in un'altra città (ma non in un altro Paese) ed altre ancora erano alla disperata ricerca di un lavoro e vivevano ancora con i genitori.

In realtà non mi importava nulla della maggior parte di loro: erano solo delle compagne di classe con cui avevo sempre avuto poco in comune ed i nostri rapporti solitamente si erano limitati ad un “Buongiorno” poco prima dell'inizio delle lezioni.

Tuttavia, ero stata molto legate a tre di loro: Giada, Elena e Martina, con le quali decisi di uscire anche la sera prima della mia partenza.

Io e le ragazze andammo a bere qualcosa in un locale in centro, dopodiché facemmo una passeggiata per le vie affollate.

Parlammo del più e del meno per un po', poi Elena, che era la più estroversa fra le mie vecchie amiche, una sorta di Jana della situazione, mi chiese:

“Allora, oltre al clima, c'è qualcos'altro che ti tiene ancorata a Londra?

La sua domanda mi imbarazzò un po', così ribattei:

“Perché tutti sono estremamente convinti che il tempo là sia sempre orrendo?”

“Forse perché lo è?”, replicò lei con un sorriso.

Scossi la testa.

“Ti garantisco che non è così terribile!”, le assicurai.

“Okay, lasciamo perdere le previsioni meteo. Lui come si chiama?”, mi domandò impaziente.

Sospirai: era impossibile sottrarsi al suo interrogatorio.

Robert”, dissi, sorridendo inconsapevolmente.

“Nome tipicamente inglese!”, commentò Giada.

“E com'è? Voglio dire: è il tipico inglese alto, magro, dai capelli biondi?”, mi domandò Martina.

Ridacchiai.

“No, non è biondo, ma per il resto hai indovinato!”.

“Dai, è una vita che non esco con un ragazzo! Forniscimi qualche dettaglio!”, insistette la mia amica.

Sorrisi. Descrivere Rob era tutt'altro che facile.

“E' straordinario”, dissi, prima di potermi frenare.

Le mie amiche mi guardarono come se non mi avessero mai vista prima.

“Oddio! Quindi è una cosa seria?!”, esclamò Martina.

“Abbastanza”, risposi più cauta. “Voglio dire è... un po' complicato attualmente. Diciamo che per il suo lavoro deve spostarsi molto”, aggiunsi, restando sul vago.

La mia amica annuì, comprensiva.

“Beh, dai, non possiamo parlare soltanto di me! Scommetto che anche voi avrete molto da raccontarmi!”, affermai con entusiasmo.

Martina sorrise e, per la restante ora e mezzo, chiacchierammo amichevolmente dell'università e dei vecchi amici che avevamo in comune.

Fu una serata davvero molto piacevole e, dopo averle promesso di farmi sentire più spesso, salutai e tornai a casa.

 

Il giorno seguente mi svegliai alla buonora e, dopo che ebbi fatto colazione e salutato mia madre, mio padre mi accompagnò in aeroporto.

Non parlammo molto durante il viaggio in auto: si limitò a farmi le solite raccomandazioni. Una volta arrivati a Firenze Peretola, parcheggiò, prese la mia valigia e mi accompagnò dentro.

Il check-in non era ancora aperto- al contrario di me, mio padre amava arrivare in anticipo- così ci sedemmo ad aspettare.

Provavo una familiare tristezza all'idea di salutarlo, ma ero lieta di essermi goduta al massimo quella settimana con lui, mia madre ed i miei vecchi amici. Adesso era giunto il momento di tornare a casa, a Londra.

Inoltre, presto avrei rivisto Rob. Quando ci eravamo sentiti quella mattina, mi aveva detto che avrebbe dovuto restare in California un po' più del previsto, ma per fortuna il suo lavoro stava procedendo bene.

Mi ero sforzata di mostrami entusiasta ed avevo affermato con convinzione che, una settimana, non faceva alcuna differenza. In realtà però avevo sperato che sarebbe stato sotto casa ad aspettarmi al mio ritorno, come aveva già fatto in passato. Tuttavia, stavolta sapevo che le cose sarebbero andate diversamente.

“Robert per quanto si tratterrà a San Diego?”, mi chiese mio padre, come se mi avesse letto nel pensiero.

“Rimarrà lì per un'altra settimana”, gli risposi, cercando di non far trasparire il mio sconforto di fronte a quella prospettiva.

“Allora si fermerà là più del previsto”, constatò con tono neutro.

“Già... Le cose stanno andando bene, per cui ne approfitteranno per sbrigare un po' di faccende”.

Mio padre annuì, in un silenzio carico di sottintesi.

“So che non ti piace il lavoro che fa, papà”, dissi dopo un po', guardandolo negli occhi.

“Non è questo, tesoro”, mi assicurò lui. “Non mi interessa qual è la professione del tuo ragazzo. Robert è beneducato e sembra un ragazzo apposto. E' quell'ambiente a non piacermi. Senza contare che il suo lavoro lo porta spesso lontano da casa. So che tieni molto a lui, ma finita la promozione di questo “Twilight”, ci sarà un altro film, cui ne seguirà un'altra e la cosa si ripeterà. Sono preoccupato per te”.

“Rob non mi ha mai nascosto nulla. Sapevo esattamente ciò che faceva quando ci siamo messi insieme”, replicai.

Riuscivo a comprendere le preoccupazioni di mio padre, tuttavia sapevo di potermi fidare di Rob.

Mio padre sospirò, ma alla fine annuì e mi abbracciò.

“Hanno aperto il tuo check-in”, mi fece notare qualche secondo dopo, accarezzandomi i capelli con fare paterno.

“Beh, allora forse è meglio che vada”.

Lui annuì di nuovo.

“Vi chiamo non appena atterro a Londra, okay?”

“D'accordo”.

Detto questo, lo baciai sulla guancia, dopodiché mi avviai verso il check-in, accompagnata da una sensazione di inquietudine, che mi abbandonò soltanto quando l'aereo decollò.




Ciao a tutte!!!
Alla fine Jenny è riuscita ad utilizzare al meglio il suo tempo a Firenze, nonostante abbia sentito la mancanza di Rob.
Suo padre fa bene a preoccuparsi per lei??
E Rob fra quanto tempo tornerà a Londra??
Per saperlo non vi resta che attendere il prossimo capitolo, che- causa vacanze- pubblicherò probabilmente a fine Agosto.
Un bacione a tutte e buona estate!
Vale

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Capitolo 41
*** Capitolo 41 ***


Il mio viaggio di ritorno a Londra fu molto tranquillo.

Era bello essere di nuovo là ed approfittai dell'assenza di Rob per dedicare un po' più di tempo a Jana e Megan.

La mia migliore amica ci informò quella sera a cena, che aveva già pensato lei a prenotare e pagare il nostro hotel a Barcellona e si infuriò quando io e Megan le chiedemmo quanto dovevamo restituirle.

“E' il mio regalo per voi!”, disse con un sorriso impaziente.

Noi protestammo ancora un po', ma alla fine cedemmo: come al solito, era inutile discutere con lei!
Inoltre, ero troppo felice di fare quella vacanza, per perdere tempo a litigare.

Non avevo mai visitato la Spagna e quella sarebbe stata senz'altro una buona occasione per divertirmi con loro.

Dopo aver concordato gli ultimi dettagli ed esserci scambiate le ultime novità, le salutai e tornai al mio appartamento, pronta a cedere alla stanchezza del viaggio.

Tuttavia, le buone notizie non erano ancora finite, perché Rob, quasi fosse dotato del dono dell'onniscenza, mi chiamò due secondi dopo che ebbi varcato la soglia di casa per comunicarmi che sarebbe tornato due giorni dopo.

Così andai a dormire con un sorriso stampato in faccia e con la consapevolezza che fra poco più di quarantotto ore ci saremmo riabbracciati.

 

Tamburellai nervosamente le dita sulla tastiera del mio portatile e lanciai l'ennesima occhiata infelice alla sveglia.

Rob mi aveva detto che sarebbe venuto da me dopo essere stato a Barnes a lasciare le valigie ed a salutare la sua famiglia; tuttavia era in ritardo. Erano già le 6:30PM ed ormai avrebbe dovuto essere qui. Sospirai.

Dal momento che mi aveva chiamata non appena atterrato a Heathrow, sapevo che il suo volo era stato puntuale, per cui perché non era ancora arrivato?

Forse aveva deciso di fermarsi un po' più tempo dai suoi... Tuttavia, avrebbe potuto telefonarmi per avvertirmi.

Cercai di ignorare il ritardo del mio ragazzo e rilessi il programma che io e Megan avevamo redatto in vista del nostro viaggio a Barcellona. C'era veramente di tutto dentro: la Sagrada Familia, la Cattedrale, il Museo Picasso ed, ovviamente, tutte le vie dello shopping!

Era stata una mia idea quella di fare una lista delle nostre mete spagnole: avevo imparato per esperienza che era fin troppo facile girovagare a vuoto perdendo un sacco di tempo, così avevo deciso che fissare un programma sarebbe stata la soluzione migliore. Inoltre, così avevo trovato qualcos'altro da fare nel mio tempo libero, invece di pensare costantemente a Rob.

Non appena il mio pensiero tornò a lui, lanciai un'altra occhiata alla sveglia. Segnava le 7:00. Per un istante pensai di telefonare a Jana e chiederle di andare a mangiare qualcosa insieme... Ma in fondo quante volte Rob mi aveva aspettata quando ero io ad essere in ritardo?

Sospirai di nuovo. Prima o poi sarebbe arrivato.

Finalmente alle 7:45 sentii una chiave girare nella toppa del portone.

Mi alzai di scatto dalla sedia, come se avessi preso la scossa, e mi precipitai nell'ingresso. Trovai Rob lì, con alle spalle la porta ancora aperta. Indossava una t-shirt bianca di cotone sopra un paio di jeans scuri e le sue solite All Star nere. In testa portava il suo solito cappellino da baseball.

Avrei voluto fargli notare che avrebbe anche potuto telefonarmi per avvisarmi del suo ritardo; tuttavia, la mia irritazione si sciolse come neve al sole quando i nostri sguardi si incrociarono. Rob sorrise e, senza dire una parola, si avvicinò a me, mi guardò negli occhi, mi prese il viso fra le mani e mi baciò appassionatamente. Il solo contatto con le sue labbra carnose e morbide fu sufficiente ad accendere il mio desiderio.

“Bentornato!”, gli sussurrai, staccandomi da lui.

“Ciao”, disse, dopodiché riprese a baciarmi.

Sentivo le sue mani accarezzarmi vogliose la pelle.

“Ti voglio”, mi sussurrò.

Rob mi spinse dolcemente contro il muro ed iniziò a baciarmi il collo, mentre con le due lunghe dita affusolate percorreva il profilo del mio seno. Ogni contatto aumentava la mia eccitazione. Come avevo fatto a farne a meno per due intere settimane?

Gli accarezzai la schiena e lasciai che si avvicinasse ancora di più a me. Lo desideravo come se fosse una boccata d'ossigeno dopo un'immersione di un'ora.

“Mi sei mancata così tanto”, mi sussurrò, fremendo di desiderio.

Gli sfilai la t-shirt e gli tirai giù la cerniera dei jeans. Lui mi strappò quasi via la maglietta: ero quasi certa di aver sentito una cucitura rompersi e non avrebbe potuto interessarmene di meno. Eravamo entrambi lì, nudi, l'uno davanti all'altra e niente e nessuno avrebbe potuto interromperci.

“Sei bellissima”.

Sorrisi a quelle parole.

“Ti amo”, gli sussurrai.

Lo amavo, lo volevo. Nessuno di noi voleva aspettare un secondo di più per quell'unione. Rob mi sorrise a sua volta e riprese a baciarmi. Sentivo la sua eccitazione aumentare e quando entrò in me il mio piacere raggiunse il culmine. Ansimai e gemetti a quel contatto.

“Ti amo”, ripetei.

“Ti amo anch'io”, gemette, ormai dentro di me.

In quel momento era tutto perfetto e mi sentii di nuovo completa.



Ciao a tutte!
Come sono andate le vacanze?
Purtroppo le mie ormai sono giunte al termine, per cui rieccomi qui ad aggiornare con un nuovo capitolo.
Finalmente Rob e Jenny si sono rincontrati ed entrambi sono di nuovo a casa, a Londra.
Cosa succederà adesso??
Un bacione e al prossimo capitolo!
Vale

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Capitolo 42
*** Capitolo 42 ***


Osservai la luce che filtrava dalla finestra socchiusa. Il volto di Rob era illuminato per metà. Amavo stare così con lui. Poggiai la testa sul suo torace.

“Mi sei mancata molto”, mi sussurrò di nuovo, baciandomi i capelli ed accarezzandomi il fianco con un dito.

“Davvero?”, gli domandai, fingendomi dubbiosa.

“Assolutamente sì”.

Sorrisi.

“Mi sei mancato anche tu”, dissi, strofinandomi a lui.

“Com'è andata coi tuoi? Sono certo di aver conquistato tua madre!”, affermò, beffardo.

“E cosa le dà questa certezza, Mr Pattinson?”, gli chiesi, alzando la testa e voltandomi a guardarlo con aria di sfida.

“Beh... Ho delle ottime credenziali!”, dichiarò con tono quasi solenne.

“Ah sì?”

“Decisamente”, disse, baciandomi una mano.

“Vorrei qualche altra prova di tali eccelse capacità... Voglio esserne certa”.

“Vuoi un'altra prova?”, mi domandò, inarcando un sopracciglio con gli occhi accesi di desiderio.

“Sì”.

Lui annuì con sicurezza.

“Beh, vedrò di darmi da fare allora. Non voglio che ti restino dubbi in proposito”.

Rob si sporse verso di me ed iniziò a baciarmi. Non poteva esistere modo migliore per iniziare la giornata.

 

Le due settimane che seguirono trascorsero incredibilmente in fretta ed io e Rob non passammo quasi un attimo separati (Jana mi prendeva spesso in giro, dicendo che io e il mio ragazzo sembravamo quasi sposati ormai). Effettivamente Rob trascorreva la maggior parte del suo tempo a casa mia ed io non avrei potuto esserne più felice.

Tuttavia, la mia partenza per Barcellona incombeva e, per quanto fossi contenta di fare quella vacanza con le mie amiche, il pensiero di stare lontana da lui non mi entusiasmava. In ogni caso, mi sarei goduta quei giorni con loro al massimo e poi avrei avuto comunque il resto dell'estate per stare con Rob.

 

“Non scordarti di me a Barcellona! Sai, gli spagnoli sono molto passionali...”, mi disse il giorno della mia partenza.

“Passionali, eh?”

“Già...”.

“Mmm... Vedrò di resisterli... Una settimana è bella lunga!”.

Rob mi lanciò un'occhiataccia e mi baciò. Non ero mai stata con uno spagnolo, in effetti non ne avevo neppure mai conosciuto uno, tuttavia dubitavo fortemente che avrebbe potuto reggere il confronto con il mio bel ragazzo inglese.

“Devo andare”, gli sussurrai, staccandomi da lui.

“Lo so”, disse, ricominciando a baciarmi. “Jana non è ancora arrivata”, constatò, trafiggendomi con i suoi occhi chiari.

Le sue intenzioni erano palesi.

Mi tolse la borsa, che avevo già in spalla e la poggiò a terra.

“Jana sarà qui a momenti”, affermai con poca convinzione.

“Non è qui adesso”, dichiarò, avvicinando il mio corpo al suo e passando una mano sotto la mia canottiera alla ricerca del gancio del mio reggiseno.

Inutile dire che la mia forza di volontà si era sbriciolata nell'istante esatto in cui mi ero trovata così vicina a lui. Mi dimenticai di Jana, di Barcellona, del mio volo imminente. Lo desideravo. Lo volevo.

Cosa me ne importava del volo?

Mi aggrappai alla sua schiena e iniziai a baciarlo anch'io. Stavo armeggiando con la cerniera dei suoi pantaloni, proprio nel momento esatto in cui la mia amica suonò alla porta.

L'avrei ammazzata.

“Accidenti!”, esclamò Rob, chiaramente irritato per il più che pessimo tempismo della mia compagna di viaggio.

“Mi dispiace, ma devo andare”, gli sussurrai accaldata.

Lui annuì in silenzio.

“Ti chiamo non appena atterriamo a Barcellona, promesso!”.

“Okay”, disse, scontento.

Ripresi la mia borsa ed afferrai la maniglia della valigia.

“Lascia, faccio io”, disse, prendendola dalla mia mano.

“Grazie”.

Rob sorrise.

“A Jana dove piace sedere sull'aereo?”, mi chiese, mentre uscivamo.

Lo guardai perplessa. Perché voleva saperlo?

“Accanto al finestrino”, risposi.

“Beh, per favore, fregale il posto!”, mi bisbigliò all'orecchio.

Ridacchiai.

“Lo farò, amore”, gli assicurai, accarezzandogli una guancia.

“Bene”.

“Jenny, datti una mossa per favore!”, mi urlò Jana.

“Devo andare davvero”.

“Fai buon viaggio”, disse Rob. “Jana sclererebbe se ritardassi un altro secondo?”

“Direi di sì!”

“Allora ne aspetterà due”, affermò il mio ragazzo e mi baciò di fronte allo sguardo seccato della mia amica.



Ciao a tutte!
Purtroppo il tempo di Jenny e Rob per stare insieme è sempre abbastanza limitato (dovrei concendergliene di più, poveri cari!).
Per una volta però è lei a dover partire.
Cosa pensate che potrà accadere in Spagna? E Rob cosa farà solo a Londra per una settimana?
Non vi resta che aspettare il prossimo aggiornamento per scoprirlo!
Kisses
Vale

 

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Capitolo 43
*** Capitolo 43 ***


La mia vacanza in Spagna, nonostante l'inizio non proprio idilliaco- Jana non aveva apprezzato la prospettiva di sedere dal lato del corridoio sull'aereo- fu molto più divertente. Io e Megan visitammo parecchi musei, mentre, prevedibilmente, l'altra preferì dedicarsi allo shopping. In effetti ero quasi certa che non ci fosse un negozio di Barcellona in cui non avesse acquistato qualcosa!

Parlai con Rob soltanto un paio di volte. Ad entrambi costava un certo sforzo non telefonare all'altro, ma non volevo passare quella settimana al cellulare. Inoltre, la città era davvero magnifica, per cui sarebbe stato assurdo anche solo pensare di non viverla a pieno. C'era davvero tantissimo da vedere.

Io e le mie amiche riuscimmo miracolosamente a rispettare i vari punti del nostro programma e chiaramente Jana non si sottrasse ai suoi immancabili corteggiatori. Era davvero molto bella e, ovviamente, il fatto di non capire una singola parola di spagnolo, non la scoraggiava minimamente. Inoltre, a suo dire, gli spagnoli erano davvero calienti come aveva detto Rob, il che mi portò a chiedermi se la sua affermazione non derivasse da qualche esperienza diretta con una ragazza che aveva conosciuto lì durante le riprese di “Little Ashes”.

Il mio ragazzo non amava molto parlare di quel periodo; mi aveva solo raccontato un suo tragico appuntamento con una fan.
Esperienza assolutamente da dimenticare, parole sue.

“Allora- disse Jana la sera prima del nostro rientro a Londra- che ne dite di andare in quel nuovo locale che hanno aperto?”

Sia io che Megan restammo in silenzio. In realtà nessuna di noi aveva ancora iniziato a preparare la valigia; ma in fondo era la nostra ultima serata...
Che senso avrebbe avuto trascorrerla in hotel?

“D'accordo”, acconsentii con un sorriso.

“Bene!”, esclamò allegra. “Oddio! Guardate quella borsa!”.

Io e Megan seguimmo il suo sguardo e notammo una borsa beige effettivamente molto bella e molto cara.

“Dai, Jana! Penso che tu abbia già saccheggiato quel negozio”, le fece notare Megan. “Inoltre, se vai avanti così anche oggi, dovrai comprare un altro trolley!”.

Lei le lanciò un'occhiataccia, ma non replicò.

Megan mi guardò e sorrise.

Camminammo per un altro paio di metri, quando all'improvviso Jana mi tirò una gomitata nelle costole.

“Ahi!”, esclamai.

“Guarda quel tipo!”.

Diedi un'occhiata nella direzione che mi stava indicando e notai un ragazzo di altezza media con i capelli castani. Ebbi la strana sensazione di conoscerlo. Ma da dietro non potevo esserne sicura.

“Guarda che spalle!”, insistette lei. “Sono sicura che non è spagnolo!”, aggiunse con tono da esperta.

Megan ridacchiò.

Il ragazzo che aveva attirato l'attenzione della mia migliore amica indossava una paio di jeans scuri, una t-shirt nera ed un paio di Converse dello stesso colore. Continuai a fissarlo cercando di ignorare i vari commenti di Jana e per poco non soffocai quando mi resi conto di chi fosse.

Nello stesso istante lo compresi, Jana disse:

“Oh, beh, io vado a chiedergli indicazioni!”

Fortunatamente riuscii a riprendermi prima che lei potesse fare un altro passo.

“Ferma!”, le intimai.

“Perché? Tu sei già impegnata”.

Scossi la testa, impaziente.

“E' Michael”, dissi sottovoce, per evitare che il ragazzo ci sentisse.

Lei mi fissò con sguardo interrogativo.

“Il ragazzo di Kristen Stewart, la collega di Rob”, le ricordai.

“Accidenti! Non gli hai reso minimamente giustizia!”

“E' impegnato, Jana. Ricordi?”

“Beh, non ha mica fatto un patto di sangue”, disse, scuotendo la lunga chioma bionda, nel chiaro intento di farse notare. “Dai, devi presentarmelo!”, mi pregò.

Riflettei per qualche istante. Mi avrebbe fatto piacere salutare Michael, eppure avevo una pessima sensazione. Forse avrei fatto meglio a tirare dritto. Tuttavia, mi fu impossibile, perché lui si era accorto di me.

“Jenny!”, esclamò, venendomi incontro con un sorriso a trentadue denti.

“Ciao, Michael!”, lo salutai.

“Cosa fai a Barcellona? Sei qui con Robert?”, mi domandò, guardandosi intorno alla ricerca del mio ragazzo.

“No, sono in vacanza con delle amiche”, gli risposi, accennando alle due ragazze, che si erano allontanate di qualche passo.

“Ah, bene”.

“Tu invece sei qui con Kristen?”, gli chiesi più per cortesia, che per vero interesse.

La sua mascella si contrasse a quella domanda.

“No”, rispose infine. “Ero qui per un casting, ma non è andato come speravo”.

“Ah, mi dispiace”, dissi automaticamente.

“Imprevisti del mestiere”, tagliò corto.

Mi dimenticavo sempre che anche lui faceva parte di quell'ambiente.

“Per quanti giorni ti fermi a Barcellona?”, mi domandò dopo qualche secondo di silenzio.

“In realtà partiamo domani. Siamo state qui una settimana”, risposi, parlando sempre al plurale.

“Ah, capisco”.

Lo osservai più attentamente e notai che non sembrava lo stesso ragazzo solare che avevo conosciuto a Vancouver.

Ma forse era solo depresso per l'esito del provino. All'improvviso mi venne un'idea.

“Beh, se non ti urta troppo passare la serata con tre ragazze, una delle quali quasi certamente parlerà di borse, puoi venire con noi”, gli proposi con un sorriso. “Così ci aggiorniamo anche sulle novità”, aggiunsi.

“Tre ragazze contemporaneamente, eh? Il sogno di ogni uomo!”, commentò Michael.

Ridacchiai e lui mi imitò.

“Dove alloggi?”, mi chiese.

Michael annottò il nome del mio hotel e mi diede quello del suo. Si guardò intorno per un po', dopodiché disse:

“Forse è meglio se ci troviamo direttamente fuori dal locale. Il mio hotel è un po' distante dal tuo”.

“Va bene”, acconsentii e, dopo averlo salutato, tornai dalle mie amiche.

Jana, prevedibilmente, si dimostrò entusiasta quando annunciai che Michael avrebbe trascorso la serata con noi ed anche Megan non ebbe nulla da ridire, anche se mi accorsi che mi lanciò un'occhiata un po' strana...

 

Una volta tornate in hotel, iniziai a preparare la valigia, imitata da Megan. Fortunatamente ci impiegai meno tempo del previsto, così mentre le mie amiche finivano di sistemare le ultime cose (il realtà Jana si limitò ad osservare Megan piegare le sue cose), ne approfittai per chiamare Rob su Skype.

Il mio ragazzo si dimostrò entusiasta di fronte al racconto dei nostri itinerari, tuttavia la sua mascella si contrasse quando nominai Michael.

Possibile che ne fosse ancora geloso?

“Quindi uscirai con Michael stasera?”, mi chiese.

Io, Jana e Megan”, precisai con tono neutro.

“Ah, bene!”

Il sollievo nella sua voce era palpabile e la cosa mi irritò notevolmente.

“Sarebbe stato un problema se fossimo stati soli?”, gli domandai.

Lui scosse la testa e disse:

“No, certo! Ma...”.

“Cosa?”

Mi fa innervosire il pensiero che lui possa passare la serata con te, mentre io dovrò accontentarmi di Tom!”, disse ridendo.

Sorrisi di fronte a quelle parole e stavo replicando che ci saremo visti presto, quando una nota voce coprì la mia.

“Jenny mi serve un tuo consiglio su questo top!”, urlò Jana dall'altra parte della stanza.

Rob ridacchiò.

“Jana è in crisi?”, chiese.

“A quanto pare... Immagino sia una cosa della massima importanza”.

“Lo temo anch'io”, convenne.

Ero certa che se non mi fossi precipitata da lei, sarebbe corsa qui a strapparmi il pc dalle mani.

“Beh, vai pure”, disse dopo qualche secondo, tormentandosi le mani. “Non vorrei essere il responsabile di una catastrofe mondiale!”

Scoppiai a ridere e Rob fece lo stesso.

“Ti chiamo domani prima di salire a bordo”, promisi.

“Ci conto! Ti amo”.

“Ti amo”.




Ciao a tutte!!!
Scusate la pubblicazione un po' tardiva, ma sono stata parecchio impegnata!
Comunque eccoci qua!
Vi avevo annunciato che il viaggio in Spagna avrebbe riservato qualche sorpresa ed adesso quest'ultima ha anche un nome: Michael, il ragazzo di Kristen.
Non so se qualcuna di voi avesse previsto un suo "ritorno" in scena, ma mi pareva doveroso concedergli un altro po' di spazio visto il legame che si era creato con Jenny durante il suo soggiorno a Vancouver per le riprese di "Twilight".
Spero che la sorpresa vi sia piaciuta!
Un bacione e a presto!
Vale

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Capitolo 44
*** Capitolo 44 ***


Alle 10:30PM io e le mie amiche ci presentammo al locale fissato con Michael. Lanciai un'occhiata intorno alla ricerca del mio amico, ma c'era moltissima gente e non riuscivo a vederlo.

“Forse è in ritardo”, dissi alle ragazze.

Presi il cellulare e guardai il display. Nessuna chiamata. Megan mi lanciò un'occhiata e aprì la bocca con il chiaro intento di dire qualcosa, ma la richiuse quasi immediatamente, perché Michael si materializzò davanti a noi.

“Ehi ciao!”, ci salutò con un sorriso. “E' stata un'impresa vedervi in mezzo a questa folla!”

“Già. Non credevo che questo posto fosse così popolare!”, commentai. “Jana, Megan, lui è Michael, il ragazzo di Kristen”, precisai.

Nonostante la collega di Rob non fosse esattamente la mia più cara amica non era giusto che Jana ci provasse col suo ragazzo. Inoltre, conoscevo abbastanza la mia amica da sapere che era meglio ribadire il concetto.

“Piacere di conoscerti, Michael”, dissero quasi in coro.

“Piacere mio”.

“Che facciamo? Entriamo?”, chiesi.

Tutti e tre annuirono, così mi feci strada fra la folla ed entrai nel locale seguita dai miei amici.

Una volta ottenuto un tavolo, ci sedemmo e chiacchierammo amichevolmente del più e del meno per un po'. Michael mi diede qualche dettaglio in più sul casting che aveva fatto, dopodiché noi gli raccontammo quello che avevamo visto di Barcellona.

“Quindi perché la tua ragazza non è qui con te in vacanza?”, gli chiese all'improvviso Jana. “Io al suo posto non avrei perso l'occasione di vedere Barcellona!”, aggiunse.

Le tirai un calcio sotto il tavolo.

“Ahi”, esclamò.

Megan trattenne una risata e cambiò prontamente argomento, chiedendo a Michael quali altri progetti avesse.

Il mio amico mi parve sollevato da quell'inversione di rotta. Era evidente che non aveva voglia di parlarne. Tuttavia, la prima volta che c'eravamo visti non mi era sembrato così reticente, quindi ciò mi portò a pensare che fra lui e Kristen le cose non andassero così bene.

 

Un'ora dopo, inaspettatamente, Jana disse che era stanca e voleva tornare in hotel. Rimasi un po' perplessa, ma prima che potessi intervenire, Megan appoggiò la sua proposta.

“Okay”, acconsentii.

In realtà non era molto tardi e mi avrebbe fatto piacere parlare un altro po' con Michael, ma non volevo creare problemi. Ne avrei approfittato per chiamare Rob.

“Beh, tu puoi restare se ti va”, dichiarò Jana con tono solenne. “Tanto hai già finito di preparare la valigia”.

“Okay. Sento se Michael ha voglia di rimanere ancora un po'”.

Il ragazzo, infatti, si era allontanato un attimo per salutare dei conoscenti che erano appena entrati nel locale.

Michael acconsentì di buon grado ed, anzi, sembrò quasi felice di quel cambiamento di programma.

Una volta rimasti soli mi disse:

“Le tue amiche sono molto simpatiche, anche se la biondina è un po'...”.

Ridacchiai. Non era certo la prima persona a non riuscire a trovare la parola adatta per descriverla.

“E' molto bella, però!”, commentò dopo un attimo.

Annuii. Era inutile negarlo. Jana era esattamente il tipo di ragazza che non passava inosservata. Era alta, aveva un fisico invidiabile, eppure, nonostante amasse mettersi in mostra, non lo faceva mai a spese delle sue amiche. Era una persona più profonda e sensibile di quanto non sembrasse.

“Ha un bel caratterino”, convenni con un sorriso, ignorando volutamente il suo ultimo commento.

Michael sorrise e cambiò argomento, chiedendomi come andassero le cose fra me ed il mio ragazzo.

“Potrei chiederti la stessa cosa!”, ribattei, sorridendo.

“Ho altri gusti”.

“Ah ah, divertente! Comunque vanno bene”, risposi infine.

“Non ci parliamo da settimane e tu liquidi la mia domanda con due parole?”

Da quando Michael era così interessato alla mia relazione con Rob?

“D'accordo. Siamo stati dai miei genitori insieme lo scorso mese”.

Il mio amico sgranò gli occhi, chiaramente sorpreso.

“Accidenti! Questa sì che è una novità degna di questo nome”, dichiarò.

Sorrisi un po' imbarazzata, ma poi raccontai a Michael qualche dettaglio sulla nostra visita a Firenze e sull'incontro/scontro iniziale con mio padre. Il mio interlocutore scoppiò a ridere quando gli riferii la contesa circa chi dovesse portare la mia valigia.

“Beh, io l'avrei lasciata a tuo padre volentieri!”, esclamò.

“Sei un vero gentleman, Michael”, commentai sarcastica. “Povera Kristen!”, aggiunsi.

Il suo volto si rabbuiò non appena nominai la sua ragazza. Chiaramente le cose fra loro non andavano così bene...

“Ora è il tuo turno. Come va fra voi?”, gli domandai cauta.

“Come non va”, rispose enigmatico.

“Mi dispiace. Cos'è successo?”

Lui ridacchiò tristemente.

“Non succede mai nulla con lei”, disse in modo brusco. Poi si ricompose ed aggiunse: “Le cose non vanno bene già da tempo... Non c'è più attrazione fra noi. Non fraintendermi, io tengo a Kiki, le voglio bene, ma non è più come prima. Stiamo ancora insieme, ma non stiamo praticamente mai insieme”.

Michael si zittì un attimo e bevve un sorso di birra, poi riprese.

“Sto iniziando a pensare che anche lei non provi più lo stesso per me. Ci conosciamo da anni, siamo cresciuti assieme... Forse è questo il problema”.

“Mi dispiace, Michael”, dissi sincera. “Avete provato a parlarne?”

Kristen non mi piaceva particolarmente, ma nutrivo un sincero affetto per Michael e mi spiaceva che stesse male. Ero certa che stesse soffrendo più di quanto non volesse darmi a vedere.

“Ti spiace se parliamo d'altro?”, mi domandò dopo un minuto di silenzio.

“Ma no, certo”, acconsentii dolcemente.

Chiacchierammo del mio soggiorno a Barcellona ancora per un po', dopodiché uscimmo da locale e Michael si offrì di riaccompagnarmi in hotel. Percorremmo il tragitto scherzando e guardando le vetrine dei locali, ancora colmi di gente.

Una volta arrivati di fronte al mio albergo, mi fermai e gli dissi:

“Beh, io sono arrivata”.

Lui non ne sembrò affatto entusiasta, mi fissò per un istante, poi si sporse verso di me e mi sussurrò all'orecchio:

“Mi ha fatto davvero piacere incontrarti, Jenny! Salutami Robert...”.

“Certo. E' stata una bella sorpresa anche per me”, gli assicurai con un sorriso, che ricambiò.

Michael mi salutò baciandomi sulla guancia, dopodiché si voltò e si allontanò.

 

La mattina seguente, prima di scendere giù per la colazione, telefonai a Rob. Raccontai al mio ragazzo alcuni dettagli della mia uscita con Michael, ma non gli feci parola dei problemi che intercorrevano fra quest'ultimo e la sua ragazza. In fondo il mio amico me lo aveva detto in confidenza; inoltre, non potevo dimenticare che Kristen era una sua collega e quasi un'amica. Era meglio tacere. Ma, cosa ben più importante, la prospettiva che fra poche ore lo avrei rivisto contava più di qualunque altra cosa.




Ciao a tutte e buon week end!!!
La vacanza di Jenny a Barcellona ormai è terminata e la ragazza è sembrata felice di aver inaspettatamente incontrato Michael.
Secondo voi ha sbagliato ad omettere a Rob come stanno le cose fra il suo amico e Kristen?
Voi al suo posto glielo avreste riferito?
Un bacione e al prossimo capitolo!!!
Vale

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Capitolo 45
*** Capitolo 45 ***


Il viaggio di ritorno fu molto tranquillo e fui più che felice quando trovai Rob ad aspettarmi a Londra Heathrow. Il suo sorriso si allargò nel momento in cui mi vide varcare la soglia degli arrivi e mi venne incontro con l'espressione di un uomo che vede un'oasi in mezzo al deserto. Ovviamente, questo provocò le risatine delle mie amiche, ma non avrebbe potuto importarmene di meno.

“Chiaramente moriva dalla voglia di vederti!”, commentò Jana con tono di voce udibile.

Tuttavia, mi fu davvero facile ignorarla, perché Rob era già di fronte a me e mi stava baciando appassionatamente.

Sentivo le sue labbra vogliose sulle mie e non desiderai altro che restare sola con lui per salutarlo come si deve.

Mi resi conto che ci stavamo lasciando andare un pò troppo soltanto quando Megan finse un colpo di tosse. Mi staccai immediatamente dal mio ragazzo, imbarazzata, ed al tempo stesso accaldata. Al contrario Rob sembrava tranquillo: chiaramente non gli importava di avere pubblico.

“Mi sei mancata”, mi sussurrò, sistemandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio. “Ciao Jana, ciao Megan!”, aggiunse a voce più alta.

“Ciao Rob!”, rispose cordialmente quest'ultima con un sorriso.

Jana era troppo intenta a farmi l'occhiolino per salutare il mio ragazzo.

“Dividiamo un taxi?”, proposi alle mie amiche.

Non avevo proprio voglia di prendere la metro.

“Volentieri”, acconsentì Megan. “Jana?”

“Stavolta passo, ragazze. Dovrebbe esserci mio padre”.

