La Dama dei Lupi

di Pollon98
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***
Capitolo 5: *** 5 ***
Capitolo 6: *** Principe Aron ***



Capitolo 1
*** 1 ***


Abitavo a Monterey, California. Città famosa per il Monterey Bay Aquarium, uno dei più grandi acquari dell'America del Nord.

Mare, sole, sabbia. Andavo a scuola, avevo degli amici, una mamma e un fratello. Una vita così normale da apparire quasi monotona e noiosa.

Ma dato che questa storia non lo sarà affatto, provate a seguire le richieste seguenti, così avrete una vaga idea.

Immaginate tre cose orribili che non vorreste che vi capitassero mai. Bene, moltiplicatele per tre.

Adesso sommatele tra di loro: il risultato? Quello che mi è successo.

 

 

La sveglia esalò il suo ultimo respiro proprio quando la stavo per scaraventare giù dal comodino. Dopo tutti i voli che aveva fatto contro il mio armadio o pavimento, ero rimasta sorpresa che avesse potuto resistere così a lungo.

Il solo pensiero di dover alzarmi per andare a scuola mi fece venire un colpo di sonno. Come un riflesso condizionato, non chiedetemi il perché. Ero tentata di seppellirmi sotto le coperte, ma mi arresi davanti al mio orologio che segnava già le sette e dieci.

Scostai le coperte e buttai le gambe giù dal letto con fatica. Dopo essermi alzata mi trasferii in bagno, dove il mio riflesso mi svegliò del tutto dato che somigliavo ad un Umpa-lumpa de La Fabbrica di Cioccolato. Avevate presente quei nanetti? Ero uguale. Due borse giganti sotto agli occhi e le palpebre che non ne volevano sapere di alzarsi. Fantastico. Mi sfilai il pigiama e mi infilai dei jeans e una t-shirt di pizzo. Scesi le scale che mi portarono direttamente in cucina dove ad aspettarmi c’erano mia madre e mio fratello Jack, un rompiscatole per eccellenza. Mangiai i biscotti imbevuti nel latte. Dopo aver terminato la mia colazione chiacchierando del più e del meno con la mia famiglia e dopo essermi preparata, presi il mio zaino e feci per uscire dalla porta, quando una voce pacata mi giunse alle orecchie: << Un bacio non me lo dai? >> Mia madre. Sorrisi e le schioccai un bacio sulla guancia, ma non prima di aver tirato un cazzotto affettuoso a Jack che purtroppo non ricambiò con altrettanta delicatezza. << Scemo. >> dissi massaggiandomi il braccio << La prossima volta te ne tiro cinque come i tuoi, poi vediamo. >> Come risposta ottenni una sghignazzata malamente trattenuta. I bambini di dodici anni sono proprio dei poppanti, pensai alzando gli occhi al cielo.

<< Mamma, questo pomeriggio vado da Zoe, dobbiamo fare una ricerca per scuola. Torno per le sei. >>

<< Va bene tesoro! Buona scuola! >>

Sì, come no. La scuola che frequentavo, la Bennol High School, era per lo più un covo di drogati. Poche persone potevano ritenersi normali ed io fortunatamente rientravo il quel piccolo gruppo, ovviamente insieme alla mia migliore amica Zoe e al mio migliore amico Dustin. Eravamo un terzetto davvero inseparabile, il che è strano per dei ragazzi di diciassette anni. Venivamo chiamati “ I fantastici tre”, ma ovviamente poco importava dato che questo soprannome ci era stato dato dalla persona più demente di questo mondo: Cristina Bunt. La ragazza, se così si può definire dato che assomigliava di più a un porcospino con i brufoli, era stramaledettamente gelosa del nostro insuperabile trio e ne voleva far parte a tutti i costi. Purtroppo il porcospino – era il suo soprannome non aveva ancora afferrato il concetto che non-la-volevamo, per questo continuava a fantasticare che in un futuro prossimoprossimo, prossimo, se non inesistente – sarebbe potuta diventare almeno una nostra amica. Oh, povera me. Ovviamente io, Zoe e Dustin non permetteremmo mai a qualche porcospino o a qualunque altra persona o animale di entrare nel nostro mitico, fantastico e insuperabile gruppo. Mai.

<< Scarlett! >> mi voltai udendo il mio nome.

<< Dust! >>

<< Ciao! Tutto a posto? >>

<< Direi di sì. Sto escogitando un nuovo piano per ammazzare mio fratello. >>

Conoscevo Dustin da circa quattro anni e mi faceva sempre un grande effetto vederlo, era un ragazzo veramente carino, biondo con gli occhi azzurri. Ma ovviamente non era il mio tipo, troppo classico.

<< Accidenti! Ti sei messa bene oggi, con chi ti vedi? >>

E poi lo adoravo per il semplice fatto che capiva sempre quello che mi passava per la testa, non c’era modo di nascondergli niente.

<< Con Craig, quello dell'ultimo anno. Mi ha chiesto di uscire insieme. Ovviamente ho detto a mia madre che vado da Zoe se no va a finire che lo invita a cena e gli chiede se ha intenzione di sposarmi. >> mormorai alzando gli occhi al cielo.

Dust scoppiò in una fragorosa risata e mi mise un braccio intorno alle spalle.

<< Ah, povera Scarlett. Possibile che ogni settimana devi uscire con un ragazzo diverso, mentre a me toccano sempre le stesse ragazzine? >>

<< Ragazzine? Dust, hanno la tua età e per di più l’ultima con cui sei uscito non mi sembrava tanto male, o no? >>

<< Certo che no. Se non tieni conto dello zaino di Hello Kitty. >>

Ci guardammo e ci mettemmo a ridere.

<< Andiamo a prendere Zoe? >> chiesi cercando di recuperare il fiato.

<< Certo. >>

Zoe ci stava aspettando fuori dalla porta di casa sua e non fu per niente difficile individuarla grazie alla sua folta chioma fulva e riccioluta che le ricadeva sulle spalle. Era una ragazza allegra e simpatica e anche molto carina; okay diciamo che eravamo tutti e tre molto carini.

<< Ragazzi! Vi dispiace se andiamo a prendere anche Alex? >> Ci salutò stampando un bacio sulla guancia a me e battendo un sonoro cinque a Dustin.

<< No, certo. >> rispondemmo in coro.

<< Grande. >>

Alex abitava a tre minuti da casa di Zoe, ma in quel breve tempo riuscii comunque a farle una domanda.

<< Perché lo stiamo andando a prendere? >>

<< Mmm… ieri siamo usciti di nuovo e così ho pensato…be'…sì, insomma…>>

Quando Zoe balbettava voleva dire che era in imbarazzo. Ma per un ragazzo? Oh-oh.

<< Zoe? Cosa avete fatto ieri? >> le chiesi con voce divertita.

<< Niente! E comunque ora siamo arrivati, quindi state zitti >>

Pensandoci bene mi ero resa conto che molto stranamente Dustin non aveva proferito parola.

Ci trovammo davanti a una casetta graziosa e quando Zoe citofonò, il campanello emise un dolce tintinnio. Il ragazzo che uscì dalla porta era alto e aveva i capelli neri con gli occhi marrone scuro e per quanto potesse sembrare banale era proprio un bel ragazzo. Alex.

Con mia sorpresa, no anzi, con mia enooorme sorpresa salutò Zoe con un bacio sulla bocca, per poi accorgersi che c’eravamo anche noi e quindi rivolgerci un cenno con la testa.

Un’altra cosa che notai e di cui rimasi notevolmente stupita era che Dustin aveva serrato le mascelle e stretto i pugni fino a farsi sbiancare le nocche.

<< Dust? Stai bene? >> gli domandai preoccupata. Finalmente si accorse che lo stavo fissando, così si rilassò all’istante.

<< Come? Certo che sto bene, perché? >> mi rispose con aria innocente. Forse mi credeva scema.

<< No, così. Ti ho visto un po’ teso. >>

<< No, affatto. >>

<< Okay >> Sì, mi credeva scema.

Ci incamminammo verso scuola che raggiungemmo in pochi minuti. Ero felice perché alle prime due ore avrei avuto arte, la materia che preferivo.

<< Ci vediamo dopo, Zoe? A pranzo? >>

<< Sì, certo. Viene anche Alex. >> mi confermò per poi allontanarsi mano nella mano con il suo ragazzo.

<< Dust? >> Mi rivolsi a lui.

<< No. Mangerò con Myriam, le avevo promesso un ultimo pranzo. >> il tono con cui disse questa frase era del tipo: “ Ho inventato questa scusa all’ultimo momento, spero non si sia notato troppo”.

