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Lista capitoli: Capitolo 1: *** Parte I – Prologo: Un problema di…. Nome. *** Capitolo 2: *** Parte II – Bossuet: Un singolo giorno (S)fortunato *** Capitolo 3: *** Parte III – Marius: Il giusto ‘primo SMS’. *** Capitolo 4: *** Parte IV – Alaine: Lo strano caso dell’uomo in boxer. ***
Capitolo 1 *** Parte I – Prologo: Un problema di…. Nome. ***
bananissima2
Titolo della one: Un problema di…. Nome. Rating:Arancione. Betareader: … Avvertimenti: Essendo una
Modern!Au, si distacca parecchio dall’opera originale. Ho provato a mantenere
però il carattere dei personaggi o, quanto meno, le loro attitudini :D
Disclaimer:Non possiedo i
personaggi di questo racconto, poiché essi sono usciti in un primo momento dalla
penna di Victor Hugo e, successivamente, rielaborati dal genio di Claude-Michel
Schönberg e Tom Hooper. I
Sommario: Enjolras è un giovane studente di legge, con una passione spropositata per
tutto ciò che riguarda la sua bella Francia, per la politica in generale e con
un pessimo rapporto con la tecnologia. Questa FF non è concentrata, come molte
fan fiction, su una rivoluzione e come si è svolta…. Ma su la vita di questo
ragazzo, largamente influenzata dai suoi tre coinquilini, dai suoi amici e da
un certo Grantaire. Ovviamente nel suo cuore brucia la stessa fiamma
patriottica dell’opera originale, ma cosa sarebbe successo se fosse nato con
quasi cento ottanta anni di ritardo?
“Basta
tagli alle università! Basta riduzione delle ore ai professori! Non possiamo permettere
che chiudano la biblioteca storica della Sorbonne!” La gola iniziava a
bruciargli, segno che era già da un po’ che fomentava la folla e cercava di
parlare al di sopra del suo chiacchiericcio. Portò una mano al cappuccio della
felpa rossa, assicurandosi che fosse ancora bene alzato sui capelli biondi,
prima di sollevare un pugno, lanciando occhiate fiammeggianti sugli studenti o
sui membri del corpo docenti che si erano fermati davanti alla sede centrale
per sentirlo parlare “Oggi, noi studenti universitari, diciamo BASTA! Basta
all’oppressione politica e sociale! Per tutti coloro che sono interessati, si
terrà una riunione del consiglio studentesco, venerdì sera alle nove presso il
campo di atletica di Rue de la Victoire!”
Il
biondo scese dal palchetto improvvisato tra l’acclamazione collettiva,
raccogliendo la sua tracolla da dietro una delle casse spente. La issò sulle
spalle, mentre un paio di ragazzi si facevano strada in mezzo a quel caos per
raggiungerlo, senza smettere però di distribuire volantini.
“Ras,
sembravi una Rockstar, in piedi su quel palchetto!” disse Courfeyrac,
raggiungendolo praticamente di corsa e sbattendo contro Joly che per poco non
cadde sul lastricato in pietra della Sorbonne “Una Rockstar un po’ nerd…. E un
po’ troppo seria…. Ok sembravi di più un dittatore asiatico o Peron ai tempi in
cui aveva ancora i capelli, ma spaccavi di brutto!”
Il
biondo lo guardò male, storcendo il naso “Come diamine parli? Sembri un
tredicenne.”
“Un
tredicenne fumato” Aggiunse Joly, fulminandolo con lo sguardo “Che non sa
camminare.”
Courf
fece per aggiungere qualcosa, ma Marius si frappose tra lui e i due amici
“Enjolras, abbiamo un problema. Qualcuno ha chiamato la polizia e ho visto
Javert scendere da una delle volanti.”
“Ok,
leviamo velocemente le tende” Ferre sistemò i volantini nella tracolla di pelle
marrone, prima di voltarsi verso il gruppetto “Allora? Ci sbrighiamo?”
Taire
decise che quello era in momento giusto per apparire dal nulla, con una lattina
di birra in una mano e una sigaretta nell’altra “Che mi sono perso?”
“Javert!”
disse Joly con un tono acuto, sull’isterico-andante.
Il
moro scrollò la testa ricolma di ricci, prendendo un tiro ed espirando il fumo
velocemente “Allora meglio così. Uno del genere meglio perderlo che trovarlo!”
“Muovi
il culo, Grantaire!” lo esortò con poca grazia Marius, mentre Courf si
affiancava a lui e insieme seguivano il gruppetto, a cui si erano uniti anche
Bahorel e Prouvaire.
“Sai,
R…. stavo appunto dicendo che Ras sembrava una Rockstar su quel palco…”
“So dove vuoi arrivare….”
“….Tu sembravi così tanto una….”
“Smettila
Courfeyrac.”
“…
una fan girl!”
“…
Lo sapevo.”
Enjolras
finse con non chalancé di non averli sentiti, esattamente come faceva ogni
maledetta volta. Scosse il capo, alzò gli occhi al cielo e insieme a loro si
incamminò verso Musain , visto che ormai le lezioni erano terminate e il cielo
si era fatto scuro.
Una
volta arrivati, aprì la porta del piccolo caffè, tenendola mentre gli altri
entravano e andavano diritti al bancone per salutare Eponine.
Entrò
per ultimo, sedendosi nello sgabello che Ferre aveva tenuto libero per lui ed
ordinò il solito caffè, appoggiandosi con i gomiti alla superficie di legno e
ascoltando i discorsi degli altri, estraniandosi leggermente come era solito
fare ogni volta che non si parlava di politica o diritti civili….
*
Il
modo in cuila sua strada si erano
incrociata con quella di tutti loro era strano e allo stesso tempo studiato,
quasi fosse stato scritto in precedenza dalla mano di qualche profeta.
Enjolras
non credeva nel Fato, era un fervido sostenitore della teoria secondo la quale
ogni uomo è artefice del proprio destino, ma ancora si chiedeva come fosse
possibile che quel gruppo di ragazzi all’apparenza normali potessero essere
davvero così tanto interessanti ai suoi discorsi impegnati e tendenti
all’utopia.
Certo,
di tanto in tanto qualcuno alzava obiezioni, come Joly quando sosteneva che era
malsano pensare che fosse possibile alzare delle barricate nel ventunesimo
secolo, o come quando Prouvaire gli ricordava che la presa della prigione
poteva suonare rischiosa visto che le armi della polizia erano cambiate
parecchio negli ultimi duecento anni…. E non era di certo la Bastiglia, quindi
l’azione perdeva anche di significato poetico.
Pendevano
comunque tutti dalle sue labbra, ad ogni discorso. Chi per un motivo, chi per
un altro, erano sempre al suo fianco e di rimando Enjolras contava moltissimo
su ciascuno di loro.
In
particolare su Courfeyrac e Combeferre.
Il
motivo era molto semplice: si conoscevano da parecchio tempo. Jean-Claude
Courfeyrac era letteralmente cresciuto con lui, visto chela sua famiglia viveva ad una sola porta di
distanza. Nessuno capiva come un ragazzo così inquadrato come Enjolras potesse
sopportare la presenza continuadi
Courfeyrac, soprattutto contando il carattere esuberante e scomposto di
quest’ultimo. La stupidità abissale del ricciolo era leggenda: parlava a
sproposito, canticchiava le canzoni più idiote del momento, come Waka-Waka, e
raccontava freddure che facevano più piangere che ridere.
Enjolras,
però, gli voleva sinceramente bene. Fra tutti, era la persona con cui era
maggiormente legato.
Lucas
Combeferre, invece, lo aveva conosciuto il primo giorno di liceo e tra loro tre
c’era stata sin da subito una certa alchimia. Erano simmetrici, anche se
laddove Enjolras era istintivo e alle volte frettoloso, Ferre aveva in sé una
straordinaria calma. Era un uomo molto meditativo e con la sua pazienza
compensava al meglio i caratteri fin troppo istintivi degli altri due.
Combeferre
e Enjolras erano sempre presenti quando una ragazza dava picche a Courfeyac e
insieme al biondo aveva appoggiato sin da subito Ferre quando aveva detto loro
di voler studiare filosofia all’università, nonostante fosse un azzardo.
Enjolras
aveva accennato alla sua omosessualitàparlandone solo ai due migliori amici, prima diaccennare qualcosa a casa.
C’erano
sempre, l’uno per l’altro, a prescindere dall’umore o dai problemi personali.
Condividevano
molti interessi, in primo luogo una certa sensibilità verso la politica
contemporanea e la storia della Francia. Passavano la maggior parte delle
giornate sui divani del grande salotto degli Enjolras, cercando di ignorare gli
sguardi di disapprovazione dei padroni di casa, oppure seduti su una panchina,
al parco, a perdersi in discorso contorti su un futuro utopistico.
Finito
il liceo avevano tutti e tre sentito l’esigenza di cambiare aria eavevano lasciato Tolosa, trasferendosi nella
bella Parigi.
