You had my heart, at least for the most part.

di Frankie_ Echelon
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 01. PROLOGO ***
Capitolo 2: *** Capitolo 01 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 02 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 03 ***



Capitolo 1
*** 01. PROLOGO ***



01. PROLOGO: OCCASIONI SPRECATE
 
Ricordo ancora quella notte, come se la fossi vivendo in questo preciso momento. Il cielo grigio carico d nuvoloni di pioggia; le urla, i richiami, i cori; il dolore lancinante ai piedi.
L'aria fredda ci colpiva di striscio mentre tutti noi i presenti ci dimenavamo, saltavamo, urlavamo per loro.
Era una delle mie band preferite -lo è tuttora- e io, in quell'istante, sarei stata felice anche di morire perché, dentro di me, avevo esaudito il mio più grande desiderio. Prima fila, ho detto tutto!
Piccole gemme di pioggia si affrettavano a scendere per mischiarsi alle gocce di sudore che bagnavano i nostri volti. Mi sentivo viva, e la pioggia era un toccasana in quel momento.
Per tutta l'ora non mi ero nemmeno resa conto che intorno a me c'erano altre persone. Sul serio, io ero immersa nella musica, nella voce del cantante, negli assolo del chitarrista e di tutta quelle note che si liberavano nell'aria umida.
Solo quando iniziò a piovere mi resi conto che attorno a me c'erano altre persone, solo in quell'istante mi voltai a vedere chi si stava lamentando per la pioggia.
Era una ragazza, bionda e magra. Non era molto alta ma aveva un viso molto carino. Solo la voce, e quel suo modo di parlare, mi dava sui nervi.
<< Tesoro, io non voglio bagnarmi.. mi si scioglie tutto il trucco! >> stava dicendo al ragazzo che nemmeno le prestava ascolto.
Cercai di non ascoltarla, di continuare a seguire il concerto ma quelle stupide quanto inutili lamentele mi stavano facendo incazzare. Perché non poteva godersi quel concerto senza scassare i maroni agli altri?
<< Scusa se mi intrometto ma potresti finirla, per pietà a chi è davvero interessato a questo concerto, di lamentarti? C'è gente che che ha pagato 50 dollari di biglietto per divertirsi e ascoltare il concerto non per sentirti lamentare >> affermai cercando di contenere la rabbia.
Si, uno dei miei soliti problemi, sono troppo impulsiva e non ragiono prima di commettere alcune cazzate.. come in quell'istante.
Infondo, se mi avesse detto di farmi gli affari miei -cosa che sicuramente avrebbe fatto da un momento all'altro dato il suo sguardo d'assassino- avrebbe avuto anche ragione. Invece, con mio grande stupore, decise di ignorarmi e, dopo aver detto qualcosa al ragazzo, se ne andò cercando di farsi spazio tra la folla.
Rimasi un po' basita da quella reazione ma anche contenta, potevo dedicarmi al concerto. Solo che, per quanto mi ostinassi a non pensarci mi sentivo in colpa ma, soprattutto, mi sentivo osservata.
Prima che il mio istinto mi dicesse di voltarmi feci un grosso respiro cercando di mostrarmi calma.
Mi voltai, pensando che lei fosse tornata per darmi una lezione -anche se per un'oca così era impossibile anche solo da immaginare- ma invece era lui.
Mi sentii un po' in imbarazzo, perché mi stava fissando?
Come se potesse sentire i miei pensieri, << Sei forte >> disse semplicemente sorridendo.
Solo due parole, niente di più. Due parole, sette lettere, che in me scatenarono una serie di emozioni contrastanti e che liberarono il rossore violaceo che mi ricopre le guance e il collo in situazioni di estremo imbarazzo.
Riconobbi quella voce, quelle labbra a forma di cuore. “Se è un sogno.. vi prego non fatemi svegliare mai più..” pensai tra me e me. Anche se non potevo vedere gli occhi, quegli inconfondibilissimi occhi, sapevo che era lui e, dalla mia espressione da ebete, lui capì che l'avevo riconosciuto.
Per un'istante vidi il pentimento nel suo viso ma poi, con un sorriso mi fece segno di fare silenzio portandosi l'indice alle labbra. E lì li vidi, i tatuaggi sulla mano che aveva cercato di nascondere tenendole sempre in tasca.
Mi sentii cedere le gambe mentre, intorno a noi, tutto il resto era sparito. La musica, i fan, la pioggia.. nulla, non c'era più niente. C'eravamo solo io e lui.
Senza nemmeno rendermene conto il concerto finì.
Lui salì sul palco per salutare i membri della band, suoi amici, senza nemmeno accorgersi che io fossi lì, ferma imbambolata, senza forza di respirare.
Sparirono dentro il backstage e io mi girai iniziando a camminare dietro altri ragazzi che se ne andavano ancora carichi di grinta mentre in me c'era solo confusione e.. ad essere sinceri, delusione.
Chissà perché mi aspettavo che lui mi avrebbe inseguita e, perché non sognare un altro po', bloccata e baciata.. come i soliti film in bianco e nero: pieni di amore, di speranza.
Ma in realtà, me ne andai piano a testa bassa; con la pioggia che mi bagnava i capelli e le mani dentro le tasche degli shorts in jeans.
Infondo però è stato un bellissimo concerto e, dentro di me, ero felice.
L'avevo incontrato.. avevo incontrato la persona più importante per me.. avevo incontrato il mio amore segreto. Avevo incontrato Zacky Vengeance. Potete crederci? Io in quell'istante non ci credevo.. come potevo credere ai miei occhi?
Mi tremavano le mani e le gambe avevano la stessa sostanza della gelatina. Mi sentivo una stupida. Davanti a me avevo Zacky Vengeance e non avevo avuto il coraggio di chiedergli un autografo..
Uscii dal grande cancello di ferro e mi immersi nelle strade vuote; mi strinsi più a me stessa pentendomi amaramente di non essermi portata una giacca a presso.
Mi sedetti alla fermata del bus, consapevole che, data l'ora, non sarebbe passato. Non mi ero organizzata per niente. Avevo preso i biglietti -un'occasione dell'ultimo secondo- e, con solo uno zainetto in cui c'era solo una bottiglietta d'acqua mi incamminai verso la fermata del bus. Nessun pentimento, solo sarebbe stato meglio organizzarsi.. almeno, avrei potuto prendere dei soldi per un taxi!
Non so quanto rimasi, forse dormii anche qualche minuto. Avevo un sonno tremendo e il vento che si era messo faceva arrivare la pioggia di traverso, anche se ero coperta dalla fermata.
Mi guardai in giro, non c'era anima viva. Non sapevo bene se era meglio o peggio!
La pioggia cessò diventando una leggera pioggerellina.
Pensai che fosse inutile rimanere lì, ferma a prendere freddo, così decisi di incamminarmi verso il nulla. Inutile dire che non ero di quella città; inutile dire che ero una stupida ragazzina ventenne incastrata ancora nella mentalità di una sedicenne! Andiamo, chi, alla mia età, sarebbe stata così impulsiva? Chiunque avrebbe prima ragionato, si sarebbe organizzato.. e di certo non sarebbe scappato così lasciando tutto e tutti per andare ad un concerto!
Mio padre mi avrebbe ucciso al mio rientro. L'avevo lasciato incasinato col negozio.. proprio nel periodo in cui la città si sarebbe riempita di turisti.
Me lo immaginavo, avrebbe sicuramente detto “ho una figlia degenerata!”.. che ansia!
Ma come potevo non cogliete questa occasione al volo? Non capitava tutti i giorni che una band, famosa come quella, tornasse a fare alcuni live! E poi.. se non ci fossi andata.. non avrei mai incontrato Zacky Vengeance..
Ah, se solo fossimo stati in un film! Magari in quel momento potevo stare con lui invece di andare avanti e indietro per le strade di quella città sconosciuta! Ma invece era la realtà.. e io non l'avrei mai più incontrato..
Beh, sognare non costa nulla no?
 