<< Mmm…come vuoi. >>

Mi avviai nella classe del professor Shine per iniziare la lezione. Mentre camminavo sentii chiamarmi.

<< Ehi, Scarlett! >>

<< Craig! Ciao, come stai? >> lo salutai mostrando il mio sorriso.

<< Benissimo, direi. Tu, piuttosto? >> intanto si affiancò a me per fare la strada insieme dato che anche lui frequentava il corso di arte.

<< Me la passo piuttosto bene >> gli sorrisi.

<< Ottimo. Ho sentito dire che oggi inizieremo a lavorare sui ritratti e che si lavora in coppie. Lavoriamo insieme? >>

<< Con piacere. >> mentii.

Non ero troppo sicura della mia scelta, perché a dire il vero Craig, pur essendo un ragazzo carino e dolce, era anche molto opprimente: gli tendevi la mano e lui ti prendeva il braccio.

<< Fantastico! >> mi schioccò un bacio sulla guancia e io non potei impedirmi di sussultare. Gli stavo dando qualche speranza, cosa da non fare quando non si è sicura su un ragazzo. Questa era una delle tante regole che avevamo stabilito io e Zoe su di loro.

Quando entrai nella classe mi vidi costretta a sedermi accanto a Craig. Incominciai a tirare fuori dallo zaino pennelli, colori e quaderno degli appunti. Dopo pochi minuti entrò in classe il professor Shine.

<< Buongiorno ragazzi! >> ci salutò allegramente come era sua abitudine << Oggi iniziamo a lavorare sul ritratto. Come posso notare alcuni di voi hanno già provveduto a formare delle coppie. Ottimo. Gradirei che chi non avesse ancora un compagno si decidesse a trovarsene uno, dopodiché possiamo iniziare. >>

Prevedevo una lunga lezione accanto a Craig.

<< Bene, >> continuò il professore non appena tutti ebbero preso il loro posto << adesso vorrei che una persona di ciascuna coppia venisse qui a spiegare il perché ha scelto proprio quella ragazza o quel ragazzo come soggetto da ritrarre. Chi vuole iniziare? Il signor Honter? Perfetto. >>

Con mia grande sorpresa, o orrore, non saprei, mi accorsi che Craig aveva alzato la mano per proporsi. Oh, mamma. Per prima cosa si alzò e mi sussurrò nell’orecchio: << Tranquilla, dirò solo cose carine. >>, poi si schiarì la voce e iniziò uno dei più imbarazzanti discorsi della mia vita.

<< Ho scelto la mia compagna Scarlett Hollis per il semplice fatto che la trovo un ottimo soggetto per un ritratto. I suoi capelli neri come l'inchiostro risalterebbero su uno sfondo chiaro e luminoso, gli occhi azzurro opaco talmente brillanti esploderebbero nell’intero dipinto, il suo naso e le sue lentiggini darebbero un tocco raffinato su un volto perfetto come il suo. Per di più le sue labbra carnose sarebbero a dir poco sublimi da disegnare rosse come il sangue. La trovo una bellissima ragazza quindi intendo ritrarla. >> Poi tornò a sedersi << Ti è piaciuto? >> mi chiese.

No, mi ha fatto più schifo che altro, pensai, spero di trattenermi dal vomitare. Purtroppo non potei fare altro che annuire, nessuno mi aveva descritto così come aveva fatto Craig. Il suo discorso somigliava tanto a quello di uno scienziato che lodava la propria creatura, come se fosse un’opera d’arte. E lo odiavo. Se volevate sapere come poter spaventare una ragazza, dovevate alzarvi davanti a tutta la classe e descriverne tutti gli aspetti come se ne foste dei drogati.

<< Grandioso signor Honter, davvero grandioso. Signorina Hollis se fossi in lei mi sentirei molto lusingata. Che ne pensa? >> Di certo il professor Shine non migliorava le cose.

<< Come? Oh, sì certo. Lusingata. >> dissi l'ultima parola più disgustata che piacevolmente sorpresa. Mi aveva fatto schifo. Per fortuna Mike mi salvò, raccontando a sua volta il perché aveva scelto Janice.

Per me il resto della lezione consistette nello stare immobile e farsi ritrarre da Craig, che per ogni pennellata che faceva mi ricordava quanto fossi bella. Al suono della campanella un grande sollievo si impadronì del mio corpo, tanto che mi accorsi di essermi accasciata sullo sgabello sul quale fino a pochi minuti prima sedevo eretta e composta.

<< Bene ragazzi, per oggi abbiamo terminato. Continueremo i disegni la prossima volta, e nel caso qualcuno avesse già terminato proseguiremo con il ritratto dell’altro compagno. Buona giornata. >> Detto questo il professor Shine si allontanò barcollando lievemente a causa dell’enorme peso che doveva trasportare. La sua pancia.

<< Ci vediamo questo pomeriggio, allora? >> mi chiese Craig.

<< Contaci. >> gli risposi esibendo la mia migliore faccia da innocente, che purtroppo non doveva essermi uscita particolarmente bene dato che mi chiese: << Perché quella smorfia? Tutto okay? >>

<< Oh, sì certo, certo. Mi hanno pestato il piede. >>

<< Va bene. Ciao! >> mi salutò con la mano per poi allontanarsi in corridoio. Non ero più sicura di volerci uscire, ma non era lui il problema. Ero io. O meglio, il fatto che per adesso non volevo ragazzi. Glielo avrei spiegato quello stesso pomeriggio.

Mentre mi incamminavo verso il bar per prendere la merenda, scorsi una testa bionda. Dustin.

<< Dust! >> gli diedi un bacio sulla guancia.

<< Ciao Den! Che fai? >>

<< Niente di che… Pensavo di voler mangiare, ma a pensarci bene non ho fame. E tu? >> gli risposi mentre mi sedevo sulla sedia di plastica della Coca Cola.

<< Sto cercando di capire quale ragazza della scuola posso invitare alla festa che organizza Cristina. >> mi informò sorseggiando un cappuccino.

<< Dust, uno: quale festa? Due: ci sono davvero un sacco di ragazze che potresti invitare, perché cercarla adesso? Tre: chi cavolo è Cristina? >>

<< Quella che c'é tra tre settimane. Ci sono poche ragazze che non ho mai invitato a uscire, ancora carine. Cristina è il porcospino. >>

<< Ah, ecco. Ora ho capito, credo che mi abbia pure invitata. Comunque le ragazze farebbero la fila per uscire con te, quindi non fartene un problema. Piuttosto è tragico che io non abbia ancora idea di con chi andarci! >> Battei la mano sul tavolo per dare enfasi alla mia disperazione e come risposta ottenni una risata ironica da parte di Dust.

<< Den? Qui ci sono milioni e milioni di ragazzi che si ammazzerebbero in un incontro di box pur di uscire con una ragazza bella come te! Andiamo! Perché non ci porti Craig? >>

<< Quello? No, ma va! Si metterebbe in testa chissà cosa. E poi tutti quelli della scuola sono drogati o spacciatori, gli unici normali fanno parte del “Club dei Fumetti”. Per l’amore del cielo. Comunque grazie del complimento. >> gli dissi battendogli una sonora pacca sulla spalla.

<< Figurati. Senti, tu non è che magari sai con chi ci va Zoe? >>

Conoscevo da troppo tempo Dustin da non capire cosa non andava, ma lui si ostinava a non parlarmi, così mi decisi ad affrontare l’argomento per prima.

<< No. Ma immagino ci porti Alex. >> gli risposi, cercando di tradurre ogni suo movimento per trovarne qualcuno che rivelava i suoi sentimenti.

Trovato.

Dust aveva appena stretto e riaperto i pugni un paio di volte, segno che fremeva dalla voglia di tirare un cazzotto a qualcuno. E io avevo una mezza idea su chi potesse essere. No, okay, sapevo chi era.

<< Dust, non è che ti da’ fastidio che Zoe porta Alex alla festa, vero? >>

Attesi una risposta, ma ottenni solo un sonoro sbuffo disperato.

<< È così evidente, Den? >>

<< Abbastanza… >>

Si passò una mano tra i capelli per ravviarseli, per poi alzarsi di scatto dalla sedia fino a rovesciarla a terra.

<< Le devo parlare. Ora. >> Aveva uno strano sguardo negli occhi, probabilmente capace di incenerire qualcuno a distanza ravvicinata, che mi preoccupò.

<< D’accordo. Basta che non privi di qualche dente nessuno ragazzo di nome Alex >>

Mi fece l’occhiolino.

