Living in Hyrule

di Zelda_Shooter
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The Discover ***
Capitolo 2: *** The Arriving ***
Capitolo 3: *** The Meeting ***
Capitolo 4: *** The Exploration ***
Capitolo 5: *** The Unveiling ***
Capitolo 6: *** The Problem ***
Capitolo 7: *** The Fault ***
Capitolo 8: *** The Door ***
Capitolo 9: *** The Excursion ***
Capitolo 10: *** The Healing ***
Capitolo 11: *** The Attack ***
Capitolo 12: *** The Fury ***
Capitolo 13: *** The Liberation ***
Capitolo 14: *** The Labyrinth ***
Capitolo 15: *** The Escape ***
Capitolo 16: *** The Affair ***
Capitolo 17: *** The Help ***
Capitolo 18: *** The Confrontation ***
Capitolo 19: *** The Grip ***
Capitolo 20: *** The Confession ***



Capitolo 1
*** The Discover ***


1

E così domani la scuola finisce.
Vorrei riuscire a raccontare una storia che parta dal principio, in cui un nuovo anno inizia e in cui io stia qui a descrivere tutto ciò che faccio appena sveglia, tra cui la mia colazione, cosa indosserò e le fantastiche persone che sto per incontrare.
Invece domani sarà tutto finito, e il mondo si ricolorerà al dolce arrivo delle vacanze estive.
Gli ultimi giorni sono sempre i più tranquilli, poiché sia alunni che professori sono troppo stanchi per fare qualsiasi cosa. Vedi gli ultimi disperati che studiano per riparare l’ultimo giorno dei debiti irrecuperabili, o chi, come me, ha già chiuso da una settimana il libro “Scuola” e lo riaprirà solo a settembre inoltrato.
Ah già, l’esame.
Onestamente parlando, è davvero l’ultima delle mie preoccupazioni. Mi tocca molto di più il dover decidere che studi superiori intraprendere subito dopo. Giuro di non essere in alto mare, è solo che oggi mi sono detta: «Ci penserò domani».
Per la trentottesima volta.
Ti volti a sinistra e senti le professoresse di scienze e matematica urlarti: «Daisy! Sei brava nelle materie matematiche, fai il liceo scientifico!»
Sei pronta a riflettere sul consiglio appena ricevuto, quando ti volti a destra e la professoressa di italiano sta gridando: «Daisy! Sei brava nelle materie umanistiche, fai il classico!»
Mi è stato persino proposto il liceo Linguistico-Psico-Sociale, il cui nome, da solo, riesce a mandarmi in crisi.
Comunque sembrano tutti concordare nel dirmi che sono abbastanza intelligente da poter decidere qualsiasi strada io voglia.
Fatto sta, che per quanto possa essere intelligente, ora sono qui ad andare avanti e indietro con la bici come una ragazzina. La mia mente girovaga nel fantastico mondo delle pippe mentali, mentre il mio corpo si è bloccato nell’azione del pedalare infinitamente.
In realtà potrei semplicemente starmene un po’ tranquilla, e concentrarmi di più su cosa potrei fare quest’estate, prima di incastrarmi definitivamente nel mondo delle superiori per altri cinque anni.
Potrei esercitarmi a disegnare, svuotare finalmente quell’armadio che non apro da così tanto tempo che se qualcuno ci avesse nascosto dei cadaveri, io non ne sarei ancora a conoscenza; ma soprattutto avrei tanto tempo da dedicare al mio amato videogaming.
Tanti, troppi, adorati videogames.
In particolare The Legend Of Zelda. C'è un passato strano, dietro al mio amore per questa saga.
Mia madre, la quale non ama esattamente quando passo le giornate buttata su un divano a giocare ad un videogame, piuttosto che uscire e prendere un po' d'aria, un giorno se ne uscì con: «Ma hai visto che copertina simpatica ha questo?», indicandomi col dito un gioco su un dépliant del negozio di elettronica sotto casa.  Ammetto che vedere la mia dolce mammina avere in mano un catalogo simile mi lasciò parecchio perplessa
Mi ritrovai davanti un gioco per il DS: “The Legend Of Zelda Phantom Hourglass”. Un po’ perché non avevo granché a cui giocare, un po’ perché se me l’aveva proposto lei dovevo assolutamente darci un’occhiata, decisi di comprarlo. O meglio, mandai mio padre ad acquistarlo. Pioveva quel giorno, non volevo mica bagnarmi e rischiare di prendermi un raffreddore! E con un po’ di amaro in bocca, dovetti ammette che non mi stava piacendo più di tanto. Quando lo dissi a mia madre, ci rimase quasi male.
«Ma perché Daisy? Sembrava così carino dalla scatola!» mi disse con un velo di insistenza.
«Sicura di sentirti bene?» le chiesi incredula.
«Beh, speravo solo ti sarebbe piaciuto» si giustifica.
Avete presente quando vostra madre vi compra una maglietta orribile, ma ve la porge con quegli occhi da coniglietta dolce che ti dicono: «È per te, tesoro. Te l'ho regalata con tutto il cuore!», e tu non ti senti proprio di rifiutarla e cerchi di fartela piacere? Bene, io ho vissuto per qualche istante questa scena, solo che al posto della maglia c'era un videogame. La vita non ha senso.
Però poi, fato volle, o forse fu soltanto una conseguenza di un pomeriggio molto noioso, che scoprii un capitolo per la Nintendo Wii della stessa saga. Beh, quello è ancora il mio attuale videogame preferito. Parlo ovviamente di “The Legend Of Zelda Twilight Princess”.
Cosa non era quel gioco. Meraviglioso.
E fu lì che presi una cotta terribile per il protagonista: Link. Biondo, alto, occhi azzurri e quella non esattamente virile ma comunque attraente tuta verde con tanto di cappello. Mi innamorai anche di tutti gli altri personaggi del gioco: Midna, Iria,  i bambini del villaggio Tauro...
Poi giocai al secondo capitolo per il DS: The Legend Of Zelda Spirit Tracks. Anche quello fu bellissimo. E così, a poco a poco, The Legend Of Zelda diventò la mia saga preferita, per la gioia di mia madre.
«Oh, meno male...» sospirò, quando le annunciai la mia rivalutazione della saga. Non ho mai capito il senso di quella frase e tutt’oggi è una delle nubi oscure che annuvolano la mia mente. Magari sta solo dando un po’ i numeri. So che è stressata dal lavoro e perché non va d'accordo con papà, quindi è probabile che stia solo sclerando.
Col passare del tempo, la mia cotta per Link peggiorava: era diventato il mio modello di uomo ideale. Ogni volta che mi ritrovavo di fronte ad un ragazzo, cercavo di trovare in lui un po’ di Link. È come se dentro di me non sia del tutto impossibile stare con lui. E quando ne parlo alla mia amica Marcelle, lei mi dice sempre cose come: «Tu sei pazza! Smettila di pensare queste cose! Se ci vai troppo dentro, va a finire che ci credi veramente.» 
Ma me ne rendo conto! È ovvio che è impossibile...no?
In tutto questo contorto intreccio di pensieri, inizio ad avvertire la stanchezza fisica: sto ancora andando su e giù per il viale con la bici.
Sento le mie gambe cedere, e a causa della troppa velocità acquisita, i miei piedi si staccano dai pedali. Bel guaio. Non riuscendo a frenare, sbatto così violentemente contro un cancello che vengo letteralmente disarcionata dal mio destriero con le ruote e cado a terra.
Il dolore è insopportabile, dannazione. Potrei essermi rotta qualcosa.
Dalla posizione fetale in cui mi trovo, senza riuscire a muovermi, cerco di mettere a fuoco e di sporgermi con lo sguardo quanto più è possibile per controllare le condizioni del mio corpo.
Non vedo arti in posizioni che la natura non ha contemplato o pezzi di costole sparsi qua e là, e già questo mi rassicura. Purtroppo, il mio sollievo viene bruscamente spazzato via quando mi accorgo che c’è una scia di sangue che sembra io stia lasciando.
Il panico è abbastanza potente da farmi rizzare su e notare che, per fortuna, sono solo le mie ginocchia che perdono peggio di un tubo rotto. Almeno non è sangue proveniente da un organo interno, e quindi posso escludere ogni pensiero riguardante anestesie e sale operatorie.
Mi tasto la gamba per capire l’estensione e la profondità del taglio, quando la mia faccia sfocia in una smorfia di «Bleah», dopo che vedo la mia mano tingersi interamente del mio sangue.
La ferita è abbastanza profonda, e mi si vede la carne viva.
Si può morire per un taglio del genere? Esiste l’emorragia da gamba? Avrò almeno il tempo di salutare i miei cari?
Effettivamente la paura comincia ad assalirmi, poiché ero andata in questo vicolo sperduto in cui non vi è anima viva, per poter stare un po’ in pace. Ma questa scelta ora implica che ad aiutarmi non ci sia nessuno.
Iniziando a sudare, più per il panico che per la corsa in bici appena terminata, osservo con attenzione la mano da cui il mio sangue sta sgocciolando.
Potrei star impazzendo, ma giurerei di star vedendo il mio personalissimo liquido scarlatto diventare sempre più trasparente, come se stesse sparendo.
Istintivamente, lancio un’occhiata anche alla radice di tutti i mali, anche detta ginocchia, e lancio un urlo quando vedo la mia ferita diventare sempre più piccola.
Hey, corpo, hai mai sentito parlare di cicatrizzazione? È normale che la pelle si riformi così in fretta?
Se ora qualcuno mi vedesse, non ci scommetterebbe un pelo del naso che fino a due secondi fa avevo la carne da fuori e il mio sangue sgorgava da me più dell’acqua da una fontana.
Allora inizio a farmi domande, ma solo una è la risposta che effettivamente sembra avere senso.
Sono morta. Sì sì, devo essere decisamente morta! Devo aver preso un colpo fatale alla testa. Non c’è  altra spiegazione, altrimenti perché ora mi sembra anche di star vedendo una luce? Dovrei…seguirla?
«Ti sei protetta» sento all’improvviso. O forse, ho creduto solo di aver sentito.
«Protetta?» chiedo spaesata. A chi mi sto rivolgendo? Mi sembra di aver sentito un suono e di aver distinto queste parole, ma non saprei dire da dove provenisse. Quasi come se fosse nella mia testa.
Ora posso affermare con certezza che luce c’è davvero, e sta anche diventando molto intensa. Sembra avvicinarsi a me, e il bagliore dorato è talmente tanto potente da costringere i miei occhi a rimanere chiusi. Succede questo quando si muore?
«Sì, esattamente»
Ho risentito quella voce. Ha parlato di nuovo, ne sono sicura, stavolta era più nitida. Sento di star tremando, sono terrorizzata dalla paura. Non so cosa stia succedendo, e se anche sopravvivessi, ammesso che io sia ancora viva, e tentassi di raccontarlo a qualcuno, nessuno mi crederebbe.  
«È quello che la Triforza fa per te. Ti protegge quando sei in pericolo» continua a risuonare la voce. Potrei descriverla come una voce femminile, delicata, ma stranamente familiare.
Ho capito male, o ha detto “Triforza”? La forza magica che compare in tutti i giochi di The Legend Of Zelda, frammentata in tre parti: Forza, Saggezza e Coraggio. Ganondorf, il "cattivo" principale di quasi tutti i giochi, possiede la Triforza della Forza, la Principessa Zelda ha invece la Triforza della Saggezza e infine, Link conta sulla Triforza del Coraggio.
 Oh mamma, sto per assistere ad un film in cui mi verrà mostrata tutta la mia vita e le cose che amavo di più? Rivedrò Link un’ultima volta?
Totalmente confusa e inquietata, ma arresa all’idea di dover trovare un senso a quanto sta succedendo, decido di provare a interagire con la voce, per verificare se ci sia davvero un interlocutore o se io stia soltanto dicendo addio per sempre alla mia sanità mentale.
«Non capisco...chi sei?» chiedo, fra le lacrime, mantenendo sempre gli occhi serrati.
«Il mio nome è…»
La potente luce sembra attenuarsi all’improvviso, abbastanza da permettermi di aprire leggermente le palpebre, e una misteriosa figura pare si stia facendo strada verso di me. D’istinto, striscio all’indietro spaventata.
«Faih» pronuncia, diventando nitida davanti ai miei occhi.
Non ci posso credere. Non sapevo che, in Paradiso, l’angelo che viene a prenderti prendesse le sembianze di qualcosa a te familiare!
Infatti, colei che ora si manifesta davanti a me è proprio un personaggio tratto dalla mia adorata saga videoludica: Faih, uno spirito umanoide dalle tonalità azzurre, priva di braccia, al cui posto ha invece due grandi ali policromate: blu e viola. Nel gioco in cui appare è al servizio di Link ed è l’anima della spada che utilizza. Non so perché ora io stia vedendo proprio lei.
«Va bene, ehm, Faih. Dove sono le grandi porte?» le domando, tentando di accettare la situazione.
«Non comprendo» mi risponde lei dopo un paio di secondi.
«Quelle del Paradiso. Dove sono, posso accedervi? Oh, no, non dirmi che prima devo passare qualche test al Purgatorio» sputo a raffica i miei pensieri.
«Non sono in possesso di alcuna in formazione al riguardo, principessa»
Parla proprio come nel gioco, è una copia davvero realistica! Ma perché mi ha chiamata in quel modo?
«Oh, non usare certi nomignoli per alleggerirmi la notizia, dimmi schiettamente se sono morta o meno» arrivo al dunque io.
Lo spirito mi fluttua davanti per qualche secondo senza dire nulla, per poi esordire con: «I miei segnali mi indicano che non sta recependo il messaggio destinatole in maniera corretta»
Pronunciato ciò, la vedo volteggiare verso di me, fino ad averla a pochi centimetri dal mio corpo. Io sono ancora seduta e lei mi torreggia davanti con un’aria abbastanza inquietante.
«La vita scorre ancora in te» ci tiene a specificare.
Un momento: se non sono morta, che posto è questo? Magari sono semplicemente in coma!
«Confermo la possibilità che le informazioni di cui mi è stato assegnato il compito di parlarti possano non essere acquisite correttamente» sentenzia.
Mi domando se sia davvero necessario che lei parli in questo modo. Ma è tutto nella mia testa no? Se voglio farla parlare diversamente basterà che lo desideri, o anche meglio: potrei farla diventare Link!
«Tu possiedi una delle tre parti della Triforza, la forza equilibrante del mondo di Hyrule. Solo tu e altre due persone la possedete. Gli altri due possessori hanno un tipo diverso dal tuo. Quando decederai, la tua parte di Triforza verrà passata al tuo successore.» parte con un discorso strano Faih.
«Ma…di cosa stai parlando? Eppure mi sto sforzando, ma sei ancora qui…» comincio a preoccuparmi.
E se stesse accadendo davvero? E se non fosse solo nella mia testa?
No, ma cosa sto dicendo.
«Da una mia analisi recepisco una forte volontà di voler respingere tali informazioni. È dunque necessario che lei si tranquillizzi prima di riuscire ad ascoltarmi» continua i suoi discorsi da robot.
Magari se l’ascolto poi se ne andrà, cosa mi costa farlo?
«Ti…ascolto»
«Quello che mi hanno detto di riportarle è プリンセス親愛なる、我々はするつもりです...» prosegue allora lei.
«Aspetta! Non capisco! Che lingua è? Io parlo italiano.» specifico.
«Oh. Traduzione da Giapponese a Italiano in corso...» pronuncia, marcando il nome delle due lingue.
Ma chi è, Google Traduttore?!
Sembra schiarirsi la voce, per poi recitare: «"Cara nuova Principessa, comprendiamo che quanto sta per ascoltare non potrà essere da lei capito immediatamente, poiché ciò che abbiamo da dirle va al di fuori del suo mondo. Giungiamo da lei dal lontano mondo di Hyrule, terra creatura della dea Hylia. Lei è la prossima Hylian in linea di successione al trono, quindi abbiamo il compito di riportarla al suo vero territorio d’appartenenza. Fiduciosi della sua comprensione, speriamo di vederla presto qui. Saluti, il Primo Ministro"»
Sento il sangue affluire al cervello e il cuore congelarsi. È un sogno incredibilmente realistico, ma mi ha spaventata abbastanza e voglio svegliarmi.
«Io...» tento di dire, ma Faih mi blocca.
«Mi ritengo in grado di sentirmi consapevole del tuo stato d’animo. Ma è necessario che tu rifletta su quanto hai sentito.  Ma perché a voi umani pare impossibile tutto quello che è estraneo dal vostro sapere?»
Io…penso voglia dire che tutto ciò che non conosciamo per noi è impossibile. E capisco solo ora che questo è sbagliato: la via Lattea non è l'unica Galassia esistente, no? È ovvio che ne esistano altre. E anche loro, hanno i loro pianeti. Perché non è possibile che ci siano altri mondi abitati da esseri viventi?
No, io non posso star davvero cedendo alla mia follia. Magari se la assecondo scomparirà, non so cos’altro fare.
«Ascolta Faih, io ti credo. Mi pare un po' strano ma ti credo. Ora, se tu mi spiegassi...»
«Nessuna spiegazione. Andiamo direttamente sul posto.»

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Capitolo 2
*** The Arriving ***


2
 
Il bagliore si è dissolto e tutto sembra essere tornato normale. Tasto il pavimento e la mia bici malridotta per provarmi che effettivamente mi trovo ancora su questa terra.
Riesco ad alzarmi senza fatiche, poiché le mie ferite sono magicamente scomparse, a quanto pare.
Seguo Faih a ruota, senza sapere dove mi stia portando. Risaliamo il viale che avevo percorso e mi conduce verso casa mia.
Mi verrebbe da chiedermi come faccia Faih a sapere dove io abiti, ma dopotutto è solo un sogno.
Entro di nascosto con le chiavi che avevo in tasca, che mi ero persino scordata di avere, facendo attenzione che nessuno mi senta. Faih svolazza per il corridoio e mi invita a seguirla fino in camera mia, per poi confermare: «Destinazione raggiunta»
E che destinazione dovrebbe essere la mia stanza?
«Faih, ma...questa è camera mia. Non è niente di nuovo» constato.
«La sua impazienza è elevata. Mi dia tempo. È la procedura che mi hanno chiesto di eseguire.» spiega paziente.
«Procedura...» ripeto.
«Deve pur passare da qualche parte, principessa, se vuole accedere alle sue stanze. Per la sua comodità, abbiamo scelto la vostra umile camera.» continua.
«Le mie stanze...?!» chiedo confusa.  «Quindi ora andremo in avanscoperta in una specie di castello?» tento di capire.
«Secondo le mie informazioni, ti è vietato accedere a molte parti della struttura, finché non sarai esperta» mi dice. Annuisco, assecondandola e sperando che tutto finisca presto.
«E come si diventa esperta?» chiedo, così per.
«Una principessa esperta è considerata tale se nel suo primo anno di regno si ottiene una valutazione generale positiva da parte dei membri del Governo» spiega.
Faih deve essersi accorta della mia faccia tipo: "IO-NO-PARLARE-TUA-LINGUA" , perciò si spiega meglio: «Se nel tuo primo anno di regno, il Governo dice che va tutto bene, vieni considerata esperta»
«Ah» mi limito a sospirare.
Mentre lo spirito avanza verso la mia finestra, per un motivo x, io mi guardo attorno. Sembra tutto così reale e concreto. Al tatto tutto sembra normale, e mi è quasi sembrato di sentire mio fratello imprecare per un videogame dall’altra stanza. Giurerei anche di dover andare in bagno. È possibile che un sogno riesca a replicare la realtà nei più piccoli e minuziosi dettagli?
Forse assecondare Faih e seguirla non rappresenta altro che avviarmi sempre di più verso il non risveglio. Insomma, ho sentito di storie raccontate da gente che ha superato un coma, che parlavano di aver visto uno spirito e una luce e di aver rifiutato di andarci incontro.
«Scusami, Faih. Io non posso farlo» esordisco dopo vari attimi di silenzio.
«Oh no. Tu devi farlo, tra poco vedrai.»
Come posso tirarmi indietro ora? Potrei semplicemente fuggire da qui e scappare via, ma servirebbe davvero a svegliarmi?
«Ritornando al nostro discorso, abbiamo pensato che il passaggio per arrivare direttamente ad Hyrule, fosse meglio metterlo in un posto in cui puoi accedervi spesso e frequentemente. Quindi abbiamo scelto questa camera» continua ad illustrarmi, dopo che sembra aver finito di smanettare – sempre se si possa fare senza mani – vicino la mia finestra.
La mia faccia deve essere sbiancata a livelli disumani, poiché Faih fluttua vicino a me e mi fissa per qualche istante. Anch’io rimango a fissare lei e a scrutarla fino a consumarla.
«Sono davvero qui» si limita a dirmi, guardandomi dritta negli occhi, per quanto possa farlo poiché non ha le pupille. Questa sua frase mi è parsa meno robotica e più…vera.
Emetto un sospiro, ho lo sguardo che trema assieme alle mie gambe. Poi la tensione e la paura prendono il sopravvento su di me e scoppio in lacrime.
«Va tutto bene» tenta di tranquillizzarmi, ma sono ridotta davvero in uno stato pessimo.
«Ora la decisione di seguirmi spetterà solo a te» mi fa, poco prima di posizionarsi parallelamente davanti la mia finestra.
La fissa per un paio di attimi, poi, senza pensarci troppo, ci si scaglia contro.
Chiudo gli occhi, forse per paura che un altro bagliore di luce appaia e rischi di farmi perdere qualche grado.
Quando li riapro, Faih non c'è più.
Ecco qua, tra poco mi sveglierò nel letto d'ospedale. Il sogno è finalmente finito. Però ammetto che è stato molto realistico, ma ora posso tranquillizzarmi.
Però…c’è qualcosa in me che mi ha lasciata con l’amaro in bocca. Aveva detto che avrei potuto seguirla. E se, prima di sparire, avesse effettivamente fatto qualcosa di paranormale alla mia finestra, e ora i miei problemi non sono che all’inizio?
Se tutto questo davvero non è reale, provare a schiantarmi contro una finestra non dovrebbe uccidermi. O addirittura, potrebbe aiutare a svegliarmi. E se proverò dolore o la sensazione mi sembrerà talmente realistica da dover avere per forza un fondo di verità, allora comincerò a considerare l’ipotesi che qualcosa qui effettivamente non vada.
Decido dunque di provarci.
Mi posiziono  davanti alla finestra, pronta a prendere la rincorsa. Conto fino a tre, anche se ancora un po’ titubante, e chiudo gli occhi mentre mi lancio.
Niente urti o impatti. Niente di niente. Sembra quasi che io abbia...
E un brivido ghiacciato mi percorre la schiena quando riapro le palpebre.
Io ho...ho davvero attraversato la finestra. Questa non è camera mia, è come se fossi passata attraverso una porta. Dove mi hanno condotta, che posto è questo? Quindi Faih...è...
Tento di riuscire a calmare la tempesta di domande che comincia ad annuvolarsi nella mia testa, e provo ad analizzare l’ambiente che ora mi circonda.
C'è un letto, un grosso letto. Lenzuola rosa. Odio il rosa, ma quasi tutta la camera è di questo colore. Ha questo gran letto che ammetto sembra dirmi: «Vieni, sdraiati!», e io lo farei volentieri dopo tutto ciò. È stata la mezz'ora più difficile della mia via. 
Poi al centro c'è un enorme tappeto circolare. Le pareti sono bianche-rosa con una carta da parati a fantasia floreale. Facendo scorrere lo sguardo, noto anche una gran scrivania, uno specchio e un tavolo in marmo bianco. In fondo alla grossa stanza, c'era una sagoma. Sembra quasi una signora, intenta a pulire. Molto strana. Bassa, curva, con le orecchie a punta. Non sembra umana.
Il mio coma peggiora.
«Mi scusi…» azzardo a chiedere. Mi risponderà?
La signora si gira, mi fissa per un po' e poi chiede: «And you, little girl?»
Mi sembra abbia parlato inglese. Sono in Inghilterra? Dopotutto Faih ha parlato di castello e monarchia…
Sobbalzo quando noto la maniglia della porta aprirsi per far entrare qualcuno. Sono nei guai, non dovrei essere qui.
Vedo entrare quella che la mia mente elabora come una donna, alta, capelli lunghi e castani che finiscono in una piccola treccia. Ha anche lei con le orecchie a punta. Mi pare proprio identica a...
Oddio oddio. Prima Faih e poi...Zelda?! Zelda di Twilight Princess?! Non ci credo! Ma cosa...
«Mrs. Dorya, you have to speak italian with her» dice la Zelda che ora la mia testa a creato.
Significherebbe: "Signora nonhocapitoilnome, devi parlare in italiano con lei. "
«Excuse me...» provo a ripronunciare stavolta in iglese.
Zelda si volta. «Sì?» mi risponde.
Ah, allora parla l'italiano. Che cosa strana...
Quando la principessa è entrata ha lasciato la porta aperta, e ora vedo dal corridoio moltissimi tipi strani, sempre con quelle maledettissime orecchie a punta. Sembrano usciti da...sì, da The Legend Of Zelda. E Link? Lui dov'è? La mia testa ha fabbricato tutti tranne lui?
«Dimmi» ripete Zelda.
Okay, mi ha risposto. Provo a comunicare con lei. «Beh...mi sa dire dove sono?»
Faih risbuca nella stanza. «È lei la ragazza?» chiede Zelda rivolta a Faih.
«Affermativo. Missione compiuta con successo, maestà.» risponde lo spirito blu.
«Eccellente!» esclama Zelda, poi gira verso di me. «Dunque tu ti chiami Daisy» mi informa. Beh, questo lo sapevo anch’io. Mi limito a rispondere con un: «Sì.»
«No.» mi fa Zelda.
«No?» chiedo io.
«No.» ribadisce lei. Conversazione...interessante.
«Mi scusi...che vuol dire no? Io sono Daisy» ribatto convinta.
«Questo è ciò che credi tu, ma è una menzogna» se ne esce all’improvviso.
«C-Come…» balbetto confusa. «Che sta dicendo?»
«Balle, frottole, bugie...chiaro il concetto?» sembra voglia provocarmi.
«Sì, ho chiaro il concetto!» le rispondo infastidita. «Ma io le ho chiesto dove mi trovo, non chi io sia. Ora lei si presenta qui e mi dice che…»
«Veramente sei tu, cara, che ti sei presentata qui.» mi interrompe. Ottima risposta, colpita e affondata.
«E con ciò? Questa conversazione non ha senso» mi infurio.
Sono sconvolta, confusa, non so nemmeno se io sia viva o morta...che abbiano pazienza.
«Sei una cosplayer?» chiedo, passando a darle del “tu”. Potrebbe essere. Può darsi che Faih e Zelda non siano altro che cosplayer e dato che io ho battuto la testa mi sembrano reali. E ora chissà dove mi hanno portato.
«Cos'è un...coplayser?» mi chiede.
«Cosplayer» ripeto, correggendola.
«Comunque sia, non so nemmeno cosa sia» mi fa.
«I cosplayer sono quelli che indossano cosplay, ovvero costumi di personaggi di anime, manga...videogame» calco la parola "videogame".
«No, io sono veramente vestita così.» mi spiega, guardandosi il lungo abito.
«Sì ma sei vestita da Zelda!» le faccio notare.
«Zelda? Quindi tu...conosci il mio nome? Ovvero il tuo n...» viene interrotta da me, che le chiedo fuori di me: «Ma tu sai di essere vestita come una tipa di un videogame? The Legend Of Zelda, per la miseria!»
Magari sono finita in un circolo di nerd che si sono immersi talmente tanto nel roleplaying da…
«Ah, quindi conosci Myamoto...» mi dice quasi delusa.
«Shigeru Miyamoto? Oh sì, sì che lo conosco. Lui...lui ha creato la saga di TLOZ!» faccio mente locale.
«Sì, lo so. Quel traditore...!» Zelda sembra infuriarsi.
«Cosa?» chiedo io indagatoria.
«Oh, no, nulla. Tornando a noi. Io sono Zelda. Ovvero, Dazel. Sono la principessa Zelda attuale, ma il mio nome è Dazel. Governo da dieci anni or sono ed è ora che mi ritiri.» spiega.
«Ah...perché mi stai dicendo questo?» chiedo scrutandola.
«Perché quando una principessa si ritira per andare in "pensione", è tempo che un'altra principessa salga al trono.» continua.
«Prosegui…»
Non riesco a credere di star davvero prendendo in considerazione ciò che sta dicendo.
«Ora ti spiegherò tutto, ma ho bisogno che tu mi presti tutta la tua attenzione, perché è importante che tu capisca che tutto ciò sta accadendo davvero» mi invita a concentrarmi, per poi schiarirsi la gola e iniziare: «Tempo fa, ci fu una pesante guerra. Una guerra distruttrice, che sparse molto sangue. Molte persone si rifugiarono in altri pianeti, come la Terra, per sfuggire alla sua furia distruttiva. Questo fu possibile grazie al nostro speciale sistema di teletrasporto. Non si tratta d'altro che di una scomposizione di cellule spostate ad altissima velocità, in modo che arrivate a destinazione in pochi secondi, si ricompongano subito. Come se ti fossi teletrasportato, un vero mix di scienza e magia. Stavamo per inaugurare il primo teletrasporto terrestre, quando la guerra scoppiò. Non fu collaudato a dovere e molte cellule si dispersero nello spazio. Tante persone non ce l’hanno fatta a sopravvivere e solo una ventina di persone arrivarono lì. Persone come tua madre. Tu eri già nata, all’epoca, ma non riuscisti a reggere il teletrasporto e moristi poco dopo. Ma lo facesti per rigenerati qualche anno dopo, nel grembo di tua madre, così da poter rinascere, tredici anni fa, sulla Terra. Ciò che voglio dirti, è che tu sei un Hylian. Per la precisione, sei l'Hylian in linea di successione per il trono, poiché in te si è rifugiata la Triforza della Saggezza. Anche tua madre proviene da qui, mentre tuo padre è un comune umano. Ora, il mio tempo al trono è finito, quindi Faih è venuta a cercarti per riporarti a casa. Ed ha fatto un ottimo lavoro. Allora, pronta ad iniziare?»
...
Dopo aver ascoltato tutto ciò, i sensi mi abbandonano definitivamente.

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Capitolo 3
*** The Meeting ***


3

Quando riapro gli occhi, vedo tante sagome accerchiate sopra di me e dei rumori confusi di sottofondo. Ho la vista appannata e mi sento parecchio debole. Qualcuna delle sagome deve essersi accorta che ho ripreso i sensi ed esclama: «She woke up!», ovvero: “Si è svegliata!”
Piano piano mi alzo, e mi accorgo di stare sdraiata in quel bel lettone accogliente che ho notato appena sono arrivata. È anche più morbido di quanto immaginassi...tanto che mi ci sdraierei di nuo...
«Principessa!» urla qualcuno. Finalmente i miei occhi mettono a fuoco: è Zelda che mi sta parlando.
«Allora? Sono morta finalmente? Sono finite le allucinazioni?» domando tutta stordita.
«No. Sei viva, sei qui e queste non sono allucinazioni!» mi risponde Zelda leggermente innervosita.
«Ah...sì...» sbadiglio «...sono sotto shock.» annuncio in tono molto diretto.
Mi guardo attorno nella stanza, e vedo la cameriera di prima, ovvero...ehm...Non posso essermi scordata di nuovo il nome! Si va be’, lei insomma, che chiacchiera con altre due servitrici. Credo.
Alla mia sinistra c’è ancora Faih in tutto il suo fluttuante splendore, e Zelda che mi alita in faccia alla mia destra: «Ormai sei qui, possiamo mettere in atto le pratiche. Please Dorya, call the Minister  for me.»
Quest’ultima fa un cenno e si avvia fuori dalla camera, con le altre due “donne” che la seguono a ruota.
Mentre fissavo le tre servitrici uscire, mi sono accorta che Faih e Zelda confabulavano qualcosa e subito dopo anche Faih esce di scena, attraversando la carta da parati rosata.
Siamo solo io e Zelda ora in questo enorme stanzone. Se parli ad alta voce arrivi perfino a sentire l’eco. Quanto vorrei essere sola per poterlo provare! Lo sfizio è troppo grosso e me lo devo togliere. In ogni caso, non posso, Zelda mi sta fissando con una faccia...
Io sto in silenzio, aspettando che sia lei ad attaccare bottone; inoltre sono ancora troppo incredula e stordita per poter prendere in mano le redini della situazione.
«Allora, Principessa...» comincia.
Principessa...mi suona bene, ma strano.
«Dal momento che ti vedo parecchio spaesata...penso che comincerò col farti fare un giro per il castello.» continua.
«Alt! Siamo nel castello di Hyrule?!» esclamo. Sì, penso sia ovvio, ma comunque è meglio accertarsene e un’espressione sorpresa rende meglio quanto io necessiti di risposte.
«Ovviamente. Ci troviamo nella parte urbana del regno di Hyrule, ovvero il borgo. È qui che vive la maggior parte dei cittadini e il castello si trova nella parte più alta. Uscendo dall’entrata principale, puoi ammirare tutto il borgo e anche oltre.» mi spiega.
Ho l’adrenalina a mille, per la miseria!
«Che figata assurda!» strillo tutta eccitata.
«Prego?»  chiede lei  piegando la testa da un lato.
Ah già. Dimenticavo che ‘sta tizia vive da anni ed anni e non è di certo un tipo moderno.
«Ah ehm...vuol dire una cosa altamente figa, ovvero...b-bella...credo.» non so nemmeno io come spiegarmi.
Mi sento parlare e mi viene da chiedermi come possa essere io l’erede al trono. Io, una ragazzina del ventunesimo secolo. Insomma, immaginate una principessa che parla così: «Bella raga! Come butta?!»?  Io non esattamente.
«Oh...capisco.» sospira, poi continua: «Ad Hyrule si parlano principalmente tre lingue: giapponese, inglese e pochissimo italiano.»
«Aspetta! Vuol dire che non dovrò imparare nessuna lingua contorta?» chiedo entusiasta.
«Beh, no. Hyrule ha sempre adottato lingue terrestri, dato che parecchia della nostra cultura deriva da lì. E ci siamo impegnati a non far sparire questa tradizione soprattutto quando abbiamo saputo della presenza di eredi al trono terrestri.» spiega.
«Meglio! Ci sono cose in particolare che dovrei imparare?» domando.
A queste parole, il volto di Zelda si riempie di malizia e oserei dire di aver visto un mezzo sorrisetto al lato della bocca.
«Diciamo che tutto quello che dovrai fare qui ancora lo devi imparare. Devi imparare a comportarti, quindi: buone maniere, atteggiamento, postura, corretta camminata... Poi ancora dovrai imparare a partecipare alla vita politica e tutto ciò che riguarda leggi, pratiche, tribunali e altra roba politica, economica, giudiziaria e sociale. Dovrai imparare ad organizzarti gli impegni, ad accontentare tutte le richieste dei cittadini e a riceverli frequentemente di persona. Dovrai istruirti sulla storia e la geografia di Hyrule e impararne tutta la cultura.»
Che cosa?! Cosa dovrò fare io?! Quando?! Dove?! Come?! Ma soprattutto...perché?!
Non aspetto un secondo di più ad esprimere tutte la mia confusione mentale: «Cosa cavolo hai appena finito di dire?! E come faccio? Sai che noia poi...odio sia la storia che la geografia...e soprattutto le buone maniere! Dovrò camminare avanti e indietro con dei libri in testa?»
Zelda comincia a ridere, ma in modo molto delicato, signorile, femminile, principesco...e chi più ne ha più ne metta.
Mi fermo a fissarla: truccata, pettinata, vestita e accessoriata di tutto punto; postura retta, schiena dritta, gambe chiuse e piedi uniti; lo sguardo dolce ma deciso.
E io dovrei essere così...perfetta? Non lo sarò mai. Alla faccia del: “Nessuno è perfetto”. È un modo di dire che usano gli umani per il fatto che non riescono ad accettare di avere dei difetti. La perfezione esiste ed è di fronte a me, diamine.
«Sono sicura che con dedizione e impegno ce la farai.» spara infine, accogliendo una specie di sorriso materno sul suo viso.
Sospiro, arresa a quest’idea. Ma la domanda più importante è...
«E la mia vita da terrestre? Che fine farà?»
«Oh beh...possiamo dire che qui arriva il “bello”, se così si può definire. Il tuo compito più difficile sarà proprio questo: gestire le due vite.» mi annuncia.
E chi diamine sono, Hannah Montana?! Oh povera me...
Pensavo di essermi scampata almeno la scuola, almeno quello. E invece no Daisy. Tu, lavoro, scuola, lavoro, scuola, lavoro, scuola. E poi che lavoro...caspita.
No dai. Sto facendo tanto la disperata, ma in realtà sono al settimo cielo. A chi altro può capitare una cosa del genere? È incredibile!
E piano piano la mia mente elabora.
Era per questo che mamma ci teneva tanto a farmi appassionare a The Legend Of Zelda? Forse era perché alla fine tanto leggenda non è?
Continuo con l’interrogatorio alla malcapitata Zelda: «E a casa? Ne devo parlare?»
«Tua madre sa già tutto. Tuo padre...ahimé, non dovrebbe saper nulla. È umano. E ad ogni umano è vietato conoscere l’esistenza di Hyrule. È scritto del codice di Hyrule che studierai.» mi risponde paziente.
Vista la sua calma, non mi stanco e continuo: «Gli orari...sono gli stessi?»
«Sì, anche il tempo qui è come quello terrestre. Sarà perché, seppur lontani, Hyrule e la Terra sono allineati. L’unica cosa che non abbiamo in comune con la Terra sono i mesi e gli anni.  Entrambi sono composti da 365 giorni, ma la durata dell’anno è divisa in modo diverso. Inoltre, questo per Hyrule non è il 2013. È il 3028. Eh già: Hyrule è molto più antico della Terra. Non ci sono i dodici mesi, ma le quattro stagioni, chiamate “fasi”. Ora siamo nella fase 2, ovvero l’estate terrestre. Tutto chiaro?»
«C-credo di sì...» rispondo, mentre il mio cervello sta trovando spazio a tutte le informazioni nuove.
«Una sola è la cosa che però devi ricordare più di tutte le altre: di questa tua seconda vita, non dovrà mai saperne NIENTE NESSUNO. Solo la famiglia di tua madre. Il Consiglio potrebbe chiudere un occhio per tuo padre, ma al di fuori di lui nessuno deve saperlo. Pena: la morte.» mi dice con un tono severissimo.
La morte?!
«A-afferrato.»
«Bene!» esclama tornando alla sua faccia gentile. «Ora basta con le domande, vieni giù da quel letto. Ti chiamo qualcuno che ti accompagni in giro. Mi piacerebbe se potessi farlo io, ma sono molto impegnata. Sai, con tutto ciò che c’è da fare per il mio ritiro...non ho proprio tempo. Mentre aspetti, infilati quel vestito appeso dietro la porta. Non è nulla di che per ora, ma almeno sarai presentabile. Per i capelli e il trucco...per questa volta passi.»
Detto ciò, si gira, sempre con la sua grazia, ed esce chiudendo la porta. Appena la chiude, io posso vedere quel...coso...rosa.
No diamine rosa no! Odio il rosa. Perché non qualcosa...blu elettrico? Sai che figata!
Sbuffo, chiudo un occhio, inclino la testa, socchiudo le palpebre, ma nulla da fare: è sempre rosa.
Mi arrendo e decido comunque di infilarmelo e noto a mie spese che è parecchio attillato in vita.
Cavolo, se lo terrò per molto tempo comincerò a vedere in bianco e nero e diventerò più blu di un Puffo.
Lo infilo, lo sistemo per bene, mi allaccio il cordino in vita e poi do un’occhiata alle mie pantofole super-sexy. Diamine, no! Devo toglierle, non posso andare in giro così!
Hanno pensato proprio a tutto, perché proprio sotto a dove stava il vestito, ci sono delle ballerine...rosa.
Si dai, tanto ormai già sembro un confetto.
Le infilo alla svelta e spalanco la porta, giro e sbuco alla fine del corridoio. Sbiadisco: IM-MEN-SO! Diaaavolo!
Corridoi ovunque, gente che va e viene: solo il castello sembra una città a parte!
La cosa che adoro di più è il fatto che tutti i corridoi e tutte le scale siano caratterizzati da un tappeto lungo e rosa, stile vip di Hollywood. È meraviglioso.
Ognuno qui dentro è strano, ma tutti hanno una cosa in comune: le orecchie a punta. Sono troppo...carine, oserei dire. Pensandoci, mi tocco istintivamente le mie di orecchie e impallidisco.
Faccio una corsa di nuovo in camera mia, rispalanco la porta che è stata chiusa da non so chi, e mi precipito dentro alla ricerca di uno specchio.
La mia espressione quando riesco a trovarlo e a specchiarmici è peggiore di quella de: “L’Urlo”  di Edvard Munch. Anche le mie orecchie si sono appuntite! Sono proprio...cioè sono così...a punta!
Wow...come mi esprimo bene eh?
Inizio a giocarci con quella dannata punta, la piego, la allungo, la ripiego, la riallungo. E non è nemmeno divertente.
Superato lo stupore della GRANDE scoperta, mi ricatapulto fuori, senza chiudere la porta perché a quanto ho capito qualcuno lo farà per me.
Sto riattraversando il corridoio, quando vedo di nuovo la servitrice nonmiricorderòmaiilnome, con un omone dalla faccia seria al suo fianco.
«Pleased to meet you, Princess. I’m so excited to see finally the new heir to the throne. I introduce myself: I’m the Prime Minister, the Council’s boss. Blab bla bla…»
Dopo queste parole, la mia mente non elabora più nulla.
Per fortuna conosco bene l’inglese, altrimenti non so come avrei fatto. C’è da dire che comunque io dimostro di essere più intelligente di una ragazzina media della mia età. Comunque, questo tizio ha detto di essere il Primo Ministro e di essere il capo del Consiglio. Bene, so chi corrompere quando vorrò svignarmela dalle riunioni per uno spuntino. Mi domando cosa si mangi qui.
Sono talmente concentrata sul paesaggio, che da perfetta maleducata quale sono, gli volto le spalle e continuo a camminare con lo sguardo e la mente persi...ovunque, tranne che su di lui.
Alla fine, fra questo labirinto di corridoi e stanze, vedo una porta che conduce fuori dal castello. La apro subito, senza pensarci: ho bisogno di un po’ d’aria.
Mi ritrovo catapultata in un prato lungo, verde acceso, con fiori colorati e alberi ovunque: il bosco incantato, praticamente. Tira un venticello fresco piacevolissimo e l’aria sa di nettare. Meraviglioso, verrò sempre qui a rilassarmi.
Cammino, cammino, cammino senza meta, finché non mi spavento perché vedo una figura seduta non molto lontano da me, curva su un ceppo d’albero.
Mi avvicino sempre di più e il mio cuore inizia a battere così forte da togliermi il respiro.
È seduto di spalle, ma è impossibile non riconoscerlo: tuta verde, cappello a punta verde rivolto verso il basso, stivali marroni e intravedo anche qualche capello biondo intenso svolazzare a causa del vento.
Che il Cielo mi aiuti.
Link.