Nella
capitale, culla di grandi menti e artisti, avevano ritrovato loro stessi
sentendosi a casa per la prima volta in vita loro.
Avevano
trovato un appartamento ampio ma non troppo caro, poco lontano dalla Sorbonne,
e lo avevano preso sicuri di aver avuto una fortuna sfacciata. Il primo che
avevano conosciuto era stato Francois Joly, lo strano coinquilino che divideva
con loro il pianerotto. Si era presentato la prima sera, spiegando che avrebbe
iniziato a giorni, esattamente come loro, il primo anno. Spiegò inoltre che era
già abbastanza ferrato nella materia in cui si voleva laureare, ovvero
medicina, grazie ai suoi genitori. Tutti e due erano chirurghi amanti
dell’igiene a livelli improponibili. Cosa che il figlio aveva ereditato e
sviluppato in una strana forma di ipocondria, tanto forte da suonare quasi
incredibile.
Aveva
paura di tutto, da un piccolo starnuto allo scricchiolare sinistro di una
qualche articolazione. Per Joly, qualsiasi cosa era potenzialmente mortale,
dalle forbici con la punta arrotondata al telecomando del televisore.
Poi
avevano conosciuto Julien Bossuet, coinquilino di Joly, con il quale era molto
amico. A sentire Francois, i due dividevano tutto. Proprio tutto…
Musichetta
si era presentata come una vera e propria forza della natura che, col suo
atteggiamento forte, compensava parecchio il carattere un po’ remissivo del suo
ragazzo, ovvero lo stesso Joly. Di bell’aspetto, alta e vivace, era una ragazza
piuttosto ambita.
Enjolras
non era interessato alla vicenda che riguardava quel triangolo amoroso, ma
Courf aveva indagato e aveva scoperto che Musichetta stava con Bossuet prima di
Joly…. Poi era tornata da lui, scegliendo alla fine il dottorino.
Non
era per niente chiaro come quella ragazza passasse da uno all’altro, ma al
biondo non interessava quel tipo di gossip e non se ne curava.
Marcel
Feuilly era entrato nella vita di Enjolras per caso, un pomeriggiodi inizio ottobre, mentre cercava un vecchio
volume di diritto civile nella biblioteca nella quale Feuilly lavorava. Aveva
già una laurea in storia contemporanea e stava studiando per ottenere un
dottorato. Viveva da solo in un piccolo monolocale dietro Rue de la Vilette e
lavorava sia in biblioteca che in un supermercato, dove sistemava i prodotti di
notte, per riuscire ad avere i soldi per continuare gli studi e mantenersi.
Jehan
Prouvaire e Andrè Bahorel erano due strani ragazzi che vivevano
nell’appartamento al piano di sopra, nella palazzina di Enjolras. Il primo era
un ragazzino dall’aspetto piuttosto gracile, con i capelli rossi e gli occhi
azzurri come due zaffiri grezzi. Studiava lettere moderne e coltivava un amore
profondo per la poesia – che si dilettava lui stesso a produrre- e per i fiori.
Aveva decine e decine di piante, sparse sul piccolo terrazzino e in ogni angolo
della casa nel quale potesse filtrare la luce del sole.Era estremamente cortese e puntuale.
Il
suo coinquilino era l’esatto opposto.Era reduce da un brutto anno universitario – era più grande di loro di
un annetto- e dopo aver cambiato facoltà si era trasferito lasciando la casa
dei suoi. Incontrare Jehan, a detta sua, era stato particolarmente salutare
visto che aveva lasciato perdere la losca compagnia con la quale aveva preso ad
uscire in favore di Prouvaire e, successivamente, di Enjolras e gli altri. Se
Prouvaire, da una parte, era timido e quasi timoroso di dire la sua, Bahorel lo
compensava parlando chiaro e deciso, come nemmeno un malato di Asperger si
sognerebbe. Inoltre era molto pigro, dormiva la maggior parte della giornata,
saltava parecchio ore all’università e quando si ricordava, andava al lavoro.
Era tutto, tranne che preciso.
Bahorel
aveva lo strano vizio di chiamare gli altri con strani soprannomi inventati da
lui; Marius era il Barone, visto che una volta aveva parlato di un titolo
nobiliare che un suo antenato si era guadagnato combattendo per Napoleone.
Grantaire eraR, mentre Joly era Doc.
Bosseut si era guadagnato, a giusta ragione, il nomignolo Sfigus mentre Eponine
era la ‘donna del ghetto’. Gli altri erano più o meno variabili eccetto
Enjolras che, ovviamente, non aveva il soprannome.
Grantaire,
detto R, detto Taire, detto ‘maledetto
ubriacone, alza il culo dalla sedia e lascia questa riunione, mi stai solo
distraendo’, era arrivato dopo un paio di mesi. Anche lui più grandicello
di qualche anno, proprio come Feuilly, aveva lasciato perdere lettere antiche
al secondo anno e si era dato a belle arti, decidendo di abbandonare del tutto
il suo paese d’origine – che nessuno aveva capito dove accidenti fosse- per
conquistare la bella Parigi. Si era ritrovato coinquilino di Joly e Bossuet
quasi per caso, e dopo le prime settimane di assestamento si erano trovati
bene.
Tutti
adoravano Taire, tranne Enjolras. Per ovvi motivi. Il moro sembrava vivere solo
per dare fastidio al ragazzo che, puntualmente, lo mandava al diavolo. Courfeyrac
aveva preso come obiettivo nella vita (o quanto meno fino a che non gli fosse
venuto a noia) quello di far diventare i due amici e poi, successivamente,
aveva iniziato a coltivare la morbosa ossessione che Grantaire fosse in qualche
modo interessato ad Enjolras. Ce la metteva tutta per farli rimanere soli e,
ogni volta, finiva in tragedia.
Di
questo, però si parlerà più avanti.
Marius
era arrivato in una cupa quanto pigra mattinata di novembre. Courfeyrac lo
aveva presentato come ‘quel mio amico che bazzicava la biblioteca alla sua
stessa ora’ e anche come ‘quel ragazzo di cui ti ho parlato mentre eri in
bagno,Ras, quello che cerca un appartamento in città!’.
Marius
era un ragazzo di buonissima famiglia. Avevadeciso di andare a vivere da solo poco dopo la morte del padre, che
aveva visto si e no un paio di volte negli ultimi cinque anni, dato che il
giovane viveva col nonno e la zia materna. Entrambi non vedevano di buon occhio
Pontmercy Senior e avevano messo contro di lui il figlio, che di era accorto di
tutto solo dopo la morte del padre.
A
prima vista, Pontmercy sembrava pacato e tranquillo e per questo, per smezzare
l’affitto della stanza, Courf si era offerto di dividere con lui la camera.
Errore
che in un futuro prossimo si sarebbe rivelato madornale.
In
Marius, Enjolras aveva trovato un ottimo compagno di dibattito. Aveva
abbastanza carisma e intelligenza per avere lunghe e dispersive conversazioni
col biondo e nonostante fossero spesso in disaccordo, condividevano una
profonda stima reciproca. Erano diventati ottimi amici e il ragazzo di era
presto ambientato in quel trio, divenuto un quartetto.
Marius
aveva un’amica, una tale Eponine Thenardier, che viveva ancora con i genitori,
sua sorella Azelma, che lavorava con lei al Musain, e il fratellino Gavroche
inuna palazzina di Saint Michel.
Bahorel l’aveva soprannominata ‘la donna del Ghetto’ dopo averla vista prendere
a sberle un ragazzo che aveva fatto apprezzamenti sul suo ‘davanzale’.
Ponine
era incondizionatamente, deliberatamente, perdutamente innamorata di Marius. Un
po’ tutti quanti si chiedevano come fosse possibile, visto quanto poco sveglio
fosse il ragazzo, ma era così.
Ovviamente
Courfeyrac si era innamorato di lei nell’esatto istante in cui era entrato per
la prima volta al Musain, il luogo nel quale la giovane lavorava e che sarebbe
ben presto diventato il loro quartier generale.
Quindi,
ricapitolando, Courf guardava Ponine, che guardava Marius che dibatteva di
politica con Enjolras che faceva di tutto tranne notare come Grantaire cercasse
in ogni modo di farsi notare a lui. Joly amava Musichetta che a sua volta lo
amava ma che, di tanto in tanto, aveva malinconia di Bossuet con cui era stata
un mese a fasi alterne.E in tutto questo
Combeferre rimorchiava come se non ci fosse un domani.
La
trama di Beautiful unita alla riproduzione di un villaggio Amish.
….
E nessuno sapeva di Jehan e Bahorel, o la trama si sarebbe fatta ancor più
incasinata.
Contagiati
dalla mania di Enjolras e Marius per i problemi della società a loro
contemporanea, avevano fondato una sorta di piccolo club dove parlavano per ore
e ore nella saletta superiore del Musain, alternando dei momenti di assoluta
serietà in cui Ras teneva delle orazioni strappalacrime a istanti di pura
demenza, capitanati da Grantaire.
