S e v e n

di _diana87
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il ricordo felice (parte I) ***
Capitolo 2: *** Il ricordo felice (parte II) ***
Capitolo 3: *** Macey Thompson ***
Capitolo 4: *** Visualize ***
Capitolo 5: *** Famiglia ***
Capitolo 6: *** Lussuria ***
Capitolo 7: *** Gelosia ***
Capitolo 8: *** Accondiscendenza ***
Capitolo 9: *** Accidia ***
Capitolo 10: *** Confessioni ***
Capitolo 11: *** Invidia ***
Capitolo 12: *** Dubbi ***
Capitolo 13: *** Tensioni ***
Capitolo 14: *** Gesti ***
Capitolo 15: *** Confronti ***
Capitolo 16: *** Scomparsa ***
Capitolo 17: *** Red John ***
Capitolo 18: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Il ricordo felice (parte I) ***





Lui continuava a starsene chiuso nel suo attico ormai da una settimana. Lei, invece, era una settimana che cercava di evitare le persone sulla lista di Jane. Oltre ad essere dei possibili Red John, erano anche persone che lei conosceva molto bene. Ma c'era da lavorare, e del resto John lo aveva detto: sarebbe tornato e avrebbe ucciso più frequentemente.

Sì avviò titubante verso l'attico del suo consulente. Per una settimana si era chiesta quale fosse quel ricordo felice di Patrick Jane che Red John voleva tanto uccidere.

"Lisbon, arrivo."

Roteò gli occhi sospirando. Senza neanche aver bussato, lui l'aveva riconosciuta dal passo marcato dei tacchi. Si prese del tempo per darsi una sistemata ai capelli e slacciare un bottone della sua camicetta, tirata fin troppo sotto il collo. Si bloccò sorprendendosi di se stessa.

Cosa stava facendo?

Jane aprì la porta, dopo aver liberato una serie di catenacci. La sua Lisbon era maledettamente vicina, tanto da poter notare quell'accenno di ombretto rosa antico, fard e il lucidalabra.

"Sai di fragole."

Quel commento la imbarazzò non poco, anche perché Jane era dannatamente sexy con quel poco di barba e quella voce soave quasi sospirata. Teresa cercò di trattenere i suoi istinti.

"C'è un omicidio. Dobbiamo andare."

Come un cagnolino fidato, chiuse la porta e seguì la sua partner dentro il CBI.

Teresa poté tirare un sospiro di sollievo. Anche quella mattina era riuscita ad affrontare Patrick senza cadere in situazioni strane. Tutta colpa di quel Sean Barlow, l'amico di gioventù della famiglia Jane. Da quando aveva detto davanti a loro che Teresa era innamorata di Patrick, le cose erano cambiate. Patrick aveva ammesso con lei che Sean aveva ragione; era stato troppo chiuso in se stesso, ma lui non le aveva dato la possibilità di parlare apertamente di loro due e dei loro sentimenti.

"Non posso lavorare così", gli aveva detto, ma lui l'aveva bloccata, capendo che non era quello il momento opportuno per discutere della loro situazione.

Esattamente come l'anno scorso, quando le aveva detto di amarla, il mentalista aveva sempre glissato sull'argomento, tanto da essersi quasi convinta che i sentimenti non fossero ricambiati.

Scosse la testa come se volesse scrollarsi di dosso questi pensieri.

 

"Brett Partridge è già sul posto. Chissà che non tiri fuori di nuovo qualche sua teoria su Red John." disse Rigsby dirigendosi tutto allegro verso il SUV.

Grace, accanto a lui, sorrise.

Dietro di loro, Teresa diede una gomitata a Cho. "Non dirmi che quei due sono tornati insieme..."

"Non è che si nascondano molto bene." Il coreano con poche parole sapeva sempre cogliere quel fondo di verità. Ma nella sua frase, Teresa ci colse anche dell'altro.

Patrick si era tenuto in disparte, più indietro rispetto ai quattro membri della sua squadra. Era assorto nei suoi pensieri e sul come avrebbe affrontato Partridge, visto che era nella sua lista dei sette sospettati.

 

Arrivati sulla scena del crimine, fu subito evidente il grosso smile rosso disegnato col sangue sopra la parete del letto dove giaceva la vittima. Un uomo sulla quarantina, brizzolato, viso quasi irriconoscibile a causa delle ferite inferte, disteso coperto per metà busto da un lenzuolo di seta bianca. Ventre squartato, polsi tagliati, occhi sbarrati che sembravano guardare con stupore qualcosa. O qualcuno.

"Red John." assertì Cho, e bastò il suo nome per far calare il silenzio tra la squadra. 

Teresa allungò lo sguardo verso Patrick, diventato un tutt'uno con la parete della stanza.

Ricomincerò ad uccidere ancora, spesso.

Sentì il cuore in gola mentre osservava Brett Partridge, l'agente della scientifica, e quasi giurò a se stesso di averlo visto fare un ghigno maligno.

"Jane, stai bene?" la donna gli posò la mano sulla spalla.

"Ho bisogno di aria." corse fuori, fuggendo da quello smile sulla parete.

Anche quell'ultima settimana aveva dormito poco. Rivedendo il video di Lorelei che parlava attraverso John, aveva avuto gli incubi e non ne poteva più.

 

Quel pomeriggio, Teresa andò a chiamarlo nel suo attico. C'era bisogno di lui per quel caso e per tentare di identificare il cadavere. Bussò più volte, ma Patrick sembrò non sentirla. Finché, stanca, sentì scendere le lacrime sul viso.

"Jane, ti prego... è una settimana che non parliamo. E ora Red John è tornato, e io non so come fare se non mi aiuti." Era sincera. A costo di dirgli che aveva bisogno di lui e prostrarsi ai suoi piedi, doveva provare a farlo parlare a proposito della lista.

Il mentalista la ascoltava attentamente, anche se non rispondeva. Si avvicinò alla porta e appoggiò l'orecchio per sentirla, e le mani immaginando di toccarla e che anche lei stesse facendo la stessa cosa dall'altra parte del muro che li separava.

"Possiamo vederci a casa mia stasera e parlarne? Dimmi di sì..."

Si decise ad aprire la porta per offrire alla partner la sua spalla, ma Teresa si era già asciugata le lacrime.

"Va bene, Lisbon. Porto io la cena. Cosa preferisci?"

La donna accennò ad un sorriso, felice che lui si fosse deciso ad aprire quella porta. Lui ricambiò il sorriso e in quel momento non furono necessarie altre parole.



Angoletto dell'autrice (poco) sana di mente:
Dopo un periodo di latitanza, sono tornata con una long molto angst e dark... tanto che il rating volevo metterlo 'rosso', poi ho optato per l'arancione.
Come primo capitolo non ho molto da dire... Diciamo che c'è voluto un po' perché mi decidessi a pubblicare... il perché vi sarà spiegato nei capitoli successivi XD
Spero che la storia vi possa far compagnia in attesa della sesta stagione :D
Fatemi sapere che ne pensate... Alla prossima!!
D.
:)

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Capitolo 2
*** Il ricordo felice (parte II) ***




Il ricordo felice (parte 2)

 

 

Teresa non si mise in ghingheri. Indossava semplicemente una camicetta verde smeraldo e jeans neri, lasciando sciolti i folti capelli scuri. Non si aspettava nulla da quella sera; il suo unico desiderio era quello di stare accanto a quell'uomo che amava silenziosamente.

Patrick arrivò in perfetto orario di cena, indossando il suo completo blu e in mano aveva una busta di cibo cinese, sapendo quanto ne andava pazza la sua partner. Si era dato una sistemata, ripulendosi la barba, giusto per non avere l'aspetto di un senzatetto.

Quando lei aprì la porta si sentì invadere da frenesia, quanto una ragazzina al suo primo appuntamento. Notò subito la busta curiosa.

"Sento un buon odore. Promette bene." gli fece l'occhiolino mentre lui sorrise facendosi strada verso la cucina.

"Hai ordinato te, dovresti sapere che è buono il cinese. E poi tu," si prese del tempo per osservare la sua bella siluette dall'alto al basso, e mai come in quel momento si sentiva così attratto da lei, "devi mangiare di più. Non voglio avere uno stecchino per... partner."

Stava per dire 'ragazza' ma pronunciò l'altra parola più appropriata nel momento giusto perché Teresa lo stava guardando con occhi da gattina innamorata che aveva solo voglia di fusa. Ma lui doveva contenersi e non era facile. Trovarsi da soli nell'appartamento a cenare, con la camera da letto che distava pochi metri... sicuramente era una situazione che richiedeva una certa temperanza.

Probabilmente stare lontani per una settimana non aveva giovato a nessuno dei due perché per tutta la serata tentavano di reprimere quell'attrazione reciproca ogni volta che le loro mani si sfioravano.

Patrick si era comportato da vero gentiluomo. Aveva preparato i piatti con il cibo cinese, e lo aveva servito, costringendo Teresa a restare seduta in attesa della sua portata. Troppo abituata vederlo mangiare un panino al volo, per lei vederlo in casa sua a cenare qualcosa di caldo era quasi un sogno. Non avrebbe mai pensato neanche di vederlo indaffarato a cercare di farsi piacere quegli involtini primavera. Si vedeva lontano un miglio che non era il suo cibo preferito a si stava sforzando di farglielo piacere per lei.

Il buffo venne quando toccò mangiare gli spaghetti alla piastra con gamberi usando le bacchette. Teresa se la rideva sotto i baffi, poiché lui non sapeva assolutamente come maneggiarle. Alla fine si arrese, prese la forchetta e poi fece finta di suonare la batteria colpendo con le bacchette tutto ciò che gli capitava sotto mano: bicchieri, pentole, bottiglie...

Dopo cena, si rilassarono seduti comodamente sul divano, uno accanto all'altra. Il mentalista era quasi disteso a pancia all'aria, gambe allungate e mani sulla pancia, segno che era sazio del gran cenone, e si era tolto la giacca del completo per stare più comodo. Vicino a lui, Teresa aveva accovacciato le gambe e teneva un braccio sullo schienale della poltrona per reggersi la testa, e intanto guardava compiaciuta la vista che aveva davanti a sé. Decise che era da tempo che non punzecchiava il suo partner.

"Soddisfatto? Grazie alla tua lista di sospettati, ho dovuto fare di tutto per evitare Bertram questa settimana!" gli diede un colpetto sulla spalla per richiamare la sua attenzione, cosa che funzionò.

Trovarsela così vicino, a circa 20 cm di distanza, fu una sfida. Sfoderò il più bel sorriso che aveva.

"Lo credo bene. Sei una pessima bugiarda!" le disse a bassa voce, sapendo che quel tono sensuale le dava i brividi. 

E in effetti, Teresa sentì una scossa percorrerle la schiena. Sapeva proprio come accendere quell'interruttore per farla eccitare.

"Perché tu invece sapresti come affrontare la verità."

"Io sì. Non per niente è grazie a me e alla mia lettura del viso se scoprite i colpevoli e risolvete i casi."

"Al contrario, tu sei un maestro nel nascondere la verità."

Il consulente sapeva dove la sua partner voleva andare a parare. Si rivolse a lei con sguardo torvo.

"Teresa, non discuteremo della lista. E neanche del video di Lorelei."

"Ma allora perché hai accettato il mio invito a cena?" si alterò.

"Mi mancavi, okay?"

Decisamente questo non se l'aspettava. Fu quello l'immediato pensiero di Teresa, che cambiò posizione, mettendosi seduta e più distante da lui. Si stringeva a se stessa, sfregandosi nervosamente le mani, mentre abbassava la testa per non 'farsi leggere' da lui. Patrick l'aveva osservata ed era inutile continuare così.

"Non posso lavorare così."

Avrebbe dovuto aggiungere anche: Teresa, non discuteremo dei nostri sentimenti. Non è il momento adatto per me e per te, a causa di Red John, che potrebbe prenderti come prossimo obbiettivo. Ti amo, ma non posso stare con te adesso. Invece si alzò, raccolse le sue cose e come un codardo si diresse alla porta d'ingresso.

"Forse è meglio che vada."

L'agente del CBI si morse il labbro sconsolata. E pensare che voleva passare una serata tranquilla. Replicò con un "Okay" mozzato e lo accompagnò alla porta. Quando raggiunse lo stipite, gli pose l'inaspettata domanda.

"Qual è quel ricordo felice che non hai detto a nessuno?"

Con la mano ferma sul pomello della porta, la guardò serissimo.

"Non posso dirtelo, io---"

"Jane..."

"Teresa, sei tu."

Un barlume di sorpresa misto a gioia le cosparse il volto. Probabilmente doveva immagazzinare il tutto, così il mentalista la guardò accennando un sorriso, per farle capire che non stava affatto scherzando.

"Sei tu il mio ricordo felice. Ecco perché non posso dirti tutto, e ti sto evitando, e sono sfuggente, fuori controllo, e..."

La voce si bloccò al contatto delle labbra della donna sulle sue. Gli aveva afferrato il viso tra le mani. Giusto il tempo per assaporare ciò che si era persa in tutti quegli anni da quando lo conosceva, che lui la respinse, togliendole le mani dal volto con forza. Questo gesto la spaventò e fu tentata ad arretrare, impaurita a causa di quegli occhi blu che la fissavano come due lampi nella notte. Le strinse i polsi, ma successivamente mani e braccia passarono a cingerle la vita e a portare il corpo a contatto col suo, baciando avidamente quelle labbra. Lei ricambiò con piacere, chiusero entrambi gli occhi quando le bocche diedero il consenso alle lingue di entrare per incontrarsi e contorcersi tra di loro. La spinse contro il muro dietro di lei, dove sapeva di poterla controllare meglio.

Non era esattamente quello il momento giusto per lasciarsi andare e lo sapevano. Ma ormai quel confine era stato superato.

Le mani passarono velocemente a sbottonarle la camicia per esplorare meglio cosa c'era sotto. Passò a baciarle il collo per poi arrivare all'incavo del seno, tenuto saldo dal reggiseno nero.

"Jane.. aspetta." Teresa gli prese il viso tra le mani guardandolo con determinazione.

"Sei sicura? chiese lui con voce apprensiva, posando le mani sulle sue.

Lei annuì, poi lo prese per mano e lo condusse in camera da letto.

 

Il mattino seguente, si svegliò tra le lenzuola felpate che coprivano il suo corpo nudo, ma quando allungò il braccio dall'altro lato del letto, non trovò la sua compagna. Evidentemente si era alzata presto per andare al lavoro. Si alzò ricercando per la stanza gli indumenti lasciati sparsi per la stanza la sera precedente, e si diresse in cucina preparandosi la solita colazione: una tazza di tè. Sorrise ripensando agli avvenimenti della notte, a quella passione che finalmente era esplosa e avevano condiviso dopo tanto tempo. Ma la scintilla di gioia gradualmente scomparve, sostituendosi con un'espressione di preoccupazione... poi di consapevolezza... e infine di paura.

Teneva in mano la tazza di tè, ma era tremolante. Si mise la giacca, lasciò tutto com'era, salì in macchina e si diresse al CBI.

Per tutto il tragitto non fece che pensare a Teresa. Il ricordo dei suoi baci, il calore del suo corpo contro il suo... ma le immagini si fondevano con le parole di Red John e al suo voler uccidere 'quel ricordo felice'. A malincuore, con gli occhi lucidi che tentava di coprire con una passata di mano, giunse alla conclusione che nonostante la notte precedente fosse stata perfetta, doveva restare solo un ricordo. Teresa era troppo importante per lui, ma la sua ossessione per Red John aveva come al solito la precedenza, e non poteva rischiare che lei venisse presa sotto il suo mirino.

 

La donna tentava di concentrarsi nello scrivere seduta davanti al computer, ma sentiva i muscoli indolenziti e le guance andarle a fuoco. Stava arrossendo pensando alla notte tra lei e Patrick. Il modo in cui l'aveva presa e portata in braccio fino al letto... a come sorridevano beati mentre si liberavano dei vestiti, che finivano in posti indecifrati della stanza... e come gentilmente le era entrato dentro, stringendole poi la mano per rassicurarla e chiederle se andava tutto bene...

"Capo? Lisbon?" Grace fece capolino nel suo ufficio, facendola sussultare. "Dopo le analisi del DNA, abbiamo scoperto chi è la vittima di Red John." 

Stordita, Teresa le indicò la sedia davanti a sé. La rossa si sedette con calma e porse all'agente un fascicolo. L'espressione sul volto di Teresa fu una delle più inaspettate.

"S-sei sicura sia lui?" chiese terrorizzata come se avesse visto un mostro.

"Sì... i risultati sono arrivati questa mattina... tutto ok, Lisbon?"

"Grazie Van Pelt. Puoi andare." abbozzò un sorriso.

 

Grace aveva appena lasciato l'ufficio di Lisbon, quando si scontrò con Patrick, che era appena arrivato.

"Ehi, Grace, tutto bene?" la scrutò per capire cosa c'era che non andava, e dallo sguardo preoccupato della giovane capì che si trattava di Red John.

"Avete identificato la vittima?"

"Sì, è nel fascicolo che ho appena lasciato a Lisbon. Mi sembra abbia una faccia familiare, ma non ricordo... In ogni caso, Lisbon sembrava terrorizzata."

Le diede un colpetto sulla spalla per ringraziarla, e poi si diresse nell'ufficio.

Fu strano per loro rivedersi dopo gli eventi accaduti meno di otto ore prima. Patrick si rese conto che Teresa era cambiata. Appena lo salutò con quel 'Ciao', si illuminò. Lui si sentiva uno straccio al pensiero di doverla scaricare per ovvie ragioni. Farle il cuore a pezzi era l'ultima cosa che voleva.

Decise di prendersi del tempo. Si guardò in giro, poi le sorrise con quell'aria furba e si sedette sulla scrivania, accanto a lei. Incrociò le braccia.

"Come stai?"

Lei fissò per un attimo il fascicolo sottomano, come a volersi riprendere dalla presenza celestiale che aveva accanto, poi tornò a posare lo sguardo su di lui.

"Visto che sono una pessima bugiarda, non mentirò." si inumidì le labbra, arrossendo leggermente. "Credo di avere i muscoli indolenziti... Sopratutto, sai, quelli delle gambe..."

A lui scappò una fragorosa risata, alla quale seguì un tono di voce malizioso.

"Povera piccola Lisbon. Sei fuori allenamento!" gli diede un colpetto al braccio, come era solita fare quando si stuzzicavano, cosa che lui ignorò. "Come farai a correre adesso?" le osservò le gambe accavallate, perfette in ogni dettaglio, immaginando di ripercorrerle di nuovo come aveva fatto la notte precedente.

Lei però non si stava divertendo più.

"Jane, dobbiamo parlare..." disse abbassando lo sguardo.

Quel tono così soave e preoccupato presagiva una sola cosa: introdurre l'argomento 'noi'.

"Prima io, Lisbon." con un colpo di mano afferrò il fascicolo e con un balzo scese dalla scrivania. Quando lesse il nome della vittima di Red John, ebbe lo stesso sguardo terrorizzato di Teresa.

"Lo sceriffo Stephen McAllister?!"

La donna annuì.

"Perché Red John ha ucciso uno dei tuoi sette sospettati? Sta facendo qualche specie di gioco macabro?"

"Non ne ho idea." mentì. Un'idea ce l'aveva, ma non c'era tempo per condividerla con lei poiché Kimball e Wayne irruppero nella stanza: c'era stato un altro omicidio. Di nuovo Red John.


Angoletto dell'autrice (poco) sana di mente:
E così Red John è tornato a colpire... e quei due tontoloni hanno deciso di darsi da fare nel momento sbagliato!...
Intanto il primo dei sette sospettati è stato fatto fuori...
Chissà quale sarà il piano del nostro serial killer?
In compenso mi è venuta voglia di cibo cinese :D
Aspetto come sempre le vostre recensioni :)
Alla prossima!
D.
:)

 

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Capitolo 3
*** Macey Thompson ***




 

Macey Thompson


 

 

La vittima stavolta fu subito identificata poiché non aveva il volto sfregiato: Macey Thompson, 33 anni, cameriera e madre single, lasciava al mondo un bambino di nove anni. Grace si occupò di far uscire il piccolo dall'armadio della camera e portarlo fuori dalla scena del crimine. Il corpo di Macey giaceva sul letto in posizione supina, come Red John di solito lasciava le sue vittime. Sul suo cadavere c'erano i tratti caratteristici di Red John, incluso il suo smile rosso sangue sulla parete.

"Così ora avremo ben due casi di omicidio su cui indagare..." si lamentò sarcastico Wayne, mentre con i guanti raccoglieva in una busta di plastica alcuni indizi per ricostruire la storia della vittima.

I suoi piani per il weekend di portare a cena Grace erano andati in fumo.

Patrick si limitava a guardare indifferente fuori la finestra. Ormai conosceva fin troppo bene i tratti del serial killer: un quadro di sangue che occupava letto e parete di sopra, una scia rossa che portava solo dolore e sofferenza.

"A cosa pensi?" gli chiese dolcemente Teresa, e fece per mettergli la mano sulla spalla, ma il suo sguardo rassegnato e stanco la buttarono giù di morale.

 

Mentre erano in macchina guidando verso il CBI, tra Patrick e Teresa era caduto il silenzio, finché dopo un quarto d'ora, lui lo ruppe bruscamente.

"Credo che Red John voglia far fuori tutti i sospettati sulla lista per arrivare a me."

Per poco Teresa non fece sbandare l'auto, ma un riflesso di Patrick, che prese di mano il manubrio, riportarono la macchina dritta sulla carreggiata.

Lei lo guardò esterrefatta.

"Del resto lo aveva detto, giusto? Sarebbe tornato e avrebbe ucciso più spesso. Penso sia questo il suo gioco macabro: uccidere finché non mi avrà catturato. E quale cosa migliore per accelerare i tempi se non partire dai sette sospettati sulla lista?"

"Non sappiamo cosa abbia in mente. E poi Macey Thompson non aveva legami con lo sceriffo McAllister. Perché l'avrebbe uccisa?"

"Per ora, Lisbon." corrugò la fronte in un'espressione preoccupata e poi fissò fuori dal finestrino.

Lei deglutì osservandolo. Si stava di nuovo chiudendo in se stesso: lui e i suoi muri di cemento. E il silenzio cadde di nuovo sovrano tra i due.

 

Lisbon e il suo team lavorarono quasi tutta la notte per ricostruire la storia dell'ultima vittima di Red John. Teresa di tanto in tanto guardava oltre il suo ufficio, sperando che Patrick si sarebbe fatto vivo prima o poi. Sospirò quando per l'ennesima volta non vide comparire nessuno su quel divano marrone nel salone principale. Lo sguardo assente di Teresa non sfuggì a Grace.

"Capo, vuoi andare a riposare? Nel frattempo io, Rigsby e Cho possiamo continuare da soli..."

"Ti ringrazio, Van Pelt. Posso farcela." si sforzò di sorriderle, riconoscendo il gesto di preoccupazione dell'amica.

"Tombola!"

Il gruppo guardò Wayne che aveva alzato le braccia al cielo in segno di vittoria. Sentendosi osservato, si ricompose immediatamente.

"Ho completato l'identikit di Macey Thompson. A quanto pare faceva parte della Visualize..."

"Cameriera di giorno e membro della Visualize di notte?" chiese Grace.

"Una doppia vita." concluse Kimball.

Teresa non si sentiva bene.

"Scusate, ragazzi, devo andare a cercare Jane. Torno subito."

Si alzò e con passo veloce si allontanò dalla sua squadra.

"Non vi pare che sia, come dire... diversa?" le domande di Wayne sulle donne facevano sempre sorridere Grace.

"Siete dei ciechi se ancora non l'avete capito..." guardò prima lui e poi il coreano, lasciandoli con qualche secondo di suspense. "E' innamorata."

 

"Jane, Jane! Ti prego apri questa porta e fammi entrare, è importante."

"Non ora, Lisbon."

Sospirò. I suoi modi freddi e scorbutici l'avevano veramente stancata. Aveva cambiato atteggiamento appena aveva scoperto che lo sceriffo McAllister era stato ucciso. La stava evitando. Di nuovo.

"E va bene." cercò di mantenere la calma per fargli capire chi era che stava al comando nella squadra. E forse nella coppia? "Penso possa interessarti sapere che Macey Thompson era un membro della Visualize."

Senza pensarci due volte, Patrick le aprì la porta facendole segno di entrare.

"Dimmi tutto."

"Tu sai chi c'è a capo della Visualize..."

"Bret Stiles."

"Un altro dei tuoi sospettati."

"Domani mattina dobbiamo andare lì..."

Fece per riordinare le sue carte e prendere appunti, quando Teresa lo bloccò. Decisa si piazzò davanti a lui, distogliendogli l'attenzione su quelle carte.

"Basta girarci intorno. Noi dobbiamo parlare..."

I suoi occhi non mentirono quando intendeva proprio affrontare l'argomento. Anche lui si rese conto che era inutile rimandare ancora.

"Intendi dire... oh."

Cominciare a parlare di quel 'noi' fu davvero difficile per l'agente, dato che si trovava davanti ad una persona chiusa e impenetrabile come il suo mentalista.

Abbassò lo sguardo guardandosi le mani. Indecisa su come porsi, incrociò le braccia e finalmente trovò le parole.

"La notte scorsa... cosa... ha significato per te?" lentamente alzò gli occhi cercando di incrociare i suoi. Abilmente, lui guardò prima da una parte, poi dall'altra, segno che stava pensando la miglior bugia da dirle. Lo stesso gioco di sguardi dello scorso anno quando lei gli aveva chiesto cosa intendesse per quel 'ti amo' prima di fingere di spararle.

"Beh, siamo stati bene... è stato... bello..." mentre pronunciava quelle parole, non sembrava decisamente convinto, ma Teresa non ci fece caso.

Sentiva il cuore in gola.

"Tu sei stata fantastica, voglio dire... non ho mai fatto quel genere di cose..." tentò di soffocare qualche risata e si passò le mani tra i capelli riccioluti.

Lei continuava a guardarlo, nascondendo il volto tra i capelli. Non sapeva se essere lusingata oppure imbarazzata.

"Quindi... sai che è cambiato tutto..."

Il cuore gli batteva sempre più forte. Sembrò esplodere e schizzar fuori dalla bocca per quanto lo sentiva vicino. Deglutì a fatica, trattenendo gli occhi lucidi per sostituirli con l'espressione più agghiacciante che avesse.

"Questo è poco ma sicuro... per una come te che non ha mai avuto relazioni serie, è normale che ti senti così..." cercò di mimare la sua espressione di stupore euforica."

Ma il volto di Teresa cambiò gradualmente. Da quel misto di sentimento di lusinghe e imbarazzo, ne spuntò un altro.

Vergogna.

"Che intendi dire 'per una come me'?"

"Lisbon, non fraintendermi ma, per quanto sia stato grandioso stanotte e tu magnifica, facciamo che resti solo l'avventura di una notte, okay? Non sei pronta per qualcosa di serio, credimi."

Lei spalancò gli occhi, sentendosi presa in giro. Stava scherzando, vero? Si allontanò lentamente da lui, mettendo le braccia lungo il corpo.

"Quindi ti è piaciuto ma, dovremmo considerarlo un errore?"

"Direi più 'una botta e via'. Alla scuola cattolica ti hanno insegnato queste cose?"

La cinquina arrivò dritta e di corsa alla sua guancia sinistra, facendolo quasi cadere a terra.

Sul volto di lei, alla vergogna si sostituì il disgusto.

"E' questo che penso di me? Che io sia una facile... da dimenticare?"

"Ci siamo divertiti, ma dobbiamo dimenticarlo. E' stato un errore!" Patrick si teneva la mano sulla guancia.

Anche se il dolore era allucinante perché Teresa gli aveva mollato un bello schiaffo in piena regola, tanto da lasciargli il segno, sapeva che nulla era paragonabile alla sofferenza che lui sentiva dentro. La stessa sofferenza che stava infliggendo alla persona che amava.

L'agente trattenne le lacrime, mordendosi il labbro. Stringeva i pugni. Le mani le andavano a fuoco.

"E inoltre non voglio che il nostro lavoro professionale si mescoli con la vita privata... non sei d'accordo?"

"Non rivolgermi più la parola." disse lei a denti stretti.

"Cosa?"

"Hai sentito bene. Non rivolgermi più la parola, mi fai schifo. Sei esattamente come mio padre."

Questo era il peggior insulto che poteva lanciargli. Ma lui sapeva di meritarlo. Aveva raggiunto il suo scopo: farsi odiare da lei per allontanarla, così che sarebbe stata al sicuro.

Tutte le persone che si avvicinano a me, muoiono.

La donna si voltò, camminando più lontana di quanto poteva fare. Chiuse con forza la porta dell'attico, ma anche oltre quel muro di cemento, il mentalista poteva udirla lanciare lacrime di dolore.





Angoletto dell'autrice (poco) sana di mente:
Lo so, volete fucilarmi, spararmi... fate pure! Ma poi non avrete l'evoluzione della storia :p
E' tutto previsto e programmato questo 'litigio' finale...
L'unico modo per lasciare Teresa lontana dai guai è allontanarla da Patrick...
Ma siamo sicuri questo sia l'unico modo?
Ora toccherà vedere le reazioni di questa sua decisione e sopratutto il comportamento di entrambi...
Come reagiranno, è un enigma che sveleremo prossimamente e sarà interessante vederlo... ne vale per il fine della storia :p
Alla prossima, se volete ovviamente ehehehehe
D. :)

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Capitolo 4
*** Visualize ***





 Visualize


 

 

Nei giorni seguenti, Teresa riuscì a confrontarsi col capo del CBI, Gale Bertram, il che per lei fu un grande passo, dato che era uno dei sette sospettati di Jane.

Per prima cosa, pensò ad un approccio non professionale, incontrandolo 'per caso' al circolo, dove ogni giovedì si riunivano agenti di polizia e giudici per giocare a poker. Bertram era migliorato nel gioco, e ora sapeva mentire alla perfezione quando aveva quattro assi o scala reale, in modo da conservarsi le carte vincenti per il finale.

Teresa aveva pensato di dargliela vinta per qualche mano, tanto per rompere il ghiaccio, poi però aveva iniziato anche lei a giocare duro. Una partita dopo l'altra, il Senior Agent osservava il suo capo in ogni minima espressione facciale chiedendosi se fosse lui Red John.

Un brivido la percosse, facendole scuotere la testa e quel segno dubbioso venne letto come un segnale che stava barando.

Bam! La partita era persa.

 

Quella mattina, la donna era nell'ufficio di Bertram, aggiornandolo sui due casi di omicidio entrambi compiuti da Red John. Lei era decisa più che mai. Sembrava aver completamente abbandonato quell'aria depressa che aveva avuto fino a qualche giorno fa.

Come avrebbe potuto continuare ad abbattersi? Lei era al comando della squadra, avevano due casi importanti e non poteva pensare alla discussione avuta col suo consulente... che ormai non vedeva proprio da quel dannato giorno.

"Sono contento che stai aggiornando sulla situazione, agente Lisbon. Solo una cosa mi chiedo: state procedendo senza Patrick Jane? Come mai? Se posso chiedere..."

Purtroppo perfino Bertram aveva intuito il legame speciale tra la sua migliore agente e il consulente che conosceva da quasi dieci anni. Quindi chiedere di lui era sempre un tasto dolente. Ma il lavoro era il lavoro. Teresa deglutì per qualche istante distogliendo lo sguardo da lui, per poi rispondere con tono deciso rivolgendogli di nuovo lo sguardo.

