Happy ever after

di jede
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Red Riding Hood ***
Capitolo 2: *** Snow White ***
Capitolo 3: *** Peter Pan ***
Capitolo 4: *** Alice ***
Capitolo 5: *** Belle ***
Capitolo 6: *** Little Mermaid/Pinocchio ***
Capitolo 7: *** Cinderella ***



Capitolo 1
*** Red Riding Hood ***



To Dede <3

HAPPY EVER AFTER


 
 
 
Cosa ci insegnano le favole? che c'è sempre un rovescio della medaglia.
 
 
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
Once upon a time .... 
 Red Riding Hood chose the shortest road
 
 
-Ti prego-, la voce cristallina della ragazza escludeva ogni altro rumore nella stanza.
Santana scivolò via dalla sua presa, schiacciandosi contro il bracciolo del divano, ridendo. -No, Emma, scordatelo-.
Con uno sbuffo, la piu piccola cercò di bloccarle le mani. -Ma perchè, scusa?-.
-Emma-, la rimproverò l'altra, liberandosi senza difficoltà dalla sua presa.
-Santana-, la imitò, sorridendo.
La mora con uno sbuffo scivolò giù dal divano, dirigendosi verso la cucina, senza un vero bisogno di qualcosa, solo una sottospecie di scusa per allontanarsi dalla ragazza e dai suoi occhietti a cerbiatto.
Aprì il frigo, ringaziando la ventata d'aria fredda che le colpì il viso; con l'avvicinarsi dell'estate, e il suo delizioso aumento della temperatura, la presenza di Emma nelle sue giornate era aumentata in maniera sproporzionata, non che se ne lamentasse.
Ricordava ancora i pianti notturni della piu piccola per la tristezza di abbandonare il liceo e la paura imminente degli esami, ma alla fine erano riuscite a passare anche attraverso quello.
Aveva avuto anche il piacere di ospitare delle amiche della sua ragazza per dei pomeriggi intensi di studio, che si erano rivelati una vera noia, tanto che alla fine aveva preferito lasciarli le chiavi e andarsene a fare un giro con Quinn o alcune amiche che aveva conosciuto sul posto di lavoro; la prima volta aveva funzionato, ma gia dalla seconda volta Santana aveva capito che i pomeriggi di Emma assieme alle sue amiche le avrebbero recato piu di un problema. 
Infatti le ragazze, il secondo pomeriggio che si erano fermate a casa della mora, avevano avuto la brillante idea di preparare dei pop corn per aiutarsi a concentrarsi sullo studio; inutile dire qualto quell'idea risultò sbagliata; Al suo ritorno, dopo un messaggio leggermente allarmato da parte di Emma, Santana aveva ritrovato mezza cucina sommersa da un pesante fumo nero che aleggiava per tutta la stanza, e delle diciottenni spaventate e colpevoli che si rigiravano le mani in grmbo sedute sul pavimento del corridoio.
Al suo arrivo, Emma le era praticamente corsa in contro spiegandole a grandi linee che il microonde aveva fatto dei strani rumori, prima di esplodere in quella nuvola di fumo nero.
Da allora, la presenza di Santana in casa durante quei pomeriggi, era stata costante.
Come quel pomeriggio, nel quale aveva osservato il gruppetto di cinque ragazze riunito attorno al tavolino del salotto a studiare qualche materia del classico, mentre Santana se ne stava comoda sul divano a compilare qualche modulo aggiuntivo per lavoro; Alle cinque la stanza si era svuotata e Santana era letteralmente stata aggredita dalla ragazza, che le era piombata in grembo.
Con un sorriso sulle labbra, Santana poggiò sul bancone della cucina la bottiglia di pepsi, recuperando due bicchieri; Sentì la presenza di Emma nella stanza solo quando questa spostò alcuni fogli dal tavolo per sedervici sopra.
La mora le lanciò un'occhiata da sopra la spalla, scuotendo la testa quando le vide sul viso ancora quell'espressione supplicante; Senza poterci fare nulla, il suo sguardo scese seguendo la linea morbida del collo della ragazza, per interrompersi sulo scollo della maglietta azzura aderente in cotone che portava, e che le fasciava in modo delizioso il corpicino, per finire sui pantaloncini a tre-quarti di jeans che le lasciavao scoperte parte delle gambe.
Oh, Santana amava il caldo.
Intercettò subito il sorrisetto della rossa che sicuramente aveva capito il corso del suo sguardo, seguito, ovviamente, dal classico rossore sulle guancie.
Stavano ormai assieme da mesi, quattro e mezzo per l'esattezza, ma la tenerezza che colorava sempre le guancie della ragazza, ogni qualvolta la mora le facesse un complimento, che fosse a parole o che non lo fosse. Ogni volta.
E Santana non poteva far altro che meravigliarsene.
Da allora tutto aveva assunto un sapore e un colore diverso.
-Santana-, Emma la fece riscuotere e con una scrollata di capo le allungò uno dei biscchieri, poggiandosi a sua volta contro il ripiano della cucina, di fronte a lei.
La piu piccola osservò il liquido prima di continuare. -A me piacrebbe moltissimo e se pensi che abbia qualche problema con il fatto di..-.
-No, Emma-, scosse la testa la mora. Con uno sbuffo distolse lo sguardo da quello della rossa. -Lo so che tu non hai problemi a.. farlo, ma... Io non credo sia una buona idea-.
-E perchè mai?-.
Santana boccheggiò un istante. -Perchè... Non lo so, ma..-, non trovò le parole per spegarle quanto quell'idea le stesse mettendo confusione nella testa in quel momento.
Emma poggiò il bicchiere sul tavolo, guardandola decisa. -Spiegami-.
Santana la guardò negli occhi, rendendosi conto di qualto in quei mesi il suo appartamento fosse cambiato con l'arrivo di quel piccolo elfo nella sua vita; Non era quasi mai sola quando era là, nei mobili della cucina c'era molto piu cibo spazzatura di quello che avesse mai comprato da quando si era trasferita là, le riviste che aveva sul tavolo erano state sosituite dai volumi pesanti di Chimica o Matematica Avanzata; In bagno, sul mobile oltre ai due spazzolini posti dentro al bicchiere, c'era una confezione di elastici sempre pronti all'uso, dato che Emma risciva a perderli sempre.
Il suo balsamo alle noci era affiancato da uno piu colorato con stampate sopra delle more, alcune maglie della piu piccola abbandonate sopra ad una sedia in camera da letto, un paio di scarpe col tacco di una taglia troppo piccola per essere della mora, che Emma preferiva lasciare nel suo appartamento perchè si vergognava di mostrarle davanti al padre.
Emma era ormai ovunque là dentro, e davvero, la mora non se ne rendeva neppure conto alle volte.
Ripose la bottiglia di pepsi nel frigo, prima di riportare l'attenzione sulla sua ragazza. -Emma, ma.. la credi davvero una buona idea?-.
-Ovvio che si-, le rispose quella con un sorriso enorme stampato in faccia. -Sarebbe perfetto-.
Santana la guardò titubante, con le braccia incrociate e un sopracciglio alzato. Emma, dalla sua posizione, senza perdere il sorriso, allungò le braccia, in un richiamo silenzioso a cui Santana rispose subito, allungandosi fino a far sciolare le braccia attorno alla vita della piu piccola e sfiorare con le labbra la fronte.
-Mi sembra tanto un salto nel vuoto-, sussurrò alla fine.
Ma Emma la conosceva abbastanza da sapere che già quel contatto le aveva fatto vacillare la decisione già cosi precaria in precedenza. -Non lo è. Sii positiva, prova a vederla come una qualcune serata passata assieme a me-.
Santana chiuse gli occhi, poggiando la fronte contro quella della rossa, cercando di scacciare quella sensazione che le impediva di darle il via libera; Era spuntata fuori dal nulla, non pteva davvero credere che non si sarebbe sentita sperduta per un istante davanti a quella richiesta e il fatto che non la lasciasse pensare da sola per un secondo solo non l'aiutava. Ma forse anche quella era tutta una tattica, per metterla spalle al muro e farla cedere senza che se ne rendesse neppure conto.
Sospirò. -Emma...-.
-Santana!-, l'esclamazione di Quinn e lo sbattere della porta con violenza contro il muro, le fece spalancare e alzare di botot la testa.
La bionda le raggiunse a passo di marcia, bloccandosi solo quando ebbe le due ragazze di fornte, che non avevano neppure fatto in tempo a separare le braccia in mezzo a quel baccano.
-Quinn-, sussurrò confusa la mora. -Che diavolo ti prende?-.
Senza battere ciglio, la diretta interessata sbattè con una mano sul tavolo un cartoncino bianco che, Santana aveva notato, stringeva con forza tra le mani da quando era entrata.
La mora la squadrò per un minuto, cercando di capire cosa potesse mai essere accduto per averla fatta andare su tutte le furie; Si separò da Emma, che dal canto suo era rimasta immobile al suo poto ad osservare la scena confusa tanto quanto lei e, anche, leggermente spaventata.
Santana allungò una mano, afferrando quel cartoncino che aveva portanto tanto scopiglio in una giornata normale, per poi rigirarselo tra le mani ed infine soffermarsi a leggere quello che una calligrafia ondulata ed elegante citava.
Agrottò la fronte, osservando quelle parole incredula e confusa.
-Cos...-.
-Finn Hudson si sposa!-, sbottò Quinn, precedendola.
Santana scosse la testa, passandogli il cartoncino. -Okay-, sussurrò con titubanza, ancora colpita.
Quinn la guardò scioccata. -Okay?? Santana, Finn Hudson si sposa!-, la rimproverò.
-Ho capito, Quinn, so leggere-.
-No, non hai capito: Finn. Hudson. Si. Sposa-.
-Ripeterlo dovrebbe aiutarmi perchè...?-.
-Santana!-, Quinn posò le mani sui fianchi, esasperata. -Quell'idiota sparisce per mesi, lascia Rachel senza uno straccio di notizia di sè per mesi, dopodichè si rifà vivo solo per mollarla ed ora, ora che tutto sta andando le manda un invito di nozze, il suo, facendola ritornare a quel fottuto stato di epatia che aveva dopo che avevano rotto-.
Santana, scosse la testa, senza trattenere un sorrisetto derisorio. -Quindi il centro del problema è Rachel?-.
-Mi sembra ovvio, no, lei..-.
-Quinn!-, la bloccò, alzando le mani davanti al viso. -Tu mi hai-ci hai disturbate-, sussurrò indicando anche Emma. -Entrando in casa mia come una pazza solo perchè Rachel ha il cuore a pezzi?-.
Il scietticismo nel suo tono era tangibile, ma questo non fermò Quinn, come non l'aveva mai fermata il caratteraccio della mora. 
-Si-, sussurrò con convinzione. -E' il punto-.
Santana scosse la testa, allontandosi da lei e tornando a poggiare una mano sul ginocchio di Emma. -Tu sei pazzo, neppure state assieme e ti fai tanti di quei problemi per lei...-.
Sentì la presa della mano si Emma sul suo braccio, come a placarla: a volte non se ne rendeva conto, ma nulla sembrava toccare Quinn come un semplice accenno alla sua mancata relazione con Rachel.
La mora incirciò lo sguardo della sua ragazza e fece un piccolo cenno, per farle capie che aveva recepito il messaggio.
Con uno sbuffo, poi, si rivolse alla bionda. -Ma tanto io non lo sopporto dal liceo, quindi sfondi una porta aperta-.
Quinn le lanciò uno sguardo, carico di tutte quelle emozioni che Santana preferiva non farci troppo caso e alzò le spalle. -Si, comunque quello è il mio invito, ma penso proprio che ce ne sia uno col tuo nome, di sotto-.
Santana alzò un sopracciglio. -Dici?-.
La bionda alzò gli occhi al cielo. -Certo che si: per una volta che crede di aver fatto una cosa giusta nella sua vita, immagino che abbia invitato tutta Lima-.
La mora non fece in tempo a dire nulla che Quinn continuò il suo monologo. -Quindi ovviamente, ha pensato bene di invitare anche la sua ex per spiattellargli in faccia il fatto che ha trovato finalmente una poveraccia che lo sposi, e quindi credo che, anche se lo odio profondamente e non ci vorrei mai andare, Rachel abbai davvero bisgno del nostro supporto-.
-Bè immagino sia cos-aspetta! Nostro?-, sbottò Santana, sgranando gli occhi. -Io non ci vengo a quel matrimonio-.
Quinn scosse la testa. -Oh no, tu ci verrai. Berrai molto alchool, ballerai rubando la scena ai novelli sposi, ti spoglierai nel corridoio dell'hotel e non ti ricorderai un bel nulla la mattina dopo-.
-Non ci penso proprio...-.
-Ma cosa piu importante: farai distrarre Rachel ed è questo quello che le serve, Santana-, continuò imperterrita.
La mora strinse le palpebre, passandosi una mano tra i capelli. -Non lo farò, Quinn, mi dispiace-.
Peccato che Quinn non fosse il classico tipo di persona che si arrendeva facilmente o a cui piacesse tirare per le lunghe un discorso; Con un'alzaa di spalle, lanciò un'occhiata preoccupante in direzione della rossa che aveva preferito non muoversi dalla sua posizione e tornò ad osservare Santana con un'espressione seriosa.
-Santana Lopez, se non vuoi che la tua attuale ragazza scopra tutto quello che io so sulla tua vita da adolescente, è meglio che tu risponda di si a quell'invito-, sbottò.
Santana scosse la testa, piegando la bocca in una smorfia. -Sei patetica, Quinn-.
-Santana!-.
-No, Quinn-.
La bionda sospirò, poggiandosi contro il muro della cucina. -A Rachel serve, e io ho bisogno di te-.
Quelle parole ebbero l'effetto desiderato: come schiacciate da un quintale di cemento, le spalle della mora si piegarono all'inguì, e il suo sguardo si affilò.
-Sei una vera stronza-, sbottò, incrociando le braccia. 
Quinn sorrise. -Perfetto-, ridacchiò, piegando il cartoncino e infilandolo in una tasca nascosta del suo vestitino a fiori. Con un'espressione soddisfatta in viso, che riusc ad irritare ancora di piu la mora, si rivolse verso Emma. 
-Allora, di che stavate parlando poco fa? Mi pare di aver interrotto qualcosa-.
Santana lanciò uno sguardo ad Emma, supplicando di non continuare quel discorso interrotto poco fa; Per il momento era già al livello massimo, non avrebbe retto di riprendere a parlare di quello davanti a Quinn.
Ma la piu piccola sembrò capire tutto, perchè le sorrise. -Santana è stufa del cinese, tutto qui-.
Quinn non sembrò del tutto convinta, ma scrollò ugualmente le spalle, voltandosi per andarsene dalla stanza. -Discorsi da coppiette-, minimizzò, chiudendo dietro di sè la porta dell'appartamento e lasciando Santana ed Emma piu confuse che mai da quel sbalzo d'umore.
 
 
Piu tardi, seduta sul divano, mentre Emma riponeva il cellulare con cui aveva appena avvisato i suoi che avrebbe dormito fuori, Santana si soffermò a pensare al matrimonio di Finn Hudson: avrebbe dovuto rimettere piede a Lima, sarebbe dovuta tronare a casa dalla sua famiglia da cui si era distanziata, avrebbe rivisto le stesse persone che riempivano la sua vita al liceo.
Non sembrava per nulla una buona idea tronare lì, soprattutto ora che aveva trovato un posto sicuro in cui essere felice.
Sentì le braccia di Emma stringersi attorno alle sue spalle, e sorrise di riflesso, portando le sue sopra quelle della piu piccola; Si sporse leggermente indietro, posando la testa contro il dorso del divano e lasciando spazio alla ragazza che incastrò il mento sull'incavo del collo.
-A cosa pensi?-, le domandò.
Santana scosse la testa. -Non so se è una buona idea-.
La rossa le posò un bacio sulla guancia. -Il matrimonio o...-.
Santana ridacchiò. -Entrambe-.
Una sbuffo divertito e sentì la ragazza sfilargli le braccia da intorno al collo, ma non riuscì a protestare che se la ritrovò seduta accanto, già sporta per accoccolarsi come spesso faceva sotto al suo braccio. -Sei proprio cocciuta-.
Stavolta rise, alzando gli occhi al cielo. -Ah, io sarei cocciuta? Sentitela!-, sbottò dandogli un pizzicotto sul fianco.
Emma si scostò, divertita, prima di tornare a poggiarsi contro Santana. -Perchè non ti convince?-.
-Il matrimonio o...-, ripetè le sue stesse parole, con un timbro differente.
-Il matrimonio-.
Ci fu silenzio per un istante, un'istante solo, che bastò a far capire ad Emma che si stavano per inoltrare in uno di quei momenti; uno di quelli che Santana preferiva evitare, quando le piccole bolle che contenevano i suoi segreti e le sue paure si facevano piu fragili, fino a scoppiare.
E in quei momento, ad Emma, non restava altro che ascoltare.
-Non sarà bello-, sussurrò dopo.
Emma alzò lo sguardo, per scrutarle il viso, lo sguardo diretto verso lo schermo della televisione che non stava realmente seguendo. 
-Mi pare che tu non ti stia riferendo allo scambio degli anelli-.
-Emma!-, sbuffò Santana. Si passò una mano sul viso, stanca di quel discorso. -E' che.. ogni volta che penso a come andranno le cose, non riesco a pensare ad una sola variante nella quale le cose possano andare per il verso giusto-, sbottò.
-Ci saranno tutti, dovrò affrontare gli stessi discorsi stupidi e senza senso che facevo quando vivevo ancora là, vedere tutte quelle persone che non hanno fatto altro che giudicarmi per una vita intera e mi sembrarebbe di dovermi.. mettere in mostra-, abbassò lo sguardo suelle sue gambe, sfuggendo ancora a quello della piu piccola. -Non ho bisogno di giustificarmi con nessuno, se sono andata via da lì è ancora per quello-.
Una strana sensazione si insinuò nelle membra della ragazza piu giovane e, come per riflesso incondizionato, la sua mente scivolò lontana, alla ricerca di un'altro momento che assomigliava a quello, e che aveva già vissuto; E quando arrivò la consapevolezza, un nuovo macigno si posò sul suo stomaco.
La voce le uscì leggera, sottile. -E ci sarà... lei-.
Santana non rispose, ma quella per Emma fu già per se una conferma ai suoi dubbi, e come accadeva spesso quando il ricordo di lei o un'accenno a quello che Santana aveva avuto prima di Emma, la ragazza preferì zittirsi e smetterla di pensare.
Perchè pensare la portava sempre a dubbi, e i dubbi a domande e spesso quelle domande ricevevano risposte mute che le facevano troppo male.
Con una scrollata di spalle, scacciò via quei pensieri, concentrandosi invece su un punto lasciato ancora aperto e che non aveva ancora ricevuto una conferma.
-Comunque, sto ancora aspettando una risposta-, la distrasse.
Santana abbassò il capo, lasciandosi sfuggire un sorriso. -Emma...-, l'ammonì.
Ma la rossa non la fece continuare: con un sorriso stampato in facci, le spostò il braccio, scivolando a cavalcioni sul suo corpo e obbligandola cosi a scontrarsi con i suoi occhi. Santana le poggiò le mani sui fianchi, sistemandosela megli addosso, sorridendo quando quella le posò le braccia sulle spalle facendosi piu vicina, fino a sfiorare appena le sue labbra con quelle carinose della mora.
-Santana Lopez-, sussurrò, specchiandosi negli occhi della sua ragazza, non riuscendo ad impedire alle sue stesse guancie di colorarsi di rosso. -Verresti al ballo con me?-.





NdA :)
Salve e bentornate (a chi avesse già letto le scorse oneshort)! Questa storia è ferma da un pò nel pc e mi ero completamente scordata, ma alla fine ho deciso di pubblicarla lo stesso, anche se temo che ci siano ancora molti errori sparsi qua e là :(
Spero che vi sia paciuta fino ad ora, perchè ho deciso di diviverla in piu parti dato che è piu lunga del solito, ma dato che è già conclusa, pubblicherò ogni 2/3 giorni ogni capitolo :)
Un bacione, ditemi che ne pensate!