<< Scommettiamo? >>

 

 

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Capitolo 2
*** 2 ***


Dustin aveva vinto la scommessa. O almeno in parte. A tirare un cazzotto ad Alex c’era riuscito più che bene; in quanto alla mira si poteva definire alquanto scarso, dato che il povero ragazzo al posto di trovarsi due denti in mano si trovava un naso rotto. Comunque la buona volontà c’era da parte di Dust, e questo bisognava riconoscerlo.

Ma la preside Powers non era del mio stesso parere e forse non aveva tutti i torti, in effetti. E l'avevo capito dal fatto che Dustin si era preso quasi la sospensione, che aveva scampato dicendo che gli dispiaceva molto, che non sarebbe più successo, bla bla bla.

Quando quel cretino del mio migliore amico uscì dalla porta del preside, notai che per quanto si sforzasse di assumere un’aria sconsolata e dispiaciuta, non poté trattenersi dal fare un sorrisetto trionfante che, per cara grazia, vidi solo io.

<< Mi devi i soldi per un gelato >> mi disse mentre tornavamo a casa.

<< Non mi pare di aver scommesso qualcosa. >> ribattei divertita << Hai parlato con Zoe dopo aver preso a scazzottate il suo ragazzo? >>

<< Se per chiacchierata intendi uno schiaffo in piena faccia e un “ Ma sei fuori di testa?!” allora sì, Zoe sembrava ansiosa di parlarmi. >> mi informò mettendo le mani in tasca con aria sconsolata.

<< Non puoi biasimarla… Ma credo che se le spiegassi tutto, in fondo potrebbe perdonarti. Anche se personalmente non credo che tu ti possa accontentare solo del suo perdono. >>

<< No, infatti. Cos’ho che non va? >> mi chiese alzando le braccia al cielo in segno di disperazione.

Avrei tanto voluto rispondergli: “Immagino sia il fatto che vi conoscete da quando eravate bambini” oppure “Non credo che lei ti abbia mai visto come qualcosa di più che un amico…”, ma mi limitai a rispondergli: << Non lo so Dust. Una cosa però è certa: lei ti vuole un bene inimmaginabile. >>

<< Sai che mi frega. Per lo meno non quando mi piace da matti e quando c’è un bambino dall’aria pidocchiosa che mi mette i bastoni tra le ruote. Andiamo! Si può sapere cos’ha in testa Zoe per stare con un imbecille come Alex? >>

Bisogna tener conto, però, che Dustin su una cosa aveva ragione: a Zoe non piaceva Alex, ci stava solo… a dir la verità non lo so nemmeno io, ma conoscevo Zoe tanto da capire che non le piaceva davvero.

<< Senti Dust, non ho idea di cosa passi per la testa di Zoe, ma di certo mi preoccuperei di più per cosa passa nella tua, di testa. O vuoi venirmi a dire che adesso va di moda tirare pugni a destra e a manca per salutarsi? >> gli lanciai un’occhiata accusatoria, che lui incassò abbassando lo sguardo. Dustin era un ragazzo educato e brillante, ma molto impulsivo e non ragiona mai, o quasi, prima di fare qualcosa.

<< No, certo che no. Ma lo ha capito secondo te? >> mi domandò speranzoso.

E che ne so?” avrei voluto rispondergli. Non era mai stato il mio forte dare consigli d’amore a qualcuno. Per quanti ragazzi avevo avuto l'occasione di frequentare non avevo ancora imparato a distinguerne gli effetti, men che meno a dispensarne consigli.

<< Facciamo che non ci pensi più? Da me non avrai nessun aiuto, caro. Se ci tieni a fare una dichiarazione d’amore, falla. Però se vuoi un piccolo consiglio te lo posso dare: non farle fare la figura della deficiente davanti a tutta la classe. È penoso. >> gli confidai con aria disgustata.

<< E che cavolo centra, scusa? Ah, certo! Chi è stato l’imbecille? Scommetto Craig! >> . Ovviamente non si limitò ad una risata per prendermi in giro, ma dovette pure tirarmi una pacca violenta sulla schiena che per poco non mi fece perdere l’equilibrio (di certo Dust non era il rispecchio della delicatezza). Io, non da meno, ricambiai con uno scappellotto sul collo.

<< Pari. >> lo avvertii.

<< Pari. >> disse alzando le mani in segno di scusa << È oggi che esci con Craig, vero? >>

<< Non me ne parlare. Comunque sì. >> lo guardai con aria disperata. Lo stesso pomeriggio avrei dovuto spiegargli che tra noi due non poteva andare. Ovviamente mi sarei trattenuta dal dirgli che non mi interessava perché era troppo appiccicoso, sarei stata troppo cattiva.

Ma non ci avrei messo la mano sul fuoco. No, per niente.

<< Faccio un salto dal signor Huser perché devo prendere un libro per mamma. Ci vediamo domani? >>

<< Sicuro. Divertiti con Craig! E cerca di non spezzargli il cuore, come al tuo solito. >> mi ammonì puntandomi l’indice contro.

<< Quando mai l’ho fatto? >> gli risposi con aria innocente, anche se ero pienamente cosciente di aver traumatizzato l’adolescenza di qualche ragazzo con gli ormoni impazziti. Lo salutai con la mano per poi dirigermi verso la Libreria Huser. Era molto antica a dir la verità, ma ci potevi trovare qualsiasi libro stessi cercando.

Quando entrai un campanello avvisò il bibliotecario della mia presenza. Il signor Huser era un uomo alto e rinsecchito, doveva aver superato da tempo l’ottantina e aveva l’aria da tartaruga. Non era molto loquace, si limitava a indicarti corridoio e scaffale in cui trovare il libro, dopodiché si volatilizzava finchè non ti era necessario il suo aiuto. Mi piaceva.

<< Buongiorno Mr. Huser! Sono Scarlett! >> mi annunciai urlando dato che non ci sentiva fin troppo bene. Come risposta ottenni uno sbuffo. Ovvio. Dopo pochi minuti la testa calva e rugosa del signor Huser spuntò da dietro uno scaffale.

<< Miss Hollis . >> mi fece un cenno in segno di saluto.

<< Salve. Le posso chiedere dove posso trovare “Il giardino segreto” ? Purtroppo non ricordo l’autore… >> mi scusai.

Il signor Huser fece schioccare la lingua per poi continuare con un: << Questi giovani! Non riescono a ricordare neanche un nome! >> di disprezzo. Mi guardò e mi spiegò dove potevo trovare quello che cercavo.

<< Corridoio D, fila otto, scaffale due. >>

<< Perfetto. Grazie. >> Mi diressi verso lo scaffale indicatomi abbastanza in fretta, dato che mancavano venti minuti all’appuntamento con Craig. Quando trovai il libro mi diressi alla cassa dove il signor Huser mi stava aspettando.

<< Tesserino? >> mi chiese tendendo la mano.

<< Come no! Tenga. >> gli porsi il tesserino della biblioteca.

<< Deve riportare il libro il prossimo mese, gentilmente. >>

<< Sicuro. >> gli rivolsi un sorriso che venne ricambiato con un occhiata impassibile. Mi trattenni dall’alzare gli occhi al cielo. Davvero un simpaticone. Dieci minuti all’appuntamento. Stavo decidendo cosa potevo fare in quel breve tempo, quando mi squillò il telefono. Craig.

<< Pronto? >>

<< Scarlett! Ehi, ciao. Senti volevo dirti che oggi non riesco a venire perché è successo un casino a casa. Comunque sappi che io non avevo intenzione di provarci con te. È ovvio che rimarremo solo amici! Se per te va bene, intendo… >>

Mmmh, okay, mi ero persa decisamente qualcosa. Perché adesso Craig se ne usciva con il fatto di non voler affatto provarci con me, quando qualche ora prima mi aveva descritta come se avesse davanti la ragazza più bella del mondo? Qualcosa non andava. Ma non ci feci troppo caso dato che, a pensarci bene, mi aveva appena risparmiato la fatica di scaricarlo. Ottimo.

<< Ehm…No, okay. È tutto a posto, va bene. Ci vediamo a scuola, allora? >>

<< Certo. Grazie. Ciao! >> detto questo chiuse la telefonata.

Mah. Valli a capire gli uomini.

In mancanza di qualcosa da fare decisi di tornare in biblioteca, supponendo che Zoe si stesse sbaciucchiando con Alex e che Dustin stesse trovando il modo di conquistare la sua amata. Al pensiero mi venne da ridere. A Dustin piaceva una ragazza? Zoe? Il mondo stava andando a scatafascio.

Quando entrai per la seconda volta nella biblioteca, il signor Huser mi guardò storto.

