A step to the left

di Hermes
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***
Capitolo 5: *** 5 ***
Capitolo 6: *** 6 ***
Capitolo 7: *** 7 ***
Capitolo 8: *** 8 ***
Capitolo 9: *** 9 ***
Capitolo 10: *** 10 ***
Capitolo 11: *** 11 ***
Capitolo 12: *** 12 ***
Capitolo 13: *** 13 ***
Capitolo 14: *** 14 ***
Capitolo 15: *** 15 ***
Capitolo 16: *** 16 ***
Capitolo 17: *** 17 ***
Capitolo 18: *** 18 ***
Capitolo 19: *** 19 ***
Capitolo 20: *** 20 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


A step to the left.

I wanted to tell you my story
How my life seemed to change in a matter of days
The heavens break I am walking, no talking
How come change always seems to bring the rain
But through it all
I feel no pain
The Verve ~ Stormy Clouds

Ero una ragazza come le altre, niente di strano in questo.
E come tutte le altre avevo i miei difetti ed i miei pregi.
Alla luce di come lo incontrai però tutte queste belle parole non significano nulla anche adesso che è passato più di un anno.
Sto per dare la laurea in biologia molecolare e mi sto specializzando in ingegneria genetica, lavorando come assistente presso un noto laboratorio di ricerca in Santa Monica, CA.
E so cosa state per chiedermi…no, non mi sono innamorata di lui.
Innamorarsi vuol dire essere legati ad un’altra persona e ciò non è successo.
Mi chiedo solo quali strade abbia intrapreso e basta, non voglio andare oltre.

Un anno circa prima…
Lunedì, seconda metà dell’anno universitario.
Ore tre del pomeriggio.
Fisica 2.
Aula 7.
Secondo piano, appena dopo le scale.
Non ci fossi mai entrata avrei fatto un affare con il destino.
I primi dieci minuti avevo ascoltato il docente con indifferenza.
A dire il vero era troppo giovane, sembrava solo un’assistente a conti fatti…
Spesi solamente un attimo a catalogare il suo aspetto fisico, niente di terribilmente interessante da lassù sembrava un topo albino con gli occhiali, e allora tirai fuori un blocco tracciando diagrammi ed espressioni, un esercizio di biochimica che avrei dovuto consegnare per il giorno dopo.
Tanto meglio portarsi avanti…
Ero di un umore nero a tinte viola scuro…sfido io dopo aver passato il Natale in città come una perfetta asociale a studiare ma non per mia scelta.
Un mese prima ero la ragazza di Will, un bel giovanottone tutto muscoli e con un discreto cervello ma mettiamo una doppia sottolineatura sull’imperfetto…ero.
Ci stavo bene assieme, aveva la cattiva abitudine di pavoneggiarsi con i suoi compagni della squadra di rugby del campus e di fare del weekend un party senza pausa dal venerdì pomeriggio al lunedì mattino compreso ma non era un cattivo ragazzo.
Avremmo dovuto passare le vacanze assieme ma Will mi aveva dato buca con la storia che doveva tornare ad Eureka dai suoi, era rimasto vago sul motivo e fra le righe mi aveva lasciato capire che era una riunione di famiglia allargata.
Quel fatto mi cadeva proprio a fagiolo…dovevo prepararmi per dare gli ultimi esami a Gennaio e di certo non sarei tornata a far visita a mia madre con duecento miglia e più di viaggio. Mi sarebbe piaciuto ma era fuori discussione, soprattutto con le frequenti tempeste di neve che imperversavano annualmente sulla Sierra Nevada.
Reno non era proprio la cittadina dietro l’angolo.
Quindi avevo fatto che studiare e portarmi in pari e mi ero ritrovata alla sera di Capodanno con niente di meglio da fare, trascinata dallo voglia di qualcosa di diverso che il solito film o dispensa del caso.
Sapevo che c’era una festa in corso in un locale poco al di là dei limiti del campus e mi ci avviai con alcuni altri occupanti del mio dormitorio.
Diciamo che fu una serata difficile da dimenticare…
Li colsi in flagrante, avvinghiati in un booth a farsi una tracheotomia l’uno con l’altra, cosa peraltro anche leggermente disgustosa lasciate che ve lo dica.
Ho dimenticato d’aggiungere che Will se la stava facendo con la mia compagna di stanza…
Mi reputo una persona pacifica ma presi la prima cosa che avevo sfiorato, un grosso recipiente pieno di punch, e gli lanciai il contenuto addosso senza tanti complimenti.
Dopo la doccia alcolica era stata questione di un attimo prenderli a sberle verbalmente; nell’ultimo mese iniziavo anche a provare pena per quella poveretta in fondo…sicuramente non sarebbe durata molto al fianco di Will ma ero ben lungi dall’avvertirla, mica ero santa alla porgi l’altra guancia!
Quindi avevo fatto armi e bagagli, chiedendo il trasferimento in un altro dormitorio e mi ero installata in una pessima scusa di condominio a tre piani di proprietà della San Francisco State University a quattro isolati dal quartiere universitario.
Ora occupavo un bilocale muffito e che mi dava la seria impressione di essere stato un magazzino liquori dal sentore di alcool che perpetrava dalle pareti, ci sarà stato un motivo per cui nessuno voleva installarvisi e ne ebbi prova quando vidi il bagno di due metri quadri, uno sgabuzzino in poche parole. Lo stato del mobilio poi era dubbio.
Avevo appena iniziato a frequentare i nuovi corsi e stavo iniziando a preparare la mia tesi, sperando solo di uscire il più in fretta possibile da quella fase della mia vita…
Così il destino mi aveva portata in quell’aula a sprecare due ore per tre giorni, moltiplicato per dodici settimane di fila…solo per riuscire a raggiungere i requisiti e fare domanda di stage in laboratorio, preparando la laurea.
La fisica in tutto e per tutto la capivo ma non mi piaceva.
Avevo già riempito due pagine di calcoli quando, completamente immersa nelle mie riflessioni un dito fece tap-tap sulla spalla sinistra.
M’irrigidii, peccato per me che non mi ero resa conto del silenzio regnante.
Distolta, incazzata e leggermente irritata alzai lo sguardo verso chi m’aveva disturbata preparandomi a stenderlo anche se sottovoce…e rimase con la bocca aperta per metà davanti all’assistente che - con un sorrisetto seccante – tendeva il palmo della mano aperto verso il blocco, senza una parola.
Ero in torto marcio ma questo non mi fermava dal bersagliarlo silenziosamente d’ingiurie, minacce ed insulti mentre l’uomo - che ad occhio e croce non aveva molti anni in più di me - scendeva la scaletta al rallentatore e tornava dietro la scrivania, posando con un tonfo il blocco a spirale in un angolo.
“Prima di interrompermi stavo rispondendo alla domanda di…? Come ti chiami?”
Perfetto…rompicoglioni ed affetto da Alzheimer…il quadro si fa sempre più roseo!
“Per rispondere alla tua domanda…tratteremo la fisica quantistica, dando uno sguardo anche alla meccanica. Vi consiglio di chiedere spiegazioni a fine lezione se avete dei dubbi…non mi piace essere disturbato mentre spiego.” e mi mandò un’occhiata ed il classico sorriso storto del rompiballe.
Fantastico…adesso m’aveva preso di punta! Ci mancava solo questa!
Mi ero persa la sua presentazione all’aula quindi non sapevo nemmeno quale fosse il suo nome ed allora m’ingegnai a cercargli un appellativo finché la lezione non si concluse. Mi accordai per Mister-Biondo-Marilyn-Zen, in un certo senso gli donava.
Per fortuna quella giornata di lezione finiva lì…sarei andata dritta in biblioteca, quattro piani più sotto, a concludere quel maledetto esercizio di biochimica e poi al diavolo l’università fino al giorno dopo!
Sempre sperando che Mister Zen avesse la bontà di ridarmi i fogli…eh!
Una capatina alla palestra del campus e poi a casa, se poteva considerarla tale...sempre meglio che viver sotto lo stesso tetto con la traditrice.
Sospirai – avevo atteso che il più della gente uscisse dall’aula – quindi raggiunsi la cattedra leggermente sopraelevata. Osservai per un momento chi, un paio d’ore prima, mi era sembrato un ‘topo’: quelle sembianze gliele conferiva solo l’abbigliamento blu scuro, per il resto non poteva essere che sui trenta al massimo.
Era molto pallido, dall’aspetto curioso.
Di statura doveva essere molto vicino a quella di Will, fra i sei piedi. Al contrario del mio ex aveva l’aria un po’ scavata di chi non fa un pasto come si deve da qualche tempo; pochi muscoli e tanta ossatura cosa che però non lo rendeva tarchiato.
I capelli di un biondo chiarissimo gli cadevano sulle spalle diritti, sottolineando i lineamenti del viso e gli occhi di un nero petrolio dietro un paio di occhiali a lenti rettangolari.
Quegli stessi occhi frugavano con metodo e concentrazione l’esercizio sul blocco come se riuscisse davvero a capirci qualcosa.
…provaci pure…
Teneva il quaderno in una mano con le gambe accavallate, l’altra mano sotto il mento in una posa elegante.
Dopo vari minuti borbottò un “Bel lavoro…” e lo restituì pensieroso con un cenno “Cerca di non fare altro nella mia aula d’ora in poi.”
Avevo appena aperto la porta antipanico quando aggiunse “Però avresti potuto derivarla almeno sei passaggi prima…”
Per quanto allettante non osai mandarlo a stendere ma dovetti ammettere che non era un cattivo consiglio, gli augurai un buon pomeriggio e mi chiusi la porta dietro le spalle. Andai subito in palestra a scaricare la tensione accumulata.
Quando, a sera, sedetti allo striminzito tavolino del cucinino, trangugiando take-away e tornai al lavoro quasi non mi strozzai…
Dopo le mie due pagine, ne stava una mezza con l’inizio e due passaggi dello stesso esercizio sotto il risultato e in un angolo, scritto piccolo e incastrato.
Grazie per il cruciverba…ma non era granché. Ed i tuoi diagrammi di sviluppo fanno anche un po’ pena.
Era ufficiale, mi aveva presa di mira ed iniziava a starmi un tantino sulle balle.

In quel periodo non sapevo cos’altro mi avrebbe portato la vita.
Invero ero arrivata al punto che non vedevo più in là del sabato, quando ricevevo il mio stipendio da cameriera.
Avevo quasi ventiquattro anni e tanta voglia di scappare via.
Avevo smesso di sognare.
Solo allora le nostre strade si incrociarono.

These streets, these times
They tie me down, I'm through with you
(Through it all)
But I feel no pain
Stormy clouds over new horizons
Come and get it, if you want
The Verve ~ Stormy Clouds

~~~

Buondì a tutti!
Non sono proprio nuova di questa sezione, diciamo che ho fatto la desaparecida...
Questa storia è rimasta nel dimenticatoio per anni, l'ho ripresa in mano alcune settimane fa e ho deciso di postarla come esercizio distensivo.
Il rating, gli avvertimenti e le note potrebbero subire cambiamenti repentini già dal prossimo capitolo e tenete in conto che non aggiornerò regolarmente.
Ho alcuni capitoli abbozzati ma devo riscriverli completamente per renderli leggibili per il fatto che io sola conosco i personaggi e voi poveri lettori no...devo risolvere questa cosa, credo...xD

Comunque vi do alcune dritte:
- La storia si svolge a San Francisco e la San Francisco State University si classifica fra le prime cinque Università pubbliche americane per gli studi di medicina, ricerca e scienza biomedica;
- La protagonista di questa storia è originaria di Reno, la seconda città più popolosa del Nevada, dopo Las Vegas. Questa città è molto vicina al confine con la California;
- Un biologo molecolare studia le molecole organiche complesse presenti nella cellula, in particolare DNA, RNA e proteine e il loro modo di relazionarsi strutturalmente con la stessa cellula; questo tipo di biologia usa molte tecniche derivanti da altre discipline quali biochimica, fisica e genetica;
- L'ingegneria genetica è l'insieme delle procedure utilizzate per alterare il DNA di un organismo, modificandone i caratteri ereditari;
- Le citazioni ai The Verve saranno un po' il filo conduttore di tutta la trama, quindi ecco a voi un link per ascoltare la canzone di questo capitolo: The Verve ~ Stormy Clouds.

Spero che questo primo capitolo incuriosisca e che non sia un intero fiasco ^^"
Non esitate a farmi sapere cosa ne pensate o correggere i miei errori, io sono qui!
Spero di non farvi aspettare troppo per il prossimo capitolo...intanto grazie per essere passati!
Hermes

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Capitolo 2
*** 2 ***


Life, roll my die
Change this life
You said this movie was mine
But now you go and change your mind
This is my life
so it goes
The Verve ~ So it goes

L. L.
Linds Lagden.
Lagden Linds.
Ecco come si chiamava Mister-Biondo-Marilyn-Zen.
Un nome da cartone animato, davvero.
Qual’era il nome e qual’era il cognome? Bah…
Martedì cercai di non dare nell’occhio su dal mio solito nido d’aquila, ma presi appunti…il punteggio mi serviva! E non c’erano più posti disponibili da nessun'altra parte!
Sì perché avevo appurato anche quello già che ritiravo la lista di dispense per il corso…
A fine lezione del martedì annunciò il capogruppo ed anche un paio di vice del nostro corso…immaginate un po’ quale nome venne fuori fra tanti?
Intanto mercoledì aveva già preso a insegnare come un pazzo assatanato, in quasi quattro anni e mezzo di Università non avevo mai visto una roba del genere. Ecco spiegato perché non gli piaceva essere interrotto mentre faceva lezione…era impossibile arrestarlo.
Parlava e scriveva alla lavagna in contemporanea, roba da perderci la testa nel giro di cinque minuti.
E sembrava che i dati li prendesse tutti dal nulla dato che non aveva alcun libro in mano.
Si sentiva l’aula che come un sol uomo rantolava a quell’assalto furioso…alla faccia del topo assistente, questo ci uccide prima della prossima settimana.
Ciliegina sulla torta a fine lezione ci appuntò tre pagine di esercizi su ciò che aveva spiegato da consegnare sabato mattina e gli argomenti della prossima lezione. Linds-Lager-Lagden, sarà brutto da dire ma…Porco Cane!
Quell’ultima lezione del mercoledì sembrò passare al contagocce, e quando uscii dall’aula mi diressi spedita verso il bar un piano sotto con la seria intenzione di affogarmi nella caffeina finché non fossi andata in overdose…come avrei fatto a superare tre mesi a distanza ravvicinata con quel…quell’affare occhialuto, all’apparenza genio che poteva avere al massimo tre anni più di me?!
Mi aveva appioppato l’intera classe, per non parlare del dover seguire anche lui con il programma del corso, le fotocopie e quant’altro…ma dove cavolo era il professore vero e proprio?! Era partito per le Hawaii in anno sabbatico?
La zona bar era praticamente deserta, colpa dell’orario di fine lezione, tutti gli altri corsi finivano alle sei di sera.
Ordinai un caffè doppio e mi voltai, trovandomi davanti proprio la faccia che contavo di non vedere più per il resto della settimana. Gliel’avrei volentieri staccata a colpi di bisturi!!!
“Ciao, bella tenebrosa…” disse ironico, si era seduto sullo sgabello di fianco, appoggiando il mento alla mano. Ma guardalo! Fresco come una rosa!
Lo ignorai, accettando con un ringraziamento la bevanda calda dal barista.
“Pensi di evitarmi anche all’esame o farai un’eccezione grazie alla tua media?” domandò di nuovo l’altro calmo, gli occhi che brillavano dietro gli occhiali.
Allora Mister Zen aveva dato un’occhiata alla graduatoria…buon per lui…
Continuai stoica ad ignorarlo, rappresentandolo mentalmente come un grasso mini cactus in vaso, cioè quello che sarebbe diventato a forza di starsene sempre seduto alla cattedra.
“Ascolta Miss-non-importa-quanto-parli-tanto-non-ti-ascolto sono venuto a proporti una tregua…” soffiò sulla tazza di caffè poi ne bevve un lungo sorso, dovevo ammettere che un po’ m’aveva incuriosita “Sei entrata nella mia aula solo per raggiungere le ore ed il punteggio necessario a dare la laurea…questo mi è stato chiaro fin dall’inizio. L’ho fatto anch’io più di una volta. Non capisco però perché hai scelto proprio Fisica 2…i biologi non hanno abbastanza materia cerebrale da arrivare indenni all’esame!” e ridacchiò, come il migliore stronzo della sua categoria!
Questa la chiamava tregua?! Dare dei dementi ad un’intera legione di gente che faceva la mia futura professione?
Ingiusto il fatto di non poterlo mandare a fare in culo senza che la media venisse seriamente compromessa…ma era pur sempre un assistente!
“Lei non ha nessun diritto sulle mie scelte e non siete il docente di quel corso ma solo l’assistente.” frustai seccata, senza neanche guardarlo.
“Sono un professore…” replicò con lo stesso tono. Mi voltai incredula, incontrando i suoi occhi neri ridotti a fessura…occazzo!
Probabilmente mi ero appena giocata l’unico modo per strappargli un voto accettabile.
Beh…ormai è tardi Michelle…vai fino in fondo già che ci sei!
“Credo di vederci male…” mormorai fra me e me poi sorrisi freddamente “I docenti non dovrebbero essere tutte stempiate, palle di lardo?”
“Esistono eccezioni alla regola…” ammise bonario, con un sorriso, almeno sembrava possedere un po’ di senso dell’umorismo “Non hai ancora risposto alla mia domanda.”
Difficile da sviare, pure! Una vera punizione divina allora!
“Mi avvalgo della facoltà di non rispondere, prof.” dissi con il mio miglior tono d’avvocato.
“Obiezione accolta, per ora…” rispose, facendo segno di volere un’altra tazza “Chiamami Linds.”
Alzai un sopracciglio…non era poco professionale? Ed era quello il suo nome?
“And your name is, bella donzella?” continuò lui, con l’aria di uno che ha tutto il tempo del mondo.
“Michelle.” risposi di malavoglia, non mi piaceva l’idea che mi desse del tu ma neanche comprendevo come il mio caffè doppio fosse diventato un pretesto per attaccare bottone…
Michelle, ma belle…these are words that go together well.” canticchiò lui sottovoce con un sorrisetto divertito e gli occhi chiusi, la tazza all’altezza del naso “Sont les motes qui vont très bien ensemble…
Oh…mi mancava un professore di fisica sui trenta, platinato, rompicoglioni, con l’Alzheimer e una seria passione per i Beatles!
Per oggi ne ho davvero abbastanza…se continuo su questa lunghezza d’onda potrei aver bisogno di uno psicologo e la prossima volta che ho voglia di un caffè vado da Starbucks, dall’altra parte della città!
Lascio alcune monete sul bancone e mi alzo, con l’improvvisa voglia di chiudere quella conversazione al più presto. Nessuno mi pagava gli straordinari per rimanere lì in sua compagnia in fondo.
“Non ti sarai offesa, vero?” dice senza muovere un muscolo dalla sua posizione, mi guarda serio.
“Avrei preferito non sentire la sua versione…ha distrutto il pop.” constatai, in piedi, lontana di alcuni passi.
“Ti piace il genere?”
“No.”
“Allora avremo qualcosa sul quale andare d’accordo in futuro…” le sue labbra si sono piegate in un ghigno. La smorfia lo ha trasformato in un bambino cattivo.
“Cosa starebbe cercando di dirmi?” domando diretta, incerta se avvicinarmi o rimanere dove sono. Quel sorrisetto non mi piace…e siamo praticamente da soli!
Se non mettiamo in conto il barista di spalle che fa finta di asciugare tazzine ma dorme con gli occhi aperti.
“Dipende da cosa passa per la tua intelligente testolina, ma belle…” ha finito il secondo caffè e mi ha raggiunto, avvicinandosi più del dovuto.
“Michelle…” mormora candido afferrandomi il mento con due dita e fissandomi negli occhi “Sotto la tua patina di acido c’è qualcosa che brilla. Scommetto che non sei mai riuscita a divertirti davvero…nemmeno a letto.”
Ferma ferma FERMA! Frenate i cavalli!
Sono solo io o l’avete sentito anche voi?!
Okay…ditelo che è una candid camera a mie spese…
Com’è possibile che Linds abbia la cattedra di Fisica 2…inizio a chiedermi con quali requisiti vengano scelti i candidati! Quando mai un professore flirta con uno studente?!
Il tasto di pausa si libera con un secco click!
“Porco!” biascico disgustata liberandomi, cosa ne sa lui della mia vita sotto le lenzuola?
“Grazie, ma belle…forse potrei aiutarti, sembri così frustrata…” continua con finto tono preoccupato, osservandomi clinico ed annuendo saccente “Sì…credo proprio di avere la giusta cura per te!”
Gli punto contro un indice, ancora sconcertata “Non osare avvicinarti! Adesso ne ho abbastanza!”
“Avevo appena cominciato…”
“Appunto!”
Prendo le scale mentre lo sento ridere e scendo di sotto, mettendo più distanza possibile fra me e Linds il più in fretta possibile. Sto prendendo in considerazione di trasferirmi…almeno non dovrò stare con quel pazzo tre giorni di fila alla settimana nella stessa aula.
Sai già che non lo farai Michelle, nemmeno con un fucile puntato alla tempia. Lo sa anche lui.
Non ero arrivata fino lì per cadere al primo ostacolo davanti alla mia strada.
Per un problema ci sono sempre molte soluzioni…anche se in questo momento non ne vedi una.
“Hey! Hey! Ferma!” mi voltai, pronta a mollare un calcio dove non batte il sole a quel maiale calzato e vestito ma ci trovai solo una ragazza bionda dall’aspetto familiare.
“Mamma mia…cammini davvero veloce! Uff…” poi mi tese una mano “Piacere, sono Barbara.”
“Piacere…ti ho già vista da qualche parte?” domandai cortese.
“Siamo nel corso assieme del Professor Lagden.”
Certo che sei proprio scema, Michelle…manco li guardi in faccia i tuoi compagni di tortura…
“Oh…scusa, mi sono appena giocata una figuraccia…” mi gratto la testa imbarazzata.
“Non preoccuparti…mi chiedevo, vuoi unirti a noi? Pensavamo di andare in pizzeria e vedere come siamo messi in Fisica, Lagden sembra un mostro e vogliamo correre un po’ ai ripari.”
“Beh ecco…” balbettai imbarazzata.
Mi sarebbe piaciuto…fare nuove conoscenze, magari sparare qualche insulto alle spalle del topo ma…
Michelle le tue finanze sono già praticamente in rosso…e stasera sei di turno al ristorante!
“Oggi lavoro, mi dispiace…ma grazie lo stesso.” rispondo con amarezza.
“Ah…bè allora sarà per un’altra volta.” Barbara sorride un po’ scocciata e se ne va, rifacendo le scale.
Una spostata…ecco cosa sono. Vita sociale inclusa.
E ringraziamo l’esimio Linds Lagden per quest’inizio settimana…e adesso da dove cavolo lo recupero il tempo per i suoi esercizi?!

Cause? Life don't need no cause
When my feelings fall
You showed me things I didn't wanna see
I don't believe that love is free
The Verve ~ So it goes

~~~

Ahem...cambio di rating per parolacce e frasi non troppo velate! xD
Avete conosciuto Linds...come vi sembra? =) Premetto che sono molto attaccata a questo pazzo...LoL

Dritte del capitolo:
- Linds canticchia una canzone dei Beatles che si chiama appunto Michelle, potete ascoltarla qui;
- Quando scrivo la mia mente è molto cinematografica, ho sempre paura di non descrivere in maniera particolareggiata la fisionomia dei personaggi per il solo fatto che li vedo dentro la mia testa, quindi ecco a voi un'abbozzo più o meno veritiero di Linds (il topo non è così figo, ma ci si avvicina! Immaginatelo solo con l'aria un po' più scavata) e Michelle. Li trovate a questo link;
- La canzone firmata The Verve di questo capitolo la potete ascoltare qui: The Verve ~ So it goes.

Si ringrazia petitecherie per aver recensito il primo capitolo! Spero di non averti fatto attendere troppo! xD
Non esitate a farmi sapere cosa ne pensate o correggere i miei errori, io sono qui! *L'autrice saltella*
Al prossimo!
Hermes

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Capitolo 3
*** 3 ***


Life's an Ocean
Too much commotion, too much emotion
Dragging me down
Living for today, don't have to time to pray
Ready for the game
Take a line of fickle flame
The Verve ~ Life's an ocean

La settimana va…la routine mi aggancia, la musica trascina per la strada affrettando i passi e poi c’è il lavoro, utile solo per pagare l’affitto e riempire lo stomaco…non rimane molto per altro.
La quasi totalità del giovedì la passai a documentarmi per la tesi in biblioteca.
Venerdì feci su e giù fra le aule ed la sala studio, dove i miei compagni del corso di Fisica si erano riuniti assieme nel tentativo di mettere un po’ d’ordine e metodo e cercare di non affogare.
C’erano dei cervelli niente male in quel gruppo ed alla fine del pomeriggio avevo qualcosa come un quintale di compiti da consegnare a Linds. Come minimo si sarebbe fritto il cervello per un paio d’ore…muahaahaahhah! Beccati questa!
Venerdì e sabato sera le passai al ristorante a servire i clienti fino a quando il locale si svuota del tutto e ci costringe a lustrare il pavimento col mocho e chiudere.
La serranda dietro alle mie spalle si sta abbassando e respiro l’aria umida della sera, è mezzanotte.
Sono stanca morta ma il peso della mia borsa è una condanna…devo andare all’Università. Sono troppo in ritardo con le consegne e non posso più rimandare…o stanotte mi metto sotto con il lavoro o non riuscirò a starci dietro. E Linds avrà la mia testa se non finisco la relazione su Einstein e company per lunedì mattina.
Faccio per incamminarmi quando mi fermo, sorpresa.
“Ciao Michelle…” mi saluta il mio ex-fidanzato con un sorriso dai denti ultra-bianchi. Sono anche fosforescenti…li ho visti brillare al buio una volta, come minimo mi sono presa della radiazioni gamma baciandolo…
“Sparisci.” mi limito a dire, sorpassandolo.
“Ti prego-”
Non lo lascio finire che alzo un dito medio nella sua direzione. Ci mancava solo più lui stasera.
Ha preso a seguirmi nemmeno con troppa fatica, le sue falcate sono il doppio dei miei passi.
“Sono stato un imbecille, perdonami.”
“Manco se fossi imparentato con Gesù di Nazareth e camminassi sull’acqua, Will.”
“Intanto lo so che ti senti sola e prima o poi tornerai da me.” replica con il tono di un moccioso.
“Auguri.” alzai la mano destra per salutarlo e lui me l’afferra per il polso, forte.
“Smettila di fare la difficile!”
Un relè nel mio cervello scattò, secco ed impietoso.
È l’unica spiegazione che posso dare per quello che ho fatto subito dopo.
O magari avevo trovato proprio il punching ball giusto per scaricarmi alla Berserk! In fondo era stata una settimana difficile…
Lasciai scivolare la tracolla dalla spalla destra, stringendo la cinghia fra le dita.
Feci prendere momento ai venti chili di borsa e…uhm dallo scricchiolio sinistro come minimo gli ho rotto il naso!
Will lanciò uno strillo poco virile e cadde sul battuto di cemento del marciapiede.
Non avevo ancora finito con lui.
Riagganciai la borsa alla spalla e mi avvicinai al mucchio piagnucoloso per terra, puntando il tacco dell’anfibio al suolo e la pedata fra le sue gambe. Sì, proprio sui gioielli di famiglia se non si fosse capito.
“Non sono la tua Barbie, Will.” spinsi un po’, guadagnando un gemito di protesta, aveva gli occhi stralunati “Se continui a darmi fastidio questi-” altro lamento “-te li taglio e te li metto sotto formaldeide come ricordo. Tutto chiaro?”
Annuì spasmodicamente, mentre cercava di tamponare il sangue che gli scendeva dal naso.
“Ti auguro un buon sabato notte. Salutami anche la tua nuova amichetta di letto, non sia mai che mi fai passare per maleducata.” e tornai per la mia strada, più rilassata. Ah…vendetta dolce vendetta, come mi sento rilassata adesso!
Avevo fatto sì e no dieci passi quando Will ritrovò la voce.
“Sei solo una puttana!” abbaiò nella mia direzione. Continua pure, per quello che mi interessa…
Dopo venti minuti senza altri incontri raggiunsi il campus.
Era ben dopo l’orario e tutte le entrate sono chiuse…ma il mio biglietto d’ingresso lo tengo stretto fra le mani.
Raggiungo le porte e ci metto un po’ ad inserire la chiave nella serratura…perché cavolo non hanno messo un lampione vicino alla porta?!
Entro dentro all’atrio buio pesto, silenzioso…completamente vuoto.
Mi volto verso sinistra dove so per esperienza che c’è una telecamera di sorveglianza ad infrarossi e sorrido…il custode mi conosce piuttosto bene, lui stesso mi ha fornito la chiave sottobanco. A quest’ora starà russando così tanto che il suo cubicolo tremerà peggio di un terremoto.
Con sicurezza mi dirigo verso le scalinate ed inizio a scendere, alla luce fioca proiettata sugli scalini. Quando i miei piedi si posano sul pavimento del piano interrato sento dei sensori scattare ed il corridoio si accende all’improvviso, tremolante.
Non mi curo di lasciare la borsa nei sportellini…intanto chi mi potrebbe dar noia?! Inserisco direttamente la tessera dell’ID nel sistema di apertura e quella si apre senza farmi questioni empiriche su orario e cazzate varie…benedette le macchine senza cervello! Sono meglio degli esseri viventi sotto certi punti di vista.
Lascio cadere per terra la borsa accanto ad un tavolo, ed accendo una delle tante lampade da lettura poi mi metto alla ricerca dei libri che mi servono.
Mezz’ora dopo mi sono seduta, china a trascrivere ed a rimpiangere di non aver fatto passare con me anche due o tre tazze di caffè della macchinetta…il silenzio nella grande biblioteca sotterranea è alienante, ma non mi ha mai dato fastidio o messo paura.
Rimane il fatto che è un vero proprio labirinto, e fa quasi freddo dato che è una parte dell’edificio a temperatura controllata per evitare che alcuni libri si degradino.
Un’ala della biblioteca è vietata agli studenti, mi sono sempre chiesta cosa ci tengano dentro…lo scheletro di qualche scienziato famoso, forse? Mah…
Dopo un’ora la mia concentrazione inizia a sfaldarsi…sono troppo stanca e le ore di sonno non sono mai abbastanza.
Mi pizzico una guancia e continuo a lavorare ma, inevitabilmente, mi addormento.
Passano ore? Forse.
Eppure quando mi risveglio con metà del volto sopra un tomo di scienze naturali, sento l’odore della carta stantia ed il profumo di caffè appena fatto. Aroma meraviglioso…
Mi scollo dalla pagina incuriosita ed incontro gli occhi neri di Linds che mi guarda in silenzio, seduto dall’altra parte del tavolo con un sorrisetto misterioso, inquietante.
Alzo la testa di scatto e per poco non cado all’indietro assieme a libri, penna, appunti e quant’altro… mi viene comunque il torcicollo.
Mi massaggio i muscoli, osservandolo di sbieco “E tu cosa ci fai qui?!” sbotto irritata, possibile che riesca sempre a prendermi alla sprovvista?!
“Buonasera anche a te, ma belle.” commenta sarcastico “Si dà il caso che posso stare qui quanto voglio…ma comunque cosa faccio non ti interessa. Piuttosto…tu non dovresti esserci.”
Adesso sono nella merda...il problema è che trascino nel cesso anche il povero custode…
Osservo le due tazze di caffè lungo a metà tavolo, bollenti.
“E nemmeno queste…” indico i corpi del reato, cambiando discorso.
“Prima di fare la sortita al bar ho dato un’occhiata alle telecamere di sicurezza e ho notato il tuo sonnellino…” scuote le spalle disinvolto, non sembra che pianifichi una soffiata sulle mie abitudini ai piani alti…non lo capisco. Come faceva ad avere le chiavi del bar?
“Il gabbiotto del custode è chiuso a chiave dall’interno.” gli faccio presente, che avesse visto la lampada accesa dalle finestrelle del seminterrato?
“Lo so, difatti lo era.” annuisce divertito, senza aggiungere altro.
Cambiamo discorso, và che è meglio.
“Le persone normali non vanno a divertirsi il sabato sera?” indago.
“Mi stai dando dell’asociale?” domanda, poggiandosi allo schienale.
“No, quella è la mia categoria…sono solo curiosa…” rispondo con una risatina, in effetti non ho mai amato molto uscire.
“Avevo delle correzioni da fare…soddisfatta?”
No…non lo sono. Quando mai un docente universitario ha tutta questa voglia di passare una serata in ufficio?
Un’occhiata al mio orologio da polso posato sul tavolo mi informa che sono le tre passate…decisamente troppo tempo di mezzo, poi noto un particolare stravagante.
“Perché indossi il camice?”
Si guarda addosso “Davvero?” fa il finto tonto “Devo essermi dimenticato di toglierlo!”
“È una scusa che non attacca…” rispondo annoiata.
Ho preso in mano la tazza e ne annuso il contenuto…non mi sono ancora dimenticata del suo comportamento qualche giorno fa, potrebbe esserci qualsiasi cosa lì dentro!
“Se pensi che l’abbia drogata, sei libera di non berla…” commenta divertito “Comunque non voglio ucciderti solo per metterti a conoscenza delle mie attività notturne.”
“Dormire non rientra nella categoria?” che tipo strano…
“Soffro d’insonnia, ma il più delle volte sono troppo occupato per dormire.”
“Non sembri molto normale, Linds.” affermo dopo un breve silenzio, il caffè non ha gusti strani…forse l’ho valutato male in fin dei conti.
“Nemmeno tu.” replica con un sorriso.
“Quanti anni hai?” domando, facciamo salotto tanto che ci siamo…
“Ventotto.” risponde, frugandomi con occhio vigile poi aggiunge malizioso “Sono troppo vecchio per te?”
Ci risiamo?!?!
“Non capisco di che parli.” non voglio giocare al suo gioco, e le orecchie da mercante sono la mia unica risorsa disponibile al momento, il mio cervello non vuole collaborare a quest’ora della notte senza un buon motivo.
Si stira alzando le braccia, come un gatto che si affila le unghie sul tavolo.
Le sue mani pallide sembrano grossi, esili, bianchi ragni.
“L’offerta che ho fatto è sempre valida per te…” allude, lanciandomi un’occhiata espressiva.
Mi guarda come se potesse spogliarmi con gli occhi.
“Linds…” inizio piano, con tono controllato, sto per mettermi a ridere “…hai bisogno d’aiuto per sedare quest’insonnia. Potrebbe essere una delle cause del tuo comportamento da maniaco…”
Ridacchia, e ad un certo punto rido anch’io. L’eco delle nostre risate risuona nel silenzio per un po’.
“Se fossi sessualmente frustrato non sprecherei il mio tempo con una studentucola ed andrei a soddisfarmi con la prima prostituta disponibile.” spiegò senza pudore, freddamente “Non sono così disperato, Michelle…certi incontri non valgono la candela.”
“Allora perché proponi scappatelle alla diretta interessata studentucola?”
Arriviamo dritti al punto, sono curiosa da una parte…e un po’ disgustata dalla risposta che quest’uomo potrebbe darmi!
Sorride beffardo “Mi hai preso per un uomo sposato, forse?”
“Non penso che ci siano donne disposte a sopportarti fino alla morte…mai dire mai però…”
“Non sei l’unica che voglio portarmi a letto, gioia.”
“Bella garanzia…” commento, posando la tazza vuota ed iniziando a raggruppare le mie cose, tanto qui non arriviamo da nessuna parte! “Comunque non mi interessa, grazie per il pensiero.”
“Questo non significa che mi darò per vinto…” mormora piano, osservandomi mentre mi preparo per andarmene.
“La calma è la virtù dei forti!”
Faccio per raggiungere l’entrata quando dice pacato “Voglio quella relazione su Mister Einstein lunedì mattina, ma belle. Se non la trovo sulla mia scrivania sarò tentato di abbassarti i voti ed avrò il piacere di trattenerti un paio di pomeriggi suppletivi per della ripetizione…lascia che te lo dica non vedo l’ora.”
Giro la testa verso di lui, valutando se sta scherzando o no. Gli occhi scuri sono inamovibili e canzonatori, poi si lecca le labbra sottili di proposito. Quest’uomo lo odio!
Mi sorride divertito mentre esco dalla stanza e lo lascio lì, ai suoi pensieri sconci.
Almeno lui però non mi ha messo le mani addosso…che tipo strano…

Imagine the future
Wake up with a scream
I was buying some feelings from a vending machine
Say that I will see
Something more than I have
There's something inside of me
Crying out for something else
And if someone hears my scream
Put it in a letter to me
The Verve ~ Life's an ocean

~~~

Terzo capitolo!
A chi sbarca qui per la prima volta, ciao! A chi torna benritrovati! xD
Will, l'ex di Michelle ha fatto una comparsa sì e no impietosa ed in origine questa scena non c'era.
Sto riscrivendo la storia ed espandendo la trama, e cerco di dare corpo ai personaggi ed essere in grado di mostrare ognuno nella sua totalità caratteriale.
La scenetta dell'inizio mi serve proprio per dimostrare che Michelle non è una donzella ohhh-e-ahhh. La ragazza è capacissima di salvarsi da se per fortuna...xD
Per il resto Linds è Linds, semplicemente. C'è molto da scoprire su questo personaggio maschile...

Ringrazio infinitamente petitecherie per aver recensito lo scorso capitolo e niente...
Mi piacerebbe qualche riscontro da parte di voi lettori (perché lo so che ci siete) tanto per capire se questo esercizio distensivo vale qualcosa. Mi vanno bene anche delle critiche...non c'è niente di meglio per migliorarsi a mio parere! =)
Hermes passa e chiude e vi augura una buona serata. xD

EDIT delle 17e36: ahem...mi sono appena accorta di non aver linkato la canzone di questo capitolo, la potete ascoltare qui: The Verve ~ Life's an ocean, chiedo immensamente scusa LoL...

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Capitolo 4
*** 4 ***


I stand accused, just like you
For being born without a silver spoon
Stood at the top of the hill
over my town I was found

I’ve been on the shelf too long
Sitting at home on my bed too long
Got my things and now I’m gone
How’s the world gonna take me?
The Verve ~ This is music

Lunedì mi ripresento a lezione e do un’occhiata alla porta aperta prima di salire la scaletta esterna. Sono in tremendo ritardo ma non sembra che sia già arrivato…supposizione che non dura nemmeno il tempo di entrare nell’aula!
Lo psicopatico è alla base delle scale, tracolla in spalla e mano sulla maniglia della porta dell’aula con la faccia di uno che si è goduto lo spettacolo…non mi avrà mica seguito fino alla classe dall’atrio per guardarmi il sedere?!
Sono tentata di sventolargli un dito medio, umiliata…miseriaccia…non metterò mai più una gonna per venire alle sue lezioni!
Anche se è l’unico capo di vestiario pulito che ho…! Maledizione, per una volta che non riesco a fare il bucato!
Oggi ha deciso che ha già perso troppo tempo a farci da babysitter ed è partito in full blow con lo spazio di Hilbert e la definizione di stato quantico e non la sta buttando sul facile…alcuni strabuzzano gli occhi mentre lui continua a riempire la lavagna gigantesca di segni, come al solito senza fermarsi o correggersi.
Non prendo appunti…mi rifiuto di sprecare della costosa carta e dell’inchiostro per trascrivere il dettaglio di passaggi teoretici che peraltro già conosco grazie a quello str- del mio ex. Almeno per quello i libri oscenamente scarabocchiati di Will si erano rivelati utili…
Linds sembra averlo notato perché ad un certo punto annuncia che chiamerà qualcuno per finire di dimostrare i sette postulati base della meccanica quantistica…e mentre gli altri se la fanno sotto immaginate un po’ a chi ghigna e lancia un’occhiata il topo?
“Allora…venga lei signorina, sì, lei nell’ultima fila a destra, prego.” e sorride! Gli pianterei una sberla in faccia!
Raggiungo la lavagna, strappandogli di mano il gessetto mentre il suo ghigno si fa sempre più largo e si siede in mezzo agli altri con tutta l’aria di prendersi un bis.
Pensa di avermi messo in difficoltà? Ho una mezza idea di dove ficcarglielo questo meraviglioso e lindo gessetto bianco a fine lezione!!!
Riprendo il punto dove si è fermato ed inizio a scrivere con gesti secchi, guardando nello stesso momento la riga prima per saltare dei passaggi.
La cosa va alla lunga ma poso il gessetto appena prima che la campanella di fine lezioni suoni.
Gli altri ragazzi non vedono l’ora di squagliarsela e mandano a stendere la dimostrazione senza terminare di ricopiarla. Si ammassano alle uscite.
“Ragazzi voglio che rivediate i concetti di oggi e domani passeremo direttamente alle ultime stupidaggini della meccanica quantistica.” fa Linds con voce piatta.
Poche manciate di secondi dopo siamo rimasti solo io e lui sotto il ronzio sommesso dei neon.
Clap clap…
Mi pulisco le mani, riempiendo l’aria di vaporose nuvolette e scendo dalla piattaforma rialzata con un’occhiataccia a Linds che ha lo sguardo ancora troppo basso per essere puntato sulla mia faccia.
“Cosa volevi dimostrare?” domando, piantandomi davanti a lui, pugni sui fianchi…il ritratto vivente dell’incazzatura.
“Che i biochimici non sanno niente di fisica, ma sono abbastanza umile da ritrattare in parte…tu ne sai qualcosa, in effetti…” raggiunge i miei occhi dopo essersi soffermato un momento sul mio seno “Fra parentesi, hai delle curve niente male…”
“Sporco pervertito!” sibilo, prima di risalire gli scalini e riprendere la mia roba…sento la sua bassa risata in fondo all’aula, mentre esco e gli auguro mentalmente di essere risucchiato da un tombino di scolo pieno di topi di fogna.
Poco dopo mi ritrovo in una delle sale studio, Barbara ed i suoi amici mi hanno praticamente obbligata a seguirli per una sessione avanzata di meccanica…che noia, come sempre tutta colpa di Linds! Capro espiatorio personale!
Una buona parte di loro pendeva dalle mie labbra e da quelle di altri tre o quattro ragazzi dall’inconfondibile aspetto nerd.
Mi rimbocco le maniche e cerco di spiegar loro ciò che so, indicando anche alcuni dei libri della biblioteca più adatti.
Il gruppo di Fisica 2 è costituito da laureandi di diversi tipi: se io ci sono dentro per riuscire a sbloccare la tesi, altri invece sono forzati a passare il corso per accedere all’anno universitario seguente come Max e Richard, i due nerd.
Barbara si è iscritta assieme a due sue amiche, rispettivamente Jessica e Dalia ma delle tre l’unica che sembra avere un po’ di sale in zucca è lei. Pensare che vorrei anch’io sbriciolarmi la materia grigia e chiocciare sulla nuova moda del momento…no Michelle, focus now!
Poi, tanto per rendermi proprio contenta, Jessica esclama sorpresa “Ma tu sei quella Michelle?!”
Finisco di rispondere ad una ragazza bionda e timida poi alzo gli occhi “Cosa vuoi dire?” domando interrogativa.
“Stavi con Sanders! Il capitano della squadra di rugby! Quello figo come un dio greco!” strilla lei, quasi come se la nozione la confondesse; come poteva una sfigata come me essersi messa con uno come lui? Bah! Eccoli i suoi difficoltosi pensieri…
“Sì…l’ho mollato. Scusa ma non vedo come questo abbia a che vedere con il corso di Fisica.” so che non avrei dovuto risponderle a quel modo ma ne ho davvero abbastanza del passato, di Will, dei pettegolezzi da dormitorio femminile in generale.
Quindi arriva la doccia fredda…la prova che una buona metà dei neuroni femminili in questa stanza sono - al minimo - sciroppati come le pesche.
“L’avete visto Will di recente?! Sembra che si sia rotto il naso per difendere l’onore della sua ragazza! Che dolce!” fa l’oca numero uno. Stringo le labbra, meglio lasciar loro alcune certezze…
“Sanders non è male…ma devi ammettere che il professor Lagden nonostante tutto ha un’aria…uuuuhhh!” l’oca innominata numero due si sventola una mano davanti alla faccia come se avesse improvvisamente caldo.
“In effetti fa tanto il severo ma sotto sotto deve essere un gran pervertito…” replica Jessica “Se continua a classificare le mie relazioni D meno meno posso sempre provare a raggiungere l’accettabile con un po’ di ripetizione speciale…”
Reprimo la voglia di vomitare. Con le tette finte che si ritrova non capisco cosa ci fa ancora qui…!
Vogliamo parlare di come Linds improvvisamente diventa il desiderio proibito di una buona parte di loro?!
Quel topo platinato?! O mio dio…qualcuno mi svegli…
Va bene che in voti era piuttosto avaro - mi ero beccata una C+ ed avevo passato anche la domenica sopra quella relazione! È solo un B meno per gli esercizi, la solita scusa erano stati i miei diagrammi…lo odio… - ma da qui a pensare di sedurlo solo per alzarsi i voti…
Un pezzo di carne, un maiale portato dal macellaio proprio in tempo per il Mardi Gras…manco se fosse l’unica soluzione, Michelle! Piuttosto ridai corso ed esame!
Passo ancora un’ora con la compagnia poi li saluto e mi dirigo al ristorante, rilasciando un sospiro che non sapevo nemmeno di aver trattenuto fino a quel momento.
E rido…l’esistenza è completamente pazza, ma gli esseri umani di più.

“Mi domando chi ti abbia insegnato così bene i principi della meccanica quantistica, ma belle…”
Davvero…non ne posso più…cos’è sto uomo, uno stalker?!
Come fa a sbucare fuori dal nulla quando non mi guardo intorno per più di tre secondi?!
È martedì e sto camminando per la mia strada con la pacifica intenzione di godermi la pausa pranzo in santa pace nel parco accanto alla facoltà, quando Linds mi si affianca senza un rumore.
“Devi smetterla di seguire le persone come un fantasma…qualcuno potrebbe colpirti dove non batte il sole per istinto!” la mia non è una minaccia ma se continua potrei anche metterla in pratica!
“Non mi dispiacerebbe se lo facessi…non credo tu conosca l’anatomia maschile così bene e le risate sarebbero assicurate…”
Roteo gli occhi, esasperata…non c’è modo di farlo stare zitto?! E poi…da quand’è che ci diamo del tu? Mi deve essere sfuggito…
“Sono cintura blu di ju-jitsu, Linds.” lo informo paziente, mentre siedo ad uno dei tavoli da pic-nic, imitata da lui.
“In effetti hai un fisico asciutto…immaginavo praticassi qualche sport.” ammette, con un sorriso, seduto sulla panca opposta alla mia “Allora chi ti ha insegnato la quantistica?”
Sospiro sconfitta “Il mio ex-ragazzo mi ha dato delle lezioni qualche tempo fa, per di più sono autodidatta…”
“Questo vuol dire che sei single, Michelle?” domanda subito, con un ghigno carico di promesse.
“La cosa non ha importanza intanto non verrò a curarti l’insonnia, scaldandoti le coperte!” affermo, tirando fuori dalla borsa un coltello, una mela e un libro.
“Pensare che ci contavo per la fine del mese…” il suo ghigno è indelebile.
“Caschi male.”
“Sono di buon umore oggi…” dichiara con fare bonario.
“Buon per te…io no.”
“Sei libera domani sera?” domanda speranzoso.
“No.”
“Sto cercando di instaurare un rapporto civile, sai?” stringe le labbra.
“Non voglio avere alcun rapporto con te, Linds.” metto in chiaro, se non lo avesse ancora capito.
“Ow…così mi ferisci nel profondo.” fa, mettendosi una mano sul cuore.
Non è abbastanza per farti sparire però…
Inizio a pelare il mio pranzo.
“Desidero solo che tu mi accompagni a cena, ma belle…non ho in mente nient’altro.” insiste tranquillo. Alzo lo sguardo ed i suoi occhi scuri ricambiano, in effetti sembra sincero…ma chissà cosa macchina dentro quel cranio quando non guardo!
“Okay…” rispondo affermativa, voglio proprio vedere cosa cercherà di propinarmi “Ma ti avverto, la mia pazienza non è infinita.”
“Lo terrò a mente.” si alza “Ci vediamo in aula tra venti minuti, Michelle.”
La lezione non fu nemmeno tanto male, Linds non m’infastidì come al solito, forse perché pensava di aver rotto abbastanza per quel giorno.
Alle cinque scendo ad occupare il mio angolino in biblioteca ed emergo un paio d’ore dopo soddisfatta, il mio sorriso s’incrina quando raggiungo le doppie porte.
Sta piovendo a dirotto! Ancora!
E tanto per gradire non avevo un ombrello e la mia borsa non sarebbe arrivata a casa asciutta.
Musichetta di Requiem per i miei appunti…bene basta, ma porca di quella *bip* non me ne va mai bene una!
Qualcuno lassù deve odiarmi profondamente…
Cammino fino alla fermata del tram, infradiciandomi nel giro di venti secondi.
Rimango lì impalata per un po’, ma non si apre una breccia in cielo come per magia ed il tram - come nelle migliori comiche - non arriva.
Guardo l’orologio al mio polso ed impreco…ero troppo occupata a studiare da rendermi conto che l’ultima corsa è passata da un pezzo.
Devo farmi il tragitto da lì a casa sotto l’acqua a secchiate…prendendomi qualcosa di sicuro. Forse posso evitare di andare a cena con Linds…
“Hey…bisogno di un passaggio, ma belle?”
Non mi sono accorta, a causa della pioggia fitta, che una macchina scura è appena uscita dal parcheggio universitario e si è fermata accanto a me. Il finestrino dalla mia parte appena aperto per far passare la voce dell’ultima persona che avrei voluto vedere in quel momento!
“No.” prendo a camminare con la mezza intenzione di ritornare dentro ed aspettare che la pioggia smetta, la macchina si muove lentamente in avanti, seguendomi.
“Non fare la stupida…sembri un pulcino fradicio!” replica Linds.
Sbuffo, però ha ragione, delle due l’una Michelle: broncopolmonite o raffreddore…decidi tu!
“Ok…ma solo per questa volta!” apro la portiera, trovandomi davanti ad interni in pelle crema sulla quale Linds sta distendendo una coperta. Provo un moto di dolce vendetta nei suoi confronti…almeno gli danneggio quella che sembra una sportiva di gran lusso!
Riparte tranquillo, immettendosi nel traffico congestionato di fine giornata.
“Sarebbe meglio se ti asciugassi i vestiti prima di tornare a casa…potresti prenderti un raffreddore.” consiglia tranquillo, mentre si ferma dietro una piccola utilitaria in attesa di un semaforo.
“E come? Non ho nemmeno un phon!” sbotto acida, mica mi porto dietro la casa quando esco!
“Abbassa l’ascia di guerra…” mormora, dandomi una breve occhiata “Abito poco lontano e ho un’asciugatrice, sarà questione di una mezz'oretta!”
“Gradirei se mi portassi immediatamente a casa, abito sulla Broderick-”
Troppo tardi…lo schifoso ha già infilato la discesa di un parcheggio sotterraneo, trovando in pochi minuti un posto assegnato.
Spegne il motore e non degna di uno sguardo la mia espressione imbronciata…non ho alcuna intenzione di entrare in casa sua! Non mi sta dando molte alternative però…
Lo seguo, muta come una tomba attraverso il parcheggio e fino dentro all’ascensore, i miei vestiti gocciolano ancora e non oso pensare ai miei poveri appunti…cavoli!
Le porte si aprono con un ding! e mi guardo attorno: a prima occhiata sembra un edificio messo a nuovo da poco…probabilmente di lusso.
Linds ha aperto una delle porte di legno lucido e mi fa segno d’entrare.
“Come fai a permetterti questo con il tuo stipendio?” domando informale, osservando il soggiorno arredato con pochi mobili d’indiscutibile design ed un grosso schermo piatto appeso al muro.
“Chi ti dice che me lo permetto grazie al mio stipendio?” domanda lui a sua volta, sfilandosi la giacca ed appoggiandola allo schienale del divano di pelle nera.
Sembra di essere catapultati in un mondo solo bianco o nero, in effetti la stanza è bicromatica…fredda. Strana rispetto alle strade pittoresche di San Francisco.
“Che sei allora un ricettatore?!” improvviso allegra. Mi guarda scettico poi scuote le spalle.
“La lavanderia è in fondo al corridoio, fai con comodo…preferisci qualcosa da bere?” domanda, da perfetto padrone di casa.
“No, grazie, non intendo restare.” raggiungo la lavanderia e prima di chiudermi la porta dietro le spalle dico “Se sbirci non sarò responsabile delle mie azioni!”
“Ci puoi contare…!” risponde Linds con la testa girata dalla mia parte e mi fa l’occhiolino.
Solo dopo, cercando la serratura, mi rendo conto che c’è solo una maniglia a chiavistello…Linds non potrebbe sbirciare neanche se lo volesse, stava solo scherzando.
Mi spoglio degli abiti bagnati e li ficco nell’asciugatrice, facendo partire il ciclo. Trovo una pila d’asciugamani puliti e ne prendo uno per tamponarmi i capelli.
La macchina è silenziosa ed a quanto pare nuova di zecca, sarà rapida.
Da quel poco che avevo visto sembrava che l’appartamento non fosse molto usato, ma la poca personalizzazione mi diceva tutt’altro…a Linds non importava cosa aveva intorno, difatti non c’era che l’essenziale lì dentro, non un quadro alle pareti, una foto, niente.
Approfitto dello specchio, sistemando distrattamente le ciocche che si sono appiccicate alla faccia.
Purtroppo sono una di quelle classiche ispano-americane con la chioma stile cespuglio, un po’ crespa ma non riccia. Mi manca solo più un porcospino in testa…
Presto avrei dovuto sistemarli od avrei sofferto il caldo con l’arrivo dell’estate…magari potevo andare sul casco tipo Chanel, iniziavo a stufarmi dei tagli lunghi. I miei occhi grigi ci sarebbero stati anche bene…
Dopo meno di quaranta minuti i miei vestiti erano sì stropicciati ma asciutti. Rivestita torno in soggiorno, scoprendo che è vuoto.
“Linds…?” tento, guardandomi attorno, non trovando segni della sua presenza. La giacca però è dove l’ha lasciata, sul divano.
Mi avvicino alla cucina ultimo modello.
“Linds…!”
“Sì?” la sua voce mormora al mio orecchio, facendomi sobbalzare.
Mi volto di scatto, troppo furiosa per capire cosa stava per succedere “Devi smetterla!”
“Mmmmh?” mugugna divertito “Di cosa parli?”
“Sai benissimo di cosa parlo!” affermo arrabbiata.
“Venirti dietro…?” ha assunto il suo classico atteggiamento perverso e si allunga, toccando con entrambe le mani il piano di marmo dell’isola, incastrandomi “Sì, mi piace…vuoi sperimentare?”
“L’hai insinuato di tua iniziativa!” borbotto, non trovando vie di fuga attuabili e dal sorrisino che ha stampato in faccia, lo sa!
“Ovvio…” mormora, concentrato sul bruciare la distanza dalle mie labbra.
Sembrerà cliché…ma vengo salvata in extremis dal campanello. Chiunque tu sia…grazie!
Andò a rispondere e tornò poco dopo con un cartone di pizza ancora caldo che sbatte, senza tanti complimenti, dentro al forno.
“Allora ti riporto a casa…?” domanda poco convinto, come se pensasse davvero che sarei rimasta lì!
“Sì.”
“Vorrà dire che mi accontenterò di domani sera…” sospira e aggancia due dita nel colletto della giacca, camminando verso l’ingresso con me alle calcagna.
Non disse molto, nemmeno quando mi sono resa conto che avevo messo piede sopra una Ferrari 360 spider per ben due volte. Ammetto che quasi mi vergognai quando gli dissi che eravamo arrivati…in confronto vivevo in una topaia, anche se decisamente vissuta.
Ci mettemmo d’accordo per il giorno dopo e, siccome ormai era tardi, feci che andarmene a letto con per compagnia un barattolone di yogurt al limone, biscotti ed un buon saggio.
Ma le domande rimanevano e le pagine interessanti del volume che avevo fra le mani non distraevano…
Ammettiamo pure che Linds fosse diventato professore all’improbabile età di ventotto anni (nel migliore dei casi doveva aver somministrato del topicida al vecchio docente!), come faceva a mantenersi la Ferrari con il misero stipendio base? Era un ricco figlio di papà? Ma allora perché non c’erano fotografie a casa sua? Perché, ancora, sembrava che non ci vivesse affatto là dentro?
Normalmente non ero così in cerca di risposte nei rapporti interpersonali ma Linds fino a quel momento era sempre riuscito a cogliermi di sorpresa…almeno saprò cosa chiedergli domani.

Finding myself used to be hard
But now I see the light
If love is a drug
Then I don’t need it
I’ve been on the shelf too long
Sitting at home on my bed too long
Now it’s time to hear my song
How you’re gonna take it?

I’ve been on the shelf too long
Played the words without the song
If ever I had a way to go
Tell me now I’ll take it
The Verve ~ This is music

~~~

Sono tornata!
Linds e Michelle vi sono mancati? *big grin*
Questo capitolo è lievitato tantissimo...è già tanto che non sia esploso LoL

Sarà per la lunghezza ma ho un mucchio di note da propinarvi...
- Lo spazio di Hilbert è uno spazio vettoriale in cui una teoria matematica (T) è basata su basi logiche ed è dimostrabile. Questo spazio mira a tre scopi: stabilire la completezza (1) e la consistenza (2) di ogni teoria T, e decidere algoritmicamente se una data affermazione potesse essere un teorema di T (3), riducendo così la matematica a un automatico processo ricorsivo. Questo spazio ha applicazione in casi semplici, ma per i numeri naturali i tre scopi di Hilbert falliscono.
Lo spazio di Hilbert fa parte della branca della matematica che studia l’analisi funzionale ed è uno dei concetti base della meccanica quantistica;
- Esistono vari tipi di stati quantici, più brevemente i puri (per esempio puramente dimostrativo i valori predefiniti dell’energia di un oscillatore armonico unidimensionale) e la miscela statistica di stati (dove il sistema può essere non completamente determinato, i valori non possono essere perfettamente calcolabili o dove un sistema è costituito da insiemi di atomi uguali ma con diversi stati quantici);
- I postulati della meccanica quantistica variano in numero e forma a seconda del libro di testo e non sono stati fissati in maniera standard. Sono concettualmente indipendenti l’uno dall’altro ma relazionati dalla matematica. Osservano gli stati quantici, le osservabili, le probabilità di risultato, le riduzioni di stato, l’equazione del moto e le relazioni di corrispondenza fra grandezze classiche e quantistiche;
- Il ju-jitsu è un’arte marziale giapponese volta alla difesa personale dove oltre all’equilibrio del corpo si pratica la cedevolezza dei movimenti. Il suo principio è di usare la forza dell’avversario per vincere e non la propria, applicando una determinata tecnica proprio nell’istante dell’attacco subito. Michelle è una cintura blu e viene sorpassata solo da quella marrone in questo sport, non contando i vari livelli dan;
- La Ferrari F360 è un modello per strada costruito dal 1999 al 2004, quella che guida Linds è più precisamente una Spider con motore ad 8 cilindri, 400 cavalli e cambio a sei marce, velocità massima 300 km/h. Per altre informazioni ed immagini di riferimento vi rimando a Wikipedia, immaginatela solo nera.

Ahem, sì le note sono finite...=)
Potete trovare la canzone di accompagnamento di questo capitolo qui: The Verve ~ This is music.
Ringrazio petitecherie per aver commentato! (2800 parole ti bastano? xD)
E niente, io sono qui anche per critiche, domande, curiosità e casomai avessi fatto degli errori...
Ci rivediamo al prossimo.
Hermes

EDIT del 23/11/12: questo capitolo è stato ribetato, si ringrazia Pepe per la soffiata! xD

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Capitolo 5
*** 5 ***


So take your time
I wonder if you're here just to use my mind
Don't take it slow
You know I got a place to go
You always do that
Something I'm not quite sure of
But just for today
Let go and slide away

I was thinking maybe we could go outside
Let the night sky cool your foolish pride
Don't you feel alive?
These are your times and our highs
The Verve ~ Slide away

Volete sapere la verità?
Questa mattina la prima cosa è stata controllare l’orologio.
Ho un paio d’ore buche perché il docente di scienze naturali è volato a San Diego per un convegno e l’assistente è a letto con l’influenza.
L’appuntamento con Linds è per le sette e trenta di questa sera, davanti casa mia. Mancano ancora dodici ore e sei minuti.
Curiosa? No…solo estremamente intrigata.
Dovrei ancora recuperare un mucchio di materiale in biblioteca ma ho deciso di mandare tutto a stendere su due piedi...siamo a fine Febbraio e non mi ricordo di aver passato mezza giornata fra me e me. Estremo bisogno di relax e corsetta distensiva, oh yeah…
Quindi m’infilo nella tuta con una felpa tutta pelosetta per l’umidità assurda ed esco fuori nel primo mattino mentre passano gli spazzini e gli uomini dei giornali a ricaricare le colonnine a monete. Il cielo è grigissimo, le nuvole basse ma le previsioni dicono che reggerà oggi…speriamo!
Svolto l’angolo per Fell Street e seguo la strada, passando nel parco e raggiungendo quasi la punta est del Golden Gate Park.
Quindi faccio inversione e mi fermo da un venditore ambulante per un caffè.
“Siete mattiniera, signorina!” commenta l’uomo, con un sorriso e una sigaretta incollata al labbro.
Butto giù il primo sorso “Il buongiorno si vede dal mattino!” Il caffè fa miracoli…anche alle sette e venti.
Mi siedo su una panchina per riprendere fiato e trangugio la broda a sorsate prima che diventi fredda mentre faccio due parole con l’uomo.
Torno a casa, sudata ma allegra e m’infilo nella doccia.
Adesso passare la mattina in biblioteca mi andrebbe anche…
Non ho nemmeno finito che la suoneria del mio cellulare irrompe dall’ingresso. Infilo l’accappatoio e corro fuori dal bagno.
Leggendo il chiamante sul display incrinato.
Oh no…e pensare che la giornata era iniziata così bene!
Prendo in mano il telefono e lo porto all’orecchio, rassegnata a passare due ore senza far niente per nessuna buona ragione.
“Ciao mamma…”
Mezz’ora dopo l’apparecchio mi si è incollato al padiglione e sbadiglio, cercando di nasconderlo. Ormai i capelli si sono semi-asciugati, diventando più crespi che mai…
Non è che non voglio bene alla mia mamma, è che quando inizia non la smette…uffa!
“Buñuelo escuchame!”
Ecco infatti, quando parla in spagnolo chi la ferma più…odio quel nomignolo!
“Sono qui, mamà.”
“Non mi hai più hablado di Will, cara.”
“Ci siamo lasciati, mamma.” Meglio non raccontarle in dettaglio la faccenda o facciamo notte.
“Siempre he dicho, que era un imbécil, tan lleno de sí mismo! Mejor aún!”
“Sì, hai pienamente ragione…fa freddo in Nevada?” cerco di cambiare discorso, ma oggi non è giornata.
“Non c’è nessun’altro, bonita? Voglio nietos, buñuelo.”
“Mamà, basta!”
“C’è qualcuno, vero?”
“…” mi copro gli occhi, e faccio finta di non aver sentito, tanto potrei anche dirle il contrario e non cambierebbe assolutamente niente.
“Como es? Hermoso? Alto?”
“Siamo solo amici.” ammetto tediata.
Ahà! Lo sabía!
Ecco che inizia il terzo grado da mamma premurosa…roba da tagliarsi le vene.
“Buñuelo, depilati! Ti conosco, niña. Quando sei sola tu es pelusa!
Roteamento di occhi…embè? Quando uno ha da fare mica pensa ogni momento ad essere liscia come una tavola!
“Vestiti bene! Fagli vedere cosa si perde el muchacho!
Ha capito tutto il contrario di cosa le ho detto…viva le mamme!
“Ehm…si è fatto tardi, devo andare all’Uni, sai le lezioni…”
“Ciao, Buñuelo! Vieni a trovarmi presto! Te quiero mucho, niña!”
“Anch’io…ciao.”
Il mio apparato uditivo sospira di sollievo e lascio cadere il capo sullo schienale del divano.
Mamma Ines è peggio di una mandria di bufali inferociti, però…
Alzo un lembo dell’accappatoio ed ispeziono…forse non ha tutti i torti, per fortuna che hanno inventato i leggings…
Uhm…chissà dove ho messo l’epilatore?

Verso le undici sono al campus, pronta ad immergermi nella mia montagna preferita di libroni sulla genetica molecolare.
Continuo fino alle due e mezza, fermandomi a pranzare in caffetteria dove incontro alcuni compagni di corso del semestre precedente e per le tre sono davanti all’aula di Fisica 2 dove Linds sta fuori nel corridoio.
Fa avanti ed indietro e parla fitto fitto al cellulare, in soprabito e tracolla in spalla. Le chiavi della macchina che girano velocissime al suo indice.
“Dai Raph! Tutto pagato, te lo giuro! Ma no che non ti sto prendendo per i fondelli…ho bisogno di un paio di programmini, tre o quattro controlli incrociati, database e anche un paio di script computabili…robetta facile per te no?” gli occhi di Linds hanno agganciato i miei, blocca le chiavi e mi fa segno tre minuti con le dita “Ma sì…non ti preoccupare, un paio di mesi che saranno…quando mai ti ho raccontato delle balle?!”
Entro in aula, trovando il mio solito posto mentre gli altri ridacchiano e parlano delle ultime novità.
Ci vuole ancora un buon quarto d’ora prima che Linds entri in classe e faccia cadere la tracolla sulla sedia, seguita subito dopo dalla giacca.
“Buon pomeriggio, ragazzi…” saluta con un sorriso inusualmente sadico. Uh-oh…cosa cavolo…
“Ho riguardato i vostri esercizi della scorsa settimana e mi è saltato all’occhio che la media voti di questo corso è bassissima, senza contare le eccezioni. La colpa immagino che sia mia, avrei dovuto sottoporvi un test all’inizio per vedere qual’era il vostro livello.” mentre parla, cammina davanti alla cattedra, lasciando scivolare due dita sulla sua superficie e ci fissa con quei suoi occhi neri. Sembra un grosso felino ossuto in vena di giocare con il pranzo.
Non buono…e quello sguardo…
“Così ieri sera ho ideato una piccola provetta, sapete. Roba da nono grado. Voglio che la risolviate in novanta minuti. Voi due.” indica due ragazzi della quinta fila che stavano guardando qualcosa sotto il banco “Venite qui, mollate Playboy sulla cattedra e distribuite questi fogli.”
Strabuzzo gli occhi mentre i due ragazzi impallidiscono e – come ha detto Linds – lasciano la rivista pornografica sulla cattedra ed iniziano a distribuire la risma di fogli che gli ha consegnato. Si è svegliato con il piede sbagliato o cosa?! E come ha fatto ad indovinare da quella distanza?!
Cinque minuti dopo ho il foglio in mano e lo scorro sommariamente. Nono grado?! Quaranta problemi?! Vuole scherzare?!
“Professore! Non è valido testarci senza avvisare!” Jessica si lamenta, con un broncio che dovrebbe essere sexy sulle sue indecenti labbra a canotto.
Gli occhi del topo la fissano freddi “A proposito…mi sono dimenticato di dirvi che chiunque prende una D o inferiore, rimane fuori da questo corso. Per quanto mi riguarda signorina Wales, le uscite sono lì e lì e lei è perfettamente libera di andarsene.”
Il silenzio nell’aula è totale c’è gente che sta per vomitare, altri che ridacchiano – ma quelli sono i nerd – ed alcuni che sudano ma sono decisi almeno a provarci.
“Se non ci sono altre domande cretine…” Linds si volta per recuperare qualcosa dalla tracolla: un cronometro vecchio tipo con la lancetta cromata che scintilla attraverso il vetro, fa scattare il pulsante con il pollice “Novanta minuti. Da adesso.”
C’è un subitaneo movimento nell’aula mentre tutti febbrili cercano di darsi da fare nel minor tempo possibile.
Anch’io non perdo tempo di mezzo e per un’ora non alzo il capo dal banco. Non è roba molto difficile ma neanche tanto facile, in certi casi il problema sta nel calcolo.
I nerd, compresi Max e Richard, sono i primi a consegnare ed uscire.
Preferisco controllare il tutto ancora una volta e quando finalmente alzo la testa dal foglio manca solo più un quarto d’ora e Linds sta seduto alla cattedra, mentre lavora sul portatile e digita alla tastiera ininterrottamente senza pensare.
Il cronometro ticchetta secco tanto che lo sento fino qui nel silenzio attutito.
Sta a vedere che ci ha fatto sgobbare solo per ritagliarsi del tempo per se. Ne sarebbe capace quel platinato.
Ha gettato Playboy nel cestino della carta straccia senza nemmeno guardarlo.
Passano i minuti mentre mi rilasso dalla tensione post-prova ed espiro.
Il click sulla tastiera si ferma “Dieci minuti.” ricorda Linds con un sussurro, fruga nella tasca della giacca e tira fuori un chupa-chupa, scartandolo e ficcandoselo in bocca con il bastoncino che spunta fuori dalle sue labbra sottili.
Chiude il portatile ed incrocia le braccia al petto, osservandoci da dietro le lenti che ammiccano alla luce dei neon.
Quando arriva alla mia altezza e mi vede far niente, alza le sopracciglia.
Io sorrido, guardo che nessuno mi veda poi gli faccio una linguaccia.
Linds non cambia espressione e la bocca gli si piega lentamente in uno dei suoi sorrisetti alla rapace e maniaco.
Non c’è che dire oggi ha un diavolo per capello…sarà una serata a dir poco interessante.

