2022: Flashback

di FedericaLille
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Libretto di circolazione. ***
Capitolo 3: *** Un salto indietro nel tempo. ***
Capitolo 4: *** In macchina del pakistano. ***
Capitolo 5: *** L'incredibile 'J'. ***
Capitolo 6: *** La giacca. ***
Capitolo 7: *** Un caffè. ***
Capitolo 8: *** Coccinelle sexy. ***
Capitolo 9: *** Disegni e sentimenti. ***
Capitolo 10: *** Questione di attrazione. ***
Capitolo 11: *** Stress. ***
Capitolo 12: *** AP-PUN-TA-MEN-TO? ***
Capitolo 13: *** Castelli di sabbia. ***
Capitolo 14: *** Fiducia. ***
Capitolo 15: *** Il grande giorno. ***
Capitolo 16: *** 2 su 5. ***
Capitolo 17: *** Mr Styles e la sua fama. ***
Capitolo 18: *** Ovunque lontano da te. ***
Capitolo 19: *** -TIME OUT- ***
Capitolo 20: *** Confessioni. ***
Capitolo 21: *** Home, sweet home. ***
Capitolo 22: *** Liz. ***
Capitolo 23: *** Ricordi di una directioner. ***
Capitolo 24: *** Bentornata ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


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Prologo.

 


Guidavo per le strade di Londra, in una periferia poco nota, dove io e il mio fidanzato avevamo deciso di andare a vivere insieme. I miei non avevano appoggiato quella scelta, ma nel 2022 era ormai scontato che due ragazzi, di 26 e 30 anni decidessero di andare a convivere, seppur senza essere ancora sposati. Si, l’unico problema era quello del matrimonio, in quanto i miei genitori erano effettivamente dei fanatici religiosi.
L’asfalto scorreva veloce sotto le ruote della mia auto, mentre le mia dita si muovevano sui tasti della radio, alla ricerca di una canzone decente.
Ruotai gli occhi verso la radio per capire su che stazione ero arrivata; fu un secondo di distrazione, un attimo in cui persi di vista la strada e un brusco impatto mi stordì.
Un flash, lo stridio dei freni sull’asfalto, l’airbag gonfiato contro il mio corpo, il fumo che mi infastidiva l’olfatto, gli occhi chiusi. Avevo male alla testa, respiravo a fatica e avevo perso la sensibilità alle gambe. Mi si erano probabilmente staccate dal corpo, non le sentivo più.
Pensavo che fosse giunta la fine per me, una fine rapida e indolore. E invece il dolore persisteva, e si accentuava in alcune zone del corpo. Raggiunse anche le gambe, ad un certo punto, all’altezza del ginocchio destro. Almeno avevo la prova che non mi si erano staccate dal corpo.
Avrei pianto se ne avessi avuto le forze, ma ero immobile, bloccata dentro quella scatola di ferro.
Mi decisi ad aprire gli occhi, ma non cambiò molto, in quanto tutto ciò che mi circondava era nascosto da uno spesso strato di grigio. Fumo, che probabilmente veniva dalla mia stessa auto. Sarebbe potuta esplodere, cavolo. Dovevo uscire di lì.
Finalmente connessi il cervello e capii la situazione di pericolo in cui mi trovavo. Purtroppo però ero davvero incastrata e nonostante mi dimenassi in continuazione non riuscivo a muovermi. Il sedile mi era caduto sulle spalle e mi immobilizzava del tutto.
D’un tratto qualcosa alla mia destra si mosse: era lo sportello che si apriva bruscamente.
“Esca, veloce!”, mi disse una voce maschile.
Guardai verso la figura che mi faceva segno di uscire di lì, ma la vedevo sfocata. Notai alcuni tratti: moro, carnagione scura, barbetta incolta, non riuscii a distinguere il colore degli occhi.
“Io… s-sono incastrata.”, riuscii a dire, balbettando.
“Non so quanto tempo abbiamo, ma la tirerò fuori di lì.”
Perché parlava di tempo? A che scadenza si riferiva? Cominciai ad avere seriamente paura quando una vampata di fuoco apparve improvvisamente davanti ai miei occhi, esattamente sul cofano anteriore. La fiamma cresceva progressivamente e io respiravo ancora più a stento, con tutto quel fumo.
Il ragazzo al mio fianco sbarrò gli occhi, in preda al panico, e vidi le sue iridi nocciola, un nocciola caldo che si colorava d’oro verso l’esterno. Riconobbi subito quegli occhi, quello sguardo, quella voce.
Era un’allucinazione, di quelle che si fanno prima di morire, sicuro. Non poteva essere vero che fosse lui, e che io potessi riconoscerlo, dopo tutti quegli anni che mi ero costretta a rimuoverlo dalla mia vita.
La figura che fino a un attimo prima mi stava di fianco, chiunque essa fosse, era scomparsa. Si era sicuramente messa in salvo. Quel rottame di macchina stava prendendo fuoco e io sarei morta lì dentro.
Sentii le palpebre appesantirsi, le socchiusi, poi le riaprii, poi le richiusi. Un colpo di tosse, poi due. Non avevo più la forza di respirare, non avevo la forza di lottare per vivere. Chiusi gli occhi definitivamente ed esalai un ultimo respiro prima di perdere del tutto i sensi.

Il boato di un’esplosione mi risvegliò. Aprii subito gli occhi e vidi a pochi metri da me la mia cara automobilina in frantumi, travolta dalle fiamme e dal fumo. Io mi trovavo lì dentro, sarei dovuta esplodere con lei. Come avevo fatto a uscirne?
Mi guardai attorno, stavo distesa per terra, la testa poggiata a qualcosa. Mi voltai e vidi una macchina alle mie spalle. Non era in ottime condizioni, ma comunque non rischiava di scoppiare.
Ero tutto deserto e silenzioso, un silenzio che lasciava spazio solo al rumore delle fiamme che divampavano verso il cielo. Mi girava la testa e respiravo a fatica. Cosa era successo? Come era possibile che mi fossi messa in salvo? E chi era quel ragazzo? Era davvero solo un’allucinazione?






Angolo Autrice.

Eccomi qui con una nuova storia tutta da scoprire! :3 Ciaao a vooi!
Per chi non mi conosce ancora, mi presento: Sono Federica, ho 18 anni e sono una Directioner.
(Mi sento in una di quelle riunioni genere "alcolisti anonimi", dove voi dovreste rispondere in coro "Ciao Federica" con tono scocciato)
Bene, bene, bene. Questo è solo un prologo, un piccolo, innocente, stupido prologo. Spero però vi abbia già intrigato un po'!
Il titolo: "2022" perchè è l'anno in cui è ambientata la mia storia, "flashback" perchè la protagonista si sentirà come catapultata indietro nel tempo
e riproverà vecchie emozioni, ripercorrendo attimi passati, e scoprirà anche nuove emozioni.
Il protagonista maschile, come avete ben capito (credo, spero) è Zayn.
Ho scelto lui perchè in quella banda di scapestrati era quello che più si adattava al personaggio che voglio descrivere.
Insomma, mi aspetto qualche recensione, per spronarmi a pubblicare il primo capitolo che è già bello e pronto su Word u.u

Ora però qualche annuncio per chi già mi conosce:
-Andrò avanti con "
Gioco di lettere", non la abbandonerò mai. Voi però dovreste farvi sentire un po' di più lì, eh?
-Perchè non pubblico più capitoli in "Forgetting him was like trying to know somebody you've never met" ??
Beh, non ho più l'ispirazione iniziale. Pensavo che ce l'avrei fatta in quest'impresa.
In fondo mancherebbero solo quattro capitoletti circa, ma non ce la faccio.
Non so scrivere senza ispirazione. Quindi pregate per me affinchè mi venga l'ispirazione!
-Che cos'è questa nuova cosa che ho pubblicato oggi? Una nuova fanfic, messa qui in "prova". Se piace, vado avanti, se non piace, va nel cestino.

Infine un'ultimissima cosa:
"BACI, AMORE E ONE DIRECTION"
Libro edito della Fabbri, uscito qualche giorno fa in tutte le librerie d'Italia. Acquistabile anche online, QUI
Ne avete sentito parlare? L'avete visto? Letto? Comprato? Mangiato?
Iooo sono una delle autrici di questo libro, perciò fatemi sapere se lo leggerete, in un futuro :)

Adesso vi lascio in pace, e vi saluto! Un bacione grande grande :*

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Capitolo 2
*** Libretto di circolazione. ***


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Capitolo primo




L’ambiente puzzava di disinfettante, l’aria però era fresca e pulita. Mi trovavo in un ospedale.
Il mio ragazzo, Mike, mi ci aveva portato dopo aver ricevuto la mia chiamata. Fortunatamente mi ero accorta che il mio cellulare fosse sano e salvo, e quando mi ero resa conto di essere sola, spaesata e ferita, avevo per prima cosa chiamato lui.
Mike si era addormentato nella sdraio vicino al mio letto. Era notte fonda ed era evidentemente molto stanco.
Io stavo bene, a parte qualche graffio di poco conto. Ma lui insisteva per farmi fare tutti gli accertamenti possibili e immaginabili, solo perché un medico aveva accennato al fatto che avevo subito una botta in testa, non saprei dove, testimoniata da vari lividi sulla fronte. Perciò il colpo mi avrebbe potuto avere provocato una contusione interna. Il mio ragazzo a quella notizia si era subito preoccupato e aveva chiesto che mi fosse fatta una diagnosi completa dalla testa ai piedi. Il solito esagerato.
Non mi sentivo male, non avevo nemmeno dolore in testa, dove a quanto pareva avevo subito un brutto colpo.
L’incidente però mi aveva stordito parecchio; era tutto confuso nella mia mente. Non ricordavo esattamente i passaggi, mi era sembrato di essermi addormentata in quel caos e svegliatami su questo scomodo letto dai lenzuoli impeccabilmente bianchi.
Chi era coinvolto nell’incidente? Come stava l’altro conducente? Non potevo aver fatto tutto da sola!
Però mi sentivo terribilmente in colpa, perché un ricordo chiaro mi balenava in testa: io alle prese con la radio, invece che col manubrio. Era successo così, tutta colpa della mia distrazione.
Eppure mi sembrava di stare andando dritta per la mia corsia, di non aver fatto movimenti bruschi. Ma una macchina sbucò dal nulla, e quella macchina era la stessa su cui mi ritrovai poggiata dopo l’esplosione della mia auto. Quella macchina ammaccata, abbandonata lì, senza nessuno al volante. Che fine aveva fatto colui che la guidava?
Tra quelle domande senza risposta e tanti, troppi pensieri per la testa, caddi in un sonno profondo.
 
“Amore…” Una voce calda e a me familiare mi chiamò.
“Uhmm…”
“Amore?” La voce si fece più alta.
“Mmhh…”, continuai a mugolare anziché fornire una risposta decente.
“Amore!” Eccolo urlare, come ogni mattina, quando io preferivo oziare a letto e lui mi svegliava bruscamente.
“C-che c’è?!”, risposi con lo stesso tono infastidito, senza ancora aprire gli occhi.
“E’ quasi mezzogiorno… E mi hanno già mostrato i risultati di tutti gli accertamenti.”
“Quasi mezzogiorno?”, chiesi, incredula, schiudendo una palpebra.
“Si tesoro.”
“Mike, che dicono gli accertamenti?”, domandai.
“Sei sana come un pesce.”, disse, e lo vidi sorridere, molto più sereno del pomeriggio precedente.
“Te lo dicevo.” Mi sollevai e mi misi a sedere sul letto.
“Possiamo tornare a casa.”
“Certo.”, risposi, sorridendogli. Lui posò un bacio sulla mia guancia e si allontanò dalla stanza, dandomi il tempo di rivestirmi.
 
Eravamo in macchina e non spiccicavamo parola. Io mi aspettavo che lui mi facesse qualche domanda sull’incidente, su come era andata, su chi altri era coinvolto, ma niente. Non mi chiedeva un bel niente. E quasi ero tentata io dal chiedere a lui se ne sapesse più di me.
Il tragitto fu stranamente silenzioso, ma una volta varcata la soglia di casa mi decisi a prendere parola.
“Mike”, lo richiamai.
Lui mi guardò negli occhi, non rispose.
“Si è saputo chi fosse il conducente dell’altra macchina?”, chiesi tutto d’un fiato.
Lui restò un attimo immobile, come se stesse meditando se fosse il caso di dirmi la verità o no. Quando si decise, annuì.
“Come? Ero sola, e non c’era traccia di nessun altro per quella strada.”, mi sforzai di ricordare la scena.
“Dentro quell’auto ho trovato una cosa…”, mormorò.
“Qualcosa grazie alla quale l’hai identificato?”
“Si.”
“E…?”, lo spronai a parlare, dato che rispondeva a monosillabi.
“Andiamo! Voglio solo sapere chi è quell’idiota che mi è venuto contro!”
Silenzio. Mi guardava in silenzio, e non intendeva degnarmi di una risposta.
“Oddio, è morto?!” L’unica soluzione plausibile al suo silenzio era quella. Non voleva svelarmi l’identità di quello perché probabilmente aveva perso la vita nell’incidente. Ed io non avevo notato alcun cadavere perché ero troppo sotto shock per rendermene conto. Cavolo, ero un'assassina!
“No, Cathy! Santo cielo, no!” Scosse la testa e si allontanò da me. Raggiunse la cucina, io lo seguii.
“E allora che è successo? Che fine ha fatto? Perché non era lì?” C’era qualcosa che mi tormentava, qualcosa che non riuscivo a ricordare. Ricordavo solo dolore, puzza di fumo e paura. Ma mancavano dei frammenti temporali che forse mi avrebbero dato le risposte che cercavo.
“Non so che fine ha fatto, credo sia scappato. Era colpa sua. L’incidente è stato solo colpa sua!”, parlava con la testa dentro il frigorifero. Non so se cercava davvero qualcosa o più semplicemente voleva evitare di guardarmi in faccia.
“Mi vuoi guardare?!”, chiesi, infastidita. Poggiai una mano sulla sua spalla, per farlo voltare, ma lui la scosse via.
“Non. Mi. Toccare.”, scandì bene le parole. Deglutii, mentre i suoi occhi di ghiaccio mi mettevano in ginocchio. Mike era buono e caro, ma quando si agitava incuteva davvero paura…
“Amore…”, lo chiamai così per calmarlo, “Sono qui. L’incidente è passato, e io sono viva e vegeta. Non è successo niente di grave. Non ci pensare più, non ti agitare, ok?”, tentai di tranquillizzarlo. Presi una sua mano e la accarezzai lentamente.
“E’ stata solo colpa di quell’idiota.”, insisteva.
“Okay.”, lo assecondai.
“Tu non capisci!”, scosse la mano e si liberò dalla mia presa.
“Allora spiegami, perché voglio capire! Chi è questo idiota? E perché ti fa agitare tanto?”
“Te lo dirò! Va bene. Lo vedi questo?”, tirò fuori dalla tasca dei jeans un libretto. Era una carta di circolazione, ero ciò di cui parlava poco fa, quella cosa che aveva trovato nell’auto dello sconosciuto.
Ero curiosa e preoccupata al tempo stesso di scoprire quel nome.
Perché il mio ragazzo reagiva in quel modo? Significava che si trattava di una persona che conosceva, o che io conoscevo. Una persona che non gli stava molto simpatica, a quanto pareva.
E perché non voleva che io sapessi chi fosse?
“Me lo fai vedere?”, domandai, con cautela.
Mike mi porse il libretto, ma esitò prima di lasciarmelo afferrare.
Ecco, ora ce l’avevo in mano. Ma avevo paura ad aprirlo: perché?
Mi presi di coraggio e…
 
 
 
“Esca, veloce!”, mi disse una voce maschile.
Guardai verso la figura che mi faceva segno di uscire di lì, ma la vedevo sfocata. Notai alcuni tratti: moro, carnagione scura, barbetta incolta, non riuscii però a distinguere il colore degli occhi.
“Io… s-sono incastrata.”, riuscii a dire, balbettando.
“Non so quanto tempo abbiamo, ma la tirerò fuori di lì.”
Cominciai ad avere seriamente paura quando una vampata di fuoco apparve improvvisamente davanti ai miei occhi, esattamente sul cofano anteriore.
Il ragazzo al mio fianco sbarrò gli occhi, in preda al panico, ed io vidi le sue iridi nocciola, un nocciola caldo che si colorava d’oro verso l’esterno. Riconobbi subito quegli occhi, quello sguardo, quella voce.
Era un’allucinazione, di quelle che si fanno prima di morire, sicuro. Non poteva essere vero che fosse lui, e che io potessi riconoscerlo, dopo tutti quegli anni che mi ero costretta a rimuoverlo dalla mia vita.
 
 
 
In un attimo ricordai ciò che la mia mente aveva rimosso. Mi ero abituata così bene a cancellare quella figura dalla mia esistenza, che era ormai un procedimento automatico nella mia testa.
Ma adesso che leggevo quel nome, il suo nome, su quella carta, capivo che non stavo avendo un’allucinazione.
Zayn Jawaad Malik.
Avevo gli occhi inchiodati a quel libretto e i piedi inchiodati al pavimento.
In un baleno il mio cuore aveva accelerato il suo battito, ma non dovevo fare notare quello scombussolamento interiore a Mike.
“Contenta?”, mi domandò, ironico.
Lui non voleva che io sapessi che fosse Zayn. Non voleva perché sapeva cosa mi legava a lui, sapeva quello che avevo provato per lui, quello che avevo imparato a smettere di provare. E non voleva che risentendo parlare di Zayn io ci ricascassi, e che mi allontanassi da lui.
“Grazie per essere stato sincero con me.”, mi finsi indifferente a quella notizia. Dentro me invece stava avendo pieno compimento una battaglia tra due forze contrapposte: la ragione e il sentimento. La ragione prevaleva ancora.
Mike sorrise, soddisfatto e mi strinse in un abbraccio.
“Ti amo”, sussurrò.
“Anche io”, la ragione prevalse e il sentimento mentì. Non era a lui che avrei detto ‘ti amo’, adesso.





Angolo Autrice.

Rieccomi, alla velocità della luce, con il primo vero e proprio capitolo di questa fanfiction.
Dopo un primo lapsus che aveva fatto perdere un frammento di memoria alla protagonista, ogni tassello si ricollega.
Catherine è stata una Directioner, penso che questo si sia già capito, e siamo nel 2022, dove i One Direction sono ormai un lontano ricordo.
Il prossimo capitolo prevede un piccolo salto nel passato.
Immaginate di essere donne adulte, e di incontrare uno dei vostri idoli che amavate da ragazze.
Voi avete già la vostra vita, con tanto di fidanzato a casa, ma vi ritrovate davanti una delle vostre vecchie fiamme. Come reagireste?
Ecco qui la risposta! Vi basta continuare a seguire questa fanfic, per scoprire come si evolverà la situazione.
Come, quando, dove, perchè Zayn ricomparirà? Lo vedrete presto ;)
Intanto vi chiedo di lasciarmi qualche recensione...
Mi farebbe piacere leggere i vostir pareri (:


 

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Capitolo 3
*** Un salto indietro nel tempo. ***


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Capitolo secondo

 

 

La cantina era uno di quei posti che odiavo maggiormente di quella casa.
A parte la polvere e le ragnatele, che mi disgustavano non poco, c’erano poi tutti quegli scatoloni pieni di ricordi che mi ripetevo sempre di buttare via ma che puntualmente tendevo a conservare.
E che cosa ci facevo adesso in cantina? Mike sapeva che ero qui per fare un po’ di ordine, “perché ogni tanto è necessario fare un po’ di ordine in cantina”. Ma la vera ragione per cui frugavo tra gli scatoloni impolverati era quella masochistica di voler viaggiare indietro nel tempo e ripercorrere anni troppo lontani ormai.
Eccola, la scatola ben impacchettata con scotch ultraresistente, la scatola contenente un pezzo consistente della mia esistenza. La aprii lentamente, e mi resi conto che fosse rimasto tutto intatto lì dentro, come se il tempo si fosse fermato. I CD, i poster, i DVD, le lettere, i biglietti, i libri, tutto ciò che possedevo con stampato sopra “One Direction”.
Era tutto come una volta, vedere i faccini innocenti di quei ragazzini sulla copertina di “Up all night” mi fece rabbrividire. Erano passati ben dodici anni dalla loro entrata in scena, cinque dalla loro uscita di scena.
Anno 2012: il loro primo concerto a cui avevo assistito di persona. Ecco il biglietto, lo tirai fuori dallo scatolone, sospirando.
Anno 2013: il momento più bello della mia vita, abbracciarli e parlare loro al Meet &Greet del Take me home tour.
Ricordavo ancora perfettamente ogni istante di quell’esperienza…
 
 
 
“Ciao! Come ti chiami?”, mi accolse Liam, sorridente.
Cominciavo a sudare freddo, non controllavo più il battito cardiaco né la respirazione.
“C-Catherine…”, balbettai.
“E’ un bellissimo nome.” Zayn mi guardò intensamente negli occhi, e mi sembrò che ci fosse solo lui, lì con me, in quel momento. Tutto il resto si dissolveva attorno a noi. Io, lui, e il suo sorrisetto sghembo. Dio, quanto amavo quel sorriso…
“Grazie…”, ricambiai il sorriso, mentre le mie guance avvampavano inevitabilmente.
“Di dove sei Catherine?”, mi chiese Harry, che senza che me ne accorgessi mi stava osservando attentamente. Quant’era bello, con quegli occhi smeraldo che mi scrutavano fin dentro l’anima.
“Vengo da Rotherham”
“Oh, vicino Doncaster!”, s’intromise Louis, con un sorriso che andava da un orecchio all’altro.
“Si”, ridacchiai. Ero rossa come un peperone e non smettevo di tremare un attimo. Avevo davanti i ragazzi che mi avevano fatto sognare per tre anni, e stavo parlando proprio con loro! Erano reali, non era un sogno, stavolta.
“Bella maglietta!”, mi disse il biondino alla mia destra. Niall mi stava facendo un complimento, e il rossore sulle mie guance aumentava. Indossavo una maglietta verde con su stampato un quadrifoglio. Chissà perché, ma immaginavo che all’irlandese sarebbe piaciuta.
“Grazie!”
“Avanti con la fila!”, gridava qualcuno alle mie spalle. C’erano ancora tante ragazze che aspettavano il loro turno per poter vivere le emozioni che stavo vivendo io. Dovevo lasciarle passare.
Subito mi fiondai tra le braccia di Liam, seduto dall’altra parte del tavolo. Fu doloroso staccarsi da lui, ma volevo stringerli tutti e cinque tra le mie braccia, e il tempo stava per scadere.
Abbracciai Harry, Louis, Niall e quando arrivai a Zayn era già troppo tardi.
“Da questa parte!”, mi scostò un bodyguard, scortesemente.
“No, un attimo!”, provai a contrastarlo.
“Signorina, faccia passare la prossima!”, mi rimproverò quello, bloccandomi un braccio.
No, no, no, non potevo andarmene senza quell’abbraccio. La mia vista cominciò ad appannarsi, ero sull’orlo del pianto. Non potevo andare via proprio adesso.
“Aspetta.” Una voce al di fuori di me e del bodyguard stesso ci sorprese entrambi. Era Zayn che chiedeva al tizio che tentava di allontanarmi di lasciarmi stare altri cinque secondi. Quello acconsentì e io non ci pensai su due volte prima di gettarmi tra le braccia che Zayn teneva spalancate appositamente per me. Erano così confortevoli e accoglienti. Inspirai profondamente per assaporare meglio quel momento, per sentire il suo odore e memorizzarlo per sempre.
 
 
 
E ancora oggi ricordavo quel profumo. Non ero riuscita davvero più a dimenticarlo, nonostante fossero cambiate tante cose da allora, nonostante il tempo avesse portato via con sé i momenti più belli.
Sospirai, tirando fuori dallo scatolone il CD autografato a quel Meet & Greet. Passai un dito sopra quelle cinque firme e sorrisi involontariamente. Un tempo consideravo oro quegli autografi…
“Cathy?!”, la voce di Mike mi rimbombò nelle orecchie, tirandomi fuori dal flusso di pensieri.
“Si!” Sistemai in fretta e furia tutto dentro la scatola  e mi affacciai alla porta della cantina.
“Sto uscendo, torno per pranzo.”
“Va bene…”
“Fai la brava, a dopo.” Mi lanciò un bacio volante e io gli sorrisi.
Dopo qualche istante sentii la porta d’ingresso chiudersi.
Tornai di corsa al mio scatolone e afferrai il loro primo album. Scesi le scale, saltando velocemente sui gradini, e raggiunsi il soggiorno, accesi lo stereo e introdussi il CD. Desideravo restare sola a casa per poter riascoltare le loro voci.
Da quando la band si era sciolta avevo sentito qualche loro canzone di sfuggita alla radio, ma mi ero rifiutata di ascoltare di mia spontanea volontà i loro CD. Adesso però ne sentivo il bisogno.
Pigiare il tasto play fu come pigiare il tasto: lacrime mode on. Fu impossibile trattenerle, sfuggivano agli occhi inevitabilmente, le avevo trattenute per troppo tempo.
Ascoltai ogni singola canzone di “Up all night” e piansi a dirotto per i primi minuti. Dopo però mi abituai alle loro voci, e quasi mi sembrò di essere tornata liceale. Quando anziché prepararmi agli esami di maturità me ne stavo con le cuffie alle orecchie a ballare sulle note di “One thing”.
Sorrisi a quei ricordi, e asciugai le lacrime.
Avevo 26 anni ormai, non ero più una ragazzina. Avevo un fidanzato, e vivevo già con lui. Avevo un lavoro, conducevo una vita ben diversa da quella che progettavo da diciassettenne.
Quasi mi era sfuggito ciò che mi aveva spinto a fare quel tuffo indietro nel tempo…
Zayn Malik era riapparso nella mia vita, dopo cinque lunghi anni, e io dovevo rivederlo. Anche solo per convincermi che i sentimenti che provavo da ragazzina erano futili e insensati. Si, dovevo rivederlo.
Spensi lo stereo e mi diressi alla scrivania di Mike. Frugai nel cassetto e trovai presto ciò che cercavo.
Il libretto di circolazione di Zayn.
Oddio, quell’idiota non avrebbe mai imparato a guidare. Non lo sapeva fare da ragazzo, e non aveva imparato nemmeno da adulto.
L’incidente era stato colpa sua, diceva Mike, e forse aveva ragione.
Andai in magazzino e afferrai la mia vecchia bicicletta mezza arrugginita. Sperai vivamente che le ruote fossero gonfie, e la fortuna per stavolta girò dalla mia parte.
Chiusi a chiave e cominciai a pedalare. Raggiunsi presto il punto dell’incidente, c’era ancora la mia auto in frantumi, ma non c’era traccia dell’auto di Zayn. Che fosse venuto a riprendersela?
Pedalai ancora e arrivai alla stazione dei carabinieri, abbandondai la bici nel marciapiede ed entrai nell’edificio.
“Salve signorina, come posso esserle utile?”
“Due giorni fa ho fatto un incidente con la macchina, si è occupato di tutti i dettagli burocratici il mio ragazzo. Adesso però mi sono resa conto di essere in possesso del libretto di circolazione del conducente dell’altra auto coinvolta nell’incidente.”, parlai tutto d’un fiato.
“Questa mattina un ragazzo è venuto a denunciare lo smarrimento del libretto della sua auto, in seguito ad un incidente.”, rispose il tizio in divisa, dall’altra parte della scrivania, sfiorandosi il mento con due dita.
“Oh, davvero?!”, sussultai dalla sorpresa. Zayn era stato qui quello stesso giorno.
“Si, mi ha lasciato il suo recapito telefonico. Un secondo…”
Bum, bum, bum, bum, bum. Era il mio cuore che rischiava di esplodere.
Oh, andiamo, Catherine! Non hai più 17 anni!
Dovevo mettere fine a questa storia. Era un’assurdità.
“No, lasci stare.”, lo fermai. “Ecco, tenga.”, gli consegnai il libretto di Zayn.
“Grazie, lo contatto subito per informarlo.” Il carabiniere mi sorrise amorevolmente.
“Arrivederci”, salutai. Non volevo assistere a quella telefonata.
Dovevo andare avanti e dimenticarmi di tutta quella faccenda. Avevo un fidanzato che aspettava che gli preparassi il pranzo, avevo un lavoro che stavo trascurando in quei giorni, avevo una bicicletta abbandonata sul marciapiede.
Errato, quest’ultima non ce l’avevo più.
Appena varcata la porta infatti mi guardai attorno, alla ricerca della mia bici. Ma non la trovai. Me l’avevano fregata: ottimo! Mi toccava chiamare Mike, sorbirmi la sua ramanzina e tornare a casa col muso lungo.
Mi sedetti sul marciapiede, scoraggiata. Ero troppo spossata, i dolori post-incidente cominciarono a farsi sentire nel momento meno opportuno, ovviamente.
D’un tratto una grande macchina nera, nuova fiammante, si fermò di fronte ai miei occhi. Un finestrino si aprì lentamente e un viso a me fin troppo familiare fece capolino.
“Serve un passaggio?” La voce che avevo ascoltato fino ad una mezz’oretta fa allo stereo era maturata, il tono si era indurito, ma la sensualità di quel suono non era mutata.
Mi ero pietrificata, non sapevo che rispondere, se rispondere. Non sapevo come controllare il subbuglio di emozioni che mi ribollivano dentro. Volevo soltanto accettare l’invito e salire su quell’auto.






Angolo Autrice.

Hola bellezze! Ho scritto questo capitolo di fretta e furia, volevo chiarirvi le idee il prima possibile, e spero di esserci riuscita.
Ecco il passato di Catherine, che studieremo più a fondo nei prossimi capitoli. Ed ecco riapparire Zayn.
Spero che questo viaggio indietro nel tempo vi sia piaciuto,
credo che qualunque directioner riuscirebbe a immaginarsi in un contesto simile.
Perchè arriverà questo momento, prima o poi... Ma adesso basta deprimerci! u.u
Vi saluto e vi chiedo di recensire per farmi sapere che ne pensate di questo capitolo e un po' di tutta la storia fino ad ora :)
A presto!

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Capitolo 4
*** In macchina del pakistano. ***


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Capitolo terzo

 

Ero rimasta imbambolata sul bordo del marciapiede, quando la parte più sfrontata di me mi fece mettere in piedi. Non ero certa che le gambe, instabili a causa delle forti emozioni, potessero sopportare tutto il mio peso. Che, per la cronaca, era aumentato di qualche chiletto nell’ultimo mese.
“Salga”, mi invitò Zayn, distogliendo poi subito lo sguardo, per dirigerlo sul volante.
 