"Signore, Jane non si è fatto sentire. Negli ultimi giorni, ho lavorato solo io e la mia squadra."

"Non dirmi che è di nuovo chiuso in sé stesso a lavorare sul caso di Red John da solo?!"

Il respiro pesante la tradì.

"Lisbon..."

"Signore... non vuole sentire gli ordini, ed è meglio così. Io e gli altri possiamo lavorare benissimo da soli. Oggi andremo alla Visualize per informarci su Macey Thompson, dato che Bret Stiles è appena tornato da quello che definisce 'un incontro mistico'."

Il tono sicuro della donna lo sorpresero. Di solito Teresa prendeva le sue parti, invece stavolta si accontentava di riferire ai piani alti che tutto andava a meraviglia anche senza Patrick Jane.

Fiera di sé stessa, lo congedò a testa alta.

Nascosto dietro una porta che dava sul retro, uscì un uomo distinto in giacca e cravatta, mano in tasca, che si avvicinò a Bertram senza però guardarlo.

"Lisbon e Jane non lavorano più insieme?"

"Così sembra."

"Caro Gale, dici che è il momento di attuare il piano?"

Il capo del CBI si voltò, pallido, di scatto verso l'uomo.

"Q-quel piano...?"

L'altro annuì rivolgendogli un mezzo sorriso.

 

Nella sala comune, Grace porgeva a Wayne e Kimball un resoconto generale degli spostamenti di Bret Stiles nell'ultima settimana. L'alibi era perfetto: quell'incontro mistico era durato quasi una settimana, cominciato proprio due giorni prima dell'omicidio di Macey e conclusasi quel giorno, facendo un totale di sei giorni.

Troppo perfetto per essere vero.

Teresa contrasse le labbra.

"Allora, io, Rigsby e Cho andremo alla Visualize. Tu, Van Pelt, resti al computer nel caso saltasse fuori qualche sospettato, ti voglio pronta per tracciarlo, okay? Forza, andiamo."

"Capo, e Jane?" la domanda di Wayne era più che lecita.

La donna si bloccò in punta di piedi.

"Ragazzi, Jane ha deciso per sé. Vuole solo starsene da solo a rimuginare su Red John e noi non possiamo farci niente."

"Ma siamo la sua famiglia..." la risposta di Grace sembrò una richiesta di aiuto in favore di Patrick.

Teresa non si scompose.

"Volete venire oppure no?"

 

L'imponente struttura della Visualize incuteva sempre timore ma affascinava allo stesso tempo. Ad accogliere la squadra di Lisbon ci fu proprio Bret Stiles che fece il gesto di allargare le braccia per dar loro il benvenuto.

Il suo sorriso sembrava fin troppo tranquillo.

Lisbon e Cho camminavano decisi, pronti ad incriminare finalmente l'omicida, quando sentirono una voce familiare dietro di loro e si voltarono.

"Volevate parlare con Bret Stiles senza di me? Che maleducazione..."

"Patrick, la stavo aspettando con ansia."

Il mentalista e Bret si lanciavano occhiate d'intasa, mentre Teresa sbuffò mettendosi in mezzo.

"Okay, chi ha detto a quest'idiota di venire con noi?" indicò l'idiota biondo alla sua destra.

Bret fu abbastanza sorpreso. Anche lui era uno dei tanti a cui non era sfuggito il rapporto fin troppo stretto tra il consulente del CBI e la bella agente senior del bureau.

Guardò prima l'uno e poi l'altra. Il mentalista si limitò ad alzare le spalle come se niente fosse, e Teresa manteneva le distanze da lui.

 

Mentre Wayne e Kim davano un'occhiata in giro alla Visualize, magari interrogando altri membri se conoscevano o meno la vittima, Teresa era nell'ufficio di Stiles per interrogarlo.

Nel momento in cui si sedette tranquilla e beata, convinta di aver lasciato il suo consulente con gli altri due agenti, lui apparve facendo prima capolino dalla porta, poi entrò quando Bret gli fece segno.

I due non si guardarono in faccia, e Patrick decise di dedicarsi ad osservare lo studio di Stiles, come se non l'avesse mai visto prima.

"Signor Stiles, lei sa perché siamo qui... Vorrei farle qualche domanda su Macey Thompson..."

"Vorremmo... intende dire..." si sbrigò a correggerla Patrick, facendo l'occhiolino all'uomo davanti a lui.

Teresa ignorò completamente la frecciatina e lo guardò torva per un istante con la coda dell'occhio.

"Dov'era cinque giorni fa tra le 22 e le 23.30?"

"Ancora al mio incontro mistico. Può chiedere conferma al mio autista e al mio avvocato."

"Strano come tu sia partito subito sulla difensiva, Bret."

Il mentalista guardò il capo della Visualize dritto negli occhi. In parte lo stava studiando per capire a cosa stava pensando. D'altra parte, osservava lui per non posare l'occhio sulla sua partner, che si stava trattenendo dal tirargli un pugno in faccia.

Bret si allungò verso di loro.

"Agente Lisbon... Patrick. Non ho ucciso Macey Thompson."

"Ma sai perché Red John la voleva morta." insistette Patrick, ormai preso dalla discussione.

Teresa si sentì quasi il terzo incomodo in quella conversazione. Quei due si capivano a vicenda, sapevano come rispondere alle battutine, cosa che lei invece aveva perso. Tant'è che fece un passo indietro con la sedia.

"Patrick, io conosco Red John. Ma per ovvi motivi personali, quali la mia vita stessa, non posso rivelarle i suoi intenti."

"Era ovvio." sorrise il consulente.

"Posso solo dirvi che lo sceriffo McAllister aveva il vizio di darsi delle arie fino a disprezzare gli altri, mentre Macey Thompson aveva come unico vizio l'essere una lussuriosa... sapete, aveva una relazione nuova ogni tre settimane... non mi meraviglio del fatto che suo figlio soffrisse molto..."

Senza pensarci, istintivamente, Patrick e Teresa si guardarono per un attimo. Giusto il tempo per realizzare che forse i due omicidi erano collegati tra loro.

"Comunque, se volete ancora esserne più sicuri, domani sera si terrà una speciale funzione funebre per ricordare la povera Macey e mi farebbe piacere avervi come ospiti."

L'impassibilità di quell'uomo dal passare da un omicidio, a Red John e poi ad una specie di festa come se niente fosse, era qualcosa che li colpì e li spaventò allo stesso istante. Forse quello era il primo momento, dopo giorni, in cui i due si scambiavano uno sguardo.


Angoletto dell'autrice (poco) sana di mente:
Le cose iniziano lentamente a muoversi... ma allo stesso tempo si complicano...
Teresa ha ricominciato a stabilire un contatto con suo capo, sebbene sospetti di lui...
E iniziano i sospetti anche su Bret Stiles e la sua Visualize...
Come se non bastasse, sembra che Red John sia uccidendo seguendo una scia particolare...
In sostanza, tutti sono sospettati!
Voi che pensate?
Alla prossima e grazie a tutti quelli che seguono la mia storia generata dalla mia mente malata! :p
D.

 

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Capitolo 5
*** Famiglia ***





Famiglia

 



"McAllister si dava delle arie..."

"Superbia."

"E Macey era un tipo lussurioso..."

"Lussuria."

Wayne e Kim avevano identificato subito un quadro generale, o almeno una possibile connessione tra le due vittime.

Il team di Lisbon si era riunito quella sera a tavolino per fare il punto della situazione. Due delitti e un solo serial killer. Imprendibile, come sempre.

Un alone di mistero e di sfida che attraeva chiunque, perché il solo nome Red John, riecheggiava come sinonimo di 'paura'.

"Red John sta uccidendo seguendo i vizi capitali?" chiese Grace, invece, abbastanza confusa. "Scusate, ma... non è quello il suo modus operandi..."

"Infatti. Lui di solito preferisce donne caucasiche, qui invece abbiamo un uomo e una donna," disse il coreano, che non aveva mai staccato gli occhi dai profili di Macey e di McAllister.

Patrick, intanto, se ne stava seduto a sorseggiare il tè sul suo divano preferito ma si alzò di scatto quando vide Teresa entrare nel salone principale. Con le braccia lungo i fianchi, sembrava disturbata da qualcosa.

"Ragazzi domani sera siamo stati invitati da Bret Stiles alla funzione funebre per Macey Thompson. Lo so che non avete voglia di andarci, e credetemi, neanche a me entusiasma, ma può essere un'occasione in più per scoprire se Stiles ci sta nascondendo qualcosa."

Guardò Patrick in attesa di una sua considerazione, che non tardò ad arrivare.

"Credi davvero che Bret sia Red John?"

Lei per un attimo sussultò, insicura se accennare o meno alla lista dei sospettati, o che lui avesse intenzione di farlo.

"Perché non dovrei?"

E' uno dei sospettati nella tua maledetta lista.

"E' uno dei più vicini a Red John, e tu lo sai, Jane..."

Il mentalista scosse la testa, mettendosi un dito davanti le labbra, come era solito fare quando pensava. Poi si avvicinò alla scrivania di Kimball e gli prese di mano i profili delle due vittime.

"Bret Stiles non è Red John." si sedette, richiamando l'attenzione della sua squadra. Li voleva vicino a sé, come un guru pronto a raccontare una storia affascinante. Di certo, ogni teoria di Jane era alquanto interessante e affascinante per chiunque. Ognuno di loro prese una sedia e si sedette intorno a lui.

"Bret è legato a John per qualche strana ragione. E' probabile che lui gli faccia anche dei favori, e quindi John non lo ucciderebbe mai. In sostanza, John ha bisogno di Bret, e Bret ha bisogno di John."

Teresa sembrava l'unica a capire cosa intendesse dire. Probabilmente perché era l'unica a conoscenza della lista dei sospettati del suo partner. Gli altri tre membri della squadra erano assorti nei loro pensieri, cercando chi di immagazzinare le informazioni appena ricevute, e chi invece cercava proprio di capirci qualcosa.

"E tu come fai a sapere queste cose?" azzardò Grace guardando torva il mentalista.

Lui non si scompose. Guardò Teresa come in attesa di una sua conferma, poi osservò intorno assicurandosi che non ci fosse nessuno, e infine tirò fuori dal suo taschino sette fototessera.

Kim, Wayne e Grace emisero dei suoni indistinti quando riconobbero i sette visi stampati.

"Io li conosco... sono... sono persone che conosco!" disse Wayne visibilmente scosso, indicando ciascun volto.

Teresa era apprensiva e faceva dei lunghi respiri. Sapeva che il momento sarebbe arrivato prima o poi. Chiuse tutte le porte che conducevano al salone principale e guardò ogni angolo del CBI, controllando che non ci fosse qualche occhio curioso. Poi rientrò dal suo team.

"Cosa significa, Jane?" chiese Kim, per la prima volta spaventato.

"Ragazzi, vi ho tenuto nascoste delle cose. Ma l'ho fatto a fin di bene. Finora ho rivelato queste cose solo a Lisbon e a nessun altro." fece una pausa durante la quale li osservò uno ad uno.

I loro sguardi erano incerti e pensierosi. Non sapevano proprio cosa dire. La situazione stessa non aiutava. Ma in parte, da Jane, se lo sarebbero aspettato.

Progettare le cose per proprio conto e poi rivelarle agli altri, era una cosa alla quale erano abituati. Fatto sta, che alla fine, nel bene o nel male, lui li metteva sempre a corrente dei suoi strampalati piani.

E questo dovettero riconoscerglielo.

Ansiosa, Teresa si decise a sedersi vicino al suo consulente, senza però guardarlo e facendo attenzione a non sfiorarlo neanche. 

La sensazione di piacere che al minimo tocco poteva provocarle era ancora forte in lei.

Porse le braccia avanti al resto del suo team, pronta ad accogliere qualsiasi loro domanda.

"So che siete preoccupati, insicuri, forse anche arrabbiati, ma Jane non poteva dirvelo per una questione di sicurezza."

Lui la interruppe vedendo le facce di Grace, Wayne e Kim sempre più dubbiose.

"Quello che Lisbon vuole dire è questo. Ho fatto una lista dei sospettati. All'inizio Lorelei mi rivelò che conoscevo Red John perché gli avevo stretto la mano. Sono stato quindi mesi a scrivere su un libretto tutti i nomi delle persone a cui avevo stretto la mano, fino a che sono arrivato a stilare sette nomi. Ora, la lista si è ridotta a sei perchè uno dei sospettati, lo sceriffo McAllister, è morto... ma io lascerei la lista anche a cinque, perchè non credo che Bret Stiles sia Red John..."

"Non se ne siamo ancora sicuri." disse Teresa al suo fianco, quasi come per zittirlo.

Lui in risposta, alzò semplicemente la mano a mo' di difesa. Ci fu un momento di silenzio, durante il quale il mentalista fece ciò che sapeva fare meglio: leggere le loro espressioni. Grace era apprensiva, Wayne preoccupato, e Kimball... beh, lui era Kimball, l'uomo di ghiaccio, incurante del pericolo, ma pronto a tutto pur di difendere la sua squadra-famiglia. Questo fece sorridere Patrick.

"Ho deciso che è giusto così. Voi siete la mia famiglia prima di essere la mia squadra, quindi dovete sapere ciò che mi passa per la testa, visto che stavolta siamo vicinissimi a catturare quel bastardo."

Alla parola 'bastardo', scappò un sorriso a Grace che la rassicurò e immediatamente capì le ragioni per cui il mentalista non aveva rivelato nulla al resto della squadra.

Teresa, invece, lentamente spostò lo sguardo verso di lui. Lo sentiva forte, sincero e deciso delle sue parole. Lei stessa si sentiva fiera della scelta che lui aveva fatto.

"Nessuno è al sicuro... ma non solo con me... all'interno del CBI stesso. Per questo in cambio vi chiedo una sola cosa: dovete comportarvi come se niente fosse davanti a loro." indicò i suoi sospettati sulle fototessera, ma in particolare si soffermò su coloro con cui avevano avuto più contatti recenti: Gale Bertram, Robert Kirkland, Brett Partridge, e Bret Stiles. 

 

Le nuvole avevano lasciato spazio ad un cielo stellato, come per illuminare meglio quella finestra dell'attico di Jane.

Lui se ne stava pensieroso, come al solito, intento a finire di sorseggiare l'ultima tazza di tè della giornata. Qualcosa di caldo prima di andare a riposare.. o almeno, cercare di risposare. Le borse sotto gli occhi erano più pesanti che mai: lo stress non lo aveva per niente abbandonato.

Fu allora che sentì il rumore di quei tacchi che conosceva troppo bene. I passi erano leggeri, come per paura di far rumore. Timorosi, si avvicinavano quatto quatto al portone, e questo lo fece sorridere pensando che lei non aveva perso il vizio di essere gentile con lui, preoccupandosi di svegliarlo nel caso i passi fossero stati troppo pesanti.

"Vengo ad aprirti subito, Lisbon."

Dall'altra parte del muro, la donna sorrise non capendo neanche lei il motivo. Ormai lo conosceva fin troppo bene. Ormai anche lui conosceva fin troppo bene i suoi passi, il numero di scarpe che indossava, e l'andatura. Lui sapeva che quando Teresa camminava troppo pesante era perchè era scocciata o arrabbiata. Ma quando si avvicinava lentamente era per ben altri motivi.

Fece capolino dal portone porgendole la mano per entrare. L'agente senior si sorprese nel trovare un attico abbastanza pulito, ma non poté fare a meno di fare una smorfia davanti a quella grande lavagna con i post.

Patrick si passò una mano tra i capelli, e poi addosso ai suoi vestiti, assicurandosi di essere presentabile.

"Sono sorpresa. Non mi aspettavo di trovare un posticino così accogliente." scherzò lei rivolgendogli un sorriso che lo fece sciogliere.

La guardò sospettoso per qualche istante e si avvicinò cautamente.

"Sei davvero Teresa Lisbon o qualche alieno si è impossessato della mia amica?"

"Sono io, idiota!" continuando a sorridere, gli diede un pugno sulla spalla.

Il contatto fisico la fece sussultare per qualche istante. Fece altri passi attraverso la stanza, come se cercasse di guadagnare tempo. Il mentalista la osservava e aveva già capito le sue intenzioni, così tutto tranquillo, si sedette, gambe incrociate e mani con i palmi bene in vista, in attesa che la sua partner si voltasse per guardarlo. Avrebbe visto uno sguardo attento e accogliente.

"Avanti, Lisbon, dimmi che sei venuta a fare. E non ci credo che si tratta della lista!"

Beccata, si morse il labbro inferiore.

"Hai ragione. Il discorso che hai fatto prima a tutta la squadra, a tutti noi, mi ha colpito. Siamo la tua famiglia e ti sei aperto come non avevi mai fatto prima. Loro lo hanno apprezzato." fece una pausa cercando di cogliere qualche reazione da quegli occhi blu che la stavano scrutando, poi riprese "Io l'ho apprezzato."

"Grazie, sono lusingato."

"Ma prima che ti monti la testa, c'è un'altra cosa che vorrei dirti..."

Teresa si arrangiò sedendosi su quella specie di davanzale che c'era davanti la finestra, ma non senza prima osservare come era stato spolverato con cura e come era in ordine. Il suo consulente si stava godendo la visione che aveva davanti a sé. Con la luna che finalmente faceva capolino in cielo illuminando l'attico, la donna sembrava avvolta da una luce brillante che metteva ancora più in risalto la sua carnagione chiara e le labbra rosse, intinte dell'ultimo rossetto di Chanel. Si strinse a sé stessa con braccia e gambe incrociate. Lentamente, alzò lo sguardo.

"Non voglio che ci siano più tensioni tra noi. Cerchiamo di dimenticare e andiamo avanti, per il bene della squadra. Che ne dici?" gli porse la mano in segno di resa. "Amici?"

La mano rigida accolse l'altra calda e rassicurante di Patrick, e fu difficile per lei mollare la presa.

Non servirono altre parole ma si congedarono con un sorriso.

Lei camminò a passo deciso verso l'uscita, e dal rumore che faceva, un'espressione triste gli comparve sul volto. Fu allora che capì che lei aveva voltato pagina.

O almeno così sembrava.



Angoletto dell'autrice (poco) sana di mente:
Capitoletto forse inutile, forse corto... mi serviva 'uno stacco' per risolvere alcune situazioni e fare il sommario della storia, sopratutto sugli omicidi di Red John.
Non so ancora di preciso dove voglio andare a parare :p
Comunque, morale del capitolo: la famiglia è importante... Patrick l'ha capito per questo si è aperto coi suoi amici molto prima di quanto si aspettasse...
Vi aspetto al prossimo capitolo :))
D.

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Capitolo 6
*** Lussuria ***





 Lussuria




 

Quella sera i membri del CBI, ma in particolare la squadra capitanata da Teresa, erano su di giri.

Wayne litigava con la cravatta che non riusciva a sistemare e si lamentava perché voleva fare bella figura davanti a Grace; quindi Kim accorreva per soccorrerlo dicendogli che per fortuna c'era lui, altrimenti non sarebbe stato capace neanche di allacciarsi la scarpa da solo. Tanto per completare il quadro, arrivò anche Patrick

Come loro, anche Teresa e Grace si stavano preparando per la 'festa' in onore di Macey Thompson alla Visualize. 

Mentre gli uomini indossavano i completi neri, le donne si erano sbizzarrite con colori vivaci ma non troppo vistosi.

Grace arrivò con un vestito lungo rosa che aveva solo una spallina a coprirle la parte destra della spalla. I capelli rossi erano lasciati mossi e sciolti dalla parte della spalla rimasta nuda, e aveva un fermaglio a forma di farfalla argentato a tenerle su una ciocca di capelli. Wayne restò meravigliato e corse subito a cingerla con il braccio come a dire davanti a tutti, Questa è la mia stupenda ragazza.

Patrick e Kim avevano occupato il tavolo del buffet, dove con la scusa del mangiare, potevano origliare qualche conversazione dei membri della setta e magari scoprire qualcosa sull'omicidio di quella povera ragazza. Ma tutto ciò che udirono furono finti dispiaceri, come falsi erano i volti della gente che faceva finta di essere triste. I soliti luoghi comuni: Povera ragazza, Che fine orribile, Cosa farà suo figlio?.

Dall'alto della balconata che si affacciava alla sala principale, Bret Stiles osservava compiaciuto quella marea di gente sotto di lui. Come un un romanzo di Fitzgerald, dove bevande e divertimento erano all'ordine del giorno, il padrone di casa ammirava la sua dimora e i 'seguaci' che si divertivano. Alzò una coppa di champagne appena il suo sguardo incrociò quello di Patrick Jane.

"Dove si sarà cacciata Lisbon?" chiese Kim guardando l'orologio.

In quel momento, la senior agent fece il suo ingresso in sala. Patrick si fermò ad osservarla in tutta la sua eleganza e semplicità. Sembrava persa in una conversazione amichevole al suo cellulare, perché di tanto in tanto abbassava lo sguardo e si portava i capelli dietro le orecchie.

Indossava un abito lungo e stretto color verde acqua, spalline legate dietro al collo che creavano un effetto a X dietro la schiena. I capelli erano lasciati sciolti, li aveva mossi anche lei, e questo fece supporre che Teresa e Grace erano andate dallo stesso parrucchiere quel pomeriggio. Al collo aveva l'immancabile collana con la croce di sua madre, e portava due orecchini lunghi di perle. Cercò con lo sguardo la sua squadra e quando li trovò, sorrise dirigendosi verso di loro.

"Ehi ragazzi, finalmente vi ho trovati!" disse raggiante, affrettandosi a chiudere il telefono.

"Sei su di giri, Lisbon. Una chiamata felice?" la punzecchiò il suo consulente, facendola arrossire.

Glissò abilmente la domanda, portandosi i capelli dietro le orecchie.

"Ho disposto delle guardie fuori e dentro l'edificio, nel caso, sapete... lui si faccia vivo."

"Ricevuto, capo. Io, Rigsby e Van Pelt saremo di guardia qui." si affrettò a dire Kim, mentre Wayne fece dei versacci in sua direzione indicandogli il cibo.

Grace fece ingoiare l'ultimo boccone di bruschetta con caviale al suo fidanzato e insieme andarono in giro per la sala, cercando qualcuno di sospetto.

"Io e Jane andremo a fare un giro nell'ufficio di Bret. Cho, sei tu al comando."

"Okay."

 

L'ufficio di Bret era l'ultimo di una serie di sale e stanze disposte al terzo piano dell'edificio. Il corridoio vuoto metteva un senso di inquietudine, circondato solo da quadri e statue marmoree impressionanti. Uno studioso d'arte si sarebbe divertito a cercare di collocare tutte quelle opere nel periodo storico, ma c'era un omicidio senza assassino e bisognava indagare.

Patrick fece segno a Teresa di mettersi di guardia alla porta mentre lui si sarebbe occupato di cercare dei file o qualunque cosa compromettente, che legasse Bret a Red John in qualche modo. L'agente sbuffò, si tirò su il vestito, roteando gli occhi.

"Perché devo essere io di guardia?"

Lui sorrise malizioso.

"Sei una donna, Lisbon, usa l'ingegno." concluse strizzando l'occhio come di chi sa di cosa sta parlando.

Per circa quindici minuti, il mentalista controllò diversi cassetti in degli scaffali e anche quelli della scrivania di Stiles. Ciò che trovò fu superfluo o non utile per le indagini. L'agente intanto, posizionata con un piede dentro e un piede fuori, guardava prima lui e poi la porta, con il timore che potesse arrivare qualcuno. Ma sopratutto cercando di inventarsi una scusa nel caso qualcuno l'avesse trovata davanti l'ufficio del capo della Visualize.

Guardava nervosamente l'orologio del cellulare e con il piede destro dentro l'ufficio batteva i tacchi per terra come un tamburo.

"Jane... Jane! Muoviti!"

Lui le fece segno di fare silenzio quando trovò finalmente un documento che sembrava interessargli. Sulla copertina era riportato l'anno 1986. Mentalmente, si aprirono dei cassetti in cui realizzò che quello era più o meno l'anno in cui Red John era stato iniziato alla Visualize.

"Jane!"

Teresa cominciava a diventare insistente. Patrick si voltò verso di lei bruscamente per risponderle, ma non lo aiutò il fatto che la metà del suo corpo dentro la stanza esponesse mezza gamba nuda, grazie a quello spacco vertiginoso alla Angelina Jolie. Fece un gran respiro. Chiuse l'ultimo cassetto e mise il documento dentro la giacca, nascondendolo per bene. Poi, i due uscirono dalla stanza, chiudendo adeguatamente la porta.

 

"Cos'hai trovato?"

Lui fece finta di non capire.

"A che ti riferisci?"

"Andiamo, ti ho visto che nascondevi qualcosa!" disse lei allargando le braccia.

Lo guardò pregandolo di non ricominciare a nasconderle le cose. La teneva sulla spine, ma solo perché era alla ricerca di un'altra stanza dove poter discutere evitando occhi discreti. Casualmente, la scelta ricadde su una camera da letto per gli ospiti.

Confortevole al suo interno, dotata di un letto matrimoniale, una scrivania di legno pregiato, e due imponenti armadi dello stesso materiale. La finestra era socchiusa e si affacciava al cortile interno dell'edificio.

"Ti spiace metterti di guardia?"

"Di nuovo? Quando mi farai vedere quello che hai trovato?"

"Non insistere, dopo ti farò vedere."

Patrick restò in piedi davanti la scrivania, posando le braccia sui lati, e intanto continuava a tenere lo sguardo fisso su quei documenti. Scocciata di sentirsi all'oscuro per l'ennesima volta, Teresa chiuse la porta a chiave, e si avvicinò a lui. Mise le mani accanto le sue e lo guardò come se stesse conducendo un interrogatorio.

"Basta bugie e sotterfugi. Dimmi cosa hai trovato. Perché so che hai trovato qualcosa."

L'uomo fu costretto a guardarla, ma del resto non aveva altra scelta perché i suoi occhi verdi erano di un colore più acceso del solito e avrebbero urlato se solo potevano.

"Non devi starmi così vicino." disse lui lentamente, quindi la donna sussultò e fece un passo indietro.

Stette con le mani incrociate, volto imbronciato, e alzò il sopracciglio in attesa di risposta.

"Questo documento, Lisbon, è importante." Alzò quel pezzo di carta in aria trattandolo come se fosse una reliquia. "C'è scritto che un ragazzo problematico sui 19-20 anni, era stato accolto da Bret Stiles nella Visualize con l'intento di redimerlo. Sai che significa, vero?"

"Red John ora avrebbe 45 anni circa?"

Patrick semplicemente annuì ma un lieve sorriso comparve sulle sue labbra.

"Questo escluderebbe Bret dalla lista?" chiese lei, ancora non convinta, poi le porse la mano. "Fammi vedere che c'è scritto."

"No, devo finire di controllare. Perché non torni a fare la guardia?"

"Sono il tuo cagnolino, per caso? Ho chiuso a chiave la stanza!"

Improvvisamente il mentalista si sentì avvolto da una strana sensazione di calore. La stanza iniziava a diventare insostenibile per entrambi. Istintivamente guardò la porta pensando che erano da soli in quella camera da letto.

"Avanti, dammi quel documento."

In risposta, Patrick se lo tenne ancora più stretto.

"Non dovresti stare qui."

"Di nuovo? Vuoi continuare ad evitarmi?"

Le diede un' altra risposta senza parlare, sbattendo il documento sulla scrivania. Poi si passò una mano tra i capelli cercando le parole giuste da dirle.

"Ma non capisci? Non voglio distrazioni quando si tratta di Red John, sopratutto non voglio che ci sia tu intorno a me che mi fai domande su di lui!"

L'agente scosse la testa, poi lasciò cadere le braccia lungo i fianchi. A volte il suo consulente si comportava come un bambino: voleva avere le vinte, faceva il viziato e inventava scuse e bugie pur di non averla accanto. Altrimenti non avrebbe finito la sua marachella se la 'mamma' era vicino a lui a controllarla.

"Sei qui per aiutarmi giusto?"

"Siamo partner."

"Bene, quindi o ti togli di mezzo o ti togli quel vestito... non guardarmi così, non posso essere concentrato con te che stai intorno vestita così!"

Adesso stava superando il limite. La sera precedente avevano deciso che sarebbero tornati ad essere amici, senza tanti giri di parole, per evitare la tensione che si era creata tra loro. E invece lui se ne usciva con questa scusa.

"Ma ti senti quando parli, Jane? Secondo te dovrei togliermi questo vestito altrimenti ti distraggo?"

Di nuovo, le diede una risposta poco loquace, quindi si limitò a guardarla dall'alto in basso per farle capire che non era esattamente il caso che stavano da soli.

In una camera.

Con un letto.

E con la porta della stanza chiusa a chiave.

Teresa si morse il labbro, scompigliandosi poi i capelli. Ma finì solo col renderli più mossi del previsto.

"Pensavo avessimo superato questa tensione tra noi..."

Trattenne le lacrime, mentre lentamente si toglieva gli orecchini di perle.

"Questi sono solo orecchini... in che modo dovrebbero distrarti?" disse alzando la voce, e glieli lanciò addosso.

Patrick attutì il colpo, girandosi verso la finestra per evitare il suo sguardo. Prese un gran respiro, cercando di mantenere la calma in quella situazione che era diventata fin troppo assurda. Dal vetro socchiuso, osservò fuori un panorama gioioso. Continuava a venire gente vestita in abiti eleganti, tutti per commemorare - o almeno far finta di farlo - Macey Thompson.

"Siccome non mi toglierò di mezzo, forse sarebbe meglio che mi togliessi questo."

Di spalle, l'uomo sentì aprire la cerniera del vestito, che come seta scendeva libero tra le gambe della donna. Col corpo coperto solo dalle mutandine nere e le scarpe col tacco, raccolse il vestito verde acqua per lanciarglielo addosso. Stavolta però, lui non si lasciò sorprendere. Prese il vestito a volo e lo gettò per terra, nel momento stesso in cui Teresa si era voltata di spalle per sfuggire al suo sguardo. In una manciata di secondi, l'afferrò per il braccio, costringendola a voltarsi, e in pochi istanti le loro labbra fecero contatto.

Si dimenarono per qualche istante, decidendo dove posizionare le rispettive mani, che passarono dal viso ai fianchi con una velocità e una rabbia tale che li costrinsero a continuare quella specie di lotta sul letto matrimoniale disposto dietro di loro. Caddero uno sull'altro senza molta fatica. I baci e le carezze divennero una questione di chi sapeva meglio sopraffare l'altro. Finché l'uomo si sollevò e la spinse lontana, cadendo poi a terra. A stento teneva le braccia a sorreggergli il corpo. I suoi occhi erano sconvolti e scossi. Come impaurito per ciò che era appena accaduto.

Teresa lo guardò cercando di capire cos'era andato storto, ma quando provò ad avvicinarsi, lui raggiunse il vestito verde acqua e glielo restituì tremolante.

"Non posso farlo. Mi dispiace."

La donna continuava a fissarlo come un pazzo, e mentre si rialzava da terra per ricomporsi, si coprì le nudità con il vestito.

Che cosa esattamente non riusciva a fare? Non era una cosa che non avevano mai fatto prima, anzi... si sentiva sempre più confusa dal comportamento di Patrick e per di più adesso passava per quella imbarazzata e presa in giro per l'ennesima volta. Con il vestito posato sul corpo, come una prostituta.

Non ebbe tempo di riordinare le idee che il suo cellulare suonò. Di corsa si rivestì e controllò il display per poi rispondere.

