Non credo nell'amore a prima vista

di Mini GD
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap.1 ***
Capitolo 2: *** Cap. 2 ***
Capitolo 3: *** Cap. 3 ***
Capitolo 4: *** Cap. 4 ***
Capitolo 5: *** Cap.5 ***
Capitolo 6: *** Cap. 6 ***
Capitolo 7: *** Cap. 7 ***



Capitolo 1
*** Cap.1 ***


Non credo nell’amore a prima vista. Non ci ho mai creduto, a dire il vero.
Sono eternamente convinto che non è un innamorarsi, ma un ritrovarsi, un meritato premio dopo tempo passato a cercare quegli occhi, quell’anima incastonata nel sorriso della dolce metà. Un segno del destino, per l’appunto.
Non saprei spiegarmi, se non così, il significato della scintilla, chiamata da tutti colpo di fulmine; lo trovo piuttosto illogico, il fatto di ritrovarsi senza motivo, attratti da un’essenza estranea, completamente nuova alle nostre conoscenze, dal nome sconosciuto, così come il passato.
Le anime alla fine si cercano, una corsa nei secoli e negli anni, per ricongiungersi e raggiungere la perfezione, o almeno una specie, l’importante è toccare la pace.
Ed eccomi, nei vestiti più semplici e leggeri che ho trovato nel mio armadio, abbinati a scarpe che non mi piacciono neanche un po’, comprate solo per fare una favore a YoungBae che voleva le stesse Nike dai colori sgargianti che volevo anche io; eccomi negli occhi dell’anima della mia dolce metà, dell’anima che la mia cerca. Peccato che sono l’unico ad averlo capito, dopotutto non mi ha visto ancora del tutto, il mio viso è coperto dalle grandi lenti scure usate in questa giornata, calda e rovente come una piastra per la carne.
“Vuole acquistare qualcosa?” sento la voce della commessa, che fiuta aria di affari a kilometri di distanza;  forse è stata attirata dalla moltitudine di abiti che ho scelto e messo nel camerino, per provarli.
La mando via con un gesto della mano, in modo da farle capire che, se avessi voluto, mi sarei fatto avanti io.
“Scusi, questa ha solo una taglia unica?” domanda la ragazza dai capelli mossi e gli occhi castani, che mi ha rapito qualche minuto prima; stava frugando nei vestiti maschili, probabilmente con l’idea di fare un regalo a qualcuno di speciale.
“Si, se vuole le mostro quest’altra fantasia” si mostrò disponibile la stessa commessa di prima, che prendeva alcuni capi da farle vedere. Solo ora mi sono accorto dell’altra presenza, della ragazza alta che le sta picchiettando dolcemente la spalla, cercando le sue attenzioni, tanto quanto la commessa cercava di chiudere l’acquisto.
“Ehi, ho trovato il regalo giusto per tuo fratello, che ne dici di quello?” le indica con l’indice, una volta ottenuto il suo sguardo, un paio di pantaloncini bianchi, con delle rifiniture fatte a mano, dal tessuto leggero e taglio molto semplice. Adatto per fare sport, soprattutto quelli che implicano la corsa come attività principale.
“Stupendi!” esulta, correndo e lasciando, nelle mani della donna biondo tinto, i vestiti presi. Prende uno dei tanti pantaloncini di quella serie, toccando con mano il tipo di tessuto usato, guardandolo con fare esperto.
Non si può dire che ha cattivo gusto, è vestita in modo sportivo, con un pantaloncino di jeans che lasciano scoperte le sue gambe, fino alle converse rosse, abbinate alla maglietta di cotone con dei disegni astratti, raffiguranti, probabilmente, una polaroid che scatta foto a dei paesaggi. I capelli sono liberi e ribelli, castani e mossi, con dei colpi di luce che risaltano il suo viso leggermente paffuto, ma non troppo.
“Visto che hai fatto bene a portarmi?” incrocia le braccia l’altra, fingendo un espressione da superba, pronta a ricevere ogni serie di elogi che poteva regalarle l’amica.
Perché poi le sto fissando? Sembro un impiccione, quando poi sono il primo a detestare ogni forma di disturbo della privacy, a partire dalle mie cabine armadio, violate dalla presenza di Seungri, convinto che io non mi renda conto che prova qualche mio abito.
Ho perso il conto delle innumerevoli scuse che trova ogni qualvolta lo becco, ha una fantasia spiccata, come quella di un bambino. Beh, infondo è il maknae, no? Non dovrei in qualche modo accettare che lui mostri questo lato infantile più del resto del gruppo?
Non che SeungHyun si dimostri molto diverso da lui, quei due, oltre al nome, condividono uno spiccato istinto giocherellone, solo che il più grande ha dalla sua un viso e uno sguardo che lo rendono completamente innocente, che lo fanno apparire maturo e professionale; non che non lo sia, ma certe volte…
“Prendo questo, una confezione regalo per favore” eccola che porge il paio di pantaloncini scelto alla ragazza mora che gestisce la cassa. Guardo d’istinto la pila che avevo accumulato, scartando tutti gli abiti che non mi attirano più di tanto o che ho già visto nei negozi di Seul. Sono qui a Londra, cercando vestiti originali, cercando quel qualcosa in più che mi può dare l’Inghilterra. Oltre a dei bei posti da visitare, sia chiaro, la trovo affascinante sotto questi punti di vista; questa mini vacanza mi aiuterà anche a migliorare la pronuncia, così dal perfezionarmi sempre di più nelle canzoni che scrivo.
“Solo questi prendi? Ti sei sprecata sorellina!” commenta la ragazza alta, che per me resta ancora anonima, dandole piccoli colpetti al braccio con il gomito, stuzzicandola.
Mi sento buffo, anche leggermente sciocco, dopotutto sono capace di cantare davanti a un pubblico che si perde a vista d’occhio negli spalti, ma non riesco a togliermi le lenti da sole e cercare modo per attaccare bottone con quella ragazza. Sarà il mio lato da JiYong, il ragazzo comune, celato dalla personalità estroversa e fashionista di G-Dragon. Mi sento sdoppiato, è come avere due me, sempre eternamente a confronto, ma in pace, senza torture che mi portano da un psicologo;  è uno dei problemi di essere famosi, ognuna delle mie fan può vedermi come desidera, plasmando la mia figura in modo da farla rientrare nel loro mondo colorato e zuccherino. Non che mi dispiaccia, loro hanno contribuito al realizzarsi del mio sogno di cantare e portare il mio messaggio nel mondo, quindi, non mi lamento, anzi, apprezzo il loro amore.
“Sara, per mio fratello, questo regalo è già troppo” eccola, ha dato un nome a quella ragazza dai capelli liscissimi, neanche mi avesse letto nel pensiero. Anche lei è straniera, si sente dal suo modo di parlare, dall’aspetto e dal modo di porsi e gesticolare. Oltre al fatto che ha pronunciato un nome che non mi ricorda tanto un accento British.
“Sei un caso perso Cristina, povero tuo fratello, che ti ama con tutto il suo cuoricino” la canzona, assumendo buffe espressioni facciali, accompagnate da cuori fatti con le mani, che suscitano ilarità nella giovane ragazza dai colpi di sole, con un nome, finalmente.