Alle sette la sciccosa Ferrari nero petrolio fa la sua comparsa davanti al mio stabile.
A dire la verità sto iniziando a preoccuparmi, e non è da me…ma non so nulla di lui. Potrebbe anche essere un corriere di coca!
Non so nemmeno in che tipo di locale avremmo cenato; non ci ho pensato a chiedere quindi ho passato un’oretta davanti all’armadio. E mi è venuta un’idea.
Alla fine quando vedo Linds dalla finestra rimango sollevata…come sempre è vestito di scuro, doveva essere passato da casa per cambiarsi. Però sotto la giacca porta un girocollo e dei jeans…
Aspettava appoggiato alla macchina, tutto concentrato su un quadrato luminescente grosso quanto una piastrella del bagno ed una piccola penna…
Scendo le scale e lo raggiungo, alza la testa per un momento senza guardarmi quel granchè…perdita sua!
“Ciao, Michelle…”
“Ciao…” curiosa guardo il tablet ipertecnologico e scherzo “Ti porti il lavoro anche a cena?”
“Sarò da te tra un minuto…e ti rivolgerò la mia più completa attenzione, ma belle.” risponde con un piccolo sorriso, aprendomi la portiera e poi facendo il giro, sedendo al volante ma continuando a trafficare con la tavoletta.
Un paio di minuti dopo mette in moto e sguscia in corsia senza una grinza.
“Curiosità…” spezzo il silenzio, mentre guardo con attenzione tutti i vari pulsantini della console centrale “Quanti cavalli ha questo bolide?”
“T’intendi di motori?” domanda lui, stupito.
“Un pochino…” ammetto “Il bastante per cambiare una gomma, controllare il livello dell’olio e spingere il pedale a tavoletta.”
Ridacchia alla mia confessione “Niente male…”
“Non sfottere!!!” rimbrotto, imbarazzata. Adesso vuoi vedere che tira fuori di essere stato impiegato alla Ferrari?
“Non lo sto facendo…non vanto abilità da provetto meccanico.” replica invece.
“Finalmente qualcosa che non sai fare. Iniziavo a preoccuparmi…”
“Non sfottere!!!” esclama con vocetta infantile, nel chiaro intento di sdrammatizzare.
Ridiamo entrambi come due deficienti poi rimaniamo in silenzio giusto il tempo che mi serve per sbottonare il mio cappotto al ginocchio e mettere a punto il mio piano di tortura pensato apposta per il caro Linds.
Sì, perché mia madre aveva detto delle cose quel mattino che erano finite solo per maturare nel pomeriggio mentre mi spezzavo la schiena sulla sua provetta…era ora di giocare al suo gioco e vedere se faceva finta o no.
Quando mi son trasferita ho preso per sbaglio un vestito della mia compagna di stanza. Nero, e tagliato stile seconda pelle, scollo a barchetta e forse leggermente corto sulle gambe.
La temperatura oggi si è alzata abbastanza, tanto da permettermi di tenere le gambe scoperte…mamma Ines certe volte ha delle buone idee...
Così ho atteso che mi guardasse, curiosa di vedere la sua reazione…cosa che però non è ancora successa.
“Come mai il test a sorpresa?” domando per fare un po’ di conversazione “Quella ragazza non aveva tutti i torti, sai.”
“Michelle, non so te, ma quando mi ritrovo fra la posta letterine profumate, incorniciate da cuoricini, disegnini di anatomia femminile, baci col rossetto e numeri di telefono tendo a diventare leggermente irritato.” replica ironico.
Cosa ti sono arrivate!?” domando incredula…sta a vedere che è opera di quella scema di Jessica.
“Stamattina, ma belle.” risponde, rallentando in cerca di un posteggio “Non disdegno una botta e via ogni tanto, ma ho dei parametri di decenza, classe ed intelligenza, poi quel corso era da sfoltire comunque.”
In effetti non ha tutti i torti…era meglio non dare false speranze e lavorare sul serio, però c’era il posto che il corso si spopolasse di parecchio con quel metodo.
Ma adesso passiamo al mio piano…
“Linds…?” inizio, con voce dolce…e fammi il favore: voltati, topo!
“Sì?” domanda senza guardarmi mentre fa manovra in retro per infilarsi in uno stallo vuoto.
“Spero di essermi vestita bene per la serata, non mi hai detto dove mi porti…!” esclamo preoccupata ed accavallando le gambe di proposito.
“Mmmm?” spegne il motore e si gira verso di me, interrogativo.
“Pensi che sia troppo corto?” domando innocente.
A quel punto i suoi occhi scuri scesero, continuarono a scendere sulla stoffa nera del vestito…e si fermarono sulla pelle crema delle mie gambe e sulle scarpe a spillo tacco dieci, il contrasto con il vestito è eccezionale…lo ammetto, anch’io so essere diabolica quando voglio.
È già passato un minuto ma Linds non ha ancora detto una parola, le sue dita sono contratte sul volante…knock-out! Uno a zero per la sua tanto desiderata Michelle ma belle! Lo sapevo che faceva solo finta il gradasso…
“Allora?!” lo incalzo con la mia voce normale, decisamente annoiata dal suo mutismo “Hai perso la lingua?”
“Sei perfetta…” riesce a dire, senza staccare gli occhi “Non potevi trovare modo migliore per farmi venire voglia di violare i sedili di quest’auto…”
“È ancora illibata…?!” esclamo incredula, ormai si svolgono vari filmini nella mia testa…
“Certo, l’ho comprata da poco.” risponde con tono calmo e controllato, sganciando la cintura di sicurezza “Scendi prima che decida di mandare all’aria la cena e morderti quelle gambe qui ed ora, ma belle.”
“Okay…” commento, seguendo il suo consiglio un po’ scossa…l’avrò anche messo k.o per qualche minuto ma ora non sembra più una buona idea!
Linds mi ha portato in un bel ristorante del porto, con in menù varie specialità di pesce.
Ha poggiato una mano sul mio fianco, ancorandomi a se e stringendo più del necessario.
Da quanto sono così preziosa da aver bisogno di un rottweiler come guardia?
Poi comprendo…appena mi siedo al tavolo coperto dalla tovaglia candida.
“Linds!!! Vecchio mio!” volto il viso e vedo un grosso omaccione in grembiule bianco che gli fascia il ventre rotondo, folti capelli rossi e basette appena brizzolate, l’immagine della buona tavola.
Il biondo sospira “Ciao, George…”
Il suo tono è rassegnato, intanto l’omaccione ha raggiunto il nostro tavolo e si è fermato dalla mia parte, lanciandomi un’occhiata per niente discreta.
“Vedo che sei in compagnia…”
“Posso presentarti Michelle?”
Tendo una mano verso George con un sorriso “Piacere!” una delle sue grasse estremità l’afferra delicatamente e se la porta alle labbra.
“Piacere mio, tesoro!” risponde, lasciando un bacio rasposo a causa dei folti baffi.
Non mi ha ancora tolto gli occhi di dosso, sta diventando imbarazzante…possibile che Linds conosca solo pervertiti?!
Il diretto interessato si schiarisce sonoramente la voce e l’amico cuoco prende la palla al balzo, scambiando ancora qualche parola e poi ci augura una buona cena.
Frughiamo nel menù ed ordiniamo, la voce bassa di Linds rompe la calma.
“La prossima volta, Michelle, scegli vestiti più consoni…fallo per la sanità mentale degli uomini presenti.”
“Parli anche della tua?”
“Sì.”
“Non tutti sono come te.” obbietto piccata.
“Solo perché non hanno il coraggio di esprimere quello che gli passa per la testa non vuol dire che abbiano più cervello.” dice con un sorriso “Ti posso assicurare che il pensiero maschile principale è, in generale, sempre lo stesso…”
“Birra, football e pizza?” scherzo.
“Pollastre…”
“Odio il pollo…”
“Quoto.”
Questo dialogo insensato si conclude quando arrivano i nostri primi e per un po’ si sente solo il tintinnio delle posate sulla porcellana unito al chiacchiericcio degli altri clienti.
Il cibo è ottimo e Linds mi riempe il bicchiere di vino, quando ci portano la bottiglia.
“Vacci piano…”
“Astemia?”
“Non ti piacerà portarmi di peso fino alla porta di casa mia…”
“Ti porterei anche sul letto, ma belle…si fa tutto per una buona causa.”
“Non sai pensare ad altro?!” ci guardiamo per un po’ e sospiro di fronte alla sua espressione da marpione…è irriducibile!
Mastico un boccone, inghiottendo poi decido di cambiare discorso.
“Allora…che mi dici di te?” domando senza alcuna inflessione.
“Cosa scusa?”
“Ieri hai detto che volevi costruire un rapporto civile…mi va bene, quindi vorrei saperne qualcosa di più, tutto qui.” spiego, roteando appena la forchetta per enfasi.
“Che vuoi sapere?”
“Ti do carta bianca…”
“Uhm…” punzecchia un gambero, sovrappensiero “Non sono un tipo molto bravo con le parole…”
“A parte quando mi molesti.” aggiungo seccata.
“Sì, soprattutto quando ti molesto…” fa eco malizioso.
“Ok…che studi hai fatto?”
“Mi sono laureato al MIT sei anni fa e-”
“Non è possibile!” esclamo “Nessuno si laurea a ventidue anni!”
“Io sì.” risponde semplicemente “Sei libera di controllare gli annuari, matricola 654268.”
La risposta era pronta, ferma…decisa. Sta facendo sul serio?!
“Ammettiamo pure che sia vero…” continuo corrucciata “Come hai fatto a studiare due anni in uno con i programmi del MIT?”
Quel campus era conosciuto come il più completo e duro d’America…entrare lì dentro era considerata conseguenza di un’interazione divina o di una grossa quantità di danaro.
“Fin da piccolo il mio QI è stato di molto superiore alla media, prendevo sempre lezioni di grado avanzato senza problemi e dalle superiori in poi mi sono pagato la retta con le borse di studio ed i premi per i concorsi.”
“Perché usare borse di studio quando sei ricco sfondato?” domando incuriosita.
“Cosa te lo fa pensare, Michelle?” fa lui in risposta.
“Palmari, mega-appartamento…forse una F360 parcheggiata sottocasa?” indicizzo sarcastica.
“Prima di prendere la cattedra di Fisica ho lavorato in diversi posti…mi sono fatto un nome, tesoro.”
“Oltre la tua carriera universitaria non c’è nient’altro?” la sua espressione è sincera a proposito, così aggiungo “Hobby? Sport?”
“Non amo particolarmente lo sport e per quanto riguarda gli hobbies…conta rimanere in laboratorio fino a tardi per divertimento?”
“Non sei normale, Linds. Lascia che te lo ripeta…”
“Grazie, ma belle. Quando ho tempo guardo i vecchi film in bianco e nero…”
“Documentari su Einstein?”
“Anche…ma preferisco Charlie Chaplin in Tempi Moderni e Gloria Swanson. Metropolis…Aldrich, Hitchcock. Grace Kelly in La finestra sul cortile…”
“Wow…”
“Quali sono i tuoi hobbies?” va alla carica lui.
“Mmmh…mi piace leggere, andare in moto, il ju-jitsu…” raccolgo tutto quello che mi viene in mente “Ascoltare musica e ogni tanto cucino…cucinavo.”
“Che vuoi dire?” ha notato la mia correzione.
“Quando stavo in un appartamento assieme a due altre ragazze, l’anno scorso, spesso cucinavo per tutti…col tempo ho imparato a cavarmela.”
“Ti piaceva.” la sua non è una domanda.
“Non sapevo molte ricette ma quello che preparavo era mangiabile…mi rilassava…”
“Sono proprio curioso di assaggiare la tua cucina…”
Continuamo a riempire il silenzio così…e scopro molte cose su Linds che non avrei mai creduto possibili!
“Ascolti Marilyn Manson?!
“Sì…soprattutto quando correggo, lo trovo rilassante.”
Lo guardo, spiazzata “Non hai la faccia da patito dell’hard&heavy…”
“Certe volte il vestito non fa il monaco, ma belle. Cosa dovrei dire di te ed i The Verve, per esempio? Non sembravi una prona alle sostanze stupefacenti…” sta solo giocando ma mi dà fastidio.
“Non faccio uso di droga!” sbotto, mandando lampi con gli occhi “E non ascolto solo loro, Linds!”
“Ok…non ti scaldare, scusa!” ha alzato le mani in segno di resa, con fare pacifico “Prima hai detto che ti piace andare in moto…non ti ho mai vista su un sellino.”
“Non la uso tutti i giorni, solo il sabato e la domenica, vado fuori città…”
“Dai tuoi?”
“Mi ci vorrebbe due giorni per arrivarci in moto…non mi pare il caso.”
“Allora dove vai?”
“Dipende…o vado in spiaggia o mi do al turismo circostante…a San Francisco c’è sempre qualcosa da vedere.”
“Mi porteresti con te? Uno di questi weekend?”
“Per darti l’opportunità di palparmi? No.”
“Non pensavo a quello, Michelle.”
“Chiedimelo tra qualche tempo, allora…”
“Stringerò un nodo al fazzoletto.”
Abbiamo finito di cenare da un pezzo ed il locale si è svuotato progressivamente.
La bottiglia è vuota e mi sento leggermente su di giri…ah colpa sua, io gliel’avevo detto.
“Con tutto il vino che mi hai fatto bere potresti riempirci una botte!” mi lamento, massaggiandomi le tempie.
“Tranquilla…era un vino leggero e comunque possiamo sempre ordinare un analcolico…”
“L’acqua va benissimo!”
“Tutto a posto?” George tornò con il suo pancione e Linds mi mandò un’occhiata prima di fare di testa sua.
“Perfetto, come al solito.” disse il topo “Senti…mi fai fare un bourbon con ghiaccio, lei prende una tonica alla menta con uno spicchio di limone, intanto vengo a saldare.”
“Nessun problema, i drink sono sulla casa, ragazzo!”
“Troppo gentile.”
Ma chi gli ha dato il permesso di ordinare al posto mio?!
Passò ancora qualche minuto e tornò con in mano i bicchieri, posando la tonica davanti a me. Lo fisso acida.
“Michelle…bevine solo un po’ se non ti và tutta, fa bene per la sbornia.” mormorò Linds, sfregandomi ritmicamente le braccia con fare affettuoso per poi risedersi e sorseggiare il suo drink.
“Non mi fido a tornare a casa con te…” borbotto, cancellando la condensa dal vetro e guardandolo “Hai bevuto come una spugna!”
“Guarda da che pulpito…sei tu quella dalla sbronza facile mi pare…” commenta con un sorriso “Ci vuole ben altro per farmi perdere la testa, ma belle.”
“Ahhahahahah.” ridacchio un po’ stupida “Prenderai sul serio in considerazione quel test?”
“Sì. Paura di non passarlo?”
“No, penso solo che sei un po’ stronzo ma hai fatto bene.”
“Grazie per lo stronzo ma credo che sia l’alcool a parlare.”
“Sì, credo anch’io…” Ops…salvata in corner.
Linds mi guarda affascinato, afferra il bicchiere e butta giù il contenuto.
“Sei proprio strana, Michelle.”
“Ehm…ti sei mai guardato allo specchio, Linds?” replico ironica, bevendo un sorso della tonica e…zucchero?
“L’ho aggiunto io…aiuta.” ha decifrato la mia sorpresa, ed sfila dalla tasca il telefono, leggendo qualcosa “Michelle…te la senti di alzarti? Ho un appuntamento tra mezz’ora…”
Sbatto le palpebre un paio di volte…un appuntamento alle dieci e mezzo della sera? Non mi dire che stasera Linds gets laid…
“Okay.”
Quando arriviamo alla macchina crollo letteralmente sul sedile crema e mi assopisco, fulminata come una lampadina.
Mi sveglio solo quando Linds mi scuote appena, ai piedi della tromba delle scale del mio palazzo. Mi ha preso in braccio e non me ne sono nemmeno accorta.
“A quale appartamento stai?” domanda, occhieggiando le rampe che sembravano non finire mai nel buio.
“Terzo piano a sinistra.” bofonchio, nascondendo il volto fra la sua spalla ed il collo per evitare la luce ad ogni pianerottolo.
Impreca, ma inizia a salire gli scalini uno alla volta, fermandosi ogni due rampe per riprendere fiato. Arrivati a destinazione, fruga nella mia borsetta ed apre la porta con il mazzo di chiavi dopo due o tre tentativi.
Sempre a tentoni accende la luce del corridoio mentre gemo dal dolore e mi scende sul letto, coprendomi con un lenzuolo.
Istintivamente scalzo le scarpe e lo sento ridacchiare.
Sono sull’orlo del sonno ma sento ancora dei movimenti e poi la porta d’ingresso chiudersi con il cling! metallico della serratura che torna al suo posto.
Non è rimasto.
E la cosa riesce a stupirmi nonostante il delirio alcolico.

So take your time
I wonder which cup you drink from
I hope it's mine
Because you always do that something
Something I'm not sure of
But just for today
Let go and slide away

Cause I read your mind
I read it because it takes me where I can find
Because you always do that something
Something I'm not sure of
But just for today
Let go and burn away
The Verve ~ Slide away

~~~

Traduzioni (più o meno corrette):
Buñuelo escuchamé! = Ascoltami, frittella! (sì, il nomignolo da piccola di Michelle è frittella, non chiedetemi perché…LoL)
Siempre he dicho, que era un imbécil, tan lleno de sí mismo! Mejor aún! = L’ho sempre detto che era un cretino, tanto pieno di se! Meglio così!
Nietos = nipotini
Lo sabía! = Lo sapevo!

Canzone del capitolo: The Verve ~ Slide away.

Ehilà! Sono di nuovo qui! xD
Questa volta vi presento il quinto capitolo da quasi 4000 parole…che posso dire a mia discolpa?
Niente, questa storia lievita proprio alla maniera che voglio, è un piacere scriverla…una rilassatezza difficoltosa! ^^

Le note di questo capitolo sono:
- La Massachusetts Institute of Technology (MIT) è una delle più acclamate università private americane con sede in Cambridge, ha 32 dipartimenti accademici. L'attività di ricerca che si svolge nel suo campus è talmente avanzata che viene tenuta in considerazione addirittura dal Dipartimento della Difesa americano. Per darvi un'idea alcune compagnie (tipo l'Intel, la Texas Intruments, 3Com, Koch Industries) sono tutte di proprietà di ex-alunni usciti da questa università;
- Robert Aldrich debuttò negli anni Cinquanta con film muti di efficace rilevanza drammatica ai temi sociali e politici dell'epoca. Fu un aiuto regista di Charlie Chaplin. E diresse fra tanti Un bacio e una pistola e Quella sporca dozzina.

Vi è piaciuta la piccola parte di Mamma Ines? Perché la rivedrete ad un certo punto…=)
Nel prossimo ci sarà la mattina post-sbornia, e vi garantisco che vi sorprenderete…xD
Smetto di fare spoiler ringrazio immensamente Petitecherie (Linds la guarda molto compiaciuto) che continua a seguire, commentare ed ha betato i miei errori ostrogoti del capitolo scorso e vi saluto.
*Hermes ridacchia e se ne và*

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Capitolo 6
*** 6 ***


Pleading with Athos of the Rock
In the ancient language which he spoke.
But I didn't even give a damn
'Cause all I wanted to do was just sit and have a talk.
Talk about the restless winds that were blowing in my mind
That twisted all we grow as too thin.
And the feelings that I had which I couldn't describe
And the places I'd come within
The Verve ~ Noise epic

Mi svegliai più volte quella notte a causa della sbornia.
Una bottiglia di vino…mi faccio ridere da sola.
Sentivo la testa piena d’ovatta ed arrancai nel minuscolo bagno per svuotare la vescica, dolorosamente al limite delle sue capacità.
Già che c’ero mi buttai dell’acqua fredda sul viso, per schiarirmi le idee e tolsi il vestito…a quel punto, e solo in quel momento, mi resi conto sul serio.
Linds non era rimasto!
Tornai a letto, trovando sul comodino un bicchiere d’acqua e due bustine di aspirina…oddio, i medicinali hanno le gambe e non me ne sono mai accorta!
Per il momento le ingurgitai, m’infilai il pigiama e tornai nel mondo dei sogni…

…almeno finché il mondo esterno non decise di svegliarmi, suonando il campanello in maniera insistente.
Emergo dal mio sonno, con un occhio verso la sveglia che segna le sette e trenta ante meridian.
Impreco, lo faccio più volte, e con lentezza post-ubriacatura mi alzo, raggiungendo la porta.
Non ci trovo niente e nessuno.
Stavo già maledicendo il vicino stronzo ed innominato in vena di scherzi quando vedo con la coda dell’occhio un sacchetto di carta posato per terra. Lo afferro, e torno dentro.
Mi ribalto come un sacco di patate sul divano scompagnato ed apro il sacchetto con in bella vista la sirena di Starbucks. Dentro c’è un altro sacchettino più piccolo e un inconfondibile bicchiere con coperchio del caffè.
Arrivo prima al contenitore di brodaglia pieno fino all’orlo, trangugiandone una bella sorsata e scottandomi.
Tirando fuori il bicchiere era scivolato per terra un foglietto piegato in due.
Lo acciuffo, curiosa…sarò ancora sotto i postumi di una sbornia ma alcune aree del mio encefalo iniziano a carburare grazie al caffè…chi mi ha lasciato sulla porta la colazione a quest’ora?
Avevo già visto la scrittura una volta in rosso, sul mio quaderno di biochimica…non era cambiata.

Ciao, ma belle…ti ho portato la colazione.
Ieri notte eri decisamente troppo occupata a smaltire (la prossima volta so di non offrirti vino).
Consiglio: assaggia i croissant…

Linds? Che dolce…
Alle sette e mezza del mattino dopo una leggera sbornia? …ma anche stronzo!
Mattiniero…ma conoscendolo, faceva solo parte della sua insonnia.
Probabilmente crollava quando non dormiva da più di due giorni…io se saltavo una notte mi ritrovavo in coma profondo per il resto della giornata.
Si merita un ringraziamento…se non mi avesse tirato giù dal letto di certo non mi sarei mai alzata per andare alle lezioni del mattino.
Fra Biochimica applicata e Scienze naturali, faccio un salto al bar…ci stava uno spuntino e morivo dalla voglia di mangiare l’ultimo croissant al caffè. Erano peggio di una droga una volta assaggiati, accidenti…
Missione della settimana: ottenere il luogo di produzione dei croissant al caffè, se non lo scopro ne và della mia reputazione!
Qualcuno in avvicinamento stava fischiettando appena un motivetto fin troppo familiare…
But how many corners do I have to turn? How many times do I have to learn all the love I have is in my mind?
No cioè…per vivergli vicino uno ha bisogno dei tappi di cera!
Si siede al mio fianco con il solito sorriso, fresco come una rosa “Tre caffè lunghi.”
“Tre, professore?” domando curiosa.
“Tre…soffro di doppia personalità non sapevi?” afferma, guardandomi con occhio strabico, di buon umore.
“Scemo…”
“Com’erano le brioches?”
Alzo gli occhi al cielo in atto d’estremo godimento “Senza parole!”
“Mi piace quell’espressione…” frecciatina ad ore tre! Come non detto…il maniaco torna alla carica.
“Fammeli avere più spesso davanti alla porta, allora.” dico solo.
Allarme rosso, sbaglio o sto flirtando con lui, invitandolo a rimpinzarmi di cornetti? Michelle, per il bene dei pochi neuroni che ti rimangono, tira fuori le p-
“Ecco dove ti eri cacciato!!!” ci voltammo entrambi, osservando un ragazzo in camice bianco, proprio come quello che indossava Linds, venirci incontro.
Aveva una zazzera incolta di crespi capelli color grano ed occhi di un’indiscutibile azzurro californiano, il classico ragazzo surfista ma gli mancava la muscolatura definita. I suoi sono lineamenti dolci e gentili, come un grosso cucciolo protettivo alla San Bernardo…certo Michelle che tu e le metafore non andate molto d’accordo!
“Ho una buona scusa-” inizia Linds, ma fu fermato sul nascere dall’altro.
“La ventesima della mattina?! Senti, amico…voglio finire di preparare l’attrezzatura per pranzo!” si lamenta il nuovo arrivato, sedendosi accanto ed attaccando una delle tre tazze.
Poi si rese conto che non erano soli.
Gli tesi una mano.
“Michelle…biochimica all’ultimo anno, piacere.”
“Piacere mio…Raphael.” risponde stupito ed aggiunge, indicandoci “Ma…tu e Linds…vi conoscete?”
“Raph…torna al laboratorio ed ossigenati il cervello!” replicò Linds bruscamente “Certo che la conosco…è una mia studente nel corso di fisica quantistica!”
“Ah…ok…senti Capo…dicevo sul serio prima, ho da fare. Ti dispiace?”
“Va bene…fammi finire e ti seguo.” il topo manda giù le due tazze di caffè una dietro l’altra e si alza, accennando un saluto dalla mia parte “Alla prossima, Michelle!”
Non ho un udito sopraffino ma sento distintamente Raphael e la sua battutaccia mentre si allontanavano nel corridoio.
“Hai superato la fase omo ed adesso ti dai all’altro sesso?!” il ragazzo biondo fu raggiunto da uno scappellotto dietro la nuca e boccheggiò “Non te la prendere, Linds…è un bel bocconcino!”
No, non ci credo…
Sorrido rassegnata ed affondo il naso nella tazza.
Le disgrazie si sa, arrivano sempre in coppia…possibile che Linds conosca solo pervertiti!?

Nei giorni che seguirono non ebbi il tempo per pensare a quanto avevo scoperto…Linds gay, perché non riesco ad immaginarmelo? Ci sarà un motivo.
Le lezioni di fine settimana e le ore al ristorante passarono in un lampo, come una pellicola in forward sempre uguale.
Venerdì mattina Linds appese fuori dall’aula i risultati del test ed un buon terzo della gente era rimasta fuori, comprese Jessica e Dalia; Barbara si era salvata con un B più di tutto rispetto alla pari con me.
“Certo che il professore c’ha fatto penare con quella prova…non capisco proprio perché!” commentò Barbara al mio fianco “Jess ce l’ha a morte con lui…”
Ma non mi dire…
Faccio per raccontarle delle letterine spastiche ma riesco a bloccare la frase prima che esca…ahem, tu Michelle non sei andata a cena con il tuo professore, al massimo l’hai sognato!
“Beh, non voglio suonare cattiva ma forse una potata ai rami secchi avrebbe dovuto darla prima…” tento cercando una scusante, forse un po’ acida.
Max e Richard annuiscono mentre Barbara mi lancia un’occhiata non proprio amichevole.
“Lagden non mi piace. Alla fin fine sembra che prenda in simpatia certe persone piuttosto che la classe in generale.” ribatte lei, rigida.
“No, Barb. Questo non puoi dirlo dà ad ognuno i suoi meriti…le hai lette le sue note a margine quando ci riconsegna gli esercizi? Quell’uomo ti trova la minuzia!” replicò Richard con gli occhi a cuoricino.
“È anche di una severità marziale!” gli fa eco Max.
Non rincaro la dose ma alzo le spalle e il discorso cade.
Ma il messaggio della bionda è stato chiaro…lei non è stupida quanto Jess, sa osservare.
Devo fare molta attenzione da adesso in poi. Barbara non sembra un tipo vendicativo ma Jessica e Dalia sì.
Se una di loro viene a sapere che io ed il topo abbiamo un rapporto diverso da quello fra studente e professore finisco in un casino di quelli che puzzano e non di eau de toilette.
Questo era già uno dei motivi per cui non volevo conoscere troppo Linds.
Non sembrava il tipo di persona che si ferma davanti ad uno scandalo, il topo sarebbe capace di camminare sopra una distesa di carboni ardenti nudo come mamma l’ha fatto e con un uovo in testa senza nemmeno farlo tremare…parola chiave? Genio.
Ma io?
Sarebbe stato da deficienti bruciarsi la vita per una mossa falsa.
Dopo tutti i sacrifici, gli anni passati a mangiare cibo da fast-food per risparmiare, le nottate sui libri, gli esami dati con la febbre a 42…
Fondamentalmente mi sento una persona con la testa sulle spalle, magari maniacale, ma che mantiene bene in vista il fine ultimo di quattro anni da incubo: uscire da qui e mai più tornare.
Michelle ma se non fosse perché è un professore, Linds l’avresti guardato in una luce diversa?
Non lo so.
Non me la sento di pensarci, Will mi ha lasciato l’amaro in bocca nonostante tutto.
Inizio a credere di non aver mai provato niente per quel tanto acclamato dio greco che si prende gli onori ma non capisce una emerita mazza. Che poi Michelle…quando mai ti sei davvero innamorata di qualcuno? Sei un cuore di pietra come il padre che non hai mai conosciuto ma che ti fissa nel riflesso dello specchio ogni giorno e ti giudica.
“Hey? Terra chiama Michelle?”
Rimetto a fuoco il corridoio rumoroso, inondato dalla luce lattiginosa del mattino, sbatto le palpebre.
Richard mi guarda interdetto “Va tutto bene?”
“Oh sì…scusa, ho avuto un minuto di riflessione.” faccio con un sorrisetto per alleggerire l’atmosfera.
“Vieni con noi in biblioteca? Rivediamo gli argomenti della prossima lezione…”
“Ah…sì, senti te li hanno già consegnati gli altri? Perché ho tempo di portarglieli, domani sono in facoltà, ho appuntamento con il professore di genetica per la tesi.” butto lì mentre Barbara scorre la lista sulla porta.
I due nerd mi consegnano tutti i compiti – una tonnellata…grazie a dio la prossima settimana siamo di meno! – poi tiro fuori la scusa che ho delle carte da regolare in segreteria e mi defilo fino ad una delle aule di informatica.
Raggiungo un terminale ed avvio il sistema, inserendo numero di matricola e password per poi sparare Chrome.
Il bello della vita universitaria è internet a gratis…
Nel motore di ricerca digito ‘MIT 654268 Lagden’ e schiaccio invio.
Numero di risultati esclusi quelli che vengono correlati per sbaglio? 5.000
Scorro con il mouse, leggendo sommariamente, le uniche foto nelle quali riesco a riconoscerlo sono quelle dell’annuario e della consegna della laurea.
Che poi…cosa ci avrebbe guadagnato a raccontare delle balle?
Non c’è niente di male nell’amicizia ma è questione di punti di vista, dai un dito all’opinione pubblica e verrai morso.
Linds può continuare con le sue battute anche per sempre…è brillante, acuto, in certi casi divertente e-
Aspetta un attimo.
Ho davanti il suo curriculum post-laurea e rileggo il Phd tre volte per esser certa di non aver preso un abbaglio.
Laureato in Fisica, Matematica e Chimica; tutte e tre, manco a dirlo, summa cum laude.
Al MIT, in tre anni.
Quell’uomo non è normale…
…cosa cavolo ci fa uno come lui in una Università praticamente dedita alla medicina?
Non è solo sprecato e come prendere un pescecane con una retina per catturare farfalle!
Chiudo la finestra e mi lascio andare sullo schienale della sedia, pensando.
Spengo il pc e scendo in segreteria, quando arriva il mio turno mi chino verso il vetro in modo che nessuno oltre la segretaria mi ascolti. Per fortuna ho subito beccato la più giovane…
“Scusi ma vorrei prepararmi per dare in esame uno dei corsi del professor Lagden – sa per non rimanere fuori corso – e mi chiedevo…non ha mica una lista delle classi ordinate per anno?” domando con un giro di parole degno di un imbecille tanto per andare sul sicuro.
La trentenne rumina il suo chewing gum, digita qualcosa e fa partire la stampante poi mi consegna un foglio in tutto.
“Scusa…” dico, controllando “Ci deve essere un errore…solo il corso di questo trimestre? Non ha presentato altri programmi oltre quest’anno?”
“No.” risponde lei, annoiata “Il database dice che ha occupato la cattedra agli inizi di Dicembre, coprendo il pensionamento di Mister Krieg. A quanto pare è stato uno dei pochi a fare domanda ed il Dean l’ha preso subito.”
E ci credo…con le credenziali che presenta!
“Grazie lo stesso.” dico con un sorriso, piegando il foglio e mettendolo in tasca.
Esco fuori dove la pioggerellina, fine come un drappo di seta, mi bagna il viso.
Uno dei miei difetti? Sono curiosa…e questa storia mi suona come una parete falsa.
Linds non è qui per insegnare e basta…questo si capiva già dall’inizio, solo da come spiega annoiato.
La curiosità può uccidere, dicono.
Com’è che diceva l’altra sera? Si fa tutto per una buona causa?
Michelle ma belle è pronta a correre il rischio e scoprire i tuoi altarini, topastro.
Belli o brutti che siano.

Sabato porto tutti i compiti che Linds ci ha assegnato mercoledì nel suo gabinetto.
L’altra volta l’avevo incontrato in un corridoio e glieli avevo passati, cosa che poi era degenerata dato che eravamo da soli. Alla fin fine gli avevo tirato le orecchie e lui, per riparare, mi aveva offerto un chupa-chupa.
Eccolo il nostro rapporto fatto di tira-e-molla…non riesco nemmeno ad immaginarmelo come un professore ormai, si comporta né più né meno come uno scemo alla faccia dell’insigne cervello.
Ci metto un po’ a scoprire l’ubicazione dell’ufficio ma quando arrivo quasi mi scontro con Raphael che mi apre la porta e mi fa segno di entrare, amichevole.
“Linds tornerà tra un po’…è andato a fare scorte di caffè istantaneo al bar per il weekend.” spiega, avvicinandosi e sedendosi sulla poltrona davanti un portatile dall’aria potente anche se consumata.
“Vi conoscete da molto, lei ed il professor Lagden?” domando educata, mentre poso la montagna di fogli in un angolo della scrivania e osservo il mobilio vecchio stile dell’ufficio, c’è una sola finestra ed un grosso schedario di legno. La scrivania di pesante noce dà le spalle all’infisso.
“Non darmi del lei, potrei essere tuo fratello…Michelle, vero?” domanda alla mano “Comunque ci conosciamo dall’Università, ho avuto la fortuna di averlo come compagno di stanza per qualche tempo.”
Un altro uscito dal MIT, però Raph non sembra arrogante quanto Linds.
Mi appoggio allo spigolo della scrivania e con la coda dell’occhio riesco a vedere il monitor: tre o quattro finestre a sfondo nero, caratteri bianchi o verdi. Vero e proprio codice sorgente e di quello incasinato.
Questo è uno di quei argomenti dei quali non capisco proprio niente…manco se me lo spiegassero con i disegnini.
“Allora possiamo infilzare la patata bollente.” dico, accorgendomi solo dopo del doppio senso che la frase poteva prendere e dai suoi occhi azzurri, grandi come piatti “Voglio dire…com’è che Linds è gay? Mi ha perseguitato tipo due settimane con commenti di ogni tipo ed adesso viene fuori che non gli piacciono le donne?”
Raphael scoppia in una risata “Hai capito male…oddio…se lo venisse a sapere gli prenderebbe un colpo!”
“Chiarisci lo sbaglio allora.”
“A Linds le donne piacciono, eccome! Ha sempre avuto degli ottimi gusti!” mi lancia un’occhiata d’approvazione, quasi da fratello maggiore “Fin dal college però ha sviluppato delle tendenze un po’ particolari…va a periodi.”
Inizio a ridacchiare, è più forte di me!
“Vuoi dirmi che è soggetto a tempeste ormonali tipo la sindrome pre-mestruale?”
Compare anche a lui un sorrisetto e dopo cinque secondi sghignazziamo come pazzi.
“Beeeeennnneeeee…vedo che ci si diverte qui!” esclama il fulcro della nostra ilarità dalla porta. Tra le braccia cinque o sei vasetti di caffè a cristalli in equilibrio precario, in mano aveva una cartellina e posata sull’orecchio destro stava una matita mordicchiata “Mi hai portato gli esercizi, ma belle?”
Il suo arrivo provocò un altro scoppio di risate tanto che ormai eravamo alle lacrime ed ululavamo…accidenti, ho una visione di Linds in tutù rosa che se continuo mi farà morire asfissiata!
Riprendo fiato, cercando di concentrarmi e mi alzo avvicinandomi al soggetto della mia tanto ispirata fantasia alla Lago dei cigni.
“Sei libero domani mattina?”
“Sì…perchè?” risponde interrogativo inclinando il capo, osservando sia me che Raphael…forse pensa che ci siamo fatti con qualche bomboletta di gas, mentre lui non c’era.
“Hai un appuntamento per le otto davanti casa mia…vedi di non fare tardi, bambola!”
Picchietto l’indice sul suo petto con fare ammonitore e me ne vado prima di ridergli in faccia…no, dai, è troppo divertente!
Raphael ormai è finito in una crisi d’asma e si tiene ai braccioli della poltrona per non cadere a terra mentre Linds scarica i vasetti sulla scrivania irritato.
“Avresti la gentilezza di spiegarmi cosa vi fa ridere tanto?!”

And in the chrome light I stood and I just began
I'd turn my back on the wind, let it blow
[…]
Impatience took a dim view of my words
And let me down again
[…]
Oh those twisted corridors of power
In the ivory walls of hate
Where the eagle flies so proudly
And I just can't, just can't wait
[…]
WAKE UP
The Verve ~ Noise epic

~~~

Canzone del capitolo: The Verve ~ Noise epic.

Le note di questo capitolo sono:
- il Dean è il rettore di un campus universitario americano, magari è una nota inutile ma io la faccio lo stesso prima che vi lambicchiate il cervello e lo prendiate per un nome di persona LoL;
- L'avevo già scritto nelle note del primo capitolo, ma vi rinfresco la memoria: la San Francisco State University si classifica fra le prime cinque università pubbliche americane per gli studi di medicina, ricerca e scienza biomedica. Con questo non voglio dire che non ci siano altri dipartimenti ma vengono considerati meno, è per questo che Michelle non capisce per quale motivo uno come Linds abbia preso la cattedra proprio lì quando avrebbe potuto benissimo venir accolto in campus più prestigiosi a braccia aperte;
- La canzone canticchiata da Linds è Lucky man dei The Verve, e motteggia i gusti musicali di ma belle ovviamente xD.

Ebbene sì...Linds è un uomo dalle mille sorprese direi... xD
Ed adesso cosa capiterà? Che poi il topo nasconde davvero qualcosa? O sono solo paranoie?
Hermes sa tutte queste risposte ma si guarda bene dal parlare...=)

Ovviamente si ringrazia immensamente Petitecherie per aver commentato lo scorso capitolo. (Ahem...questa te l'aspettavi? xD)

Ieri betando questo capitolo mi è saltato agli occhi che la storia è scritta in introspettiva dal punto di vista di Michelle, ma non tratta di lei.
In qualche modo questa trama va avanti ruotando intorno a Linds...è un'idea strana ma corretta, perché è il personaggio che ho costruito per primo quando avevo iniziato scrivere anni fa, Michelle è venuta dopo. xD
Vabbè non proprio rilevante quindi posso salutarvi...al prossimo capitolo!
Hermes

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Capitolo 7
*** 7 ***


One day maybe you will see the land
Touch skin with sand
You've been swimming in the lonely sea
With no company

Oh, don't you want to find?
Can't you hear there's beauty in life?
The roads, the highs, breaking up your mind
Can't you hear there's beauty in life?
The Verve ~ One day

Il mattino dopo ho messo la sveglia presto e sono già in strada quando la Ferrari nera mi sorpassa e parcheggia un paio di stalli avanti.
È domenica e questo significa…? Michelle centaura! Oh yeah…
Lo aspetto appoggiata alla mia bimba…una leggendaria Guzzi California Jackal, già solo il modo nel quale ne sono entrata in possesso sa di storia.
Avevo sedici anni e passai davanti ad un demolitore con mio madre…eravamo in cerca di un posticino per esercitarmi con la guida ma il mio occhio scorse un lampo argenteo-nero ammiccante. Ci fermammo e la vidi per la prima volta.
Amore a prima vista!
Nonostante fosse incidentata, coperta d’olio, avesse un fanale incrinato e l’asse da regolare…era la mia regina.
Qualche mese dopo andai a prenderla, il demolitore mi raccontò che il vecchio proprietario aveva fatto un incidente con un camion rimorchio, me la regalò per la simbolica cifra di cinquanta dollari, augurandomi di riuscire a farla partire, la rimisi in sesto con una buona parte di quello che ero riuscita a risparmiare in due anni di lavoretti estivi ed alcune dritte da parte del meccanico di fiducia di mia madre. Praticamente l’avevo ricostruita pezzo per pezzo con le mie mani, 74 cavalli e 542 libbre di puro amore e dedizione.
Dopo otto anni siamo ancora assieme e nonostante qualche acciacco ogni tanto è in condizioni perfette…ci siamo fatte tutto Agosto dell’anno scorso in giro per la Florida e il Nevada, sfiorando la famosa Valle della Morte.
“Ciao Linds!” lo saluto scattante, morendo dalla voglia di cavalcare il sellino e dare gas.
“Questa è la tua moto?” domanda incredulo, abbracciandola con uno sguardo.
“Bella vero?”
Antica…” dice pensoso ma si salva dalla mia furia omicida con un “Mi piace!”
Gli propino un pugnetto negli addominali e mi siedo sul sellino “Andiamo a fare colazione?”
“Lo sapevo che me l’avresti chiesto…” risponde con un sorriso e si posiziona dietro di me con cautela.
“Se provi a palparmi ti spedisco sull’asfalto!” lo minaccio, accendendo il motore con un ringhio mentre si mette il casco.
“Non ne ho l’intenzione.” per comprovare, posiziona entrambi le mani sui miei fianchi sopra al giacchino. Le punte delle sue dita si toccano abbondantemente.
“Tieniti forte.” lascio andare il freno mentre la Jackal schizza in avanti come un piccolo bolide.
Linds si è improvvisamente irrigidito dietro di me ma non ci faccio caso più di tanto.
Seguo le sue indicazioni e mi ritrovo davanti una caffetteria dall’aria pulita e tranquilla.
Smontiamo e noto che è più pallido del solito in faccia.
“Stai bene…?” domando dubbiosa “Sembri un po’ frastornato.”
“Sì…credo di sì.” mormora, sorreggendosi con una mano al sellino…in effetti ha una sfumatura verde “Sei una furia sulla moto…”
“Vero…” affermo con un sorriso imbarazzato “Mi lascio un po’ trasportare! Entriamo…magari qualcosa da mangiare ti farà bene.”
“Sì…ma se mi baciassi starei già meglio.” replica con un sorriso, afferrandomi per il gomito e voltandomi senza farmi male.
Sciolgo la stretta “Non ci sperare!”
Tre secondi dopo stiamo ridendo entrambi ed entriamo nel locale che era davvero come sembrava da fuori: pulito, chiaro…sapeva di tranquillità.
Prendiamo un tavolo alla vetrina, ordinando il solito caffè lungo e tre o quattro crossaint.
Ormai sono in Paradiso…le brioches fragranti e profumate di caffè, ahhh, lasciatevi mangiare mie care!!!!
La colazione è quasi silenziosa, Linds preferisce solo bere mentre mi osserva con un sorriso un po’ idiota in faccia.
A delucidazioni in merito, alza le spalle “Scopro che sei golosa…è bello vederti apprezzare.”
“Apprezzo, apprezzo!” esclamo iperattiva, ormai lo zucchero mi era entrato nelle vene assieme alla caffeina.
“Onorato.” commenta con un sorriso appena accennato.
È ancora un po’ pallido ma ha una cera migliore…Michelle, datti una calmata. Sarebbe meglio portarlo a fare un giretto a piedi per il quartiere prima di rimontare in sella e soprattutto vai più piano o gli farai sputare le interiora, povero topo!
Dopo la pausa caffè facciamo due passi nei dintorni, il quartiere non è d’alta classe ma tranquillo e borghese, con un mucchio di fiori dappertutto ed i ragazzini che giocano a basket o vanno in bicicletta a ranghi compatti.
“Come l’hai scoperta la caffetteria?” non l’avrei mai trovata da sola, anche se di solito mi davo all’esplorazione di nuove zone della città; normalmente mi portavo qualche panino striminzito, preparato in fretta e furia.
“Segreto.” risponde solo.
“Segreto quanto il tuo motivo per avermi puntata fin dall’inizio?” domando con tono leggero ma serio. Prima o poi gliel’avrei posta comunque questa domanda.
Linds si ferma, le mani affondate nelle tasche dei jeans e mi guarda con un’espressione a metà tra il confuso e il divertito “Michelle, non ti ho puntata…ho solo visto che non prestavi attenzione e basta.”
Sì certo…come no…ma fammi il piacere, topo!
“Mi stai dicendo che la tua insistenza nel volermi portare a letto è una recita? Scusa se non ci credo ma al bar mi sembravi molto chiaro su questo punto.”
Linds riprende a camminare, superandomi, il suo sorriso è criptico ed inquietante “Io non recito, ma belle. Mai. Il fatto è che non ti sei ancora resa conto di quanto abbiamo in comune. Se vai avanti di questo passo temo che non te ne accorgerai abbastanza in fretta.”
È inutile provarci…non lo capisco. Che poi per la cronaca cosa abbiamo in comune noi due?!
Lascio cadere il discorso e verso le dieci torniamo alla moto, Linds mi ha detto di essere libero fino a questa sera ed allora abbiamo deciso la nostra prossima tappa ovvero il Monte Sutro.
A dire il vero l’ho deciso, non mi va di star proprio sola soletta con lui…non dopo le frasi strane che tira fuori…
Il parco è un ottimo punto di ritrovo per i cittadini nel weekend e dai suoi 820 piedi circa d’altezza si gode una delle più belle viste panoramiche della città, con tanto di Golden Gate Bridge sullo sfondo e vista della city.
Il viaggio è lungo ma mentre siamo fermi ad un incrocio, Linds ne approfitta per comprare pollo, patate, birra e quant’altro da un rosticciere in strada poi lo assicura alla moto con la scusa che probabilmente non avremmo più avuto possibilità di rifornirci la volta che fossimo arrivati.
Alla fin fine ci vuole quasi un’ora a causa del traffico ma la vista è davvero mozzafiato e lassù il rumore della city non arriva.
La giornata - dopo una settimana di pioggia, nebbia e vento - è magnifica ed il mare luccica turchese con decine di gabbiani che fanno il giro della baia dandosi il cambio.
Lo spiazzo erboso che abbiamo scelto è grande e già occupato da famiglie, gruppi d’amici ed anche coppiette in cerca di un po’ d’intimità che si fermano ai suoi limiti.
Lasciamo la moto nella piazzola ai piedi della collina ed saliamo le scale fino quasi alla vetta, fermandoci sotto un nodoso eucalipto dal fogliame rado, stendendo il plaid e scartocciando la rosticceria.
Ormai fa caldo e ci sbarazziamo delle giacche.
Sotto la giacca di pelle esibisce in bella vista una maglietta dei Sex Pistols dall’aria consumata ed un po’ scolorita sul collo, al polso tiene un elastico per capelli. I jeans blu gli cadono morbidi appena sotto i fianchi, anche loro sembrano vissuti e comodi. Il professor Lagden oggi è in vacanza…interessante!
La giornata è talmente calda che avremmo potuto passarla benissimo in spiaggia ma già la maglietta un poco aderente calamita lo sguardo di Linds ad ogni movimento…almeno finché non lo prendo per un orecchio.
“La mia faccia sta più in su!”
“Scusa… ma sei tutta molto interessante…”
“Non cambierai mai…” esclamo rassegnata, portandomi alla bocca l’ultima aletta messicana…che devia inspiegabilmente nelle fauci aperte di Linds.
“Hey!!!”
”Scusa, avevo fame…!”
“Ma se ne hai mangiate più di me!”
“Sì, perché tu devi mantenere la linea, ma belle…”
“Ti rimetto io in forma, brutto…!!!”
Iniziamo a rincorrerci come due mocciosi del primo grado, girando intorno all’albero. Dopo alcuni round riesco a raggiungerlo con un salto ben piazzato, agganciandomi al suo collo ed atterrandolo, faccia in giù come nelle migliori partite di rugby. Will qualcosa mi avrà pure insegnato, no?
“Cos’è…la rivuoi indietro?!” domanda lui soffocato, la faccia premuta contro un lembo della coperta.
“Credo di no…” rispondo afflitta, corrucciando la fronte quando Linds si gira a pancia in su e mi butta da una parte per approfittarne.
“Non tenermi il muso, Michelle…” mormora suadente, con il suo sorriso da marpione, le mani sulle mie guance. Gli occhi neri sembravano metallo fuso…e da come si avvicinano sono già stati usati per ipnotizzare più di una volta!
Il palmo della mia mano sinistra si scontra appena con il suo mento, deviando la traiettoria.
“Senti un po’, sbarbatello…se pensi di usare l’ipnosi caschi malissimo…” mormoro “Ma se mi offri qualcosa in cambio della defunta aletta potrei anche addolcirmi nei tuoi confronti…sai com’è…”
“Allo stomaco non si comanda…” declama lui con affetto.
“Esatto.”
Linds sospira, e mi libera, lasciandosi cadere pesantemente su un fianco. Ne approfitto per sfilargli gli occhiali da sopra il naso e provarli.
Risultato: oddio sta per venirmi la nausea…
“Sei completamente cieco!” esclamo forte, strofinandomi gli occhi.
“Non sono cieco, semmai il contrario.” risponde placido “Ho un paio di diottrie in più sull’occhio sinistro…”
“Non è un bene?” domando incuriosita “Voglio dire…hai la vista più acuta, suppongo.”
“Sì, se tenessi l’occhio destro perennemente chiuso.”
“Come mai questa differenza?”
“Frutto di un esperimento andato male.”
“Ah…quindi è così che sei riuscito a beccare quelli del giornaletto sconcio.” mugugno mentre analizzo la situazione anormale.
“A-ha…” i suoi occhi neri ora sono diventati solidi, impassibili.
“Lo sai…senza occhiali sembri meno vecchio.”
“Davvero?”
“Già…hai meno l’aria da corvo rapace.”
Il suo sopracciglio destro si alza “Mi stai dando del predatore di carogne?!”
“Solo se ci credi…” rispondo giocosa “Comunque con o senza occhiali non sei male, Linds.”
“Uhm…se dici queste cose allora ho qualche speranza…” il suo istinto da cavernicolo a quanto pare non va mai in sciopero…fantastico!
“Basta crederlo…ma il mio consiglio è di non montarti troppo la testa.” rispondo con il mio migliore tono materno.
“Vedremo, ma belle.” è irritante quando fa così ma devo ammettere che il suo sorriso contagia anche un po’ “Oh…che meraviglia il far niente…” si stiracchia ad occhi chiusi mentre lo osservo.
“Non ti ho mai visto star tranquillo un attimo da quando ti conosco.” butto lì, seguendo con lo sguardo il suo profilo.
Apre un occhio nella mia direzione “Insonnia…sono tre giorni che non chiudo occhio.”
“Bevi meno caffè, allora.”
“Non ho tempo e non ci tengo ad addormentarmi, davvero.” ridacchia asciutto e mette le mani dietro la testa, fissando le foglie. Ci sono delle storie dietro le sue risposte…ma non credo che le abbia mai condivise con qualcuno.
Il pomeriggio passa sonnecchiando, parlando e giocando a pallavolo in squadre opposte.
La partita viene vinta dalla sua squadra ad armi impari…casualmente mi ha subito scelto il gruppo dei più fustacchioni!
A fine match trotterella allegramente al mio fianco, pizzicandomi il naso…sembra quasi che abbia il diritto di mettermi al guinzaglio!
“Allora…allora…direi che mi merito un premio per la vittoria?” domanda pimpante come un bambino dell’asilo.
“Niente confidenze, metallaro…” svio indifferente mentre piego la coperta…okay ha vinto, ma non mi pare il caso di approfondire troppo il nostro rapporto solo per questo!
“Uhm…ceni con me, stasera?” ripiega con una smorfia, continuando “Niente di troppo intimo, c’è anche Raphael…”
“Wow…allora oltre il famolo strano hai anche certe tendenze…che dire…” commento, infilandomi il giubbino.
“…so sempre come sorprenderti?” mi ha spinto contro l’albero che avevamo occupato fino a quel momento ed ora mi guarda magnetico.
Forse è l’avercelo attorno quasi sempre ma…ho avuto a che fare con ragazzi più rudi, che a questo punto mi avrebbero messo le mani dappertutto. Lui non mi ha ancora toccata una volta. Probabilmente il suo motto deve essere: pervertito sì, ma con eleganza.
Mi viene quasi da ridere e Linds ha inclinato il viso alla mia ilarità silenziosa.
“Sul serio…” inizio piano, fissandolo senza vergogna “Tu e Raphael non è che…siete finiti a letto, vero?”
Il suo sorrisino è svanito ma risponde sarcastico “Raph è etero, ma belle.”
La mia espressione interrogativa parla da sola…
Linds sospira, incastrando la zip del mio giubbino con calma e tira su la cerniera lentamente.
“No, curiosona. Non siamo mai andati a letto e personalmente non ci tengo…sai, Raphael convive felicemente da un paio d’anni con una ragazza niente male.” risponde alla fine.
La cosa non sembra importargli più di tanto dal tono che ha usato ma si è impercettibilmente intristito…come se, quando il suo amico si era accasato, lui avesse perso qualcosa d’importante.
“Ti manca il tuo vecchio compagno di bagordi, eh?” provoco gentilmente, poggiandogli le mani sulle spalle. Linds scuote la testa, sorridendo “Andiamo, approfittatrice…”
“E sarei io l’approfittatrice!!!” replico di rimando mentre si avvia al parcheggio fischiettando con le mani in tasca.
Lo lascio provare la Jackal come atto di carità e ci incontriamo con Raphael davanti ad una pizzeria dal tipico stile italo-americano non molto lontano dal quartiere universitario.
Ci sediamo ad un tavolo, ordinando una pinta di birra ciascuno e tre pizze margherita formato famiglia.
“Allora vi siete divertiti?” domanda Raph, strizzando i suoi occhi azzurri in segno d’amicizia.
“Sì…fino a quando Linds non mi ha soffiato il manubrio della mia bimba.” rispondo, inscenando la parte della finta offesa.
“Devi sapere che ha una storia d’amore con una vecchia megera degli anni ’90…” mormora Linds all’altro con tono confidenziale, prima di fermarsi a causa di una mia gomitata nelle costole.
Raphael ci guarda battibeccare per un po’ affascinato, poi dice ghignando “Sembrate una coppietta fresca fresca!”
Ci blocchiamo mentre Linds cerca di tirarmi i capelli ed io il naso.
Sgrano gli occhi, schifata “Dimmi che stai scherzando!”
Stendiamo un velo pietoso sul povero cucciolo di San Bernardo che tre minuti dopo si ritrova un occhio nero, il sangue che gli esce dal naso e qualche piccolo acciacco…
Fortunatamente dopo il pestaggio ci diamo alla ginnastica mandibolare e l’argomento viene accantonato per cose più serie.
“Allora, ho finito di montare l’attrezzatura tre ore fa. Testata e fatto tutti i controlli del caso…direi che lunedì possiamo iniziare con la programmazione che mi hai chiesto!”
“Hai controllato anche il canale Delta, vero?” domanda scettico Linds.
La sua pizza sta venendo fredda, mentre ascolto le loro frasi criptate. Ne ho piene le scatole di sentire discorsi ingarbugliati di proposito!
“Sentite ragazzi…posso andarmene a casa se volete. Tanto tra un’oretta inizio il turno al lavoro…ma devo ammetterlo però, tutta questa segretezza mi incuriosisce…state trasformando quel laboratorio in una centrale nucleare o cosa?” domando, mordicchiando la mia fetta.
“Michelle, sei pregata di non intrometterti!” sbotta sgarbato Linds, puntandomi la forchetta contro e riservandomi un’occhiataccia. Cosa cavolo gli prende?!
“Dai, Linds non-” cerca di ammansirlo Raph, ricevendo solo un ‘No!’ secco.
Dopo quell’uscita piuttosto strana la conversazione si fa rara ed indirizzata su cose poco importanti.
Salutiamo Raphael e monto dietro a Linds che preferisce guidare data la mia poca resistenza all’alcool.
Quando arriviamo al mio stabile, spingo la moto fino nel cortile sul retro.
“Perché ti sei comportato così, prima?” so che è una domanda a vuoto, ma la faccio lo stesso.
“Quello che sto facendo nel mio laboratorio non sono affari che ti riguardano, ma belle. Se sei intelligente cerca di capirlo, okay?” risponde con un sorriso freddo.
“Non è che così mi spingi a rispettare la tua privacy, sai?” replico piccata e, per la seconda volta della giornata, mi ritrovo schiacciata contro un muro.
“Michelle…non voglio più sentirti parlare di questa storia, intesi?” la sua voce è calma ora, completamente diversa dal suo tono solito. Mi stringe le braccia con le mani per tenermi ferma ma cosa mi inchioda è il suo sguardo.
Al posto degli occhi ha due pallottole nere, gelide e senza alcun briciolo di sensibilità o ironia. Non riesco a smettere di fissarlo mentre un brivido mi scivola lungo la schiena.
Doppia personalità? No, questo è Linds in modalità dammi-fastidio-e-ti-faccio-diventare-polvere.
Sbatto le palpebre due o tre volte prima di rispondergli con un sorriso birichino e una grande dose di coraggio “Okay…”
“Cosa stai architettando dietro a quel ghigno?” domanda Linds, guardingo.
“Sono veramente curiosa di sapere cosa mi faresti se disobbedissi…” dico volutamente pensosa “Arriveresti a sculacciarmi?”
Anche lui adesso sogghigna, cogliendo dove voglio arrivare.
“Mmmhhh…Michelle…che pensieri che ti passano per quella tua bella testolina…” mi riprende, come se avessi fatto una marachella “In quanto alla pratica vedrò di farmi un nodo al fazzoletto per il futuro…ma spero per te che non arriveremo a quel punto.”
A quanto pare non attacca…e forse è anche stupido da parte mia aver pensato di riuscirci, ma perlomeno mi ha lasciato.
Il fatto rimane che mi augura una buonanotte piena di sogni su di lui e – ore dopo – la cosa si avvera.
L’inconscio è indomabile.
E tu Michelle devi darti una calmata…perché non ti puoi permettere di farti nemico Linds, e nemmeno di portartelo a letto.
Sarebbe una mossa da deficiente patentata.

Oh, you're too afraid to touch
Too afraid you'll like it too much
The roads, the times, breaking up your mind
Can't you hear there's beauty in life?

