Un destino deciso dalle stelle...

di dragon_queen
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Un piccolo libro dalla copertina rossa ***
Capitolo 3: *** Il principe che non voleva essere re (prima parte) ***
Capitolo 4: *** Il principe che non voleva essere re (seconda parte) ***
Capitolo 5: *** Verso Goblin ***
Capitolo 6: *** Tra le mura del labirinto ***
Capitolo 7: *** Primo ***
Capitolo 8: *** Ser Cusan ***
Capitolo 9: *** Questa sarà la tua prova ***
Capitolo 10: *** Il destino che abbiamo scelto ***
Capitolo 11: *** Io sono il Labirinto ***
Capitolo 12: *** AVVISO ***



Capitolo 1
*** Prologo ***




 

PROLOGO

L'uomo, poggiato ad una delle robuste colonne che sorreggevano la volta dell'ampia anticamera, fissava l'orizzonte che si intravedeva dall'unica terrazza presente.

Pareva tranquillo, pensieroso, imperscrutabile.

Poi l'ennesimo grido si propagò al di là di un nero portone e la sua mascella si irrigidì. Le palpebre calarono per un istante, mentre il volto spigoloso si voltava verso l'uscio d'ebano, provando una impotenza che quasi assomigliava ad un pugno nello stomaco.

Ricordava come fosse ieri quando colei da lui a lungo bramata era comparsa dinnanzi alle porte del suo castello, gli aveva semplicemente sorriso e sussurrato quanto la prima volta si fosse sbagliata, quanto in quegli anni avesse sentito la mancanza di quel regno e soprattutto del suo re. Certo, lo aveva odiato, più di qualunque altro, ma quel sentimento era affiancato anche da qualcosa di diverso, qualcosa che lei all'inizio non era riuscita pienamente a comprendere o più semplicemente non voleva accettare.

L'uomo, sentito dentro di sé abbattersi tutte le barriere di rancore e vendetta che aveva eretto in previsione di quel momento, si era alzato dal suo semplice trono e le era andato incontro. Nonostante fossero trascorsi degli anni, gli occhi della sua preziosa non erano cambiati di un tono, mostrando ancora quella forza e determinazione che aveva intravisto la prima volta che l'aveva incontrata.

Quando le era giunto a pochi passi, lei che ancora non aveva smesso di sorridere, aveva alzato una mano sfiorandole il viso, come a volersi accertare che la sua presenza non fosse solo un miraggio. L'aveva sognata così tante volte in quegli anni che mai si sarebbe aspettato di ritrovarsela davanti, le spoglie da piccola quindicenne completamente abbandonate e indossate quelle di una giovane e bellissima donna.

No, non era una visione, una mera proiezione dei suoi innumerevoli sogni, ma era reale. Finalmente quell'amore a lungo sofferto e combattuto, il quale lo aveva a poco a poco fatto precipitare in una sorta di oblio, e con lui l'intero regno, era tornato e in quel momento giurò a se stesso che mai e poi mai l'avrebbe lasciata andare.

E così era accaduto: aveva fatto di lei la sua regina, promettendole amore e rispetto per tutti gli anni a venire e per lui era realmente un tempo molto lungo.

Da quando l'aveva ritrovata, si sentiva diverso, migliore, non più solo in un mondo troppo grande.

Si erano amati, completamente, e in quel momento lei, sola, stava scontando i risultati della loro unione.

Ogni grido che la sua preziosa lanciava, lui sentiva il petto trafitto da un milione di acuminati pugnali. Strinse una mano al bavero dell'elegante giacca scura, come se di colpo l'ossigeno faticasse a riempire i polmoni.

Poi, di colpo, tutto tacque, lasciando al posto delle urla qualcosa di diverso: il pianto di un neonato, acuto e stonato, che quasi gli fece dolere le orecchie, ma che al tempo stesso gli fece scaldare il cuore.

Un leggero suono di passi lo avvertì che qualcuno stava uscendo, così si fece vicino alla porta, ansioso di sapere le condizioni della sua regina. Il battente si schiuse con un noioso rumore di cardini, mentre sulla soglia comparve una delle nutrici.

-Dunque, sta bene??- chiese l'uomo con sguardo severo, anche se il tono tradiva la sua preoccupazione.

-Tutto è andato per il meglio. La madre e il bambino stanno bene. Potete entrare se volete-

Lui non se lo fece ripetere e schiuse ulteriormente la porta. Fu allora che la vide, semidistesa sull'ampio letto con la schiena poggiata su morbidi cuscini. Il volto era stanco, più pallido del solito, ma comunque bellissimo, e la capigliatura d'ebano leggermente arruffata le dava un'aria selvaggia.

Quando l'uomo entrò, dimenticandosi anche di chiudersi la porta alle spalle che però fu accostate dal gruppo di nutrici che uscì in seguito al suo arrivo, lei alzò lo sguardo dal piccolo fagotto che teneva tra le braccia. Nel momento in cui i loro occhi si incontrarono, la regina gli sorrise.

-Vieni avanti, amore mio. Guarda cosa il cielo ci ha donato- disse allora lei a mezza voce.

Quello obbedì, anche se il passo era lento e, il cuore, per la prima volta, batteva così forte da sembrare che volesse uscirgli dal petto.

Di colpo ogni insicurezza, paranoia, paura, gli piombarono addosso come un macigno.

Non fermò però la sua avanzata fino a quando non si trovò al fianco dell'amata, la quale lo fissava con amore e ammirazione.

Quando l'uomo abbassò finalmente lo sguardo, trovò, oltre agli occhi adoranti della sua donna, anche un paio bicolori in tutto e per tutto uguali ai suoi. I pochi capelli, appicicati sulla piccola testa, erano neri corvo, proprio come quelli della madre.

Lui rimase affascinato da quella creaturina. Negli anni ne aveva visti tanti di bambini, ma mai ne aveva sentito uno suo. Quello che invece lo stava ancora guardando rappresentava la sua discendenza, il proseguimento della sua dinastia.

Come se di colpo le gambe fossero divenute molli come budini, l'uomo si sedette sul letto, passando un braccio attorno alle spalle della sua regina, posandole poi un delicato bacio tra i capelli.

-Sono fiero di te, mia preziosa- sussurrò appena.

-Di noi, vorrai dire- ribattè lei, impertinente come al solito.

-Certo si, di noi- rise lui.

-Come lo vuoi chiamare?- chiese allora la regina.

Lui ci pensò un attimo, prendendosi il mento con una mano e alzando gli occhi al cielo segno che stava pensando. Voleva un nome importante, degno del nobile sangue che quel neonato portava con sé. Dopo aver vagliato numerose possibilità, riuscì finalmente a trovare quello che più gli piaceva.

-Il suo nome sarà Ràl, erede al trono del regno di Goblin-

 

* *

 

Mentre nell'Underground l'erede veniva alla luce, anche nell'Aboveground qualcuno vedeva il mondo per la prima volta. Si trattava di una bambina, alla quale era stato dato il nome di Eileen.

I pochi e radi capelli della piccola erano del colore del grano maturo, mentre gli occhi avevano le tonalità proprie del cielo, terso e impenetrabile. Era silenziosa, non piangeva.

Stava là, tra le braccia di quella donna che la riteneva solo un errore, forse sperando nel piccolo cuoricino un affetto che non avrebbe mai ricevuto.

Una delle infermiere, presa tra le braccia la piccola e fissato con odio e pietà la donna che piangeva la sventura di una figlia non voluta, uscì sul lungo corridoio che portava alla nursery. Per un attimo abbassò lo sguardo, incontrando i due occhi celesti della piccola, la quale, nonostante avesse solo un paio di ore di vita, inarcò un poco le fini labbra come se avesse voluto sorriderle, come se sapesse cosa quella donna avrebbe fatto per lei.

Quella le accarezzò lentamente una delle guance, per poi fermarsi dinnanzi una delle finestre e sospirare.

-Non temere piccola, mi prenderò io cura di te-

Nel cielo le stelle brillavano, le stesse che rischiaravano la notte del Sottosuolo, mute e silenti testimoni di due destini che si erano inevitabilmente intrecciati.

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Capitolo 2
*** Un piccolo libro dalla copertina rossa ***




 

CAPITOLO I

 

Si trovava circondata da innumerevoli alberi, tronchi scuri ed altissimi, chiome, ampie e frondose, che si confondevano scure con il cielo. Qua e là spuntavano fiori mai visti, grandi quasi quanto una testa e variopinti di toni che non pensava neanche potessero esistere.

Per un orecchio poco attento, l'ambiente sarebbe sembrato completamente immerso nel silenzio, un caldo torpore precedente un risveglio, ma in realtà i suoni di quella strana foresta erano fin troppo udibili e per certi versi inquietanti.

Ma a lei non importava.

Come se il suo corpo fosse stato privo di peso, poneva un passo davanti all'altro, leggera, avvertendo sotto i piedi la sensazione soffice e umida della vegetazione del sottobosco. Una leggera brezza portava con sé il profumo di quegli strani fiori che aveva in precedenza visto, inebriandola.

Avanzò, guidata inconsapevolmente dal suono scrosciante dell'acqua di quello che probabilmente era un piccolo torrente, nascosto ai suoi occhi.

Seguendo il sentiero giunse ad una radura, con in effetti uno stretto fiumiciattolo che correva verso valle.

Si avvicinò, inginocchiandosi sulla riva e guardando il suo riflesso. Non riusciva però a distinguersi chiaramente, tanto che pensò per un attimo di essere nel corpo di un'altra persona. Poi allungò le mani a coppa e raccolse un po' d'acqua fresca che si portò alle labbra.

D'improvviso la sensazione di non essere sola. Alzò fulminea lo sguardo, notando solo allora qualcuno appollaiato su di un grosso masso che in quel momento sembrava assorto in chissà quali pensieri. Guidata da una volontà che non le era certo familiare, si alzò nuovamente in piedi, muovendo qualche passo verso lo sconosciuto. Non lo conosceva, ma qualcosa dentro di lei lo faceva apparire come qualcuno di già visto.

Gli arrivò abbastanza vicino da distinguere i capelli corvini lunghi sino a sotto le spalle, spettinati e lucenti, percorsi da riflessi che a quella luce irreale parevano dorati, e un paio di occhi bicolore che, quando si accorsero della sua presenza, presero a scrutarla, curiosi.

C'era qualcosa però che li rendeva spenti, colmi di uno strano senso di solitudine. Lei però continuò a fissarli, incantata.

Lo sconosciuto allora si mosse, scendendo con un balzo leggero dal masso e ponendosi dinnanzi a lei. Aprì le fini labbra e tre parole lasciarono la sua bocca:

-Ti ho trovato...-”

 

DRIIN!! DRIIN!!

Un paio di occhi color del cielo si schiusero nella semioscurità della stanza. Lentamente un braccio esile e candido lasciò il tepore delle coperte per andare a zittire quell'oggetto infernale che stazionava sul comodino. Dopodichè si riaccasciò, come se avesse improvvisamente perso qualunque energia vitale.

Passarono forse un paio di minuti prima che le coperte venissero scaraventate a terra e la voce di una ragazza poco più che ventenne cominciasse a maledire la sua incondizionata pigrizia e il suo sconfinato amore per il letto.

Eileen si alzò rapidamente, fiondandosi nel piccolo bagno collegato alla sua camera e chiudendosi alle spalle la porta con un tonfo.

Si guardò nel piccolo specchio sopra il lavandino, incontrando una se stessa con una cesta di disordinati capelli biondi e delle evidenti occhiaie che contornavano i suoi occhi blu. Si passò le dita tra i morbidi riccioli, tentando di dar loro una forma e un verso.

Si fermò un attimo a pensare: anche quella notte aveva fatto quello strano sogno, ma stavolta c'era stato qualcosa di diverso dalle volte precedenti: lo sconosciuto aveva parlato. Quelle tre semplici parole avevano avuto la capacità di inquietarla. Poi sospirò, scacciando quel pensiero e dando la colpa ad altro:

-Accidenti, devo smettere di stare al telefono con Melany sino a tarda notte- bofonchiò, chinandosi sul lavandino e bagnandosi il viso con l'acqua fredda, cercando così di allontanare un po' il torpore del sonno.

Melany era la sua migliore amica dai tempi delle elementari. Fisicamente era l'esatto opposto di lei: pelle olivastra, occhi scuri e lisci capelli castani cioccolato. Si volevano bene ed erano come sorelle. Si raccontavano tutto e forse non sempre quello era un bene. Infatti, da un paio di settimana, la mora aveva preso ad uscire con Tom Duncan, il ragazzo che segretamente piaceva da sempre ad Eileen. Quando aveva appreso la notizia, una strana gelosia si era impossessata della bionda e forse anche un po' di rabbia. In fondo Melany era la sola a sapere della sua cotta.

A causa però del suo carattere fin troppo buono e ragionevole, aveva finito col tacere e anzi, farle le sue felicitazioni.

Che stupida che era stata...

In quel mentre, nella stanza entrò Rose, la donna che l'aveva cresciuta e si era presa cura di lei. Eileen era da quando aveva circa sei anni che sapeva di essere stata adottata e le era stato raccontato che la sua madre naturale era morta di parto.

La ragazza, nonostante considerasse Rose come una vera madre, faticava ancora a chiamarla “mamma”, anche se alla donna non sembrava importare. Rose aveva perduto il marito qualche anno prima, una malattia tremenda, lasciandola sola con una figlia piccola e una appena adolescente. Era però una donna solare e sempre sorridente, capace di mettere allegria anche alla persona più pessimista e triste dell'intero pianeta. Eileen la amava anche per quello.

-Sono in ritardo, sono in ritardo, sono in ritardo!!- cantilenò la bionda, mentre schizzava davanti alla donna, che la guardava confusa e divertita al tempo stesso, e si fiondò verso l'armadio, cercando qualcosa da mettere.

Iniziò a scaraventare ogni indumento che le capitava tra le mani a terra, mentre Rose, alle sue spalle, sospirava, dato che poi sarebbe toccato a lei mettere in ordine quel caos.

-Ma non hai sentito la sveglia?- le chiese ingenuamente.

-Penny deve averci giocato ancora, dato che è suonata mezz'ora più tardi del solito- rispose la ragazza, mentre si infilava una scarpa da ginnastica in equilibrio su una gamba sola.

Dopodichè, velocemente, afferrò una borsa a tracolla accanto alla porta, diede un bacio sulla guancia a Rose promettendo che avrebbe rimesso lei a posto la stanza quando fosse tornata quella sera, e si fiondò al piano di sotto.

In fondo alle scale, la bionda incrociò una ragazzina di dodici anni, capelli rossi corti alle spalle, il viso costellato di numerose lentiggini e lo sguardo furbo, anche troppo.

-Ciao sorellona- la salutò la piccoletta, sorridendo.

Ovviamente Penny non era sul serio sua sorella, ma ad entrambe faceva piacere crederlo.

-Sei stata di nuovo in camera mia, eh peste?-

Quella non rispose, segno che la maggiore aveva scoperto il suo piccolo scherzo. Mentre Eileen si avvicinava al tavolo della cucina, ci girava velocemente intorno addentando una frittella e si avviava verso la porta di casa, passando davanti alla ragazzina notò che teneva tra le mani un piccolo libro dalla copertina rossa, vecchia e consumata, e con il titolo scritto in lettere dorate. Nella fretta però non riuscì a coglierlo.

-Cosa stai leggendo?- chiese allora alla sorella.

-Un libro che la mamma ha trovato su una bancarella al mercatino dell'usato in fondo alla strada. È bello, sai? Parla di fate, gnomi, folletti e di un labirinto. E anche...-

-Frena Penny, adesso devo scappare-

-Ma...-

-Me lo racconterai stasera. Sono davvero curiosa- rispose la bionda e, schioccando un bacio sulla fronte della minore, si catapultò letteralmente fuori di casa.

Venne investita dall'aria fredda di dicembre. Entro pochi giorni sarebbe stato Natale e in libreria erano carichi di lavoro.

Da quando aveva finito il liceo e rinunciato ad andare al college, Eileen aveva trovato lavoro nella piccola, ma ben fornita, libreria della signora Peterson, una donnina simpatica e gentile, vedova da quasi dieci anni. L'aveva sempre trattata con molto riguardo, trattandola come avrebbe fatto con una nipote. Dal canto suo, alla ragazza piaceva il suo lavoro, adorando i libri e tutto quello che li riguardava.

Per quel motivo era rimasta incuriosita dal libriccino che Penny teneva tra le mani, in quanto era sicura di non averlo mai visto in nessuno dei suoi scaffali o di qualunque altra libreria.

Velocemente si sfilò dalla tasca della giacca dalla fattura militare un paio di vecchi guanti, se li infilò soffiando un poco sulle mani e, in sella della vecchia e inseparabile bici, imboccò il viale che l'avrebbe portata alla libreria.

Stranamente per strada non c'era quasi nessuno, probabilmente perchè erano tutti rinchiusi in qualche grande magazzino a finire gli acquisti per Natale. Per quanto la riguardava, Eileen aveva provveduto quasi due mesi prima, immaginando il poco tempo a disposizione che avrebbe avuto in quei giorni.

A Rose aveva comprato dei semi di tre belle e rare varietà di fiori da piantare nel suo piccolo giardino, in quanto alla donna piaceva molto prendersene cura quando non era di turno in ospedale e stava molto attenta ai fiori che sceglieva di piantare. A Penny invece aveva comprato un grosso libro sui miti e le leggende di tutto il mondo, dato che la sorella ne era appassionata sin da quando aveva cominciato a leggere. Infine per Melany aveva trovato un sottile braccialetto di caucciù con le loro iniziali in argento. Il gemello lo aveva acquistato lei.

Mentre si complimentava con se stessa per la previdenza, giunse finalmente alla libreria. Legò la bici ad un palo proprio davanti all'ingresso e guardò l'ora: per fortuna era riuscita, nonostante tutto, ad arrivare in orario.