-Rieccomi gente, con una storia che mi frulla nella testa, con la speranza che piaccia a qualcuno çwç
Grazie, come sempre, di leggere ciò che scrivo, farmi sapere quello che ne pensate mi renderebbe felice *^*
Baci, da Mini GD <3

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Capitolo 2
*** Cap. 2 ***


La commessa intanto sta cercando di sbloccare la cassa, dando dei colpi decisi sul lato destro, prolungando la loro attesa. Già, ora se ne andranno e addio, chi la vedrà più fuori da questo locale pieno di vestiti e scarpe di ogni genere?
“Scusa, eri interessato tu al pantaloncino bianco?” mi risveglia dai pensieri la sua voce, che si flette in un tono dolce e premuroso, mentre mi domanda preoccupata se magari volevo acquistare quel capo. Si è resa conto che la fissavo, bravo Ji, se volevi farti notare come un attaccato ai vestiti, ci sei riuscito.
Scuoto la testa, cercando un modo per accumulare tempo e pensare a cosa dire.
“Nono, preferisco il paio blu notte” rispondo togliendo le lenti da sole e infilandole in tasca. Ci dividono solo un paio di metri, forse meno e mi ritrovo fissato dalla ragazza alta, che ridacchia giocando con le ciocche dei capelli di Cristina. “Grazie per l’interesse” sorrido, aggiungendo qualcosa prima che aprisse bocca. Ma cosa poteva dirmi più? Era già tanto se si era dimostrata preoccupata nei confronti di un tipo sconosciuto al mondo. Beh, al mondo proprio no, ma loro due sicuramente non mi hanno riconosciuto.
“Di nulla, tanto mio fratello è l’ultimo dei miei problemi” guarda Sara e toglie le sue mani dai capelli, dedicandole una linguaccia. Dopo qualche secondo, si gira verso di me, guardandomi per la prima volta negli occhi, senza più coperture dagli occhiali da sole.
Si, sto sperando che anche lei senta qualcosa, che anche lei noti quello che ho notato io, soprattutto ora che sono riuscito a guardarla meglio, a notare il piccolo girasole che ha negli occhi, creato dal contrasto tra un castano-verde e un nocciola scuro. Secondo Daesung ho sempre avuto una vista eccezionale, credo che abbia proprio ragione.
“Ci conosciamo già noi due?” piega la testa da un lato, fissandomi interrogatoria per poi sbattere diverse volte le palpebre ed esultare come quando trovi un idea geniale, o quando, più semplicemente, trovi la parola che ti mancava per completare il concetto. “Sei il ragazzo raperonzolo!” sorride, mettendomi in completa difficolta. Non mi aspettavo di certo una dichiarazione di amore, ma neanche un paragone alla principessa Disney dai lunghi capelli.
“Ecco dove mi sembrava di averlo visto, hai ragione Cri!” si aggiunge l’amica che ride a crepapelle, mettendo una mano sulla pancia.
“Cosa?” domando, stralunato, come se mi fossi appena svegliato da un sogno. Dopotutto ero in piena ispirazione dolce e coccolosa, a fare ragionamenti su come l’amore potesse somigliare a un inseguimento nel corso dei secoli e delle generazioni e mi ritrovo paragonato a un cartone animato.
“Scusala, solo che quando siamo state in Corea abbiamo avuto modo di vedere il video di Fantastic… come era il titolo? Ah! Fantastic Baby” non so se essere sollevato da questa spiegazione o sentirmi male. Mi ha appena fatto notare che più o meno sa che sono famoso, ma non sono abbastanza per rientrare nei sui gusti.
Da quand’è che ho cominciato a farmi tante fisse mentali di questo genere? Sono in vacanza, dovrei godermela senza troppi viaggetti complessi.
“I wanna dance dance dance! Wow, Fantastic Baby!” canta l’altra, muovendosi a tempo con lei, lasciandomi ancora più perplesso.
Ridono entrambe, scatenando una risata anche al sottoscritto, tutti e tre fissati dalla commessa che vorrebbe concludere l’acquisto.
“Sono 12.50£” le annuncia sorridendo, mostrandole la confezione blu elettrico che aveva preparato, con tanto di fiocchetto e bigliettino di auguri con un orsacchiotto.
Paga e prende tra le mani il sacchetto arancione con il nome del negozio a caratteri cubitali di colore verde; un concertato di colori quel regalo.
“Cri!” grida l’amica facendola sobbalzare. Con occhi sognanti e il braccio teso, indica una felpa abbastanza invernale, di quelle sportive che di solito si vedono nei film americani. Rossa e dalle maniche bianche, con un grande 9 blu elettrico sulla spalla destra, e per completare, scritte nere in corsivo sulla sinistra.
“E’ stupenda!” continua a gridare, togliendosi la felpa grigia che aveva allacciato intorno alla vita, correndo poi verso quella felpa che non era per nulla adatta al clima di caldo estivo.
Io intanto vado a pagare, altrimenti quella commessa mi ucciderà, mi fissa in malo modo da quando ha capito che le avrei messo sotto sopra il negozio pur di trovare qualcosa che mi piacesse.
“Ma Sara, siamo in piena estate” la guarda sbigottita, cercando di frenare l’amica dall’acquisto, che posso anche definire inutile, ma i gusti sono gusti e io sono l’ultimo che può criticare. Indosso gonne sopra a pantaloni, posso davvero stare a pensare che sia folle comprare una felpa in estate?
“Infatti, ora costerà meno! E poi qui a Londra mentre splende il sole arriva la pioggia” le fece l’occhiolino, arrivando a segnare una resa da parte della bellissima ragazza che ha il girasole negli occhi.
Mi fa male pensare che non ho alcuna possibilità di incontrarla al di fuori di qui, ci deve essere un motivo per la quale io sono qui e sento delle strane sensazioni, possiamo definirli brividi? Ma si, definiamoli brividi, mi sento come una ragazza adolescente in pieno subbuglio, la classica crisi da “primo amore”, accompagnata dalla storia delle farfalle nello stomaco e dai pensieri confusi. Non sento proprio le farfalle, ma la confusione in testa non manca.
“Ecco a lei” mi risveglia la commessa, ora finalmente sorridente. Prendo le due buste che mi ha gentilmente preparato e lancio un ultimo sguardo alle due, soprattutto a lei.
Non posso andarmene così, non dopo aver passato, quanto? Venti, trenta minuti? Non è questo l’importante, ma posso davvero lasciare che il destino faccia i suoi comodi, dopo che mi ha messo davanti una situazione del genere? Dopo che mi ha lasciato fare i peggio viaggi, dopo essere stato anche definito raperonzolo, non posso lasciar andare via quella ragazza senza la certezza di poterla rivedere in qualche modo, magari iniziando anche una minima conoscenza.
E poi un ultima cosa, è normale che sento vibrare la gamba sinistra? Da quel che mi ricordo, non doveva sentirsi il cuore uscire fuori dal petto?
“Di chi è il telefono che suona?” domanda Cristina, portando tutti i presenti a frugare nelle borse e nelle tasche, compreso il sottoscritto.
“E’ il mio, scusate” rispondo, prendendo l’I-Phone che porta sul display il nome del mio migliore amico, non che la causa di queste Nike che porto ai piedi.
“Ji! Dove sei finito? Avevi detto che dovevi fare un giro per i negozi, ma a quanto pare ti sei perso nel mondo della moda londinese!” lo sento ridacchiare accompagnato dalla voce di Seungri. Non riesco a capire bene quello che sta dicendo, ma sicuramente era una delle sue battute; non vedo l’ora di beccarlo con questi vestiti che ho appena preso, così dal ridere io di lui.
“Arrivo, arrivo. Non sono un bambino piccolo, non c’è bisogno di essere così premurosi” borbotto. Dopotutto mi stano esplicitamente chiedendomi di smettere di spendere per oggi, di tornare da loro così da girare, come dei perfetti turisti, la capitale della Gran Bretagna.
“Dai, avrai tutta la settimana a disposizione per svaligiare i negozi” riesco a sentire finalmente quello che dice Seungri, ridendo. “Ti aspettiamo nel bar vicino l’hotel, okay?” mi riferisce YoungBae, dopo qualche secondo di silenzio.
“Okay, due minuti e sono lì” chiudo, tanto quel negozio non era tanto distante da dove avevamo deciso di alloggiare. Guardo il negozio, cercando le due ragazze, ma non riesco a trovarle.
“Sono andate via” parla la commessa, portandomi un leggero senso di nudità, insomma, mi sta praticamente dicendo che si notava che ero interessato a una delle due.
“Ah, grazie… Buona giornata” cerco di guardarla il meno possibile, e mi appresto ad uscire da quel negozio, leggermente deluso dalla possibilità che mi ero lasciato scappare.
“Aspetti, hanno dimenticato questa, magari può restituirla lei!” mi ferma e mi consegna nelle mani la felpa grigia che Sara aveva buttato a terra per provare l’altra. Sorrido e me ne vado, sperando che quello sia un indizio, che nelle tasche contenga qualcosa che mi permette di rivederle.
Frugo nelle tasche, violando per l’ennesima volta la privacy; oggi mi sento molto fuori dal normale, non mi sento neanche un po’ in colpa.
“Ah-ah! JiYong 1, Sfortuna 0!” esulto tra me e me, stringendo tra le mani un telefonino di quelli con la tastiera,  un Blackberry per essere precisi.
Ringrazio per un’ultima volta la mia buona stella, correndo per raggiungere i miei amici, pronto a raccontargli tutto, a sopportare le battutine e a sentire i loro pareri, sono come fratelli per me, mi sembra anche giusto informarli. Poi non resta che usare quel telefono e un po’ di cervello. 