Camminai per svariate ore finché le primi luci dell'alba non irradiarono il cielo. I nuvoloni carichi di pioggia si erano dissolti come il mio pensiero ossessivo di essere stata una stupida a rimanere così imbambolata davanti a Zacky.
Però, ora che ci ragionavo un po', non capivo chi fosse quella ragazza bionda. Di sicuro non era Gena, l'avrei riconosciuta su un milione di persone. Ma se non era Gena, allora chi era? Forse erano vere le voci di una presunta rottura del loro matrimonio.. peccato, Gena mi piaceva!
Mi diressi alla fermata più vicina e, con mia grande fortuna, presi l'autobus per un pelo.
Il bus era quasi completamente vuoto. C'erano solo un uomo in giacca e cravatta, che sicuramente stava andando a lavoro, e una donna di mezza età. Mi sentivo quasi in imbarazzo a muovermi per un pullman vuoto, anche se in realtà, né l'uomo né la donna si erano minimamente accorti della mia presenza. Mi sedetti in uno dei posti centrali e poggiai la testa sul finestrino freddo. Chiusi gli occhi e sospirai pesantemente, ero davvero stanca..
Aprii gli occhi solo dopo qualche ora quando intravvidi in lontananza il mio piccolo paesino.
Sospirai capendo che era l'ora di scendere. Avevo le gambe indolenzite e un dolore al collo.
Scesi dall'autobus e respirai l'aria fresca.
Percorsi la strada bianca che mi condusse al paese e, appena intravidi le prime case, mi sentii subito meglio. Possibile amare e odiare lo stesso posto?
Arrivai al piccolo negozio di alimentari di mio padre. Il tintinnio della campanella sopra la porta fece presagire il mio ingresso.
Mio padre alzò lo sguardo dal librone dei conteggi e posò lo sguardo su di me.
<< Sei tornata >> disse con voce apparentemente calma, tornando a guardare quel libro.
<< Scusa papà.. non potevo non andarci.. >> cercai di giustificarmi senza ottenere risposta. E poi, perché mi stavo giustificando? Cavolo avevo vent'anni!
Solitamente ero una ragazza calma, accondiscendente. Sarò sempre stata impulsiva e scontrosa nei momenti di stress ma non avevo mai fatto qualcosa del genere. Era la prima volta che seguivo il mio cuore invece di seguire la mia stupida mente.
Mi infilai il grembiule ma mio padre disse: << No, sali a casa; fatti una doccia e riposati. Ti sarai stancata molto >>.
Ripiegai il grembiule e mi fermai sulla soglia delle scale a guardare mio padre. Non l'avevo mai notato prima, ma mio padre stava invecchiando.. vidi la stanchezza nei suoi ecchi e tristezza mista a delusione.
Non so il perché, non sono una ragazza debole, ma in quell'istante dovetti cercare con tutte le mie forze di trattenere le lacrime.
Salii piano le scale trascinandomi svogliatamente sino al bagno.
Mi guardai allo specchio, avevo un aspetto decisamente orribile. I capelli non avevano più un aspetto ondulato ma assomigliavano più ad un nido di un qualche pennuto incapace di costruire la sua dimora. Sotto gli occhi avevo due grosse occhiaie -anche se in realtà, erano accentuate dal mascara colato-. Avevo le labbra secche e il rossetto sbavato.
Insomma, era uno spettacolo rivoltante. Per quanto ho avuto questo aspetto? Ero così anche quando ho incontrato Vee??
Sospirai rassegnata, mi tolsi gli indumenti che in quel momento avevano la stessa consistenza del piombo e mi infilai sotto la doccia.
Il getto d'acqua gelida mi svegliò all'istante e imprecai svariate volte cercando di regolare la temperatura dell'acqua.
Quando finalmente il calore dell'acqua calda mi penetrò nelle ossa mi abbandonai a me stessa. Poggiai la testa sulle mattonelle ormai ricoperte di vapore e riesaminai tutto ciò che era accaduto. Risultato? Sono stata una cogliona..
Quando mi sarebbe mai ricapitato di incontrare uno di quei cinque ragazzi che mi hanno fatto amare la musica? Mi sentivo una stupida ma al tempo stesso la ragazza più fortunata di questo pianeta.. e perché no? Anche di Marte, Giove, Saturno.. insomma di tutto il sistema solare ed oltre. .. Esagerata!
Girai la manopola facendo cessare il getto d'acqua. Uscii dalla doccia e mi avvolsi nell'accappatoio, troppo corto per me. Un giorno forse mi sarei decisa a cambiarlo..
Mi chiusi in camera, mi sdraiai, accesi il mio mp3 e mi abbandonai al sonno.
E chissà, forse avrei sognato un finale diverso da quello che avevo vissuto il giorno prima. O forse la mia mente non era così bastarda da farmi rimpiangere di essere nata anche durante un sogno!


Salve a tutti :)
Oggi ero in vena di iniziare una nuova storia, così eccomi qua :3
Spero vi piaccia!
Vi sarei grata, immensamente grata, se mi deste la vostra opinione :) 
Ah, vi inizio a dire che, purtroppo, non riuscirò ad aggiornare ogni giorno perché sto scrivendo anche ua Synacky :) 
Beh, ripeto, spero vi piaccia <3
Baci
MIC

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Capitolo 2
*** Capitolo 01 ***


