Happy Family

di moni93
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** First Family (Episode 1): Volare oh-oh! ***
Capitolo 2: *** Second Family (Episode 1): Quando il troppo amore si tramuta in veleno ***
Capitolo 3: *** Third Family (Episode 1): Papà in via d'estinzione ***
Capitolo 4: *** Fourth Family (episode 1): I bambini crescono... i papà, no ***
Capitolo 5: *** Fith family (episode 1): Certe volte, essere single è il male minore ***
Capitolo 6: *** Sixth Family (episode 1): L’amore non ha età (tranne per mamma e papà!) ***
Capitolo 7: *** Seventh Family (episode 1): Vive l’amour! ***



Capitolo 1
*** First Family (Episode 1): Volare oh-oh! ***


Dedico questa follia febbricitante alla mia carissima amica Tsubaki3.
Perchè è un adorabile cucciolo di chioccia. ❤


Happy Family

First Family (episode 1): Volare-oh-oh!

 
“Vola, vola, vola!!” esclamò divertito il ragazzo.
“Kardia!!”
La seconda voce venne preceduta da un gesto, rapido e fulmineo, delle mani di un coetaneo dell’altro giovane ma dall’aspetto e dai modi decisamente più maturi, che con fermezza afferrò un pargolo fluttuante in aria. Il piccolo, di non più di due anni, era stato lanciato in orbita dal genitore dai capelli bluastri che, ora che era rimasto a mani vuote, osservava con astio il compagno.
“Ehi! Con quello ci stavo giocando!” protestò, indicando con l’indice la fonte dei suoi passatempi.
L’altro adulto lo fulminò con uno sguardo al di sotto dello zero assoluto.
Quello, sarebbe nostro figlio.” gli fece notare, mentre stringeva con ancora più forza il piccolo.
“Oh certo, quando ci gioco io è nostro, però se mi dimentico di cambiargli il pannolino diventa improvvisamente mio figlio! Gli farai venire una crisi identitaria!”
Degel osservò con sommo rammarico il soffitto. Ma come gli era venuto in mente di avere non uno, ma due figli con quel... quel... con Kardia!
Ancora non riusciva a spiegarselo. Insomma, un genio del suo calibro avrebbe dovuto tenere di conto che già convivere con quel ragazzo equivaleva a badare ad un bimbo viziato e capriccioso. Per di più con l’irritante tendenza a dialogare con lui come se ogni volta volesse dirgli: “Mi perdoni se io non ho una laurea in So-tutto-io-e-me-la-tiro!”. A maggior ragione se non era vero. Degel non sapeva tutto, ma di certo era più arrivato di Kardia per certe cose. Tipo come allevare i figli, dato che il coetaneo sembrava essere perfettamente in grado di crescere un branco di lupi assetati di sangue. Ma loro avevano dei cuccioli di umani, non delle belve feroci! Evidentemente, Kardia non aveva ancora colto la sottile differenza.
Quanto avevano discusso per questo!
E per i turni a lavare i piatti, e per chi dovesse cambiare i pannolini, e per chi doveva preparare la cena, e per chi potesse avere lo scettro del potere per guardare la tv... insomma, bene o male, litigavano per tutto.
Eppure oramai si erano sposati. Di certo, Kardia era riuscito a strappargli il fatale mentre dava sfogo delle sue doti a letto. Non c’era altra spiegazione, Degel non si sarebbe lasciato fregare così facilmente, altrimenti.
“Ti avrò detto mille volte di non far lo scemo con il bambino.” lo rimproverò ancora Degel.
“Ma si diverte!” protestò l’altro.
“E non fare giochi così pericolosi!”
“Ma si diverte!”
“Kardia, smettila o ti metto in castigo!”
L’ultima frase venne urlata con tanta rabbia repressa, da risultare isterica. Ad accorgersene per primo, oltre a Kardia che aveva strabuzzato gli occhietti con fare stupito, il pargolo che Degel proteggeva ancora tra le sue braccia. Egli scoppiò a piangere, producendo un urlo spaccatimpani che si udì fino in Cina. Certe volte, pensavano i genitori, avrebbero dovuto brevettarlo come arma di distruzione di massa.
“Bravo, l’hai fatto piangere.” lo canzonò Kardia, con un ghigno malefico dipinto in volto.
L’altro maneggiò con paura e rimorso il figlio.
“N-non l’ho fatto apposta! Shh, non piangere, Milo... e tu non ridere!”
Nonostante il tono inizialmente timoroso e angosciato, le ultime tre parole vennero affermate con ira funesta, che prometteva torture indicibili. Peccato che non ebbero effetto alcuno sul sorriso serafico del compagno.
“Oh, ma io non rido: mi limito a gongolare.”
Il giovane dai capelli color del mare osservò per qualche altro minuto il suo amore, mentre tentava in ogni modo di calmare il loro piccolo miracolo. Dato che lo spettacolo si mostrò ripetitivo e noioso, dopo breve decise di intervenire.
“Dà qua, prima che Camus lo senta nell’altra stanza e si svegli.”
Con velocità stellare, Kardia riprese possesso del pargolo e gli fece fare qualche altro volo in aria.
“A-attento!!” gridò impanichito Degel.
Il ragazzo lo ignorò, ottenendo così l’incredibile risultato di tramutare in risa il pianto senza fine del bambino.
“Visto? Te l’avevo detto che si divertiva!” esclamò poco dopo, riafferrando saldamente Milo e strofinando il suo nasino contro il proprio.
Il compagno parve calmarsi, sebbene continuò a mostrarsi ostile.
“Se lo fai cadere, poi ci vai tu all’ospedale.” gracchiò, incrociando le braccia al petto e mettendo un adorabile broncio stile bambino di cinque anni.
Arrivò perfino a battere un piede a terra, tanto era frustrato.
“Oh andiamo, e fatti una risata! Perchè devi essere sempre così di malumore?”
“E tu perchè devi essere sempre così...”
La frase di Degel rimase spezzata a mezz’aria. Con la sua proverbiale calma e rapidità, Kardia era riuscito ad avvicinare le proprie labbra a quelle del marito, imprigionandolo in un bacio puro ma leggermente macchiato di promesse future, ben poco caste.
“... impulsivo.” riuscì poi a terminare, in un sussurro.
Kardia gli sorrise, per poi mordicchiarli il labbro inferiore.
“Preferisco definirmi passionale.” disse, osservando divertito l’espressione persa e innamorata che aveva fatto scaturire nel compagno con un semplice bacio.
“Bene, piccolo Milo, è ora di andare a nanna!” trillò poi, tornando ad osservare il piccoletto che guardava incuriosito la scena.
Degel l’osservò spaesato.
Da quando Kardia si premurava di mettere a letto per tempo i due figlioli?
La risposta giunse quando il bel giovane arrivò alla porta della camera dei piccoli. Si voltò con estrema grazia e agilità e, dando l’ennesimo colpo al cuore al suo innamorato con uno sguardo lussurioso, espresse il suo comando.
“Anche papà Degel è pregato di andare a letto. Senza vestiti, però.” terminò il tutto con un irresistibile occhiolino.
Degel arrossì fino alla punta dei piedi, ma tentò di dissimulare l’imbarazzo con rabbia, spandendo insulti e improperi vari per tutta la casa, ottenendo come unico risultato una sguaiata risata di Kardia.
Quanto adorava la sua dolce metà quando si fingeva incollerita!
La litigata durò ben poco, giusto il tempo di cantare una ninna nanna a Milo per cullarlo nel regno di Morfeo, assieme al fratellino Camus. Altre grida si levarono nella notte, in seguito, tentando però di contenersi per non destare i bambini.
Questa era una delle loro tipiche serate.
Una tipica serata in una famiglia felice.
 
 
ANGOLO DELL’AUTRICE:
 
Ciao a tutti! ^^
Nonostante la febbre, mi è venuta voglia di scribacchiare. Follie varie, s’intende. Questa fic è nata dalla visione di un’immagine assolutamente adorabile di Kardia che lancia in aria non uno, ma due bebè, mentre Degel osserva basito la scena. Da qui quanto avete appena letto.
Se farò un seguito?
Non ne ho idea.
Parlerò di altre coppie?
Ho già delle idee.
Quindi, se questa folle fic vi è piaciuta, fatemelo sapere, tanto più se volete il seguito! Attenderò di ricevere almeno 5 recensioni positive per proseguire. Dico così perchè ho smanie egocentriche e voglio tante recensioni?
No, semplicemente, ho troppi lavori da seguire, quindi prendo tempo! xD
Un grazie enorme a tutti voi che avete letto, alla prossima!

Moni =)

P.S.: nessun bambino è stato maltrattato durante la stesura del brano. Eccetto Kardia il mattino dopo, per mano della sua dolce metà.

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Capitolo 2
*** Second Family (Episode 1): Quando il troppo amore si tramuta in veleno ***


Second Family (episode 1): Quando il troppo amore si tramuta in veleno

 

“Ma quanto è bella la mia Gioca? Quanto è bella la mia picciridda?”