Quando aprì la porta, l'oramai familiare suono del campanello appeso sopra la porta l'accolse, seguito dalla voce della signora Peterson che proveniva dal retrobottega.

-Piccola, cominciavo a preoccuparmi- cinguettò l'anziana, mentre una testa canuta spuntava dalla porta dietro al bancone.

-Non è suonata la sveglia. Mi dispiace-

-Non devi, ero io preoccupata non vedendoti arrivare. Di solito sei sempre qui almeno venti minuti prima. Pensavo ti fosse successo qualcosa-

Eileen raggiunse la donna, aiutandola con la pila di libri fin troppo pesante che stava tentando di far uscire insieme a lei senza farli cadere tutti a terra.

-Cara, dovresti farmi il favore di catalogarmi quest'ordine appena arrivato. Nel magazzino ci sono altre tre scatole. Io devo assentarmi, in quanto ho entrambi i nipotini a casa con la febbre. Saprai cavartela?-

-Nessun problema, conti pure su di me- sorrise la bionda e scomparve nel retrobottega.

 

Contro ogni sua previsione, la giornata non fu molto affollata. Eileen riuscì a finire di catalogare i libri arrivati e cominciare anche a riporli sugli scaffali. D'un tratto il cellulare che aveva in tasca vibrò. Sul display lesse il nome di Melany.

Si guardò intorno: la libreria era semideserta, quindi non avrebbe fatto un torto a nessuno se rispondeva alla sua migliore amica. E così fece.

-Ehi tesoro, come te la passi?- l'accolse la voce allegra dall'altro capo del telefono.

-Tutto bene. Tra un'ora chiudo. Se vuoi ci vediamo, visto che devo anche darti anche il mio regalo prima che tu parta con i tuoi-

-Semmai domani. Stasera esco con Tom. Sai, da ieri siamo ufficialmente fidanzati-

Un colpo alla bocca dello stomaco la fece quasi rimanere senza fiato. Poi però rispose:

-Davvero? Sono contenta-

Nel momento in cui pronunciò quelle parole, il campanello della porta trillò. La ragazza si voltò per accogliere il nuovo cliente, ma le parole le si bloccarono in gola.

Davanti a lei stava proprio l'argomento dei loro discorsi: Tom Duncan, i capelli castani perennemente in disordine e gli occhi verdi che saettavano per la stanza. La cosa che però gelò Eileen fu la stangona bionda che lo accompagnava.

-Magari è sua sorella- pensò ingenuamente.

Come se le avessero letto nel pensiero, i due si appiccicarono come ventose e una strana nausea assalì la ragazza.

-Eileen, stai bene?-

La voce di Melany dall'altra parte del telefono la fece sussultare. Si portò l'apparecchio all'orecchio e disse:

-Scusa tesoro, ma ho dei clienti. Fammi sapere per domani e buona serata-

Dopodichè riattaccò.

Quando lo fece, una voce alle sue spalle si schiarì. La bionda si voltò, trovandosi davanti il bastardo doppiogiochista che le sorrideva, suadente. Nonostante fossero anni che era cotta di quel tipo, ciò che aveva appena visto le faceva venire solo voglia di dargli un pugno sul naso sfigurando la sua tanto ambita perfezione.

-Spero che quello al telefono non fosse il tuo ragazzo, perchè sarebbe un vero peccato-

-Ma davvero? Ci stai per caso provando con me?- chiese Eileen, stando al gioco per vedere fino a che punto si spingeva quel caprone.

Si, se avesse decisamente seguito l'istinto, probabilmente in quel momento gli sarebbe già saltata al collo e lo starebbe picchiando di santa ragione.

-E se anche fosse?-

-Mi pare che tu sia già in piacevole compagnia- rispose civettuola lei, mentre lanciava un'occhiata verso la ragazza che stazionava davnti a una delle librerie e la quale non sembrava essersi accorta di niente.

-Oh, quella? È solo una delle tante-

-Sul serio? Quindi anch'io finirei con l'essere solo una delle carte del tuo mazzo?-

Dio, quell'adone non l'aveva mai degnata neanche di uno sguardo, perchè in quel momento si comportava in quel modo? Se avesse anche solo minimamente saputo della sua esistenza, probabilmente sarebbe stato a conoscenza del suo legame con Melany.

-Per te potrei fare un'eccezione- rispose il ragazzo con tono da seduttore, mentre faceva scendere lo sguardo sullo scollo di Eileen, messo in bella mostra dalla posizione assunta dalla ragazza, gomiti sul bancone e il viso a pochi centimetri da quello di lui.

-Ma non mi dire. Adesso lascia che sia io a spiegarti una cosa: se non sparite immediatamente tu e il tuo smisurato ego, allora ti mostrerò cosa la signora Peterson tiene nascosto sotto il bancone-

Il ragazzo la fissò, impaurito sia da quello che aveva detto sia dal tono con cui aveva parlato, arretrò giusto i passi per raggiungere la sua accompagnatrice, afferrarla e dileguarsi, lasciando dietro di sé solo il suono del campanello e la sua frase bofonchiata riguardo ad una evidente pazzia della bionda.

Eileen sospirò, poggiando poi la fronte sul freddo legno del bancone. Cominciava a sentire i postumi della stanchezza, dato che ormai da qualche notte non riusciva a dormire bene a causa del sogno ricorrente che la tormentava.

Afferrò il cellulare e fissò il display per un paio di minuti, che a lei parvero però ore. Doveva dire a Melany quello che aveva visto, raccontarle con che razza di canaglia aveva a che fare. Non voleva però farlo per telefono, decidendo quindi di parlargliene quando l'avesse vista il giorno successivo. Se conosceva Melany, e la conosceva, non l'avrebbe presa bene.

Si fece coraggio e prese a riordinare. Era giunta per lei l'ora di chiudere.

 

L'aria gelida della sera l'aiutò a pensare, anche se non aveva certo dubbi riguardo al dire la verità alla sua amica. Preferì ripercorrere a piedi la strada di ritorno, portando la bici a spinta.

Quando rientrò a casa, Penny le corse incontro, ricordandole immediatamente la promessa di ascoltare la storia del libro che stava leggendo. Eileen la pregò solo di farla almeno mangire e poi sarebbe stata tutta sua.

Si sedette a tavola e Rose le pose davanti il piatto contenente la sua cena: una mal riuscita insalata di pollo.

La ragazza rimase qualche secondo a fissare il piatto in silenzio.

-Qualcosa non va?- le chiese allora la donna.

-Se tu fossi a conoscenza di un segreto e sai che rivelandolo faresti del male a qualcuno a cui vuoi bene, come agiresti? Glielo diresti oppure no?-

-Se voglio bene a quella persona, anche se so che soffrirà, gli racconterei quel segreto, per il suo bene-

Eileen rimase per un secondo a riflettere, dopodichè sospirò un “grazie” e prese a mangiare.

Rose sorrise.

 

-E quindi finisce così? Che la ragazza se ne va rifiutando l'offerta del Re?- chiese stupita Eileen, seduta sul suo letto, le gambe incrociate, mentre si pettinava i capelli ancora umidi dalla doccia.

-Perchè ti stupisci tanto? In fondo lui aveva rapito il suo fratellino, l'aveva trascinata nel suo labirinto, derisa e presa in giro. Che altro avrebbe dovuto fare?- chiese Penny.

-Non so. Forse tentare di capire perchè?-

-Eileen, persino io alla mia età riesco a capire che ciò che il Re provava era solo un insano bisogno di controllo e sottomissione su di lei-

-Sarà...- rispose la bionda, poco convinta.

-Comunque te lo lascio, tanto io l'ho già finito- rispose la sorella, alzandosi e lasciando il piccolo libro sul letto.

Quando la ragazzina se ne fu andata, la bionda afferrò il volumetto tra le mani e lo sfogliò distrattamente. Giunta alla fine, però, notò qualcosa di strano: una serie di pagine completamente bianche, come se la storia non fosse realmente conclusa.

Non sapeva bene il motivo, ma qualcosa di misterioso la attirava tra quelle pagine, come se la tentazione di leggerle fosse così forte da non potersi opporre. Fu così che tornò distrattamente alla prima pagina e prese a leggere.

La storia pareva in tutto e per tutto un racconto di pura fantasia, di quelli che a lei piaceva leggere per passare il tempo.

Giunse al punto in cui la ragazzina protagonista esprimeva il desiderio che il suo fratellino venisse portato via, quando all'improvviso la finestra si spalancò di colpo, facendola sobbalzare. Si voltò, trovando appollaiato sul davanzale un corvo, grande e maestoso, che, dopo aver sonoramente gracchiato, la fissò con i suoi occhi neri.

Eileen ricambiò, inghiottendo il groppo che le chiudeva la gola, per poi alzarsi dal lettoo e camminare verso l'animale. Quando gli fu a pochi passi però, l'uccello volò via. In fretta la ragazza richiuse la finestra.

Solo allora si accorse di avere ancora in mano il piccolo libro, un dito tra le pagine per tenere il segno. Come se stesse improvvisamente scottando, lo prese e lo ficcò in un cassetto.

Sentiva come se qualcosa aleggiasse attorno a lei e a quel piccolo volume, come se le parole che vi erano scritte non fossero state solo frutto di fantasia. Con quei pensieri, se ne andò finalmente a letto.




NDA
Come promesso eccomi con il primo capitolo di questa storia. Spero in questo modo di renderla un pò più interessante, introducendo il nostro personaggio femminile.
Nel prossimo ci sarà invece il nostro nuovo principe. Un saluto a tutti
A presto Marty.

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Capitolo 3
*** Il principe che non voleva essere re (prima parte) ***




 

CAPITOLO II

 

-Signorino Ràl, signorino Ràl!!-

La voce della povera governante risuonava per gli ampi corridoi del castello, senza però ottenere risposta.

-Benedetto ragazzo- bofonchiò la donna, anche se l'aspetto somigliava lontanamente ad un normale essere umano.

Il naso, aquilino e smisuratamente grande, gli occhi due piccole fessure brillanti e il viso percorso da troppe rughe e incartapecorito, cosparso da una costellazione di nei e porri. La statura era quella di un bambino di sei anni, imbarcata, e il passo era malfermo, dondolante.

Percorse l'ennesimo salone deserto, imboccando poi un corridoio che l'avrebbe condotta alle stanze del principe. Il sole era già alto nel cielo, quindi aveva sperato che il ragazzo fosse già alzato da almeno un paio di ore, dedito ad adempiere i doveri dei quali il padre gli aveva fatto carico.

Invece si era sbagliata per l'ennesima volta.

L'anziana stava ormai perdendo le speranze: il giovane non era certo quello che si poteva definire un sovrano esemplare. Era pigro, altezzoso, risoluto e pensava più alle donne che ai suoi compiti.

Almeno quando il re era suo padre le cose nel regno funzionavano e, da quando aveva la regina al suo fianco, tutto non aveva fatto che migliorare. Il labirinto era tornato a splendere, ma solo per un breve attimo prima di ricadere nuovamente nell'apatia e nel grigiore.

Certo, non che il principe fosse una cattiva persona, anzi, era solo che non prendeva niente sul serio, pensando solo a divertirsi e lasciando ogni decisione ai consiglieri, incaricati di seguirlo nelle sue scelte.

Prima che il re abdicasse in suo favore, erano stati quelli stessi a chiedere di aspettare, in quanto il principe, a loro parere, non era ancora pronto per una simile incombenza.

-Gestire un regno lo renderà più responsabile- aveva risposto al sovrano e non aveva ammesso repliche.

Dopodichè si era ritirato con la moglie fuori dalle mura della città, non dando più sue notizie per molto tempo.

Mentre la donna si avvicinava finalmente agli appartamenti del giovane, vide la porta della stanza aprirsi appena e sulla soglia fare capolino una delle servette, la quale, non avendola probabilmente vista, si allontanò con indosso solo la sottoveste e gli abiti tra le braccia.

L'anziana sbuffò. Non era certo una novità che ogni mattina una ragazza diversa uscisse da quella porta. Mentre ancora lo stava pensando, afflitta e rassegnata, udì l'uscio aprirsi nuovamente e affacciarsi un'altra serva.

Da questa fu però vista, ma le lanciò un'occhiata talmente eloquente che la fece impallidire e sparire alla fine del corridoio senza neanche aprire bocca. Trovandosi finalmente dinnanzi alla porta, la donna bussò sonoramente e senza attendere risposta entrò.

-Kalita, potevo essere nudo- protestò una voce al di là delle tende di un pregiato letto a baldacchino.

-Niente che non abbia già visto, signorino- rispose quella atona e, raggiunta la finestra, ne aprì tende ed oscuranti, inondando la stanza della calda luce del sole particolarmente rosso.

Solo allora le coltri del baldacchino si aprirono e un giovane con intensi capelli corvini si mostrò, mezzo nudo, che si grattava svogliatamente la testa e sbadigliava sonoramente.

-Sarebbe dovuto essere in piedi da almeno due ore- disse la donna, continuando a non guardarlo.

-Diciamo che mi hanno tenuto sveglio stanotte- ridacchiò quello, entrando in una stanza adiacente, probabilmente il bagno.

La vecchia Kalita sospirò di nuovo.

-Sai, se concentrassi tutto il fiato che impieghi sospirando, potresti radere al suolo un'intera ala di questo castello- ridacchiò il principe dalla stanza accanto.

-Se lei, signorino, invece incanalasse un po' delle energie che usa per intrattenere le servette in qualcosa di utile, magari questo regno andrebbe meglio e io non starei tutto il giorno a sbuffare- rispose quella, mentre, con poca voglia, tentava di tirare le coperte dell'ampio letto a due piazze.

-Senza offesa, Kalita, ma tu non sei mia madre- rispose il principe, uscendo finalmente dal bagno.

Aveva indossato una comoda camicia che gli arrivava fin sotto la vita, dalle maniche ampie che si stringevano ai polsi e del colore della notte, e una calzamaglia della medesima tinta che gli fasciava le gambe lunghe e allenate.

La donna si voltò appena a quelle parole, dicendo poi:

-Vero, non sono vostra madre, per questo sono venuta a dirvi che la regina vi sta aspettando nella sala del trono e non credo che quello che vi dirà sarà molto diverso dalle mie parole- e tornò con noncuranza alle sue occupazioni.

Mentre il giovane usciva, lo sentì bofonchiare qualcosa sul fatto che sua era sempre l'ultima parola e, inconsapevolmente, sorrise.

 

Quando entrò con passo sostenuto nella sala del trono, un ambiente circolare dalle pareti di pietra monotone e spoglie, trovò una donna ad attenderlo, voltata di spalle, che guardava fuori dalla finestra.

Indossava un lungo abito verde che fasciava alla perfezione il suo corpo non più giovane, ma comunque desiderabile, ornato di ricami dorati che si estendevano dalla vita sino all'orlo dell gonna. I lucidi capelli neri, di una tonalità più scura rispetto a quelli del principe, erano raccolti in una elaborata acconciatura, lasciando libero qualche ciuffo sul davanti.

Dopo un attimo di esitazione, durante la quale la donna non pareva essersi accorta del suo arrivo, il giovane parlò:

-Madre...-

Dopodichè si diresse, senza guardarla, verso il trono, sul quale si sedette in modo scomposto e decisamente poco appropriato. Fu allora che incontrò gli occhi vitrei della regina, gli stessi che avevano popolato la sua infanzia e che a lungo gli erano mancati. Un sorriso si aprì sulle labbra della donna.

-Ràl, che piacere vederti. Sei cresciuto, figlio mio-

-Voi, in compenso non siete cambiata affatto- rispose secco lui.

In fondo sapeva che le visite della madre, sempre meno frequenti, nascondevano l'intento di suo padre di intervenire ancora nelle decisioni reali, nonostante egli avesse volontariamente abdicato. Era più facile inviare la consorte, in modo da evitare che i loro discorsi scaturissero in scambi di battute alquanto accesi e concitati.

-Perchè sei arrabbiato?-

-Madre, risparmiatevelo. So che vi manda mio padre-

La donna abbassò lo sguardo, ma dalle sue labbra non scomparve il sorriso. Dopodichè mosse qualche passo verso il trono, le mani strette in grembo.

-Ràl, siamo preoccupati-

-Vorrai dire che voi, madre, lo siete-

-Ti sbagli. Tuo padre è ancora emotivamente legato al labirinto, sente che le cose non stanno andando come dovrebbero. Teme che, in fondo, tu non sia ancora pronto-

-Allora dovrebbe esserci lui seduto su questo trono, non io-

Come al solito, quando si parlava del re, il giovane finiva sempre per arrabbiarsi. Ma dietro quella coltre d'ira, nascondeva paura e delusione, in quanto, da un lato, temeva, nonostante tutto, di non riuscire a rendere suo padre fiero di lui, mentre dall'altro era sconvolto dalla mancanza di fiducia che il genitore riponeva nei suoi confronti.

Si alzò quindi dal trono, dirigendosi verso la finestra dalla quale, in precedenza, era affacciata la madre. Vedeva il labirinto, nella sua interezza e accurata complessità.

All'orizzonte stavano i confini, al di là dei quali solo terra brulla e deserta, ad eccezione di un piccolo angolo, verdeggiante e fiorito, nel quale sorgeva la “magione” nella quale i genitori si erano trasferiti poco dopo la sua investitura.

Lui, nonostante si sforzasse, non riusciva a cogliere il motivo per tutta quella strana preoccupazione. Non trovava niente che non andasse nell'antico dedalo, lo vedeva grigio, smorto e privo del benchè minimo interesse da parte sua. Insomma, come al solito.

Prima di andarsene, suo padre si era sforzato di fargli comprendere l'importanza di quel regno, delle creature che lo abitavano, del perchè lui avrebbe dovuto mantenervi l'equilibrio. Ma per il principe era stato molto più semplice in un primo momento accettare l'investitura, per poi abbandonare ogni minimo dovere che portava verso Goblin e i suoi sudditi. Era anche per quello che tra lui e il re non correva buon sangue.

In fondo però come dargli completamente torto? Erano anni che nessuno chiedeva più l'intervento da parte del sovrano, anni che la noia aveva preso possesso di quella parte della vita del giovane.