 
02. Capitolo 1: UNA NUOVA VITA
 
Aprii gli occhi lentamente. Il suono della pioggia che sbatteva contro il vetro della mia finestra non mi faceva dormire.
Quel rumore continuo, mi rilassava molto anche se mi costringeva a rimanere sveglia.
Portai le mani davanti al viso e mi strofinai gli occhi. Mi girai verso la sveglia. Erano le quattro e mezzo del mattino.. troppo presto per alzarmi, troppo tardi per dormire ancora. Alle sei la sveglia sarebbe suonata, quindi era inutile cercare di riaddormentarmi.
Mi girai di lato e presi a pensare. Il tormento continuo di quel pensiero mi stava facendo innervosire. Quel che era successo non si poteva cambiare.
Sospirai e iniziai ad ascoltare musica. Le note di 'I won't see you tonight' risuonarono nelle mie orecchie. Perché ascoltavo quella canzone? Perché ascoltare una canzone che ti fa venire in mente una persona a cui non vorresti mai pensare? La musica rimbombava nelle orecchie ma non arrivava nella mia mente dove le voci si facevano sempre più forti, così misi 'Strength of the world' e alzai il volume al massimo. Sentivo la musica risuonarmi nei timpani cosa che riuscì a placare i pensieri.
Tutto, intorno a me, veniva illuminato per un istante e tornava l'oscurità con la stessa velocità in cui era arrivato.
Sospirai, e guardai il soffitto. Pensai a quella città, così grande, così chiassosa.. così perfetta..
Se fosse per me sarai rimasta. Andarmene da questo schifo di vita.. chi non l'avrebbe fatto? Volevo evadere, sentirmi libera, viva veramente. Ma poi pensai a mio padre, alla tristezza nei suoi occhi, alla malattia che lo stava allontanando sempre più da me.
Lanciai l'mp3 in qualche posto ignoto nel letto, senza nemmeno cercare di spegnerlo. Mi alzai, mi ravvivai i capelli e andai in cucina a bere un bicchier d'acqua.
Percorsi i corridoi al buio e, come facevo da bambina, mi immaginai di essere in un'altra casa, in un altro mondo.
Mi immaginai che ad attendermi, alla fine, ci sarebbe stata una nuova vita.
Sino a quando stavo in quel corridoio, al buio, potevo immaginare di essere un'altra. Un'altra persona, un'altra vita.. un altro tutto.
Ma arrivai in cucina e rimase tutto uguale. Il piccolo fornello a gas nella parete sinistra affiancato ad un lavabo e a un frigorifero, al centro un piccolo tavolo su cui era disposto un vaso con delle margherite bianche. Davanti a me, la finestra che mostrava un paesino ancora addormentato e alla mia destra una piccola credenza in cui erano disposti piatti e bicchieri.
Tutto era uguale e io mi sentii una stupida per aver creduto che potessi cambiare vita. RINASCERE.
Mi avvicinai al lavandino, presi un bicchiere e lo riempii di acqua fresca e cristallina che scese giù per la mia gola disdettandomi all'istante.
Sciacquai il bicchiere e lo riposi insieme agli altri.
Posai entrambe le mani sul lavabo e sospirai pesantemente.
<< Che ci fai in piedi a quest'ora? >> chiese mio padre alle spalle.
Sobbalzai dallo spavento e mi girai verso di lui che accese la luce.
<< Avevo sete.. non riesco a dormire >> risposi sinceramente.
<< Anch'io non riesco a dormire >> rispose.
<< Sai, anch'io alla tua età mollai tutto e scappai per andare a vedere un concerto >> disse sorridendo mentre si sedette sulla sedia.
<< Davvero? >> chiesi sorpresa. Mi poggiai al lavandino e guardai mio padre che sorrideva.
<< Oh si. Era la band più famosa e folle del momento. Le donne si ammazzavano per riuscire semplicemente a toccare il petto del cantante e gli uomini provavano tanta invidia che desideravano essere come loro >> disse guardando il vuoto come immerso nei ricordi.
<< E chi era questa band? >> chiesi curiosa.
<< I Doors. Erano grandissimi, folli, psicopatici, drogati e incredibilmente formidabili. Non avevi bisogno di farti di nessuna sostanza per sentirti fuori di testa. Bastavano loro. La loro musica >> disse per poi guardarmi sorridendo << Ti capisco. So come ci si sente nel desiderare perdutamente di vedere la tua band preferita >> concluse alzandosi e raggiungendo il rigo.
<< Quindi non sei arrabbiato con me? >> chiesi.
<< No, sono solo deluso. Non c'era bisogno di scappare così. Mi hai fatto preoccupare >> rispose togliendo dal freezer una confezione di gelato.
<< Sarò pure vecchio, all'antica. E sì, sicuramente ti avrei detto di no.. però.. potevi dirmelo >> rispose prendendo due cucchiai dal cassetto.
<< Lo so.. scusa.. >> risposi abbassando lo sguardo.
<< Lascia stare >> disse mettendo in bocca la prima cucchiaiata di gelato << Infondo non hai fatto nulla di male.. sei giovane ma sei matura. Sei una ragazza con la testa sulle spalle e ero sicuro che te la saresti cavata alla grande >> ammise affondando il cucchiaio nel gelato, << E almeno.. sei tornata >> concluse abbassando lo sguardo.
Alzai lo sguardo a quelle parole smettendo di giocherellare col gelato << Che significa? >> chiesi.
<< Non sono sicuro di volertelo dire >> disse mostrando un enorme sorriso.
<< Dai papà! >> risi.
<< Beh, quando io scappai per andare a vedere i Doors non tornai a casa per più di due mesi. Ero stanco di questo posto. Stanco di dover lavorare nella piccola bottega di mio padre. Avevo vent'anni e volevo esplorare il mondo. Quando arrivai in quella città mi ritrovai in un mondo completamente nuovo e capii che non sarei mai più tornato in questo stupido paesello circondato dalle montagne >> affermò.
Mi sentii andare di traverso il gelato e per poco non mi affogai. Mio padre è stato un ribelle! Ma la cosa che mi stupì di più e che mi ha letto nel pensiero. Tutto quello che ha detto, l'ho pensato quindi ore prima. Anch'io vorrei andarmene da qui, anch'io quando vidi Los Angeles mi dissi che non sarei più tornata qui..
<< .. e so che l'hai pensato pure tu >> aggiunse guardandomi dritto negli occhi.
<< Sai qual è stato il mio errore? >> chiese mangiando un'altra cucchiaiata di gelato.
<< No, cosa? >> chiesi.
<< Essere tornato.. Essermi arreso ed essere tornato. Tornai perché mio padre stava male, tornai perché non avevo più soldi con me.. >> ammise incrociando le braccia sul tavolo, << E non voglio che tu faccia il mio stesso errore.. >> concluse guardandomi così intensamente che per poco non mi sentii soffocare.
<< C-che dici papà.. io non voglio abbandonarti.. >> ammisi abbassando lo sguardo. Sentivo gli occhi pungermi, le lacrime insistevano per uscire.
<< Hai vent'anni.. è giusto che vivi la tua vita. Questo paese è solo un modo per limitare la tua creatività. Sei una ragazza intelligente e matura.. è giusto così >> ammise annuendo. Vedevo gli occhi diventargli lucidi.
Erano discorsi troppo seri, troppo importanti per essere detti a quell'ora. Mi pentii. Mi pentii di essere andata a quel concerto. Mi pentii dei miei stupidi sogni.
<< papà.. >> la voce mi uscì in un sussurro. Avevo un nodo alla gola che non mi faceva parlare.
Mio padre si alzò e mi raggiunse. Mi avvolse tra le sue braccia e mi accarezzò i capelli.
<< è giusto così.. >> ripeté continuando ad accarezzarmi i capelli.
E io piansi. Piansi di cuore. Piansi per ringraziarlo, piansi perché non volevo abbandonarlo.. piansi perché ero felice.
Tirai su col naso e guardai mio padre che mi asciugò le lacrime mostrandomi un sorriso triste.
<< Grazie.. >> riuscii semplicemente a dire.
 