Matteo stava giocherellando con i piedini di un’adorabile esserino dagli occhioni celesti. I capelli erano ancora corti, ma molto folti e morbidi come nuvole. La tonalità era la stessa di quella del genitore che la reggeva tra le gambe, facendole il solletico ora alla pianta dei piedi, ora al pancino. Lei si dimenava scalciando e ridendo, diffondendo per la stanza quel suono cristallino che sapeva d’innocenza.

Seduto nella poltrona a fianco, un altro uomo, dai tratti delicati, leggeva un libro con un sorriso luminoso che non accennava ad andarsene. Sebbene stesse rileggendo la stessa frase ormai da mezz’ora, non gli importava.

La consapevolezza di aver redento quella testa calda di Manigoldo, il delinquente del paese malvisto da tutti, che rubava e vandalizzava la città, lo rendeva di giorno in giorno più orgoglioso. Ancor più adesso che poteva chiamarlo con il suo vero nome, Matteo, e non più con quel soprannome inquietante.

Senza farsi notare, sbirciò con la coda dell’occhio suo marito. Se qualcuno avesse visto il temibile Manigoldo adesso, mentre faceva le moine a sua figlia, probabilmente mezza cittadina sarebbe svenuta per lo shock.

“Albafica, puoi rifarle il fiocchetto?”

La voce di Matteo lo fece tremare per la sorpresa.

“C-come?” domandò il giovane, voltando completamente il capo in direzione del coniuge.

Questi gli mostrò la bambina come fosse un trofeo di pesca.

“Il fiocco le si è disfatto, glielo puoi rifare tu?” ripeté l’uomo.

Meccanicamente, Albafica afferrò Gioca e la posizionò tra le sue gambe, mentre, con qualche abile mossa delle mani, le risistemò il nastro celeste che le ornava i capelli corvini.

“A venticinque anni, ancora non sei capace a fare un fiocco?” domandò con falsa cattiveria il giovane.

Terminata l’operazione, avvicinò una mano alla guancia della bambina, con il chiaro intento di volerla carezzare. Giunto a pochi centimetri dalla sua pelle morbida e paffuta, però, si bloccò. Osservò per un istante gli occhi di sua figlia e poi, con un gesto quasi brusco, la riconsegnò a Matteo.

L’italiano notò ogni cosa, ma decise di tacere e tornare a dedicarsi al piccolo miracolo.

“E a che serve? Tanto tu sei capace!” rispose in seguito, cercando di risollevare l’umore dell’amante.

Albafica sospirò e tornò alla sua lettura, con fare leggermente malinconico. L’altro, invece, si mise sul tappeto con la bambina facendola giocare con la miriade di bambole che nel corso di quel breve anno di vita aveva accumulato, sia per via di feste sia per il semplice fatto di essere tanto adorabile.

Ad un certo punto, l’ex Manigoldo si alzò per andarsene in cucina a bere un bicchier d’acqua. Tanto Albafica era in salotto con la piccina, quindi non correva alcun rischio. Quando rientrò in sala, con il bicchiere ancora alla bocca, mancò poco che si strozzasse. Con voce tremante e leggera, quasi temesse di spaventare un animale esotico, l’uomo si rivolse al marito.

“Al... Albafica.” mormorò.

Preso com’era dalla lettura, il ragazzo non si accorse del richiamo.

“Albafica!”

Stavolta, alzò il capo.

Gli occhi zaffiro rimasero imprigionati dalla visione di Gioca che si reggeva in piedi, aiutandosi con le manine saldamente appoggiate alla gamba del tavolino.

“Sta, sta...” balbettò Albafica, sporgendosi dalla poltrona e lasciando cadere a terra il libro.

“Sta facendo i primi passi!” gioì Matteo, battendo le mani esaltato.

Dopo qualche minuto di esitazione, la bambina mollò il suo appoggio e tentò il primo passo. Non andò molto bene, dato che cadde in ginocchio, ma subito si rialzò. Il secondo andò meglio e a quello seguì un terzo e poi un quarto.

“Brava, Gioca! Continua così!” la incitò Matteo.

Albafica, però, si era d’un tratto irrigidito.

La piccola oramai non osservava più i piedini, ma la figura del padre ancora seduto nella sua poltrona. Sembrava intenzionata a raggiungerlo e questo Matteo lo capì subito.

“Vai, Gioca! Vai da papà Albafica!” disse infatti.

L’altro, però scosse il capo e mosse la mano come a voler scacciare una mosca.

“No, no... vai da Matteo... non venire qui...”

Né lei né il marito gli diedero ascolto.

Lui continuò a fare il tifo battendo le mani, mentre la creaturina proseguì nel suo cammino, cadendo a terra ogni tanto. Dopo cinque interminabili minuti, raggiunse la sua meta e cadde tra le braccia di Albafica che, preoccupato che potesse farsi male, l’afferrò al volo.

Matteo applaudì come se avesse assistito ad un numero mozzafiato.

“Ma brava la mia picciridda!!!” urlò, andando da lei e baciandole i capelli.

Una volta terminate le lodi, osservò il consorte con aria seria.

“Perchè hai paura che si affezioni a te? Mica sei velenoso!” gli disse in tono canzonatorio, ma non troppo duro.

Sapeva quanta fragilità celasse il suo uomo, per quanto tentasse di apparire forte e indistruttibile. Non a caso, giunse una confessione.

“E se... non fossi all’altezza?” mormorò Albafica, guardando con desiderio e timore la sua bambina.

Matteo rise.

“Vabbè che hai tutte le ragioni per pensarlo, essendo più basso di me...” lo prese volutamente in giro lui, facendo così arrossire l’altro per la vergogna.

Non era facile per Albafica parlare di certe cose, Matteo lo sapeva bene. Però non poteva evitare di prenderlo anche un poco in giro, era troppo divertente. Per rimediare, gli diede un buffetto sulla fronte.

“Vedrai, sarà orgogliosa di te... anzi, già le piaci un sacco: hai visto che voglia matta aveva di venire da te?”

Realizzando solo allora quel dettaglio, Albafica non poté evitare di sorridere nuovamente come un ebete.

Suo marito sarà pur stato Manigoldo un tempo, ma adesso era diventato un padre davvero speciale.

E anche lui.

 

ANGOLO DELL’AUTRICE:

 

Holaaaa!! ^^

Nuova coppietta, nuovi dilemmi esistenziali e risate!

Dato che amo alla follia Mani-Mani e Alba-chan, non potevo non metterli assieme e, come loro figlia, chi meglio di Gioca? Per chi non lo sapesse, è una ragazzina ladruncola che i due incontrano nel Gaiden dedicato a Manigoldo. Ce li vedo proprio a fare la mamma e il papà a turni alterni! <3

Ah, dato che la mia cara Tsubaki3 non l’ha ancora capito, lo dico chiaramente ora: queste storie tanto fluffose sono per lei, anzitutto perchè è tanto dolce e carina, e poi perchè mi auguro tanto che, un giorno, possa vivere certi momenti. (magari con un bel figo come Mani-Mani o Kardia, sei d’accordo Tsu? ;)) Ovviamente, tale augurio vale per tutti voi, cari lettori! Che la vostra vita in famiglia possa essere ricca di momenti felici e dannatamente dolci!

Un grazie enorme a tutti quelli che mi seguono, non mi stancherò mai di dirlo!

Moni =)

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Capitolo 3
*** Third Family (Episode 1): Papà in via d'estinzione ***


Third Family (episode 1): Papà in via d’estinzione

 

Era una serena giornata di fine Aprile, all’apparenza. Shion stava terminando di lavare i piatti nel tinello, mentre Dohko si occupava del loro piccolo Mu, in salotto. Dalle urla di gioia che gli giungevano alle sue orecchie, tuttavia, al biondo pareva più che fosse il bambino a far divertire il padre.

D’un tratto, un urlo interruppe la tranquillità di quel momento, facendo per poco sfuggire di mano all’uomo uno dei piatti che stava sciacquando.

“SHIOOONNN!!!”

Mezzo secondo di tempo per identificare il grido con la voce del marito e collegare il fatto che, forse, la cosa non era tanto normale. In seguito giunse un secondo grido, ancora più urgente.

“SHIOOOONN!! Presto, corri!!!”

Allarmato, il giovane ripose in fretta e furia la stoviglia sul tavolo e si diresse in direzione di quel gran subbuglio.

“Che c’è? Che succede? Mu si è fatto male?!” domandò ansioso.

Dohko reggeva in mano il pargolo e, tuttavia, quando si voltò ad osservare il marito non era minimamente spaventato. Anzi, un enorme sorriso gli solcava il volto come una luminosa mezzaluna estiva.

“Ha parlato!” disse semplicemente.

Il biondo per poco non cadde in ginocchio per l’emozione. Si sentiva le gambe tremanti e instabili, eppure riuscì a raggiungere il compagno e a comporre una frase di senso compiuto, per giunta.

“Davvero? Che ha detto?”

Tanto pieno d’orgoglio da poter esplodere, il cinese portò Mu sul tavolo della sala e, una volta poggiato comodamente sulla superficie liscia e splendente in mogano, fece iniziare un bizzarro teatrino.