“Okay”, le dissi.

Il padre della mia amica era un importante avvocato della City e, almeno stando a quello che lei mi aveva raccontato, non era a casa molto spesso.

Jana ci salutò e raggiunse un uomo alto dai capelli brizzolati.

“Andiamo?”, mi chiese Rob, prendendo la mia valigia con un gesto da vero gentleman. “E' stranamente più leggera di quanto non pensassi!”, esclamò, stupito.

Ridacchiai ed, insieme al mio ragazzo ed a Megan, uscii dall'aeroporto con un enorme sorriso sulle labbra.

 

Una volta lasciata Megan davanti a casa- Rob si era offerto di portarle la valigia dentro visto che non era molto leggera- andammo al mio appartamento.

“Finalmente a casa!”, esclamai, allegra.

“Allora ti sei divertita?”, mi chiese avvicinandosi a me e prendendomi il viso fra le mani.

“Vuoi davvero parlarne adesso?”, gli domandai.

“No”, rispose lui, scuotendo la testa.

“Bene. Perché stavo decisamente pensando ad altro...”.

“Sbaglio, o fa molto caldo?”

“Già”, concordai con voce rotta dall'eccitazione. “Ci saranno almeno 40°”.

“Decisamente di più”, intervenne lui, passando una mano sotto la mia maglietta ed accarezzandomi la schiena nuda.

Lo spinsi contro il muro ed iniziai a sganciare i bottoni della sua camicia. Rob mi baciò sul collo, mi sfilò rapidamente la maglietta e poi scese fino al mio seno. Ogni suo movimento, ogni suo gesto, ogni suo bacio, ogni sua carezza non facevano che aumentare il mio desiderio. Lo volevo, avevo bisogno di sentirlo così vicino. Mi pareva impossibile che fosse trascorsa soltanto una settimana da quando avevamo fatto l'amore.

Senza smettere di accarezzarmi, Rob mi spinse contro il tavolo dell'ingresso. Il contatto con il vetro freddo mi fece rabbrividire ulteriormente.

Mi sdraiai su quella superficie ed avvolsi le gambe intorno ai suoi fianchi. Sentivo le sua mani dappertutto e sapevo che non avrei mai voluto che smettesse di toccarmi on quel modo. Passai le mie dita fra i suoi capelli e lo baciai ripetutamente. Lui percorse il profilo del mio collo con la lingua. Ogni suo tocco sembrava rovente.

I nostri sguardi si incrociarono nell'istante esatto in cui Rob penetrò in me e potei vedere il suoi occhi chiari ardere di eccitazione.

Rob poggiò le testa sul mio seno e restammo entrambi in silenzio, felice di poter condividere quel momento insieme.





Ciao a tutte!!!
Finalmente Jenny e Rob si sono riabbracciati ed entrambi sono sembrati felicissimi di tale incontro!
Tuttavia, molto presto il british guy dovrà partire per la promozione di "Twilight"...
Come faranno i due a gestire tutto questo??
Un bacione e al prossimo capitolo!!
Vale

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Capitolo 46
*** Capitolo 46 ***


Tamburellai nervosamente le dita sul sedile. Dire che la metropolitana era affollata non rendeva minimamente l'idea. Fra l'altro, nonostante fossimo ai primi di Ottobre, il caldo era soffocante. Sbuffai. Indossavo un paio di jeans skinny chiari, una t-shirt grigia ed un cardigan nero, eppure stavo morendo di caldo. Se qualcuno mi avesse detto che avrei quasi desiderato girare in bikini in quel di Londra in autunno, gli avrei riso in faccia; ma forse ormai il mio corpo si era abituato al clima inglese.

Non appena mi resi conto che la prossima sarebbe stata la mia fermata, mi alzai rapidamente e, facendomi spazio fra la folla, mi avvicinai alla porta e, una volta che quest'ultima si fu aperta, scesi finalmente dalla metro.

Sembrava impossibile che l'estate fosse già finita. Soltanto un paio di giorni e avrei ricominciato i corsi al College. Solamente un paio di giorni e Rob sarebbe ripartito per Los Angeles...

Sospirai.

Ero rimasta molto male quando me lo aveva annunciato. Sapevo bene che quel momento presto sarebbe arrivato, ma Agosto era davvero trascorso troppo velocemente, o forse era solo la consapevolezza che ci saremo dovuti separare di nuovo a farmi sembrare che il tempo volasse. Era come se, più cercassi di afferrarlo, tanto più questo scorresse rapidamente.

Se non altro i miei sarebbero venuti a trovarmi per il mio compleanno, il 15 Ottobre, e non avrei potuto esserne più felice.

Non sapevo con esattezza quale miracolo li avesse finalmente convinti a mettere piede nella “piovosa città inglese”, ma forse sentivano la mia mancanza più di quanto non credessi.

Sorrisi serena pensando alla mia famiglia, ma poi sospirai di nuovo quando il volto di Rob si fece strada nella mia mente.

Le cose fra noi andavano benissimo, eppure non mi sentivo tranquilla: avevo la terribile sensazione che qualcosa di poco piacevole fosse dietro l'angolo, pronto a colpirmi non appena avessi chiuso gli occhi.

La verità era che mi pareva assurdo che il mio ragazzo non potesse stare con me il giorno del mio compleanno; tuttavia il suo lavoro doveva avere la precedenza e, anche se razionalmente lo capivo perfettamente, ciò non significava che mi facesse piacere. Le settimane successive, ma forse sarebbe stato più corretto dire i mesi successivi, sarebbero state molto intense per Rob fra photoshoot, eventi ed interviste a non finire.

Ricacciai a forza indietro una lacrima e strisciai la mia Oysted Card per uscire dalla stazione della metropolitana.

 

Mi svegliai alle prime luci dell'alba e la prima cosa che feci, ad occhi chiusi, fu toccare il lato destro del letto.

Sentii una stretta al cuore al contatto con il lenzuolo freddo e vuoto.

Erano circa dieci giorni che Rob era partito per Los Angeles e mi mancava ogni giorno di più. Inoltre, svegliarmi accanto a lui era una delle cose che preferivo ed alla quale non avrei mai voluto rinunciare.

Sospirai e decisi di alzarmi: era inutile starsene a letto da sola, così mi feci una rapida doccia e, quando ebbi finito, diedi un'occhiata all'orologio. Segnava le 7AM, quindi in California erano circa le 10PM... Per un istante pensai di chiamarlo, ma non volevo stargli troppo addosso: in fondo era là per lavorare, anche se dubitavo fortemente che fosse quello che stava facendo a quell'ora di notte. Tuttavia, decisi che gli avrei telefonato più tardi...

Presa quella decisione, aprii l'anta dell'armadio, indossai un abito leggero ed un cardigan abbinato ed uscii di casa, sbattendo forte la porta.

 

“Un chocolate muffin e un tè caldo, per favore”, dissi alla ragazza dietro al bancone dello Starbucks.

“Lo mangi qui, o lo porti via?”, mi chiese, con fare efficiente.

“Lo porto via, grazie”.

Pagai la mia colazione ed uscii dal bar.

Era una splendida giornata di sole così pensai di fare una passeggiata fino a Green Park e di mangiare lì, in mezzo alla natura.

Una volta arrivata, notai una panchina libera e mi ci buttai. Bevvi un sorso di tè, ma era ancora ustionante. In attesa che raggiungesse una temperatura umanamente accettabile, diedi un morso al muffin. Era delizioso.

I chocolate muffins erano anche i preferiti di Rob...

Mi stavo riducendo a mangiare un muffin, perché era il suo preferito?

Ottimo!

Per distrarmi da quel pensiero e da lui, presi ad osservare le persone intorno a me, ma non erano molte. In effetti, probabilmente dipendeva dal fatto che erano soltanto le 8 di sabato mattina.

Per un attimo avevo pensato di passare da Megan per chiederle di fare colazione insieme, ma poi avevo cambiato idea. Di certo la mia amica stava ancora dormendo ed io non avevo la faccia tosta di Jana per farle da sveglia umana, solo perché ero già alzata.

Sospirai di nuovo e tentai di gustarmi il mio muffin. Stavo pensando di tirare fuori dalla borsa il nuovo romanzo di Sophie Kinsella che avevo acquistato il giorno precedente, quando un suono inconfondibile mi fece sussultare di gioia.

Il mio cellulare stava squillando. Ma non era stato questo ad entusiasmarmi: si trattava della suoneria che avevo messo espressamente al numero di Rob!

Afferrai il telefono rapidamente ed il mio cuore fece i doppi salti mortali quando sentii la sua voce.

“Spero di non averti svegliata!”, mi disse, non appena gli risposi.

“No, tranquillo tesoro! Stavo solo facendo colazione, a Green Park”, gli comunicai con un sorriso, sebbene non riuscissi ad immaginare una sveglia migliore.

“Ah, bene! Sono appena rientrato ed avevo voglia di sentire la tua voce”, disse.

Sorrisi a trentadue denti a quelle parole. Sapevo di mancargli quanto lui mancava a me, ma era bello sentirselo dire.

“Come stanno andando le cose?”

“Vanno”, risposte, enigmatico. Poi aggiunse: “In realtà qui è una noia mortale! Non sono fatto per vivere a Los Angeles! Mi manca Londra e mi manchi tu!”

“Mi manchi anche tu, amore”.

Mi lasciai sfuggire un sospiro.

“Tutto bene?”, mi domandò Rob, premuroso.

Cosa potevo rispondergli? Che avevo una brutta sensazione senza nessun motivo apparente? Che desideravo a tal punto averlo con me che avrei voluto chiedergli di tornare qui? Non potevo.

“E' tutto apposto!”, gli assicurai, cercando di apparire tranquilla. “Tremo soltanto all'idea degli orari dei corsi che dovrò frequentare questo semestre. Sono usciti oggi e sono terribili!”

Lui scoppiò a ridere.

“Fortuna che non devo preoccuparmene io! Comunque cerca di sopravvivere almeno fino al mio rientro!”

“Farò il possibile, ma non ti prometto nulla!”

“D'accordo”, disse con un sonoro sbadiglio.

“Amore, forse è meglio se ci risentiamo più tardi”, gli dissi.

“Ma no! Sono sveglio! E poi devi raccontarmi cos'hai fatto in questi giorni”.

“Okay!”

Parlammo per un'altra mezzora, ma quando mi resi conto che aveva iniziato a rispondermi a monosillabi, lasciandomi da sola a fare un monologo con il telefono, gli dissi:

“Rob? Ci sei ancora?”

“Eh? Cosa? Sì, sì, ti sto ascoltando...!”

Ridacchiai.

“Cosa ti ho detto?”

Silenzio.

“Ehm... Qualcosa su un professore... Ehm... Scusami, mi sono distratto un momento...”.

Certo. Probabilmente con la testa sul cuscino.

“Rob, vai a dormire prima di crollare sul telefono!”

“In effetti dubito che sia confortevole... Ci risentiamo domani, okay?”

“Certo!”

Stavo per salutarlo e riattaccare, quando Rob mi sussurrò:

“Jenny... Sai che ti amo, vero? Ti prometto che sarò a casa presto”.

“Lo so. Fa quello che devi fare, non scapperò da nessuna parte”.

“Bene. Perché ti troverei!”

“Lo terrò presente. Buona notte, Rob”.

“Buona giornata”, replicò ridacchiando, dopodiché riattaccò.

Dopo la telefonata con Rob mi sentii molto più calma e finalmente riuscii a godermi davvero quella mattinata di quiete a Green Park.




Ciao a tutte!!!
Purtroppo il momento tanto temuto è arrivato: la campagna promozionale di "Twilight" è iniziata e Rob è partito alla volta di Los Angeles.
Nonostante tutte le sue costanti rassicurazioni, Jenny ha un brutto presentimento, qualcosa che non sa spiegarsi...
A chi non è mai successo?
I suoi timori si riveleranno fondati?
Rob le starà nascondendo qualcosa?
Un bacione e al prossimo capitolo!!!
Vale
PS. Buon week end!

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Capitolo 47
*** Capitolo 47 ***


I giorni che seguirono furono tutt'altro che tranquilli. Come avevo previsto, il college mi tenne impegnata praticamente sempre, ma se non altro così non avevo neppure il tempo di pensare troppo all'assenza del mio ragazzo. Per cui, non era una cosa del tutto negativa.

Inoltre, l'arrivo dei miei in vista del mio compleanno era stata una manna dal cielo. Ero felice di averli con me. Chissà, forse sarei addirittura riuscita a farli innamorare di Londra! Non ci contavo molto, ma provare non costava nulla.

Dal momento che il mio appartamento era decisamente troppo piccolo per ospitare altre due persone, i miei genitori avevano prenotato un hotel a Soho, il quartiere dove vivevo.

Visto che si trattava della loro prima visita in Inghilterra, avevo deciso di farli fare un bel giro turistico per la città, iniziando dal cambio della guardia a Buckingam Palace. Solo una volta lì, mi resi conto che non l'avevo mai visto neanch'io. Era paradossale, ma avevo sempre evitato i luoghi un po' troppo turistici. Preferivo camminare tranquilla per i parchi e le vie della città, senza ritrovarmi continuamente immersa nella folla. Tuttavia, la visita dei miei valeva questo sforzo.

Dopo pranzo li portai a mangiare qualcosa a Covent Garden e gli mostrai vari mercatini a Notting Hill. Mia madre rimase sorpresa dalla marea di ragazze in fila per farsi fotografare di fronte al Travel Bookshop e la sua espressione incredula divenne ancora più marcata quando le spiegai che lo facevano perché era il luogo in cui avevano girato una delle scene finali di “Notting Hill”, il film con Julia Roberts e Hugh Grant.

“Non capisco perché la gente si emozioni così tanto per una cosa del genere”, commentò mio padre. “Neanche ci fossero gli attori lì!”

“E' un luogo importante per alcune persone”, dissi con un sorriso.

Anch'io avevo amato molto il film, ma effettivamente non avevo mai scattato una foto lì. Ero capitata nei dintorni con Rob una domenica mattina, ma non avevo avuto la forza di chiedergli di scattarmela... Di certo avrebbe ridacchiato in maniera irrefrenabile. Meglio evitare quell'imbarazzo.

 

Il giorno seguente ebbi anche l'occasione di far conoscere le mie due migliori amiche ai miei genitori.

Facemmo un giro tutti insieme per Hyde Park e la giornata trascorse piacevolmente. Era da un bel po' che non vedevo i miei così rilassati.

Jana e Megan restarono con noi per un paio d'ore, dopodiché ci salutarono.

Dal momento che il tempo prometteva pioggia, decisi che era meglio correre ai ripari e, visto che mio padre non aveva voglia di rinchiudersi in un museo, proposi un giro al Westfield, a Shepherd Bus.

Ovviamente mia madre fu entusiasta dell'idea, mentre mio padre storse in naso, ma non disse nulla.

“Beh, questo sì che è un centro commerciale con la “C” maiuscola!”, commentò mia madre, esausta, dopo un paio d'ore che eravamo lì.

“Serve quasi una mappa per non perdersi!”, aggiunse, sorridendo.

Effettivamente era enorme, se confrontato con quelli a cui ero abituata in Italia. La prima volta che ero stata lì insieme a Jana avevo avuto non poche difficoltà a ritrovarla dopo che c'eravamo separate un attimo. Immenso forse non era sufficiente per rendere l'idea!

“Dopo un paio di volte ci si inizia ad orientare!”, le assicurai. “Tutto sta nel localizzare i vari negozi”.

“Allora- riprese mia madre- Robert come sta?”

“Impegnato”, le risposi.

“Lo credo bene. Non dev'essere una passeggiata la promozione di un film”.

“Non lo è infatti...”.

Quando tornerà a Londra?”, mi chiese mio padre, intervenendo dopo qualche minuto di silenzio nella conversazione.

“Non lo sa ancora... Forse fra una settimana”.

“Dai non è molto!”, affermò mia madre con entusiasmo per cercare di rincuorarmi.

“Già... Non è molto".

Peccato che non potrà essere qui domani, aggiunsi mentalmente.

“Sono sicura che vorrebbe festeggiare il tuo compleanno con te, cara. Quel ragazzo ti adora”.

“Lo so”, le assicurai con un sorriso.

“Beh, farai qualcosa con le tue amiche?”, mi domandò dopo un po'.

“Veramente pensavo di trascorrere la giornata con voi!”, esclamai. “Siete venuti a Londra sfidando la pioggia e il cielo grigio!”, aggiunsi con tono melodrammatico.

Mia madre sorrise.

“Possiamo vederci il giorno per pranzo”, disse mio padre. “Così la sera potrai festeggiare con le ragazze”.

“Mi pare un'idea eccellente!”, acconsentì mia madre.

“Siete sicuri?”, domandai.

In effetti quasi certamente mi sarei divertita molto di più con Jana e Megan piuttosto che con loro, ma non volevo rischiare di apparire sgarbata. In fondo si erano fatti due ore di volo per stare con me.

“Certamente. Io e tua madre faremo un giro come due veri turisti domani sera”.

“Grazie papà”.

 

Una volta usciti dal Westfield, accompagnai i miei al loro hotel e poi tornai al mio appartamento.

Mi ero addormentata da qualche minuto, o per lo meno così mi era sembrato, quando un suono fastidioso mi fece sobbalzare dal letto. Mi misi a sedere e cercai, intontita, la fonte di quel rumore. Sbuffai quando mi resi conto che era il mio telefono.

Perché non lo avevo spento?


Maledizione!

Stavo dormendo così bene...

Fra l'altro, chi poteva essere tanto idiota da chiamarmi nel cuore della notte?

Sbuffai di nuovo e mi alzai per afferrarlo. Diedi un'occhiata al display: numero sconosciuto.

Chiaro!

Qualcuno aveva sbagliato numero!

Ed aveva chiamato me... Che fortuna!

Per un attimo pensai di non rispondere, ma ormai ero sveglia...

“Pronto...”, risposi con voce assonnata e molto scocciata.

Sentii qualcuno ridacchiare dall'altra parte.

Il tizio (o la tizia) oltre ad avermi svegliata, rideva pure. Di bene in meglio!

“Buon compleanno, piccola!”, disse una voce maschile altamente hot.

Ero così assonnata che mi ci vollero due secondi buoni per realizzare che l'idiota era il mio ragazzo!

Spalancai gli occhi.

“Direi che stavolta ti ho decisamente svegliata!”, aggiunse, ridendo.

Risi anch'io.

“Direi di sì. Grazie comunque!”

“Mi dispiace, ma volevo essere il primo in assoluto a farti gli auguri”, dichiarò.

“Beh, lo sei stato sicuramente!”, affermai. “Ma perché non mi hai chiamata dal tuo telefono? Di chi è questo numero?

Lui risi più forte.

“E' di Taylor. Gli ho sequestrato il cellulare. Il mio è scarico”, mi spiegò.

“Ah... Okay! Mi stavo giusto chiedendo quale pazzo potesse chiamarmi a quest'ora!

“Beh, ora lo sai!”, esclamò Rob.

“Già”.

“Beh, ti richiamo domattina, la tua mattina, a un orario più umano, okay?”

“Okay!”, dissi e feci per riattaccare.

“Jenny?”, mi richiamò la voce di Rob dall'altra parte del telefono.

“Sì?”

“Ti amo. Buon compleanno”.

“Grazie. Ti amo anch'io”, dissi, dopodiché riattaccai e, per essere certa che nessun altro potesse svegliarmi, spensi il telefono.

Avevo ricevuto gli auguri da parte di Rob: per tutti gli altri potevo aspettare ancora qualche ora. Appoggiai il telefono sul comodino e mi rimisi a dormire, soddisfatta del mio primo regalo di compleanno.




Buon week end a tutti!!!
Rob e Jenny sono ancora lontani, ma fra loro tutto sembra filare liscio.
Anzi, il suo british guy ha addirittura aspettato le 00:01 pur di essere il primo a farle gli auguri... A chi non piacerebbe un risveglio così?? :)
Un bacione e al prossimo capitolo!
Vale

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Capitolo 48
*** Capitolo 48 ***


Al mio risveglio il sole splendeva e l'aria era fresca e piacevole. Mi alzai e feci una rapida doccia, poi mi vestii e, con un sorriso sulle labbra, raggiunsi il solito Starbucks per fare colazione con Jana e Megan.

Non appena mi videro arrivare, le mie amiche mi vennero incontro con un sorriso.

“Tanti auguri!”, esclamarono in coro.

“Grazie!”

“Penso proprio che siamo state le prime!”, dichiarò Jana, con orgoglio. “Quando ti vedi coi tuoi?”

“Per pranzo”, le risposti e poi aggiunsi, con un sorrisetto divertito: “Mi spiace, ma Rob vi ha precedute, Jana. Mi ha chiamata a mezzanotte in punto!”

“Oh accidenti!”

“Che carino!”, commentò Megan.

Sorrisi, entusiasta, per la premura del mio ragazzo.

“Beh, se non altro siamo state le seconde”, affermò Jana con un sorriso subito dopo.

Non le piaceva non essere la prima.

“Entriamo, o no? Sto morendo di fame!”, domandò.

Io e Megan annuimmo. In effetti anch'io avevo parecchia fame.

Dopo aver ordinato, ci sedemmo intorno al nostro solito tavolino in fondo al locale e ci gustammo, chiacchierando del più e del meno, la nostra colazione.

Come avevo previsto, la conversazione tornò subito su Rob.

“E' stato davvero tenero a chiamarti subito”, ripeté Megan con un sorriso.

“Fra l'altro, l'ho anche insultato mentalmente prima di sapere che si trattava di lui... Mi domandavo quale pazzo sconosciuto potesse chiamarmi in piena notte!”, confessai, un po' imbarazzata.

Le mie amiche scoppiarono a ridere.

“Non dirmi che lo hai insultato!”, disse Jana, ridendo a crepapelle.

“No, ma c'è mancato davvero poco!”, ammisi.

“Beh, è stato molto dolce”, fu costretta ad affermare anche lei. “Fra quanto dovrebbe tornare qui?”

“Tre o quattro di giorni!”, risposi con un sorriso entusiasta.

Rob mi aveva mandato un sms per dirmelo alle 4AM.

“Fortunatamente avevo spento il telefono!”, conclusi, dopo aver raccontato loro i dettagli di come avevo ricevuto la notizia.

“Aveva proprio intenzione di non farti dormire stanotte!”, disse Jana, con un tono così volontariamente allusivo, da farmi arrossire.

 

Dopo aver salutato le mie amiche tornai a casa, mi cambiai ed andai a Victoria Station, dove avevo appuntamento con i miei.

Prendemmo la metro fino a Covent Garden e pranzammo in un delizioso ristorante all'aperto.

Avevo dimenticato quanto fosse piacevole trascorrere del tempo con i miei genitori e promisi a me stessa, ed anche a loro, che sarei andata a trovarli più spesso. Anche prima di trasferirmi a Londra non avevamo festeggiato quasi mai il mio compleanno insieme: di solito preferivo rintanarmi da qualche parte con le mie amiche, o col mio ragazzo, e loro non ne avevano mai fatto un problema. Passare di nuovo quella giornata così mi fece sentire quasi di nuovo un'adolescente, sebbene ormai avessi compiuto vent'anni.

“Hai già sentito Robert?”, mi chiese mia madre, mentre mio padre era alla cassa a pagare il conto.

Annuii.

“Sì, mi ha fatto gli auguri stamattina”, mentii.

“Ah che carino”.

Sorrisi.

Non so quale fosse la ragione che mi avevesse spinta a modificare leggermente la verità; forse semplicemente non volevo far apparire il mio ragazzo un pazzo che chiama nel cuore della notte.

“Dovrebbe rientrare a Londra fra qualche giorno”, aggiunsi.

“Oh bene! Non mi piace saperti qui da sola!”, commentò lei, visibilmente sollevata.

Mi sentii un po' a disagio. Di certo non avevo bisogno di un bodyguard e certamente non riuscivo proprio ad immaginarmi Rob in quelle vesti.

Stavo per risponderle che non c'era alcun motivo perché si preoccupasse, quando mio padre riapparve davanti a noi.

Uscimmo dal locale e percorremmo a piedi qualche centinaio di metri.

Erano soltanto le 2PM e non avevo proprio voglia di tornarmene a casa, tuttavia non sapevo cosa proporre ai miei. Stavo per suggerirli un giro per Green Park, quando sentii una voce nota pronunciare il mio nome. Mi voltai ed osservai stupita il volto della persona davanti a me, anzi delle persone di fronte a me.

“Jenny! Ciao!”, mi salutò Liz con un sorriso. “Buon compleanno!”, disse, baciandomi sulla guancia.

“Grazie, Liz!”.

“Buon compleanno, tesoro!”, ripeté Clare, sua madre, abbracciandomi.

Calò un silenzio imbarazzante.

Chiaramente i miei genitori si stavano domandando chi fossero le persone con cui mi ero fermata a parlare.

Non avevo mai pensato molto all'incontro fra la mia famiglia e quella di Rob, ma di certo non avrei mai immaginato che sarei stata sola in quel momento.

Presi fiato e li presentai.

Fortunatamente mio padre salutò la signora Pattinson con una stretta di mano cordiale e riservò un sorrise amichevolmente a sua figlia.

Tirai un sospiro di sollievo.

Mia madre e Clare si salutarono sorridenti e le vidi scambiarsi un'occhiata sfuggente, e carica di sottintesi, che non fui in grado di comprendere.

Liz mi sfiorò un braccio con aria complice.

“Dove stavate andando?”, mi chiese sottovoce.

Green Park”, le risposi, ricordandomi soltanto dopo che non lo avevo detto ai miei.

“Beh, anche noi pensavamo di respirare un po' d'aria fresca. Andiamo insieme, o ti pare troppo pericoloso senza mio fratello?”

Ridacchiai.

“Mi pare perfetto”.

Feci la proposta ai presenti e tutti si dichiararono entusiasti di quell'idea.

Dissi qualcosa ai miei sui Pattinson, ma per il resto mi tenni in disparte con Liz, mentre i miei genitori parlavano con Clare.

La situazione era semi-comica.

Chissà cos'avrebbe detto Rob se fosse stato presente...

Accidenti se mi mancava!

“Tutto okay?”, mi chiese Liz, distogliendo lo sguardo da un paio di scoiattoli che si contendevano un pezzetto di pane e lanciandomi una strana occhiata.

“Sì, sto benissimo. Stavo solo pensando a tuo fratello”, le risposi, come se questo fosse sufficiente a farle capire tutto.

Lei annuì.

“Mi ha telefonato stanotte per farmi gli auguri”, le rivelai con un sorriso.

Lei scoppiò a ridere.

“Mio fratello è scemo! Ma non tiene conto del fuso orario prima di chiamare?!”

Risi anch'io.

“Di solito sì. Ma ha detto che voleva essere il primo a farmi gli auguri!”, le spiegai.

Lei scosse la testa, divertita.

“Mi spiace, sappi che è sempre stato idiota!”

“Lo terrò presente!”

“Ti ha già dato il tuo regalo?”, mi domandò dopo un paio di minuti di silenzio.

“No, è a Los Angeles. Dubito possa spedirmelo per posta! Arriverebbe dopo di lui, no?”

“Io non ci giurerei...”.

“Liz? Sai cos'è?”, le domandai curiosa.

“Sì, ma se te lo dicessi sarei morta in poco tempo, lui finirebbe in galera e tu non avresti il tuo regalo”.

“Dai, non gli dirò nulla!”, le assicurai.

“Niente da fare, mi dispiace! Tanto, conoscendolo, ti chiamerà stasera per dartelo!”

“Mi chiamerà stasera per darmelo?”, ripetei, perplessa.

Liz si limitò ad annuire.

Ero sempre più confusa.

Che genere di regalo si poteva dare per telefono?

Mah...

Non avevo mai amato particolarmente le sorprese. Ricordo che una volta desideravo ardentemente la nuova versione di Barbie e, invece, mi ero trovata sotto l'albero di Natale un puzzle di Minnie. Decisamente, odiavo le sorprese.

Tuttavia, il solo fatto che il dono provenisse da Rob mi bastava a renderlo speciale.

Trascorsi il pomeriggio con i miei genitori e parte della famiglia del mio ragazzo, dopodiché riaccompagnai i miei in hotel e tornai a casa a prepararmi per la serata con le mie amiche.

Non avevamo organizzato niente di speciale: solo una cenetta informale in un pub, probabilmente avremo ordinato del semplice fish and chips.

In effetti tutto quel camminare per il parco mi aveva messo fame e mancava ancora più di un'ora all'incontro con le mie amiche.

Sospirai e soppesai l'idea di mangiare qualcosa prima di andare.

Tuttavia, notai che il display del mio cellulare stava lampeggiando.

Un nuovo messaggio.

Lo aprii distrattamente e la mia fame passò in un lampo, quando lessi che proveniva da Rob.

Puoi andare su Skype?”

Sorrisi e gli risposi:

Certo! Però ho poco tempo... Devo vedermi con Jana e Megan fra poco”.

Lui rispose a velocità record: probabilmente aveva atteso con il telefono in mano.

Devo darti il tuo regalo!!!”

A quanto pare Liz aveva ragione: tuttavia non avevo davvero nessuna idea su cosa potesse essere. Beh, a quanto pareva, stavo per scoprirlo!

Okay!”

Sorrisi ed attesi pazientemente che il computer si connettesse.

Quando finalmente ce la fece, aprii Skype e chiamai Rob.

Rispose all'istante.

“Credevo che stessi andando a comprare il computer in un negozio!”, ridacchiò.

“Divertente! Non è che il tuo regalo è un portatile nuovo, vero? Ne avrei decisamente bisogno!”, ribattei.

“No, mi spiace deluderti!”.

“Okay, sopravviverò”.

Restammo a fissarci in silenzio per qualche istante.

Da quello che potevo vedere, Rob indossava una t-shirt bianca ed una camicia a quadretti. Sorrisi, rincuorata nel vederlo con i suoi soliti indumenti.

“Perché stai ridendo?”, mi chiese con un sorriso mozzafiato, guardandomi con aria un po' perplessa.

“Niente”.

“Mi dispiace per la sveglia notturna”, disse dopo un po'. “Non credevo che stessi già dormendo”.

“Beh, ero da sola. Cos'altro avrei dovuto fare?”.

Lui ridacchiò, lo sguardo ardente di desiderio. Lo stesso che provavo io.

Allungai una mano e toccai lo schermo del computer. Quanto avrei desiderato poter accarezzare il suo viso.

“Mi ha fatto piacere ricevere i tuoi auguri per primi”, gli confidai, un po' imbarazzata.

Lui arricciò il labbro.

“Bene, perché non ero assolutamente dispiaciuto di averti svegliata!”, esclamò.

La sua spontaneità mi aveva sempre colpito. Non credevo che sarei mai riuscita ad abituarmi a stare accanto ad una persona totalmente programmata. Non sarebbe stato altrettanto interessante, sebbene nelle ultime settimane avessi quasi iniziato a rimpiangere la nostra vecchia routine quotidiana.

Mi mancava il modo in cui Rob mi riponeva i capelli dietro l'orecchio, mi mancava il modo in cui mi guardava la mattina al suo risveglio (quella mattiniera ero quasi sempre io!).

Ogni piccolo gesto quotidiano mi mancava. Persino il fatto che si scordasse sempre di riporre il dentifricio nella sua bustina, o di mettere subito i piatti sporchi nel lavello.

Ma soprattutto mi mancava averlo al mio fianco e sentirgli dire che mi amava. Purtroppo sentirselo dire per telefono, o su Skype per me non era la stessa cosa.

Non sapevo come vivessero i suoi la sua prolungata lontananza, ma dal momento che se ne era andato per i fatti suoi a soli 17 anni, una volta finito il liceo, mi faceva intuire che ormai si fossero abituati.

Io invece no.

Sapevo che il suo mestiere lo avrebbe portato a girare film all'estero, ma nella mia ignoranza da profana, non avevo la minima cognizione che un film dovesse costantemente essere seguito da promozioni in giro per il mondo. Fra l'altro, a dire di Rob, si trattava addirittura di un film a basso costo. Come si potesse definire tale un progetto costato oltre 30 milioni di dollari per me restava un mistero. Ma io ero una profana. Mi era sempre piaciuto andare al cinema, vedere film, ma non avevo idea di come funzionasse la parte della pre e post-produzione. Adesso, purtroppo, stavo iniziando a capirci qualcosa...

“Quindi uscirai con Jana e Megan stasera?”, mi domandò.

“Sì. Festeggeremo il mio compleanno con una deliziosa cenetta a base di fish and chips!”, gli risposi con un sorriso.

“Adoro il fish and chips!”

“Lo so”, affermai ridendo. “Ah! Oggi ho incontrato tua madre e Liz”.

“Davvero?”, mi chiese, sorpreso.

Annuii e gli raccontai i dettagli dell'incontro.

Ero davvero rimasta stupita, e sollevata, che i miei genitori e Clare si fossero trovati così bene a parlare fra loro. In effetti non mi ero azzardata a chiedere ai miei di cosa avessero parlato. Ma non era difficile intuire che l'argomento fossimo io e Rob. Forse avrei fatto bene ad informarmi...

“Per cui le nostre famiglie ora si conoscono”, sentenziò Rob.

“Beh, tuo padre non c'era”, gli ricordai.

“Giusto... Beh, lasciamo stare i nostri vecchi! Ho un regalo da darti, amore”.

“Sì, tua sorella mi accennato qualcosa....”.

La sua espressione alle mie parole si fece guardigna.

“TI HA DETTO QUALCOSA?”

Ehm, no... Solo che sapeva qual era il regalo”, gli risposi, sorpresa dalla sua reazione.

Si trattava di un regalo, o di un segreto di stato?

Iniziavo a credere che potesse essere la seconda opzione...

Lui tirò un sospiro di sollievo e si calmò.

“Scusa, ma le ho ripetuto fino alla nausea che non doveva dirti nulla! Ma avevo bisogno di una spia”.

“Okay... Ora inizi a spaventarmi”.

“D'accordo”, disse ridendo. “Apri le mail”.

“Come?”

“Apri le mail”, ripeté.

“Va bene...”, acconsentii e feci come mi diceva.

La situazione era sempre più strana.

Aprii la mia casella email ed attesi pazientemente che caricasse quella proveniente dal mio ragazzo.

Rob si passò nervosamente una mano fra i capelli spettinati ed attese in silenzio. Riuscivo quasi a sentire la sua tensione attraverso il computer.

Quando finalmente il messaggio si aprì, rimasi senza parole. Letteralmente. Forse avevo letto male. Anzi, sicuramente. Continuai a fissare lo schermo senza emettere un suono. Sentivo gli occhi di Rob fissi su di me. Ma non riuscivo a parlare. Ero sopraffatta dall'emozione. Non riuscivo a credere a quello che stavo leggendo. Come potevo accettare un regalo de genere?

“Amore...”, iniziai, appena recuperai la capacità di mettere insieme due parole.

Lui mi bloccò immediatamente, poggiando la sua mano sullo schermo. Probabilmente dove vedeva la mia bocca.

“Mi hanno pagato più del previsto! Ho qualcosa da fare dopo mesi, per non dire anni, di nulla assoluto e volevo fare un viaggio con te”.

“Ma una settimana a Parigi?”

“L'hotel è economico, anzi probabilmente è orrendo! Non sono mai stato il tipo da grandi hotel, per cui non li so neppure scegliere. E poi... Tu mi hai fatto un regalo, il regalo più bello che abbia mai ricevuto. Questo è solo una stupidaggine a confronto”.

“Ho organizzato una festa a sorpresa!”

E hai sopportato i miei amici per tutta la serata. E hai sopportato me”, precisò.

Hai ragione: merito quel viaggio”.

Tu meriti tutto”, ribatté.

Lo fissai negli occhi.

“La settimana va bene?”, mi domandò subito dopo.

“E' perfetta”.

“Grande!”, esclamò, soddisfatto.

Sentii una voce femminile chiamarlo per nome.

Chi poteva essere?

“Accidenti, è Catherine...”, disse con un sospiro. “Mi spiace, ma devo proprio andare, amore. Temo che sia qui per requisirmi”, aggiunse.

