I'm not ashamed to say I cried for you

di Andy Cacciatore
(/viewuser.php?uid=23425)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I'm not ashamed to say I cried for you ***
Capitolo 2: *** tell me everything will be fine. ***
Capitolo 3: *** I Must Live For You ***
Capitolo 4: *** I'll never leave you alone! ***
Capitolo 5: *** Do you love me? Like I love you? ***
Capitolo 6: *** Breathe ***
Capitolo 7: *** Fujiko ***



Capitolo 1
*** I'm not ashamed to say I cried for you ***


Disclaimer: Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Monkey Punch; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro. 
  • Su richiesta
  • Doveva essere una PWP, scene di sesso gratuite senza trama. Ma boh, è comparsa una trama LOL
  • Quando mi colla torno a scrivere. XD
 
 
«Desiderate altro?» chiese il barista. 
«Altro scotch.» rispose con il cappello di feltro calato sugli occhi e l’aria di una persona esausta. Ne bevve un sorso e lasciò che lo scotch gli sprigionasse il suo fuoco in gola. Prese una sigaretta dal suo pacchetto spiegazzato che teneva sul tavolo e se la mise in bocca come se fosse l’unica cosa che gli avrebbe impedito di andare in frantumi. No. Era già andato in frantumi. Il suo cuore, come la fiammella di una candela consumata, si stava spegnendo, stava diventando di cenere. Non provava quasi più sentimenti, quei pochi che ancora provava erano rivolti al passato.
 
Pensieri di morte non esitavano a turbare le sue notti. Incubi terrificanti dai quali non riusciva a svegliarsi lo tormentavano: gridava nel sonno, e si svegliava tremante e bagnato di sudore. Non era un vero riposo il suo, piuttosto era un morire lento e crudele. Eppure il suo cuore batteva, impazzito, ma era li, lo ascoltava sul collo, pulsava nelle tempie. «Per quanto ancora?» si chiedeva.
L’elemento dei suoi sogni era sempre lo stesso: la notte in cui tutto andò a puttane e la sua vita implose. Nell'oscurità che li avviluppava come una coperta i proiettili gli piombavano addosso, traccianti graffiavano la notte; e il sangue. Il sangue di Lupin, di quel corpo straziato, svuotato che ormai macchiava solo i propri vestiti. Quelle immagini gli bruciavano dentro, vivide come se le stesse vivendo in quel momento.
 
Non poteva ancora crederci.
Aveva perso l'unica persona che fosse riuscita a vedere oltre la sua indole da frustrato misantropo.
L’incontro con quel l’uomo aveva segnato una svolta nella sua vita; dapprima viveva sospeso a un filo; tra un’accozzaglia di pericoli e inganni, sparatorie, omicidi o spaccio di droga. Senza mai sapere se avrebbe rivisto l'alba del giorno seguente. Era infatti durante quel periodo che s’era beccato il 90% delle sue cicatrici.
 
Incontrare Lupin era stato come un risveglio dell’anima. Aveva imparato cosa volesse dire fidarsi di qualcuno, aveva per la prima volta conosciuto la vera amicizia, i sentimenti di cui era composta e le sconfinate emozioni che smuoveva nell'animo umano. L’aveva ripagato per tutto quello che aveva fatto per lui con la sua mai smentita lealtà e la fedeltà all'amicizia. Col tempo aveva toccato con mano cosa volesse dire essere innamorato e, soprattutto, cosa volesse dire saper rinunciare alla proprie esigenze per il bene della persona amata.
 
Ovviamente Lupin era troppo accecato dal fascino manipolativo di Fujiko per notare i suoi sentimenti.
Stupido volere un amore che non può essere vero. Stupido cercare un bacio che il diavolo ha conosciuto.
Forse era stupido anche chiamarlo amore. Lui era invisibile finché c’era Fujiko. E non riusciva proprio a soffrire il fatto che bastasse il suo conturbante tono da puttana languida, perché lui, ammaliato, cadesse in pieno nella sua trappola, senza nemmeno sapere cosa gli sarebbe accaduto. La mente troppo annebbiata perché potesse pensarci.
«Lascia perdere quella donna, è pericolosa.» Ma non l’aveva mai ascoltato. Quella puttana era furba, scaltra, intelligente. Era consapevole del suo fascino, della sua bellezza e sapeva come esercitarla per procacciarsi i favori degli uomini inclini ai piaceri sensuali. Ma a farlo incazzare non era solo il fatto di vedere il suo partner rischiare la vita per la sgualdrina. C’era dell’altro. Quando era costretto a vederli in atteggiamenti così falsamente intimi: risatine languide, frasi stucchevoli, tentativi fallimentari di baciare quella bocca capace solo di suadenti menzogne. Era troppo! Non poteva sopportarlo. Era preso da una fitta di rabbia e gelosia mista a una buona fetta di umiliazione. Non aveva mai provato un sentimento paragonabile a quello.
Aveva conosciuto ragazze molto attraenti, ma la bellezza superficiale in sé gli aveva sempre provocato nient’altro che più cautela nell'approccio e una sensibile accelerazione della noia e della diffidenza.
 
Proprio in quel momento una voce interruppe il corso dei suoi pensieri: «Konbanwaaa ~ » Alzò lo sguardo e notò una bella donna venire a sedersi accanto a lui, appoggiandosi col gomito sul bancone. Non riusciva a distinguerne il viso a causa della mancanza di luce del locale e il suo stato di ebbrezza mentale.
Ma bastò incrociare il suo sguardo per un istante per venirne catturato.
C’era qualcosa di familiare nei suoi occhi, nella luce morbida delle loro oscure profondità.
Aspirò profondamente una grossa boccata, della sigaretta che non aveva mai lasciato la sua bocca, la trattenne, e poi tirò indietro la testa ed espirò una nuvola di fumo verso il soffitto.
 
«Konbanwa.» Rispose con una freddezza studiata sotto al quale nascondeva un certo interesse, poi fece cenno al barista di portare un altro giro. 
 
La ragazza non assomigliava per niente alla cliente tipo di un bar tanto squallido, forse per questo il barista le lanciò un' occhiata interrogativa. «Le porto qualcosa?» chiese il barman. 
«No, grazie, non ancora.» rispose affabilmente lei. 
Quando il barista si allontanò la ragazza si voltò verso Jigen: «Posso avere una sigaretta, signore?» 
 
Lui levò appena la testa e da sotto la sua fedora nera guardò la ragazza con una una curiosità che non si poteva certo definire amena. C'era qualcosa in quella donna che lo attirava, qualcosa che non riusciva a decifrare.
Quegli occhi gli ricordavano qualcuno. Quel qualcuno per cui s'era recato in quel bar nel misero tentativo di diluire il dolore nel alcool. No, non proprio, non era esatto dire che glieli ricordavano... quelli erano gli occhi di Lupin! Del suo partner, del suo amico,del suo... Cosa? Del suo cosa? Un senso d'angoscia bruciante lo invase, e sentì uno schianto nei profondi recessi del suo cuore. Merda! Per quanto ancora la sua mente lo avrebbe torturato? L' alcool forse stava indebolendo la sua lucidità, ma quel dolore opprimente, tremendo, che gli attanagliava in una morsa ferrea lo stomaco non se ne andava mai.
 