A
conti fatti, erano davvero un bel gruppo di idioti.
Nonostante
questo, erano passati tre anni ed erano più amici che mai.
*
“Dovremmo
trovare un nome.”
Enjolras
si era appena sfilato gli auricolari dell’ipod e si era già pentito di essere
tornato dalla corsa mattutina. Ogni giorno, si alzava alle sei precise, andava
a correre con Marius e tornava per le sette e mezzo. Una doccia veloce e la
colazione con Ferre, prima delle lezioni delle nove alla Sorbonne. A regola,
non avrebbe dovuto incontrare Courfeyrac, visto che si alzava sempre verso le
otto e mezzo, in tempo per correre a lezione e lamentarsi dei cali di zucchero.
Invece
eccolo, vestito e pronto alle sette e mezzo del mattino. Pareva un miraggio.
Marius scambiò uno sguardo con Enjolras, chiedendosi se i residui del festino
alcolico della sera precedente stessero ancora dando problemi, prima di sparire
in doccia.
“Trovare
un nome a cosa, Courf?” domandò paziente il biondo, entrando nella sua camera e
buttando sul letto già rifatto l’ipod.
L’amico
lo seguì, sorridendo felice “Un nome per noi! Ci raduniamo quasi ogni sera,
ormai, tutti quanti con ideali forti e cuore gonfio di belle speranze! Dovremmo
trovare un nome…”
“Come….
Se fossimo un circolo, dici?” chiese Ras, scegliendo una camicia bianca e un
cardigan rosso da indossare insieme ad un paio di pantaloni neri. Si vestiva
quasi sempre così, dopotutto. “Non hai tutti i torti. Un nome potrebbe esserci
utile in futuro, quando allargheremo i nostri ideali al resto dei cittadini
parigini.”
Courf
sorrise vittorioso “Posso pensarci io?”
Ras
lo guardò dubbioso, prima di prendere della biancheria pulita e avviarsi al
bagno, appena lasciato libero da Pontmercy “Tu proponimi, poi io saprò dirti se
mi piace o meno!”
“Yay!
Non ti deluderò! Ora ti abbraccerei ma sei sudaticcio e puzzi, quindi aspetterò
dopo” il moro annuì alle sue stesse parole, prima di prendere il cellulare
dalla tasca dei jeans chiari “Vado ad aiutare Ferre con i toast. È strano fare
colazione a quest’ora!”
“Strano
per te che dormi fino all’ultimo minuto” Lo corresse Enjolras, ma l’altro aveva
già abbandonato la stanza. Il biondo sospirò, lanciando uno sguardo alla
bandiera francese che, appesa sopra al suo letto, scendeva verso il basso.
Scosse il piano il capo, chiedendosi che razza di nome avrebbe proposto
l’amico, poi si concesse una doccia risanatrice prima della colazione.
Ogni
mattina aveva sempre la stessa routine.
Uscivano
tutti e tre – quel giorno con l’aggiunta di Courfeyrac- di casa alle otto e
venti, bussavano a Joly che usciva insieme a Bossuet aspettavano che scendesse
anche Prouvaire. Era raro che Bahorel si unisse a loro, di solito frequentava
solo i corsi dalle undici inpoi e per
quel che riguarda Grantaire…. A sentire lui non aveva mai i corsi così presto.
Che
strana combinazione, vero?
Nella
strada verso l’università si fermavano sotto casa di Musichetta e attendevano
che scendesse. Ogni sacrosanta mattina.
“Un’altra
giornata in paradiso…” Sbuffò Ferre, mentre varcavano i cancelli della
Sorbonne. Il ragazzo si affiancò a Prouvaire, sistemandosi gli occhiali da
vista sul naso.
“Diciamo
pure all’inferno” Lo corresse Enjolras, guardando verso la segreteria studenti
con sconforto “Dobbiamo consegnare la domanda di tirocinio e ci saranno già
venti persone in fila.”
“Perderemo
la prima ora di Diritto Internazionale” Esalò Pontmercy, prima di schioccare le
dita, indicando il coinquilino “A meno che…”
“Oh,
che carino, ha avuto un’idea” disse Courfeyrac, facendo ridacchiare Chetta.
“Io
vado in segreteria e consegno anche la tua domanda. Tu vai a lezione, prendi i
posti e gli appunti” disse il ragazzo lentigginoso, scioccando un’occhiata a
Courf.
“Affare
fatto” Decretò Enjolras, prendendo dalla tracolla un plico di fogli
accuratamente relegati tra loro. Quando lo passò a Marius però, non capì come
mai il ragazzo sembrava così stupito “Qualcosa non va?”
“Cos’è
questa cosa?”
“La
domanda di tirocinio….”
Marius
prese a sfogliare i fogli relegati, arrivando all’ultimo un po’ stordito “Cosa
diavolo hai scritto per cinquantadue pagine?!”
“Ho
fatto una relazione coerente sui metodi di diritto privato e pubblico e gli
elementi giuridici di cui sono in possesso per affrontare un tirocinio” affermò
Enjolras, tenendo le braccia incrociate “Tu non l’hai fatto?”
“Si!
Ma per dodici pagine!”
Joly
si affacciò sulla spalla di Pontmercy,guardando sconvolto il plico di fogli “Ma è questo che fai il sabato
sera, invece di uscire con noi?”
“Sono
una persona precisa!” sottolineò leggermente piccato Enjolras.
“Sei
una persona ossessionata.” Sottolineò Courfeyrac “Sei sicuro di volerlo
consegnare?”
“Ovviamente,
ci ho lavorato per molti sabati sera” ringhiò offeso il biondo, prima di
chiudere la tracolla e sistemarla sul fianco “Ora vado a lezione, ci vediamo
dopo da Ponine.”
“Andiamo
Ras, non ti offendere!” Ferre provò a farlo rimanere, ma in trenta secondi lo
vide sparire tra la folla. Si voltò di nuovo verso gli amici, richiamando a sé
l’attenzione di Jehan che stava leggendo la domanda di Enjolras insieme a
Bossuet“Andiamo? Antropologia sarà già iniziata….”
“Si
certo” disse il rosso, facendo per allontanarsi, ma poi notò qualcosa che non
tornava “Ragazzi, per cosa stà E. Enjolras?”
Sei
paia di occhi si incollarono a lui. Joly guardò pensieroso la sua ragazza, che
spostò lo sguardo su Ferre, il quale alzò immediatamente gli occhi verso il
cielo. Courfeyrac iniziò ad agitarsi, cercando una via di fuga.
Marius
si grattò il capo “Io…. Io non lo so il nome di battesimo di Enjolras.”
“Manco
io” disse Joly “Sono tre anni che lo consociamo e non sappiamo il suo nome! È
una cosa inquietantissima!”
Bossuet
si voltò verso Ferre “Beh, tu e Courf lo sapete e-”
“Devo
scappare ad Antropologia! Ci vediamo dopo!” disse Combeferre, girando sui
talloni e dirigendosi ad ampie falcate verso il dipartimento di lettere e
filosofia, con Jehan alle calcagna.
A
quel punto, l’attenzione si spostò su Courfeyrac, che deglutì sonoramente
“Ragazzi, non posso dirvelo…”
“E
che sarà mai” disse Musichetta, guardandolo senza capire “Non è un segreto di
stato, no?”
“Invece
lo è” la corresse Courf“Noi non lo
chiamiamo mai…. Col suo nome. Nessuno può. Non chiedetemi di dirvelo vi prego”
“Non
capisco il motivo, onestamente” disse Marius, stranito “Perché non possiamo
chiamarlo col suo nome?”
“Perché
lui odia il suo nome! E quando lo chiamano così si arrabbia da morire e io non
voglio che Enjolras si arrabbi perché diventa spaventoso. Vado a lezione anche
io, a dopo.” decretò sbrigativo Jean-Claude, salutandoli e incamminandosi verso
il dipartimento di Sociologia, fuggendo a sua volta.
“Tu
vivi con lui, come puoi non sapere come si chiama?” chiese Bossuet a Pontmercy,
che scrollò le spalle.
“La
posta la prende lui la mattina e la divide appoggiandola sul comò dell’ingresso”
disse pensieroso il ragazzo “Nessuno l’ha mai chiamato col suo nome di
battesimo, ora che ci penso è un po’ strano, ma nessuno di voi l’ha mai fatto!”
“Dobbiamo
indagare” Disse stranito Joly, prima di scambiare uno sguardo con gli amici e prendere
strade diverse.
*
“
‘Tutti i ragazzi di Enj’?”
“No.”
“
‘A qualcuno piace biondo e con la giubba
rossa’ ?”
“No!”
“’Red Jacket Boys’?”
Enjolras
si voltò di scatto per fronteggiare Courfeyrac, lanciandogli una gran brutta
occhiataccia “Quale parte di ‘non voglio un nome da boyband’ non ti è chiara?!”