-Rieccomi con questo capitolo che non so come mi è uscito, spero senza errori grammaticali -vi do il diritto e dovere di padellarmi in caso di gaf del genere-.
Grazie a tutti quelli che hanno letto sia il capitolo precedente che questo e un grazie speciale va a quelle ragazze stupende, che adoro con tutto il mio cuore, che hanno recensito e messo nelle seguite\ricordate la mia storia.
Spero possa piacere <3 Baci, Mini GD *sparisce in una nuvola azzurra, regalando cuori e riso*

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Capitolo 3
*** Cap. 3 ***


“Cos’è questa felicità che sento aleggiare nell’aria?” non appena varco la soglia, percepisco un Seungri tutto gioioso che è pronto a riempirmi di quesiti.
“Nulla… Niente, non ci pensare panda” cerco di liquidarlo per non dare nell’occhio, non saprei neanche cosa dire a lui e agli altri 4. Prendo posto sulla sedia, costatando che avevano già ordinato, anche per me.  
“Allora Ji, cosa ti è successo?” domanda calmo YoungBae, con la sicurezza di chi è certo che un fatto sia avvenuto, come quando ti sgamano a dire una bugia e continuano a farti inventare le più belle storie d’autore, così, solo per il piacere di vederti affannare a raccontare una sorta di verità.
“Nulla, ma che avete oggi? Non posso essere felice perché passo una vacanza con i miei amici?” fingo di essere leggermente offeso, dopotutto mi piacciono le loro attenzioni, anche se risultano un po’ impiccione.
“Eppure c’è qualcosa” ribatte Daesung, piegando la testa leggermente di lato, guardandomi.
“Vuoi raccontare si o no? Non hai il coraggio di dire che hai comprato una felpa da donna perché ti piaceva? Tanto siamo abituati alle tue stranezze” parla il più grande, indicando la felpa che stringevo tra le mani. Ho completamente rimosso dalla testa il fatto che la felpa non era nella busta.
“Stavo comprando qualche nuovo abito in un negozio e ho visto una ragazza” mano a mano che parlo la voce se ne scende sempre di più, obbligando gli altri ad avvicinarsi per captare qualcosa.
“Hai visto cosa?” domanda Seungri, che non aveva capito molto. Mi guarda stranito, scuotendo la testa.
“Una ragazza” non li guardo neanche, punto fuori a guardare la gente che passa per le strade, godendosi la grande città che hanno a disposizione.
“Eri in un negozio, cosa volevi trovare, un koala?” Daesung se la ride, guadagnando l’espressione leggermente scocciata che ho assunto alla sua battuta.
“Mi sembrava di conoscerla, tutto qui. Non l’ho mai vista prima, ma sentivo che, in qualche modo, io e lei ci eravamo già incontrati” Li vedo fissarmi curiosi, in attesa di qualche altro particolare della ragazza che ha catturato la mia attenzione.
"Mi ha incuriosito il suo guardo. Ha una luce particolare, un qualcosa che la rende stupendamente diversa da tutte le altre" prendo tra le mani la tazzina di caffè, scegliendo con lo sguardo il dolcetto da abbinare alla bevanda.
"Colpo di fulmine? Sei rimasto molto folgorato dall’Inglesina" espone i suoi pensieri il maknae, con la bocca piena dei biscotti offerti dal bar.
"Non è inglese, straniera anche lei" chiarisco, prendendo poi quel Blackberry, logorato dal tempo e dall’uso, per telefonare e avvisare le ragazze che avevano smarrito la felpa e il cellulare, per l’appunto.
“Ora devo chiamare la ragazza, credo sia questo numero segnato  CriCri con il cuore” aggiungo,  scorrendo la rubrica fino al numero di Cristina, che avevo notato per la grande emoticon rossa. Chiamo e porto il telefono all’orecchio giusto in tempo per sentire la sua voce, nuovamente in quell’ora. Mi fa strano ammettere che mi è mancata.
“Scusa, sei tu Cristina? Sono il ragazzo che stava nel negozio dove hai comprato il pantaloncino … La tua amica ha dimenticato la sua vecchia felpa a terra, nel locale, e la commessa l’ha data a me.”  Parlo velocemente,  così dal farle capire che non sono un ladro.
“SARA!” la sento gridare, sono costretto ad allontanare il telefono dall’orecchio, come misura di sicurezza per non diventare sordo “ L’ho trovato, anzi, l’ha trovato lui. Sei sbadata, lo sai?” la sua voce assume un tono regolare, anche leggermente distante, come quando si riferisce un messaggio da un telefono a una persona poco distante. Sicuramente stava parlando alla sua amica, tranquillizzandola sulle sorti del suo telefono. Deve esserci molto affezionata, un apparecchio del genere, con tutte queste ammaccature e graffi, può essere solo reduce di una guerra e, quindi, il prossimo compagno di discarica di una qualsiasi cosa, o un compagno di strada.
“Grazie, sei stato troppo gentile” torna a parlare con me, flettendo la sua intonazione in una nota dolce e riconoscente.
“E’ un piacere. Se vuoi posso raggiungerti…” “Nono, hai fatto già troppo, saremo noi a venire da te” mi blocca prima che possa finire di parlare. Le riferisco la via e il nome del bar e chiudo la chiamata.
Bene, ora sta arrivando e io non so cosa fare.  Visto che siamo in un bar potrei offrirle un caffè, così da cominciare a fare conoscenza.
“Ji, ci vuoi considerare?!” mi richiamano i miei amici, leggermente urtati per il fatto che non rispondevo alle loro domande. Distolgo lo sguardo dall’entrata del bar e lo rivolgo al loro, sorridendo per fargli capire che sono tutto orecchi.
“Noi andiamo a fare un giro, tu che hai intenzione di fare?”
“Vi raggiungo dopo, ora stanno arrivando” rispondo, mettendomi composto sulla sedia. Li guardo dal basso verso l’alto, mentre mi rivolgono occhiolini in segno di approvazione.
“Allora buona fortuna! Poi devi raccontarci tutto, capito?” mi salutano con le mani, uscendo fuori dal bar. Riesco a seguirli con lo sguardo fino a che non girano l’angolo, lasciandomi con lo sguardo appeso su altre figure del tutto sconosciute.
Finisco il mio caffè, aspettando pazientemente di veder entrare da quella porta la ragazza dai colpi di sole.
 