«Hey amico, non ha mica una bella cera. Che succede? Non sta bene?» La voce apprensiva di lei lo riportò alla realtà.
 «No.» disse con voce ferma e turbata. 
«Bé, se volete posso metterla in sesto io.» rispose con un sorriso che che rivelava una malizia esperta, quasi spavalda. Gli prese la sigaretta dalle labbra e se la portò alla bocca aspirando un'abbondante boccata di fumo. Gliela ripassò.
 
Quel sorriso. Quella voce. Quel gesto. No. Non c'erano più dubbi. Fu travolto da un improvviso torrente di emozioni: un' esplosione di gioia, entusiasmo, commozione, ma anche rabbia, ostilità e risentimento. «Figlio di puttana... figlio di puttana...» sussurrò concitato.
Il ladro si tolse la maschera rivelando il suo vero volto. «Jigen-chan, la mia assenza ti ha proprio arrugginito. Iniziavo a pensare che non ce l'avresti mai fatta.» disse Lupin con in viso stampato un sorriso sardonico. 
«Stramaledetto figlio di puttana... figlio di puttana, tu...» 
«D'accordo, sono un figlio di puttana, ma che ne dici mon chéri? Mi offrirai da bere?» disse con il più affascinante tono che gli riuscì di evocare, con il suo solito francese arrugginito.
«Ma non avevi detto di non volere niente?» 
«Niente che potesse darmi il barista.» rispose abbozzando un sorriso malizioso. 
«Capisco. Mi sembrava poco fattibile che una ragazza astemia si fosse spinta in un bar merda, circondato da vecchi malavitosi froci divoratori di noccioline, solo per assaggiare del alcol rancido.» 
«Sì, avrai capito che i miei gusti sono decisamente più sottili.» si portò la sigaretta alla bocca e aspirò un'abbondante boccata di fumo. 
Il killer piegò le labbra in un sorriso sarcastico e si versò da bere: «Oh, questo l'ho capito ma se tiri così forte rischi di spremermi fino a farmi impallidire!» 
«Non sei cambiato» disse con un sorriso, guardandolo. 
«Anche tu sei sempre il solito cazzone.» ridacchiò l'ex sicario della mafia. «Comunque mi devi delle spiegazioni. Che cazzo ci fai qui? Come cazzo hai fatto a sopravvivere? Per che cazzo ti presenti adesso? E perché cazzo sei conciato a quel modo? » 
«Ti spiegherò tutto a suo tempo, magari in un posto appartato. Per l'ultima domanda posso dirti che ho preferito evitare un incontro tra lacrime e singhiozzi sullo stile dei film melodrammatici di merda.» rispose il ladro con una lieve ironia, e nello stesso tempo, con una certa convinzione. 
«E ti è venuto in mente questo? Si, sicuramente un ottimo modo per rivedere il tuo partner che ti credeva morto e sepolto. Cos'è? Pensavi di risorgere tramutato in donna come Loki della mitologia Norrena?» Sbuffò, sarcastico. «Comunque ho affittato un monolocale senza pretese, possiamo recarci lì. 
«Brillante suggerimento.» disse con un sorriso baldanzoso dipinto sulle labbra.
 