“Vai pure. Ci sentiamo più tardi, okay?”

“Può darsi che faccia troppo tardi per il tuo fuso orario...”.

“Okay, allora ti chiamo io domani. E...”.

“Sì?”

“Grazie. E' un regalo bellissimo”, gli dissi grata.

“Ricordatelo anche quando vedrai quell'hotel, eh?”

“Te lo prometto”.

“Robert!”

Stavolta la voce di Catherine era così chiara, che la sentii anch'io.

“Ti lascio andare prima che Catherine ti tagli la testa!”

“Già, forse è meglio. Buon compleanno, Jenny. Ti amo, piccola”.

“Ti amo anch'io”.

Spensi il pc con un sorriso sulle labbra e andai a finire di prepararmi per la serata con le mie amiche.



Ciao a tutte!!!
Inizio scusandomi per aver saltato una settimana, ma vari imprevisti mi hanno impedito di aggiornare la storia gli scorsi giorni...
Per farmi perdonare, pubblicherò il prossimo capitolo mercoledì!^^
Rob è ancora a Los Angeles, ma nel frattempo a Londra sono successe molte cose, fra cui l'incontro fra Clare e i genitori di Jenny. I tre sono sembrati andare molto d'accordo... Secondo voi hanno parlato dei loro figli, o si sono limitati a commentare la città?
In ogni caso, Rob è finalmente riuscito a "dare" il suo regalo a Jenny: un romantico viaggio a Parigi.
A chi non piacerebbe? ;)
Qualcuna avrebbe desiderato che la ragazza ricevesse un dono differente? Avevate qualche idea?
Un bacione e a mercoledì con il prossimo capitolo!^^
Vale

 

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Capitolo 49
*** Capitolo 49 ***


Raggiunsi Jana e Megan in un pub a Covent Garden, che avevano aperto da poco e, fra una chiacchiera e l'altra le ore trascorsero velocemente ed alla fine fui davvero soddisfatta del modo in cui avevo trascorso il mio compleanno. Probabilmente, nonostante l'assenza di Rob, era stato il migliore. Speravo solo che l'anno seguente ci sarebbe stato anche lui. Così sarebbe stato davvero perfetto.

Ancora non riuscivo a credere che saremo andati a Parigi insieme! La Ville Lumière mi aveva sempre affascinata e di certo visitare la città più romantica del mondo con lui sarebbe stato magnifico. Ero così felice che tutto mi sembrava più bello. Avrei quasi voluto correre per strada cantando ed abbracciando tutti! Tuttavia, non ci tenevo a finire in un ospedale psichiatrico; senza considerare il fatto che ero completamente stonata. No, era decisamente meglio tenere privata la mia felicità.

Raccontai ai miei genitori del regalo a sorpresa di Rob e mia madre ne fu entusiasta quasi quanto me. Non a caso definì il mio ragazzo il mio “Principe Azzurro”, sotto lo sguardo sbigottito di mio padre; stavolta anche lui fu costretto a strabuzzare gli occhi. Probabilmente stava iniziando a riconsiderare le sue prime impressioni su di lui. Almeno così mi auguravo.

 

Ormai il giorno della partenza dei miei genitori era arrivato e mia madre mi abbracciò commossa al momento dei saluti.

Mi avevano costretta a non scortarli in aeroporto, così ero passata al loro hotel con la colazione.

Era incredibile come quei giorni fossero volati. Sentii un groppo in gola abbracciando mio padre, ma mi sforzai di non piangere. In fondo non ci stavamo dicendo addio: sarei andata a trovarli appena l'università me lo avesse permesso e visto che la “piovosa Londra” aveva sedotto anche loro, mi promisero che sarebbero tornati presto.

Ero contenta che avessero compreso il fascino di quella città. Ormai la consideravo a tutti gli effetti casa. Non mi ero mai sentita così me stessa a Firenze, nonostante fossi nata e cresciuta lì. Non ero mai riuscita a spiegare le mie sensazioni neppure a me stessa. Era così e basta. Amavo Londra ed adoravo vivere lì. Non l'avrei scambiata con nessun altro luogo al mondo.

 

Dopo la partenza dei miei genitori, il rientro di Rob era imminente. Ancora un paio di giorni e ci saremo riabbracciati.

Fremevo così tanto all'idea di stare con lui, che andai ad aspettarlo direttamente all'aeroporto di Heathrow il giorno del suo arrivo. Purtroppo il suo volo aveva ben 3 ore di ritardo, per cui mi sedetti nella sala d'attesa e cercai di far trascorrere più velocemente il tempo, leggendo una rivista che avevo acquistato in una delle numerose edicole dell'aeroporto. Sfogliavo le pagine con disattenzione, non avevo il minimo interesse per il nuovo fidanzato di Cameron Diaz, e ne nutrivo ancora meno per sapere il nome del chirurgo plastico delle stars. Chiusi la rivista e la poggiai sulla sedia vuota accanto a me.

Nessuna notizia del volo di Rob. Sospirai, impaziente.

Mi alzai e diedi un'occhiata alle vetrine. Stavo pensando di entrare da Claire's, quando finalmente notai il volo di Rob in arrivo. Il mio cuor fece un salto mortale. Lasciai perdere immediatamente il negozio e mi precipitai verso gli arrivi.

Per fortuna non dovetti aspettare troppo.

Pochi minuti dopo lo vidi, lì in mezzo alla marea di gente che trasportava i propri bagagli. Indossava una t-shirt grigia, una camicia a quadretti ed un giubbotto blu sopra un paio di jeans scuri e le sue solite All Star nere. In testa portava un cappellino da baseball che non riconobbi. Probabilmente lo aveva acquistato a Los Angeles.

Il suo volto si illuminò quando mi scorse. Percorse rapidamente i pochi passi che ancora ci separavano e, senza neanche appoggiare i suoi bagagli a terra, mi baciò. La sua lingua si muoveva vogliosa nella mia bocca. Sarei rimasta lì a baciarlo per tutto il giorno, ma quando un passante mi colpì con una gomitata mi resi conto che stavamo intralciando il passo.

Rob si scusò con la signora dietro di lui, mi mise un braccio intorno alla vita ed insieme uscimmo dall'aeroporto.

Durante il viaggio in metro, mi appollaiai con la testa sulla sua spalla, felice, come non mai, di averlo di nuovo con me.

 

I dieci giorni che seguirono furono meravigliosi. Stare insieme a Rob era la cosa più bella che riuscissi ad immaginare. Lo desideravo vicino giorno e notte. Per sempre. Il tempo però non era d'accordo con me ed, anzi, sembrò passare con l'acceleratore e ben presto fummo nuovamente insieme ad Heathrow. La prossima tappa della promozione di "Twilight" era l'Italia e più precisamente Roma.

“Sei sicura di non poter venire?”, mi chiese il mio ragazzo per la milionesima volta. “Io non parlo una parola di italiano: potresti farmi da interprete!”

“Sai quanto mi piacerebbe, amore... Però non posso non frequentare questo corso...”.

L'ennesimo corso di arte contemporanea. Avrei davvero pagato oro per evitarlo, ma purtroppo ero già stata male, quindi avevo già esaurito il numero massimo di assenze consentito per risultare frequentante. Non c'era scampo. Non potevo accompagnarlo.

“Okay...”.

Non lo avevo mai visto tanto nervoso.

“Ti prometto che, al tuo ritorno, troverai una sorpresa”.

“Ah sì? E quale sarebbe?”

“Beh, ho detto sorpresa!

Lui ridacchiò.

“Mmm... Il 7754 dovrebbe essere il volo di Kristen e Catherine”, disse dopo un po', guardando il tabellone degli arrivi.

Rob aveva ragione, perché poco pochi minuti il suo telefono squillò.

“E' Catherine”, mi sussurrò, prima di rispondere.

Lo ascoltai distrattamente, mentre dava indicazioni alle due su come arrivare da noi. Quando finalmente ebbe finito, riattaccò e mi disse:

“Dovrebbero arrivare fra qualche minuto, a quanto pare Kristen ha avuto un problema col suo bagaglio”.

“Ah, d'accordo”.

Rob mise le mani in tasca e tamburellò nervosamente un piede per terra.

“Ah! Eccole!”, esclamò dopo un paio di minuti, raggiungendole.

Lo osservai mentre baciava la regista sulla guancia e poi lo vidi fare lo stesso con la sua collega. Eppure quel semplice gesto non poté non infastidirmi. Tuttavia, non avevo la minima intenzione di darlo a vedere, soprattutto non alle due nuove arrivate. Così mi stampai un sorriso, assolutamente falso, sulle labbra e li raggiunsi.

“Salve Catherine, ciao Kristen. Com'è andato il volo?”

“Ciao Jenny!”, rispose Catherine, sporgendosi e baciandomi sulla guancia. “Hanno fatto un po' di confusione con la valigia di Kris, ma per fortuna abbiamo risolto in fretta”.

“Già. Efficienti gli aeroporti inglesi, eh Rob?”, sentenziò quest'ultima, rivolgendosi al mio ragazzo.

“Sono fra i migliori al mondo!”, dichiarò lui con orgoglio. “Sei stata solo sfortunata!”

“Beh, dobbiamo muoverci, o faremo tardi”, aggiunse la regista, lanciando un'occhiata al check-in già aperto.

“Sì, è meglio andare”, acconsentì Rob, seguendo il suo sguardo.

Catherine si spostò di qualche passo per lasciarci un minimo di privacy, ma la sua attrice non fece lo stesso.

“Michael mi ha detto che vi siete visti a Barcellona. Quest'estate”, mi disse dopo un po'.

Il suo tono era neutro, ma non potei non interpretare le sue parole come un'accusa.

“Ci siamo incontrati per caso”, precisai con un sorriso, afferrando la mano di Rob.

“Sì, me l'ha detto”.

“Kris, Rob: dovremo andare, o rischiamo di perdere l'aereo”, ripeté Catherine, che nel frattempo era tornata da noi.

“Certo”, affermò Kristen con un cenno della testa, dopodiché si voltò a parlare con la regista.

“Ti chiamo non appena arrivo in hotel, okay?”, mi sussurrò Rob, sporgendosi verso di me.

“Va bene”.

“Ti amo”, disse in un sussurrò, baciandomi sulla fronte.

“Anch'io”.

“Mi dispiace ragazzi, ma è già parecchio tardi...”.

“Certo, Catherine. Hai ragione. Beh, buon viaggio e in bocca al lupo per domani”, dissi a tutti e tre.

“Grazie”.

“Ciao Jenny”, mi salutò Kristen con un accenno di sorriso.

“Buon viaggio”, ripetei.

“Mi dai una mano con questa valigia?”, sentii Kristen chiedere al mio ragazzo, quando si furono allontanati di un paio di metri.

“Ma quanta roba ci hai messo?”, ribatté lui, ridendo ed afferrando il bagaglio della sua collega.

Non riuscii a sentire la risposta di lei, ma la vidi chiaramente voltarsi verso di me, prima di sorridergli. Gli osservai passare i primi controlli, dopodiché me ne andai e mi diressi verso il mio appartamento. Qualcosa mi faceva temere che quei tre giorni sarebbero stati tutt'altro che sereni.



Buon Halloween a tutti e buona serata!!!
Come promesso ecco il nuovo capitolo!!! :
Rob e Jenny hanno potuto trascorrere insieme dieci giorni prima che il ragazzo partisse per iniziare il tour promozionale di "Twilight"!
Casualmente siamo proprio intorno allo stesso periodo del 2008!
Rob, infatti, nella mia storia sarebbe partito per Roma il 29 Ottobre 2008.
In questo capitolo è tornata anche Kristen, che ha dimostrato a Jenny molta freddezza, mentre è stata più cordiale con Rob.
Che sia gelosa dell'amicizia fra Michael e Jenny??
Oppure ha delle mire sul british actor di Jenny??
Un bacione e, di nuovo, Buon Halloween!!
Vale
PS. da cosa vi vestirete stasera?
Io ho optato per delle semplici orecchie da coniglietta ;)

 

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Capitolo 50
*** Capitolo 50 ***


Rob mi chiamò come promesso quella sera al suo arrivo in hotel. A quanto pareva la loro presenza in Italia non era passata inosservata come aveva immaginato: c'erano addirittura delle fan ad attenderli a Roma Fiumicino. Rob ne era rimasto particolarmente sorpreso, ma mi pareva abbastanza soddisfatto. Se non altro almeno aveva compreso che all'indomani ci sarebbe stato qualcuno e non sarebbe stato neppure armato di “uova marce”.

Il giorno successivo provai a telefonargli, ma il suo cellulare era sempre staccato. Probabilmente era impegnato nelle varie interviste... Tuttavia, avrebbe potuto trovare due secondi di tempo per chiamarmi, no?

Alle 4:30PM iniziai ad irritarmi davvero. Così, onde evitare d'impazzire, telefonai a Megan e le proposi di andare a prendere un tè da Starbucks. Per fortuna la mia amica accettò senza remore.

Mentre percorrevo a piedi i pochi metri che mi separavano da casa sua, non potei non far vagare la mia mente fino a Rob, a Roma e alla sua “adorabile” collega. Era più forte di me: non riuscivo a sentirmi tranquilla sapendola insieme al mio ragazzo. Sapevo che fra loro due non c'era nulla di più di una semplice amicizia, eppure...

Dovevo smetterla con quei pensieri, o avrei passato due giorni d'inferno. Rob mi amava, Kristen stava con Michael. Loro due erano soltanto colleghi. Non c'era altro e, con questa ritrovata consapevolezza, mi presentai più serena dalla mia amica.

“Mi passi una bustina di zucchero?”, mi domandò Megan, girando con il legnetto il suo tè.

“Certo”, le dissi, porgendole l'ennesima bustina.

“Sei sicura di non volere un pezzo del mio muffin? So che sei una patita di quello orange, ma dovresti provare anche questo. E' delizioso”, dichiarò dopo un po', addentando il suo muffin lemon.

Scossi la testa. Non avevo molta fame in quel momento. Anzi, in realtà avevo lo stomaco aggrovigliato. Riuscivo a malapena ad deglutire il mio tè.

“Cosa te ne pare del corso di Lewsin?”, mi domandò a un certo punto.

“E' una noia mortale”, dichiarai con un sorriso. “Credo che non abbia fatto altro che parlare di cosa può essere considerato arte moderna per tutta la settimana”.

“Lo so! E' una pazza! Anche lo scorso anno non ha spiegato altro. L'utilità delle sue lezioni è pari a meno zero”, sentenziò la mia amica.

“Vero. Per non parlare che il programma è praticamente lo stesso del corso di Jones”, le ricordai.

“Almeno però lui sa parlare centrando il microfono!”, disse, ridendo.

Megan aveva proprio ragione. Il professor Jones, nonostante fosse abbastanza decrepito da meritare la pensione, aveva ancora la capacità di scandire le parole e soprattutto di parlare ad un volume di voce udibile. Lo stesso non poteva dirsi della Lewsin, che parlava con un tono talmente basso da non permettere a nessuno, se non forse alle persone in prima fila, di capirla. Fra l'altro il fatto che fosse scozzese non aiutava la mia comprensione. Per cui avevo finito per considerare le sue lezioni una sorta di tortura a cui andavo solamente per “fare presenza”. Per fortuna il corso durava soltanto 60 ore, al termine del quale l'avrei rivista solo in sede d'esame.

“Sai stavo pensando di laurearmi con lui”, disse a un certo punto Megan.

“Con Jones?”, le chiesi, stupita.

Lei annuì.

“So che è un po' eccentrico, ma mi piace il suo modo di fare”.

“Se non altro è originale”.

“Tu hai già qualche idea?”, mi domandò.

Scossi la testa. Mi mancavano almeno altri due anni alla laurea, per cui parlarne per ora mi pareva prematuro. Ero in pari con tutti gli esami, ma non ero certa di cosa avrei fatto nel mio lontano futuro post-laurea.

Stavo per aggiungere che non avevo ancora un'idea precisa, quando il mio cellulare squillò, facendomi sussultare.

Rimasi sorpresa che si trattasse di Rob. Non avevo quasi più pensato a lui da quando mi ero seduta a parlare con Megan. Mi scusai con la mia amica e presi la telefonata.

“Ciao”, mi salutò la voce del mio ragazzo dall'altra parte del telefono.

“Ciao”.

“Cosa stai facendo?”, mi domandò.

“Sono in giro con Megan”.

“Ah, okay”.

Silenzio.

“Va tutto bene?”, gli domandai, un po' preoccupata. “Ho provato a chiamarti stamattina... Avevi il telefono staccato”.

“Sì, ho acceso il telefono solo ora... Scusami. Sono stato un po' preso”.

“Tesoro, sei sicuro che vada tutto bene?”, gli chiesi di nuovo.

“Sta grandinando. Siamo stati a Villa Borghese per delle foto ed ora sta grandinando”, disse dopo un attimo di pausa.

Quello che mi stava dicendo non aveva senso.

Capii subito che c'era altro sotto e, nonostante fossi ancora un po' arrabbiata con lui, feci un cenno a Megan ed uscii dal bar.

“Amore, mi ha chiamata per dirmi che da te sta grandinando?”

“Non lo so.. No... Direi di no. Mi sono sentito... Quando ci siamo salutati, in aeroporto... Mi dispiace di non averti salutato come si deve”, disse. “Non so cosa mi stia succedendo... Sta grandinando e non lo so, sono un idiota”.

A sentirlo così insicuro provai l'istinto irrefrenabile di averlo accanto a me per abbracciarlo.

“Ehi... Non sei un idiota. Non sempre almeno”, dissi, per farlo ridere.

“Ti vorrei qui con me...”.

“Se qualcuno avesse ideato il teletrasporto mi materializzerei da te!”, esclamai con un sorriso.

Non potevo restare irritata con lui. Non ci riuscivo. Specie sentendolo così in ansia.

“Mi sto guardando nello specchio da venti minuti, ma... non so cosa fare...”, aggiunse, imbarazzato.

Ridacchiai.

“Di solito queste sono preoccupazioni tipicamente femminili”, gli dissi con un sorriso.

Lo sentii scoppiare a ridere.

“Hai ragione! Te l'ho detto dev'essere colpa del jet leg di un'ora!”, affermò lui fra una risata e l'altra. “Accidenti. Mi reclamano... Ci sentiamo più tardi, okay?”

“Va bene”.

“Jenny?”

“Sì?”

“Non vedo l'ora di essere a casa”.

 

Una volta finito di parlare con Rob, tornai da Megan e la trovai a sorseggiare il suo tè. Probabilmente a quest'ora il mio era già freddo.

La mia amica, che era sempre molto discreta, non mi domandò nulla della telefonata col mio ragazzo, limitandosi a chiedermi se fosse tutto okay.

“Certo, Rob voleva soltanto salutarmi un attimo”.

Lei annuì e la nostra conversazione tornò sui professori e sui nostri studi. Ero felice di aver chiesto a Megan di uscire, invece che a Jana. Sapevo che con quest'ultima non me la sarei cavata così facilmente e non avevo voglia di raccontare a tutti della mia piccola incomprensione con Rob. Fra l'altro, ormai non aveva più importanza.

 

Quando lo risentii quella sera era molto più rilassato. A quanto pareva, sfidando le calamità naturali, parecchie fan si erano accampate davanti alle transenne per vedere Rob, Kristen e Catherine calcare il red carpet. Stando a quello che mi aveva raccontato, fra una risata e l'altra, non erano mancate le grida isteriche; anzi, le sue parole esatte erano state:“Mi hanno quasi perforato un timpano a forza di urlarmi in faccia!”. Se non altro, almeno l'after party organizzato da Ciak era stato molto più quieto.

Rob si disse dispiaciuto di non essere riuscito a vedere praticamente niente della città; tuttavia, avevano stabilito che sarebbero ripartiti l'indomani mattina presto, onde evitare la folla dell'aeroporto.

Lieta di queste buone nuove, mi coricai serena, con la consapevolezza che di lì a qualche ora avrei riavuto indietro il mio ragazzo.




Buona domenica a tutte!!!
Anche la prima premiere di "Twilight" è passata e presto Rob sarà a Londra.
Mi fa uno strano effetto postare questo capitolo, visto che proprio domani avrà luogo a Los Angeles l'ultima world premiere dei film della Saga.
Vi anticipo che il prossimo capitolo conterrà alcune divertenti sorprese!
Spero di poter aggiornare domenica, ma visto che tornerò da un faticoso (ma si spera piacevolissimo e soddisfacente!) tour di premiere europee, potrei posticipare a lunedì prossimo la pubblicazione!^^
Nel frattempo, un bacione a tutte e buona visione di "Breaking Dawn Parte 2" a chi andrà a vedere il film al cinema!
A presto,
Vale.

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Capitolo 51
*** Capitolo 51 ***


Contemplai la mia immagine nello specchio e ringraziai mentalmente Jana per la milionesima volta. Avevo cercato un abito del genere per intere settimane, senza risultati, mentre lei in sole 24 ore era riuscito a trovarlo! Non avevo idea di quali mezzi, o di quali conoscenze, si fosse servita, ma stavolta le ero davvero riconoscente. L'abito era perfetto. Aveva un corpetto a forma di cuore, tagliato sotto la vita ed era arricchito con decori floreali. La gonna scendeva ampia e sinuosa fino a terra. Avevo dovuto sistemare un po' l'orlo, ma era davvero magnifico.

Di solito evitavo le feste universitarie: le avevo sempre considerate abbastanza noiose e le poche a cui avevo partecipato erano sempre finite con gente talmente ubriaca da vomitare ovunque. Non avrei mai voluto essere una di quelle povere persone che il giorno seguente avrebbe dovuto occuparsi delle pulizie! Insomma, tutto questo non rientrava pienamente nella mia idea di “serata divertente”.

Ma stavolta era diverso. Si trattava, infatti, di una festa in costume ispirata ai personaggi più celebri delle opere di Shakespeare, per cui mi ero lasciata convincere dalle mie amiche a partecipare. Inoltre, anche Rob si era detto ben disposto ad accompagnarmi, nonostante fosse di ritorno da un viaggio abbastanza stressante. Ovviamente mi aveva fatto promettere, giurare e promettere di nuovo, che non lo avrei costretto a mascherarsi. Ormai conoscevo bene la sua repulsione in tal senso, per cui non feci storie e lo rassicurai. Fra l'altro, non aveva certo bisogno di indossare un costume di scena per essere il mio Romeo: lo era già, anche con una t-shirt e una paio di jeans.

Io e il mio ragazzo passammo da Megan, dopodiché insieme prendemmo la metro per arrivare al luogo dov'era stata organizzato l'evento. Il nostro abbigliamento non passò inosservato e di certo le risatine di Rob non aiutarono il nostro anonimato.

“Amore, se non la smetti di ridere...”, lo minacciai, dopo che tutte le persone nel nostro vagone si erano voltate a guardarci.

“Mi dispiace. Ma è piacevole non essere il centro dell'attenzione oggi. Scusa Megan”.

Una volta arrivati, scorsi subito Jana, vestita da Viola, che ci venne incontro con un sorriso smagliante, che si spense come se avessero gettato acqua sul fuoco non appena vide il mio ragazzo.

“Rob, per quale motivo non ti sei vestito??”, gli domandò, abbastanza alterata.

“Beh, non mi pare di essermi presentato nudo!”, replicò lui, scoppiando a ridere, seguito da me e Megan.

Jana ci lanciò un'occhiataccia.

“Beh, FORSE sarebbe stato sempre meglio di quella maglietta”, disse, in tono glaciale.

“L'ho presa ad un concerto! Che cosa ha che non va?

“Lasciamo stare... Beh, puoi sempre fingere di essere uno di una band rock in declino!”, commentò Jana, come se fosse stata colta da un'improvvisa illuminazione.

Il mio ragazzo stava per ribattere, ma io lo fermai, dicendo ad alta voce:

“Ma quello laggiù vestito da Amleto non è Michael Millar?”

Jana distolse immediatamente lo sguardo dalla t-shirt di Rob- effettivamente tutt'altro che carina- e si concentrò sull'uomo alto e moro, che le avevo appena indicato.

La mia amica e Millar erano stati insieme per tre mesi l'anno precedente. Non sapevo esattamente per quale ragione fosse finita, ma Jana non aveva ancora digerito il fatto di essere stata lasciata. Probabilmente Millar non le piaceva neanche un granché, ma ero certa che nessuno avesse mai osato troncare una storia con lei prima di allora.

“Megan, vieni con me”.

“Come?”

“Voglio mostrare a quello stronzo quello che si è perso!”, spiegò Jana con fervore.

Megan la guardò senza muovere un muscolo.

“Dai Jana... E' con la sua ragazza. Evitiamo queste pessime figure”, le disse, saggiamente.

“Quell'idiota mi ha lasciato per email! Ho intenzione di farglielo rimpiangere. Jenny?”

“Ehm...”, borbottai, cauta.

Mi presti il tuo ragazzo?”, mi chiese, indicando Rob.

Come?”, le domandai, nonostante fossi certa di aver sentito bene.

Cosa?”, mi fece eco lui, spalancando gli occhi e passandosi una mano fra i capelli.

“Non te lo mangio mica”.

Il diretto interessato scosse la testa con vigore, accompagnando quel movimento con una risata nervosa.

“Ti prego Rob! Sei un attore, oppure no?”

“Jana...”, iniziò cautamente.

“Per favore! Non devi fare chissà cosa. Basta che vieni lì con me e mi baci”, gli spiegò con naturalezza.

“Non ti pare di stare esagerando?”, le feci notare, per cercare di riportarla alla ragione.

“D'accordo. Troverò qualcun altro...”, acconsentì infine con un sospiro, lanciandoci un'occhiataccia prima di allontanarsi.

“Direi che ho proprio bisogno di bere qualcosa”, disse Rob dopo che la mia amica fu scomparsa dal nostro orizzonte.

 

Un'ora dopo non era ancora tornata ed io, Megan e il mio ragazzo eravamo in piedi a chiacchierare in un angolo del locale insieme ad un paio di compagni di corso.

Era la prima volta che andavo con Rob ad una festa del genere, anzi ad un evento che non si limitasse ai suoi amici o alle mie. Non ero certa che si sarebbe sentito a suo agio lì, ma dovetti ricredermi quasi subito. Nonostante fosse abbastanza stanco, si stava godendo quella serata quasi più di me. Era saltato fuori che lui e Mark, uno dei miei colleghi del corso di Lewis, condividevano la passione per la chitarra e per il cinema francese. Ergo si erano lanciati in una fitta conversazione che ero riuscita a malapena a seguire per cinque secondi, così avevo iniziato a commentare insieme a Megan- vestita da Ophelia- alcuni degli abiti poco adatti all'occasione, che vedevamo sfoggiare in giro. Sgranai addirittura gli occhi quando vidi una ragazza, che non riconobbi, vestita da Madonna. Chiaramente non aveva compreso a pieno il tema della festa... Dopo un po' Mark ci salutò e raggiunse un gruppo di ragazzi, che lo stava chiamando.

“E' molto simpatico il tuo amico”, dichiarò Rob, bevendo un sorso di birra.

Forse era soltanto una mia impressione, ma mi pareva di avvertire una nota di gelosia nella sua voce.

“Frequentiamo il corso di Arte Moderna insieme”, gli dissi.

Lui annuì.

“Beh, è simpatico”.

Stavolta fu il mio turno di annuire.

“E conosce il cinema francese”, aggiunse, quasi ammirato, finendo la sua birra.

Stavo per replicare, quando Rob esclamò, incredulo:

“Ma quello è Sam!?”

Seguii il suo sguardo ed in effetti scorsi anch'io Sam Bradley, uno dei suoi migliori amici. Quest'ultimo non sembrò sorpreso di trovarci lì e ci raggiunse con un sorriso, tenendo per mano la sua ragazza, Olivia.

Non appena i nuovi arrivati furono davanti a noi presentai Megan ad Olivia. Parlammo per qualche minuto, dopodiché i ragazzi si eclissarono in direzione del bar.

“In quali condizioni credi che torneranno qui?”, mi chiese Olivia un po' infastidita.

Probabilmente non era troppo felice di essere stata abbandonata dal suo ragazzo cinque minuti dopo che erano arrivati.

“Adesso che sono insieme? Non mi azzardo a fare ipotesi”, le risposi, magnanima.

Lei sospirò e contemplò la coppia davanti a noi, che si stava baciando appassionatamente.

Mantenere viva la conversazione con Olivia si rivelò un'impresa degna di Tom Cruise in “Mission Impossible”, ma alla fine ci riuscii. Quasi certamente avrei ricevuto un ingaggio nel prossimo film della serie.
Ricordai che la ragazza di Sam e Megan erano cresciute nella solita via di Londra, così riuscii a dirottare la conversazione su quell'argomento e le due si lanciarono in vari aneddoti sulle rispettive infanzie. A causa della musica quasi assordante, non era facile seguire i loro discorsi e quasi non mi accorsi che un ragazzo stava cercando di richiamare la mia attenzione. Era alto e biondo ed era decisamente impossibile non capire da quale personaggio si fosse travestito: Giulio Cesare. Effettivamente poteva permettersi quella mise assolutamente poco coprente. Aveva la stessa prestanza statuaria di una scultura greca.

“Ehi Giulietta, balli con me?”, mi chiese con un ampio sorriso, che rivelò una sfilza di denti perfetti.

Era senz'altro andato dritto al punto.

Rimasi in silenzio per un attimo e vidi le identiche espressioni delle ragazze accanto a me. Gli stavano praticamente sbavando addosso.

Cesare aspettava una risposta.

“Allora?”, insistette, ammiccando nella mia direzione.

Ero senza fiato.

“Mi dispiace, ma è già impegnata”, rispose per me il mio ragazzo, cingendomi i fianchi con un braccio.

Ero così incantata dall'Adone da non essermi accorta che fosse tornato.

Sul volto dello sconosciuto si dipinse un'espressione scontenta, ma se ne andò senza aggiungere una parola.

Io e le ragazze lo osservammo allontanarsi. Deglutii. Era bello da togliere il fiato. Di solito non ero il tipo che fissa i fondoschiena degli uomini, ma stavolta non guardarlo sarebbe stato un insulto a Madre Natura.

Rob fu costretto a richiamare la mia attenzione.

“Quel tipo è ridicolo”, commentò aspramente, quando il ragazzo fu scomparso dalla nostra visuale.

Nessuna di noi aveva ancora recuperato la lucidità necessaria per articolare una frase di senso compiuto.

Soltanto Sam annuì e gli diede man forte, dicendo:

“Direi!”

Olivia lo guardò storto.

“Beh, è vero- riprese Sam- Mai sentito dire palestrato uguale poco dotato!?”

Potrei citarvi vari esempi che smentiscono questa teoria, Sam!”, intervenne Jana, comparendo all'improvviso accanto a Megan.

Tutte le ragazze nei paraggi scoppiarono a ridere simultaneamente e né Rob, né Sam si azzardarono a contraddirla.




I'm back!!!
Ciao a tutte!!!
Eccomi qui a postare questo nuovo capitolo!
Come avevo previsto, la mia "vacanza" si è rivelata molto stancante, ma mi ha portato anche una certa soddisfazione. Sono rimasta piacevolmente sorpresa da Taylor Lautner, che si è rivelato davvero un ragazzo adorabile. E un po' meno da Rob stavolta...
Ma non voglio dilungarmi troppo su questo argomento, perchè potrei scordarmi di parlare della cosa più importante qui! Ovvero la storia di Rob e Jenny!
Rob finalmente è tornato a Londra e ha accompagnato la sua ragazza ad una festa.
Ho pensato a lungo al modo nel quale vestirlo, ma dobitavo fortemente che avrebbe davvero potuto indossare qualcosa di diveso dalla sua solita mise!
Una piccola curiosità: vorrei invitarvi a rileggere questo capitolo immaginando l'Adone con l'aspetto fisico di Mr Chris Hermsworth!!!
Un bacione a tutte e al prossimo capitolo!
Vale

 

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Capitolo 52
*** Capitolo 52 ***


Le settimane che seguirono alla festa di Halloween furono molto intense sia per me, che per il mio ragazzo. Tuttavia, riuscimmo sempre a trovare il tempo per noi e per i nostri amici e, quasi senza che me ne accorgessi, arrivò il giorno della nostra partenza per Parigi.

Ancora non riuscivo a credere alla mia fortuna: avevo trovato un uomo che mi amava a tal punto da organizzare quel viaggio per me. Gli avevo detto molte volte, scherzando, che mi doveva una vacanza in Francia- visto che avevo dovuto rinunciare al viaggio lì con le mie amiche per raggiungerlo in Canada durante le riprese di "Twilight"- ma non avrei mai immaginato che se lo ricordasse. Invece era così. Rob mi aveva stupita di nuovo.

Sorrisi fra me osservando il panorama che si estendeva fuori dal finestrino. Eravamo decollati da quasi due ore, per cui presto saremo atterrati.

“Perché sorridi?”, mi domandò Rob, sfilandosi le cuffie dell'iPod.

“Ho appena realizzato che siamo già in Francia”, gli risposi.

“Dovremo atterrare fra una decina di minuti”, mi confermò, dando un'occhiata all'orologio.

“Bene!”, dissi, baciandolo.

I pronostici del mio ragazzo si rivelarono esatti, poiché dopo pochi minuti la voce del pilota ci annunciò l'inizio delle manovre di atterraggio.

Non appena varcai la soglia dell'aeroporto di CDG, mi sentii euforica. Finalmente avrei visitato la Ville Lumière! E, cosa ben più importante, l'avrei esplorata con l'uomo che amavo.

Alla fine l'hotel tanto criticato da Rob si rivelò migliore del previsto, ma probabilmente il solo fatto di essere insieme a lui mi avrebbe fatto apprezzare anche una capanna.

Una volta fatto il check-in in albergo, uscimmo per goderci il resto della giornata passeggiando lungo gli Champs Elysées.
Probabilmente se fossi stata insieme alle mie amiche sarebbero impazzite alla vista di tutte quelle vetrine di negozi d'alta moda, ma il mio ragazzo non nutriva il minimo interesse per cose simili. Anzi. Se qualcuno gli avesse chiesto di scegliere fra l'assistere ad una sfilata di moda e l'essere picchiato a sangue, ero certa che avrebbe optato per la seconda opzione ed avrebbe persino ringraziato!

 

Le nostre giornate parigine trascorsero senza intoppi. Rob, dopo aver ricevuto un paio di telefonate dalla sua agente, aveva addirittura spento il cellulare, onde evitare che qualcuno ci disturbasse. Lo avevo amato ancora di più per quel gesto: ero convinta che non potesse sparire così, eppure lo aveva fatto. Per me. Per noi.

Il mio ragazzo si rivelò una guida turistica eccezionale, come gli feci notare quel giorno, a Montmartre.

“Vuoi entrare?”, mi domandò, indicando il Sacre Coeur, che si ergeva in tutta la sua imponenza di fronte a noi.

In effetti ero tentata di accettare la sua proposta, ma l'espressione del suo volto mi spinse a declinare l'invito. Rob sembrava non poterne veramente più. In soli quattro giorni avevamo già visitato: il Museo D'Orsay, la cattedrale di Notre Dame, Notre Dame- De Lorette, il Museo Picasso e la reggia di Versailles. Senza contare i numerosi monumenti presenti in città. Il mio ragazzo non si era mai lamentato, ma, prima che i suoi nervi saltassero, forse era il caso di rallentare un po'. Inoltre, la giornata era molto umida e, nonostante indossassi un piumino e la sciarpa, iniziavo a sentire freddo.

“In realtà avrei un po' fame!”, gli dissi con un sorriso.

“Conosco un locale molto carino, dove fanno delle crepes che sono la fine del mondo!”, dichiarò, come in preda ad una qualche rivelazione mistica.

“Sarebbe perfetto. In fondo le abbiamo mangiate soltanto ad ogni pasto!”, gli ricordai con una risatina.

“Beh, ma non puoi dire di aver davvero mangiato una crepe senza aver provato quelle di Montmartre. Il quartiere è rinomato per questo”, mi spiegò, con un tono da professore.