Dopo, 10,20 minuti, varca la soglia che divide il bar dalla strada affollata. Non so quantificare esattamente il tempo passato tra la chiamata e il suo arrivo, radioso come le ciocche più chiare della sua chioma.
Alzo il braccio, facendomi notare; mi raggiunge tenendo stretta la mano della sua amica, che sembrava attirata dalle vetrine del negozio di fronte.
“Grazie, grazie mille! Sei stato molto gentile” mi sorride, mostrando ancor di più la sua bellezza, come se io non mi fossi reso conto del grandissimo potenziale del suo sguardo.
“Non c’è bisogno di ringraziare ulteriormente. Prego, sedetevi” le invito ad accomodarsi al mio tavolo, accompagnando la mia voce con il gesto della mano.
Cristina si siede subito, al contrario della sua amica che fremeva, quasi come un bambino davanti al negozio di giocattoli. Fissava la strada parallela alla nostra, dove un negozio di vestiti si notava più di altri, sia per le dimensioni, sia per le grandi quantità di merce esposta.
“Ecco, la felpa e il telefono” restituisco tutto alla legittima proprietaria, che finalmente si gira verso di me, degnandomi del primo sguardo da quando è entrata.
“Grazie, sono troppo sbadata” prende tutto e si alza di scatto in piedi “Ora, vogliate scusarmi, ma c’è un bellissimo vestito verde che mi sta chiamando, è scortese non rispondere” aggiunge, salutandoci di fretta e liquidandoci con un gesto della mano.
“Non è sempre così, di solito è lei che rimane a parlare con le persone. Quando però vuole qualcosa, niente la ferma” cerca di giustificare il comportamento dell’amica, anche se non mi urta per niente il fatto che ci abbia lasciati soli, anzi, mi dovrei congratulare per l’ennesimo colpo di fortuna ottenuto.
Devo fare attenzione, tutta questa fortuna può anche nascondere un bellissimo scivolone.
“A quanto pare le piace fare shopping” le sorrido, porgendole quella che era la lista di ciò che il bar offriva.
“Anche a te piace, quelle non sono di certo mie” ride, indicando le buste che ho accumulato oggi. Mi sembrano poche rispetto al solito, forse per gli altri sono comunque un bel numero.
“Eh, si. Mi piace indossare sempre cose differenti”
“Già, tu sei il fashionista” enfatizza l’ultima parola accompagnandola con dei gesti della mano “In Corea non fanno altro che parlare di te e del tuo stile, sei molto conosciuto. Anche qui non passi inosservato” continua il suo discorso guardando tutto l’elenco dei vari caffè e cappuccini dai nomi particolari.
“Sei stata in Corea, come mai?” domando, ricordando che non era la prima volta che mi accennava del suo viaggio nella mia patria.
“Perché voglio imparare la tua lingua. Mi affascinano le lingue orientali e allora mi sono messa d’impegno e con Sara, viaggio dall’Italia all’Asia. Diciamo che lei viene con me perché ama cambiare città, le piace vedere sempre cose nuove, e imparare una lingua le serve solo per comunicare.” mi risponde, interrotta solo dall’arrivo del cameriere che, da dietro al bacone, ci raggiunge per sapere le nostre consumazioni.
Ordino, seguendo anche il suo consiglio e il ragazzo sparisce nuovamente, andando ad occuparsi della macchina del caffè.
“Tanto, come lo fanno in Italia, il caffè, non lo fanno da nessuna parte” assume una buffa posa fiera, per poi scoppiare a ridere, contagiando anche me.
“E quindi ti piace il coreano? Ottima scelta” cerco di riallacciare il discorso precedente, riportandola a parlarmi delle motivazioni che la spingono da una parte all’altra del globo.
“Si, molto. La signora Kim, però, vuole che resto lì, altrimenti perdo la continuità del corso. Mi dispiace per Sara, ma per qualche mese resteremo a Seul” ride, ringraziando il cameriere che ci consegna quanto ordinato.
“Seul non è male. E’ una bellissima città, piena di vita, perché non le piace?” comincio a bere la mia seconda tazzina. Devo farmi i complimenti da solo, per una volta sono riuscito a dosare lo zucchero nel modo giusto.
“Non è per la città, solo che lei non sopporta restare ferma in un posto per molto tempo. Da quando ha preso il suo primo aereo, non riesce a smettere di usarlo come suo mezzo di trasporto preferito. Sarà questo che le fa imparare velocemente una lingua, io invece sono una tartaruga” sbuffa, poggiando la testa sul tavolo, con le mani come base per non toccare il legno con cui era realizzato quest’ultimo.
“Ognuno ha i suoi tempi, per qualsiasi cosa. Non bisogna andare di fretta, l’importante è impegnarsi” le rivolgo un sorriso, stiracchiando le braccia.
“Uh, non mi sono presentata in modo ufficiale. Sono Cristina e sono Italiana” si sistema sulla sedia e mi offre la sua mano.
“Io sono Ji Yong e sono Coreano” ricambio la stretta di mano e sorrido felice.
“Che ne dici se andiamo a fare un giro? E’ troppo bella Londra per restare a guardarla da un bar” propone, alzandosi lentamente dalla sedia.
“Sai già dove vuoi andare?” le chiedo, lasciando i soldi sul tavolo e prendendo le buste che contenevano i miei acquisti.
“Andiamo a posare quelle e poi giriamo finché non sei stanco!” esulta mostrando la sua voglia di vivere piena di un’energia contagiosa.
“Sono d’accordo, ma attenta, io non mi stanco facilmente” rido, sorpassandola per raggiungere l’albergo.
“Non sapevo che volevi correre!” la sento gridare dietro di me, mentre entrambi cominciamo a correre verso quell’imponente edificio, che rappresenta la mia abitazione momentanea.
“Sei già stanca?” domando, dopo qualche minuto preso per recuperare l’aria.
“No, sei tu quello che non ce la fa già più!” mi fa la linguaccia, aprendomi l’ingresso dell’hotel, come invito a muovermi.
“Non è vero. Ti faccio vedere io dopo!” ricambio la smorfia ed entro nella grande hall piena di quadri e di persone vestite in giacca e cravatta. Lei è rimasta fuori ad aspettarmi, e mi diverte l’idea di passare un pomeriggio in sua compagnia. Sembra diversa dalle altre, ha un qualcosa in più, come un innata vitalità.




-Allora, in primis mi devo scusare per l'ENORME ritardo, ma ho avuto una serie di impegni di studio che mi hanno sepolta.
Avete il diritto di lanciarmi pomodori per questo e per quello che ho scritto. çWç
Grazie per aver letto, mi farebbe molto piacere sapere il vostro pensiero, critico o positivo che sia TwT Visto che io personalmente, non mi sento del tutto convinta da quello che ho scritto.
Ok, non voglio annoiarvi troppo, grazie di tutto <3 *manda cuori*

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Capitolo 4
*** Cap. 4 ***


“Hai passato tutto il pomeriggio in compagnia di.. come hai detto che si chiama?” mi domanda, per l’ennesima volta Daesung, non appena cerco di scappare sulla terrazza.
“Si, ho passato il pomeriggio con Cristina” sottolineo il suo nome, per farlo ricordare una volta per tutte. Le loro domane mi fanno paura, non vorrei che cominciassero a pensare che io sia innamorato di quella ragazza dai capelli mossi.
“Ti sei per caso innamorato, Kwon leader?” eccola, la domanda che mi aspettavo, posta, per l’appunto, da Seungri, che sorride sotto i baffi, aspettando la mia riposta.
“Io? Ma se la conosco appena” mi giustifico, dopotutto non posso davvero credere di essere interessato a una ragazza che, fino a qualche ora fa, era inesistente per me.
“Sai come si chiama? Amore a prima vista, colpo di fulmine, cupido in azione…”
“Maknae, hai reso l’idea, non ci vuole tutto l’elenco” il panda viene interrotto dal più grande, che se la ride per l’espressione che il mio viso ha assunto, un misto tra il finitela che siete ridicoli e il visto che ci sono vi uccido tutti.
“Non è vero! Smettetela, sembrate dei bambini” li sgrido, cercando di trovare la mia autorità da leader, autorità che, da quanto ho capito, si è dissolta nel nulla.
“Si chiama rivincita, caro. Ti ricordi tutte le volte che commentavi male, dicendo che cose simili non possono succedere?” continua sempre il più piccolo, ridendosela come se avessi fatto una battuta.
“Interessante. Se volete continuarlo a credere, fate pure. Tanto solo io so la verità” detto questo, me ne torno nella mia camera, per ammirare dalla finestra lo sfondo londinese. Me ne sono corso via, non ho fatto che aumentare i loro motivi per non credermi.
Sta di fatto che in realtà, sento che hanno ragione. Da quando ho visto i suoi occhi nel negozio, non ho fatto altro che pensarla, anche quando stavo con i ragazzi, anche adesso ad esempio.
Sto impazzendo, ne sono certo; maledetto panda.
 