Quando superarono il bar Jigen afferrò Lupin per un braccio e lo trascinò nel primo vicolo in cui si imbatterono. Lo prese per le spalle e lo spinse contro il muro baciandolo con una disperazione feroce, invadendogli la bocca con un' intensità che lo fece tremare. Il bacio si fece più imperioso intenso e prepotente mentre le loro labbra si muovevano insieme. Quello era ben più che un incontro di labbra: era una dichiarazione di possesso, di inesauribile bisogno, qualcosa di necessario che il tiratore avrebbe fatto germinare dentro il suo partner finché non avesse più potuto respingerlo.
Lo afferrò per i fianchi e lo sollevò da terra, e con le mani accompagnò le sue cosce contro il proprio bacino. Si strofinò contro di lui, spingendo il proprio inguine contro il suo. Una violenta ondata di eccitazione li pervase ed entrambi gemettero per il calore che scorreva fra loro, il desiderio che lambiva le loro ossa.
Il ladro si staccò dalla sua bocca per riprendere fiato, e tolse le gambe dai fianchi del gunslinger rimanendo però appoggiato a lui.
«Devo ammettere che oltre ad essere un eccellente tiratore sei anche un ottimo trastullo sessuale!» disse Lupin, ansimando dal piacere, soffocando una risata; un suono seducente dal profondo della gola che ebbe il potere di eccitarlo ulteriormente. 
« Vaffanculo!» sibilò l'ex esecutore mafioso premendo le labbra contro il ladro, nel tentativo di zittirlo. Lo baciò con violenza. Fino a farlo gemere, di piacere e di dolore. Premendo l'erezione contro la sua, spingendo i fianchi contro i suoi. Esigendo sempre più pelle, più pressione, più contatto. La disperazione alimentava il bacio, disperazione e furia. Le loro lingue si incontrarono ancora in un crescendo di desiderio, gli occhi si chiusero, le dita di Jigen accarezzavano i capelli di Lupin e poi scesero più giù ad abbassargli la cerniera del vestito facendolo scivolare giù lungo il suo corpo fino al pavimento. Subito le sue mani s'infilarono sotto e corsero sulla pelle nuda della sua schiena, facendogli venire la pelle d'oca, mozzandogli il fiato.
Sfiorò delicatamente le cicatrici, soffermandosi su quella ancora ben visibile, ricordo di quella notte di terrore. Il suo sguardo si incupì.
Il ladro gli prese la mano, e intrecciò romanticamente le proprie dita alle sue, guardandolo con occhi così pieni di amore che il cuore del tiratore cominciò a battere con una violenza indicibile, mentre sentiva gli occhi farsi lucidi. Non si dissero nulla. Mano nella mano, parlarono i loro occhi, i loro sorrisi, i loro cuori.
Il killer lo baciò nuovamente, con una dolcezza insostenibile.
Lupin rispose al bacio con fervida passione, insinuando la lingua con insistenza tra le sue labbra dischiuse.
Gli massaggiò le spalle e fece scorrere le mani in basso, fino alle natiche, che strinse forte, facendolo fremere di eccitazione.
Sentendolo fremere fu come incoraggiato, cominciò a sbottonargli la camicia. Lo voleva nudo, subito, ed era anche disposto a strappargli la camicia a mani nude.
Un brivido profondo percorse la colonna vertebrale del pistolero, mentre le dita del ladro scendevano sempre più in basso, sfiorandogli la pelle ogni volta che slacciavano un bottone. E quando la camicia fu completamente aperta le mani di Lupin scivolarono dentro, esplorando il suo corpo che sporadicamente si contraeva per l'eccitamento: Il ladro sorrise di pura soddisfazione, facendo scorrere le sue mani sul calore del suo petto nudo, percorrendo con le dita le sue cicatrici, esplorando il suo corpo, fremente sotto l'assalto delle sue carezze. Fece scorrere la bocca sulla sua pelle calda, leccandogli la curva della gola, succhiando la pelle liscia attorno alla clavicola, scendendo fino ai capezzoli sensibili, mordendoli e leccandoli finché non si inturgidirono ancora di più.
La sua bocca era una fiamma di seta sopra il suo petto che alimentava il fuoco dentro di lui fino a farlo bruciare di desiderio.
Gli slacciò la cintura dei pantaloni e con un paio di strattoni, glieli fece scivolare sui fianchi, liberando la sua orgogliosa erezione.
Si lasciò cadere in ginocchio tra le sue gambe, dopodiché prese il membro turgido tra le mani, lo strinse e lo accarezzò con insistenza, passandoci sopra la lingua in tutta la sua lunghezza, succhiandolo profondamente fin nella gola con un soffocato gemito di piacere.
«Cristo!»  riuscì a mormorare il pistolero a denti stretti. 
Il contatto con la sua bocca fu decisamente inaspettato, gli strappò un gemito soffocato che lo fece vibrare di un bollore innaturale. Quella lingua che sapeva baciare tragicamente bene, che sapeva solleticare, smaliziare, era in grado di farlo impazzire.
Lupin lo afferrò per le natiche mentre faceva entrare e uscire il suo membro dalla bocca, succhiandolo sempre più profondamente a ogni affondo.
Era troppo, un sovraccarico sensoriale che stava per mandarlo in tilt, Jigen sentiva di essere vicino all'orgasmo. Una sensazione nuova gli scorreva nelle vene, lungo i nervi, sulla pelle.
Improvvisamente, senza preavviso, il ladro staccò le labbra dell'erezione del killer, che che palpitava tanto da fargli male. 
«I-ittai nan da?»  Il tiratore era a malapena in grado  pronunciare delle parole, ancora inebriato da quel turbino di sensazioni così intense da spingerlo seriamente a dubitare di poterne uscire indenne..
«Abbiamo giocato abbastanza, Jigen-chan. E' ora di passare al sodo»  disse il ladro rialzandosi in piedi, con un sorriso pieno di malizia stampato sul volto e il respiro affannoso.
«Aspettavo proprio questo momento.» ribatté lui con un tono di sfida, ma sorridendo.
Il killer lo afferrò per la vita, premendolo con tutto il suo peso e spingendolo con la faccia contro il muro. Si sputò sulle dita e lo sentì annaspare quando spinse un dito dentro la sua apertura. Tirò indietro il dito e poi dentro, girando intorno alla sua entrata prima di infilarlo fino a fondo, passando attraverso i muscoli interni lungo il suo orifizio. Continuò per alcuni minuti, fino a quando non lo sentì rilassarsi e fare dei suoni gutturali che gli ricordarono quanto desiderasse spingersi oltre.
Aggiunse un secondo dito, che scivolò dentro facilmente, e quando Lupin cominciò a muoversi andando avanti e indietro contro la spinta delle sue dita, il pistolero cominciò a divaricarle piano dentro di lui. 
Quando cominciò ad accarezzare la sua erezione dal basso verso l'alto, in combinazione con le dita che continuavano a muoversi dentro e fuori, il ladro arcuò la schiena e represse un gemito implorante mentre tutto il suo corpo tremare di eccitazione, desiderio e frustrazione.. «Jigen... cazzo, hai deciso di farmi impazzire? ...» disse tra gemiti e ansiti.
« Che ragazzo impaziente.» - Gli sussurrò maliziosamente all'orecchio, leccandogli il lobo, poi con un solo movimento dal basso verso l'alto affondò il suo membro completamente dentro di lui, fino a toccargli la prostata, facendolo letteralmente sobbalzare. - « Ecco, questo può soddisfarti, per ora? »
Il corpo del ladro si apriva prendendolo dentro di lui, avvolgendo la sua erezione. Il pistolero fu invaso da un calore indescrivibile, i muscoli di Lupin si stringevano attorno a lui, trattenendolo.Lo sentiva gemere e contrarsi, percorso da ondate di piacere quasi doloroso, mentre lo possedeva con spinte lente e inesorabili, affondando dentro di lui con forza e a fondo, immergendosi dentro di lui, strappandogli gemiti su gemiti.
Lupin voltò la testa quel tanto che bastava a raggiungere le labbra di Jigen.Le loro bocche s'incontrarono fameliche, unendosi completamente come i loro corpi.
Le spinte si fecero frenetiche, potenti, quasi incontrollate; il suo membro, sempre più esigente scivolava nelle parti più umide e fameliche, e il ladro gli andava incontro col bacino, assecondandolo. 
Lupin interruppe il bacio inarcandosi, annaspando, lottando per riempirsi i polmoni ed espandere i sensi il più possibile, in modo da apprezzare al massimo le spinte imperiose e abbandonarsi alla sensazione deliziosa di averlo dentro di sé.
 
Con un ultimo paio di spinte l'orgasmo li colse insieme, improvviso, devastante, incontrollabile. Il tiratore si lasciò andare dentro il corpo accogliente del suo compagno, riversando un fiotto di liquido caldo fin nelle sue profondità.
 
Il ladro, ancora in preda al piacere, collassò ansante con la testa sulla spalla di Jigen, che lo cinse tra le braccia per non farlo cadere.

 
Note:
- Konbawa: Buona sera.
- I-ittai nan da?: Ma che diamine...?
 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** tell me everything will be fine. ***


