Pepperony verdi fritti alla fermata del treno

di Aout
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Presuntuoso egoista ***
Capitolo 2: *** Come scoprì che era allergica alle fragole (e se ne dimenticò un secondo dopo) ***
Capitolo 3: *** Frittelle per stupide ragazzine romantiche ***
Capitolo 4: *** L'irrazionalità del fattore Stanley ***
Capitolo 5: *** Socrate per dilettanti ***
Capitolo 6: *** Incubi e suggestioni ***
Capitolo 7: *** Lost and Found: In barba ad hamburger posticci e ragazze-in-adorazione ***
Capitolo 8: *** Tutti i nodi vengono al pettine. Letteralmente. ***
Capitolo 9: *** Una volta pensavo di capire le persone, ora ho capito che sono troppo strane per essere capite ***
Capitolo 10: *** Fulmine ***



Capitolo 1
*** Presuntuoso egoista ***


Nda. Capitolo ambientato alla fine del primo Iron Man



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Presuntuoso egoista



- Lei è Iron Man.
- Già.
- Ed era… era proprio necessario farlo sapere anche a tutto il resto del mondo.
- Temo di sì.
Correvano.
Stavano correndo per scappare dai giornalisti.
Dannato presuntuoso egoista.
Perché sono ancora qui?
- Signorina Potts, tutto bene?
Tony si girò verso di lei, guardandola negli occhi con quel suo sguardo da cucciolo piccolo e innocente, ignaro dei mali del mondo.
Presuntuoso, egoista e dannatamente…
Ah, sono una stupida.
- Di qui, Signor Stark, alla macchina. – disse qualcuno davanti a lei, aprendo una porta sulla sinistra.
- Macchina? Mezzo superato. Oggi c’è bel tempo, Happy, non l’hai notato? Ottime condizioni di volo, mi dicono.
Una stupida imbecille idiota.
Mi meriterei un premio.
- Signor Stark?
- Sì, Pepper?
Sorrideva, sorrideva lui.
E chi avrebbe dovuto mettere le cose a posto?
Io un’idea ce l’avrei.
- Lei non… almeno cerchi di non farsi uccidere.
- Ci proverò. Non sarà certo preoccupata per me adesso, vero?
Preoccupata? Preocc…
Mal di testa, mi sta venendo un fortissimo mal di testa.

- Ci vediamo a casa, Signorina Potts. - le disse e, dopo aver fatto un assolutamente inappropriato saluto militare, si allontanò verso un imprecisato punto sulla sinistra.
Ah, non ne voglio sapere niente, proprio no.

- Signorina Potts.
- Grazie, Happy. – disse, entrando in macchina dalla portiera che le era stata appena aperta.
Si sedette, chiuse gli occhi e sospirò.
Poi, con calma, prese il cellulare in mano.
- Dove andiamo? – le chiese l’autista.
- Miami. Ah, vedi se riesci a seminare la macchina nera che ci sta seguendo.
Perché, ovviamente, se non fossero implicati ufficiali governativi infuriati, il gioco non sarebbe sufficientemente interessante, divertente. Non sarebbe sufficientemente alla Tony Stark.
Prese un altro profondo respiro, ci voleva proprio, e poi digitò un numero sul display.
- … una conferenza stampa, sì ha capito bene, un’altra. Sì, sì, veda di rimediare i soliti contatti e di organizzare il tutto. Quando?
Fuori dal finestrino, uno strano oggetto volante rosso-dorato lasciava una più che evidente scia luminosa nel cielo terso.
- In fretta. Il più in fretta possibile.
Lui è Iron Man ed io voglio decisamente un aumento.






Note: Visto che negli ultimi tempi non ho assolutamente il tempo per scrivere, ho deciso di pubblicare questa cosuccia risalente a qualche mese fa. È il primo capitolo di una raccolta tutta dedicata alla coppia, spero vi piacerà, non so bene cosa aspettarmi.
Piccola precisazione: quando parlo di agenti infuriati intendo Phil Coulson e Co che, alla fine del primo Iron Man, si erano promulgati a cercare un alibi a Tony, così che non si sapesse in giro fosse una specie di super eroe. Giusto per intederci ^_^
(Il titolo della raccolta si ispira a quello del film “Pomodori verdi fritti alla fermata del treno”)

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Capitolo 2
*** Come scoprì che era allergica alle fragole (e se ne dimenticò un secondo dopo) ***



Nda. Capitolo ambientato a metà del primo Iron Man, quando Tony comincia a costruire la sua prima, vera armatura



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Come scoprì che era allergica alle fragole
(e se ne dimenticò un secondo dopo)

 
- Mi dispiace.
- Non deve scusarsi, Signor Stark, lei è il mio capo.
L’interpellato, colui-che-per-una-volta-aveva-cercato-di-fare-il-gentile-combinando-un-disastro, alzò lo sguardo verso di lei e la fissò con un’espressione perplessa.
Fantastico, un’altra battuta sarcastica. Adesso.
- E i capi non si scusano mai? Ha una visione piuttosto dittatoriale della leadership, Signorina Potts.
- Ehm… sì, io… - fece un sospiro – Senta, Signor Stark. – Sono stanca, ricoperta di olio per motori, con un più che evidente rush cutaneo in corso e un fortissimo mal di gola in arrivo. - Le dispiace se mi prendo il resto della serata libera? – Riuscirà a sopravvivere senza di me per qualche ora, vero?
- Oh, certo. Mi sembra… più che giusto. Arrivederci e… dorma bene. – rispose lui, per poi girarsi, oltrepassare la porta a vetri e sparire oltre il suo sguardo.
Si stava mordendo il labbro? Da quando Tony Stark si morde il labbro quando è nervoso?
Un attimo, perché Tony Stark dovrebbe essere nervoso?
Pepper scrollò la testa per schiarirsi le idee e decise saggiamente che, se avesse dovuto preoccuparsene, l’avrebbe fatto l’indomani mattina.
Pulita, profumata e preferibilmente con la pelle di un colore normale.
 

Qualche manciata di disastrosi minuti prima


La stanza era calda, piena fino al soffitto di materiali metallici e anche piuttosto puzzolente.
Cosa si è bruciato, qui?
- Signor Stark, Signor… Tony, sta bene?
Ammettiamolo, constatando che era stato disperso per tre mesi in mezzo a un deserto, in mano ad un gruppo di terroristi che avevano avuto quasi sicuramente l’intenzione di ucciderlo, era fuggito a bordo di un nessunoavevabencapitochecosa e viveva attualmente con una specie di neon azzurro nel petto, il dubbio era più che lecito.
- Qui, Pepper. Sono qui. – disse una voce remota, che giungeva da un indeterminato chissàdove di fronte a lei.
- Qui dietro alla montagna di fogli stropicciati oppure da qualche parte al di là di questi resti bruciacchiati di metallo? – chiese, arrischiandosi ad avvicinarsi ad un qualcosa che pareva assomigliare vagamente ad una mano in ferro, senza avere tuttavia il coraggio di toccarlo.
- Qui qui, Signorina Potts. – disse lui, alzando la voce - Già che c’è, mi passerebbe una chiave da otto?
Dopo un secondo di muta contemplazione del materiale ferroso che occupava gran parte del pavimento e un buon respiro profondo, Pepper si decise a muovere un passo. Scarpe nuove e lucide a parte, arrivò davanti al suo capo dopo aver saltato come un capriolo per appena due o tre volte.
Appoggiò la cartellina verde che aveva stupidamente portato con sé, come se Tony avesse tempo per cose come la sua azienda, su una pila poco stabile di altri aggeggi metallici indefinibili e si allungò verso una scatola di attrezzi.
- Tenga. – disse, passandogli con difficoltà (testardamente, non aveva ancora rinunciato a salvare la sua gonna beige) una chiave inglese con inciso il numero otto.
Tony si sporse appena, oltre alla specie di manichino dietro al quale era seduto, allungando un braccio. Pepper non riuscì nemmeno a vederlo in faccia.
- Grazie, Pepper.
Adesso che ci pensava, era davvero strano tutto quel…
Disastro, diciamo le cose come stanno.
Conosceva Tony da parecchio, in effetti, e, anche se non lo si poteva certo definire un maniaco dell’ordine, certamente mai si sarebbe aspettata da lui un tale… disastro, appunto. In fondo, ha pur sempre un maggiordomo computerizzato che in questa casa controlla qualsiasi cosa, compreso il tostapane e il tritarifiuti. Se glielo chiedesse, potrebbe mettere lui le cose a posto, immagino…
- Signorina Potts, qualche problema?
Pepper sbatté le palpebre e si girò sorpresa.
Mi sono seriamente imbambolata?
Tony la stava fissando, la testa piegata verso destra oltre il manichino, con un lieve sorriso sulle labbra. Fu un attimo, poi tornò al suo lavoro.
- No, ehm… - si schiarì la gola – Ho portato delle carte da farle firmare. Sa, per la cessazione degli ultimi contratti bellici, servono più che altro per il consiglio di amministrazione. Per convincerli che lei non… beh, non è…
- Che non sono in preda a un delirio psicotico da stress post-traumatico.
- Avrei detto “matto da legare”, ma forse la sua definizione è più appropriata. 
- Se lascia lì le scartoffie, penserò a loro più tardi. – rispose lui, con fare sbrigativo. Intanto, il rumore della chiave inglese che veniva sbattuta ritmicamente contro una superficie metallica si diffuse per la stanza.
Che sta combinando?
- In realtà, preferirei se ne occupasse subito. Dalla mia personale esperienza ritengo che si limiterebbe a ignorarle.
-Signor Stark, i progetti per la Mark Due sono appena stati completati. Ho già avviato la scannerizzazione comparata dei codici. - risuonò la voce, come al solito spaventosamente umana, di Jarvis.
- D’accordo, J. Vedi di rintracciare la formattazione necessaria.
- Certamente, Signor Stark.
Uhm, questa cosa mi piace sempre meno.
Pensò, guardandosi ancora un attimo intorno e rendendosi conto che forse Tony era impegnato in qualcosa di più serio di  una semplice riparazione di qualche sua macchina/moto/mezzo di trasporto costosissimo e anticonvenzionale.
- Ma non avevamo abbandonato l’industria delle armi? – chiese, senza pensare, dopo aver notato, appoggiato sul tavolo, quello che pareva più che evidentemente una sorta di piccolo missile.
Per un buon minuto, Tony non rispose.
- È esatto. – disse poi, alzandosi in piedi e dedicandosi a quella che... ok, è una dannatissima mano in ferro, non ci sono dubbi.
- Capisco... – eppure, quello davanti a lei, era un missile. Un missile!
- Signorina...
Non lo voglio sapere.
- Le lascio le carte, Signor Stark. La scongiuro, le firmi.
- Pepper...
Ho detto che non lo voglio sapere.
Insomma, l’ultima volta che era rimasta all’oscuro di quello che Tony Stark aveva in mente lui aveva solo... indetto una conferenza stampa in cui sconfessava completamente tutta la sua esistenza, abbandonando l’industria delle armi per dedicarsi a... lei  non ne aveva un’idea molto precisa.
- Arrivederci, Signor Stark.
Io odio non sapere.
Con la nettissima impressione che qualunque dannatissima cosa tutto quello preannunciasse non fosse niente di buono, con il profondo desiderio di un bagno caldo e un bel bicchiere di vino, Pepper si avviò a passo di marcia verso la porta.
A quel paese la gonna nuova.
Pensò, un secondo prima che il suo tacco si spezzasse, facendola scivolare rovinosamente su una goccia di... olio? Su una goccia di olio per motori e finire a gambe all’aria.
Ma scherziamo, queste cose non succedono solo nei film?
- Uh.
- Signorina Potts, tutto ok?
‘Na favola.
- Sì, tutto a posto. – rispose, mentre tentava di alzarsi con l’aiuto di Tony.
Una volta in piedi, non ebbe cuore di guardare lo stato del suo tailleur, tanto meno quello delle scarpe.
- Ehm... forse avrei dovuto avvertirla che qui si era rovesciato dell’olio. -  Istintivamente Pepper alzò la testa e lo fissò con sguardo scettico. Poi si ricordò che lui era, tipo, il suo capo e tentò di sorridere nel modo più convincente possibile. – Ero distratto.
- Non importa, non si preoccupi, può capitare. – disse mentre cercava di sistemare come meglio poteva la sua camicia. - Ora vado, se non le dispiace.
Alzò lo sguardo e si trovò Tony davanti, con in mano un pacchetto di merendine.
- Focaccina?
Sul momento non seppe cosa rispondere.
- In realtà sono crostate o similia, non so se ci sia veramente qualcosa di simile alla frutta, mischiato ai composti chimici industriali. Ma sono buone, giuro.
Veramente, lei provava a dire qualcosa ma, più che guardarlo stranita, riusciva a fare ben poco.
- Sa, lo zucchero agisce sul sistema nervoso centrale aumentando la liberazione di endorfine, queste sostanze agiscono come delle sottospecie di droghe provocando un naturale senso di euforia e appagamen...
Senza attendere oltre recuperò una crostatina, o qualunque altra cosa fossero quelle merendine, e se la ficcò in bocca. Il leggero soffocamento da ingozzamento si risolse in appena qualche minuto di colpi di tosse.
- Mmh... – mugugnò, in segno di apprezzamento, dopo aver ricominciato a respirare correttamente.
Perché lo sto assecondando?
A questo punto, Pepper si girò decisa verso la porta a vetri, niente l’avrebbe trattenuta oltre. Voleva solo un bel bagno rilassante (no, le endorfine non stavano facendo particolare effetto), era chiedere troppo?
- Signorina Potts?
Pareva di sì. Con grande autocontrollo, si girò.
E continuo ad assecondarlo, ammirevole.
- Solitamente lei non... il suo volto non è sempre ricoperto di puntini rossi, è esatto?
Oh porc...
 