Il mito del labirinto, assieme alla sua storia, era semplicemente scomparso, fumo nel vento.

Poi, un giorno, una fiammella si era riaccesa, ma i Ràl aveva preferito non farne parola con nessuno. Aveva solo aspettato, osservato, tessuto le sue trame, continuando a recitare la parte del rampollo svogliato e disilluso. Era stata come una scarica lungo la schiena, una sensazione che aveva riportato il suo corpo a desiderare nuovamente la sfida.

Era volato sino all'Aboveground, cercando per giorni, sino a quando non era riuscito a trovarla. Un animo puro e facilmente assoggettabile, una creatura per lui talmente patetica da essere riuscita, nonostante tutto, a risollevare la sua voglia di mettersi alla prova. Mancava solo il libro, il tramite per poterla finalmente portare a conoscere quella parte di realtà nascosta agli occhi di chiunque tranne che a quelli che accettavano di credere. Finalmente la sera precedente era giunto nelle sue mani e il suo piano poteva anche dirsi iniziato.

Era solo questione di tempo.

Un sorrisetto perfido si allargò sulle sue labbra.

-A cosa stai pensando?- gli chiese la madre, ancora alle sue spalle.

Lui fu disturbato dalla sua continua insistenza. Quanto ci voleva a capire che voleva rimanere solo?

-Riferite a mio padre che mi rendo conto di aver fino a questo momento trascurato i miei doveri e che chiedo scusa. Cercherò di porre rimedio a questa mancanza. Adesso scusatemi, ma ho delle faccende da sbrigare-

Pronunciò ogni parola con estrema freddezza, senza neanche voltarsi.

-Capisco. Riferirò- rispose piatta la donna e il principe udì solo i suoi passi che si allontanavano.

Sospirò. In fondo lo turbava rivolgersi in quel modo a sua madre, la quale per tutta la vita aveva fatto da argine tra lui e suo padre, mostrandogli un affetto tanto grande che non riusciva quasi a spiegarlo a parole.

In silenzio, anche lui lasciò la sala del trono, imboccando un lungo e stretto corridoio privo di finestre e quindi immerso nella semioscurità, il quale portava ad una stanza sempre chiusa a chiave, una sorta di suo personale rifugio, al quale a nessuno era permesso accedere.

Si sfilò dal collo un particolare ciondolo, segno della casata, gemello di quello che indossava suo padre. Dopo la loro ennesima discussione, dalla quale i due non si erano più visti, aveva quasi avuto la tentazione di liberarsene, ma alla fine non ne aveva avuto il coraggio. Inoltre quel ciondolo era sia il simbolo del suo potere sui mutamenti del labirinto sia la chiave per il suo “studio”.

Inserì senza eccessiva attenzione il pendente in una piccola rientranza nascosta nell'architrave della porta. Non appena quello fu al suo posto, il principe udì la serratura scattare e subito spinse l'uscio per entrare, richiudendoselo poi velocemente alle spalle.

La stanza, non molto grande, era immersa quasi completamente nella penombra. A rischiararla solo un paio di fiaccole che si accesero magicamente al suo ingresso.

Una massiccia scrivania in legno scuro e una libreria, ricolma di libri, costruita con il medesimo materiale, si intravedevano alla sua sinistra. Al contrario di quello che pensavano a corte, il giovane era molto acculturato e aveva una passione sviscerata per i libri, soprattutto quelli provenienti dall'Aboveground, portati da sua madre il giorno che aveva preso pianta stabile nel Sottosuolo. Li aveva letti tutti almeno un paio di volte, in quanto lo aiutavano a rilassarsi e a non pensare ai doveri di reggente, che lui non aveva mai pienamente voluto, di quel posto dimenticato da Dio e dall'uomo.

Quella volta però non si accomodò sulla solita poltrona sfogliando un romanzo di avventura o un saggio di filosofia, ma camminò dritto sino alla parete di rimpetto alla porta, fermandosi dinnanzi a qualcosa coperto da una pesante coltre di velluto rosso. La carezzò piano, con una nota quasi nostalgica, per poi afferrare saldamente il tessuto e tirarlo vi, rivelando un grosso specchio ovale, dalla cornice dorata e finemente lavorata.

Quallo era il suo mezzo per tenere d'occhio, a sua discrezione, il labirinto o l'Aboveground. Sorrise pensando a quanto, anche in quello, fosse diverso dal padre: lui prediligeva i piccoli cristalli con i quali giocherellava di continuo, mentre lui preferiva fare le cose in grande.

Scacciando quel pensiero, fece scivolare una mano sulla superficie dello specchio, la quale si illuminò per un attimo. Il sorriso di prima si allargò ancora di più.

-Avanti ragazzina, pronuncia quelle dannate parole-



CONTINUA...



NDA 
Eccomi di ritorno con la prima parte del secondo capitolo, in quanto mi sono resa conto che mi è venuto esageratamente lungo. Come promesso, qui abbiamo una presentazione del nostro caro principe, il quale non sembra proprio intenzionato a cedere ai voleri del padre, ma fare di testa sua.
Ringrazio chi ha recensito e chi ha messo la mia storia tra le seguite.
Al prossimo lunedì.
Saluti Marty.

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Capitolo 4
*** Il principe che non voleva essere re (seconda parte) ***




 

Eileen aprì gli occhi. Guardò la sveglia, stavolta senza schizzare in piedi come una cavalletta. Era domenica, quindi la libreria era chiusa e lei poteva riposare e svolgere con calma tutto quello che si era prefissata.

Quella mattina, due giorni prima di Natale, avrebbero fatto l'albero, un modesto abetino in plastica comprato quando era nata Penny. Era scolorito e spelacchiato, ma una volta addobbato con luci e palle colorate faceva il suo bell'effetto.

Prima di pranzo si sarebbe poi vista con Melany per il loro rituale scambio dei regali dato che l'amica sarebbe partita il pomeriggio stesso per la casa in montagna dei nonni. A quel pensiero lo stomaco le si chiuse, come se qualcuno le avesse tirato un pugno. Doveva dirle quello che era in realtà Tom Duncan, ma più si avvicinava il momento, meno lei aveva voglia di farlo.

Sospirando, si alzò, dirigendosi in bagno per farsi una doccia. Dal piano di sotto sentiva già i passi di Penny e il profumo delle famose frittelle di Rose. Sorrise, chiudendosi poi la porta alle spalle.

Ne uscì quasi venti minuti dopo, lavata, asciugata e vestita, ma con i dubbi che ancora le affollavano la mente.

Lentamente scese le scale per il piano di sotto, quasi avesse paura che le altre due si accorgessero della sua presenza. Era sempre stato così, per tutta la sua vita.

Eileen, al contrario di Melany, non era una ragazza alla quale piaceva attirare l'attenzione. Al contrario.

Era carina, doveva ammetterlo, ma non ne era totalmente felice. Il cambiamento c'era stato solo dai suoi sedici anni, quando, con l'aiuto proprio della sua amica, era riuscita finalmente a tirare fuori la sua parte nascosta, sbocciando come una rosa in primavera. Infatti, fino a quel momento, era stata una ragazzina taciturna, timida e silenziosa, con l'apparecchio e le codine, mingherlina e senza forme. Adesso invece era una ragazza quasi ventenne, senza apparecchio e codine, ma comunque mingherlina, le forme si erano lievemente accentuate, anche se non in maniera esagerata e di questo aveva ringraziato madre natura del favore concessole.

Nonostante il suo radicale cambiamento, non aveva mai avuto comunque molti amici, o almeno non veri come lo era Melany.

Assorta nei suoi pensieri, raggiunse la fine delle scale, venendo travolta dall'ormai familiare uragano Penny. La ragazzina le saltò letteralmente addosso, facendole quasi perdere l'equilibrio.

-Ehi, così felice perchè tra poco è Natale?- le chiese sorridendo, guardandola da sopra la spalla sinistra dato che la ragazzina le era montata a cavalluccio.

-Oggi facciamo l'albero, vero?-

-Certo, ma prima...colazione!!- e tutte e due corsero in cucina, trovando ad attenderle una sorridente Rose.

Entrambe si sedettero a tavola e la donna mise loro davanti due piatti ricolmi di frittelle con burro e sciroppo d'acero. Rose non si poteva definire una cuoca impeccabile, ma le sue frittelle erano di certo insuperabili.

Aveva appena finito di mangiare che la bionda fu letteralmente afferrata da Penny e trascinata nel piccolo salotto, dove la donna, probabilmente la sera prima, aveva provveduto a sistemare il piccolo albero.

Nel giro di qualche minuto, le due si trovarono immerse in palle colorate e luci intermittenti. Mentre apriva l'ennesima scatola, Eileen scorse qualcosa di familiare al suo interno e delicatamente tirò fuori un piccolo soldatino dalla divisa rossa e blu, un addobbo per l'albero che il marito di Rose

le aveva regalato il Natale prima di andarsene, affermando che le avrebbe sicuramente portato fortuna. Quell'uomo, nonostante non fosse il suo vero padre, si era dimostrato sempre gentile e affettuoso nei suoi confronti, senza mai fare distinzioni tra lei e Penny e di questo le era grata.

Un'improvvisa nostalgia glielo fece stringere al petto con tenerezza, pensando a quanto tutti avevano sofferto. In presenza di Penny però l'argomento non veniva mai toccato. La piccola, in particolare, molto attaccata al padre, aveva avuto bisogno di quasi sei mesi di sedute da uno psicologo per riprendersi. Eileen invece si era rifiutata, preferendo sotterrare quel dolore piuttosto che farlo sparire come se non ci fosse mai stato. Riteneva che soffrire l'avrebbe resa più forte.

Che assurdità...

Si alzò allora in piedi, andando ad appendere il soldatino su uno dei rami più alti, come se da quella posizione avesse potuto vegliare su tutti loro.

Nel giro di un paio d'ore, Eileen e Penny avevano finito di addobbare l'intera casa e soddisfatte se ne stavano, spalla contro spalla, sedute nel mezzo del salotto ad ammirare la loro opera.

L'occhio della bionda cadde poi sull'orologio antico sul mobiletto dell'ingresso. Balzando in piedi, ricontrollò anche quello che portava al polso e, tanto per cambiare, era in ritardo per l'appuntamento con Melany.

Così, salutando con un bacio Penny e Rose, afferrò la giacca, il regalo per l'amica che per fortuna si era ricordata di portare al piano di sotto, ed uscì di casa, proprio mentre, in lontananza, si udiva un tuono.

Eileen, fissando il cielo scuro e stringendosi nella giacca, si diresse a passo svelto verso casa dell'amica, per fortuna non molto distante. Era ormai in vista dell'abitazione quando l'ennesimo tuono la fece sussultare ed un'immediata e scrosciante pioggia la colse.

Nonostante si fosse messa a correre, arrivò sotto il portico ormai bagnata come un pulcino. Suonò il campanello, ma non venne nessuno ad aprirle. Suonò di nuovo e stavolta udì dei passi provenire dall'interno. Quando la porta si aprì, sobbalzò.

Non era Melany in piedi davanti a lei, ma Tom, il quale, quando la vide, smise di sistemarsi il colletto della polo, stupito quasi quanto lei. I loro occhi si incontrarono e di botto entrambi capirono ogni cosa. Sul volto di lui si aprì un ghigno, mentre su quello di Eileen si stampò un'espressione di pure disprezzo. In quel momento, alle spalle del ragazzo, comparve la sua amica, sorridente.

-Ciao Eileen, conosci già Tom, non è vero?-

La bionda ingoiò a fatica il groppo che le aveva chiuso la gola, annuendo nervosamente.

Fu allora lui a parlare:

-Bene, allora io vi lascio. Ciao piccola- disse voltandosi verso la mora e lasciandole un languido bacio sulle labbra, il quale fece chiudere ancora di più lo stomaco alla ragazza.

Quando però quello le passò a fianco, fece finta di inciampare in modo da potersi avvicinare al suo orecchio e sussurrare:

-Attenta a quello che fai- e, sorridendo malignamente, si allontanò.

Eileen lo seguì con lo sguardo, sentendo il suo corpo rabbrividire. Poi fu scossa dalla voce di Melany, la quale disse:

-Cielo, ma non ti eri portata l'ombrello? Vieni, entra, altrimenti ti prenderai un malanno-

La bionda ubbidì, ancora meno tranquilla di quando era arrivata.

La casa di Melany era avvolta nella penombra. L'unica fonte di luce proveniva dal camino acceso in salotto. La ragazza, con voce tremante, chiese all'altra se poteva accendere le luci.

-Oh si, scusa-

Non le era mai piaciuto il buio. Era qualcosa che si trascinava da quando era bambina, una fobia provocata da continui incubi che però, a poco a poco, erano scomparsi. Solo la mora ne era a conoscenza.

Quando la camera fu illuminata, la bionda potè finalmente rilassarsi. Si tolse la giacca bagnata, che Melany mise ad asciugare accanto al camino, mentre entrambe si sedevano di fronte al fuoco.

-Allora, che ne pensi di Tom?- chiese la mora, sorridendo come una bambina.

-Non lo so, Mel. Non lo conosco così bene- rispose lei, fissando le fiamme che danzavano nel camino, mentre i capelli biondi continuavano a bagnarle il viso, lasciandole piccole goccioline che le scivolavano sulle guance.

-Vedi, credo di essere innamorata stavolta. Lui è così dolce, gentile, premuroso, per non dire bello...-

Eileen rimase in silenzio. Sentiva però la rabbia che continuava a salire.

-E poi...insomma...ho deciso di dargli in anticipo il suo regalo di Natale...- continuò Melany e la bionda, voltatasi a fissarla di sottecchi, la vide arrossire.

Scoppiò.

-Mel, quello è un dannatissimo bastardo!!- gridò, alzandosi in piedi e allontanandosi dall'amica.

-Ma che ti prende?- chiese quella, alzandosi a sua volta.

Eileen parve calmarsi per un attimo e tentare di riordinare le idee. Si passò una mano sul viso e sospirò.

-Io...devo dirti una cosa- disse poi.

-Cosa?-

-Ieri, Tom è venuto in libreria e non era solo-

Ogni parola che le usciva dalla bocca era amara come il veleno.

-Cosa stai tentando di dirmi?- chiese la mora con voce dura.

L'altra si avvicinò di un passo.

-Con lui c'era una ragazza, una stangona bionda. Per un attimo ho pensato che fosse sua sorella, ma poi li ho visti appiccicarsi come due ventose. Due minuti dopo me lo sono ritrovato davanti che tentava di infinocchiarmi con i suoi modi da dongiovanni mancato-

Attimo di silenzio, poi...

-E scommetto che a te non ha fatto poi così schifo- rispose tagliente Melany.

Eileen la fissò come se qualcosa si fosse improvvisamente impossessato della sua amica. Tutto si sarebbe aspettata tranne quella risposta.

-Ma sei pazza?-

-Andiamo Eileen, sei stata tu stessa a dirmi di avere una cotta per lui fin dai tempi delle medie. Mi sono stupita quando ti ho detto che uscivamo e tu ne eri addirittura entusiasta, ma mai mi sarei aspettata che ricorressi e questi sotterfugi per gelosia-

-Che stai dicendo Mel? Credi davvero che mi interessi ancora quel bastardo? Pensi sul serio che sarei capace di farti questo?-

-Tu sei sempre stata invidiosa di me, ti sei sempre sentita inferiore. E adesso, siccome l'amore della tua vita ha scelto me e non te, cerchi di portarmelo via con questi infantili mezzucci?-

Gli occhi di Eileen si stavano inumidendo, mentre la rabbia lasciava il posto alla delusione.

-Stai seriamente credendo più a lui che a me?- chiese a mezza voce.

-Si. E sai cosa ti dico? Che non ho bisogno di qualcuno come te intorno-

-Come me?-

-Piagnucolona, senza un minimo di personalità, che non sa risolvere un problema senza venire aiutata da altri, che non sa essere felice per la propria migliore amica-

Una lacrima scivolò lungo la guancia, mentre il suo sguardo si faceva nuovamente furente. Quella che aveva di fronte non poteva essere la stessa Melany che conosceva da una vita.

La mora però non aveva ancora finito:

-Sparisci da casa mia e dalla mia vita. Prenditi pure il tuo stupido regalo- e detto questo agguantò il pacchettino dal tavolino di fianco a lei e glielo lanciò letteralmente contro, colpendola ad una tempia e aprendole un taglio che prese a sanguinare.

Eileen, come se niente fosse successo, si chinò a raccogliere il pacchetto, estraendo il suo dalla tasca e lasciandolo sul divano. Dopodichè fissò intensamente Melany, il cui sguardo pareva adesso dispiaciuto e colpevole, mentre delle involontarie parole le salivano in gola:

-Vorrei che gli gnomi ti portassero via, all'istante-

La mora la fissò interdetta, poi scoppiò a ridere. Nonostante il tono basso, aveva capito ciò che aveva detto.

-Vedi Eileen qual'è il problema? Devi cominciare a crescere- e detto questo si diresse verso la cucina.

La bionda rimase per un attimo a fissare il pavimento. Dopodichè afferrò la giacca e fece per andarsene, quando, all'improvviso, la luce si spense.





NDA
Come promesso, ecco la seconda parte del capitolo. Qui la nostra Eileen apprenderà un'amara verita, poverina.
Spero di non aver deluso chi l'ha atteso e soprattutto chi mi ha recensito.
Anche coloro che mi seguono in silenzio possono FARSI VIVI!!
Ci tengo, davvero!! Un saluto Marty.

 

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Capitolo 5
*** Verso Goblin ***




 

CAPITOLO III

 

Eileen era a pochi passi dalla porta, ma sentiva il corpo bloccato a causa di quella sua stupida fobia del buio. Con voce tremante disse:

-Melany, ti prego, so che sei arrabbiata, ma, per favore, accendi la luce-

Non ottenne risposta. Rabbia e paura si stavano mescolando dentro di lei e sentiva a poco a poco le ginocchia cedere. Il fiato si fece corto, mentre il suo organismo si stava preparando ad accogliere un attacco di puro panico.