Era sveglio da un po’ e seduto scompostamente su una poltrona lo osservava dormire, lottando contro la tentazione di accarezzargli la pelle. Sentì le guance scottare e un calore forte dentro al petto. I suoi pensieri erano confusi: impossibile assegnare un nome a quello stato d'animo; non riusciva a scorgere nella sua anima, intricata e buia, i pensieri che lo tormentavano. Non sapeva dire se quanto fosse avvenuto la scorsa notte fosse stato un errore; se i rapporti sarebbero mutati. E se non fosse cambiato nulla? Avrebbe accettato comunque la realtà dei fatti? Avrebbe accettato che per quel ladro, tanto geniale, quanto sfacciato e lussurioso, quel che era avvenuto era semplicemente stata un’ altra tacca sulla testata del suo letto? Come ne sarebbe stato capace? Si sentì davvero uno stupido a tormentarsi per questo, ma a farlo sentire ancora più fragile era la consapevolezza di essere totalmente dipendente dal lui: dal suo sorriso compiaciuto e divertito al contempo, dal suo terribile accento, dalla sua figura alta, magra e allampanata, dalla sua genialità irrazionale, dal suo spirito infiammato d'un implacabile fanatismo di libertà, dai suoi occhi, capaci di illuminarsi come foto elettriche e di passare, in un attimo, a qualcosa di simile alla brace di una Pall Mall che si spegne.
« Jigen-chan... »
I suoi pensieri confusi e agitati, che scorrazzavano nella propria mente come le onde del mare nella tempesta furono rotti dalla sua voce.
« Ti ho chiesto di avvicinarti.»
Non sapeva neanche da quanto tempo lo stesse chiamando, ma la sua voce era affabile e calma e sul viso era dipinto l'abbozzo del suo solito sorriso divertito, nonostante l'aria ancora visibilmente assonnata. Nulla di inconsueto traspariva da quella situazione. Nulla. Ma allora perché si sentiva turbato da un inesplicabile disagio interiore? Era confuso, e in quel momento non desiderava altro che sottrarsi a quello sguardo per paura che quegli occhi profondi e plumbei come un temporale indagassero nelle profondità più recondite del suo cuore... ma allo stesso tempo ne era irrimediabilmente attratto. Andò a sedersi sul bordo del letto cercando di assumer l'aria più rilassata che potesse.
« Allora? »
«Allora cosa? »
« Che diavolo ti è successo? Volevi spiegazioni, e non mi hai detto una parola. So che sei freddo ed introverso di indole. Ma cazzo, chi ti ha infilato un bastone nel culo?! ...eppure ricordo che le cose si sono svolte in modo leggermente diverso.» Disse lasciando scorrere sulle sue labbra un sorriso malizioso e beffardo.
A quelle parole il pistolero arrossì visibilmente e si voltò subito tossicchiando imbarazzato.
« Mh, Jigen-chan, credo che tu debba cominciare a darti una regolata col fumo, sai? » Disse in tono canzonatorio.
« Tsk, vaffanculo. Non sono teso e sto benissimo.» sbuffò cercando di apparire minimamente convinto.
« Oh, ma davvero? » Gli afferrò la mano, la strinse con forza e la tenne nella sua. Non era certo la prima volta che succedeva, eppure adesso il respiro gli si mozzò in gola; adesso cominciò a tremare; adesso... il gunslinger aveva la sensazione che il sangue dell'uno passasse al petto dell'altro attraverso i loro pugni uniti.
« Sai, Jigen... non credo che le mani di un tiratore dovrebbero tremare così. »Sussurrò in tono complice e dissacratorio all'orecchio del suo partner, lambendogli la pelle con le labbra umide.
Il killer si sentì rabbrividire. Era assurdo come con Lupin fosse impossibile avere il controllo della situazione. Ed era frustrante non poter sapere che valore quei gesti avessero per lui. Forse era egoista pensare a questo. Forse avrebbe solo dovuto bastargli essergli accanto ogni volta che avrebbe avuto bisogno di lui. Non poteva certo forzarlo ad amarlo. Se adesso si sentiva così il merito era soltanto proprio: nessuno gli aveva ordinato di innamorarsi di un tipo imprevedibile. Lui, così sfacciato, socievole e di un carisma tale da attirare a sé la gente con estrema facilità, tra cui persone che lo amavano e avrebbero dato la vita per lui. Ma in fondo era sempre stato un solitario nonostante non gli mancasse ne la compagnia ne l'intimità fisica. Ma era restio a confidare i suoi più profondi pensieri, le sue paure più intime anche con le persone con cui era maggiormente legato e preferiva appigliarsi a formalismi esterni. Lo conosceva abbastanza da sapere quanto fosse difficile per lui mettersi a nudo. Sapeva come non avesse alcuna voglia di portare in superficie tutto se stesso, c'erano cose che era meglio lasciare sepolte. Era meglio per tutti. Per il suo orgoglio sopratutto.
« Ti prego... lasciami... » balbettò l'uomo armato.
« È davvero questo che vuoi? Hai forse paura? Perché il tuo corpo dice il contrario?" disse il ladro facendo scivolare la mano verso l'inguine dell'ex sicario della mafia, facendolo sospirare pesantemente.
« Ti prego... » Tremava. Paura? Forse. Può capitare quanto sei abituato a vedere la gente fare affidamento su di te e ti ritrovi irrimediabilmente senza controllo. Può capitare quando ti ritrovi completamente solo nelle mani dell'uomo che ami, e tacitamente una lacrima ti spunta sulle ciglia posandosi all'angolo della bocca. E fu in quel momento che sentì le mani del suo compagno afferrargli il volto.
« Jigen-chan... » Inchiodato dal suo sguardo si sentì accarezzare dolcemente una guancia. « Va tutto bene.» Lo vide sporgersi verso di lui, e lasciò che le sue labbra sfiorassero piano le sue.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** I Must Live For You ***


Eccolo lì di nuovo. Eccolo che rimorchiava una giovane e bellissima donna. Non era certo un'impresa così inconsueta per lui: chi non sarebbe rimasto incantato e disarmato davanti al suo fascino da dandy moderno? E lui amava giocare sull'ambiguità sessuale, conservando tuttavia un tocco di pericolo e divertita crudeltà.
Era sempre stato così; o almeno da quando aveva fatto la sua conoscenza. Seduceva tutto il mondo, riusciva a conquistare le donne... ma non riusciva ad amarle. 
Cosa poteva pretendere? Che finisse con l'innamorarsi proprio di lui? Va bene, lui era il suo speed-shooting Americano, era il suo partner, era suo amico... ed era la persona di cui si fidava più di chiunque altro sulla Terra. Potevano comunicarsi i piani più elaborati con un solo sguardo, ma nonostante questo, Lupin non si apriva mai del tutto neanche con lui; era un ragazzo ambiguo, poco portato a scoprirsi, abituato al doppio gioco, persino con se stesso. Ed era così frustrante per l'uomo armato non poter mai sapere cosa passasse per la mente del suo compagno.
Eppure Lupin gli avrebbe affidato la propria vita. Era certo che non l'avrebbe mai deluso. Per questo  il tiratore gli avrebbe sempre dovuto un'incrollabile lealtà, ed era fortemente determinato a ripagare la sua fiducia.  Doveva proteggerlo, a qualsiasi costo. Era solo questo il suo compito. Nient'altro. 
Lo sapeva bene, ma allora... da dove veniva questa frustrazione? Era così insormontabile, il muro che li divideva a livello sentimentale? Ma a quale scopo chiederselo? Ci sarebbe sempre stata gente che avrebbe preferito a lui; come in quel momento quella giovane donna, che ben presto l'avrebbe conosciuto molto più intimamente. Tsk. Quanto tempo era passato da quando avevano fatto l'amore? Ah già: "È solo sesso." Già... Era riuscito ad emanare intorno a sé interesse, fascino, seduzione, ma restava irrimediabilmente solo. 
Una solitudine che sembrava non dispiacergli. Aveva imparato a conviverci, ma sapeva anche, che, quando sarebbe diventata così crudele da spezzarlo d'angoscia, ci sarebbe sempre stato qualcuno su cui contare. Mentre gli altri membri della banda andavano e venivano, perseguendo solo i propri obiettivi, Jigen aveva viaggiato e vissuto con lui praticamente a tempo pieno, e avrebbe continuato a farlo. Jigen ci sarebbe sempre stato per lui. Sempre. 
Era questo il suo compito. Nient'altro.
 