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Capitolo 2
*** Snow White ***


°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
 
 
Once upon a time .... 
 SnowWhite wondered what fault she had
 
 
 
-Quindi tu e questa...-.
-Santana-, concluse Emma, riponendo nell'armadietto il libro di Storia della Civiltà del Sud, e afferrando quello con la copertina rossa, lanciando un'occhiata divertita ad Allyson, che invece era intenta a sisemarsi il colletto della camicia della divisa scolastica.
-Certo! Tu e questa Santana....-.
-Santana. Io e Santana-, la corresse, sentendo una stretta piacevole al suono di quelle parole. -Togli "questa"-.
Stavolta fu il turno di Allyson di lanciarle un'occhiata scettica. -Come ti pare. Tu e Santana-, calcò bene. -Fate coppia fissa ora?-.
Emma sorrise, chiudendo l'armadietto e poggiandosi contro, aspettando che l'amica la imitasse. -Si-.
-Oddio!-, sbottò quella, chiudendo il suo e guardandola esasperata. -Togliti immediatamente quell'espressione da principessa Disney dal viso, ti supplico-.
Emma rise. -Non ho idea di cosa tu stia parlando-.
-E' confermato che tra noi povere single senza amora, da quando tu sta assieme a questa modella brasiliana..-.
-E' spagnola-.
-Si, come ti pare,  sta di fatto che mi fai venire il diabete. A me e mezza scuola-, sbottò, incamminandosi verso la lezione seguente che avevano, fortunatamente, assieme.
La rossa abbassò lo sguardo, imbarazzata, stringendosi al petto i libri e cercando si mascherare il rossore, senza successo; Allyson era schietta, un tipo di carattere difficile da palcare e lei lo adorava, ma ne era anche l'opposto.
La osservò con la coda dell'occhio: non era il classico tipo di bellezza, tutta acqua e sapone che faceva cedere i maschi con la sua purezza, ma uno piu spumeggiante. Teneva i capelli lunghi, sempre sciolti sulla schiena, con qualche treccina qua e là che si divertiva a farsi da sola, intrecciando ciuffi scuri con le extancion viola; Aveva un bel fisico, Emma l'aveva notato sin dal primo istante, aggrazziato ma sempre attivo, con piccole labbra e un taglio degli occhi che ti ipnotizzava alle volta, che rendeva anche il classico marrone, un colore pregiato.
Si erano conosciute pochi mesi prima, quando Allyson era arrivata a New York con il programma dello scambio culturale, direttamente dall'Irlanda, Dublino. Il suo accento e quel suo modo di portare i capelli, non le aveva assicurato molte amicizie, ma con Emma, stranamente, si era trovata subito.
Allyson fece scontrarre la spalla contro quella della rossa, attirandone l'attenzione. -Ma sono felice per te-.
Emma accentuò il sorriso, e si sentì per davvero felice; Una di quelle felicità che leggi solo nei libri, che sogni di sentire e che sembra scorrere nelle vene come miele.
Santana la rendeva felice, piu di quanto lei stessa se ne capacitasse, e lo faceva in un modo incredibilmente naturale: la sera precedente erano andate al pub dietro l'angolo, assieme alle sue due amiche del liceo, quella bionda Quinn, che ancora la intimoriva alle volta, e quella con i capelli lunghi marroni, Rachel, che invece non stava mai zitta un secondo.
Erano solo rimaste sedute a quel tavolo, mentre le ragazze chiacchieravano su alcuni annedoti del liceo o di alcune persone che Emma ormai conosceva senza averle neppure mai incontrate, e se non fosse stato per Santana, la ragazza era certa che si sarebbe annoiata a morte; E invece, tra una parola e un'altra, quando ormai la presenza di Emma sembrava quasi superficiale, era stata Santana ad allungare una mano sotto il tavolo e poggiarla sopra quella della rossa, incrociando le loro dita in una stretta dolce e rassicurante.
Le aveva sorriso di sbierco, ed era tornata a parlare con le altre, continuando ad accarezzarle il dorso della mano col pollice, tenendole poggite sul ginocchio di Emma, come a nascondere agli occhi delle altre quel piccolo contatto bisognoso che Santana sentiva.
Ed Emma lo accettava.
Era felice, nulla le sembrava cosi insopportabile.
Pure gli sguardi che riceveva negli spogliatoi in palestra dalle altre ragazze la toccavano piu, non sentiva piu i bisbiglii alle sue spalle che la etichettavano come qualcuno che non era o che descriveva cose che non aveva mai fatto e che, a volte, neppure ne conosceva l'esistenza; Gli spintoni troppo forti durante soccer, le risate, le occhiate di traverso.. nulla, non importava piu nulla.
Non aveva senso preoccpuarsene perchè sapeva che fuori da quei cancelli di quella scuola privata, cosi piena di fronzoli e sofrzi inutili, ci sarebbe stata Santana, il suo appartamento caldo che le sembrava casa ormai, i suoi abbraccia e il suo sorriso.
Si ricordava ancora la notte a Central Park, dove aveva scordato di spostare la bicicletta dal percorso indelebile nella sua mente, riviveva spesso il momento in cui aveva incrociato pe la prima vota gli occhi di Santana, cosi scuri e profondi, quando l'aveva sentita parlare, con quel suo modo di pronunciare la erre, cosi sensuale, il suo sguardo che l'aveva osservata, procurandole brividi in tutto il corpo e l'unica pecca che ci trovava, l'unico particolare che continuava a maledirsi era non aver fatto ancora piu attenzione ai particolari.
La sorpresa di reincontrarla allo Starbucks, l'emozione del primo bacio, la scoperta dei piccoli particolari di una relazione, era tutto quanto una novità per lei ed era stato sin dal primo momento un'esperienza fantastica; Come camminare sulle nuvole, o un paragone simile.
Allyson le tenne la porta aperta, e si accomodarono sul loro solito posto, nella fila centrale, verso il fondo cosi da non essere troppo alla portata dell'umoraccio del professore, ed Emma cercò di allontanare il pensiero di Santana dalla mente, provand invece a concentrarsi sull'uomo; A pochi minuti dall'inizio, però, Allyson le fece abbandonare ogni tentativo, spingendo verso di lei un bigliettino strapparto da qualche parte nel quaderno.
Come bacia?
RIdacchiò, arrossendo mentre la mente le partiva senza freni ai pomeriggi passati sdraiate sul letto della mora, a non far altro che baciarsi e farsi mancare il fiato; Mordicchiandosi il labbro inferiore, la rossa scosse la testa in direzione dell'amica.
Con uno sbuffo, quella accartocciò il bigliettino per poi gettarlo senza tanta importanza nello zaino. 
-Almeno dimmi se è bello-, le sussurrò, cercando di non farsi beccare.
Emma alzò un sopracciglio, confusa. -Cosa? Baciarla?-.
Allyson sorrise, facendo schioccare la lingua e alzando le spalle. -In generale... com'è baciare una ragazza-.
Stavolta, le guancie della rossa le si tinsero di una sfumatura piu scura, e la ragazza si maledì per aver ascoltato sua madre quella mattina, e aver fatto le due treccine ai lati invece che lasciare i capelli sciolti, laddove avrebbe potuto nascondere il viso.
-Boh-, borbottò, senza sapere davvero cosa rispondere.
-Boh?-.
Emma annuì. -Credo sia come baciare un ragazzo, non ne ho idea-.
-Quindi non hai mai baciato un ragazzo?-.
La rossa negò, giocherellando con la penna, creando cerchi su cerchi sul foglio bianco del quaderno. 
-Mai?-.
-No-.
-E non ti ha mai incuriosito provare?-.
-No-.
-Davvero?-.
-Allyson!-, la richiamò, sempre tenendo un tono basso. -Non mi hanno mai attratta, ovvio che non ci abbia mai provato; A me... bè, a me piacciono le ragazze-, sussurrò piano, abbassando il viso.
Allyson sorrise furba. -A te piace quella brasiliana sexy-.
-E' spagnola, Ally-, la corresse, ancora.
L'irlandese ridacchiò, portandosi dietro l'orecchio un ciuffo piu lungo che le dava fastidio, facendo cadere la conversazione, e lasciando tornare Emma a fingere di seguire gli spostamenti degli Inglesi nelle coste dell'America del Sud. Non passò molto, però, che la voce della mora si fece risentire, con un tono piu malizioso e un sorrisetto sulle labbra che non faceva sperare ad Emma di cavarsela.
-E a letto, com'è?-.
-Ally!-, sbottò, lanciandole uno sguardo di rimporovero.
-Che c'è?! volevo solo sapere se erano vere la storia che le brasiliane sono tutte focose-, ridacchiò, mordicchiando il tappo della biro.
-E' spagno..-.
-Emma!-, l'interruppe quella. -Sto scherzando, lo so da che parte del mondo proviene. Adesso tu rispondi-.
E stavolta la ragazza non sapeva per davver cosa rispondere; Con un sospiro di arrendevolezza, si spostò un ciuffo dalla fronte e scosse la testa.
-Non lo so-, borbottò.
Il silenzio dell'amica non prometteva nulla di buono, e la rossa non si lasciò neppure prendere dalla speranza che avesse compreso il suo imbarazzo e l'avesse lasciata in pace: non sarebbe stata Allyson in quel caso.
-Nel senso che... Non ci hai ancora fatto nulla?-, domandò, confusa piu che altro.
Emma la guardò supplichevole, sperando per davvero di aver capito male e che non stava davvero affrontando quel discorso con lei. 
-Oh no, ora mi rispondi-, sibilò, abbassando il capo, per sfuiggire allo sguardo penetrante del professore, che si osservava attorno da sopra gli occhiali alla ricerca dell'origine di quel brusio di sottofondo.
-Non ne voglio parlare con te, Ally-, spiegò, 
-E perchè?-.
Emma la guardò sbalordita, le guancie in fiamme e un caldo assurdo. -Perchè.. perchè non ne voglio parlare, punto-.
Allyson sbuffò. -Oh, come sei pudica, cailín-, sussurrò con una semplicità che Emma mai avrebbe avuto, nel pronunciare una simile parola.
Capitava a volte che l'irlandese usasse qualche parola nella sua lingua, per sbaglio o per voglia, quindi Emma non ci fece molto caso; Cercò invece di far cadere il discorso voltandosi verso il professore e fingendo di seguire, sperando cosi che Allyson scegliesse di lasciarla stare.
-Emma-, la richiamò quella, non demordendo. -Dammi almeno un contentino... Piccolo piccolo-.
La rossa si passò una mano sulla guancia, cercando di infondersi un pò di freschezza e sentendole calde sotto al tatto; Guardò l'amica, sporta verso il suo banco, con l'espressione da cucciolo che rispoleverava solo quando le faceva piu comodo, che faceva contrasto con i suoi capelli ribelli. 
-Qualcosa c'è stato, ma... Non sono pronta ad.. andare avanti. Per ora-, sussurrò, arrendendosi e rendendosi conto che non le era dispiaciuto ammetterlo: a volte sentiva davvero una mancanza. Le sue amiche parlavano sempre delle novità che assieme ai loro ragazzi affrontavano, anche con lei lo facevano, molto di piu quando non aveva neanch'ora fatto coming out, ma lo facevano sempre e si scambiavano spesso consigli; nella sua situazione però, oltre a Santana e a quella sua amica bionda dalla dubbia sessualità, Emma non aveva proprio idea a chi rivolgersi per sfogarsi.
-Ne dovresti parlare con lei, mi sa-, disse Allyson. -Se non l'avete già fatto, è ovvio-.
Emma si strinse nelle spalle. -Bè, una specie, ma non abbiamo mai per davvero affrontato il... fatto-.
Le spalluccie dell'altra, furono una risposta esauriente. -Bè, lig an t-am a reáchtáil an chúrsa, diciamo noi: dà tempo al tempo, no?-, le sorrise.
La rossa annuì, senza aggiungere nulla, capendo che stavolta l'amica si sarebbe accontentata di quello che aveva avuto; In piu di un'occasione aveva avuto la pazza idea di tirare fuori l'argomento, ma mai aveva davvero trovato il coraggio di farcela a confessare tutte le sue paure e i suoi dubbi.
Aveva diciott'anni, ma si sentiva una bambina in quel campo ancora cosi sconosciuto.
-Un'ultima cosa, e poi giuro che ti lascio ascoltare questa lezione noiosissima-, sussurrò Allyson, tamburellando con le dita sul banco, cercando di attirare l'attenzione della rossa.
Emma le fece un cenno, acconsentendo, ma sorridendogli comunque, cercando di fargli capire che non avrebbe risposto ad un'altra domanda troppo privata.
-La ami?-, chiese Allyson.
Emma sorrise. -Si-.
-E glielo hai detto?-.
-Si-, stavolta il rossore che le colorava le guancie aveva un sapore piu dolce, un sentimento cosi sottile che non poteva far altro che apparire sulla sua pelle ogni qualvolta venisse messo in mezzo.
Incrociò lo sguardo di Allyson, e seppe ancora prima che aprisse bocca, quale sarebbe stata la domanda successiva. 
-E lei ti ama?-.
Nessuna risposta decisa, solo un'annuire da parte della rossa: l'aveva capito dopo quei pomeriggi, mesi, passati assieme che qualcosa di profondo, per lei, Santana lo provava.
-Te l'ha detto?-.
Poi capitava che ci fossero quei momenti, quelli perfetti: che fossero sedute su una panchina del parco giochi, che fossero in cucina a dividersi le porzioni del take away, che fossero sdraiate sul divano,  in qualunque altra situazione, in cui Emma sentiva lo sguardo di Santana puntato su di sè, ed era certa che quelle parole fossero là; Dietro a quelle labbra incredibilmente morbide, cosi vicine ad uscire e spargersi nell'aria ma allo stesso tempo cosi lontane, nascoste sotto metri e metri di timore. Se lo sentiva sulla pelle che quelle parole sarebbero saltate fuori in quel momento, cosi, soprendendola come faceva sempre Santana, ma alla fine restava solo il silenzio di qulcosa di perso e allora preferiva tirare avanti, non facendoci caso.
Molte volte voleva solo voltarsi verso la ragazza e dirle lei, cosi da infondergli del coraggio, dimostrarle che non c'era nulla di strano e che non era cosi alto il salto che avrebbe dovuto fare, ma anche quella voglia la lasciava scemare sottopelle.
E allora un dubbio che continuava a picchiettarle in testa le faceva passar la volglia di mangiare o ascoltare cosa il telecronista stesse dicendo, lo stesso dubbio che non aveva il coraggio di tirare fuori: la sua ex.
Era come un'ombra sileziosa che non la lasciava mai, un'aspro che sembrava essere sempre posizonato ai bordi della sua relazione, che crecava di farsi spazio e che la faceva pensare, troppo e in modo sbagliato. Non ne conosceva neppure il nome, non aveva mai voluto saperlo in realtà, sicura piu che mai che continuare a considerarla solo un'ombra senza nome o identità, l'avrebbe aiutata a fingere che non ci fosse.
-Emma, te l'ha detto?-.
-No-.
 
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Enjoy it and see you soon :)

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Capitolo 3
*** Peter Pan ***


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Once upon a time .... 
 Peter Pan wished that Wendy stayed with him forever




-Posso?-, sussurrò Emma.
Santana si voltò verso di lei, piazzata davanti allo scaffale sopra cui aveva messo alcuni libri che ogni tanto le capitava di leggere, quando non aveva nulla da fare ed Emma era a casa con i suoi genitori.
In quel momento però, non stava indicando un libro, ma un album con uno spessore maggiore, con una copertina viola e sovrapposta una trasparente; Non si ricordava neppure come fosse finito là, l'ultima volta che l'aveva visto era certamente mentre lo riponeva un uno degli scatoloni che ora erano sistemati dietro alla porta della camera da letto, quelli che non aveva voluto disfare.
Emma la guardò, sorridendole come faceva sempre, con quelle piccole fossette al lato, e Santana annuì, deglutendo.
La ragazza lo prese e tornò a sedersi sul divano, dove Santana aveva sparso qualche carta del lavoro da etichettare e archivare, che però ora era passata completamente in secondo piano.
Emma sfiorò la copertina, prima di voltare pagina e vedere la prima foto che stava davanti, come un chiaro segnale di quello che ci sarebbe stato dopo: la foto, ancora perfettamente lucida, era uno scatto fatto alle Cheerios durante l'esibizione dei Nazionali di Cheerlader del 2010. Santana era in disposizione assieme alle altre, quindi Emma ci mise un pò a cercare il suo viso tra quello delle ragazze sorridenti che stavano dietro all'obiettivo.
La osservò, poi, quando la individuò tra le altre, e sorrise, vedendola boccheggiare per un'attimo. 
-Che c'è?-, le sussurrò, facendosi piu vicina, e scostandole dalla guancia un ciuffo colorato.
Emma scosse la testa, piano, senza staccare gli occhi dalla Santana della foto. -Eri.. cioè sei... bellissima-.
Santana ridacchiò, alzando le spalle con ironia. -Certo, che ti aspettavi?-.
-Tu non me le hai mai mostrate, nessuna, quindi credevo che..-.
-Che...?-, la spronò a continuare la mora.
Emma sorrise, come scusandosi. -Che fosse una di quelle adolescenti bruttine che poi diventano uno schianto-.
Santana tirò su le gambe, sistemandosi meglio sul divano, vicina alla sua ragazza. -Sbagliato-, le sussurrò.
-Vedo-, arricciò le labbra, tornando a guardare la foto.
Quando ne ebbe abbastanza, voltò pagina, e allora si che si iniziarono a vedere le vere foto della Santana liceale, senza freni nè blocchi; le prime erano ancora tutte in sintonia con la prima, sempre con i capelli raccolti in una coda alta e perfetta, la divisa rossa e bianca che sfoggiava con orgoglio ovunque le foto erano state scattate e lo sguardo di ghiaccio che faceva capire a tutti che non era una facile da domare.
Emma non si frenò dal domandarle dove ogni foto fosse stata scattata, quando, perchè e se era durante un'evento importante, finendo cosi per farsi raccontare tutto quello che al liceo era accaduto, degno di nota o di una foto.
Le foto con il Glee erano quelle piu frequenti, e Emma si era divertita a cercare di ricordare i volti che pian piano si affiancavano al volto della mora; Con un sorriso sulle labbra, Santana rispondeva e la osservava senza placare l'entusiasmo, scordandosi per un'istatnte perchè quell'album sarebbe douto trovarsi i uno scatolone.
-Quinn era incinta?-, fu la domanda sbalordita di Emma, puntando una Quinn molto piu giovane e con un pancione ben visibile da sotto il vestito a fiori.
-Oh, lui lo conosco, è quello che voleva darmi da bere l'ultima volta da Rachel...-, sorrise, seguendo col dito la linea della cresta di Puck.
-Questa ha i capelli come quelli di Allyson-, esclamò, osservando Tina Cohen Chang.
-Okay, questo non è etero-, ridacchiò, alzando un sopracciglio scettica allo stile che Kurt Hummel aveva in quello scatto.
E cosi via. Un commento per ogni memebro delle Nuove Direzioni, che avevano l'onore di essere apparse in una foto custodita nell'album del liceo di Santana; Alla fine però, tra una risata e l'altra, una foto attirò l'attenzione di Emma.
Aveva appena finito di commentare una foto, durante un party riuscito davvero bene, in cui Santana aveva perso maglietta e controllo, da quel che vedeva e che non ricordava, quando lo sguardo cadde su quella successiva dove due visi sorridevano allegri, posti uno accanto all'altro, vicinissimi.
Emma non commentò subito, e Santana non si soffermò ad osservarla troppo, ma aspettò di sentire se la ragazza voleva domandarle qualcosa.
E quando accadde, il tono tremolante e insicuro che uscì, non riuscì a soprenderla. -Lei è... la ragazza dello Starburks-.
La mora non sentì neppure il bisogno di annuire: Emma lo sapeva che era lei, confermarglielo era inutile, ora doveva solo capire cosa si aspettava che dicesse lei, sperando nel profondo che preferisse andare avanti.
Ma Emma non sembrava dello stesso avviso; Tutt'altro: di fece coraggio e decise che quella volta qualcosa, qualunque cose, sarebbe cambiata.
-Sembrate... felici, davvero-, sussurrò, senza avere ancora nessuna risposta da parte di Santana. -Non me ne hai mai voluto parlare e sono... passati mesi, da quando l'hai vista-, continuò.
La mora chiuse gli occhi, girando il capo, cercando di schiarirsi le idee per dare un senso logico a tutto quello che aveva in mente. -No-.
Emma la guardò, con una confusione e una sicerità talmente sconcertante nello sguardo, da obbligare Santana ad allontanarvisi, cercare un riparo da quello sguardo indagatore.
-Perchè?-, chiese, senza riuscire a nascondere la tristezza di sottofondo.
-No-, ripetè, facendo il giro attorno al tavolino, mettendo distanza tra lei e la piu giovane, fisica e non.
La rossa però non si fece scoraggiare e posò di lato l'album, alzandosi a sua volta in piedi. -Santana io volgio solo capire, posso capire, ne sono certa, basta che tu me ne dai l'occasione e ...-.
-Emma, no!-, sbottò Santana, interrompendola brusca, facendola rimanere a bocca aperta da quello slancio cosi improvviso; rendendosi conto, la mora cercò di calmarsi, ma non riuscì ancora a reggere lo sguardo di Emma, troppo innocente per capire. -Credo che... E' tardi, Emma, dovresti andare-.
La stava cacciando, Emma non arriò a nessun'altra conclusione possibile con quelle parole. La confusione venne sostituita da una paura piu pungente e meschina, che le si annodò alla base della gola, impedendole di respirare per davvero.
Non riuscì a dire nulla. Stavolta aveva perso le parole, perchè stavolta aveva capito: c'era un muro, un'enorme e immenso muro che Santana si era costruita attorno, rendendola intoccabile da chiunque; un muro che credeva superato, almeno per lei, ma cosi non era.
Quel muro era una presenza costante che aveva finto di non vedere, un'enorme elefante rosa che le era sempre stato di fronte ma non aveva voluto vedere.
Ed annuì, dandole le spalle, veloce, prima che potesse scorgere qualcosa di piu doloroso dentro ai suoi occhi, qualcosa che l'arebbe fatta sentire ancora piu sciocca e ibfantile di quello che già provava; Afferrò lo zaino che aveva lasciato come sempre accanto all'entrata, vicino a quel tavolino in legno dove poggiava sempre anche il cellulare e le chiavi di casa e senza dire altro se ne andò, sentendo solo una porta chiudersi alle sue spalle, e non un richiamo che invece sperava.


