Team Galassia

di DeathOver
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: The Scarlet Princess ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1: Illusioni nella casa abbandonata. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2: Incontri mattutini (Fine I Saga) ***
Capitolo 4: *** Prologo II saga: Violet Thunderbolt ***
Capitolo 5: *** Capitolo 2.1: Demodé ***
Capitolo 6: *** Cap. 2.2 (prima parte) Disastrose svolte di vita. ***



Capitolo 1
*** Prologo: The Scarlet Princess ***


Sinnoh, Duefoglie (quartiere ricco): 15 maggio.
(Terza persona)
Una bambina dai capelli scarlatti guardava un muro davanti a lei, con lo sguardo perso.
Nessuno sapeva della sua esistenza, tolti i suoi genitori e le cameriere a cui l’avevano affidata, e lei non sapeva dell’esistenza di qualcosa oltre quel muro. Quel muro altissimo e grigio che circondava tutta la villa, quel muro che fissava per almeno mezz’ora tutti i giorni.
-Signorina, dovete andare a studiare geografia!- una donna sulla ventina apparse di fronte a lei.
Aveva i capelli fucsia e una divisa nera con una grossa R rossa stampata sopra. Come tutte le altre ventisette cameriere in quella casa, tutte uguali.
La bambina rientrò in casa, lanciando un ultima occhiala al muro grigio: chissà se sarebbe riuscita, un giorno, a scavalcarlo, e a uscire da quella casa, fin troppo grande per lei.
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(Prima persona)
-Scarlet Rocket!-
Mi girai di scatto, mentre la Signora Maestra mi riprendeva per la terza volta in pochi minuti.
Miss Aria, la Signora Maestra, era sempre severa con me, e mi diceva spesso che se non studiavo, e quindi se non mi potenziavo non sarei mai tornata a casa mia.
Ero la primogenita di Giovanni Rocket, capo del Team Rocket, e come tale dovevo essere forte, furba e abbastanza arrogante, se volevo, un giorno, diventare degna del cognome dei Rocket.
Ma io ero tutto il contrario: ero di natura abbastanza codarda, ingenua e gentile, negata per le lotte Pokemon. Per questo mio padre mi mandò a Sinnoh, il luogo da cui ha avuto inizio la creazione del mondo.
Le mi giornate erano sempre piene di impegni, e il mio poco tempo libero lo passavo a fissare un muro: il muro che circondava la grande villa.
Ogni tanto mi sfiorava l’idea di uscire, ma ogni volta pensavo che non sarei riuscita a cavarmela, lì fuori.
Le mie giornate continuarono così per quattro, lunghissimi anni, finché un giorno…
-Signorina Scarlet!- una cameriera spalancò la porta di camera mia mentre leggevo un romanzo insieme al mio Glameow, da me abbreviato come Glam: aveva il fiato corto e sembrava molto agitata.
Mi disse che un ragazzino aveva sgamato i piani del Team Rocket, che Giovanni aveva perso il ruolo di capopalestra. Mio fratello era riuscito a scappare a Jotho, mia madre era andata a Mogania e di mio padre si erano perse le tracce.
Finale della favola? Semplice: la villa era stata confiscata, le seguaci che mi badavano arrestate e di me non si sapeva neanche l’esistenza.
La signorina che era venuta a farmi il resoconto sulla situazione mi aveva detto di stare tranquilla, che ci avrebbe pensato lei, ma non ne ero così convinta.
La notte stessa decisi di prendere Glam, prendere in prestito un Skitty e uscire: fu così che iniziò la mia storia, o meglio, quella del Team Galassia.


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Angolo dell'autrice

Buonasera a tutti!
Poco tempo fa ho ritrovato questa storia, scritta un bel po' di tempo fa, e mi sono detta "Perché non provare a pubblicarla?" ed eccoci qui!^^
La trama è stata rivista e migliorata, sono stati aggiunti personaggi e diminuiti i capitoli!^^
Kiss!<3
Giu-chan

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Capitolo 2
*** Capitolo 1: Illusioni nella casa abbandonata. ***


Quella notte camminai molto. Non so per quanto tempo, non ricordo esattamente, ma so solo che quando mi fermai mi trovavo in un bosco, un grande e fitto bosco, e davanti ad una villa, sicuramente abbandonata. Non sapevo neanche dove mi trovavo, ma avevo passato una bella città, prima di arrivare qui, una città piena di fiori e bacche, tutte colorate. Come in tutte le altre città, nessuno mi fermò: se avevo capito bene, gli allenatori iniziavano a girare già a dieci, undici anni, quindi più o meno alla mia età. Solo una signora anziana, in una grande città chiamata Giubilopoli, mi fermo e mi chiese se stessi girando la regione con i miei pokemon per potenziare le mie capacità da allenatrice e io le risposi di sì, perché non sapevo bene cosa rispondere.
Adesso però iniziavo a preoccuparmi: ero da sola, in un bosco deserto davanti ad una casa che sembrava abbandonata! E per di più il sole stava battendo forte. Da quando ero partita, il sole era tramontato quattro volte, perciò dovevano essere passati quattro giorni…
Mi accorsi di un cartello rovinato dall’erba e dagli anni, ricoperto di edera, ma con le scritte ancora leggibili. Spostai la rampicante per leggerne il contenuto, due parole: Antico Chateau.
Il nome non era così male, quindi decisi di dare una sbirciata dentro l’abitazione.
Aprii il grande portone e mi affacciai -C’è nessuno?- chiesi, titubante.
Nessuna risposta…
Attesi ancora qualche secondo ed entrai.
Visto da fuori metteva i brividi, da dentro faceva addirittura paura!
Entrai nel grande salone d’ingresso, e appena arrivai al centro il portone si chiuse di botto, facendomi prendere un colpo.
Era una casa vuota, spoglia: nel salone in cui mi trovavo c’era solo una statua brillante di un pokemon, e due maestose rampe di scale circondavano l’entrata di un altra sala.
Decisi di esplorare il primo piano e di lasciare il pianterreno per ultimo.
Salì le scale alla sinistra della sala da pranzo ed entrai dentro la prima stanza.
Dall’aspetto doveva essere una biblioteca, con libri ancora integri, ma molto impolverati, come se non fossero stati sfiorati da nessuno per un lungo periodo.
Inizia a leggerne i titoli, e le date delle stampe, tutte date comprese tra il 1795 e il 2001.
Ad un certo punto notai un libro sotto la libreria: sembrava un diario.
Aprii una pagina a caso e inizia a leggere…
24 Ottobre 18xx
Elena, come stai? Io non molto bene: da quando ti hanno licenziata le mie condizioni di salute sono peggiorate. Mi manchi molto, e nessuna cameriera sarà mai come te, la mia cameriera!
Il dottore ha detto che rischio di peggiorare ancora…
Non riesco più a sognare, almeno prima a volte non sognavo, ora tutto ciò che si trova di notte nella mia testa sono incubi, orribili e freddi incubi. La signora Ofelia ha detto che c’è un rimedio, così hanno mandato Leon ha cercarlo, tuttavia non ha ancora fatto ritorno. È ormai un mese, che si è inoltrato dentro la radura.
Non leggerai mai questa lettera, Elena, perché nessuno vuole che io abbia più contatti con te. Ho deciso che non scriverò più a nessuno: conserverò le lettere che scrivo qui con me, in questo diario.
Ho saputo che ti trovi nella regione di Kanto, spero che tu stia bene, e che in un modo o nell’altro, tu possa capire il contenuto di questa lettera.
Tua, Emily.
 