"Rigsby. Cos'è successo?" la donna stette qualche minuto in silenzio ad ascoltare il suo agente che aveva un tono spossato. Teresa mise il vivavoce e dalla voce mozzata, Patrick capì che Red John aveva colpito di nuovo.

 

Qualche minuto dopo, scesero nel salone grande dove la festa era stata interrotta. Tutti gli invitati erano agitati: c'era chi guardava fisso verso una parete che mostrava il più macabro degli spettacoli, chi urlava a più non posso, e chi stava vomitando in un angolo.

L'immagine perfetta che elogiava gli anni venti dei romanzi di Fitzgerald era stata spezzata. In quegli scritti non si verificavano omicidi così brutali.

Patrick e Teresa si fecero spazio tra gli ospiti raggiungendo le prime file con Grace, Wayne e Kim immobili, e un Bret Stiles impassibile di fronte all'ennesima vittima che giaceva appesa ad un muro come un crocefisso. Testa penzolante, taglio profonda alla gola e squarcio a metà torace.

Teresa capì che puntare la pistola fu inutile quando riconobbe il cadavere.

Reed Smith.

Un altro dei sospettati di Jane era stato fatto fuori.

Meno 3.

Accanto al corpo dell'agente Smith c'era un singolare messaggio scritto col sangue, di dimensioni appena visibili se non avvicinandosi al cadavere.

Cautamente, il mentalista si avvicinò e lo lesse.

"Ti credi intelligente, ma io lo sono di più: sono molto più vicino di quanto tu creda."

Patrick rivolse gli occhi alla sua squadra e li osservò uno ad uno. Dire che avevano delle espressioni sconvolte era alquanto riduttivo.

Accanto a loro, avanzò Bret, come a voler prendere una posizione, si limitò a guardare prima il consulente del CBI, poi il cadavere appeso.

"Credete ancora che io sia Red John?" disse, infine, con il suo sguardo di ghiaccio.



Angoletto dell'autrice (poco) sana di mente:
Ta-dan!! Come avevate previsto, la tensione tra Patrick e Teresa è palpabile...
L'idea che ho di Bret Stiles come "Il grande Gatsby" mi piaceva... sarà perché ho finito il libro e visto il film di recente :p
Wayne è un imbranato.. fortuna c'è Kim a dargli una mano, e Grace ad amarlo per quello che è :p
E come se non bastasse, Red John torna all'attacco di nuovo...

La lista si accorgia. Brrr.
Grazie per chi segue questa storia :)
Alla prossima!
D.

 

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Capitolo 7
*** Gelosia ***




 

Gelosia

 


Wayne continuava a fissare Grace che annusava quel mazzo di rose rosse e bianche, chiedendosi cosa dovesse fare.

Si strinse il colletto cercando di rilassarsi.

Inutilmente.

Iniziò a pensare. Se era stato lui a farle quel regalo, perché non riusciva a ricordare? A meno che...

Decise di adattare un'altra strategia.

Si avvicinò come se nulla fosse alla sua fidanzata.

"Molto belle queste rose."

Grace alzò lo sguardo annuendo compiaciuta.

"Chi ha fatto queste rose a Lisbon deve proprio avere un buon gusto!"

Improvvisamente, l'agente si sentì leggero come una nuvola e ironicamente si passò un fazzoletto bianco sulla fronte.

Pericolo scampato.

Il senior agente chiamata in causa fece la sua apparizione sorridente, seguita da Kim che si mise nella sua postazione.

"Salve ragazzi, che succede..."

Si bloccò di colpo quando notò l'omaggio floreale sulla scrivania di Grace. Sorrise come una scolaretta, sentendosi lusingata come se solo lei custodisse un segreto che non andava rivelato. Grace, Wayne e Kimball si scambiarono sguardi d'intesa. La rossa sorrise al suo capo maliziosamente.

"Allora chi è l'ammiratore segreto?"

Teresa osservò meglio il bouquet alla ricerca del biglietto. Di nuovo fece quel sorriso sognante.

"David..."

"David?" fecero gli altri tre all'unisono.

La donna era persa nel leggere quel biglietto bianco profumato. 

"Sì, è una persona che sto frequentando da poco..." disse senza mai alzare lo sguardo dal bouquet.

Un tonfo proveniente dal divano li fece sussultare e istintivamente sfoderare la pistola. Il biondo caduto a terra, si mise subito seduto alzando le mani in segno di resa.

"Scusate, scusate! Stavo riposando e sono caduto!" le parole dicevano il vero, ma la sua espressione di shock diceva altro.

I quattro scossero la testa tornando a rivolgere la loro attenzione su Teresa. Patrick si alzò di scatto mettendosi vicino alla donna, intenzionato a scoprire qualcosa in più su questo David. Cos'era quella cosa che sentiva crescergli pian piano dentro lo stomaco? Era un fastidio, un prurito che non riusciva a controllare. Non era mica gelosia?

"Avevo ragione" iniziò Grace raggiante più lei che Teresa stessa, "Lisbon è innamorata!"

Come a volerla leggere, il mentalista la guardò attendendo una sua reazione che non tardò ad arrivare.

"Andiamo, è solo un omaggio floreale, niente di più." il rossore sulle sue guance la tradì. Era visibilmente lusingata di ricevere attenzioni, come una qualsiasi donna, solo che lei preferiva non darlo a vedere.

Patrick sorrideva infastidito.

"Da come sei arrossita non direi che è 'niente di più'!"

Lei lo guardò fulminandolo. Non aveva diritto a farle la ramanzina, neanche fosse stato il suo ragazzo! No, non lo era affatto.

Avevano avuti i loro momenti, e dopo quello che era successo qualche giorno prima alla Visualize, era chiaro che non potevano più vedersi da soli in qualche posto, altrimenti l'attrazione momentanea avrebbe avuto il sopravvento.

Appunto, era stata solo l'attrazione del momento ad avvicinarli in quel modo. Ed era ciò di cui lei si voleva convincere.

Teresa scrollò le spalle.

"Per tua informazione, Jane, David è un avvocato, ha 40 anni, e nel tempo libero si occupa di salvaguardare le balene aiutando Green Peace."

Patrick si mise a ridere di gusto.

"Scusami ma sembra tanto fittizio quest'uomo!"

"A me piace." sentenziò Kim e tutto si voltarono verso di lui. Il coreano, sentendo lo sguardo verso di lui, alzò la testa dalla rivista che stava leggendo. "Che c'è? Anche io combattevo per i diritti degli animali insieme a Green Peace."

Questa era un'informazione su Kimball Cho assolutamente nuova. Patrick alzò le mani al cielo. Si arrese nel tentativo di ribaltare la situazione.

"Io lo trovo romantico!" Grace strinse le mani e sospirò pensando ad un giovane lupo di mare che salva il mondo.

"Okay, devo iniziare a difendere le balene anche io?" replicò Wayne, improvvisamente preoccupato.

"Ragazzi, questo David sembra troppo perfetto per essere vero! Essendo anche io un uomo che assicura i cattivi alla giustizia, potrei benissimo passare per un supereroe come Batman!"

"A me sembra che tu sia un tantino geloso, Jane!" lo stuzzicò Grace.

La rossa ormai conosceva fin troppo bene il suo 'fratello maggiore', visto nel CBI erano come una famiglia. Teresa si stupì, mise le mani sui fianchi e guardò il suo consulente attendendo una sua ammissione. Ormai era una partita 4 contro 1: la famiglia contro Patrick Jane, il bambino dispettoso che non voleva credere alle storie cattive dei suoi fratelli, convinto che volessero solo spaventarlo.

Teresa alzò un sopracciglio e un ghigno comparve sul suo volto, sentendo la vittoria in mano.

"David è un uomo che si offre a difesa del prossimo, e non pensa solo a se stesso. Richiama dopo essere stato con una donna, ti porta regali, e non ti porta sulla scena di un omicidio. E sopratutto è qualcuno che non ti fa soffrire."

L'ultima frase rimbalzò agli occhi di Patrick come una frecciatina. Il silenzio calò per qualche istante mentre gli sguardi si posarono sui diretti interessati.

"Touché." esclamò Kim, e il mentalista si sentì un tantino preso in giro. 

"Beh grazie tante, Cho, sei sempre la mia spalla destra!"

"Eddai, Jane, stiamo scherzando!" disse Wayne dandogli un colpetto sulla spalla.

Teresa si mise alla sua squadra per richiamare la sua attenzione. Cambiò posizione mettendo le mani in tasca.

"Comunque ragazzi ero venuta per dirvi che Bertram ci vuole nel suo ufficio per parlare del caso di Red John."

 

L'ufficio di Bertram sembrava più affollato del solito. Pareva di soffocare. La squadra di Teresa chiamata come quella 'formata dai migliori agenti del CBI' si ritrovarono in quella stanzina, tutti riuniti, tutti stretti, uno accanto all'altro.

Come se non bastasse, a rendere calda l'atmosfera, c'erano anche Bret Partridge, l'agente della scientifica, e Robert Kirkland, a capo della Homeland Security.

Patrick storse il naso quando vide quest'ultimo, e lo stesse fece Teresa. Quell'uomo misterioso aveva sempre incusso timore.

Wayne e Grace erano quelli più agitati sapendo che Gale Bertram era uno degli ormai quattro possibili Red John. Il colletto della camicia gli stringeva davvero tanto, e Grace fu costretta a dargli delle gomitate per far sì che si tranquillizzasse. Poi Patrick li guardò per un attimo. Erano agitati alla vista del loro capo, ma per fortuna solo gli occhi attenti e acuti del mentalista lo avevano notato e in un batter d'occhio, come per magia, era riuscito a farli star tranquilli.

Bertram pareva agitato e continuava a sistemarsi la cravatta rossa.

"Vi ho convocati qui per informarvi che inizierete a lavorare sul caso Red John insieme alla squadra capitanata da Ray Haffner. Tutti voi lo conoscete, vero? Jane, se non sbaglio tu li conosci meglio di tutti visto gli scherzi che gli hai giocato qualche anno fa."

Senza fare complimenti, Patrick sorrise facendo spallucce.

Teresa, invece, deglutiva a fatica.

"Lisbon, Haffner mi ha detto che qualche mese fa hai rifiutato la sua offerta di trasferirti nella sua squadra... un vero peccato... Mi chiedo quale sia la ragione che ti abbia fatto rinunciare."

Prima Sean Barlow, adesso Gale Bertram. La gente sembrava prenderci gusto a girare intorno al fatto che lei provasse dei sentimenti per il suo tanto ' amato' consulente. La donna ripeteva a sé stessa di non voltarsi verso Patrick, mentre lui era preoccupato che il suo sguardo dubbioso verso i sospettati Red John potesse influenzare sui suoi rapporti lavorativi.

"La mia squadra è la mia famiglia, signore. Mi trovo bene con loro e voglio continuare a lavorarci." fu la risposta secca di Teresa, e lei stessa si compiaceva del fatto che fosse riuscita a tenere testa.

Il mentalista sembrò tirare un sospiro di sollievo. Bertram guardò di sottecchi prima lei, poi lui.

"Sì, beh ho capito. Allora non sarà un problema lavorare con la tua squadra insieme a quella di Haffner?"

"No signore."

"Nessun problema. Io e Teresa siamo ottimi colleghi." rispose Ray, chiuso nel suo completo grigio di Armani, che aveva esattamente la sua taglia. Forse doveva soffocare anche un po' in quei panni.

Quanta gente sbruffona c'era in giro. Ora la chiamava addirittura per nome.

"Da quando sono così amici?" chiese Wayne sottovoce a Kim, che replicò con un'alzata di spalle facendo l'indifferente.

 

La riunione durò quasi tutto il giorno. Dopo una pausa pranzo della durata di un'ora, le due squadre tornarono nell'ufficio di Bertram, stavolta per ascoltare il medico della scientifica Partridge.

Patrick roteava gli occhi ed era sempre annoiato quando quell'uomo esponeva le sue teorie e le tecniche usate da Red John. Ma sapeva anche che doveva stare all'erta. Il modo in cui quell'omino all'apparenza idiota dipingeva con un pennarello rosso lo smile di John sopra la parete bianca lo fece rabbrividire. La prima immagine che gli comparve di fronte fu lo stesso sorriso rosso che trovò sul muro della camera dove giacevano i cadaveri di sua moglie e di sua figlia.

Un brivido lo percosse e il panico lo assalì. Tanto per peggiorare le cose, immaginò non solo Partridge, ma anche Betram, poi Haffner e infine Kirkland disegnare con quella stessa cura lo smile di sangue. Era uno spettacolo agghiacciante.

Il fatto che la sua ossessione gli stesse facendo avere delle visioni anche quando era sveglio e vigile, lo spaventò a morte. Dovette battere più volte le ciglia per assicurarsi di essere sveglio.

"...e dopo aver terminato il suo smile, cosa fa il killer? Trasporta con cura le sue vittime sotto la parete disegnata, in modo che chi trova i loro corpi, viene prima colpito dal sorriso rosso sangue, e poi volge lo sguardo verso il basso, possibilmente sul letto, dove ci sono i cadaveri..."

Il mentalista distolse lo sguardo scocciato, sciogliendo le gambe che aveva accavallato. Teresa, seduta accanto a lui, lo guardava sbarrando gli occhi. Gli toccava fare da babysitter anche dentro l'ufficio del suo capo.

"Veramente non è proprio così, Partridge. Stai dicendo un mucchio di cazzate." sentenziò il biondo, e gli sguardi si posarono a macchinetta su di lui.

Teresa era lì per dirgli di stare calmo, che sfidare Red John non era il caso. Lui invece si alzò in piedi e raggiunse il medico, il quale si posizionò di fronte a lui mettendo le mani sui fianchi a mo' di sfida.

"Sapresti dirlo me, Patrick?" gli porse il pennarello e lui accettò la sfida.

Si rivolse al suo pubblico, come si trovasse nel bel mezzo di uno spettacolo. Sbottonò due bottoni del suo gilet come a sentirsi più leggero. Betram e Kirkland si avvicinavano incuriositi. Teresa e la sua squadra si guardavano sempre più preoccupati.

"Red John talvolta modifica il suo modus operandi. Se di solito stordisce le vittime con una mazza da baseball per esempio, e poi le finisce con un coltello, talvolta utilizza una pistola con la mano destra, o avvelena le vittime usando la mano sinistra. E se prima dipingeva le unghie delle vittime con il suo stesso sangue, ora questo non lo fa più."

"Come fa ad essere sicuro di questo dettaglio, signor Jane?"

"Perché la stessa cosa è stata fatta su mia moglie e mia figlia."

Il silenzio occupò la stanza. Gli spettatori non c'erano più perché i battiti dei cuori si erano quasi fermati nell'attimo in cui aveva ricordato loro che Red John aveva ucciso sua moglie e sua figlia. Patrick non guardò nessuno dei suoi sospettati, ma rivolse lo sguardo a terra. Toccò a Teresa e gli altri guardare i quattro sospettati, ma non notarono nessun segno di comprensione, né di pietà.

 

"Ti sei spinto oltre, Jane. E se avessero capito qualcosa? Cosa volevi fare, eh? Provocare Red John?" Teresa gli rivolse l'ultima domanda in punta di piedi, sussurrandogli.

Lui continuava a camminare davanti a lei, non degnandole di nessuna risposta.

Quando raggiunse il suo posto preferito, ovvero il suo divano, dove schiacciare un pisolino, lo trovò occupato da una figura che lui e Teresa conoscevano molto bene.

"Sean? Che ci fai qui?"

Sean Barlow si alzò per accogliere i due. Vestita casual, e aveva sempre quell'aria sicura di sé. Rivolse ad entrambi un sorriso e cercò di fare la persona amichevole.

"Poche chiacchiere, signor Barlow. Che cosa ci fa qui?" gli disse duramente Teresa.

Tra tutte le altre cose da fare, ci mancava solo questo sensitivo a mettersi in mezzo. L'uomo la guardò dall'alto in basso.

"Si calmi, agente Lisbon. Capisco il suo essere protettiva nei confronti di Patrick..."

L'agente roteò gli occhi. Se avrebbe tirato fuori di nuovo la stessa storia, lo avrebbe preso a calci nel sedere.

"...ma vorrei essere d'aiuto nel caso Red John."

"Non ci interessa."

"Io sono interessato invece. E curioso. Come mai questo gesto di generosità?"

La sua collega lo guardò scioccata.

"Diciamo che l'ultima volta sono stato poco cortese. Diciamo anche che potrei sapere più cose su Red John di quanto voi sappiate."

Teresa guardava Patrick implorandogli di non dargli ascolto. Lui le rivolse uno sguardo intenso e la prese per mano, parlandole in disparte.

Tesi uno di fronte l'altra, giocavano su chi aveva più caparbietà di sostenere lo sguardo sull'altro.

Sean li osservava incuriosito, capendo che il linguaggio del corpo non mentiva mai, e anche per Jane e Lisbon valeva la stessa cosa. Il modo in cui si guardavano e come lui la toccava, gentilmente, delicatamente, faceva intendere che c'era stato qualcosa tra di loro. Parlavano a bassa voce sul fatto che Barlow poteva rivelarsi un pericoloso alleato e che meno persone sapevano della lista e meglio era. Il mentalista insisteva che lui era una carta importante nella partita, e intanto continuava a cercarle la mano, che lei evitava adeguatamente.

Alla fine, la donna annuì quasi a malincuore.

"Sta' attento. Se hai bisogno, io sono nel mio ufficio."

Nel momento in cui Patrick e Teresa si separarono, lui per raggiungere il suo amico sensitivo, lei per andare nel suo ufficio, apparve un uomo di bell'aspetto che attirò l'attenzione di tutto il CBI. Alto, capelli a spazzola ma non troppo corti, occhi verde chiaro, giubbotto di pelle alla James Dean, camicia bianca e un paio di jeans di marca, l'uomo iniziò a guardarsi intorno alla ricerca di qualcuno di ben preciso.

 

Dopo qualche minuto, Patrick non fece caso all'entrata dell'uomo perché impegnato ad iniziare una discussione con Barlow, ma Grace se ne accorse appena prese posto davanti al suo computer e cominciò a sventolarsi sentendo un'improvvisa vampata di calore. A quel punto, quell'uomo affascinante la notò e le rivolse un sorriso che la fece letteralmente sciogliere come un ghiacciolo. Perfino Wayne e Kim, seduti tranquillamente, furono colpiti dal suo sguardo magnetico.

"Salve, sto cercando Teresa."

Anche la sua voce sembrava sciogliere le calotte polari per quanto era calda, soave e rilassante. Grace cercò di contenersi ricordando a se stessa che era fidanzata.

"Ah sì.. è nel suo ufficio. Lei chi è?"

"Sono David Foster, il fidanzato di Teresa Lisbon."

David? Il fidanzato?

Patrick smise di dare ascolto a Sean, balzando in piedi per guardare meglio quel David. Oltre ad avere un curriculum da sogno, era anche l'uomo dei sogni che ogni donna vorrebbe avere al suo fianco.

Teresa quasi corse per abbracciare il suo fidanzato e rivolgergli uno di quei sorrisi che invece avrebbe fatto sciogliere il suo 'amato' consulente. David accolse tra le sue braccia la minuta agente del CBI e in quel momento era come se il mondo si fosse fermato e ci fossero solo loro due.

"David! Non ti aspettavo subito qui!"

"Ti ho detto che appena finito, passavo a prenderti. Andiamo, ho prenotato al ristorante italiano in fondo alla strada."

"E' proprio un bell'avvocato..." disse Grace a denti stretti, palesemente nascondendo un sorriso alquanto malizioso. Teresa ignorò il commento, prese la sua borsa e salutò la sua squadra, lasciando che il braccio di David l'avvolgesse.

"Okay, andiamo... Ci vediamo domani, ragazzi!"

"Buona notte, capo!" le dissero Wayne e Kim, ancora imbambolati alla vista del fidanzato del loro capo.

"Divertiti!" Grace rise con la faccia sognante.

Patrick non disse nulla, restando con i pugni tesi a domandarsi da quanto tempo era diventato invisibile agli occhi di Teresa. Quel sorriso che lei aveva rivolto al suo fidanzato... quel sorriso apparteneva a lui soltanto! E quel David glielo aveva rubato.

Sean si avvicinò al mentalista e gli mise una mano sulla spalla con fare paterno.

"E' difficile per te, vero Patrick? Vederla andare via con un altro, dopo averla lasciata andare..."

Il consulente non replicò. Immaginava che il suo 'amico' di vecchia data aveva capito tutta la situazione nel momento in cui lo avevano rivisto. E aveva ragione. Era dannatamente difficile. Era questo il prezzo da pagare per averla allontanata? Vederla felice con un'altra persona che non era lui gli faceva tremendamente male, ma strinse ancora di più il cuore; ci avrebbe fatto l'abitudine.


Angoletto dell'autrice (poco) sana di mente:
Scusate per il capitolo enorme, ma almeno ho introdotto un po' di cose nuove sopratutto sui sospettati di Jane XD
Ho fatto entrare in scena anche David, il fidanzato di Teresa... eh chissà se qualcuna se lo aspettava :p
Patrick all'inizio non è convinto di lui, ma appena lo vedo di persona deve ricredersi...
Come se non bastasse la voce della conoscienza gli sta parlando... avrà fatto bene ad allontanare la sua amata?
Per quanto riguarda i sospettati, ho sempre sognato una scena del genere: Jane in mezzo alla stanza che spiega il modus operando di RJ e intanto scruta i suoi sospettati... ah, se solo Brunone ci regalasse una scena così XD
Basta ho parlato troppo.
Grazie per seguire questa storia, cercherò di aggiornare prima possibile.
Alla prossima!!
D.

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Capitolo 8
*** Accondiscendenza ***



 

Accondiscendenza


 


Seduto davanti la vetrata del suo attico, Patrick Jane osservava un punto indecifrato all'orizzonte. Pensieroso con le gambe accavallate e una mano sotto al mento, imitando un filosofo greco, ripensava alla discussione avuta con Sean Barlow.

Aveva iniziato la discussione scoraggiandolo, era chiaro, dicendogli che comunque andava, Red John sarebbe stato sempre un passo avanti a lui. 

 

"Non puoi competere con lui, Patrick. Ha sempre una schiera di seguaci pronti a servirlo."

"Deve pur avere qualche punto debole, e io lo scoprirò. Puoi giurarci."

Se la battevano seduti sul divano uno davanti all'altro. Come due giocatori di scacchi, si scrutavano a dovere. Calmi, ferrei, respirando tranquillamente e mantenendo il battito regolare. Erano maestri nell'arte del leggere la mente. Due mentalisti, due scuole di pensiero a confronto.

"Sei qui per aiutarmi, Sean, oppure sei per qui per mettermi in guardia da Red John?"

La domanda di Jane era lecita. L'altro uomo sghignazzò tra sé, unendo le mani in segno di preghiera.

"Sai più di quanto sperassi, Sean. So leggerti benissimo."

Barlow batteva le mani in segno di disperazione. Lo guardò, come arrendendosi all'evidenza.

"E sei diventato davvero bravo in quello che fai. Va bene, ti dirò quel che so. Anzi, ti dirò di più."

Patrick si protese verso di lui.

"Sono tutto orecchi."

"Sono sicuro al 100% che Red John è venuto a visitarmi prima di iniziare la sua attività. Per chiedermi consiglio. Aveva le mani che gli tremavano, macchiate di sangue. Aveva commesso un omicidio, Patrick. E non sapeva come affrontare la cosa. Così gli ho consigliato la Visualize ma prima l'ho preparato a dimenticare ciò aveva ucciso una persona. Io, con i miei metodi l'ho istruito. Sì, sono proprio io quello che ha insegnato a Red John a essere più in gamba della polizia."

 

Sciolse la posizione facendo cadere la mano dal mento e sbattendola con rabbia sul tavolo davanti a sé.

No, stavolta era vicino a scoprire chi era e niente e nessuno l'avrebbe fermato.

 

La donna continuava a dondolarsi avanti e indietro. Non riusciva a mantenere una posizione stabile, tanta era l'agitazione.

Sono in una stanza con Red John e i suoi seguaci.

Erano quelli i suoi unici pensieri mentre lo sguardo passava da Bertram a Kirkland, e da Haffner a Partridge.

Cercava di restare calma e alla fine ci riuscì egregiamente. Seduta comodamente davanti al suo capo, accavallava le gambe e si mordeva il labbro inferiore, tra una discussione e l'altra, era riuscita a mettersi a suo agio.

Bertram sorrise soddisfatto, guardando la sua piccola squadra intorno a sé. Come un insegnante soddisfatto dei suoi alunni.

"Bene. Direi che possiamo dare il via alle ricerche. Lisbon, mostra a Kirkland, Haffner e Partridge i file sulle morti di Stephen McAllister, Macey Thompson e Reed Smith. Voglio vedervi subito al lavoro a confrontarvi ciò che trovate! Vi confesso che non sto più nella pelle al pensiero di sbattere dentro Red John!" concluse con una risata, sfregandosi, stavolta, le mani.

Come si divertiva. Teresa distolse per un attimo lo sguardo, indignata.

 

Lasciò l'ufficio di Bertram dirigendosi verso la sua vera squadra, che amava più di ogni altra cosa da circa una decina d'anni. Il passo pesante e il suo continuo sbuffare la costrinsero a trascinarsi a fatica sul divano, sedendosi vicino a Patrick, intento a leggere. Si lasciò andare dalla morbidezza del tessuto e pensò fosse cosa buona e giusta schiacciare un pisolino. Allungò le gambe a terra, e le braccia lungo il corpo e chiuse gli occhi. Del resto, ne aveva bisogno.

Il mentalista fece capolino alzando la testa dal suo libro, che posò a terra e si avvicinò alla sua collega pensieroso. Si sistemò con il corpo rivolto verso di lei e il braccio allungato sulla parte superiore del divano, così che poteva guardarla meglio. Teresa si stava rilassando così beatamente che fu quasi un peccato disturbare un angelo di tale bellezza come lo era lei.

Delicatamente le toccò il braccio con due dita per smuoverla. O forse giusto per punzecchiarla un po'.

"Fammi indovinare. Bertram ti ha già iniziato a lavorare nella nuova squadra."

Lei annuì senza muoversi di un centimetro. Lui sorrise.

"E questa cosa ti fa innervosire terribilmente, vero?"

Di nuovo annuì, sistemandosi per bene la testa sul divano. Patrick non smetteva di fissarla. Era davvero questa la sensazione che si provava?

Capire di amare una persona nel momento in cui potevi guardarla dormire?

Si guardò intorno e con fare furtivo si avvicinò di più a Teresa. Di nuovo tamburellò con le dita sul suo braccio, ma stavolta fu meno delicato e infatti lei aprì gli occhi mezza infastidita. Quasi fece un balzo indietro quando se lo ritrovò così vicino al suo viso.

Il mentalista abbassò e poi rialzò lo sguardo.

"Scusami, non intendevo disturbarti."

"No figurati, dormo solo 5 ore a notte, perché interrompere mentre mi sto rilassando?" disse lei ironica, poi decise di assumere una posizione per stare meglio seduta.

"Ho bisogno di chiederti un favore."

Teresa roteò gli occhi. Poteva benissimo immaginare che cosa gli avrebbe domandato.

"Spara."

"Solo se te la senti, però."

"Me la sento."

"Okay."

I secondi passavano interminabili. Patrick giocherellò con la sua fede nuziale, sempre incollata a quell'anulare. Teresa lo fissava spazientita.

"Allora?"

"Te la senti di stare a contatto con Bertram, Haffner e Kirkland?"

"Anche tu ti ci metti... pensate che non sia in grado di gestirli?"

"Lo sai che intendo. Sei l'unica che possa aiutarmi a scoprire se loro hanno qualche file, qualche foto, un ricordo... qualsiasi cosa che li colleghi a Red John. Devo saperlo, così potrò essere un passo avanti a lui."

Lei abbassò gli occhi tristemente. Dal suo sguardo traspariva tutta la compassione per quell'uomo che non solo amava, o aveva amato, per quel che riusciva a capire sui suoi sentimenti... ma che era anche il suo migliore amico e il suo partner. Sospirò e contemporaneamente lo vide scrollare le spalle e tornare a giocare con la sua fede. Quell'uomo davanti a sé con gli occhi spenti aveva trascorso dieci anni dietro a quel serial killer che gli aveva rovinato la vita, e nonostante in tanti gli avessero detto di mollare e di rifarsi una vita, lui non si era ancora arreso.

A quel punto si chiese cosa gli avesse detto qualche giorno fa quel suo amico Sean Barlow. E allo stesso tempo, in cuor suo, sperava che non gli avesse parlato di lei e dei suoi sentimenti.

"Okay, Jane. Cosa ti ha detto Sean Barlow?"

Finalmente lui alzò gli occhi verso di lei. Non c'era niente da fare. Anche se negava fino in fondo di amarla, quella donna lo conosceva meglio di chiunque altro. Anche se ne avevano passate tante ultimamente, Teresa restava una persona importante nella sua vita e nella sua battaglia contro Red John. Si rese improvvisamente conto che non poteva scontrarsi con il suo nemico senza averla affianco.

"Mi ha detto di arrendersi. Ma non ha preso in considerazione il fatto che ho un potente alleato come te."

La vide arrossire leggermente.

"Jane... mi metti in una situazione pericolosa. Lo sai, vero?"

"Tu sei coraggiosa. Sono certo che riuscirai a scoprire qualche informazione."

Teresa decise di cambiare posizione e mettersi di fronte a lui. Si spostò di fianco così che poteva guardarlo meglio.

"Sono lusingata, lo ammetto. Ma non vedo il motivo per il quale dovrei informarti, visto che non siamo poi così tanto 'amici'."

"Perché so che non la pensi così. Se credi ancora nella nostra amicizia, potresti fare questo sforzo. Non ti chiedo tanto. Solo di curiosare nei loro cassetti quando non ci sono."

Quando Patrick si apriva in quel modo, donandole tutto il suo cuore, Teresa si scioglieva.

Amici.

Amicizia.

Era triste essere tornati ad essere 'amici', o almeno cercare di esserlo, ma quella era la realtà a cui dovevano abituarsi.

"Ti prego." disse lui e allungò la mano per metterla sulla sua.

Era una bella richiesta d'aiuto dalla parte di un 'amico'. Mentalmente si ripeteva che era fidanzata. Era bello poter stringere la sua mano, ma invece si scompose. Si alzò dal divano senza dire nulla, e si diresse in un'altra stanza.

 

Pensò che rubare era illegale. Il problema era che tecnicamente non stava rubando.

Patrick Jane le avrebbe detto che era 'prendere in prestito'.

Guardò l'orologio. Era l'una. Il momento della pausa pranzo. La stanza dove si era riunita qualche ora prima con Bertram, Kirkland e Haffner sembrava vuota. 

Tempismo perfetto. Quando vi entrò, aprendo delicatamente la porta, trovò Brett Partridge di spalle.

L'uomo stava mormorando qualcosa tra sé, mentre deponeva una cartellina gialla dentro la sua borsa da medico della scientifica. Le scappava una risatina perché lo vedeva parlare in quello stato e si chiese come poteva un semplice individuo avere a che fare con Red John.

Pensò da donna e si diede una scompigliata ai capelli. Avrebbe davvero usato il suo fascino per prendere quella cartellina? Avvicinandosi a lui, calpestò distrattamente un pezzo di carta d'alluminio a terra. Partridge si voltò immediatamente verso di lei, balzando come un gatto impaurito. Si portò la mano sul cuore e respirò quando si accorse di chi aveva di fronte.