D'improvviso l'ennesimo tuono la fece sobbalzare, mentre le parve di sentire delle acute risate fanciullesche sparse per la stanza.

-Andiamo Mel, non è divertente- disse di nuovo la bionda, continuando a guardarsi intorno.

L'altra però non rispose neanche allora. Poi, di colpo, la finestra che dava sul salone si spalancò e la ragazza gridò, portandosi il volto tra le mani. Il vento che irruppe spense anche il debole fuocherello che ancora zampillava nel camino, lasciandola stavolta completamente al buio.

Il suo cuore prese a battere come se cercasse di uscirle dal petto, mentre attorno a sé avvertiva quelle strane risa, dandole l'impressione che qualcuno si stesse liberamente prendendo gioco di lei.

Alla fine, ormai in preda al terrore, si lasciò scivolare in ginocchio sul pavimento, stringendosi le braccia con le mani sino quasi a lasciare i segni delle unghie sulla pelle. Prese a tremare ancora di più, mentre sussurrava:

-Non c'è niente nel buio che non ci sia anche alla luce-

Lanciò poi un'altra imprecazione contro Melany, cercando almeno con la rabbia di scacciare la paura.

-Sai ragazzina, non pensavo fossi realmente così patetica- disse una voce che la fece sussultare.

Era maschile, ma non apparteneva a Tom, tantomeno a Mel. Era carezzevole, ma allo stesso tempo pungente, rassicurante, ma anche derisoria.

Eileen alzò la testa e in quel momento il fuoco divampò nuovamente, come per magia, rischiarando l'ambiente in modo quasi innaturale, mentre l'ennesimo lampo squarciava il cielo. Lei non se ne curò, dato che era occupata a fissare un paio di scuri e lucidi stivali che stazionavano all'altezza dei suoi occhi. Lentamente fece scorrere lo sguardo verso l'alto, cogliendo i contorni netti e tonici di due lunghe gambe rivestite di pantaloni color notte. Più in su un busto asciutto e allenato, fasciato da una camicia con le manica larghe, aperta sul petto, che si chiudeva morbida poco sotto la vita.

Infine intravide un volto giovane e dai bei lineamenti, incorniciato da una cascata di spettinati capelli nerissimi, mentre due occhi spaiati, scintillanti alla luce del fuoco, la fissavano con un misto di pietà e derisione. Per un attimo quella visione le sembrò stranamente familiare.

Finalmente il corpo di Eileen reagì, scattando all'indietro con l'intento di allontanarsi dallo sconosciuto, tanto che la ragazza si trovò seduta a terra mentre fissava la visione più bella e terrificante al tempo stesso che avesse mai visto.

-Cosa hai fatto a Melany?- chiese poi, cercando di non far tremare la voce.

-La domanda giusta sarebbe cosa TU hai fatto alla tua AMICA- rispose lui, facendo i segni delle virgoletti su quell'ultima parola.

-Che vuoi dire?-

Lo vide chinarsi lentamente su un ginocchio, in modo da poterla guardare meglio negli occhi. Sospirò.

-Tu hai espresso il desiderio e io ti ho accontentato. Tutto qui-

Eileen inorridì, collegando inconsapevolmente ciò che lui le aveva appena detto con le ultime parole che aveva pronunciato.

-Non è possibile...- sussurrò, fissando il vuoto.

-Non è possibile!!- ripetè, stavolta più ad alta voce e fissando negli occhi il ragazzo che ancora stava di fronte a lei.

-Non ti facevo così scettica, cara la mia Eileen-

Il corpo della ragazza fu come attraversato da una scarica elettrica quando quello pronunciò il suo nome.

-Come sai come mi chiamo? Chi sei tu?-

Quello si alzò, mimando un elegante inchino.

-Io sono Ràl, principe di Goblin. Come faccio a conoscere il tuo nome è solo affar mio-

-Quindi tu hai preso Melany?-

-Si, si e per l'ennesima volta si. Tu lo hai voluto e io l'ho esaudito. Non mi sembra un meccanismo tanto complicato. Tutto è avvenuto secondo quello che tu hai desiderato-

-Allora voglio che riporti indietro la mia amica-

Ràl scoppiò a ridere, inarcando leggermente la schiena all'indietro e mantenendo le mani sui fianchi.

-Non è certo così che funziona, ragazzina. Ciò che è fatto è fatto e ciò che è detto è detto. Non si può restituire ciò che è stato preso-

-Vuoi dire che non rivedrò mai più Melany?-

Il ragazzo sospirò e prese a camminare, le braccia incrociate sul petto e gli occhi per aria. Eileen lo seguiva con lo sguardo, senza sapere cosa fare. Lo osservava, mentre le girava intorno come un avvoltoio su una carcassa. Poi, prendendo fiato, lui prese a dire:

-Fammi capire bene: tu ti stai preoccupando per una persona che ti ha appena urlato in faccia tutto il suo disprezzo, ti ha palesemente detto di non volerti più vedere e ti ha trattato come una scarpa vecchia? Ha creduto più ad un dongiovanni doppiogiochista che alla sua migliore amica? Hai ragione, chi non la rivorrebbe indietro?-

-Tu non capisci- rispose lei di getto, sentendosi però ferita dalla verità di quelle parole.

-Vero, non capisco proprio-

-Cosa dovrei fare, allora? Dimenticarmi semplicemente di lei come se non fosse mai esistita?-

Il tono di voce di Eileen si era improvvisamente alzato di un paio di toni, cogliendo di sorpresa Ràl, che però fu bravo a non darlo a vedere. Anzi, muovendo l'ennesimo passo verso di lei e dischiudendosi in un sorriso tutto fuorchè rassicurante, rispose:

-Esattamente. Io posso cancellare dalla tua mente il suo ricordo, devi solo chiedermelo. Andiamo, a cosa ti serve riavere una persona che consideravi come una sorella e che invece si è rivelata l'ennesima presenza vuota e falsa della tua vita?-

Lei, continuando a fissarlo negli occhi, riuscì finalmente ad alzarsi. Tirò un profondo respiro, come a voler trovare dentro di sé quel coraggio mai avuto.

-Ti prego, riportami Mel- disse, con voce ferma, nonostante la supplica.

-Suvvia, te lo ripeto: dimenticala e in cambio io posso far diventare realtà ogni tuo desiderio-

Alzò una mano di fronte al suo viso, palmo verso l'alto, e da quella nacquero tante palline dorate che, formando un ovale, mostrarono l'immagine di Penny e Rose. Lui sapeva che ogni desiderio di Eileen si rifaceva inevitabilmente a quelle due umane.

-No- rispose però la ragazza, irremovibile, anche se per un attimo gli era sembrato di esser riuscito a farla cedere.

-Sei noiosa, ragazzina. D'accordo, facciamo in un altro modo-

Veloce come un falco si avvicinò a lei senza neanche darle il tempo di respirare. Con impeto le circondò la vita con un braccio, schiacciandola contro il suo petto.

-C...cosa...stai facendo?- balbettò la bionda, puntando le mani e tentando di allontanarlo, ovviamente senza riuscirci.

Sentì il viso avvampare da quella vicinanza, nonostante a stringerla fosse lo sconosciuto che aveva appena rapito Melany. Alzò lo sguardo, sperando che incrociando nuovamente il suo volto insolente e strafottente riuscisse a farle abbandonare ogni imbarazzo. Purtroppo, però, senza che lei lo volesse, sortì l'effetto contrario.

Quando incrociò gli occhi di lui rimase come incantata, come se quei due specchi bicolore dessero una visione su un altro mondo, rendendo quell'arrogante ragazzo una presenza ancora più magica e misteriosa. Non era umano, questo lo aveva ormai capito, ma, nonostante la sua fervida immaginazione, non riusciva a classificarlo.

Quello strano incantesimo fu rotto dalla sua risata.

-Ragazzina, se non chiudi la bocca ti entreranno le mosche-

Eileen, inconsapevolmente, ubbidì, mentre distoglieva lo sguardo colmo di rabbia.

-Ma chi ti credi di essere?- ringhiò poi.

-Mi pare di avertelo già detto, ma riprenderemo dopo questo discorso. Per adesso ti conviene reggerti-

-E perchè mai...- ma non concluse la frase che un forte vento li investì entrambi.

La ragazza chiuse gli occhi, mentre le parve di udire uno schiocco di dita. D'istinto la presa si strinse attorno al tessuto della camicia del principe.

Poi, come era cominciato, il vento cessò:

-Puoi anche staccarti adesso, ragazzina, a meno che tu non abbia intenzione di concendermi una diversa ricompensa- sussurrò malizioso la voce di lui ad un suo orecchio.

Eileen spalancò gli occhi, per poi, con un rapido movimento, sgusciare via dalla sua viscida stretta.

-Non osare mai più toccarmi- disse tra i denti.

-Non arrabbiarti, stavo prendendoti solo in giro. Non ci tengo davvero a perdere tempo con una come te quando posso avere le più belle Sidhe del regno nel mio letto-

-Neanche tu sei il mio tipo, bamboccio-

Poi prestò attenzione alla parola che lui aveva appena pronunciato: Sidhe.

Ricordava di averla letta anni prima in un vecchio libro trovato dalla signora Peterson sulle antiche leggende gaeliche. I Sidhe erano raffigurati come fate o, globalmente, come il piccolo popolo.

Solo in quel momento si rese conto di non trovarsi più nel salotto di Melany, ma in uno spiazzo molto più ampio. La collinetta arida e di terra rossa sulla quale si trovava assieme al principe sovrastava una grande vallata, nella quale sorgeva una struttura che a prima vista pareva un intricato labirinto, al cui centro stava un alto palazzo, non certo come quello delle fiabe, ma che incuteva comunque rispetto.

La testa aveva improvvisamente smesso di farle male, per questo si portò lentamente una mano dove pochi minuti prima si trovava il taglio che Melany le aveva provocato. Quando allontanò le dita dalla ferita, notò che erano completamente pulite, come se non fosse mai stata colpita.

-Ti piace il mio regno?-

La voce vicina di lui la colse di sorpresa, facendola sobbalzare.

-Perchè mi hai portato qui?-

-Beh, rivolevi la tua amica, no? Ti do tredici ore per affrontare il mio labirinto. Se entro quel tempo non sarai giunta al castello, allora la cara e dolce Melany sarà mia per sempre- e detto ciò svanì, senza che Eileen potesse ribattere in alcun modo, lasciandosi dietro la sua odiosa risata.

La ragazza, ritrovandosi sola in quello strano mondo, fissò per un attimo le intricate strade del dedalo, cercando di trovarne una logica, ma le risultò pressocchè impossibile. Alzò gli occhi al cielo, liberandosi in un grido di pura frustrazione.

-Ràl, giuro che se mai riuscirò a raggiungere il tuo dannato castello ti farò passare la voglia di ridere- dichiarò.

Dopodichè, facendosi coraggio, prese a ridiscendere la collinetta, avvicinandosi al labirinto.

 

* *

 

Il giovane sorrise alla minaccia della ragazza, beffandosi della sua espressione frustrata e arrabbiata. Per un attimo, quando l'aveva vista piagnucolante in ginocchio ai suoi piedi, aveva temuto di aver commesso un errore, di aver sbagliato persona. E invece le sue prime impressioni erano state giuste.

Che fosse un caso che il libro fosse finito proprio nelle mani di quella ragazzina? No, a suo parere niente avviene per caso. Era quindi sicuro che quella piccola e frignante umana sarebbe stata un bel nutrimento per il suo labirinto.

Mentre stava già beandosi del suo operato, le porta della sala del trono si spalancarono, dando la visione di una figura imponente che avanzava a passo marziale verso di lui.

-Ràl, esigo spiegazioni!!- tuonò la sua voce.

-Anch'io sono felice di vedervi, “padre”- rispose il ragazzo, regalando una nota di ovvio disappunto sull'ultima parola.

-Smetti di fingere- affermò sarcastico l'altro, mentre, con le braccia incrociate sul petto, fissava il figlio negli occhi, così uguali ai suoi.

-D'accordo. Ancora non capisco cosa vi porti a palazzo. Vi mancavo, forse?-

Il Sidhe dai lunghi capelli color dell'oro puntò il dito contro la superficie a specchio, contornata da un'eterea foschia che la manteneva sollevata a mezz'aria, nella quale ancora si vedeva il volto dell'umana.

-Questo mi porta qui, “figliolo”. Perchè hai riportato un'umana nel labirinto?-

-Non vedo dove stia il problema- rispose l'altro, sedendosi meglio sul suo trono e incrociando le dita all'altezza del naso, poggiando entrambi i gomiti sui braccioli.

-Il problema è che un abitante dell'Aboveground tra le mura del labirinto può significarne lo squilibrio e quindi la distruzione-

-Non mi pare di essere stato il primo a farlo-

Il pensiero del re corse subito alla sua consorte. Forse era stato un errore raccontare al figlio le origini della madre.

-Era diverso- scandì allora il Sidhe biondo, irrigidendo la mascella.

-Esatto, era diverso. Questa ragazza non è mia madre, non riuscirà a raggiungere il centro del labirinto prima dello scadere del tempo. Non ha la benchè minima idea di quello che l'aspetta, in quanto non le ho dato il tempo per documentarsi tramite il libro. Quella sempliciotta perderà e il dedalo avrà solo di che giovarne-

Il padre stavolta rimase in silenzio, puntando lo sguardo sull'immagine di quell'umana che lo specchio rimandava. Per un attimo aveva colto in quegl'occhi un baluginìo familiare, già visto molti anni prima. Possibile che il figlio fosse così cieco? Oppure era lui che si preoccupava per niente?

Molte volte la moglie aveva fermato le sue intenzioni di intervenire personalmente sullo scarso interessamente del figlio per il suo regno, dicendogli che avrebbe dovuto lasciarlo sbagliare e poi correggere, in modo che lui stesso capisse dai suoi errori.

E così decise anche quella volta.

Con un fruscìo di vesti dette le spalle al trono. Mentre si dirigeva verso la porta, disse:

-Fai quello che ti pare, non ti fermerò. Se avrai bisogno di me, dai dove trovarmi. Non sottovalutare gli umani, potrebbero sorprenderti-

Dopodichè se ne andò.

Rimasto solo, Ràl si schiuse in un sorrisetto maligno, sussurrando:

-Spero proprio di rimanere sorpreso-





NDA 
Ed eccomi di ritorno con il terzo capitolo, anche se ho notato che la storia non sta avendo un gran successo. Fa niente, andrò avanti lo stesso.
Ringrazio comunque chi recensisce e mi segue. Un saluto e al prossimo lunedì.

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Capitolo 6
*** Tra le mura del labirinto ***




 

CAPITOLO IV

 

Si passò una mano sulla fronte, asciugando il sottile strato di sudore che si era formato a causa della camminata. Pareva che le mura di quel dannatissimo labirinto non giungessero mai, anzi, si allontanassero sempre di più. Che fosse un'illusione? Che fosse un modo per farle abbandonare ogni buona intenzione?

Dopo una scarpinata che le parve fosse durata ore, finalmente Eileen se le trovò di fronte, alte, ricoperte di muschio e rampicanti e costruite con mattoni che parevano non avere un chiaro ordine architettonico. Ma la cosa che maggiormente la sconvolse fu il fatto di non riuscire a scorgere niente che somigliasse ad un'entrata.

Provò a camminare ancora per un centinaio di metri, senza successo. Le mura continuavano ad essere lisce e intatte a perdita d'occhio.

Eileen si avvicinò allora ad una sezione dell'infinita parete, provando a poggiarvi sopra una mano, forse nel vano tentativo di avvertire una decrescenza e scoprire un qualche strano effetto ottico.

Non appena però il palmo sfiorò la pietra fu letteralmente aggredita da quella sottospecie di rampicante che la ricopriva. Si allontanò appena in tempo, prima di rimanervi imprigionata.

-Ma stiamo scherzando?- disse, mentre continuava a far vagare lo sguardo, sconsolata, tentando nel frattempo di calmare il respiro.

D'un tratto la sua attenzione fu attirata da quello che pareva un debole singhiozzo. Si guardò intorno, ma non vide nessuno. Che fosse un altro dei trucchi di Ràl?

Prese però a seguire il lamento, come se una parte di lei glielo stesse imponendo, allontanandosi così dalle mura. La sua ricerca durò poco, dato che in pochi passi raggiunse un cespuglio di quelle che parevano delle anormali piante carnivore. I singhiozzi parevano provenire proprio da là.

La ragazza si piegò allora sulle ginocchia, avvicinandosi ulteriormente, dimentica che in quel mondo tutto poteva essere nocivo e pericoloso.

-C'è nessuno?- chiese con un filo di voce, sobbalzando quando una delle bocche si mosse, come se qualcuno si trovasse imprigionato al suo interno.

Se non si fosse trovata in quell'assurda situazione, probabilmente avrebbe pensato fosse impossibile.

-Meno male, qualcuno mi ha sentito. Chiunque tu sia, ti prego, aiutami!!-

Eileen giurò di aver sentito quella vocina squillante provenire proprio da dietro il fiore.

-Dimmi come tirarti fuori di lì e ti aiuterò volentieri- rispose allora, sentendosi una pazza.

-Devi aprire questa dannatissima bocca!!- imprecò la vocina, indispettita, come se fosse la cosa più normale del mondo.

-Questo l'avevo capito, ma ho bisogno di sapere come-

-Non è ovvio? Falle il solletico-

Silenzio. Questo era davvero troppo. Fare il solletico ad una pianta? Ma erano tutti pazzi in quel mondo?

-Stai scherzando, vero?-

-Ti sembra una situazione in cui mi piacerebbe scherzare?-

-Hai ragione, scusa. Bene, allora vediamo un po'...-

Titubante, la ragazza portò due dita sotto la bocca della pianta, cominciando a sfiorarla, sempre con maggior decisione. All'inizio non accadde niente, poi il fiore prese a contorcersi e, in seguito, a “ridere”.