“Mu, dì a papà Shion quello che hai detto a me. Dì... papà!”

Tutto emozionato, l’uomo si sporse talmente tanto per osservare il piccino, che quest’ultimo poté rispecchiarsi nelle iridi violacee del genitore. Sorridendo, Mu esaudì il desiderio dei due adulti.

“Pa... papa!”

Mancava ancora l’accento sull’ultima sillaba, eppure ciò non impedì ai genitori di cacciare l’ennesimo urlo di pura estasi. La prima parola del loro bambino, c’era da andarne fieri!

Non soddisfatto, però, il biondo tentò di migliorare il risultato.

“Mu, puoi dire papà Shion? Pa-pà Shi-on...”

La creaturina non parve ascoltarlo. Dohko, comprensivo, tentò di far calmare il compagno.

“Dai, Shion! Chiedi troppo a...”

“Pa... pa... Sion...”

Sebbene flebile, la vocina del piccolo colpì i timpani dei due come una scarica elettrica ti attraversa il corpo, con forza eppure stordendoti. Per complimentarsi col figlio, Shion gli diede un bacio sulla fronte, e continuò per un buon quarto d’ora a ripetere quanto egli fosse bello e intelligente e che, naturalmente, non vedeva l’ora di vantarsi di ciò con gli amici.

Una volta riacquisita la quiete, toccò a Dohko tentare l’impossibile.

“Mu, ti va di dire papà Dohko? Doh-ko...”

Il bambino inclinò il capo, confuso.

“Dai piccolo, ce la puoi fare... Dohko, Doh-ko...”

L’infante s’impegnò al massimo. Chiuse gli occhietti, arricciò le labbra in modo buffo e poi, pronunciò il fatidico nome. O, quantomeno, tentò di farlo.

“Do... Do... Dodo!!”

Il genitore diede una testata incredibile al tavolino, piangendo per il dolore, non tanto fisico, quanto dell’anima.

“No, non Dodo, non sono un animale in via d’estinzione!” gemette, ma il bimbo aveva già deciso.

Quel nome gli piaceva, tant’è che continuò a ripeterlo battendo le manine tra loro.

“Dodo, Dodo, Dodo! Papa Dodo!” esclamava con la vocina squillante.

Shion non poté evitare di ridacchiare, un po’ per la scenetta, un po’ perchè non sapeva decidere chi fosse più infantile: se il loro pargolo o Dohko. Per consolare il consorte, gli coccolò la chioma sempre scompigliata e arruffata, quasi fosse un cucciolo di cane.

“Non te la prendere e vedila dal lato positivo: ora abbiamo un nuovo nomignolo con cui chiamarti!”

Sebbene furono pronunciate con assoluta innocenza, le parole del biondo non fecero che far insorgere nel cinese un fortissimo desiderio di vendetta. E, si sa, lui non era tipo da saper attendere quando qualcosa gli frullava in testa. Fu così che, alzandosi di scatto, Dohko afferrò Mu e lo depositò con delicatezza nel suo box giochi. Dopo avergli carezzato la testa, fece dietro-front e, senza tanti complimenti, afferrò Shion per la vita e se lo caricò in spalle. Il ragazzo si sentì tanto pacco per la spesa (per non dire di patate), in quel mentre.

“Ehi! Ma che fai?!” domandò frastornato l’uomo.

L’altro gli sorrise maligno, sebbene sapesse che non poteva vederlo dalla posizione in cui si trovava. Se l’era andata a cercare, fino a prova contraria il moro era innocente. Lui si limitava semplicemente a riequilibrare le forze del karma che Shion, con la sua impudenza, aveva messo a soqquadro.

“Per la tua maleducazione, adesso verrai punito!” canticchiò, infatti.

“Cosa?! Perchè?” domandò ancora il compagno, tentando di liberarsi da quella presa.

In risposta, ricevette una sonora pacca sul sedere, che per la sorpresa gli fece lanciare un urletto ben poco virile.

“Zitto! Qui le domande le faccio io!” fece poi con tono esageratamente serio Dohko, tanto per mettere maggiormente a disagio l’amato.

“Sion itto, itto, itto!!” intonò divertito Mu, mentre osservava i due “giocare”.

Il biondo desiderò sprofondare in una buca senza fondo. A un anno di vita, Mu si permetteva già di metterlo a tacere, che gioventù bruciata!

“Dohko, digli qualcosa!” protestò infatti il genitore.

Il moro sorrise al piccolo, prima di svanire nella camera da letto.

“Esatto, tesoro mio: adesso papa Sion sta itto e aiuta papa Dodo a ripopolare il globo!”

Fu così che, sebbene ne fosse rimasto un solo esemplare, i Dodo presero presto a proliferare in allegria!

 

ANGOLO DELL’AUTRICE:

 

Ri-ciao a tutti! ^^

Oh cielo, più vado avanti, più i capitoli peggiorano! xD Non so dove andremo a finire, ma c’arriveremo ridacchiando sotto i baffi e facendoci sciogliere il cuore, da tanta tenerezza! (almeno spero, sennò cambio mestiere! xD)

L’idea per questo chappy mi è venuta pensando alle principali ansie dei genitori. Insomma, cosa c’è di più emozionante che udire la prima parolina del proprio piccolo? Ora Dohko e Shion lo sanno.

Preparatevi, la prossima coppietta è una delle mie OTP preferite, sebbene certa gente pensi il contrario. Tsk, ignoranti! xD Scherzo, spero che possiate apprezzarla anche voi. Di chi parlo?

Eeeehhhh, seguitemi e lo scoprirete! ^^

Alla prossima, un grazie enorme a tutti voi che leggete le mie pazze storie!

Moni =)

P.S.: Ah, e comunque, non temete: nessun animale è stato maltrattato... eccetto Shion. E, no, non sono ripetitiva nel finale: è un’illusione!! xD

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Capitolo 4
*** Fourth Family (episode 1): I bambini crescono... i papà, no ***


Fourth Family (episode 1): I bambini crescono... i papà, no

 

“Pà, io esco!” esclamò la ragazza, la mano già alla maniglia pronta per uscire.

Catapultandosi fuori dalla cucina, luogo in cui stava sorseggiando un caffè durante la lettura del suo quotidiano preferito, Kardia raggiunse la figlia appena in tempo.

“Ferma lì, signorinella!”

Fu costretto a placcarla, afferrandola per la vita e trasportandola di peso lontano dall’uscio, dato che lei era già proiettata verso il mondo. Sbuffando, la ragazza si voltò e incominciò a tamburellare con il piede a terra. Atteggiamento, questo, tipico del padre che le stava di fronte e che lei aveva ereditato con incredibile precocità.

“Che c’è adesso?” soffiò irata, facendo sollevare la frangetta bluastra che le copriva per metà gli occhietti vermigli.

Il padre rizzò i lunghi capelli come un felino.

“Bada al tono che usi! Dove credi di andare?” ringhiò innervosito lui.

“Fuori.” fu la banale risposta.

Kardia per poco non esplose come un petardo.

“Ma dai? Dimmi giura, credevo che andassi dentro!” replicò.

La figlia osservò sbuffando l’orologio affisso alla parete e tentò una nuova strategia. Mezza verità.

“Vado al centro commerciale con le amiche.”

“Quali?” fu la pronta domanda.

Lei si mise le mani nei capelli per la frustrazione e la voglia di dare una testata al padre. Mossa evasiva che, tra l’altro, gli aveva insegnato lui stesso da piccola.

“E che ne so, due o tre a caso!”

A quel punto la discussione degenerò al punto tale che Manigoldo dovette fare il suo ingresso in scena, accompagnato da un altro esserino. Milo, il fratellino di otto anni di Gioca, si intrufolò abilmente in quella discussione.

“Ehi, ehi, ehi! Si può sapere che è tutto ‘sto casino?” chiese il genitore con aria seria, sebbene divertito da quell’inaspettato teatrino “Io e Milo staremmo cercando di giocare alla play, se non vi dispia...”

Notando solo in quel mentre gli occhi iniettati di sangue del compagno, Manigoldo optò per un cambio di frase.

“Volevo dire... studiando! Io e Milo stavamo studiando... ehm...” tentennò lui.

“Qualcosa!” suggerì il piccolino.

Il padre prese per buono quel consiglio.

“Qualcosa! Ma non stavamo giocando, no, no.”

“No, no.” ripeté il figlio.

Dato che, malauguratamente per loro, la sete omicida di Kardia non accennava a diminuire, l’italiano dovette ricorrere ad una nuova strategia. Cambiare argomento.

“Perchè discutete?” chiese dunque.

Per sua fortuna, la cosa parve funzionare, in quanto la furia dell’uomo si concentrò nuovamente sulla figlia degenere (come amava definirla lui).

“TUA figlia.”

E il primo aggettivo sottintendeva bestemmie, calunnie e torture irripetibili per l’umana gente, oltre che sottolineava il fatto che quell’essere fosse unicamente di proprietà dell’italiano.

“Vuole uscire.” terminò con fare melodrammatico.

Manigoldo osservò la ragazza.

“E dove sta il problema?” chiese.