Tutte le pagine erano scritte così, e alla fine la firma riportava sempre il nome di Emily, ma del cognome nessuna traccia.
Decisi di prendere questo libro con me, insieme ad altri due libri: Miti e Leggende del mondo e Fiabe e Favole di Sinnoh.
Continuai a leggere il “diario”, e scoprii che Kanto veniva citata molte volte nelle lettere. Fui presa dalla nostalgia di casa, e della mia regione natia, in cui volevo ritornare ad ogni costo.
Ritirai il diario e mi spostai in un’ altro corridoi della casa, che portava ad altre stanze. Le esplorai quasi tutte senza intoppi, ma arrivata alla penultima mi accorsi subito che qualcosa non andava: mi sentivo osservata…
Mentre cercavo il motivo di tanta angoscia, i miei occhi scarlatti ricaddero su un quadro appeso aduna parete. Riproduceva una bambina dagli occhi rossi e con i capelli marroni. Mi avvicinai al quadro per leggere la targhetta, e mi parve che gli occhi si fossero spostati dalla loro posizione originale, ma feci comunque finta di nulla.
Lessi il titolo ad alta voce. –Dedicato a Elena Granlotto.-  “Ecco qual’ era il suo cognome, Granlotto! Dove l’avrò già sentito…?”
Ci pensai su per qualche secondo, poi decisi di andarmene. Mi voltai e feci per uscire, fu allora che vidi una bambina attraversare il corridoio. Si fermò davanti alla stanza in cui mi trovavo, sulla soglia della porta.
Aveva un fiocco rosso e il vestitino giallo, pure le scarpe erano rosse. Si girò verso di me e mi sorrise raggiante. Aprì gli occhi scarlatti, e solo allora mi accorsi della sua somiglianza con il dipinto che stavo guardando poco prima.
-Ciao! Vuoi giocare con me?- mi chiese, ancora con il sorriso stampato in volto. Mi si avvicinò ad una velocità immonda, e si fermò a pochi centimetri da me, fluttuando per aria.
Stavo per urlare, ma mi tappò la bocca con una mano…
-Non farlo: sveglierai la mamma!- mi disse, spostandomi la mano dalle labbra.- Vieni, ti faccio vedere la sala da pranzo!-
Io non mi mossi, ma tutto il resto cambiò: mi ritrovai con la bambina in una sala  da pranzo, dove vi era anche un maggiordomo.
-Buongiorno, signorina Elena. Posso aiutarvi?-
Come avvenuto prima con Elena, anche lui si “teletrasportò” da una parte all’altra della sala.
-No, niente! Vieni, ti faccio vedere il resto della casa, Scarlet.-
Rabbrividì: come poteva conoscere il mio nome?
La casa cambiò di nuovo: ora era bella, luminosa, e piena di persone. Non vi era ne polvere, ne ragnatele, ne silenzio.
-Benvenuta a casa mia, Scarlet! Questa è la mia vera casa, e stanno festeggiando la mia guarigione dalla malattia degli incubi.
Mi guardai intorno, finché non svanì tutto, pure la bambina.
Era tutto nero e buio, e sentivo solo il ticchettare di un orologio.
Della bambina era rimasta solo la voce, ma raramente parlava. Poi vidi qualcosa di raccapricciante, che mi restò impresso nella mente: c’era sangue, tanto sangue e tante persone stese a terra, tra cui anche la bambina che mi aveva guidata fin lì, e che mi era appena ricomparsa affianco.
-È stata lei, a fare tutto questo.- indicò una bambina bionda, con i capelli lunghissimi. A vederla doveva avere su i nove anni, non di più.
-Ora sono sola, per colpa sua, però se tu restassi con me, non sarei più sola!- tirò fuori da non so dove un coltello, e mi prese in piena schiena.

-Sei felice, Scarlet? Ora rimarremo insieme a giocare per sempre.- pronunciò queste parole, prima che tutto svanisse nel nulla, una volta per tutte.
 
Mi risveglia in un letto bianco, e mi sentivo ancora intontita. Alzai la testa e mi guardai intorno: le pareti erano blu con dei puntini bianchi; come per ricordare il cielo e sulla parete davanti a me regnava una grande “G” gialla, il pavimento in ferro e una piccola finestra dava sul cielo celeste con sfumature rosee, segno che era sorto da poco il sole. Alla mia sinistra vi erano delle scale che portavano verso il basso.
La testa mi girava e pulsava, faceva male e quindi mi riappoggiai sul cuscino.
-Ma dove diamine sono finita?!- mi chiesi, con un fil di voce.
-A Evopoli.- le rispose una voce ghiacciata, che la fece rabbrividire.
Apparteneva ad una ragazza con i capelli azzurri tagliati a caschetto, vestita con quella che sembrava una tuta da astronauta.
-E tu ti trovi nella nostra base. Ti ha trovata il comandante nella villa qui vicino: ringrazialo, quando lo vedi, per aver avuto pietà di una marmocchia svenuta. Mi ha anche chiesto di dirti di stare alla larga da quel luogo: non è maledetto, come tutti dicono, ma vi è una perdita di gas allucinogeno. Se fossi rimasta lì dentro anche solo un quarto d’ora in più non saresti qui con noi, adesso.- fece una piccola pausa, come per pensare a cosa dire…
–So già chi sei: tutti i telegiornali parlano della marmocchia svanita nel nulla qualche giorno fa, che saresti tu. Ma attualmente non importa. Il comandante vuole parlarti di persona, sveglia, possibilmente. Non appena ti sarai ripresa del tutto ti accompagnerò a parlargli, tanto il sole è sorto da poco: Sicuramente starà ancora dormendo.- mi toccò la fronte con una mano. –la febbre non c’è più, ma riposati comunque.-
Mi dava già sui nervi, quella lì! Chi l’avrebbe mai detto, che nel giro di un mese sarebbe diventata una mia fedele assistente.


________________________________ Angolino Angoletto della Lady scarlatta.

Buongirno a tutti, cari lettori! Innanzi tutto, grazie per aver letto fin qui, vuol dire che avete tempo e pazienza da dedicare ad una criminale a tempo perso come me! *^* (XD) Con l'inizio del prossimo capitolo, terminerò con la saga "The scarlet Princess", e Scarlet sarà, finalmente, riconosciuta come dev'essere. Già dal prossimo capitolo, ci saranno moooooolti accenni alla Mars/Saturn e alla Saturn per tutti! XD Cioè, ora qualcuno mi spieghi chi non stravede per il nostro Saturno! Altro che pianeta, nella lezione di Astronomia alla domanda "Cos'è Saturno?" ho isposto sul serio " Il comandante strafigo del team Galassia, quel bel ragazzUolo!" ( faccia della prof: O.o)
Tornando a noi...come promesso, appena finiti gli esami ho aggiornato! ^-^
Il capitolo è ancora un po' cortino, perché finito l'esame sono entrata in modalità "crisi dello scrittore", e non avevo ispirazione, quindi non sono riuscita a scrivere molto. Gomen Nasai! T^T
Ah, giusto! Ringrazio tutti coloro che hanno letto e Euphemia per aver recensito lo scorso capitolo! *Infinitamente grata*
Vado a letto (cavolo, è già  così tardi?!) Good night at Also
Kiss!<3
Giu-chan.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2: Incontri mattutini (Fine I Saga) ***


Riuscii a dormire per poco più di quaranta minuti, poi mi alzai dal letto e solo allora mi accorsi di avere addosso un completo uguale identico alla sbruffona che avevo incontrato quando mi ero svegliata e che era ancora lì, a leggere qualcosa sul suo tablet.
-Non potevi tenere i tuoi vecchi vestiti: erano contaminati, oltre ad essere inadeguati e di cattivo gusto. Te ne ho fatti avere altri normali: vestiti e scendi giù al secondo piano, sempre che tu riesca a reggerti in piedi.- mi indicò una sedia, probabilmente quella su cui era seduta prima, e se ne andò.
In effetti, non mi si addiceva molto il rosa pastello…
-Il resto te lo spiegherà il comandante. Tolgo il disturbo.- scese le scale e sparì, non prima di aver borbottato qualcosa tipo “Tsk, marmocchia! Solo fortuna.”
Mi misi i vestiti “normali” e di “buon gusto” che mi aveva procurato: un completo composto da un leggins grigio e una maglia bianca lunga. Mi rimisi i miei stivali, presi la mia roba e scesi le scale.
 