“Ma
non sono nomi da boyband” si lamentò il riccolino, sdraiandosi sul divano
scocciato, reggendo tra le mani un blocco per appunti “Li stai bocciando tutti
senza nemmeno pensarci su! Ok, senti questo: ‘Gli amici della Rivoluzione’. Che te ne pare?”
Enjolras
alzò gli occhi dal pc portatile, guardando verso l’amico e intravedendo solo un
ciuffo nero e i piedi “Banale, ma ci sei quasi. Concentrati su questa
direzione.”
“Ok,
quindi ‘I compagni di bevute di R’
non va bene?”
“….Decisamente
no.”
*
Bahorel
si appoggiò con i fianchi al davanzale dall’ampia finestra, guardando con le
braccia incrociate sul petto i suoi amici “Quindi, abbiamo escluso Edmond e
Edgard perché sicuramente a Enjolras piacerebbero… Cosa rimane?”
Jehan
smise di disegnare un fiore sulla mano di Bossuet, guardando verso il suo
coinquilino “Beh, Eloi è un nome molto da Enjolras…”
“Oppure
Emmanuel” Rilanciò Joly.
“Se
fosse un belnome, di certo non si
farebbe molti problemi a farsi chiamare così, no?” disse ovvio Grantaire, con
un sorrisetto divertito “Sicuramente è un nome orrendo, che non lo rappresenta
per nulla. Come Ernest e Edgide.”
“Oddio,
e se fosse Eusebe?” domandò Bahorel, ridendo così forte da chinarsi in due.
“Oppure
Eugéne!” rilanciò Feuilly, che era stato coinvolto in quella ricerca dagli
altri, appena messo piede al Musain.
Eponine
salì le scale, appoggiando davanti a loro le ordinazioni, prima di appoggiarsi
il vassoio al ventre “State giocando col fuoco. Non dovreste forzare la mano su
qualcosa che Enjolras non vuole che si sappia.”
Marius le sorrise e subito lei avvampò “Ma Ponine! Non rovinarci il
divertimento! Ormai è una caccia al tesoro.”
“Senza
contare che, come minimo, si chiama Emilien, come tutti i ballerini di danza classica”
disse Bossuet, orgoglioso di quella battuta.
Il
suo sorriso si spense appena vide Enjolras apparire sulle scale, insieme a
Ferre “Chi si chiama Emilien?” chiese il biondo, guardandolo incuriosito.
Ferre
sgranò appena gli occhi mentre Bossuet rispondeva “Oh, no, nessuno. Ciao Ras.”
“Ciao
a tutti. Oggi all’ordine del giorno abbiamo i tagli ai fondi delle scuole
primarie.” Recitò velocemente Combeferre, cercando di portare su di se
l’attenzione collettiva.
Bahorel
scambiò uno sguardo con Jehan, che dovette portare una mano alla bocca per
mascherare una risata.
Grantaire
si passò una mano sotto al mento, prima di interrompere Combeferre, che aveva
appena iniziato a leggere un articolo giornalistico. “Ho una domanda, professori”
disse con voce ricolma di scherno. “Sono ore che cerchiamo di scervellarsi su
una cosa, e questo quesito richiede una tua risposta, Enjolras.”
Il
biondo lo guardò dubbioso, inarcando un soppraciglio “Cosa?”
“Come
ti chiami?”
Tutti
trattennero un respiro strozzato. La sfacciataggine di Grantaire era leggenda,
ma questo modo di dimostrarlo riuscendo a mettere in mezzo tutti non era poi
così gradita.
“Lo
sai benissimo come mi chiamo” rispose velocemente Enjolras, fulminandolo con lo
sguardo prima di voltarsi verso Ferre in cerca di spiegazioni.
“A
dire il vero non lo so.” Rispose il moro, prendendo un sorso dalla lattina di
birra, senza staccare gli occhi dai suoi in un’eterna sfida “Il tuo nome di
battesimo mi sfugge.”
Quello
che accadde dopo entrò ufficialmente a far parte della storia. Le guance del
biondo si imporporarono lievemente, mentre si schiariva la voce “Non sono
affari che ti riguardano. Chiamami come al solito”
“Apollo è un gran nome, Ras, ma non è il tuo.”
“Che
c’è di male, dopotutto?” tentò Marius, subito scoraggiato da uno sguardo
fulminante del suo coinquilino. “Dai Ras, a nessuno piace il proprio nome”
provò a convincerlo il ragazzo “Nemmeno Marius è il massimo…. Scommetto che il
tuo è meglio di quello che credi.”
Courfeyrac
apparve in quel momento, tenendo tra le mani il solito blocco per le note “Cosa
è meglio di quello che crede?” domandò sedendosi accanto a Pontmercy.
“Il
nome di Enjolras” Rispose quello, senza pensarci.
Courf
sorrise radioso, voltandosi verso il suo migliore amico “Vedi? Te l’avevo detto
che Etienne non è poi così male, come nome.”
Dopo
quella rivelazione, accaddero tre cose contemporamente:Enjolras si lanciò versò Courf, urtando
Marius che cadde di lato alla sedia, a Grantaire andò di traverso la birra e fu
subito circondato da Eponine e Joly, che lo guardò preoccupato e certo della
sua imminente morte per soffocamento. Bahorel scoppiò a ridere così forte che,
sporgendosi all’indietro, rischiò di cadere dalla finestra. Combeferre e
Prouvaire riuscirono a salvarlo per il rotto della cuffia.
Ferre
ci mise una mezz’ora abbondante a ripristinare l’ordine.
Ci
pensò Bossuet a rovinare tutto. Si morse le labbra fino a che non riuscì più a
trattenersi, poi esplose a ridere “Etienne è il nome dei ballerini gay con gli scaldamuscoli
rosa, non posso crederci!”
Ovviamente
si creò nuovamente il caos.
“Che
oppressione!” sbottò Ferre, al limite della sopportazione, mentre Joly cercava
di convincere Enjolras che spaccare una sedia sulla testa di Julien avrebbe
enormemente compromesso le sue capacità cognitive “Non possiamo essere amici a
queste condizioni! Enjolras, torna qui! Bahorel smettila di ridere! Courf, a
casa facciamo i conti!.... Courf?”
Il
ricciolino, che fino a pochi secondi prima se ne stava seduto in silenzio come
un’anima pentita, si era messo a scrivere furiosamente sul blocco per appunti.
Poi alzò gli occhi sul biondo “Enjolras, ho il nome giusto!”
“Scordatelo,
non parlarmi fino a domani, Jean-Claude Courfeyrac, stavolta hai…” Enjolras si
interruppe, leggendo le parole, scritte con la solita calligrafia veloce e
stretta dell’amico.
Les Amis de l’ABC cafè.
“Oh,
mi piace” azzardò Marius, dopo averlo letto a voce alta “Carino anche il gioco
di parole.”
Courf
gonfiò il petto, fiero di sé “Le parole di Ferre mi hanno messo in mente
l’idea…. Tu che ne pensi, Ras?” chiese un po’ timoroso.
Tutti
gli occhi si spostarono immeditamente sul leader, che dopo aver preso un
sospirò deciso annuì piano “Può andare. Ma sono ugualmente arrabbiato con te.”
“Etienne
non è poi così male” disse Joly, scrollando le spalle “Non ti facevo una
persone a cui importasse tanto di frivolezze, come il nome.”
“Non
mi rappresenta” si difese immediatamente Ras, ancora ferito nell’orgoglio “Non
ha nulla a che vedere con me.”
“Nemmeno
io mi sento un Francois” continuò il quasi-dottorino “Però non l’ho mai
nascosto.”
“Io
non nascondevo, semplicemente omettevo. Ora, possiamo iniziare la prima
riunione ufficiale dei Les Amis?”
Bahorel
si staccò dalla finestra, annuendo energicamente “Naturalmente…. Etienne.”
La
confusione che seguì ritardò nuovamente l’apertura dell’incontro.
Nda.
Ok,
non so precisamente cosa sia tutto questo, so solo che sono in un gdr favoloso,
dove nascono idee continue.
Unire
all’elemento serio e importante del disagio sociale odierno, un contesto di
alternative universe con Les Mis e aggiungere un pizzico di pura demenza
chesforno più che bene mi ha intrigata.
Quindi
eccoci qui, senza troppe pretese, cercando di mantenere più IC possibili i
personaggi, ma senza esagerare col dramma e la serietà.
Per
quello abbiamo l’opera originale che ci uccide ogni volta!
Ringrazio
tutte le ragazze e i due ragazzi del GDR per essere le mie muse.
Questa
FF è nata come una raccolta di tante one, tutte insieme. Appena posso posto la
prossima!
