Turn the card and ends in glory

di JD Jaden
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 00 - prologo: LE ORIGINI ***
Capitolo 2: *** 01 - prima parte: L'ANNUNCIO ***
Capitolo 3: *** 02 - seconda parte: LA MIETITURA ***
Capitolo 4: *** 03 - terza parte: IL VIAGGIO ***
Capitolo 5: *** 04 - quarta parte: LA PREPARAZIONE E LA PARATA ***
Capitolo 6: *** 05 - quinta parte: L'ADDESTRAMENTO E LE INTERVISTE ***
Capitolo 7: *** 06 - sesta parte: L'ARENA, GIORNO 1 ***
Capitolo 8: *** 07 - settima parte - L'ARENA, GIORNO 2 ***
Capitolo 9: *** 08 - ottava parte - L'ARENA GIORNO 3 ***
Capitolo 10: *** 09 - nona parte: L'ARENA, LA LUNGA NOTTE ***
Capitolo 11: *** 010 -decima parte: L'ARENA, GIORNO 4 ***
Capitolo 12: *** 011 - undicesima parte: ESSERE UNA VINCITRICE ***
Capitolo 13: *** Dodicesima parte - LA SORPRESA INDESIDERATA ***
Capitolo 14: *** 013 - tredicesima parte - IL PESO DELLA VERITA' ***
Capitolo 15: *** 014 - quattordicesima parte: IL RITORNO ***
Capitolo 16: *** 015 - quindicesima parte: PREPARATIVI, PREOCCUPAZIONI ***



Capitolo 1
*** 00 - prologo: LE ORIGINI ***


 

 

 

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"Mother nature's fury takes you by the hand
Rip this world to pieces
Bid farewell to all you know"

(Bullet for my Valentine - Eye Of The Storm)


 

Io sono Jaden Cartwright e ho 17 anni. Vivo nel Distretto 12, che si trova nella nazione di Panem, sorta sui resti di un territorio un tempo chiamato Nord America. Non so bene cosa sia successo, perché a scuola, durante la lezione di storia, il professore è sempre molto vago quando parla di ciò che c'era prima. Con quel poco che ho sentito a lezione e con le molte voci che circolano in proposito, ho elaborato una mia teoria molto probabile: è noto che un primo problema era che l'America era in guerra con un'altra nazione, chiamata Eurasia, che si trovava a est, oltre l'oceano, e che con le molte armi sempre più temibili e pericolose, le due nazioni si stavano distruggendo a vicenda. Un altro problema era costituito dalle numerose forme di inquinamento ambientale e dal poco rispetto degli uomini per la natura. Io credo che ad un certo punto la terra si sia ribellata e sappiamo bene come: siccità, uragani, terremoti, incendi e maremoti hanno distrutto quasi completamente l'Eurasia e l'America. Basti pensare che il Nord America aveva un area di più di 24'000'000  km quadrati (ora non raggiunge i 15'000'000), che un tempo esisteva anche il Sud America (ora scomparso) e che l'Eurasia era composta da Europa e Asia, che assieme superavano i  54'000'000 km quadrati (di cui, a quanto pare, ora non è rimasta nemmeno la metà).
Non so cosa ne sia stato degli abitanti dell'Eurasia, ma so che una parte della popolazione del Nord America, assieme all'allora presidente, alla sua famiglia e ad un pugno di intellettuali e personaggi di spicco della società, si è salvata nascondendosi nei pressi delle Montagne Rocciose, in un bunker sotterraneo formato da un intricato labirinto di cunicoli. Alcuni anziani bisbigliano fra loro che solo chi era in grado di pagarsi un "biglietto di salvataggio"  aveva potuto accedere ai rifugi. Quello deve essere stato un periodo di lotte brutali e terribili, in cui ci si massacrava per assicurarsi un posto sicuro per se e per la propria famiglia. Non oso immaginare la morte atroce che è toccata a tutti coloro che, alla fine, sono rimasti fuori... Comunque quando i cataclismi si sono fermati è iniziata la ricostruzione. L'area sopra il bunker è diventata la sede del governo, quella che da allora è la nostra capitale: Capitol City. Era il luogo perfetto, in una posizione strategica, che permetteva (e permette tutt'ora) di individuare rapidamente eventuali incursioni, e che è stato successivamente corredato da numerosissime misure di sicurezza, migliorate negli anni, di cui ovviamente è vietato parlare. In questa parte di Panem sono stati via via costruiti il palazzo del governo, la villa del presidente e numerosi altri edifici appariscenti e talvolta bizzarri. Attorno al centro sono state erette svariate abitazioni lussuose ed esagerate, in cui ospitare quei sopravvissuti che, già prima della distruzione del Nord America, erano ricchi o famosi in qualche modo.
Attorno a Capitol City sono invece sorti 13 nuclei abitativi destinati al resto della popolazione, i distretti, ognuno dei quali ideato per sfruttare nel migliore dei modi la conformazione e le risorse del territorio rimasto. Il presidente, assieme ai suoi consiglieri, aveva deciso di mantenere i diversi distretti isolati fra loro per garantire la massima efficienza delle singole attività. Già perché ad ogni distretto è stata assegnata la produzione di un diverso tipo di beni di consumo, che per il 70% doveva andare alla capitale. Fra un distretto e l'altro sono quindi stati lasciati molti ettari di terreni vuoti, che nel tempo si sono ricoperti di vegetazione incolta, in cui hanno trovato dimora animali selvatici di ogni tipo, scampati chissà come ai disastri ambientali.
Come dicevo ogni distretto ha un compito. Non ci è concesso di sapere per filo e per segno cosa succede negli altri distretti, ma conosciamo comunque a grandi linee qual è l'occupazione principale di ciascuno. Il Distretto 1, fra i più ricchi, produce beni di lusso come gioielli e pietre preziose; nel 2 inizialmente si raccoglievano solo grafite e pietra da costruzione, ma da ormai molti anni vi si costruiscono anche armi ed è la sede degli addestramenti dei Pacificatori, le guardie disseminate nel territorio di Panem e impiegate per il "controllo dell'ordine". In pratica sono autorizzati a torturare o uccidere chiunque non rispetti le leggi; nel 3 ci sono molte industrie meccaniche ed è il luogo in cui vengono ideati e prodotti i beni tecnologici; il 4 è il ricco distretto della pesca; nel 5 si produce energia elettrica; nel 6 si occupano di trasporti; il 7 è dedito alla produzione di legna e carta; l'8 è specializzato nell'industria tessile; nel 9 ci si occupa di agricoltura; nel 10 di allevamento; nell'11 coltivano e raccolgono frutta e verdura; il 12, dove vivo, è diviso in piccoli commercianti e minatori di carbone; infine il Distretto 13 è forse il più misterioso di tutti: a noi dicono che raccoglievano grafite, ma si vocifera che le miniere fossero troppo poche per giustificare una popolazione tanto grande. Qualcuno dice che vi si producessero energia e armi nucleari, ma tanto ora non esiste più...


I giorni Bui. Così chiamiamo il periodo di guerra e ribellioni terminato appena un paio di anni fa con la distruzione del Distretto 13 e con la resa di tutti gli altri distretti. Io li ricordo appena, forse perché hanno toccato meno il nostro distretto, rispetto ad altri. O forse perché ho voluto rimuovere il trauma, non lo so... Ma non c'è modo di cancellare definitivamente quel periodo dalla nostra testa: già dalla settimana successiva alla resa, a scuola è stata introdotta una nuova parte di programma, interamente dedicata alla rievocazione di quegli avvenimenti.
Nei primi anni, la nazione di Panem è stata un luogo di pace e prosperità. I sopravvissuti erano lieti di essere scampati ad una morte orribile e vivevano in armonia, felici di avere un lavoro e un tetto sulla testa, tre pasti al giorno garantiti per diritto di appartenenza a Panem e una vita faticosa, ma serena. Non gli importava molto di ciò che succedeva a Capitol City. Alla morte del presidente ne successe un altro (eletto dai cittadini di Capitol City e da un rappresentante scelto di ciascun distretto), che rimase in carica per 10 anni. Ne fu poi eletto un altro, un altro ed un altro ancora... tutti professavano la tolleranza, la pace e la democrazia. Alle ultime elezioni però è successo qualcosa. Anche su questo argomento gli anziani hanno di che bisbigliare: dicono che quelle elezioni sono state truccate in qualche modo. Fatto sta che erano appena terminate, quando il nuovo presidente, il giovane Coriolanus Snow, ha dichiarato che il tempo della democrazia era finito.
Ha instaurato, in breve tempo, un rigido regime dittatoriale, basato essenzialmente sull'arricchimento di Capitol City, a spese dei 13 distretti. Ha subito vietato altre elezioni, eliminato la garanzia dei tre pasti al giorno per tutti gli abitanti e ordinato che il 99% delle risorse estratte, raccolte e prodotte nei distretti fosse consegnata alla capitale. Ha infine aggiunto una serie di leggi inutili e degradati che tutti dovevano rispettare, pena la tortura o addirittura la morte. Erano centinaia di anni che la pena di morte non esisteva più nemmeno per gli assassini e lui ha deciso di imporla anche per reati meno gravi, o peggio di sua invenzione come il furto, il bracconaggio, la fuga dai confini del proprio distretto ecc.. Per i reati da lui considerati lievi come la corruzione o il mercato nero si viene invece arrestati e frustati sulla pubblica piazza. I traditori inoltre vengono arrestati, ma non so cosa ne facciano di loro...
A scuola si racconta solo delle cose che, a prima vista, sono migliorate sotto il suo governo: ha collegato tutti i distretti e Capitol City con una linea ferroviaria ad alta velocità (peccato che noi non la possiamo usare perché è vietato uscire dal proprio distretto) e fatto erigere alte recinzioni di filo spinato elettrificato attorno al perimetro di ogni distretto, per proteggerli dai predatori carnivori che ne minacciavano le strade (vero, ma è vero anche che così si assicura che ce ne stiamo intrappolati per bene senza via di scampo).

La vita nei distretti era diventata insopportabile. L'1, il 2 e il 4 in realtà erano ancora piuttosto ricchi, ma per tutti gli altri erano rimasti solo fame e fatica. In breve tempo il malcontento è cresciuto al punto da sfociare in violente ribellioni contro Capitol City. E' iniziata quindi una cruenta guerra fra i 10 distretti impoveriti e i 3 distretti più benestanti capitanati da Capitol City. Sì perché inizialmente l'1, il 2 e il 4 si sono schierati con la capitale e hanno contribuito con armi, combattenti e tecnologie fantasiose. In questo periodo sono stati addirittura modificati geneticamente alcuni animali, in modo da trasformarli in armi contro i distretti. E' così che sono nati gli Ibridi, fra i quali ricordo gli Aghi Inseguitori (vespe munite di un veleno che provoca violente allucinazioni, dolori insopportabili e nei casi peggiori una morte dolorosa), le Ghiandaie Chiacchierone (uccelli maschi in grado di recepire intere discussioni tra gli uomini, e ripeterle a chi li ha liberati, che vennero invitate come spie nelle varie zone dei distretti per scovare i ribelli) e i Rettili Killer (ominidi bianchi, dotati di quattro arti, grandi più o meno come un uomo adulto, con lunghe code da rettile, schiene arcuate e teste protese in avanti, ideati per uccidere i ribelli, ma che si sono poi rivelati ingestibili e assetati di sangue, tanto da uccidere qualunque essere vivente gli capitasse a tiro). In realtà ne sono state inventate moltissime altre varietà, ma io non ne conosco altri. Immagino sia perché sono stati tutti ritirati, distrutti o abbandonati. Questo perché nella seconda parte della guerra anche i tre distretti favoriti hanno tradito la capitale e si sono schierati con gli altri distretti. Questo è stato un grande vantaggio per i ribelli, i quali sono così venuti a conoscenza di moltissime delle strategie militari e tecniche di Capitol City, rendendo inutilizzabili, se non addirittura controproducenti, gli Ibridi. Il caso più eclatante fu quello delle Ghiandaie Chiacchierone: i ribelli, capito il trucco, hanno iniziato a rimandare indietro gli uccelli con discorsi interamente inventati, in modo da sviare i loro nemici. Una volta scoperto l'inganno, questi uccelli sono stati abbandonati al loro destino, affinché si estinguessero. Tuttavia alcuni di questi esemplari si sono accoppiati con delle femmine di mimo dando vita alle Ghiandaie Imitatrici, non più in grado di ripetere interi discorsi, ma solamente di riprodurre i suoni ascoltati.
A questo punto i distretti sembravano avere la vittoria in pugno: erano superiori nel numero e conoscevano le tecniche militari e i tipi di armi usate dal nemico. Tuttavia è successo qualcosa di inaspettato. Una sera sugli schermi di tutta Panem è comparso un video agghiacciante: il distretto 13 bombardato da armi atomiche, interamente spazzato via, cancellato dalla faccia della terra. E poi un comunicato di Snow in persona «Distretti, deponete le armi e arrendetevi o farete uno a uno la stessa fine.».
Ricordo solo di avere pianto. Non perché conoscessi qualcuno del Distretto 13, ma perché l'idea che tutte quelle persone fossero morte sotto le bombe di Capitol City era insopportabile. Anche mio padre ha pianto, ma il suo motivo era diverso dal mio. Immaginavo che fosse per via della sconfitta. Infatti ormai la guerra era persa. La scelta era fra lo sterminio e la resa. Per lui entrambe le soluzioni erano inaccettabili. Mio padre era un Generale e combatteva in prima linea con i ribelli. Era un vincente lui, lo era sempre stato, anche quando giocava a carte con i suoi amici, quando guerra era solo una parola letta sui libri di scuola e lui era solo un minatore di carbone, non un soldato. Sì è ucciso, il mio papà. Dichiarata la resa è tornato a casa, ha abbracciato me, che all'ora avevo 15 anni, mia sorella Jenny, di 8 anni e mio fratello Thomas, di 11, poi ha baciato nostra madre e l'ha stretta forte a se. Non scorderò mai le sue ultime parole:
«Cercate di essere felici. Rimanete uniti. Vivete anche per me. Vi voglio bene». Non capivo il significato di quelle frasi sconnesse, ma non mi piacevano. Mia madre invece aveva già capito. Lei sapeva. Gli ha stretto una mano, lui se l'è portata alle labbra. Si sono guardati negli occhi per un istante, poi papà è uscito di casa. Ho provato a chiamarlo, ma lui non si è voltato. Avevo paura. Volevo seguirlo, ma mia madre mi ha fermata e mi ha dato uno schiaffo. Non l'aveva mai fatto, non me l'aspettavo, non ho nemmeno pianto.
«Tuo padre non tornerà più. E' ora che tu la smetta di fare la bambina!». Jenny è scoppiata a piangere. Thomas tremava. Perché la mamma si comportava così? Poi abbiamo sentito lo sparo. Sono corsa in strada prima che mamma potesse fermarmi di nuovo. In mezzo alla piazzetta c'erano tre uomini, riversi a terra in una pozza di sangue, con una pistola in mano. Davanti a loro una telecamera e un gruppo di funzionari di Capitol City. Mi sono avvicinata tremante e li ho riconosciuti: i Generali del distretto 13. Quello al centro era papà. Ho urlato. Qualcuno mi ha afferrata, mi sono divincolata graffiandogli le braccia a sangue, senza smettere di gridare. I funzionari non si sono nemmeno girati a guardarmi. Dopo qualche secondo un hovercraft è comparso nel cielo, ne sono scese alcune scalette e i funzionari e il cameraman sono saliti abbandonando i tre cadaveri a terra. Mi sono afflosciata di colpo ed è caduto il silenzio. Solo in quel momento ho notato che attorno alla piazza c'erano molti degli abitanti del distretto 12. Appena l'hovercraft è scomparso tutti hanno portato le tre dita di mezzo della mano sinistra alle labbra e le hanno tese verso i tre cadaveri. Un gesto antico che solitamente si fa ai funerali, che significa grazie, ammirazione, dire addio a qualcuno a cui si vuole bene. La persona che mi aveva afferrata, mi ha poi riportata a casa: era Mark Abernathy, il mio vicino di casa. Ha tre anni più di me e lo conosco da sempre. Che io sappia non siamo parenti però ci somigliamo molto ed entrambi ci differenziamo dagli altri abitanti della parte di distretto chiamata Giacimento, quella più povera. Noi con i capelli chiari e gli occhi verdi. Loro, tutti con gli stessi occhi grigi e i capelli scuri. Non somigliamo nemmeno molto ai commercianti: per la maggior parte biondi con gli occhi azzurri. Io ho preso da mio padre, lui da sua madre. Da piccoli ci hanno raccontato che loro erano amici da sempre e abitanti del Distretto 1. Sono stati trasferiti al 12 per aver commesso alcuni errori che hanno rallentato la produzione di gioielli (non proprio un reato, ma una colpa abbastanza grave da farli degradare ad un distretto più povero. Anzi, il più povero). Come dicevo Mark mi ha riportata a casa e mi ha urlato contro che non avrei dovuto uscire, che non avrei dovuto assistere all'esecuzione. Già esecuzione. L'ho capito davvero solo la sera: Snow aveva richiesto, come simbolo della resa, che tutti i Generali dei ribelli si uccidessero pubblicamente, come fosse un'idea loro. Per rendere la sconfitta ancora più crudele, ancora più umiliante. Su tutti gli schermi di Panem, quella sera, sono state trasmesse 12 scene identiche. In tutto 36 persone fra uomini e donne si sono sparate in testa davanti alle telecamere. La mamma ci ha detto di chiudere gli occhi, di non guardare, ma non ci sono riuscita. Li ho guardati negli occhi a uno a uno. Non ci crederete, ma in nessuno di quegli sguardi ho letto paura o rassegnazione. Solo rabbia. Questo a Snow non deve essere piaciuto, ma per ben due anni ci ha lasciati tutti in pace, a curare i nostri feriti e seppellire i nostri morti. A pensare a come continuare a vivere...


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NOTE DI JD:

 

Premetto che questa è la mia primissima Fan Fiction, per cui chiedo scusa per il probabile orrore. Sto provando a revisionarla a partire da oggi (18/12/2013) con il nuovo nome e grafica migliorata; seconda revisione oggi (01/03/1014) con un nuovo banner e ritocchi alla grafica (chiedo scusa per i disguidi che ci saranno finché non avrò finito).

Fatemi sapere cosa ne pensate con una recensione, sempre ben gradita, anche negativa se lo ritenete necessario, perché ho bisogno di sapere cosa ancora non va ^-^
Un paio di parole sulla struttura dei capitoli: ogni capitolo avrà un banner-spoiler, cioè una serie di "carte" contenenti foto di personaggi, avvenimenti e elementi che troverete nel tal capitolo. Questo è un modo, spero carino, di rendervi più accessibile la conoscenza dei personaggi e di incuriosire riguardo alla storia. L'idea delle carte l'ho presa un po' dal nuovo titolo... insomma, in ogni capitolo si voltano le nuove carte in tavola e alla fine di tutto capirete perché "finisce in gloria" ;) In questo capitolo iniziate a vedere la protagonista e il presidente Snow, che ovviamente è il padre di quello che conosciamo dalla trilogia...
Ringrazio tutti coloro che avranno la pazienza di leggere tutto fino in fondo, so di scrivere troppo, ma è colpa della mia testa che viaggia a velocità supersonica! I capitoli successivi saranno via via più leggeri, per cui non lasciatevi scoraggiare da questa sottospecie di prologo. Spero davvero di non annoiarvi... 
Ora vi saluto, 
pace, amore e palme nane a tutti voi,
JD

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Capitolo 2
*** 01 - prima parte: L'ANNUNCIO ***


 

 

 

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"Can you imagine a time when the truth ran free
A birth of a song, a death of a dream
Closer to the edge
This never ending story, hate 4 wheel driving fate
We all fall short of glory, lost in ourself"

(Closer to the edge - 30 Seconds To Mars)


 

La mia casa si trova nel Giacimento. Qui la vita è sempre stata molto dura, ma dopo i Giorni Bui, se possibile, è anche peggiorata.
Tutte le mattine, all'alba, i minatori si dirigono silenziosi e curvi al turno del mattino. Anche mio padre era fra loro, prima della guerra. Mia madre invece faceva la sarta a pagamento e la guaritrice gratuitamente. Adesso però non ci basta più, senza lo stipendio di papà, e allora fa di tutto: il bucato, le pulizie, i lavori di casa, per le famiglie di commercianti e per il sindaco. Lavora quasi giorno e notte. Io, Thomas e Jenny andiamo a scuola, ma quando torniamo a casa aiutiamo la mamma, oppure andiamo in giro per il Prato, lo squallido campo che separa il Giacimento dal filo spinato, a cercare erbe commestibili per la cena. Siamo fortunati perché mamma ne conosce tantissime e ce le ha mostrate fin da piccoli, perché imparassimo a non confonderci. A volte riusciamo anche a catturare qualche piccolo animaletto, come uno scoiattolo o un piccione, senza farci vedere perché è come cacciare ed è reato. Quei giorni a casa è come fosse festa! Da poco abbiamo anche una mucca da latte, che ho barattato al mercato per tre conigli e uno scoiattolo, che ho ucciso nel Prato. Quella è stata una trattativa difficile e pericolosa, ma ne è valsa la pena perché ora abbiamo latte e formaggio praticamente gratis! Quando mamma mette da parte abbastanza denaro mi manda a comprare il sapone, il materiale da cucito, un po' di pane e ciò che in casa è sul punto di finire. Tutto ciò si trova alla piazza del mercato, quella parte del distretto dove vivono i commercianti, sopra alle loro botteghe, e dove si trova anche il Palazzo di Giustizia. La piazza e il posto più allegro del Distretto 12, soprattutto quando c'è il mercato.
Non abbiamo molto di cui vivere, ma abbiamo imparato ad arrangiarci con quello che abbiamo. E ce la caviamo piuttosto bene, anche se devo dire di non essere mai più stata davvero sazia, dopo la morte di papà. La fame è la compagna di tutti gli abitanti del Giacimento. Anzi di tutto il Distretto 12, perché a onor del vero, a parte il sindaco e poche altre famiglie, anche i commercianti sono poveri.

Oggi è domenica. I minatori possono dormire qualche ora in più, mentre i commercianti devono svegliarsi prima dell'alba per preparare il loro banco al mercato. Anche noi ragazzini possiamo dormire un po' di più, ma non lo facciamo. Non nella mia famiglia comunque. E soprattutto non oggi. Perché oggi c'è il mercato e so che la mamma ha risparmiato molto ultimamente e di sicuro ci manderà a fare compere. Sono circa le 6 quando mi sveglio di colpo, sopraffatta da un incubo terribile: mio padre che mi sorride, che bruscamente si fa serio, che solleva una pistola e la punta alla sua tempia. La sua testa che esplode... vorrei urlare, ma non ho più fiato nei polmoni. Sto soffocando. Apro gli occhi appena in tempo. Sono convinta che sarei morta se non fossi riuscita a svegliarmi. Mi guardo attorno. Thomas e Jenny dormono ancora. Li sveglio dolcemente. Jenny fa un po' di capricci, ma Thomas la rimprovera, con aria seria e lei si alza ubbidiente. Mi viene da sorridere per la loro severità e serietà... ma a volte dimentico che hanno solo 13 e 10 anni, che dovrebbero giocare, non pensare a come sfamarsi, che la domenica dovrebbero poter dormire fino a tardi... Si è costretti a crescere troppo presto nel Distretto 12!
Andiamo in cucina e vediamo la mamma già china sul tavolo da lavoro. Vicino a lei una pila vertiginosa di abiti da cucire, rattoppare, rivoltare e una altrettanto alta di divise da lavare. Nonostante la mole di lavoro si ferma, ci sorride e ci aiuta a mettere insieme una misera colazione a base di tè alla menta e avanzi di stufato di scoiattolo. Poi, mentre Thomas e Jenny sparecchiano e risistemano, lei mi da un po' di denaro e mi elenca le cose che devo comprare. La salutiamo e ci incamminiamo verso la piazza. Decine di banchetti colorati coperti di merci, uomini e donne che gridano per attirare l'attenzione sui propri prodotti, altri che trattano sui prezzi e propongono baratti. Un caotico mescolarsi di voci e colori che mette subito allegria.
La prima tappa è la bancarella dei tessuti. Oltre a decine di tipi di tessuto diversi, in vari colori, vende anche bottoni, fili da cucito, aghi e nastri. Jenny rimane sempre affascinata dai nastrini per capelli, ma sa che non possiamo permetterceli, perché sono vezzi inutili. L'unica cosa che abbiamo il permesso di comprare è una spessa stoffa grigia che mamma usa per rattoppare le divise dei minatori, ma lascio alla mia sorellina il tempo di fantasticare un po' su alcuni di quegli sciocchi ornamenti per capelli. Poi ci spostiamo alla bancarella della pasticceria. Non certo per comprare torte e biscotti, ma perché vende anche olio, cereali e pagnotte. Mentre Thomas mi aiuta con i sacchi di viveri, Jenny si incanta di fronte ai mille colori di caramelle e lecca lecca della bancarella di fronte. Dobbiamo passare ancora dal droghiere per il sapone e la cera (se siamo fortunati abbiamo la luce per un paio d'ore la sera per cui ci facciamo le candele, riciclando gli stoppini finché non diventano inutilizzabili) e dalla farmacia per le bende e lo sciroppo per dormire, che sono finiti.
«Jenny dobbiamo proprio andare, coraggio, lascia perdere le caramelle.» le dico, tristemente.
«Jaden mi compri un lecca lecca?» è una frase ingenua, da bambina, perché lei è ancora piccola.
«No tesoro, abbiamo i soldi giusti per le scorte che ci ha chiesto mamma...» mi sento triste, arrabbiata, impotente.
La donnona bionda e riccia con enormi occhi blu dietro al banchetto ci si avvicina.
«Se non potete comprare levatevi dai piedi! State coprendo la visuale ai clienti paganti!»
«Mi scusi! Ce ne andiamo subito. Vieni Jenny, forse c'è ancora un po' di miele a casa, se fai la brava stasera te ne sciolgo un po' nel latte...» Dico stizzita. Vorrei picchiarla! Non ha il diritto di trattarci così solo perché non possiamo permetterci le sue stupide caramelle... ma la prospettiva di una tazza di latte e miele basta a convincere la mia sorellina ad andare.
Facciamo qualche passo verso la bancarella del droghiere, quando un ragazzino che avrà su per giù la mia età, sbuca da dietro la tenda della bancarella delle caramelle e mi fa cenno di avvicinarmi. Ha i capelli mossi e biondi e gli occhi blu. Lo riconosco: è il figlio della donnona che ci ha appena cacciati in malo modo. Viene a scuola con me, si chiama Andrew Donner e so che ha un fratello dell'età di Jenny. Cosa diavolo vuole da me? Forse vuole prendermi in giro anche lui o farmi uno scherzo. Eppure la sua espressione è seria e tesa, ma anche dolce. Decido di fidarmi e dico a Thomas e Jenny di aspettarmi un secondo e vado a sentire cosa vuole.
«Che c'è?» sussurro quando sono a portata di orecchio, in modo che mi senta soltanto lui.
«Nulla, volevo solo darti questo.» mi allunga un sacchetto. Non capisco davvero cosa vuole fare.
«Cos'è?» gli chiedo titubante.
«Il lecca lecca per tua sorella, dai prendilo!» nel suo tono c'è una certa urgenza.
«Noi non accettiamo la carità.» Ma chi si crede di essere? Non facciamo così tanto pena da accettare una cosa simile.
«Ti prego accetta. Non ti voglio fare l'elemosina, voglio solo farti un regalo. Cioè, farlo a tua sorella...» un regalo? Non so se credergli, ma non ho il tempo di pensarci. In quel momento alle sue spalle compare la donna delle caramelle, sua madre.
«Cosa sta succedendo qui? Ancora tu?? Ti ho detto di stare alla larga dalla mia bancarella! Cosa stai facendo eh? Andrew tu centri qualcosa? Ti sta importunando, vero?»
«No mamma, stiamo solo parlando. Siamo compagni di scuola...» Lei sembra calmarsi, ma poi vede il sacchetto nelle mani del figlio e una scintilla di comprensione attraversa i suoi occhi.
«Ah sì? E cosa c'è nel sacchetto?» Andrew me lo lancia fra le mani e d'istinto lo afferro.
«Solo compiti di scuola mamma... Ciao Cartwright. A domani!» Mi sta congedando per salvarmi dalla sfuriata di sua madre. Probabilmente mi denuncerebbe per furto se scoprisse che nel sacchetto c'è uno dei suoi lecca-lecca, anche se non l'ho veramente rubato. Decido comunque di levarmi di torno alla svelta.
«Sì... a domani. Ciao Donner. E grazie. Per i compiti» ritiro il sacchetto nella tasca interna del giaccone, mi giro e corro verso i miei fratelli che hanno guardato la scena da lontano senza capire. Sento la signora Donner che ricomincia ad urlare.
Thomas cerca di farmi delle domande, ma le eludo e dico a lui e Jenny di aumentare il passo, con la scusa che è tardi.
Finiamo le commissioni e torniamo a casa. Prima di entrare però li fermo, tiro fuori il sacchetto con i lecca lecca e lo do a Thomas.
«Questo è un regalo. Dovete dividervelo e tenerlo nascosto dalla mamma! Non deve trovarlo ok? Si arrabbierebbe e farebbe domande alle quali non saprei come rispondere. Mi raccomando, fatelo durare, non litigate che ce n'è per entrambi e soprattutto tenetelo in un posto che conoscete soltanto voi, dove la mamma non va a guardare.» Sono stupiti e meravigliati, ma Thomas non è convinto.
«Dove l'hai preso? Te l'ha dato il ragazzo delle caramelle?»
«Sì. Solo un piccolo regalo... perché mi doveva un favore... l'ho aiutato in un compito in classe.» è una bugia e io odio mentire! Soprattutto ai miei fratelli, ma non posso dire loro la verità. Non so perché, ma l'idea che quel regalo sia stato disinteressato mi irrita. Sento di essere in debito con lui e la cosa non mi piace.
Rientriamo e consegniamo gli acquisti alla mamma, che nel frattempo ha finito di lavare la pila di divise che ora sono nel nostro minuscolo giardino sul retro ad asciugare su un lungo filo da bucato.
«Bravissimi ragazzi! Jaden, ti dispiace preparare qualcosa per pranzo? Io sono a pezzi...» si vede che è stanca. Le mani, arrossate e secche, le sanguinano all'altezza delle nocche, a causa del troppo tempo nell'acqua gelata. Ha due profondi segni scuri sotto gli occhi ed è più pallida del solito.
«Vai a riposare mamma, ci penso io. Jenny, Thomas, vi va di aiutarmi? Prepariamo la zuppa di cereali coi crostoni di pane che piacciono tanto alla mamma!» li faccio sorridere entrambi, perché a loro piace cucinare con me. Autentica felicità. Ecco cosa vedo nei loro occhi. E questo rende felice anche me. Anche la mamma sorride, ma stancamente e poi si chiude nella sua camera a riposare.
Quando è pronto la chiamo e mangiamo assieme la zuppa messa insieme con piccione avanzato e un po' di cereali cotti in abbondante acqua e erbe, immergendoci il pane vecchio tagliato a pezzettoni e cucinato in un po' d'olio. Thomas si offre volontario per lavare i piatti e io e Jenny aiutiamo la mamma a ritirare le provviste e i prodotti comprati stamattina.
Nel pomeriggio mamma dovrà finire di aggiustare abiti e io e i miei fratelli progettiamo di fabbricare un po' di candele con la cera nuova. Alle 2 in punto però, torna la corrente e la piccola televisione posata sul comò si accende all'improvviso mostrando una bizzarra giornalista di Capitol City. Dico bizzarra perché ha i capelli rosa acceso, le labbra colorate di rosso ed è vestita di quelle che sembrano piume multicolori. Quando parla lo fa con il tipico accento affettato che hanno quelli della capitale.
«Sono lieta di presentarvi un'edizione straordinaria del tg ufficiale di Panem. Abbiamo appena saputo la notizia e siamo tutti emozionatissimi! State per assistere ad una dichiarazione registrata dal presidente Snow in persona, che cambierà le nostre vite per sempre. Regia, fate partire il filmato!» Tutto in quella vocetta stridula è irritante, ma mai quanto l'immagine di Snow, che compare dopo il sigillo di Capitol City: un uomo piccolo, con i capelli bianchi, gli occhi da serpente e le labbra troppo piene, la pelle del viso tirata all'inverosimile. Forse ha fatto ricorso alla chirurgia estetica per migliorare il suo aspetto, ma o non ha funzionato o prima era davvero rivoltante. Però a disgustarmi non è solo il suo aspetto, bensì il fatto che ci abbia impoveriti fino alla fame e che siano state sue le idee di sterminare gli abitanti del Distretto 13 e di obbligare i Generali a suicidarsi. Per come la vedo io lui è l'assassino di mio padre e lo odio. Quando parla sento la rabbia prendere lentamente possesso di ogni fibra del mio corpo.
«Buongiorno abitanti di Panem, ma soprattutto abitanti dei distretti. Sono qui per leggervi il Trattato del Tradimento, l'elenco delle vostre nuove leggi, pensate per garantire la pace nel nostro bel paese e fare in modo che i Giorni Bui non si ripetano mai più.» Ecco che arriva la sua vendetta personale... Inizia a leggerci un lungo elenco di leggi, non molto diverse da quelle che avevamo già, solo che per la prima volta sono tutte riunite in un unica lista. Poi fa una pausa e io penso che abbia finalmente finito. E invece mi sbaglio...
«E in ultimo, per ricordare a tutti i Distretti che la ribellione è e sarà sempre un reato da punire severamente, sono lieto di informare gli abitanti di Capitol City che da quest'anno, tutti gli anni, si terrà un nuovo reality, che si chiamerà Hunger Games.» un reality? Che storia è questa? Non è una punizione... è solo un altro spettacolo inutile e sciocco per far divertire quei sempliciotti dei ricchi. Ma le spiegazioni non sono ancora finite.
«Vi starete chiedendo cosa centrano gli Hunger Games con la punizione per gli abitanti dei Distretti. Bene, lascio la parola al Capo degli Strateghi, l'ideatore delle regole del gioco, che vi spiegherà tutto per bene. Buon proseguimento miei cari, e possa la buona sorte essere sempre a vostro favore!». Sigillo di Capitol City, poi uno stacco. Lo schermo rimane nero per qualche secondo, dopo di che compare un uomo che riesco a descrivere solo col termine "rotondo": tutto di lui è comodamente inscrivibile in un cerchio, dal viso, alla pancia al resto del corpo. Ha perfino i singoli tratti del viso che sembrano cerchi! La sua voce è profonda, ma non manca del classico accento acuto e ridicolo. Va subito al sodo, senza tanti giri di parole.
Ed è così che si abbatte su di noi la disgrazia dei Giochi della Fame: poche parole e la promessa che nel corso della prima edizione avremmo capito al meglio le regole, dopo di che la televisione si spegne e la corrente viene di nuovo tolta...


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NOTE DI JD:

 

Secondo capitolo con la nuova grafica, ma non ancora betato! Non ho molto da dire, in realtà: solo state iniziando a conoscere la protagonista e la sua famiglia, potete vedere la foto dei fratelli nelle carte del banner. Inoltre anche il nuovo personaggio, Andrew, è visibile lassù, assieme al famoso lecca-lecca. Spero non vi abbia fatto venire troppa voglia di zuccheri a tradimento ;)  
E nulla, spero che la lettura non vi annoi troppo, lasciatemi un parere, se vi va (ne sarei estremamente felice!).
Pace, amore e palme nane a tutti voi,
JD

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Capitolo 3
*** 02 - seconda parte: LA MIETITURA ***


 

 

 

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"..."

(...)