Fragole, cosa potevano contenere quelle dannatissime crostatine se non delle fragole?
Odio la società moderna e la sua mania di infilare le fragole da tutte le parti.
E adesso se ne stava lì, nella vasca, aspettando che il rush cutaneo facesse il suo corso, sorseggiando un bicchiere di vino dolce.
Finito il bagno, dopo all’incirca due ore e mezza di ozio assoluto, Pepper uscì dalla vasca, indossò un grosso pigiama comodo, mostruoso ma comodo, e si stravaccò, il verbo era quello, sul divano, pronta a guardare un programma qualunque alla televisione.
Quante stagione di Beautiful mi sono persa negli ultimi tempi?
Poi, qualcuno suonò alla porta.
A Pepper veniva da piangere. O da ridere. Comunque fosse, dopo aver preso un bel respiro profondo, si alzò e si avviò all’ingresso.
Aperta la porta si trovò davanti... nessuno.
Quando abbassò lo sguardo, represso l’istinto omicida, notò che sullo zerbino c’era una scatola. Perplessa, si abbassò e la prese in mano.
Una scatola di cioccolatini. Il bigliettino, attaccato al coperchio con un pezzo di scotch, recitava una cosa del tipo:
“Mi dispiace. Jarvis mi ha suggerito che in molte culture è in uso farsi perdonare facendo un dono. Visto che l’ho programmato io, direi che l’idea, in un certo senso, viene da me. Mi rendo conto che è un po’ misero come regalo, ma non mi veniva nient’altro in mente. Avevo pensato di regalarle un elicottero, ma secondo Jarvis non era una buona idea.”
Pepper rimase immobile. Dopo un certo periodo di tempo, rientrò in casa sorridendo, si risedette sul divano e, aperta la scatola, morse un cioccolatino.
Sì, era alla fragola.
 
 
 
Note: Allora... diciamo che comincio subito implorando le vostre scuse, perché ho postato il primo capitolo e poi più niente per mesi. Mi dispiace davvero molto, soprattutto per chi è stato così magnanimo da mettere la storia tra le preferite/ricordate/seguite, ma la vita è stata frenetica negli ultimi tempi e trovare anche solo uno spaziettino per scrivere mi era davvero difficile. Ora che è estate, farò di meglio, parola di lupetto! (Sì, insomma, avete capito :D)
Detto ciò, giusto per dire qualcosina riguardo al capitolo... beh, condividendo la sfortunata allergia di Pepper (che ci viene svelata in... Iron Man 2, giusto?) non potevo assolutamente esimermi da scrivere qualcosa del genere :)
Spero vi sia piaciuto e non abbiate trovato la one-shot noiosa.
A presto,
Aout :)

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Capitolo 3
*** Frittelle per stupide ragazzine romantiche ***



Nda. Capitolo ambientato dopo la fine di Iron Man 3, quindi SPOILER, nel caso qualcuno non l’avesse visto. Piccolissima precisazione: questo capitolo è mooolto fluffoso, ve lo dico subito, poi non lamentatevi per il troppo zucchero ;)



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Frittelle per stupide ragazzine romantiche


Il risveglio, la mattina successiva, fu molto più piacevole e rilassante di qualunque altro risveglio della sua esistenza.
Sono viva.
Sputo fuoco, certo, ma almeno sono viva, è già un’ottima cosa.
 - Buongiorno stella del cielo, la Terra ti saluta.
Tony Stark, il suo Tony Stark, vivo e vegeto, senza armatura, con un grande sorriso aperto sul volto e, beh, mezzo nudo, stava davanti ai fornelli con una padella in mano.
- ‘Giorno anche a te. – gli rispose lei, sedendosi al tavolino della cucina.
Respira, calmati.
Non doveva pensare a quello che era successo il giorno prima, non doveva pensare al fatto che, in quel momento, avrebbe potuto forse sciogliere il vetro freddo che sentiva sotto il palmo della mano. Non doveva nemmeno preoccuparsi, e questo era un punto da non sottovalutare, del fatto che Tony, proprio lui, stesse cucinando e quindi, inevitabilmente, la casa in cui quella notte avevano dormito aveva drasticamente diminuito le proprie possibilità di sopravvivenza.
Doveva solo modulare il respiro e calmarsi.
Respira, calmati. L’ultima volta che ti sei fatta prendere dall’ansia hai steso un uomo colpendolo con una lastra di metallo incandescente. Questo non deve succedere di nuovo.
Quindi, con calma, prese la tazza di caffè che aveva davanti e cominciò a sorseggiarla.
- Spero ti piacciano le mie frittelle col bacon. Non per vantarmi, e lo sai, io non lo faccio mai, ma sono veramente, veramente ottime.
Pepper sorrise all’occhiolino che Tony le lanciò da dietro i fornelli.
E anche se non mi piaceranno, le mangerò e ti farò i complimenti. Perché siamo sopravvissuti per un pelo ai propositi di un pazzoide di dominare il mondo o qualunque altra cosa avesse intenzione di fare. L’abbiamo fatto insieme e adesso siamo seduti qui a parlare di cose normali come le frittelle, anche se tu sei un supereroe e il mio DNA è stato geneticamente modificato per farmi assomigliare pressappoco ad un drago sputafuoco.
 - A cosa stai pensando? – le chiese improvvisamente Tony, riportandola con i piedi per terra.
- Che sono una stupida ragazzina romantica. – rispose lei, alzandosi in piedi e raggiungendolo.
Lui l’abbracciò, - Ma davvero? Perché, se si tratta solo di ammirare i miei stupendi addominali scolpiti, puoi farlo senza problemi. Sarebbe un delitto da parte mia non permettere al mondo di venirne a conoscenza, insomma...
- Ssh. – lo interruppe lei sorridendo. Poi, appoggiò la testa sul suo petto e aggiunse: – Sai, credo che non mi mancherà, in fondo in fondo. – picchiettando lievemente col dito sul cerchio luminescente che, ancora per poco, avrebbe tenuto lontane le schegge dal cuore di Tony.
- Oh, nemmeno a me.
- Davvero? – la domanda le uscì spontanea e, forse, se ci avesse pensato, non l’avrebbe posta.
Nessun neon in mezzo al petto significava niente armatura e niente armatura voleva dire... niente più pericoli mortali, mostri assassini o pazzoidi armati che cercano di uccidere il mio fidanzato appena mi volto. Cosa che, ovviamente, lei non poteva che apprezzare oltre ogni limite.
Ma era quello che voleva anche Tony?
- Davvero. – rispose lui, dopo qualche secondo di silenzio, - Il mio cuore non ha più bisogno di essere protetto. Non adesso che è tuo.
Si guardarono negli occhi per qualche momento.
Poi, inevitabilmente, scoppiarono a ridere.
- Diamine, questa sì che è una cosa che direbbe una stupida ragazzina romantica! – esclamò Tony alzando gli occhi al cielo.
- Oh, un lato di te che ancora non conoscevo. Mi piace. – disse Pepper, con voce languida, avvicinando il volto a quello del suo fidanzato. Ma come suonava in modo strano quella parola!
Poi, lui la prese per mano e, in un batter d’occhio, erano già usciti dalla cucina. Pepper ebbe appena il tempo di constatare che “Eh già, sarebbe davvero un peccato che il mondo non potesse conoscere questi gran pezzi di addominali”, prima che il suo proposito di calmare il respiro andasse decisamente a quel paese.
 
Solo quando l’allarme antincendio scattò, si accorsero che le frittelle non avrebbero potuto tenersi d’occhio da sole. Al pensiero che ci sarebbero state ancora tante mattine all’orizzonte e ancora miriadi di frittelle al bacon al sapore di cartone da bruciare, Pepper non poté fare altro che sorridere.
In fondo, se anche non avessero avuto nient’altro in comune, bisognava ammettere che lei e Tony erano sicuramente entrambi delle stupide ragazzine romantiche.
 

 
Note:Sì, lo so, è un capitolo un po’ insulso questo. Non succede assolutamente niente ed è piuttosto corto ma... avevo voglia di scriverlo, che volete che vi dica. Spero che, in fondo, vi sia piaciuto leggerlo :)
“Buongiorno stella del cielo, la Terra ti saluta.” Piccolo omaggio, leeeggermentissimamente rivisitato, a Johnny Depp e alla sua versione di Willy Wonka :3

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Capitolo 4
*** L'irrazionalità del fattore Stanley ***



Nda. Capitolo ambientato nella prima parte di Iron Man 2. Diciamo che ho tentato di immaginarmi un premessa interessante alla promozione di Pepper ad Amministrazione Delegato delle Stak Indutries... la cosa non vi parrà aver molto senso, ma spero che non vi dispiacerà eccessivamente ;)



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L'irrazionalità del fattore Stanley


- Signore, ho appena ultimato la formattazione. Comincio la procedura di riscrittura dei dischi.
La voce risuonò nella stanza chiara e metallica. Quella solita, odiosa voce.
Una macchina, Virginia, è una macchina. Smettila di fare la stupida. Sussurrò indignata la voce della sua coscienza. Avrebbe anche potuto sentirla, se non fosse stata così soffocata dalle urla isteriche del suo rancore represso.
Mi prenderei a schiaffi.
- Ottimo lavoro, J. Finisci il processo e poi ricontrolla le fasi di progettazione.
O potrei prendere a schiaffi lui. Perderei il lavoro, ma almeno otterrei una certa soddisfazione personale...
Strinse involontariamente il pugno e la matita che aveva in mano prese una brutta angolazione.
- Signorina Potts? - Zitto, zitto, zitto. Stia zitto, per l’amor del cielo. – Sa, non è colpa sua. Insomma può capitare a tutti di sbagliare, per una volta...
Tony avrebbe potuto dire qualsiasi cosa, qualunque altra cosa, ed era incredibilmente riuscito a dire quella più sbagliata di tutte.
Pepper si girò verso di lui, i denti stretti, le sopracciglia contratte e gli occhi in fiamme.
 