“Come sta?”, mi chiese, quando era già un po’ che viaggiavamo.
“Bene, meglio…Tu? L-lei?!”, mi corressi all’ultimo minuto. Lui mi dava del ‘lei’, perciò io avrei dovuto fare lo stesso. Non volevo rivelargli che fossi stata una sua fan, o peggio ancora, una ragazzina innamorata persa di lui e del suo talento.
“Okay, diamoci del tu.” Lo vidi sorridere impercettibilmente, mentre guardava con diligenza la strada.
Certo, ora faceva l’attento pilota.
Approfittai del fatto che non mi guardasse minimamente per poter scrutarlo di sottecchi. Indossava una maglietta a mezze maniche bianca, che lasciava mostrare gli innumerevoli tatuaggi lungo le braccia. Dio, quanto avevo potuto amare quei tatuaggi…
Il taglio di capelli era simile a quello che aveva da popstar, più corti sulla nuca, più lunghi nella parte superiore. Ma di certo li teneva più scombinati, adesso. Anche la barba era più trascurata, lasciata incolta insieme ai baffi. Baffi, labbra. Non potevo non notare le labbra, così morbide e… D’un tratto mi accorsi che queste s’increspavano in un sorrisetto. Oddio, rideva di me.
Lo stavo sicuramente mangiando con gli occhi, e lui se n’era accorto. Scossi la testa e provai a mantenere la calma.
“Che ci facevi da queste parti?”, chiesi, istintivamente.
“Ero venuto a chiedere se avessero notizie del mio libretto.”, disse serio.
“Gliel’ho consegnato io un attimo fa.”
“Lo so.”
Silenzio.
Stavo rigida sul sedile, la mia non era paura di stare in macchina con lui, la mia era un’inspiegabile tensione psicologica. Mi voltai a guardare fuori dal finestrino, cercando una quiete interna che non avrei mai trovato in quel frangente. Zayn mi stava di fianco, a pochi centimetri, e dentro quella macchina mi stavo drogando del suo profumo. Lo stesso che avevo tentato mille volte di rimuovere!
“Dove ti lascio?”, mi chiese di punto in bianco.
No, non lasciarmi.
Catherine Mason, trova all’istante un po’ di autocontrollo e metti a tacere i tuoi pensieri inopportuni.
“Devi prendere la seconda a sinistra e poi dritto fino alla fine della strada.”, spiegai, automaticamente. La mia voce era quasi meccanica, tentavo di non far trasparire niente di ciò che avevo dentro.
“Ehi, rilassati. Sono lucido, oggi.”, il suo tono di voce era così caldo e rassicurante che istintivamente rilassai la schiena che tenevo rigida contro il sedile. Ma… che intendeva dire con quell’ultima frase?
“Come, scusa?”
“Puoi stare tranquilla perché stavolta sono nel pieno delle mie capacità cognitive.”, si spiegò meglio.
Ma quello l’avevo capito, ciò che non volevo capire era che qualche giorno fa non lo fosse.
Notò il mio sguardo perplesso e riprese: “Il giorno dell’incidente io… ero un po’ fatto. Insomma, qualche canna di troppo, ecco.”
Cosa diamine dovevano sopportare le mie orecchie?
“Cavolo, Zayn!” Quel rimprovero mi venne istintivo.
“T-tu sai il mio nome.”, la sua non era una domanda, ma una affermazione schietta.
“Io… l’ho letto sul libretto.” Si, mi ero salvata per un soffio.
“Oh... Okay.” Non potei non notare il suo sguardo accigliato, le sopracciglia contratte e gli occhi inchiodati alla strada. Eravamo quasi giunti a casa mia, e io avrei voluto prolungare il più possibile quel momento.
“Senti, grazie per avermi salvata.”
“Mi sentivo in dovere di farlo”, confessò. Si inumidì le labbra con la lingua, poi continuò, “E’ stata solo colpa mia. Tu non c’entravi nulla.”
“E’ acqua passata. E poi nemmeno tu ne sei uscito indenne.” , risposi, riferendomi a quel graffio sul sopracciglio sinistro che avevo notato sin dal momento in cui ero salita in auto.
“Non è niente…”, scosse il capo e io rimasi ipnotizzata a guardarlo, per un attimo.
Il ricordo dell’abbraccio al Meet & Greet non era l’unico che mi legava a lui, ce n’era un altro di ricordo, uno più intimo e segreto che tenevo nascosto nei meandri del mio cuore. Nessuno sapeva di quell’altro nostro contatto, nessuno a parte me e lui. Ma lui non poteva ricordarsene, io si.
“Oh, qui svolta a destra!” Mi accorsi un po’ in ritardo della manovra che doveva fare. Alzai una mano per indicare la direzione che doveva seguire, ma non appena girò il manubrio, l’auto si mosse improvvisamente di lato e io persi l’equilibro. Il mio braccio si poggiò involontariamente sul suo petto, la mia testa sulla sua spalla.
Una scarica di elettricità pura invase ogni centimetro del mio corpo. Quel tocco non doveva esserci.
Mi risistemai al mio posto, mormorando “scusa”.
“Siamo arrivati.”, dissi subito dopo, pulendomi la voce, divenuta stridula, con due colpetti di tosse.
Zayn spense la macchina e io spensi il cervello.
“Ti devo dire una cosa.” Eccomi, avevo davvero disattivato il cervello. Dannazione.
Lui ruotò il busto verso di me e poggiò un braccio sul manubrio. Era così dannatamente sexy.
“Io s-sono…” Non potei concludere la frase perché Zayn la concluse per me.
“Sei stata una Directioner.” Era serio, non c’era un accenno di scherzo o beffa nel suo tono.
Annuii, abbassando lo sguardo.
“E’ per questo che non voglio più vederti.” Bam, un colpo sparato dritto al cuore.
“Devi dimenticarti dell’incidente e di oggi.” Bam, un altro colpo ancora.
“Ti pagherò l’auto e poi scomparirò.”, Bam, l’ennesimo proiettile.
“Non voglio i tuoi soldi.”, risposi seria.
“Okay, allora cosa vuoi?” Non capivo, stava forse tentando di comprarmi?
“Non hai bisogno di comprare il mio silenzio. Non farò parola a nessuno di te, lo prometto.” Sempre senza guardarlo negli occhi, mi voltai verso lo sportello e feci per aprire. Ma Zayn bloccò l’apertura, con un semplice ‘click’.
Socchiusi gli occhi ed inspirai profondamente, “Fammi scendere da questa macchina.”
“Aspetta.”
Mi convinsi a guardarlo in faccia: l’errore più grande della mia vita. I suoi occhi profondi mi stavano analizzando, come a voler distruggere ogni mia barriera di difesa. E lui c’era riuscito a distruggerle, avevo distrutto tutte cose.
Che stupida che ero stata a voler credere che non era cambiato un bel niente. Che stupida che ero stata a salire nella sua auto.
“Aspetta.”, ripeté.
E nella mia mente balenò il ricordo di lui che fermava il bodyguard con quella parola, per permettermi di abbracciarlo. Santo cielo, ero una stupida bambina infatuata.
“Noi ci siamo già visti.”, affermò. No, ditemi che non stava ricordando anche lui. Non poteva ricordarsi proprio di me, tra i milioni di fans che aveva incontrato nella sua vita.
“Tu dici? Due giorni fa mi sei venuto addosso con la macchina.”, risposi acida.
“No, prima. Ai tempi degli One Direction.” Che male sentirlo pronunciare proprio da lui.
“Ti sbagli. A meno che i tuoi poster non avessero la vista.”
Ridacchiò, “Mi sarò sbagliato.”
No, Zayn, sei un idiota. E io amo incredibilmente il suono della tua risata.
“Addio, Zayn.”, mormorai. Lui sbloccò la sicura e mi permise di aprire lo sportello.
Lo sentii sospirare. Quando fui fuori dall’auto, mi voltai a guardarlo, ma non incontrai i suoi occhi.
Mise in moto e si dileguò, proprio come aveva detto.
 
In quei cinque anni era scomparso dai gossip, da qualsiasi rumors e pettegolezzo. Era riuscito a nascondersi bene, e incontrare una sua vecchia fan l’aveva impaurito. Non avrei rivelato di averlo incontrato, non avrei mandato in aria la sua copertura.
Intanto però lui aveva mandato in aria la mia, di copertura. Negli ultimi anni mi ero autoconvinta che quella per lui fosse stata sempre solo una innocente infatuazione passeggera. Purtroppo rivederlo mi aveva dato una certezza: seppure fosse stata solo una infatuazione, non era passeggera affatto.
Stavo ancora con gli occhi a cuoricino davanti quello che una volta avrei chiamato il mio fidanzato immaginario. Ma eccomi, con un fidanzato in carne ed ossa che aspettava il mio rientro.
Mi feci forza ed entrai a casa. Mike però non era tornato.
Mi trascinai fino in cucina, stralunata e ancora fuori di me.
Ero appena stata in macchina di Zayn.
Lui mi aveva chiaramente detto di non volermi mai più rivedere. Cosa mi aspettavo? Una proposta di matrimonio?
Era stato meglio così. E poi… perché avremmo dovuto rivederci? Conducevamo ognuno le proprie vite, e quell’incontro casuale non avrebbe cambiato nulla.
Eravamo due persone adulte e mature… e io ero una stupida! Cavolo!
Strizzai gli occhi e cominciai a singhiozzare. Era riapparso e scomparso solo per farmi male. Stavo così bene senza di lui, stavo così bene prima dell’incidente.
Come avrei potuto tornare alla mia monotona esistenza dopo tutto questo?

 






Angolo Autrice.

Buonasera, o buon giorno per chi starà leggendo di giorno o.o
Spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento.
Non volevo nemmeno postarlo, oggi, nè domani, o dopodomani.
Non sono delle belle giornate queste, proprio no.
Non faccio che piangere perchè quei 5 coglioni sono qui in Italia e io non posso vederli o ascoltarli dal vivo.
E niente, smetto di annoiarvi e vi saluto semplicemente.
Vi scongiuro, recensite e fatemi sapere che ne pensate di questo capitolo abbastanza.... intenso!

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Capitolo 5
*** L'incredibile 'J'. ***


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Capitolo quarto

 

 

Avevo mille compiti arretrati da correggere, ma non ero capace nemmeno di leggerli svogliatamente.
I bambini aspettavano ansiosamente i risultati e io avevo promesso loro che li avrebbero ricevuti entro quella settimana.
Era passato più di un mese dal giorno dell’incidente. I lividi era svaniti, così come si era cicatrizzata la ferita al cuore. Di Zayn non ebbi più notizie, fui più volte tentata dal cercarlo, ma mi trattenni. Era meglio così.
Mi sedetti alla scrivania e aprii la carpetta contenente i compiti dei miei bambini.
La scuola a quell’ora del pomeriggio era deserta, ed io adoravo stare lì in quel silenzio rilassante.
Erano un paio di anni che insegnavo letteratura nella scuola media di quel quartiere di Londra, e stranamente non mi ero ancora stancata del mio lavoro. Dopo la laurea infatti avevo cambiato diverse professioni, ma gli ambienti non erano di mio gradimento, e i tempi mi stavano stretti. Io avevo bisogno di un lavoro che mi garantisse qualche ora al giorno libera per fare ciò più adoravo fare: dipingere.
La pittura era sempre stata la mia più grande passione, e non l’avrei mai abbandonata. Faceva parte di me.
Ogni volta che intingevo il pennello nel colore mi riempivo di felicità, e quando sfioravo la tela con la tempera entravo in un mondo nuovo. Era come un universo parallelo, dove i miei disegni prendevano vita e parlavano al mio posto.
Quella sera ero stata invitata ad una mostra d’arte contemporanea, al centro di Londra, e non vedevo l’ora di andare. Ecco perché non trovavo abbastanza concentrazione per correggere i compiti, c’era il pensiero dell’appuntamento di quella sera che mi distraeva troppo.
Mi costrinsi a mettermi a lavoro e a fare in fretta, per poi avere più tempo possibile a disposizione per prepararmi per la mostra. Stranamente riuscii a trovare la forza di volontà, e corressi quel malloppo di compiti in un paio d’ore.
 
Quando tornai a casa, a bordo dello scooter di Mike, erano già le sette e mezza di sera.
“Amore, hai preparato la cena?”, chiesi, chiudendo la porta d’ingresso alle mie spalle.
“Si, ma io devo scappare. Il pollo è in forno da 10 minuti.” Lo vidi uscire dalla cucina ed incamminarsi rapidamente per il corridoio.
“Come devi scappare? C’è la mostra alle nove!”, gli ricordai.
“Lo so, tesoro, scusa. Mi hanno chiesto di fare gli straordinari a lavoro, solo per stasera.”, parlò dalla stanza da letto, dove stava sicuramente preparandosi per uscire.
M’incupii in viso, e il mio ragazzo lo notò non appena tornò in soggiorno.
“Dai, non fare così…”, mi disse, mentre infilava un braccio nella giacca.
“Mi farai andare da sola?”, chiesi a bassa voce.
“Non devi andare per forza! Sai quante mostre fanno in questo periodo?”
“Ma io a questa ci tenevo particolarmente…”, sussurrai, abbassando lo sguardo.
“Okay, ti lascio la mia macchina.” Mi lanciò le chiavi della sua auto e le afferrai di scatto con una mano.
“Io andrò con lo scooter”, continuò.
Sorrisi e lo ringraziai di cuore.
Dopodiché lui uscì di casa ed io rimasi sola, col pollo in forno, e le chiavi in mano.
Non potevo di certo andarmene in centro con lo scooter, di sera, in pieno autunno. E non potevo di certo rinunciare a quella mostra che attendevo ansiosamente da settimane.
Cenai subito, poi andai a darmi una ripulita. Dovevo fare veloce, non volevo tardare.
Tirai fuori dall’armadio il vestitino beige che avevo già scelto per l’occasione, poi presi le scarpe nere coi tacchi alti e indossai il tutto. Il vestito mi arrivava appena sopra le ginocchia, era un tubino aderente con un’ampia scollatura sul seno. Purtroppo non avevo chissà che grande decolleté da mostrare, ma perlomeno non risultavo volgare con quell’abito addosso. Se avessi avuto più della mia seconda scarsa non avrei potuto indossarlo.
Truccai lievemente il mio viso, dando colore alle guance e disegnando con la matita nera una linea sottile attorno agli occhi. Il bello dell’essere un’appassionata di pittura era che col tempo ero diventata piuttosto brava anche col make-up.
Raramente riuscivo a far risaltare la sagoma dei miei piccoli occhi marroni, questa era una di quelle rare volte. Parevano più grandi e profondi del solito, soprattutto quando aggiunsi il mascara. Per finire un sottile strato di lucidalabbra color pesca, e poi potei studiare il risultato allo specchio.
I capelli! Ecco cosa mancava!
Li avevo tenuti raccolti tutto il pomeriggio in una coda alta. Sciolsi quella massa nera informe e vi passai sopra un po’ di piastra.
Sembrava mi stessi preparando ad un qualche appuntamento galante. L’unico appuntamento che avevo in realtà era con quelle opere d’arte che fremevo di ammirare da giorni.
Indossai dei semplici orecchini di bigiotteria e una giacca nera, poi uscii di casa, con un paio di ballerine sotto il braccio.
Non potevo effettivamente guidare coi tacchi alti.
 
Raggiunsi presto la destinazione e una volta posteggiata la macchina, mi affrettai a indossare di nuovo le mie scarpe eleganti.
Mostrai il mio invito al tizio che stava all’ingresso dell’edificio, e vi entrai.
Le pareti erano impeccabilmente bianche, così come le luci soffuse sul soffitto. Il pavimento invece era di un grigio scuro. Una ragazza mi chiese cortesemente la giacca ed io gliela lasciai senza farmelo ripetere due volte. La temperatura era molto alta lì dentro.
C’era ancora poca gente, io non esitai un attimo e mi diressi subito alla prima tela, alla mia destra. Tenevo stretta tra le mani la mia pochette nera e me ne stavo coi piedi uniti e il naso all’insù ad ammirare quel capolavoro.
Rappresentava un tramonto. Il rosso del sole si fondeva col blu del mare, e io adoravo quel mix. I miei due colori preferiti in un accostamento davvero perfetto.
Rivolsi lo sguardo alla firma alla base del disegno, ma c’era solo una ‘J’ scarabocchiata.
Mi avvicinai alla tela seguente. C’erano due grandi occhi, di diversi colori. Il destro vantava mille e più pennellate di diverse tonalità di azzurro, mentre quello a sinistra sfumava da un verde scuro ad uno più chiaro e delicato.
La firma in basso a destra era sempre la stessa ‘J’.
Feci due passi e rivolsi l’attenzione ad un altro disegno, dello stesso autore. Stavolta non c’era un soggetto, c’erano delle linee sinuose che viaggiavano per tutta la tela, incontrandosi e scontrandosi, dando vita ai colori più particolari, alle forme più fantasiose. Era tutto in equilibrio, ogni cosa avvolta da qualcos’altro, ogni dettaglio al proprio posto. Era come se l’artista volesse rappresentare…
“Musica.”, qualcuno parlò alle mie spalle.
“Esattamente.”, approvai. Dopodiché mi voltai per capire chi mi avesse rubato le parole di bocca, o meglio… dal pensiero.
Non riuscivo a credere ai miei occhi. Era il destino che mi voleva male.
Deglutii ma mi finsi indifferente.
“Conosci l’artista?”, chiesi, percependo l’ambiente accaldarsi ancora di più, improvvisamente.
Zayn sorrise lateralmente, e io sarei potuta svenire da un momento all’altro. Che ci faceva qui, quello?
“Lo conosco, certo che lo conosco.”, rispose con voce suadente.
“E’ incredibile. Adoro il suo stile.”, confessai, più a me stessa che a lui.
“Davvero?” Il suo sorriso si allargò, e mi sembrò di scorgere qualcosa luccicare dentro ai suoi occhi.
“Sai se è qui stasera? Mi piacerebbe conoscerlo.” Ero sincera. Quelle opere mi avevano rapita, e dato che Zayn diceva di conoscerne l’autore, perché non approfittarne?
“Si, è qui stasera.”, rispose semplicemente.
Mi guardai attorno, alla ricerca di qualcuno che potesse sembrarmi un pittore straordinario.
“Come stai?” Quella domanda mi fece sussultare. Non me l’aspettavo completamente, non ora, non da lui.
“Bene. Tu?”, replicai, irremovibile.
“Bene.”
Silenzio.
Odiavo quegli attimi di imbarazzante silenzio.
“Bene.”, ripetei, per spezzare il silenzio.
“Non so ancora il tuo nome.”, disse lui di punto in bianco.
“C-Ca…”, mi bloccai. Ricordavo bene quel giorno del Meet & Greet in cui gli avevo detto come mi chiamavo, e ricordavo bene cosa lui aveva risposto. Non volevo ripetere quella scena.
“Uhm?”, mi spronò a continuare.
“Catherine.”, mi convinsi, infine.
“E’ un bellissimo nome” Come volevasi dimostrare.
“Me l’hai già… me l’hanno già detto.”, mi corressi a metà frase.
Zayn continuava a sorridere. Ma lo faceva apposta? Probabile. Si rendeva conto di quanto fosse irresistibile il suo sorriso? Probabile.
Diamine, questo era un guaio bello e buono. Non sarei mai dovuta venire a questa mostra senza Mike.
Mi allontanai lentamente da lui e mi avvicinai ad un’altra tela appesa al muro.
“Che fai? Scappi?”, mi chiese Zayn, che stava al mio passo, sorridendo sotto i baffi.
“Tu saresti dovuto scomparire, e invece eccoti qui.”, parlai seria.
Ma a quanto pare non risultai molto seria.
“Non sono un mago”, ribatté.
“Stupido.”, lo schernii. Mi fece perdere quel poco di serietà che ero riuscita a recuperare.
“Poco prima mi hai dato dell’incredibile, e ora mi dai dello stupido?”
Cosa intendeva dire? Io non gli avevo mai detto che fosse incredibile, io…
Io avevo detto che l’artista di quei dipinti fosse incredibile.
“Jawaad.”, mormorai, sorridendo. Quelle meraviglie erano opera sua, e si firmava con l’iniziale del suo secondo nome.






Angolo Autrice.

Ciao a tutti! Sono tornata, si :) Questo capitolo fa ricomparire il nostro bel pakistano 27enne.
Che ve ne pare? Spero di aver delineato bene alcune cose riguardo la vita della protagonista,
e di avervi incuriosito riguardo Zayn il pittore (lol) Il prossimo capitolo vi farà rimanere di sasso xD
Non mi dilungo. Ci tengo solo a sapere le vostre opinioni... quindi...
RECENSITE, RECENSITE, RECENSITE :)

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Capitolo 6
*** La giacca. ***


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Capitolo quinto

 

 

Sapevo che a Zayn piacesse disegnare, ma non avrei mai immaginato che si sarebbe dedicato a questo dopo la sua carriera musicale.
Aveva tanto talento, non c’era alcun dubbio.
Non sapevo se ammirare più lui o le sue opere d’arte, optai per la seconda scelta, onde evitare un eccessivo disorientamento psicologico. Guardarlo mi faceva uno strano effetto. Era come se ogni secondo che i miei occhi indugiassero su di lui, la mia stabilità mentale perdesse colpi. Mi destabilizzava, ecco. Non esisteva un ragionamento logico adatto a spiegare tutto ciò, d’altronde sapevo che non c’era niente di logico nella mia vita, ultimamente.
Rivolsi la mia totale attenzione ad una tela meno colorata delle altre, precedentemente osservate. Era spenta, come se vi mancasse qualcosa. Trasmetteva angoscia e solitudine, tristezza, come il grigio e l’azzurro che prevalevano, malinconia, come quel poco di bianco che illuminava a tratti il disegno, e paura, il nero.
Non c’era firma alla base di quell’opera, sospirai di sollievo nel non leggere alcuna “J”. Fortunatamente quell’inquietudine non apparteneva a Zayn.
Zayn, mi ero dimenticata della sua presenza. Ruotai il capo e lo trovai esattamente dove lo ricordavo, al mio fianco, qualche passo più lontano da me. Aveva lo sguardo crucciato e se ne stava immobile, a braccia conserte, a guardare quell’opera che mi aveva turbato non poco.
Non avrei dovuto continuare a osservarlo, sapevo che effetto mi faceva, ma non riuscii a staccargli gli occhi di dosso finché non vidi le sue pupille cambiare obiettivo, posandosi su di me. Mi guardò attentamente, mantenendo quell’espressione irremovibile in volto, e mi stranii del fatto che io non distolsi lo sguardo. Preferii mantenere quel contatto visivo, come se guardarlo negli occhi mi servisse a leggergli dentro. Ma non era così, non capivo cosa gli frullava per la testa, e non l’avrei mai capito.
E nemmeno doveva interessarmi capirlo! Cavolo, Catherine, torna coi piedi per terra. Torna da Mike.
“Si è fatto tardi.”, mi sentii uscire dalla bocca. Non avevo nemmeno controllato l’orologio, ed ero certa che non fosse passato molto tempo da quando ero arrivata. Eppure sentivo la necessità di allontanarmi da lì, da lui.
Se un tempo avrei speso tutto il tempo e il denaro in mio possesso per inseguirlo e averlo vicino anche un solo istante, adesso preferivo scappare. Codarda.
Lui non rispose, non provò a trattenermi né pronunciò alcuna parola a mo’ di saluto. Si limitò ad annuire.
Idiota, lunatico, fastidioso, pessimo pilota. Come non mi ero accorta di tutti i suoi difetti, anni addietro?
Mi sarei risparmiata tutto quel tempo a sbavargli dietro.
Sospirai pesantemente e mi incamminai verso l’ingresso, stringendo le dita attorno alla mia pochette nera. Il suono insistente dei miei tacchi a spillo che battevano a tempo sul pavimento liscio, rimbombava in quella grande sala silenziosa. Uscii, senza esitare, senza aspettare che qualcuno mi fermasse, senza sperare in qualche altro sgradevole, casuale incontro. Ne avevo abbastanza di quegli scherzi del destino. Dovevo darci un taglio!
Raggiunsi l’auto di Mike e faticai con le chiavi, prima di azzeccare quella giusta. Aprii lo sportello, mi sedetti nel sedile e richiusi lo sportello, con fin troppa veemenza. C’era qualcosa che mi formicolava su e giù per la pelle. Era pura irritazione.
Zayn avrebbe potuto fare finta di non riconoscermi, o meglio ancora, nascondersi dalla mia vista. Io non mi sarei mai accorta di lui, se non fosse stato proprio lui a rivolgermi la parola per primo. Non avrei mai sospettato di incontrarlo lì, non avrei mai voluto incontrarlo lì. Mi ero quasi abituata all’idea che l’incidente di un mese fa fosse stato solo frutto della mia fervida immaginazione. Nonostante nelle precedenti settimane non avevo fatto altro che ricevere telefonate da parte di mia madre, che chiedeva quotidianamente se mi stessi rimettendo. Ma rimettendo da che? Non mi ero fatta un bel niente! Nemmeno avrei voluto raccontare ai miei dell’incidente, semplicemente non mi andava di inventare una bugia per giustificare il fatto che non avrei potuto raggiungerli nel week-end, per il compleanno di zio Roger. A Mike serviva la sua auto per andare a lavoro e io ero a piedi. Il treno era fuori discussione, così come qualsiasi altro mezzo di trasposto pubblico: mi davano sui nervi.
Sfilai le scomode scarpe coi tacchi e indossai le ballerine che avevo riposto sotto il sedile, prima di scendere dall’auto. Misi in moto e sfrecciai verso casa.
Dannazione! Sapevo che stavo dimenticando qualcosa, me lo sentivo. Avevo lasciato la giacca alla ragazza all’ingresso, e me ne ero completamente dimenticata. Nemmeno l’impatto col fresco fuori dall’edificio mi aveva fatta accorgere del fatto che fossi senza giacca. Forse ero troppo presa dai miei complessi mentali per fare caso a quel particolare.
Ero ormai giunta a casa e non me la sentivo di tornare indietro. Non che fosse troppo tardi, né che fossi troppo stanca, ma affrontare ancora una volta Zayn non lo avrei sopportato.
Mike non era ancora rientrato. Abbandonai le chiavi della sua auto nel mobiletto dell’ingresso e mi fiondai in camera da letto, ripromettendomi che l’indomani avrei trovato uno squarcio di tempo per andare a recuperare la giacca.
 
"Mi passi il burro?”, domandai, sbadigliando.
Il mio ragazzo provvide subito ad accontentarmi, poi mi chiese: “A che ora hai lezione, oggi?”
“Oh, alle undici.”
“E perché ti sei svegliata presto? Non è da te.”, mi schernì.
“Devo arrivare in centro per sbrigare una cosa.”, spiegai.
Non risultai credibile. Mike infatti mi guardò un attimo dubbioso, ma cambiò subito espressione poiché il suono pacato e via via sempre più insistente del suo cellulare echeggiò nell’aria, interrompendo la quiete di quel Sabato mattina.
“Pronto?” Rispose e si allontanò dalla cucina per continuare la conversazione lontano da me. Si doveva trattare di lavoro.
Dopo essermi gustata la mia fetta di pane, burro e marmellata, raggiunsi il frigo alla ricerca di un succo di frutta.
Sussultai ad un contatto inaspettato. Era Mike che era apparso all’improvviso alle mie spalle e mi cingeva la vita con due mani.
“Sai, amore… ho la mattina libera”, mi sussurrò all’orecchio, muovendo le mani lentamente sulla mia pancia.
“I-io no.”, mi sottrassi dalla sua presa.
“Vuoi fare la gattina capricciosa?”, mi provocò.
Ridacchiai e risposi, “Davvero, devo prepararmi.”
“Faremo velocissimo”, in un attimo mi avevo raggiunto di nuovo, bloccandomi con le sue braccia possenti.
Prese a baciarmi il collo, ma io lo scostai ancora una volta.
“Che ti prende?”, mi chiese serio.
Sbuffai, “Ho il ciclo”, confessai infine. Mentii.
Perlomeno funzionò. Mike infatti rinunciò a provocarmi e mi lasciò in pace.
Non che non fossi attratta da lui, avevamo più volte avuto quel tipo di rapporto, e l’avevo sempre trovato piacevole ma… quella mattina non mi andava. Semplicemente non ne avevo voglia.
E no, non c’entrava l’incontro fortuito della scorsa sera con Zayn. O almeno, mi autoconvinsi che non c’entrasse nulla.
“Buona giornata amore”, lo salutai. E per farmi perdonare per averlo piantato in asso, lo baciai dolcemente sulle labbra. Non avrei mai voluto offenderlo o ferirlo col mio rifiuto.
 
Salii a bordo dello scooter grigio e guidai fino all’edificio dove si era tenuta la mostra, nel pieno centro di Londra. Il cielo era cupo: segno evidente che si sarebbe potuto mettere a piovere da un momento all’altro.
Perciò mi affrettai a recuperare la giacca, la infilai sopra la felpa che avevo addosso e tornai allo scooter.
Sentii una goccia d’acqua cadermi sulla fronte, quindi tirai su il cappuccio della felpa e mi impapocchiai per benino. Dovevo fare in fretta a tornare a casa. Misi in moto e partii, spedita.
Ma le gocce d’acqua si fecero sempre più insistenti, e l’asfalto più viscido e scivoloso, e la vista più confusa. Frenai di colpo quando mi accorsi di un pedone che stava attraversando la strada di corsa. C’era il semaforo rosso per i pedoni, ma quell’idiota passava comunque! Persi l’equilibrio e scivolai di lato.
Cavolo, ero forse una calamita per gli incidenti stradali?!
Sentivo il peso del motore sulla gamba destra, e avevo tutti i vestiti zuppi di acqua. La pioggia aumentò d’intensità, mentre io gridavo parolacce contro quell’idiota che mi aveva fatta cadere.
“Mi dispiace, signorina! Mi scusi!”, rispose quello, dall’altra parte della strada. La sua voce si mascherava col rumore della pioggia, e non distinsi il suo volto. Notai soltanto che portava degli occhiali da vista e un berretto grigio.
Si allontanò, senza nemmeno degnarsi di darmi una mano. Fortunatamente non mi ero fatta molto male, e riuscii a rimettermi in piedi. Ma lo scooter era andato, non partiva più.
Sentivo freddo e tremavo come una foglia. Trasportai la moto sotto un balcone e mi appollaiai per terra.
Non volevo chiamare Mike, sapevo che aveva la mattina libera e sarebbe potuto correre ad aiutarmi, ma non volevo ricorrere sempre al suo aiuto.
D’un tratto notai il berretto grigio del tizio di poco fa, stava uscendo da una porta a vetri di un edificio alla mia sinistra.
“Ehi, tu!”, lo richiamai, sgarbata.
Quello si voltò e il mio cuore probabilmente perse un battito. “Non tu…”, sussurrai.
“Signorina, le ho già detto che mi dispiace. Le pagherò l’assicurazione.”, diceva. Sempre il solito.
“Non voglio i tuoi soldi”, risposi. Quella frase non dovette suonargli nuova. Fece un passo verso di me, perplesso. Mi decisi a togliere il cappuccio che mi copriva parte del volto e mi misi in piedi.
Anche sotto quegli occhiali da vista distinsi i suoi occhi color caramello che si spalancavano per la sorpresa.
“Oddio, Catherine!”






Angolo Autrice.

Ciao ciao ciao ciao :) Spero che questo nuovo capitolo sia stato di vostro gradimento!
Innanzitutto vediamo Zayn il pittore che si incupisce durante la mostra e lascia andare Cathy.
Lei è scossa e si comporta in maniera strana anche col suo ragazzo.
E infine il brutto incontro-scontro in motorino avviene ancora col pakistano.
Segni del destino? :) E ora che li abbiamo fatti (ri)incontrare/scontrare che succederà?
Che si diranno? Cosa accadrà? Per saperlo RECENSITE.
Più recensioni leggo, prima aggiorno :')

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Capitolo 7
*** Un caffè. ***


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Capitolo sesto



 

“Catherine, non sai quanto mi dispiace!”, Zayn si era avvicinato pericolosamente a me. E io non sapevo se ero più tentata di dargli un ceffone in pieno viso per come mi aveva trattato, o stringerlo tra le mie braccia. Con quegli occhiali da vista poi pareva più tenero e indifeso che mai.