 

Hunger Games. Ecco come ha intenzione di tenerci buoni. Non riesco a crederci, spero ancora di aver capito male! Dev'essere tutto uno scherzo di cattivo gusto, non può davvero averci chiesto questo. Perché è troppo perfino da pensare: sorteggiare, abbellire e mandare dei ragazzini al macello. All'improvviso la mia rabbia si trasforma in paura. Non solo per me stessa, ma anche per le persone che amo. Mia sorella Jenny è ancora piccola per poter partecipare già quest'anno, ma Thomas no. Il suo nome sarà in quella maledetta anfora. Assieme a quello di Andrew e di centinaia di altri ragazzi... compagni di scuola, vicini di casa, amici! L'unico al sicuro è Mark. La cosa mi rassicura più di quello che ammetterei. Siamo solo amici, ma l'idea di perderlo sarebbe insopportabile. E certo le probabilità che venga estratto proprio il mio fratellino sono poche, ma chi può dirlo?
E se venissi sorteggiata io? Probabilmente sarei la prima a morire, nell'Arena! Sono di costituzione gracile. Alta, ma non particolarmente forte, malnutrita e fuori forma. Una preda facile. Però sono furba, corro veloce e so arrampicarmi praticamente dappertutto... Forse una piccola speranza ce l'avrei. Ma è inutile pensarci ora. Com'è che ha detto il presidente? "Possa la buona sorte essere sempre a vostro favore". Forse la buona sorte sarà davvero a mio favore...
Mi guardo attorno per vedere come ha reagito la mia famiglia a questa notizia. Thomas è in piedi e sta abbracciando la mamma. Jenny piange. E io? Io sto tremando! Di rabbia o di paura o forse di entrambe. Devo sembrare spaventata, per questo Jenny piange: se ho paura io significa che la situazione è grave. Devo controllarmi! Faccio un respiro profondo e provo a sorridere.
«Piccola vieni qui» Jenny si siede sulle mie ginocchia e io le asciugo le lacrime con le dita, accarezzandola.
«Stai tranquilla, per te è presto. E poi siamo in tanti, è impossibile che estraggano me o Thomas!»
«Lo credi davvero? E se invece succedesse?»
«Se succedesse allora torneremmo come vincitori! Te lo prometto piccolina»
Sembra tranquillizzarsi un po'. Ci abbracciamo e io suggerisco di fare come se non fosse successo nulla. Tanto alla Mietitura manca ancora più di un mese!

Come è strano il tempo. Quando aspetti qualcosa di bello non passa mai. Quando invece vorresti fermarlo, quello scivola via veloce come il vento! Non me ne accorgo quasi neanche ed ecco che è giugno. E' l'ultimo giorno di scuola e ci annunciano che domani ci sarà la Mietitura. La partecipazione è obbligatoria per tutti gli abitanti del distretto perciò a partire dalle 4 di oggi ci saranno 48 ore di riposo dal lavoro. Noi ragazzi di età compresa fra i 12 e i 18 anni dovremo presentarci con un'ora di anticipo per registrarci. Poi dovremo posizionarci in ordine di età ai piedi del palco allestito davanti al Palazzo di Giustizia e aspettare. Mi sembra tutto così irreale e assurdo: il professore ci sta tranquillamente spiegando come comportarci alla manifestazione che selezionerà chi di noi dovrà andare verso una morte quasi certa!
Quando suona la campanella aspetto i miei fratelli, li accompagno fino a casa, ma non entro. I miei piedi si dirigono automaticamente verso il lato opposto della strada. Busso alla porta sperando che i minatori siano già arrivati a casa. O meglio uno in particolare. Sono fortunata, la porta si apre e Mark mi osserva per un istante prima di abbracciarmi. Restiamo li per un tempo indefinito, abbracciati e tremanti. Mi sento al sicuro fra quelle braccia forti e sento che potrei rimanere li per sempre. Ma presto, troppo presto, ci separiamo.
«Passeggiamo?» mi dice. Accetto volentieri. Ho bisogno di parlare con lui di una cosa che ho in mente da un po'.
Raggiungiamo il Prato. Qui ci sono numerosi punti della recinzione che sono sollevati. E' da li che entrano gli animali che porto a casa per la cena quando sono fortunata. Non rimangono fulminati perché il perimetro è elettrificato solo quando abbiamo l'elettricità. Cioè quasi mai... I pochi Pacificatori che ci sono nel Distretto 12 non fanno caso a me e alle mie piccole prede. Siamo fortunati ad essere così lontani da Capitol City: siamo poveri, è vero, ma almeno veniamo lasciati in pace. Più o meno. Comunque Mark mi mostra un punto, nascosto da alcuni cespugli di more, in cui la rete è sollevata tanto da permettere il passaggio di una persona.
«Guarda! Potremmo scappare lo sai? Io e te. Fuggire assieme nei boschi e non voltarci più...»
«Mark sei impazzito? Lo sai benissimo che è illegale. E poi ci sono i predatori nei boschi... E comunque non potrei mai abbandonare la mia famiglia!»
«Lo so, lo so. Era solo un dato di fatto. Se fossimo solo noi due potremmo farcela.» Non capisco perché parla di cose tanto stupide. E' inutile pensare a soluzioni che non possiamo mettere in pratica. E poi cos'è questa storia di "io e te", "assieme", "noi due"? Non c'è nessun noi. Ci sono solo io, con il mio problema urgente. E lui, l'unico a cui posso affidare questo fardello. Non c'è più tempo, devo parlargliene prima che sia troppo tardi.
«Mark? Se il mio nome dovesse essere estratto...»
«Non pensarci nemmeno! Ci sono molti altri nomi oltre al tuo, è impossibile che tocchi a te.»
«Ti sbagli. E' difficile, ma non impossibile. E ho bisogno di chiederti un enorme favore, nel remoto caso in cui dovesse succedere.»
«Non voglio stare a sentirti. Non abbiamo motivo di parlarne perché è un'eventualità che non voglio prendere in considerazione.»
«Devi ascoltarmi!» ho urlato. Non era mia intenzione farlo, ma si sta comportando come uno stupido! Almeno sono riuscita a zittire il suo farneticare.
«Devi ascoltarmi per forza. Perché se non potessi più stare vicina alla mia famiglia, qualcuno dovrà aiutarli al posto mio. Procurare del cibo, accompagnare i miei fratelli al mercato, raccogliere con loro le erbe... Non posso permettere che muoiano di fame. E neanche che mia madre si ammazzi di lavoro per compensare la mia mancanza!»
«Capisco. Hai ragione. In quel caso, li aiuterò io. Non devi preoccuparti di nulla.»
«Speravo che lo dicessi. Ti voglio bene lo sai vero?»
«Anche io te ne voglio Jaden. Non voglio perderti. Non lo sopporterei.»
«Non mi perderai. Non estrarranno il mio nome. Possiamo stare tranquilli, credo... La mia è solo una precauzione.» Non sono sicura di poter stare tranquilla, ma dirlo ad alta voce mi aiuta. E aiuta anche le persone che mi vogliono bene a quanto pare.
Mark mi guarda in un modo strano. Non so a cosa stia pensando, ma i suoi occhi verdi e profondi e bellissimi sono fissi nei miei e non so per quanto tempo riuscirò a sostenere questo sguardo insistente. Si avvicina. Sempre si più. E' troppo vicino. Devo dire qualcosa per fermare questa situazione imbarazzante...
«Che sbadata! Mi sono dimenticata che oggi è il mio turno di preparare la cena... E poi mi sa che dovrò prepararmi. Domani sarà una giornata difficile...» Sul suo viso c'è un'espressione indecifrabile. Mi sembra soprattutto deluso, ma c'è dell'altro che non riesco a capire...
«Ok. Hai ragione... Ci vediamo domani però eh!» Sorrido sinceramente felice. Sono molto più tranquilla ora che so che Mark non abbandonerebbe la mia famiglia. Però ci sono degli strani pensieri che mi vorticano in testa e non riesco a venirne ancora a capo... c'è qualcosa che si sta creando fra di noi, dopo anni di amicizia, ma è qualcosa che inspiegabilmente mi spaventa.
«Certo! Non puoi mancare alla nostra festa...» la Mietitura è una cosa su cui bisogna per forza scherzare, altrimenti si rischia di impazzire!

Oggi è la mattina della Mietitura. La cosa positiva è che tutti gli abitanti del distretto potranno riposarsi e dormire un po'. Almeno quelli che ci riescono... e io non sono fra di loro. All'alba rinuncio a dormire e mi alzo per fare colazione. Anche la mamma è già sveglia e sta rattoppando delle divise. Lascio perdere la colazione e senza che mi chieda qualcosa, mi siedo accanto a lei e inizio ad aiutarla. Non è un lavoro faticoso, ma richiede concentrazione, così posso smettere di pensare alla cerimonia per un po'.
A Capitol City nessuno si sveglia prima di mezzogiorno per cui la Mietitura si terrà alle 3 del pomeriggio. Noi dobbiamo essere la alle 2 per la registrazione. Prima però dobbiamo prepararci: lavarci per bene e indossare l'abito più elegante che abbiamo. E questo è un bel problema. Normalmente facciamo il bagno un paio di volte a settimana, e mai tutti lo stesso giorno. Questo perché siccome non abbiamo l'acqua calda, il bagno comporta che si mettano sul fuoco tutte le pentole che abbiamo, riempite di acqua fin quasi all'orlo. Allora abbiamo deciso di scendere ad un compromesso: visto che solo io e Thomas saremo al centro dell'attenzione, la mamma e Jenny hanno fatto il bagno ieri, così oggi lo dobbiamo fare solo noi due. Alle 8 mamma mi dice di mettere da parte il lavoro e iniziare a prepararmi. Ci vuole circa mezz'ora prima che l'acqua sia calda e un altra mezz'ora prima di essere pulita e profumata. A quel punto c'è un altro problema: il vestito. Non ho mai avuto bisogno di abiti eleganti, quindi vado dalla mamma per chiederle se ha qualcosa da prestarmi, ma mi trovo davanti una sorpresa. Un abito rosso. semplice, ma molto grazioso. Arriva al ginocchio è un po' aderente in vita e svolazzante nella parte della gonna. Mi piace, ma non capisco da dove arriva.
«Mamma è bellissimo, ma dove l'hai preso?» mi sorride.
«Ho preso la stoffa al negozio ieri mattina e l'ho confezionato stanotte... Volevo che fossi bellissima piccola mia» adesso mi viene da piangere.
«Ma mamma non c'era bisogno che stessi alzata tutta la notte! Avrei potuto aiutarti... Comunque, grazie. Sei un angelo.» La abbraccio. E' una cosa che non faccio praticamente mai. Non ho molto tempo per le dimostrazioni d'affetto. Sono sempre impegnata a cercare di non far morire di fame la mia famiglia... Questo però è un momento solo nostro e niente può rovinarlo. Neanche gli Hunger Games che incombono su di noi!
Quando i miei fratelli si svegliano sono le 10 passate. Io nel frattempo mi sono vestita e la mamma ha messo su l'acqua per il bagno di Thomas. Quando Jenny vede il mio vestito rimane come incantata.
«JD, sei bellissima!» Questo è Thomas, il mio dolce fratellino di 13 anni che sta per vivere un'esperienza orribile, ma che trova il tempo di farmi un complimento. Gli voglio un bene indescrivibile!
«Ma figurati - rido di gusto - sono sempre io, solo che sono pulita e con un bel vestito. L'ha fatto mamma, non trovate che sia meraviglioso?»
«Sì è molto bello Jaden, ma Thomas ha ragione, sei tu che sei bellissima!» Jenny. La mia piccola scimmietta.
«Tu sei bellissima...» Basta, rischio davvero di piangere se non la smettono. E io non voglio mai più piangere in vita mia. L'ho giurato a me stessa quando è morto papà...
«Thomas vieni, il tuo bagno è pronto. E c'è un vestito anche per te. Ho stretto un vecchio abito di vostro padre... Ti starà benissimo e poi è rosso così sarete abbinati». La voce le si incrina leggermente e adesso sembra che anche lei voglia piangere, invece sorride e sospinge Thomas verso il bagno.
A mezzogiorno siamo tutti pronti, vestiti e nervosi. In effetti non siamo mai stati così belli... avrei preferito che l'occasione per tirarci a lucido fosse più allegra però. Cerchiamo di mangiare qualcosa e poi restiamo ad aspettare. Il tempo ci gioca brutti scherzi e in un attimo arriva l'ora di andare. Usciamo di casa e ci incamminiamo, stretti gli uni agli altri come se ne andasse della nostra vita. E forse un po' è come se lo fosse. Più ci avviciniamo alla piazza e più vediamo altre famiglie con figli dirette alla Mietitura. Camminano unite, esattamente come noi. Probabilmente proviamo tutti la stessa sensazione di blocco alla bocca dello stomaco... Mi guardo attorno per vedere se Mark è già arrivato e invece vedo Andrew. E' già in piazza, davanti al negozio della sua famiglia. Quello di dolci e caramelle. Vicino a lui ci sono sua madre e il suo fratellino, che è la sua copia in miniatura. Suo padre era assieme a mio padre nella piazzetta del Giacimento due anni fa. Morto perché Generale a capo dei ribelli dei distretti. Distolgo lo sguardo e mi concentro sulla piazza. Di solito è un posto che mi mette allegria. Oggi è pieno di stendardi colorati con il sigillo di Capitol City e bandiere di Panem. Eppure l'ambiente è tutt'altro che allegro. Anzi al contrario mi opprime più che mai... forse sarà colpa di tutte quelle telecamere, con i loro cameraman appostati sui tetti, o forse la presenza del palco che sembra incombere su di noi. Alle due in punto dagli altoparlanti esce una voce di donna che dice che sono ufficialmente aperte le iscrizioni. Salutiamo la mamma e Jenny e ci incamminiamo verso il banco della registrazione, sulla destra della piazza, davanti al quale si è già formata una coda. Quando arriva il mio turno capisco finalmente cosa si intende per registrazione. Già da sola mi sembra una forma di tortura: un inserviente in camice bianco (dal cui aspetto capisco che arriva da Capitol City) mi afferra la mano sinistra e mi punge l'indice con un ago a penna. D'istinto ritiro la mano, ma lui la tiene ben stretta e mi appoggia il dito macchiato di sangue su un foglio bianco, in corrispondenza di uno dei quadrati che si trovano uno sotto l'altro verso sinistra. I quadrati sopra il mio sono già pieni di impronte insanguinate. Quindi lascia andare la mia mano e mi porge una penna per farmi firmare, accanto alla mia impronta digitale. Scrivo il mio nome un po' tremolante per l'agitazione e poi un altro inserviente di Capitol City mi indica la zona delle diciassettenni. Solo adesso mi accorgo che la piazza è divisa in due parti, delimitate da funi e che ogni parte è contrassegnata da un numero da 12 a 18. Quindi ci si deve sistemare a seconda dell'età e del sesso: le femmine a destra, i maschi a sinistra, i più piccoli davanti, i più grandi dietro. Devo separarmi da Thomas. Aspetto che si sia registrato per salutarlo.
«Non ti ha fatto troppo male vero?» gli chiedo.
«No, tranquilla. Però dobbiamo separarci...» lo abbraccio. Ultimamente sono proprio in vena di smancerie!
«Buona fortuna Tommy»
«Buona fortuna J.D.»
Ci dirigiamo in direzioni opposte. Io mi fermo quasi subito, assieme alle altre ragazze di 17 anni. Quasi tutte mie compagne di classe. Lui invece prosegue fino alla sezione dei tredicenni. Lo vedo salutare un ragazzino. Probabilmente un suo amico. Non riesco a non pensare a quanto sia ingiusta e barbara questa cerimonia del cavolo! Sono ancora incantata a tenere d'occhio il mio fratellino, sovrappensiero, perciò non mi accorgo della ragazza che mi si avvicina finché non mi saluta, facendomi sobbalzare.
«Scusa, non volevo spaventarti... Jaden Cartwrite giusto?» è la figlia del sindaco. Allora neanche la sua famiglia, per quanto importante, si può salvare dagli Hunger Games.
«Sì, Dora Undersee vero? Hai anche tu un fratello alla Mietitura...»
«Già. Lui ha 12 anni, spero davvero che non lo estraggano... Non ci siamo mai conosciute io e te... dev'essere perché io sono della sezione 1. Però ti ho vista spesso nei corridoi. Sei molto carina, un sacco di miei compagni di classe parlano di te.» Dora si riferisce al fatto che anche se abbiamo la stessa età non siamo in classe assieme perché ci sono tre sezioni per ogni età. La 1 è per i ragazzi più ricchi, la due per i commercianti. Io sono nella 3, assieme ad altri ragazzi del Giacimento. Ma questa storia che dei ragazzi parlano di me, non mi torna. Io non sono una persona molto espansiva. Non sono timida, intendiamoci, però mi trovo bene da sola o con gli amici più stretti. Non sono il tipo di ragazza che va a presentarsi a tutti. Né il tipo che tutti si voltano a guardare quando passa. Probabilmente mi sta solo prendendo in giro!
«Sì, come no. Oh guarda, stanno cominciando!». Per fortuna ho una scusa per smettere di parlare con lei.

Sul palco ci sono un microfono, tre sedie e due anfore trasparenti, una a destra e una a sinistra, piene di piccoli rotolini bianchi. Le sedie sono occupate dal padre di Dora, Michael Undersee, da una donna sulla trentina con i capelli a boccoli verde acqua e da un uomo pelato con disegni dorati attorno agli occhi che avrà la stessa età della donna. Sicuramente entrambi di Capitol City. Non so chi siano né perché siano qui, ma a mio parere sono ridicoli. Dietro il palco c'è uno schermo enorme. Quando l'orologio cittadino batte le tre il sindaco si alza, si avvicina al microfono e inizia a parlare della storia di Panem. Della pace. Poi, quando arriva ai Giorni Bui, sullo schermo compaiono cruente immagini di guerra che finiscono con l'esplosione delle bombe nel Distretto 13. Per un terribile istante temo che trasmettano anche il suicidio pubblico dei Generali, ma per fortuna ce lo risparmiano. Dalla resa passa al Trattato del Tradimento. Quindi arriva agli Hunger Games. Mi sembra quasi di sentire il chiaro messaggio del presidente Snow: sono talmente potente da potermi permettere di prendere i vostri figli e lasciare che si uccidano a vicenda, sotto ai vostri occhi, senza che voi possiate fare nulla, altrimenti finireste col saltare per aria come quelli del Distretto 13.
«E ora lascio la parola a quella che sarà l'accompagnatrice dei due ragazzi selezionati. Flavia Monroe.» la donna sul palco si alza e prende il posto del sindaco. Ora noto anche come è vestita: un abito bianco con disegni a spirali argentate, lungo fino alle caviglie e scarpe argentate con un tacco altissimo. Mi chiedo come possa stare in piedi con quelle specie di trampoli... Ovviamente parla con il fastidioso accento della capitale.
«Buongiorno a tutti voi. E felici Hunger Games! Possa la buona sorte essere sempre a vostro favore!» Dove l'ho già sentita questa? Ah giusto la frase di chiusura di Snow alla presentazione del Trattato del Tradimento. Cosa dovrebbe essere? Lo slogan del reality? Che schifo. Sono sempre più disgustata da questa storia. Soprattutto dal tono allegro con cui sta parlando quella strega di Capitol City!
«Sono onorata di essere la prima accompagnatrice del Distretto 12. Seguirò i Tributi lungo tutto il loro percorso di preparazione. Ma non sarò sola! Con me ci sarà anche il vostro Mentore. Ovviamente non c'è ancora stato un vincitore che possa coprire questo ruolo, per questo motivo per i primi anni vi sarà assegnato un Mentore di Capitol City, vi piacerà ve lo assicuro! Ecco a voi Ken Brown.» L'uomo si alza e fa un cenno con la mano. Poi si risiede. Evidentemente non è in vena di discorsi. Sicuramente lo preferisco alla loquacità che sta dimostrando quella Flavia!
«Bene bene, ora direi che possiamo cominciare. Quando leggerò il nome la persona chiamata verrà sul palco e a quel punto, se ci saranno volontari, potranno farsi avanti per sostituirla. Come vuole il galateo: prima le signore.» Ecco è arrivato il momento. Il cuore mi batte a mille, mi gira la testa e mi sento soffocare... Flavia si avvicina quasi saltellando all'anfora delle ragazze. Ci tuffa la mano e la fa girare per un po'. Poi afferra un rotolino, lo estrae e torna al microfono. Tutta la piazza trattiene il fiato e cade un silenzio irreale mentre Flavia Monroe liscia il bigliettino...
«Jaden Cartwrite!»
E' come se un mattone mi venisse lanciato nello stomaco. Lo sapevo. Mi sento a pezzi, ma non è il momento di cedere. Ora tutte le telecamere si punteranno su di me e devo sembrare forte. Mi accorgo che attorno a me si è formato uno spazio vuoto. Le ragazze che mi stavano ai lati, davanti e dietro si sono spostate e tutti mi stanno fissando. Leggo il sollievo sulla faccia di Dora Undersee. Quella stronza ha capito di essere salva. Se prima non mi stava simpatica, adesso la odio. Stringo i pugni per un secondo, poi rilasso le dita. Modello sul mio viso un espressione dura e seria, poi sollevo il mento e cammino verso il palco. Guardo solo avanti per evitare di incrociare lo sguardo di Thomas. Non potrei rimanere impassibile se vedessi la sua reazione. Salgo e mi metto alla sinistra del microfono.
«Ciao cara. - mi stringe la mano e mi sorride. Provo a sorriderle anche io, ma non mi riesce proprio per cui decido di mantenere la mia espressione neutra - Benissimo. Ci sono dei volontari?» Nessuno dal lato delle ragazze fiata. Non mi aspettavo nulla di diverso. Sono tutte terrorizzate e nessuna mi vuole abbastanza bene per prendere il mio posto. Non mi sono mai sforzata di farmi una vera amica e comunque, se anche ce l'avessi, non vorrei certo che si offrisse volontaria al mio posto!
«Perfetto. Allora passiamo ai ragazzi.» la scena si ripete. Tutti trattengono il fiato mentre Flavia passa la mano fra i biglietti. Ne raccoglie uno e torna al microfono. Lo liscia e legge:
«Thomas Cartwrite!» Questo no! Tutto, ma non questo! Mi lascio sfuggire un "NO!" disperato che attira l'attenzione di tutti verso di me. Ora non posso più restare seria e fredda. Sto tremando come una foglia, i pugni stretti e le lacrime che premono agli angoli degli occhi. Non voglio piangere. Mando giù il nodo enorme che mi preme in gola e cerco di ricacciarle indietro mentre il mio fratellino cammina verso il palco e sale. Appena raggiunge il microfono lo abbraccio forte e lui si aggrappa a me e piange. E' una tortura troppo straziante. Il cuore mi fa male da morire. Alzo lo sguardo e cerco mia madre e Jenny. Le trovo, abbracciate e in lacrime, proprio mentre Flavia ricomincia a parlare.
«Scommetto che siete fratelli. Non ci voleva proprio!» la sua voce non fa altro che farmi montare la rabbia! Che senso ha dire ovvietà stupide? L'attenzione di tutti è ancora rivolta verso il nostro abbraccio disperato quando dal pubblico arriva una voce. Prima è quasi un sussurro, poi aumenta di tono quando ripete quelle parole, che equivalgono a una condanna a morte:
«Mi offro volontario. Mi offro volontario come Tributo!» Andrew. Fra tutte le persone, a salvarmi è proprio lui. Gli devo già un lecca lecca, ma ora gli dovrò anche la vita di mio fratello! E non potrò mai ripagarlo di questo...
«Giusto. Con tutte queste emozioni mi stavo quasi dimenticando di chiedere se ci sono volontari, ma a quanto pare uno c'è già! Bene ragazzo, sali sul palco.» Tutto il distretto ora sta fissando il bellissimo Andrew Donner che cammina lentamente verso il palco. Mi sciolgo dall'abbraccio con Thomas.
«Corri da mamma e Jenny. Proteggile Tommy. Mark ti aiuterà, me l'ha promesso! Ora vai, coraggio...» Thomas rimane aggrappato a me finché due Pacificatori non vengono a prenderlo e lo trascinano di peso giù dal palco.
«Jaden! Jaden! No! Lasciatemi... Voglio parlare con mia sorella!» grida disperato, spezzandomi ulteriormente il cuore.
«Non preoccuparti caro, avrai modo di parlarle ancora, prima della partenza!» Flavia sembra un po' infastidita, ma le sue parole riescono a calmare Thomas che si lascia trascinare via.
«Benissimo. Ora, come ti chiami ragazzo?»
«Andrew Donner.» La sua voce è alta e chiara, solo un po' incrinata da quella che credo sia paura. Forse si sta rendendo conto solo ora di ciò che ha fatto...
«Sei molto coraggioso Andrew! Bene, Tributi, stringetevi la mano.» Io e Andrew ci guardiamo negli occhi e ci stringiamo la mano. Riesce addirittura a sorridermi, mentre io non ho più il controllo della mia faccia. Chissà che espressione ho in questo momento... Probabilmente sconvolta. Tutti i miei piani di sembrare forte sono andati a quel paese.
«Finalmente abbiamo finito! - continua Flavia - Fate un bell'applauso a Jaden Cartwrite e Andrew Donner, i primi Tributi del Distretto 12!».
Nessuno applaude e sono loro grata per questo. Significa che gli abitanti del Distretto 12 non sono d'accordo. Che nessuno di noi lo è. Che questa situazione è inaccettabile. Il silenzio si protrae per qualche istante poi parte l'Inno di Panem. La cerimonia della Mietitura è finita...


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NOTE DI JD:

 

Terzo capitolo con la nuova grafica, ma non ancora betato! Siamo arrivati alla Mietitura e a questo punto conoscete entrambi i Tributi del Distretto 12, ma non illudetevi ancora di aver compreso i caratteri del due personaggi, in particolare non liquidate Andrew come "copia di Peeta" perché decisamente non è così :3 
Inoltre è possibile che abbiate intravisto un possibile triangolo, ma toglietevelo dalla testa xD shippate pure chi volete eh, ma a vostro rischio e pericolo...
Concludo dicendo che i due loschi individui nelle carte laterali sono ovviamente i due capitolini, imparerete a conoscerli più avanti e spero li amerete quanto li amo io! Presto o tardi aggiungerò anche la citazione in alto (perdonate i puntini nonsense, ma non volevo stravolgere l'html, che già sono una frana così); se vi fa piacere recensite cari, fatemi sapere cosa ancora non va e sarò lieta di correggere il tutto.
Saluti, pace, amore e palme nane a tutti voi,
JD

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Capitolo 4
*** 03 - terza parte: IL VIAGGIO ***


 

 

 

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"..."

(...)


 

Al termine dell'inno un gruppo di Pacificatori ci scorta fino al portone del Palazzo di Giustizia. Forse pensano che potremmo tentare di scappare. In effetti in questo momento avrei una gran voglia di correre via, oltre il Prato, di infilarmi in quel buco della recinzione e scomparire per sempre nei boschi. Però non faccio niente del genere. Lascio che mi conducano in una lussuosa stanza con grandi tappeti, quadri alle pareti, un divano e delle poltroncine foderati di velluto. Mi lasciano sola e io non faccio altro che lasciarmi cadere sulla poltrona più vicina. Sono un Tributo. Mi suona così strana e incredibile questa cosa. Mi concedo qualche istante per pensare a cosa questo comporterà, nell'immediato futuro. Sono due le cose che mi preoccupano di più. Finire nelle mani di uno stilista eccentrico di Capitol City che mi trasformi in un ridicolo mostro alla moda, come quei due sul palco. Lo so sembra sciocca come paura, soprattutto se paragonata all'altra: uccidere. Ok ho ucciso molti animali. Ma una persona non è la stessa cosa. Ho soprattutto paura di farmi assalire dalla compassione. In fondo gli altri Tributi sono ragazzi come me, spaventati e senza colpa. Condannati perché figli di ribelli...
Non ho il tempo di analizzare bene la situazione perché dopo pochi minuti entrano mia madre e i miei fratelli. La prima cosa che faccio è abbracciare Thomas. Ha gli occhi rossi, ma non piange più. So che si sta trattenendo per me, per non rendermi le cose più difficili. Lo stringo forte fino a fargli quasi male, ma lui non si oppone. Sappiamo tutti che questa potrebbe essere l'ultima possibilità di farlo e non vogliamo sprecarla. Quando capisco che il tempo sta passando mi stacco dal mio fratellino. Neanche Jenny piange più, ma quando la abbraccio si aggrappa a me e si lascia sfuggire un singhiozzo disperato. Non posso pensare che potrei non vedrli più, mi fa troppo male, così provo ad immaginarmi un mondo in cui io ho vinto gli Hunger Games, ma è una cosa difficile da pensare e così rimane un'idea distante, imprigionata in un angolo remoto della mente, senza possibilità di liberarsi e diffondere il suo calore rassicurante. Mi stacco anche da mia sorella e mi giro verso la mamma. Non la abbraccio subito, devo prima parlarle.
«Mamma, ho parlato con Mark. Mi ha promesso di aiutarvi e so che lo farà. Accompagnerà Tommy e Jenny al mercato, quando ce ne sarà bisogno. E li aiuterà anche a raccogliere il cibo e le erbe. Non voglio che tu ti ammazzi di lavoro per compensare la mia mancanza! Giurami che continuerai a vivere come prima.»
«Sei proprio come tuo padre! Continuare a vivere. Sapete chiedere solo questo? Lo sai benissimo che continueremo a vivere. Ma una parte di noi è già morta, assieme a lui. E ne morirebbe un'altra se tu non dovessi più tornare!»
«Lo so mamma. Ma non puoi permetterti di morire di dolore. E soprattutto non puoi permettere che lo facciano i tuoi altri due figli!»
«Se io ti giuro che non mollerò, tu devi giurarmi che proverai in ogni modo a tornare da noi.»
«Certo che ci proverò. Farò qualunque cosa pur di non perdervi. Ma devi essere pronta anche all'eventualità che sia un'impresa troppo difficile per me.»
«Ok, capisco. Ti prometto che non mollerò. Non molleremo, vero ragazzi?»
Thomas e Jenny annuiscono, silenziosi. Ho l'impressione che non riescano più a parlare senza scoppiare a piangere. Abbraccio la mamma e anche i miei fratelli si uniscono all'abbraccio. Restiamo in silenzio, uniti come fossimo una sola persona, finché un pacificatore non viene e se li porta via. Si porta via la mia famiglia e mi lascia di nuovo sola, con il mio dolore. Ma dopo un paio di minuti entra Mark.
«Perdonami, non sono riuscito a raggiungerti prima della Mietitura e adesso forse è troppo tardi!»
«Troppo tardi per cosa?»
«Per fare ciò che volevo. Ora sembrerebbe falso e ipocrita da parte mia. E renderebbe tutto più difficile...»
«Ma di cosa stai parlando?»
«Jaden non fare la stupida, lo sai di cosa sto parlando!»
«No che non lo so! Smettila di fare il misterioso, non è proprio il momento.»
«Non arrabbiarti. Lo sai che non voglio perderti. Non posso sopportarlo! Non posso perché...»
«No ok, fermati! Non lo voglio sapere. Ti prego, lascia perdere. E' tutto sbagliato. Avevi ragione non deve succedere così. Devi lasciarmi andare perché lo sai benissimo che potrei non tornare più e non voglio che tu stia a guardare la mia morte in diretta dopo ques...» Mi ha tappato la bocca. Con le sue labbra. Ma non mi riesce di tirarmi indietro. Anzi, mi accorgo che non voglio tirarmi indietro. Sono pietrificata. Le sue labbra sono così morbide, calde e rassicuranti, sento il suo respiro sulla mia pelle... Il bacio delicato, lentamente diventa più intenso. Chiudo gli occhi per godermi appieno le sensazioni che provo. Come sto? Bella domanda. E' una cosa che non mi aspettavo e sinceramente non è il momento più adatto per lasciarmi andare ad una cosa del genere. Però non posso fare a meno di pensare che una cosa così bella, che mi fa sentire tanto bene, non può essere sbagliata... Poi lo capisco e mi allontano di scatto da lui. E' senza ombra di dubbio una cosa sbagliata! Perché io sono un Tributo. Praticamente una condannata a morte. Invece lui è libero di viversi la sua vita. Non ho il diritto di insinuarmi nel suo cuore e nella sua mente in questo modo. Devo lasciarlo andare. E lui deve lasciare andare me...
«Stiamo commettendo un errore Mark. Sappiamo bene che è una cosa che non ha futuro. E poi anche se io dovessi tornare come vincitrice, non lo so in che modo questa cosa mi cambierà. Potrei diventare una schifosa assassina, una snob senza cuore, una persona orribile o una troppo debole o pazza per capire ancora quello che le succede attorno...»
«Non dire stupidate Jaden, lo sai benissimo che non sarà così. Tu sei perfetta. Sei bella e intelligente, la tua mente non è debole tanto da poter essere stravolta a questi livelli!»
«Non sono perfetta. E comunque non puoi sapere se la mia mente reggerà! Non lo so nemmeno io... - mi rendo conto che c'è un solo modo per convincerlo a lasciarmi in pace, e farà più male a me che a lui -  Adesso voglio che te ne vai. Vattene. Lasciami in pace!»
«Ma io non voglio. Io...»
«Vattene!» grido in preda ad un panico che non comprendo appieno.
«No che non me ne vado Jaden, ho capito che potrei non avere un'altra occasione. Devi sapere...»
«Non voglio sapere un bel niente voglio solo che esci da questa stanza e dalla mia vita!»
Sta entrando un pacificatore. Per fortuna il nostro tempo è finito! Lo invita ad uscire, ma lui non si muove. Mi sta guardando con quello che mi sembra un misto di desiderio e disprezzo. Il pacificatore lo afferra e lo sospinge fuori. Ma prima che abbia il tempo di chiudere la porta Mark mi sferra il colpo di grazia.
«Jaden io ti amo...» La sua voce è strozzata, come se stesse per soffocare. Non posso accettare il significato di queste parole!
«Zitto!» Urlo mentre la porta si chiude. Ci sbatto contro i pugni con tutta la forza che ho e aspetto che il dolore si diffonda nelle mie mani. Come ha potuto farmi questo? Cosa credeva di fare? Di darmi un motivo in più per vincere forse. O magari è ciò che prova davvero per me... Però se le cose stanno così ha scelto il momento peggiore. L'ultima cosa che mi serve è un altro pensiero. Un'altra preoccupazione che mi distrarrà dal mio obiettivo...