<< Dimenticato qualcosa, signorina? >>

<< No, niente. Dato che non ho niente da fare pensavo di leggere un po’ se non le dispiace. >>

<< Si accomodi >> mi invitò con la mano tesa a indicare un poltroncina color caramello nell’angolo della piccola stanza.

<< Grazie. >> gli sorrisi di nuovo senza alcun risultato. Caso disperato.

<< Ha già in mente cosa leggere? >>

<< Veramente no. Darò un’occhiata in giro, credo. >>

<< Come preferisce. >>

Lo ringraziai nuovamente. Optai per una storia fantasy, le mie preferite. Mentre girovagavo per gli scaffali impolverati, notai un volume vecchio e sgualcito che mi incuriosì. Il titolo citava: “La Guerra del Mondo”, ma non era quello ad aver attirato la mia attenzione, bensì la copertina. Si trattava di un rivestimento di pelle decorato con fili apparentemente d’oro che s’intrecciavano fino a formare una spada elaborata e antica.

<< L’ha trovato. >> La voce cavernosa del signor Huser mi fece sussultare. Dopo essermi ripresa dallo spavento domandai con apparente noncuranza: << Trovato cosa, signor Huser? >>

<< Oh, bè… Il libro della Grande Guerra. Non lo trovavo da tempo, pensavo di averlo smarrito. >> Con mio grande stupore scorsi uno scintillio negli occhi del bibliotecario. In effetti aveva l’aria soddisfatta. Sì, okay, ma soddisfatta per cosa?

<< Signor Huser? Il libro era appoggiato sullo scaffale, come ha fatto a non vederlo? >> gli chiesi prima di accorgermi di essere stata un po’ maleducata.

<< Mia cara, mi sembra ovvio che non l’ho visto perché il libro non c’era. E credo che lei lo abbia trovato perché era destino che lo notasse. Come doveva essere, d’altronde. >>

Sì, oppure il libro aveva deciso di nascondersi perché gli stava antipatico il bibliotecario. Come no!

<< Signor Huser io non ho idea di cosa stia parlando… >> lo informai con voce scioccata.

<< Lo so, miss. Per questo le regalo il libro, così avrà modo di capire. >>

Mi accorsi di aver aperto la bocca per lo stupore. Mi affrettai a richiuderla. Non avevo capito.

<< Mi sta prendendo in giro? >>

<< Perché mai dovrei, miss? >>

<< Non lo so… ma il fatto che lei mi regali un libro…be’… >>

<< Sì? >>

Che scema! Non potevo mica dirgli in faccia che era uno spilorcio!

<< Niente signor Huser. Niente. >>

Il bibliotecario mi fissò con aria curiosa.

<< Allora la pregherei di uscire, oggi chiudo prima. >>

<< Certo. Arrivederci. >> Presi il libro sottobraccio e quando arrivai alla porta della libreriami voltai e urlai: << Grazie! >> poi aprii la porta e mi avviai verso casa.

Erano le sei meno venti quando suonai il campanello. Ad aprirmi la porta fu Jack.

<< Ciao scricciolo >> lo salutai scompigliandogli i capelli << Mamma? >>

<< Non è ancora arrivata, Den, ho fame! >>

<< E che che vuoi da me? Mangia. >> Dopo avergli dimostrato il mio enorme affetto, salii in camera. << Jack non rompermi, che adesso leggo! >>

<< Okay! >> mi rispose il mio fratellino.

Mi sfilai lo zaino dalle spalle, mi buttai sul letto e aprii il libro.

 

Le cronache della Guerra del Mondo o Grande Guerra.

Scritte da Frysian Amixus, consigliere del Re.

 

Sapere o morire,

amare o perire,

proteggere o cadere,

qualsiasi sia la scelta,

terminerà con la morte.

 

Il Viandante é stato avvisato.

 

 

Viandante? Che roba era? Non feci in tempo a pensarci su, che dopo aver girato pagina venni risucchiata dal libro.

Letteralmente.

 

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Capitolo 3
*** 3 ***


Mi trovavo in un bosco. Il sole illuminava alberi giganteschi che sfioravano i trenta metri. Faceva caldo e i miei capelli svolazzavano sotto il soffio del vento. Ma come diavolo era possibile? Trenta secondi prima ero in camera mia a leggere, e un attimo dopo venivo trascinata all’interno di un libro. O stavo impazzendo oppure mi ero addormentata e di conseguenza questo era tutto un sogno. Per forza. Sì, doveva essere così. Ma in tal caso, perché mi sembrava tutto così reale? Okay, è vero che i sogni paiono a tutti reali, ma il calore della luce del sole, la brezza del vento che mi scompigliava i capelli e l’erba che mi pizzicava i piedi li sentivo perfettamente. Cominciai a guardarmi intorno, non avevo idea di dove fossi e soprattutto come ci fossi arrivata. Ero circondata da alberi, erba, cespugli e… un sentiero! E se prestavo più attenzione riuscivo persino a sentire delle voci! Stavo impazzendo. Ma tanto che importava? Era una pazzia eccitante e soprattutto misteriosa. E Dio solo sa quanto mi piacciono i misteri! Decisi di percorrere il sentiero, dopotutto mi avrebbe portato da qualche parte e se non mi sbagliavo le voci non sembravano troppo lontane. Mentre camminavo a piedi scalzi notai che la vegetazione non era uguale a quella a cui ero abituata. In apparenza somigliava alle nostre piante, ma se ci si prestava maggiore attenzione si poteva notare che le foglie erano più spesse e il loro colorito ricordava un rosso cupo, i tronchi erano ricoperti da una sostanza che luccicava alla luce del sole e i rami si contorcevano tra di loro fino a formare un fitto tetto naturale. Interessante. Man mano che proseguivo le voci si fecero più intense e quando il sentiero si interruppe bruscamente mi trovai davanti a un campo. Ma non un campo qualsiasi. Era circondato da un’enorme muraglia di legno composta da tronchi d’albero appuntiti all’estremità, ogni venti metri c’erano gruppi di sentinelle, o almeno così mi parvero, armate fino ai denti. Ma non di armi tecnologiche e avanzate come quelle che conoscevo, ma armati di spada, scudo e alcuni anche di balestra.

Dove diavolo ero finita?

Avevo l’impressione di trovarmi in quei film come “Troy” in cui si stava ricreando una situazione di molti anni prima.

Rimuginai talmente tanto su questa idea, che alla fine mi convinsi che doveva essere per forza la verità, tanto che mi diressi con aria disinvolta verso una delle guardie che avevo scorto prima.

Appena mi videro arrivare, le sentinelle verso cui mi stavo dirigendo sguainarono le spade mettendosi in guardia.

<< Calmi ragazzi! Volevo solo farvi i complimenti per i costumi e per la scenografia! Davvero molto realistica. Lo so che non dovrei trovarmi qui sul set perché magari state girando una scena, ma a essere sincera non ho la minima idea di come sia finita in questo posto. >> Rivolsi un sorriso per risultare più convincente, ma purtroppo servì solo a far peggiorare le cose.

<< Chi siete? Siete una spia? Avete l’autorizzazione per passare? Da dove venite? >> mi chiese con fare minaccioso la guardia più anziana del gruppo. Davvero un bravo attore.

<< Scarlett Hollis . No. No. Qual era l’ultima domanda? Ah, già! Da casa. Sentite, non vorrei interrompere il vostro lavoro, ma ho bisogno di parlare con qualcuno e se aveste un cellulare ve ne sarei infinitamente grata. Sapete, per chiamare mamma. >>

Per tutta risposta mi afferrarono le braccia e cominciarono a spingermi verso una porta della muraglia che prima non avevo notato.

<< Ehi! Si può sapere che state facendo? Basta indicarmi la strada! >> urlai esterrefatta. Le buone maniere non le conoscevano?

<< La porteremo dal Re. Al momento la sua identità ci è ignota e gli ordini di Sua Maestà sono chiari: se si trovano degli intrusi bisogna portarli a palazzo per essere interrogati. E noi eseguiremo. >> il tono impassibile con cui pronunciò quelle parole mi fece infuriare ancora di più.

<< Insomma! Non faccio parte del vostro stupido film! Lasciatemi andare, avevo bisogno solo di un telefono! >>

Niente. I soldati continuarono imperterriti a trascinarmi verso il campo e in poco tempo arrivammo all’ingresso.

<< Identificatevi. >> . Un’altra guardia all’interno del campo.

<< Soldato Miereth, squadra 1-15. Chiediamo il permesso di entrare. >> fu sempre il soldato più anziano a parlare. Ero troppo scioccata dalla situazione per proferire anche solo una parola, figuriamoci cercare di liberarmi dalla stretta ferrea che mi bloccava le braccia.