“Non fa nulla.”, mi limitai a dire.
“Cosa posso fare per te? Vuoi un passaggio?” D’un tratto il silenzioso e distaccato pakistano di ieri sera si era trasformato nel più premuroso e gentile di tutti.
“Dio, Zayn! Perché sei così?!” Ero esasperata.
“Così come?”, mi rivolse uno sguardo perplesso.
“Così… lunatico!”, dissi infine. Presi a camminare lungo il marciapiede. Non sapevo dove stessi andando, avevo lasciato lo scooter alle mie spalle, e non potevo allontanarmi molto da lì, ma non lo sopportavo più.
E non lo sopportavo perché aveva influenzato la mia vita già per troppi anni, e adesso che mi sentivo più sicura di me dovevo trovare la forza di ignorarlo.
“Non ti avevo riconosciuta, scusa!”, insisteva. Sentivo i suoi passi dietro di me, i suoi piedi che sbattevano contro le pozzanghere per terra e schizzavano acqua sporca sui miei jeans nuovi.
“Smettila!”, lo rimproverai.
“Di fare cosa?”
“Di scusarti… e di schizzarmi fango!” Mi ero voltata verso di lui, non avrei dovuto. Il suo labbro inferiore sporgeva impercettibilmente in fuori, mentre i suoi occhi si rattristavano, attorniati dalla montatura nera degli occhiali e nascosti dalle lenti su cui si era poggiata qualche gocciolina d’acqua.
“Zayn, perché mi stai seguendo?”, mi presi di coraggio e formulai quella domanda che mi assillava.
“Perché mi sento in colpa per l’incidente, e per oggi, e per ieri”, parlava, gesticolando con le mani. Tutto ciò che provava per me era pena. Si sentiva in colpa e in dovere di scusarsi con me, tutto qui.
“Perché anche per ieri?”
“Ieri sera io ho provato… qualcosa di insolito. Per questo mi sono chiuso in me stesso. E’ quello che faccio sempre, quando ho paura.” A quelle parole trasalii. Zayn Malik aveva avuto paura, si era chiuso in se stesso e mi aveva ignorato per colpa di qualcosa di insolito. Cosa poteva essere? E come era potuto succedere, da un momento all’altro?
“Hai già fatto colazione?”, mi sorprese con quella domanda.
Annuii, dispiaciuta. Però non potei fingere di non notare i suoi occhi che sconsolati guardavano dentro una pozzanghera. Non avrei dovuto fare quello che stavo per fare, me ne sarei pentita amaramente.
“Però un caffè lo accetterei volentieri.”, dissi. Un piccolo sorriso fece capolino sulle sue labbra, e contagiò anche me.
Zayn non era più la popstar famosa e strafiga che mi aveva fatto perdere la testa, io non ero più la directioner pazzamente innamorata di lui. Un caffè non avrebbe creato complicazioni, un caffè era solo un caffè. Sperando che non si zuccherasse troppo…
 
“E quindi dipingi…”, lo incalzai. Tenevo tra le mani una tazza bollente e scrutavo attentamente il contenuto al suo interno. Alla fine avevo optato per una cioccolata calda, sarebbe durata di più. No, non volevo prolungare il tempo in compagnia di Zayn, piuttosto volevo riscaldarmi per benino dopo essermi inzuppata dalla testa ai piedi sotto la pioggia.
“E’ uno dei miei mille talenti”, rispose, piegando la testa lateralmente e mostrando i denti in uno dei suoi sorrisi mozzafiato. Mi decisi a non guardarlo per oltre due secondi di fila. Quindi distolsi subito lo sguardo da quel panorama e ridacchiai della sua battuta.
“Addirittura mille!”, replicai, tornando a guardarlo per altri due piccoli, fuggevoli secondi.
Mi stava di fronte, oltre quel tavolo in legno, e non c’erano migliaia di fans o paparazzi pronti ad interromperci. Mi chiesi se lui ci avesse fatto l’abitudine a tale tranquillità, o un po’ gli mancava ancora il successo e la poca privacy che esso comportava.
“E tu sei un’appassionata d’arte o cosa?”, cambiò subito la rotta della conversazione. Io avrei preferito continuare a parlare di lui e scoprire qualcosa di più sui suoi mille talenti, ma stavolta mi toccava parlare di me. Non mi piaceva parlare di me.
“Anch’io dipingo… e si, puoi considerarmi un’appassionata d’arte.”, ammisi.
“Sarei curioso di vedere qualche tua opera…”
Peccai, guardandolo per oltre due secondi in viso, e scorsi nei suoi occhi quella curiosità e quell’interesse che mai nessuno aveva mostrato per quella mia grande passione. Aggrottò le sopracciglia, come se stesse ragionando su chissà cosa, poi sorrise appena.
“Un giorno magari, in qualche mostra…”, restai sul vago. Volevo evitare di fare riferimento ad un nostro futuro incontro. Forse per davvero, dopo oggi, mi sarei liberata di quel grande peso e non l’avrei più rivisto.
“Oppure oggi”, rispose secco.
Avevo probabilmente sentito male. Corrugai la fronte e biascicai qualcosa che potesse sembrare un “Come, scusa?”
“Hai da fare nel pomeriggio?” A dir la verità si: avevo da correggere ancora una marea di compiti, poi dovevo andare a fare la spesa perché il frigo pareva essere sempre vuoto e… Frena un attimo! Zayn Malik sta forse chiedendomi di uscire?
“Perché?” Il mio solito istinto di conservazione e autodifesa tendeva la maggior parte delle volte a farmi rispondere alle domande con un nuovo punto interrogativo. Non volevo risultare troppo trasparente e suscettibile.
“Te l’ho già detto, sarei curioso di vedere qualche tua opera.”, spiegò con nonchalance.
“Non si ottiene sempre quello che si vuole, nella vita.”, ribattei. Forse stavo facendo esageratamente l’acida, lo stavo trattando male, non lo meritava. Nonostante mi avesse coinvolto in due incidenti stradali in un solo mese. Forse però avrei semplicemente dovuto dirgli che avevo un ragazzo, che vivevo con lui, e che questo non sarebbe stato contento di sapere con chi mi trovavo in quell’esatto momento.
“Sono stato abituato per troppo tempo ad ottenere tutto e subito.” Non c’era alcuna traccia di presunzione nel suo tono di voce, piuttosto pareva dispiaciuto. Aveva abbassato lo sguardo verso l’orologio che aveva al polso, poi l’aveva rivolto al bancone alla mia destra.
“Vado a pagare”, disse subito dopo.
Istintivamente portai una mano in avanti, e con l’intento di fermarlo raggiunsi il suo polso. Non rispondevo delle mie azioni. Zayn mi guardò sorpreso. Era il nostro primo contatto, oltre quello accidentale dentro la sua auto, e quelli di anni addietro…
Ritrassi di colpo la mano e mormorai “Non c’è bisogno”.
Lui mi ignorò palesemente.
Quando tornò al tavolo io avevo già indossato la giacca ed ero pronta per tornare coi piedi per terra. Avevo lezione tra mezz’ora e non sapevo ancora come arrivarci, dato che lo scooter era in coma.
Uscimmo dal bar e notammo che avesse smesso di piovere. Ne fui più che compiaciuta, ma il problema del tragitto verso scuola non l’avevo ancora risolto. Sarebbe stato così semplice chiamare Mike, sarebbe stato molto semplice anche chiedere un passaggio a Zayn. Ma mi rifiutai di fare entrambe le cose.
“A che ora vengo da te?”, mi chiese, con fin troppa tranquillità.
“No, ascolta, io…”, provai a formulare la frase. Convivo col mio fidanzato: era semplice da pensare, ma così difficile da pronunciare ad alta voce.
“Si, l’ho capito. Non si ottiene sempre ciò che si vuole e bla bla bla…” Mi stava prendendo in giro?
“Non si tratta di questo. Io ti inviterei con piacere a casa mia…” Non sai con quanto piacere ti inviterei, davvero! “Ma purtroppo non vivo sola.” Purtroppo? Quella parola era in più. Io ero felicissima di vivere con Mike, che amavo e rispettavo come mio compagno da ormai quasi quattro anni.
“Scusami, non volevo essere invadente.”, improvvisamente la sfacciataggine del pakistano fu sostituita da un evidente imbarazzo.
“Ehm… tu dove stai?” Non credevo alle mie orecchie, ero riuscita davvero a formulare quella domanda.
“Dalle tue parti ma, sai, preferisco mantenere segreto il mio nascondiglio.”
Ed ecco risalire la rabbia. Zayn mi stava considerando una vecchia fan impicciona che voleva scoprire dove si fosse nascosto in quei cinque lunghi anni. Pensava questo di me, mi reputava solo una vecchia fan impicciona. Oh, ne avevo fin sopra i capelli di lui e delle sue manie di protagonismo.
Avevo anestetizzato per un’oretta l’irritazione che solo lui era capace di provocarmi, ma ora che ero completamente in me potevo reagire.
“Torna pure al tuo nascondiglio, io devo andare. Ho fretta.”, provai a non sembrare offesa o arrabbiata, ma il moro notò il cambiamento repentino del mio umore.
“Catherine, ti prego, non scappare ancora.”, m’implorò. Mi sentii così fragile e spaesata che l’unica cosa che feci fu obbedirgli e non scappare.
“Devo andare sul serio”, insistetti, ferma sul posto.
“Ti rivedrò?” I suoi occhi nocciola mi penetrarono tanto in profondità che rischiai di perdermici dentro per ore. Zayn voleva rivedermi, non ne capivo il motivo, ma lui voleva rivedermi.
“Se si, spero che non si tratti di un ennesimo incidente stradale.”, risposi, ironica. Mascherai il mio nervosismo con una risata. E con essa mascherai anche quelle farfalle che facevano la festa dentro al mio stomaco.

 

 





Angolo Autrice.

Bellezze davanti il pc... bentornate da Cathy e Zayn!
Questa colazione insieme è ricca di tensione, siete d'accordo con me?
Adesso è d'obbligo che si riincontrino! Speriamo solo che non si tratti ancora di incidenti stradali xD
Che ve ne pare di Zayn? E' strano, "lunatico", c'è qualcosa che non va...
E Catherine? E' in continua lotta con se stessa perchè si sente in dovere di pensare a Mike, ma non resiste al pakistano.
Ne vedremo delle belle, insomma :)

Aspetto le vostre più stravaganti RECENSIONI. Sul serio, sono importanti per me!
Anche una riga in cui scrivete che la storia vi fa cagare, a me va bene!
Aurevoooirr.

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Capitolo 8
*** Coccinelle sexy. ***


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Capitolo settimo

 

 

Il meteo diceva che le nuvole grigie avrebbero lasciato presto il posto ad un cielo limpido e trasparente. Non vedevo l’ora di lasciarmi accarezzare dal calore del sole primaverile.
Ma ciò che più desideravo in quella noiosa giornata scolastica era ricevere un suo messaggio.
Dopo quell’assurda colazione al bar, Zayn mi aveva chiesto il numero, io ero arrivata a scuola in autobus e lo scooter era rimasto su quel marciapiede bagnato. Avrei detto a Mike che me l’avevano rubato.
I bambini, se così potevo ancora definirli, stavano facendo ricreazione. Erano così liberi e spensierati, nella loro giovane età, e invece desideravano crescere in fretta e diventare “grandi”. Ma sapevano il significato di quella parola? Quante volte avevo potuto dir loro di voler tornare bambina e godermi la loro fantastica età, fatta di giochi e fantasticherie…
Quando conclusi le mie ore di lezione restai ancora un po’ alla cattedra a guardare i miei alunni abbandonare l’aula tra una risata e l’altra. Dopodiché controllai per l’ennesima volta il cellulare: nessun nuovo sms. Mi sentivo una sciocca tredicenne infatuata. Quanto avrei voluto esserlo…
Mike. Non dovevo che pensare a lui, e a nessun altro. Lui che mi amava con tutto se stesso e avrebbe fatto di tutto per me, era a lui che dovevo rivolgere ogni mio pensiero.
Ogni tentativo di auto-persuasione svanì non appena il cellulare vibrò rumorosamente sul legno della cattedra. Era Malik, me lo sentivo.
Eccolo:
 
“Ciao Catherine, sono Zayn.
Spero che tu abbia passato una mattinata serena e che ti sia ripresa dal nostro piccolo incidente.
Ps: ti preferivo con l’abitino attillato di ieri sera anziché con la felpa larga di oggi.”
 
Che stupido, stupido errore quello di dargli il mio numero di cellulare. E che stupida io a sperare ardentemente in un suo messaggio. Stupido Zayn Malik presuntuoso e sfacciato. Con l’abitino l’avrei schiaffeggiato volentieri, e con la felpa l’avrei soffocato.
 
“Avevo passato una serena mattinata, fino ad un attimo prima di leggere il tuo messaggio.”
 
Mi assicurai che il messaggio si inviasse, poi sistemai il cellulare in borsa e uscii dalla classe.
Una mia adorabile collega, di qualche anno più grande di me, si offrì di darmi un passaggio fino a casa. Si chiamava Susan e non abitava proprio nelle vicinanze di casa mia, ma era sempre così gentile e premurosa che mi sembrava che fosse scortese da parte mia rifiutare la sua offerta.
Nel tragitto verso casa ricevetti un nuovo sms:     “Permalosa e lunatica. Stavo solo scherzando xx”
Oddio, ora io ero la permalosa? Per caso voleva farmi sentire in colpa? Era lui il cretino maleducato e inopportuno. Non volli nemmeno rispondergli, sbuffai e riposai il cellulare.
Ringraziai infinitamente Susan per quel grande favore ed entrai a casa. Mike non c’era, come ogni Sabato pranzava a lavoro.
Ancora Zayn:     “Okay, vuoi che ti chieda scusa?”
Ruotai gli occhi al cielo e risposi di getto:     “No, voglio che mi lasci in pace.”
A quanto pareva, prese alla lettera le mie parole. Non ricevetti un suo messaggio per almeno un ora, poi mi ricredetti.
 
“Non ne sono capace”
 
Ridacchiai a quel suo messaggio. In effetti avevo davvero temuto che non mi scrivesse più…
Comunque restai sui miei passi, e non risposi. Mi dava sui nervi e non avevo voglia di continuare la conversazione. Cavolate! Avevo una voglia matta di continuare la conversazione, ma non rispondevo per non dargli la soddisfazione di avermi ai suoi piedi.
 
“La felpa larga ti sta d’incanto. Adoro le coccinelle stampatevi sopra, e il cappuccio morbido di lana. Decisamente meglio dell’abitino attillato.”
 
Oh mamma, quel ragazzo mi stava facendo sbellicare dalle risate! Come potevo resistere dal rispondere a quelle sue frasi idiote?
Mi decisi a scrivergli:   “Le coccinelle sono sexy.”
Solo mentre versavo del latte fresco in un bicchiere e ragionavo sulla mia risposta mi resi conto di stare palesemente flirtando con Zayn Malik.
Altro che risate! Io fremevo al pensiero che lui avesse notato il mio vestitino di ieri sera. Help: mi stavo scambiando messaggini  peccaminosi con un ragazzo che non era il mio fidanzato.
 
“Sei sicura che non posso passare da casa tua questo pomeriggio?”
 
Quella sua risposta mi spiazzò. L’avevo provocato troppo? Chissà che idee strane si era fatto, adesso. Diamine, avevo solo detto che le coccinelle fossero sexy! Aggettivo che in quel momento avrei attribuito più a quel fusto di Zayn che a degli innocenti insetti rossi a pois neri.
Adesso dovevo ragionare seriamente su quanto accaduto, quanto stava accadendo e quanto sarebbe accaduto in seguito alla mia risposta.
Sapevo per certo che Mike non sarebbe tornato prima delle sette di sera, quindi non dovevo preoccuparmi di lui. Ma ciò che mi preoccupava era proprio il fatto che non mi preoccupavo di Mike. Cosa mi stava succedendo? Io lo amavo, no?
Presi un respiro profondo e inviai:    “Se prometti di non rompere nulla…”
Il mio non era un esplicito invito a passare da me, ma comunque gli dava il permesso di farlo.
Guardai l’ora nel grande orologio appeso alla parete del soggiorno, 15:45.
Mi ricordai che Zayn quella mattina aveva detto di stare nelle vicinanze di casa mia, perciò mi fiondai in bagno, lasciando il cellulare sul tavolo della cucina. Sistemai i capelli in una treccia laterale, lavai velocemente i denti, sfilai la felpa con le coccinelle e indossai una maglia blu, semplice e carina.
Mi chiedevo in continuazione perché mi stessi dando da fare per apparire carina agli occhi di Zayn, ma non trovavo risposte esaudienti.
Quando tornai in soggiorno erano passate le quattro del pomeriggio. Controllai il cellulare e notai tre nuovi messaggi:
 
“Non sono il tipo che rompe le cose.”
“Cioè, non nelle case altrui…”
“Okay, sto arrivando.”
 
Ebbi appena il tempo di leggerli, che il citofono suonò due volte.
Ansia e agitazione. Oh mio dio. Perché?! Perché ero agitata? L’avevo visto anche quella mattina, ma l’idea di averlo a casa mia mi turbava parecchio.
Mi avvicinai lentamente all’ingresso, e il citofono suonò una terza volta. Mi presi di coraggio e aprii.
Mi ritrovai di fronte alla creatura più bella dell’universo. Ed era inutile prendermi in giro e mentire anche a me stessa: Zayn era dannatamente bello.
Indossava una giacca di pelle nera e dei jeans aderenti. Il solito sguardo scazzato di chi è costantemente annoiato dal mondo era stato sostituito da uno splendido sorriso raggiante e degli occhi vivi e profondi.
“Ciao”, mi salutò, sorridendo.
“P-prego, accomodati.”, balbettai, riprendendomi psicologicamente da quella visione divina.
Chiusi la porta alle mie spalle e mi ritrovai effettivamente dentro casa, sola, con lui.
Zayn mi guardava attentamente e rideva sotto i baffi. Stava forse notando la mia agitazione e l’imbarazzo che quel momento stava scatenando sulle mie guance tramite un rossore evidente?
“Carino qui.” Solita frase di chi ruota gli occhi per la prima volta dentro una casa sconosciuta. Ma Zayn non aveva ancora ruotato gli occhi dentro casa mia. Lui continuava a fissarmi e non intendeva staccarmi gli occhi di dosso.
“Vuoi qualcosa da bere?” Ogni pretesto era valido per sfuggire ai suoi occhi ipnotizzanti.
Mi avvicinai a passo svelto in cucina e lui mi seguì sussurrando un “si, grazie”.
“Dove sono finite le coccinelle?”, chiese di punto in bianco.
Sussultai e aprii il frigorifero di scatto.
“Cosa preferisci? Coca, aranciata, succo, latte, acqua…?”, elencai, guardando dentro il frigo.
“Un bicchiere di acqua va bene.”, rispose con fin troppa tranquillità.
Versai dell’acqua in due bicchieri di vetro, evitando sempre di incrociare il suo sguardo.
Ma cedetti quando gli porsi un bicchiere e mi resi conto che lui non avesse smesso un attimo di fissarmi.
Mi decisi a tornare la rigida Catherine di sempre. Io ero forte e non mi agitavo sotto lo sguardo di nessuno.
“Che c’è?”, chiesi, quasi seccata.
“Niente”, sghignazzò, “Mi chiedevo dove fossero finite le coccinelle…”
“Oh, le ho messe vie per questo pomeriggio. Non so che effetto potessero provocarti…”, mi voltai a riposare la bottiglia d’acqua in frigorifero e lo sentii ancora ridacchiare.
“Non devi preoccuparti dell’effetto delle coccinelle sexy”, replicò, senza perdere quel ghigno beffardo.
“Meglio così”, tornai a guardarlo in faccia, spavalda.
Mi feci forza, avrei passato un pomeriggio in sua compagnia, quindi meglio abituarmi subito alla sua presenza. Sempre che lui non fosse scappato via prima.
“Qual è il programma?”, domandò.
“Sei tu l’ospite. A te l’onore della scelta.”
“Mmm…”, portò due dite sul mento, carezzandosi la barbetta incolta, e corrugò le sopracciglia. Dio, quanto era sexy. Altro che coccinelle…
“Se non sbaglio sono qui principalmente per vedere il tuo talento artistico.”, affermò.
Mi morsi un labbro inferiore e annuii. Voleva vedere qualche mia opera e non potevo tirarmi indietro, non ora che l’avevo fatto entrare in casa mia.
Gli feci segno di seguirmi e mi diressi nel mio studio. Più che studio l’avrei chiamato il mio manicomio personale. C’era una confusione tremenda, ma non avevo mai avuto la benché minima intenzione di mettere in ordine lì dentro. Perché sennò non sarebbe più stato il mio rifugio, ma un luogo come gli altri, conformato all’ordine del resto della casa, e del mondo. Invece lì era bello perché era mio.
Ogni mia tela era coperta da un lenzuolo bianco e avevo un po’ paura di scoprirli di fronte a Zayn. Sarebbe stato un po’ come scoprirgli la mia anima e svelargli tutte le cose più recondite dentro me. E non ero per niente sicura che lui ne fosse all’altezza.
Ma ormai eravamo lì…






Angolo Autrice.

Holaa! Eccoci quaa con Zayn dai messaggini sconci, e poi a casa di Catherine,
e  dal prossimo capitolo nel suo studio 'artistico'.
Le coccinelle sexy creano tensione tra i due (lol)
E dal prossimo chapter lo noterete ancora di più ahaha!
Intanto ditemi che ne pensate di questo qui; e se vi chiedete che fine ha fatto Mike...
beh, spunterà presto in scena, e non dispiacetevi per lui, perchè non è un santo u.u
Quindi RECENSITE, por favor! 
Così aggiorno al più presto possibile :))

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Capitolo 9
*** Disegni e sentimenti. ***


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Capitolo ottavo


 

Stavo esitando di fronte una grande tela coperta. Ma in quel momento pensai che io avevo già visto alcune opere di Zayn, avevo sentito dentro qualcosa di suo, quindi non dovevo imbarazzarmi nel permettergli di fare lo stesso con me.

Lui non mi metteva fretta, stava diligentemente al mio fianco, guardandomi con immensa serenità. Ecco, quella serenità mi diede l’incoraggiamento necessario per sollevare il lenzuolo bianco e mostrargli uno dei miei dipinti preferiti. Risaliva ad un anno fa circa, era una cosa a cui avevo lavorato per settimane.
Rappresentava una mamma che allattava un bambino piccolo piccolo al seno. L’avevo colorato con tonalità scure, giocando un po’ con la luce che proveniva da una finestra all’interno del disegno. Ancora oggi lo vedevo pieno di imperfezioni, ma non riuscivo a modificarlo perché temevo di peggiorare solo la situazione.
“Wow”, fiatò Zayn.
Ruotai al testa e lo osservai mentre guardava la mia tela. Non stava fingendo di ammirarla, la stava davvero scrutando in ogni suo dettaglio, con quei suoi occhi grandi e ammalianti. Mi sentii improvvisamente nuda.
“Sei davvero brava, Catherine.”, disse, senza rimuovere lo sguardo dal disegno.
“Grazie”, bisbigliai.
“E’ così dolce”, continuò.
Sorrisi. Lui si voltò a guardarmi e ripeté, “Sei davvero brava.”
Qualcuno mi aveva rubato la voce, il respiro e il sangue che il cuore aveva smesso di pompare.
“Posso?”, mi chiese poi, avvicinandosi ad un'altra tela. Sfiorò con la mano un altro lenzuolo bianco ed io annuii, dandogli il permesso di rimuoverlo.
Quel disegno era una sorta di autoritratto. Rappresentava una ragazza di spalle, con addosso un abito lungo e pomposo, la schiena scoperta e i capelli lunghi spostati davanti una spalla. Le braccia non si vedevano, le avevo immaginate incrociate davanti al petto, come a proteggersi da qualcosa o qualcuno. L’abito era verde, la pelle della ragazza chiara, i capelli scuri e mossi.
Sperai vivamente che Zayn non mi riconoscesse dentro quell’opera. Ma mi rassegnai quando mi rivolse uno sguardo compiaciuto.
“Sei bellissima”, sussurrò.
Era inutile negare che fossi io, evitai perfino di rispondergli (non mi era ancora stata restituita la voce). Nemmeno badai al complimento che mi aveva rivolto. Ero in continua tensione, come se entro quelle mura Zayn stesse spogliandomi di ogni maschera e difesa.
Quando lo vidi avvicinarsi ad un’altra tela sussultai. No, quella non l’avrebbe scoperta.
“No!”, urlai quasi. Lui si arrestò e mi guardò, perplesso.
Mi piazzai davanti quell’opera e gli impedii di toccare il lenzuolo che la nascondeva ai suoi occhi. Lo guardai supplicante, e lui non insistette. Grazie al cielo.
Cosa c’era oltre quel lenzuolo? C’erano cinque ragazzi armati di microfono e sorrisi smaglianti.
Non volevo rivelargli ancora una volta la mia passione per gli One Direction. Era stato doloroso una volta, non volevo che si allontanasse da me di nuovo, terrorizzato.
Mi ero quasi dimenticata di quel disegno, fortunatamente me ne ero ricordata in tempo. Risaliva ai tempi in cui ero una fedele directioner, i tempi in cui i miei cinque idoli si esibivano ancora sui palchi più acclamati.
Zayn indietreggiò e ruotò gli occhi attorno la stanza. Aspettava che fossi io a mostrargli le mie opere.
Ripassai in mente i disegni che c’erano nei paraggi e sollevai un lenzuolo da una tela alla mia destra. Doveva trattarsi di un panorama notturno.
Errore: non era il disegno che avevo immaginato. Questo qui raffigurava un abbraccio lungo e caloroso. Era un abbraccio appassionante e travolgente tra due individui di sesso opposto. Avevano i volti nascosti dalle loro stesse braccia e i corpi vicini e stretti tra di loro. Era un abbraccio che non volevo rivelargli, ma ormai la frittata era fatta.
“Catherine…”, mormorò il mio nome, avvicinandosi al disegno.
Ogni volta che guardavo quel dipinto mi sentivo assalire da una grande solitudine.
Mike mi abbracciava spesso, ma non era il tipo di abbraccio di cui io avevo bisogno. Io avevo bisogno dell’abbraccio rappresentato dentro quel disegno, un abbraccio ricco di complicità e conforto, di necessità e appartenenza l’uno all’altro. Quell’abbraccio avrebbe riempito il mio cuore fino a farlo scoppiare.
Guardai a Zayn e notai i suoi occhi divenire lucidi. In quel momento mi resi conto che ciò che io leggevo dentro quell’opera era lo stesso identico sentimento che lui stava leggendo: solitudine.
E lo capii perché le sue labbra serrate, gli occhi umidi e le mani impotenti lasciate andare lungo i fianchi me lo mostravano chiaramente.
“Ti piace?” Mi stupii della mia stessa domanda. La mia voce era tornata nel momento meno opportuno e mi sentii avvampare all’istante le gote.
Zayn mi guardò e solo in quel momento mi resi conto che fossimo pericolosamente vicini.
Annuì; adesso era a lui che mancava la voce.
“Ti posso abbracciare, Zayn?” Cosa mi stava succedendo? Che cosa diamine stavo combinando?
Mi pentii amaramente della mia domanda non appena lo vidi irrigidirsi sul posto e corrugare la fronte.
“S-scusa, ho sbagliato”, mi ripresi, scuotendo la testa ad occhi chiusi.
Dovevo imparare a controllare ciò che usciva dalla mia bocca. Mi ero messa in ridicolo con un’ingenua domanda inopportuna.
Avevo tenuto gli occhi chiusi, perciò non notai niente di cosa stesse accadendo fino a quando un’inspiegabile fonte di calore non mi avvolse completamente.
Aprii gli occhi e mi ritrovai le grandi braccia di Zayn attorno al bacino e il suo mento poggiato sulla mia spalla. Sentii le sue mani premere sulla mia schiena e il suo collo sfiorare il mio, solleticandomi con la sua barbetta.
Istintivamente lo strinsi anch’io, portando le mani dietro la sua nuca e ancorandomi a lui come fosse l’unica mia fonte di salvezza in un oceano in tempesta. La tempesta c’era davvero, ma dentro di me, non all’esterno.
Non c’era un centimetro che separasse i nostri corpi, non un soffio d’aria in mezzo a noi. Eravamo inscindibilmente stretti l’uno all’altro.
Quell’abbraccio non poté che riportarmi indietro nel tempo, a quel nostro primo meraviglioso contatto. Ma quel fuggevole abbraccio passato non era niente in confronto a questo.
“Grazie”, mormorai.
“Ssshh”, soffiò al mio orecchio, provocandomi mille brividi lungo tutta la pelle.
Senza accorgermene mi ero sollevata sulle punte dei piedi, per raggiungere la sua altezza e approfittare al meglio di quella stretta.
 
Non saprei dire quanto durò, non saprei nemmeno dire come feci a scollarmi da lui. Fatto sta che ci trovavamo per terra, adesso, a gambe incrociate sul pavimento, circondati da pennelli, matite e colori.
Avevamo preso alcuni fogli bianchi dalla scrivania e avevamo deciso di dare libero sfogo alla fantasia.
“Facciamo un gioco”, aveva detto il pakistano, “Ognuno di noi disegna quello che gli passa per la testa al momento, e poi ci confrontiamo. Abbiamo… mezz’ora di tempo!”
Sembrava un bambino preso dall’eccitazione per un nuovo fantasioso gioco.
“Un’unica regola”, aveva continuato, “Dobbiamo essere sinceri al mille per mille.”
Avevo accettato la sfida, o meglio, il gioco, come l’aveva definito lui. Ma ora che mi ritrovavo davanti un foglio bianco non sapevo proprio che fare.
Avevo tracciato più volte delle linee con la matita, ma le avevo cancellate pochi secondi dopo.
La regola era essere sinceri, perciò dovevo disegnare quello che veramente mi passava per la testa.
Mi convinsi a rispettare la regola e diedi inizio al gioco. Zayn era già intento a lavorare nel suo foglio, con così tanta dedizione che quasi lo invidiavo. Chissà a cosa stava pensando… L’avrei scoperto in meno di mezz’ora.
Quando il tempo scadde il cellulare di Zayn squillò e io sobbalzai sul posto a quel suono improvviso. L’idiota aveva messo la sveglia per segnare l’orario preciso della fine del gioco. Prendeva tutto fin troppo seriamente.
Voltai il foglio sottosopra e lo stesso fece lui, per sancire che eravamo entrambi pronti al confronto.
“Il gioco non è finito”, disse d’un tratto.
“Che significa?”, domandai, perplessa.
“Non mostriamo subito i nostri disegni… Facciamoci prima delle domande a vicenda, per capire che cosa abbiamo raffigurato. E rispondiamo solo con si o no.” Quel ragazzo era strano forte. Però l’idea non era tanto male, perciò annuii e pensai subito alla prima domanda da porgli.
“Inizio io!”, esultai, non appena mi venne in mente cosa chiedere, “Hai raffigurato… un paesaggio?”
“No. E tu… hai raffigurato me?”
“No!”, esclamai, quasi infastidita. Ridacchiai appena mi accorsi che stesse scherzando.
“Un animale?”
“No. Un sentimento?”
“Diciamo di si, dai…”, risposi, poco convinta, poi proseguii con la domanda, “Un sogno?”
“No. E’ un sentimento triste?”, chiese.
“No. Tu hai disegnato un essere umano?”
“Si.”
Cadde il silenzio. Ci guardammo vicendevolmente ad occhi stretti, per studiarci meglio.
“Dunque tu hai rappresentato un sentimento felice.”, dedusse lui. Perspicacie!
“E tu hai rappresentato un essere umano.”, lo imitai.
“Di sesso maschile?”, domandai poi.
“No.”
Ed ecco ricadere il silenzio.
“Il tuo sentimento è allegria?”, tentò, ma fallì.
“Nah. Il tuo soggetto è giovane?
“Si.”
“Il tuo sentimento è…” Lo bloccai. Ne avevo abbastanza di interrogatori e risposte monosillabiche.
“Che ne dici se mostriamo i disegni?”, lo guardai amorevolmente e lui ricambiò lo sguardo.
“Al via.”, sancì.
“1…", sussurrai lentamente.
"2…", continuo lui.
"3… Via!”
Voltai il mio foglio verso di lui e Zayn fece la stessa mossa. Il timore di rivelargli cosa io avessi raffigurato fu interrotto da uno shock improvviso.
Alla vista del suo disegno impallidii e spalancai la bocca, esterrefatta.