Ci misi un po’ a trovare la strada indicatomi, perdendomi anche varie volte, finché non riuscii a raggiungere una grande sala.
Entrai, insicura…
-È permesso?- chiesi, mettendo la testa dentro.
Mi guardai intorno: aveva l’aspetto di una grande sala riunioni, ma sia le pareti che il pavimento erano come quelle in tutto il resto dell’edificio. C’erano due tavolini, simili a delle scrivanie, delle sedie, una televisione e una finestra, coperta da spesse tende grigio chiaro.
I miei occhi si puntarono su un ragazzo dai capelli blu acconciati in modo strano e gli occhi del medesimo colore dei capelli, che doveva avere qualche anno in più di me. Dovevo ammettere, che era anche abbastanza carino: iniziavo a capire, perché la sbruffona era gelosa.
Non doveva essersi accorto della mia presenza, dato che continuava a trafficare con un computer.
-Scusi?- richiamai la sua attenzione, anche se avevo abbastanza paura di disturbarlo. Alzò gli occhi dal portatile, guardandomi.
-Ah, eccoti: ti stavo aspettando. Vieni avanti!- disse sorridendomi e facendomi cenno di sedermi di fronte a lui.
Mi andai a sedere sulla sedia davanti alla sua, senza staccargli gli occhi di dosso: me lo immaginavo più grande, avrà avuto sì e no quattordici, massimo quindici anni..
-Buongiorno,- salutai, educatamente. –Scusi il disagio provocatovi… io sono Scarlet, Scarlet Rocket.- chinai leggermente il capo, presentandomi.
-Non preoccuparti… E quindi tu sei la famosa figlia dei Rocket, che è scomparsa qualche giorno fa e che stanno cercando. Piacere, io sono Saturno.- si presentò, tendendomi una mano che strinsi. –Non c’è bisogno di darmi del voi, dammi pure del tu.- concluse, guardandomi.
-Sì, sono io. Immagino vogliate rispedirmi a casa…- dissi, sconsolata e abbassando lo sguardo.
Il comandante mi guardò un attimo spaesato. –No, perché, ci vuoi tornare?-
Lo guardai stupita e scossi il capo con forza. Ero sicura che avrebbe chiamato qualcuno per farmi tornare a casa!
Spostò il portatile di lato, riempiendosi una tazzina di caffè da una teiera.
-Posso chiederti come mai eri in una villa abbandonata, e cos’è successo?- mi chiese ad un tratto, bevendo un sorso di caffè.
Io lo imitai, prendendo un’altra teiera contenente del thè e tentando di versarlo in una tazzina, senza riuscirci a causa del peso di quest’ ultima.
Il ragazzo, di cui non ricordavo già più il nome continuava a guardarmi, questa volta con sguardo tra il divertito e l’intenerito.
-Aspetta, ti aiuto.- mise la mano sulla mia, facendomi diventare viola,  versò il liquido nella tazzina, per poi posare la teiera.
-Grazie!- dissi, prendendo la tazzina a due mani e bevendo un sorso di thè: era bollente!
Solo allora mi ricorda della sua domanda. Pensai un attimo a tutto ciò che era capitato, per poi riassumerlo..
-Ero entrata nella villa per pura curiosità, e avevo deciso di esplorarla, così avevo iniziato ad entrare nelle varie stanze. Non ricordo tutto molto bene, ma ad un tratto, mentre osservavo un quadro abbastanza inquietante, mi era apparsa una bambina venuta dal nulla davanti. Mi chiese di farle compagnia, e mi fece vedere una grande sala con al centro una tavolata e un maggiordomo, una festa, dove molte persone ballavano e infine una scena orribile: tutto ciò che vedevo era il rosso cremisi del sangue, alcuni corpi distesi a terra e una bambina dai capelli lunghissimi biondi e gli occhi verdi, con uno sguardo perso nel nulla…poi mi ha detto che saremmo rimaste insieme per sempre, ha tirato fuori un coltello e da lì in poi non ricordo più nulla. La bambina, si chiamava Elena, Elena Granlotto !- precisai poi.
Mi guardò di nuovo leggermente perplesso –Sei sicura si chiamasse Elena Granlotto?- mi chiese, puntando gli occhi sulla scrivania e appoggiando il viso sulle mani, sorreggendosi con i gomiti.
-Mi sembra di sì, ma poi sono svenuta. Non ricordo però il nome della bambina bionda…- risposi, finendo il thè e prendendo un biscotto.
-Ti racconto io cos’è successo: alcuni minuti dopo ti abbiamo trovata svenuta sul pavimento della camera con il quadro mentre cercavo un pokemon di nome Rotom che abita nella villa. Ti ho riconosciuta grazie al telegiornale che avevo visto poco prima, e dato che non eri messa nel migliore dei modi ti ho portata in braccio fino a Evopoli. Sei rimasta come minimo un’ora esposta ai gas nocivi che ci sono lì dentro: hai rischiato di lasciarci le penne. Quando ti ho riportata qui avevi la febbre alta e non davi segni di essere ancora viva. Per un attimo ho pensato che ormai fosse troppo tardi, ma fortunatamente ti sei ripresa!- mi spiegò poi, ogni tanto facendo delle piccole pause. Parlava in modo chiaro e fluido, senza andare ne troppo veloce ne troppo lento ed era facile seguirlo.
-Ho capito… Grazie, per avermi salvata! Volevo chiederti… quando mi sono svegliata una ragazza mi ha spiegato più o meno dove mi trovato, ma non ho capito molto…- dissi, leggermente imbarazzata.
-Attualmente ti trovi nella base del Team Galassia, a Evopoli. Io ne sono il capo in seconda e fino adesso l’unico comandate. Noi del Team Galassia, lavoriamo per un mondo pulito e giusto, al posto di questo, corrotto e infestato di errori. Noi creeremo un nuovo mondo, ma sicuramente non capirai,  come tutti gli altri..- mi disse, con una nota di orgoglio nelle sue parole: doveva essere fiero dei suoi ideali!
Avevo capito, ciò che intendeva con un mondo corrotto, e non potevo far altro che supportare le sue parole: d’altronde avevo una famiglia formata da ladri.
-Errori e corruzione.. come i miei genitori…- mormorai fra me e me.
-Ho sentito parlare del Team Rocket, gestito da un certo Giovanni..- rispose, rimettendo un po’ di caffè nella tazza.
-Giovanni Rocket, mio padre, e il capo del Team Rocket: un’organizzazione criminale che agisce nelle regioni di Jotho e Kanto in particolare e nel Settipelago. Mia madre si chiama Atena ed è un Generale del Team, l’unica femmina. Io sono la loro primogenita e sono stata mandata qui a Sinnoh perché di avere una figlia debole come me i miei non ne volevano sapere. Infine c’è il mio fratellino di due anni più piccolo di me: Silver. In realtà di lui non so nulla: era piccolo, quando mi hanno mandata a Duefoglie. Ho sentito dire però che mio padre ne aveva parlato bene e aveva detto che sarebbe stato un ottimo capo per i Rockets, un giorno.- conclusi, riprendendo fiato e bevendo un sorso d’acqua.
Il ragazzo davanti a me annuii, interessato.
-A dire il vero,- aggiunsi dopo –Ho sempre detestato il fatto che esista gente come i miei genitori: falsa e ingiusta. E penso che saremmo spacciato, se lasciassimo il mondo nelle loro mani. Non posso far altro che essere d’accordo con te, sul fatto che questo mondo faccia pena.- conclusi, finendo il mio bicchiere d’acqua.
-Hai detto che volete cancellare questo mondo, per sostituirlo con uno più giusto e sereno..- mi sarei sicuramente pentita in futuro di ciò che stavo per dire…forse. Ma gli dovevo la vita, e le loro idee non mi sembravano così cattive.
-Io vi voglio aiutare!- esclamai con sicurezza, facendo rimanere Saturno stupito con una faccia impagabile da pesce lesso in volto che mi fece quasi ridere: evidentemente, non erano molte le persone che si univano di loro spontanea volontà.
Il ragazzo di fronte a me si riprese poco dopo, guardandomi serio. –Non è che sei un po’ piccola?- mi chiese, riferendomi alla mia altezza.
-Non sottovaluterei una persona per l’aspetto o per l’età: sono nata in una famiglia di ladri, so i trucchi del mestiere. Inoltre, ho seguito molti corsi di autodifesa, e poi non sono ingenua come credi.- risposi, incrociando le braccia.
Il blu mi sorrise, scompigliandomi i capelli.
-Va bene, allora: visto che sei così decisa ne parlerò con Cyrus, il nostro capo e vedrò cosa mi dirà. Ora se hai finito puoi andare. Preferirei rimanessi qui per qualche ora: non sono sicuro che l’intossicazione sia scomparsa del tutto, e preferirei tener d’occhio gli effetti collaterali di quest’ultima.- concluse, tornando al suo pc.

Uscii saltellando, sorridente e dirigendomi di nuovo alla mia stanza.
 
 
Alcuni mesi dopo…
I miei passi delicati riecheggiavano all’interno della grande Sala riunioni, in Sede Centrale a Rupepoli. Mi misi dietro Cyrus, affianco a Saturno, salutandolo con un cenno della mano, sorridendogli: finalmente oggi, dopo sei mesi di servizio, sarei diventata anche io una comandante del Team Galassia!
Ascoltai con attenzione le parole del capo, Cyrus, che mi chiese di venire avanti e mi presentò alle poche reclute presenti, non più come nuova arrivata, ma come comandante: sì, “Scarlet”, la bambina debole e indifesa non esisteva più. Al suo posto, vi era una ragazzina sicura di sé e forte, rispettata, anche se ancora un po’ infantile e impacciata: Martes.
Alla fine del discorso, rimanemmo nella sala solo io e Saturno: tutti gli altr ierano tornati ai loro rispettivi compiti.
Il mio collega mi si avvicinò, e io lo abbracciai felice, senza rendermene conto, per poi lasciarlo alcuni secondi dopo.
-Ops…scusa!- dissi, sorridendo.
Per tutta risposta rispose all’abbraccio, sempre guardandosi intorno, lontano da occhi indiscreti.
-Le mie più sincere congratulazioni, Martes!- mi disse, sorridendomi.
Mentre parlavamo, una ragazza in viola ci fissava, nascosta in un angolo buio: la mia futura rivale.
Autrice: Eccomi qui!! Scusate il ritardo!^^ Ho aggiornato, e devo andare, quindi sarò un po' frettolosa!XD Aluuura: finalmente si scopre l'identità di Scarlet! E nel prossimo capitolo, inizierà la saga di Giovia: anch'essa durerà sui 2/3 capitoli!^^ Come al solito ringrazio tutti coloro che leggono, in particolar modo Euphemia che è santa e mi segue in quest'ardua impresa!*^* *abbraccia Euphemia* Un bacio!<3 Lady Kitsune.