Dal Palazzo di Giustizia veniamo portati alla stazione, in macchina. Non avevo mai visto una macchina dal vivo. Nel Distretto 12 nessuno ne ha una. Ci spostiamo solo a piedi. Il viaggio è breve, ma è sufficiente a farmi venire la nausea. Capisco subito che è un mezzo di trasporto che non fa per me. Sono sicura che la mia faccia è un disastro. Mi sento gli occhi lucidi e probabilmente sarò pallida per colpa della nausea, per cui la vista della stazione piena di giornalisti e telecamere mi preoccupa. Non voglio che la gente pensi che io sia debole. Mi scopro a pensare che in realtà non voglio che lo sappiano. Perché in fondo so di non essere forte come vorrei... Dopo parecchi minuti davanti alle telecamere, ci concedono di salire finalmente sul treno. Gli sportelli si chiudono e partiamo. L'accelerazione improvvisa mi rivolta lo stomaco e temo che dovrò vomitare. Poi però la velocità si stabilizza e nonostante sia attorno ai 400 km orari, inizio a sentirmi meglio. Preferisco di gran lunga il treno alla macchina, comunque! Ci avvisano che il viaggio durerà meno di una giornata.
Questo posto sembra quasi una villa di lusso. Comprende quattro piccoli appartamenti, con salottino, camera da letto, spogliatoio e bagno con acqua corrente, anche calda, una carrozza ristorante, una bar, un area relax e una cabina (quella di coda) che si può aprire, diventando una sorta di terrazzo. Flavia Monroe ci dice di andare nelle nostre cabine, rinfrescarci e cambiarci per la cena. Non vedevo l'ora di rimanere un po' da sola, lontana dalle telecamere e dalle persone che mi vogliono bene, per concedermi il lusso di esprimere tutta la mia disperazione. Tolgo il vestito che mi ha fatto mia madre e lo lascio sul letto, ben piegato. Voglio che ritorni a lei, anche se non dovessi tornare io. In bagno mi faccio una doccia (che già di per se è un lusso) e lascio che qualche lacrima scenda, nascosta dalle gocce d'acqua. Tutto il mio mondo mi sta scivolando via, assieme alle lacrime, al sapone e all'acqua. Quando finisco prendo un accappatoio. E' caldo. Ci trattano proprio bene. Alla vista di tutti gli abiti a mia disposizione nella cabina armadio mi gira la testa. Non sono certo un'esperta di vestiti. A casa metto sempre pantaloni comodi e camice o maglioni. Il mio primo vestito è stato quello che mi ha regalato la mamma solo poche ore fa... ed è incredibile, adesso che ci penso, che siano passate solo poche ore! Decido che se i miei giorni sono contati, voglio passare ciò che mi resta da vivere in grande stile. Scelgo una gonnellina bianca e una camicetta azzurra. Solitamente tengo i capelli sempre sciolti. Mi da un senso di protezione sentirli sulle spalle, liberi. Però ho deciso che voglio cambiare un po', stupire me stessa, forgiare il mio carattere e diventare più forte, più coraggiosa. Lo so non significa niente, però legare i capelli con un nastro mi fa sentire diversa. Mi guardo in uno specchio a figura intera e mi accorgo che l'effetto finale non è niente male. Completo il tutto con un paio di scarpe basse e aperte che non avevo mai visto. Al Distretto 12 abbiamo praticamente tutti stivali, scarpe sportive o scarponi e in televisione ho notato che a Capitol City si mettono tutte dei tacchi vertiginosi. Ma questo tipo di scarpa mi piace molto. E' elegante, ma non troppo e soprattutto non ha il tacco alto!
La cura di me mi ha distratta un po'. E' stato piacevole. Ma quando mi siedo sul letto per aspettare l'ora della cena, tutta la disperazione mi ricade addosso come un macigno. E la paura della morte inizia a insinuarsi nel mio cervello, coprendo l'angolino del mondo in cui vinco. All'improvviso mi rendo conto che non voglio conoscere i miei avversari. Conoscere Andrew è già troppo! Ho davvero tanta paura...
Flavia viene a chiamarmi. E' ora di cena. Nella carrozza ristorante, ricoperta di pannelli di legno lucido e arredata principalmente da un grande tavolo finemente apparecchiato e sontuosamente imbandito. Vi è già seduto Ken. Mi sorride mentre mi accomodo di fronte a lui. Flavia scompare nuovamente per chiamare anche Andrew. Ken non tocca cibo. Immagino sia perché è maleducazione iniziare a mangiare prima che siano tutti a tavola, ma a Capitol City non sanno cosa significa morire di fame e ritrovarsi sotto il naso ogni sorta di ben di Dio! Però mi trattengo, per non fare brutta figura. Dopo qualche minuto arrivano Flavia e Andrew e finalmente posso iniziare a mangiare. Però noto che Ken continua a non mangiare. La prima portata comprende una vasta scelta di carni e verdure saporite, condite da decine di salse dai sapori diversissimi fra loro, dolci, aspre, pungenti, salate... La seconda è una selezione di zuppe dai colori vivaci. Ne apprezzo una in particolare, arancione e dolce, con dei crostini piccoli e molto croccanti. Flavia mi dice che è di zucca. Non abbiamo niente del genere nel Giacimento! Alla terza portata mi sento già più che piena, ma non resisto di fronte ad un tagliere di formaggi misti accompagnati da frutta, marmellate e gelatine multicolore. E manca ancora il dolce: torta al cioccolato! Non ho mai mangiato cioccolato in vita mia e anche se sento che potrei scoppiare da un momento all'altro ne mangio una fettina. Durante la cena io e il mio compagno di distretto rimaniamo in silenzio, mentre Ken e Flavia chiacchierano fra loro. Personalmente non ascolto nemmeno una parola. Sono troppo concentrata sul cibo.
Sono già pentita. Abbiamo finito di mangiare da neanche 15 minuti e io sto malissimo. Andrew ha avuto il buon senso di non ingozzarsi come me, ma d'altronde lui è figlio di commercianti, non ha mai rischiato di morire di fame! Temo che la cena mi si ripresenti, ma se riuscirò a tenerla giù sarà il primo passo verso una forma fisica migliore. Devo liberarmi di questa costituzione gracile: sono davvero troppo magra e denutrita...
Ci spostiamo nello scompartimento area relax. Qui ci sono soffici poltrone e pouf dall'aria molto comoda, un caminetto e una televisione a schermo piatto grande almeno 4 volte di più rispetto allo "scatolone" che abbiamo a casa (che comunque è quasi sempre spento). Affondo in una poltrona vicina al caminetto e guardo lo schermo che sta trasmettendo alcune folli pubblicità di prodotti elettronici, cibi in scatola e complementi d'arredo... Ma quasi subito inizia la replica delle Mietiture. Ecco che di nuovo un terrore muto e folle mi attraversa il corpo. Sto per vedere i volti dei miei avversari. Di coloro che dovranno morire, se voglio tornare a casa. Non tutti mi rimangono impressi, ma alcuni toccano proprio il mio cuore.
Nell'1 estraggono una ragazzina che avrà al massimo 14 anni, minuta, bionda e molto carina, Lehanne. Del ragazzo mi ricordo solo che è molto grosso e muscoloso. Nel 2, nel 3 e nel 7 vengono estratti tutti tributi visibilmente in forze. Nel 4 e nel 5 ci sono due volontari. Nel 6 è successa una cosa simile alla nostra, cioè sono stati estratti due fratelli. Però nessuno si è opposto. Entrambi sono Tributi. Giorgine e Jonathan. 8, 9, 10 e 11 non mi rimangono impressi perché ho smesso di ascoltare davvero dopo i fratelli del 6. E' un incubo senza fine. Mi manca l'aria e decido di andare nella cabina di coda. Ho bisogno di uscire da questo treno perché mi sta prendendo un attacco di claustrofobia. Non dico niente a nessuno e vado. Sulla strada trovo un inserviente e gli chiedo se è possibile avere qualcosa da bere. Quando arrivo alle poltroncine della cabina di coda l'inserviente mi raggiunge con un bicchiere di succo di frutta. Mi faccio aprire la terrazza e finalmente respiro a pieni polmoni. Mi chiedo come sia possibile non venire sbalzati via, a questa velocità. Dev'esserci sotto qualche diavoleria tecnologica da ricchi. Fa freddino ora e i miei abiti sono molto leggeri. Senza che chieda nulla l'inserviente ritorna con una coperta. Mi lascio cadere su una poltrona dall'aria particolarmente comoda, mi copro e guardo il cielo già trapuntato di stelle. Sarebbe uno spettacolo magnifico se non fossi un maledettissimo Tributo!
Dopo qualche minuto arriva Andrew.
«Flavia dice che sei una maleducata. E comunque vuole che andiamo a dormire.»
«Non mi importa niente di quello che pensa quella pazza psicopatica di Capitol City!» le mie parole sono più dure di quello che vorrei. In fondo non dovrei prendermela con Andrew. Lui non ha colpa, anzi, tutto il contrario visto che ha salvato la vita di mio fratello.
«Scusa, non volevo farti arrabbiare. Volevo solo farti sapere che spero di non essere io a doverlo fare.» adesso sono confusa.
«Di cosa stai parlando?»
«Ucciderti. Spero di non essere io a farlo. Però dovrai morire perché io non mi sono offerto volontario per perdere al posto di tuo fratello, ma per vincere. Per la mia famiglia!» Come fa a parlare in modo così freddo e distaccato di una cosa così crudele come uccidere? Io mi sto facendo mille problemi per questa situazione e lui sta già progettando come vincere, come eliminarmi per poter tornare a casa! E' proprio vero che sono debole.
«Non ti preoccupare. Tanto morirò subito. Chiunque può uccidermi, non è necessario che lo faccia tu!» Adesso lascio libera la mia rabbia nei suoi confronti. Ho capito che non gli devo un bel niente. Non l'ha fatto per me o per Thomas, ma per se stesso. Bene, allora non voglio avere più niente a che fare con lui!
«Cos'è che dicevi prima? Flavia vuole che andiamo a dormire, giusto? Bene allora me ne vado a letto. Fai chiudere il terrazzo prima di andare.» In ogni sillaba che mi esce dalle labbra c'è disprezzo. Ma quando raggiungo la mia cabina, mi tolgo quei vestiti da signorina per bene e mi infilo sotto le coperte penso che forse ho esagerato. E' ovvio che lui non voglia morire. Nessuno sano di mente può davvero volerlo. Sono stata una sciocca a pensare che il suo fosse stato un gesto gentile nei miei confronti. Sono un'ingenua ragazzina romantica. Qui si tratta di vita, non di lecca lecca...


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NOTE DI JD:

 

Quarto capitolo aggiornato alla nuova grafica, ma non ancora betato. Spero davvero che vi stia piacendo questa mia storiella da quattro soldi, iniziata senza pretese, ma in cui ho messo tutto il cuore...
Fatemi sapere cosa ne pensate, sono sempre alla ricerca di nuovi consigli per migliorarmi. Ringrazio tutti coloro che leggono, che hanno lasciato recensioni e che hanno messo la storia fra le seguite, preferite, ricordate. Vi adoro! Spero sempre di non annoiarvi... 
Come potete vedere nel banner ci sono "nuovi" personaggi: la mamma di Jaden e quel bel fig- ehm ragazzo, che è Mark (Jark is the way, ma io non vi ho detto niente). 
Saluti, pace, amore e palme nane a tutti voi,
JD

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Capitolo 5
*** 04 - quarta parte: LA PREPARAZIONE E LA PARATA ***


 

 

 

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"..."

(...)


 

CAPITOLO 8.
La mattina Flavia Monroe viene a svegliarmi tutta eccitata sostenendo che questa sarà una giornata fantastica. Non vedo come potrebbe esserlo vista la mia situazione, ma comunque mi alzo, mi lavo e vado a fare colazione. Tanto non ho altra scelta.
Devo ammettere che la colazione è piacevole. Scopro i piaceri di quel liquido caldo e amaro che è il caffé. Non l'avevo mai bevuto prima, anche perché a casa è una vera rarità. Lo usa mia madre quando deve stare sveglia tutta la notte a lavorare. Mi accorgo che mi piace molto, mentre noto che Andrew, dopo un sorso lo mette da parte disgustato e si dedica ad una ciotola di cioccolato fuso.
«Solo i veri intenditori apprezzano il caffé amaro. Mi piaci signorina!» Questo è Ken. Sono compiaciuta da questa frase. E immagino che sia importante piacere al Mentore, visto che sarà lui a decidere chi di noi salvare. Di certo non può tenerci in vita entrambi e dovendo scegliere, credo che sceglierà quello di noi che gli piacerà di più. Il caffé diventa ancora più buono, con questi pensieri in testa. Forse Flavia ha ragione. Tutto sommato potrebbe essere davvero una giornata fantastica, ora che ho trovato il mio promo obiettivo: impressionare Ken Brown!
«Quindi tu sei qui per noi? Per aiutarci a sopravvivere nell'arena?» gli chiedo con fare amichevole, anche se non è da me iniziare una conversazione.
«Diciamo di sì. Io posso darvi dei consigli, ma il grosso del mio lavoro lo farò cercando di procurarvi degli sponsor.»
«Sponsor. In che senso?» si intromette Andrew. La sua presenza mi irrita, ma non posso impedigli in alcun modo di partecipare alla conversazione. E poi ha posto una domanda intelligente...
«Gli abitanti più ricchi di Capitol City sceglieranno il proprio Tributo preferito e scommetteranno dei soldi su di lui. Per questo motivo vorranno che il loro prescelto vinca, ovviamente. Per agevolarlo nella vittoria potranno sponsorizzarlo, cioè comprare per lui cibo, armi o attrezzature varie per aiutarlo a sopravvivere nell'arena. Io sarò il tramite fra voi e gli sponsor. Quando il vostro distretto avrà un vincitore, io mi farò da parte e sarà il vincitore stesso a fare da Mentore ai futuri tributi. E' tutto chiaro?»
«Certo, ma come faremo ad attirare gli sponsor?» anticipo Andrew per un soffio.
«A questo penseranno prima di tutto i vostri stilisti. Tra poco arriveremo a Capitol City e alla stazione verrete affidati a loro e portati al Centro Immagine. Vi avviso, non sarà bello! Però pensate che tutto ciò che vi faranno servirà a farvi diventare desiderabili agli occhi degli abitanti. Più belli, spettacolari e indimenticabili sarete, più sponsor potrò trovare per voi. La presentazione al pubblico avrà luogo nel tardo pomeriggio. Farete il giro della capitale su carri divisi per distretto. Voi due sarete sul dodicesimo carro, ovviamente. L'arrivo sarà all'Anfiteatro cittadino, in cui riceverete gli auguri del presidente Snow. Dopo di che andremo tutti a Centro di Addestramento, che sarà la vostra e la nostra casa fino all'inizio dei giochi. Avremo un appartamento sopra al Centro, al dodicesimo piano, solo io, voi, Flavia e gli stilisti. Il seguito ve lo spiegherò a tempo debito... Ora vi consiglio di prepararvi perché stiamo per arrivare.»
Mi accorgo solo ora che fuori dai finestrini è diventato tutto nero. Mi avvicino a quello più vicino e capisco che siamo dentro una galleria. Stiamo attraversando la montagna che separa Capitol City dai distretti. Quella che li fa sentire tanto protetti e al sicuro. La loro miglior difesa, durante i Giorni Bui... Il treno inizia a rallentare e per un momento penso che ci fermeremo all'interno della galleria, ma all'improvviso una luce accecante invade il treno. Quando riesco ad abituare gli occhi a tutta quella luce riesco a cogliere la magnificenza del posto in cui siamo finiti. La capitale. Un intricato labirinto di edifici scintillanti. Un arcobaleno di mille colori. Non avrei mai immaginato che ne esistessero tanti, nè che potessero essere così luminosi! Guardando meglio riesco a distinguere auto dalle forme bizzarre che corrono a tutta velocità per i viali lastricati e persone con capelli assurdi, abiti stravaganti e volti pieni e dipinti a fantasie vivaci. Qui nessuno soffre la fame, nessuno si ammazza di lavoro, nessuno rischia la vita per un pasto... Li odio tutti, ma non si può non rimanerne affascinati. E poi, probabilmente sarei così anche io se fossi nata qui.
Il treno si ferma, scendiamo e ci lasciamo scortare al Centro Immagine, sotto l'occhio vigile di centinaia di telecamere. Non so come, mi ritrovo in una stanza con pareti e pavimento di un bianco quasi accecante, sdraiata su un tavolo d'acciaio gelido, nuda e circondata da tre persone assurdamente stravaganti, Rose, Toel e Max. Passano ore interminabili in cui devo subire quello che loro chiamano il "trattamento completo". Forse dovrei sentirmi in imbarazzo, ma sono troppo impegnata a stringere i denti. Quei tre estirpano dolorosamente tutti i poveri peli del mio corpo, poi mi lavano via qualche strato di pelle, mi spalmano decine di creme diverse sul corpo e sui capelli, mi fanno impacchi e maschere, poi mi lavano e spuntano i capelli, mi aggiustano le unghie e si accaniscono per un po' sulla mia arcata sopracciliare. Alla fine decidono che può andare, che ora sono "accettabile" e mi portano in una stanzetta laterale, più piccola. La stanza è vuota, a parte una seggiola con un accappatoio posato sullo schienale. Immagino che questo significhi che finalmente posso coprirmi, quindi indosso l'accappatoio, anche perché mi sento a disagio nuda e con la pelle resa delicata dai trattamenti. Dopo neanche 5 minuti dalla porta di fronte a quella da cui sono entrata io, entra un ragazzo che avrà a mala pena 25 anni. E' carino, capelli neri folti, occhi verdi molto simili ai miei, non troppo bizzarro, se non fosse per il fatto che è pesantemente truccato. All'improvviso sono felice di essermi messa l'accappatoio! Mi osserva per un po', poi sorride e si presenta.
«Ciao Jaden, io sono Ray, il tuo stilista.» non ho mai visto dei denti così perfetti e bianchissimi.
«Piacere...» questo Ray mi mette davvero in imbarazzo!
«Lo staff di preparatori ha fatto proprio un bel lavoro. Sei incantevole. Però ora dovresti toglierti l'accappatoio, ho bisogno di vedere su cosa devo lavorare e prendere le ultime misure...» ecco lo sapevo, non potrei essere più a disagio di così. Però obbedisco, tolgo l'accappatoio e resisto alla tentazione di coprirmi con le mani. Ray mi gira attorno per un po', mi osserva con quegli occhi grandi e brillanti, ogni tanto annuisce, si avvicina e prende qualche misura con un metro da sarta... Dopo quello che mi sembra un tempo interminabile mi permette di indossare nuovamente l'accappatoio e mi porta nella stanza da cui è entrato. E' un salotto molto accogliente, con due divani rossi e un tavolino basso dall'aria tecnologica. Una parete è di vetro e mostra un panorama mozzafiato sulla capitale. Il sole è alto nel cielo. Mezzogiorno, ecco perché ho così fame.
Mi fa sedere su un divano e si siede di fronte a me.
«Hai fame? C'è qualcosa che vorresti mangiare?»
«Sì, molta. Mi piacerebbe avere quella crema di zucca che ci hanno servito sul treno...» devo sembrare proprio un agnellino nella bocca del lupo, perché mi guarda sorridendo in modo strano. Con mani sicure preme un pulsante sul tavolino e dice "Crema di zucca con crostini, succo di lampone e torta al cioccolato. Per due." il piano del tavolo si divide in due e sale un vassoio con ciò che ha ordinato. E' incredibile che qui basti così poco per nutrirsi!
«Ho pensato che con la crema di zucca ci stesse bene il succo di lampone. E la torta al cioccolato è la mia preferita. Spero che sia tutto di tuo gradimento.» Devo ammettere che è davvero gentile, mi piace, anche se mi imbarazza ancora. Inizio a mangiare per dimostrare che apprezzo.
«Grazie mille.» gli dico dopo quanche cucchiaiata di zuppa squisita. Il succo di lamponi è un piacere per il palato. Nel Prato, al Distretto 12, abbiamo qualche cespuglio di lamponi, ma li possiamo raccogliere solo quando sono di stagione, e comunque li mangiamo interi perché non abbiamo nulla con cui frullarli. Una volta per il mio compleanno la mamma ha comprato una piccola tazzina di zucchero e come dolce ci ha preparato una macedonia di lamponi e mele. Buonissima! Ricordo che però alla fine ho lasciato metà della mia porzione a Jenny perché le piaceva moltissimo...
«Sei pensierosa. Cosa ti turba?»
«Mi manca la mia famiglia.» dico semplicemente.
«Ti capisco. Sai i miei genitori sono morti e io da allora ho dedicato tutta la mia vita alla creazione di abiti. E' così che ho conosciuto mia moglie, Mandy. Sarà la stilista del tuo compagno di distretto.» allora anche dove non si rischia di morire giovani ci si sposa presto... però non mi riesce proprio di prendermela con Ray, la sua storia è comunque triste. Rimane in silenzio per un po', finché non finiamo il dolce. Poi ritorna loquace...
«Sei curiosa di sapere cosa ho preparato per te?»
«Se devo essere sincera sono un po' preoccupata...» non sono proprio capace di mentire!
«Tranquilla ho intenzione di renderti indimenticabile! Ho studiato un tessuto molto particolare, ma non voglio rovinarti la sorpresa... Forza andiamo a completare l'opera».

Sono circa le 5 e il cielo sta cominciando a cambiare colore, quando scendiamo al piano terra del Centro Immagine. Alla fine non mi sembro poi così tanto indimenticabile: indosso un semplice abito nero, aderente, con le spalline sottili, che però pesa più di quel che si direbbe guardandolo, e sono truccata in modo leggero. L'unica cosa che non mi torna è come mai mi abbiano dipinto dei motivi a fiamme sulle parti del corpo coperte dal vestito... Non si vedranno! Cerco di non pensarci e mi guardo attorno. Mi accorgo che i costumi degli altri Tributi richiamano la principale attività del loro distretto. Quelli dell'1 sono tempestati di pietre preziose, quelli del 2 credo siano vestiti da pacificatori, quelli del 3 sembrano dei chip giganti, quelli del 4 sono vestiti uno da pescatore e l'altra da pesce, quelli del 5 sono avvolti da lucine colorate, quelli del 6 sembrano meccanici ricoperti di olio nero, quelli del 7 sono vestiti da alberi, quelli dell'8 sono ricoperti di tessuti multicolori, quelli del 9 non si capisce cosa dovrebbero essere, ma deduco che siano spighe di grano, quelli del 10 sono vestiti da mucche e quelli dell'11 sono ogniuno una metà di un cesto di frutta. Chissà come mai Ray ha deciso di farmi rimanere così anonima? Forse spiccherò per normalità... L'unica cosa che mi consola è che anche Andrew è anonimo. Ha una specie di completo elegante, nero. Ray e sua moglie Mandy erano d'accordo evidentemente. Ci fanno salire sul nostro carro e ci danno le ultime indicazioni.
«State bene eretti, sorridete al pubblico e rimanete rilassati. Qualunque cosa succeda non preoccupatevi! E' molto importante che tutto sembri il più naturale possibile.» dice Mandy. A cosa si riferisce?
«Che cosa deve sembrare naturale?»
«Tranquillo Andrew, è tutto ok. Testa alta, sorrisi. Chiaro?» Gli risponde Ray. Sto iniziando a preoccuparmi, ma la parata inizia, parte la musica di apertura ad un volume altissimo e io devo sfoggiare il mio miglior sorriso. Per le telecamere. E per i ricchi sponsor di Capitol City.
Quando il carro dell'11 esce il cuore inizia a martellarmi nel petto come se volesse saltar fuori. Riesco già a vedere le persone estasiate alla vista dei tributi. Usciamo anche noi e inizio a sentire una brezza leggera sul viso e sulle braccia. Poi mi accorgo che gli abitanti della capitale si voltano tutti a guardarci, ci indicano e fanno versi tipo "oooh" e "aaah" e dicono "guardate quelli del 12!" e "è incredibile!". Non capisco cosa ci sia da stupirsi tanto, finché non individuo la nostra immagine su un megaschermo. Per un istante rischio di sentirmi male, poi mi ricordo le parole di Ray e Mandy e capisco che non stiamo davvero andando a fuoco, ma che fa parte dei nostri costumi. I nostri abiti si stanno lentamente consumando, mostrando delle lucine rosse e gialle che vibrano come fiammelle sul nostro corpo. Grosse parti del dipinto a fiamme sulla nostra pelle sono ora visibili e l'effetto è proprio quello di farci sembrare in balia del fuoco. Per un attimo mi rilasso, sorrido e saluto il pubblico, mi esalto ascoltando le persone che acclamano il mio nome e (purtroppo) quello di Andrew. Ma poi mentre il carro avanza, qualcosa inizia a intimorirmi. Gli abiti continuano a consumarsi. Di questo passo quando arriveremo all'Anfiteatro non ne resterà più nulla! Però Ray ha mantenuto la sua promessa: sono davvero indimenticabile. A dirla tutta anche altri tributi sono quasi nudi (quelli dell'1 e del 5 in particolare), ma nessun costume è vivo come il nostro. Non è l'esposizione del corpo a esaltare i capitolini, ma la trasformazione dei costumi.
I miei timori erano fondati. Quando i carri si fermano a semicerchio davanti alla casa del giovane presidente Snow, io e il mio compagno di distretto siamo nudi, coperti solo dalla pittura e dalle strane lucine che ci avvolgono senza mai fermarsi. E' imbarazzante, ma mi sforzo di continuare a sorridere. Snow ci da il benvenuto ufficiale, mentre le telecamere ci inquadrano uno per uno. Quando mi vedo sugli schermi capisco che è inutile imbarazzarsi tanto: non siamo così osceni e non si vede quasi nulla, complice anche il primo buio della sera che avanza. Però in compenso siamo bellissimi. Indimenticabili. Questo è il mio ultimo pensiero mentre i carri entrano nel Centro di Addestramento. Poi veniamo accolti dai nostri staff di preparatori, dagli stilisti e da Flavie e Ken che ci riempiono di complimenti, ci passano un accappatoio e ci bombardano di parole che non riesco a cogliere. Osservo gli altri tributi: sono anche loro circondati da stilisti, mentori e accompagnatori, ma il loro sguardo è puntato su di noi. Mi sa che ci odiano già. O forse sono solo ammirati. Non lo so, ma ho di nuovo paura...


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NOTE DI JD:

 

Quinto capitolo aggiornato con la nuova grafica, ma non ancora betato. Mi auguro che anche questo capitolo sia stato di vostro gradimento; avete conosciuto tre bizzarri esseri e un nuovo personaggio chiave della storia, di cui potete vedere la foto (sì, l'ho truccato sul serio, Photoshop è una brutta malattia) nel banner (Raden is not the way, but i ship it). Spero (sì io spero sempre qualcosa, lo so che sono pesante, ma è così) non pensiate che i costumi "fiammeggianti" siano la brutta copia insensata di quelli dei libri, perché a tempo debito il cerchio si chiuderà (Uroboro is always the way) e capirete tutto, anche questa cosa un po' controversa...
Fatemi al solito sapere cosa ne pensate, sono grata a qualunque tipo di critica costruttiva. Sono rimasta senza parole, per cui corro ad aggiornare il prossimo capitolo...
Saluti, pace, amore e palme nane a tutti voi,
JD

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Capitolo 6
*** 05 - quinta parte: L'ADDESTRAMENTO E LE INTERVISTE ***


 

 

 

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"..."

(...)


 

CAPITOLO 9.
I nostri appartamenti si trovano in una torre sopra al Centro di Addestramento. Per raggiungerli basta premere il numero del proprio distretto sull'ascensore. Non sono mai stata in ascensore prima d'ora e la cosa mi spaventa un po'. So che al Distretto 12 li usano per scendere alle miniere, ma io non sono mai scesa laggiù. Salgo titubante, assieme a Andrew, Flavia, Ken, Ray e Mandy. Iniziamo a salire. In fondo non è poi così male, a parte forse quel senso di claustrofobia... Per fortuna ci mettiamo pochi secondi a raggiungere il dodicesimo piano.
«Siete fortunatissimi ad essere i Tributi del Distretto 12, perché a voi viene assegnato l'attico! E' assolutamente fantastico, vedrete.» Ci dice esaltata Flavia. Quando le porte dell'ascensore si aprono mi trovo davanti una stanza enorme, grande almeno 10 volte la mia casa, senza pareti divisorie, ma che contiene un salotto, una sala da pranzo, un'area relax e, sulla sinistra, una scala a chiocciola. Sul fondo, di fronte all'ascensore c'è una porta.
«Andate pure alle vostre stanze e lavatevi per la cena. Poi parleremo un po'.» Ci congeda Ken.
Flavia ci acconpagna alla porta, che da su un corridoio in cui ci sono le porte delle camere da letto. La mia stanza è più grande di tutta casa mia messa assieme ed è ancora più lussuosa e tecnologica del treno. Mi dirigo subito verso il bagno e scopro che già fare la doccia è complicato. Ha un pannello pieno di pulsanti che regolano l'acqua, il sapone, lo shampoo, gli olii, il tipo di massaggio e un sacco di altre cose a cui non avevo mai pensato prima d'ora. Cerco di non combinare danni e di scegliere una combinazione normale, ma comunque mi ritrovo circondata da più schiuma di quel che vorrei. Quando finalmente riesco a cancellare le fiamme dal mio corpo e a liberarmi di tutta quella schiuma esco dalla doccia e come poso i piedi sul tappetino parte un getto d'aria che mi asciuga all'istante. Poi provo l'asciuga capelli istantaneo, che con una specie di corrente asciuga e pettina i capelli in pochi secondi. Certo che a Capitol City fanno tutto in un attimo! Anche l'armadio è automatizzato: c'è uno schermo che si può toccare e che permette di scegliere gli abiti da indossare secondo il proprio gusto. E poi c'è anche una finestra enorme che può inquadrare qualunque zona della capitale. E infine un tavolino come quello che c'era al Centro immagine. Siccome ho molta fame decido di fare uno spuntino prima di cena. Seleziono un menù che si chiama "aperitivo" e che contiene crocchette di patate, pizzette, crostini di un pane strano, nero, con sopra del lardo e da bere un bicchiere di vino. Non ho mai bevuto vino in vita mia e so che un tempo era illegale bere alcolici prima dei 21 anni. Non so se lo è ancora, ma cosa mi importa? Sono un Tributo, per cui non possono arrestarmi! Ed è molto probabile che morirò presto, quindi tantovale che lo assaggi, visto che potrei non avere un'altra occasione di farlo...
Finito il mio spuntino Flavia viene a chiamarmi per la cena. Ci sono due camerieri vestiti di bianco che ci servono, in silenzio. Non mi abituerò mai alla cosa di essere servita! E' imbarazzante e ingiusto... Però lo scopo vero della cena non è mangiare, ma pianificare le nostre strategie, assieme a Ken.
«Allora, domani mattina presto inizierà la prima sessione di allenamento. Prima di tutto dovete decidere se volete essere allenati da soli o assieme.»
Già la prima domanda è difficile. Cosa voglio? Andrew non mi piace, so che vuole solo che io muoia per vincere, ma forse conoscere la sua strategia potrebbe aiutarmi...
«Io voglio essere addestrato da solo. Voglio una mia strategia.» A quanto pare Andrew ha deciso per me. Bene, se è questo che vuole, che stia pure da solo, non mi importa.
«A me va benissimo. Non lo voglio tra i piedi. E voglio anche io una mia strategia, chiaramente!»
«Perfetto. Vi avviso, sarebbe stato più semplice, per voi e per me, allenarvi assieme. Ma se è questo che volete, così sia. Domani dopo colazione parlerò con te, Andrew. Mentre dopo cena, sarà il tuo turno signorina.» signorina? Signorina un cavolo! Vedrà chi è la signorina...
Andiamo a dormire presto, ma io passo la notte insonne. Sono distratta da tutti i pensieri che ho in testa.
La mattina faccio colazione abbondante e frettolosa. Andrew rimane indietro con Ken, e Flavia mi accompagna alle sale di addestramento, che sono al piano -1. Mi ritrovo in una palestra enorme piena di postazioni per l'apprendimento dell'uso di armi, percorsi a ostacoli, ma anche zone dove si imparano tecniche di sopravvivenza. Gli altri Tributi sono quasi tutti arrivati e aspettano in piedi davanti ad un uomo con una folta barba bruna e un cartellino appuntato sulla camicia con scritto "Mory Cray - Capoistruttore". Alle 10 ci siamo tutti (anche Andrew, che deve aver finito di parlare con Ken) e Mory ci spiega come funziona l'addestramento. In pratica abbiamo libero accesso a tutte le strutture, in ogni postazione ci sono istruttori e atleti che ci aiuteranno ed è severamente vietato lottare con altri Tributi. Ci consiglia di non buttarci a capofitto solo sulle armi, ma di passare del tempo anche alle postazioni di tecniche di sopravvivenza. Come accendere un fuoco, come riconoscere piante commestibili, come costruire trappole e ripari, come mimetizzarsi eccetera.
Siccome non ho ancora una strategia decido di passare un po' di postazioni a caso: come accendere un fuoco, poi uso della spada, poi mimetizzazione e infine uso delle lance. Sono un totale disastro con le armi, ma riesco ad accendere un fuoco in tempo record e, a detta dell'istruttore, ho un talento naturale per la pittura. Già ma questo non mi sarà utile, una volta nell'arena! A pranzo mangiamo ogniuno per conto suo e poi riprendiamo gli allenamenti. Nessuno vuole fare amicizia. Ci sentiamo già avversari gli uni degli altri, ma siamo anche spaventati, credo. Terrorizzati dall'idea di affezionarci a qualcuno che poi dovremo cercare di uccidere...
La cena avviene nei nostri appartamenti. Sto continuando a mangiare molto e i risultati iniziano a vedersi: sono più in forze, le guance meno incavate, le ossa meno sporgenti. Dopo cena Ken mi porta sulla scala a chiocciola. L'avevo notata appena e ora sono curiosa di sapere dove conduce. Mi ritrovo in una piccola stanza a cupola con una porta che da su una terrazza. Il panorama è mozzafiato! La città di notte continua ad essere luninosa e colorata, ma di luci scintillanti e quasi vive. Quasi come il mio costume alla parata. Vedo le strade piene di persone che festeggiano. E' assurda la loro felicità! Non vedono l'ora di assistere al nostro massacro in diretta... disgustoso! Un pensiero mi balena sinistro nella mente.
«Non credi che sia stato avventato mostrarmi questa terrazza? Potrei decidere di farla finita alla svelta e buttarmi di sotto...»
«Anche se tu volessi davvero questo, cosa che non credo affatto, non potresti comunque. C'è un campo di forza. Ti rimanderebbe indietro in un secondo.»
«Capisco... beh allora cominciamo?»
«Ok. Dimmi Jaden, qual è il tuo talento? Cosa sai fare?» bella domanda... cosa so fare?
«Ho paura di non saper fare niente di utile. Oggi ho provato ad usare un paio di armi, ma sono un disastro totale! Però l'istruttore di mimetizzazione mi ha detto che ho un talento naturale per la pittura... peccato che non si possa rubare la vita alle persone facendogli un bel ritratto!»
«Sicuramente ti sarà utile per mimetizzarti però! E' una dote che pochi hanno. Sicura che sia tutto qui?»
«Non saprei... so che so arrampicarmi, praticamente dappertutto. Alberi, pareti di roccia, muri con qualche sporgenza... e corro veloce. Tutte cose utili per scappare. Niente per difendermi o attaccare però!»
«Sono tutte cose che si possono imparare. Io sto cercando qualcosa che sia solo tuo, un talento naturale di quelli con cui si nasce. Tutti ne anno uno!»
«Già. Beh forse so solo dipingere... nient'altro.»
«Non credo. Ma facciamo così. Passerai i giorni di addestramento cercando di imparare ad usare un arma. Scegli quella che preferisci, quella che senti più tua. Per il resto del tempo occupati di tecniche di sopravvivenza. La tua strategia sarà la difesa, se ti piace come idea.» se mi piace come idea... sì beh credo di potercela fare a difendermi... Annuisco e aspetto altre istruzioni.
«Benissimo allora cerca di imparare alla perfezione come costruire un rifugio, mimetizzarlo e mimetizzare te stessa, come procurarti cibo, acqua e come creare trappole, sia per animali che per persone. E non dimenticare l'arma a tua scelta! Ti consiglio qualcosa a distanza, tipo la lancia o la balestra. Forse è meglio la lancia, che richiede leggermente meno forza fisica. Il resto cercherò di farlo io con gli sponsor. Hai decisamente attirato l'attenzione alla parata. Piaci alla gente, perché sei spontanea e anche molto bella, lasciatelo dire.» Bella? Io? Sicuramente è confuso o forse a Capitol City hanno dei gusti discutibili. Tolgo il forse. A Capitol City hanno decisamente dei gusti discutibili. Basta vedere come vanno in giro...
«Ok. Ho capito. Grazie del complimento Ken.».
«Figurati, dico solo la verità. L'ultima sessione di addestramento sarà con gli strateghi, solo tu e loro e poi riceverai un punteggio da 1 a 12, che verrà reso pubblico. Mostragli qualcosa di strabigliante, oppure non fare niente. Un punteggio molto alto attirerà l'attenzione su di te, mentre uno bassissimo ti renderà non pericolosa. Ognuna delle due strategie ha i suoi pro e contro ovviamente. Lascio a te la scelta...» Come voglio apparire? Temibile o trascurabile? Non lo so ancora... E poi c'è un'ultima cosa che mi turba.
«Che strategia ha scelto Andrew?»
«Non posso dirtelo io. Se vuole farlo te lo dirà lui, ma io non lo farò. Ora vai a dormire signorina!»
Faccio come mi dice. Non solo nel senso che vado a dormire, ma nel senso che nei tre giorni successivi mi impegno a seguire i suoi ordini e consigli. Le tecniche di sopravvivenza sono fin troppo facili per me per cui mi alleno soprattutto con l'arma. Ho provato l'arco e la balestra, ma non riesco nemmeno a tendere la corda e caricare. Allora ritento con la lancia con discreti risultati. Però non contenta faccio qualche tentativo con una cerbottana e mi scopro molto precisa! Così mi occupo un po' anche di veleni e trasformo il piccolo oggetto dall'aria innoqua in un arma letale!
Il giorno delle sessioni private arriva fin troppo presto e io non ho ancora preso la mia decisione su come voglio apparire. Improvviserò sul momento allora. Ci riuniamo tutti in una stanzetta vicina alla palestra. I Tributi vengono chiamati in ordine di distretto, prima le femmine e poi i maschi. Ognuno ha 15 minuti per impressionare gli strateghi. In breve tempo mi ritrovo da sola con Andrew. La domanda che voglio fargli mi pizzica sulla lingua, indecisa se uscire o no. Alla fine la curiosità ha la meglio.
«Tu che strategia adotterai?»
«E pensi davvero che te lo verrei a dire così?»
«Perché no? In fondo tu non vuoi uccidere me e io non voglio uccidere te. Entrambi vogliamo vincere, ma qui non c'è più nessun altro avversario che potrebbe trarre vantaggio dal conoscere la nostra strategia...» le mie motivazioni sono deboli, ma lui mi da ragione.
«Ho intenzione di creare un'alleanza con quelli che risulteranno i più forti. Ken mi ha detto che il gruppo di cacciatori più forti vierrà chiamato "dei Favoriti". Cacceremo in branco finché non rimarremo in pochi, poi ci divideremo e allora mi inventerò qualcosa per uccidere anche loro.» altro che difesa... il suo piano è molto più articolato. E forse anche più efficace!
«Però ora devi dirmelo anche tu, così saremo pari! Quale sarà la tua strategia?» prima non avrei avuto problemi a dirgliela, ma ora mi vergogno. Però non posso stare zitta, quel che è giusto è giusto.
«Io ho imparato ad usare un arma speciale. Attaccherò con quella, nascosta nell'ombra, diciamo così.» la spiegazione che mi sono inventata fa apparire la mia strategia un po' meno debole e inizio a rilassarmi, pensando che forse qualche possibilità ce l'avrò se riuscirò a fare così. E capisco anche cosa voglio fare!