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Capitolo 4
*** The Exploration ***


4

Non posso credere che sia lì. Non posso credere che sia davanti a me. E ora? Che faccio? Proseguo o torno indietro e faccio finta di nulla? Quindi lui esiste...oddio questo è davvero troppo per il mio cuore.
No, devo parlarci! Insomma, io sono innamorata di lui in fondo! È a pochi passi da me e non ne approfitto, e poi chissà quando potrò rincontrarlo.
Sì. Sì vado.
A passo più o meno svelto, ma parecchio maldestro, mi dirigo verso di lui con le farfalle allo stomaco e un leggero giramento di testa. Il sangue mi pulsa nelle tempie e il cuore è a mille. Sensazione che non so se classificare come bella o brutta.
Ci siamo: sono dietro di lui. Lui non sembra essersi accorto di me, anzi non dà proprio segni di vita.
Non so come attirare la sua attenzione, o comunque indurlo a girarsi. L’unica cosa che so è che devo farlo. DEVO farlo.
«H-hello...» tento di salutarlo con voce tremolante. Mi sono buttata sull’inglese.
Si volta di scatto verso di me, con dei riflessi che mi fanno sobbalzare per un secondo. Ora gli vedo il viso e sudo letteralmente freddo: i suoi occhi, il suo sguardo. Gli occhi azzurro oceano, decisi, fermi, profondi: la cosa che più mi ha fatto innamorare di lui.
Adoro il suo sguardo, ma ad essere sincera sono preoccupata: non ha esattamente una faccia felice. Ha l’espressione seria e anche un po’ arrabbiata di chi viene svegliato all’improvviso nel bel mezzo di un sogno. Eppure stava solo tranquillamente seduto. E io sono la Principessa, e che diamine! Comando tutto e tutti! ...No?
«Hi.» pronuncia lui.
Ennesimo brivido: lui parla! Nei videogames non parla. La sua voce è...calda, profonda. Proprio la voce adatta a lui, cavolo.
«I’m sorry...i didn’t want to disturb you, i just want...» tento di giustificarmi per averlo disturbato.
«That’s no matter.» mi dice lui, rigirandosi e ridandomi le spalle. “Non importa” dice.
«I’m...Daisy.» mi presento.
«Hm.» sospira lui, per niente interessato alla conversazione.
Sono nervosa, tanto nervosa e lui non mi sta rendendo le cose facili. Bene, ora ti faccio interessare io alla mia presenza.
«I’m the new Princess Zelda.» affermo decisa. Tento di imitare la sua espressione ferma e fiera, ma non so che cosa ne sia uscito fuori.
A sentir queste parole, Link sembra rizzare le orecchie appuntite e si volta nuovamente verso di me. E indovinate un po’? Un altro lungo brivido mi percorre tutto il corpo.
«La terrestre?» chiede in italiano, suscitando il mio stupore.
«Sì, la terrestre.» confermo sempre in tono calmo e freddo. Anche se calma è proprio l’ultima cosa che sono.
«Io sono Link. Il Link di turno.» si presenta lui. Lo sento più aperto a me ora. Meglio.
«Nuovo anche tu?» chiedo, inginocchiandomi per terra. Vorrei sedermi a gambe incrociate, ma penso che sarebbe sconveniente per la Principessa di Hyrule. Peccato.
«No.» si limita a rispondere lui freddamente.
«Capisco...» dico, ma in realtà non capisco nulla. Che gli ho fatto di male, perché è così antipatico?
Faccio per alzarmi, quando lui riapre bocca: «Ordini?»
«Ordini...? Che ordini?» chiedo io spiegazioni.
A lui scappa una risatina. ADORABILE.
«Ma in che mani sono?» chiede lui ironico.
«In mani molto pericolose.» ribatto io con la stessa ironia.
«Sei la Principessa di Hyrule, no? E sei venuta da me. Hai ordini per me?» mi fa.
«Oh...no. In realtà sono solo sfuggita a tutta la gente che mi inseguiva per presentarsi a me...» spiego.
Accenna a un sorriso: ottimo segno.
«E tu? Che facevi qua?» chiedo distendendomi completamente sul prato con le braccia dietro la nuca. Al diavolo le buone maniere. Zelda dice che ancora devo impararle. Perciò come faccio ad applicare qualcosa che non so? Hah, me la scampo sempre.
«Stesso motivo tuo: scappavo.» mi risponde.
«E da cosa?» gli chiedo io fissando il cielo limpido.
«Non lo so.» sospira, facendo peso sulle ginocchia e alzandosi.
Io mi giro su un fianco, chiudendo gli occhi. Sono un po’ stanca, le emozioni possono davvero provocare stanchezza fisica.
Inspiro intensamente e mi sento pervadere dall’aria di Hyrule. Comincio davvero a sentire di appartenere a questo mondo. E sorrido, sorrido istintivamente.
Quando riapro gli occhi, Link non c’è più e mi viene una stretta al cuore. L’ho annoiato? Mi ha preso per una bambina ridicola? Perché era così freddo, perché è andato via?
Forse preferisco il Link dei videogiochi.
«Princess!» sento gridare.
Oh no. E ora che vogliono da me?
Decido a mio malgrado di alzarmi, e mi stiracchio con la grazia e la femminilità di un ippopotamo in calore, emettendo anche versi simili, tipo: «YAAAAAHW» e vari.
Questo stramaledetto vestito mi sta bloccando la circolazione; vorrei strapparmelo via di dosso.
Mi volto per vedere chi è che mi ha chiamata e mi accorgo che è...
Oh ti prego! Non posso dimentic...Dorya! Si chiama Dorya. Ora voglio un applauso.
«Oh, it’s you.» dico rivolgendomi a lei. Subito dopo emetto uno dei sbadigli più piacevoli mai emessi da una principessa. Ironicamente parlando, ovviamente.
«They are all searching you!» mi grida con un accento molto stretto. Vuol dire: “Ti stanno cercando tutti.” Mi chiedo che bisogno ci sia di urlare in questo modo. Per la serie: “più-ti-innvervosisco-meglio-è.”
Mi limito a sbadigliarle in faccia e a ributtarmi a peso morto su questo invitantissimo prato. Richiudo gli occhi ed esprimo segretamente il desiderio di non trovarla più quando li riaprirò.
Ma quando li riapro, Dorya è sempre lì.
Ma i sogni non dovevano diventare realtà?! Eh...
«Please Princess, go back inside!» continua a insistere lei.
«Yes Dorya...» dico sospirando, arresa.
Mi alzo con fatica e seguo Dorya, che, con tutta calma, si sta dirigendo verso la porta che conduce all’interno del castello.
Appena rientro, sento di nuovo il caos del viavai che c’è qui dentro e mi innervosisco. Penso che se fossimo in un fumetto, avrei il fumo che mi esce dalle orecchie.
Imploro silenzio mentalmente, mentre vedo avvicinarsi altri tre individui che so già che mi diranno cose del tipo: «Ciao! Io sono Tizio, e sono il Coso del Cosocosato.», con quell’aria fiera di chi ama sbattere in faccia alle persone quale ruolo importante abbia all’interno di questa monarchia.
E a me sinceramente verrebbe da rispondere: «E io sono la Principessa, motherfucker!!!», ma no. Evito che è meglio.
Il primo dei tre che si sta avvicinando è alto, occhiali tondi e spessi e un unico ciuffo folto e grigio di capelli in testa. È un po’ curvo con la schiena e ha le mani incrociate all’altezza della vita. Il secondo è bassissimo: penso mi arrivi ai fianchi. È vecchio, si vede. Ha pochi capelli grigi-bianchi e un bastone di legno. Mi ricorda proprio...Nico! Sì, Nico appare nella saga più volte! Che sia lui?
Il terzo è il Primo Ministro. Ci siamo, ora mi farà la ramanzina.
Arrivano tutti e tre al mio cospetto, e a turno si presentano.
«Princess, it’s a real honour for me to meet you. I’m your personal butler.» dice il primo. Per chi non se ne intendesse di inglese, ha detto: “Principessa, è un vero onore per me conoscerla. Sono il suo maggiordomo perso...” Oh mia Dea, un maggiordomo personale! È una cosa troppo epica!
«Nice to meet you, too.» rispondo io, sorridendo e piegando la testa di lato.
«Gooooodevening, my dear!» strilla l’apparente Nico. «And welcome to Hyrule! I’m so glad to see you, my dear!»
«Oh, please, forgive Nico. He’s just an old man.» mi fa il Ministro. “Ti prego, perdona Nico. È solo un anziano.”
Ah-ha! Avevo ragione, è Nico! Che emozione incontrarlo!
«Don’t say it!» rimprovero il Ministro. «Good to meet you, Nico!» gli sorrido io. Mi fa quasi tenerezza.
Tutt’ad un tratto ho un fastidioso prurito alle orecchie appuntite. Inizio a grattarmele, ma appena mi gratto un orecchio, il prurito passa all’altro. Me le gratto entrambe contemporaneamente, salutando la mia figura di principessa garbata che mi ero appena fatta, ma nulla: il prurito c’è sempre. Comincio a sentire delle risatine e vedo ciocche dei miei capelli muoversi. Che succede, sono stata posseduta?!
Comincio a girarmi e rigirarmi, cercando di capire e vedo con orrore lo sguardo indescrivibile con cui mi stanno fissando gli individui dinnanzi a me.
Ad un tratto Nico fa un passo avanti, sbatte il bastone per terra e urla: «Navi! 王女を終了し、失礼なことしないでください !»
Non ho capito mezza sillaba tranne Na...VI!!!
Oh prendetemi vi prego! La fatina tanto adorabile quanto rompiscatole di Link! Dov’è? Oh voglio vederla!
Detto fatto, perché la piccola scintilla volante mi esce da non so dove e mi svolazza accanto emettendo suoni deboli, acuti e assolutamente pucciosi. Ho la possibilità di contemplarla per ben due secondi prima di vederla volare via.
Voglio inseguirla! Sono ipnotizzata dalla sua luce...
Anche stavolta giro le spalle ai poveri tre malcapitati che mi si stavano presentando per...rincorrere una lucciola volante scintillante, ma che posso farci, sono come un gatto attratto da un puntino rosso luminoso: devo prenderlo, anche se è sostanzialmente impossibile.
Cammino con l’aria di un’idiota, con lo sguardo perso per aria alla ricerca di quel dannato esserino. In stile: umano che tenta di seguire con lo sguardo una mosca impazzita. Immaginate quest’effetto su una principessa davanti a decine di persone. Adorabile no?!
Cammino a lungo senza meta e ho quel che merito: sbatto faccia e...qualcosa.
Apro gli occhi e il verde mi acceca, ma allo stesso tempo mi fa rabbrividire: ti prego non dirmi che...
«Oh, excuse me...» sospiro stordita, sperando che le mie parole non siano state ascoltate proprio da...
«Per essere una principessa sei alquanto imbranata.» sento la sua voce. Ecco lo sapevo. Con tutte le figure di merda che potevo fare, proprio questa. Con...Link.
«Ma non ti hanno insegnato a guardare dove vai?!» cerco di ribaltare la situazione. Eh sì, quando sono nervosa la prima cosa che –purtroppo- faccio è perdere il controllo. Ed esplodere come una bomba.
«Oh ma davvero?» chiede un filino sconcertato lui, piegando la testa e assumendo un’aria: “Ti stai per caso prendendo gioco di me, ragazzina?”.
«I-io sono la Principessa! S-sono gli altri che devono stare attenti a me, n-non io a loro!» esclamo balbettando. Non mi viene affatto bene la parte dell’autoritaria, né tantomeno dell’altezzosa.
Infatti, Link prontamente ribatte con un secchissimo: «Non sei credibile.»
Sospiro, abbasso lo sguardo. Averlo davanti mi fa davvero impazzire. Perché: per prima cosa, non è esattamente normale; seconda cosa: io ho davvero, e sottolineo davvero, una cotta per lui. Cosa succede quanto ci si trova davanti alla persona che si ama? Farfalle nello stomaco, aumento allucinante del battito cardiaco, pelle d’oca, nervosismo...
Anche se c’è da dire che c’è una differenza quasi abissale fra “avere una cotta” e “amare”. E io per Link ho solo una piccola e improbabile cotta. Non lo amo.
Credo.
«Stavo inseguendo Navi.» spiego senza troppi giri di parole.
«Non sono affari miei.» diventa improvvisamente acido, per poi girarmi le spalle e andarsene.
Chissà che impressione gli ho fatto.
Cammino perplessa, cercando la mia stanza. Vorrei esplorare, conoscere, capire. Ma sono stanca, a dirla tutta. Vorrei solo stendermi su quel lettone, chiudere gli occhi e riposare un po’, per poi riprendere la mia avventura qui ad Hyrule. Come quando selezioni l’opzione: “Salva ed esci” su un videogame, poi quando avrai voglia di andare avanti, riaccenderai la console e selezionerai: “Continua partita”.
I miei viaggi mentali però, sono bruscamente interrotti dalla perfezione fatta donna, ovvero Zelda, che mi dice: «Per oggi è abbastanza. Va’ a casa e fai vedere a tua madre che stai bene. Poi esci un po’ e mostrati sempre naturale. O almeno non fare la faccia che hai adesso davanti agli alti. La tua vita umana non deve cambiare, o perlomeno agli occhi degli altri!» Dopodiché mi fa l’occhiolino.
Accompagnandomi con una mano sulla schiena al portale, ovvero la finestra della mia stanza che mi riporterà alla finestra della mia camera terrestre, Zelda mi saluta con un lieve inchino della testa e a me vengono le lacrime agli occhi.
Ed ora, si torna alla triste e noiosa...Terra.
 

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Capitolo 5
*** The Unveiling ***


5

Cosa può esserci di più traumatico del passare da un mondo meraviglioso, perfetto e magico come Hyrule a...la Terra!?  La risposta, purtroppo, non è “niente.” Domani c’è scuola.
Ho appena riattraversato la mia finestra e mi sono buttata a peso morto sul letto, cercando di mettere in ordine i pensieri e i ricordi di tutto ciò che era appena successo. E l’unica cosa che mi viene  da dire è sospirare un potentissimo: «WOW.»
Ma ora? Cosa devo fare?
Domani dirò  addio a quella scuola odiosa e ai miei amici inutili. Li odiavo tutti, eccetto Marcelle. Lei era l’unica che si preoccupava per me e che speravo mi sarebbe rimasta sempre accanto. Purtroppo ormai non ne sono più tanto sicura, dato che frequenteremo due scuole superiori diverse. La rivedrò mai? Lei si dimenticherà tanto in fretta di me?
Di certo, con tutto quello che era capitato, Marcelle è l’ultimo dei miei problemi ora. Adesso mi spetta parlare con mia madre e tentare di spiegarle. Anche se, a detta dei miei nuovi amichetti extraterrestri, lei sa già tutto.
Con non so quale forza di volontà, sollevo il mio corpo dal letto e mi dirigo nella camera accanto, che è appunto la camera da letto dei miei genitori. Apro la porta e trovo soltanto papà, intento a leggere un grosso libro, con un’espressione accigliata e concentrata.
«Ciao papà.» saluto, timorosa. Non so perché ho paura, più che altro è come se avessi un terribile presentimento.
«Ciao Daisy.» ricambia il saluto lui, fissandomi per un secondo prima di re-immergersi nella lettura.
«Come va?» dico avanzando e sedendomi ai piedi del lettone matrimoniale. Nessun letto sarà comodo come quello su cui mi sono stesa ad Hyrule.
«Tutto okay. Dimmi pure, ti serve qualcosa?» chiese. Ho percepito appena appena un po’ di dolcezza in più, nelle sue parole. La sfrutterò.
«Oh, no. Sto solo cercando mamma...tu l’hai vista papy?» spiego. “Papy” è il nome con cui lo chiamo quando...mi serve qualcosa da lui. Presuppongo che ormai l’abbia decifrato questo mio atteggiamento, ma nonostante ciò fa finta di non capire tutte le volte.
«È fuori al terrazzo.» risponde senza staccare gli occhi dal libro e puntando l’indice contro la finestra.
«Grazie!» esclamo con voce smielata, e mi precipito fuori.
Mamma e papà non vanno d’accordo. Non è raro che si trovino in disaccordo e che questo sbocchi in un litigio non esattamente moderato. Urlano anche per le cose più sciocche, per esempio che tipo di pasta cuocere assieme alle lenticchie.
«Gli spaghetti spezzati!» urla mamma.
«Le mezze penne!» strilla papà.
«Se non la smettete, cuocio voi due assieme alla pasta!» mi sgolo io.
Sono degli idioti. Comunque, si può dire che ho fatto l’abitudine a situazioni del genere. Anche se in teoria non ci si dovrebbe abituare.
Cammino lentamente a causa della stanchezza, e arrivo fuori il terrazzo del salotto.
Mamma è intenta a lavare per terra, e sta sudando per la fatica. Povera.
«Ciao, mamma. Serve una mano?» le chiedo spontaneamente.
«Ciao Daisy. Non ti preoccupare, non potresti fare nulla.» mi risponde, facendomi sentire inutile. Non osare più lamentarti che non ti aiuto mai, mamma!
«Ah ah ah. Okay.» ridacchio nervosa.
Ed ora cosa le dico? “Ciao mamma. Sono andata su un altro e ne sono diventata la principessa. Cose che capitano, stai tranquilla”.
Questa me la segno nella lista delle pessime idee.
Mentre mi spremo e mi rispremo per pensare alle parole e al tono giusto da usare per spiegarle, lei mi vede perplessa e mi dice: «Tutto bene? Che stai facendo lì impalata? Non vedi che è bagnato?»
«Oh. Ah. Ehm, sì, eh eh.»
Ottima risposta Daisy, ottima risposta. Sarai una grande principessa.
«Allora? Ti sposti?» mi chiede infastidita.
Io faccio un piccolo passetto indietro, giusto quanto basta per non finire nella zona bagnata.
Ho l’adrenalina a mille. Vorrei sputare tutto ciò che sento in una sola fiatata. Ma so che anche lei ne rimarrebbe scioccata quanto me.
«The Legend of Zelda è proprio una bella saga.» incomincio, per entrare in argomento.
«Già.» sospira lei, con un accenno di sorriso. È ancora curva a lavare con cura le mattonelle di ceramica.
«Tanto. Sembra quasi che...giocandoci, tu riesca davvero a far parte del mondo di Hyrule!» ci giro un po’ intorno.
Mamma forse starà pensando: “Ah, se solo sapessi quanto è vero.”
Ma io, cara mammina, lo so già quanto è vero. E ora..te lo dimostro. Posso farcela.
«Mamma, sono la nuova principessa. Vero?»
Bam, ho fatto centro. A mamma cade la mazza per lavare di mano, provocando un tonfo.
Rivolge il suo sguardo a me, come per chiedermi: “Quindi tu...sai?”
E io, le ricambio lo sguardo con gli occhi fissi e un sorrisetto, che stanno a dire: “Sì. Io so.”
Conversazione telepatica.
Annuisco con la testa e mamma si precipita verso di me, mettendomi le mani sulle spalle e partendo con domande a raffica: «È successo, Daisy? È accaduto? Quando? Come? Che hai pensato? Stai bene vero, non sei troppo sotto shock, vero? Finalmente...»
La abbraccio forte e le dico: «Mamma, non posso crederci.»
Dopo un minuto eravamo sedute sul divano. Mamma voleva sapere tutto ciò che era successo.
Io ci provo: «Dunque, ero in bici. Stavo pedalando su e giù per il vialetto. Mi sono distratta per un attimo e sono sbattuta contro un muro, cadendo dalla bici e perdendo sangue. Mi riguardo le ginocchia sbucciate e, cavolo mamma, non lo erano più. Poi, io non ho capito, insomma..cioè, c’era una luce, e poi una voce, e poi Faih, e poi la finestra, e poi Zelda e poi le regole e...»
«Calma tesoro, calma!» mi blocca mia madre. «Ho...ho capito, più o meno. Mi spiegherai meglio quando ti sarai ripresa.»
«Ora però...» faccio in tono molto serio «Voglio che sia tu a raccontarmi. Zelda mi ha raccontato di una guerra, e che tu sei dovuta fuggire qui. Cosa...cosa è successo?»
«Oh. Sì.» annuisce lei, poi si schiarisce la gola, come se stesse per iniziare un gran discorso.
«Sono nata e cresciuta ad Hyrule. Più precisamente, in un villaggio molto piccolo di campagna, a sud del pianeta. Il villaggio Tauro. In quel periodo, c’era qualcosa di molto strano, che preoccupava tutti. I pezzi di Triforza esistenti erano solo due. La principessa Zelda NON possedeva il terzo pezzo. Tutti impazzirono, chi per sete di potere, chi per paura che l’equilibrio del pianeta si perdesse, e partirono alla ricerca di questo terzo frammento.  Anche io ero molto preoccupata. Andavo regolarmente ai templi della dea Hylia a pregare. Dissi che ero pronta a dare me stessa, pur di ritrovare la Saggezza scomparsa. Inizialmente, fu tenuto nascosto. Nessuno sapeva che la principessa non la possedesse. Ma la Triforza è il centro di Hyrule. Se non c’è la Triforza, Hyrule muore. E la mancanza di un pezzo fondamentale, poco a poco si fece sentire. Fu resa pubblica la scomparsa della Saggezza. Fu da allora che iniziai a pregare incessantemente e disperatamente. Finché, un giorno, alla sorgente del villaggio, in cui regnava uno dei quattro spiriti della luce, ovvero Ratane, ebbi una visione. Lo spirito mi apparve e mi disse che ben presto, sarebbe avvenuta una “magia”. Dopo qualche mese nascesti tu. Non si sapeva come. Ma nascesti. Subito capii che tu avevi ospitato la Saggezza nel tuo corpo. Eri il mio dono, un dono preziosissimo per tutta Hyrule, offertomi direttamente dalla dea Hylia. Avrei dovuto proteggerti. Ma fallii. Così come si sentii la scomparsa, si sentii anche il ritrovamento. L’equilibrio era tornato. Tutti se ne accorsero. E la cosa degradò quando si seppe CHI possedeva il terzo pezzo. Eri una neonata, ingenua e impotente. Un bersaglio facilissimo da conquistare. Sarebbe bastato pochissimo per impossessarsi di te, e quindi anche di un pezzo di Triforza. Fu così che scoppiò una guerra che coinvolse tutti. La principessa, i soldati, gli umili e onesti cittadini si batterono per proteggerti. Ma dall’altra parte, un personaggio che penso tu conosca bene, e già in possesso di un pezzo della Triforza, agiva per averti. Ganondorf. A quel punto, a malincuore, decisi di sacrificarti. Gli spiriti ti lanciarono una potente maledizione, necessaria per salvarti. Se io fossi riuscita a trasferirmi con successo sul pianeta Terra, e mi fossi sposata con un umano, tu saresti rinata. Ma in cambio, non saresti più stata un Hylian completo. Avresti dovuto fare spazio anche alla tua parte umana, nascondendo la Triforza nella parte più profonda di te. Quindi, sette anni dopo, ovvero tredici anni fa, tu rinascesti da umana. Destinata a prendere le redini di Hyrule.»
Scoppiai a piangere. Intensamente. Sentire quelle cose fu come piantarmi un coltello in pieno petto con tutta la violenza possibile. Riuscivo quasi a percepire del dolore.
Mamma aveva sofferto. Mamma aveva dovuto uccidere sua figlia. Mamma aveva dovuto convivere con questi ricordi senza mai poterne parlare.
Ed era tutta colpa mia e della mia esistenza. Mamma ora vive in un luogo a cui lei non appartiene. Chissà come stava aspettando questo momento.
Questo discorso avrebbe dovuto farmi capire tutto, ma in realtà nella mia mente stanno germogliando sempre più domande, e da queste altre ancora. Ma la domanda che più mi sta martellando la testa è:
«Miyamoto. Come può esistere tutto ciò sulla Terra? Come faceva Miyamoto a...»
Anche mamma sta piangendo. Ma tra quei singhiozzi, trova comunque la forza per rispondermi:
«Non fui l’unica a essere spedita sulla Terra. Eravamo circa un centinaio. Purtroppo però, il metodo di spedizione usato era solo un prototipo non collaudato. Così arrivamo sulla Terra solo in 18. Miyamoto era fra quei 18. Riuscii a farsi un nome su questo pianeta, e decise di usare il potere e l’influenza dei videogiochi per far capire agli umani l’esistenza di quel pianeta. Certo, implicitamente parlando. Nessuno crede che possa davvero esistere un posto del genere. Anche se io devo essergli grata, perché con i suoi videogiochi sono riuscita a introdurti il mondo di Hyrule, Miyamoto ha comunque violato la prima fondamentalissima regola: mai, e sottolineo MAI, mettere i terrestri a conoscenza del nostro pianeta.»
Ha ragione, io capisco chi ha stabilito questa regola. Gli umani sono cattivi e hanno sete di conquista. Distruggerebbero Hyrule per conquistarlo e analizzarlo da cima a fondo. Inoltre, non oso pensare cosa sarebbero in grado di fare se avessero fra le mani un potere tanto enorme come la Triforza.
Per il bene di tutti, Hyrule doveva rimanere un segreto. Come lo è sempre stato fino ad ora.
 

--Angolo della scrittrice--
Ciao a tutti! Sono Zelda_Shooter, ma Daisy è proprio il mio nome direi.
Non avevo mai fatto nelle altre parti un angolo della scrittrice, e anche se credo che possa risultare noioso, mi piacerebbe se ci deste un’occhiata.
Dunque, con questa parte dichiaro conclusa l’introduzione della fan fiction. Ho dovuto metterci tanto, perché ho dovuto spiegarvi per bene tutte le regole, le leggi, la cultura e la storia di un nuovo pianeta. Ho dovuto inventare tutto e far sì che fosse chiaro anche a voi!
Comunque, dalla prossima parte niente più discorsoni, e la storia proseguirà ad un ritmo più veloce.
Devo dire che mi diverto da impazzire a scrivere questa fic, dico davvero. Posso prendere tutto ciò che mi piace di TLOZ e disporlo come più mi pare.
C’è anche un chiarimento  che voglio fare sulla protagonista. Certo, si chiama come me e parlo in prima persona. Ma vorrei che voi rispecchiaste voi stessi in lei, che vi immergeste completamente nel mondo di Hyrule. Che voi immaginiate voi stessi come Daisy e che vi vedeste interagire con tutti i personaggi!
Detto ciò, vi do appuntamento al prossimo capitolo.
Lasciate una recensione se vi va, sono molto aperta a critiche di qualsiasi genere, purché non puramente offensive.
Alla prossima!
-Zelda_Shooter

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Capitolo 6
*** The Problem ***


6
«Fuggi. Vattene.» odo una voce. Sembra lontana, ne riesco a sentire l’eco. Come se stesse urlano in un tunnel.
«Chi sei? Che vuoi da me?» domando, guardandomi intorno spaesata.
Si può sapere dove cavolo sono finita? È un posto strano, per certi versi macabro. C’è una fitta nebbia che sfuma dal nero al viola, mentre il pavimento è color ghiaccio.
Stona un po’ con la nebbia, non credete? ... Non sono queste le cose di cui dovrei preoccuparmi.
Cammino in avanti, accumulo velocità  fino ad arrivare a correre disperatamente.
«Stammi lontana!» urla la voce.
«Voglio sapere chi sei!» strillo con tutto il fiato che ho in gola e con l’affanno, dato che sto continuando a correre.
«Morta.» dice d’un  tratto la voce, in modo secco e freddo.
«Eh?!» espiro scioccata.
«Il destino non va sempre scoperto. Ci sono cose di cui non si deve conoscere l’esistenza. Sei sicura di voler vedere il tuo destino?» mi fa la voce. Sembra che sia più vicina.
«Io...s-sì.» rispondo incerta.
Arriva una folata di vento così ghiacciato e pungente da farmi provare dolore, poi la nebbia vola via, scomparendo.
Riapro gli occhi, ma è come se vedessi tutto appannato. Non riesco a mettere bene a fuoco.
Qualche istante dopo, ho una visione agghiacciante. Un cadavere. Un cadavere cosparso di sangue, distrutto e mutilato. Sopra di lui, una figura nera, curva, che piange. Non si distingue l’identità. Però i miei occhi stanno focalizzando sempre di più l’immagine del cadav...
Il cadavere...sono io.