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Capitolo 4
*** Prologo II saga: Violet Thunderbolt ***


Le mie lacrime si confondevano con la pioggia battente di quella fredda notte di marzo. Nella notte riecheggiò il forte rumore di uno sparo fin troppo vicino, seguito da i ringhi feroci dei cani e da delle urla straziate.
Per un attimo mi passò per la testa l’idea di fermarmi, lasciarmi cadere e farmi catturare, tanto ormai non avevo più nessuno da cui tornare, ne qualcosa per cui continuare a lottare. Scossi velocemente la testa: non potevo arrendermi, non ora!
Per alcuni secondi tutto si fermò, e l’unico suono udibile era quello delle mie converse che battevano sul lastricato bagnato. Ma poi tutto riprese forma. I rumori si fecero ancora più forti e vicini.
Per un attimo guardai indietro, verso la notte colorata dalle fiamme giallo rossastre della mia “peccaminosa” città in fiamme: così l’aveva definita quella gente, sporca e peccaminosa. Tutti coloro che si schieravano dalla parte della città non avevano il diritto di esistere.
Raggiunsi una grande chiesa fuori città, uno dei pochi edifici ancora in piedi, gli edifici che appartenevano a loro.
Bussai al grande portone in acciaio senza troppa sicurezza, aspettando che una di quelle…”suore” venisse ad aprirmi.
È così che si facevano chiamare, quelle luride cagne: suore. Le suore di Cleanliness. Sempre d’accordo con i Protettori.
In realtà, in loro di “puro” non c’era nulla, nemmeno la loro ombra.
Dopo alcuni minuti venne una donna ad aprirmi: aveva i capelli bianchi, come tutti lì dentro e vestiva una lunga tunica bianca. Sul suo viso regnava un sorriso palesemente falso.
-Benvenuta al Tempio della purezza!- disse con voce squillante, facendomi entrare.
Per tutta risposta la fulminai con lo sguardo, entrando. Ma non dissi nulla: non potevo, mi avrebbero sicuramente condannata sul momento. E il fatto che avessi meno di tredici anni non aiutava di certo, anzi, complicava ulteriormente le cose, perché non avevo l’età necessaria per essere considerata “pura”.
Scesi nei sotterranei insieme a chi aveva deciso di accettare l’apocalisse, o a chi cercava ancora un motivo di andare avanti in questa “peccaminosa” vita, come me. Mi rannicchiai nel solito angolino buio e appoggiai la testa al muro, chiudendo gli occhi per tentare di prendere sonno.
-Violet..- purtroppo per me, una voce piagnucolante mi costrinse ancora su questo schifoso mondo.
Mi voltai verso la vocina esile: apparteneva ad una piccola orfanella di nome Eve, dai capelli corti neri e gli occhi di un carminio acceso. Come al solito non era nelle migliori delle situazioni fisiche: il suo corpicino era pieno di lividi, ferite e cicatrici, gli occhi da cerbiatta cerchiati di nero.
La Cleanliness l’aveva presa di mira fin da subito, sia per il suo nome che per il suo aspetto, definendola un piccolo demone. Stava sempre male e ogni sera aveva dei nuovi lividi: sapevamo tutti che non sarebbe durata molto.
-Cosa c’è, Eve?- sbadigliai, accavallando le gambe con stile.
-Se non riuscissi ad uscire da qui…andrai tu ne futuro al posto mio, vero?-
Riecco la solita storia! Mi faceva questo discorso ogni sera…
-Nessuno di noi morirà, ok?-
-Ma..-
-Niente ma! Usciremo di qui tutti insieme, vivi!-
La vidi sorridere e annuire piano, facendo muovere lievemente i capelli color ebano.
Chiusi gli occhi di nuovo, senza far caso al dolore alle gambe e prima di accorgermene mi addormentai.
Riuscii a dormire per mezz’oretta, credo, quando venni svegliata da dei rumori molto forti.
Spalancai gli occhi e scattai in piedi. Mi guardai intorno: a quanto pare non ero stata l’unica a sentirli.
Tutti i presenti erano nella mia stessa situazione e si guardavano intorno spaesati.
Iniziai a camminare nel freddo corridoio dove eravamo tutti raggruppati verso la fonte dei rumori finché non arrivai alla porta che divideva i sotterranei al tempio: era da lì che provenivano!
Decisi di aprirla e iniziai a salire le scale. Man mano che salivo i suoni si facevano sempre più forti e prendevano forma.
Infine, arrivai all’altra porta e sbirciai ciò che stava succedendo… c’era una Suora stesa a terra sanguinante appena fuori dalla porta ed una costretta al muro da una creatura immonda: era una figura umana di ragazzo con la pelle squamosa completamente bianca, i suoi occhi erano dei buchi neri sanguinanti. Sembrava metà umano e metà serpente..
Mi voltai e mi accorsi che non era solo: circa una decina di quei mostri stavano facendo strage delle persone feci per richiudere la porta e tornare indietro ad avvisare gli altri, quando uno di loro spalancò la porta, ringhiandomi contro.
Piantai un urlo e scesi i primi scalini, ma mi fermai: ce n’era un altro che saliva le scale: da dove veniva fuori?!
Ero bloccata nei primi sei scalini da due mostri assetati di sangue e avevo solo due scelte: o andare a morire di sotto come un debole, o andare a morire di sopra tentando almeno di opporre resistenza.
Optai per la seconda scelta: salii di corsa i due scalini prima di me e mi gettai nella sala, iniziando a correre.
Notai con la coda nell’occhio un luccichio su una panca: una pistola.
La presi con due mani e mirai al mostro che aveva preso la suora, per poi premere in grilletto. Uno era fuori.
La stessa fine fecero altri tre. Mi girai per puntare agli altri, ma uno mi attaccò alla sprovvista.
Tutto scomparve e divenne rosso carminio.
GAME OVER.
Sbuffai, fissando lo schermo bianco del mio nintendo con la scritta rossa e le macchie di sangue: ero morta di nuovo!
Mi tirai a sedere sul letto su cui ero distesa poco prima, lanciando il nintendo con poca forza in modo da non farlo cadere dal giaciglio.
Strofinai gli occhi doloranti per le eccessive ore passate davanti al videogioco sbadigliando e mi ridistesi con l’intento di rilassarmi un attimo.
Chiusi gli occhi sul cuscino, accavallai le gambe, presi le cuffie in mano e.. SBAM!
-MA SEI SORDA?! MAMMA TI CHIAMA DA TRE ORE!-
Roteai gli occhi violacei, sbuffando. Rivolsi lo sguardo alla figura davanti alla porta spalancata: quella che era appena entrata in camera mia con la finezza e l’eleganza di un Rhyperior incacchiato nero era Ginevra, mia sorella maggiore.
Sembrava la mia fotocopia, solo leggermente più alta.
-Giuditta! Ci sei?!-
-Non rompere, Ginny, adesso vado!- risposi in malo modo, sbuffando.
-Vedi di darti una mossa, allora.- se ne andò sempre sbattendo la porta di camera mia.
Mi alzai pochi secondi dopo di malavoglia, stiracchiandomi ed uscii per andare in bagno.
Entrai chiudendo la porta dietro di me e prendendo in mano la spazzola.
Mi passai la spazzola tra i lunghi capelli viola, sistemandoli e mi diedi una ripassata al trucco, per poi uscire.
Presi la borsa e scesi le scale.
-Oh, guarda guarda chi ci degna della sua presenza! Cos’è, ti si è detonato il videogioco?- mi chiese mia madre con ironia, appena entrai in cucina.
Mia madre era totalmente diversa da me e mia sorella: aveva i capelli verdi, come gli occhi e riusciva sempre a tirar fuori una battuta su tutto.
-Ah, ah, ah. Molto divertente. Che devo fare?- chiesi, prendendo le chiavi di casa e la mia pokeball.
Sorrisi a quest’ultima, stringendo appena la presa.
-Vai a fare la spesa, per favore.-
“Oh, fantastico!” -Ma non ci può andare Ginevra?! Sta tutto il giorno attaccata al cellulare!-
-Tu sei sempre attaccata al videogioco e alle tue riviste di moda: non è molto diverso.-  mi lanciò il MIO, e sottolineo MIO portafogli con i suoi soldi dentro.
Lo presi al volo, mettendolo in borsa e facendo spallucce. –Ok, ma mi tengo il resto!-
Questa volta fu mia madre a sbuffare. –E tieniti il resto! Basta che vai!-
Uscii dalla porta e mi misi le cuffie dell’I-pod con la musica a massimo volume.
Andai fino alla stazione “Giubilopoli-Rupepoli”, non perché a Giubilopoli non esistessero supermercati o centri commerciali, ma perché a Rupepoli c’era un magnifico centro commerciale, e in primis nel gigantesco edificio c’era un Outlet che vendeva cose di marca scontate fino al 50% ed un negozio di videogiochi con dei buoni prezzi.
Feci il biglietto e scesi una rampa di scale di corsa, appoggiandomi con le spalle al uro e aspettando l’arrivo del treno.
Quel vecchio ammasso di ferraglia ci mise mezz’ora ad arrivare. E pensare che siamo nel cuore id Sinnoh…!
Salii sul treno e andai a sedermi nel primo vagone, quello con i sedili più comodi. Appoggiai la testa allo schienale e misi le gambe accavallate sul tavolo con eleganza.
Guardai verso il finestrino lurido le fabbriche e il fumo nero che usciva dagli edifici rendere l’aria irrespirabile.
“Tsk…che schifo di mondo.”
 