Siamo sui divani del nostro appartamento. Stiamo aspettando che escano i punteggi e non sto più nella pelle! Sono seduta fra Ray e Ken, entrambi curiosi di vedere come ci siamo comportati. Quando ce l'hanno chiesto, entrambi abbiamo risposto "sorpresa" rendendo tutti nervosi e eccitati al tempo stesso. La trasmissione inizia e le foto dei Tributi dall'1 al 12 iniziano a comparire, corredate di nomi e punteggio. Per la prima volta non riesco a impedirmi di comprendere i loro nomi, di associarli ai loro visi... e di soffrire un po'.
Lehanne, la piccola che mi aveva colpita alla Mietitura, prende 8. Il suo compagno di distretto, Blain, 10.
Cara e Cole, i Tributi del 2, prendono 11 e 9.
Lara e Stewart, Distretto 3, prendono 7 e 8.
Gioi e Barry, i volontari del 4, prendono 11 e 10.
Sally e Jody, i volontari del 5, tutto sommato sono stati deludenti, con un 6 e un 5.
Giorgine e Jonathan i fratelli del 6 che mi avevano sconvolta, se la sono cavata con un 7 e un 8.
Paula e Lory del Distretto 7 anche se sembravano in forze, hanno preso solo 5 e 4.
Tracy e Tom, dell'8 hanno preso 10 entrambi.
Dora e Peter, Distretto 9, hanno preso 11 e 5.
Benedict e Elia, Distretto 10, così piccoli, hanno preso 6 e 8.
Nora e Zac Distretto 11, nonostante la stazza, se la cavano a malapena con un 5 ciascuno.
Andrew e Ken hanno commentato tutti i punteggi, ma ora che tocca a noi è calato il silenzio ed è salita la tensione.
Jaden, Distretto 12. Ha preso 12.
Andrew, Distretto 12. Ha preso 11.
Il mio cuore fa una capriola! Ho preso il punteggio più alto di tutti, il massimo! Attorno a me tutti festeggiano i nostri punteggi alti. Soprattutto il mio. Ma io sto già analizzando cosa comportarà tutto ciò. Andrew vorrà che io faccia parte del suo gruppo di Favoriti, visto il mio punteggio? Oppure mi lascerà in pace e punterà sugli estranei? I più forti sembrano essere Cara, Gioi e Dora. Anzi, sarebbe meglio dire le più forti. Ma sempre meno di me a quanto pare. La cosa mi rilassa appena un po'. E un pensiero allegro mi passa per la mente... Andrew si pentirà di avermi trattata male, ora!
«Jaden, signorina, devi assolutamente dirmi cosa hai combinato per stupirli così!» Mi chiede sorridendo Ken. Smetterà mai di chiamarmi signorina?! Comunque rido e gli racconto tutto, ma in disparte, lontano dalle orecchie di Andrew. Non voglio che conosca tutti i miei piani.
Quando sono entrata ho creato una specie di capanna mimetica su una torretta di allenamento, in meno di 5 minuti. Poi ci ho trascinato sopra qualche erba, dell'acqua e una cerbottana. Ho creato un veleno potentissimo e l'ho usato per fare 5 dardi letali. Nel frattempo raccontavo loro quel che stavo facendo, in modo che capissero meglio. Poi mi sono acquattata nel mio nascondiglio e da li ho sparato i dardi precisamente sul collo di alcuni manichini. Dall'altra parte della palestra! Non pensavo che li avrebbe stupiti tanto, ma evidentemente credono anche loro che sia una buona strategia... L'angolino della mia mente con imprigionata la speranza di vincere si illumina appena un po'.
«I miei complimenti signorina! Ma ora fila a letto. Domani sarà una giornata impegnativa...» La mattina Flavia viene a svegliarmi presto per una lezione di portamento. Mi sto domandando a cosa diavolo mi servirà nell'arena, quando dal suo farneticare eccitato capisco che è per l'intervista finale. Me ne ero completamente dimenticata! Quindi dopo una colazione veloce mi toccano ben 6 ore di noiose torture: come camminare ben eretta sui tacchi alti (un vero incubo), come fare inchini rispettosi, come sorridere, come stare seduta ecc..
A mezzogiorno ho una fame da lupi e divoro qualunque cosa mi viene messa sotto il naso. Nel pomeriggio Ken mi rapisce e mi porta di nuovo sulla terrazza per decidere la sessione sui contenuti dell'intervista.
«A quanto pare hai scelto di apparire temibile, anziché sottovalutabile. Non so se sia stata un ottima idea, ma posso dirti che avrei fatto lo stesso anche io. Ora però dobbiamo decidere come sferrare l'attacco finale! Come convincere definitivamente il pubblico che sarai tu a vincere. Convincerlo a scommettere su di te e, quindi, sponsorizzarti!»
«E come dovrei fare? Io non sono brava con le parole, non so farmi degli amici e non ho né un aspetto temibile, né affascinante e non sono simpatica...»
«Ma sei spontanea e risulti naturalmente piacevole.»
«In che senso?»
«Basta guardarti per affezionarsi a te! Tutti a Capitol City sarebbero dispiaciuti dalla tua morte. Per questo potrebbero volerti aiutare...»
«Vuoi dire che faccio pena?»
«No, non pena! E' difficile da spiegare. Ma se fossi in te non sarei così sicura di non essere affascinante.»
«Quindi dici che dovrei solo essere me stessa?»
«E' esattamente quello che voglio da te, signorina.»
«Ok. Ci proverò... Però ehm, Ken? Posso chiederti un favore?»
«Dimmi pure Jaden.»
«Potresti smettere di chiamarmi signorina? Sono letale, ricordi?» la metto sullo scherzoso, ma spero capisca che la cosa mi irrita...
«Beh questo non puoi chiedermelo. Tu sei la mia signorina ormai. La mia letale, affascinante, signorina Jaden Cartwrite. La futura vincitrice dei primi Hunger Games!» wow. Quindi forse ha davvero scelto me alla fine... o fa solo parte del suo lavoro di Mentore? Sì, dev'essere così. Sicuramente dice le stesse cose anche a Andrew. Però a lui non ha affibiato un nomignolo... All'improvviso "signorina" non mi infastidisce più poi così tanto.
«E' stato tutto fin troppo facile fin qui. Ti confesso che ho paura, Ken.»
«E' normale averne. Sarei spaventato anche io al tuo posto... - mi abbraccia e abbassa la voce appena un po' - E' ingiusto quello che vi stanno facendo. Vorrei che tu sapessi che io non sono d'accordo. Che non sono un mostro di Capitol City che si divertirà a vedervi uccidere e morire in quell'arena!» ora sono colpita e non so più cosa dire.
«Ehm... grazie.» Istanti di silenzio imbarazzante.
«Ora sei pronta signorina. Vieni andiamo a mangiare qualcosa...»
Il resto del pomeriggio e la sera trascorrono calmi e senza problemi. Sono un pizzico più fiduciosa ora, anche se la strada è ancora lunga e in salita.

La mattina seguente mi lasciano dormire un po' di più e a svegliarmi sono direttamente Rose, Tod e Max, il mio staff di preparatori. Sono loro a programmarmi una doccia speciale, con schiuma agrumata, shampoo illuminante, olii emolienti e spugne morbide e setose. Non sono mai riuscita a programmarla così bene da sola. Ma loro ci vivono da sempre in mezzo a queste cose... Bene, la parte piacevole è finita, ora passo la mattina a farmi estirpare i pochi peli che avevano osato ricrescermi. Poi mi strofinano la pelle con strani panni solleticanti e olii profumati che danno un po' di sollievo alla mia pelle martoriata dalla ceretta. Quindi mi permettono di mettere un accappatoio e pranzare. A tavola c'è anche Andrew, non ha più peli sul mento, ma per il resto sembra uguale a prima, mentre io quasi luccico. Mi godo il pasto, visto che sarà uno degli ultimi che mi verranno serviti comodamente a tavola, poi mi lasciano nelle mani di Ray. Questa volta so cosa dirgli.
«Ray, il costume della parata è stato molto utile ad attirare l'attenzione su di noi, ma se posso, questa volta preferirei non rimanere nuda, sul palco.»
«Capisco. Strano Mandy mi ha detto che Andrew era entusiasta della cosa. Evidentemente è più esibizionista di te.» ora ride. Perché nessuno mi prende sul serio qua dentro?! Lui deve notare la mia espressione truce perché mi consola assicurandomi che rimarrò vestita, questa volta.
Mi fa togliere l'accappatoio e inizia a disegnarmi sul corpo spirali rosse, arancioni e gialle. Però lo fa soprattutto su braccia e gambe, lasciando stare le parti che, a quanto pare, sta volta rimarranno coperte dai vestiti. Quando sono con i tre preparatori non mi sento in imbarazzo a stare nuda, nonostante fra loro ci siano due uomini. Ma con Ray è tutta un'altra faccenda. Lui mi mette una sogezione particolare e non capisco perché.
«Hai freddo Jaden?» ho i brividi, ma non ho freddo. Mi accorgo che è la sua presenza a farmi questo effetto e non mi piace affatto.
«N-no. Però sono in imbarazzo.» ride. Perché non so stare zitta?
«Scusami, non credevo ti desse fastidio stare nuda davanti a me...» la sua voce si fa più bassa, suadente...
«Non è questo è che... forse ci stiamo mettendo troppo... non pensi?»
«Sarò sincero con te. La sto tirando per le lunghe perché adoro sfiorare la tua pelle, tingerla di fiamma. Guadrarti tremare sotto i miei occhi.» ora sono nervosa come mai nella vita. Perché le cose stanno prendendo questa piega assurda?
«Ray, tu sei sposato. E io sono solo un Tributo. Dovresti aiutarmi a sopravvivere nell'arena, non farmi delle avances!»
«Hai ragione. Devi perdonarmi è che sei così bella...» ora basta. Questa cosa sta diventando ridicola! Da un giorno all'altro sono passata da anonima bruttina a bellissima signorina affascinante che tutti adorano! Non è possibile questa cosa... Penso alle parole di Dora Undersee, alla dichiarazione d'amore di Mark, al pubblico di Capitol City che si sgola per gridare il mio nome, a Ken che mi dice che sono affascinante, bella e letale... e ora anche Ray con questa storia che vuole stare a guardarmi nuda!
Mettere in imbarazzo Jaden Cartwrite, l'ultima moda a Panem! Se non lo fai non sei nessuno...
Ray finamlente capisce di stare esagerando e termina i disegni sul mio corpo in 5 minuti. Quindi mi passa un abito da sera rosso fuoco, senza spalline, semplice, ma meraviglioso. Sono felice di constatare che le scarpe hanno un tacco non troppo alto e sono color brace scintillante, così come la stola impalpabile che mi posa delicatamente sulle spalle. E' un materiale che non ho mai visto prima, ma contribuisce a farmi assomigliare ad una fiammella fuggita da un bracere. Per completare l'opera mi dipinge le unghie dello stesso color brace, mi trucca in modo semplice e naturale e mi lega i capelli con una coda alta e svolazzante con inserti di nastri e perline rosse.
Mi guardo allo specchio e mi concedo un sorriso sincero. Forse al naturale non sarò bellissima come sostengono, ma così conciata sono proprio mozzafiato... e scusate la mancanza di modestia!
Mi permetteranno di cenare solo al termine delle interviste, anche se il mio stomaco brontola già. Al piano terra del Centro di Addestramento vedo tutti i Tributi già schierati in fila, pronti per uscire sul palco allestito nell'Anfiteatro. Al nostro arrivo sento un uomo che ci annuncia, le porte si aprono e usciamo, uno dietro l'altro come curiosi soldatini. Eleganti burattini nelle mani di Capitol City. Sediamo a semicerchio davanti al pubblico: una folla urlante di persone bizzarre e esaltate. Lo so forse mi sto ripetendo, ma... che schifo!
Abbiamo 3 minuti ciascuno per parlare con l'intervistatore, Coral Flickerman. I miei avversari si presentano quasi tutti con toni simpatici o aggressivi. E a mano a mano che i minuti passano il mio nervosismo cresce sempre più. In men che non si dica sento Coral che pronuncia il mio nome. Mi alzo e raggiungo la poltrona di fianco alla sua.
«Benvenuta Jaden! Inizierò col dirti che ci siamo tutti emozionati per l'abbraccio straziante con il tuo fratellino, quando hanno estratto il suo nome. Ma poi il tuo compagno di distretto lo ha salvato. Cosa hai pensato in quel momento?» che brutta domanda. Mi vergogno a dire cosa ho pensato. Però potrebbe essere la mia occasione di metterlo in cattiva luce agli occhi dei capitolini!
«Vedi Coral, all'inizio ho provato un sollievo indescrivibile. Pensavo che Andrew l'avesse fatto per lui, e lo ammetto, anche per me. Poi però ho capito che non è stato proprio così...» devo fermarmi. Non voglio che la mia strategia comprenda l'indebolire psicologicamente qualcun altro. Io non sono così.
«Ah capisco, mi sembri dispiaciuta di questo.»
«No, non direi dispiaciuta. Perché so che è normale. Io voglio vincere, lui vuole vincere. Tutti noi lo vogliamo. - indico i Tributi alle mie spalle - Perché vincere significa vivere, ma non solo... significa salvare la propria famiglia dalla fame...»
«Sei molto profonda Jaden. Ma ora parliamo del tuo punteggio di addestramento. Siamo rimasti senza parole. 12! Il massimo, nonché il punteggio più alto di tutti. Se non fosse vietato ti chiederei cosa hai fatto» Risate tra la folla sottostante. Mi concedo di sorridere anche io, un po' compiaciuta.
«Beh, posso dirti solo che credo di averli stupiti... tutto qui.» Poche parole, che non dicono nulla, ma che in realtà dicono tutto...
«Dev'essere proprio così! Ma passiamo a qualcosa di più allegro. Il tuo costume alla parata dei carri! Sai che siamo rimasti tutti a bocca aperta dall'effetto creato dal tuo stilista. - una telecamera inquadra Ray - Addirittura, mio figlio Caesar mi ha chiesto se potevo organizzargli un incontro con te!» Rido assieme al pubblico, come se fosse una battuta. E spero davvero che lo sia... non ho proprio bisogno di un altro spasimante! Però questa cosa la posso usare... Guardo tra il pubblico e riconosco subito il figlioletto di Coral. E' la sua copia in miniatura!
«Beh Coral, è quello laggiù tuo figlio vero?»
«Già. Si nota vero?» altre risate dal pubblico. Guardo verso Caesar e gli mando un bacio con la mano.
«Per te Caesar! Da una fiammella letale» sorrido. Non so come mi sia uscita la cosa della fiammella letale, ma è geniale! Sono fiera di me. E anche alla gente dev'essere piaciuto perché applaudono talmente forte che a malapena sentiamo il segnale che dice che i miei 3 minuti sono finiti. Coral si alza e mi prende una mano per presentarmi al pubblico.
«Jaden Cartwrite signori, la fiammella letale!» bene. E' diventato il mio nuovo soprannome! Sicuramente mi aiuterà con gli sponsor...
Torno a sedermi e Coral chiama Andrew. Lui va sicuro verso la poltrona. Stringe la mano al presentatore e inizia la sua intervista. Anche a lui chiede del costume. Gli fa i complimenti per il punteggio alto e per il coraggio dimostrato alla Mietitura.
«A questo proposito Coral, vorrei dire una cosa.» adesso sono curiosa. Lo siamo tutti nell'Anfiteatro. Ma io ho anche un brutto presentimento...
«Dicci pure Andrew»
«Jaden ha detto che io mi sono offerto volontario solo per vincere, solo per i soldi. Mi ha dipinto come un egoista. Ma io non sono così!»
«Nessuno lo pensa caro. E poi se anche fosse non ci sarebbe nulla di male a farlo per la propria famiglia. E' questo che ha detto Jaden, credo.»
«No, lei è arrabbiata con me. Perché le ho detto che voglio vincere. Ma la verità è che l'ho fatto anche per la sua, di famiglia. Sono sicuro che sarebbero morti entrambi se fossero entrati assieme, lei e Thomas. Lei avrebbe sprecato tutte le sue forze per proteggere suo fratello, finindo sicuramente col morire quasi subito. Invece così le ho dato una possibilità. E ho pure salvato la vita di suo fratello! E lei mi odia solo perché non mi sono arreso all'idea di morire...» mi trattengo dall'andare la e strangolarlo solo perché so che mi punirebbero e che tanto potrò farlo nell'Arena... come ha potuto farmi questo?
«Beh, non pensavo che fra voi ci fossero tutte queste tensioni. Non è che forse c'è qualcosa di non detto sotto?» ecco! Ci mancava solo l'insinuazione che fra noi ci sia qualcosa...
«Non so cosa pensi lei. Ma prima della Mietitura io le ero affezionato. Andavamo a scuola assieme, sapete. Ma lei non mi ha mai considerato più di tanto. Io ho provato ad attirare la sua attenzione in tutti i modi. Ho anche regalato un lecca lecca alla sua sorellina piccola! Ma lei è una persona diffidente... Chissà cosa ci ha letto dietro al mio gesto. Non accetta gli aiuti, secondo me!» bene, i miei complimenti Donner. Tutta la fatica fatta per trovare persone disposte a sponsorizzarmi e tu rovini tutto così!
«Mi sembra difficile immaginare quella graziosa signorina come la stai dipingendo tu...» per fortuna Coral non ci crede... magari neanche gli abitanti ci crederanno...
«Non voglio dire che sia una brutta persona, solo che se ha rifiutato la mia amicizia, di certo non accetterà mai il mio amore. E se non posso averla io non l'avrà nessuno, perché morirà agli Hunger Games!»
«La tua è una dichiarazione d'amore o di guerra?»
«Oh, è molto di più, Coral. E' una promessa. La promessa che vincerò. La promessa che non la dimenticherò mai...» il pubblico non sa cosa fare. Dopo qualche istante di silenzio il segnale della fine dei 3 minuti suona e allora applaudono, ma mi sa che ancora non hanno ben capito cosa sia successo davvero. Io invece l'ho capito fin troppo bene! E' amore che vuole? E' con la guerra che vuole risolvela? Bene. E' ciò che avrà...


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NOTE DI JD:

 

Sesto capitolo aggiornato, ma non ancora betato. State cominciando a conoscere tutti i tributi, le strategie dei due protagonisti e i caratteri contrastanti.
Spero che qualcuno riesca ad arrivare in fondo senza annoioarsi o vomitare >.<
Se sarete così dolci, gentili e carucci da leggere tutto, oltre alla mia eterna gratitudine avrete anche l'onore di dirmi quanto vi ha fatto schifo, per cui non lasciatevelo scappare (?)
Ah ho un regalino per voi: dal prossimo capitolo saremo nell'arena, per cui per evitare di fare un unico capitolo chilometrico, ho pensato che dividerò i capitoli in "Giorno 1", "Giorno 2" ecc..
Meglio vero? E nulla, non ho altro da aggiungere :)
Saluti, pace, amore e palme nane a tutti voi,
JD

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Capitolo 7
*** 06 - sesta parte: L'ARENA, GIORNO 1 ***


 

 

 

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"All the world I've seen before me passing by,
Silent my voice, I've got no choice [...]
I've got, nothing, to gain, to lose,
All the world I've seen before me passing by...
You don't care about how I feel,
I don't feel it anymore."

(ATWA - System Of A Down)


 

CAPITOLO 10.
Incubi. Non riesco a metterli bene a fuoco, ma so che stanotte ho avuto gli incubi. Sono imprigionata nel lenzuolo, sotto le coperte, sudata e terrorizzata. Ma non voglio aprire gli occhi perché fuori ci sono gli incubi reali. E sono anche peggio dei sogni!
Ma Flavia puntuale mi sveglia e sono costretta ad alzarmi, farmi l'ultima doccia tecnologica e uscire dalla camera. Il mio stilista mi ha preparato un vestitino rosso, un golfino bianco e delle scarpette di quelle che piacciono a me. Alle 9 devo salutare tutti e andare sul tetto con Ray. Li viene a prenderci un hovercraft. La scaletta scende e noi ci aggrappiamo. Sto tremando e ho paura di non riuscire a rimanere attaccata, ma appena sfioro le corde una strana forza mi incolla alla scaletta e capisco che non potrei cadere neanche se lo volessi. Una volta sull'hovercraft un inserviente in camice bianco mi blocca il braccio sinistro in uno strano aggeggio.
«Perché questa cosa?» chiedo timidamente.
«devo iniettarti il localizzatore. Farà male, ma più starai ferma meglio sarà.» faccio un respiro profondo, chiudo gli occhi e stringo i denti cercando di rilassarmi. Il dolore arriva, acuto, ma breve. Solo pochi secondi ed è tutto passato.
«Complimenti ragazza. Ti sei comportata bene. Ho visto uomini adulti e forti urlare o piangere per questo.» in effetti l'istinto di lasciarmi scappare un lamento c'era. Fino a meno di una settimana fa probabilmente avrei urlato anch'io, ma ora ho deciso di essere forte. Ho deciso che il dolore non mi può più toccare. Sono superiore, io...
Mi liberano e Ray mi porta oltre una porta, dove c'è un tavolo apparecchiato per l'ultima colazione abbondante, dolce e piacevole prima dell'Arena. Mangio più che posso perché dal nome dei giochi intuisco che non mangerò più molto, finché sarò la dentro. Anzi, è possibile che questo sarà l'ultimo pasto civile della mia vita.
«Jaden?» sobbalzo sentendo la voce di Ray pronunciare il mio nome e alzo gli occhi dal piatto di frittelle ricoperte di crema di nocciola che stavo divorando avidamente, con aria interrogativa.
«Volevo scusarmi con te per il mio comportamento di ieri. Sono stato inappropriato.» è questa la sua preoccupazione? Io sto per andare a morire in un'arena e lui si preoccupa di scusarsi per avermi messa in imbarazzo... Carino da parte sua, ma al momento non è di questo che ho bisogno!
«Non c'è problema Ray, davvero. E' una cosa superata.» spero capisca che non è il momento di parlare di questa cosa.
«Per me è importante che tu sappia che in questi pochi giorni sei riuscita a stupirmi, a sconvolgermi, affascinarmi...»
«No aspetta. Io non ho fatto niente! Se tu ci hai visto tutto questo è una cosa tua, ma io mi sono solo concentrata sugli Hunger Games. Su come sopravvivere!»
«Tu devi sopravvivere! Io voglio che tu viva e torni a casa, dalla tua famiglia. Da me.»
«No, non da te. Perché da te?»
«Perché se tu vinci parteciperai al Tour della Vittoria, un giro dei distretti per festeggiare. E questo significa che io avrò l'occasione di creare altre decine e decine di abiti per te. Io ho bisogno di te! Sei la mia nuova musa ispiratrice...» la sua cosa? No, non ci siamo proprio.
«Ray. Tu hai tua moglie. E' lei che dovrebbe ispirarti, lavorate anche assieme!»
«Sì, lei mi ispira, mi aiuta a studiare nuovi tessuti, io le voglio molto bene. Ma tu sei speciale, travolgente, unica.»
«Sì, ecco. Ok. Ma questo come potrebbe aiutarmi a vincere?» si alza e viene verso di me. Mi prende le mani e mi fa alzare.
«Ho qualcosa in mente. Qualcosa per te. Per noi.» mi guarda negli occhi, mi perdo nelle sue iridi verde smeraldo e solo ora mi accorgo che è struccato. Sembra un normale ragazzo coi folti capelli neri e gli occhi bellissimi. Sembra anche più giovane.
«Ray, quanti anni hai?» mi manderà al manicomio questa storia!
«20 perché?» sussurriamo entrambi, vicini, tenendoci le mani.
«Il trucco ti invecchia.» perché mi vengono in mente cose del genere, proprio ora?
«Capitol City mi invecchia. Ma questo che vedi adesso sono io, senza maschere, senza segreti.»
«Mi piace il tuo io senza segreti...» quei suoi occhi magnetici mi stanno facendo uscire di testa. Non so perché mi sta succedendo questo. Chissà come mi sembra che gli Hunger Games siano distanti, ora che Ray mi sta abbracciando.
Il resto del viaggio è tutto una dolcezza: il cibo, le attenzioni del mio stilista, i miei pensieri confusi, qualche bacio che li confonde ancora di più.
Non è questo il modo in cui avrei voluto passare le mie ultime ore fuori dall'arena, ma non mi riesce proprio di lamentarmi adesso...

I finestrini si oscurano. L'hovercraft inizia a scendere. Io e Ray entriamo in una specie di ascensore che ci condurrà dall'hovercraft direttamente in quelle che chiamano "Catacombe", sotto l'arena. Il nome non mi piace. Mi ricorda vagamente qualche lezione di storia che non ho voluto seguire al meglio, perché troppo macabra. In effetti anche quello che sto andando a fare è macabro. E orribile.
Mi ritrovo in un locale riservato alla mia preparazione. Ray mi spiega che si tratta di una Camera di Lancio e che sarò l'unica ad usarla. Mi dice anche che al termine del reality è previsto che l'arena diventi un sito archeologico. Gli abitanti di Capitol City ci andranno in vacanza. Visiteranno i luoghi dove 23 di noi moriranno. Forse ci sarà anche un luogo con scritto il mio nome. "Jaden Cartwrite è morta qui". All'improvviso mi viene un nome più adeguato per quella stanza: Recinto del Bestiame. Luogo con stanze in cui i Tributi aspettano di morire...
Il mio stilista ha ora il compito di vestirmi per il grande evento, ma questa volta non potrà scegliere lui il mio look. Gli abiti saranno uguali per tutti noi e costituiranno un primo indizio sul probabile clima all'interno dell'arena. Già perché a quanto pare ogni anno sarà costituita da un diverso terreno di gioco, con caratteristiche controllate dagli strateghi. Prima pensavo che il loro compito fosse solo seguirci durante l'addestramento e invece ora scopro che controlleranno tutto il reality. In particolare ce n'è uno, il Capo Stratega, che in pratica potrà decidere cosa ci toccherà affrontare in ogni momenti dei giochi. Sempre più divertente eh?
«Una tuta nera aderente, di un tessuto particolare» Ray inizia ad analizzare gli abiti, pensieroso.
«Credi che serva a conservare il calore corporeo?» mi immagino già una landa ghiacciata, senza possibili ripari e tremo al solo pensiero.
«No, non credo serva a quello. Sembra più qualcosa di utile durante una scalata.» una ripida montagna, forse...
«C'è dell'altro?» chiedo indicando la scatola da cui il mio stilista aveva estratto la tuta.
«Una giacca a vento e scarpe da arrampicata. E della biancheria intima particolare. Tessuto indistruttibile e autopulente. Roba rara!» la montagna diventa sempre più consistente nella mia mente.
«Credi che l'arena sarà una montagna?»
«E' possibile, ma è difficile che si tratti solo di questo. Devi sapere che il luogo in cui sbucherete per la prima volta sarà quasi sicuramente pianeggiante. Sarete in cerchio e al centro ci sarà la cornucopia, un grande corno dorato pieno di armi e attrezzature utili per affrontare la vita nell'arena. Tutta quella roba sta li per invogliarvi ad iniziare subito ad ammazzarvi fra di voi per recuperare più risorse possibili. Non so cosa gli altri mentori abbiano suggerito ai tributi degli altri distretti, ma Ken mi ha dato delle dritte dell'ultimo minuto per te. Prima però sarà meglio prepararti»
Mi slaccia la cerniera del vestito e lo lascia cadere a terra. Mi osserva un po' triste, poi finisce di spogliarmi e intanto io non riesco a non pensare che questa quasi sicuramente sarà l'ultima volta che mi troverò in imbarazzo con lui. Eppure quando rimango nuda per l'ennesima volta non è più imbarazzo quello che provo. Il viaggio fin qui ha cambiato qualcosa. D'un tratto mi accorgo che non voglio vestirmi, non voglio prepararmi per l'arena, voglio solo rimanere con il mio bellissimo stilista.
«Ray?» Sussurro mentre lui è di spalle e sta prendendo i miei nuovi abiti.
«Dimmi Jaden.» Si gira verso di me con in mano la super biancheria che gli strateghi hanno scelto accuratamente. Mi avvicino a lui.
«Ho paura. Stringimi.»
«Non ti vergogni più eh?» mi sorride e i suoi occhi magnifici si illuminano un po'. Poi mi abbraccia. Mi stringe forte per un po' poi si allontana.
«Devi proprio vestirti ora, anche se non è ciò che vorrei che facessi.»
«Neanche io vorrei vestirmi...» però mi abbandono nelle sue mani mentre mi fa indossare tutti gli abiti, tranne la giacca.
Ci sediamo su un divanetto in attesa della chiamata.
«E ora gli ultimi consigli. Quando sarai nell'arena partirà un timer. Sessanta secondi. Non devi scendere dalla tua piastra metallica prima dello scadere del conto alla rovescia o ti faranno saltare in aria! Dopo di che Ken vuole che tu ignori gli oggetti della cornucopia e corra al riparo. E tutto sommato io sono d'accordo con lui. Anche se è il primo anno e saranno tutti spaesati, è possibile che gli altri mentori abbiano dato istruzioni agli altri tributi perché formino alleanze per uccidere più facilmente.»
«Andrew aveva in mente di formare un'alleanza con i tributi più forti...» il pensiero mi turba ancora di più.
«Non importa! So che nella tua strategia non c'è niente del genere, per cui devi correre e trovare l'acqua, un riparo sopraelevato e armi alternative. Ci saranno sicuramente risorse naturali nell'arena, perché altrimenti il gioco finirebbe subito e in modo noioso. Lo so che è un brutto pensiero, comunque così stanno le cose.» non è il pensiero ad essere brutto. E' tutto il resto!
Passiamo il resto del tempo in attesa. Ray mi consiglia di mangiare qualcosa. Ho lo stomaco chiuso e accetto solo perché non ho la forza di discutere. Mi ordina il mio cibo da Capitol City preferito. La zuppa arancione. Però non mi va giù. Lui capisce e decide che è meglio limitarsi all'acqua.
«90 secondi al lancio» una voce femminile, metallica e impersonale mi fa contorcere gli intestini.
«E' arrivata l'ora. Devi entrare nel cilindro di espulsione.» mi abbraccia forte.
«60 secondi al lancio» mi guarda negli occhi e mi da un bacio. L'agitazione mi toglie il fiato, ma le sue labbra calde mi danno coraggio.
«30 secondi al lancio.» salgo sulla piastra circolare del cilindro di espulsione.
«Devi tornare da me sana e salva! Giuramelo. Promettimelo!»
«10 secondi al lancio.»
«Te lo giuro. Te lo prometto!»
«5 secondi al lancio» un vetro scorrevole ci separa. La piastra comincia a sollevarsi. In pochi istanti attorno a me è tutto nero. Poi una luce mi avvolge la testa, le spalle, la vita, le gambe. Sono fuori. Sono nell'arena!