Tre giorni dopo, le cose si erano sistemate.
Santana era andata a prenderla il mattino dopo, davanti all'uscita della scuola e l'aveva portata a mangiare il loro solito pranzo al sacco sulla loro panchina a Central Park, vicino alla fontana; Emma le si era avvicinata piano, -dopo aver passato le ore piu infernali della sua vita a chiedersi cosa sarebbe successo ora, se era arrabbiata, se l'aveva persa-, e alla fine l'aveva baciata, davanti a tutti e con trasporto, come facave samepre davanti a scuola ogni volta che la reincontrava dopo le ore di scuola, seguendola poi, senza protestare.
Avevano passato il pomeriggio prima che Santana fosse chiamata a lavoro e Emma dai suoi genitori a tornare a casa, rivedendosi solo il mattino successivo per fare colazione assieme, chiacchierando e scherzando come al solito.
Ma Santana, dopo averla baciata, si staccava sempre e abbassava lo sguardo, come se cercasse di sfuggirle ancora; Emma, d'altro canto, quando il secondo giorno aveva rimesso piede nell'appartamento della ragazza, non aveva potuto far a meno di notare che l'album di foto non era piu sullo scaffale, ma che era sparito alla vista, e si domandò se Santana l'avesse semplicemente riposto via o si fosse soffermata a guardare ciò che stava all'interno: l'immagine di lei che, seduta dove pochi istanti erano state loro due abbracciate, mentre osservava la foto della sua ragazza del liceo, e ci ripensava, le faceva stringere il cuore in una morsa dolorosa.
Erano passati tre giorni, e le cose non si erano sistemate affatto.
Ma stavolta Emma era troppo spaventata di essere respinta ancora, per tenare di parlare ancora o tirare solo in ballo in uno dei loro discorsi la vita del liceo di Santana.
Era domenica, quando, dopo quei giorni passati a camminare sulle uova, Emma decise che forse un tentativo doveva farlo: cedere alla debolezza e ammettere che le cose si fossero irremedabilmente incrinate non la faceva dormire la notte, e il dubbio costante che Santana non ci sarebbe piu stata da un minuto all'altro, la torturava.
Quella domenica la passarono al cinema, a vedere un film uscito appena nelle sale che aveva attirato Emma sin dalle primissime scene del trailer; Con remora, la mora l'aveva accontentata, portandola a vedere quello spettacolo, cercando di pensare in positivo, su quello che ne avrebbe potuto ricavare dalla scelta: in fondo, tutti sanno che al cinema il film passa molto spesso in secondo piano.
Peccato che non avesse calcolato che Emma, quel film, voleva vederlo per davvero: finì cosi a dover restare seduta per piu di un'ora e mezza ad osservare i due protagonisti corteggiarsi ed infine avere il loro lieto fine, con tanto di colonna sonora personalizzata, mentre al suo fianco Emma sorrideva osservandone ogni scena, dandole come unico contentino la mano.
Quella domenica, come tutte le altre che avevano passato assieme, Emma avrebbe dormito da lei, quindi non si fece troppi problemi a scegliere lo spettacolo di chiusura, cosi da potersene tornare a casa con calma alla fine, ma anche in quello, il fato non sembrava volerla accaontentare; Appena messo piede fuori dall'edificio, infatti, la prima cosa che colpì Santana fu la violenta e scrosciante pioggia che si schintava contro l'asfalto, rendendo difficoltosa anche la semplice azione di osservare le macchine parcheggiata dall'altro lato della strada.
La corsa fino all'auto, e quella per entrare dentro alla palazzina, riuscì a rendere le due ragazze completamente fradicie, anche se i momenti passati sotto la pioggia non erano che pochi secondi.

Con le mani che le tremavano dal freddo, Santana cerchò di infilare le chiavi nella serratura, fallendo al primo e anche al successivo tentativo; al suo fianco, Emma continuava a sfregarsi le mani contro gli avambraccia, cercando di scaldarsi, saltellando sul posto.
Ridendo, la rossa le si fece piu vicina. -Oddio, San, sto gelando-.
Santana le sorrise. -Tua l'idea del cinema, non lamentarti-.
-E che ne potevo sapere che avrebbe diluviato, scusa?-, sbottò, prima di seguire la mora all'interno dell'appartamento, lasciandosi sfuggire un gemito di soddisfazione.
La prima cosa che fece, fu sfilarsi le scarpe, fradicie e posarle sopra al tappettino che stava vicino all'ingresso, mentre osservava Santana tornare dal bagno con degli asciugamani in mano; Senza chiedere, le posò sulla testa uno di quelli piccoli, iniziando a frizzarle i ciuffi colorati, ridendo della sua epsressione.
-E' meglio che ti fai una doccia-, le sussurrò, schioccandole un bacino sul naso.
Emma annuì, sorridendo e facendo passare le braccia attorno al collo della mora. -Come vuoi-, le rispose, osservandola: Santana aveva tutti i capelli bagnati e da sotto il colletto del cappotto che ancora indossava si poteva ben vedere che la camicietto verde era bagnata, facendo aderire il tessuto alla pelle olivastra; Le persorse con lo sguardo i tratti del viso, perdendosi nelle pieghe e nelle curve tenere che aveva, le labbra rosse e gli occhi, -oh, quegli occhi-, e per un secondo le sembrò di essere tornata quella ragazzina impacciata che l'aveva fatta cadere, a Central Park, innamorandosene a prima vista.
-Ti amo-, le sussurrò a fior di labbra, per poi posarci sopra un bacio.
Bacio ceh durò piu del previsto, trattenuto e prolungato da Santana che le passò le braccia attorno alla vita e se la stinse al petto, premendo con la lingua per approfondirlo e perdervicisi dentro.
Ed Emma accettò.
Si alzò sulle punte, sentendo il familiare sapore della bocca della sua ragazza e gemendo al contatto, piu caldo e profondo di quello che si era aspettata. Si aggrappò ai suoi capelli, quando, con uno slancio del tutto nuovo, Santana le passò le mani sul sedere, per premere e tirarsela in braccio, sorreggendola.
Emma si staccò per prima, restando sempre a poca distanza da lei, ma abbastanza per incrociare i suoi occhi scuri. 
Ridacchiando, si aggrappò meglio. -Cosa fai?!-.
La mora strofinò il naso contro il suo, prendendosi un minuto prima di rispondere. -Non si nota? Mi prendo cura di te-.
E forse parlava del freddo, forse parlava dell'acqua che ancora le rendevano i vestiti bagnati e appicicti alla pelle, ma Emma lesse molto di piu in quelle parole, e ne vide la verità. 
-Lo hai fatto dal primo istante-, rispose.
Santana ricambiò il suo sguardo, prima di richiedere il permesso di baciarla, con piu calma, come se quelle parole l'avessero scossa nel profondo, non aspettandosele; Ma in fondo era cosi: con Emma sapeva che nulla sarebbe mai andato secondo i piani, lei con la sua imperattività, la sua istintività e il suo carattere sempre impossibile da prevedere.
Restarono ferme cosi, Santana in piedi a reggere Emma, davanti all'ingresso per una manciata di secondi, prima che la mora sentisse un tremito piu forte provenire dal copricino della piu piccola e capisse che forse, lasciarsi addosso quei vestiti bagnati non le avrebbe fatto passare una bella nottata.
Quando si staccò, però, venne preceduta da Emma.
-Quindi, cos'è che dovresti fare, per prenderti cura di me ora?-, sorrise divertita.
Santana fece i primi passi verso il corriodio, sentendo lo sforzo che le gambe stavano facendo per reggere cosi a lungo un peso estraneo. -Bè, per iniziare, dovresti toglierti questi vestiti bagnati-, le sussurrò.
Lo sguardo che le rivolse Emma, stavolta, le fece tremare le gambe, ma certamente non era per lo sforzo di sollevarla.
Superata la soglia della camera da letto, la fece scendere, ma non mollò la presa dai suoi fianchi, nè Emma mollò la presa da attorno il suo collo, continuando a restare vicina; L'atmosfera che c'era, che Santana sentiva sottopelle non poteva essere piu intensa di cosi, ne era certa, e dovette deglutire con sforzo, quando la sua mente iniziò a viaggiare per scenari che avrebbero coinvolto lei, Emma e vestiti da levare.
Santana iniziò a sfilarle il cappotto, non trovando tentennamenti da parte di Emma, se non la leggera insicurezza che sentì quando le sfiorò le spalle, per lasciare cadere l'indumento a terra. Per rassicurarla, le si fece piu vicina, facendo scivolare le labbra sulla curva morbida del suo collo, ispirando l'odore della sua pelle misto a quello della pioggia.
Senza distogliere lo sguardo da quello della piu piccola, la mora le carezzo la porzione di pelle che stava poco sopra il colletto del maglioncino, prima di scendere, in una morbida carezza e percorrerle i contorni del fisico, e afferrate il bordo dell'indumento e tirarlo verso l'alto; Guidata, Emma alzò le braccia, per poi farle ricadere sui fianchi di Santana, come a rercare un'appiglio.
Le guancie rosse, i denti che torturavano il labbro inferiore, rendendolo piu rosso e seducente allo sguardo della mora, non erano nulla in confonto agli occhi: due piccole pozze dove si leggeva l'anima di Emma, l'imbarazzo, la voglia, il desiderio e la paura di continuare in quella situazione che, lo sentiva anche lei, non si sarebbe fermata alle semplici carezze e baci.
Tenne lo sguardo fisso sul suo, prima di farlo scivolare ad osservare il suo piccolo seno roseo, stretto dentro un reggiseno con sopra le stampe di tante piccole coccinelle, la curva del fianco, la pancia piatta, dove posò sopra il palmo della mano, giocherellando col piccolo ombelico.
Una risatina sfuggì alle labbra di Emma, che arretrò di mezzo passo, prima di essere riattirata a sè da Santana.
Il bottone dei jeans fu il prossimo a cedere sotto alla pressione delle dita della mora, che lo guidò fino alle caviglie, prima di far appoggiare a sè Emma, per sfilarglieli del tutto e lasciarla solo con un'intimo bianco abbinato e dei semplici calzetti in cotone; Emma abbassò subito gli occhi, imbarazzata, e Santana sorrise addolcita a quella vista.
-Coccinelle, eh?-, sussurrò, per alleggerire l'atmosfera.
Se possibile, le guancie della rossa si colorarono maggiormente, raggiungendo la tonalità di cigliegie mature. -Non... Io.. P-pensavo di, cioè di...-.
Santana le passò una mano sulla guancia, facendole alzare la testa, sorridendo. -Non devi imbarazzarti, sei perfetta-.
Il sorriso che ricevette in risposta, fu piu che soddisfaciente, ma nulla avrebbe potuto farle capire il prossimo passo; Non sapeva se continuare o se Emma voleva muoversi lei: solitamente, in quelle due volte sole in cui Emma si era lasciata andare abbastanza da mostrarle il proprio corpo, non si era mai spogliata del tutto e non aveva mai trovato abbastanza coraggio per sogliare a sua volta la mora.
Ci provava, con mani tremanti e viso infuocato, ma quando alla fine i primi capi si allontanavano dalla pelle calda della mora, qualcosa le impediva di continuare, rendendola un blocco di marmo tra le mani di Santana che poi avrebbe dovuto farla sciogliere, coccolandola e carezzandola fino a quando le fosse servito.
Quella volta, però, qualcosa la convinse a rimanere ferma aspettando che Emma facesse il passo successivo, come accadde, dopo pochi attimi; Lanciandole uno sguardo da sotto le ciglia scure, la rossa si avvicinò all'apertura dei pantaloni di Santana, forzando il bottone che sembrava non voler collaborare.
Quando cedette, un sospiro sfuggì alle sue labbra, prima di continuare con la cerniera e infine infilare le mani nella porzione di pelle tra i jeans e l'intimo, per farli scendere, giu per quelle gambe lunghe e liscie al tatto che tanto piacevano ad Emma.
Non glieli sfiilò del tutto, ma si fermò dopo pochi centimetri di pelle scoperta, abbastanza da mettere in mostra le mutandine di Santana, nere con bordi di pizzo, che fecero trannere il fiato ad Emma.
-Tutto bene?-, chiese la mora.
Non si domandò neppure perchè tenesse un tono di voce cosi basso, nè se ne imbarazzo, perchè sapeva che in quel momento anche un soffio di vento avrebbe potuto infrangere la fargilità del momento.
Emma non parlò, non fidandosi della sua voce, ma annuì, incorciando gli occhi della mora per un secondo soltanto, prima di portare l'attenzione ai bottoni della camicia che aveva indosso ancora Santana.
La mora non disse nulla, aspettò paziente dandogli tutto il tempo che le serviva per decidere quando e come iniziare a togliere anche quell'indumento, deicsa a non muovere un dito in suo soccorso, almeno per quella volta; E quando sentì le dita iniziare a scoprirle il busto, iniziò a credere che non ne avrebbe neppure avuto la forza: Emma, in quel momento, con le labbra e le guancie rosse, lo sguardo intimidito abbassato, gli occhi lucidi per l'emozione e le sue piccole mani che le stavano facendo perdere la ragione, era la cosa piu eccitante che avesse mai visto in vita sua.
Senza riuscire a trattenersi, le alzò il mento, facendo scontrarre le loro labbra in un bacio bisognoso, carico di eccitazione e voglia che fece gemere di sorpresa Emma contro la sua bocca.
Senza riuscire a trattenersi le portò le mani attorno al viso, racchiudendolo tra i palmi, e la rossa non potè far altro che alzarsi sulle punte dei piedi per intensificare maggiormente il bacio e aggrapparsi con forza alle sue spalle, coperte ancora dalla camicia che penzolava sul busto scoperto della mora.
Sentendo la risposta positiva di Emma, la mora non si risparmiò, e la spinse verso il letto, scavalcando quel cerchio di vestiti che stava ai loro piedi, facendola poi camminare a tentoni all'indietro, senza interrompere quel bacio che sapeva di cose non dette: il desiderio, ma anche la paura di avanzare, la voglia e il timore di sbagliare qualcosa.
La piu piccola si lasciò giudare fino a sedersi ed infine stendersi completamente sul letto sotto a Santana, che la coprì dopo pochi attimi col suo corpo; una mano posata sulla sua guancia bollente ed una a reggersi contro il materasso, mentre la rossa continuava a tirarla a sè stringendo tra le ditina il tessuto della camicia.
Quando si staccarono, per bisogno di ossigeno, piu che per voglia, Emma cercò immediatamente lo sguardo della mora: lei le sorrise, facendole un cenno e dandole un'altro bacio a stampo su quelle labbra gonfie e deliziose.
-Emma..-, sussurrò, carezzandole la curva del collo.
La rossa scosse la testa, ansimando ancora per il bacio. -Io no...non lo so. Vorrei ma, ma quando.. poi non so se... cosa fare-, balbettò.
-Di cos'hai paura?-.
-Non lo so fare, San-, sussurrò.
-Ci sono io per questo-, le sorrise, senza distogliere dal suo.
Emma deglutì. -E.. e se non ne fossi... Se non fossi brava?-.
Santana sorrise, alzando un sopracciglio sciettica. -Credi che in quel caso ti butterei fuori dal mio letto, senza pietà?-.
La rossa scosse la testa. -No, ma.. non...-, prese fiato, scuotendo la testa a contatto col cuscino. -Capisco che tu sei abituata a molto altro, a... qualcuno che sa cosa fare e come farle le cose, ma io non... le uniche cose che sò le ho lette su internet e c'è cosi poco là, veramente, che non so neppure se sono vere e vorrei tentare ma poi temo di fare solo delle cavolate e farti schifo, e lo so che tu non mi feriresti mai ed è anche per questo.. Tu non mi diresti se sbaglio a fare qualcosa, anche se lo facessi e questo è anche peggio di dirlo, perchè mi illuderei, mentre a te non piace e questo ti farebbe allontanare, continuano a mentirmi per farmi stare bene e finiremmo per lasciarci e io non saprei neppure il motivo e mi segnerebbe per tutta la vita e...-.
Santana le posò una mano sulla bocca di scatto, mettendo fine al suo monologo e rise, scuotendo la testa davanti agli occhi allucinati della piu piccola. 
-La quantità di parole che riesci a dire in un secondo mi lascia sempre senza fiato, credimi-, spiegò, senza perdere il sorriso. -Ma credo che certi dubbi sparirebbero se solo ne parlassi a me-.
Emma alzò un sopracciglio, e Santana lasciò la presa, permettendole di parlare; Dopo aver annuito, con calma, parlò. -Non so cosa fare. O come-.
La mora le sorrise, sistemandosi meglio sul suo corpo. -Te lo mostrerò, con calma, ma non c'è una maniera nè uno schema da seguire: devi seguire il tuo corpo e quello che vuole, quando vuole e con i tempi che vuoi tu Emma. Io non ti voglio mettere alcuna fretta-.
Emma annuì. -Lo so, lo so. Ma io... voglio-, sussurrò.
-Quindi cos'è che ancora ti frena tanto-, le chiese, carezzandole i capelli, spingendoli all'indietro cosi da poter osservare ogni pezzetto di pelle candida del suo viso. 
La ragazza non rispose, ma abbassò lo sguardo, mettendosi a fissare parte della camicia che ancora aveva indosso Santana, senza guardarla per davvero; Le mani che erano ancora strette ai bordi di essa, iniziarono a giocherellare con i bottoni o muoversi con imbrarazzo, e Santana capì che c'era dell'altro sotto.
-Emma..-, la richiamò. -Non posso aiutarti se non mi parli-.
-Io... credo di aver paura. Di noi e.. io non ne so nulla, non...-, il labbro le tremò per un'istante.
Santana ne osservò ogni gesto, prima di sopirare. -Emma, non potrei mai trattarti in malo modo se quello che adesso, o domani, o tra un mese tu facessi di sbagliato a letto, perchè nessuno sa mai cosa fare all'inizio; Io ti amo, non riesco nemmeno ad immaginare una giornata senza vederti o sentirti, quindi levati ogni sciocchezza che hai nella testolina-, sussurrò.
Emma alzò di scatto gli occhi, puntandoli su Santana e guardarla stupita. -Tu.. cos...-.
-Cosa...?-, cercò di domandare la mora, ma venne sopresa dalle mani di Emma che scivolarono attorno al suo collo.
-Ripetilo-, esclamò.
Santana aggrottò la fronte. -Cosa?-.
-Ripetilo, ti prego-, la voce stavolta era increspata, tanto che Santana temette di aver detto qualcosa di sbagliato, ma non si sarebbe spiegato lo sguardo che aveva, in quel caso.
-Io... non ti ferirei mai-, sussurrò incerta, ma Emma scosse subito la testa, mandandola ancora di piu in confusione; A quel punto toccò alla rossa continuare.
-Tu hai, hai detto che mi.. ami-, bisbigliò.
La sorpresa fece spalancare gli occhi a Santana, e la mente le corse veloce alle parole che aveva pronunciato, senza trovarcisi una risposta: l'aveva fatto istintivamente, senza neppure rendersene conto.
E a quel punto, davanti a quegli occhi, perse ogni difesa, come le accadeva troppo spesso da quando la sua strada aveva incontrato quella di Emma; E si arrese, come non sarebbe dovuto accadere mai piu, come si era giurata che non avrebbe mai piu fatto.
-Ti amo-, le sussurrò, stupita di sentire la sua voce parlare con una tranquillità pari.
E non servì altro: quello fu quello che serviva ad Emma per sapere che le cose sarebbero andate bene, in un modo o nell'altro, solo grazie a Santana, restando al suo fianco. 
I baci, le carezze e i tocchi assunsero una nuova consapevolezza, di chi si ama e sa di essere amato da quel corpo che ti stà accanto e che non ti permetterebbe mai di abbandonarlo, di chi ti giuderebbe sempre e comunque, accettandoti anche con l'inesperienza di una ragazzina o le cicatrici aperte di un passato doloroso.
E tutto ebbe un sapore, una consistenza ed un colore diverso a prima.
Rosso, come le guancie di Emma mentre Santana faceva scivolare le mutandine con sopra quei piccoli insetti che non potevano piu far nulla, mentre le carezzava le gambe lunghe e i fianchi stretti, scivolando, senza riuscire a staccare i palmi da quella calda pelle liscia e delicata.
Giallo, come la luce della piccola lampada posata sul comodino che Santana accese, lasciando in controluce tutto il resto e in penombra quel tanto che bastava a far sentire Emma piu tanquilla tra le sue braccia; il colore che tinse la sua stessa pelle di un dorato su cui Emma posò le labbra per saggiarne la consistenza.
Blu, come le lenzuola pulite che si piegavano, agroigliavano e spiegazzavo sotto ai copri delle ragazze, alla loro volontà, senza poter far nulla; lenzuola che Santana si rifiutava di usare, che avrebbero solo coperto quel corpicino che la emozionava tanto e che le avrebbero impedito di godere appieno di quella vista cosi incantevole.
Nero, come l'intimo di Santana che raggiuse quello di Emma a terra, scoprendo la ragazza e rendenola nuda agli occhi della rossa, corpo e anima esposti in un'unico attimo, che fecero sospirare con tremore Emma; Pochi sussurri mentre iniziavano ad esplorarsi l'uni l'altra con calma, ricordandosi a malapena della pioggia che fuori continuava a cadere inesorabile. 
Rosa, come il ricordo del candore della pelle di Emma, ora spezzettata da qualche macchia piu scura sul collo e sul petto, dove le labbra di Santana avevano prestato piu attenzione, saggiando e coccolando la pelle, facendo chiudere gli occhi e aprire la bocca alla piu piccola, da cui fuoriuscirono piccoli anisiti e sospiri di piacere che riempirono di un macelato orgoglio le orecchie di Santana; Emma venne soprassalta da sensazioni ed emozioni piu intense di quelle che aveva mai vissuto nella sua vita.
Bianco, come il colore che vide Emma quando chiuse gli occhi nel momento in cui le carezze di Santana si fecero piu profonde e le labbra le scesero sotto all'ombelico, coccolando e prendendosi cura di lei porprio come aveva promesso pochi minuti prima, che ad Emma sembravano ore. 
Si scoprirono e amarono come nessuna delle due si era mai permessa di fare, e nulla, neppure un istante, sembrò essere sbagliato: la sicurezza con cui Santana si muoveva sul corpo di Emma non era esagerata, non era affrettata nei movimenti e non dispiacva in nessun aspetto alla piu piccola; L'insepresienza di Emma non era fuori luogo, non si sentì di doversi scusare di nulla perchè era la stessa Santana che l'aiutava a farle capire dove poteva toccare, come poteva farlo e l'aiutava a capire quello che lei stessa desiderava fare.
E infine venne la consapevolezza, come passare una mano su un verto appannato, dove la ragione si faceva avanti, togliendo di mezzo tutti i dubbi, tutte le insucurezze, tutte le paure piu profonde, lasciando che la verità saltasse fuori; E cosi fu per Santana, nel momento in cui si rese conto che era il corpo di Emma che stava sotto di lei, che era la sua pelle che stava baciando e che erano le sue mani che le scivolavano con timidezza sul copro: amava Emma, forse da subito, dal primo istante, o forse dopo, quando aveva conosciuto ogni suo piu nascosto lato.
Ma l'amava.
Ed era tutto ciò che contava.