Forse non se n’era accorta, ma Tony aveva istintivamente fatto un passo indietro.
- Davvero, insomma, lei non poteva sapere che il congresso era stato posticipato. Posso anche non andarci, non è che fosse così...– aveva iniziato quella frase velocemente, con il suo solito tono sicuro. Poi, piano piano, le parole si era fatte più deboli e, quella che voleva essere un’affermazione, si era incredibilmente trasformata in una domanda. L’ultima parola fu un sussurro. - importante?
Pepper continuò ancora ad incenerirlo con lo sguardo per almeno un altro paio di secondi, poi sospirò ed abbassò gli occhi, limitandosi ad occhieggiare il pavimento come se l’avesse profondamente delusa.
- No, non potevo saperlo. – sussurrò.
Prendi un respiro, piantala di morderti il labbro e, per l’amor del cielo, smettila di fare la stupida!  Cercò di dire a sé stessa, ma ascoltarsi non era mai stato così difficile.
Tony - che la maggior parte delle volte era convinto fermamente di avere ragione, che si trattasse dell’ultima scoperta sulla velocità dei neutrini in sospensione, oppure della giusta cottura delle frittelle - pensava, a quel punto, di essere perfettamente riuscito a calmare le acque. Con grande maestria, pure. Perciò, con sicurezza, continuò la sua filippica e, in modo davvero sorprendente, riuscì addirittura a dire una cosa ancora più sbagliata: - Non si preoccupi, Signorina Potts, può prenotare Jarvis il volo e tutto il resto, lei può anche prendersi un giorno di riposo, se vuole. – Forse fu proprio quando pronunciò quelle ultime parole che si rese conto che probabilmente sarebbe stato meglio tenere la bocca chiusa, serrata, magari con dei catenacci o con la fiamma ossidrica.
Quegli occhi fiammeggianti erano nuovamente fissi nei suoi.
- No. – tuonò Pepper, con una rudezza che, in verità, non aveva coscientemente deciso di utilizzare, – Mi occuperò io di tutto, lei arriverà in tempo al prossimo summit. – lo accusò, - Mi assumo tutta la responsabilità del mio sbaglio, Signor Stark, ma, si fidi di me, posso rimediare.
Tony deglutì, lievemente dubbioso: - Oook?
In risposta, Pepper annuì solennemente, per poi uscire a passo di marcia dalla stanza.
 
Non sono gelosa di una macchina, è una cavolo di questione di orgoglio, porca vacca.
Pepper riprese in mano il cellulare e, con piglio severo, compose per la millesima volta un numero di telefono.
Nell’ultima ora era stata insultata, in ordine, da quattro impiegate, due interpreti, tre funzionari e quello che pareva proprio essere il Segretario Generale delle Nazioni Unite.
Se sarà necessario, mi farò passare il Presidente in persona, non importa di quale paese del mondo.
Non era mai stata così arrabbiata e irrazionale.
Irrazionale? Se lei era veramente diventata irrazionale, quale speranze c’erano per Tony Stark, lui che, da solo, era una delle persone meno razionali al mondo? Beh, dal punto di vista delle relazioni umane, se non altro...
È una questione di orgoglio. Prima la finiamo, prima torno la persona normale ed equilibrata che sono sempre stata.
Se lo sono mai stata. A questo punto ho i miei dubbi...
Pepper scosse la testa e sospirò.
Non è colpa tua, non è colpa tua. Si ripeté, di nuovo, come aveva fatto incessantemente nelle ultime ore.
Non è colpa tua, non è colpa tua.
No, in fondo, era tutta colpa di quello stronzo di Stanley.
 
Chi è Stanley? Beh, Stanley è... Stanley.
Tutti hanno uno Stanley nella loro vita ed è inutile cercare di negarlo.
Cos’è uno Stanley? Nemico mortale, nemesi, piccolo e odioso doppiogiochista che è più bravo di te in tutto e per tutto e non manca di fartelo notare continuamente, chiamatelo un po’ come vi pare.
Joseph Stanley, brutto, cattivo e antipatico, giusto per ribadirlo, era stato suo compagno di facoltà. Pepper non amava particolarmente darsi delle arie – forse era il suo carattere o forse la lievissima superbia del Signor Stark bastava per tutti e due – ma dire che a scuola lei fosse sempre stata nella media, sarebbe stato falso. Lei era brava, molto brava (si ripeté, sperando a quel punto che Stark non fosse contagioso), e, forse, avrebbe persino potuto essere la più brava... se non fosse esistito Stanley.
Ma - i “ma” ci sono sempre - lui esisteva e non mancava affatto di rimarcarlo. Continuamente.
Era infantile e stupido e idiota il fatto che tra di loro si fosse instaurata questa sottospecie di rivalità, eppure quella c’era e si faceva sentire.
Per esempio, Stanley aveva ottenuto uno stage in quell’enorme multinazionale per cui lei aveva versato appena qualche litro di lacrime e sangue, era riuscito a laurearsi in anticipo, cosa per lei quantomeno inimmaginabile, e, ohibò, era anche stato in grado di ottenere la lode. 
Il fatto che lei, dopo tutti quegli anni, fosse ancora una semplice segretaria, non sarebbe nemmeno stato un grosso problema. Il fatto che Stanley avesse scalato la vetta e fosse diventato uno dei principali dirigenti di quella stessa stramaledettissima multinazionale, non l’avrebbe minimamente toccata. Pepper non era mai stata quella tipologia di squalo assetato di sangue che tutti si aspetterebbero da chi vuole entrare a far parte del mondo dell’economia e quindi tutto ciò certamente non le sarebbe importato se - se non ci sono i “ma” ci sono sempre i “se” - non ci avesse più dovuto aver a che fare. Ma lei ci aveva dovuto aver a che fare.
Che odio!
E la cosa peggiore era che ci aveva dovuto aver a che fare come una semplice segretaria.
- Arrgh!
Con un ringhio degno di un pirata orbo e con la gamba di legno, Pepper aprì la portiera della macchina e si infilò dentro, sbattendosela alle spalle.
- Pep...?
- Oggi guido io, Happy.
Forse fu il tono a suggerire all’uomo di non controbattere.
Pepper spinse sull’acceleratore perché non voleva pensarci. Eppure, la conversazione di quella mattina le si infiltrò nel cervello, peggio di un tarlo nel legno.
- Virginia Potts. Possibile?  
Quella voce stridula risuonò nella sua testa, indesiderata. Era cominciata così, quella conversazione, con un tono sottile e sorpreso. Tanto velatamente sarcastico che Pepper per un momento credette che quella loro “disputa” doveva essersi conclusa quando gli ormoni adolescenziali avevano fatto posto ad un po’ di materia grigia. Ma solo per un momento.
- E così, sei la segretaria di Stark, vero? – Appunto.
E non era stata tanto la frase in sé. Ma il tono.
Quel “segretaria” sussurrato con tutta la malizia che possono contenere quattro misere sillabe, il tutto ben condito da malcelato compiacimento a palate, le aveva fatto ribollire il sangue nelle vene e, contemporaneamente, fatto dimenticare tutto il resto.
Il resto e l’appuntamento di Tony.
Non sono nemmeno in grado di fare la segretaria, dannazione! Pensò, mentre un’irrazionale e assolutamente inappropriata lacrima le rigava la guancia.
A quel punto, piuttosto stanca di non riuscire a controllarsi, si decise a prendere un respiro e riuscì a ritrovare il controllo di sé. Poi, lentamente, tornò indietro, certa di essere perfettamente in grado di mettere le cose nel loro giusto ordine.
 
- La collezione d’arte moderna? Come...  TUTTA?
Urlò, sempre meno fiduciosa nelle proprie capacità, alla povera malcapitata di turno che le aveva appena riferito dell’ultima generosa donazione che Tony aveva appena fatto ai... ai Boyscout d’America? I Boyscout d’America... seriamente?!
Fantastico. Tony era finalmente riuscito a trascendere la sua solita proverbiale pazzia, raggiungendo nuovi fantomatici livelli di irrazionalità. Tra tutte e due, il fatto che il tutto sarebbe andato meravigliosamente a rotoli, non era nemmeno da sottolineare.
Prese un altro respiro e mosse un passo verso la porta. Quando l’aprì sorrideva, mostrando i denti molto più del necessario.
 
Molto, molto più del necessario, visto cosa la aspettava dietro la porta.

♦♦♦

 
- E’ sicuro?
- Certo.
- Io... cercherò di fare del mio meglio.
- Lo so.
- Ma proprio sicuro, sicuro...
- Pepper, sarei sinceramente felice di continuare a ripeterle che le scelte che compio sono solitamente dettate da un qualche tipo di razionalità. Beh, la maggior parte se non altro. Non che sia poi così evidente a tutti quanti, ma...
- D’accordo, la ringrazio per la fiducia e... sarò un ottimo Amministratore Delegato.
- Lo so. Ora, se non le dispiace, ho una magnifica sbobba alla clorofilla che mi aspetta.

 
 
 

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Capitolo 5
*** Socrate per dilettanti ***


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Socrate per dilettanti


Tony Stark sa. Tutto, sempre.
Tony Stark è un presuntuoso egocentrico a credere veramente una cosa del genere, ma sa anche questo e non gli interessa.
Quando era scuola era il migliore, semplicemente. Quando ne è uscito e ha visto che gli uomini ricchi, belli e famosi hanno molto successo anche nel mondo reale, è stato il migliore anche lì.
Poi ha incontrato Pepper e ha capito che, sì, gli uomini ricchi, belli e famosi le ragazze li adorano, ma adorano ancora di più quelli che portano loro il caffè a letto la domenica mattina, soprattutto se accompagnato da un biscotto alla menta.
Tony non sapeva se alle sue ragazze precedenti piacessero il caffè o i biscotti alla menta. Tony la mattina con loro non c’era.
Quando ha incontrato Pepper, Tony ha capito che lui non sapeva. Non sapeva se lei avrebbe accettato quell’invito a cena, se quel regalo sarebbe stato adatto, se era troppo presto per chiederle di venire a vivere con lui.
Era destabilizzante. E non solo perché Tony aveva capito che evidentemente non era onnisciente come aveva sempre creduto di essere, ma perché aveva scoperto che non sapere gli piaceva parecchio.
Quando aveva scoperto che Pepper, a quel film romantico che stavano vedendo in anteprima assoluta, avrebbe preferito di gran lunga “Frankenstein Junior”, anche se era la centesima volta che lo guardava, Tony era contento come il giorno in cui aveva messo a punto il suo primo saldatore elettrico. Forse di più. Tony non aveva mai saputo dettagli del genere perché non gli erano mai interessati. Ma adesso che gli interessavano, si divertiva a scoprirli.
Valeva di più lasciare che Pepper si comprasse da sola i suoi regali oppure scoprire che, oltre che per “Frankenstain Junior”, andava matta anche per “Roger Rabbit” e regalarle un coniglio gigante di conseguenza?
Certo, era ovvio che così c’erano molte più possibilità di sbagliare.
Per esempio, probabilmente a Pepper quel coniglio gigante non era piaciuto un gran che, anche se a Tony continuava a sfuggire il perché. Col senno di poi, forse il fatto che lei gli avesse detto che “ti disegnano così, non fartene una colpa” quando lui aveva ammesso che dichiararsi Iron Man era stato forse un po’ presuntuoso, non implicava necessariamente andasse pazza per Roger Rabbit e nemmeno per i conigli.
Ma gli errori andavano bene, Tony era talmente abituato a non commetterne che erano una piacevole novità.
 
Da quando ha incontrato Pepper, Tony sa di non sapere.
E ne va matto.
 