Il marito per poco non accoppò il consorte, tanta era la voglia di menare le mani.

“Te l’ha chiesto a te, il permesso?!” sbraitò dunque, come una scimmia impazzita.

L’altro parve rifletterci attentamente per cinque secondi buoni. Scosse però il capo. Soddisfatto, Kardia puntò l’indice accusatore sul volto di Gioca.

“Allora, credo che capirai se mi sento un poco ADIRATO, dato che la signorinella voleva uscire semplicemente urlando “Io esco!”, come se fosse tutto normale! Ma che è?! Questa casa...”

“È forse un albergo? Io e tuo padre ti diamo un tetto, vitto e alloggio gratis, perdiana! E tu che fai? Ci pugnali alle spalle con questo tuo atteggiamento irrispettoso? Non c'è più rispetto!” concluse per lui Gioca, mimando alla perfezione i gesti meccanici e comici che il padre ripeteva ogni volta che citava tali parole.

Manigoldo e Milo ridacchiarono sotto i baffi, ma furono costretti a dissimulare tossendo, per non morire sul posto. L’italiano, però, non perse il sorriso, anzi, si frappose tra i due, mettendo una mano sulla spalla del marito per calmarlo.

“Dai, Kardia! Ha quindici anni! È normale che menta e faccia delle uscite con le amiche!” esclamò poi, ridacchiando allegro.

A spezzare l’armonia da poco creata, fu il bambino.

“Gioca esce col suo fidanzato! L’ho sentita ieri al telefono!”

Per un millisecondo non si udì fiatare una mosca.

La prima a reagire, fu proprio Gioca.

“Bene! Io esco allora, ciao ciao papy!” disse, precipitandosi fuori alla velocità della luce.

“Ferma là!” urlò Manigoldo “Non ti permetterò di vederti... con chiunque tu debba vedere di sesso maschile!!!”

Kardia l’osservò schifato.

“Ma non dicevi che esageravo?” chiese.

La faccia di Manigoldo era diventata una maschera d’odio e morte, che fece impallidire perfino quel demonio di suo marito.

“Niente-commenti.”

L’uomo si limitò ad annuire, mentre osservò il consorte inseguire la figlia per il cortile. Rimasto solo con Milo, non gli rimase che una cosa da fare.

“Milo, a che gioco stavate giocando, prima?” chiese esausto il genitore.

“Mortal Kombat.” esclamò deciso “Ti va di giocare?”

Kardia annuì.

“Sì, meglio fare un poco di pratica, prima del round finale.”

In quel mentre, si udì un grido, che completò quell’allegro quadretto famigliare.

“Non t’azzardare a paragonare la tua cotta con la relazione tra me e tuo padre! ... E NON TE LO DICO QUANDO HO PERSO LA VERGINITÀ!!”

 

ANGOLO DELL’AUTRICE:

 

Ciao a tutti, quanto tempo! ^^

È un piacere per me postare questo nuovo capitolo, spero che la nuova coppia vi sia piaciuta! Nata l’estate scorsa tramite un’attenta selezione avviata da me e la mia amica Tsubaki3 (incominciata all’una di notte e terminata alle tre del mattino, con vari intermezzi per accoppiare anche gli altri goldini) alla fine abbiamo ottenuto il risultato tanto agognato! Lo so, Kardia e Manigoldo sono assolutamente crack come pairing, ma... al diavolo, oramai per noi due sono l’OTP per eccellenza! xD

Ringrazio tutti quelli che mi seguono e che dedicano il loro tempo a lasciarmi una recensione, mi fate tanto happy! ^^

Alla prossima, un bacione a tutti!

Moni =)

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Capitolo 5
*** Fith family (episode 1): Certe volte, essere single è il male minore ***


Dedico questo capitolo a Calhin, perchè, finalmente, vedrà in azione i suoi adorati Gemini!

 


Fith family (episode 1): Certe volte, essere single è il male minore

 

La tensione a casa Gemini era palpabile.

In particolare, nella cucina in cui si stava consumando, silenziosamente, il pranzo, vi era un’aria talmente densa che poteva essere tagliata con un grissino, altro che coltello. Mentre pensava ciò, un po’ per tirarsi su di morale, un po’ per non cadere in stato catatonico, Melina osservò i genitori con cautela.

La madre stava in piedi, alla sua sinistra, intenta a rimescolare un’enorme bacinella di ragù che, la sera, sarebbe stata spazzolata via dai pochi presenti. Nel farlo, aveva stampato in volto un’espressione seria, attenta e, la ragazza lo sapeva bene ormai, che sfoggiava solo quando era di malumore. Alla destra della giovane, il padre, chino sul proprio piatto, trangugiava senza piacere il proprio pasto, osservando ogni tanto con sguardo tagliente la televisione, unico essere che osasse riempire con la propria voce la stanza. Di fronte a lei, il fratello maggiore, Kanon, mangiava all’apparenza sereno, sebbene le occhiate preoccupate che lanciava ogni tanto in giro fecero capire alla sorella quanto egli desiderasse terminare in fretta quanto stava facendo, per poi scattare via, al sicuro nella sua camera. Il suo gemello, Saga, aveva avuto la prontezza e l’intelligenza di chiedere una modica porzione, rispetto al solito, così da terminare a tempo di record il mangiare e poi fuggire.

L’atmosfera lieta era dovuta al fatto che, la sera prima, la madre dei ragazzi aveva fatto un commento acido circa il fatto che il loro adorato padre passasse più tempo in ufficio con la segretaria, che a casa con la famiglia. Ovviamente Violate, essendo una donna dolce e comprensiva ma, al tempo stesso, lunatica e facilmente irritabile, l’aveva apostrofato con urla udibili a miglia di distanza. Dai suoi insulti erano nati rimbecchi dell’uomo e poi era stato più che altro un susseguirsi di grida, per stabilire il nuovo Guiness World Record di onde sonore ad alto danno, sia per persone che per oggetti.

Come se ciò non bastasse, Melina aveva in mente di rompere quel precario equilibrio, fatto di bocconi ruminati silenziosamente. Non per cattiveria o masochismo, ma per mera necessità.

“Ehm...” iniziò titubante, rivolgendosi alla cotoletta che stava tagliuzzando in pezzetti microscopici “Allora... per domani?” si decise a chiedere.

Kanon sollevò lo sguardo, stranito e pronto al peggio.

Nessuno rispose, non subito, almeno.

“Per domani cosa?” chiese, tagliente, la madre, dopo un’attenta mescolata del sugo rosso sangue.

Per qualche strana ragione, la giovane avvertì un brivido lungo la schiena. Non è che la madre si era data al cannibalismo e quel ragù altri non era che passato di gente sfortunata, che aveva osato sfidarla? Tipo il postino che si era azzardato ad augurarle buona giornata quella mattina? In effetti, lei poi non l’aveva mica più visto...

L’occhiata maligna che la madre le rivolse, senza nemmeno voltarsi, fece capire alla mora che era il caso di parlare.

“Intendo, sai, domani vorrei uscire con Gioca e le altre... posso?”

Violate smise di mescolare.

Si voltò, il cucchiaio in legno grondante di liquido cremisi e i capelli corvini sinuosi come serpenti pronti ad azzannare l’ignara vittima. Trapassò la figlia con astio, per poi volgere lo sguardo al marito che, imperterrito, guardava una pubblicità di lucidalabbra con sommo interesse.

“Ti avevo detto di chiederlo a tuo padre, ieri sera.” grugnì, facendo intendere quale gran donna fosse, per non aver sostituito il termine padre con una parolaccia.

Melina incrociò per un frangente lo sguardo del fratello che, supplichevole, le chiedeva di tacere. Tuttavia, la sua lingua lunga ebbe la meglio.

“Io l’ho fatto, ma papà ha detto di chiedere a te...”

Si poté chiaramente udire il gong di inizio round.

“CHE COSA?!” sbraitò infatti la donna, facendo sussultare i figli (anche quello che si trovava al piano di sopra, nella sua stanza).

Con una semplice occhiata carica d’odio che, incredibilmente, fu ricambiata dall’uomo, ella proseguì.

“Ma bravo! Fai lo scaricabarile!” esclamò, atteggiandosi da tiranna folle.

Il marito mostrò i denti, feroce.

“Parla lei, no?! Dato che in questa casa quello che dico io non ha valore, ho pensato di lasciar fare a te! Ma, che strano!, ho sbagliato!!”

Violate picchiò sul tavolo il cucchiaio, avvicinandosi pericolosamente al consorte.

“Bada a come parli! Sarai anche l’uomo di casa, ma quella che si fa il culo, sono io!!”

“Ah, perchè io al lavoro mi diverto, no?!” ribadì lui, battendo il pugno sul tavolo, mentre Kanon si copriva il viso con una mano e Melina osservava, atterrita, lo scontro tra titani a cui aveva dato inizio (e in cui, tra l’altro, si trovava pericolosamente in mezzo, nel senso più letterale del termine).

“Non mi pare che tu ti ammazzi di lavoro, visto che quando ti telefono sei sempre dietro a fare il cretino coi clienti!”

“Questo è troppo!!! Come ti permetti?!”