Si, esatto, proprio a ridere. Lei rimase sconvolta da quella reazione, ma non si fermò. Quando però la pianta prese a simulare una sorta di violento starnuto, fece un passo indietro.

In quello che parve un atto quasi umano, il fiore letteralmente starnutì, facendo schizzare all'esterno qualunque cosa ci fosse dentro la sua bocca. Una piccola sagoma venne sputata fuori, atterrando in un solitario cespuglio distante qualche metro.

Trascorse qualche secondo, durante il quale Eileen spostò lo sguardo dal fiore al cespuglio e viceversa, incredula. Aveva appena provocato uno starnuto ad una pianta!!

Le cose erano due: o era pazza e stava sognando quasi ogni cosa, oppure quel posto era reale e le stava facendo perdere la ragione. In entrambi i casi era lei che ci rimetteva.

Quando vide le foglie del cespuglio muoversi, si alzò in piedi e lo raggiunse con passo incerto. Udì la stessa voce di poco prima imprecare contro una certa congrega che, da quello che riuscì a capire, sembrava fosse la causa dell'inaspettato guaio nel quale il misterioso esserino si era cacciato.

Prima che la ragazza potesse muovere un altro passo, dall'ammasso di arbusti uscì una creaturina alta circa venti centimetri, un buffo cappellino in testa e un completino verde foglia indosso. Sulla schiena si aprivano due fragili ali. I capelli erano corti e color carota.

L'esserino si stava energicamente spolverando dalla terra che l'aveva ricoperta nella caduta, quando finalmente di accorse di Eileen.

La ragazza trasalì, in quanto quella assomigliava in maniera impressionante ad una versione più adulta di Penny.

In compenso la creaturina le rilanciò uno sguardo a dir poco meravigliato.

-Un essere umano?- sussurrò.

Poi fece un balzo indietro, spaventando anche la bionda.

-Cosa ci fa un umano a Goblin?!?-

-Sono stata trascinata qui da un certo Ràl, il quale ha portato via una persona a cui tengo. Se voglio liberarla devo giungere al castello prima dello scadere di tredici ore-

-Quindi è stato il principe a portarti qui e costringerti a superare il labirinto?-

La giovane in miniatura pareva scettica.

-E' quello che ho detto. Il problema però è che non riesco a trovare neanche l'entrata. Non è che potresti aiutarmi?-

Di colpo la creaturina assunse un'espressione solenne e una posa impettita, come se stesse prestando un giuramento.

-Mi hai salvato la vita, umana, quindi sono in debito con te. Una pixie onora sempre i suoi debiti- e detto questo si diresse una delle pareti esterne del labirinto.

La ragazza rimase impalata per qualche secondo.

-Una pixie?- pensò, convinta che alla piccola Penny quel mondo sarebbe piaciuto molto più che a lei.

-Allora? Che ti prende?- sentì pronunciare all'acuta vocina della fatina.

-Niente niente. È solo che tutto questo è terribilmente nuovo per me. Fino ad oggi pensavo che i racconti che adoro leggere fossero tutto fantasie. Comunque io mi chiamo Eileen-

-Fantasie che tali devono rimanere. Non vogliamo certo essere invasi da turisti quaggiù-

-Ma dicendo “quaggiù”, cosa intendi di preciso?-

-Siamo in quello che noi chiamiamo Underground, un luogo popolato da ogni creatura magica di cui parlano le vostre leggende e pressocchè impossibile da raggiungere per gli umani, a meno che non siamo noi a volerlo. L'ultima volta che qualcuno come te ha messo piede qua è stato molto tempo fa-

Si erano entrambe fermate dinnanzi una sezione di muro che stranamente era sgombro di quei minacciosi rampicanti. Strano che Eileen non lo avesse notato prima.

La pixie si avvicinò ad uno dei mattoni più bassi.

-Sai, a noi capita spesso di uscire dai confini del labirinto, quindi abbiamo bisogno anche di un modo per rientrare, dato che ci è impossibile volare al di sopra delle mura- disse la creaturina notando l'espressione confusa della bionda.

Dopodichè premette leggermente su uno dei mattoni. Il suono irritante della pietra che sfregava l'una sull'altra costrinse Eileen a stringere i denti a causa del fastidio.

Dopo qualche secondo la ragazza di trovò ad ammirare un'apertura, la quale rivelava la successiva fila di mura.

-Ecco a te. Adesso puoi finalmente iniziare il tuo viaggio e io ti aiuterò. In questo caso salderò il mio debito. A proposito, puoi chiamarmi Loli- e detto ciò la pixie entrò, seguita da una Eileen ancora non del tutto convinta.

 

La ragazza aveva sperato che il suo incontro con la pixie le avrebbe facilitato il percorso fino al castello, ma ben presto si accorse che neanche Loli era capace di orientarsi in quel dannato dedalo. Erano in cammino da quella che le parve essere un'ora buona e la sua piccola guida aveva già sbagliato strada forse una ventina di volte.

D'un tratto, fermandosi di botto, la pixie si voltò verso la bionda, visibilmente dispiaciuta.

-Sono mortificata. Le strade del labirinto cambiano di continuo-

-Come sarebbe a dire che cambiano?!?-

-Questo luogo è magico e muta a seconda della volontà del suo reggente-

-Quindi è inutile. Quel dannato non mi permetterà mai di salvare Melany-

La pixie abbassò lo sguardo, senza però rispondere.

-Mi spiace, ma non ci stò. Non sono mai stata un burattino nelle mani di nessuno e non comincerò certo adesso. Non mi interessa se il labirinto cambia, io riuscirò ad arrivare al centro e liberare la mia amica-

-Bisogna vedere se io te lo permetterò- disse una voce alle loro spalle.

Appollaiato svogliatamente su uno dei muri stava proprio l'oggetto dei loro discorso, il quale continuava a mantenere il suo sorrisetto strafottente sul volto.

-Non si era parlato di barare- ringhiò Eileen, mettendosi sulla difensiva.

Il principe fissò per un attimo quegli occhi color del cielo, cangianti in ametista, e avvertì distintamente il brivido della sfida scuotergli il corpo. Allargò ulteriormente il suo sorriso.

Quella ragazzina si stava rivelando più interessante e stimolante del previsto.

Dopodichè, con un colpo di bacino, planò giù dal muro, toccando terra con una leggerezza tale da sembrare privo di peso.

-Vedo però che sei ugualmente riuscita a trovare l'entrata, anche se ti ci è voluto un “piccolo” aiuto- riprese poi, puntando lo sguardo sulla pixie, la quale però non si fece per nulla intimidire.

-Devo un favore a questa ragazza. Le ho promesso che l'avrei aiutata ad affrontare il labirinto ed è quello che ho intenzione di fare-

Gli occhi di Ràl si incupirono all'istante.

-Credevo che anche le pixie dovessero sottostare alle leggi del labirinto e del suo sovrano. Nonostante a molti di voi non vada a genio, adesso sono io il re e voi mi dovete obbedienza. Quindi attenta a quello che fai, fatina. Potrebbe rivelarsi pericoloso-

Di colpo però il contatto visivo tra i due fu interrotto da una intraprendente Eileen che, udita la minaccia e temendo per l'amica, si era posta tra di loro.

-Che cosa vuoi?- chiese allora, seria.

L'espressione beffarda tornò sul volto di lui.

-Volevo solo venire a comunicarti che due ore sono passate e che te ne rimangono undici per tentare di salvare la tua amica-

-Sei stato gentile, ma non era necessario. Più che altro non ne avevo bisogno-

-D'accordo. Vorrà dire che smetterò di fare il gentiluomo. Buona fortuna-

Prima però che sparisse nuovamente, la ragazza disse:

-Aspetta!!-

-Che vuoi?-

-Ti propongo un patto: dovrai smettere di intralciarmi. Non ti costa niente, in fondo, dato che sembri tanto sicuro che non ce la farò-

-E io cosa ci guadagno?-

-Un debito da parte mia che riscatterai quando reputerai giunto il momento-

Ràl ci pensò un attimo, probabilmente cercando un tipo di fregatura. Poi rispose:

-Concesso- e si volatilizzò.

La ragazza potè tornare a respirare.

 

-Ma sei impazzita?!?- esclamò Loli non appena il principe fu sparito.

-Non ti seguo-

-Come ti è venuto in mente di fare un patto con lui? Non lo rispetterà mai-

-E che scelta avevo? Almeno gli ho dato il beneficio del dubbio. Adesso andiamo, dato che abbiamo i minuti contati, letteralmente- sorrise Eileen e, senza pensarci, imboccò l'ennesima diramazione.

Loli le stava dietro, guardinga. Non si fidava delle promesse del principe. Era risaputo che in quanto a malignità e comportamento subdolo era secondo solo a suo padre. Inoltre gli pareva alquanto strano che d'improvviso il neo- sovrano si fosse interessato alle questioni del regno. Un umano nel labirinto non era mai una buona cosa.

-Come mai così silenziosa?- la riscosse la voce di Eileen.

-Pensavo a come ha fatto la tua amica a finire quaggiù-

La bionda distolse inconsapevolmente lo sguardo, puntandolo sui suoi piedi.

-L'ho desiderato io-

La pixie rimase in silenzio, probabilmente attendendo il resto della storia. La ragazza sospirò, poi riprese:

-Abbiamo discusso per un ragazzo. A dire il vero il soggetto in questione è un autentico bastardo, il quale prende in giro molte ragazze, compresa Melany. Io ho cercato di dirglielo, ma lei ha pensato che avessi intenzione di portarglielo via con una bugia. Sono uscite dalla sua bocca parole davvero crudeli ed è stato allora, in un momento di poca lucidità, che ho desiderato che gli gnomi la portassero via-

Loli continuava a rimanere in silenzio, quando fu spiazzata da una risata di Eileen. Alzò lo sguardo e la vide sorridere, anche se i suoi occhi erano lucidi.

-Bella situazione, non c'è che dire. Forse Ràl ha ragione. Fallirò e Melany sarà perduta per colpa mia. Devo però riuscire a salvarla, almeno questo glielo devo-

-Non sono una veggente, quindi non posso parlare con sicurezza di quello che potrà accadere, ma una cosa è certa: io ti aiuterò a tornare a casa, assieme alla tua amica-

-Grazie-

D'improvviso la strada che avevano imboccato prese ad allargarsi, sino a sfociae in quella che pareva una vera e propria piazzetta, lastricata con grandi mattonelle consumate di pietra grezza. Al centro di questa stava un piedistallo vuoto.

Eileen si guardò intorno, non trovando però altre apparenti vie d'uscita.

-Credo che abbiamo di nuovo sbagliato strada. Torniamo indietro-

Quando però entrambe si voltarono, la via della quale erano arrivate era sparita. Al suo posto solo la pietra delle mura.

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Capitolo 7
*** Primo ***




 

CAPITOLO V
 

         -Ma che succede?!?- chiese sconcertata Eileen, andando a tastare nervosamente la parte di muro dove prima si trovava la loro unica via d’uscita.

   -Te l’ho detto, il labirinto cambia continuamente- rispose Loli, la quale non pareva per niente preoccupata.

   -Ma Ràl aveva promesso che non avrebbe più interferito- disse l’altra, un sorriso nervoso che le si allargava sulle labbra.

   -Infatti, non in ogni caso è colpa del sovrano, sempre se vogliamo davvero credere alla sua buona fede. Si dice che il dedalo costituisca una sorta di esistenza a sè stante, una volontà diversa da quella del suo re, come se fosse una creatura che ha una sua vita. In molti casi si racconta che il labirinto e il re di Goblin abbiano semplicemente stretto un patto-

   -Perfetto, ci mancava solo questa- sospirò Eileen, distanziandosi dal muro e tornando a fissare il centro della piccola piazza.

   -Sicuramente ci sarà una via o un modo per rivelarla. Dobbiamo solo cercare-

   -Ovviamente. Una cosa che funzioni normalmente, no?- sussurrò la bionda, avvicinandosi ad un’altra sezione delle mura concentriche e passandovi sopra le mani, come a voler cercare qualcosa che il suo occhio non riusciva a scorgere.

Cercarono per quelle che parvero ore, senza risultato.

   -Mi arrendo- sospirò allora la ragazza, lasciandosi scivolare con la schiena contro il basamento di pietra al centro della piazza, le ginocchia strette al petto.

   -Avanti, amica mia, se lasci perdere adesso come farai a salvare Melany?- chiese Loli, poggiandosi con il mento sulle ginocchia di lei.

   -Hai ragione, in fondo è tutta colpa mia. Una parte di me però non riesce a non pensare a ciò che mi ha detto prima di sparire. Avresti dovuto vedere i suoi occhi, Loli, lei in quel momento mi odiava…-

   -Eileen, è ciò che Ràl e il labirinto vogliono, che tu ti arrenda. Se lo farai avranno vinto. Quindi adesso alzati e rimettiamoci a cercare-

Mentre la bionda si rimetteva in piedi, sospirando, la pixie notò qualcosa sul basamento che prima non avevano notato.

Si avvicinò alla pietra, fissando il simbolo scolpito. In quel momento l’altra, voltandosi e vedendo la reazione della creaturina, le si avvicinò.

   -Trovato qualcosa?- chiese.

   -Questo simbolo. Nella lingua fatata significa “primo”-

   -Primo? Che vuol dire?-

La pixie mosse un passo indietro, facendosi pensierosa.

   -Si dice che quando Ràl subentrò al padre sul trono fece si che le porte del castello divenissero inespugnabili. Per questo fece forgiare cinque chiavi che nascose in cinque punti del labirinto, protette da un indovinello. Fino a questo momento nessuno di noi creature si era mai imbattuto in uno dei cinque “fuochi”, quindi pensavamo che fosse tutta una storia per tentare di rendere Ràl in qualche modo spaventoso e degno di rispetto. A quanto pare però non era solo una fandonia, ma qualcosa di reale. Ma perché qui? Perché ora?-

   -Non so risponderti, ma da quello che ho capito ci occorrono tutte e cinque le chiavi per arrivare al centro del labirinto-

   -Esatto-

   -Bene, ma io non vedo nessun indovinello-

Loli non le rispose, avvicinandosi nuovamente al simbolo e, dopo averlo sfiorato, lo premette.

Un improvviso terremoto scosse la terra. La fatina si avvicinò preoccupata ad Eileen, mentre entrambi videro cinque aree nascoste aprirsi in modo consequenziale. All’interno di ognuna stava una statua che raffigurava una creatura diversa: una fata, un drago, un goblin, uno gnomo e un essere umano.

   -Sai che ti dico, Loli? Il principe dovrebbe trovarsi un passatempo un po’ più normale. Ha mai pensato ai francobolli?-

La pixie le rivolse uno sguardo confuso.

   -Lascia stare- rispose la ragazza, arresa.

   -Dunque, dov’è questo indovinello?- chiese poi.

   -Guarda-

La bionda si voltò nuovamente verso il basamento, notando che anche su quello si era aperto uno scomparto segreto.

   -Riesci a leggerlo?- chiese alla piccola amica.

   -Aspetta. Si, anche questa è lingua fatata. Dice all’incirca così:

“Coloro che credono solo all’occhio che vede

a loro le strade del magico da sempre vietate,

all’essere che solo ragione possiede

le nostre presenze da sempre celate.

Mura cangianti nel dedalo infinito

rendono la prova un sentiero gremito

di trappole e follie che la mente divorano

E in questa realtà alla fine dimorano”-

Quando Loli ebbe concluso, la ragazza si fece pensierosa.

   -Cosa vuol dire? Beh, in fondo è facile, non ci resta che provare ognuna delle statue finchè non troviamo quella giusta- e la bionda fece per dirigersi verso quella che raffigurava la fata.

   -Ferma!! Le ultime due righe dicono che se sbagliamo ce ne pentiremo-

   -E spiega come?-

   -No, lascio spazio alla tua immaginazione-

   -Voleva essere una battuta? Perché, per la cronaca, non faceva ridere-

 

         Ràl fissava l’immagine dell’umana seduto scompostamente sullo stesso trono che un tempo era appartenuto a suo padre, il re di cui ancora si raccontava nelle terre di Goblin, colui che aveva avuto l’audacia o la stoltezza di sfidare un umano, l’essere più imprevedibile e ingestibile che divinità avesse creato, ad un gioco volubile come quello del labirinto, venendone irrimediabilmente sconfitto e distrutto.

Il principe pensò che a lui non sarebbe successo. Sarebbe riuscito a sottomettere quella sciocca umana, facendo così tornare il regno del labirinto ad essere conosciuto, rispettato e temuto. Avrebbe dimostrato quanto lui potesse essere meglio di suo padre.

Avrebbe vinto, in un modo o nell’altro.

D’un tratto un sospiro si levò nel silenzio della stanza, un lamento lo fece voltare verso una figura riversa ai piedi del trono, stesa a terra sino a quel momento.

Gli occhi di Ràl si assottigliarono, mentre il sorriso maligno si allargava ulteriormente.

Una testa di folti capelli castani si sollevò un poco da terra, lanciandosi una palesemente confusa occhiata attorno.

   -Finalmente…il sonno è stato di tuo gradimento?- chiese il principe, una nota velenosa nella voce.

In fondo quella ragazza non era di suo interesse, era stata solo il mezzo per far raggiungere quel posto alla sua vera preda.

   -Dove sono?- chiese una voce impastata.

   -Sei a Goblin- rispose annoiato il sovrano, distogliendo lo sguardo dal grande specchio e poggiando una guancia sul pugno chiuso, abbassando per un attimo le palpebre.

   -Goblin? Come ci sono finita? Sto sognando? È uno scherzo?-

   -No, non stai sognando e non ho certo tempo di scherzare. È stata la tua amica a mandarti qui-

   -Eileen? Non è possibile, sto decisamente sognando- disse la ragazza cocciuta, premendosi le tempie con i pugni chiusi e schiudendosi in un’espressione incredula e nervosa.