 ____________________________________________________________________________________________________  Il Vaso Di Violette

Eccomi qui!!*^*
Buonasera a tutti, Giu-chan è tornata!^.^
Allora, innanzi tutto mi scuso per il ritardo: la mia ispirazione sta tornando pian piano (molto pin piano, ma sta tornando!).
Come avevo già accennato nel capitolo precedente, la saga di "Scarlet Princess" è finita, e questo è il prologo della nuova saga: Violet Thurnderbolt! 
In questi giorni uscirà pokemon X/Y, quindi da due/tre mesi a questa parte mi sono fissata con i videogiochi!XD Tanto che oggi ho preso il Game Boy e Pokemon Blu e l'ho riniziato da capo!*^*
Cooomunque... 
Ringrazio di cuore Euphemia, che ringrazio anche per esser riuscita a trovare il nome Giuditta alla protagonista di questa saga e per riuscire a starmi dietro!X3 *fa diventare santa Senpai Saturnia* Ariguatou!*3*
Ringrazio anche tutti coloro che leggono/seguono la storia silenziosamente!^^
Per qualunque dubbio/chiarimento/consiglio non esitate a contattarmi!^^

Kiss!<3
Giu-chan.

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Capitolo 5
*** Capitolo 2.1: Demodé ***


Uscii dalla stazione di Rupepoli con quasi un’ora e diciotto minuti di ritardo.
“ ‘Cidenti a quel catorcio! A causa sua ora dovrò passare meno tempo al negozio di videogiochi...” sbuffai innervosita e andai avanti per la mia strada, augurando malasorte a quell’ammasso di ferro vecchio che tutti chiamavano treno.
Dopo aver finito di mandare maledizioni al malcapitato treno su cui ero salita iniziai a riflettere su ciò che potevo ancora fare: ovviamente la boutique sarebbe stata la mia prima tappa, il negozio di videogiochi ormai era fuori discussione e come ultima cosa avrei fatto la spesa: mica potevo andare in un negozio di abbigliamento con i sacchetti della spesa! Sarebbe stato scomodo, fin troppo scomodo.
Non so bene perché girai la testa e un qualcosa di rosso attirò la mia attenzione. Sbiancai all’istante e sgranai gli occhi. “Chi mette più il rosso?! E’ passato di moda da secoli!” Ecco. La ciliegina sulla torta: non bastava che non ero riuscita a finire il gioco, che il treno era in un ritardo colossale e che di conseguenza non avrei più potuto andare al negozio di videogame, no. Ci si doveva mettere pure il colore completamente fuori moda!
“Eh, no eh! Questo è veramente troppo!” Non potevo accettare un simile affronto alla moda e al buongusto, così decisi di seguire la macchia rossa, che si rivelò essere una ragazza, per darle un’utile lezione di stile.
Questa sembrò non accorgersi della mia presenza e continuò a camminare tranquilla con al fianco un elegantissimo Glamew, a mio dire un magnifico pokemon sprecato nelle mani di una ragazza con gusti da topo di fogna.
La squadrai da capo a piedi: di certo era più piccola di me, data la sua… “altezza”… se così si può definire, dato che avrà avuto almeno trenta centimetri in meno di me.
Fui obbligata ad ammettere però che aveva un bel fisico, forse la vita era troppo stretta, ma i fianchi larghi rimediavano al danno dando un’impressione abbastanza elegante. Tentai di non fissare i vestiti di non pessimo, obbrobrioso gusto che indossava e riportai lo sguardo sui suoi capelli demodé: anche il taglio era orrendo, ero tentata di regalarle un buono sconto per il mio parrucchiere…
Per la mia, e in parte sua, sanità scostai gli occhi da quei…”cosi demodé” che si ritrovava in testa e mi affrettai a seguirla, dato che ero rimasta indietro.
Stavo per cantargliene quattro ma ad un tratto le si avvicinarono due persone con i capelli verde acqua completamente identiche: sembravano riflesse in uno specchio!
Indietreggiai e andai ad imboscarmi dietro ad un container. Probabilmente la pattumiera affianco mi avrebbe nascosta meglio, ma ne valeva la pena di imboscarmi tra la spazzatura sporca e puzzolente?! Certo che no! Che schifo, non scherziamo!
Scossi leggermente la testa e riportai l’attenzione sui tre. Non riuscivo a sentire ciò che dicevano, non che la cosa mi interessasse più di tanto…
Aspettai che la ragazza finisse di parlare con i due per tornare a pedinarla ma seguirla, ma i cloni si misero davanti alla porta, sbarrandomi la strada.
“E ora che faccio?!”
Mi guardai intorno in cerca di una possibile strada alternativa per seguirla, via che pareva inesistente: l’edificio in cui era entrata si trovava chiuso tra il mare e dei palazzi molto alti, ben imboscato.
Ad un tratto il mio sguardo ricadde su una scala sospesa a circa un metro e mezzo d’altezza che portava al coperchio di un container lì vicino. Stavo per fare una cosa molto stupida.
Sfrecciai verso la scala e mi ci arrampicai atleticamente: le lezioni di ginnastica servivano a qualcosa allora!
Una volta arrivata sul coperchio presi la rincorsa e saltai sul tetto dell’edificio, stampandoci la mia povera faccia sopra.
Spolverai i vestiti e mi sistemai i capelli lunghi sciolti, per poi guardare in basso. Trovai in poco tempo ciò che mi serviva: una finestra aperta.
Ci entrai senza troppa fatica e mi ritrovai in una sala con una decina di altre persone identiche alle altre due fuori, ma della rissa non vi era nemmeno l’ombra.
“Diamine, mi ha seminata!” battei un piede a terra scocciata , attirando l’attenzione di uno dei ragazzi immobile dinnanzi ad una rampa di scale dall’aria non troppo sveglia.
Quello appena mi vide prese in mano una pokeball e si avvicinò lasciando le scale incustodite.
“Ora o mai più.” Approfittai di quei pochi secondi per prendere la rincorsa e buttarmi, letteralmente, giù per le scale, dando una dolorosa craniata, fortunatamente non troppo forte, al cemento del piano di sotto che mi lasciò leggermente rintronata.
Dopo alcuni minuti mi rialzai barcollando, tenendomi la testa con una mano.
Guardai indietro le scale e vidi il ragazzo gridarmi qualcosa dietro. Una persona normale mi avrebbe raggiunta, bisognava essere proprio idioti forte per non inseguirmi!
Non lo ascoltai e continua a camminare per un corridoio. Non so quanto tempo passò, ma era un corridoio veramente lungo, tanto che il mio mal di testa sparì completamente.
Mi guardai ancora intorno, finché non riuscii a ritrovare la cara Miss Demodé che mi aveva procurato tutti questi problemi.
“Adesso basta. La fermo e gliele canto di brutto, mi sono stufata!”
Mi stavo avvicinando, ma venni di nuovo interrotta: stava per l’ennesima volta parlando con qualcuno, ma possibile che non riuscisse a stare zitta un attimo?!
Continuai ad osservare la scena, tentando di capire chi fosse l’ennesima persona completamente fuori moda con cui stava parlando.
Quando finalmente riuscii a vedere con chi stava parlando, mi rimangiai il “completamente fuori moda”.
Stava parlando con un ragazzo, questa volta era diverso da quelli che avevo sorpassato. Certo, i colori e lo stile dei vestiti era sempre lo stesso, però c’era un piccolo ma gigantesco dettaglio, oltre al fatto che fosse mille volte più figo di quelli indietro, che lo distingueva dagli altri: il blu. Capelli e occhi blu. Il blu è uno dei colori per eccellenza: insieme al viola non passa mai di moda e fa miracoli, calza bene su tutto e su tutti. E’ un colore meraviglioso.
Continuai a fissarli per dieci minuti buoni. Non capivo cosa si dicevano, che fossero fidanzati? Scacciai il pensiero: come poteva un ragazzo simile stare con una come quella? Non poteva, semplice.
Anche se effettivamente la rossa stava  tentando in ogni modo di attirare la sua attenzione su di lei. Probabilmente le dava fastidio essere ignorata, tanto che ad un certo punto quando lui spostava gli occhi su qualcos’altro o qualcun’altro gli si parava davanti. Devo ammettere che la cosa iniziava a farsi comica..
Ad un tratto è arrivata una ragazza dall’altro lato del corridoio e li ha interrotti, mostrando un tablet al ragazzo. L’altra, visibilmente seccata, si è girata gonfiando le guance. -Io  vado! Vieni, Glam.-
Non riuscii a trattenermi dal ridere: ma cos’era? Una bambina?! Fortunatamente erano troppo impegnati per accorgersi della mia risata.
Fece un cenno con la mano e si allontanò nella mia direzione. Aspettai che mi superasse( come previsto non si era ancore accorta della mia presenza) per richiamare la sua attenzione.
- Ehi, tu! - la ragazza si girò nella mia direzione, guardandomi con aria interrogativa.
- Sì, ce l’ho proprio con te..- mi avvicinai, finché non le fui davanti, e con moolta calma la fissai ancora. –Quei capelli…sono rossi!-
-…E quindi?- Inclinò la testa da un lato, mettendo le mani sui fianchi.
-E quindi? E QUINDI?! COME SAREBBE A DIRE E QUINDI?! SONO UN INSULTO ALLO STILE! IL ROSSO E’ FUORI MODA DA SECOLI!- iniziai a sbraitare, battendo con forza un piede a terra. Quando ci vuole ci vuole.
Dopo poco tempo un gruppo di gente ci fissava. Continuai per un bel po’, elencandole i difetti e trovando una soluzione a risolverli e “parlando” della moda attuale.
-Vuoi stare zitta un attimo?! Non ti sopporto più!- il gatto affianco a lei iniziò a soffiare, rizzando la coda e mettendosi in posizione d’attacco.
-Ah, sì? La mettiamo così?- feci uscire la mia cara Stunky dalla sua megaball.
-Devo prenderla come una sfida?- la rossa sorrise con sicurezza e si fece indietro. –Glam, finta!-
Anch’io indietreggiai, fissando il pokemon che incassò il colpo fin troppo facilmente.
-Stunky, tutto ok?- forse non si vedeva, ma io volevo molto bene al mio pokemon, e se per caso le avesse fatto del male quell’elegantissimo gatto me lo sarei mangiato stasera a cena. Aspettai che si rialzasse e che mi facesse capire che non si era fatto nulla. –Bene, allora usa nottesferza!- Stunky lanciò l’attacco con decisione, ma Glamew si scansò all’ultimo, con mia grande sorpresa: quel pokemon era parecchio veloce, non me lo immaginavo!
-Ora vai con Ipnosi e Lacerazione!- il gatto si mise a fissare Stunky negl’occhi e quest’ultimo in meno di un minuto si mise a sonnecchiare. Ma il rivale non si fece scappare l’occasione per colpire il mio povero Stunky, mandandolo K.O. .
Strinsi i denti e feci rientrare il pokemon. “Diamine..”
L’altra simpaticona continuava a sorridere soddisfatta. –Si può sapere chi sei?!-
Mi immobilizzai: ora cosa le dicevo?! Se avesse scoperto che ero entrata qui senza alcun permesso probabilmente avrebbe chiamato la polizia!
Mi guardai intorno in cerca di una via di fuga. I miei occhi puntarono una finestra che non avevo visto prima.
 “O la va o la spacca.” Presi la rincorsa e saltai fuori dalla finestra. Ero tornata al punto di partenza, solo che era già buio.
Iniziai a correre, stringendo la mia pokeball.. aveva fatto del male al mio pokemon e me l’ero dovuta dare a gambe… inoltre, a causa sua non ero potuta andare ne alla buotique ne al settore videogames... questa me l’avrebbe pagata cara, molto cara!