 
 
 

Note: Capitolo nonsense che mette insieme un po’ di cose, riassume, sistema e poi rimischia le carte. Un’altra di quelle cose che semplicemente mi andava di scrivere e che è uscita dal nulla  ;)
(Per la cronaca, i biscotti alla menta esistono, anche se a me personalmente non piacciono molto XD)
“So di non sapere” --> Socrate
“Io non sono cattiva, è che mi disegnano così” --> Jessica Rabbit in “Chi ha incastrato Roger Rabbit”

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Capitolo 6
*** Incubi e suggestioni ***


Nda. Capitolo post-The Avengers ma Pre-Iron Man 3



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Incubi e suggestioni




Quando si svegliò, Pepper sentì immediatamente che qualcosa non andava.
Una particina del suo cervello, quella pragmatica e concreta fino al midollo, la stessa che non le faceva mai leggere gli oroscopi perché “dai, come si fa a credere agli oroscopi?”, le disse imperiosamente di ignorare lo stupido peso che le premeva lo stomaco e che non aveva ragione di esistere. Che “sentire” che qualcosa non andava non era umanamente possibile e che quasi sicuramente quella sensazione doveva necessariamente essere dovuta ad un qualche incubo idiota che fino a qualche minuto prima doveva aver avuto tutta la sua attenzione, anche se in quel momento non se lo ricordava.
Poi però, spinta da chissà cosa, Pepper allungò una mano verso sinistra, il suo palmo incontrò la stoffa liscia del lenzuolo di lino del letto e dovette ricredersi. Tony non c’era.
Ora, normalmente, uno non si dovrebbe allarmare eccessivamente per una scoperta del genere. Soprattutto se è lunedì mattina, il sole è già sorto e sia tu che il tuo partner avete un lavoro impegnativo da portare avanti.
Ma quella situazione non era “normale”.
Innanzitutto, le occasioni in cui era Tony ad alzarsi per primo erano rare e preziose come i diamanti  e di soluto includevano una qualche festività in particolare (pareva che ultimamente Tony si divertisse come un pazzo a trovarle il regalo perfetto, anche se a lei continuava a sfuggire il perché) oppure una delle numerose e poco apprezzabili idee del suddetto (quali per esempio un viaggetto a Parigi il mercoledì dell’incontro con gli azionisti perché “non hai vissuto veramente finché non hai mangiato le escargot sulla cima della Tour Eiffel quando nevica”), entrambe possibilità, queste, che bastavano già da sole a giustificare quella sottospecie di premonizione che l’aveva svegliata qualche secondo prima.
In secondo luogo, poi, quella non era una situazione normale perché non lo era, punto.
Per esempio, non era normale che l’umanità avesse appena scoperto di non essere l’unica forma di vita dell’universo, né che le suddette “altre forme di vita” fossero per la maggior parte, almeno per quanto poteva saperne lei, intenzionate a ridurla in poltiglia. Non era normale anche, e non c’era nemmeno bisogno di dirlo, che il suo fidanzato supereroe avesse sventato un tentativo governativo di distruggere l’isola di Manhattan infilando un missile a propulsione nucleare all’interno di un buco spazio-temporale e avesse rischiato di lasciarci tutte quante le penne.
Tutte questa considerazioni, sommate a quel dannatissimo masso di cemento che non accennava a volersi togliere dal suo stomaco, spinsero Pepper ad alzarsi in piedi e ad andare ad investigare su cosa stesse succedendo, con buona pace della particina del suo cervello pragmatica e razionale.
Arrivata alla fine del corridoio, Pepper sentì il famigliare scroscio dell’acqua della doccia e si avvicinò furtiva - furtiva? Perché furtiva? Non mi ci sono appena trasferita, qui? - alla porta del bagno e la spalancò silenziosamente - fantastico, ora mi sento ufficialmente una guardona...
Il rumore dell’acqua non era l’unico della stanza.
- I’m blue daba dee dabadie daba dee dabadieeeee... – Tony, cantando - ahimé - a squarciagola, stava uscendo dalla doccia, un asciugamano sui fianchi e uno ad asciugarsi i capelli. Per i primi secondi parve non accorgersi della sua presenza. Poi però, giunto allo specchio, inclinò la testa verso di lei e le sorrise.
Ecco, imbambolata. Perché rimango sempre così quando c’è di mezzo lui?
- Perché mi guardi così? Non si può più cantare?
- Oh, no. Cioè... – riprenditi, donna! – In effetti, pensavo che un gatto stesse agonizzando. – battuta idiota. Da dove le era uscita? Adesso gli racconterai anche quella dell’italiano, dell’inglese e del francese sul volo di linea?
- Oh, vedo che siamo particolarmente simpatici, stamattina. – appunto.
Pepper osservava Tony radersi davanti allo specchio e per un attimo sentì riaffiorare pressante quella strana sensazione di disagio. Cosa c’era che non andava? Tony stava bene, si disse. Erano passate due settimane, tutte le sue ferite erano state curate e il cattivo era stato rispedito sul suo pianeta natale. Perciò, cosa diamine c’era che non andava?
Poi Pepper se ne accorse. Era la linea della mascella. Era rigida e contratta, come se Tony avesse digrignato i denti tutta la notte. Come se non avesse dormito affatto.
E poi c’erano le sopraciglia, per nulla rilassate, e gli occhi, cupi, fissi, come se Tony non stesse veramente fissando la sua immagine allo specchio ma qualcos’altro, da un’altra parte.
- C’è un motivo per cui sei qui o devo forse pensare che il tuo outfit sia predisposto per convincermi a fare un po’ di sana ginnastica mattutina? – le chiese improvvisamente lui, mentre il suo sorriso assumeva una sfumatura più maliziosa.
Pepper si riscosse dai suoi pensieri.
Che?
Abbassò lo sguardo verso la camicia di seta che indossava, aperta molto più del necessario, e sui pantaloni che... che non c’erano affatto.
Ugh, come mi sono ridotta così? Beh...  più che altro, come diamine ho fatto a non accorgermene?
- Tony sei... – disse, con tono lamentoso. La stava distraendo dalle sue conclusioni! – Non sviare il discorso!
Lui la fissò di rimando, un sopraciglio alzato.
- Discorso? Quale discorso? Lo saprei se stessimo facendo un...
- Come stai, Tony? – gli chiese, avvicinandosi quanto bastava per guardarlo dritto negli occhi.
Era una domanda idiota, lo sapeva. Insomma, prendere le parti della mamma chioccia non era mai e poi mai stato nelle sue intenzioni, ma riuscire a parlare con uno come Tony Stark a cuore aperto e convincere lui stesso a farlo, era più o meno come decidere di scalare l’Everest durante una tempesta di neve. Se si sentirà attaccato, ti risponderà con del sarcasmo tagliente e cinico quanto basta, se invece si sentirà dalla parte del vincente, lo farà comunque, per marcare il suo territorio. Pepper, per qualche strana ragione, era sempre stata in grado di dosare questo particolare aspetto del carattere di Tony, ma ciò certo non implicava che potesse fare miracoli. La strategia migliore era quella di andare dritta al punto, no?
Basta che poi non mi metta a chiedergli come è andata la scuola, se ha mangiato e se gli altri bambini lo hanno trattato male...
Tony, per tutta risposta, tornò a fissare lo specchio.
Brutto segno.
- Bellissimo, purissimo e levissimo, come al solito. Che domande.
Stavolta toccò a lui sorbirsi lo sguardo perplesso.
- Che c’è?
- Te l’ho chiesto prima io, se non sbaglio.
Tony sbuffò: - Sto bene, te l’ho detto. Benissimo. Una rosa in fiore, praticamente.
Bruttissimo segno. Era sarcasmo?
- Tony. – e rieccolo, il tono da mamma chioccia, -  Hai appena vissuto una situazione terribile – gli disse, misurando le parole e avvicinandosi a lui. Il contatto fisico di solito aiuta, no? – Hai appena affrontato dei semi-dei-alieni-muscolosi, hai dirottato un missile, hai rischiato di morire almeno una cinquantine di volte in una cinquantina di modi diversi nel giro di due giorni. È logico che qualche ripercussione...
Tony la zittì con un bacio.
Perché gli uomini sono convinti che questo sia un buon metodo per cambiare discorso?
- Tony.
- Pepper, ascolta. – wow, non dirmi che ce l’ho fatta. – Sono contento che tu sia preoccupata per me, ma sto bene, non dovresti. Ho già affrontato situazioni del genere in passato ed ora che sei qui con me sono convinto che sarà molto più facile dimenticare anche questa.
- Mmh... – questa storia mi puzza.
- Cosa dovrei fare per convincerti? Mettermi a ballare il Can-Can? Perché posso farlo, se proprio lo desideri. Credo che sarei un discreto ballerino...
- Tony...
- Pepper, senti, ora mi devo vedere con Banner. Hai presente? Quello che si trasforma in un enorme mostro verde rabbioso. Sembra simpatico. Perché non vieni anche tu? Posso presentartelo, scommetto che ti piacerebbe.
“Enorme mostro verde rabbioso”? Mica quell' “enorme mostro verde rabbioso”, vero?
Uhm... chissà, forse la sensazione di stamattina si riferiva semplicemente al fatto che il mio fidanzato sta diventando il migliore amico di Hulk.
Come fonte di preoccupazione era comunque un buon inizio.
- Stavolta passo. – la supereroina qui non sono io, grazie al cielo, - Ma tu vedi di stare attento.
In fondo, poteva anche esserselo immaginato, quel presentimento.
Tony le sorrise e sembrava che l’ombra che aveva prima nello sguardo fosse completamente scomparsa: - Stai tranquilla, so come gestire le cose, come sempre. Allora magari ci vediamo a pranzo. Stasera potrebbe essere un buon momento per quella gitarella a Parigi di cui stavamo discutendo, non credi?
Pepper annuì, senza sicurezza.
Chiamatemi scema, ma il mio oroscopo oggi non me lo toglie nessuno.
 
Tony baciò Pepper di nuovo - le donne lo adorano – e si diresse verso il suo guardaroba, nell’altra stanza. Prese la cravatta celeste, quella che gli illuminava lo sguardo, come aveva detto quella commessa procace di non si ricordava nemmeno dove, e la indossò, mentre Jarvis gli controllava le mail in arrivo, come se niente fosse.
Ma qualcosa c’è e, dannazione, non sono nemmeno stato in grado di nasconderlo come si deve.
Si ricordava lo spazio vuoto, anche in quel momento e gli venivano i brividi. Quella notte, dalle due poco piacevoli uniche ore di sonno che era riuscito a racimolare, era stato proprio lo spazio vuoto a svegliarlo.
La gente normale almeno sogna di cadere, io sogno di galleggiare.
Eh già. Perché ovviamente, a fargli paura, non era quello che era successo. No, sarebbe stato troppo semplice. Era ciò che sarebbe potuto succedere.
Nei suoi incubi c’era l’oscurità, c’era quell’esplosione. C’era quel portare che si era chiuso troppo presto e c’era il silenzio. Un silenzio tanto opprimente che lo faceva svegliare urlante. Beh, quando riusciva ad addormentarsi, se non altro. E lui non ci riusciva da due settimane.
Un genio playboy filantropo codardo. Lo sapessero le signore, indirrebbero una giornata di lutto nazionale.
Non che a lui fregasse qualcosa ormai, delle altre signore. La sua, di signora, per quanto questa definizione le andasse stretta, era davvero l’unica che lui non avrebbe mai voluto far preoccupare. E aveva fallito. Piuttosto miseramente, fra l’altro.
Tony mentiva spesso, non volentieri, ma spesso. Non ci aveva mai trovato nulla di male, bastava solo eclissare la verità quanto bastava e nessuno probabilmente si era mai reso conto di quanto in effetti lui tendesse a mascherare con quel suo sarcasmo. Ma quando aveva guardato Pepper negli occhi e le aveva detto che andava tutto bene, aveva sentito una coltellata al petto. Insomma, quanto era patetico il fatto che avesse cominciato a canticchiare per cercare di sembrare indifferente? Si sentiva come se avesse maltrattato un cucciolo di cane, rubato una caramella ad un bambino. Pepper non ci era cascata, d’accordo, perché lei di infantile non aveva niente e anzi era molto più intuitiva di quanto tutti si potessero aspettare, incluso lui stesso, ma, anche se non andava bene niente, finché non avesse influito sul loro rapporto, non andava forse bene continuare a fingere?
- Signor Stark, ho completato la Mark 18.
- Bene, J. Adesso però prepara un altro progetto, amplia il raggio di azione dei propulsori, diminuisci l’energia della spinta laterale e vedi se riesci a trovare un modo di alleggerire un po’ il peso degli anteriori.
- Ne è sicuro, Signore? Se mi posso permettere, questa sarebbe la Mark 19 in poco più di due settimane...
- Se ne sono sicuro? J, non credo di averti programmato per fare domande inutili. Che Mark 19 sia.
Sì, per il momento andava bene quanto bastava.