 

 





Angolo Autrice.

Che cosa avrà mai disegnato il pakistano?? :) Beh, basta continuare a seguire la storia per scoprirlo.
Catherine è a dir poco scioccata, perciò immaginatevi le cose più assurde xD
Anyway... che ne pensate dell'abbraccio? E delle reazioni di Zayn alle opere di Cathy?
Mi sa che comincia a crearsi una certa complicità tra i due... :P
Scrivetemi le risposte a queste mie domande in una recensione, CI TENGO TANTO TANTO.


Ps: alcune di voi pensano che Mike sia un traditore lol
Non volevo anticiparvi nulla ma ormai vi dico che questa vostra idea è sbagliata.
Mike non ha un'altra (al momento).

Ringrazio di cuore tutti quelli che leggono le mie parole, si emozionano e si complimentano con me per le mie storie.
Le recensioni a questa fanfiction mi commuovono particolarmente, perchè per me questa storia è molto importante.
E voi mi rendete così felice con i vostri commenti, davvero, vi adoro!
Sapere che mi seguite sempre è proprio una grande emozione, mi fa sentire quasi... speciale.
In poche settimane che ho iniziato a pubblicare questa fanfiction, siete già in 40 a seguirla.
Forse per qualcuno saranno pochi, ma per me siete tantissimi! E ne sono stracontenta!!
Ed ora, dopo questo sproloquio, posso anche andare via :')

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Capitolo 10
*** Questione di attrazione. ***


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Capitolo nono


 

In quella mezz’ora di silenzio e concentrazione avevo fatto del mio meglio per rappresentare ciò a cui stavo pensando: una trasformazione interiore che mi aveva trascinata indietro nel tempo. Era come se la mia anima fosse rimasta congelata in tutti quegli anni, e ora stesse risbocciando.
Avevo pertanto disegnato un grande albero: nel lato sinistro era ricoperto di neve e ghiaccio, nel lato destro ricco di foglie verdi e fiori azzurri.
La causa dello scongelamento della mia anima era il ritorno di Zayn nella mia vita. E non capivo ancora bene se fosse una cosa positiva o meno; intanto però sentivo l’aria di primavera inebriarmi i sensi, e non accadeva da un pezzo.
Prima di voltare il mio foglio verso di lui avevo un pensiero fisso: paura che lui si accorgesse di essere dentro il mio disegno. Una volta girato il foglio però qualcosa mi distrasse da quel pensiero, qualcosa che stava dentro il suo disegno.
Un divano rosso sangue su cui stava sdraiata una ragazza dai capelli lunghi e mossi e il corpo completamente nudo,  a parte un foulard dello stesso colore del divano che copriva le parti più intime della ragazza.
Avrei scommesso la mia stessa casa che fossi diventata un peperone vivente. Mi sentivo così in imbarazzo che non sapevo se continuare a guardare il disegno “erotico” di Zayn o fulminare lui stesso con lo sguardo.
E la cosa che più mi imbarazzava era la somiglianza che la ragazza sul divano avesse con me.
Zayn mi aveva disegnata stile Jack Dawson che ritrae Rose con il diamante dell’oceano al collo. Avrei voluto annegare con il Titanic piuttosto che stare un minuto di più in quella stanza con Zayn.
 
“Figo l’albero”, la sua voce mi trasse fuori dai miei pensieri.
Strabuzzai gli occhi e lo guardai sconcertata.
“Potresti farne un dipinto. E’ davvero un bello schizzo.”, continuò.
Parlava del mio disegno, e ora io avrei dovuto commentare il suo. Ma davvero non riuscivo a parlare.
Ripresi il controllo di me stessa e mi sforzai di apparire tranquilla.
“Scusami?”, riuscii finalmente ad emettere una parola.
Zayn piegò la testa di lato come non capisse il motivo del mio turbamento. O era un cretino, o si divertiva a farmi impazzire.
“Hai disegnato una ragazza mezza nuda”, puntualizzai.
“Si, insomma.. la regola era quella di essere sinceri…”
Oh, diamine, la regola. La regola diceva che dovevamo disegnare ciò che si passava per la mente ed essere il più sinceri possibili. Lui quindi almeno mezz’ora fa stava immaginandomi svestita  e distesa in posa provocante su un divano rosso. Non sapevo se eccitarmi a quel pensiero oppure irritarmi.
“Sei un pazzo maniaco sessuale”, lo rimproverai, con una smorfia di disgusto.
“Tu oggi mi hai provocato con le coccinelle sexy. Il pensiero di vederti circondata dal rosso mi stava assillando da tutto il pomeriggio”, parlava lentamente, fissando gli occhi dentro ai miei.
Quegli occhi riuscivano a distrarmi, cavolo, vi sarei potuta annegare dentro.
Presi la prima cosa che mi capitò a tiro e gliela lanciai addosso. Era un temperamatite di plastica, che gli finì in pieno petto.
Mi misi in piedi, infastidita, e passai le mani sui jeans per scotolare via la polvere.
“Ti sei offesa per caso?” Un mezzo sorriso fece capolino sulle sue labbra carnose.
Mi voltai verso la scrivania e presi a ordinare i colori sparpagliati su di essa.
Dovevo per caso sentirmi lusingata dalle sue parole  e dal suo disegno? Io invece non facevo che ribollire di rabbia. Odiavo il pensiero di essere guardata solo come oggetto di piacere; c’è tanto altro oltre l’aspetto fisico. Una donna ha dentro mille cose migliori della bellezza del  suo corpo, e mostrare le mie opere a Zayn mi aveva illuso che lui potesse aver visto qualcosa dentro di me oltre che esternamente. Invece mi ero sbagliata, e il suo squallido disegno ne era la conferma.
Una mano ruvida e calda mi carezzò un braccio e non potei non rabbrividire a quel contatto.
“Ehi…”, sussurrò, alle mie spalle.
Sentivo il suo corpo che si stringeva sempre più dietro il mio, e le sue mani che salivano lentamente lungo le mie braccia. Adesso sostavano sulle mie spalle e le massaggiavano con dolcezza. Non volevo sottrarmi a quell’estasi, ma dovevo farmi valere e fargli capire che quel gioco non mi stava bene.
“Scusa”, mormorò, “Ma dovresti apprezzare la mia sincerità, perlomeno. Avrei potuto disegnare un canarino, invece ho preferito essere sincero. Scusa se ti ho dato fastidio.”
Le sue mani adesso giocavano coi miei capelli. Li avevano spostati tutti sul lato sinistro, liberando un angolo del collo. Ed ecco le sue dita sul mio collo. Erano una droga, stavo per svenire, me lo sentivo.
“Sei una ragazza in gamba. Non devi offenderti se sei anche incredibilmente attraente” A quelle parole trasalii. Dovevo svegliarmi immediatamente da quel sogno, o sarei morta prima del tempo.
Sentivo il suo alito mandarmi ondate di calore sulla guancia destra, e le sue dita continuare a solleticarmi la pelle. Istintivamente mi lasciai andare, sfiorando con la mia schiena il suo petto caldo e accogliente. Sarei morta di lì a poco, ne ero più che certa.
Mi decisi a prendere le redini della situazione non appena notai l’ora sull’orologio digitale che c’era sulla scrivania. Erano quasi le sei e mezza, di già. Il tempo era volato e io dovevo buttare fuori di casa Zayn all’istante.
“Non ti biasimo”, dissi, diventando improvvisamente sfrontata. Scostai delicatamente le sue mani dal mio corpo e mi allontanai dalla scrivania.
“Uhm?”, il pakistano mi guardò confuso.
“Tutta colpa delle coccinelle, si, si”, continuai, camminando verso il soggiorno.
Lui mi seguì senza fiatare.
“E’ ora che tu vada via” D’un tratto il tono della mia voce si era addolcito e quasi… rattristato.
“Sei arrabbiata con me?” Il suo sguardo tenero e dispiaciuto mi addolcì ancora di più.
“Ma no…”, gli sorrisi, “E’ stato un attimo di nervosismo. Ma è davvero giunto il momento di salutarci.”
“Okay”, si rassegnò. “Grazie per il pomeriggio. E’ stato… piacevole.”
“Già, non è dispiaciuto neppure a me”, evitai di guardarlo in faccia.
“Penso davvero che tu abbia talento” Era un complimento autentico, ci avrei messo la mano sul fuoco.
 
Quando Mike rientrò a casa io ero ancora stordita da quanto accaduto.
Non sapevo se avrei rivisto Zayn, non sapevo se mi avrebbe cercata ancora, sapevo solo che ero stata bene in sua compagnia. Nonostante certi disguidi…
Avevo capito che ogni essere umano di genere maschile fosse psicologicamente un malato di sesso. Quindi avevo giustificato il suo disegno, e non ero nemmeno tanto lusingata dall’esserne io la protagonista.
Probabilmente Malik non aveva un rapporto sessuale da più di ventiquattro ore, e stare solo in compagnia di una “femmina” per più di un’ora aveva mandato in tilt i suoi ormoni.
Sarebbe capitato con qualsiasi altra ragazza, sicuramente.
Eppure mi aveva dato dell’attraente… e quell’aggettivo si che mandava in tilt i miei ormoni.
One Direction a parte, Zayn era oggettivamente un gran bel figo, e anche se non fossi stata in passato una fan follemente innamorata di lui, adesso sarei rimasta vittima del suo fascino.
E gli attimi di vicinanza e di contatto eccessivo non mi aiutavano affatto. In sua compagnia stavo in una stabilità precaria, col costante timore di cedere all’attrazione fisica e saltargli addosso.
Catherine, Santo Cielo, metti a bada i tuoi ormoni.
C’era però stato un momento in cui nonostante fossimo terribilmente vicini non avevo provato quell’attrazione fisica. Eravamo avvinghiati l’uno all’altra in una maniera pazzesca, eppure durante quella stretta non avevo minimamente pensato a lui come al belloccio dal sorriso malizioso. Mi ero semplicemente lasciata avvolgere dalle sua braccia, e avevo saziato il mio bisogno di calore. Ma credo fosse stata una cosa reciproca. I suoi muscoli contratti attorno a me e il battito accelerato del suo cuore erano indizi che mi portavano a credere che lui non stesse solamente saziando me, ma anche un po’ se stesso.
 
In quell’esatto momento guardavo la tv seduta sul divano di fianco a Mike, ma non stavo seguendo per niente il film poliziesco che trasmettevano sul primo canale.
“Amore, ho sonno. Vado a letto, okay?”, biascicai, cercando con i piedi le pantofole sul tappeto.
“Stai bene?”, mi chiese il mio ragazzo, guardandomi con aria preoccupata.
“Si, certo. Sono solo stanca”, spiegai, mentre mi mettevo in piedi.
Lui annuì e tornò a prestare attenzione al film.
Inutile dire che arrivata in camera da letto non riuscii a prendere sonno facilmente. Mi giravo e rigiravo sul materasso senza tregua, spostavo il cuscino sotto la mia testa e piegavo e stendevo le gambe alla ricerca di una posizione che mi desse sollievo e mi trascinasse nel mondo dei sogni.
Solo quando sentii Mike aprire la porta e raggiungere il letto, finsi di essere immersa in un sonno profondo, e nella finzione riuscii davvero ad addormentarmi.
Durante la notte sentii una mano carezzarmi un fianco, e presa dalla sonnolenza credetti si trattasse di Zayn. Perciò sollevai la testa di scatto alla ricerca dei suoi occhi castani che mi guardavano intensamente, ma non li trovai. C’era Mike accanto a me che allungava le mani sotto le lenzuola come per assicurarsi che io non scappassi via, lo faceva spesso. L’avevo sempre trovato adorabile come gesto.
Ora però mi dava parecchio fastidio; aveva disturbato i miei
sogni, e sarebbe stata un’impresa ardua recuperarli.





Angolo Autrice.

Helloooo! Avete capito com'è pervertito il nostro Zayn?? ahahah!!
E certo che Cathy è scioccata! u.u E poooi l'attrazione tra i due... aaaahh!
Li farò impazzire, poverii! Intanto è rispuntato Mike! Yuppyy! xD
Dal prossimo capitolo sarà più presente, per la vostra (in)felicità lol
Spero che il capitolo vi sia piaciuto abbastanza :)
Vi saluto tutti singolarmente con tanti bacini e abbracci, sono molto sdolcinata stasera <3

 

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Capitolo 11
*** Stress. ***


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Capitolo decimo



Domenica di noia e riflessione, ecco come avrei definito la giornata appena trascorsa.
Sveglia tardi, compiti da correggere e pulizie casalinghe. Un mix perfetto per tenere la mente occupata e non pensare a Zayn.
Ma che cavolo dico, non ho fatto altro che pensarlo ogni singolo istante.
La verità era che mi aspettavo di ricevere un suo messaggio, si, anche solo un messaggio di pura cortesia. E invece l’idiota non si era fatto vivo, e io non intendevo di certo scrivergli qualcosa. Dovevo mantenermi inflessibile, almeno per oggi.
La Domenica sera si mangiava pizza, era ormai una tradizione imprescindibile. Mike era appena rientrato con una grande scatola in mano contenente una Margherita fumante. Non vedevo l’ora di addentarla.
 
“Amore, sei strana ultimamente”, disse di punto in bianco il mio ragazzo, sovrastando le voci che provenivano dal telegiornale. Io stavo ancora mangiando la mia seconda fetta di pizza, dovetti arrestarmi per rispondergli.
“Che intendi per strana?”, chiesi, rimanendo vaga.
Sapevo bene che intendeva, ma speravo con tutto il cuore che non capisse un cavolo. Tentavo di comportarmi il più naturale possibile in sua compagnia, affinché non scoprisse che mi fossi vista con Zayn. Ma a quanto pareva notava comunque che qualcosa non andava. Tutto sommato era un poliziotto, aveva un intuito incredibilmente acuto.
E io mi sentivo una stronza colpevole, nonostante non fosse successo niente fra me e Zayn, in quel senso.
“Sei sempre sovrappensiero e… insomma, poi altre cose…”
“Altre cose?”, chiesi spiegazioni, perché davvero non capivo dove volesse arrivare.
“Cathy in questi giorni mi hai sfiorato a malapena. Non sembriamo quasi più nemmeno una coppia” La sua voce era divenuta più seria e profonda.
“Non dobbiamo per forza andare a letto insieme per dimostrare di essere una coppia. Se c’è qualcosa che non va parliamone”, replicai, quasi infastidita dalle sue parole.
Cosa pretendeva? Non eravamo mai stati quel tipo di fidanzati sdolcinati, tutti coccole e cuoricini. E poi lui era poco presente, troppo preso dal lavoro e quant'altro.
“Okay, parliamone”, poggiò le mani sul tavolo e puntò gli occhi in mezzo ad esse, “Ho trovato un cd degli One Direction dentro lo stereo. Non sapevo che esistesse ancora, e mi ha stupito a maggior ragione trovarlo lì.”
Esitai prima di trovare una risposta esauriente. Come potevo giustificare il cd nello stereo? Ma soprattutto, perché mai dovevo giustificarlo? Non ero libera forse di ascoltare quello che mi pareva?
“L’ho trovato tra le scartoffie in soffitta quando ho messo in ordine. Ho voluto risentirli, tutto qui.” Ripresi a mordere la mia pizza, con nonchalance.
“C’entra qualcosa l’incidente con Zayn del mese scorso? Davvero, Cathy, voglio solo capire. Perché di punto in bianco ti viene voglia di risentirli? Non te ne importava più nulla, dicevi”, si guardava intorno, cercando un senso logico al mio comportamento, un senso logico che nemmeno io ero ancora riuscita a trovare.
“L’incidente non c’entra nulla. Mike, fidati di me” Giocai sul suo punto debole: la fiducia.
Un giorno tra i primi mesi che eravamo fidanzati, lo avevo beccato a letto con una bionda: era stato un trauma. Mi ero sentita persa, perché avevo sempre visto in Mike un punto di appoggio, una certezza. In quel momento però mi era crollato il mondo addosso, ed ero scomparsa dalla sua vita per settimane. Non rispondevo alle chiamate né ai messaggi, e lui non sapeva dove cercarmi. Mi ero rifugiata da un mio cugino in centro, poi mi ero convinta a tornare indietro. Avevo ceduto alle sue suppliche e mi ero convinta a credere che fosse pentito. La verità era che non l’avevo mai perdonato, ma senza di lui ero davvero persa. Con lui ero cresciuta, ero diventata donna, ero diventata la Catherine di oggi.
Eppure continuai a vivere nel costante terrore che lui mi tradisse, che mi facesse precipitare di nuovo nel fosso delle incertezze. Col tempo poi avevo ricominciato a volergli bene e ad amarlo, dicevo. A dargli fiducia.
Fiducia, ecco la parola che lo metteva in ginocchio.
“Mi fido di te”, mormorò, “Però adesso vorrei chiarire un’altra cosa…”, riprese.
Lo guardai ansiosamente e aspettai che proseguisse.
“C’è un disegno… nel tuo studio… Ecco, non credo sia tuo”, disse, gesticolando nervosamente.
“Q-quale disegno?” Quasi mi affogai prendendo un lungo sorso di coca cola.
“Non è nel tuo stile, insomma…” Si riferiva di certo al disegno che Zayn aveva lasciato sul pavimento lo scorso pomeriggio. Dannazione.
“Da quand’è che tu riconosci il mio stile, scusa?” Ridacchiai, cercando di rendere la conversazione più leggera. In realtà lui non si era mai molto interessato alla mia passione per l’arte, per davvero.
“Quindi è tuo?!” Sembrava scioccato da quella notizia, ma non potei che annuire. Che altro potevo fare? Confessargli che Zayn mi aveva ritratto mezza nuda, avendolo invitato a casa nostra, dopo che avevamo fatto colazione insieme, la mattina seguente alla mostra, dove c’eravamo incontrati per caso? Sarebbe stato come scavarmi la fossa da sola e sotterrarmici pure.
Quando riuscimmo a deviare l’argomento della discussione, mi sentii incredibilmente sollevata. Mike non sospettava niente, o almeno così mi stava facendo credere. E io volevo crederci, per non appesantire maggiormente la mia povera mente.
Intanto erano passate ventiquattro ore dall’ultima volta che avevo visto e sentito Zayn Jawaad Malik, e mi mancava già tanto.
Perché proprio io? Perché dovevo cacciarmi in un casino simile?
 
Passò anche la notte, e la mattina seguente ripresi la routine quotidiana.
A scuola era una palla assurda. I bambini erano stressati e distratti, come ogni lunedì, ed io più di loro. Non mi andava nemmeno di rimproverarli o riportarli all’attenzione.
“Prof! Prof!”, urlava la vocina squittente di una mia alunna seduta a primo banco. Probabilmente l’unica in tutta la classe che mi dava retta. Ma che motivo aveva di urlare se mi stava a distanza di mezzo metro?
“Può ripetere l’ultima cosa che ha detto? Non ho capito bene”, continuò la ragazzina.
Quale era l’ultima cosa che avevo detto? Oh, questa qua pretende troppo. E’ già tanto se riesco a condurre una lezione intera. Addirittura dovrei ricordarmi di ciò che dico?
Non era giornata: caso chiuso. Non ero mai stata tanto distratta a lavoro, e non vedevo l’ora di tornare a casa.
Provai a rispondere all’alunna e poi a concludere decentemente il resto della lezione. Ero esausta e nervosa. E non sapevo nemmeno il motivo di tale nervosismo.
C’entrava forse il fatto che Zayn non mi aveva più cercata? No, sicuramente no.
Allora forse era perché Mike quella mattina mi aveva rimproverata per aver perso il suo scooter? Ma dai, dopo pochi minuti aveva creduto alla menzogna che me l’avevano rubato due ragazzacci in centro.
Allora perché ero nervosa? Non me lo spiegavo proprio.
Raccolsi le mie cose e abbandonai l’aula.
Susan, la mia collega, mi fermò in corridoio mentre m’incamminavo verso l’uscita.
“Cathy, tesoro!”
“Ehi…”, ricambiai il saluto, con un po’ meno entusiasmo.
“Vuoi un passaggio?”, mi chiese, gentilmente.
“Oh, no! Grazie del pensiero, ma oggi passa a prendermi il mio ragazzo”, risposi, rivolgendole un sorriso forzato.
Susan era sempre così solare e gentile con tutti, pareva non avesse mai una giornata negativa. Come era possibile? In quel momento la invidiavo davvero.
“Va bene, buona giornata allora”, ricambiò il sorriso e fece per allontanarsi. Ma si arrestò dopo due passi, voltandosi di nuovo verso di me.
“Ah… quasi dimenticavo! Domani sera festeggio il compleanno, e sarei davvero felice se tu e Mike veniste!”, disse, con un’eccitazione esagerata. Poggiò la borsa per terra, vicino ai piedi, e con le mani prese a sistemare l’elastico che legava i suoi corti capelli rossicci in una piccola coda.
La osservai mentre trafficava con l’elastico e poi riprendeva in mano la borsa, senza perdere per nemmeno un secondo il sorriso dalla faccia. Quella donna era davvero da invidiare.
“Vedo se Mike è libero e ti faccio sapere. Mi farebbe piacere venire!”
“Okay, baby. A domani!” Si allontanò rapidamente sulle sue comode ballerine, e in quel momento la invidiai ancora di più. Perché quella mattina avevo deciso di indossare delle scarpe coi tacchi?
Uscita da scuola aspettai un paio di minuti Mike, ma di quello non c’era nemmeno l’ombra, perciò lo chiamai al cellulare. Mi sedetti su una panchina, aspettando che lui rispondesse, ma l’unica voce che sentii dall’altra parte della cornetta era quella della segreteria telefonica.
Non poteva andare peggio di così, ci mancava solo Mike che tardava. Quella giornata non ne andava una per il verso giusto finché…
Un “bip” al cellulare mi avvertiva di un nuovo messaggio, e istintivamente pensai fosse Mike che rispondeva alle mie chiamate.
 
“Posso rapirti per pranzo?”
 
Non era Mike, non era affatto lui. Zayn mi invitava a pranzo, e io avrei accettato senza pensarci su due volte se non fosse per il fatto che aspettavo che il mio ragazzo mi venisse a prendere.
Non ebbi il tempo di pensare ulteriormente che mi arrivò una chiamata.
“Pronto, amore?”
“Mike, che fine hai fatto?”, risposi, acida.
“Scusami tesoro, non ce la faccio coi tempi. Pranzo a lavoro. Tu fatti accompagnare a casa da quella tua collega… Sarah…”
“Si chiama Susan.” E se mi avessi avvertita prima avrei accettato il suo passaggio.
“Mi farò perdonare, lo prometto”, disse, mortificato.
“Non fa niente, dai. A stasera” Riattaccai.
Adesso rimaneva solo una cosa da fare: rispondere al pakistano.







Angolo Autrice.

I pezzi del puzzle pian piano si ricompongono. Allora, cosa avete scoperto oggi?
Che Mike è un poliziotto, mmm... Poi, che ha tradito in passato la nostra Cathy,
e che ora le ha dato buca all'appuntamento! Non è un santo di fidanzato come sembra, eh.
Zayn invece è scomparso per un giorno e mezzo e ora ricompare con questo messaggino :3
Catherine è riuscita a mentire abbastanza bene a Mike, no?
Col fatto del cd, del disegno... Ma quanto durerà la recita??
Eeee quindi al prossimo capitolo torna Malik uhuhuh!
In quante lo aspettano con ansia? RECENSITE e accorcio i tempi d'attesa :')

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Capitolo 12
*** AP-PUN-TA-MEN-TO? ***


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Capitolo undicesimo




“Un rapimento mi sarebbe utile in questo momento”
 
Risposi tutto d’un fiato, senza pesare troppo le parole. Avevo davvero voglia di scappare, e avevo voglia di rivederlo. Ecco la verità che non riuscivo a mandare giù: Zayn piano piano stava entrando di nuovo nel mio cuore.
Mi scrisse istantaneamente, cogliendomi alla sprovvista.
 
“Dimmi dove sei”
 
Secco e deciso. Bene, avrei risposto allo stesso modo.
Scrissi la via e l’indirizzo esatto e mi misi paziente ad aspettare. Chissà dove si trovava e quanto tempo avrebbe impiegato per raggiungermi, però aspettare non mi pesava, non ora che sapevo che avrei passato del tempo con lui.
In effetti non attesi nemmeno molto, mi sembrarono pochi secondi quelli trascorsi a giocherellare con il laccio della mia maglia larga… ed ecco una Bentley nera fiammante fermarsi a pochi passi da me.
Era la stessa macchina con cui mi aveva accompagnato a casa dalla stazione dei carabinieri, ma quella volta ero troppo sotto shock per prestare attenzione alla marca dell'auto.
Non esitai a raggiungerlo, aprii lo sportello e mi sedetti al suo fianco.
“Ciao Catherine”, mi salutò, con quel suo solito tono provocatore. Aveva pronunciato ormai così tante volte il mio nome che avrei dovuto averci fatto l’abitudine, ma sentirglielo dire ogni volta mi destabilizzava.
Mai nessuno mi aveva chiamata con questa cadenza suadente; ‘Catherine’ che fuoriusciva dalle sue labbra diveniva il nome più bello del mondo.
“Ehi”, ricambiai, sorridendo impercettibilmente.
“Tutto okay?”
Mi accorsi che non aveva spento la macchina quando si era fermato, perciò bastò premere un po’ sull’acceleratore per partire. E partì come un razzo.
“Si, è tutto okay” In effetti avrei voluto continuare a parlare. Avrei voluto dirgli dei miei problemi a lavoro, con Mike, con il mondo. Avrei voluto chiedergli perché mi aveva cercato proprio adesso e perché voleva vedermi ancora. Ma tacqui.
“Meglio così”, cominciò, “Ti devo portare in un posto.”
“Non ci posso credere! Pensavo saremmo rimasti in macchina, qui, di fronte la scuola!”, mi finsi sconvolta dalla notizia, portando una mano al petto e sbarrando gli occhi.
“Simpatica”, rise a malapena, poi riprese, “Hai un appuntamento.”
“C-cosa?!” Time-out, time-out, time-out. Cosa sentivano le mie orecchie? Appuntamento? AP- PUN-TA-MEN-TO?! Oh, non ero mai stata brava con le divisioni in sillabe.
“Si, un appuntamento”, replicò, con nonchalance.
Un attimo di riflessione: Malik mi stava portando ad un appuntamento con non-so-chi senza chiedermi nemmeno prima il permesso. Cioè… un appuntamento.
Davvero pensavo che quest’idiota mi avrebbe fatto passare un paio d’ore di relax puro? No, dovevo smetterla di illudermi tanto facilmente. Ogni volta che ero in sua compagnia scoppiavo in crisi di nervi.
“Ma cosa ti salta in mente?!”, gridai, infastidita. Quasi saltai sul sedile, per l’impeto che m’invase.
“Dai, stai calma! E’ un mio amico…” Non volli sentire altre assurdità, lo frenai di colpo.
“Ferma questa auto e fammi scendere!”
Ma stava scherzando o diceva sul serio? Gli parevo una disperata depressa alla ricerca di un uomo? Un paio di giorni che mi conosceva e già mi presentava ad ‘un suo amico’. Oh, questo era troppo.
“Non capisci, Catherine…” E insisteva pure, il cretino.
“Senti, ho già un fidanzato. E anche se fossi stata single non avrei accettato un appuntamento con uno sconosciuto!”, parlavo di fretta, impapocchiando le parole alla ricerca di una calma interiore che pareva inesistente.
“Ma che hai capito! Non è un appuntamento galante quello che ti sto proponendo.”, divenne serio di punto in bianco, mentre io riflettevo su ciò che gli avevo appena rivelato.
“Ah… sei fidanzata?”, chiese. Eccolo.
Mi bloccai qualche secondo, poi mi decisi ad essere sincera in tutto e per tutto.
“Si, io e Mike stiamo insieme ormai da tre anni.” Abbassai lo sguardo, quasi mi sentivo colpevole. Ma colpevole di che? L’unica colpa che avevo era quella di mentire al mio ragazzo. A Zayn non dovevo rendere conto proprio di nulla.
“Ah… auguri.” Era come impacciato, non sapeva che altro dire e non distoglieva lo sguardo dalla strada.
“Già. Ma… se non si tratta di un appuntamento galante… allora perché dovrei vedere questo tuo amico?”
“E’ un critico d’arte, molto influente a Londra. Possiede diverse gallerie in centro e ieri l’ho cercato per parlargli di te.”
Santo Cielo, Cathy sei una stupida. Zayn aveva fatto questo per me, e io gli avevo urlato contro, sputandogli addirittura in faccia che fossi fidanzata.
“Oddio Zayn… non so che dire.” E non sapevo davvero che dire. Lui era stato fin troppo gentile e io mi sentivo un’emerita idiota.
“Tranquilla, avevi frainteso. E’ un incontro di lavoro, chiamalo così. Se pensi che al tuo fidanzato possa dare fastidio però posso accompagnarti a casa.” Oh, cavolo, perché doveva andare a parare proprio lì.
“No, no.”, scossi la testa, “Mike capirà.”
 
Il resto del tragitto in macchina fu esasperatamente silenzioso.
Perché Zayn aveva fatto tutto questo per me? Era una domanda che mi dava il tormento. Davvero, in ben ventisei anni mai nessuno si era interessato alla mia passione per l’arte, mai nessuno mi aveva detto che avessi talento, mai nessuno mi aveva offerto opportunità del genere.
E perché aveva reagito in quel modo alla scoperta di Mike? Forse… gli interessavo?
Che stupida, Cathy, lui è Zayn Malik. Non si interesserebbe mai a te.
La stessa frase che mi ripetevo anni addietro, la stessa che aveva assillato milioni di directioner in tutto il mondo.
Guardavo fuori dal finestrino, mentre la lussuosa auto di Jawaad sfrecciava silenziosamente sull’asfalto. Non mi fidavo molto della sua guida, a maggior ragione dopo l’incidente, ma mi costrinsi ad avere fiducia in lui.
Quando posteggiò mi accorsi che eravamo in un grande parcheggio e non conoscevo completamente quel posto. Mai stata lì prima d’ora.
Scesi dall’auto e mi limitai a seguirlo in silenzio.
D’un tratto si arrestò e si voltò verso di me, mi guardava serio e impassibile.
“Questo è il ristorante.”, indicò un edificio alla sua destra. “Walter sarà già dentro, ci vediamo dopo.”
“Tu non stai con noi?”, chiesi timidamente.
“No, ma ti vengo a prendere quando avrete finito.”
“Oh, va bene.”, annuii, poco convinta. Lo vidi allontanarsi, senza nemmeno salutarmi.
“Zayn!”, lo richiamai. Lui si voltò, aspettandosi che io parlassi. Ma perché l’avevo chiamato? Che avevo da dirgli? “Quindi… si chiama Walter?”
Bella figura da idiota, Catherine Mason, complimenti.
Zayn annuì e tornò subito per la sua strada. Io presi un respiro profondo e mi decisi ad andare al mio ‘appuntamento’.
 