“Pensavo fosse famoso per il Sacre Coeur”.

Lui mi guardò come se fossi pazza e scosse la testa, incredulo.

“Va bene, ma se dovessi trasformarmi in una crepe gigante, sappi che ti riterrò il diretto responsabile!”, gli dissi.

Rob scoppiò a ridere, mi prese per mano e mi guidò verso il locale.



Ciao a tutte!^^
Sembra impossibile, ma siamo già a Dicembre! :)
I nostri due "eroi" sono finalmente approdati in Francia e Rob ha fatto di tutto per evitare che qualcuno potesse disturbare la sua vacanza con Jenny.
Sicuramente la sua ragazza non gli ha lasciato molto respiro fra un museo e l'altro, ma come avrebbe potuto lamentarsi?
Sperando che i due non divengano delle crepes giganti, vi auguro buon week end!
Un bacione
Vale
Ps. Le loro avventura francesi non finiranno certo qui!
Ps.2 Una piccola nota per la Cara Charme, che so passerà di qui: il locale a cui mi riferisco è esattamente quello dove siamo state noi a Maggio! Rob avrà scelto bene? xD

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Capitolo 53
*** Capitolo 53 ***


Un paio di crepes dopo, dovetti ammettere che il mio ragazzo aveva ragione: erano deliziose! Non avevano davvero nulla in comune con quelle che avevamo mangiato nei giorni precedenti.

Dopo pranzo riprendemmo l'autobus fino alla più vicina fermata della metro per tornare in centro e ci concedemmo una passeggiata per le vie di Parigi fino all'Hotel de Ville.

L'edificio, già illuminato con le luci di Natale nonostante fosse soltanto il 10 Novembre, era maestoso ed imponente. Un vero gioiello architettonico.

Davanti avevano costruito una pista di pattinaggio sul ghiaccio, che era affollatissima.

Io e Rob ci fermammo ad osservare le persone che stavano pattinando. Alcune erano davvero brave. Vidi una ragazza fare addirittura una giravolta con una naturalezza incredibile: sembrava di guardare il video di una campionessa olimpionica. Sorrisi, ripensando alla prima volta in cui avevo indossato i pattini. Avevo 12 anni ed ero andata a Sesto Fiorentino con i miei zii e mio cugino, il quale aveva insistito per provare.

L'idea non mi aveva entusiasmato, ma alla fine mi ero lasciata convincere e lo avevo seguito sulla pista. Passata l'insicurezza iniziale, dovuta all'aver in piedi delle specie di scarpe con una lama affilata, l'esperienza non era stata così mostruosa. Anzi. Mi ero divertita molto. Da allora lo avevo rifatto soltanto un paio di volte, ma erano almeno cinque anni che non indossavo i pattini.

Lanciai un'occhiata a Rob, che osservava divertito e spensierato un ragazzino a terra che, cadendo, si era portato dietro almeno altre tre persone, fra cui una signora non proprio giovanissima, che lo stava rimproverando.

“Non è così difficile cadere”, gli feci notare.

“Ah, lo so bene. Ricordo ancora con orrore quando Liz mi convinse a mettere quei cosi ai piedi”.

“Davvero?!”, esclamai, sorpresa.

Non lo avevo mai immaginato un tipo da pattini.

Purtroppo sì. Avevano costruito una pista con del ghiaccio finto a Trafalgar Square e per Natale i miei ci portarono lì. Il peggior Natale della mia vita.

“Perché?”, gli domandai, togliendogli un fiocco di neve dal giubbotto: non mi ero accorta che stesse nevicando.

“Ho trascorso il resto delle vacanze a letto con un piede ed un dito rotto. E' un'esperienza che non ci terrei a ripetere!”, aggiunse, anticipando i miei stessi pensieri.

“Dai, non ci credo”.

“Te lo giuro! Non c'è speranza che tu riesca a convincermi a mettere quei cosi di nuovo, tesoro”.

“Scommettiamo? So essere una persona molto creativa”.

“Vedremo”, disse, stando al gioco.

Mi spremetti le meningi alla ricerca di una proposta che potesse farlo cedere ed all'improvviso mi venne un'idea, così mi avvicinai a lui e gliela sussurrai all'orecchio.

Rob mi rivolse uno sguardo stupito, ma io annuii, maliziosamente.

“Sai che sarai responsabile di una possibile gamba rotta, vero?”

“In caso vedrò di curarti premurosamente”, ribattei.

Lui sorrise, gli occhi ardenti di desiderio.

“Potrei esigere una certa mise in quel caso”.

“In caso, ne riparleremo”, affermai, facendogli l'occhiolino.

Lui scosse la testa.

“E' una di quelle cose di cui sento sto già per pentirmi”.

“Dai, sarà divertente!”, lo spronai.

“Ah. Accidenti. E' esattamente quello che disse mia sorella!

Tentai un'altra strada.

“Diciamo che ti lascio scegliere fra questo e una bella visita al Louvre”.

Lui mi rivolse un finto sguardo disperato.

“Ah... Vada per la gamba rotta allora!”, acconsentì infine. “Ma sappi che nel caso mi rompessi una gamba, dovrai accompagnarmi, vestita da infermiera, anche sul red carpet di Los Angeles”, disse abbassando la voce, per non farsi sentire dalla ragazza vicino a me.

Scoppiai a ridere.

“Affare fatto, tesoro”, dissi, stringendogli la mano.

 

Nonostante la sua scarsa fiducia nella mia proposta simil-sportiva, entrambi ci divertimmo molto. E Rob, contrariamente ai suoi pronostici, mantenne intere entrambe le gambe, per cui considerai quel pomeriggio una vera vittoria.

Inoltre, era da molto tempo che non lo vedevo così sereno e rilassato: sentirlo ridere di gusto era magnifico. I mesi passati erano stati molto frenetici per lui e quella vacanza insieme era stata un vero toccasana per tutti e due.

Tuttavia, il tempo sembrò volare e, prima che me ne accorgessi, eravamo già in camera a rifare i bagagli. Avrei pagato oro per fermare il tempo, ma purtroppo non era possibile.

“Beh, direi che abbiamo finito”, disse con un sospiro di sollievo.

In realtà, la sua idea del “fare i bagagli” si limitava a gettare in valigia tutti i vestiti senza perdere tempo a piegarli. Non osavo immaginare come sarebbero stati al momento di buttarli in lavatrice.

Quando finalmente ebbi finito di sistemare le ultime cose, mi feci una rapida doccia ed uscimmo per procacciarci la cena.

Camminammo per un paio di isolati, ma in zona non c'era molta scelta, così optammo per un molto economico MacDonald's. Occupai un tavolo, mentre Rob si preoccupava delle ordinazioni. Nell'attesa del suo ritorno, mi concessi un momento per riflettere.

Quella settimana insieme era stata fantastica. Così meravigliosa che aveva superato qualsiasi mia aspettativa. Tuttavia, sapevo bene che, una volta rientrati a Londra, Rob sarebbe dovuto ripartire immediatamente per la California...

Avrei desiderato molto accompagnarlo, ma la sua agente si era detta contraria. Rob mi aveva assicurato che la questione non aveva niente a che fare con me, però non avevo potuto non sentirmi ferita. Si trattava di un evento importante per la sua carriera ed a me non era concesso essere con lui. La cosa era assurda ai limiti del ridicolo.

Sapevo che neppure Michael, il ragazzo della sua collega, ci sarebbe stato, ma non ero certa di come stessero le cose fra loro. L'ultima volta in cui avevamo parlato, non mi era sembrato entusiasta della sua relazione con Kristen.

Fra me e Rob, invece, le cose andavano molto bene, per cui non riuscivo proprio a capire quale potesse essere il problema.

Sospirai.

Non era facile mandare giù tutto, ma non avevo molte alternative. In fondo ci sarebbero stati altri momenti per stare insieme e, in fin dei conti, a Rob interessava relativamente poco di queste occasioni mondane: se fosse dipeso da lui sarebbe rimasto volentieri a casa. Tuttavia, essendo uno dei due protagonisti, faceva parte dei suoi obblighi contrattuali presentarsi lì con un bel sorriso smagliante.

E' una cosa senza importanza, mi ripetei mentalmente. Non farne un dramma.

Nonostante i miei buoni propositi però la faccenda mi irritava notevolmente: forse avrei dovuto riaffrontare quell'argomento con Rob. Ma l'ultima cosa che volevo era rovinare la nostra ultima serata a Parigi, per cui decisi che la questione poteva anche aspettare.

Rob tornò poco dopo con un vassoio carico di cibo e prese posto nel divanetto davanti a me. Consumammo la cena relativamente in silenzio, dopodiché prendemmo la metro per tornare in hotel.

“Jenny, è tutto apposto?”, mi chiese Rob, distogliendomi dai miei pensieri. “Non hai detto una parola da quando siamo usciti dal Mac”.

Riflettei un attimo prima di rispondere.

“Sì. Mi dispiace solo che la nostra vacanza stia per terminare”, risposi infine.

Lui mi guardò dolcemente e mi accarezzò una mano.

“Sei ancora arrabbiata, perché non puoi accompagnarmi?”, mi domandò.

Cosa potevo rispondergli?

Vagliai l'ipotesi di mentirgli, ma alla fine decisi di dire la verità. Dovevo togliermi quel peso dal cuore.

“Non sono arrabbiata, Rob. Sono sconcertata. Non riesco a capire quale sia il problema”.

Lui si passò nervosamente la mano libera fra i capelli, già scompigliati dal vento.

“Lo capisco, ma non so cosa fare, piccola. Senti, parlerò di nuovo con Catherine”, propose.

Scossi la testa. L'ultima cosa che volevo era creargli problemi con la regista.

“Non importa”.

“Sì, invece. Non voglio vederti così abbattuta per una cosa tanto insignificante. E' solo un evento senza importanza: mi limiterò a sorridere, firmare qualche autografo. Tutto qui. Sarà mortalmente noioso”.

Sapevo che Rob credeva in quello che mi stava dicendo, ma le sue parole non riuscirono a tranquillizzarmi. Non mi piaceva l'idea di restarmene a casa.

Lui mi sollevò il mento con un dito e mi guardò negli occhi.

“Ehi, è la nostra ultima serata a Parigi. Ti giuro che parlerò con Catherine e sono certa che non farà problemi per la premiere di Londra. Ti voglio con me”.

Annuii, un po' più serena.

Rob mi passò un braccio dietro le spalle e mi baciò teneramente i capelli. Chiusi gli occhi e poggiai la testa contro il suo torace. Il calore del suo corpo mi rincuorò. In fondo forse aveva ragione: stavo facendo una tragedia per niente.



Ciao a tutte!!!
Quale occasione migliore per aggiornare del 12/12/12?!
Scherzi a parte, non credo che questa data abbia qualcosa di "magico", ma oggi è la sola cosa che si legge in giro, per cui...!
Non so se qualcuna di voi ha mai immaginato Rob sui pattini, ma ho pensato che la scena sarebbe stata incredibilmente divertente. E' infatti risaputo che il nostro british actor sia particolarmente scoordinato, per cui l'ipotesi della gamba rotta mi è parsa assai credibile!
Almeno di fronte alla sua ragazza però ho deciso di risparmiargli tale imbarazzo (anche se Jenny con una mise sexy sul red carpet sarebbe stata assai comica!).
Fortuntamente tutto è andato per il verso giusto.
Tuttavia, la loro vacanza è giunta al termine... E Jenny pare non essere la benvenuta alla premiere di "Twilight" a Los Angeles.
Quale potrebbe essere il motivo secondo voi??
Sono molto curiosa di conoscere le vostre teorie.
Un bacione
Vale
Ps. Aggiornerò lunedì 24 Dicembre, in modo da farvi anche gli auguri! :)

 

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Capitolo 54
*** Capitolo 54 ***


Una volta arrivati in hotel mi tolsi il piumino e la sciarpa e li riposi all'appendiabiti. Stavo vagliando l'idea di farmi una doccia per riscaldarmi un po', quando Rob si avvicinò a me da dietro ed iniziò a baciarmi sul collo. Le sue labbra erano fredde e i suoi baci mi procurarono un piacevole brivido lungo la schiena.

“Sei così bella”, mi sussurrò, scostandomi i capelli.”Ti voglio”.

I suoi baci si fecero via via più intensi, facendomi scordare ogni mio proposito riguardo alla doccia. Questo era decisamente un metodo migliore per scaldarsi.

Rob mi sfilò la maglia con un gesto lento e deciso e la gettò per terra. Poi percorse il profilo del mio collo con la mano, scese fino alle spalle e mi accarezzò il seno. Sotto il suo tocco delicato, ma pressante, il mio respiro si fece irregolare. Chiusi gli occhi per assaporare meglio quel momento. Mi voltò verso di lui in modo che lo guardassi e rispese a baciarmi. La sua lingua si muoveva incauta nella mia bocca.

Sganciai il bottone dei suoi pantaloni e tirai giù la cerniera. Lui se li tolse rapidamente e poi mi spinse contro il muro. A contatto con la parete fredda mi venne la pelle d'oca. Indossavo ancora la mia gonna. Rob me la sfilò con gesto esperto.

Le sue mani si muovevano con una sapienza da maestro su ogni parte del mio corpo, procurandomi gemiti di piacere. Allungai le mani e gli tolsi la felpa che indossava. Lui, liberato da quel pesante indumento, avvicinò maggiormente il suo corpo al mio.

“Ti voglio”, ripeté.

Le sue parole diedero voce ai miei pensieri. Lo volevo come se fosse ossigeno. Volevo sentirlo dentro di me. E lui mi accontentò, procurandomi un piacere immenso. Cosa avrei dato per fermare quel momento, per non staccarmi da lui.

 

Avrei voluto dormire ancora, ma la luce proveniente dalla finestra, nonostante avessimo tirato la tenda, mi svegliò. Toccai con un mano il lato del letto occupato da Rob, ma era vuoto. Mi tirai su di scatto.

Dov'era?

Diedi un'occhiata alla sveglia sul comodino: segnava le 9:30AM. Accidenti. Dovevamo essere sul treno per CDG fra meno di un'ora!

Mi alzai rapidamente e notai un biglietto accanto al mio telefono.

Torno presto, Rob”.

Lo rilessi un paio di volte. Poi mi spogliai e decisi di concedermi la doccia, a cui avevo rinunciato più che volentieri la sera prima. Sorrisi soddisfatta al ricordo delle mani di Rob sul mio corpo ed al piacere che mi avevano procurato. Più di una volta.

Mi stavo asciugando i capelli, quando sentii la porta della camera aprirsi. Spensi il phon ed uscii dal bagno. Indossavo solo un asciugamano ed i miei capelli erano bagnati per metà.

“Bonjour mademoiselle”, disse Rob, poggiando un sacchetto sul letto e venendo verso di me.

“Bonjour monsieur”, gli feci eco, nonostante il mio accento francese fosse peggiore del suo.

Restammo seri per un secondo, poi scoppiammo a ridere simultaneamente.

La serietà non faceva per noi.

“Sono andato a prendere la colazione. Mi pareva non ti facesse impazzire quella dell'hotel”, disse, accarezzandomi la schiena nuda.

Rabbrividii involontariamente: le sue mani erano gelate.

Lui ridacchiò e mi lasciò andare.

“Scusa, ho le mani fredde”.

“Fredde è dire poco!”, affermai con un sorriso. “Mi dai due minuti, così finisco di asciugarmi i capelli e mi metto qualcosa addosso?”

Ti do tutto il tempo che ti serve, ma non mi dispiace vederti nuda”, disse con gli occhi ardenti di desiderio.

“Lo sospettavo”, dissi, gettandogli le braccia al collo e baciandolo appassionatamente. “Ma siamo già parecchio in ritardo”, aggiunsi mio malgrado.

“Vai a metterti qualcosa addosso, prima che cambi idea!”

“Cinque minuti e sono da te”.

Rendere i miei capelli un minimo presentabili richiese più di qualche minuto: purtroppo non avevo la piastra con me e l'umidità non era d'aiuto. Alla fine mi arresi e gli legai in una coda di cavallo.

Quando aprii la porta del bagno, trovai Rob seduto sul letto intento ad armeggiare col telefono.

“Mi piace quella maglia”, disse, alludendo al cardigan grigio che indossavo.

“E' un regalo di Megan”.

“Beh, è molto carina”.

Da quando il mio ragazzo si interessava di moda?

Scossi la testa quasi impercettibilmente, ma se ne accorse lo stesso.

“Cosa ho detto?”, mi chiese con un sorriso enigmatico, mettendo il cellulare in tasca.

“Da quando sei un esperto di moda?”, gli domandai.

Lui sorrise, divertito da quella definizione: in effetti, chiamare tale un uomo che la mattina prendeva i primi indumenti che trovava nell'armadio, era comico.

“Non me ne potrebbe interessare di meno”, disse. “Ma qualunque cosa è perfetta su di te”.

“Grazie, monsieur. Facciamo colazione? Sto morendo di fame”.

“Certo”.

Mangiammo i croissants che Rob aveva comprato in semi-silenzio, dopodiché, dopo aver controllato di aver preso tutto, lasciammo la nostra stanza e scendemmo nella hall.

Fare il check-out richiese poco tempo e mi sembrò che ne impiegammo addirittura meno per arrivare all'aeroporto.

Sentii una stretta allo stomaco quando l'aereo decollò: la nostra vacanza era davvero finita.



Buon Natale a tutte!!!!!!
Avrei dovuto aggiornare ieri, ma i preparativi natalizi mi hanno portato via più tempo del previsto. Comunque eccomi qua!!!
La vacanza parigina di Rob e Jenny può dirsi definitivamente conclusa, ma di certo i due l'hanno trascorsa al meglio (e Rob non si è neppure rotto una gamba!).
Rob dovrà nuovamente immergersi nella promozione di "Twilight"... Jenny riuscirà a presenziare almeno alla premiere di Londra?
Lo scoprirete molto presto!
Per ora vi saluto e vi rinnovo tanti auguri!!!
Cercate di non mangiare troppi dolci e, soprattutto, di sopravvivere ai parenti!!!! ;)
Un bacione
Vale

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Capitolo 55
*** Capitolo 55 ***


Contemplai con espressione vuota la lavagna di fronte a me. Le parole di Mr Lewis erano soltanto un ronzio di sottofondo. La mia attenzione rasentava lo zero. La mia mente era altrove, più precisamente in un altro continente, dove si trovava in quel momento anche il mio ragazzo.

Erano passati già dieci giorni da quando era tornato a Los Angeles e sentivo profondamente la sua mancanza, nonostante mi chiamasse praticamente ogni giorno. Tuttavia, si trattava sempre di telefonate brevi, la più lunga era durata appena dieci minuti. La situazione era tutt'altro che piacevole, specie perché sapevo che non lo avrei rivisto almeno per altri cinque lunghi ed interminabili giorni.

Mi lasciai sfuggire un sospiro e cercai di concentrami sulle spiegazioni del professore. Ma, come al solito, era un'impresa a dir poco ardua già in condizioni mentali ottimali. Lanciai un'occhiata a Megan, seduta nella fila davanti alla mia, tutta concentrata sui suoi appunti.

Dopo una decina di minuti, rinunciai all'idea di seguire la lezione e mi ritrovai ad ascoltare i sussurri di due ragazze sedute dietro di me. Stavano parlando dell'ultimo film che avevano visto al cinema. Non riuscii a sentire il titolo, ma, a quanto pare, c'erano di mezzo un poliziotto molto sexy e parecchi inseguimenti.

“Ti ispira questo film? Dovrebbe uscire fra un paio di settimane”, sentii dire da una delle due.

“Mah, non saprei...”, rispose l'altra.

“Dai, la storia non è un granché forse, ma merita solo per l'attore!”

“In effetti! E' un gran figo!”, esclamò, non preoccupandosi troppo di tenere basso il suo tono di voce.

“Hai idea di come si chiami?”

“Aspetta. Ci dovrebbe essere scritto... Ah sì! Ecco: Robert Pattinson”.

Avvampai, sentendo che stavano parlando del mio ragazzo.

Repressi l'impulso di girarmi a guardarle, ma non potei evitare di ridacchiare sentendo i loro commenti successivi.

“Beh, io me lo farei”, dichiarò una delle due in tono solenne.

“Ma è single?”, chiese l'altra.

“Da quello che c'è scritto qui direi di sì”, affermò l'altra.

A quel punto smisi di ascoltarle. Avrei voluto voltarmi e dire loro:

Mi spiace ragazze, ma sta con me!”.

Nonostante capissi che era meglio che tutti si concentrassero solo su Rob come attore, e non sulla sua vita privata, era molto fastidioso restare in silenzio ad ascoltare quei commenti.

“Ma non sta con Bella?”, chiese.

“Non credo, però sarebbero davvero carini insieme! Lei è così bella!”

A quel punto ero arrivata al limite della sopportazione.

Sbuffai e tentai di riconcentrarmi sulle parole del professore, tuttavia le due ragazze erano troppo pressanti.

Finsi di non ascoltarle e fissai lo schermo del mio cellulare contando i minuti che mi separavano dalla fine della lezione e di quella tortura.

Finalmente scoccarono le 12PM e, senza aspettare neppure Megan, uscii a grandi passi dall'aula.

 

I giorni seguenti trascorsero in maniera monotona: era strano, ma neppure Londra mi sembrava più la stessa senza Rob, specie adesso che iniziava ad essere illuminata con le luci di Natale.

I miei pensieri, nonostante mi tenessi impegnata, non potevano non tornare sempre e soltanto a lui e, paradossalmente, più cercavo di non pensarci, meno ci riuscivo.

Inoltre, le frasi che avevo sentito su di lui e su Kristen a lezione continuavano a riecheggiarmi in testa...

Non volevo essere gelosa, ma non potevo impedirmi di provare quel sentimento adesso che lui era dall'altra parte del mondo insieme a lei.

Non feci parola delle mie preoccupazioni con Jana e con Megan. Forse era sciocco, ma non volevo mostrare loro la mia vulnerabilità in quel momento.

La verità era che non mi andava di parlarne con nessuna delle due: sapevo che la prima avrebbe analizzato ogni dettaglio ed avrebbe smontato le mie paure. Mentre la seconda avrebbe affermato subito con convinzione che non c'era motivo di stare in ansia, che Rob mi amava e non pensava a nessun'altra.

Ma le loro parole sarebbero state soltanto echi vuoti dei miei pensieri razionali.

In ogni caso, la promozione del film stava andando bene ed in Italia, dov'era già uscito, era stato un successo assolutamente inatteso. Ero stata felice quando Rob, sorpreso, me lo aveva annunciato. Il mio ragazzo non riusciva a comprendere l'incredibile sete di “Twilight”, che dal suo punto di vista non era una storia molto originale, tuttavia se il film avrebbe avuto buoni incassi anche nel resto del mondo, la Summit- la casa di produzione- avrebbe considerato l'ipotesi di portare sullo schermo anche gli altri tre romanzi della Saga. Questo avrebbe significato che lui avrebbe avuto già tre film in cantiere, con un cospicuo aumento del suo cachet. Ma la notizia avrebbe portato con sé un ulteriore conseguenza, a cui mi sforzavo di non pensare, almeno finché le cose non sarebbero state sicure.

Anche l'afflusso di fan alla premiere di “Twilight” a Los Angeles era stato notevolmente superiore alle aspettative: sembrava davvero che il film fosse un successo senza precedenti, paragonabile soltanto a Harry Potter.

Tuttavia, stavolta Rob era il protagonista maschile e non un semplice personaggio di supporto presente in un solo film.

Ebbi modo di parlare con calma col mio ragazzo soltanto un paio di sere dopo la premiere californiana.

Ormai eravamo a fine Novembre e Rob avrebbe presto fatto ritorno a casa per promuovere il film anche a Londra. E questa volta nessuno mi avrebbe impedito di esserci.



Ciao a tutte e buon anno!!!
Spero abbiate passato delle belle feste!
Rob e Jenny sono nuovamente lontani e il "fenomeno Twilight" sembra ormai aver preso piede.
La ragazza, nonostante i buon propositi, secondo voi riuscirà davvero a presenziare alla premiere di Londra?? O dovrà nuovamente "ingoiare il rospo"??
Lo scoprirete molto presto.
Un bacione, ci leggiamo il prossimo anno!^^
Vale
PS. Vi ricordo che una recensione è sempre ben accetta!

 

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Capitolo 56
*** Capitolo 56 ***


Quasi non mi sembrò vero quando vidi il mio ragazzo varcare la soglia del mio appartamento con un enorme sorriso ed il suo borsone in spalla.

Indossava una t-shirt grigia, una camicia a quadri rossa e nera e un giubbotto scuro sopra un paio di pantaloni neri. Il suo volto era contornato da un leggero filo di barba ed i suoi occhi chiari erano celati dai suoi vecchi Ray-Ban scuri.

Ma l'accessorio più bello era senz'altro il suo splendido sorriso da ragazzino.

Senza dire una parola, andai verso di lui e gli gettai le braccia al collo, baciandolo.

Lui poggiò a terra il borsone e ricambiò i miei baci con passione e, quasi senza che me ne accorgessi, ci ritrovammo a fare l'amore sul pavimento del mio ingresso.

Per la seconda volta.

“Ipotizzo di esserti mancato!”, disse, ridendo e tirando su la cerniera del pantaloni.

“Direi di sì”, replicai con un sorriso.

Non poteva avere idea di quanto mi fosse mancato.

“Mi sei mancata anche tu, piccola”, disse, avvicinandosi a me e baciandomi, stavolta con fare molto più delicato.

“Davvero?”

“Mi pare di avertelo appena dimostrato ampiamente”, affermò con un sorriso strafottente.

“Non si lodi troppo, Mr Pattinson. Se non sbaglio sono io a dover giudicare in questo caso”.

“Vorresti darmi un punteggio?”, mi domandò, aggrottando la fronte. “Sentiamo”, aggiunse, sfiorandomi il seno con un dito.

“Non credo proprio”, replicai.

“Beh, dai, adesso sono curioso”.

“Ah, adesso si dice così?”, gli domandai sorridendo, divertita.

“Io dico così”.

“Ahimè, temo che resterai nel dubbio”.

“No... No, io non credo. Se sei così scettica a darmi un voto, temo che dovrò darti nuovamente prova delle mie capacità”, dichiarò con tono solenne.

“Okay. Ma prima dovrai riuscire a prendermi”, dissi, scappando via da lui.

Peccato che il mio appartamento fosse così piccolo che i luoghi dove nascondersi erano quasi del tutto inesistenti; inoltre non avrei mai voluto davvero allontanarmi da lui.

Rob mi prese quasi subito, arrivandomi da dietro e sollevandomi.

“Dove vorrebbe portarmi, Mr Pattinson?”

“Ovunque tu desideri”, rispose, baciandomi.

 
Ormai erano trascorsi cinque giorni dal ritorno a casa di Rob e, il mio stato d'animo, era lo stesso di una bambina di cinque anni a cui avevano regalato il giocattolo che bramava, perché il mio ragazzo era finalmente insieme a me.

Mi guardai per un attimo intorno ed osservai con sommo interesse le persone che affollavano il locale. Era passato un po' di tempo da quando io e Rob non eravamo usciti ed ero contenta di come stava procedendo la serata: era bello stare con lui in pubblico.

Inoltre, il posto in cui mi aveva portato era delizioso.

“A cosa stai pensando?”, mi chiese.

“A niente in particolare. Sono soltanto felice di essere qui con te”, gli risposi con un sorriso.

“Anch'io”, disse, prendendomi la mano.

“Ecco le vostre ordinazioni”, disse a un certo punto la cameriera, apparendo così all'improvviso da farmi sussultare.

La ragazza, che sembrava avere più o meno la nostra età, e che stando al cartellino si chiamava Theresa, posò i nostri piatti sul tavolo, dopodiché si allontanò.

Raccontai al mio ragazzo alcune novità sui corsi che stavo seguendo al college, compreso qualche divertente aneddoto su Mr Lewis che, durante una lezione particolarmente noiosa, ad un certo punto era salito sulla cattedra per richiamare la nostra attenzione.
Peccato che, alla sua veneranda età, il suo equilibrio fosse piuttosto scarso, per cui un paio di studenti in prima fila, erano dovuti intervenire per aiutarlo a scendere.

Il mio ragazzo rise di gusto sentendo quel racconto: era bello stare con lui così. In tranquillità, senza doversi preoccupare di niente.

Ero felice di non aver fatto parola con nessuno- e soprattutto con lui- di quello che avevo udito durante la lezione: non volevo dire niente che potesse rovinare la nostra serata, o qualunque altro momento che passavamo insieme.

Avevamo quasi finito di cenare quando Rob richiamò l'attenzione della cameriera per farsi portare un'altra birra. La ragazza annuì, dopo averlo guardato per un lungo istante.

Tamburellò le dita sul tavolo, chiaramente nervoso. Quella sera era quasi più bello del solito.

“Lo sai che mi piacciono quei riflessi ramati”, affermai con un sorriso.

Non me ne ero resa conto prima, ma alle luci artificiali del locale, erano evidenti e facevano risaltare la sua pelle chiara.

“Suo serio?”, mi chiese, scettico.

“Sì”.

La ragazza tornò poco dopo e, dopo aver posato la birra davanti a Rob, lo guardò per un istante con espressione interrogativa. Poi scosse la testa quasi impercettibilmente e tornò verso la cucina.

“Okay... E' stato piuttosto strano”, dichiarò, passandosi una mano fra i capelli con fare imbarazzato.

“Pensi ti abbia riconosciuto?”, gli domandai.

“Temo di sì... Speriamo non torni qui a chiedermi un autografo. Vorrei passare la serata con te senza interruzioni”.

“Questo programma è molto interessante”, acconsentii con un sorriso, sporgendomi sopra il bacio e baciandolo.
“Chiediamo il conto?”

Rob annuì e richiamò la cameriera.

“Dove vorresti andare?”, mi chiese.

Ma prima che potessi pensare ad una risposta, la ragazza si materializzò accanto a noi.

“Sì?”, chiese.

Sembrava piuttosto a disagio: forse Rob aveva ragione. Theresa lo aveva riconosciuto. Il suo sguardo vagava da lui a me e da me a lui.

Alla fine, dopo che Rob ebbe pagato il conto, la ragazza prese coraggio e disse, rivolgendosi al mio ragazzo:

“Scusami se te lo dico, ma da quando ti ho visto entrare qui non ho potuto fare a meno di notare che sei quasi identico a quello che fa “Twilight”. Potreste davvero essere gemelli!”

Soffocai una risata, mentre Rob arrossì al tempo stesso divertito ed imbarazzato.

Quindi la ragazza non lo aveva riconosciuto, ma lo trovava semplicemente somigliante a quello che faceva “Twilight”.
Restare seria richiese tutta la mia concentrazione mentale.

Theresa a quanto pare malintese le nostre espressioni, perché si affrettò ad aggiungere:

“Ti giuro che è un complimento! Lui è davvero un bel ragazzo”.

“Ah, sì? Dovrò vedere questo film allora, amore. Se il tizio ti somiglia così tanto”, dissi.

La mia frase lo fece scoppiare a ridere.

La ragazza mi lanciò un'occhiata d'approvazione.

“E' davvero molto carino”, affermò. “Dovresti vedere il film. Anche quello non è male”, mi disse con un sorriso.

“Penso proprio che lo farò”, dichiarai.

Detto questo salutammo la ragazza, che lanciò l'ennesima occhiata al mio ragazzo, ed uscimmo dal locale.

Una volta in strada, Rob mi cinse la vita con un braccio e mi attirò a sé con vigore.

“Quindi vorresti vedere quel film?”, mi domandò con voce roca.

“Già... Visto che a quanto pare il tizio ti somiglia... Vorrei valutare coi miei occhi fino a che punto”, gli risposi.

“E non preferiresti fare altro?”

“No”, affermai, con pochissima convinzione.

Rob mi fissò per un istante con i suoi meravigliosi occhi chiari e scoppiammo entrambi a ridere.

Camminammo abbracciati in silenzio per qualche isolato, poi disse:

“Aggiungerò quello che è appena successo alla lista delle cose più strane in assoluto che mi siano capitate!”

Ridacchiai.

“E' assurdo che la ragazza non abbia pensato neppure per un momento che potessi essere davvero tu”.

“Meglio così”, sentenziò lui.

“Comunque questo mi ha fatto venire in mente una cosa...”.

“Cosa?”

“Non mi hai ancora fatto vedere il film! Non vorrai che scarichi una versione pirata da internet, vero?”

Lui sorrise e si passò una mano fra i capelli, spettinandoli ancora di più.

Non riuscivo ad immaginare spettacolo più bello del suo sorriso. Era contagioso.

“Beh, lo vedrai comunque alla proiezione dopodomani”, mi ricordò.

“Lo so... Ma pensavo che il mio ragazzo mi avrebbe passato una versione sottobanco”.

Lui arrossì.

“In effetti l'avrei...”, mi confessò.

Rimasi di stucco.

“Ed esattamente quando pensavi di dirmelo?”, gli chiesi, fingendomi irata.

“Mai?”

Scossi la testa.

“Sai che odio rivedermi. E' stato uno strazio a Los Angeles. Penso che venerdì mi defilerò una volta iniziata la proiezione”.

Ero incredula, ma avevo un ricordo piuttosto chiaro delle sue continue proteste mentre vedevamo, o meglio cercavamo di vedere, insieme “How To Be”. Tuttavia, ero molto curiosa. Inoltre, volevo dare un'occhiata coi miei occhi all'intesa con la sua collega.
Non potevo attendere fino a venerdì.

“A proposito: hai chiesto alle tue amiche se vogliono venire?”

Annuii, anche se sapevo che voleva solo cambiare argomento.

“Verremo insieme”, dichiarai.

“Bene”, disse Rob, baciandomi. “Dirò a Catherine di lasciarvi i posti dietro al mio”.

“Okay...”, risposi un po' contrariata.

Il posto dietro al suo?

“Io, Kristen e Catherine saremo in prima fila, sfortunatamente”.

“Ci sarà anche Michael?”, gli chiesi.

Era da un po' che non ci parlavamo, ma da quello che mi aveva detto l'ultima volta lui e la sua ragazza erano ai ferri corti. Molto corti.

“Perché non dovrebbe?”, mi domandò un po' perplesso.

Rimasi stupita anch'io: Rob non aveva chiaramente idea di come stessero le cose fra il mio amico e Kristen. Ma non toccava a me parlarne. Per cui mi limitai a liquidare la questione restando sul vago e riportai la conversazione al punto precedente:“Twilight”.

Alla fine Rob capitolò e mi promise che, l'indomani, avremo visto il film. Lo baciai, contenta della mia vittoria.





Ciao a tutte e buon week end!!
Come avrete intuito, Jenny è stata più o meno "ufficialmente" invitata alla prima di "Twilight" a Londra, ma in attesa di tale evento ho deciso di dare ai due innamorati un po' di tempo da trascorrere insieme.
Una piccola curiosità: quest'episodio fa riferimento ad un fatto raccontato più volte da Rob stesso in varie interviste. Sono partita da lì, lasciando che la fantasia vagasse liberamente!
Un bacione e al prossimo capitolo!
Vale


 

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Capitolo 57
*** Capitolo 57 ***


Fissai lo schermo del mio televisore con impazienza. Ero davvero molto emozionata e Rob, dal canto suo, era particolarmente agitato.

Da quando era venuto da me con il segretissimo DVD, aveva provato praticamente di tutto per scoraggiarmi dal vederlo.
Inutile dire che aveva fallito miseramente. Ero troppo curiosa per cedere al suo charme stavolta.

Così il mio ragazzo si era accasciato sul divano, accanto a me, tormentandosi i capelli.

“Non devi aspettarti questo granché, okay?”, mi ripeté per la centesima volta.

Teneva il telecomando in mano, ma non aveva ancora schiacciato il pulsante play.

Annuii di nuovo e, finalmente, lui si decise a far partire il film.

Neppure a dirlo, due secondi dopo stava già commentando.

“Ehm, tesoro, forse tu sai le battute, ma io no e mi piacerebbe ascoltarle”, gli dissi dopo qualche minuto, mentre Kristen era sullo schermo.