You know you've gotta
Tie yourself to the mast my friend
And the storm will end
One day maybe you will love again
Make it easy on you
Tie yourself to the mast my friend
And the storm will end
The Verve ~ One day

~~~

Canzone del capitolo: The Verve ~ One day.

Le note di questo capitolo sono:
- La Guzzi California Jackal è un modello costruito dall'ultima metà degli anni '90 ai primi anni del nuovo secolo e riprende l'iconico blocco motore a V, raffreddato ad aria caratteristico della casa motociclistica ma ha una linea leggermente più aggressiva delle altre California. La Jackal di Michelle è uno dei primi modelli ovvero la V11 fra il 1998 ed il 1999 con l'iniezione elettronica e pesa 246 Kg, il suo serbatoio può contenere fino ad un massimo di 5 galloni di benzina (circa 18 litri). Potete trovare un'immagine di riferimento in questa pagina;
- il Monte Sutro è uno dei 47 colli di San Francisco, alto 250 m e ricoperto da una fitta vegetazione. Buona parte del monte è di proprietà della UCSF ma una sezione di 17 acri - compresa la cima - è aperta al pubblico come riserva pubblica.
Curiosità il Monte Sutro non ospita la famosa Sutro Tower, anche se gli presta il nome. Questa torre per le telecomunicazioni è posta su una collina più bassa fra il Monte e le Twin Peaks;
- La riserva naturale del Monte Sutro è quasi interamente ricoperta da una foresta di Eucalipti importati, questi alberi non sono originari della flora californiana è sono stati piantati durante la febbre dell'oro alla fine del diciannovesimo secolo.

Quanto mi è piaciuto scrivere questo capitolo...magari sono la sola ad essere rallegrata da questa storiellina, ma almeno mi diverto...xD
Michelle continua a fare la sostenuta ma sarà ancora così per molto od il topo si sta avvicinando?
Nel prossimo si ritornerà nel pieno della vita universitaria e dei casini della nostra protagonista...=)

Un abbraccio a Petitecherie per aver recensito il capitolo precedente e domando scusa per la lunga attesa...sono un po' su e giù di giri in quest'ultimo periodo. ^^"
Non credo che aggiornerò più molto regolarmente a causa delle feste ma vi auguro comunque un Buon Natale!!!
Hermes

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Capitolo 8
*** 8 ***


There ain't no space and time
[...]
There ain't no real truth
There ain't no real lies
[...]
There'll be no lullabies
There'll be no tears cried
We feel numb 'cause we don't see
The Verve ~ Space and time

Lunedì mattina, nuova giornata di lezione più una nuova settimana da far passare, e non solo.
Il docente di Scienze Naturali ha appena informato gli studenti del suo corso che la prima lezione della prossima settimana avrebbe preparato per loro un compito scritto tanto per testare il loro apprendimento…e naturalmente sono in ritardo con le dispense. Secondo me ha preso spunto dalla provetta a sorpresa di Linds…ho paura che diventerà una moda di questo passo.
Poi ho un altro problema che inizia ad innervosirmi e parecchio.
I compagni della squadra di rugby, ovvero gli scagnozzi di Will.
In qualunque posto vado me li trovo davanti, in gruppetti da due o tre.
Mantengono sempre una discreta distanza ma li ho già sorpresi più di una volta a ridacchiare e guardarmi con delle espressioni che non presagiscono nulla di buono.
Quel pezzo di cretino…se quegli armadi provano a toccarmi li spedisco in ospedale, sempre se riesco a mandare in porto qualche colpo prima che mi stritolino.
Insomma, sono preoccupata tanto da non riuscire a concentrarmi sullo studio, cosa che mi porta ad intense sedute in palestra. Roba da uccidere un cavallo in poche parole.
Non contando che questa settimana faccio doppio turno dal lunedì al mezzogiorno di venerdì nel ristorante per ritagliarmi il weekend libero di studio serrato…
Al mercoledì sono peggio di uno straccio per la polvere…se riesco a tirare avanti lo devo solo al caffè, per il resto dormo in piedi con gli occhi spalancati caso mai ci fosse bisogno.
Anche Linds se n’è accorto ma quando gli ho tirato la mia agendina direttamente in fronte in una delle pause caffè che ci capita di fare assieme al bar Universitario, mi ha offerto un altro doppio espresso lungo oltre a quello che stavo già bevendo…muchas gracias, topo!
Così la routine trascorre beata mentre in ogni momento libero faccio fotocopie come un macinino, seguo le lezioni con un solo occhio mentre l’altro riposa, faccio frequenti capatine alle macchinette di brodaglia e divento un topo da biblioteca nel senso letterale del termine.
Pure la mia tiroide inizia a ribellarsi…ma devo passare quel test ad ogni costo.
È così arriva il venerdì notte e mettere i piedi uno davanti all’altro non è un’impresa ma un miracolo in piena regola.
Purtroppo ho mancato delle lezioni e le dispense sono scarse quindi sono stata obbligata ad uscire, salgo la scalinata della facoltà, trascinando i piedi. L’aria frescolina contribuisce a tenermi sveglia.
Entro nel palazzo semi-deserto, dirigendomi verso la macchinetta con tutte le intenzioni di scassinarla e ci trovo Raphael che fa scorta.
“Ciao…” grugnisco, lui sobbalza e per poco non lascia cadere per terra il thermos che aveva in mano.
“Michelle?! Che ci fai qui?” esclama ansioso.
“Compito di Scienze…ricordi?”
“Ah…” dà un’occhiata alla mia faccia aggrondata “Se vuoi abbiamo del caffè istantaneo nel gabinetto…lo teniamo per le situazioni d’emergenza!”
“Grazie!!!” esclamo, felice di aver trovato un alleato nella mia personale battaglia contro il sonno.
Ci incamminiamo assieme per l’ufficio di Linds al secondo piano rialzato ed intanto i neon al soffitto mi abbagliano.
Mi sento un gufo…ho sonno…accidenti potrei addormentarmi bellamente sul pavimento!
Arrivati, vedo Linds frugare dentro un armadietto della scrivania con le mani infilate in un paio di guanti in lattice, tipo quelli dei dentisti. Mi guarda e sorride stile so-cosa-stai- passando.
“Ancora qui? Hai deciso di non dormire questa settimana?” domanda, continuando la sua ricerca misteriosa.
“Parla per te, sonnambulo da strapazzo!” replico astiosa, accaparrandomi il vasetto che mi offre Raph alla velocità della luce.
“Così mi offendi, ma belle.” aggiunge, poi si rivolge a Raphael “Io ho fatto…proseguiamo?”
L’altro annuisce ed usciamo tutti insieme, prendendo due opposte direzioni.
“Attenta a non addormentarti, bimba!” mormora Linds con una punta di simpatia, prima di andarsene.
Così scendo fino alla biblioteca sotterranea dove raggiungo il mio solito angolino e mi metto a studiare, strofinandomi gli occhi arrossati come due pomodorini.
Passano due, forse tre ore…non lo so con precisione, perché la batteria del cellulare mi era morta quel pomeriggio e non sono riuscita a passare da casa per recuperare il caricatore.
Ad un certo punto anche il caffè non mi fa più alcun effetto e decido che ormai è perfettamente inutile punzecchiarsi con la mina della matita, raggruppo i miei averi e ritorno al piano terra, brancolando nel buio fitto del grande atrio.
Non ce la faccio a tornare a casa…chissà se Linds mi lascerebbe dormire sulla poltrona del suo ufficio?
Mi dirigo verso le scale, almeno finché non cozzo, o meglio mi viene incontro l’ignoto.
Emetto un verso di sorpresa, e fermo sul nascere il richiamo quando mi rendo conto nella penombra fitta che non era nessuno di mia conoscenza, men che meno Linds o Raphael, od il custode.
Alto, forse non muscoloso ma abbastanza da potermi mettere fuori combattimento nelle mie attuali condizioni di affaticamento.
“Scusa…non ti ho visto, chiunque tu sia!” esclamo amichevole, anche se con una punta di timore.
Non ho mai incontrato nessuno qui a quest’ora…ma porca di quella vacca perché proprio oggi!
I miei dubbi vengono confermati quando mi torce i polsi dietro la schiena in una presa ferrea. Il dolore mi serpeggia lungo le braccia, attutito dalla fatica, ma presente.
“Cosa diav-” la mia protesta viene zittita quasi subito da una mano schiacciata sulla bocca. Sporca, puzzolente di rancido e sigaretta.
Intanto mi trascina da qualche parte e cerco di divincolarmi ma mi mancano le forze.
Potrei rimanere stuprata o peggio…no, Michelle hang in there! Calma e sangue freddo, tira fuori la tua perfidia e fagli vedere di che pasta sei fatta!
D’istinto affondo i denti nella carne tenera delle sue dita, prendendolo alla sprovvista.
Faccio appena in tempo a lanciare un urlo strozzato che il molestatore mi colpisce con un pugno dietro al capo e cado rintronata e semi-incosciente sul linoleum con un tonfo.
Lo sento fuggire via, mentre un’altra serie di passi frettolosi…da dove arrivano? Destra, sinistra? Saranno altri balordi o l’arrivo della cavalleria? Mi sento venir meno…gira tutto…
“Michelle? Sei tu che hai urlato? Dove sei?” i passi si erano fermati e una voce bassa, calma arrivò fino a me nel punto dove mi trovavo. Mi sembra di conoscerla questa voce, ma non ho motivo di rispondere, o sì?! Sono così stanca...
Il mio cervello ha chiuso i battenti e quando l’aria intorno a me si muove. Linds mi sorregge con una mano dietro la schiena.
“Cosa è successo?” chiede con durezza, riesco quasi a vederlo con l’immaginazione: le labbra assottigliate, la mascella pronunciata ed i muscoli della guancia che guizzavano dal nervosismo.
“Non l’ho visto…” borbotto, cercando di suonare chiara mentre mi fioriscono macchie nere davanti agli occhi “Linds…aiutami…”
Vengo sollevata di peso e, a quanto pare, trasportata con cautela fino in una stanza dove c’è una forte fonte di luce appesa al soffitto. Istintivamente schiaccio il volto sul suo camice bianco, quest’odore…Lysol?
“Raphael! Esci fuori buono a nulla!” chiama Linds, sistemandomi su un divano a due posti non proprio confortevole.
Avevo perso il senso del tempo, e tenevo gli occhi chiusi per evitare di abbagliarmi.
Non sento l’arrivo dell’amico del topo ma la sua voce, ad un certo punto, mi arriva forte e chiara “Adesso le accoppi pure le ragazze?” non c’era traccia di scherzo nella sua voce “Che è successo?”
“Qualcuno deve averla aggredita giù nell’atrio…trova un sacchetto del ghiaccio, l’ha stordita con una bella botta.” spiega il topo pragmatico.
Segue un rumore sgradevole, come due palloncini che si strofinano fra di loro, segno che si è appena tolto i guanti.
Le sue mani fredde iniziano a sondare il mio scalpo con delicatezza, muovendosi con metodo fino a trovare il bernoccolo che si stava ingrossando.
“Sapeva dove colpire, eh?” mormora dispiaciuto, tastando piano.
Raph deve essere tornato perché una delle mani di Linds mi preme sulla parte lesa qualcosa di duro ed amorfo, gelido.
Finalmente grazie a quella sensazione riesco a riprendermi quel tanto che basta da riaprire gli occhi.
Ci vuole un po’ prima che tutto torni a fuoco.
“Quanto sono stata in apnea?” domando con una smorfia mentre Linds continua a premere il ghiaccio contro la mia testa.
“Occhio e croce un dieci minuti, Michelle.” risponde con occhi inespressivi, come se non fossi veramente lì. Linds deluso…che autocontrollo però!
“Sei bianca come un lenzuolo, piccola!” esclama Raphael, preoccupato “Dovresti farti una bella dormita, seriamente!”
“Stavo giusto tornando a casa quando mi sono imbattuta in quello schifoso!” rispondo disgustata, e ripensandoci non riesco a frenare un brivido.
“Lo conoscevi?”
“No, ma era alto più di sei piedi, fuma e non sa come si usano sapone e doccia…questo posso dirlo di sicuro!” descrivo.
“Linds…” mormora Raph, ansioso “Forse dovremmo chiam-”
“Niente di cui preoccuparsi, direi…ma belle sei decisamente un po’ sfigata.” conclude il topo con aplomb, braccia conserte.
“Cosa vorresti dire con questo?” dalla mia bassa posizione gli scocco un’occhiataccia.
“Che probabilmente ti sei imbattuta in un vagabondo entrato di soppiatto durante il giorno e che non voleva essere scoperto. Sono cose che capitano spesso.” illustra la sua spiegazione.
Sbircio con la coda dell’occhio Raphael che non ha l’aria d’aver mangiato la foglia…
Però Linds non ha torto con il tempaccio umido dell’ultimo periodo.
“In qualsiasi modo stiano le cose…io me ne torno a casa!” dichiaro infine, facendo per sedermi. Quasi istantaneamente la testa inizia a girarmi come una trottola.
“Hey, hey…Michelle rimani fra noi, baby!” Raph mi ha afferrata, trattenendomi dal cadere faccia a terra.
Linds ridacchia cattivo poi riflette ad alta voce con un’aria di sufficienza che mi fa ribollire il sangue “Sei troppo stordita per andare in giro da sola…”
“Cosa proponi di fare allora?” sbotto irritata, guardandolo di storto…non capisco proprio perché si comporta così!
Lui e Raph si fissano per un attimo, scambiandosi delle occhiate.
“Posso stare tranquillo?” mormora solo Linds dopo un po’, serissimo.
“Contaci…intanto fa tutto il computer e sai che sono un mago in quel campo. Vai con lei!” risponde Raph con una rassicurante pacca sulla spalla “Domani ti mando il resoconto via mail.”
“Conto su di te…”
Linds sospira, sfila il camice e fa scattare la chiave della macchina poi si pianta davanti al divano, da dove lo guardo immusonita.
“Ce la fai a camminare?” domanda, valutandomi con gli occhi.
“Per andare dove, di grazia?” rispondo acida. Mi hai rotto topo, sul serio…
“Ti porto a casa e mi occupo del tuo bernoccolo.”
“Fantastico…”
“Non fare così, Michelle…sei rimasta svenuta per parecchio…potresti avere dei problemi durante la notte!” esclama Raphael, preoccupato.
“Accompagnami tu!” mi lagno debolmente, non mi andava di sorbirmi il professorino in una delle sue fasi isteriche!
“Mi dispiace, piccola ma non possiedo un’auto ed è meglio così credimi. Linds poi stava per andarsene, io ho ancora del lavoro da sbrigare.” spiega Raph, cercando di non entrare nei dettagli, mani in avanti.
Non ho altre alternative ed accetto la mano tesa del topastro cercando di mettermi in piedi da me, con pessimi risultati.
Due minuti dopo varchiamo la soglia della stanza.
Linds mi ha fatto passare un braccio attorno alla vita e - nonostante la sua figura secca ed allampanata - sorregge più di metà del mio peso. Non contando che dalla sua altra spalla penzola la mia tracolla dei libri…
Arranchiamo all’ascensore e poi usciamo direttamente fuori nel parcheggio dove le frecce della Ferrari brillano un paio di volte.
Dopo che mi ha assicurata al sedile, lancia sul sedile posteriore la mia borsa prima di sedersi e far partire la sportiva con un ringhio assordante.
Il sedile è molto comodo ma non scivolo nell’incoscienza grazie al ghiaccio.
Il topo guida in un silenzio religioso.
“Si può sapere perché fai tanto il seccato?” domando con voce stanca, aggiungendo quando capisco che non mi avrebbe risposto “Scusa eh, se ho disturbato i tuoi importantissimi Non-So-Cosa!”
Linds alza gli occhi al cielo, poi dice solo “Un giorno mi hai detto che ti sapevi difendere…avevo ragione a credere il contrario, invece.”
Si riferisce ad una conversazione di molto tempo prima ma adesso non sono interessata a scavare nella mia memoria.
“Senti un po’, genio della lampada, lo sai benissimo che ho passato la settimana sui libri ed al lavoro! Sono stanchissima e certo non stendo il primo che mi passa accanto solo perché non mi piace la sua faccia!”
La strada è deserta ed un po’ umida grazie alla recente pioggia. La Ferrari si è fermata ad un semaforo rosso e Linds smette di punto in bianco di atteggiare indifferenza.
“Se ti può far sentire meglio allora ti chiedo scusa.” replica piano “Sono d’accordo con Raph, però…devi staccare o ti legherò al letto, consenziente o no.”
“Ah…ecco che ricominci…” sorrido appena, mentre rimette in moto “Le tue battutine iniziavano a mancarmi!”
“Davvero?”
“Positivo.”
“Allora posso legarti al letto?”
“No!”
Nel mentre siamo arrivati e Linds mi prende in braccio. Tanto ormai il topo è di casa.
Tempo dieci minuti e mi ha già scaricato sul materasso.
“Vado a cercarti altro ghiaccio e qualcosa per il dolore…” mormora prima di sparire dietro la tenda di perline del cucinino.
Uso quella poca privacy per togliermi i vestiti spiegazzati ed infilarmi un paio di shorts ed una felpa che ho da quando andavo alle superiori.
Non riesco più a tenere gli occhi aperti ma Linds mi distrae dal mio torpore, infilandomi una mano sotto la guancia e posandomi sulle labbra il bordo del bicchiere.
“Mandalo giù tutto, ma belle.” ordina ed obbedisco ad occhi chiusi, facendo una smorfia al gusto salato.
Lo sento ridacchiare mentre mi appoggia una coperta addosso poi mi addormento.

Non pensavo di svegliarmi prima del mezzogiorno ma una strana sensazione di bagnato mi fa irrimediabilmente riprendere conoscenza.
Sono spalmata sul letto come una sottiletta su di un cracker, un filo di bava mi scende dall’ angolo della bocca ed abbraccio il cuscino col più estremo godimento. Morfeo mi fai un baffo in termini di godereccio sonno.
Tasto dietro la testa, dove sento una fastidiosa sensazione…qualcosa mi sta scendendo lentamente lungo il collo.
Ci trovo i rimasugli del sacchetto del ghiaccio , avvolto in un pezzo di stoffa.
Accendo la lampada con una torsione impossibile del braccio, il sacchetto si è ribaltato ed esce l’acqua.
Mi massaggio il bernoccolo, e do un’occhiata allo sveglino…non sono passate due ore da quando mi sono addormentata.
Vedo una luce dalla porta e provo ad alzarmi ma un movimento leggermente più brusco mi fa vedere stelline e paperelle.
Cosa diavolo mi ha dato Linds prima che cadessi in apnea?! Non ha fatto molto effetto!
Puntello la mano al muro e vado avanti.
La lampada accanto al divano diffonde una calda luce dorata e qualcuno russa piano. Quando mi avvicino scopro il topo addormentato con uno dei miei libri di genetica base aperto sul volto, le mani poggiate all’addome.
Gli occhiali scintillano dimenticati sul tavolino lì accanto.
Fantastico…Linds che russa mi mancava proprio…
Rassegnata, mi siedo sul bordo del divano e gli sfilo il tomo dalla faccia, lasciandolo a strizzare gli occhi nella luce improvvisa. S’inumidisce le labbra, guardandosi attorno intontito poi posa gli occhi su di me.
“È già mattina, ma belle?” chiede roco, passandosi una mano sulla faccia mentre sbadiglia.
Nego con la testa “Non mi hai sedato abbastanza, fisico da strapazzo.”
“Scusa se ho una laurea in Fisica, un master in Chimica e ho evitato a piè pari la Medicina…” risponde sarcastico, puntellandosi sui gomiti “Com’è il bozzo? Fa male?”
Adesso che ci penso…non sento dolore.
“No.”
“Allora torna a letto, tesoro. Raph aveva ragione a dire che sei pallida. Sembri un fantasma.”
“Non riesco a riaddormentarmi.” dico solo, scuotendo le spalle. Linds mi guarda interrogativo.
E come potrei topo? Io non sono una roccia, ho dei limiti.
“Non è che hai paura del buio?” domanda ironico, un sorrisetto che gli incurva gli angoli della bocca. Lo colpisco alla spalla con un gancio destro non tanto forte ma sembra capire il concetto.
“Okay, okay…va bene! Vieni che cerchiamo un rimedio alla tua insonnia!” esclama con le mani in alto mentre mi aggira per alzarsi in piedi. Afferro un lembo della sua maglia scura, prima che si allontani.
“Non voglio un rimedio.”
Sono agitata e spaventata…deve essere lo shock di quello che mi è capitato che arriva in ritardo. Mi sembra di andare in pezzi, ecco la verità!
Linds riflette in silenzio fissandomi poi mi prende per mano e mi riporta in camera.
Questa volta però non se ne va, si sdraia lì accanto a me con un braccio appoggiato sul mio stomaco che mi costringe ad appoggiarmi di schiena contro di lui.
“Non ci fare l’abitudine, Michelle…mmmhhh?” sussurra, strofinando il naso sulla mia guancia.
“E tu non rompere!” borbotto sonnacchiosa.
“Ricevuto, ma belle.”

Quando ritorno dal mondo dei sogni deve essere mattina perché la luce filtra attraverso il vetro della finestra e mi ferisce le pupille. Non ho ancora dormito abbastanza ma gli ingranaggi del mio cervello hanno già ricominciato a girare…
Capo Primo, Punto A: Perché sono arpionata da un braccio pelosetto?
Cerco di allentare la presa ma il tentativo ha solo l’effetto contrario e vengo trascinata un paio di centimetri indietro finché non sono totalmente incollata al corpo di Linds.
Oh no…ma perché ? Cosa ho fatto di male di primo mattino?!
Se volevo un’assicurazione in più sulla sua prolifica attività sessuale adesso l’avevo…
La sua erezione mattutina mi preme contro il fondoschiena, impossibile da non notare.
Tutto poi viene accuratamente corredato da un grugnito in qualche parte imprecisata dei miei capelli ed una spinta decisa verso di me…e dicono che il buongiorno si vede dal mattino, molestata nel proprio letto da un pervertito addormentato.
Intanto Linds continua a creare frizione fra di noi, mugolando.
Devo farlo smettere!
“AHEM Linds…”
“Sì…continua, mmmhhh ma belllleeee…” no, sta ancora sognando chissà quali porcherie e per una volta so con assoluta certezza cosa gli passa per quella sottospecie di crapa.
Il sesso deve proprio essere il suo chiodo fisso se non riesce a non pensarci pure quando si addormenta…dice di no, ma a questo punto un bel bordello non gli farebbe neanche male!
Sospirando, inizio a forzare la sua presa alternando i mie tentativi con dei richiami fino a quando ho la prova che si è svegliato ovvero…
“Noooo…un altro di quei sogni!” esclama triste, sbadigliando.
“Ti sarei molto grata se mi lasciassi andare…” dico gelida con un gocciolone, ma perché sto per mettermi a ridere? “Sai, non vorrei che ti scaldassi un po’ troppo per i miei gusti.”
“Cosa vuoi dire Mich-…O Cristo!” borbotta, scostandosi di scatto quando si accorge del suo problemino. Ecco sì infatti…
Mi metto a sedere sul letto, ravviandomi i capelli indietro e stringendo i denti quando sfioro il bernoccolo senza volerlo.
“Mi dispiace…” dice ancora, la baldanza abbandonata, almeno finché non continua “Se può passare per scusa è una cosa che mi capita spesso…”
Alzo gli occhi al cielo “Contente le tue amichette, contenti tutti!”
“Non fare così, ma belle. Ti ho chiesto scusa…”
“Prima di accettarle le tue scuse posso farti una domanda?” chiedo, sono molto curiosa in effetti e la botta in testa doveva aver fatto danni, sì…
“Spara, bimba.”
“Saresti capace di fare sesso mentre dormi?”
Linds mi squadra, i gomiti appoggiati sul materasso ed i capelli biondi a pennacchio in tutte le direzioni. La sua espressione sorpresa si trasforma in malizia in un millisecondo.
“È una richiesta?”
“La tua non è una risposta…”
“Potremmo sperimentarlo assieme…” opta, avvicinandosi con movenze feline.
“Non è una eventualità, Linds…abbassa la cresta da corteggiamento…” dico con un gocciolone, ma perché gliel’ho chiesto?! Ho bisogno di un controllo mi sa, qualche rotella è andata fuori posto come minimo!
“Non mi è mai successo.” risponde sul serio, pensoso “Ma nella vita non si può mai sapere…”
“Interessante.”
“Davvero…”
Il suo ghigno promette scenari al quale è meglio non pensare in questo momento quindi decido che l’opzione migliore è allontanarsi, almeno per adesso.
“Vado a fare il caffè…”
“Hai intenzione di andare a lezione il sabato!?” domanda stupito.
“Sì, sai io non sono un mostro d’intelligenza rispetto alla media…qualcosa in contrario?” mi volto, osservandolo indifferente.
“Se bigi un giorno non succederà nulla, tesoro.” si allunga sul letto, voluttuoso come un leopardo a pancia in su “A mio avviso, avresti davvero bisogno di riposarti.”
Mi appoggio allo stipite della porta “E cosa mi consiglieresti di fare?”
“Io sono a tua disposizione…” sorride di rimando, strizzando gli occhi.
Scuoto la testa e vado in cucina a prepararmi la colazione, dopo pochi minuti si rifà vivo ed inizia ad intrecciarmi i capelli mentre tiro fuori dalla credenza le tazze.
“Potremmo andare in giro per la città…” dice, continuando a giocare con le ciocche e stavolta sembrava serio “A quanto pare presso l’Accademia delle Scienze hanno aperto una nuova mostra…”
“Ti interessi anche di musei, adesso?”
“C’è sempre da imparare.” alza le spalle.
Gli metto in mano la mug e sospiro “Vada per la mostra…ma ci andiamo a piedi.”
“Perché?”
“Ho bisogno d’aria e di movimento, mi sento un topo da biblioteca.”

L’Accademia delle Scienze è nel bel mezzo del Golden Gate Park, il più grande spazio verde di San Francisco; il mio preferito. In certi punti sembra un bosco in piena regola, come quelli di Reno, la città dove sono cresciuta.
Così lasciamo la macchina nel parcheggio dello stabile di Linds, poi camminiamo per tre isolati ed aspettiamo pazientemente uno dei tram BART.
Dopo una corsa di mezz’ora veniamo scaricati in una delle tre stazioni attorno al parco e scendiamo assieme ad una selva di turisti. Basta seguire la folla e nel giro di pochi minuti siamo in coda per accaparrarci il diritto di entrare nell’affollatissimo museo. L’edificio è diviso in tre sezioni distinte e un’ala è ancora in fase di restauro.
Ce la prendiamo comoda, passando prima per l’acquario.
L’atmosfera azzurrina è tranquilla e spendo il più del mio tempo a guardare pesci di varie specie fare avanti indietro nelle vasche con calma mastodontica.
Quando decido che è meglio cercare Linds per proseguire la visita lo trovo intento a studiare minuziosamente un opuscolo dall’aria noiosissima. Le lenti degli occhiali a meno di dieci centimetri dalla carta patinata, da vero nerd.
“Interessante?” domando con un sorriso tranquillo, a braccia incrociate.
“Lo sapevi che alcune specie di pesci si danno al parassitismo sessuale?”
Roteo gli occhi…è l’unica persona che conosco che trae piacere a pensare solo ad un preciso argomento.
“Hai un blocco cerebrale o sei solo incredibilmente curioso ed pervertito?” replico “E comunque potevi andare direttamente alla mostra se non ti andava di accompagnarmi q-”
“Pensa alle possibilità!!! Sesso a qualunque ora!”
“Linds…”
“Immagino però che non sia tenuto in considerazione il tradimento…poveri piccoli pesciolini!”
“Linds mollala!!!” gli pianto uno scappellotto dietro la nuca, davvero seccata ed anche a disagio…una mezza dozzina di persone ci sta fissando con occhiate dal disgusto al divertito, urge cambiar aria!
Lo agguanto per un braccio, trascinandolo fuori dall’ala semi-illuminata fino al museo di storia naturale dove la luce cola come oro dai grandi lucernari sul soffitto. Maestosi scheletri di dinosauro prendono quasi tutta la galleria.
“Ti sei reso conto che con le tue disquisizioni a carattere riproduttivo ti sei fatto riconoscere da tutti là dentro?!” sparo stizzita.
“Non c’è niente di male nel parlare di accoppiamento, ma belle…è una cosa naturale. Tutte le specie viventi si accoppiano, a meno che non usino la mitosi…” Professor Lagden mode on.
“E speriamo che la clonazione non prenda piede perché sarebbe un male per tutta l’umanità se decidessero di clonarti!”
Sta per ribattere quando si fa serio e stringe le labbra “Sei contro la clonazione?”
“Non in generale e se per riproduzione di singoli organi…contro quella della tua persona, assolutamente sì!” c’è del vero nelle mie parole.
“Immagina…attorniata da dieci Linds…” dichiara con occhi spiritati “Tutti che vogliono portarti a letto…”
Ha dei moodswing da cefalea assicurata…
“Ho paura che non ce ne sarà abbastanza per tutti…non mi va di fare da scuola guida per una squadra di calcio!”
Linds si ferma, guardandomi con tanto d’occhi “Questa battuta non mi fa particolarmente ridere, sai?”
“L’hai iniziato tu l’argomento, adesso sotterralo…” sorrido bastarda, dandogli una pacca giocosa sulla spalla.
Abbiamo raggiunto l’ala della mostra dove si è riunita il più della gente in visita al Museo; l’ esposizione riguarda alcuni reperti riguardanti la fase cro-magnon della civiltà umana e una sezione intera sui ritrovamenti dei coniugi Leakey.
A me attirano le cose viventi e non capisco come osservare animatronics e teschi o scheletri possa essere di qualche divertimento ma Linds sembra così preso che non ho il cuore di distoglierlo ed allora lo seguo in silenzio.
In fondo lui non mi ha distratta mentre ho passato almeno un quarto d’ora a fissare una specifica vasca piena di pesci tropicali.
Così mi ritrovo a fissarlo mentre si china ad osservare con espressione presa i vari reperti e leggere le targhette nelle teche. Gli si è formata una ruga in mezzo alle sopracciglia, così interessato che non sembra nemmeno il solito Linds quello con il commento a sfondo erotico sempre pronto.
Dannazione! Non è niente male con quella faccia da uomo maturo nel bel mezzo di un discorso filosofico sul bene e sul male! E non sta neanche aprendo bocca!
M’inumidisco le labbra inconsciamente, mordendomi il labbro inferiore in un secondo momento e continuo a fissarlo…okay, ha un non so che di attraente ma è meglio non farne parola o si monta la testa.
“Che c’è?” la domanda di Linds mi prende di sorpresa ed incontro i suoi curiosi occhi neri.
“Eh…?”
“Mi stai fissando da almeno cinque minuti, ma belle, iniziavo a preoccuparmi…” inclina il capo da un lato con un sorrisetto “Non è che hai tirato una boccata mentre non guardavo?”
“Haha…fattele tu le canne, spiritosone!” Non credevo di arrivare a questo punto ma…Tu. Sei. Il. Mio. Problema. Linds!
Saranno stati i fatti della sera precedete ma mi è venuta voglia di fare sul serio con lui… grazie a Dio i miei piedi sono saldamente piantati per terra. Non posso darla vinta ai miei bassi istinti solo perché il suo viso di profilo è bello!
Dopo quell’amichevole scambio di vedute mi prende più in considerazione, iniziando ad indicarmi le cose più strane della mostra, e spiegandomi i concetti base dell’antropologia primitiva.
Un’ora abbondante dopo ci siamo lasciati alle spalle le grandi doppie porte del museo e ci dirigiamo ai giardini botanici, avevo letto su qualche giornale che nella sezione giapponese erano state importate da poco trenta o quaranta nuovi ibridi di piante di loto e di iris.
“I fiori sono molto delicati…” commenta Linds, mentre camminiamo, stirandosi le braccia dietro la schiena.
“Ti prego non tirarmi fuori che sono cose da femmine o che i fiori sono apparati sessuali, ok?!”
“Non ne avevo l’intenzione…” e sorride, quel grandissimo -!
La sua ossessione inizia ad attaccarsi anche a me come una malattia infettiva…mannaggia!
Per vedere gli iris dobbiamo entrare nella serra dove il caldo, rispetto all’esterno, è asfissiante ma la vista ripaga anche il clima invivibile.
Una miriade caleidoscopica di colore si sparge in ogni direzione ed il profumo dei fiori era intenso ma non greve come me lo sono immaginato.
È difficile vedere tutte le specie senza lasciarne indietro qualcuna ma Linds si mostra metodico, indicandomi quelli più strani o dai colori più curiosi.
Pranziamo in uno dei chioschi e passeggiamo sotto i viali alberati, parlando del più e del meno ed anche dei prossimi argomenti del corso di quantistica.
Il primo pomeriggio sta volgendo al termine e la temperatura quasi primaverile rimane stabile nonostante l'umidità soffocante.
“Linds…”
“Sì?”
“Mi hai salvato per modo di dire…e nonostante ti abbia già respinto più di una volta, t’interesso ancora…perché?”
Si è fermato, osservandomi attentamente.
“Tu cosa pensi?” domanda cauto, ti ha fregata Michelle.
“Se te lo domando è perché desidero saperlo.” replico con il tono più serio che ho, cercando di sostenere il suo sguardo.
Linds scuote la testa, alza le spalle e si siede sulla panchina lì vicino. Passa le dita fra i capelli poi batte il palmo dell’altra mano sulla seduta e mi siedo accanto a lui.
“Michelle non sono il tipo di persona capace di passare davanti a qualcuno in bisogno senza battere ciglio. Pura e semplice civiltà e poi…”
“E poi cosa?”
Controllati, tra un po’ gli tirerai fuori le parole di bocca con le tenaglie e si chiuderà come una scatola da sardine è certo!
“Siamo molto simili…e come se rivedessi me stesso alcuni anni più giovane. L’ho notata subito la tua voglia di conquistare la vita e sparire da questo posto. La fame di libertà, di scalare la vetta e guadagnare montagne di soldi. No, in fondo non siamo poi così diversi.” ridacchia appena e si lascia andare all’indietro, le lunghe gambe piegate al ginocchio.
“Tu stai ancora cercando di arrivarci alla vetta?” domando confusa.
“Ti sembro il tipo da fare attività fisica, io? E poi odio le grandi altezze!” mi guarda di sbieco con un ghignetto.
Time-out, tempo delle confessioni concluso. Si prega di ritornare tra un paio di secoli per la prossima seduta. Grazie ed arrivederci.
Sospiro paziente, tanto più di così non scopro quest’oggi e gli tendo una mano.
Linds mi guarda curioso, un’espressione alla ‘Come-si-disinnesca-questa-bomba?’
“Siamo amici, allora?” faccio esasperata.
“La tua definizione di amicizia, prego.”
“Stai scherzando?” sbotto, Linds mi guarda da sopra gli occhiali con le sopracciglia alzate. Ma è completamente sciroppato!
Poi capisco la sua mania dei doppi sensi…starà sicuramente pensando ai benefici di suddetta amicizia.
“Aiutarsi nel momento del bisogno…e poi in fin dei conti mi stai simpatico.” dico con cautela, tagliando di netto la parte dell’affetto e dell’interesse reciproco.
Hai la sensazione che scapperebbe a gambe levate, Michelle tira giù le mani dal banco! Inizi ad aver voglia di portartelo a letto tanto per vedere come se la caverebbe.
Da quello che hai visto – e sentito - non è messo per niente male!!!

“Se la metti così…” mi afferra la mano e stringe “Ma non contare ciecamente su di me.”
“Paradosso!”
“Nah…pura logica. Non sono onnipotente…e non mi era mai capitato di far amicizia con una donna, non in questi termini almeno. Tu però sei terribilmente divertente, le tue emozioni ti si leggono in faccia.” sorride, gli occhi brillano nella luce lattiginosa e non c’è niente di sinistro per una volta “Sei la mia eccezione alla regola, ma belle. Ti riaccompagno casa, ti va di ricominciare a studiare?”
Ma perché ha la brutta abitudine di cambiare discorso proprio quando si fa interessante?!
Lo guardo corrucciata ed annuisco…ho sentimenti contrastanti sul fatto di essere un’eccezione per lui.
Sarà un bene, sarà un male? Boh!
Da come ne parla sembra quasi che le donne gli interessino solo per questioni di carattere orizzontale, ma non mi sembra un misogino nel pieno significato del termine…ma perché? C’è una spiegazione?
Topo sei un mistero, sul serio.

Oh, can you just tell me
It's all right (It's all right)
Let me sleep tonight
Oh, can you comfort me
Tonight (It's all right)
Make it all seem fine
I just can't make it alone
(not tonight)

We have existence and it's all we share
Keep on pushing 'cause I know it's there
The Verve ~ Space and time

~~~

Canzone del capitolo: The Verve ~ Space and time.

Le note di questo capitolo sono:
- Il Lysol è una soluzione disinfettante usata negli ospedali;
- BART così è chiamato il sistema tranviario di San Francisco che combina percorsi fuori terra, passaggi tipo metro e tratti a cremagliera per superare le salite. Le carrozze sono famose per la loro linea vintage tanto da essere diventate un punto di riferimento per il turismo della città;
- Il Golden Gate Park è il parco più grande di San Francisco, l'equivalente di Central Park per NY. Si estende dal centro della città verso Ovest, fino a toccare la costa dell'Oceano Pacifico. Ospita: Conservatory of Flowers, Japanese Tea Garden ed il giardino botanico cittadino, più ovviamente l'Accademia delle Scienze, uno zoo ed il lago Merced;
- Louis e Mary Leakey (più tardi anche il loro figlio Richard) sono noti paleoantropologi inglesi che hanno vissuto e svolto le loro ricerche sulla evoluzione umana in Kenya; a loro si deve la scoperta che gli uomini primitivi non derivano dallo stesso ceppo di appartenenza ma si classificavano in diverse razze (orientale, caucasica, africana, scandinava ecc.);
- Ed in ultimo il parassitismo dei pesci esiste davvero. Sì, mi sono documentata anche su questo...colpa del topo. Mi fa fare delle fatiche bibliche! LoL

La vostra è stata una lunga attesa ma spero che questo capitolo da 5100 parole vi soddisfi. xD
Da adesso non devo più correggere vecchie bozze, la storia è tutta nella mia testa e posso manovrarla a piacere, questo mi terrorizza e mi esalta perché ho paura di mandare in OOC i miei due ragazzi! @@
Quindi incrocio le dita e spero di tirare le fila di questa avventura fino alla fine nella maniera che voglio.

Ringraziamenti dovuti a Petitecherie per aver commentato lo scorso capitolo ed avermi fatto fare scoperte importanti (LoL)
Ci rivediamo al più presto con un nuovo capitolo...anche se non so quando xD
Hermes

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Capitolo 9
*** 9 ***


Nota
In questo capitolo (ed anche nel prossimo) ci sono particolari cose che non consiglio di provare a casa, niente di grafico ma solo situazioni illegali e potenzialmente dannose per la salute. Lettore avvisato mezzo salvato, io ho fatto il mio dovere. =)
Buona lettura.

These days I just can't find my ground
No-one seems to see me as I'm walking around
'Cause in these times there's no surprise
I don't need to fantasize
It's all here in my mind

Some days I'm fine
Nothing on my mind
Some days are ok
But only when I'm high
The Verve ~ Country song

Dopo il mio brutto incontro nell’atrio non è più capitato nulla di strano.
Ho passato il test ed i miei orari sono tornati normali, permettendomi di dormire.
Linds va avanti con il suo corso di quantistica, ed il martedì pomeriggio ci introduce Raph come suo assistente.
A quel punto ci sono rimasta di stucco e Linds mi manda un’occhiata ammonitoria perché la smettessi di fare gli occhi spalancati dalla sorpresa, il biondo San Bernardo ci fa lezione al suo posto e non se la cava male per essere laureato in informatica.
Max e Richard non hanno niente da ridire ma una parte della classe inizia ad avere dei dubbi su Linds ed i suoi metodi.
Barbara poi fa l’arpia maligna sia alle sue spalle sia con me. Avrà cervello ma la puzza sotto il naso non le manca.
Chissà perché c’è l’ha tanto con noi in particolare, probabilmente avrà una sindrome da prima della classe. Linds non l’ha esclusa dalle sue spiegazioni però…
Il topo è carente nel suo ruolo di professore, ha dei comportamenti poco ortodossi ma li bilancia con il carisma ed la sua completa conoscenza della materia. Il Dean avrà idea di cosa combina nel laboratorio che gli ha assegnato?
Sì, perché sabato ero completamente rimbecillita, tanto che non mi ero nemmeno resa conto di aver finalmente varcato la soglia del bunker sotto la facoltà.
Ripensando con calma a quella notte non poteva essere diversamente, l’ascensore che sale in diretta fuori nel parcheggio esterno del campus è quello di servizio usato esclusivamente dal personale per il carico/scarico magazzini, materiali per i laboratori ed i grandi pacchi dei corrieri, ci vuole una chiave apposita per poterlo usare. Dopo quattro anni avanti ed indietro per questo posto non posso sbagliarmi.
Non mi sono mai interessata di quella parte della facoltà ma son sicura che – oltre all’ascensore – ci sono delle scale per arrivarci. Quindi, quando passo a caso davanti una di quelle piantine dell’edificio incorniciate con le posizioni degli estintori e le freccioline ‘You are Here’ mi fermo, cercando di capirci qualcosa in quella babele di linee continue e tratteggiate.
La genetica è una passeggiata a confronto!
Un quarto d’ora dopo sono ancora più confusa, l’unica cosa che ho capito è che le doppie linee sono muri ed i quarti di cerchio significano le porte ma la soluzione dell’arcano è ancora molto lontana.
“Ciao, zucchero.”
Mi volto lentamente, trovandoci Will. Lo zainetto penzolante da una spalla.
Oggi non deve avere allenamento perché è vestito da surfista con la camicia sbottonata in maniera strategica ed i khaki che gli cadono addosso come se gli fossero stati cuciti su misura. Il look del figlio di papà se non ricco, benestante.
Un ciuffo di capelli gli casca sulla fronte alla James Dean.
Se non fosse per l’arroganza che esala da tutti i pori lo potrei ancora prendere in considerazione.
“Che cosa vuoi?” domando con gentilezza misurata, non ho ancora dimenticato la sera che gli avevo rotto il naso.
“Mi han detto che sei ancora sola come un cane.” mi flashia con i suoi denti bianchi, abbagliandomi di proposito “Cos’è? Sono tutti poco dotati rispetto a me?”
“Non essere ridicolo, per favore.” rispondo educata “Se c’è una cosa che non mi interessa adesso sono le relazioni. Ti ho già detto di lasciami perdere.”
“Allora è vero…” replica con un sorrisetto compiaciuto.
“Cosa? Sentiamo!” incrocio le braccia con sguardo tranquillo, in attesa che questo spiacevole incontro si concluda in maniera più civile dell’ultimo. È una speranza vana, mi sa…
“Ho sentito in giro che ti fai ripassare dall’ultimo arrivato.”
“Scusa, cosa dovrei trarre dalle tue insinuazioni di dubbia provenienza, supponendo che non siano stupidaggini? Chi sarebbe il nuovo arrivato poi?” Ripassare? Oh sì, ripasso parecchio…i libri di testo, testa di cavolo!
“Quel Lagden…chi altri?! I nerd non fanno che parlare di lui, per non parlare delle ragazze…quell’uomo mi dà il vomito!”
“Non sai nemmeno che faccia abbia, hai dato fisica l’anno scorso.” replico diplomatica, contenendo la mia ira. Chi è quel deficiente emerito che ha tirato fuori questa storia?! Non siamo nemmeno andati a letto sul serio e parliamo già di ripassamento!
“Non importa, le mie informazioni sono accurate.”
“Basta che ci credi tu, Will.” alzo le spalle rilassata, tanto anche se volessi non puoi accusarmi in base alle tue convinzioni carino.
“Non vuoi sapere chi me l’ha detto, Michelle?”
“No. Non mi interessa e non ho tempo di rompere le scatole al contrario di qualcun altro qui presente.”
“La mia nuova ragazza.” ha sillabato la frase con amabile cattiveria come se ogni sua nuova amichetta dovesse spezzarmi il cuore “Mi ha raccontato del test di Lagden e di come l’hai passato. Gli hai fatto qualche favorino sotto la cintola per scucirgli le domande? Dì la verità, piccola!”
“Will, domanda disinteressata…tu e Barbara non avete nient’altro di meglio da fare?” ho ripreso ad analizzare la cartina con un sorrisetto, so ancora fare due più due ma sul serio vorrei vedere la sua faccia ora.
“Zucchero…non sei nelle condizioni di fare ironia sulla mia vita di letto.” fa, deluso dal mio interesse. Poi mi viene in mente…
“Da quand’è che i tuoi compagni di squadra hanno messo la testa a posto e studiano diligentemente in biblioteca come ogni comune mortale?” domando blanda, lasciando perdere per la seconda volta la pianta.
Pensavo di essere diventata paranoica, ma no. Quegli armadi durante la mia giornata al campus mi tenevano d’occhio sul serio. Sempre ad una certa distanza.
“Anche loro devono passare degli esami, Michelle. Che domande fai?” il suo tono è artefatto, lo vedo benissimo che sta combattendo per non tradirsi. Il suo costoso cellulare ultimo modello inizia a trillare e lo sfila dalla tasca dei pantaloni “Devo andare. Comunque stiano le cose sugar; io farei molto attenzione a trombarmi il tuo professorino od in futuro potrei avere un paio di affari da proporti…” strizza l’occhio e s’incammina “A presto, Michelle.”
Me li ha messi alla calcagna e con tutta probabilità l’idea è stata di Barbara, non sua.
Va bene, ho ferito il suo orgoglio e la sua immagine di sportivo in vista ma le minacce sono troppo.
Può cercare quanto vuole…non troverà uno straccio di prova. Linds non è lo scemo del villaggio ed io neppure. Che poi magari non ci arriveremo nemmeno al letto…e pensare che ci stavo facendo un pensierino!
Mi lascio alle spalle questo dialogo che non mi preoccupa e mi dirigo al bar dove trovo Max e Richard a studiare ad uno dei tavolini. Il piano è sommerso da una montagna di libri di statica, dispense sulle costruzioni in cemento armato e opuscoli su come utilizzare le energie rinnovabili per creare un edificio auto sufficiente ed compatibile al 100% con l’ambiente che lo circonda.
Quando mi notano mi fanno dello spazio ed mi illustrano con entusiasmo crescente – e perfettamente sincronizzato – il loro progetto, hanno intenzione di competere in un concorso sponsorizzato e la loro idea non è per niente male. Li ascolto parlare con un sorriso, ponendo domande sui punti dove non capisco.
Questi due li adoro tantissimo, è facile starci vicino e poi non tirano fuori mai cavolate emerite…non li conosco molto ma sono sempre più convinta che stiano assieme…
Mi sono rilassata sulla seggiola in plastica quando sento la voce di Linds, dietro le mie spalle.
“Gregory, Buxton.”
“Professore, che piacere! Vuole sedersi?!” fa Max un po’ agitato e cercando di trovare un’altra sedia libera nelle vicinanze.
“Oh no, sono solo passato a lasciarvi i libri di architettura sostenibile che vi avevo accennato.” tende a Richard tre o quattro libri dall’aspetto nuovo “Spero che vi siano utili, quella vecchia megera della bibliotecaria li rivuole tra un mese, cercate di restituirmeli in tempo o dovrò imbavagliarla per farla stare zitta.”
Mamma mia, non si smentisce mai il topo.
I tre ridacchiano poi Linds, o meglio, il professor Lagden mi lancia un’occhiata curiosa “Signorina Hervas, fa anche lei parte del team?”
“Oh no, non ci capisco niente di costruzioni professore.” faccio docile, sorseggiando la mia tazza di broda “I biochimici non hanno la testa per certe cose.”
“Capisco. Beh, ragazzi vi saluto e buon lavoro. Ci rivediamo domani a lezione.” sorride e se ne va, facendo una fermata al bancone dove si fa preparare due mug fumanti poi sparisce.
Intanto i due nerd hanno le lacrime di gratitudine che scendono dagli occhi a cuoricino mentre lo guardano allontanarsi.
“Dovremmo fargli un monumento!” fa Max.
“Questi libri sono nuovi ed intonsi!” esclama Richard con il naso affondato in uno dei volumi “Fanno proprio al caso nostro, guarda qui!”
Mentre spulciano i contenuti, continuo a bere il mio caffè finché una vibrazione mi fa sfilare dalla tasca il telefono. Ho un nuovo messaggio nell’inbox.

Non avrai abbastanza cervello ma per me vai benissimo così come sei, ma belle. Acida e divertente al punto giusto.
Il Corvo Rapace.

Per poco non sputo a spray il caffè sul progetto di Max e Richard.
Ingollo la sorsata viola in faccia mentre i due mi guardano sorpresi dalla mia reazione.
Come…cosa…brutto topo stalker!
“Michelle va tutto bene? È successo qualcosa di grave?” domanda Max, facendo aria con un ventaglio mentre tossisco.
“No, niente…ahem…mi sono appena ricordata di aver lasciato dei libri in giro, scusate eh!” scappo via ancora sorpresa, digitando sul tastierino.

Come fai ad avere il mio numero di telefono, topastro?! Da quanto ce l’hai?!

Dopo tre minuti mi arriva la risposta.

Così adesso sono un topo? Che metamorfosi…comunque l’ho recuperato dal database universitario, Raph mi doveva un favore. Ti saluto, ma belle…adesso il roditore ha da fare. ;)
Il Topo Occhialuto.

Fisso il display rassegnata poi prendo un sospiro ed elimino i messaggi, salvando il numero sotto l’equivoco ID Marylin Zen.
Povera me, questo pomeriggio sta degenerando sotto tutti gli aspetti!

È la notte fra il venerdì ed il sabato, l’orologio analogico dell’Università segna la bellezza delle tre del mattino.
Una volta che non devo passare la notte qui a studiare…e riesco a seguire le repliche di Friends in santa pace!
Il resto della settimana avevo seguito lezioni e incastrato qui e là delle sessioni sull’avanzamento della mia tesi, quindi non mi ero più incontrata con Linds anche se io e Raph ci incontravamo spesso al bar mentre si concedeva una pausa o faceva alcuni lavoretti per il topo.
A proposito…che cosa avrà combinato questa volta? Tremo al solo pensarci!
Entro con il mio solito passepartout nella facoltà.
Se quello che canticchiava in sottofondo al telefono era Linds, allora era proprio messo bene!
La curiosità la fa da sovrana comunque…e finalmente – grazie alle indicazioni di Raph - riuscirò a sbirciare il loro bunker segreto al di sotto del pianoterra!!!
Trovo la scala di servizio e scendo con una certa ansia…tutte le luci sono accese e nessun tipo di rumore, una situazione anomala.
Al fondo della scala c’è un lungo corridoio illuminato da una fila continua di neon e disseminato di porte.
Una è spalancata e busso leggermente ma non vedo nessuno segno di vita. La prima stanza non ha niente di strano con tre o quattro computer spenti e due armadi archivio.
Poi sento distintamente la voce di Linds decantare scabroso un’aria di Verdi da una porta comunicante:

Di quella pira l’orrendo foco
Tutte le fibre m’arse avvampò!…
Empi spegnetela, o ch’io tra poco
Col sangue vostro la spegnerò…
Era già figlio prima d’amarti
Non può frenarmi il tuo martir.
Madre infelice, corro a salvarti,
O teco almeno corro a morir!
Mi devo mordere l’interno della guancia per non mettermi a sghignazzare a quel povero esempio di rappresentazione, e per poco non vengo infilzata quando Linds corre fuori dal laboratorio con un asciugamano avvolto tipo turbante attorno al capo, gli occhiali storti sul naso e brandendo in mano un ombrello a mo’ di spada. Era decisamente ‘andato fuori di testa’ come Raphael me l’aveva descritto mezz’ora prima al telefono.
Proprio lui lo segue esasperato a discreta distanza.
“Madre!” declama il pazzo appena mi vede, puntandomi contro la punta dell’ombrello.
Scosto l’oggetto contundente, rispondendo con calma “Sì, sono io. Ma tu caro sei stato molto molto cattivo con me!”
“Non è vero!” mi risponde Linds con una smorfia, guardando il pavimento con il muso lungo.
Temporaneamente disarmato lo spingo a sedere sul divano e mi volto verso Raphael “Vi siete dati all’alcool o cosa?”
“Magari…prima era completamente impazzito, voleva buttar giù gli scaffali per rifare l’arredamento!” commenta Raph con le mani fra i capelli.
“Capisco perché hai voluto che mi precipitassi qui…ma io avevo capito che aveva battuto la testa.” obbietto, non riesco a comprendere come Linds possa essere così vispo dopo una bella botta sulla capoccia!
“In effetti è caduto dalle scale e ho pensato che avesse bevuto. Non è da lui ubriacarsi poi mi è venuto un dubbio e ho controllato l’armadietto delle sostanze pericolose che tiene per gli esperimenti. L’ho trovato aperto…” spiega il biondo, occhieggiando preoccupato Linds che adesso batte la testa di proposito sul bracciolo imbottito del divano.
“Non colgo il significato…cosa c’entra l’armadietto?” domando leggermente tesa.
“Ecco…diciamo che fin da quando lo conosco gli è sempre piaciuto sperimentare…” il San Bernardo replica sbrigativo, l’argomento lo mette chiaramente a disagio.
Ci rimango di sasso…è l’ultima cosa che mi aspettavo!
“Linds assume stupefacenti e tu glielo lasci fare?!” esclamo a voce così alta che anche il diretto interessato salta su spaventato. Lo sapevo che non aveva tutte le rotelle a posto ma questo...!
“Lasciami spiegare, Michelle…” Raphael ha alzato le mani in segno di protesta pacifica contro il mio umore esplosivo “Gli ho sempre detto che prima o poi si sarebbe polverizzato il cervello con i suoi intrugli ma non mi ha mai dato ascolto, e quando si faceva non si era mai comportato così, te lo giuro.”
“Ed adesso che se l’è fumato il cervello io cosa c’entro?!” rispondo piccata “Devo pagare i danni?”
Raphael sospira sconsolato “Prima mi sono voltato un attimo e per poco non si dava alla nobile arte del sommelier con l’acido muriatico! Pensavo di riportarlo a casa sua ma da solo non ce la faccio, e capace di buttarsi fuori dal finestrino appena non guardo…”
Non ho molto da obbiettare, mentre parliamo Linds mi si è avvicinato e mi guarda fisso con i suoi occhi neri. Si è formata una linea di concentrazione sulla sua fronte ed una parte della bocca si arriccia nell’evidente sforzo di ricordare qualcosa.
“Ma belle? E te che ci fai qui? Non dovresti essere qui…” dice infine, le frasi slegate ed il tono sognante.
“Son venuta a farti da baby-sitter, tesoro…” gli dico, rimandandolo facilmente in confusione, topo imbecille! poi continuo a parlare con Raph “Sono d’accordo con il fatto che sia meglio riportarlo a casa…ma chi lo guida quel mostro di macchina?”
A quella domanda scende il silenzio mentre ci guardiamo con il tipico sguardo del ‘Ti prego non io!’
L’ho vinta quando Raphael tira un sospiro di sconfitta e mi sento un verme.
“Dai Raph…sono certa che Linds l’ha assicurata contro qualsiasi cosa!”
“Grazie per la fiducia!” il biondo si alza dalla sedia, sfilandosi il camice “Tienilo tranquillo per un po’, vado a spegnere ed andiamo.”
“Spegni cosa di grazia?” ficco il naso e Raphael si volta scoccandomi un’occhiata d’avvertimento.
“Michelle…”
“Ok, ok…non ti seguo!”
Uffa!
Raph torna un quarto d’ora dopo e mi aiuta a trascinare Linds fino all’ascensore…nel frattempo quel pazzo è finito in uno stato simile ad una normale sbornia e rantola no-sense a mitraglietta.
Lo ficchiamo nello strettissimo sedile posteriore della Ferrari stile ginocchia-in-bocca e partiamo.
“Dici che ha sbagliato con le sue dosi abituali per finire così?” domando a voce bassa, lanciando un’occhiata dietro dove il soggetto della mia domanda gioca felicemente a disegnare sul vetro appannato.
“Le tue ipotesi sono buone quanto le mie, baby.” risponde Raph rigido come un manico di scopa. Guidare lo terrorizzava “So solo che deve essere roba nuova…non l’ho mai visto così allucinato.”
“Fantastico, questo vuol dire che bisogna tenerlo sotto osservazione…” replico grugnendo quando Linds prende a leccare il finestrino e far le boccacce ai pochi passanti che sono ancora in giro a quest’ora “Prega di non incontrare una pattuglia o finiamo tutti alla prima stazione di polizia!”
Il traffico è scarso nonostante i miei timori e scendiamo giù al parcheggio, infilandoci tutti e tre in ascensore appena si apre con un Ding!
Quando ci richiudiamo la porta dell’appartamento alle spalle, Linds è tornato leggermente più calmo e si lascia sedere sul divano, ma ha gli occhi lucidi e distanti dietro le lenti, le pupille molto dilatate e di grandezze diverse.
“E se provassimo a farlo vomitare? Lo so che ormai ce l’ha in circolo ma…” dico esitante ma Raph scuote la testa.
“Non ingerisce i suoi preparati, Michelle…o li inala o se li inietta in endovena.”
“È completamente scemo!”
“Scemo ma genio.” replica Raph con un sospiro “Non l’ho visto così alticcio da un po’…deve essere roba pesante.”
“Cosa facciamo?” domando preoccupata, sventolando una mano davanti a Linds ora immobile come una statua e lo sguardo fisso.
“Niente…inoltre non so nemmeno cosa potrebbe andar bene per farlo tornare in se.” Raph lo guarda esasperato “Credo l’unica sia metterlo a letto e sperare che la smaltisca da solo. Magari un sacchetto del ghiaccio per il colpo alla testa.”
“Ed il corso di Fisica lunedì?!”
“Farete vacanza.”
Dovrete passare sul mio corpo ancora caldo per non venire a lezione, ma belle…dillo anche agli altri.” dichiara Linds con tono grave, senza staccare gli occhi dal muro davanti a se.
Lancio un’occhiata incredula al San Bernardo che sorride “Okay…se inizia a rispondere vuol dire che non sta poi così male…lo portiamo a letto e poi torno al campus.”
“E mi lasci qui?!” ribatto con ansia “Potrebbe avere delle crisi o che ne so!”
“Nah…he’s wasted, piccola non preoccuparti che lo conosco. I casi sono due o si addormenta di botto o ti manterrà sveglia per tutta la notte.”
“Bella roba!”
Raph si mette un braccio del topo sulle spalle e lo tira in piedi senza troppi problemi “Dai buddy, proprio come ai vecchi tempi.”
Lo trascina da solo fino alla camera da letto che è identica al resto dell’appartamento, ovvero spoglia e mai vissuta.
Linds scivola sul letto, lasciandosi cadere all’indietro, gli occhi sempre fissi su un punto indefinito.
“Beh…io torno al laboratorio. Rimani qui con lui?”
“Ho forse altra scelta?” rispondo “Quest’uomo è capace di far saltare in aria lo stabile se rimane solo.”
Bomba fatta in casa: ti basta mescolare tre parti uguali d-
“Linds chiudi quella bocca e non ci provare nemmeno!” lo interrompo con un’occhiataccia.
Raph ridacchia “Andrà tutto bene Michelle, credimi. È in ottime mani.”
“Sicuro…al massimo lo strozzo.”
Raph si raccomanda ancora una volta e va via.
Uhm…siamo soli adesso…
Torno nella stanza dove quello scemo non si è mosso di un centimetro da dove l’amico lo ha scaricato, le gambe piegate all’altezza delle ginocchia ed i piedi a terra ad un angolo scomodo quanto innaturale.
Mi siedo accanto e gli tolgo gli occhiali, posandoli sul comodino poi prendo in esame i suoi vestiti.
Niente storie Michelle…il più che puoi fare per lui – anche se vorresti solamente picchiarlo – è metterlo comodo, proprio come faresti per un bambino.
Ha addosso il solito paio di jeans, delle all-star, un maglioncino di cotone blu notte e dallo scollo una maglietta bianca sotto.
Fatti forza, Michelle.
Prendo un bel respiro e lo aggancio sotto alle spalle, sollevandolo a fatica. Il suo mento si posa sulla mia spalla mentre tentenno, cercando la posizione giusta per sfilargli il maglione e non rimanere imprigionata sotto al suo peso.
Magro come un grissino e greve come un obelisco! Roba da pazzi!
Lo riadagio sul materasso e scendo per slacciargli le scarpe, poi mi occupo dei pantaloni…e grazie a Dio l’occupante sembra knock-out quanto il suo fratello più grande.
Quando rialzo lo sguardo ha chiuso gli occhi, quindi lo sposto completamente sul materasso e scelgo quel momento per andare a scavare nella sua cabina armadio e cercare qualcosa di somigliante un pigiama. Se devo proprio passare la notte qui almeno che sia comoda!
Intanto che mi infilavo nel suo pigiama rimuginavo...che Linds non fosse del tutto a posto l’avevo capito da un pezzo ma adesso la sua frase “Ci vuol ben altro per farmi perdere la testa.” di quando eravamo usciti a cena per la prima volta assume tutto un nuovo significato.
Non so il perché…ma ho il presentimento che questa sarà una notte molto lunga.

Love, life, happiness
Nothing more, nothing else
Love, life, happiness
Nothing more, no regrets

'Cause dying is easy
It's what I'm living for
I heard a beggar as he wept on my floor

Tick Tock
There's another one gone
Another soul gone
The Verve ~ Country song

~~~

Canzone del capitolo: The Verve ~ Country song.

Le note di questo capitolo sono:
- Nel capitolo precedente ho deliberatamente dato troppo peso ai sospetti di Michelle sui rugbisti, lasciandovi immaginare che loro stessero dietro il fattaccio notturno nell'atrio. Ebbene, ho sbagliato a farvi credere una cosa del genere! L'assalto subito da Michelle non è legato in alcun modo con Will ed i suoi compagni di squadra. La spiegazione di Linds riscontra l'unica verità dietro il fatto. Ho altri programmi per Will&Company ma questo forse l'avete capito leggendo questo nuovo chapter...
- Gregory e Buxton sono i primi cognomi che mi sono venuti in mente da appuntare ai nerd, ero arrivata fin qui facendo finta di niente ma in un ambiente come quello universitario i professori di certo non ricordano i nomi di persona e tengono anche le distanze. Per mia esperienza personale fin dalle medie i miei professori chiamavano sempre con il cognome gli studenti, quindi ho ripreso dal mio passato questa particolare caratteristica...okay questa è una nota cretina ed inutile...LoL;
- Hervas è il cognome di Michelle che - come la mia protagonista - ha evidenti radici ispaniche, anche questo l'ho scelto nell'ultimo periodo dato che non ci avevo mai pensato...xD
- La cabaletta che canta Linds nel suo stato psicotico è 'Di quella Pira', un estratto dall'Opera Il Trovatore di Giuseppe Verdi, scritta nel 1853. Il passo in questione potete ascoltarlo qui se siete curiosi;

Un'altro bel capitolo da più di tremila parole...non credevo di aggiornare così presto ma la trama lievita più del necessario, ed io non riesco a mettere un freno alle mie mani sulla tastiera -___-"
Michelle ma belle ha già spoilerato per me sul prossimo capitolo xD infatti racconterò il resto della nottata e vi anticipo che non sarà un capitolo lungo quanto questo, a meno che non metta a punto qualche bella scenetta tortuosa...
Comunque vorrei ringraziare Petitecherie che segue fedelmente la vicenda e recensisce ed anche il paio di anime che seguono la storia dalle quinte tenebrose. Anche se rimanete in silenzio mi fate piacere comunque, quindi mi auguro che la storia vi piaccia.
Che succederà al nostro pazzo di un topo?
Lo saprete a tempo debito... =)
Hermes

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Capitolo 10
*** 10 ***


Nota
In questo capitolo ci sono particolari cose che non consiglio di provare a casa, niente di grafico ma solo situazioni illegali e potenzialmente dannose per la salute. Lettore avvisato mezzo salvato, io ho fatto il mio dovere. =)
Buona lettura.

She's breathing life into lone dead stars
Have you ever seen it?
I ain't seen nothing, nothing at all

Come, see the water break my fall
No-one knows, no-one calls
Have you ever seen the book?
The one on my shelf
The one entitled self death, self death
How to earn a million pounds
I can see it now on a hearse
The Verve ~ Virtual world

Non lo dimenticherò mai, nemmeno fatto al limite ultimo.
Per fortuna ho delle mani ferme quando doso…macché fortuna, è una maledizione, ecco cos’è.
Ma quell’immagine continuerà a inseguirmi, sempre e l’unico modo per svuotarmi la testa rimane questo.
È funziona.
Normalmente sto bene con me stesso.
In certi giorni, solo drogandomi.
Così non mi importa più, posso riviverla mille volte, non sento niente.
In quel momento avrò provato davvero qualcosa? No, non credo.
Trattengo il fiato ed infilo l’ago nella vena.
Spingo lo stantuffo, contando fino a dieci.
Subito dopo la realtà si disperde, mi lascio affogare ed la mente si sbriglia, sovraeccitata.
Tutto si spegne finalmente nel torpore della pace, diventa buio come quella notte.
Sento ancora i suoi passi come se fosse oggi.
La vita non è che un brutto sogno dal quale facciamo fatica a svegliarci.

Raph mi ha spiegato dove Linds aveva battuto la testa e vado in cucina per recuperare il ghiaccio quindi torno in camera, inginocchiandomi sul materasso al suo fianco e cercando di spingerlo con tutte le mie forze da supino a prono, cosa che mi riesce con un tonfo. Vittoriosa schiaffo il sacchetto sul bernoccolo, guadagnandomi un ringhio da parte del topo.
Ben ti sta!
“Dio Michelle…se tratti così i tuoi pazienti lascia perdere…” borbotta con voce impastata.
“Tornato dal mondo del Yellow submarine? L’hai incontrata Lucy?” domando sarcastica.
“Ha-ha-ha.” fa in risposta.
“Posso sapere cos’era?” domando con una punta di speranza.
“Meglio di no…era roba davvero buona ma devo esserci andato leggermente pesante con l’alcaloide.”
“Credimi…io e Raph ce n’eravamo accorti. Linds?” lo chiamo, coprendolo con le coperte.
“Sì?”
“Sei il più grande pezzo di cretino che abbia mai incontrato.”
La sua schiena prende a scuotersi debolmente e la sua risata secca arriva soffocata dal cuscino. Ci vuole un po’ prima che la ridarella svanisca, intanto mi son distesa lì vicino con le braccia dietro la testa.
“Michelle, non ti affezionare a me…non ne vale la pena.” dice infine, di punto in bianco.
“Certo che ne vale la pena, sei una persona umana quanto tutte le altre, Linds. Anche tu puoi aver bisogno di aiut-”
“Non voglio il tuo aiuto, Michelle.”
“Parlare con qualcuno può far bene, sai?”
“Non ne voglio parlare, hai finito di fare la brava samaritana?” nella penombra della stanza i suoi occhi sono come biglie, fredde e lustre come il vetro, come gli occhi di una bambola di porcellana “Non sai nulla di me e ciò che non sai, credimi, non ti serve saperlo.”
Ahia, topo…hai la delicatezza di un bisonte in un negozio di vetri di Murano.
Stringo le labbra, incassando il colpo.
“Mi dispiace ma mi servi vivo per dare l’esame, professore…quindi, per favore, posticipa il tuo appuntamento con il Creatore ancora per un po’, okay?” dico, facendo finta di non averlo sentito. Ma quando mai potrei affezionarmi a questo scemo, arrogante, perverso, adorabile, rompiballe…
“Okay, vedrò di mandargli una mail…” risponde lento, gli occhi che si chiudono. È ancora allucinato come un birillo, andiamo bene…
Passa almeno una mezz’ora poi prende ad agitarsi debolmente, finché una delle sue mani giganti non impatta con il ghiaccio e se lo toglie, lasciandolo cadere per terra. Sta buono un attimo poi inizia a tastare il letto.
“Michelle…”
“Che c’è?”
“Vieni qui.”
“Scordatelo.” ho le mie ragioni, e non mi va di essere alla sua mercé in questo momento, intanto è stato chiarissimo no? Non ha bisogno degli altri il topo!
A quella risposta si agita ancora un po’ poi si volta su un fianco, raggomitolandosi come un gatto gigante, tirando dalla sua parte le lenzuola.
“Linds!” mi lamento, avvicinandomi a gattoni e tirando la coperta senza risultato. Se la tiene stretta addosso.
Sono convinta che lo fa apposta, almeno fino a quando gli sfioro per caso il braccio.
È freddissimo ed appiccicaticcio.
“Linds…?”
Nessuna risposta.
Non crepare su di me, porco cane!
Senza pensare metto l’orecchio sulla sua scapola sinistra, il suo battito è frenetico. Non buono!
Intanto la sudorazione non smette, anzi sembra aumentare.
Cerco alla cieca il pulsante della luce, sento cadere qualcosa e quando l’alone giallo si accende il sudore freddo gli imperla ogni centimetro di pelle, ha gli occhi chiusi e la bocca spalancata.
Ed adesso cosa cavolo faccio? Cappero in salamoia!
Lo rigiro sul dorso, scavalcandogli il torace con una gamba e ripescando dalla memoria le nozioni di primo soccorso.
Ma con un battito del genere il massaggio cardiaco non servirà a niente…
Sudo anch’io adesso…rinculo, trascinando due cuscini con me, piegandoli a metà e ficcandoglieli sotto i piedi per tenerli sollevati, poi gli torno accanto, afferrando il polso e contando sottovoce.
Per tutti gli dei, fachesisvegli-fachesisvegli-fachesisvegli-fachesisvegli…

I suoi passi sul marciapiede di cemento. Mi tiene fra le braccia ma nel suo gesto non c’è affetto.
Si china in avanti, i lunghi capelli biondi mi sfiorano il viso, profumano di magnolia.
E l’amavo di un amore innato, come un normale marmocchio.
Mi lascia e si rialza ad un’altezza impossibile da raggiungere.
Altri passi.
Inizio a piangere ed il mio piccolo torace da poppante si contrae in risposta alla solitudine.

Sono lì lì per fare la respirazione bocca a bocca quando le palpebre si muovono impercettibilmente e Linds inizia a tossire, rabbrividendo, con gli occhi spalancati all’impossibile fissi dritti nel vuoto, le pupille sono punte di spillo e praticamente invisibili nel centro della sua iride nera. Sembra quasi che abbia trattenuto il respiro di proposito.
Gli spasmi sono violenti, tanto che non riesce a riprendere fiato fra un colpo di tosse e l’altro.
Mi allontano appena mentre l’attacco va avanti alcuni minuti prima di scemare e Linds rimane distrutto sul materasso come un mucchio di arti molli, fradicio di sudore e col respiro forzato e rantolante.
Per terra c’è una pozza d’acqua e dei frammenti di vetro, il bicchiere deve essere caduto mentre accendevo la luce.
“Michelle…?” soffia ad un certo punto, debole “Sei ancora lì?”
È difficile da dire…non mi sono mai sentita così spaventata in vita mia, i miei muscoli si ribellavano a quella tensione.
“TU non sei solo un cretino! Hai cercato di ucciderti o cosa?!” sparo furiosa, se non fosse per la situazione lo prenderei a schiaffi per davvero questa volta.
“Non adesso, ti prego.” mormora “È normale…”
Strabuzzo gli occhi, incredula. Cosa di questa situazione di merda si può considerare normale?! Il fatto che ti produci da solo gli stupefacenti? Che in una delle tue grandi intuizioni da genio tossicomane ci rimani?!
“Lo so che ce l’hai con me, Michelle…è passato, ho appena buttato fuori il componente principale. Sono fuori-”
“Vai. A. Fare. In. Culo. Linds.” rispondo, fredda come un ghiacciolo.
“-pericolo. Ho cercato di dirtelo prima ma-”
“Forse non hai compreso Linds…”
“-non ci sono riuscito.” completa lentamente “Puoi stare tranquilla, adesso. È finito.”
Mi lascio cadere sul letto, sbuffando e voltandogli le spalle...cretino imbelle e testardo, peggio di un muro! In più sembra parlare del tempo quando fa così!
“Vado a farmi una doccia.” m’informa con tatto, il materasso si muove ed aggiunge ironico “Uao…pezzi di vetro dalla mia parte, certo che mi adori…”
“Se non mi avessi spaventata non avrei buttato giù il contenuto del comodino!” ribatto lugubre. Ed in più mi sento anche scema per il mio comportamento atterrito di poco prima.
Non risponde e lo sento muoversi a piedi nudi per la stanza poi allontanarsi.
Pochi minuti dopo nel silenzio totale dell’appartamento sento distintamente il suono dell’acqua che scorre in bagno.
Sono ancora preoccupata, però. E se sviene nella doccia?
Intanto la domanda sorge spontanea: che razza di divertimento ci prova a distruggersi a quel modo?
Per quanto può sdrammatizzare c’è mancato ben poco, non sono così stupida da non capirlo.
L’acqua smette di cadere, poi lo sento vagare per l’appartamento.
Aspetta un attimo non starà mica…
Salto fuori dal letto e corro in salone dove in semipenombra lo colgo nell’atto d’infilarsi una giacca ed uscire.
“Fermo dove sei!” esclamo “Tu non vai da nessuna parte!”
I suoi occhi neri mi squadrano freddi “Questa è casa mia, Michelle e faccio cosa voglio.”
“Guarda che se ti devo stendere con il ju-jitsu non chiedo di meglio!” replico combattiva.
Linds però ha abbassato lo sguardo e ribatte, ignorando completamente le mie parole “Michelle stai sanguinando sul pavimento.”
Seguo la direzione e vedo che – effettivamente - i miei piedi sono sporchi di sangue.
“Non mi dire che sei passata sopra le schegge del bicchiere senza accorgertene.” sospira esasperato.
“Potrebbe essere…” ammetto riluttante.
“Siediti sul bracciolo del divano e non farti venire qualche altra idea geniale, per favore.” mi istruisce, lanciando la giacca sullo schienale e sparendo in corridoio.
Torna poco dopo con un paio di pinzette, disinfettante, cotone e delle bende.
Si inginocchia e punta una lampada sulle mie estremità, osservando da sopra le lenti degli occhiali.
“Sei fortunata…ti sei tagliata solo il piede destro e hai un paio di schegge ma sono rimaste in superficie.” i suoi polpastrelli toccano piano le piante dei miei piedi e mi lascio scappare una risata involontaria “Soffri il solletico?”
Annuisco, mordendomi un labbro.
Usa le pinzette, facendo cadere le schegge in un posacenere poi disinfetta i tagli ed esegue una fasciatura da manuale su un piede nel giro di un minuto.
“Adesso rimani qui mentre cerco di ripulire il casino in camera da letto e le tue sanguinose pedate prima che qualcuno si faccia ancora male.”
Mamma mia…mi sembra quasi di essere stata beccata con la mano dentro il barattolo della Nutella! Ed in più è lui quello che bisognerebbe menare di santa ragione!
Mi trascino con i gomiti sul divano e raggiungo il telecomando, accendendo la tv.
Linds torna una mezz’ora dopo, dando un’occhiata allo schermo dove danno Nosferatu il vampiro di Murnau.
“Fame?” domanda con un sorrisetto.
Gli lancio un’occhiata frigida. Pensi di cavartela con così poco, topastro? Davvero?!
Decifra correttamente la mia espressione ed alza le spalle, voltandosi verso la cucina open space “Peccato…potrei mangiarmi un bue. Mmmmhhhh…vediamo un po’ cosa abbiamo di buono qui.”
Tira fuori un vassoio dal freezer e lo sbatte nel microonde, poi sento il rumore inconfondibile di una bottiglia di vetro.
“Linds posa quella birra.” faccio, senza spostare lo sguardo da Max Schreck mentre fugge dal Demeter.
“No.” apre e chiude un paio di cassetti in cerca di qualcosa. Poi sento uno schiocco e glu-glu- glu.
Brutto topo bastardo…oltre ad andare in overdose fa pure l’alcolista!
Mi rimetto seduta, pronta ad cercare un oggetto contundente e fragile da lanciargli, e per poco non ricado sul materasso con un gocciolone…
“Sicura che non ne vuoi un bicchiere? Ho anche il miele!” fa con un sorrisetto bastardo, pulendosi il baffo di latte sul labbro superiore con il dorso della mano. Mezzo litro di latte freddo a muso...ma quando mai deciderà di comportarsi da adulto?!
Tre minuti dopo il microonde lancia un trillo acuto e Linds recupera il piatto, sedendosi su uno degli sgabelli e mangiando gli spaghetti alla carbonara con gli occhi puntati sullo schermo.
Si è portato sull’isola anche la bottiglia del latte ed un’altra dal sospetto contenuto verde.
Distillato di cosa? Veleno? Detersivo per lavare i piatti? Si accettano scommesse con uno come Linds…
Si porta alla bocca l’ultima forchettata di linguine poi apre la bottiglia e fa colare dentro il latte una buona quantità di liquido denso verde smeraldo.
“Linds…cosa stai facendo?”
“Continua a far finta che non sia qui, Michelle.” replica distratto “Guarda il vampiro sta per mordere la vittima! Uhh che ragazzaccio!”
Hai capito il prof Lagden, fa di tutto per distrarmi.
Ha riavvitato la bottiglia incriminata e, tappando con il palmo quella del latte, prende a scuoterla vigorosamente.
Il bianco diventa verde. Quel verde che ti fa pensare agli alieni provenienti da Marte.
“Linds…quella roba…”
“È commestibile, ma belle. Ma non te la consiglio per dessert…” strizza l’occhio e se la riattacca al muso, scolandola nel giro di due riprese.
Spegne le luci appese sull’isola della cucina e si siede al mio fianco, poggiando i miei piedi sulle sue ginocchia.
“Bah…questo film è trito e ritrito, non possiamo guardare un po’ di Penthouse?” domanda annoiato.
“Quanto ancora pensi di far finta di niente?” rispondo fredda. Puoi fare il carino ed il furbetto quanto vuoi, ma stasera certamente non attacca!
L’allegra musichetta da orchestrina che accompagna il film muto riempie il silenzio tra noi due in un modo quasi comico.
Linds osserva il film con un sopracciglio alzato, mentre mi massaggia delicato le piante dei piedi “Sta per perdere le protesi…le perde…ops, mi è sembrato di vedere una dentiera volante!”
Non riesco a controllarmi e faccio un verso davvero poco signorile che tende alla risata incontrollata… come fa?! Mi ci mancava la telecronaca Lagdiana!
“Sono quasi le quattro e mezza del mattino non pensi che sarebbe meglio dormire, ma belle?” domanda conciliante, accarezzandomi con delicatezza le estremità ormai intorpidite.
“Se abbasso la guardia tu fuggi al tuo maledetto laboratorio quindi no. È fuori discussione!” replico arida, fulminandolo con un’occhiata.
Alza gli occhi al cielo, fa una smorfia buffa e sfila un plaid arrotolato dalla sua parte del divano per posarmelo sulle gambe. Poi inizia a spostarsi finché non è sdraiato dietro di me, il suo respiro profuma di menta. Avvolge un braccio attorno alla mia vita ed il suo brutto muso si appoggia all’incavo del mio collo. Chiude gli occhi.

Per quanto avessi pianto, non era tornata a prendermi.
Faceva freddo e la schiena mi doleva a contatto con la dura superficie gelata del gradino.
In quella posizione vedevo solo in alto.
La facciata dell’edificio era vecchia e scrostata. Una bandiera colorata pendeva mogia dalla sua asta e sovrastava l’entrata.
Avevo smesso di piangere e guardavo meravigliato il nero lassù in alto sfumarsi lentamente in azzurro.
Anche le mie manine erano livide, sporche di sangue rappreso e congestionate dal freddo.
Chiusi gli occhi, sfinito.
Il silenzio m’opprimeva mentre ogni piccolo respiro era come acqua gelida che entrava direttamente nei miei polmoni, affogandomi.
Era la fine? No.
Non ho mai avuto il coraggio di finirla.

Da quel momento il marmocchio era morto.
Ed in fondo credo che non fosse mai nato.

“Dormi con me, Michelle…” dice piano.
“Neanche per sogno.”
“Intendevo che non torno al laboratorio.”
“Bene.” rispondo ancora con il muso lungo.
Lo schermo si spegne e Linds si sfila gli occhiali, lasciandoli cadere sul tavolino assieme al remoto. Un attimo e poi…
“Mi dispiace.”
“È tardi per delle scuse.” gli faccio notare “Perché cerchi di distruggerti?”
“Non mi distruggo, sono solo curioso. Mi piace sperimentare e svuotarmi la mente di tanto in tanto.”
La stessa cosa che mi ha detto Raphael. Questo significa che il più dei suoi problemi se li tiene davvero per se.
“Sembri un topolino nella pelle di una balenottera…” mormora con un sorriso, accennando al pigiama che avevo preso in prestito.
“Non è colpa mia se la balenottera in questione è obesa.” rispondo con uno sbadiglio, strappandogli una risatina.
“Sì, Michelle, anch’io ti voglio beeeeeneeeeee.” fa divertito, schiacciandomi contro il cuscino del divano in un abbraccio.
Cerco di girarmi scocciata e mollargli un pugno ma lui previene il colpo, con facilità.
“Dormi…ti prometto che domani mi trovi qui.”
“Mmmmh.”
In fondo devo ammettere che sotto alla coperta è deliziosamente caldo ed il divano è molto comodo.
Sto scivolando addormentata, il braccio di Linds per cuscino.
Il click della lampada accanto al divano.
Il tonfo delle sneakers che cadono sul tappeto.
La coperta che scivola su fino alle mie spalle.
Un bacio leggero sulla tempia, il suo naso fra i capelli.
“Tu sarai la mia rovina, Michelle.”

Quella frase…all’inizio pensai di averla solo immaginata. Magari sognata.
Era incredibile quante cose potessero succedere nel giro di poche settimane.
Ma era tutto incredibilmente reale.
No. Non mi ero innamorata di lui, nemmeno per scherzo.
Aveva ragione, mi stavo affezionando, c’era una parte di me che non poteva farne a meno.
Linds era ermetico come una cassaforte ed avrei solo voluto capirlo.
All’epoca mi aveva già messo in guardia parecchie volte ma lasciai cadere l’avvertimento di quella sera come tutti gli altri.
A quel punto non mi ero ancora resa conto di quello che stava per accadere…ma era solo questione di tempo ormai.

She's breathing down a hole in my head
In the dirty half light where
Time means nothing at all

I'm calling out to someone
Anyone who'll have me
Does anyone need me?
Does anyone know how to cry?
What happens when I go?
What happens when it snows?
The Verve ~ Virtual world

~~~

Canzone del capitolo: The Verve ~ Virtual world.