 
_____________________________________________________________________  Il sentiero delle violette ~

Salve a tutti!^^
Aluuura... ho finalmente aggiornato anche qui! Ci ho messo un po' a scrivere il capitolo, ma già meno tempo degli altri, fortunatamente! ...forse...
A differenza di ciò che pensavo, ho deciso di allungare un po' la saga, quindi il prossimo capitolo sarà più lungo del previsto, se riuscirò a fare tutto entrò il prossimo capitolo. Penso che sia più o meno non il doppio; ma più lungo di questo di certo, anche perché così metto insieme anche quel mezzo capitolo dove diventa comandante!^^
Poi... questo capitolo ci sarà di certo qualche errore, perché ad un tratto non so per quale motivo ho iniziato a fare confusione verso il finale, sarà perché sono un po' stanca, credo!XD
A parte ciò... l'ho modificato leggermente, ho tolto qualcosina per il prossimo capitolo, ma, come avevo anticipato Giuditta ha incontrato Martes e Saturno, "grazie" a Martes!XD Povera Martes, lei non è fuori moda...*patta Martes* Io adoro il rosso!*^* Oh, ma su Saturno aveva ragione, sìsì!*sbav*
LOL Diciamo che Martes e Giuditta hanno già insturato un bellissimo rapporto di pace amore e amicizia!(???) XD
Poi...il sesso dei pokemon non me lo sono inventato, infatti sia Purugly che Toxicroak che Stuntank sono tutti e tre femmina, inoltre la Toxicroak di Saturno sarà come nell'anime, o meglio shiny perché fa molto figo e Saturno lo è già tanto. 
Cooomunque... Ringrazio Euphemia che continua a seguirmi sin dal principio (sì, anche se mi hai già detto che non c'è bisogno di ringraziarti lo facci perché ti voglio bene e ti sono molto grata per gli aiuti che mi dai! U^U Te li meriti tutti i ringraziamenti! ;D) e Sakichan24 per aver recensito lo scorso capitolo!*^*
Ringrazio anche chi legge e chi segue senza recensire, mi fa molto piacere!^^
Vi saluto, per qualsiasi cosa ditemi pure in recensione o in messaggio privato o come vi è più comodo!^^
Bye Bye Chu! <3
Giu-Chan! X3

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Capitolo 6
*** Cap. 2.2 (prima parte) Disastrose svolte di vita. ***


Attenzione!
Un veloce commento prima di iniziare...
Vi consiglio vivamente di non ascoltare canzoni tristi durante l'ultima parte se siete sensibili, a meno che non vogliate allagare di lacrime casa..:D 
Ci vediamo sotto!C:

_________________________________________________________________________________________________________________________