"Teresa Lisbon, mi ha spaventata... pensavo fosse andata a pranzo con gli altri."

Pensa, pensa alla svelta. Una scusa.

"Volevo andarci, ma poi mi sono ricordata di aver dimenticato qualcosa."

Si guardò intorno cercando una scusa, ma il fatto che l'agente della scientifica la guardasse stralunato, non aiutava.

"Qualche problema, agente Lisbon?"

La donna mormorò qualcosa verso di lui, come se non avesse capito la sua domanda. Intorno a lei non c'era niente. Una stanza vuota e per giunta anche linda e pinta. Probabilmente la donna delle pulizie era già passata per pulire. Pensò a Patrick e a quando la guardava con fare malizioso di usare la scusa più comune delle donne... Quella di flirtare. Cosa del tutto innaturale per lei che si considerava pudica in pubblico e sul posto di lavoro...

Spostò i capelli dietro gli orecchi e si avvicinò a Brett, mentre con la coda dell'occhio osservava quella cartellina gialla che sporgeva da fuori la sua borsa. L'agente invece arretrò di qualche passo allentando la cravatta che sentiva leggermente stretta.

Teresa si divertiva a far passare le dita sulla scrivania, facendo attenzione a girare intorno alla borsa del medico della scientifica. Brett, dal canto suo, si chiedeva perché un agente del CBI del calibro di Lisbon potesse comportarsi in quel modo con lui... arrivando anche a sbattere le ciglia.

La donna tirò fuori tutta la mole sensuale che aveva, toccando di tanto in tanto i suoi folti capelli.

"Brett, mi faresti un favore? Per una tua... collega... sai mi servono informazioni sulle morti di Red John... sarebbe un peccato se iniziassi a collaborare con voi senza sapere niente..."

Partridge deglutiva a fatica, trovandosi in una situazione davvero ridicola. Guardava ossessivamente la porta, nella speranza che entrasse qualcuno e lo togliesse da quella conversazione imbarazzante. Teresa si stava divertendo. Ancora una volta, si chiese se quest'individuo davanti a lei poteva essere Red John, e se lo fosse, allora significava che poteva forse metterlo a tappeto usando il suo charme?

"Ma io--io cosa ci guadagnerei con questo?"

"Brett... siamo amici da quanto? Dieci? Dodici anni? Non farei solo io bella figura, ma anche te! Pensa ad essere promosso!"

"Ma io sto bene così, agente Lisbon..."

A forza di arretrare, Brett era arrivato quasi alla parete della stanza, mentre Teresa, notando che lui osservava la porta, ne aveva approfittato per portare le braccia dietro la schiena e prendere la cartellina gialla da dentro la borsa dell'agente. Con quella stessa calma e tenacia, aveva poi messo la cartellina dentro i pantaloni, alzando la giacca dietro e facendola adagiare come se non indossasse nient'altro.

"Ok-ok agente Lisbon..."

"Chiamami Teresa."

"...domani la informerò su tutto... promesso!" rise nervosamente.

Soddisfatta del suo operato, Teresa gli sorrise, smettendo di fare la maliziosa, poi si voltò e uscì, lasciandolo confuso ma allo stesso tempo sollevato.

 

Camminò per la strada verso il suo attico sempre con il passo deciso e fiero di una leonessa. Non avrebbe detto per niente al mondo al suo consulente che aveva usato il suo 'metodo' per rubare quella cartellina. Non gli avrebbe dato soddisfazione.

Bussò e pochi secondi dopo, Patrick le aveva aperto il portone e poi si era disteso su quella specie di lettino nel suo attico. Teresa gli lanciò la cartellina e lui fu bravo a prenderla al volo. Qualche foglio bianco volò a terra, e lui si apprestò a raccoglierlo.

"Ecco i tuoi file. C'è tutto quello che volevi sapere. Li ho presi dal borsone di Partridge, mentre era impegnato a fare uno..." cercò di mentire, guardando in alto, e trovò una scusa, "Lo sai... dei suoi strampalati discorsi da saccente su Red John."

Stava diventando brava a mentire. Che l'allieva aveva superato il maestro?

Si avvicinò al portone senza neanche salutarlo, ma venne bloccata dal suono genuino della voce del mentalista.

"Ehi, Lisbon."

Teresa fu costretta a voltarsi e guardarlo mentre gli sorrideva e pronunciava quel "Grazie" nel modo più onesto che conosceva. Era il minimo che poteva fare. Ringraziarla. Lei non disse nulla per qualche secondo, ma si limitò ad abbassare la testa, come era solita fare quando riceveva un complimento o era lusingata per una buona azione che aveva fatto.

"Non ringraziarmi. Lo faccio per il bene della squadra e perché siamo una famiglia. Nient'altro."

Si voltò verso di lui e lo vide mantenere quello stesso sorriso. Fiero di lei, della sua 'amica' e di ciò che aveva appena fatto per lui.

Alla fine, lei lo perdonava sempre e avrebbe fatto qualsiasi cosa per lui.


Angoletto dell'autrice (poco) sana di mente:
Questo capitolo mi è uscito un po' na schifezza... spero di rifarmi con i precedenti XD
Riguardo la conversazione tra Patrick e Sean Barlow, non preoccupatevi, non la lascerò in sospeso... ho già pensato ad approfondirla in seguito.
Teresa che sfodera il suo fascino per rubare informazioni? Questa è nuova, non è nel suo stile, ma morirei per vedere una scena del genere! (Bruno se ci sei, batti un colpo XD)
Detto ciò, aggiornerò appena possibile.
Grazie a tutti quelli che continuano a seguirmi :)
Alla prossima! D.

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Capitolo 9
*** Accidia ***




 

Accidia


 


Avevano cambiato posto dove riunirsi da circa due mesi.

Patrick aveva promesso alla sua squadra che avrebbe detto tutto, e infatti fu di parola. Il problema era scegliere un posto lontano dal CBI e da occhi indiscreti.

Così, decise di tornare in un vecchio ufficio dalle pareti bianche. Teresa ricordava quel posto poiché c'erano già stati due anni fa, quando avevano fatto credere a Red John che il mentalista aveva ucciso prima lei e poi Wayne. Tuttavia, Patrick continuava a fingere di non ricordarlo, e ogni volta rispondeva con un'alzata di spalle e un "Ah davvero? Non ricordo". Probabilmente quel posto gli ricordava quanto male aveva fatto alla squadra di Lisbon e a lei sopratutto, perché aveva finto di essere cambiato solo per catturare il serial killer.

Ormai era storia passata.

Quella domenica mattina, unica giornata di riposo per il CBI, il mentalista, sempre mattiniero, era arrivato per prima in quell'ufficio abbandonato, portando con sé la colazione: brioche e caffè per tutti. Grace si era messa subito al lavoro col suo computer portatile, Wayne e Kim invece aiutavano Patrick a controllare la cartellina gialla che in precedenza Teresa aveva sfilato a Brett Partridge. Ogni tanto, il biondo consulente si dedicava alla lettura del suo libro preferito.

Dopo un'ora che erano seduti e intenti a controllare i tabulati, Grace controllò l'orologio.

"Come mai Lisbon ancora non è arrivata?"

Gli altri guardarono l'ora e in effetti erano le 10 passate. Si erano dati appuntamento per le 8, ma del loro capo ancora nessuna traccia. Il consulente del CBI era più che altro ansioso perché voleva rivelare loro tutta la conversazione avuta con Sean Barlow, ma finché la mora non si sarebbe presentata...

"Uscivo di corsa, mi dispiace aver lasciato il gas acceso..."

Dei brusii catturarono la loro attenzione e si fermarono un attimo quando videro Teresa apparire alla porta. Era sempre bellissima anche a prima mattina, sebbene sembrasse qualcuno l'avesse buttata giù dal letto di fretta perché aveva i capelli scompigliati e i bottoni della camicia bianca, che indossava sotto la giacca, non concordavano tra loro. Era stata abbottonata senza pensarci. Sorrideva mentre parlava al telefono, e aveva sempre quell'aria tra le nuvole.

Patrick intuì che stava parlando con David. Come infastidito, chiuse il libro e spinse la tazza di caffè, ormai raffreddato, sotto lo sguardo della donna, volendole ricordare che non si trovava da sola.

"Spero non sia successo nulla di grave..." lei continuava a parlare, afferrando sovrappensiero tra le mani quell'oggetto di carta Starbucks che ormai non emanava più calore.

I suoi colleghi la guardavano alzando un sopracciglio, ma fu Grace quella che le diede lo sguardo malizioso. Sentendosi osservata, l'agente senior avvampò all'improvviso e decise di tagliare corto la sua romantica conversazione telefonica.

"Ora devo lavorare. Ci sentiamo dopo. Scusate, ragazzi. Era David."

Patrick le diede il tempo di accomodarsi sul grande tavolo dove già stavano studiando i file relativi a Red John, poi le chiese a bruciapelo "Si è trasferito da te?".

Ancora rossa infuocata per la telefonata di prima, la donna lo guardò spaurita, spalancando gli occhi al massimo. Evidentemente si aspettava una risposta o una qualche spiegazione.

"Allora, Jane ci hai riunito per parlare qualcosa di importante, giusto?"

Grace arrivò giusto in tempo per salvare il suo capo dalla situazione. Viva la solidarietà femminile. Teresa la guardò mormorando un flebile "grazie".

"Giusto, Van Pelt. Volevo parlarvi della conversazione che ho avuto con Sean Barlow due mesi fa. Ma voi eravate troppo impegnati ad ammirare il fidanzato di Lisbon per accorgervi che stavamo chiacchierando seduti sul divano."

Sentendosi chiamata di nuovo in causa, Teresa contrasse i muscoli del corpo e abbassò lo sguardo.

Patrick si fece estremamente serio. Prese alcuni fogli dai vari file di cui erano in possesso, si alzò iniziando a passeggiare per la stanza, e diede una lettura veloce.

"Finora ciò che sappiamo su Red John è questo: ha ricominciato ad uccidere più frequentemente, e stavolta sembra stia colpendo i 7 sospettati della mia lista. Lo sceriffo McAllister, Macey Thompson che era legata alla Visualize di Bret Stiles, e Reed Smith. Ne restano quattro quindi, escludendo Stiles. Tuttavia, sappiamo che Red John è stato iniziato alla Visualize a metà anni '80; vi è entrato quando era un ragazzo problematico. Supponiamo che aveva 17-18 anni in quel periodo, questo ci porta alla conclusione che oggi dovrebbe avere 45 anni all'incirca."

"Okay, e fin qui ci siamo... ma questo Barlow cosa ti ha detto?" chiese Wayne, e intanto si preparò carta e penna per prendere appunti. Vicino a lui, anche Kim fece lo stesso, come due bravi studenti attenti alla lezione.

Una lezione chiamata 'Red John'.

"Sean Barlow sa di essere sicuro che Red John venne da lui per chiedergli consiglio. La fama dei Barlow come sensitivi risale a molti decenni prima che gli Jane comparissero in scena. Mi disse che questo ragazzo insicuro era spaventato; aveva le mani macchiate di sangue perché aveva appena commesso un omicidio. Barlow l'ha accolto e l'ha aiutato a dimenticare, sapete, usando l'ipnosi... usavo anche io certi metodi per truffare... comunque, l'ipnosi funzionò e il ragazzo venne portato in seguito alla Visualize, dove poteva così cambiare vita e ricominciare da capo."

"E' strano però che Stiles non ci abbia detto nulla di tutto ciò..." chiese Grace e la domanda fu più che normale. Ma anche la risposta sembrava lecita.

"Bret Stiles sa qualcosa ma non può rivelarci tutto perché rischierebbe la vita... ma fortunatamente abbiamo recuperato dei documenti relativi all'anno di iniziazione di Red John! Ricordi, Lisbon?"

E come poteva dimenticare? Quella sera, durante la funzione per Macey Thompson, l'ennesima vittima del serial killer, lui e Teresa avevano giocato a Diabolik ed Eva Kant alla ricerca di file nascosti e poi li avevano rubati. Avevano trovato quelli relativi all'anno 1986, un anno chiave per le loro indagini. Si erano chiusi in quella camera da letto, mentre lui era concentrato a leggere, e lei gli stava fin troppo vicino. E poi avevano finito per trovarsi sul letto...

"Sì, Jane, me lo ricordo."

La donna combatteva con i suoi istinti, e ormai arrossire era diventata una cosa continua quella mattina. Ad un certo punto della giornata, dovette inventarsi di essere andata al mare e di essersi scottata sotto al sole. Una bugia banale considerando che si trovavano in pieno inverno.

"Dimentichiamo i sette peccati capitali? Che c'entra Red John con questo?" chiese improvvisamente Kimball. Poi posizionò davanti alla squadra le foto con i volti delle vittime, e sotto ognuna c'era una didascalia con scritto un peccato: superbia, lussuria...

"Reed Smith è collegato all'accidia..." Patrick indicò la foto col volto dell'agente.

"Ovvero l'inerzia nel vivere e nel compiere opere di bene." concluse Grace, perché lei i racconti biblici li conosceva bene. Era una persona religiosa come l'altra donna della squadra.

"Ho sempre pensato che Reed fosse un tipo così... non parlava mai con le famiglie delle vittime, né aiutava loro ad elaborare il lutto..." aggiunse Teresa. Scrollò le spalle come se sapesse che prima o poi sarebbe finita male per l'agente Smith.

"Non è una cosa divertente, Teresa..."

La donna alzò lo sguardo. Quando il suo consulente la chiamava per nome, si trattava sempre di una cosa seria. Era un modo per attirare la sua attenzione e stabilire un contatto intimo con lei. Lei si ritrasse, e allora lui si avvicinò al suo posto poggiando le braccia tese in avanti e fissando le mani sul tavolo.

"Non volevo---"

Per alcuni interminabili secondi mantennero il contatto visivo. Il mentalista la fissava serio, lei con compassione, non riuscendo a sostenere più il suo sguardo. Perfino i suoi occhi azzurri potevano assumere un'aria omicida. Quando si trattava di Red John, non bisognava mai scherzare. Ma d'altra parte, tutti loro avevano bisogno di staccare un po' la spina ogni tanto, e lasciarsi andare con qualche battuta. Lui si rilassò e tornò a guardarla senza metterle pressione, ritirando le braccia.

"Scusami." disse semplicemente.

La donna deglutì guardandolo impaurita per qualche istante. Lui invece mise le mani in tasca e la guardava spaventato dalla sua stessa reazione. Intorno a loro, Grace, Wayne e Kim stavano iniziando a capire che qualcosa era successo tra il loro capo e il suo consulente. Comunque, non erano svegli abbastanza per intuire cosa. O forse Jane e Lisbon erano troppo bravi a nascondere tutto.

"Quindi..." fece Rigsby schiarendosi la voce, "Red John ha cambiato modus operandi? Perché usare i sette peccati capitali per colpire?"

Patrick spostò meccanicamente il suo sguardo verso l'agente. Teresa poteva tirare un sospiro di sollievo.

Quando si trattava di quel serial killer, l'attenzione era tutta rivolta sui suoi omicidi.

"Perché gli piace giocare e ha cambiato le regole del gioco."

 

Rimasero per buona parte della giornata dentro quella struttura, fermandosi solo per mangiare e riposarsi di tanto in tanto. Patrick aveva trovato una poltroncina niente male dove si sedeva per rilassarsi e riflettere meglio.

Wayne era quello che stuzzicava il cibo più di tutti; per lui non esistevano solo il pranzo e la cena. In mezzo c'era lo spuntino delle 4, e il languorino delle 6, che di solito anticipava la cena.

A fine giornata, la squadra giunse alla conclusione che avevano abbastanza materiale su Red John, e che tuttavia i restanti quattro sospettati avevano tutti a che fare con lui. L'unico modo era quello di stare vicino al nemico per studiarlo meglio.

Erano quasi le otto, e Grace, Wayne e Kim se ne erano andati. Ognuno aveva i suoi appuntamenti e le sue cose da fare. Teresa non smetteva di fare il capo neanche fuori dall'edificio del CBI. Se ne stava seduta a quel tavolo ad appuntarsi delle cose con la testa inclinata sul suo blocco notes. Ogni tanto allargava le spalle ma solo per stiracchiarsi.

Il suo consulente aveva quasi terminato il suo libro, un thriller di Jo Nesbo, ma la stanchezza iniziava a farsi sentire. Sbadigliò e allungò le braccia per sgranchirle.

A Teresa scappò una risatina.

"Puoi anche tornare al CBI a riposare nel tuo attico. Non c'è bisogno che tu resti qui ad aspettarmi."

Lui sorrise chiudendo il libro. "Non mi va di lasciarti da sola."

"Ho quasi terminato."

Bastarono una decina di minuti perché il sonno si impossessò di Patrick Jane. Il libro era gettato a terra. La poltrona non era comoda come il suo divano, infatti se ne stava rannicchiato da un lato, con le gambe contro il petto. Una posizione insolita per lui, ma che intenerì l'agente mora del CBI.

La donna si avvicinò, decisa a mettergli qualcosa addosso per coprirlo dal freddo, ma lui la sorprese prendole il polso.

"Non stavo dormendo, giuro!" brontolò ad occhi chiusi. Lei scosse la testa.

"Stai sognando per caso?"

"No, sono sveglio. Ora apro gli occhi."

Le pupille erano dilatate e rosse. Segno che aveva davvero bisogno di un sonno ristoratore, ma comunque non riusciva ad addormentarsi per i troppi pensieri che gli frullavano per la testa. Teresa prese una sedia e si accomodò accanto a lui. Patrick invece si mise a sedere in maniera più comoda.

"Sei stato bravo oggi, Jane. Hai raccontato quasi tutto alla squadra."

"Perché dici 'quasi'?"

Lei si morse il labbro, indecisa se parlare oppure no. Tanto ormai non avevano più segreti tra loro, che motiva avere di non essere diretta?

"Non hai detto loro di quel ricordo felice che Red John vuole uccidere..."

Lui la guardò e improvvisamente sembrò essere più sveglio di prima. Si passò una mano sugli occhi.

"Te la senti di continuare a fare da talpa all'interno del CBI?" disse cambiando argomento.

Ovviamente, Teresa si aspettava anche questa mossa. Quanto lo conosceva bene.

"Mi diverte, certo che voglio continuare. Non guardarmi così... stavo scherzando!"

"Lisbon, è una cosa seria..."

"Senti, sono consapevole del pericolo a cui sto andando incontro."

"Sono solo preoccupato per te. Non voglio che ti faccia del male a causa mia." inconsciamente posò la mano sulla sua.

Gli sguardi si incontrarono e ognuno decise di perdersi negli occhi dell'altro. Lei gli strinse la mano.

"Non preoccuparti."

E fu allora che il suo cellulare squillò. Sciolse la stretta per raggiungere il telefono nella tasca dei jeans. Controllò il display e un sorriso amaro comparve sulla sua bocca.

"E' David. Scusami."

Si alzò decidendo di fare una passeggiata per la stanza, poiché sembrava che il telefono non prendesse bene dopo alcuni "mi senti?". Lui la fissò per un attimo e poi sospirò. Raggiunse il libro lasciato a terra e prese la sua giacca. Intanto, Teresa si fermò in un punto vicino l'uscita.

"Ehi, finalmente c'è linea! Ciao!... Sì, ho finito con queste carte. Vengo a casa, mi cambio e andiamo a cena... Perché non posso uscire vestita così!... Okay, a dopo... Devo andare, Jane, ma se vuoi puoi accompag--- "

Si voltò ma di Jane non c'era nessuna traccia.


Angoletto dell'autrice (poco) sana di mente:
Spero che questo capitolo vi abbia chiarito qualche idea e dato qualche risposta :) approfitto per dire che stiamo a metà storia visto che ho previsto 18 capitoli :)
Jane si è aperto con la sua squadra, che intanto ha capito che c'è stato qualcosa tra lui e Lisbon... secondo me non sono molto trasparenti! :p
Spero di aggiornare presto... alla prossima!
D.

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Capitolo 10
*** Confessioni ***




 Confessioni



 

A Patrick Jane piaceva passeggiare da solo per il CBI, sopratutto perché era la sua casa e poteva fare ciò che voleva quando non c'era nessuno.

Indisturbato, prese una vecchia radio e si sintonizzò sul canale dove mandavano in onda i grandi classici del rock. Beccò i Beatles e iniziò a intonare il motivetto sognando di trovarsi ad un loro concerto.

Paul e John cantavano a squarciagola contendendosi il microfono, mentre dietro di loro Ringo suonava la batteria come un demonio e George strimpellava la chitarra come se non ci fosse un domani.

D'un tratto, venne riportato alla realtà, e la sua immagine scomparve come una bolla di sapone. Sentì un rumore alquanto sospetto, forse di una porta che si apriva o forse qualcuno che stava posando delle cassette. Spense la radio mettendosi in ascolto di ciò che stava succedendo. Era strano che ci fosse qualcuno al CBI a quell'ora di notte.

Vagò cautamente tra gli uffici ma quando riconobbe due voci si nascose dietro ad un muro che conduceva all'ascensore.

Li sentì chiacchierare tra loro, e i suoi dubbi sulle loro identità furono sciolti.

"Sei sicuro che lui non sappia nulla?"

"No, lei non l'ha informato. Non lavorano più insieme. Mi fido di Lisbon."

Era facile intuire di chi stavano parlando.

"Fino a quanto possiamo fidarci di lei, Gale?"

Erano Robert Kirkland, l'agente della Homeland Security che finora era rimasto nell'ombra, e Gale Bertram, il capo super informato del CBI.

Non si azzardò a guardarli. Gli bastò sentire il loro tono di voce per capire cosa stavano nascondendo.

Kirkland sembrava sicuro di sé, di certo sapeva cosa stava facendo molto più di Bertram, che al contrario, era più incerto.

Una gocciolina di sudore scivolò dalla sua fronte scoperta, passando per metà viso e arrivando sotto il mento. Si intuiva che il capo del CBI aveva avuto qualche rimorso prima di accettare di fare il doppio gioco. Patrick capì che adesso tutto tornava.

Il suo scopo era certamente quello di ottenere la fiducia di Teresa Lisbon, e c'era riuscito benissimo. Per prima cosa si era sbarazzato del primo capo del CBI, il magnanimo Virgil Minelli, il quale considerava Teresa come una figlia, e vedeva Patrick come un buon partito per lei. Era severo ma solo perché voleva molto bene ai due. Una volta tolto di mezzo Minelli, le cose erano diventate più facili.

Ora si stava complicando tutto. L'arrivo alquanto misterioso della Homeland Security che aveva messo le mani sul caso Red John, e poi Robert Kirkland che nascondeva le prove...

In che guaio stava cacciando Teresa?

 

Il colletto gli stringeva la gola... o forse lo aveva solo stretto troppo? In ogni caso, Wayne Rigsby non riusciva a digerire quel coscio di pollo che il cameriere gli aveva così tanto ben servito sul piatto, con tanto di contorno di patate al forno e carote tagliate alla Julienne.

Al contrario, la sua fidanzata Grace, seduta davanti a lui, stava mangiando quel pezzo di carne educatamente, con coltello e forchetta, e ogni tanto alzava gli occhi per guardare quel ristorante francese dove erano andati a cena.

Lui la guardava e sorrideva nervosamente. Mise una mano in una tasca dei pantaloni, assicurandosi di aver portato quella preziosa scatoletta che aveva ritirato in gioielleria quel giorno. Sì, era tutto apposto.

Grace posò le posate e strinse le spalle.

"Qui è tutto magnifico, Wayne! Ma cos'hai? Tutto ok?"

"Sì, non preoccuparti! Sono solo contento di stare finalmente solo con te!"

Lei corrugò la fronte e poi gli prese la mano, ma passò subito a controllargli il polso. Percepì che il battito cardiaco era a mille.

"Wayne, so che sei preoccupato per questa faccenda di Red John, e lo sono anche io, ma ogni tanto dovremmo concederci queste serate per rilassarci, non credi?"

"D'accordissimo!"

Continuava a sudare freddo e a controllare la scatoletta nella tasca. Non era mai stato così tanto nervoso in tutta la sua vita.

Però doveva prendere coraggio. Non voleva che il suo amico Kimball Cho avesse ragione a chiamarlo codardo. Non gliel'avrebbe data vinta!

"Appunto per questo, Grace." esordì, poi si fece serio e prese un gran respiro. Grace era visibilmente preoccupata. "So che visto il periodo non è il caso, ma la squadra ha bisogno di buone notizie. Noi abbiamo bisogno di buone notizie! Perciò..." ripose per l'ennesima volta la mano nella tasca... la scatoletta era ancora là, non scappava. 

La mise sulla sua mano. Quella scatoletta di velluto blu a forma di rettangolino fece sussultare la ragazza. Grace si mise una mano sul cuore e sorrise guardandolo.

"Oddio."

Wayne sorrise a sua volta. Sapeva le parole giuste che avrebbe usato, del resto aveva provato quel discorso con Kimball.

"Grace Van Pelt..." aprì lentamente la scatolina, rivelando al suo interno un anello con un piccolo gioiellino, una specie di fantasmino. Con ciò che riceveva dalla busta paga del CBI non era molto, ma per fortuna aveva messo da parte altri soldi per conto suo.

La ragazza sorrise sempre di più e arrossì di poco.

"Vuoi... vuoi sposarmi?"

"Sì... sì, sì!" esclamò senza esitare.

Incurante delle altre persone sedute intorno a loro, si alzò dal suo posto per sedersi in braccio a Wayne e baciarlo appassionatamente. Dalla sala si alzò una ola con tanto di congratulazioni.

 

Il cellulare squillò proprio al momento clou del film. Teresa Lisbon cercò a fondo nella sua borsa e sorrise fingendosi infastidita quando lesse il nome sul display.

"Ehi, Jane... no, non disturbi. Sono a cena con David!"

L'uomo appena citato la guardò, bloccandosi dall'ingoiare il suo panino. Poi non ci fece caso e continuò a mangiare.

"Ah, vi ho interrotti?" fece Patrick dall'altra parte del telefono. Se ne stava disteso sul lettino del suo attico.

Non era esattamente un bel modo di passare il sabato sera, ma ormai non ci faceva neanche più caso.

"No, stavamo guardando un film."

"Che film?"

Teresa guardava David, che faceva lo stesso, e le stava indicando di tagliare corto. Lei si fece seria.

"Jane. Si tratta di lavoro?"

"Sai che Bertram e Kirkland sono amiconi? Li ho sorpresi stasera a parlare di te. Sono convinti di avere il controllo su di te."

"Cosa vuoi che faccia? Che stia al loro gioco?"

David cercava di capire qualcosa del film, ma allo stesso modo provava ad origliava la conversazione della sua fidanzata e del suo collega. Alla fine, spense la tv e si accasciò sul divano dell'appartamento. Teresa lo guardava accigliata e cercava di fargli uno sguardo più che comprensivo.

"Lisbon, devi concentrarti sul punto debole della squadra. Perché non parli con Ray Haffner? Ricordi che ti disse che faceva parte della Visualize?"

"Jane, Ray non mi dirà nulla."

"Andiamo, ormai sei diventata brava quanto me a persuadere la gente!"

La donna si lasciò sfuggire una risata, ma si affrettò a coprirsi la bocca. Scocciata, David si alzò raggiungendo la cucina, che era a pochi passi del piccolo salottino.

Teresa lo seguì con lo sguardo.

"Senti Jane, ne discutiamo domani, ok? Ora devo andare."

Bruscamente tagliò corto e chiuse la conversazione. Con le mani in tasca, e poi sfregandosele, iniziò a camminare verso il suo fidanzato.

"Ti chiama sempre a quest'ora?" iniziò David, non togliendo gli occhi di dosso alla pentola dentro la quale stava preparando altri pop-corn. Probabilmente sarebbe stato un gesto inutile, visto che la serata era rovinata. Mise un coperchio trasparente per impedire che, una volta cotti, i pop-corn scoppiassero all'impazzata per tutta la cucina.

"Sì, questa cosa di Red John è davvero complicata."

"Ma ci siete vicini a scoprire la sua identità, vero?"

"Queste sono cose che non posso dirti, David, lo sai..."

I pop-corn scoppiavano dentro il coperchio trasparente. David spense il fornello e si voltò per guardarla.

"Teresa..."

"Davvero, non posso parlare. Comunque, stiamo valutando le prove. Jane è molto sicuro di sé e io mi fido di lui."

Teresa si sfregò di nuovo le mani sudaticce e lo fece nervosamente. Cercò di evitare lo sguardo di lui. Non poteva rivelargli altri dettagli sul caso. Ma sopratutto non era intenzionata a parlare di dettagli personali che riguardavano lui.

"Posso farti una domanda, Teresa? Non prenderla a male però."

"Spara."

"Che rapporto c'è tra te e Patrick Jane? E' lavorativo, oppure..."

"Andiamo anche a fare shopping. Sto scherzando, David! Ti assicuro che è puramente lavorativo, non c'è nulla di personale. Siamo buoni amici e colleghi. Ci conosciamo da dieci anni... è normale avere questo tipo di relazione..."

"Avete avuto una relazione?"

Non sapendone il motivo, o forse sì, Teresa arrossì di colpo. Il perché le tornarono in mente immagini di lei e di Patrick abbracciati sul letto, che si scambiavano baci disperati... non seppe spiegarselo. La sua mente continuava a metterle un timbro rosso sopra quei ricordi, con la scritta a caratteri cubitali 'solo amici'.

"David! Siamo amici, okay? Ora, per favore, torniamo al nostro film? Voglio sapere se Jennifer Lawrence sopravvive agli Hunger Games!"

Si imbronciò facendo la ragazza che non vedeva l'ora di vedere la sua eroina preferita in televisione. Prese i pop-corn appena fatti e li mise dentro un piattino. Si alzò sulle punte per baciare sulla guancia David, e poi come se nulla fosse, tornò a posizionarsi davanti lo schermo. Accese la tv e come una fan sfegatata, iniziò a tifare per la protagonista femminile del film.

David scosse la testa, e mormorò, "Solo amici, solo amici..."

 

Quel lunedì mattina, Teresa aveva contattato Ray, proprio come le aveva consigliato Patrick. Al telefono fu una conversazione normale e scorrevole.

Di persona, Ray sorrideva, e fu piuttosto sorpreso dall'invito a pranzo della collega. Seduti ad uno dei tavoli sulla terrazza del CBI, avevano appena ordinato qualche panino e due bottigliette d'acqua dal chiosco.

"Teresa, ti conosco. Tu non inviti a pranzo le persone se non per qualche doppio fine." disse Ray tutto d'un fiato.

Tombola. La donna non nascose quella verità che si leggeva trasparante sul suo volto.

"Sì, è vero mi conosci. E sai anche cosa sto per chiederti."

"E' stato Jane a dirti di farmi l'interrogatorio?"

La donna sbottò.

"Ma perché tutti quanti pensate che io dipenda da lui!"

Non si accorse che lo stava dicendo ad alta voce, quindi si scusò con le persone che la stavano guardando male.

"Voglio confessarti una cosa. Tempo fa mi avevi chiesto se ero un membro della Visualize, ma io non risposi. Beh, visto che siamo amici, colleghi e lavoriamo insieme sul caso Red John, posso dirti che entrai nella set di Bret Stiles nella metà degli anni '80."

Metà degli anni '80.

Red John era stato iniziato nel 1986.

Non poteva essere...

"E c'era un ragazzo con me alquanto strano... aveva una tale propensione per la criminologia..." si diede un'occhiata furtiva in giro, per poi tendersi verso di lei, "...potrei addirittura conoscere l'identità di Red John, perché so che è entrato nella Visualize in quegli anni."