Le note di questo capitolo sono:
- Yellow submarine e Lucy sono due riferimenti ai Beatles, naturalmente il primo si riferisce all'omonimo album e canzone del 1969 e il secondo accenna a Lucy in the sky with diamonds contenuta in Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band del '67. L'ultima in particolare si dice che fosse stata scritta sotto effetto d'allucinogeni come l'LSD. Questa diceria negli USA scatenò un caso mediatico e portò ad imporre al gruppo britannico il divieto di tenere concerti su suolo Americano;
- Per Alcaloidi si intendono delle sostanze organiche azotate combinate con acidi, piuttosto comuni nelle piante. Generalmente tossici e dotati d'intensa attività fisiologica e allucinogena sul sistema nervoso. I più noti sono gli oppiacei (tra cui anche la morfina), la chinina, l'atropina e la stricnina. Un minimo sbaglio di dosaggio può portare all'intossicazione ed alla morte;
- Per costruire l'attacco di Linds ho preso come riferimento in negativo la crisi epilettica dove le onde cerebrali prendono un ritmo anomalo, eccessivo e sincrono; la mia idea nel caso di Linds è che il suo cervello quasi si fermi mentre l'eccessiva sudorazione del corpo, le palpitazioni ed l'abbassamento della temperatura corporea siano tutti segnali di rigetto della tossina accumulata. Anche il suo metabolismo accelerato che lo porta a divorare porzioni da battaglione dell'esercito lo ritengo un indizio dello stress subito dal suo corpo a causa della droga self-made...non so quanto questa teoria possa essere valida quindi se avete idee migliori, o meglio siete del campo datemi pure consigli! xD
- Penthouse è uno dei più noti canali porno americani a pagamento, per chi non lo sapesse;
- Nosferatu il vampiro è un film muto del 1922, di F.W.Murnau il primo a rielaborare in chiave cinematografica il romanzo gotico Dracula di Bram Stoker. Viene tuttora considerato un capolavoro del genere horror per l'atmosfera agghiacciante. Quando uscì nelle sale cinematografiche infatti, terrorizzò letteralmente il pubblico. La parte del vampiro venne interpretata da Max Schreck;
- Il Demeter o Demetri è la nave merci con la quale il Conte Dracula affronta il viaggio da Varna a Londra;
- Il latte, per esperienza personale, è un ottimo rimedio contro i veleni e le tossine...e Linds lo sa. =)

Questo capitolo è stato tremendo da scrivere, davvero.
Un po' per il fatto che lievitava ogni volta che credevo di averlo finito e revisionavo.
Un po' perché non volevo creare spoiler ma solo mettere in risalto alcuni dettagli. xD
Ormai posso dire che abbiamo sorpassato la metá della storia con certezza assoluta...
...e che il prossimo aggiornamento non sarà prestissimo. xD
Ho solo una bozza mal scritta e non ho molto tempo disposizione, che dire ci proverò ma questa storia mi piace troppo e non cadrò in tentazione di aggiornare appena ho il capitolo pronto...voglio betare finché non lo trovo perfetto. =)
Si ringrazia ovviamente Petitecherie per le sue recensioni! Grazie Cara! =*
Quindi alla prossima, sperando di non farvi aspettare troppo lungo!!!
Hermes

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Capitolo 11
*** 11 ***


Feelings, only feelings
Just let them, let them go
Feelings, only feelings
Just worthless, so I let them go

God, for the things to happen
People need to know
And for a dream to happen
You gotta let it go, gotta let it go
The Verve ~ Judas

Il nostro era un sonno di piombo.
Ci svegliamo solo alle sette del mattino dopo, quando Raphael torna a vedere come se la passava Linds, entrando con il secondo mazzo di chiavi e ci trova sul divano.
“Gee…come siete carini!!!” chioccia, beccandosi in piena faccia i cuscini da parte mia e del topo.
“Come va, pal?” gli domanda, mentre io sono impegnata nel preparare caffè, uova e bacon per tutti.
“Mai stato meglio.”
Sorvolando sul mio semi-attacco di cuore…smooth, topo imbecille!
“Come vanno le cose per il nostro progettino?” chiede Linds, infilandosi gli occhiali sul naso.
“Benone…ho quasi finito il debug dei database mentre le stringhe di ricerca dati sono funzionanti.”
Continuano a discutere mentre mi volto verso il frigo, tirando fuori il brik del succo d’arancia mentre la pancetta sfrigola nella padella ma di colpo le mie antenne si alzano.
“Raph! Cosa hai detto?” dico, interessata.
“Eh?” fa lui, confuso seduto dall’altra parte dell’isola.
“Prima…qualcosa riguardo un appuntamento a Los Angeles?” ripeto, contenendo appena la mia eccitazione e confusione in uno.
“Sì…”
“Ti rendi conto che là c’è l’esposizione internazionale più importante del globo oggi?! È una conferenza internazionale di biochimica e neurologia?!” continuo, saltando con la spatola di legno in una mano. Sì, sono ufficialmente eccitata come una bambina in vista delle giostre…
“E allora?” Linds attacca le sue uova strapazzate, facendo finta di non vedere i miei occhi sbrilluccicosi. Mi sfila la spatola dalle mani e salva il bacon appena in tempo dall’incenerimento “Tanto tu non ci vieni, Michelle.”
Rimango a bocca aperta, incassando il colpo mentre il topo fa colazione con l’appetito di un bufalo. Brutto…e mi son pure preoccupata per te ieri sera!!! Per non parlare della colazione!
“Me lo devi.” dichiaro con tono mortalmente serio, mentre Raph osserva la scena apprensivo “E sono certa che voi due non avreste problemi ad imbucare uno studente con un pass a gratis!”
“Scordatelo.”
“Col cavolo!”
“Ti ho detto di no.”
“Ed io invece dico di sì!”
La tensione aggressiva è palpabile ormai, per non parlare degli occhi di entrambi ridotti a fessura.
È un bene che c’è l’isola di mezzo o ci saremmo già saltati addosso.
“Beh…non sarebbe un grande problema Lin-” Raph ripara dietro le sue uova ed il bacon quando il biondo gli scocca un’occhiata a dir poco frigida.
“Non ti voglio fra i piedi, Michelle. Non vado là per ciondolare fra gli stand come dei ragazzini in gita.” conclude Linds…uao, quello che si dice gentile e premuroso.
“Se hai paura che mi interessi dei tuoi oh-tremendamente-importanti affari, mi dispiace deluderti. Me ne sbatto le emerite scatole, cosa mi interessa sono le conferenze!” dichiaro acida, mentre Raph tossisce, il caffè gli è andato di traverso alla mia uscita.
“È perché mai? Cosa ci capisci tu?”
“Ho una tesi da scrivere, Mister. E non sarai tu l’ostacolo che mi fermerà!”
Raph sposta lo sguardo da uno all’altro, preoccupato mentre la nostra battaglia silenziosa non molla poi decide di perorare per uno dei due con un falsissimo sorriso zen “Potrebbe stare con me, Linds. Tanto mi vuoi al tuo fianco ma so già che mi mollerai in un angolo…”
“Mi servi lì casomai i tuoi programmi render decidessero di dar di matto, che credi!” esclama il topo sprezzante ma che fiuta aria di sconfitta “E comunque Michelle tu sei un peso morto per andare a Los Angeles!”
“Ma fammi il piacere intanto ci andate in aereo…il problema sarà trovare un posto libero!” borbotto incupita, maledizione nella mia felicità non ci ho pensato, accidenti! Dove trovo il grano per il biglietto?!
“Ma no Michelle!” sorride rassicurante Raph “Ci andiamo in macchina!”
“Eh?!” sono a dir poco spiazzata…381 miglia?! In macchina? Che si sono fumati?!
“Scomodo…ma l’appuntamento non l’ho fissato io purtroppo, e non ho avuto abbastanza preavviso per prenotare i posti.” risponde Linds cupo, mentre gioca con un pezzo del suo bacon imbronciato poi lancia un’occhiataccia a Raph che alza gli occhi al soffitto “E suppongo che adesso l’unico bad guy che non ti vuole a bordo sono io in questa stanza…”
I nostri sguardi si incontrano e cerco di sfoderare una delle mie occhiate più innocenti e da cerbiatta…per una buona causa si tenta sempre il tutto per tutto! Citazione diretta del prof Lagden!
Linds stringe gli occhi, arricciando le labbra e poi…mi punta la forchetta contro.
“Okay, ma non ne sono particolarmente felice…fai un passo falso e te ne torni a casa dritta, filata e coll’autostop!”
Respiro brevemente assaporando la vittoria e sorrido radiosa da trillione di megawatt, faccio il giro dell’isola con calma e mi attacco di slancio al suo collo, stringendo forte.
“Grazie, grazie, grazie, grazie topo!!!” chioccio con entusiasmo palpabile.
“Cerca di non uccidermi, ma belle.” si riaggiusta gli occhiali sul naso, battendo appena sulla mia schiena e sfoderando - nonostante tutto - un sorrisetto “A proposito…sei brava a cucinare! Riempimi la tazza di broda caffeinata, dai!”

Dopo mangiato, raggranello i miei averi ed il padrone di casa mi segue fino alla porta dell’appartamento.
“Partiamo tra un’oretta, ma belle. Cerca di farti trovare puntuale e comunque mi devi un favore grosso.” fa Linds maniacale, salutandomi dalla soglia.
Il ‘grosso’ l’ha sottolineato con tutta la mimica facciale e del corpo…se non fossi così felice questo suo modo di parlare mi suonerebbe tutti i segnali di pericolo.
Ho ingollato la colazione come una furia e quindi corro a casa.
Intanto mi immaginavo il nostro viaggio in auto come minimo di quasi sei ore sperando di non trovare del traffico, l’I5 era trafficatissima nell’ultimo periodo…ma è una traversata che in fondo desidero davvero e ne vale la pena!!!
È da mesi che sulle riviste specializzate del settore si parla di questa esposizione di macchinari congiunta a conferenze di biochimica, genetica e neurologia avanzata dei più importanti dottori del momento. Un avvenimento internazionale che promette di essere non solo istruttivo ma proficuo anche per la mia futura carriera…ahhh non vedo l’ora!!!
Dopo la doccia a tempo di record, compresi i capelli e la scelta armadio, scelgo due bei libri di genetica per far passare il tempo durante il viaggio, chiudo a doppia mandata e scendo in strada tracolla in spalla.
Sono in anticipo di dieci minuti ma ne attendo solo cinque poi la F360 si ferma in doppia fila e dal finestrino aperto Raph mi fa segno con un sorriso “Salta su, baby!”
Il biondo deve scendere per riuscire a farmi sedere nel strettissimo sedile posteriore della sportiva poi ripartiamo per il nodo della circonvallazione di San Francisco.
Do un’occhiata a Linds al volante.
“Whoa! Che ti è successo?! Sembri uscito da un film di James Bond!” esclamo incredula.
Invece del solito paio di jeans ha dei pantaloni neri di un completo di panno che - anche da seduto - dimostra una certa eleganza. La camicia è bianca ed inamidatissima, completamente abbottonata fin sul collo dove spicca una cravatta blu scuro. Che differenza fra ieri e oggi…porco cane il topo ha del gusto nel vestire, per non parlare della stamina!
“Michelle senti…” Linds è distratto con il traffico “Se ti sei seduta sulla giacca me la paghi, sono stato chiaro?”
Noto di averne un lembo sotto il sedere e salto su nello spazio ristretto, ripiegando bene l’indumento, sotto c’è la borsa del portatile e sembra strapiena…uhm e se ci dessi una sbirciatina piccola piccola? Tanto non lo saprà mai…
“Tocca il mio portatile, ma belle, e ti lascio alla prima piazzola disponibile!” esclama duro.
Alzo le mani “Sgamata, lo ammetto!” lo vedo sorridere nello specchietto e sorrido di rimando.
Passiamo l’Oakland Bay Bridge e finalmente raggiungiamo la Interstate 850 ed il motore della Ferrari ringhia dolcemente dietro la mia schiena mentre il topo schiaccia il piede sull’acceleratore ed il cambio automatico scala di comune accordo.
“Raph, amico mio…attaccami l’i-pod dai che mi ci vuole un po’ di musica o mi addormento…metti su la playlist F360.” esclama Linds, sbadigliando.
Raphael armeggia un paio di minuti con il cavo usb e il lettore del topo.
“Sei sicuro di voler guidare ore e ore di fila Linds?” faccio preoccupata “Te la senti?”
“Tranquilla, ma belle…sono sano come un pesce e sveglio come un segugio!” esclama con un sorriso tutto denti…oh, perché mi fido ancor meno adesso?
Di colpo gli altoparlanti sparano Shoot to thrill a volume massimo nell’abitacolo.
Allo stesso tempo io e Raph ci siamo tappati le orecchie mentre Linds sorride malvagio.
“Spegnilo!!!” ululo al san bernardo che abbassa il volume di un intero giro “Cosa cavolo c’è dentro quella playlist?!”
Potrei giurare di avere i capelli ritti dallo spavento, magari anche bianchi.
“Manson. AC/DC. Black Sabbath. Muse. Jet. Manson. Coldplay. James Brown. Flight of the Conchords. Queen. Oasis. Lady gaga. Prodigy. Manson. Cooper. Iron Maiden. Megadeth. Metallica. Led Zeppelin. Queen. Manson…” Raph scorre la lista con tono monotono.
“Diverremo scemi prima di Salinas!” esclamo.
“Macchina mia, i-pod mio…accomodatevi!” fa Linds e poi punzecchia Raph “Riattacca la musica che mi sto annoiando, dai!” e canticchia stonato assieme ad Johnson con gioia “I'm like evil, I get under your skin just like a bomb that's ready to blow. 'Cause I'm illegal, I got everything that all you women might need to know…yeah!
Intanto avevo dato un’occhiata al cruscotto e la lancetta delle miglia orarie continuava salire nonostante avessimo raggiunto da tempo il limite di velocità consentito.
“Ahem…Linds rallenta…” faccio, battendogli il dito sulla spalla.
Raph incuriosito dà un’occhiata agli indicatori poi torna sul suo sedile e chiude gli occhi, probabilmente per convincersi di essere da qualche altra parte meno che lì.
“No, siamo in ritardo…” nega, cambiando corsia e sorpassando un tir con una facilità sconvolgente. La lancetta continua a salire stabile sfiorando le 110 miglia all’ora.
“Linds! Se ci fermano finiamo in galera!”
“Fammi un piacere ma belle, datti una botta in testa e svieni.”
“Ma per quando ce l’hai questo appuntamento?!”
“Mezzogiorno.”
“Cos’è vuoi stabilire un record?!” Sono appena le nove, non vuol mica dire…
La lancetta si stabilizza a 155 miglia.
Sì, il topo sa fare i suoi calcoli…speriamo a) di non incontrare polizia o siamo fottuti; b) che la macchina non ci lasci o ci ritroveremo con un paio di pucce ali piumate sulla schiena.
Il motore dietro la mia schiena ringhia sul serio adesso e la Ferrari schizza in avanti come un missile a ruota libera mentre le altre vetture sembrano quelle macchinette di latta con la molla che si regalano ai bambini.
Intanto le casse continuano a blaterare e noto che il sorriso di Linds è cambiato.
Non somiglia al suo solito ghigno sadico né al suo sorrisetto maniaco ma qualcosa che lascia pensare ad un ragazzo della sua età alle prese con il giro in giostra della sua vita.
Il topo nota che lo fisso attraverso lo specchietto retrovisore e mormora “È da quando l’ho comprata che aspettavo questo momento…che soddisfazione!”
“Voi uomini ed i vostri giocattoli!” alzo le spalle mentre ridacchia “Fai attenzione, prima di crepare o finire in galera voglio arrivare almeno a venticinque anni!”
“Ricevuto.” si porta due dita alla tempia mentre cambia corsia per evitare di bocciare contro una mazda. Raph non dice una parola, talmente paralizzato dalla paura che sembra una statua “Raph…smettila di recitare avemarie, è tutto sotto controllo!”
“Linds gentilmente non rompermi, sono nel mio mondo felice con Mel adesso.”
“Non fatemi diventare zio prima del tempo eh!”
“Vaffanculo Linds.”
“Con piacere, Raph.”
Per tutti gli dei…speriamo di arrivare sani, salvi ed integri. Il topo è completamente pazzo!
Intanto la playlist heavy và avanti e gli AC/DC hanno lasciato il posto a N.I.B. dei Black Sabbath, il basso vibra a grancassa nell’abitacolo e la strada si snoda in forward a velocità spaventevole.
Oh beh…Hakuna Matata e teniamo le dita incrociate.
Cerco una posizione comoda sul minuscolo sedile posteriore ed alla fine la trovo, tenendo le gambe stese ed appoggiandomi alla fiancata usando come cuscino la mia felpa. Da quell’angolazione vedo la porzione sinistra del corpo di Linds ed una minuta parte del suo volto senza espressione, gli occhi puntati alla strada.
La lancetta del serbatoio al massimo col passare delle ore scende progressivamente tanto che – quando ogni tanto alzo la testa dal mio libro di genetica – mi chiedo se ci basterà un pieno per arrivare.
Il viaggio in totale, più o meno sparati sempre sopra i 150 nel peggiore dei casi ci prende quasi tre ore, la metà del tempo previsto con una velocità di crociera normale. Fortunatamente non troviamo posti di blocco o polizia, ma è anche una sabato quindi non ci sono sorprese…poi l’I-5 è una di quelle classiche freeway nel bel mezzo del nulla fra campi, pecore e steppa desertica.
Quando arriviamo finalmente al quartiere universitario statale di Los Angeles, Linds parcheggia in un garage a più piani ad un paio di edifici dal Neuroscience Research Building Auditorium e posso finalmente scendere per sgranchirmi le gambe mentre Linds si infila la giacca, lisciandola e specchiandosi nei vetri della macchina poi si carica la tracolla-quintale in spalla.
Sembra nervosetto il topo…stride con la sua confidenza abituale.
Raph è seduto contro un pilastro di cemento, la testa fra le ginocchia, nauseato dal viaggio e con l’aria di uno che avrebbe baciato l’asfalto dalla felicità se fosse stato in grado.
Linds dà un’occhiata al blackberry controllando l’ora poi lo fa scivolare nella tasca dei pantaloni e mi prende un braccio dando un’occhiata all’amico e battendomi gentilmente il dorso della mano.
“Senti Michelle…io adesso devo andare.” fa a voce bassa, lasciandomi in mano una banconota da venti dollari “Raph non se la passa tanto bene, offrigli un goccetto da parte mia che mi fa pena. Ci ribecchiamo più tardi…”
Tira fuori un sorriso tirato e mi saluta poi si dirige alle scale e sparisce.
Alzo le spalle e recupero Raph dal suo stato malaticcio.
Non conosco la zona molto bene ma per fortuna qualche incrocio più in là trovo un pub ed lascio che il poveretto si rinfranchi con un bicchierino che di –ino non ha molto. Non oso pensare come farà con il ritorno e com’è che la sua aria angelica e amichevole non si è ancora spezzata al cospetto del topo.
“Linds fa sempre così?” domando con curiosità nemmeno troppo velata.
“Sarebbe davvero strano se non si comportasse in questo modo.” risponde subito, come se la risposta fosse ovvia.
“Eh? Cosa intendi per strano?”
Raph si volta stupito, come se avesse notato solo adesso la mia presenza al suo fianco e fa tintinnare il ghiaccio nel bicchiere, mentre mastico una patatina fritta.
Ormai il mezzogiorno è suonato da un pezzo ed abbiamo deciso di pranzare già che ci siamo.
Sto letteralmente friggendo per rifocillarci il più in fretta possibile…non vedo l’ora di andare a sentire le conferenze ma la curiosità di saperne di più su Linds ed il rapporto che ha con Raph è tanta. Troppa.
Il biondo San Bernardo sospira e sorride.
“Linds è…come una mina vagante. Non riesce a stare fermo più di tanto su qualcosa vivente o no. Cerca sempre di avere un quesito con il quale occuparsi la mente.”
“Ha paura di fermarsi?” butto lì, confusa.
“Sì.” risponde mentre osserva il contenuto ambrato del bicchiere, poi aggiunge una spiegazione più razionale “Nel corso degli anni che abbiamo passato come compagni di stanza non l’ho mai visto mollare un momento. Credo che lo faccia per non pensare.”
“Che cosa sai di lui? Al di là delle confessioni strettamente personali, è ovvio.”
Raphael mi lancia un’occhiata stranita, poi ridacchia.
“Ahem…scusa, sono invadente e rompiscatole…” mi gratto la testa, imbarazzata. Michelle ma belle, vergognati! Sei talmente curiosa che non sai trattenerti e ficchi il naso dappertutto!
“Tutto quello che vedo è solo sana indiscrezione verso un soggetto particolarmente strampalato.” ruba qualche patatina e se le ficca in bocca poi inizia a piluccare il suo cheeseburger “Ti sembrerà strano ma Linds, per quanto siamo amici, non mi ha mai raccontato niente di se. Credo che sia un suo limite. Una volta gli ho chiesto se aveva intenzione di andare a trovare la sua famiglia per il Ringraziamento e…”
“…e?” gli faccio eco, la coca-cola a metà strada fra il bancone e la mia bocca riarsa.
Raph butta giù il primo morso con il resto del suo bicchiere di scotch, poi appoggia il mento sulla mano e sorride ma la sua espressione bonaria si spegne mentre continua “Stava scrivendo una delle sue relazioni di chimica, non ci ho mai capito niente…si è fermato, ha voltato lentamente la testa, mi ha guardato senza espressione poi tutto d’un tratto ha tirato fuori un sorriso da pescecane e mi ha risposto ‘Ho cose più importanti a cui pensare.’; fine. Dopo quella volta non gli ho più chiesto nulla a proposito, la sua faccia sembrava suggerirmi che se avessi provato a disturbarlo ancora con una domanda del genere non ne sarei uscito vivo per raccontarlo.”
Mamma mia, povero Raph…
Rimaniamo alcuni minuti in silenzio mentre rimugino su questo nuovo pezzo d’informazione.
“Però scusa…con tutta la privacy che pretende attorno a se come fa a tenere alto il suo casanovismo ambosessi da quattro soldi?”
Raph tossisce leggermente e diventa rosso in zona orecchie “Ah…quello…”
“Già, quello!” ma che gli prende? Vuoi vedere che sono finiti a letto?! Ho bisogno di un goccetto pure io, adesso…solo il pensarci mi fa venire la nausea e non ho proprio niente contro i gay, sono così dolci!
“Non è mai stato un problema.” le sue orecchie sono ancora di una lieve sfumatura porpora, ma sembra aver recuperato un minimo di controllo “Dagli anni dell’Uni ha sempre dichiarato cosa voleva senza farsi troppi problemi. Rifiutava di uscire in maniera fissa: gli appuntamenti, le chiacchierate e le moine non gli sono mai interessate.”
La patatina che avevo in mano è ricaduta nel piatto. Ho la bocca aperta mentre realizzo che…il pomeriggio al Golden Gate Park…il topo non aveva detto che ero un’eccezione?! Accennava a questo?! O porco cane!
Raph decifra correttamente la mia espressione e mi fa un sorrisino a disagio di scuse.
“È per questo che all’inizio sono rimasto senza parole quando mi ha parlato di te e ti ho conosciuto, Michelle. Questo suo interessamento nei tuoi confronti, il vostro rapporto…è diverso.
“Diverso in bene o in male?” mugugno, ancora completamente imbambolata dalla rivelazione.
“Non lo so.” scuote la testa, sconsolato “Linds è una persona difficile da capire. Si è costruito attorno delle mura da castello medievale per non venire toccato dagli altri ma ha lasciato aperto un budello per te. Come ti ho già detto non mi ha mai raccontato di se e questo cambiamento di direzione…beh, spero che sia un segnale positivo, ecco.”
Osservo il piatto di patatine, pensosa. Dire che mi si è chiuso lo stomaco è un eufemismo bello e buono.
Raph ovviamente ci tiene a Linds, anche se il topo magari non gli ha permesso di andare più in là di così.
È veramente solo. Vuole esserlo…ma perché?!
Le domande dirette sono inutili, l’ultima volta che gliene ho rivolta una ci ha girato intorno con l’abilità di un trampoliere.
“Raph…non penso che con me Linds abbassi le sue difese. Il più delle volte credo solo che si diverta.” dico appena.
O può essere che non si sia ancora reso conto di questa anomalia nel suo comportamento abituale, ma la possibilità mi suona falsa.
“Comunque sia la faccenda mi sta venendo mal di testa, Raph!” continuo cercando di alleggerire il tono della conversazione “Che ne dici se finiamo di mangiare ed andiamo?”
“Non vedi l’ora, eh?” replica il biondo con sorrisetto ed una strizzatina d’occhi fraterna.
“Puoi dirlo forte!”

L’esposizione è un sogno diventato realtà, almeno per un biochimico in erba ad un passo dalla tesi come la sottoscritta.
Siamo riusciti a procurarci due pass per la mostra facendo un po’ di scena e tirando fuori qualche scusa strampalata ma inattaccabile.
Da come Raph mi accompagna ridacchiando, ho la rassicurazione che probabilmente sembro una matta evasa da qualche casa di cura, con gli occhi spiritati ed il comportamento di una marmocchia entrata per la prima volta a Disneyland.
Il biondo cagnone mi segue fedelmente e fa anche domande interessato.
“A parte questo lavoro per Linds di cosa ti occupi?” chiedo mentre ci avviciniamo ad uno stand di ricerca giapponese.
“Ah…un po’ di tutto. L’informatica è uno di quei campi in continuo progresso.” si gratta il capo imbarazzato e timido “Lavoro soprattutto con il codice per la programmazione e sui logaritmi criptati, sicurezza…quelle cose lì…”
Sbaglio o sta facendo di tutto per non dirmi molto?
Mi fermo e lo tiro da una parte, gli do una gomitata nel fianco gentilmente poi sussurro “Non sarai mica in mezzo ai dipartimenti del governo?!”
Raph sbianca poi ridacchia nervoso. Oddio, ci ho azzeccato.
“Non stabilmente…” dice senza sbottonarsi “Non potrei parlarne di quei progetti ecco…”
“Tranquillo, ci mancherebbe, tanto non capisco niente di computer!” replico leggera, facendo un cenno con la mano. Mi finisce che quest’uomo è un genio del Pentagono ed io sono l’unica pirla che non se né accorta!
“Normalmente lavoro per aziende e privati ma in questo periodo avevo tempo a disposizione così ho accettato la proposta di Linds.” spiega più rilassato “Era da un po’ che non lo vedevo a dire il vero.”
“Ah…”
Continuiamo a girovagare per gli stand, occasionalmente mi fermo per seguire una relazione o fare domande.
Sono passate più o meno due o tre ore dalla nostra entrata quando decidiamo staccare e trovarci un posto all’ombra per sederci e riposare un po’ fuori dal trambusto.
Mentre passiamo nell’atrio tutto vetro, acciaio e marmo bianco alzo la testa verso il piano primo dove c’è una vetrata inclinata che dà su una delle sale di sopra. Sembra una stanza riunioni occupata da uno schermo a parete pieno di calcoli e grafici, al limite del tavolo riesco a vedere un portatile acceso ed abbandonato. Nella penombra della stanza ci sono dei movimenti e qualcuno che fa gesti verso lo schermo.
Che strano…dalla brochure del seminario non c’erano conferenze al piano primo…
Seguo Raph e ci accampiamo su una panchina, si vede ad un miglio di distanza che il poveretto ne ha fin sopra i capelli.
Gli batto gentilmente sulla spalla “Tranquillo…ho visto tutto quello che mi interessava!”
Sorride debolmente ed abbassa le palpebre sugli occhi azzurri.
Se ci fosse qualche venditore ambulante di caffè gliene offrirei volentieri un bicchierone, povero cucciolone…
Per fortuna la panchina è all’ombra e, presto, Raph si è appisolato al mio fianco mentre do un’occhiata ai miei appunti e ad alcune riviste. Passa un’ora poi il biondo sbadiglia.
“Scusa se mi sono addormentato.” dice imbarazzato “Ieri notte ho dovuto fare il doppio del lavoro senza l’aiuto di Linds.”
“Nah…ti và un caffè? Tanto stavo per andare a scovare un coffee shop comunque…” sorrido, in fondo è il minimo con tutta la pazienza che ha avuto.
“Grazie…” ricambia il sorriso, raggiante. Raph sembra una di quelle persone mai tristi e sempre nell’atto di far sentire meglio gli altri. Sarei proprio curiosa di sapere come cavolo si sono incontrati lui ed il topo…sono talmente differenti l’uno dall’altro. Forse è per questo che sono amici.
Mentre rimugino, trovo la caffetteria del campus e quando sono armata di due bicchieri di carta faccio la strada al contrario.
La bevanda bollente mi pizzica la pelle delle dita attraverso la parete di carta del bicchiere.
Sono quasi arrivata quando passo davanti all’edificio delle conferenze e vedo attraverso le doppie porte di vetro Linds è un gruppo di tre persone parlare.
Linds sembra serio e nel suo elemento mentre spiega qualcosa all’uomo più giovane del gruppo.
Gli altri due sono uomini di mezz’età non descritti, vestiti in giacca e cravatta con l’aria di stare lì solo perché devono esserci.
La scena mi stuzzica, anche perché il volto dell’uomo di mezzo mi sembra stranamente familiare eppure non credo di averlo mai visto prima.
È leggermente più basso di Linds, è difficile capire se la sua carnagione è chiara o scura a causa dei vetri di colore leggermente sfalsato. Ha i capelli scuri e tagliati corti ed un paio di occhi chiari ma da qui non riesco a scorgere di quale colore. Ha l’aria di un uomo d’affari, non di un dottore.
Vengo strappata dai miei pensieri quando la conversazione sembra concludersi e i due si stringono la mano brevemente con un sorriso.
Il topo sta per voltarsi dalla mia parte e mi rendo conto che sono rimasta a fissare la scena immobile nel vialetto senza posti nei quali possa nascondermi.
Ritorno a camminare ma prima di dare le spalle all’entrata vedo ancora uno degli uomini che si porta una mano all’orecchio parlando con un’espressione stoica. Quei due si comportano in tutto e per tutto come delle guardie del corpo.
Continuo per la mia strada. Se il topo mi scopre a ficcanasare sono cavoli amari.
Un paio di minuti ho raggiunto Raph che mi ringrazia calorosamente per la broda.
Subito dopo sentiamo dei passi e la voce di Linds in avvicinamento che canticchia tenebroso “I think I'm drowning, asphyxiating. I wanna break the spell that you've created. You're something beautiful a contradiction. I wanna play the game, I want the friction.
Mi volto giusto in tempo per vedere il suo sorrisetto trademark.
Tiene la giacca agganciata dietro la schiena con due dita. Ha arrotolato le maniche della camicia al gomito, sbottonando il colletto e disfando la cravatta. Così sembra appena uscito da una cerimonia dove si è annoiato da morire.
Fischietta sul ritmo della canzone dei Muse, di ottimo umore.
“Pensavo di dovervi cercare con il GPS per ritrovarvi!” esclama, la sua testa bionda che riflette il sole come un alone dorato “Proposito…vero che mi date un assaggino? Sono assetato da morire!!!” fa per sgraffignarmi il bicchiere ma lo sposto al di là della sua presa ed il topo mi fa il broncio con tanto di labbro in fuori.
Intanto Raph si è alzato e ha buttato via nel cestino il suo bicchiere “I programmi? Come sono andati?”
“Alla perfezione…” Linds sorride “Ma credo che nel rendering ci sia qualche baco, roba minore…è un po’ lentino!”
“Posso dargli un’occhiata se vuoi…la batteria è carica?”
“A-ha…” Linds gli lascia la borsa del notebook e si massaggia la spalla, deve essere davvero una tonnellata quella tracolla “Uffa, ho bisogno di scaricare, mi sento una molla!”
Si volta dalla mia parte mentre sfoglio il mio libro di genetica, intenta a scrivere un’idea per la tesi.
“Ma beeeelllleeee…dai mi fai vedere un paio di mosse alla Bruce Lee?!”
“Il Ju-jitsu non è una disciplina di attacco.” spiego con un sopracciglio alzato “Non è kung-fu, l’annientamento dell’avversario non avviene con calci e pugni.”
“Ma che razza d’arte marziale è allora?” fa il topo, svogliato e deluso.
Lo guardo e prendo una decisione chiudendo il tomo con un colpo secco. Mi alzo in piedi e sorrido, due passi indietro è sono sotto il sole dove il lembo di prato diventa quasi piano “Attaccami.”
La mia offerta cattura il suo interesse e mi fissa per un buon cinque secondi prima di rispondere come mi aspetto “Cos’è un invito? Ma belle ti farò male, delicata come sei!”
“Sto aspettando, Linds. Ti conviene toglierti gli occhiali.” replico serena, sciogliendo i muscoli e respirando profondamente.
Il topo è allettato dalla proposta e punzecchia l’amico “Che ne dici, Raph?”
“No comment…” il san bernardo ha gli occhi incollati al codice sorgente e non smette un attimo di compilare, poi aggiunge in un secondo momento “Non fargli troppo male, baby. Mi deve ancora pagare trasferta e consulenza.”
Ridacchio, con le mani in tasca “Cercherò di non colpire niente di vitale, allora.”
“Hai capito che amico!” accusa Linds poi si volta verso di me, sfilandosi gli occhiali e lasciandoli cadere sulla panca accanto a Raphael “E tu che non eri per i calci ed i pugni…ligera.”
Il topo ha abboccato…
Mi segue, fermandosi a quattro metri da me sotto il sole. Mi guarda dall’alto più del normale, avvantaggiato sia dalla sua altezza che dalla pendenza leggera del terreno.
Sorrido, sfilando le mani dalle tasche ed allargando le braccia “Sei pronto? Attaccami quando ti garba.”
Linds non sorride, il suo è uno sguardo calcolatore, freddo. Gli occhi di un giocatore di poker o scacchi, sicuro delle regole.
Ha preso la sfida nel modo sbagliato, proprio come immaginavo.
I suoi occhi possono anche essere ermetici ma riesco a speculare come lui in questo momento.
Sta pensando che sono troppo rilassata e che attaccherò quando meno se lo aspetta.
Due minuti dopo siamo ancora immobili, in silenzio.
Adesso considera, a ragione, che non attacco e che la mia attenzione si sia allentata. Sta contando alla rovescia per fare la sua mossa a random.
Ed è proprio quello che fa, caricando d’improvviso e pensando di avermi messo in trappola.
Si farà un mucchio di male, povero topo.
Lascio che si avvicini fino all’ultimo momento poi afferrò la sua mano chiusa a pugno e nel giro di tre decimi di secondo è tutto finito.
Raph si è voltato interessato dal tonfo.
Linds sdraiato per terra sbatte le palpebre mentre il cielo turchese si riflette nei suoi occhi, sembra disorientato.
Muove gli occhi su di me in piedi al suo fianco.
“Me la dai una spiegazione logica del perché sono disteso ai tuoi piedi? Non mi dà fastidio, vorrei solo capire come ci sono finito senza la mia iniziativa.” fa suonando sorprendentemente se stesso e per niente infastidito dal fatto di essere stato messo a tappeto.
“Nel Ju-jitsu ciò che è importante non è la potenza ma la fluidità dei movimenti e la ricerca dell’attimo giusto.” rispondo, sentendomi quasi una maestrina “Non ho usato la forza per difendermi, ho solo sfruttato la tua. Il trucco è imparare a controllare se stessi. È inutile eseguire un movimento di difesa se all’impatto irrigidisci i muscoli.”
Il topo corruga la fronte “Hai preso il mio momento e l’hai sfruttato assieme alla forza di gravità?”
Ecco come il professor Lagden minimizza una arte marziale antica sei secoli cercando di spiegarla con la fisica e Newton…bless him. Ma perché non gliel’ho spezzato quel polso?!
Stiro le labbra “Se vuoi metterla in questi termini…”
“Geniale…ma belle sono tuo prigioniero di guerra, spogliami e fammi quello che vuoi.” chiude gli occhi.
Raph dalla panchina gli lancia un’occhiata e torna al portatile con una scrollata di spalle.
Linds non si muove e rimane disteso ad occhi chiusi fra l’erba mentre lo guardo.
Adesso fa la preda, ma la mia ottica nei suoi confronti è cambiata dopo aver parlato con Raphael.
Il topo non mi permetterà mai di avere controllo su di lui.
Può avermi lasciato un’entrata ma come l’ha aperta può chiuderla.
Linds mi porterà via la sanità mentale mentre cerco di risolvere l’enigma.
Il fatto è che ho deciso. Voglio spezzare le sue difese, una per una se necessario.
Non ho più alcuna intenzione di fermarmi adesso.

But there must be some answer
I keep seeking, 'cause I gotta know
We are numbered, and we are labelled
Do we ever break our mold?
I knew it before you said it
There's no need for me to wait, me to wait
The Verve ~ Judas

~~~

Canzone del capitolo: The Verve ~ Judas.

Le note di questo capitolo sono:
- San Francisco-Los Angeles, I5 = quest'interstate nella sua interezza si snoda dal Canada fino al Messico, attraversando la longitudine della Great Valley californiana.
Adesso mettiamo subito in chiaro che le strade americane - quasi tutte - sono gratis, niente pedaggi di sorta. Per quanto riguarda il viaggio che descrivo qui è fattibile, fra LA e SF ci sono 381 miglia (613 Km) di strada praticamente dritta e nel bel mezzo del nulla, il limite di velocità americano sta fra le 60-75 miglia orarie (i nostri 96-120 all'ora) a seconda dello stato e della località. Se si rimane sotto i limiti imposti il viaggio sarebbe di 5 ore e mezza abbondanti, ma stiamo parlando di Linds e della sua Ferrari, personalmente ho dato un'occhiata approfondita al tratto in questione e ho seri dubbi che ci sia della police a bazzicare da quelle parti xD;
- La F360 ha una max speed ben oltre i 295 km/h ed una capacità serbatoio di 95 litri (25 galloni). Linds la fa girare a 250 km/h per arrivare a Los Angeles in un timeframe di tre ore. I consumi li ho presi direttamente dalle specifiche della casa madre, prendendo per buono il dato di autonomia per guida autostradale-mista di 7,8 km/l;
- Nel capitolo Michelle siede nel sedile poteriore ma in realtà questa sportiva non ha un sedile posteriore dato che viene costruita unicamente biposto, di questo mi sono accorta adesso ma ormai è tardi e spero che me la abbuoniate...xD
Altri particolari salienti sono che il motore è visibile dal lunotto posteriore e i bagagli sono tenuti nel cofano anteriore;
- La playlist del viaggio di andata l'ho pensata apposta per darvi un'idea un po' meno approssimativa del background musicale del topo ovvero 'di tutto'. Non è tipo da tirarsi indietro anche se preferisce atmosfere pesanti sa anche cercare un po' d'ironia con James Brown (I feel good, hit degli anni sessanta LoL) o l'Alice Cooper di Trash. Insomma se avete qualche canzone strana in testa magari anche nerd alla The elements di Lehrer, sì avete azzeccato il personaggio L.L. nel 99,8% dei casi! =)
- La canzoni che canticchia Linds sono Shoot to thrill degli AC/DC e All time is running out dei MUSE, potete ascoltarle rispettivamente qui e qui. La canzone dei MUSE è stata una scelta avvenuta per caso ma pensandoci su dice molto sul rapporto di Linds e Michelle...quando me ne sono resa conto è stato come se la luce si fosse accesa all'improvviso nella stanza xD, comunque vi consiglio di dare un'occhiata al video per l'atmosfera perché ci sta molto in questa storia;
- Il Neuroscience Research Building Auditorium fa parte del quartiere universitario UCLA di Los Angeles, e il convegno che ho descritto è avvenuto sul serio (sono megalomane ma credo che fin qui ci eravate arrivati xD) il 17 Gennaio 2012;
- Il Giorno del Ringraziamento (Thanksgiving day) è una ricorrenza americana che viene ricordata ogni anno l'ultimo giovedì del mese di Novembre istituita da Abraham Lincoln in memoria della festa organizzata per la prima volta nel 1621 dai padri pellegrini di Plymouth, che vollero celebrare il loro primo raccolto agricolo nel Nuovo Mondo;
- GPS è un sistema di navigazione strumentale reso possibile da una serie di satelliti in orbita geostazionaria. Il sistema venne realizzato nel 1973 dal Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti poi liberalizzato negli anni Ottanta;
- Isaac Newton, fisico e matematico inglese formulò nel 1666 la legge di gravitazione universale (l'attrazione fra due corpi è direttamente proporzionale al prodotto delle loro masse diviso per il quadrato della loro distanza). In base alla seconda legge della dinamica una forza applicata ad un corpo produce su di esso un'accelerazione. Quindi la forza gravitazionale esercitata dalla Terra sui corpi che si trovano sulla sua superficie o nelle immediate vicinanze produce una accelerazione chiamata accelerazione di gravità (g), tutto qusto per spiegarvi il concetto dietro il dialogo di Linds e Michelle...mi sembra di essere tornata a scuola! xD

Povera me...mi sono svenata per questo capitolo, si nota dal numero spropositato delle note eh? xD
Poi non finivo mai di scrivere tutto quello che mi garbava di inserire e il capitolo lievitava poi mi infuriavo perché non usciva come volevo...ah un delirio sul serio...! -___-"
Vabbè lasciamo perdere i miei scleri e spero che il chappy extra-long vi sia piaciuto...
Ringrazio Petitecherie per aver recensito lo scorso capitolo, sono arrivata presto hai visto? xD
Io vado a farmi qualcosa per pranzo che sto morendo dalla fame...ciao a tutti e buona domenica!!!
Hermes

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Capitolo 12
*** 12 ***


You've got to move me up
So high it hurts
So hard it works
But if you let me down
Don't bother to call, just let me fall
I'd rather die than see you fly
Than see you try
The Verve ~ One way to go

“Dai…ci facciamo un giro anche su quella più alta?” domanda il topo con un sorriso e le mani in tasca.
“Basta!” si lamenta il San Bernardo con gli occhi a spirale, aggrappato alla mia spalla. Pesa più del topo…mammia mia cucciolone, mettiti a dieta!
“Ma perché proprio le montagne russe?” domando crucciata.
È da questo pomeriggio che giriamo per il Six Flags Magic Mountain di Santa Clarita, nella periferia nord di L.A., il più grosso parco divertimenti specializzato in montagne russe di tutto il distretto sud-californiano. Il suo fratello gemello ‘sta a casa, San Francisco ma questo è molto più completo.
Linds non ha voluto sentire ragioni e siamo saliti su tutte, ma proprio tutte, le attrazioni. L’ultima che ci manca è anche quella più alta, veloce e pericolosa.
Sono le nove di sera e mezz’ora prima ci siamo fermati a cenare in un fast food interno al parco dove l’unico piatto che sembrava mangiabile erano patatine, hamburger e hotdog. Dovrò fare la maratona intorno a San Francisco per bruciare tutte le porcate che ho mangiato nelle ultime ventiquattro ore.
Non ho idea di come Linds abbia fatto a divorare il burger più grande ed ipercalorico dell’intero menù senza farsi venire una gastrite ed un attacco cardiaco. Il fatto è che ce l’ha fatta nel giro di cinque minuti, sotto gli sguardi increduli di me, Raph e la cameriera che ci ha portato gli ordini. Scommetto che non ingrasserà nemmeno di un etto…
Ritorno in tempo al presente, il topo si è fermato. Nella luce della sera, i lampioni si accendono con un ronzio sopra le nostre teste nel lunapark affollato, riflettendosi sulle sue lenti squadrate.
“Mi piace stare a testa in giù, ma belle. Da quella prospettiva il mondo è migliore.” replica lui con un sorrisetto.
No sense…cosa potevo aspettarmi?
Sbuffo e scarico Raph su una panchina, riprendendo fiato.
“Vieni a fare un giro con me o no?” domanda Linds, accennando con l’indice alla monorotaia sulle nostre teste.
“Come riesci a non vomitare quell’enorme hamburger che ti sei mangiato per cena rimarrà un mistero per me, Linds…” faccio scuotendo il capo.
“Ma belle, io ho uno stomaco di ferro e poi a quest’ora c’ho di nuovo fame!” si lamenta lui, strofinandosi lo stomaco con una mano. Riesco a sentire distintamente il borbottio che proviene da lì “Senti che roba?!”
“Andiamo và…ci aspetti qui Raph? Torniamo tra un attimo!”
Il biondo cagnone annuisce e ci fa ciao, il suo fisico da giocatore di basket prende tutta la panchina.
“Lo sapevo che non vedevi l’ora di passare del tempo tête-à-tête con me! Vieni qui, fatti dare un bacino Michelle!” punta in fuori le labbra e devo spingerlo via perché non metta in atto i suoi sadici intenti. E non è nemmeno ubriaco…se lo fosse sarebbe più divertente.
“Smettila topo, facciamo un giro su quella benedetta giostra e poi tiriamo il fiato, okay?”
“Sbaglio o sento una leggera tensione nel tuo tono di voce?”
“È stata una giornata lunga, Linds…a proposito, quella montagna russa è veramente da infarto non eri tu quello a cui non piacevano le grandi altezze?” gli chiedo preoccupata “Non è che ti verrà una crisi di panico?”
“No, tranquilla. Sono uno strenuo difensore delle terapie d’impatto.” fa con un sorriso.
“Cosa…?” perché l’idea mi piace sempre meno?
“Le terapie d’impatto, Michelle. Quando un paziente viene sottoposto di forza alle sue paure e se ne libera una volta per tutte.” sorride debolmente.
“No! È fuori discussione, Linds!” mi paro davanti a lui che adesso ghigna quasi diabolico “Te lo puoi scordare!”
“Non capiterà niente, ma belle. Saremo imbragati come dei salami, dai.”
“Linds-”
Mi tiene il volto fra le mani con un’espressione che non gli ho mai visto prima. I suoi palmi sono asciutti e caldi.
“Non insistere, per favore. Sono adulto e vaccinato e ce la posso fare benissimo se mi tieni la mano, ok?”
Se gli tengo la mano? Ho sentito bene?
Sta aspettando una risposta che non arriva e sorride soddisfatto, afferrandomi per un polso e ricominciando a camminare diretto all’imbarco dei vagoncini.
“Chi ti dice che anch’io non abbia il terrore?” domando d’istinto, osservando la punta massima e la discesa vertiginosa.
Chiariamo, non ho mai avuto paura delle grandi altezze…ma certo mi verrà la strizza quando arriveremo lassù…
“Nahhh…tu sei una dura, Michelle. Audace e robusta. Se un treno ti venisse addosso non ti farebbe neanche un graffio.” strizza l’occhio e mi fa passare davanti a lui mentre la coda va avanti per il prossimo giro “Prima le signore…”
Quando viene il nostro turno saliamo sui primi due posti della fila di vagoncini, uno accanto all’altro e veniamo imbragati dagli addetti, Linds si è sfilato gli occhiali e li ha lasciati in custodia al bancone.
Siamo pronti ed in attesa che ci spediscano avanti a velocità. Linds intrufola la sua mano fra la mia, afferrandola con delicatezza.
“Non stavi scherzando…” non riesco a trattenermi dal dire, sorpresa.
“Rimarresti allibita su quante cose sono serio, ma belle.” commenta, portandosi la mia mano alla bocca con un sorriso mesto “Oh guarda…ci stiamo muovendo finalmente.”
Il vagone sta avanzando, e voglio credere di avere la faccia a fuoco per l’adrenalina non per le sue labbra ancora posate sulle mie nocche. Michelle ma ti pare il momento di fare la scolaretta?! Ripigliati!
La velocità aumenta, facciamo una curva radente, il rettilineo, lo slalom e poi iniziamo la salita, i meccanismi sotto il vagoncino che suonano come dei sonagli ogni volta che i ganci della cremagliera si incastrano e ci portano a poco a poco sempre più in alto.
No, questa non è stata una buona idea…topo se sei ancora vivo al fondo di questa corsa me la paghi, altro che ju-jitsu!
La scalata si fa sempre più lenta e quando siamo arrivati in cima siamo quasi fermi per trenta lunghissimi secondi, giusto il tempo che mi serve per dare un’occhiata a cosa ci aspetta: dopo la discesa a picco c’e un tunnel, tre giri della morte uno dietro l’altro, uno slalom parallelo al suolo, un’altra sezione di salite e discese, un altro giro della morte strettissimo, una spirale ed il ritorno. La mia vena analitica non se ne va mai…chissà come se la cava Linds…
Mi giro verso il topo.
È verde, con gli occhi puntati in basso. Un sottile velo di sudore sopra il labbro.
“Non guardare giù!” lo riprendo, stringendo saldamente la sua mano “Mi hai sentito?!”
Inghiotte la saliva, ma non riesce a staccare gli occhi dalla terra, quattrocento piedi più sotto.
“Linds!”
Il vagoncino – fermo fino a quel momento – avanza di venti, quaranta centimetri.
Si ferma di colpo come da copione, provocando una serie di urletti.
Dov’è il freno d’emergenza su questo catorcio?!
Riesco a liberare le dita dalla sua mano enorme e sbatto quasi con violenza il palmo sotto il suo mento, forzandolo in alto.
“Collabora topo! Guarda in su!” digrigno i denti “O perlomeno guarda me!”
La posizione innaturale fa protestare i miei muscoli, sotto la pelle della sua mascella sento il battito cardiaco impazzito. Non un’altra volta, santa maria!
Il vagoncino dà un’altro scarto, provocando tutta una serie di versi dietro di noi.
“Michelle…” mormora pianissimo, se non avessi letto la parola dalle sue labbra non l’avrei capito.
“Cosa?!”
“La mano, ti supplico.”
Il vagoncino si sta inclinando progressivamente mentre i freni servo controllati slittano e lasciano andare la presa.
“Topo.” cerco le sue dita e le trovo, stringendole forte e sperando di suonare rassicurante “Ascoltami…prendi un respiro di quelli grossi e rilassati, vedrai che arriviamo al fondo e non te ne accorgerai nemmeno!”
Mezzo secondo dopo siamo in caduta libera, l’aria che mi fischia nelle orecchie ed i capelli che si comportano come delle fruste sulle mie tempie. La cravatta di Linds ondeggia come una bandierina.
Le ruote fanno scintille e con il momento che abbiamo guadagnato nella folle corsa andiamo a propulsione sul primo ed il secondo giro della morte, riesco a sentire lo scatto dei motori quando le ruote fanno presa metallo contro metallo e ci spingono in avanti sul terzo aumentando la velocità e macinando il percorso.
Tempo quattro minuti dopo ci hanno già sbragato e camminiamo verso l’uscita, ho recuperato i suoi occhiali dagli addetti e lo guardo con molta attenzione mentre cammina.
Sfumatura verde pisello che tende leggermente al verde fagiolino, mi sa che è solo questione di tempo prima di vederlo affondare la faccia dentro una siepe e vomitare l’anima.
“Che figata pazzesca…hehehe…” ridacchia, sfregandosi gli occhi “Ma belle, ci risaliamo?”
“Non nel prossimo futuro.”
“Lo sapevo che ti saresti cagata sotto.” commenta cattivo.
“Linds, siediti un attimo.” dico, facendo orecchie di mercante ed adocchiando la panchina più vicina.
“No, voglio risalirci.” fa per tornare verso l’entrata della giostra ma il movimento è stato troppo veloce e sbanda.
Riesco ad agganciarlo prima che cada a terra come un sacco di patate, sbuffo “Certo che sei un rompipalle e di quelli pesanti, pure…”
Inizio a trascinarlo con una certa difficoltà fino alla panchina più vicina.
Scaricato senza tanti complimenti vado in cerca di una fontanella e inumidisco un fazzoletto. Nel viaggio di ritorno mi imbatto in una macchinetta di dolciumi ed adocchio un chupa-chupa.
Quando ritorno al capezzale gli appoggio il fazzoletto in fronte e mi siedo al suo fianco sul bordo della panca.
Linds apre un occhio petrolio nella mia direzione “Ciao, donna temeraria.”
“Che fine ha fatto la tua terapia d’impatto, Linds?” faccio tagliente, pronta a colpirlo se mi da la risposta sbagliata. Anch’io credo negli impatti…quelli che fanno rinsavire!
“Non sarei salito fin lassù senza di te, ma belle.” mormora, distogliendo lo sguardo.
“Non tirarmi in mezzo alle tue geniali decisioni.” replico dura.
“Mi correggo: non sarei voluto salire con nessun’altra fin lassù.” non mi guarda ma il suo sorrisetto è capace di mandarmi in bestia.
“Linds…la vita non è un videogame. Non è una giostra. Non è una soluzione alcaloica. Non è un cuoricino compreso in una fila di altri tre cuoricini alla super Mario Bros. È da ieri sera che sei completamente fuori controllo e credimi di norma sei divertente ma adesso sono molto lontana dal ridere.” dico con voce piatta, finalmente rilasciando tutto quello che penso sul serio “Non vuoi essere aiutato? Va bene. Allora impara a controbilanciare questa tua voglia di rischio con qualcosa per cui vale la pena.”
Li ha aperti tutti e due gli occhi e mi guarda, trapassandomi da parte a parte.
“Ramanzina perfetta.” commenta malinconico “Michelle…mi piacerebbe vederti nei miei panni, non dureresti tre minuti.”
si alza a sedere, riavviandosi i capelli e notando il lecca-lecca “Dimmi che quello è per il tuo povero topolino…”
“Ci sto pensando…” faccio con un gocciolone mentre la salivazione di Linds aumenta “…non so se te lo meriti.”
Ghigna.
Scavalca.
Mi abbraccia in modo che sia premuta di schiena contro di lui, le sue mani bianche che mi tengono ferma.
Adesso sono seduta in mezzo alle sue gambe.
“Michelle…guarda che se non riesco a convincerti con le buone…”
“Che succede?” domando distaccata. La vibrazione della sua risatina la sento fino dal petto, dove gli nasce.
“Finisce che uso le cattive…” sussurra, direttamente nel mio orecchio. La nota bassa della sua voce dovrebbe essere considerata illegale, credete a me. “Ho la netta sensazione che ti piacerebbero anche…”
La punta del suo naso sta seguendo la linea di attaccatura dei miei capelli con una lentezza calcolata.
La mano sul mio stomaco ha iniziato a massaggiarmi gli addominali con movimenti appena accennati, invisibili all’occhio nudo ma provocando abbastanza pressione da farmeli sentire dove gli interessa.
Sta facendo sul serio questa volta, niente giochini. Michelle fagli vedere di che pasta sei fatta…
Con calma assoluta - le ore passate a pulire pavimenti di legno ed a meditare servono anche a temprare la volontà di ferro checché ne dicano - scarto il chupa-chupa con attenzione da monaco certosino e me lo ficco in bocca, succhiandolo soddisfatta.
Quelli vaniglia e cioccolato sono sempre i più buoni…non c’è storia!
Non ho bisogno di vedere la faccia di Linds per sapere che sta sorridendo.
“Ma belle…sei impossibile.” detto questo, abbassa di un paio di centimetri la mano per massaggiare sotto l’ombelico e questa volta ci mette più energia di prima “Ma non cantar vittoria troppo presto, tesoro.”
Oh…
In condizioni normali ovvero, se non fossi a digiuno di sesso da più di tre mesi, potrei anche dire di non provare niente.
Ahem…inspira, espira, inspira, espira.
Mordo sul chupa-chupa e quasi subito sento un distinto crack.
Linds ridacchia poi fa “Tsk-tsk Michelle…sei un pessimo esempio di autocontrollo, davvero.”
Parla quello che stava per sputare l’anima su una montagna russa!
Intanto l’atmosfera sta iniziando a caricarsi almeno dalla mia parte…
Ci credete che sto pensando con cura maniacale a cosa mettere in lavatrice domani? No? Oh beh…la maglietta a righine verdi ed azzurre e gli slip di Snoopy sicuro, son le mie preferite!
“Hey!” Raph torna dal mondo dimenticato proprio in tempo per salvarmi, qualcuno lassù mi ama e spero che non sia la nonna, sarei estremamente imbarazzata se avesse visto questa scena.
“Ho interrotto qualcosa?” fa il san bernardo, notando la situazione equivoca.
Linds rilascia uno sbuffo “No Raph…ma belle ha avuto qualche problema a recuperare la calma dopo la giostra e ci siamo fermati qui. Calo di zuccheri sai…”
Topo bugiardo…
“Ah…” Raph mi lancia un’occhiata e sorride per incoraggiarmi “Ragazzi sono quasi le dieci di sera...è meglio che guadagniamo l’uscita e ci rimettiamo in strada.”
“Giusto Raph…” sospira Linds “Inizia ad andare noi ti raggiungiamo tra un attimo.”
Se hai dei dubbi non li mostra, annuisce e ci lancia un’ultima occhiata prima di allontanarsi.
“Sei proprio fortunata, ma belle.” mormora Linds, appena il san bernardo è troppo lontano per ascoltare “Stavolta avevo tutte le intenzioni di finire quello che avevo iniziato.”
“Che peccato!” replico, in effetti…
“Mi hai tolto le parole di bocca…ladra di lecca-lecca.”
Con questo mi lascia un bacio sul collo e toglie le mani, allo stesso tempo il mood si dissolve in una bolla di sapone.
Mi alzo subito, cercando di mettere distanza mentre Linds mi osserva divertito.
Infilo la mano nella tracolla, recuperando i suoi occhiali e lanciandoglieli. Li afferra.
“Sbrigati topo, domani pomeriggio ho il turno al lavoro e devo recuperare anche le ore di sonno perse ieri o finisce che farò solo dei danni.” esclamo, tirando su la zip della felpa e ficcando le mani in tasca. Non fa esattamente caldo ormai.
“Agli ordini…” si puntella sulle ginocchia, tirandosi in piedi “Mi devi sempre quel favore grosso però…”
Gli lancio un’occhiata alla sì-nei-tuoi-sogni.
Mi raggiunge e mi posa un braccio dietro le spalle.
“…ed aggiungici pure un lecca-lecca!” completa con un sorrisetto.

Abbiamo fatto il pieno alla prima stazione di servizio, condividendo la pompa della benzina con una banda di afroamericani dalle evidenti radici gangsta.
Lo sapete com’è…macchinone inutile dai colori sgargianti con serigrafia di fiamme e donnina nuda. Cerchi in lega cromata. Quattro chili di catene d’oro finto al collo, rayban scuri come la notte sul naso ed orecchini di diamanti zirconi.
Beh…siamo a LA non per niente, la Saturday Night Fever versione costa ovest rimasterizzata in una parola. Chissà se vedono dove vanno con quegli occhiali.
Assieme ai rapper che fanno tanto i figheiri ci sono anche tre ragazze tirate a lucido come delle scocche che mostrano di essere molto accaldate, almeno dall’abbigliamento.
Linds fa finta di niente, la camicia spiegazzata ancora infilata per miracolo nei pantaloni e la cravatta in uno stato pietoso. Una mano molle sulla pistola del carburante e l’altra affondata nella tasca mentre aspetta che la pompa finisca di tirare il carburante con un sottile sorrisetto.
Che bastardo…quei poveretti si stanno mangiando la Ferrari con gli occhi.
Raph è entrato nel diner annesso per acquistare due bicchieri di caffè per se e Linds mentre io sono incastrata nel sedile posteriore. I finestrini sono abbassati e sento distintamente lo scadente rap a volume altissimo che filtra dall’impianto stereo, non lo sopporto!
Mi viene voglia di far partire l’i-pod del topo, ancora agganciato al sistema ma mi trattengo.
La porta a vetri del diner si apre e ne esce Raph con il suo bottino di caffeina.
“Fatto il pieno, Pal?” domanda il biondo.
“Quasi.” risponde Linds, facendo un cenno con la testa “Mettiti comodo. Un attimo e partiamo.”
Il topo è fedele alle sue parole. Sgancia con un scatto secco la pistola e la rimette al suo posto, chiude il serbatoio recuperando le chiavi e sfila duecento dollari dal portafoglio, infilandoli nel taschino del vecchio benzinaio seduto su una sedia pieghevole che guarda con occhio di falco le operazioni e si fuma quello che all’inizio doveva essere un grosso havana.
“Tienti pure il resto.” fa Linds con noncuranza, aprendo la portiera ed infilandosi in macchina.
Infilando la chiave nell’accensione e girando, accendendo il motore con un ringhio superfluo, di molto superiore in decibel alla musica.
I nostri sguardi si incontrano, abbiamo un ghigno identico in faccia, la sua mano appoggiata al freno a mano tirato con noncuranza. Se non lo conoscessi direi che lo sta facendo apposta…vai così, topo, e butta su Another one bites the dust! Fagli vedere che cos’è la classe!
“Linds…potresti smettere di fare l’idiota un attimo?” domanda Raph, con sulle ginocchia il portatile aperto.
“Chiedilo a Michelle e lei che decide…” risponde, alzando i finestrini.
“Smettila di fare l’idiota o ci lasciamo le gomme.” replico con una risatina.
“Okay…but you’re no fun, ma belle…”
Sgancia il freno e schiaccia con gentilezza l’acceleratore e la Ferrari scivola via lentamente, percorrendo il piazzale al rallentatore. Mentre aspetta di poter mettersi in carreggiata afferra il caffè e ne beve un sorso, occupato a cercare qualcosa sul suo i-pod. Tre minuti dopo sembra soddisfatto ed una melodia appena accennata vibra dallo stereo, sembra classica ma non posso puntarci il dito talmente è bassa.
Segnala ed entra sull’Interstate con il muso rivolto verso casa.
“Qual è il problema Raph?” domanda il topo, guardando lo schermo del portatile.
“Il meteo…sembra che stia venendo giù il diluvio universale a SF. Dice che il traffico da Modesto in su è praticamente fermo.”
“Vedrai che per quando arriviamo migliorerà…” fa Linds, accelerando senza fare il pazzo “Non abbiamo fretta, possiamo anche metterci due ore in più.”
Incredibilmente il topo non guida veloce quanto all’andata – voglio dire – sta sempre sopra i limiti ma non di molto.
I fari lunghi della Ferrari tagliano il buio della notte che si fa sempre più fitto con il passare delle ore.
Raph lavora un po’ con il computer poi spegne e lo passa dietro, lo infilo nella borsa di Linds.
Appoggio la mia borsa sopra quella di Linds e mi sdraio, appisolandomi appena.
Avrò dormito sì e no tre ore ieri notte…
L’abitacolo buio ed il movimento appena percettibile della vettura mi porta ad addormentarmi.
Il tempo passa, non sono certa di quanto…ma un paio d’ore sicuramente.
Ho dei momenti di sonno e veglia a causa della posizione scomoda che sono costretta a mantenere.

“Sì è addormentata?”
Sento un fruscio poi Raph risponde “Sembra di sì. Poverina, ci hai fatto un bello scherzo ieri, Linds.”
“Nah…lo sai come sono…”

La pioggia batte contro il tettuccio ed i vetri dell’auto ritmicamente.
“Linds…”
“Mmm?”
“Non sono affari miei, ma non farle del male. La piccola non se lo merita.”
“No, non sono affari tuoi Raph. Comunque non la obbligherò a fare niente che non vuole.”

La pioggia è aumentata di parecchio.
“Domani prenditi il giorno libero, Raph. Ho bisogno di lavorare da solo ed allineare le mie priorità. Ti faccio sapere con una telefonata.”
“Okay…buonanotte.”

Qualcosa mi punzecchia sulla spalla e mi rannicchio come un riccio per evitarlo.
“Hey bella addormentata, guarda che siamo arrivati a fine corsa!” fa Linds.
“Ho sonno…”
“Anch’io, ma belle…siamo sotto casa tua.” sorride, ha delle borse sotto gli occhi “Sono le tre del mattino, ti dispiace se crashio da te? Sono troppo stanco per tornare a casa.”
Topo, non farmi spiegoni che intanto non ti seguo.
“Prendo questo silenzio come un sì, allora.” fa dopo un po’.
Ho un vago ricordo di come ci sono arrivata sul letto, Linds si sta sganciando la cintura e la lascia cadere a terra.
Deve avermi portato su per le scale in braccio per l’ennesima volta…sta diventando un rituale.
Sfila del tutto la camicia dai pantaloni e si infila così nel mio letto, nota che sono sveglia prima di spegnere la lampada.
“Dormi, ma belle. Fai tanti bei sogni.” mormora.
Sì…li farò, appena mi libero dei jeans e del reggiseno, topo. Mi stupisce che tu non ci abbia pensato prima!
Sbuffo e mi alzo, tirando da sotto il cuscino la maglietta enorme di Minnie e gli shorts che uso per dormire e mi allontano.
“Sogni o sei desta?” fa il topo sarcastico.
“Vado in bagno…” faccio una linguaccia al buio.
Cinque minuti dopo torno, si è allargato sul materasso come una medusa arenata sulla spiaggia, sembra addormentato ma appena mi siedo sul letto torna in vita e mi afferra, schiacciandomi contro di se.
“Devo regalarti un orsacchiotto, Linds? Soffri a dormire solo di notte?” faccio ironica “Ahia!
Mi ha pizzicato la gamba.
“Mi piace questo pigiamino, sai?” mugugna assonnato con il tono di un bambino.
Mi viene da sorridere e non so nemmeno bene il perché.
“Dormi topo…è stata una giornata lunga…”
Non risponde, strofina solo il capo sui miei capelli.
Mi accomodo meglio sul suo costato e chiudo gli occhi, sotto le mie dita il suo cuore batte il ritmo calmo e sicuro di una ninnananna.
Il cotone morbido della sua camicia profuma di Linds e – contro tutte le mie certezze – il suo odore ed il calore del suo corpo mi tranquillizzano.

Dorme saporitamente con la testa poggiata sulla mia spalla, rilassato ed incredibilmente tagliato per la parte della coperta umana. Che caldo ragazzi…mi sembra di essere alle Maldive…uff!
È la terza volta che condividiamo un giaciglio io ed il topo nel giro di queste due settimane e nonostante il suo fare sconsiderato, le sue perversioni ed la sua mania della privacy…
Linds sbuffa attraverso il naso e si nasconde nel cuscino, sul viso un’espressione rilassata.
Non sembra nemmeno lo stesso a vederlo così.
Il topo raramente dimostra di essere umano, almeno così lascia intendere all’osservatore esterno.
L’unico esempio che mi viene in mente è quello di una scatola ermetica.
Piuttosto che farti capire i suoi sentimenti o le sue idee a proposito di qualcosa ridacchia, fa la battutina di rito o si atteggia. È un comportamento pericoloso…il tenersi tutto dentro.
Snodare il suo comportamento da psicotico significa cadere e non ci sono materassi al fondo di quello scivolo.
In una frase: sono assolutamente fottuta e lo so, e mi farò del male e capiterà un casino ed alla fine dei conti me ne sbatterò altamente perché sono masochista e lo voglio aiutare!
Tutta colpa del pazzo che mi dorme accanto, maledizione!

Una delle sue mani ossute e bianche è posata pacificamente accanto alla mia tempia sul cuscino, riesce ancora a stupirmi la sua grandezza anche se non è per niente sproporzionata con il resto del suo corpo. Per il resto mi ricorda comunque un ragno…
Eppure non è il tipo di persona capace di starsene buono e quieto in un angolo della stanza, gli piace attirare l’attenzione su di se quando vuole fare la parte dello scienziato pazzo ma cool.
E qui lo dichiaro, sono abituata a vederlo deciso e perfettamente a suo agio con se stesso.
La sera che gli ho fatto da babysitter per colpa del suo stupido hobby malsano ero completamente in preda al panico.
Può far finta di niente quanto vuole ma il drogarsi e dire ‘Non stare in ansia per me che intanto non serve.’ non funziona quel granché.
Soprattutto quando poi lui stesso si presta a fare da spalla per superare una situazione poco piacevole quanto quella del vagabondo.
Un ciuffo arruffato di capelli biondi gli cade sulla fronte e con due dita glielo rimetto dietro all’orecchio.
Ne sono certa, ormai. Ci devono essere cose, situazioni e persone del suo passato che - per quanto sia deciso a dimenticare ed a vivere nel presente – non può debellare. O magari la soluzione è che è schizofrenico, paranoico, tossicomane, affetto da doppia o tripla personalità ed il suo cervello non è mai stato tanto normale fin dalla nascita!
Okay, comunque vada la definizione di pazzo non gli dona.
La sua non è follia nel vero senso del termine, credo che sia più insofferenza verso se stesso che sull’ambiente o le persone che lo circondano. Credo che anche Raph lo pensi, da come mi ha fatto capire che la mia relazione con il topo è qualcosa di assolutamente unico ed irripetibile nel mondo di Linds-sto-bene-così-Lagden.
Sì perché c’è un rapporto – ormai sarebbe inutile negarlo, lo noterebbe anche un bambino – e và al di là della semplice amicizia.
Mi preoccupo per lui quasi senza rendermene conto, mi dà l’impressione di essere una persona meno sociale di me ed abituata a farsi largo da solo ma non si può sempre contare su se stessi…non quando si ha il brutto vizio di intossicarsi a random.
Si muove appena dalla sua posizione ed arriccia il naso, poi apre gli occhi a fessura dalla mia parte.
“Lo sapevo che era troppo morbido per essere un cuscino, mhhh…ma ciao Michelle ma belle!!!” punteggia le ultime quattro parole, solleticandomi senza pietà nel fianchi da vero bastardo di primo mattino.
Salto su mentre cerco di proteggermi dal suo onslaught, ma non riesco a fermarlo e mi ritrovo ad ululare dal ridere e torcermi fra le coperte.
“Basta! Smettila!!!”
“Solo se ti dichiari sconfitta, tesoro…” fa diabolico, continuando la sua tortura.
“No!”
“Allora soccombi.” triplica i suoi sforzi ed in dieci minuti ho perso qualsiasi nozione intelligente talmente rido, lacrime mi scendono dagli angoli degli occhi.
Linds ha smesso e mi guarda sdraiato comodamente in mezzo alle mie gambe con un sorrisetto mentre riprendo fiato.
“Tu sei un bambino poco cresciuto, ne sei al corrente?”
“Mi piace giocare con te, mi diverte…” replica, mostrandomi i denti “Comunque è vero quello che ho detto prima, come materasso sei un portento!”
Sfilo uno dei guanciali da sotto la mia testa e glielo tiro in piena faccia.
“Chi sarebbe il bambino?!” fa con il muso lungo ed un sorrisino.
“Tu…!”
“Ah…dai ma belle morbidosa vieni qui che ho voglia di coccole.”
“Che hai sognato ieri notte da farti parlare così?”
“Ho sognato te e ti dirò, senza veli sei uno spettacolo!”
Roteo gli occhi. Povera me…qui ci vuole una pazienza da bonzo per sopportarlo!
“Tesoro…ti dispiace se uso la tua doccia prima di andare a lavorare?”
“Tu-tut…notizia del giorno: è domenica.” faccio con le sopracciglia alzate.
“Ciuciuf-ciuciuf…me ne sbatto di che giorno è, baby!” ha allineato il suo volto al mio con un sorriso appena accennato.
“Allora fai pure.” rispondo alla sua domanda di prima, gli appoggio una mano sulla guancia strofinando curiosa.
La luce del mattino batte di striscio sulla sua mascella, illuminando la sua barba di un giorno.
Ma quindi…
“Pensavo fossi un biondo platino tinto…” faccio stupita, controllando anche la rada peluria che si intravede dalla camicia sbottonata che è ormai solo più buona per la lavanderia.
“Vuoi dare un’occhiata anche più in basso all’attrezzatura o sei abbastanza convinta?”
“No grazie.”
Ridacchia “Che peccato…ma prima o poi ci riuscirò a farti capitolare, è solo questione di tempo.”
“Continua pure a sognare!”
“Fai la doccia con me?”
“Nope.”
“Paura dell’arnese sconosciuto, eh?”
Gli pizzico la guancia per rappresaglia. Linds si mette a sedere, stiracchiandosi poi si volta con un’espressione speranzosa.
“Non è che mi prepareresti la colazione, ma belle?”
“’Kay, cosa preferisci?”
“Frittelle e sciroppo, tripla porzione.”
Bleah…quando si dice una cosina leggera giusto per arrivare a pranzo!
“Vediamo se ho gli ingredienti.”
“Grazie!!!” si china di nuovo in tempo per lasciarmi un buffetto sulla fronte che non riesco ad evitare e si rialza saltellante come una cavalletta drogata. Che metafora…chissà perché è azzeccata!!!
Mentre fruga in un borsone accanto al letto, mi alzo scrocchiando le spalle ed avviandomi al cucinino.
Linds si è accodato dietro di me nello stretto corridoio e…Paf!
Una delle sue mani giganti impatta con il mio didietro lasciandomi irrigidita e sorpresa.
“Sbrigati donna, che ho fame!!!” esclama mentre volto la testa e gli mando uno sguardo che avrebbe potuto ucciderlo mentre si ritira velocemente in bagno, chiudendosi dentro, ovviamente per non subire le ripercussioni.
“Porco!” faccio attraverso la porta, trattenendomi dal buttare giù l’uscio con un calcio ben piazzato. Non ho voglia di pagare i danni io!
“L’hai già detto!!! Cerca qualche altro nomaccio che mi diventi noiosa, ma belle!”
“Sei un topastro inutile e dannoso, per non parlare delle tue ossessioni insane ecco!” Oh mamma…adesso ci manca solo più che pesto i piedi come una mocciosa dell’asilo. Certo che Linds tira fuori il meglio di me!
“Sbrigati con quelle frittelle, donna frustrata!” mi arriva come risposta “O se no preparati ad una sculacciata sul serio!”
Gonfio le guance. Lo odio…eccome se lo odio. Bah…andiamo a preparare il caffè, va!
Un quarto d’ora dopo ho appena finito di impastare le frittelle con vigore furioso e sto versando la prima nella padella che sento il telefono suonare.
Non posso smettere quindi lascio che suoni mentre inizio a girare la frittella con la spatola cercando di non distruggerla.
Mia prima frittella!!!
Il telefono smette di suonare di colpo ma non ci faccio caso mentre continuo il procedimento finché ho due piatti fumanti e pronti.
Ma dove si è cacciato quell’elemento maschile primitivo?
Spengo il gas, appoggio due piatti al contrario sulle stoviglie e poso la padella sul davanzale perché si raffreddi poi metto fuori la testa in mezzo la tenda di perline.
Sento una voce soffocata dal corridoio e la seguo incuriosita…o mio dio, sta parlando da solo, dimmi che non si è fatto con il mio deodorante!!!
Arrivo fino alla porta del bagno, ora aperta e lo vedo appoggiato al davanzale bello fresco e profumato di doccia, vestito casual e con il mio telefono in mano e una faccia divertita se non entusiasta.
“Ma davvero?! Sul serio la chiama buñuelo?! Guarda guarda che coincidenza!” dice interessato.
Aspetta un attimo…
“Posso chiamarla Ines, signora? Davvero non le dispiace?”
AHHHHHHHHH!!! No! Pietà!
Spicco uno scatto olimpionico nel disperato tentativo di recuperare il cellulare ma Linds mi precede, tenendomi a distanza di sicurezza con un sorrisetto. Grrr, topo bastardo!!!
“Ma no signora…sua figlia è un tesoro, davvero. Mi vizia con i suoi manicaretti ed ha la testa a postissimo!” fa con tono gentile “Pensi che mi ha offerto la colazione!”
Smetto di divincolarmi e lo fisso incredula…sta-sta dicendo sul serio?!
“Andiamo d’amore e d’accordo, davvero! Ma lei mamma Ines è una vera per-fe-zio-ne, sì.” adula il topo con un ghignetto.
Flirta con mia madre? Ha perso il cervello?! Vuole farmi diventare scema a forza di sopportare lunghe-telefonate-da-sole-donne?
“Mi scusi ma la devo lasciare sa…buñuelo mi ucciderà se faccio diventare fredde le frittelle. Ma certo che gliela saluto, stia tranquilla! Per i nietos gliene parlo subito, ci tentiamo e poi le facciamo sapere come è andata!!! Hasta la vista, señora!” e riattacca con un sorriso da stronzo patentato con lode.
Lo fisso crucciata, la mia irritazione sta salendo a livelli extra-galattici - ma che dico! – ultradimensionali!
“Michelle respira che tra un po’ ti scoppierà un capillare e ti uscirà il sangue a fiotti dal naso!” fa, inclinando la testa da un lato.
“Quanto sei alto e largo, topastro? No…per la bara, sai…” faccio con una crocetta sulla fronte, una di quelle grosse.
Ridacchia, si china arrivando al mio livello e preme le mie labbra con le sue senza alcun preavviso.
Uh-oh…questo non me lo aspettavo.
“Sono sei piedi e due pollici, e peso centosettantadue libbre. Ho fame, ma belle; è pronto?” mormora tenero, infilandomi in mano l’apparecchio.
Ha inalato sicuramente qualcosa…o sto ancora sognando e ce l’ho spalmato addosso come l’altra volta!
Rimango imbambolata a fissarlo mentre fiuta il profumino che arriva dalla cucina e si dà ai suoi istinti da segugio, sparendo dalla mia vista. Osservo il mio riflesso nello specchio per un istante che mi sembra un secolo.
Ma sono proprio io quella lì con gli occhi spalancati?!
“Ma belle!!! Muoviti che qui si fredda tutto e mi obblighi a far onore pure alla tua parte!” arriva il richiamo giocoso del topo.
Per tutte le benzaiten…sono fregata.
Immaginate un po’ il perché…

It's like pushing locked doors to get in your mind
I don't care what I find
It's like pushing locked doors to get in your mind
I don't know what I'll find
The Verve ~ One way to go

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Canzone del capitolo: The Verve ~ One way to go.

Le note di questo capitolo sono:
- Il Six Flags Magic Mountain come già detto prima è un'enorme parco divertimenti del tutto meccanico ed esclusivamente dedicato alle montagne russe nei pressi di Valencia-Santa Clarita, periferia Nord di Los Angeles. Questo parco è stato usato come set di parecchi film tra i quali Space cowboys diretto da Clint Eastwood ed anche di una puntata degli anni '90 di Beverly Hills 90210;
- tête-à-tête locuzione francese per indicare un incontro a due intimo ed a quattr'occhi...il genere di cosa che piacerebbe davvero tanto al topo LoL;
- La cremagliera è un sistema di trazione usato nei tratti a forte pendenza. Semplicemente costituito da un'ingranaggio a dentatura rettilinea che ingrana con una ruota dentata o - nel caso del rollercoaster - una fila di ganci che permettono in caso di guasto l'ancoraggio sicuro della giostra senza andare più avanti né indietro;
- Per la discesa del rollercoaster mi sono ispirata a quella del Full Throttle che sta per essere aperto proprio in questo parco divertimenti in primavera...sul serio non so cosa darei per farci un giro! O.O Potete guardare il ride in questo trailer! Il resto della corsa l'ho ripresa invece dalla Scream! un'altra montagna russa che si trova sempre al Six Flags di L.A., potete vedere un giro qui;
- Another One Bites The Dust è una canzone scritta da John Deacon, bassista dei Queen e rilasciata nell'album The Game nell'anno 1980, colonna sonora dei miei anni migliori d'infanzia LoL. Un frammento della traccia è stato usato recentemente in una scena di Iron Man II. Potete ascoltarla qui, e lasciatemelo dire Tony Stark, il mio fratellone ed Linds Lagden hanno buon gusto in fatto di musica. Anche se a pensarci bene il topo avrebbe scelto I'm in love with my car con Roger Taylor, me lo vedo ad infilarsi i guanti prima di mettersi al volante...okay qui sto divagando alla grande, Love&Peace nel mondo fratelli! xD;
- Sì...il topo ha proprio conversato con mamma Ines! Per una spiegazione dei termini spagnoli vi rimando al capitolo dove la simpatica mamma di Michelle ha fatto la sua prima comparsa ovvero il 5;
- Nelle mie bozze Linds è alto sei piedi e due pollici e pesa 172 libbre questo significa essere alti 1,88 metri e pesare 78 Kg per il sistema metrico internazionale. Michelle invece è alta 5 piedi e nove pollici (1,75 m) e pesa 132 libbre (60 Kg);
- Benzaiten è il nome giapponese dato alla dea indiana del fiume Sarasvati. Il culto di questa dea si diffuse fra il sesto e l'ottavo secolo in Giappone e nel pantheon buddista viene creduta in grado di fornire benefici a coloro che cercavano saggezza, eloquenza, longevità ed eliminazione della sofferenza. Tutela anche il matrimonio, la letteratura e la musica.

*Il pendolo dietro le mie spalle fa tic toc, la lancetta raggiunge la fine corsa ed inizia a suonare*
*Hermes ghigna alla satana*
Il countdown è iniziato!!!
Tra sei o sette capitoli (anche meno se i miei calcoli sono corretti) dovrete dire addio a Linds e Michelle...
Credetemi la cosa mi rattrista immensamente!
*Hermes tiene le dita incrociate dietro la schiena*
Non ho molto da dire su questo capitolo a parte il fatto che adesso Michelle è nella mia versione personale di checkmate, il suo futuro è praticamente deciso ora e non posso più cambiarlo.
Non dirò altro e se ci siete arrivati da soli a cosa intendo, buon per voi. LoL
Si ringrazia chi ha recensito lo scorso capitolo ovvero Perlin e Petitecherie. Vi auguro un buon weekend e mi raccomando fate tutto quello che vi sentite, né più né meno...la vita è anche questo! xD
Alla prossima!
Hermes

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Capitolo 13
*** 13 ***


My friend and me
Looking through her red box of memories
Faded, I'm sure
But love seems to stick in her veins you know

Yes, there's love if you want it
Don't sound like no sonnet, my lord
The Verve ~ Sonnet

Passo il resto della Domenica a farmi una ramanzina da sola, senza contare le tre ore al telefono con mamma Ines che ha prontamente richiamato per sapere tutto su ‘quell’affascinante muchacho gentilissimo dalla voce stupenda’.
Voce stupenda? Il topo? Vi rendete conto del lavaggio di cervello a cui Linds l'ha sottoposta?!
Sono furiosa con me stessa per nessuna motivazione in particolare.
A parte il fatto di star diventando una marionetta, della creta nelle sue mani.
Realtà oggettiva da evitare in assoluto con uno come lui.
Va bene il sesso, ma le emozioni no. Quelle proprio non le voglio nemmeno sfiorare se possibile.
Quindi sfrutto il mattino per ripulire il bilocale che nel frattempo è diventato qualcosa di molto simile ad un rifugio antiatomico disseminato di libri, riviste, carte di merendine e tazze. Naturalmente butto su i ‘The Verve’ perché certi amori non si dimenticano mai e ho bisogno di un minimo di sostegno morale.
Fuori piove e nemmeno tanto gentilmente.
È strano questo tipo di tempo a metà marzo, così piovoso e caldo.
In più non posso nemmeno andare a correre…che oggi ne avrei proprio voglia!!!
Dopo aver finito le pulizie e mangiato un panino giro per le stanze irrequieta, finché esasperata non afferro il borsone da ginnastica ed un ombrello.
Se da dentro la pioggia sembrava impietosa, fuori invece non dava quell’impressione.
Certo, viene giù fitta, ma niente da rimanerci secchi al primo impatto.
Raggiungo la fermata del tram, riparandomi sotto la tettoia dove c’è già una vecchietta seduta sulla panchina. Ci scambiamo un saluto di cortesia, nulla di più.
Il mezzo arriva e l’aiuto a salire.
Il tram è praticamente vuoto se non si conta cinque o sei ragazzini e tre donne di mezz’età afro-americane impegnate in una fitta conversazione in swahili.
Un quarto d’ora dopo scendo alla fermata della facoltà e, protetta dal mio ombrello rosso, mi dirigo verso la palestra del campus con tutta l’idea di scoppiarmi le spalle con i pesi e fare un po’ di corsa sul tapis roulant finché la lingua non mi tocca per terra. Credetemi non vado pazza per il body-building o l’esercizio fisico assiduo ma quando hai dei crucci è l’unico modo per svuotarsi la mente.
La palestra è sovraffollata di aficionados del detto ‘Mens sana in corpore sano’.
Non ce lo vedo il topo a fare esercizio…
Scuoto la testa e m’infilo negli spogliatoi femminili, riemergendo pronta per bruciare tutto il grasso accumulato nelle ultime trentasei ore.
Non ho molto tempo dato che alle cinque inizio il turno al ristorante quindi credo proprio che mi darò da fare il più possibile…
“Michelle?”
Mi volto verso il richiamo e ci ritrovo Barbara, Dalia e Jessica.
Fan-ta-sti-co…il trio della discordia al gran completo.
“Ciao ragazze, che sorpresa vedervi qui!” cerco di suonare genuinamente estatica, ma fallisco miseramente.
“Già…con questo tempaccio tremendo non si può fare nient’altro!” Dalia fa spallucce, alzando le sopracciglia da Barbie estremamente curate. Sembrano disegnate con il pennarello.
“Avevamo in programma la spiaggia, sai…” Jess si sta osservando attentamente le unghie-artigli lunghe quattro centimetri “Ieri pomeriggio siamo pure andate alla Spa apposta, ma è tutto inutile che rabbia!”
“Va tutto bene?” domanda Barbara con sguardo indagatore, le onde dei suoi capelli biondi perfettamente mantenute con la lacca “Mi sembri un po’ giù, cara…”
Ti piacerebbe saperlo, eh? Doppiogiochista gelosa della tua stessa ombra…
“No, niente di preoccupante, ho avuto da studiare…le solite cose!” replico poi mi scappa “Ho saputo che tu e Will vi siete messi assieme…sappi che siete una coppia stupenda!”
Michelle, la tua lingua prima o poi ti darà dei seri problemi anche perché metà delle cose che hai detto non le pensi sul serio…non quando di quei due l’unico cervello è della finta bionda che ti sta davanti.
“Ah…grazie.” replica affettata lei, stringendo impercettibilmente gli occhi “Beh…io e le ragazze stavamo andando, buon proseguimento, cara!”
Contro tutte le mie più rosee aspettative l’incontro è durato poco e sospiro di sollievo.
Non so se considerarla una fortuna…soprattutto con le occhiate di cattiveria che mi hanno lanciato prima di andarsene.
Alzo le spalle e mi dirigo verso il reparto pesi.

La pioggia è scemata nelle ultime ore e dopo una doccia veloce negli spogliatoi cammino a piedi fino al ristorante, non è molto lontano ma i miei muscoli protestano. Sono soddisfatta e tranquilla rispetto a stamattina.
Ho ancora del tempo prima del mio turno e guardo distrattamente le vetrine finché non arrivo davanti uno di quei negozietti dei souvenir tipo bazaar…
Sarei capace di spulciarlo da cima a fondo, anche senza comprare niente.
Do uno sguardo all’ora ed entro a dare un’occhiata.
Oltre varie cineserie, il locale ha una sezione di giocattoli e un’altra – un po’ più piccola - di pupazzetti alcuni con magliettine stampate ‘I love San Francisco’.
La mia visita non dura che cinque miseri minuti ed ho già la mano sulla maniglia della porta quando i miei occhi si posano su una rastrelliera girevole.
Ed il pensiero nasce da solo dopo alcuni aneddoti che Raph mi ha raccontato ieri di sua spontanea volontà…il topo si divertirebbe un mondo, riesco già a vederlo quel suo sorrisetto.
Prendo la confezione in mano, voltandola per leggere.
Non costa nemmeno un’esagerazione…due dollari e 25 cents.
L’unica è il fatto di essere già risolto, ma a quello provvederò io prima di darglielo.
Acquisto il piccolo oggetto e torno fuori, riprendendo la mia strada ma prima mando un messaggio a Marylin Zen, con un certo grado di curiosità.

Professore, scusi se la disturbo ma vorrei sapere il giorno del suo compleanno se non le dispiace.

Aspetto una risposta che però non arriva. Probabilmente Linds ha lasciato il telefono in giro o non si degna nemmeno di guardarlo preso com’è dai suoi progettini diabolici.
Arrivata al lavoro, raggiungo lo stanzino e mi cambio poi faccio per spegnere il cellulare e ci trovo un messaggio del topo.

Miss Hervas lei mia cara non mi disturba affatto ma temo di non poter soddisfare la sua curiosità. Non so con esatta precisione la mia data di nascita.
Ps: Cenetta, ma belle? Ho un tavolo prenotato da George, stasera… ;)

Che significa?
Come fa a non sapere quando è nato!?

Dispiaciuta topo, ma il mio turno inizia adesso e non smonto fino all’orario di chiusura quindi fai i miei saluti a George da parte mia. Non lavorare troppo.

Invio il messaggio e spengo, infilandolo in una tasca del borsone.
Beh…a questo punto glielo darò domani o quando capita.
La serata fila liscia e più o meno come me l’aspetto, fra clienti schizzinosi e riunioni adolescenziali.
Verso l’una sono finalmente libera e mezz’ora dopo sono nel mio lettino sperando di dormire almeno sette ore senza problemi, manca la coperta umana.
Non lamentarti, Michelle. L’importante è avere un tetto sopra la testa ed essere all’asciutto!
Il mattino dopo mi sento finalmente al pieno della forma e vado in facoltà, fischiettando.
Sembra che anche il meteo abbia deciso di rallegrarsi un po’ e dei timidi raggi di sole rischiarano la città, alzando una fitta foschia mattutina.
D’ottimo umore raggiungo la caffetteria con la buona intenzione di rimpinzarmi con muffin e caffè e mi ritrovo attorniata da vecchi compagni di corso e Max e Richard, ancora presi dal loro progetto sull’edificio eco-sostenibile.
Passo scienze naturali e genetica, poi arriva l’ora di pranzo e provo a vedere se riesco a trovare Linds.
Girovago per i corridoi, infine salgo le scale e busso alla porta del suo ufficio, provando a girare la maniglia.
La porta è aperta ed entro.
Al primo colpo…dove poteva essere se non qui, dopotutto?
È comodamente stravaccato sulla poltrona girevole, piedi appoggiati alla scrivania alla ‘padrone della baracca’ ed il nostro mucchio di compiti da classificare in grembo, fra le dita il suo solito lapis bicolore che batte ritmicamente sui jeans.
Il filo bianco degli auricolari che sbuca dalla tasca del camice, finisce nelle sue orecchie. Nel silenzio della stanza riesco quasi a sentire la musica. La tazza di caffè poggiata in precario equilibrio sulla coscia.
“Sto interrompendo qualcosa, professore?” domando sarcastica, Linds alza gli occhi sopra le lenti.
“Sì…mi stai salvando dalla morte per noia, ma belle. Qual buon vento ti porta qui?” si è sfilato le cuffie ed ha inclinato la testa, curioso.
“Ho pensato…”
“Aspetta devo registrarla questa cosa…tu riesci a pensare?!” interrompe incredulo, afferrando al volo - senza guardarla - la tazza che ha iniziato a scivolare.
Alzo gli occhi al cielo, ecco adesso me ne vado…ma no,oggi mi sento troppo buona!
“Non sarò un delfino, Linds…ma anch’io ho i miei momenti d’immenso.” mi avvicino alla scrivania e poso sul piano una scatolina incartata con tanto di fiocchettino. Ieri sera c’ho messo una vita per preparare ‘sto pacchettino…
Linds la osserva con minuta attenzione, quasi come se cercasse di sentire un ticchettio sospetto proveniente dall’interno.
“Cosa c’è dentro?” domanda, finita la sua analisi.
“Il tuo regalo di compleanno.” rispondo senza espressione.
“Non so qual è il giorno esatto, ma belle. Mi pareva di avertelo detto.”
“Ti piacerà, Linds. Magari ti darà anche del filo da torcere…” accenno “L’ho incasinato personalmente.”
“Allora è un divertimento assicurato.” sorride con un che di indolenza nel tono di voce. Lo strozzo! Questa è la volta buona!
Linds infila il lapis dietro l’orecchio, butta i compiti sulla scrivania senza tante cerimonie e finisce il caffè nella tazza, prima di posarcela sopra.
Acchiappa la scatolina, la scuote per sentire se fa rumorini strani poi con un unico movimento strappa la carta regalo, trovando il portachiavi con il cubo di Rubik in miniatura agganciato con un anello piantato in uno spigolo.
Non è molto grande ma è carino e di plastica pesante, ieri sera mentre lo giravo a vuoto il suo ingranaggio interno scattava che era una meraviglia.
Intanto l’ha tolto dalla confezione e se lo rigira fra le mani, osservandolo con uno sguardo affascinato.
Sta facendo girare gli ingranaggi infernali del suo cerebro per la soluzione ne sono certa!
Dieci secondi dopo sorride.
Nessun’altra reazione.
“Allora?” domando, a mio discapito curiosa.
“Trentanove.” risponde semplicemente, con il solito sorrisetto.
“Elabora per gli esseri umani, Linds.”
Invece di parlare il suo sorriso si allarga e toglie le gambe dalla scrivania, permettendomi di appoggiarmi al bordo e guardare meglio.
Mi mostra il cubo come io l’ho randomizzato poi inizia a contare le mosse, girando le facce con lentezza.
“39”
[…]
“33” la faccia bianca è completa.
[…]
“28” bianco, rosso e metà giallo risolto e solo da spostare sulla facciata giusta. Intanto và più veloce, si sta divertendo un mondo.
[…]
“13” risolto il blu.
[…]
“5” il cubo è tornato al suo innocente stato monocromatico su tutti i lati.
Sono incredula…ho trafficato mezz’ora ad incasinarlo!!!
Ma il fatto più scioccante è che…
“Avevi detto trentanove, ne hai usate trentaquattro di mosse!”
“Ops…mio errore…” ed il suo sguardo mi suggerisce che non avrebbe fatto errori nemmeno se una palla da bowling l’avesse colpito in pieno nel mentre “Se vuoi possiamo usare le prossime come premio per il sottoscritto…cinque bacetti me li merito!”
“Non ci posso credere…” lo ignoro mentre continuo a fissare il giocattolino che adesso rotea agganciato al suo dito “È impossibile barare a Rubik!”
“È anche impossibile non riuscire a risolverlo Michelle…pure permutazioni ed algoritmi, in una parola roba stupida.” Linds si stira le gambe, strizzando gli occhi.
“Una volta però non ci sei riuscito.” noto, e lui perde la sua posa rilassata “Me l’ha detto Raphael.”
“Sì…ma avevano vandalizzato il cubo per prevenirne la soluzione, se ti pare un comportamento sportivo.” alza le spalle, guardando il portachiavi “Mi piace, grazie.”
“Prego.” incrocio le braccia mentre continua a fissarmi ed il cubo gira “Linds non ti offendere ma – esattamente - qual è il tuo punteggio di QI?”
“La verità fa male, ma belle.” avverte quasi con gentilezza “E poi quel tipo di test non è quasi mai veritiero…non mette in conto la saggezza dell’individuo per esempio, a discapito della sua età e-”
“Rispondi.”
“L’ultima volta che ho controllato mi aggiravo sopra i 210 punti.” dice infine scocciato, posando il cubo sulla scrivania e riprendendo in mano i compiti. Quando nota che non rispondo mi lancia un’occhiata “Ho soddisfatto la tua curiosità, vero?”
“È una palla.” sbotto, il sangue mi è sceso dalla faccia. Le possibilità che una persona sfiori quel risultato sono…improbabili, per farla facile.
“Lo so quali sono i rapporti di rarità sui percentili, ma belle. Non è colpa mia se su 16 miliardi e passa di marmocchi sono nato con qualcosa in più, non l’ho scelto.” continua lui con un tono stranamente dolce, ordinando la pila di fogli ancora da correggere.
Sorride quasi in imbarazzo, rigirando il lapis fra le mani. Rimane un momento in silenzio e qualcosa nella sua espressione mi colpisce. È…no, impossibile.
“Credimi Michelle…certe volte mi chiedo quanto sarebbe bello essere un perfetto imbecille.” dice piano.
Lo guardo senza sapere che dire…questa non è la persona che ho conosciuto fino a questo momento. Se il Linds marpione ed arrogante è una facciata allora dietro si nasconde una psiche completamente diversa. Ritrovo la mia voce “Un mucchio di gente ucciderebbe per il contrario.”
“Sì, è vero. Però l’intelligenza non è tutto…puoi essere anche un mostro e fare le moltiplicazioni con numeri di dodici cifre senza battere ciglio ma quello che è davvero importante è come ti servi dell’elasticità mentale che possiedi. Guarda Galileo ed Einstein. Il primo aveva scoperto che la Terra non era al centro dell’universo ma piuttosto che farsi ammazzare ha preferito ritrattare continuando i suoi studi di nascosto, puntando un dito medio al Vaticano mentre il papa guardava dall’altra parte. Il secondo era un pacifista a tutti i costi ma dette inizio alla paura scatenata dalla minaccia nucleare…avrebbe potuto tenerlo per se ed invece no. Bene e male fanno parte della stessa famiglia a seconda di come li guardi.”
“E tu?” domando confusa “Tu da che parte stai?”
Il lapis fra le sue dita smette di ruotare “Sono qui seduto a fare della filosofia quando – a quest’ora – avrei finito di correggere e sarei passato giù a dare un’occhiata a Raph. Tornato indietro dal pranzo in caffetteria mi sarei messo al computer, pronto a sciogliermi il cervello davanti al Doctor Who prima dell’inizio delle lezioni pomeridiane. Se poi non c’è niente da vedere potrei sempre dare un’occhiata a Youporn…la mia collezione hardcore inizia a sembrarmi scarsa.”
“LINDS!” strillo, presa in contropiede. Quest’uomo non ha alcun senso del pudore!
“Sei tu che me l’hai chiesto, ma belle…”
“Okay…me ne vado. Ci rivediamo alle tre in aula.” dico, staccandomi dalla scrivania.
“Sei libera di…incasinare il cubo quando e quanto vuoi, Michelle. Una distrazione ogni tanto mi fa piacere.” lo sento dire mentre chiudevo la porta “E comunque incasserò presto il mio favore grosso, piccola!”
Topo tirchio senza cuore…questa storia del favore grosso mi preoccupa sempre di più!
Cammino per i corridoi con in mente il desiderio di un panino pollo e maionese gustato all’ombra ma poi un’occhiata al tempo abbruttito mi toglie la voglia. Il più degli studenti si era accampata sulle panche sotto le finestre a chiacchierare o leggere il numero del giorno del San Francisco Examiner in cerca magari di qualche concerto musicale.
Scesi la prima rampa di scale e poi mi fermai alla finestra, fissando le prime gocce di pioggia ricominciare a cadere.
Non sono più qui con la testa…no.
Pian piano anch’io sposto le tessere del mio cubo di Rubik personale, magari non a colpo sicuro ma non c’è dubbio che sto avanzando.
La vita universitaria a Linds interessava poco o niente. Si era installato lì alcuni mesi prima che io iniziassi il suo corso, ma la cattedra di Fisica era l’ultimo dei suoi pensieri: era sprecato per fare il professore, bastava conoscerlo un po’ per rendersene conto. Scriveva formule e teoremi senza alcun sforzo apparente ma le poche volte che l’avevo visto parlare con Raph era tutt’altra cosa. Vedi il correre a LA strafregandosene di tutto e tutti dei suoi doveri universitari.
C’era solo un punto che differiva in quella storia.
Il laboratorio sotterraneo e ciò che contiene.
Magari stanno facendo delle ricerche da Premio Nobel ma faccio fatica a crederci.
Gli unici che possiedono le chiavi del laboratorio sono loro due, nessun’altro poteva aver messo piede là dentro.
Inizio a credere che, qualsiasi cosa si nasconde dietro quella porta, non sia niente di buono.
Beh…non mi resta che spillare delle informazioni da Raph o scoprirlo.
E poi c’era quell’uomo giovane…più ci pensavo più mi sembrava di averlo già visto da qualche parte…
Esco nel piazzale della Facoltà e rabbrividisco nella luce grigia mentre la pioggia cade incessante.
Qualunque cosa sia, ho un brutto presentimento.

Why can't you see
That nature has its way of warning me
Eyes open wide
Looking at the heavens with a tear in my eye

Sinking faster than a boat without a hull
[...]
Dreaming 'bout the day when I can see you there by my side
[...]
Here we go again and my head is gone, my lord
I stopped to say hello
'Cause I think you should know, by now
The Verve ~ Sonnet