“Lei deve essere Catherine.”, un signore ben vestito, con pochi capelli neri in testa ed un naso che faceva concorrenza a Dante Alighieri, mi porse la mano.
“Walter?”, chiesi, titubante.
“Oh-oh-oh”, pareva Babbo Natale per come rideva, “Io sono solo un assistente. La accompagno al suo tavolo.”
Ecco la seconda figura di merda. Va sempre meglio Cathy, forza!
L’ambiente lì dentro era eccessivamente elegante e ringraziai il cielo di aver indossato i tacchi quella mattina. Certo, delle scarpe da tennis non mi avrebbero provocato quelle fitte dolorose alle dita e ai talloni, ma di certo sarei parsa meno… professionale.
Strinsi i pugni, stropicciando la maglia larga e allontanando lo stress. Dovevo essere sicura di me.
Si sa come sono i critici d’arte, fanno tanto i sapientoni e hanno sempre il muso lungo. Sarebbe stato difficile impressionarlo o strappargli un sorriso. Ero in ansia e mi chiedevo se fossi ancora in tempo per voltarmi e uscire di lì a gambe levate.
D’un tratto mi ritrovai di fronte a un tavolo per due, dall’altra parte sedeva un tizio sulla quarantina che mi scrutava attentamente. Ecco il verdetto finale: avevo ragione a tutti gli effetti.
“Catherine, tesoro! Accomodati, prego!”, si rivolse a me, gesticolando con le mani.
Mi sbagliavo: il signore qua pareva molto socievole. Vestiva casual e si comportava con molta naturalezza, ciò mi tranquillizzò e mi mise più a mio agio.
Mi sedetti e gli sorrisi.
“Dunque, dunque, dunque…”, iniziò. Lo guardai attentamente, in attesa di una continuazione, ma non continuava a parlare. Si era bloccato, e ora forse toccava a me prendere parola?
“Ordiniamo?”, proposi. Oh, mi sentivo una tale idiota in quel momento.
“Certo! Thea, portaci due piatti di spaghetti al pomodoro!”
Ma che gentile, sceglieva pure il pasto per me. Fortunatamente non mi dispiaceva la pasta al pomodoro.
“Dunque, dove eravamo rimasti?”
Mi prendeva in giro? Non avevamo ancora parlato di nulla praticamente.
“Non so, lei mi stava…”, non mi fece proseguire.
“Oh, non darmi del lei, sciocchina! Mi fai sentire così… antiquato!”, scoppiò in una risata fragorosa. Io finsi di ridere insieme a lui, per evitare di guardarlo come si guardano i pazzi.
“Parliamo di affari, che dici?” Poggiò un gomito sul tavolo e il mento sul palmo della mano.
“Ehm, si”, acconsentii. Non avevo idea di cosa gli avesse detto Zayn di me, perciò non sapevo proprio cosa dirgli, ma per fortuna parlò lui per primo.
“Sono disposto a esporre due delle tue opere alla mia prossima mostra nel week-end.” Era divenuto improvvisamente serio. Sbarrai gli occhi alle sue parole e deglutii.
“M-ma non hai mai visto nessuna delle mie opere…”
“Mi fido di Jawaad. Lui se ne intende, riconosce i talenti.”
Oddio, Zayn gli aveva detto che ero un talento. Mi mancava l’aria.
“Due spaghetti al pomodoro!”, esclamò di punto in bianco una ragazza al mio orecchio, facendomi saltare in aria. Ma che diamine, rischiavo perennemente di rimanere sorda.
“Grazie.”, la fulminai con lo sguardo. Quella ci servì i piatti e andò via senza più fiatare.
“Oh, qui fanno i migliori spaghetti al pomodoro del mondo!”, esordì Walter armandosi di forchetta e cucchiaio.
“Non credo battano i ristoranti italiani.”, replicai. Ero stata in Italia un paio di anni addietro ed effettivamente in quel paese avevo mangiato da Dio.
Cominciammo a mangiare e il silenzio non pesava affatto, forse merito della bontà della pasta. Non aveva tutti i torti il critico d’arte.
Solo quando svuotammo i piatti riprendemmo la conversazione.
“Quindi accetti?”, mi chiese.
“Accetto… cosa?”
“Di darmi in prestito due opere per la mostra, tesoro! Ma ci sei o ci fai?!”, rise con fare femminile e io lo guardai sconvolta.
Ma era gay?
“O-okay.”, risposi, poco convinta.
“Allora ecco, questo è il mio biglietto da visita. Vienimi a trovare nei prossimi giorni e ti aggiorno sui dettagli.”, mi porse un cartoncino bianco.
Annuii e conservai il biglietto in borsa.


 




Angolo Autrice.

Salve splendori! :) Rieccoci in compagnia di Cathy e Zayn...
Allora, che ve ne pare? Sinceramente: non sapevo che fare accadere in questo capitolo, per questo ho tardato a postarlo.
Nella mia mente non ho un idea precisa di come si evolveranno le cose, perciò sarà ogni volta una sorpresa,
sia per voi, che per me lol Quindi aspetto i vostri pareri!
Zayn ha scoperto di Mike, e un peso ce lo siamo levati xD Ora Mike dovrebbe scoprire di Zayn... mmm...
Questo Walter invece che impressione vi fa? :) Oh, per me è un tesooooro!
Si, è gay xD E non sarà una figura poco presente nella storia, credo me ne servirò, già già.

Posso amarvi? Si, vi amo! Siete in molte a seguirmi, incoraggiarmi e contattarmi
e io vi amo infinitamente! Spero di non deludervi mai con questa fanfiction <3

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Capitolo 13
*** Castelli di sabbia. ***


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Capitolo dodicesimo




Appena il tempo di mettere piede fuori dal ristorante che ricevetti la chiamata di Mike.
“Pronto, amore, che fai?”, mi chiese, fingendosi davvero interessato.
“Ho finito adesso di pranzare”, non mentii.
“Che hai preparato di buono?” Come mai tutto quest’interesse?
“In realtà ho mangiato fuori…” Non volevo dirgli più alcuna bugia.
“Ah… si? E… con chi?”
“S-sono con Susan!” Okay, una bugia piccina non avrebbe fatto male a nessuno.
“La tua collega, si!” Era evidentemente più rilassato. “E che…”
Non sentii più alcuna parola poiché il suono di un clacson alle mie spalle mi trapanò le orecchie, come se non bastassero tutti gli attentati che la gente tramava contro il mio udito.
Mi voltai e vidi Zayn seduto al posto guida che mi osservava seccato. E adesso che cosa aveva quello?
“Mike devo chiudere, Susan mi chiama”, tagliai corto.
“Vai pure. Io rientro tra un paio d’ore”
Mi avvicinai all’auto e risposi: “Okay amore, a dopo”
Chiusi la chiamata e aprii lo sportello nello stesso momento. Salii in macchina e guardai attentamente Zayn, per capire che cosa gli frullasse per la testa.
Ruotò il manubrio e si immise in strada, non sapevo se mi avrebbe riportato a casa o aveva in mente un’altra sorpresa. Mi ero promessa di non fargli più alcuna sfuriata in ogni caso.
Volevo parlargli, ringraziarlo per avermi presentato a Walter, e per tutto il resto. Ma lui pareva incavolato, chissà per quale insulso motivo, e non volevo recargli ulteriore disturbo.
C’era la radio accesa ma nessuna musica di sottofondo, bensì un noioso dialogo tra due politici del momento.
“Era lui?” La voce del pakistano mi sorprese. Sobbalzai sul posto e lo guardai, corrugando la fronte. Quelle parole erano uscite dalle sue labbra? Sul serio?
“C-come? Lui chi?”
Zayn guidava con fastidiosissima concentrazione e non intendeva guardarmi nemmeno di sottecchi.
“Il tuo ragazzo, al telefono… Non che m’importi. Chiedevo così, tanto per…” Oddio, era super impacciato e super dolce. L’avrei stritolato in un abbraccio se solo non fossimo stati nel bel mezzo dell’autostrada. Okay, non l’avrei abbracciato nemmeno se fossimo stati fermi, non ne avrei avuto il coraggio.
“Si, era lui.” Perché non riuscivo a mentirgli? Perché era così facile nascondere la verità a Mike, mentre con Zayn mi sentivo divorare da un tremendo senso di colpa se solo pensavo ad una piccola, innocua bugia?
“Era arrabbiato? Vuoi che parli con lui per spiegargli la situazione?”
“N-no! Che diavolo dici?!”, sussultai. Ma che aveva al posto del cervello? Gorgonzola ammuffito?
Se quei due avessero parlato, o se anche solo si fossero visti, sarebbe stata la mia fine.
Mi ricomposi e risposi con più calma, “Non c’è bisogno Zayn, grazie del pensiero. Hai già fatto tanto per me…”
“Ma non ho fatto nulla… Te lo meritavi.” Perché le sue parole riuscivano a toccarmi il cuore, ogni volta?
Lui credeva in me, pensava che io meritassi di conoscere Walter perché credeva in me e nel mio talento.
Lo guardai per qualche secondo, ammaliata. Io era follemente innamorata di quel ragazzo, e non potevo continuare a ripetermi che fosse solo il ricordo di una cotta adolescenziale.
“Ti ringrazio di cuore”, mormorai. Ero nei guai, e ne ero a conoscenza già da un paio di giorni, ma adesso non lo negavo più, perciò ero doppiamente nei guai. Ammettere ciò che si prova è il primo passo verso l’accettazione. Una cosa del genere l’avevo letta in qualche libro di psicologia, quando ero più giovane e spensierata.
“Catherine, non devi ringraziarmi. Vuoi che ti lasci a casa?” Lo chiese come se gli dispiacesse farlo.
“C’è una seconda opzione?”
 
Era tutta la giornata che non vedevo l’ora di togliere quelle scomode scarpe coi tacchi, e Zayn parve leggermi nella mente quando mi propose di andare al fiume.
Passeggiavamo a piedi scalzi sulla sabbia, attenti a non sfiorarci. C’era qualcosa che scattava tra i nostri copri quando venivano a contatto, qualcosa di… elettrico. E non lo percepivo solamente io, a quanto pareva.
Avevamo lasciato le scarpe in macchina e c’eravamo subito diretti alla riva del fiume, stranamente deserta. Di solito era un luogo molto frequentato, specialmente nelle belle giornate come quella di oggi. Ed era un evento raro che qui a Londra ci fossero belle giornate nei primi giorni di primavera, quando ancora residui d’inverno influenzavano le temperature.
Ci sedemmo per terra ed io affondai presto i piedi sotto i granelli di sabbia; era una sensazione piacevole e rilassante. La sabbia mi ricordava il passato, le giornate al lago passate in famiglia, quando riempivo secchielli di acqua e costruivo castelli di sabbia. Quei castelli erano il mio regno, li progettavo con cura e dedizione, ed era terribile vederli sgretolarsi per colpa del vento o di qualche passante disattento.
Immersa per com’ero nel relax di quella posizione, non mi accorsi nemmeno di Zayn che mi fissava già da un pezzo. Quando lo notai però lui non distolse lo sguardo.
“Che c’è?”, chiesi. Mi sentivo a disagio ad essere osservata in quel modo. Allo stesso tempo però adoravo quel suo sguardo metallico così sexy e provocante.
“Ti piace la sabbia?” Scorsi un cenno di sorriso sul suo volto.
Annuii alla sua domanda.
“Sei sicura della tua risposta?”, chiese. Lo guardai perplessa, poi capii.
Prese un pugno di sabbia con una mano e me lo gettò sulla maglietta, dopodiché corse via ridacchiando.
“Idiota!”, lo rimproverai, ridendo. Lo ripagai con la stessa moneta, raccogliendo la sabbia con le mani e rincorrendolo a pugni stretti.
“Attenta a quello che fai!”, mi minacciò.
Gli gettai i granelli alle spalle ma lui non smise di correre.
“Mi è entrata nei boxer!”, urlò, infastidito.
Io risi ancora più fragorosamente, mentre lui saltellava in maniera buffa per scotolare via il fastidio da là sotto.
“Sei un cretino”, affermai. Mi gettai a terra a pancia in su e continuai a ridere a crepapelle. Era un secolo che non ridevo con tanta sincerità.
“Ti pentirai di ciò che hai fatto, donna.” Puntò l’indice contro di me e si avvicinò minacciosamente. Mi preparai all’attacco, affondando le dita nel terreno, ma lui mi precedette, impastandomi completamente i capelli di sabbia.
Ci ritrovammo a rotolarci per terra come facevo da piccola, quando giocavo a fare la lotta coi miei cuginetti.
Zayn era in vantaggio, io non riuscivo più a farmi valere, tanto che ad un certo punto lui fu clemente. Si mise in ginocchio e sollevò entrambe le mani, come un criminale davanti i poliziotti.
“Basta, ho vinto”, annunciò.
Io approfittai del suo momento debole per saltargli addosso e gettarlo con le spalle a terra. Gli bloccai le braccia con le mani e proclamai: “Ti sbagli, ho vinto io.”
Non mi resi conto della posizione in cui ci trovavamo finché non lo vidi sorridere sotto i baffi.
“Hai ragione”, bisbigliò.
Ero distesa completamente su di lui, una gamba distesa in mezzo alle sue e l’altra piegata vicino al suo bacino. I nostri volti si distanziavano di pochi centimetri e potevo sentire con chiarezza i battiti del suo cuore che acceleravano contro il mio petto.
I nostri respiri affannosi si confondevano, proprio come i pensieri nella mia testa.
Era come in uno dei miei sogni di tanti anni fa: ogni volta mi ritrovavo tanto vicina a lui e, con gli ormoni in subbuglio di quell’età, non facevo che provare a baciarlo… ma lui spariva di punto in bianco. Sempre la stessa storia.
Adesso non ero più una diciassettenne dalle crisi ormonali, ma non ero nemmeno nel mondo dei sogni. Perciò non potevo avventarmi sulle sue labbra morbide e invitanti. Per di più avevo un fidanzato, e Zayn lo sapeva, non avrebbe fatto alcun passo falso.
Mi correggo, ecco il passo falso di Zayn: si inumidì le labbra con la lingua e posò gli occhi sulle mie labbra. Le guardava come se le desiderasse ardentemente ed io temevo di perdere i sensi ancora prima di rendermi conto della vera e propria situazione in cui mi trovavo.
Non controllai i miei movimenti e mi abbassai leggermente verso di lui, avevo bramato quel bacio così tanto che adesso la mia mente offuscata non sapeva più consigliarmi. Non riuscivo a distinguere il giusto dallo sbagliato. Ma lo distinsi in tempo, e feci per tirarmi indietro, quando Zayn sollevò il capo ed io temetti che sfiorasse le mie labbra. (S)fortunatamente tutto ciò che fece fu poggiarmi un piccola bacio sulla guancia.
Avevo sbagliato a pensare di volerlo davvero, e avevo sbagliato a pensare che anche lui lo volesse. Perché in fondo si, l’avevo anche sperato. Ma Zayn Malik non mi avrebbe mai baciato sulle labbra, non accadeva nei miei sogni da ragazzina, né tantomeno nell’attuale realtà.
Dio, quanto mi sentivo stupida. Avevo chiaramente sancito che non dovevamo avere nessun contatto, e poi gli ero addirittura saltata addosso. Oh, mi aveva sicuramente preso per una pazza schizofrenica.
Quando fummo entrambi in piedi, mi passai le mani sui jeans e la maglia, per ripulirmi dalla sabbia e per non guardare Zayn in faccia mentre mi diceva che ora era.
A proposito, tanto ero intenta ad ignorarlo, che non sentii nemmeno ciò che mi disse. Dopotutto non m’importava sapere che ora era…
Mi passai una mano anche tra i capelli, e constatai che fossero irrecuperabili.
Una carezza sulla guancia mi costrinse a sollevare lo sguardo verso di lui. Le sue dita scesero anche sul mio collo e scostarono i capelli che mi cadevano sulla spalla destra, portandoli dietro la schiena.
Deglutii, costringendomi a non tremare o addirittura svenire a quel tocco inaspettato.
“Mi porti a casa?”, lo supplicai quasi.
Ero un libro aperto, lo avevo sempre saputo. Decifrare il mio umore era un gioco da ragazzi; e scommettevo che Zayn avesse ben capito a che cosa stessi pensando.
Pensavo a Mike, e pensavo che non era giusto fargli del male nonostante lui ne avesse fatto a me, in passato. Perché Mike era il mio ragazzo, l’unica persona che mi stava al fianco da ben tre anni. Zayn invece era solo un’illusione apparsa improvvisamente per sconvolgermi la vita, nient’altro che un’illusione. Sarebbe scomparso presto, ne ero certa. E’ così che accade alle illusioni; come era avvenuto anni addietro, anche adesso sarebbe sparito nel nulla, e mi avrebbe lasciato sola e dispersa nel vuoto.
Un po’ come i castelli di sabbia che mi facevano sentire una principessa all’apice del potere e poi si distruggevano in un baleno e mi facevano correre dalla mamma piagnucolando.
Mike era l’unica certezza della mia vita, e non potevo allontanarmi da lui per dedicarmi ad un castello di sabbia passeggero.

 

 




Angolo Autrice.

Sono passati un po' di giorni dall'ultimo capitolo, ma non vi abbandono :)
E non abbandono Catherine, ovviamente!
L'avevamo lasciata al ristorante col critico d'arte e la ritroviamo in compagnia di Zayn.
Okay, la situazione si fa più complicata. Cathy è confusa, in un primo momento capisce di essere cotta,
in un secondo momento decide di cedere e infine capisce che non vuole tradire Mike.
E' straconfusissima, ma come biasimarla? E' quel pakistano che la confonde!
Spero vi siano piaciuti gli incontri ravvicinati, e mi dispiace per chi sperava nel bacio...
Non credo fosse il momento adatto :/
____
Per chi mi chiede degli altri 4 membri della band:
Ho sicuramente intenzione di introdurli nella storia.
-Non so QUANDO li introdurrò.
-Non so COME li introdurrò.
-Ma so che li introdurrò xD
____
50 persone che seguono la storia e 36 persone che l'hanno messa tra le preferite: waaa ** Non smetterò mai di ringraziarvi!
____
Per il prossimo capitolo dovrete aspettare fino alla settimana prossima, poichè non avrò il pc prima di Domenica.
Dunque mettetevi il cuore in pace lol CIAAAO c:

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Capitolo 14
*** Fiducia. ***


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Capitolo tredicesimo




Le gocce d’acqua tiepida precipitavano contro il mio viso, e poi evaporavano, creando una grande nuvola bianca dentro e fuori la doccia.
Stavo ad occhi chiusi, con l’acqua che mi arrivava dritta in faccia e la speranza che anche ogni mio tormento evaporasse. Purtroppo non mi era mai risultato facile sbarazzarmi dei pensieri che opprimevano la mia povera mente. Era inutile persino spalmarmi addosso quel bagnoschiuma che alla tv dicevano fornisse magicamente il relax più assoluto. Che bella trovata pubblicitaria! Come svuotare i portafogli degli stolti.
Eccomi, la stolta number one, ricoperta di schiuma e ancora piena di stress.
Quella si che era stata una giornata molto… spossante.
Avevo stretto un accordo con un noto critico d’arte, ergo era la volta buona che qualche mia opera vedesse la luce del sole. E poi mi ero divertita da matti sulla riva del fiume, in compagnia di Zayn.
Zayn. Era assodato il fatto che fossi ancora stracotta di lui, e che era un gran bel casino.
Ma ora che Zayn sapeva di me e Mike… si sarebbe volatilizzato?
Probabilmente finora gli ero sembrata simpatica e ingamba, e saremmo potuti anche diventare amici (non c’era altra spiegazione alla sua infinita gentilezza nei miei confronti), però adesso si sarebbe sicuramente allontanato, col timore che al mio ragazzo non andasse a genio il nostro “rapporto”.
“Cathy? Sei in bagno?!” Il mio cuore sobbalzò per lo spavento, quando Mike spalancò la porta all’improvviso.
Quando Zayn mi aveva lasciato a casa, lui non era ancora rientrato, e ne avevo approfittato per ripulirmi dalla sabbia.
“Amore, ti aspetto di là. Okay?”, disse poi, dall’altra parte del vetro che circondava la doccia.
“Uhm… si”, farfugliai.
Passai un’ultima volta le mani sui capelli e poi chiusi il rubinetto.
 
Una volta asciutta e vestita, raggiunsi Mike in soggiorno. Avevo ancora i capelli umidi e spettinati, e il mio ragazzo me lo fece notare.
“Non trovavo il phon”, ammisi.
“Oh, si… Stamattina l’ho portato in camera da letto”, rispose.
Con nonchalance mi avviai verso la stanza che mi aveva appena indicato, ma la sua mano mi fermò.
“Aspetta. Prima parliamo un po’… Oggi non ci siamo visti per niente.”
“Non per colpa mia”, dissi, ricordandogli che era stato lui stesso ad avermi dato buca dopo la scuola.
“E’ vero”, ridacchiò. “Quindi sei stata con Susan?” Mi prese una mano e cominciò a giocherellare con le mie dita.
“Come mai d’un tratto ricordi il suo nome?”, lo schernii.
“Mmm… Vediamo un po’… Forse perché l’ho incontrata per strada, mentre tornavo a casa.” Il suo tono di voce era calmo e pacato, io invece cominciavo ad agitarmi.
Se Mike aveva visto Susan, le aveva di certo chiesto di me, e tutte le mie bugie erano venute a galla.
“Non mi avevi detto che siamo invitati al suo compleanno”, continuò.
Deglutii e mi guardai attorno, fingendomi tranquilla.
“Già… Me l’ha detto stamattina. Non ho avuto il tempo di parlartene.”
Mi allontanai da lui e camminai lentamente verso la camera da letto.
“Se cerchi il phon, è sul mio comodino”, mi disse in lontananza.
Sospirai, pensando scioccamente di essermela scampata. Magari Susan non gli aveva rivelato che non avevamo pranzato insieme. Magari…
 
Dopo aver asciugato per bene i capelli, mi decisi ad affrontarlo di nuovo. Non potevo evitarlo all’infinito, perciò… meglio chiarire tutto ciò che c’era da chiarire, il prima possibile.
Lo trovai seduto al tavolo del soggiorno, davanti al pc.
“Che fai?”, chiesi alle sue spalle.
Non si voltò, né mi diede risposta. Perciò insistetti.
“A proposito di oggi…”, iniziai.
“So che non eri con Susan.” La sua frase mi paralizzò letteralmente. Era ovvio che Susan gli avesse detto di non aver pranzato con me, ma sentirglielo dire mi lasciò di sasso.
“Già”, fiatai. Mi sedetti nella sedia accanto alla sua e poggiai le mani sul tavolo.
“Chi è?”, mi domandò d’un tratto, sollevando lo sguardo verso di me.
“N-non so di cosa tu stia parlando…”, finsi un sorriso, agitata fino al midollo.
Mike si alzò improvvisamente dalla sedia e abbassò lo schermo del computer portatile, chiudendolo con veemenza. Lo avrei rimproverato se non fossi stata io quella sotto accusa.
“Lui chi è?!”, mi sbraitò contro.
Mike e le sue crisi di rabbia: era sempre terribile assistere a queste scenate. M’invadeva una grande paura, ogni volta.
“Nessuno Mike, dai, calmati…” Mi misi anch’io in piedi e tentai di rabbonirlo.
Avevo capito che durante la nostra prima conversazione, prima che andassi ad asciugare i capelli, lui si era trattenuto. Aveva provato a controllare quegli impulsi aggressivi che lo avevano sempre caratterizzato.
Come quel giorno lontano, dopo l’incidente, quando si era innervosito all’idea che io avessi rivisto Zayn, anche solo per uno scontro d’auto.
Chissà come l’avrebbe presa allora se avesse scoperto che avevo mantenuto un certo “rapporto” col pakistano. Che c’eravamo visti e sentiti, e che io ero ancora palesemente innamorata di lui…
Okay quest’ultimo particolare era meglio nasconderlo anche a me stessa.
“Hai dimenticato la regola della verità?!”, cercò di non urlare. Percepii il suo sforzo nel mantenersi pacato.
“E tu? La regola della fiducia?”, chiesi, a volume decisamente più basso del suo.
Mi facevo schifo; pretendevo che Mike si fidasse di me, io che non facevo che mentirgli in continuazione. Come potevo chiedergli fiducia nello stesso momento in cui gli mentivo spudoratamente?
La sua fronte corrugata si rilassò e le labbra si schiusero.
“Non credo di fidarmi più di te”, mormorò.
E faceva bene, aveva più che ragione, ma quelle parole mi ferirono. Mi sentii colpire dritto al cuore, e gli occhi si appannarono inevitabilmente. Ero una stronza bugiarda, meritavo di soffrire, e di restare sola.
Abbassai lo sguardo.
“Ma…”, iniziò, prese un respiro profondo e continuò, “Ti darò un’altra opportunità. Tu l’hai data a me.”
“Però io non sono andata a letto con nessuno.”, polemizzai.
“Io questo non posso saperlo, e adesso non m’importa nemmeno scoprirlo. Pace?”
Era un grande sacrificio quello suo di ignorare le mie menzogne e andare avanti. Aveva anche accennato un mezzo sorriso, si fingeva sereno quando avrebbe dato fuoco all’intero quartiere a costo di sapere con chi avevo passato la giornata. E apprezzai tutto questo, davvero.
Ma ora che avevo il suo perdono mi sentivo doppiamente in colpa, perché non avevo fatto il nome di Zayn, nonostante avessi stabilito di raccontargli tutto per filo e per segno. E dopo oggi non sarei mai più riuscita a prendere l’argomento.
“Pace”, ripetei.
Mi abbracciò. Ci abbracciammo. Non c’era calore, nessuna scarica elettrica, farfalle nello stomaco o battito del cuore accelerato. Non c’era nulla di tutto ciò.
Perché continuavo a fingere di amarlo?
 
Quella notte la passammo insieme, insieme per davvero. Lui insisteva, ma con dolcezza, e così cedetti.
Si dice che dopo una litigata il modo migliore per fare pace sia questo.
Non andavamo a letto insieme da un po’ di tempo, e forse glielo dovevo. Non che mi sentissi in dovere di dargli piacere col mio corpo, ma il rapporto fisico credo sia necessario in una coppia. E io volevo sul serio provare a far funzionare la nostra relazione. Volevo resettare il cervello e cominciare a pensare solo a Mike, e a noi due. Lui mi aveva dato un’altra occasione per stare ancora insieme, e io non volevo mandare tutto in aria.
Perciò mi abbandonai a lui, e fu piacevole.
Cavolo, fu piacevole perché ad occhi chiusi, distesa sul letto, immaginavo che a muoversi su di me ci fosse Zayn e non Mike. Immaginavo che i baci sul mio collo provenissero dalle labbra di Zayn, che le mani che mi sfioravano fossero quelle di Zayn. E immaginando lui con me, godetti del momento, ma mi sentii ancora più stronza.
Niente era più sincero tra me e Mike, adesso nemmeno gli orgasmi.
Sarebbe potuta sembrare una battuta, ma purtroppo era la realtà dei fatti. Avrei dovuto farla finita una volta e per tutte, e invece no. Dovevo provarci, dovevo riuscirci.
Volevo far funzionare una storia che probabilmente non aveva mai funzionato per davvero.
 
L’indomani mattina non avevo lezione, perciò mi chiusi nello studio e mi dedicai alla mia arte. Dovevo scegliere con attenzione le opere da proporre a Walter.
Per un attimo provai a non pensare a Mike, né tantomeno a Zayn. Il pensiero più importante per adesso era la mostra. La mia prima mostra.
Ero eccitatissima al solo pensiero di vedere gli occhi di tutta quella gente sui miei lavori. Finalmente potevo mostrare che cosa era per me il disegno, la passione più grande della mia vita.
Potevo anche vedere finalmente il mio ragazzo fiero di me, perché ovviamente non potevo nascondergli la mostra, vi saremmo andati insieme. Oddio, e non potevo nemmeno evitare che venisse Zayn, perché era amico di Walter, ed era stato lui stesso a farmi arrivare fin qui.
Questo era un gran bel pasticcio: avevo una paura matta che loro due si vedessero, anche solo di sfuggita.
‘Non pensare a Mike, né tantomeno a Zayn’, lo stavo facendo nel modo sbagliato.


 




Angolo Autrice.

Perdonate l'attesa T.T Avevo scritto questo capitolo a mano su un quaderno, mentre ero in autobus.
E non potete immaginare quanto mi seccasse ricopiarlo al pc xD Mi rifiutavo proprio...
Dopo un bel po' di giorni finalmente ho trovato la forza di volontà u.u E spero di non avervi deluso!
Anche se non c'è Zayn qui, avvengono molte cose "importanti".
Personalmente non vedo l'ora che arrivi il giorno della mostra uhuhuh Mike e Zayn nello stesso postoooo.
(Povera Cathy xD Gliene combino di tutti i colori :))
Che ne pensare di Mike? Del suo carattere? Sono curiosa di sapere i vostri pareriii
Perciò RECENSITE, RECENSITE, RECENSITE.
Vi amo, ciao.

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Capitolo 15
*** Il grande giorno. ***


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Capitolo quattordicesimo




“Cathy, tesoro! Sei arrivata finalmente!” Susan mi venne incontro sul ciglio della sua accogliente casetta.
“Mike, ci sei anche tu!” Disse poi, rivolgendosi al mio ragazzo.
“Auguri Susan”, le sorrisi amorevolmente e la strinsi in un abbraccio.
Oggi compiva trentaquattro anni, ma ne dimostrava ancora venti. Era bellissima con quel vestito color pesca che risaltava le sue scure iridi degli occhi e i capelli rossi e corti.
Si era organizzata la festa di compleanno tutta da sola, invitando amici, parenti e colleghi. C’era anche il preside della scuola, Robert Parker, avevo sempre sospettato che ci fosse qualcosa di tenero tra i due.
Mr Parker aveva quaranta anni e li portava alla grande. Sin dal primo giorno in cui avevo messo piede in quella scuola avevo notato quanto quell’uomo fosse affascinante.
Anche Mike lo aveva notato, e ne era visibilmente invidioso.
Durante la serata non potei non fare caso allo scambio di sguardi tra Robert e Susan. Sarebbero stati davvero una bella coppia!
“Amore, vuoi qualcosa da bere?”, mi chiese Mike, mentre si alzava dal divano di pelle rossa su cui poltriva da un pezzo.
Annuii. Mentre lo guardavo avvicinarsi al tavolo imbandito, qualcuno poggiò una mano sulla mia spalla.
Mi voltai e mi stupii di vedere Leah, una mia vecchia vicina di casa. Si era trasferita in centro dopo il matrimonio con un collega di Mike, e non l’avevo più vista. Qualche volta ci chiamavamo o ci scambiavamo delle e-mail.
“Leah!”, esultai. Lei mi abbracciò, poi si sedette al mio fianco.
“Come stai, bella?”, mi chiese.
“Io bene! Tu?” Mentre le rivolgevo la domanda la scrutai e mi soffermai su un particolare del suo corpo: un gonfiore più che evidente nella pancia. Dunque, o la vita matrimoniale l’aveva messa all’ingrassaggio, o era in dolce attesa!
Leah poggiò una mano sul pancione, notando il mio sguardo fisso su di esso.
“Io bene, e… aspetto un bambino!” La sua voce diventò stridula e le labbra si distesero in un enorme sorriso.
“Quanto sono felice!” La abbracciai di nuovo, attenta a non recare fastidio alla pancia.
“Leah?” Mike irruppe, porgendomi un bicchiere e guardando la mia amica con sguardo perplesso.
“In carne e ossa. Più carne che ossa!”, ridacchiò.
“E dov’è Dennis?!” Il suo vecchio collega. Erano sempre stati molto affiatati, ma da quando Dennis si era trasferito in centro aveva dovuto cambiare anche compagni di lavoro.
“E’ di là”, indicò lei.
Mike si volatilizzò in un secondo e Leah poté cominciare a tartassarmi di domande.
“Ma voi quando avrete intenzione di sposarvi?!”
A quella domanda quasi mi soffocai col drink. Strabuzzai gli occhi e cominciai a tossire nervosamente.
“Ehi, tutto okay?”, mi chiese.
“Mmm si”
“Dunque?”, insisteva.
“Non siamo pronti”, ammisi. Io non lo amo, avrei aggiunto.
“Ma siete una bellissima coppia, l’ho sempre pensato. Mike è un ragazzo d’oro, tu una donna matura e indipendente. Io credo che se c’è l’amore si è pronti a tutto.”
Cavolo. Per una sera che speravo non avrei fatto a guerra con i miei pensieri contrastanti, eccoli.
Da una parte pensavo che si, aveva ragione lei: se c’è l’amore si è pronti a tutto. E dall’altra pensavo: l’amore c’è, ma non con Mike.
Zayn, Zayn, Zayn, solo Zayn nel mio cuore ormai. Ero condannata.
Vedendomi esitare, continuò: “Anch’io avevo paura”
“Davvero?”, domandai, incredula.
“Si, ma ora sono felice della mia scelta. Dennis mi ama e io amo lui, e ameremo insieme questo bambino.”, si carezzò la pancia con uno sguardo così dolce che solo una madre è capace di avere.
“Io sono molto contenta per voi, vi auguro il meglio. Ma io e Mike…”, provai ad essere sincera, ma lei mi interruppe.
“Tu e Mike siete innamorati. Lui farebbe di tutto per te, parlava sempre di te a lavoro, ti ama, Cathy.”
Dio, perché dirmi tutte queste cose?! Per farmi sentire ancora più bastarda?
Sorrisi, incapace di rispondere.
Fortunatamente la canzoncina degli auguri ci informò del fatto che era il momento della torta, anch’essa fatta interamente da Susan. Quella donna era incredibile.
“Tanti auguri a te, tanti auguri a te, tanti auguri a Susan, tanti auguri a te!”
 