Humm.. a che serve chiedere scusa? E' un ritardo che non ammette neppure delle scuse :/
Per giustificarmi però posso dire che:
a) il pc è andato in riparazione
b) sembra che l'htlm abbia un profondo odio ingiustificato per me :(

Scusate *si inchina* . Per farmi perdonare, e perchè, dannazione, lo meritate, a breve posterò anche il seguito :)

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Capitolo 4
*** Alice ***


Once upon a time .... 
 Alice went home, leaving forever Wonderland




Santana posò la valigia nel mezzo dell'atrio dell'hotel a quattro stelle che Finn Hudson aveva scelto per ospitare la celebrazione del matrimonio, e dove loro avrebbero dormito per la settimana a seguire.
Celebrato il lieto evento, Santana si sarebbe imbarcata sul primissimo volo diretto a New York, mettendo fine a quella tremenda falsa che aveva messo su Quinn; La bionda si era presentata all'appartamento di Santana la sera precedente ed era rimasta impalata sulla soglia della camera da letto, a braccia conserte, controllando che la mora stesse per davvero facendo le valigie e che non le avesse dato buca.
Quindi ora Santana era a Lima, pronta a vedere il re dei babbei sposarsi con una ragazza di cui nemmeno aveva letto il nome, come se gliene importasse, obbligata a restare là da una psicopatica bionda che non le staccava un secondo gli occhi di dosso.
La mora si guardò attorno, non mascherando minimamente la poca voglia che aveva di restare in quel luogo, quando uno sbattere ed un leggero ansimare la fecero riscuotere.
Voltò il capo di lato, lanciando un'occhiata alla figura che le si era, a fatica, posizionata accanto, sedendosi di peso sulla valigia.
Sorrise, alzando un sopracciglio in direzione di Emma. -Stanca, cucciola?-, ridacchiò.
La rossa le rivolse un sorrisetto, dal absso all'alto e scrollando le spalle, prima di iniziare guardarsi attorno, ispezionando ogni angolo della hall con lo sguardo, curiosa.
-Non ho mai dormito in posti simili-.
-Intendi un'hotel?-.
-A quattro stelle, San-, sorrise, indicando con una mano lo spazio ampio che le circondava. 
Oggettivamente, quel luogo diceva molto sul costo che quella piccola stanza le sarebbe costato, partendo dai divani in pelle bianca sistemati a cerchio, i tappeti ricamati, le tende color panna, le vetrate e il pavimento lucido sopra cui passeggiavano uomini in giacca e cravatta o donne con indosso unicamente che tacchi e vestiti firmati.
Santana scrollò le spalle. -E' solo di classe, c'era da aspettarselo-.
-Da quel troll analfabeta? Io sono stupefatta-, sbottò Quinn posizionadolese accanto, sbuffando sonoramente.
Emma si voltò verso di lei, sempre accomodata sulla testa della valigia. -Ma questo Finn, com'è?-.
Santana e Quinn si scambiarono uno sguardo annoiato, prima di sbottare in coro, -Idiota-. La rossa ridacchiò, stringendosi nel cappottino leggero in jeans, continuando ad osservare la gente che si avvicinava alla reception per posare lucide chiavi dorate sul bancone o scambiare quattro parole con chi stava dietro ad esso.
Santana le posò una mano sulla spalla, carezzandole la porzione di pelle che la maglietta bianca con sopra una stampa della Statua della Libertà e il giubbottino le lasciavano scoperta; Emma incrociò il suo sguardo, e sorrise, aggiustandosi il berrettino bordeaux che portava sui capelli.
Santana si fece piu vicina, posando un bacio sulle sue labbra, e poi sulle guancie rosate, prima di avvicinarsi al suo orecchio. -Almeno un lato positivo c'è in tutto questo-.
Emma arrossì, scostandola imbarazzata, spingendola con una mano sulla spalla, e lanciandole uno sguardo ammonitorie; La mora rise, divertita da quel nuovo lato si Emma che aveva da poco scoperto.
Dalla loro prima volta, dal suo primo -Ti amo-, Emma era diventata molto piu aperta a coccole e a lasciarsi andare in maniera piu intima con Santana, senza piu blocchi o paure: quando si sdraiavano sul divano, Emma ora sapeva quali carezze erano per rilassarla e quali per farle capire altro.
L'imbarazzo però, aveva sostituito la paura, e molte volte era toccato a Santana spingerla a dire o fare qualcosa, perchè si sbloccasse la situazione, e anche quando la rossa cercava di dire no, o di sottrarsi a quelle coccole, bastava davvero molto poco per farla cedere; E Santana aveva scoperto che amava il corpo di Emma.
Il modo in cui arrossiva, o di sorridere o di guardarla con qui grandi occhi da Bambi l'affascinava ancora come la prima volta, ma adesso c'era altro, adesso si era aggiunta anche la consapevolezza di saperla soddisfare, di riuscire a farla arrivare al limite e riportarla indietro con pochi movimenti, di farla cedere sotto al suo tocco e modellarla come argilla preziosa.
E la rendeva felice.
Scacciò veloce quei pensieri, voltandosi a controllare che Quinn le fosse ancora accanto e notando da lontano la figura di Rachel e Puck entrare dalle porte scorrevoli dell'hotel; Il ragazzo l'avevano incontrato all'aereoporto, di ritorno dalla grande Hollywood, o meglio gli si era letteralmente fiondato addosso, stringendo in un'abbraccio stritolatore lei e Quinn, per poi soffermarsi anche sulle altre due ragazze che li stavano accanto.
La prima presentazione ufficiale, e come protocollo Emma divenne rossa come poche volte Santana l'aveva vista. Vista al di fuori della camera da letto, è chiaro: lì, le tonalità erano ogni volta una piu intensa e profonda dell'altra.
Quando le ebbero raggiunte, con acnhe loro i bagagli stretti a sè, Rachel afferrò la mano di Quinn, sotto allo sguardo serio di Santana, che avrebbe dovuto affrontare una volta per tutte quel discorso con Quinn, prima che l'amica finisse per illudersi per la millesima volta e, sempre per la millesima volta, finire a piangere su un bicchiere di Pina Colada o Tequila.
Puck, diversamente, si posizionò accanto ad Emma, e le abbracciò le spalle; lo sguardo di Santana stavolta era piu pungente, ma sapeva benissimo che il ragazzo non aveva cattive intenzioni, ma che si divertiva soltanto a far arrossire e sobbalzare la piu piccola di quel gruppo. Era come un nuovo giocattolo, per lui, da stuzzicare, cercando sempre di restare nei confini e spesso lanciava occhiate nella direzione di Santana per assicurarsi di non star esagerando.
-Allora, che combiniamo?-, sbottò facendo l'occhilino a Santana, per farle capire che avrebbe mollato la presa, dopo aver fatto arrossire al punto giusto Emma.
La mora afferrò la valigia, facendo un cenno verso la reception. -Meglio che andiamo a prendere le nostre stanze, prima che ci sbattano fuori-.
Detto ciò, afferrò con la mano libera, la mano di Emma, portandola al di fuori della portata del ragazzo, e dirigendosi seguita dagli altri verso il bancone.
-Salve, avete già prenotato?-, sorrise cordiale la ragazza che stava dietro al bancone, stretta nella divisa bianca e nera.
-In realtà dovrebbe dircelo lei-, sbottò Puck, posandosi con non curanza con i gomiti sul bancone e lanciando un'occhiata maliziosa alla ragazza, che lo sguardò per un secondo spaesata.
Quinn alzò gli occhi al cielo, facendosi avanti. -Finn Hudson. Dovrebbe averci prenotato delle camere-.
La ragazza sembrò ringraziarla con lo sguardo e si mosse veloce sulla tastiera alla ricerca di quelle famose stanza; Santana ne approffittò per guardare Emma, appoggiata con le mani al bordo lucido del bancone, che si sporgeva in avanti per osservare a sua volta lo schermo del computer, allungandosi e mettendo in risalto le gambe scoperte dagli short in jeans. Osservò ogni piccolo pezzetto di pelle a lei disponibile e deglutì, sentendo la stanchezza del viaggio essere già del tutto scomparsa.
Lo sguardo le cadde sulle converse azzurre che aveva ai piedi e venne attirata da una piccola scritta, posizonata sopra a molte altre che erano in trasparenza, forse rovinate col tempo: una piccola S vicino ad un cuoricino colorato di nero, che la fece sorridere come un'idiota.
-Si, ecco-, sussurrò la ragazza, attirando l'attenzione su di sè. -Ho due suite pernotate a nome Hudson-Keller e Hummel-Anderson, mentre ci sono quattro matrimoniali sotto nome di Fabray-Berry, Chang, Puckerman e Lopez. Infine delle singole per Jones e Abrams-, elencò, alzando solo alla fine lo sguardo su di loro. -Voi siete...?-.
-Fabray-.
-Berry-.
-Lopez-.
-Puckzilla-.
La ragazza si segnò veloce qualcosa, stando dietro a loro, annuendo e voltandosi per prendere delle chiavi dorate e posarle vicino alla tastiera.
-Avete tutti delle matrimoniali, con servizio in camera disponibile ad ogni ora, mini bar, ingresso gratuito alla piscina esterna dell'hotel e un telefono fisso per chiamate gratuite all'estero. I bagagli vi verranno portati in camera, a destra dopo gli ascensori c'è un bar interno e un ristorante collegato, dove potrete andare a pranzare quando ne avrete bisogno-, sorrise cordiale, allungando ad ognuno un foglio, dove mettere la firma. -Bene, ora mi serve solo un vostro documento, e potrete andarvi a riposare nelle vostre stanze-.
Santana posò il suo vicino a quello degli altri e firmò sul foglio, passando poi la penna ad Emma che stava ancora sorridendo emozionata da tutte quelle novità, a lei cosi estranee; Le posò una mano sulla base della schiena, accarezzandole la schiena attraverso il tessuto.
Alzò lo sguardo giusto in tempo per vedere la receptionist alzare gli occhi dal documento di Emma, a la ragazza e poi su di lei e il braccio che aveva attorno ai suoi fianchi, guardandola con una strana espressione; Accortasi che Santana la fissava, distolse subito lo sguardo, allungando ad ognuno la sua chiave.
-Benvenuti a Lima-.



Dopo essersi date una rinfrescata e sistemato alcune cose, Emma trascinò a forza Santana al ristorante dell'hotel, dichiarando di essere vicina a morire per la fame.
La mora la seguì, acconsentendo ad allontanarsi dai moribidi cuscini della loro camera, e solo quando varcò la soglia della stanza, si rese conto che anche lei aveva un leggero languorino.
Si fecero sistemare ad un tavolo da due, in mezzo ad altri tavoli: non c'era molta gente, in fondo erano le due di pomeriggio, ma a Santana piaceva quell'atmosfera intima, senza troppa gente che schiamazzava e disturbava.
Osservò Emma mentre, leggendo il listino, si mordicchiava il labbro inferiore. -Cavoli, costa moltissimo-.
Con una scrollata di spalle, Santana prese il suo. -Prendi quello che vuoi: è la nostra prima vacanza, se non spendiamo tutto quello che abbiamo, sarà uno spreco-.
Emma ridacchiò, tornando a leggere i piatti della casa; Alla fine scelsero un semplice piatto di carne e verdure per Santana e una bistecca con patate per Emma.
Mangiarono senza fretta, e quando furono sazie toccò ad Emma accettare di seguire Santana fino in camera, che stava dormendo ormai in piedi.
Santana si diresse verso gli ascensori, con un braccio attorno alle spalle di Emma ed Emma accoccolata al suo fianco, finalmente piena, quando vide due figure dirigersi con un gran sorriso verso di loro.
-Santana, non vedevo l'ora di vederti-.
La mora ricambiò immediatamente il sorrid, staccandosi da Emma per poter abbracciare Mercedes Jones e fare lo stesso poi con Artie.
Ridacchiò. -Allora è vero che il Glee si riunisce-.
-Come una volta-, esclamò Artie allegro, alzando le mani in uno dei suoi classici gesti rap.
Lo sguardo dei due si posò su Emma, che aveva osservato la scena sorridente, nel profondo contenta che ci fosse qualcuno che rendesse meno dura la permanenza là a Santana. 
Santana le sorrise, facendo un cenno verso i due. -Lei è Emma, la mia ragazza, e loro sono quelli che l'ultima volta hanno distrutto mezzo appartamento a Rachel-.
La rossa rise, salutando con la mano i due, ma venne spiazzata da Mercedes che le si fece vicina e la cinvolse in un'abbraccio. -Finalmente qualcuna che ti ha tolto quel muso lungo, Lopez-.
Santana alzò gli occhi al cielo, tirando a sè Emma. -Certo, certo-.
-Chi altro è arrivato?-.
-Puck, Quinn e Rachel che io sappia-.
Mercedes alzò la sua chiave. -Me e Artie, e so che Kurt dovrebbe essere atterrato da poco assieme a Blaine, quindi saranno qui a momenti, mentre Schuester, la Pillsbury, Sue ci raggiungono poi alla prova. E gli ultimi arriveranno a momenti o domani-, sorrise elencando tutti.
Con uno sguardo di sottecchi ad Emma, Santana prese il coraggio di continuare. -E... ci saranno tutti?-.
Mercedes perse di poco la sua aria allegra, capendo dove la mora voleva andare a parare, e annuì. -Anche se non li ho sentiti tutti, penso che Finn voglia avere tutto il Glee qui durante questo giorno-.
E la mora annuì, afferrando senza rendersene conto con piu forza il tessuto della maglia di Emma, che la guardò dal basso confusa; Santana aprì la bocca, per spiegare l'ambigiutà che la sua domanda aveva dovuto avere alle orecchie di Emma, ma alla fine scosse la testa, sussurrando con pacata consapevolezza le stesse parole che aveva detto Mercedes pochi attimi prima.
-Il Glee si riunisce-.


La prima cosa che Santana vide quando aprì gli occhi fu la figuard sfuocata di Emma che si muoveva per la stanza. Sbattè le palpebre per mettere a fuoco la scena, e rimase immobile per un apio di secondi ad osservare la rossa sistemare i vestiti rimanenti dentro all'armadio.
Con il suo avanti e indietro, Emma non si accorse dello sguardo curioso di Santana, e si diresse con un beauty in bagno, senza chiudere la porta, segno che stava solo riponendo le sue cose; la mora si sistemò meglio con la testa sul cuscino, e si passò una mano sul viso, cercando di dare anche una sistemata ai capelli.
Quando Emam fece ritorno in camera, alzò lo sguardo sorpresa di vedere gli occhi di Santana ricambiare, e si aprì in un sorriso; Senza dire nulla si pegò sul letto e gattonò fino a sistemarsi contro il fianco di Santana, che le fece scivolare un braccio attrono alle spalle, posandole un bacio sulla fronte.
Emma strinse un braccio attorno alla sua vita, sopra al lenzuolo. -Ben svegliata-.
Santana sorrise. -Che ore sono?-.
La rossa si allungò verso il comodino, dalla parte opposta. -Humm... sono solo le tre e mezza, non c'è fretta-.
Tornò ad accoccolarsi contro il corpo caldo della mora, posando la testa nell'incavo del collo; Rimasero per un pò cosi, sdraiate su quel materasso a far scivolare le dita una contro quella dell'altra, senza proferire parola.
-Per stasera, cosa si fa?-, interruppe per prima il silenzio Emma, alzando la testa e posandola sopra un braccio, senza staccarsi da Santana.
-Mercedes dice che ha già ordinato un tavolo al Bel Gressino, ti piacerà-, le sorrise, carezzandole la spalla nuda, lasciata scoperta dalla canottiera.
Emma arricciò le labbra, abbassando lo sguardo. -Hum, è dove andavi con i tuoi amici?-.
Santana annuì.
-..E le tue ragazze?-.
La mora sorrise, bloccando le dita sulla pella dalla piu piccola. -Sei per caso gelosa?-.
Emma alzò lo sguardo, guardando Santana negli occhi. -Bè, dovrei? Cioè, sei qui con me ora, non con qualcun'altra, quindi... Certo potresti incontrare una con cui sei stata al liceo e capire che ormai sei cresciuta per le adolescenti e volere qualcuna di piu matura, ma non potresti certo mollarmi adesso, lontano da casa; Cioè, potresti, ma sarebbe davvero perfido e so che mi vuoi bene e che non...-.
Santana si tirò su di scatto, posando veloce le labbra su quelle della rossa; Messa a tacere, la coinvolse in un bacio profondo che le reubò in pochi attimi il poco fiato che il discorso non le aveva tolto.
Si staccò solo quando fu soddisfatta e sorrise alla rossa. -Taci Emma, okay?-.
Emma, deglutì, facendo scorrere lo sguardo dai suoi occhi alla bocca della mora, annuendo alla fine; Con studiata lentezza, Santana le si fece di nuovo vicina, bloccandosi a pochi millimetri dalle sue labbra e osservarla socchiudere gli occhi, in attesa di quel bacio mancato.
-Amo te. Nessuna donna matura è al tuo livello-, sussurrò a fior di labbra.
Invece di baciarla, Santana le mordicchiò il labbro inferiore, sentendo il respiro caldo della rossa infrangersi sulla sua pelle, e si soffermò con lentezza a gustare ogni millimetro di quelle labbra candide, leccando e mordicchandone ogni punto, per approfondire solo dopo svariati minuti.
Con meno pazienza, Emma ricambiò il braccio, lasciandosi sttendere sulla schiena da Santana, senza staccarsi un solo istante da quelle labbra; La mora scese a baciare anche la curva del collo, sorridendo contro un segno giallastro, vecchio di qualche giorno che lei stessa le aveva fatto.
I sospiri piu pesanti di Emma le fecero capire che stava prendendo la strada giusta per farla cedere. 
-Emma..-.
Il mezzo bronzio che arrivò dalla parte della rossa, la fecero sorridere maggiormente, rendendo piu nitidi i pensieri nella sua mente.
-Sai cos'ho notato di questa carmera, appena arrivata?-, sussurrò a contatto con l'osso sporgente della clavicola.
Emma incatrò le dita tra i ciuffi scuri di Santana. -Co..cosa?-.
Non rispose subito, Santana, ma lasciò ancora qualche bacio sull'osso, per poi spostarsi e risalire al contrario, percorrendo collo, mento, guancie ed infine restare sospesa sopra alle labbra di Emma, aspettando fino a quando la rossa non aprì gli occhi, confusa e accaldata, incrociando quelli scuri di Santana.
-Quella splendida, spaziosa, doccia che c'è nel bagno-, sorrise, osservando gli occhi allargarsi imbarazzati e incuriusiti, e le guancie prendere fuoco.
Da li a farla cedere ci volle davvero molto poco, e i vestiti con cui si erano cambiate risulatarono davvero troppo sopravvalutati dentro a quella camera, cosi come l'imbarazzo iniziale di Emma nel stare in uno spazio cosi intimo assieme a Santana; Quel paletto fu il primo a cedere, sotto alle attenzioni della mora.
Il resto fu solo baci, sospiri e acqua.