Note: Sono tornata e con un altro capitolo ancora diverso dai precedenti. Sia mai che io riesca a creare una raccolta omogenea, eh? Va beh, lasciamo perdere.
Non ho molto da dire a riguardo, spero solo che il fatto che questo capitolo sia molto meno a lieto fine (se così possiamo dire) degli altri, non vi sia troppo dispiaciuto. Ma, in fondo, poi sappiamo che i due hanno risolto, no? (Mi riferisco alla scena di Iron Man 3 dove Tony confessa a Pepper che lui la notte non dorme e costruisce le sue armature)
Non ho molto da dire, appunto, solo... ecco, la canzone che Tony canta sotto la doccia è “Blue” degli Eiffel65, che è poi anche la canzone con cui prende il via Iron Man 3. L’ho scelta un po’ per rendere omaggio al film, un po’ perché è uno di quei motivetti che, che ti piacciano o non ti piacciano, ti rimangono fissati in testa e non ti lasciano più.
Bene, ho finito. Grazie mille a voi che siete giusti fino a qui :)
 

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Capitolo 7
*** Lost and Found: In barba ad hamburger posticci e ragazze-in-adorazione ***


Sproloquiando allegramente: Scusate quest’inutile premessa a un capitolo che già sarà lunghetto di per se stesso (chi si aspettava di conoscere così tante parole? O.O) ma ho notato che, stranamente, la volta scorsa sono aumentate tantissimo le persone che mi seguono e chi preferisce e per questo volevo dirvi grazie. Ogni volta ho tantissime visite e non avete idea di quanto mi faccia sorridere come una rimbecillita sapere che qualcuno legge questi assurdi capitoletti.
Volevo invitarvi, per quanto dovrei starmene zitta nel mio angolino e lasciare in pace il mondo, a dirmi un po’ cosa ne pensate di questa raccolta. Vi piace? Non vi piace? Ad un’autrice fa sempre piacere sapere che avete speso un po’ di tempo per commentare quello che lei ha speso tanto tempo per scrivere (non mi sto nascondendo dietro la terza persona, noo).
Beh, d’accordo, ora vado, dimenticare pure se volete questo sproloquio, ne approfitto solo per ringraziare chi ha già recensito in precedenza <3 <3 <3

 
 
 
 
 
Nda: Capitolo pre-IronMan
 
Lost and Found

In barba ad hamburger posticci e ragazze-in-adorazione

 
 
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“Perdersi è l'unico modo per trovare qualcosa che sia introvabile,
altrimenti chiunque saprebbe dove trovarlo.”
“Pirati dei Caraibi: ai confini del mondo”
 
 
 
 
Pepper odiava le feste.
No, no d’accordo, odiava le feste dove c’era anche il Signor Stark, tutte le altre andavano bene.
Odiava, per esempio, essere costretta ai suoi impegni di babysitting anche fuori dall’orario lavorativo. Quando Tony saliva sul palco totalmente ubriaco e prendeva in mano il microfono, per dire una cosa a caso. O quando non era ubriaco affatto, il che a volte era perfino peggio.
Odiava quelle feste anche più di quelle dedicate agli incontri con gli ex-alunni, che comunque le avevano fatto accumulare una non indifferente lista di brutte figure da manuale. Odiava quelle feste perché Tony riusciva perennemente a superare qualsiasi limite, che fosse di decenza, di sanità mentale o di puro e semplice buon senso.
Fu sicuramente per questo che, quella notte d’autunno, in quella sala addobbata all’ultimo piano di un grattacielo del centro, Pepper trasalì, fissando la porta d’ingresso, dove scorse una più che riconoscibile zazzera di capelli scuri, corredata di occhiali da sole supercostosi e smoking all’ultima moda londinese.
- Oh, no...
- Che succede? – le chiese Mark, che era appena tornato dal bar con i loro drink.
Ho parlato ad alta voce?
- N-niente, perché? Non c’è assolutamente niente che non vada. Ti dispiace se vado ad incipriarmi un attimo il naso? – aveva parlato in modo talmente veloce, che quando la frase finì, finì anche il  suo fiato.
Senza aspettare una risposta e/o segno di vita da parte di Mark, che quasi sicuramente la stava fissando come fosse uscita fuori di testa, il che poteva anche essere, Pepper partì subito, cercando di raggiungere la-sua-croce-personale, già attorniata da un mucchio di persone sconosciute.
Ma non doveva essere in India?
Pensò, ricordando distintamente che il motivo per cui quel giorno si era concessa quell’uscita con Mark, un dirigente che pareva molto simpatico malgrado l’essere un dirigente, era perché Tony si trovava dall’altra parte del mondo ad un convegno.
Con Rhodey. Doveva essere con Rhodey. Dov’è Rhodey?
Riuscì ad arrivare alla meta dopo un buon minuto e mezzo, ma da dove arriva tutta questa gente?, e qualche lieve scivolone sui tacchi (molto) a spillo.
- Pepper! Che ci fa lei qui? – le disse, urlò, Stark, con la sua aria allegra-e-innocente, quando la vide.
Suvvia, Pepper, non è che ha fatto apposta a trovarsi qui, alla tua stessa festa.
Presumibilmente.
Fra l’altro, avrebbe dovuto trovarsi in India...
- Lei non avrebbe dovuto trovarsi in India? – gli chiese, dopo aver scansato un paio di prosperose e poco vestite ragazze-in-adorazione. Manco fosse un dio.
- Ehm, come dice, scusi? Sa, la musica, non senso.
Almeno la musica ebbe il pregio di non riuscire a nascondere l’occhiataccia che lei gli rivolse.
Pepper aprì la bocca per dire qualcosa, forse qualcosa di cui in seguito si sarebbe pentita ma al momento poco importava, ma Tony era gia sgusciato via in mezzo alla folla.
Che almeno non si diriga verso il palco...
I discorsi di Tony non preparati in anticipo erano un suo incubo ricorrente. E a ragione.
- Virginia! Virginia, eccoti. Dov’eri andata a finire? – Mark era appena spuntato alla sua sinistra.
Come aveva potuto dimenticarsi di lui?
- Oh, ehm... – e come faceva a liberarsene in fretta?
Già, perché doveva liberarsene, aveva un disperato bisogno di risolvere quella situazione, magari cominciando a mettersi in contatto con Rhodey, che aveva buone possibilità di essere stato abbandonato in qualche angolo remoto del paese, Tony ne era capacissimo.
E facciamo finta che cose del genere non siano mai successe...
- Senti, Mark, io devo... fare... una cosa... – e adesso manco riusciva a parlare, figurarsi inventare una scusa decente!
E Mark era lì, a fissarla con quei suoi stupendi occhi blu. E lei non aveva una serata decente da così tanto!
Ma il babysitting veniva prima, per qualche astruso motivo che al momento le sfuggiva e forse era inconoscibile dall’intero genere umano.
- Pepper! – proruppe una voce fin troppo famigliare, - Pepper, perché non si gode un po’ la festa? Non mi sembra che se la stia godendo, guardi che faccia! Vuole che le offra un drink?
“Ma porc...” pensò lei, subito prima di “Non notare Mark. Non notare Mark. NON NOTARE...”
- E chi è questo baldo giovane? Non sia scortese suvvia, Signorina Potts, ci presenti! – Tony aveva assunto l’aria da bambino in un negozio di caramelle. Un bambino in un negozio di caramelle con uno sguardo assolutamente inquietante.
O almeno così pareva a lei, che impersonava la caramella.
- Ehm, io... – prese un respiro, - Mark, ti presento Tony Stark, a capo delle Stark Industries. – e con una spiccata capacità di rendere la vita impossibile a quelli che gli sono intorno, -  Signor Stark le presento Mark Shep...
- Mark! Come sta, Mark? – lasciare finire di parlare le persone era ritenuto crimine capitale? – La trovo in forma! Fa palestra? – oddio – E così lei è l’accompagnatore della Signorina Potts, esatto? Direi che è un uomo estremamente fortunato.
Mark parve sommerso da quel fiume di parole, ma dopo qualche attimo riemerse: - Sì, certamente.
Bravo, Mark. Profilo basso e non fare il suo gioco.
Pensò Pepper, che aveva cominciato a mangiarsi le unghie.
Beh, ri-cominciato, considerato che ho smesso nell’adolescenza.
“Nervi saldi? Vita monotona? Siete stanchi di essere troppo rilassati e in pace con voi stessi? Tony Stark è la soluzione che fa per voi!” Dovrei brevettarlo...
Mark continuò: - Sono immensamente felice di conoscerla, Signor Stark. Io... la ammiro moltissimo. – Che? – Lei è un genio!
Pepper capì in quel momento che Mark non era l’uomo per lei.
Anche Stark, comunque, non si lasciò sfuggire quello sguardo da ragazza-in-adorazione. – Ma davvero? – esclamò compiaciuto. Lo odio quando è compiaciuto. – Beh, sa una cosa Mark. Sarei veramente felicissimo di discutere a lungo con lei della mia genialità, ma non le dispiace se prima le rubo un secondo la sua signora, vero?
Le ultime, residue e testarde speranze di Pepper crollarono quando Mark biascicò un “Certo, certo, tutte le volte che vuole!” con lo sguardo sempre-più-in-adorazione.
Complimenti davvero, tu sì che sai sceglierti gli uomini.
Poi Tony le portò una mano sulla schiena e la condusse in un angolo della sala.
Chissà dove sono andate a finire le sue groupies...
- Simpatico il mio fan, lì dietro. – Pepper non lo guardava in faccia e lo ascoltava poco. Era troppo concentrata sulla dicotomia “gli urlo in faccia e poi alzo i tacchi” o “i tacchi li alzo subito e glieli tiro in fronte”. – Sta bene, Signorina Potts? La vedo un po’ pallida. – un’occhiataccia esasperata non gliela levava nessuno, - Beh, ne parleremo in seguito. Senta, so che è fuori dall’orario prettamente lavorativo, ma avrei un favore da chiederle.
Pepper ebbe il tempo di riprendersi e rispondere, con voce fredda e aria sprezzante: - Un favore.
- Sì, sì esatto un favore. Uno piccolo, piccolo.
Qualcosa le diceva che stava per arrivare una richiesta che di “piccolo piccolo” non aveva niente.
Genialità? Intuito femminile? O elementare capacità di fare due più due?
- Quindi? – com’era che la voce indifferente e sarcastica le usciva bene solo in quei frangenti?
- Beh, sa... per quella questione dell’India... diciamo solo che potrei aver causato un lievissimo incidente diplomatico con le autorità locali. E accidentalmente, del tutto accidentalmente, potrebbe essere rimasto coinvolto Rhodey.
Sono veggente. – Dove si trova adesso?
- L’ultima volta che l’ho visto... in una cella circondato da corpulente guardie del corpo.
Pepper abbassò lo sguardo e prese un lungo respiro. Almeno, era nel suo elemento.
Ma Tony parve interpretare quel sospiro diversamente.
- Aspetti, sa che le dico? Lasci perdere. Torni alla sua festa e al suo omaccione ben vestito, in fondo siamo fuori dall’orario d’ufficio. – disse, facendo per andarsene, - Me la caverò... chissà se a quelle guardie corpulente potrebbero piacere un paio di Ferrari ultimo modello...
Pepper lo bloccò appoggiandogli una mano sul braccio. Fingendo di non compiacersi per quell’inaspettato slancio di carineria, lo guardò negli occhi e disse, molto più risoluta di quanto fosse: - E intanto lasciamo Rhodey chiuso in cella? No. Su, muoviamoci, cercherò di fare quello che posso. – Ma niente miracoli!
Tony a quel punto le sorrise, un sorriso di quelli veramente felici, uno dei pochi che concedeva.
Pepper si fece commuovere esattamente per un millesimo di secondo, poi prese in mano il cellulare e cominciò a pensare ad un modo efficace per evitare a Rhodey di passare tutta la vita in un carcere indiano.
 