__________________________________________________________________________________________________________________________
 
Dolore. Alla testa, alle braccia. "Cos'è successo?"
Provò a sollevare le palpebre, scoprendo che anche quel semplice gesto era molto doloroso.
"Dicci dov'è e ti lasceremo andare."
"Dove mi trovo?"
I ricordi erano confusi. Si sentiva senza energie ed aveva la mente annebbiata, forse da qualche veleno. Era stato drogato? E quel dolore alle braccia? Perché? Una scossa dolorosa raggiunse la sua schiena come un colpo di frusta, e uno spasmo di dolore lo fece contrarre e tremare. 
"Rispondi!"
Ora cominciava a focalizzare la situazione. Il suo corpo pendeva, appeso per i polsi, legato a catene fissate al soffitto. Le articolazioni degli omeri, dopo essere stato a lungo - quanto a lungo? - appeso pulsavano onde di dolore. Era circondato da uomini dall'aria truce, dei quali il più vicino teneva saldamente una frusta. Poteva indovinare chi stessero cercando, ed era inutile dire che avrebbe rischiato la vita piuttosto che metterlo in pericolo. Del resto, era questo il suo compito: proteggerlo, a qualunque costo.
Per qualche astrusa circostanza era nudo. Completamente. 
Preferì non chiedersi che piega avrebbe potuto assumere la situazione.
"Dicci dov'è e ti lasceremo andare."
"Non so di chi state parlando."
Il sequestratore sollevò nuovamente la frusta e la scagliò sulla schiena di Jigen. 
La frusta affondò nella carne abbastanza da fargli sentire il sangue scorrere sulla schiena, strappandogli un gemito che gli costò un altro colpo.
"Se non parli continueremo all'infinito!" Disse l'uomo in tono minaccioso e un'espressione che lasciava intendere che avrebbe fatto di lui ciò che voleva. 
Il bandito emise un sospiro dolorante prima di ridacchiare sarcasticamente: "Fatelo, se avete così tanto tempo da perdere. Non avevo programmi oggi." 
Schioccò un altro colpo di frusta, e stavolta raggiunse anche il tiratore al viso, spaccandogli il labbro superiore. Gli colò un rivolo di sangue.
"Pezzo di merda, non ti conviene fare il furbo con me. Non ti ammazzerò prima di aver saputo ciò che voglio, e sappi che ho i miei metodi per farti parlare. Se ti ostini, ti farò rimpiangere questo mio momento di clemenza... allora, che ne dici?" Chiese lasciando trapelare un'evidente impazienza.
Il sicario rimase con le labbra dischiuse per un istante, per poi schiarirsi la gola e sputare in pieno viso al rapitore, sporcandolo del proprio sangue. Gli rivolse allora un sorriso sardonico: "Non ti conviene ridurmi ad un rudere, se hai intenzione di farmi parlare."
Sapeva cosa fare. Non aveva paura del dolore. Neanche il pensiero di subire le torture più brutali e disumane lo agitava, né lo mandava in crisi. Temeva solo che il suo fisico non avrebbe più retto.
 
Non poteva morire. Non poteva... ma perché? Il dolore gli fece stringere i denti, che gli stridettero. Perché... perché non poteva morire? Cosa c'era di così importante da... oh, lo sapeva cosa c'era. Ma non avrebbe mai commesso l'errore di anche solo pensarlo per un istante... ci voleva troppo orgoglio, troppa sicurezza per poterlo pensare... non poteva morire. Non doveva morire. 
 
"Stanco, eh ragazzo?" 
"Mph, non sperarci." 
"Cosa credi di ottenere in questo modo?" 
"Vi ho rotto i coglioni, ed è già una piacevole vittoria sai?!" Disse il pistolero con un tono leggermente affievolito, accennando un sorriso beffardo, che esprimeva la consapevolezza di averli in pugno, nonostante le apparenze. 
"Tsk. Idiota!" Disse il rapitore in modo sprezzante e fece schioccare nuovamente la frusta colpendo Jigen dietro le gambe. 
Una linea di sangue colò sulla pelle del tiratore, che ricacciò indietro una smorfia di dolore. 
"Fa male, eh?"
"Basta a tenermi sveglio." replicò stringendo i denti. 
Lo colpì altre cinque volte sui polpacci e dietro le cosce, entrando con la frusta nei muscoli. La carne restò bianca dove la frusta aveva morso, e poi spuntarono righe  di sangue che colarono lungo le cosce.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** I'll never leave you alone! ***


Avvertì un lieve tocco sfiorargli i capelli, come il movimento leggero e delicato del battito di ali di una farfalla . «Lupen...» Il nome gli sfuggì come un dolce singulto nel momento in cui lui lo sfiorò con la punta delle dita fra le cosce. Sentì il suo corpo percorso da brividi, travolto da un' eccitazione non solo fisica: era energia d'amore; un flusso energetico che si ripercuoteva all'interno del suo cuore. Sembrava che le sue mani, sul proprio corpo, fossero in grado di dissipare ogni malessere.

 
Voci aspre e concitate lo scossero da quel tepore e a svegliarlo fu l'odore nauseabondo del proprio sangue e dello sperma dei propri aguzzini. Ma ora non era più sospeso in aria, ora solo i polsi erano ammanettati dietro la schiena. Provò ad alzarsi ma il dolore tornò a manifestarsi in modo più intenso.

Dio, quanto cazzo era diventato debole? Quanto tempo era passato? Da quanto era lì dentro?

Nessuno spiraglio di luce, poco cibo... ma il solo fatto che ci fossero stati dei pasti, per quanto scarsi e rari, gli faceva intuire che fossero passati almeno due giorni... o forse di più? Le ferite sul suo corpo erano innumerevoli e il dolore era sempre presente, tanto da farci l'abitudine.

Fu percorso da un' angoscia e da un'oppressione mortale accorgendosi quanto pallido e magro fosse diventato. Era sempre sul punto di svenire, e a quello si aggiungeva la vista annebbiata e la sensazione di sottomissione e totale mancanza di forza fisica. Cominciava a temere per la propria vita... ma non era questo a preoccuparlo veramente: era il pensiero di lasciarlo solo, di non poterlo più proteggere, di non poter più adempiere al suo compito.

Non aveva mai rinunciato alla propria vita, né aveva l'intenzione di metterlo in pericolo.

Nonostante le onde di dolore feroci e ininterrotte, le scosse elettriche ai testicoli, ai capezzoli, alla lingua, nonostante fosse stato tempestato di pugni, schiaffi e calci, violentato furiosamente mentre veniva afferrato per i capelli per avere i loro cazzi ficcati fino in fondo alla gola e a turno veniva sfondato da tutti, senza pietà... aveva sempre avuto bisogno di aggrapparsi a qualcosa: non poteva permettersi di morire.



Tutto ad un tratto trasalì sentendo dei passi avvicinarsi alla sua cella. Fece un respiro profondo, cercando di mantenere la calma. Pochi minuti dopo, la porta di ferro pesante che lo separava dalla libertà si aprì e mezzo secondo dopo avvertì un fortissimo calcio allo stomaco. Jigen sussultò di dolore rannicchiandosi in posizione fetale. Dallo stomaco gli partì un urlo, ma gli uscì solo un timido sussurro.