 


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Capitolo 5
*** Belle ***


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Once upon a time .... 
 Bella knew that the truth was different from what she believed



La festa si era svolta alla perfezione; Il glee si era finalmente riunito come non capitava da anni, e fu come fare un salto nel passato, se non fosse stato per la presenza di Emma e Jodie, la nuova fidanzata di Mike Chang, che gli ricordava a tutti dove ora erano arrivati e chi erano diventati.
Dopo il pranzo si erano spostati in un pub, dove avevano tentato di essere di nuovo adolescenti senza freni, ma il mattino dopo, quando le luci che filtravano dalle tende colpirono in viso Santana, la ragazza capì che aveva commesso un'enorme cavoltata.
Con un gemito, si tirò su a sedere, guardandosi attorno alla ricerca di Emma o qualcosa che avrebbe potuto aiutarla in quel momento.
Come evocata, la rossa fece il suo ingresso, facendo scattare la serratura della camera da letto, e sorrise, trovando la ragazza già sveglia.
-Hei, come va?-, domandò chiudendosi la porta alle spalle.
Santana si portò una mano alla fronte. -Ti supplico, non urlare-.
Emma ridacchiò e si avvicinò al letto, fino a sedersi vicino a Santana, sul bordo del letto. -Okay, come vuoi-, acconsentì sussurrando piu piano che poteva. -Tieni-, le disse, allungando un bicchiere e quella che sembrava un'aspirina.
La mora aggrottò la fronte prendendo quello che le porgeva. -Dove l'hai trovata?-.
La rossa indicò la porta. -Mercedes è nelle tue stesse condizioni, ma credo si fosse preparata con anticipo a questo-.
Santana annuì, senza aggiungere nulla; Ripassò il bicchiere ormai vuoto ad Emma, prima di guardarsi attorno, notando la stanza stranamente pulita e sistemata. Emma seguì il suo sguardo e sorrise, alzando le spalle. 
-Ci hai provato, ma alla fine sono riuscita a farti sdraiare e star buona-.
Santana si posò una mano sugli occhi. -Oddio, dove sei stata tutte quelle volta che distruggevo la mia camera al liceo?-.
La rossa non disse nulla, rise della sua espressione e le sue parole, prima di posarle una mano sulla spalla e farle segno di piegarsi in avanti; Senza protestare, Santana fece come le venne detto, e aspettò paziente che Emma le sistemò alle spalle, allargando el gambe per farci sistemare in mezzo la schiena della mora.
Santana posò la testa sulla sua spalla, rilassandosi completamente contro il corpo dell'altra, mentre quella iniziava a carezzarle i capelli e massaggiarle le spalle con tocchi leggeri.
Solo allora si accorse di essere solo in intimo. -Che diavolo...?-.
-Oh, si. Hai provato a sedurmi, hai anche fatto uno spogliarello, ma non sono ancora pronta ad affrontare la tua parte sbronza per... quei momenti, ecco-, sussurrò Emma, arrossendo.
Santana gemette di nuovo, stavolta imbarazzata di sè stessa. -Mi dispiace, Emma...-.
-Oh nono, in realtà eri anche piuttosto sexy, ma è stato meglio cosi-, sorrise, posandole le labbra sulla fronte.
Santana trovò la forza di annuire, prima di perdere ogni forza e lasciarsi semplicemente cullare dalle braccia di Emma; La rossa continuò ad intrecciarsi attorno alle dita ciuffi scuri di Santana, e a lasciarle ogni tanto un bacio sui capelli o sulla guancia o qualcune porzione di pelle che riuscisse a raggiungere.
-Quanto manca alla prova del pranzo?-, chiese la mora, dopo un pò.
Emma lanciò un'occhiata verso la radiosveglia, sbuffando poi leggera. -Meno di un'ora-.
Santana aprì un'occhi, guardando con odio il muro che le stava di fronte, come se fosse l'arteficie delle sue pene. -Non credo di farcela ad alzarmi-.
La rossa ridacchiò. -Colpa tua, ora devi tirati su-, e cercò di farla alzare da sopra il suo corpo, facendo leva sulle braccia.
Le lamentele di Santana servirono a ben poco, e alla fine si ritrovò in bagno, con Emma che la fissava divertita dalla soglia. -Sei senza cuore-.
Con uno sbuffo divertito, la ragazza si voltò e prese a frugare dentro all'armadio. -Non vorrai fare tardi, è la prova del pranzo-.
-Non m'interessa-, contrabattè, osservando il proprio riflesso sullo specchio, guardando con orrore le macchie scure che aveva sotto agli occhi e il disordine dei suoi capelli; Aprì l'acqua, rinfrescandosi il viso, e cercando con lo sguardo un'ascugamano.
Si voltò verso la camera, passandosi la spunga morbida sul viso, bloccandosi però di colpo: davanti al letto, con le spalle rivolte alla mora, Emma aveva appena preso un vestitino estivo dall'armadio e si stava cambiando, completamente ignara dello sguardo della ragazza puntato addosso.
Con movimenti leggeri e flessuosi, la rossa si tolse il pantaloncino e la maglietta comoda che aveva indossando, lasciando in bella vista l'intimo abbinato bianco e azzurro, che attirò immediatamente tutta l'attenzione di Santana; Qualcosa, nel suo profondo, le diceva che in fondo non stava facendo nulla di male: che Emma era la sua ragazza e che non c'era niente di sbagliato in quello. Ma Santana conosceva anche bene Emma, da sapere che si sarebbe imbarazzata a morte, sapendo che lei la stava osservando.
Prima di poter dire nulla, però, Emma si era già infilata un abito leggero azzurro, con una fascia bianca attorno alla vita; Si passò una mano sulla gonna dell'abito, prima di voltare la testa e lanciare uno sguardo a Santana da sopra la spalla.
La mora rimase incantata ad osservarla ancora per un'istante prima che il tarlo del dubbio si insinuasse nella sua mente, ipotizzando che Emma sapesse benissimo che Santana la stava osservando, mentre si cambiava, ma che l'avesse fatto apposta.
Le guancie rosse che facevano bella mostra di sè sul viso della giovane, le fecavano supporre il contrario, ma il sorrisetto che le lanciò, rimise le carte in tavola.
La rossa si voltò verso di lei, e fece un gesto con le mano. -Che ne pensi? E' troppo? Alla fine è solo una cena, non credo che nessuno si metterà in tiro, è domani che bisogna essere eleganti, per oggi forse basterebbe un semplice jeans, ma non vorrei poi essere l'unica ad indossare qualcosa di banale-, borbottò, alternando lo sguardo da Santana all'abito che aveva indosso.
Santana si poggiò al lavandino, dando la schiena allo specchio e la piena attenzione ad Emma. -Stai benissimo, e fidati, se sono rimasti gli stessi tutti quanti avranno qualcosa di marca addosso tranne che lo sposo-.
Emma sorrise, sistemandosi la fascia bianca. -Bè allora... Va bene. Devi farti una doccia, e poi andiamo-.
Santana annuì, staccandosi dal lavello e avvicinandosi alla rossa, che rimase immobile, ad aspettarla, e solo quando le fece scivolare le braccia attorno ai fianchi, posò a sua volta le mani sulle spalle. -Potresti sempre farmi compagnia-.
Le guancie di Emma si colorarono, di un dolce tenue. -Ancora?-, sussurrò, abbassando lo sguardo imbarazzata, ricordando il pomeriggio precedente.
-Sempre-, rispose decisa Santana.


La sala da pranzo era stata prenotata, e tranne le persone del cathering e alcuni invitati, nessun'altro aveva il permesso di entrarci; Quando Santana oltrepassò la soglia, la mano stretta a quella di Emma, la prima cosa che notò furono i vasi di fiori bianchi e viola praticamente ovunque e le tovaglie ricamate in pizzo, e non potè far a meno di pensare che quella doveva essere interamente opera di quel pazzo di Kurt Hummel.
Intercettò subito Mike, Artie e gli altri che si erano riuniti attorno all'angolo con gli alcolici e gli andò incontro, sorridendo.
-Heilà, buongiorno diablo-, ridacchiò Mercedes strizzandole l'occhio.
La mora sorrise. -Ridi poco, Emma mi ha già raccontato quello che ho fatto, e pure quello che avete fatto tutti voi altri-.
Puck le si fece piu vicino. -Oh no, non mi dire che la pulce ha fatto la spia-, borbottò, sorridendo ad Emma. -Cosi ci rovini tutto il divertimento-.
-Eccola, la famosa Emma-, Sam Evans sbucò da dietro le spalle di Puck. 
La rossa, al suo fianco, sorrise. -Famosa?-.
Il biondo strizzò l'occhio a Santana, prima di continuare. -Oh si, tutti ormai sanno di come hai messo nel sacco l'indomabile Santana Lopez-.
-Taci, Evans-, sorrise Santana, facendo un passo avanti per abbracciarlo.
Sam ricambiò, ridacchiando. -Addirittura mi abbracci, ti ha davvero cambiata, eh?!-.
Con uno sbuffo giocoso, la mora si staccò dall'abbraccio e si voltò assieme agli altri per vedere l'arrivo di Finn, tenuto a braccietto da una biondina stretta in un vestitino rosa pallido. Gli altri gli andarono subito in contro, ma Santana si prese un'istante per osservarli da lontana: Finn Hudson era il solito alto ragazzo con la faccia da babbuino che era sempre stato al liceo e quella piccola bambolina al suo fianco sembrava Quinn, con un paio di anni e neuroni in meno.
-Oh oh, non mi piace quella faccia-, sussurrò Sam, che le era rimasto accanto, assieme ad Emma e Mercedes, mentre a poca distanza da loro anche Quinn e Rachel si godevando da lontano lo spettacolo.
Santana scrollò le spalle, sotto allo sguardo curioso della rossa. -Non so di che parli-.
Ma il biondo non si fermò, ma si piegò verso di lei, per non rischiare di essere udito da qualcun altro. -Non ti piace, vero?-.
La mora non rispose, distogliendo lo sguardo dalla coppietta, e voltandosi verso Emma. -Quelli sono gli sposi, Finn e la promessa sposa senza nome-.
-Kate-, le suggerì Sam.
-Appunto. Bè, io direi di brindare a loro-, sussurrò, prendendo due bicchieri a coppa dal tavolo e allungandone uno verso Emma.
La rossa osservò il servizio delicato, capendo con una semplice occhiata che uno di quei bicchieri, certamente, valeva piu di tutto quello che aveva lei in valigia, e lo resse con entrambe le mani, temendo di far qualche cavolata.
Poi Santana tornò a rivolgersi a Sam, che le aveva imitiate, prendendo un bicchiere. -E tu? Ancora in cerca dell'anima gemella?-.
Il biondo la guardò, bloccandosi per un'attimo, prima di abbassare il capo. -Hum, si. In realtà una persona c'è-.
-L'hai invitata?-, gli sorrise, senza spostare lo sguardo sullo spettacolo che gli stava offrendo Finn Hudson e Quinn: la bionda infatti gli si era avvicinato e Santana si appuntò mentalemente di chiederle cosa gli avesse detto, perchè il colorito che stava assumendo in quel momento non preannunciava nulla di buono.
-Bè è stata invitata lei stessa, quindi non è che... Sai...-, bobrottò Sam.
Santana gli lanciò un'occhiata curiosa. -Tutto bene, Sam?-.
Il biondo annuì, tamburellando con un dito contro iil fragile cristallo del bicchiere. -Certo, certo. Ecco, è che lei, la mia ragazza, bè la conosci, ma non sapevo come...-.
Stavolta, assieme a Santana, anche Emma si voltò ad osservare quel nuovo ragazzo biondo, Sam, che si stava comportando in modo strano.
-Sam, stai sudando?-, domandò Santana.
-No, è che...-, Sam prese un respiro profondo. -Lei è...-.
Il biondo si bloccò, lo sguardo fisso verso l'entrata dove il gruppo di persone era ancora fermo a fare le congratulazioni e a salutarsi, e da dove ora una persona si stava avvicinando a loro, con indosso un abito chiaro a stelline. Santana rimase immbobile, senza proferir parola, e solo quando le fu davanti, si rese conto che quella giornata non sarebbe finita affatto bene.
-Ciao, Santana-.


Il pranzo si era svolto normale, dopo che lo sposo aveva fatto un discorso sulla sua vita al liceo e su come adesso, questa Kate, sembrasse averle cambiato l'esistenza.
Emma, dal canto suo, di divertì molto: i ragazzi del Glee avevano anche improvvisato uno spogliarello alla nuova signora Hudson, che era arrossita come da tradizione, il tavolo dove erano state sistemate lei e Santana era il piu grande, messo al centro della sala, e tutti avevano parlato con lei almeno una volta. Bè, quasi tutti.
Emma aveva riconosciuto subito la ragazza che si era avvicinata a lei e Santana, poco prima che prendessero posto a tavola: era la ex ragazza di Santana, quella che sperava non sarebbe venuta o che sarebbe riuscita ad evitare, ma la sfortuna girava dalla sua.
D'altra parte, dentro di sè, sapeva fin dal primo istante che non incontrarla era un'impresa vera e propria, dato che sia lei che Santana avevano fatto parte della vta del ragazzo, ma si era comunque lasciata la possibilità di sperare.
Per tutto il pranzo, Emma aveva lanciato delle occhiate a Santana, sperando che la ragazza non la notasse, e sebbene la maggior parte delle volte la vedeva chiaccherare con qualcuno o sorridere, Emma sapeva che la mora stava pensando a tutt'altro. O qualcun'altro.
E man mano che ci pensava, si rendeva conto che diventava reale: la presenza di quella ragazza bionda, a pochi metri da lei e Santana, diveniva reale, tattile.
Non era piu un'ombra da chiudere in un cassetto, adesso era una persona in carne ed ossa, che parlava e rideva assieme alle stesse persone che Emma aveva visto abbracciare Santana, e non riusciva a capire perchè tutto al di fuori sembrasse cosi normale, mentre dentro di sè sentiva che tutto era cambiato.
Solo quando si ritrovò nella camera dell'hotel, Emma, riuscì a guardare Santana, alla ricerca dei suoi veri sentimenti, quelli che non voleva mostrare davanti agli altri; La osservò mentre si sfilava l'abito verde che aveva indossato per la prova e si sfilava le scarpe.
La rossa si poggiò contro il mobile, guardandola. -Santana...-.
Santana non disse nulla, ma si limitò a ricambiare lo sguardo. 
-Va...tutto bene?-, domandò, dandosi subito dell'idota per quell'inizio cosi banale e senza senso.
La mora sorrise. -Certo, non ti sei divertita?-.
Emma annuì. -Si, si certo. Mi stanno tutti molto simpatici, ma... Ecco...-, si bloccò, non sapendo come andare avanti.
-Dimmi, Emma-, sussurrò Santana, alzandosi e andandole incontro, posando le mani sulle sue guancie per farle alzare la testa. -Che c'è?-.
Emma si mordicchiò il labbro. -Io... l'ho vista, non serve che fingi-.
Santana abbassò lo sguardo e scosse la testa. -Non fingo, ma è stata una sorpesa-, sussurrò, avvicinandosi per lasciarle un bacio sulla guancia. -Sono stata presa in contropiede, ma va tutto bene-.
La rossa annuì, posando la testa sulla spalla di Santana, lasciandosi abbracciare e non si mosse; Sapeva che c'era qualcosa, ma non aveva il coraggio di parlarne o chiedere ancora, facendo la parte della fidanzata gelosa e appicicosa, che voleva sempre sapere tutto.
Cosi, preferì tacere. Ancora.


Da primo istante in cui Emma aprì gli occhi, il mattino seguente, sentì a fior di pelle un'inquietudine tremenda. La sentiva su tutta la pelle, su ogni muscolo e sembrava non volerla abbandonare, neppure quando Santana se la strinse con piu forza contro il petto, la sua schiena contro di esso, e sentì le labbra della mora mordicchiarle il collo.
Si sentiva troppo tesa, e Santana lo scambiò per un nervosismo per la visione del suo primo matrimonio.
Senza insistere, le lasciò per prima la doccia, mentre lei iniziava a tirare fuori gli abiti che avevano portato per il grande evento; Quando Emma fece ritorno in camera, con solo la spugna morbida e profumata dell'accappatoio addosso, si ritrovò davanti già tutto l'occorrente pronto.
Sul letto erano stati sistemati i due abiti: quello di Santana, un tubino aderente blu con un fiocco a lato, sexy ed elegante come al suo solito, e quello di Emma rosa, piu semplice, senza spalline e ricoperto di pallini colorati; Poco distante poi c'erano le scarpe e i due beauty.
Santana le andò incontro, facendo scontrarre le loro labbra. -Nervosa?-, sussurrò.
Emma scosse la testa, sforzandosi di sorridere. -Un pò tesa-.
Un'ora e mezza dopo erano entrambe pronte, con i loro abiti e tutto il resto apposto e si affrettarono a ragguingere gli ascensori dove avrebbero dovuto incontrare Rachel e Quinn, prima di andare tutte assieme in chiesa.
Le due ragazze si trovavano già là quando Santana ed Emma arrivarono, e il muso lungo di Rachel e l'espressione tesa di Quinn fecero capire alla piu piccola che forse era meglio non dire nulla ed avviarsi; La chesa che avevano scelto era elegante e semplice allo stesso tempo.
Le decorazioni che c'erano all'interno erano molto studiate: fiori bianchi abbianti ad altri lilla, appesi ad ogni inizio di fila, con tanto di fiocchi e candele sparse un pò ovunque, ed Emma rimase un'istante ferma all'entrata per osservare come l'inisieme sembrasse uscito fuori da un film; Sentì Santana sussurrare al suo fianco un -Kurt-, e lo ricollegò a quel ragazzo che aveva conosciuto la sera prima, quello con kili di lacca a tenergli su il ciuffo chiaro.
La cerimonia scorse veloce, tra l'arrivo dello sposo, che si posizionò accanto all'altare, e quello della sposa, stretta in un'abito pregiato che, Emma ci avrebbe scommesso, portava addosso una firma di qualche alta classe di sartoria; Soffermarsi sui particolari, sarebbe sciocco: si svolse regaolare, con tanti ospiti che sbadigliarono durante il dicorso del parroco e altri che si commossero allo scambio degli anelli.
Santana, poco prima che si scambiassero e promesse, si allungò vero Emma e le sussurrò, scherzosa, di non osare versare una lacrima; Ma non fu necessario dirlo: sebbene fosse il primo matrimonio a cui assistiva, e sorvolando sul fatto che conoscesse quelle persone da meno di quentiquattr'ora, il massimo che Emma fece fu sorridere emozionata, sentendo la voce della ragazza incrinarsi al -Si-, e osservando come lo sguardo di Finn luccicasse.
L'amaro che sentiva, però era tutto diretto a Rachel, su cui non ebbe il coraggio di posare lo sguardo, certa che ci sarebbe stata Quinn per lei.
Com'erano venute, si spostarono all'esterno per qualche foto ed infine tornarono all'hotel per consumare il pranzo, tra l'entusiasmo generale; La sala era decorata come la sera precedente e tutto filò liscio, identico alla sera precedente.
Santana ed Emma si sedettero al loro posto, assieme a tutti gli altri e la rossa era cosi presa dal momento e le chiacchiere degli altri che non dovette neppure pensare per un'istante a Brittany che stava seduta dall'altro lato della tavolata.
Quando la musica iniziò a suonare, e gli sposi iniziarono a far segno alle altre coppie di unirsi a loro, Santana si alzò, allungando una mano verso Emma.
-Andiamo?-, sorrise.
La rossa ridacchiò, annuendo e imitandola, raggiungendo gli altri sulla pista da ballo; Senza timori, si strinse a Santana, posando la fronte sulla sua spalla.
-Dio, mi sembra di essere tornata al ballo del liceo-, borbottò Santana.
-Com'è stato?-, domandò Emma.
La mora alzò le spalle. -Il primo in cui ho bevuto l'intero recipiente di punch corretto per poi ritorvarmi immersa nella piscina dei Collman assieme ad altri venti ragazzi, il secondo in cui rimasi solo pochi attimi per poi infilarmi nell'auto di George Thomas, e guidare fino al confine con la California, il terzo in cui il mio accompagnatore era un gay non dichiarato che ha passato tutta la sera a guardare il sedere di Kurt Hummel o il quarto?-.
Emma alzò la testa. -Sai, ogni volta che parli del liceo, fai sembrare la mia estremamente banale-.
Santana ridacchiò. -Si, ma non avevo te, io al liceo. Tu si-.
-Si, è un punto a mio favore-, sorrise.
Rimasero in silenzio per un paio di minuti, mentre le note scorrevano ancora tra le mura di quella stanza, di una canzone cantata da Mercedes, fino a quando Emma riprese a parlare. 
-Non ci credo che era cosi brutta, non puoi rimpiangere tutto-, sussurrò.
-Forse-, borbottò l'altra. -Diciamo che è stata una vita fà-.
Emma la guardò negli occhi, alzandosi sulle punte dei piedi per posarle un bacio leggero sulle labbra e sorriderle. -Avrei tanto voluto conoscere la Santana del liceo-.
Non ricevette risposte, ma Santana calò di nuovo a catturare le sue labbra, in un bacio piu profondo che si interruppe solo quando Puck si mise alle spalle di Santana, rimarcando di aver un ballo mancato con Emma.
La mora si fece si lato, e la rossa, non con poco imbarazzo, si avvicinò al ragazzo, che le passò una mano in vita.
-Puck-, lo richiamò la mora, lanciandogli uno sguardo d'intesa.
Il moro alzò gli occhi al cielo. -Lo so, Santana, lo so. Non esagero-.
-Bene-, sbottò, prima di sorridere alla ragazza e scivolare fra gli invitati per lasciare la pista.
Emma continuò a guardarla fino a quando non le fu piu possibile, e allora alzò lo sguardo verso Puck, trovandolo che la stava già guardando a sua volta; Arrossì di colpo, sviando lo sguardo.
-Quindi, piccola Emma, che combini con Santana?-.
Emma strinse maggirmente il tessuto della camicia, tra i pungi, a disagio. -Ch.. che intendi?-.
Puck scrollò le spalle. -In generale. Che intenzioni hai?-.
-Bè... lei m, lei mi piace-, sussurrò, cercando di non far notare le sue guancie rosse.
Il ragazzo annuì. -Si, lo so, sembri il classico fiocco di zucchero a velo, una dolcezza e scommetto che è grazie alle tue guancie rosse e lo sguardo da Bambi che hai conquistato Santana, ma sta attenta, okay?-, sbottò, percorrendo con lo sguardo la sala.
Emma non disse nulla, ma alzò lo sguardo, fissandolo alla ricerca di qualcos'altro, qualcosa che il ragazzo non aveva detto ma che era sospeso tra di loro.
E poi Puck, parlò.
-Dopo Brittany, Santana non ha bisogno di un'altra ragazza tutta innocente e candida che la illuda per poi trovarsi svago da qualche altra parte, capisci? Voglio bene a Britt, ma non è stato bello vederla cosi e ci tengo troppo a quella pazza ispanica, per passarci sopra un'altra volta-, continuò.
-Io non la tradirei mai-, sussurrò Emma con decisione.
Puck annuì, incorciando lo sguardo. -Allora va bene, vivete felici nella vostra capannette e abbiate tante bambine con dubbia sessualità-, sorrise.
Emma scosse la testa, non riuscendo ad impedirsi di sorridere. -Grazie. Lo so che lo fai per lei-.
Il moro scrollò le spalle. -Doveri del mesitere-.