«No, no!» urlo dallo shock, pochi secondi prima di realizzare che era stato solo un breve e confuso incubo. Mi stropiccio gli occhi, mi stiracchio e ringhio: «Diamine!»
Inspiro ed espiro, per poi guardare fuori dalla finestra e rendermi conto che fra un’ora dovrei  essere a scuola per l’ultimo giorno alle scuole medie.
All’inizio ho detto che non mi sentivo una tredicenne. Ed è vero. Per me stare in quella scuola è un’offesa alle mie capacità. Non faccio un errore nei compiti in classe, i miei voti sono perfetti e sono l’invidia dei miei compagni di classe. E forse, dopo il discorso di mia madre di ieri, ora capisco il perché. In teoria, io esisto da vent’anni. Ed è anche per questo che non mi trovo bene coi miei compagni. Non sono al mio livello cerebrale. Ora, non voglio sembrare presuntuosa, ma è così che mi sento. Mi sento incompresa. E non si tratta solo di un semplice e comune sintomo dell’imminente adolescenza, io mi sento davvero profondamente sola.
Ma, grazie ad Hyrule, tutti i miei interrogativi si stanno snodando da soli. Ora finalmente diventa tutto più chiaro. Sono più sicura, è come se mi sentissi finalmente completa. È ovvio che mi sentissi vuota: non sapevo dell’esistenza dell’altra metà di me stessa.
Ora mi chiedo: come faranno l’Hylian e l’umana che è in me a convivere? Certo, lo hanno fatto sino ad ora. Ma adesso è diverso: sto cambiando. Ogni tanto, sento le orecchie doloranti, i muscoli tirare e il seno ingrandirsi. Il mio corpo deve aver iniziato a trasformarsi dopo il primo impatto con l’aria di Hyrule. Spero solo che non diventi troppo evidente sulla Terra, o potrei sembrare un mostro agli occhi dei terrestri.
In ogni caso, ora arriva la parte difficile: devo andare a scuola, comportarmi come sempre e dimenticarmi per un attimo dell’incredibile giornata di ieri che ha segnato in modo più che drastico la mia vita. Facile a dirsi, difficile a farsi. Come un po’ tutte le cose, del resto.
Fatto sta, che dopo essermi lavata, pettinata e vestita, ora sono per strada avviandomi verso il posto peggiore per qualsiasi essere umano. La scuola, diamine.
C’è un’aria di euforia oggi, sono tutti più allegri. Tranne le terze, ovviamente, che fra poco dovranno sostenere un lungo periodo di esami. Tsk, sciocchezze. Sarà una cretinata al quadrato, e di questo sono talmente sicura da giocarmi un arto. Gli esami sono l’ultimo dei miei problemi, anzi non rientrano nemmeno nella lista.
«Hey Daisy.» mi sento salutare. È Marcelle.
Vado d’accordo con Marcelle perché è l’unica che ha le mie stesse passioni ed interessi. Indovinate di cosa sto parlando? Videogames, naturalmente. Era difficile da indovinare, lo so.
«Heylà.» ricambio il saluto.
«Come invidio le altre classi: niente esami e dritti verso le vacanze estive. Depressione portami via.» cerca di attaccare bottone lei. Ridacchio per farle capire che ho afferrato il messaggio, ma non rispondo.
Mi sono detta che non ci devo pensare! Perché ci sto pensando?! Non c’è un perché, è normale! Ma devo autocontrollarmi. Per il bene della mia sanità mentale, devo farlo.
Le ore passano lentamente. Siamo alla penultima ora, la professoressa di italiano è in classe e continua ad interrogare. Diamine, anche oggi prof? Seriamente?!
La mia compagna di banco, Terrie, mi sta fissando da un po’. Deve aver notato la mia impazienza.
«Terra chiama Daisy.» mi fa.
«In teoria, non è la Terra a chiamarmi.»  dico, senza pensare alla grandissima cazzata che ho appena sparato.
Ma sono idiota?! Risposta: sì, diamine, sono una completa idiota.
Okay, la sua reazione sarà stata sicuramente: “Mh, una delle sue classiche risposte senza senso.” Ed è così, ai loro occhi non ha senso. Ma non posso assolutamente permettermi di far intendere la minima cosa!
Mi vengono in mente le parole di Zelda:  «Una sola è la cosa che però devi ricordare più di tutte le altre: di questa tua seconda vita, non dovrà mai saperne NIENTE NESSUNO. Pena: la morte
Queste parole bastano a farmi gelare il sangue e a tenere la bocca chiusa.
«La noia mi sta divorando gli organi interni.» si lamenta Terrie.
«Di brutto.» ribatto io.
Poi sento qualcosa colpirmi la nuca, e trovo incastrato fra i miei capelli un biglietto di Marcelle,  nel banco dietro il mio, che recita: “Perché ti fissano tutti?”
Mi giro e noto che effettivamente parecchi individui mi stanno guardando. Faccio la mia faccia: “E tu, che hai da guardare?!”, ma mi rendo conto che non è me che guardano. È la mia man...OH PORCA MISERIA.
Scintilla! Scintilla come Edward Cullen! La mia mano sinistra sta...
Realizzo.
La Triforza. Sta venendo fuori.
La Triforza appare sempre sul dorso della mano sinistra di chi la possiede. I tre triangoli iniziano a illuminarsi sulla pelle, e il triangolo del pezzo di Triforza posseduto brilla più degli altri.
Ecco, vorrei nasconderla, ma la sfortuna vuole che io sia mancina e che quindi per scarabocchiare o semplicemente tenere qualcosa, ho bisogno esattamente della mano sinistra. Che faccio ora?!
Idea. Idea stupida, ma pur sempre idea.
«Un fazzoletto!» urlo a Terrie.
«Eh?» chiede confusa lei.
«Sbrigati!» le ordino non esattamente in modo garbato.
Lei me lo porge subito, anche se non capisce la mia fretta.
Rimane parecchio sbigottita quando vede che lo apro, lo accartoccio e mi alzo per andarlo a buttare ancora intatto, con la mano sinistra in tasca.
Poi, mentre torno apposto, simulo un piccolo incidente: tolgo la mano dalla tasca e mentre sto per sedermi la sbatto violentemente contro lo spigolo del banco, per poi urlare di conseguenza e attirare l’attenzione della professoressa.
«Shooter!» grida la prof.
«Prof, scusi! Ho sbattuto la mano sul banco distrattamente, non è che potrei andare in bagno a metterci un po’ d’acqua fredda?» mi giustifico.
«Vai...» mi permette la prof. Credo che abbia inteso che sia stato un incidente un po’...”forzato”.
Corro in bagno, tiro fuori la mano e la fisso incredula.
I tre triangoli ora sono belli distinti. Il mio, quello in basso a sinistra, luccica molto di più degli altri due. Quello in alto, di Ganodorf, è lì fermo, ma è quello di Link che coglie la mia attenzione. Il suo triangolo lampeggia. Compare e scompare circa una volta al secondo. Che vuol dire? Che io possa in qualche modo “monitorare” le condizioni degli altri due possessori? Che vuol dire il lampeggiamento?
Ora non ho tempo però per queste domande: devo farla sparire e al più presto, non posso restare troppo in bagno o mi verranno a cercare e la vedranno.
«Pena: la morte.» mi assilla la voce di Zelda.
Purtroppo stavolta il tempo è contro di me.
Terrie spalanca la porta del bagno, chiedendomi subito: «Cos’è successo?!»
«Ehm, io ho... sbattuto la mano sullo spigolo del banco! Ah ah ah.» balbetto nervosissima. Nascondo con riflessi prontissimi la mano dietro la schiena.
«Io intendo: cos’è successo veramente?» precisa.
Io e Terrie siamo state compagne di banco per tutti i tre anni di scuola media. Conosce i miei atteggiamenti, il mio modo d’agire e di pensare. Ovviamente, anche io conosco i suoi e so che ha capito che c’è sotto qualcosa.
Okay. Terrie 1 – Daisy 0.
«E va bene. Ti dico tutto.» rispondo apparentemente arresa.
Idiota, idiota, idiota! Ed ora?
«Ti ascolto, baby.» mi risponde lei, appoggiandosi al muro.
«Io...mi...» inizio, senza sapere dove andrò a parare. Dannazione!
«Tu ti...?» ripete.
E va bene, mi hai costretta tu. Odio usare questa tattica, ma sinceramente non vedo in che modo la situazione possa peggiorare. In verità non dovrei dirlo, perché quando lo fanno nei film, dopo succede effettivamente qualcosa di peggiore; ma è una frase figa. Credo.
«Formaggio.» affermo decisa.
«Eh? Non ho capito bene.» mi fa lei confusa.
«Carota.» continuo io, ferma.
«Daisy...» sospira annoiata.
«PIZZA!» urlo io.
«Hai fame, per caso?!» mi domanda innervosita.
«Forse un po’, già. Non è che mi prenderesti qualcosa al distributore? Tieni, cinquanta centesimi. Se ci sono, prendi le patatine.» le rispondo come se non fosse successo nulla.
Nel caso non si fosse capito, la mia stupidissima, idiotissima, cretinissima tattica era quella di dire cose a caso finché non fossi riuscita a far cambiare direzione al nostro discorso. Quante volte ha funzionato finora questa tattica? Zero. Però sembra che stavolta me la stia riuscendo a spuntare.
Nel caso non si fosse capito neanche questo, quando sono nervosa, come già detto, perdo il controllo delle mie facoltà mentali.
«Non cambiare discorso.» mi colpisce in pieno lei. Bang! Colpita e affondata.
«Terrie io...non ho studiato. E ho paura che la prof mi interroghi. Quindi ho simulato questo “incidente” per svignarmela. È tutto.»
Hah! Genialata dell’ultimo secondo! Vai così, Daisy! Daisy 1 – Terrie 1. È un pareggio. Come ho fatto a non pensarci prima?
«Non è vero.» mi risponde lei.
Eh?! Che....COSA?! Come ha fatto a...?
«TU non puoi NON aver studiato.» ribatte, calcano “tu” e “non”.
«Beh, stavolta IO NON l’ho fatto.» contrattacco.
«Per...perché?!» chiede.
«Oh andiamo! È l’ultimo giorno di scuola, non credevo che quella babbea interrogasse ancora. Ieri me la sono presa libera, per la prima volta nella mia vita. Capisci?»
Forse il mio discorso iniziava a quadrarle un po’.
Il problema ora era che la mano iniziava anche ad  emettere un lieve suono. Come se stesse caricando energia.
«Vattene.» le ordino.
«Ehi!» urla un po’ indispettita.
«Devo vomitare, vattene!» strillo.
Poi mi precipito in bagno, la mano ora quasi mi acceca. Serro la porta e sento i passi di Terrie che se ne sta andando.
Mi sento per un attimo in pace, per poi fissare la mano ed emettere un fortissimo: «Kyaaah!» di stupore.
La mia mano potrebbe essere usata come palla stroboscopica in una discoteca di cento metri quadrati. È diventata letteralmente un faro. Sento un bidello da fuori che sta venendo a controllare.
Non può essere! Perché Zelda non mi aveva detto di quest’evenienza? Perché non mi ha detto che la Triforza avrebbe potuto combinare questo casino mentre ero sulla Terra?
Sento lacrime fredde scorrermi sulle guance: sono nel panico e senza via d’uscita da questa situazione. Mi ritorna in mente per un attimo il cadavere visto in sogno, e le solite parole di Zelda: «Pena: la morte. Pena: la morte. Pena: la morte
Basta, basta! Qualcuno mi a...aiuto!
Qualcuno mi ha tappato la bocca. Chi?! Da dove è sbucato?! Mi tiene bloccata a sé e mi sta stringendo per non farmi né muovere né parlare. Dopodiché, vengo trascinata all’indietro, come se le pareti del bagno non esistessero più.
All’improvviso è come se mi trovassi nello spazio, non sento più nessun rumore, né riesco a vedere nulla. Mi sento leggera, come fossi un fantasma.
Devo essere morta. Il segreto stava per essere svelato e loro mi hanno uccisa. Ora vagherò in questo buio per sem...
La camera da letto del castello di Hyrule si materializza davanti ai miei occhi.
«Sei qui da appena un giorno e già mi causi problemi.» sento una voce, piena di rabbia.
Dev’essere il mio rapitore...o meglio dire il mio salvatore.
Eppure l’ho già sentita questa voce profonda.
Sento la porta  sbattere violentemente alle mie spalle, tanto forte da farmi girare di scatto e notare appena appena la punta del suo cappello.
Link mi ha salvata.

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Capitolo 7
*** The Fault ***


7

Sono confusa, ho paura di aver rovinato tutto in meno di cinque minuti. Il bidello sarà già arrivato, avrà già aperto la porta e avrà già notato che io non ci sono. Avrà già chiamato professori e genitori e mia madre sarà già venuta a sapere il guaio che ho combinato. Avrà già perso fiducia in me.
«Mi dispiace così tanto.» sento la voce di Zelda alle mie spalle.
«Ti...dispiace?» ripeto incredula.
«Avrei dovuto pensarci e non l’ho fatto. Non sapevo che il tuo corpo avrebbe reagito così presto.» mi spiega.
«Oh...mi spiace, non volevo essere un problema.» mi scuso.
Zelda inizia a camminare un po’ innervosita e pensierosa, ma sempre con modo e postura perfetti.
Se anche Miss. Perfezione è in ansia, allora vuol dire sicuramente che sono spacciata.
Sono inginocchiata sul mio amatissimo lettone rosa, e ho entrambe le mani sul petto, come se volessi cercare di trattenere il mio cuore all’interno, per paura che a causa del battito cardiaco estremamente accelerato possa schizzarmi via dal corpo.
Ma il mio tentativo di abbassarmi la pressione è interrotto da un grande tonfo di una porta spalancata, con modi che definirei poco...aggraziati.
«How about the girl?» chiede Link, schizzando nella stanza come un pazzo.
«Fine. Thank you for your  help.» lo ringrazia Zelda.
Sì, è stato lui a salvarmi. Ora non ho dubbi.
«Are there any problems on her planet?» domanda Link.
«I don’t know...I’m really worried. Your rescue was rapid and effective, but it left a lot of dangerous mysteries. Daisy is actually disappeared. And she disappeared while she was locked in a small area without ways out. All this will raise many questions in humans’ mind. We can’t afford it.» risponde in un inglese perfetto Zelda.
Con me parlano italiano, ma fra loro credo che l’inglese sia più comodo.
Traduco ciò che ha detto: “Il tuo salvataggio è stato rapido ed efficace, ma ha lasciato molti misteri pericolosi. Daisy è attualmente scomparsa. Ed è scomparsa mentre era bloccata in un’area minuscola e senza vie d’uscita. Tutto ciò farà sorgere molte domande nella mente degli umani. Non possiamo permettercelo”.
Ed ha ragione, è esattamente ciò di cui mi preoccupavo io. Solo che non ho idee per poter uscire da questa situazione.
«Just kill every witness.» risponde tranquillo Link.
«Eh?! “Uccidiamo tutti i testimoni?! No!» gli rispondo istintivamente.
«Stammi a sentire, la causa di tutto sei tu ed IO  sto cercando di risolvere il problema che TU  ci hai creato!» mi risponde furente.
Lo odio! Come si permette? Chi si crede di essere?! Dov’è il Link dei videogiochi?! Voglio lui!
«Ma ce l’hai un cuore?! Tutta la scuola sarà venuto a saperlo! Vuoi uccidere più di cinquecento persone?!» gli strillo sull’orlo di piangere.
Faccio sempre così: quando mi arrabbio, mi sale l’adrenalina: le mie emozioni prendono il sopravvento e spesso inizio a piangere non per tristezza, ma per odio, rabbia e collera. Dovrei imparare a controllarmi. Anche se di fronte ho Link.
«Zitta ragazzina!» mi urla.
«Non sono una ragazzina, sono un Hylian intrappolata nel corpo di un’umana!» gli strillo tra le lacrime.
«Se fossi davvero un Hylian maturo e sviluppato, tutto ciò non sarebbe mai accaduto! Quindi sei solo una stupida e comune ragazzina! Sono stanco di stare ai vostri ordini, andate al diavolo.» mi ribatte, uscendo e sbattendo la porta con estrema violenza per l’ennesima volta.
Ora sto davvero piangendo. Bastardo.
«Perché?! Perché gli hai permesso di trattarmi così?!» chiedo a Zelda.
«Scusami. Volevo solo che si sfogasse.» mi risponde lei, mortificata.
È talmente bella anche quando è mortificata!
Aspetta...cosa mi ha appena risposto?!
«Come...”volevi solo che si sfogasse?”» le chiedo confusa, asciugandomi le guance.
«Link ha da poco perso suo nonno, il suo ultimo parente. Beh, ha ancora sua sorella adottiva. Ma ora loro due sono totalmente soli. I genitori di Link sono morti durante la guerra in cui sei nata tu.» mi spiega.
Panico, brividi. Pelle d’oca. Pezzi di puzzle che si incastrano nella mia mente: io ho ucciso i genitori di Link. È colpa mia. È soltanto colpa della mia nascita.
«No...» sospiro, portandomi le mani nei capelli. «NO!» urlo disperata.
«Che c’è?» mi chiede confusa.
«Ce l’ha con me...perché gli ho ucciso i genitori. La guerra che vent’anni fa scoppiò a causa della mia nascita è la causa della loro morte. Oh Link! Mi dispiace così tanto!» parlo perlopiù fra me e me.
Mi sento in colpa. Lo stomaco mi si sta torcendo dal rimorso.
La persona che più ammiravo...è diventata l’esatto opposto per colpa mia. Colpa mia. Colpa mia.
«Colpa mia.» ripeto ad alta voce.
«Principessa, calmati. Tu non hai nessuna colpa. Sei vittima quanto loro di questa guerra.» cerca di consolarmi.
Ma non voglio ascoltarla. Esco di corsa dalla stanza, in cerca di Link.
Le parole e le cose che gli ho detto prima mi stanno divorando il cervello. Non solo sono la causa delle sue sofferenze, ma sono anche arrivata ad Hyrule, facendo la presuntuosa e sputandogli in faccia le mie sentenze. Tutta colpa del mio pessimo autocontrollo! Dannazione, dannazione, DANNAZIONE!
Speravo che l’unico posto di mia conoscenza in cui ci fosse possibilità che si fosse recato, fosse quello giusto. E per mia grande fortuna, era esattamente dove speravo: sul tronco nel cortile del castello, dove ci siamo incontrati la prima volta. Sempre di spalle, ad osservare il panorama.
Mi tremano le mani e sto sudando molto. Con quale faccia tosta mi ri-presento da vanti a lui? E con quale faccia tosta riapro un argomento per lui molto doloroso? Forse non devo esattamente riaprirlo. Forse devo semplicemente scusarmi. Anche se questo non basterà. Anche se il motivo per cui mi sto per scusare, non sono solo le grida di prima. Ma per ora non deve saperlo.
Oh. Solo ora le mie orecchie si sono ri-appuntite. Sono troppo simpatiche.
«Mi dispiace...» sussurro. Dubito che con questo volume vocale possa sentirmi.
Infatti non si gira.
Riprovo: «Mi dispia...»
«Ho capito.» mi blocca lui, fulmineo.  
Quindi aveva sentito...
Finora, tutti i miei incontri con Link sono stati poco piacevoli, per così definirli. Almeno per lui. Voglio che sappia come mi sento e che sono davvero mortificata per tutto.
«Non era mia intenzione.» dico con un filo di voce.
Stavolta si gira, mi squadra per un secondo, poi scende dal tronco e si siede per terra a gambe incrociate, di fronte a me. Decido di continuare.
«Ero solo nervosa, ecco...poco fa. Io...ero sotto shock, ho combinato un disastro. Tu mi hai salvata e io ti ho anche urlato addosso, Link. Mi sento un mostro.» mi sfogo. Ora va un po’ meglio, mi sono liberata di un pezzettino delle mie preoccupazioni.
Lui sospira intensamente, e sento l’ennesimo di quei brividi percorrermi la schiena.
Non demordo: «La mia vita è cambiata solo ieri. Non voglio ripetere questa cosa e usarla infinitamente come scusa per qualsiasi situazione, ma io non so davvero come funzioni qui. Sulla Terra mi sento spesso molto sola, e mi arrabbio per questo.  Per questi motivi, non ho mai imparato a tenere la lingua apposto, e a non sfogarmi ogni volta che mi andava, perché dentro di me si concentravano un mucchio di sensazioni diverse. Non ho nessuno con cui parlare.»
«Perché?» mi chiede lui, apparentemente incuriosito.
«Ah? Oh. Te l’ho detto, mi sento sola. Alla mia età, gli umani pensano principalmente a essere fighi, popolari, un po’ bulli, a prevalere...Credono che un vestito particolare ti renda migliore rispetto ad un’altra persona che non ce l’ha; che se hai l’orecchino e sei più tamarro allora sei un grande boss. E sono solo pochissimi esempi. In gergo comune, si chiama “adolescenza”.»
Link si tocca le orecchie un po’ mortificato. In effetti, lui porta l’orecchino.
«Tranquillo, tu non rientri in quella categoria.» lo rassicuro sorridendogli.
«Comunque so cos’è l’adolescenza, non sono idiota.» mi risponde.
Mi affretto a scusarmi: «Sì, mi dispiace!»
Mi siedo anche io per terra, accanto a lui, a gambe incrociate. Non so se questo mio gesto possa avergli dato fastidio, ma l’ho fatto già ormai.
«Grazie per...per avermi salvata.» lo ringrazio, arrossendo.
Lui non risponde, sta fermo a guardare il sole alto di mezzogiorno.  Tra un’ora tornerò a casa, quando la scuola sarà finita.
Anche io lo fisso in silenzio, pensando che quello non può essere il sole, visto che è una stella che si trova solo nella nostra galassia.
«Cos’è quello?» gli chiedo indicandogli l’astro luminoso.
«Si chiama Taeya. Per noi è come il Sole terrestre.» mi spiega, continuando a fissarlo.
«Taeya...» ripeto. «Spero di riuscire a ricordarlo. E avete una Luna?»
«Sì, è un astro più biancastro e piccolo, esattamente come il vostro. Solo che il vostro è un satellite che vi gira intorno, questo invece è come il Taeya, solo che è presente di notte ed è meno luminoso. Si chiama Manen.» continua a spiegarmi lui, con gli occhi fissi al cielo.
«Taeya...Manen. Manen...Taeya. Maneya...Tamen.  Tameya...ehm...aspetta, com’era?» ridacchio leggermente confusa.
«Ah ah ah! Taeya e Manen.» mi sorride lui, stavolta guardando verso di me.
O-RA SVEN-GO.
È così freddo e chiuso. O almeno è questa l’impressione che ho di lui. Ma in questo momento...sembra così dolce; è come se tentasse di nascondere il vero se stesso quanto più in profondità può.
Forse lo fa solo con me. Forse è per quella cosa imperdonabile che gli ho fatto.
Hai ragione, Link. Devo risultare un mostro ai tuoi occhi...
I sensi di colpa stanno riaffiorando nuovamente dentro di me. Stargli accanto mi fa sentire male.
Decido di agire secondo i suoi modi: mi alzo e sparisco senza dire una parola.
Mi volto per un millisecondo, ma Link non se n’è neanche accorto, ovviamente.
Scusami, Link.


 
--Angolo della scrittrice--
Salve di nuovo a tutti! Sono sempre Zelda_Shooter.
Questo capitolo mi ha un po’ frustrata. Sul serio, Daisy si fa troppi problemi. Oh, aspetta: anche io.
Beh, poco importa! Adesso è lei la protagonista, non io! No? No. Non me la scampo così. xD
Beh, comunque ho fatto quest’angolo in questo capitolo principalmente per i classici ringraziamenti.
Vorrei ringraziare:
-Tutti voi che leggete questa lunga fiction! Davvero, sono contenta che qualcuno dedichi un po’ del suo tempo a leggere questo mio “piccolo grande lavoro”.
-Tutti voi utenti che recensite costantemente la fiction. È bello sapere di avere “fan” che seguono capitolo per capitolo e hanno sempre il pensiero di lasciarmi due parole! Positive o negative che siano.
-Le mie 3 pazientissime amiche che leggono subito ogni capitolo appena lo pubblico. Darà loro fastidio se scrivo i nomi? Boh. Lo faccio lo stesso, yeah!
Grazie dunque a: Marcella, Mery e Titti!
Ma il grazie più grande va al solo e unico...
Computer! Grazie, monitor. Grazie, tastiera. Siete i migliori! *ma quanto sono simpatica*
Detto ciò, concludo questa pagliacciata e vi aspetto al prossimo capitolo! Un bacione a tutti!
-Zelda_Shooter

 
 
 

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Capitolo 8
*** The Door ***


8

È tempo di scoprire in quali guai mortali mi sono cacciata sulla Terra.
«Non voglio andare. Resto a vivere qui, ho deciso.» affermo, in piedi di fronte al portale-finestra della stanza del castello.
«L’opzione non è disponibile. L’obiettivo è specificamente: “tornare sulla Terra”. Mezzo per raggiungere l’obiettivo: portale. Coordinate mezzo...» mi assilla una voce alla mie spalle.
Indovinate chi è? Avete un secondo di tempo.
«Faih, really?! Perché devi parlare in modo così complicato?» le chiedo. Starla a sentire per più di cinque minuti è una sfida.
«Uhm...» esita.
Ha davvero...esitato? Può...fare una cosa simile?
«Sono stata programmata per fornire quante più informazioni sono in grado di dare.» si ricompone.
«Potresti anche iniziare ad avere una volontà propriamente tua e dire e fare quello che ti gira.» le rispondo sovrappensiero, con la mente e gli occhi fissi al portale.
Faih ci mette alcuni secondi a rispondere: «Per favore, attraversi il portale.»
«Scusa Faih, non volevo parlarti così. La mia mente è altrove.» mi scuso, passandomi una mano fra i capelli.
Sono in un bel casino. Ma più tempo faccio passare, peggio è.
«Sono stata programmata per non provare alcun tipo di emozioni. Le sue scuse sono definitivamente superflue.» continua con le sue frasi pre-frabbricate lei, senza lasciar trapelare assolutamente nulla da quel viso inespressivo e vuoto.
Eppure io sono convinta che Faih abbia un cervello e un cuore proprio. So che se lo volesse, diventerebbe finalmente viva.
Ma dei problemi esistenziali di uno spirito, me ne occuperò in un altro momento.
Cammino lenta verso il portale, e fisso la lieve luce che emana. Metto il palmo della mano perpendicolare ad esso e allungo leggermente il braccio quanto basta per sentire il lieve solletico della mia mano che inizia a decomporsi.
Infilo tutta la mano, ma il bagliore aumenta all’improvviso e per la paura, ritiro subito il braccio verso di me, che si riforma in pochi secondi.
Faccio questo giochetto per un paio di volte, finché realizzo che continuare a scappare dal problema, non lo risolverà.
Faccio il countdown: «Tre...due...uno...» e mi ci tuffo dentro, con gli occhi chiusi.
È una sensazione strana e inquietante: so di esserci, ma non so dove.  Non ho un corpo da controllare, ma ci sono.  Non ho vista, ma esisto. Riesco a formulare pensieri, ma i miei arti e il resto di me stessa ora sono ridotti a cellule fluttuanti distinte da me.
È una sensazione che dura pochi secondi, poi piano piano, lentamente, riacquisisco la mia concretezza e la mia camera si forma davanti ai miei occhi. Ho di nuovo un corpo da controllare.
Mi volto, per vedere la mia finestra ancora molecolarmente scomposta, per poi tornare a somigliare a un comunissimo vetro. Hmph, come ingannano le apparenze.
Le orecchie si ritirano velocemente e la pelle si colora un po’ di più.
«Daisy!» mi strilla mia mamma correndomi incontro dal corridoio.
«Mamma, mi dispiace! Non è dipeso da me! Te lo giuro!» mi scuso a voce parecchio alta. Ho i brividi per la paura.
«Sì, lo so. Ho parlato con Dazel.» mi spiega, calmandosi tutt’ad un tratto.
«Dazel? Oh, già. Zelda.» faccio, per poi realizzare ed esclamare: «Aspetta, che vuol dire che le hai parlato?!»
«Lei è Dazel, ora Zelda sei tu. Tu sei Daisy, ma sei la Principessa Zelda. E comunque io conosco Dazel da quando è nata.» mi spiega mamma.
«Daisy, Dazel, Zelda...poco importa ora. Come stanno messe le cose qui?» le domando ansiosa.
«Ho trovato una mezza scusa, ma la scuola vuole parlare con te.» mi dice. Grandioso...
«Parla!» la supplico.
«Ho detto loro che ti eri sentita davvero malissimo, ma la porta del bagno era bloccata. Così ti sei arrampicata con fatica grazie al gabinetto per arrivare sopra i muri del bagno e uscire dalla finestra in bagno.» mi spiega.
Oh ma davvero?! Davvero?! Non sapevo di essere anche Spider-Man.
«Come hanno fatto a bersi questa stupidata?!» le urlo.
Non è impossibile: i muri del bagno non finiscono toccando il soffitto, quindi diciamo che puoi riuscire a salire sul loro bordo. Ma sono comunque troppo alti per me, e anche se molti ragazzi riescono a farlo, io no.
«Quindi in teoria...che cosa ho avuto?» cerco di capire al meglio che posso. Se devono interrogarmi, devo dare la stessa versione che ha dato mia madre a scuola.
«Claustrofobia.» annuncia pronta.
Beh, ho paura degli spazi piccoli, ma non così tanto da potermi definire patologicamente claustrofobica.
Per chi non lo sapesse, la claustrofobia è, appunto, la paura degli spazi ristretti, minuscoli e chiusi.
«Okay...va bene. Qualcos’altro da dirmi?» mi domanda, sedendosi sul mio letto.
«Sì. Come hai fatto a parlare con Zel...Dazel?» le chiedo, girandomi di scatto verso di lei.
«Anche io posso attraversare il portale.» mi dichiara, con un sorrisetto.
Shit. Lo sta dicendo con quel sorriso malizioso per farmi intendere: “Non fare idiozie, perché ti posso controllare.” E io che speravo di riuscire a estraniarmi totalmente dal mio pianeta. Ma no, deve esserci anche mia madre.
«Stai tranquilla, tra poco non potrò farlo più.» mi spiega lei, decifrando appieno ciò che stavo pensando.
Hey, non male, mamma.
«Uh?» mi limito a sospirare curiosa.
«Mi è stato concesso un..”permesso speciale”, per così chiamarlo. Durerà solo un mese. Poi, Hyrule verrà chiusa di nuovo ufficialmente a tutti i terrestri.» mi spiega.
«Oh. E perché te lo hanno dato?» le chiedo, un po’ distratta.
«Per discutere bene della tua vita e organizzarci per gli orari.» continua lei.
«Oh...ok.» le rispondo, aggiustando un manga storto sulla mensola.
«Con tuo padre ci parlerò io. Ma fra qualche giorno.» dice tutt’ad un tratto.
Sobbalzo, facendo cascare tutta la pila di manga.
Dannazione è vero: papà!
Zel...e ci risiamo! DAZEL mi aveva detto che avrebbero concesso solo alla mia famiglia di sapere di Hyrule. Ma ora tutto ciò come lo spieghiamo a papà? Lui non sa di mamma. Non sa che in realtà lei prima fosse un Hylian, né tantomeno che sua figlia, che in realtà ha 20 anni, è una re-incarnazione di se stessa , rinata solo sette anni dopo.
Sverrà. Sono sicura.
Mamma e papà litigano spesso, e credo che questa situazione aggravi solo la cosa.
Beh, suppongo che Hyrule, come ogni cosa, abbia i suoi lati negativi. Purtroppo.
«Papà...ti prego mamma, parlagliene tu,» la scongiuro, sedendomi accanto a lei sul mio letto.
«Tranquilla. Ora però va’ a scuola.» mi rassicura.
Faccio un cenno con la testa e poi mi precipito subito fuori.
La scuola è a pochissimi metri da casa mia, ma stavolta sto avendo l’impressione che fosse parecchio lontana.
Forse perché sto contando i secondi.
Entro passando prima dal cancello principale, poi dalla porta d’ingresso.
Appena si entra, a destra, c’è una scrivania dove c’è sempre un bidello.
«S-salve. E-ehm, dovrei parlare con la preside. È p-possibile?» chiedo, balbettando a causa del nervosismo e dello stress.
«Oh, tu devi essere quella che è fuggita durante le lezioni. Ah, i ragazzacci di oggi! Cosa farebbero per evitare la scuola! Ah ah ah ah ah!» ride lui di gusto.
«Seh...la preside?» insisto io.
«E dove può stare? In presidenza! Ah ah ah!» mi risponde sarcastico.
«Grazie.» gli rispondo seccata.
La scuola è deserta. Ormai le lezioni sono finite, ma i professori continuano a rimanere qui per alcuni giorni, visto che devono compilare le pagelle e fare altre cose, di cui sinceramente non ho interesse. Ora che ci penso per, ho perso l’ultima campanella. Beh, non mi dispiace poi così tanto.
«È permesso?» domando timidamente, entrando nell’ufficio della preside.
È una donna con una faccia arcigna, occhialoni, capelli corvini e  un’età che va dai 55 ai 290.
«Chi sei?» domanda lei, senza staccare gli occhi dal monitor del computer sulla scrivania.
Quanto vorrei rispondere: “Scusi ho sbagliato, addio!” e svolazzare via. Ma, ahimé, non posso.
«Daisy Shooter.»mi annuncio.
«Oh. Sì giusto, dovevo parlarti. Siediti pure.» si ricorda lei.
Oh, ma come ti stanno a cuore le questioni scolastiche, eh carissima preside?
«Dunque.» inizia, chiudendo di scatto il suo portatile. «Sai di aver fatto una cosa gravissima, vero?»
«Oh, beh, sì.» ammetto a mio malgrado.
Io non ho fatto niente, se la prenda con Link!
«Ma perché? Perché proprio l’ultima ora del suo ultimo giorno di scuola qui? Tra poco hai gli esami, è per questo?  È una specie...di rivolta?» parte lei coi film mentali.
«No!» mi affretto a chiarire io. «Senta, mi dispiace. Moltissimo. Ma mi sono sentita male tutt’ad un tratto. Il bagno si era bloccato e io...»
«Ma il bidello è riuscito subito ad aprirlo. E per quanto riguarda la tua claustrofobia, non mi sembra che tu ne abbia mai dato sintomi.» mi blocca lei.
«Sta dicendo che io e mia madre siamo delle bugiarde?!» parto in quarta io, alzandomi.
Signori e signore, eccomi qua. Ho perso l’autocontrollo.
«Calmati ragazzina, non sto dicendo questo.» mi arresta, aggiustandosi gli occhiali.  «Siediti.»
«Mi scusi.» dico io, a testa bassa.
Grrr.
«In ogni caso, tu hai sempre avuto una condotta eccellente, quindi, per questa volta potrei anche passarci su. Ma stai attenta agli esami ora, perché da quelli non puoi scappare.» mi spiega lei.
“Condotta eccellente”. Diciamo che non ho mai risposto, né parlato eccessivamente con i professori o i compagni, semplicemente perché non avevo alcun interesse a farlo.
Per quanto riguarda lo studio invece, beh, io ho vent’anni. Mettere una ventenne in una scuola media è come mettere un liceale alle elementari.
Ma se avessi detto e fatto tutto ciò che ho pensato in questi tre anni, beh, la preside ora non potrebbe certo parlare di “condotta eccellente”.
«Grazie, signora Preside. Posso andare?» le chiedo, già cominciandomi ad alzare.
«Va’, e chiudi la porta.» dice lei, riaprendo il suo portatile e ricominciando a picchiettare sulla tastiera.
Beh, che dire: pensavo peggio. Mi sono tolta un enorme peso.
Ritorno a casa, annuncio a mamma del mio incontro con la cornacchia, omettendo il mio scatto d’ira, e riattraverso in fretta il portale, per diffondere la notizia anche a Dazel.
Ed eccomi di nuovo qui ad Hyrule, nel mio stanzone. Stavolta è vuoto: non ci sono né Dazel, né Zelda, né...Link.
Beh, vorrà dire che mi metterò a scorrazzare un po’ in giro.
Apro la porta e trovo i corridoi totalmente silenziosi. Ogni tanto qualche cameriera passa di qua e di là, ma nulla più di questo.
È davvero strano: la prima volta che ho attraversato questi corridoi erano talmente affollati da non riuscire a camminare.
Va be’, poco male: posso esplorare tutto a ruota libera.
Incomincio dal corridoio in cui è situata anche la mia stanza. Ci sono molte porte e, fuori ad ognuna, si può leggere il nome della persona che vi alloggia. Interessante.
Di fronte alla mia camera c’è una porta senza nome. Mi domando di chi sia.
Apro la porta, guardandomi furtivamente intorno e mi ritrovo in un’altra camera da letto. La stanza è prevalentemente blu scuro e ci sono vari stemmi reali appesi alla parete destra.
Entro e lascio chiudere la porta alle mie spalle, intenta a indagare un po’.
Sembra che nessuno vi alloggi da molto tempo: il letto è perfettamente intatto, gli armadi e i cassetti sono vuoti ed ha il pavimento più pulito che abbia mai visto.
Forse è la stanza di una vecchia principessa o di un vecchio Hylian possessore di Triforza, come Link. Un antenato di Link, diciamo.
Però c’è qualcosa che mi dissuade da questa idea. In questa stanza non c’è nulla che mi ricordi qualche caratteristica particolare di un personaggio di mia conoscenza.
Totalmente priva di interesse, sto per uscire, ma qualcosa attira finalmente la mia attenzione.
È una fotografia in una cornice di legno dipinto di blu, con un’aria molto fai-da-te. La foto raffigura tre persone: un uomo molto vecchio, vestito con un completo dello stesso blu delle pareti della stanza, con capelli bianchi e barba del medesimo colore. Accanto a lui, sulla destra, una signorina molto più giovane di lui, dal volto dolce, ma vestita in modo più squallido: un vestito con qualche strappo qua e là e i capelli raccolti grazie a una bandana macchiata. Al centro, fra i due, c’è un bambino bellissimo: la pelle bianchissima, i capelli dorati e occhi blu. Non azzurri, ma blu. Blu notte. Lui indossa una camicia bianca con delle balze e un pantalone nero. Ciò che mi inquieta di più di questo bimbo è la tristezza e il vuoto che ha il suo sguardo. Davvero raccapricciante.
Ora c’è qualcosa in questa stanza che la fa risultare macabra, così decido di togliere il disturbo.  Poso la cornice sulla mensola dove l’avevo trovata, facendo attenzione a rimetterla nell’esatta posizione in cui era prima, e me ne esco.
Che strano. Quella stanza non era neanche chiusa a chiave, come se fosse effettivamente vuota e inutile. Ma non credo che quella foto sia stata lasciata lì di proposito.
Per un attimo ho pensato che fossero Link e i suoi genitori prima della loro morte di vent’anni fa. Ma dopo aver visto quel bimbo, posso affermare con certezza che non è assolutamente Link. Non gli somigliava minimamente.
Va be’, leviamoci questa stanza dalla testa, e continuiamo a esplorare finché si può.
Continuo a camminare per il corridoio, ma molti nomi sono scritti in giapponese e quindi non riesco a decifrarne il possessore. E non vorrei entrare così, nelle stanze d’altri, di gente che non conosco. E magari trovare anche qualche scena...poco simpatica.
Più vado in profondità, più il corridoio si fa buio. Arrivati ad un certo punto, nessuna delle stanze ha il cartellino con il nome fuori. Ma dato l’ambiente sinistro, non ho nessuna voglia di entrarci.
Continuo a camminare dritto, fino a che non arrivo finalmente alla fine.
Il corridoio finisce con un’ennesima porta, che riesco a vedere a fatica a causa del buio.
Così decido di posarci una mano sopra, ma la ritiro subito: è ghiacciata!
Mi accorgo subito che non è fatta di legno come l’altre, bensì d’acciaio, o comunque un materiale di questo mondo simile al nostro acciaio.
Ricomincio a tastare, e mi accorgo che ci sono delle catene e un grosso lucchetto.
Mh, qualcosa mi dice che non vogliono che si entri in questa stanza. Ma io sono curiosa!
Analizzo il lucchetto con la mia mano sinistra, quando all’improvviso mi si illumina la Triforza sulla mano, ma è strana: al posto del classico bagliore dorato accecante, stavolta sta diventando sempre più scura, fino a diventare nero pece.
Quanto altro devi rimanere a guardare la tua Triforza che degrada, Daisy?! Togli la mano da lì!
Vorrei urlare, ma sono paralizzata. Mi decido finalmente a fare qualche passo indietro, per poi iniziare a correre via, fino giungere di nuovo di fronte alla porta della mia stanza.
«Principessa, tutto bene?!» sento la voce di Zelda.
«Z-zelda, io...» le dico, guardando terrificata la mia Triforza nera.
«Dazel. Ormai stiamo avviando le pratiche per trasferire definitivamente il ruolo di Principessa a te, quindi comincia a prendere l’abitudine di chiamarmi Dazel, okay?» mi spiega pignola lei.
Ma io non l’ascolto. Tiro fuori la mano sinistra e senza dire nulla, lascio che sia lei a capire cos’è successo.
«Hai toccato la porta in fondo al corridoio!» mi fa lei, portandosi la mano alla bocca.
«Dazel, mi dispiace, io...Che mi sta succedendo?»
«Ah, dannazione! Io non ho...la Triforza! Non posso aiutarti. Dobbiamo trovare Link.»  impreca lei, prendendomi per il polso e cominciandomi a trascinare per un paio di corridoi.
Perfetto, sono qui da due giorni e già ho combinato solo guai. Mi sento in colpa...
«Ahia, mi fai male...» le dico con voce sottomessa io.
Lei sembra non essersene accorta, e continua a trascinarmi.
Finalmente arriviamo davanti a una porta con su scritto: “リンク”
Dazel entra senza nemmeno bussare, e mi accorgo che siamo precipitate nella camera di Link.
Dazel si avvia verso di lui, che sta comodamente spaparanzato sul suo letto verde, lo fa alzare e inizia a raccontargli, probabilmente aggiungendo anche quanto sia stupida e incapace di avere cura di me stessa.
Io, invece, approfitto per dare una rapida occhiata in giro.
Ci sono vari scudi appesi sopra una scrivania, e su un’altra parete, varie spade.
Navi e Sciela sono qui! Che carine! Sono due fatine: Navi brilla più sulla tonalità dell’azzurro, mentre Sciela sul giallo. Amo il tintinnio che emettono quando svolazzano!
Sopra al letto ha un grande quadro della stesso panorama che vede quando sta seduto sul suo amato tronco, e da un’anta di un armadio mezzo aperto, riesco a intravedere varie tuniche: la tunica blu degli Zora, quella rossa dei Goron...
Oh, che emozione!
Ma ho poco tempo per sclerare mentalmente, perché quei due mi si avvicinano con una faccia poco amichevole.
«Ora Link ti porterà alla sorgente di Firone, in cui vi riposa l’omonimo spirito. Lui saprà riportare la luce nella tua Triforza.» mi spiega Dazel.
Link si è già avviato fuori: ora si che deve essere seccato a morte.
Io esco, senza dire una parola.
Seguo Link silenziosa, fino al cortile. Continuo a seguirlo senza capire bene dove mi stia dirigendo, e arriviamo alle stalle.
Quindi...ci andremo...a cavallo?!
«Epona, ciao bella.» dice Link, rivolgendosi alla sua leggendaria cavalla e accarezzandole il muso.
Ma è davvero Epona! Sono così emozionata di conoscerla!
«Ciao!» la saluto amichevolmente io, allungando la mia mano per accarezzarla.
«Non osare toccarla con quella manaccia oscura!» mi fulmina Link, dandomi uno schiaffo sulla mano per farmela ritrarre.
«Scu-scusami.» abbasso la testa io.
«Tu usa quella bianca lì in fondo, si chiama Ghora. È docile.» mi indica lui, senza smettere di accarezzare il muso di Epona.
«Io...non so andare a cavallo, ma...ci proverò.» dico sottovoce io.
Lui non mi risponde, mi libera la cavalla, mi prepara la sella, e salta su Epona.
Dovrei essere felice di star per intraprendere questa specie di escursione con lui, invece non lo sono affatto.
Forse Link non mi piace, in fin dei conti.