~~~

Canzone del capitolo: The Verve ~ Sonnet.

Le note di questo capitolo sono:
- Lo Swahili è una lingua africana appartenente al ceppo bantu. È uno degli idiomi più diffusi nel continente africano ed è ricco di tradizione letteraria perlopiù orale. Oltre ad essere parlato dalle popolazioni dell'omonima etnia lo swahili viene usato da milioni di persone nell'area centro-orientale africana come lingua franca;
- Mens sana in corpore sano dal latino 'Mente sana in corpo sano', citazione di Decimo Giunio Giovenale, poeta, retore ed avvocato romano. Famose le sue satire dove però si riscontrano forti misoginie e omofobie;
- Il cubo di Rubik è un puzzle meccanico a tre dimensioni inventato nel 1974 dall'ungherese Erno Rubik, scultore e professore di architettura. Quello che Michelle regala a Linds è la versione classica con sei facce, ognuna dipinta di un colore (tradizionalmente bianco, rosso, blu, arancione, verde e giallo). Il meccanismo a perno permette di girare ogni faccia indipendentemente. La maggiore popolarità del cubo fu negli anni '80, ma dal 2003 esiste la World Cube Association che organizza eventi e competizioni di velocità per gli appassionati di Rubik e archivia i risultati mondiali ufficiali dei più veloci giocatori. Ho dato un'occhiata alla pagina wiki inglese del giocattolino e vi dirò, mi sono venuti gli occhi a spirale nel leggere tutta la teoria matematica e le combinazioni! @@;
- IQ o quoziente d'intelligenza è molto semplicemente un punteggio derivato da uno o più test standardizzati per rilevare l'intelligenza di un individuo. Possono predire l'avanzamento scolastico, il ritardo mentale, la carriera lavorativa ed il reddito. Il punteggio d'intelligenza media è fissato sui 100 punti, mentre quello d'intelligenza reale tenendo anche conto dell'effetto di Flynn sulle nuove generazioni ondeggia fra i 90 e 125 punti. Statisticamente parlando il 95% della popolazione globale ha punteggi fra i 70 ed i 130, ma solo il 2% supera i 131 punti. Il punteggio poi viene fortemente influenzato dall'età dell'individuo nel momento del test. Avere un punteggio alto quanto quello di Linds significa (secondo la scala percentili di Stanford-Binet) essere uno fra 16/17 miliardi di persone, non so come la pensate ma trovo che questi numeri spaventano; xD
- Quando Linds parla di Galileo e della sua teoria sulla struttura dell'universo bisogna tenere in conto del periodo storico al quale si riferisce. Galileo esercitò come astronomo nel XVII secolo assieme a Keplero. La sua teoria eliocentrica (che prendeva spunto dal sistema copernicano) ovvero il sole al centro dell'Universo venne considerata eresia assoluta dal Papa e dalla Chiesa che credevano nella teoria tolemaica (la terra al centro dell'universo), quindi Galileo fu processato per eresia e gli venne intimato il silenzio dal cardinale Roberto Bellarmino, i suoi libri furono bruciati pubblicamente. Lo scienziato, piuttosto che regalare la vita all'inquisizione, decise di ritirarsi dalla scena e salvarsi, continuando però i suoi studi in privato;
- Sempre rimanendo sullo stesso discorso passiamo ad Einstein e la minaccia nucleare. Quello che dice Linds sulle posizioni pacifiste del noto fisico è tutto documentato.
La visione di Einstein non è rimasta uguale nel corso della sua vita, con l'avvento di Hitler (fatto che lo costrinse ad emigrare negli Stati Uniti e dove rimase fino alla sua morte, per quanto la sua famiglia era di origine ebraica) e a causa della minaccia che rappresentava il nazismo le sue posizioni pacifiste cambiarono radicalmente e scrisse - assieme ad altri fisici - una lettera al presidente Roosevelt, nel quale sottolineava la possibilità di creare la famosa bomba atomica con l'aiuto della sua teoria sulla relatività ristretta. Al termine della WW2 le sue idee cambiarono nuovamente con tutta probabilità dopo aver visto con i suoi occhi quale distruzione la bomba atomica aveva portato su una città come Hiroshima, ed Einstein si impegnò attivamente per il disarmo internazionale ma ormai era tardi perché nessuna nazione avrebbe voluto privarsi di un'arma di distruzione di massa e mostrare il fianco scoperto. Per concludere questa nota voglio solo aggiungere che Linds non comprende le motivazioni di Einstein, e lo vede ingenuo e sognatore della serie 'doveva pensarci prima di sganciare', sì il topo è impietoso nei suoi pareri;
- Il San Francisco Examiner è un quotidiano gratis tipo il nostro Leggo che circola nelle grandi città italiane.

Ecco a voi un nuovo capitolo...=)
Lo so è molto corto rispetto ai precedenti, ma ho voluto fermare un attimo lo svolgersi della storia perché i prossimi sviluppi saranno tutt'altro che normali ed ho bisogno di calma per scriverli nell'esatto modo che ho in mente. In contrasto non volevo lasciare troppo tempo di mezzo senza notizie...xD
By the way, nello scorso capitolo ho fatto di nuovo degli errori vergognosi che ho provveduto ad editare. Vi prego se notate cose fuori dal mondo, fatemelo presente! Purtroppo ho la cattiva inclinazione di non betare sempre e comunque quando posto. LoL
Sentiti e doppi ringraziamenti vanno a Petitecherie che ha recensito e mi ha fatto notare le mie sviste! Grazie! xD
Aggiornerò di nuovo appena avrò un buon capitolo da proporvi...quindi pazientate. =)
Hermes

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Capitolo 14
*** 14 ***


Nota
In questo capitolo c'è uso di vandalismo nella sua forma più incivile e cruda, ovviamente non vi consiglio di prenderlo in considerazione. Lettore avvisato mezzo salvato, io ho fatto il mio dovere. =)
Buona lettura.

'Cause it's a bitter sweet symphony, that's life.
Trying to make ends meet, you're a slave to money then you die
I'll take you down the only road I've ever been down
You know the one that takes you to the places where all the veins meet, yeah

Well, I've never prayed
But tonight I'm on my knees
I need to hear some sound that recognize the pain in me
I let the melody shine, let it cleanse my mind, I feel free now
But the airwaves are clean and there's nobody singing to me now
The Verve ~ Bitter sweet symphony

La settimana continua senza eventi di sorta, è più tranquilla del solito.
Nel corso di Fisica Linds e Raph si alternano nelle lezioni, ormai manca poco più di un mese alla fine del corso ed l’ intera classe si è anestetizzata ai suoi metodi di insegnamento. Morale? Lascia perdere il corso è datti all’ippica. Qualcosa del genere!
Max e Richard sono sempre più occupati con il loro progetto ed io sto finalmente tirando giù una prima bozza della tesi, delineando bene le varie sezioni che mi interessa approfondire.
Negli ultimi tre giorni ho messo le radici davanti uno dei computer a disposizione delle matricole ma non ho scelta se voglio organizzare il lavoro nel modo più pulito possibile…odio i computer
Giovedì sono appunto lì che digito un nuovo capitolo con sulle ginocchia l’enciclopedia della Genetica ed uno dei libri che ho acquistato alla conferenza della scorsa settimana quando la mia concentrazione viene spezzata dal telefono.

Raph, dice che sei nei paraggi Michelle…il topo qui ha un favorino da chiederti…verresti giù? Ti aspetto tra dieci minuti nella mia tana. =*
Ps. Già che ci sei passa dal bar e recupera un tre litri di broda…abbiamo finito le scorte!

Favorino?
Pondero la richiesta poi lancio un’occhiata allo schermo.
Uhmm…okay è il momento di una pausa. Sono troppo curiosa!
Salvo e recupero i miei libroni poi discendo fino al bar e con tre tazze ed arrivo ai sotterranei, controllando prima che nessuno mi segua…
Il corridoio è rimasto uguale alla settimana precedente ma le porte sono tutte chiuse.
Ed adesso come faccio a ricordarmi quella giusta? Sono tutte identiche!
Avanzo venti metri poi la scelta mi viene facile…
Solo una persona metterebbe ‘Tainted love’ a questo volume in un campus…
Non busso nemmeno, tanto non riuscirebbero a sentirmi, ed entro nel laboratorio aspettandomi luci stroboscopiche nello stile del topo.
“Era ora!” esclama Linds, avvicinandosi e rubando una tazza “Vieni, ma belle che ho bisogno d’aiuto!”
Aggancia il mio gomito con il suo e mi trascina nella seconda stanza che non è poi così diversa dalla prima.
Raph mi saluta, seduto a due computer che immagino sia il suo e quello del topo, collegati da una serie di cavi.
La stanza è scarsamente arredata con un tavolo, mezza dozzina di sedie, schedari ed alcuni mobiletti, uno dei quali è chiuso con un lucchetto.
Ecco il famoso armadietto delle sostanze stupefacenti non so cosa darei per dargli fuoco, sarebbe un divertimento!
Dietro a Raph c’è un’altra porta-vetro e noto le piastrelle ed i macchinari da laboratorio di chimica, il tavolo è un macello di rastrelliere di provette etichettate, pipette, fogli e tazze di caffè.
Ma il topo non dorme mai?
“Di cosa hai bisogno?” domando, mentre guardo ancora l’interno del laboratorio, lo specchio sopra il lavandino bianco è stato scarabocchiato con un pennarello rosso per tutta la sua lunghezza.
A prima vista il diagramma disegnato assomiglia tantissimo ad una struttura di chimica organica che però non riconosco anche per colpa delle varie cancellature e scritte piccole come delle formichine.
Cos’è? Che forma strana…sembra che abbia giocato a Twister!
“Niente di importante…mi hanno mandato a chiamare dalla segreteria e – a quanto pare – non ho compilato due o tre cosucce burocratiche…” fa il topo, indicando l’angolo dietro le mie spalle “Quindi ho pensato che intanto mi devi un favore…io non ho tempo di farlo.”
Mi sono voltata.
No, dimmi che scherza.
“Che cos’è questa montagna di fogli?!” esclamo demoralizzata. È alta cinque pollici, al minimo!
“Su con la vita, ma belle! Non è un lavoretto difficile…ci vuole solo tanto polso!” m’incoraggia Linds, battendomi gentilmente sulla schiena.
“Se vengono a sapere che fai sbrigare la burocrazia del corso agli studenti guarda che parte un’inchiesta!” gli faccio notare, alzando un sopracciglio.
“Ahem…” il topo si schiarisce la voce, osservandosi le unghie “…chi è che ti ha dato un passaggio a gratis da SF a LA e ritorno? Rinfrescami la memoria…”
Osservo scoraggiata la pila di scartoffie. Occhio e croce sono due mesi di arretrati! Mi verrà la barba a redigere tutta ‘sta roba...
“Questo è un ricatto, belle e buono!” borbotto sconfitta, Linds ridacchia.
“Vedila come una prova della mia fiducia nei tuoi confronti. Devo consegnarli domani mattina.”
Linds…sul serio, vuoi andare a quel paese, gentilmente!?
Scuoto la testa e mi recupero un po’ di spazio sul tavolo sovraccarico, mentre Raph mi lancia un sorriso consolatorio.
Linds rimane ancora un attimo, scambia due parole sul lavoro di Raphael poi torna nel laboratorio a trafficare con solo Dio sa cosa.
[…]
È passata solo mezz’ora da quando ho iniziato e mi sto già annoiando.
Raph non sembra più interessato di me, una mano sul mouse e la testa appoggiata sul palmo della mano. I suoi occhi scattano avanti ed indietro senza sosta.
Mi stiracchio sulla sedia, muovendo le dita intirizzite della mano sinistra. Dalla mia posizione vedo Linds nell’altra stanza attraverso il vetro della porta, chino sul microscopio. Ogni tanto alza la testa per scarabocchiare su alcuni fogli.
Perché i lavori noiosi finiscono sempre a me?! Uffa!
Mi sento osservata ed incontro lo sguardo azzurro di Raph.
“Come va?” domando curiosa.
“Abbastanza…il debug del codice sorgente non è spassoso ma c’è di peggio nella vita!” replica sereno il San Bernardo.
Se mi sforzo riesco ad immaginarmelo con le orecchie a penzoloni e la coda che scodinzola energica…il nasone e la lingua di fuori lasciamola optional…
“Perché li hai collegati? Voglio dire…non bastava lavorare sul suo di notebook?”
“Non posso, purtroppo i file sono protocollati e criptati. Devo bypassare il sistema per poterli modificare.” Raph si gratta il naso “Linds usa dei livelli di sicurezza da servizi segreti…all’inizio glieli compilavo io ma questo è di una complessità assurda…”
Il biondo chiude la bocca, ha l’espressione di qualcuno che ha parlato troppo…
“Raph, guarda che ero seria quando dicevo che non ci capisco niente…puoi anche farmela facile ma non sono proprio in grado di comprenderla quella roba!”
“Ah…per me sono cose semplici…” mi fissa imbarazzato, ma perché il topo non prende un po’ esempio dal cagnone? Gli farebbe un sacco di bene…
“Come mai tutta questa segretezza?”
“Non lo so.”
Gli lancio un’occhiata del tipo ‘Mi stai prendendo per i fondelli o cosa?’
Raph distoglie lo sguardo fissandolo un momento sullo schermo, pensoso “Linds non tiene i suoi archivi od i dati nel disco rigido di sistema. Ha creato un ghost drive protetto dagli accessi non autorizzati con un sistema di crittazione incrociata, deve averlo studiato quell’algoritmo. Sbaglia una volta il login e la memoria del disco fantasma si distrugge in automatico, gli ho fatto notare che è un sistema pericoloso ma come al solito non mi dà ascolto.”
“Per fantasma intendi una sezione del disco che sembra vuoto ma invece non lo è?” sono molto più che confusa.
“Ah, sì, più o meno…” Raph mi sorride debolmente con un gocciolone.
Okay…più di così non capisco…
Torniamo ognuno al rispettivo lavoro.
Passano alcune ore ma qui nel laboratorio il fluire del tempo si nota solo dall’orologio a muro, per il resto la pila di fogli per la segreteria si è abbassata di quasi due pollici sì e no…a cosa serve tutta questa carta? Meglio non saperlo…
Alzo lo sguardo quando Raph si alza e fa grattare la sedia sul pavimento.
Stira le braccia dietro la schiena e il suo collo fa cric-croc! dopo essere rimasto tanto a lungo nella stessa posizione.
Ha scollegato i due portatili ed inizia a fare su i cavi, riempiendo la borsa.
Fatto quello mi lancia un’occhiata ed offre “Se vuoi posso fermarmi qui ancora un po’ per aiutarti…”
“Nah, Raph…prima o poi il maledetto uscirà fuori dalla tana e mi darà una mano.” replico con un sorrisetto sadico mentre il biondo ridacchia ed infila la testa nel laboratorio.
Pal…sono le sette, io vado. Ci rivediamo domani mattina.”
“Salutami Mel e non fate troppe porcherie via webcam.” arriva come risposta.
Raph diventa rosso.
“Scherzavo, amico…Michelle è ancora lì?”
“Sì, topo. Sono ancora qui e nutro seria avversione nei tuoi confronti…” replico da me, afferrando un nuovo foglio.
“Mezz’oretta e ti vengo a dare manforte, bellezza!”
Raph alza le spalle, rassegnato “Buona serata, Michelle.”
“Anche a te.”
Raph se ne va e passano ancora un buon tre quarti d’ora prima che il mio orecchio oda l’acqua del lavandino scorrere e poi il click dei pulsanti.
Linds ha spento la luce nel laboratorio e fissa i fogli ancora da sistemare “Uhm…sei lenta…”
Gli lancio un’occhiata pungente, ma non spreco il fiato per ribattere. Prima finisco, prima lo posso picchiare… basilare, no?
Linds sembra aver capito la piega dei miei pensieri perché afferra una biro e mette mano su uno dei moduli nel quale manca solo più la firma con un sospiro.
“Odio la burocrazia…” borbotta cupo “È inutile, e non ti fa guadagnare un bel niente.”
“Io sapevo che tante di queste domande si potevano sbrigare via internet…” accenno ottimistica.
“Per la carità, lascia perdere la digitalizzazione o mi stermini quelle povere zitelle delle segretarie…vogliono loro troppo bene per mandarle in pensione…”

È quasi mezzanotte quando poso la biro e mi strofino gli occhi, Linds sta ancora compilando gli ultimi moduli.
“Il mio favore si è estinto, sì?” domando speranzosa.
“Credo di sì…” il topo fa il labbro tremulo “Mi mancherai…vero che mi verrai a trovare ogni tanto?!”
“Se posso evitarlo…”
“Crudele!”
Rispondo con una linguaccia, alzandomi ed infilando il giacchino.
“Se mi aspetti ti accompagno a casa…” mi offre, continuando a scrivere.
“Veramente devo andare a far la spesa prima.”
“Per pura combinazione anch’io!” Linds sorride “Conosco anche un negozio aperto 24su24, ti va di farmi compagnia ancora per un po’?”
“Ok.”
Sbriga in fretta gli ultimi documenti. Recupera borsa, chiavi e giacca poi chiudiamo il laboratorio e saliamo con l’ ascensore nel piazzale umido.
È dall’inizio della settimana che continua a piovere ad intermittenza, questa mattina sembrava un diluvio da tropico ma sembra che stanotte farà una tregua.
Abbraccio con lo sguardo il parcheggio ma non vedo la Ferrari da nessuna parte.
“Che fine ha fatto la tua macchina?” domando sorpresa.
“Oggi sono arrivato a piedi, scusa me ne ero dimenticato!” Linds si gratta la testa con un sorrisetto “Voglia di fare due passi con me? Il supermercato non è molto lontano.”
Faccio spallucce e c’incamminiamo fianco a fianco nella foschia, è tardi ma la città è ancora ben sveglia.
Il topo ogni tanto si volta a guardarmi ma proseguiamo in silenzio, sorpassando l’occasionale pub e negozi con le serrande abbassate.
“Che ne pensi se microondiamo una pizza a casa tua? Sto morendo dalla fame sul serio.” esclama mentre più in là noto l’ insegna dello store.
“Approvato, topo…pizza ai quattro formaggi per te?”
Linds mi lancia un’occhiata di sbieco alla ‘cosa mi tocca sentire…’ ma lascia cadere la battuta.
Almeno incassa e sta zitto, è colpa sua se ceno a quest’ora!
Il negozio non è grosso ma ha tutto il necessario.
Giriamo per le varie corsie un po’ insieme, un po’ per conto nostro e ci ritroviamo alla cassa.
Il suo cestino è pieno di vaschette di cibi già pronti, una bottiglia di vino dall’aria costosa ed alcuni articoli di igiene personale.
“Non cucini mai?” domando mentre il commesso fa passare le mie cibarie.
“Non di solito. Solo quando sono obbligato.”
Come cavolo fa a non ingrassare se mangia sempre cibi spazzatura?
Riempiamo i sacchetti di carta marrone e torniamo in strada, oltre ai suoi acquisti Linds ha insistito per prendere anche una vaschetta di gelato ed una confezione di quattro lattine di birra.
Con il passare del tempo la strada si fa sempre più vuota e svoltiamo l’angolo della mia via.
“Sicuro di voler mangiare da me? Diventerà tardi.” domando, occhieggiando un orologio digitale sulla facciata di una farmacia, segna già a grossi numeri rossi la mezzanotte e mezza. Linds ridacchia.
“Nessun problema…funziono anche senza dormire in economy mode.”
Che topo nerd scemo.
“In più non posso proprio lasciarti tornare a casa a quest’ora da sola…non una donzella come te, c’è il posto che mi spaventi il molestatore e lo fai scappare a gambe levate! Uno spettacolo così non posso perderlo…”
Ho quasi voglia di spiaccicargli in testa le quattro uova acquistate…cosa ho fatto di male per incontrare uno str- così!?
“Tutto questo giro di parole per dirmi che tieni alla mia incolumità, Linds? Andiamo bene!” esclamo sarcastica.
“Certo che ci tengo, Michelle. Sei forte e sicura di te, il genere di donna che mi piace sul serio…”
Per poco non faccio cadere la spesa a quella dichiarazione diretta, mi viene voglia di darmi un pizzicotto tanto per provare a me stessa di non sognare…l’ha detto davvero? Ma come fa a prendermi di sorpresa ogni volta?!
Linds si mette a fischiettare allegramente, continuando a camminare.
“Impostore…” sibilo piano, recuperando la distanza mentre mi aspetta, facendomi l’occhiolino “Proposito…ma Raph come faceva a sapere che ero nei paraggi?”
Linds sorride, gli occhi fissi davanti a se che ammiccano dietro gli occhiali “Informazioni riservate…se mi dai un bel bacio all-inclusive potrei anche fare uno strappo alla regola, solo perché sei tu, eh!”
“Calcio? Scusa sono un po’ sorda da quest’orecchio ma se vuoi un calcio faccio in fretta!” scherzo, fingendo una pedata mentre ridacchiamo.
“Raph ha un famoso passato da hacker, ma belle.” spiega Linds quietamente “All’uni si divertiva ad infiltrarsi nei sistemi di sicurezza delle maggiori banche e dipartimenti americani…infatti il Pentagono lo tiene in consulenza fissa. Entrare nel sistema del campus è una passeggiata per lui…non ci sono protocolli capaci di sbarrargli la strada.”
“A parte i tuoi…” mi sfugge, e subito mi pento d’averlo detto. Linds ha stretto le labbra ma poi sorride. Siamo arrivati davanti al mio palazzo e frugo nelle tasche, cercando le chiavi.
“A parte i miei, sì…ma credo che se gli girassero sarebbe capace di craccarli senza nemmeno sudare. È una persona fondamentalmente buona e non farebbe male ad una mosca ma non si può mai sap-” Linds si è improvvisamente fermato, la sua attenzione rubata da qualcosa.
Quando alzo gli occhi, sospendendo la mia ricerca lo trovo che fissa l’edificio con gli occhi a fessura.
“Linds…? Perché ti sei fermato?”
“…”
Soffia una leggera brezza ed all'istante una puzza infernale mi colpisce le narici.
“Cosa cavolo…sembra quasi che abbiano dato fuoco ad un barattolo di vernice!” lascio perdere le chiavi e m’incammino per il vialetto che porta dietro nel cortile ed all’inizio non comprendo quello che ho davanti agli occhi.
O forse non lo voglio vedere…
Linds mi ha seguito e rimane in silenzio al mio fianco, mentre i miei occhi si allargano tanto aridi da farmi male.
No, non è vero.
Il cortile è illuminato da un faretto alogeno e mi permette di esaminare la scena nella sua interezza.
Al posto della Jackal c’è una carcassa vandalizzata in ogni modo possibile ed immaginabile. Un pallido ricordo della mia moto.
È coricata su un fianco, coperta di vernice bianca, il sellino squarciato ed i carburatori sono evidentemente stati presi a martellate, per non parlare dei fanali strappati, i vetri sono sparsi in giro.
L’odore di bruciato si spiega dato che hanno provato a dar fuoco ai copertoni ma il principio d’incendio deve essersi spento per grazia divina priva di arrivare al serbatoio.
Il sacchetto che ho fra le braccia trema, soprattutto quando i miei occhi notano la parola dipinta in un angolo della pozza.
Whore.
Questo è troppo…è davvero troppo!
Una colata di lava mi scorre nelle vene, mentre il sapore della rabbia mi riempie la bocca di un gusto acidulo e metallico insieme.
Ho stretto le mani a pugno.
Will ed i suoi amici figli di buona donna, pieni di soldi e minchioni! Non me ne frega niente se sono degli armadi, questa è la volta che li stendo per sempre in un letto e danzerò sopra di loro calzando stiletti di metallo!
Chiudo gli occhi, mi fa troppo male il continuare a guardarla.
Ho le vertigini e la nausea mentre mi prende una sensazione di vuoto.
La Jackal non è recuperabile, già dal primo momento il calcolo dei danni sorpassa le migliaia di dollari e non dispongo di quella cifra a meno di non farsi prestare dei soldi da uno strozzino.
La mia povera moto…
Mi sfilano davanti tutti gli anni passati, vorrei poter piangere ma non ci riesco.
Sento un tonfo accanto a me e rialzo le palpebre, notando che Linds ha posato la sua spesa e la tracolla accanto a me. Sono scivolata lungo il muro, ripiegata su me stessa.
“Chiamo la polizia.” mormora secco, il suo buon umore si è completamente volatilizzato.
“È inutile…” la mia voce suona rauca ed impastata “Tanto non alzeranno un dito per dare una mano ad una matricola universitaria.”
Scuote le spalle e si porta il blackberry all’orecchio, iniziando a parlare con la centralinista in un tono che non ammette repliche. Il suo autocontrollo in situazioni come queste dà i brividi…io vorrei solo spaccare tutto e poi raggomitolarmi in un angolo a cuocere nel mio brodo.
Chiude la comunicazione e si inginocchia davanti a me, parlando con tono dolce “Michelle dammi le chiavi dell’ appartamento, poso la spesa, metto i deperibili nel frigo e torno giù.”
Annuisco e cerco le chiavi con scarso successo ma finalmente gliele consegno.
Passano dieci minuti di silenzio e non riesco a trovare il coraggio di lanciare un’occhiata al cortile, il mio naso ormai si è assuefatto alla puzza di bruciato.
Linds torna e si siede accanto a me con le mani nella tasca della giacca.
Non parla ma la sua presenza ha un che di confortante in questa notte trasformatasi in incubo.
I suoi occhi sono fissi sulla moto vandalizzata, probabilmente per memorizzare i dettagli della scena.
Passa ancora qualche minuto prima di sentire il rumore di un’auto in avvicinamento.
Delle portiere sbattono e Linds si rialza, andando incontro alla pattuglia.
Nel giro di mezz’ora il relitto della Jackal viene esaminato dai poliziotti e fotografato.
Linds ha dichiarato la sua versione di come abbiamo scoperto la moto ed alla fine l’uomo in divisa inizia a farmi delle domande.
“Lei è Hervas? La proprietaria del mezzo?”
“Sì.”
“È sicura di non aver visto nessuno nel cortile quando ha scoperto lo stato della Guzzi?”
“Mi creda signor agente, se ci fosse stato qualcuno sarebbe ancora qui ed incosciente.” replico gelida, ignorando l’ occhiata castigante che mi lancia Linds. Mi dispiace ma non ho pazienza in questo momento, topastro…vedo ancora tutto rosso.
“È stata minacciata di recente?”
“No.”
“Ne è assolutamente certa? L’insulto scritto mi pare un ottimo motivo per continuare su questa pista.”
“Le ripeto di no.” Farà pure il suo lavoro ma che scocciatore emerito!
“Non conosce nessuno che potrebbe aver deciso di darle fastidio?”
I miei occhi si spostano sulla Jackal dolorosamente. Sono furibonda e non posso smettere di pensare.
Darmi fastidio? Will e company, ma non ho prove. E non posso permettermi di sparare nomi a caso anche se ho delle supposizioni quasi certamente fondate.
“No, agente. Non ho nemici.” gli occhi del topo continuano a seguirmi, ha sicuramente notato la mia incertezza millesimale.
“A questo punto posso solo consigliarle di sporgere una denuncia contro ignoti, Miss Hervas.”
“Credo che farò così.”
“Allora le domando di passare al comando di polizia per l’autenticazione della deposizione domani pomeriggio.”
Ringrazio i due poliziotti senza tante gentilezze e li guardiamo andare via.
Sono le due del mattino.
“Linds grazie per essere rimasto fino adesso ma è meglio se ritorni a casa tua.” l’ho detto ma non me la sento di rimanere sola. È giusto però che il topo faccia cosa vuole.
“Vuoi che me ne vada?” replica tranquillo, incontrando il mio sguardo con il suo trasparente.
“No.”
Linds sorride appena “Andiamo sopra Michelle, o ci iberneremo.”
Annuisco e mi lascio guidare per le rampe fino dentro al mio bilocale muffito.
C’è odore di chiuso e per un attimo abbraccio con lo sguardo il locale, vedendo con assoluta chiarezza la degradazione del posto e della mia situazione attuale.
Se avessi saputo che saremmo arrivati a questo punto non gli avrei mai tirato quel recipiente di punch in testa…
Ho lasciato la giacca impiccata all’appendino dietro alla porta e mi sono lasciata cadere sul divano a fissare la televisione spenta. Linds è sparito nel cucinino, probabilmente per mangiare qualcosa.
Lo sento trafficare nei cassetti poi torna indietro con la vaschetta del gelato vaniglia e cioccolato, due cucchiaini piantati spuntano dalla superficie gelata. Si siede accanto a me e mi offre il dessert con sguardo affettuoso.
“Grazie per il pensiero ma non mi va.” scuoto la testa con un sospiro.
“Non c’è niente di meglio per tirarsi su, ma belle…e non hai cenato, butta giù un paio di cucchiaini almeno.” insiste con una punta di ostinazione, grattando la superficie e riempiendo uno dei cucchiaini con una dose generosa di entrambi i gusti “Dai, su!”
“T’ho detto di n-umpf!” mi ha infilato il cucchiaio in bocca a tradimento e per poco il boccone ghiacciato non mi soffoca “Ma sei scemo?!”
Linds ridacchia “Non è colpa mia se sei testarda!”
Per ripicca gli frego la vaschetta di gelato dalle mani. È delizioso…e poi ho davvero fame nonostante tutto.
“Ma belle…non fare la mocciosa, condividi!”
“No.”
“Ladra!”
Linguaccia “Se lo vuoi vieni a prenderlo, topo!”
Linds ridacchia perfido “Non tentarmi, Michelle.”
Per un solo attimo l’idea mi piace più del dovuto. È un momento dove gli sguardi si incontrano ed il suo ghigno sparisce.
Poso la vaschetta del gelato sul tavolino, le mie papille gustative godono ancora dell’amaro e del dolce mischiati insieme.
Mi lecco le labbra, continuando a fissarlo.
Linds è immobile, l’espressione una tela bianca, le mani distese sulle cosce.
Mi avvicino fino a quando non siamo praticamente appiccicati uno addosso all’altro.
Sorrido malevola. Ho voglia di dimenticare anche solo per una notte.
Linds corruga la fronte, alzando le sopracciglia, poi solleva gli occhiali dal naso con una risatina.
“Michelle andare a letto con te sarebbe il massimo – non fraintendermi – però non mi pare il caso.” dice, strofinandosi gli occhi.
“Perché no?” che male ci sarebbe?
“Primo: Non sei completamente lucida. Secondo: stai per fare sesso con me solo per esorcizzare la tua rabbia, diventare il tuo capro espiatorio non mi va e non mi abbasso a certi livelli per scopare.”
Non è un tono d’accusa il suo ma colpisce nel segno. Sbatto le palpebre.
Cosa cavolo mi prende? Le rotelle sono saltate ed il criceto è rimasto stecchito sulla ruota sdentata del mio cervello?!
Mi volto di scatto, la mia libido freddata ed il sangue dal basso sale prontamente in alto per mandarmi a fuoco le guance.
Sto impazzendo, porco cane…e che figura di marron glacé!
Non trovando niente di meglio da fare mi riattacco al gelato, ingoiandone un’altra cucchiaiata dolceamara.
Dietro le mie spalle sento un sospiro poi due mani ossute mi afferrano gentilmente per l’addome e mi sollevano, posandomi sulle ginocchia del proprietario.
“Non te la sei presa, vero?” mormora piano.
Scuoto la testa, inghiottendo a disagio. Ci mancherebbe, topo; devo solo ringraziarti.
Le sue dita si chiudono sul cucchiaino ancora senza padrone poi domanda “Non c’è davvero nessuno che ti odia, ma belle?”
“…” cambierebbe qualcosa se gli raccontassi la storia di Will?
Non voglio entrare nei dettagli, soprattutto quelli che coinvolgono la possibilità di far partire uno scandalo sulla pelle mia e del topo. Lo so che non parlargliene è sbagliato, però…
“Può essere uno scherzo del mio ex e dei suoi compagni d’avventure…sono dementi e si divertono sulle spalle degli altri. Sai quando si parla d’intelligenza sotto il livello di guardia.” faccio, cercando di suonare noncurante.
“Cosa pensi di fare con la moto?” topo, lo so che stai cercando di aiutarmi ma sei impietoso!
“Non lo so…ripararla è fuori discussione purtroppo…dovrò mandarla dallo sfasciacarrozze in qualche modo.” osservo il gelato semi-squagliato, non so dove troverò i soldi e dubito che l’assicurazione mi rimborserà i danni per atti di vandalismo da parte di ignoti.
Mi sento come se mi avessero tarpato le ali ed in tutti i casi hanno fatto centro quei bastardi, adesso per tornare da mia madre dovrò salvare ogni centesimo!
Linds appoggia la testa sulla mia spalla in un gesto intimo, la carica sessuale è sparita completamente ma è rassicurante sentire un po’ di calore umano.
“Grazie…” mormoro, mentre il mio cucchiaio gratta il fondo della vaschetta.
“Mmmh?” fa il topo con la bocca piena.
“…per essere rimasto.” continuo a disagio, in fondo non era obbligato.
Linds ha abbandonato il cucchiaino e mi afferra il mento delicato, premendo le sue labbra con le mie.
Non c’è desiderio, forse è l’unico modo che conosce per farmi capire che andrà tutto bene, che è qui con me.
Sa di crema e cioccolata, dolce ed amaro.
“È un piacere.” tenta un sorriso poi gli occhi neri brillano “Vero che mi presti il tuo pigiamino di Minnie? Muoio dalla voglia di provarlo!”
E rido.
Topo, sei un genio ed anche dolce quando vuoi.

Il mattino dopo vengo svegliata dalla pioggerellina che batte sulla finestra.
All’inizio mi volto sul fianco poi gli avvenimenti della sera precedente tornano indietro e mi colpiscono con la forza di mattoni.
Allargo braccia e gambe per scacciare le coperte e scopro che Linds non c’è.
Dov’è finito?
Poi mi accorgo del rumore e delle voci nel cortile.
Mi alzo in piedi, raggiungendo la finestra e noto la sua testa bionda mentre parla con due uomini vestiti con una tuta blu da meccanico. Un altro sta osservando la Jackal.
Osservo la scena come paralizzata nella luce del giorno, seppur grigia, la mia moto non è cambiata e nemmeno il suo stato pietoso.
Il topo stringe le mani ad entrambi poi si allontana verso l’entrata secondaria, presumibilmente per tornare su.
Non ci vuole molto prima di sentire la porta d’ingresso aprirsi piano ed i suoi passi silenziosi. Forse crede che stia ancora dormendo.
Mi volto, Linds è in piedi sulla soglia della stanza.
“Non voglio doverti dei soldi, topo.” dico, diretta al punto.
“Non me ne devi, ma belle. Ho usato quelli che ti dovevo per l’aiuto di ieri.” fa noncurante “Ho preparato del caffè se vuoi…devo tornare al campus e volevo solo salutarti prima di andare.”
Accidenti, dimmi che non ho perso la prima lezione del mattino!
“Che ore sono?!”
“Le otto e un quarto.”
O porca!!!
La mia espressione deve essere chiara a proposito perché Linds ridacchia “Ti lascio, Michelle…ci rivediamo in giro.”
Rispondo con un mugugno, sono troppo occupata a prepararmi in tempo da record per non fare la figura della ritardataria che se ne sbatte di arrivare a lezione già incominciata.
Dopo una doccia lampo passo nel cucinino per buttare giù il caffè a muso direttamente dalla caraffa e ci trovo un presente sul tavolino: un sacchettino di carta dall’aria familiare.
Lo afferro senza ispezionare il contenuto, chiudo la porta con poca gentilezza e tanta fretta, fiondandomi sulle scale scendendo gli scalini a due a due ed in strada corro fino alla fermata del BART, riuscendo per pura fortuna a salire prima che si metta ad avanzare, mi aggancio ad uno dei pali di metallo, il mezzo è strapieno.
Apro il sacchetto, trovandoci tre cornetti al caffè.
Sorrido.
Grazie, topo…stai facendo un mucchio per me e sai come rimettermi di buonumore, ma chissà se hai fatto colazione? Devi esserti svegliato prestissimo…
La corsa è abbastanza veloce ma arrivo comunque in ritardo a Scienze naturali, beccandomi un’occhiata di disapprovazione dal professore.
La mattina passa normalmente fino a quando non arriva l’ora della pausa pranzo. C’è molta gente al bar universitario per colpa della pioggia che ha ripreso a cadere incessante, rendendo impossibile passare del tempo fuori.
Questo tempo così umido è assolutamente anormale per San Francisco ed il nord della California in generale.
Proprio ieri su internet avevo letto delle notizie poco rassicuranti sul fiume Sacramento nella California Alta, in certi punti del suo percorso ha esondato ed il livello di guarda nella capitale si sta alzando ogni giorno che passa.
La baia di San Francisco infatti ha preso il colore del fango mentre l’acqua in eccesso dalle foci del fiume rifluiva nel mare.
La tv del bar è accesa sulla CNN dove è in corso il telegiornale del mezzogiorno e la giornalista ha in studio diversi esperti meteo.
Sono distratta dal dibattito ed acquisto un panino ed una tazza di caffè prima di sedermi al tavolo di Max e Richard, anche loro con gli occhi puntati sulla televisione. Usano termini tecnici ma ‘anomalia meteorologica’, ‘pesanti precipitazioni’, ‘ArkStorm’, ‘Quantum Chaos’ ed ‘effetto butterfly’ sono tutto quello che ci vuole per catturare l’attenzione anche del tavolo di Barbara e Will che fino a quel momento ridacchiavano alle mie spalle e non vedevano l’ora di scorgere una qualche reazione alla loro sorpresina. Se pensano che darò loro questa soddisfazione si sbagliano di grosso…
Dalle immagini radar che sfilano sullo schermo sembra che una forte corrente d’aria polare si sia divisa ad alcune centinaia di chilometri dalla costa formando due correnti d’aria ed aprendo un varco nella nostra direzione, permettendo all’umidità tropicale del pacifico di salire e scontrarsi con l’aria fredda creando una situazione che chiamano Pineapple express, ovvero una serie di tempeste subtropicali che invece di rallentare prendono forza dalle correnti di acqua calda e si autoalimentano con il passare delle ore.
Gli esperti e le autorità negano un possibile sviluppo in questo senso ma chiedono alla popolazione di rimanere allerta nelle prossime 36 ore e pronti a lasciare i punti più pericolosi casomai la situazione diventasse foriera di un Uragano.
Il silenzio che segue questa notizia è totale, non si sente volare una mosca.
In California siamo abituati ad inondazioni più o meno serie ma gli uragani sono rari e normalmente tendono ad evitarci: o si disperdono su Washington dove le correnti polari sono più marcate o acquistano velocità e si scontrano con l’America centrale.
Pian piano le conversazioni riprendono, tutte incentrate sulla notizia della giornata.
Max e Richard stanno già congetturando di rimanere e vedere l’occhio del ciclone tutti eccitati.
Rimango in silenzio.
Questa storia non mi piace per niente.
Un uragano vero? A queste latitudini?! Non è raro…è unico!
Mi ritorna in mente una parte della storia californiana studiata a scuola nelle ore di geografia.
La grande alluvione del 1862, un evento di proporzioni bibliche dovuto allo stesso fenomeno.
Eppure i fatti non danno loro che ragione…tutta questa pioggia ed il clima caldo-umido.
Della serie…anche se la Jackal fosse ancora qui, l’avrei sicuramente persa comunque a causa di un uragano…quando si dice il destino!
Chissà se Linds e Raph ne sono già al corrente?
Tutto questa storia potrebbe anche rivelarsi una bufala ma prepararsi al peggio non è una cattiva idea e dubito che il topo sia così interessato alle news quando passa tutto il tempo con gli occhi incollati al microscopio.
Finisco il caffè e mordo il panino poi filo via dal bar di tutta fretta, salendo le scale e trovandomi in poco tempo davanti all’ufficio di Linds.
Faccio per girare la maniglia della porta ma è bloccata.
Provo ancora ma la serratura non fa una piega.
Cerco di guardare dentro dal vetro smerigliato ma non riesco a vedere niente.
A questo punto l’unica è scendere nell’Ade…
Ormai sono pratica delle scale di servizio e nel giro di cinque minuti i miei piedi toccano il livello inferiore dove si dirama diritto il corridoio affollato di porte, ormai mi sembra quasi familiare.
Busso alla porta ed un paio di minuti dopo la porta si apre grazie a Raph, che mi guarda stupito.
“Hey…come mai da queste parti? Ieri hai dimenticato qualcosa?”
“No…ecco...” come inizio questa conversazione? Non voglio sembrare il tipo a cui tira un pelo e pianto il cedello.
Lo sapevo che saresti venuta a trovarmi, ma belle!!!” esclama Linds, spingendo in là Raphael ed abbracciandomi stretta, sollevandomi da terra “Ammettilo che ti sono mancato, su!”
“Mettimi giù topo!” cerco di scollarmi da lui ma è tutto inutile, punta le labbra in fuori verso di me.
“Bacino!”
“Per tutti gli dei, Raph! Dammi una mano!”
Ma il biondo San Bernardo si gode la scena con un sorrisetto. Cagnaccio pulcioso…
Cinque minuti dopo siamo tornati alla normalità e sono appoggiata ad uno degli schedari mentre i ragazzi danno un’occhiata alle news via web sul possibile uragano.
Raph sembra preoccupato ma Linds ha la faccia di uno che non ci crederebbe nemmeno se se lo trovasse improvvisamente davanti.
“Più che aspettare e vedere cosa succede credo che non possiamo…” commenta Raph, spostando lo sguardo sul suo amico, in piedi.
“Bah, questa è solo una di quelle notizie per creare scompiglio collettivo e basta!” esclama Linds, a braccia conserte “Non c’è che supposizione e pochissime prove. Andrà a finire come tutte le altre volte…forti temporali e deviazione dell’ epicentro su Washington, Canada ed Alaska! ArkStorm…non ho mai sentito una cretinata peggiore di questa!”
Gli angoli della bocca di Raph si sono piegati all’ingiù e si affretta a ringraziarmi, certo che il topo sa essere davvero maleducato a volte…
Scambiamo ancora due parole a proposito, poi sento che è ora di togliere le tende e lasciarli lavorare.
Le reazioni dei due sono totalmente diverse l’uno dall’altro.
Spero che il topo abbia ragione anche questa volta…l’idea di un uragano non mi eccita.