"Svegliati bastardo, hai visitatori!"  - riconobbe la voce di uno dei suoi aguzzini. Fu come un colpo di martello che risuonò nella sua testa.
Non aveva la forza di rispondere, tanto meno di aprire gli occhi, così emise semplicemente un gemito per dimostrare di essere sveglio.

"Ecco amico, è tutto tuo!" - disse con un sorriso perfido che gli irradiava il volto.
"Ma è un cadavere vivente!" - rispose l'altro, cercando di mascherare l'orrore.
"Te l'ho detto. Abbiamo provato di tutto, ma non ne abbiamo ricavato nulla."
"Bè, in questo caso... non vi è altra alternativa." - estrasse la pistola dalla fondina sotto la giacca e la puntò verso la testa del prigioniero.
"Ehi, che ti salta in mente?!" - esclamò facendo atto di trattenerlo.

"Sto dando un finale a questa povera anima!"
"Ma è un mio prigioniero!"
"Non ha parlato fino ad adesso e ormai non ha più la forza di farlo anche se volesse."
"Va bene, fanne ciò che vuoi, tanto finirà per morire comunque."

Qualche istante dopo si sentì l'urlo di un proiettile in arrivo.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Do you love me? Like I love you? ***


«Recita pure le tue preghiere.»
Quando sentì lo schiocco secco, acuto del grilletto, un sorriso si formò sulle labbra del gunslinger. Lo sparo fragoroso che conosceva bene e che solo la sua amata Magnum avrebbe fatto, fu seguito dal tonfo di "qualcosa" che si abbatteva per terra, al suo fianco: il corpo del suo carnefice.
Qualche istante dopo, i suoi occhi, aperti a stento, gli rivelarono un' altra sorpresa: l'uomo che conosceva così bene, era lì. E si stava inginocchiando accanto a lui, incurante del sudiciume che ricopriva il pavimento.
 
«Jigen! Jigen! Reagisci!»
L'ex esecutore della mafia si sforzò di aprire gli occhi, ma le palpebre erano ancora troppo pesanti, mentre sentiva il suo corpo, dilaniato in ogni sua parte, dal dolore delle sevizie subite, venire circondato dalle braccia di Lupin. 
«Jigen-chan... credo di essere arrivato un po' in ritardo.» disse il ladro, stringendolo tra le braccia con infinita tenerezza. Nessuna traccia del suo solito sorriso beffardo, piuttosto sulle labbra si intuiva l'ombra di un sorriso stentato che nulla toglieva alla cupezza del suo viso.
Il pistolero sentì gli occhi inumidirsi e fece uno sforzo per controllarsi.  Un'emozione indescrivibile lo colse, la più potente, la più alta che avesse mai provato, da fargli quasi pensare che valeva la pena subire tutti quei supplizi.  «Baka... yaro... » ogni sillaba gli costava uno sforzo immenso.
 
Lupin  gli sfiorò la bocca con un dito, accarezzandolo fino a sentirlo tremare. «Risparmia il fiato adesso e lascia che al resto ci pensi io.» Sorrise, questa volta con convinzione. Afferrò la testa  del suo compagno fra le mani, senza timore di sporcarsi di sangue e gli depose un bacio tra i capelli. 
Il respiro dell'uomo che amava, il calore del suo corpo, il il suo odore, capace di rapirlo fuori dal mondo, era come  linfa vitale. Jigen si sentì vacillare e si lasciò andare con l'inconscio tra le braccia del suo partner.

A quel punto, due delle guardie incaricate della sicurezza di quel corridoio si erano già dirette verso la cella, attratte dal rumore dello sparo, ma furono accolte da una granata prima di potersi avvicinare.
Lupin, quindi, tirò su il gunslinger, tenendolo  tra le sue braccia e, approfittando della confusione,  corse via prendendo l’unica via di fuga disponibile. Evitarono di tirare un sospiro di sollievo, entrambi consci che un nuovo pericolo sarebbe presto sopraggiunto.
Si sentiva confuso, terribilmente stanco ed estremamente egoista... forse era solo la mente annebbiata, ma l’ex sicario, fra le braccia del suo partner non riusciva a non bearsi di come lo teneva stretto, delle  leggere vibrazioni dei suoi muscoli, dei loro intensi respiri, dei battiti dei loro cuori che pulsavano con impeto, del desiderio di voler sapere come si sussurra "di più."
Ma una parte di lui, che conservava ancora un briciolo di sanità mentale, sapeva quanto ridicoli fossero simili pensieri, e sapeva -o sperava- che le sue  fantasticherie deliranti si sarebbero interrotte una volta che si fosse ripreso.

Ad aspettarli non trovarono una massa di nemici, tutto quel che videro fu l’austera figura del Samurai Goemon Ishikawa XIII, circondato ovunque da corpi.
«Goemon-chan!» Lupin sorrise, sollevato. «È davvero bello vederti.»
Goemon ripose la spada nel fodero e si guardò intorno come se avesse ingiustamente deplorato la lama perfetta della sua Zantetsu-ken.
«Ho ripulito questo lato. Andate!»
«Efficace come al solito.» Disse il ladro con un sorriso vivace e quasi infantile e corse nella direzione indicatagli dal Samurai, scomparendo nella confusione.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Breathe ***


Jigen si svegliò stanco e dolorante. Cercò di mettere ordine ai suoi pensieri, nel tentativo di dare un senso logico allo svolgersi degli avvenimenti di quegli ultimi tragici giorni.
Liberatosi dal torpore, si accorse che Lupin era seduto vicino al suo letto, avvolto dal fumo di una Gitanes.
«Jigen-chan! Finalmente ti sei svegliato! ».
Vedere il viso del suo partner illuminato dal suo solito sorriso infantile e complice fu la parte migliore del risveglio.
Peccato che, cercando di muoversi, fu travolto da un’ ondata di dolore così intenso da convincerlo che non era una buona idea.
«Passami una sigaretta. ».
«Prendi. ». Il ladro gli mise una sigaretta tra le labbra con delicatezza.
Il gunslinger aspirò una lunga boccata, trattenne il fumo nei polmoni il più possibile, godendosi il lieve contatto delle dita di Lupin sulle proprie labbra.
«Devo avere un aspetto di merda. ».
«Ci puoi scommettere!» confermò il ladro sorridendo.

Ci fu un breve silenzio prima che Lupin parlasse di nuovo, questa volta senza più ombra di sorriso:
«Perché l'hai fatto? ».
«Lo sai. Non potevo tradirti. Tu sei il mio partner ».
«Me la potevo cavare benissimo anche da solo. Tsk. ». protestò lui, ostentando un broncio infantile.
«Oh, ne sono certo! Se non ci fossi io a salvarti il culo ogni volta saresti già morto chissà quante volte! ». Cercò di ridere senza molto successo.
«Bè, suppongo che dovrei ringraziarti allora. ». Replicò Lupin, con beffarda giovialità.