--Angolo della scrittrice--
Buon salve.
Stavolta ho optato per un capitolo più lungo, visto che gli altri finivano appena c’era un cambio di scena. Ho pensato che di questo passo avrei finito la storia nel 2044.
Se lo trovate eccessivamente lungo e faticoso da leggere, inserite pure questo dettaglio nella vostra recensione. Oppure, fate altrettanto se avete gradito questa mia scelta. 
Come al solito, spero sia stato di vostro gradimento! Anche se stavolta non l'ho ricontrollato benissimo...quindi potrebbero esserci errori o ripetizioni di termini. Ah...
See you to the next chapter ! >:D
-Zelda_Shooter

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Capitolo 9
*** The Excursion ***


9

Dovrei essere felice di star per intraprendere questa specie di escursione con lui, invece non lo sono affatto.
Lo posso riaffermare, dopo ben 30 minuti in groppa a Ghora.
È una cavalla docilissima e mi sta trasportando con molta cura, quasi sapesse che non ero mai stata a cavallo prima d’ora. Segue fiera i trotti di Epona: fa tutto lei.
Io, che in questi 30 minuti non ho fatto altro che lasciare che l’angoscia mi divorasse, mi sono appisolata sulla mia cavalla e ho perso la cognizione del tempo e dello spazio.
Mi dispiace. Link, mi dispiace tanto. So che questo dispiacere è qualcosa di rivoltante per te, so che “mi dispiace”  è la frase più banale e insensibile da poterti dire.
Insomma, “mi dispiace” lo dici quando fai cadere per sbaglio il gelato sulla maglia del tuo amico, o quando pesti accidentalmente un piede a qualcuno.
Ma quando per causa tua si è scatenata una guerra, si sono create vittime, ci si ritrova a dover affrontare un viaggio lungo chilometri per un tuo errore...”mi dispiace” è la cosa più ridicola e insensata da poter dire.
Eppure è tutto quello che mi sento di dire.
I sensi di colpa e la paura mi impediscono di scavare più a fondo dentro di me e dentro Link, per il terrore di poter scoprire cose ben peggiori.
«Ci siamo quasi.» pronuncia Link improvvisamente, riportandomi coi piedi per terra...o per meglio dire, sulla sella del cavallo.
«Mh.» sospiro solo io, riappisolandomi su Ghora.
Non mi sento nella posizione di potergli anche solo rispondere.
«Senti...» inizia improvvisamente lui.
«Sì?» gli rispondo sorpresa io.
«Non appoggiarti così a Ghora, la affatichi! E vedi di tenere quella cosa lontana da Ghora, da Epona e da me!» mi aggredisce lui.
Quella cosa...la mia Triforza non è una cosa...
«Perché è diventata così?» gli chiedo io fredda, aggiustando la mia postura su Ghora.
Nessuna risposta.
Ah, no! Non gli permetto di ignorarmi: loro non mi avvertono mai di nulla, e se la prendono con me se combino casini!
«Io...ti ho fatto una domanda.» mi permetto, anche se un po’ titubante.
«Tsk.» si limita a emettere lui, irritato.
«Allora?» insisto ancora io.
«Non sprecherò fiato per te, ti dirà tutto Firone. Ci siamo, è in fondo a questa pianura.» mi risponde, stranamente calmo.
Oh mio...non l’avevo notato! Siamo nella Piana di Hyrule!
In molti giochi di Zelda è rappresentata come è punto centrale, e da qui puoi accedere a tutto! Alla città dei Goron, al fiume Zora, al borgo, al villaggio Calbarico, al villaggio Tauro, al lago Hylia, alla foresta dei Kokiri, al deserto Gerudo...
Non è il momento di farsi prendere dall’entusiasmo!
«È quello sbuco lì infondo?» gli domando, indicando.
Lui annuisce.
Perfetto. Dato che lui non considera me, io non considererò lui e farò di testa mia!
Afferro le redini di Ghora e le sbatto con violenza su di lei, sentendomi comunque un po’ in colpa. La cavalla si imbestialisce e inizia a correre come una furia, lasciando Epona e Link indietro di molti metri.
Perdonami Ghora! Ma ho dovuto.
Non riesco nemmeno a descrivere la sensazione di liberà,  e ringrazio il cielo di indossare ancora i vestiti di stamattina, quando sono andata nell’ufficio della preside: jeans e T-shirt! Comodità 100%!
Inizio a ridere, sia per l’adrenalina, che per la gioia, che per la disperazione. È la mia forma di sfogo per tutto, in questo momento.
Attraversare la Piana di Hyrule a cavallo...è una delle sensazioni più belle che abbia mai provato.
Inizio ad avvertire anche gli sbraiti e le bestemmie di Link, che, come immaginavo, mi sta rincorrendo parecchio incazzato.
Non so perché, ma tutto questo mi diverte!
«Sei impazzita?! Fermati!» mi urla.
Lo ignoro e proseguo.
E come se io e Ghora fossimo in sintonia, come se lei ed io...
...
... ... ...
Cosa...? Dove...?
Cos’è successo? Dove mi trovo?
«L...Link...cough cough!» tossisco il suo nome, cercandolo con lo sguardo.
Ho la vista appannata. Non riesco a parlare: la gola mi graffia.
«Tu sei ufficialmente fuori di testa. Hai qualcosa che non va, dico sul serio. Sei un tremendo disastro.» sento la sua voce.
Le sue parole sono taglienti come la sua Master Sword.
«Probabilmente è così.» gli rispondo io, senza pensarci troppo.
Per quanto taglienti, non mi hanno ferita; ciò che ha detto è una cosa di cui sono pienamente consapevole.
«Che ho combinato stavolta?» gli domando a fatica, ricominciando a tossire subito dopo.
«Hai fatto imbizzarrire Ghora, che ha perso il controllo e vi ha fatto sbattere contro un muro roccioso.» mi spiega.
«Ah...» sospiro, cercando di mettermi seduta.
Siamo ancora nella Piana. Io sono sdraiata per terra e ho del sangue che mi sgorga dalle gambe e dalla fronte.
Confesso che in fondo avrei sperato di aver trovato delle medicazioni da parte di Link. Ma cosa potevo aspettarmi? Non ha nulla con cui medicarmi.
No. La verità, e io la so molto bene, è semplicemente che a lui non andava. Viaggiando e esplorando, i vari Link avranno sicuramente riportato qualche ferita e, di conseguenza, avranno sicuramente imparato a medicarsi. È molto improbabile che questo Link non sia stato istruito a curarsi, potendo benissimo capitare in situazioni del genere.
Tutto ciò mi viene confermato guardando la mia povera cavalla, sdraiata a terra, che si lamenta un po’ mentre Link gli sta fasciando una zampa con dei fasci d’erba, giusto per limitare l’eccessiva espulsione di sangue.
Mi alzo, anche se mi costa un dolore e uno sforzo enorme, e zoppico verso Ghora.
«Ti chiedo miseramente perdono, Ghora.» mi scuso con sincerità, accennando un inchino del capo.
«Chiedo perdono anche a te, Link.» faccio lo stesso con lui, anche se so bene dove vorrebbe infilarsele, le mie scuse.
Epona viene verso di me, non so per quale motivo.
Le sorrido istintivamente, tendo la mano verso di lei per accarezzarle il muso, ma la ritiro istantaneamente.
Link non vuole che la tocchi, a prescindere dalle “condizioni” della mia mano.
Ah, già. È ancora nera.
Quando caddi dalla bici, la Triforza rimarginò le mie ferite.
Ma credo che ora, malaticcia com’è, non sia in grado di farlo.
«Perdono anche a te, Epona.» concludo il giro di scuse.
«Come sta Ghora?» chiedo rivolta a Link.
«Tsk! Come se ti importasse.»  ribatte lui acido, intento a medicare la poverina.
Sospiro profondamente: certo che m’importa, ma non ho voglia di litigare.
Appena tento di fare un passo, sul mio viso compare una tremenda smorfia di dolore: le ferite mi fanno troppo male. Devo aver strusciato la gamba per bene, quando io e Ghora siamo sbattute.
Ha un taglio che parte dal ginocchio e finisce alla caviglia e perde sangue come non mai.
«Posso prendere un facio?» gli chiedo, tentando di inginocchiarmi. Sento già il suo: “No!” arrivare.
«No.» mi fa.
Chi l’avrebbe mai detto.
Mi stringo nelle spalle e mi trascino con le braccia verso la riva del fiume che attraversa la Piana e che è a meno di un metro da me.
Senza pensarci due volte, infilo la gamba nell’acqua corrente.
«Ahia! Ahi ahi ahi! Brucia!» mi lamento.
Link non si volta.
Inizio a sfregare la gamba per sciacquarla e vedo l’acqua tingersi di rosso.
Oh, mi spiace fiume, non voglio inquinarti.
L’acqua gelida anestetizza per un po’ il mio dolore, quindi la terrò immersa fino a quando Ghora non riuscirà a rimettersi in piedi.
Ed ora sono qui, con i jeans strappati, ferita, in una Pianura immensa, in un’altra galassia.
Pensandoci, mi viene da ridere istintivamente, catturando un’occhiataccia di Link.
 Come può essere bizzarra la vita.
Epona si sta riavvicinando a me, intenta a bere. Ma non posso lasciarglielo fare: l’acqua è sporca del mio sangue!
«No Epona, non bere da qui!» ordino alla cavalla, allontanandole il muso dall’acqua.
«Non toccarla! NON TOCCARLA!» mi urla furibondo Link da lontano.
Fa una corsa e mi raggiunge in un lampo.
«Hey, l’ho fatto per lei! Non volevo che bevesse!» gli urlo.
«Ascolta!» mi ordina, prendendomi per il polso e stringendolo talmente forte da farmi emettere un gemito, «Lo vuoi capire che con questa mano non devi toccare niente?!» esce di senno lui.
Che strano...non avevo mai  notato che la mano di Link avesse tanti peletti...grigiastri.
«Ascolta tu!» mi sottraggo alla sua stretta. «Mi vuoi spiegare cosa sta succedendo alla mia mano, una buona volta?»
Lui digrigna i denti e fissa prima me, poi la sua mano.
«Va tutto bene?» gli domando io, improvvisamente preoccupata.
«Sali dietro Epona. E non toccare né me né lei.» mi ordina lui, rimontando sulla sua cavalla.
«E Ghora?!» chiedo io.
«Verranno dei soccorsi a prenderla fra poco. Noi sbrighiamoci.» mi spiega.
Annuisco, poi lui mi dà una mano a salire su Epona, dietro di lui.
Crampi allo stomaco.
Dannazione, mi ha letteralmente preso in braccio...
«Hyah!» urla, facendo partire Epona a tutta velocità.
Io sto con difficoltà in equilibrio, non potendomi appoggiare a nulla.
Inutile descrivere i silenziosissimi minuti di viaggio, in cui sembriamo entrambi totalmente persi nei pensieri.
Alla fine, sbuchiamo nel villaggio Tauro.
Ah, emozione anche qui!
Link scende da Epona e aiuta anche me a farlo.
«Sei davvero cresciuto qui?!» esclamo interrompendo involontariamente il silenzio.
«Sì.» mi risponde a monosillabi.
Sembra un villaggio preistorico: piccole case in legno, prati infiniti, fiume che scorre e lo divide in due sponde, gente vestita in modo molto semplice e fai-da-te, il profumo di fiori...
«Link! Link!» lo chiama qualcuno.
«Father.» dice lui, avvicinandosi ad un uomo apparentemente anziano.
Father? Papà? Ma i suoi genitori non erano...
Ti prego, ti prego! Non mi ci far pensare di nuovo! Va a finire che stavolta scoppio a piangere davvero per i sensi di colpa.
«How long! I missed you. Oh my, you’ve grown so much.» gli dice l’uomo, quasi commosso, abbracciandolo.
Link si limita a sorridere a ricambiare l’abbraccio.
Poi il volto dell’uomo si riaccende quando vede Epona, correndo subito ad accarezzarla.
Io, che osservo la scena da qualche metro più in là, mi accomodo tranquilla sul prato. Che quadretto dolce...
«花を踏みにじるしないでください!» sento urlare alle mie spalle.
«Aah!» esclamo, girandomi e trovando un piccolo essere inferocito.
Oh, è una bambina. Hey, sono reduce da un viaggio orrendo, è ovvio che abbia i sensi sbandati.
«アップ!» continua a urlare la bambina.
Parla giapponese! Io non lo capisco però...
«Aril! あなたは、あなたの声を下げる!» le urla Link all’improvviso.
Fate capire anche a me!
«ブラザー!ブラザー!» grida allora la piccola, accorgendosi all’improvviso della presenza di Link
Vi maledico.
«この美しい女性は誰ですか?» sento la voce dell’uomo, che si è materializzato improvvisamente davanti a me.
Io mi limito a fissarlo con una faccia “What the fuck?!” e allora lui capisce che non parlo il giapponese.
Sia ringraziato ‘sto signore.
«Can you...can you under stand me now?» mi chiede, con un inglese un po’ insicuro.
«Yeah, now I can.» gli sorrido.
Da qui, il dialogo fra noi è tutto inglese.
< Come ti chiami? > mi chiede lui, sedendosi spensierato accanto a me.
< Daisy...e lei? > gli rispondo/domando io.
< Mi chiamo Moy. Sono un pastore qui al villaggio.> si presenta.
< Molto lieta di conoscerla. > gli faccio cordialmente.
< Il piacere è tutto mio! >
Classico discorso formale di presentazioni, no?
< Posso farle una domanda? > azzardo.
< Anche due. > mi dice in tono disponibile.
Emetto un risolino e gli chiedo: < Che relazione ha con Link? >
Al contrario della mia lieve risatina, lui sbotta in una risata a dir poco fastidiosa, per poi spiegarmi : < Quel ragazzone, eh? È il mio figlioccio! Ha ha! >
< Figlioccio? > ripeto io.
< Sì. > si fa improvvisamente più serio < Presi lui e la sua sorellina, quella bimba di poco fa, sotto la mia ala circa due anni fa. Successe a causa della morte del loro ultimo parente rimasto. >
Sì, mi ricordo. Dazel mi disse che loro nonno, l’ultimo parente di Link e della sua sorellina adottiva, era morto da poco.
< Non sono fratelli di sangue, quei due. Vero? > continuo a intasarlo di domande io.
< No. Neanche suo nonno. Quel vecchietto era il nonno di sangue della sua sorellina. Adottò Link subito dopo la morte dei suoi genitori. Lui crebbe con lui e sua figlia, che in seguito diede alla luce Aril. Poi lei morì per una malattia e rimasero solo Link, Aril e il nonno. > racconta, un po’ angosciato.
Cerco davvero con tutta me stessa di ricacciare indietro le lacrime.
Quindi Link viveva con questo signore e sua figlia. Poi lei morì, dopo aver dato alla luce questa bambina che Link ritiene sua sorella: Aril.
< Link scoprì poi di avere la Triforza, e fu chiamato a palazzo. > prosegue improvvisamente Moy.
< Oh... > mi limito a sospirare.
< È successo poco dopo la morte di suo nonno. Io li avevo appena presi in custodia. > aggiunge.
< Link deve volerla molto bene. La chiama “papà”. > osservo.
Ridacchia ancora, e poi mi dice contento: < Sì! Ha ha ha! Senza nemmeno che glielo chiedessi. È un ragazzo così educato e rispettoso. Un po’ orso, aggiungerei. >
Io toglierei quell’ “ un po’ ”.
< E tu chi sei? La sua ragazza? > mi domanda così all’improvviso da farmi sobbalzare.
< Eh?! Io e lui?! Ma mai! > esclamo acida.
< Ha ha ha! Dicono tutti così all’inizio. > ridacchia lui.
Sento il mio stomaco lamentarsi per le farfalle. Butto la testa all’indietro e sospiro.
«Possiamo andare, ho finito il mio giro di saluti.» mi sbuca Link da dietro. Sobbalzo numero due.
Oh, l’italiano! In inglese me la cavo, ma nessuna lingua per me è come l’italiano. Ovviamente.
Link saluta calorosamente tutti di nuovo, Moy compreso, fa salire me su Epona e poi ci sale anche lui.
«Goooooooooodbye, girl! Goodbye Link! See you arooooound!» ci urla Moy da lontano.
Gli sorrido e lo saluto con la mano.
«Tu e il vecchio avete fatto amicizia.» osserva lui, facendo ripartire Epona.
«Una specie.» gli rispondo io.
«Dai, andiamo.» stronca la conversazione.
«Ti mette di buon umore questo posto.» noto io.
Lui emette il suo solito: «Tsk.» e ripartiamo a tutta velocità.




--Angolo della scrittrice--
Ehm, ciao.
Volevo usare questo spazio per chiedere scusa a una persona.
Perdonami. Ho cercato dappertutto quella scheda, ma alla fine ho scoperto che qualcun altro l’ha presa e l’ha usata per il suo telefono, cancellando tutto.
Ci tenevo a farti sentire quelle registrazioni.
Sono mortificata al 5000%. Gomen-nasai.
-Zelda_Shooter

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Capitolo 10
*** The Healing ***


10

“Tsk”. È l’unico odioso suono che sa emettere.
Mi sto davvero sforzando di non perdere il controllo con lui, ma vorrei almeno capire cosa pensa. Cosa prova, cosa desidera. Come devo comportarmi. Mi sembra sempre di fare la cosa sbagliata, quando sto con lui. Regolo modi e pensieri in base a come penso possa reagire, mi sento un robot.
Questa cosa deve finire.
Insomma, è il mio idolo! Lo è sempre stato, da quando ero piccola e giocai al mio primo Zelda! Lì era definito sempre come un “Eroe”. L’Eroe del Vento, l’Eroe del Tempo, l’Eroe prescelto dalle Dee. Possibile che abbia beccato l’unico Link a non essere...Eroe?
Ma, d’altro canto, ho notato con quanta dolcezza oggi abbia incontrato e salutato tutti. Quando ha abbracciato Moy e la sua sorellina Aril, ho visto in lui una dolcezza così naturale da sorprendermi.
Vorrei tanto affrontarlo. Vorrei tanto fargli tutte le domande che ho in mente e chiedergli il motivo del così palese astio nei miei confronti.
Il problema è che sono maledettamente bloccata da quella paura e da quel senso di colpa.
Sono qui solo da pochi giorni...
«Sei troppo pensierosa.» mi fa improvvisamente sobbalzare lui.
Ora siamo entrambi su Epona, e il mio corpo è praticamente azzeccato alla sua schiena.
Ha un profumo tutto suo, il suo corpo.
«Stavo pensando a se stasera ho voglia o no di pasta. L’ho mangiata già a pranzo, quindi non so.» mento.
Pessima.
«Che ti ha detto Moy?» vira subito il discorso.
Ci siamo, mi ha praticamente servito l’occasione che aspettavo per aprire il discorso su un piatto d’argento.
La colgo o non la colgo? Essere o non essere? Pasta o non pasta?
Non me la sento ancora.
«Mi sa che stasera non ho voglia di pasta.» rigiro il timone del discorso.
«Moy sa cucinare davvero bene.» lo riprende lui.
«Ma ti ho detto che non ho fame.» ribatto.
«Hai detto di non aver voglia di pasta, non di non aver fame.» mi fa notare.
«Link, il senso di questo discorso dov’è?» gli chiedo stupita.
«Non ne ho idea.» ridacchia lui.
Inizio a ridere anche io, stupita dello scambio di battute appena avvenuto fra me e lui. È davvero la prima volta che abbiamo una... conversazione!
«Confermo. Tauro ti mette davvero di buon umore.» gli sorrido.
«Ora dimmi cosa ti ha detto Moy.» torna all’attacco.
Allarme, allarme! La nave sta affondando!
«Zelda?» mi chiama.
Whoah! Mi ha chiamata Zelda...!
«Eh, sì, cosa?!» faccio finta di non aver sentito.
«Voglio sapere cosa ti ha detto.» mi ripete per l’ennesima volta.
«Oh mia Dea...» esclamo io, improvvisamente incantata.
Ora di fronte ai miei occhi c’è una cascata, che sembra davvero brillare. Pare quasi che l’acqua abbia il colore dell’arcobaleno.
Questo posto ristagna di luce. Della luce pura e potente di Hyrule.
«È...è...» balbetto io.
«Scendi.» mi ordina.
Mi tende la mano, la afferro e scendo da Epona, senza però mai staccare gli occhi da questa cascata.
«È bellissima.» continuo a rimanere incantata io.
«Fa quest’effetto, già.» dice lui, in tono più insensibile.
«Possibile che non ti entusiasma niente?» gli chiedo perplessa.
«È solo che l’ho vista così tante volte...» si spiega lui.
Gli sorrido.
«Dammi la mano.» mi dice all’improvviso.
«E-eh?!» esclamo io incredula.
«Dammi la mano.» ripete lui con la stessa fermezza di prima.
Gliela porgo un po’ tremante, e lui la stringe.
Sento i classici brividi che provo quando sto con lui e fa qualcosa di inaspettato. È il mio primo contatto con la sua pelle e giuro di star sentendo gli angeli cantare.
«S-scusami se ti sto toc-tocando con que-questa m-mano...» dico io, per niente balbettando.
«Sshh! Concentrati.» mi zittisce.
Concentrarmi? E su cosa?
Vedo Link chiudere gli occhi e la sua mano sinistra illuminarsi. La sua Triforza è potente e luminosa, al contrario della mia.
«Spirito della Luce che dimora in questa sorgente, ti invoco.» prega.
Le acque iniziano ad agitarsi, provocando un mio: «Whoaah!»
«Chiudi gli occhi se non vuoi accecarti.» mi fa, riaprendo i suoi.
«No, io voglio ved...oh!» vengo interrotta da un bagliore di luce talmente potente, che oltre a chiudere gli occhi devo anche coprirli con la mia mano libera.
Quando il bagliore si calma leggermente, li riapro e rimango letteralmente scioccata.
A tal punto da dover lasciare la mano di Link per portare la mia alla bocca.
C’è un enorme...gigantesco...incredibile...supremo...coso! Ma cos’è?
Okay, vediamo di identificare. È un essere robusto, quasi uno scimpanzé: ha le spalle larghe e il corpo tozzo arrotolato tutto su una grande sfera di luce. Il dettaglio che mi ha colpita di più è l’enorme coda, che riesce a fare un giro completo del corpo e della sfera. Sì, ora ricordo bene: è Firone.
«Oh Eroe prescelto...» echeggia la sua possente voce.
«Parla italiano!» sussurro io a Link.
«No. Semplicemente è capace di emettere suoni e pensieri comprensibili da chiunque lui voglia essere capito.» mi spiega, inginocchiandosi di fronte all’essere.
«Qual è il motivo della tua visita, Eroe prescelto?» gli chiede.
La sua voce ha un timbro talmente forte da darmi quasi fastidio. È come stare di fronte a un amplificatore che sta riproducendo musiche di Skrillex.
«Zelda, mostragli la mano.» mi fa, dandomi un colpetto sul braccio.
Io mi limito ad alzarla e tenere il palmo rivolto verso lo spirito.
«Quindi l’oscurità è penetrata nella tua Triforza...possa ella essere cancellata!» esclama, alzando la voce sull’ultima frase per la grandissima gioia dei miei timpani.
Dopo un’ondata pazzesca di luce riguardo la mia mano appena mi è possibile riaprire gli occhi: è di nuovo luminosamente e scintillantemente brillante!
«Grazie! La ringrazio molto!» urlo tutta eccitata.
Dopo di che, Firone si dissolve nel nulla, le acque si calmano e tutto torna tranquillo.
«È stata una cosa veloce.» affermo, guardando e riguardandomi la mano.
«Link...» azzardo.
«Sì?» risponde.
«Grazie!» gli sorrido.
Sorride anche lui.
Il viaggio di ritorno è stato tranquillo.
Tornata al castello, sono passata a salutare Ghora nella sua stalla e a chiederle perdono per l’ennesima volta. Credo che quella cavalla se ne guarderà bene dal portarmi di nuovo sulla sua sella.
Link è sparito. Una volta risistemata Epona, è praticamente svanito nel nulla: un attimo prima è di fianco a me, un attimo dopo mi giro e non c’è più. Che sia un prestigiatore?
Adesso sono persa nei corridoi cercando la mia camera. Mi chiedo se riuscirò mai a imparare per bene la pianta di questo posto. Ti senti davvero minuscola in un posto così gigante: spazi immensi, soffitti altissimi, arredamento mastodontico. Anche se sono una principessa, in teoria perlomeno, questi spazi regali non fanno proprio per me. E anche se ho una vocina nella mia testa che mi grida di continuare la mia esplorazione da dove l’avevo interrotta prima di toccare quella maledetta porta, stavolta lascio prevalere il mio buonsenso, decido di fare la brava bambina e di tornare semplicemente nella mia stanza. Perché sto già diventando una persona più matura e più responsabile...
No, la verità è che le mie ferite mi fanno troppo male, altrimenti starei già gironzolato in giro come una trottola. Ma chi voglio prendere in giro?
È comunque curioso che se sei vestita con jeans e T-shirt, risulti tu quella strana. A parte il sangue che sgorga, ovviamente. Qui hanno tutti vestiti così complicati: sono strati e strati di roba, ognuna coi suoi lacci, i suoi bottoni, i suoi fiocchi...
Solo a pensare di allacciare un vestito del genere mi viene da piangere. Confesso che anche il dover mettere la cintura ai pantaloni mi fa sentire stretta. Figuriamoci in questi abiti come sarei felice. Sto già gioendo. Yuppie.
Fatto sta, che mi vergogno di farmi vedere in questo stato pietoso dalla gente che sta passando, quindi mi infilo subito in un corridoio a caso, alla mia sinistra.
Al contrario dell’ultimo che ho visitato, questo è molto luminoso. Ci sono sei porte, ognuna di un colore diverso: verde, blu, rosso, viola, giallo e marrone. Questi colori hanno un qualcosa di familiare.
Che siano...? Oh mia Dea. Che siano i sei saggi?
I sei saggi appaiono in Ocarina Of Time. In realtà sono sei più uno, se contiamo Zelda. I colori stanno ad indicare rispettivamente il saggio della foresta, quello dell’acqua, del fuoco, degli spiriti, della luce e del deserto.
Ora ho l’impulso irrefrenabile di entrare in tutte le sei stanze e abbracciare chiunque ci sia dentro. Ma, onde evitare altri casini, faccio dietrofront e faccio la brava ragazza responsabile.
Se solo bastasse questo per potersi definire responsabile...
«Principessa.» mi sento chiamare. Ci sto cominciando a fare una piacevole abitudine a sentirmi chiamare così.
Mi volto e trovo Miss. Perfezione tutta sorridente. Ho come l’impressione che quel sorriso nasconda qualcosa che non mi piacerà.
«Salve Dazel.» mi inchino col capo.
«Sono molto felice di vedere che stai bene. Anche se ho saputo che durante il viaggio ci sono state...complicazioni.» ambisce lei al farmi confessare.
«Nulla di cui tu debba preoccuparti.» minimizzo, sorridendo con la sua stessa malvagità.
Sta diventando una gara a chi fa il sorriso più falso. E ho di fronte un avversario tremendamente abile. Tremendamente perfetto.
Ora è sceso un silenzio maledettamente imbarazzante. La nostra conversazione è diventata uno scambio di sguardi, deglutizioni, finte grattate di spalle, sbadigli e battiti di ciglia.
Sto cominciando ad irritarmi.
Poi, d’un tratto, mi ricordo che lei può darmi una risposta.
«Che era successo alla mia mano?» uccido senza pietà il silenzio.
Continua a sorridere, ah ah. Tra poco la prendo a pugni. Ah ah.
«Dazel?» insisto, coi nervi a fior di pelle.
«Dimmi pure.» fa lei.
Che fa, mi prende in giro? Brutta str...
«La mia mano.» ripeto, abbassando la testa.
«Dovresti curare di più le unghie.» mi rimprovera sorridente.
Ha ragione, ho il brutto vizio di mangiucchiar...HEY! Mi ha distratta!
«Mi vuoi rispondere o no?» alzo la voce.
«Vorrei, ma so che poi ti comporteresti da stupida.» si giustifica.
«E questo cosa vorrebbe significare?» mi infastidisco.
Dopodiché, Dazel/Zelda gira i tacchi e se ne va dicendomi di aver del lavoro da svolgere, lasciandomi a bocca aperta. Andarsene nel bel mezzo di un discorso non rientra nella sua perfezione.
Mi sento come se stessi mangiando una fetta di pizza con foga e qualcuno me la strappasse di mano all’improvviso. In altre parole: una merda.
Decido di mandare i miei propositi alla malora e di ricominciare a cercare la mia stanza.
Provo col corridoio alla mia destra, e stavolta è quello giusto. Riconosco la porta della mia camera e spalanco la porta.
Sono pronta a tuffarmi nel letto e affondare la testa nel cuscino per prendermi cinque minuti in cui ripercorrere tutto ciò che mi è successo oggi, ma rimango sorpresa nel vedere Link frugare in un comò.
«Mi hai spaventato...» mi fa lui.
«Sei tu che frughi nella mia camera di nascosto.» lo punzecchio.
«Oh, scusami. Prima di partire avevo lasciato della roba nella tua camera mentre parlavamo con Dazel, e ora non la trovo più.» mi spiega.
«Oh cielo, ti aiuto.» mi offro.
«Non importa, parlerò coi servitori. Perdonami.» dice lui, richiudendo i cassetti e avviandosi verso la porta.
Io sono appoggiata con una spalla alla soglia della stanza e ho le braccia incrociate, ma appena Link si avvicina per uscire rompo questa posizione e mi ricompongo.
Mi passa accanto lasciandomi sentire quel pizzico del suo profumo che mi fa girare la testa. È un istante che non sembra passare m...oh. Mi ha preso la mano.
«È decisamente guarita.» esamina la mia Triforza.
«Tutto grazie a te.» gli do il merito.
Lui rientra nella stanza e si mette di fronte a me.
«Scusami se...non ti avevo curata, avevo dato la priorità ad Epona, e poi ero un po’...» dice parole confuse.
Oh santissimo. Link? Si sta scusando...con...me?!
«L-Link, no...!» intervengo prima che si senta male.
«Sono mortificato.» dice secco.
Sento letteralmente le parole mancare.
Mi butto per terra, al suo cospetto. Sento la sua voce emettere un suono di sorpresa, poi dico: «Perdonami per i guai che ho causato. E grazie per il tuo lavoro, Link.»
Lui inizia a ridere, poi mi prende per un braccio e mi tira su, dicendomi: «Ma sei pazza? Sei la principessa! Non ci si inchina davanti agli altri. Sono gli altri che si inchinano davanti a te.»
Stavolta è lui a buttarsi sul pavimento, provocando una mia risata.
Non gliela do vinta, e mi risiedo a terra. Siamo ancora sulla soglia della porta, schiacciati dal poco spazio e siamo seduti uno di fronte l’altra.
Quando alziamo entrambi lo sguardo c’è un forte momento di puro imbarazzo e sono fermamente convinta di essere arrossita in una maniera esagerata. Poi sento la pelle d’oca quando noto del rossore anche sulle sue guance.
«I terrestri sono pazzi...se sono tutti come te.» rompe il silenzio con voce bassa.
«E i Link sono insopportabili...se sono tutti come te.» ribatto sussurrando.
«Siamo un Link e una Zelda fuori dal comune.» ammette.
Mi porto una mano alla bocca e abbasso lo sguardo, chiaro segno del mio imbarazzo. «Già...»
Abbiamo entrambi il respiro affannato. Io potrei svenire fra due secondi.
Lui si alza, mi tende una mano per aiutare anche me a sollevarmi, mi fa un cenno del capo e esce dalla stanza.
«Ci vediamo, principessa.» mi saluta.
I miei occhi lo fissano mentre se ne va e ho la bocca socchiusa.
Datemi tre secondi. ...
SANTA PALETTA. È stato davvero...lui ha sul serio...eravamo così...oh, qualcuno mi aiuti.
Sto per buttarmi sul lettone, infilare la faccia nel cuscino, strillare e sbattere i piedi.
Ma anche stavolta non riesco a farlo, vedendo sbucare Dazel e Faih dietro di me.
«Tuo padre vuole parlarti.»
Cacchio. Ci siamo.
 