“Ha parlato l’idiota in giacca e cravatta! E parlami con rispetto!!!”

“Ciao, ragazzi! Passavo di qua e ho pensato di fare un salutino, tutto bene?”

“DEFTEROS, VAI FUORI DALLE PALLE!!!!”

L’ospite, giunto per caso da qualche minuto, non aveva minimamente fatto caso alle urla, essendoci oramai abituato. Se c’era una peculiarità di casa Gemini, era che il normale tono di voce era il coro da ultras allo stadio, ed anche i bisbigli più silenziosi erano udibili dai vicini. Tuttavia, quel gentile invito elargito dai due demoni dell’Inferno, convinse l’uomo a tacere e a far scomparire il proprio sorriso innocente dalle labbra.

“Devi venire a rompere sempre nei momenti meno opportuni!” ringhiò il padrone di casa, incenerendo il fratello con i suoi occhi scuri.

La moglie, notando la sua maleducazione e volendo fare un dispetto al consorte, pensò bene di cambiare registro.

“Oh, Def caro! Scusami per prima, è tutta colpa di quell’idiota di mio marito!” fece dolce lei, regalandogli uno dei sorrisi migliori che le circostanze le permisero “Vuoi accomodarti?”

Il marito scattò in piedi, fumante di rabbia a tal punto, da far credere ai presenti che, tempo pochi istanti, e sarebbe imploso. Con sommo disappunto di Violate, ciò non avvenne.

“Ma guardala, come fa la voltagabbana! Perchè non ti sei sposata mio fratello, invece di me?!” l’attaccò l’uomo.

Lei, in risposta, gli fece una matura linguaccia.

“Perchè la pietà cristiana è un sentimento molto forte, in me!” il veleno che sputò la donna fece sobbalzare i figli che, esasperati, non sapevano più da che parte voltarsi.

Melina era assai tentata di prendere parola e chiedere “Sì ma, alla fine, posso uscire o no domani?” ma l’occhiataccia, insieme alla scossa di capo, che suo fratello le lanciò la fece desistere dal peggiorare oltre la malata situazione.

Defteros, tuttavia, pensò bene di dire la sua.

“Ah, ma che bello essere single!”

Il fratello si avvicinò a lui, minaccioso, per poi soffiargli in faccia.

“Pregherò ogni notte, affinché ti si rompa uno dei tuoi preziosi preservativi!”

Il gemello si rabbuiò, pensando a tale eventualità.

“Ma che cosa triste e stronza da dire a tuo fratello, Aspros!”

Violate rimbeccò il consorte.

“Ah, sicché io sarei solo la prima donnaccia a cui ti si è rotto il fatidico preservativo, eh?” domandò la donna.

Aspros si tirò i capelli, quasi volesse strapparseli per l’esasperazione.

“Non ho mai detto nulla di tutto ciò!!”

“Ma era sottointeso, no? Insomma, se auguri ciò a Def, è perchè la tua idea di matrimonio è quella: riparare al danno!”

Silenziosamente, i due ragazzi sgattaiolarono via, rapidi come il vento.

“Tutto buonissimo, mamma. Noi andiamo!” si limitarono a dire, a mo’ di scusa.

Quando oramai erano fuori portata da oggetti contundenti, Melina si azzardò a urlare, dalla rampa di scale.

“Sì ma, alla fine, posso uscire domani?”

“NO!” gridarono all’unisono marito e moglie, finalmente concordi.

La ragazza schioccò la lingua, infastidita.

“Che sta per sì, nel loro linguaggio.” constatò, ormai esperta traduttrice del genitorese sclerotico-italiano per teenagers.

Kanon diede un coppino alla sorella.

“Cretina, la prossima volta trovo un buon acquirente e ti vendo per due cammelli!”

Melina alzò la voce, già considerevolmente alta.

“Oh, ma non mi dire! Hai finalmente imparato a contare?!”

Fu così che una piacevole giornata si prefiggeva a casa Gemini, dove l’amore e la comprensione... avevano fatto le valigie anni addietro!

 

 

ANGOLO DELL’AUTRICE:

 

Buonsalve a tutti! =)

Dopo una lunga assenza, eccomi di nuovo qua, vi sono mancata? (NdTutti: Ma anche no! Al massimo, ci mancavano i cari goldini u.u)

Comunque, stavolta i protagonisti sono stati i Gemini e, con il loro arrivo, ho deciso di introdurre delle coppie het. Prima ero indecisa se metterle o meno, ma poi mi sono venute tante ideucce carine e allora mi sono convinta a provare.

Ah, e per la cronaca, la lite di Aspros e la sua cara mogliettina, è presa dalla vita reale: mia mamma e mio papà una volta hanno davvero fatto questa scenata a tavola! xD (da qui capite le “ideucce carine” da dove nascono)

Per quanto riguarda il fatto che Violate sia sposata con Aspros, non crediate, non c’è dietro nessun ragionamento astruso o altro. Semplicemente, ho pensato a quale personaggio femminile dei Lost Canvas rassomigliasse di più, per carattere, a mia madre e Violate mi è parsa subito come la candidata vincente. Una vera leonessa, come mia mamma, per farla breve! xD

Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto e che continuerete a seguirmi!

Un bacione a tutti,

Moni =)

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Capitolo 6
*** Sixth Family (episode 1): L’amore non ha età (tranne per mamma e papà!) ***


Sixth Family (episode 1): L’amore non ha età (tranne per mamma e papà!)

 

Natale.

Mente umana non poteva partorire un termine che racchiudesse in esso più infausti significati. E dire che si tratta appena di sei lettere. Sei lettere, non per nulla il numero del Diavolo è notoriamente conosciuto come 666. Ok, ci stanno anche tre sillabe, e quel numero, invece, rappresenta la perfezione, incarnata dalla Trinità, ma sono meri “dettagli dettagliosamente dettagliosi”. Così, almeno, li definiva Sasha.

Per qualunque adulto sano di mente, comunque, Natale è una tragedia. Inevitabile. Annuale. Di famiglia.

Famiglia.

Perchè associare una parola tanto infausta ad un’altra altrettanto pericolosa?

Poiché, è rinomato, la famiglia è simbolo di quiete, pace e armonia... quando i figli non decidono di estirparla brutalmente del suo adorabile significato, per litigare.

Sisifo, mentre parcheggiava la macchina nel vialetto dei genitori, non poteva fare a meno di porsi simili pensieri. Così come si stava domandando da ormai molti giorni perchè, perchè e ancora perchè doveva succedere a lui?

Era un uomo affidabile, tutto sommato tranquillo, con una bella famiglia, una moglie stupenda, genitori anziani ma ancora in piena salute, tre bellissime figlie e...

“Io non ci vengo. Resto in macchina.”

Strinse le mani sul volante l’uomo, immaginando per qualche flebile istante che quello fosse il collo di quell’infausta creatura.

Perchè la terza doveva essere così ingestibile?!

“Selinsa, non fare i capricci, dai.” un’altra voce femminile, severa eppure dolce, riuscì a placare i nervi che minacciavano di esplodere sulle tempie del povero guidatore.

“Tsk.” nemmeno rispose quell’orrida bestia, emise un semplice verso, secco, cattivo.

Che in realtà celava le lacrime di frustrazione che premevano per uscire, ma che lei, orgogliosa, non voleva mostrare al nemico.

“Selly, comportandoti così non ottieni ragione.” aggiunse una delle sorelle, seguita prontamente dalla gemella “Pandy ha ragione!”

Sisifo annuì, un leggero sorriso trionfante sulle labbra leggermente secche per il freddo pungente. Stava per aprire la portiera, gioioso del fatto che almeno le altre donne di casa avessero del buonsenso in zucca e gli dessero il meritato rispetto.

“Insomma.” proseguì la ventenne, spostandosi con enfasi una ciocca di capelli che le era finita sul volto e facendo l’occhiolino alla sorellina “Aspetta almeno di entrare in casa e raccontare tutto al nonno: di sicuro ti terrà la parte!”

La portiera sbatté, con furia.

“Elena!!” urlò il padre, voltandosi di scatto sui sedili posteriori dell’Audi.

“Che c’è?” domandò innocentemente la fanciulla.

La madre ridacchiò, mettendo una mano sulla spalla del consorte e spegnendo, così, la sua ira funesta.

“Andiamo, i nonni ci aspettano. Non volete vedere i vostri regali?” disse, facendo l’occhiolino alle birbanti figlie che, subito, annuirono, precipitandosi fuori dalla macchina.

Sisifo rimase immobile e, sebbene meno furioso, incrociò le braccia al petto.

“Le vizi troppo.” commentò acido.

La moglie gli sorrise premurosa, aprendo la portiera e dando un bacio sulla guancia a quell’uomo, che tanto amava.

“Anche tu. Solo che io, quando ci litigo, non urlo.”

Sospirando, anche lui si immerse nel freddo di Dicembre, per poi trovarsi, pochi minuti dopo, nel caldo accogliente della sua seconda casa. Appese distrattamente il suo cappotto e quello della moglie sull’appendiabiti del salotto (mentre constatò con disappunto che le figlie avevano scagliato i propri alla rinfusa su di una poltrona) e si affrettò a salutare la madre. Quel piacevole scambio di convenevoli e abbracci venne, però, presto interrotto da un dialogo che aveva preso luogo nell’adiacente sala da pranzo e che si stava animando fin troppo.