(
se qualcuno fosse interessato ad unirsi a noi, eccovi il link del gioco di
ruolo:
Capitolo 2 *** Parte II – Bossuet: Un singolo giorno (S)fortunato ***
Titolo della one: Unsingolo giorno (S)fortunato Rating:Verde Betareader: … Avvertimenti: Essendo una Modern!Au, si distacca parecchio dall’opera originale. Ho provato a mantenere però il carattere dei personaggi o, quanto meno, le loro attitudini :D Genere:Commedia. Coppie trattate: Slash e Het. (E Marius e Cosette, che non ho ancora ben capito cosa sono.
Enjolras/Nuovo personaggio. Disclaimer: Non possiedo i personaggi di questo racconto, poiché essi sono usciti in un primo momento dalla penna di Victor Hugo e, successivamente, rielaborati dal genio di Claude-Michel Schönberg e Tom Hooper. I Sommario: Enjolras è un giovane studente di legge, con una passione spropositata per tutto ciò che riguarda la sua bella Francia, per la politica in generale e con un pessimo rapporto con la tecnologia. Questa raccolta di one non è concentrata, come molte fan fiction, su una rivoluzione e come si è svolta…. Ma su la vita di questo ragazzo, largamente influenzata dai suoi tre coinquilini, dai suoi amici e da un certo Grantaire. Ovviamente nel suo cuore brucia la stessa fiamma patriottica dell’opera originale, ma cosa sarebbe successo se fosse nato con quasi cento ottanta anni di ritardo?
Parte II – Bossuet: Un singolo giorno (S)fortunato.
“Guardala, Ras, è così bella e soave mentre porge il latte macchiato a quel tizio inquietante con l’impermeabile azzurro”
Enjolras alzò gli occhi dalle dispense di Diritto Internazionale, lanciando un’occhiata ad Eponine che stava, di fatto, servendo un tizio di dubbio gusto estetico “Courf, questo è il tavolo-studio. Se devi continuare a stalkerare Eponine, vai via. Grantaire, al bancone, ti ascolterà di certo più volentieri.”
Il tavolo-studio era una sorta di istituzione per i Les Amis. Si trattava, di fatto, del tavolo posto nell’angolo più remoto del bar, al piano terra, abbastanza grande per contenere almeno otto persone e sotto al modem della wifi. Perfetto quindi per studiare e aveva calma e silenzio, visto che in quella piccola saletta non andava quasi mai nessuno. Non si poteva parlare di nulla che non fosse l’università o, all’occorrenza, la Causa (ovvero ciò per cui Enjolras tanto si prodigava; Un miglioramento della Francia), e soprattutto non si poteva parlare di intrallazzi amorosi.
Ovviamente, questa regola non toccava minimamente il ricciolino.
Courfeyrac mugugnò sofferente, accasciandosi contro all’amico che si irrigidì, infastidito “Non posso stare al bancone, c’è sempre lei o sua sorella. Oggi sono conciato peggio di un clochard* ubriaco sulle rive della Senna!”
Il biondo lo guardò male “Sei come sei sempre. E ti vestiresti meglio di Taire anche se fossi cieco e senza le braccia”
“Ogni scusa è buona per bullizzare Grantaire” lo ribeccò il ricciolino, drizzandosi di nuovo e sistemando gli appunti inutilizzati con non chalance “Lui ti vuole così bene….”
“Ma che fortuna, mi sento l’uomo più felice di Francia ora…”
“Che ci fa Courfeyrac al tavolo studio?” Joly arrivò seguito da un concentratissimo Jehan, prendendo posto di fronte al biondo “Non l’ho mai visto studiare in tre anni di conoscenza” affermò, estraendo il portatile dalla tracolla.
Il rosso alzò gli occhi dal libro di sonetti che stava leggendo, sorridendo a Courf “Beh, non è mai troppo tardi per tornare in corso…”
“Ma che studiare e studiare!” replicò il ragazzo, lanciando l’ennesima occhiata oltre una colonnina portante, cercando avidamente la siluette di Eponine “Io non so che fare?”
“Ancora Eponine?” domandò divertito Joly “Perché non vai da lei e le chiedi di uscire?”
“Figurati” disse Enjolras stizzito “Lei non vede nessuno se non Pontmercy. Ora, vi dispiacerebbe? Domani escono gli orari dei tirocini e io devo finire di studiare per l’esame di lunedì.”
“Devi regalarle dei fiori e chiederle di venire a cena con te” disse Jehan, chiudendo il libro ma ponendo l’indice tra le pagine per non perdere il segno, come se non avesse minimamente sentito Ras “Le donne adorano i ragazzi galanti e romantici. Beh, non solo le donne…”
Courf lo guardò, annuendo piano “Potresti avere ragione.”
Ras lo guardò, indignato “Io te lo dico continuamente di dichiararti! Dove sta la novità?”
“Tu non sei raffinato come Jehan.”
“Scusa se ho di meglio da fare che curarmi della tua vita sentimentale!”
Così presi da quel battibecchio, si accorsero della presenza di Bossuet solo quando scostò la sedia per prendere posto. Sorrideva come se gli fosse appena successa la cosa più bella del mondo, allarmando così tutto il tavolo. Non che fosse un ragazzo melanconico, per niente, era uno dei più solari…. Ma fuori pioveva a dirotto da ore e lui sembrava completamente asciutto, in totale antitesi con la sua proverbiale sfortuna.
“Oggi è un gran giorno!” esordi, appoggiando a terra lo zainetto e sorridendo ancor di più “Ho avuto una fortuna sfacciata per tutta la mattina!”
A quelle parole, Courf e Joly sgranarono gli occhi, sempre più allarmati.
Jehan ridacchiò, notando le loro facce, scambiando uno sguardo con Enjolras che si limitò a scuotere il capo “Che tipo di fortuna?” domandò il poeta all’amico.
Bossuet si voltò appena verso di lui “Prima di tutto, mi sono alzato in ritardo ed ero più che convinto di perdere l’autobus, ma arrivato alla fermata mi sono accorto che era a sua volta in ritardo! Senza contare che era quasi vuoto!”
“L’autobus delle otto e trenta vuoto?” domandò confuso Joly “Che diavoleria è mai questa?”
“Non lo so, ma ho trovato posto per sedermi e sono arrivato in orario a lezione! Ha iniziato a piovere solo una volta entrato in università! Poi ho conosciuto un ragazzo di nome Alain che mi ha passato tutti gli appunti di Inglese che Musichetta mi aveva passato che io ho perso..”
“Alaine Dupont?!” domandarono all’unisono Enjolras e Jehan, prima di scambiarsi uno sguardo. Enjolras lo riabbassò rapido, arrossendo fino alla punta dei capelli e fingendosi immerso nel libro.
“Chi è Alaine Dupont?” domandò curioso Courf.
Jehan alzò gli occhi estasiato verso il soffitto “Solo lo studente più bello di tutta la Sorbonne. Sapevo che faceva lingue, ma non sapevo che frequentasse il tuo corso…”
“Oh si, ed è simpaticissimo! Se vuoi posso presentartelo…”
Jehan lo fisso per qualche istante, in un silenzio meditativo, prima di sorridere nuovamente “No, grazie. È affascinante ma non è il mio tipo. Presentalo a Enjolras, sarebbero senza ombra di dubbio la coppia più bella di Francia.”
“Massì ,due persone stupende insieme a rovinare l’autostima collettiva” mormorò Courfeyrac.
“No, grazie non voglio conoscerlo” sbottò il biondo, cercando di non ascoltarli e fallendo in modo assai misero.
“Altro?” chiese Jehan a Bossuet.
“Si, hanno spostato un appello, così posso studiare con più cura filosofia tedesca del secondo dopoguerra…. Per il resto nulla di che. Ho preso l’altro autobus e sono venuto qui.”
“Una giornata fortunata di Bossuet significa una giornataccia per tutti noi…” disse sottovoce Joly, attirando così l’attenzione di Jehan.
“In che senso?” chiese il poeta, all’oscuro di tutto.
“Preparati per la stupidaggine del giorno” replicò Enjolras, mentre Courfeyrac si apprestava a rispondere.
“Quando Julien Bossuet ha un singolo giorno fortunato, per tutti gli altri è un giorno pessimo” disse sicuro “Quindi preparare i ferri di cavallo!”
“Che stupidità!” ringhiò Enjolras, irritato “Non si può essere così superstiziosi!”
Non fece quasi in tempo a finire la frase che il suo cellulare prese a vibrare, sul ripiano del tavolo “Pronto? Si sono io…. Si…. Cosa?!” schizzò in piedi, spaventando Courf e rischiando di far morire Joly, a cui andò di traverso il caffè “Ma sono le due e dieci! Farò il possibile, ma voi siete una massa di incompetenti!” riattaccò la chiamata, chiudendo il libro e ficcandolo con rabbia in borsa.
“Che succede?” chiese preoccupato Jehan, mentre Bossuet picchiettava sulla schiena del suo coinquilino, che tossiva furiosamente.
“Quell’idiota della segretaria universitaria ha perso la domanda di tirocinio mia e di Marius! Devo portarne una copia al professor Relevee prima delle tre!”
“Ma sono le due e dieci…” Azzardò Courf.