Passò qualche giorno. Nel giro di due giorni avevo già trovato una sistemazione. Avrei dovuto dividere la casa con altri due ragazzi ma ero felice. In più trovai anche un lavoro in una gelateria. Inutile dire che ero al settimo cielo.
Finalmente, per quel poco che avevo, mi sentii realizzata.
La nuova sistemazione non era un granché uno dei miei coinquilini forse mi odiava, ma ero felice.
Feci subito amicizia con Annie, la mia coinquilina. Era una ragazza tutto pepe e allegria, il contrario di me, insomma. Aveva grandi occhi verdi e i capelli di un rosso fuoco.
Le lentiggini le erano un contorno perfetto in quel viso angelico e il sorriso le donava ancor di più l'aria da ragazza innocente.. cosa che in realtà non era per niente. Mio padre, a tal proposito, mi disse “stai attenta a quella ragazza”. In realtà, pur avendo un carattere così estroverso, era la ragazza infinitamente dolce e simpatica come dicevano i suoi occhi.
Di certo non si poteva dire lo stesso di Ivan. Ivan era il mio secondo coinquilino e, infondo, credo tuttora che mi odiasse.
Aveva capelli neri a spazzola, occhi azzurri e una carnagione molto chiara. Lavorava come barista in un locale la notte e come cameriere il giorno. Si dava molto da fare per potersi permettere quell'appartamento.
Entrambi studiavano ed entrambi erano più grandi di me. Mio padre era davvero preoccupato per questa sistemazione; non vedeva di buon occhio il carattere di Annie e non si fidava di Ivan.. la solita preoccupazione di un padre.
Mi trasferii di domenica e il giorno successivo iniziai a lavorare. Non era un lavoro strepitoso, ma soprattutto non era faticoso. Okay, la paga non era eccessivamente alta ma mi consentiva di avere l'autonomia di cui avevo bisogno. Potevo pagare la mia parte di affitto e contribuire alle spese.
Finalmente, avevo tutto di cui avevo bisogno.
 
Con Annie potevo parlare di tutto. Lei c'era sempre quando ne avevo bisogno. Parlavamo di musica, di tutto ciò che essa aveva fatto per me.. e quindi le parlai di Zacky, il mio amore segreto. Parlammo di cinema e della nostra vita prima di trasferirci in quell'appartamento. Le parlai di mia madre, del fatto che mi aveva cresciuto mio padre e che presto mio padre mi avrebbe lasciato.
Una sera, mentre ascoltavo un po' di musica, Annie entrò in camera mia scaraventando porta e tutto. Si buttò sul letto e mi guardò intensamente con un sorriso che andava da un orecchio all'altro.
La guardai stupita, quasi spaventata, mentre mi tolsi le cuffie, << Che succede? >> chiesi.
<< Indovina chi viene qua a New York la settimana prossima! >> disse con la sua solita voce squillante.
Feci largo nella mia mente cercando di capire chi poteva essere ma nulla, vuoto totale. << Chi? >> chiesi.
<< Come chi! Zacky! GUARDA! >> urlò appiccicandomi in faccia il suo cellulare.
Lo allontanai e lo presi tra le mani.
<< è un messaggio di Lucilla, una mia amica >> affermò << Una fonte certa le ha detto che verrà qui con la ragazza per non so cosa >> concluse.
<< Certo come no >> dissi restituendole il cellulare.
<< Beh, ma sei impazzita? Il tuo Zacky viene qui a New York e tu non farai nulla per incontrarlo? >> chiese sconcertata.
<< Primo: non è sicuro che sia una notizia vera. Secondo: cosa dovrei fare? Mica posso seguirlo! >> affermai quasi ridendo.
<< Tu sei tutta matta! >> disse alzandosi dal letto e raggiungendo la porta.
<< Non me ne frega se tu non ci credi o mi impedirai di attuare il mio piano. Tu la prossima settimana vedrai Zacky, costi quel che costi! >> disse chiudendo la porta.
<< Cosa?? Piano?? Quale piano?? >> urlai quasi spaventata, ma allo stesso tempo divertita,
Rimasi a fissare il vuoto, così nel nulla.
 
 
 
Come volevasi dimostrare Annie mantenne la sua promessa e ora, in quell'istante mi ritrovavo dietro ad un moro in attesa di scoprire se era vero o no che Zacky si sarebbe fatto vivo.
La cosa più assurda? Beh, la cosa più assurda era dover seguire alla lettera le idee di Annie, diciamocela tutta, non erano delle migliori. Come potevo andare lì e dire “Hey ciao, vi ricordate di me? Sono quella che ti ha detto di chiudere quella boccaccia perché volevo ascoltare il concerto” ..ok, non ha detto di dire proprio così ma le sue idee erano quelle!
Una macchina nera parcheggiò un pochino più distante da noi da cui uscì un signore. Aspettammo ore, forse secoli ma di lui nessuna traccia. Perché ci speravo? Era ovvio che non poteva essere vero!
Guardai Annie che abbassò lo sguardo << Mi dispiace.. >> disse dispiaciuta.
<< Non preoccuparti, lo sapevo già >> risposi alzando le spalle.
Guardai l'orologio, era tardi, dovevo andare a lavoro.
Salutai Annie abbracciandola e facendole capire che non ero arrabbiata. Come potevo esserlo? Infondo lei aveva solo sperato di potermi rendere felice per un'istante.
Raggiunsi la gelateria, salutai John, il ragazzo che lavorava con me, misi il grembiule e iniziai a servire i gelati ai clienti che arrivavano.
Quanto lavoravo in quella gelateria? Due settimane, un mese? Era sempre stato uguale. I clienti pagavano, ti dicevano che gusto volevano, li servivi e se ne andavano. Era sempre stato così.. sempre tranne quel giorno.
<< Salve >> dissi voltandomi verso il cliente. Rimasi basita, paralizzata. Non riuscivo più a pronunciare nulla, neanche una parola.
<< Due coni al.. >> non concluse la frase. Strabuzzò gli occhi e mi fissò con gli occhi spalancati, << Tu sei quella del concerto.. >> disse quasi sconcertato.
Io non riuscii a pronunciare alcun suono.
Non mi importava se i clienti dietro di lui si stavano lamentando. Non mi importava di sembrare una malata.
Lui era qua, ed era solo.

Ok, scusatemi tanto per il ritardo ma ecco a voi il capitolo :)
Spero non faccia così schifo come sembra a me! ahahah
Beh, se vi va, ditemi cosa ne pensate :3 
Baci
MIC

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Capitolo 3
*** Capitolo 02 ***


 
03. Capitolo 02: L'INCONTRO
 
<< Tu sei quella del concerto.. >> disse lui quasi sconcertato.
 