Lui si zittì immediatamente, ma il silenzio durò ben poco. Non appena apparve sullo schermo, iniziò a lamentarsi.

“Sai, sto pensando di imbavagliarti”, dissi, prendendogli il telecomando di mano e premendo pausa.

“Potrebbe essere un giochino interessante”, disse con sguardo malizioso.

“Non sfidarmi, perché potrei farlo sul serio”, replicai. “Pensi di riuscire a tacere per tipo due secondi?”

“Ehm... D'accordo. Sarò muto come un pesce”.

Gli lanciai un'occhiataccia e feci ripartire il filmato.

Se non avessi visto Rob sul set a Vancouver truccato da vampiro probabilmente sarei rimasta un po' perplessa. Quel pallore gli donava molto, per non parlare dell'ottimo look. La costumista aveva fatto davvero un buon lavoro: ogni indumento gli calzava a pennello.
Non che fosse difficile su di lui.

“Mi piace quel piumino blu”, dissi a un certo punto.

“Beh, sei fortunata, perché ho portato via un po' di vestiti dal set, compreso quello”.

Lo guardai sorpresa e lui scoppiò a ridere.

“Non sono diventato cleptomane. Catherine ci ha detto che potevamo prendere qualcosa dal set. Io ho scelto alcuni vestiti. Mi pare che Kristen abbia preso un braccialetto e qualcos'altro”.

“Ah, okay”.

“Comunque quelle sopracciglia sono devastanti. Mi pareva di essere una donna”.

“A me non paiono così male”.

Lui mi fissò come se avessi appena detto che ET era entrato dalla finestra. Lo ignorai e mi riconcentrai sul film.

Provai una spiacevole fitta di fastidio quando vidi Rob/Edward Cullen baciare Kristen/Bella Swan. Era peggiore di quanto potessi immaginare.

Mi sentii gli occhi di Rob addosso e cercai di non far trasparire nulla di quello che stavo provando.

Cosa potevo dire?

Sapevo che era solo per esigenze di copione, perché avevo letto il romanzo, ma non poteva certo farmi piacere quella situazione.

Quale ragazza avrebbe desiderato guardare l'uomo che amava sfiorare le labbra di un'altra?

Il fatto che si trattasse solo di una finzione, non lo rendeva meno spiacevole.

Probabilmente dovevo avere una faccia strana, perché Rob ci tenne subito a precisare che la scena era stata molto imbarazzante da girare.

“Catherine ed il resto della troupe mi hanno preso in giro per giorni dopo questa scena”, mi disse.

“Perché?”

“In teoria avrei dovuto essere io a prendere l'iniziativa ed a baciarla... Peccato che sia rimasto a fissarla come un idiota”, mi spiegò imbarazzato. “Michael era nella stanza accanto e non pareva di buonumore. Volevo evitarmi un pugno e poi ho sempre trovato piuttosto imbarazzanti questo tipo di scene”.

Ridacchiai divertita e più serena.

Rob aveva poggiato una mano sulla mia coscia e mi stava accarezzando, rendendomi assai difficile concentrarmi su quello che stava accadendo sullo schermo, o su qualunque altra cosa. Tuttavia, la sensazione era troppo piacevole per chiedergli di fermarsi.

Quando apparvero i titoli di coda, il mio ragazzo emise un sonoro sospiro di sollievo ed evitò di guardarmi, improvvisamente preso dall'analizzare uno dei quadri sulla parete del salotto.
Si trattava di un'altra riproduzione di un dipinto di Degas, molto simile a quello che avevo in camera.

“Tesoro, da quello che mi avevi detto pensavo che avrei visto il film degli orrori! Non è affatto male e tu sei stato perfetto”.

“Perfetto è decisamente l'ultimo aggettivo che utilizzerei per descrivermi”, si sminuì.

“A me è piaciuto molto e ho apprezzato particolarmente anche il tizio che fa Edward Cullen. Anche se non mi pare ti assomigli così tanto”, precisai con un sorriso.

“Già, è un po' pallido vero?”, convenne lui.

“Direi!”

“Non farmi ricordare quanto trucco mi avevano messo! Sempre meglio di quello che hanno fatto mettere a Facinelli”.

“In effetti lui pare una maschera di cera”, convenni, ricordando la scena del suo ingresso in ospedale.

Rob scoppiò a ridere.

“Pensi davvero che farete anche i film successivi?”, gli domandai dopo un po'.

“Non lo so. Ma è possibile e probabile. Meglio non pensare che dovrò rimettere quelle lenti gialle. Non puoi immaginare quanto siano fastidiose: mi pare di essere ingessato senza poter muovere gli occhi decentemente”.

Quindi la possibilità che dovesse fare anche i sequel era più concreta di quanto non potessi immaginare.

Cercai di pensare positivamente: si trattava di un lavoro, no? Dovevo essere contenta per lui e non preoccuparmi di nient'altro.




Ciao a tutte!!!
Dopo l'interessante siparietto dello scorso capitolo, Jenny è finalmente riuscita a convincere Rob a mostrarle "Twilight".
Personalmente ho sempre trovato il commento al film divertentissimo e ho cercato di inserire qualche riferimento, quale l'insistere di Rob sulle sopracciglia depilate!
Vi anticipo che il prossimo capitolo vedrà l'ingresso di Jenny nel marasma della premiere di "Twilight"!
Un bacione ed a presto! <3
Vale





 

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Capitolo 58
*** Capitolo 58 ***


Diedi un'ultima occhiata al mio riflesso nello specchio. Aiutata da Jana avevo raccolto i capelli in un elegante chignon, lasciando due ciocche a contornarmi il viso. Il risultato finale, complice anche la bravura della mia make-up artist, era superiore alle mie più rosee aspettative. Mi sentivo davvero bella.

La scelta più difficile aveva riguardato il vestito. Nonostante Rob non lo sapesse, lo avevo cercato per intere settimane prima di trovarne uno giusto. Era di raso blu lungo fino al ginocchio con un'ampia scollatura dietro. Ero sicura che al mio ragazzo sarebbe piaciuto molto.

“Jenny, dovresti metterti queste”, disse Jana, aprendo la porta del bagno con noncuranza.

“Grazie”, mormorai sorpresa.

Erano un paio di Louboutin nere col tacco alto. Non volevo sapere dove le avesse trovate, né quanto le avesse pagate. Meglio restare nell’ignoranza.

Tolsi le quelle che avevo già in piedi ed indossai le scarpe che mi stava porgendo.

“Allora? Cosa te ne pare? Troppo?”

In quel momento entrò anche Megan nella stanza.

“Wow! Jenny, stai benissimo!”, commentò l'ultima arrivata.

Lanciai un'occhiata a Jana, che non aveva ancora risposto: in fondo fra noi era lei l'esperta.

La mia amica mi scrutò per un minuto buono come se fossi una borsa che stava decidendo se comprare o meno. Poi finalmente parlò.

“Sto pensando che quell'abito ti resterà addosso per molto poco una volta tornati a casa!”, disse con tono d'approvazione, facendomi arrossire fino alla punta dei capelli.

Mega ridacchiò.

“Sei veramente favolosa, Jenny”.

“Grazie ragazze”, le ringraziai con un sorriso soddisfatto.

“Fra quanto arriva la macchina?”, mi domandò Megan.

“A breve credo”, risposi un po' agitata.

Era la prima volta che partecipavo ad un evento del genere, per fortuna io e le mie amiche saremo entrate da uno degli ingressi secondari grazie ai pass che Rob ci aveva procurato. Se non altro ci saremo risparmiate il red carpet, che avremo visto proiettato sullo schermo della sala del cinema.

Quando avevo parlato con Rob qualche ora prima mi era sembrato più rilassato del solito: probabilmente ormai per lui stava diventando un'abitudine.

Un'auto scura passò a prenderci all'orario concordato e ci portò fino a Leicester Square.

Feci a malapena in tempo a vedere che era piena di ragazzine accalcate le une sulle altre, poiché un uomo della sicurezza ci scortò rapidamente fino all'ingresso, neppure fossimo delle delegate dalla NATO.

Mostrai i nostri pass ad un altro uomo e, dopo che ebbero controllato, ci lasciarono finalmente entrare. Mi sentii molto emozionata varcando quella soglia: in fondo stavo entrando nel mondo di Rob, nella sua realtà professionale.

“Miss Presciani, Miss Parker, Miss Ellis. Da questa parte, prego”, ci disse una ragazza dello staff con tono professionale, accompagnandoci fino ai nostri posti.

Non doveva avere più di venticinque anni.

Seconda fila dietro a Rob, esattamente come aveva promesso. Sorrisi al pensiero che, fra poco, sarebbe arrivato anche lui.

Prendemmo posto a sedere e diedi un'occhiata in giro. La sala era già abbastanza piena: inutile dire che la maggior parte erano ragazzine.

Quando improvvisamente, dopo una decina di minuti, lo schermo di accese si scatenò l'inferno.

L'inferno.

Le ragazze nelle file in fondo iniziarono ad emettere grida a dir poco imbarazzanti, che aumentarono a dismisura quando il volto di Rob apparve sullo schermo.

Provai una sensazione davvero strana e forse realizzai per la prima volta che tutte quelle urla erano per il mio ragazzo.

La situazione era surreale.

Le mie amiche tacquero, probabilmente anche loro erano troppo prese alla sprovvista per parlare. Le grida aumentarono a dismisura quando anche Kristen fece il suo ingresso sul red carpet.

Provai una sgradevole sensazione quando vidi Rob cingerle la vita con un braccio, sorridendo ai fotografi. Tuttavia, la ignorai e mi concentrai sul volto sorridente e luminoso del mio ragazzo. Si stava passando una mano fra i capelli con fare decisamente imbarazzato. Lo osservai concedersi generosamente alle fan, a tal punto che persi il conto del numero di foto per cui posò con loro. Al contrario la sua collega ne concesse molte meno, ma se non altro sorrise con entusiasmo di fronte alle telecamere.

Provai un impeto di tenerezza e di orgoglio guardando quella scena: Rob era davvero incomparabile. Non avevo visto molti red carpet, ma non tutti sarebbero stati così disponibili. Era un vero tesoro.

“Mi sembrava di aver visto una schiena famigliare”, disse all'improvviso una voce maschile dietro di me, facendomi sussultare.

Non ero certa che stesse parlando proprio con me, ma quando sentii una mano posarsi sulla mia spalla, mi voltai di scatto come se avessi preso la scossa.

Sorrisi sollevata quando vidi un viso amico nella semioscurità.

“Michael!”, esclamai.

“Ciao Jenny”, mi salutò il ragazzo di Kristen. “Ciao Megan, ciao Jana”, aggiunse rivolgendosi alle mie amiche, che risposero al suo saluto.

Non mi aspettavo di trovarlo lì. Anzi, ero convinta che non sarebbe venuto. L'ultima volta che mi aveva chiamato mi aveva detto che stava seriamente pensando di lasciare la sua ragazza, tuttavia forse se le cose fra loro aveva ripreso a funzionare. Se era così, ero davvero felice per lui. Per loro. Kristen non mi stava molto simpatica, ma stavano insieme da tempo ed ero convinta che avrebbe sofferto molto nel caso fra loro fosse finita. Avrei voluto saperne di più, ma quello non era né il luogo, né il momento giusto per tempestare il mio amico di domande sulla sua vita privata.

“Spero resti qualcosa del tuo ragazzo”, riprese Michael rivolgendosi soltanto a me. “Quelle fan sembrano piuttosto scatenate. Era da un po' che non sentivo così tante urla insieme”, aggiunse.

Finalmente Rob, Kristen e Catherine, che era appena arrivata, si diressero da alcuni giornalisti. Tentai di ascoltare quello che stavano dicendo, ma era impossibile udire qualunque suono che non fosse “Oddio!”, “Ah!” e simili.

Pochi minuti dopo, il presentatore prese il microfono ed annunciò che presto i tre sarebbero entrati nel cinema. A quella notizia, le grida salirono ulteriormente.

Ero sicura che ormai avessero superato la barriera del suono.

“Jenny, ricordami per quale motivo stiamo subendo questo assalto ai timpani? Ci terrei a non diventare sorda prima dei novant'anni”, dichiarò Jana.

Le scoccai un'occhiata ammonitrice, ma in effetti anch'io iniziavo ad averne abbastanza. Sorrisi al pensiero che probabilmente le tizie si sarebbero svegliate l'indomani mattina senza voce e con un mal di gola allucinante.

Ad un certo punto, sentii levarsi dall'ala nord una serie di esclamazioni di gioia; mi voltai indietro e vidi Rob, Kristen e la regista varcare la soglia della sala.

Le grida erano quasi insopportabili: se avessi avuto un telecomando per regolare il volume avrei premuto “mute” senza pensarci due volte.

Peccato che non lo avessi...

Mi chiedevo come avesse fatto il mio ragazzo a sopportarle così a lungo fuori. Forse ormai si era abituato anche a quelle.

Un paio i tappi per gli orecchi sarebbero stati un'idea ottimale: avrei dovuto suggerirglieli!

Mano a mano che si stavano avvicinando, potei osservare meglio l'abbigliamento di Rob: indossava un completo scuro ed era meraviglioso oltre ogni umana aspettativa.

Ridacchiai divertita, ricordando che lui si vedeva tutt'altro che bello, o affascinante. Era assurdo che fosse così insicuro riguardo al suo aspetto, quando era evidente che non aveva niente da invidiare a nessuno. Anzi.
Forse ora avrebbe iniziato a convincersene. Forse.

Quando arrivarono vicino a noi, i nostri sguardi si incrociarono e Rob mi sorrise, un po' rosso in viso, i capelli così in disordine lo rendevano ancora più sexy. Gli sorrisi in risposta e sentii le mie labbra ardere, desiderando bramose le sue.

Ti amo”, gli sussurrai.

Il suo sorriso si ampliò. Aveva capito.

Kristen mi notò e mi accennò un sorriso, ma la sua freddezza nei miei confronti era evidente. Per il resto non mi parve accorgersi neppure del suo ragazzo, o almeno così mi sembrò. Forse fra loro le cose non andavano poi così bene, anche se lui era lì.

Il presentatore li chiamò; Rob distolse lo sguardo da me e salì sul palco, seguito dalle due donne. Fecero una breve presentazione del film, dopodiché presero posto a sedere.

Le urla continuarono ininterrottamente finché le luci non si spensero. Ovviamente l'emozione delle fan nel vedere il film era addirittura maggiore di quella provata nel vedere i due protagonisti dal vivo.

Una volta che le immagini iniziarono a scorrere sullo schermo, non riuscii a trattenermi e così appoggiai una mano sulla spalla di Rob.

Lui si voltò meccanicamente.

“Ciao”, mi disse con un ampio sorriso, ben visibile anche nell'oscurità.

“Ciao”, ripetei, passandogli una mano fra i capelli, tentando con scarsi risultati di sistemarli.

“Penso ci sia poco da fare!”, dichiarò con un sorriso. “Ascolta, non ho intenzione di rivedere il film. Di nuovo”.

“Vorresti defilarti davvero?”

Lui annuì.

“Io passo di là”, disse, indicando una porta che non riuscivo a vedere. “Aspetta un paio di minuti ed esci da quella”, aggiunse, guardando l'uscita d'emergenza a pochi metri da noi.

“Okay”.

“A fra poco”.
 
Nessuno, eccetto forse la sua collega, si accorse della fuga di Rob. Ma le mie amiche notarono subito che mi stavo alzando e mi rivolsero due identici sguardi interrogativi.

“Devi andare in bagno?”, mi domandò Megan. “Il film è appena iniziato”.

Scossi la testa.

Lo sguardo di Jana passò da me al posto vuoto di Rob e si illuminò.

“Ah”, esclamò.

“Torno fra un po'”, dissi vaga.

Poi mi diressi rapidamente, e cercando di non dare nell'occhio, verso l'uscita d'emergenza. Scostai la tenda con gesto deciso e, non appena fui uscita, una mano che conoscevo bene afferrò la mia e mi attirò a sé.

Era lui.

“Ciao”, ripeté.

“Ciao”, gli feci eco.

Poi, dopo aver controllato che non ci fosse nessuno nei paraggi, gli gettai le braccia al collo e lo baciai appassionatamente. Avevo desiderato farlo da quando avevo visto il suo splendido volto nello schermo.

“Vieni”, disse, prendendomi per mano.

Non avevo idea di dove mi stesse portando, ma non mi interessava. Ero con lui e tanto mi bastava. Per sempre.

Passammo davanti a quelle che ipotizzai essere altre sale e ci fermammo soltanto una volta arrivati davanti ad un corridoio stretto tappezzato di vari poster. Non conoscevo nemmeno la metà di quei film.

Le pareti erano grigie e mi accorsi a malapena di una porta dello stesso colore. Non aveva una targhetta, ma doveva essere un ufficio. Rob la contemplò per un attimo, dopodiché, senza lasciar andare la mia mano, afferrò la maniglia ed aprì la porta.

Da quello che riuscivo a vedere gli unici arredi consistevano in una scrivania, un paio di sedie ed alcuni scaffali ricolmi di scartoffie. Non c'era neppure una finestra. Non osavo immaginare chi fosse il povero sfortunato costretto a lavorare lì.

“Rob, cosa...?”

Il mio ragazzo si voltò nuovamente verso di me e mi puntò addosso il suo sguardo infuocato. Prima che potessi concludere la mia domanda, o dire alcunché, mi trovai contro la parete del minuscolo ufficio. Doveva essere di compensato, perché vibrò forte a contatto con il mio corpo.

La porta era ancora aperta.

“Prova ad immaginarlo”, disse con voce roca. “Ti voglio. Qui. Adesso”.

Sapevo che era una vera e propria pazzia. Non potevamo fare l'amore in quella stanza, con oltre 500 persone nelle sale accanto. Era assurdo. E se qualcuno fosse entrato? Se fosse arrivato il titolare di quell'ufficio, o peggio ancora un fotografo?

Di certo quello non era il tipo di foto che volevo vedere sui giornali di domani!

Sempre che qualcuno la considerasse una cosa degna della cover di una rivista...

Questo era quello che avrei dovuto pensare, ma la mia mente era vuota.

Volevo Rob come lui voleva me. Il fatto che chiunque potesse passare per quel corridoio e vederci, rendeva il tutto soltanto più surreale ed eccitante.

“Sei così bella con questo vestito”, mi sussurrò, sollevandomi il mento con il pollice.

Mi fissò per un istante, poi riprese a baciarmi. Prima sulle labbra, poi sul collo, infine sulle spalle nude.

Passai un braccio intorno alle sue spalle ed accarezzai la sua schiena.

Quanto lo desideravo!

Rob mi spinse ancora di più contro il muro ed avvolsi le mie gambe intorno ai suoi fianchi. Le sue mani scesero prontamente dalla mia schiena ai miei glutei. Sentivo che bramava il mio corpo come io volevo il suo. Avevo il battito del cuore accelerato e stavo già ansimando.

Rob mi portò fino alla scrivania. Parecchi fogli caddero a terra.

Si tolse la giacca e lasciò cadere anche quella sul pavimento. Allentai il nodo della sua cravatta e gliela sfilai. Poi sganciai i primi due bottoni della sua camicia, ma Rob mi bloccò le mani con delicatezza e le posò dietro il suo collo, senza smettere di baciarmi, di accarezzarmi.

Passai le mie dita fra i suoi capelli. Adoravo farlo. Mi dava una sensazione di benessere estremo. Rob tirò giù la cerniera del mio vestito e me ne liberò in fretta.

Poi si sfilò, senza neanche finire di sbottonarla, la camicia e si fermò un attimo a guardarmi.

I suoi occhi magnetici indugiarono sul mio ventre piatto, sul mio seno per poi salire fino al mio viso. Allungò una mano verso di me e mi passò il lungo indice destro sullo zigomo, sulle labbra semiaperte, sul mento, poi giù per il collo fino al seno.

Inarcai la schiena al suo tocco e mi distesi sopra la scrivania. Forse era soltanto una mia impressione, ma sembrava di fuoco.

Rob passò una mano intorno ai bordi di pizzo delle mie mutandine e me le sfilò delicatamente con un gesto deciso.

“Dammi un secondo”, mi sussurrò con voce roca.

Lo guardai allontanarsi con indosso soltanto i pantaloni ed andare verso l'estremità del minuscolo ufficio. Poco dopo sentii il rumore di qualcosa che sbatteva e di una chiave che girava.

Aveva chiuso la porta a chiave per fortuna.

Senza dire una parola tornò da me, totalmente nudo.



Buon week end a tutte!!!
Come promesso la premiere ha riservato un'interessante cambio di programmi.
Tuttavia, le sorprese non finiscono certo qui...
Un bacione e al prossimo capitolo!
Vale

 

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Capitolo 59
*** Capitolo 59 ***


Ero abbastanza convinta che il proprietario di quella scrivania sarebbe stato tutt'altro che entusiasta di sapere a quale scopo era servita.

“Perché sorridi così”, mi domandò Rob, passandosi una mano fra i capelli.

Osservai il mio ragazzo in piedi a rimettersi i boxer.

“Così come?”

“Come se avessi pensato a qualcosa di estremamente divertente”, mi spiegò.

Sorrisi rilassata.

“Stavo soltanto immaginando la reazione del proprietario di questa scrivania”, gli dissi, facendo scorrere una mano sul legno color abete.

“Beh, forse non è stato questo il suo battesimo!”, commentò ridendo.

Scossi la testa, fingendomi irritata.

“Dai, non essere volgare!”, lo rimproverai.

“Stavo solo avanzando un'ipotesi!”, precisò un po' in imbarazzo, raccogliendo la camicia dal pavimento ed infilandosela dalla testa. “Oh, maledizione!”

“Cosa c'è?”, gli chiesi, tirando su la cerniera del mio vestito e prendendo da terra le mie mutandine.

Probabilmente non era molto igienico indossarle, ma non potevo certo andare in giro senza...
E chiaramente non ero uscita con un paio di riserva nella borsa.

“Ho perso un bottone”, mi rispose Rob.

Non potei trattenere un sorriso soddisfatto.

“Avresti dovuto lasciarti spogliare da me, amore”.

“Come sempre hai ragione”, dichiarò con tono solenne.

“Dai, fammi vedere”, dissi avvicinandomi a lui per esaminare meglio l'entità del danno. “E' proprio strappata!”, affermai, ridendo incredula.

C'era un taglio netto che andava dall'asola fino al colletto.

“Ma no, non è così grave”, sminuì Rob.

Quella sera mi sarebbe davvero servita la borsa di Mary Poppins!

Anche se dubitavo che la tata più affidabile del mondo avrebbe approvato che ci tenessi dentro anche delle slip di riserva nel caso il mio ragazzo avesse provato l'irrefrenabile impulso di saltarmi addosso in uffici pubblici e di gettare a terra le mie mutandine pulite. Probabilmente avrebbe avuto da ridire anche su ago e filo se avesse saputo come la camicia si era rotta.

“Sei ancora più bella quando sorridi”, mi sussurrò Rob all'orecchio.

Afferrai il suo volto e lo baciai con trasporto.

“E ora sta' zitto per un minuto, per favore. Sto cercando di capire come sistemare questo disastro”.

“Sì, signora!”.

Alla fine mi resi conto che, una volta indossata la cravatta, il danno non era così evidente. Almeno finché qualcuno non ci prestava troppa attenzione.

“Dovremo tornare di là”, disse ad un certo punto il mio ragazzo con espressione scontenta.

“Perché ho l'impressione che preferiresti fare altro?”, lo solleticai con un sorriso malizioso.

“Beh, con te preferirei sempre dedicarmi ad altre attività”, replicò lui con sguardo ancora più malizioso.

“Ottima risposta”.

“Vai prima tu”, disse Rob rimettendosi i pantaloni e la giacca.

Poi prese la mia mano e la baciò.

“Okay. Ci vediamo di là”.

Fortunatamente il corridoio che avevamo percorso era lineare, così non corsi il pericolo di perdermi e di entrare dalla porta sbagliata.
Mi guardai intorno per un secondo: le sole persone in giro erano due ragazzi, che stavano chiacchierando in un angolo. Forse avevano accompagnato le loro ragazze. Feci un respiro profondo e rientrai nella sala. Localizzai subito il mio posto, ma dovetti far spostare un paio di persone per poterci arrivare. Per un istante temetti che volessero uccidermi, ma per fortuna riuscii a sedermi al mio posto illesa.

Ovviamente Jana e Megan mi puntarono subito addosso due identici sguardi indagatori.

Arrossii istantaneamente. Ero certa che quello che avevo fatto mi si leggesse in faccia.

“Ci hai messo un po'”, commentò Jana.

Cercai di restare impassibile e la fulminai con lo sguardo, tuttavia il mio colorito assunse una preoccupante sfumatura bordeaux.

Possibile che non potessi fare sesso col mio ragazzo senza che le mie amiche se ne accorgessero?

Tuttavia, dovevo ammettere che essermene andata due secondi dopo di lui aveva reso la cosa abbastanza palese...

Rob rientrò qualche minuto dopo e gli sguardi di Jana e Megan si spostarono simultaneamente da me a lui. Il mio ragazzo si voltò un secondo a guardarmi, ammiccò anche lui rosso in viso e poi si sedette. Sembrava si stesse concentrando sul film, ma lo conoscevo abbastanza bene da sapere che le nostre menti stavano vagando nella stessa direzione. Eravamo ancora di là, insieme.

La situazione mi sembrava più surreale di prima.

Ero alla premiere dell'ultimo film del mio ragazzo ed avevamo lasciato la sala dove aveva luogo la proiezione per fare sesso nell'ufficio di un estraneo. Il tutto correndo il rischio che qualcuno, o lo stesso proprietario della ben nota scrivania, ci vedesse. Incredibile.

Se qualcuno solo un anno prima mi avesse detto che io avrei anche solo pensato una cosa del genere gli avrei dato del pazzo senza pensarci due volte. A quanto pareva ero cambiata più di quanto non credessi. O forse era stato Rob a cambiarmi, la nostra relazione, il nostro amore.

Le urla delle ragazze- sembravano davvero le grida dell'inferno- mi risvegliarono bruscamente dai miei sogni a occhi aperti. Guardai lo schermo e mi accorsi il film era terminato: stavano scorrendo i titoli di coda. Una volta finiti anche quelli le grida aumentarono a dismisura.

Possibile che non fossero ancora rimaste senza voce?

Evidentemente no. Mi spaventai quando alcune fan iniziarono a correre verso le prime file.

Ma eravamo in un cinema, oppure in un circo?

Alcuni uomini della sicurezza si materializzarono improvvisamente davanti a noi e trascinarono quasi di peso Rob, Kristen e Catherine fuori dalla sala. Non riuscii a scambiare neanche una parola con il mio ragazzo, nonostante avessi visto che si era voltato un po' preoccupato verso di me.

Trascorsero a malapena cinque secondi ed io e le mie amiche ci trovammo circondate da ragazzine urlanti. Non avevo mai trovato fastidioso quasi nessuno prima di allora, ma se avessi avuto un tappo da mettere in bocca a quelle pazze lo avrei fatto più che volentieri.

In quale universo parallelo ero finita?

 
Osservai la strada dal finestrino scuro: mi era difficile capire dove stavamo andando. Era una fortuna che il mio ragazzo fosse stato tanto previdente da chiedere un'auto anche per noi. Ancora non riuscivo a capire cosa stesse succedendo...
Dopo una ventina di minuti, l'autista si fermò parcheggiò l'auto, scese e venne ad aprire la nostra portiera. Lanciai un'occhiata alle mie amiche e scesi anch'io.

Non appena il mio piede toccò terra fui accecata dai flash. Chiusi le palpebre di scatto e, prima che potessi rendermene conto, fui catapultata dentro un edificio che non riconobbi.

Il mio cuore batteva all'impazzata, ero sudata e sentivo la gola chiusa. Mi mancava l'aria. Non avevo mai sofferto di attacchi di panico, ma ero abbastanza certa di averne appena sperimentato uno. Non sapevo neppure dove fossero Jana e Megan. Non erano più dietro di me.

Tirai un sospiro di sollievo soltanto quando mi resi conto di essere al sicuro, lontana dalla folla inferocita.

Ma perché ce l'avevano con noi?

Soltanto quando mi fui calmata un po' guardai con maggiore attenzione l'uomo che mi aveva trascinata via da quell'inferno.

Sembrava un armadio a cinque ante: era alto, robusto ed atletico. Non ero mai stata brava nel dare l'età alle persone, ma l'uomo sembrava avere approssimativamente fra i 40 e i 50 anni. Indossava un completo scuro ed aveva un paio di auricolari all'orecchio. Mi accorsi che mi stava fissando con espressione imperscrutabile. Forse temeva che sarei svenuta da un attimo all'altro: non dovevo avere una bella cera.
Tuttavia, dopo che lo ebbi rassicurato dicendogli che stavo bene, si allontanò.

Soltanto dopo che se ne fu andato mi ricordai di dove lo avevo già visto: era uno dei bodyguards di Rob.

Accidenti.

Avrei potuto chiedergli dove fosse il mio ragazzo... Stavo quasi per avventurarmi nella sua stessa direzione, quando sentii Megan chiamarmi.

Mi voltai di scatto e fui felice di vederla a due passi da me insieme a Jana. Per fortuna anche loro stavano bene. Eppure anche quest'ultima che di solito era impermeabile agli shock sembrava in trance. Nessuna di noi si aspettava una cosa del genere. Cercai di sorriderle, ma ne uscì una specie di smorfia, tutt'altro che rassicurante.

Il mio cuore continuava a battere forte: non ero ancora riuscita a dare un senso a quello che era successo là fuori. Feci un altro respiro profondo per calmarmi e ripercorsi mentalmente gli ultimi due minuti della mia vita, mentre bevevo un sorso d'acqua. Ne avevo proprio bisogno.
Ero scesa dalla macchina. Poi eri stata sorpresa dalle macchine fotografiche. Mi avevano puntato i flash a due centimetri dagli occhi, accecandomi per un breve- ma sempre troppo lungo- istante.

Ma come aveva fatto il mio ragazzo a sopportarlo quando si trovava sul red carpet?

Mi sentivo mancare il fiato soltanto ripensandoci. Ma ero quasi certa che non si trattasse di fotografi questa volta: onestamente perché avrebbero dovuto scattare foto a noi? Non avevano la più pallida idea di chi fossi, per cui...

Doveva essersi trattato di altre ragazzine. Questo spiegava le grida. Certamente era rimaste scocciate e deluse dal fatto che dalla macchina scura fossimo scese noi. Poi mi ero ritrovata circondata dalla folla. Mi sentivo mancare l'aria, mi girava la testa... Per fortuna era apparso dal nulla quel bodyguard: avrei dovuto chiedere a Rob il suo nome, così da ringraziarlo a dovere. In fondo mi aveva salvata da un attacco cardiaco assicurato. Gli dovevo la vita.
Doveva essere accaduto più o meno lo stesso alle mie amiche. Mi dispiaceva davvero tantissime averle trascinate lì.

Volevo il mio ragazzo.

Ma dove si era nascosto?


Sospirai di sollievo e di gioia quando lo scorsi, un paio di metri più avanti. Stava parlando tranquillamente con un uomo, che non conoscevo.

Ma d'altra parte: chi conoscevo lì a parte lui?

Feci un mezzo passo nella sua direzione, ma mi fermai. Non avevo l'energia mentale di fare conversazione con qualcuno che non fosse lui. I miei nervi non avrebbero retto. Non in quel momento. Così rimasi ferma al mio posto, aspettando che Rob mi vedesse.

Per fortuna il mio ragazzo si voltò nella mia direzione qualche istante dopo e, non appena mi vide, il suo sorriso si spense ed aggrottò la fronte, preoccupato. Chiaramente tutto quello che stavo provando mi si leggeva in faccia.

Rob disse qualcosa all'orecchio dell'uomo, gli diede una pacca sulla spalla e venne verso di me a grandi passi.
Sembrava parecchio agitato.

Feci l'ennesimo respiro, cercando di apparire il più tranquilla possibile.

“Piccola, va tutto bene?”, esordì non appena fu davanti a me.
Cercai di sorridere, ma non fui molto convincente, perché lui si avvicinò ulteriormente a me e mi accarezzò una guancia con fare premuroso.

“Cosa è successo?”, mi chiese in un sussurro.

Scossi la testa. Non mi andava di parlarne lì, in mezzo alla gente, dove tutti potevano sentirci.

Rob intuì la ragione del mio silenzio, mi prese per mano e, senza prestare attenzione alle mie amiche, mi guidò in una zona semivuota della sala.

“Stai bene?”, mi domandò di nuovo.

Presi coraggio e gli raccontai quello che era accaduto fuori dal locale. Le sue sopracciglia si alzavano sempre di più ad ogni mia parola. La sua espressione era un misto di rabbia e sofferenza.

“Mi dispiaca davvero, Jenny”, mi sussurrò, stringendomi a sé in un abbraccio.

Chiusi gli occhi. Rob mi accarezzò la schiena e i capelli e mi baciò ripetutamente, con dolcezza.
Fra le sue braccia mi sentii davvero un'idiota: in fondo non era successo niente di irreparabile. Forse avevo esagerato. Oppure era solamente la presenza di Rob a farmi sentire al sicuro, come se niente e nessuno potesse farmi del male. Mi sentivo sempre meglio insieme a lui.

“Sto bene”, gli dissi più serena. “Mi sono solo spaventata un po'. Non credevo che sarebbe stato così”, ammisi un po' in imbarazzo.

Lui sorrise.

“Non dirlo a me”, sospirò con un mezzo sorriso. “Quelle grida sono come...”.

“Le campane dell'inferno”, conclusi con una smorfia, interrompendolo.

Rob mi guardò stupito.

“Esatto! Era ciò che stavo per dire”, affermò, ridendo. “Vuoi andartene? Posso inventarmi qualcosa...”, mi propose dopo un po'.

Scossi la testa. Non potevo chiedergli tanto: non era un'uscita di piacere, Rob stava lavorando.

“No, sto bene adesso, tesoro”.

“D'accordo. Vado a prenderti qualcosa da bere”.

Annuii e lo guardai allontanarsi.

Forse avevo davvero avuto una reazione esagerata...

“Ehi! Pare che tu abbia appena visto un fantasma!”, commentò una voce maschile, facendomi sobbalzare.

Distolsi lo sguardo dal mio ragazzo e vidi Michael di fronte a me.

Nel buio del cinema non ero riuscita a vedere cosa stesse indossando. Portava un paio di jeans scuri ed una camicia celeste, senza giacca o cravatta. Decisamente non aveva un look molto elegante.

Lo guardai storto.

“Ti ringrazio, Michael”, dissi, sarcastica.

“Cosa è successo?”, mi domandò. “Non avrai litigato con Robert?”

Scossi la testa.

Perché pensava che avessi litigato con Rob?

“Niente in effetti... C'era solo una folla inferocita di ragazzine urlanti qui fuori”.

“Accidenti. E questo?”, mi chiese osservando il mio braccio.

Abbassai lo sguardo e mi accorsi soltanto in quel momento di avere tre lunghi graffi sul braccio sinistro. Non mi facevano male, ma fui percorsa da un brivido di terrore quando mi resi conto di come me li ero procurati. Erano state le ragazzine là fuori.
Mi portai la mano al braccio con un gesto involontario.

“Sono delle pazze, Jenny. Tutto questo è una follia”, affermò improvvisamente Michael.

Rob comparve alle mie spalle prima che potessi replicare.

“Ciao Michael”, lo salutò con un sorriso, porgendomi il bicchiere.

“Ciao Robert”.

Lo sguardo del mio amico era ancora concentrato sul mio braccio.

Rob se ne accorse e sgranò gli occhi, quando capì la ragione per tutta quell'attenzione da parte di Michael.

“Cosa diavolo!?”, imprecò Rob guardando il mio braccio con espressione allucinata.

“Non è nulla”, sminuii.

Lui mi guardò come se fossi matta.

“Davvero tesoro. Non mi fa neanche male. E' solo un graffio”.

Non lo avevo mai visto così furioso: la vena sulla sua tempia stava pulsando.