--Angolo della scrittrice--
Pasta o non pasta? Ci sto ancora pensando su.
-Zelda_Shooter

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Capitolo 11
*** The Attack ***


11

Dazel ha detto che mio padre vuole parlarmi. Ciò  significa che mamma deve avergli spiegato cosa sta succedendo. Sto cominciando a sudare freddo, pensando alle sue possibili reazioni e a cosa diamine potrei dirgli. D’altro canto però, non dovrei preoccuparmi: insomma, lui non può proibirmi di venire qui, perché non ne ha assolutamente nessun diritto.
Papà è l’uomo che mamma ha sposato 14 anni fa. Grazie a lui mamma ha potuto ri-partorirmi e ri-portarmi in vita.  Mio padre ha donato la parte umana alla mia anima, quindi ora posso coesistere sia ad Hyrule che sulla Terra.
Tuttavia, le divergenze tra mio padre e mia madre hanno fatto sfociare il loro rapporto in qualcosa di freddo e superficiale. Credo stiano insieme solo per pietà mia e di mio fratello.
Sì, ho un fratellino minore: Mark. Mark ha tre anni in meno di me e non ha ereditato i caratteri da Hylian. È stato deciso che lui non dovrà saperne niente.
Un po’ mi dispiace, perché ogni tanto posso parlare persino con lui. È un po’ testardo e permaloso, ma sa ascoltare.
«Non so cosa dirgli...» confesso a Dazel e Faih.
«La verità.» afferma Dazel.
«La verità...» ripeto «Vale a dire: Hyrule, Hylian, altra galassia, regno, Triforza...come diresti tu a tuo padre di possedere la Triforza?» provo a chiedere un parere.
«Io non posseggo e non ho mai posseduto la Triforza.» dice tranquilla, col sorriso in volto.
Rimango per un secondo a bocca aperta e occhi spalancati, per poi gridarle incredula: «Che cosa?! Com’è possibile?! Aspetta...mia madre me ne parlò...»
Mi ricordai le sue parole: « La principessa Zelda NON possedeva il terzo pezzo. Tutti impazzirono, chi per sete di potere, chi per paura che l’equilibrio del pianeta si perdesse. Inizialmente, fu tenuto nascosto. Nessuno sapeva che la principessa non la possedesse.»
Lei si fa una risatina, mi poggia una mano sulla testa e poi torna seria: «La principessa che mi precedette, ven’tanni fa si uccise. È difficile uccidere un possessore di Triforza, quindi si ipotizzò il suo suicidio, anche se non se n’è mai capito il motivo. E solo dopo la morte di un possessore, la Triforza si rigenera in un’altra persona in modo casuale. Dopo la sua morte, quindi, si rigenerò direttamente in te. In seguito alla tua scomparsa durante la guerra, la Triforza non si rigenerò in nessun’altro, perché tu esistevi ancora. Non si sapeva come e dove, ma eri ancora viva. Ma tu per tutto questo tempo ad Hyrule non ci sei mai stata, ma il popolo aveva bisogno di una nuova principessa. E fui eletta io. Il Consiglio convinse tutti che la Triforza si fosse rigenerata in me temporaneamente. Nessuno sapeva che la loro principessa non fosse posseditrice. Circa un anno fa però, ho dichiarato la verità. Il popolo mi ha capita, anche se non me lo meritavo. E ora stanno aspettando tutti la vera erede.»
Non l’avevo mai notato. Non avevo mai pensato a come facessero a coesistere due principesse posseditrici, ma ora è tutto chiaro: lei non lo è. E nonostante tutto è riuscita a prendere le redini del posto che io ho abbandonato. Ha dovuto mentire per me. A causa mia. E assumersene una colpa.
«Mi dispiace...» dico singhiozzante.
Lei accoglie in volto un espressione di incomprensione e mi chiede: «Di cosa scusa? Perché piangi?»
«No...» mi affretto ad asciugarmi gli occhi «...non sto piangendo. È che sei stata molto coraggiosa...e io...così codarda...»
«Avrai modo di dimostrare il tuo coraggio.» dice carezzandomi la testa.
Faih è rimasta a fissarci e a non dire nulla, così decido di spronarla un po’.
«Tutto bene, Faih?» le chiedo.
«Le mie condizioni di sistema funzionano correttamente.» mi risponde come un computer.
Beh, cos’altro potevo aspettarmi?
«Okay, ma tu? Come ti senti?»
Passano circa cinque secondi, in cui persino nell’inespressività di Faih si può notare un po’ di disagio.
«Non ho risposte nel database.» dichiara.
Oh Faih, quanto sei dannatamente testarda.
La mia attenzione torna su Dazel: «Ganondorf...esiste?»
Lui è il nemico principale della saga di videogames. È un omone gigante, con la pelle verdastra e i capelli rossi. Ed è anche il terzo e ultimo possessore di Triforza: la Triforza della Forza.
«Sì. Non si fa vivo da molto...ma è da qualche tempo che Link dice di riavvertire la sua presenza.» mi spiega.
«La guerra di vent’anni fa non scoppiò a causa sua?» domando pensierosa.
«No. Curioso vero? Quella guerra fu il risultato dell’avidità e dell’ambizione maligna di tutti.»
Secondo flashback delle parole di mamma: «Eri una neonata, ingenua e impotente. Un bersaglio facilissimo da conquistare. Sarebbe bastato pochissimo per impossessarsi di te, e quindi anche di un pezzo di Triforza.»
Mi porto le mani ai capelli e faccio per strapparmeli: sono esaurita!
È tutto così complicato, ingiusto...questo mondo è caduto in disgrazia a causa della mia nascita.
«Non è stata colpa tua.» mi rassicura Dazel, che sembra avermi letto nel pensiero.
«E di chi allora?» chiedo lasciando percepire un velo di irritazione.
«Della principessa che si suicidò.» mi risponde prontamente.
«Ma non è sicuro fosse suicidio...me lo hai detto tu.» tento di abbattere la sua tesi.
«Non importa cosa sia stato. Il suo compito era proteggere Hyrule. E l’ha abbandonato.» la difende lei.
«Che tipo era? La conoscevi?» indago.
«Era...una persona tanto semplice quanto complessa. Era davvero molto giovane, era una bambina abbandonata nel deserto e allevata dalle Gerudo. Al contrario di me e te i suoi capelli erano biondissimi e gli occhi tondi e azzurri. Era davvero bella, ma troppo spensierata. Credeva nel potere del bene, convinta che vincesse sempre su tutto.»
«Tu non sei di questa teoria, Dazel?» le domando inclinando la testa.
«Il male esiste. Ovunque il bene manca, si genera il male. Far finta che non esista e che vada tutto bene non è il metodo migliore per guidare un regno. Credo che in questi casi faccia meglio guardare le cose con un pizzico di negatività. Così ti prepari sempre al peggio...e non può accaderti nulla.» mi spiega, abbassando la voce sull’ultima frase.
«È una teoria molto difensiva. E se al posto di proteggerci dal male...non lo attaccassimo? Perché non diffondiamo il bene, e per una volta costringiamo il male a difendersi?» condivido la mia opinione con lei.
«È una teoria interessante.» si complimenta con me sorridendo. «Ma saprai metterla in pratica?» mi domanda con una leggera aria di sfida.
«Sono pronta.» affermo.
C’è un lungo silenzio, in cui entrambe ci fermiamo a riflettere e a raccogliere le informazioni tratte da questa chiacchierata.
Mi lascio cadere in un grosso sospiro, segno che il mio “caricamento dati” è finito.
«Faih, non fissarmi così.» le dico, rinotando lo spirito. Mi ero dimenticata della sua presenza.
Lei non risponde e continua a fissarmi, stavolta con più insistenza di prima.
«Faih.» ripeto un po’ inquietata.
«Ho notato un’anomalia nella tua Triforza. In condizioni normali, il triangolo illuminato è solo uno.» mi spiega.
Rivolgo lo sguardo di scatto verso la Triforza e noto che oltre il mio triangolo, è illuminato anche quello della Forza.
«Oh Dea...! Dazel...» esclamo confusa.
«Anche tu lo percepisci.» sembra impaurirsi lei. «Qualcosa non va.»
Confesso che mi sento spaventata. Certo, da una parte l’adrenalina mi sale al sol pensiero di trovarmi faccia a faccia col re del male, ma dall’altra...insomma, Zelda viene sempre portata via e rapita da Gaondorf!
E dovrei stare lì buona buona ad aspettare l’Eroe? Seh. Col cavolo. Però almeno scoprirei che caspito combinano Zelda e Ganondorf mentre aspettano Link...
Ah, no, via! Via pensieri orrendi!
Mia Dea, che schifo.
Riguardo la mano e noto che tutti e tre i triangoli sono illuminati: Link è nei paraggi.
«Zelda, devi fuggire!» grida, spalancando come al solito la porta e irrompendo nella stanza.
«Che succede, Link?!» chiede Dazel terrorizzata.
«Ganondorf ha percepito il tuo ritorno ad Hyrule. Sa che sei ancora debole e inesperta e, proprio come temevo ultimamente, sta venendo a prenderti!» spiega gridando.
Siamo tutti nel panico.
Faih fluttua più in alto, va verso Link e gli chiede: «Vuole che l’accompagni, padrone?»
«Sì, Faih. Abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti.» accetta lui il suo aiuto.
«Adesso vado a predisporre i saggi. Sapranno come aiutarci.» dice Dazel, avviandosi vero la porta.
«Hey, hey, hey, un momento!» prendo parola io. «Dico, ma vi sentite? Mi avete presa per stupida?!»
«Zelda, non...» tenta di parlare Link, ma lo blocco: «No! È vero, Ganondorf è pericoloso. Ma se crede che mi lascerò portar via come un souvenir, allora si sbaglia. Non voglio che mi diate già per spacciata. Fatemi combattere con voi.»
«È molto nobile ciò che vuoi fare.» dice Dazel avvicinandosi a me. «Ma anche troppo pericoloso. E poi devi star tranquilla, siamo preparati. In casi di attacchi come questo, qui nel castello, ci sono tutti. Abbiamo ordinato a Faih, ai Saggi, a Navi e Sciela e  a Impa di trasferirsi qui, così che Link non debba andare a cercarli ogni volta. Siamo tutti pronti per difenderti.»
È vero. Ho trovato il corridoio con le camere dei saggi, ho visto Navi e Sciela e ho Faih di fronte a me. È una cosa più sensata averli tutti qui senza far girare quel poverino per tutta Hyrule.
Impa però non l’ho vista. Impa è una Sheikah, una razza guerriera. Spesso si è occupata in prima persona della protezione della principessa Zelda e ha fondato il villaggio Calbarico.
È una donna tosta e temibile. Non vedo l’ora di incontrarla.
«Impa non c’è.» distrugge le mie aspettative Link.
«Come non c’è?!» chiede spiegazioni Dazel.
«È partita qualche giorno fa...dicendo di dover fare una cosa.» risponde Link in modo confuso.
«Sai di cosa si tratta?» domanda Miss. Perfezione nel panico.
«Purtroppo no.» dice Link, che sembra invece intendere tutt’altro. Che sia un suo complice?
«Io vado a chiamare chi c’è allora, senza Impa siamo più vulnerabili.» dice Dazel correndo via.
Siamo solo io e Link. Ci fissiamo per qualche istante, prima che la mia Triforza e la sua iniziano a brillare come mai prima.
«Zelda, rimani accanto a me.» mi dice con sguardo fermo. «Non fare sciocchezze, ti prego.»
«E chi lo sa cosa potrei combinare.» ridacchio io, ma la cosa non sembra divertirlo.
«Non farmi preoccupare.» mi ordina.
Le parole non mi escono, come al solito.
Inspiro, espiro e gli dico: «D’accordo.»
Sentiamo un grande tonfo e molte grida provenire da qualche stanza più in là.
«È qui.» afferma Link.
 


--Angolo della scrittrice--
Rieccoci!
Ah, questa è la mia parte preferita. Posso scrivere sciocchezze e mettere le faccine :D
Comunque. *coff coff*
Ora devo pensare a come rendere questa battaglia epica. Yeah. Zelda si farà catturare, o riuscirà a combattere al fianco di Link? Lo scoprirete nel prossimo episodio! (Oh Dea, quanto desideravo dirlo.)
Ah, un piccolo chiarimento per quanto riguarda Dazel...se c’è qualcuno fra voi che ha giocato a Wind Waker o a Phantom Hourglass...beh, non è la Dazel di quel gioco che intendo. Se la introdurrò nella storia userò il suo nome originale: Tetra, che mi aggrada di più. Dazel è un nome che ho scelto solo per far sì che non ci fossero due personaggi chiamati Zelda: io e lei.
Immaginate Dazel...più come la principessa di Twilight Princess o Ocarina of Time.
Lo so cosa state pensando: “Idiota, non potevi semplicemente darle un altro nome, al posto di creare ‘sto casino?”
No! Mi piaceva questo. :D
Ci si becca al prossimo capitolo!
-Zelda_Shooter

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Capitolo 12
*** The Fury ***


12

Stanno crollando altre mura,  e ogni tonfo ci fa sobbalzare. Inoltre, non ho ancora avuto modo di cambiarmi e di liberarmi da questi jeans strappati in cui la mia pelle sta praticamente marcendo. Le ferite sono guarite, grazie alla Triforza, ma vestita così mi sento una pezzente. Inoltre, i jeans sono stretti e mi impediscono di muovermi come voglio.
Link si catapulta fuori, facendomi segno di rimanere qui dentro. Allora non ha capito proprio niente, non voglio starmene buona a guardare vittime sacrificarsi.
Vorrei uscire, ma prima girovago per la camera cercando uno straccio qualsiasi in cui stare un po’ più libera. Spalanco ante, cassetti, svuoto mensole, cestini, ma qui in camera non trovo niente. Esco di soppiatto, e mi precipito in una stanza nello stesso corridoio in cui è situata la mia. Lascio chiudere la porta alle mie spalle e mi trovo in uno stanzone perfettamente pulito e ordinato.
«Dazel.» realizzo fra me e me, mentre inizio a frugare anche qui. Aprendo un armadio gigante in legno, dipinto di bianco e con maniglioni rosa ma metallici, trovo millemila vestiti di qualsiasi tipo.
Dazel ha una corporatura molto più robusta della mia, inoltre è più alta e slanciata. Trovare un vestito che non possa usare anche come strascico nuziale non sarà un’impresa facile.
Inizio a svuotarlo, guardando per poi buttare via vestito per vestito. Già, proprio come un’adolescente in crisi prima di un appuntamento. Solo che il loro appuntamento è con un ragazzo strafico e distruttore di discoteche, il mio è con un mostro straobeso e distruttore di pianeti, ma...per il resto siamo lì.
L’armadio è svuotato, e ovviamente non ho trovato alcun vestito abbastanza corto o morbido da fare al caso mio, quindi passo ai cassetti.
Nemmeno qui c’è qualcosa che poss...OH MIA DEA.
Ho trovato l’intimo di Dazel. Ed è qualcosa che non so descrivere. Credo che...il suo uomo sia davvero fortunato, mettiamola così.
Prego il cielo che non entri nessuno. Rido al sol pensiero che qualcuno, nel bel mezzo di un attacco, entri per rifugiarsi e trovi la sua principessa che fruga nell’intimo altrui. Ah, faccio troppi viaggi mentali.
Richiudo il cassetto, lasciando tutto in disordine, e ne apro un altro subito sotto.
Trovo una sottoveste turchese, che mi arriva un po’ più sopra delle ginocchia, con una fascia gialla in vita. Credo che a Dazel non arrivi neanche al sedere, santa Triforza.
Mi cambio in fretta, infilando la veste e sfilando i jeans da sotto ed è come se sentissi la mia pelle ritornare a vivere.
Corro fuori dopo aver rinfilato le converse e rimango sbigottita nel vedere il castello deserto e pezzi di vetro e mura dappertutto.
Ma bravo Ganondorf, dovevi proprio fare quest’entrata da figone? Non potevi rapirmi e zitto?
«HEY! YOU! Da questa parte! Da questa parte!» sento una vocina debole. Mi volto di scatto e trovo Navi e Sciela fluttuare via. Proprio come ho già fatto in precedenza, inizio a inseguirle senza pensare a cosa c’è intorno. Corro per un po’, e mi accorgo che il panico inizia a farsi sentire. Dov’è Link? Dov’è Dazel? Dov’è Faih? Dove sono i saggi? Dove sono tutti?!
Le due fatine mi portano fuori in cortile. Sento il cuore fare una capriola e il battito accelerare: il cortile è stato gravemente sfregiato e rovinato, si respira un’aria malsana e il cielo s’è tinto di colorazioni tra il viola e il blu.
«Tipico.» sussurro «Spero stiano tutti bene...» tremo con la voce.
Mi inginocchio, tocco il terreno con le mani e lo sento umidiccio e bagnato, come se avesse piovuto. Su un terreno del genere, chiunque fosse passato avrebbe lasciato sicuramente delle orme. O forse, Ganondorf ha fatto piovere per cancellarle? Ha questo potere.
«Che sdegno. Una principessa che si accascia al suolo.» odo una voce che non promette nulla di buono. Mi giro confusa a destra e a sinistra, cercando di capire da dove provenga questo suono.
«Che c’è, non mi vedi?» percepisco la voce alla mia sinistra. Mi volto di conseguenza.
«Che c’è, non mi trovi?» la sento stavolta a destra.
Si sta teletrasportando. Chiunque sia, questa voce non mi è nuova, ma sono talmente confusa e scioccata da non riuscire a collegarla a qualcuno.
Mi alzo, fulminea ma chiaramente inquietata. Vorrei chiedere il classico chi-sei-e-cosa-vuoi, ma mi rendo conto che è davvero ridicolo, visto che sicuro non mi svelerebbe la sua identità e gli apparirei spaventata. Perché è questo che vuole: indebolirmi terrorizzandomi. Ma io resterò solida come la roccia...perché l’ho promesso a Link e Dazel...ho promesso che avrei lott...
Perché mi sento così debole? Che stregoneria è?
Il respiro mi diventa affannoso e mi sento tremendamente pesante, tanto da non reggermi più in piedi. Sto per crollare, sto per addormentarmi. Ma no, non posso svenire...
«Che sdegno. Una principessa che si accascia al suolo.» ripete questa stramaledetta voce.
«Maledetto...» ringhio, cercando di resistere.
«Suvvia, non usare questi termini. Le principesse non sono maleducate.» continua a prendersi gioco di me.
Mi guardo la mano, ma l’unico triangolo illuminato è il mio: quindi questa persona non è Ganondorf.
«Allora, quando crolli? Sai, non ho tutta la giornata.» dice, materializzandosi davanti a me e emettendo una risata che mi fa subito illuminare: di fronte ho Ghirahim.
Ghirahim è esattamente come Faih, è uno spirito custode di una spada. Faih è custode della Master Sword, la spada che esorcizza il male, mentre Ghirahim è custode della spada che mette a tacere il bene, la spada di Mortipher.
Si dice che Mortipher fu il primo grande re del male, dalla cui sconfitta si generò poi Ganondorf.
Mi basta alzare la testa per confermare la mia ipotesi: caschetto irregolare bianco, pelle smorta, palpebre viola e orecchino a rombo: è lui.
«Che c’è Ghirahim? Sono più forte di quanto pensassi? Ma quanto mi dispiace.» lo punzecchio con un sorriso di puro sadismo.
Si smaterializza di nuovo, simbolo che l’ho colpito nel segno. Non si aspettava che conoscessi il suo nome.
«Gaaah!» si lamenta, apparendo di qua e di là e peggiorando il mio mal di testa. «Sua Eccellenza Ghirahim. Chiamami così!» impazzisce.
Le forze mi stanno abbandonando del tutto, e mi trovo costretta a stendermi.
«Non ce la fai più? E se aumentassi un po’?» gode del mio male.
Mi sento soffocare, mi sta uccidendo. Mi sta paralizzando. Ma se muoio ora...la Triforza si rigenererà in una persona più saggia di me? Sarebbe giusto morire...ora?
«Mi vendicheranno...» mi sforzo di pronunciare, lasciandomi andare piano piano.
«E chi ti vendicherà? Se nemmeno ora con te c’è nessuno? È bastata una piccola magia paralizzante per spezzare la tua Triforza...chi vendicherebbe un essere infimo come te?» mi punzecchia, per poi emettere quella risata che tanto mi irrita.
Crede che stia morendo grazie a lui, invece sono io che lo sto permettendo. Solo che, nonostante la debolezza aumenti secondo per secondo, non svengo. È come se qualcuno mi stesse costringendo a dormire ma io non avessi sonno.
Non è facile uccidere un possessore di Triforza.
Ma certo, che stupida. La Triforza è il potere che le tre dee affidarono alle loro creature...non è una cosa che un misero spirito può sconfiggere.
«Aiutami...» sussurro alla mia mano, contorcendomi per le sofferenze.
Una luce si sprigiona intorno a me, la stessa che vidi quando caddi dalla bici. Ho attivato la mia difesa.
Inizio velocemente a riprendere colore e vita, non sentendo più quella forte pressione che sentivo tutto intorno a me.
La Triforza fa davvero miracoli.
Riesco persino a mettermi in piedi e guardare negli occhi un Ghirahim disperato.
«Ha ha ha...» ridacchia «A quanto pare, posso ancora divertirmi un po’. Vediamo se...»
«Scordatelo!» sento un coro di voci.
Nella mia barriera di luce, mi giro e intravedo cinque figure.
Provo a camminare verso di loro, e noto che la barriera cammina con me, ma è fastidiosamente luminosa, quindi decido di romperla. Appena questo pensiero mi attraversa la mente, vedo la grande bolla luminosa sgretolarsi e la Triforza riposarsi.
«Che onore conoscerla, Principessa.» mi dice la più bassa fra tutti.
Li guardo uno per uno sorpresa e incredula: sono i saggi!
Saria, il saggio della foresta. È una Kokiri, una razza di bambini che non diventano mai adulti. È perciò piccoletta e i suoi capelli sono molto molto...verdi.
Ruto, il saggio dell’acqua. È la principessa degli Zora. Gli Zora sono una razza anfibia, ovvero capace di vivere sia in acqua che sulla terraferma. Hanno arti e viso normali, ma hanno le mani palmate, pinne al posto dei piedi, sono interamente blu e hanno un testone privo di capelli.
Darunia, il saggio del fuoco. È il capo-villaggio dei Goron, una razza massiccia con pelle e muscoli duri quanto la roccia. Infatti, se si appallottolano per benino, sembrano proprio dei grossi massi. Inoltre, la loro pelle permette loro di nuotare tranquillamente nella lava. Mangiano sassi e rocce.
Raul, il saggio della luce. Un omone non con una linea poco invidiabile, pelato ma con dei bei baffoni bianchi. E...tutto qui.
Naburu, il saggio dello spirito. È una Gerudo. Le Gerudo sono donne che vivono principalmente nel deserto. Nasce un uomo ogni 100 anni, che diventa poi il loro capo. Ganondorf è un Gerudo. Già, proprio così.
Okay, ho finito di fare Wikipedia.
Sono contenta di vederli tutti qui ma manca Impa...il saggio dell’Ombra e Sheikah potentissima...
Il potere dei saggi è meno efficace se manca uno di loro.
«Onorata!» mi si inginocchia Saria.
«Sei carina, possiamo diventare amiche.» annuncia Ruto.
«Diventerai una grande sorella roccia!» si entusiasma Darunia.
«Una terrestre...affascinante creatura.» mi analizza Raul.
«Sei troppo magrolina per lottare, sta’ in guardia!» esclama Naburu.
Rido, per quanto sono comicamente differenti gli uni dagli altri.
In questo bel momento di gioia, Ghirahim non è stato fermo,  infatti lo notiamo avvolto da un’aura sinsitra, come se stesse caricando un attacco.
«Si sta preparando...» rimane sbigottita Saria guardandolo.
«Naburu, porta via la principessa! Combatteremo noi!» le ordina Darunia.
«Non esiste, non mi sottraggo dalla lotta!» si infuria per tutta risposta la Gerudo.
«Ah, dannazione! Venga con me principessa!» mi grida Saria, cominciando a correre.
«Portala al sicuro!» ci gridano gli altri mentre ci allontaniamo.
Io e Saria corriamo, evitando mura cadute, frammenti di finestre, tappeti stracciati e quadri distrutti.
«Che disastro...» sospiro affannata.
«Non preoccuparti per questo! Il castello è stato attaccato tante volte, sapranno come ricostruirlo! Tu pensa a correre!» mi intima Saria.
«Dove stiamo andando?!» le chiedo preoccupata.
«Fuori dal palazzo, via dal borgo!» mi spiega, anche lei con l’affanno.
«E dove sono tutti?!» insisto con le domande.
«Non lo so!» mi risponde urlando la povera Kokiri.
Correndo alla velocità della luce sulle macerie, Saria inciampa e cade. Mi fermo bruscamente, mi volto e avviandomi verso di lei urlo: «Saria!»
Poi, capisco che la sua caduta non è stata frutto della perdita dell’equilibrio. Ha la gamba bloccata da una grosso pezzo di soffitto, crollato con una mira troppo precisa per essere casuale.
Il Triangolo della forza si illumina, e capisco che anche Ganondorf ha perso la pazienza. Sta venendo di persona.
«Vigliacco, libera Saria!» urlo al nulla, ma so che lui da qualche parte mi ha sentita.
Dentro di me prego perché la sua gamba non sia in condizioni troppo gravi per poter tornare a funzionare correttamente.
Giungo accanto a lei, tento inutilmente di spostare anche solo di un po’ la grossa maceria.
«Non si preoccupi! Non fa nulla, sul serio! Scappa!» continua a ripetermi lei.
«Come puoi chiedermi di scappare, quando tu sei in pericolo di vita?!» le chiedo angosciata.
«Con Ghirahim ti è andata bene, lui non può fare molto contro di te. Ma anche Ganondorf è un possessore e per lui grosso e potente, impossessarsi di te sarà uno scherzo!» mi spiega, nel panico.
«Sì, ma devi calmarti. Tranquilla. Non può uccidermi, se mi uccidesse la Triforza se ne andrebbe e non concluderebbe niente.» spiego io a lei.
«Invece può impossessarsene! Può fondere la sua Triforza con la tua, unendo due pezzi in un corpo solo! Vi fondereste.» insiste lei. Cavoli, sa più cose di quanto credessi.
«Da...davvero?!» mi coglie di sorpresa.
«Sì...e se catturasse anche Link...lui...» comincia la frase, per poi non riuscire a finirla. Saria perde i sensi e inizio a urlare, scioccata e nel panico più totale.
«Principessa!» sento urlare alle mie spalle, notando Ruto e Raul.
Chiamo i loro nomi per far capire che li ho notati e mi rispondono: «Darunia e Naburu hanno quasi finito Ghirahim. Noi siamo venuti per avvisarti che sei nella barriera di Ganondorf!»
«Che cosa?!» chiedo spiegazioni in tono tutt’altro che calmo.
«Proprio come Ghirahim, Ganondorf ha creato una barriera intorno quest’area! Ha fatto in modo che non avesse effetto su di te, ma chiunque altro la attraversi, non sopporterà a lungo!»
È a quel punto che ho toccato il fondo della paura.
Le lacrime di puro e oscuro terrore mi rigano il viso, faccio fatica a respirare. Saria è morta? Ho una morte sulla coscienza...?
«GANONDOOOOOORF!!!» urlo con tutta la rabbia che ho in gola. «PRENDI ME, MALEDETTO BASTARDO! MA LASCIA STARE LORO! FATTI VEDERE, INFAME!»
Inizia a tremare quel che resta dei muri e delle pareti. Il soffitto viene risucchiato dal cielo oscuro, e il faccione mostruoso di Ganondorf si materializza imponente sulla mia testa.
«E va bene, Principessa. È arrivato il momento di conoscerci di persona.» percepisco il suo vocione roco e pesante.
Il pavimento trema sempre di più, si solleva in aria e mi catapulta in alto.
Poi, il buio totale.
 
 

--Angolo della scrittrice--
Vedo HD ragazzi! Non pensavo le lettere fossero così nitide!
Salve a tutti, qui è Zelda_Shooter e siamo arrivati alla post-fazione del capitolo 12! Wo-ho-ow, siamo già al capitolo 12.
Forse è uscito un po’ tardi questo capitolo eh? Vi chiedo umilmente venia, ma dei piccoli quanto fastidiosi problemi alla vista mi hanno impedito di stare al computer per un po’.
Ma ora mi è stato donato uno strumento magico, le cui leggende narrano che acutizzi la vista in modo assurdo.
*musica di quando apri uno scrigno* GLI OCCHIALI!
Ora sembro ancora più nerd di quanto non lo fossi già, ma non è di questo che dovrei preoccuparmi.
Tornando al capitolo, drammatico eh? Quella povera cucciola di Saria...
Ma dovrete aspettare il prossimo capitolo per sapere come sta, quindi...
Vi saluto! >:D
Zelda_Shooter

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Capitolo 13
*** The Liberation ***


13

Ohi ohi. Che mal di testa.
Ah, devo aver dormito proprio male.  Beh capita spesso, soprattutto quando il giorno dopo a scuola devo affrontare una giornata pesante, perché la mia mente è in ansia e non riposa. Ma...non ero in vacanza? Non dovevo studiare per l’esame?
Non ricordo...che giorno è oggi. Lunedì? Martedì? Sabato? Che materie avevo...sabato?
«Ma guardala, tutta stordita.» sento una voce echeggiare.
«La...colazione.» penso ad alta voce. Devo fare colazione...
«Tsk! Sei una principessa solo al castello, qui nel MIO palazzo, sei niente di più di un semplice oggetto...piccolo scarafaggio.» mi risponde questo qualcuno a tono.
Okay, seriamente, de vo svegliarmi. Devo trovare la forza di spalancare le palpebre e reggermi sulle mie gambe.
Provo, piano piano, facendo attenzione che la luce del primo mattino non mi accechi.
Apro un po’, ma nessun bagliore. Un altro po’ e nulla.
Spalanco gli occhi.
Oh. Oh no. Oh, cappero, no!
Ora ricordo.
«Ganondorf!» gli urlo. «Liberami subito!»
Altro che luce del mattino, colazione e scuola! Sono ad Hyrule e Ganondorf mi ha appena rapita!
«Beh, buongiorno scarafaggio.» mi saluta ironico.
«Quanto sei vigliacco? Attaccare così i saggi e Saria...» ricorda la mia mente, piena di rancore.
«Mi sarei scontrato direttamente con te, scarafaggio, ma...diciamo che non è stato necessario. Sei più leggera del previsto.» continua a prendersi gioco di me, esplodendo in una risata orripilante.
Potrei essermi abituata ad Hyrule quanto voglio e conoscere alla perfezione ogni gioco di Zelda, ma ho paura. Ho paura che non sia come nei videogame, e che le mie scorrazzate per Hyrule finiscano qui e ora. Da un lato, non può uccidermi: la mia Triforza gli serve. Se mi uccidesse, cosa molto facile per lui, essendo anch’egli portatore di Triforza, il mio pezzo si reincarnerebbe in qualcun altro. Di conseguenza, gli sfuggirebbe. Ma, d’altra parte, ciò non toglie che se qualcuno non fa qualcosa subito, qui per me si metterà male. Mi nutrirà? Mi farà uscire? Mi farà un lavaggio del cervello?
Metto a fuoco lo stanzone in cui sono rinchiusa: niente finestre, niente luce. Tutto ciò che rischiara l’ambiente sono delle vecchie torce appese ad un robusto muro di mattoni scuri. Il pavimento è umidiccio, e puzza di marcio. Fa freddo.
La figura di Ganondorf mi si presenta finalmente davanti. Riesco finalmente a distinguerlo, ma non posso scorgere la sua faccia con precisione, perché è rimasto in semiombra.
Distinguo la sua armatura dai toni grigiastri, il mantello e la sua ferita proprio al centro del petto. Credo che quella cosa faccia anche più luce delle torce.
Quella è la prova delle nostre antiche vittorie, un marchio indelebile sull’incarnazione del male stessa. Ganondorf fu ferito dall’Eroe con la Spada Sacra. Ma si dice che lui l’abbia estratta e l’abbia resa sua. Ma questo non è bastato a cancellare quel buco nel torace.
E se non mi libera subito, gliene procuro un altro io.
«Bella la tua ferita.» comincio a stuzzicarlo.
Di sicuro, facendolo innervosire, la mia incolumità non ne trarrà vantaggi, ma chissà che, con la mente meno lucida, non sputi fuori informazioni importanti.
«Belle le tue catene.» mi risponde con lo stesso sarcasmo pungente.
Ah già, sono ammanettata al muro. Ecco cos’era questo fastidioso rumore.
«Puzzano...» osservo disgustata.
Lui continua a stare in piedi a qualche passo da me, nella penombra, ad osservarmi. Mi inquieta.
«Tanto verrà a prendermi...» azzardo. Sì, ci sto sperando con tutto il mio cuore. Spero che arrivi presto.
«E vedrai che ti allargherà quella ferita. Te la squarterà.» gli urlo, in tono più innervosito.
«Silenzio...scarafaggio...» comincia a cedere.
He he. Vai così.
«Tanto sei consapevole! Sai di non potere niente contro di lui! Avrai anche la Triforza, ma una Triforza immersa nel buio, non vale niente. La Triforza è luce per natura.» continuo.
«Ngh...HO DETTO SILENZIO!» grida arrabbiato nero, lanciando un onda del suo potere, che mi colpisce in pieno petto.
Emetto un urlo soffocato dal dolore, per poi cadere e inginocchiarmi a terra.
«Così devi stare. In ginocchio!» mi urla, con un odio tale da farmi paura.
«Perché...perché la mia Triforza non mi ha...» riesco a stento a parlare.
«Perché la Triforza può proteggerti da qualsiasi cosa, tranne dal suo stesso potere.» sghignazza fiero.
«Di...di cosa ti vanti...? Schifoso...» passo agli insulti.
Così non concludo niente. Devo aspettare che mi lasci sola due secondi, due soltanto, per guardarmi intorno e cercare un qualsiasi cosa che possa usare per liberarmi.
Non può stare davvero tutto il tempo lì, immobile, a fissarmi. Ma non ci vanno in bagno, ad Hyrule? Devo fare qualcosa per fargli abbassare la guardia.
Ci sono.
Inizio a gemere dal dolore, per poi far finte di svenire e rimanere per terra immobile e totalmente innocua.
Se non lo farà calmare questo, non so cos’altro funzioni.
«Che scarafaggio.» commenta. Tira un sospiro di sollievo, credendomi effettivamente priva di sensi, e decide finalmente di andarsene.
Ma che genio che sono. Voglio un Oscar, ora.
Per sicurezza, sto per terra un altro paio di minuti, per essere certa che non mi stia osservando di nascosto. Chiunque, dopo un po’, si scoccia di rimanere a fissare un corpo immobile no? Spero.
Mi rialzo, anche se ho effettivamente subìto una lesione parecchio grande che mi impedisce di muovermi agilmente. Odio il mio lato umano in questo momento.
Mi sale il panico, vedendo un assoluto nulla intorno a me. Nessun sasso, mattone leggermente smosso, niente.
«E ora che faccio? Link, dove sei?» mi domando disperata.
«Gli eroi non devono essere per forza uomini in tunica verde.» mi compare una figura davanti.
«Cos...»
«Tranquilla.» mi interrompe. «Non sono un nemico.»
Si avvicina a me, e riesco a distinguerla: Impa!
«Impa! Oh mia Dea...che ci fai qui?!» urlo dal sollievo.
«Eh? Come mi conoscete?» è giustamente perplessa.
Non posso certo mettermi a spiegare dei videogiochi...
«Mi hanno parlato di te.» mi limito a risponderle.
Impa, è il capo di una tribù guerriera gli Sheikah, e saggio dell’ombra. Ed è una donna assolutamente eccezionale, intraprendente e...cazzuta, sì. La definirei così.
«Molto piacere, Principessa. Ora: o vi fidate di me, o ci rimettiamo tutte e due.» passa subito al dunque lei.
«Eh?» emetto confusa.
Per tutta risposta, Impa tira fuori uno spadone gigante.
«Taglierò le catente. Ma quest’arma gigante, è tanto potente quanto imprecisa. Potrei tagliarvi un arto.» mi informa, in tono tranquillo.
«C...Cosa?!» le urlo.
«Immaginate di lanciare una pesante palla di ferro. Qualsiasi cosa colpirete, la distruggerete, ma avete poca precisione nell’alzarla e maneggiarla. Potete scegliere una direzione, ma mai precisa.» continua a spiegare, tenendo sulla spalla quella lama gigante.
Non so cosa risponderle, tutto ciò che ho per lei è un’enorme faccia “WTF”.
«La Triforza non mi proteggerebbe in caso tu mancassi le catene?» le chiedo.
«Non con quell’onda di energia malvagia che vi ha lanciato Ganondorf.» mi spiega prontamente, un po’ divertita oserei dire. Ci mancava solo il suo sarcasmo.
Comincio a pensare che la Triforza funzioni di testa sua e mi protegga solo quando le gira di farlo.
«Okay, ma almeno prima prendi bene la mira, fai una prova su qualc...»
ZAC.
«Dicevo, quest’arma è tanto potente quanto imprecisa. Ma non se sono io a maneggiarla.» esulta Impa in tono teatrale, estraendo la lama dal suolo e rimettendosela nella sua pesante custodia dietro la schiena.
Mi volto di scatto per poi vedere le catene spezzate. Certo, parte di loro è ancora agganciata ai miei polsi, ma almeno posso muovermi ora.
«Io ti amo.» le dico sinceramente.  Come altro posso esprimere l’enorme ammirazione e adorazione che provo per lei in questo momento?
«Vi taglierò anche la lingua con altrettanta precisione, se non ritornate lucida subito, Principessa.» mi fa con un tono che nasconde un velo di minaccia.
Rido per non piangere, poi le chiedo: «Ed ora?»
«Ora andiamo un po’ ad intuito, uscire da qui sarà difficile esattamente come lo è stato entrarci.» mi risponde, guardandosi intorno per trovare una via di fuga.
«Ma come facevi a sapere che ero qui? E come ha fatto Ganondorf a non scoprirti?» mi sorgono spontanee queste domande.
«Chiamatelo intuito. Mi spiace aver dovuto abbandonare il palazzo nel momento del bisogno, non completando il settetto dei saggi, ma avevo previsto una situazione del genere.» mi spiega, facendo crescere ancora di più la mia ammirazione nei suoi confronti.
Estrae la lama, e dà un pesante colpo al muro.
Non si sgretola neanche un granello, ma Impa sembra aver captato qualcosa.
«Principessa!» mi chiama di scatto.
«Eh, sì, cosa?!» le rispondo io sorpresa. Ero intenta a giocherellare con le catene che avevo ancora ai polsi, e non m’ero accorta di quel che stava facendo. Mi sento un po’ come quando sei distratto in classe e i professori ti richiamano.
«So che è debole, ma ho bisogno della vostra Triforza.»  dice avvicinandosi.
«Veramente io non so se...» mi mostro insicura. Non ho mai tentato fino ad ora a controllare i miei poteri! Non ho mai provato ad usare la Triforza, e le uniche volte che mi ha protetta sono state per via istintiva, io non ho fatto nulla.
«Concentratevi, vi prego. So che potete riuscirci.» cerca di infondermi autostima.
«Non ti prometto nulla.» mi anticipo in caso di fallimento. «Cosa devo fare?»
«Colpire quest’esatta parte di muro. Oltre questa non vi sono altri corridoi, ma sbucheremmo nelle profondità del deserto Gerudo. Sarà difficile uscire anche da lì, ma almeno potremmo dire di non trovarci più nel castello di Ganondorf.» mi spiega pazientemente.
«Sarà già un risultato.» concordo con lei.
Le faccio segno col braccio di farmi spazio. Mi posiziono davanti al muro. Lo guardo. Siamo io e lui, lui ed io.
Chiudo gli occhi e tento di raccogliere ogni fibra di energia che ho dentro di me, e concentrarla...non so esattamente dove.
Sento che piano piano qualcosa sta succedendo, che qualcosa si sta caricando.
Okay, devo mantenere quest’equilibrio e aumentare lentamente la mia energia. Ho i nervi saldi, e credo che mi stia scendendo qualche goccia di sudore. Non so che immagine ridicola io stia dando di me stessa in questo momento, né tantomeno che faccia abbia Impa guardandomi, ma non devo pensare a questo.
«Ti prego, vieni fuori...» sospiro.
Non sento commenti da parte di Impa.
Mi sento quasi pronta. Mi sento piena.
È il momento.
«IN NOME DI HYRULE! AAAAH!» urlo una frase ad effetto a caso. Sento che l’energia mi è fuoriuscita, che ora sono di nuovo vuota.
Ce l’avrò fatta?
Apro lentamente gli occhi.
«Allora? È successo qualcosa?» domando, rispondendomi da sola un istante dopo. «Oh andiamo! Mi ero impegnata!»
«Ah, non era solo un riscaldamento quello? Non vorrei dirvi, ma non è successo un niente di nulla. Neanche una briciola di scintilla.» mi sbatte in faccia il mio fallimento Impa.
«Io lo avevo detto.» mi demoralizzo subito.
Mi siedo per terra con poca grazia, ricordandomi solo dopo di star indossando una vestina corta da notte. Chiudo immediatamente le gambe.
«Sbagliate approccio, in questo modo, Principessa. Non dovete pensare per tutto il tempo se ce la farete o meno, dovete voler vedere quel muro in frantumi, desiderarlo.» cerca di indirizzarmi verso la giusta via.
«Devo visualizzare l’immagine, tipico. Okay, riproviamo!» mi riempio nuovamente di entusiasmo, alzandomi.
Chiudo gli occhi di nuovo, mi carico di nuovo, ma questa volta cerco di immaginare un gran buco in questi pesanti mattoni.
Sì, così: un gran bel danno a questa parete. E il deserto fuori, con la sua aria calda.
«Vai, FUNZIONA!» urlo, all’apice.
Ma neanche questa volta ottengo un risultato.
«Ma perché?» impreco depressa.
«La Triforza è un potere tanto grande quanto complesso: è impossibile imparare ad usarla in un paio di secondi. Ma vedrete che con un buon allenamento, la saprete maneggiare in tutti i suoi utilizzi. Ve lo prometto.» cerca di risollevarmi il morale.
«Ed ora che facciamo? Come usciamo da qui? Non riesci proprio a spaccarlo?» le domando, rimanendo intrappolata in un vortice di vergogna e senso di fallimento.
«Le pareti sono impregnate del potere della Triforza di Ganondorf, e mi stupisco che non lo fossero anche le catene. Solo tu o Link potete distruggerlo.» mi dice, sfiorando il muro con la mano.
Mi guardo la mano sinistra, sperando in un segno di vita. Sperano che si illumini.
Impa capisce ciò che sto pensando, e mi dice: «Non vi intestardite e tenete conto anche del fatto che siete state molto indebolite! Non è impossibile uscire, dovremo solo fare una via più lunga e pericolosa.»
«Okay, allora andiamo. Non voglio restare qui un minuto di più.»  