<< Permesso accordato. >> ci informò la guardia. Dopodiché la porta d’ingresso, anch’essa di legno, si aprì. Lo spettacolo che mi si presentò davanti agli occhi fu indescrivibile. Era un via vai di soldati che correvano da una parte all’altra, tende a non finire, spiazzi in cui uomini a torso nudo si stavano allenando con spade e scudi di legno, donne indaffarate a lavare panni, altri uomini che affilavano le spade, animali che trotterellavano allegri…

Mai vista una cosa simile. Purtroppo non potei stare a osservare più a lungo ciò che mi trovavo davanti, dato che i soldati ricominciarono a trascinarmi lungo una via principale che attraversava il campo. Mentre venivo costretta a camminare, riuscii a riflettere su cosa diavolo stava succedendo. Era tutta colpa di quel cavolo di libro. Probabilmente vi era nascosta una droga che avevo inalato inavvertitamente e che adesso mi stava procurando delle allucinazioni. E magari il signor Huser lo sapeva! Oh, signore! Ma in che guaio mi ero cacciata?

Arrivammo davanti a una tenda rosso sgargiante, molto più grande delle altre. Prima di entrare riuscii a scorgere un simbolo ricamato all’ingresso della tenda: tanti fili oro che si intrecciavano fino a formare una spada. Lo stesso simbolo sulla copertina del libro.

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Capitolo 4
*** 4 ***


Quando entrammo nella tenda le guardie si misero subito sull’attenti e si chinarono in un profondo inchino, fino a sfiorare il terreno con la fronte. Non sapendo cosa fare rimasi immobile, paralizzata dalla confusione che avevo nella testa. Pochi secondi dopo capii che il gesto di non inchinarmi non fu una delle mie più grandi genialate.

<< Inchinati al tuo Re! >> mi ordinò la guardia anziana, spingendomi in basso la testa con la forza. Cominciavo a sospettare che non fosse un sogno, pareva tutto troppo reale. E al fatto che stessi impazzendo non ci credevo troppo neanche io. Ma allora cos’era tutta questa storia? Cosa stava succedendo?

<< Soldato Miereth. Prego alzatevi. >> L’uomo che parlò comparve dal fondo della tenda, era alto e bello, anziano, sì, ma aveva un’aria imperiosa che incuteva rispetto e timore. I capelli erano neri e gli occhi profondi, tanto che ti ci potevi perdere dentro. Erano occhi saggi, che avevano visto tutto ciò che poteva vedere un uomo, erano occhi attenti e vigili.

<< Maestà. >> il soldato che mi aveva costretto ad inchinarmi, Miereth, si alzò per poter parlare con l’uomo che gli stava davanti.

<< Maestà, abbiamo trovato questa ragazza ai confini del campo. Sospettiamo sia una spia, dato che non era fornita di alcuna autorizzazione e che non ha saputo dirci da dove viene. >>

Feci per protestare, ma appena cercai di proferire parola, l’uomo, il Re, da quanto avevo capito, cominciò di nuovo a parlare.

<< Dubito sia una spia di Lord Testrha. >> che razza di nome era Testrha? << Non trova, consigliere Frysian? >>

Chiese il Re rivolgendosi a un uomo che non avevo notato, siccome stava nascosto in un angolo della tenda. Ehi, ma… Un momento! Frysian! Non era mica il nome che avevo letto sul libro? Ma certo! Frysian Amifus… Aringus… Amixus… Amixus, sì!

<< Non saprei, Signore. Sappiamo quanto possa essere astuto Lord Testrha, è plausibile che abbia investito su una nuova rete di spie composta da donne. In effetti sarebbe molto ingegnoso, Sire. >>

<< Certo, certo. Ma questa è particolarmente giovane. Dovremmo farla interrogare, giusto consigliere? >>

<< Credo sia un’ottima idea, Sire. >>

Si scambiarono questo dialogo con tutta calma, mentre io ribollivo di frustrazione e rabbia.

<< Un momento! >> strillai più di quanto intendessi fare veramente. << Non sono una spia! Non so nemmeno dove mi trovo. Io non dovrei trovarmi qui e di certo non è colpa mia se sono finita in questo dannato posto! >> Mi sarei aspettata un pugno, una scrollata o almeno un urlo di rimprovero da parte delle guardie, ma con mio stupore si limitarono a guardarmi.

<< Sì? >> mi incitò il Re.

<< Ah…ehm… stavo dicendo che io non faccio parte di questo posto, ci sono finita per un motivo che non conosco! E tra l’altro conosco il vostro consigliere, si chiama Frysian Amixus. L’ho letto nel libro in cui… >> non sapevo se fosse il caso di dire veramente quello che volevo dire, ma se volevo farmi credere dovevo raccontare la verità << … sono entrata. >> Appena terminata questa stupida, imbarazzante e improbabile frase, abbassai gli occhi a terra, incapace di sostenere lo sguardo penetrante di Sua Maestà.

Seguì un silenzio che durò circa tre minuti, poi il consigliere Amixus prese parola.

<< Credo proprio che sia lei, Sire. >>

<< Credi? >>

<< Confido nel fatto che questa ragazza stia dicendo la verità, perciò da quanto dice, direi proprio di sì. >>

Di cosa stavano parlando? Ma soprattutto, mi credevano?

I miei pensieri furono bruscamente interrotti. All’improvviso l’ingresso della tenda si spalancò lasciando entrare un ragazzo seguito da una mezza dozzina di soldati. Si inchinarono.

Non li degnai che di uno sguardo indifferente e poco interessato, saranno stati servitori o altri consiglieri. Comunque fosse, non gli prestai troppa attenzione.

<< Padre. >> disse il ragazzo a capo del gruppo di soldati.

Padre? Riportai subito lo sguardo sul piccolo gruppo che era appena entrato. Quel ragazzo era il figlio del Re? Be’, in effetti se lo guardavo meglio riuscivo a trovare una vaga somiglianza. Il ragazzo aveva capelli neri scompigliati, dei grandi occhi azzurri e dovevo ammettere che anche il fisico non era male.

<< Aron! Che piacere rivederti! Com’è andata la ricognizione? >> domandò il Re con apparente entusiasmo.

<< Bene padre, abbiamo scoperto dove si nascondono i superstiti di Brehar, Stief e Benher. Si trovano sulle Colline di Cimera, sono davvero pochi, ma ci hanno assicurato che prenderanno parte alla guerra. >> il tono del ragazzo, Aron, era serio, troppo serio per uno della sua età. Avrà avuto, sì e no, diciassette anni. E poi come cavolo si chiamavano quelle città? Sarei scoppiata a ridere, se non mi fossi trovata chissà dove e soprattutto spaventata com’ero.

<< Mmm… sempre meglio che niente. >> commentò il Re.

<< Se posso permettermi padre, non credo che sia una buona idea reclutare soldati inesperti appena scampati alla distruzione della propria casa. Si muovono per vendetta, e tutti sappiamo quanto essa possa rendere stolto e impulsivo l’uomo. >>

<< Lo so, Aron, lo so. E credimi quando ti dico che non mi piace affatto reclutare uomini che non hanno la minima idea di cosa stiano per affrontare. Ma il nostro è un caso disperato. Lord Testrha sta radunando truppe su truppe e siamo venuti a conoscenza di un’alleanza con le Terre del Nord. >> il Re si passò una mano sul viso, e per quanto poco lo avessi visto, notai per la prima volta paura e disperazione nella sua espressione.

<< Capisco >> dichiarò Aron.

<< Ora se non ti dispiace vorrei andare a riposare, e vorrei che tu e il consigliere Frysian interroghiate questa bella fanciulla. A quanto pare è la nostra viandante. >>

L’aria di Aron era di uno sbigottito assoluto, la bocca e gli occhi erano spalancati al massimo e le mani pendevano inerti lungo il corpo.

<< La nostra… la nostra… la nostra… >> balbettò con scarsi risultati.

<< … viandante, Aron. >> concluse il consigliere.

<< Ma allora dovremmo addestrarla? >>

<< Proprio così. Sei stato preparato per questo no? >>

Vidi Aron annuire convinto. Non ci stavo capendo niente. Io ero una cosa?

<< Allora credo che dovremmo spiegare alcune cose a questa ragazza e non abbiamo molto tempo. >> annunciò Frysian Amixus con aria soddisfatta.

<< Addestrarmi? E cos’è che dovete spiegarmi? >> chiesi confusa più che mai. Per quanto mi sforzassi, non riuscivo a dare alcuna risposta alle mie infinite domande. Cavolo!