Cristina
“Sara! Stai da ore sotto la doccia e io mi devo sciacquare il viso, vuoi uscire?!” sbraito senza controllo contro la porta bianca, che racchiude al suo interno la mia migliore amica.
“Mantieni la calma Cri. Sei per caso agitata in qualche modo?” esce fuori avvolta nell’asciugamano, calma e placida come suo solito. Mi guarda da capo a piede, come se il fatto che, poco prima, avessi gridato fosse fuori dalle cose normali.
“Stai ore nel bagno, ci sono anche io ed è uno solo. Si deve condividere, quindi, le tue abitudini vanno regolate” l’ammonisco, scandendo bene le parole; è sempre la prima che mi ricorda che parlo troppo velocemente.
“La tua libertà finisce dove comincia quella degli altri, sisi, me lo dici sempre” marca quel sempre, citando la mia frase preferita, nonché quella che più spesso le dedico. Tende a scordarsi di non essere l’unica abitante del pianeta, ma non lo fa con cattiveria, almeno credo.
“Mi hai lasciato sola tutto il pomeriggio, che dovevo fare in questa camera, quando nella televisione mandano programmi bigotti?” si lamenta lei, mentre è distesa sul letto, intenta a mettersi la sua crema idratante,  che odora di vaniglia. L’aroma si espande in poco tempo, occupando tutta la stanza che sta piombando nel silenzio più totale.
“Vuoi dire che è colpa mia? Solo perché non hai passato il tuo tempo con me?” le domando, leggermente spaesata. Dopotutto non mi aspettavo una simile ammissione da parte sua; in pratica mi ha appena detto che ha bisogno di me per divertirsi.
“Si, chi devo sfottere se sono sola?” ecco, se mi sentivo allegra ha fatto crollare tutto in un secondo, sgretolando le mie convinzioni.
“E poi mi hai lasciato sola per quel tipo” aggiunge, girando la faccio dal lato opposto al mio.
“Sei forse gelosa?” salto sul letto e comincio a toccarle la spalla insistentemente per farla girare verso di me, che sorrido a trentadue denti. Mai in tutti gli anni che la conosco, ha ammesso di essere gelosa della sottoscritta, è un grandissimo riconoscimento per me.
“Io? Si” mi risponde sincera, girandosi e guardandomi con naturalezza, continuando a spalmarsi la crema sui gomiti.
“Tu sei scema, non devi essere gelosa…” “Se con gli altri ballo il twist. Tanto anche se mi innamoro di lui ti vorrò sempre bene” comincio il mio discorso, interrotto da lei che mi parla di balli e di amore.  Mentre annuisco inizio a elaborare la sua frase, capendola. Mi fermo e mi ritrovo a fissarla in cagnesco, irritata da quello che aveva detto.
“Perché devi sempre ricordarmi che sono una frana a ballare?” la sgrido, offesa per la sua frase che mi ha ricordato della mia passione che, da quanto ho potuto capire nel corso degli anni, il mio corpo non condivide.
“Tu pensi al ballo, ma quello che ti ho detto su Raperonzolo non ti fa ne caldo ne freddo. NON MI DIRE CHE TI PIACE SUL SERIO?!” scatta in piedi, costringendomi ad alzare il collo per guardarla. Quando comincia a gridare è capace di per forare un timpano.
“Smettila di gridare e siediti, siamo in terreno estero, te e le tue sfuriate devono restare in Italia” le ricordo il nostro patto e, da brava cagnolina, torna a sedersi.
“Comunque, solo per farti felice ti rispondo. Di quel ragazzo mi piace solo la voce, poi chissà… Torneremo a uscire insieme e se Dio vuole…” mi guardo le unghie, ricoperte di uno smalto rosso messo proprio da lei.
“Stai dicendo sul serio?” mi domanda, sbattendo le palpebre più di una volta, stringendo forte nella destra il flacone di prodotto che stava per colare ovunque.
“Non te lo dico!” corro nel bagno e mi chiudo al suo interno, ridacchiando nel sentire le sue imprecazioni contro la porta.


Mi sono divertita a passare le ore di questo pomeriggio con lui, anche se era praticamente uno sconosciuto, sembrava conoscermi da tempo. Mi ha dato una piacevole sensazione, ero a mio agio nell’essere me stessa senza troppe maschere.
Magari ci conosceremo meglio prima che questa vacanza si concluda, sia per lui che per me. Il fatto che poi sia coreano rende tutto ancora più facile, visto che di solito preferisco non fare amicizie in territorio straniero, dato che prima o poi me ne andrò di nuovo.


“Scusa, io non posso mostrarmi interessata a un ragazzo e tu invece puoi flirtare con il professore di ballo?” esco fuori dal bagno, partita a razzo una volta ricordato il piccolo particolare che mi ha obbligato a restare a Londra altre due settimane.
“Si, hai capito bene. Io posso e tu no, bambinella” mi fa una linguaccia e mi lancia addosso uno dei suoi cuscini.
“Scordati che domani ti acc… Oddio, mi ero scordata” mi siedo sul bordo del mio letto, passando una mano sul viso non del tutto asciutto. Avevo rimosso la lezione di tango con quel professore che le piace tanto e ho accettato l’appuntamento con JiYong. Anche se non è un appuntamento, visto che non ci interessiamo, siamo solo amici.
“Cosa ti sei scordata?” mi domanda, fissandomi così male da farmi tremare.
“Che domani dovevi andare da quello!” rispondo scappando sotto al letto, appena in tempo per evitare un’altra cuscinata “Ho detto a Ji che poteva passare a prendermi alle 19.00” aggiungo, sempre da sotto al letto onde evitare contatti, sia fisici che visivi, con lei.
“Lo sapevo, mai fidarsi delle proprie amiche” la sento alzarsi dal letto e sbuffare sonoramente, sbattendo più volte il piede sul pavimento.
“Scusa” esco dal mio rifugio e, a testa bassa, mi porto davanti a lei, che continua a sbuffare.
“Sai che ti dico? Domani porterai anche lui a lezione” mi alza il viso e mi guarda in modo autoritario, so bene che tutto quello che potrei dirle non servirebbe a nulla.
“Uffa!” mi limito a risponderle così, ritornando nel bagno, con tutta l’intenzione di rimanerci per sempre.


- Lo so, sono una vera e propria frana, continuare così a sbalzi non è proprio nel mio stile... 
I'm so sorry but I love you *parte Lies in sottofondo*
Ragazze, lo so che vi chiedo tanto, ma un vostro commentino su questa sottospecie di storia? Giuro non mordo TTwTT
Vi voglio tutte bene, grazie per aver letto <3

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Capitolo 5
*** Cap.5 ***


JiYong

“Andiamo a ballare?” ripeto la sua ultima frase finale, pronunciata con una tale naturalezza che mi viene d’istinto deglutire impaurito.
Si, sono bravo a ballare, mi esercito praticamente da sempre, tutti mi dicono che sono molto sciolto e fluido nei movimenti, ma da qui a uscire con una ragazza per portarla a una lezione di tango, passano fiumi, mari e oceani.
Non sono preparato psicologicamente e non credo neanche nell’abbigliamento, insomma, mi ero predisposto a una serata ben diversa, magari con un panino e una corsa come quella del giorno prima.
No, me lo dovevo aspettare, le donne sono una sorpresa continua e lei non è un eccezione. Mi intriga molto a dire il vero, solo che adesso sono completamente spaesato, nella mia camicia blu scuro leggermente sbottonata e nel mio pantalone bianco sportivo.
“Si, ti dispiace?” mi domanda innocente, sfoderando un sorriso che mette ancora più in difficoltà le mia capacità di pensiero.  Il vestito elegante che indossa, risalta molto il suo aspetto e i suoi occhi strabilianti, che esercitano una forza misteriosa su di me.
“Ma non sono vestito per l’occasione” le riferisco, indietreggiando per indicarmi da capo a piede, facendole capire che non era di certo un abbigliamento da tango.
“Poche ciance raperonzolo! Siamo in ritardo!” dice la furia, meglio identificata come la sua amica. Ci trascina tutti e due in un taxi che ci porterà alla pista. Tutta questa fretta mi sta facendo una strano effetto, sento lo stomaco sottosopra e il cuore non si ferma.
Amore? No, mal di stomaco e paura della ragazza che accompagna Cristina.
“Scusala, le piace troppo il maestro di ballo. Di solito è più umana” ridacchia nervosa, cercando di riparare alla poca gentilezza mostrata da Sara nei miei confronti.
“Non c’è bisogno di scusarsi” le rispondo, in fondo le scuse non doveva farmele lei, ma la sua cara amica che non ne vuole sapere di stare ferma e incita il tassista a muoversi.