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Capitolo 6
*** Little Mermaid/Pinocchio ***


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Once upon a time .... 
 Little Mermaid realized that every wish has its price



Ci fu tutto; Anni e anni a vedersi solo film alla televisione non avevano preparato Emma a tutto quello che avrebbe visto quella sera. Ogni scena che vide, riuscì a ricollegarla a qualche vicenda successa in qualche serie televisiva o film: gli sposi che danzavano,amici che afferravano il microfono solo per interrompere qualche momento e raccontare di qualche momento imbarazzante di uno dei due festeggati, racconti del liceo, dell'università, dell'infanzia; Coppie che si stringevano sulla pista da ballo, coppie vecchie, coppie nuove, coppie sbagliate e coppie che sarebbero dovute essere tali; Il taglio della torta, il lancio del bouquete, la garrettiera, le foto, la firma sull'album di matrimonio. Ci fu tutto.
In piu, Emma si divertì: non aveva dato per scontato la cosa, sapendo che avrebbe dovuto incontrare gente mai vista o solo incrociata poche volte sul pianerottolo di casa di Rachel, ma quando, dopo il decimo ballo assieme a qualche membro del Glee Club, si ritrovò a sorridere contro il vetro del bicchiere, si rese conto che si stava divertendo per davvero.
Aveva perso Santana, però, dopo il loro terzo ballo e dopo che Quinn aveva portato la mora lontano dalle orecchie di Emma per parlarle di qualcosa di importante; piu volte aveva osservato la stanza, alla ricerca della ragazza, ma inutilemente perchè nessuno rimaneva mai troppo fermo o al suo posto, e cosi alla fine si era arresa, sapendo che qualcunque cosa l'avesse bloccata era improtante; Se ne rese conto soprattutto quando vide che anche Rachel mancava, e ricollegò le tre cose assieme.
Mezz'ora dopo, quando gran parte della gente aveva iniziato a lasciare la sala per ritirarsi, Emma si sedette assieme ad altri al tavolo, sentendo i piedi dolergli dentro al paio di scarpe col tacco che le aveva prestato Quinn.
-Allora, piccola Emma, che te ne pare del nostro Glee?-, domandò Puck, seduto davanti di lei, dopo l'ennesimo racconto delle disavventure accadute al liceo.
Emma rise, passandosi una mano tra i boccoli rossi, che si era fatta per l'occasione. -Bè mi spiace da morire non avere la possibilità di averne uno alla mia scuola-.
Tina spostò lo sguardo su Blaine, il ragazzo col gel sui capelli. -Ma anche la Dalton era privata, ma aveva il Glee-.
Lui scrollò le spalle. -Sarà una scelta dei licei, o dei professiori-.
La rossa non aggiunse altro, e alzò lo sguardo verso la pista, notando come tutto il gruppo era man mano sparito, lasciando solo pochissime persone a ballare e solo allora si accorse di Quinn e Rachel che stavano di fronte al tavolo col buffet.
Aggrottò la fronte e si infilò le scarpe, sorridendo agli altri, sentendo la stanchezza farsi largo nelle sue membra e desiderando solo il suo letto e Santana.
-Io vado a cercare Santana-, si scusò, alzandosi. 
-Ci si vede domani in giro-, sbottò Puck, facendole l'occhiolino.
-Forse-, lo corresse Mike Chang, stretto a Jodie.
Emma ridacchiò e salutò tutti prima di abbandonare la stanza, guardandosi attorno per cercare la figura della mora, prima di arrendersi e decidere che probabilmente era già in camera o al massimo le avrebbe fatto uno squillo. Ovviamente solo dopo essersi tolta quelle scarpe.
Il dlin dell'ascensore la ricorsse dai suoi pensieri, e cliccò il tasto del suo piano, appoggiandosi contro il corrimano, aspettando; Accanto a lei c'era una coppia, che non aveva visto al ricevimento e che quindi escludeva dalla lista degli invitati, anche per il loro abbigliamento casual.
Senza farci troppo caso, si spostò di lato quando arrivarono al loro piano, uno in meno al suo, e li fece passare senza dire nulla, agognando il caldo torpore delle coperte che l'attendeva; Alzò lo sguardo quando furono fuori, e il suo sguardo cadde immediatamente su due figure che stavano a qualche metro da lei: due ragazze, in abiti eleganti, la bionda che dava le spalle all'altra, mentre faceva passare una chiave nella porta per poi aprirla e sparircisi dentro. Ma Emma guardò soprattutto l'altra, la mora, stretta in quell'abito che solo poche ore prima lei stessa aveva allacciato.
E quando la vide sparire dentro alla stessa stanza dove era scomparsa solo pochi attimi prima la bionda, quella bionda, non riuscì a pensare a nulla, a sentire nulla o provare qualcosa. Si sentì solo vuota, e continuò a guardare fino a quando le porte in legno lucido si chiusero davanti ai suoi occhi, togliendole da davanti quella scena da cui lei non sembrava riuscirsi a staccare.

 
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
 
Once upon a time .... 
 For Pinocchio only remained a wooden heart

-Siamo state assieme-.
Santana prese un respiro, ma non alzò lo sguardo; Rimase immobile, con la schiena poggiata contro il muro del corridoio. Si passò una mano sulla fronte, liberandola da alcuni ciuffi scuri, prima di trovare la forza di alzare lo sguardo e puntarlo sulla persona che le stava di fronte.
Davanti a lei, la bionda, se ne stava seduta sulla panca in legno lucido, senza dare il minimo segno di voler dire qualcosa, qualcunque cosa che sarebbe potuta essere d'aiuto a capirci qualcosa di piu di tutta quella storia.
Santana la guardò, e attese.
-Non ci credo-, sibilò fredda.
-Non so neppure come sia potuto succedere-.
-Non ci credo-.
-E' successo dopo il pranzo, mi ha presa da parte e abbiamo parlato dei vecchi tempi-, una mano a coprire gli occhi, come se facendo cosi le immagini potessero sparire dalla sua mente. -Lo sai quanto mi è mancato, parlare cosi, ricordare come tutto era piu semplice al liceo, ora invece... E' tutto cosi complicato-.
Quinn si alzò in piedi, nervosa, e prese a camminare avanti e indietro per quei pochi metri silenziosi e deserti che avevano trovato nell'hotel.
-Non lo capisci che non ti prenderà mai sul serio lei? Lo sai, lo sai benissimo che questo potrebbe rovinare tutto. Anzi, sicuramente lo farà e non voglio vederti buttare tutto quello che hai costruito a New York-.
-Non mi serve una ramanzina ora, grazie!-, sbottò l'altra, senza curarsi di abbassare il tono. -Al matrimonio, era cosi bella ed io.. L'ho seguita, okay? E forse non avrei dovuto farlo, ma...-, un sospiro, profondo abbastanza da far capire a chiunque che la parte peggiore non era ancora passata. -Lei, io.. Non l'ho dimenticata. E' stato come tronare al liceo, come risentire quella sensazione di essere al centro del mondo, e solo lei riesce a darmela-.
Santana strinse le dita alle altre, in una morsa ferrea, prima di alzare lo sguardo per incontrare finalmente quello della ragazza. 
-Quinn, lei non ti ama-, sussurrò, capendo che era l'ora di mettere fine a quella sceneggiata.
Quinn annuì, portando le mani sui fianchi. -Lo so, non sono sc...-.
-Quinn!-, l'interruppe Santana. -Rachel non ti darà mai quello che vuoi, e tu questo lo sai, non prendiamoci ingiro; Ha visto Finn sposarsi e forse questa l'ha fatta andare fuori di testa tanto da finire a letto con te, ma non avrai altro da lei-.
La bionda abbassò lo sguardo, e a Santana sembrò per davvero di essere tornata al liceo ed essere davanti a quella Quinn spaurita che aspettava un bambino e non sapeva nulla del futuro; Fece un passo avanti, fino a posarle una mano sulla spalla.
-Sei la mia migliore amica, e ti odio con tutto il mio cuore perchè sei la piu stronza, cinica, superficiale bionda, di questo pianeta-, la mora continuando a tenere lo sguardo su quello della bionda. -Le sei andata dietro per anni, e ti sei trasferita a New York per lei, ma non siamo piu nel Glee ora, non siamo al McKinley: adesso siamo cresciute e non tutti sono rimaste le persone che erano al liceo, compresa Rachel Berry-.
Quinn annuì, chiudendo gli occhi e poggiandosi con la schiena contro il muro. 
-Adesso è il momento di smetterla, okay?-, sussurrò appoggiandosi accanto a lei.
Non ricevette subito una risposta, ma rimase al suo fianco, mentre dal fondo del corridoio si sentiva ancora la musica del ricevimento che continuava senza di loro e per un secondo Santana si chiese cosa stesse facendo Emma, se la stava cercando o meno, ma scrollò la testa, restando concentrata su Quinn che aveva bisogno di lei.
Voltò la testa, per osservarle in viso.
-Non voglio perdere la sua amicizia-, Quinn alzò lo sguardo, poggiando anche lei la testa sul legno e guardando Santana. -Ma, va bene-.
Santana annuì, prendendo un respiro profondo, prima di sorriderle. -Che ne dici di tornare di là?-.
Quinn arricciò le labbra. -Per vedere Rachel con il muso lungo che guarda Finn?-, domandò alzando un sopracciglio.
Una risatina sfuggì alla mora. -Si, forse è meglio aspettare ancora un pò-.
Non si accorsero dei passi che si avvicinavano a loro, il rumore di tacchi contro il pavimento, fino a quando Brittany non le fu praticamente davanti; Quando Santana alzò lo sguardo se la ritrovò davanti e il sorriso le sparì di colpo dal viso, come quello di Quinn pochi istanti dopo.
-Hei, ragazze-, sorrise, passandosi una mano sul tessuto del vestito con le stampe di alcuni fiori.
-Hei-, ricambiò Quinn, piu fredda di quel che Brittany forse si aspettava.
La bionda, infatti, fece vagare lo sguardo da Quinn a Santana per un minuto buono, come alla ricerca di una spiegaione a quel tono freddo, ma non trovandone strirò un sorrisetto. -Unholy trinity, come al liceo-.
Quinn scrollò le spalle. -Cambiano molte cose dal liceo-.
-Certo-, annuì Brittany, spostando lo sguardo sulla mora. -Avrei bisogno di parlarti-.
Santana l'osservò, aggrottando le sopracciglia. -Non credo sia il momento migliore-.
La bionda annuì, abbassando lo sguardo. -Credo che però sia l'unico: domani tu ripartirai ed è la prima volta dall'inizio della cerimonia che riesco a parlarti-.
Santana aprì la bocca, ma si rese conto di non saper neppure cosa dire; Fortunatamente le venne in aiuto Quinn.
-Senti Brittany, non credo sia una buona idea-, sbottò, incrociando le braccia. -Si starano chiedendo dove siamo finite, io ho un disperato bisogno di bere qualcosa e sicuramente la sua ragazza vorrà ballare-, accennò a Santana che le stava ancora accanto.
Brittany annuì. -Lo so, ma io... Devo parlarti-, sussurrò.
Quinn sbuffò. -Ti ho app...-.
-Quinn-, la bloccò Santana, lanciandole uno sguardo. -Lasciala parlare-.
La bionda al suo fianco, spalancò la bocca, guardandola esterrefatta. -Oh no. No, no, no Santana. Non fartelo nemmeno passare per la testa-.
Santana alzò gli occhi al cielo. -Oh, non esagerare ora-.
-Esag..? Cosa! Okay, va bene. Sentiamo, allora-, sbottò.
Brittany, che era rimasta ad osservarle, scosse appena la testa, facendo dondolare i boccoli chiari. -Solo Santana-.
-Scordatelo-.
-Quinn!-, la riprese Santana.
-Okay, Brittany, puoi aspettare un secondo?-, senza aspettare una risposta, la bionda afferrò Santana per un braccio trasciandola pochi metri piu avanti nel corridoio. -Che cavolo ti passa per la mente?-.
Santana aggrottò la fronte. -Non sto facendo nulla. E' solo una semplice chiacchierata, e vorrei ricordarti che una volta era tua amica-.
Quinn spalancò le mani davanti ai suoi occhi. -Ovvio, prima che mi riportasse indietro la mia migliore amica a pezzi, per poi scomparire senza dare nessuna spiegazione-.
-L'avevo cacciata, è ovvio che non ti ha porto le sue scuse-, sbottò ironica la mora, incorciando le braccia.
-Wow-, Quinn sbattè le ciglia. -Ti prego, dimmi che non la stai difendendo-.
Santana sbuffò. -Non mi sembri nella posizione piu giusta per poter giudicare quello che faccio o non faccio, Quinn-.
-Proprio per quello, dovresti fermarti un secondo a pensare-.
-Pensare a cosa?! Vuole solo parlare-.
Quinn ridacchiò. -Ah e dimmi, quand'è stata l'ultima volta che avete parlato? E' stata quando ti sei finalmente resa conto che ti stava solo prendendo per il culo e che non aveva fatto altro che mentirti per giorni-.
-Quinn...-.
-No, Santana!-, l'interruppe quella. -Adesso stammi a sentire a me: sei stata mesi senza dirmi cosa cavolo era realmente accaduto, e proprio ora che sei felice e va tutto bene nella tua vita, vuoi parlare con lei. E per cosa? Cosa mia potrebbe dirti per farti stare meglio? Lasciati tutto alle spalle-.
La mora non rispose; Scosse la testa, con lo sguardo puntato sulle balze dell'abito dell'amica, e lasciò andare un sospiro. 
-Proprio perchè ora sto bene, sono sicura di non commettere qualche cavolata-.
-La stai commettendo proprio ora-, sussurrò Quinn.
Santana alzò lo sguardo. -E' stata mia amica, prima di essere altro, e le cose sono finite troppo male. Glielo devo-.
Detto quello le diede una leggera pacca sulla spalla prima di allontanarsi e dirigersi verso Brittany che era rimasta fino a quel momento appoggiata contro il muro ad aspettare, ingorando la voce di Quinn che ancora le ripeteva di lasciar perdere.
-Stai sbagliando-, sussurrò, osservando le due ragazze allontanarsi verso la hall. 

Santana l'aveva osservata mentre camminavano per le scale, cercando un posto dove parlare con calma, e non aveva potuto far a meno di pensere a quante volte avevano salito le scale del liceo McKinley cosi, vicine senza però toccarsi, per non attirare gli sguardi degli studenti stupidi e omofobi che stavano dentro a quella scuola; Quando al posto di abiti eleganti indossavano orgogliose le divise delle Cheerladers.
Quanto erano cambiate.
Adesso lei stava con Emma e probabilmente Brittany era impegnata con Sam, dopo tutto quello che avevano passato: molte volte, nel suo appartamento, ancora i primi tempi quando si era spostata a New York, Santana si era sentita sovrastata da tutto quello che Brittany e lei avevano fatto al liceo. Cose che sembravano montagne e che con il tempo sembravano semplici, confrontate a quello che aveva allora.
E si chiedeva come avessero fatto ad arrivare cosi in alto e mollare tutto.
-Vieni-, sussurrò Brittany, distraendola dai suoi pensieri.
Si diresse verso il corridoio e Santana la seguì senza dire nulla, sapendo dentro di sè che stavano andando in una stanza; Quando però si ritrovò davanti alla porta di legno lucido, sentì una morsa stringerle lo stomaco.
Forse non sarebbe dovuta entrare là dentro. Avrebbe dovuto girarsi, prendere l'ascensore e tornare alla festa. 
Allontanarsi da lì.
Brittany aprì la porta, e appena varcata le sorrise, aspettando che la mora la imitasse.
La mora rimase per un secondo ferma, a cercare un'appiglio che le impedisse di entrare, qualcosa che le suggerisse la cosa piu giusta da fare; Notò appena il dlin dell'ascensore, occupata com'era a sciogliere i nodi che stavano nella sua mnte, ma se l'avesse fatto, se avesse prestato attenzione, se si fosse appena voltata a guardare, avvrebbe visto il motivo. Quello per il quale non valeva la pena varcare quella soglia.
Ma Santana non si voltò.