“Che?! Papà non vuole che ti vedi con il tuo morosino? No, no, adesso ci pensa il nonno!!”

Fortunatamente per il moro, sua moglie gli sussurrò all’orecchio “Calmo, stai calmo... vedrai che tuo padre capirà il tuo punto di vista, se glielo spieghi.”. Lui annuì, sebbene in seguito osservò malamente la sua consorte, in quanto aggiunse prontamente “Sebbene nemmeno io lo comprenda.”.

Fu così che, mentre le donne di casa si divertivano a parlottare tra loro, mangiando dolcetti in attesa del cenone e aprendo i regali in anticipo (quante volte Sisifo aveva detto loro che dovevano aspettare DOPO cena?! Dannate nuove generazioni che non sanno attendere!), l’uomo si ritrovò nel piccolo salottino di casa, adibito a studio, assieme a suo padre. Come se fosse lui il bambino cattivo da punire.

“Mi spieghi che ti succede, Sisifo?” domandò il vecchio signore, con sguardo perso “Da quando sei diventato così bacchettone?”

L’imputato si portò le mani al viso, esasperato.

“Papà... penso di sapere come educare le mie figlie. Pandora ed Elena sono uscite bene, è Selinsa che non capisce!”

“Che sono, ciambelle? Guarda che se sono uscite bene, il merito è anche di Sasha.”

“Lo SO, che è anche merito suo. Soprattutto suo, dato che io devo lavorare anche ad orari improponibili.”

L’omaccione dalla chioma ormai candida per l’età avanzata fece spallucce, sorridendo comprensivo.

“Hai voluto fare il medico.” lo canzonò, per poi aggiungere “Capisco che Selinsa sia ancora piccola...”

“Ha appena quattordici anni!!” sottolineò il genitore, sentendo il peso di quel numero sprofondare, inesorabile come una lama, nel suo cuore.

Come aveva fatto a passare di nuovo così velocemente, il tempo? Prima le due gemelle, che ormai erano praticamente adulte, e adesso la sua piccola peste... perchè, odiava ammetterlo quando ci litigava, e la cosa capitava ormai spessissimo, ma lei era la sua preferita. Non che lui non volesse bene anche alle altre figlie, al contrario, però Selinsa era speciale. Era quella che, fino a qualche anno fa, lo aspettava sveglia sulle scale d’ingresso, quando aveva i turni notturni all’ospedale. Ed era sempre lei che, nonostante fosse ormai grandicella, gli faceva trovare sempre un regalino fatto a mano da lei, per la festa del papà. Ora però...

“Quel cretino coi capelli a porcospino e il piercing al naso me la vuole portare via!!” inveì dentro di sé l’uomo, che però preferì dire ad alta voce “È troppo presto, non può capire.”

Il genitore gli sorrise, sornione.

“Imparerà.”

Sisifo mandò giù l’insulto che voleva rivolgere al padre. In fondo, era pur sempre Natale e non faceva visita ai suoi da... beh, decisamente un po’ troppo tempo, ultimamente.

“Quello è un tipo poco raccomandabile.” decretò infine.

“Vuoi forse dire che tua figlia è così scema, da non saper scegliere coscienziosamente un fidanzato adatto a lei?”

Pestò il piede a terra, stavolta, il figlio.

“È troppo grande per lei!!”

L’albino gli batté una mano sulla nuca, come faceva sempre quando suo figlio era piccolo, per consolarlo o calmarlo.

“Sisifo... ha appena tre anni in più di lei.”

“Appunto! Sono tanti! Specialmente perchè è un maschio, se ne approfitterà!”

L’omaccione si permise una sonora risata, che si espanse allegra come un canto di gioia.

“Ahahah! Casomai, sarà quel diavoletto della mia nipotina a farlo fesso!” affermò, ben conscio di quanto fosse sveglia la ragazzina.

Non potendosi ormai più trattenere, il moro sbottò.

“Sei suo nonno o no?! Allora valle a dire che è pericoloso quello che sta facendo e che non va bene!! Per l’amor del cielo, sono l’unico in questa famiglia a preoccuparsi per lei?”

Il padrone di casa, che portava il nome della stella della costellazione del Toro non certo per caso, osservò trionfante il suo matador, prima di sferrare l’ultimo, possente, attacco.

“E perchè non glielo dici tu?”

L’uomo s’arrestò, perdendo dapprima colore e poi riacquistandone fin troppo, specie sulle gote.

“Ahem... tanto non mi ascolta...” borbottò.

Aldebaran lo scrutò, con fare indagatore e burlone al tempo stesso. Conosceva il vero motivo per cui il figlio era così preoccupato.

“E poi... oh dai, lo sai anche tu perchè!” si lagnò lui, non sapendo più che pesci pigliare e sentendosi colto in flagrante.

Decisamente, ora sì che si sentiva il bambino cattivo e da punire.

“D’accordo.” sospirò l’anziano, non prima di aver fatto l’occhiolino al suo piccolo pargolo ormai cresciuto “Ma non ti prometto nulla. Un tentativo, in nome del tuo orgoglio di padre, lo faccio.”

Sospirò l’altro, grato.

“Grazie... ci voleva tanto?”

“Sei tu che sei lento ad ammettere di avere la coscienza sporca.”

Con quelle parole, lasciò rosso e pensieroso Sisifo, mentre lui aprì la porta e si diresse deciso dalla nipotina, che lo attendeva con sguardo a metà tra lo speranzoso ed il mesto. La buona riuscita della serata dipendeva da quanto avrebbe detto il nonno di lì a poco.

“Selly, tesoro mio... non credi che il tuo amichetto...” incominciò un poco titubante l’albino, sentendosi a disagio per quel discorso in cui non credeva minimamente.

“Si chiama Minosse.” puntualizzò fredda lei, per poi aggiungere con occhi sognanti “Come uno dei re cretesi!”

“Poi non ti stupire se papà lo chiama cretino con smanie hitleriane.” la prese in giro la sorella, che venne ripresa con un coppino dalla maggiore.

“Ti rammenterei che anch’io ho un nome greco non proprio allegro...” le bisbigliò, mettendo un’infantile broncio.

“A me è andata ancora bene, invece: sono la donna più bella del mondo!” disse trionfante l’altra, mettendo in mostra il proprio bel viso.

“Peccato che nessuno ti caghi.” fece aspra la gemella.

“Manco di striscio.” concluse Selinsa, che poi tornò a rivolgersi al nonno, siccome la sorella era ormai zittita “E con ciò? Dove vuoi andare a parare?”

Aldebaran si grattò il capo, incerto, e notando che né sua moglie né Sasha lo aiutarono in alcun modo (essendo entrambe totalmente dalla parte della ragazza), tentò di concludere il suo monologo.

“Beh, ecco... non credi che sia un po’ troppo grande per te?”

Basita, la ragazza schizzò in piedi, i corti capelli azzurri appena tinti che brillavano come fuochi fatui.

“Traditore!! Nonno, di te mi fidavo!” urlò isterica, mentre il vecchio tentava di calmarla porgendo le mani avanti “E comunque parli bene tu, guarda che lo so che tu e la nonna avete cinque anni di differenza!!”

“Sì, ma vedi...” tentennò, cercando una frase fatta adatta per l’occasione “Erano altri tempi.”

La nipote lo fulminò con lo sguardo.

“Già, il Paleolitico!”

Quell’affermazione fece scaturire una ridarella generale nella platea, mentre il protagonista della diatriba si sentì sconfitto ed umiliato sotto ogni fronte. Non poteva vincere con lei, era decisamente troppo pungente e colta.

A quel punto, il nonno si arrese e guardò rassegnato dietro di sé, sulla soglia della porta, ove si trovava il figlio. Questi, compreso di essere rimasto ormai solo, tentò un ultimo affondo.

“Il nonno non ha costretto la nonna a tingersi i capelli di quel colore assurdo!”

La quattordicenne urlò, esasperata.

“Per l’ultima volta, ho scelto IO di tingermi i capelli, lui mi ha solo accompagnata e mi ha aiutata a scegliere il colore!”

“Il prossimo passo sarà farsi il piercing!”

“E anche se fosse?” lo sfidò la figlia, ormai pronta a sfoderare qualsiasi arma, anche la cattiveria, pur di averla vinta.

“Adesso basta, Selinsa chiedi scusa a papà e tu, Sisifo, chiedi scusa a tua figlia. O nessuno dei due mangerà il coniglio al forno che ho preparato apposta per voi.”

A quelle parole, padre e figlia ammutolirono, come per magia.

“Vuoi dire... il coniglio che fai con il tuo sughetto?” domandò il figlio, ricordando con affetto e un certo languorino i manicaretti della sua mamma.

La donna annuì.

“E ci sono anche le patate?” chiese titubante Selinsa.

Nuovo cenno d’assenso.

“Scusa.”