Mi guardo attorno per analizzare la situazione. Ray aveva ragione, mi trovo in un campo pianeggiante. Tutti e 24 siamo in cerchio attorno ad un enorme corno dorato con un lato che termina con una punta ricurva e l'altro con una specie di bocca piena di armi e equipaggiamenti. La cornucopia. Anche attorno ad essa ci sono piccole armi dall'aria innocua, zaini di varie dimensioni e colori e attrezzatura apparentemente inutile. Capisco subito che vicino al corno e al suo interno c'è quella che dovrebbe essere la roba migliore, mentre a mano a mano che ci si allontana tutto diventa più piccolo e innocente. Però se c'è una cosa che ho imparato davvero bene all'addestramento è che anche una cosa piccola e insignificante può rivelarsi utile. Anzi a volte anche di più! D'altronde non è così che ho preso il voto più alto alla sessione privata?
«Buon giorno signore e signori, sono Claudius Templesmith, l'annunciatore ufficiale di questo nuovo reality. Che i primi Hunger Games abbiano inizio!» partono i sessanta secondi. Mi concedo di guardare anche oltre il cerchio di tributi e il mio cuore perde un colpo. Il campo piano prosegue ancora per una ventina di metri tutto attorno a noi, poi inizia una piccola foresta di una vegetazione varia e dall'aria fantasiosa. Funghi alti più di due metri, strani fiori enormi, piante dai colori sgargianti. Ma che posto è questo? Qui non troverò mai le piante commestibili che conosco... Sono passati già trenta secondi e devo prendere una decisione. Forse potrei non riuscire a seguire la mia strategia. Ho bisogno di qualcosa con cui partire, magari del cibo e dell'acqua e un coltello... Guardo vicino ai miei piedi. Ci sono un piccolissimo zainetto rosso, un sacchetto di plastica bianca pieno di qualcosa e poco più distante uno zaino nero da montagna. Non sono sicura che potrebbe bastare, ma sarebbe già un inizio. Mancano venti secondi. I Tributi più vicini a me sono Zac e Benedict. Sono piccoli e credo che non attaccheranno. Almeno lo spero! Quindi spingo la vista un po' più in la. Vedo un coltello e... non ci posso credere. Una cerbottana con una scatolina di dardi! Dieci secondi al via... svuoto la mente e mi concentro sui miei obiettivi. Cinque secondi, quattro, tre, due... un esplosione alla mia sinistra. Un tributo a tre piastre dalla mia è sceso prima del tempo ed è saltato per aria. Un diversivo perfetto! Sono ancora tutti distratti dall'esplosione quando il conto alla rovescia finisce. Io afferro rapidamente zainetto e sacchetto, scendo dalla piastra faccio qualche passo verso il grosso zaino nero, ma noto che ora anche altri si stanno muovendo. Vengono verso di me! Sono Cara e Dora. Capisco al volo che sono delle Favorite. Forse sanno già dell'alleanza con Andrew. So che sono nemiche, che devo temerle. Sono già pentita di non essermela data a gambe all'interno del boschetto alternativo! Fortunatamente il mio corpo reagisce prima della mente e scatto verso coltello e cerbottana, ignorando lo zaino. Questo le fa desistere dall'acciuffarmi: loro non hanno ancora un'arma, per cui cambiano direzione e si dirigono verso la bocca della cornucopia. So che ho pochi secondi prima che tornino armate. Mi volto, recupero anche il grosso zaino e corro con tutta la forza che ho verso la strana vegetazione fitta e colorata. Sono a circa un metro dai primi funghi giganti quando una lancia mi raggiunge, mi sfiora la spalla destra e si conficca nel terreno davanti a me. Non mi giro neanche. Estraggo la lancia con un colpo secco e accelero scomparendo nel fitto della foresta.
Ho le mani piene di roba e il peso comincia a farsi sentire, la fatica aumenta ad ogni passo, ma non mi fermo. Il terreno comincia ad inclinarsi e diventare un ripido pendio. Sono veloce e agile e le scarpe da arrampicata aiutano molto, ma non ce la faccio davvero più. Rallento, ma non mi fermo. Continuo a camminare, guardandomi le spalle ogni minuto.
Quando sono sicura di essermi allontanata abbastanza dal campo mi fermo e riprendo fiato. Mi guardo attorno. L'ambiente non è cambiato di molto a parte che il terreno si è inclinato. Devo assolutamente trovare un rifugio e controllare il mio equipaggiamento, poi potrò pensare ad un piano per salvarmi. Mi trovo in un piccolo spiazzo fra un fungo gigante rosso e viola, un fiore alto più di tre metri e uno strano albero altissimo, dal tronco piuttosto liscio e con molti rami intrecciati in alto, circondato da una vegetazione rigogliosa che mi pare di aver già visto da qualche parte. Quell'albero comunque può fare al caso mio, non sarà facile arrampicarsi, ma posso farcela e poi da lassù avrò una buona visuale dell'arena.
Mi sistemo tutto in spalla e comincio l'arrampicata. Il tronco è liscio e fra sacchetto, zaini e armi sono un po' impedita, ma conosco la tecnica giusta e queste scarpe sono perfette! In un attimo sono in cima e provo a dare un'occhiata in giro. L'arena è circolare: al centro la cornucopia, attorno il bosco, sulla circonferenza una montagna rocciosa circolare, di cui non si vede la cima. C'è una cascata che termina con un fiumiciattolo a qualche chilometro da me... Siamo in una conca. L'effetto è molto claustrofobico! Però da quassù vedo bene la cornucopia: ci sono dei corpi riversi a terra, ma non capisco di chi. Alcune battaglie sono ancora in corso. Per un po' saranno occupati li e io potrò costruire il mio rifugio in pace. I rami del mio albero, ricchi di foglie grandi e cespugliose, sono il punto di partenza ideale. Mi servono delle assi di fortuna e altre foglie per mimetizzare il tutto. Il problema sarà procurarmi le assi. Potrei tagliare i rami più alti e usarli come assi, ma non senza fare un bel po' di fatica! Decido di sistemarmi su una biforcazione di due rami particolarmente vicini e di controllare prima gli zaini.
Apro il sacchetto: contiene un paio di panini imbottiti, una scatoletta di carne secca, una lattina di stufato e una bottiglia di acqua da litro. Ottimo inizio! Assicuro il sacchetto legandolo al ramo e passo allo zainetto rosso: contiene una borraccia vuota, una boccetta di tintura di iodio, una spessa corda lunga un paio di metri e un piccolo coltello. Perfetto! Ora lo zaino grosso: un telo di plastica quadrato di 2 metri di lato tutto arrotolato e impacchettato (decido di non aprirlo per ora o rischio di sbilanciarmi), un k-way verde scuro, una coperta pesante, un sacco a pelo, un altro coltello, più grande e seghettato, un rocchetto di filo da pesca e uno di fil di ferro, un'altra borraccia vuota, con boccetta di tintura di iodio e qualche provvista (altre strisce di carne essiccata, un pacchetto di frutta candita e dei grissini). Direi che sono messa piuttosto bene, visto che ho anche un altro coltello, una lancia e soprattutto la mia arma speciale! Nella scatolina ci sono venti dardi, ma potrei riuscire a costruirmene altri in legno, meno preziosi, ma comunque utili.
Assicuro anche gli zaini e le armi al ramo legandoli bene con la corda, prendo il coltello seghettato e salgo di qualche metro. Da qui è facile salire perché i rami sono molti e creano quasi una scaletta naturale. Trovo un punto con rami non troppo spessi, ma adatti a reggere il mio peso e inizio a tagliarli. Ora mi accorgo che sono davvero a pezzi. A fatica recupero tre rami e devo già smettere. Mi siedo e prendo fiato. Un dolore alla spalla mi colpisce di colpo. Giusto! La lancia... mi aveva colpita di striscio. E' solo un graffio, ma il sudore salato ci è finito sopra e adesso brucia. Mentre riposo cercando di ignorare il male controllo la cornucopia. Qualcuno ha appena trafitto un Tributo molto piccolo. Poi cominciano, terribili e assordanti. Colpi di cannone. Segnalano la fine del bagno di sangue e il conteggio delle prime vittime. Li conto... 10. Dieci di noi sono già morti! Tremo al pensiero di chi possano essere. Lo scoprirò quando farà buio. Ken mi ha spiegato che ogni sera comparirà in cielo il sigillo di Capitol City, seguito dai volti dei Tributi morti. Giusto per rallegrare un po' questa bella giornata no?
Problema. Adesso che il bagno di sangue è finito i Favoriti perlustreranno sicuramente l'arena. Non devono trovarmi! Ricomincio il mio lavoro cercando di tagliare i rami in modo omogeneo perché non si noti troppo da sotto. Quando ho abbastanza rami li porto uno alla volta alla biforcazione e poi comincio a sistemarli come pavimentazione. il filo da pesca e quello di ferro sono perfetti per fissarli. Porto gli zaini sulla mia nuova base e penso alla mimetizzazione intrecciando foglie e rami. Infine apro il telo (che per fortuna è mimetico) e lo stendo sopra di me, a mo' di tetto. Lo fisso un modo che vicino al tronco sia a un metro e mezzo abbondante dalla base, mentre verso l'esterno scenda, nascondendo il mio accampamento. Infine lo ricopro con altre foglie. Quindi mi azzardo a scendere per controllare il rifugio. Da sotto è invisibile, perfetto! Adesso ho bisogno di raccogliere erbe da veleno per i miei dardi. Quando sarò ben armata andrò alla ricerca della cascata che ho visto dalla cima dell'albero e proverò anche a cacciare animali per quando il cibo finirà. Avrò bisogno anche di fuoco per cuocerli, ma ci penserò dopo. Ora è pericoloso rimanere allo scoperto perché i Favoriti saranno nel bosco. Hanno visto in che direzione sono andata e potrebbero arrivare qui presto. Risalgo veloce sull'albero e raggiungo il mio rifugio.
E' già tardo pomeriggio e la temperatura sta scendendo velocemente. Mi preparo per la notte stendendo il sacco a pelo e posandoci sopra la coperta. Dovrebbe bastare. In caso di pioggia o vento dovrei essere riparata e al caldo. Sto decidendo se è il caso di mangiare qualcosa quando sento un rumore. Mi acquatto e spio di sotto. Cara, Gioi, Dora e Andrew. Eccoli li i Favoriti! Avevo ragione a credere che si sarebbero alleati. Sono i più forti e assieme forse sono meglio anche di me... Però non possono vedermi per ora! E' un peccato non avere già dei dardi avvelenati. Da qui potrei farli fuori tutti e 4 prima che si accorgano del pericolo... Ammetto che il pensiero di uccidere mi crea ancora qualche problema, ma loro non si farebbero problemi a farmi fuori. Devo ricordarlo continuamente a me stessa o mi farò prendere dalla compassione!
Le cose vanno al meglio. Mi superano e proseguono verso l'alto. Noto che sono tutti armati fino ai denti: lance, archi, spade e coltelli. Ognuno ha la sua specialità e quella di Andrew è... archi? Non l'ho mai visto tirare con l'arco in vita mia... nemmeno durante l'addestramento. Come fa a saperli usare?
Consumo una cena piuttosto misera perché sinceramente non ho fame. In compenso bevo metà della bottiglia d'acqua prima di capire che non è davvero il caso di bere così tanto prima di sapere con certezza di averne un'altra fonte a portata di mano.
Ora sono davvero stanca morta e il freddo è quasi insopportabile. Ritiro tutti i miei averi nello zaino nero, tranne coperta, sacco a pelo e telo, la lancia che ovviamente non ci sta e il coltello a lama lunga che mi tengo in mano per precauzione. Infine mi sistemo nel sacco a pelo, mi copro per bene con la coperta in più e aspetto che compaiano i morti...


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NOTE DI JD:

 

Settimo capitolo aggiornato, non ancora betato. Signore e signori, ecco a voi l'arena dei primi Hunger Games! Spero vi piaccia e che non sia troppo banale... ancora non ho rivelato bene l'ispirazione, ma l'ho fatto nel prossimo capitolo, giuro! Siete almeno un pochino curiosi? O magari lo avete già capito? Ok, è un'idea patetica, scema e balorda (Cit. d'obbligo xD). Presto vedrete anche le foto dei favoriti, che come avrete intuito si sono già mossi! Vorrei spendere due parole a questo proposito: so bene che i Favoriti sono normalmente formati dai Tributi dell'1, del 2 e del 4, ma in questo contesto le Accademie ancora non esistono e i voti degli Strateghi hanno tenuto conto dell'effetto sorpresa dei giochi, per cui l'alleanza d'oro si è formata fra coloro che sono risultati i migliori. Ho immaginato che da questa alleanza si sia presa l'ispirazione per fondare le Accademie e forgiare i futuri Favoriti che tutti conosciamo, insomma. Ma va be ora vi lascio in pace :) buona continuazione e fatemi sapere cosa ne pensate.
Saluti, pace, amore e palme nane a tutti voi,
JD

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Capitolo 8
*** 07 - settima parte - L'ARENA, GIORNO 2 ***


 

 

 

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"..."

(...)


 

CAPITOLO 11.
Lara Connor, la ragazza del Distretto 3.
Barry Evans, il ragazzo del Distretto 4.
Jody Miller, il ragazzo del Distretto 5.
Jonathan Gray, il ragazzo del Distretto 6.
Paula Mason, la ragazza del Distretto 7.
Peter Clark, il ragazzo del Distretto 9.
Benedict Frank, la ragazza del Distretto 10.
Elia Kore, il ragazzo del Distretto 10.
Nora Hak, la ragazza del Distretto 11.
Zac Forest, il ragazzo del Distretto 11.
Ogni nome è come un pugno nello stomaco. Sarò sincera non riesco ad associarli tutti ad un viso, ma sento comunque che sono persone che ho in qualche modo conosciuto. Quanto meno ci siamo allenati assieme per qualche giorno. Abbiamo mangiato nella stessa stanza, dormito nello stesso edificio. Abbiamo condiviso le stesse terribili paure, venendo estratti per gli Hunger Games. Lo so, non sembra molto per affezionarsi a qualcuno, ma per me è fin troppo! E i peggiori sono quelli che invece mi ricordo bene... Jonathan è uno dei fratelli del 6. Sua sorella ha appena 12 anni e ora è sola in questa arena infernale, con la consapevolezza che non vedrà mai più suo fratello. E poi ci sono i piccoli Peter, Benedict ed Elia. Avevano solo 12 anni e non cresceranno mai più. In particolare ho un ricordo di Elia, durante il pranzo del terzo giorno: è inciampato mentre portava il suo vassoio in un tavolino solitario ed è caduto con la faccia nel puré di patate dolci. Molti si sono messi a ridere, ma io mi sono avvicinata e l'ho aiutato ad alzarsi e ripulirsi. Non abbiamo detto nemmeno una parola e subito dopo ci siamo allontanati. Non so perché l'ho fatto... forse mi ricordava il mio caro fratellino. Ma ora è morto, assieme ad altri 9 Tributi. Tutti poco più che bambini. Ragazzi come me, che probabilmente hanno disubbidito alle indicazioni dei loro mentori cercando di recuperare qualcosa alla cornucopia. Uccisi quasi sicuramente dai Favoriti. Magari anche Andrew ha ucciso qualcuno di loro! Non so perché ma questo è il pensiero che mi disgusta di più e mi addormento pensando che non posso neanche concedermi di odiarlo, perché è grazie a lui che ora non sono nella stessa situazione di Giorgine...

Apro gli occhi e mi sollevo di scatto, in preda a un terrore angoscioso e soffocante. Per un istante non capisco dove mi trovo, poi riconosco l'interno del mio rifugio. Esco e mi arrampico un po' più in su, per controllare la situazione. Dalla luce direi che è da poco passata l'alba. La vegetazione in molte zone dell'arena è fitta e intricata, per cui non riesco a trovare tutti i Tributi, però vedo chiaramente che i 4 Favoriti si sono accampati alla cornucopia, ammonticchiando zaini e armi in più a mo di barricata tutto attorno alla bocca della cornucopia. Sono forti e ne sono consapevoli per cui non hanno paura di rimanere allo scoperto. E poi sono in 4 per cui possono fare turni di guardia per scongiurare eventuali attacchi. E' un'idea geniale, devo ammetterlo! Tre di loro stanno dormendo, una delle ragazze pattuglia il perimetro del loro accampamento. Deduco che abbiano girato per l'arena tutta la notte e che ora abbiano bisogno di riposare... Questo mi offre un'opportunità forse unica: raggiungere l'acqua, raccogliere erbe e posizionare trappole. Certo ci sono altri Tributi in giro per l'arena, per cui dovrò stare comunque attenta.
Dopo circa un'ora sono pronta per partire. Ho ritirato coperta e sacco a pelo, ma lasciato intatto il resto del rifugio. E' invisibile e sicuro, magari non è il massimo della comodità, ma sa di casa e ho intenzione di tornarci. Ho mangiato un po' di frutta secca e mezzo panino, ma lo stomaco è ancora chiuso. Ho quasi finito l'acqua, ma tanto sto andando a fare scorta. Zaino in spalla, coltello a lama lunga e lancia a portata di mano, scendo dall'albero. Assumo subito un atteggiamento difensivo-offensivo, per scoraggiare attacchi a sorpresa e mi incammino verso la zona dove ho visto la cascata. Mi sposto in obliquo perché così posso salire e avvicinarmi all'acqua contemporaneamente. Non incontro nessuno.
La sento prima di vederla davvero, poi sbuco in una radura e contemplo la sua magnificenza. La cascata. Il fiume, unica fonte d'acqua dell'arena.
Questo si che è un posto pericoloso! Tutti dobbiamo bere, quindi tutti dobbiamo venirci, prima o poi. Perfino i Favoriti presto esauriranno le scorte di bottiglie d'acqua... E' il posto migliore in cui tendere un'imboscata. Mi avvicino lentamente, col coltello sollevato e la lancia in posizione di tiro. Mi sa che sono ridicola, ma mi fa sentire un filino più al sicuro. Dopo qualche minuto capisco che nessuno ha intenzione di attaccarmi e abbasso le armi. Raggiungo il fiume con uno scatto. Mi sento scoperta e vulnerabile, ma devo assolutamente fare scorta di acqua per cui tiro fuori dallo zaino la bottiglia, le due borracce e la tintura di iodio. Le riempio da un punto dove l'acqua scorre di più, perché mi pare di ricordare che è il punto dove è meno contaminata dai batteri, ma per sicurezza ci metto comunque qualche goccia di tintura di iodio, poi richiudo e ripongo tutto nello zaino.

Ho appena rimesso lo zaino in spalla quando lo sento. Un fruscio alle mie spalle. Il cuore inizia a martellarmi nel petto ad un ritmo forsennato. C'è qualcuno nascosto nei cespugli... stringo le dita attorno al coltello, ma non raccolgo la lancia (è un gesto evidente, che potrebbe indurre ad attaccarmi). Mi volto lentamente, con movimenti quasi impercettibili, verso il rumore. Li vedo. Due paia di occhi che mi scrutano dai due lati di un fungo gigante, parzialmente nascosti dall'erba alta. Restano immobili anche dopo che li ho individuati e capisco che non hanno nessuna intenzione di attaccarmi. Si stanno nascondendo da me? Aspettano che me ne vada per raggiungere l'acqua? Da quanto tempo sono li che mi fissano? Mi seguono da molto? Magari sanno pure da che albero sono scesa?
«Potete uscire. Non vi farò del male.» mi accorgo a scoppio ritardato che sono io a pronunciare quelle parole. Ma cosa mi è preso?
«Alleati?» mi risponde una voce maschile, profonda, ma in qualche modo dolce. Ci rifletto su un istante. Voglio davvero degli alleati? La prima risposta che mi viene in mente è no. Non voglio rischiare di affezionarmi a qualcuno e poi la mia strategia non comprende alleanze, ma solo difesa silenziosa nell'ombra... Però la vista dei Favoriti che si coprivano le spalle a vicenda mi ha provocato una punta di gelosia e vorrei tanto avere anche io questa sicurezza. Posso sempre sciogliere l'alleanza prima di doverli uccidere!
«D'accordo. Per ora sì...» sorrido e abbasso il coltello per far capire definitivamente che non ho cattive intenzioni. Da dietro il fungo escono un ragazzo e una ragazza. Sono disarmati e non hanno zaini o attrezzature. Li riconosco subito perché sono fra i Tributi che mi sono rimasti più impressi alla replica delle Mietiture... la piccola Lehanne e il suo grosso compagno di distretto Blain. Sono i Tributi del Distretto 1. Sono contenta che siano loro, questa alleanza mi piace sempre di più!
«Wow, hai recuperato un bel po' di cose alla cornucopia!» mi dice emozionata Lehanne.
«Già... ho disubbidito al mio Mentore e rischiato la vita, ma ne è valsa la pena.» lei mi guarda ammirata, lui serio.
«Ora capisco il tuo 12. Devi essere molto forte e veloce se hai raggiunto addirittura la bocca della cornucopia per la lancia!» non c'è ammirazione nella sua frase. E' rigido e pensieroso...
«Non ci sono arrivata infatti. Ho fatto solo qualche passo per prendere lo zaino e il coltello. La lancia è un pensierino da parte di una Favorita! Ha cercato di uccidermi mentre scappavo, ma mi ha mancata e ho pensato che fosse un peccato lasciare li un'arma preziosa...» il suo sguardo si ammorbidisce un po'.
«Meno male. Per un attimo ho creduto che avessi partecipato al Bagno di Sangue. Non avrei potuto allearmi ad un'assassina, scusa.»
«Non scusarti, capisco. Ho sofferto anche io leggendo i nomi dei morti, ieri sera.»
«Mi dispiace soprattutto per Elia. Era nella piastra vicina alla mia e l'ho visto saltare in aria quando è partito prima della fine del conto alla rovescia! E' stato terribile...» mi informa Blain. Allora è stato lui il primo a morire. Prima ancora che i giochi iniziassero. Dovevo aspettarmelo vista la sua goffaggine...
«E' orribile... ma a questo punto devo ringraziarlo, visto che ha creato il diversivo che mi ha permesso di recuperare tutte queste cose! Probabilmente gli devo la vita...»
«Anche a noi l'ha salvata. Siamo scappati subito verso la foresta e nessuno ci ha seguiti perché erano tutti distratti dall'esplosione.» dice Lehanne prima di scoppiare in un pianto silenzioso.
«Coraggio Lea, non piangere...» è una frase vuota, senza significati particolari, ma la piccola smette di piangere al solo sentir pronunciare il proprio nome da Blain.
«Credo che dovremo toglierci da qui, non è sicuro. - dico guardandomi attorno preoccupata e recuperando la lancia da terra - voi avete un rifugio?»
«No, abbiamo dormito rannicchiati nei cespugli, poco lontano da qua.» mi comunica Lehanne. Ci incamminiamo nella foresta.
«Perché tu ce l'hai?» dice stupito Blain. Esito, indecisa se rivelare loro la posizione del mio nido sicuro, ma poi ricordo che ora siamo alleati e mi lascio landare.
«Sì, è a qualche chilometro da qui, su un albero. E' ben nascosto, ma per raggiungerlo bisogna arrampicarsi... Credete di riuscirci?»
«Credo di si... ma ci metteremo un po'.» poi mi ricordo delle scarpe e della tuta e dell'aluto che mi hanno dato nell'arrampicata.
«I nostri abiti sono fatti apposta. Vedrete non sarà troppo complicato... io salirò per ultima e vi coprirò le spalle. Ma prima di tornarci volevo raccogliere delle erbe e posizionare trappole per catturare animali da cucinare per quando finirò il cibo.»
«Hai anche del cibo?» gli occhi della piccola si illuminano. Probabilmente non mangiano da ieri mattina...
«Certo, non molto però, per questo vorrei procurarmene dell'altro. Voi sapete sistinguere le piante commestibili?»
«Io sì, le ho studiate agli allenamenti, anche se qui la vegetazione è particolare...»
«Già. Non capisco come gli sia venuto in mente un luogo del genere.»
«Io credo di saperlo...» è Lehanne a parlare e noi la guardiamo incuriositi.
«C'è una favola che mi racconta sempre la mamma. E' molto antica, lei la conosce perché suo nonno ha salvato alcuni vecchi libri quando si è rifugiato sotto le Montagne Rocciose prima dei cataclismi...»
«Capisco, ma cosa centra con l'arena?» chiede impaziente Blain.
«Ora ci arrivo! Quella favola parla di una ragazza di nome Alice, che annoiata scappa da un ricevimento per inseguire un coniglio bianco. Questo la conduce in un luogo chiamato Wonderland. Il paese delle meraviglie. Dalle illustrazioni e descrizioni del libro credo di poter dire con certezza che l'ispirazione per l'arena arriva da li...»
«E su quel libro c'è scritto anche cosa è commestibile a Wonderland?» chiedo speranzosa.
«No, ovviamente no... è solo una favola per bambini, anche se credo che molte di queste piante siano altamente velenose! Però ho notato che la vegetazione qui è un po' più varia. Probabilmente hanno inserito anche piante normali, per permetterci di nutrirci. Sempre che riusciamo a riconscerle...»
«Se ci sono piante commestibili io so riconoscerle di sicuro. Lo faccio da quando avevo 4 anni!» dico un po' orgogliosa di me.
«Anche io dovrei farcela, ma per sicurezza l'ultima parola ce l'avrai tu Jaden, d'accordo?»
«Perfetto. Sapete anche fare trappole per la caccia per caso?» domando.
«Questo lo so fare io! A casa lavoro nella fabbrica di collane e uso spesso i fili, intrecciandoli con perle e pietre preziose, anche in modo complicato. Per cui all'addestramento ho trovato subito semplice la parte delle trappole!» ora è Lehanne ad essere orgogliosa di se stessa.
«Benissimo allora. Facciamo così - dico con fare pratico - Lehanne, crea una decina di trappole qua attorno. Mi raccomando cerca di nasconderle bene o altri tributi capiranno che siamo nei paraggi. Blain, cerca le piante che ti sembrano commestibili e portamele, se ti do l'ok ne raccogli un bel po' e le metti qua dentro.» tiro fuori dallo zaino il sacchetto dove ho trovato il cibo, ora vuoto, e glie lo porgo.
«Hai anche un sacchetto di plastica!» mi sa che Blain mi odia, ma in senso buono spero...
«Va be, ma tu cosa farai?»
«Io devo raccogliere erbe velenose per... - non so come mai, ma non voglio dirgli ancora della mia arma segreta - una cosa.»
«Vuoi avvelenarci il cibo per liberarti di noi?» chiede Lea preoccupata.
«Ma no figurati. Non ve lo avrei detto se fosse quello il motivo è solo che... - devo dirglilo o non si fideranno più di me! - ho recuperato anche una cerbottana. Era a pochi passi da me e siccome è grazie a quella che ho preso 12 alla sessione privata l'ho presa e ho intenzione di farne un'arma con dardi avvelenati... per difesa personale...»
«Allora è questo il tuo segreto! Non riuscivo a capire come una ragazzina minuta e insignificante avesse potuto prendere il massimo!» la frase di Blain mi offende parecchio. Insignificante? Ok, non sono niente di che, ma insignificante?! Lui sembra leggermi nel pensiero perché arrossisce leggermente.
«Scusa, non intendevo dire che sei insignificante... solo che non sembri particolarmente pericolosa, ecco...»
«Va bene, non importa! Andiamo coraggio, voglio tornare al rifugio prima che faccia buio. Ho notato che i Favoriti cacciano di notte.»
«Sei proprio piena di risorse eh!» mi sono ufficialmente assicurata la loro fiducia mia sa...

Saranno circa le 6 quando ci ritroviamo, a compiti finiti. Lea ha sistemato delle trappole perfette, che domani controlleremo. Blain ha riempito il sacchetto di piante funghi e radici commestibili, fra cui una squisita (di liquirizia!). Io ho preso un bel mix di piante velenose e anche qualche fungo rosso che ho imparato ad usare all'addestramento. E' arrivato il momento di portarli al rifugio. Ci arriviamo in una mezz'oretta.
«Non vedo nulla, sei sicura che sia il posto giusto?» Blain è diffidente... perfetto, significa che ho fatto davvero un buon lavoro!
«Salite su quell'albero e vedrete... Direi prima tu Lehanne, ok?»
«Va bene, ma chiamami pure Lea» mi sorride e poi inizia ad arrampicarsi, mentre noi facciamo la guardia. Ci mette molto più tempo di me, ma alla fine arriva e scompare fra il fogliame.
«Ma è fantastico!» la sentiamo dire entusiasta.
«Ok, ma non urlare o ci troveranno. Ora arrivo anche io.» Blain è lentissimo. L'arrampicata non è proprio il suo forte e un paio di volte scivola a terra. Gli mostro la tecnica e allora, con un po' di fatica, raggiunge finalmente il rifugio, scomparendo alla vista. In pochi secondi li raggiungo.
«Sei molto brava, complimenti. Questo posto è incredibile!»
«Grazie Lea. - sorrido - vi va di ammirare l'arena?» li faccio salire uno alla volta sulla cima, commentiamo assieme l'arena e l'accampamento dei Favoriti concordando che hanno avuto un'idea geniale, poi suggerisco di mangiare qualcosa. Dividiamo le radici e uno dei panini, beviamo un po' e poi organizziamo i turni per fare la guardia. Non che sia indispensabile, ma non si sa mai. Il primo lo faccio io che sono più riposata. Sistemiamo il sacco a pelo  la coperta e entrambi ci si rintanano dentro. Sto per salire di vedetta, quando sentiamo il colpo di cannone. Salgo e guardo verso la cornucopia. I favoriti non ci sono più. Hanno iniziato la caccia e probabilmente hanno già trovato la loro prima vittima...


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NOTE DI JD:

 

Ottavo capitolo aggiornato, per ora non betato. Ecco qua il secondo giorno nell'arena. Non ho aggiunto nulla di fantasioso e originale, lo so, ma avevo bisogno di un giorno tranquillo prima di ciò che ho in mente. Eh sì, alleati. Non potevo lasciarla da sola contro tutti, per cui vi chiedo: vi piacciono gli alleati ti Jaden? Cuccioli vero? Va beh sono un disastro, lo so!
Comunque potete vedere le loro foto nel banner. E nulla al solito fatemi sapere cosa vi piace e cosa ancora non va...
Saluti, pace, amore e palme nane a tutti voi,
JD

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Capitolo 9
*** 08 - ottava parte - L'ARENA GIORNO 3 ***


 

 

 

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"..."

(...)


 

CAPITOLO 12.
Durante il mio turno di guardia è comparso il nome della vittima di caccia di quei quatto mostri. Lory Less, il ragazzo del Distretto 7. Aveva un anno meno di me. In più stanotte ho sentito 3 colpi di cannone! A una delle morti ho anche assistito. E' avvenuta alla cascata. Sapevo che avrebbero fatto degli agguati li! E' stato orribile, ho visto una delle ragazze (quella con la spada, che credo sia Dora) decapitare un Tributo coi capelli lunghi, sicuramente una ragazza. Stanno facendo piazza pulita... di questo passo i giochi dureranno meno del previsto. 14 di noi sono morti. Ancora 9 e uno di noi potrà tornare a casa. Un'angoscia terribile si sta impadronendo di me ogni ora che passa. A mezzanotte per fortuna ho potuto tornare nel rifugio a riposare. Il secondo turno l'ha fatto Blain, per non svegliare Lea che dormiva profondamente. Sotto la coperta fa un bel calduccio e la sensazione di qualcuno al mio fianco era molto intima e piacevole. E' quasi come quando a casa dormivo con i miei fratelli. Mi mancano da morire! Il caldo, i pensieri tristi, l'atmosfera opprimente dell'arena, sono queste le cose che mi cullano ormai...

Sono al fiume. Sto nuotando nel punto più profondo, quasi sotto alla cascata. Sono nuda. Non so come ci sono finita. Sento che dovrei avere paura, che quello non è un posto sicuro, eppure il mio corpo è rilassato, la mia mente libera dai pensieri. L'acqua è stranamente tiepida. Chiudo gli occhi e mi immergo in profondità. Risalgo senza aprire gli occhi. Sento uno strano sapore in bocca, come di ferro. Apro gli occhi e mi sento mancare. Non è ferro, ma sangue! La cascata si è tinta di rosso e io ci sono finita proprio sotto. Fatico a respirare, la bocca e il naso mi si riempiono di sangue e rischio seriamente di soffocare. Poi una mano mi afferra e mi solleva. Mi ritrovo sdraiata sull'erba. Provo ad aprire gli occhi e il mio salvatore mi inchioda al terreno. "Io non sono qua per salvarti. Io voglio vincere!". Ora ho paura davvero. E' Andrew! Mi sta seduto sopra e mi impedisce di muovermi. I suoi occhi non sono più blu, ma rossi e iniettati di sangue. Mi si avvicina, mi bacia e nel frattempo cerca di soffocarmi stringendomi il collo... Non respiro più, so che è la fine, che sto per morire, ma d'un tratto il peso sul mio corpo si alleggerisce, la morsa sul collo si allenta, il bacio si fa più dolce. Il viso che mi guarda ora non è quello di un assassino. Gli occhi sono verdi, i capelli biondi. E' Mark! Cosa ci fa nell'arena? "Jaden io ti amo! Non voglio perderti...". Si avvicina per baciarmi, ma prima di raggiungere le mie labbra smette di essere lui. Ora è Ray, il mio bellissimo stilista. E' lui a baciarmi, alla fine. "Tu devi sopravvivere. Devi tornare da me!". Cosa sta succedendo? Perché sono tutti qui a dirmi queste cose? Perché adesso?! Chiudo gli occhi sperando che tutto scompaia. Prego di risvegliarmi nel mio letto, nel Giacimento, spaventata dall'incubo, ma al sicuro...

Quando riapro gli occhi però non sono nel mio letto, al sicuro. Sono nel rifugio, dentro al sacco a pelo. E la persona che vedo è Blain. Sta dormendo accanto a me. Evidentemente mentre dormivo Lea gli ha dato il cambio. E' un po' imbarazzante stare nel sacco a pelo con lui. In fondo è un ragazzo ed è pure più grande di me... è incredibile che dopo un incubo tanto terrificante la mia mente riesca a preoccuparsi di una cosa tanto sciocca!
Esco da sotto la coperta e raggiungo Lea, fuori. L'aria fresca del mattino è come un balsamo per la mia pelle accaldata.
«Sei già sveglia? Il mio turno è appena cominciato...»
«E' morto qualcun altro?» lo dico con un distacco forzato, fingo che sia una domanda normale, che non mi tocca, ma il solo pensiero mi provoca un attacco di nausea.
«Nessuno. O i favoriti hanno smesso di cercare o tutti gli altri Tributi sono ben nascosti, come noi...»
«Oppure stanno architettando qualcosa.» è troppo strano che non abbiano trovato nessun altro.
«Dai, non credo. E' più probabile che siano meno forti di quel che sembra...» so che lo dice per rassicurarsi. E' brutto pensare che siano dei brutali assassini senza regole! Ma io non mi fido di loro...
«Ora in ogni caso sono tornati alla cornucopia a dormire. Chissà come mai dormono di giorno e cacciano di notte...»
«Perché pensano che di notte noi siamo più vulnerabili. Sperano di sorprenderci nel sonno, immagino.»
«In effetti sembra funzionare come strategia. 14 di noi sono già morti!»
«Meglio non pensarci...» già, meglio evitare. Perché siamo rimasti in 10. Noi 3, 4 favoriti e altri 3 tributi... Cerco di fare mente locale per capire chi sono, ma non sapendo chi è morto stanotte è impossibile.
«Che dici prepariamo la colazione?» Lea interrompe i miei pensieri e sono lieta di avere qualcosa da fare.
«Facciamo così, mentre tu metti insieme qualcosa per la colazione io preparo i miei dardi. Ok?»
«Perfetto.» sorride, anche se il suo non è un sorriso allegro.
Verso le 8 Blain si sveglia e facciamo colazione assieme: il barattolo di stufato, il panino avanzato, tutta la frutta candita e una specie di tè freddo alla menta e liquirizia. Davvero niente male, però ora è avanzata solo una scatola di carne essiccata. Spero di trovare animali commestibili nelle trappole!
Io ho finito di preparare i dardi. Ne ho fatti di due tipi, uno dovrebbe solo paralizzare la preda per qualche minuto, giusto il tempo di catturarla e ucciderla, l'altro uccide istantaneamente, nel modo meno doloroso possibile. Ho fabbricato anche una decina di dardi in legno e li ho riempiti col veleno paralizzante. Ho intenzione di usarli per cacciare gli animali senza avvelenarne le carni, per poterli mangiare. I dardi della scatolina li ho riempiti di veleno letale, per legittima difesa. Spero davvero di non doverli usare. Non voglio uccidere delle persone, è una cosa che mi disgusta!
Scendere dall'albero è più semplice che salirci e in un attimo siamo pronti, zaino in spalla e armi alla mano, per controllare le trappole. Ho dato la lancia e il coltello seghettato a Blain, Lea ha voluto solo il coltello piccolo, per cui io ho tenuto il coltello lungo e ovviamente la cerbottana, caricata con 3 dardi paralizzanti (gli altri li ho assicurati ad una cintura di fortuna fatta di corda e fil di ferro). Raggiungiamo la zona vicino al fiume, dove Lehanne ha sistemato le trappole, ci dividiamo e le controlliamo una per una. Dopo 3 trappole contenenti conigli bianchi, intuisco che è l'unico animale di questa parte di arena. Ci ritroviamo verso mezzogiorno e controlliamo il bottino. Delle 13 trappole posizionate, 6 contenevano conigli bianchi, le altre non sono scattate.
«E' orribile quello che hanno fatto, altro che favola!»
«Cosa intendi Lea?» chiedo senza capire a cosa si riferisce.
«La protagonista del Paese delle Meraviglie... insegue un coniglio bianco... il Bianconiglio! E loro hanno messo nell'arena tanti conigli bianchi...» ho ucciso molti conigli in vita mia, non bianchi, ma comunque carini, per cui la cosa non mi spaventa, ne mi disgusta più, ma immagino che se mi fossi affezionata alla storia di Alice e del Bianconiglio qualche problema ce l'avrei anch'io.
«Coraggio Lea, va tutto bene. Vai con Blain al fiume a fare rifornimento di acqua, rimango io a... preparare la carne.» non è il caso che assista alla scena di me che scuoio del conigli bianchi!
«Quando tornate accendiamo un fuoco per cuocerla tutta, così si conserverà di più.»
«Non sarà pericoloso accendere un fuoco?» Blain è dubbioso.
«Di notte sarebbe un suicidio, ma di giorno basterà fare attenzione al fumo. Ci servono dei rami molto secchi, niente di verde e dovremo fare un fuoco piccolo e contenuto. Un po' di fumo lo farà comunque, ma cercheremo di fare in fretta...» un po' di timore ce l'ho anche io lo ammetto, ma non abbiamo altra scelta. Dobbiamo mangiare!