Teresa era alquanto scioccata dalla sua confessione e dato che non poteva fidarsi di nessuno, si chiese perché proprio a lei doveva rivelare quelle cose.

Senza dire niente, Ray posò due carte da dieci dollari sul tavolo e, prima di andarsene le bisbigliò, "Io non ti ho detto nulla."

Teresa restò confusa. L'agente era suo amico, lo conosceva da tanto tempo, perché si stava confidando proprio ora? Magari era nei guai e voleva uscirne. In ogni caso, non ebbe ma il dubbio che lui potesse essere il serial killer che stavano cercando.

Sulla strada del ritorno nel suo ufficio, Teresa prese il cellulare e compose quel numero che ormai conosceva a memoria.

"Jane, devo parlarti. Ho delle informazioni."

 

A tutto c'era una conseguenza, e le azioni non restavano impunite. La confessione che aveva fatto, la pagò con la sua stessa vita, quando tornando a casa, trovò un uomo vestito di nero ad aspettarlo. L'altro uomo sorrise rammaricato, dicendogli che se lo aspettava e che ora poteva anche compiere il suo dovere. Non fece in tempo a pronunciare le sue ultime parole, perché l'uomo in nero gli squarciò la gola, e poi si occupò di decorargli il torace con il coltello.

Infine, lo depose supino sul letto, e col suo sangue, dipinse uno smile proprio all'altezza del letto.

E fu in quello stesso stato, che Teresa Lisbon e i suoi uomini lo trovarono il mattino dopo.

Patrick Jane osservò il cadavere rabbrividendo.

Adesso la lista si era ridotta a tre sospettati.


Angoletto dell'autrice (poco) sana di mente:
Avrei dovuto aggiornare domani ma avevo già il cap pronto e non resistevo a condividerlo con voi :p
Kirkland e Bertram amiconi... Wayne che chiede a Grace di sposarlo... e poi il confronto di Teresa con David!
Andiamo, donna, è diventato così palese che provi ancora qualcosa per il tuo consulente!
E infine la confessione di Haffner... che paga con la sua vita per questo...
Ultima nota: ho citato "The Hunger Games" perché ho visto di recente il film e mi è piaciuto molto :p (poi magari scopriamo che Robin Tunney è una fan del film e di Jennifer Lawrence hahahaha)
La cosa di Bertram che aveva organizzato tutto facendo prima fuori Minelli ovviamente me la sono inventata... poi se si scopre così, diamo la colpa a Bruno per avermi rubato l'idea!
E grazie alle 19 persone che hanno messo la storia tra le seguite... davvero, non me l'aspettavo! *-*
Alla prossima!
D.

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Capitolo 11
*** Invidia ***




 

Invidia

 



La morte troppo brusca di Ray Haffner aveva lasciato, più o meno, un vuoto all'interno del CBI.

In ogni caso, aveva fatto capire che non si potevano più commettere errori.

Se da una parte, Teresa continuava a fare il doppio gioco con Bertram, Kirkland e Partridge, dall'altra, non esitava a dare informazioni a Patrick e la sua squadra. Inoltre, l'agente senior era rimasta sotto shock per la perdita del collega, nonostante non erano mai andati d'amore e d'accordo e c'erano stati dei dissapori.

 

I pezzi del puzzle iniziavano a collegarsi tra loro, seppur lentamente. Scavando tra documenti, prove, scena del crimine a dir poco raccapricciante, e il passato dell'agente della omicidi, Lisbon e la sua squadra scoprirono che fu il peccato dell'invidia a segnare Haffner e a condannarlo a morte.

Tristezza per il bene altrui, percepito come male proprio.

Che Haffner fosse invidioso dei suoi colleghi e desiderasse di più? O era invidioso di quel ragazzo problematico accolto nella Visualize, trattato come discepolo prediletto, poi come figlio, e infine diventato Red John? Magari desiderava anche lui quella fama e quella vita?

Teresa contemplava le carte. Seduta sul lettone della sua camera, gambe incrociate con indosso un paio di shorts e una maglietta color verde, la donna si rigirava i pollici, mordendosi il labbro inferiore, elaborando teorie su teorie.

David, sdraiato accanto a lei, per un attimo pensò che il suo cervello stesse per esplodere.

"Finita questa cosa di Red John, hai mai pensato di metter su famiglia e di sistemarti?"

Si voltò di scatto guardandolo allucinata. Le sudate carte scivolarono dal letto, creando una gran confusione.

"Dannazione, David... come te ne esci?" si alzò per raccoglierle, cercando di sistemarle. Fortunatamente aveva messo dei numeri identificativi su ogni foglio, così non avrebbe perso l'ordine.

Le occorse qualche secondo per realizzare le parole del suo fidanzato. Fece capolino da terra.

"Cosa vuoi dire, David? Non starai pensando..."

Lui sorrise, poi si allungò per aiutarla ad alzarsi. Congiunse le mani alle sue e la guardò speranzoso.

"Sposiamoci, Teresa." esordì tutto convinto di sé.

Lei per poco non si strozzò solo deglutendo.

"C-cosa?"

"Perché no?"

Lo allontanò da sé iniziando a vagare per la stanza. I pensieri le si accavallavano uno sull'altro, mentre cercava di dare un senso alla cosa.

Era pronta per il matrimonio? Sopratutto, era pronta per fare il grande passo con David? Trovò il coraggio di guardarlo, ma non senza giocherellare con le dita. Irrequieta, sorrideva nervosamente, finché decise di stancarsi a giocare con le proprie mani e di mettersele nelle tasche posteriori degli shorts.

"Ci conosciamo solo da cinque mesi... non pensi sia un po' presto?"

"Beh ma quando incontri la persona giusta, quella che ti fa battere il cuore... perché aspettare?"

"Sì, ma non così..."

"Devo mettermi in ginocchio, aspetta..."

Teresa lo guardava sbigottita. Si stava mettendo in ginocchio sul serio. Lei stessa era sicura, nel profondo, che avrebbe voluto una proposta di matrimonio in stile tradizionale. Magari dopo una cena elegante. Dettagli.

"Ecco. Teresa Lisbon, vuoi sposarmi?"

Restò con lo sguardo attonito, guardandolo come un pazzo, e facendosi ancora le stesse domande di prima. Lui le porgeva un anello a dir poco invitante. Era stupendo quel gioiello e pensò che su di lei potesse essere perfetto... però... c'era un però.

Guardò intensamente David nei suoi occhi verde chiaro, ma ciò che vide fu solo il riflesso di una donna troppo confusa.

 

"Ok faccio un altro giro dell'edificio e poi ritorno!"

"Grace, credo che tutti abbiano capito che ci sposiamo, evitiamo altre figure imbarazzanti..."

La rossa si imbronciò, ma cambiò subito espressione quando tornò ad ammirarsi quell'anello al dito.

"Ha ragione. Sarà già imbarazzante vederti vestito come un pinguino."

Kim stuzzicò l'amico, facendo riferimento al vestito da cerimonia che indossa lo sposo, ma Wayne non colse l'ironia della battuta, e gli diede una gomitata.

Sperava solo che quella giornata sarebbe finita in fretta, dato che a lui non piaceva stare al centro dell'attenzione.

Teresa arrivò in sala comune in punta dei piedi, reggendo tra le mani la cartellina da lavoro. Grace l'anticipò abbracciandola.

"Ti stavo cercando, dov'eri finita? Guarda qui!"

Raggiante più che mai, Grace sfoggiò l'anello alla sua collega, la quale non poté fare altro che gioire per lei, ricambiando l'abbraccio.

"Congratulazioni!"

Wayne si asciugava la fronte, non essendo ancora capace di intuire se fosse stato per l'incapacità di contenere la contentezza di Grace, oppure per il primo caldo primaverile in arrivo sulla California.

"Sono contenta per te, Van Pelt! A quando le nozze?"

Grace mormorò qualcosa, ma lanciò un urlo di gioia quando notò che non era la sola a portare una buona notizia. Teresa cercò di nascondere la mano sinistra con la cartellina, ma ormai era troppo tardi.

L'esaurimento dell'agente rossa fece avvicinare gli altri due.

"Non sono l'unica a sposarsi a quanto pare!"

Ormai le aveva tirato la mano e stava per strapparle la giacca dal braccio sinistro. L'anello sull'anulare di Teresa aveva un piccolo diamante che brillava mettendo in risalto i suoi occhi verdi.

"Ma complimenti, capo! Quando pensavi di dircelo?"

Senza fare troppi complimenti, Wayne e Kimball inondarono la minuta agente mora di abbracci e strette di mano. Perfino il coreano, di solito freddo e restio di fronte tali smancerie, si lasciò andare. Quella era una giornata felice per tutti. O quasi.

Patrick Jane raggiunse la sua squadra sbadigliando, segno che aveva passato un'altra notte in bianco. Tanto per cambiare. Teresa si preoccupò di nascondere la mano sinistra, coprendola per quanto poteva, con la manica della giacca.

Il mentalista si stiracchiò le braccia come se niente fosse.

"Che mi sono perso? Cos'è tutto questo urlare?"

Wayne gli fece segno di fare con calma perché da un momento all'altro la sua fidanzata avrebbe ripreso a saltellare e mostrare il suo anello.

Detto fatto, Grace abbracciò Patrick, lasciandolo un po' stordito. Sorridente come una bambina al suo compleanno, gli mostrò il dito e l'anello. Il biondo restò compiaciuto e fece l'occhiolino a Wayne.

"Ce l'hai fatta a chiederle di sposarti! Pensavo non l'avresti mai fatto!"

"Idem, anche io!" concordò Kim, scambiando uno sguardo d'intesa con il mentalista.

Wayne si sentiva preso in giro, quindi assunse una posizione da guerriero spartano. Alzò anche il tono di voce.

"Ehi, ma per chi mi avete preso? Se continuate così, non vi invito neanche al matrimonio!"

A Teresa scappò una risata, che tentò di soffocare, ma fu in quel gesto di coprirsi la bocca con la mano sinistra, che Patrick notò un altro luccichio. Quando mise bene a fuoco, capì che si trattava di un anello di fidanzamento. Abbozzò un sorriso pensando a come David aveva scelto bene quel piccolo gioiellino, intonandolo al colore degli occhi della donna.

"Oh, abbiamo un'altra prossima all'altare... congratulazioni, Lisbon."

"Grazie."

Calò il silenzio tra loro.

"Ti spiace se lo guardo più da vicino?"

La raggiunse e delicatamente le sollevò la mano. Sembrava un esperto nel campo dei gioielli. Con un dito iniziò a tracciare il contorno dell'anello, facendolo scorrere avanti e indietro attraverso quella forma circolare. Era incredibile come un singolo oggetto lucente poteva cambiare le relazioni tra uomo e donna, rendendole complicate oppure unendo le due persone. Del resto, perché se ne meravigliava? Lui aveva ancora quella fede al dito che non aveva intenzione di togliere, almeno finché Red John non finiva sulla sedia elettrica.

"David ha buon gusto." le disse bisbigliando.

Lentamente, alzò gli occhi che incrociarono quelli di Teresa e lei sentì un sussulto quando il dito dell'uomo iniziò a toccarle tutto l'anulare. La direzione era sempre la stessa, su e giù per quel minuscolo tratto di pelle. 

Fu come un massaggio erotico, ma soffermandosi su quel punto, era portato all'ennesima potenza. Teresa chiuse gli occhi e si lasciò andare mormorando qualcosa, e intanto qualcos'altro dentro di lei si stava muovendo fino a farle raggiungere l'apice del piacere. Quel maledetto punto G.

Si erano dimenticati completamente di trovarsi al CBI, al centro della sala comune, con intorno i tre membri della sua squadra.

Kimball si schiarì la gola, rompendo il ghiaccio.

"Dobbiamo lasciarvi da soli?"

I due ex amanti lo guardarono nello stesso momento, rendendosi conto che era il momento di tornare alla realtà. Patrick mollò la mano di Teresa, e si passò le mani sul gilet, quasi a volersi pulire delle sue azioni. Poi indicò il suo divano e andò a sedersi indisturbato.

Teresa, invece, era rimasta stordita e per qualche istante lasciò la mano a penzoloni. Sorrise nervosa, e indicò la sua scrivania nel suo ufficio.

 

La giornata proseguì tranquillamente, tra Grace che non faceva altro che pensare al matrimonio, seguita dall'esasperazione di Wayne. Alla fine, Teresa dovette acconsentire a lasciarli andare prima a casa, così che il CBI poteva respirare un po'. Verso ora di chiusura, anche Kim si congedò, e alla fine della giornata restavano solo Teresa nel suo ufficio, e Patrick a leggere sul suo divano.

Il libro di Jo Nesbo cadde a terra, e nello stesso istante le luci si spensero. Rimase accesa una sola luce, proveniente dall'ufficio di Teresa. Il mentalista guardò l'orologio, erano le dieci di sera. Si alzò per andare dalla sua collega. Bussò come se ce ne fosse bisogno, poiché la porta era aperta. Quando ebbe avuto il permesso, restò appoggiato allo stipite della porta.

Teresa teneva lo sguardo fisso sul suo computer, così lui si disturbò ad avanzare nella stanza, fischiettando per attirare la sua attenzione.

Sorrise. Senza aver bisogno della domanda, la risposta venne automatica.

"Ho quasi finito, Jane, non preoccuparti."

Lui sorrise a sua volta, quindi ebbe il secondo permesso per avvicinarsi alla sua scrivania. In piedi davanti a lei, vedendo che continuava a battere i tasti, tamburellò sul legno duro, attendendo che lei alzasse lo sguardo.

Come un bambino, ottenne la sua soddisfazione. Teresa incrociò le braccia e lo guardò accigliata.

"Che vuoi adesso?"

"Lo sposi perché lo ami?"

La sua domanda fu una doccia fredda. Ma anche la risposta fu ghiacciata. Lasciò libere le braccia, lasciandole poggiare sulle gambe.

Da sotto la scrivania, alzava la mano con l'anello.

"Jane... guardo Rigsby e Van Pelt, giovani e felici. Poi guardo me. Ho quasi quarant'anni e le mie relazioni si contano sulle dita di una mano. Ho bisogno di sposarmi."

"Non hai risposto alla mia domanda. Lo ami oppure no?"

Giocherellò con l'anello, divertendosi a toglierlo e rimetterlo al dito, ma senza guardare il suo consulente negli occhi.

Dopo tanti anni, ancora non aveva imparato che se evitava lo sguardo altrui voleva dire che stava mentendo.

"Che discorsi, Jane. Certo!"

"Continui a girarci intorno, ma okay, non insisterò..."

Teresa si bloccò ed ebbe il coraggio di affrontare il suo sguardo. Smise si giocare col suo anello, e si decise a sfoggiarlo per dimostrargli che non aveva affatto paura della decisione che aveva preso. Lo guardò sfidando i suoi occhi che restavano inamovibili. Quando si specchiò, vide ancora quel riflesso di quella donna confusa che non aveva tutte le risposte pronte.

Dentro di sé, Teresa Lisbon sapeva di non aver risposto alla domanda perché non sapeva il significato della parola 'amare'. Lei stessa non sapeva se era davvero innamorata di David, perché in fondo quelle tre paroline non le aveva mai pronunciate.



Angoletto dell'autrice (poco) sana di mente:
Teresa da una parte ha ragione sull'accettare la proposta di matrimonio... però insomma, chi glielo dice che lei e Patrick devono prendersi una stanza? :p
Grace intanto sta continuando a saltellare come una pazza anche davanti a me :p di questo passo, Wayne arriverà sudadiccio al matrimonio hahaha
Mi ha fatto strano ieri sera rivedere la replica della 4x02 in Tv con Haffner 'ancora vivo'... e a mente mia pensavo "Io ti ho ucciso" u.u
Tornando seri, manca un capitolo e poi le cose iniziano a smuoversi seriamente, anche perché ci avviciniamo al finale di questa fanfic...
Grazie ancora di cuore per chi continua a seguirla <3
Ce la faremo ad arrivare a settembre! (sì, crediamoci XD)
Alla prossima!
D.
:)

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Capitolo 12
*** Dubbi ***





Dubbi



 

Teresa aveva passato le ultime due settimane a guardare e riguardare l'anello al dito. Girandolo e rigirandolo su sé stesso, sfregandoselo tra le mani, nel tentativo disperato di sapere di che materiale era fatto, o come faceva a brillare così tanto quel piccolo diamante incastonato.

Indecisa e dubbiosa sul matrimonio, si era sempre considerata una donna sposata col suo lavoro. Non si era mai vista a casa a badare ai suoi due o tre figli, mentre suo marito faceva il suo lavoro. Decisamente lei non era una casalinga!

Seduta alla sua scrivania, si ritrovò inaspettatamente le mani a stringere la croce d'argento che portava legata al collo da una collanina fine dello stesso materiale. Bisbigliò qualcosa e chiuse gli occhi in un attimo di riflessione.

Pensò a sua madre e le chiedeva consiglio, in silenzio. Dopo qualche secondo, pensò che fosse sciocco, e che forse pregare in un luogo profano non faceva alcun effetto. Quindi alzò lo sguardo e inarcò un sopracciglio. Se fosse stata ancora in vita, sicuramente sua madre le avrebbe telefonato, e avrebbero chiacchierato del più e del meno. Poi lei le avrebbe chiesto come andava con David, e lei avrebbe risposto che non era male, però non se la sentiva di sposarsi. Quindi sua madre avrebbe replicato dicendole qual'era allora il vero problema... era perché non era pronta o sposarsi, oppure si trattava di qualcun altro?

Il rumore delle nocche sulla porta riportarono Teresa alla realtà. La donna si ricompose appena vide Grace entrare e porgerle dei documenti.

"Novità?" chiese l'agente senior, mentre le parole le uscirono sospirate. La routine giornaliera era talmente noiosa. Tutti quegli omicidi...

"Niente, siamo sempre allo stesso punto."

Teresa sospirò, sconfortata, e malvolentieri accese il suo computer, dando un colpetto al monitor quando vide lo schermo bloccarsi per qualche minuto.

"Maledizione. Sarebbe anche ora di comprarne uno nuovo di questi cosi..."

Grace aprì la bocca nel tentativo di dire qualcosa, poi vedendo l'agitazione del suo capo, il discorso iniziò prendendo un'altra piega.

"Forse ha ragione Jane. Dovremmo indagare sui tre sospettati che restano in vita..." disse l'ultima frase come un sussurro.

Teresa la guardava preoccupata. Si accasciò sulla sedia mettendo le mani unite sulla pancia. L'anello che portava al dito continuava a brillare e Grace fu quasi sorpresa di vederglielo ancora indossare. Distaccò lo sguardo quando Teresa la sorprese a osservare quell'oggettino luminoso.

"Io non ce la faccio più, Grace. Come fai a sostenere tutta quest'ansia del matrimonio?"

La rossa sorrise capendo che quando veniva fatto il suo nome era perché l'agente senior voleva iniziare un discorso amichevole.

"Sembri Rigsby... lui è già stressato all'idea, io invece non faccio che pensare alla lista degli invitati, agli abiti, al ristorante... è una questione soggettiva, credo. Magari la proposta di David ti ha colta di sorpresa e ancora non realizzi, per questo non sei in fibrillazione?"

Teresa si morse il labbro, poi tornò a mettersi composta sulla sedia, posando le braccia sulla scrivania. Si guardò per un attimo l'anello.

"La verità è che David è tutto eccitato all'idea delle nozze, mentre io non faccio altro che pensare al lavoro."

"Solo al lavoro?"

Guardò l'amica negli occhi, cercando di cogliere qualche segno che confermasse le sue teorie.

Grace se ne era accorta da un bel pezzo, poi anche Wayne e Kim avevano iniziato a notarlo. Le cose erano cambiate tra Patrick e Teresa, e il fatto che fossero più intimi e più vicini, significava che si fidavano davvero l'uno dell'altra perché c'era stato qualcosa di fisico. L'ultimo pensiero però non era ancora certo. Aspettava che che Teresa si confidasse - erano le uniche due donne della squadra, perché non le aveva detto nulla? - perché Grace era pronta a starle vicino.

Ma del resto, tutti capivano il carattere della mora. Era una persona riservata sulla sua vita privata, ma allo stesso modo era incapace di mentire alla perfezione.

"Anche Bertram sta iniziando ad avere dei dubbi sul mio comportamento. Ieri mi ha chiesto se stavo bene, e io che altro potevo fare se non rispondergli che andava tutto alla grande?" spalancò le braccia lamentandosi e ci riuscì benissimo.

Grace capì che neanche stavolta avrebbe cavato un ragno dal buco, quindi lasciò correre. A Teresa non serviva spiegare. Bastava osservarla nei suoi gesti per capire qual'era il problema. E il fatto che glissasse alla grande l'argomento, significava che quel problema era davvero grosso. E si chiamava Patrick Jane.

"Sta iniziando a sospettare?"

"Bertram sospetta da tempo, credo."

"Dovresti parlarne con Jane, magari può darti dei consigli su come deviare le sue domande."

Tutti le dicevano la stessa cosa. La donna storse la bocca fingendosi annoiata.

"Già, andrò da lui. Vediamo cos'ha da dirmi il saggio!" disse in tono sarcastico. Poi lasciò l'ufficio e poco dopo anche Grace la seguì, posizionandosi alla sua scrivania.

 

Il divano era vuoto, quindi il mentalista doveva trovarsi nel suo attico. Per un attimo sperò che stesse riposando poiché aveva davvero bisogno di prendere sonno. Si fermò col pugno chiuso, pronta per bussare alla porta, e scosse la testa. Forse non era il caso di andare sempre da lui a chiedergli aiuto.

"Lisbon, puoi entrare. La porta è aperta."

Come non detto. Doveva essere stato un segugio nella sua vita precedente, perché il fatto che riconoscesse le persone dal loro odore o dal loro andamento era davvero strabiliante.

Patrick se ne stava in piedi fisso, con le mani sui fianchi, a guardare la sua lavagnetta piena di foto e fili che collegavano i sospettati e vittime l'un l'altro. La giacca era buttata in un angolo della stanza. Teresa arricciò il naso, poi guardò lui.

"Dovresti dare un ripulita qui dentro. E anche tu dovresti darti una lavata."

Lui si voltò ridendo come se avesse appena detto una barzelletta molto divertente.

"Dico sul serio. Sembri un senzatetto!"

"E' la stessa cosa che mi hai detto la prima volta che ci siamo incontrati. Ricordi? Dieci anni fa."

"Come potrei dimenticarlo. L'odore che emani è lo stesso!"

Dopo il divertente e consueto scambio di battute, Teresa si strinse in sé stessa e avanzò verso di lui, in modo che potesse avere un dialogo diretto.

"Mi inquieta il comportamento di Bertram."

"In che senso?"

Patrick le offrì una sedia, vedendola nervosa mentre si dondolava col corpo avanti e indietro, ma lei rifiutò con un cenno di mano. Decise quindi di occupare lui quel posto.

"Credo che voglia che io mi confidi con lui riguardo i miei problemi."

Il mentalista entrò in uno stato quasi catatonico. Mise un braccio sul ginocchio e con la mano si reggeva la testa. Dopo qualche secondo parò.

"E' perfetto."

"Come scusa?"

"Vedila come un'occasione per entrare in sintonia con il gruppo. Se Bertram ti vede distaccata, capisce che c'è qualcosa che non va e ti farà pressione. Dimostrati più aperta verso di lui."

"Non ne sono molto convinta."

Il suo continuo dondolare e il non stare ferma lo stavano rendendo nervoso. Quindi si alzò dalla sedia e con decisione la prese per mano facendola sedere sul suo letto. Lei lo guardò con un grosso punto interrogativo sulla faccia.

"Che c'è? Non ti stanchi a stare sempre in piedi? Io al posto tuo mi stancherei."

Teresa roteò gli occhi, poi sorrise di sottecchi. Era strano il modo in cui lui riusciva a tranquillizzarla mettendosi a fare dei discorsi inutili. Potevano anche parlare del tempo atmosferico o dell'ultimo film di Johnny Depp, per lei erano conversazioni che venivano fuori nei momenti in cui doveva essere messa a suo agio.

"Okay, quindi cosa mi consigli con Bertram?"

"Tu continua a fingere. Lui sta facendo il doppio gioco, adesso lo sappiamo. Gioca a fare il padre con te, nella speranza che tu gli riveli i tuoi segreti. Bertram sa tutto di noi ormai, e agendo così approfitta della figura paterna che ti è mancata per molto tempo."

Adesso era lui che iniziava a passeggiare avanti e indietro per la stanza. Si fermò davanti a lei fissandola con sguardo serissimo.

"Magari potrebbe anche chiederti qualcosa su noi due..."

"Questo non succederà, non preoccuparti."

Nessuno sa di noi due, pensò forse tristemente tra sé. I suoi dubbi erano ancora forti e sperava ancora, dopo tutto, che sua madre le desse qualche segno per indicarle la via giusta da prendere.

 

Si diresse verso l'ufficio del suo capo, ma ebbe la fortuna di trovarlo per il corridoio. Lo bloccò richiamando la sua attenzione.

"Signore..."

Gale Bertram non si voltò subito, se non dopo qualche richiamo. Sembrava piuttosto affaccendato. Aveva fretta di sbrigare qualche commissione perché aveva allungato il passo dopo la seconda e la terza volta che Teresa l'aveva chiamato.

Si voltò e aspettò la sua agente.

"Lisbon! Spero di non essere stato troppo pressante l'altro giorno... mi sembravi giù di morale e quindi mi sono preoccupato."

"Non avrebbe dovuto, va tutto bene come le avevo detto. Ho avuto dolori alla gamba, ma sto meglio adesso." mentì.

"Ah bene. A proposito, congratulazioni! Ho saputo che ti sposi! Dovrei conoscere questo ragazzo che ha deciso di prenderti come moglie?"

Mentre chiacchieravano, Bertram le fece strada verso il suo ufficio, dove si accomodarono subito dopo.

"Sì, lo conoscerà presto."

"E Jane che dice?"

"In che senso?"

"Che ne pensa della tua decisione di sposarti? Ti considera una tutta casa e lavoro?"

Teresa era confusa. Sbarrò gli occhi, poi si schiarì la voce sentendosi il cuore in gola.

Immediatamente pensò che Patrick aveva avuto ragione.

Bertram cercava di entrare nella sua testa per cercare una confidenza con la sua migliore agente.

"A lui sta bene, signore. Come sa, io e Jane ci parliamo poco ultimamente." rispose freddamente.

"Sì, ho notato. Quindi se ne sta sempre da solo a confabulare teorie su Red John? Ma nessuno gli dice che dovrebbe smetterla e rifarsi una vita?"

Si morse il labbro maledicendo mentalmente il suo consulente. Anche questa volta aveva indovinato.

E il fatto che Bertram azzardasse l'ipotesi che Patrick avrebbe potuto rifarsi una vita e lasciar perdere la vendetta, le fece stranamente ricordare Red John.

Alcuni anni fa, quando aveva sparato a Timothy Carter, l'uomo che credeva il serial killer, Patrick le confidò che gli aveva detto quelle stesse parole che lei aveva appena udito.

Strinse i pugni trattenendoli sulle gambe.

"Lei conosce Jane. Finché non avrà preso Red John, non andrà avanti con la sua vita."

"Pover'uomo. E' geniale, ma a volte mi sembra tanto disperato."

Teresa pensò fosse il momento per glissare l'argomento 'Patrick Jane'. Del resto, aveva ascoltato abbastanza. Guardò l'ora indicata sull'orologio ovale sopra la testa del suo capo.

"Già. Ma perché non andiamo a fare una partita a poker, che ne dice?"

"Buona idea. Ti raggiungo subito!"

L'agente mora abbozzò un sorriso, poi lasciò la stanza in silenzio.

La stanza attorno Bertram sembrò vuota, ma poco dopo, tornò a fargli visita la stessa figura nera che ormai conosceva fin troppo bene. La voce di quell'uomo viscido gli metteva sempre i brividi.

Di certo non lo aiutò il fatto che gli mise una mano sulla spalla per rassicurarlo.

"Ben fatto, Gale. Teresa è un piccolo pesce nell'oceano che sta per essere preso all'amo. Ormai è sotto il nostro controllo."


Angoletto dell'autrice (poco) sana di mente:
Bene, questo è l'ultimo capitolo 'tranquillo'... dal prossimo le cose si fanno serie... (non allarmatevi XD)
Ho deciso di velocizzare un po' la pubblicazione anche perché non ci sono a fine agosto per alcuni giorni e poi sarei andata oltre postando un capitolo a settimana... insomma, ragionamento contorto tutto mio XD
Per chi se lo stesse chiedendo, finalmente mi sono ricordata di farvi vedere una foto dell'attore che ho scelto per David XD 
http://tvblog.girlpower.it/wp-content/uploads/2009/08/scott-foley.jpg

Alla prossima!
D.
:) 

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Capitolo 13
*** Tensioni ***




Tensioni



 

La figura scura se ne stava sempre seduta in ombra, assicurandosi di non essere vista. Accavallava le gambe e manteneva una posizione composta, tenendo in mano un sigaro. Forse l'unica cosa che si poteva notare era il fumo che lo circondava.

L'altro uomo presente nella stanza tossì un paio di volte, coprendosi la bocca con il pugno della mano, non amando molto l'odore di tabacco. Rimase composto, inclinò la testa e si sistemò la giacca.

Sul tavolo c'erano i pezzi di quel puzzle folle che Patrick Jane aveva nel suo attico. Le foto delle scene del crimine tutte collegate tra loro. Smile rossi, donne squartate, il sangue che colava dai loro corpi semi nudi, le armi del delitto.

La figura rise di gusto, ripensando a tutti quegli omicidi che aveva commesso. Fece un'altra tirata di sigaretta, lasciando espandere l'aroma dalla bocca ai polmoni.

"Non dobbiamo sottovalutarlo."

L'altro alzò lo sguardo e capì immediatamente a chi si stesse riferendo.

"Teresa Lisbon dice che ormai stai indagando per conto suo. E' sempre chiuso in quella sottospecie di buco all'ultimo piano del CBI, e si riunisce con i suoi colleghi solo per questioni quotidiane."

"Ti fidi così tanto di lei? Non la conosci neanche bene."

"Questo è vero, ma sappiamo tutti che quei due sono legati da un sentimento molto profondo. E una donna innamorata la si capisce anche solo guardandola. E quando Teresa parla di Patrick, è sempre distaccata."

L'uomo spense la sigaretta nel porta cicche di cristallo davanti a sé. L'altro, sempre di fronte a lui, poteva notare il suo anello d'oro al dito medio della mano sinistra. Non fu abbastanza vicino da poter leggere le lettere incastonate sopra, ma era certo si scorgere una 'V', disegnata prepotentemente nel metallo dorato.

"Allora il piano prosegue. Direi che un'altra visita nella topaia di Patrick potrebbe esserci d'aiuto. Giusto per vedere a che punto è arrivato."

"Sarà fatto." l'uomo fece un inchino per salutarlo ma giunto alla porta, fu fermato dalla voce dell'altra persona.

"Un'ultima cosa. Cerchiamo di essere più prudenti quando siamo in pubblico. Non vorrei che quel bastardo, che si finge furbo leggendoci in faccia, si accorgesse che stiamo bluffando."

Quando finalmente lasciò la stanza, prese un gran respiro, sollevato di essersene andato da quella camera a gas.