Udita quella corale parola tanto ambita, la padrona di casa si lisciò il grembiule scarlatto, in tinta con la festività, e si diresse in cucina.

“Bravi bambini: vedrete che a stomaco pieno ragionerete meglio. E, comunque, Sisifo tu dovresti tacere. E sai benissimo perchè.”

Detto ciò, miracolosamente, si respirò nuovamente un clima pacato e sereno. Nessuno voleva contrariare la nonna, tantomeno la sera in cui aveva cucinato tutto il santo dì per la loro felicità. Perchè non ricambiare il gesto, allora? Tanto né Selinsa né il genitore avevano accettato la resa, avevano semplicemente deposto le armi, momentaneamente.

“E, comunque, non glielo dico che io e sua madre abbiamo più di dieci anni di differenza, oh!” esclamò deciso dentro di sé l’uomo, mentre osservava deliziato le figlie scartare l’ennesimo regalo.

Nemmeno durante le feste si può star tranquilli, è vero, però se ci si vuol veramente bene si è in grado di mettere da parte i dispiaceri almeno per qualche ora. E poi, si sa, non si può dire di no ai piatti della nonna!

 

 

ANGOLO DELL’AUTRICE:

 

Salve a tutti e... Buon Natale! =D

È da tantissimo che non aggiorno, chiedo venia, ma ho scoperto di essere come Leonardo da Vinci: inizio una cosa, ma poi mi lascio distrarre da altro. xD Però non lascio le mie opere incompiute, nossignore! Certo, magari ho fatto passare decisamente troppo tempo tra un aggiornamento e l’altro (e non solo per questa fic, ahimé), però sono seriamente intenzionata a portare oltre la linea del traguardo TUTTE le mie storie a capitoli. Prima o poi. Ehò, sapete come sono fatta, non mi chiamano Mrs Ritardataria per nulla! xD

Coooomunque, per Natale mi sono decisa a riprendere in mano questa simpatica raccolta che avevo iniziato, tanto più dopo aver notato che molta gente la seguiva. A tutti voi, dunque, un grazie di cuore!

Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto, ce l’ho messa tutta! ^-^

Per i prossimi capitoli, non so quando li posterò, però qualcuno è già quasi pronto (dato che le idee non mi sono mancate durante l’anno), però è il tempo quello che mi manca! xP Credo che scriverò ancora uno, due capitoli al più su altrettante coppie differenti, e dopodiché riprenderò in mano le mie “vecchie” happy family e le farò rivivere in un tragico fluffuoso secondo episodio. E poi basta, perchè credo che vi avrò annoiato anche fin troppo! xD

Ancora un grazie enorme a tutti voi lettori, in particolare a quelli che hanno messo la storia tra le seguite/ricordate/preferite e a quelli che mi recensiscono. Siete fantastici, passate tutti uno splendido Natale ed un felice anno nuovo! <3

 

Moni =)

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Capitolo 7
*** Seventh Family (episode 1): Vive l’amour! ***


Seventh Family (episode 1): Vive l’amour!

Buon S. Valentino ❤

 

“Qualcuno ha ordinato un po’ d’ammmoreh?!”

L’urlo di gioia e trionfo di Selinsa, che stringeva tra le proprie braccia la sua amata, venne prontamente sedato dalla sorella maggiore, apparsa dinnanzi a loro come un nefasto presagio di sventura.

“Oh sì. Ferma lì, che prendo la mira con la carabina.” replicò infatti in tono asciutto, trafiggendo le due donne con uno sguardo di puro odio e palese invidia.

“Anche tu mi sei mancata, Pandy.” fece stizzita la ragazza dai corti capelli bluastri, che si trattenne dal pronunciare insulti unicamente perchè la fidanzata le strinse la mano.

“Ehm... ciao Pandora.” salutò con un sorriso teso Yuzuriha, mentre con l’altra mano si lisciava la lunga chioma legata ad una coda alta.

Non era da lei essere timida ed impacciata, ma dato che quella era la prima festa che lei e la compagna avrebbero trascorso in compagnia delle sorelle di lei, si sentiva completamente fuori posto. L’incontro ravvicinato con Pandora inoltre, che le incuteva un istintivo timore, non l’aiutò affatto. Fortunatamente, la padrona di casa fece il suo ingresso in soggiorno, sedando ogni possibile tentativo di rivolta. Anche perchè la pena sarebbe stata l’esilio nella cuccia del cane e, dato il freddo che c’era nonostante il bel Sole, Elena era certa di poter contare sulla completa collaborazione dei suoi graditi ospiti.

“Selinsa, Yuzuriha, che bello vedervi! Come state? E tu, tornatene buona.” disse sorniona, lanciando nel frattempo uno sguardo bieco alla gemella che, prontamente, si ritirò nel suo angolino.

Non appena comparve, Yuzuriha ricominciò a respirare in modo regolare. Era incredibile come, per quanto Elena e Pandora si somigliassero, fossero in realtà così diverse. Capigliatura a parte, la minore delle gemelle era facilmente distinguibile per il carattere molto più pacato e cordiale, sebbene Selinsa l’avesse fin da subito avvisata della sua pericolosità, soprattutto se fatta arrabbiare.

“Tutto bene, grazie. Ti trovo bene...” riuscì a malapena dire l’ospite, in quanto fu interrotta subito.

“Oh, davvero mi trovi splendida? Sì, beh, ammetto di essere una donna bellissima... non per nulla mi hanno chiamata Elena e mio marito, sebbene cieco, si è immediatamente innamorato della mia bellezza!”

Fu allora che la mora si ricordò dell’altro aggettivo che la fidanzata usava per descrivere la sorella: narcisista. Mentre Selinsa ridimensionava Elena, questa, dopo essersi assicurata con un rapido sguardo che Pandora non le stesse ascoltando, mormorò loro qualcosa.

“Scusatela.” disse in riferimento alla gemella “Si è lasciata con il suo fidanzato...”

“Di nuovo?!” esclamò basita la ragazza dai capelli azzurrini, che poi si tappò la bocca con entrambe le mani, abbassando la voce “Scusa... di nuovo?”

“Già, di nuovo!”

La risposta giunse dal divanetto posto poco distante da loro, dove la donna si era accomodata per piangere sui suoi dolori e annegare il dispiacere nell’aranciata (dato che quella maledetta di Elena aveva preventivamente chiuso a chiave il ripiano bar).

“Che ridere, eh? Questo era l’ottavo! L’ottavo uomo della mia vita che mi spezza il cuore...” ridacchiò in tono isterico la trentenne.

“Stai contando anche Nicola, per caso?” domandò pensierosa la padrona di casa, che stava cercando di fare i conti di tutti gli spasimanti che Pandora aveva avuto nell’arco della sua intensa (e disastrosa) vita amorosa.

“Perchè? Non dovrei? Mi ha persino messo le corna, e ha baciato davanti ai miei occhi quella sciacquetta di Veronica!”

“Andavi all’asilo!”

“È stata comunque un’esperienza traumatica! E premonitrice: mi avvisava fin dalla più tenera età che non avrei mai avuto una gioia...”

“E questo.” fece Elena alle due nuove arrivate, dato che si era stancata di proseguire oltre quel dialogo assurdo “È il motivo per cui vi ho chiesto di passare San Valentino qui con noi, oggi. Se stiamo tutti insieme, almeno Pandy si sentirà meno sola.”

“Oh sì, certo.” piagnucolò lei, continuando con il suo melodramma, mentre le ragazze toglievano i cappotti “Perchè passare tutta la giornata a guardare le mie sorelle con le loro anime gemelle mi farà sentire sicuramente meglio! Che splendida idea! Non per niente è stata partorita dalla tua testa, Elena...”

“Voi che ti mostri cosa può partorire la tua di testa, Pandora, se la spacco in due con un mestolo?”

Ci fu un breve silenzio, dovuto al fatto che la padrona di casa si stava realmente stizzendo e preparando a compiere un fratricidio.

“... comunque, mi chiamo Pandora, non Athena. E poi ti sporcherei il divano, non so quanto ti convenga.”

Esasperata, la trentenne si diresse verso la cucina dove, almeno, avrebbe potuto sedare le sue smanie omicide sul pollo. Con fare cauto, Yuzuriha tentò un approccio pacifista nei confronti della donna. Si sedette sulla poltrona posta a fianco del divanetto e, dopo che anche Selinsa ebbe preso posto sul bracciolo, prese la parola.

“Secondo me sbagli a prenderla così tragicamente.”

Peccato che utilizzò le parole più sbagliate. In fondo, Yuzuriha non era mai stata un pozzo di carinerie e tatto, rassomigliando più a un cavernicolo per la sua empatia, nonostante le sue intenzioni fossero delle migliori.

Tragicamente?” ripeté infatti indispettita Pandora, fissando i suoi occhi lucidi e iniettati di sangue nell’incauta fanciulla.

Presa in contropiede, la giovane cercò rimedio a quel brusco cambio di carattere che lei aveva inavvertitamente causato.

“Sì, nel senso, sei una bellissima donna, sicuramente troverai una persona...”

“Che mi vorrà per il mio aspetto? Grazie, ora sì che mi sento meglio!”