Passò un mese prima che riuscissi a rimetter piede a Rupepoli.
Non mi erano mai piaciute le sconfitte, se poi dovevo pure subirle da una tizia simile…
Ad ogni modo quel giorno, il 12 marzo, decisi di tornare in città.
Uscii di casa e andai verso la solita stazione, dove presi il primo catorcio diretto a Rupepoli. Andai a sedermi al solito posto nel treno, affianco a quel finestrino sudicio. Non che avessi molta scelta, dato che tutti i finestrini erano ridotti più o meno allo stesso modo.
Tirai fuori la mia psp e avviai un gioco a caso: Valkyrie Profile.
Andai avanti con il gioco finché non arrivai alla stazione di Rupepoli, scesi dal mezzo e uscii dalla stazione.
Fu molto più veloce rispetto alla volta prima, tant’è che arrivai con ben venti minuto di anticipo.
Sarei andata al negozio di videogiochi come prima tappa e niente e nessuno mi avrebbe fermata dal farlo!
 “L’altra volta ero andata da quella parte, quindi il Centro Commerciale dovrebbe essere dalla parte opposta..!” Ragionai, guardandomi intorno in cerca di un punto di riferimento.
Trovai dopo poco la giusta via per il centro commerciale. Camminai per qualche minuto, finché non mi ritrovai davanti all’imponente edificio. Entrai senza pensarci due volte, sfrecciando verso la meta prestabilita.
“Se non sbaglio… questo mese sono usciti dei nuovi Horror, e dovrebbe essere uscito anche un gioco GDR interessante!” Iniziai a guardare negli scaffali, controllandoli uno per uno, un gioco dopo l’altro. Prima che mi decidessi passarono circa trenta minuti, ma infine optai per uno dei nuovi giochi Horror, quello che mi pareva più interessante.
Quel luogo era quasi un’oasi per me. Non il paradiso: quella era la boutique!
Dopo aver pagato il conto salutai ed uscii dal negozio con più allegria del solito.
Feci una breve pausa alla pasticceria. Ordinai un caffè e un grande vassoio di pasticcini con gusti assortiti. Avevo la fortuna di poter mangiare tutto ciò che volevo in quantità industriale senza prendere un chilo: perché non sfruttarla al meglio?!
Dopo aver finito la merenda salii moolto velocemente di tre piani: l’ascesa al paradiso. Un intero piano dedicato a moda, vestiti, trucchi, accessori e chi più ne ha più ne metta!
Iniziai a girare per le corsie, guardando gli abiti con gli occhi scintillanti: adoravo quel posto!
Avrei comprato l’intero piano, se solo avessi avuto i soldi per farlo, ma mi dovetti accontentare di maglia e shorts nuovi e di un nuovissimo mascara in saldo.
A malincuore uscii dal negozio all’ora di chiusura, minacciata dai buttafuori. Girai un po’ per gli altri negozi, dando un occhiata alla merce, anche se non c’era altro d’interessante.
Dopo aver girato il centro commerciale da cima a fondo uscii dall’edificio, soddisfatta delle mie compere.
Si era fatto buio, e pensare che ero arrivata nel primo pomeriggio!
Tornai alla stazione e salii sul treno che mi avrebbe riportata a casa.
Fu durante quel viaggio, che mi resi conto che la mia vita sarebbe disastrosamente cambiata.
Guardavo al di fuori del finestrino con aria annoiata, quando la mia attenzione venne richiamata dal piccolo televisore del vagone, impostato su un canale a caso. C’era un telefilm piuttosto noioso, una di quelle telenovela spagnole tutte ripetitive.
D’un tratto, in pieno episodio, lo schermo divenne nero, e partì la sigla del telegiornale.
-Interrompiamo i programmi per questa notizia straordinaria: pare che nella disordinata Giubilopoli poche ore fa abbia avuto luogo una sparatoria. Sono stati coinvolti alcuni innocenti, tra cui un ragazzo di diciasette anni colpito ad un braccio da un proiettile. In condizioni gravissime una donna di quarantadue anni, attualmente ricoverata all’ospedale pubblico. I medici ammettono “Ci sono poche speranze di salvezza, meno del 20%.”. Sua figlia, una ragazza di sedici anni, dopo esser stata colpita è stata presa come ostaggio e obbligata a forza a fuggire con i sequestratori. Il suo nome è Ginevra Violet, chiunque riesca ad avvistarla è pregato di chiamare immediatamente la polizia. I rapitori sono scappati con una Punto vecchio modello grigia, con una grossa e vistosa ammaccatura sul fianco, la targa era coper..-
Ascoltai con non curanza la notizia. Solo dopo pochi minuti realizzai.
-Ginny?!- esclamai, spalancando gli occhi e guardando la foto. Era lei! Era mia sorella!
“No… non può essere… ci dev’essere un errore! Sì, un errore! Dev’essere per forza così!”
Presi velocemente il mio cellulare e chiamai a casa. Nessuna risposta.
Chiamai ancora tre volte, ma continuava a non rispondere nessuno.
Provai a chiamare Ginny, ma il cellulare risultava spento, stessa identica cosa per la mamma.
Non poteva succedere. Non era giusto!
Aspettai che i treno si fermasse alla stazione per sfrecciare fuori, saltando le scale e correndo verso l’uscita dell’edificio. Non abitavo molto lontano dalla stazione, quindi corsi in direzione di casa.
Suonai al citofono, pregando che qualcuno rispondesse.. passarono due minuti, ma il campanello suonò a vuoto.
Tirai fuori le chiavi di casa ed aprì la porta, guardandomi intorno..
-Mamma! Ginny! Sono a casa..!- Deserto. La mia voce rimbombò nella casa vuota. Iniziai a spalancare tutte le porte e cercai ovunque, ma di mia madre e mia sorella nemmeno l’ombra.
Mi arresi dopo una buona mezz’ora passata a cercarle nell’abitazione. Non c’erano. Ero stata una stupida, dovevo credere subito alla notizia e correre all’ospedale, o andare dalla polizia..
Mi veniva da piangere: il nervoso, la tensione, la tristezza, la rabbia e molte altre sensazioni, tutte legate tra loro mi stavano solo confondendo le idee. Mi sedetti sul letto di mia madre, lasciando che le lacrime calde mi percorressero le guance. Una dopo l’altra. Sempre di più. Dopo pochi minuti mi ritrovai a piangere come una disperata, singhiozzando e affondando la testa nel cuscino.
Avevo bisogno di sfogarmi, altrimenti non avrei concluso niente. Lasciai che le emozioni mi travolgessero, che uscissero dalla mia testa e svanissero con le lacrime. 
Dopo esser riuscita a calmarmi e a sfogarmi per bene andai in bagno e tolsi il trucco sbavato dalle guance, per poi prender la mia roba e uscire di corta di casa, diretta all’ospedale.
L’ospedale era un gigantesco edificio dall’altro lato della città, tant’è che per arrivarci presi la metro.
Entrai di corsa, rivolgendomi alla segretaria al bancone.
-Mi scusi, sono la figlia della Signora Violet, Giuditta Violet, sto cercando mia madre!-
Le porsi i documenti per dimostrare che avevo più di dodici anni e che ero veramente sua figlia.
Questa controllò i documenti e, dopo essersi accertata che fossero veri, me li restituì.
-Tua mamma attualmente non può vederti, è sotto l’effetto dell’anestetico, ma è fuori pericolo..!-mi spiegò. -..Comunque, la sua stanza è la 21B, se vuoi puoi andare a salutarla.. anche se non ti potrà rispondere. Non preoccuparti per lei, cara: se la caverà di certo!- aggiunse poi, con tono rassicurante. –Grazie…- risposi senza troppa sicurezza, sperando davvero che avesse ragione lei. –Arrivederci..!- salutai cordialmente con un cenno della mano, camminando a passo svelto verso la sezione in cui si trovava la stanza in cui riposava mia madre.
Non impiegai molto a trovare la camera. Arrivai davanti alla porta e allungai la mano verso la maniglia, ma non appena la sfiorai mi bloccai: non avevo il coraggio di entrare.
Nonostante stringessi la maniglia non riuscivo ad aprire la porta: avevo paura di cosa avrei trovato dietro alla porta!
Deglutii e presi un profondo respiro per darmi una calmata. Che razza di figlia ero, se non riuscivo a stare vicino a mia madre durante le sofferenze?!
Il cuore sembrava essermi arrivato in gola, correva come un treno. Potevo sentirlo battere, esplodere. Presi coraggio e aprii piano la porta della stanza.
Era una normalissima stanza da ospedale. Le pareti bianche e verde acqua, il pavimento ricoperto da piastrelle rosse. C’erano dei mobili bianchi, su uno di questi una piccola televisione, e una credenza piena di medicinali, siringhe e vari oggetti. Per il resto solo vari macchinari e un respiratore. Infine, due poltrone bianche ed un letto. Sul bordo scritto “Natasha Reins Violet”. Mi meravigliai di vedere scritto anche “Violet”, oltre “Reins”, d’altronde i miei si erano separati quando io avevo due anni..
Portai gli occhi su mia madre, e mi si gelò il sangue nelle vene.
Era distesa sul letto, immobile. La pelle pallidissima e coperta in gran parte di bendature. Il volto era quasi invisibile, coperto dal respiratore e da altre bende. Pareva quasi un cadavere.
Mi avvicinai piano, senza fare rumore, tenendo lo sguardo basso. Le lacrime minacciavano di uscire di nuovo, ma le respinsi.
-Ehi, Mamma…- chiamai con voce bassa e tremante, fermandomi a meno di mezzo metro dal letto su cui dormiva.
–S-so che non puoi sentirmi, in questo mo-momento, ma forse è-è meglio così… V-volevo chiederti di p-perdonarmi. Sono una figlia orribile, m-mentre tu soffrivi io ero i-in giro a divertirmi. Mi hai sempre accontentata, n-nonostante tutti i-i problemi che-che avevi, m-ma io non ti ho n-nemmeno mai ringraziata, scusami..-
 Iniziai ad avvertire qualcosa di caldo scivolarmi sul volto fino al mento e cadermi sulle mani con un flebile “Plic”…
-S-sono stata stupida, me-me ne sono sempre f-fregata, sia di te che-che di Ginny, e-e ora è s-successo tutto questo, e mi-mi dispiace…mi-mi dispiace m-moltissimo! P-però io adesso non-non posso far nulla, s-sono solo un-un peso, lo-lo sono sempre stato. Anche se-se tu e papà vi-vi siete lasciati, è-è tutta colpa m-mia. Se-se magari non fossi mai nata, v-voi ora sareste ancora insieme felici…n-non vi sarebbe successo nu-nulla di t-tutto questo..!-
Iniziai a parlare, a dire tutto ciò che mi passava per la testa, tutto a mio discapito. Non potevo accettare che mia madre soffrisse in questo modo, mentre io me la spassavo.
Andai a sedermi su una poltrona, e in poco tempo mi addormentai.
Passarono due giorni. Mia madre continuò a dormire, ogni tanto si rigirava o si lamentava nel sonno, ma non si svegliava.
Di mia sorella nemmeno l’ombra. I notiziari ne parlavano, la davano per dispersa, ma lei era sparita nel nulla.
Io rimasi in ospedale per quasi quarantotto ore. Uscii solo per andare a prendere l’indispensabile a casa.
Venne anche la polizia in ospedale. Mi spiegò che dato che mio padre era impossibile da rintracciare e mia madre era in coma, dovevano parlare con me di mia sorella.
Passarono quattro ore a farmi domande dopo domande, ma io a solo poche di queste ero in grado di rispondere. Mi resi conto di conoscere davvero poco Ginevra, quasi fosse un estranea..
La notte del terzo giorno, quando ormai anche i medici iniziavano a perdere le speranze, mia madre si risvegliò.
Non era nelle sue condizioni più rosee, ma era fuori pericolo e stava bene, e questo mi bastava.
Pareva ricordarsi perfettamente tutto l’avvenuto. Gli aggressori erano a volto coperto, ma erano a petto nudo e avevano tutti un tatuaggio sul petto raffigurante un cuore e due coltelli incrociati, legati da una catena. Erano circa in sei, contro due persone vestite il modo normale. Ad un tratto uno di quelli vestiti in modo normale ha tirato fuori una pistola, mirando ad uno dei sei , che sono usciti allo scoperto. Mia madre e mia sorella passavano di lì per caso, quando ad un tratto uno ha colpito più volte mia mia madre e, puntando la pistola alle tempie a mia sorella, è scappato insieme al resto del gruppo, trascinandosela dietro e minacciandola per farla stare zitta.
Anche l’altro testimone aveva raccontato una storia simile. Pare che fosse il figlio dell’uomo che aveva iniziato la sparatoria e che avesse visto più di mia madre. Lui era andato lì sotto richiesta del padre, ma quando hanno iniziato il padre ha volutamente mirato a lui. In seguito, il padre è fuggito con gli altri sei aggressori.
La storia si faceva sempre più complicata. Passavano le ore, i giorni, ma nemmeno la minima traccia di mia sorella. In compenso mia madre si stava riprendendo pian piano. Le ferite stavano guarendo abbastanza velocemente, e lei faceva di tutto per farmi preoccupare il meno possibile, senza però riuscirci.
Per due settimane continuò a migliorare, ma durante la terza settimana di ricovero le sue condizioni peggiorarono improvvisamente. Si ammalò di una brutta polmonite e smise di bere e di mangiare. Le salì la febbre e le ferite ricominciarono a farle male.
Un giorno, mentre stavo leggendo l’ennesimo corriere in cerca di qualche notizia su mia sorella, mia madre iniziò a fissarmi sorridendo dal suo letto.
 -Giudy..?- mi chiamò, con voce bassa e roca.
Alzai gli occhi dal giornale, avvicinandomi.
-Sì, Mamma? Ti serve qualcosa?-
Scosse la testa, sorridendo. –Ti devo dire una cosa..- mi fece cenno di sedermi.
Feci come mi aveva detto, avvicinando la poltrona al letto.
-Ascolta Giudy… sicuramente i medici ti avranno detto, mentre ero in coma, che non ero in grado di capire ciò che mi accadeva intorno. Era vero, ma solo in parte. Ho sentito ciò che mi hai detto quel giorno..-
Sgranai gli occhi, stupita: pensavo non avesse sentito nulla di tutto ciò che le avevo detto!
-Vedi, io e papà non ci siamo separati a causa tua… l’amore dev’essere reciproco, deve venire coltivato, altrimenti si disperde, scompare nel nulla. Noi non ci volevamo più bene come prima, e ci siamo separati. Può capitare, tutti fanno degli errori nella vita, ma Tu e Ginevra non siete degli errori. voi siete il contrario, siete un dono. Se non ci foste state voi due la mia vita sarebbe finita molto tempo fa! Hai fatto più di quanto tu non possa immaginare. Sei una splendida figlia, sono fiera di te..-
Mi accarezzò la testa con una mano, continuando a sorridere..
-Ciò che è accaduto di recente è stato solo un incidente. L’essere umano è comunque un essere molto cattivo, ricordalo, ma tu non c’entri. Come potevi sapere che sarebbe capitata una cosa simile? Non potevi. Non devi rimproverarti per questo.
In quanto a me… spero di esser stata una buona madre fin ora, per te e tua sorella. Mi dispiace, ma non credo che la rivedrò ancora…-
I colpi di tosse rendevano difficile capire le sue parole, ma chiunque, perfino uno Slowpoke, avrebbe potuto capirne il senso-
-C-cosa stai dicendo, Mamma?!  Certo che rivedremo Ginny! Non ci riuniremo, t-tu tornerai in salute, ri-ritroveranno Ginevra e torneremo a-a vivere insieme!- sbottai, stringendo i pugni. Nemmeno io ci credevo, ma speravo. Speravo che tutto tornasse come prima, per quanto fosse impossibile.
I suoi occhi smeraldini, in quel momento spenti e privi di vitalità, si arrossarono e divennero lucidi.
-Tesoro, sappiamo bene entrambe come finirà. Io non potrò rivedere Ginny. Ma sono contenta di esser riuscita a starti accanto fino ad oggi.-
La stoppai e aprii la bocca per replicare, ma lei mi intimò di fare silezio.
-Non potrò più abbracciarvi, o consolarvi, ma rimarrò comunque al vostro fianco. Vi vedrò ancora sorridere e crescere. Veglierò sempre su di voi.
Non c’è nulla di brutto nella morte. Rivedrò i nonni, anche il pesciolino rosso che avevi a quattro anni..!- ridacchio, singhiozzando. -Loro sono sempre con noi, in qualunque cosa facciamo!-
-M-ma mamma, tu non-non morirai!-  Quella che piangeva ero io in quel momento. La Mamma non poteva morire, non in quel momento, ne in quel luogo e ne tantomeno in quel modo..!
Mi abbracciò di scatto, per quanto potesse essere scattante in quelle condizioni, stringendomi con tutta la sua forza..
-Spero solo che vostro padre si faccia vivo e vi tenga al sicuro, che prenda il mio posto..-
Ricambiai l’abbraccio, appoggiando la testa sulla sua spalla.
-Grazie, Giuditta. Grazie di tutto tesoro. Quando rivedrai Ginevra ringrazia anche lei da parte mia..!-
Passarono poche ore. Quella notte le condizione di mia madre si aggravarono ancora.
I medici lasciarono ogni speranza: per lei non c’era più niente da fare.
Quella notte, lei smise di respirare.