Una volta arrivati, il disagio che provo nel essere completamente diverso dagli altri aumenta, visto che sono l’unico in pantaloncini color bianco.
“Dai, hai indossato cose peggiori, no?” cerca di tirarmi su il morale lei, buttandomi addosso un'altra secchiata d’acqua emotiva.
“Grazie, sei davvero molto d’aiuto” borbotto, cercando di concentrarmi su altro. Il professore in questione, l’unica colpa della mia presenza qui, mi squadra dalla testa ai piedi, disgustato per la mia presenza poco adatta. Non gli do torto, dopotutto c’è un modo di presentarsi per ogni cosa, e io non mi sono preparato a dovere. Eppure, anche se la colpa è solo di lei che non mi ha avvisato, non riesco ad arrabbiarmi, come di solito avrei fatto con Seungri e gli altri.
Il maestro prende a parlare di serate a tema, prendendo per mano Sara che lo guarda ammirata e follemente cotta. Lascio perdere il discorso e guardo fuori, come modo per evadere, al meno mentalmente.
Nel durante della mia evasione parte la musica, che mi porta a trovarmi con Cristina come partner di ballo.
Una mano sulla sua vita e un’altra che si allaccia alla sua più piccola, siamo così vicini che sono convinto che abbia capito del tutto che sono nel più completo imbarazzo, come lo è lei con me.
Insomma, mi sento di nuovo un ragazzino ai primi passi, l’emozione incontrollata che fa battere il cuore, i pensieri che non hanno né capo e né coda, miscelati nel più completo caos che poi diventano una e sola figura: la sua.
Lo devo ammettere, i ragazzi hanno ragione e non so con quanto fastidio riesco a digerire la cosa. La ragazza non è come le altre e io non la tratto come tratto gli altri. E’ particolare e mi piace questo di lei, il suo nascondere la risata grossolana, il suo imbarazzo che le colora il viso e i suoi occhi che ti rapiscono in modo esagerato.
Ma io non posso accettarlo, insomma, è una cosa da sciocchi essere innamorati in così poco tempo, non penso che sia possibile. Forse solo interesse, si, deve essere per forza un piccolo interesse, non una cosa grande.
Sento qualche sguardo su di me, gli occhi degli altri ballerini mi mettono ancora più a disagio. Non so neanche cosa sto facendo, mi lascio trasportare dalla musica, sperando di non fare danni.


Cristina
Sono più che certa che in questo istante mi odia, ma me lo merito. Avrei potuto chiamare, ma non ho avuto coraggio, la mia mano non ha voluto cercare nella rubrica, del cellulare, il suo numero per comporlo.
Ora, su questa pista piena di persone, io sono il peperone e lui il pesce fuor d’acqua, vestito nel modo più pratico che poteva. Per fortuna non è una frana come la sottoscritta, sembra molto sciolto nei movimenti e la musica lo guida, come guida la mia cara amica che sorride, ignara dell’inferno in cui mi ha costretta.
Si, perché poteva essere una normale uscita, non doveva per forza concludersi con un tango, non doveva arrivare a portarci così maledettamente vicini da poter sentire quasi i pensieri.
Quanto vorrei poter capire davvero quello che pensa, così dal sapere cosa fare per non urtare ancora di più il suo umore, credo di essere già abbastanza fastidiosa, eppure non riesco a capire se davvero mi vuole spedire a calci su una montagna o farmi restare qui, su questa pista.
“Se la smetti di pensare troppo, riuscirai anche a ballare senza fatica. Devi lasciarti guidare” sento la sua voce rassicurante, che mi spinge a fidarmi di lui e a lasciarmi andare nel ballo. Già mi aspettavo l’insegnante che, sia con lo sguardo che con le azioni, rimproverava per l’ennesima volta i miei sbagli.
“Oh, grazie” dico d’istinto, abbassando ancora di più la testa, quasi a guardarmi i piedi.
“Testa alta e più sicurezza, non devi guardare le tue bellissime scarpe” mi ammonisce, ma in modo più delicato rispetto al mio insegnante di quelle sere.
Aggiusto la mia posizione all’istante, lasciandomi, per una volta, trasportare dalla musica e dai suoi passi.

 
“Per stasera è tutto, a dopodomani cari” saluta, come suo solito, il maestro, dedicando un baciamano alla sua ballerina preferita, non che la mia amica.
Stasera sono andata meglio rispetto alle altre volte, non mi ha mai sgridato e ne vado fiera.
“Beh, magari la prossima volta mi avvisi” si gratta la testa e ride imbarazzato JiYong, che era stato una vittima dello sguardo congelatore.
“Si, scusami ancora” cerco ancora di trovare motivazioni al mio comportamento, ma non ci sono scuse che tengano. La verità è che sono una pigra timorosa; credevo che se l’avessi avvisato avrebbe cambiato idea e, quindi, non sarebbe venuto.
“Non fa nulla” sospira. La tinta rossastra che gli sta colorando il viso lo fa sembrare più umano, più “vivo” ecco. L’ho sempre visto descritto come un grande, come una celebrità senza uguali, e adesso, invece, è un ragazzo che si è sentito fuori luogo per il suo modo di vestire.
Questo suo essere umano mi piace, il fatto che, nonostante tutto, non si sia lasciato andare nel lusso, dimenticando quali sono le emozioni base della vita.
“Grazie” gli riferisco, lasciandogli un bacetto sulla guancia, mentre rientro nel taxi che Sara ha già chiamato per noi due.
Mi sorride e mi saluta con la mano, entrando nell’altra macchina gialla dietro di noi.
“Posso sapere perché hai chiamato due taxi?” domando alla mia amica stupita.
“Non ho chiamato alcun taxi, è uno dei suoi amici, l’avrà chiamato lui, no?” mi risponde facendo spallucce, guardando la sua mano che ha ricevuto il tocco del suo grande amore.
L’amore rende troppo stupidi, certe volte.