   -Sul serio lo credi? Allora spera davvero che prima o poi ti sveglierai, in quanto se la cara Eileen perde, tu resterai qui per sempre e non certo con l’aspetto che hai adesso-

   -Quindi è tutto vero? È stata quella traditrice a condannarmi a questo?-

Non seppe bene perché, ma ad udire quell’epiteto qualcosa montò nel corpo di Ràl, un moto di stizza e anche fastidio, tanto che, senza rendersene conto, si alzò con impeto dal suo trono, avvicinandosi ad una spaventata Melany.

   -Come osi, ragazzina?!?! Quanto infimo può essere il tuo animo? Se non fosse che mi servi per attirarla qui, a quest’ora ti avrei già scaraventato in uno dei buchi più putridi e profondi del mio labirinto. Adesso sparisci, prima che mi penta di qualche mia sconsiderata azione- e, con uno schiocco di dita, la bruna sparì.

Esausto da quello sfogo si lasciò cadere sul trono, lo sguardo fisso sul soffitto, mentre il viso veniva nascosto dai ciuffi corvini. Il cuore batteva come un tamburo, mentre gli arti formicolavano. Si portò una mano sugli occhi, sospirando.

Ma che diamine gli era preso?

 

         Eileen e Loli stavano in silenzio, cercando una soluzione che però non arrivava. Avevano una possibilità su cinque e le statistiche non erano certo dalla loro.

In quel momento, sospirando, la pixie si lasciò cadere a terra.

   -Basta, mi arrendo-

Ad Eileen scappò un sorriso.

   -Andiamo Loli, non eri tu quella che diceva che non dovevamo farlo perché questo è quello che Ràl e il labirinto vogliono? Beh, il tuo discorso mi ha convinto, ma sembra che adesso tu lo debba applicare su te stessa-

   -Forse dovevo essere impazzita o solo colpita da un improvviso senso del verbo per dire quelle cose. Non riesco a trovare una risposta a questo cavolo di indovinello-

   -Non possiamo rinunciare-

   -Eileen, scusa la franchezza, ma cosa speri di ottenere?-

   -Non saprei, ma non ho comunque intenzione di arrendermi, ora meno di prima-

Detto ciò la bionda si accomodò accanto alla pixie e, continuando a recitare l’indovinello come una filastrocca, chiuse gli occhi. D’un tratto avvertì come se il suo corpo venisse attraversato da un fulmine e ogni suo muscolo si irrigidì. Sentì la voce di Loli lontana che la chiamava, probabilmente perché si era resa conto di ciò che le stava accadendo.

Più tentava di aprire gli occhi e meno ci riusciva, sentendo come se le palpebre fossero pesanti come blocchi di cemento.

D’improvviso, nell’oscurità della sua mente, si accesero cinque scintille incandescenti, mentre nell’aria avvertiva danzare una melodia, la quale le ricordava un lontano sogno. A poco a poco le scintille le si avvicinarono, delineandosi in delle figure, che in pochi secondi capì trattarsi delle cinque statue. Poi, di colpo, solo una continuò a brillare, mentre le altre si spensero: era quella che raffigurava l’essere umano.

Una sensazione di profonda paura si propagò in lei, in quanto capì immediatamente di aver trovato la soluzione, ma non riusciva a capacitarsi di come fosse possibile. Era come se qualcosa dentro di lei sapesse già le risposte prima di porre le domande giuste, come se tutta quell’assurda situazione avesse d’improvviso assunto i tratti di un remoto ricordo.

Come se il torpore l’avesse d’un tratto abbandonata, spalancò nuovamente gli occhi, trovandosi a specchiarsi in quelli verdi della pixie, la quale la fissava, preoccupata.

   -Oh, Eileen, meno male ti sei svegliata. Sei caduta a terra come un sacco di patate e per quanto mi sforzassi non accennavi ad aprire gli occhi. Cosa è successo?-

   -Non lo so Loli, non so spiegarmelo. Posso dirti solo che credo di aver risolto l’indovinello-

   -Come?-

   -Non chiedermelo-

   -Ne sei sicura?-

   -C’è solo un modo per scoprirlo-

Lentamente si rimise in piedi, anche se per un attimo le sembrò che le gambe l’avrebbero abbandonata da un momento all’altro. Con passo barcollante come quello di un ubriaco, la testa che le pulsava e gli occhi che le bruciavano, si diresse verso la statua dell’essere umano.

Stava per toccarla, quando avvertì una presa all’orlo della maglietta. Si voltò, incontrando nuovamente lo sguardo preoccupato di Loli.

   -Eileen, non possiamo rischiare-

La bionda allora sorrise.

   -Andrà tutto bene- le rispose e con decisione poggiò il palmo della mano sulla fredda pietra della statua.

La terra prese a tremare di nuovo, mentre l’effige rientrava dentro il muro. Per un attimo gli occhi, freddi e vuoti sino a quel momento, si illuminarono, come a voler dire qualcosa. Dopodiché la statua collassò su se stessa, riducendosi in mille pezzi.

Di colpo le scosse finirono, mentre un rumore meccanico si udì alle spalle delle due. Entrambe si voltarono, notando il basamento di pietra aprirsi e da quello sorgere un piedistallo.

Loli rimase impalata dov’era, probabilmente troppo spaventata da ciò che era appena accaduto, mentre Eileen, anche se titubante, si avvicinò.

Sopra il piedistallo appena apparso, stava una strana chiave dalla testa rotonda e soli tre denti, di un materiale che pareva quarzo. Con mano tremante la giovane la afferrò e, tirando un sospiro di sollievo, non accadde niente.

Se la rigirò per un attimo tra le mani, poi si voltò sorridendo verso la pixie, mostrandole il loro premio.

   -Come hai fatto?- chiese Loli, la voce che ancora le tremava.

La ragazza tornò seria.

   -Non ne sono sicura-

 

         Ràl avvertì una fitta al petto, come una stilettata. Si piegò su se stesso gemendo, ma subito un sorriso compiaciuto si allargò sulle sue labbra.

   -E così è riuscita a recuperare la prima chiave. Bene-

Si, pensò che la sua preda era decisamente quella giusta.

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Capitolo 8
*** Ser Cusan ***




 

CAPITOLO VI

 

Poco dopo che la statua si era sgretolata, con un rumore sordo e una gran quantità di polvere, una via si era aperta nelle mura circolari. Eileen e Loli avevano entrambe tirato un sospiro di sollievo e, temendo che l’uscita potesse richiudersi da un momento all’altro, si erano affrettate a rientrare nelle vie contorte del dedalo.

-Ancora non riesco a capire come hai fatto- disse ad un tratto la pixie, poco avanti alla ragazza, prima di svoltare l’ennesimo angolo.

-E’ stato strano. Era come se stessi ricordando qualcosa che in realtà non ho mai vissuto. Che sia stato un altro trucco del principe?-

-Pensi davvero che Ràl ti aiuterebbe a vincere il suo gioco? Non penso che sia stato lui, ma qualcosa di diverso che a questo punto impongo a me stessa di scoprire. Sei una ragazza particolare, Eileen, e io sono sempre più convinta che non sia un caso che tu sia finita qui nel labirinto dopo così tanto tempo-

-Ecco, era una delle domande che volevo porti. Da quello che mi hai detto fino a questo momento sono riuscita a capire di non essere stata la prima a prestarmi a quest’assurda spedizione. Vuoi raccontarmi la vicenda?-

Loli si fermò un attimo, come se fosse indecisa, poi, schiarendosi la voce, disse:

-Anni fa ci fu una Campionessa del labirinto, una ragazzina alla quale il precedente re di Goblin aveva rapito il fratellino, ovviamente sotto sua richiesta. Pentita del suo desiderio, lei cercò di riavere indietro il bambino, ma il re non volle sentire ragione. Così la sfidò al gioco del labirinto, convinto che l’umana non sarebbe mai riuscita a vincere, ma in fondo si sbagliò-

-Cosa accadde poi?-

-Il re perse. È tutto quello che posso dirti per il momento-

Eileen però avvertì nel tono della pixie una nota che assomigliava molto a paura.

-Cosa accadde, Loli- insistette.

-Il labirinto collassò, attraversando un periodo grigio e cupo. Il re quasi impazzì-

La bionda allora smise per un attimo di camminare.

-Vuoi dire che se anche io vincessi il gioco, allora il labirinto finirebbe di nuovo abbandonato e distrutto?-

L’altra non rispose e quel silenzio valse più di mille parole.

-Ma in questo modo anche voi creature ci andreste di mezzo. Perché allora mi stai aiutando?-

La pixie si voltò, sorridendo appena:

-Perché penso sia la cosa giusta da fare-

Prima che la bionda potesse aggiungere qualcosa, delle risate per niente rassicuranti risuonarono tutte intorno a loro. Solo in quel momento le due si accorsero che la fisionomia del paesaggio era cambiata, in quanto sembrava si trovassero in una sorta di giungla scura e incolta.

Loli si irrigidì:

-Oh, no- sussurrò, arretrando di un passo.

-“Oh no”, cosa?- chiese Eileen, la quale si era improvvisamente fatta contagiare dalla paura risvegliata nella piccola amica.

-Dobbiamo andarcene da qui- rispose la pixie, mentre le risate isteriche intorno a loro andavano intensificandosi.

Mentre le due si voltavano tentando di mettere più metri possibili tra loro e la possibile minaccia, davanti alla ragazza apparve all'improvviso una creatura singolare, ricoperta da una folta pelliccia rossa e con il muso assomigliante al becco di un uccello, la quale saltellava ad un ritmo quasi ipnotico.

Lei, spaventata, arretrò, percependo però il contatto con la schiena di Loli. Voltandosi vide che anche la via dell'amica era bloccata da una creatura simile all'altra.

-Ma che succede?!? Cosa sono questi esseri?!?-

-Sono Fireys e, prima che tu me lo chieda, non sono del tutto innocui-

-Come ne usciamo?-

-Non lo so-

Ben presto le due creature furono affiancati da altre simili, chiudendo alle due ragazze ogni via di fuga.

-Un umana nel labirinto- disse uno di quelli con voce stridula.

-Erano anni che non vedevamo un umano- rispose di rimando un altro, mentre, in maniera alquanto macabra, la sua testa si staccava dal collo e rotolava verso un suo compagno, il quale ci giocò tranquillamente a calcio per poi rispedirla al mittente.

-Chissà cosa si nasconde nella sua testa-

Eileen inorridì, portandosi d'istinto le mani al collo, come se avesse paura che la sua le potesse cadere da un momento all'altro.

-State lontano!!- sentì ordinare a Loli.

-Oh, una pixie- disse di nuovo una delle creature.

-Anche la fata è rara-

La bionda, arretrando mentre i Fireys si facevano sempre più vicini, si trovò all'improvviso con le spalle contro il tronco di un albero. Erano in trappola.

D'un tratto la sensazione di una presenza alle sue spalle.

-Aiutatemi...- disse una voce roca, la quale, quasi d'istinto, costrinse la ragazza a voltarsi.

Intrappolato da quelle che parevano liane stava qualcuno. Ad una prima occhiata sarebbe parso un soldatino di piombo a grandezza d'uomo.

-Chi sei?- chiese la ragazza, dimenticandosi per un attimo del pericolo che costituivano i Fireys.

-Sono Cusan, uno dei burattini creati dal mastro elfo Durenal. Mi stavo dirigendo al castello per chiedere un favore per il mio creatore, ma sono stato catturato da questi riprovevoli esseri, che, sfortunatamente, mi hanno smontato e intrappolato-

Solo in quel momento la ragazza notò quel piccolo particolare: le braccia, le gambe e la testa del povero soldato erano completamente separate dal busto.

-Oh mio Dio- disse a mezza voce, quasi inorridendo, ma allo stesso tempo non potendo credere che, nonostante fosse un burattino e fosse stato fatto letteralmente a pezzi, Cusan fosse ancora vivo.

-Vi prego, aiutatemi e io in cambio vi presterò i miei servigi-

D'istinto la ragazza, mentre la voce di Loli le giungeva come lontana, allungò una mano e, con impeto, prese a staccare le liane, avvertendo in contemporanea i pezzi del corpo della marionetta cadere a terra.

-E adesso come ti porto via di qui?-

-Ci penso io-

Come animati da una strana energia, ogni parte del corpo di Cusan si alzarono a mezz'aria e andarono verso il suo busto sotto lo sguardo attento e allo stesso tempo stupito di Loli e Eileen. Nel giro di qualche minuto il burattino era di nuovo intero e, rimessosi in piedi, si sgranchì il collo alla maniera di un vecchio boxer che si prepara ad un incontro.

-Ora, se lor signorine me lo permettono, credo di poter gestire la situazione anche da solo-

Eileen e Loli si lanciarono una strana occhiata, più per come le aveva definite che per l'incredulità di una marionetta che si muoveva di propria volontà. Certo, erano a Goblin, ma c'è un limite a tutto, no?

Quando però il soldato alzò un braccio per afferrare il sottile spadino che aveva alla cintola, si bloccò di colpo. I Fireys, rimasti ad osservarlo sino a quel momento, scoppiarono in una delle loro acute risate.

-Accidenti...- disse tra i denti Cusan.

-Che succede?- chiese Eileen, avvicinandosi dietro di lui.

-Smontandomi devono aver inceppato il mio meccanismo di movimento. Solo il mio maestro sarebbe in grado di rimettermi a posto-

-Si da il caso però che lui non sia qui- lo riprese Loli, sempre più in ansia al solo pensare di perdere la sua piccola testolina.

-Fammi vedere- disse inaspettatamente la bionda, avvicinandosi con passo sicuro alla schiena della marionetta.

Lentamente fece scorrere il palmo della mano sulla stoffa della divisa, fermandosi poi in un punto poco sotto le scapole. Sotto la stoffa e le dita avvertì un intaglio strano, al tatto simile al simbolo che avevano trovato sul piedistallo dell'ormai superata piazzetta.

Ma un'altra domanda le scosse la mente: come poteva saperlo?

Senza che nessuno dei due compagni se ne accorgesse, dal palmo della ragazza poggiato alla schiena del burattino si sprigionò un tenue chiarore, seguito da un rumore di ingranaggi che riprendevano le loro funzioni.

-Ma...come hai fatto?- chiese Cusan, mentre provava ad aprire e chiudere la mano destra.

-Non chiedere, agisci- rispose secca lei, sconvolta allo stesso modo.

Arretrò di un passo, lasciando la possibilità al soldato di agire senza ostacoli. Estratta la sua spada, in pochi secondi riuscì a mettere in fuga i Fireys, i quali sparirono nella foresta seguiti dalle loro grida terrorizzate.

Quando il silenzio colse i tre, Cusan si voltò verso le due ragazze e fece qualcosa di inaspettato: si inginocchiò.

-Vi ringrazio per avermi aiutato. In cambio vi offro i miei servigi sino a quando lor signorie lo riterranno necessario-

Eileen avvertì il viso imporporarsi, imbarazzata da cotanto rispetto. Così, per far uscire tutti da quella strana situazione, disse:

-Per prima cosa chiamaci per nome e non con termini che non ci appartengono. Io sono Eileen e questa è la mia amica Loli. Inoltre dovremo essere noi a ringraziarti, Ser Cusan, dato che senza di te a quest'ora ci ritroveremo senza una testa-

-A voi va invece la mia devozione, dato che mi avete liberato e ridato la facoltà di muovermi. Anche se ancora non ho capito come hai fatto-

-Non lo so e forse è meglio non scoprirlo. Questo posto sta agendo su di me e non mi piace per niente-

La marionetta allora si alzò, spolverandosi la stoffa dei pantaloni dalla polvere. Dopodichè disse:

-Bene, dove vi scorto allora, amiche mie?-

-Siamo dirette al castello. Sai come possiamo arrivarci senza sprecare altro tempo?-

-Nessun problema. Inoltre anche io ero diretto là, quindi sarò ben lieto di accompagnarvi-

Così la compagnia si avventurò nella foresta con Cusan come loro guida.

Camminarono per quelle che parvero ore, sino a quando la vegetazione iniziò a diradarsi, dando visione di uno strapiombo su di una valle. Al centro di questo un altare simile al primo.

D'istinto Eileen e Loli si voltarono, scoprendo che la via era nuovamente sparita.

-Oh no, non di nuovo- sospirarono all'unisono.

La loro affermazione fu seguita da una risata.

 

La bionda alzò il capo, trovando ad osservarli l'ultima persona che avrebbe desiderato vedere.

-Ti diverti?- gli chiese tra i denti.

Non notò l'inchino che Cusan riservò al principe di Goblin mentre leggero planava di fronte alla ragazza, visibilmente alterata.

Con passo sicuro le fu subito di fronte, chinandosi appena verso di lei e riducendo la distanza tra i loro volti a pochi centimetri. Eileen fece uno scatto indietro, mentre, inaspettatamente, sentiva il sangue salirle al volto.

-Non sai quanto, ragazzina- ridacchiò quello.

-Trovati un altro hobby, Ràl, perchè questo non piace a nessuno- ringhiò lei.

-Davvero? Non me ne ero accorto. E poi da quando hai tirato fuori gli artigli, “gattina”?-

-Da quando ho a che fare con tipi come te-

-Come me? Che intendi?-

L'aria strafottente non aveva abbandonato il suo viso, ma in compenso lui si era allontanato, lasciando ad Eileen la possibilità di tornare a respirare.

-Cosa ci fai qui?-

-Mi ero stancato di osservarti da lontano, quindi sono venuto a vedere se riuscivo a farmi demordere dalla mia prova-

-Perchè dovrei?-

-Beh, sappi che il tempo che ti rimane non è abbastanza e che la tua amica Melany è già mia. Sai cosa mi ha detto non appena si è svegliata? Che ti considera una traditrice e responsabile della sua infausta situazione-

Il cuore nel petto di Eileen perse un battito, facendo perdere alla ragazza nuovamente la facoltà di respirare. Ràl parve accorgersene, dato che per un attimo cambiò espressione.

Per quanto impossibile potesse sembrare, pareva...dispiaciuto.