<< Ogni cosa a suo tempo, mia cara. Tutto ti verrà spiegato. >> mi rassicurò il consigliere << Soldato Miereth la ringrazio da parte di Sua Maestà per la lealtà dimostrata. >>

<< Dovere. >> rispose in modo professionale la guardia, che si era decisa a lasciarmi il braccio.

<< Ora se volete scusarci. Seguici… >> Il consigliere assunse un’aria perplessa.

<< Oh! Scarlett, signore. >> cercavo di risultare sicura di me stessa e dare alla mia voce un tono deciso e saldo. Non mi riuscì.

<< Andrà tutto bene. Vedrai che saprai tutto al più presto, te lo prometto. >> disse Aron e dopo mi fece un fugace sorriso, che per quanto mi sforzassi, non riuscii a cambiare. Così risposi con un frettoloso: << Okay. >>

<< Seguici. >> disse caldamente.

E io li seguii.

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Capitolo 5
*** 5 ***


Stavamo procedendo in fila indiana lungo un piccolo sentiero che percorreva il campo, piuttosto isolato. Ogni tanto scorgevo un soldato, piuttosto che qualche capra o maiale.

<< Siamo quasi arrivati. >> mi informò Aron.

Io non reagii.

Non sapevo dove stavo andando, se mi potevo fidare e da quanto avevo capito stava per scoppiare una guerra! Santo cielo, una guerra! Ma perché non ero a casa mia? Chissà com’era preoccupata mamma dopo aver scoperto che ero sparita. Doveva essere passata almeno un'ora o poco di meno e a quest’ora mia madre sarebbe già dovuta rientrare. E chi glielo spiegava che ero stata risucchiata da un maledetto libro? Sempre che fosse vero e che non stessi sognando.

<< Eccoci >> Il consigliere Frysian indicò una tenda isolata dalle altre, piccola e modesta.

Entrò lui per primo, dopodiché Aron mi disse: << Prima le signore. >> e per la prima volta riuscii a mostrargli un sincero sorriso.

<< Grazie. >>

Quando entrai vidi un letto, una panca per riporre gli abiti e una bacinella con dell’acqua. Per lavarsi, probabilmente. Che schifo. Non provai nemmeno a sedermi, cercando di mostrarmi rilassata e a mio agio, ma desideravo ardentemente una bella poltrona!

<< Sedete. >> ci invitò il consigliere.

Accettai al volo. Mi sedetti sul letto, seguita da Aron.

<< Bene, direi che possiamo cominciare. >>

<< La posso chiamare signor Amixus? >> non so perché feci quella domanda idiota, ma sentii il bisogno di dire qualcosa.

<< Oh, ehm…certo! Anche Frysian se preferisce, signorina. >>

<< Scarlett, solo Scarlett. O Den, come preferisce. Insomma, veda un po’ lei. >> feci un timido sorriso. Mi sentivo meglio! Non so il perché, ma mi sentii subito sollevata.

<< Come vuole. Comunque, non vorrebbe sapere perché si trova nel mondo di Asthian? >> mi chiese il signor Amixus.

<< Se sapessi cos’è, mi porrei volentieri la domanda. >> gli feci notare.

Aron sorrise.

<< Sì giusto. Scusi. In tal caso provvederemo a spiegarglielo. Asthian è il nome del mondo descritto nel libro in cui é entrata. Ora ti spiego. Ogni sette generazioni, in una famiglia, nasce un figlio con una capacità speciale. In questo caso il figlio é lei, cara. >>

<< Io? >> chiesi esterrefatta. Ma di cosa stavamo parlando, esattamente? Continuavo a non capire niente di cosa mi stava succedendo. Tutto d’un tratto mi ritrovavo dentro a un libro, dove i suoi presunti personaggi mi venivano a spiegare che sono una persona speciale? Avrei voluto urlare tutte le imprecazioni che avevo in mente, ed erano tante. Ma mi trattenni.

<< Tu, Scarlett. Il tuo dono, chiamalo come vuoi, consiste nel poter viaggiare in un libro. Solo uno. Questo. La Guerra del Mondo è stato scritto da me e tu ci sei finita dentro. Succede da oltre duemila anni, e ogni consigliere si tramanda questo segreto per permettere al Viandante di non essere del tutto incosciente di ciò che gli sta capitando. Dovrai seguire un addestramento perché da adesso in poi tu sarai trasportata obbligatoriamente all’interno del libro, capitolo dopo capitolo. Dovrai viverne la storia come se ne facessi parte. Ogni Viandante copre un ruolo importante nella storia, ma in ogni generazione esso cambia, perciò col passare degli anni si è migliorato l’addestramento. Devi essere pronta a combattere, pianificare, progettare e anche comandare. Ovviamente tutto questo non interferirà con la vita nel tuo mondo. Qui il tempo passa molto più velocemente, perciò non dovrebbero esserci problemi. >>

Stupefatta? Atterrita? Incredula? Sbigottita? Quale scegliere per descrivere il mio stato d’animo? Forse tutti e quattro insieme avrebbero dato una vaga idea. Molto vaga.

<< Lo so che può sembrare assurdo, ma devi crederci. Tu sei speciale. Da quando hai aperto quel libro sei entrata a far parte del nostro mondo. Potrai vivere la nostra storia. >> mi spiegò pacatamente Aron.

<< E se io non volessi? Se non volessi addestrarmi a combattere? >> a dire il vero sarebbe stata una gran ficata, ma non potevo mica ammetterlo. << Se non ci tenessi a combattere una guerra? >> sbottai.

Aron sospirò, sembrava enormemente triste.

<< Senti Scarlett, non piace nemmeno a noi doverti costringere a fare cose che non vuoi, ma purtroppo non possiamo decidere. Indipendentemente dal tuo volere tu sarai spedita qui ogni giorno per portare a termine il libro. >> mi spiegò con pazienza.

<< Ma se avete appena detto che il libro lo ha scritto il signor Amixus! Dovrebbe sapere qual è la fine del libro e se io sono necessaria. O no? >>

<< Il libro l’ho scritto sotto incanto, non ero cosciente di quello che facevo. Non ricordo assolutamente niente. Inoltre è stato scritto in una lingua antica che solo il Viandante è in grado di decifrare. Mi dispiace. >> ammise il signor Amixus.

<< E allora come fate a sapere che avete scritto un libro e tutte quelle cose sull’addestramento e sul ruolo che dovrò coprire? >> chiesi perplessa.

<< Ve l’ho già detto. Ogni consigliere tramanda al suo successore tutto ciò che è necessario che sappia. Se tu non dovessi comparire nel libro, esso di conseguenza non esisterebbe e tutti i suoi personaggi scomparirebbero. Noi scompariremmo. Se invece parteciperai alla storia, potresti cambiare la sorte del nostro destino. Potresti essere la differenza tra vittoria e sconfitta. Scarlett, tu ci servi. >>

Dentro di me si era schierata la parte che voleva credere a quelle parole e invece quella che credeva fossero solo scemenze inventate dalla mia stupida e malata immaginazione. L’ultima di cui avevo parlato non aveva molte prove per valorizzare le proprie opinioni, mentre la prima ne aveva parecchie: era eccitante, potevo imparare a combattere, credevo davvero a quelle parole, tutto era così reale da convincermi di non star sognando. O così la mia mente perversa aveva immaginato.

<< Chi mi allenerà? >> chiesi a nessuno in particolare.

<< Aron >> disse il signor Amixus.

<< Io >> mi rispose lui.

<< Ci sto. >> annunciai.

La parte che voleva credere alle parole del signor Amixus aveva vinto.

 

Okay, mi rendevo perfettamente conto che la mia era stata una scelta azzardata e poco riflettuta. Be’, comunque io non avevo saputo resistere, probabilmente a causa della mia scarsa capacità di autocontrollo nelle situazioni serie. In questo mi consideravo simile a Dustin, impulsiva e incurante delle conseguenze. Io e Dust eravamo uguali: testardi, audaci, volevamo avere sempre ragione ed eravamo sempre pronti a prendere le decisioni più avventate.

Chissà quando lo avrei rivisto, lui e Zoe. Come avrei voluto averli accanto!

<< Signor Amixus, è possibile portare altre persone all’interno del libro? >> chiesi, sperando in una risposta affermativa. Che bello doveva essere vivere un’avventura del genere con i propri migliori amici?

<< Mi dispiace, ma no. Chiunque lei porterà all’interno del libro non avrà più la possibilità di uscirne. Quindi, in verità, potrebbe benissimo portarsi qualcuno dietro, ma non vado l’utilità della cosa dato che poi sarebbe costretto a vivere qui per sempre. >> mi rispose risoluto il signor Amixus.