Si sedette sulle gambe del suo partner e si sporse in avanti per baciarlo; il contatto con le sue labbra morbide e calde provocò a Jigen un delizioso brivido. Lupin gli strinse i polsi e lo baciò a fondo e con abilità, facendogli aprire la bocca e intrecciando la lingua alla sua.
Sebbene fosse un bacio piuttosto forzato, bastò ad inebriare l'ex esecutore della mafia fino allo stordimento, ma non durò a lungo, e liberò le proprie mani dalle quelle del ladro e gliele mise sul petto per respingerlo: «E questo? Che cazzo significa? ».
«Bè, non avrai pensato che ti avrei scritto una lettera di ringraziamento? Sai che non sono così affezionato alle convenzioni sociali. ». Disse Lupin, col suo solito sorriso canzonatorio stampato sulle labbra.
«Hmph... non riesci proprio a rimanere serio per più di 5 minuti, non è vero? ».
«No. ». disse il ladro molto chiaramente. «Impossibile restare seri per più di cinque minuti ». Gli rivolse di nuovo quel sorriso divertito e complice. 
«Ma non scherzavo quando ho detto che volevo ringraziarti. Quindi, lascia che lo faccia per bene ». Aggiunse, con un lampo di malizia negli suoi occhi intensi, color piombo fuso.

Fece nuovamente scivolare la lingua nella bocca di del pistolero, mentre si sfilò la giacca e la lasciò cadere sul pavimento, procedendo, poi, a togliersi la cravatta, infilò una delle sue gambe tra quelle del tiratore, e sorrise contro la sua bocca sentendo la sua erezione.
Le labbra di Lupin si spostarono da quelle dell’ex sicario ai suoi capelli, risalì a sfiorargli l'orecchio con la punta della lingua. Lo stuzzicò, soffiandoci dentro delicatamente, poi succhiò il lobo.
Jigen sentì il suo alito caldo sul viso e un tremito di desiderio che lo scuoteva dalla testa ai piedi.
«Che cosa vuoi esattamente? Aah! ». Il gunslinger emise un gemito soffocato che gli incendiò il sangue.
«Oh, potremmo stabilirlo senza alcuna discussione...». Mormorò, infilando le mani sotto la sua camicia, con tutta la maestria che aveva, percorrendo con le dita le ferite ancora fresche.
Il pistolero strinse i denti e sussultò dal dolore.
Lupin gli sbottonò rapidamente la camicia e il suo solito sorriso gli si si spense sulle labbra mentre un'ombra di amarezza gli calò sul volto. «Jigen... TEME! ». premette una delle sue ferite con più forza.
il tiratore volle urlare, ma l'urlo gli morì in gola per lasciare spazio a brucianti lacrime. «Cosa cazzo stai facendo?!».
Molto casualmente, e senza mutare espressione, Il ladro giocò con i capezzoli del suo partner, che istintivamente, si inarcò contro di lui. Li baciò e li succhiò avidamente, per poi salire sul collo, succhiando e leccando avidamente ogni centimetro di pelle che sfiorava.

«Jigen-chan... tu sei uno dei miei più vecchi amici, e l'unico che non abbia mai cercato di tradirmi o di uccidermi. Non posso perderti. Non voglio perderti».
«Lupin... non sono come te. Non ho bisogno di una baby-sitter io! Sei tu quello che va a cacciarsi in ogni sorta di problema se solo non ti tengo d'occhio!».
«Bene, se la pensi così fammi il favore di non crepare!
Ora rilassarti, perché ho intenzione di farti divertire. ».
Lupin sorrise maliziosamente, sussurrando contro il collo dell’ ex sicario, mentre lo guardava con aria divertita.
Quando il suo compagno gli cerco nuovamente la bocca Jigen sentì i propri sensi esplodere con una fiammata che minacciò di incenerirlo. Quel bacio era bruciante e umido. Il ladro non tralasciò niente, lo succhiava, lo leccava, lo assaggiava, lo mordeva.
L'ex esecutore della mafia percepiva il suo desiderio immenso insieme all'amore. Da quando l’aveva conosciuto aveva capito che quello che desiderava davvero dentro di sé era sentire di essergli necessario, di essere amato da lui, di riuscire a toccare il suo cuore. E in questo momento si sentiva così. Si sentiva suo. Lo amava. Sentiva di appartenergli totalmente. Voleva appartenergli. Ogni fibra del suo essere smaniava per lui. Aveva bisogno di lui.
Lupin ridacchiò malignamente, deponendo baci lungo il suo ventre scosso da brividi, sentendolo fremere ad ogni tocco. Il gunslinger sobbalzò quando il ladro portò le proprie mani ad abbassargli i pantaloni e infilò la mano sotto la stoffa per toccare la sua dura e calda virilità attraverso il cotone leggero dei boxer. Gemette forte. Il cuore gli martellava nel petto mentre respirava con affanno. Non era semplicemente il piacere del corpo, quello che il pistolero stava sperimentando, era un piacere che andava al di là di ogni immaginazione. In qualche modo sapeva che non si stava abbandonando solo al suo corpo, si stava fondendo con la sua anima.

«Oh, ti stai divertendo! Mi fa piacere. ». Lupin ridacchiò, felice. Il suo sguardo sembrava penetrarlo, andare dritto nella sua anima.
«Damare!». il tiratore ansimò contro il suo orecchio e gli piantò le labbra contro le sue.
Lupin rispose al bacio, e strinse l'erezione dell’ex sicario poco sotto l'estremità quindi cominciò ad accarezzarla con una lentezza straziante, portandolo ad un piacere quasi insopportabile.
Jigen si morse il labbro inferiore per soffocare un gemito.
Il ladro ridacchiò, divertito e trionfante. « Ma Jigen-chan, fra i due sembra che sia tu ad emettere più suoni, non trovi? ». Aumentò il ritmo dei movimenti che divennero sempre più frenetici e selvaggi.
«Cotto… matte… kudasai…». Sussurrò il gunslinger, tra gemiti e ansiti. Non aveva veramente intenzione di fermarlo. Ma non voleva fosse tutto così veloce.
«Iie. ». Una sola sillaba. Ed era più profonda e roca di quanto l'ex esecutore della mafia avrebbe potuto prevedere.
In Lupin non c'era più traccia del suo accento, né umorismo, né malizia. C'era solo istinto primordiale, nella sua forma più autentica. Il pistolero intravide una diabolica gioia animalesca negli occhi del suo partner mentre continuava le sue 'cure' lavorandolo con la raffinatezza di un dipinto giapponese.
Il tiratore sentiva una sua mano muoversi ritmicamente mentre l’altra scivolava nell'interno delle sue cosce e sull'addome, e a lui non restava altro che rabbrividire e gemere sotto di lui.
« Jigen-chan… ». sussurrò posando una serie di baci alla base della gola dell’ex sicario. «Ho bisogno di te.».
Scese con lingua, scorrendogli le spalle, tracciando il solco delle sue clavicole, scendendo fino al torace, leccandogli le linee dei suoi addominali che si contraevano a ogni respiro.
Infine, portò le labbra umide a circondargli il membro turgido, la lingua andava a leccare la base dei genitali, mentre con una mano gli accarezzava una coscia. Arrotolò la lingua attorno alla punta per poi succhiarla, scese a fondo, prima di tornare su, le labbra strette intorno alla sua erezione. Procedeva ad un ritmo spietatamente lento, con l'intenzione di portare Jigen oltre il bordo della follia.
Usava le labbra, la lingua, succhiava disperatamente, deglutendo attorno alla punta, ritirando poi la bocca, stringendo il più possibili prima di tuffarsi in avanti di nuovo. Continuava in quel modo, succhiando, deglutendo, muovendo la testa su e giù mentre fissava negli occhi il suo partner durante l'intero processo.
Il gunslinger continuava a gemere forte, con voce roca e a proferire parole di shock e di piacere. Tremava e bruciava nel sentire la bocca di Lupin tormentarlo. Lo guardava ingoiare la sua erezione in tutta la sua lunghezza, guardava quella bocca, che tanto amava, tesa attorno al suo membro, quelle splendide labbra scivolare sulla sua pelle. Era incredibile come quell'uomo riuscisse a suscitare in lui un tumulto di emozioni contrastanti e di un'intensità senza precedenti: commozione, eccitazione, amore.