Lanciai uno sguardo a Michael nella speranza che capisse che doveva andarsene per darmi modo di parlare con Rob. Per fortuna lui comprese e si allontanò, probabilmente alla ricerca della sua ragazza.

“Rob, sto bene”.

“Non posso credere che ti abbiano strattonata così!”, esclamò con veemenza, senza fare troppa attenzione a controllare il suo tono di voce.

Un paio di persone si voltarono a guardarci.

“Tesoro, calmati. Per favore”, lo pregai.

Rob si passò una mano fra i capelli, furioso.

“Sicura di non volere andare a casa?”, mi chiese di nuovo, guardandomi negli occhi.

“Sono sicura”, gli assicurai con decisione.

“Va bene”, disse, avvicinandosi a me e dandomi un casto bacio sulla fronte.

Soltanto in quel momento mi ricordai di Megan e Jana.

Dov'erano finite?

Diedi un'occhiata intorno, ma non le vedevo da nessuna parte. Presi il cellulare dalla borsa e notai che sul display lampeggiava la scritta: “Un nuovo messaggio”.
Era di Megan.

Jenny, io e Jana abbiamo deciso di tornare a casa un po' prima... Abbiamo visto che eri con Rob. Ci sentiamo domani, okay? Baci”.

Le risposi immediatamente.

Certo. Non preoccupatevi. Mi dispiace per il casino che è successo fuori... Buona notte”.

Anche la sua risposta fu istantanea.

Non è colpa tua. Buona serata anche a te. E scusati con Rob da parte nostra”.

Certo. A domani. Un bacio”.

Misi di nuovo il telefono in borsa e bevvi un sorso.

“Tutto apposto?”, mi domandò Rob, premuroso.

Annuii.

“Sì, era solo Megan. Lei e Jana se ne sono andate”, lo informai.

Lui sospirò.

“Rob! Finalmente. Ma dove ti eri cacciato? Ah, ciao Jenny”, disse una voce femminile, che riconobbi.

Purtroppo.

“Ciao Kristen”, salutai la collega di Rob con il sorriso più sincero che riuscii a trovare.

Accanto a lei c'era Michael. Tuttavia, sembravano tutto tranne che contenti di essere lì insieme. Forse, dopotutto, le mie impressioni erano corrette: le cose fra loro non andavano poi così bene. Il fatto che fossero lì insieme, contava ben poco. Le loro facce la dicevano lunga sul loro umore.

“Sei sparito. Catherine ed io ti abbiamo cercato dappertutto”, affermò la ragazza, passandosi una mano fra la lunga chioma castana.

“Kiki, ti ho detto che ci sono stati un po' di problemi fuori”, la interruppe Michael.

Chiaramente si stava riferendo a quello che era successo a me.

“Ah, sì. Certo”, disse, guardando il mio braccio. “Mi spiace, Jenny”.

“Non è niente di grave”, le assicurai con un sorriso.

“Fortuna che non ti hanno graffiato in faccia”, disse scherzando, ma non facendo ridere nessuno.

Di certo io non risi. E neppure il suo ragazzo, che le lanciò un'occhiata molto strana, che non fui in grado d'interpretare. Rob pareva impassibile. Il suo sguardo era fisso sul mio graffio, mentre con un braccio mi cingeva protettivo la vita.

Non vedevo l'ora che quella serata finisse. Volevo soltanto tornarmene a casa e passare la notte abbracciata a Rob. Non chiedevo altro.

Peccato che, poco dopo, fummo raggiunti dalla regista, che sequestro i suoi attori, lasciando me e Michael da soli.
Forse avrei fatto bene a seguire il consiglio di Rob ed andarmene. Ma ormai ero lì... E non mi andava di lasciarlo solo in una giornata così importante. Perché, anche se lui continuasse a sostenere il contrario, il suo lavoro era importante. Lo era per me e, paradossalmente, lo era anche per quelle ragazzine là fuori, che lo avevano atteso per quasi 24 ore in mezzo al gelo.

Per fortuna chiacchierando con Michael il tempo passò in fretta. Rob e Kristen ormai erano spariti dalla nostra vista da quasi mezz'ora ed io iniziavo a non poterne veramente più.

Probabilmente Michael doveva pensarla come me, perché mi propose di andarcene. Per quanto l'idea mi allettasse ero un po' restia ad acconsentire.

“Andiamo Jenny. Devi essere a pezzi e poi non si accorgeranno neppure della nostra assenza. I giornalisti li terranno impegnati per un bel po'”.

“D'accordo”, acconsentii infine. “Mando un sms a Rob per avvisarlo”.

“Io vado a recuperare un'auto. Ti aspetto nella saletta sulla destra, okay?”

Annuii.

Inviai un breve messaggio al mio ragazzo per informarlo che ci saremo visti direttamente a casa. Attesi la sua risposta, ma dopo un paio di minuti di totale silenzio decisi di seguire il mio amico fuori dal locale.

 
“Allora: dove vorresti andare?”, mi domandò Michael allentando il colletto della camicia.

Guardai le strade semi deserte fuori dal finestrino.

Era mezzanotte ed avevo un terribile mal di testa.

“A casa”, gli risposi, massaggiandomi la tempia.

Lui sorrise.

“Mi piacciono le ragazze dirette”, dichiarò.

Scossi la testa, ridendo.

“Bene. Finalmente sono riuscito a farti sorridere, Presciani. E' stata una serata diversa, eh?”

“Diversa?”, gli domandai incredula. “Io direi piuttosto terrificante”, affermai, pentendomene immediatamente.

Era quello che pensavo e ringraziai di non averlo detto a Rob.

Michael mi guardò comprensivo.

“So che non sei abituata a questi eventi mondani. Ci farai l'abitudine”.

“Non lo so... Lo spero”.

In realtà avrei preferito mille volte una serata a casa con Rob a un evento del genere ed ero certa che per il mio ragazzo fosse lo stesso.

“Vuoi davvero andare a casa?”, mi chiese Michael dopo un po'.

“Cosa vorresti fare tu?”

“Vorrei bere qualcosa con un'amica”, rispose sincero.

L'ultima cosa che avevo voglia di fare era andare in un altro posto, ma mi sembrò che il mio amico avesse davvero bisogno di sfogarsi, così accettai.

L'autista si fermò in un locale poco lontano dal mio appartamento ed io e Michael scendemmo dall'auto.

Il pub era quasi vuoto nonostante fosse un venerdì sera. Ci sedemmo a un tavolino appartato e ordinammo un drink.
La situazione mi sembrò simile alla nostra uscita a Barcellona avvenuta solo qualche mese prima.

“Non mi aspettavo di vederti stasera”, esordii. “Non mi avevi detto che saresti venuto”.

“Infatti. Ma Kristen mi ha chiesto di partecipare”, rispose Michael, bevendo un sorso di birra. “Ma non penso che qualcuno avrebbe notato la mia assenza stasera”, aggiunse con tono enigmatico.

Lo guardai senza capire.

Io e Kristen ci siamo lasciati un paio di settimane fa”, mi confessò, fissando il tavolo come se fosse un oggetto dall'inestimabile valore e assolutamente degno di attenzione.

“Mi dispiace, Michael”, gli dissi sincera.

“Grazie, Jenny. La sua agente mi ha chiesto di venire stasera... Alla fine l'ho accontentata... Avevo voglia di rivedere una vecchia amica”, aggiunse, facendomi l'occhiolino.

Non sapevo cosa mi avesse stupito di più nella sua frase. Non era stata la sua ragazza, cioè ex-ragazza, a dirgli di accompagnarla, ma l'agente di quest'ultima. Roba da pazzi.

“Ma basta parlare di me. Tu e Rob?”, mi domandò con un sorriso.

Beh, nessuno mi ha costretta a venire stasera”, risposi con un sorriso identico al suo. “Fra me e Rob va tutto bene”, affermai con convinzione.

“Si vede. Il modo in cui lo guardi... Non so se Kiki mi abbia mai guardato così”.

“Così come?”, chiesi un po' in imbarazzo.

“Come se fossi la sola persona in una stanza”.

Diventai immediatamente rossa.

“Sta' tranquilla. Lui ti guarda nel solito modo sdolcinato”, mi assicurò. “Siete fortunati”.

“Lo so”.

“Beh, si è fatto tardi... E so che hai accettato di venire qui per cortesia. Andiamo a cercare un taxi, così ti riaccompagno a casa”.

Annuii e seguii Michael fuori dal locale.

Una volta che ci fummo salutati, con la promessa di sentirci presto, andai in camera e mi concedetti una bella doccia bollente. Avevo davvero bisogno di rilassarmi.

La serata era trascorsa in modo molto diverso da quello che avevo immaginato, ma se non altro le persone presenti si erano mostrate interessate ed entusiaste del film.

Tuttavia, l'isteria mi aveva sconvolta più profondamente di quanto non volessi ammettere persino con me stessa. Non mi sarei mai aspettata qualcosa del genere. Non credevo fosse umanamente possibile emozionarsi così tanto per un film. Ma evidentemente mi sfuggiva qualcosa...
Quelle ragazze avevano urlato e pianto come se ne andasse della loro stessa vita e, cosa ancora più sconcertante, la maggior parte di quelle grida e di quelle lacrime erano per il mio ragazzo. Incredibile.

Presi un po' di shampoo e me lo passai nei capelli.

Anche ciò che Michael mi aveva detto mi dava molto su cui riflettere. Mi dispiaceva sinceramente per lui ed anche per Kristen, ma per qualche ragione inspiegabile lei continuava a non piacermi. Non mi aveva fatto assolutamente nulla, ma i suoi modi mi lasciavano un po' perplessa.
Inoltre, aveva davvero obbligato Michael ad accompagnarla quella sera?
D'accordo. Forse obbligato era un termine un po' troppo forte, ma di certo l'iniziativa non era partita da lui...
Come si poteva costringere qualcuno a fare qualcosa contro la propria volontà?
Kristen avrebbe certamente dovuto rivedere la sua idea di “relazione”.

Per il resto in fondo la serata era andata bene e Rob mi era parso soddisfatto ed era solo questo che contava per me.
Una volta finito di asciugarmi i capelli, la stanchezza mi piombò addosso in un istante e, prima che me ne rendessi conto, mi addormentai.
Non so per quanto tempo dormii, ma mi svegliai solo quando sentii qualcosa di morbido sfiorarmi la fronte.

Aprii a fatica gli occhi e trovai il volto del mio ragazzo a pochi centimetri dal mio.

“Ciao”, gli bisbigliai semi-addormentata, strofinandomi gli occhi con il palmo della mano.

Chissà che ore erano...

“Ciao, piccola. Mi spiace averti svegliata”, disse dolcemente Rob, sdraiandosi accanto a me e baciandomi i capelli.

“Non fa niente. Com'è andata la fine della serata? Mi spiace essermene andata, ma...”.

“Non preoccuparti. E' andato tutto bene”, mi assicurò Rob, sbadigliando. “Dove sei stata con Michael?”, mi chiese dopo un po', stringendomi a sé, in un gesto che mi sembrò quasi di possesso.

“Al pub qui dietro l'angolo. Aveva bisogno di parlare un po'...”, gli risposi.

“Come mai?”, mi chiese curioso.

Ero un po' incerta su cosa dire, ma in fondo non era un segreto di stato.

Oppure sì?

“Lui e Kristen si sono lasciati”.

Rob mi rivolse uno guardo sorpreso. A quanto pare la sua collega non gli aveva detto nulla.

“Non lo sapevi?”, gli domandai, intuendo già la risposta.

Rob scosse la testa con decisione.

“Non ne avevo idea! Beh, io e Kristen non parliamo di certe cose”, precisò.

“Forse era in imbarazzo a dirtelo”, gli suggerii.

“Può darsi”, concordò, passandosi una mano fra i capelli.

Soffocai uno sbadiglio. Ero davvero stanca.

“Comunque la cosa non ci riguarda. Buona notte, amore”, mi sussurrò Rob, spegnendo la luce.



Ciao a tutte!!!
Fra una cosa e l'altra mi sono resa conto di aver pubblicato l'ultimo capitolo ben tre settimane fa, così ho deciso di regalarvene uno un po' più corposo per farmi perdonare.
Spero vi sia piaciuto!
Jenny si è forse resa pienamente conto del delirio ormai incontrollabile che circonda chiuque abbia a che fare con il fenomeno di "Twilight".
Inoltre, è venuta a conoscenza tramite il diretto interessato della rottura fra lui e Kristen.
Cosa succederà a questo punto? ;)
Un bacione e al prossimo capitolo (cercherò di pubblicarlo fra una decina di giorni!)!
Vale
Ps. Se recensite non mi lamento!

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Capitolo 60
*** Capitolo 60 ***


Tirai fuori il cellulare dalla borsa e diedi un'occhiata al display: l'orologio segnava le 5:15PM.

Sospirai. La fila davanti ai camerini si era diradata, ma il negozio continuava ad essere affollato.

Era il 20 Dicembre e il centro commerciale proliferava di persone alla ricerca dei regali di Natale. Tutte, tranne la mia amica Jana, che stava provando l'ennesimo abito per Capodanno.

Ormai era quasi un'ora che l'aspettavo lì fuori ed iniziavo davvero ad averne abbastanza.

Inoltre, il mio ragazzo non si era ancora fatto sentire...

Il suo volo da Los Angeles sarebbe dovuto atterrare all'aeroporto di Heathrow almeno da venti minuti ed il suo silenzio mi stava preoccupando.

Battei il piede per terra con impazienza, sperando che Jana si muovesse. Dovevo ancora comprare il regalo per Rob e quello per i miei genitori, senza contare che stavo morendo dalla voglia di una cioccolata calda di Starbucks!

Stavo per richiamare l'attenzione della mia amica, quando la stessa uscì dallo spogliatoio con un sorriso soddisfatto e le braccia cariche di vestiti.

Le rivolsi uno sguardo incredulo, che lei non sembrò cogliere.

“Jana, non vorrai prenderli tutti, vero?”, le chiesi.

Stavamo parlando di almeno 5 abiti.

“No, certo. Prendo soltanto quello rosso, quello nero e questo blu”, mi spiegò, come se fosse la cosa più naturale del mondo.

Sgranai gli occhi in risposta.

“Dai, vado a pagare e poi prometto di aiutarti a trovare il regalo per Rob!”, aggiunse.

Di fronte al suo entusiasmo non potei tenerle il muso.

“D'accordo. Ti aspetto fuori”, le dissi prima di uscire dal negozio.

Una volta rimasta sola controllai di nuovo il cellulare. Nulla. Nessun segno di vita da parte di Rob. Sbuffai e lo riposi di nuovo in borsa, scontenta.

Non c'erano parole per descrivere quanta voglia avessi di riabbracciarlo. Ormai erano quasi tre settimane che non ci vedevamo: la promozione di “Twilight” lo aveva portato in così tanti Paesi, che facevo fatica persino a tenerli tutti in mente. A volte anche lui mi aveva detto, ridendo, che si era svegliato domandandosi dove si trovasse quel giorno.

Mi soffermai un attimo ad osservare la gente intorno a me, carica di regali e degli ultimi addobbi natalizi comprati a metà presto.

Sorrisi ripensando al Natale precedente. Ricordavo perfettamente la gioia che avevo provato leggendo il bigliettino in cui Rob mi aveva detto, non chiesto, di andare con lui dalla sua famiglia, a Barnes.
Mi era piaciuto che avesse messo un punto interrogativo alla fine della frase, come se fosse così scontato, ovvio, che trascorressi quella giornata con lui da non aver neppure bisogno di domandarmelo. Ricordavo la calorosa accoglienza dei suoi genitori e di Victoria, sua sorella, e ciò che suo padre mi aveva detto riguardo al fatto che fossi la prima ragazza che invitava a casa per Natale.

Tuttavia stavolta sarà diverso, pensai con un sospiro.

Io e Rob non avremo trascorso quella festività insieme. Al contrario, sarei tornata a Firenze dai miei genitori, mentre lui sarebbe andato dalla sua famiglia.

Saremo stati in due Paesi diversi. Di nuovo.

“Ecco fatto!”, annunciò Jana, piombandomi alle spalle e facendomi sussultare. “Adesso avrai tutta la mia attenzione”, aggiunse con un sorriso, che mi sforzai di imitare.

“Ti va ancora quella cioccolata calda?”, mi domandò.

“Certo”.

“Bene. Andiamo!”
 
Prendemmo una cioccolata calda da Starbucks e poi ci mettemmo a sedere a uno dei numerosi tavolini.

Non appena ne bevvi un sorso mi sentii meglio: quella bevanda faceva sempre miracoli per il mio umore.

“Allora- iniziò Jana- qualche idea per il regalo di Rob?”

Scossi la testa.

“Cosa gli avevi fatto lo scorso anno?”, mi chiese.

“Un cappellino di lana”, le ricordai.

“Mmm...”, fu il suo solo commento.

Sospirai.

“Non avevo particolari idee neppure lo scorso anno”.

“E lui ti ha regalato la vacanza a Parigi”, aggiunse la mia amica, leggendomi nel pensiero.

“Già”.

Jana si morse il labbro, indecisa su cosa aggiungere.

Sapevo che stavamo pensando esattamente la stessa cosa.

Lo stesso anno la situazione fra me e Rob era un po' diversa: ci conoscevamo soltanto da un paio di mesi e nessuno di noi si era dimostrato particolarmente fantasioso, o aveva optato per doni costosi, visto che non potevamo permetterceli.
Adesso però le cose erano cambiate, per Rob almeno.
Non eravamo soliti parlare di soldi, però sapevo bene che il suo cachet per “Twilight” era salito molto per il sequel. Non stava più guadagnando spiccioli.

“Che ne dici di un libro?”, mi propose Jana. “Oppure un cd?”

Ridacchiai.

“Me lo ha regalato lui lo scorso anno. Però l'idea del libro non è male”, dichiarai.

Forse Jana mi aveva dato davvero un buon suggerimento stavolta. Conoscevo bene i gusti di Rob e di certo sarei riuscita a trovare qualcosa che potesse piacergli.

Le sorrisi riconoscente.

“Vuoi che andiamo a cercarlo ora?”, mi chiese, finendo di bere la sua cioccolata.

“In realtà no. Preferirei tornare a casa e farmi una doccia calda”, le risposi sincera.

“Ed aspettare il tuo ragazzo”, aggiunse con un sorrisetto malizioso, facendomi arrossire. “Beh, io faccio un ultimo giro all'Apple Store. Mi serve un nuovo caricatore per il telefono. Ci vediamo domani, va bene?”

“Ehm...”, mormorai.

La verità era che volevo trascorrere quella giornata con Rob, prima di accompagnarlo alla festa di Tom. Per fortuna la mia amica capì senza bisogno di ulteriori spiegazioni.

“Vorrà dire che ci vedremo al tuo ritorno da Firenze”, mi disse, abbracciandomi.

“Certamente!”, le assicurai con un sorriso.

Dopo che ci fummo salutate, presi la metro e tornai a casa. Una volta lì, ricontrollai il cellulare. Ancora nessuna chiamata di Rob.

Perché tardava tanto?


Non era la prima volta che non mi avvisava: avrei dovuto fargli perdere quella pessima abitudine.

Tuttavia era inutile tormentarsi, per cui decisi di fare quello che avevo detto a Jana, così andai a farmi una doccia.

Rimasi sotto l'acqua calda per una decina di minuti e quando uscii dal bagno trovai il regalo di Natale più bello che avrei mai potuto chiedere: Rob. Era lì finalmente.

Indossava un piumino nero sopra un paio di jeans grigi e le sue solite All Star. I capelli erano spettinati dal vento e il suo volto era incorniciato da un leggero strato di barba. Sorrise beato non appena mi vide. Era bellissimo.

“Bentornato straniero!”, lo salutai con un sorriso, avvicinandomi a lui e abbracciandolo.

Rob mi prese il viso fra le mani e mi baciò con passione.

“Ciao”, disse con voce roca, accarezzandomi una guancia.

“Ciao”, ripetei. “Com'è andato il viaggio?”

“Più lungo del previsto”, rispose, baciandomi di nuovo.

“Sei stanco?”, gli chiesi, togliendogli il piumino.

Lui scosse la testa.

“Non così tanto”, mi assicurò, attirandomi a sé. “Mi sei mancata, piccola”.

“Anche tu”.
 
 
Quella notte dormii profondamente come non mi succedeva da tempo. La presenza di Rob mi tranquillizzava più di quanto non fossi disposta ad ammettere.
Mi svegliai soltanto quando sentii un inconfondibile odore di caffè provenire dalla stanza accanto. Al mattino bevevo soltanto tè, solo il mio ragazzo prendeva il caffè.
Aprii gli occhi a fatica e rimasi sorpresa nel constatare che il sole era a malapena sorto. Probabilmente non erano neanche le 7AM. Sbadigliai, ma alla fine decisi di alzarmi. Indossai la sottoveste ed andai in cucina, dove trovai Rob a leggere il giornale con in mano una tazza di caffè.

“Buongiorno”, lo salutai, assonnata.

“Ehi, mi spiace di averti svegliata così presto. Il jet leg è terribile!”, mi spiegò, poggiando la tazza sul tavolo e venendo verso di me.

“Non fa niente, tesoro”.

“Vuoi tornare a dormire?”, mi chiese, accarezzandomi i capelli e baciandomi.

“No, ormai sono sveglia. Ti va di andare a fare colazione da qualche parte?”, gli proposi.

Lui fece una smorfia. Strano. Di solito era il primo a proporre di uscire, specie per la colazione.

“Se preferisci possiamo restare qui”, aggiunsi frettolosamente.

“No, va bene. Usciamo”, acconsentì con un sorriso.

“Okay. Vado a mettermi qualcosa addosso. Dammi cinque minuti!”, gli dissi.

“Da quando ti bastano cinque minuti?”, mi domandò ironicamente.

Gli feci la linguaccia e tornai in camera felice di poter discutere con lui per quelle stupidaggini.



Buon pomeriggio a tutte!!!
Cosa state??
Ormai sono trascorse alcune settimane dalla premiere di "Twilight" e Rob ha continuato al promozione del film in vari Paesi. Sicuramente la situazione non è piacevole per i due innamorati, ma dal loro incontro sembrerebbe tutto a posto!
Intanto le vacanze di Natale sono imminenti e Jenny e Rob stavolta le passeranno separati.
In questo capitolo Jenny si è resa conto che Rob è un po' restio ad uscire... Quale sarà il motivo??
Lo scoprirete nel prossimo capitolo!!! ;)
Un bacione
Vale
PS. Mi scuso again per gli aggiornamenti un po' sporadici, ma purtroppo (o per fortuna) ho riniziato le lezioni in facoltà quindi il mio tempo scarseggia. Comunque non c'è niente che tolleri meno di una storia lasciata a metà quindi non preoccupatevi: le vicende di Rob e Jenny avranno una degna conclusione!!! ;)

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Capitolo 61
*** Capitolo 61 ***


Camminammo mano nella mano per un paio di isolati. L'aria era pungente, ma non mi dispiaceva affrontare il freddo insieme a lui.

“Ah!”, esclamò il mio ragazzo respirando a fondo. “Mi è mancato tutto questo!”.

Il suo sguardo vagava sulle vetrine dei negozi addobbati con un numero indefinibile di luci natalizie: Londra sembrava davvero una bomboniera.

Era uno spettacolo incantevole.

Risi di gusto, osservando il volto rilassato dell'uomo che amavo. Era addirittura più bello di quella città.

“Cosa c'è?”, mi domandò, inarcando un sopracciglio.

“Solo che ti amo”, gli risposi con tranquillità, ma con tono di sfida.

Rob si guardò intorno per un secondo, poi scosse la testa come se avesse fatto qualcosa di stupido e mi baciò.

“Ti amo anch'io, Miss Presciani”.

Continuammo a passeggiare abbracciati per altro centinaio di metri, dopodiché scorsi la famigliare insegna di Starbucks ed entrai, seguita dal mio ragazzo.

Non appena fummo dentro notai che quest'ultimo si era calato il berretto di lana che portava più del solito. Ordinai la colazione per entrambi, dopodiché ci sedemmo a uno dei tavolini in fondo bar. Premura inutile visto che il locale era praticamente vuoto.
Facemmo colazione pressoché in silenzio, poi chiesi a Rob notizie riguardo alla festa per il ventitreesimo compleanno di Tom.
Avevo già avuto modo di partecipare ad una festa organizzata da quest'ultimo e non ero molto fiduciosa sull'esito della serata...

“Non sarà niente di speciale”, dichiarò Rob, finendo il suo muffin.

“Non sarò la sola ragazza, vero amore?”, gli domandai.

Mi trovavo bene con i suoi amici, ma una presenza femminile con cui lamentarmi un po' se i ragazzi avessero iniziato ad esagerare (cosa di cui ero abbastanza sicura!) sarebbe stata piacevole.

“No, Sam dovrebbe venire con Olivia e poi ci sarà anche quella tizia con cui Bobby sta uscendo da un paio di settimane”, aggiunse, sapendo bene che Olivia non era il massimo della socievolezza.

Bevvi un sorso di tè e notai che stavano scendendo dei fiocchi di neve e rabbrividii involontariamente.

Non amavo molto l'inverno anche se mi piaceva davvero la neve. Il mio solo timore riguardava i voli: non sarebbe stata la prima volta che ne cancellavano uno a causa delle pessime condizioni meteo e, se restare a Londra avrebbe significato trascorrere il Natale con Rob, conseguentemente non avrei potuto rivedere la mia famiglia.

Come potevo scegliere fra i miei genitori e il mio ragazzo?

Non potevo.

“Sono sicuro che i tuoi saranno felici di averti a casa quest'anno”, disse a un certo punto Rob, cogliendomi di sorpresa.

“Per caso ha iniziato a leggere nel pensiero, Mr Pattinson?”, gli domandai, prendendolo in giro.

Lui sbuffò e poi ridacchiò.

“Non si sa mai... Dovrei preoccuparmi se scoprissi di possedere tali facoltà?”, mi chiese, ridendo.

“Direi che saresti entrato un po' troppo nella parte!”, commentai, abbassando la voce.

“Sai ancora non riesco a credere che faremo un sequel... Anzi, più di uno probabilmente”, disse Rob, passandosi una mano fra i capelli. “Come fa la gente ad appassionarsi così tanto a questa storia?”

Stavo per rispondergli quando notai che la cassiera aveva abbandonato la sua postazione di lavoro e stava venendo rapidamente verso di noi.

“Cosa c'è? Non dirmi che davvero ti piacciono i romanzi... So che li hai letti, ma da qui a dire...? Amore?”

Mi sarei mai abituata a tutto questo?

La ragazza mi rivolse uno sguardo di pura invidia, ma rimase lì, a bocca semiaperta, senza riuscire a dire nulla.

Mi fece così pena, che richiamai l'attenzione di Rob su di lei.

“Ehm... Tesoro”, gli dissi sottovoce, facendogli un cenno con la testa.

Lui si voltò istantaneamente nella direzione che gli stavo indicando e notai un lampo di terrore farsi strada sul suo volto.

Tuttavia, si ricompose subito e le sue labbra si schiusero in un ampio e caldo sorriso.

“Scu-scusate se vi disturbo, ma volevo chiederti se potessi firmarmi questo...?”, chiese la ragazza con voce tremante, porgendo a Rob uno dei fazzolettini di Starbucks e una penna.

Ipotizzai che non avesse con sé un blocchetto di carta.

“Certo”, acconsentì, passandosi una mano fra i capelli, prima di prendere il fazzolettino e la penna della ragazza. “Come ti chiami?”, gli domandò gentilmente.

“Theresa”, rispose questa con un filo di voce.

Sperai non svenisse sul pavimento.

“Ecco”, disse il mio ragazzo, porgendole di nuovo il fazzolettino.

Le lo afferrò con mani tremanti. Le sue guance si erano tinte di una strana tonalità di viola, non di rosso.

Entrambi speravamo che la ragazza tornasse a lavorare, lasciandoci in pace a finire la nostra colazione, ma il locale era ancora vuoto e lei non sembrava ricordare come fare per girarsi e tornare indietro.

Rob mi lanciò uno sguardo imbarazzato e si passò di nuovo la mano fra la ricca chioma castano chiaro.

La cassiera dovette finalmente prendere coraggio, perché si affrettò ad aggiungere, rivolgendosi a Rob:
“Ti prego, posso darti un abbraccio?”

Dalla sua voce traspariva tutta la sua emozione: mi fece quasi tenerezza vederla lì in piedi a pregare il mio ragazzo di abbracciarla.

Sapevo che la cosa avrebbe dovuto darmi fastidio, ma mi pareva innocua, per cui non mi preoccupai. Al contrario, il mio ragazzo assunse la sua stessa sfumatura di colore e mi rivolse uno sguardo supplichevole.

Nessuno di noi era preparato a gestire la situazione. Forse la cosa migliore da fare era accontentarla, in fondo non gli aveva chiesto un anello di fidanzamento. Il mio ragazzo sembrò riprendersi dal torpore, perché si alzò e disse, seppur con voce tremante:
“C-certo”.

La scena era così assurda che dovetti trattenermi dal sorridere troppo apertamente. L'abbraccio avvenne in modo molto impacciato: Rob si avvicinò alla ragazza e, senza smettere di guardare me, si lasciò stringere fra le braccia di lei.

Vidi l'espressione beata di Theresa, che faceva perfettamente da contraltare a quella imbarazzata del suo idolo.

Dopo qualche secondo, la ragazza lo ringraziò di nuovo, mi lanciò un'altra occhiata, dopodiché finalmente si allontanò.

Rob si lanciò di nuovo sulla sedia come se il pavimento andasse a fuoco e nel farlo per poco non cadde per terra.

Mi morsi la lingua per evitare di ridergli in faccia e bevvi un sorso di tè, finendolo.

“Ti dispiace se usciamo?”, mi domandò dopo qualche secondo, prendendo in mano il suo caffè.

Era chiaro che non aveva voglia di restare lì un attimo di più nel terrore che la cassiera rifacesse la sua comparsa al nostro tavolo. Mi sembrava quasi vedere dei fulmini sotto le sue scarpe. Voleva correre via di lì il più in fretta possibile.

Uscimmo dal bar sentendoci addosso gli occhi della cassiera, che ci salutò dicendo “Buona giornata Rob!” e passeggiammo per un centinaio di metri l'uno vicino all'altra, senza prenderci per mano.

Avevo come l'impressione che toccasse a me rompere il ghiaccio.

“E' stato strano, eh?”, commentai con poca originalità.

Rob mi guardò come se avessi appena detto che una zebra volante era apparsa in Oxford Street, gettando i passanti nel caos.

“Strano è dir poco”, ribatté lui un po' scocciato.

“Sai amore, forse dovresti iniziare ad abituarti a questo genere di attenzioni femminili... In fondo sei una star!”, dichiarai, enfatizzando volontariamente l'ultima parola.

Rob mi guardò per un secondo e poi scoppiò a ridere in maniera inconsulta.

“Dai, smettila!”, lo rimproverai, ridendo a mia volta.

“Vieni qui”, disse, prendendomi per la mano e attirandomi a sé.

Avevo il respiro corto. Era da un bel po' che non si lasciava andare a gesti del genere in mezzo alla strada.

“Lo sai che non me ne frega niente di queste cose, vero? Solo tu ed io”, disse serio, osservandomi con i suoi meravigliosi occhi chiari.

Annuii.

“Bene. Perché indipendentemente da quante ragazze mi chiederanno di abbracciarle, o baciarle... Per me ci sei soltanto tu”.

Il mio cuore si sciolse di fronte a tale dichiarazione. Lo avevo sentito un po' distante nelle ultime settimane ed ero felice che per lui non fosse cambiato niente. Era solo il contesto ad essere cambiato... Ma era tanto importante?

“Baciarle?”, ripetei.

“E' la sola cosa che hai capito di tutto quello che ti ho detto?”, mi domandò lui, sgomento.

Scossi la testa, sorridendo dolcemente.

“No”, dissi, prendendogli il volto fra le mani e baciandolo. “Andiamo a casa”.



Ciao a tutte!^^
Come prevedibile ormai la fama di Robert lo precede.
Quante altre uscite dei due saranno interrotte dalle fan dell'attore? E per quanto il contesto non sarà importante per Jenny?
Le parole di Rob continuano ad essere sincere?
Oggi vi lascio con tante domande che presto troveranno delle risposte! ;)
Un bacione e buoan giornata a tutte!!!
Vale



 

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Capitolo 62
*** Capitolo 62 ***


Una volta tornati nel mio appartamento tentai di mettermi qualcosa di più comodo, ma il mio ragazzo fu più rapido di me e mi impedì di indossare alcunché.

“Sai cosa mi è mancato di più mentre ero a Los Angeles?”

“Che cosa?”, gli domandai, ispirando contro il suo petto.

“Tu”, rispose, accarezzandomi.

Sorrisi serena.

“Cosa vorresti fare oggi?”, gli domandai, sperando segretamente di riuscire ad uscire da sola per prendere il suo regalo.

“Cosa pensi che voglia fare?”, replicò lui, spostandosi sopra di me.

La mia voglia di alzarmi ed uscire era ai minimi storici. Neanche se la casa fosse andata a fuoco mi sarei mossa da quel letto.

Indossai una delle camicie di Rob ed andai da lui in salotto.

“Trovato niente?”, gli chiesi.

Lui scosse la testa.

“Cercare un film da vedere richiede tempo!”, sentenziò lui, senza alzare lo sguardo dal raccoglitore di DVD.

Inutile dire che la sua collezione era molto più fornita e soprattutto eclettica della mia, che contava al massimo 20 film- la maggior parte dei quali di Julia Roberts, o di Brad Pitt, due dei miei attori preferiti.

“Cosa ne dici di questo?”, mi domandò, porgendomi una copia di “Qualcuno volò sul nido del cuculo” con Jack Nicholson.

“Mmm... Allegro!”, commentai.

Rob ridacchiò, ripose il film nella sua custodia e mi fece sedere sulle sue ginocchia.

“Sceglilo tu”, disse gentilmente, porgendomi il raccoglitore.

Sfogliai le varie pagine per una decina di minuti, ma dal momento che non mi decidevo alla fine il mio ragazzo alzò gli occhi al cielo, mi fece spostare gentilmente e disse:

“D'accordo! Mi arrendo: vediamone uno dei tuoi”.

Ridacchiai.

“Basta non sia “Notting Hill”. Di nuovo!”, aggiunse, fingendo un'espressione terrorizzata.

“Promesso!”, acconsentii con un sorrisetto.

Cercare fra i miei DVD fu un'operazione molto più veloce visto che conoscevo tutti quei titoli a memoria e alla fine, fra le deboli proteste del mio ragazzo, optai per “Il matrimonio del mio migliore amico” con Julia Roberts e Cameron Diaz.

“Poteva andarmi peggio”, fu il solo commento di Rob.

Sorrisi e mi sistemai accanto a lui sul divano.

Lo avevo visto almeno una ventina di volte, ma restava nella mia top tre insieme a “Notting Hill” e “Shakespeare in Love”. Quella trama non riusciva mai a venirmi a noia, anche se conoscevo ogni battuta a memoria. Non avrei saputo spiegarne il motivo, ma il gesto finale di Julia che sceglieva di rinunciare all'uomo che amava con tutta se stessa, perché aveva compreso che non era più suo riusciva sempre ad emozionarmi. Al suo posto non sapevo se avrei avuto la stessa forza d'animo.

“Rob?”

“Mmm... Sì?”, biascicò ad occhi chiusi.

“Stai dormendo?”, gli domandai.

“Quasi”, rispose, poggiando la testa sulla mia spalla.

Intanto sullo schermo Julia stava dichiarando il suo amore a Michael, che il giorno seguente avrebbe dovuto sposare Cameron Diaz. Il tempismo non era il suo forte.

“Vuoi andare di là?”, gli chiesi, baciandogli la fronte.

“No, sto comodo qui con te”, mi sussurrò.

“Okay, tesoro”, dissi, accarezzandogli i capelli.