 
- Certo, perfetto. Io... la ringrazio infinitamente, sì, grazie, sì. Arrivederci.
Pepper chiuse la comunicazione e appoggiò la testa allo schienale del sedile.
- Allora?
Erano in una delle macchine di Tony. Quella lunga con il tettuccio estraibile e gli interni in pelle, l’avrebbe descritta lei. Tony collezionava talmente tante auto che tenerle a mente tutte era fuori anche dalla sua portata.
E no, il tempo di leggere il nome sul cruscotto non l’aveva avuto, d’accordo? In quel momento era toppo impegnata a salvare la carriera ad un amico/compagno di sventure.
In quel momento... cioè all’incirca un paio di ore prima.
- Ho parlato con l’ambasciata, a quanto pare l’incidente è stato molto meno grave del previsto. Per la cronaca, come le è venuto in mente di insultare in un tal modo il credo nazionale?
Tony, malgrado la situazione, non poté fare a meno di lasciarsi sfuggire un sorriso, - È stato uno sbaglio. L’altra sera sono andato in un bar e ho fatto amicizia con un imprenditore locale che parlava inglese. Abbiamo bevuto un po’ e alla fine ha deciso di insegnarmi qualche parolina nella sua lingua. Evidentemente eravamo più ubriachi del previsto... Fra l’altro, com’è che lei è così esperta di politica indiana?
Pepper sbuffò alla spiegazione che le era stata appena fornita. Che altro avrebbe potuto aspettarsi, in fondo? – Non lo sono affatto, ho cercato di giostrarmela come potevo. – e avrei potuto fare di meglio.
- Caspita... evidentemente ci sono un sacco di cose che non so su di lei.
Sì, un sacco.
Per esempio, Tony probabilmente non sapeva che, in quell’esatto momento, Pepper avrebbe desiderato con tutta se stessa un bel bagno caldo con tanta schiuma da arrivare al soffitto e magari pure una bella puntata di Beautiful pronta da guardare il TV.
Pepper avrebbe voluto essere a casa, non spiaccicata sul sedile di un auto di lusso diretta verso... dove?
- Signor Stark, mi tolga una curiosità, dove stiamo andando?
Tony aggrottò le sopracciglia e si girò un secondo verso di lei: - In che senso?
Pepper rimase interdetta: - Come, “in che senso”? Dove stiamo andando? Verso dove sta guidando? E... –  a quel punto si concesse un fugace sguardo fuori dal finestrino, dove grandi prateria deserte le sfrecciavano davanti agli occhi a grande velocità – dove diamine siamo?
Non le fu risposto subito, inizialmente sembrava che Tony avesse deciso semplicemente di ignorarla.
- Signor St...
- Dovremmo essere in Georgia.
Non poté fare a meno di fissarlo ad occhi spalancati: - “Dovremmo”?
Lui si morse un labbro: - Beh, diciamo che... che sono temporaneamente non in grado di dirle, con estrema precisione, le coordinate esatte in cui ci troviamo.
Sono senza parole: - Si è perso?
- Non mi sono perso. Sono temporaneamente non in grado...
- Sì è perso. Bene. E come ci è riuscito, esattamente? Questo trabiccolo non ha un dannatissimo GPS? – chiese, mentre con lo sguardo andava ad indagare su tutti quei tastini luminosi davanti a lei. Il tono le era uscito più rude del previsto, ma la prospettiva del bagno caldo era così lontana da essere quasi una sofferenza fisica.
- Innanzitutto questo non è affatto un trabiccolo, è una Jaguar XF a marcia manuale con motore...
- Ma ci siamo persi.
- Non ci siamo...
- Signor Stark?
Tony sospirò e si arrese: - D’accordo, ci siamo persi.
Ma perché gli uomini sono così convinti che il senso dell’orientamento sia collegato alla virilità?
- E il GPS?
- Niente GPS. E per i cellulari non c’è segnale.
Fantastico. E adesso?
Un attimo, quanto tempo aveva avuto per fare tutte quelle considerazioni?
Pepper assottigliò lo sguardo: - Mi scusi, ma, esattamente, da quanto tempo ci siamo persi?
- Un po’. – sussurrò Tony.
- Un po’. – ripeté lei, sospirando, con la testa che andava nuovamente poggiandosi sullo schienale, - E adesso?
 
 
- Lo ammetfo, questa sua idea è stata grandfiosa.
Erano seduti ad un tavolino grigiastro di una piccola tavola calda lungo la strada. Pepper ci aveva messo dieci minuti per convincere Tony a fermarsi per chiedere indicazioni.
Dieci. Minuti.
Perché anche chiedere indicazioni sminuisce la virilità, ovviamente.
Solo la prospettiva di un hamburger e un buon caffè forte di periferia erano riusciti a convincerlo.
E ora erano seduti lì, un paio di panini davanti a loro, un paio di bibite e un paio di cameriere sui sessant’anni ad osservarli di sottecchi da dietro il bancone.
- Ma questo hamfburger è meravigliofo! – Tony sembrava apprezzare sempre di più.
Pepper si concesse un secondo per osservarlo, posa rilassata e occhiali scuri sugli occhi (fargli notare che era notte sarebbe servito a ben poco, lo sapeva per esperienza), e realizzare che per quanto non fosse felice per lei, forse, per chissà quale istinto da mamma chioccia, almeno era felice per lui.
- No, sul serio, questi hamburger sono... penso che potrebbero fare affari favolosi, se solo avessero le giuste conoscenze... – Ma sì, diamoci all’industria delle tavole calde. –Vero?
- Ehm, sì, sì certo. – in realtà a Pepper la carne non era mai particolarmente piaciuta e quella in particolare le pareva un po’ unticcia, ma perché rovinare quel bel momento?
Non è assurdo che io mi senta così... rilassata, adesso?
Tony alzò lo sguardo (intanto si era finalmente tolto gli occhiali) e si accorse che lei lo stava fissando. Per qualche strana ragione, Pepper si sentì imbarazzata.
Non arrossirò come una ragazzina adesso, vero? Le cose si fanno sempre più assurde...
- Signorina Potts, mi dica... quel Mark è il suo fidanzato?
Quasi non si strozzò con il boccone che aveva in bocca.
- Cos... è? Lei non... non crederà che ne voglia parlare con lei, vero? – biascicò dopo qualche colpo di tosse, sempre più imbarazzata.
- Beh, ovvio che non sono affari miei. Però, se posso, - continuò Tony, con il tono di chi-sa-che-non-può, ma se ne frega altamente, - Quel tipo, lui... ottimi gusti certo, guardi lei e guardi me! Però... non lo vedo come un uomo “da lei”, ecco.
Pepper lo fulminò con lo sguardo. Sulle labbra aveva le parole “E quale sarebbe un uomo da me?” ma si limitò ad uno sprezzante: - Ha ragione, non sono affari suoi. – che le dette una certa soddisfazione, anche se sapeva un po’ di cliché.
Di cliché aveva anche un po’ il fatto che, subito dopo, Pepper si alzò e uscì da locale, ma a quel punto probabilmente era troppo stanca per preoccuparsi di non atteggiarsi come una prima donna (quello era un ruolo di Stark, si sapeva).
Tony la raggiunse dopo qualche minuto. Salirono in macchina e partirono, nessuno parlò.
Grazie alle cameriere del locale, avevano scoperto di trovarsi all’inizio della Route 129, nella parte bassa della Georgia, quindi tornare indietro non fu troppo complicato, anche se ci volle comunque moltissimo tempo.
Il silenzio si stava facendo lievemente opprimente, soprattutto considerando che nessuno avrebbe mai potuto scommettere che Tony potesse tenere la bocca chiusa per tutto quel tempo consecutivamente.
Poi, ad un certo punto, un coyote con degli occhiali scuri e uno struzzo in smoking gli attraversarono la strada, facendoli finire dentro ad un arcobaleno fatto di hamburger e Pepper capì che stava sognando.
 
 
Si svegliò la mattina dopo nel suo letto.
La prima cosa che pensò, molto prosaicamente, fu “Oh, cazzo.” subito seguita da “Come ci sono arrivata qui?” e, conseguentemente, “Non avremmo...?”.
Poi Pepper però si guardò intorno e si accorse che a) era ancora completamente vestita e b) nel letto non c’era nessuno con lei.
Perciò si rilassò e cercò di dare risposta alla seconda domanda, come diamine era arrivata fin lì?
Lo seppe solo quando, una volta che si fu alzata (nell’esatto momento in cui si alzò, in verità, il che era vagamente inquietante), suonarono alla porta.
Ancora nei postumi di una delle notti più strane della sua vita, Pepper fu più che sorpresa di trovarsi davanti un Tony Stark vestito di tutto punto con un caffè in mano e la proposta: - Le va se torniamo alla tavola calda di ieri sera a far colazione, o pranzo, vista l’ora, e ne approfittiamo per andare a prendere Rhodey in aeroporto? Se c’è lei, almeno c’è una buona possibilità che decida di non uccidermi, il che sarebbe francamente spiacevole. Ah, ci andiamo in elicottero, ovviamente. E le prometto che non sarò io a guidare.
Accettò.
 
 
 
 
Note: Capitolo dedicato alla parte un pochino più “santa” del carattere della povera Pepper, che vivere ventiquattro ore su ventiquattro con uno come Tony non deve essere una passeggiata proprio per niente.
Me la sbrigo in fretta, che tanto le cose che dovevo dire le ho già dette.
Per quanto riguarda il titolo, mi sono accorta, solo dopo averlo pensato, che in inglese significa “oggetti smarriti”, mentre in realtà io volevo solo dire “persi e ritrovati”, ma alla fine l’ho lasciato comunque perché suonava bene (e poi sono troppo pigra per trovarne un altro).
Bene, scusate ancora per le troppe “note” sparse qui e là, alla prossima,
Aout ;)

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Capitolo 8
*** Tutti i nodi vengono al pettine. Letteralmente. ***





Nda. Capitolo post-IronMan 3. Avete presente quelle one-shot idiote su cui non dovete soffermarvi troppo? Quelle che sono talmente idiote da... beh, molto idiote.
Ecco, questa è una di quelle. Non giudicatela male, dai, è solo uno spaccato divertente.
Più o meno.
...
Dopo mi do all’ippica, tranquilli.
 
 

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Tutti i nodi vengono al pettine
(letteralmente
)
 
 

Pepper stava riordinando una non indifferente pila di scartoffie che un colpo di vento aveva disperso per terra.
Grattacieli.
Avendo contribuito ben più del dodici per centro avrei dovuto impormi e costruire un edificio più basso. Ci sono innumerevoli vantaggi, diamine.
Aprire la finestra non avrebbe portato istantaneamente la stanza ad un clima artico, innanzitutto. In più, nessun super-cattivo avrebbe tentato di usare il tetto come portare dimensionale, il che era cosa addirittura migliore.
Chissà, magari sarebbe una buona idea per il futuro...
Pensò, in modo un po’ futile. Tuttavia, essendo appena uscita da quel suo ricovero post-non sputo più fuoco, qualche pensiero futile era profondamente convinta di meritarselo.
Con pochissima voglia di esercitare pressione su quel nuovo paio di tacchi che la stavano uccidendo, Pepper si chinò per raccogliere un ultimo stupido e inutile pezzo di carta e, a quel punto, sentì un grido provenire dall’altra stanza.
Era quasi certa si trattasse di un “Cosa?” di dieci ottave sopra l’ultrasuono, ma avrebbe anche potuto sbagliarsi.
Visto che viveva a stretto contatto con Tony da ormai ben più di... beh, si sa, dopo un po’ è meglio smettere di contare gli anni, sapeva per esperienza che andare a controllare era meglio di fare finta di niente. Non che non lo avrebbe desiderato, eh.
- Tony? – chiamò, appoggiando quel modulo sulla scrivania e avviandosi verso la porta del piccolo ufficio che aveva lì, vicino alla loro camera da letto, – È successo qualcosa?
Nel salottino lì a fianco, Tony era in piedi dietro al divano, le braccia lungo i fianchi e i pugni chiusi.
Per un secondo, Pepper ebbe paura. I primi dieci pensieri che le attraversarono la testa includevano nuovi guai interstellari, cattivi con aspirazioni politiche o missioni varie che si ricollegavano in qualche modo alla parola “vendetta” senza averne il titolo.
Poi però Pepper si accorse che lo sguardo di Tony era fissato su quello che sembrava niente di più che un semplice video musicale lievemente esplicito e quindi tentò di controllarsi.
Non ci sono sempre pericoli dietro l’angolo, Virginia. Fra l’altro, la settimana prossima il tuo fidanzato si toglierà quel neon azzurro dal petto e tutto andrà in ordine, come avrebbe sempre dovuto essere.
- Tony? – lo chiamò di nuovo e la voce le uscì non perfetta come avrebbe desiderato, ma molto meno tremante di come le sembrava nella sua testa, - Tony, si può sapere che cosa è successo?
A quel punto si aspettava che lui si girasse, facesse una battuta di qualunque tipo, le sorridesse, la guardasse, perlomeno.
Invece Tony non si girò, non sorrise e si limitò ad un pacato “Niente” detto velocemente. Poi si allontanò e uscì dalla stanza. Così.
Pepper rimase a fissare l’imbocco del corridoio per quasi dieci secondi.
Cosa doveva fare? Inseguirlo?
Cosa doveva pensare? Niente di brutto, vero?
Per un volta, e dentro di sé si giurò che sarebbe stata l’ultima, Pepper decise che fare finta di niente poteva anche andare bene.
 