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Capitolo 6
*** Cap. 6 ***


JiYong
 
“Grazie YoungBae” mi giro verso il guidatore, mantenendo una mano sul viso, dove lei mi ha lasciato il segno leggero delle sue labbra. E’ una cosa che ho fatto d’istinto, come una paura di poter perdere il ricordo del suo tocco delicato.
Sto cadendo sempre più in basso, il bello è che non mi fermo, ho preso una pala e continuo a scavare, raggiungendo e superando i miei limiti.
“Carina la ragazza, ti piace proprio, eh?” domanda, certo, lui, guidando la macchina noleggiata con una sicurezza innata, come se fosse la sua da sempre.
“Non mi piace, smettila” tronco sul nascere ogni suo eventuale film romantico, che alla fine è anche un po’ il mio, degno dell’oscar. Scriverò un libro e farò registrare il film, intitolato “L’amore in tutte le sue forme, quando ti colpisce non c’è via di scampo” anche se è lunghino come titolo, credo che sia assolutamente perfetto per me, visto che in tutti questi anni ero un di quelli che credeva nell’amore che nasce poco a poco, non così, al colpo di sguardi.
Come fa Seungri ad avere sempre ragione io non lo so, anzi, sono convinto che in questo momento gongola come pochi al mondo, fiero di avere vinta su di me.
“Allora è ancora più seria come cosa. Bene, era ora che tornassi a pensare a una ragazza, sembri ancora più tenero e coccoloso del normale, quando sei in amore” mi riferisce il suo pensiero, seguendo a debita distanza il taxi delle due ragazze, così dal trovare la via del nostro albergo una volta arrivati al loro.
“Perché, si nota così tanto che quella ragazza mi interessa?” mi arrendo, almeno con lui posso farlo subito, è inutile mentirgli, è la voce della mia coscienza alla fin fine.
“Mi dispiace dirtelo, ma sì, è palese” sorride, aggiustandosi gli occhiali da sole che indossa, inutilmente visto che il sole è calato ormai da ore “Altrimenti non l’avresti mai fatto” aggiunge, lasciando in sospeso la sua frase, non ho bisogno che continui, mi pare ovvio che si riferisca al ballare un tango vestito così.
“Lascia correre” lo liquido, non ho voglia di continuare a parlare di questa serata, della sua presenza così vicina alla mia da farmi sentire in soggezione, del suo sorriso che mi fa ricordare che anche io sono vivo, sotto tutti questi vestiti costosi e abbinati a caso.
Lei mi ricorda che sono JiYong anche se voglio essere il sicuro G-Dragon, il ragazzo che con il solo sorriso può uccidere milioni di fan. Si, mi ha fatto sentire dubbioso, mi ha messo in testa problemi che in realtà, in altre occasioni non mi sarei mai posto.
Mi ha messo in discussione quando altre avrebbero sorvolato tutto, accontentandosi della parte famosa di me.
“Mi sembra molto simpatica, perché domani non ce la fai conoscere?” domanda, imboccando finalmente la strada per il lussuoso albergo in cui alloggiamo.
“Tu mi stai chiedendo di invitarla a passare un pomeriggio con noi?” rispondo con un'altra domanda, spalancando la bocca per la sorpresa.
“Anche la sua amica, così non si sente del tutto in soggezione” ride innocente, celando il fatto che è l’ambasciatore di un’idea nata da tutto il mio gruppo.
“Ho altre scelte?” lo guardo interrogativo, sperando nella sua buona fede.
“No” risponde secco, sorridendo e parcheggiando la macchina davanti l’entrata dell’hotel, lasciandomi il compito di inviarle un messaggio, o peggio, chiamarla.
 
 
Sono davanti la camera 321, aspettando un minimo di coraggio da parte mia nel voler bussare, di certo non uscirà da sola, le ho specificato che sarei andato a prenderla per portarla al bar con i miei compagni.
Busso,  portando poi le mani dietro la schiena, dondolando sul posto come un bambino che aspetta l’ascensore.
“Sara, perché dimentichi sempre le chiavi io non lo so, ma ti pare giusto?” una voce impastata dal sonno grida leggermente, seguita da un rumore di passi molto profondi, quasi dei tonfi.
La porta si spalanca, e l’unica cosa che riesco a focalizzare è la figura di Cristina immersa nella maglia di un pigiama, suppongo, grande il doppio di lei, che le fascia il corpo come un vestito.
Le paperelle che decorano quello che indossa, rende ancora più comica la situazione. Si, perché avrei riso se non fossi rimasto davanti la porta a guardare la camera dove vivono, tutta sottosopra, quando in realtà lei doveva già essere pronta da una ventina di minuti, visto il mio ritardo.
Lei non si è accorta di aver aperto a me, essendo che ha solo spalancato l’entrata, strofinandosi gli occhi, per poi fare dietrofront per tornare nel letto dove ora è nuovamente distesa.
Perché a me, tra tutti gli uomini di questa terra, perché proprio a me lei doveva giocarmi questo scherzo?
Lo voglio prendere come uno scherzo, perché non voglio accettare il fatto che lei si sia dimenticata di me, dormendo beatamente da non so quanto, visto che in questa camera la luce non entra, con tutto che sia una giornata dal calore mai visto.
“Cristina” la chiamo, chiudendo la porta dietro di me, ho già sopportato abbastanza i commenti della signora che stava su questo pianerottolo.
“Cristina” alzo di più la voce, facendomi strada tra le sedie piene di vestiti e le valige aperte. Alzo gli occhi al soffitto, costatando che anche lì sopra non c’è un po’ d’ordine. I vestiti sono arrivati anche sul lampadario, sicuramente costosissimo e di vetro.
“Cristina” non voglio arrivare ad urlare, ma lei non mi sente proprio. E’ stesa sul fianco destro, con il volto rivolto verso la parete opposta alla porta, la stessa parete che ha l’unica finestra, di tutta la stanza, chiusa.
Mi sento in colpa a svegliarla, perciò lascio perdere, cercando di concentrarmi su qualcos’altro. Mi ha chiamato Sara quindi presuppongo che la sua amica sia uscita e a momenti ritorna, aspetterò lei per richiamarla dal mondo dei sogni.
 

“Si, YoungBae, sta dormendo ti dico. Lo so, è da un ora che aspettate e io sarei già dovuto andarmene, ma non hai visto le condizioni della camera prima, ora è umana, ecco” spiego al mio amico, che mi ha chiamato per farmi compagnia. Si, né l’amica è tornata e né lei si è svegliata, intanto ho dato una sistemata, ordinando i vestiti nell’armadio, sistemando le loro valige per infilarle sotto il letto e ho aperto la finestra, per permettere all’aria di circolare.
“Ormai svegliala, su, ti aspettiamo ancora, ciao” mi saluta, chiudendo la chiamata e lasciandomi solo ad affrontarla.
“Cristina” ritento, provandola a chiamare con un tono di voce elevato, quasi a gridare. Nulla, non si è mossa di una virgola.
Mi avvicino, preoccupato, visto che non ho mai conosciuto nessuno che nel sonno non si sposta per nulla.
“Cristina, su, non voglio svegliarti, ma…” sono così vicino che avverto il suo respiro, leggero, che mi da un segnale di vita.
Le tocco la spalla leggermente, cercando di essere delicato. Dopo due o tre tentativi, i suoi occhi castano verdi si spalancando, vicinissimi ai miei. Li vedo sgranarsi, ma né io né lei ci muoviamo di un millimetro, fermi per la stessa paura di aver fatto una grandissima figuraccia.
“JiYong” mi chiama, la sua voce, a differenza di prima, sembra più attiva. Forse la paura l’ha risvegliata all’istante e di certo il fatto che le sono vicino non l’aiuta. Dovrei togliermi, eppure non riesco a sciogliere il mio sguardo dal suo, è talmente ipnotico che perdo la lucidità.
“Cristina” la chiamo a mia volta, è l’unica cosa che ho fatto oggi, pronunciare il suo nome.
“Scusa” proferisce, assumendo una smorfia triste,  con i suoi occhi colorati di una tinta di sensi di colpa.
“Non fa nulla” deglutisco, cercando di sorridere in modo naturale, per alleviarle la coscienza.
“Non mi sono scordata, solo che Sara ha detto che sarebbe tornata in tempo per farmi alzare e preparare, ma a quanto pare non c’è” mi racconta, senza separare i nostri sguardi, così vicini e uniti. Mi sento letto da lei, sento tutto ciò che riesce a capire dai miei occhi così come io riesco a leggere i suoi pensieri, così sinceri come le sue scuse.
“Non devi giustificarti, ti credo” le nascondo quanto in realtà prima desideravo una spiegazione.
“Scusami comunque” mi dice, prima di stingermi nelle  sue braccia. 