Improvvisamente mi sentii mancare. Mi tremavano le gambe e iniziai a sudare.
Zacky indossava un capellino con visiera e un paio di occhiali da sole.
Si tolse gli occhiali e mi guardò con gli occhi sbarrati, mai quanto me.
<< Non ci credo! >> affermò con sorriso che gli andava da un orecchio all'altro.
<< Hey, ma che fate! Vi muovete? >> urlò un signore dietro tre o quattro persone dopo Zacky. Fu in quell'istante che tornai alla realtà.
<< E stai zitto! >> urlò Zacky zittendo immediatamente quell'uomo che borbottò qualcosa abbassando lo sguardo. Lo guardai allibita. “wow che caratterino” pensai. In fondo avevamo fatto la stessa cosa, solo in circostanze diverse: io avevo zittito la sua ragazza, o chiunque fosse, e lui aveva zittito quel signore.
Cercai di deglutire ma la saliva si era totalmente prosciugata.
<< D-due coni al? >> chiesi sbattendo ripetutamente le palpebre.
<< Cioccolato >> disse mostrando un mezzo sorriso, inutile dire che mi stavo per sciogliere.
Preparai i gelati con le mani che mi tremavano. Mi sentivo svenire e, se solo il cuore non avrebbe smesso di battere a quel ritmo disumano, sarei svenuta di lì a poco.
<> dissi senza riuscire ad alzare lo sguardo.
<< Grazie >> rispose prendendo con entrambe le mani i gelati. Sorrise e uscì dal locale.
Non potevo crederci. Non solo Annie aveva ragione a dire che Zacky Vengeance sarebbe arrivato a New York quel giorno, ma anche per il fatto che è stata la seconda volta che l'ho visto e per due volte consecutive non gli avevo chiesto un autografo, una foto.. NIENTE!
Prima che riuscissi a collegare il cervello alla bocca dissi << John, sostituiscimi tre secondi >> e corsi, corsi fuori dalla porta della gelateria in cerca di Zacky.
Lo vidi che faceva entrare in macchina una ragazza bionda, sicuramente la stessa del concerto.
Presi coraggio e mi avvicinai a lui. << Hey >> dissi avvicinandomi. << Faresti una foto insieme a me? E un autografo? >> chiesi a occhi chiusi. Sì, lo chiesi a occhi chiusi perché avevo paura che mi avrebbe riso in faccia.
Aprii gli occhi lentamente e lui mi guardò da sotto gli occhiali da sole con un sopracciglio alzato.
<< Certo >> rispose come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
Le gambe tornarono ad avere la stessa consistenza della gelatina e per poco non mi cadde il cellulare dalle mani talmente queste ultime mi stavano tremando.
Zacky si avvicinò a me e mi abbracciò avvolgendo un braccio intorno alle mie spalle. Ero a pochissimi millimetri da lui.. potevo sentire il suo profumo. Un misto di profumo da uomo e nicotina mi arrivò alle narici. In quel momento speravo che non si sarebbe più mosso di lì. Speravo che il calore che sentivo in quell'istante e l'elettricità prodotta col solo contato del suo braccio sulle mie spalle, non finisse mai.
Prese il cellulare dalle mie mani, sfiorandomi le dita, e scattò la foto. Era perfetta.
Poi prese lo scontrino che gli avevo fatto poco prima e lesse sotto “Serviti da Stephanie”. Mi guardò sorridendo. << Ti chiami Stephanie? >> chiese. I grandi occhi di un verde misto all'azzurro più intenso che si possa mai vedere, si posarono su di me. Mi sentivo prendere fuoco, la faccia era oramai diventata di un rosso fuoco, diciamo che ormai aveva assunto la stessa tonalità dei pomodori maturi.
Continuava a guardarmi sperando in una risposta ma io proprio non riuscivo ad articolare una frase di senso compiuto.
<< S-sì, ma tutti mi chiamano Steph >> risposi abbassando lo sguardo.
Dov'era andata a finire tutta quella grinta, tutta quella forza di volontà?
<< Okay.. Steph >> disse sorridendo e scrivendo qualcosa sul retro dello scontrino.
Come finì di scrivere lo ripiegò e me lo porse. Con mani tremanti lo presi e lo strinsi forte tra le dita. Non avevo il coraggio di aprirlo. O meglio, non riuscivo a muovermi, mi sentivo completamente paralizzata.
<< Grazie.. >> riuscii semplicemente a dire quando tornai alla realtà.
Poco prima di salire in macchina si girò verso di me e mi sorrise. Un sorriso sincero. << Di niente >> disse per poi scomparire dentro la macchina nera.
Solo quando dal sedile del passeggero si abbassò il finestrino vidi quella stessa ragazza del concerto. Mi guardò e sorrise. Ma non era un sorriso di simpatia.. no, era più un ghigno.
La macchina partì e mi ritrovai sola in pochi secondi.
Mi ricordai che tra le mani avevo il foglietto con l'autografo quindi lo aprii e lo lessi.
 
A Steph, una ragazza che sono fiero di aver incontrato
e che continuo ad incontrare in circostanze abbastanza strane.
Per caso mi stai seguendo?
Con affetto,
Zacky Vengeance
 
P.S. Hai un bel caratterino!”

Rimasi stupita da quel biglietto. Ed estremamente contenta, direi.
Ripiegai il biglietto e lo misi nella tasca dei jeans e notai solo in quel momento che indossavo ancora il grembiule per di più.. sporco di cioccolato. Bella figura! mi incamminai verso la gelateria, non potevo lasciare troppo solo quel povero ragazzo, non quando è così strapieno.
Entrai in gelateria e iniziai a servire i clienti. Le mani mi tremavano.
<< Tutto apposto? >> chiese John appena mi vide entrare. Tutto apposto? Che domande, come poteva essere tutto apposto? Ho incontrato uno delle cinque persone più importanti della mia vita -una delle quattro, meglio precisare-, come poteva essere tutto apposto?
<< Sì >> risposi forzandomi di rimanere calma.
 
Detta così sembra la solita storiella. Una ragazza di un paesino ha la sua grande occasione di conoscere il mondo. Si trasferisce in una grande città e lì la fortuna vuole che incontri uno dei suoi artisti preferiti.
Lo so lo so, sembra assurdo e anche io cerco tuttora di crederci ma ero io.. solo io a tenere stretto tra le mani lo scontrino con la firma di Zacky, ero io ad avere sul cellulare una foto che ritraeva me e Zacky insieme.. ero io che sentivo sulla pelle ancora quel profumo di colonia misto al tabacco.. ero io e nessun altro.
 