La bionda abbassò allora lo sguardo, rabbuiandosi. Loli e Cusan osservavano la scena, senza sapere cosa fare, spostando lo sguardo da uno all'altra. Il principe mosse qualche passo verso di lei, fermandolesi di fronte. Con delicatezza le afferrò il mento, portando i suoi occhi azzurri a rincontrare i suoi.

-Arrenditi a me, Eileen. Non ce la farai mai a vincere contro il signore del labirinto-

Lei lo fissò per qualche istante, come se la volontà avesse abbandonato il suo corpo. Poi, con un movimento rapido, allontanò la mano del principe.

-Non mi dichiarerò sconfitta sino a quando non sentirò scoccare la tredicesima ora-

Dopo un attimo di smarrimento da parte di lui, il sorriso tornò sul suo viso. Arretrando e simulando un inchino reverenziale, rimase in silenzio sino a quando non svanì e al suo posto spiegò le ali un bellissimo corvo dal piumaggio d'ebano.

Mentre la ragazza lo seguiva con lo sguardo, le sembrò così familiare quell'uccello. Poi si ricordò di quella sera sulla sua finestra. Possibile che Ràl sapesse ogni cosa ancor prima che lei pronunciasse quelle dannate parole?

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Capitolo 9
*** Questa sarà la tua prova ***




 

CAPITOLO VII

 

-Eileen, tutto bene?-

La voce di Loli la risvegliò da quel torpore. Si voltò a fissare la pixie, un sorriso forzato sul viso. A poco a poco si stava rendendo conto di star perdendo realmente ogni volontà di raggiungere il castello, liberare Melany e tornare a casa. Avrebbe voluto solo rannicchiarsi da qualche parte in un angolo di quel dannato dedalo e rimanere là, a pensare, ad attendere che qualcuno decidesse cosa farne di lei.

-Lady Eileen, ha una faccia stanca. Dovrebbe riposare- interviene allora Ser Cusan, il quale pare afflitto quasi quanto lei.

Probabilmente non si aspettava che il principe di Goblin non lo degnasse neanche di un'occhiata. Da come aveva parlato del suo maestro, pareva un personaggio di rilievo in quel mondo, eppure una sua creatura non era stata minimamente considerata.

-Non preoccupatevi, sto bene. Loli, forse è meglio cercare il secondo indovinello-

La pixie, anche se poco convinta, si avvicinò all'altare di pietra. Girandovi intorno un paio di volte, finalmente riuscì a trovare il simbolo.

-“Secondo”...- sussurrò e piano lo premette.

La stessa scossa della volta precedente li colse e quasi ebbero difficoltà a reggersi in equilibrio sulle gambe. Sulla circonferenza della piazza sopraelevata apparvero le quattro statue: il goblin, lo gnomo, il drago e la fata.

Cusan si guardava attorno senza capire.

-Ti spiegheremo dopo- gli rispose Loli, per poi abbassarsi per individuare l'indovinello.

-Eileen, ascoltami bene:

“Nella notte si muovono come ombre

infimi e furbi si celan tra le fronde.

Facciata di buio in un mondo di luce

Creatura che infanti nelle tane conduce.

Mostrano agli altri aspetto di fiera

scompaiono al tramonto della notte nera”-

-E questo cosa dovrebbe significare?- chiese la marionetta, sempre più confusa.

-Ci occorrono cinque chiavi per accedere al castello al centro del labirinto, le quali le possiamo ottenere solo risolvendo cinque indovinelli-

-E come facciamo a sapere quale è la risposta giusta?-

-A questo pensa lei- rispose Loli con il sorriso, indicando l'amica, in piedi di fronte all'altare e lo sguardo fisso sulle statue.

-Cosa può fare? È un'umana- rispose Cusan.

-Tappati la bocca e osserva-

La ragazza, dal canto suo, si era quasi immediatamente estraniata dalla conversazione dei due, come se una strana forza la costringesse ad alienarsi e concentrarsi unicamente sugli indovinelli.

Così, lentamente, chiuse gli occhi e si trovò immediatamente catapultata nell'ormai familiare universo nero.

All'inizio non accadde niente, cosa che per un attimo la fece preoccupare. Poi però, prima come un alone e poi assumendo contorni più definiti, iniziarono ad apparire le quattro statue. Una leggera melodia che aveva già sentito si avvertì nell'aria, la quale ebbe quasi il potere di rilassarla.

Come era accaduto la volta precedente, gli aloni di luce che ricoprivano le quattro effigi in un attimo si spensero, rimanendo rischiarato solo quella che raffigurava il goblin.

Di colpo Eileen aprì gli occhi e lentamente prese a passeggiare verso la statua designata. La mano alzata dinnanzi a sé stava quasi per sfiorare la pietra, quando delle parole risuonarono vivide nella sua testa:

-Ne sei certa?-

Lei si bloccò, come se fosse divenuta ella stessa di pietra. Avvertiva una presenza dietro di sé, una strana forza che la tratteneva dal muovere un altro passo. Uno spiro di vento, molto più somigliante ad un respiro, le penetrò tra i capelli biondi, facendola rabbrividire. Un tocco leggero le sfiorò la pelle del collo, all'altezza della gola, come se avesse minacciato da un momento all'altro di toglierle il respiro.

La cosa che però spaventò la ragazza fu il fatto che in quella presenza non riusciva a riconoscere Ràl. Era qualcosa di diverso, di antico, di nascosto.

-Chi sei?- chiese, in un sussurro.

-Chiunque tu vuoi che io sia- rispose la voce al suo orecchio.

-Vattene-

-Come desideri...- e detto ciò la presenza sfumò, lasciandola completamente inerte e sconvolta.

Sentiva alle sue spalle Loli e Ser Cusan che le si avvicinavano, chiamandola preoccupati, ma lei non li ascoltava, era come immersa in una bolla.

Di colpo le energie vennero meno, le ginocchia cedettero e lei cadde a terra, stesa, gli occhi verso quel cielo dall'insolito colore rosso, il respiro divenuto flebile e il cuore che batteva come un tamburo. Stranamente, la sua mente confusa richiamò il nome del principe.

 

Il suono di metallo che toccava la pietra risuonò all'interno del palazzo silenzioso. Ràl, chinato su se stesso, una mano sul petto e uno a sostenersi al bracciolo del trono, aveva sul viso un'espressione di assoluta sofferenza.

Con uno scatto fece apparire l'ormai familiare specchio nel quale poteva vederla. Rimase sconvolto di trovarla a terra, inerme, gli occhi semichiusi e il petto che si alzava e abbassava in maniera quasi irreali. I lunghi capelli biondi sparsi attorno alla testa come un'aureola, mentre la sua pelle pareva ancora più pallida. A quella visione, la fitta al petto si fece più lacerante.

-Ma che diamine succede?- chiese, più a se stesso che ad altri.

Al contrario di quanto aveva pensato, però, qualcuno gli rispose:

-Hai fatto un grave errore, figlio mio-

Ràl si voltò sofferente verso un angolo della sala dove, prima neanche notato, stava il re di Goblin, poggiato al muro con le braccia incrociate sul petto, mentre lo fissava con il solito rimprovero.

-Che vuoi dire?-

-Sia tu che l'umana state portando un grande peso sulle spalle. Avete sfidato il labirinto, entrambi, e lui vi sta rendendo le cose molto difficili-

-Vuoi dire che sei tu che me la stai facendo pagare?- rispose tra i denti il giovane.

-Ti sbagli. Da secoli ormai il re e il labirinto stipulano un patto. Il dedalo ha un'anima distinta da quella del suo regnante, è un'entità a sé stante. Tu, con la tua alterigia e la tua noncuranza, non hai reso fede a quel patto e lui si sta semplicemente vendicando, su di te e sulla povera creatura che tu hai condotto qui con l'inganno-

-Io ho giocato secondo le regole, non ho sbagliato niente-

-E invece erri per l'ennesima volta, figliolo e ben presto scoprirai ciò che le profondità del labirinto possono nascondere. Più lei andrà avanti, più tu soffrirai per ogni vittoria, anche se la giovane lo farà con te. Avete svegliato qualcosa che avrebbe dovuto rimanere sopito in eterno-

-Quindi cosa sei venuto a fare? A farmi la predica o ad aiutarmi a risolvere questa situazione?-

-Mi spiace, ma non sono qui per darti la soluzione. Ogni sovrano ha dovuto affrontare la sua prova per essere riconosciuto degno, questa è semplicemente la tua-

-Allora devo impedirle di trovare le altre chiavi, devo costringerla a rimettere a posto anche la prima-

-Non è questa la soluzione. Non sempre la via più facile è anche quella più giusta. Il percorso è iniziato e si concluderà solo quando lei sarà giunta qui- e detto questo il re di Goblin spiccò il volo sottoforma di barbagianni, lasciando il figlio solo e con la mente colma di dubbi.

 

Di colpo Eileen riaprì gli occhi, sentendosi come rinata. Il cuore aveva ricominciato a battere come di normale, mentre il respiro era tornato calmo. Lentamente si alzò a sedere, guardandosi intorno, incontrando gli sguardi sollevati dei suoi due compagni.

Per un attimo le era parso di sentire qualcuno assieme a lei in quella sofferenza, come se non fosse la sola ad aver subito quegli effetti. Forse era stata solo un'allucinazione, come quella della voce che aveva sentito poco prima.

Con fatica si alzò allora in piedi, in silenzio, sorda alle domande preoccupate che Loli le stava rivolgendo. Con passo cadenzato si trovò dinnanzi alla statua e per un attimo ebbe paura di sentire nuovamente quella voce. Poi però si fece coraggio e, allungando la mano, toccò finalmente la pietra, la quale si sgretolò sino a divenire polvere. Con un rumore meccanico il basamento dell'altare si aprì rivelando la seconda chiave, la quale fu subito recuperata dalla pixie. Nello stesso momento sorse dalla valle una lunga scalinata, la quale permise ai tre di continuare nuovamente il loro cammino verso il centro del dedalo.

 

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Capitolo 10
*** Il destino che abbiamo scelto ***




 

CAPITOLO VIII

 

Per la prima volta da quando aveva varcato la soglia del labirinto vide scendere la notte. Il colore intenso del cielo si era a poco a poco incupito sempre di più, lasciando spazio a una moltitudine di piccole stelle e due enormi lune dai colori glaciali.

Per evitare intoppi durante il buio, i tre avevano deciso di accamparsi in una piccola radura, accendendo un piccolo falò. Eileen aveva scoperto che Loli era una pixie del fuoco, la cui tribù viveva a nord del labirinto, al di fuori delle sue mura.

La piccola raccontò che le anziane del consiglio l'avevano mandata ad affrontare il suo rito di passaggio, un viaggio che ogni pixie doveva intraprendere per essere considerata a tutti gli effetti un membro della tribù. Ma lei si era persa e non aveva più fatto ritorno al villaggio da allora.

Ascoltando la sua storia, Eileen provò pena per l'amica e le promise che avrebbe fatto qualunque cosa per riportarla dai suoi cari.

Dal canto suo, Ser Cusan preferì sorvolare sul motivo della sua segreta missione e le due giovani accettarono tale decisione. In fondo la marionetta si era dimostrata più che degna di fiducia e non trovavano alcun particolare per considerarlo pericoloso.

Nel giro di un'ora tutti e tre si erano coricati, mentre le braci del falò a poco a poco andavano spegnendosi. Eileen però, dal canto suo, non riusciva a dormire.

Con la schiena poggiata al tronco di un grande e strano albero, con sguardo nostalgico fissava il cielo scuro, che non aveva però perso la sua particolare sfumatura rossastra. Pensò a cosa stessero facendo Rose e Penny e se si fossero accorte della sua assenza. Le venne in mente anche Melany, a quanto le voleva bene nonostante lei la considerasse la cattiva della storia. Le venne quasi da piangere.

D'un tratto una melodia attirò la sua attenzione. Si voltò, trovandosi davanti solo il folto scuro e profondo del bosco. Era però come se qualcuno la chiamasse, come se una forza sconosciuta la invitasse a avventurarsi nella selva.

Come se il suo corpo fosse guidato, la ragazza si alzò e si incamminò tra gli alberi, mentre la melodia negli orecchi si faceva sempre più ipnotizzante.

L'incanto si spezzò solo quando giunse in un'irreale radura e davanti a lei stava Ràl, che la fissava.

Nonostante sentisse il bisogno di scappare da lui, era al tempo stesso curiosa di scoprire cosa mai il borioso principe volesse ancora.

-Non riesci a dormire, Eileen?- chiese con il solito ghigno strafottente stampato in faccia.

-Che cosa vuoi, Ràl?- gli domandò lei.

-Voglio che tu ti fermi, ragazza. Voglio che smetti di tentare di raggiungere il mio castello-

Mentre parlava, il principe le si era avvicinato, cominciando a girarle attorno come un avvoltoio, mentre lei poteva sentire il suo respiro tra i capelli, il collo e il viso.

Per un attimo chiuse gli occhi, sospirando, colta da una strano torpore all'altezza dello stomaco. Poi parlò:

-Se io abbandono l'impresa, Melany non tornerà mai a casa-

-Prometto di rimandarla indietro, senza che abbia memoria di nulla-

Eileen lo fissò negli occhi.

-Perchè?-

Ràl le si fermò dinnanzi, divenendo improvvisamente serio.

-Abbiamo scatenato qualcosa più grande di noi. Devi fermarti-

-Menti-

-Non hai sentito il dolore nel petto che aumenta ad ogni chiave che scopri? Non hai avvertito la strana presenza che ti sorvola quasi soffocandoti?-

La ragazza rabbrividì, ricordandosi di qualche ora prima e d'istinto si portò una mano al collo, là dove il fantasma l'aveva sfiorata.

-Non posso- disse poi.

-Cosa non puoi?- chiese confuso il principe.

-Non posso fare quello che mi chiedi. Tu non farai mai ciò che mi stai promettendo-

Di colpo avvertì una stretta su entrambe le braccia, mentre lo sguardo furente del ragazzo si puntò nel suo.

-Dannazione, non fare la sciocca!! Pensi di essere l'unica a soffrire? Pensi che questo peso sia solo tuo?!?-

-Non sono stata io a volerlo!! Non sono stata io a chiedere di venir trascinata in questa maledetta avventura!! Tu mi hai portato qui. Adesso dovrai sopportarne le conseguenze con me-

Gli occhi di Eileen aveva assunto una sfumatura ametista e si scontravano con quelli bicolori del giovane, il quale avvertì per un attimo un brivido attraversargli la schiena. Era eccitazione la sua o comune paura? No, non poteva essere spaventato da una sciocca ragazzina. Ma era davvero solo una ragazzina quella che aveva di fronte?

Di colpo si allontanò. Inaspettatamente, rise:

-Maledetto me e il giorno in cui ti vidi. Dannata la mia anima nel momento in cui ti scelsi. Tu mi porterai alla rovina- e detto questo le voltò le spalle e fece per andarsene.

-E' un destino che ti sei scelto da solo, principe- rispose di rimando Eileen, per poi allontanarsi dalla parte opposta.

 

Il sorgere del sole le ferì gli occhi, chiusi da a malapena un paio d'ore. Con le membra doloranti si alzò, calciando un po' di terra sulle braci del fuoco per spegnerlo completamente. Dopodichè si avvicinò a Loli, ancora rannicchiata sotto la grossa foglia di uno degli alberi, svegliandola con delicatezza come avrebbe fatto con una bambina, mentre con la coda dell'occhio notò Ser Cusan che si stava ridestando con un sonoro sbadiglio.

-Eileen, ma hai dormito un po'?- le chiese la pixie, guardandola negli occhi.

La ragazza sorrise e fece un cenno di assenso con la testa, anche se capì da quell'affermazione di avere decisamente un aspetto orribile. Dopotutto, oltre la scomoda posizione, non appena chiudeva gli occhi rivedeva l'espressione rabbiosa di Ràl, le sue parole colme di rancore, e uno strano senso di colpa si impadroniva di lei.

Ma perchè poi? In fondo non l'aveva deciso lei di intraprendere quell'avventura, non era stata una sua scelta quella di venir scaraventata in quello strano mondo e affrontare quell'assurda prova.

-Eileen, quanto abbiamo dormito?- chiese ad un tratto la pixie, spaventata.

In quel momento la ragazza si ricordò delle tredici ore.

-Non molto Loli, non preoccuparti. Ma abbiamo comunque i tempi molto ristretti- rispose la ragazza, pensando alla sciocchezza che avevano fatto nell'accamparsi, ma erano stanchi e fisicamente distrutti.

Con la paura che le attanagliava la gola, la giovane si rimise in marcia con i due compagni.

Il labirinto, in poco tempo, riprese a farsi insidioso, ma per fortuna Ser Cusan era un navigatore di certo migliore di Loli. D'un tratto i tre giunsero nell'ennesimo spiazzo, ma stavolta nessun altare stava ad attenderli.

Un enorme specchio si stagliava dinnanzi a loro, vuoto e profondo. La cosa strana era che la superficie non rifletteva la loro immagine, ma un mondo di sola nebbia e buio. Pareva fosse vivo.

-Cos'è?- chiese Eileen, fissandolo con un misto di ammirazione e paura.

Loli, dal canto suo, aveva arretrato di un passo.

-Questo è lo specchio che mostra ciò che è stato o che poteva essere, le scelte giuste o sbagliate che ci hanno portato sulla dritta via o su quella sbagliata. È capace di annebbiare le menti, rendendo pazzo anche il più sano e virtuoso tra gli uomini. È una delle prove più difficili del labirinto- rispose la marionetta.

Mentre Eileen ascoltava il compagno, i suoi occhi si persero tra quelle nebbie e senza volere mosse un paio di passi avanti. D'un tratto le parve di scorgere i suoi contorni nel riflesso, ma in breve si trasformarono in qualcun'altro, in una persona che lei non ricordava di aver mai conosciuto.

Come risucchiata da una strana forza, si sentì investita da un forte vento, il quale la costrinse a chiudere gli occhi.