<< Fantastico… >> borbottai.

<< Bene, >> disse il conigliere sfregandosi le mani << io devo tornare da Sua Maestà per discutere della situazione. Aron, che ne dici di portare Scarlett a fare un giro del campo? Credo che le piacerebbe, no? >>

<< Sì, mi piacerebbe. >> confermai.

<< Con piacere. >> rispose Aron, esibendosi nell’ennesimo sorriso.

<< Fantastico, allora vi lascio. Alle sette manderò un servo a farvi chiamare per la cena. >> detto questo, il signor Amixus si allontanò uscendo dalla tenda. Io rimasi a guardare il vuoto, non avendo idea di cosa fare.

<< Andiamo? >> Aron mi tese la mano. Quando gliela afferrai sentii una stretta forte e decisa che mi aiutò ad alzarmi. Annuii.

<< Ti posso chiamare Aron, vero? >> gli chiesi.

<< Sicuro. >>

<< Bene. Non credo di poter rimanere a cena. Sono passate ore da quando sono entrata nel libro, e non vorrei che mia madre si preoccupasse. >> lo informai, cercando di non apparire troppo nostalgica.

<< Come ha detto Il consigliere Frysian, qui il tempo passa molto più velocemente. Due ore qui, equivalgono a qualche minuto nel tuo mondo. Un giorno trascorso nel nostro mondo, equivale a circa un’ora nel tuo. Non c’è nessun problema. >> mi rassicurò Aron, sorridendomi.

<< Okay. >> risposi semplicemente.

<< Davvero credi alla storia del libro? A quanto ne so nessuno ha mai accettato la realtà tanto in fretta. >>

<< Mmm… diciamo che non ne sono completamente sicura, per quanto mi riguarda quello che sta succedendo potrebbe essere un sogno. Ma ne avrò la conferma solo nei prossimi giorni, se mai verrò di nuovo risucchiata all’interno del libro. Se così fosse, sarei sicura che tutto questo è possibile, anche se personalmente ho sempre pensato che queste storie esistessero solo nei film. >>

<< Sei in gamba. >>

<< Lo so. >> risposi in tono esuberante << In cosa dovrebbe consistere l’addestramento? >>

<< Per prima cosa dovrai imparare a combattere, dovrai essere forte e pronta a tutto. Seguiranno lezioni di logica e deduzione, dovrai imparare a distinguere la cosa giusta da fare e quella più facile. Negli anni precedenti i Viandanti hanno coperto i ruoli di consiglieri del Re, di strateghi, di soldati e perfino di regnanti. Nessuno saprà il tuo ruolo finché non lo coprirai. Ed è mio compito insegnarti come pensare, reagire in ogni situazione. >> mi spiegò in tono serio, per poi puntarmi nuovamente gli occhi addosso, ma questa volta non si limitarono a soffermarsi sui miei, ma mi scrutarono attentamente tutto il corpo.

<< Devi cambiarti. >> mi sorrise << Sai, con quei pantaloni e quella cosa che hai addosso daresti un po’ nell’occhio. >> Cosa aveva contro la mia cosa, che poi si era rivelata la mia stupenda maglietta? E cosa avevano i miei pantaloni che non andava?

<< Perché? >>

<< Nessuno del mio mondo è a conoscenza dei Viandanti, e se adesso ti dovessi portare in giro vestita in quel modo, probabilmente tutti gli abitanti del campo si chiederebbero da dove saresti spuntata fuori. Le voci correrebbero e presto tutti saprebbero di te. Devi passare inosservata, Den. >>

<< Va bene. >> In effetti notai che Aron portava un paio di calzoni infilati in stivali di cuoio, mentre sopra portava una camicia bianca di tela grezza che scendeva morbida fino alla vita.

<< Posso sapere perché proprio tu devi addestrarmi? Perché non un altro soldato del campo? >> domandai.

<< È sempre stato così fin dall’inizio, il principe addestra la Viandante. >> mi spiegò.

<< Ah! Ho capito >> gli sorrisi.

Stavamo camminando in una delle stradine che percorrevano il campo, stavamo parlando da circa un quarto d’ora quando ci fermammo davanti a una tenda marrone, non troppo piccola.

<< Eccoci. Questa è la tenda del sarto del campo. Qui troveremo dei vestiti più adatti. Ah, dimenticavo! Anche il sarto sa dei Viandanti, è necessario nel caso tu debba compiere un ruolo importante. Così avrai abiti a portata di mano. >> Mi fece entrare per prima, e quando posai gli occhi all’interno della rimasi molto colpita. Era pieno di armature, vestiti di tutti i generi e anche armi.

<< Sarto Nicca? Sono Aron. >> si annunciò tornando ad assumere un tono serio. Probabilmente era necessario per mantenere un certo livello di autorità.

<< Aron, ragazzo mio! Che sorpresa! >> A parlare fu un uomo alto e magro, sulla trentina d’anni. Aveva i capelli castani e gli occhi verdi, portava un’elaborata vestaglia ricamata sul petto. Era spuntato dietro un mucchio di vestiti.

<< Già. Avrei bisogno del suo aiuto. >>

<< Sicuro. Di cosa necessita? >>

<< Degli abiti per una Viandante. >> Aron andò dritto al punto.

Se il sarto parve sorpreso non lo diede di certo a vedere.

<< Una Viandante, dice? È lei immagino. >> mentre parlava cominciò a scrutarmi attentamente. Mi sentivo un po’ imbarazzata, ma decisi di nasconderlo facendo diventare la mia espressione una maschera impassibile.

<< È lei. >> confermò Aron << Bastano dei vestiti semplici per confondersi. >>

Per tutta risposta il sarto mi afferrò per un braccio trascinandomi verso una panca. Quando l’aprì ne rivelò il contenuto.

<< Vestito o pantaloni? >> questa volta la domanda fu rivolta a me.

<< Ehm… pantaloni? >> chiesi titubante.

<< No. Vestito. >> rispose brusco il sarto.

<< Ma allora perché me lo ha… >>

<< Zitta e seguimi, ragazzina. >> mi interruppe in malo modo.

Io rivolsi uno sguardo disperato e supplice ad Aron, che si limitò a sorridermi e a farmi un cenno di incoraggiamento.

<< È inutile che chiedi aiuto al tuo amico, in questo momento non può venire con te, a meno che tu non desideri cambiarti sotto i suoi occhi. >>

Davanti a quella insinuazione avvampai come un peperone, mentre un istinto omicida mi ribolliva nel petto. Stavo già immaginando l’angolazione migliore per riuscire a strozzare quel cavolo di sarto, quando mi pose sulle mani un vestito.

<< Va’ e cambiati. >> mi ordinò, dopo avermi misurata per accertarsi di aver preso la misura giusta.

Il vestito che mi ritrovavo tra le mani era estremamente semplice, di un delicato color verde acqua e ricamato sul seno con un nastrino verde intenso. La scollatura non era troppo ampia, ma nemmeno inesistente e mi dovetti accontentare.

Dopo essermi tolta la mia maglietta e i miei jeans, ovviamente dietro una tendina, afferrai il vestito e me lo infilai per la testa. Appena sfiorò il mio corpo scivolò morbido e leggero. Non lo sentivo quasi. In mancanza di specchio non riuscii ad osservare il risultato, ma da quanto riuscivo a vedere mi calzava a pennello.

A quanto pareva, non avevo visto abbastanza bene.

<< Per tutti i meloni! Ti sta d’incanto, ragazza! Davvero perfetto. >> commentò il sarto, battendo le mani.

<< Ti sta bene. >> si complimentò Aron.

<< Grazie. >> dissi rivolta a entrambi.

<< Vuoi vederti? >> mi chiese il sarto.

<< Oh, sì! >> risposi entusiasta.

Quando mi portarono davanti a uno specchio, rimasi incantata nell’osservare il mio riflesso. Era vero che il vestito era molto semplice, ma come mi stava bene! Aderiva perfettamente al mio corpo, come se facesse parte di me. Era intonato ai miei occhi in modo particolare, ma li faceva risaltare in modo impressionante.

Sì, mi piaceva davvero molto.

 

Ragazze, questo è il libro che sto scrivendo.

Sono arrivata a 273 pagine e ho deciso di pubblicarlo,

così riesco a capire se piace o meno e se

vale la pena continuare a ascriverlo.

Mi fareste un gran piacere se recensireste,

almeno mi rendo conto di cosa sbaglio e di cosa no.