I giorni seguenti passarono in fretta. Zayn mi aveva cercato qualche volta, per chiedermi come stavo e per tranquillizzarmi per la mostra. Sapeva che il pensiero della mia prima mostra mi agitava. Io rispondevo fredda e distaccata ai suoi messaggi.
Non avrei mai pensato che avrei ignorato in questo modo il mio più grande idolo da teenager. Eppure lo stavo facendo.
Non volevo sentirmi ogni istante sempre più in colpa con Mike. Alla festa di Susan avevo ponderato bene la situazione. Avevo deciso che  finché non avrei dato chiarezza ai sentimenti contrastanti nel mio cuore, avrei tenuto Malik a debita distanza.
 
Era il grande giorno.
Avevo ovviamente informato il mio ragazzo, giorni prima, e adesso pareva più eccitato di me.
Mia mamma si era proposta via telefono per venire nel weekend ad assistere alla mostra ‘della sua bambina’ (non sapendo che di mio nella galleria di sarebbero state solo un paio di opere). Le avevo detto di non venire, perché mi avrebbe fatta solo agitare, in compenso però le avevo promesso che sarei tornata a Rotheram per qualche giorno, in occasione del compleanno di una mia vecchia amica di scuola, la settimana successiva.
Mike era già pronto, agghindato con la sua elegante giacca nera. Io invece stavo ancora davanti lo specchio a ritoccare il trucco.
Avevo scelto un abito lungo, non eccessivamente elegante. Era rosso, leggero, con le bretelle sottili e una scollatura sobria. Aderiva al mio corpo dalla vita in su, e poi cadeva più morbido sulle gambe.
“Sei uno schianto, baby” Mike stava sulla porta della camera da letto e mi squadrava dalla testa ai piedi. Pareva mi volesse mangiare con lo sguardo, perciò risi.
“Che ridi? Ti ho fatto un complimento.”
“Pulisciti la bava dal mento”, lo schernii.
“Stronza, ti aspetto fuori.”
Continuai a ridere mentre prendevo la pochette dorata abbinata alle scarpe e mi incamminavo verso il corridoio. Rischiavo costantemente di inciampare, non per colpa delle scarpe alte, né del vestito lungo, bensì per l’ansia.
E non riuscivo nemmeno a capire se ero più ansiosa per la mostra in sé o perché avrei rivisto Zayn, e l’avrei rivisto in presenza del mio ragazzo.
Mi feci forza e raggiunsi Mike.
Il tragitto di strada fu rapido e indolore. Non riuscivo molto a parlare, perché tutto quello che mi frullava in testa diceva: “Zayn ti aspetta alla mostra”, “Mike lo ucciderà se solo lui ti sfiorerà”, “Cathy, sei innamorata persa del pakistano”
E non potevo dire queste cose ad alta voce, proprio no.
Quando scendemmo dall’auto io ero all’apice dell’agitazione, e Mike lo notò.
“Piccola, sta tranquilla”, mi sussurrò.
Oh, se solo lui avesse saputo il vero motivo dei brividi lungo la mia schiena.
Ogni passo verso l’edificio era un battito perso al mio cuore, eppure mi costringevo a mantenere la calma, vanamente. Vidi un gruppetto di persone davanti l’entrata, tutta gente chic, con Louboutin ai piedi e Louis Vuitton sotto braccio. Chissà che ne avrebbero pensato dei miei lavori.
Rischiai un infarto quando tra quel gruppetto scambiai un signore alto e scuro per il mio Malik.
Dio, ma che vado a pensare… Il MIO Malik! Pff…
Mike prese la mia mano, e le redini della situazione. Mentre io esitavo all’ingresso, lui mi trascinò dentro con un piccolo strattone. Sbuffai e camminai dietro di lui.
Ecco Walter, col suo solito look alternativo: converse vecchiotte e jeans scoloriti. In mezzo a quel glamour chi non lo conosceva lo avrebbe considerato un barbone, non il critico d’arte che aveva organizzato tutto ciò.
“Tesoro!” Walter spalancò le braccia non appena mi vide. Sperai vivamente che il mio ragazzo non si infastidisse per questo gesto.
Fortunatamente quello non mi abbracciò, si limitò a poggiare le mani sulle mia spalle e schioccarmi un bacio sulla fronte. Il tizio era strano forte, lo avevo pensato sin dal primo momento.
Forzai un sorriso, poi lui si presentò a Mike.
“Dunque, non sapevo fossi sentimentalmente impegnata!” Incrociò le braccia al petto e ci squadrò entrambi.
“E invece lo è!”, ribatté il mio ragazzo.
La mia ansia cresceva secondo dopo secondo. I miei occhi vagavano per lo spazio circostante alla ricerca di Zayn, ma lui non c’era, e forse era una fortuna.
“Jawaad sarà qui a momenti”, disse Walter.
Sussultai. Mike si voltò a osservare la mia reazione, mentre io mi irrigidivo sul posto e deglutivo per mandare giù un immaginario groppo in gola.
“Chi è Jawaad?”, mi chiese Mike.
Io ringraziai il cielo che Walter non avesse detto ‘Zayn’, e che il pakistano come nome d’arte avesse scelto il suo secondo nome. Nome che Mike sconosceva del tutto.
Ma era inutile continuare a nasconderlo a Mike, perché a poco sarebbe comunque arrivato, a poco sarei deceduta per arresto cardiaco.
“E’ colui che l’ha condotta a me, sciocchino!”, rispose Walter.
“Allora sono curioso di conoscerlo! Dovrò ringraziarlo per aver fatto questo bel gesto per la mia ragazza” Mike era sincero, mi guardò negli occhi con tanto amore, e io ricambiai con uno sguardo impassibile. Impassibile perché dovevo nascondere il terrore che invadeva ogni centimetro del mio corpo.
Mike voleva conoscere Zayn, e ringraziarlo. No, errato: lui voleva conoscere Jawaad.
Quindi…
La mia mente contorta cominciò a ragionare su come fare ad ‘assumere’ una persona qualunque entro quelle mura per fargli interpretare la parte di Jawaad, fingere di conoscermi e presentarsi così al mio ragazzo.
Rinunciai presto, quando vidi apparire gli occhi nocciola di Zayn, e il suo sorriso mozzafiato, che contagiò inevitabilmente anche il mio sorriso.

 

 



Angolo Autrice.

Salve popolo di EFP! Rieccoci in compagnia di Catherine.
Innanzitutto c'è la festa di compleanno di Susan, ho introdotto qualche nuovo personaggio,
e ho fatto confondere ancora più le idee alla nostra protagonista xD
Poooi la vediamo farsi bella per la mostra, ed eccoci qua.
Abbiamo varcato la porta col nostro amato/odiato Mike e abbiamo visto a malapena Zayn.
Sono due capitoli che il pakistano è assente, imploro perdono, ma dovevo tenerli distanti by now.
Cosa accadrà adesso non lo so nemmeno io! xD So solo che ci sarà una sorpresa che non vi aspettereste mai!!
Spero di avervi incuriosito abbastanza da farvi lasciare taaaante recensioni :)
Sul serio, ne leggo sempre meno, e mi rattristo :(

 

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Capitolo 16
*** 2 su 5. ***


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Capitolo quindicesimo




Era scomparsa l’ansia. Che m’importava di Mike al mio fianco? Che m’importava di Walter che blaterava? Che m’importava di tutta la gente che avrebbe giudicato le mie opere? Che m’importata del mondo? Il mio mondo era appena arrivato in tutto il suo splendore.
Si avvicinò rapidamente, facendosi spazio tra la folla. Il mio battito cardiaco accelerò e continuò ad accelerare finché lui non si arrestò, di fronte a me.
Mi rivolse un sorriso smagliante, che mi fece tremare le gambe, per davvero. Poi guardò Mike, con uno sguardo indecifrabile, ma non volevo sapere come aveva reagito il mio ragazzo, non volevo guardare lui, preferivo mantenere gli occhi sul pakistano.
“Walter, voglio presentarti un mio… vecchio amico”, disse Zayn.
“Certamente!”, esultò quell’altro.
“Vieni con me allora.” Zayn mi rivolse un ultimo sguardo d’intesa, poi si allontanò con Walter.
Cosa stava a significare? Mi aveva scombussolato la serata con solo un paio di sguardi, e non mi aveva nemmeno rivolto la parola. Perché?
“Quel tizio mi ricorda qualcuno…”, mormorò Mike.
Lo guardai, perplessa.
“Chi?”, domandai.
Ma non aspettai nemmeno la sua risposta. Un movimento alle sue spalle mi distrasse. Era un gruppo di gente attorniata a qualcosa o qualcuno. Dei flash di macchine fotografiche e tante voci una sopra l’altra. Mi avvicinai alla folla, ignorando Mike che continuava a parlare alle mie spalle.
D’un tratto distinsi qualcuno lì in mezzo, e una strana sensazione si impadronì del mio stomaco. Di nuovo quella sensazione… Il secondo essere vivente che catapultava nella mia vita dopo cinque lunghi anni.
E siamo a 2 su 5.
Gli inconfondibili ricci in testa erano rimasti tali, così come le fossette sulle guance e l’incredibile luce che emanavano quei grandi occhi verdi. Il fisico imponente, le labbra arrossate, lo sguardo di chi sa il fatto suo e un irresistibile sorrisetto sghembo.
Erano passati anni ma… avrei giurato che quello lì era lo stesso diciannovenne che cantava “Little things”, dicendomi che ero perfetta per lui.
Il Meet & Greet era lontano nel tempo, Zayn non si era ricordato di me, e non l’avrebbe fatto nemmeno lui. Ma io ricordavo ogni singolo istante di quel giorno.
 
 
Harry indossa una maglietta bianca, la sua solita collanina con l’aeroplanino argentato e il cappellino nero che in questo periodo lo perseguita. Si diverte a metterlo e farlo provare alle fans, è un amore.
Credo di poter svenire quando i suoi occhi che sembrando due preziosi smeraldi si posano su di me.
E’ un sogno poter ricever quello sguardo, proprio da lui che con la sua splendida voce mi regala indescrivibili emozioni da ormai tre anni.
“Di dove sei Catherine?”, mi chiede.
Io stento a capire la sua domanda. Poi mi sforzo di rispondere, deglutisco e dico: “Vengo da Rotherham”
Non riesco a credere di stare comunicando con una delle ragioni della mia vita.
 
 
Questa sera Harry era evidentemente più elegante. Indossava una camicia nera e dei jeans chiari, entrambi i capi piuttosto aderenti.
Era molto sexy il ventottenne, non vi era dubbio. Il bel ragazzino acqua e sapone si era trasformato in un uomo incredibilmente affascinante.
Restai impressionata dal modo in cui sorrideva ai fotografi e firmava autografi, era cambiato parecchio.
Mentre Zayn aveva preferito nascondersi dalle telecamere, dopo la fine dei One Direction, Hazza invece aveva mantenuto una certa popolarità. Aveva partecipato a diversi Show televisivi, faceva interviste e prendeva parte alle sfilate più famose. Insomma, non ne voleva sapere di uscire di scena.
Lo sentivo spesso alla radio, lo vedevo sui red carpet, avevo ormai fatto l’abitudine a pensarlo singolarmente come Harry Styles, e non più un membro della band che mi aveva rapito il cuore. Faceva male, ma l'avevo accettato.
Era l’unico dei ragazzi che non aveva abbandonato i riflettori, e continuava a fare sognare le sue fan, non più ragazzine, ma adesso donne adulte.
Eppure non l’avevo più visto in carne e ossa, dopo quel vecchio Meet & Greet.
Allora era lui l’amico che Zayn diceva di voler presentare a Walter. Non me lo sarei mai aspettata.
“Cathy?!”, mi chiamò Mike.
Mi voltai verso di lui, era visibilmente infastidito dal mio comportamento. Lo stavo ignorando totalmente.
“S-si, scusa”, farfugliai, scuotendo la testa.
Ultimamente non facevo che viaggiare con la mente indietro nel tempo, e non mi faceva bene, affatto. Continui flashback che mi disorientavano dalla realtà, dal mio presente.
“Hanno scoperto le opere, faccio un giro, okay?” Mike non sapeva quali fossero i miei disegni, glieli avevo nascosti fino all’ultimo, ed era curioso di vederli.
“Okay Mike”, annuii.
Restai lì, in piedi, a fissare la gente che si sparpagliava davanti le tele. Avrebbero disgustato i miei lavori, che brutta figura! Pian piano l’ansia tornava ad assalirmi, finché un tocco inaspettato non mi distolse dai cattivi pensieri.
Era Zayn che aveva poggiato una mano sulla mia spalla.
Gli rivolsi uno sguardo interrogativo, e lui parlò: “Ti ricordi di lui?”
Harry Edward Styles comparve improvvisamente in tutto il suo splendore e io rischiai l’ennesimo svenimento.
“Piacere Mr Styles”, gli porsi la mano, sforzandomi di mantenere un atteggiamento formale.
Mi strinse la mano e sussurrò “Piacere mio.”
Quel contatto mi emozionò quasi come la prima volta però… però non era la stessa emozione che avevo provato rincontrando Zayn. La stessa che continuavo a provare ogni volta che ci sfioravamo a malapena o più semplicemente i nostri occhi si incrociavano di sfuggita.
Eppure anche Harry era stato uno dei miei idoli da teenager, l’avevo amato da impazzire, adoravo la sua voce e il suo aspetto. Ma forse c’era qualcosa di diverso che mi legava a Zayn, qualcosa che non era mai esistito con gli altri quattro membri della band.
“Lei è Catherine, era una Directioner”, disse Malik, rivolgendosi al riccio.
Ridacchiai, in preda all’imbarazzo.
“Oh…”, Harry dischiuse le labbra in un enorme sorriso e mi puntò un dito contro. Poi corrugò la fronte, come stesse cercando di ricordare qualcosa.
“Forse ci siamo già visti”, disse.
No, ti scongiuro. Per favore, fa che non si ricordi di me, del M&G, della nostra piccola, insignificante conversazione.
“No, ti sbagli!”, lo contraddissi subito.
“Ehi, hanno scoperto le opere… Vediamo di che cosa è capace la bella Catherine” Alle parole del pakistano persi un battito di cuore, poi lo recuperai, e sorrisi.
Ci separammo, c’era molta confusione nella sala, non li ritrovai più.
Feci un giro delle tele e ne incontrai una mia.
L’avevo chiamata “Bacio”, ma non rappresentava un bacio. Era più che altro l’istante prima di un bacio.
C’erano due personaggi in primo piano, vicini, molto vicini. I loro respiri si confondevano, gli occhi si incrociavano, le labbra si distanziavano di pochi millimetri. C’era desiderio negli occhi di lui, paura negli occhi di lei. Lei aveva paura dell’amore.
“Questo è il disegno più bello di tutta la mostra!”, esclamò una signora alle mie spalle.
Arrossii involontariamente e sorrisi tra me e me.
La mia prima opera piaceva, e non solo a quella signora, a quanto pareva. Ne ero sollevata.
Dunque mi allontanai da lì e andai alla ricerca della mia seconda tela.
Mentre camminavo lentamente per la sala m’imbattei in Mike. Mi ero quasi dimenticata della sua esistenza, ero proprio una fidanzata modello.
“Amore, sei bravissima”, mi disse, prendendo le mie mani tra le sue.
“Grazie…” D’istinto sfilai le mani dalla sua presa. Non so perché lo feci, forse perché non volevo che ci vedessero vicini, non volevo che Zayn vedesse quel tocco.
“Lo so che sei sotto pressione ma devi stare tranquilla, perché i tuoi disegni piacciono a tutti!”
“Grazie dell’appoggio, Mike”, parlai col cuore. Lui mi stava davvero vicino ma… in quel momento io volevo vicino solo una persona.
“Faccio un altro giro, ti dispiace?”, domandai, con cautela.
“Vengo con te”, incalzò.
“No, preferisco stare sola, grazie”, nemmeno lo guardai in faccia, che presi a camminare.
Non lo facevo apposta a trattarlo in quel modo, era la vera ‘me’ che prendeva il sopravvento. Non ne potevo più di lui, mi assillava, pretendeva un amore che non gli avrei mai dato. Era finita.
Trovai presto il mio secondo disegno e mi stupii di vedere proprio Zayn di fronte quella tela. Stava lì a guardarla, con le braccia conserte davanti al petto e la testa leggermente piegata di lato.
Dov’era finito Harry? Boh. Non m’importava adesso, m’importava solo di scoprire la reazione di Zayn alla vista della mia opera. Intanto sembrava irremovibile, quasi impassibile. La fissava attentamente senza lasciar trapelare alcuna emozione. Sembrava quasi che scrutando il mio disegno volesse scrutare dentro di me. Ed io mi sentivo spogliata di tutte le mie barriere di difesa.
“Ti piace?” Non resistevo più, dovevo chiederglielo.
Lui sussultò alla mia domanda.
“Ah, sei qui”, disse semplicemente.
Non risposi, aspettai che lui rispondesse alla mia prima domanda, ma non aveva intenzione di aprire bocca.
Mi guardò negli occhi, proprio nello stesso modo in cui un attimo prima guardava la mia tela.
“Sei incantevole stasera.” Non distolse lo sguardo dai miei occhi e ciò mi fece trasalire.
Ripensai al complimento che Mike mi aveva rivolto prima di uscire da casa: ‘Sei uno schianto, baby’. E l’aveva detto squadrandomi dalla testa ai piedi, come volesse spogliarmi con lo sguardo di quell’abito rosso.
Zayn invece mi stava parlando come volesse spogliarmi di tutte le mie paure, fissandomi insistentemente negli occhi.
E questo mi piaceva mille volte di più.


 




Angolo Autrice.

Buongioooorno, buonasera, buonanotte, buonavitaaa!
Ho aggiornato presto e mi sento POTEEENTE C:
Comunque, passiamo al capitolo. Vi avevo promesso una sorpresa, e l'avete avuta.
Spunta Hazza, e non spunta così, di punto in bianco.
C'è qualcosa sotto, c'è un motivo per ogni dettaglio che io descrivo.
Perciò leggete sempre con attenzione perchè dietro ogni parola c'è la vera trama della storia.
Harry ha la sua parte nella storia, spero vi sia piaciuto il modo in cui l'ho introdotto e come l'ho descritto :)
E sappiate che entreranno in scena anche gli altri 3 idioti, ovviamente.
Cathy ignora Mike, e Zayn invece riesce sempre a entrare nel cuore di lei, con una sola frase.
Spero di leggere tante nuove colorate belle simpatiche recensioni <3
Ciao, ciao, splendori!

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Capitolo 17
*** Mr Styles e la sua fama. ***


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Capitolo sedicesimo




“Perché mi fai questo?” Avevo lasciato che i miei pensieri prendessero il sopravvento. Avevo detto ad alta voce ciò che mi ossessionava da giorni.
Perché mi aveva aiutato a realizzare il sogno di partecipare ad una mostra artistica? Perché mi aveva rivolto quel complimento? Perché al nostro primo incontro mi aveva detto che non ci saremmo più dovuti vedere e poi invece mi aveva quasi dato il tormento? Perché mi aveva detto che fossi attraente e poi si allontanava quando eravamo un po’ più vicini? Perché mi aveva stravolto l’esistenza? E perché non si ricordava del Meet & Greet, né di quell’altro nostro contatto…?
Zayn mantenne lo sguardo inchiodato al mio per ancora qualche secondo, poi scosse la testa.
“Il tuo ragazzo ti starà cercando”, disse.
Ecco qual era il problema: Mike.
“Cosa cambierebbe se non avessi un ragazzo? Scapperesti comunque.” In realtà parlavo a me stessa, purtroppo però non riuscivo più a controllare ciò che usciva dalla mia bocca. E mi ritrovavo a dire ogni minima cosa che mi passasse per la testa.
“Catherine, tu mi piaci molto. Mi sei piaciuta sin dal primo momento”
Non avrei mai pensato che lui potesse dirmi queste parole, mai nella mia vita.
Ma qual era stato il primo momento, per lui? Dubitavo si ricordasse del M&G, perciò pensai si riferisse all’incidente stradale.
Forse era il caso che io gli rinfrescassi la memoria, e non solo riguardo il M&G. Dovevo raccontargli tutto quello che lui non poteva ricordare.
“Zayn, io ti devo dire…” Mi ero decisa a parlare, finalmente, ma qualcuno mi interruppe. Era destino.
“Ehi, amico!” Harry era tornato nel momento meno opportuno.
“Dimmi, Hazza”, Zayn sembrava quasi infastidito dalla sua presenza.
“I giornalisti hanno saputo dove mi trovo, e saranno qui a pochi minuti. So che tu preferisci non farti vedere perciò…”
Zayn sbuffò, poi poggiò una mano sulla spalla del riccio e disse, “Grazie per avermi avvertito. Allora vado via…”
Cavolo, perché doveva andare proprio adesso?
Lo guardai, supplichevole. Lui si sentiva quasi in colpa perché mi stava piantando in asso, nel bel mezzo della discussione più seria che avevamo mai avuto.
Si avvicinò al mio orecchio e sussurrò: “Domani mattina gli artisti vengono a ritirare le loro opere”
Intendeva dire che domani avevamo appuntamento proprio qui, e io non sarei mancata affatto. Avevo un discorso da concludere, e volevo concluderlo, specialmente ora che avevo la certezza che anche lui provava qualcosa per me.
Mi sembrava ancora difficile da credere, eppure l’avevo sentito con le mie orecchie. Piacevo a Zayn Jawaad Malik, c’erano voluti ventotto anni, ma ce l’avevo fatta.
 
“Cathy, eccoti!” Mike mi venne incontro, quando Harry e Zayn si erano già allontanati.
“Ero preoccupato, non ti ho più vista…”, mormorò.
“Ero con Jawaad”, ammisi.
“Ah, avrei voluto conoscerlo” Corrugò la fronte e abbassò lo sguardo.
“L’hai visto. All’inizio della mostra era con noi, e Walter.” Dovevo andarci piano…
“Ah, quello moro coi tatuaggi” Annuì, stava ricordando. “Mi sembrava familiare”, continuò.
Cominciai a mordermi il labbro inferiore, presto Mike avrebbe scoperto la verità.
Ridacchiò. Che aveva da ridere, adesso?
“Ecco chi sembrava! Pareva uno dei One Direction, quello pakistano!”, continuò a ridere.
Deglutii. Aspettai che lui facesse due più due, e sarebbe arrivato alla verità. Si sarebbe ricordato di chi era coinvolto nell’incidente, e di tutto quello che era seguito.
“Aspetta un secondo.” Il suo tono diventò improvvisamente riflessivo, e ogni traccia di risata scomparve.
“Jawaad… è Zayn. Zayn quello dell’incidente, quello per cui avevi la tua stupida cotta da ragazzina?”, chiese, sprezzante.
Annuii senza smettere di torturarmi il labbro con i denti. Sarebbe uscito del sangue se non l’avessi fatta finita.
“Sei uscita con lui?”, mi chiese, serio.
“Si”
“Quella volta che non eri con Susan… Come posso essere stato così stupido?” Fece un ghigno, come a prendersi in giro da solo.
Mi dispiaceva vederlo così, mi dispiaceva assistere al momento in cui realizzava che gli avevo mentito.
“Mi hai tradito.”
“No, non c’è stato niente tra me e lui. Io non ti ho mai tradito”, lo contraddissi all’istante.
“Dovrei crederti ancora?”, domandò, con una smorfia.
“Si, dovresti. Non ho mai voluto ferirti. Zayn mi ha semplicemente presentato a Walter.” Parlavo ma lui pareva non ascoltare. Si guardava intorno con un mezzo sorrisetto fasullo sulle labbra.
“Mi ha semplicemente aiutato a partecipare a questa mostra. Non c’è stato niente. Devi credermi”, continuai. Insistevo, volevo che lui mi credesse, lo pretendevo.
“Senti, io vado a casa. Devo riflettere. Ti fai dare un passaggio poi?” Mi distruggeva sentirlo parlare in quel modo. Non era nervoso, non era aggressivo, era ferito.
“Okay…”, mi limitai a dire.
Lasciai che lui si allontanasse, e restai sola, senza Zayn né Mike. Il mio incubo concretizzato.
 
Avevo fatto qualche altro giro per la sala, avevo sentito i commenti della gente, avevo guardato le opere di altri nuovi artisti emergenti. In fondo la mostra era riuscita alla grande, così dicevano.
Harry era rimasto in un angolo per il resto della serata, bloccato dai giornalisti che cercavano di estorcere più pettegolezzi possibili.
Chiedevano perché lui si trovasse qui, con chi fosse venuto, da chi era stato invitato. E tutto questo in effetti me lo chiedevo anch’io.
Avevo pensato che l’avesse invitato Zayn, in realtà non potevo sapere che rapporti avevano instaurato dopo lo scioglimento della band… Sapevo solo che Zayn si era isolato dal mondo delle celebrità, Harry aveva mantenuto la fama, e i restanti tre erano tornati alla vita dei comuni mortali.
Niall aveva comprato una grande villa in Mullingar, e dicevano ci vivesse con la sua fidanzata, una bella ragazza irlandese che conosceva sin da piccolo, prima di diventare famoso, prima di diventare qualcuno.
Louis si era trasferito in America. Ogni tanto si faceva vedere a qualche sfilata di moda, che a lui piacevano tanto. Però nessuno sapeva niente riguardo la sua situazione sentimentale.
Harry veniva spesso fotografato a Los Angeles, dunque sospettavo che andasse a trovare il suo vecchio amico del cuore. Non volevo credere che avessero completamente smesso di vedersi, due come loro che non potevano fare a meno di stare vicini.
Liam invece era rimasto a Londra, a fare la bella vita coi suoi amici, tra pub e discoteche. Dicevano che ogni tanto cantasse per beneficenza, viaggiava per i paesi del terzo mondo e donava il suo amore ai bambini meno fortunati. Aveva sempre avuto un cuore grande grande.
Chi lo avrebbe mai detto che nel 2022 l’unico impegnato seriamente in una love story sarebbe stato proprio il tenero Nialler?
“Catherine, giusto?” Harry spuntò al mio fianco all’improvviso.
“Giusto”, risposi semplicemente. Mi sembrava ancora strano poter stare a contatto così ravvicinato con Harry Edward Styles.
“La gente inizia ad andare via… Tu resti qui?”, domandò, guardando la folla che abbandonava l’edificio.
“Devo ancora ragionare su come tornare a casa”, feci spallucce. “Tu hai finito le interviste?”, continuai.
“Si, finalmente mi hanno liberato”, sorrise, evidentemente sollevato. “Vuoi un passaggio?”
 
Ed ecco che mi ritrovai nella macchina di Mr Styles. Una fichissima Range Rover dagli interni in pelle nera.
Ero un po’ in imbarazzo, non sapevo di che parlare, anche perché i pensieri che avevo in mente adesso erano ben altri dal ‘fare conversazione con Hazza’. C’era Mike che mi aspettava a casa, e temevo di rivederlo dopo quanto gli avevo confessato, e poi c’era Zayn, con cui avrei parlato domattina, chissà con quale coraggio.
“Come hai conosciuto Malik?”, mi chiese Harry.
“Mi è venuto addosso con la macchina”, risposi, impassibile.
Poi scoppiammo a ridere insieme.
“E’ un cretino!”, commentò lui, tra una risata e l’altra.
“Già… Tu che ci fai da queste parti?”, domandai. Ero davvero curiosa.
“Cercavo Zayn. Lo cerco ormai da mesi… Non si faceva più vedere né sentire” A quelle parole mi preoccupai seriamente. Che gli prendeva a quel pakistano? Perché si nascondeva anche dai suoi amici?
“E come l’hai trovato?”
“Per quanto possa essere stato bravo a nascondersi… le voci a Londra girano. Mi è bastato chiedere qua e là. Sono andato a trovarlo a casa sua, questo pomeriggio. Lui era evidentemente sorpreso, ma non arrabbiato, non poi così tanto.” Tacque qualche istante. “Diciamo che non si aspettava una mia visita.”
“Ora che farai?” Mi sentivo un’investigatrice. Ma avevo troppa voglia di sapere.
“Stanotte resto da lui, ma domani mattina devo partire per New York”
“Ti volevi solo accertare che lui stesse bene…” In realtà volevo formulare una domanda, ma poi feci quasi un affermazione.
“No, in realtà devo proporgli una cosa. Ma so che non accetterà mai”, scosse la testa. “All’incrocio giro a destra?”
“No, sinistra”, lo corressi.
Chissà che cosa Hazza voleva proporre a Zayn. Magari voleva farlo partire con lui per gli Stati Uniti. O forse voleva fargli fare un’intervista. Qualcosa che comunque Malik non avrebbe gradito…
“Vai dritto per questa strada”, suggerii, facendogli segno con la mano.
“Sicuro che io e te non ci siamo mai visti prima?” Quella domanda mi spiazzò, ma mi finsi indifferente.
“Dai… Se avessi incontrato il grande Harry Styles me ne ricorderei, non credi?”
“Forse ricordi, ma non vuoi fare ricordare” Cavolo, non è stupido come penso.
“Siamo arrivati”, dissi.
“E’ stato un piacere conoscerti, Cathy”, mi porse la mano.
La strinsi. “Anche per me, Hazza”



 

 




Angolo Autrice.

Tante novità in questo capitolo, eh!!
Innanzitutto Zayn confessa che gli piaceee Cathy *__*
Lei vuole rivelargli tutto sul loro primo incontro… Ma viene interrotta!
E non so se avete notato.. Ogni volta che Cathy pensa al passato, parla del M&G e di un altro evento..
C’è stato qualcos’altro tra i due dunque.. qualcosa che lui non può ricordare, dice. Curiose?? :P Bene, bene così!!
Mike è sconvolto, ma fidatevi, non si è rassegnato. Ancora la aspetta a casa.. Ci aspetta un capitolo molto pesaaaante!
Harry invece? Cosa vorrà mai proporre a Zayn? Lo scopriremo più in là…
Spero di non stare creando troppa confusione, e spero di non annoiarvi mai con la mia storia :)
Davvero, siate sinceri nelle recensioni, perché ho bisogno di tutti i vostri pareri!