Lupin sorrise fra se, soddisfatto dalla reazione del suo partner, che quasi contro la sua volontà arcuava la schiena boccheggiando in cerca d’aria, mentre il suo corpo bruciava.
Egli non riusciva davvero a ricordare l’ultima volta che si era sentito così eccitato, o meglio ancora: Si era mai sentito così? Se mai fosse successo non ne conservava alcun ricordo.
Per quanto cercasse di negarlo, era più che chiaro che Lupin esercitava un perfetto controllo su di lui, e non aveva ancora capito se fosse un bene o un male.
Il ladro aumentò la velocità senza dare segni di volersi fermare, continuando a leccarlo e baciarlo per tutta la sua lunghezza, portandolo fino in fondo al piacere, e, dopo qualche istante, Il pistolero si sentì attraversare da una scossa elettrica che partiva dalla base della schiena e infuocava il suo cuore, la sua anima e la sua mente; tutto questo esplose fuori di lui e nella bocca di Lupin, che fu percorso da un brivido prima di distendersi accanto al suo partner.
« Allora, Jigen-chan, mi sembra che tu ti sia divertito, nèè ~♥ ?». Ridacchiò col suo solito fare beffardo rivelando una certa stanchezza.
«Dovrò aspettare che tu faccia qualche altra cazzata perché questo avvenga di nuovo?» Sorrise ancora in preda agli spasmi dell’orgasmo.
«Heee ~ ? Stai scherzando?! Pensi che a me serva un pretesto per fare del sesso? ».
«Souka...». Rispose mestamente con lo sguardo abbattuto e rivolto verso il basso.
« Jigen-chan… ». Si tese attraverso il letto portando il viso a pochi centimetri dal suo. « ...no, questo non è qualcosa tipo del sesso occasionale con una prostituta.
Conosci meglio di tutti come io sia sempre stato uno spirito irriducibilmente indipendente, che non deve rendere conto a nessuno. Ho sempre avuto bisogno di essere non solo libero ma autonomo, indipendente da qualsiasi legge morale, vivere nella libertà più assoluta, svincolata da qualsiasi rapporto. Non ho mai sopportato le situazioni stagnanti e ho scelto deliberatamente la solitudine, che non mi abbandona neanche in mezzo alla gente: la trappola del contatto umano si chiude sugli altri, su tutti, eccetto me.
Ma a volte ti senti davvero solo, hai paura, freddo, e ti senti oppresso da un senso di sconsolata ambascia.
Puoi andartene dove vuoi, ritornare quando ti va, ma sai benissimo che non ci sarà nessuno ad aspettarti al tuo ritorno.
Con te è diverso Jigen. Con te riesco a sentirmi ancora altrettanto libero, senza sentirmi solo. Tu, sei libero con me, come me.
Jigen-chan ». Gli prese il volto, contratto dall'emozione, tra le mani guardandolo intensamente negli occhi.
«Non voglio che mi lasci».
«Non voglio lasciarti, Io sarò sempre al tuo fianco. E poi qualunque cosa io faccia, che si tratti di furti, scoprire tesori antichi o qualunque stronzata non è divertente se non ci sei tu ».
Il solito sorriso ironico tornò a illuminarle il volto del ladro, prima che questi incollò nuovamente le labbra a quelle del tiratore. Jigen assaporò il sapore della bocca di Lupin, o meglio proprio sapore nella sua bocca.
Si sentì pervadere da una gioia intensa e da un dolce calore, mentre Il cuore gli batteva così forte da fargli credere che presto sarebbe esploso. Non si era mai sentito così legato a qualcuno in tutta la sua vita.

Smisero di baciarsi quasi annaspando, poi Lupin affondò la testa nell'incavo tra il collo e la spalla di Jigen e avvolse un braccio attorno al suo corpo. « Sono stanco. Spero non ti dia fastidio se dormo qui. ».
Il pistolero non pensò affatto di protestare di fronte all'opportunità di dormire tra le braccia di Lupin, beandosi del suo respiro contro il proprio collo.
Era ancora troppo confuso e aveva bisogno di riflettere su quanto fosse successo ma la stanchezza cominciò a prevalere sull'attività mentale e tutti i filtri mentali, le immagini, i pensieri cominciano a diluirsi. Beatamente, scivolò nell'incoscienza di un sonno profondo, come ormai non gli capitava più da tempo immemorabile.

 

Note:
  • Teme = Stupido
  • Damare! = Sta zitto!
  • Cotto matte kudasai = Aspetta un attimo
  • Iie = No
  • Souka = Capisco

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Fujiko ***


Si svegliò travolto da un'ondata di vertigini e avvertì delle fitte in tutto il corpo. 
Fece scorrere una mano sulle ferite e sentì che erano state medicate.  Lupin se n'era già andato. Tastò il letto in cerca del suo corpo, come avrebbe fatto un cieco, le mani si allungarono in cerca della sua carne tiepida, ma il letto era vuoto.
Il proprio corpo, ancora dolorante, si fece sentire: avrebbe dovuto aspettare un bel po', pensò, prima di rimettersi del tutto, ma poteva sopportare. Si alzò dal letto e iniziò a recuperare i suoi vestiti sparsi per la camera.
Il sole era già alto e il bagliore della luce che filtrava dalla finestra gli punse l'interno del cervello.
Dalla camera accanto poteva sentire provenire le voci sommesse di Lupin e.... Fujiko!
«Nantekotta!». Esclamò tra lo stupore e il risentimento.
Si affacciò alla porta per osservarli: Si stuzzicavano, ridevano e scherzavano, proprio come due innamorati; Lupin con le sue solite manovre, gli ammiccamenti, lampeggiamenti d'occhi lascivi, gesti lussuriosi, discorsi osceni dalla quale prontamente Fujiko si schermiva, sorridendo con fare civettuolo, offrendo all' ammirazione e al desiderio del ladro fantasma il proprio corpo disegnato da un abito succinto.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1842602