Ma tutti i nodi vengono al pettine prima o poi.
Letteralmente.
 
Pepper se ne accorse la mattina dopo, quando andò nella piccola cucina che avevano vicino al salone, quella che nessuno usava mai, ma che comunque in un simil-appartamento doveva esserci, anche se erano all’ultimo piano di un grattacielo auto-alimentato a energia pulita.
Era vicino al ripiano del lavandino e aveva in mano un bicchiere d’acqua fresca.
Portandoselo vicino al viso, alzò gli occhi, tranquilla, e cacciò un urlo agghiacciante.
Subito dopo si coprì la bocca con la mano destra. Nemmeno lei si sarebbe aspettata una reazione così forte, ma... ma in fondo in fondo un senso l’aveva.
Tony era sulla porta della cucina. La posa rilassata e lo sguardo confuso.
- Che hai?
Pepper provò a spiegarglielo ma, dopo i primi tentativi fallimentari nei quali era riuscita ad emettere forse solo qualcosa di simile ad uno squittio, si limitò ad indicarlo sbigottita.
- Cosa? – chiese di nuovo lui facendo finta di niente.
Lo sapevo che non avrei dovuto lasciar perdere. Io e la mia pigrizia!
E adesso guarda, guarda dove siamo finiti!
- Come... perché? – le uscì alla fine e diciamo che il concetto meglio di così non poteva essere espresso.
Tony la fissò, sorrise di un sorriso pessimo e scrollò le spalle indifferente, il ciuffo blu di capelli che aveva in testa si spostò lievemente quando inclinò il capo.
 
- Tony, per l’amor del cielo, non hai diciotto anni. E nemmeno venti. E nemmeno trenta, se proprio dobbiamo specificarlo! Si può sapere cosa ti è venuto in mente?
Lui sbuffò. - Diamine, Pepper, stai facendo un dramma di qualcosa di così futile. Ti direi che assomigli a mia madre, se non fosse che lei di certo avrebbe approvato il cambiamento alla grande.
- Tony! – uggiolò lei, constatando segretamente che... beh, un po’ alla sua, di madre, doveva assomigliare, in piedi così, con le mani sui fianchi e il cipiglio severo sul volto.
Quante volte si era ripromessa di non sgridarlo? Che lui era adulto ed era il suo capo e non un bambino irrequieto?
Migliaia però... però adesso che era il suo fidanzato di certo qualche piccola concessione in più poteva anche farsela, soprattutto considerando che il suddetto fidanzato si era dipinto i capelli di blu. Dannazione. Di blu. Perché?
- Eri ubriaco? Spero non sotto l’influenza di altro altrimenti potrei arrabbiarmi sul serio. – ok, lo sto proprio sgridando. Non dovrei smettere?
Tony alzò gli occhi al cielo e, dannazione, ricordava distintamente un adolescente ribelle. A Pepper bastò quella fugace visione per provare un moto di compassione per chiunque avesse veramente dovuto averci a che fare a quell’età in cui tutti sono più odiosi ma in cui lui doveva essere stato assolutamente insopportabile.
Decise che avrebbe smesso di sgridarlo più tardi.
- Allora?
- Sai, credo che secondo la legge degli Stati Uniti d’America io sia piuttosto libero di disporre del mio corpo e, se non sbaglio, in esso sono compresi anche i capelli. Questi miei stupendi capelli color...
- Acqua sporca? Cloro? Tony, sai che io di queste cose ci capisco solo fino ad un certo punto, ma... ma, insomma, come hai potuto? Stravedevi per quel tuo taglio “alla Tony Stark”, piaceva a tutti e...
- Non piaceva a tutti. – la interruppe lui, alzandosi e dirigendosi verso la finestra, lontano da lei.
Pepper aveva distintamente sentito una nota di... tristezza? Cos’era, uno scherzo?
Era uno scherzo?
- Stai scherzando, vero?
Tony non le rispose e si limitò a fissare il panorama della metropoli davanti a lui, lo sguardo troppo serio per non esserlo veramente.
Eppure a Pepper veniva quasi da ridere... ma si trattenne e lo raggiunse. Un po’ di curiosità, a quel punto, era più che legittima.
- D’accordo, d’accordo. Spiegami la tua ultima affermazione, ti supplico.
- Non stai ridendo, vero?
Pepper tossì indifferente. – Affatto. Dicevi?
Tony prese un respiro profondo, lo sguardo sempre perso nell’orizzonte, manco stesse per dichiarare guerra eterna al suo acerrimo nemico. – Katy Perry. – disse, la voce roca e serissima.
Io dicevo per dire.
- Che? – chiese e la voce le uscì di molte ottave sopra al normale.
- Katy Perry.
- Sì, avevo capito, ma...
Ma non ha assolutamente senso?
Ma è assurdo?
Ma sei ancora ubriaco adesso?
- Sinceramente non capisco cosa significhi. – disse, mascherando in ultimo una risata con un colpo di tosse. Dentro di sé era abbastanza sicura che, più che far ridere, quella situazione doveva essere abbastanza preoccupante, soprattutto perché non ne intravedeva il filo logico.
E un filo logico c’era, giusto? Tony non era semplicemente impazzito, vero?
- Katy Perry, su Twitter, lei... ha più follower di me. Lo sai da quanto tempo sono su Twitter? Da sempre! Ho capito subito che sarebbe stato un successo, io le capisco sempre queste cose. E invece una cantante mi ha appena superato! Ti rendi conto? Ho come... perso il mio sex appeal. Io! Ti rendi conto?
Pepper stava per scoppiare a ridere. Era lì lì. Ma prese un respiro profondo e fissò Tony negli occhi.
- Ti sei dipinto i capelli di blu per avere più follower su Twitter? – gli chiese e, stranamente, il tono che usò era molto serio. Insomma, sembrava gli stesse chiedendo qualcosa di serio. Non era assurdo?
Tony abbassò lo sguardo verso il pavimento, quasi stesse ragionando su un problema fondamentale per la sua esistenza.
Pepper si morse la lingua.
Fai la persona seria, dannazione.
- A quanto sembra sto andando... fuori moda. Non è incredibile? Non avevo mai cercato di essere... piacente, ma lo ero, punto. Mentre adesso... sai che esiste un gruppo di fan di quel dio nordico fricchettone che ha cercato di conquistarci? Dico, ti sembra possibile? Ha ucciso ottanta persone in due giorni, dannazione! Lui e quella cantante, io...
Pepper scoppiò. Insomma, non ce la faceva più.
Cominciò a ridere e le vennero addirittura le lacrime agli occhi.
Tony la fissò offeso (per quanto potesse capire da dietro le lacrime) e si allontanò scotendo la testa, sussurrando, da buon adolescente frustrato, quello che assomigliava spaventosamente a un “tu non capisci”.
Pepper fece appena in tempo ad afferrarlo per il braccio prima che se ne andasse. – Tony... neanche due mesi fa abbiamo sventato il tentativo sovversivo di quel pazzo di Killian e tu mi vieni a dire che sei preoccupato di andare fuori moda? Mi prendi in giro? – gli chiese, un sorriso che non sapeva nemmeno da dove venisse stampato sulle labbra. Poi però osservò gli occhi di Tony, sembravano... spenti. Tristi. Qualcosa non andava davvero. – Tony, cosa... cosa c’è sotto? – gli chiese, niente più sorriso o risate.
Lui si svincolò delicato dalla sua stretta e probabilmente in modo involontario portò la mano sinistra al petto.
E allora Pepper capì e desiderò ardentemente di tirarsi qualcosa di pesante sui denti.
Sono un’idiota.
Perché era chiaro come il sole cosa non andasse e lei era davvero una stupida a non averlo capito prima.
- Ah.
Lui alzò lo sguardo e la fissò, le sopraciglia lievemente corrugate. – Ah, cosa?
- Non ho idea di cosa ti sia passato per la testa, quella che avevi prima, di un colore normale, ma anche senza il rettore arc... insomma, sarai sempre tu, Tony. Lo sai questo, giusto? Non è che questa storia di Twitter... insomma, continuerai a piacere lo stesso anche senza un piccolo reattore termonucleare nel petto, te ne rendi conto, vero?
Tony sbuffò e scosse la testa dubbioso. – Pepper, che cosa stai...
- Perché, con o senza, a me tu piaci lo stesso, lo sai questo?
Era un discorso strano, quello. Talmente stupido e profondo allo stesso tempo che non sembrava nemmeno stesse succedendo davvero.
Se era un sogno, Pepper desiderava svegliarsi subito.
Tony finalmente si aprì in un sorriso. – Ottimo, arguto e profondamente interessante. Ma questo non c’entra niente con Twitter. Come potrebbe? Come puoi credere che io, Tony Stark, abbia avuto una... crisi d’identità? Insomma, come?
- Già, come? – lo rimbeccò lei, sorridendo.
Lui alzò gli occhi al cielo. – Senti, facciamo che adesso vado a farmi rifare una tinta scura dal parrucchiere così sei contenta, d’accordo?
- Grazie, molto carino da parte tua farlo per me.
Tony le si avvicinò e le stampò un bacio leggero a fior di labbra. - Bene. – disse, prima di allontanarsi.
- Bene. Ah, Tony, potresti sempre pubblicare un video musicale di te mezzo nudo, no? Scommetto che i tuoi follower di Twitter aumenterebbero a vista d’occhio. – gli disse di sfuggita, scherzando.
Tony si girò poco prima della porta e annuì pensieroso.
- Tony? Tony, io scherzavo, lo sai? Tony?
 
 
 

 
Note: Prendetelo così com’è, senza pretese. So che non è un gran che, ma avevo bisogno di un mezzo capitolo di stallo per questa raccolta e, ahimè, è uscita questa cosa qui.
Tutto nasce, nella mia testa, quando tipo un mesetto fa ho sentito che Katy Perry (contro cui non ho niente, eh. Prendetevela con Tony) era il personaggio più popolare di Twitter. Siccome sono strenuamente convinta che, se Tony esistesse, avrebbe certamente un profilo e, ovviamente, sarebbe il personaggio famoso con il più alto numero di follower, non c’è nemmeno bisogno di puntualizzarlo, il passo successivo è stato chiedersi: come l’avrebbe presa?
Questo è il risultato, spero che l’insicurezza che di lui traspare da queste righe non vi sia sembrata OOC, ma ho preso spunto da IronMan 3 e lì mi pare che certo lui non fosse presentato come un uomo di ferro (battuta pessima, lo so, ma lasciatemela passare).
Mi rimetto alla clemenza della corte.
Passo e chiudo.
Alla prossima,
Aout ;)


 

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Capitolo 9
*** Una volta pensavo di capire le persone, ora ho capito che sono troppo strane per essere capite ***


Nda. È ambientata in periodi diversi, scoprirete leggendo. Volevo solo dire che stavolta troverete qualche parolaccia qui e là, chiedo scusa, ma evitarle mi avrebbe snaturato un po’ la situazione.
 