Credo di amarvi, perché mi fate sentire speciale, con le vostre meravigliose recensioni.
E poi mi seguite già in tantissime ** Non immaginate la mia felicità!!

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Capitolo 18
*** Ovunque lontano da te. ***


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Capitolo diciassettesimo




Ruotai lentamente la chiave dentro la serratura. Erano le due e mezza di notte, sperai che Mike fosse già a letto. Purtroppo non ero mai stata brava a sperare: ogni volta che incrociavo le dita si realizzava l’esatto contrario.
Mike era seduto nel divano, fingeva di essere assorto a guardare la tv mentre io attraversavo il soggiorno.
Ma io dovevo parlare con lui, dirgli che era inutile continuare ad aggiustare un rapporto ormai rotto per sempre. Che io non provavo più niente per lui, e che lui non meritava che io lo prendessi ancora in giro.
Finalmente anche la mia mente si era schiarita le idee. Qualunque cosa fosse successa con Zayn, questo era indipendente. A prescindere da qualsiasi altro fattore esterno, io non amavo Mike.
“Mike, possiamo parlare?”, chiesi, avvicinandomi al divano.
Lui annuì e spense la tv. Effettivamente non la stava guardando con molta attenzione.
Mi sedetti accanto a lui, non troppo vicina da sfiorarlo, non troppo lontana da impaurirlo.
“Mi stai lasciando?”, iniziò lui.
Ecco, aveva capito già tutto. E mi rendeva il tutto ancora più difficile.
“Non ti sto… lasciando. Ti voglio dire quello che mi succede, perché non parliamo mai…”, spiegai.
Lui tacque e aspettò che io iniziassi il mio discorso.
“Qualcosa non va più tra di noi, non trovi? Viviamo sotto lo stesso tetto ma ci vediamo poche volte. Stiamo insieme ma non ci raccontiamo le nostre giornate. Non ci dimostriamo più che ci amiamo, forse proprio perché non ci amiamo più…” Sentivo gli occhi inumidirsi, chissà perché.
“Ma quella notte…”, prese a parlare, ma lo interruppi all’istante.
“Io non ho provato niente quella notte. Cercavo solo di far funzionare le cose. Ma non ce la faccio a mentirti ancora, a mentire a me stessa”, ammisi, col cuore in mano.
“Sei innamorata di Zayn?”, chiese a bassa voce.
Che domanda inopportuna! Non lo sapevo ancora quello che provavo per Zayn, diamine. Chi se lo sarebbe mai aspettata che proprio Mike dovesse porgermi quella domanda?
“No!”, risposi, di fretta e furia.
“Tu menti! Menti ancora!” La voce di Mike cominciò ad alzare volume, e non era un buon segno.
“Credimi se ti dico che lui non c’entra niente con tutto questo!” Ero sincera.
“Vai a dirlo a qualcun altro! Sono stato cieco finora, ma adesso vedo tutto chiaramente!”
“Invece non vedi un bel niente! Non capisci…” Ero sull’orlo del pianto, non potevo sopportare una lite come quella. Troppe emozioni in una sola sera.
“Io non capisco?! Catherine, stai scherzando?!” Mike si mise in piedi e cominciò a gesticolare. “Non sono un idiota, Catherine!”
Quando ripeteva il mio nome più volte significava che non ragionava più. La rabbia si era impossessata di lui, ancora.
“Calmati Mike, non ti ho mai dato dell’idiota.” Mi alzai anch’io dal divano. Ma mi ritrovai di nuovo seduta.
Mike mi aveva spinto all’indietro e si era incamminato verso la cucina.
“Mike!”, lo richiamai.
Lui mi ignorava. Come si permetteva a spingermi in quel modo? Lo seguii in cucina.
“Mike!!”, urlai ancora più forte.
“Che cazzo vuoi ora?!”, si voltò verso di me, con un’aggressività che non gli conoscevo.
“Datti una calmata e parliamo da persone civili!”, risposi, con lo stesso tono.
“Ma vattene da quel cantante fallito, vattene a fare la puttana!”
A quelle parole non ci vidi più dalla rabbia. Non aveva mai usato un linguaggio simile in mia presenza, era troppo… Avevo gli occhi gonfi, trattenevo le lacrime a stento.
“Sei un cretino! Perché non capisci che io non avrei mai potuto tradirti?!”, gli sbraitai contro, avvicinandomi sempre di più a lui.
Mike mi diede un secondo spintone, stavolta non c’era il divano dietro di me perciò sarei potuta cadere per terra se non avessi trovato subito l’equilibrio. Ed era stata un impresa ardua, dato che indossavo ancora i tacchi alti.
“E non provare più ad alzarmi le mani, intesi?!”, continuai, imbestialita.
“Non mi fai paura” La sua voce era più calma, ora. Mi illusi che si era tranquillizzato.
Scossi la testa e girai i tacchi. Meglio chiuderla lì.
“Ehi, dove credi di andare?”, domandò, alle mie spalle.
“Vado a dormire. Sono stanca. Tu dormi nel divano”, ordinai.
“Ah ah! Simpatica!”, mi schernì. Che cavolo aveva stasera, questo?
Mi girai di nuovo verso di lui, pronta a rimproverarlo ancora. Alzai un dito contro di lui, ma lui mi afferrò il polso della mano e lo strinse forte, troppo forte.
“Lasciami subito!”, strillai. Faceva male, non lo capiva?
Lui mi obbedì, quando già una lacrima era scesa sulla mia guancia. Non capivo che cosa gli fosse successo. Non era mai stato così, mai. Mi faceva più male il fatto che lui si comportasse in quel modo, che il dolore fisico della sua stretta.
“Vai pure a dormire di là. Ci sto io nel divano, stanotte. Ma domani vado via”, mormorai, abbassando lo sguardo, per nascondere le lacrime che inondavano il mio viso.
Non avevo pensato che mettere fine a quella storia sarebbe stata così dura. Mi stava ferendo profondamente. Lui non era il mio ragazzo.
“E dove andrai, sentiamo?”, chiese, sprezzante.
“Ovunque lontano da te”
Improvvisamente Mike si accasciò a terra. Sbarrai gli occhi, esterrefatta.
Cadde sulle ginocchia e cominciò a singhiozzare. Mi sfiorò l’abito lungo e piagnucolò: “Non mi lasciare… Ti prego, non mi lasciare…”
Mi sorprese il fatto che di punto in bianco fosse esploso in quel modo. E mi spezzava il cuore vederlo così sofferente, ma aveva sbagliato, e tanto anche. Non avrei più potuto sentirmi sicura al suo fianco. Non solo non l’amavo, per di più mi faceva… paura.
Indietreggiai e raggiunsi la camera da letto per cambiarmi. Mike non mi seguì, continuò a piangere sul pavimento della cucina. Mi sforzavo di essere insensibile a quel pianto. Se avessi ceduto alle sue suppliche e fossi rimasta, me ne sarei pentita amaramente, ne ero certa.
Andai in soggiorno e sistemai delle coperte sul divano.
Subito dopo sentii dei passi, una porta chiudersi. Mike era andato in camera da letto. Finalmente quella sera si era conclusa.
 
Non dormii affatto sonni tranquilli. Pensavo a cosa avrei fatto l’indomani, dove sarei andata, cosa ne sarebbe stato della mia vita.
Nel bel mezzo della notte più lunga della mia vita, un lampo di genio mi ricordò che avevo promesso alla mamma che sarei andata a trovarla nei prossimi giorni. Tornare a Rotheram mi avrebbe fatto più che bene, specialmente in un momento del genere.
Mi addormentai, finalmente, rassicurata dall’aver trovato una soluzione.
 
I raggi del sole illuminavano a tratti l’ambiente, penetrando dagli spiragli delle persiane aperte delle finestre. Schiudevo e richiudevo gli occhi lentamente, assonnacchiata, la mente svuotata, alla ricerca di qualche pensiero. Non capivo ancora bene dove mi trovavo, l’immagine che vedevano i miei occhi mi era nuova al risveglio, e nemmeno quella sorta di scomodo letto dove ero distesa mi era familiare.
Aprii totalmente gli occhi quando il rumore di una porta che sbatteva mi fece sobbalzare. E così tornarono i mille pensieri alla mente. Mi ricordai che mi trovavo nel divano del soggiorno, mi ricordai della mostra, delle discussioni con Mike della scorsa sera. Avrei preferito continuare a dormire beatamente, senza preoccupazione, nel mondo dei sogni.
Mike era appena uscito di casa. Controllai il mio cellulare, poggiato sul tavolino vicino il divano: segnava le sei in punto. Iniziava presto il suo turno di lavoro, oggi.
Istintivamente affondai la testa sotto le coperte e mi lasciai andare ad un urlo liberatore.
“Aaaaaaaaaaarrrrrrrrr!!”
Da oggi la mia vita cambiava drasticamente.
Mi misi in piedi, ormai incapace di riprendere sonno, e raggiunsi la cucina.
Spremuta d’arancia e fette biscottate… Al diavolo le vecchie abitudini! Ho voglia di mangiare sul serio.
Uova e bacon, fritti con tanto amore e tanto olio: tanto ingrassanti.
Me ne fottevo altamente.
Poi subito sotto la doccia, cercai di non farmi assalire dalle mille domande esistenziali, e stranamente ci riuscii.
Ero felice della svolta che stava prendendo la mia vita, positiva o negativa che fosse stata.
Mentre m’insaponavo il corpo, notai un segno scuro nel braccio destro, provai a lavarlo via ma… faceva male.
Era il livido nel polso che mi aveva procurato Mike la scorsa sera. Scossi la testa e allontanai quel ricordo.
Volevo dimenticare quegli attimi, lui non era in sé. Lo avevo già perdonato. Forse ero troppo buona, così dicevano anche le mie amiche del liceo, quando i ragazzi mi facevano i dispetti e io li ignoravo totalmente.
Ma di una cosa ero certa: non sarei stata un giorno di più in quella casa.
La casa era di proprietà di Mike, perciò mi toccava trovarmi un nuovo alloggio. Ciononostante in questa casa avevo speso parte dei miei stipendi. Il mio studio, ovvero la stanza contenente le mie opere, l’avevo arredato tutto da me. Poi l’armadio grande in camera da letto era stato pure spesa mia, dovuta al mio costante bisogno di spazio per i vestiti. C’erano poi i vari vasi con i fiori, e gli orologi appesi, ancora soldi usciti dalle mie tasche. Ma non potevo mica svaligiargli la casa.
In fondo lui mi aveva ospitato sotto il suo tetto, adesso dovevo dimenticare e andare avanti. Avevo messo da parte un po’ di soldini in quegli anni, mi sarei potuta permettere anche un appartamentino in centro.
Finita la doccia, diedi il via alla ‘preparazione valigie’.

 



 

 



Angolo Autrice.

Alcune di voi se l'aspettavano questo comportamento violento da parte di Mike.
Eppure mi sono limitata. Lui non le alza le mani, ha soltanto dei momenti di rabbia, di cui si pente subito.
Ha paura di perderla, e la perde. Ma non si rassegnerà, quindi non illudetevi che scompaia.
Cathy però pensa già ad un nuovo inizio. Ricordiamoci che oggi ha l'appuntamento con Zayn :)
E poi taaaante novità, dunque, se siete curiose... recensite a più non posso!!
Ultimamente vi sento molto attive e mi fa tantissimo piacere. Non deludetemi <3

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Capitolo 19
*** -TIME OUT- ***


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BENTORNATI A TUTTI QUANTI, MIEI AMATI LETTORI DI FAN FICTION!

Oggi sono qui non per postarvi un nuovo capitolo,
ma per chiedervi scusa del ritardo che sto portando nell'aggiornare questa storia.

So che alcuni di voi ci tengono particolarmente, ad altri magari non importa più di tanto,
eppure mi sentivo in dovere di scusarmi...

Perchè, beh... E' estate! Ebbene si, è estate anche per me.
E quest'ultimo mese mi sono costretta a divertirmi a più non posso,
prima di tornare ognuno ai propri libri!

Dunque lo ammetto, ho trascurato le mie fan fiction, e me ne dispiaccio tantissimo!!!

IN COMPENSO PERO' HO FATTO UNA COSINA....
UNA COSINA CHE SONO SICURA VI PIACERA' MOLTO :')

Ecco qui il trailer ufficiale di "2022: Flashback"
Per vederlo
CLICCATE QUAAAAA <3


Domani parto per Barcellona, quindi scomparirò ancora per un po',

ma vi prometto una cosa... A Settembre tornerò alla carica con i prossimi capitoli!
Quindi aspettatemi, e non dimenticatevi di me e di questa storia :)

VI VOGLIO TANTO BENE.

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Capitolo 20
*** Confessioni. ***


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Capitolo diciottesimo



 
Tenevo tra le mani le mie due tele, Walter me le aveva restituite non appena ero tornata alla galleria, quella mattina. Ed ora le stavo disponendo delicatamente nel cofano del taxi che mi aveva portato fin qui.
Avevo riempito quella povera macchina di bagagli, pronta a partire verso casa. Ma non avevo ancora concluso ogni faccenda qui a Londra, avevo un conto in sospeso.
Zayn stava tardando all’appuntamento, ma non mi pesava. Aspettavo pazientemente, sicura che l’avrei visto, gli avrei parlato, e avrei sentito il suo odore. Chiesi al tassista di attendere ancora un po’, e lui accettò senza fare troppi problemi.
Ad un certo punto sentii dei passi alle mie spalle, mi voltai sorridente. Ma no, non era Zayn.
“Tesoro! Che sbadato che sono!”, era Walter che mi veniva incontro con una busta tra le mani, “Questa è per te”, me la porse.
“Cos’è?”, chiesi istintivamente, prendendola in mano.
“Ma sei cieca, bambolina?!”, rise eccessivamente, “E’ una busta di carta!”
Aveva scoperto l’acqua calda. Ma che problemi aveva ‘sto tizio?
Guardai il mittente scritto nella busta e mi stupii di leggere proprio il nome di Walter Stephan Lake.
“Stammi bene, cucciola!” Il grande critico d’arte scomparve dalla mia vista, lasciandomi nuovamente sola sul marciapiede.
Titubante scartai la busta e all’interno vi trovai una sostanziosa somma di denaro. Sgranai gli occhi, incredula: A cosa erano dovuti tutti quei soldi?
Notai che insieme alle banconote vi era ripiegata una lettera, la lessi rapidamente.
Walter si congratulava con me per il successo riscosso dalle mie opere, e mi ringraziava per aver dato prestigio alla sua mostra. Per dimostrare il suo riconoscimento, nella speranza di una nostra futura nuova collaborazione, allegava quella mazzetta.
Ero ancora scioccata, ma… la cosa non mi dispiaceva per niente!
Ora che mi trovavo praticamente senza un tetto, i soldi erano la cosa di cui avevo più di bisogno.
Quell'effimera felicità però non mi distraeva dall'attesa. Zayn non arrivava e io mi innervosivo ogni minuto di più. Avrei potuto chiamarlo, mandargli un messaggio, ma no, continuavo ad avere fiducia e speranza che da un momento all’altro sarebbe apparso.
Il conducente del taxi cominciava a spazientirsi: mi disse un paio di volte che il tempo che gli stavo facendo sprecare mi sarebbe costato, ma io lo ignoravo palesemente.
Guardavo a destra e sinistra per quella grande strada e perdevo la speranza ogni volta che scorgevo una macchina che non era la sua.
Finalmente ripresi a respirare. Lo vidi scendere da un’auto posteggiata dall’altra parte del marciapiede, e in quel momento il mio cuore si gonfiò così tanto da rischiare di esplodere.
Zayn indossava degli occhiali da sole scuri e un cappellino con la visiera larga. Chiuse la macchina con un ‘bip’ e attraversò la strada.
Era così bello, e quasi lo vedevo con una luce diversa ora che non mi sentivo più una stronza traditrice, ma una semplice donna innamorata. Non mi costringevo a cacciare i pensieri su di lui, anzi, li alimentavo.
Si piazzò di fronte a me e tolse subito gli occhiali dagli occhi.
Gli sorrisi e lui fece lo stesso. Ci ritrovammo faccia a faccia, e improvvisamente dimenticai tutto quello che avevo da dirgli.
“Scusa il ritardo, Harry mi ha… trattenuto”, disse.
“Immagino…”, mormorai, seria.
“Signorina?!”, mi richiamò il tassista, nel momento meno opportuno.
“Altri cinque minuti, per favore”, lo pregai. Quello si zittì.
“Dove vai?”, mi chiese Zayn, notando le valigie dentro il taxi.
“Rotheram, dai miei”, risposi di getto, “Stacco un po’ la spina.”
“Tutti questi bagagli per un paio di giorni?” Zayn cercava di capire.
“Non saranno solo un paio di giorni…”
“E Mike?”, domandò, come impaurito da quel nome.
“Abbiamo rotto”, sputai subito quel groppo. Volevo dirglielo il più presto possibile, “E’ finita…”
“Mi dispiace, Catherine” Zayn mi sfiorò una mano, la sollevò e la strinse nella sua. Il suo sguardo cadde istintivamente sul mio polso, e lì mi ricordai del livido che mi aveva procurato Mike la scorsa sera. Tirai indietro la mano, prima che lui se ne accorgesse.
“Quindi scappi da Londra”, continuò.
“Ti dispiace?” Lo guardai insistentemente negli occhi. Erano così grandi e sinceri che mi ci sarei rifugiata volentieri, senza il bisogno di cercare altra casa.
“A dire il vero si, mi dispiace molto”, ammise.
“Walter dice che la mostra è stata un successone”, cambiai discorso, per alleggerire l’aria.
“Non andare via, vieni da me.” A quelle parole mi paralizzai. Cosa mi stava proponendo?
“I m-miei disegni sono piaciuti molto”, ripresi, distogliendo il suo sguardo.
“Sono uno stronzo se ti dico che dal momento in cui mi hai detto di essere fidanzata ho sperato ogni minuto di ogni ora di ogni giorno che vi lasciaste?” La sua voce suonava così dolce e melodiosa che non badai tanto alle parole, quanto al modo in cui mi stava parlando. Mi parlava col cuore.
Però io davvero non capivo. Se era vero che era attratto da me, allora perchè mi aveva allontanato più di una volta?
“Tu avevi paura di me, come potevo piacerti?”
“Avevo paura di ritrovarmi di nuovo nel ‘pakistano degli One Direction’. Sapevo che eri una mia fan, mi ricordavo di te. Mi ricordo di tutte le directioner dei Meet & Greet. Ognuna con le sue debolezze, le lacrime, le urla isteriche, i sorrisi sempre bellissimi, le parole d’affetto, gli abbracci… Io le riconoscerei oggi una per una.”
Lo guardavo imbambolata. Non sapevo se credere alle sue parole, forse non volevo proprio. Lui si ricordava di me sin dal principio, e aveva fatto finta di nulla. Si ricordava di tutte noi.
“Era bellissimo vederle aggrapparsi a noi come unica fonte di salvezza, mi facevano sentire speciale, mi facevano ridere ed emozionare. Quando salivo sul palco non pensavo alla performance da affrontare, ma a tutti quegli occhi lucidi che mi avrebbero guardato come fossi un Dio. Tutto questo mi faceva anche paura, era troppo, ma per voi non era mai troppo. Ci donavate sempre più amore, senza stancarvi mai.”
Aveva fottutamente ragione. Eravamo instancabili, e non avremmo mai smesso di amarli. Io non avevo smesso tuttora.
I suoi occhi si incupirono improvvisamente; ricordare gli stava facendo male dentro. Proprio come aveva fatto male a me, anche di più.
“Sai cos’è significato per me mettere fine a tutto questo? Potevo continuare a godere della devozione delle vecchie fan, che avrebbero continuato ad adorarmi vanamente anche senza più le canzoni, le emozioni, senza che esistessero più i One Direction. Oppure potevo voltare pagina, provare a rifarmi una vita più sincera, riabituarmi a fare la spesa con le vecchiette del quartiere e fare finta che non fosse mai successo niente. Che tutti quei cuori che battevano per me erano stati frutto della mia immaginazione.”
Lo ascoltavo in silenzio, assorta dal suo monologo. Si stava finalmente liberando. Tutti i silenzi, le mezze parole, i passi indietro e le paure stavano avendo sfogo adesso. Avevo tentato tante volte di capire cosa pensasse, cosa lo tormentasse, perché si comportasse in quei determinati modi, ed ora avevo le mie risposte.
“A Bradford purtroppo ero troppo riconoscibile e facilmente rintracciabile, nonostante amassi quella città non potevo tornarci. Ho scelto di venire in questa periferia di Londra per ricominciare da zero.”, ridacchiò, “Rivedere quella ragazzina dalle guance rosse e la maglietta verde col quadrifoglio… mi ha impaurito, lo ammetto. Ho avuto paura che tu parlassi di me, o che mi cercassi ancora. Ma poi…”, scosse la testa, “poi ho avuto paura che tu non mi cercassi più. Perché mi ricordo di quanto stronzo sono stato a trattarti come ti ho trattato, e mi ricordo che ho passato i giorni seguenti a torturarmi perché avrei voluto rivederti e chiederti scusa, e dirti che eri una bellissima diciassettenne dalle guance rosse, e che eri ancora bellissima. No, lo eri di più. E che il giorno dell’incidente ho pianto come un bambino per il terrore di averti fatto del male, che ti avrei voluto accompagnare io stesso in ospedale, ma la paura era troppa. Mi dispiace di tutto, Catherine. Perdonami.”
Aveva ripreso la mia mano tra la sua e attendeva una mia risposta. Ma come potevo rispondere a tutto questo?
“Non hai nulla da farti perdonare, non dispiacerti. Non mi hai fatto del male, anzi… mi hai ridato vita. La diciassettenne dalle guance rosse ha ritrovato un motivo per cui sorridere.” Gli rivolsi un enorme sorriso, Zayn in risposta mi carezzò una guancia. Stavo tremando come una foglia, perchè?
“Adesso devi proprio andare via?”, chiese a bassa voce.
“Torno presto. Tu… aspettami. Io ti ho aspettato per più di dieci anni”, scherzai.
“Non meritavi un’attesa tanto lunga.” Mi sfiorò i fianchi, poi li strinse leggermente e mi avvicinò a sé. Ero incapace di muovermi coscientemente, perciò mi comandava lui. Una bomba. Stavo esplodendo dentro di emozioni. Quel momento era come… come un enorme sogno nel cassetto, di quelli grandi grandi che dentro al cassetto ci stanno troppo stretti, e che finalmente veniva liberato, volava nel cielo, tra le nuvole, sprizzando mille colori.
“A presto, Zayn”, sussurrai, non interrompendo per un attimo il contatto tra i nostri occhi. Stavano per entrare in simbiosi, si sarebbero fusi.
“Mi mancherai, Catherine”, rispose. Allentò la presa dai miei fianchi e avvicinò il capo per poggiarmi un bacio su una guancia.
 
Vedevo gli alberi e le case sfrecciare dietro di me, la strada che correva insieme a loro, e il cielo grigio e immobile. Era il primo giorno di primavera, eppure il tempo non si degnava di migliorare qui a Londra.
Sperai che a Rotheram splendesse un bel sole al mio arrivo.
Il tassista mi accompagnò alla stazione ferroviaria, mi aiutò coi bagagli e poi si eclissò.
Il treno sarebbe partito a minuti, diretto alla mia vecchia casa, e chissà quando avrei percorso la strada del ritorno.
Zayn mi aveva confessato tutti i suoi pensieri più profondi, avrei voluto fare lo stesso, ma non c’era stato tempo a disposizione. Era per questo che proprio adesso che il treno stava partendo lentamente m’immaginavo di saltare fuori dal finestrino e raggiungerlo col fiato in gola per poi abbracciarlo forte e non lasciarlo più. Gli avrei voluto dire anch’io ogni mio recondito pensiero, e l’avrei coccolato fino all’indomani mattina.
Ma dovevamo aspettare entrambi per tutto questo. Perché lui mi avrebbe aspettato… giusto?





 

Angolo Autrice.

Buona Domeniche piccole lettrici :)
Come vi avevo promesso sono tornata a postare a Settembre, il PRIMO di Settembre!!
Non avrei mai pensato che avrei scritto queste cose in questo capitolo!
Ma è uscito fuori così... e non posso comandare la mia vena artistica xD
Bene, se vi ho stupite... sappiate che mi sono stupita anch'io!
Sul serio, non capisco come mi è saltato in mente di fare sfogare Zayn proprio ora...
Però c'è ancora molto altro. Harry e la sua proposta? Cathy che torna a Rotheram? Mike scomparirà nel nulla?
Aspetto le vostre recensioni, che spero siano taaante e beeelle e simpaatiche :D
Vi voglio bene, e scusate l'attesa.

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Capitolo 21
*** Home, sweet home. ***


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Capitolo diciannovesimo



“Mamma, papà… mi sono lasciata.” Mi ripetevo in mente questa frase da tutta la giornata. Non sapevo proprio come era meglio dir loro che la loro unica figlia fosse adesso sola e senza casa. Ci sarebbero rimasti male, senz’altro. D’altronde loro avevano sempre straveduto per Mike.
Il treno arrivò a Rotheram prima di quanto mi aspettassi, ed io non sapevo ancora come affrontare la situazione. Avevo chiamato la mamma quella mattina per annunciarle il mio arrivo, lei mi aveva rimproverato perché non l’avevo avvertita prima e in poche ore non poteva preparare un pasto esagerato e spropositato, atto a farmi ingrassare come una balena arenata. Che tremenda sventura!
Scesi dal treno, prendendo le valigie una ad una. Poggiai l’ultima per terra e sbuffai, spossata. Quando sollevai gli occhi mi ritrovai di fronte il sorriso più bello che avessi mai conosciuto, sul volto di un paffutello sessantenne dai capelli brizzolati. Era il mio meraviglioso papà che mi aspettava a braccia aperte.
“La mia piccolina!”, mi chiamò, al solito suo.
“Papà…”, lo abbracciai amorevolmente e lui mi stritolò come faceva sempre.
Mi ci voleva proprio questo ritorno a casa… O forse no.
 
Nel tragitto in macchina con mio padre parlai del successo della mia mostra e potevo benissimo percepire quanto lui fosse orgoglioso di me. Ero felice.
Ma appena misi piede in casa, apriti cielo!
“Come sta Mike?”, chiese la mamma, sorridente.
Deglutii, pronta a parlare tutto d’un fiato.
“A proposito… devo dirvi una cosa che riguarda noi due. Beh, ecco, noi…”
“Oddio, non ci credo…” Mia madre sgranò gli occhi e portò rapidamente una mano sul petto.
Ha capito tutto… “Si, mamma. Noi ci...”
O forse non ha capito un cavolo.
“Fammi subito vedere l’anello! Che bello! La mia piccolina si sposa!”, esclamò, esageratamente su di giri.
La bloccai subito. “Oh, no! Mamma, che hai capito!”
“Ti ha chiesto di sposarlo, giusto?! Dov’è l’anello?”, continuò, mostrando i denti in un enorme sorriso e venendomi incontro come Gollum che sente l’odore del suo ‘tessssoro’.
Loro non aspettavano altro che questo: un matrimonio. Mi dispiaceva distruggere i loro sogni, ma era necessario chiarire il fraintendimento, immediatamente.
“Mamma, frena! Non c’è nessun anello.”, dissi, secca.
“Non… si usa più?”, domandò, perplessa.
“Certo che si usa, mamma. Santo cielo, sta un attimo zitta!”, sbraitai, innervosita dalla situazione che si era venuta a creare.
Notai mio padre che aveva ormai tramutato il sorriso in una smorfia di dissenso: lui aveva già capito.
“Io e Mike ci siamo lasciati.”, confessai, guardando proprio verso di lui.
Seguì un attimo di pesante silenzio. La mamma si sedette sulla poltrona di pelle nera e poggiò le mani sui braccioli, lo sguardo perso nel vuoto. Papà invece restò immobile al suo posto, ovvero in piedi dietro il divano. Improvvisamente vidi le sue sopracciglia incresparsi e la bocca contorcersi.
“Quel pezzo di me…”, cominciò a dire.
“Papà!”, lo richiamai.
“Cosa ti ha fatto?!”, continuò, visibilmente adirato.
“Niente, smettila. Non mi ha fatto niente. Abbiamo preso insieme questa decisione”, mentii, per placare la situazione.
“Tesoro, ma… tornerai a vivere qui?”, chiese mia madre, ancora scossa dalla notizia.
“No, starò un po’ qui perché ve lo avevo promesso. Anche se non avessi rotto con Mike sarei venuta…”, parlai serenamente. Poi mi ricordai di un altro motivo valido per cui avevo preso quel treno. “E poi c’è il compleanno di Liz tra due giorni.”
Liz era una mia vecchia grandissima amica. Avevamo frequentato insieme la scuola superiore, stesso anno, classi diverse. Ma studiavamo sempre insieme, uscivamo insieme, avevamo tantissime cose in comune, tra cui la passione per una certa band musicale angloirlandese.
“Oh, già! Elisabeth!”, esultò la mamma, “L’ho vista al supermercato meno di una settimana fa. Era con suo marito, quel… Bob.”
Ecco, particolare difficilmente trascurabile: Liz al contrario mio era rimasta a Rotheram, non aveva continuato gli studi, piuttosto subito dopo il diploma aveva iniziato a lavorare come cameriera in un ristorante della città, probabilmente perché invaghita del figlio del proprietario del posto, un certo Bob. Quest’ultimo aveva recentemente ereditato il locale e si era sposato con la mia migliore amica, adesso sua comproprietaria.
A loro il destino aveva riservato una vita semplice e priva di colpi di scena. Da una parte li invidiavo, mi erano sempre sembrati così innamorati…
Ora mia madre voleva forse colpevolizzarmi implicitamente perché Liz aveva già una vita stabile mentre io ero una perfetta scapestrata?
“Si mamma, ho capito”, risposi semplicemente.
Mi ricordavo perfettamente del matrimonio di Elisabeth, mi ero trascinata dietro Mike, che non ne voleva sapere di venire. Si, perché stavamo insieme ancora da pochi mesi, e lui non se la sentiva di prendere parte a certe occasioni al mio fianco. Che deficiente.
“Piccola, vuoi andare a darti una rinfrescata? Di sopra la mamma ha ripulito la tua vecchia camera. E’ proprio come l’hai lasciata”, disse mio padre, indicando con la mano le scale in legno che dal soggiorno portavano al piano superiore.
Annuii e mi allontanai da loro. Avevo bisogno di restare un pochino sola con me stessa.
Aprii la porta della mia stanza e notai che i miei bagagli erano già stati disposti lungo una parete. Mi guardai attorno. Era davvero tutto come l’avevo lasciato.
In quegli anni ero tornata a casa qualche giorno di sfuggita, ma non avevo avuto occasione di scrutare attentamente i dettagli di quello che era stato il mio rifugio per così tanto tempo.
Ricordavo che quelle pareti azzurre una volta erano completamente tappezzate di poster. Ricordavo il disegno ormai sbiadito che avevo pennellato sui vetri della finestra. E lo stereo sulla scrivania che leggeva sempre gli stessi cd.
Aprii una valigia e preparai dei pantaloni di tuta ed una maglia larga, poi feci per raggiungere il bagno, ma delle voci provenienti dal piano di sotto catturarono la mia attenzione.
“Mike è un bravo ragazzo, sono certa che non è colpa sua”, diceva la mamma.
“Ti ricordo che in passato ha già fatto soffrire la nostra bambina”, rispondeva papà.
“Ma poi avevano riappacificato. Magari succederà lo stesso, e torneranno insieme!
Non volevo continuare ad ascoltare simili assurdità, chiusi la porta del bagno alle mie spalle e feci finta di niente.
 