“Oh, insomma, Pandy! Sei veramente assurda!” intervenne Selinsa, già stufa di quel grigiume che, come un’orrenda aura mefitica, si stava diffondendo per la casa “Yuzu intende dire che non sei un’ottantenne senza più futuro: ti è andata male, e allora? Guarda me! Io sono stata con quel decerebrato di Minos per cinque anni, prima di lasciarlo. E ho preso anche altre batoste... soprattutto perchè ho scoperto che mi piacevano anche le ragazze.” ammise con una punta di rammarico nella voce.

Quello non era di certo stato il periodo più felice della sua vita, anche perchè non aveva ricevuto alcun supporto all’epoca. Non perchè le sorelle non le fossero state vicine, ma perchè lei stessa rifiutava di affrontare apertamente il problema. Soltanto dopo molte riflessioni e tormenti si era decisa a parlarne e, nonostante lo shock iniziale della famiglia, l’avevano tutti accettata. Inaspettatamente, proprio Pandora aveva preso subito le sue parti, dicendo chiaramente ai genitori che se non avessero modificato immediatamente il modo in cui la guardavano, se ne sarebbe andata di casa con la sorella.

Non avevano mai avuto un rapporto roseo, eppure lei c’era stata nel suo momento di maggior crisi. Perciò, rimembrando quel ricordo, Selinsa cercò di farsi meno aggressiva e di raggiungere il cuore della sorella.

“Però adesso ho Yuzu, e non potrei essere più felice di così.” concluse dopo una breve pausa, stringendo la mano della fidanzata, che le sorrise lusingata “Sei una persona speciale, Pandy, assurda ma speciale. Vedrai che troverai anche tu la persona che meriti.”

Pandora non si sentiva minimamente consolata da quelle parole che aveva udito e riudito nel corso degli anni, ma ascoltare la confessione della sorellina l’aveva fatta tornare in sé. Stava decisamente esagerando, lo sapeva bene, ma era sempre stata la melodrammatica della famiglia. Era il suo modo per sfogarsi, tirare fuori tutto senza vergogna... ma, stavolta, aveva sbagliato occasione. Selinsa non meritava un San Valentino fatto di lagne e isteria. Non dopo tutta la fatica che aveva fatto per trovare la sua innamorata. In quanto sorella maggiore, avrebbe dovuto sorriderle e chiederle scusa. Tuttavia, a causa di tutto quel groviglio di sentimenti che le avvolgevano l’anima, la donna non poté trattenere oltre il pianto che sentiva nascere in gola.

“Scu... scusa Selly, non avrei dovuto...” iniziò con voce tremante, procurando brividi di panico in Yuzuriha, che si sentiva decisamente in mezzo.

“Oh no, ti prego, il pianto di scusa no eh...” mormorò Selinsa, con faccia disgustata.

Ogni volta che litigavano finiva sempre così, doveva aspettarselo.

“No... non piaaaaaaaahhhhh!!”

E fu così che l’urlo disperato di Pandora riecheggiò per casa, facendo sussultare la gemella nell’altra stanza. Subito, ella accorse nel salotto, per trovarsi davanti agli occhi una trentenne che piangeva disperata tra le braccia rigide della sorellina, mentre l’altra ventiquattrenne tentava in ogni modo di spostarsi e fare spazio alle due. Inaspettatamente, però, anche Yuzuriha venne coinvolta dall’abbraccio, e così il disagio raggiunse il suo apice. Selinsa lanciò uno sguardo di aiuto a Elena, ma questa scosse il capo, sorridendo beata. Almeno, dopo questo bel piangere, Pandora avrebbe smesso di lamentarsi.

Dopo lunghi, imbarazzanti minuti, suonò il campanello. Spronata a ritrovare un minimo di decoro, la trentenne si asciugò al meglio gli occhi con la manica della giacca, mentre Selinsa, impietosita, le porse un fazzolettino.

“Siamo tornati!”

L’allegria di Asmita, il marito di Elena, si sparse presto per la casa come un buon profumo. Ad accompagnare il biondo, c’era il piccolo Regulus.

“Bentornati!” esclamò la donna, andando incontro al marito e al figlioletto di cinque anni “Com’è andata a scuola?”

Regulus mostrò con orgoglio alla sua mamma un foglio. A caratteri incerti, c’era scritto il suo nome e una serie di parole, accanto alle quali c’era un piccolo disegnino per ciascuna che le illustrava.

“Oggi abbiamo fatto il dettato!” esultò saltellando il piccolo, mentre il padre gli carezzava i capelli, complimentandosi ancora con lui.

“Oh, ma ci sono le zie! Zia Pandy!” gridò il bambino, saltandole al collo.

Pandora, ancora scossa per il pianto terminato pochi minuti prima, lo osservò incredula e disorientata.

“Eh? Cosa?” domandò lei, fissando incerta i presenti.

“Perchè hai gli occhi rossi, zia?” domandò il piccolo, mentre il padre inclinava il capo, sorpreso.

“Che è successo?” fece eco l’uomo.

“Niente, Asmita, c’è stata una piccola crisi esistenziale.” spiegò brevemente Selinsa, che tentava di coccolare il nipotino che, tuttavia, aveva occhi solo per la donna che assomigliava in modo incredibile a sua madre.

“Sono sola al mondo...” mormorò Pandora, per poi zittirsi, non dimentica di quanto le aveva detto la sorella poc’anzi, e sentendosi quindi subito in colpa.

A distrarla dalla sue pene, pensò proprio il nipote.

“Non hai il fidanzato, zia?” domandò infatti Regulus, per poi tirarle il vestito all’altezza del collo, pretendendo che abbassasse il capo.

Appena lo fece, la donna ricevette un sonoro bacio sulla guancia, seguito da un allegro “Allora, posso essere io il tuo Valentino?”. A quel punto Pandora, rendendosi conto solo allora che tutti i presenti si trovavano lì appositamente per lei, non poté fare a meno di piangere una seconda volta. Si sentiva una sciocca: si lamentava tanto di non avere un’anima gemella quando, dinnanzi a lei, aveva così tante persone che le volevano bene e che facevano di tutto per renderla felice.
“Ancora? Ma basta!” si lamentò Selinsa, mentre la fidanzata ridacchiava imbarazzata.

Pandora, però, stavolta sorrideva, mentre abbracciava il nipotino e ricambiava il gesto d’affetto.

“Siete i peggiori Cupido che abbia mai conosciuto! E sì, certo che puoi essere il mio Valentino, mio bel Regulus, anche tutti gli anni!”

 

 

 

ANGOLO DELL’AUTRICE:

 

Salve a tutti! =D

Ci sono voluti parecchi anni, ma eccomi di nuovo qua, a portare avanti questa storia dai toni tanto fluffosi e dolci. È incredibile quanto tempo sia trascorso, mi sembrano trascorsi solo pochi mesi da quando la incominciai... eppure tornare a rileggere i capitoli e, soprattutto, le recensioni ricevute, mi ha fatto venire un groppo alla gola. Quanti bei ricordi sono legati ad esse, mi emoziono ancora oggi!

Ma perchè sono tornata proprio oggi?

Nonostante tecnicamente questo sia l’ennesimo S. Valentino che trascorro senza innamorato, mi sento ugualmente tanto fortunata ed amata. Così ho pensato “Quale regalo potrei mai fare ai miei carissimi lettori, che contribuiscono sempre a farmi sentire felice?”.

L’ispirazione mi ha colta d’improvviso e con naturalezza, mentre mi facevo la doccia. Tempo di asciugarmi e accendere il pc, e la storia era già bella che pronta. Non volevo creare una nuova famiglia, così ho “riciclato” quella del capitolo precedente, ma spostandomi avanti nel tempo.

Il tema cardine di questo capitolo voleva essere l’amore e il suo festeggiarsi. Credo, infatti, che San Valentino non dovrebbe limitarsi alle sole coppiette di fidanzati o sposini. Certo, ci sono anche loro, ma chi non ha ancora trovato la sua anima gemella? Girano sempre tantissimi foto ironiche su questa festa, così come commenti aspri che sembrano volerne a male a chi è felicemente fidanzato. Per spezzare un po’ questa catena eterna, volevo augurare a tutte le persone che conosco e, naturalmente, anche a chi non conosco, un felice S. Valentino: che sia in compagnia della propria anima gemella, della propria famiglia o degli amici. Non siamo mai soli. Siamo sempre amati da qualcuno e anche noi amiamo tante persone, in modo diverso. Perciò, perchè non prenderci un’intera giornata per rendercene conto e festeggiare?

Mi auguro che questo capitolo vi abbia fatto sorridere e, per chi se lo chiedesse, sì finalmente ho intenzione di partire con i secondi episodi delle care famigliole. State pronti, perchè Kardia e Degel stanno per tornare! ;D

Un abbraccio a tutti,

 

Moni =)

 

PS: Sasha_98_, purtroppo Asmita non ha avuto grande rilievo in questa storia e non è nemmeno in coppia con Albafica, ma cercherò in qualche modo di accontentare la tua richiesta, in futuro. ;)

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