“Lo so!” fu la replica di Enjolras, mentre infilava la giacca. Sfrecciò via senza salutare e componendo il numero di Marius.
Bossuet si risedette, sospirando “Scusate. La mia fortuna è la sfortuna di Enjolras e Marius…”
Jehan scrollò le spalle “Non ci crede, quindi non preoccuparti. Ora possiamo parlare di Eponine” disse poi, rivolto verso il ricciolino moro.
Courf annuì “Quindi dovrei invitarla a cena? Per i fiori che mi consigli? Meglio le rose o… Non posso crederci!” tutti si voltarono verso il punto che Courf stava fissando con intensità, ovvero il bancone. Lì era Eponine, che rideva divertita mentre un ragazzo strano, con una cresta di capelli neri e almeno quattro piercing in vista le sussurrava a pochi centimetri dal viso “Cosa ci fa qui Montparnasse?? Non si erano lasciati??”
“Magari sono rimasti amici…” sussurrò vago Jehan.
“Tutti gli amici ti alitano in faccia per parlarti” fu la risposta piccata di Courf, guardando male Bossuet “Maledetto portatore di iella.”
“Non è igienico parlare così vicini” disse Joly, storcendo il naso.
“Dai vieni Courf, andiamo a prendere i fiori.” Jehan si alzò, facendo cenno al morettino che guardò di nuovo male l’amico sfortunato,anche se non quel giorno. Uscirono salutando Eponine (l’occhiata che Courf lanciò a Montparnasse rischiò di appiccare un incendio), lasciando soli i due migliori amici.
“Credo che scapperò a casa” disse Joly “Sai…. La sfortuna non va d’accordo con l’ipocondria”
“Ti accompagno, così bilanceremo fortuna e sfortuna!”
Bahorel si svegliò a causa di un fastidioso suono proveniente dal suo comodino. Si sedette sul letto, guardandosi attorno stordito, prima di aprire il cassetto ed estrarne il cellulare.
Si chiese perché il proprietario del supermercato in cui lavorava lo stesse chiamando così presto, prima di realizzare che non era presto per niente, era in ritardo di almeno venticinque minuti.
“Oh, merda!” Ovviamente non rispose, alzandosi di scatto e recuperando un paio di pantaloni e una felpa “Jehan! Perché non mi hai svegliato?” sbraitò, vestendosi alla meno peggio e afferrando il portafoglio e il telefono che ancora squillava.
Peccato che stesse parlando da solo. Se ne accorse solo dopo aver corso da una stanza all’altra chiamando il coinquilino sempre più disperato. Non era a casa. Di solito passava al Musain e tornava per le due. Lo svegliava e Bahorel andava al lavoro, alle due e mezzo precise.
Jehan non era rincasato per chissà quale motivo e lui era nello sterco.
Uscì di casa di corsa, scendendo le scale tra alla volta e rischiando di investire Grantaire che stava rincasando. Non si fermò a rispondere alle sue domande, aveva troppa fretta.
Arrivò in tempo al cancello per guardare l’autobus andarsene. Quello successivo ci avrebbe messo venti minuti ad arrivare. Imprecò al cielo, che stava riversando su di lui libri di acqua, prima di alzarsi il cappuccio sul capo e iniziare a correre. Arrivato fuori dai giardini di Lussemburgo fece un rapido calcolo, fermandosi per recuperare fiato: se li avesse aggirati ci avrebbe messo almeno altri dieci minuti….. ma se fosse passato attraverso il parco….
Prese un respiro profondo e riprese a correre.
Quella doveva essere davvero una giornataccia.
La settimana prima dell’inizio degli appelli significa una cosa sola: studenti tremendamente agitati che si riversano per l’università in cerca di un miracolo. Enjolras iniziava ad odiare il mondo.
Mancavano cinque minuti alle tre e del professor Relevee nemmeno l’ombra. Marius iniziava ad ansimare pesantemente a causa della corsa continua. Avevano girato tutto il dipartimento di legge prima di scoprire che insegnava anche Teorie del Diritto Internazionale a Lingue. Corso che contava forse due o tre persone.
“Dove sarà l’aula sei?” domandò il biondo, guardandosi attorno. Lingue era collocata in un’ala della Sorbona molto bella, certo, ma difficile da capire. Le aule erano poste sul perimetro di un palazzo con un bellissimo cortiletto interno. Peccato che le aule non fossero in ordine alfabetico “Questo posto non ha senso” sbuffò scocciato Ras, allargando le braccia “Ora so perché è la facoltà di Chetta, Bahorel e Bossuet. Passano le giornate a prendere il sole in cortile e a fumare invece che a lezione?!”
“Probabile” disse Marius, scuotendo piano il capo. Poi ebbe un’idea “Scusa” disse, fermando un ragazzo moro “Potresti dirmi dov’è l’aula sei?”
“Certo” replicò lui sorridendo e guardando attentamente Enjolras, accanto a Marius, prima di rispondere “Dall’altra parte del cortile, in angolo sulla destra.”
“Grazie mille” rispose Pontmercy, prima di salutare. Poi si voltò lentamente verso l’amico “Ma lo conoscevi?” chiese stranito.
“So solo che si chiama Alaine” rispose velocemente Enjolras, prima di strappargli dalle mani la sua domanda e metterla insieme alla sua, mentre Pontmercy si voltava nuovamente verso il corridoio per vedere se quel tizio era ancora lì. Quello che fece poi, per Marius, non aveva alcun senso. Si alzò il cappuccio sul capo e partì di gran carriera, lasciandolo lì.
“Ras!”
Si era distratto il tempo di un battito di ciglia e il biondo era sparito, inghiottito dalla folla. Marius sbuffò, sistemandosi il collo del cappotto pronto a correre dall’altra parte del cortile di pietra dell’università per recuperarlo. Peccato che il destino ci mise lo zampino.
Qualcosa attirò la sua attenzione, facendolo bloccare quando non si trovava nemmeno a metà del percorso. Una ragazza, con lunghi capelli biondi e occhi grandi e celesti apparve davanti a lui, anch’essa persa a guardarlo a sua volta.
Stringeva in mano l’ombrello bianco a pois blu, tenendo le labbra lievemente socchiuse mentre osservava con attenzione mista a stupore il giovane.
Marius, dal canto suo, era partito totalmente per la tangente. La guardava come solo un ottimo stalker potrebbe fare, totalmente smarrito nei meandri della sua mente. Si riprese dopo un paio di minuti abbondanti, quando il ciuffo di capelli fu così zuppo di pioggia da ricadergli sugli occhi, accecandolo parzialmente.
Marius Pontmercy, meglio conosciuto come ‘la pozza vagante’. Aveva imbarcato più acqua del Titanic solo per poter fissare una sconosciuta. Bella figura.
Portò una mano alla fronte per rimediare al danno, non accorgendosi che la ragazza lo aveva raggiunto e ora lo stava schermando dalla pioggia.
Erano troppo vicini, per essersi appena incontrati.
“Oh, grazie. Io, uhm….” Marius si bloccò, sorridendole imbarazzato mentre le guance lentigginose si coloravano di rosso vermiglio “Sto facendo tutto sbaglio. Che vergogna, scusa. Non so nemmeno come ti chiami” Si mordicchiò il labbro, guardandola arrossire e abbassare il capo. Dannazione, era bellissima.
Quando la ragazza ritornò a puntare gli occhi su di lui, abbozzò un sorriso “Beh, potremo prenderci un caffè.”
“Sarebbe fantastico” ripose Marius, afferrando grato il fazzolettino che la ragazza gli stava porgendo, mentre insieme si avviavano al riparo sotto ai porticati.
Quando Enjolras tornò al Musain, trovò almeno due cose che non apprezzò per niente. Tanto per iniziara Courf stava scrivendo qualcosa, tenendo davanti a se una rosa rossa bella infiocchettata. Poi, di lato al tavolo, c’era Bahorel, avvolto da una copertina e con il viso affondato tra le braccia. Jehan stava accarezzandogli la schiena, mentre parlava con Courf. Joly fissava un punto imprecisato del muro e lasciava che Chetta gli accarezzasse i capelli, come scioccato, mentre accanto a lui Bossuet guardava tutti con l’aria sconfortata di un bambino che l’ha fatta grossa. Infine, Feuily teneva davanti a sé un bicchiere ricolmo di vino rosso, fissandolo come la sua sola via di salvezza. Lui non beve mai.
“Che cosa è successo?” domandò il biondo, sedendosi accanto a Grantaire, il quale abbassò immediatamente la lattina di birra per poter rispondere.
“Sfortuna collettiva” rispose divertito.
“Ovvero?” chiese Enjolras senza capire.
“Bahorel è stato licenziato, Feuilly ha dovuto archiviare mille e duecento volumi in ordine alfabetico e Joly ha pestato una cacca di cane.”