Il tonfo delle scarpe contro il pavimento della stanza, fu l'unico rumore che si sentì.
Emma strizzò gli occhi, disturbata da quel suono anomalo, e si rigirò nelle coperte alla ricerca di un punto piu fresco dove poggiare il viso; Sebbene avessero l'aria condizionata nella stanza, la rossa non aveva trovato pace per tutta la notte e si era rotolata tra le coperte alla ricerca di quelcosa che. però, mancava.
Sentendo un leggero peso sul materasso al suo fianco, la ragazza socchiuse un'occhio, scorgendo al di là della palebra assonata i contorni della sagoma di Santana.
La osservò per meno di un secondo, per poi richidere gli occhi, convinta che la mora avesse fatto una sosta in bagno, ma appena sentì le sue braccia circondarle i fianchi e le sue labbra calde premere sulla base del collo, la memoria decise a riaccendersi di colpo, facendole tornare in mente tutte le immagini della sera precedente.
Come un'automa, Emma si era spinta fino alla loro camera, buttando per terra le scarpe con poca noncuranza e ricordava di essere arrivata al letto con uno sforzo immenso, per poi lasciarcisi cadere sopra, con lo sguardo puntato contro la prota in legno, con la segreta speranza che si aprisse il prima possibile.
Aveva tenuto lo sguardo fisso, sicura che da un momento all'altro si sarebbe aperta, ma non accadde per la prima mezz'ora. Nè per la successiva.
Non è come sembra, sussurrò a sè stessa.
Aveva alzato le gambe, passando un braccio attorno alle ginocchia, stringendosele al petto, alla ricerca di calore. Lanciò un'occhiata alla sveglia, poggiando il mento sulle ginocchia: era l'una.
Chiuse gli occhi, stringendo forte le palpebre, sentendo le prime lacrime bagnarle le guancie.
Non è come sembra, si era ripetuta, fino a quando il sonno aveva superato il dolore al petto ed era arrivato l'oblio.
Ora, sentendo le braccia di Santana intorno al suo corpo, si sentì per la prima volta nel posto sbagliato; Mai, da che ricordasse, aveva avuto quella sensazione di disagio quando Santana la toccava.
Senza cercare di essere gentile si divincolò dalla sua presa e sgusciò fuori dal letto, sfilandosi di dosso le lenzuola fresche.
-Che...-, Santana la guardò, cercando di capire se Emma stava bene.
Emma incrociò per un solo istante i suoi occhi, prima di perdere tutto il coraggio che aveva raccimolato per alzarsi, e abbassò lo sguardo sul pavimento.
-Emma, che succede?-, chiese la mora.
Emma stinse le labbra, deglutendo a fatica. -A che ore sei tornata?-.
Anche se non la vedeva, la rossa era certa che Santana la stava guardando confusa. -Poco dopo le due. Che hai?-.
La rossa scosse la testa. -Sono stata sveglia fino a quell'ora, e non ti ho vista entrare-.
Santana scrollò le spalle. -Quando sono arrivata, tu già dormivi-, sussurrò, prima di sorridere. - E ti eri già fregata tutta la coperta. Ho dovuto togliertela a forza-.
Emma sentì i suoi stessi occhi riempirsi di lacrime e una sensazione di fastidio salirgli dal petto. No, di rabbia.
-Stai mentendo-.
Santana sbuffò. -Cosa? No, ti avrei svegliata, ma non volev...-.
La mora si interruppe di colpo, nell'esatto istante in cui Emma alzò lo sguardo, mostrandole per la prima volta il suo sguardo; Guardò i suoi occhi, e si bloccò, non capendo da dove arrivasse quella reazione.
-Emma-.
-Lo so che non sei tornata-, sussurrò, prendendo un respiro profondo e cercando di ordinare i pensieri. -Lo so, non serve che menti-.
Santana spostò le coperte, mettendo i piedi fuori dal letto e allungando una mano verso la figura di Emma, che si controllò bene dal starle il piu lontano possibile. -Non so di cosa parli, davvero. Non ti sto mentendo, sono tronata poco dopo le due. Quinn stava male per colpa di Rachel e aveva bisogno di supporto-.
Emma scosse la testa, ma neppure lei sapeva se fosse per allintanare le parole di Santana da sè, o scacciare le lacrime che le appannavano la vista. -Ti ho vista, Santana-.
Santana sentì una morsa dolorosa stingerle lo stomaco, quando si rese conto che quella situazione assomigliava in maniera orrenda alla stessa conversazione che aveva messo fine alla sua storia con Brittany. Con quel peso d'orrore nel petto, si alzò di scatto, mettendosi di fronte ad Emma.
-No, okay, fermati un secondo-, borbottò. -Che sta succedendo, Emma?-.
La rossa si sentì stordita per un attimo dalla vicinanza improvvisa della mora, ma cercò di riprendersi subito, alzando lo sguardo per osservarla. -Ieri sera, lo sai-.
-No, devi dirmelo, okay? Non ci sto capendo nulla-.
-Eri con la tua ex, Santana, ti ho vista-, sbottò infine.
Satana sbattè gli occhi. -Si, abbiamo parlato un pò, aveva bisogno di confidarsi con me, ma non è succ...-.
-Nella sua camera? Aveva bisogno di confidarsi nella sua camera?-, Emma sbottò arrabbiata.
-Non è successo nulla, devi credermi-.
Emma scosse la testa facendo un passo indietro.
-Okay! Aspetta, Emma!-, Santana alzò le mani, mettendole tra i loro corpi. -Si, sono andata nella sua camera ieri sera dopo che Quinn si è sfogata per i suoi problemi con Rachel. Si, sono entrata nella sua camera e sono stata con lei per un pò, ma no, non abbiamo fatto nulla oltre che parlare e chiudere una volta per tutte quello che ancora c'era in sospeso tra di noi. Lei è felice con Sam e io le ho parlato senza nessun problema di noi. Sono tornata in camera, poco dopo le due perchè ero certa che mi stessi cercando o aspettando sveglia, e perchè non vedevo l'ora di buttarmi nel letto con te e passare del tempo assieme-, sbottò tutto d'un fiato, senza distogliere lo sguardo da quello della piu piccola. -Questa è la verità, e ti giuro che non è successo nient'altro-.
Emma stinse le labbra, iniziando a torturare il tessuto dei pantaloncini che aveva indosso. Solo per un millesimo di secondo le passò per la mente il pensiero di come avesse fatto a mettersi il pigiama quando era certa che si fosse addormentata col vestito addosso.
Ma non ci pensò a lungo, occupata com'era a reggere lo sguardo di Santana. Non capiva, aveva troppi penseri per la mente e la memoria continuava a mandarle immagini della mora che entrava nella camera della sua ex, di Quinn che si allontanava dalla sala da sola, dei ragazzi che non avevano idea di dove fosse finita la sua ragazza. E se come non bastasse, altre immagini si accavallavano nella sua testa: Santana che baciava la bionda, Santana le la toccava, Santana che le diceva che l'amava ancora, dopo tutto quel tempo e che una sciocca ragazzina del liceo non  aveva cambiato nulla.
Santana dal canto suo poteva capire quali pensieri riempissero quella testolina, ma non riusciva a capire perchè Emma le stesse ereggendo un muro davanti, impedendole di leggerle dentro.
-Emma-, la richiamò, quando non ricevette nessuna risposta, sfiorandole appena una guancia con le punte delle dita. La pelle moribida della rossa, la fecero sentire già meglio, e si domandò stupidamente perchè non l'avesse fatto prima. -Ti giuro che è la verità-.
Ma Emma scosse la testa, liberandosi del suo tocco, e tutto sembrò precipitare.
-Non ti fidi?-.
-No-, sussurrò Emma, appena udibile.
Santana sbuffò, facendosi avanti e bloccando qualsiasi movimento da parte di Emma mettendole un braccio attorno alla vita e tirandosela contro; Le posò una mano sotto il tessuto della maglietta, respirandole sulla pelle, che si infiammò immediatamente, colorandosi di un dolce rossore.
-Pensi che potrei toccare qualcun'altra, dopo che ho toccato te?-, sussurrò sfiorandole la pelle con le labbra, sentendo il corpo di Emma reagire subito al contatto.
Senza lasciarle il tempo di capire calò sulle sue labbra, sentendone piu che mai la mancanza; Appena sfiorò la bocca della rossa, sentendo il sapore su di esse, un calore piacevole le invase lo stomaco e la gola, liberandola subito da quei pesi opprimenti che aveva sentito fino a pochi attimi prima.
La baciò con calma, e poi con crescente bramosia, alla ricerca del suo sapore, cosi a lungo negato e si rese conto di quale tremendo errore aveva commesso nel non baciarla dal primo istante in cui aveva messo piede dentro alla camera, quella notte.
Si staccò quando l'ossigeno finì completamente, sentendo il peso di Emma aggravarsi sulle sue braccia, come se la più piccola non riuscisse a reggersi piu in piedi, e sorrise.
Le baciò il mento, il collo e poi risalì, sfiorandole ancora le labbra e infine il naso, posandole un casto bacio sopra. 
-Davvero credi sia possibile che bacerei un'altra ragazza, quando posso baciare te-, sorrrise, sbuffando divertita. -Emma-.
Emma posò la fronte contro la spalla della mora, lasciando scivolare le lacrime fuori dalle sue palpebre, senza sapere a che cosa attribuirle: rabbia, delusione, sollievo, fiducia, amore, confusione.
Le mani che aveva stretto attorno alla camicia da notte di Santana, senza sapere bene come avevano fatto ad arrivare fin là, le prudevano, e l'unica cosa che riusciva a fare era lasciarsi andare a tutte quelle emozioni e sfogarsi.
Il primo pugno finì contro la spalla della mora, leggero, ma fu una sorpresa per entrambe, tanto che Santana indetrieggiò appena.
Il secondo era piu deciso, ma ancora troppo debole per farle davvero del male, stavolta spinto da piu consapevolezza.
Il terzo con buone probabilità avrebbe potuto farle piu male, se non fosse che Santana ebbe la furbizia di fare un passo indietro, finendo per sbattere i polpacci contro il bordo del letto, e bloccare i polsi della rossa, prima che il quarto si preparasse a colpire.
-Emma, Emma-, borbottò Santana, cercando di attirare lo sguardo della rossa contro il suo. -Hei, calmati-.
-Non farlo piu!-, strillò Emma. -Non andare mai piu con lei, o con qualcun'altra, non finchè stai con me-.
Santana annuì, attirandosela contro, stringendo quel copricino tremante di dolore e rabbia contro di sè. -Okay-.
Emma si lasciò coccolare, stringendosi a sua volta contro Santana, respirando i suo profumo e assorbendo il suo calore. -Giura che non è successo nulla-, sussurrò.
La mora ebbe per un secondo la convinzione che le si sarebbe potuto spezzare il cuore nel petto al solo suono del tono che aveva usato Emma. 
-Te lo giuro, Emma. Non c'è stato nulla oltre alle parole. Scusami-, le posò un bacio tra i capelli, respirando tra di essi per un minuto buono.
La confusione regnava ancora nella mente di Emma ed era certa che il mattino dopo o anche poche ore dopo, avrebbe sicuramente sentito il bisgno di discutere ancora con Santana su quella storia, bisognosa di capire tutti i punti, di mettere ordine. Ma l'unica cosa che in quel momento riusciva a percapire era Santana che l'abbracciava, che la stringeva al suo petto e che la baciava.
Poteva essere l'ultimo momento che passavano assieme, prima di arrivare a creare quella crepa che aveva il dannato terrore di ver spuntare fuori prima o poi nella loro relazione. Poteva essere solo un piccolo assaggio di tutte le liti che avrebbero potuto avere prima della rottura definitiva, ma non aveva la forza di concentrarsi su quello.
Perchè poteva anche essere l'ultimo istante, ma erano insieme.
Era ancora lei quella ragazza che Santana abbracciava, e sentì di meritarselo, di essersi guadagnata la possibilità di essere felice tra le sue braccia.
E poteva abbracciarla a sua volta.
Poteva ancora baciarla.
E lo fece, senza pensarci per un secondo ancora. Si alzò sulle punte per raggiungere il viso di Santana e con le mani si aiutò a far combaciare le loro labbra ancora una volta, perdendosi nel suo sapore. Se Santana rimase confusa dal suo comportamento, questo Emma non avrebbe saputo dirlo, visto la veemenza con cui la mora rispose subito al bacio, senza dare il minimo accenno di fastidio.
La frenesia le obbligò a disfarsi velocemente dei pochi abiti che avevano indosso, e in meno di un minuto erano sdraiate sul letto, nello stesso posto in cui Emma si era allontanata da Santana e che ora l'attirava a sè.
Pochi attimi, e l'unica cosa che si poteva sentire nella stanza erano ansiti e gemiti, parole appena sussurrate, stroncate sul nascere da baci impetosi e carezze sempre piu profonde, fino ad arrivare al punto di sbocco.


Quando i respiri pensanti di entrambe le ragazze riempirono l'aria, senza altri suoni di diverso genere, Emma si voltò verso Santana, trovando lo sguardo della mora già puntato su di sè.
Emma percepì subito le guancie colorarsi di rosso, sotto allo sguardo divertito della mora; Santana rise, i capelli sparsi sul cuscino e il petto scoperto dal lenzuolo che nessuna delle due aveva la forza di afferrare.
Passò un braccio attorno alle spalle della rossa. -Non mi dire che ora ti imbarazzi-, sussurrò divertita.
Emma non rispose, accoccolando il viso contro la spalla della compagna e iniziando a percorrere con le dita un segno rosso che stava sulla sua pelle. 
-Ancora non l'avevo conosciuto questo tuo lato aggressivo-, continuò a ridacchiare la mora.
Emma alzò appena lo sguardo. -Scusa-, soffiò.
Santana alzò gli occhi al cielo. -E di chè?!-, avvicinò il viso, fino a sfiorarle le labbra contro le sue, senza però baciarla. -Non mi sono di certo lamentata-.
La rossa sorrise, premendo le labbra contro la sua bocca. -Scusa anche per prima. Mi fido di te-.
Santana scosse la testa. -No, avrei dovuto diriti tutto e subito, hai fatto bene ad incazzarti-.
Emma abbassò lo sguardo, dandole tacitamente ragione, per poi rispecchiarsi in quelle gemme scure. -Ti amo-.
E Santana sorrise, certa di poter quasi toccare quella felicità che le circondava con un'aurea dorata. -Ti amo anch'io, tigretta-.

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Capitolo 7
*** Cinderella ***


°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
 
Once upon a time .... 
 Cinderella prayed that this dance to last forever



-E cioè che il prezzo di vendita (PV) per la quantità prodotta e venduta (Qtà) è sempre uguale alla somma dei costi fissi (CF), dei costi variabi...-, il monologo della professoressa di Algebra Avanzata riusciava a mandare in coma tre quarti della classe in meno di dieci minuti dal suono della campanella, lasciando gli altri a pregare per il suono successivo.
Emma, sfortunatamente, era una degli ultimi; Aveva perso ogni contatto con la professoressa quando aveva iniziato a parlare di numeri ipotetici su una scala ipotetica e aveva iniziato a sistemare con cura il caos che regnava nel suo astuccio.
-Raibh mé bás-, sbottò la voce di Allyson, seduta affianco a lei.
Emma le lanciò un'occhiata significativa e l'irlandese alzò gli occhi al cielo. 
-Ho detto che sono vicina al suicidio-, tradusse, senza perdere quell'accento intrigante.
Emma sorrise. -A chi lo dici-.
Allyson sbuffò, lanciandole uno sguardo infuocato. -Ma taci. Tu almeno sei arrivata con mezz'ora di ritardo giustificato, perdendo il suo sproloquio sui numero frazionali e la loro funzione sul diagramma di reddenzione-.
-Redditività-, la corresse Emma.
-Ní chuireann sé ábhar-, sbottò sottovoce. -Non importa-.
Emma alzò gli occhi al cielo, sorridendole comprensiva, lasciando cadere cosi il discoroso e tornando a concentrarsi sulle sue penne colorate.
-Mi dici almeno cosa hai fatto di tanto interessante da lasciarmi qui mezz'ora da sola con quella?!-, sbottò Allyson, indicando senza pudore la prof che fortunatamente era impegnata a controllare il proprio quaderno di appunti per vederla.
La rossa sorrise, allungnadole lo stesso foglietto che aveva mostrato alla prof poco prima, aspettando una reazione da parte dell'irlandese. La guardò mentre faceva scorrere gli occhi quel foglio, leggendo le parole scritte dalla professoressa l'ora precedente.
La vide alzare un sopracciglio confusa, per poi guardarla negli occhi. -Per quale motivo hai scelto di fare un corso extra a quelli che hai già?-.
Emma scrollò le spalle. 
-Oh no, aspetta-, sbottò Allyson riprendendo il foglietto. -Dimmi che non è vero-.
-Cosa?-, sorrise la rossa.
-Spagnolo, Emma? Davvero?-, lo scetticismo nella voce della mora era quasi palpabile. -Non dirmi che lo fai per la tua ragazza-.
-Voglio farle una sorpresa-.
-Oh, ma non mi dire-, sbuffò divertita quella. -Sei talmente smilelata, cailín-.
Senza potersi controllare, Emma arrossì, sorridendo comunque sotto allo sguardo dolce dall'amica, senza preoccuparsi della professoressa e degli altri studenti della classe. L'idea di iniziare a prendere lezioni di spagnolo le era venuta quando aveva sentito parlare Santana nella sua lingua madre mentre inveeiva contro il postino. 
Non aveva, ovviamente, capito nulla, ma aveva trovato quelle r e quelle s incredibilmente sensuali e si era domandata come avrebb reagito Santana stessa sentendola parlare la sua lingua. E poi la incuriosiva tremendamente capire quello che Santana urlava quando si arrabbiava.
-Dimmi solo una cosa-, sussurrò Allyson, attirando la sua attenzione ancora. -Hai per caso intenzione di sussurrarle cose sconce in spagnolo mentre lo fate?-.
Emma spalancò la bocca, arrossendo come un peperone. -Ally!-.
Allyson ridacchiò. -Sei cosi suscettibile, mia cara-.
-Walker!-, la voce della prof fece scattare Emma.
Si voltò immediatamente, trovando la prof intenta a leggere un foglietto; Le fece cenno di alzarsi e avvicinarsi alla sua postazione.
Emma lanciò uno sguardo confuso ad Allyson prima di scostare la sedia dal banco e seguire l'ordine della prof, leggermente preoccupata. Solitamente quando venivano chiamati così gli studenti era o per un'uscita anticipata o per un richiamo dal preside e dato che i suoi genitori stavano lavorando, la seconda opzione era la piu logica e la piu terrorizzante.
Ma la prof decise di mettere fine alla sua tortura interiore.
-Esci alla quarta ora con permesso, quindi vedi di trovare la prof dell'ora successiva  darle questo-, sbottò allungandole il foglietto.
Emma afferrò il foglio con mani tremanti e si diresse verso l'uscita, alla ricerca della prof di Educazione Fisica; Appena si chiuse la porta alle spalle, abbassò lo sguardo sul foglio, ma come già sapeva, era solo un biglietto complato dal preside che le dava il permesso di uscire a quella ora.
Anche se non doveva andare dal preside con un richiamo, la mente corse alle altre possibili opzioni e cioè che era successo qualcosa ad uno dei suoi genitori e che quindi l'avevano fatta uscire prima per correre in ospedale.
Tra il tragitto aula- palstra e ritorno non riuscì a non costruirmi milioni di scenari macabri nella mente. Aveva quasi le lacrime agli occhi quando finalmente suonò la campanella e potè raccogliere le sue cose di corsa dal banco per dirigersi verso l'armadietto e poi scoprire cosa stava accadendo.
-Emma!-, Allyson le stava dietro, spingendo tra la folla di studenti del cambio dell'ora per raggiungerla e capirci qualcosa anche lei.
Appena mise piede fuori dall'istituto, stretta ancora nella sua divisa, e con la promessa appena sancita con Allyson di farle sapere al piu presto cosa stava accadendo, cercò subito con lo sguardo qualche viso familiare, senza prò trovarne.
Scese le scalinate, agitata, ma non fece in tempo a superare la prima fila di alberi che due braccia l'afferrarono da dietro, tirandola su di peso e facendole scappare uno strillo acuto.
Si voltò di scatto, appena ebbe i piedi a terra, e la sua prima reazione, dopo aver visto il volto del suo assolitore fu quello di gettargli le braccia attorno al collo.
-Dio, Collin!-, strillò aggrappandosi alle sue spalle larghe.
Il ragazzo stretto tra le sue braccia, ricambiò l'abbraccio, sorridendo e mettendo cosi in mostra delle fossette ai lati della bocca. I corti ciuffi rossi li scivolavano sul collo in pochi ciocche, mentre i grandi occhi castani erano lucidi di un'emozione profonda, che non aveva voce.
-Sorellina-, sussurrò sorridendo. -Quanto mi sei mancata-.