 
Rientrai a casa stremata. Aprii la porta e trovai Ivan che giocava con la play.
Mi buttai sul divano, ero davvero stanca. Ivan mi guardò per un secondo poi tornò ad uccidere zombie, o quel che erano.
<< Non dovresti essere a lavoro? >> chiesi notando che a quest'ora Ivan sarebbe dovuto essere al bar a servire alcol a uomini di mezza età.
<< No, mi sono preso due giorni di malattia >> rispose continuando a fissare lo schermo piatto della tv.
<< Ma non sei malato >> affermai vedendo che stava bene.
<< Sì, ma non sono affari tuoi! >> concluse guardandomi male.
Sbuffai. << Io vado a farmi una doccia, tanto è inutile cercare di avere una conversazione civile con te >> affermai alzandomi e iniziando a camminare verso il bagno. Per tutta risposta ricevetti un grugnito. Era assurdo quell'uomo.
Aprii il getto d'acqua e, nel frattempo che l'acqua diventasse calda, mi tolsi i vestiti.
Il getto di acqua calda mi rilassò immediatamente. Sentivo la forza dei getti sciogliermi i nervi tesi della sera appena trascorsa.
Mi sentivo come se fossi la ragazza più fortunata del mondo e al tempo stesso mi sentivo una stupida ragazzetta che pensava solo all'aspetto fisico di un musicista.
.. com'è che si dice? Ah, sì, una bimbaminchia. E solo ora, ripensandoci, sono arrivata alla conclusione che non ero una bimbaminchia, non ero una 'fan'; ero semplicemente me stessa. Io che avevo sempre in mente la musica; io che appena potevo mi chiudevo in camera sfogavo la mia rabbia, frustrazione, allegria col canto; io che sognavo il fatidico incontro con i miei 'idoli'.
Ma sapete una cosa? Io andavo oltre all'aspetto fisico del cantante, o del chitarrista; andavo oltre al testo di una canzone, al suo sound; io arrivavo “all'essenza” della musica in sé, all'origine di tale parola.
Ma se solo sognare di incontrare per caso uno dei pilastri di quell'essenza significa diventare una fan qualunque allora beh, io a vent'anni ne ero orgogliosa.
Uscii dalla doccia avvolgendo il mio corpo nel piccolo accappatoio che ormai è parte integrante di me, e lasciai che le piccole gocce ormai fredde scendessero giù per le spalle, e poi giù per le braccia lasciando che formassero piccole chiazze trasparenti sul pavimento.
Mi ritrovai a fissarmi nello specchio a guardare quella piccola punta rialzata a lato delle labbra. Era un sorriso.
Distolsi lo sguardo e iniziai a frizionarmi i capelli per asciugarli un pochino. Non avevo voglia di asciugarmeli con il phon.
Sentii un busso leggero alla porta e alzai lo sguardo.
<< Steph, ehm, hai fame? Se vuoi ordino una pizza >> disse Ivan con voce calda e bassa. Possibile che si stesse scusando?
Aprii la porta e gli sorrisi << No, grazie non ho fame >> risposi aspettando che si spostasse per farmi passare.
Era fermo immobile, rigido come una statua e col pugno stretto sullo stipite della porta.
<< Qualche problema? >> chiesi notando il suo sguardo fisso su di me. “che gli prende?” pensai tra me e me.
<< No, nulla >> rispose deglutendo e lasciandomi passare.
Gli lanciai un'occhiata e mi fiondai in camera buttandomi sul letto.
Annie non era ancora rientrata, non vedevo l'ora che arrivasse l'indomani per poterle raccontare tutto.
Presi il cellulare tra le mani e guardai la foto di me e Vee, Guardai ogni minimo particolare: i miei capelli neri lunghi talmente lunghi che dalla prospettiva non si vedeva dove finivano,i grandi occhi azzurri misti al verde di Zacky che catturavano tutta la luce presente. Chi poteva mai immaginarlo?
Mi addormentai così, con lo schermo del cellulare stretto in una mano e il biglietto con la dedica stretto nell'altra.
Da quel che ricordo sognai la stessa scena che avevo vissuto, sentivo addirittura l'odore pungente della colonia e il rumore del traffico. Poteva sembrare un sogno fantastico ma quel ghigno sulle labbra della bionda mi fece risvegliare con i brividi.
Possibile che mi avesse traumatizzato tanto? Ma, soprattutto, perché quel sorriso tanto amaro?
Rimasi sveglia a pensare a quelle domande, a cosa potesse significare quel 'sorriso'.
Per prima cosa dovevo parlarne con Annie, e anche velocemente..

Salve a tutti! 
Wow sono davvero felice che questa storia vi piaccia!
Ringrazio vivamente tutti coloro che l'hanno messa tra i preferiti, o le seguite.
E ringrazio soprattutto chi ha recensito <3
Beh, spero di aggiornare presto e di vedre qualche vostro commentuccio :)
Baci,
MIC

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Capitolo 4
*** Capitolo 03 ***