Bossuet roteò gli occhi “Io una volta sono affondato nella cacca fino al ginocchio, al circo…”
“Dicono che porta fortuna” replicò ricolmo di ottimismo Jehan, abbracciando le spalle di Bahorel che stava mugugnando sconfortato ‘Come pagherò la birra e l’affitto?’.
“Mi sono perso per i giardini di Lussemburgo e sono arrivato con un’ora e venti di ritardo” disse Andrè, disperatissimo “Ho scoperto posti che mai avevo visto, mi sembrava di essere arrivato a Narnia.”
“Per me invece è stata una giornata fortunata” disse Ras, accavallando le gambe e facendo cenno a Ponine di preparargli il solito latte macchiato.
“Ah si?” domandò curioso R.
“Sì, ho perso Pontmercy”
“Oh, bella notizia” disse Courfeyrac alzando gli occhi dal foglio che stava arrotolando e legando con un pezzo di spago rosso “Non gli abbiamo fatto mettere il cip dal veterinario. Se non si ricorda la strada di casa, è fatta. Ok, sono pronto.”
“Pronto per cosa?” chiese il suo coinquilino.
“Per dichiararmi a Ponine.” Rispose veloce Jean-Claude, alzandosi in piedi e dopo aver assicurato il foglio arrotolato al gambo della rosa. “Auguratemi buona fortuna”
“Non ne avrai bisogno” gli disse con tono rassicurante Jehan, mentre Feuilly alzava il pollice e Grantaire proponeva un brindisi, passando un braccio sullo schienale della sedia di Enjolras – che, manco a dirlo, non apprezzò.
Courfeyrac si sistemò alla meno peggio i capelli troppo gonfi a causa dell’umidità e lisciò le pieghe della camicia che aveva messo per l’occasione, prima di farsi coraggio e avvicinarsi.
“Ponine, ciao…” il giovane si appoggiò al bancone, sorridendo alla ragazza “Scusami, dovrei parlarti di una cosa…”
La brunetta gli sorrise, sistemando uno straccio nella mano per poter asciugare nel contempo qualche boccale “Spara, straniero…”
“Ecco, io mi chiedevo se-”
“PONINE!” Marius entrò nel bar, scivolando sulle mattonelle lucide e sbattendo contro il bancone “Eponine non sai cosa mi è appena successo!”
Courfeyrac lo guardò apatico “Noi stavamo parlando…”
“Scusa Courf, è un’emergenza!”
Il ricciolino assottigliò gli occhi “Se vuoi un’emergenza ti chiamo un’ambulanza…”
Peccato che l’altro non stava più ascoltando e Eponine pendeva dalle sue labbra “Tu che sei la mia migliore amica devi essere la prima a saperlo! Ho conosciuto la donna della mia vita!”
Grantaire, che stava fissando la scena a dovuta distanza insieme agli altri, lasciò cadere la testa sul tavolo. Enjolras si limitò a scuotere il capo con insofferenza.
“Mi è apparsa come la Madonna per colmare le mie sofferenze!” stava intanto proseguendo Pontmercy, camminando per il locale e strepitando frasi folli mentre allagava la stanza “La mia anima solitaria ha finalmente trovato la sua gemella! Oh Enjolras, capisci??!” si appoggiò al tavolo dei due amici, bagnando così il tavolo davanti al biondo.
“Ma chi se ne frega della tua anima solitaria!” sbottò Enjolras, prendendo un fazzoletto dalla tasca della giubba rossa. Questo non scoraggiò Marius.
“Tu conosci moltissime persone dell’università” proseguì Pontmercy tornando dalla brunetta, che lo guardava con il cuore in pezzi “Potresti trovarla per me?”
“Come diavolo potrei mai trovare una persona che hai visto di sfuggita??” chiese di nuovo, più delusa che arrabbiata.
Lui scosse velocemente il capo “Ma no, ci ho parlato! Abbiamo anche preso un caffè velocemente, ma lei aveva lezione e non so come contattarla!Ponine, nel nome della nostra lunga amicizia, devi trovare quella ragazza per me!”
Lei lo guardò male, arrabbiandosi “Ma cercatela da solo.”
“C’è Facebook” consigliò Courf “Tanto le hai chiesto il nome, no? Se ci hai preso anche un caffè insieme”
Silenzio.
“Marius?”
“….No, non le ho chiesto il nome.”
Enjolras sbuffò una risata, alzandosi in piedi per infilarsi la giubba “Imbecille.”
Bahorel lo guardò stranito, alzando il capo dalle braccia “Di che diavolo avete parlato, se non vi siete presentati?!”
“….Non abbiamo parlato molto. Ci siamo guardati molto e, lei mi sorrideva così dolcemente. Oh, è bellissima!”
Mentre parlava, Marius aveva uno sguardo da pesce lesso impagabile. Gli occhi persi, le guance leggermente arrossate e i capelli spettinati. Poteva anche sembrare adorabile, se non fosse per il piccolo dettaglio che nessuno lo aveva mai visto così.
“Sono scioccato! Sono traumatizzato! Marius si è innamorato alla fine! Non l’ho mai sentito fare ‘ooh’ e ‘ahh’ dietro ad una donzella” esordì di punto in bianco Grantaire, alzandosi in piedi. Appoggiò una mano sulla spalla di Enjolras che non alzò il viso per guardarlo “Mentre tu parli di nobili valori che potevano funzionare nel 1830, lui entra in scivolata come un Don Giovanni! Cavolo, è meglio di una soap opera.”
“Questo è il momento giusto per decidere chi è dentro o fuori dal progetto. Voglio occupare l’università e poi tutta Parigi per permettere ad una persona inutile come te di continuare a bere e vedere della soap opera.” Enjolras si alzò a sua volta, mentre Joly guardava la scena sconvolto “Non so se avete capito bene qual è il prezzo che siete disposti a pagare. Ma forse è solamente un gioco divertente per un giovane ragazzo borghesotto.” Lanciò uno sguardo a Marius che si sentì a disagio “La scena politica cambia di giorno in giorno! Se Lamarque non verrà eletto premier, allora non oso nemmeno immaginare cosa potrebbe succedere….” Si interruppe, prima di recuperare le sue cose e andare a sedersi al bancone, dove Eponine gli passò sconsolata il suo latte macchiato.
“Eddai non fare così.” Lo esortò Taire, tornando a sedersi “Anche a te non farebbe male un po’ di amore.”
“Ma per piacere, non ne ho bisogno!”
Jehan sospirò, guardando rammaricato Enjolras. Lui era il primo a sostenere che Enjolras era perfetto così com’era, un vero condottiero. Peccato che nessuno potesse stare senza amore. Scrollò le spalle rassegnato, rivolgendosi a Marius “Davvero non sai nulla di questa ragazza?”
Lui parve rianimarsi “No, io non…. Aspettate!” prese a frugare nelle tasche del cappotto grigio, estraendo un fazzoletto appallottolato. Lo aprì, prima di porgerlo a Jehan che lo prese, curioso “Vedi nell’angolo? Quelle iniziali? Le ho notate quando me l’ha dato”
Il rosso passò un dito sulle due lettere ricamate in blu sul bianco del fazzoletto.
“U.F., potrebbero voler dire qualsiasi cosa.” Disse pensieroso.
Bahorel le guardò a sua volta, da sopra le spalle del suo coinquilino “Non ci sono molti nomi femminili che iniziano per U.”
“Ursula!” strillò Marius, recuperando il fazzoletto e stringendolo al petto “Sì, deve chiamarsi così! devo assolutamente trovarla! Torno a lingue e faccio un giro!” e detto questo uscì di corsa.
“Conoscete un’Ursula a Lingue?” chiese Feuilly, guardando Musichetta, Bahorel e Bossuet. Tutti scossero il capo.
“Chiederò dopo a Cosette, la mia coinquilina.” Disse Chetta, prendendo un sorso di tè caldo.
Courf decise che era meglio ritentare. Strinse la rosa dietro alla schiena, avvicinandosi al bancone. “Ponine… Possiamo parlare ora?”
“Solo un attimo, Courf” disse la giovane, più abbattuta che mai “Prima fammi chiamare Montparnasse. Ho decisamente bisogno di uscire a bere e distrarmi!”
Detto questo sparì nel retro.
Il ricciolo moro si voltò lentamente, guardando con gli occhi ridotti a due fessure Bossuet.
“Io ti maledico, bastardo.”
*barbone
Nda.
Ringrazio tutti coloro che hanno letto lo scorso capitolo e in particolare Nessie_Jonas che ha recensito.
Spero che apprezziate anche questo.
Capitolo 3 *** Parte III – Marius: Il giusto ‘primo SMS’. ***
Titolo della one: Il giusto, ‘primo SMS’. Rating:Arancione. Betareader: N/P Avvertimenti: Essendo una Modern!Au, si distacca parecchio dall’opera originale. Ho provato a mantenere però il carattere dei personaggi o, quanto meno, le loro attitudini :D Genere: Commedia. Coppie trattate: Slash e Het. (E Marius e Cosette, che non ho ancora ben capito cosa sono.