Il sole cominciava a calare, il tramonto era più bello qui, visto dalla mia vecchia stanzetta. Sorrisi al ricordo di tutti i tramonti che avevo osservato da quella finestra. Tutte le volte che avevo provato a dipingerli… Dovevano ancora esserci dei miei disegni qui dentro, da qualche parte! Mi si accese come una lampadina in testa, e la curiosità di trovare i fogli che imbrattavo con le mie piccole e ingenue mani da ragazzina era troppa. Controllai sotto il letto, dentro l’armadio, perlustrai l’intera libreria e tutti i cassetti possibili e immaginabili. D’un tratto però un suono proveniente dalla borsa mi distrasse dalla mia accurata ricerca. Era la suoneria del mio cellulare… Mi fiondai sulla borsa, convinta di sapere chi fosse dall’altra parte della cornetta.
Ma no, mi sbagliavo: era Susan, la mia collega.
“Pronto?”
“Cathy, bella! Come stai?”, mi chiese con la sua voce squittente.
“Bene, si… Tu? A scuola tutto okay?”, domandai, un po’ preoccupata di premere quel tasto.
“E’ okay, è okay. Tranquilla… Come da copione ho detto a Mr Parker che ti sei beccata un brutto virus e il dottore ti ha consigliato di stare a casa per un paio di settimane. Se l’è bevuta!”, sghignazzò. Che amore che era! Aveva mentito al preside per me. Le avevo raccontato via telefono della rottura con Mike e del mio bisogno di evadere un po’ dalla città, era stata molto comprensiva.
“Certo che se l’è bevuta… Quell’uomo è cotto di te!”, ribattei, per provocarla.
“M-ma che cosa vai insinuando! Pff… Non è affatto vero.” Notai un’agitazione nel tono della sua voce che non le conoscevo.
“Come dici tu… Comunque, ti ringrazio di cuore per quello che hai fatto.”
“Questo e altro per te, Cathy. Siamo amiche, no?” In questo momento potevo benissimo immaginare il sorriso smagliante che era sicuramente comparso sul suo viso.
Noi non eravamo mai state grandi amiche, buone colleghe si, pranzavamo spesso insieme, parlavamo di cucina, fitness, musica, però… non avrei mai creduto che lei mi considerasse sua amica. Forse perché io ero sempre stata molto restìa nel stringere rapporti d’amicizia, fidarmi delle persone, e aprirmi a loro.
“Certo, Susan”, risposi. Sorrisi, volevo bene a Susan, davvero.
 
La cena che aveva preparato la mamma era tremendamente abbondante, malgrado lei continuasse a ripetere che avrebbe potuto fare di più. Mi godetti il pasto insieme ai miei genitori, tra quattro chiacchiere e le notizie del telegiornale in sottofondo, come ai vecchi tempi.
Aiutai mia madre a sparecchiare, poi mi sedetti nel divano di fianco a papà. Guardammo insieme un film piuttosto antico che stranamente trasmettevano sul primo canale, s’intitolava ‘Serendipity’. L’avevo già visto, all’età di quattordici anni, mi pare.
Rivederlo nel 2022 mi faceva uno strano effetto. La trama raccontava di uno scherzo che il destino aveva giocato a due innamorati.
I due si separano il giorno stesso in cui si conoscono, e poi si rincontrano casualmente dopo sei lunghi anni.
Drin driiin! Campanello dall’allarme: tutto ciò mi suona familiare.

Il loro era stato colpo di fulmine al primo incontro, avrebbero potuto rivedersi il giorno dopo, continuare a uscire insieme e iniziare una storia d’amore senza complicazioni. Ma lei voleva che fosse il destino a ricongiungerli.
Alla fine del film sbattei più volte le palpebre per tornare alla realtà e scrollare via dalla mente quella storia un po’ simile alla mia.
Mi misi a letto e mi addormentai serenamente, come non facevo da troppo tempo.

 

 

 

 

Angolo Autrice.

Salve salvee salveeeee! Ho aggiornato presto presto, mi sento poteeente!
Beh, che dire? In questo capitolo non compare Zayn, nemmeno nei pensieri di Catherine... o quasi.
Quante di voi hanno visto "Serendipity"?? :) E' uno dei miei film preferiti!
Non so come mi è venuto in mente mentre scrivevo questo capitolo, ma mi è sembrato più che appropriato u.u
Siete curiose di conoscere Elisabeth?? Era anche lei una directioner, chissà se crederà alle avventure di Cathy! xD
(Catherine non le aveva mai raccontato di Zayn perchè lui stesso le aveva
implicitamente chiesto di non fare parola a nessuno di lui. Ma adesso la situazione è diversa...)
Per favore, recensite, recensite tutte quante! Non andate via senza lasciare un segno del vostro passaggio <3

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Capitolo 22
*** Liz. ***


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Capitolo ventesimo




Mercoledì 23 Marzo 2022, ore 10:45.
Scese le scale la prima cosa che vidi fu l’enorme orologio appeso nella parete del soggiorno, sopra il camino, che segnava l’ora e la data del giorno.
Non ero abituata a svegliarmi così tardi, a Londra. Mi stiracchiai per benino e raggiunsi la cucina, sbadigliando.
“Ti faccio il caffè, tesoro”, disse la mamma che già si dava da fare tra i fornelli.
“Grazie”, mi avvicinai a lei e le schioccai un sonoro bacio sulla guancia. Poi aprii una scatola di biscotti e ne addentai uno alle mandorle.
“Hai avvertito Elisabeth?”, mi chiese di punto in bianco.
“Uhm?”, continuai a sgranocchiare il biscotto, senza darle risposta. Anche perché non avevo ben compreso la domanda.
“Le hai detto che sei qui? Sai se darà una festa per il suo compleanno?”, si spiegò lei.
Ingoiai il boccone e parlai. “Voglio farle una sorpresa.”
“Le hai comprato un regalo?”, continuò.
Perché tutte queste domande appena sveglia? Odiavo fare conversazione in quello stato.
La mamma mi porse la tazza di caffè e alzò le sopracciglia, come a intimarmi di risponderle.
Ora ricordavo perché ero andata via da Rotheram. Era così assillante!
“No, mamma.”
“Ma il compleanno è oggi e…”, non la sentii concludere la frase poiché mi allontanai dalla cucina e salii le scale verso la mia stanza, con la tazza di caffè in mano.
Erano passati tre giorni da quando ero arrivata qui, e non avevo fatto altro che guardare film, mangiare schifezze e disegnare… un po’. Mi sentivo sempre stanca e non avevo voglia di fare niente. Avrei potuto contattare i miei vecchi amici, cercare Liz, fare un giro per la città, ma non mi andava. Al massimo accompagnavo mia madre a fare la spesa nel supermercato che c’era a due passi da casa. Per il resto preferivo starmi dentro casa a deprimermi perché Zayn non mi cercava.
Ecco qual era il motivo del mio pessimo umore: Zayn. Quell’idiota che si era dichiarato proprio nel momento meno opportuno, quando avevo deciso di prendere un treno e scappare da Londra. Perché adesso era scomparso? E perché io mi costringevo a non cercarlo?
“Maledizione!”, urlai. Avevo poggiato malamente la tazza sulla scrivania, sulla quale si era riversata qualche goccia di caffè che era rimasta. Non ne combinavo una giusta.
Non facevo che pensare a lui, più di quanto non facessi prima. Era un pensiero fisso in testa, un’ossessione.
“Avevo paura di ritrovarmi di nuovo nel ‘pakistano degli One Direction’. Sapevo che eri una mia fan, mi ricordavo di te.”
Questa sua frase mi ronzava nelle orecchie da ben tre giorni, e non riuscivo a liberarmene. Zayn si ricordava di me, della mia maglietta col quadrifoglio che al Meet&Greet era piaciuta tanto a Niall. Zayn si ricordava del nostro abbraccio, e io per tutto quel tempo avevo creduto che lui non mi avesse riconosciuto.
Ripulii la chiazza di caffè sulla scrivania, poi mi decisi a mettere addosso qualcosa di diverso dal pigiamone a pois rosa. Avevo bisogno di prendere una boccata d’aria, e anche un pensierino per Liz!
 
La metropolitana mi aveva condotto in una zona della città piena di negozi, venivo spesso qui a fare shopping quando ero ragazzina. Se ricordavo bene, in una di queste strade a destra si trovava un negozietto davvero grazioso.
Feci i miei acquisti, compreso il regalo per la mia vecchia migliore amica, poi tornai alla stazione della metro.
Mentre aspettavo di fronte al mio binario, il cellulare squillò dentro la grande borsa nera. Lo presi con riluttanza e potei dare conferma alle mie ipotesi. Era la mamma.
“Pronto? Si, sto tornando. No. Certo che no. Va bene. Okay, va bene. Si, mamma. Okay, mamma. Ciao. Si, sto aspettando la metro. Ciao, mamma.”
La nostra conversazione durò pochi secondi, ma ero certa che avrebbe richiamato almeno altre due volte prima che tornassi a casa.
Come volevasi dimostrare, non passò nemmeno un minuto e… ecco il cellulare squillare nuovamente.
Risposi senza nemmeno controllare il nome sullo schermo.
“E adesso che vuoi?”, sbuffai.
“Ehm… se ti dicessi quello che voglio chiuderesti subito la chiamata.”
Non riesco a credere alle mie orecchie.
La voce roca, il tono scherzoso, il respiro lento contro la cornetta. Avevo come l’impressione che le mie gambe si fossero istantaneamente sciolte sul pavimento sudicio della stazione.
Cavolo, era proprio lui.
“S-scusa! Pensavo fossi… Oh, fa niente. Insomma, ciao… Zayn”, impapocchiai quattro frasi senza senso, mentre mi mordevo la lingua nel tentativo di mantenere un certo stato di lucidità.
Zayn, il mio Zayn mi aveva finalmente chiamato. Era davvero lui.
“Come stai, Catherine?”, mi chiese pacato. Potevo immaginare come adesso stava probabilmente sorridendo, col cellulare all’orecchio e il suo sguardo dolce e metallico al tempo stesso rivolto chissà dove. E solo immaginarlo mi destabilizzava; come riuscivo a mantenermi lucida quando l’avevo di fronte?
“Sto bene, grazie. Sto… bene” Avevo una voglia matta di vederlo. Che ci facevo a Rotheram? Dovevo restare a Londra, accettare la sua proposta di andare a casa sua, per qualche giorno, settimana, mese, anno, per tutta la vita se era possibile. Si, lo volevo con me per tutta la vita, e l’avevo sempre saputo, sin dal primo momento in cui avevo ascoltato i One Direction alla radio. Lui era il mio destino.
“Quando hai intenzione di tornare? Mi mancano i nostri incidenti stradali…”, sussurrò dolcemente.
Sbattei le palpebre ripetutamente, presi un respiro profondo e cominciai a camminare avanti e indietro per la stazione.
“Non so che fare”, confessai.
“Vieni qui”, disse semplicemente.
“E’ successo tutto all’improvviso. Non ho più una casa, il mio lavoro è in standby, niente auto, moto o bicicletta, sono senza niente. Non lo so…”,  sbuffai, “Ho paura.”
I miei piedi calpestavano i mattoni rossicci del pavimento e non avevano intenzione di fermare la loro sfilata. Camminare era un antistress.
Avevo davvero paura di cosa mi aspettava, la mia vita era priva di certezze… senza Mike.
“La paura è normale”, commentò Zayn. Dopo qualche secondo di pausa continuò, “Anch’io ne ho avuta.”
Sapevo a cosa si riferiva. Con lo scioglimento della band anche tutte le sue certezze erano cadute in frantumi.
“Hai sofferto tanto, eh?”
“Adesso non importa. Ti prego, torna” Il suo tono supplichevole mi impressionò parecchio.
“Perché?”, domandai.
“Perché prima di incontrarti era tutto grigio e monotono, e adesso che sei lontana è di nuovo così.”
Sorrisi a quelle parole. Io avevo dato colore alle sue giornate, come lui aveva fatto con le mie.
Ricordavo quel pomeriggio che era venuto a casa mia e avevamo disegnato insieme. Io avevo raffigurato un albero, per metà ghiacciato, per metà in fiore. Zayn aveva scongelato e rinvigorito il mio cuore, la mia anima, tutta me. Ed era bello sapere che io avevo fatto lo stesso per lui.
“Torno presto.”
Un rumoroso stridio sulle rotaie mi avvertì dell’arrivo del treno. Eccolo piazzarsi di fronte la fermata, all’istante si svuotò di un po’ di gente e fece spazio ai nuovi passeggeri.
“Devo prendere la metro. Potrebbe non esserci campo lì dentro. Ci sentiamo dopo, okay?”, parlai velocemente e ad alta voce, per sovrastare la confusione che cresceva spropositata attorno a me.
“Ciao piccola.”
 
“Mamma, sono a casa!”, sbraitai non appena varcai la porta.
“Fai con comodo. Tanto i miei 27 anni possono aspettare.”
Quella voce… Quella voce.
“Liz, oddio!”
Mi fiondai sul divano con ancora la giacca addosso e le buste in mano. La mia bella Liz si trovava nel mio soggiorno, con il suo nasino all’insù e gli occhi piccoli e verdi.
Quanto mi erano potuti mancare i suoi abbracci…
La strinsi forte finché non fui sazia, poi mi sedetti al suo fianco e la squadrai per bene.
Non la vedevo da almeno due anni, non la sentivo da mesi ormai, e non riuscivo a credere di averla finalmente accanto.
“E’ arrivata pochi minuti fa. Se avessi saputo della sua visita avrei fatto senz’altro dei muffin!”, proruppe la mamma.
“Ho già detto che non si deve preoccupare. E poi sono a dieta!”, rispose Elisabeth.
Io continuavo a guardarla, esterrefatta. Era sempre più solare e bella. Mi guardò anche lei, in silenzio per qualche istante, poi prese a parlare.
“Oggi dalla parrucchiera tua mamma ha incontrato la mia, ed è uscito fuori il tuo nome. Non potevo credere che tu fossi qui e non fossi ancora venuta a trovarmi!”, si finse offesa, incrociando le braccia al petto.
“Volevo farti una sorpresa stasera! Tieni, questo è per te”, le porsi la busta col fiocco giallo, ma lei la poggiò per terra e non volle aprirla.
“Più tardi lo scarto insieme agli altri… Okay?” Mi sorrise, e tornò ad abbracciarmi.
 
“Mi sei mancata un casino, Liz! Quante cose ho da raccontarti… Oh, da dove comincio?” Parlavo tutto d’un fiato, mentre cercavo nell’armadio qualcosa di carino da mettere.
La mia amica stava seduta sul mio letto e aspettava che io mi decidessi.
Credevo proprio che in tutta la mia vita non avevo mai instaurato un rapporto d’amicizia simile con nessun altro essere vivente al mondo. Nonostante fossimo due donne ormai, nonostante non ci vedessimo da anni, nonostante fossero cambiate tante cose… eravamo due calamite. Io non mi sarei mai stancata di raccontarle di me, e lei non si sarebbe mai stancata di darmi ascolto, e viceversa.
“Comincia da Mike. Tua mamma mi ha detto che avete rotto. Ora spiegami... perché ci hai messo tanto?! Finalmente te lo sei tolta dalle scatole, Cathy!”
Io amavo definitivamente Elisabeth Anne Greek.
Risi a crepapelle alle sue parole, poi risposi con qualcosa come “Puoi dirlo forte!”
“E chi sarebbe quest’altro individuo che ha rapito il cuore della mia migliore amica?”, domandò, arricciando il naso.
“Chi ti dice che qualcun altro ha rapito il mio cuore?”, la sfidai, increspando le sopracciglia.
“Dai, è ovvio! Non ti saresti mai sbarazzata di Mike senza un motivo valido… e sexy e affascinante e con un coso enorme dentro i pantaloni.”
Spalancai gli occhi e scoppiai a ridere fragorosamente. Liz aveva sempre avuto una lingua lunga e spudorata, era per questo che con lei non mi annoiavo mai, neppure mentre ‘studiavamo’ matematica.
“Okay, proverò a raccontarti tutto”, cercai di tornare seria, ma qualche sorrisetto scappava ancora. La sua faccia mi faceva ridere, era un clown ai miei occhi.
“Devi”, ordinò.
“Si tratta di Zayn”, sputai di colpo.
La sua faccia da clown si tramutò. Le sue labbra assunsero la forma di una ‘o’, gli occhi sbigottiti.
Deglutii. “Hai capito bene. Zayn Malik… degli One Direction.”

 

 

 

 

Angolo Autrice.

Buonsaaalve mie belle lettrici di fan fiction! Siete arrabbiate con me? E' leggittimo.
Non aggiorno da quasi un mese, e chiedo perdono! Ma ho recuperato oggi, e spero non vi siate dimenticate di me :)
Che ne pensate della telefonata del pakistano? E di Liz?? Non è ultramegastrasimpatica?? :)
Okay, aspetto i vostri pareri sul capitolo e sul nuovo personaggio!
Vi prometto che il prossimo non arriverà con tanto ritardo, se voi fate i buoni e recensite with love <3

Ps: Concerto San Siro
Chi di voi è riuscito a prendere i biglietti per una delle due date di Milano? :)

 

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Capitolo 23
*** Ricordi di una directioner. ***


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Capitolo ventunesimo



 

“Ah ah ah ah ah ah ah ah ah ah ah”
Le sonore risate di Liz si espansero per tutta la casa, tanto che mia madre dal piano di sotto ci chiese di non disturbare il vicinato. Questo rimprovero mi catapultò ai tempi del liceo, quando io e Liz venivamo quotidianamente sgridate dai vecchietti della casa accanto perché mettevamo i CD dei One Direction a tutto volume.
Intanto la mia vecchia migliore amica non aveva preso sul serio le mie parole, pensava stessi scherzando. Io non mutai il mio sguardo serio, ma lei continuava a ridere.
“Ci stavo quasi per cascare!”, esclamò tra una risata e l’altra.
“Ma Liz…”
Liz era letteralmente piegata in due dalle risate, distesa sul mio letto, con le ginocchia strette al petto e le mani sulla pancia.
“Per favore, ascolta…”, insistetti.
“Okay, dai... Ti ascolto. Racconta sul serio, chi è costui?” Si ricompose e tese le orecchie.
“Te l’ho detto! E’ Zayn, Zayn Malik!”, ribattei.
“Lo scherzo è bello quando dura poco”, polemizzò Liz, muovendo l’indice su e giù come una maestrina.
Potevo chiuderla qui ed evitare di raccontarle tutto, in fondo Zayn stesso mi aveva sin dall’inizio implorato di non parlare di lui per paura di essere ‘scoperto’. Ma erano cambiate tante cose nelle ultime settimane, Zayn aveva cambiato atteggiamento nei miei confronti, e poi… Liz era Liz!
Ero con lei quando avevo assistito al mio primo concerto dei One Direction, ero con lei al negozio di musica ogni volta che usciva un loro nuovo album, e sempre con lei a fantasticare su quei cinque ragazzi stampati nei poster delle nostre camerette.
Liz aveva il diritto di sapere tutto quanto, il problema era che non voleva proprio credermi!
“Ti ricordi quando inventavamo storie sui One Direction, le scrivevamo sui blog e sognavamo che fossero reali? Ti ricordi quando ho pianto per una settimana, giorno e notte, perché mio padre non voleva spendere soldi per il Meet & Greet? E poi per il mio compleanno mi ha regalato quel biglietto magico e lì ho pianto ancora di più…”, feci una pausa per riflettere meglio su questo particolare. “Quante lacrime? Quanto abbiamo dato per questa band?” Parlavo più con me stessa che con la mia amica. Pensavo agli anni addietro, e pensavo di esserci ricascata, proprio come in un grande flashback.
“Ricordo tutto perfettamente. Come il flash mob del 2012, realizzato in loro onore… Quella è stata senza alcun dubbio l’estate più divertente della mia vita. I nostri sedici, diciassette anni, i diciotto e anche i diciannove. Tutti i concerti e i pomeriggi che volavano tra un gossip e l’altro.” Liz parlava lentamente e sorrideva a quei dolci ricordi.
Incredibile pensare che da quell’estate del 2012 fossero passati ben dieci anni. Incredibile pensare che la mia piccola Liz che faceva sogni erotici su Liam Payne adesso fosse già sposata. Ce lo saremmo mai aspettate dieci anni fa? No, per niente. Al massimo ci aspettavamo di finire all’altare con un componente della band. E chissà se io non potevo ancora realizzare quel vecchio desiderio… Oh, per favore!
Cacciai via quel pensiero inopportuno e tornai ad ascoltare Elisabeth.
“Siamo cresciute con loro. Loro ci hanno unite”, continuò.
“Si, è vero”, sorrisi.
Scossi la testa, dovevo tornare al discorso di partenza: Zayn.
“Ecco, pensa adesso ad una storia fantasiosa che ai tempi scrissi in onore di Zayn. Metti il caso che un piccolo spicchio di quella fan fiction si fosse concretizzato. Ti sembra tanto impossibile?”, domandai, sperando vanamente che lei cedesse.
“No, non puoi credere davvero che io ci caschi!”, tornò a ridacchiare.
“Io sono seria… Liz, ho davvero incontrato Zayn. L’ho abbracciato, l’ho invitato a casa mia mentre Mike era a lavoro, sono andata con lui in riva al fiume e abbiamo giocato a fare la lotta sulla sabbia, l’ho quasi baciato, l’ho visto in smoking nero e poche ore fa l’ho sentito al cellulare.” Aspettai un secondo prima di andare avanti. Volevo essere certa che la mia amica avesse carburato, ebbene, finalmente pareva starmi a sentire sul serio. “Lo so che può sembrare assurdo, lo è anche per me! Io non mi sarei mai aspettata tutto questo. Se Zayn non fosse piombato nella mia vita sicuramente a quest’ora non sarei qui… Sarei con Mike a mangiare pizza davanti un film horror!”
Liz mi guardava confusa, lottava con se stessa per decidere se darmi fiducia o meno.
“La diciottenne che è in me adesso ti prenderebbe per pazza, ti schernirebbe con frasette come ‘smettila di masturbarti davanti le foto del pakistano’!”
Risi spontaneamente alla sua battuta. Liz era il mio piccolo clown personale.
“Però…”, riprese, “oggi compio ventisette anni. E a ventisette anni cambia tutto. Non siamo più due ragazzine, è vero?”, chiese, abbassando lo sguardo.
“E’ vero”, confermai, tristemente.
“Io non ho idea di che stregoneria tu abbia fatto uso, ma devi assolutamente dirmi come hai fatto a incontrare Zayn Malik!”
 
Quella sera le raccontai tutto per filo e per segno, dall’incidente alla ‘dichiarazione’. Liz dava colore al mio racconto con esclamazioni di stupore, tipo “Non mi dire!” o “Questo è amore!”. Ero contenta di poter confidarmi con lei, finora non avevo parlato a nessuno di me e Zayn. Ed era una sensazione bellissima, mi faceva rendere conto ancora di più che ogni cosa era accaduta per davvero.
Una volta concluso il racconto dovetti ovviamente rispondere a tutte le sue domande. La solita curiosona. Nel frattempo però mi vestii e mi truccai anche un po’.
Raggiungemmo casa di Liz con la sua auto, sempre tra una domanda e l’altra. A pochi minuti sarebbero arrivati quei pochi invitati che avrebbero festeggiato con lei i tanto temuti 27 anni. Sarebbero toccati presto anche a me, e solo il pensiero di cambiare un numero alla mia età mi faceva venire il mal di pancia.
“Wow, Cathy, è davvero… wow!”, fu l’ultimo commento di Elisabeth.
Varcammo la porta di casa sua e mi trovai subito di fronte il suo simpatico maritino.
“Ciao Bob!”, lo salutai, entusiasta.
“Guarda chi si rivede! La vecchia compagna di scuola!”, ricambiò il saluto con un doppio bacio sulle guance.
“Okay, i saluti a dopo. Per adesso Cathy è mia!”, s’intromise Liz, tirandomi per un braccio.
Avevo pensato che avesse finito con le domande…
Mi condusse fino in camera da letto, lì dentro tornò a parlare.
“Quando hai intenzione di richiamarlo?!”, domandò, quasi innervosita.
“Ehy, ehy… Stiamo calmi. Non tocca a me richiamarlo”, risposi, incrociando le braccia al petto.
Notai il suo sguardo minaccioso, perciò mi ripresi, “Magari lo richiamo alla fine della festa… okay?”
“Ora si ragiona!”, esultò lei.
Impulsivamente mi buttai tra le sue braccia e lì mi sentii bene come non mi sentivo da anni. La mia migliore amica sarebbe sempre stata solo lei. Sapeva rassicurarmi, ascoltarmi, farmi ridere, e sapeva capirmi.
“Sono contenta che tu mi abbia creduto”, sussurrai.
“Devo ancora realizzare il tutto, ma… riconosco quello sguardo innamorato. Non sapresti mentire.”
“Tu hai sempre saputo che la mia non era una semplice cotta per un cantante…” Pensai a tutte quelle volte in cui Liz mi aveva ripetuto che quell’amore mi avrebbe perseguitato a vita. Perché era folle il modo in cui parlavo di lui, folle il desiderio di incontrarlo, rivederlo. Amavamo infinitamente i One Direction, ma io sentivo dentro che Zayn fosse l’unica persona al mondo che avrebbe mai potuto custodire il mio cuore.
“Tu non ci crederai, ma alle stelle cadenti esprimevo sempre un desiderio: fa che la mia migliore amica trovi qualcuno da amare allo stesso modo in cui ha amato sin dal primo momento il suo Jawaad. Ho sempre sperato che tu riuscissi ad amare qualcuno quanto hai amato lui. Ed ora sembra che il destino abbia finalmente capito che non esiste nessuno che possa sostituirlo, e ti ha condotto a lui”, Liz prolungò l’abbraccio, stringendomi ancora più forte.
“Ti voglio bene”, affermai, commossa dalle sue parole.
 
La festa fu un vero spasso. Rividi delle vecchie compagne di scuola e dei ragazzi del vicinato di cui avevo dimenticato l’esistenza, e poi Bob era esilarante! Ovviamente Elisabeth non avrebbe mai potuto sposare un rompipalle barboso e tanto diverso da lei.
Mi divertii molto, e riuscii quasi a non pensare a Londra, a Zayn, Mike, e tutto ciò che girava attorno ai due soggetti in questione.
Alla fine della serata la gente cominciò ad andare via, io decisi di andare a piedi. Avrei fatto quattro passi, in fondo non mi trovavo tanto distante da casa dei miei. Fortunatamente non avevo indossato alcun tipo di tacco a spillo, per cui quella sarebbe stata una piacevole passeggiata sotto le stelle.
Liz mi accompagnò alla porta, ed ero certa che prima di salutarmi avrebbe ripreso l’argomento.
“Quindi Zayn si ricorda di TUTTE le fan dei Meet & Greet?”, domandò, con un sorriso beffardo. Sapevo dove voleva arrivare.
“Si, beh, credo si ricorderà anche di te!”, le feci una linguaccia.
“E invece… si ricorda di quella sera?”
Deglutii. No, lui non poteva ricordarsene. La mia mente però rimandava in replay ogni singolo istante di quella sera, nonostante mi ero decisa a rimuoverla.
 
 
Le luci di mille colori vibrano nell’aria, chiusa e intrisa di puzza di alcool e sigarette. L’ambiente è a tratti illuminato, a tratti immerso nell’oscurità. Mi faccio spazio tra la gente per raggiungere il mio obiettivo. Ho studiato questo piano per mesi, è il momento di metterlo in atto.
Sono sola, ho lasciato le mie amiche fuori dal locale, non è stato permesso loro di entrare, mentre io mi ritrovo qui, grazie ad una buona conoscenza. Ripeto, ho studiato questo piano per mesi. Non sono un agente dell'FBI, non sono nemmeno una stalker. Sono Cathy, una ragazza di diciannove anni, innamorata pazza e adesso terribilmente spaventata di essere smascherata.
“Vuoi ballare, piccola?”, mi chiede un ragazzo dai capelli rossi, sfiorandomi un braccio. Rabbrividisco e mi allontano frettolosamente.
Il locale è molto pieno, ma so dove andare.
Mi dirigo verso i privée, sotto gli occhi sprezzanti di un paio di top model. Ci sono un po’ di vip, credo di aver riconosciuto un attore famoso, ma non sono qui per questo.
Ora riesco a vedere il tavolo che cercavo, mi avvicino lentamente.
C’è un gruppo di ragazzi che bevono e ridono, riconosco subito un braccio tatuato, e il mio cuore comincia a battere all’impazzata. Sono qui per lui, e avrei voglia di scomparire dalla faccia della terra.
Come può un essere umano farmi un tale effetto?

 

 

 

 

Angolo Autrice.

Bubusetteteeee!!! Eccomi qui, come promesso :)
Allora, ho tante cose da dire su questo capitolo. So che alcune lo riterrano palloso, perchè non entra in scena Zayn,
e non accade niente di eclatante. Però ci tenevo a scrivere un capitolo così: molto flashbackoso xD
Credo che non potessi fare a meno nel corso della storia di inserire dettagli del passato della nostra cara Catherine...
Perciò li ho messi qua. Racconto attraverso i ricordi gli anni più belli di due directioner, e poi alla fine aggiungo anche un breve flashback.
A proposito di questo, ricordate quando tra i primi capitoli Cathy accenna ad un vecchio incontro, più intimo, con Zayn?
Diceva che lui però non poteva ricordarsene. Perchè? Questo mini-flash dovrebbe aiutarvi a chiarire qualche idea.
Ma più avanti capirete meglio! Che altro dire... Liz che non vuole credere a Cathy e scoppia a ridere? ahahah!
Nello scorso capitolo avevate l'impressione che fosse scioccata, e no, care mie! Era troppo divertita! xD

 

Ps: Vi ringrazio di cuore per tutto l'appoggio che mi date.
Nello scorso capitolo ho ricevuto tante recensioni, mi avete sorpresa, e sono stracontenta!
Insomma, non mi aspettavo che questa storia potessere riscuotere tanto successo :)
Siete tutte gentilissime e affettuosissime nei confronti miei e dei miei personaggi.
Mi fa piacere sapere che vi siete affezionati a loro proprio come ho fatto io.
E non vi ringrazierò mai di abbastanza! Spero che anche qui vi farete sentire in tante,
ci tengo moltissimo alla vostra presenza. Spero di aggiornare al più presto,
un grosso abbraccio a tutte quante :) E per chi non l'avesse ancora visto...
QUESTO è il trailer ufficiale della fan fiction <3 Fatto tutto da me **

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Capitolo 24
*** Bentornata ***


Accedere a questo account mi ha regalato emozioni indescrivibili. Sono passati 5 anni dal mio ultimo aggiornamento, 5 anni dalle ultime mie parole condivise con voi. Ieri sera non riuscivo ad addormentarmi e vagavo su Facebook senza meta, finché non mi sono imbattuta in un vecchio gruppo dedicato a Efp. Mille ricordi sono tornati in mente e dopo aver faticato non poco ho recuperato la password perduta di questo account. Oggi sono tornata per chiedervi scusa per avervi abbandonati. Ho lasciato due storie a cui tenevo molto e ho lasciato i miei lettori senza neanche una spiegazione o un saluto. Non so se siete ancora qui, se vedrete questo aggiornamento o vi siete dimenticate di me e delle mie parole. Ma sono qui, 5 anni più vecchia, 5 anni più matura. Tante cose sono cambiate nella mia vita, ho cambiato tante case e paesi. Non ho mai smesso di scrivere per conto mio e Mi piacerebbe adesso tornare a condividere con voi le mie idee più folli. Non ricordo bene le trame delle mie vecchie storie, ma non importa perché dovrò purtroppo seppellirle. Spero abbiate voglia di leggermi in futuro. Un saluto caloroso a tutti.

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