 
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Una volta pensavo di capire le persone,
ora ho capito che sono troppo strane per essere capite


Oh, ecco quella nuova. Guardala come sculetta.
Magra come un chiodo, al solito. Capelli rossi, beh scommetto che è tinta.
Il viso è abbastanza pulito... strano. Da quando Stark ha abbandonato la passione per gli occhi a panda e le labbra alla Marilyn Monroe dei poveri?
Un attimo, neanche un po’ di stacco di coscia a metà Novembre? Non vedo una gonna tanto lunga da queste parti da quando le belle gambe ce le avevo io e me la potevo permettere, anche se probabilmente ce lo ricordiamo solo io e i dinosauri. E poi... mica saranno davvero tutti chiusi i bottoni di quella camicia, vero? Qual è il trucco?
Mi si sarà ammosciato il riccone?
- Ehm, ehm.
Oddio, ha fatto in fretta ad avvicinarsi. Cos’è, con l’età comincio anche a perdere il senso della profondità, oltre ad avere quelle due dannatissime rughe in mezzo alle sopracciglia?
- Un tè caldo da portar via, grazie.
Che tono scontroso, ragazza. Hai, quanto?, venticinque anni? Aspetta di arrivare alla mia età, cara, e i motivi di incazzarti te li ritroverai ad aspettarti la mattina sul cuscino di fianco al tuo. Sempre che non siano rimasti fuori a guardare il football al bar fino a tarda notte e si siano addormentati sul divano, ovviamente.
Dio, a volte mi sembra di vivere in una vignetta comica. Giuro che stasera aspetto quell’uomo sveglia col mattarello alzato, guarda.
- Arriva subito.
Da fuori potrebbe perfino sembrare una ragazza a posto... beh, tranquilla, giovine, che da queste parti alla gente non servono tante scuse per sparlare degli altri, soprattutto a quella decerebrata perditempo di Estella.
Io lo so bene, figurati. Ora che ci penso... mmh, più che in una vignetta comica, direi che siamo in uno stupido telefilm anni '80. “La vita di una quarantenne (ma non guardate la carta d'identità), con un marito che la trascura e una collega rompipalle, gestisce il bar nell’atrio di un dei più alti grattacieli di New York di proprietà di uno degli uomini più ricchi di New York”. Sì, ci sta.
- Scusi, le dispiace fare un po’ più in fretta? Non vorrei arrivare tardi in ufficio.
- Si figuri. – in ufficio? Per far che, tesoro? Lavorare? Con Stark? Come no.
Chissà, però. Non sarai mica una di quelle illuse che crede davvero di poter essere la segretaria di quell’egocentrico psicopatico, vero? Non ne vedo una da... mai, in effetti. – Tenga, è pronto. Qui c’è il suo latte.
- Cosa le fa credere che ci voglia il latte?
Come? - Oh, faccio questo lavoro da tanto tempo, cara. Conosco i gusti dei miei clienti.
E capisco le persone. Non mi sbaglio mai.
- Beh, avrei preferito il limone, ma ormai è tardi. Grazie e arrivederci.
O almeno, di solito è così.
Interessante.
 
●●●
 
- A New York, signor Stark. Se lo ricorda New York, l’ufficio delle Stark Industries in centro, la
riunione con il personale che le avevo programmato due mesi fa e a cui mi aveva promesso di partecipare? Sì, esatto, sono lì.
Non me l’aspettavo, lo devo ammettere. Inizio a perdere colpi davvero.
D’accordo, evidentemente li stavo già perdendo da un po’.
Una decina di anni fa non avrei scommesso un quarto di dollaro bucato su questa ragazzina dai capelli rossi, per esempio. E invece adesso guardala, segretaria davvero (e non a titolo onorifico, com’erano le biondone scosciate prima di lei) e pure abbastanza competente, almeno a quanto dice quella rompiscatole di Estella, tra uno sputo di commenti acidi e l’altro.
Però non è tutta colpa mia, se non riesco più a capire le persone, eh. Sono loro ad essere troppo strane.
- Signor Stark, signor Stark. Non serve che si scusi.
Dannazione, sta’ attenta, che se lasci cadere tutte le tazzine poi devi servire i caffè nei piatti fondi.
Sì, ma, cavolo. Cioè, adesso non solo Mr. Egoismo è un super-supereroe, ma si scusa anche con le persone? Sul serio? E da quando?
- Sì, d’accordo, colpa mia. La prossima volta dirò a Jarvis di svegliarla con una cannonata. Ok, non importa. La riprogrammo per settimana prossima. Lei si goda il paintball e mi saluti Rhodey. A stasera. – Impossibile. Scommetto che non sta succedendo davvero. Forse è un’allucinazione. – Sta bene?
E smettila di fissare la gente! – Sì, tutto ok. Ecco il suo tè, qui il limone.
- Oh, grazie.
Non essere tanto sorpresa, imparo in fretta.
Relativamente parlando.
 
●●●
 
- Si trova bene qui?
Auch. Devo stare attenta, alla mia età sbattere la testa contro il bancone potrebbe rivelarsi un colpo fatale per la poca materia grigia che mi è rimasta.
- Oh. Tutto ok?
- Sì, tutto bene. Bel posto, questa Stark Tower, comunque.
Anche se non mi è chiaro perché abbiate voluto il mio stupido piccolo bar anche qui. Ma forse certe cose è meglio non chiederle.
- Sono contenta. Ho incluso nel progetto uno spazio apposito per voi. Speravo non vi sembrasse troppo piccolo.
Woah. Un attimo. Chi ha fatto cosa?
- Ehm...
- Potrebbe farmi un tè caldo? E anche un caffè lungo da portar via, grazie.
Datti una svegliata e muoviti!
Però, diamine. Ma quanto devo a questa ragazzina dai capelli rossi?
Manco mi ricordo cosa ho pensato la prima volta che l’ho vista, ma scommetto che non era niente di esaltante.
Beh, si vede che i colpi li ho persi proprio tutti, visto il pezzo grosso che è diventata.
- Tenga. Té al limone caldo come lo vuole lei. E un caffè lungo con un pizzico di cannella da portar via.
- Con la cannella?
- Beh, è come lo vuole il Signor Stark, giusto?
- Giusto.
Perché alla fine capisco anch’io, eh.




Note: Salve! È passato tantissimo tempo ma sono contenta di essere finalmente tornata :D
Torno e torno con capitolo cortissimo e stranissimo, chiedo venia.
L’idea di fondo, per intenderci, era quella di trattare da un punto di vista esterno questa relazione, ma poi il tutto si è risolto in una pura introspezione di questo punto di vista non so bene come. Spero che il testo non sia risultato troppo confuso.
Non ho molto altro da dire, spero solo di farmi rivedere presto e magari con qualcosa di più tradizionale, vedremo.
Grazie mille per aver letto, mi è mancato questo fandom :)



 

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Capitolo 10
*** Fulmine ***



Nda: Capitolo ambientato prima del primo Iron Man (scusate il gioco di parole). E' molto breve, molto dialogico, spero vi piaccia. Oh, giusto, ho scoperto di aver inserito per sbaglio anche una semi-citazione ad una canzone di Jovanotti, la riconoscerete subito, vai a capire come diamine non me ne fossi accorta prima, i misteri della psiche... comunque, buona lettura :)
 
 
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Fulmine
 

“Sulle cime più alte cadono i fulmini, e dove incontrano
maggiore resistenza arrecano più danno.”
-Cervantes
 
 
 
C’è la sbronza triste e la sbronza allegra.
Poi c’è Tony Stark.
- Credo che quel tipo ingrugnito volesse picchiarmi. Sulla sua fronte, quella cosa... la vena! La vena sulla sua fronte lampeggiava come un semaforo. Ingrugnito è una parola? No forse no. E forse le vene non lampeggiano. No... che stavo dicendo? Ah. Non credo avrebbe dovuto prendersela. Quel commento sulla sua mole era solo un’acuta osservazione. Sa che le mie osservazioni sono sempre acute. E da un sempre molto accurato paragone con la grandezza della sua sedia. Non è certo colpa mia se sono intelligente. Ingrugnito è una parola? No, un attimo, questo l’ho già chiesto... non le ho vomitato addosso, vero?
- No. E preferirei non succedesse.
Anche perché altrimenti la giornata potrebbe degenerare da “brutta” a “terribile” fino a “voglio cambiare pianeta” , senza passare per il Via. Cosa che niente prima di Tony Stark aveva mai anche solo provato a farle desiderare in modo così serio.
Perché Tony sbronzo è un Tony che parla. Più del solito. Il che è, per qualunque altro essere umano, umanamente impossibile.
Almeno è lontano da un microfono.
- Siamo in un macchina. – afferma Tony, con gli occhi che spaziano lenti intorno a lui. La voce impastata suggerisce a Pepper che arrivato alla villa crollerà sicuramente incosciente sul letto. O in cucina. O all’ingresso. O forse è tutta una finta e i grandi discorsi filosofici da ubriaco marcio riprenderanno da lì a poco. Gli scenari che si aprono davanti a Pepper sono talmente tanti che sarebbe decisamente meglio smetterla di pensarci. Giusto per non impazzire.
Che poi Pepper non ha mai capito perché Tony preferisca perdere coscienza in quel modo idiota nelle grandi occasioni piuttosto che dedicarsi ad altro. “Altro” che il resto dell’anno non ha alcun problema a fare su qualunque superficie piana della villa a Miami con qualunque cosa respiri e abbia l’ardire di incrociare la sua via.
La sua vena intuitiva e leggermente impicciona le ha sempre suggerito si tratti di qualche lascito di un trauma infantile, o con il rapporto con quel padre che nomina fin troppo poco raramente. Ma Pepper di solito a questo punto scuote la testa e si dice di piantarla. E anche che quella vena deve averla ereditata da sua madre. O da suo padre, tra tutte e due...
- Perché siamo su una macchina? – ricomincia Tony, la voce sempre meno impastata. L’avevo detto io. – Ma eravamo ad una festa! Perché non siamo alla mia festa?
Pepper si prende un secondo prima di rispondere, così da escludere dal suo vocabolario tutti le parole troppo scurrili che le sono venute in mente. Per il momento. – Non era la sua festa. Era la festa di Happy. Se lo ricorda? Ricorda che gli ha organizzato una festa nel più alto edificio di Miami e ci ha invitato un considerevole numero di persone semi-sconosciute a lei, figuriamoci a Happy? Un numero a tre zeri? – Pepper si morde la lingua. È riuscita a togliere gli insulti ma quello non era il tono che avrebbe voluto usare. Si schiarisce la voce e continua, più pacata. – Stiamo andando a casa, adesso, comunque.
Silenzio. Tony non risponde e Pepper crede per un secondo alla piccola speranza insinuatasi nel suo cuore che il suo capo-adolescente-mancato si sia finalmente addormentato. Poi Tony riprende e quella piccola speranza muore gemendo. – La festa... siamo andati via dalla festa. Perché? E... guida? Perché guida? E dov’è... quello, lui... che ha nominato...
- Happy? Non si preoccupi per lui. – risponde Pepper, notando con la coda dell’occhio che Tony si è messo seduto più dritto, forse in un ultimo disperato tentativo di schiarirsi la mente. Oh, cavolo. Imprevisto. Non mi piacciono gli imprevisti.
- Dov’è? E perché io non sono... alla festa? Pepper, lei non può rapirmi così come le pare! – afferma, in un’incredibile moto di lucidità che sfuma quasi subito, - Pepper? Pepper. È un bel nome. Potrei quasi averlo inventato io... Ma Happy?
Lei sbuffa. – Gliel’ho detto, non si preoccupi. In effetti, è qui anche lui. Sedile posteriore.
Tony annuisce, sbuffa anche lui e finalmente crolla, la testa storta sul sedile e la bocca aperta.
Il sex simbol del secolo... certo, vorrei che quelli delle riviste di gossip lo vedessero adesso.
Poi succede di nuovo qualcosa di strano. Tony chiude la bocca, rimette dritta di nuovo la testa e, piano, quasi fosse un movimento calcolato, la guarda fissa negli occhi. Pepper non distoglie lo sguardo dalla strada ma si sente quello sguardo addosso e, difficile capire come mai vista la situazione, ma non le dispiace affatto.
- Che c’è?
- Grazie, Pepper. Non so dove sarei senza di lei.
Subito dopo Tony ricrolla sullo schienale e sembra quasi non sia successo niente. Perché Tony ha detto la cosa più ovvia di sempre, perché Pepper ne è consapevole e di certo non bastano sette parole per far crollare le sue sicurezze. Ma è caduto un fulmine da qualche parte tra il suo stomaco e la gola e sa che non se ne dimenticherà tanto presto.




 

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