Le nostre speranze sono destinate a non avverarsi.
Nella notte ed in una parte del giorno le varie tempeste tropicali al largo si sono legate fra loro ed hanno raggiunto la caratteristica forma a ciambella con il buco.
Il processo sembra che diventi sempre più veloce con il passare del sabato: i satelliti in orbita hanno rilevato che una massa d’aria calda sta spingendo il fenomeno proprio sulla California a tutta velocità.
Domenica mattina San Francisco è una città fantasma. Ho passato la sera prima a sigillare le finestre dell’appartamento dall’interno con del nastro americano ma ho paura che i vetri non reggeranno nonostante che i proprietari dello stabile abbiano fatto inchiodare delle assi davanti.
È pomeriggio tardi quando mi avvio per le strade abbandonate tenendo stretto il mio ombrello che minaccia di prendere il volo – ed io con lui – da un momento all’altro ho potuto vedere che i quartieri più bassi della baia sono stati evacuati ed il campus, poggiato sulla sua collinetta sembra un relitto infradiciato dalle raffiche di pioggia.
Buona parte degli studenti se l’è filata a casa, aggiungendosi alle migliaia di persone che hanno deciso di mettersi al riparo.
Volete sapere perché mi sono avventurata fino qui quando avrei potuto rimanere benissimo barricata nel mio buco? Io credo che lo sappiate già…
…quel deficiente del topo!

A pranzo ero preoccupata per le sorti di Raph e di Linds quindi avevo provato a chiamare il San Bernardo che mi aveva dato tutte le risposte sbagliate alle mie domande…risultato? Vado a trapanare un po’ di sale in zucca al topo ed al suo compagno di merende!
Quando arrivo nell’atrio della facoltà sono alla stregua di una fontana umana ed incontro il custode, rimasto coraggiosamente a vigilare sull’edificio.
Ci scambiammo un paio di frasi e l’augurio che tutto vada per il meglio poi vado alla ricerca di quei due pazzi.
Li trovo nel laboratorio a lavorare febbrili.
Linds è dietro ai computer fissi e Raph sta riempiendo degli scatoloni con dei fogli.
“Ragazzi!” esclamo “È ora di svignarsela o rimarrete isolati qui!”
“Pensi che giochiamo a Risiko, ma belle? No sai, solo per sapere!” è la risposta scocciata di Linds che non mi degna nemmeno di uno sguardo.
Raph mi lancia un’occhiata di scuse ed alza le spalle continuando ad inscatolare, sopra il tavolo ci sono altri due scatoloni già sigillati con il nastro adesivo.
“Cinque minuti ed ho finito, Linds.”
“Perfetto, Raph…poi prendi pure il volo con la Ferrari, intanto la situazione non è così tragica, cerca solo di trovarle un posto in alto.” replica il topo autoritario “L'attrezzatura l'ho già messa al sicuro e me ne andrò appena i backup saranno completi.”
Cosa? Vuole rimanere qui in un laboratorio sotterraneo per dei backup?!
“No! È fuori discussione!” dico orripilata.
“Forse non hai capito, ma belle, la mia non è una richiesta.” così dicendo fruga nelle tasche del camice – gli occhi incollati alla barra di avanzamento del backup - e lancia a Raph il mazzo di chiavi senza guardare, agganciato all’ anello c’è il minicubo di Rubik che gli avevo regalato alcuni giorni prima e le chiavi della macchina “Adesso fuori di qui.”
“Raph! Digli qualcosa!” scongiuro il biondo cagnone che però scuote la testa in silenzio dicendo senza parole
Non-gli-fai-cambiare-idea.
“Michelle questo laboratorio è servito da una doppia coppia di generatori d’emergenza e due sistemi di pompe ad immersione in caso d’allagamento…” Linds adesso mi sta fissando torvo, gli occhi neri brillano di decisione ed il buonumore che l’ accompagna di solito è completamente debellato dai suoi lineamenti squadrati “Non mando a puttane mesi di lavoro per un uragano che verrà declassato a tempesta nel giro di un paio d’ore!”
“NON lo declasseranno, Linds! Sai meglio di chiunque altro che deve toccare terra per perdere potenza!”
Digrigna i denti, muovendo la mascella. Il suo sguardo si sposta dietro di me, ripete a denti stretti “Raph portala a casa mia, quando ho concluso i backup e messo in sicurezza il resto vi raggiungo.”
Lancio un’occhiata disperata a Raphael dietro di me che si fa coraggio “Linds non ti sembra d-”
“Non ti ascolto, mi siete solo d’intralcio in questo momento.” riceve come risposta, mentre il topo scivola ad un altro terminale con la poltrona a rotelle, anche quello occupato a copiare il proprio database.
Il San Bernardo mi lancia un’occhiata di scuse, sospiro ed esclamo freddamente, furiosa con Linds “Va bene. Almeno ho la consolazione di aver provato a farti cambiare idea e non ti avrò sulla coscienza quando finirai morto affogato…”
Linds sorride al monitor ma non raccoglie la mia provocazione. Uomo idiota…
Raphael mi posa una mano sulla spalla e mi spinge gentilmente verso la porta “Andiamo…dovremo sgomitare per trovare un parcheggio in alto…”
Risaliamo le scale in silenzio con gli scatoloni fra le mani – gli ascensori sono stati bloccati - e torniamo ai corridoi deserti del piano terra.
Si sente distintamente la pioggia battere sui vetri delle finestre in quantità torrenziale, l’uragano sta arrivando e non c’è alcun dubbio.
“Sicura che non vuoi passare da casa tua?” domanda Raph con sguardo apprensivo.
“No, prima ci togliamo dalla strada meglio è…le hai viste le news, c’è solo Linds che si comporta come se la vita non valesse un centesimo!” sbotto brusca, non l’avrei mai detto ma sono davvero preoccupata.
“Tranquilla Michelle…i backup non lo tratterranno che qualche ora, riuscirà a tornare in tempo per il coprifuoco, credimi!”
“Solo una cosa…prega che sia così.” abbiamo incastrato gli scatoloni nel sedile posteriore, ed Raph mi passa le chiavi mentre mi infilo nel lato guidatore.
Avvio il motore, mentre i tergicristalli si mettono in moto, trascinando con se l’equivalente di due secchi d’acqua alla volta.
Non è la prima volta che vivo in prima persona una tempesta subtropicale, ma questa non è una semplice perturbazione ed i segnali sono inequivocabili.
Ci vuole mezz’ora prima di raggiungere un garage multipiano senza andare a sbattere contro qualcosa a causa della scarsa visibilità, i semafori hanno smesso di funzionare e quando abbandoniamo la macchina sulla rampa più alta (il garage era pieno da scoppiare) il vento ha iniziato ad alzare l’acqua che scorre a rivoli su tutte le superfici, anche quelle in verticale.
Quando scavalchiamo l’argine di sacchi di sabbia messi davanti all’entrata del condominio dove vive Linds sembra quasi che abbiamo attraversato la baia a nuoto e vestiti.
Aiutiamo il portinaio a richiudere le porte e lo avvisiamo che sarebbe tornato anche Linds più tardi, il poveretto si mette quasi a piangere alla notizia. Non posso biasimarlo…
Facciamo venti piani di scale a piedi, dato che anche qui gli ascensori sono bloccati per sicurezza al piano terra ed entriamo finalmente nell’appartamento bagnati fino nelle ossa e distrutti. Raphael starnutisce.
“Sarà meglio che contatti Mel adesso che non siamo ancora al buio o quando torneranno le comunicazioni avrà la mia testa!” esclama, poi spiega “La mia ragazza…viviamo assieme a San Diego.”
Annuisco “Vado di là a cercare qualcosa da mettere e degli asciugamani.”
Mezz’ora dopo ci siamo accampati nella zona lounge. Raph ha tirato fuori delle birre dal frigo e dell’insalata mentre guardo fuori dalla vetrata a tutta altezza le nuvole sopra di noi ribollire; non è solo minaccioso, sprizza da tutti i pori violenza.
“Dici che le vetrate reggeranno?” domando, osservando le giunture.
“Ma sì…sono vetri anti-sfondamento da un pollice, magari vibreranno un po’. Tranquilla baby! Il massimo che può succedere è un black-out…hai mica trovato delle torce?”
“Sì…ma non ho idea di quanta autonomia abbiano.”
“Sarà uno spettacolo guardarlo da quassù…” pensa ad alta voce Raphael, fermandosi al mio fianco “Lo sai che un uragano scatena l’equivalente medio dell’energia sprigionata da una bomba atomica sganciata ogni venti minuti?”
“Questa informazione non mi dà alcun divertimento Raph, sul serio.” replico con il cuore in gola “Non amo la distruzione, e per questo che mi laureo in biologia.”
“Fedele al ‘Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma’?”
“Sempre è comunque…”
“Vieni, Michelle…mangiamo un boccone e poi cerchiamo qualcosa da fare…”
“Non è che potresti darmi un paio di spiegazioni in fisica? Con la storia di giovedì non sono riuscita a trovare il tempo di risolverli ed a Linds piace lasciarci brancolare nel buio con gli esercizi.”
“Chissà perché non mi dici nulla di nuovo…”

You know I can change,
But I'm here in my mould, I am here in my mould
And I'm a million different people from one day to the next.
I can't change my mould

You've gotta change my mould, no, no, no,
It's just sex and violence, melody and silence
Gotta, can't change my violence, melody and silence
Have you ever been down?
The Verve ~ Bitter sweet symphony

~~~

Canzone del capitolo: The Verve ~ Bitter sweet symphony.

Le note di questo capitolo sono:
- Tainted love è una canzone di Marilyn Manson;
- Per Chimica organica si intende un ramo della disciplina che studia i composti del carbonio e le loro possibili reazioni. Il termine venne introdotto nel 1777 per indicare la chimica degli organismi viventi, ma attualmente l'intero settore comprende lo studio di vitamine, proteine, carboidrati, grassi e materie plastiche;
- La crittazione è una scienza che si occupa di sistemi di scrittura segreti comprensibili solo conoscendo il sistema di cifratura. Ha origini antiche e le prime testimonianze si hanno da scribi ebrei che invertivano l'ordine delle lettere dell'alfabeto. Uno dei più famosi e conosciuti fra i criptosistemi per computer è stato il LUCIFER, combinato poi nel 1976 con il codice binario per dare forma al DES;
- La situazione meteorologica di San Francisco che ho rappresentato in questa storia è davvero qualcosa di anomalo. Sì, è stato tutto progettato dalla mia mente malata fin dall'inizio perché normalmente in inverno piove ma non a questi livelli. xD
- Tutte le citazioni su Arkstorm, Quantum Chaos, Butterfly effect e Pineapple Express sono reali ed estremamente possibili. Ho passato delle sere intere a studiare questi fenomeni meteorologici quindi per altre informazioni vi rimando a Wikipedia o le note di questo capitolo diventeranno più lunghe di un bugiardino...
- La Grande alluvione californiana del 1862 fu la più distruttiva alluvione della storia documentata di Oregon, Nevada e California. Preceduta da settimane di pioggia continua (o neve sulle montagne) il climax avvenne dal giorno di natale del 1861 ai primi di gennaio del 1862, la precipitazione fu record e misurata in centimetri, il fiume Columbia esondò. Questa situazione peggiorò quando arrivarono tempeste d'aria più calda che si riversarono nella stessa zona e sciolsero la neve sulle montagne. La massa d'acqua risultò essere così elevata da travolgere ogni cosa e la Great Valley da nord a sud divenne un unico grande lago. Sacramento per colpa della sua posizione venne completamente sommersa. I danni di questo evento non possono essere calcolati con certezza nemmeno oggi nonostante la soprintendenza geologica degli Stati Uniti abbia ipotizzato che il fenomeno potrebbe ripetersi con la stessa intensità nell'immediato futuro...il nome di questo rapporto si chiama appunto ARkStorm, gli ho dato un'occhiata e se siete interessati è facilmente reperibile online in inglese;
- L'Ade è il nome greco usato per riferirsi al regno ed al dio dei morti. A Michelle la posizione del laboratorio di Linds ricorda proprio questo;
- Risiko è un gioco da tavolo per un numero di persone che varia da 3 a 6. Si può considerare un gioco di simulazione militare strategica e venne inventato e commercializzato da Albert Lamorisse nel 1961 (in piena Guerra Fredda) con il nome Conquista del Mondo;
- 'Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma.' è una famosa frase del chimico francese Antoine- Laurent de Lavoisier; padre della chimica moderna, nel 1794 venne arrestato, processato dal tribunale rivoluzionario in qualità di esattore generale dell'imposte e ghigliottinato.

Torno col botto ed un capitolo che da solo potrebbe essere preso per un romanzo. LoL
Undici pagine e 'quasi' 7.000 parole, qualcosa come una settimana di studio serrato sulla meteorologia...
Quindi qui vi dico che spero di non aver fatto grandi errori in grammatica come di mio solito e di non aver sforato in un Mary-sueismo...quelle scene le avevo già in mente da anni ormai. Il betaread è apprezzato in poche parole...!
Come dire la situazione si fa grama per i nostri...Linds ce la farà? L'uragano sarà devastante come preannunciato? Vedremo la morte di qualcuno?
Io non so rispondere a queste domande per il momento *ghigno* anche perché non ho scritto che l'inizio del prossimo...xD
Come al solito ringrazio Petitecherie per aver commentato lo scorso capitolo e spero che non mi trucidi sul posto. ^^'
Alla prossima!!!
Hermes

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Capitolo 15
*** 15 ***


Nota
In questo capitolo ci sono descrizioni di scene violente e di scelte personali potenzialmente dannose per la salute, ovviamente non vi consiglio di prenderle in considerazione. Lettore avvisato mezzo salvato, io ho fatto il mio dovere. =)
Buona lettura.

So you're born and
So you thought
The future's ours
To keep and hold
Oh, child within
Has healing ways
It sees her through
My darkest days

Some may know
Through life no fun
I wanna feel
I wanna run
The Verve ~ Catching that butterfly

“Hai detto una cosa prima – mentre uscivamo dal campus – su Linds…posso dirti che sei dalla parte completamente sbagliata della barricata, ecco.” borbotta Raphael, mentre disegna un diagramma nel bel mezzo di una spiegazione. Quella frase l’ha detta timidamente con il tono super gentile che usa con chiunque incontra sulla sua strada, è davvero un bravo cucciolone.
“Cosa ho detto di sbagliato? Francamente sono ancora molto arrabbiata con lui.” rispondo con in bocca il cappuccio della Staedtler.
“Che non gliene frega niente della vita umana. Ti sbagli.”
Alzo gli occhi, Raph sta disegnando il diagramma a mano libera con le sopracciglia corrugate dalla concentrazione.
“Non voglio entrare nei dettagli, ma dà tutta l’idea del contrario…” dico confusa.
“È fatto così, Michelle. Fa finta di niente ma prova emozioni anche lui, come tutti. Dimostrarlo…beh, stiamo parlando di Linds.”
“Prima o poi cadrà pure lui come le mele di Newton, non può far finta di essere un pezzo di marmo per sempre, no?” faccio interrogativa.
“Linds, sì. Questo te lo posso assicurare.”
Sbuffo, non posso crederci sul serio.
“Raph…da quanto tempo lo conosci?” domando, davvero interessata.
Sì, mi aveva già detto di essere stato suo compagno di stanza ed un mucchio di altre piccole cose, ma la durata della loro amicizia era qualcosa che aveva il potere di affascinarmi.
Il loro è un legame di una certa forza per essersi sviluppato negli anni del college. C’è della fiducia e nemmeno poca, più di una volta Raphael ha seguito ciecamente una decisione di Linds, vedesi il fatto di aver ubbidito quando gli ha chiesto di lasciarlo solo nel laboratorio…
Poi avevo approfondito le mie ricerche su Linds.
Sì, l’ho fatto e non me vergogno nemmeno un po’.
Trovando solo i record dei suoi voti al MIT: aveva concluso ogni corso con un perfect mark e non c’era da stupirsi delle numerose borse di studio, cadenzate come un cronometro. Una mezza dozzina di stage in aziende di vario tipo.
Poi le notizie finivano lì, come se dopo la carriera universitaria e la specializzazione fosse sparito completamente dalla faccia della terra.
È strano…soprattutto con il QI che si ritrova, ci sarebbe da credere che opportunità sarebbero cadute a fiotti per lui.
“Dal college…” la voce di Raphael mi riporta alla realtà, e lo rimetto a fuoco, dall’espressione non sembra contento di parlarne “Ci siamo immatricolati assieme e siamo finiti nello stesso dormitorio. Si è fatto conoscere fin dall’inizio per il suo carattere originale.”
“Ehi…se non vuoi parlarne fa lo stesso, vedo che non è un argomento rosa e fiori, okay?” lo interrompo, posandogli una mano sulla spalla. Non mi piace vedere un cucciolone normalmente dolce e tranquillo così teso.
Raphael scuote la testa e smette di disegnare.
“No, tesoro. In un certo senso ti aiuterebbe a capire il…oddio non so come dire…il modus vivendi di Linds.”
Se prima non ero curiosa adesso mi sento come una persona dispersa nel deserto da una settimana che inizia ad avere delle allucinazioni tipo paninaro con limonata e hot dog.
“Beh…siamo bloccati qui, ti ascolto.” borbotto infine, un po’ in ansia per quello che Raph potrebbe rivelarmi.
C’era qualcosa in quella conversazione, nel suo tono di voce che mi fa rizzare i peli dietro al collo ma non posso puntarci il dito sopra…
“Solo non dirgli niente…se viene a sapere che ho parlato e capace di scuoiarmi a mani nude.”
“Rimarrà fra di noi, Raph.” annuisco, perché sembra che stia per confessarmi un omicidio?
“Okay…” si alza, stirandosi.
Ci eravamo sdraiati sul pavimento per studiare con due torce accese, l’elettricità se n’era andata da quasi un’ora e le raffiche di vento fischiavano come delle banshee scontrandosi con la vetrata.
Lascio andare la penna e mi siedo a gambe incrociate, pronta per l’ascolto.
Avevo trafugato liberamente dall’armadio di Linds una maglietta dei Depeche Mode ed un paio di pantaloni di cotone che mi cascano addosso manco fossi uno spaventapasseri. Ho dovuto legare il laccio dei pantaloni o ad ogni passo mi sarebbero scesi alle caviglie.
Afferro la mia bottiglia di birra – ormai quasi finita – e la tengo in grembo, in attesa. Raph lo nota e sembra rimpicciolirsi nel suo metro e novanta.
“Non so da dove cominciare, Michelle…”
“Parti dall’inizio.”
Raphael ridacchia, a disagio.
“Prima di incontrare Linds…io…non mi avresti riconosciuto, piccola.” sospira, riavviandosi indietro i capelli cespugliosi con le dita “Non sono mai stato molto popolare alle superiori, ero il classico ragazzetto nerd mite come un agnellino e perfetto come punching ball. Non so se…”
“Capisco.” gli faccio segno di andare avanti con delicatezza…Raphael, così buono e gentile!
“Quello era il meno, sai. Bastava evitarli e potevo considerarmi fortunato poi i miei hanno divorziato. Avevano sempre litigato parecchio e non era una novità ma un paio di volte al mese mio padre veniva a trovarci e chiederci dei soldi. Beveva forte e mia madre si rifiutava di prestargli continuamente denaro, una sera la lite continuò ad aumentare finché non arrivarono alle mani.” Raphael si fermò e prese un breve respiro ad occhi chiusi con un’espressione fra il sofferente ed il rassegnato “Sembrava una belva, la picchiava allucinato urlando anche quando lei non rispondeva più. Avevo provato a fermarlo e per poco non mi ha ucciso, riesco ancora a sentire il pianto della mia sorellina, dietro alle mie spalle…”
Ho posato la bottiglia a terra e mi sono alzata, cercando la sua mano e stringendola.
Sta rabbrividendo.
“Mi dispiace, Raph…” vedo che ti fa soffrire, smettila.
“Nah…è passata, Michelle. Alla fine i vicini di casa chiamarono la polizia per il baccano e mio padre venne messo dentro con l’accusa di tentato omicidio. Mia madre venne ricoverata in ospedale in coma cerebrale ma morì dopo un mese. Avevo compiuto diciott’anni quindi mi affidarono mia sorella…mi feci forza e tirai avanti per qualche tempo ma poi crollai.”
Posso immaginarlo, ma che dico…lo vedo.
Un ragazzo giovane, somigliante a Raph…che tiene per mano la sua sorellina mentre vanno a trovare la madre in ospedale. Tutte le preoccupazioni, il bullismo, la sorellina più piccola, il sorridere quando dentro senti solo il sangue che ti cola dalle ferite e la rabbia contro te stesso, contro gli altri, contro la tua stessa esistenza.
E tu che ti lamenti della tua vita stagnante, Michelle…puoi solo vergognarti adesso, scavare un buco nella sabbia e ficcarci la testa dentro.
“Avevo iniziato a drogarmi, per dimenticare. All’inizio era solo marijuana poi passai all’eroina…Linds lo sapeva, si era accorto dei sintomi ma subito non disse niente.”
“Anche lui…?” dico incredula, questo spiegherebbe molte cose, tipo il perché Raph non era preoccupato la sera del Linds ‘One thousand one yellow daffodils festival’!
“No, Michelle…te l’ho già detto che prova roba di sua invenzione e comunque a quel tempo non aveva molte risorse ma non ha mai fatto uso di stupefacente clandestino, non che io sappia almeno.” ha ficcato le mani in tasca con un sorriso, il primo da quando ha iniziato a raccontarmi l’intera faccenda “Una sera tornai al dormitorio in astinenza completa ma non trovai più niente. Rivoltai la stanza come un calzino mentre Linds leggeva sul suo letto tranquillo. Quando gli domandai se aveva toccato fra le mie cose mi disse che aveva passato l’aspirapolvere.”
Non riesco a contenere una risatina…quella sì che è una risposta da lui.
“L’astinenza è una brutta bestia, Michelle. Non pensavo se non alla dose e lo presi a pugni con ferocia. Linds mi lasciò fare senza cercare di difendersi. Quando fui tornato in me quel tanto per ricominciare a riflettere mi resi conto di averlo ridotto male e gli domandai scusa.”
Raph si è voltato verso la vetrata dove le raffiche di pioggia distorcono il fuori facendolo somigliare ad un dipinto impressionista fatto di grigi, neri bianchi e tutta la gamma del blu violetto.
Ha puntato le mani nelle tasche dei jeans con un che di disagio.
“Che cosa ha fatto lui?” chiedo, genuinamente curiosa.
“Mi prese per i capelli e mi trascinò davanti allo specchio del bagno.” replica il biondo con nella voce una vergogna densa, insolubile “Non mi dimenticherò mai ciò che mi ha detto e fatto vedere. Invece di restituirmi le botte lo fece a parole e credimi, mi mise addosso il terrore dell’ira di Dio.”
Silenzio.
La pioggia batte sulla vetrata.
“Mi disse che – se volevo davvero che mi perdonasse – avrei dovuto tagliare con quella roba. Che ero un adulto e solo i bambini si nascondono dietro della polverina. Le sue parole le ricordo ancora come se fosse ieri: Cresci – mi disse – ed occupati di tua sorella invece di bucarti ogni volta che ti tira un pelo. Dio, il demonio ed il mondo non guardano in faccia e non ascoltano nessuno. Continua così e morirai nel giro di un anno, stai per raggiungere la tua overdose massima e questo puoi vederlo anche allo specchio. Se non smetti adesso ci rivedremo all’inferno.
Inghiottisco la saliva, sbattendo le palpebre nel buio della stanza.
Non è difficile immaginare il topo mentre lo diceva, con quei suoi occhi neri a fessura e le labbra strette. La voce fredda, bassa con quel tono serio alla la-verità-fa-male-ma-se-fai-finta-di-niente-sono-solo-cazzi-tuoi che ho sperimentato anch’io.
“Beh sei ancora qui…hai smesso.” tento intimidita, Raph torna indietro e si siede accanto a me.
“Non tocco eroina da quel periodo.” ammette con un sorriso fiero nell’alone della torcia “Tutto per merito di Linds.”
“Sei andato a disintossicarti da uno specialista?”
“No.”
Sì…ed io sono la Fata Turchina…
“Allora come hai fatto?”
“Ero uno studente universitario con una sorellina a carico e non avevo molto denaro liquido per una terapia con il metadone…quindi Linds mi propose un’alternativa, ed accettai.”
Aspetta un momento…non vorrà mica dire che…
“Linds ti ha somministrato composti di sua produzione e tu l’hai lasciato fare?!” Si sono bevuti il cervello quei due o cosa?!
“Avevo poco da perdere, Michelle…già a quell’epoca Linds era una sagoma in chimica, i professori non lo sopportavano. I primi tempi vomitai le sue ricette poi lui cambiò approccio e – con non pochi problemi - mi tirò fuori. Penso che abbia fatto razzia nel magazzino dell’università più di una volta per il mio tornaconto. Tutto senza chiedermi un centesimo, solo di vivere la mia vita.” spiega Raph con la sua semplicità disarmante “Penso che in fondo si sia divertito a somministrarmi le sue invenzioni.”
Sospiro, cercando di raccapezzarmi con quello che ho appena scoperto…non so più che pensare.
Da una parte c’è il Linds marpione e saccente. Pronto a farti sentire l’asino della fiera e guardarti di traverso da sopra le lenti degli occhiali, la battuta a sfondo sessuale sempre pronta.
Lì accanto quello che di punto in bianco ti dice senza peli sulla lingua quanto stai sbagliando, e non lo fa con un sorriso.
Ancora un altro, pronto a distruggerti per arrivare ai suoi fini, che non guarda indietro quello che lascia sulla sua strada.
E vogliamo parlare di come decide di diventare alticcio di suo e poi aiuta un tossicomane a ritrovare la dignità?
Lagden…chi è veramente?
Non un cubo di Rubik da nove caselle per lato, no.
Il giocattolo impallidisce in confronto al rebus di Linds.
Appena credi di aver risolto una riga complessa, l’enigma si allarga come una macchia d’olio sull’acqua…peggio di Labyrinth!
“Gli devo molto, Michelle. Ciò che ha fatto per me non lo dimenticherò mai finché vivrò…a quell’epoca non pensavo che sarei arrivato a laurearmi o che avrei trovato una ragazza come Melanie. Scusa se ti ho annoiato con la mia storia piagnucolosa, ma volevo che capissi.”
“Non mi hai annoiato, Raph. La tua vita è stata tremenda ma reale e vissuta, se poi Linds ti ha aiutato allora non ho nessuna voce in capitolo…ritiro quello che ho detto su di lui.” dichiaro sincera, poi aggiungo leggermente ironica “Questo però non lo innalza allo stato di Arcangelo, non so se rendo l’idea…”
“L’hai resa, piccola.” e tira fuori un sorrisetto “Anch’io lo vorrei prendere a sberle certe volte solo per farlo stare zitto!”
In quella la porta d’ingresso ricevette una grandinata di colpi.
Heilà?! C’è qualcuno lì dentro o vi siete dati alla fornicazione senza di me?! Yuhuu!!!” arriva il verso da dietro la blindata.
“Linds!” esclamo, buttandomi verso la porta e trafficando per aprirla al buio.
La sua sagoma secca si staglia nel corridoio semi-illuminato dalle lampade d’emergenza.
Sta allagando il pavimento e tiene le braccia tese verso l’alto, sostenendo uno strano involto bitorzoluto e fatto su con la pellicola.
Il suo stato non mi interessa minimamente e lo stringo stretto in un abbraccio, lasciando che l’acqua grondante dalla sua persona mi lavi completamente.
“Brutto rincitrullito! Ci hai fatto stare in pensiero!”
“Ciao, ma belle. Che saluto caloroso!” replica allegramente e con un sottinteso malizioso, mi scosto praticamente subito a quel commento.
Okay, ammettiamolo…l’ho abbracciato perché ero preoccupata marcia, porco cane!
Il biondo avanza dentro e lascia andare il pacco nelle mani di Raph “Tira fuori da qua dentro la roba, l’ho salvata per un pelo compare.”
L’amico annuisce poi Linds si china a slacciarsi le converse e si sfila giacca e maglietta che ha appiccicate addosso.
Quando comprendo cosa sta facendo la cintura è già finita per terra con un clank! e le sue mani bianche sono già lì che slacciano i bottoni dei jeans.
Mi volto dall’altra parte come una scolaretta inesperta.
“Linds vai a spogliarti in bagno!” abbaio, rossa in faccia.
“Non mi dire che non hai mai fatto anatomia in live mode, Michelle. Non ci credo.” replica con un sorrisetto che praticamente tracola dal tono di voce “Se vuoi posso darti un paio di lezioni, sono perfettamente a mio agio con il mio corpo…”
Adesso scoppio e lo prendo a calci in culo…
Sto per tirare fuori una battutaccia sagace quando qualcosa mi toglie la vista, atterrandomi in testa.
Cola acqua fredda.
Tasto l’oggetto e…io l’ammazzo.
In mano stringo i suoi boxer.
Intanto lo sento correre via – bello come mamma l’ha fatto - a piedi nudi, per scapparmi.
“LINDS!!! Che schifo!!! Se ti prendo la tua faccia non sarà più la stessa!” urlo nella sua direzione, partendo alla ricerca mentre Raphael scuote la testa con un sorrisetto ai nostri scherzetti dell’asilo.

Quando le acque, per modo di dire, si calmano e siamo tutti asciutti ci rilassiamo nel buio della zona soggiorno.
Linds si è cercato una Budweiser ed l’uragano continua ad infuriare anche se sembra perdere potenza con lo scorrere del tempo. Intanto il topastro ci racconta come è scampato al crudele destino dell’affogamento.
“Un’ora e mezza dopo che siete andati via è saltata la corrente in facoltà e si sono accesi i generatori d’emergenza. Ho perso due backup su tre perché lo switch mi ha mandato in riavvio i terminali…allora ho dovuto pensare in priorità. Ho lasciato perdere i database ed ho portato nel mio ufficio il contenuto dell’ultima stanza.” spiega tranquillo.
“Ma basterà?” domanda Raphael, preoccupato.
“Sì…il mio ufficio sta al piano secondo rialzato, l’Università è posata su una collinetta, non c’è pericolo Raph.” lo rassicura il topo “Quando sono tornato nel laboratorio, l’acqua aveva iniziato a scendere stile ruscello lungo le scale…”
“Non avevi detto che c’erano delle pompe?” chiedo interessata.
“Ci sono ma una era fuori uso e l’altra credo che non l’abbiano mai allacciata ai generatori…in poche parole, c’erano già due spanne d’acqua.” risponde con un sospiro “Allora ho aperto i terminali in fretta e furia, ho smontato tutti gli hard-disk, recuperato il mio portatile, i dischi esterni ed il server database, a quel punto sono dovuto correre di sopra per non far andare a bagno il poco che ero riuscito a salvare.”
“E la pellicola?”
“Me l’ha lanciata il custode dalle scale. È coraggioso quell’uomo…gli ho chiesto se voleva venire con me ma ha rifiutato, dice che non vuole lasciare l’edificio ai furti. Per il resto me la sono fatta fin qui a piedi aiutato sì e no dalla corrente, roba da guado nella giungla, sinceramente mi aspettavo coccodrilli e serpenti oltre al fango.”
“Non te la sei fatta addosso nemmeno un attimo? Scusa ma non ci credo…” commento con occhi a fessura.
“Quando sei in una situazione del genere non pensi alla paura, ma belle. Fai quello che devi fare e ti salvi la pellaccia.” replica Linds, come se stesse spiegando qualcosa di semplice ad un bambino “In che stato è il mio computer, Raph?”
“Si è bagnato un po’ ma penso che non sia niente di grave. Lascialo asciugare senza usarlo per qualche giorno e non dovresti avere problemi.” risponde clinico il biondo, lanciando un’occhiata alla penisola “Il resto dei dischi non lo so…bisogna provarli.”
All right…sono le due del mattino e tutto è una meraviglia!” dichiara Linds arido, scolandosi la bottiglia e stiracchiandosi “Non so voi ma ho sonno…quindi ciao. Raph…la tua è la terza porta a sinistra in corridoio. Buonanotte.”
“Hem, Linds…ed io dove dormo?” mi indico…l’ha fatto apposta, lo conosco troppo bene.
“Hai un posto riservato, ma belle. Con tanto di scaldaletto…” il topo mi fa il verso “Seconda porta a destra, sempre in corridoio.”
Aspetto che sparisca nell’oscurità della stanza, illuminata da una paio di candele sparse poi mi alzo.
Forza Michelle…non è la prima volta che il topo ti fa avances; vai, dagli un colpo di testa e poi puoi dormire da tranquilla senza squittii vari!
“Michelle…puoi dormire nella mia stanza, tanto non ho sonno e posso occupare il divano.” mormora Raph, caritatevole. Se l’ha capito lui dove vuole arrivare Linds, pensa un po’…
“Nah…posso sempre mollargli un calcio nel tenero, non preoccuparti.” lo rincuoro allegramente poi mi faccio coraggio e mi addentro nei meandri bui del corridoio dove non ci sono finestre aperte sull’esterno, passando le mani sul muro per contare le porte.
Non ci credo…faceva sul serio!
La stanza è vuota, e non è la sua. Mi trovo davanti ad un’altra camera degli ospiti.
Ma quanto è grande questo appartamento?!
Mi viene la tentazione di guardare sotto il letto poi mi do dell’idiota e chiudo la porta, tornando indietro e provando quella prima. Tombola…
Linds è sdraiato sul letto con il cuscino sulla faccia per bloccare il rumore del vento e le mani dietro la testa.
Chiudo la porta dietro la mia schiena cercando di non farla scattare e mi avvicino.
Per una volta che non ci prova…no, questa è logica inversa. Mi ha dato una stanza proprio perché io venissi qui a chiedere spiegazioni…è un mostro!
Mi siedo lì accanto e gli tolgo senza tanti complimenti il cuscino dal viso.
Le sue labbra si piegano in un sorriso ma rimane ad occhi chiusi.
“Ti aspettavo già venti secondi fa, sei in ritardo.”
“Linds…a me certi giochini non piacciono.” rispondo calma.
“Dimmi cosa ti piace allora…sono tutt’orecchi.”
“Col cavolo.”
“L’altro giorno sembravi incline ad attività extracurriculari, però.”
L’altro giorno.” sottolineo “Mi stupisce che tu non abbia afferrato la palla al volo.”
“Così mi offendi sul serio.” ha aperto un occhio scuro nella mia direzione, brilla duro alla luce della candela che mi sono portata dietro per non andare a sbattere nella mobilia senza volerlo “Non sono il tipo capace di fare quelle cattiverie…sono uno scienziato pazzo ma onesto, sai!”
“Già, sembra assurdo ma devo ammettere che la tua condotta ti fa onore.” Perché sto tergiversando? Vorrei capire di più su di lui dopo le rivelazioni di Raph ma…
“Ce l’hai ancora per il fatto che non sono venuto via con voi, Michelle ma belle?” domanda, respirando profondamente e spostandosi su un fianco.
“Beh…se ti piace far stare in pensiero gli amici sono affari tuoi ma non è stata una mossa intelligente, Linds.”
“Eri preoccupata?”
“Scemo.” Certo che lo ero, ma non lo ammetterò mai o diventerai difficile da gestire.
“Michelle…come mai tutto quell’affetto prima? Dillo che ti stai scaldando nei miei confronti!!!” la sua inquisizione non molla ed il sorrisetto soddisfatto e irriverente gli prende tutta la faccia.
“Non fare lo scemo, Linds.”
“Potresti almeno sforzarti un pochino!”
Sbuffo e faccio per allontanarmi ma all’improvviso delle mani mi acchiappano per i fianchi.
“Ti avverto, Linds…”
“Shhh…dillo che eri preoccupata per me…”
“Al massimo lo ero per l’esame!”
“Dolce come un limone, ma belle. Non ti vorrei diversa per alcun motivo.” sussurra al mio orecchio, ha preso ad accarezzarmi i capelli delicatamente. La tempesta ulula mentre siamo lì, avvolti in un bozzolo di lenzuola e coperte all’asciutto.
Linds si è alzato un attimo per spegnere la candela.
Il black-out si è esteso su tutta San Francisco ma la stanza non è completamente buia; sopra le nostre teste, dentro alle nuvole, è in corso una tempesta di fulmini e la loro luce si infrange e riflette nel vapore inondando di luce violetta e fredda noi e la città.
Ogni tuono sorpassa i vetri attutito dallo spessore, mi stupisce che non vibrino.
Nel silenzio pongo una preghiera per tutti anche se non sono una praticante assidua. Forse il mio pregare vale poco ma spero, voglio sperare che alla fine di questo fenomeno possa tornare tutto alla normalità.
A me sta andando fin troppo bene, schiacciata comodamente contro il topo che emana calore meglio di una stufetta elettrica.
Sarà un controsenso ma sono rassicurata e tranquilla da quando quello scemo di Linds è tornato…
“Mi sto annoiando…” borbotta con il tono di un moccioso, soffocato fra i capelli della mia nuca, poi mi fa il solletico su un fianco “Giochiamo a qualcosa?”
“Verità o sfida?”
“Peggio del kindergarten, Michelle. Avrei preferito dottore ed infermiera…”
“Scegli!”
“Verità.”
Ti ho in pugno topo maledetto!
“Chi sei veramente Linds?”
Le mie parole cadono nella semipenombra della stanza, e corruga la fronte “Che domanda è, ma belle?”
“Non riesco a capirti. Sei un tipo complicato, peggio del rubik.”
Il topo ride e posa le mani sulle mie guance con un sorrisetto, gli occhi che brillano a poca distanza dai miei.
“Michelle…non siamo mai ciò che pensiamo di essere ma piuttosto quello che gli altri pensano di noi.” sgrana la sua perla di saggezza meglio di un monaco. Ah sì?
“Quindi sei un bastardo platinato con un particolare senso dell’umorismo, perverso e con una spiccata predilezione per i segreti ed il pericolo?” sparo con gentilezza da lista della spesa.
“Vai a quel paese, miss acidella.”
Tiro fuori la lingua e faccio per alzarmi, ma Linds non mi lascia andare “Mi dispiace ma sei troppo morbida e calda, benvenuta nella tana del topo brutto e cattivo.”
“Tieni le mani a posto, almeno!” protesto, spostando le sue zampacce che nel frattempo si erano posate pericolosamente vicine al mio sedere.
“Sono brutto e cattivo ma puoi anche toccarmi Michelle, mica ti mordo con i miei dentoni!” Linds se la ride.
“Tsk! Ti piacerebbe…topastro!” gli faccio il verso, poggiando le mani sul suo petto appena accennato dalla maglietta.
“Ho risposto alla tua domanda, adesso mi rimane di darti una sfida…” fa mortalmente serio.
Ops…me ne ero completamente dimenticata di questa clausola povera me…
“Spara…ma niente porcherie, sia chiaro.”
“Chiudi gli occhi.”
“Cosa…?” Ho capito male, vero?
“Ti sfido a chiudere gli occhi.”
Ma che sfida è?!
Abbasso le palpebre, tanto il topo è innocuo.
“Fatto.”
“Quante sono?”
“Linds smettila di fare il pir-” Oh…
Ha incastrato il volto con il mio, rubandomi un bacio di quelli veri, con un preciso fine.
Le labbra sottili si modellano sulle mie, calde e morbide.
Piano mi mordicchia il labbro inferiore e la sua stretta si fa più marcata, avvicinandomi contro di se.
Nel buio, in silenzio sento un interruttore interno – quello della mia libido - che scatta per la prima volta dopo mesi da OFF ad ON con un fracasso da grancassa più forte del tuono.
Porco cane…ha fatto sul serio e ci è riuscito.
In meno di un secondo la mente si è spenta ed è il mio corpo a prendere in mano la situazione.
Ho infilato una mano fra i suoi capelli, spingendolo in avanti verso di me, ed una delle sue è scivolata lungo il fianco, afferrando la mia coscia ed posandosela attorno.
Ci incontriamo a metà strada con due strati di vestiti che ci separano, l’aria è carica…Michelle, no! Usa il cervello!
Con una mano lo spingo via, con l’altra tiro i suoi capelli biondi mentre la battaglia fra sì e no dentro la mia testa infuria senza esclusione di colpi. È una follia…così, all’improvviso!
Il bacio sta degenerando nell’hardcore ma, per mia fortuna, dobbiamo riemergere per prendere fiato.
“È così sarei brutto e cattivo, eh?” fa con un sorrisetto, completamente nel suo elemento “Da quant’è che non fai sesso, Michelle?”
“Sta zitto.” inghiottisco il nervosismo, cercando di trovare un punto di appiglio mentale per stabilizzarmi “E comunque non si fa e non sono affari tuoi!”
“Gnegne…” topo perverso ed inutile…ma sa come si fa, maledizione!
Passa lentamente – molto lentamente – le mani lungo la mia schiena, apposta per vedere se la mia reazione è quella giusta.
Devo mordermi un labbro per non spostarmi a disagio mentre un formicolio serpeggia lungo la mia spina dorsale…per tutti gli dei, come cavolo ci riesce?!
Intanto si è di nuovo abbassato pronto a demolire le ultime mie difese ma riesco a fermarlo prima che finiamo a letto sul serio, guidata dai miei estrogeni in astinenza di testosterone vero.
“No.” rantolo senza fiato, rigida come un pezzo di legno dalla voglia.
“No?” ha inclinato la testa, sfiorandomi la fronte con la sua “Sei sicura?”
“Positiva.” Sto per capitolare…
“Peccato…con tutta la frustrazione che stai accumulando prima o poi scoppierai.”
Gli schiaffeggio il petto, stizzita.
“La verità fa male…” continua bastardo, ignorando la mia occhiata “Però hai ragione, è meglio che evitiamo di scandalizzare Raphael…avresti dei seri problemi a parlarci ancora assieme se ci trovasse ululanti ed in pieno atto godereccio e fornicante.”
Mi mordo il labbro ma non ci posso fare niente: scoppio irrimediabilmente a ridere.
Solo l’idea del povero cucciolone che non sa dove guardare e diventa tutto rosso, dondolando sulla soglia…pfff!
“Linds sei uno-”
“-stronzo, lo so. Ed orgoglioso di esserlo!” fa l’occhiolino, allegro come un bambino a Natale “Intanto, Michelle è solo questione di tempo e lo sai…”
Eccome se lo so, topo demoniaco…stai giocando tutte le tue carte!
Di nuovo silenzio, per ascoltare la pioggia, il vento ed i tuoni.
La sua presenza mi tranquillizza, davvero. Ma ne ho paura perché di Linds non ne conosco che una minima parte.
Ma alcuni giorni prima ho fatto una scelta, giusta o sbagliata che fosse.
Avevo deciso di cadere per una volta.
Continuare ad ignorare l’attrazione che c’è fra di noi, è inutile.
Arriva da dentro e frenarla adesso mi lascerà solo il gusto del rimorso.
E Linds – come tante altre cose – l’aveva capito molto prima della studentucola.

Avevo appena raggiunto il punto nel quale non si vede l’ora di allargare le braccia, tuffarsi nel vuoto e rischiare.
Hai sempre la speranza che un paio di ali sbuchino dalla schiena e ti sostengano a metà caduta.
Come quando il giocatore incallito fa un all-in al tavolo del Black Jack con la sicurezza che non si ha più niente da perdere ma che la Dea Fortuna è bendata e magari questa volta…
Linds mi aveva riportato a sognare in un modo tutto suo.
Non ero più la Michelle dell’inizio, sarcastica ed acida.
Lui e Raph mi avevano dato la voglia necessaria di guardare al mio futuro con trepidazione.
Fu il mio primo sbaglio, se potessi tornare indietro…ma non si può.
Ero nell’occhio del ciclone calmo e placido come il giorno prima della tempesta.
Non me ne ero ancora accorta.

I'm gonna keep cathing that butterfly
In that dream of mine
Oh, in my darkest dream
My elusive dreams
My forgotten schemes
I see through you
You see through me

Believe in me
To feel the light
To feel alive
Oh, that elusive dream
The Verve ~ Catching that butterfly

~~~

Canzone del capitolo: The Verve ~ Catching that butterfly.

Le note di questo capitolo sono:
- le mele di Newton... Michelle si riferisce all'aneddoto leggendario della mela che cade a terra, quando Newton comprese che il moto della Luna era riconducibile alla stessa causa, ovvero la forza di attrazione della terra su altri corpi od oggetti. Da qui si gettano le basi per arrivare ai suoi primi trattati della legge di gravitazione universale, e sulla meccanica del moto dei corpi, dei fluidi e della gravitazione celeste;
- ‘One thousand one yellow daffodils' citazione da 'I'm going slightly mad', canzone di Freddie Mercury contenuta in Innuendo (1991). La correlazione con la serata tossicomane di Linds mi è venuta naturale, perché ritengo quella canzone un'acrobata sul confine fra disperazione e follia: una linea musicata ma lucida, e sarcastica. Il testo completo è qualcosa che mi ricorda La persistenza della memoria di Dalí e le Muse inquietanti di De Chirico. Linds può fare lo spensierato quanto vuole ma la sua allegria forzata sfocia nell'inquietante e Michelle l'ha notato in più di un'occasione;
- Labyrinth è un film del 1986 diretto da Jim Henson, dove la protagonista Sarah (una giovanissima Jennifer Connelly) deve attraversare un Labirinto per salvare suo fratello Toby da Jareth, il re dei Goblin (David Bowie).

Della serie, a volte ritornano...altre no! xD
Vabbè sono stata magnanima come avete potuto constatare in questo capitolo...nel prossimo però ci sarà da descrivere il dopo-uragano ed un'altra serie di cosine... *Hermes fischietta* non so quanto ci metterò. È tutto da progettare, ahimè!QQ
Si ringraziano abracadabra e Petitecherie per i loro commenti allo scorso capitolo!
Sappiate che le vostre recensioni mi rendono molto felice, perché mi permettono di leggere opinioni che - essendo un autore solista - non avrei modo di immaginare! Quindi mille grazie e spero che la storia continui ad interessarvi, anche per chi non commenta e rimane silente. So che ci siete...=)
Quindi alla prossima!
Hermes

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Capitolo 16
*** 16 ***


Happiness
More or less
It's just a change in me
Something in my liberty
Oh, my, my

Happiness
Coming and going
I watch you look at me
Watch my fever growing
I know just where I am

Happiness
Something in my own place
I'm stood here naked
Smile and I feel no disgrace
With who I am
The Verve ~ Lucky man

Ventiquattro ore dopo il suo arrivo, l’uragano si è disperso.
Le nuvole si sono frammentate in gruppi più o meno minacciosi ed il vento le sta portando via, verso l’entroterra.
Arrivato il mattino: Raph, Linds ed io abbiamo coraggiosamente lasciato l’appartamento per fare un giro nei dintorni mentre il sole a picco per la prima volta in settimane ha preso a scaldare sul serio, asciugando l’umidità.
I quartieri subito appresso a quello di Linds non hanno subito grossi danni a parte gli scantinati pieni fino all’orlo d’acqua e qualche tombino traboccante, sui marciapiedi c’è di tutto: dai cestini, ai rami, alle antenne strappate e pure qualche lampione buttato giù della forza del vento.
Sempre camminando verso la baia nella direzione di Alcatraz Island, l’acqua ha superato gli alti argini della riva ed occupato la profondità di tre strade dell’interno, il segno del fango dimostra di come l’acqua sta già rifluendo molto lentamente verso lo stretto della baia.
Il campus è sopravvissuto ma molte finestre si sono frantumate e la segreteria è rimasta allagata. Il vento ha sfondato le finestre di uno degli archivi amministrativi e la contabilità si è sparsa per il parco, centinaia di fogli hanno preso il volo o sono atterrati sui rami dei platani dove ora pendono come tristi bandierine, inzuppate e mogie.
Il viale subito accanto all’ufficio è ricoperto da articoli di cancelleria ed una pappa grigia e bagnata di cellulosa.
Entriamo nella facoltà con il mio passe-partout e la troviamo disastrata ma non impossibile da recuperare, certo dove le finestre non hanno retto ci sono pozzanghere d’acqua, ma il più dei piani alti sono rimasti asciutti.
Linds apre il suo ufficio, chiudendosi dentro e intimandoci di continuare il nostro giro mentre controlla solo-lui-sapeva-cosa.
I suoi segreti perpetui…uffa!
Io e Raph scendiamo per il laboratorio, che scopro essere di un livello più basso della biblioteca, rimasto sommerso sotto due metri d’acqua melmosa che sta lentamente scendendo grazie ad una squadra di pompieri.
Al bar universitario, tutto sembra in ordine e la biblioteca si è miracolosamente salvata anche se seminterrata grazie alle porte a chiusura stagna che hanno prevenuto al livello d’acqua di salire e fermandolo a venti centimetri. Ogni prima fila da terra degli scaffali è purtroppo inutilizzabile ma il resto è salvo.
Ci riuniamo con Linds all’entrata della Facoltà e proseguiamo verso il Golden Gate Park dove la furia dell’uragano si mostra in tutta la sua potenza.
Il Conservatory of flowers è stato abbattuto dalla grandine, non ne rimane che l’intelaiatura in metallo della grande serra ed una massa irriconoscibile di petali e piante martoriati.
Stessa storia vale per il parco, il polmone verde della città è pieno di alberi sradicati dalla furia del vento arrivato direttamente dalla costa ovest.
Anche il Golden Gate Bridge ha subito qualche danno ma svetta ancora sopra le nostre teste, la vernice rossa ed umida che brilla alla luce del sole.
“Ragazzi…siamo fortunati ad essere ancora qui!” esclamo serena.
“Già, poteva andare molto peggio…tu cosa ne pensi, Linds?” mi fece eco, Raph.
“Penso che ho del lavoro da sbrigare e manca l’elettricità, che il mio laboratorio affonda nella melma e che riceverò presto una telefonata che non mi garberà.” rispose il topo, pulendosi le lenti degli occhiali con un fazzoletto “Una meraviglia in poche parole…”
Gli lancio un’occhiata curiosa ma Linds non dice altro e proseguiamo per Fell Street, verso il mio quartiere.
Intanto che camminiamo mi abbottono il giacchino, il sole scalda ma a tratti ci sono folate d’aria fredda.
La mia palazzina non sembra diverse dalle altre, è marcia d’acqua e ha lo scantinato completamente allagato.
Il padrone – un uomo sulla quarantina dall’aria sciupata - ha le mani nei capelli mentre parla con un uomo dei soccorsi.
Gli passiamo vicino quel tanto per sentire cosa si stanno dicendo.
“L’impianto elettrico generale è fuori uso?! Corto circuito?! Vuole scherzare?! Si rende conto che questo edificio viene usato come alloggio da oltre venti studenti universitari?! E che senza elettricità e riscaldamento diventerà inagibile?!” il poveretto dà tutti i segnali di stare per mettersi a piangere mentre Linds mi manda un’occhiata, e continua “Dove pensa che potremo spostare questi ragazzi nel frattempo?”
“Mi dispiace, signore, ma tutta la città ha subito danni anche peggiori. Cerchi di mettersi in contatto con l’Università per una soluzione.” gli rispose l’altro, con un che di menefreghismo nella voce alla ‘credi-di-essere-l’unico-con-dei-problemi?!’
Raphael si intromette con espressione preoccupata “È possibile entrare, almeno per recuperare degli oggetti personali?”
Il volontario annuisce “Sì ma bisogna prestare attenzione, da una parte del tetto è filtrata acqua, c’è il rischio di scivolare sulle rampe.”
“Okay…grazie.”
Così entriamo nell’edificio, dove le scale per le cantine sono coperte fino all’orlo d’acqua che si allarga in piccole onde sulle piastrelle del piano terra. Gli scalini sono completamente bagnati e dei veri azzardi per la salute, sdrucciolevoli come se ci avessero versato sopra del sapone di proposito.
Il soffitto gocciola ritmicamente e, salendo, più di una volta l’acqua fredda ci cade addosso o sul collo.
Arrivati al mio piano, apro l’appartamento e lo trovo modestamente asciutto.
La finestra del piccolo soggiorno, nonostante fosse stata sbarrata, ha lasciato passare dell’acqua. La moquette l’ha assorbita come una spugna e passandoci sopra produce il tipico rumore della plastica umida.
Seguita da Raph e Linds controllo il bagno e la mia stanza, nelle stesse condizioni del soggiorno. L’unica parte del bilocale che sembra identica come quando l’ho lasciata è il cucinino: la macchinetta del caffè piena di broda e la tazza a metà lì accanto.
Ma Belle…vero che non ti offendi se ti prolungo il mio invito a stare da me?” fa il topo, spulciando nel frigo ma non trovandoci niente di commestibile.
“No, Topo. Non mi offendo…” ammetto un po’ depressa dalla situazione, se non ci fosse il suo mega-appartamento sarei in mezzo ad una strada!
“Yippie!!!Cucina casalinga a gratis!” esclama, trottando verso la camera da letto, agitando un pugno “Dai vieni ad aiutarmi a fare le valigie, Michelle!”
“Come fa ad essere così allegro?” domando con un sospiro rassegnato.
“Credimi, piccola…nel suo caso è meglio ignorare!” mi fa eco Raphael con un gocciolone.
Intanto Linds esclama a voce alta “Oooohhhh! Ho trovato il cassetto della biancheria! Che belli gli slip di Snoopy! Ahhhh! Il mio pigiamino preferito di Minnie!!!”
Raphael è stile aragosta e nasconde il volto in una mano mentre a me sale il tic nervoso e la crocetta della scazzatura in fronte.
Prendo un respiro poi marcio verso la mia camera e lo afferro per un orecchio mentre fruga senza alcun pudore fra le mie cose.
“Ti stai divertendo?!”
“Da morire…” il suo sorrisetto è da pestarlo a sangue.
“Okay…se vuoi renderti utile svuotami l’armadio a muro, topo porco. Io mi occupo di questi.” dico, sottolineando bene le faccende, poi mi sporgo verso il soggiorno dove Raph è rimasto “Ti dispiace fare uno scatolone? Solo dei miei libri di testo e delle dispense sotto la tv?!”
“No problem, baby!” annuì Raph con un sorriso.
Lavoriamo in silenzio con il ticchettio degli appendini sulla sbarra dell’armadio ed io che apro i cassetti, i tonfi dei miei libri che Raph sta incastrando nello scatolone.
“Ah…” esclama Linds nostalgico “Quanti bei ricordi…”
Lancio un’occhiata alle mie spalle, il topo ha fra le mani il vestito nero, quello che ho indossato la prima volta che abbiamo cenato assieme.
Sorrido nella sua direzione, lui ricambia.
In effetti sembra un secolo fa…
“Ti faceva delle gambe da infarto, ma belle…” commenta con sguardo sognante.
Scuoto il capo e chiudo il cassetto, non cambierà mai…
Venti minuti ho svuotato l’armadietto del bagno delle mie cose e siamo pronti ad andarcene, tutti i miei averi stipati in una scatola di cartone, due borsoni e la sacca da ginnastica.
Di sotto c’è ancora il proprietario e gli lascio le chiavi.
Addio bilocale muffito…stammi bene.
“Raph…sicuro che non pesa troppo? Possiamo fare metà per uno!” domando preoccupata, voltandomi per guardare il San Bernardo che cammina dietro di noi, sorreggendo fra le braccia lo scatolone pieno zeppo delle mie scartoffie.
“Nah, Michelle…tranquilla!” sorride lui.
Linds si è accollato uno dei borsoni e la sacca da ginnastica, che tiene appesa dietro la schiena dal cordone.
“Secondo voi quanto ci rimetteranno a ripristinare le cellule?” domanda d’improvviso.
Ci vuole un momento prima che capisca di cosa sta parlando ma Raphael risponde.
“Sicuramente dopo l’elettricità…le linee telefoniche via cavo saranno rimaste sicuramente interrotte per cavi strappati o simili, le parabole di quelle in etere possono essere state spostate o danneggiate dalla forza dei venti.”
“Come minimo quarantotto ore, quindi.”
“Le linee principali sì.”
Linds sospira.

L’energia viene ripristinata in quasi tutta la città fra la sera ed il mattino dei giorni seguenti.
Il palazzo di Linds funzionava in autonomia grazie ai generatori a kerosene, quindi io ed i ragazzi non avevamo grossi disagi a parte la doccia gelata ed il riscaldamento non funzionante.
Raph era andato a sincerarsi dei suoi averi nell’albergo in cui soggiornava poi si era trasferito anche lui nell’appartamento del topo ma solo temporaneamente.
Il cagnone scalpitava per tornare a San Diego ed assicurarsi che Mel e sua sorella stessero bene ed appena le ferrovie vennero dichiarate utilizzabili si mise in viaggio per tornare in bassa California.
Linds non se l’era presa troppo, il laboratorio sotto la facoltà era stato dichiarato inagibile, anche se svuotato dall’acqua e dal fango e l’Università statale era stata chiusa per una settimana al pubblico.
La divisione dell’esercito americano di stanza nella zona aveva ricevuto l’ordine dalla Casa Bianca di aiutare a mantenere l’ordine ed aiutare la popolazione.
San Francisco si ripopolava a poco a poco ed ovunque c’erano persone che lavoravano febbrili sotto un sole che – finalmente - avrebbe potuto spaccare le pietre.
Non avevo di meglio da fare e mi aggregai ai volontari, passando la settimana a portare aiuto per le strade e – anche – per ripulire il locale nel quale lavoravo alcune ore part-time la sera.
Miracolosamente non era rimasto allagato e gli unici danni erano state le vetrine rotte ed il bagno che aveva rigurgitato l’acqua in eccesso proveniente dalle condutture del sistema fognario di San Francisco.
Com’è la vita con il topo, mi chiedete? Una pace.
Il topo ha ricevuto la telefonata tanto temuta.
Il blackberry era suonato alcune ore dopo il ripristino delle linee telefoniche e Linds aveva passato due ore con il telefono incollato all’orecchio nella sua stanza con la porta chiusa a chiave.
Credo che abbia subito una ramanzina o della pressione perché nel giro di questa settimana non ha praticamente staccato gli occhi dal suo portatile e dal verificare che tutti i suoi supporti funzionino.
In più il biondo se ne sbatte altamente della chiusura dell’Uni e passa parecchie ore nel suo ufficio in facoltà.
Cosa combina non mi è dato sapere, intanto quando torna a casa nelle ore più disparate riesce a svuotare il frigo come se non mangiasse da giorni.
Proprio vero che si bruciano carboidrati, usando il cervello…pensate averne uno come quello del topo. A parte la schizofrenia…quell’uomo ha sempre una fame del boia!
Ogni giorno che passa la città torna al suo stato pre-uragano con velocità crescente.
La viabilità privata e quella pubblica viene ripristinata faticosamente ed entro tre o quattro giorni, il Golden Gate Bridge viene riaperto.
I supermercati che si sono salvati dall’acqua, completamente privi di prodotti riprendono ad essere forniti e la vita ricomincia.
San Francisco è un vero formicaio di industriosità e voglia di ricominciare, lanciando dei segnacci discutibili al meteo e sperando che un evento del genere non succeda più per i prossimi centocinquant’anni, al minimo.
La settimana successiva, una alla volta, le varie facoltà vengono ripristinate ed incontro Max e Richard, sani e vegeti.
Sono eccitatissimi e mi raccontano di come si sono accampati sulla cima di una rampa di scale di uno dei grattacieli del centro ed, imbragati fuori a turno, hanno filmato e provato con mano la forza dell’uragano creando un video blog aggiornato in tempo reale.
“Ragazzi ma come avete fatto a rimanere in rete quando sono saltate le telecomunicazioni?” domando loro, un po’ scettica.
“Abbiamo preso in prestito una di quelle antenne portatili per il collegamento satellitare!” mi risponde Richard allegro “C’abbiamo messo un po’ a farla funzionare ma poi è andata da favola!”
“Lo sai che il nostro footage l’hanno nominato in mezza dozzina di news?! Abbiamo ricevuto anche offerte per un documentario!” replica Max con occhi illuminati da luce divina, comunemente chiamata ‘follia nerd’, chissà le loro povere madri che infarti…
Se non li conoscessi potrebbero essere benissimo fratelli di Linds…incoscienti, amanti del rischio ed un tantino idioti!
Naturalmente Will, Barbara, i rugbisti e tutta la schiera di Barbie sono in perfetta salute e più scemi che mai.
Non si sente altro che i loro racconti per il corridoio: ‘Come ci siamo spaventati…’, ‘Orribile…’, ‘Mi si è allagato l’armadio nella mia stanza, la mia collezione di jeans firmati è tutta da buttare!’
Per non parlare della cinque giorni di Barbara alle Bahamas e della sua perfetta abbronzatura integrale che la fa sembrare carbonizzata.
Grazie a Dio ci vengono risparmiati tutti i particolari quando Linds arriva ad aprire l’aula, una delle poche agibili grazie al fatto di essere al piano primo. Una volta tanto adoro la Fisica…
Giovedì andiamo a prendere Raph all’aeroporto e nel viaggio di ritorno lo aggiorniamo sulla situazione.
Il cagnone rifiuta l’invito di Linds a sistemarsi da lui e preferisce una camera d’albergo.
“Sicuramente per fare cosacce in tutta libertà con Mel su Skype…ci scommetto!” commenta il topo orgoglioso del compare, mentre gli mollo una gomitata indiscreta.
La mia permanenza nel suo appartamento è a tempo indeterminato per adesso; la segreteria è stata sommersa da domande di trasloco e sembra che non riusciranno a sbrigarle tutte in tempi brevi. Intanto sono stata promossa da Linds cuoca a tempo pieno.
Il topo mi ha dato la seconda copia del mazzo di chiavi e m’ha detto di fare come se fossi a casa mia.
Mi prendo una stanza per sistemare la mia roba e – dato che fra la mia camera e quella di Linds – c’è un bagno, lo condividiamo.
Quando ci sono entrata per la prima volta mi sono strofinata gli occhi dalla sorpresa.
Tutto moderno e bicromo, fin qui niente di strano a parte la precisione chirurgica con il quale sono stati disposti i suoi vari articoli personali su una parte del mobile a doppio lavabo.
Voglio dire, se una persona qualsiasi avesse posato gli occhi – come me – sul laboratorio dove lavorava l’avrebbe preso per un casinaro recidivo e distratto, di quelli che nel disordine vedono la base dell’universo!
Quindi Linds nel proprio non amava le cose fuori posto…deve aver usato una squadra sulla mensola dello specchio, è l’unica possibilità!
Comunque mi sembra di vivere quasi da sola dato che il topo passa tutto il suo tempo da sveglio nel nuovo laboratorio che gli è stato concesso a tempo di record dal consiglio amministrativo.
All’inizio non ci credevo – come cavolo ha fatto? Ha puntato una pistola alla tempia del Dean? Ha minacciato di far esplodere la facoltà con uno dei suoi intrugli?! – poi un pomeriggio ho constatato che era tutto vero…
Gli era stato riservato un laboratorio nuovo di zecca nell’edificio più moderno del campus, con tanto di stanze organizzate perfettamente, macchinari d’ultima generazione e sistema di sicurezza all’avanguardia con tanto di codice numerico e porte blindate.
Quando gli ho domandato come aveva fatto mi ha solo sorriso e detto “Queste sono le meraviglie del lavoro in proprio, ma belle! Punta in alto e vedrai che soddisfazioni!”
Sì…deve aver minacciato il Dean in qualche modo…

Sabato Linds ed io ceniamo assieme sull’isola della cucina.
Mi sa che sarà un’occasione più unica che rara…
Il topo è d’ottimo umore tanto che insiste per stappare una bottiglia di vino ed innaffiare una scatola di profiterole che, a rigor di cronaca, fa fuori per due terzi. Ma se nel suo sangue si abbassasse il livello di zuccheri cosa succederebbe?
Finita la sua abbuffata, sfila portatile e telefono dalla borsa e fa per scomparire nel corridoio non senza prima avermi lanciato un bacio ed un “Tutto delizioso…ma se mi abituassi alla tua cucina sarebbe la rovina della mia linea!”
“Aspetta…non è che mi presti il tuo ipod?”
“Giacca, tasca sinistra, mettilo in carica sulla docking!”
“Ricevuto grazie!”
Vado a controllare e l’accendo, in effetti la batteria è sul punto di morte.
Ruoto il pollice sui comandi, girando per i menù…
Jazz, power metal, death metal, punk, space, pop…fin qui tutto chiaro, almeno credo…
Ci sono nomi come Primus, Fast Fusion, Darkwave, Meditativa (il topo che medita ohm-ohm?), e Trip hop che non ho nemmeno idea a quale tipo di musica si riferiscano…scelgo il random playmode dato che sono in vena di sperimentazione ed inizio a mettere in ordine nella cucina.
Una settimana ed il lavello è peggio di un campo profughi…puh!
Quel lavoretto si fa interessante ascoltando il suo sterminato archivio musicale…oddio ha le Spice Girls ed i Backstreet Boys…
Credo che l’unico stile mancante sia la musica tecno da discoteca e Britney Spears.
Finita la cucina, inizio a fare ordine sul tavolino dove durante il pomeriggio ho ammucchiato le mie dispense e libri per studiare. Libero una parte e riaffondo sul comodo divano per memorizzare un’altra ventina di pagine.
Certo gli esami sono ancora lontani un mese abbondante ma è sempre meglio portarsi avanti con il lavoro.
Sono lì tranquilla quando dallo speaker esce fuori una hit di Rihanna che sembra quasi scelta dal meteo degli ultimi giorni…ve la ricordate ‘Umbrella’?
Ennesima volta che me lo chiedo: cosa ci fa sulla playlist di un topo metallaro?
In coda a Jay Z arriva Linds con tanto di occhialoni alla west coast police, prendendo la rincorsa alla Saturday Night, tirandomi su ed improvvisando dei passi di danza sulla musica.
Intanto canticchia il ritornello, piroettando per l’open space e sostenendo un ombrello immaginario sopra le nostre teste.
Now that’s raining more than ever/ Know that we’ll still have each other/ You can stand under my umbrella!
“Sei completamente assurdo…” per non dire che mi ha fatto volare la dispensa a terra.
Sorrisetto “Ci sarà un motivo per cui sei pazza di me, no?”
Alzo gli occhi al soffitto, sbuffando ma con la bocca piegata in un sorriso. Afferro gli occhiali e glieli infilo nello scollo della sua maglietta bucherellata dei Sex Pistols.
Non c’è niente da fare…il topo è eclettico, va da un estremo all’altro, è speciale così com’è.
La hit sfuma nel background, soppiantata da un’altra traccia.
Alla prima battuta della chitarra la riconosco…come non potrei?!
Lancio un’occhiata al topo che fa spallucce, sta ancora ridacchiando.
“Non mi dire che ti ho convertito al brit-pop, Linds. Sarebbe un miracolo al di fuori dalle mie possibilità!”
Richard Ashcroft sta dando il meglio di se alla chitarra in una delle mie canzoni preferite dei The Verve in assoluto.
Vi rendete conto di cosa c’è sul lettore del topo?! Il mondo sta per finire…
Linds chiude gli occhi con un sorriso soddisfatto, mentre giriamo sul posto.
“Non sono male, dai…e poi com’è che dice? But I’m a lucky man with fire in my hands? Credimi I’m loving every minute of it!
Mi ha avvicinato ed i nostri corpi si sfiorano, mentre la canzone va avanti nel mood che conosco così bene che potrei analizzarla nota per nota con delle immagini.
Gabbiani. Azzurro. Sole. Speranza ed il sentirsi a posto con il mondo.
Felicità che arriva e se ne và.
Percorrere finalmente una strada che porta nella direzione giusta anche se ad ogni angolo ci sono degli imprevisti.
Come ha citato Linds: sono un fortunato con del fuoco fra le mani.

So cosa vedo e ho allacciato le mani dietro il suo collo mentre dondoliamo sul posto.
Abbiamo lo sguardo fisso uno negli occhi dell’altro. Mossa dannosa se siamo io e lui…
La musica continua ma diventa una nenia irriconoscibile come se il mondo si fosse rimpicciolito, allontanato.
Grande quanto un granello di sabbia.
“Hai bisogno di qualcosa, Michelle?”
Traduzione: Dillo, ma belle…non aspetto altro da quando ti ho messo gli occhi addosso.
Pondero la mia risposta, mordicchiando il labbro inferiore.
Il suo pollice lo sgancia dai miei denti con delicatezza.
Al diavolo…hai vinto, topo.
Sorride, ha notato il mio cambio d’espressione.
“Posso dire una cosa?” fa piano, annuisco e lui se ne parte con un liberatorio ed arrogante “Era ora!
Sgancio una delle mani ed afferro un pugno dei suoi capelli biondi tirando, e facendo una linguaccia.
Linds ridacchia, piega le ginocchia e mi afferra le cosce dietro dando la spinta caricandomi in grembo come una bambina.
Nonostante lo spostamento del baricentro il topo non barcolla, la sua figura nervosa supporta perfettamente il peso di entrambi. Tutto ossa e tendini…agile come un cavallo da corsa. Uhm, potrei farci un pensierino…
“Allora…hai preferenze o possiamo passare subito al sodo?” fa con malizia, allegro, incamminandosi con calma ammirevole verso il corridoio “Non vedo l’ora di tirarti su la sottana da suora!”
“Sorprendimi, Linds. Dopotutto saprai di cosa parli, no?”
“La tua ironia darling, non mi tocca.” il tipico sorrisetto stronzo ha fatto capolino sulle sue labbra sottili.
Ho voglia di mordicchiarlo. Tutto.
Farlo stare zitto. Sentirlo mentre-
Sono impazzita…

“Michelle, smettila di ammirarmi con i tuoi assatanati occhioni argentati o non ci arriviamo al letto.”
“Non ho mai detto di volerci arrivare…” mormoro in risposta, tracciando l’incavo del suo collo con le labbra.
Gli occhiali sono scivolati e caduti per terra. Dimenticati.
You, little minx…” respira a denti stretti, spalanca la porta della stanza con il piede e quattro passi ed un attimo dopo mi lascia andare sul letto “I got you, now.
I suoi occhi brillano nella penombra della stanza come quelli di un gatto, riflettendo la luce della strada venti piani più sotto.
Sorrido ed abbasso le palpebre.
Già…sono caduta nella tua trappola, e ben contenta di esserci, Professor Lagden.