CAPITOLO 03: BURIED ALIVE
 
Il sole brillante e caldo riscaldava la superficie asfaltata del parco. Sentivo i suoi raggi penetrarmi nella pelle rendendomi nervosa per il troppo caldo. Odiavo il sole, odiavo il caldo.. perché se vivevo a New York dovevo soffrire tutto questo caldo?
Guardai i miei piedi e spostai un po' di terra. Mi stavo annoiando e il fatto di dover aspettare Annie in quel parco mi innervosiva ancora di più. Perché non potevamo prenderci un appuntamento in bar? O comunque un posto fresco!
E invece no. La stavo aspettando in quel stupido parco con il sole tremendamente pungente e il vociare dei bambini sulla sabbia.
Mi guardai attorno, quando sarebbe arrivata?
Aspettavo da più o meno un quarto d'ora ma mi sembravano secoli. Avrei preferito di gran lunga aspettarla a casa ma, visto che lei lavorava a pochi metri da questo parco, dovetti aspettarla qui per la pausa pranzo, e, ora che ci pensavo, avevo sul serio un certo languorino.
Misi le cuffie e iniziai ad ascoltare un po' di musica cercando di non pensare al caldo e allo stomaco che brontolava incensante.
Misi i Guns 'N Roses e mi abbandonai alla voce di Axl. Chiusi gli occhi e poggiai la testa sullo schienale della panchina per qualche secondo; il problema era che, così, il sole mi arrivava dritto sugli occhi, cosa decisamente fastidiosa, quindi dovetti tornare nella posizione originaria.
Come aprii gli occhi sorrisi nel vedere i piccoli bimbi giocare sullo scivolo. Ma non sorrisi per i bambini in sé, dato che nemmeno mi piacciono i bambini, sorrisi per il semplice fatto che da bambina io odiavo lo scivolo. Ogni volta che scendevo non riuscivo a fermarmi e finivo sempre col sedere per terra.. -sicuramente anche ora finirei così- quindi evitavo di salirci.
Spostai lo sguardo oltre il grande cerchio di sabbia, popolato dai “piccoli uomini del futuro”, per vedere se nel viale intravedevo Annie -non sapevo da che parte sarebbe arrivata-. Misi una mano sulla fronte, facendo ombra sugli occhi, e misi a fuoco lo sguardo.
Di Annie nessuna traccia, c'erano solo un ragazzo con una camicia a quadri rossa e bianca -che si muoveva nella mia direzione- e una donna decisamente anziana che andava nella direzione opposta al ragazzo.
Cercai di concentrarmi per vedere meglio in lontananza ma il mio sguardo andava al ragazzo che aveva un'aria tremendamente famigliare: capelli neri tirati all'indietro col gel, grandi occhiali da sole e camicia troppo stretta per contenere i suoi muscoli. Risi. Conoscevo poche persone che usavano questo tipo di abbigliamento: Ivan e.. Zacky. Risi di me stessa dopo che per un'istante mi balenò nella mente che forse era proprio Zacky. Impossibile, sono stata fortunata ieri ad averlo incontrato in gelateria ed era decisamente impossibile che potessi incontrarlo nuovamente in circostanze così strane. Non ero così fortunata, eh!
Forse era Ivan, o forse era semplicemente un estraneo che assomigliava tremendamente a Zacky.
Ora che ci pensavo.. Ivan assomigliava davvero tanto a Zacky! Stessa corporatura, stesso taglio di capelli e stessa fissazione per le camicie. L'unica differenza era che Ivan aveva gli occhi nocciola tendenti al nero mentre Zacky aveva quei straordinari occhi verde-azzurro. E poi anche i lineamenti del viso erano molto diversi e anche l'altezza. Però, da lontano, si potevano confondere benissimo.
Il ragazzo era arrivato al grande spiazzo di sabbia e si era seduto in una panchina poco distante da me. Non era Ivan, di questo ne ero sicura.
Il ragazzo si girò nella mia direzione e mi sorprese che lo guardavo. Okay, come poteva dire che stavo guardando proprio lui? Semplice, avevo ancora quella stupida mano sulla fronte per farmi ombra.. potevo essere più stupida?
Il ragazzo mi sorrise e fece il segno di saluto dei militari. Mi stava prendendo in giro? Stronzo!
Abbassai subito la mano e guardai nella direzione opposta diventando subito rossa.
Non volevo guardare di nuovo nella sua direzione ma la curiosità era troppa così spostai lo sguardo e notai che mi guardava. Anzi mi fissava. “cazzo” pensai girandomi di nuovo.
Guardai nelle stradine ma di Annie nessuna traccia. Non era passato molto tempo ma mi sembrava un'eternità. Le mandai un messaggio per sapere se stava arrivando e la sua risposta arrivò istantanea facendomi crollare il mondo addosso “sei leggermente in anticipo, tonta! Ti ho detto all'una e mezza non all'una!” diceva il messaggio.
Pregai fosse uno scherzo ma sapevo che era la verità. Ero concentrata a mandare un messaggio di risposta a Annie quando mi accorsi di un'ombra accanto a me.
Alzai lo sguardo e mi ritrovai il ragazzo accanto con un sorriso beffardo sul volto.
Ne sono sicura, in quell'istante il mio cuore perse un battito.
<< Ti ho notata da lontano ma non riuscivo a credere che fossi tu >> disse Zacky togliendosi gli occhiali.
Mi guardò aspettandosi che dicessi qualcosa ma la mia mente era completamente annebbiata. Aprivo e chiudevo la bocca come un pesce cercando di trovare le parole giuste ma non riuscivo nemmeno a ricordare come si parlava.
<< Posso sedermi? >> chiese lui. E, senza aspettare una mia risposta si accomodò accanto a me.
Io non riuscivo ad alzare lo sguardo dal pavimento in cemento sotto i miei piedi, la mia vista era catturata da una formica che passava proprio davanti a me.
Sentii il rumore dell'accendino e capii che si accese una sigaretta.
<< Tu fumi? >> chiese lui sicuramente porgendomi il pacchetto.
Risposi con un cenno di no continuando a guardare il pavimento.
Avevo accanto a me Zacky Vengeance e non riuscivo nemmeno a guardarlo in faccia.
<< Mamma mia che caldo.. odio il caldo.. >> disse lui. E lo sapevo bene, sapevo ogni minimo particolare di lui.
<< Sì.. c'è caldo >> dissi stupendomi di me stessa. Nemmeno mi ero resa conto di aver parlato!
Alzai lo sguardo notando che aveva un mezzo sorriso al lato della bocca.
Deglutii e mi pentii amaramente di aver alzato lo sguardo, ora sarei rimasta a fissarlo come una cogliona. Brava Steph, complimenti.
<< è assurdo come riusciamo ad incontrarci! >> affermò mostrando un sorriso.
Sorrisi anch'io e annuii col capo.
<< Mi stai pedinando? >> chiese lui tutto d'un tratto.
Lo guardai, era serio. “oh cavolo..”
<< Cosa? No! Perché lo pensi? >> chiesi nervosa. Non lo stavo pedinando, erano coincidenze.
<< No, te l'ho chiesto perché ho visto che ovunque vada ti incontro! >> rispose lui quasi ridendo. Non capivo, era serio o no?
<< Ti ricordo che io c'ero già quando ti ho visto arrivare. In realtà sto aspettando una mia amica per pranzo >> risposi acidamente. Okay, non volevo sembrare acida ma mi dava fastidio il fatto che pensasse che lo seguissi. Perché dovevo seguirlo?
<< La mia ragazza dice che mi segui >> disse guardando davanti a sé. Okay, questa se la poteva risparmiare.
Mi sentii decisamente nervosa e in preda ad attacchi isterici interni.
<< Chi, quell'oca del concerto? >> dissi senza rendermene conto. Stupida me e la mia boccaccia! << Oookay, forse è meglio se me ne vado >> dissi alzandomi di scatto. Non volevo passare per una stupida ragazzetta acida.
Lui mi guardò decisamente storto.
Poi però, mi ricordai che questa panchina era il punto di incontro con Annie quindi non potevo andarmene. Cazzo.
Mi risedetti e cercai di non guardare Zacky anche se sentivo il suo sguardo addosso.
Okay, mi ha sicuramente preso per una pazza..
<< Toglimi una curiosità >> disse lui interrompendo il silenzio più chiassoso e imbarazzante della mia vita.
Lo guardai con la coda dell'occhio aspettando che continuasse.
<< Ti ho fatto qualcosa di male? >> chiese lui perplesso.
<< No.. >> risposi guardandolo torvo.
<< Mah, mi sembrava >> rispose sorridendo << Quanti anni hai? >> aggiunse.
Rimasi restia a rispondere. Perché mi ha chiesto quanti anni avessi? Perché mi aveva preso per una stupida ragazzina con disturbo della doppia personalità o perché era interessato? Ero propensa per la prima.
<< Venti >> risposi secca. Okay, forse dovevo cercare di calmarmi.
<< capisco >> rispose sorridendo e gettando a terra il mozzicone della sigaretta ormai consumata che poi calpesto col piede per spegnerlo.
<< Steeeeph! Sono arrivata anche prima! >> disse Annie correndomi contro mentre sventolava il braccio in aria.
Sia io che Zacky ci girammo a guardarla. Mi aveva quasi raggiunta quando si bloccò all'improvviso notando chi avevo seduto al mio fianco. Si avvicinò con cautela quasi con timore di avere un'allucinazione. << Ciao Steph >> disse deglutendo e fissando prima me e poi Zacky in cerca di risposte.
<< Annie, ehm, ti presento Zacky. Zacky, ti presento la mia amica, nonché coinquilina, Annabell >> affermai cercando di farle capire con gli occhi di non mettermi nei casini.
<< Q-quel Zacky? >> chiese balbettando. Ecco, come non detto.
<< Sì, Annie >> risposi accentuando il peso sul suo nome per farle capire di starsi zitta.
<< Oh.. >> disse spalancando gli occhi << Quel Zacky.. >>.
<< Piacere >> disse lui porgendole la mano << Sono quel Zacky >> aggiunse sorridendo, o forse era un ghigno?
Annie sembrava che avesse paura a stringergli la mano, come se una volta che lui le avrebbe stretto la mano l'avrebbe inghiottita.
<< Tranquilla non ti mangio >> disse lui ridendo.
Annie si avvicinò timorosa a lui e gli strinse la mano. Sinceramente? Mi sentii un po' invidiosa. Lei aveva avuto la possibilità di avere un contato diretto con lui. Sono esagerata, lo so.
<< Bene, vi lascio sole. Non vorrei essere d'impiccio >> disse lui infilandosi le mani nei jeans. Impiccio? Cavolo poteva benissimo starmi attaccato come un polipo che a me andava bene comunque! Okay.. finisco di dire scemenze.
<< O-okay >> risposi guardandolo. Lui mi sorrise, dolcemente.
<< Senti facciamo una cosa. Invece di incontrarci in situazioni del genere, vieni domani in..- scrisse qualcosa su un foglietto- .. in questo posto alle sette. Ti aspetto >> Disse lui porgendomi un foglietto. << Ciao Steph, ciao Annie >> disse allontanandosi ma continuando a tenere un sorriso sul suo volto.
Alzai la mani timorosa in segno di saluto e lo guardai andare via. Questa non me l'aspettavo.
Io e Annie ci scambiamo uno sguardo e subito Annie iniziò a battere le mani e urlare come una pazza.
<< Smettila di urlare! >> affermai cercando di farla stare zitta.
<< Cos'ha scritto? >> chiese indicando il foglietto con una faccia ancora in estasi.
<< è il nome di un una via.. >> dissi leggendo il biglietto << Sai dove si trova? >> le chiesi porgendole il biglietto.
<< Sì, non è lontano da casa. Se non sbaglio lì vicino c'è un hotel, forse è dove alloggia lui! >> rispose mentre sui suoi occhi vidi spuntare dei luccichii. Era più emozionata lei di me!
 