Rimango sola, mi sistemo sotto un fungo non molto alto, parzialmente nascosta da cespugli e erba alta e comincio a scuoiare i conigli, con la cerbottana a portata di mano. La carne pulita la metto nel solito sacchetto di plastica, assieme alle erbe con cui ho intenzione di cucinarla per renderla un po' più gustosa. Ho finito di pulire l'ultimo coniglio e sto sotterrando la pelle per coprire le nostre tracce, quando sento un urlo lacerante. E' Lea! Tutti i miei muscoli e nervi si tendono istantaneamente, il braccio afferra la cerbottana e il mio corpo reagisce slegato dalla mente. Corro verso la cascata, da cui proveniva l'urlo. Sento un colpo di cannone e accelero. Quando arrivo nella radura il piccolo angolino di mondo quasi felice che mi ero creata assieme a Blain e Lea si disintegra e mi cade addosso facendomi sprofondare in un clima di terrore, rabbia e disperazione assieme. I Favoriti si sono mossi. Ci siamo dimenticati di controllare che fossero ancora alla cornucopia, prima di partire! E loro nel frattempo erano a caccia... o forse avevo ragione... stanotte hanno organizzato un'imboscata alla cascata, sapendo che prima o poi qualcuno ci sarebbe andato per bere? Non lo so, ma davanti ai miei occhi la scena è agghiacciante: il corpicino della piccola Lea giace a faccia in giù nell'acqua bassa, fra i sassi. Il fiume attorno alla sua testa è rosso, come nel mio incubo di stanotte. Blain sta combattendo con Dora, coltello contro spada e sta perdendo clamorosamente. Si tiene il fianco con una mano e un fiotto di sangue zampilla fra le sue dita. E' molto abile in realtà, ma non può nulla contro una spada! Dove sono gli altri Favoriti? Non c'è tempo per cercarli... devo reagire. Prendo coraggio e la mira... e sparo un dardo dritto nel collo di Dora. Lei barcolla e cade a terra, il corpo rigido. In quel momento mi ricordo che la cerbottana era caricata con dardi paralizzanti. Non è morta e fra pochi minuti si riprenderà... Ma Blain reagisce in tempo e le affonda il coltello nel petto con tutta la forza che ha. Colpo di cannone. C'è sangue ovunque e ancora non vedo Cara, Gioi e Andrew! Raggiungo Blain e lo abbraccio.
«Cosa diavolo è successo?» ho le lacrime agli occhi e sono disperata.
«C-ci ha presi alle spalle. Mi ha ferito al fianco e L-Lea ha urlato... allora quella... l'ha sgozzata c-con la spada!» leggo la rabbia scorrere nei suoi occhi. Lehanne era la sua compagna di distretto e Dora l'ha uccisa. La odio io, figuriamoci lui!
«Calmati ora... sdraiati, cerco qualcosa per la ferita!»
«N-no... è troppo tardi... ho perso troppo sangue e sono debole. Anche se riuscissi a f-fermare il flusso non potrei più muovermi... ti sarei solo d'impiccio!»
«Non dire sciocchezze, devo salvarti!»
«Devi v-vincere! Vinci per me... e per Lea...» le lacrime mi annebbiano la vista, non voglio che Blain muoia!
«Blain! Ti prego non lasciarmi da sola! Resisti troverò delle erbe e qualcosa per curarti...» cerco di allontanarmi, ma lui mi afferra il bavero della giacca.
«Non andartene... R-resta con me fino alla fine...»
«Non è la fine...» ma ormai non ci credo più neanche io... i suoi occhi sono annebbiati, trema e non parla neanche più. Siamo circondati dal suo sangue. Gli resta poco tempo ormai...
«Mi dispiace... vi ho voluto bene, anche se per poco... Vincerò, te lo prometto! Non lascerò che vinca uno di quei mostri!» Blain accenna un sorriso, poi la presa sulla mia giacca si allenta e lui rovescia gli occhi. Il colpo di cannone mi fa sobbalzare. Lo guardo per l'ultima volta, gli chiudo gli occhi e vado da Lea. La tiro fuori dall'acqua e la depongo dolcemente accanto a Blain. Chiudo gli occhi anche a lei e poi me ne vado. So che ora arriverà un hovercraft che si porterà via i tre cadaveri. Non so perché ho spostato Lehanne. Forse volevo regalarle un po' di dignità, anche se non c'è nulla di dignitoso nel morire agli Hunger Games!

Vago per la foresta di Wonderland senza meta. Sono sporca di sangue, ho in mano la cerbottana, ma il resto dei miei averi sono rimasti sotto al fungo. La carne, lo zaino. Bottiglia e borracce li ho lasciati al fiume. Erano sporchi del sangue di Lea e non me la sentivo di prenderli...
Posso recuperare lo zaino, se ritrovo il fungo... e ho ancora il rifugio, ma non credo di essere in grado di arrampicarmi al momento.
Cammino per un po' e lo trovo. Il fungo... Devo riprendermi o mi troveranno e mi uccideranno! Cerco dei rami adatti e una pietra focaia. Accendo un fuoco con più difficoltà del solito, ma alla fine riesco a cuocere tutta la carne. Per me da sola 6 conigli sono fin troppi, ma in effetti non so ancora per quanto dovrò rimanere in questo inferno. Cerco di mangiare un po, ma ho più che altro sete e non ho più nulla da bere. Devo tornare al fiume e sperare di trovare un contenitore alternativo. Ripongo la carne nello zaino, lo metto in spalla e sto per andare quando mi viene in mente una cosa. I dardi. Nella cerbottana ne sono rimasti due da caccia. Ma io non ho più intenzione di cacciare animali. Ora il mio obiettivo sono i Favoriti! Ripongo i dardi in legno, per precauzione nel caso dovessi finire quelli letali. Carico la mia arma. Nell'altra mano tengo stretto l'unico coltello che mi è rimasto. Quello lungo che avevo abbandonato vicino allo zaino. Mi incammino verso la cascata...

E' quasi sera quando la raggiungo. So che è pericoloso restare in giro di notte, che farà freddo e che il resto dei Favoriti vorrà vendicare Dora. Ancora non so spiegarmi come mai non fossero con lei, ma non mi importa. Meglio così. Probabilmente sarei morta anche io se ci fossero stati.
Finalmente una buona notizia. L'hovercraft non si è portato via lo zaino di Dora, perché l'aveva fatto cadere fra l'erba alta. E' ancora li e potrebbe contenere qualcosa di utile. Mi acquatto fra i cespugli e controllo. Una coperta, un pentolino, un sacchetto di noccioline sgusciate, un kit di pronto soccorso, un coltello e una bottiglia d'acqua vuota. La riempio, ma non ho più la tintura di iodio. E' andata persa quando quella stronza ha attaccato i miei alleati. So che bollendola otterrei lo stesso risultato, ma accendere un fuoco di notte è troppo pericoloso. Dovrò aspettare domattina, per bere. Però non resisto è da stamattina che non bevo nulla... E poi se i Favoriti mi vogliono che vengano pure! Sarò pronta ad accoglierli con i miei dardi. Tre sono e tre ne ho nella cerbottana... è perfetto.
Metto qualche fogliolina di menta nel pentolino assieme all'acqua, per renderla più dissetante. Una volta bollita la rimetto nella bottiglia, che per fortuna ha il collo abbastanza largo. Ora è troppo calda per poterla bere, per cui la fermo fra tre sassi nell'acqua corrente, gelata, del fiume. Ho appena deciso di accamparmi li vicino quando compare il sigillo di Panem, seguito dai morti di oggi.
Lehanne e Blain, i miei alleati dell'1. Rivedere i loro volti mi provoca una fitta al cuore.
Cole Tornad, del Distretto 2. Cara ha forse ucciso il suo compagno di distretto?
Sally Reed del Distretto 6.
Tracy Conrad del Distretto 8.
Chi è rimasto? Cara, Gioi e Andrew naturalmente... e chi altro? Il ragazzo del 3. La piccola Giorgine! E... sì, il ragazzo dell'8. E poi ci sono io. Ancora 7 Tributi vivi. E 6 devono ancora morire, per permettere a uno di noi di tornare a casa.
Decido di tenere il fuoco acceso. Tanto non mi importa più di venire trovata. Mi lavo via il sangue di dosso e mi sistemo fra tre rocce particolarmente grandi. Tolgo dallo zaino coperta e sacco a pelo, e mi copro per bene. Senza il riparo del rifugio sono fortunata ad aver trovato un'altra coperta. Sento già l'aria gelida che si alza e l'umidità del fiume che penetra nelle ossa. Mangio il resto del primo dei conigli, bevo l'acqua alla menta, che ora è tiepida, ma dissetante e aspetto. Non posso addormentarmi, è troppo pericoloso. Il fuoco riscalda appena l'ambiente e presto batto i denti. Cosa sta succedendo? Gli strateghi stanno abbassando la temperatura più del normale...
Lo sento all'improvviso, il primo colpo di cannone. I Favoriti hanno iniziato la caccia o qualcuno è già morto di freddo? Dopo pochi minuti ecco il secondo colpo. Sento del passi che si avvicinano. E' qualcuno che corre e zoppica. Vedo una sagoma molto piccola che viene verso di me...


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NOTE DI JD:

 

Nono capitolo aggiornato, non ancora betato. Terzo giorno in arena e grandi emozioni, insomma! Quante lacrime ad uccidere quei due ç_ç non potete immaginare... niente più nascondigli e difesa per Jaden, ma ecco che arriva il problema... proseguite nella lettura e capirete xD Ah, quella nella penultima carta del banner è la prima dei Favoriti, che ora però è morta. Sì. Non odiatemi... Ditemi cosa vi piace e cosa fa schifo in una recensione, pietà! Ringrazio nuovamente tutti colore che si sono già fatti vivi, siete fantastici, davvero! Ora vi lascio...
Saluti, pace, amore e palme nane a tutti voi,
JD

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Capitolo 10
*** 09 - nona parte: L'ARENA, LA LUNGA NOTTE ***


 

 

 

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"Sali più in alto della paura
che ci corrode, che ci tortura, e vai;
corri più della paura
che ti corrode, che ti consuma, e vola"

(Negrita - Brucerò per te)


 

CAPITOLO 13.
Giorgine mi raggiunge e si getta fra le mie braccia tremando come una foglia e delirando. I miei nervi sono nuovamente a fior di pelle. Cosa diavolo sta succedendo?
«Ti prego salvami! Non voglio morire! E quelli mi inseguono, vogliono ammazzarmi... il primo giorno si sono portati via mio fratello e ora sono venuti a prendere me! Proteggimi ti prego...» come mai chiede a me, un altro Tributo, anzi l'ultimo Tributo all'infuori dei 3 Favoriti rimasti, di proteggerla? Io dovrei desiderare la sua morte. Per vincere! Allora cos'è questa cosa che sento, che mi spinge a proteggere davvero questa bambina?!
«Coraggio, sei al sicura ora. Ci sono io...» cerco di consolarla, la mente scollegata dalla voce, ogni centimetro ci corpo teso e in allarme.
Finalmente Giorgine si calma, fa un respiro profondo e si stacca da me. Quando mi vede i suoi occhi si spalancano e un'espressione di terrore si diffonde sul suo viso.
«J-J-Jaden Cartwrite?!» Sussurra il mio nome, senza fiato. Perché fa così?
«O-ora mi ucciderai vero...?» ora capisco... il mio punteggio individuale, il mio soprannome ai giochi. Ai suoi occhi sono un mostro, un'assassina, una Fiammella Letale. Cerco di ragionare assieme a lei...
«Non voglio ucciderti. Però credo che sia tardi per le alleanze. Siamo rimasti in 5... e poi la mia altra alleanza è finita troppo male! Il mio cuore non reggerebbe ad un'altra sofferenza simile...» le lacrime mi salgono agli occhi al pensiero di Lea e Blain morti. Le ricaccio indietro con forza, non è il momento di cedere!
«Cosa è successo ai tuoi alleati?» sembra più tranquilla, ma io non lo sono affatto.
«Prima dimmi tu una cosa! Hai detto che i Favoriti ti stavano seguendo. Dove sono ora?» non posso permettermi di finire nelle loro grinfie durante una tutt'altro che piacevole conversazione con una bambina in fuga...
«Sono sicura di averli seminati. Mi hanno sorpresa mentre salivo su un albero per la notte, afferrata per la caviglia e buttata a terra. Quella coi coltelli stava per uccidermi, ma il colpo di cannone li ha distratti tutti e tre e io ne ho approfittato per scappare. Zoppicavo perché ho picchiato l'anca destra cadendo dall'albero, ma sono comunque più agile e veloce di loro. E ho anche più resistenza. Penso che a un certo punto abbiano smesso di rincorrermi, esausti dalla corsa. Penseranno di cercarmi col favore del giorno, o non so cosa. Però a quel punto ho sentito il secondo colpo di cannone, per cui è anche possibile che abbiano incrociato un altro Tributo e abbiano pensato che fosse una preda più facile... Comunque dopo aver corso per un po' ho visto il fumo del tuo falò e ho pensato che chiunque avesse il coraggio di tenere acceso il fuoco di notte avrebbe avuto anche la vorza di proteggermi! Forse non ragionavo al meglio... mi dispiace di averti messa in questa brutta situazione. E' ovvio che vuoi vincere anche tu, per cui forse è meglio se me ne vado subito e la facciamo finita, ok?» dal suo sguardo preoccupato capisco che forse ha ancora paura che io la uccida con le mie misteriose doti da punteggio 12. Non sa che io non ho mai ucciso nessuno e che tremo al solo pensiero di interrompere una vita...
«Facciamo così. Puoi rimanere per stanotte, cercherò un modo per sistemarti l'anca e diminuire il dolore e se hai fame dividerò con te un coniglio. Poi domattina te ne andrai. Corri più veloce che puoi, lontano da me e dai favoriti. E che vinca la migliore. Una di noi due! Non esiste che vinca uno di quei mostri...» l'idea mi ha colpita all'improvviso, forte e geniale. Se devo morire voglio che a tornare a casa sia Giorgine. Almeno la sua famiglia non avrà perso due figli, ma "solo" uno... è una magra consolazione, ma mi basta che non vincano i Favoriti!
«Davvero vuoi aiutarmi?»
«Certo, ma solo per stanotte! Fammi vedere l'anca ora... senti molto male?» si sdraia sul fianco sinistro e nel movimento il suo viso si contrae in una smorfia di dolore.
«Direi di sì... ho paura di essermi rotta qualcosa!» provo a tastare le piccole ossa di Giorgine. A casa aiuto sempre mamma a curare i malati del distretto. Sono piuttosto brava, anche se spesso la vista del sangue mi da la nausea e devo scappare fuori a prendere aria. Però da quando sono nell'arena di sangue ne ho visto già troppo... per fortuna però riesco a non perdere la calma e analizzare la situazione. I pantaloni della piccola sono strappati e sul fianco c'è una ferita frastagliata e insanguinata, ma le ossa non sembrano rotte.
«Non credo che ci sia qualcosa di rotto, però se senti molto male posso farti un infuso di erbe lenitive. Le conosco bene perché mia mamma mi ha sempre insegnato a curare i mali, per cui puoi stare tranquilla.» la faccio stendere nel sacco a pelo e la copro con una delle coperte, poi faccio per andare a cercare le erbe. Il problema è il buio. Temo di non riconoscerle al meglio in mezzo all'oscurità!
Sento un piccolo fischio e mi giro di scatto verso l'accampamento. Nessuno ci sta attaccando, ma qualcosa di argenteo sta planando verso di me... guardo meglio e capisco che si tratta di un paracadute... gli sponsor! Non mi hanno mai mandato nulla finora, probabilmente perché ero talmente ben preparata che Ken non credeva mi servisse qualcosa. Però adesso ha deciso di aiutarmi e sono curiosa di sapere come.
Mi avvicino al cestino appeso al paracadute, lo stacco e lo apro. Una torcia! E' perfetto... ma c'è dell'altro. Bende bianche, una siringa piena e una boccetta di un medicinale che non conosco. E' una specie di pomata... Non abbiamo medicine a casa, solo erbe. Evidentemente tutte queste cose l'aiuteranno a lenire il dolore e a guarire la piccola ferita. E poi c'è ancora qualcosa! Un barattolino di sugo al pomodoro. Qui nell'arena è un lusso non da poco... come mai Ken ha pensato ad una cosa del genere? Forse vuole dirmi qualcosa. Credo che apprezzi la mia scelta di aiutare Giorgine. Il pensiero che il mio mentore sia d'accordo con me mi da sicurezza. Poso il cestino vicino alle mie cose. Lascio un coltello alla bambina, per autodifesa. Quindi prendo la torcia, l'accendo, recupero il sacchetto di plastica e la cerbottana e mi incammino nella foresta per cercare le erbe... Ritorno dopo circa un'ora con il sacchetto pieno di erbe medicinali e con un paio di radici di liquirizia. Ho anche il telo che faceva da copertura al mio rifugio. Mentre cercavo le erbe mi sono imbattuta in un albero abbattuto, tagliato nel piede da qualcosa di senza dubbio non naturale. Era l'albero con la mia tana... evidentemente agli strateghi quel nido protetto e invisibile non piaceva. Era troppo sicuro e non mi vogliono più al sicuro. Ora devo stare in mezzo alla battaglia. Comunque mi sembrava un peccato lasciare li il telo, così l'ho estratto con delicatezza dall'intrico di rami e me lo sono portato dietro. Ho intenzione di usarlo per completare il mio accampamento con un riparo dalle intemperie, che stavolta sarà a terra. Sarò protetta dai venti, ma non dagli attacchi insomma...

Arrivata al fiume mi accorgo che Giorgine è peggiorata. Trema visibilmente, anche se il freddo è calato, lei è tutta coperta e sta vicino al fuoco. Non è possibile che tutto ciò sia dovuto solo alla caduta. Ricontrollo la ferita e rimango agghiacciata. E' verdognola ed emette pus e una strana puzza disgustosa.
Anni fa ho visto una cosa simile su un minatore, Max. Gli era caduta una grossa pietra su un piede, ma i sorveglianti non gli avevano permesso di interrompere il lavoro per farsi medicare. Così alla fine del turno, la sera tardi, è venuto da noi e sono rimasta nauseata dalla visione del suo piede, marrone-verdastro e con la pelle molliccia e marcia. Cancrena, aveva detto mia madre. Ricordo che non ha potuto far altro che pulire la ferita, bendarla e dare all'uomo un beverone di erbe lenitive e sciroppo per dormire, per limitargli la sofferenza. In un ospedale di Capitol City avrebbero potuto guarirlo facilmente, ma nei distretti nessuno è così potente da potersi permettere di andarci. Quindi l'ho accompagnato a casa. L'ho lasciato steso sul divano... Il giorno dopo Max non si è presentato al lavoro e la sera i suoi compagni, preoccupati, sono andati a fargli visita a casa. Lo hanno trovato ancora sul divano, circondato da una puzza terribile. Morto.
Di colpo capisco il motivo per cui Ken mi ha mandato tutte quelle cose. Non è perché è d'accordo con la mia idea di curare Giorgine, ma perché vuole che l'aiuti a passare decentemente le sue ultime ore di vita! Ricontrollo il cestino e i miei sospetti vengono confermati: sulla plastica protettiva della siringa, in piccolo, c'è scritto "Morfamina". Non ne avevo mai vista prima, ma la mamma mi ha detto che è un potente antidolorifico, sintetizzato dai migliori scienziati di Capitol City a partire da alcune vecchie droghe. Anche la pomata è un lenitivo del dolore, ma localizzato. E il sugo dev'essere per l'ultimo pasto di una condannata a morte... vorrei davvero essere libera di piangere, ma so che non posso permettermelo. Giorgine non deve assolutamente sapere che le prossime ore saranno le ultime della sua vita!

«C-cosa mi fai?»
«Ora ti faccio una piccola puntura di... antibiotico. Non fa tanto male e poi ti sentirai subito meglio!» Giorgine mi porge il braccio, cerco una vena e le faccio l'iniezione di Morfamina. In pochi istanti i muscoli del suo viso si rilassano e smette di tremare.
«Adesso pulisco un po' la ferita e ci metto su la pomata per guarirla.» si abbassa i pantaloni e si gira sul fianco sinistro, e io con un pezzo di benda e l'acqua bollita pulisco il taglio dal pus. Non posso fare granché perché la pelle è diventata delicatissima e si sfalda al minimo tocco. Questa non è opera di batteri comuni, come quelli del piede di Max... agiscono troppo rapidamente! Spalmare la pomata è molto più semplice e finalmente i tessuti marci e la puzza vengono un po' coperti. Quindi la bendo per bene e la lascio entrare nel sacco a pelo.
«Ora riposati un po' mentre io preparo qualcosa da mangiare. Ti piace lo stufato di coniglio?»
«Non l'ho mai assaggiato il coniglio! Me lo puoi preparare davvero?»
«Certo, un intero coniglio se vuoi...» le sorrido, anche se vorrei urlare. E' una situazione orribile, come ho fatto a finirci? Desidero solo abbandonarmi sotto un albero e lasciare che i Favoriti mi trovino per farla finita con questa storia, ma invece metto un po' di sugo nel pentolino, assieme ad alcuni pezzetti di carne e inizio a cuocere lo stufato...

Sveglio Giorgine e le porgo un piatto pieno di gustoso stufato di coniglio e una forchetta. Mentre cucinavo è arrivato un altro regalo degli sponsor: due piatti, posate e una bottiglietta di succo di lampone. Il mio preferito! Ken sta giocando bene le mie carte perché questa roba deve costare moltissimo.
Mangiamo in silenzio e passiamo la serata a osservare il fuoco, lei nel sacco a pelo, io sotto le coperte. Ho posizionato il telo sopra i tre massi in cui mi ero accampata e li ho fermati con delle pietre. Ora abbiamo una specie di grotta in cui passare la notte. La piccola si addormenta a mezzanotte passata, ma io rimango sveglia, di guardia, per tutta la notte...


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NOTE DI JD:

 

Decimo capitolo aggiornato, ma non ancora betato. Come vedete i giorni nell'arena sono sempre più difficili, ma stiamo per arrivare all'epilogo. Che emozione eh? (sì, come no, fattene una ragione JD, ti emozioni solo tu!)
Comunque potete ora vedere anche Giorgine, la povera, piccola alleata/condannataamorte, in attesa dell'epilogo finale dei primi Hunger Games (ma non della storia, mi dispiace ahah). Ancora mille grazie a chi è arrivato fin qui!
Saluti, pace, amore e palme nane a tutti voi,
JD

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Capitolo 11
*** 010 -decima parte: L'ARENA, GIORNO 4 ***


 

 

 

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"..."

(...)


 

CAPITOLO 14.
Alle prime luci dell'alba mi alzo e riordino l'accampamento e le idee.
Il fuoco è quasi spento, ma smuovo le braci, aggiungo legna e si ravviva subito riscaldando l'ambiente. E non solo in termini di temperatura.
Ritiro le coperte nello zaino e lo metto all'imboccatura della nostra grotta. Mi sistemo il coltello e la cerbottana nella cintura, perché siano a portata di mano. Mi sento più sicura, ora.
Riempio il pentolino di acqua, la faccio bollire e la metto nella bottiglia, di scorta. Lascio quindi la bottiglia nell'acqua, perché si raffreddi un po'.
Raccolgo delle foglie di menta e strappo un rametto dall'unico pino della zona. Metto quindi altra acqua nel pentolino e preparo un tè alla menta, pino e liquirizia. Quando è quasi pronta arriva un paracadute. Ancora sponsor. Sto piacendo molto, quindi. Ken è un genio!
Due tazze, due cucchiaini, un barattolino di zucchero. Il mio tè diventerà buonissimo.
Sveglio la piccola Giorgine, pregando che stia meglio. E' molto pallida, ma non sente dolore (e ci credo è imbottita di morfamina). Riesce a malapena a mettersi seduta, appena fuori dalla grotta, rimanendo appoggiata ad uno dei massi. Le metto fra le mani gelate la sua tazza di tè caldo e lei lo beve avidamente.
«E' buonissimo, Jaden! E' dolce... come hai fatto?»
«Solo menta, aghi di pino e liquirizia. E poi abbiamo dei buoni sponsor. Ci hanno mandato anche dello zucchero! Sai, penso che i nostri mentori si siano uniti...» in effetti è molto probabile che non sia solo di Ken il merito di tutti questi lussi.
«Allora qualcuno di Capitol City ha scommesso su di noi! Credono che una di noi possa vincere!» il suo viso viene illuminato da un largo sorriso. Io invece vorrei piangere. Non so dove trovo la forza di sorriderle anche io...
All'improvviso, però, torna seria.
«Ora devo andarmene, vero?» giusto, le avevo detto che poteva rimanere solo per la notte. E ora che mi invento?
«Non per forza. Sai ci ho pensato... potremmo rimanere qua e aspettare i Favoriti. Quindi allieteremo i capitolini con uno scontro finale tutti contro tutti... nel frattempo possiamo goderci i regali degli sponsor e le piccole comodità dell'accampamento. Almeno non passeremo gli ultimi giorni da sole...» spero di essere stata convincente. Mi disgusta mentire così, mi faccio schifo da sola e mi fa orrore l'idea del tutti contro tutti, ma non ho altra scelta se voglio farla soffrire il meno possibile! Lei ci pensa su e poi accetta. Forse in cuor suo sa che non farebbe molta strada, da sola. Non sente più dolore, ma si sarà senz'altro accorta che anche i movimenti più semplici non le riescono bene. Non mi sembra affatto stupida, è pure possibile che sappia già di essere spacciata.
«Però spero di non doverti uccidere. Sei stata così buona con me!» non è la stessa frase crudele e fredda che mi ha detto Andrew quel giorno sul treno. Le parole sono praticamente se stesse, ma nel tono di Giorgine c'è una vera tristezza.
«Spero anche io la stessa cosa per te.» anche questa è una bugia, perché so bene che non dovrò ucciderla, ma che morirà presto per conto suo...

Ora chiacchieriamo liberamente, mentre io cucino, le servo da mangiare e da bere, raccolgo le erbe e controllo il fuoco. Mi chiedo come mai i Favoriti non siano ancora venuti a prenderci. Non avranno davvero paura di noi due? Forse di me sì, perché non sanno che il mio talento segreto non ha nulla a che fare con l'omicidio, ma Giorgine non fa esattamente paura. Certo loro non sanno che è debole e in fin di vita...
Verso sera compare il sigillo di Capitol City seguito dai nomi dei morti di ieri.
Stewart Montgomery, del Distretto 3.
Tom Jorgen, del Distretto 8.
Ci guardiamo, tristi. Sono solo nomi per me, ma fanno comunque male.
Un rumore improvviso ci fa sobbalzare. Io salto in piedi e afferro istintivamente la cerbottana.
Passi pesanti. Più di una persona. I Favoriti, senza dubbio. Vengono verso di noi. Hanno preso coraggio? Ma come mai fanno tanto casino? Avrebbero potuto avvicinarsi silenziosamente e prenderci di sorpresa... e invece corrono come una mandria di bufali. Magari pensano di spaventarci, ma io sono già pronta, in posizione, acquattata, rivolta verso il rumore.
Li vedo, sono quasi arrivati nella piccola radura della cascata. Sono avvolti da uno strano alone rosso, un bagliore innaturale. Sgrano gli occhi, ma non

faccio in tempo a reagire che Cara, Gioi e Andrew sbucano dalla foresta incantata, inseguiti dalle lingue di fuoco di un incendio. Si buttano in acqua ignorando la nostra presenza. L'istinto mi dice di fare lo stesso, ma c'è qualcosa di innaturale in quelle fiamme che mi spinge a rimanere dove sono.
Lo capisco un minuto più tardi e lo capiscono anche i Favoriti, immagino. Fumo, calore e fuoco non ci raggiungono. Se ne stanno ammiccanti sul bordo del bosco, bruciando la bellezza incantata della fantasiosa vegetazione, ma come imprigionate dietro ad una parete invisibile.
Adesso è tutto più chiaro. La stavamo tirando troppo per le lunghe! Gli strateghi hanno capito che i due gruppi di Tributi rimasti non avevano nessuna intenzione di muoversi dai rispettivi accampamenti. Dovevano fare qualcosa per spingerci nella battaglia finale...

I Favoriti escono dall'acqua, inzuppati e tremanti. Hanno gli abiti bruciacchiati in molti punti e spero davvero che siano almeno un po' indeboliti dalle bruciature. Devo agire prima che si riprendano!
E' orribile quello che sto per fare, ma la voglia di vivere è più forte della paura.
Prendo la mira e sparo il primo dardo, dritto nel collo di Gioi. Lei urla per lo spavento e si porta la mano al punto dove la mia arma l'ha colpita. Succede subito. Crolla a terra e si sente il colpo di cannone. Ho fatto un buon lavoro, con il veleno. Prego che non abbia sofferto mentre miro al collo di Cara.
Però lei e Andrew mi hanno individuata e zoppicano verso di me. Lui non ha più il suo arco, ma lei ha un coltello. Cosa vogliono fare? Iniziare una lotta corpo a corpo, deboli e feriti come sono? Forse il fumo gli ha dato alla testa... Estraggo anche il mio coltello e prima che mi raggiungano riesco a colpire anche Cara che muore qualche secondo dopo. Colpo di cannone nello stesso istante in cui Andrew mi raggiunge e si lancia su di me.
Poi diventa tutto confuso.
Giorgine urla disperata, ma striscia impotente dentro la grotta, come atto estremo, per nascondersi.
Andrew mi blocca a terra e non riesco più a muovermi. Questa scena è troppo simile a quella del mio incubo e io inizio ad avere seriamente paura di morire...
Però il mio compagno di distretto non prova a strangolarmi, non cerca di uccidermi in alcun modo. Si limita a bloccarmi a terra.
«Alla fine dovrebbe spettare a me! Ucciderti per tornare a casa... Mi spieghi come posso farlo?!» Sta bisbigliando e nella sua voce c'è autentica disperazione.
«Eppure vedo che tu non avresti avuto problemi! Volevi spararmi con quella cosa che tieni in mano, come hai fatto con Cara e Gioi?!»
«Non avevo scelta... mi avrebbero uccisa... e poi non sono io che giravo a caccia di Tributi! Io non ho ucciso nessun altro in questa dannata arena! Ma voglio tornare a casa mia! Voglio vivere!» le sue accuse sono troppo per me. Come può credere che non avrei avuto problemi ad ucciderlo?!
«Quindi cosa suggerisci di fare eh? Devo uccidere la tua piccola alleata e poi suicidarmi per lasciarti tornare a casa?»
«Lascia stare Giorgine! Non devi toccarla!»
«Che cosa vuoi dire? Cos'è questa storia? Non dicevi di voler tornare a casa...? Non vi lasceranno tornare assieme, lo sai bene! Non c'è pietà in questo gioco...» è confuso, ma non lascia la presa sul mio corpo. Non posso dirgli che Giorgine morirà comunque, fra qualche ora o qualche giorno. Sentirebbe anche lei!
«Va bene, uccidimi! Uccidi me, così sarà tutto finito...»
«E lei?»
«Lei non è un problema tuo!» un barlume di comprensione brilla nei suoi occhi blu. Sono blu! I suoi occhi sono ancora blu e non rossi e iniettati di sangue come nel mio incubo...
«Bene. Allora, se le cose stanno così...» si gira sulla schiena, portandomi su di lui. Quindi mi stringe a se e mi bacia. Io vorrei davvero scappare, ma non riesco. La sua presa è come una morsa d'acciaio. Avrei preferito che mi uccidesse! Perché mi bacia? Cosa vuole da me?
«Sai perché hanno inventato gli Hunger Games?» e ora cosa ha in mente?
«Non lo sai? Secondo me quello che vogliono non è vederci morire. Loro vogliono spettacolo! E allora perché non gli diamo un po' di spettacolo?» mi fa tornare sotto di lui e mi bacia di nuovo, ora con più forza. Ora capisco quello che vuole fare. Vuole che Capitol City stia a guardare mentre lui abusa di me, per poi uccidermi. Questa è la sua idea di spettacolo!
«La vuoi sapere un'ultima cosa? Io non ho mai voluto vincere... mi sono offerto volontario solo per passare del tempo con te. Lo avrei fatto anche se non fosse stato estratto tuo fratello! Tu mi piaci e avevo paura che saresti morta e che non avrei più potuto dirti quello che provo con te... io ti amo Jaden e non posso certo ucciderti! Se quello che vogliono è un vincitore, a questo punto della storia è giusto che sia tu. E' accettabile... ho deciso che mi sta bene.» quindi non vuole uccidermi?
«Però non voglio morire così. Ci sono tantissime cose che avrei voluto fare prima di morire, tre delle quali particolarmente importanti... una di queste era fare sesso, ma grazie alle mie alleate ho potuto fare anche quello... l'altra era baciarti e confessarti i miei sentimenti e ora l'ho fatto. Mi resta ancora una cosa...» quindi ha fatto sesso con quelle ragazze? E' disgustoso che l'abbia fatto in televisione. Ed è disgustoso che ora mi stia confessando i suoi sentimenti aggiungendo questi dettagli insopportabili!
«Cos'altro vuoi da me? Perché non puoi uccidermi e basta?!»
«Ma allora non mi ascolti! Io voglio che tu vinca. Prima però farai una cosa per me... il mio ultimo desiderio è fare l'amore con te...» le sue mani si insinuano sotto i miei vestiti. Questo è troppo. Faccio ricorso a tutte le forze che ho e anche a qualcosa in più, che viene dalla disperazione. Con un colpo di reni mi libero dalla sua presa e ribalto la situazione. Poi con un gesto secco e deciso affondo il coltello nel suo stomaco.
Il suo sangue inizia a zampillarmi addosso.
La sua espressione è stupita, terrorizzata e sofferente.
Non posso sopportare che muoia dissanguato fra atroci dolori, quindi mi alzo e gli sparo l'ultimo dardo nel collo.
Pochi secondi e sento il colpo di cannone. Lascio cadere le armi e mi accascio a terra.
Vengo scossa da brividi incontrollabili. Sono coperta di sangue.
Del sangue del ragazzo che ha regalato a mia sorella un lecca lecca.
Dello stesso ragazzo che ha salvato la vita di mio fratello.
Del ragazzo che mi ha appena dichiarato il suo amore.
Del ragazzo che ho odiato, ma che non avrei MAI voluto uccidere!

Non so dire quanto tempo sia passato. Sono rimasta immobile, inginocchiata di fianco al corpo di Andrew. Tremo per la paura e per il freddo, ma non riesco a muovermi per prendere le coperte nello zaino.
Gli tengo una mano e resto li, senza fare nulla.
So che Giorgine mi ha chiamata un paio di volte, ma io le ho risposto di dormire. Che va tutto bene.
Però niente va bene!
Dovrò restare qui per chissà quanto tempo, ad aspettare che la cancrena si porti via quella bambina, che ignara rimane sdraiata nella grotta, senza potersi muovere. Senza capire cosa sta succedendo! E non ho più la forza di prendermi cura di lei...

E' l'alba. L'incendio si è placato. Il silenzio è più assordante che mai.
Sono completamente congelata e non riesco più a muovermi. L'ultimo colpo di cannone non si è ancora sentito.
Giorgine è viva, nella grotta. La vedo dormire, avvolta nel sacco a pelo.
Alzo gli occhi verso il cielo, con l'espressione folle e disperata stampata sul viso.
«Fate qualcosa, vi prego!» è solo un sussurro, quello che mi esce dalle labbra, ma lo sentirà tutta Panem, lo so.
E infatti pochi minuti dopo succede davvero qualcosa.
L'esplosione. La frana. La grotta che crolla sul corpicino addormentato di Giorgine. Alcuni frammenti di roccia mi volano addosso e l'onda d'urto dell'esplosione mi scaraventa a qualche metro di distanza, ma non reagisco. Colpo di cannone. Lascio che il dolore si diffonda in ogni centimetro del mio corpo. Mi ritrovo sdraiata a faccia in giù vicino all'acqua.
Sento una voce lontana, festosa.
«Signore e signori, sono lieto di presentarvi la vincitrice dei primi Hunger Games: Jaden Cartwrite, il Tributo femmina del Distretto 12!»
Sono io. Ho vinto i primi Hunger Games. Sono sopravvissuta, potrò continuare a vivere!
Ma cosa sto dicendo? Io sono già morta...


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NOTE DI JD:

 

Undicesimo capitolo aggiornato, ma non betato. Eh sì, siamo arrivati alla fine dei primi Hunger Games e Jaden ha vinto (come sono scontata), ma per la vostra gioia (o forse no) la storia non è ancora finita!
Ci sono altri piccoli colpi di scena nella mia testa e spero di stupirvi :)
Inoltre spero che la morte di Andrew non vi abbia shoccati e non vi porti ad odiare Jaden... insomma tutti vorremmo tornare a casa! E poi avete visto anche le ultime due favorite... morte pure loro.
Va beh, comunque... vi è piaciuto il capitolo? Incrocio le dita nella speranza che mi diciate che è almeno un po' carino. A presto cari lettori.
Saluti, pace, amore e palme nane a tutti voi,
JD

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Capitolo 12
*** 011 - undicesima parte: ESSERE UNA VINCITRICE ***


 

 

 

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"..."

(...)


 

CAPITOLO 15.
Sono immersa in un torpore innaturale. E' come se mi trovassi in un limbo da cui è difficile uscire. Anzi, inizio a pensare che sia impossibile.
Forse alla fine hanno deciso che un vincitore non gli serviva granché, che potevano uccidere tranquillamente anche me.
E quindi sarebbe questa la morte? Un nulla assoluto ed eterno, vuoto a 360 gradi. Niente dolore, per fortuna, ma anche niente colori, niente sapori, niente sensazioni... Non mi piace affatto. Non è né un paradiso né un inferno. E' troppo insignificante per essere il riposo eterno!