- Eccomi con il capitolo 6 *festeggia*, sono felice che leggete la mia storia <3
Vorrei sapere il vostro parere, sono aperta a tutto
Vi voglio bene uou <3 *manda cuori*

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Capitolo 7
*** Cap. 7 ***


Arriviamo davanti la porta automatica del bar, dove ho già notato il tavolo alla quale si sono seduti. Mentalmente mi preparo ai loro commenti, ai loro sguardi che punteranno solo a prendermi in giro e alle sottili battute di spirito, che mi faranno inquadrare come un povero idiota. Certo, lo sono, questo è vero, ma ci tengo a sembrare, non dico perfetto, ma quantomeno simpatico.
“Sono lì” le indico con il dito quello che cercava con lo sguardo senza chiedere; sorride e mi segue, mentre mi faccio strada tra sedie e tavoli. La sua amica arriva dopo, a quanto pare ci tiene tantissimo a lasciarla sola.
“Buonasera!” la salutano in coro, girandosi contemporaneamente verso di lei che ricambia i loro sorrisi.
“Salve” accompagna la sua affermazione con un gesto della mano, mentre io mi siedo e la faccio accomodare scostando leggermente la sedia. Il gesto che ho fatto è stato automatico, come il sorrisetto compiaciuto che mi sta rivolgendo il maknae.
Si sente la sensazione di disagio che proviamo io e lei, molto più forte rispetto a quando stavamo soli, abbracciati, nella sua camera.
Anzi, non l’avvertivamo quando eravamo isolati, proprio per il fatto che nessuno poteva vederci e commentare, eravamo soli, semplicemente noi stessi.



Siamo rimasti per poco tempo in quel bar, ho deciso di staccarmi dai miei amici, così dal non farle pesare troppo il fatto di essere l’unica donna.
Capiranno, non si sono offesi, probabilmente ora mi prendono anche in giro.
“Ji, posso farti una domanda?” si ferma mentre avevamo preso a camminare per una strada poco affollata.
“Tutte quelle che vuoi” le sorrido, retrocedendo di qualche passo per starle vicino. La nostra differenza d’altezza si nota, la sua testa mi arriva alle spalle.
“Tu quante volte sei stato innamorato?” si guarda le mani, giocando con esse e con l’anello che indossa al pollice della destra. Lo smalto rosso che colora le sue unghie è completamente abbinato al vestito che porta oggi, rosso e dai bordini bianchi, che delineano anche le due tasche.
“Io non credo di saperlo di preciso, forse per davvero due o tre volte, dipende se poi vogliamo dare peso a tutto quello che è successo nel tempo” rispondo, togliendomi gli occhiali da sole che avevo indossato per completare l’abbinamento maglietta bianca, pantaloni di jeans e scarpe nere.
“In che senso?” distoglie lo sguardo dalle sue mani e punta i suoi occhi dentro i miei, lasciandomi sobbalzare per la capacità di capirmi e per la scarica che mi hanno procurato.
“Nel senso che certe persone hanno deluso le mie aspettative e quindi ho preferito fare a meno di loro” sospiro, ricordando le varie relazioni passate e a quanto questo sentimento, tanto grande e importante, mi avesse portato a fare mille sciocchezze. Cose di cui non mi pento, però; sono azioni che ho fatto cosciente delle conseguenze, che mi assumo del tutto.
“Come mai queste domande?” aggiungo, prendendo a camminare con lei accanto.
“Curiosità, pensavo di essere l’unica” mi dice vagamente, lasciandomi nel dubbio.
“Quale curiosità?” la guardo interrogativo, fermandomi qualche secondo, prima di correre nuovamente per raggiungerla.
“Credevo di essere l’unica che è rimasta delusa dall’amore” continua a guardare dritto avanti a sé, infilando le mani nelle tasche.
“Credi nell’amore a prima vista?” domando, dopo qualche minuto di silenzio, entrambi persi nei pensieri.
“Non ci ho creduto da sempre, tu?” mi ripropone il mio quesito, fermandosi su una panca di legno che rappresentava l’inizio di una lunga serie, mano a mano che il marciapiede accumulava dimensioni.
“Stesso anche per me” sorrido, prendendo posto accanto a lei. Anche se guardo la strada, avverto i suoi occhi su di me, pesanti e svelatori. So che se in questo momento mi giro a guardarla, lei capirà tutto, magari finendo per allontanarsi.
“Cosa ti ha fatto cambiare idea?” la sento sorridere, lo percepisco dal suo tono.
“A te?” per quanto trovo sciocco rispondere con un’altra domanda, solo per allungare la discussione, cerco in tutti i modi di non dire una bugia.
“L’ho chiesto prima io!” ride, agitando tutta la panca; mi piace il suo modo di lasciarsi andare, ridendo di tutto gusto. Si gode appieno i momenti di felicità.
“Tra un po’ partirò per raggiungere Seul e la signora Kim” mi riferisce, cambiando totalmente discorso, salvandomi da una figura non tanto carina.
“Cominci a studiare per bene la lingua? Mi dispiace per Sara, deve salutare il suo insegnante” ridacchio, pensando a quella ragazza dalla faccia tosta e il caratterino deciso, che mi ha buttato su un taxi senza avere pietà della mia immagine.
“Sara è un tipo molto libero, odia legarsi alle persone, preferisce solo amicizie. Per questo la invidio, io sono una ragazza che si affeziona facilmente” mi guarda, sorridendo prima di ritornare seria.
“Vuol dire che dimostri di tenerci di più, non è per forza un difetto, anzi…”  le accarezzo il viso, senza rendermene conto.
“Mi mancherai, lo sai?” mi riferisce, togliendosi l’anellino con cui giocava da questo pomeriggio.
“Anche tu” l’abbraccio, lasciandomi invadere i polmoni dal suo profumo alla fragola.
“Fai il bravo raperonzolo” mi dice nell’orecchio, ridendo.
“Beh, se ci tieni possiamo sempre vederci, sai, ci lavoro a Seul” rido anche io, nel vedere la faccia che mi rivolge, un misto tra il davvero? e il secondo te non lo sapevo?
“Mi farebbe molto piacere, la tua compagnia è…bella, come dire.. si sente, non è finta” mi dice, tornando seria.
“Grazie, la tua mi ha fatto sentire vivo e vero, almeno per una volta” le rispondo, mentre lei mi prende le mani e infila il suo anellino d’argento al mio pollice.
“Prendilo come ricordo, mentre ti aspetto nella tua città” sorride, mostrandomi la sua naturale bellezza, oltre ai suoi bellissimi occhi.
“Grazie, non devi per forza darmi qualcosa per ricordarmi di te, sei qui” dico senza più controllo della mia bocca, indicando con l’indice il petto, all’altezza del cuore.
“Anche tu, solo che volevo lasciarti qualcosa di più del semplice ricordo” sorride, abbassando la testa, avvicinandosi di più a me.  Sento le sue braccia stringermi il busto e la sua testa appoggiata sul mio petto.
“Non lo toglierò più, promesso” le giuro, accarezzandole la testolina mora, investita dai colpi di sole.
“Grazie, ci tengo” solleva il volto per guardarmi e nuovamente avverto i suoi occhi leggermi, senza alcun freno da parte mia.
“Figurati, peccato che non ho nulla da dare a te per ricordarti di me” le dico, leggermente amareggiato per non aver pensato a nulla da poterle dare.
“Mi basta vederti sorridere” le sento dire, prima di tapparsi la bocca con le mani. Ridacchio, mentre lei ritorna a sedersi normalmente sulla panca. Intorno a noi è tutto calmo e isolato, apparentemente vuoto.
Mi giro verso di lei, trovando finalmente un modo per rimanere impresso nella memoria, almeno fino al ritorno nella mia patria.
Le prendo il viso tra le mani, baciandola delicatamente, con lo sfondo di una Londra complice e silenziosa.


-Ecco, siamo arrivati al finale çwwwç
Ringrazio tutti quelli che hanno letto la storia, chi è arrivato fin qui e anche chi ha solo aperto e buttato uno sguardo. Ringrazio le mie Unni, anche se non tutte loro hanno avuto il tempo materiale di leggere tutto, ringrazio di tutto cuore Jyo Go, che mi ha motivata fino all'ultimo.
Vi ringrazio, non resta che lasciarvi un ultimo invito a scrivere il vostro pensiero, qui sotto, in modo da poter sapere se almeno vi è piaciuta un po'.
Spero di non essere stata banale, di non aver annoiato e di avervi passato qualcosa. :) Grazie *manda cuori*

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