 
La notte non riuscii a dormire serenamente. La mia mente era invasa da occhi indiscreti che mi fissavano, che mi giudicavano, nel buio. Sentivo le voci appartenenti a quei occhi. Bisbigliavano. Bisbigliavo qualcosa e sapevo che si riferivano a me. Chi erano? E cosa volevano da me?
Un paio di occhi verdi fecero luce nel buio e tutte le voci, tutti quei bisbigli che poco prima aumentavano di volume, cessarono all'istante. Chiunque fosse era il mio salvatore.
Ma quella luce improvvisa cessò, cessò velocemente come era arrivata e tutti quegli occhi rossi con i loro bisbigli tornarono. Tornarono a giudicarmi. Sentivo i loro sguardi su di me. Sentivo il mio nome nelle loro bocche invisibili.
Avrei voluto parlare, chiedere chi fossero, ma la mia voce era sparita. Non riuscivo a muovermi. Più cercavo di muovere le gambe più mi sentivo sprofondare.. e stavo sprofondando veramente! La terra mi stava risucchiando, ero su delle sabbie mobili e più cercavo di tenermi in superficie più queste mi inghiottivano. Milioni di braccia bianche e cadaveriche si tendevano su di me. Allungai le braccia per poterne afferrare una ma loro mi scansavano e premevano sulla mia testa per farmi sprofondare sempre più.
Non riuscivo a respirare, la terra mi opprimeva il petto. Solo la metà superiore era libera. Non avevo più scampo, sentivo la bocca piena di terra che mi impediva di respirare. Stavo soccombendo.
Buio.
Mi svegliai. Avevo gli occhi sbarrati che fissavano il buio attorno a me. Il petto saliva e scendeva velocissimo per permettermi di accumulare più ossigeno che potevo nei polmoni, il cuore mi batteva ad un ritmo disumano e sentivo la gola secca.
Cercai di muovermi ma mi sentivo ancora paralizzata dalla paura. Sentivo ancora nella bocca il sapore nauseante della terra bagnata.
Mi alzai piano appena sentii recuperare il possesso del mio corpo, di me stessa.
Barcollai leggermente e raggiunsi il bagno. Mi tenni salda al bordo in marmo del lavandino per evitare di cadere, e mi guardai allo specchio.
Avevo residui di mascara colato sulle guance -sicuramente avevo pianto durante il sonno-, la fronte era fradicia di sudore e la labbra screpolate. Aprii il rubinetto e mi bagnai il viso con acqua fredda. Mi sfregai le guance cercando di pulirmi dal mascara e mi bagnai i capelli tirandoli all'indietro.
Mi sciacquai varie volte la bocca per cercare di togliere il saporaccio della terra. Che strani scherzi fa la mente.
Sospirai e diedi un ultimo sguardo prima di tornare a letto. Non avrei più dormito quella notte, ne ero sicura,
Pure oggi, a distanza di qualche anno, mi ricordo alla perfezione quel sogno. Normale, dato che tornai a farlo ogni notte. Ogni notte sentivo il mio nome bisbigliato. Ogni notte la sensazione di venire inghiottita era la stessa... ogni notte sentivo di morire.
 
Passai la giornata con Annie a scegliere cosa indossare per l'incontro con Zacky. Annie era su si giri e, col suo buonumore, dimenticai il sogno.
Mancava meno di un'ora all'incontro così decisi di incamminarmi verso il luogo scritto nel foglietto.
Arrivai in neanche un quarto d'ora in taxi e, ora che ero lì, mi sentivo a disagio.. fuori posto.
Sinceramente? Mi aspettavo che non sarebbe arrivato e invece, pochi minuti dopo eccolo là scendere da un taxi. Mi sentivo il cuore in gola e le gambe sembravano essere fatte della stessa sostanza della gelatina.
Si guardò intorno e appena posò il suo sguardo su di me, sorrise.
Si avvicinò a me con le mani nelle tasche. Appena fu a pochi centimetri mi salutò e io, per poco non svenni.


E dopo tanto tempo, eccomi qua :3
Purtroppo non avevo internet a disposizioni quindi non potevo pubblicare il capitolo..
Beh, ora attendo solo il vostro parere. Tranquilli non mi offendo se i vostri pareri sono negativi!
Ricordate: le critiche possono solo aiutare a migliorare ;) 
Detto questo, Adios <3
Baci
MIC

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