Apro gli occhi e lentamente cerco di mettere a fuoco il luogo in cui mi trovo. E' tutto troppo bianco e luminoso, per cui non è una cosa semplice.
Quando finalmente torno completamente in me, inizio a rimpiangere il vuoto insignificante.
Tutti i mali sono tornati ad opprimermi il corpo e la mente. Provo a muovermi, ma sono legata con larghe fasce di contenimento ad un tavolo freddo e duro. Le fasce sono l'unica cosa che copre il mio corpo, ma quel posto è troppo ultraterreno perché io possa provare imbarazzo.
Mi accorgo anche di essere attaccata a moltissimi strani macchinari ronzanti e pulsanti.
Sono in una stanza piccola e quadrata con tre pareti bianchissime e spoglie e una a specchio. Apparentemente non ci sono porte. E' forse una cella? Mi hanno arrestata per qualcosa di sbagliato che ho fatto nell'arena, forse...
No, non può essere. Non si prenderebbero il disturbo di mantenere sotto controllo i miei segni vitali, se fossi una criminale.
Ma allora cosa sono?
Una vincitrice.
La parola affiora con difficoltà dai meandri più oscuri della mia mente.
E dire che solo una manciata di giorni fa era un'idea luminosa e piacevole!
Adesso esserlo comporta solo tutta una lunga serie di cose orribili che ancora non riesco ad elaborare per bene.
Inizio ad agitarmi. Mi sento soffocare e la claustrofobia sta prendendo il sopravvento. Vorrei urlare, ma mi accorgo solo ora della maschera dell'ossigeno bloccata su naso e bocca. Non posso far altro che mugolare e fare impercettibili movimenti nervosi.
Pochi secondi e dalla parete di sinistra si materializza non so come una porta, da cui entra un'infermiere in camice azzurro. Lo guardo negli occhi implorante, ma non ci vedo nulla di umano. Sono coperti da lenti a contatto rosa shocching, secondo la moda di Capitol City. L'uomo si limita a cambiarmi il sacchetto della flebo, rispedendomi nel limbo...

Quando riesco a tornare in superficie non sono più legata nella stanza bianca. Mi trovo su un materasso soffice, fra lenzuola di seta e coperte calde. E non sono più sola. Al mio fianco ci sono tutti: Flavia, Ken, il mio staff di preparatori e Ray. E ci sono anche delle telecamere. Quando riavrò la mia privacy? Cerco di ignorarle e di concentrarmi sui miei visitatori.
Ray, il mio bellissimo stilista. Avevo quasi dimenticato quanto fosse incredibilmente affascinante. Quei capelli folti e scuri, quegli occhi verdi e profondi, l'espressione dolce e intensa. Però purtroppo è di nuovo truccato! Già... il mio bellissimo e SPOSATO stilista! Jaden non puoi più pensare certe cose di lui. Prima dell'arena era solo un gioco, non credevo che sarei tornata davvero, ma adesso questa storia deve finire...
E Ken, l'uomo che ha allietato il mio ultimo giorno nell'arena. L'ultimo giorno di vita di Giorgine. Le lacrime minacciano di uscire dagli angoli dei miei occhi al pensiero di quell'ultimo giorno. Quanto tempo è passato... un ora, un giorno, una settimana?

Il mio ultimo ricordo è la voce dell'annunciatore che mi ha dichiarata vincitrice, poi un qualcosa che mi ha afferrata e sollevata, sempre più su. Un'ultimo sguardo all'arena dall'alto, quindi il buio.

«Ti sei svegliata finalmente! Temevamo di avere perso la nostra splendida star...» è Ken, in vena di battute a quanto pare. Dovrei dire qualcosa di brillante in risposta, ma mi riesce solo di fare un grugnito coronato da un mezzo sorriso.
«Sei stata piuttosto fortunata, prima dell'esplosione finale eri illesa. Però purtroppo non ti sei allontanata dalla montagna, quindi quando è saltata per aria hai riportato alcune piccole bruciature, tagli ed abrasioni e ti sei rotta la clavicola, il ginocchio e la mano sinistra, su cui sei atterrata. Per fortuna i chirurghi di Capitol City sono riusciti a rimetterti in sesto e a farti tornare bellissima e in forma! E ti è ancora andata bene che hai delle belle forme naturali, per cui sono riuscito a convincerli a non farti ulteriori interventi chirurgici. Si sono limitati a ricostruirti le ossa rotte e farti alcuni piccoli innesti di pelle. Niente di troppo invasivo, insomma...» chiudo gli occhi leggermente annebbiati. E' difficile accettare di aver subito tante operazioni e nemmeno ricordarsene. Non ho avuto nemmeno il diritto di decidere da sola per il mio corpo! Meno male che il mio Mentore ha avuto la decenza di non permettere loro di modificarmi il corpo... più o meno. Sollevo il braccio e mi guardo la mano sinistra. Nessuna cicatrice. Non solo non si vedono quelle delle operazioni, ma nemmeno quelle che avevo prima! Sono assolutamente certa di averne avuta una, sul palmo, di quella volta che sono caduta, in mezzo al Prato, cercando di catturare il mio primo scoiattolo. Ero atterrata proprio sul vetro di una bottiglia rotta. Avevo spaventato a morte i miei fratelli, che erano corsi a chiamare la mamma. Lei mi aveva ricucita alla meglio e medicata velocemente, perché aveva ancora molto lavoro da fare, per cui la cicatrice era rimasta, bianca e frastagliata. Era uno dei miei segni distintivi, qualcosa che mi permetteva di riconoscermi. E ora mi hanno tolto anche quello...
«Forse dovremmo lasciarla riposare ancora un po'. Questa sera ci sarà il suo spettacolo! Sarà una serata molto impegnativa e ricca di emozioni...» non c'è bisogno di vederla per sapere chi è la persona che ha parlato. Flavia! La sua voce irritante e acuta non mi è mancata affatto, ma mi fa piacere che sia venuta a farmi visita...
«Hai ragione Flavia. Jaden, tesoro, riposati per bene. Verrò da te fra qualche ora per prepararti.» prepararmi eh? Giusto, dovranno presentarmi ufficialmente al pubblico di Capitol City e dovrò essere splendida. E chi meglio di Ray può rendermi tale? Annuisco e provo a dormire, pregustando già il tempo che potrò parlare con lui. Anche se so che la devo piantare di pensare a quanto lui sia bello!
Dopo quanche minuto però mi accorgo che non riuscirò a dormire. Ora che non ci sono più farmaci ad annebbiare la mia mente sento che i pensieri si stanno scontrando violentemente nella mia testa, desiderosi di essere ascoltati. Mi costringo a seguirne il filo logico, a pensare a tutto con calma, consciamente.
E' incredibile come la partecipazione ai giochi, fin dalle prime tappe, obblighi la mente a cancellare il passato, a dimenticare tutto ciò che non sia una strategia per vincere, ad archiviare le immagini precedenti al viaggio in treno come "per ora non utili". E ora che sono finiti è come se il luogo del cervello in cui avevo stipato tutto sia saltato in aria spargendo ricordi, pensieri e sensazioni per tutta la testa. Devo assolutamente fare ordine...

Quando ho scoperto che sarei stata un tributo degli Hunger Games non credevo che sarei sopravvissuta. Ho salutato tutta la mia famiglia con in testa l'orribile idea che non li avrei mai più visti. Ma la vittoria mi permetterà di riabbracciarli, finalmente, e questa è una cosa fantastica!
Però quel giorno è successa anche un'altra cosa. Mark. Mi ero quasi scordata della sua dichiarazione d'amore, che ho respinto con forza, come fosse una cosa brutta. E lo è? Forse prima sì, ma ora cosa mi impedisce di liberare i miei sentimenti, di permettermi di innamorarmi di lui? Prima dei giochi ero sicura che fra noi ci fosse qualcosa di più di una semplice amicizia. Lui era tutta la mia vita, secondo solo alla mia famiglia! E allora cosa è cambiato? Tutto è cambiato, ecco cosa. Io sono un'altra persona. Sono un'assassina. Ho ucciso tre persone e visto morire troppi ragazzi innocenti per essere ancora la ragazzina ingenua che ero prima. Ora sono un mostro. E' anche possibile che sia lui a non volermi più, ora che ci penso...
Un'idea orribile attraversa con violenza i miei pensieri. Io ho ucciso Andrew. Il ragazzo del mio distretto. La sua famiglia mi odierà di certo. E anche i suoi amici, i suoi parenti e conoscenti... magari tutto il Distretto 12 mi detesterà per quello che ho fatto!
No, non tutti. Mia madre, mio fratello e la mia sorellina non mi odieranno. Sono certa che loro mi hanno capita e appoggiata fino alla fine. Questo mi da appena un po' di sollievo, ma sento che mi sto già preparando psicologicamente alla mia nuova vita da reietta del distretto. Da rifuito umano della società... però ci sarà la vincità. Porterò al mio distretto un'anno di viveri gratuiti. Per un'anno intero nessuno soffrirà la fame. Basterà a farmi perdonare?
Quali altre "bellissime" cose mi ha regalato la vittoria? Ah giusto, ora ricordo. Il Tour della Vittoria. Dovrò sfilare per le strade di tutti e 12 i distretti perché gli abitanti mi acclamino e festeggino. Bella roba davvero... Penso alle famiglie dei Tributi morti. Soprattutto a quelle di coloro che ho ucciso io... non sarà piacevole. E poi ci sono quelle dei miei alleati. Chissà se daranno la colpa a me anche per la loro morte... in fondo non ho fatto nulla per impedirla! Io stessa mi sento in colpa, per cui non oso immaginare quanto dovranno odiarmi loro.
Ah, quasi dimenticavo. Sono ricca adesso. Ho soldi a palate! Non so nemmeno cosa farmene di tutti i soldi del premio... Però potrò dare da mangiare alla mia famiglia. Potrò comprare a Jenny tutti i nastri e i dolci che vuole! Questa, sì che è una bella cosa...
Su questo ultimo pensiero chiudo gli occhi e mi addormento.

Mi risveglio di scatto, sudata e scossa da violenti brividi, pentendomi di aver dormito. Incubi. I più terribili che si possano immaginare! Rivedo l'arena, rivedo i morti, mi vedo morire in tutti i modi a cui ho assistito. Una ragazza mi taglia la testa, una spada mi squarcia, un coltello mi taglia la gola, un'altro mi viene spinto nello stomaco, un dardo mi colpisce, la cancrena marcisce il mio corpo e infine un'esplosione mi dilania le carni... Riesco quasi a sentire il dolore provato da ogni singolo Tributo.
Mi guardo attorno credendo di essere ancora nell'arena, ma quello che vedo è la stanza d'ospedale. E Ray. E' seduto su una poltroncina, vicino al mio letto. Mi sta osservando preoccupato.
«Ray... ho avuto un incubo orribile. Non voglio dormire più! Dimmi che possiamo iniziare la preparazione...» desidero avere qualcosa da fare, qualcosa a cui pensare per distrarmi dalle immagini sanguinose ancora impresse nella mia retina.
«Va bene piccola, vieni, ti accompagno in bagno. Ti ho portato dei vestiti. Quando sarai pronta andremo dal dottore a fargli firmare le carte per la dimissione e poi ti porterò su, al dodicesimo piano, dove stavamo prima dei giochi... Rose, Toel e Max sono già li che ci aspettano.» chi sono Rose, Toel e Max? Ah giusto... sono i nomi del mio staff di preparatori. E' stato semplice dimenticarmi di loro e forse anche un po' ingiusto. In fondo una parte di merito per la mia vittoria è anche loro. Mi hanno resa bellissima, assieme a Ray naturalmente...

Rieccomi nell'attico del Centro di Addestramento. L'ospedale era sotterraneo, un livello sotto a quello della palestra, per cui in pochi minuti mi sono ritrovata nelle mani di quei tre esseri colorati e frizzanti, a farmi allegramente torturare! Credevo che dopo l'arena la ceretta sarebbe stata un dolore insignificante, una passeggiata... e invece è sempre un supplizio! E i discorsi frivoli e vuoti dei tre preparatori non mi aiutano a distrarmi. Sono tutti eccitati dal fatto che il primo anno abbia vinto la ragazza curata da loro, che finalmente vadano di moda le piume di pavone, che il tacchino ripieno di salsa alla frutta esotica dell'ultimo ricevimento sia stato ottimo, dall'entusiamante prima edizione degli Hunger Games, con tutti i suoi colpi di scena e le sue battaglie all'ultimo sangue... Ho già detto che li odio? Non mi importa più nulla del fatto che mi abbiano aiutata ad apparire bella e desiderabile agli occhi degli sponsor. Io li detesto perché non hanno rispetto per le vite spezzate degli altri Tributi! A loro non importa di nominare con leggerezza Lehanne, Blain, Giorgine, Elia e tutti gli altri che ho conosciuto, chi più chi meno. Non gli interessa se ogni parola sui giochi mi provoca un dolore fisico in tutto il corpo. E mescolano con tranquillità cronaca sugli orrori degli Hunger Games, novità sulla moda, pettegolezzi sui più famosi attori di Capitol City e gusti in fatto di cibo!
«Ora basta, potete andare. Continuo io.» Ray. E' entrato nella stanza e deve essersi accorto della mia sofferenza.
Un po' sconcertata Toel smette di spalmarmi i capelli di non so che crema; Rose completa l'ultimo svolazzo sull'ultima unghia della mia mano destra e mi dice in tono stizzito di tenere ferme le mani finché lo smalto non sarà asciutto, per non rovinare il suo capolavoro; Max invece mi sorride e posa la spugnetta con cui stava levigando la mia pelle da almeno mezz'ora. Lui forse è il meno tremendo. E' il più silenzioso e cerca di non fare commenti inappropriati sui morti...
Rimango sola con il mio stilista e lui riprende a massaggiarmi la nuca con la crema. Restiamo in silenzio per un po', poi inizia a sciacquarmi i capelli e anche a parlare.
«Mi dispiace che tu abbia dovuto sentire parlare di quelle brutte cose. Ma sono felice che tu sia tornata da me. Lo sai cosa significa vero?» come cosa significa? Cosa intende...?
«Significa che potrò riabbracciare la mia famiglia...» dico restando sul vago.
«Certo, anche questo, ed è una cosa splendia. Sono davvero felice per te, però non è ciò a cui mi riferivo...»
«Giusto certo, c'è anche il premio in denaro. Sai non so davvero come li spenderò tutti quei soldi. Magari ti comprerò qualche vestito su misura per me e la mia famiglia...» probabilmente sono snervante, ma cercare di cambiare discorso è l'unica cosa che posso fare. Ho capito dove vuole arrivare e ho paura di arrivarci...
«Jaden non vorrò mai dei soldi da te! Da qui alla fine dei tuoi giorni ti farò avere tutti gli abiti che vuoi gratuitamente. Lo capisci questo vero?»
«Sei molto gentile Ray, ma non credo di poter accettare...»
«Io non voglio più essere solo il tuo stilista lo vuoi capire o no?»
«Il problema è proprio questo... non voglio capirlo. Non posso capirlo! Tu sei sposato Ray e sei di Capitol City. Mentre io sono del Distretto 12. Non può funzionare!»
«Questo lo dici tu. Fra me e Mandy le cose non vanno affatto bene. Siamo troppo simili, la nostra relazione non ha mai avuto stimoli d'interesse. All'inizio era bello andare d'accordo su tutto, ma è diventato presto noioso e frustrante. Pensa che siamo d'accordo anche su questo, sul fatto che dobbiamo interrompere definitivamente la nostra relazione... E' ironico non trovi?»
«No, non ci trovo nulla di ironico. E' triste e non risolve la questione.»
«Sì che la risolve! A Capitol City ci sono almeno 20 annullamenti di matrimonio al giorno, è una pratica semplice e veloce. E poi potremo stare insieme, io e te. Andiamo lo so che è quello che vuoi anche tu!»
«Ti ricordo che io sono sempre del Distretto 12 e che agli abitanti dei distretti è vietato uscire dai confini. Non potremmo mai vivere assieme!»
«E qui ti sbagli! Tu non sei più una semplice cittadina del Distretto 12. Tu ora sei una cittadina del Villaggio dei Vincitori. E anche una Mentore! Avrai privilegi speciali che gli altri abitanti non hanno. Sarai libera di venire a Capitol City quando vorrai!»
«Ma io non voglio venirci a Capitol City! Odio questa città, odio i suoi abitanti, odio gli Hunger Games, odio tutto! Tranne te...»
«E allora verrò io a vivere al Villaggio dei Vincitori, con te!»
«Cos'è questa storia del Villaggio dei Vincitori? Non posso tornare al mio distretto?»
«Certo che ci tornerai, ci torneremo insieme! Durante la tua permanenza a Capitol City in tutti i distretti sono state costruite 12 lussuosissime case, attorno ad una nuova piazza, poco fuori dai centri abitati. Quelle saranno le case dei vincitori degli Hunger Games. E una sarà tua. Nostra se lo vorrai...»
Mentre parlavamo Ray ha finito di abbellirmi e ora sono pronta. Mi manca solo il vestito. E ora che lui si è fermato, che mi guarda negli occhi supplicandomi di passare il resto della vita con lui, ne sento decisamente la mancanza!
Uffa. Rieccolo. E' tornato l'imbarazzo e non so più cosa dire...


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NOTE DI JD:

 

Dodicesimo capitolo aggiornato, ma non betato. Parto chiedendo umilmente perdono, perché la parte post arena è molto difficile, per quanto mi riguarda... Ho faticato a scrivere ogni singolo capitolo da qui in avanti, per cui compatitemi/capitemi >.< e nulla, questo capitolo è forse un po' lento e monotono, ma non sapevo davvero come ravvivarlo, mi dispiace... però avete visto i tre coloratissimi preparatori :)
Saluti, pace, amore e palme nane a tutti voi,
JD

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Capitolo 13
*** Dodicesima parte - LA SORPRESA INDESIDERATA ***


 

 

 

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"..."

(...)


 

CAPITOLO 16.
Un bacio. Inizia tutto con un bacio speciale. Sicuramente più bello di quelli tesi e lacrimosi prima dell'arena. Ma speciale anche per tutte le cose che dice. Quelle che io non riuscivo a pronunciare. Sì perché sono stata io a baciare Ray e non il contrario. Ed è stato come accendere la miccia di una bomba a orologeria. Pochi secondi e boom. L'esplosione della passione.
Per me è la prima volta, per Ray sicuramente no. Lui sa cosa fare, sa come prendermi, sa come muoversi per non farmi male. E' tutto perfetto, anche se non è così che me l'ero immaginato. Lo ammetto, in parte pensavo che sarebbe stato con Mark... ma in ogni caso nemmeno nei miei sogni più originali la mia prima volta avveniva a Capitol City, con uno stilista super sexy, prima della mia intervista come vincitrice degli Hunger Games!

Sono davanti allo specchio e sto ammirando il capolavoro di Ray. No, il capolavoro non sono io, ma l'abito che mi fascia il corpo. Non sono più una fiammella letale, ora sono una principessa di ghiaccio. Spento il fuoco della battaglia ora mi basta sorridere e brillare. Così mi ha detto lui.
Indosso un abito a fascia, senza spalline. Stretto fino alla vita, morbido sotto, lungo fino alle ginocchia. E' argentato, ma ricoperto da piccoli diamantini trasparenti che riflettono la luce in un modo strano, abbagliante, che fa quasi male agli occhi. Proprio come quando si guardano i cristalli di neve posati a terra a formare un unico, magnifico tappeto bianco. Indimenticabile.
I capelli sono raccolti in una crocchia morbida, fermata con una piccola coroncina di cristallo trasparente. Alcune ciocche libere mi ricadono sulle spalle.
Le porzioni di pelle scoperta luccicano per la crema scintillante che i miei preparatori mi hanno spalmato sul corpo. Oltre a completare l'effetto fiocco di neve, serve anche a mascherare gli innesti di pelle nuova, ancora di un rosa nauseante e decisamente antiestetico.
I miei occhi sono truccati in modo leggero e brillante, solo il rossetto color corallo dona un po' di umanità al look da dea della luce.
A completare l'opera un paio di scarpe dal tacco basso, color argento brillante, molto comode, ma anche bellissime.
«Grazie.» lo so è banale, ma è l'unica cosa che riesco a dire.
«E di cosa? Io ho solo creato l'abito, ma sei tu a fare tutto il resto.»
«Il resto?»
«Non lo capisci? Non è l'abito ad essere bello, sei tu!»
«Lo dici solo perché mi vuoi bene.»
«Ma io non ti voglio bene. Io ti amo. Tutta Capitol City ti ama! E ora salirai su quel palco e li farai impazzire tutti. Poi però ritornerai da me, perché loro possono guardare, ma solo io posso avere il pacchetto completo...»

Sono al piano terra del centro di addestramento, con Ken. In un angolo dell'ampia hall c'è una porticina che non avevo mai notato. Il mio mentore mi conduce oltre quella porta, giù per una scaletta a chiocciola che scende a cerchi talmente serrati da farmi venire la nausea.
Salirò sul palco attraverso una specie di cilindro di lancio, simile a quello che mi ha condotta nell'arena. Che amara ironia eh? Ma prima di me saliranno il mio staff di preparatori, Flavia, Ray e infine Ken. Solo allora sarà il mio turno.
«Sei incantevole signorina.»
«Quindi sono ancora la tua signorina?»
«Certo... signorina!» un sorriso spontaneo si dipinge sul mio viso. Ken è davvero un tesoro ed è stato un Mentore fantastico. E' un peccato che ora non potrà più esserlo. Perché toccherà a me prendere il suo posto... Non voglio pensarci!
«Ken. Anche se ti conosco da poco tempo sei stato molto importante per me. E' stato quasi come... come riavere indietro mio padre...»
«Così mi farai piangere Jaden... Sei dolcissima!»
«Le lacrime piacciono al pubblico no?» ora sono in vena di battute anche io. Perché non potrei sopportare di vederlo piangere davvero!
«Già, ma gli occhi rossi non vanno più di moda... Buona fortuna signorina.» i controsensi di Capitol City. Un abbraccio e se ne va.
In pochi istanti mi ritrovo sola, al buio, sulla piattaforma circolare destinata alla mia apparizione. L'inno di Panem parte squillante senza preavviso. Sento Coral presentare a uno a uno i componenti della mia equipe. Inizio a tremare nel momento in cui sento che sto salendo anche io. L'applauso e le grida del pubblico mi fanno fischiare le orecchie. Sono circondata da un fumo denso e bianco. Per un istante temo di essere finita in una nuova arena. Mi aspetto un attacco a sorpresa da un momento all'altro, ma invece ad accogliermi è la voce dell'affascinante presentatore, che appena la nebbia si dirada mi fa cenno di avvicinarmi a lui.
Barcollo verso il centro del palco, dove sono sistemate due poltroncine rosse girevoli. Stringo la mano a Coral e cerco di sorridere, ma mi sento ancora spaesata. I sensi sono come ovattati. Mi accorgo appena della mano di Coral sulla spalla, che mi invita ad accomodarmi. Guardo verso il pubblico e vedo la tribuna d'onore, dove sono andati a sedersi Rose, Tod, Max, Flavia, Ken e Ray. Appena incrocio lo sguardo di Ray sorrido, sta volta spontanea, e mi riprendo. Ma mi sono persa la prima domanda...
«Come...?»
«Agitata eh? - dal pubblico provengono risate sguaiate - dicevo... dopo averci emozionati tutti come fiammella letale ora ti presenti a noi in una tenuta altrettanto luminosa. Cosa rappresenti questa sera?» cosa rappresento? Il ghiaccio è chiaro no?
«Dovrei essere di ghiaccio... insomma un ghiacciolo - altre risate - ho cercato di spegnere le fiamme che bruciavano nell'arena. Ora voglio essere solo me stessa»
«Non lo sei stata fin'ora?» questa domanda mi mette in crisi...
«Certo, sì... ma prima il mio desiderio era sopravvivere, ritornare a casa, dalla mia famiglia. Ora che ci sono riuscita desidero soltanto godermi la mia nuova vita. Il fuoco si è spento, insomma, ma rimane la luce.»
«Bella risposta. E come ti chiameremo ora che non sei più la nostra fiammella letale?»
«Non saprei... voi che ne dite?» cerco di essere simpatica, mi rivolgo al pubblico. Non mi aspetto certo una loro risposta eppure...
«Principessa di ghiaccio!» urlano tutti assieme, lasciandomi senza parole. Possibile che Ray abbia sparso la voce per fare in modo che quello diventasse il mio nuovo soprannome, per risparmiarmi la fama di crudele assassina?
«Beh, direi che li hai convinti, principessa!»
Dopo una serie di battute di Coral che fanno impazzire il pubblico inizia il vero spettacolo.
«Bene, sei pronta per la sorpresa Jaden?»
«Quale sorpresa?»
«Ora guarderemo assieme un bel filmato. La sintesi della prima edizione degli Hunger Games! Emozionata?» mi sorride e il pubblico esplode in un nuovo applauso. Emozionata? Forse dovrei dire disgustata. Spero di avere capito male... nemmeno in un milione di anni potrei essere pronta a rivedere tutti i Tributi, tutti i morti, così a sangue freddo! Ma mi limito ad annuire e a rivolgere lo sguardo verso il mega schermo comparso alle nostre spalle...

Sigillo di Panem. Rivedo un flash di tutte le mietiture, poi un breve tratto di sfilata dei carri, con numerosi zoom su me e Andrew, quindi i punteggi di tutti i Trubuti. C'è una musichetta allegra e solenne ad accompagnare le immagini. La mia nausea aumenta sempre più ad ogni nota. Quei volti sorridenti, spaventati o sicuri appartengono a ragazzi che ora non ci sono più e non so come faccio a rimanere qui seduta ad osservare. Dentro di me vorrei tanto poter urlare e scappare da tutti questi orrori! Ora una visione dell'arena dall'altro, mentre saliamo sulle nostre piattaforme. Un lungo e terribile servizio sul Bagno di Sangue, poi le immagini si alternano fra me che mi costruisco il rifugio, che mi procuro da bere, che incontro Lehanne e Blain, che faccio amicizia... e i Favoriti che sterminano a uno a uno tutti gli altri Tributi, che fanno sesso all'interno della cornucopia, che ridono e scherzano dividendosi le provviste... Poi una scena che non conoscevo: Dora che dichiara il suo amore per Andrew, lui che la respinge, Cara e Gioi che la scacciano dalla loro alleanza... Quindi arriva la parte peggiore. Dora arrabbiata e ferita che cammina verso la cascata, che vede Lea e Blain, che ferisce il mio alleato, che uccide la mia piccola alleata, il duello, la mia entrata in scena, la morte di Dora... Mostrano anche il mio disperato dialogo con Blain, ma poi tagliano la parte in cui poso Lehanne al suo fianco... Quindi un'altra carrellata di immagini di me che preparo il mio accampamento e dei tre Favoriti rimasti che cacciano... Ed ecco la scena di Giorgine scoperta, buttata a terra, salvata dal colpo di cannone per un piccolo Tributo morto congelato... Quindi la piccola che crolla fra le mie braccia... io che mi prendo cura di lei, che scopro che è spacciata, ma che continuo a farle credere che andrà tutto bene... Infine il fuoco, che parte dalla cornucopia e che spinge Cara, Gioi e Andrew verso di noi. Io che uccido le due ragazze, il "corpo a corpo" fra me e Andrew. Io che ribalto la situazione e lo uccido... Il mio sussurro disperato... L'esplosione. "Signore e signori, sono lieto di presentarvi la vincitrice dei primi Hunger Games: Jaden Cartwrite, il Tributo femmina del Distretto 12!".
Un immagine fissa, dal titolo "Salutiamo tutti i Tributi". L'ultimo pugno nel mio stomaco già dolorante. La pugnalata finale ad un cuore già sanguinante. Un minuto di silenzio di tomba.
Sigillo di Panem. Fine del filmato.

Abbasso lo sguardo, tremando come una foglia. Ora capisco come ho fatto a non impazzire durante le 3 ore di sintesi: mi sono graffiata a sangue le mani per cercare di rimanere calma...
Avverto appena l'applauso commosso del pubblico, ma mi accorgo quando aumenta di tono, apparentemente senza motivo, e alzo lo sguardo . Sul palco è comparso il presidente Snow. Alla vista di quella faccia paffuta e chirurgicamente modificata fino al ridicolo mi viene da vomitare, ma modello sul mio viso un sorriso di circostanza e mi alzo per stringergli la mano. Lui nota le mie mani martoriate, ma non dice nulla. Una ragazza alle sue spalle regge un cuscino rosso riccamente decorato in fili d'oro, su cui è posata una corona. Nulla a che vedere con il fine fermaglio che ferma la mia acconciatura. Quella è una pesante corona fatta di centinaia di pietre preziose incastonate l'una nell'altra. Un'opera di oreficeria indescrivibile, che però scade un po' nel pacchiano, come tutto a Capitol City.
Snow la solleva e me la posa sul capo, quindi mi abbraccia. Sono disgustata dal tocco di quell'essere, ma stringo i denti e ricambio l'abbraccio. Le narici mi si riempiono di un odore nauseante che è un bizzarro mix di rose e sangue. Già così mi sento svenire, ma le parole del presidente, bisbigliate di nascosto nel mio orecchio, completano l'opera alla perfezione.
«Non finisce qui fiammella congelata.»
Le ginocchia cedono, la mente si annebbia e crollo a terra svenuta...


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NOTE DI JD:

 

Tredicesimo capitolo aggiornato e non ancora betato. E così iniziano le disavventure di Jaden, condite con una buona dose di dolcezze, ma con un retrogusto amaro. Lo Snow qui descritto, ovviamente, non è lo stesso Coriolanus di cui parla la Collins, bensì il suo omonimo padre, di cui potete vedere la foto nel banner, assieme al già conosciuto presentatore, nonché padre di Caesar. Non c'è altro, perciò vi lascio.
Saluti, pace, amore e palme nane a tutti voi,
JD

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Capitolo 14
*** 013 - tredicesima parte - IL PESO DELLA VERITA' ***


 

 

 

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"..."

(...)


 

CAPITOLO 17.
Mi risveglio nel mio letto, al dodicesimo piano del Centro di Addestramento. Un ragazzo vestito di bianco regge un vassoio con il mio pasto. Mi sollevo e lascio che me lo posi sulle gambe.
«Grazie. Come sono arrivata qui?» nessuna risposta. Forse non mi è permesso saperlo, sto per chiedergli qualcos'altro quando sento una voce terribilmente familiare provenire da un angolo buio della stanza.
«Non può parlare. E' un senza-voce. Un traditore al quale è stata chirurgicamente mozzata la lingua.» il tono è freddo, quasi annoiato. Solo un mostro può parlare di una cosa tanto terribile in questo modo distaccato. E Snow è senza dubbio il mostro più orribile di Panem!
«Spero di non essere stato io a procurarle un tale disagio da farla svenire, ieri sera.» devo pensarci. In effetti le sue parole sono state il colpo di grazia, ma la testa mi girava già dal momento il cui la pedana ha iniziato a sollevarsi... e comunque non gli darei mai questa soddisfazione! Però vorrei davvero capire cosa diavolo voleva dire con quella frase enigmatica.
«Solo un calo di zuccheri. Non ho mangiato molto fra preparazione, trucco, acconciatura e beh... insomma cose da donne.» mi sembra una risposta sufficientemente neutra.
«Certo, immagino. Tutte quelle ore a "prepararsi"...» l'enfasi sull'ultima parola non mi piace per niente.
«Sì, insomma. Non è facile apparire sempre belle e in forma... soprattutto dopo le privazioni dell'arena!» glie la butto li, un po' come battuta, ma lui non abbocca.
«Credo che sia meglio finirla con le prese in giro. So cosa sta combinando e non mi piace.» sinceramente non so a cosa si riferisce, anche se ho un brutto presentimento!
«Se ho fatto qualcosa di sbagliato non ne sono cosciente.»
«Ah no? Beh in questo caso sarò più esplicito. Lei sta intrattenendo una relazione proibita con uno dei miei stilisti.» Ray! Ecco a cosa si riferisce... mi assale l'agghiacciante idea che abbia visto tutto, che ci fossero delle telecamere nascoste nella mia stanza del Centro di Addestramento.
«E' rimasta senza parole, signorina Cartwrite?»
«Mi sembrava che avesse detto di finira con le prese in giro, presidente. - chissà da dove mi esce tanto coraggio? - Non mi viene in mente nulla di utile da dire, per cui eviterò di rifilarle altre scuse. E' d'accordo?»
«Molto appropriato da parte sua. Mi ha risparmiato inutili giri di parole. Quindi, se per lei non è un problema, le chiarirei subito la situazione.» se per me non è un problema? Come se potessi ribellarmi in qualche modo!
«La prego, chiarisca pure.» il mio tono distaccato e al limite dell'ironia mi stupisce e mi spaventa, ma non sembra disturbare il presidente.
«Perfetto. Il problema principale è il seguente: lei è piaciuta molto ai miei amati cittadini di Capitol City e molti di loro desiderano approfondire la sua conoscenza.»
«A quanto ho capito ci sarà il Tour della Vittoria per questo...»
«Mi riferisco ad una conoscenza un po' più... intima. - intima? Sta scherzando spero! - Ma so che lei non sarà mai d'accordo e ho deciso di concederle il lusso di scegliere.» non ci casco dev'esserci qualcosa sotto...
«Scegliere fra diventare la sua prostituta o...?» non credevo davvero che avrei mai avuto il coraggio di rivolgermi in modo tanto duro all'uomo più potente di Panem!
«Non la metta in questi termini. - prosegue in uno snervante tono calmo - Le sto davvero offrendo un'opportunità unica. Lei sa benissimo che potrei obbligarla a fare ciò che voglio, con la forza delle minacce. Dovrebbe ringraziarmi, non disprezzarmi con ogni fibra del suo essere...» e come potrei non disprezzare una persona tanto spregevole? Come può pensare che io possa ringraziarlo, quando per colpa sua ho dovuto uccidere degli innocenti ed assistere ad omicidi brutali? Però forse ha ragione, è da considerarsi un privilegio il fatto che non mi stia minacciando.
«Capisco. Ma quale sarebbe, comunque, la mia scelta?»
«Molto meglio. La sua alternativa è togliersi dalla testa il suo stilista.» ora ho capito davvero dove vuole arrivare. E la scelta è più difficile che mai! Mi sembra di soffocare. Mi ero quasi abituata all'idea di una vita con Ray. Avremmo potuto stare bene, essere felici. Ma la felicità è un lusso che gli abitanti dei distretti non possono permettersi, a quanto pare.
«Non sia così sconvolta. Ha tempo fino alla fine del Tour della Vittoria, per decidere cosa preferisce. La sua libertà o una sciocca storiella d'amore. A mio parere la scelta sarebbe ovvia. Però riconosco che per lei quel ragazzo possa essere stato importante. Resta il fatto che è una storia che, in un modo o nell'altro, deve finire. Preferirei non perdere il mio stilista migliore. - sta per uscire dalla stanza, ma all'ultimo si volta verso di me - Si goda gli ultimi abiti da favola di Ray, perché è probabile che saranno gli ultimi.»
E su questo commento misterioso e sinistro Snow sbatte la porta lasciandomi sola con la mia confusa disperazione...