Quando li riaprì, si ritrovò dinnanzi ad una logora porta di un appartamento.

Il corridoio nel quale si trovava era logoro e per niente curato, con qualche neon che a breve si sarebbe fulminato e un'asfissiante olezzo di sporco e abbandono.

Si fissò: indossava gli stessi abiti di quando si trovava nel labirinto, ma i capelli che le ricadevano sulle spalle le parvero più lunghi e decisamente meno curati. Solo allora notò di stringere tra le mani un mazzo di chiavi.

-Che servano per aprire questa porta?- pensò, rigirandosele tra le dita.

I suoi pensieri furono interrotti da qualcuno che bruscamente si affacciò dall'appartamento: era una donna, un tempo probabilmente molto attraente, ma che adesso pareva solo l'ombra di ciò che era stata. Non pareva molto vecchia, anzi. Chi era?

-Eccola, la perdigiorno e sciagurata bastarda che ho partorito. Ma cosa ho fatto di male per meritarmi una figlia come te? Sarebbe stato meglio che quel giorno ti avessi lasciata in ospedale-

Un tanfo di whisky e tabacco investì la ragazza in pieno viso, ma lei quasi non se ne accorse, già scioccata dalle parole che le erano state appena rivolte.

-Dunque, cosa fai sulla porta? Sei andata a comprare ciò che ti avevo chiesto?-

Eileen la guardò confusa, poi si accorse del sacchetto ai suoi piedi, probabilmente poggiato a terra per poter recuperare le chiavi. Lo raccolse e lo porse alla donna che, a quel punto le fu chiaro, avrebbe dovuto essere sua madre.

La donna afferrò la busta, ignorandola poco dopo, lasciandola sulla soglia dell'appartamento.

-Muoviti ad entrare!! Sei per caso ritardata?- le urlò dalla stanza a fianco.

Eileen, sentendosi profondamente umiliata e non riuscendo a credere ancora cosa stesse succedendo, varcò la soglia, chiudendosi la porta alle spalle.

Era la realtà quella che stava vivendo? Cosa era sogno e cosa vita? Rose e Penny erano mai state vere? Il labirinto? Loli? Ser Cusan? Ràl?

Prima che potesse però rendersene conto, una sberla la centrò in pieno viso, costringendola ad appoggiarsi alla parete per non cadere a terra.

-Dannazione, ragazzina!! Il compito era semplice: whisky e sigarette. Cosa diamine è questa cosa?- gridò la donna, lanciandole contro un piccolo libretto dalla copertina rossa.

Tenendosi una mano sulla guancia e cercando di non piangere, sempre in silenzio, la ragazza si abbassò per raccogliere l'oggetto che le era stato lanciato addosso. Era il piccolo libro che le aveva dato Penny, quello che raccontava la storia del labirinto.

-Vattene in camera tua, adesso!! Sei una nullità, proprio come lo era tuo padre- gracchiò la strega, per poi voltarle le spalle.

Eileen raccolse il libro e si allontanò, raggiungendo quasi per istinto quella che doveva essere la sua stanza: un ripostiglio, letteralmente.

Si sedette su un piccolo letto, prendendo il volumetto tra le mani e sfogliandolo con delicatezza. La guancia lesa le faceva male, mentre le lacrime le inumidivano ormai gli occhi. Era davvero quella la sua vita? Si era forse sognata ogni cosa?

Eppure a lei sembrava di aver sempre vissuto in quel modo, rifugiandosi in fantasie e utopiche esistenze solo per sfuggire ad una madre alcoolista e manesca.

Qualcosa però non andava, non era convinta che quella fosse la realtà, o forse semplicemente non voleva crederci.

Non si sarebbe arresa.

In quel momento alzò gli occhi, come se avesse percepito una presenza e aveva paura che fosse la madre. Invece si stupì nel vedere dinnanzi a lei Ràl, con il solito sorriso strafottente, ma anche uno strano sguardo.

-Sei stata così sciocca da cadere nel trucco dello specchio?- le disse.

-Specchio?-

Solo allora si ricordò del labirinto e della grande parete riflettente nella quale si erano imbattuti.

-Cosa ci fai tu qui?-

-Sai, mi era parso di capire che non ti saresti arresa, che saresti giunta fino in fondo. Non è divertente se rimani bloccata in questo mondo-

-E come me ne vado?-

-Non sono qui per aiutarti-

In quel momento la porta fu rudemente spalancata, mentre la donna che credeva sua madre irruppe, un sguardo omicida negli occhi, tra le mani qualcosa che per un attimo brillò.

-Sei un'ingrata, un essere inutile. Come è potuta capitarmi una simile tragedia? Ma adesso porrò rimedio, si, mi libererò di questo abominio-

Era pazza, probabilmente ubriaca. Eileen la vide avanzare verso di lei, in mano un coltello da cucina.

Per puro istinto riuscì ad evitare il primo fendente, facendole perdere l'equilibrio. Quando la donna si voltò nuovamente, si stupì nel vederla piangere.

-Bambina mia, lo sto facendo per te, per noi. Ti prego-

La ragazza strinse i denti e insieme ad essi i pugni. In quel momento esplose:

-Tu non sei mia madre, non lo sei mai stata!! Sei solo il mio calvario, la strada che porta a qualcosa di migliore, la mia prova!! Non ti ho mai considerata tale, mai ti ho amato, ma solo maledetto il giorno in cui quel bastardo ti ha aiutato a concepirmi!! Io non sono tua, non lo sono mai stata, quindi non puoi decidere sulla mia vita!! Sparisci maledetta!!-

Con un colpo secco affondò il coltello nel ventre della donna. Ma quando aveva presa l'arma tra le mani?

Vide quella cadere in ginocchio, gli occhi spalancati in uno sguardo di puro terrore. Quando la donna cadde a terra, Eileen fece lo stesso. Lasciò andare il coltello, mentre si fissava le mani sporche di sangue.

Cominciò a piangere, liberandosi in un profondo grido di pura sofferenza.

-Cosa ho fatto?- continuava a mormorare.

In quel momento avvertì qualcuno che la stringeva in un caldo abbraccio, un respiro tra i suoi capelli. Con la coda dell'occhio intravide la folta capigliatura corvina di Ràl e il suo volto nascosto nell'incavo della sua spalla.

-Torniamo a casa- le sussurrò e lei chiuse gli occhi, inconsapevolmente tranquillizzata dalla sua presenza.

 

Riaprì gli occhi e dinnanzi a lei non c'era più la parete dello specchio. Attorno le mura del labirinto erano cambiate. Quasi d'istinto cercò la presenza del principe accanto a sé, ma non ve ne era traccia.

-Eileen, stai piangendo-

La voce di Loli la riscosse. Lei, accortasi delle lacrime, si affrettò ad asciugarle energicamente, controllando in precedenza che non fossero realmente macchiate di sangue.

Era stato quindi un sogno? Un'ennesima prova?

-State bene, milady?- chiese Ser Cusan.

-Si...bene...- rispose la ragazza, sorridendo.

-Andiamo- aggiunse poi, avviandosi per la via ormai libera.

Quello che aveva visto era un passato che poteva essere, ma il futuro lo avrebbe deciso da sola e sarebbe stato di certo migliore. A quel pensiero sorrise ancora.

Non si era accorta di un nero corvo che li osservava dall'alto di un albero che, non appena sparirono per la strada, spiccò il volo.

 

 

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Capitolo 11
*** Io sono il Labirinto ***





CAPITOLO IX

 

“Del sole noi siamo valenti,

siam forza, fierezza, coraggio ed onore,

siam quelli da sempre presenti

alla vita e alla morte doniamo valore.

Maestosi voliamo

l'aere solchiamo

nel tempo tesori avidamente celiamo”

Non appena la voce di Loli finì di pronunciare le parole del terzo indovinello, Eileen chiuse gli occhi, trovandosi nuovamente nell'ormai familiare universo oscuro e solitario. C'era però qualcosa di diverso quella volta, la sensazione di una chiara presenza assieme a lei, qualcuno che la opprimeva con uno strano potere.

Si voltò a destra e a sinistra, ma pareva essere sola. Poi il suono di un respiro, un fruscìo di vesti, un rumore di passi.

Spaventata la ragazza distolse lo sguardo dalle tre statue che erano ormai apparse dinnanzi a lei, cominciando a guardarsi nervosamente attorno.

-Chi c'è?- chiese, ricevendo in risposta solo il suo eco.

-Ràl, sei tu?-

Sperava si trattasse del principe, in parte l'avrebbe tranquillizzata. Ma nessuno parlò.

-Stai osando troppo, mia cara-

Una voce carezzevole, ma allo stesso inquietante, le fece tremare ogni parte del corpo, rese il suo respiro affannoso e giurò che sembrava essersi fatto all'improvviso più freddo.

-Chi sei? Cosa vuoi da me?- chiese, la voce che, nonostante si sforzasse, le uscì quasi un sussurro.

-Io sono l'Unico, io sono il Principio e sono la Fine- parlò di nuovo la voce.

Eileen si voltò di nuovo e le parve allora di vedere una sagoma dai contorni sfuocati che la osservava. Solo un paio di occhi assomiglianti a pezzi di ghiaccio e una smorfia sul viso simile ad un ghigno.

-Io sono il Tutto, io sono il Guardiano- continuò con voce carezzevole, mentre gli occhi di Eileen si spalancavano sempre di più, lasciando posto ad una profonda inquietudine.

A poco a poco la figura prese ad avanzare, un ammasso di fumo e oscurità, i contorni sfuocati. Lei arretrò di un passo, ma sentì d'improvviso il corpo farsi pesante e affaticato. Lo sconosciuto si stava avvicinato e Eileen non aveva modo di scappare.

Quando le fu abbastanza vicino, quasi da respirarle sulla pelle del viso, lo vide cominciare a girarle attorno, curioso.

-Chi sei?- gli chiese stavolta l'essere, fermandolesi alle spalle.

-Sono Eileen- rispose lei con voce tremante.

-Eileen? E dimmi: da dove vieni?-

-Da molto lontano-

Ma perchè le risultava così facile rispondere alle sue domande? Dove era andato a finire il detto “mai fidarsi degli sconosciuti”?

-Lontano quanto?- chiese ancora, sospirandole tra i capelli biondi.

-Molto- rispose lei, allontanandosi dalla presenza e voltandosi in modo da poterla guardare in faccia.

Giurò di aver visto il ghigno allargarsi sempre più.

-Sei interessante, creatura. Chissà, in fondo potresti anche piacermi- concluse e in uno spiro sparì.

La ragazza sentì il cuore ricominciare a batterle in maniera regolare, mentre la sensazione opprimente presente sino a quel momento andava a poco a poco scemando. Con passo malfermo, cercando di orientarsi in quell'ambiente completamente oscuro e privo di punti di riferimento, si voltò nuovamente, individuando le tre statue ancora al loro posto.

Un tenue chiarore circondava quella che ritraeva un maestoso drago dalle fauci spalancate.

Come risucchiata da una strana forza, Eileen si ritrovò nuovamente catapultata nella realtà. Aveva di nuovo perso i sensi, affiancata anche stavolta da Loli e Ser Cusan.

-Ben svegliata- le sorrise la pixie.

Quando però la bionda tentò di mettersi seduta una fitta allo sterno la fece gemere. La marionetta e la fatina si affrettarono a prestarle soccorso.

-Sto bene- disse lei, sorridendo forzatamente.

Poi, mantenendo difficilmente l'equilibrio, si avvicinò alle statue che era spuntato dal pelo dell'acqua del piccolo lago sul quale erano giunti quasi un'ora prima.

-Sei tenace, ragazzina, te lo concedo. Non è da tutti provare quel dolore e non desiderare di farlo cessare- disse una voce proveniente da un punto più in alto di loro.

Ràl se ne stava là, in piedi sul grosso ramo di un albero, una spalla poggiata al tronco, un sorrisetto strafottente sul viso, ma nello sguardo una scintilla di sofferenza. Eileen lo notò, fissandolo solo con la coda dell'occhio.

-Per la centesima volta ti chiederei cosa ci fai qui, ma sinceramente stavolta passo- rispose la ragazza, continuando ad avvicinarsi alla statua e distogliendo quindi lo sguardo da lui.

-Non preoccuparti, sono qui solo come spettatore. Ho già provato a fermarti, ma dato che non ci sono riuscito, starò semplicemente a vedere come va a finire-

Planò leggero a qualche passo dal gruppo, rimanendo in silenzio. Eileen non potè fare a meno di sorridere. Non sapeva perchè, ma nonostante la sua visione l'avesse profondamente sconvolta, la presenza di Ràl, seppure anche lui rappresentasse il nemico, la rassicurava in qualche modo.

-Beh, non pensare che la tua presenza mi spaventi, principe-

-Non mi offendo, non temere-

Eileen tornò ad avanzare, la voce di Ràl che le arrivò di nuovo alle orecchie.

-Sai, ci ho pensato. Credo che tu mi debba un po' più di rispetto quando ti rivolgi a me. Sono pur sempre un principe-

Eileen allora si voltò a guardarlo, sorridendo divertita.

-Si, forse dovrei. Ma si da il caso che io non sia un abitante di Goblin e ciò non fa di te il mio principe. E poi avrai appena un paio d'anni più di me-

Stranamente lo vide sorridere e stavolta pareva un gesto di puro divertimento.

-Si, forse hai ragione- rispose allora il sidhe, stringendosi nelle spalle.

Mentre i due parlavano, sia Loli che Ser Cusan li fissavano entrambi, spaesati e senza capire questo improvviso e diverso scambio di battute. Parevano quasi due vecchi amici che si stuzzicavano a vicenda.

La ragazza era ormai giunta dinnanzi alla statua del drago e aveva sfiorato la sua superficie con le dita. Mentre ancora la pietra si stava sgretolando, accadde però qualcosa, molto simile alla volta precedente: le pupille di Eileen si ribaltarono in modo innaturale e lei cadde all'indietro, recuperata però da una stretta, calda e rigida al tempo stesso. Qualcuno la adagiò a terra, mantenendole però la testa in alto.

-Ehi ragazzina, niente scherzi- disse la voce che riconobbe come quella del principe, il tono che mostrava un dolore mal celato.

-Brucia...terribilmente!!- disse lei, portandosi una mano al petto.

Senza troppi complimenti, Ràl strappò letteralmente i primi due bottoni della camicia che la bionda indossava, mostrando la pelle candida, marchiata da qualcosa di incandescente: un simbolo circolare, composto da intricati ghirigori che lo facevano assomigliare letteralmente ad un labirinto in miniatura.

Quando il moro lo sfiorò appena con le dita, il corpo di Eileen si irrigidì in modo quasi innaturale.

-Che le succede?- chiese Loli, preoccupata, mentre stringeva la mano all'amica.

-Fatina, se lo sapessi pensi avrei questa faccia?- rispose il principe di Goblin, non fissando neanche la creatura.

-E' colpa tua!! Sei tu che l'hai convolta in questa assurda prova!!-

-Non doveva certo andare così. Sai successa di una cosa simile alla Campionessa durante il suo viaggio attraverso il labirinto?-

-Brucia!! Brucia!!- gridò in quel momento Eileen, inarcando la schiena e portando indietro la testa.

-Che cosa le sta succedendo?- calcò Ser Cusan.

-L'ha marchiata- disse una voce alle loro spalle.

-Cosa ci fai qui?- chiese Ràl con voce dura, senza neanche voltarsi.

-Sono venuto per aiutarti. Questa cosa si sta rivelando peggio di quanto mi aspettassi-

-Pensavo che questa fosse la mia prova e che tu non avresti interferito-

-Tua madre è testarda quasi quanto te. Diciamo che è una delle poche cose che temo-

Con passo cadenzato la figura si avvicinò alla ragazza, ancora a terra, una mano stretta in quella del principe e l'altra in quella di Loli. La mascella rigida, il volto sofferente.

-Cosa vuol dire che l'ha marchiata?- chiese allora il moro.

-Tutto a tempo debito. Adesso dobbiamo lenirle un po' il dolore-

Il sovrano di Goblin si chinò sulla figura della ragazza, facendo apparire nel suo palmo inguantato una piccola sfera. Dopodichè la strinse in pugno, tramutandola in polvere. Poi, con un soffio leggero, la sparse sulla ferita di lei, la quale mostrò un quasi immediato sollievo.

-Brucia...brucia...-

Stavolta le parole uscirono affievolite, quasi seguissero il declinio del dolore.

Istintivamente Ràl portò una mano tra i capelli biondi di Eileen, carezzandoli lentamente. Il disegno del suo petto si stava facendo più scuro e le ustione stavano sparendo, mentre il respiro di lei si era fatto più lento.

Fu allora che il principe la prese tra le braccia e, capendo la muta richiesta del padre, lo seguì sino ad inoltrarsi nella selva, dietro Loli e Ser Cusan. Prima di andarsene la pixie recuperò la terza chiave, anche se in quel momento era più preoccupata per l'amica che per altro.

 

-Io ti vedo, ti sento, sempre ti troverò. Il mio marchio sempre mi dirà dove sei. Nessuno potrà fuggire, perchè io sono il Labirinto





NDA
Per farmi perdonare, una copertina per questa storiella, anche se non ha avuto molto successo :P
Ràl è Ben Barnes, il bel principe Caspian o il tenebroso Dorian Gray, mentre Eileen è interpretata dalla modella Skye Stracke.
Tra qualche capitolo anche il cattivone :) 
Alla prossima e grazie a tutti quelli che mi seguono.
Bye bye

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Capitolo 12
*** AVVISO ***


Salve a tutti!!!
Mi duole comunicare che per il momento questa storia rimarrà incompiuta, in quanto, come mio solito, ho voluto cominciare un qualcosa che per ora non sono in grado di finire.
Quindi vogliate perdonarmi, chi mi segue, ma debbo comunicare questa FF incompleta, almeno per il momento.
Sperando di riuscire a riprendere il più presto possibile, un saluto e delle rinnovate scuse.
Marty

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