 
____________________________________________ Il roseto dell'autrice, che piange da quando ha pubblicato il capitolo

Salve a tutti, carissimi miei!^^
Sono tornata con questa nuova pate di capitolo!
Scusate il ritardo, ma tra insufficienze da recuperare e problemi di linea non sono riuscita ad aggiornare prima..T^T Gomen Nasai! *Si prosta ai piedi dei lettori piangendo*
Ma passiamo a cose ancora più importanti: il capitolo.
Perché l'ho spezzato in più parti? 
Come avevo già accennato, avrei voluto farci stare tutto in un solo capitolo. Ebbene, ci ho provato!
Ne è uscito fuori un capitolo da dodici pagine di World.
Siccome mi sembrava davvero troppo lungo ho deciso di spezzarlo, dato che non sarà tra i capitoli più movimentati della storia.
Ho fatto di tutto per accorciare il capitolo: ho tolto alcuni dialoghi, alcune scene di minor importanza e ho alleggerito le descrizioni, ma veniva comunque un papiro, così ho deciso di dividerlo in più parti.
In questa parte manca completamente l'azione, mi scuso, me ne sono resa conto pure io.
In compenso, per farmi perdonare, nella prossima parte ce ne sarà fin troppa..! C:
Comunque...in questo capitolo iniziamo con la parte drammatica pesante della storia, che durerà fino alla fine della prossima saga (e oltre, ma non così pesante..)!
Nel prossimo capitolo ricompariranno sia Martes che Saturno e, indoinate un po', Cyrus! Che, a differenza della saga di Martes, sarà molto più presente! Martes, poverina, rischierà di nuovo come all'Antico Chateaux, con l'unica differenza che questa volta non sarà un sogno..
Eheheheh e chairamente, ci saranno anche alcuni accenni di shipping qua e la (Sia Martes/Saturno che Giovia/Saturno, ma più Giovia/Saturno!)...
Giuditta diventerà Giovia, ma..! Sì, perché c'è un ma!xD
Ma non lo diventerà come ha fatto Martes (o come farà Saturno), bensì in modo COMPLETAMENTE diverso.
Verrano svelati i rimanenti motivi che la "spingeranno" a diventare Giovia, e cambierà """leggermente"""!
Ringrazio coloro che leggono/recensisciono la mia storia!*3*
Grazie di cuore, è grazie al vostro supporto se riesco a portare avanti la storia! Fa piacere scrivere e sapere che qualcuno apprezza ciò che scrivi, ti aiuta ad impegnarti di più e a dare il meglio!*^* 
Ricordate che per qualsiasi cosa potete contettarmi sempre e in ogni momento, ventiquattro ore su ventiquattro e con qualunque mezzo! Potete anche mandarmi un Pidove viaggiatore! C:
Mi scuso ancora per la lentezza della parte, mi rifarò a tutti i costi quando posterò la prossima!U^U9
Notte Notte a tutti, dears!<3
Giu-Chan.

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