Ho fatto cadere rumorosamente il vassoio per terra, senza toccare una briciola di cibo e poi ho finto di dormire per tutto il giorno. Sono sicura che nella stanza sono entrati sia Flavia che Ken che Ray. Ho ascoltato i loro discorsi preoccupati. Parlavano di me. In alcuni momenti mi sono irritata al punto da rischiare di saltare fuori dal letto e insultarli. Ma in altri momenti ho sentito di non avere più forza. Nemmeno per aprire gli occhi, altro che saltare.
Nei rari momenti di silenzio ho provato a pensare a come uscire da questa situazione. Ho pensato a tutte le alternative, fra le quali ho infilato anche un'ipotetica fuga, la messa in scena del mio suicidio, un eventuale attentato al presidente e altre follie della mia mente, che ovviamente non potrei mai mettere in pratica!
Però ho pensato anche alle alternative reali, che sono solo due e mi aprono scenari diversissimi.
Posso scegliere Ray. In questo caso lui verrebbe a vivere con me al Villaggio dei Vincitori, al Distretto 12, potremmo diventare una famiglia. Magari avremmo dei figli. Ma dovrebbero subire anche loro la Mietitura e non potrei sopportare di vederli scelti per gli Hunger Games! Però il vero problema sarebbe un altro: io dovrei "approfondire la conoscenza" di alcuni amici del presidente Snow. Dovrei costantemente tradire Ray. Lui potrebbe sopportarlo? Io potrei sopportarlo? No, credo di no... e poi chi mi dice che Snow ce lo lascerebbe fare? La sua frase di chiusura lasciava ben poco all'immaginazione... "è una storia che, in un modo o nell'altro, deve finire"; "perdere il mio stilista migliore"; "probabilmente saranno gli ultimi". Non riesco a togliermi dalla testa la terribile idea che ciò significa che, se scegliessimo di vivere assieme, Snow lo farebbe uccidere!
L'alternativa è rinunciare a lui. Per salvarmi, ma soprattutto per salvarlo. Continuerebbe a fare lo stilista per Capitol City e io tornerei a casa. Ogni anno però saremmo costretti a rivederci, perché io sarò Mentore degli stessi Tributi che lui dovrà vestire... La storia sarebbe finita, come vuole Snow, io sarei libera (se così si può definire una ragazza che non ha il diritto di scegliere chi amare), ma il presidente avrebbe comunque la sua "vendetta" costringendoci a lavorare insieme.
Certo questa è la soluzione più sicura, ma come dirlo a Ray?
Potrei mentirgli, dire che non lo amo, che non voglio stare con lui. Gli farei del male, ma poi sarebbe più semplice per entrambi, non dovremmo fingere... peccato che io non sia capace di mentire, capirebbe subito che c'è qualcosa che non va. E allora dovrei dirgli la verità. Che Snow non approva la nostra relazione e che se decidessimo di disubbidire alle sue regole trasformerebbe, sicuramente, me in una prostituta e, probabilmente, lui in un... cadavere!
E' una cosa talmente inaccettabile che mi spinge a raccogliere le forze residue e sollevarmi. Il silenzio protratto nel tempo mi aveva fatto credere di essere sola, invece, seduto su una poltrona accanto al mio letto, c'è Ken...
«Come ti senti signorina?»
«Non molto bene.»
«Cos'è successo sul palco, ieri sera?» non ho pensato a come parlarne agli altri, ma credo che a Ken si possa dire la verità. Non qui però, non è sicuro. Se il presidente ha saputo della mia storia con Ray, sicuramente può sentire anche questa conversazione e non sono sicura di essere autorizzata a parlare in giro di queste cose...
«Ti va di portarmi al terrazzo sul tetto? Ho bisogno di prendere un po' d'aria.» spero riconosca il sottinteso nella mia frase: aria equivale a vento, vento a rumore. Sul terrazzo possiamo parlare liberamente, senza pericolo di venire ascoltati.
«Certo signorina. Riesci a camminare da sola?»
«Credo di sì...» mi alzo e poso i piedi nudi sul pavimento di marmo freddo. Un brivido gelido mi percorre il corpo e risveglia del tutto il mio cervello. Ora sono lucida davvero, come non lo ero da quando ho ucciso Andrew, nell'arena. E' strano, ma non mi ero accorda del torpore mentale che mi aveva colpita, finché non è terminato, finché la nebbia non si è diradata...

«Ora puoi dirmi cosa diavolo sta succedendo?» arrivati sul terrazzo, ci siamo appoggiati al parapetto (il punto dove il vento fischia con più intensità) e Ken non ha pensato a giri di parole. Dritto al punto. Meglio così.
«Il presidente Snow ha scoperto la relazione fra me e Ray.» uso la stessa strategia: non gli addolcisco la pillola... tanto è talmente amara che non basterebbero chili di miele!
«Relazione? Dimmi che stai scherzando!»
«Purtroppo no, Ken. All'inizio, prima degli Hunger Games, non pensavo che fosse una cosa seria... in fondo credevo che sarei morta! E' stato quasi un capriccio... più suo che mio, forse. Ma poi, quando sono tornata...»
«Ok, ho capito. Risparmiami i particolari... Avete combinato un bel casino, lasciatelo dire! Posso capire la tua posizione, ma non Ray. Lui dovrebbe saperlo che le relazioni fra Capitolini e abitanti dei distretti sono vietate.»
«Non pensavo che fosse vietato, giuro! Anzi non ho pensato affatto...»
«Capisco, ma mi dicevi che il presidente vi ha scoperti... cosa ha intenzione di fare? Sono molto preoccupato!» gli racconto tutto, dalla frase di Snow all'intervista alla sua apparizione in camera mia, fino alle sue ultime, criptiche, frasi. E dopo mi sembra come se un peso si fosse dissolto dalle mie spalle, dal mio stomaco. Condividere con Ken i miei dubbi, i miei pensieri, le mie idee... è stato liberatorio come... come confessare ad un genitore di aver fatto una sciocchezza. E so che ora lui mi aiuterà, in qualche modo...


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NOTE DI JD:

 

Quattordicesimo capitolo aggiornato, ma non betato. Scrivere questa storia sta diventando sempre più complesso e spero davvero di non star facendo un pessimo lavoro! Qui vediamo un senza-voce e un bel po' di paranoie... e basta. Sono attualmente senza parole, anche perché migliorare la grafica si sta rivelando più pesante del previsto e non vedo davvero l'ora di finire... perciò mi limito a salutarvi e a proseguire col lavoro ^^
Saluti, pace, amore e palme nane a tutti voi,
JD

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Capitolo 15
*** 014 - quattordicesima parte: IL RITORNO ***


 

 

 

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"It's time to forget about the past
To wash away what happened last
Hide behind an empty face
Don't ask too much, just say
'Cause this is just a game."

(A Beautiful Lie - 30 Seconds To Mars)


 

CAPITOLO 18.
La mattina presto sono stata "rapita" da Flavia, che mi ha fatto infilare il primo vestito comparso sullo schermino dell'armadio e mi ha trascinata fuori dal Centro di Addestramento. Mi ha quindi spinta in una macchina molto lunga, che ci ha portate alla stazione. Scesa dall'auto (limousine, così l'ha chiamata) ho vomitato. Soffro la macchina, ormai è chiaro.
Ora sono in treno, seduta su un alto sgabello della carrozza bar. Siamo quasi arrivate al Distretto 12 e il mio cuore sembra voler esplodere. La verità è che non sono pronta per tornare a casa. Ho paura di come le persone reagiranno alla vista di ciò che sono diventata. Ho soprattutto il terrore folle di non venire accettata. Sono sicura che molti mi odieranno per le cose che ho fatto nell'arena e non so come affrontare la cosa, come presentarmi alla mia famiglia, a Mark, ai parenti di Andrew. Ogni volta che la mia mente si sofferma su tutte queste cose inizia a girarmi la testa e rischio di svenire.
Aggiungiamo pure il fatto che non ho dormito molto in queste ultime notti ( appena chiudo gli occhi mi compare davanti l'arena) e che non mangio da due giorni, ho lo stomaco chiuso, sotto sopra, e l'unica cosa che non rigetto è il caffé nero senza zucchero.
Ora dovreste avere un quadro piuttosto chiaro dello stato in cui sono. Profonde occhiaie mi cerchiano gli occhi, che ormai sono di un verde spento, mancano della luce di un tempo. Le mie costole hanno ripreso sporgere leggermente e il mio viso è scavato. In compenso ho la pelle e i capelli più luminosi che mai, a causa dei numerosi interventi avvenuti su di me dal mio rientro dall'arena! L'effetto complessivo mi disgusta. Non mi riconosco più...

Il treno inizia a rallentare. Il panico si impossessa di ogni centimetro del mio corpo.
Ci fermiamo, dal finestrino intravedo le pareti grigie e scrostate della stazione del Distretto 12.
Flavia arriva di corsa dalla carrozza affianco e mi urla che è ora di uscire. Ha le lacrime agli occhi ed è euforica.
«Non sei emozionatissima Jaden? Stai per rivedere la tua famiglia! Ricordati che io sono molto fiera di essere stata la tua accompagnatrice e non vedo l'ora che inizi il Tour della Vittoria per tornare da te e accompagnarti ancora.» mi sorride e per un istante dimentico che la odio. Mi è stata vicina durante tutto il viaggio di ritorno, cercando di convincermi a mangiare, aiutandomi a vestirmi, riempiendomi di attenzioni. Eppure io l'ho respinta duramente. A quel punto lei, anziché scomporsi o arrabbiarsi, si è limitata a lasciarmi sola. Ha capito. La cosa mi ha stupita molto, non mi aspettavo tanta sensibilità da una sciocca abitante di Capitol City. Eppure c'è del buono anche in lei, così come in Ken e Ray... sono stata fortunata ad avere loro al mio fianco! Anche se ora sono comunque distrutta.
«Ascolta - il suo tono di voce si abbassa, perde un po' di quell'accento fastidioso, diventa quasi materna - so che è stato difficile per te, ma devi essere forte. Vedrai che già il fatto di tornare a casa ti aiuterà un po'. Stai vicino alla tua famiglia, evita di esporti troppo. Sono sicura che gli abitanti del tuo distretto capiranno, alla fine... non è stata colpa tua, l'hai fatto per sopravvivere!» non avrei mai immaginato che Flavia Monroe potesse dire certe cose! Ero convinta che lei fosse una stupida senza cervello felice di partecipare alla macchina di morte degli Hunger Games. Invece a quanto pare la sua è tutta una facciata. Se è vero recita molto meglio di Ken. Lui si capisce lontano un miglio che non si diverte, mentre ero sicura che sotto i riccioli verde acqua di Flavia ci fosse solo una testa vuota...

Sono davanti alle porte scorrevoli del vagone centrale del treno, nella carrozza ingresso. Quando si aprono il mio cuore perde un colpo. La stazione è gremita di gente che appena mi vede inizia a gridare il mio nome! Riconosco i loro visi. Alcuni sono a mala pena conoscenti, persone che ho incontrato al mercato, a scuola o nelle botteghe. Altri invece li conosco bene, compagni di classe, amici, parenti... c'è perfino Mark, che mi sorride, un po' imbarazzato. Ma non è lui che voglio, in questo momento... appena riconosco la mia famiglia salto giù dal treno e gli corro incontro. La prima che abbraccio è la mamma. Solo ora capisco davvero quanto mi è mancata! Mi sembra che sia passata una vita dall'ultima volta che ho sentito le sue braccia attorno a me. Ha le lacrime agli occhi ed è sinceramente felice di vedermi. Tutti lo sono: non me aspettavo, ma a quanto pare non mi odiano...
Mi sciolgo dall'abbraccio con mia madre e stringo forte Thomas e Jenny. Sento il bisogno di urlare. Sono felice, per la prima volta dopo un tempo che non riesco nemmeno a quantificare! La mia famiglia mi ama, il mio distretto mi accetta, addirittura mi acclama... è più di quello che mi merito. L'unico neo in questo quadretto di gioia sono le telecamere di Capitol City, puntate perennemente su di me! Non vorranno seguirmi anche in casa spero? Jenny richiama la mia attenzione.
«Ora possiamo tornare a casa?» Casa. Un momento, forse loro non lo sanno ancora!
«Le avete fatte le valigie?» dico sorridendo.
«Le valigie? E come mai?» chiede la mamma preoccupata.
«Perché abbiamo una casa nuova! Siamo ricchi adesso...» ad essere sincera non ho nessuna voglia di lasciare la mia vecchia casa, ma sono sinceramente felice perché so che villa e denaro saranno un enorme vantaggio per la mia famiglia. Soprattutto per mia madre, che potrà smettere di ammazzarsi di lavoro!
«Dici sul serio?» ora è Thomas a parlare. I suoi occhi brillano di felicità, anche se non credo che sia solo per il fatto che siamo ricchi. Io e lui abbiamo sempre avuto un rapporto particolare, ci amiamo in un modo tutto nostro e il distacco prolungato deve avergli fatto male ancora più che a me!
«Ti ho mai mentito, fratellino?» ridiamo tutti e quattro. Certo loro non sanno ancora che i problemi non sono affatto finiti, ma voglio godermi quella poca, autentica felicità che mi rimane, prima del Tour...

CAPITOLO 17.
Nelle settimane successive ci installiamo al Villaggio dei Vincitori e scopriamo la vita da ricchi.
Delle 12 villette che circondano la piazza, solo la nostra è abitata e ci sentiamo isolati e soli, ma ammetto che è bello avere una casa solida e calda. E' a due piani, con un ampio ingresso accogliente, salone, cucina, ufficio e un bagno al primo piano, 4 camere da letto, due bagni e terrazzino al secondo. Non sappiamo cosa farcene di 3 bagni, per non parlare dell'ufficio, ma grazie alla grande cucina la mamma ha ritrovato il piacere di cucinare. C'è da dire che 4 camere per noi sono fin troppe: una la occupa la mamma, un'altra la occupavamo io Jenny e Thomas assieme, perché non volevamo separarci. Solo che io mi sveglio tutte le notti urlando. Incubi. Quindi ho deciso di stare in una camera da sola, per non disturbare. Thomas non era d'accordo, ma dopo una lunga discussione ha capito che è meglio così.
La nuova vita è particolarmente monotona. E' ancora estate per cui non c'è scuola; e non dobbiamo più procurare cibo catturando e raccogliendo. Quindi, nelle ore più calde ce ne stiamo in salotto a giocare a scacchi o a leggere (la sorpresa più grande è stata trovare una libreria piena di libri di ogni genere!) e, quando possiamo, passeggiamo per la piazza solitaria del Villaggio dei Vincitori o andiamo in centro a fare piccoli acquisti in tutti i negozi. Per arricchire un po' anche la gente del distretto. Anche la mamma si annoia: non fa più mille lavori, ora si concentra solo sulla cura dei malati. Però (per fortuna) non ci sono tutti i giorni malati. Passa quindi le sue giornate a pulire la grande villetta, che ormai risplende ed è linda al punto che si potrebbe mangiare direttamente sul pavimento.

E' una mattina come tante. Mi sveglio come al solito in un bagno di sudore e in preda al panico, convinta di essere ancora nell'arena. Quando finalmente capisco che, in realtà, mi trovo fra le candide lenzuola del mio grande letto inizio a rilassare i nervi. Mi alzo e mi dirigo in un bagno a caso. Scopro che è quello con la doccia, lascio a terra il pigiama e mi ci butto dentro aprendo il getto dell'acqua fredda. Lentamente recupero il controllo di me stessa. Finiranno mai, gli incubi? Temo proprio di no... Finisco di lavarmi e vestirmi, quindi scendo in cucina.
«Jaden, come mai sei già in piedi?» senti chi parla! La mamma è già sveglia, come al solito. Non riesce proprio ad abituarsi all'idea di dormire un po' di più... evidentemente le somiglio più di quello che credo.
«Ho fatto un brutto sogno...» cerco di usare un tono neutro, ma le immagini sono ancora vive nella mia mente, quindi in risultato non è quello che speravo.
«Forse dovrei farti una tisana rilassante prima di dormire... potrebbe migliorare i tuoi sogni, tesoro.»
«Si può provare, ma ho paura che non passeranno mai questi maledetti incubi.» come al solito alla fine la mia facciata forte crolla e la verità emerge, incontrollabile.
«Passerà, ne sono sicura. Domani inizia la scuola e concentrandoti sugli impegni quotidiani supererai meglio... tutto.» non riesce mai a parlare dei giochi. Forse ha paura di farmi del male a nominarli... ma una cosa nella sua frase mi ha colpita: domani inizia la scuola. Ho perso completamente la nozione del tempo. Quindi è già metà settembre? Mi sembra impossibile che siano passati due mesi e mezzo dalla fine degli Hunger Games! L'estate mi è scivolata via dalle mani e di questo passo dicembre arriverà troppo presto. Non sono ancora pronta per lasciare la mia famiglia, per il Tour della Vittoria... e poi c'è ancora una cosa che voglio fare assolutamente, prima di partire. Ho continuato a rimandare, perché ho tanta paura, ma ora devo proprio farmi coraggio e andare al negozio di dolci. I Donner si meritano un po' più di rispetto da parte mia e porgergli le mie più sincere condoglianze è l'unico modo che mi è venuto in mente per dimostrare loro quanto sono dispiaciuta! Non c'erano in stazione al mio arrivo e non li ho mai incontrati in piazza. La verità è che cerco di evitarli in tutti i modi. Sono una vigliacca, lo so. Però ho deciso: oggi andrò a trovare la signora Donner e suo figlio.

Ho detto a Jenny e Thomas che avevo bisogno di stare un po' da sola. Per fortuna non mi hanno fatto domande e sono rimasti a giocare nella piazzetta del Villaggio dei Vincitori. Io, invece, ho attraversato il boschetto che ci separa dal centro del Distretto 12, diretta alla piazza. Mi sono portata anche un sacchetto di monete, per il consueto giro dei negozi. Lascerò per ultimo quello dei Donner, ma sta volta non ho nessuna intenzione di saltarlo.
Il giro dura troppo poco e in meno di tre ore mi ritrovo immobile, di fronte alla mia ultima tappa della giornata. La tasca pesa molto meno, ma in compenso ora è lo stomaco ad appesantirmi. E' come se avessi mangiato piombo... Faccio un respiro profondo e apro la porta. Un campanello tintinna sopra la mia testa, facendomi sobbalzare. Il profumo di decine di tipi di caramelle mi investe, procurandomi quasi un ondata di nausea. Dietro il bancone non c'è nessuno, ma intravedo una luce traballante, accesa dietro ad una porta accostata. Aspettando che qualcuno la attraversi, le volto le spalle e mi concentro sugli scaffali, carichi di vaschette che traboccano di dolciumi. Solo pochissime famiglie, al Distretto 12, possono permettersi le caramelle. Una di queste è quella del sindaco. E ora anche la mia famiglia si è aggiunta all'elenco. Ma immagino che il grosso degli affari li facciano con le spedizioni a Capitol City. Dubito fortemente che ricevano ordini da altri distretti, nessuno è così ricco da potersi permettere le spese di trasporto, oltre a quelle della merce in se. Forse la mancanza di caramelle è l'ultimo dei problemi, nei distretti, ma non riesco a togliermi dalla testa il pensiero che, comunque, anche questa è una privazione...
Sono ancora sovrappensiero, quando una voce femminile mi riporta bruscamente alla realtà.
«Immaginavo che saresti venuta. Credevo che l'avresti fatto prima, ma meglio tardi che mai, giusto?» è la paffuta signora Donner. Lo so prima ancora di voltarmi, perché la sua voce è marchiata a fuoco nella mia memoria. Molte volte ci ha scacciati in malo modo dalla sua vetrina e dal banchetto al mercato... ha sempre avuto una voce profonda e rozza, quasi maschile, di gola. Mai avrei immaginato di sentirla con un tono così spento e sofferente. E soprattutto, nonostante le umiliazioni subite a causa sua, mai avrei voluto essere io la causa del dolore che la rende così.
«Salve, signora Donner. - ho un filo di voce e parlo a scatti, il cuore mi batte a mille, ho tanta paura - spero di non disturbare. Mi dispiace molto di aver aspettato così tanto. Ammetto che avevo paura... che anche adesso ho paura.» sono fin troppo sincera, avrei voluto apparire forte e decisa, fargli le condoglianze, comprare qualcosa e andarmene, ma sono trasparente, come al solito. Non mi smentisco mai.
«Non devi avere paura, credimi. Non di me, comunque. Non sono mai stata gentile con te, lo so, ma Jaden, io non te ne faccio una colpa. Quello che hai fatto è stato solo cercare di sopravvivere. Non mi devi nulla, tantomeno le tue scuse.»
«Quindi lei mi capisce? Lo sa che non avrei mai voluto... - non riesco a dirlo, mi salgono le lacrime agli occhi, ma devo essere forte  - non volevo uccidere Andrew!» si sono rotti gli argini, il fiume è in piena. Non riesco più a trattenere le lacrime, adesso.
«Smettila di piangere. Andrew è stato uno stupido. Meritavi molto più di lui di tornare. Mentre tu cercavi di nasconderti, di salvere i tuoi alleati e quella povera ragazzina moribonda... lui faceva sesso e uccideva ragazzi innocenti. Ho capito di avere sbagliato tutto, con lui, nel momento in cui ti ha aggredita. Al tuo posto avrei fatto lo stesso...» la sua voce è dura, ma incrinata dall'angoscia. La sua espressione è neutra, quasi fredda, ma negli occhi le si legge un dolore insopportabile. Capisco subito che pensa davvero quel che mi ha detto, che si da veramente la colpa per ciò che è successo. Il mio dolore, paragonato al suo mi sembra quasi ridicolo! Vorrei abbracciarla, per provare a consolarla, dirle qualcosa, per farla stare meglio... provo ad avvicinarmi a lei, ma ricevo un brusco rifiuto.
«E' meglio se ora te ne vai. Voglio rimanere da sola col mio dolore. Non mi devi niente.» non le devo niente. Eppure so che almeno una cosa devo restituirgliela. Anche se è solo un gesto simbolico.
«Forse ha ragione, ma dovevo questi a suo figlio.» afferro delle monete dal sacchetto e le poso sul bancone, prima di andarmene dal negozio di dolci. Sono quelle che servono a pagare un lecca lecca...
Adesso siamo pari.


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NOTE DI JD:

 

Quindicesimo capitolo aggiornato, non ancora betato. Sono abbastanza orgogliosa di questo capitolo... diciamo che assieme alle sequenze dell'arena è fra i miei preferiti, ma non ancora eccellente uu Comunque ho quasi finito con questa storia della revisione, per cui non mi dilungherò troppo... Avete visto la foto della signora Donner e spero vi sia piaciuto il gesto simbolico di Jaden. Spero anche che abbia emozionato voi almeno quanto me! Grazie a tutti coloro che leggeranno.
Saluti, pace, amore e palme nane a tutti voi,
JD

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Capitolo 16
*** 015 - quindicesima parte: PREPARATIVI, PREOCCUPAZIONI ***


 

 

 

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"Let's start over,
we'll try to do to it right this time around.
It's not over,
cause a part of me is dead and in the ground.
This love is killin me... "

(Chris Daughtry - It's Not Over )


 

CAPITOLO 19.
Mezzogiorno di metà dicembre. L'ultimo pasto civile, in casa mia, con la mia famiglia. Fra poco la parvenza di vita normale che ho ritrovato dopo gli Hunger Games verrà spazzata via dall'arrivo di telecamere, giornalisti, preparatori e compagnia bella. Ci saranno anche Flavia, Ken e... Ray. E questa sarà la mia ultima opportunità per mettere a posto le cose. E poi c'è un'altra cosa che devo sistemare.
Non ho più visto Mark, da quel giorno alla stazione, quando sono tornata. Credo che mi stia evitando... o forse sono io che cerco di evitare lui, inconsciamente. Ora però ho bisogno di chiarire anche con lui, così ho fatto in modo di farlo inserire nella lista di persone che saranno presenti alla mia partenza.
A tavola sono distratta e nervosa, non parlo, mi muovo a scatti, rovescio perfino la brocca dell'acqua... Alla fine la mamma, esasperata, mi porta via il piatto e mi trascina in bagno, dove riempie la vasca di acqua calda e olii rilassanti.
«Cosa ti sta succedendo Jaden? Credevo fossi più serena, da quando sei tornata. Eppure è qualche giorno che sei elettrica: fai cadere le cose, scatti al minimo rumore, la notte non dormi... è a causa di questo Tour? Oppure... c'è qualcosa che non ci hai detto, vero?» è proprio vero che le mamme sono uniche nel loro genere. Solo loro sanno leggerci dentro. E' vero che il mio radicale cambiamento degli ultimi giorni, è stato piuttosto evidente, ma lei è l'unica che ha capito che non è solo il Tour in se il problema. Credo sia arrivato il momento di renderla partecipe dei miei problemi. Non posso continuare a chiuderla fuori dal mio mondo fatto di incubi e paure. Forse sarà più piacevole di quello che penso, confidarmi con lei...
«Mamma, sono nei guai. Ora non agitarti, ascoltami fino alla fine.» la vasca è pronta e lei mi aiuta ad entrarci, poi si accuccia vicino al bordo con un'espressione preoccupata che altera i lineamenti del suo viso delicato. Io provo a rilassarmi, stendo le membra, faccio un respiro profondo e inizio a raccontarle tutto. Comincio dalla mia pseuso storia con Ray, il bellissimo stilista che mi ha vestita agli Hunger Games. Non tralascio neppure il fatto che, all'inizio, mi sono lasciata andare con lui solo perché ero convinta che sarei morta. E le racconto pure della mia prima volta, con un po' di imbarazzo, ma in modo più spontaneo di quel che si potrebbe pensare. Poi passo alla visita di Snow, alla scelta che mi ha obbligato a compiere. E termino con le confidenze con Ken, aggiungendo che è stato come un padre, in quei giorni terribili. Le dico proprio tutto. Lei ascolta sempre più preoccupata, ma non mi interrompe mai. E anche quando smetto di parlare e mi abbandono quasi galleggiando sul pelo dell'acqua, si limita a guardarmi negli occhi, senza fiatare. Ha un'espressione indecifrabile. Non saprei davvero dire se sia più severa o triste, arrabbiata o preoccupata. E' una tipica espressione da mamma, ma siccome questa è la prima volta che parliamo di certe cose, e visto il contesto in cui ne stiamo parlando, non so davvero come possa reagire.
Passa qualche minuto, poi si alza, posa un asciugamano vicino alla vasca da bagno e si dirige verso la porta.
«Sono preoccupata Jaden, ma anche delusa. Se hai seriamente dei dubbi su quale sia la scelta migliore, significa che non sei davvero adulta come credi. Come credevo. Come credono tutti.» detto questo esce dal bagno, lasciandomi sola con un vuoto indescrivibile nella testa. In qualche modo so che la sua delusione è in realtà paura e questo mi spaventa. Eppure, stranamente è proprio il suo commento, che suona quasi come un severo rimprovero, ma che non lo è, a fare chiarezza nel labirinto di dubbi del mio cervello. Non so se sia stato il semplice fatto di parlarne con lei o proprio la sua accusa nei miei confronti di essere una bambina, ma ora so cosa fare. So che l'amore è qualcosa di importante. So che la vita è ancora più importante. Devo viverla senza badare alle imposizioni, senza voltarmi indietro, senza pentimenti, senza pensare a ciò che vogliono gli altri. Nemmeno quelli che amo. O credo di amare...

Sono appena uscita dalla vasca e mi sto asciugando, quando senza preavviso e senza chiedere permesso, entrano tre individui ridicoli carichi di valigette di tutti i colori. Sono il mio staff di preparatori, sì, sempre loro, Rose, Tod e Max, che come al solito hanno un aspetto assurdo e non rispettano la mia privacy. Sono già presi dai loro discorsi frivoli e l'unico ad interrompersi per salutarmi è Max. Rose invece si limita a togliermi di mano l'asciugamano e prendere il materiale per le torture: il kit da depilazione. Intanto Tod sta aprendo le sue valigie di prodotti per capelli e sta selezionando le creme e le spazzole più adatte a domare la mia chioma liscia, ma piena di nodi. So bene che è stato stupido da parte mia non curarmi troppo, in tutti questi mesi, per cui ora non dovrei lamentarmi per il dolore. Ma non sarei proprio riuscita a presentarmi al mercato o a scuola tutta luccicante e curata, mentre il resto del distretto non può permettersi nemmeno l'acqua corrente calda!
Dopo ore di torture fisiche e psicologiche finalmente sono pronta. Max mi porge un accappatoio tiepido e mi accompagna in camera mia.
Quando entro rimango per un attimo senza fiato: una ventina di abiti meravigliosi, di tutti i colori, tessuti e generi sono appesi su altrettanti manichini. Questa è senza ombra di dubbio opera di Ray, però lui non c'è. In compenso Ken mi sta aspettando a braccia aperte, dando le spalle a tutte quelle meravigliose opere d'arte. L'ho sentito spesso, visto che ora abbiamo un telefono. Mi ha aiutato a scegliere il mio talento, la cosa che tutti i vincitori devono presentare come propria abilità. Non è stato molto difficile, perché a quanto pare sono molto brava a dipingere...
Per tutta l'estate ho disegnato ritratti. Ritratti dei Tributi morti. Quando li ho inviati a Ken, però, lui mi ha rimproverata severamente, perché ha detto che il presidente mi farebbe uccidere se li presentassi al pubblico. Non ne capisco il motivo, comunque mi sono messa d'impegno e ne ho fatti altri, sta volta però della mia famiglia, di alcuni abitanti del distretto e anche di Flavia e Ken... Ne avevo fatto anche uno molto bello di Ray, ma Ken non vuole che lo presenti. Tutte queste imposizioni mi fanno impazzire, ma se tengo alla mia vita devo fare ciò che mi dice. Mi fido ciecamente di lui.
«Ciao signorina. Come stai?»
«Male. Mi hanno torturata e ora la pelle mi pizzica. - scherzo con lui, fingendo un'espressione seria e imbronciata che non mi si addice, per poi sorridergli - però sono felice di vederti!» lo abbraccio e mi sento di nuovo come se fosse tornato mio padre. Nessuno sarà mai meraviglioso come lui, ovviamente, ma Ken è davvero molto dolce e paterno con me.
«Anche io sono contento, ma ora devi vestirti che tra pochi minuti arriveranno i giornalisti per la presentazione dei tuoi quadri! - poi abbassa la voce - ho convinto Ray a non venire, per ora. Ci aspetta sul treno, così potrete chiarirvi in pace, lontano dalle telecamere e senza il rischio che si lasci andare in effusioni fraintendibili. Meno persone sanno della vostra relazione, meglio è.» capisco perfettamente e lo ringrazio con lo sguardo. Sapevo che mi avrebbe aiutata e ringrazio il cielo di essermi confidata con lui, ma per un attimo ho paura di aver commesso un errore a confidarmi anche con mia madre...
Mi lascia sola con Max, che mi fa indossare una semplice tuta bianca, con ricami a ghirigori astratti, neri e un paio di quelle scarpe basse che adoro, sempre nere. Max mi dice che si chiamano "ballerine", perché hanno la stessa forma delle scarpette da ballo. Tutto sommato lui è davvero simpatico e gentile e sono contenta che ad assistermi ci sia lui e non tutto lo staff di preparatori. Alla partenza mi farà indossare anche un cappotto nero lungo fino ai piedi, molto caldo, un paio di guantini di lana bianchi e una spece di cuffietta abbinata, che lui chiama "basco". In questo periodo da noi è inverno e le temperature scendono spesso sotto 0, per cui sono felice di essere ben coperta. Infine, il trucco che mi applica è molto leggero, ma grafico, per intonarsi ai disegni della tuta.

Quando scendo, nel salone è già tutto pronto per la presentazione. I miei quadri sono esposti a semicerchio su alcuni cavalletti, davanti alle telecamere e al centro c'è Coral Flickerman, il famoso presentatore degli Hunger Games, che aspetta solo me.
Le ore successive passano lente e noiose, fra falsi sorrisi e spiegazioni insensate sui ritratti che ho fatto durante l'estate. Coral è molto gentile ed è bravissimo a indirizzarmi nella presentazione. Quando finiamo è ormai ora di cena. Qualcuno mi mette in mano un panino imbottito e un bicchiere di succo, poi la casa si svuota. Sono andati tutti a posizionarsi alla stazione, ad aspettarmi per la partenza.
Resta una sola cosa da fare, prima: i saluti ai miei cari.
La mamma e i miei fratelli potranno accompagnarmi alla stazione, mentre le altre persone che desidero salutare sono state segnate su una lista, che credo sia stata approvata da Snow in persona... In quella lista ho fatto mettere Mark e ho intenzione di chiarire con lui, finalmente.
Arrivano per primi alcuni negozianti, che sono affezionati a me perché sono anni che faccio compere da loro. Poi qualche compagno di classe, persone che io ritengo false a dichiararsi così tranquillamente mie amiche, quando mi hanno a mala pena rivolto la parola, prima degli Hunger Games. L'unico compagno di scuola che potevo considerare mio amico è morto. E sono stata io ad ucciderlo. E non riesco ancora a pensarci lucidamente...
Alla fine arriva il mio vero amico, Mark, e l'atmosfera diventa subito tesa. Non voglio parlargli li, davanti a tutti, per cui gli propongo di visitare la mia nuova casa, lui accetta e entriamo, finalmente da soli.
«Lo sai che non mi importa niente della tua casa, vero?» mi dice freddo, ma anche ironico.
«Se è per questo non importa gran che nemmeno me di questo posto. Volevo solo rimanere da sola con te...»
«Ma se mi hai evitato per mesi! Riconosco un rifiuto, quando è così palese.»
«Rifiuto? Quale rifiuto, io non ho rifiutato proprio niente.»
«Strano mi era parso che non ti importasse proprio nulla di me...»
«Non fare lo stupido Mark, lo sai benissimo come stanno le cose! Gli Hunger Games sono un incubo che non finisce mai e avevo paura. Paura che ti succedesse qualcosa di male, paura di morire, paura di... tutto. E se possibile adesso ho ancora più paura.»
«Perché mai dovresti avere paura, adesso? Sei libera, no? Hai vinto, sei diventata ricca e famosa e tutti ti amano! Perfino qui al distretto la gente fa la fila per salutarti, per dire di essere tua amica... non hai più bisogno di me, forse.»
«Io avrò sempre bisogno di te. Anche se ammetto che durante gli Hunger Games ho tagliato fuori tutte le persone a cui voglio bene, perché pensavo solo alla mia sopravvivenza... Ma è colpa del meccanismo di quei giochi infernali! E sono giochi che non finiscono mai, Mark, per questo ho paura. Il presidente Snow in persona minaccia...» mi blocco di colpo, terrorizzata dalle mie stesse parole. Non devo rivelare a nessun altro queste cose, Ken è stato chiaro in proposito: quelli che sanno sono in pericolo e complicano le cose! E poi non riuscirei mai a dirgli di Ray... ormai è chiaro che non è più il mio migliore amico, quello a cui confidavo ogni cosa. Adesso Mark è qualcosa che ancora non comprendo, a metà fra un amico e un innamorato, ma in fondo nè l'una nè l'altra cosa.
«Cosa, che minaccia? Avanti Jaden parla!»
«Non posso Mark, è una cosa più grande di me, che non controllo... devi fidarti e basta, se ti dico che ti voglio bene e non voglio rovinare quello che c'è, o c'era, fra noi.»
«Come posso fidarmi di te se non mi dici tutta la verità?»
«Dovrai trovare un modo...»
«La fai facile tu! E se fossi io a non volere avere più niente a che fare con te?» ahi. Questo fa male. Non avevo considerato questa possibilità e solo ora mi accorgo che è una possibilità reale e anche molto dolorosa. Sento gli angoli degli occhi pizzicare e ingoio un nodo enorme che mi si sta formando in gola. L'ultima cosa che mi serve ora è piangere... sto pensando a qualcosa da dire, ma non ho più parole, non ho più fiato in realtà. Abbasso la testa e mi fisso le scarpe, a disagio.
«Scusa, non volevo dire questo... è solo che mi sono sentito abbandonato, ecco. Volevo davvero un futuro per noi... ci credevo. Non scherzavo quando ho detto che ti amavo.»
«Mi amavi? Quindi ora hai cambiato idea...» alzo lo sguordo e lo fisso negli occhi, quei bellissimi occhi che sono verdi, ma non come quelli di Ray... sono più sbiaditi, di un verde chiaro come quello dell'erba appena tagliata. Come quello dei miei stessi occhi...
«Non potrei mai cambiare idea Jaden. Tu eri, sei e sarai sempre il mio amore...» ora è lui a piangere e questa è una cosa che non avrei mai pensato di vedere. Mark Abernathy che piange è una visione indescrivibilmente atipica. Mi perdo un istante in quello spettacolo ed è già troppo tardi: mi afferra le spalle e mi avvicina a se, posando le sue labbra sulle mie. Sanno di sale, ma per il resto sono le stesse labbra che ho baciato prima dei giochi, le ricordo come se fosse ieri. Ora ricordo come mai in quel momento mi sembrava una cosa così giusta: è semplice, siamo come le due metà di una mela. Ci compensiamo e combaciamo perfettamente l'uno con l'altra.
E' questo il colpo di grazia. O la goccia che fa traboccare il vaso. E' questa la cosa che mette definitivamente chiarezza nella mia testa.
Ora so davvero cosa devo fare...


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NOTE DI JD:

 

Sedicesimo capitolo aggiornato e non betato, ma soprattutto ultimo capitolo che necessita di revisione! Finalmente sono arrivata in fondo, non ci posso credere. Su questo capitolo ho poco o nulla da dire, se non che prego affinché Jaden non passi per una zoccoletta xD la verità è che è un'adolescente confusa e in preda agli ormoni, una cosa che mi pare abbastanza realistica anche in un contesto distopico, ma giudicherete voi. Sono ancora indecisa se concludere la Fanfic con un capitolo di epilogo in cui spiego a scene le fasi successive o se rimanere ancora una vita dietro al progetto originale, rischiando di non finire mai... propendo più per la prima ipotesi, ma vedremo... nel caso fatemi sapere cosa preferireste voi ^^
Saluti, pace, amore e palme nane a tutti voi,
JD

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