 

Nei giorni seguenti, le cose stavano procedendo come sempre. Brett Partridge, nonostante i primi momenti di goffaggine, alla fine si era conquistato un posto di fiducia all'interno del CBI, seppur le sue teorie su Red John continuavano ad infastidire Patrick, il quale ogni volta doveva intervenire per esporre la sua.

Teresa a fatica cercava di contenersi, lanciando ogni tanto qualche occhiataccia al suo consulente.

Gale Bertram si alzò dalla sua postazione di capo del CBI, mentre teneva i pugni chiusi.

"Adesso basta, Jane! A fatica riesco a tollerare i tuoi comportamenti!"

Il mentalista si bloccò nel momento stesso in cui stava per 'minacciare' il medico legale e cacciarlo dalla stanza riunioni. Teresa distoglieva lo sguardo. Senza indugiare o scomporsi, Patrick si passò una mano nei capelli e scrollo le spalle come se non avesse fatto nulla di male. Brett si limitava a fissarlo incredulo, e come un bambino a cui avevano fatto un torto, indicò il mentalista col dito che gli tremava.

"Quest'uomo è insopportabile, Bertram! Non posso parlare che mi salta addosso!"

Patrick ridacchiò. "Ma sentitelo! Si lamenta come un ragazzino a cui hanno rubato un giocattolo! Andrai a chiamare la maestra adesso?"

Teresa, Grace, Wayne, Kim e gli altri agenti di polizia che conoscevano il consulente del CBI, cercavano in tutti i modi di non guardare la scena e di coprirsi il viso per la vergogna.

"Bertram! Dica qualcosa! Non ce la faccio!" la voce di Brett era diventata stridula, mentre il capo del CBI si asciugava a fatica le gocce di sudore sulla fronte e sulla testa nuda.

Robert Kirkland si manteneva composto mentre osservava i due che litigavano tra loro come scolaretti. Si sistemò la giacca e la cravatta, poi si avvicinò a loro.

"Jane, forse è meglio che vai via. Giusto per calmare le acque." gli disse e gli indicò l'uscita, poi guardò Teresa. "Sono certo che Lisbon può accompagnarti fuori."

L'agente tirata in causa alzò lievemente lo zigomo sinistro per accennare un sorriso, poi si alzò trascinando il consulente per la manica della sua giacca. Mentre lo trasportava fuori, Patrick si divertiva a fare la linguaccia a Brett Partridge, che a sua volta guardava Bertram scuotendo la testa in direzione di quel pazzo che usciva dalla stanza.

 

"Okay, sei impazzito o cosa?" Teresa sussurrava, mentre lo teneva ancora per la manica incamminandosi verso il suo ufficio. "Vuoi far saltare tutto il lavoro che abbiamo fatto in questi mesi?"

Lo lasciò andare e chiuse la porta. Lui si accomodò come se nulla fosse successo. Poi si prese del tempo per osservarla mentre sbuffava e si sedeva alla sua scrivania davanti a lui. Congiunse le mani.

"Allora, dammi qualche spiegazione."

"Perché sei sempre così seria? Dovresti ridere di più. Lo sai che allunga la vita?"

Lei roteò gli occhi e improvvisamente quella matita che aveva accanto a sé diventò un'arma invitante per poter uccidere il suo consulente. Da usare come un paletto al cuore. Un colpo e poi sarebbe scappata, senza che nessuno l'avrebbe vista.

"Jane."

"Lisbon."

Si guardarono per qualche istante, attendendo chi tra l'uno o l'altra avrebbe parlato per prima. Alla fine, Patrick si allungò verso di lei.

"Tu pensi che agisca così perché mi diverte, ma in realtà c'è un piano dietro ogni cosa. Lisbon, stiamo ormai da mesi a parlare in una stanza con dei possibili Red John, e ogni volta devo comportarmi in modo da attirare l'attenzione per vedere come si comportano."

"Mio Dio, sei così ossessionato da Red John..."

Teresa rivolse i palmi delle mani verso l'alto incitandolo a continuare. Lui di risposta sorrise.

"Ovviamente ti dirò tutto stasera. Devo prima mettermi a lavorare. Au revoir!" si congedò come se nulla fosse.

Teresa si accasciò alla sua sedia e prese in mano la matita. Avrebbe dovuto impalettarlo quando ne aveva l'occasione.

 

Per quel quarto d'ora che erano stati seduti nel suo ufficio, Patrick si rese conto che qualcuno, nel frattempo, si era preso la briga di andare a curiosare nel suo attico.

Quando vi tornò a tarda notte, aveva lasciato apposta la chiave incustodita, distrattamente nascosta in un angolino sotto la porta.

Sorrise beffardo mentre la raccolse per aprire la porta del suo attico. Vi trovò tutto in ordine, ovvio, esattamente come aveva lasciato.

Però, in realtà, sapeva che qualcuno era venuto a sbirciare, come aveva fatto l'ultima volta.

Magari, era stato proprio Kirkland, visto che gli era sempre stato alle calcagna. Controllò i residui di polvere su quella specie di scrivania che dava fuori alla balconata. Qualcuno aveva posato i suoi attrezzi lì sopra.

In controluce, a terra si potevano notare orme di piedi che non erano le sue.

Sì, ormai aveva la conferma che qualcuno si era intrufolato. E lui non poteva che essere più che soddisfatto.

Alzò la lavagna bianca dove aveva appeso le foto e i post-it, capovolgendola, e rivelò uno spazio bianco. Sul lato in basso a destra, accuratamente cercò di alzare una pellicola all'apparenza trasparente. Bisognava fare piano con il dito per accorgersene che c'era un altro strato oltre quello spazio bianco.

Infatti, una volta tolta la pellicola, al di sotto c'era lo stesso spazio con foto e post-it, solo che... questo era più aggiornato.

Era diverso.

Tanto per cambiare c'erano le foto dei sette sospettati, e un segno rosso a forma di croce sulle foto dei quattro che erano stati eliminati. Poi, aveva posto un post-it di colore diverso a seconda delle vittime. Inoltre, aveva creato una vera e propria linea temporale per ripercorrere il passato di Red John.

L'unico spazio vuoto restava alla fine: mancava il volto del serial killer.

Prese un pennarello rosso dal cassetto della sua scrivania e fece una croce rossa sopra la foto di Brett Partridge.

Raggiunse il suo cellulare e compose il tasto di chiamata veloce, dato che il numero di Teresa era sempre al primo posto tra le sue chiamate recenti.

Rimase in attesa dopo il terzo squillo, passeggiando da una parte all'altra del suo attico.

Finalmente sentì un flebile 'pronto dall'altra parte del telefono. Sorrise nel sentire la voce sonnacchiosa della donna.

"Ti ho svegliata, Lisbon?"

Lei intanto si era alzata dal letto, avevo indossato la vestaglia di seta bianca a coprire il suo intimo nero, e chiuso la porta della camera da letto, lasciando David che si girava dall'altra parte del letto. Forse infastidito dallo squillo del cellulare.

"Jane, sei pazzo a chiamare alle 2 di notte? Ma non dormi?"

"Tu invece dormivi?"

La donna roteò gli occhi e sbuffò.

"Adesso non prenderò più sonno dato che mi hai svegliata."

"Ascolta, vuoi sentire le mie teorie?"

Di nuovo Teresa guardò l'orologio. La lancetta dei minuti si era spostata di poco.

"Jane, è notte fonda. Non credo di essere in grado di fare un discorso sensato."

"Non preoccuparti, non c'è bisogno che tu venga qui. Passerò io da te!"

Impallidì al pensiero di trovarselo di nuovo nel suo appartamento. Tuttavia, non ci pensò due volte per chiudere adeguatamente la porta della camera da letto, dopo aver controllato che David dormisse profondamente.

"Okay, puoi venire. Ma che sia una visita breve!"

Patrick sorrise sentendosi vittorioso.

Dopo aver chiuso la conversazione, Teresa si guardò allo specchio del bagno, decisa a darsi una sistemata a quei capelli sconvolti. Un po' di crema al visto e fondotinta, giusto per coprire le occhiaie. Pensò che non faceva nulla di male, in fondo era una donna e doveva mostrarsi presentabile.

Tolse la vestaglia, decidendo di indossare la maglia lunga e larga nera che di solito portava quando era in casa, quella con la scritta 'Lisbon 99' sul retro.

Mezz'ora dopo, il mentalista era già arrivato nel suo appartamento.

 

"Non ti offro nulla perché immagino tu non abbia fame a quest'ora." gli disse e lo invitò a sedersi accanto a lei sul divano. Gli porse una tazza di tè che aveva preso dal frigo.

Teresa si portò le gambe in posizione fetale e le cinse con le braccia. Poi poggiò la testa sulle ginocchia.

"Io attendo, fai con calma, tanto ho tutta la notte!"  disse alludendo al fatto che per lei era difficile prendere sonno una volta sveglia.

Patrick posò la tazza, e cercò una posizione comoda sul divano.

"Ci ho pensato e sono giunto alla conclusione che Partridge non può essere Red John."

"Ti senti di escluderlo?" gli chiese sorpresa. Improvvisamente interessata alla conversazione, posò le gambe sotto il sedere, mentre con un braccio si posava sul divano per poi far reggere la testa sulla mano.

"Brett è troppo succube per essere un serial killer. L'hai visto oggi! Basta provocarlo perché esca fuori di senno!"

"Sì, è stata una scenetta molto divertente."

"Bertram e Kirkland non mi convincono. Il primo cerca di fare il superiore solo perché è il capo del CBI, ma si vede che lo fa solo per fare bella figura e mantenere la sua posizione di superiorità. Il secondo invece..." prese la tazza e si divertì a passare un dito sul bordo cercando di produrre un suono che però non uscì.

Sentì un brivido pervadergli ricordando il giorno in cui lo aveva incontrato al CBI e gli aveva stretto la mano. Poi, gli venne in mente una frase di Lorelei Martins dirgli che era strano che lui e Red John non erano diventati amici fin dal primo giorno in cui avevano stretto le mani.

"Kirkland?"

La guardò spaurito dal ricordo.

"Penso che lui potrebbe essere Red John. Quando ci siamo stretti la mano al CBI, gli chiesi se lo conoscevo, ma lui mi rispose che conosceva me... Secondo te che vuol dire?"

"Beh con l'età, Robert ci sta anche... Non è vecchio, ma non è neanche giovane... Potrebbe avere una quarantina d'anni come Red John?"

Patrick la osservava mentre si impegnava nel formulare una teoria. Sorrise. Era carina perché si sforzava con tutta sé stessa di essere, a modo suo, una mentalista.

"Ti ci stai impegnando, eh? Ecco che fai nelle tue notti insonni, oltre a pensare a me!"

La donna prese il cuscino più vicino a sé e glielo tirò addosso, facendo una smorfia. Tornarono seri.

"Quindi ciò vuol dire che siamo vicini a catturarlo e che potrai vivere serenamente?"

"Sì, Lisbon."

L'uomo si interruppe quando il suo sguardo si posò sull'anello di lei.

Il suo sguardo incrociò quello di Teresa, la quale, quasi triste, toccò quell'oggettino circolare, rigirandoselo più volte sul dito.

"Adesso so cosa si prova a portarne uno. Allontana le persone." disse accennando un sorriso.

Alzò gli occhi cercando i suoi, ma lui se ne stette in disparte con le mani in mano, ridendo amaramente alla battuta della sua collega.

"Sono quasi le tre. Direi che abbiamo chiacchierato abbastanza."

Si alzò dal divano e stava per fare lo stesso anche lei, ma lui la bloccò con un cenno di mano.

"Cerca di riposare. Buona notte, Lisbon."

Rimase da sola tra i suoi pensieri. Quella notte dormì due o tre massimo, pensando al fatto che erano vicini alla cattura di Red John, e che forse restavano solo due sospettati... e ciò significava la cattura del serial killer, e chissà, forse l'addio del suo consulente dal CBI...

Scosse la testa non volendo pensare alla sua vita senza quell'adorabile idiota che la rendeva letteralmente pazza ogni giorno.


Angoletto dell'autrice (poco) sana di mente:
Come promesso, da questo capitolo le cose si sono smosse...
Secondo voi fa bene Jane a eliminare Partridge dalla lista?? A me quell'omino mi ha sempre fatto ridere, non so perché... XD
La descrizione di Bertram direi che è perfetta...
C'è Kirkland che mi inquieta...
E poi ci sono quei due tontoloni che continuano a vedersi di nascosto... non lo sanno che è meglio non vedersi in un appartamento di notte? Poi succedono le cose e fanno finta di niente... bah... :p 
Dove andranno a finire... :p
Grazie ancora a chi continua a seguirmi :)
Alla prossima!
D.

ps: per la figura iniziale mi sono ispirata ai titoli di testa di "Mad Men"... lì fumano come turchi! :p

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Capitolo 14
*** Gesti ***



 

Gesti


 


Probabilmente le teorie di Patrick avevano un senso.

Partridge era sempre più in ansia del solito, sopratutto quando si trovava faccia a faccia col mentalista. Era un pazzo e un esaltato. Pensava di conoscere tutto su Red John, ma in realtà era solo un buffone.

Bertram continuava ad impartire ordini, e ormai aveva fatto coppia fissa con Teresa nel giocare a poker ogni giovedì sera.

Kirkland si muoveva a passo felpato. Prima faceva il buon visto, poi parlava male dietro le spalle.

Patrick lo aveva detto a Teresa e la sua squadra: quel Robert Kirkland dell'Homelad Security era un potenziale Red John.

Tuttavia mancavano le prove. Come poterlo incastrare?

In ogni caso, Teresa lo aveva sempre messo in guardia, "Lascia che sia la legge a fare il suo corso. Non fare mosse azzardate, che stavolta non sapremo cosa fare per tirarti fuori di prigione. Non puoi sempre cavartela con la legittima difesa. Dobbiamo assicurarci che sia davvero lui il serial killer che stiamo cercando."

Bisognava quindi indagare ancora a fondo, studiare gli omicidi nei dettagli e sopratutto sentire di nuovo chi aveva incontrato Red John prima di diventare Red John, Bret Stiles e Sean Barlow.

Il mentalista non aveva alcun dubbio: loro erano dei pezzi chiave che gli servivano per completare il puzzle.

"Potremo continuare questa discussione a casa mia, che ne dici?"

La domanda lo spiazzò completamente. La sua tazza preferita gli cadde dalle mani, frantumandosi in mille pezzi. In fretta e furia, si abbassò per raccogliere i cocci da terra, mentre la donna si apprestò a dargli una mano, aiutandolo con scopa e paletta.

"Scusa, ma pensavo che... a casa mia saremmo stati tranquilli..." le chiese con un misto di ingenuità e vergogna. Nel momento in cui raggiunse la sua mano, lui la spostò bruscamente, rialzandosi da terra senza guardarla negli occhi.

La tazza frantumata fu gettata nel cestino più vicino, mentre l'agente mora lo guardava come se gli avesse appena detto la cosa più brutta di questo mondo.

"E come la metti con David?"

La domanda di Patrick suonò come una preoccupazione. Teresa si spostò una ciocca di capelli che le stava dando fastidio.

"Non c'è questo weekend. E' ad una riunione di lavoro ad Atlanta."

"Sei sicura sia una buona idea stare da soli? Sai che succede quando ci troviamo in situazioni come queste..."

"Jane, dobbiamo solo parlare di Red John. L'altra volta ci siamo trovati bene. E poi penso che casa mia sia sicura."

Scrollò le spalle abbastanza sicura di sé, convinta che niente sarebbe successo.

 

Quella sera, Patrick si presentò a casa della sua collega, e fu sorpreso nel trovare la tavola imbandita con due cartoni di pizza mista, e lei seduta a sorseggiare una birra in lattina. Teresa lo accolse vestita tipicamente casalinga: una maglietta blu cobalto, shorts in jeans e piedi scalzi. Il mentalista sorrise nel vederla in quell'abbigliamento inconsueto.

"Che c'è?" gli chiese alzando un sopracciglio. Capendo qualche secondo dopo a cosa alludesse, gli diede uno spintone.

Dopo una cena abbastanza tranquilla, si sedettero come erano soliti sul divano del salottino. Stavano ricapitolando le ultime cose.

Teresa gli chiese più volte se fosse sicuro delle sue teorie, e lui ribatteva che non aveva più dubbi. Dovevano solo trovare un modo per perquisire l'ufficio e la casa dell'agente Kirkland.

E l'unica via possibile era un mandato.

E c'era una sola persona che poteva emetterlo.

I due si guardarono per qualche istante e poi dissero all'unisono, "Bertram."

"Per farlo, dovrò dire tutta la verità."

Patrick spalancò gli occhi preso da un'improvvisa e sensata agitazione.

"No, non voglio che tu lo faccia."

"Jane, lo sai che non abbiamo altra scelta. E' rischioso, ma devo farlo." tentò di nuovo l'approccio avuto in precedenza. Poggiò la mano sulla sua, cercando un contatto, cercando di confortarlo e di fargli capire che comunque andavano le cose, ce l'avrebbero fatta. Insieme.

Stavolta, complice l'intimità del focolare domestico, Patrick posò l'altra mano sulla sua e i loro sguardi si incontrarono come se fosse la prima volta.

"Perché ti ostini ad aiutarmi, Lisbon?"

"Perché siamo amici, e gli amici si vedono nel momento del bisogno."

"Ma noi non siamo amici."

D'istinto, questa volta fu lei a sottrarsi a quell'incontro di mani, restando a guardarlo sbalordita. Si strinse a sé, sentendosi in trappola, mentre provava a dare un peso alla sua ultima frase.

"Che vuoi dire, Jane?"

Lo guardava speranzosa. Il biondo consulente si inumidì le labbra e si allungò verso di lei tendendole la mano.

"Red John uccide chiunque mi stia vicino. L'ha fatto in passato, e ora che sappiamo qualcosa di più, arriverà a te. Tu sei il mio ricordo felice più prezioso, e non voglio che ti accada qualcosa, sopratutto se per colpa mia."

"Te l'ho ripetuto tante volte. Sono un'agente del CBI, posso difendermi. Non mi avrebbero fatta 'senior' senza una ragione."

Esasperato, Patrick spalancò le braccia.

"Santa Teresa, vuoi morire per salvarmi?"

La donna abbozzò un sorriso quando il consulente nominò il suo nomignolo con cui si era fatta una carriera all'interno del CBI.

Notò una lacrima scenderle delicatamente sulla guancia, e con un colpo di mano la spazzò via.

"Se fosse necessario, lo farei."

Il silenzio regnò sovrano per quei secondi interminabili, duranti i quali Patrick la guardava e immediatamente capì tante cose che finora la sua 'amica' gli aveva nascosto. Lei aveva cercato di andare avanti con la sua vita per non pensare a lui, ma inevitabilmente non ci riusciva.

Quell'anello che portava al dito era solo una copertura che le aveva impedito di essere veramente felice, solo per non lasciarsi andare ad un sentimento sincero. La stessa fede che anche lui indossava, nonostante fossero passati dieci anni da quando sia moglie era stata uccisa.

Ora riusciva a capire le cose più lucidamente.

Teresa stava soffrendo. Lui l'aveva allontanata, aveva finto, e per che cosa? Per proteggerla?

Non ce n'era più bisogno. Se avrebbero dovuto affrontare quel dannato serial killer, lo avrebbero fatto insieme. Come una coppia.

"Io ci tengo a te, egoista e arrogante che non sei altro..." l'agente mora tentò di coprire il silenzio con le parole, mentre le lacrime le scendevano sulle guance come un fiume in piena.

L'uomo strinse i pugni.

"Va bene, ho sbagliato. Ti ho allontanata. Ma l'ho fatto per proteggerti, possibile che non lo capisci?"

No, evidentemente lo capiva, ma non riusciva ad accettarlo.

"A che costo, scusami? Mi hai ferito. Idiota."

Avrebbe voluto dirgli tante cose cattive perché se lo meritava, ma lui non le diede il tempo perché si avventò su di lei prendendole il volto tra le mani e baciandola.

Ormai non c'era più bisogno di fingere. La verità era saltata fuori. E come spesso accade tra due persone che si amano, quando le parole finiscono, sono i gesti a parlare più forte.

Senza fare esitazioni, la donna posò le mani sulle sue come ad accompagnare il gesto, poi si mise a cavalcioni su di lui, continuando a premere le labbra sulle sue, aiutandosi con la lingua, nel tentativo disperato di aprire un varco nella sua bocca, cosa che le riuscì facilmente subito dopo. Gli passò le mani nei capelli, mentre lui con le mani le cingeva la schiena, e con una si intrufolò sotto la maglietta raggiungendo il reggiseno.

Teresa si staccò da lui, lo prese per mano e lo condusse verso la camera da letto. Patrick non se lo fece ripetere due volte, così la prese in braccio come una novella sposa, e varcò con lei la porta della camera da letto.

La adagiò sul letto delicatamente, mentre lui si posizionava su di lei. Ma fu la donna che prese di mano la situazione occupandosi di slacciargli i pantaloni e poi togliendogli anche il resto dei vestiti. Lui l'aiutò a liberarsi dei suoi indumenti.

Si stese completamente su di lei baciandola con passione come non aveva mai fatto prima. In breve tempo, le labbra passarono ad esplorare tutto il resto del corpo. Dal collo all'incavo dei seni, per poi passare all'ombelico, punto delicato in cui lei ebbe un gemito, e infine vicino alle mutandine.

Come se cercasse un consenso, la guardò per un istante prima di procedere a toglierle ed esplorare anche quel posto.

Teresa dovette portare le braccia vicino alla testa e stringere le coperte più forte che poteva. L'apice del piacere era appena stato raggiunto.

 

Si svegliò sentendo l'aroma del caffè per lei, e l'odore di tè alla pesca provenire dalla cucina. Toccò la parte del suo letto vuota e sorrise. Si mise addosso la camicia bianca e i pantaloni che indossava la sera prima, e nel rivestirsi raggiunse la cucina.

Teresa era vestita come quando andava al lavoro, ma si era lasciata andare a fare la donna di casa. Intenta ai fornelli, stava cucinando altre pietanze per una colazione completa. Pancetta e uova strapazzate, e pancake.

Patrick continuava a sorridere come un uomo innamorato, appoggiandosi al muro che separava il salottino e la cucina dal corridoio che conduceva alla camera.

"Allora sei brava a cucinare?"

L'agente si voltò leggermente sorpresa di sentire la sua voce, e iniziò a sorridergli a più non posso. Si morse le labbra. Voleva farsi vedere mentre preparava da mangiare al suo uomo.

"Visto quante so fare?" posò tutto sul tavolo, poi si avvicinò a lui aiutandolo ad abbottonare la camicia.

Il mentalista le annusò i capelli avvicinandola a sé.

"E' bello sentire il tuo profumo a prima mattina. L'ultima volta non ho avuto questo privilegio visto che sei sgattaiolata per andare a lavorare..."

Teresa non smetteva di sorridere e pensare a sé stessa come la donna di casa che prepara da mangiare per l'uomo che ama, ma che a volte preferisce alzarsi la mattina presto per andare al lavoro e lasciarlo a letto.

"Che maleducata!"

"Che stakanovista!"

Si alzò di poco per raggiungere il suo volto e stampargli un bacio casto sulle labbra.

"E' così che doveva essere la nostra prima volta. Senza tutte quelle complicazioni."

"E che mi dici di David? Cosa farai con lui ora?"

Prima che potessero intraprendere un discorso serio, il cellulare le squillò. Rispose tenendo lo sguardo fisso su di lui.

Gli passò una mano sulla camicia per sentire ancora il suo corpo.

"Van Pelt. Dimmi."

"Boss, abbiamo delle news. Io, Rigsby e Cho stiamo già vicini a casa tua."

Immediatamente Teresa fece segno a Patrick di prendere le sue cose e andarsene, altrimenti i suoi agenti avrebbero potuto notare la macchina del mentalista. Prima che potesse andarsene, però, i tre agenti erano già arrivati davanti casa del loro capo.

La rossa dapprima sbiancò quando riconobbe l'inconfondibile auto Citroen DS celeste, poi cercò di sviare l'attenzione del suo fidanzato e dell'amico verso la macchina. Cho però fu più veloce.

"Grace... tutto bene? Hai una faccia..."

La ragazza sperava che fosse un sogno, o magari solo una coincidenza. Una macchina uguale identica a quella di Jane parcheggiata sotto l'appartamento monolocale di Lisbon. Sì, doveva essere un caso. Oppure...

"Sì, sì, sto bene. Saliamo, avanti! Non vogliamo mica far aspettare il boss!" disse più che altro borbottando qualcosa.

Wayne ci capì poco e niente dei tentativi della sua fidanzata di non farlo guardare verso una certa direzione. Kim sospirò, avendo capito perfettamente la situazione.

"Ti si deve spiegare sempre tutto, eh?"

 

"Ehi, ragazzi. Ditemi tutto."

Teresa li fece accomodare e loro si guardarono prima negli occhi, poi si sfregarono le mani. All'agente mora non mancò questo gesto.

"Lisbon, forse è meglio se ti siedi." la invitò Kim.

Nascosto dietro la porta della camera di Teresa, il mentalista era in ascolto pazientemente.

"Abbiamo scoperto che Bertram ha tenuto nascosto delle cose sulla Visualize e sugli omicidi di Red John."

L'agente senior si morse le labbra scuotendo la testa.

"Chissà perché me l'aspettavo."

"C'è dell'altro." Grace le porse un foglio con un timbro del CBI. "C'è un mandato di perquisizione nel suo ufficio e nella sua casa."

Allo sgomento susseguì una gran respiro. Ci volle qualche attimo perché assimilasse il tutto.

Si passò una mano sul volto pensando che ormai erano vicinissimi a Red John.

"Cosa dobbiamo fare?" chiese Wayne, sorpresa quanto tutti dal mandato.

"Datemi il tempo di cambiarmi e di andare in ufficio. Voglio parlare con Bertram da sola." si tenne stretta a sé senza guardarli.

Wayne e Kim incrociarono le braccia nello stesso momento, guardando Grace, che a sua volta si mise nella loro stessa posizione.

"Lisbon, c'è qualcosa che dobbiamo sapere?"

All'inizio credeva che si stesse riferendo a lei e Jane. Quest'ultimo si ricordò che la sua Citroen non era stata parcheggiata proprio nel posto più nascosto del mondo, ed era quasi tentato di uscire allo scoperto.

"Credo che Robert Kirkland sia Red John."

Adesso toccò ai tre agenti sedersi con calma per immagazzinare l'informazione appena ricevuta.

"Perciò prima di perquisire il suo ufficio, avrò bisogno di un mandato da Gale Bertram."

La bomba stava per esplodere, la miccia era stata accesa. Ormai le ore restanti per la cattura di Red John si contavano sulle dita della mano.

Patrick sorride beffardo e sicuro di sé, perché la fine era vicina.

 

La corsa contro il tempo era appena iniziata. Toccava raggiungere Bertram prima di Red John, o di chi faceva le sue veci.

Teresa era chiusa nel suo ufficio e chiusa nel suo giubbotto di pelle, in tinta con i suoi pantaloni e la sua maglietta. Neanche si stesse preparando per una guerra.

Mormorava tra sé, o forse stava solamente trovando le parole più adatte per parlare al suo capo.

Non era facile il confronto. Dire ad uno dei sette sospettati di essere sicura di sapere chi era Red John. Non era una cosa da niente. Ma lei era sicura e consapevole a ciò cui andava incontro.

"Ti ho portato questo." Grace entrò sorridendo nell'ufficio dell'amica porgendole un bel bicchiere d'acqua.

Teresa la guardò alzando un sopracciglio. Pensò che stesse scherzando. La rossa sorrise gongolando tra sé.

"Te ne servirà!"

Sbuffando come era solita fare, visto che odiava sentirsi come quella debole, la mora accettò il gesto. In fondo, Grace aveva buone intenzioni, pensò. Era preoccupata per un'amica e una collega.

Fece per andarsene, ma si voltò.

"Ho visto l'auto di Jane fuori casa tua stamattina."

E adesso come l'avrebbe messa? 

Di una cosa era certa: era stanca di mentire. I sentimenti erano venuti fuori e non si tornava indietro. Stette sulla difensiva.

"Grace, prima che tu possa giudicarmi, non è come sembra. Dovrei sposarmi con David, ma c'è Jane... e con lui è tutto così complicato."

"Non so di cosa tu stia parlando", la rossa le strizzò l'occhio come a voler condividere con lei un segreto.

Teresa stette in silenzio.

Quella giornata le aveva fatto capire quanto i gesti significassero più delle parole.



Angoletto dell'autrice (poco) sana di mente:
Beh visto che siccome è estate e non fa manco tanto caldo (se se come no, 37 gradi solo oggi :p), questo capitolo ci voleva proprio, che ne dite? XD
Diciamo che mi serviva pure qualcosa per non pensare ad altro sennò mi infurio...
Quindi la miccia è esplosa, le bombe anche, ci sono stati pure i fuochi d'artificio... ok direi che una buona doccia è quel che ci serve :p
Aspetto le vostre teorie, io le mie già le so, altrimenti non starei qui a scrivere :D
Grazie per chi legge e recensisce <3
Alla prossima!
D.

 

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Capitolo 15
*** Confronti ***



Confronti

 


Nella cucina del CBI, se la rideva da solo, appena si rese conto di aver deliberatamente rubato quella tazza dalla cucina della mora agente senior. L'altra era stata distrutta, e aveva necessariamente bisogno della sua dote quotidiana di teina.

Lasciò l'infuso nel recipiente per qualche secondo, permettendo che prendesse il sapore desiderato.

Con la coda dell'occhio, notò la figura minuta di Teresa che lo guardava, con le braccia incrociate, appoggiata all'ingresso della stanzetta.

"Ehi."

"Ehi."

Quasi in punta di piedi, si avvicinò a lui, tanto che quest'ultimo riuscì a sentire l'odore del suo nuovo balsamo per capelli al sapore di gelsomino. Prese delle ciambelle che Rigsby aveva portato poco prima, e ne addentò una. Lo zucchero le era rimasto intorno al contorno delle labbra, ma lui l'anticipò, aiutandola a pulire la bocca con un fazzolettino di carta.

L'uno accanto all'altra, non smettevano di sorridersi. Teresa si fece seria, alzando lo sguardo serio sul mentalista. Lui, al contrario, aveva sempre quell'aria tranquilla e rilassata.

"Credo che Grace abbia capito cos'è successo tra noi."

"Sì, anche Cho."

Come ci riusciva? Come faceva ad essere sempre così calmo? Aveva studiato la dottrina zen o cos'altro?

Patrick le rivolse lo sguardo, dato che la sua reazione tardava ad arrivare. La donna sembrava più che altro spaurita.

Non pensava che la loro 'relazione', se così si poteva chiamare, sarebbe diventato argomento da prima pagina all'interno della sua squadra.

"Davvero? Come lo sai?"

"Beh le sue prime parole stamattina sono state più o meno queste 'Fai soffrire Lisbon e ti pianto una pallottola in testa.'", imitò la voce del coreano quasi come l'originale, e lei rise di gusto, "Sempre molto loquace!"

"Loquace e protettivo verso il suo capo! E Rigsby?"

"A lui ci penserà Grace a spiegarglielo. E' troppo concentrato sulla sua fidanzata in questo periodo per accorgersi di un'altra coppia."

"Un'altra coppia? Wow."

Questa era una delle cose su cui dovevano discutere. A che punto era la loro storia?

Definirsi subito coppia sarebbe stato prematuro. Non erano al liceo, e Patrick sapeva che Teresa voleva evitare discorsi del tipo 'Siamo una coppia? Vuoi stare con me?'. Era una donna adulta, e come tutte cercava una relazione stabile, qualcosa di serio.