Sì, sì…il topo ha stamina ed immaginazione. La collezione di filmini forse ha un motivo…
Mi và anche bene che avevo rifatto la visita per la pillola a Febbraio, è bello sapere di sfruttare un po’ l’anticoncezionale dato che non me la sentivo di buttare via tutti i blister dopo il casino con Will.
Mi sento leggera e tranquilla…ah…i miracoli dell'endorfina!
È dieci minuti che siamo in silenzio.
Linds è sdraiato al mio fianco, rilassato e tranquillo, i capelli sparati in tutte le direzioni sul cuscino.
“Allora?” mormoro, agganciando le mani al guanciale.
Linds corruga la fronte “Allora cosa?”
“Come sono andata?” e sì, care, lo sto facendo apposta…
“Non sono gli uomini che fanno certe domande alla fine, ma belle?” si è voltato verso di me, interessato.
“Si vede che sei troppo topo e non abbastanza uomo…”
“Hai un bel coraggio…” ridacchia.
“Allora? Sono abbastanza donna per i tuoi standard altissimi?”
Linds stira le braccia ad occhi chiusi, la luce riflessa dei lampioni delinea il suo sorrisetto “B-
“Eh?”
“B-. Non posso darle un voto più alto per questioni disciplinari, Miss Hervas.
“Siete troppo severo, prof.”
“Al contrario, magnanimo.” si è girato sul fianco “Ci stai per un altro giro? Ho alcune idee…”
“Okay, sono pronta a nuove esperienze…”
“Perfetto.”
Lunga notte questa…proprio come piace a me.

Mi sveglio di punto in bianco, sorpassando perfettamente lo stato di dormiveglia e cercando fra le coperte.
Dov’è finito?
Muovo il capo, frugando per la stanza e lo trovo dalla mia parte mentre si infila in fretta e furia i denim, saltando sul posto ed iniziando ad infilare i bottoni nelle asole.
“È prestissimo…dove stai andando?” domando con un lamento, tuffandomi nella morbidezza del guanciale. La sveglia segna le quattro del mattino…doh!
“Torna a dormire, Michelle.” si è seduto sul ciglio del letto, infilandosi le Onitsuka tiger “Ci vediamo oggi a pranzo.”
Si china, lasciandomi un bacio all’angolo della bocca e vagamente sento delle ciocche umide dei suoi capelli biondi sfiorarmi la guancia.
Mugugno qualcosa ma Linds è già sparito in corridoio…come cavolo fa? Io potrei dormire fino a mezzogiorno…
Peccato che non ci riesco più adesso…passo una mezz’ora a letto, girando e rigirando.
Il soffitto è troppo bianco…
Alla fine faccio per alzarmi, ci starebbe bene una corsetta ma con tutto il movimento della sera prima non mi sento nel pieno della forma. Quindi decido per una doccia e per una colazione sostanziosa, intanto che venga un’ora un po’ più normale.
Almeno fino a quando non apro il frigo e ci trovo quello che – nelle ultime settimane – ho rinominato il vuoto del fisico.
Stato di fatto al quale ho allegato addirittura un formulato ed un teorema infallibile.
Linds mettiti a dieta per dindirindina!
Ricarico la macchina del caffè, che qualcuno si è scolato, ed afferro chiavi e portafoglio per correre ai ripari.
Non sono ancora le sette ed il portinaio non è nel suo gabbiotto. Che poi è Domenica, solo Linds lo prende come un giorno della settimana qualunque!
Recupero una bottiglia del latte e dello yogurt, poi afferro anche un pacchetto di biscotti e l’edizione del giorno del San Francisco Chronicle con tanto di inserto domenicale. Pago e torno indietro dove trovo il San Bernardo davanti il portone d’ingresso.
“Raph? Che ci fai qui?” domando, avvicinandomi.
“Ciao…Linds non c’è?” sorride a disagio, mentre cerco le chiavi.
“No. È uscito all’alba.”
“Ah…”
“Immagino che sia all’Uni.” offro, non sapendo che dire.
“Sono già passato là…non c’è, ho provato a telefonargli ma ha il cellulare staccato, pensavo stesse dormendo.”
Adesso capisco l’espressione confusa di Raphael…che comportamento per niente da topo.
“Non so cosa dirti…ti va di fare colazione con me? Sono giusto tornata dall’alimentari.” domando, mostrandogli il sacchetto di plastica.
“Ho già mangiato, grazie. Beh…sarà meglio che torni là e mi metta sotto con i database o poi lo sento…”
“’Kay…buona domenica e buon lavoro.”
“Grazie, Michelle!”
Povero Raph…ho sempre più l’impressione che Linds stia sfruttando il povero cucciolone alla grande.
Scuoto la testa, entro e torno nell’appartamento.
Dieci minuti sono già piazzata comodamente sull’isola della cucina con tazza di latte e cereali, yogurt e caffè.
Il giornale aperto che poggia sulla caraffa del succo d’arancia, mentre leggo distratta.
Afferro un biscotto, ammollandolo nel latte e giro la pagina.
Il frollino mi cade nella tazza mentre fisso la foto.
Un paio di secondi dopo ho afferrato il giornale, avvicinandolo per osservare bene se ho preso un abbaglio o no.
Sul fondo della quarta pagina c’è un articolo in onore di un certo Paul Girsham e dalla foto in bianco e nero mi fissa lo stesso uomo giovane di quel giorno a Los Angeles.
Mi metto a leggere velocemente l’articolo e tutta una serie di particolari scattano al loro posto con sonori schiocchi da ingranaggio.
A detta del giornalista ha fatto una cospicua donazione milionaria in favore delle università di San Francisco per aiutarle a riprendersi dopo l’uragano.
Nell’ultima colonna c’è una piccola biografia ed a quanto pare, Girsham è subentrato al padre nella direzione dell’impresa di famiglia da tre o quattro anni scalando con merito i vari settori dell’azienda e diventando CEO.
L’impresa di famiglia è specializzata in produzione di armi di distruzione di massa.
Ha finanziato il nuovo laboratorio di Linds, lasciando credere di essere un benefattore dalla manica larga.
È possibile che Linds si sia incontrato con Girsham, stamattina? Molto molto probabile.
Il topo sta creando un’arma di distruzione di massa? Non sarebbe così difficile per uno del suo stampo.
Crederci è un azzardo nemmeno troppo campato in aria…l’unico pensiero che mi viene è: Dio, salvaci.

And how many corners do I have to turn?
How many times do I have to learn
All the love I have is in my mind?
I hope you understand

I got a love that never dies
I got a love that'll never die
No, no
Oh, I'm a lucky man

(don't think, don't, don't think I'm lying)
It's just a change in me
Something in my liberty
(don't think, don't think I'm lying, I'm flying, come on now)
The Verve ~ Lucky man

~~~

Canzone del capitolo: The Verve ~ Lucky man.

Le note di questo capitolo sono:
- L'isola di Alcatraz è una piccola isola, situata nella baia di San Francisco. Resa famosa dal penintenziario militare usato dal 1868 al 1933, e come carcere federale di massima sicurezza. Fu poi chiuso nel 1963. Dentro al carcere le condizioni di vita erano durissime dando adito a numerosi tentativi di fuga, quasi sempre futili. Un criminale famoso rinchiuso ad Alcatraz fu Al Capone;
- 'Umbrella' è una hit della cantante americana Rihanna del 2007/2008, la potete ascoltare qui;
- Naturalmente la canzone dei The Verve in cui accenno nel capitolo è Lucky Man, Richard Ashcroft è la loro 'leggendaria' voce; xD
- "minx..." termine usato per indicare una persona che fa la civetta, flirtando anche in modo sfacciato con qualcun'altro;
- Endorfina: sostanza di natura proteica prodotta dal cervello, che esercita sull'organismo un effetto antidolorifico simile a quello dell'oppio, ovvero rilassamento. Anche il cioccolato ne stimola la produzione =);
- San Francisco Chronicle è il quotidiano correntemente più venduto di tutta la California settentrionale;
- CEO acronimo di Chief Executive Officer, ovvero amministratore delegato;
- Arma di distruzione di massa termine usato per descrivere un'arma capace di uccidere indiscriminatamente una grande quantità di esseri viventi. Questo insieme comprende armi nucleari, biologiche, chimiche e radiologiche. Il termine venne coniato per la prima volta in un articolo del London Times del 1937 che descriveva l'attacco delle forze aeree tedesche della Legione Condor alla città di Guernica in Spagna. L'attacco durò 3 ore, distruggendo il 70% della città e uccidendo un terzo della popolazione.

Ci tengo a dire che questo non è un pesce d'aprile e la Hermes vi ha portato sul serio un grosso pescione di capitolo di StepLeft...xD
Sono secoli che non ho più aggiornato, lo so e mi dispiace ='(
Comunque stiamo alle battute finali della storia ed ogni capitolo è una vera e propria sfida da scrivere, difficili ed incredibilmente accurati, proprio come piacciono a me! =D
Piccole note di servizio: Paul Girsham è un personaggio originale di pura fantasia tanto quanto Raph, Linds o Michelle.
Naturalmente si ringraziano le due recensitrici dello scorso capitolo: Petitecherie e ParoleDiGhiaccio. Spero che non vi siate stufate dell'attesa e che vi stiate godendo la pasquetta in qualche posto soleggiato!!!
*Dalla Hermes il tempo non è magnanimo...nuvole grigio piombo e freddo da novembre...non parliamo poi dei diluvi...LoL*
Spero di tornare con gli ultimi capitoli presto...intanto godetevi questo e rimuginate! ^^"
Hermes

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Capitolo 17
*** 17 ***


Nota: in questo capitolo ci sono cose che non vi consiglio di provare...non fate come Linds! LoL
Lettori avvisati mezzi salvati io ho fatto il mio dovere =)

There's no room for imagination
Suffocating in my head
I need some liberation
And it feels good
Oh, my, my

Close the door
And take off those clothes
Dance with me till the morning shows
In your bed and in your skin
I feel whole
One whole soul
The Verve ~ Let the damage begin

Sto girando per la stanza, mug in mano.
Non riesco a studiare e c’ho provato tutta la mattina.
Nah…il topo non è un warmonger…almeno non credo…
È un’idea troppo estrema e se stesse ben costruendo una nuova bomba non sarebbe stato meglio farlo lontano dalla gente in qualche laboratorio della Girsham Inc.? Possibile poi che Raph lo stia aiutando?
Un cucciolone di quel calibro assetato di sangue? Mi ha anche detto di odiare la violenza!
Mi sto lacerando la sanità mentale su questo punto.
È quasi l’una quindi prendo la borsa e mi avvio verso l’università, tesa.
Mi faccio aprire dal custode dato che non ho chiavi magiche che aprono tutte le porte, e cerco di ricordarmi la posizione del nuovo laboratorio.
Arrivata devo spedire un messaggio di testo, dato che non conosco la combinazione numerica e presto la serratura scatta con un rumore metallico.
Raph mi sorride come al solito “Ciao! Linds si stava giusto chiedendo che fine avevi fatto!”
“Ah…” il mio rimuginare frenetico si ferma di punto in bianco per tirare fuori una scusa accettabile “Mi sono messa a studiare e ho perso il senso del tempo.”
“Non ti preoccupare, capita! Sto uscendo per andare in pizzeria…cosa ti prendo?”
“Margherita?” rispondo esitante.
Raph annuisce e mi lascia una pacca sulla spalla, allontanandosi.
Fantastico…siamo soli.
Prendo un bel respiro e varco la soglia, la porta dietro alle mie spalle si chiude con un ronzio.
La stanza è abbastanza vuota e non dissimile a quella del vecchio laboratorio: con un divano e schedari.
Dal riquadro della porta sulla parete opposta, vedo Linds seduto su una sedia mentre scrive sul computer a velocità massima. L’espressione una tela bianca, del tutto assorbito com’è.
Mi appoggio allo stipite, cercando di assumere una posa disinvolta “Hey.”
“Hey.” ripete, senza nemmeno staccare gli occhi dallo schermo.
Lo scambio di saluti più arido che abbia mai sentito…e ieri siamo finiti a letto.
Passano due minuti prima che il silenzio diventi pesante.
Non riesco a stare ferma ed inizio a girovagare per la stanza.
C’è poco d’interessante ed alla fine mi ritrovo davanti alla porta del laboratorio vero e proprio, già alla stregua di un campo di battaglia dopo nemmeno una settimana di utilizzo.
“Posso dare un’occhiata ai macchinari, topo?” domando, aspettandomi un rifiuto praticamente certo.
“Ecco, brava ma belle. Già che vai di là recuperami il plico vicino al microscopio e, per favore, non toccare niente.”
Perché se lo faccio saltiamo in aria? Lo penso ma mi trattengo dal dirlo.
Mi dà le spalle quindi la linguaccia è di rito e spingo la porta di vetro.
La stanza è ampia e mi prendo il mio tempo prima di fare quello che mi ha chiesto.
Sul tavolo centrale c’è una serie di contenitori ma cosa la fa da padrone è una valigetta metallica, aperta. Dentro è piena di boccettine, alla prima occhiata sembrano almeno un centinaio tutte piene ed etichettate ma le scritte sono così minuscole che non sembrano nemmeno parole. Sta a vedere che questa è la versione ambulante dell’armadietto delle sostanze pericolose…una collezione invidiabile, mi fa rabbrividire.
Ai muri sono allineati per tre quarti una fila di banconi, due frigoriferi, il microscopio e tutta una serie di macchinari: una centrifuga, dell’ apparecchiatura per il filtraggio ed una per la distillazione, varia vetreria, una serie infinita di micro pipette.
Nell’alambicco del distillatore sta bollendo uno strano liquido densissimo di un verde molto scuro.
Che cos’è?
Mi chino a guardarlo.
“Michelle, io qui sto diventando vecchio!” chiama Linds scocciato, proprio mentre una bolla d’aria sale attraverso la mistura e scoppia con un sonoro pop!, spruzzando sulle pareti bombate del vetro.
Mi raddrizzò e circumnavigo il tavolo piastrellato per tornare indietro e noto che dal laboratorio si può entrare in un’altra stanza, protetta da un altro tastierino luminescente.
Provo a spingere sulla maniglia ma la porta non cede.
Quando torno dal topo mi osserva seduto al tavolo con il mento appoggiato alla mano “Ti stavi divertendo?”
Gli lascio i suoi fogli e tento “C’è una strana roba gommosa nell’alambicco ma sta bollendo a vuoto…è normale o-”
“È la terza volta che mi fa questo scherzo, Cristo!” non mi ha lasciato finire e si è alzato, attraversando la soglia senza più concedermi attenzione. Che reazione esasperata…
Lo seguo, guardandolo mentre spegne la fiamma e chiude la valvola, poi recupera il prodotto della distillazione di un chiarissimo verde pallido, lo annusa, ne estrae un po’ e tappa il composto. Rilascia il contenuto aspirato su un vetrino e lo posiziona con cura sotto la forte luce del microscopio.
Tutto questo lo ha fatto senza guanti e senza protezioni di sorta, alla faccia della sicurezza.
Rimane immobile venti secondi con gli occhi incollati, prima di sospirare, e buttare via il vetrino in un cestino con sopra scritto ‘Sostanze pericolose’.
Si strofina gli occhi, stanco.
“Linds…quanto hai dormito ieri?”
“Perché, ieri notte abbiamo dormito?” ribatte con un sorrisetto per niente ironico, appoggiando i gomiti sul bancone “Ti ho già detto vero che posso rimanere sveglio per giorni di fila, sì?”
“Puoi farlo ma non sei obbligato.”
I suoi occhi neri scattano in alto, incontrando i miei “Ma belle, la fai troppo facile e per la seconda volta da quando ci conosciamo: smettila di farmi da madre.”
L’ultima parte della frase l’ha pronunciata in un secco staccato gelido, roba da sotto lo zero.
“Scusa tanto topo, ma è statisticamente provato che una pausa ogni tanto fa aumentare il rendimento lavorativo.” rispondo, ignorandolo.
Sbuffa dal naso, e si massaggia lo scalpo piano.
Ci mancherebbe solo più il ringhiaccio da belva e saremmo a posto.
“Okay, ma belle…indico il momento ufficiale di break dello scienziato matto, tanto stavo per iniziare a scagliare provette contro il muro dalla disperazione…” si rialza, stirandosi braccia e gambe e torniamo insieme di là.
Linds recupera l’ipod e butta su una cosina rilassante che – grazie a zio Joe che collezionava vinili – riesco a riconoscere come il primo disco dei Pink Floyd, The Piper at the Gates of Dawn.
Eclettico…è roba in mono del 1967, manco era nato il topo! Dove l’ha trovata una copia in digitale?
Si lascia cadere sul divano con occhi chiusi e braccia dietro la testa, un momento prima ho sentito distintamente il suo stomaco brontolare.
Mi ritaglio un angolino sul divano per sedermi ed il topo fa che accomodarsi, prendendo per cuscino le mie gambe senza tanti complimenti. Ti pareva…
“Mmmm…morbidosa…” borbotta piano, guadagnandosi una debole tiratina di capelli.
Mentre la docking ci delizia, tremando sul bancone al volume massimo con Lucifer Sam, penso a come fare un interrogatorio soft a Linds.
Non riuscirò mai a scucirgli la verità…ma tentar non nuoce.
“Che cos’era quella roba collosa?” domando innocente.
“Una mistura.”
“Pericolosa?”
“Nah…”
“Sembrava gomma da masticare.”
“Dai retta a me, Darling…quella è meglio non ficcarsela in bocca!” ridacchia.
Okay…una carriera nell’intelligence è sconsigliata.
“Piuttosto…” ha riaperto un occhio, fissandomi serio “Che cosa hai detto in segreteria riguardo il tuo nuovo alloggio?”
“Niente di che, ho dichiarato di aver trovato un posto in periferia…ho dato l’ indirizzo di un vecchio amico di mia madre, cugino alla lontana. L’ultima volta che l’ho visto avevo sei anni.”
“Copertura perfetta, quindi…”
“Non durerà molto. Prima o poi dovranno ripristinare i dormitori, no?”
Linds si grattò il naso “Credo di sì. Per me potresti anche stare nell’ appartamento ma non voglio rischiare una segnalazione proprio adesso.”
Il topo è nervoso, è uno stato d’animo che si sta triplicando ogni ora che passa come il decorso di una malattia, inquieto come la musica che ha scelto.
“Ma è davvero così importante la tua ricerca?” domando infine, mentre la porta d’ingresso si riapre con un vrrr elettronico.
Linds mi fissa fermo “Certo che lo è, ma belle. Non lascio niente di intentato con tutti i soldi che mi porterà. Non lo faccio certo per beneficenza.”

Non mentiva, la sua visione del mondo era di una semplicità disarmante a volte.
O forse ero io l’ingenua, non lo so.
Lui era fatto così, prendeva una decisione netta senza riflettere e la portava a termine che fosse bene o male era ininfluente.
Si proteggeva dietro un mondo bicromo dove la via di mezzo non c’era, mai.
Stavamo sull’orlo di un precipizio e potevamo anche lanciare un sasso ma non l’avremo mai sentito cadere e fermarsi sul fondo.

La settimana va come le altre, al ritmo solito.
Niente scene drammatiche o smielose, io ed il topo stiamo molto terra a terra e la nostra convivenza a raggio corto non potrebbe passare più inosservata di così.
Passiamo al massimo sei ore al giorno nella stessa stanza, includendo le ore di lezione eh!
Ormai sono entrata in studio full-mode e quando non ho il naso fra le dispense sono davanti ad uno dei computer della facoltà a completare la bozza della tesi.
Il topo non mette fuori il muso baffuto dal suo laboratorio nemmeno per un secondo, a volte non torna all’appartamento per due giorni di seguito. Raphael mi ha detto di non preoccuparmi e che Linds mangia regolarmente - il cucciolone era diventato una specie di facchino di cibo da fast-food – anche se il ritmo sonno-veglia del topo si è completamente sfasato.
A lezione di Fisica l’ho visto più di una volta sbadigliare mentre la notte era vivace come un grillo salterino.
Intanto verso metà della settimana il topo ed il cagnone mi salvano da un agguato vero e proprio ai miei danni cortesemente teso da Will e due dei suoi più fidi compagni di squadra.
Era tardo pomeriggio e dato che il nuovo laboratorio si trova nella facoltà d’ Ingegneria civile - proprio il dipartimento del mio ex – ci ero andata a sbattere contro come una boccia da bowling nei birilli, al momento sbagliato e nel posto sbagliato.
Avevo passato cinque minuti da incubo in compagnia di quei pezzi di carne avariata, tanto che stavo ripassando le mosse di Ju-jitsu ed oltre che conoscevo. Almeno fino a quando il profilo smunto di Linds ed il viso bonaccione di Raph non si erano inseriti nel quadro della situazione.
Il topo ha fatto leva sul suo status e mi ha tirata fuori con un po’ di strizza e qualche battuta molto minacciosa di Will diretta verso di me ma – per fortuna – con il nulla di fatto.
“E quello sarebbe il tuo ex?” domandò il topo, dopo essere usciti dal loro raggio uditivo “Cosa gli dava sua madre nel latte, steroidi?”
Almeno la mette sul ridere…

L’avevo creduto.
Sbagliavo.
Linds non era il tipo di persona capace di perdonare.
Sapeva essere oltre che stronzo, anche crudele e con una percezione della giustizia che tendeva verso il ‘mi stai sui coglioni, quindi ti distruggo la vita e tanti saluti!’
Soprattutto quando non dormiva da quasi una settimana a quella parte.

Ho notato che c’era qualcosa che bolliva in pentola fra Raph e Linds.
Il cucciolone non sembra eccitatissimo da quello che il topo gli ha richiesto ma la sua personalità forte l’aveva messo a tacere. Anche se in certi casi Raphael cercava di difendersi.
Ci siamo tutti riuniti nell’appartamento per cena…o meglio, li ho ricattati a cenare insieme, almeno per controllare che il topo mangi qualcosa di un po’ più sano oltre tacos, burgers, kebab e patatine.
Sto tornando dal bagno quando capisco che la conversazione fra i due non è amichevole.
“Linds…non credo sia una buona idea.”
“Non ti ho chiesto la tua opinione a riguardo.”
“Non sono più nel giro da anni, amico.”
“Lo so, ma non devi rientrarci nel giro…ho solo bisogno che mi fai questa commissione piccolina. Lo sai bene che non è per me ma bisogna somministrare una piccola pillola di vita a Willino.” Linds fa una pausa “Dagli una lezione di violenza appropriata e vedi che togli, a lui ed ai suoi compagni, tutta la voglia di fare casino.”
“Hey, hey mate…calma e correggi il tiro non puoi mica-”
“Tranquillo.” il tono di Linds è serafico, sembra che discuta del tempo “Non sarò io ad insegnarglielo, ci penserà chi di dovere.”
Mi pare il momento di tornare nel living ed il topo mi manda un sorrisone radioso con tanto d’occhiolino, cambiando atteggiamento in una frazione di secondo. Fa paura…ma cosa starà architettando?
Lo scopro quel venerdì all’ora di pranzo.
Perché il topo è pazzo sì, ma metodico e marziale.
Quando entro in mensa lo trovo seduto ad un tavolo mentre si abbuffa con tre vassoi diversi, Raph lo guarda annoiato facendo a pezzettini piccoli un filoncino di pane.
Il san bernardo ha un tic nervoso ed è sudaticcio…brutto segno, che poi cosa ci fanno in mensa? È la prima volta che li vedo pranzare qui…
Finisco a sedermi con Max, Richard ed un paio di loro amici nerd e stiamo discutendo sulle prossime sessioni di esami quando noto che Linds e Raph si sono alzati e vengono dalla nostra parte.
“Gregory, Hervas, Buxton.” snocciola Linds al pari di una macchinetta, con un sorriso sottile. Nota le dispense e commenta “Spero che stiate studiando al meglio per gli esami.”
Li osservo dalla parte opposta del tavolo, Raph evita il mio sguardo.
Oddio…è una cosa seria…
Intanto il topo chiacchiera allegramente poi saluta e si sposta ad un altro tavolo di studenti che seguono il suo corso, sempre spalleggiato da Raph.
Lo inseguo con lo sguardo, cercando di capire cosa ha in mente con quell’ espressione da angioletto.
Sono a metà della mia insalata quando Will ed tre della squadra di rugby si alzano dal loro tavolo vicino alla porta per andarsene e Linds fa altrettanto.
Il topo biondo prende a parlare animatamente di qualcosa con Raph e - come se avessero fatto un rehearsal - Linds va a sbattere dentro a Will, centrandolo in pieno e rimbalzando indietro cadendo lungo e disteso a terra.
“Ops…sono così sbadato, chiedo scusa Mister Sanders…” dice, grattandosi il capo con un sorrisetto imbarazzato dalla sua posizione per terra, ha gli occhiali storti. Lo ha fatto apposta!!!
Will non può evitare di aiutarlo ad alzarsi, e chiedergli se si è fatto male ma il topo si schernisce e lo ringrazia, ancora gentilissimo. Raph è bianco come la calce, eppure non ho visto niente di…
Prima che possa capire sono già tutti usciti nel campus soleggiato.
Finisco rapidamente il pranzo ed esco anch’io, voglio delle spiegazioni e scorgo il bianco del camice a poca distanza, seduto su una panchina all’ ombra.
Lo raggiungo, si è sdraiato per tutta la lunghezza, rilassato e con un sorrisetto stronzo.
“Linds…che cosa-”
Mi ha fermato, portandosi un dito sulle labbra “Ascolta che meraviglia il cinguettio degli uccellini…che pace, vero?”
“Dov’è Raph?”
“L’ho mandato a recuperare la broda, adesso però fai silenzio. Mi stai rovinando la pausa relax per la mia digestione.”
“Pausa che?!”
Linds non mi dà alcuna risposta e mi guardo intorno.
Dalla panchina si ha una visione d’insieme perfetta dei vialetti del parco ed in lontananza vedo Will e compagni che hanno quasi raggiunto uno degli angoli estremi del fazzoletto verde, per raggiungere l’impianto sportivo dell’ università, un isolato più in là.
Lì sui limiti c’è un gruppetto di poliziotti, oggi è arrivata un’ispezione con tanto di cani e mitra.
È un’operazione che si replica due volte all’anno più per scena che per attuale bisogno, certo la droga e gli alcolici girano per il campus ma non c’è nessuno così scemo da andare in giro liberamente per il complesso con delle sostanze in bella vista.
Le armi spianate mi innervosiscono tantissimo, anche se i cani addestrati – pastori tedeschi – di solito sono coccolosi e per niente cattivi. Ho visto più di una volta alcuni poliziotti lasciare che i bambini li accarezzassero.
“Cinque.”
Mi volto di scatto verso Linds. Eh?
Lo guardo, ma non mi dà segno di aver parlato. Sembra dormire.
“Quattro”
“Linds, cosa…”
Sento delle risate, Will e gli amici sono a mezza dozzina di passi dal crocicchio di agenti.
“Tre.” fa finta di non avermi sentito, ma il sorrisetto è sempre lì.
Sembra quasi che stia contando le mosse come quando gioca con il Rubik.
“Due.”
Torno a guardare e vedo uno dei cani anti-droga lasciare la sua posizione seduta ed iniziare a ringhiare, allertato da qualcosa. I rugbisti gli sono appena passati davanti.
“Uno.”
Non ha ancora finito di dirlo che tutti e quattro i cani del gruppo di poliziotti stanno abbaiando e cercano di attaccare il gruppo come se avessero appena visto il male in persona. O magari annusato.
Ho la bocca aperta mentre vedo la scena svolgersi da lontano.
I poliziotti fermano il gruppetto e fanno passare al setaccio del naso dei cani i ragazzi uno per uno.
Al turno di Will gli animali ringhiano indiavolati e, dopo un veloce perquisizione, gli agenti si passano fra di loro un sacchetto sospetto che gli hanno trovato addosso.
Cinque minuti dopo lo hanno ammanettato e fatto sedere su una macchina con alcuni dei suoi amici.
No…non posso crederci.
Poso lo sguardo su Linds che si è messo a sedere, sbadigliando e stiracchiandosi.
Vorrei incenerirlo se potessi.
Il topo lo intercetta ed alza un sopracciglio “Che ho fatto?”
Che faccia tosta…
“È opera tua?”
“Cosa?”
“Cristo, Linds non prendermi per il culo!”
“Signorina, le ricordo che potrei abbassarle i voti per questa sua bella parlata colorita.”
Devo mordermi la lingua prima che mi scappi una serie di cose “Gli hai infilato della tua roba addosso? Magari uno dei tuoi alcaloidi, vero?”
“Tsk, tsk…non sprecherei mai la mia collezione per quello lì, ma cosa ti salta in testa. E poi io non ho fatto niente.”
“Lo hai fatto fare a Raph?”
“Si è rifiutato.”
Ma sarebbe il minimo!
“Sei impazzito?!” esplodo isterica “Ti rendi conto del casino in cui lo hai messo?!”
“Mica l’ho condotto al patibolo, dai…”
“Linds!”
Incassa la testa nelle spalle con un’espressione seccata “Raph l’aveva detto che ti saresti infuriata…”
“Infuriata?! Molto molto peggio!” ribatto grave “Adesso tu vai al commissariato e lo tiri fuori da lì!”
“Ma neanche per sogno.”
Gli afferro un orecchio, torcendolo furiosamente, cercando di riportarlo alla ragione.
“Michelle! Smettila di amputarmi la cartilagine, cortesemente!” si lamenta “Non gli ho mica passato una condanna a vita!”
“Gli hai rovinato la fedina penale!”
Linds riesce a liberarsi dalla mia presa e si guarda attorno, ma per sua fortuna non c’è nessuno in giro dato che il grosso è ancora in mensa. Sono talmente furiosa che me ne sbatto altamente se qualcuno ci ha visti.
“Okay, vuoi litigare? Facciamolo nel mio ufficio, allora!”
“Bene!” ribatto fumante “Cammina pure davanti, topastro!”
Linds mi manda uno sguardo penetrante poi sospira “Non capisci!”
“Muoviti! Avanti march!”
Dieci minuti dopo siamo saliti nel suo ufficio dove troviamo Raph, seduto alla scrivania davanti al suo portatile.
Al San Bernardo ci vuole una sola occhiata per capire che aria tira e cerca di nascondersi dietro allo schermo senza tanto successo. Ti senti in colpa cucciolone, eh?
“Sto aspettando.” commento arida, braccia conserte e piedino che batte il pavimento con impazienza.
Linds mi lancia un’occhiata e si riavvia la fluente chioma poi tenta di andarci leggero “È uno scherzetto da niente, Michelle. Ci saranno sì e no tre o quattro grammi per tipo fra pasticche e polverina…al massimo lo terranno dentro per cinque o sei giorni o, quasi sicuramente, uscirà prima sotto cauzione grazie al papino!”
Ho la tentazione di picchiarlo…
“Non volevo sapere cosa vi siete procurati tu ed il tuo compare qui presente.” sottolineo la fine della frase e Raphael si appiattisce ancora di più sulla poltrona “Voglio il movente!”
“Ti ha distrutto la moto!”
“Non ti ho chiesto di vendicare la Jackal! Hai fatto tutto da solo!”
“Sì! Problemi?!”
“Se questo ti fa divertire hai dei seri problemi!” replico, assottigliando gli occhi.
Linds inizia a camminare per la stanza con tutta l’aria di una belva ingabbiata e respira a fondo con gli occhi chiusi.
Raph, tutto tremante, si è alzato quel tanto dal suo nascondiglio per scuotere impercettibilmente la testa nella mia direzione.
Piccola, sta per perdere le staffe! Attenta!
“Non mi diverte.” dichiara il topo di punto in bianco, calmo “Se hai intenzione di continuare una crociata in suo favore fai finta che io non esista e vai pure a portargli le arance al povero Willino. Sono troppo occupato per continuare a discutere quindi ciao e stammi bene. Raph alza quel tuo culo peloso, torniamo al laboratorio.”
Fa un cenno e se ne va, sbattendo la porta dietro di se.
Fisso l’uscio, non credendo ai miei occhi.
Questo sarebbe il suo modo per…che genio del male stronzo e codardo!
Raph sta facendo su baracca e burattini con tutta l’intenzione di squagliarsela a velocità supersonica ma non riesce nei suoi intenti.
“Perché avete combinato questo casino, Raph?” domando esasperata “Lo so che Linds è capace di tutto, ma tu!”
I suoi chiari occhi azzurri mi guardano, poi si fissano a terra in imbarazzo. Per la miseria sputa i rospi!
“Ecco…credo che sia colpa mia…” balbetta “Ho ascoltato senza volerlo una discussione fra Sanders, la sua ragazza ed i suoi amici…progettavano qualcosa di simile ai tuoi danni ed l’ho detto a Linds. Non credevo che-”
“RAPH ALZA QUEL CULO DALLA SEDIA, HAI CINQUE SECONDI O TI PORTO IN BRACCIO FINO AL LABORATORIO, SBACIUCCHIANDOTI!” arriva dal corridoio il latrato lontano del topo.
Raph si fa piccolo piccolo “Michelle scusa…”
Il cagnone mi lancia un’occhiata compassionevole e corre via di gran carriera, con il portatile in mano ed i cavi nell’altra.
Raggiungo la poltrona e mi siedo, completamente spiazzata.
Mi stropiccio la faccia cercando di processare queste informazioni.
Will e Barbie…no, è troppo…cioè ma che figli di-!
Se Raph non avesse origliato per caso quella conversazione avrei potuto essere allo stesso posto di Will in questo momento solo per pura cattiveria immotivata.
Linds ha messo in pratica l’occhio per occhio ed il dente per dente, ma non si è difeso quando l’ho attaccato.
Ha solo cercato di proteggermi dall’ennesimo tiro mancino di Will e Barbara, ma a che prezzo?
Non so più se essere arrabbiata o chiedergli scusa e ringraziarlo! Che casino…ma anche tu topo! Non hai mezze misure!

Quella sera ero di turno al ristorante e quando chiudiamo e torno all’ appartamento, lo trovo vuoto.
Non mi sorprende…Linds ce l’ha a morte con me, perché non capisco, come dice lui.
Accendo le luci della cucina e curioso in giro per prepararmi una cena veloce e poi andare a dormire per la prima volta in quasi due settimane nella mia stanza.
Ho appena deciso per uno spuntino con pane, formaggio ed un uovo sodo quando sento qualcuno trafficare con la porta d’ingresso e un attimo dopo incontro lo sguardo di Linds.
È solo un momento, perché il topo fa finta di non avermi visto ed inizia a liberarsi di giacca, chiavi, telefono e borsa. Sparisce nel corridoio.
Manco ‘ciao’?
Decido saggiamente di non commentare ed attendo che il mio uovo inizi a bollire.
Dieci minuti dopo Linds ricompare a piedi nudi in maglietta e pantaloni, in mano un’agenda con un lapis infilato fra le pagine.
Lo lascia cadere sul divano. Si avvicina alla cucina recuperando un bicchiere, dei cubetti di ghiaccio e la bottiglia di scotch dal mobiletto d’angolo.
Sta ancora cuocendo nel suo brodo…
Si piazza comodo sul divano, bottiglia e bicchiere sopra al tavolino.
Mangio il mio spuntino dell’una, poi ripulisco cercando di non fare troppo rumore, fulminacci che silenzio da chiesa.
Come faccio a recuperare un minimo di dialogo?
Proviamo…e speriamo che non mi sbrani.
Mi avvicino esitante e mi siedo con la schiena contro il bracciolo.
“Posso disturbarti un minuto?” domando, non sapendo bene come muovermi.
“No, sparisci.” replica meccanico.
Ouch…
“Voglio solo chiederti scusa per oggi.” dico piano, poi aggiungo sincera “Però sono sempre dell’idea che ci sei andato pesante.”
Fa un verso non meglio identificato fra uno sghignazzo ed un brontolio ma per il resto è come se non mi avesse ascoltato affatto.
“Buonanotte, Linds.”
Non so cos’altro dire, è una situazione troppo complicata e non me la sento di dirgli che ha fatto bene.
Alcune ore dopo sono quasi appisolata ma vengo svegliata da qualcuno che si intrufola alle mie spalle.
Non so se il topo si è accorto che non dormo ma sento distintamente il suo mormorio.
“Non mi sono divertito…e non mi va che facciano scherzi sulla tua pelle, Michelle ma belle. A costo di essere stronzo sul serio.”

Nei giorni che seguono la notizia di Will e della droga fa il giro del campus come del fuoco sull’erba secca.
Tutti ne parlano e tutti hanno da condire il gossip con i loro commenti.
Il Dean ed il consiglio d’amministrazione hanno tolto a Will il posto di capitano, fra le proteste della squadra di rugby che probabilmente quest’anno non vincerà il titolo interstate ovest della categoria per il quinto anno di fila come presagivano gli scommettitori.
Sanders senior è dovuto scendere a San Francisco da Eureka, piantando in asso i suoi impegni di lavoro per salvare il figliol prodigo dalla detenzione.
Will torna al campus dopo qualche giorno con la faccia lunga e pallido come un cencio. Se non fosse per il suo fisico da body builder non l’avrei mai riconosciuto.
I suoi compagni di squadra non mi seguono più, e Will cambia la sua strada piuttosto che incrociarmi nei corridoi.
Certo che quando Linds ci si mette è efficiente.
Barbara e le ragazze invece stanno sicuramente organizzando una sabba per lanciarmi qualche anatema mortale al più presto.
La bionda mi fulmina ogni volta che mi vede, e condisce le occhiate con un sorriso smieloso quando siamo a lezione di Linds.
Il suo odio è frenato, ora che ha visto cosa è capace di fare il topo quando gli va.
Porco cane…che situazione da ‘Ti farò un’offerta che non potrai rifiutare’. Quasi mi fa pena la poveretta…
Intanto il rapporto fra me ed il topo è tornato gradualmente come prima.
Voglio dire…Raph ha preso in mano la situazione con energia da leader e ha messo fine alla lotta silenziosa.
“Ormai quel che è fatto è fatto! Smettetela di fare la guerra che poi ci vado di mezzo io! Uffa!”
L’abbiamo zittito con una sola occhiata ma quella spinta è riuscita a sbloccare qualche interazione meno guerrigliera fra me ed il topo e dalle gentilezze formali siamo tornati ai nostri soliti battibecchi di sempre, più o meno amichevoli.
Poi c’è l’attrazione ed il fatto che – in bene od in male – ci sono momenti in cui abbiamo solo voglia di strapparci i vestiti di dosso e battere il ferro finché è caldo.
Perché la vita continua a girare e ti trascina con se, fino alla fine.

I need this feeling almost every day
Can't beat this feeling girl
I just gotta say
In your bed and in your skin
I feel whole
One whole soul

Turn out the lights
Let the damage begin
Didn't like pain
Till I lived in sin
The Verve ~ Let the damage begin

~~~

Canzone del capitolo: The Verve ~ Let the damage begin.

Le note di questo capitolo sono:
- The piper at the gates of dawn (1967) primo LP dei Pink Floyd, gruppo londinese fondato nel 1965 da Roger Waters, Richard Wright, Nick Mason ed in seguito si unì loro Roger "Syd" Barrett. Il gruppo si fece notare per il loro innovativo gusto psichedelico e l'inquieta ricerca sonora. Lucifer Sam fa parte del disco sopracitato che è stato ristampato nel 1997 su compact disc, sempre in mono. Potete ascoltare la traccia qui;
- 'Dagli una lezione di violenza appropriata-' questa particolare frase che dice Linds è un citazione di Walter Cum Dollneaz del manga Hellsing di Kouta Hirano. Nota inutile della sottoscritta ma ci tenevo...LoL;
- ‘Ti farò un’offerta che non potrai rifiutare’ citazione de 'Il Padrino' romanzo scritto da Mario Puzo nel 1969 e poi successivamente trasposto nella super premiata trilogia di film omonima, diretti da Francis Ford Coppola negli anni 1972, 1975 e 1990 con Marlon Brando e Al Pacino

Ed ecco che ritorno, in ritardo, ma con grosse novità succose LoL
In quest’ultima settimana ho lasciato perdere tutto per finire questa storia.
Ho passato nottate intere a scrivere, lambiccandomi il cervello ed ora ‘A step to the left’ è completa in tutti i suoi punti! =D
Sono fiera del risultato, non lo nascondo…xD
Ed a questo punto posso rivelarvi che la fic si concluderà in esattamente due capitoli e gli aggiornamenti torneranno regolari e settimanali (probabilmente ogni Sabato)
Non vedo l’ora di leggere cosa ne pensate del finale… =)
Naturalmente si ringraziano tantissimo le donzelle che hanno recensito lo scorso capitolo ovvero ParoleDiGhiaccio e Petitecherie, come state care? =*
Vi saluto, ci rivediamo la prossima settimana con il penultimo capitolo!
Hermes

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Capitolo 18
*** 18 ***


Nota
In questo capitolo ci sono tematiche molto delicate, che potrebbero offendere i piu sensibili.
Vi ricordo che questa è una storia di pura fantasia, che non scrivo a scopo di lucro e che nessuno dei miei personaggi è reale.
Lettori avvisati mezzi salvati io ho fatto il mio dovere =)

I don't like the way that you say you feel fine
When you look so down
I don't like the way that the pills you take
They just keep you down

Never wanna see you burn
There's so much I gotta tell you
So much there to learn
The Verve ~ Never wanna see you cry

Dal brutto fatto di Will, sorpreso con della droga addosso, è passata sì e no una settimana e mezza.
Ormai maggio è arrivato ed è quasi un mese che sono accampata dal topo, la segreteria non ha ancora sistemato la mia sistemazione purtroppo.
Non che vada così male, l’appartamento di Linds offre tutte le comodità possibili ma diventa un po’ grande a viverci dentro in solitaria.
Sì…perché l’ultima volta che ho visto Linds è stata lo scorso mercoledì a lezione.
Il topo ha portato ad un nuovo livello la sua ossessione per il laboratorio e non è più tornato nemmeno per svuotare il frigo o farsi una dormitina.
Questa settimana il corso di Fisica è stato portato avanti solo da Raph, il professor Lagden non si degna neanche di fare le solite ore di ricevimento studenti nel suo ufficio.
Da cosa ho capito parlando con il cagnone, che viene a prendere i suoi vestiti ogni due o tre giorni, utilizza le docce del campus e mangia pizza, cinese e burgers In ‘n’ Out quattro volte al giorno. Roba da lavanda gastrica in poche parole.
Posso capire che si sta sforzando al massimo perché il suo lavoro gli piace, ma se continua si ammalerà.
Così, alla pausa pranzo cammino fino alla facoltà di Ingegneria e raggiungo il laboratorio.
Raph mi ha spifferato il codice d’entrata ma quando entro, lo trovo vuoto.
“Linds?” chiamo, proseguendo per le stanze.
C’è il portatile del topo in bella vista che ronza pigro, con lo schermo nero in un angolo del tavolo.
Il cestino è traboccante di cartoni di take-away e bicchieri di caffè. Ma qui dentro non entrano mai gli addetti delle pulizie!?
Il laboratorio è in uno stato di casino upgradato alla versione 4.0 dall’ultima volta che l’ho visto ma anche lì non c’è nessuna traccia del topo. A parte la porta che avevo cercato di aprire l’ultima volta, ora accostata.
“Linds?” Che sia là dentro?
Sento dei rumori, un suono intermittente e poi il topo esce fuori dalla stanza con fare circospetto, il suo camice chiazzato di caffè, guanti di lattice e mascherina verde da chirurgo.
E quella a cosa gli serve? Non avrà mica preso il raffreddore?
Appena mi nota fa scattare la serratura prontamente dietro le sue spalle e sorride, con la mascherina ancora legata.
Alzo le sopracciglia, fissando la protezione e Linds se ne accorge.
“Ciao, ma belle! Qual buon vento ti porta qui nella mia umile dimora?” domanda con un’allegria forzata, liberandosene e buttandola assieme ai guanti nel cestino sotto il lavello del laboratorio.
Ha una cera pessima e cadaverica, da persona rimasta chiusa senza aver visto la luce del sole da un po’ e delle borse sotto gli occhi che farebbero invidia a Fester.
“Sono venuta per trascinarti fuori, topastro. Hai bisogno di una boccata d’aria.” rispondo preoccupata.
“Non posso, ho del lavoro da sbrigare ed un distillato sul fuoco, una relazione…” inizia a borbottare a manetta, sorpassandomi ed occupandosi le mani, proprio come farebbe un pazzo ossessivo.
Topo…tu hai bisogno di una vacanza.
“Linds…non scappa niente sai? Prenditi un’oretta libera.”
“No.” ha lo sguardo vacuo e gli occhi di un lustro opaco, tipico dell’insonnia ma la sua risposta è ferma come al solito.
Okay, se non si vuole arrendere con le buone.
Mi avvicino con circospezione al suo portatile e sposto il mouse.
“Michelle! Lascia stare il mio notebook!” squittisce quasi istantaneamente, isterico.
“Perché? Stavi guardando uno dei tuoi filmini?” ribatto decisa, osservando la finestra dove mi richiede una password.
Raph aveva ragione, questo computer è un mostro di crittazione a quanto pare…
Poso con cautela le dita sulla tastiera, non sto facendo sul serio ma voglio che Linds la smetta di stare rinchiuso qua sotto. Come sempre cerco d’aiutarlo, una delle mie più grandi fissazioni.
“Michelle, no.” Linds è immobile e non fissa me ma le mie dita tese sulla tastiera.
“Paura di perdere qualcosa, Topo Gigio?” faccio ironica.
“Michelle non sai cosa stai facendo e non è un gioco.”
“Quello l’avevo capito sai, cosa non capisco è perché fai di tutto per nascondere quello che contiene quell’ultima stanza…”
“E trastullarti con il mio pc ti sembra una soluzione?”
“Non dormi da settimane…sei fuso come una lampadina, voglio aiut-”
“Non dire cretinate, ma belle.” sbotta bruscamente, una luce violenta negli occhi schizzati di sangue “Non ho bisogno di te, e sono perfettamente in forma. Fossi dannato se non porto a termine questo lavoretto perché non ti fai gli affari tuoi e hai deciso di mettermi i bastoni fra le ruote!”
Faccio finta di niente ma le sue parole mi hanno graffiata, ingoio il magone e m’indurisco inevitabilmente.
“Allora credo proprio che un po’ di spazio su disco in più non sia la fine del mondo.” ribatto tranquillamente, iniziando a digitare la prima parola che mi viene in mente.
“Per tutti i-” è scattato di corsa, circumnavigando il tavolo con la velocità di una gazzella.
Finisco di digitare ma non riesco a premere Enter che mi ha afferrato entrambi i polsi, costringendoli indietro forzosamente.
Quindi quando vuole la forza la tira fuori.
“Mi fai male!” esclamo, dimenandomi nella sua stretta.
Linds non risponde e si libera una mano, cancellando la password e poi voltandomi.
Ha di nuovo quello sguardo gelido…
“Michelle, perché non vuoi capire che è meglio - sia per me che per te - se la smetti di curiosare dove non devi?”
“Solo se mi dici la verità, Linds.”
Dietro le lenti il suo sguardo si ammorbidisce appena “Non c’è proprio modo di farti cambiare idea?”
“No.”
La sua stretta si allenta, quel tanto per dare un po’ di sollievo ai muscoli delle mie spalle ma non abbastanza per lasciarmi libera di muovere. Il suo sguardo è lontano, avanti verso scenari che non conosco, almeno fino a quando lo posa su di me, le labbra piegate in una piega poco allegra.
“Devi promettermi di non parlarne mai.” dice solo, mortalmente serio.
“Non te lo posso promettere se va contro alla legge.”
“Non ci sono leggi che lo vietano.”
“Linds-”
“Ho firmato un contratto, Michelle. Promettilo.
Ci fissiamo per un minuto buono poi cedo, annuendo.
Mi prende per mano e mi guida stanza per stanza fino ad arrivare alla porta incriminata, dove il keypad numerico brilla appena. Posa le lunghe dita sui tasti e mi guarda “Ti chiedo solo di mantenere la mente aperta e di non andare in panico. Puoi farlo?”
“Sì, se quello che c’è qui dentro non è una massa di cadaveri sanguinolenta.”
“Dubito che ti farebbe seriamente senso una simile visione.” ammicca lui con il suo sorrisetto “Non ne saprai quasi nulla ma quattro anni fa, una giovane donna di famiglia americana molto ricca venne coinvolta in un incidente aereo. Subì traumi in varie parti del corpo ed emorragie diffuse prima che i soccorsi riuscissero ad estrarla dalla fusoliera accartocciata. Aveva inalato i fumi…immagina il mix. Nella corsa verso l’ospedale il suo cuore si fermò per un quarto d’ora, completamente. Quando riprese a battere era già troppo tardi.”
Ha digitato un numero e la serratura della porta si apre.
La stanza è fredda, illuminata appena, con un mucchio di macchinari ed il sistema di ventilazione che gira lento.
In mezzo alla stanza c’è un letto dove una donna dorme, con tutta una serie di tubi che la circondano e si infilano sotto le sue coperte.
“Linds…non mi starai dicendo che…” non riesco a completare la frase.
“I medici fecero di tutto per salvarla, la operarono e sostituirono uno dei suoi reni. Nel frattempo l’avevano sedata con una dose massiccia per mantenerla in coma farmacologico. Ma quando le sue ferite guarirono e fu reputata di nuovo in uno stato di non emergenza provarono a svegliarla ma senza successo.” tiene la mia mano fra le sue, accarezzandola con i pollici concentrato “L’incidente, l’arresto cardiaco, ed il coma forzato hanno mandato questa donna in uno stato di coma naturale.”
“Perché non è in un ospedale?!” mi esce piano, nonostante tutto sto andando in panico “Perché è qui dentro!?”
“Ci sto arrivando.” mormora piano, lanciandomi un’occhiata ammonitoria “Il suo coma è il peggiore della scala di Glasgow. Un vegetale a tutti gli effetti. I medici passarono un anno a studiare il caso ma non trovarono risposte per la famiglia della giovane, nonostante i loro soldi attirassero parecchi luminari in campo medico.”
“Tu dove entri in tutto questo?” domando preoccupata.
“Il padre ed il fratello di Beatriz – così si chiama lei – non si dettero per vinti. Sai Michelle, non sono laureato in medicina ma ho una discreta conoscenza del funzionamento del cervello. In passato ho studiato a fondo i vari effetti degli alcaloidi sul sistema nervoso ed ho avuto qualche scambio di vedute in materia con i migliori neurologi americani ed esteri.” si ferma, mi lascia e va a controllare un monitor “Alla fine hanno sentito dire di me e della mia disponibilità agli esperimenti impossibili quindi mi hanno rintracciato, mettendomi fra le mani la vita di questa donna e lasciandomi carta bianca. Vogliono il suo risveglio e sono disposti a pagare qualunque prezzo. Sono due anni che studio questo caso ed ormai sono vicino alla soluzione.”
“Non puoi seriamente credere di farmi bere una balla del genere!” sbotto alla fine “Primo: un coma di questo tipo porta alla morte cerebrale ed allo stato vegetativo irrisolvibile. Nessuno è mai riuscito a svegliare un paziente in quello stato. Secondo: sinceramente questa mi sembra una situazione tirata direttamente fuori da Frankenstein, Linds.”
Sta facendo il giro dei macchinari, è di spalle ma lo sento ridere piano.
“In effetti…” ammette “Con due differenze fondamentali, ma belle, questa donna è sana come un pesce ma il suo – chiamiamolo a questo modo – switch è bloccato sull’off. E non ci sono transumanza di spirito e/o anima in un corpo costruito con dei cadaveri.”
“Come pensi di risvegliarla?”
“Una combinazione di impulsi elettrici ed una soluzione altamente concentrata di adrenalina ed alcaloide di sintesi.”
“Questo accanimento terapeutico potrebbe ucciderla a lungo andare.”
Linds si volta, strizzando gli occhi cerchiati di blu in un sorriso “È proprio per questo che non dormo da due settimane, ma belle. Per assicurarmi di non fare dei danni.”
La quantità di informazioni che mi ha dato in questi dieci minuti è gigantesca, faccio fatica a gestirla.
Information overload…help!
“Quindi è per questo che hai fatto volare Raph qui a San Francisco.” mormoro, osservando Beatriz che sembra dormire pacificamente come una versione moderna della bella addormentata nel bosco “Linds…quante probabilità ci sono di riuscita?”
“Abbastanza.” risponde vago “Devo solo trovare la giusta combinazione. Beatriz non è morta, Michelle. La morte per definizione è un fenomeno caratterizzato dalla cessazione di tutte le funzioni vitali, lei respira ed il suo cuore batte. Quindi per estensione posso affermare che nonostante il suo cervello sia in stallo può invecchiare e riprodursi.”
“E…e se non-”
“Non morirà. In termini economici quei soldi mi fanno troppo gola, e questo esperimento mi diverte troppo per lasciarlo andare male.” sorride, piuttosto che dire di tenerci alla vita pensa ai soldi ed al suo divertimento di scienziato pazzo…non si smentisce mai sul lato emotivo il topo “Andiamo…lasciamola in pace.”
Mi posa una mano sul fianco ed usciamo dalla stanza, mentre lancio un’ultima occhiata al letto.
“Hai più o meno un’idea di quanto potrebbe essere danneggiato il suo cervello?” domando “Puoi anche riuscire a svegliarla ma non sai come sarà…”
“Cosa credi che abbia fatto in due anni, ma belle?” mi lancia un’occhiata di sbieco “Le ho infilato degli elettrodi nella corteccia cerebrale e l’ho sottoposta ad esami di mia invenzione, ho copiato la mappatura del suo cervello su disco rigido e – grazie ai programmini di Raph – sono in grado di manipolarne una copia virtuale.”
“Può non bastare…”
“Certo che non basta…ho ricostruito intere sezioni di collegamenti dell’encefalo negli ultimi mesi dal nulla con delle staminali donatemi dal fratello gemello.”
Questa conversazione è surreale…Linds me la sta rendendo facile ma il lavoro che ha portato a termine da solo è immenso. Quindici, vent’anni di ricerca di un laboratorio? Si può quantizzare? In più continua la sua copertura di professore correggendo e facendo lezione, uscendo con me, e fingendo di essere un normale genio.
“Tu stai giocando a fare Dio.” dico solo, ma le parole sono uscite fuori da sole, non le ho nemmeno pensate.
Linds si siede sul sofà in una posa rilassata ed alza gli occhi, raggiungendo la mia figura in piedi.
“Dipende Michelle…vedi, Dio non é che il frutto dell’uomo. Non credo ad una entità superiore per il semplice fatto che non esiste. Quando una persona si trova in una situazione dove rischia di morire pensa a Dio, ma questo concetto in particolare non ha mai salvato nessuno. Nel mondo ci sono centinaia, migliaia di divinità perché è facile credere nell’esistenza di un’entità superiore capace di proteggerci. Il concetto del divino è un’enorme sbaglio che però fa comodo.” si inumidisce le labbra
“Non mi sento Dio, Michelle. Il mio unico potere sta nelle mani e nell’intelligenza e se con queste due cose posso arrivare ai risultati che mi prefisso allora i miei problemi finiscono. Far svegliare quella donna nella mia ottica non è giocare con il destino ma trovare una soluzione ad un problema. Punto ed a capo.”
Il silenzio è completo, rotto solo dai ronzii delle ventole dei terminali.
Sento freddo.
Improvvisamente la verità non ha più molta importanza non quando quest’uomo parla di se come di una macchina concepita per risolvere problemi.
Eppure è fatto esattamente come me ma ha la lucidità di un elaboratore elettronico.
Ha emozioni che non riconosce come proprie schiacciate da un autocontrollo agghiacciante.
Linds – e adesso ne sono assolutamente certa – è il tipo d’uomo capace di prendere una pistola in mano e sparare senza dimostrare un briciolo di rimorso.

“Spero di aver saziato la tua curiosità, Michelle e che terrai fede alla tua promessa.” dice tranquillo “Sei un po’ pallida…forse è meglio che ti siedi mentre aspettiamo Raph con la pizza.”
Come fa?! A stare così calmo?! Cosa cavolo ci faccio io ancora qui?! È un psicopatico con manie di grandezza!
“Michelle…tu pensi troppo.” fa, come se i pensieri si rispecchiassero nella mia espressione.
Mio dio…ci sono andata a letto e mi è piaciuto. Perché non mi fa ribrezzo?
“Non sono diverso da te, ma belle. Magari mi accollo lavori discutibili ma sono sempre Linds, il tuo topo platinato preferito!”
C’È UNA DONNA DENTRO QUELLA STANZA, MICHELLE!
Non parla più, mi tende solo una delle sue mani bianche ed ossute.
Gli occhi neri che non mi lasciano un attimo, sono morbidi senza un briciolo del suo sarcasmo.
Una donna in coma irreversibile, che ha una famiglia che farebbe di tutto per riaverla accanto.
Se la guardi in questa prospettiva Linds è l’eroe della situazione…
Discutibile ma in buona fede, non dirgli però che è buono o si offende…tiene troppo al suo titolo di ‘scienziato pazzo’.

Afferro la sua mano e mi rilasso, cercando di ricacciare indietro il brivido istintivo di raccapriccio.
Linds mi tira appena e mi siedo accanto a lui.
Dopo quello che sembra un secolo intero, sorride “Stavo per chiedermi cosa potevo usare per legarti come un salame prima che scappassi a gambe levate alla prima stazione di polizia…”
“Non sei ancora fuori da quel pericolo, topo Gigio.” faccio secca.
“C’è sempre il cavo d'alimentazione del computer…”
“Ti piacerebbe…”
Ridacchia e si avvicina, strofinando la punta del naso sul mio collo.
No, Michelle! Sai meglio di me che lo fa per addolcirti! Perché sa che basta un benché minimo contatto per far partire la scintilla…e non mi sembra il caso di fare del sesso in un laboratorio interrato e su un divano nemmeno tanto confortevole!
“Linds, Michelle!” Raph gira l’angolo con fra le mani i cartoni delle pizze, arriccia il naso “E basta! Appena volto le spalle siete sempre attaccati!”
“Ha ragione, topo! Datti un contegno!” colgo la palla al balzo, spingendolo via mentre si lascia scappare una risata.
Frottole…con lui sarei capace di darci dentro anche nell’atrio dell’Università. Ho finalmente capito cosa abbiamo in comune…

I giorni continuano a passare fra studio, lavoro ed ore interminabili davanti al monitor od in biblioteca.
Sono davvero alle battute finali della prima bozza…pochi giorni ed inizierò a discuterla assieme al mio relatore per limarla nel modo giusto.
Ancora un po’ e ti lascerai indietro lezioni e dispense, Michelle…solo un altro po’!
Al solito, Linds fa il desaparecido mentre cerca di salvare Beatriz.
Da quando so a cosa sta lavorando realmente mi sento restia a disturbarlo.
È una cosa grossa ed importante ma sono ugualmente preoccupata per la sua salute.
Raph ha accettato di passare al topo anche dei tupperware con del mio cibo, tanto per variare un po’ la sua dieta.
Da come i contenitori mi ritornano indietro lucidi e puliti posso affermare che se li spazzola appena li vede.
Almeno questa soddisfazione me la lascia…
Nella notte sento dei movimenti al buio e appena dopo Linds mi si rannicchia addosso.
La stanchezza lo avvolge come una cappa maligna, tutto intorno.
“Com’è andato oggi?” domando piano, lasciando che si incastri su di me come più gli piace.
“Non so dirti…ci vogliono dieci o dodici ore perché la soluzione faccia effetto, è molto blanda.”
“Rimedi qualche ora di sonno…”
“Esatto….”
“Buonanotte Linds…”
“Notte, ma belle.”

Non sono molte le serate che Linds si passa a casa, al massimo due o tre per settimana ma una di quelle rare mattine, mi capita di svegliarmi per prima.
Il viso di Linds è perfettamente allineato al mio nonostante si è allargato su di me, non lasciandomi spazio per muovermi.
Sembra rilassato ma anche dormiente ha le labbra strette e sigillate in una linea diritta, il suo respiro lento e cadenzato.
La luce dell’alba si riflette fra la sua chioma bionda ed arruffata sul cuscino.
Si vede che abbiamo indugiato in attività extra…uhmmm…non capisco come ci riesce senza addormentarsi nel mentre, stanco com’è!
Muovo appena la mano fra i suoi capelli, accarezzandolo con il pollice dietro la nuca.
Sospira appena ma non si sveglia. Corruccio la fronte.
Mantiene degli orari massacranti…povero topo…
Lascio scivolare lentamente la mano verso la sua guancia, tracciando lo zigomo.
Siamo davvero solo friends with benefits? Inizio a dubitarne…sono pericolosamente vicina al non ritorno, lo so.
Ma non sbaglio a chiedermelo…la nostra relazione è salita di un gradino da quando ho finalmente scoperto a cosa sta lavorando. Sono dell’idea che se non avesse una buona dose di fiducia in me non me l’avrebbe rivelato nemmeno sotto tortura.
“Michelle…? Che fai?”
Nel bel mezzo dei miei pensieri ha aperto gli occhi ed adesso le sue iridi nere mi fissano spontanee, è così difficile vederlo rilassato.
“Stavo pensando che hai la faccia di un angioletto quando dormi.” mormoro con un sorrisetto “Non sembri nemmeno tu…”
Sorride e risponde di rimando “Puccioso e dolce…?”
“Non esageriamo adesso.”
Stringe la presa e si sposta completamente su di me, strofinandomi il naso.
“Mi hai svegliato.” dichiara impassibile.
“Sì.” rispondo, occhieggiandolo con un mezzo sorriso – impossibile da fermare – che mi piega le labbra.
“Ti voglio.” per sottolineare il concetto muove i suoi fianchi contro i miei, premendo la sua erezione mattutina sul mio stomaco. Eccola di nuovo, la carica statica…la massa che prima di raggiungere terra fa scintille, come un acciarino.
“Di poche parole stamattina.” commento ironica, attorcigliando le gambe con le sue.
“Sì…ma sono quelle giuste.” risponde prima di iniziare a muoversi e zittirmi.
Ho sorpassato il non ritorno…perché non me ne stupisco?

Altri due giorni senza vederlo nemmeno di striscio.
Ho passato il weekend a correre e davanti alla tv per vedere la partita di baseball, un po’ di relax fa miracoli se inserito a dovere nello studio.
Linds deve essere l’unico maschio americano – esclusi i neonati - al mondo che manco sa il risultato…e se ne frega.
È lunedì e sono le tre e venti del pomeriggio.
Stiamo aspettando tutti insieme fuori dall’aula di Fisica, le entrate stranamente sono chiuse a chiave.
Batto con insistenza la matita sul blocco, dando frequenti sguardi all’orologio appeso qualche porta più in là.
Dove cavolo è finito Linds? Ci è rimasto finalmente secco?!
Barbara è seduta accanto a me sulle scale e legge una dispensa di matematica, sospira con forza e mi lancia un’occhiata.
“Michelle…potresti smetterla? Sto cercando di studiare…” fa fredda, lascio andare la matita.
“Scusa.” sono contrita sul serio “Sai, gli esami, la tesi…sono un po’ tesa.”
Scuote la testa e ritorna ai suoi fogli, non siamo mai andate veramente d’accordo…non dopo tutto quello che è successo fra me, quest’arpia maligna, Will e Linds.
Sono giorni che praticamente io ed il topo non ci parliamo…non abbiamo litigato, per la carità.
Ormai ha preso residenza in pensione completa nel seminterrato della facoltà di Ingegneria.
Se prima non dormiva adesso dubito che abbia una qualsiasi relazione con un letto.
La settimana scorsa tornava all’appartamento solo per farsi la doccia, un dieci minuti di pisolino controllato sul divano del salone ed ingoiare tre tazze di caffè non zuccherato assieme ad una fetta di pane tostato. Nient’altro…
Ma adesso? Boh…
Passano altri dieci lunghi minuti poi la figura allampanata di Linds arriva e s’infila nella ressa davanti alla classe.
Ha il camice tutto spiegazzato e l’aria di uno estraniato dal mondo reale.
“Ragazzi, oggi non faccio lezione.” dice senza preamboli mentre apre la porta, e continua “Vi lascio degli esercizi. Hervas venga con me per le fotocopie.”
Mi alzo confusa, lanciando un’occhiata a Max e Richard – appoggiati al muro - che alzano le spalle…Michelle sei l’unica a sapere il possibile motivo, non fare tanto la santarellina per favore!
Lo seguo quando prende la direzione del suo ufficio.
“Professore…qualcosa non va?” siamo in pubblico e faccio di tutto perché il mio tono sia consono.
Sì…dopo tutte le nostre attività extra-curricolari non è nemmeno tanto semplice…get a grip, Michelle!
Non risponde e sale gli ultimi scalini, svoltando sul posto per il corridoio e tenendo la porta aperta per poi entrare lui stesso.
“Sono troppo occupato, ma belle.” dice alla fine “E comunque ho già coperto il programma ed un po’ d’esercizio in più non può farvi che bene…”
Suona stanco, mentre sceglie dei volumi dalla libreria. Il mio sguardo vaga per la stanza, c’è un dito di polvere su tutto. Passa davvero tutto il tempo in laboratorio quindi.
“Linds…”
“Sì?” sta sfogliando le pagine distrattamente.
“Va tutto bene?”
“Perfettamente!” sorride largo alla squalo mentre infila due o tre pezzi di carta in mezzo ai volumi e li richiude di scatto con l’atteggiamento mutevole che ho già visto più di una volta…sta per dirmi di farmi gli affari miei. Nervoso, arrogante e vicino al collasso come non mai.
Mi molla i libri – che pesano dai sei ai sette chili – e mi fa segno di uscire, cosa che però non faccio.
“Dov’è Raph?” chiedo, nelle ultime settimane il cagnone era l’unico che teneva a stretto giro di sorveglianza il topo ed le sue scorte di cibo…
“È tornato a San Diego.” arriva la risposta di Linds.
Quindi non ha più bisogno del suo aiuto…può essere che stia arrivando alla soluzione ultima questa volta?
Mi sta fissando e ricambio lo sguardo in silenzio. C’è qualcosa nei suoi occhi che mi sta facendo rizzare i peli, una sensazione di gelo.
“Michelle…” sospira, chiude gli occhi e li riapre, inclinando la testa di lato.
La luce che cola dalla finestra si riflette sul suo volto illuminando la barba lunga di tre giorni, invecchiandolo davanti ai miei occhi “Fammi il favore, vai a fare le fotocopie e non commentare. Da brava.”
“Okay.” dico appena.
Sono preoccupata per lui…da un momento all’altro potrebbe cadermi per terra incosciente o peggio, magari per stare su si mischierà un’altro di quei suoi odiosi intrugli da tossicomane.
“Ci rivediamo alle sette.” offre con un sorriso appena accennato.
“No.” rispondo imbarazzata. Ecco…adesso sembra quasi che non voglio… “Ho un appuntamento con il prof di genetica per la tesi e poi devo fare un’intervista per lo stage in laboratorio, dopo sono di turno al ristorante.”
“Capito.” fa, ravviandosi i capelli “In bocca al lupo allora.”
“Grazie e crepi.”
Eccola la nostra conversazione dopo tre giorni di muto…ha la lingua per terra ma si rifiuta di ammetterlo. Lagden è un mastino che non si arrende, a costo di rimetterci la salute.
Scendiamo una rampa di scale assieme poi le nostre strade si dividono.
Che meraviglia questo pomeriggio…

Il mio turno di cameriera è quasi finito ma il locale è ancora occupato in cinque o sei tavoli.
Sono in cucina a riordinare e preparare un vassoio di bicchieri asciutti per l’angolo bar quando la mia compagna del turno entra dalla porta.
“Miki…abbiamo un nuovo arrivato al tavolo sei. Fallo ordinare così poi vai via, mi occupo io di questi.”
Le sorrido con gratitudine ed esco, afferrando il blocchetto e sfilando la matita dalla spirale.
Svolto l’angolo e osservo l’occupante del tavolo.
“Ciao…” fa con un sorriso Linds, strizzando gli occhi cerchiati dalle occhiaie. Ha l’aria malaticcia, peggio di oggi pomeriggio.
“Chi non muore si rivede.” dico “Che ti porto?”
“Un caffè.”
“Mi dispiace, l’abbiamo finito.” rispondo indifferente…col cavolo topo! Sei un rottame! E non voglio mettere i bastoni fra le ruote al tuo meritato riposo.
“Ah…” mi esamina “Allora fai una birra, quando smonti ma belle?”
“Appena hai finito di ordinare.” rispondo secca…niente da mettere sotto i denti? Nemmeno del formaggio groviera?
“Due birre, allora…sbrigati.” chiude gli occhi, la testa appoggiata al palmo della mano.
Mi allontano. Mio dio…non è un rottame…peggio! Come ha fatto a guidare fin qui?
Recupero i bicchieri e mi tolgo il grembiule, tornando indietro e sedendomi di fronte a lui.
Il suono del vetro contro il tavolo lo sveglia.
“Non eri obbligato a venire fin qui…potevi tornare a casa.” faccio brusca sottovoce “Avresti potuto fare un incidente nella condizione in cui sei!”
Non risponde e butta giù un lungo sorso della doppia malto poi sorride e mi guarda.
Passano un paio di minuti ed il suo sorriso è svanito ma non ha spostato gli occhi, sempre fissi su di me.
Perché ho come l’impressione che voglia dirmi qualcosa?
Ma non sappia come fare?