Rob si addormentò nel giro di un paio di minuti ed io cercai di concentrarmi sulla scena finale del film. Sorrisi, mentre Julia ballava col suo migliore amico e mi godetti le canzoni dei titoli di coda prima di spegnere il lettore DVD. Poi mi spostai delicatamente più indietro sul divano, in modo da poggiare la testa del mio bel addormentato sulle mie gambe. Rob corrugò la fronte per un istante, poi mi girò leggermente. Gli accarezzai uno zigomo, dolcemente.

Lo amavo più della mia stessa vita, in una maniera e con un'intensità che non credevo possibile. Eppure lo era. Prima di incontrarlo non avevo mai creduto nei rapporti a distanza, tuttavia avevo iniziato a capire che non è importante la quantità di tempo che due persone trascorrono insieme, ma il modo nel quale stanno l'uno vicino all'altra. Pensavo a Rob quando era lontano ed ero sicura che lui pensasse a me. Era innegabile che i suoi sguardi, le sue carezze, i suoi baci mi mancavano quando non era fisicamente con me; però lo amavo così tanto da poterne fare a meno, perché sapevo che i suoi non erano viaggi di piacere, ma di lavoro. E cosa ben più importante mi aveva dimostrato un'infinità di volte quanto tenesse a me, quanto mi amasse. Totalmente. Teneramente. Passionalmente. Non avrei cambiato quello che avevamo con nient'altro per nessuna ragione al mondo. Anche solo guardarlo dormire era uno spettacolo al quale probabilmente non mi sarei mai potuta abituare e che non mi sarebbe mai venuto a noia. Era così angelico ed aveva sempre l'espressione beata di un bambino. Era adorabile.

Non so per quanto tempo rimasi lì a contemplarlo, ma mi alzai soltanto quando il mio stomaco brontolò. Presi da altre attività avevamo persino dimenticato di pranzare. Per un istante pensai di svegliare anche lui, ma forse era meglio lasciarlo dormire un altro po'. Inoltre, così forse sarei riuscita anche ad andare a comprare il suo regalo.

Mangiai in fretta e, dopo essermi accertata che Rob stesse ancora dormendo, feci un salto in libreria. Fortunatamente riuscii a trovare subito ciò che stavo cercando, per cui rientrai a tempo record. Il mio ragazzo era ancora addormentato, per cui ne approfittai per finire di sistemare la mia valigia per la mia ormai davvero imminente partenza per Firenze.

Stavolta avrei viaggiato con Ryan Air, nonostante Rob avesse insistito per pagarmi un volo di linea avevo declinato l'offerta, per cui adesso mi trovavo a lottare con il mio bagaglio a mano. Forse se toglievo un paio di scarpe e non portavo dietro un maglione...

Stavo studiando tutte le varie combinazioni possibili, quando sentii una risatina.

“Serve una mano?”, mi domandò il mio ragazzo, guardando la mia valigia aperta e straboccante di roba.

“Cosa te lo fa pensare?”, gli chiesi.

Lui scrollò le spalle.

“Non lo so. Forse il fatto che per riuscire ad imbarcarla dovresti anche chiuderla?

Divertente.

“E' molto spiritoso, signor Pattinson”.

“L'umorismo è uno dei miei punti di forza”, replicò con un sorriso.

“Potrei citarne altri, ma non vorrei che andassi in giro a vantarti”, affermai, fulminandolo con gli occhi.

“Ah sì?”

“Può darsi. Ma adesso mi serve davvero una mano con questa valigia! O rischieremo di non arrivare mai da Tom”, dissi, ricordandogli la festa del suo migliore amico.

“E credi che sarebbe una cosa grave?”, mi chiese con un sorrisetto malizioso.

“Non fare lo scemo!”, lo apostrofai.

“Sì, signora!”, disse, baciandomi.

Dopo un paio di tentativi fallimentari, mi resi conto che la sola speranza per riuscire a chiuderla prima della notte dei tempi, era togliere un paio di stivali. Così, seppur a malincuore, riposi al loro posto i miei Uggs.

Mentre Rob stava facendo una doccia, indossai i miei jeans preferiti, un bel maglione a collo alto e le mie Converse grigie. Poi mi pettinai i capelli e mi passai un filo di trucco. Non era un look molto ricercato, ma probabilmente sarebbe sembrato lo stesso troppo elegante considerando gli standard delle feste organizzate da Tom.

Quando anche Rob fu pronto, il che richiese poco tempo visto che il mio ragazzo indossò le prime cose che aveva trovato sulla sedia, arrivammo a piedi fino a Victoria Station e da lì raggiungemmo l'appartamento del festeggiato.

Una volta scesi dalla metro, osservai di nuovo la discutibile mise del mio ragazzo e non potei trattenere una risatina. Non riuscivo veramente a capire perché avesse portato la chitarra con sé, ben sapendo che non era certo quello il regalo per Tom. In effetti, Rob aveva precisato più volte che lui ed i suoi amici non erano soliti scambiarsi regali.

Avevo intuito che il suo amico aveva deciso di invitarci tutti a casa sua per evitare che qualcuna infastidisse Rob in giro: era stato davvero un gesto fraterno, anche se non ero certa che il mio ragazzo fosse riuscito a leggere fra le righe.

Guardai il suo volto e vidi che i suoi occhi brillavano come quelli di un bambino, mentre attraversavamo la strada tenendoci per mano.

Percorremmo un altro centinaio di metri, dopodiché arrivammo di fronte all'appartamento di Tom.
Il festeggiato ci accolse con un caloroso sorriso e strinse il suo migliore amico in un abbraccio fraterno prima di baciarmi sulla guancia.

“Ehi, non prenderti troppa confidenza con la mia ragazza!”, esclamò Rob, dandogli una pacca sulla spalla.

“E' la mia festa, no?”, gli ricordò l'amico, facendomi l'occhiolino.

“Touche”.

Poco dopo di noi arrivarono anche Bobby e Melanie, la sua nuova ragazza, che si rivelò una compagnia molto piacevole. Una volta che i ragazzi ci lasciarono da sole, mi raccontò di lavorare come commessa da H&M e di aver conosciuto il suo Bobby ad un concerto. Chiacchierammo del più e del meno per un quarto d'ora e all'improvviso mi accorsi che le persone intorno a noi erano raddoppiate, così come le bottiglie vuote ammucchiate sui tavoli. In mezzo a tutta quella folla scorsi Sam ed Olivia e stavo per allontanarmi da Melanie per andare a salutarli quando il mio ragazzo si materializzò al mio fianco.

“Ehi”, disse, baciandomi.

Ricambiai il suo “Ehi” e constatai che una ragazza ci stava fissando in maniera strana. Per un attimo ebbi il terrore che avesse riconosciuto Rob, ma per fortuna poco dopo si voltò. Forse stavo diventando paranoica. Lo baciai di nuovo e cercai di rilassarmi.

Tuttavia, Tom piombò su di noi con un sorriso ebete in faccia ed un paio di birre in mano.

“Forse dovresti pensare di rallentare un po', Tom!”, esclamai con un sorriso.

“Beh, non sono entrambe per me”, dichiarò come se fosse una cosa ovvia, porgendone una al mio ragazzo.

Sarebbe stata una lunga serata...


 
Mezzora dopo gli invitati sobri- o semi tali- si contavano sulle dita di UNA mano e nutrivo poche speranze riguardo al fatto che il mio ragazzo rientrasse in suddetta lista. Cercai di parlare con Olivia, ma la conversazione si esaurì in pochi minuti, così andai alla ricerca di Rob, che era sparito da un po'.

Fortunatamente l'appartamento di Tom non era molto grande, per cui non mi fu difficile trovarlo. Il mio ragazzo, Sam e Bobby si erano rintanati in cucina e stavano discutendo molto animatamente. Sembravano tutti abbastanza alticci, per cui fui un po' indecisa se intromettermi o meno: forse era meglio lasciarli a risolvere il loro problema, quale che fosse, da soli.

Tuttavia, prima che potessi battere in ritirata, Rob mi vide, poggiò la birra che aveva in mano sul tavolo e venne verso di me.

“Tutto apposto?”, gli chiesi sottovoce.

Lui annuì.

“Stiamo cercando di decidere chi di noi suonerà per primo stasera”, mi spiegò.

“Ah”.

“D'accordo, d'accordo. Rob, sarai tu il primo, okay? Poi andrò io ed infine Bobby”, annunciò Sam, dopo un attimo di raccoglimento.

Quando Sam diede l'annunciò sulla cucina calò un'aura di profondo silenzio. Ero abbastanza convinta che neppure durante i discorsi della regina Elisabetta II ce ne fosse altrettanto.

“Bene!”, commentò Rob, entusiasta.

“Mmm”, borbottò Bobby.

Chiaramente nessuno dei ragazzi voleva essere l'ultimo ad esibirsi.

“Ci vediamo di là, okay?”, mi disse il mio ragazzo, intuendo che forse la discussione non era ancora terminata.

“Certo. Io, il festeggiato ed il resto degli invitati vi aspettiamo di là”, dissi, tornando in soggiorno.

I ragazzi fecero la loro comparsa dopo una decina di minuti, ma le loro esibizioni furono la cosa più ridicola e bizzarra che avevo mai visto. Apprezzavo la musica degli amici di Rob e amavo quella del mio ragazzo, ma sentirli cantare (o almeno provarci) da ubriachi era decisamente uno spettacolo di cui avrei fatto volentieri a meno.

La cosa paradossale fu che la maggior parte degli invitati, anche loro altrettanto ubriachi, lo apprezzarono, mentre io e Melanie ci scambiavamo sguardi carichi di pietà ed imbarazzo. Quando finalmente si convinsero a mettere da parte chitarre e microfoni, tirai un sospiro di sollievo e fui più che felice di sedermi insieme al mio ragazzi, al festeggiato, Bobby e Melanie sul divano a chiacchierare.

“E' stato lo spettacolo più orribile che abbia mai visto!”, dichiarò Tom, fra una risata e l'altra.

Era impossibile dargli torto, ma Rob mi fissò come se si aspettasse che io intervenissi in sua difesa.

“Effettivamente, stavolta sono d'accordo con Tom”, annunciai con un filo di voce, ignorando completamente il mio ragazzo.

“Pensavo che, in qualità di mia ragazza, dovessi appoggiarmi sempre e comunque”, esclamò, con lo stesso tono lugubre di chi sta annunciando di avere appena saputo di avere una malattia incurabile.

I suoi amici ridacchiarono.

“Beh, purtroppo sono ancora dotata di timpani funzionanti...”, replicai con un sorriso.

“Grazie”, tagliò corto.

“Che scemo”, lo apostrofai e poi lo baciai.

Rob mi fissò un secondo e poi le sue labbra si schiusero in un sorriso sincero.

“D'accordo, sei perdonata. Ma solo perché ti amo”, disse, passandomi un braccio intorno alle spalle.

“Oh, potrei vomitare! Prendetevi una camera, per favore”, commentò Bobby.

“Non una delle mie!”, aggiunse Tom.

“Smettetela”, li rimproverò Melanie, sorridendomi.

“Okay, ma voi due ricordatevi che è la mia festa”, ci disse Tom, fingendosi offeso dalle nostre innocenti effusioni.

“Taci, Tom. Sto solo baciando la mia ragazza”, replicò Rob, senza distogliere gli occhi dai miei.

Tutti quanti scoppiarono a ridere e finalmente riuscii davvero a godermi quella serata, senza perdere neppure un secondo a pensare alla mia partenza, o a preoccuparmi per cosa sarebbe potuto succedere in seguito. Contava solo il presente ed in quel momento mi stavo divertendo con il mio ragazzo ed i nostri amici. Il resto poteva aspettare.



Ciao a tutte!!!
Vi informo che ho preso un'importante decisione riguardo questa storia: il capitolo conclusivo verrà pubblicato il 13 Maggio, in occasione del 27esimo compleanno di Robert appunto. ;)
"Comunicazione di servizio a parte", questo capitolo è ispirato ad una dichiarazione di uno dei nuovi membri del cast di "Breaking Dawn", il quale in una non ben precisata convention aveva raccontato un interessante episodio su quanto Rob fosse inudibile cantando da ubriaco.
Personalmente ho trovato l'episodio troppo divertente per non inserirlo nella storia! E quale occasione migliore del compleanno del suo migliore amico? ;)
Come già preventivato, Jenny stavolta trascorrerà il periodo natalizio dai suoi genitori a Firenze... Riuscirà almeno a tornare per Capodanno?
Intanto aleggia ancora il mistero sul regalo che ha preso al suo ragazzo.
Secondo voi di cosa si tratta?
Un bacione a tutte.
Vale
Ps. Dal momento che non ci rileggeremo prima di Pasqua vi faccio tanti auguri adesso!!! <3

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Capitolo 63
*** Capitolo 63 ***


Avevo dimenticato quanto fosse bello passeggiare per via dei Calzaiuoli durante il periodo natalizio. Le strade e le insegue erano completamente illuminate dalle luci bianche e, nonostante i negozi fossero chiusi, sembrava che tutta Firenze fosse scesa in piazza. Scansai un uomo che si era fermato all'improvviso per salutare un conoscente e continuai a camminare.

Lo spettacolo era magnifico.

Finalmente arrivai davanti agli Uffizi ed iniziai a guardarmi intorno.

Nulla.

Forse era in ritardo.

“Stavi cercando me?”, mi chiese una voce famigliare, facendomi voltare.

“Direi di sì!”, affermai con un sorriso.

“Mi sei mancata, Jenny”, disse Elena.

“Anche tu, tesoro”, dissi, abbracciandola.

Gli occhi della mia amica passarono in rassegna il mio cappotto bianco lungo fino a metà coscia, i miei stivali neri e le sua labbra si aprirono in un sorriso d'approvazione.

“Sono felice di vedere che vivere nella terra dell'orrore nel vestiario non ha intaccato il tuo buon gusto”, dichiarò, soddisfatta.

“Ah ah, ti garantisco che non tutti si vestono così male come credi”, le assicurai.

Lei mi guardò dubbiosa, ma non replicò.

“Ti va di prendere qualcosa di caldo?”, mi propose. “Sto iniziando a congelare”.

Era incredibile, ma per la prima volta in vita mia non sentivo freddo, nonostante ci fossero solo 3°: per quanto odiassi ammetterlo, dovevo essermi abituata al clima inglese.

Annuii e seguii la mia amica verso piazza del Duomo.

Per un'ora mi sembrò di essere tornata ai tempi del liceo, quando ogni sabato pomeriggio io ed Elena ci sedevamo in uno dei tavolini della pasticceria Scudieri. Chiacchierammo quasi ininterrottamente delle passate vacanze estive, del nuovo ragazzo che stava frequentando da un paio di settimane e dei progetti per Capodanno. La mia amica sarebbe stata in Trentino Alto-Adige insieme ad un paio di amiche dell'università. Mi raccontò di aver già preparato le valigie e di non vedere l'ora di provare lo snowboard.

“Tu invece quali programmi hai? Starai con Robert?”, mi domandò, quando ebbe finito di illustrarmi nei minimi dettagli la differenza fra lo stile da snowboard e quello da sci.

“Non abbiamo ancora deciso...”.

Mi rivolse uno sguardo perplesso.

“E quando pensate di decidere: il giorno stesso?”, mi chiese, ridendo. “Finirete per spendere tantissimo se non vi decidete in fretta!”.

Per poco non soffocai bevendo un sorso di cioccolata.

Dal momento che avevo occultato la parte della conversazione in cui avrei dovuto parlare del lavoro del mio ragazzo, la mia amica non poteva certo sapere che i soldi, almeno per lui, attualmente erano l'ultimo dei problemi. Il guaio era andare in un posto dove non fosse assediato da ragazzine urlanti, che lo pregavano in ginocchio di degnarle di uno sguardo, mentre gli professavano il loro amore e la loro devozione eterna.

Assurdo.

La cosa peggiore era che io e Rob non avevamo mai parlato seriamente di tutto quello che stava succedendo: si ostinava a dire che niente era cambiato, ma come potevo anche solo fingere di credergli? Le cose adesso erano diverse. Molto diverse.

Nei mesi passati avevamo parlato e scherzato su come sarebbe stata quella giornata: Capodanno, il nostro primo anniversario. Avevo immaginato una cena romantica, una passeggiata al chiaro di luna magari in una capitale europea. Rob mi aveva raccontato più volte di quanto si fosse divertito da adolescente a Berlino e sapevo che l'idea di tornarci lo entusiasmava.

Mi sarebbe piaciuto visitarla insieme a lui, ma dovevamo essere realistici. Almeno uno di noi doveva esserlo...

Rob non poteva più andare in giro come se niente fosse. Non senza evitare spiacevoli imprevisti. Ed io non volevo certo andare a Berlino senza di lui.

Chi avrebbe mai potuto anche solo pensare che in soli 12 mesi le nostre vite sarebbero cambiate così tanto e soprattutto così in fretta?

“Jenny? Mi stai ascoltando?”

La voce di Elena mi distolse dai miei pensieri e mi riportò alla realtà.

“Scusa, mi ero distratta un attimo”.

“Non fa niente. Adesso però dovrei tornare a casa”.

“Okay. Mi ha fatto davvero piacere rivederti, Ele”, le dissi sincera.

“Anche a me, Jenny!”.

“Prometti che verrai a trovarmi a primavera”, dissi, per ricordarle la sua stessa idea.

“Promesso”, affermò con un sorriso.

Uscimmo dalla pasticceria e percorremmo una decina di metri insieme, dopodiché ci salutammo.

Dal momento che era ancora abbastanza presto, decisi di fermarmi a dare un'occhiata alla Feltrinelli.
Era strano ed al tempo stesso piacevole vedere tanti volumi in italiano insieme. A Londra trovarne era quasi impossibile e di certo la scelta era assai limitata.

Ero intenta a sfogliarne uno quando all'improvviso il mio telefono suonò, facendomi scivolare il romanzo dalle mani.

Cadde a terra con un rumore sordo. Mi affrettai a raccattarlo, prima di rispondere al telefono.

Ridacchiai quando lessi il nome del mio ragazzo sul display: aveva sempre un pessimo tempismo.

“Ciao”, lo salutai, senza dargli il tempo di aprire bocca.

Ero troppo contenta di sentirlo.

“Ciao piccola. Cosa stai facendo?”

“Sto uscendo da una libreria”, gli risposi, rimettendo il romanzo al suo posto ed avviandomi verso l'uscita.

“La tua valigia non era già abbastanza piena?”, mi chiese, ridendo.

“Beh, per un libro c'è sempre posto!”, replicai.

“Se lo dici tu”.

“Tu invece cosa stavi facendo, Mr Simpatia?”

“Niente d'importante. Ascoltavo un po' di buona musica e pensavo a te”.

Sorrisi.

Forse il mio ragazzo aveva un tempismo terribile, ma di certo sapeva cosa dire nel momento giusto.

“Ottima risposta”.

“Ah, sappi che sei stata un argomento molto discusso in questi giorni”, mi informò dopo un po'.

“Cioè?”, gli chiesi, un po' in ansia.

“Tom”, disse semplicemente. “Mi ha preso un po' in giro per i sonetti di Baudelaire”, precisò.

“Ah”.

“Beh, comunque a me piace il tuo regalo. Moltissimo”, dichiarò con tono così solenne da farmi ridere.

Se lo avessi avuto davanti, gli avrei preso il viso fra le mani e lo avrei baciato.

Tante volte.

“Com'è andata con la tua amica?”, mi chiese.

“E' stato divertente. Mi ha anche detto che vorrebbe venire a Londra la prossima primavera”.

“Bene. Così ti terrà compagnia mentre io non ci sarò”, dichiarò.

“Cosa hai detto?”, gli domandai senza capire, o forse soltanto non volendo capire.

Quindi aveva già avuto notizie riguardo alla data d'inizio delle riprese di “New Moon”.

Perfetto.

Il mio umore si sgonfiò come un palloncino a cui hanno tolto tutta l'aria.

“Accidenti. Sono veramente un idiota. Mi dispiace, amore. Non avrei voluto dirtelo in questo modo. L'ho saputo solo ieri”.

Ieri.

Quindi lo sapeva già quando ci eravamo sentiti quella mattina.

“Amore?”

“Sì, ci sono ancora”.

Avrei dovuto essere felice che il film avesse avuto così tanto successo da meritare un sequel, eppure riuscivo solo a pensare a quello che ciò avrebbe comportato per noi: altri mesi di lontananza.

Perché doveva accadere così presto?

Non ero pronta a salutarlo di nuovo.

“Ascolta. Non dobbiamo pensarci adesso”, mi sussurrò Rob con dolcezza. “Non vedo l'ora che tu sia qui”.

Neanche le sue parole riuscirono a togliermi dalla mente il pensiero che fra pochi mesi, o forse addirittura fra qualche settimana, saremo stati di nuovo separati.

Sarebbe stato così per sempre?

Lui a un capo del mondo ed io all'altro?

“Hai mai sentito parlare delle isole Shetland?”, mi chiese, prendendomi di nuovo alla sprovvista.

“No. Perché?”

“Si trovano a largo della costa settentrionale della Scozia. Stavo pensando che potremo andarci per Capodanno. Sono molto belle”.

Questo implicava una temperatura da Polo Nord...

"Ci penserei io a scaldarti", aggiunse immediatamente.

Sorrisi.

“Okay”, acconsentii infine, forse con un po' meno entusiasmo di quello che si sarebbe aspettato, ma dovevo ancora mandar giù l'altra notizia che mi aveva dato. “Solo noi due?”, gli chiesi.

“Vorresti organizzare una gita di gruppo?”, replicò lui, ridendo.

“No!”, esclamai con un sorriso involontario.

Non riuscivo ad immaginare niente di meglio dello stare da sola con lui.

“Jenny?”

“Sì?”

“So che questi ultime settimane non sono state facili e mi dispiace di averti detto delle riprese in quel modo... Voglio soltanto che ricordi che ti amo, anche se non sono sempre qui per dirtelo. Io ti amo, piccola”.

“Lo so”.

“Ti chiamo domani, va bene?”

“Certo, a domani amore”.


 
Questa volta i giorni nella mia città natale parevano non voler passare mai. Mi ero sentita sollevata quando era arrivata la sera della mia partenza, anche se questo sollievo mi aveva fatto sentire terribilmente in colpa nei confronti della mia famiglia.

Ero stata a Firenze soltanto sei giorni, ma la mia testa, il mio cuore, erano da un'altra parte.

Quando ero diventato il genere di ragazza che conta le ore, i minuti che la separano dal rivedere il suo uomo?

Avevo sempre trovato irritanti e persino patetiche quel tipo di ragazze, quasi un oltraggio al genere femminile nel suo complesso. Ero sempre stata piuttosto convinta che la felicità di una persona non potesse dipendere da quella di un'altra, ma forse quando lo pensavo non ero mai stata innamorata...

A mia discolpa però dovevo ammettere che non avevo molto tempo da trascorrere con il mio ragazzo, anzi, lui non aveva molto tempo da passare con me. Sapevo che faceva del suo meglio per ritagliarsi dei momenti per noi, ma non mi parevano mai sufficienti a placare la mia voglia di stare con lui.

Mi mancavano molte delle piccole cose che prima di “Twilight”, prima della fama, facevamo insieme. Mi mancava andare in giro con lui per Hyde Park senza che qualcuno ci infastidisse per una foto, un autografo o un abbraccio. Mi mancava andare al cinema con lui senza dover scegliere sempre posti fuori mano, o lontani chilometri dal centro di Londra. Ma soprattutto mi mancava risvegliarmi ogni mattina accanto a lui.

Quello mi mancava più di tutto il resto ed era qualcosa a cui non credevo avrei mai potuto abituarmi.


Tuttavia, cosa potevo fare? Cosa potevamo fare?

Le cose adesso stavano così e basta. Forse una volta passato il tormentone del primo film le cose si sarebbero calmate.

Forse.

“Tesoro, sei pronta? Tuo padre ti sta aspettando in macchina”, mi informò mia madre, entrando nella mia stanza.

“Quasi”, le dissi con un sorriso, infilandomi il cappotto.

“Tutto bene?”, mi domandò dopo avermi studiata per un secondo.

“Certo”, mentii, non riuscendo ad ingannare neppure me stessa.

“Cosa succede, tesoro?”, mi chiese guardandomi con apprensione.

“Sono solo un po' stressata”, minimizzai.

“Con Robert va tutto bene?”

“Sì”.

Da quale parte potevo cominciare senza apparire una sciocca?

Non ero mai stata molto propensa a discutere della mai vita sentimentale con mia madre: di solito ne parlavo con le mie amiche, o non ne parlavo affatto. Tuttavia, al momento né Jana, né Megan erano lì.

“Non abbiamo... Non ci siamo visti molto dopo la vacanza a Parigi. Mi è mancato un po'. Tutto qui”, le assicurai.

Mia madre mi abbracciò.

“Tesoro, è normale che ti manchi quando non c'è”.

“Non voglio essere la tipica ragazza appiccicosa, mamma”.

“Hai detto a Robert come ti senti?”, mi chiese.

Scossi la testa.

“E' già abbastanza stressato anche lui. So che va via per lavoro, ma non è facile lo stesso conciliare tutto. Ora è meglio che vada, o papà darà di matto!”, le dissi con un sorriso più sincero.

“Vedrai che le cose andranno meglio. Robert è un bravo ragazzo”.
Annuii.


“Lo so. Ci vediamo presto, va bene?”

“Certo, cara. Adesso va' prima che tuo padre si arrabbi. Fa buon viaggio e salutami Robert”.

“Lo farò. A presto, mamma!”, le dissi, abbracciandola di nuovo prima di raggiungere mio padre in auto.





Buon sabato a tutte!!!
Nello scorso capitolo avevamo lasciato Rob e Jenny insieme alla festa per il compleanno di Tom, poco prima della partenza di quest'ultima per l'Italia.
So che qualcuna aveva immaginato scenari in cui Rob interveniva per fermarla, ma ho pensato che fosse importante vedere dfi nuovo Jenny nella "sua" Firenze insieme alla famiglia ed alle amiche, una piccola parte della sua vecchia vita.
Rob sembra fare il possibile per passare il tempo che ha a disposizione con lei, ma per Jenny sarà sufficiente?
I due riusciranno a partire insieme?
Lo scoprirete molto presto!!!
Due piccole precisazioni prima di salutarvi: qualche anno fa Rob aveva detto di star leggendo tali sonetti, per cui ho riutilizzato la notizia per gli scopi della storia, immaginando che fossero un regalo di Jenny!
Inoltre,suddetto capitolo è dedicato alla cara Charme, che trova sempre il tempo di passare e con la quale mi diletto a parlare appunto di "Orrore nel vestiario".
Un bacione a tutte e al prossimo aggiornamento! <3

 

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Capitolo 64
*** Capitolo 64 ***


Il viaggio in aereo fino allo Stanted fu più piacevole del previsto grazie al regalo che Rob mi aveva fatto per Natale. Un iPod con dentro ogni tipo di musica, compresa la sua.

Ascoltare la sua voce era sempre incredibilmente emozionante per me.

Ormai era da un po' di tempo che non andava più a suonare nel locale di John. L'ultima volta che era stato lì insieme a Sam e Bobby qualcuno lo aveva riconosciuto ed aveva messo prontamente il filmato su Youtube.
Da quella volta era andato là soltanto per ascoltare i suoi amici esibirsi.

Sapevo che gli costava molto rimanere in disparte in platea, ma era preferibile all'eventualità di finire nuovamente sul web.

Fra l'altro, la sera dopo la sua performance lì, il posto si era riempito a tal punto di ragazze che John, il proprietario, aveva finito con l'assumere un buttafuori onde gestire il flusso di gente. La situazione era incredibilmente surreale. Ma in fondo cosa c'era rimasto di normale?

Quando l'aereo atterrò mi diressi senza perdere tempo alla dogana.
Avevo un sonno terribile e non vedevo l'ora di andare a dormire. Per fortuna Megan si era offerta di passarmi a prendere in macchina, così avrei evitato di spendere un patrimonio in taxi, o di avventurarmi in treno a quell'ora di notte.
Il mio ragazzo mi aveva detto che sarebbe rimasto a casa di Tom, visto che il suo migliore amico aveva organizzato un piccolo party, per cui ci saremo visti direttamente la mattina seguente. All'inizio non ero entusiasta della notizia, ma considerando quanto ero stanca, forse non era una brutta idea.

Salutai educatamente l'impiegato alla dogana ed attesi che facesse i consueti controlli. Quando ebbe verificato tutti i miei dati mi restituì la carta d'identità e mi salutò con un sorriso stanco. Infilai il documento nella tasca del giubbotto, afferrai la valigia e percorsi pochi passi prima che il mio cuore rischiasse di fermarsi, scorgendo la sagoma del mio bel ragazzo inglese.

Dimenticai la stanchezza e sorrisi come non avevo fatto da una settimana. Non riuscivo a credere che fosse venuto a prendermi.

Indossava un giubbotto nero- abbastanza aperto da lasciar intravedere una felpa blu- sopra un paio di jeans neri e le sue solite All Star dello stesso colore. Come facesse a portarle anche in pieno inverno per me restava un mistero.
La sua mascella era ben nascosta da un fitto strato di barba, che ben si abbinava agli occhiali scuri che portava nonostante fosse notte fonda.

Al di là di tutto, quel look total black gli donava moltissimo.

Sorrise a sua volta quando mi scorse in mezzo alla folla e fece qualche passo nella mia direzione. Tuttavia, fui più veloce e in un istante gli gettai le braccia al collo e lo baciai. La barba mi raschiò leggermente.

“Bentornata!”

“Grazie. Pensavo sarebbe venuta Megan a prendermi”, gli dissi. “Tu non dovevi andare a commettere un omicidio?”, gli domandai, ironizzando sul suo aspetto da sicario. Carino il nuovo look. Quindi lasciami capire: se fossi tornata fra un mese ti sarebbe arrivata alle ginocchia?”

Lui ridacchiò.

“Sarei potuto entrare nel Guisses dei primati! Questa è un'ottima idea!”

Lo fulminai con lo sguardo.

“Sparirà domattina, te lo prometto”, disse, togliendosi gli occhiali e riponendoli in tasca senza troppa attenzione.

Ero certa che fossero nuovi.

“Ho detto a Megan che volevo venire a prenderti io ed è stata più che felice di risparmiarsi un'alzataccia!”, mi spiegò.

“Carina”, commentai, lasciandomi sfuggire uno sbadiglio.

“Beh, ci conviene andare a cercare un taxi, perché dubito di riuscire a portarti fino a casa in braccio!”

“Sei adorabile”, gli dissi sarcastica.

Lui si sporse verso di me e mi baciò.

“Sono perdonato?”

“Non credere di cavartela con un bacio a fior di labbra”.

“Non ne ho mai avuto l'intenzione”, dichiarò con un sorriso malizioso.

 
Mentre eravamo sul taxi parlammo poco, anzi Rob mi parse parecchio a disagio.
Una volta che l'auto si fermò di fronte al mio appartamento, il mio ragazzo pagò il tassista, dopodiché prese la mia valigia ed entrammo in casa.

Provai una gioia incredibile varcando quella famigliare soglia insieme a lui.

Rob si tolse il giubbotto e lo poggiò sul divano.
La precisione non era fra le sue innumerevoli doti. Poi venne verso di me e mi baciò di nuovo.

“Togliti il cappotto”, mi sussurrò.

Per la prima volta da quando stavamo insieme mi augurai che non stesse pensando quello che immaginavo stesse pensando.

I miei pensieri mi si dovettero leggere in faccia, poiché si affrettò ad aggiungere.

“Voglio portati di là in braccio e quell'affare da fastidio”.

“Sai che siamo a due metri scarsi dalla stanza, vero?”, gli domandai, ridacchiando. “Non vale”.

“Beh, non abbiamo mai stabilito regole. Non potrò portarti in braccio per cento miglia, ma credo di essere in grado di portarti per due metri scarsi”, replicò.

Sorrisi e mi lasciai trasportare sul letto; i miei occhi si chiusero non appena la mia testa toccò il cuscino.

Finalmente ero insieme a lui.

 

“Buongiorno principessa”, mi sussurrò una nota voce maschile, baciandomi la schiena.

Quello sì che era il modo giusto di svegliarsi.

“Buongiorno”, ripetei, voltandomi e baciandolo sulle labbra.

Notai con estremo piacere che la barba era sparita e la sua mascella squadrata era di nuovo in bella mostra.

“Ho preparato la colazione”, dichiarò con un sorriso.

Cosa avresti fatto?”, chiesi, sorpresa.

Anche nei suoi momenti di massima ispirazione culinaria, l'idea di “preparare” qualcosa consisteva nel posarla direttamente nel piatto. Qualche volta mi ero domandata come avessero fatto a sopravvivere lui e Tom vivendo insieme tanto a lungo. Forse era bene non indagare oltre.

Tuttavia, non volevo smontare il suo entusiasmo, per cui mi vestii- impresa che si rivelò molto lenta, con lui lì davanti- e lo seguii in cucina.

“Sono cialde quelle?”

“Proprio così!”, confermò, alzando il mento con orgoglio.

Sgranai gli occhi.

Megan mi aveva regalato la piastra per Natale, ma non avevo ancora avuto il tempo per capire come funzionasse. A quanto pareva al contrario il mio ragazzo l'aveva trovato. Ed il risultato pareva pure commestibile. Impressionante.

Mangiammo in silenzio, ma ad un certo punto Rob mi guardò, alzo la forchetta in aria in segno di resa e disse:

“D'accordo... Ho comprato le cialde fuori, ma ti giuro che ci avevo provato sul serio! Il risultato però non pareva... ehm... cibo”.

Scoppiai a ridere.

“Lo sapevo!”, esclamai, alzandomi e prendendo posto sulle sue ginocchia. “Amore, non sto con te per le tue doti culinarie”.

“Ah no?”, mi chiese, fingendosi scettico.

“Decisamente no”.

“E allora per quale ragione staresti con me?”

“Mmm... Diciamo che mi stai intrattenendo in attesa dell'uomo giusto!”

“Ah! Quindi io sarei il banco di prova temporaneo?”

“Sì”.

“Mi sento molto ferito”, sentenziò, stringendosi nelle spalle.

Lo presi per il colletto della camicia e lo baciai.

“Va meglio così?”, gli domandai, restando a un centimetro dalla sua bocca.

“Sta migliorando”, disse, passandomi un braccio intorno alle spalle e baciandomi.

Ero assolutamente pronta a portare la situazione al livello successivo, ma prima che potessi fare qualunque cosa, Rob mi fermò con delicatezza.

Strano.

“C'è qualcosa di cui vorrei parlarti prima”.

“Okay”.

La sua espressione seria mi fece decidere di prendere posto su un'altra sedia. Raramente avevo visto il mio ragazzo così nervoso, specie se doveva parlare con me.
Si alzò in piedi e fece un giro intorno al tavolo come un condannato a morte. Iniziava davvero a spaventarmi, ma ormai sapevo bene che non era il caso di forzarlo. Finalmente si fermò, dall'altra parte del tavolo, e strinse le nocche intorno allo schienale di una sedia fino a farle diventare bianche. La vena sulla sua fronte pulsava allegramente. Pessimo segno.

Rob sospirò e poi mi disse quello che lo turbava così tanto.

Ringraziai di essere seduta e di non avere niente di fragile fra le mani. Quando ebbe terminato il suo monologo ero nauseata.

“Forse non ho ben capito”, dissi con un filo di voce.

“Amore...”.

Si avvicinò a me, ma mi negai a quel contatto. La mia reazione sembrò sconvolgerlo, ma non potei evitarla.

Cosa diamine si aspettava dopo tutto quello che mi aveva appena detto?!