E ormai c'erano davvero molto vicini a quel punto.

Il consulente si schiarì la voce. Si mantenne calmo, ma dentro di sé, il cuore aveva aumentato le pulsazioni. Posò la tazza sul tavolo davanti a sé, sapendo che avrebbe tremato da un momento all'altro se l'avrebbe tenuta ancora in mano.

Si allungò verso di lei con passo deciso. Non volendo cingerle la vita con il braccio, si limitò a prenderle la mano.

Il piccolo arto della sua compagna, in compenso, stava pulsando forse a 90 km orari, per essere proprio esagerati, colpa del sangue che stava ribollendo dentro di sé. Sentiva caldo, ma forse non era colpa del tempo primaverile che lasciava spazio all'estate.

"Io intendevo che... beh dobbiamo riprendere il discorso dopo Red John... forse è il caso... ora non possiamo distrarci..."

Teresa si morse il labbro, e trovandolo un gesto provocatorio, liberò la mano per aiutarsi con l'altra a toccare il colletto della camicia dell'uomo. Le dita passavano davanti e dietro il tessuto, . 

"Sì, e poi devo parlare con David. Non voglio ferirlo, ma non posso fare altrimenti."

Gli fissò le labbra ed ebbe l'istinto di baciarle ancora, ma lui spezzò l'incanto, liberandosi delle sue braccia, che stavano fungendo da catene intorno al collo.

"Eri davvero convinta a sposarlo?"

David era un altro punto interrogativo. Nascose le mani nella tasca dei jeans, e abbassò lo sguardo, forse per vergogna, pensando a cosa gli stava facendo.

Entrambi sapevano che David era una brava persona, perciò non meritava di essere preso in giro in quel modo.

"Sì, comunque gli volevo bene. E inoltre, da sciocca, speravo che un giorno avrei potuto amarlo come..." avrebbe voluto aggiungere come io amo te adesso ma le parole le si bloccarono nel momento in cui incrociò il suo sguardo. Non riuscendo più a sostenere i suoi occhi, cambiò argomento.

"Devo andare a parlare con Bertram."

"Sei sicura?"

"Jane, sapevi che il giorno in cui avremmo trovato Red John, io ti avrei impedito di ucciderlo. Ci penserà la giustizia a fare il suo dovere." adesso le mani erano bene in vista, la testa era tesa e alzata: era in posizione di combattimento.

Kim sbucò dalla cucina, piuttosto affannato. Doveva aver fatto una gran corsa. Teresa scrollò il capo.

"Capo, Jane! Dovete venire. Subito!"

I due si guardarono e annuirono.

 

"Questo è inaudito! Senza neanche un mandato vi presentate e fate casino nel mio ufficio! Sono il capo del CBI, del bureau di Sacramento!"

Gale Bertram continuava a urlare a squarciagola sventolando le braccia contro gli agenti in nero dell'FBI, ma questi, con i loro occhiali da sole e l'auricolare bluetooth alle orecchie, lo ignoravano mentre trasportavano a mani nude mobili, scaffali e cassetti contenenti fogli, tutto fuori dall'edificio. Esasperato, Bertram si arrese abbassando le braccia.

Teresa guardava Patrick ed entrambi sapevano cosa stava accadendo.

Lui era arrivato per primo. Era stato più furbo di loro.

Robert Kirkland, l'uomo più pacato del mondo, forse troppo per essere uno che lavorava per i servizi segreti, posò una mano sulla spalla di Bertram.

"Noi siamo l'Homeland Security, invece. E ne abbiamo il potere."

Il capo del CBI non capiva il comportamento di quello che credeva un suo collega o un socio, ma questi, invece di dire altro, si limitò a stringere di più la mano sulla spalla dell'uomo, come a volergli dare un segno. Kirkland alzò un sopracciglio, e Bertram rimase quasi come di pietra.

Dietro Patrick, Teresa e Kimball, giunsero anche Grace e Wayne, che avevano dovuto convincere quelli dell'FBI che lavoravano al bureau, altrimenti non li avrebbero fatti entrare.

"Ci hanno anticipato..." disse l'agente rossa con una punta di rammarico.

"Ehi, andateci piano! Quella è roba della scientifica... sono attrezzature costose!"

Brett Partridge si agitava come una scoleretta, mentre gli uomini del governo gettavano in una busta, con noncuranza, tutto il suo lavoro.

Bertram si sentiva in trappola, e quasi sentì mancarsi l'aria. Le palpitazioni aumentavano, e a nulla aiutava il fatto che Kirkland stesse ancora premendo sopra la sua spalla per tenerlo a bada. Robert aveva uno sguardo di ghiaccio.

Gale aprì poco la bocca per emettere qualche suono e far uscire quelle poche parole che gli bastavano.

"Non so che gioco tu stia facendo, ma questo è inaudito!"

"Gale, l'abbiamo sempre saputo, in fondo, che eri tu l'anello debole. Non prendertela."

Mollò la presa, dandogli una sonora pacca sulla spalla, e poi si incamminò verso l'uscita, seguendo la scia dei suoi agenti. Quando passò vicino Patrick, lo guardò negli occhi e poi tirò dritto.

Teresa sapeva che era quello il momento giusto per parlare con il suo capo. Ormai si era convinta che non c'entrasse nulla con Red John. Lanciò un'occhiata al suo consulente, che come risposta gli fece un cenno col capo. 

La guardava preoccupato, ma al contempo fiero di lei. Sicuramente avrebbe dato del filo da torcere a Bertram.

Accese il cellulare, assicurandosi di mettere suoneria e vibrazione, così che se lei lo avrebbe chiamato, sarebbe stato in ascolto.

"Bertram, che è successo? Lo sa vero, può dirmi tutto!"

L'uomo iniziò a sudare freddo. Tirò fuori un fazzoletto di cotone dal taschino della giacca e se lo passò sul capo, sulla fronte e si sfregò le mani. Sempre più minacciato, si guardò intorno, per poi mettere una mano sulla spalla della sua agente quasi per portarla in un posto appartato.

"Pensano che abbia dei documenti sulla Visualize e su Red John, e che li abbia nascosti alla polizia. E' assurdo, non credi? Che motivo avrei di interessarmi a quella setta?"

C'era arrivata. Ormai aveva la vittoria in pugno. Una manciata di minuti, un discorso semplice ma conciso, e avrebbe incastrato Kirkland.

"Devo parlarle, ma sarà meglio in privato."

Lui la guardava incerto.

"Va bene, va bene. Andiamo nella stanzetta dietro quella degli interrogatori. E' buia e non c'è nessuno."

 

Sicuramente, l'uomo sapeva quello che stava facendo. E Teresa lo sapeva bene, perché quella stanza era veramente buia e deserta, riuscendo ad intravedere a malapena il volto del suo capo. Tuttavia, la porta era lasciata semi appannata. All'inizio non ci fece caso, ma poi non sentì lo scatto della maniglia, quindi capì che c'era qualcosa che non andava.

Perché non aveva chiuso la porta?

Si guardò intorno, magari assicurandosi che non ci fossero telecamere nascoste. Quanto poteva essere al sicuro al CBI?

Dopo alcuni secondi di esitazione, Teresa si inumidì le labbra e iniziò a parlare.

"Bertram, credo di sapere chi sia Red John."

"Lo credi o ne sei sicura?"

"Ne sono sicura... credo..."

"Okay, come ci sei arrivata a queste conclusioni?"

"Non gliel'ho detto, ma... ci ha aiutato Jane con le indagini."

Teresa non poteva vederlo, ma il suo capo aveva appena abbozzato un sorriso, come soddisfatto di aver ottenuto ciò che voleva.

La sua voce, però, le fece intendere ben altro.

"Non ci posso credere. Mi hai tenuto nascosto questo. Pensavo fossimo amici."

"Lo so, ma era necessario."

"Allora, quale nome è rimasto nella lista? Non vedo l'ora di catturare quel serial killer!"

Improvvisamente sentì il gelo avvolgerle.

Non ci volle molto per intendere che c'era qualcosa che non andava.

Qualcosa di tremendamente sbagliato.

"Non ho mai detto di avere una lista..."

"Beh, tutti le hanno, no? C'è la lista dei detenuti, la lista delle prove, la lista dei sospettati..." lui cercava di trovare una scusa, era evidente.

Si accorse di aver sbagliato i suoi calcoli. Non solo lei, ma anche Patrick Jane aveva sbagliato.

Erroneamente, pensavano di riuscire a cavarsela con solo 3 nomi sulla lista.

La minuta agente forse non era stata abbastanza cauta.

Non sarebbe stato troppo tardi andarsene, fuggire e chiamare i rinforzi.

Fece un passo indietro, cercando di mettere a fuoco per capire dove si trovava la porta. Una volta localizzata, tagliò corto.

"Mi scusi, credevo di avere la risposta, ma mi rendo conto che non è così. Scusi di nuovo per il disturbo."

L'uomo non fece in tempo a replicare, che la sua agente aveva già lasciato la stanza.

Si passò velocemente una mano sulla testa notando che il sudore era scomparso. Cambiò espressione, dato che i muscoli si erano rilassati.

 

Teresa Lisbon camminava velocemente tra i corridori del CBI, rendendosi conto di trovarsi nella spiacevole situazione di essere da sola. 

Tutti gli agenti avevano lasciato l'edificio.

Scosse la testa, pensando che era ovvio.

Red John, ovvero Kirkland, grazie a Bertram, aveva saputo che lei sospettava di loro due, per questo aveva fatto sgomberare il bureau.

Il ticchettio delle scarpe si faceva più intenso. Nella fretta di prendere il cellulare dalla tasca dei pantaloni, per poco non lo fece cadere a terra.

Il numero di Patrick era in cima alla lista. Ora aveva bisogno di lui più che mai.

Se l'erano promesso e lo avevano capito: solo insieme potevano sconfiggere il serial killer.

Compose il numero e restò brevemente in attesa, ma non riuscì a pronunciare neanche mezza sillaba, poiché una mano possente si impossessò della sua bocca ponendole a forza un panno bianco. Odorò; era cloroformio.

Cercò di dimenarsi, togliendosi addosso quelle sporche braccia che la cingevano; invano.

A riempire il silenzio, il rumore del suo cellulare che cadeva a terra, rompendo la schermata.


Angoletto dell'autrice (poco) sana di mente:
E con questo siamo a meno 3 dalla fine :)
Le cose ormai sono agli sgoccioli;  con questo capitolo magari le mie teorie saranno più chiare a tutti :)
Un applauso ai due tontoloni che finalmente sono riusciti ad intraprendere un mezzo discorso sui loro sentimenti! :p
Grazie alle 28 persone che hanno inserito la storia nelle seguite: siete fantastici, mi commuovo *-*
Alla prossima!
D.

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Capitolo 16
*** Scomparsa ***




 Scomparsa



 

Il cellulare sembrava aver perso campo.

Chiuse la chiamata, pensando che magari Teresa non voleva essere disturbata quando parlava col suo capo, per questo aveva spento il telefono.

Decise di riprovare più volte nel corso della giornata, nascondendo l'eccessiva preoccupazione per la sua donna, ma quando all'ennesima chiamata non dava ancora segni di vita, andò alla scrivania dell'esperta di tecnologia.

"Grace, sto tentando di rintracciare Lisbon, ma deve esserci qualcosa che non va col suo cellulare."

La rossa osservò la sua espressione impanicata, e senza dire una parola, si mise subito a lavoro col suo computer, cercando di localizzare il segnale di telefonia.

Mentre batteva sui tasti, Patrick le camminava intorno la scrivania, con il volto pensieroso.

"Da quanto tempo è che non torna? Sta ancora parlando con... tu sai..."

All'interno del bureau, dopo il casino della mattina, si respirava un'aria abbastanza tesa. Tutti gli agenti sembravano camminare da una parte all'altra dell'edificio come impazziti. Grace si guardò intorno, non volendo creare ulteriore scompiglio.

Il nome di Gale Bertram non andava fatto. E Patrick avrebbe capito comunque.

"Da stamattina." rispose lui con un filo di voce. Senza dire nulla, si allontanò per perdersi nella sua testa, elaborando teorie, nuove congetture.

Il suo cellulare squillò ma dallo schermo comparve un numero sconosciuto, una chiamata anonima.

Lo appoggiò all'orecchio sperando fosse lei a rintracciarlo. In quella frazione di secondi, pensò che poteva chiamarlo solo ora perché era stata impegnata con Bertram ad incastrare Kirkland. Magari sarebbero anche andati a pranzo insieme come due amiconi.

"Ciao Patrick. Ti ricordi di me?" la voce camuffata lo inquietò.

Il suo muro di supposizioni crollò immediatamente. Chiuse gli occhi inspirando profondamente.

"Dov'è Lisbon?"

Il pensiero seguente fu quello di voltarsi e andare da Grace per farle rintracciare il telefono che l'aveva appena contattato.

"Fossi in te non lo farei, se ci tieni a rivedere viva la tua amica."

Rimase bloccato nel mezzo del bureau, tra l'entrata principale e la scalinata che conduceva al suo attico.

"Bravo, Patrick. Adesso ascolta le mie istruzioni. Se vuoi rivederla, vieni all'indirizzo che ti invierò via messaggio. Non farlo vedere a nessuno, non parlare con nessuno, e vieni da solo, altrimenti Teresa Lisbon morirà."

Non ebbe il tempo di dire nient'altro perché perse la chiamata. Chiuse e riaprì le mani più volte per paura di aver perso sensibilità.

Restò ancora immobile, mentre le persone gli passavano accanto, spingendolo, andando a sbattergli contro, senza che lui riuscì minimamente a muoversi.

Red John aveva Teresa.

In breve tempo, proprio come il suo nemico aveva previsto, arrivò l'sms, sempre da fonte anonima, con l'indirizzo di dove si trovava.

In silenzio, tornò nella sala principale guardando fisso davanti a sé. Gli occhi sembravano trovarsi da un'altra parte. Probabilmente neanche battevano ciglio.

Wayne e Kim cercavano di attirare la sua attenzione, ma Patrick si limitò ad alzare una mano per fermarli, senza però guardarli in faccia.

Distrattamente, prese un foglio dalla scrivania di Grace e rubò una penna da un altro tavolo.

Si sedette sul divano tenendo il foglio bianco sulla gamba. Poco dopo, iniziò a scrivere.

Incuriositi, i tre agenti si avvicinarono al consulente del CBI. Ormai lo conoscevano da molto tempo, chi più, chi meno, e non era una novità il fatto che fossero sempre stupiti da ogni cosa che facesse.

Lo videro scrivere nervosamente e calcare con la penna una serie di numeri. A prima vista sembrò un messaggio in codice; alcuni numeri erano più chiari rispetto ad altri, marcati con forza con la penna nera.

Quando alzò lo sguardo verso di loro, fece un cenno di testa, e lasciò quel foglio sulla scrivania di Grace, per poi scomparire dalla loro vista.

Ci volle qualche secondo perché i tre quasi litigarono per prendere tra le mani quel pezzetto di carta; alla fine la spuntò il coreano.

"Sono solo numeri. Un codice criptato?"

"Uhm a volte capita di trovare numeri invece che lettere... magari ogni numero corrisponde ad una lettera dell'alfabeto?"

Grace iniziò a digitare sulla tastiera, cercando un manuale per decifrare i numeri, mentre gli altri due fecero come suggerito dal coreano. Ben presto, si resero conto che compariva un indirizzo di Sacramento.

Patrick camminava tra i corridoi e un sorriso divertito comparve sul suo volto, prima di prendere l'ascensore. Grace, Wayne e Kim erano la sua ultima speranza.

 

Il mentalista restava calmo e guidava cautamente, dando un'occhiata di tanto all'indirizzo dove era diretto.

Non aveva fatto parola a nessuno per evitare di essere sentito. Tuttavia, aveva potuto scrivere quei numeri in tutta tranquillità in quanto si sentiva sicuro che i suoi tre amici e colleghi avrebbero potuto localizzare il posto, senza che lui dicesse niente. Si fidava di loro e questo bastava.

Dopo circa tre quarti d'ora, giunse in un vecchio edificio abbandonato, si direbbe un vecchio distretto di polizia, costeggiato da erbacce e qualche albero. Fortuna conosceva quel posto, quindi non aveva avuto il bisogno di andarselo a cercare sulla mappa.

Parcheggiò la macchina sotto un albero, unico spazio all'ombra, e vi uscì, dedicando del tempo ad osservare l'ambiente.

Anni addietro, prima che sua moglie e sua figlia venissero uccise, era stato arrestato perché accusato di aver imbrogliato, con i suoi trucchi da sensitivo, un agente in borghese. Era stato quindi condotto in quel vecchio distretto dove aveva passato una notte al fresco. Il giorno dopo, sua moglie lo aveva liberato pagando una piccola cauzione.

Scosse la testa e scrollò le spalle. Quello ormai apparteneva al passato. Ora era un uomo diverso e si trovava lì per salvare la donna che amava e confrontarsi faccia a faccia col nemico.

Entrò cautamente. La porta era semi distrutta, e anche l'interno sembrò cadere a terra, tra scrivanie e sedie gettate allo sbaraglio. Le luci ovviamente non funzionavano, quindi l'unico raggio di sole poteva filtrare solo da un piccolo squarcio sopra la porta.

Fece piccoli passi, tenendo le mani bene in vista.

Improvvisamente, si accese una luce che lo illuminò così tanto che dovette coprirsi gli occhi per il fastidio. Lentamente cercò di riaprirli appena notò la figura vestita di bianco semi-cosciente davanti a sé.

Teresa.

Avanzò di scatto per andare da lei, ma si vide costretto ad arretrare quando notò che era separato da lei da un vetro. Si guardò attorno e capì di trovarsi in una vecchia sala degli interrogatori.

Teresa era seduta su una sedia, imbavagliata e legata alle mani e alle gambe, con indosso solo un vestito bianco lungo. La testa inclinata da una parte, con tutti i capelli in avanti a coprirle il viso.

Patrick si irrigidì stringendo i pugni e il respirò si fece più affannoso.

Era colpa sua.

Era tutta colpa sua.

Non era stato in grado di proteggerla come avrebbe voluto, e inevitabilmente aveva finito per esporla di più al nemico.

E se le fosse successo qualcosa prima che lui potesse arrivare in tempo? Se avesse fatto la fine della sua famiglia...

Scacciò quel pensiero portandosi una mano sulla fronte.

No, Red John sembrava avere altri piani per lui. Altrimenti non gli avrebbe detto di venire fin lì, in quel posto semi nascosto, per vedere la sua Teresa in quelle condizioni.

Un brivido lo percosse. Si avvicinò al vetro iniziando a battere forte per richiamare la sua attenzione.

Se Red John avesse messo le mani su di lei...

"Non ti agitare, Patrick. Ti stavamo aspettando. Tenetelo fermo."

La voce dall'altoparlante lo distrasse, così che le due figure vestite in nero, che comparvero dietro di lui, poterono trattenerlo per le braccia.

Lottò per liberarsi, ma alla fine si arrese e sghignazzò tra sé.

"Ma bravo, hai bisogno di aiutanti altrimenti da solo non riusciresti a fare il tuo lavoro!"

Le due figure si posero davanti a lui. Avevano una classica maschera teatrale a coprirsi il volto, una di quelle che si indossavano nei balli di corte francesi. Quando se le tolsero, lo sguardo di Patrick non sembrò stupirli più di tanto. Lui continuò a ridere scuotendo la testa.

"Non so perché, ma mi aspettavo di vedere solo Gale Bertram come seguace di Red John... Vedere anche te, Robert Kirkland, uomo di rispetto dell'Homeland Security, è stato davvero una grande sorpresa! Chissà come reagirà l'FBI quando scoprirà a chi hanno affidato la sicurezza del popolo americano?"

In tutta risposta, Kirkland gli diede un pugno talmente forte da stordirlo per qualche istante. La testa gli faceva un gran male. Quell'uomo aveva un pugno di ferro.

Quando si toccò la guancia colpita, si accorse anche di perdere del sangue dal labbro inferiore.

Guardò quei due uomini davanti a sé, così apparentemente diversi, eppure uguali perché uniti dalla stessa scia di sangue.

Sorrise soddisfatto, era arrivato alla fine del traguardo. Non doveva fare due più due per capire chi era Red John. 


Angoletto dell'autrice (poco) sana di mente:
Okay arrivati fin qui, aspetto le vostre teorie giustamente :p
Alzi la mano chi come Jane non ha bisogno di fare due più due per capire chi è Red John :D
Io la mia teoria l'avevo in mente già da tempo u.u
Non dico altro, se non che alla domanda: "perché ho scelto lui?" vi risponderò nel prossimo :) muahuahua!
Faccio come Brunone *-*
Alla prossima!!
D.

 

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Capitolo 17
*** Red John ***



Red John

 


Bertram e Kirkland fecero sedere Patrick su uno sgabello preso tra le tante altre sedie mal ridotte del vecchio distretto. Si fecero da parte per far sì che lui potesse vedere ciò che stava accadendo davanti ai suoi occhi. Come spettatori impassibili e insensibili, i due seguaci di Red John tenevano ognuno la propria mano sulla spalla del mentalista, per impedirgli di alzarsi. Lui deglutiva a fatica; non voleva neanche immaginare a quale macabro 'spettacolo' avrebbe assistito.

La tensione non si calmò neanche quando fece la sua entrata in scena un'altra figura vestita in nero, con la stessa maschera che avevano indossato gli altri due sottoposti. Camminava a passo felpato, emergendo dall'oscurità dietro la sagoma bianca di Teresa.

Patrick fece una smorfia. Era una situazione abbastanza ironica oppure voluta proprio da Red John e la sua passione per il teatro greco e le opere classiche, quello di presentarsi come un essere malvagio, un demone, che veniva fuori dall'Inferno per accanirsi contro una figura angelica... in quel caso, 'interpretata' dalla donna.

Dalla manica del serial killer uscì un grosso coltello affilato, mentre lui iniziava a scuotere l'agente del CBI per svegliarla.

Patrick sussultò, agitandosi sulla sedia, ma non riusciva a muoversi perché trattenuto a forza da Bertram e Kirkland.

"Signor Jane, le conviene stare fermo o l'agente Lisbon farà una brutta fine." come sempre, freddo come il ghiaccio, l'agente dell Homeland Security gli parlava in tono pacato e sereno, quasi abituato a fare cose del genere tutti i giorni.

Bertram se ne stava zitto. Probabilmente aveva più paura e curiosità per poter proferire parola.

Il serial killer si avvicinò al vetro appena incrociò lo sguardo con il suo nemico.

"Sorpreso di rivederci così presto, Patrick? Ho preparato un bello spettacolo per te, visto che adoro esibirmi. Sono un po' come te, sono un'esibizionista. Solo che a te è costata la vita di tua moglie e di tua figlia, io ci ho ottenuto una grande fama."

Si presero entrambi del tempo per guardarsi negli occhi. Per Patrick fu difficile dato che il killer indossava ancora la maschera, ma ormai non aveva più dubbi sulla sua reale identità. La lista era stata sfilzata abbastanza, e ne era rimasto solo uno.

"Grandiosa la tua idea di usare Gale e Robert come tue pedine... non lo sanno che faranno la stessa fine degli altri sospettati... vero, Brett?"

La maschera si rivelò ed il volto era proprio quello del medico legale, Brett Partridge. Fece un sorriso beffardo e poi batté le mani a un ritmo scandito dalla lancetta dei secondi.

Dietro di lui, lentamente Teresa si stava riprendendo. Alzò la testa; era stordita e vedeva ancora appannato. Ci volle poco per mettere a fuoco, capire la situazione e dare un'occhiata fuggitiva a chi aveva di fronte. Spalancò gli occhi iniziando a dimenarsi.

Brett - ormai chiamarlo Red John sembrava non avere più senso - tirava fuori la lingua biforcuta e come un serpente si divertiva ad osservare mentre l'agente mora cercava di liberarsi. Le corde che le stringevano i polsi e le caviglie erano troppo strette. Essendo minuta, anche se avesse usato tutta la forza a sua disposizione, non avrebbe avuto la forza per liberarsene.

"Ce l'hai fatta a trovarmi. Ta-dan! Ora cosa pensi ti accadrà? Fammi vedere le tue doti da mentalista!" disse indicando con il coltello Teresa, la quale si bloccò e impallidì.

I capelli di Brett erano arruffati, il viso contratto con quell'eterno sorriso a mo' di clown. Un pagliaccio, probabilmente questa era la sua definizione.

Dapprima Patrick pensò che non poteva essere proprio lui il serial killer che stava cercando da una decina d'anni. Arrivò anche a dubitare sulla stessa lista che aveva fatto. Ora poteva guardarlo meglio negli occhi.

Brett aveva l'aspetto di un sadico, di un pazzo, non c'erano dubbi. Il modo in cui teneva quel coltello in mano come se tenesse una penna, lo fece rabbrividire.

Ma il tempo era prezioso, soprattutto quando pensò a Grace, Wayne e Kim intenti a trovare il vecchio edificio, quindi decise di guadagnarlo.

"Vorrei solo avere un confronto faccia a faccia con te. Perché non liberi Lisbon e dici alle tue pedine di lasciarmi andare?"

A Brett scappò una risata.

"Sono certo che loro lo vorrebbero, specialmente Gale. Sai, aveva una gran fifa quando ha accettato di fare da talpa al CBI. In effetti, doveva essere eliminato, come il resto dei tuoi sospettati. Come l'agente Haffner, che per aver rivelato alla tua amata particolari su di me... beh ha fatto una brutta fine!" continuava a ridere come un maniaco, toccando la punta affilata del suo coltello.

Bertram ora si sentiva veramente a disagio, mentre Kirkland lo guardava con disprezzo.

L'anello debole della squadra.

Sì, Gale Bertram era stato sempre e solo questo.

"Fortuna per lui, mi ha rivelato appena in tempo che avevate iniziato a sospettare di Kirkland, così ha guadagnato dei punti in più."

Brett tornò vicino a Teresa, che come risposta, cercava di spostare il suo viso. Lei stessa non riusciva ancora a credere che quel pazzo di medico legale aveva compiuto tutti quegli omicidi nel corso degli anni. Le prese il volto con le mani, costringendola a guardarlo, e poi le tolse il nastro adesivo dalla bocca.

Lo strappo repentino le fece un gran male. Le sembrava che le avesse strappato la bocca. Trattenne le lacrime.

Non era il momento di piangere. Ora più che mai doveva essere una tosta.

Guardò prima Brett di sottecchi, poi rivolse il suo sguardo a colui che credeva un esempio per il CBI.

"Complimenti, Gale. Sei l'agente dell'anno."

"Mi dispiace, Lisbon." 

Le sue scuse sembravano sincere, ma non avevano senso in quella situazione. Disgustata, girò la testa dall'altra parte per non guardarlo.

"Mi aveva promesso un posto di rilievo al CBI, e cosa dovevo fare? Non accettare?"

"Denaro e sangue sono i meccanismi che fanno andare avanti il mondo."

Le parole del consulente biondo iniziavano a provocare in Gale un senso di colpa. Si guardò le mani e la sua veste nera e iniziò a domandarsi perché avesse accettato di scendere a patti col diavolo.

"Mi chiedo solo, chi tu sia veramente, Brett? Un pazzo sadico? Sapevo che non eri normale il giorno in cui abbiamo messo piede sulla stessa scena del crimine."

"Vedi, Patrick. Volevi un confronto? Te lo darò."

Per qualche frazione di secondo, ci fu un momento in cui Patrick e Teresa incrociarono gli sguardi, dopo essersi assicurati che nessuno li stesse osservando. Fu in quel momento esatto che fecero un cenno col capo.

Teresa stringeva i denti e nel frattempo provava di nuovo a liberarsi dalle corde. Cosa le avevano insegnato in addestramento? Una delle regole fondamentali quando si era legati: qualsiasi cosa può diventare un'arma per sciogliere le funi. Non avendo niente di appuntito con sé, provò a sfregare tra loro due pezzi di corda, sperando si sarebbero consumate.

Patrick doveva solo far parlare Red John: solo così avrebbero guadagnato del tempo prezioso, mentre dentro di sé sperò che i ragazzi sarebbero arrivati in tempo per salvarli e porre fine a tutto questo.

Brett iniziò a passeggiare avanti e indietro per la stanza, come se stesse preparando il discorso di consegna dei diplomi. Alla fine si bloccò in mezzo alla stanza per guardare oltre il vetro. Fece una smorfia.

"Avevi visto giusto: sono stato un ragazzo problematico fin da adolescente. Soffrivo di epilessia. I miei genitori mi odiavano, non erano mai fieri di me, erano sempre così scontrosi. Quindi cosa ho fatto una notte? Mi sono intrufolato nella loro camera da letto e ho cominciato a infierire coltellate creando un'opera d'arte... sarebbero stati fieri di me stavolta? No, come avrebbero potuto. Li avevo uccisi!" spalancò le braccia, ormai preso dal suo monologo.

Probabilmente era così che si immaginava: lui il protagonista di una piéce teatrale che recitava di fronte al suo pubblico. Il trionfo del male sul bene.

"Dipinsi uno smile usando il loro sangue sopra la parete del letto... era la mia firma, la mia soddisfazione! Così sarebbero stati felici! Poi è successa una cosa strana... hai presente quel dolore al petto che ti prende dopo che hai fatto un torto a qualcuno? Tipo quando hai allontanato la dolce Teresa da te convinto che così potessi proteggerla da me, invece non hai fatto altro che guai? Ecco, mi sentivo in colpa! Sono andato piangente dal tuo amico Sean Barlow... lui mi ha insegnato i trucchetti del mestiere, gli stessi che usavi te... ma io sono stato più bravo! Lui mi ha consigliato la Visualize, una sorta di setta dove mi sono riabilitato. E avevo anche dimenticato gli omicidi commessi. Uscito da lì, provai un senso di bontà, ma ero anche dannatamente attratto dal corpo umano. Insomma, come fanno una serie di articolazioni a reggere un'intera struttura? Così decisi di iscrivermi a medicina... volevo diventare medico legale!" fece una pausa durante la quale si coprì improvvisamente la bocca con la mano, come se avesse appena rivelato un segreto.

"Quindi per dieci anni io ho avuto a che fare con uno psicopatico dalla doppia personalità? Non sei esattamente come mi aspettavo!" le battute del mentalista erano il suo forte, anche in situazioni pericolose tra la vita e la morte.

Robert lanciò un'occhiata a Gale. Stava sudando e sembrava aver quasi mollato la presa su Patrick.

Il tempo passava inesorabile.

Teresa sudava freddo. Ce la stava mettendo tutta per consumare le corde che la tenevano stretta.

Brett smise di raccontare soffermandosi sulla figura di Patrick Jane. Poi tornò a fissare il suo coltello, specchiandosi. La sua era un'immagine di un folle.

"Basta chiacchierare! Ho organizzato questo siparietto perché volevo darti un'opportunità esclusiva che non dò a nessuno! Assistere a come squarcio la donna che ami, mentre mi implora di fermarmi. Non è divertente, Patrick? Lo concedo solo a te perché sei speciale! Lasciatelo andare, voglio vedere come si dimena."

Obbedendo gli ordini come due militari, Bertram e Kirkland lasciarono libero Patrick, che corse subito ad appoggiarsi al vetro.

Fece il nome di Teresa più volte. Forse voleva solo che lei lo guardasse. Voleva che lei sapesse quanto stava soffrendo in quel momento, perché non era riuscito a salvarla come le aveva promesso.