-E ha usato questa pausa di metà campionato per tornare qui, ma non l'aveva detto a nessuno, nemmeno ai miei, quindi puoi immaginare che reazione hanno avuto. Dio, mia madre è scoppiata a piangere e c'è mancato poco che mio padre lo prendesse a sberle per aver mollato cosi il collage per "fare solo un saluto", come dice lui-, la voce allegra di Emma riempiva tutta la camera, mentre Santana si stava rivestendo dopo essersi fatta una doccia appena rientrata dal lavoro.
Aveva trovato la giovane che saltellava quasi in sua attesa sul pianerottolo e non aveva fatto in tempo a darle un bacio che era scoppiata come un fiume in piena a raccontargli del ritorno del fratello.
-Ha portato il borsone, quindi si fermerà per poco piu di una settimana, ma sono cosi felice che non riesco a pensare a quando ripartirà. Oh, dovresti vederlo, è cresciuto ancora, ma tanto lo so che sarò io l'unica in famiglia a restare bassa perchè tanto anche mia madre ormai raggiunge il metro e settantacinque, mentre io mi aggiro ancora per i bassifondo. E li sono cresciute un macello di lentiggini, colpa dei continui allenamenti sotto al sole, lo dice sempre mamma che dobbiamo stare attenti sennò ci riempiamo come scolapasta, ma lui tanto non l'ascolta-, sbottò, agitando le mani in strani schemi invisibili.
Santana se ne stava zitta, zitta, lasciandola sfogare, conoscendola abbastanza da sapere che se l'avesse interrotta sarebbe andata in crisi e che l'unico modo per farla calmare era quello. Senza dire nulla, si diresse verso la cucina, sicura che la rossa l'avrebbe seguita.
Quella settimana era stata un vero inferno al lavoro, ed era felice che Emma avesse deciso di andare da lei anche quel giorno che era arrivato il fratello, ma era certa che se avesse continuato di quel passo un mal di testa non glielo avrebbe tolto nessuno.
Il lato negativo dell'avere una macchinetta per ragazza.
-Non si è arrabbiato neppure, quando ha saputo che i miei hanno trasformato la sua vecchia stanza in una dispensa per le conserve e gli attrezzi di papà, e si è sistemato sul divano come niente fosse. Solo pochi anni fa avrebbe scatenato l'inferno solo per riavere il letto, ma ora no. E' cosi cresciuto e il collage l'ha reso ancora piu speciale di com'era, e mi ha anche detto che ora ha una ragazza fissa, si chiama Connie e seguono lo stesso corso di ragioneria, anche se sono di due lauree differenti-.
Accese la macchina del caffè, passandosi una mano sul viso stanco, chiudendo per un'istante gli occhi. Aveva un dannato bisogno di caffè e di dormire, soprattutto ora che si era data una rinfrescata e il peso di quella settimana la gravava sulle spalle; forse avrebbe potuto saltare la cena e passare direttamente al film, cosi da non far fare tardi ad Emma e farle passare un pò piu di tempo col fratello e lasciarla dormire un paio d'ore in piu.
Presa com'era dai suoi pensieri non si accorse del silenzio che era calato nella stanza. Confusa aprì gli occhi, travandosi gli occhi attenti di Emma puntati contro di sè, e capì subito cosa stavano guardando: le occhiaie sotto agli occhi e la mano poggiata sulle labbra, in uno stanco movimento di tenersi ancorata al presente.
La rossa le si fece vicina, e le sfiorò la guancia con il palmo. -Hei, sembri a pezzi-.
Santana non rispose, ma si poggiò contro la sua mano, chiudendo gli occhi al contatti delle pelli. Si lasciò sfuggire un sospiro.
Emma sorrise. -Vieni-, le sussurrò prima di trascinarla in camera da letto, allontanandola dalla tentazione della caffeina fresca.
La più piccola le diede una leggera spinta, indirizzandola verso il letto e con un sorriso le si buttò accanto, accoccolandosi nell'incavo del collo e posandole un bacio sulla porzione di pelle che le stava davanti agli occhi.
-Che succede?-.
Santana sorrise stanca, scuotendo la testa. -Lavoro-.
Emma alzò il capo, poggiando una mano sul suo petto e poggiandoci sopra la testa. -Scusa, immagino che la mia parlantina non sia particolarmente rilassante-.
-Mi piace sentirti parlare-.
Emma storse la bocca, mettendo su un'espressione penseriosa. -Ti offrirei un massaggio, ma non sono per nulla capace, quindi l'unica soluzione è che tu dormissi un paio d'ore. Che ne dici?-.
Ma la mora scosse la testa. -E farti andare via prima? No, posso resistere-.
Emma abbassò lo sguardo e Santana era quasi sicura che se si fosse concetrata maggiormente le sarebbe potuto uscire il fumo dalle orecchie. Aspettò paziente che si accendesse la lampadina nella sua testa e nle frattempo si soffrò ad osservarla.
Ormai non mancava molto agli esami di fine anno, e ormai era diventata un'abitudine trovarsi fuori dalla porta alcune amiche di Emma, pronte ad imbucarsi nel suo appartamento per studiare e chiacchierare. Fortunatamente il più delle volte Santana si spostava in sala o in camera, lontano dalle loro voci e dai pettegolezzi dell'istituto St. Jude, soprattutto dopo aver sentito le prime volte alcuni commenti delle ragazze su Santana e particolari piccanti sulla loro relazione; non che non fosse curiosa, ma era certa che Emma non sarebbe sopravvisuta sapendo che oltre agli sguardi curiosi delle amiche aveva anche una spettatrice che origliava.
Ma a Santana andava bene cosi. 
Osservò le guance colorate della sua ragazza, e sorrise, sentendo una voglia tremenda di mordicchiarle come faceva spesso prima di lasciarla dormire. Desiderava specchiarsi di nuovo in quelle pozze calde, solo per poter tentare di leggere cosa stava pensando, cosa si muoveva in quella testolina cosi confusionale. Passare le dita in quei ciuffi rossi, -che aveva scoperto essere naturali-, e che Emma aveva accorciato di qualche centimetro, rendendoli ancora piu sbarazzini di com'erano prima.
Senza rendersene conto, aveva già posato due dita sulle sue labbra, percorrendone i contorni. 
Alzò lo sguardo per vedere quello di Emma osservarla confusa e imbarazzata; Si fermò, posando il palmo della mano sulla sua guancia e carezzandone la pelle morbida col pollice.
-A cosa pensi?-, domandò.
Le pelle sotto al suo palmo di fece piu calda. -Che forse conosco un modo per aiutarti-.
Santana alzò un sopracciglio. -Ah si?-, sussurrò.
Emma annuì, prima di sfilarsi di dosso il suo braccio e mettendosi in ginocchio sul materasso. -Aspetta qui, okay?-.
E senza aspettare una risposta uscì veloce dalla stanza, lasciandosi dietro una Santana confusa e curiosa, ma troppo stanca per alzarsi e vedere cosa stava combinando la ragazza; con un sospiro si posò il braccio sopra agli occhi, cercando di non lasciarsi scivolare nelle braccia di Morfeo troppo in fretta.
Aprì gli occhi, sbuffando, lasciando vagare lo sguardo per la camera, alla ricerca di un'ancora, e si soffermò ad osservare il disordine che c'era dentro. Un disordine chiamato Emma; da quando avevano passato i primi tre mesi di relazione, Emma aveva iniziato a lasciare da lei qualche cambio, per ogni evedienza e com per magia avevano fatto la loro conparsa anche qualche cosmetico e il suo bagnoschiuma, oltre a, ovviamente, lo spazzolino.
Sorrise, pensando che non sarebbero potute andare meglio le cose, soprattutto dopo la breve parentesi di Lima, che si era dimostrata, come aveva predetto dal primo istante, solo una grande fonte di guai, che era riuscita a sistemare prima che avessero delle repercussioni troppo profonde nel loro rapporto.
Emma fece la sua ricomparsa in camera, saltellando sul posto. 
-Dai, vieni, veloce-.
Santana si alzò a fatica, e si lasciò trascinare per il corridoio.
-Chiudi gli occhi-, sussurrò Emma alle sue spalle.
Seguì il suo ordine, lasciandosi spingere senza fretta verso una destinazione non molto estranea, dato che alla fin fine era casa sua e difficilmente avrebbe potuto perdersi in quel piccolo appartamento.
Capì di esserci quando sentì lo spostamento d'aria e le mani di Emma sulle sue guancie, e infine le sue labbra a contatto con quelle della rossa; Ricambiò, passandole un braccio attorno alla vita.
Quando si staccò, struscicò il naso contro quello di Emma, e aprì gli occhi, alla ricerca di quelli della giovane, ma venne subito distratta dalla luce anomala che c'era nella stanza; Piazzate sopra tutti i mobili e alcune anche vicino al muro, c'erano sparse per tutto il bagno candele bianche, che davano luce alla stanza buia, dandole anche un'atmosfera soffusa.
-Che...-.
-Ti piace?-, Emma sorrise, voltandosi a destra e sinistra, osservando il suo operato. -Certo non è una vasca con bollicine e petali di rosa, e dovrai accontentarti della doccia, ma ho visto che hai preso un bagnoschiuma alla vaniglia e so quanto tu l'adori, e prometto di non farti alzare un dito, farò tutto io, cosi da farti rilassare. Spero che non vadi a fuoco qualcosa, sinceramente, non ho i soldi per ripagarti neppure una tenda, ma.. Bè.. L'idea era questa-, prese fiato, sorridendo.
Santana posò lo sguardo sulla doccia e alzò un sopracciglio scettica. -Lo sai, vero, ch mi sono fatta una doccia pochi minuti fà?-.
Emma spalancò la bocca, guardando Santana come se le avesse detto un'offesa. -Oh, cavoli! Cavoli è vero!-.
Si portò una mano alla bocca, voltandosi a guardare la doccia, forse alla ricerca di una soluzione, ma non passò che un'attimo prima che Santana l'acciuffasse per la fita, attirando la sua attenzione.
-Hei, sono ancora molto interessanta alla tua offerta. Soprattutto la parte del non alzare un dito-, sorrise.
Le guance di Emma si colorarono, e la guardò da sotto le ciglia, rese piu scuse dalla luce soffusa. -Davvero? Se non vuoi, non devi sforzarti pr farmi felice-.
Ma Santana sorrise, scuotendo la testa e facendo qualche passo avanti, facendo cosi indietreggiare la piu piccola. Emma sorrise, quando Santana fece scivolare le mani sotto alla maglietta e la sollevò sui fianchi.
Con lo stesso sorrisetto, la mora avvicinò la bocca al suo orecchio. -Che non si dica che non accetto l'aiuto degli altri-.



Si era messa d'accordo con Allyson.
Mai in tutta la sua vita avrebbe mai detto che avrebbe rubato di nascosto il numero di un'amica della sua ragazza, solo per confabulare alle sue spalle. Erano quasi due sttimane che si sentivano via messaggio ed entrambe erano state molto attente a non farsi scoprire proprio a pochi giorni dal grande giorno da Emma; Anzi, la ragazza sembrava non aver la minima idea di tutto ciò che le accadeva sotto al naso.
Santana non aveva sprecato tempo, non avendo detto nulla ad Emma della sua idea, la ragazzina avrebbe potuto crearsi da sola dei programmi e per questo era imprevedibile, ma fortunatamente aveva dalla sua parte Allyson che aveva promesso fedeltà al piano, -con molto piu patos di quello che aveva richiesto Santana-, e aveva già fatto la ramanzina ad Emma, convincendola a fare compere e tutto quello che quell'occasione prevedeva.
In fondo il ballo dell'ultimo anno era un clichè, ed Emma aveva il diritto di avere il suo.
Si passò ancora una volta il mascara sulle ciglia, posandolo e facendo un passo indietro per vedere il risultato in generale: il vestito che aveva preso per l'occasione era perfetto per il suo fisico e il suo gusto, aderente ad ogni curva, nero e rosa con qualche ricamo in pizzo, leggero e sensuale. I capelli li aveva lasciati sciolti, non trovando il tempo di acconciarli in chissà quale modo, e il trucco le illuminava il volto, accentuando soprattutto labbra e occhi.
Si infilò i tacchi, prendendo chiavi e cappotto, lasciandosi andare ad un'ultimo sospiro, prima di chiudersi la porta alle spalle.
Con Allyson si erano messe d'accordo sul piano: la ragazza avrebbe fatto credere ad Emma che sarebbe passata a prenderla per le nove e che poi si sarebbero dirette assieme al ballo. Il punto era che Allyson si sarebbe diretta subito al ballo e che invece sarebbe stata Santana quella che sarebbe andata a prenderla.
Da quando la prima volta Santana aveva rifiutato di darle una risposta diretta al suo invito, Emma aveva smesso di chiedere e di tirare in ballo la questione, dandole solo qualche accenno al programma che aveva organizzato con Allyson. All'inizio aveva davvero pensato di lasciar perdere tutta la storia del ballo, soprattutto in ricordo dei suoi balli scolastici, ma aveva visto come Emma si accendeva al solo pensiero della serata per poi spegnersi di botto, probabilmente ricordandosi che avrebbe passato il suo ultimo ballo scolastico a danzare con la sua amica e qualche compagno di corso.
E se questo fosse accaduto, sicuramente Santana avrebbe fatto meglio ad essere là a controllare dove quei giovani ragazzini arrapati mettevano le mani.
Fermò il primo taxi che vide, e si diress verso casa di Emma, capendo che ormai la cosa era fatta e mandò un veloce messaggio ad Allyson, riponendo il cellulare nella borsetta, decisa piu che mai a non riprenderlo in mano: in caso contrario sicuramente sarebbe tornata di corsa nel suo appartamento.
Non era tanto il ballo che la preoccupava, alla fine dopo aver vissuto per diciannove anni a Lima, un piccolo istituto privato pieno di viziate con la puzza sotto al naso non la intimidiva. Oh no, il vero problema era chi la stava aspettando a casa Walker oltre ad un'ignara Emma.
Si era rifiutata di capitare a casa dei genitori di Emma senza averli prima avvisati, e cosi aveva deciso di mandare Allyson ad informarli, dicendo loro del piano e che quella sera a casa loro avrebbe varcato per la prima volta in veste ufficiale, la ragazza di loro figlia.
Era come andare al patibolo.
Solo immaginava cosa passasse per la mente del padre: una donna piombata da chissà dove che aveva corrotto la figlia e l'aveva inziata ad una relazione anormale. Le sudavano le mani solo al pensiero.
Il taxi si accostò alla schiera di villette e Santana gli allungò un paio di banconote, scendendo e piazzandosi di fronte al vialetto della casa di Emma; Si impose di restare diritta, sentendo le gambe tremarle, e si diede della stupida: a quell'età ancora a temere la reazione di qualche papà iperprotettivo.
Si fece avanti, fermandosi davanti al portone che piu volte aveva superato, non troppe, era sempre meglio non farsi beccare dai genitori di Emma mentre si baciavano, o peggio, nello stesso salotto dove Emma aveva fatto i suoi primi passi.
Suonò il campanello con dita tremanti e si passò una mano a lisciare la stoffa del vestito che si scorgeva dal cappotto lasciato aperto.
Non passò che un minuto, -infinti per Santana-, che la porta si aprì e fece la sua uscita la figura di un ragazzo alto pochi centimetri piu di Santana, con dei accesi capelli rossi e indosso una felpa con sopra il logo di qualche marca sportiva.
Squadrò Santana dall'alto al basso, alzando un sopracciglio. -Cavoli, sa scegliersele bene mia sorella-, sussurrò.
Santana lo guardò accigliata, sentendo l'agitazione scivolrgli via di dosso. -Ciao-, sbottò, censurando le altre risposte sarcastiche che se ne stavano in fondo alla gola.
Il ragazzo fece per parlare, ma prima che potesse dire una parola, una voce ben conosciuta sbottò da qualche parte nella stanza. -E' Allyson?-.
Il rosso sorrise sarcastico. -Oh, no. Qui c'è un'altra tua amica, sorellina-.
Santana squadrò il tipo, rendendosi subito conto che aveva davanti di sè un altro semplare di Puckzilla. Si preparò mentalmente alle sue fracciatine e si concentrò sulla ragazza che si era appena fatta spazio davanti alla porta.
E le mancò il raspiro. Era uscita con qualche ragazza, dopo la rottura con Birttany, molte erano piu mature, ma la maggior parte avevano sempre qualche anno in meno di lei, ma tutte avevano una certa maturità nel modo di comportarsi che le rendeva sensuali.
Vestiti eleganti, trucco strategico, tacchi che rendevano delle banali gambe, due pali seducenti. Ne aveva visti molti di trucchi per attirare l'attenzione di qualche preda.
Ma Emma, lei le batteva tutte.
Con un semplice vestito beige, liscio sul busto e piu gonfio e decorato sulla gonna, i capelli boccolosi, tirati indietro con un cerchietto, il viso truccato da solo una leggera linea di matita e un licidalabbra, era da togliere il fiato.
Ai piedi aveva dei tacchi intonati al vestito, che aveva comprato per l'occasione assieme ad Allyson, ma che ancora non la portavano alla pari dell'altezza di Santana.
La mora si lasciò sfuggire un sospiro, sperando che non ci mettessero molto prima di rinchiudersi nel taxi, o nel suo appartamento, o ovunque, ma tornò a concentrarsi sul presente, vedendo come anche Emma era rimasta per una manciata di minuti ad osservare la sua figura.
-Sa...Santana?-, domandò confusa, cercando i suoi occhi.
La mora stiracchiò un sorriso. -Emma-.
-Collin!-, la voce sarcastica del ragazzo fece distogliere l'attenzione di entrambe. -Bè, io diri di entrare. Non sono l'unico che attende la tua comparsa-, sorrise a Santana, facendosi da parte, e indiacandole di entrare.
Appena mise piede in casa, sentì Emma afferrarle il polso con la mano e avvicinarsela. -Che ci fai qui? Perchè sei vest... Oh-.
Santana le sorrise. -Pensavi davvero che ti avrei lasciata andare al ballo con qualcun'altro?-.
Le guancie di Emma si arrossarono e sorrise, intimidita e divertita allo stesso tempo. -Grazie-, mimò con le labbra.
Seguirono Collin, e si ritorvarono in salotto, dove i genitori della ragazza stavano seduti sul divano, a parlare tra di loro; La prima cosa che notò Santana furono gli abiti, troppo eleganti per una semplice serata davanti la televisione, e per secondo notò i capelli.
La mora alzò un sopracciglio, trattenendo a malapena una battutina sulla famiglia Weasley, e si ricordò di sorridere rilassata, per non sembrare una pazza.
Emma le rimase accanto, con la mano stretta ancora attorno al suo polso, ma la sentì tentennare appena, quando si ritrovò davanti ai genitori, e Santana pregò che non si allontanasse proprio in quel momento. 
Si schirì la voce, mentre i genitori si alzavano in piedi dal divano come se fossero stati punti da uno spillo. -Mamma, papà.. Lei è Santana-.
La prima ad avvicinarsi fu la madre: le sorrise cordiale, tendendo la mano davanti a sè. -Piacere Santana. Siamo molto contenti di conoscerti-.
Santana annuì, stringendole la mano. -Anch'io, molto-.
-Oh, pure io. Molto-, sussurrò Collin, che si era sistemato vicino ad un mobile in legno scuro, squadrandola scherzosamente una seconda volta e beccandosi un'occhiataccia da parte di Emma.
-Collin!-, sbottò il padre, richiamandolo e avvicinandosi a sua volta. -Piacere, sono Gary, e lei è Sarah-, sorrise indiacando la moglie. -Allyson ci aveva avvisati che saresti passata, ma non ci ha raccontato molto su di te e siamo molto curiosi-.
Santana fu sorpresa. -Oh, bè, certo-. Di certo quella non era la reazione che credeva avrebbe scatenato la sua comparsa, ma forse l'idea di prepararli al suo arrivo era stata la migliore in assoluto.
L'uomo le fece cenno di accomodarsi sul divano accanto al loro.
-Allyson?-, sussurrò Emma sottovoce, seguendo Santana.
-Ti spiego dopo-, disse la ragazza, abbassandosi appena per non essere udita da altri membri della famiglia.
Gary si sistemò accanto la moglie, mentre lei ed Emma si sedettero vicine e Collin si sistemò meglio contro il mobile, avendo una perfetta panoramica della stanza da dov'era.
-Quindi, Santana-, sussurrò la madre, gentile. -E' da un pò che vi frequentate tu e Emma e.. bè, siamo sorpresi che non ci siamo potuti conoscere prima-.
La mora si mosse a disagio, sistemandosi. -Bè, credevo fosse meglio lasciarvi del tempo per... digerire il tutto-.
Sarah la guardò confusa e Santana capì di doversi spiegare meglio, ma prima che potesse parlare, Gary la precedette.
-Certo, non era in programma di scoprire che Emma fosse fidanzata da mesi con una ragazza e obbligarla a fare count out. Ma la curiosità di conoscere quella ragazza è abbastanza scontato, non credi?-.
-Coming out, papà-, lo corresse Emma. -E non mi hai obbligato a farlo, stavo solo aspettando l'occasione giusta-.
Il padre la guardò scettico. -Non si spiega allora come mai ci hai evitati per un mese intero-.
-Era per darvi il tempo di accettare-, sussurrò Emma tormentandosi la piega del vestito da ballo.
La madre sorrise, facendo distogliere l'attenzione di Santana dalla piccola discussione. -Bè, in ogni caso non ci saremmo mai aspettati una ragazza come te-.
Collin si avvicinò, sedendosi sul bracciolo, vicino alla madre. -Eh, appunto! E se hai anche una sorella etero da presentarmi saresti piu che la benvenuta qui-.
-Collin!-, sbottò la donna.
A Santana sfuggì un sorriso, senza poterselo impedire. 
-Scusa Santana, solitamente siamo piu normali, ma sai, è una situazione senza eguali-, si scusò la madre. -Ma siamo ancora molto curiosi: Da dove vieni?-.
Emma al suo fianco sbuffò, lasciansi andare contro lo schienale. Vide Collin sorridere divertito, pronto sicuramente a dire un'altra battutina. Guardò le espressioni sinceramente curiose e un pò tese dei genitori della ragazza e Santana si sentì bene.
Aveva fatto il passo che tanto la spaventava, e stava bene.
Forse si sarebbe addirittura scoperto essere bello anche il ballo di quel passo.



La stanza era addobbata con classici festone e i fari lanciavano luci colorate in tutta la stanza. Alla destra c'era il banco con il punch corretto e alcuni stuzzichini e tutt'attorno in cerchio tavoli con sedie addobbati di fiocchi e girasoli, intonati al tema "Ballo d'Estate".
Solitamente i balli venivano fatti nelle palestre, ma trattandosi di un'istituto privato, avevano scelto la hall della scuola, grande tanto quando la palestra pubblica di Lima.
Santana aveva fatto la sua comparsa con Emma che le stringeva la mano e non l'aveva mollata per la prima mezz'ora, restando orgogliosamente a testa alta sotto agli sguardi degli altri studenti e qualche professore.
Si erano separate quando la piu piccola era andata ad abbracciare qualche amica per poi farle conoscere a Santana e la mora fu ben felice di riconoscere visi conosciuti tra la folla di ragazze.
Avevano parlato, riso, bevuto e mangiato assieme alle amiche di Emma e i loro accompagnatori e prima di potersene rendere conto, Santana si stava divertendo.
Si ritrovò anche a ballare un lento assieme alla rossa, dopo che erano stati eletti il re e la reginetta del ballo.
-Ti diverti?-, domandò Emma alzando la testa dalla spalla di Santana.
La mora sorrise. -E' ancora un pò strano essere ad un ballo senza sentire le voci del Glee sopra al palco, ma si, mi sto divertendo contro ogni aspettativa-.
Emma ridacchiò. -Me li dovrai mostrare, prima o po,i i video delle vostre esibizioni-.
Santana rise. -Oh, non li vuoi realmente vedere. Eravamo penosi-.
-Non ci credo-, sbottò Emma. -Scommetto che eravate fantastici-.
Santana scosse la testa, lasciando cadere il discorso, e per un breve momento nessuna delle due disse nulla, lasciando che solo la musica e il chiacchierio delle altre coppie riempisse il loro spazio.
-Grazie Santana-, sussurrò ad un certo punto Emma.
Santana la guardò curiosa.
Emma ruotò gli occhi per la stanza. -Per il ballo. Per avermi accompagnata. Per essere venuta a casa mia a conoscere i miei. Per stare a sentirmi anche quando hai mal di testa. Per star con me. Per.. tutto, praticamente, tutto-, concluse abbassando lo sguardo imbarazzata.
Santana le passò un dito sotto al mento, obbligandola a guardarla negli occhi e si rese conto di dove si trovava: era al ballo scolastico della sua ragazza adolescente, dopo aver passato la serata a casa della stessa ragazza a raccontare ai suoi genitori la sua vita per riuscire ad ottenere la loro fiducia, e poter passare con lei moltissime giornate come le aveva passate da quando l'aveva conosciuta. 
Si trovava nel posto giusto.
Si avvicinò al suo viso, sfiorandole il naso con le labbra. -No Emma. Grazie a te di essere stata in quel parco, quella sera e di avermi cambiato la vita-.
E la baciò.





NdA :)

Spero con tutto il cuore che dopo questo mi abbiate perdonata, e che soprattutto Emma e Santana vi siano piaciute :)
Un grazie particolarmente speciale a:
Ekaril - per averla messa tra le preferite
folle shane - per averla messa tra le ricordate
96giuggi
bett88
e9663 
folle shane 
giove82 
HeYa_ship 
letizietta19921992 
Robba 
rosacroce90 
taryn - per averla seguita, anche dopo tutto questo tempo :)
E paticolarmente a _slayerettes e RoghyW per le recensioni!

Scrivo perchè amo scrivere, e sapere che quello che creo nella mia mente è apprezzato è bello! A volte alzare l'orgoglio di una scrittirice è FAVOLOSO :D
Un bacione, alla prossima (forse) Semma storyline :3

Je

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