Ciao a tutte!^^
Per la serie "tutti i nodi prima o poi vengono al pettine" eccomi a postare questo nuovo capitolo, che sono certa vi lascerà con parecchie domande irrisolte fino al prossimo!
So che alcune di voi stanno aspettando il "colpo di scena" già da tempo ed di stanno domandando solo QUANDO Kristen tornerà in scena a rovinare il loro idillio d'amore... Tuttavia, amo divagare e lasciare un alone di mistero finchè mi è possibile!
In ogni caso nel prossimo capitolo l'enigma sarà finalmente svelato!
Le domande con cui vi lascio sono queste: Cosa avrà detto Rob alla sua ragazza? E Jenny come affronterà la cosa?
Se mi lasciate un commentino non mi offendo (e non ho mai morso nessuno!).
Un bacione e al prossimo capitolo
Vale


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Capitolo 65
*** Capitolo 65 ***


“Prima mi dici che vuoi tradirmi e poi mi chiedi cosa ne penso?!”, urlai, furiosa.

Non ero solita alzare la voce, ma stavolta era impossibile trattenere la mia rabbia.

Non è quello che ho detto! Non travisare le mie parole!”, tuonò Rob.

Non c'eravamo mai dati addosso così prima d'ora e quella novità non mi piaceva affatto. Anzi. Erano fin troppe le cose che non gradivo. Ero stata paziente per un po', ma adesso ne avevo davvero abbastanza. Non volevo più tenere per me i miei pensieri e le mie angosce, ma soprattutto questi non avevano più intenzione di starsene nascosti in un angolo della mia mente.

Era giunto il momento di affrontare le cose.

“E allora cosa avresti detto?”, gli chiesi, senza preoccuparmi che tutti potessero sentirci.

“Jenny...”.

Sussurrò il mio nome con dolcezza, ma questo paradossalmente non ebbe altri effetti che irritarmi ancora di più.
Non volevo essere ragionevole. Mi ero stufata di stare calma e di dare a tutti il beneficio del dubbio.

No. Se ti sei stufato della nostra storia faresti prima a dirmelo chiaramente”, sentenziai.

Rob scosse leggermente la testa, fece il giro del tavolo e si avvicinò a me. I suoi movimenti erano lenti, misurati.
Sollevò lentamente una mano e fece per accarezzarmi una guancia, ma io mi scansai.

Il mio ragazzo si morse un labbro e si passò nervosamente una mano fra i capelli. Era la prima volta che mi negavo ad un contatto con lui. Ma in quel momento sopportavo a malapena di trovarmi nella stessa stanza con lui.
Avrei voluto sbattere la porta ed andarmene il più lontano possibile.

Amore, non è quello che voglio e lo sai. Io sono innamorato di te”, mi disse, guardandomi negli occhi. “Credi che questa situazione mi piaccia? Pensi che la trovi divertente?”

“Come posso saperlo”, sbottai.

Capivo che stava cercando di tranquillizzarmi, ma non riuscivo a sopportarlo.

Saresti felice se domani venissi da te e ti dicessi che devo baciare un altro? Mi faresti i tuoi migliori auguri e ti proporresti come testimone di nozze? Non credo”, gli dissi, incrociando le braccia e lanciandogli un'occhiata assassina.

Non è la stessa cosa”, ribatté lui, irritato.

“Ah! Perché?”

“Per me è solo lavoro. Non nutro interessi per Kristen", dichiarò con tono quasi solenne, come se questo dovessi bastarmi.

Avevo visto il modo in cui fin dall'inizio la ragazza si era avvicinata a Rob e, sebbene lui non sembrava averla mai ricambiata, non mi piaceva che gli girasse attorno sul set, figuriamoci nella vita privata!

Come potevo accettare e sopportare che fingessero di stare insieme sotto gli occhi dei media e di tutto il mondo?

Lei ti vuole, Rob”, gli dissi.

Lui reagì alla mia affermazione con una risatina nervosa.

“Ma no! Non sono neppure il suo tipo”.

“Non esiste un tipo. Nessuna ragazza ha un tipo, non si sceglie qualcuno in base ad un modello predefinito!”, replicai un po' offesa.

Anche se avessi ragione, io non voglio lei. Non desidero Kristen. Io voglio stare solo con te, Jenny. Quante volte ancora dovrò ripetertelo?”

Sicuramente Rob stava mantenendo il controllo meglio di me in quel momento.

“Kristen è solo una collega. Sì, mi è simpatica, ma non c'è altro. Se ci siamo avvicinati in qualche modo è soltanto perché lei è nell'ambiente da più tempo e sa come gestire tutto quello che sta succedendo meglio di me. Lei riesce a capire cosa significa tutto questo casino”.

Quella fu l'ultima goccia che fece traboccare il vaso.

Feci un salto indietro come se il pavimento sotto di me fosse diventato improvvisamente rovente e fissai Rob allibita.

Dunque era questo quello che pensava davvero? Credeva che io non potessi più capirlo?

Fu come una doccia gelata. La rabbia che provavo si trasformò in ghiaccio e mi sentii trafitta da mille lame.
Come poteva credere una cosa del genere?

E io no”, conclusi con un filo di voce, trattenendo le lacrime.

Rob scosse violentemente la testa, probabilmente sconvolto dalle sue stesse parole.

“Non è quello che volevo dire”.

“Ma è quello che hai detto”.

Non intenzionalmente. Ma lo aveva detto e lo conoscevo abbastanza bene da sapere che non parlava mai a vanvera. Anche quando sembrava scherzare diceva ciò che pensava.

Quindi credeva che non lo potessi capire.

“Jenny, mi sono espresso male. Volevo soltanto dir...”.

“Lo hai detto. Credi che questa situazione riguardi solo te? Perché è vero che non sono io quella che viene costantemente sbattuta sulla prima pagina dei giornali, o inseguita dai fan, ma tutto questo ha un risvolto anche su di me! E ce l'ha sulla nostra storia”, dissi. “Credi che mi piaccia non poter più andare al cinema con te, o vedere che ti guardi intorno prima di baciarmi? Pensi sia divertente non poter mai rispondere chiaramente quando mi chiedono cosa fa il mio ragazzo, oppure perché non è mai con me? Questa storia della fama non riguarda solo te. Prima di dire che non ti capisco, forse dovresti prendere in considerazione che non sei il solo centro della nostra relazione”.

“Cosa vorresti che facessi?”, mi domandò Rob, con tono sommesso.

Sorrisi tristemente.

“Hai già deciso cosa fare, Rob. Se no non saremmo qui a discutere”.

A quelle parole la sua calma si frantumò come un vaso di cristallo che viene gettato nel fuoco.

“Avrei dovuto rinunciare al film? Sai che questa parte non mi piace neanche, ma per la prima volta da anni ho dei soldi e non devo domandarmi come fare per arrivare a fine mese! Non mi pare che la cosa ti spiacesse quando siamo stati a Parigi!”, tuonò, furioso. “A qualcuno importa del mio lavoro e io mi diverto a farlo”.

“Anche a me importa del tuo lavoro!”, ribattei senza sapere cos'altro dire.

Lacrime indomabili e silenziose mi rigarono le guance. Mi strofinai il viso con il palmo della mano per cercare di nasconderle. Non avevo mai pianto di fronte a nessuno e di certo non avrei mai voluto che la prima persona a vedermi così fosse Rob. Ma ormai era troppo tardi per evitarlo. Perché stavo piangendo e stavo piangendo di fronte a lui. Peggio ancora: per ciò che lui aveva detto.

Rob rimase sconvolto dalla mia reazione, la sua ira si placò subito ed in un istante mi strinse in un abbraccio. Cercai di divincolarmi, ma me lo impedì. Mi tenne così fra le sue braccia per un minuto interminabile. Mi accarezzò i capelli e mi tenne stretta a sé.

Quando mi fui calmata un po', mi alzò il mento con l'indice destro e mi disse, guardandomi negli occhi:

“Mi dispiace. Sono stato un imbecille, ma non avrei mai pensato che avresti reagito in questo modo. So che non è una passeggiata, ma io ti amo Jenny. E sai che sono bravo a dire la cosa sbagliata nel momento più sbagliato, ma non farei mai nulla per ferirti. Devi credermi”.

“Lo so. Ma questo non cambia niente”, dissi, allontanando la sua mano dal mio viso.

“Jenny, ti giuro che...”.

Non lo lasciai concludere la frase, certa che se glielo avessi permesso avrei cambiato idea.

“Credo che ci serva un po' di tempo. Separati”, dissi, guardandolo.

Non mi serve tempo”, affermò scuotendo la testa, con una risata nervosa.

“Beh, a me sì”, dichiarai con tono pacato. “Vorrei che mi lasciassi sola per un po'”.

“Mi stai chiedendo di andarmene?”

Annuii.

Lui si passò una mano sulla fronte imperlata di sudore.

Chiuse gli occhi per un secondo, poi gli riaprì ed annuì.

“D'accordo. Vuoi che porti via...?”

Scossi la testa.

“No. Puoi lasciare le tue cose qui. Per ora”.

“Okay”.

Rob si sporse verso di me, mi bacio dolcemente su una guancia, dopodiché uscì, in silenzio, dal mio appartamento.

Come era potuto succedere?




Ciao a tutte e buona domenica!!!
Ahimè, quello che si è appena concluso non è stato certo un capitolo allegro, ma prima o poi doveva arrivare.
Ho pensato molto a quale potesse essere una causa della fine dell'idillio di Rob e Jenny e ho deciso di utilizzare questa: il contratto.
Perchè non c'è nulla che venda meglio un prodotto commerciale che renderlo reale ed in questo caso il prodotto offerto alla massa è appunto una storia d'amore.
Ora lungi da me avere la sfera di cristallo, tuttavia questa è la scelta che ho fatto a meri fini narrativi. ;)
La domanda adesso è: Jenny riuscirà a passare sopra alla cosa (che non è roba da poco!), oppure la sua pausa di riflessione porterà alla rottura definitiva con Rob?
Lui ha sempre professato di amarla, ma proverà ancora gli stessi sentimenti per lei? E soprattutto lei riuscirà a credergli quando afferma di non sentire nulla per Kristen?
Vi lascio con mille dubbi. ;)
Un bacione e al prossimo capitolo, che salvo imprevisti pubblicherò il 27 Aprile.
A presto, Vale



 

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Capitolo 66
*** Capitolo 66 ***


Ormai erano trascorsi ben quattro giorni dalla mia discussione con Rob.

Sapevo che era sciocco evitare le sue chiamate, ma non me la sentivo di affrontarlo di nuovo. Non ancora. Era incredibile pensare che in quel momento avrei dovuto essere insieme a lui.

Invece, mi trovavo a Londra. Da sola.

Non avevo parlato a nessuno della mia lite con lui... Mi ero sentita troppo umiliata dalle sue parole per riferirle a qualcun altro. Tuttavia, era chiaro che da sola non sarei arrivata in fondo alla faccenda: avevo bisogno di chiarirmi le idee prima di parlargli di nuovo, così decisi di telefonare alla mia migliore amica, certa che non mi avrebbe mai giudicata per la mia reazione.

“Cosa pensi di fare?”, mi domandò Jana, guardandomi con un velo di preoccupazione, dopo che ebbi finito di parlare.

“Non lo so”, sospirai.

Avevo volontariamente omesso alcuni dettagli sulle cose che io e il mio ragazzo ci eravamo urlati addosso, ma le avevo offerto un quadro abbastanza completo della situazione.

Raramente avevo visto la mia amica così seria.

“Credi...?”, mi chiese, lasciando la domanda sospesa a metà.

“Non so cosa credere, Jana”, le risposi bruscamente. “Scusami. Non volevo essere scortese”, aggiunsi con un sospiro.

“Sta' tranquilla. Capisco che tu possa avere i nervi a fior di pelle per questa storia”, mi disse, rivolgendomi uno sguardo molto dolce ed inconsueto per lei. “Ne hai riparlato con Rob?”

Scossi la testa.

“No. Gli ho chiesto di andarsene giovedì mattina e da allora sto evitando le sue chiamate”, le confessai.

“Accidenti”.

“Già... Non lo so, Jana... Secondo te sto esagerando?”, le domandai.

Avevo riflettuto molto, ma non riuscivo a considerare eccessiva la mia reazione neanche a mente fredda. Tuttavia, un altro parere forse mi avrebbe aiutato a capire cosa fare.

“Beh...”, borbottò.

Sgranai gli occhi, stupefatta. Jana, la ragazza che aveva fatto una scenata quando un ragazzo con cui era uscita una volta non l'aveva riconosciuta a due anni di distanza, mi stava dicendo che la mia reazione nello scoprire che il mio ragazzo doveva baciare un'altra era stata eccessiva. Il mondo doveva essersi capovolto.

“Tu e Rob state insieme da un anno”, iniziò lei.

Era inutile che me lo ricordasse... E di fatto col mio silenzio avevo annullato ogni possibilità di trascorrerlo insieme.
Avevamo fatto tanti progetti per quel giorno... Si erano dissolti come una bolla di sapone.
Avevo passato quella serata da sola visto che le mie amiche ormai avevano già dei programmi. Forse dovevo parlare con Rob e cercare di sistemare le cose. Ma ero troppo confusa ed arrabbiata per fare il primo passo.

“Posso parlarti sinceramente, Jenny?”, mi domandò.

Ridacchiai senza allegria.

“Da quando ti fai questi scrupoli?”, ribattei.

Lei sorrise.

“Certo. Dimmi quello che pensi”.

“D'accordo. State insieme da parecchio e siamo usciti tutti insieme molte volte e non l'ho mai visto prestare attenzione ad un'altra donna. Non sto dicendo che tutto questo sia una sciocchezza, ma forse dovresti dare a questa storia l'importanza che ha. E' soltanto una recita, un'altra performance. Oppure credi davvero con Rob sia interessato a quella ragazzina?”

Era decisamente l'ultima cosa che mi aspettavo dicesse.

“Non lo so, Jana. Ma come posso accettare di dividerlo con lei?

“Ma non è così, tesoro. Non devi dividere Rob con nessuna. Non sul serio”.

Sospirai.

Forse quello che la mia amica stava dicendo aveva un senso, ma non era comunque facile abituarsi all'idea che tutti credessero che il mio ragazzo stesse con un'altra.
La gente vedendo il film si era già immaginata che fossero una coppia, perché loro dovevano darli quello che volevano? Perché questa doveva essere una parte del suo lavoro?

“Jana, io lo amo. Ma non so se posso andare avanti così”, le confessai con un filo di voce.

Dare voce a quel pensiero che ormai mi tormentava notte e giorno fu una liberazione.

“Ascoltami. Sono l'ultima persona al mondo che possa dare consigli sulle relazioni di coppia. Voglio dire, se mai volessi suggerimenti sui vestiti o sul sesso, beh quelli sono argomenti in cui posso considerarmi esperta! Ma sull'amore... Non ne so molto. Non ho mai creduto che due persone potessero restare insieme per sempre. Non l'ho mai visto accadere”.

“Non è vero. I tuoi genitori...”, replicai, ma lei mi fermò.

“Stare insieme costa meno di un divorzio. Da quel che ricordo non li ho mai visti sorridersi una volta da quando avevo cinque anni. Ma tu e Rob... Non dovresti rinunciare senza lottare, Jenny. Forse non sarà l'uomo della tua vita, ma questa è la prima volta che litigate così e non sarà certo l'ultima. Tu non puoi semplicemente sbatterlo fuori dal tuo appartamento. Le persone litigano di continuo”.

“Non è stata una discussione qualunque, Jana”, ribattei, irritata.

“Non ho detto che lo fosse. Dico soltanto che dovresti almeno dargli la possibilità di spiegarsi. Se poi vorrai andare avanti da sola, ti appoggerò. Però dovresti rifletterci bene, perché un amore come il vostro non si trova a ogni angolo. E puoi essere certa che lui non lo prova per Kristen”, aggiunse.

“Grazie Jana”, le dissi.

Lei mi abbracciò.

“Voglio solo che tu sia felice, Jenny. Te lo meriti”.

“Anche tu”, le assicurai. “Dovresti darti più credito”.

Lei sorrise.

“Ci proverò”, mi promise. “Cosa pensi di fare?”

Penso che andrò da Rob”, le dissi con un sorriso. “Dobbiamo parlare”.

 
Dopo aver salutato Jana, raggiunsi la fermata della metro più vicina e scesi a Notting Hill Gate.

Una volta lì camminai su e giù per venti minuti prima di decidermi a bussare alla porta di Tom. In uno dei vari messaggi che Rob mi aveva inviato mi aveva informato di trovarsi lì. Sapevo di non poter più rimandare quell'incontro; mi auguravo solo di non dire qualcosa che potesse peggiorare le cose. Forse non rispondere a nessun suo tentativo di stabilire un contatto non era stata una brillante idea. Tuttavia, ormai non potevo tornare indietro, per cui feci un profondo respiro e suonai il campanello dell'appartamento.

Dopo un paio di secondi interminabili, il padrone di casa venne ad aprirmi il portone.

“Ciao Tom”, lo salutai, nervosa.

Il ragazzo rispose con un sorriso sorpreso.

“Ciao Jenny”.

“Rob è qui?”, gli domandai senza tanti giri di parole.

Lui annuì e mi fece cenno di entrare.

Lo seguii dentro e diedi un'occhiata intorno.

“Scusa il casino, ma c'era un po' di gente ieri sera”, disse.

“Tom, è arrivato Sam?”, chiese il mio ragazzo uscendo dalla cucina con una tazza di caffè in mano, che per poco non gli sfuggì quando mi vide.

“Ciao”, lo salutai.

“Ciao”, ripeté.

“Beh, io devo andare a... riordinare un po'”, disse Tom, rompendo quel silenzio imbarazzante e scappando nella sua stanza.

Rob si avvicinò al tavolino dell'ingresso ed appoggiò la tazza. Poi rimase lì in piedi a fissarmi.

Indossava un paio di pantaloni della felpa grigi ed una t-shirt bianca: come potesse stare così svestito a Gennaio per me restava un mistero.

Non avevo la minima idea di cosa dire e sembravo anche essermi dimenticata come articolare una frase. Lì in piedi, l'uno di fronte all'altra sembravamo proprio due idioti.

Dopo parecchi minuti, Rob ruppe quel silenzio, dicendo:

“Ho provato a chiamarti, cioè ti ho lasciato almeno una dozzina di messaggi in segreteria. Credo”.

“Oppure una trentina”, lo corressi.

Lui si passò una mano fra i capelli, imbarazzato.

“Sì, forse”, mormorò. “Sei ancora arrabbiata?

“No”, risposi, dolcemente. “Ma sono cambiate molte cose di recente e quello che mi hai detto... Mi ha ferito, Rob”, gli confessai.

Era giunto il momento di parlare chiaro.

“Mi dispiace”.

“Non sono venuta qui per ad ascoltare le tue scuse. Non mi servono”.

Lui mi rivolse uno sguardo interrogativo.

Presi coraggio e continuai.

Io voglio stare con te, ma... Il tuo lavoro rende tutto più complicato adesso. E so che ne avevamo già parlato all'inizio: non mi hai mai nascosto quello che facevi ed io non credevo sarebbe stato un problema. Però forse lo sta diventando. Credimi, sono felice che le cose stiano andando meglio di quanto non sperassi, ma mi sento esclusa da una parte della tua vita”, gli dissi.

Lui restò in silenzio per un istante, forse cercando di metabolizzare le mie parole. Poi sospirò e disse:

“Perché non me l'hai detto prima?”

Non volevo sentirmi così e non volevo dire niente che potesse cambiare le cose fra noi”.

Devi parlare con me, Jenny. Perché hai ragione: non sono stato molto qui negli ultimi mesi e se quello che faccio ti fa soffrire, ho bisogno di saperlo”.

“Cosa sarebbe cambiato, Rob?”, gli domandai, rassegnata. “E' il tuo lavoro. E so che non avresti firmato quel maledetto contratto se avessi potuto evitarlo. Però non puoi davvero pensare che a me possa stare bene tutto questo. Perché non è così”.

Lui sospirò di nuovo.

Cosa vorresti che facessi?

Voglio sapere fin dove gli accordi prevedono che tu ti spinga con lei per far credere che siete una coppia”.

Lui annuì.

Non mi spingerò da nessuna parte. Potrei doverla baciare, nient'altro”, disse infine. “Non è neanche detto che debba accadere. Ormai la gente crede a tutto quello che i giornali dicono! Basterà farci vedere insieme qualche volta. Ma devo sapere che ti fidi di me, perché non voglio rinunciare a te per questo. Forse ho dato per scontato il nostro rapporto e ho sbagliato. Voglio che tu sappia che sei tutto per me. Sei tutto quello che voglio, tutto quello di cui ho bisogno. Straccerò quel contratto. Posso trovare un'altra parte in un film, ma non potrei mai rinunciare a te. Non voglio perderti per questo, Jenny”.

Non mi perderai”, affermai, facendo un paio di passi nella sua direzione. “Mi fido di te”, aggiunsi guardandolo negli occhi.

Per quanto le cose non fossero semplici, non avrei permesso a nessuno di mettersi fra di noi, men che mai ad una ragazzina insignificante come Kristen Stewart.



Ciao a tutte e buon week end!!!
Come promesso sono riuscita ad aggiornare oggi. ;)
Avevamo lasciato Jenny attanagliata dai dubbi e nell'incertezza più totale su cosa fare con Rob: chiudere o no la loro storia?
Dopo ardui ragionamenti ho deciso che Jenny aveva abbastanza ragioni per fidarsi fino in fondo di Rob, sebbene la situazione che si sia venuta a creare non sia delle migliori...
E per questa volta anche Jana- che so non stare simpatica a molte!- le ha dato un parere da vera amica.
Secondo voi Jenny ha preso la decisione giusta? Voi cosa avreste fatto al suo posto?
Un bacione e al prossimo capitolo, che pubblicherò il 3 Maggio; mentre l'ultimo lo posterò il 13, in occasione del compleanno di Rob.
A presto, Vale



 

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Capitolo 67
*** Capitolo 67 ***


Mentre camminavo in direzione del mio appartamento scorsi un autobus molto affollato e non potei trattenermi dallo sbuffare. Avevo sempre trovato piacevole, quasi divertente, osservare le locandine incollate sui due lati del veicolo, tuttavia avevo cambiato opinione.

“Twilight” era uscito nei cinema da più di un mese ed ero fermamente convinta che ormai fosse giunta l’ora di toglierle e di sostituirle con altre! Con c’erano altri film in uscita? Possibile che ovunque andassi vedessi un autobus rosso con sopra quella locandina?

Sospirai.

Sapevo che i mesi successivi- in una visione ottimista- sarebbero stati estremamente difficili. Tuttavia, quale altra opzione avevo?

L’unica sarebbe stata lasciarlo: chiudere definitivamente la nostra storia e voltare pagina. Però, nonostante avessi davvero delle ragioni valide per fare ciò, non potevo. Non più.

Amavo Rob e mi fidavo di lui, quindi quella che sarebbe stata una decisione sensata per la maggior parte delle persone che si fossero ipoteticamente trovate nella mia stessa situazione, non lo era per me. Lo amavo e non volevo vivere senza di lui. Forse non ero del tutto consapevole di quanto avrei dovuto affrontare, ma poco importava: finché fossimo stati insieme persino l’inferno mi pareva tollerabile.

Non sarebbe stato semplice spiegare come stavano le cose alla mia famiglia, così come non lo era stato dirlo alle mie amiche, ma non avevo altra via d’uscita. Desideravo poter stare con lui.

Quello che era accaduto non aveva cambiato quello che provavo e, se avessi avuto anche il minimo dubbio sui suoi sentimenti nei miei confronti probabilmente la mia decisione sarebbe stata ben diversa. Tuttavia, sapevo in maniera del tutto irrazionale e assolutamente certa che lui avrebbe fatto la stessa cosa se le parti fossero state invertite.

Semplicemente ci amavamo.

E quello che sarebbe successo in fondo avrebbe significato ben poco.

Agli occhi di tutti lui e Kristen sarebbero stati una coppia. Anzi, una coppia epica, proprio come quella cui davano vita sul grande schermo e che mandava in estasi milioni di donne di qualunque età.

Sapevo che non sarebbe stato facile convivere con ciò, ma avevo deciso di essere in grado di farlo nel momento in cui avevo compreso di amare Rob a sufficienza da fidarmi di lui anche in una circostanza del genere ed anche quando chiunque altro avrebbe creduto il contrario.

Non era un quadro idilliaco, ma non sarebbe stato per sempre. Presto o tardi la promozione dei film della Twilight Saga sarebbe terminata e, con essa, anche la storia d’amore, montata ad arte, fra il mio ragazzo e la sua collega.

Dovevo solo tenere a mente che non contava quello che appariva reale, ma quello che lo era davvero. Io e lui. Il resto serviva solo a vendere un prodotto commerciale.

E quando varcai la soglia di casa quella sera lo ricordai di nuovo.

“Cosa significa tutto questo?”, chiesi, meravigliata.

Beh, ho pensato che potessimo rimettere l’orologio indietro per stasera. Diciamo di quattro giorni e diciotto ore”, mi spiegò il mio ragazzo con un sorriso, comparendo davanti a me in penombra. “Aveva decisamente più senso nella mia testa!”, aggiunse, ridacchiando.

Continuai a guardarmi intorno, stupefatta.

Il parquet era ricoperto di petali di rose e di candele e l’atmosfera era veramente magica. Non si era mai definito un tipo romantico, ma era riuscito a sorprendermi di nuovo.

 “Wow”, commentai. “Rob, è meraviglioso. Ridicolamente eccessivo, ma meraviglioso”, aggiunsi, notando solo in quel momento che aveva addirittura sposato materialmente l’orario della mia sveglia al 31 Dicembre 2008.

Lui seguì il mio sguardo e sorrise. Poi si avvicinò a me e mi baciò.

 “Avevo preso in considerazione anche l’idea di cucinare, ma poi ho pensato che fosse meglio evitare drammi culinari. Almeno per stasera”, precisò, passandosi una mano fra i capelli, imbarazzato.

E’ perfetto così”, gli assicurai, dando un’altra occhiata intorno.

Lui sorrise sommessamente.

No, non lo è e non lo sarà mai”, mi corresse serio. “Non sto cercando di offrirti una storia perfetta, una serata perfetta, perché sono tutto tranne che perfetto. Ho fatto tutto questo, compresi dettagli non proprio riuscitissimi, soltanto per dirti che ti amo. Ti amo e so che ti sto chiedendo veramente molto, Jenny. Credimi, lo so. Ma voglio che tu sappia che qualunque cosa possa accadere non rinuncerò mai a te. A noi. E non smetterò mai di amarti”.

Sapevo che quello che mi stava dicendo la verità, perché indipendentemente da quale fosse la sua professione, Rob non era assolutamente in grado di fingere. Non con me.

Gli gettai le braccia al collo e parlai, guardandolo nei suoi meravigliosi occhi chiari.

“Rob. Non ho mai cercato l’uomo perfetto, né la storia perfetta”, replicai sincera. “Io voglio soltanto te, non mi interessa la perfezione. Ti amo anch’io. Sempre”.

Non potevamo sapere dove ci avrebbe portato il futuro, o cosa sarebbe successo nei mesi successivi, ma di una cosa ero certa: il mio destino era insieme lui.

Rob mi guardò per un istante interminabile, dopodiché mi prese il volto fra le mani e mi baciò di nuovo, stavolta più teneramente.

“Buon anniversario, piccola”.




Ciao a tutte!!!
Scusate il ritardo nella pubblicazione del capitolo, ma quando si arriva verso la fine di una storia a cui si è lavorato tanto è difficile essere soddisfatte del risultato finale. Comunque eccolo qui!
Jenny ha appunto deciso di essere abbastanza forte da affrontare la situazione: ama Rob e non ha intenzione di rinunciare a lui.
E che dire? Lui ha fatto un gesto molto romantico, "rimettendo indietro le lancette".
Jenny ha sicuramente apprezzato tale inattesa premura.
Non saranno pochi gli ostacoli che i due dovranno fronteggiare, ma il loro legame pare saldo.
Secondo voi ce la faranno??
Lo scoprirete nel prossimo ed ultimo capitolo. <3
Un bacione, Vale



 
 

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Capitolo 68
*** Capitolo 68 ***


Osservai il lento succedersi delle auto nel traffico losangeliano attraverso il finestrino scuro con il cuore che mi batteva forte.

Era il momento. Quel momento. Quello che stavo aspettando da quattro anni. Le ginocchia mi tremavano.

Nel vetro vidi il riflesso del mio ragazzo: mi stava fissando con espressione premurosa.

“Sei nervosa?”, mi domandò, poggiando la sua mano sulla mia.

“Un po’”, ammisi, deglutendo a fatica.

“Tesoro, se non te la senti possiamo rimandare. Non sei obbligata”, mi ricordò in tono dolce.

Accennai un sorriso teso.

“Lo so. Non ho cambiato idea. Davvero. E’ solo che abbiamo aspettato tanto per questo momento e vorrei evitare di fare una pessima figura in diretta mondiale”, mormorai, arrossendo.

Rob ridacchiò.

“Tipo?”, mi chiese, guardandomi incuriosito.

“Non saprei… Inciampare nel vestito?”, buttai lì.

Il mio ragazzo rise più forte.

Lo colpii distrattamente su un braccio e lo fissai con fare minaccioso.

Lui non cedette di un millimetro, continuando a guardarmi con aria strafottente ed incredibilmente sexy.

Poi sogghignò e, dopo aver lanciato un’occhiata al suo agente seduto sul sedile anteriore della vettura, disse:

“Durante il tour promozionale di New Moon in Giappone sono inciampato nel red carpet. Se Dean non fosse stato dietro a me e non mi avesse preso al volo mi sarei letteralmente fracassato per terra. Sarebbe stato uno spettacolo divertente, eh?”

Finalmente ridacchiai anch’io.

“Probabilmente qualche ragazzina ti avrebbe soccorso!”, replicai divertita.

Finse un’espressione terrorizzata.

“Quindi penserebbero solo che abbiamo molte cose in comune”, precisò, sfoderando il suo sorriso da ragazzino e lasciandomi senza fiato.

“Non me lo avevi mai raccontato”, gli feci notare.

“Volevo solo evitare di apparire ancora più idiota”, dichiarò con tono solenne.

Sorrisi più tranquilla.

Rob mi strinse la mano più forte.

“Non ti lascerei mai cadere o inciampare”, riprese. “Sarai magnifica. Devi soltanto ricordarti di guardare solo me. Dimenticati della gente, dei giornalisti, dei fotografi. Siamo solo io e te oggi. Tutto questo non è per loro”.

Annuii.

“Okay”.

“Ti ho già detto che con quel vestito sei bellissima?”

Indossavo un abito celeste senza spalline che scendeva sinuoso e delicato fino a terra. La scollatura era a forma di cuore e mi lasciava scoperta buona parte della schiena. Avevo dovuto scegliere fra un’ampia gamma di opzioni ed ero stata indecisa quasi fino al giorno prima, ma poi avevo visto quell’abito e me ne ero innamorata. Elegante, sensuale senza essere per questo volgare e c’era qualcosa in quella sfumatura di celeste che mi ricordava quello della Cenerentola delle fiabe. Era perfetto.

“Non da quando siamo saliti in macchina”.

“Beh, allora te lo ripeto: sei bellissima”.

Poi poggiò una mano sulla mia guancia e mi baciò con trasporto, incurante del fatto che Nick ci stesse osservando.
Avrei fatto bene a fargli presente che si trattava di un momento privato, ma forse tanto valeva farci l’abitudine visto dove eravamo diretti.

Avevo pensato a lungo al momento, o all’evento in cui per la prima volta sarei stata ufficialmente al fianco di Rob. Avevo immaginato una qualche cena o una serata di beneficenza. Non avrei mai creduto che tale occasione sarebbe stata niente di meno della cerimonia della notte degli Oscar. L’evento più fotografato e discusso dell’anno in campo cinematografico e di gossip. Tuttavia, se non altro dopo quella sera tutti avrebbero saputo che io e Rob stavamo insieme e finalmente non avremo più dovuto preoccuparci di nasconderci. Mai più.

Quando l’auto si fermò, Rob mi baciò di nuovo e mi sorrise incoraggiante.

Prima che potessi dire alcunché la portiera dell’auto si aprì ed il mio ragazzo scese.
Osservai per l’ultima volta il mio riflesso nel finestrino scuro e senza pensare troppo afferrai la mano che il mio cavalliere mi stava porgendo.

Le luci dei flash mi abbagliarono ancora prima che potessi rendermene conto, ma poco importava. Sentivo soltanto la sua mano che stringeva forte, protettiva, la mia e quando si voltò verso di me e mi sorrise tutto il resto passò davvero in secondo piano.

Perché ero lì con lui.

Posammo per un numero non ben definito di foto, dopodiché Rob appoggiò la mano libera sulla mia schiena e mi spinse gentilmente verso un lato seminascosto del red carpet, mi sfiorò una guancia e mi baciò.

Fu un bacio delicato, adorante ed intenso.

Non sapevo se fosse stato immortalato o meno e francamente non mi interessava affatto.

Nel corso degli ultimi anni avevo accettato di modificare la mia intera vita, qualcosa che avevo giurato a me stessa di non fare mai per nessuno al mondo. Però nel momento in cui avevo preso quella decisione non avevo ancora trovato la sola persona capace di farmi sentire completa.

Avevo rinunciato a molte cose per stare con Rob, fra cui vivere nella città che un tempo avevo scelto ed aumentare la distanza dalla mia famiglia e dalle mie amiche. Non avevo mai desiderato vivere in California, ma in fondo mi ero resa conto che il luogo più bello del mondo, le amicizie più sincere non possono soppiantare la persona che ami.

Non avevo mai programmato di innamorarmi di Rob, ma avevo deciso di stare con lui.

E, nonostante tutte le difficoltà affrontate, non avrei mai potuto né voluto tornare indietro e prendere una decisione diversa.

Lui era la mia famiglia, la mia metà. L’Amore della mia vita. E ormai sapevo che niente avrebbe potuto cambiare tutto questo.

Rob mi scostò una ciocca di capelli dalla guancia e mi baciò la mano. Ero certa di non averlo mai visto così felice e la sua felicità era anche la mia.

Perché sapevo che qualunque problema si fosse presentato lo avremmo superato come avevamo sempre fatto. Insieme.




Ciao a tutte!!!
Come molte di voi avevano immaginato non potevo far terminare questa storia con la rottura di Jenny e Rob: mi sarebbe parso di fare un torto ai personaggi e all'amore che si sono sempre dimostrati nel corso della storia e nonostante le varie vicende.
Così ho deciso che il modo migliore per concludere questa storia fosse dare a Jenny quello che meritava: una prima uscita ufficiale con il suo Rob.
E quale evento poteva essere più indicato della notte degli Oscar?
Anche la scelta dell'abito non è stata semplice: all'inizio avevo ipotizzato di non dirvi come fosse vestita, lasciandovelo immaginare, ma poi ho pensato che dal momento che la sua favola si è realizzata un riferimentino a "Cenerentola" (che fra l'altro è anche una delle preferite dell'autrice!) fosse adatto. ;)
Vorrei evitare un papiro finale, ma prima di salutarvi ci tengo davvero a ringraziare tutte le persone che mi hanno sostenuto in questa a tratti eroica impresa (quando ho iniziato a scrivere questa storia non pensavo di portarla avanti tanto a lungo!) ed a tutte coloro che si sono prese la briga di leggerla, commentarla o che magari lo faranno in seguito. Vi adoro tutte! <3
E se vorrete approfittare di questo ultimo capitolo per dirmi cosa ne pensate nello specifico o più in generale, cosa vi è piaciuto e cosa no, mi fareste enormente felice.
Spero di essere riuscita ad emozionarvi almeno un po' . ;)
Come potete immaginare le avventure di Jenny e Rob mi hanno portato via parecchio tempo e per cause di forza maggiore non posterò storie per un po', ma durante l'estate- visto anche il vostro entusiasmo- mi piacerebbe riprendere in mano la storia di Rob e Katie della mia prima OS, "Bon Voyage" e scrivere qualche originale.
Dal momento che questo mio commento sta diventando più lungo del capitolo vi saluto con un grandissimo bacio e spero di leggere qualche vostro parere!
A presto, Vale
PS. Ovviamente Buon Compleanno a Mr Robert Douglas Thomas Pattinson che oggi compie 27 anni!!! ;) E che non mi ha mai fatto mancare l'ispirazione!



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