“Com’è andata l’intervista?” dice infine, ma è ovvio che non era questo.
“Spero bene…han detto che mi faranno sapere tra una settimana.” rispondo cauta.
“La tesi?”
“Tutto bene…un paio di cose da rivedere ma ci siamo.”
“Congratulazioni Michelle.”
“Frena Linds…” faccio con un sorriso sincero, fissando il bicchiere “In fondo devo ancora dare gli esami finali…”
Ma belle.
Alzo la testa, incontrando la sua espressione, perfettamente vigile nonostante la faccia da zombie.
Oh no…assolutamente no…te lo puoi scordare stasera topo!
E di nuovo…l’aria sopra il tavolo si carica e si muove. Diventa elettromagnetica.
In una parola: potente.
Il chiacchiericcio del locale si azzera e la corrente fra di noi si fa insopportabile.
“Hai finito il tuo turno?”
“Sì.”
“Finisci quella birra, ma belle.”
“No.”
Alza le sopracciglia, la sua fronte attraversata da pieghe sottili.
“Non sei nelle condizioni di guidare, e quindi ti porto a casa.”
Sbuffa appena ma sorride “Hai ragione. Vecchio, impotente, cieco e sordo come sono.”
“Non fai ridere, sembri un cadavere Linds.”
Mi fa una linguaccia.
Vado a pagare per le birre.
Ci ritroviamo all’entrata dove mi lancia le chiavi della Ferrari e mi segue.
Venti minuti dopo siamo dentro all’appartamento, mentre ci spogliamo per andare a dormire.
E per una volta ognuno pensa a se stesso…niente giochini o provocazioni. Nemmeno le sue solite battutine da pervertito.
Sdraiati il silenzio è totale e nessuno prende l’iniziativa anche se la carica è sempre lì, pronta a scoccare.
“Linds…”
“Mmm…”
“Ti capita spesso di disintegrarti a questo modo per un lavoro?”
“Quando mi interessa, sì.” ha il tono piccato e si muove su un fianco.
“Lo so che non sono affari miei ma per favore, dormi almeno sette ore stanotte.”
E con questo tutta la mia dignità è finita giù nello scarico…io che gli chiedo gentilmente di dormire, sono preoccupata. Se va avanti a caffè, birra e dieci minuti ad occhi chiusi potrebbe prendergli un infarto, soprattutto con i suoi beveroni.
“Michelle…” mi ha afferrato per i fianchi, spostandomi di peso fino contro di se “Senti…te l’ho già detto non so quante volte, non vale la pena che ti preoccupi per me.”
Il suo tono è gelido, scazzato; proprio quello che mi aspettavo alla fine dei conti.
“Sì, professore. Ma si ricordi che devo dare il suo esame tra una settimana e mezza.” dico piano.
Puoi anche essere il nuovo Einstein, Linds. Ma nessuno mi vieta di mandarti a quel paese nella mia testa…scienziato pazzo e testa di cazzo. Che rima…
“Avrò cura di ricordarmelo, signorina.” mi fa il verso con voce un po’ più dolce ma radente con il coltello dalla parte del manico “Se vuole ancora quella A, le consiglio di dormire.”
“Sissignore.”
Sento il suo respiro sfiorarmi le labbra prima di baciarmi lentamente, evitando accuratamente di far esplodere la scintilla.
“Buonanotte, ma belle.”
“’Notte, topo Gigio.”
Sghignazza e posa il mento sul mio capo.

Il mattino dopo, ovviamente mi sveglio per forza.
Soffoco e ho caldo.
Spiegazione? Il topo mi si è spalmato addosso con tutte le sue centosettantadue libbre.
Sì, una stazza niente male moltiplicata per un grissino…
In più russa, piano ma russa.
Lancio un’occhiata alla sveglia che segna le sei del mattino.
Resistiamo ancora un’oretta…per il suo bene.
Respiro, chiudendo gli occhi.
Se tre mesi fa qualcuno mi avesse detto che avrei legato con Linds, avrei consigliato senza dubbio uno psicologo.
La vita rotola…diciamo così…va sempre nella direzione che meno ti aspetti.
Vogliamo dare uno sguardo alla tua, Michelle? Freud sarebbe elettrizzato se avesse conosciuto te e le tue manie di comprensione incomprese per Linds.
Intanto il topo grugnisce e scava l’incavo del mio collo, la sua barba non fatta mi pizzica la pelle.
A conti fatti non dovrei nemmeno essere qui.
La segreteria mi ha spostato in un dormitorio da quasi una settimana.
Ho evitato accuratamente di parlargliene, però.
Michelle sei arrivata alla fine della tua carriera nei meandri della scuola americana…sei ad un passetto di danza dalla libertà, e da brava cretina sei anche finita a letto con il tuo professore di Fisica. Forse è meglio che torni in mezzo ai comuni mortali…prima che ti fai male e che il fatto venga fuori in un modo o nell’altro. E non sto parlando della tua relazione illecita, tesoro.
Linds si agita, come fa sempre prima di svegliarsi e le sue mani prendono vita, iniziando a strofinarmi i fianchi.
“Ciao ma belle…” gracchia nel cuscino “Lo sai che sei il miglior materasso del mondo?”
“A-ha.” faccio poco incline a ridere, basta glielo dico.
Linds si è puntellato sui gomiti “Hai una faccia…”
Non ci riesco.
“Ieri sono passata alla segreteria del campus. Mi hanno assegnato ad un dormitorio.”
“Qual è il problema?” ha stretto gli occhi, impercettibilmente.
“Mi trasferisco là.”
“Fai bene Michelle.” sospira di sollievo “Sai…me ne sono accorto che Barbara non vede l’ora di staccarci la testa a morsi.”
Tutto qui?
“C’è un’altra cosa…” inizio, irrequieta. Prendi un respiro profondo cara e diglielo…porco cane se è difficile!
“Cosa?” mi guarda ed attende, corrucciato.
Non posso.
“Non fare più un’uscita come quella di ieri…la classe si è lamentata.” mormoro, senza guardarlo.
Rava per fava, porca vacca Michelle!
Alza le sopracciglia alla ‘Tutto qui?’, e mi sforzo di mantenere un’espressione indifferente se capisce è finita sul serio.
“Okay, messaggio ricevuto…grazie per il consiglio. Le rivolte studentesche non mi sono mai piaciute!” esclama con un sorrisino e rotola da una parte “Vado a fare la doccia…mi fai compagnia?”
“No.”
“Paura di Linduccio, eh?”
Tiro fuori la lingua “Sbrigati che ti preparo la colazione, topo.”
“Sissignora.” ed esce.
Mi metto a sedere, affondando le mani nei capelli a cespuglio.
Se ti metti a piangere Michelle-emerita-deficiente-di-turno, giuro che ti mollo una sberla! E non provare a dirmi ‘Third time’s the charm’!

Passano i dieci giorni e ho appena il tempo di mangiare con la quantità enorme di dispense che divoro.
Ho dato Biochimica applicata e Scienze naturali, sia scritti che orali l’unico tassello mancante del puzzle ora è Fisica.
Io e Linds non ci siamo più visti al di fuori dell’orario di lezione.
È meglio così, Michelle. Soprattutto quando Barbara ti sta col fiato sul collo in dormitorio 7 su 7, per non parlare di Jess. È ora che ci procuriamo un bisturi, cara…tanto per rivendicare la Jackal, il suo fantasma grida vendetta con voce tonante.
Il giorno dell’esame aspetto diligente con gli altri fuori dall’aula finché non arriva il biondo con una risma di fotocopie in braccio. Ha l’aria di uno spaventapasseri e la faccia scura, tesa e più incavata del solito…vuoi vedere che l’ultimo pasto vero e proprio è stata una colazione e l’ha fatta con te, Michelle? Quanto scommettiamo?
Chiude la porta e si avvia alla cattedra, sbattendo la risma di fogli a Max e Richard “Dividetevi l’aula e distribuite.” sibila.
Se partiamo così l’esame non lo passano nemmeno loro.
Mentre i due nerd fanno passare i fogli faccia in giù, Linds attende fissandoci gelido.
Non mi guarda, ma in fondo non sembra puntare nessuno in particolare, fra le dita della mano destra gioca con il suo cronometro vecchio stile.
Appena tornano al loro posto Linds prende la parola.
“Avete tre ore per questa prova. Siete una buona classe ma vi avverto che se non completate correttamente i due terzi non sarete accettati all’orale. Per il resto vi auguro buona fortuna e che la forza sia con voi.” ghigna da vero nerd sadico mentre una parte della classe ride e fischia d’apprezzamento. Alcuni addirittura battono i pugni sui banchi tipo ateneo europeo. Linds alza la mano libera per calmare l’applauso e mostra il cronometro “Domande?”
Aspetta un attimo poi abbassa il pollice sul pulsante e la lancetta parte, con un colpo secco.
L’esame va avanti senza intoppi ed in silenzio, tutti con gli occhi incollati sopra ai fogli.
Pensavo peggio…soprattutto con l’espressione che aveva in faccia quando è arrivato.
Gli lancio un’occhiata.
Subito dopo l’inizio ha tirato fuori dalla sua borsa il portatile e l’ha acceso ma adesso ha abbandonato gli occhiali sulla scrivania ed è scivolato in avanti sulla sedia, appoggiando la testa all’indietro.
Il suo collo bianco è teso, vedo il pomo d’Adamo che va su e giù mentre inghiottisce con gli occhi chiusi e le ciglia che fremono debolmente sulle sue occhiaie blu.
Topo…ma belle è preoccupata, davvero!
Il cronometro macina i secondi come una macchina da guerra e riprendo a risolvere i problemi e rispondere ai quesiti intercalati nella prova fra un esercizio e l’altro.
Oh…avessi avuto il coraggio di parlare quel mattino…ora è tardi, controproducente.
Un po’ dopo i nerd iniziano a consegnare e Linds si riprende, infilandosi gli occhiali e parlandoci assieme sottovoce poi li saluta con delle strette di mano e prende finalmente in considerazione il portatile che aveva girato a vuoto fino a quel momento.
Dieci minuti dopo faccio su le mie cose e mi alzo, con l’idea di aver fatto tutto il possibile.
Poso il foglio sopra quelli degli altri e firmo ma quando sto per andarmene Linds mi fa segno di aspettare un attimo, cercando qualcosa nella sua tracolla. Mi porge quattro libri dall’aria derelitta.
“Signorina Hervas, sarebbe così gentile da portarli nel mio ufficio? Purtroppo ho un appuntamento a momenti in amministrazione se no non l’avrei tediata.” non mi guarda neanche mentre parla.
“Certo, professore.” rispondo e mi fa un cenno con la testa.
Prendo i libri ed esco dall’aula,sforzandomi di non voltare la testa indietro per guardarlo.
Cammino per i corridoi semideserti e quando arrivo a destinazione scopro che la porta è aperta.
La scrivania – sempre coperta da qualsiasi ed ogni cosa - è vuota.
Chiudo la porta e cammino fino alla libreria, infilando i volumi al loro posto poi mi volto per studiare lo strano ordine della stanza.
Ed in quella noto che sul sedile della poltrona c’è un foglietto piegato in due.
Lo afferro e dalla piega cade un mazzo di chiavi.
Curiosa lo prendo e mi lascio cadere sulla poltrona di pelle finta, spiegando il foglio.
Ciao ma belle, che ne dici di una cenetta di congratulazioni da me per le otto? Se tu vai col cibo io ci metto lo champagne… XXX
Mi lascio andare contro lo schienale e spingo con i piedi perché si metta a girare su se stessa.
Che roba il topo…è perché no? Third time’s the charm…here I come!

Le mie dita battono ritmicamente sul piano di lavoro dell’isola.
È tardissimo.
Nel senso che sono le due del mattino, e sto ancora aspettando l’avvento del fisico.
Ho provato a mettermi in contatto con Linds ma il suo cellulare è staccato.
La cosa un po’ mi sorprende, il topo è un maniaco della puntualità se si parla di cibo…
Rassegnata sfilo un’altra carotina dall’insalata e la infilo in bocca, masticando.
Ho deciso di aspettare ancora dieci minuti e poi di inscatolare il tutto nel frigo ed andare a letto.
Domani il topo mi sente, altroché! Si starà ingozzando come al solito di ravioli al vapore!
Non faccio in tempo a pensarlo che sento il rumore metallico delle chiavi, dietro alla porta.
Alla buon’ora!
Scendo dallo sgabello e faccio che risparmiargli la fatica, aprendo.
“Finalmente! Stavo per-”
Mi distrae completamente da quello che stavo per dire con un bacio, afferrandomi per la vita e lasciando cadere per terra tutto quello che si porta dietro di solito, spinge con il piede la porta chiusa.
Non ha alcuna intenzione di mollarmi un attimo anche se protesto per riprendere fiato.
Mastica alcune parole come ‘prove’, ‘correzioni’ e ‘bisogno’ per il resto mi porta di peso in camera.
Sono dieci giorni che non abbiamo avuto modo di vederci, in fondo.
E per questa notte non parliamo più.

Se avessi saputo cosa gli stava passando per la testa in quell’esatto momento…
No, non l’avrei fermato.
No.

I'm dying, dying baby, dying
To get close to you
But sometimes, sometimes the wall you built
You know, I can't get through

Shiny little minds
Trying to find my way in life
String of broken hearts
Well listen, maybe
You're ready to start
No I never wanna see you cry
Cause there's light in your eyes
The Verve ~ Never wanna see you cry

~~~

Canzone del capitolo: The Verve ~ Never wanna see you cry.

Le note di questo capitolo sono:
- In 'n' Out è una famosa catena di fast food, nota in tutta la California per i suoi burger ipocalorici;
- Zio Fester è un personaggio della Famiglia Adams, in questo caso avevo in mente la versione di Barry Sonnenfield del 1991;
- Il coma artificiale per definizione è uno stato indotto nel paziente per mezzo di farmaci a scopo di ridurre un edema cerebrale dopo un danno subito e permettere ad un respiratore artificiale di 'lavorare' più facilmente. Ad oggi viene molto usato nei reparti di rianimazione.
Il coma naturale può essere una conseguenza da intossicazione, incidenti, alterazioni del metabolismo, o danni e malattie del sistema nervoso centrale. In questo stato non si è capaci di rispondere né agli stimoli verbali né a quelli dolorosi. Viene anche chiamato 'sonno profondo'.
Nella medicina moderna è opinione comune che un uomo può finire in coma a seguito di un incidente per permettere all'organismo di fermare le funzioni vitali secondarie ed iniziare a curare le ferite più gravi - se non tutte - prima di risvegliarsi. Quindi il coma potrebbe essere definito uno stato di compensazione dove l'energia del corpo non viene spesa in modo superfluo.
Se il coma naturale dura più di due o quattro settimane, si inizia a parlare di stato vegetativo, il risveglio dei pazienti in questo stato è lentissimo e graduale e le probabilità di risveglio scendono con il passare dei mesi. Beatriz è in coma già da quattro anni, quindi possiamo affermare che il suo è uno stato vegetativo irrisolvibile;
- Frankenstein anche conosciuto come 'Il Prometeo moderno' è uno dei capolavori della lettura gotica. Scritto da Mary Shelley nel 1818 narra la storia di uno scienziato che imita l'atto divino della creazione rinnovando il mito di Faust e della creatura mostruosa alla quale egli infonde la vita finendo per esserne vittima;
- Staminali sono cellule non specializzate in un solo settore e che mantengono la capacità di dividersi e produrre nuove cellule che possono differenziarsi ed acquistare specifiche caratteristiche (tipo le cellule della pelle, quelle delle unghie, le mucose intestinali, il fegato) e che poi vanno a sostituire quelle che hanno raggiunto il termine del proprio ciclo vitale o sono state colpite da fenomeni patologici. C'è da notare che i tessuti nervosi non possiedono cellule staminali e quindi non hanno capacita di rigenerare le lesioni, da qui ho preso spunto l'idea di Linds e delle staminali donate da Paul per la sorella;
- Sigmund Freud medico e neurologo austriaco, 'padre' della psicoanalisi. Nonostante sia stato oggetto di numerose critiche, Freud è universalmente considerato una delle figure fondamentali della cultura contemporanea. Nonché una delle mie più grandi passioni di studio...il caro Freud non poteva mancare in questa storia! LoL
- Third time's the charm è un modo di dire inglese che si può tradurre in italiano come 'la terza volta è quella buona', un po' come il nostro 'non c'è due senza tre' ma con significato positivo invece che negativo;
- 'La forza sia con voi' naturalmente è una citazione in onore di Guerre Stellari (1977) film culto diretto da George Lucas con Harrison Ford nei panni di Han Solo, non poteva mancare nel bagaglio di un nerd come Linds xD.

Come vi ho promesso ecco il penultimo capitolo.
Sorprese dal suo contenuto? =)
Spero di non aver fatto grandi errori e ci tengo a sapere cosa ne pensate sulla storia di Beatriz: potrà essere fattibile o no? Io ci provo ma non sono quella forza in certe materie...xD
Questo capitolo lo vedo un po' caotico perché ci ho riassunto un periodo di tempo piuttosto lungo ed non è che un insieme di momenti. Sono i ricordi di Michelle, in fondo.
Oh, tremo al pensiero di come reagirete al finale... *Hermes si raggomitola tutta, preoccupata sul serio*
Passiamo all'angolino recensori, si ringrazia infinitamente ParoleDiGhiaccio e Petitecherie, ragazze i vostri commenti mi fanno immensamente felice, sniff QQ
Cribbio...questa storia finirà presto e credo di essere più triste io di voi. Mi è piaciuto troppo scriverla! *asciuga lacrimuccia*
Buon weekend
Hermes

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Capitolo 19
*** 19 ***


There'll be no better time
There'll be no better way
There'll be no better day to save me
Save me
Yeah, save me

And the world don't stop
There is no time for cracking up
Believe me friend
'Cause when freedom comes
I'll be long gone
You know it has to end

I hope you see what I see
I hope you feel what I feel
The Verve ~ Weeping Willow

Stavo dormendo meravigliosamente, se non fosse stato per la lama di sole che mi bruciava la schiena ogni momento che passava.
Avevo cacciato la testa sotto il cuscino ma per quanto mi rigirassi mi sentivo solo uno spiedo.
Mentre recuperavo la voglia di alzarmi ed iniziare un’altra giornata notai che Linds non c’era più.
Non è una novità…ma chissà perché ieri si è comportato a quel modo. Avevo intenzione di fare un discorso serio…
Ormai so per esperienza che è meglio non sciropparsi il cervello cercando di capirlo.
È una missione impossibile ed il massimo che si può fare è accettarlo così com’è, con i suoi difetti ed i suoi comportamenti.
Mi alzo, grattandomi il capo e strizzando gli occhi alla luce del sole.
Saranno le otto…ecco l’inizio di un nuovo giorno. Primo pensiero: speriamo che ci sia del caffè avanzato!
Poi li sento.
Una sequela di passi non rumorosi ma inequivocabili, provenienti dal salotto.
È ancora qui?
Mi infilo nella mia camicia di alcune taglie più grandi ed esco in corridoio a piedi nudi, abbottonandola e cercando di rendere un po’ più presentabile la mia chioma di rovo.
Sulla soglia della stanza però mi blocco.
I passi sono indubbiamente di Linds che sta riempiendo la tracolla del portatile.
Linds non mi ha ancora notato ed ho il tempo di registrare che è vestito molto diversamente dal suo solito con un completo molto classico; sembra davvero un professore adesso.
Si è accuratamente sbarbato cosa che non accadeva da giorni e giorni a questa parte ed è vestito completamente di nero, come un becchino.
Dalla camicia, alla cravatta, il gilet, la giacca ed i jeans. Il colletto è tenuto fermo da una sottile spilla d’argento, di quelle in uso almeno un secolo fa, che sottolinea solo il suo pallore, il volto ossuto e la sua figura secca ed allampanata.
C’è un borsone ai piedi del divano ed una sacca lì vicino con tutta l’aria di essere pieni.
La valigetta metallica degli alcaloidi fa bella mostra di se, chiusa sul tavolino.
“Cosa sta succedendo?” non so nemmeno perché l’ho fatta questa domanda, ciò che ho davanti è clinicamente chiaro.
“Oh…ti sei svegliata.” mi lancia un’occhiata disinteressata, non sorride. Non sembra nemmeno il topo a dire il vero.
Sbatto le palpebre, non riuscendo a connettere i vari particolari che mi stanno davanti e Linds ne approfitta per continuare con tono impersonale “Stavo giusto per andarmene, così mi salvo il tempo di lasciarti un biglietto.”
Fulmine a ciel sereno.
Aspetta…cosa?!
La nozione mi scende addosso come una doccia gelata, m’immobilizza sul posto.
“Che faccia da pesce lesso, Michelle.” mi canzona tranquillo, infilando alcuni documenti nella borsa e controllando di avere tutto, poi chiude la zip “Non mi dire che non te l’aspettavi, dai.”
Linds…
Lo seguo con lo sguardo mentre fa un piccolo giro della stanza, fermandosi alle vetrate ed osservando il panorama, la luce del giorno rimbalza solo sul suo volto, per il resto viene assorbita dal completo nero.
“Non l’avevo mai notato ma questo posto ha una vista davvero stupenda, non credi anche tu?”
Sta bleffando.
Continuo a rimanere in silenzio, forse il mio è un comportamento istintivo più che di stupore.
Perché se continuo a farlo parlare magari…non fa sul serio, non può essere!
Ha uno sguardo sereno e calmo mentre continua a guardare fuori.
“Potresti aiutarmi a tenere una conversazione civile, almeno.” lamenta, voltandosi ed infilando le mani nelle tasche dei pantaloni.
Sono ancora troppo stupefatta però una domanda riesco a tirarla fuori dalla ridda dei miei pensieri.
“Dove?”
Linds abbassa gli occhi sul tappeto, scuote la testa.
Non risponde ma il messaggio è chiaro.
Non ti voglio fra i piedi, Michelle.
“Perché?” tento ancora, mentre sento distintamente qualcosa pizzicarmi gli angoli degli occhi, sto sorpassando lo shock iniziale, ciò vuol dire che sto per reagire con il mio solito meccanismo di autodifesa: la rabbia.
Non gli darò la soddisfazione di vedermi piangere…mai!
Linds sbuffa, alzando gli occhi al cielo “Perché sono annoiato. Questa città è un buco inutile, farebbero meglio a cancellarla dalle carte!”
“Ed i tuoi affari a San Francisco?! Perché saresti venuto qui allora?!”
“Michelle…se la questione per te si minimizza ad una scelta del luogo allora ti accontento. Mi serviva questo posto. Era l’ideale. Di certo non sono venuto qui solo per portarmi a letto una laureanda con la brutta abitudine di ficcare il naso negli affari altrui. Le schiave a letto non mi sono mai piaciute e sei stata un intermezzo piacevole, nulla più.” risponde esauriente, fissandomi penetrante e senza alcun tatto.
Con tutto quello che abbiamo passato? Con come ti sei comportato ieri? Vuoi prendermi in giro, Linds?!
Legge la mia espressione come un libro aperto, e risponde senza alcun rimorso.
“Ho sempre detto che non ne valeva la pena e se hai deciso di chiudere un occhio non è affar mio. Ti ho forse mai dato l’impressione di volere qualcos’altro da te oltre un po’ di compagnia?” la sua voce è gelida, irritata “Lo vedi il tuo errore? Pensi di essere il centro del mio mondo solo perché siamo finiti a letto. Sbagli.”
Il centro del suo mondo? Quando mai lo sono stata?!
“Pensavo che fossimo amici!” esclamo ostinata.
“Ci sono cose da fare e persone da vedere. A differenza di molti io la vivo la mia vita e questa conversazione sta solo rallentando l’inevitabile.” la mia risposta lo ha preso in contropiede ma si è ripreso immediatamente, stringendo le labbra “E poi scusa ma gli amici di certo non scopano come i conigli ad ogni occasione, la tua definizione mi era parsa chiara e non ti ho mai promesso niente.”
L’ultima frase l’ha pronunciata con insofferenza, utilizzando tutte le armi più subdole per i suoi colpi bassi.
“Perché te la sei presa con Will, allora?” continuo sbigottita “Che senso aveva?!”
Linds sorride, ma non c’è nessun conforto in quel gesto.
“Non pensi che forse ti ho mentito? Che forse godo davvero nel distruggere la vita altrui? Naturalmente no, hai delle certezze così radicate Michelle che accarezzeresti un gatto abbandonato non prevedendo di rimanere graffiata.” fa una pausa, sfila una mano dalla tasca e mi fa un cenno “Per quanto mi riguarda, io pago sempre i miei debiti.”
La sua voce ha assunto una rigidità artica.
Ci stiamo fissando ma non riesco a trovare qualcosa da ribattere, i miei pensieri vanno tutti a sbattere contro una lastra di vetro immaginaria e sigillata stagna, si perdono nella distanza.
Sta succedendo sul serio…
Sto sfoggiando la mia faccia da poker migliore ma l’unico sentimento che sento è il panico.
Posso continuare a mentire ma Linds non è più il solito Linds allegro e sarcastico, quella che mi sta davanti è un’altra versione del topo che fino a questo momento avevo solo intravisto raramente ed adesso mi sta fronteggiando in full-blow come un carro armato per distruggermi senza alcuna pietà.
È cristallino che non gliene frega assolutamente niente se mi merito questo trattamento o no.
Desidera il mio male, quindi fa tutto quello che è necessario.
“Ammetto però che è stato…bello.” il suo sorriso è sterile, formale.
“Sei uno stronzo.”
“Certo che lo sono. Su questo non ti sei mai sbagliata.” ridacchia, tornando indietro verso le sue valigie e frugando nelle tasche “Ah, un’ultima cosa.”
Ha fra le mani i mazzi di chiavi dell’appartamento, su uno è ancora agganciato il Rubik.
Linds lo sfila e se lo mette in tasca poi dice, agganciando i due mazzi per gli anelli.
“Fammi un piacere…quando te ne vai consegna le chiavi dell’appartamento al portiere.” mi lancia il mazzo e, in un gesto istintivo, lo afferro al volo. Volessi ben alzare un bicchiere non avrei la coordinazione motoria necessaria.
Recupera la sua roba con l’aria di esserci abituato e cammina fino alla porta d’ingresso.
Posa la mano sulla maniglia ma prima di spingerla esita.
“Buona fortuna, Michelle.” lo dice e se ne va, tutto senza guardarmi.

La breccia fra le sue mura si chiuse e rimasi fuori.
Caddi dal precipizio, spezzandomi il collo mentre lui prese il volo.
Così grandi onori per aver avuto il coraggio di buttarmi…che ingenua.

È come in uno di quei film western.
Due pistoleri in piedi uno davanti all’altro in mezzo ad una strada impolverata sotto il sole cocente, pronti ad estrarre la pistola al primo rintocco del mezzogiorno e sparare.
Non mi sono mai piaciuti quei film, hanno sempre finali facili da immaginare.
In qualunque modo la trama si svolga…uno dei due pistoleri mangia invariabilmente piombo e sparisce dall’inquadratura.
Per sempre.
Il silenzio è assurdamente forte.
Mi fa sentire piccola.
Mi fa impazzire.
Fisso le chiavi che mi ha lanciato: prima e seconda copia delle chiavi dell’appartamento ed un altro di chiavi che trovo incredibilmente familiare, su un anellino diverso da quello principale. Le ho strette cosi forte che le scanalature si sono impresse sul palmo della mano.
“Fammi un piacere, ma belle…quando te ne vai consegna le chiavi dell’appartamento al portiere.”
Quello stronzo…mi lascia pure i compiti a casa.
Torno indietro in camera, raccogliendo il resto dei miei vestiti che la sera prima sono finiti dappertutto.
Non guardo il letto, sono troppo tesa e potrei finire per distruggere qualcosa.
Cinque minuti dopo la blindata si è chiusa con un scatto metallico dietro le mie spalle.
Mai più…non voglio nemmeno ricordarmi che esiste questo posto.
Quando arrivo al gabbiotto del portiere gli tendo il mazzo ed il suo sorriso si disfa quando nota la mia espressione.
La sua attenzione torna tutta sulle chiavi, controllandole; sto per andarmene quando mi ferma.
“Scusi…ma queste chiavi non sono dell’appartamento, Mister Lagden non ha-?” si blocca quando lo fulmino.
“...”
L’uomo sfila l’anellino incriminato e lo lascia sul bancone “Mi dispiace ma non posso ritirarle.”
La luce soffusa dell’atrio fa brillare le chiavi piccole ed argentate, su una sono incise delle ali ma la parte centrale è consumata.
Sembra lo stesso simbolo di…no, è impossibile.
Infilo un dito dell’anellino e lo riprendo “Ha qualcosa in contrario se le tengo io?”
“No, signorina. Le auguro una buona giornata.”
“Altrettanto.”
Esco in strada osservando ancora le due chiavi, perplessa.
“…pago sempre i miei debiti.”
Al limite della mia vista periferica vedo un acceso giallo canarino e mi volto, curiosa.
È un normale carro attrezzi che esce dal garage interrato lentamente.
L’uomo al volante segue con cautela i segnali di un ragazzetto con una tuta da meccanico.
Alzo gli occhi e rimango cementificata sul posto.
La Ferrari?!
Non c’è dubbio, l’auto caricata è proprio quella che conosco con il suo colore metallizzato nero petrolio che brilla al sole.
Mossa da una forza che non penso di avere, mi avvicino al ragazzetto, facendo finta di dover passare per proseguire e faccio “Che macchina!”
“Puoi dirlo forte, bellezza…cosa non darei per fare una prova al volante!”
“Cosa le è successo? Non sembra incidentata.” continuo con un sorriso e la migliore interpretazione di bambola scema che riesco a fare.
“Assolutamente niente! Ci credereste?! Il proprietario ha deciso che non gli andava più e l’ha rivenduta a meno di quella che l’ha pagata alla concessionaria dove lavoro proprio ieri!” alza le spalle “Certa gente non sa davvero cosa farsene dei soldi. Doveva avere molta fretta di disfarsene, io una bestiola così carina non l’avrei mai lasciata!”
“Immagino…” commento, osservando mentre il ragazzetto mi augura un buongiorno e sale sul camion che si immette in carreggiata e se ne va portando via con se la macchina di Linds.
La decisione di partire non l’ha presa di punto in bianco dunque. Questa è stata un’azione più che premeditata.
Torno indietro verso l’entrata dell’edificio, non posso fare diversamente dato che il campus se ne sta dall’altra parte. Quasi davanti all’entrata, vedo quello che il topo ha voluto mettermi in bella vista ma che io non ho nemmeno degnato di uno sguardo in favore della dipartita della Ferrari.
Parcheggiata lì vicino c’è la Jackal, ritornata dal mondo dei morti più in forma che mai.
Ci vogliono trenta secondi prima di connettere l’implicazione con le chiavi che mi sembravano tanto familiari.
All’inizio non voglio crederci in fondo ci sono milioni di moto come la mia in giro, però…
Ho ancora in mente l’ultima volta che ho visto la mia moto prima di averla portata dallo sfasciacarrozze.
Infradiciata di vernice bianca, con i fanali rotti, il sellino trucidato con una lama e i carburatori presi a mazzate. Per non parlare del principio d’incendio dei copertoni…se ci penso vedo ancora rosso.
Poso una mano sulla cromatura dei fanali dietro, se davvero è la Jackal di un mese e mezzo fa non saprei dirlo.
Il lavoro fatto deve essere costato una piccola fortuna, mentre do un’occhiata alla cromatura dei cerchioni e dei tubi di scappamento. I carburatori sono nuovi, ed il serbatoio deve essere stato raschiato, verniciato e ritrattato.
Monto sul sellino e sfilo le chiavi, preparandomi a fare la prova del nove.
Per ora ignoro il post-it giallo appiccicato sul tappo del serbatoio, piegato a metà.
Schiacciò il pulsante dell’accensione.
Infilo la chiave nel nottolino senza alcun problema e giro.
Il motore prende vita subito con un ringhio soddisfacente.
Non c’è dubbio questa è la mia vecchia Jackal appena uscita da una ristrutturazione totale.
Mentre il motore gira e si scalda prendo coraggio e stacco il biglietto, aprendolo.
Ci sono due parole sopra. Senza firma.

All yours.
La carta scricchiola nel mio pugno mentre la appallottolo.
Maledetto…
Non mi aspettavo questo.
Non volevo la Jackal indietro se questi erano i patti.
Mi sento usata, pronta a piangere dalla rabbia.
Ma anche se il motore acceso della moto mi culla, non provo gioia.
Sei uno stronzo Linds.
Un uomo danneggiato ed agghiacciante.
Credevo di poterti aiutare ma a questo punto penso proprio che non ci sia modo.
Non hai niente al posto del cuore.

E se ti potessi odiare sarebbe tutto, immensamente, più facile.

Aggiusto gli occhiali sul naso e spolvero la giacca, rimanendo in attesa.
Rinfilo le mani in tasca, giocando con il cubo e dando un’occhiata al binario ancora vuoto.
Odio le ferrovie…mai puntuali, nemmeno completamente computerizzate.
Sposto lo sguardo sulle scale che portano al sottopassaggio e la vedo salire gli scalini con attenzione per non versare il contenuto dei bicchieri.
La soluzione non sta avendo effetti collaterali e lei sembra stabile e perfettamente in salute…penso che sarebbe meglio fare ancora due controlli al giorno, tanto per andare sul sicuro.
Il fischio del treno sibila da lontano, iniziando a frenare.
La ragazza mi affianca e recupero i nostri bagagli.
“Le mancherà San Francisco, dottore?” domanda gentilmente.
Gli assistenti della prima classe si prestano ad aiutarmi e leggono le prenotazioni che passo loro, faccio salire lei e poi la seguo. Guardo indietro mentre il portellone della carrozza si richiude. Dall’oblò vedo solo la piattaforma, la città da qui è invisibile.
Con un piccolo tremolio il treno riprende a muoversi, lasciando indietro la stazione.
“No, non particolarmente.” rispondo con calma, seguendo lei ed gli assistenti per il corridoio della prima classe ed il vagone dell’espresso notte “Troppa pioggia ed umidità. La nebbia poi era tremenda!”

~ Una settimana dopo
So tutto adesso.
No, non avevo capito niente.
Proprio nulla.
Mi aveva detto di non fidarmi.
“Michelle…” era un sibilo, una richiesta nell’ombra della stanza. Un richiamo. Un addio.
Il suo numero, il suo nome magari anche la sua faccia è stata una bugia.
Non lo odio per questo.
Per quanto ho tartassato il portiere dello stabile non ne ho ricavato niente.
L’appartamento non era di sua proprietà ma l’uomo si rifiutava di darmi il nominativo.
Non era un problema dato che lo sapevo…
Paul Girsham.
Quando quello stesso giorno tornai al campus e scesi a due a due le scale per il laboratorio trovai la porta spalancata e due donne intente a lavare il pavimento.
Le sorpassai, prendendo in esame ogni stanza, sorda alle loro proteste.
Non era rimasto più nulla se non dei vecchi terminali, qualche fiala da laboratorio, ed i macchinari che due addetti dell’Università stavano imballando.
Mi teneva stretta, le sue braccia sotto la mia schiena, le dita bianche che seguivano la curva delle mie clavicole. C’era un bisogno in quell’atteggiamento proprio come le mie mani, affondate in mezzo ai suoi capelli biondi.
Anche il suo ufficio del secondo piano in Facoltà era deserto, come se non ci fosse mai stato.
In segreteria la donna di mezz’età dietro al bancone all’inizio mi fissò turbata dal mio fare agitato poi cercò di tranquillizzarmi.
Il professore aveva consegnato tutti i voti dello scritto il giorno prima e no, aveva deciso che l’orale l’avremmo dato con un sostituto da lui designato quindi aveva lasciato la cattedra. Non c’era alcun problema per la continuità del corso!
Me ne andai senza dirle grazie.
Ogni punto, ogni collegamento porta ad un vicolo cieco.
Anche con Raph.
Aveva incastrato il volto nell’incavo del mio collo, riprendendo fiato. Non mi aveva ancora lasciato un attimo da quando mi aveva afferrata, appena entrato in casa. Feci per parlare e mi chiuse la bocca, strappandomi solo un gemito di sorpresa. Qualsiasi cosa volesse c’era disperazione…
Incontro il biondo all’orale quattro giorni dopo, rispondo senza alcun problema alle domande che mi pone.
Poi esco dall’aula ed attendo fino alla conclusione di quella sessione d’orale. I voti finali saranno pubblicati solo tra una settimana.
Quando Raphael esce dall’aula mi guarda e sospira amaramente “Vuoi fare quattro passi, Michelle?”
Lo seguo fuori senza domande, finché non ci fermiamo in una caffetteria ai limiti del campus.
Ancora non domando, è lui a parlare.
“Se né andato di colpo, vero?”
Annuisco e chiedo “Sai dov’è?”
“No, come al solito non ha reputato necessario dirmelo. L’altro ieri mi è arrivato il suo bonifico per la consulenza.”
…e rabbia, voglia di essere amato nonostante tutto. La mente/cassaforte si era aperta riversando lentamente fuori il contenuto come un vaso di Pandora. Letale e dolceamaro. Sale e veleno. Perché il sapore del sudore e delle lacrime è lo stesso al buio. Ogni movimento era una lacerazione. La luce di una supernova che ti abbaglia, alimentata da se stessa, ed esplode. Ed il calore aumentava esponenziale…
“Fa sempre così…appare di colpo e poi sparisce senza una parola, non è la prima volta.” dice il biondo, ovviamente messo a disagio dal mio silenzio.
“Un mago nelle relazioni interpersonali…” commento acida, forse meno di quanto vorrei.
“Michelle…dimmi che tu e lui non-” inizia impacciato.
“Sì, Raph. Siamo finiti a letto più volte, compresa quella notte.” replico indifferente, proprio come farebbe Linds se fosse qui.
Raphael si passa le mani fra i capelli, alla fine della sua corda “Oh merda…”
“Mi hai tolto le parole di bocca.”
I suoi onesti occhi azzurri si fissano su di me “Ma allora…”
“Illuminami.”
La temperatura di quella stanza ondeggiava ed il calore era soffocante ma voluto, desiderato. Non staccava i suoi fianchi dai miei nemmeno quando il desiderio se ne andava. Rimaneva dov’era.
Quella non era più una notte, erano mesi e settimane condensate in silenzio. Un lento film muto fatto di gesti e carezze, di sguardi invisibili e sibili fra le lenzuola attorcigliate. E poi veniva il freddo, quando torreggiava sopra di me, guardandomi senza realmente vedermi, sfiorandomi con la punta delle dita, aspettando. Come la pioggia.

“Non so cosa dirti, Michelle. Non è da lui tornare indietro per…per poi andarsene.”
“Il Linds che conosci tu sarebbe partito subito?”
“Sì.”
“Stai cercando una maniera gentile per dirmi che le sue avventure erano sempre ‘una-botta-e-via’?”
“Mic-” il suo tono piagnucoloso mi fa perdere le staffe.
“Raph! Porco cane! Non ti ho chiesto un miracolo!”
“Sì! Sì!” il biondo crolla sotto la pressione e mi lascio andare sullo schienale del booth mentre Raphael aspetta la mia reazione.
Non reagisco.
È abbastanza inutile ora che se n’è andato.
In fondo gli avevo già detto cosa pensavo di lui.
Sbatto le palpebre, guardando in alto.
Raph si era sbagliato, per Linds non ero niente di speciale se non un corpo caldo.
L’imbecille di turno fra le sue lenzuola che il mattino dopo avrebbe dimenticato.
Aveva la pazienza di un certosino ed il tocco di un orologiaio. Attendeva senza sorrisi. Senza malizia. Era inevitabile, ricominciavamo da capo, come un disco rotto. Non avevo capito che stava cercando di rimuovermi dalla sua testa come un brutto sogno. Per cambiare pagina ed andare avanti con la sua vita fatta di lavoro e ricerca. Di niente. Sterile ed in parvenza perfetta. Mutava pelle proprio come un serpente.
“Mi sono comportata come la scema del villaggio.” la mia voce è sorda.
“Non è vero…”
“Il tuo migliore amico è uno stronzo danneggiato con la sfera emotiva di un cestino dell’immondizia.”
Raphael sobbalza quando riposo lo sguardo su di lui e nota che ho gli occhi umidi.
“Non credo di avere argomenti validi per contrattaccare.” replica con un sorriso debole che si spegne “Michelle, non sono qui per difendere Linds. Non c’è difesa che possa reggere.”
Ho la netta impressione che Raph non sappia niente dell’intera faccenda dei Grisham…sarebbe da Linds.
“Ora che i vostri segreti sono spariti dalla faccia della terra, mi dirai cosa stavate cercando di fare?” domando, affamata di informazioni nonostante tutto.
“Stava, Michelle. L’unica cosa in cui l’ho aiutato era la programmazione, non sono mai andato più in là di quello.”
“Allora?”
“Dai dati, lavorava sugli impulsi del cervello e come riprodurli.”
“E…?”
Scuote la testa, Linds non gli aveva mai detto della donna in coma.
La verità l’aveva solo rivelata a me.
Lo disse ancora, ma stavolta non stavo sognando.
“Tu sarai la mia rovina.”

Ero la rovina.
Non appena ha capito che mi stavo innamorando di lui…è fuggito a gambe levate.
Piuttosto che affrontarmi aveva deciso di andarsene e lasciarsi tutto alle spalle.
Abbandona prima di essere abbandonato.
Era una bella idea la sua e quindi anch’io lasciai perdere, semplicemente.
Facevo finta di non ascoltare il rumore che la sua sparizione improvvisa aveva creato fra i miei compagni di corso. Soprattutto Max e Richard che si erano lanciati in una serie di ipotesi da film sci-fi.
Ignoravo il vuoto che aveva lasciato, era la cosa migliore che potessi fare dato che non mi era rimasta altra scelta.
La vita andava avanti lo stesso, forse sarebbe stata anche meno caotica senza scienziati pazzi, stronzi e con un autocontrollo da suicidio intorno.
Passai Fisica a pieni voti ed mi trasferii a Santa Monica per il mio anno di specializzazione.
Mi tengo ancora in contatto con Raph saltuariamente ma non parliamo mai di Linds.
Penso che l’informatico c’è l’abbia con il genio.
La mia unica domanda è: cosa è successo a Beatriz?

Il treno corre traballando sugli scambi, il paesaggio che passa dietro ai finestrini è da favola.
I profili delle colline ondeggiano sotto il sole estivo ma non ci spreco il mio tempo.
Sono occupato con il notebook, sulle mie lenti si riflette un lungo documento di testo che leggo e correggo più volte.
Chiuso un paragrafo sospiro, sollevando gli occhiali dal naso e sfregando gli occhi, stancamente.
La porta dello scompartimento si apre, rivelando una giovane donna sui venticinque che tiene in mano un bicchiere di carta.
“Mi dispiace di aver tardato tanto, dottore. La carrozza ristorante era molto affollata.” dice, offrendomi la bevanda.
“Grazie.”
“Siete stato molto gentile ad accompagnarmi.”
“È un piacere.” replico, sorseggiando il caffè, riesco appena a sopportarle le sue buone maniere...sono vuote e prive di senso alcuno.
La donna seduta sul sedile opposto si appoggia al bracciolo, guardando fuori “Mi chiedo se è rimasto tutto come quattro anni fa…sono un po’ nervosa.”
“Non si preoccupi, Miss Beatriz. La sua famiglia non vede l’ora di riabbracciarla, mi creda.” mi strofino di nuovo gli occhi, non li ho ancora chiusi da quando abbiamo lasciato la California e la caffeina inizia ad non fare più effetto sul mio cervello.
I gentili occhi nocciola di lei m’osservano con tatto, spostandosi poi sul tavolino dov’è poggiato il portatile e, lì accanto, un portachiavi con un cubo di Rubik che afferro istintivamente come per nasconderlo alla vista.
“Immagino che mio fratello Paul l’abbia ricompensata largamente ma vorrei invitarla a stare da noi per qualche giorno. Ne sarei davvero felice.”
“No, mi dispiace. Credo che mi prenderò una vacanza…”
Intanto ho preso a giocare con il cubo, facendolo rotolare fra le dita mentre leggo.
Beatriz sorride appena e continua “Immagino che le manchi molto.”
Mi blocco e la fisso “Mi scusi?”
“Intendevo la vostra casa.”
“Non ho una dimora fissa, preferisco essere libero di spostarmi a seconda dei miei gusti.”
“Pubblicherà la sua ricerca, dottor Lagden?”
“Non ho ancora deciso.”
Per fortuna Beatriz smette di interrogarmi, accontentandosi di guardare il paesaggio.
In meno di un’ora il treno si fermerà al suo capolinea: Richmond.
Anche questo lavoro concluso.
Non ho mentito. Probabilmente prenderò un volo per qualche destinazione tropicale a caso, pronto a perdermi sia pure solo per qualche giorno.
Miami, Canarie, El Salvador, Tijuana…un lancio di dado che lascio nel momento che alzerò lo sguardo sul tabellone delle partenze, libero come il vento.
Poi la vita ricomincerà da zero.
Sembra che a New York ci sia un gran fermento per una ricerca sul sistema nervoso, magari passerò a dare un’occhiata.
Stringo gentilmente il cubo fra le dita mentre lo schermo finisce in modalità standby, sposto lo sguardo sul finestrino.
La mia insonnia è tornata più punitiva che mai.
Meglio così.
Non voglio vederla…
Non ho tempo per lei né per nessun’altro, non posso fermarmi.
È stato bello.
Chiusa parentesi.
Non so cosa ci sia di diverso dalle altre volte, Michelle.
Continuo ad averti in mente come un’ossessione, qualsiasi cosa faccia.
Un’equazione irrisolta dove tu eri la variabile impazzita, darling.
Deve essere il caffè che mi fa parlare così…
Sì, sarebbe ridicolo il contrario.
Sei come me.
Non avrai problemi a rimetterti in sesto, ma belle.
Stammi bene e dimenticami.
Addio.

Someone to stand beside me
Beside me, now is not the time to cry
Whether you see or whether you don't - beside me
Whether you feel or whether you won't - beside me

Weeping willow
The pills under my pillow
Weeping willow
The gun under your pillow

I got to learn to leave the pain,
Walk through the door and kiss the rain - beside me
The Verve ~ Weeping willow

THE END

~~~

Canzone del capitolo: The Verve ~ Weeping Willow.

Le note di questo capitolo sono:
- Richmond è la capitale dello stato Virginia. È il primo porto utilizzabile sul fiume James ed è centro di lavorazione del tabacco, della carta, manifatture tessili, alimentari e chimiche. La città è servita da un aeroporto internazionale ed è anche sede di interessi governativi a livello federale.

E con uno scatto secco il cubo di Rubik torna nella sua posizione d'origine...
*Hermes non dice nulla, perché non c'è molto da dire e pensa di essere stata esaustiva con il capitolo*
*Hermes spera nella magnanimità dei lettori ma ha dei seri dubbi che riuscirà ad uscire viva dal fuoco incrociato*
Se comunque volete farmi la pelle io rimango qui per ringraziare calorosamente i recensori del penultimo capitolo: ParoleDiGhiaccio, abracadabra e Petitecherie;
e...
Tutti quelli che hanno inserito questa storia nei loro elenchi (e siete tanti! O.o);
Tutti quelli che sono passati a recensire a random;
Chi recensirà in futuro;
E chi ha solamente letto per vedere come andava a finire! xD
Ricordate sempre che siete voi e solo voi che fate girare la mia voglia di mettermi davanti ad una pagina bianca e scrivere.

Ovviamente se avete delle domande sul finale o quesiti a cui non ho risposto prima per via degli spoiler potete lasciarmeli ora e sarò ben felice di rispondere senza tralasciare niente, la storia è finita.
ASTTL nella sua interezza, Linds, Michelle, Raph, San Francisco mi mancheranno parecchio...=(
Ancora grazie a tutti voi.
Hermes

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Capitolo 20
*** 20 ***


Nota
Ci sono riferimenti più o meno velati a: uso di droga, suicidio, guerra e violenza; ed anche alcune parolacce.
Lettori avvisati mezzi salvati, ho fatto il mio dovere. =)
Buona lettura.

A step in between.

In comes the rest of my life
The road was hot
We were so high
We gave NASA a fright
The road snakes 'round my aching shoulders, it's over
The road snakes 'round my shoulder one more time and it's over
The Verve ~ Grey skies

~ Alcuni anni dopo
Gli ultimi giorni di un Agosto bollente si trascinavano l’uno in fila all’altro.
L’erba era secca, resa argentea e friabile dal sole.
L’uomo sull’auto osservava il paesaggio da dietro il finestrino, comodamente seduto e rinfrescato dall’aria condizionata.
Un piccolo schermo che proiettava le immagini della CNN, sugli ultimi sviluppi politici, ma il volume era solo un brusio soffocato.
Il colonnello Arthur Wieder non era uomo da potersi confondere facilmente.
Avrebbe compiuto settantadue anni nella prossima primavera e si trascinava dietro anni d’esperienza sul campo in termini di guerra.
Non missioni di pace ma di sangue.
Il Vietnam non si era combattuto infilando petali nelle bombe al napalm.
Sul campo non c’era coscienza e vedere i tuoi compagni lacerati dall’inguine alla testa a causa di una bomba a frammentazione sepolta sotto la terra umida metteva tutto nella giusta prospettiva.
Nel corso degli anni aveva acquistato gradi e la patria aveva riconosciuto il suo impegno: da dieci anni faceva parte del consiglio di sicurezza degli Stati Uniti.
Un posto di tutto rispetto, che richiedeva il meglio.
L’autista accostò l’auto blindata davanti ad una delle entrate principali dell’enorme edificio governativo.
Ad attenderlo c’era una delegazione di colletti bianchi, uno di loro gli aprì la portiera.
“Benvenuto signore.”
Il colonnello fece un cenno d’approvazione, salendo le scale ed entrando nel Pentagono seguito dalle sue tre guardie del corpo.
“Avete la certezza che questa volta sia lui l’uomo che stiamo cercando?”
“Sì, signore.”
“Dove l’avete scovato quel figlio di puttana?” la sua espressione era impassibile, quella caccia all’uomo era durata sei mesi facendo sembrare lui ed gli uomini sotto il suo comando dei pivelli di primo stampo.
“In un night-club nei bassifondi di Chicago. Non ci ha opposto alcuna resistenza. Nel sangue aveva livelli altissimi di alcool, tossine psicotrope ed alcaloidi che stiamo ancora analizzando. Non è stato in grado di fornirci il suo nome ma l’ID presente nei suoi effetti personali conferma i dati che abbiamo raccolto.”
Gli occhi di un grigio gelido del Colonnello scorsero la relazione che gli era stata appena passata, completa di fototessera.
Un uomo che non è capace di vivere la propria vita non vale nulla a meno che…
“È in grado di intrattenere una conversazione?”
“La nostra equipe medica lo ha subito soccorso ma appena ha ripreso conoscenza si è rifiutato di sottoporsi ad ulteriori trattamenti.” il portavoce del gruppo vacillò sotto lo sguardo duro del superiore ed abbassò gli occhi, continuando “L’abbiamo posto sotto stretta sorveglianza in una stanza della terza sezione, piano underground 4.”
Così dicendo svoltarono l’angolo, arrivando al blocco ascensori ed accedendo in uno.
Uno dei collaboratori si affrettò ad inserire un codice numerico ed il mezzo partì con un cigolio.
La discesa fu taciturna e le porte si riaprirono mezzo minuto dopo in un ampio corridoio in tutto e per tutto uguale a quello del piano terra, ma semi-deserto.
Le lampade ronzavano pigramente, diffondendo una luce fredda sui nudi muri di cemento armato.
Era solo grazie al sistema di aereazione unificato che quel piano così lontano dalla luce del giorno manteneva una temperatura simile, seppur più bassa, a quella dei piani alti.
“Da questa parte, signore.”
Wieder si lasciò guidare per il dedalo di corridoi fino ad entrare in una stanza scarsamente illuminata. Nel muro opposto alla porta era installato un grosso vetro che permetteva di osservare senza essere visti l’interno di un’altra stanza dall’aspetto più piccolo: l’unico mobilio visibile era un tavolo quadrato e due sedie, una già impegnata.
L’occupante era un uomo dai lineamenti squadrati, troppo magro per il suo fisico smunto, dai capelli di un biondo quasi bianco che gli cadevano incolti dietro le spalle. I cerchi scuri intorno ai suoi occhi facevano pensare che stesse subendo i postumi di una sbronza colossale.
Il suo profilo netto era ben visibile grazie alla posizione piuttosto sciatta che aveva preso.
Minacciava di scivolare dalla seggiola e teneva gli occhi ben fissi sulla ventola di areazione del soffitto che girava direttamente sopra alla sua testa.
Oltre il respiro per il resto era completamente immobile, da cosa aveva letto del rapporto non aveva manifestato impazienza, ansia o violenza di alcun tipo.
La maglietta non permetteva di nascondere nulla ed i segni di punture sulla pelle pallida delle sue braccia erano piuttosto evidenti. Non sono pochi, non passa molto tempo fra una dose e l’altra.
Il colonnello lo fissò ancora per qualche attimo poi recuperò una pratica da uno dei suoi bodyguard e fece per entrare nella stanza “Gli affari che devo discutere sono della massima segretezza, signori. Vi ringrazio per la vostra collaborazione e vi chiedo di lasciare questa stanza e di attendere ulteriori istruzioni.”
“Signore-”
“Non accetterò un no, come risposta. Entrato disattiverò i microfoni e le telecamere, di questo incontro non deve rimanere traccia. Ora abbiate la gentilezza di allontanarvi od i miei uomini saranno ben felici di mostrarvi la strada.” detto questo aprì la porta e fece proprio quello che aveva minacciato di fare: il giro della stanza, disinserendo l’alimentazione delle tre telecamere poi strappò i fili del microfono principale. Infilò una mano sotto il piano del tavolo, estraendo la cimice incollata lì sotto e disattivandola, poggiandola in bella vista sul piano.
Tutto ciò era stato osservato con malcelato divertimento dall’uomo biondo, gli occhi di un nero inchiostro si spostarono dalla ricetrasmittente al volto segnato dalla vecchiaia dell’uomo ben vestito davanti a lui.
La ventola, sopra le loro teste, girava con un rumore fastidioso.
“È divertente vedere come non ci siano uomini onesti nemmeno nel cuore di un dipartimento centrale come quello della sicurezza.” commentò.
“Strana asserzione, Mister Lagden. Soprattutto dopo aver passato gli ultimi sei mesi a sfuggirci…qualche scheletro nell’armadio, suppongo?”
“Me lo dica lei…nonno.” la provocazione venne buttata lì, seguita da uno sguardo gelido quanto quello di rimando del colonnello.
Quest’uomo…non è un normale tossicomane.
“Fra i suoi effetti abbiamo recuperato varie sostanze di dubbia provenienza…composti non rintracciabili da un cittadino medio americano. Potrei farla chiudere a Guantanamo, Mister Lagden, se per caso mi venisse il desiderio.”
“Si accomodi…adoro il clima tropicale.” il biondo piegò le labbra sottili in un ghigno dall’aria cupa “Mi dispiace ma non saranno queste minacce infondate a farmi arretrare con la coda fra le gambe. La quantità di sostanze in mio possesso non giustifica un’ incriminazione per contrabbando e – inoltre - fanno parte della mia collezione personale in quanto studioso. Per quanto riguarda la mia fuga potrebbe essere molto dannoso se ingiungessi ad una qualsiasi corte una denuncia nei vostri confronti per aperta violazione della libertà di un cittadino. Non ho consentito a questo appuntamento con lei ne ai prelievi che sono stati effettuati durante la mia incoscienza. Con le somme a quattro zeri che verso regolarmente nelle casse federali per pagarvi lo stipendio, mi creda, ho tutti i diritti per ritenermi insolente ed un tantino ostile alla presente situazione.”
Il Colonnello dovette combattere per trattenere un sorriso. Ha del fegato.
“Grandi parole per qualcuno che ha cercato di suicidarsi, Mister Lagden.”
“Incorretto, Mister Innominato. Non ho mai tentato il suicidio perché se quello era il caso nessun trattamento di base dei suoi scagnozzi sarebbe riuscito a tirarmi fuori.” arrivò subito la risposta del biondo. Si era alzato dalla sua posizione scomposta e appoggiò il capo sulle mani incrociate, i gomiti puntati al tavolo “Da cosa ne deduco mi avete braccato per un motivo ben preciso e disperato quindi non posso che essere molto curioso di saperlo.”
“La sua presenza qui è di assoluta segretezza ed importanza. Siete stato estratto in una rosa di candidati per portare a termine una missione dal quale dipende la sicurezza degli Stati Uniti.” Wieder aprì la pratica davanti a lui, estraendone alcuni fogli tenuti assieme con una clip e posandoli sul tavolo.
“…” gli occhi neri scorsero il testo, puntandosi sulla piccola stampa di un ingrandimento al microscopio “Questo non è il mio campo, avete sbagliato persona.”
“Sono certo che non è un ostacolo, non con i suoi precedenti, Mister Lagden. Le sue facoltà d’apprendimento sono di molto superiori alla media ed per ogni suo dubbio possiamo metterle a disposizione i migliori esperti del settore.”
“Da come la sta mettendo sembra che un mio rifiuto sia inottenibile.” il biondo sospirò brevemente, lasciando cadere i fogli dopo avergli dato una scorsa “Questa missione all’estero ha l’aria di essere spionaggio, puro e semplice. James Bond è sempre stato un personaggio di fantasia è forse è meglio che rimanga in questi termini. Sarò franco con lei, non mi ha dato presupposti per cui la sua offerta potrebbe interessarmi.”
“Non le sto chiedendo di fare niente per niente.” replicò il colonnello con un sorrisetto.
A questo mondo tutto ha un prezzo, e lui questo lo sa meglio di chiunque altro: Lagden inizia a piacermi, ha l’aria del mercenario e dello stronzo.
“Il Governo le offre una protezione totale congiunta con le forze di sicurezza estere. Alla fine della missione saremo pronti a ricompensarla con una somma più che adeguata, pattuita con lei.”
“Spero che la somma adeguata abbia cinque zeri invece di quattro.” gli occhi neri brillavano dietro gli occhiali.
“Il suo ammontare preciso verrà quantificato dopo la fine della missione.” ripeté Wieder con un sopracciglio alzato.
Lagden sospirò, inclinando leggermente il capo da un lato.
Passarono alcuni momenti di silenzio poi il biondo riprese a parlare, con gli occhi calcolatori e fissi sui fogli davanti a se.
“Non ci sono clausole ulteriori se accettassi questo lavoro?”
Wieder strinse gli occhi, valutando la propria risposta “La disintossicazione completa ed un addestramento seppur basilare sulle armi da fuoco, senza contare la sua preparazione in materia per infiltrarsi senza sospetti.”
L’uomo annuì “Comprensibile…anch’io ho delle clausole relative alla mia affiliazione.”
“Sarebbero?”
“Un cospicuo anticipo ed la restituzione di tutti i miei effetti personali, compresa anche la libertà di istruirmi sull’ argomento come meglio credo. Sono un’autodidatta di norma e dovrò apportare alcune modifiche al mio aspetto se non voglio rovinarmi la piazza in futuro, naturalmente inserirò nel CV un’esperienza lavorativa ‘ad interesse della patria’.” il sorrisetto delle sue labbra sottili era un pallido riflesso.
“Informerò i miei colleghi delle sue richieste, nel frattempo le procureremo un alloggio più confortevole in libertà vigilata, Mister Lagden.”
“Mi chiami Linds, le formalità a questo punto sono solo uno spreco di fiato.” gli occhiali ammiccarono “Stiamo parlando da dieci minuti ma non mi ha ancora spiegato chi è lei…non mi piace fare affari con gli sconosciuti.”
“Artur Wieder, colonnello e capo della sezione di ricerca e controspionaggio del dipartimento di difesa degli Stati Uniti d’ America.
“Un pezzo grosso…immagino veterano di guerra. Vietnam?”
“Esatto.”
“Plotone di terra.” quella dell’uomo biondo non era una domanda ma un’affermazione e Wieder annuì, con una certa cautela.
“Mille? Duemila? Quanti ne ha di bastardi gialli sulla coscienza?”
“Tutti quelli che mi servono.”
Lagden fischiò ammirato, una luce cattiva negli occhi scuri “Interessante.”
Il colonnello attese che continuasse ma l’uomo non proferì altre parole, quindi riordinò i documenti e chiuse la pratica.
“Sono sicuro che non ci deluderà, Mister Lagden. Ci rivedremo presto.”
Il suo interlocutore sorrise, un semplice stiramento di labbra. Le pupille al centro dell'occhio una a punta di spillo e l'altra dilatata.
Wieder si alzò, la pratica in mano e fece per uscire da quella stanza ma attese con la mano appoggiata sulla porta.
Si voltò, incontrando lo sguardo dell’uomo, ancora seduto comodamente.
È l’ora della domanda di rito, prima di mandare della carne al macello.
“Non ha paura di lasciare qualcuno indietro?”
“Vuole scherzare?” l’espressione di Linds era fredda e malevola “Da quando in qua un militare del suo calibro si lascia andare a dei sentimentalismi?”
Ha la faccia di chi non ha più niente da perdere, giusto per questo tipo di lavoretto.
Era triste però vedere quel tipo di sguardo in un uomo così giovane.
Wieder lo sapeva, l’aveva imparato in guerra.
Dietro la solitudine in parvenza perfetta di quel Lagden non c’era niente e – prima o poi – nel silenzio si affoga.

Linds, spalleggiato da tre uomini era stato spostato ai piani superiori.
Strizzò gli occhi alla luce del sole, dando uno sguardo al suo piccolo alloggio temporaneo.
Niente di spaventosamente kitsch, ma mobili funzionali, da caserma.
Fantastico…
Si lasciò cadere sul duro materasso, appoggiando i gomiti sulle ginocchia.
La testa gli si stava spaccando a metà, come se fosse stato reduce da una sbornia colossale.
Quei deficienti…si capisce che non si sono mai infilati un ago nelle vene.
Interrompere uno dei suoi ‘momenti di consolazione’ non era una buona idea.
Perché iniziava a pensare, la sua testa non era mai un bel posto.
C’erano ombre, fiamme, volti da dimenticare e…
“Ouch!”
Si era lasciato andare sul suo borsone ma nell’impatto che avrebbe dovuto essere morbido qualcosa di spigoloso dentro era entrato in collisione con il suo capo.
Linds aprì la zip pronto a vedersela con qualsiasi fosse e trovandosi davanti il rubik.
Ecco mi mancava…riesce a farmi ramanzine pur non essendo qui.
Linds prese la mira chiudendo l’occhio cattivo e centrando con un lancio ben calibrato il cestino della carta straccia.
Il portachiavi cozzò contro il fondo con un soddisfacente thunk!
Intanto prima o poi l’avrebbe buttato, era solo questione di tempo.
Una delle sue mani si infilò nei meandri del borsone ancora aperto, estraendo l’ipod poi lo buttò per terra e si riaccomodò, spingendo gli auricolari nelle orecchie e cercando qualcosa di rilassante per alleviare l’emicrania pulsante.


So, so you think you can tell Heaven from Hell, blue skies from pain.
Pink Floyd a random…io questo aggeggio l’adoro.
Non aveva più avuto notizie di Raph ma poteva immaginare che il biondo cucciolone si era tolto più di un paio di sfizi con l’ultima parcella…chissà magari in quel momento lui e Mel si erano comprati quella casa sul mare di cui il cagnone gli aveva tanto parlato, una bella Volvo station wagon e magari avevano aperto la produzione di marmocchi.
Raph è sempre stato uno da happy ending, non c’è niente che gli si possa invidiare.
Posò il lettore sullo stomaco, incrociando le braccia dietro la testa e godendosi il sound.
Ad occhi chiusi non era poi così difficile immaginarsi sdraiato tranquillo in mezzo all’erba, con un bel cielo pulito sopra la testa e due o tre nuvolette bianche dalle forme più disparate.
Questa stanzetta non esiste, e solo un altro di quei sogni.

And did they get you to trade your heroes for ghosts?
[…]
And did you exchange a walk on part in the war for a lead role in a cage?
Era da un po’ che non si buttava più nel lavoro, ed i risultati si erano visti.
Linds, tesorino, alza la testa e ripigliati.
Perché avrebbe dovuto?
Era una domanda che si poneva spesso negli ultimi mesi.
Aveva abbastanza soldi da non doversi preoccupare del prossimo pasto per anni.
Abbastanza da assicurarsi un tetto sopra la testa.
Abbastanza da acquistare una precisa quantità in grammi della droga più buona e farsi fuori, liberando il globo dalla sua presenza.
Iniziava ad avere il coraggio di pensarci, quindi passare all’azione sarebbe stata cosa breve.
Nessuno piangerebbe la mia scomparsa, in fondo.

How I wish, how I wish you were here.
We're just two lost souls swimming in a fish bowl, year after year.
Se l’era dimenticata quella parte della canzone.
Il mio cervello semifritto sta divagando…meraviglioso, ci mancava.
Gli occhi neri si aprirono e Linds si alzò, incespicando/camminando fino verso all’angolo dove stava il cestino di metallo.
È già la millesima volta che ripeto quest’azione…sono peggio che un sentimentale.
Linds Lagden: il cretino di nuova generazione.
Aveva fatto un po’ di scena con ‘il Nonno’ ma questo non significava credere a tutto quello che aveva detto.
In fondo il Colonnello non era stato del tutto sincero, gli si leggevano in faccia i suoi pensieri.
Nei suoi occhi grigi si vedeva già morto, che novità.

Running over the same old ground. What have we found? The same old fears.
Wish you were here.
Il cubo era lì, sul fondo del cestino.
Con le sue facce monocolori. Risolto.
Linds l’agganciò per l’anello, sollevandolo con sguardo rassegnato.
Se il mondo fosse un rubik…
Era per questo che non voleva pensare…perché tutte le volte recuperava quel dannatissimo aggeggio dal cestino.
Non riusciva a disfarsene.
Sarebbe stato capacissimo di mandare tutto all’inceneritore: notebook , blackberry, ipod, vestiti, agenda, documenti…ma non il rubik.
Con uno scatto il biondo iniziò a girare le facce, lo sguardo assente, le labbra piegate in una smorfia.
Okay, Linduccio bello, adesso la smetti con questa lagna, alzi quel tuo culo smilzo, mandi a cagare le ballate psichedeliche e ci facciamo una bella doccia, eh?
Il biondo posò i due oggetti sul comodino e si stirò tutto, guardandosi intorno con uno sguardo deciso.
Nuovo lavoretto, nuovo studio, nuova vita.
Niente di strano, niente di nuovo.
Speriamo che abbiano del caffè decente…magari anche uno spuntino, ho un buco nello stomaco!

Cold winds, blew my sails back 'round the bend
Grey skies, no rain in my eyes
Cold wind blew me back here again
Grey skies, no rain, goodbye my pain
Cold wind, blew me straight back in the bin
The Verve ~ Grey skies

~~~

Canzone del capitolo: The Verve ~ Grey skies.

Le note di questo capitolo sono:
- CNN Televisione via cavo con sede ad Atlanta, in Georgia. Fondata nel 1980 da Ted Turner, la CNN (Cable News Network) è stata la prima rete televisiva a trasmettere 24 ore su 24 notizie, con servizi da ogni parte del mondo. Oggi di proprietà della Time Warner, la CNN ha una programmazione regolare dedicata alle notizie internazionali, alla politica interna statunitense, alla salute, al mondo dello spettacolo e alle riprese di procedimenti giudiziari. I suoi programmi possono essere ricevuti in quasi tutti i paesi del mondo;
- La Guerra del Vietnam è un conflitto combattuto tra il 1960 e il 1975, l'intervento degli Stati Uniti dapprima fu debole poi si intensificò con bombardamenti a tappeto nell'agosto del 1964 in conseguenza di un attacco nordvietnamita ad alcune unità navali americane ancorate nel golfo del Tonchino. Questo conflitto viene ricordato come una guerra di popolo, l'uso estensivo del napalm decimò la popolazione, e la Guerra Fredda venne pesantemente condizionata dal suo esito;
- Il Napalm è una gelatina incendiaria (benzina gelificata) a base di naftenati e palmitati di alluminio, in grado di aderire alle superfici e continuare a bruciare provocando gravi ustioni e consumando tutto l'ossigeno presente;
- Una bomba a frammentazione viene generalmente sganciata a grappolo da aerei. Vengono impiegate contro concentrazioni di truppe. Alcune di esse esplodono all'impatto, mentre altre si attivano solo più tardi, quando vengono urtate da persone o veicoli esplodendo e scagliando numerosi frammenti metallici in tutte le direzioni a velocita elevatissima;
- Il Pentagono è la sede del Ministero della Difesa degli Stati Uniti, ubicato ad Arlington in Virginia. È il più grande centro amministrativo del mondo: occupa un'area coperta di 12000 ettari. Naturalmente la mia descrizione dell'edificio non corrisponde al vero, ma credo che abbia molti piani sottoterra...xD
- In questo caso con Guantanamo mi riferisco alla base militare USA, dove oltre varie operazioni di rifornimento ed addestramento personale esiste anche un piccolo carcere di massima sicurezza;
- Le frasi centrate in corsivo sono citazioni estratte da Wish you were here canzone dei Pink Floyd tratta dall'album omonimo del 1975, la potete ascoltare qui nella versione live di Pulse del 1994.

Lettori: Che cos'è questa roba?! o.O
Hermes: Ehhh...xD

Questa è una sorpresina made in Lagden, perché il topo non ha alcuna intenzione di smontare le tende che ha piantato nella mia testa. LoL
Chiamatelo interludio se volete. =)
Ovviamente non prometto niente, ho idee ma non il tempo materiale per scrivere, al solito quindi non aspettatevi aggiornamenti spesso.
Come sempre Arthur Wieder è un personaggio inventato, tanto quando Linds.
Ah...naturalmente non continuerò ad aggiungere capitoli a questa storia ma ne creerò un'altra quando verrà la sua ora.
Già che ci sono vorrei lasciare un ringraziamento a chi ha recensito il capitolo precedente ovvero ilarya, Cassandra_01, Petitecherie e ParoleDiGhiaccio (Ci hai azzeccato, visto? xD).
Ed anche un saluto a tutta la gente che ha aggiunto la storia nelle proprie liste!!! Ragazzi/e siete raddoppiati?! I finali quindi fanno miracoli...xD
Io e Linds vi salutiamo...alla prossima storia!
Hermes

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