 
--Angolo della scrittrice--
Salve a tutti i lettori.
Io sono dispiaciuta a morte di non aver pubblicato più capitoli da mesi. Mi sento davvero molto in colpa, e so di aver perso la maggior parte di voi. Provo a continuare la storia con questo capitolo, ma probabilmente non ne scriverò più, ormai la storia è diventata troppo vecchia e impopolare.
È stato divertentissimo comunque, finché è durato.
-Zelda_Shooter

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Capitolo 14
*** The Labyrinth ***


 14

Impa mi sta precedendo di qualche passo. Si volta con molta frequenta per verificare che sia ancora vegeta dietro di lei.
Si muove in un modo agile e fluido: le sue gambe molleggiano, pronte a spiccare un salto in qualsiasi momento; guarda in cinque direzioni in meno di un secondo e il suo unico lungo ciuffo di capelli svolazza sempre assieme a lei. Ad Hyrule ci sono persone che sanno davvero fare cose incredibili, che io ammiro davvero molto, nonostante questo crei in me un paradossale complesso di inferiorità. È quando ho visto Link salvarmi da quel bagno, quando ho visto i Saggi venire a soccorrermi, quando ho visto Impa liberarmi, Dazel supportarmi e Ganondorf rapirmi, che ho capito quanta ancora strada ho da fare. Ed un giorno sarò io a salvare tutti loro, con le mie sole forze e capacità.
Sempre se uscirò viva da qui.
«Come riesci ad orientarti?» le chiedo, osservando i suoi strani movimenti.
«Principessa, sapersi orientare, è il minimo.» risponde con un velo di altezzosità.
L’ambiente è raccapricciante e incute profonda inquietudine. Siamo ancora nei sotterranei, e ho paura che fra poco cominci a mancarmi l’aria. Impa svolta in vari corridoi, apparentemente ad intuito, per poi cambiare idea e tornare sui propri passi. È evidente che anche lei è in difficoltà.
Avrei dovuto riuscire a rompere quel muro.  Se succederà qualcosa di brutto, la mia coscienza mi peserà per sempre.
«Qui ci siamo già state...» constata un po’ malinconica.
«Sì, ricordo questo quadro ambiguo.» confermo, indicando l’oggetto.
È un quadro un po’ consumato, ma sembra quasi che riesca a distinguere una figura femminile. Più la guardo e più mi viene da pensare che raffiguri un’antica principessa Zelda.
«Di pessimo gusto.» commenta Impa, prima di proseguire.
Girovaghiamo ancora e ancora in questi corridoi che sembrano tutti incredibilmente uguali, con questi pesanti e scuri mattoni che da qui a poco mi faranno soffrire di claustrofobia.
L’aria è umida, e a causa di ciò e della mia vestaglia corta, inizio davvero a temere il troppo freddo.
Inoltre dobbiamo essere anche tremendamente caute e prestare assoluta attenzione a non produrre alcun tipo di rumore. Non sappiamo se c’è qualcuno che sta sorvegliando nei paraggi, o se probabilmente siamo già state inquadrate.
Questo fare furtivo mi rende adrenalinica, ma al contempo troppo spaventata.
Neanche fossimo agenti dell’FBI.
«Impa, se vuoi, possiamo ritornare indietro e riprovare con quel muro...» azzardo.
«Non siate sciocca, principessa. Sono io che vi ho chiesto troppo.» arriva quasi a scusarsi lei.
Devo trovare un qualsiasi modo per rendermi utile. Uno qualsiasi.
Cosa ho imparato a fare sino ad ora? L’unica cosa che la mia Triforza sa fare è di proteggermi quando è in vena. Ed ogni tanto ha localizzato Link e...
COLPO DI FULMINE!
«Impa!» la chiamo poco dopo l’illuminazione.
Appena si volta, subito attacco: «E se...E se tentassi perlomeno di usare la mia Triforza per vedere se Ganondorf è nei paraggi? Ha già funzionato! Certo non lo comandavo io ma... posso sempre provarci!»
Impa sorride, poi mi poggia una mano sulla testa e me la accarezza, neanche fossi un cane: «Ma che carina che siete.»
Che carina che siete.”. Sì, okay, per lei sono un cane. Cosa si aspetta che le risponda? “Bau”?
«Ehm...okay, quindi?» insisto.
«Certo che puoi provare. È stata la vostra determinazione a cogliermi alla sprovvista.» mi fa.
Oh, please, stop you Impa!
Ma non è il momento di gongolarsi per i complimenti altrui. È il momento di riprovare.
Devo riuscire a scovare un metodo per comunicare con la mia Triforza. Così mi passa per la testa che forse è più facile di quanto creda: e se le parlassi normalmente?
Alzo la mano sinistra, la fisso, e poi...beh, attacco bottone: «Okay, bene. Ci sei? Mi servirebbe un favore.»
«Pr-principessa?» mi richiama Impa, confusa.
«Ssh!» la zittisco, per poi riconcentrarmi sulla mano. «Ecco, puoi dirmi se Ganondorf è vicino? Per favore?»
«Beh, metodo...innovativo.» commenta Impa.
Neanche questo modo riesce a far risvegliare la mia piccola Triforza capricciosa e sto seriamente entrando in crisi.
«Impa, che devo fare? Sono inutile!» inizio a lamentarmi.
«Se Ganondorf si avvicinasse e noi non lo sapessimo...» sembra cominciare a preoccuparsi lei.
«Impa, io...» mi mancano le parole.
«Se vi catturassero di nuovo, non saprei proprio più che fare.» perde la fiducia in se stessa.
Ma che sta dicendo? Cosa le prende da un momento all’altro? Lei è il mio unico supporto morale, e se mi abbandona finirò male.
«Impa, dividiamoci! Una strada...una strada la troveremo!» tento di incoraggiarla, ma non sono per nulla convincente.
«Pensa a Ganondorf, che ti mette di nuovo le sue luride manacce addosso...» mi fa, sedendosi a terra.
«No...» ed è uno.
«Se perdiamo anche voi, Principessa...»
«No!»  ed è due.
«È stato faticoso per Hyrule esistere senza un pezzo di Triforza per vent’anni...»
«Dannazione no!» ed è tre.
Finalmente la Triforza si illumina.
Ne riesco a distinguere i contorni sulla mia mano. Il mio triangolo è acceso, quello di Ganondorf splende fievolmente. Quello di Link è totalmente spento. A proposito, dove si è cacciato?
«Basta visualizzare l’immagine.» conclude Impa.
«Tu...sei un genio. Sei una bastarda ma sei anche un genio!» mi viene spontaneo dire, per poi scusarmi con: «Perdonami, non volevo.»
Impa mi ha lavorata psicologicamente, giocando con le mie emozioni e riuscendo a manipolare la mia Triforza. Quanto posso stimare questa donna?
«Ha ha ha. Principessa, basta volerlo. Io vi ho solo dato la spinta giusta.» minimizza lei.
In realtà, anche questa volta sono dipesa da lei. Se lei non ci fosse stata, la Triforza non si sarebbe illuminata. Neanche questa volta avrei potuto andare avanti con le mie sole forze.
«Da quella luce fioca sul triangolo di Ganondorf, possiamo dedurre che non è qui. Forza, proseguiamo e non perdiamoci d’animo.» annuncia, prima di rialzarsi e mettersi in marcia.
La seguo a ruota, un po’ abbattuta. Certo, sono contenta che abbia funzionato, ma non riesco ad accettare di non avere autosufficienza. Odio dover contare solo sugli altri.
Impa sembra sentirsi più tranquilla, potendo monitorare la posizione di Ganondorf.
Stavolta sembriamo essere giunte in un corridoio diverso, pieno di dipinti.
Anche questi sembrano raffigurare donne.
«Sono tutte le principesse che ha rapito?» chiedo d’istinto.
«Sì, potrebbe essere. Facciamo solo in modo che non ci finiate anche voi, okay?» ironizza Impa.
«Raccapricciante.» commento, ricominciando a camminare.
È un lungo salire e scendere di scale, attraversare corridoi, incappare in vicoli ciechi, demoralizzarci e ricaricarci.
È un labirinto vero e proprio, studiato per ridurre in frammenti la sanità mentale delle vittime intrappolate.
Impa inizia a stancarsi, e ad accorgersi che così non arriveremo da nessuna parte. Questo castello ha un senso, ha un percorso da seguire. Ma quale?
«Dev’esserci per forza...altrimenti come fa Ganondorf stesso ad orientarsi? È impossibile persino per lui.» osservo.
Gli unici punti di riferimento fino ad ora, sono stati quei quadri. Ma anche loro sono talmente frequenti, da non poter dare informazioni utili sulla nostra posizione. Inoltre, sono talmente vecchi che persino le immagini raffigurate sono indecifrabili, se non per il fatto che si nota appena appena  il viso di una donna in ciascuno di loro.  Ma non c’è un niente di nulla di più.
Proprio ora, di fronte a me, ne ho uno. Anche lui ha la sua bella figura femminile. Si distingue un volto triste e sconsolato, con lo sguardo rivolto verso la mia sinistra.
«Credi che la risposta sia nei quadri?» intuisce Impa i miei pensieri.
«Anche se nascondessero, sono consumati e non lo noteremmo.» spezzo l’ipotesi.
«O forse è ciò che vogliono farci credere. Forse in questi elementi appena appena distinguibili, c’è la soluzione. Da cosa distingui la figura femminile?» mi fa notare.
«Mh...direi che in tutte riesci a distinguere un po’ di viso.» dichiaro, osservando i quadri sempre più attentamente. «Vedi,» indico col dito vari punti del quadro, «questo dovrebbe essere il labbro inferiore...questo forse il naso, e qui ci sono gli occhi che guardano a sinistra.»
Impa osserva, poi si sposta di qualche passo per guardarne un altro.
«Anche qui ce n’è una. Le labbra si vedono chiaramente, mentre il naso e la fronte un po’ meno. Questa qui ha lo sguardo rivolto a destra.» analizza il dipinto.
«Un momento...» dico appena, sovrappensiero.
Come ha detto Impa, questi quadri sono praticamente gli unici indizi che possono nascondere la soluzione. In ogni quadro c’è una donna, e in ogni donna si distingue chiaramente dov’è rivolto il suo sguardo.
Che i loro occhi indichino...il corridoio giusto?!
«Oh mia Dea!» esclamo, non appena arriva l’illuminazione.
Spiego ciò che ho pensato ad Impa, che comincia a sfar scorrere lo sguardo su ogni quadro.
«Principessa, siete geniale...» osserva stupefatta.
Mi atteggio un po’: «Ma ovviamente.»
Mi da un ceffo scherzoso, per dirmi di smetterla di vantarmi.
Ci precipitiamo frettolosamente nei corridoi, il più in fretta possibile, seguendo sempre cosa ci dicono i quadri.
«Impa, piano, piano!» la chiamo, rimanendo indietro. Corre davvero velocissimo.
Ad un certo punto, i quadri terminano.
Sembra che finalmente la nostra corsa sia finita. Do una rapida occhiata alla mano, e noto che la Tiforza sta captando una presenza leggermente più alta di Ganondorf.
Di fronte a noi ora, c’è un portone enorme. Due pesanti maniglie d’acciaglio, a forma di drago, due altissime ante con incisioni contorte, e tanta polvere.
Ma ad Hyrule si starnutisce?
«Cosa c’è qui dietro?» chiedo a Impa, anche se so che non può saperlo.
«Non lo so.»
Ecco, infatti.
Rimaniamo a contemplare questo schifo per un po’, finché Impa mi spaventa, dicendo: «Qualsiasi cosa accada, non dite a nessuno di essere stata qui.»
«...Cosa?» chiedo perplessa.
Impa deve aver intuito cosa sta per accadere.
 E anche io. La Triforza di Ganondorf sta cominciando a splendere sempre di più.
«Dannazione...mi ha rintracciata.» noto.
Ci mettiamo sull’attenti non appena sentiamo dei passi provenire dall’altra parte del portone. Si aprirà fra poco e non ci piacerà vedere cosa c’è dietro.
«Andatevene.» mi ordina Impa.
«Impa, ma cosa...come faccio?» le domando confusa.
Che cosa sta per accadere di tanto grave?
Impa estrae la sua grande lama, pronta ad attaccare in qualsiasi momento.
«Principessa, io vi ho solo usata per monitorare Ganondorf. Ora dovete andarvene, qui me la risolvo da sola. L’importante ora è che assolutamente nessuno sappia dove siete. Per sconfiggere Ganondorf, tu e Link dovete collaborare, ma neanche lui dev’essere al corrente della vostra identità. Ad uscire da qui non ce l’abbiamo fatta, tutto ciò ci ha condotto solo al mio obiettivo. Volevo farvi uscire, per poi tornare dentro e trovare questo portone. Dovete farcela ad uscire di qui.» mi spiega.
Sono spiazzata. Mi sento presa in giro.
«Credete di essere divertente?!» sbotto.
«Principes...»
«Vuoi risolvere tutto da sola? Sono stupida? Sì, può darsi. Non prendo ordini da te. Combatto anche io.» auto-impongo la mia autorità.
«Scappate! Vi farà addormentare per sempre, vi terrà imprigionata e succhierà i vostri poteri!» tenta disperatamente Impa di convincermi. «Tornate qui con Link! Non dovete farvi scoprire!»
I passi si fanno sempre più vicini.
«Come faccio a non farmi riconoscere?!» urlo.
«Dovete....sì, dovete usare l’antico travestimento che utilizzò una Principessa per sfuggire alle grinfie delle tenebre!» mi dice.
«Sii più chiara!» la rimprovero.
Non starà parlando di...
«Vestite i panni dell’eroe Sheikah! Nessuno sapeva chi era veramente! E i viventi di ora neanche possono saperlo. Sarete al sicuro!»
«D...devo diventare Sheik?» ci arrivo.

 

--Angolo della scrittrice--
*prende un fazzoletto* Sono contenta di averla potuto continuare! T^T Avevo tante idee e il pensiero di vederla stroncata all’improvviso mi faceva perdere tre quarti di cuore.
Io ringrazio tutti quelli che hanno visualizzato e recensito il capitolo precedente, siete stati più di quanto potessi immaginare! Finché ci sarete voi, credo proprio che la continuerò. *si asciuga le lacrime*
Ora scusate, ma vado a giocare ad Hyrule Warriors. Hanno rilasciato Midna True Form e io...muoio.
Un grazie a Itsaminilisa per avermi fatto accorgere di orribili errori. Sono stupida.

                                                                                                                                                                                              -Zelda_Shooter

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Capitolo 15
*** The Escape ***


15

Impa non c’è più. È entrata in quel portone. Mi ha spinto via con la forza e si è lasciata risucchiare da un vortice di luce e polvere. Sono di nuovo sola, mi sento di nuovo persa. Certo, qui in questi sotterranei non mi sono mai sentita perfettamente a mio agio, ma Impa era qui, a credere in me e a darmi la sua stima e il suo supporto. Ma adesso?
So che devo uscire da qui e che devo trovare le vesti dell’eroe Sheikah, ma non so come. Se nessuno deve sapere la mia identità, non posso di certo chiedere in giro:  «Hey, tu, dove sono i vestiti di Sheik?»
Se prima l’umidità e la veste striminzita mi procuravano un freddo intenso, ora è la mia anima a gelare. Di paura, di adrenalina, di consapevolezza. So cosa devo fare, lo so, ma non conosco alcun mezzo adatto allo scopo.
Non è vero, piccola inutile Triforza? È ovvio che io non sappia ancora padroneggiarla alla perfezione, ma qui o ci riesco, oppure ce ne andiamo io e lei a braccetto a quel paese.
L’unico metodo è quello di tornare indietro, grazie ai quadri, e tornare al punto in cui ero incatenata. E lì romperò quel muro, costi quel che costi.
Così incomincio a camminare affannosamente, guardandomi intorno, cercando di distinguere gli sguardi dei quadri velocemente, senza soffermarmi troppo su ciascuno.
Per tornare indietro, ovviamente, devo andare nella direzione opposta a ciò che i dipinti indicano.
Ce la posso fare, credo in me e in quello che so fare.
O almeno così direbbe la protagonista di qualche film d’azione, ma io sono una fifona e ammetto di starmela facendo nei pantal…nella vestina.
L’aria pesante ormai è l’ultimo dei miei problemi: sembra che le cose qui dentro stiano facendo a gara a chi è più bravo a darmi problemi a respirare.
Ma tra svolte, affanno, sudore gelato e ansia, mi lascio cadere a terra dal sollievo nel riconoscere il maledetto punto dove ho incontrato Impa.
«Oh mia Dea, finalmente!» esclamo ad alta voce col cuore in iperventilazione. Poi mi volto di scatto verso la mia mano sinistra, accolgo sul viso l’espressione più concentrata che i muscoli facciali possano permettersi di fare e incanalo le energie per far illuminare la Triforza.
«Non partire col presupposto che non ci riuscirai subito» tento di auto-aiutarmi «Credi almeno un po’ in questo tuo potere! Allora, Triforza, Ganondorf è qui?»
Il mio triangolo appare splendente e raggiante, ma è  l’unico. Quello di Ganondorf è totalmente spento, nessuna traccia di luce. Quello di Link, poi, non ne parliamo.
Ma possibile? Possibile che Impa lo abbia ucciso? Assolutamente no, un possessore di Triforza non può essere ucciso da un non-possessore, o almeno non così facilmente. Non Ganondorf, per la miseria.
Non so se è la mia Triforza difettosa, o se è effettivamente tanto lontano da non essere rilevato dal mio radar biologico, ma non c’è alcun segno della sua presenza.
Mi rincuoro, ma cerco al contempo di rimanere cauta.
«Un ultimo favore, se non è troppo chiedere…» non so se sia normale trattare la Triforza come una persona, ma è comunque il frutto di tre dee molto belle e vanitose, quindi magari avrà un suo carattere anche lei.
«Rompi quel muro.»
Stavolta me lo sento. È la volta buona. Questa volta il muro si romperà!
«Forza!» urlo. Chiudo gli occhi, col sudore che mi sgorga dalla fronte, impiego il massimo delle mie energie e…nulla.
«Oh andiamo!» impreco.
Davvero non riesco a credere che dopo tutti questi tentativi…
Luce. Tanta luce, mi abbaglia. Mi sento forte, invincibile, piena di vita.
Ma sono io che sto emanando questo bagliore? La Triforza sta funzionando?
Devo tenere le palpebre serrate perché i miei occhi non riescono a sopportare la fortissima fonte luminosa, ma so cosa sta succedendo: ce l’ho fatta!
Speriamo solo di aver mirato bene…
Purtroppo immersa in questo fiume di scintille e luccichii non riesco a percepire nulla intorno a me; non so se il muro si è frantumato già o meno, perciò continuo a metterci tutta me stessa, cerco di continuare a mantenere vivo il flusso finché posso, sperando basti.
E un secondo dopo, non sono delusa.
Ora la luce che mi abbaglia è quella solare, vedo il cielo! È il caso di dirlo…vedo la luce!
Corro finalmente fuori da questo incubo, e mi stendo subito per terra, con la pancia all’aria, a godermi il cielo.
Ma la goduria dura poco, perché sento qualcosa in posti in cui non dovrei sentire nulla.
Immergo le mani nel suolo e…sabbia?
Oh no, no la sabbia nell’intimo no! Perciò ho sempre preferito la piscina, dannazione!
Ma certo, ero nella fortezza delle… Gerudo! Oh, di nuovo dannazione!
Naburu è la saggia di questo posto, e senza di lei queste donne sono sotto la totale influenza di Ganondorf.
Probabilmente mi attaccheranno non appena mi vedranno, quindi devo fare attenzione a non farmi scoprire.
Ce ne sono tantissime: tante donne formose e dalla lunga coda di cavallo, che camminano avanti e indietro, armate di tutto punto e con uno sguardo omicida. È incredibile quanto siano tutte simili le une alle altre.
In mezzo a questa complessa fortezza c’è un’enorme distesa d’acqua. Persino lì ci sono guardie Gerudo su apposite imbarcazioni.
Se riuscissi a trovare il modo di immergermi senza farmi vedere, potrei provare a farmela a nuoto e uscire dall’altra parte. Ovviamente ogni tanto, anzi, molto frequentemente, dovrò riemergere per prendere una boccata d’aria, ma dubito che ci siano guardie anche nei fondali. Normalmente questa folle idea non mi sarebbe passata nemmeno per l’anticamera del cervello, ma ho una forte scarica di adrenalina e farei di tutto per andarmene da qui.
Con passo furtivo, nascondendomi dietro qualunque oggetto abbastanza grande da coprirmi, riesco a scalare una piccola parete rocciosa sulla quale non sembra esserci nessuna Gerudo. Se salto da qui, farò rumore, ma durante il tuffo accumulerò velocità e arriverò più rapidamente in profondità. Almeno credo.
Deglutisco, mi guardo intorno, spero che la Triforza non mi permetta di morire e…lo faccio.
La sensazione che si ha quando si cade è talmente spaventosa quanto eccitante.
Ma non atterrò in acqua. Anzi non sento nessuno “splash” e nessun segno di…liquido.
Sono su qualcosa di morbido, e mi sento ancora in movimento.
Apro un po’ impaurita una palpebra e mi spavento immediatamente.
«Oh per tutti…!» urlo di scatto.
«Non ti agitare, non ti agitare! Cadrai!» mi fa una voce che sembra provenire dal…coso su cui sono.
Uno guardo a destra, uno a sinistra e noto due possenti paia di ali marroni.
«Ga-Gaebora?» domando paralizzata dalle vertigini, d’istinto.
«Allora mi conosci già? Oh che bella sorpresa! Non guardare giù!» mi raccomanda.
Sono davvero su Gaebora?! Il gufo –rompiballe- reincarnazione del primo antichissimo re di Oltrenuvola, terra sospesa in cielo prima che gli Hylian scoprissero Hyrule? Oh mia Dea!
«Ma tu non facevi appendere le persone alle tue zampe?» domando, ricordando Ocarina of Time.
«Uh, quel sistema si è rivelato…inefficace» mi spiega.
Qualcuno ci avrà rimesso le penne, letteralmente.
Finita l’estasi del momento, mi accorgo dell’assurdità di quanto è appena accaduto, e mi rendo conto che è ora di porre le stesse domande che qualsiasi persona sana di mente porrebbe in questa situazione: «Come mi hai trovata? Come sapevi dov’ero?! Mi hai davvero presa al volo? E dove mi stai portando?!»
Il gufo sghignazza, per quanto sia possibile farlo per un volatile, e mi racconta pazientemente: «Io so sempre dove siete voi tre possessori. Ti stavo osservando e per un attimo pensavo volessi ammazzarti. Ma so cosa devi fare, devi trovare le vesti del guerriero Sheikah e mascherarti, quindi ho pensato solo di darti un passaggio!»
Ah-ha che forza. È davvero figo quanto tutto questo sia assurdo. Qualche giorno fa ero in bici, e ora ho cambiato mezzo di trasporto: un gufo parlante. E io che volevo una macchina.
«Tu sai dove si trovano le vesti del guerriero Sheikah?» domando incredula.
«Io so tutto» si pavoneggia.
Dopo un, devo dire, piacevole volo, atterriamo in una piccola zolla di terra circondata da una cascata, molto simile alla sorgente in cui eravamo stati io e Link quando avevamo parlato con Firone.
L’aria è pulita e piacevole. Il suono dell’acqua rilassante. La luce calda.
«Quindi…dove sono le vesti?» chiedo un po’ impaziente.
«Oh, non esistono. Sei tu che devi tramutarti. Questo posto è solo una piccola sorgente purificata da ogni forza oscura che favorisce i poteri della Triforza» spiega Gaebora, atterrando di fronte a me.
Cavolo, quando parla mi sembra di sentire l’irritante musichetta di sottofondo che gli mettevano sempre nei videogiochi.
«Oh…ma io non so ancora ben usare i miei poteri» specifico subito.
«La Triforza è parte di te, non trattarla come un’anima a sé stante. La comandi tu e nessun altro» mi incoraggia.
Impa mi aveva detto che bastava focalizzare l’immagine.
E allora focalizzerò quel fusto di Sheik qui di fronte a me. Sempre più vicino a me, finché non ci fondiamo in un’unica persona.
Focalizzerò l’occhio con la lacrima rossa, simbolo degli Sheikah. Focalizzerò i suoi movimenti agili, i suoi attacchi veloci.
«Sì…» sussurro.
«Wow, un bel cambiamento!» esclama Gaebora alzando un’ala.
Mi affrettò a specchiarmi nell’acqua.
«Incredibile!» esclamo con una voce un po’ più maschile e soffocata dalle bende sulle labbra. È stato…semplice e indolore. Nessun contorcimento, niente di nulla. Solo…focalizzazione!
Mi scuoto un po’ per prendere confidenza col mio nuovo aspetto mascolino, che risulta meno traumatico conoscendo già il personaggio grazie alla saga videoludica.
Ma…che caldo con tutte queste bende!
«Ora trova Link! Non hai bisogno del mio aiuto per farlo. Ah, e la tua Triforza ha preso le sembianze di un’arpa. Suonala per chiedere il suo aiuto. Ci rincontreremo!» mi saluta il volatile, prima di sparire nel cielo.
Bene, ora sono uno Sheikah. È il momento di farmi valere.  


 
 
--Angolo della scrittrice--
Ciao a tutti.
Ai neo-lettori queste righe non interesseranno, quindi potete anche andare a spendere il vostro tempo in maniera migliore, tipo recensendo il capitolo e venerandomi come una dea.
Ma scherzi a parte, sì, ho deciso di continuarla. Mi sono messa a rileggerla tutta e…mi intristiva vederla lì, interrotta. Avevo ancora tante idee, quindi… ci ho riprovato.
Non so se qualcuno sia ancora qui a leggerla, né so se chi non ha mai letto la storia abbia voglia di leggere tutti e 15 i capitoli, ma so che voglio riprovarci.
Questo capitolo l’ho scritto davvero molto in fretta, e so che non è una giustificazione, ma vi prego di perdonarmi e di segnalarmi tutte le sviste o gli orrori grammaticali: correggerò e ringrazierò per l’accortezza qui sotto, in questo spazio.
Vi prego come sempre di farmi sapere, per quegli esseri che avranno la pazienza di leggere il capitolo, tutte le cose che vi hanno convinto o meno della trama. Rispondo sempre a tutti, ci tengo tanto.
Sì, il progetto continua. Non so per quanto, ma un altro capitolo lo aggiungerò sicuro. Forse modificherò la trama per renderla più interessante, com’è adesso non ci cliccherei neanche io.
Grazie a tutti!
-Zelda_Shooter

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Capitolo 16
*** The Affair ***


16.

Bene, ora sono uno Sheikah. È il momento di farmi valere.
Ma che devo fare?
Quel gufo mi aveva lasciata su quella zolla in mezzo al nulla. Così ho fatto come mi ha detto e con un p’ di fatica sono riuscita a teletrasportarmi sulla terraferma più vicina.
Sono finita in mezzo a quella che credo sia una foresta. Finora ho percorso solo un lungo e rigoglioso sentiero, e sono già stanca. Insomma, gli uomini non sono più robusti e resistenti delle donne? Sarà che io sono solo un travestito, ma queste vesti non sono mica stracci qualunque! Un qualche potere lo dovranno avere.
L’arpa è pesante, così mi chino, strappo delle bende arrotolate sulle mie gambe, e le utilizzo per legarmi il massiccio strumento alla vita. Chissà se sarebbero dovute rimanere sulle cosce, o erano solo per bellezza.
Mal che vada lo scoprirò più tardi.
Incamminandomi verso una meta non precisa, facendo occasionalmente il tocco per scegliere una direzione quando mi imbatto in un incrocio, comincio a sentire dei rumori un po’ strani provenire dall’ambiente circostante. Sono come dei versetti macabri e un po’ rauchi. Spesso si muove anche qualche cespuglio o qualche masso intorno a me, ma diamine, sono immersa nel grande mistero che è la natura, meglio non farsi prendere dalla paranoia.
Sono rumori dovuti al…vento. O qualche animaletto. Esistono ad Hyrule?
Ad un certo punto, comincio a sentire i miei stivali farsi sempre più pesanti. Funzionano così le calzature maschili?
Lancio un’occhiata e mi accorgo che una strana melma colorata ricopre le suole.
L’espressione che ho ora è un misto fra: «Ma che schifo!»  e  «Che sia gelatina? Buona!»
Decido di analizzare, contorcendomi per riuscire ad alzare la gamba e a toccare la strana massa fluida, ma compiendo la delicata operazione finisco per cadere come un prosciutto.
«Ottimo guerriero» mi complimento da sola, una volta ritrovatami con le natiche per terra.
Almeno da seduta è più facile controllare, ma appena alzo lo sguardo mi prende un colpo.
«OH MIA DEA!» urlo indietreggiando col sedere.
Dal nulla è spuntato un esserino rosso, con inquietanti occhi a palla. Sembra essere fatto della stessa sostanza della melma.
«Oh, stupido ChuChu!» lo insulto, mentre mi rialzo e tolgo un po’ di terra dal mio povero e dolorante popò.
I ChuChu sono forse i nemici più stupidi della saga videoludica. Sono piccoli, tondi e gelatinosi. Il loro colore cambia a seconda della zona in cui vivono. Del deserto in cui ero prima vivono i ChuChu gialli, capaci di ferire con dolorose scariche elettriche. Meno male che non li ho incontrati.
Questi rossi, che io ricordi, non hanno grandi doti offensive, ma bleah, fanno schifo ugualmente.
Devo averne ucciso uno prima calpestandolo in stile Goomba di Super Mario, e mi sono ritrovata il “cadavere” sotto gli stivali.
Non so, forse mi sento in colpa.
Ma chi se ne frega, ho ben altro a cui pensare.
Ignoro i successivi tre, quattro, dieci, venti ChuChu rossi usciti allo scoperto, forse per fare il funerale al loro amico, ma di nuovo la mia allegra escursione viene bloccata da un altro fastidio.
Qualcuno mi sta lanciando qualcosa addosso. Forse qualche pietruzza caduta da qualche parte.
O forse due. O tre. O settantamila.
«Ma che rottura!» grido spazientita, e gli strani proiettili si fermano.
Mi guardo intorno, ma tutto sembra nella norma. Eppure sono sicura che qualcuno si stia divertendo a lanciarmi pietre addosso.
Appena riprendo a marciare ecco che ricomincia. Mi fermo e si interrompe. Cammino e ricomincia.
Neanche stessimo giocando a “un, due, tre, stella!”
Allora mi viene un’idea: ricomincio a camminare, lentamente, e appena un sassolino mi colpisce, lo prendo e lo lancio alla cieca nella direzione dalla quale mi è stato lanciato, facendolo quindi atterrare non troppo distante dalla zona nella quale si trova il mio molestatore, e poter avere un’idea dello spazio in cui indagare.
E dopo due, tre tentativi mancati, riesco ad afferrare il sassolino arrivatomi da sinistra, e lo rispedisco indietro con tutto l’odio che ho in corpo.
«Ouch!» sento esclamare non molto distante da me.
Mi volto e un cespuglio comincia a muoversi e ad…alzarsi?!
«Ma vedi te se questo è modo!» si lamenta il vegetale.
«Ma che diamine…» balbetto confusa.
«Sia più educato, signore!» mi rimprovera.
«Ma mi sta sputando pietre addosso da tre ore!» controbatto davvero molto confusa.
Sto davvero dando del “lei” a un cespuglio?
«E certo, è marketing!» esclama, come se fosse una cosa ovvia.
«E cosa vendete voi cespugli,» domando togliendomi un sassolino dai capelli e lanciandoglielo addosso «cure mediche per le cicatrici che provocate?!»
«Scusi, si tolga la benda dalla bocca che non capisco niente. È misofobico? Ho qui del disinfettanti naturali che…»
«No! Voglio solo che mi lasci in pace!» preciso piuttosto arrabbiata. «Aspetta…sei un cespuglio Deku?»
«Un cespuglio Deku Affare! Trovaci e avrai merce a tua disposizione a prezzo stracciato! È la frase che devo dire se voglio il mio stipendio» recita la pianta.
«Io non ho rupie con me, mi spiace» preciso.
«Niente rupie? Allora abbiamo l’offerta che fa per te! Una rupia verde del valore di 1 per sole tre rupie!» ricomincia.
«…Non credo farete affari con queste offerte» giudico piuttosto onestamente.
«Tsk! Che uomo maleducato! Vada via!» e ricomincia a sputarmi addosso «E non avrà nessuna garanzia sulla merce he acquisterà!»
«Ahia! Aspetta! Sai dirmi dove sono almeno? Per favore!» mi viene in mente di chiedergli.
Ma il permaloso cespuglio non ha intenzione di smettere di mitragliarmi.
Così mi chino, prendo le pietre cadute per terra, e iniziamo a fare una guerra come due bambini idioti a colpi di sassolini e polvere.
«Coff coff! Piantala ragazzo, ho dei figli!» si lamenta.
«E io poca pazienza. Allora?» insisto spazientita.
«Siamo in una foresta al confine dal borgo! Coff coff!» si decide a parlare.
«Perfetto!» esclamo «Ora, se solo avessi una mappa…non ne vendi tu?»
«No, il monopolio sulle mappe lo ha uno strano individuo che gira da queste parti…gira per il mondo e le disegna. Urla sempre una cosa strana, oppure si appende ad un palloncino…che tipo strano» mi spiega, anche se sembra spaventato dall’essere che sta descrivendo.
«Oh okay, me lo sai descrivere fisicamente?» domando, sperando che non si scocci e non se ne vada.
«Beh, è verde con mutandoni rossi» risponde.
«Tingle?!» ci arrivo.
«Ah allora lo conosci! Senti, se lo vedi, digli che deve ancora saldare il conto per le bottiglie di magia che gli abbiamo venduto! Tsk!»
«Ehm, okay. Grazie dell’aiuto» lo saluto, e corro via prima che si metta ad urlare qualcosa del tipo: “Hey! Compra un sasso a 900 rupie!”
Conservo un po’ delle pietre che ci siamo tirati addosso per poterne lanciare una a Tingle: in uno dei giochi infatti, era appeso ad un palloncino e ti parlava solo se glielo scoppiavi.
Tingle è un essere strano: è un ultratrentenne, ma ha ancora il cervello di un bambino ed è convinto di essere un folletto. Quindi indossa un ridicolo costume verde con degli slip rossi, e si appende ai palloni per poter volare. Non l’ho mai sopportato. E fa pagare tantissimo per le mappe.
E sì, io non ho  soldi, lo so, ma un modo lo troverò.
Insomma non credo che a questa Hyrule, quella reale,  per racimolare rupie basti tagliare erba o che altro.
Ma provo comunque.
Avevo notato che alcuni ChuChu custodiscono magia o qualche rupia dentro se stessi, ma non voglio ucciderne un altro e ritrovarmi nuovamente sommersa da altri di loro pieni di risentimento e di furia omicida.
E se provassi a estrargliele senza ucciderli? Sono di gelatina, dopotutto.
Tornando qualche passo indietro, prima che iniziasse la mia lotta col Deku, tendo le orecchie per riuscire a sentire qualche fruscio provenire dai cespugli.
«Okay, non ti spaventare…» mi auto-incoraggio, e poi metto piede nella vegetazione.
Scopro che ce ne sono tantissimi e molti portano con sé rupie o oggetti vari: li ruberanno in giro e li trasporteranno in questo modo, anche se non sapevo che i ChuChu avessero questo tipo di intelligenza.
Ne sollevo uno più piccolo, giallo, con una rupia blu dentro.
Inserisco la mano cercando di non fargli male.
Ha proprio un bel colore, un giallo intenso. Aspetta…
«SANTISSIMA DEA!» urlo di dolore, non appena il piccolo maligno essere scarica tutta l’elettricità che ha in corpo. «Che ci fa qui?! Dovrebbe essere nel deserto!»  
«Eh eh, colpa di Ganondorf…» sento all’improvviso una voce alle mie spalle.
Mi volto. Ma io questo tizio lo conosco…
«Eh eh eh! Ti sei imbattuta in un destino terribile, nevvero?»
 