Ti salverò sempre Teresa Lisbon, che ti piaccia oppure no.

"Dille addio, Patrick, forza. Non hai niente da dirle?" il serial killer prese il viso angelico della donna tra una mano, mentre con l'altra faceva passare la punta del coltello sotto il suo mento e poi per il collo. 

Il metallo freddo a contatto con la sua pelle calda le provocò un brivido. Una gocciolina di sudore scivolò dall'attaccatura dei capelli fin sotto il collo, raggiungendo la lama.

Brett già immaginava in quanti modi poteva sfregiare quel volto delicato, e avrebbe riso quando avrebbe visto l'espressione di dolore del suo arcinemico che non poteva fare nulla, neanche stavolta, per salvare la vita della persona che amava. Sembrava un'ossessione la sua. Distruggere tutto quello che Patrick Jane possedeva, fino a ridurlo in mille pezzi e condurlo alla sconfitta.

"Ti diverti così tanto a vedermi cadere, Brett? Non ti sei ancora stancato dopo tutti questi anni?" gli chiese a denti stretti, mentre batteva i pugni sul vetro.

Forse cercava di romperlo. La tentazione di ucciderlo era tanta. Al diavolo la legge. Non gli importava più niente di seguire le regole.

Avrebbe infranto un'altra promessa a Teresa.

"Perché al suo pubblico piace vedere l'eroe che cade."

"Non lasciarti provocare da lui, Jane. Lo sai che vuole solo distruggerti!" gli occhi dell'agente mora si riempivano di lacrime pronte a scendere come goccioloni.

Brett si mise le mani nei capelli, quasi cercando di capire qualche concetto a lui sconosciuto.

"Accidenti. Ti ho ammazzato la famiglia, ti ho annientato, poi sei arrivato al CBI e hai incontrato questa donna che è diventato il tuo angelo custode e ti ha salvato. Vi osservavo fin da allora, mentre costruivate il vostro rapporto... tra screzi, litigi, e abbracci, vi ho visto crescere e l'ho capito prima di voi... non per niente avevo frequentato un corso di psicologia all'università, e poi Sean Barlow e la Visualize hanno fatto il resto aiutandomi ad entrare nella mente delle persone... E quando hai capito che stavo prendendo le persone a te care, a cominciare da Kristina Frye, ti sei isolato... ma con Teresa non ha funzionato, vero? E come potevi resistere a questo bel faccino, al suo corpo... il tuo ricordo felice che non hai mai confidato a nessuno. E io la ucciderò."

"Mi fai schifo, Partridge."

La donna si liberò dalla presa e gli sputò in faccia, ma questo non fece altro che provocare una reazione da parte del medico legale che le afferrò i capelli all'indietro.

Ancora attaccato a quel vetro, Patrick mollò la presa, sentendo la stanchezza alle braccia ed le sue ultime parole furono pronunciate come se stesse esalando l'ultimo respiro.

"Mi dispiace, Teresa. Ti amo."

Avrebbe voluto accovacciarsi per non vedere quell'orrendo spettacolo, ma i due uomini dietro di lui lo costrinsero a restare, prendendogli le braccia e forzandolo a stare in piedi, inerme.

Brett si lanciò con il coltello sul torace della donna, ma lei riuscì a schivarlo; con sua sorpresa, Teresa era riuscita a consumare una cordicella e sentirsi più libera nei movimenti. Il serial killer grugnì; non amava fallire, quindi ci riprovò, ma sfiorò il suo vestito, facendole un piccolo graffietto. Dal torace spuntò una piccola scia e uscì poco liquido rosso. Le lacrime erano scoppiate come un fiume in piena, mentre lei combatteva per la sua vita. Era diventata una gara e Teresa lo guardava sfidandolo. Ci riprovò una terza volta. Alzò il braccio puntando bene il coltello. La lama affilata gridava sangue e non vedeva l'ora di essere inferta di nuovo sul torace della donna.

In quel momento, accadde una cosa inaspettata.

Il soffitto sopra di loro si aprì e tutti furono invasi da un fascio di luce e da molto vento. C'era un elicottero sopra le loro teste e da un megafono sentirono la voce ovattata di un agente dell'FBI che si presentò con poche parole e ordinò di riporre le armi. 

Si udì uno sparo che colpì e distrusse il vetro, così che Patrick poté raggiungere Teresa ed aiutarla a liberarsi dalle corde.

"Stai bene?"

Lei fece un cenno del capo senza rispondere. Lui le asciugò le lacrime, e la strinse a sé, sentendo il suo corpo tremare come una foglia.

Brett aveva le spalle al muro. Vennero gettate due funi dalle quali si calarono due agenti con tanto di pistole, quindi il medico legale approfittò della confusione per darsela a gambe da un buco della stanza, ma Teresa gli saltò alla spalle e caddero entrambi a terra. Dio, che soddisfazione riuscire finalmente a catturare quel bastardo. Gli legò le mani con due corde. Nonostante non stesse nella sua forma fisica migliore, Teresa aveva ancora la forza di alzarlo da terra e costringerlo e lo costrinse a sedersi sulla stessa sedia dov'era lei prima.

Il medico legale fu preso da un attacco di riso convulso, che venne interrotto quando Patrick gli tirò un bel pugno sul naso. Dopo quel gesto violento, di sicuro Brett Partridge avrebbe avuto bisogno del chirurgo plastico.

Teresa fulminò Patrick. La maestra rimproverò l'alunno disciplinato.

"Ti avevo detto niente violenza!"

"E' solo un pugno! Concedimi questa soddisfazione almeno!"

Kirkland e Bertram tentarono la fuga, ma vennero bloccati all'uscita da Wayne e Kimball, armati fino ai denti. Si arresero, alzando le mani.

 

In poco meno di un quarto d'ora, il CBI e l'FBI avevano compiuto l'arresto del secolo: il serial killer Red John finalmente smascherato e messo dietro l'auto della polizia, seguito da Gale Bertram, mentre Robert Kirkland fu affare dell'FBI.

Quando Wayne, Kim e Grace realizzarono che quello psicopatico di Partridge era il famigerato Red John ebbero rispettivamente diverse reazioni.

"Lui era Red John?! Mi aspettavo di meglio!"

"Solo un pazzo poteva essere un serial killer."

"Io l'avevo sempre sospettato! Era troppo strano il modo in cui indagava sulla scena del crimine... si immedesimava troppo negli omicidi!"

Sopraggiunsero anche Patrick e Teresa. Lui le aveva cinto le spalle con un braccio per aiutarla a stare in piedi. Lo stress si faceva sentire: la donna aveva un viso visibilmente stanco, e aveva indosso un lenzuolo di cotone. Aveva rifiutato qualsiasi cura a quella ferita, perché era come una cicatrice di guerra per ricordare la vicenda, e come tale sarebbe guarita col tempo.

"Io lo sospettavo fin da subito invece!" la modestia del mentalista fece sorridere la sua squadra, mentre Teresa gli diede una gomitata.

"Ma se pensavi fosse Kirkland il tuo Red John!" lo punzecchiò scherzando.

"A proposito l'agente Kirkland che fine farà?" chiese Grace indicando la volante nera della Homeland Security.

Nel sedile posteriore, l'uomo aveva uno sguardo cupo e fisso nel vuoto.

"Probabilmente verrà prima interrogato alla macchina della verità, poi gli verrà fatto un processo. Si guadagnerà un bel paio d'anni in carcere per concorso in omicidio, se non addirittura l'ergastolo."

La parlantina svelta di Teresa Lisbon fece star zitti i suoi agenti, tanto che dovette chiedersi se era successo qualcos'altro prima di guardarsi intorno. Spezzò il silenzio con un'altra frecciatina rivolta direttamente al suo consulente.

"Comunque l'avevo detto che la giustizia avrebbe pensato a Red John."

Grace sorrise e quasi fremette all'impulso di abbracciarla. "E' bello vedere che sei tornata tra noi, capo!"

"Eravamo preoccupati per entrambi!" anche Kim si lasciò andare, quasi commosso.

Wayne, invece, fu il più diretto, e si allungò verso il suo capo per abbracciarla. Seguirono anche gli altri due agenti.

"Oh no, io non sono una che abbraccia..."

Teresa cercava lo sguardo di Patrick per allontanarsi.

"Troppo tardi, Lisbon. Mi piaci quando continui a fare l'autoritaria dopo tutto quello che è successo."

E aveva ragione, ormai era troppo tardi per tirarsi indietro dagli abbracci collettivi. Le braccia forti dei suoi agenti e il calore emanato dai loro corpi la fecero sentire amata e a casa. Sorrise, ricambiando quel gesto, mentre l'altra mano raggiunse quella del mentalista, rimasto sempre accanto a lei.

Fu Grace la prima a spezzare il momento, dato che aveva capito che due persone nello specifico avevano bisogno di stare da soli.

"Ehm ragazzi perché non andiamo a chiedere al CBI che ne sarà di Bertram?"

Wayne e Kim annuirono e si allontanarono subito con l'agente rossa, dirigendosi verso delle volanti della polizia di Sacramento. Gale Bertram, ormai ex capo del CBI, sedeva sul sedile posteriore della volante; sguardo abbassato, cupo anche lui come Kirkland, ma quando notò i tre agenti, alzò gli occhi: potevano leggergli che cercava di comunicare con loro, come se volesse dire un'ultima parola, e magari scusarsi per ciò che aveva fatto. Forse era pentito, ma il danno lo aveva fatto e certi crimini non potevano restare impuniti.

Patrick e Teresa stettero uno di fronte all'altro. Timidi nel guardarsi, preferirono rivolgere lo sguardo in basso.

"E' così è finito tutto."

"Sì, è finita."

"Senti, quella cosa che hai detto prima che Red... ormai chiamiamolo Brett... prima che lui mi colpisse, cosa intendevi dire?"

Come sempre era Teresa quella che affrontava l'argomento. Alzò lo sguardo verso di lui. Non sperò in una risposta diretta, perché tra di loro bastava guardarsi per qualche secondo e capire tutto. Lui serissimo le rispondeva puntando gli occhi su di lei, e ovviamente non si sottrasse a quello sguardo magnetico.

In sottofondo, ebbero la sensazione che le voci si facevano sempre più lontane, come se per loro il tempo si fosse fermato.

"Tu cosa pensi?"

Patrick ruppe il silenzio con un'altra domanda, ed era già un passo decisivo. L'ultima volta le aveva chiesto che cosa avesse detto perché era un tantino eccitato dal momento... doveva fingere di spararle!

Teresa sentì le guance avvampare. Lentamente, gli angoli delle labbra si mossero per creare un mezzo sorriso, o forse solo per dire un "Oh" sospirato, impercettibile. Un segno che aveva appena realizzato qualcosa di importante.

Lui la amava.

"In ogni caso... stavo per risponderti 'anch'io'."

Anche lui era giunto ad una conclusione importante.

Lei lo amava.

Era amato puramente da qualcuno che lo conosceva come nessun altro.

Qualcuno forte, qualcuno in pace con sé stesso, qualcuno meglio di me. Qualcuno che conosca il lato peggiore di me, e mi ami comunque.

Abbozzò un sorriso dondolandosi, mentre poteva sentire le gambe che si muovevano ad un ritmo sconosciuto.

"Non ne avevo dubbi."

"Smettila di fare l'idiota!"

Ed ecco che puntualmente arrivava un'altra gomitata da parte dell'agente minuta.

Si guardarono di nuovo, sorridendosi, fieri di quella consapevolezza che non si sarebbero, almeno per ora, detti direttamente. Perché il loro rapporto era fatto così, era una relazione dove i gesti contavano più delle parole. Forse un giorno, avrebbero trovato il modo di dirsi chiaro e tondo quello che provavano, di analizzare quelle due paroline con calma... ma erano successe troppe cose tutte insieme, e per loro bastava quel momento.

La donna guardò oltre il suo consulente e venne presa da un crampo allo stomaco quando riconobbe l'uomo che stava chiedendo informazioni a degli agenti. Questi gli indicarono proprio lei, e allora Teresa lo vide correre disperato verso di lei.

"Teresa! Sono corso appena ho saputo!"

Senza accorgersi della presenza del mentalista, abbracciò la donna minuta, che divenne ancora più piccola avvolta dalle sue braccia. La stretta la scosse un pochino, e forse sentendosi soffocare, si staccò da lui.

"David, sto bene!"

"Per fortuna è finito tutto! Mi spiace solo non esserti stato accanto."

Qualcuno tossì e allora David poté notare il consulente del CBI che cercava di far finta di nulla.

"Oh, ciao Patrick." gli disse, e in risposta Jane fece un cenno con la testa.

Teresa si sentiva tremendamente a disagio. David provò ad abbracciarla di nuovo, ma percepì di non essere del tutto ricambiato. Quell'abbraccio era troppo rigido. Lei rivolse uno sguardo di sottecchi a Patrick, poi prese David allontanandosi di qualche metro.

Doveva andarci piano. David era un bravo ragazzo e non meritava parole dure.

"David..." iniziò quindi prendendogli le mani, "Mi dispiace, ma non credo di poter continuare ad andare avanti così. Mentirei solo a me stessa." 

Sfilò l'anello all'anulare come se stesse spostando un macigno, e glielo porse cordialmente, chiudendo la sua mano a pugno.

"Non c'è bisogno che ti scusi. Avevo capito tutto da un po'."

Teresa lo guardò stupita.

"Ti vedo felice." aggiunse lui dopo qualche secondo. Guardò la donna e poi Patrick, che si stava divertendo a parlare con alcuni agenti del CBI. Probabilmente stava raccontando loro qualche barzelletta, tanto per smorzare il clima di tensione e di stress.

"Lo sono."

Quando la vide guardare l'altro uomo con occhi completamente diversi da come osservava lui, ebbe ulteriori conferme. Senza aggiungere altro, la salutò abbracciandola.

Lei si allontanò raggiungendo Patrick, che l'accolse tra le sue braccia. Doveva ancora farci l'abitudine con gli abbracci, ma questo era un problema che avrebbe superato pian piano.

Le auto della polizia iniziarono ad andarsene, dopo che gli agenti si erano complimentati tra di loro per il lavoro ben fatto, e lasciarono lo spazio ad un panorama mite e tranquillo. Era buio, e le uniche luci che si intravedevano erano quelle del centro commerciale in lontananza.

Teresa sciolse l'abbraccio e sentì lo stomaco brontolarle. Imbarazzata, si strinse a sé. Patrick sorrise, contento di potersi prendere cura di lei, pur sapendo che a causa del suo carattere imbronciato, Teresa non glielo avrebbe permesso.

"Andiamo, sarai affamata. Ti compro qualcosa."

"Non ho bisogno di essere trattata come una bambina!"

"Oh ma tu lo sei... sei più piccola di me!"

"Piantala!"

Non si accorsero neanche che camminando uno a fianco all'altra, si stavano prendendo per mano. Dopo l'ennesimo strattone, raggiunsero l'auto di Patrick. Teresa si bloccò davanti la portiera e gli gettò le braccia intorno al collo. Per lei era un gesto completamente nuovo e spontaneo, e lui l'apprezzò.

"Pensavo a cosa faremo adesso che è finito tutto..."

"Già, vero..."

"Io ho qualche idea..."



Angoletto dell'autrice (poco) sana di mente:
Beh che dire? Parlate ancora? LOL
Io ce l'ho messa tutta per creare questo capitolo, e ovviamente queste sono tutte mie teorie riguardo Red John XD non so ho sempre visto Partridge come una specie di Dexter, che avesse una doppia personalità, e mi intrigava molto questa cosa XD
Se dovessi aver ragione alla fine, avremo la conferma che Bruno legge le nostre fanfic!u.u (per ora ho azzeccato il fatto che farà fuori uno dei sospettati già dal primo episodio)
Alla fine tutti felici e contenti! Il cornuto (povero David haha) si è tolto dalle scatole da solo, così Jane e Lisbon hanno tutto spazio per loro per fare quello che devono fare! :p
Eh a proprosito di loro, non volevo far dire subito "ti amo" perché non è giusto, non è nei loro personaggi dichiararsi così apertamente! :)
In ogni caso, la storia è finita, ma non perdere l'epilogo perché c'è un'altra sorpresa huahuahua
Alla prossima e grazie infinite per avermi seguito *-*
D.

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Capitolo 18
*** Epilogo ***




Epilogo


 

Nei due giorni seguenti, Brett Partridge non parlò quasi mai, anzi rideva come un sadico fino allo svenimento. Rinchiuso nella sua cella, in un istituto di sanità mentale, se ne stette in un angoletto dove disegnava sul muro lo smile rosso, aiutandosi con del sangue che prelevava da una vena dell'avambraccio. Si vedeva che aveva studiato medicina, e anche i dottori curanti potevano constatarlo, dato che si era procurato da solo l'ago che gli serviva per bucare quel punto preciso del braccio.

Quasi stupiti, osservavano quest'uomo affascinati dalle sue tecniche. Era incredibile come anche dopo la sua cattura, la gente continuasse a parlare di lui.

Era ciò che voleva: ottenere la fama in eterno.

Nonostante ciò, alla fine riuscì a parlare davanti a una giuria. La squadra di Lisbon era seduta in prima fila attendendo il processo.

Teresa era la più soddisfatta: anche lei aveva ottenuto ciò che voleva, ovvero lasciare che il serial killer fosse giudicato dalla legge.

Il processo durò un'intera giornata, nel corso della quale vennero esposte foto di tutti i crimini più efferati di Red John, compresi gli omicidi di Angela e Charlotte Jane. Patrick voleva restare forte, anche se gli scese, com'era comprensibile, qualche lacrima dopo aver visto le foto della scena del crimine della sua famiglia.

Poi seguirono gli ultimi omicidi, quelli ai sospettati della lista di Jane, e i vari collegamenti tra loro: l'avvocato difensore espose la sua teoria su Brett. Aveva cambiato il suo modus operandi usando i sette peccati perché era sempre stato affascinato dalla letteratura, e voleva utilizzare la storia italiana. Ovviamente dichiararlo sano di mente e un letterato non bastò per salvarlo e ridurgli la pena. 

Brett aveva smesso di ridere dopo la sentenza che lo condannava alla sedia elettrica... ed era l'unica condanna possibile.

Fu scorato dalle guardie carcerarie e non alzò lo sguardo quando passò vicino a Patrick, Teresa e gli altri.

Al CBI e all'FBI poterono tutti tirare un sospiro di sollievo: la vicenda, dopo più di dieci anni, si era conclusa.

 

"Vuoi smetterla di mangiare? Poi non entri nello smoking!"

"Cho, non ho bisogno che ti preoccupi della mia linea... non lo fa Grace, perché devi farlo tu?"

"Perché poi tocca a me aiutarti a vestire."

Wayne rimase col suo panino a metà tra le mani e la bocca spalancata. Alla fine, decise di coprirlo con la carta e conservarlo per dopo.

Grace era allegra; mancavano pochissimi giorni al suo matrimonio, ed era riuscita con gran soddisfazione, a preparare tutto. Lista di nozze, invitati, chiesa, ristorante, damigelle...

"Non capisco perché anche noi non possiamo riposare come fa Lisbon..." disse Wayne, raggiungendo la sua fidanzata sulla nuova scena del crimine.

Dopo quei giorni faticosi, la squadra era già all'attivo su un nuovo caso. A quanto pare, Red John oppure no, la California continuava a sfornare killer ogni giorno.

Qualcuno aveva detto con un tono malinconico che ormai il mondo non è più quello di una volta.

"Perché noi non abbiamo rischiato la vita come lei." rispose invece Kim, che aveva il comando sulla squadra, dato l'assenza di Teresa.

Grace prese Wayne per il braccio e gli sussurrò, "Tranquillo tesoro, quando ci sposeremo ci concederanno anche noi dei giorni di riposo!"

"Quando vi sposerete, sarò contento che non dovrò sentire più 'tesoro', 'caro', e 'zuccherino'..."

Kim aveva un ottimo udito e si divertì a prendere in giro i suoi amici mentre analizzava le tracce di sangue sul corpo della vittima.

Era divertente vedere come la tensione dei giorni precedenti si era smorzata, dato che si tornava a lavorare tra cadaveri come se nulla fosse.

"Zuccherino? Mi chiami zuccherino??"

"Perché non ti piace?"

"No... è adorabile!"

Esasperato di sentire i due piccioncini tubare, il coreano li guardò e spalancò le braccia.

"Ma quand'è che vi sposate?"

"Ehi, se continui così non sarai più il mio testimone di nozze!"

"Va bene, allora non entrerai nello smoking."

Alla fine, la spuntò sempre Kim, col suo modo di fare e con le sue battute taglienti. Gli angoli della bocca si incurvarono verso l'alto e per qualche frazione di secondo, un sorriso soddisfatto gli comparve sul volto. Wayne avrebbe voluto prendere la macchina fotografica e immortalarlo, ma non ebbe il tempo.

Grace rise dando un'occhiata intorno a sé. Presto sarebbe diventata la signora Rigsby, e avrebbe dovuto abituarsi ad un nuovo cognome. Chissà in ufficio come l'avrebbero trattata? Improvvisamente ebbe un'illuminazione e venne presa dal panico.

"Oh mio Dio, ho dimenticato di dire alla mia damigella d'onore che tipo di fiori voglio per il bouquet e il ristorante!"

"Ah, dici Lisbon? A proposito, che starà facendo? E' scomparsa con Jane da alcuni giorni..."

"Fidati, caro. Stanno recuperando il tempo perduto." disse sorridendo, lasciando trasparire che intendeva ben altro.

 

Le piaceva quella sensazione di indossare solo un indumento per casa, magari quello del suo uomo, e starsene ai fornelli a preparare la colazione.

Era una cosa che iniziava proprio a diventare un'abitudine. Nel corso degli ultimi due giorni, si era messa in testa di voler essere un po' più elastica con sé stessa, ma sopratutto con i suoi sentimenti.

Si sentiva quasi nuda e anche piccola, coperta solo da quella enorme camicia bianca che l'avvolgeva e la copriva fin sopra il ginocchio.

Una sensazione di calore arrivò alle sue spalle per avvolgerla e cingerle la vita. Un leggere bacio sul collo era quello che le serviva per farla tornare con i piedi a terra.

"Pensavo fossi stanca."

"Io non ero stanca, eri tu quello che non riusciva a reggere..."

Tra un sorriso e l'altro, si voltò per baciarlo, e gettargli le braccia intorno al collo.

"Cosa? Non sono mica vecchio... abbiamo solo alcuni anni di differenza!"

"Non sai tenere il ritmo!"

Quasi per rispondere a quella sfida, la prese in braccio per spingerla sopra il piano cottura. Poggiò la testa sull'incavo del collo e avvicinò le labbra al suo orecchio.

"Uhm vediamo... siamo passati dal divano al letto... e ora la cucina..." la sua voce era così velata e sensuale che le faceva venir voglia di stringerlo ancora di più.

"Scommetto che non l'hai mai fatto in cucina..."

"Sono stato solo con tre donne, inclusa te!"

Teresa storse la bocca e gli diede un pizzico sul braccio scoperto.

"Era necessario ricordarmi che sei stato anche con Lorelei?"

"Scusami..."

Il bussare alla porta li interruppe. Si guardarono con aria interrogativa, chiedendosi chi fosse a disturbarli.

In punta di piedi scalzi, Teresa controllò dal buco del portone e spalancò gli occhi alla vista del volto familiare.

Bisbigliò qualcosa a Patrick, chiedendogli di passarle i suoi vestiti. Si tolse la sua camicia e gliela restituì; in fretta e in furia, si rivestirono ognuno con i propri indumenti, mentre la persona alla porta continuava a bussare.

Teresa si diede un'ultima sistemata, cercando di sembrare normale, e aprì il portone, facendo accomodare il suo ospite.

"Eccomi... salve, signore! Che sorpresa averla qui!"

"Teresa, so che vuoi riposare un po'... oh ciao Jane!"

Debolmente Patrick alzò la mano per salutarlo.

"Ciao Virgil, qual buon vento!"

Virgil Minelli era l'ultima spiaggia del CBI. Fu chiamato per un'emergenza a sostituire Gale Bertram come capo del bureau, e la cosa, seppur tentò di nasconderla, non gli dispiacque affatto. Gli dissero che era solo una sistemazione momentanea e avevano scelto lui perché aveva avuto più esperienza a dirigere il bureau. Non aveva combinato granché da quando si era dimesso anni fa, quindi si sentì contento di ritornare a stare dietro una scrivania.

Stordito, guardò attentamente i suoi due agenti, mettendo in pratica il suo fiuto da detective, cercando di capirci qualcosa.

Aprì bocca per pronunciarsi, ma Patrick lo precedette, seguito da una risposta subito pronta di Teresa.

"Io passavo di qui per caso!"

"Sì, passava per caso!"

Minelli notò la camicia di Patrick. Era abbottonata male, cosa non del tutto normale per uno come lui che teneva all'ordine. Sembrava se l'avesse messa addosso di fretta. Poi posò lo sguardo su Teresa, la quale gli sorrideva nervosamente. La donna stava scalza, e intravide che la cerniera dei pantaloni non era abbottonata. Inoltre la maglietta che indossava era portata al contrario.

Fece una risatina che fece intendere che li aveva colti sull'atto.

"Oh, andiamo! Come se non sapessi che state insieme! Vi conosco troppo bene, quindi smettetela di fingere! E poi lo sanno tutti al CBI!"

I due sbiancarono sentendosi un po' presi alla sprovvista. Teresa evitò di guardare il suo capo, mentre Patrick restò con le mani in mano.

"Comunque quando volete, potete tornare al distretto, io non vi faccio pressioni!"

La donna annuì, restando come un soprammobile.

"Teresa, puoi respirare. Ero passato solo per dirvi questo! Non preoccuparti, Cho sta facendo un ottimo lavoro a dirigere la squadra. Abbiamo solo un problema con le dispense: Rigsby sta divorando tutte le provviste nel frigo."

L'appartamento si riempì di risate di piacere.

Anche il burbero Minelli sorrise, contento di aver smorzato la tensione. Non l'avrebbe mai ammesso ma era felice di vedere che quei due finalmente si erano dati una mossa. Aveva sempre visto di buon'occhio il mentalista, ammettendo però di non amare troppo smesso i suoi metodi d'indagine. E poi Teresa meritava qualcuno come lui che si sarebbe preso cura di lei.

Era insomma quello studente bravo e vispo che aveva bisogno di essere bastonato per fargli capire la lezione.

"Il mio lavoro qui è finito. Ora vado."

Teresa si offrì di accompagnarlo fuori alla porta.

"Se ti serve una mano, qualsiasi, sai che ci sono, okay?"

"Grazie. Vorrei solo essere aggiornata su ciò che combina la mia squadra."

"Lavoro, lavoro e lavoro... rilassati ancora qualche giorno. Ne hai bisogno."

Minelli le posò una mano sulla spalla che la fece rilassare.

"Va bene."

Sorrise anche lui quando vide un sorriso comparire sul volto della sua pupilla, di quella figlia che non aveva mai avuto, perchè Teresa Lisbon era sempre stata questo per lui: e vederla felice era la cosa che desiderava più di tutto.

"Dimenticavo... un giorno potrebbe servirti qualcuno che ti accompagni all'altare."

Teresa riuscì solo a farsi uscire qualche sillaba, ma non senza arrossire. Balbettò qualcosa come un 'grazie', e lo vide allontanarsi dal suo appartamento e dirigersi, magari, verso il bureau. La camminata di Minelli era una di quelle di chi la sa lunga, di un uomo che era tornato a stare esattamente dove doveva essere.

Il CBI era la sua casa, e la squadra la sua famiglia.

La donna rientrò dentro, ripensando alle ultime parole del suo capo. Continuava a sorridere e ad arrossire.

Scosse la testa pensando che forse un giorno avrebbe realizzato quel pensiero. Non poteva saperlo. Per lei era decisamente troppo presto, e poi le piaceva troppo stare in quel suo piccolo paradiso.

"Che ti ha detto Virgil da farti arrossire così tanto?"

Alzò lo sguardo verso la sua piccola porzione di paradiso che le parlava, e sospirò pensando che non avrebbe potuto desiderare di più.

"Cosa? Non sto arrossendo! E comunque non mi ha detto nulla!"

"Ho una fidanzata che è una pessima bugiarda!"

Tentò di evitare il suo sguardo, dirigendosi sul piano cottura, dove era prima dell'entrata di Minelli.

Sbagliava oppure era un altro passo avanti quello di averla definita la sua fidanzata?

Stette con le mani poggiate sul marmo della cucina, poi si voltò verso di lui mordendosi il labbro. Lui la interpretò come un lascia passare per tornare da lei e stringerla di nuovo tra le sue braccia. Teresa non se lo fece ripetere due volte e gli gettò di nuovo le braccia intorno al collo.

Non era forse una sensazione magnifica avere tutto ciò che voleva e averlo ottenuto dopo tanto faticare, dopo tanti dolori e tanta sofferenza?

Come diceva qualche scrittore, per raggiungere il Paradiso bisognava prima passare per l'Inferno.

E loro lo avevano fatto attraverso sette sospettati, sette peccati capitali e un solo serial killer.

"Noi stavamo facendo qualcosa o sbaglio?"

"Sì, hai ragione, ma temo di aver dimenticato cosa..."

"Il tuo palazzo della memoria inizia a crollare mi sa... ti stai facendo vecchio..."

"Allora perché non mi rinfreschi la memoria?"

Prese lei l'iniziativa, avvicinando il viso al suo e baciarlo, prima lentamente, quasi punzecchiarlo... poi impossessandosi completamente della sua bocca. Con una mano iniziò a sbottonargli la camicia, o meglio, sbottonare quel poco che era rimasto, dato che era già stata indossata malamente.

"Magari questo può rientrare nei tuoi ricordi felici?"

"Chissà, devo solo ricordarmi come si fa..."


Angoletto dell'autrice (poco) sana di mente:
La storia è giunta al termine, e con ciò spero che le vostre domande abbiano ricevuto risposta e che la fanfic vi sia piaciuta :)
Chi mi conosce sa che sono angst, comica, ma alla fine il lieto fine c'è sempre ;)
Jane e Lisbon. Niente 'ti amo' tra di loro perché come ho ripetuto nello scorso capitolo, loro non sono una coppia da paroloni, ma piuttosto è un rapporto basato sui gesti... secondo me, poi se avete altre opinioni, fatemi sapere :p
Virgil Minelli. Io lo ADORO. Ogni volta che rivedo un vecchio episodio mi manca troppo. Ovviamente non si avvererà mai la mia visione di vederlo di nuovo al CBI ahahaha quindi godetevi questo breve momento e ciao u.u
Rigsby, Van Pelt e Cho. Beh anche loro sono una parte di questa storia e volevo mostrarli in un contesto quotidiano dove tutto tornava ad essere come prima, ovvero il lavoro nella scena del crimine. Perché come ho scritto, Red John potrà anche essere stato fatto fuori, ma i serial killer continueranno ad esserci :p
Red John\Brett Partridge. Non potevo non dedicare una parte anche a lui ehehehe per me lui ci starebbe benissimo come serial killer... secondo me il non sospettarlo come tale lo rende ancora più interessante huahuahua Bruno, se ci sei, batti un colpo!u.u
Infine un GRAZIE immenso a chi ha letto, recensito e preferito questa storia. Spero sia stata gradita e se ho fatto qualche errore, qualcosa che non vi è piaciuto, o volete chiedermi altro, beh fatemi sapere *-*
Alla prossima!!
D.
<3

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