Se siete arrivate fino a questo punto, fatemelo sapere!

Un bacio e un grazie a tutte xx

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Capitolo 6
*** Principe Aron ***


Quando uscimmo dalla tenda del sarto mi sentivo benissimo. O almeno mi sentivo bene per quanto la situazione me lo permetteva. Non ci si poteva definire veramente felici all’interno di un libro, lontano da amici e genitori.

Comunque il mio morale era decisamente migliorato. E anche se non ne avevamo passato molto insieme, Aron mi aveva già dimostrato di essere un ragazzo brillante ed educato, anche un po’ esuberante, ma chi non lo era?

<< Quando incomincerò ad allenarmi? >> chiesi per fare conversazione.

<< Ti interessa proprio, eh? Comunque cominceremo da domani, appena entrerai nel libro. >> mi rispose sorridendo.

<< Grande. Senti, ma posso decidere io quando entrare e quando uscire dal libro? >>

<< Sì, certo. Ma dato che qui il tempo scorre più velocemente, passerai da noi sempre un giorno, o anche due. Dipende da cosa dovrai affrontare. >>

Dopo essermi cambiata avevamo deciso di continuare il mio giro visita del campo. In quel momento stavamo passando davanti alle cucine.

<< Raccontami com’è il tuo mondo. >> mi chiese inaspettatamente Aron.

<< Il mio mondo? Non saprei da dove cominciare…innanzitutto siamo più evoluti, credo. Intendo dire tecnologicamente. >> mi affrettai a precisare.

<< Tecnologicamente? >>

<< Sì… fai conto che da noi non servono messaggeri per invitarsi a cena. Basta un messaggio col cellulare. >>

<< Cellulare? >> mi chiese Aron, perplesso e allo stesso tempo affascinato.

<< Sì… una scatoletta che ti permette di comunicare a distanza con un’altra persona. Senti, non posso starti a spiegare cose di cui non so niente, e soprattutto non credo sia una buona idea metterti al corrente di certe cose. >> lo informai turbata. Se davvero stava per scoppiare una guerra tra soldati armati di spada e lancia e io mi mettevo a blaterare con un principe di mitra e bombe nucleari, il risultato non sarebbe stato dei migliori.

<< Come vuoi. >> mi rispose tranquillo Aron.

<< Dove mi allenerò? >> Sì, forse ero davvero ossessionata.

Aron alzò gli occhi al cielo in modo scherzoso per poi mettersi a ridere.

<< Ti ci porto. >>

Camminammo ancora per qualche minuto. Poi in lontananza scorsi un enorme recinto e quando lo raggiungemmo rimasi senza parole. All’interno c’erano un numero spropositato di uomini impegnati a tirare di spada, a scoccare le frecce sul bersaglio e anche nella lotta corpo a corpo. Sembrava di assistere alla scena di un film!

<< Mi allenerò qui? >> chiesi sbigottita ed eccitata.

<< Sicuro. >>

<< Ma sono tutti uomini! >> gli feci notare.

<< Non baderanno troppo a te, stai tranquilla. >>

<< Speriamo… >>

<< Senti, direi che possiamo andare a prepararci per la cena. >> propose Aron.

<< Ah… non posso stare così? >> chiesi, presa alla sprovvista. Mi piaceva tanto quell’abito.

<< No, quello è un vestito tipico del popolo. Dovrai indossare qualcosa di più adatto in presenza del Re. >> mi spiegò.

<< Mmm…okay. >> risposi poco convinta.

<< Ti faccio accompagnare da una serva nella tenda che ti hanno allestito. Alle sette e mezza ti verrò a chiamare, così andiamo insieme. >>

<< Sì, va bene. >>

<< D’accordo. Less! >> urlò rivolgendosi a una ragazza che stava camminando indaffarata a trasportare un cesto pieno di panni << Accompagna questa ragazza negli alloggi che le hanno preparato. Ala sud tenda quattordici. Grazie. >>

<< Si, signore. >> gli rispose lei, titubante, esibendosi in una timida riverenza.

<< Ci vediamo, Den. >> mi disse salutandomi con la mano.

<< A dopo. >> mi affrettai a rispondere.

Quando la ragazza con il cesto in mano mi fece segno di seguirla, non esitai. Mentre stavamo percorrendo la strada per arrivare alla mia tenda, non potei fare a meno di notare che la serva ogni tanto incespicava sotto il peso del cesto.

<< Less, giusto? >> le chiesi rivolgendole un caldo sorriso.

<< Sì, miss. >> mi rispose senza alzare lo sguardo e continuando a camminare.

<< Ce la fai a portare quel cesto? Se vuoi ti do una mano. >> mi offrii.

<< Oh, no, no. È il mio lavoro, devo riuscirci. Non posso permettermi di farlo fare a lei, miss. >> mi rispose frettolosamente, come se le avessi appena proposto un’assurdità.

<< Come ti pare. >> mi limitai a dirle.

Dopo cinque minuti ci fermammo davanti a una tenda di medie dimensioni.

<< Prego, miss. Le consiglio di farsi un bagno e di indossare il vestito che troverà all’interno della tenda, dopo che glielo avrò portato. Se desidera la posso aiutare a svestirsi. >> mi informò Less.

<< No! >> esclamai all’idea di farmi spogliare da una perfetta sconosciuta. Poi mi resi conto che poteva essere normale il fatto di farsi aiutare in quelle occasioni, così mi affrettai ad aggiungere: << Faccio da sola, grazie. >> Così la congedai.

Entrando nella tenda osservai che non era poi così diversa da quella del consigliere Amixus: un letto, una panca e a differenza della piccola bacinella per lavarsi il viso, scorsi una piccola vasca da bagno colma d’acqua. Non aspettai un minuto di più. Presi a sfilarmi il vestito e, non appena fui pronta, mi immersi nell’acqua calda. Un lieve torpore si impossessò di tutto il mio corpo, mentre io cominciai a sprofondare con la testa nella la vasca, in balia della stanchezza e di tutto lo stress accumulato in quella giornata, che poi nel mio mondo si sarebbe rivelata solo un paio di ore scarse. Dopo cinque minuti, Less entrò nella tenda poggiando il mio nuovo abito sul letto e portando via quello verde. Emisi un verso che parve tutto, tranne che umano, per ringraziare la ragazza. Rimasi a galla altri dieci minuti per poi, con grande disappunto da parte del mio corpo, sgusciare fuori dalla vasca avvolta in un asciugamano che avevo trovato appoggiato sul bordo. Dopo essermi asciugata tutto il corpo e essermi arrotolata l’asciugamano sui capelli, presi in mano il vestito che mi aveva appena portato la serva. Era di un color rosso intenso, ricamato con una cintura di perle sulla vita e sul petto. Era morbido e leggero, proprio come quello verde, ma più elaborato e raffinato. Ovviamente quando lo indossai non potei vedere più di tanto dato che a quanto pareva gli specchi erano un optional, in quel posto. Comunque mi sentivo a mio agio ed elegante.

Stavo per uscire dalla tenda per aspettare Aron quando scorsi Less che, agitando le braccia forsennatamente, mi faceva segno di rientrare nella tenda. Eseguii.

<< Miss! Non vorrà mica presentarsi al cospetto del Re con quei capelli arruffati e ancora umidicci? >> mi accusò con foga.

<< Be’, no, ma… >>

<< Allora lasci fare a me. >> ribatté risoluta.

Mi fece sedere sul letto, poi cominciò a intrecciarmi i lunghi capelli in un treccia riportata morbida. Non era una pettinatura troppo elaborata, ma quando mi porse uno specchio che aveva tirato fuori dalla panca, rimasi colpita da quanto mi donava la semplicità di una treccia di lato. Il vestito, poi, mi calzava a pennello e mi dava un sorta di aspetto regale. Sembravo una principessa. Non ero mai stata troppo vanitosa, ma, cavolo!, stavo proprio bene. In quel momento arrivò Aron che mi chiamò dall’esterno della tenda.

<< Scarlett? Sei pronta? >>

Less mi guardò con sguardo compiaciuto e malizioso.

<< Siete stupenda, miss. >> si complimentò.

<< Grazie, Less. >> la ringrazia rivolgendole un sorriso. Dopodiché uscii dalla tenda.

<< Caspita. >> commentò Aron.

<< Sì? >> lo incitai.

<< Ti sta davvero bene. Andiamo, miss Scarlett? >> scherzò porgendomi la mano.

<< Con infinito piacere, Principe Aron. >> risposi, mentre gliela stringevo.

Poi ci incamminammo verso la tenda dove avremmo cenato, sotto lo sguardo indagatore di Less.

 

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