 
 --Angolo della scrittrice—
Oh no, chissà chi sarà questo personaggio! Troppa suspance!
Ciao ragazzi!
Fa caldo.
Poi accendi il condizionatore.
Ma fa troppo freddo.
Accendi il ventilatore.
Ma fa un rumore del caz*o e non riesci a concentrarti.
Lo spegni.
Fa caldo.
-Quel che rimane di Zelda_Shooter

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Capitolo 17
*** The Help ***


17

Quest’uomo. Quest’essere con schiena ricurva, occhi serrati e mani perennemente giunte.
Quell’enorme zaino che sembra essere più pesante di lui, quei capelli rossastri e…quell’inquietante sorriso.
«Ti sei imbattuta in un destino terribile, nevvero?»
Queste parole.
«Ti conosco» è l’unica cosa che è uscita spontaneamente dalla mia bocca. Come a dirgli: «So chi sei, non puoi farmi paura»
Lui batte una sola volta le mani, roteando la testa.
Costui è un venditore. Vende maschere. Maschere molto particolari, con poteri magici e strani. Ne esistono tantissime, sparse per Hyrule, ma la più importante gli fu sottratta tempo addietro. Inutile dire che fu compito dell’Eroe restituirgliela.
Non credo che qualcuno sappia il suo vero nome, ma è comunemente conosciuto come l’Allegro Venditore di Maschere. E incontrarlo e sentirgli dire quelle parole non è un buon segno.
Da quel che so dalla saga videoludica, è capace di intrappolare spiriti di morti nelle sue maschere. E lo spirito più potente e al contempo malvagio è quello di Majora. La maschera di Majora è in grado di esaudire qualsiasi desiderio della persona che la indossa, tuttavia rende il cuore di quest’ultima malvagio e impuro.
Sono terribilmente paralizzata dall’idea che possa averla qui con sé, o che da un momento all’altro tiri fuori una di quelle maledette maschere e me la incastri in faccia, facendomi possedere dallo spirito che vi risiede.
Spaventata da queste ipotesi, istintivamente faccio un passo indietro.
Lui interpreta subito questo mio movimento come chiaro segno della mia paura, e si affretta a chiarire: «Oh, no. Non fare così giovane avventuriero…»
Rifaccio un passo in avanti.
«O dovrei dire giovane principessa? Ah ah!»
Mi blocco. Non che la cosa mi sorprenda: conoscendo i poteri paranormali che ha è più che logico pensare che non gli serva nulla per captare un incantesimo di trasformazione. Tuttavia, l’idea che lui riesca a leggermi mi fa gelare il sangue.
«No, non dovreste. Continuate pure a credermi un avventuriero» pronuncio mentre cerco una qualsiasi cosa da fissare pur di non dover avere il volto rivolto verso il suo.
Altro battito di mani, seguito da risatina raccapricciante, e altre parole: «Ah ah! E dimmi dimmi, giovane avventuriero, dov’è che ti dirigi?»
«Non credo siano affar vostri, signore» ribatto acida.
«Beh, ma allora rispondi almeno ad una mia curiosità: prima hai annunciato di conoscermi e mi hai anche dato del “tu”! Cos’è questa repentina diffidenza?» insiste.
Non trovo immediatamente le parole giuste, così lui mi precede: «Traaanquilla, principessa! Io non posso che aiutarti, non diffidare!»
Così, decido di cedere alle mie curiosità e di iniziare con le mie domande: «Cosa intende…ehm, intendi, quando mi dici che ho di fronte a me un destino terribile?»
«Ooh! Ganondorf, sai, lo sento parecchio nervoso! Credo che tu lo abbia fatto arrabbiare, principessa. Avresti dovuto aspettare il tuo eroe e…»
«Tsk, chi, quello? Link è sparito appena Ganondorf ha invaso il castello. Chissà se si ricorda di me» gli faccio la predica sperando che a quel bastardo arrivino i miei pensieri negativi e lo facciano inciampare.
Lui, quasi rilassato, si siede per terra, senza mai però separarsi dal suo amato zaino, e tira fuori una bottiglia di latte. Latte Lon Lon, suppongo. E dopo questa adorabile scenetta, esordisce con: «Cos’è successo al tuo castello?»
Io sono sicura al 99% che lui lo sappia benissimo, ma comincio a raccontare ugualmente: «Ganondorf ha saputo del mio arrivo ad Hyrule e ha ben pensato di catturarmi, sapendo che sono ancora piuttosto ignorante ed ingenua per quanto riguarda questo mondo e le sue regole»
Lui, con una tranquillità da darmi sui nervi, beve un altro sorso con calma, si pulisce le labbra col dorso della mano, e commenta: «Chiamala furbizia! È la cosa più naturale agire in questo modo, mi sorprende che al castello non avessero preso misure di sicurezza adeguate!»
Lo ignoro, seppur dandogli ragione dentro di me, e continuo con la storia: «Prima è comparso uno spirito malvagio…Ghirahim…riusciva a farmi provare dolore soltanto desiderandolo…»
Mi riesce molto difficile parlare di tutto ciò, è stato traumatico: riesco ancora a sentire quelle torture e a rivedere quel suo sorriso felice nel vedermi soffrire.
«Siediti anche tu!» mi invita, notando il mio disagio.
Per quanto la cosa sia totalmente assurda, mettersi a parlare tranquillamente con un demonio su un prato a sorseggiare latte e a raccontarci aneddoti di vita, accetto e mi lascio cadere al suolo. Credo che io abbia davvero bisogno di buttare fuori tutto ciò che sto reprimendo in me.
«Lui era lì e mi fissava,» continuo «e ad ogni mio crampo i suoi occhi si accendevano sempre di più. I saggi…sono arrivati per aiutarmi, e per colpa mia Saria…»
Ma mi interrompo nuovamente, fissando il vuoto e facendo scoppiare in me mille emozioni. Sono acide e mi corrodono l’anima. Come ho potuto lasciare che tutto questo accadesse?
Ma non è lui che deve avere delle risposte, bensì io, quindi chiedo: «Che cosa mi accadrà?»
Lui tappa la sua bottiglia di latte, alza la testa al cielo e sospira solo un: «Mah. Chi può saperlo.»
E invece io lo so che lo sai!
Mi avvento su di lui, lo prendo per il lungo cappotto viola e gli urlo: «Dimmelo! DEVI dirmelo!»
Lui mi scosta le mani e per la prima volta vengo a contatto con la sua pelle: è talmente dura e fredda che mi fa venire la pelle d’oca. È spaventosa.
«Ci sono tanti destini già segnati. Il nostro unico potere è scegliere quale ci calza meglio» esordisce lui con una frase che sembra uscita da un biscotto della fortuna.
«Tu puoi leggerli?» tento di capire quali siano le sue doti.
«No, ma posso metterti in condizione di scegliere» mi risponde, per poi voltarsi a cercare qualcosa nel suo zaino.
«Vediamo un po’…oh no, questa è quella maschera di quella coppietta…E questa cos’è? Oh no maschera dell’insonnia, eh eh! Ottima da indossare quando si è impegnati di notte…» commenta le sue stesse maschere frugando nel borsone.
Io invece non aggiungo commenti.
«Ah, questa è carina! Richiama gli animali, abbinala a quell’arpona che porti con te e sarai meglio di un pifferaio!»
«Non mi serve la televendita di ogni singola maschera, grazie» lo stoppo.
Oggi sono un mix di simpatia e buonumore.
Sono terrorizzata dall’idea che in qualsiasi momento possa tirar fuori quella maschera.
«No. No. Mh, no» continua a ripetere mentre scarta maschere.
Fisso i suoi movimenti con occhi spalancati e pietrificati. Lui si volta di scatto verso di me e mi dice: «Hah! Tranquilla, non ce l’ho più io! Era un capolavoro, eh? Sia d’estetica che di contenuto, sì sì! Ma dopo vari inconvenienti…diciamo che mi è stata sequestrata. Non l’hai notata al castello? È custodita lì da qualche parte»
«Era al castello?! La maschera di Majora?!» esclamo incredula. Accipicchia, a saperlo mi sarebbero venuti i brividi ogni volta, camminando per i corridoi.
«Tranquilla, Ganondorf non l’ha con sé, è ancora lì!» precisa.
Oh, è vero. Non ci avevo pensato, meno male. Almeno una cosa non è andata storta.
«Non ho accesso a tantissime parti del castello» ricordo prima a me stessa e poi a lui.
«Ah-ha!» esclama, per poi tirare fuori un’ennesima maschera. «Maschera della Verità! Sei uno Sheikah ora, a maggior ragione! Ti permette di parlare con le statue Sheikah, forse ti potranno dire dove si trova Tingle, o addirittura Link!»
Come fa a sapere che sto cercando Tingle…? È inquietante.
«Cosa mi succede se la indosso? Proverò dolore?» chiedo, prendendo la maschera che mi ha appena porto. È bianca, e ha l’occhio degli Sheikah dipinto di rosso.
«Nessun dolore! Spero che i nostri destini si rintreccino!» mi saluta, prima di sparire all’improvviso.
«Aspetta!» provo a fermarlo, ma è troppo tardi.
Perché scappare ora, all’improvviso? Stavamo chiacchierando, accidenti!
Credo che il suo scopo fosse quello di darmi questa maschera sin dall’inizio. Mi ha fatto solo perdere tempo! Lui e le sue parole poco chiare.
 Com’è strana l’inquietudine: ti fa provare paura ma allo stesso tempo ti rende troppo curioso per allontanarti.
Quello che invece provo ora fissando questa maschera è solo terrore puro e, dipendesse da me, la scaraventerei il più lontano possibile. Magari anche sperando che colpisca Link in testa.
L’odio, dannazione! Che fine ha fatto? Perché non era lì?
Allora, a questo punto, sarò sia la principessa da proteggere, sia il guerriero che la protegge!
Elettrizzata da questi pensieri, volto la maschera e la applico, ammetto di farlo con mani tremolanti, sulla mia faccia.
Il bello è che questa maschera, così come molte altre, non ha fori per occhi, naso o bocca; ma non dimentichiamoci che è pur sempre una maschera dotata di poteri magici, perciò una volta indossata è come non averla. Sento di non aver nulla sulla mia pelle, come applicarsi un cerotto trasparente.
Anzi, potrei addirittura giurare di vedere anche meglio di qualche decimo.
Inizio a dare un’occhiata attorno a me, e scopro che, incredibilmente, nascoste fra altre rocce o dalla vegetazione, ce ne sono una marea!
Dunque, con quale potrei parlare prima? Proviamo con quella più vicina.
Mi avvicino cautamente, quasi come se avessi paura di spaventarle, ma…
«Booonjour!» urla prima lei vedendomi avvicinare e spaventandomi a morte.
«Santa Dea!» esclamo. Poi mi rendo conto che non posso essere spaventata da qualsiasi cosa, ovunque e sempre, quindi cerco di essere un po’ più coraggiosa e mi ricompongo: «Ah, ehm…Bonjour! Sapresti…aiutarmi?»
«Suona qualcosa, suona qualcosa!» richiede la statua molleggiante.
Suonare…qualcosa? Intende con l’arpa? Oh, e chi sa suonare! Mi serve solo per strimpellare corde a caso e per invocare la mia Triforza. E non è raccomandabile invocarla senza alcun motivo.
«Désolé, non posso!» gli rispondo.
«Suona qualcosa, suona qualcosa!» continua impertinente.
«Non so suonare» ammetto schietta.
«Suona, suona!» continua. Ma che è cretina?
Mi arrendo all’idea, pensando che se non sarà di suo gradimento saprò dove infilarle l’arpa, e comincio a strimpellare corde totalmente a caso.
Non posso esprimere pareri su cosa penso stia provando la statua standomi a sentire, perché è, appunto, una statua. Ma proprio mentre sembro essere nella fase più stonata della canzone, ecco che l’essere di pietra comincia ad agitarsi.
Mi fermo di colpo dal mio suonare per capire cosa le stia succedendo, e lei inizia a tremare sempre, sempre, sempre più forte, fino a che per me è impossibile rimanere a guardarla.
Dopo essersi scossa per bene, la statua ha cambiato colore ed è passata dal grigio al rosso.
«Grazie!» mi fa, dopo essersi arrestata del tutto.
«Ma cosa…» balbetto confusa nel guardarla.
«Noi statue funzioniamo in tanti modi diversi…a seconda di quello che ci offri possiamo cambiare colore, rilasciare piccole fatine curatrici, persino dirti l’ora esatta!» mi spiega molleggiando.
Ma io queste cose le so già, ovviamente.
«Bene, ehm…ti ringrazio. Sapresti per caso dirmi dove si trova un tale Tingle?» azzardo a chiedere.
«Oui, oui! In alto, in alto! Se prosegui diritto per di qua, arriverai ad un incrocio. È lì che si è fermato l’ultima volta! Guarda in alto!»
Sia benedetta la statua! La prima unica creatura in questo mondo che dà una risposta precisa a una domanda precisa, senza giri di parole, discorsi strani, o frasi generiche.
«Ti bacerei se attualmente non fossi un uomo» mi scappa. Le sono davvero grata.
E prima ancora di sentire la sua risposta, comincio a incamminarmi. Questo è il mio modo di dimostrarmi riconoscente, già.
Tolgo la maschera, rilego l’arpa alla vita, mi risistemo la benda sopra la bocca che avevo tolto per parlare, e vado dritta diritta per la mia strada.
Ad un certo punto comincio a spaesarmi, vedendo che la ormai troppo lunga foresta sembra essere interminabile, ma tutto ha una fine d’altronde.
Inoltre, non so ancora bene come funzioni l’Hylian che è in me, ma ormai sono quasi ventiquattrore senza cibo e sonno. Se fossi stata una comune umana, a quest’ora sarei già crepata, ma nonostante i miei poteri e la Triforza, l’umanità esiste ancora in me e i suoi bisogni vanno soddisfatti.
Ma sono totalmente al verde.
Un’altra mia grande paura è la vescica: non so quanto a fondo questa trasformazione abbia agito…da cosa fuoriusciranno i miei fluidi? Come fanno la pipì i maschi?
Ma avendo bevuto pochissimo e non avendo mangiato nulla, per adesso la parte sud del mio corpo è ancora tranquilla.
Persa tra mille preoccupazioni, non mi accorgo che finalmente la lunga via è terminata, e l’incrocio descritto dalla statua è comparso davanti ai miei occhi.
Ci sono tre cartelli che indicano rispettivamente: Hyrule Castle Town a sinistra, Lon Lon Ranch diritto e Hyrule Field da dove sono venuta.
Quindi ero in una parte parecchio boscosa della Piana di Hyrule…
La Piana è una pianura enorme che si trova al centro del grande regno e dalla quale puoi accedere a qualsiasi parte di Hyrule.
E conosco anche il Ranch Lon Lon! Vi abita una ragazza molto graziosa dai capelli rossi che assieme a suo padre alleva mucche e munge latte che viene poi esportato in tutta Hyrule.
Forse se mi dirigo da lei, Malon, mi aiuterà, ma devo in ogni caso trovare prima Tingle.
«Andiamo, vieni fuori Tingle!» dico a bassa voce, perlopiù fra me e me.
«Quassù!» odo una voce. Alzo lo sguardo e la mia prima reazione è: «Hey, è stato facile!»
Mi chino, prendo il primo sassolino che trovo e lo lancio con tutta la mia forza contro il palloncino al quale Tingle si è appeso.
Per pochissimo non colpisco anche lui, ma in ogni caso l’ometto grassoccio e dal nasone rosso cade letteralmente ai miei piedi.
«Chiedo perdono per i miei modi rudi» inizio con lo scusarmi. «Necessiterei di una mappa, in giro si dice che tu le abbia.»
Sono figa anche quando parlo in modo formale.
«Oh, bel giovane, certo! Ecco qua, nuove di zecca, a sole venti rupie ciascuna!» mi presenta la merce srotolando le mappe davanti ai miei occhi.
«Io, sono molto…stanco, ho viaggiato parecchio senza una meta e non ho rupie con me. È del tutto impossibile convincerti ad essere generoso?» elemosino un po’ di pietà. Un metodo un po’ squallido, a dirla tutta.
«Oh, questa non me l’aspettavo…» rimane un po’ basito.
«I folletti in genere sono molto altruisti…» tento di provocarlo.
Infatti, sempre grazie ai giochi, so che Tingle è un uomo ultratrentenne in realtà, convinto di essere una reincarnazione di un qualche folletto. Nessuno gli crede, ovviamente, quindi se sarò l’unica a dargli corda magari si smuoverà.
In fondo sto raschiando il fondo del barile già da tanto tempo.
«Oh, sì, lo siamo lo siamo! Ma dobbiamo comunque avere di che vivere!» precisa.
«Ed io no? Sto morendo di fame, per la miseria!» passo più sull’aggressivo.
Tendo ad essere nervosa quando ho fame.
«Non posso, non posso» rimane fermo sulla sua posizione.
Devo trovare un modo per ingannarlo. Qualcosa che lo colpisca sul personale. E forse ho un’idea tanto azzardata quanto potenzialmente efficace.
Anche se mi scoccia, sciolgo di nuovo tutti i nodi e riprendo l’arpa fra le mani, iniziando, ovviamente, a suonare peggio di un asino miope senza zampe.
No, non ho intenzione di stordirlo con la mia “musica” fino a che mi darà la mappa pur di farmi andar via.
«Piantala, è straziante!» inizia a lamentarsi come previsto.
«Cosa? Ma, io dico!» comincio la mia recita. «Questa è la musica preferita dai folletti…ogni vero folletto riesce a coglierne il senso e a gradirla! Che io mi trovi davanti ad un impostore? Non voglio neanche immaginarlo!»
«Eh? Sul serio, ne sei sicuro?» chiede confuso piegando la testa.
«Oh, temo proprio che tu non sia un vero folletto dopotutto…per questo siete anche così avido, un vero folletto non lo sarebbe» lo punzecchio.
«Cosa cosa?! Io sono un bellissimo, autentico folletto!» ribatte fiero.
Il “bellissimo” è ancora più improbabile dell’ “autentico”.
«Non credo proprio a questo punto» faccio in tono deluso. «Puoi provarlo?» gli chiedo con aria di sfida.
«Kukurin…pah! Ecco a te una vera formula magica!» recita parole strane.
«Oh davvero? Ti ha fatto diventare più generoso per caso?» continuo a fare la puntigliosa.
«Basta, io volo via!» annuncia prima di tirar fuori un altro palloncino e iniziare a gonfiarlo.
«No, aspetta!» gli urlo saltandogli addosso in un tentativo disperato.
Il mio piano ha fallito, quindi si passa alle maniere rudi da uomini.
«Hey, ma che fai?! Staccati!» cerca di dimenarsi.
«La…mappa…» riesco a pronunciare tra un calcio e un pugno del povero Tingle. Mi dispiace ma sono davvero allo stremo delle forze e della pazienza!
«Ladro, ladro!» inizia a urlare.
«Hey! Ma che succede qui?» sento una terza voce.
Una ragazza minuta scende giù da un carro, si avvicina a noi e strappa Tingle dalla mia presa.
«Che cosa stai facendo, Tingle?» gli chiede la fanciulla ripulendolo.
«Questo tizio vuole derubarmi!» mi accusa, indicandomi.
Mi alzo da terra, mi do una ripulita con le mani e pronuncio: «Sono mortificato»
Tingle, nel frattempo, indignato, prende il suo palloncino finalmente gonfiato e si allontana il più lontano possibile da me.
«Che gesto ignobile!» vengo rimproverata dalla ragazza.
«Mi dispiace. Sono affamato, assonnato e non ho un posto dove andare. Volevo solo una mappa del Ranch Lon Lon e dintorni…» spiego.
Lei sospira, indica il carro dietro di sé e molto cordialmente mi propone: «Anche io vado lì da un’amica. Ti serve un passagio?»
I miei occhi si illuminano nel rispondere: «Davvero? Grazie! Grazie mille!»
«Di nulla. Ma ti terrò d’occhio. Malon è una persona a me molto cara, forse ti aiuterà, giovane forestiero. Posso sapere il tuo nome?» domanda.
«Sheik» rispondo.
«Oh, io mi chiamo Anju» si presenta anche lei.
Oh sì, ma io conosco anche lei! Gestisce una locanda in città e l’ho semplicemente adorata nel gioco in cui compare. Anche se devo ammettere che il mio preferito è il suo promesso sposo. Kafei, quanto mi piace!
Monto su nel carro, mi siedo con lei dietro e la ringrazio ancora infinite volte per l’aiuto.
«Posso domandare come mai ti stai recando lì?» le chiedo per curiosità.
«Oh, visita di cortesia e rifornimento di latte. Mio marito adora il latte Lon Lon» mi spiega.
“Marito”? Quindi si sono sposati alla fine! Che cosa assolutamente adorabile!
Quando arriviamo, dopo un paio di minuti, ci troviamo di fronte ad una modesta casetta molto in stile campagnolo. Ormai sta calando la notte, ma il prato emette comunque un odore molto forte e piacevole.
«Da questa parte» mi fa strada Anju.
Annuisco e mi preparo a seguirla, ma qualcosa mi ferma.
C’è un cavallo, parcheggiato qui fuori ed ha proprio un’aria familiare.
Che sia…
«Buonasera Malon!» sento salutare Anju, appena entrata. «Oh Link ci sei anche tu!»



--Angolo della scrittrice--
Lo so cosa alcuni di voi potrebbero pensare: «Ma, Zelda_Shooter! L’Allegro Venditore di Maschere, Tingle, Anju e Kafei esistono solo a Termina, non ad Hyrule!»
E chi se ne frega :D
Ho già mischiato tanti elementi di tanti giochi ambientati in epoche e luoghi differenti…e poi adoro troppo i personaggi di Majora’s Mask per non inserirli…abbiate pietà.
Invece, probabilmente per chi non ha giocato questo fantastico gioco (pessima scelta) il capitolo potrà risultare lento e noioso…chiedo perdono, ma ho avuto troppo il bisogno di scriverlo.
E ora un gelato.
-Zelda_Shooter

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Capitolo 18
*** The Confrontation ***


18

Oh, fantastico.
Come dovrei comportarmi adesso? Sono tremendamente scossa da tutto ciò che è successo, ce l’ho a morte con lui per avermi abbandonata, e le mie emozioni potrebbero esplodere da un momento all’altro.
Tuttavia, dall’altra parte, sento di non poter venir meno al mio compito: ora ciò che devo fare è essere Sheik, e aiutare l’Eroe. Quel che era mio dovere era trovarlo e aiutarlo unendo i poteri della Triforza. Ma aiutarlo come, e a far cosa poi? E perché è così importante che Sheik non si riveli mai prima del momento opportuno? Cosa accadrebbe se sbagliassi qualcosa?
«Prego Sheik, da questa parte» mi riporta alla realtà Anju, invitandomi ad entrare.
Faccio un piccolo cenno rimanendo sulla soglia della porta, poi entro. È una casa molto piccola, in legno, e sembra che si dia più importanza alle strutture per mantenere e allevare le mucche che non ai comfort base di un’abitazione. Il complesso è diviso in due parti: una enorme a sinistra, dove ci sono le mucche, circondate da taniche di latte, paglia e mangime vario; dall’altra parte, sulla destra, una cucina molto modesta con un tavolo, praticamente attaccato a due lettini.
Ed è proprio su quel tavolo che Link sta sorseggiando tranquillamente del latte, con la faccia sorretta da una mano e lo sguardo perso. Ecco l’Eroe, signori e signore!
Faccio per fiondarmi verso di lui, ma una ragazza dal viso dolce e dalla lunga chioma rossiccia si avvicina a me sorridendo.
«Buonasera, benvenuto al Ranch Lon Lon! Sei un amico di Anju?» si presenta, per poi chiedermi di fare lo stesso.
Mentre tento di rispondere, Anju parla al posto mio: «Oh no, l’ho soltanto trovato mentre faceva a botte con quell’omino strampalato dalla tuta verde.»
«Poco nobile da parte tua…» mi fa notare quasi con aria di rimprovero.
Mi stringo nelle spalle, proprio a dirle: “Eh, che ci dobbiamo fare”, poi spiego: «Sono in viaggio e non ho né cibo, né acqua, e neanche soldi. Anju crede che tu possa aiutarmi»
Lei, che nel frattempo si era diretta verso la cucina per offrire del latte anche a me, torna con la tazza bollente in mano, me la porge, e poi domanda: «E come potrebbe mai aiutarti una misera mungitrice?»
«Oh, andiamo!» esclama Anju, seduta al tavolo vicino a Link. «Sai molto bene di essere più di una semplice mungitrice! Malon ha contatti con tutti al borgo, e il suo ranch, seppur sembri modesto, ha permesso un’attività commerciale di non poco rilievo!»
«Non c’è bisogno che tu mi faccia pubblicità per avere latte gratuito, Anju» la interrompe con ironia Malon.
«Oh, non sono una persona così frivola! Vero, Link?» chiede conferma, poggiando la sua mano sul braccio dell’uomo imbronciato.
«No, certo che no» tira fuori queste parole stentatissime lui.
Bevo un sorso del latte, appoggiandomi a una sedia per fare la spaccona, ma il mio intento viene disastrosamente distrutto dal mio: «Ahiaaa! Mia Dea, la lingua!» subito essermi ustionata. Dannazione, se il sole incontrasse questa roba le chiederebbe come fa a bruciare così tanto.
Link, che a quanto pare ha osservato tranquillamente la scena, si lascia scappare un risolino. Ma questa cosa mi irrita, ora ha davvero rotto.
«Che hai da ridere, tu?» faccio con fare provocatorio.
«No, nulla» chiude il discorso.
«Sai, non è con quel tuo fare arrogante che risolverai qualcosa» continuo imperterrita. Decido io quando abbiamo finito.
«E tu chi saresti per giudicare?» mi fa, alzandosi e venendomi incontro.
«Sei tu che non prendi abbastanza sul serio i tuoi doveri!» gli faccio notare in tono molto arrogante.
«Ascoltami bene» dice, fiondandosi verso di me e tirandomi per le bende portandomi a un centimetro dalla sua faccia, «Io non ho idea di chi tu sia, e non mi interessa. Ma prova di nuovo a intromettere quella tua lingua in questioni che non ti riguardano, e non la potrai più usare.»
Detto ciò molla la presa spingendomi con una certa violenza.
«Io vado via, Malon. Grazie di tutto» annuncia, avviandosi verso la porta.
Ma Malon gli implora di fermarsi, e lui si blocca non appena sente il suo: «Ti prego, Link!»
«Che muoia» pronuncia, all’improvviso.
Sento il cuore gelarmi, quando capisco che si sta riferendo a me. Tutt’un tratto, tanti fili in me riescono a collegarsi fra loro.
Link ha da poco perso suo nonno, ed è stato reclutato a corte solo poco tempo fa. Ha dovuto abbandonare il suo villaggio e lasciare sola la sua sorellina, per venire a proteggere me e a riparare i miei casini. I suoi genitori sono morti per causa mia. Sono morti, combattendo per proteggermi. Sono io che, nella sua testa, merita la morte. Ed ha ragione.
Ma sta maltrattando tutti. Sta lasciando Ganondorf a ruota libera, i Saggi si sono dovuti sacrificare al posto suo, Impa sta combattendo per lui. Io meriterò anche sofferenza, ma non loro.
«Vengo con te» mi faccio avanti.
«Non esiste» rifiuta immediatamente, come previsto.
«Stai cercando la principessa, lo sto facendo anch’io. Uniamo le forze, e quando la troviamo…»
Si volta verso di me.
«…la uccidiamo» finisco la frase.
Malon e Anju si girano verso di me, col terrore dipinto in volto.
Faremo il viaggio che dovremo fare, al termine del quale io mi rivelerò come la leggenda vuole, e lascerò a lui il diritto di decidere del mio futuro. Dopotutto, lui può solo uccidere l’Hylian che è in me, non morirà anche la mia parte terrestre.
Ogni secondo che passo qui, un dubbio nasce dentro di me. Avere sulle spalle il peso di un intero mondo è faticoso, impegnativo ed estremamente delicato. Certo, quanti di noi abbiamo mai sognato di vivere nella realtà del nostro videogioco preferito? Ma a questo punto, quanto ne vale davvero la pensa, se si vive a discapito di tutti gli altri? È giusto che la Triforza si reincarni in qualcuno di più consono.
«Vedi, io…» comincia, voltandosi e tornando dentro la piccola casa. «…vorrei più di tutti non avere problemi e starmene tranquillo. Ma non è così che si risolvono»
«Ti invito a ritirare il grande peccato appena pronunciato e chiedere perdono alla Dea…» mi esorta Malon perplessa, in un angolo.
«Questa povera principessina…appena giunta, rapita, e c’è anche chi le augura la morte!» mi disapprova così Anju.
Mi guardo attorno, notando le espressioni molto contrariate dei presenti.
«Ma quale povera principessina! Hyrule è in pericolo per colpa sua!»
«Non è colpa sua, è colpa di Ganondorf. Ed è a lui che auguro la morte, perché è per colpa sua se ora devo prendermi tanto disturbo. Non torcerà un capello alla principessa, non fallirò nel proteggere anche lei» diventa tutt’un tratto molto determinato lui.
E-eh…? Non era con me che…
Lui vuole davvero proteggermi a qualunque costo?
«Chi è che non sei riuscito a proteggere?» mi sorge spontanea la domanda.
Ma Link ne ha abbastanza di questa scenetta drammatica, e decide finalmente di uscire e partire, con l’umore più a terra che mai.
«Grazie di tutto» dico, prima di precipitarmi fuori anch’io per seguirlo.
Lui slega Epona da dove l’aveva lasciata, l’accarezza e le sussurra: «Su, andiamo. Abbiamo finito qui.»
La monta e inizia a cavalcare, senza sentire le mie grida per attirare la sua attenzione. Sembra che stia andando a una velocità pazzesca. Credo voglia correre fortissimo, così tanto da non riuscire a distinguere nulla intorno a lui, così veloce che pensare diventa impossibile.
Ormai sembra troppo lontano per essere raggiunto, ma dimenticavo che io in  questo mondo posso usare i cheat.
Tiro fuori l’arpa, abbasso la benda dalla bocca, chiudo gli occhi e, strimpellando qualcosa a caso, le chiedo: «Aiutami a raggiungerlo, ti prego!»
Così, d’un tratto, riapro le palpebre: sono sempre qui. Ma in mano ho qualcosa di strano, come una piccola bomba.
«Aaaah» esclamo ad alta voce, dopo essermi ricordata, ringraziamo sempre la saga videoludica, che Sheik in particolar modo si diverte a sparire e riapparire fra il fumo. Quindi focalizzo l’immagine di dove vorrei essere in questo momento e lancio per terra l’oggetto ancora da identificare.
Tutto è nero per una frazione di secondo, poi inizio a sentirmi come se fossi su un enorme tappeto elastico. Apro gli occhi, e temo che il mio lato da fangirl abbia prevalso, perché l’immagine di Link che avevo focalizzato, mi ha portato a materializzarmi…in braccio a lui, sul suo cavallo. Fighissima come cosa però.
Lui urla terrorizzato, facendo immediatamente arrestare Epona. Mi fissa per qualche istante per poi strillarmi addosso: «Ma che fai?! Sei impazzito?!»
«Ho detto che avremmo viaggiato assieme!» dico io, faccia di bronzo.
Dovrei essere seria, ma sto trovando tutto estremamente comico.
«Ma tu…ma tu hai dei problemi!»
Ed ha ragione.
«Okay, è solo che…hai ragione. I problemi non si risolvono così ma in qualche modo vanno risolti. Quindi risolviamoli!» esclamo.
«No, no no no no» ripete, sollevandomi e facendomi cadere brutalmente a terra. «Non ti voglio qua»
«Eh peccato, non si ottiene sempre quello che si vuole»
E in ogni caso, ovunque si cacciasse, potrei rintracciarlo con la Triforza e raggiungerlo.
«Senti, è notte fonda. Correre a questa velocità senza una meta non serve a nulla. Troviamo un posto dove stare per la notte» gli propongo.
«Sei fuori di testa» commenta, per poi urlarmi: «Hey, ma che fai?!», non appena mi rimetto sulla sella di Epona e ne prendo le redini, spingendo lui giù dalla cavalla.
«Questa poverina ha sonno, quindi noi andiamo a cercare dove accamparci» gli spiego, per poi iniziare a farla camminare davvero molto lentamente. Lui ci segue a piedi.
«E dove pensi di accamparti? Se la notte sei fuori dal borgo non puoi accedervi: chiudono ogni entrata» spiega cose che già so.
«Ho mai detto di voler andare al borgo?» preciso.
«E dove allora?» insiste a voler fare il pignolo.
«Non lo so! Ma un posto lo troveremo»
Lui sale a cavallo, dietro di me, sbuffando. Credo si sia rassegnato all’idea, forse perché in fondo un po’ di compagnia non può che fargli piacere. Gli Eroi affrontano quasi sempre i loro viaggi da soli, o a volte con compagni poco socievoli. Basti pensare a Faih. Inoltre gli Sheikah sono sempre stati diretti servitori della famiglia reale e alleati degli Hylian, le tribù sono al servizio della corona e ribellarsi non frutterebbe loro alcun vantaggio. Credo sia per questi motivi che abbia iniziato ad accettare la mia presenza.
 Fatto sta che ora sto guidando un cavallo senza sapere dove andare. Credo ci tocchi davvero dormire per terra, nella foresta.
«Dove dormivano gli Eroi durante le loro avventure?» gli chiedo, non appena mi viene in mente questo quesito.
«Luoghi di fortuna: da quel che ho studiato si accontentavano anche di giacigli d’erba» mi spiega.
«E il cibo, e l’acqua e il resto dei beni primari?»
«Erano esploratori e scoprivano grandi tesori pieni di rupie o oggetti di valore da poter vendere. I soldi non mancavano, e inoltre avevano spesso la fortuna di trovare molte persone che li aiutavano offrendo loro un po’ di riposo» continua a rispondermi.
Mi volto indietro: sembra quasi rilassato dal trotto di Epona, e che si stia godendo il paesaggio.
«Passeggiata piacevole?» domando.
«Quali sono le tue intenzioni?» chiede lui d’un tratto.
«Io? Nessuna intenzione particolare: sono uno Sheikah e sono al tuo servizio, e devo salvare la principessa anch’io» recito.
«E com’è possibile che tu abbia subito un cambiamento di personalità tanto repentino? Un secondo fa sei persino arrivato a sperare nella morte della tua sovrana» continua a cercare di togliersi i suoi dubbi. Devo accontentarlo, o non arriverà mai a fidarsi pienamente di me.
«Io non posseggo Triforza, pertanto non ho il potere di ucciderla. Ma tu sì, e le tue intenzioni mi sembravano inizialmente pacifiche nei confronti della fanciulla. Ti avrei affiancato nella scelta, visto che non ho mai avuto una bella immagine della principessa»
«Capito» si limita a rispondere, per farmi intuire che non vuole più spiegazioni.
«Tu invece…cosa pensi della nuova principessa?» provo a chiedere. Hey, non è parlare alle spalle di qualcuno, o forse sì dato che è dietro di me, e poi non è del tutto scorretto agire così. È un po’ come quando noi piccoli terrestri prendiamo una cotta per un altro terrestre, e mandiamo i nostri amici o le nostre amiche a parlargli, per sapere se siamo ricambiati o no.
«Beh, credo sia stupida. E anche distratta, maldestra e incapace.» ammette esplicitamente.
«Ah…» sospiro un po’ delusa. Ma in fondo, cosa mai potevo aspettarmi?
«Però...a vederla sembra che scoppi di vita» aggiunge, sorprendentemente.
«Aspetta, in che senso?» chiedo chiarimenti.
«Ecco, mi ha dato l’idea di essere molto sensibile al mondo attorno a lei. E fa molte espressioni strane»
Vorrei riuscire a dare un’interpretazione precisa a quello che ha detto, ma non riesco. E poi quali espressioni strane?! Almeno io, delle espressioni le ho.
«Non so se è propriamente adatto, ma là in fondo c’è una rupe che uno dei punti più spogli della foresta, ergo non credo vi siano particolari annidamenti di mostri» gli faccio notare un potenziale punto per l’accampamento, indicandolo.
«Ma sei matto? Su una rupe?» mi chiede un po’ stranito.
«Hey, si vedono anche bene le stelle da lì! E a meno che tu non voglia ritrovarti con un coso gelatinoso in faccia, domattina…»
«D’accordo» accetta, anche se un po’ scocciato.
La raggiungiamo dopo un paio di minuti.
Epona si rannicchia vicino un grande masso, e io e Link dobbiamo accontentarci di un misero mucchietto di foglie. Ci distendiamo e lui crolla immediatamente.
Io, invece, nonostante la rilevante stanchezza fisica, tutto questo sconvolgimento emotivo mi esalta e mi esaspera allo stesso tempo, e mi riesce difficile abbandonarmi al sonno e alla pace.
Abbandonare tutto non è mai la soluzione giusta. Finché si può fare anche un solo mezzo tentativo, bisogna provare. E se tutto è bui per colpa mia, tutto si riaccenderà grazie a me.
Vedrai, Link.
 

--Angolo della scrittrice--
Link è tornato dopo tanti capitoli.
E anche la scuola è tornata. Che cosa brutta.
Comunque, grazie per essere giunti fin qui con la lettura, davvero. Vi abbraccerei uno ad uno, ma fa ancora caldo e…
-Zelda_Shooter


 

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Capitolo 19
*** The Grip ***


19.

Nonostante i mille pensieri e il premente senso d’angoscia che non vuole proprio lasciar stare la mia anima, la stanchezza ha avuto la meglio sul mio corpo, e anch’io sono riuscita ad addormentarmi dopo un po’ di tempo. Vorrei poter raccontare di sogni strani o di incubi premonitori, ma il mio sonno è stato talmente profondo da non lasciare neanche alla mia flebile immaginazione di produrre qualche immagine. Chissà, magari avrei sognato un indizio, avrei visto qualche figura strana, o qualche numero da giocarmi al lotto.
Emettendo un fragoroso sbadiglio e stiracchiandomi come solo i più grandi contorsionisti sanno fare, mi sollevo dall’ammasso di foglie che stanotte è stato il mio letto e vengo immediatamente accecata dalla troppo potente luce del sole dell’alba per essere sopportata dai miei poveri occhietti appena svegliati. Noto con un po’ di vergogna di avere anche i rimasugli di un bel po’ di bava colatami fuori dalla bocca durante la dormita, e dentro di me prego tutti i saggi di non aver russato. Ma poi mi ricordo di essere ancora sotto le spoglie di un uomo, quindi realizzo che è ancora passabile come cosa.
Con mio grande stupore, dopo essermi voltata verso il giaciglio di Link, lo trovo ancora lì, avvolto nella stretta presa del sonno che non accenna a volerlo lasciare. Si è addormentato molto prima di me ieri, e ancora è lì a dormire come se non avessimo un mondo da salvare. Accidenti, gli uomini.
Allora mi auto-assegno il compito di svegliarlo, ma vorrei onorare questo dovere al meglio, perciò decido che questo eroe non merita un risveglio come un altro. Devo impegnarmi e regalargli il più bel risveglio della sua vita. E come meglio farlo se non con l’accompagnamento di un piacevole strumento musicale?
«AAH, SVEGLIA SVEGLIA! IL SOLE È ALTO NEL CIELOOO!» canticchio a squarciagola, strimpellando la mia arpa in una maniera che definirei tutt’altro che armonica.
I suoi occhi azzurri si spalancano alla velocità del suono – del mio suono, ah ah – e il suo torso schizza subito ritto, lasciandolo seduto e sconvolto sull’ammasso di sterpaglia. Si volta di scatto verso di me, lanciandomi un’occhiata furente, poco prima di urlare: «Si può sapere qual è il tuo problema?!»
«Vorrai dire, il nostro problema. Ti ricordo che non siamo venuti qui per ammirare il panorama» sottolineo con una punta d’acidità.
«So benissimo» inizia a pronunciare, alzandosi in piedi «il motivo per cui siamo qui. E infatti, mentre tu ronfavi beato, io mi sono alzato nel bel mezzo della notte a fare un giro di perlustrazione»
«Oh, e cosa hai perlustrato esattamente?» chiedo ulteriori informazioni in modo un po’ scettico.
«Un uomo di Ganondorf, a cavallo. Sembrava che stesse girovagando attorno alle mura del borgo, come se fosse in cerca di qualcosa» mi spiega, cercando di mettere bene a fuoco i suoi ricordi.
A questo punto, gli riconosco il suo lavoro e mi sento un po’ in colpa per avergli subito rovesciato addosso il mio sarcasmo per nulla divertente. Peggio di una madre che passa l’aspirapolvere alle 6:00 di mattina.
«Credi che stesse cercando un modo per infiltrarsi?» mi insospettisco.
«Forse, non lo so. Ma non credi che se esistesse un modo per barricare quelle mura di notte, a quest’ora Ganondorf ci sarebbe già riuscito? Inoltre, Zelda è nelle sue mani e i saggi sono ancora dispersi, cosa può mai volere dal castello ora?» domanda Link, più a se stesso che a me.
Accidenti. Link crede ancora che Zelda, cioè io, sia sottochiave nei suoi lerci sotterranei, quindi dà per scontato che al borgo, Ganondorf non abbia più alcun punto di interesse. Io sono protetta dal sortilegio di Sheik, che copre le mie tracce. Il re della malvagità ora non ha idea di dove io sia, ed è più che plausibile che voglia fare una capatina al castello. Anche se mi domando come sia finita la battaglia con Impa…
«Dobbiamo arrivarci prima che lo faccia lui!» esclamo, dopo averci riflettuto su un paio di secondi.
«Impossibile» constata lui. «I cancelli del borgo si apriranno fra poco, se il suo intento era di penetrare nel borgo, avrà già appostato sotto le mura chi di dovere per entrare»
«Come “chi di dovere”? Non credi che possa esserci proprio lui lì? In ogni caso dobbiamo andare, non importa se lui arriverà prima: la gente lì è in pericolo!» mi accanisco.
«E lasciare Zelda incustodita? Non abbandonerebbe mai il luogo in cui la tiene prigioniera. Ma in ogni caso hai ragione, rechiamoci lì» sentenzia.
E invece potrebbe esserci proprio lui. Ora stiamo per raggiungere il borgo, e se lui dovesse davvero essere lì, non saprei cosa fare. La situazione è complessa e difetta di senso: Link e io stiamo rincorrendo la principessa, ma non c’è nessuna principessa da rincorrere. Link però questo non deve ancora saperlo, o almeno credo. Ganondorf cerca la stessa cosa che cerchiamo noi, più o meno. Ma cosa stiamo davvero facendo, noi tutti?
«Link» pronuncio «Ho un piano. Recati al borgo con Epona, io mi materializzerò lì con la mia magia»
«Dividerci? Vuoi usarmi come distraente? Una bistecca per avvoltoi?» si contraria alla mia proposta.
«Sì! Cioè, no, non proprio. Tutti sanno chi sei, ma pochi conoscono me. Se vedranno l’Eroe Link fuori dalle mura e da solo, sfrutteranno l’occasione per venirti addosso. Io mi materializzerò nel borgo ed evacuerò la zona, poi verrò ad aiutarti» spiego ciò che ho pensato.
«È un piano troppo azzardato. Non abbiamo la certezza che ci sia davvero qualcuno lì, e se nel caso loro fossero già entrati, allora quello circondato e solo saresti tu» rifiuta il mio piano.
«E allora cosa proponi di fare? L’uomo che hai visto è l’unico indizio che abbiamo, non ci sono altre piste da seguire. Magari ci sarà anche Ganondorf e magari avrà anche Zelda con sé. Per attirare te, per farti cadere in trappola. Magari ci ha osservato, e sa dove siamo. Magari è proprio nella sua trappola che dobbiamo cadere per trovare ciò che cerchiamo. Nulla è certo in guerra, tutto è una scommessa. Ma su qualcosa si deve pur puntare» tiro fuori il discorso più diplomatico che ho.
Link abbassa il capo, sospirando e prendendosi il suo tempo per rifletterci su. Anche lui, come me, non ha grandi esperienze alle spalle. Non ha ancora compiuto il suo grande viaggio che lo renderà “eroico”, tutto per lui sta avvenendo qui ed ora. Certo, ci ha abbandonati quando i Saggi hanno combattuto l’attacco al castello. Non so ancora dove fosse o che intenzioni avesse, ma ora è qui e per quanto risentimento io possa provare, non voglio lasciarlo solo.
«Hai ragione» annuncia infine.
«Okay, quindi la nostra priorità è individuare Ganondorf» metto a punto i dettagli della manovra d’azione.
«No, la priorità è individuare lei» mi corregge.
Sta parlando di me?
«Intendi dire…la principessa?»
«Sì. Ora sbrighiamoci!» annuncia, montando su Epona.
Io lo seguo correndo con le mie nuove gambe super veloci, standogli dietro di un po’. La piana di Hyrule ci dona come sempre il suo spettacolo naturalistico mozzafiato, e iniziamo ad intravedere le mura che cingono il borgo.
Link, per perlustrare più attentamente, fa rallentare il passo di Epona, la quale emette un nitrito che quasi mi sembra voglia testimoniare la sua paura. La bestia sembra agitata e io aguzzo la vista cercando di captare qualcosa di sospetto.
Link si avvicina ancora di più alle mura, mentre io rimango dove sono. Sia io che lui abbiamo i nervi a fior di pelle.
Tutto è tranquillo, troppo tranquillo. Ripenso al mio incontro col l’Allegro Venditore di Maschere, e al fatto che lui era riuscito a percepire chi io fossi davvero. E se anche Ganondorf ci riuscisse? Se sapesse che sono qui e io ora, separandomi da Link, mi sia fatta uno scacco matto da sola? Perché non ci ho pensato prima?
Eppure, per quanto io mi sforzi per scrutare quanto più lontano possibile l’orizzonte, nessuno sembra esserci. Mi volto verso Link per poi accorgermi che anche lui sembra essere arrivato alla mia stessa conclusione.
Quindi, un po’ sollevata ma anche delusa per essere solo piombati in un vicolo cieco, lancio un urlo a Link: «Liiink! Falso allarme, possiamo ritirar…mmh!»
All’improvviso, qualcosa, o forse qualcuno, arriva dietro di me e mi tappa la bocca. La sua presa è stretta e ben presto, inizia, probabilmente con l’altro braccio, a stringermi anche il collo.
Il panico mi assale, vorrei urlare ma mi sento soffocare. Vorrei soltanto riuscire a capire che cosa, o chi, sta attentando alla mia vita. E soprattutto perché. Sono Sheik ora, e a parte Tingle, non ho fatto del male a nessuno. Nessuno sa chi sono, nessuno sa che ho la Triforza, nessuno. O almeno è ciò di cui voglio autoconvincermi. Il Venditore di Maschere? Possibile? No, ho sfiorato la sua pelle e non era così. Ammesso che ciò che mi sta stringendo abbia una pelle.
Sento che tra poco i miei polmoni cederanno. Il sangue mi affluisce al cervello e sento improvvisamente le palpebre appesantirsi. Sto per perdere i sensi.
Ma riesco a distinguere ancora la sagoma verde di Link farsi sempre più vicina: forse prima ha sentito il mio grido. L’udito mi abbandona, e sento tutto come se fossi in una gigantesca bolla di sapone. La morsa è sempre più stretta e sempre più letale.
Poi cado a terra.
No, non ho ancora perso i sensi, ma a quanto pare sono stata liberata da quell’abbraccio mortale. Piano piano riprendo a respirare, anche se molto affannosamente per inalare quanta più aria è possibile, e riesco a distinguere gemiti di Link e grida da parte della figura misteriosa alla quale sarebbe bastato qualche istante in più per uccidermi.
Allora non era un qualcosa. È un qualcuno.
«L’eroe al salvataggio!» urla il misterioso personaggio.
Bastano queste poche parole a farmi ricordare il dolore provato e a farmi accendere la lampadina.
«L-Link…scappa…» riesco a pronunciare appena. La mia gola è ancora troppo dolorante per permettermi di parlare fluidamente.
A quanto pare, è una lotta spada contro spada. Mi domando il perché, visto che con me ha avuto il potere di infliggermi dolore soltanto volendolo. Vuole farmi preoccupare per Link, per farmi alzare e approfittare del mio essere più debole di un verme per schiacciarmi con una facilità unica?
Link è talmente preso dalla battaglia da non avermi sentita, o forse non ha alcuna intenzione di scappare.
Ora sono più distanti: Link prende la carica, emettendo un urlo e avanzando contro di lui, preparandosi ad un affondo di spada; ma il suo avversario schiva con un semplice passo alla sua destra e blocca la sua spada con la propria. Incomincia una nuova musica di spade che si scontrano. Ognuno para colpi dell’altro e ognuno viene parato dall’altro.
Ma quando finalmente tento di rialzarmi, una fitta di dolore mi prende tutto l’addome.
«Non così in fretta!» urla il mostro.
«Che…che cosa vuoi, G-Ghirahim?» ringhio con difficoltà, mentre giuro di poter sentire i miei organi comprimersi sempre di più.
«Uh, qualcuno qui conosce il mio nome! Ma non ho tempo da  perdere. Voglio sapere dov’è lei» esordisce lo spirito.
«Lascialo stare!» urla Link, tentando di colpirlo. Ma Ghirahim è stanco di giocare e con uno schiocco di dita, un fulmine dalle tonalità rossastre si solleva dal suono e prende l’eroe in pieno.
«N-no, Link…» emetto.
«Voglio sapere. Dove. Si trova. Lei!» scandisce bene ogni parola.
«Ma di che stai parlando?!» domanda Link furioso, alzandosi.
«Non fare finta di non sapere!» si infervora Ghirahim, lasciando la presa su di me e facendomi cadere al suolo, per poi usare lo stesso maleficio su Link.
Quindi non riesce a usare questo potere su due persone contemporaneamente.
La situazione è critica e devo agire in fretta, nonostante l’atroce dolore che mi trafigge il petto. Slego l’arpa dalla vita e concentrandomi, la strimpello cercando di incanalare in me tutta l’energia possibile.
Un’onda di luce dorata si sprigiona e colpisce in pieno anche il bastardo, che molla Link.
«Adesso basta Ghirahim. Non so cosa tu stia cercando, ma preparati a soffrire se metti di nuovo le mani su Link» passo alle minacce.
Noto Link guardarmi con un certo stupore, quasi meravigliato. I suoi occhi sono sgranati e credo non siano mai stati tanto azzurri.
«La principessa è fuggita! Farete bene a dirmi dov’è, o sarete voi a soffrire!» risponde lui con altrettante minacce.
Deglutisco, preparandomi a dover recitare per farmi apparire incredula, ma ci pensa Link al posto mio. «Come sarebbe a dire?!»
«Non fare finta di non saperlo!» insinua Ghirahim.
«Metti fine a questa pagliacciata. Non abbiamo idea di dove sia, e non è così che otterrai la nostra collaborazione» metto in chiaro le cose.
Certo, non ci sono possibilità al mondo che accetti di collaborare con lui, ma devo pur allettarlo con qualche offerta.
«Eppure sono sicuro che sappiate dove sia la nostra amata principessina, visto che la vostra amica Impa era lì quando è sparita» continua a insistere, senza smuovere di un minimo i suoi sospetti.
«Impa è…è viva?» mi esce spontaneamente, lasciando cadere in secondo luogo per un attimo tutto il resto.
«Quella maledetta è riuscita a fuggire dopo aver liberato quell’impiastro! So che è vostra ora!» insiste quel maledetto.
«Io non sono proprio di ness…cioè, volevo dire, io non so proprio di cosa tu stia parlando!»
Mannaggia la miseria, mi è quasi scappato!
Ma il bastardo non vuole sentire oltre, la sua impazienza ha toccato i massimi storici. Passa così alla sua seconda forma, la sua forma più temibile e che all’epoca, nel gioco, mi aveva dato non pochi problemi per batterla.
Il suo corpo, da quel grigio smorto, passa a una tonalità calda e scura, sui toni del marrone.
Io e Link ci ritroviamo avvolti in una nube di magia nera e in un istante, il nulla.
 
 
--Angolo della scrittrice—
Lo so lo so, fermate la folla inferocita! …Mh? Non c’è più nessuno qui ormai a leggere che aspettava? Sono passati più di sei mesi? Davvero? Cacchio, quando si dice la fugacità…
Scherzi a parte, mi spiace scrivere un capitolo con intervalli pari a quelli fra un mio studio e un altro: una volta ogni mezzo anno. Ma il liceo strappa via la voglia di vivere. Credetemi. Fuggite sciuocchi.
Ah no, lo avete già fatto, okay okay sto zitta.
Ho dovuto rileggere l’intera storia prima di poter scrivere questo capitolo. I dettagli sono importanti per non contraddirsi con quanto detto nei capitoli precedenti, e io mi ero totalmente dimenticata di alcune parti della storia! È stato come leggerne una non mia, assurdo. Ad ogni modo, so che più la storia si fa lunga, meno solo le probabilità che i capitoli più nuovi vengano letti, soprattutto se nel frattempo perdo tutto il mio seguito poiché aggiorno una volta ogni morte di papa, ma mi piace scrivere e amo la mia piccola creatura, quindi la continuerò anche solo per la soddisfazione di portare avanti un progetto tutto mio.
Au revoir!
 
-Zelda_Shooter

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Capitolo 20
*** The Confession ***


20

L’ambiente si materializza davanti ai nostri occhi: distinguo quella che sembra essere una sala al chiuso, in cui vi sono strani muri a rombi di tutte le tonalità del rosso e dell’arancio. I colori sono così intensi e le figure geometriche così piccole che il risultato è solo un potente mal di testa.
Lancio un’occhiata al mio fianco per assicurarmi della presenza di Link, e con grande sollievo lo noto alla mia destra intento a scrutare l’ambiente con fare un po’ spaesato.
«Ho già visto questo posto» dichiaro. Era presente nei giochi, solo che non riesco a ricordare in quale o a cosa sia relazionato.
Incerta, faccio un paio di passi in avanti, ma non riesco proprio a capire perché siamo qui. Certo, se vieni rapito non potrai mai essere portato in una camera di lusso o in una suite, questo posto deve essere una specie di cella, eppure qualcosa mi dice che non è così.
«Cosa proponi di fare, biondino?» chiamo in causa Link.
Inizialmente un po’ indignato per il nomignolo appena attribuitogli, mi risponde: «Non lo so, ma credo di avere dei problemi con la mia Triforza»
Incuriosita gli domando: «In che senso?»
Lui mi si avvicina e mi mostra la mano sinistra. «In realtà è da un pezzo che mi mostra la forte presenza di Zelda, ma ora sembra sia particolarmente vicina!»
Deglutisco e inizio ad andare un po’ nel panico. Gaebora mi aveva detto che la mia Triforza sarebbe rimasta celata, nei panni di Sheik.
«M-magari è da queste parti» azzardo.
Link accoglie sul volto uno sguardo deciso ed esordisce con: «Allora ora provo a usare i miei poteri per…»
«Non credo proprio» viene interrotto.
Una nube di fumo scuro simile a quella che ci ha portati qui riappare davanti a noi, e da questa esce la furibonda figura di Ghirahim trasformato.
«Ah, ti sei degnato Ghirahim» mi rivolgo a lui, un po’ scocciata.
«Rivolgiti pure a me con…»
«”Sua Eccellenza Ghirahim”, lo so» lo interrompo, scimmiottandolo.
Credo che a questo punto io non abbia nessuna voglia di stare qui ad assecondare i suoi teatrini mentali.
«Hmph, che insolente!» mi insulta, o crede di insultarmi, lui,
Mentre teniamo viva questa amorevole conversazione, Link non perde tempo e si prepara ad affondare la Master Sword nel corpo dell’ignobile spirito.
«Non così in fretta!» esclama però lui, bloccando Link in quell’odioso potere e stringendolo nella sua morsa, lasciando cadere a terra la spada.
Al che mi attivo io, tempo per slegare l’arpa permettendo, e mi concentro per poter riuscire ad emanare un’onda di energia quanto più potente possibile.
«Fossi in te, neanch’io andrei così di fretta» comincia a minacciarmi lo spirito.
Mi fermo di scatto, tenendo in braccio il pesante strumento musicale. Non so perché gli abbia dato ascolto, ma qualcosa mi ha detto che è meglio non fare passi falsi.
L’essere maligno lascia la presa su Link, che cade a peso morto sul pavimento della rombica sala.
Emettendo un ghigno, Ghirahim fa schioccare le dita, e subito ne consegue l’ennesima aggregazione di quel fumo violaceo.
Cerco di mettere a fuoco quanto prima possibile ciò che questa nube sta per rivelare, e immediatamente sento il mio cuore fermarsi.
«Saria…» pronuncio debolmente, chiamando il nome della Saggia che si sacrificò per me nel tentativo di farmi fuggire dal castello di Hyrule.
Quel maledetto la tiene legata e immobile, eppure il cuore mi si alleggerisce al pensiero che è ancora viva, ed ora io farò di tutto per salvarla.
«Chi…chi siete?» domanda la kokiri, non riconoscendomi nelle vesti di Sheik.
Ma non ho tempo per scuse e spiegazioni, poiché Ghirahim ha deciso di non concedercelo. Con un gesto della mano, le corde che tengono prigioniera il povero essere iniziano a tendersi sempre di più, tanto da farle emettere un gemito di dolore.
«Io non sono venuto qui per perdere tempo. O mi dite dove si trova la principessa, o siate pur sicuri che non mi farò problemi a togliere di mezzo uno dei Saggi» espone le sue condizioni.
«Non sappiamo dove sia, credici maledetto!» si infuria Link, rialzandosi da terra e riprendendo in mano la sua spada.
Ma ormai non posso più fingere.
Qui c’è in gioco una vita, e io non posso più mietere vittime poiché devo anteporre a tutto la mia protezione. Non importa quello che accadrà dopo: una possibilità di salvezza potrei sempre averla, ma se qui ora non faccio nulla, posso star pur certa che Saria morirà. Certo, non posso essere completamente sicura neanche del fatto che se io ora mi consegnassi, poi Ghirahim la libererebbe sicuramente, ma non posso toglierle una possibilità di salvezza.
Non so fino a quanto ancora avrei dovuto mentire, poiché Impa è stata molto chiara sul non rivelare la mia identità per nessuna ragione. Ma qui non si tratta di ragioni, si tratta di avere fra le mani il destino di una vita. Quindi è ora di abbandonare Sheik.
«In verità…» comincio, facendo qualche passo in avanti. «Io so dove si trova»
Link si volta fulmineo verso di me, e lanciandogli uno sguardo noto la sua espressione molto più che stranita.
«Se è un bluff, ti sei appena giocato la tua amica!» mette subito le cose in chiaro lo spirito.
«Nessun bluff, ti do la mia parola che ti rivelerò dove si nasconde la tua tanto ambita principessa. Ma tu dovrai ricambiare con altrettanto onore la promessa che mi farai: non appena vedrai Zelda, Saria sarà liberata e senza un graffio» faccio la stessa cosa dalla mia parte.
Link è troppo confuso per poter parlare, ed è perfetto così: poterò a termine il nostro accordo senza alcuna interferenza.
«E sia, dunque. Hai la mia parola» sigilla Ghirahim, forse un po’ sorpreso di una resa così facile. Magari si aspettava di dover torturare più ostaggi, prima che la resistenza desse in mano a Ganondorf un pezzo della Triforza. Ma sono sicura che nessuno qui avrebbe il coraggio di giocare con così tante vite.
Lanciando una prima occhiata a Link, che continua a fissarmi senza sapere cosa aspettarsi, e facendo lo stesso con Saria, posiziono l’arpa che ancora tenevo a fatica in braccio e mi preparo.
Chiudo gli occhi, per poi sussurrare: «Sciogli l’incantesimo», pensando quanto più intensamente mi è possibile alla mia vera forma, così comincio a strimpellarla per l’ultima volta.
Il bagliore tipico che mi diventa sempre più familiare si libera dallo strumento e comincia ad avvolgermi; sento il turbante sparire e le bende sciogliersi nel nulla.
Quando la magia finisce, mi do uno sguardo alle gambe e alle braccia, per poi notare con stupore un lungo abito sui toni del viola e dei delicati guanti di seta bianca. Sento anche tornare i miei capelli, molto più lunghi, scivolarmi lungo la schiena.
Beh, dopotutto ho promesso che avrei consegnato una principessa e da principessa sono stata acconciata. Ammetto che cambiarsi d’abito in questo modo è molto comodo.
«Tu…» è Link il primo a parlare. «Tu sei…»
«Mi dispiace, Lnk. Ma era l’unico modo per garantirmi una perfetta sicurezza, e comprendeva tenere all’oscuro anche te. Sono mortificata per averti mentito» mi affetto a scusarmi.
«Bene bene…» commenta Ghirahim, avanzando verso di me e squadrandomi dalla testa ai piedi. «Dunque la nostra principessa si divertiva a prenderci tutti in giro! Quale ironia, averla sempre avuta davanti ai nostri occhi! Ma, mia cara, chi mi garantisce che tu sia davvero…beh, tu, e non un semplice incantesimo di trasmutazione?»
«Il fatto che io non sappia nemmeno cosa sia» rispondo con un po’ d’ironia, forse un po’ troppo fuori luogo per il momento.
I nervi della faccia orrida di Ghirahim cominciano già ad annodarsi in un’espressione furiosa, quando decido di concedergli quello che vuole: alzo la mano sinistra e lascio la mia Triforza illuminarsi. «Ho detto che hai la mia parola» specifico subito dopo.
Lo spirito mi tende una mano, che suppongo una volta stretta significherà seguirlo ed andare dritti da Ganondorf.
«No!» urla Link, quando ormai le nostre mani stanno per sfiorarsi. «Non dargli ascolto, tu…non devi, io…»
Ma è chiaramente troppo scosso per parlare.
«Principessa, non fatelo, vi scongiuro! La mia vita non vale così tanto, saranno molte di più quelle che Ganondorf distruggerà se riuscirà ad ottenere la tua Triforza!» comincia ad urlarmi anche Saria, le cui corde però non sembrano ancora allentarsi.
«Ghirahim» mi basta pronunciare per far intendere allo spirito che voglio vedere immediatamente Saria libera, ignorando la sua richiesta.
Scusami Saria, non posso. Non posso tollerare neanche una vittima a causa mia, non più. Ho smesso di essere titubante e di aspettare sempre qualcuno che venga a salvarmi, questo viaggio me lo ha insegnato. E il fatto che io abbia accettato di consegnarmi a questa bestia, non significa che abbia anche acconsentito al farmi schiacciare da Ganondorf. E sono sicura che stavolta Link non mi abbandonerà, per quanto arrabbiato e ferito possa essere ora. C’è ancora una speranza.
Ghirahim non vuole pretendere troppo, poiché è troppo vicino all’avermi: se per caso io o Link ci infuriassimo all’improvviso, si ritroverebbe contro non uno ma, due possessori di Triforza, e le sue possibilità di riuscita si abbasserebbero drasticamente. Così, schioccando di nuovo quelle dita che se non fossero fatte di una materia inconsistente spezzerei a morsi, vedo l’incantesimo che stringeva Saria sparire, e la Saggia kokiri può finalmente mettere fine al suo calvario.
«Principessa, grazie! Grazie con tutto il mio cuore, ma state commettendo un errore!» sono le prime parole che pronuncia lei subito dopo.
«Ora prendi la mia mano e sigilla questo acc…»
«”Non così in fretta”» è la voce di Link. «La prossima volta che usi un potere, assicurati di poterlo usare su due persone contemporaneamente» lo stuzzica, facendo scivolare via la Master Sword dal corpo dell’essere, con cui lo ha appena trafitto.
«Gah…maledetto…oh…» emette Ghirahim, che è per poco non è stato smembrato dalla Spada Sacra, prima di accasciarsi a terra e perdere i sensi.
«Avrei dovuto trafiggerlo appena mi ha mollato, ma non sapevo se l’incantesimo avrebbe liberato Saria dopo la sua morte. In ogni caso ero sicuro che mentre teneva lei, non avrebbe potuto colpire anche me» spiega in tono soddisfatto. Ma la sua voce suona un po’ troppo ringhiante.
Ora mi viene alla mente il fatto che io avevo già notato che Ghirahim non po’ usare il suo potere su due obiettivi contemporaneamente! Link ci aveva già pensato, ed ha aspettato il momento sicuro che Ghirahim non avrebbe potuto colpirlo, finché aveva Saria. Così, non appena Saria è stata liberata e prima che lo spirito potesse accorgersi di lui poiché troppo preso dall’essere a un passo dalla vittoria…Zam!
«Link, i tuoi occhi…» gli faccio notare, quando il mio entusiasmo si spegne di colpo dopo essermi accorta che il blu oceano si è sciolto in un giallo elettrico.
«Link, no! Ora calmati!» si allarma Saria.
«Cosa sta succedendo?» domando allora confusa io.
«Ecco, bisogna stare attenti a gestire il potere della Triforza! Devi essere sempre tu a controllarla, ma nel caso sia lei a prendere il sopravvento su di te, beh…ottieni degli strani effetti collaterali come questo» mi spiega la kokiri. «La Master Sword si è impregnata di una tale energia da aver messo KO il demone ma…» si ferma, guardando il cadavere, sempre che uno spirito possa averlo «sta corrodendo l’anima di Link ora!»
Finalmente qualcuno che mi dice le cose che voglio sapere dopo due secondi! Ma tutto ciò non è comunque un buon segno.
Link ha uno sguardo brutale, e respira affannosamente.
«Deve essere stato lo shock che gli ho procurato e l’impotenza del momento…» osservo io. «Quando ha usato la Triforza per attaccare, avrà ceduto al suo lato oscuro» Gli metto una mano sulla fronte e noto che sta davvero bollendo.
«Non toccarmi, tu! Mi hai mentito, abbiamo sprecato solo tempo per rincorrere un nulla! Chissà quanta gente avrà torturato Ganondorf per avere informazioni su di te!» s’imbestialisce di colpo.
«No, Link…» sospira Saria in tono dispiaciuto.
«No Link, ora devi calmarti!» mi impongo io. «Ghirahim è sconfitto, o almeno non darà problemi per un po’. Saria è libera e sappiamo che Impa è viva. Io sono stata al castello di Ganondorf e quindi ora so dov’è che dobbiamo recarci. Se voi avesse saputo chi ero dove mi trovavo, mi avreste sigillata da qualche parte per “proteggermi” e non avremmo ottenuto nulla di tutto questo!»
«Non ti voglio ascoltare, basta!» continua a non voler riprendersi. I suoi occhi continuano a tuonare.
«Principessa, ora che Ghirahim non sta utilizzando i suoi poteri per sigillarci qui, usiamo la vostra magia per andare via e portiamolo al villaggio dei Kokiri: lì ho delle cose che potranno aiutarlo a riprendersi» propone Saria. «Lo porterei al castello, ma non so in che condizioni sia…»
«Concordo, Saria. Ora tenterò di far funzionare i miei poteri»
 
Sono riuscita a farmi ascoltare dalla mia Triforza capricciosa, e Saria ha portato un Link ormai privo di sensi nella sua abitazione nella foresta degli elfi che non crescono mai. Essendo tutto a misura di bambino, Link è entrato a malapena nel letto della Saggia, ma Saria si sta sforzando di non fargli mancare nulla. Gli ha preparato un intruglio di cui non saprei dire il contenuto, si occupa di tenere al fresco la sua fronte con dei panni imbevuti e controlla regolarmente la sua temperatura con un termometro che non avevo mai visto. Ho ancora tante cose da imparare e studiare, ma l’avvento di Ganondorf ha rovinato tutti i piani. Eppure, tutto ciò mi ha reso consapevole dei miei limiti e ha fatto nascere in me la forza di volontà necessaria affinché, quando tutto sarà finito, io inizi il mio “addestramento” da principessa e sia più che pronta a prendere in mano le redini di questo pianeta.
«Principessa, vi dispiace se mi allontano per un po’? Vorrei comunicare ai Kokiri che sono qui e dare l’allerta alla foresta» mi domanda Saria.
«Oh, non devi certo chiedere il permesso a me! Va’ pure, hai già fatto tanto» le dico, un po’ lusingata.
«Io vi devo la mia vita» mi fa, facendomi venire la pelle d’oca, per poi uscire dall’abitazione in legno.
Io sono seduta su uno sgabello accanto al letto in cui giace Link. Lo fisso: è incredibile come anche nel sonno sia capace di tenere le sopracciglia sempre corrugate. Quindi decido di approfittare un po’ del fatto che ora è indifeso per…toccarlo. Gli sfioro la pelle con un dito e gli alzo la fronte per far sembrare il suo sguardo un po’ meno arrabbiato, emettendo un risolino.
Sembra stia sopportando così tanti pesi, sulle sue spalle. Avermi dovuta proteggere e passare le sue giornate con l’unico scopo di garantirmi la sicurezza deve avergli consumato un po’ la sua voglia di vivere, non considerando poi i suoi lutti e il suo abbandono del villaggio in cui è cresciuto.
Pensando ciò, gli prendo istintivamente la mano, e la stringo portandomela al petto.
«Si può sapere cosa stai facendo?» sussurra all’improvviso.
Lascio la presa di scatto, poiché non mi ero accorta fosse sveglio.
«Scusami, i-io…» balbetto, rimettendogli la mano sul letto.
Non so se ora sia il momento adatto, ma sento di dovergli parlare sinceramente.
«Ascolta, Link. Non sai quanto mi dispiace averti mentito, dico davvero. Non l’ho fatto con l’intenzione di ferirti o che altro, ma io…»
«Sì, lo so» mi interrompe. «Ammetto che, se tu non fossi stata lì con me, probabilmente non avremmo ottenuto nulla di tutto ciò e Saria non sarebbe a casa. Avremmo dovuto aspettare la sconfitta di Ganondorf, per rivederla libera»
«Oh, Link…» inizio a parlare, ma mi accorgo di avere il tono spezzato dal pianto. Perché ora sto piangendo?
«Va tutto bene Zelda, non c’è bisogno di piangere» tenta di rassicurarmi.
«È che sono successe tante cose…» singhiozzo, ripensando all’attacco al castello, ai sotterranei di Ganondorf, a Impa, ai cespugli parlanti, ai ChuChu, all’allegro venditore di maschere, alle statue ballerine e a Ghirahim.
«Non ti lascerò di nuovo sola» mi dice all’improvviso. Rimango senza fiato per qualche secondo e sgrano gli occhi, poiché mi ha davvero colta di sorpresa.
«Posso chiederti una cosa?» azzardo, non appena mi riprendo.
«Okay» accetta.
«Dov’eri finito al castello? Perché ci hai abbandonati?» mi libero finalmente di questa domanda che ho tenuto dentro di me per troppo tempo.
«Ganondorf mi aveva fatto credere di starsi dirigendo verso il portale che conduce in camera tua. Avevo paura che potesse arrivare alla tua famiglia e mi sono precipitato lì senza pensarci. Una volta nelle tue stanze, una figura mi ha bloccato con della magia nera lì. Non so dirti chi sia stato. Sono riuscito a sciogliere l’incantesimo dopo un po’ di tempo, ma ormai in tuo soccorso erano già giunti i Saggi. Mi ha poi trovato Dazel e quando mi ha detto cosa stava accadendo, sono corso lì quanto più velocemente possibile, ma ormai era troppo tardi» racconta.
Oh, accidenti. Ho creduto che ci avesse abbandonati tutti perché mi odiava, e non voleva sacrificare la sua vita per me. L’ho davvero creduto di una cosa simile quando in realtà voleva proteggere non solo me, ma anche il mio mondo. Ora sì che sarà davvero difficile smettere di piangere.
«Non piangere, ti prego. Fai sentire triste anche me» continua a dirmi.
«Non sai chi ti ha fatto del male?» gli chiedo, per capire a chi è che devo davvero dirigere tutti i miei pensieri negativi.
«No, te l’ho detto. Ma quel tipo di magia può provenire da un solo posto»
«Quale?» mi incuriosisco.
«Ti ricordi la porta che hai toccato e che rese nera la tua Triforza?» mi fa venire alla mente. E come dimenticarlo. Anche quella volta Link fu costretto a salvarmi.
Annuisco.
«Quella è la porta d’accesso al Twilight: l’unico mondo n cui l’ombra prevale sulla luce. È da lì che proviene quella magia. Gli esseri della luce non possono stare lì, ma noi possessori della Triforza un modo per esistere in quel mondo ce lo abbiamo» spiega.
«Oh mia Dea. Il Twilight. Quella era..la porta…oh mia Dea!» esclamo, mentre la mia mente unisce i puntini.
Non riesco a crederci, ecco cos’era successo! Ci voleva tanto a dirlo? Il Twilight è il mondo dove abitano Twili, le creature dell’ombra! C’è Midna lì, la principessa e il mio personaggio preferito della saga in assoluto, appare in The Legend of Zelda Twilight Princess, il mio videogioco preferito! Io…Oh, devo conoscerla. Se esiste davvero io devo vederla.
«Qual è questo modo?» gli domando con un visibile velo di esaltazione sul mio volto.
«L’ombra ci risparmia, ma ci vede come bestie, quindi le nostre sembianze appaiono come quelle di un…»
«Lupo» finisco io la frase, arrivandoci. Proprio. Come. Nel gioco!
E un flashback di me e Link mi torna alla mente, quando, mentre ci dirigevamo da Firone per guarire la mia mano, pensai testuali parole: “Che strano...non avevo mai  notato che la mano di Link avesse tanti peletti...grigiastri.” Era la reazione del suo corpo alla vicinanza del Twilight presente nella mia mano, erano peli di lupo!
«Come sai tutte queste cose?» si domanda allora Link.
«Oh, ehm…di questo ne parleremo un’altra volta» taglio corto io. Non mi va ora di spiegare tutta la storia.
«Comunque, chiunque dovremo affrontare, non ti farà del male» mi rassicura.
L’istinto vince di nuovo su di me e gli afferro di nuovo la mano, forse per sentirlo ancora più vicino a me. «Nessuno farà del male neanche a te, Link»
Lui, con un visibile sforzo, alza il braccio dal letto su cui è steso per poggiare una mano sul mio viso. Comincia a scrutarmi in maniera un po’ strana, ma neanche io ora riesco a distogliere lo sguardo dai suoi occhi finalmente di nuovo azzurri.
Mi chino su di lui, poiché lui è ancora steso, per potermi avvicinare. Scendo dallo sgabello e mi inginocchio al lato del letto. Lui mi carezza con la mano che ancora ha sulla mia guancia e tenta di sporgersi verso di me.
«Eccomi di ritorno!» annuncia poi Saria, rientrando.
 
 
--Angolo della scrittrice--
Finalmente, col dialogo di Daisy e Link, ho potuto rimettere insieme alcuni pezzi del puzzle che mancavano dai tempi del capitolo otto! Tutta la questione della porta e della mano, chissà se qualcuno ne aveva anche solo un vago ricordo.
Cooomunque, avevo bisogno di un dialogo tranquillo e sereno, davvero, troppe scene di scontri-incontri e poco spazio ai sentimenti. Equilibrio, equilibrio!
Comunque, davvero, Midna è forse l’essere più figo che la saga potesse partorire. Voglio  tatuarmela, infatti.
-Zelda_Shooter

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