Enjolras/Nuovo personaggio. Disclaimer: Non possiedo i personaggi di questo racconto, poiché essi sono usciti in un primo momento dalla penna di Victor Hugo e, successivamente, rielaborati dal genio di Claude-Michel Schönberg e Tom Hooper. I Sommario: Enjolras è un giovane studente di legge, con una passione spropositata per tutto ciò che riguarda la sua bella Francia, per la politica in generale e con un pessimo rapporto con la tecnologia. Questa raccolta di one non è concentrata, come molte fan fiction, su una rivoluzione e come si è svolta…. Ma su la vita di questo ragazzo, largamente influenzata dai suoi tre coinquilini, dai suoi amici e da un certo Grantaire. Ovviamente nel suo cuore brucia la stessa fiamma patriottica dell’opera originale, ma cosa sarebbe successo se fosse nato con quasi cento ottanta anni di ritardo?
Un gruppo che sicuramente entrerà nella storia.
Parte III – Marius: Il giusto ‘primo SMS’.
Era tradizione per i Les Amis, nei giorni di bel tempo, trovarsi presso la fontana della sede di Lettere della Sorbonne, per pranzare tutti insieme.
Quel giorno, in via a dir poco straordinaria, si erano uniti anche Grantaire e Bahorel che, genericamente, non si vedevano in giro fino almeno alle tre del pomeriggio. Ora che aveva perso il lavoro, quest’ultimo era diventato addirittura mattiniero e frequentava tutti i corsi che poteva. Tanto valeva recuperare un paio di esami.
Mancava solo Bossuet, che pareva disperso. Non era di certo una novità dopotutto.
Marius si appoggiò ad Enjolras, sospirando affranto “Non troverò mai più la mia bella Ursula.”
“Fammelo aggiungere alla lista di cose di cui non mi importa un-”
“La sua bellezza rimarrà in eterno nel mio cuore!”
Grantaire, seduto un paio di gradini sotto di loro, sbuffò divertito “La Sorbona è grande, ma non è infinita. La troverai, coraggio!”
“Ma anche se così non fosse, nessuno morirà per questo.” Concluse Enjolras, condendo per bene la sua insalata al radicchio rosso, prima di prenderne una bella forchettata. Da quando era diventato vegetariano era particolarmente insopportabile. Forse erano le pastiglie di vitamine che gli passava sotto banco Joly, convinto che quella decisione gli sarebbe costata la vita.
Marius era pronto a riattaccare con quella filippica che ormai andava avanti da oltre una settimana, quando Bossuet apparve dal nulla accompagnato da un ragazzo bellissimo.
A dir poco.
Pontmercy lo riconobbe come il giovane che li aveva aiutati a trovare l’aula del professor Relevee, nel dipartimento di lingue, la settimana precedente.
“Ciao a tutti.” Esordì Julien, appoggiando la tracolla accanto a Joly “Enjolras, questo è Alaine. Ci teneva molto a conoscerti.” Disse poi, alla volta del biondino.
Tutti rimasero in silenzio, attendendo.
Grantaire fece un piccolo sorrisetto di scherno, pronto a sentire la risposta acida di Ras. Risposta che non arrivò.
Il riccio, infatti, appoggiò la ciotola dell’insalata e si alzò, pulendosi le mani in una salvietta prima di stringere la mano al nuovo arrivato “Ma chi cazzo è questo?” soffiò R con tono scocciato all’orecchio di Joly, che scrollò le spalle.
“Je ne sais pas.”
Enjolras non sembrava averli sentiti. “Piacere mio.”
“No, fidati, il piacere è mio” il modo viscido che ebbe Alaine di ricalcare quel punto piacque sempre meno a R.
“Chi cazzo è questo??” domandò a quel punto a Marius che rispose con un sbrigativo e soffiato ‘nonlosononmelochiederepensavosiconoscesserogià’.
A quel punto, Etienne li sentì. Si voltò di scatto, guardandoli male tutti visto che l’intero gruppo aveva fatto orecchie da elefante per poter seguire le dinamiche di quella conoscenza.
Ad Alaine, però, non pareva interessare più di tanto “Mi chiedevo se ti andava di vederci, di tanto in tanto. Jul mi ha parlato dei vostri incontri, mi piacerebbe partecipare, magari poi possiamo andare a bere qualcosa insieme.”
“Ras non beve.” Disse secco R.
Joly, dal canto suo, scoppiò a ridere “Jul? Sul serio?”
“Si va beh, so io cosa interessa a sto qui ed è il lato B della Francia.” Disse Bahorel, scatenando una serie di risate incontrollate. Marius rischiò di strozzarsi col succo all’albicocca.
Il biondino arrossì violentemente, prima di far cenno ad Alaine di spostarsi per poter parlare senza interruzioni. Grantaire sbottò malamente, ripetendosi “ Chi cazzo è questo?!”
“Un discreto pezzo di figo” rispose candidamente Jehan, con un sospiro, prima di spostare la treccia di rossi capelli oltre le spalle “Lo sapevo che prima o poi si sarebbe fatto avanti con Ras. Sono destinati a stare insieme e procreare bambini bellissimi.”
Bahorel lo guardò con dubbio “Credo che ti manchi la meccanica base della riproduzione umana, Jehan” disse, beccandosi una spintarella.
“Avete capito che cosa intendevo, dai!”
Courfeyrac lo guardò con un’espressione degna di Perry l’Ornitorinco in incognito “Io, a dire il vero, no.”
“Due così belli stanno bene insieme.”
L’altro sbuffò, addentando un panino pieno di carne salata “Non è vero.” Replicò Courf con la bocca piena “Se tutti i belli stessero insieme e tutti i brutti pure, io non avrei una speranza con Ponine.”
“Infatti ancora non ci sei ancora uscito.” Disse Bossuet, beccandosi uno scappellotto da Courf.
“Tutto per colpa tua e della tua sfiga infettiva, bastardo!” sbottò il ricciolino, prima di mugugnare con sofferenza “Non può stare con Montparnasse, è viscido.”
“Stesso principio per Enjolras e Alaine, secondo me.” si intromise Marius e Grantaire sentì un minimo di sostegno.
“Alaine non è viscido.” Disse Bossuet “Si comporta di conseguenza. Ras fa gola a molti, solo che prima di oggi nessuno sembrava essere interessante abbastanza per lui.” buttando la roba nella borsa, Grantaire si alzò “Scusa Taire, non intendevo che-”
“No, hai ragione Bossuet! Io non starò mai nemmeno lontanamente simpatico a Enjolras, perché sono un cazzone” allargò le braccia, guardando ogni persona presente, che intanto lo fissavano senza capire “Grazie a Dio ho amici così leali da ricordarmelo ogni giorno.” Concluse, per poi allontanarsi ad ampie falcate.
Bahorel cercò di chiamarlo “Andiamo R, non prenderla così!”
Joly alzò un sopracciglio, scrollando poi il capo come per riprendersi “Perché ha reagito così? che mi sono perso?”
Courf allargò le braccia, lasciandosi poi andare lungo e disteso sugli scalini dietro di lui.
Non ne aveva idea.
“Mi dispiace, non volevo farlo stare male. Non ci ho pensato” sussurrò piano Jehan, lasciandosi poi abbracciare da Bahorel.
“Nah, non credo che se la sia presa con te, dopotutto-”
“URSULA!”
Marius causò una sincope collettiva.
Era scattato in piedi, come se fosse stato seduto tutto quel tempo su un cuscino di molle e aveva indicato in mezzo alla folla, rischiando di colpire Ras che stava tornando da loro.
Passato il panico iniziare, tutti aguzzarono gli occhi “Dove?? dove??” domandò curioso Joly.
“La! Insieme a Chetta! Non posso crederci che la conosce e non mi ha detto nulla!!”
“Ma quella non si chiama Ursula” disse Bossuet, alzando un sopracciglio.
Joly ridacchiò “Lei è la coinquilina di Musichetta, si chiama Cosette. Se vuoi possiamo chiederle di darti il suo numero.”
Errore madornale.
Musichetta fu ben felice di dare a Marius il numero di Cosette, visto che la biondina le aveva accennato ad un incontro con un bel ragazzo, anche se lei non aveva immediatamente collegato quel evento con quello che aveva raccontato Pontmercy.
Sembrava solo una formalità quindi, era palese che i due si piacessero, ma facevano comunque i difficili.
Per tutta la riunione di quel giovedì sera, Marius non fece altro che stressare tutti, domandando suggerimenti su il perfetto ‘primo sms’.
“La boiata del giorno” disse Bahorel, mentre Ferre e Ras si lanciavano nella classica discussione sui diritti e i doveri civili della classe borghese.
Nessuno li ascoltava mai quando strillavano come gallinelle nel pollaio, volendo far combaciare le loro visioni ben distanti. Ras era un aperto guerrafondaio, seppur cercava di moderarsi in ogni modo, che non aveva pausa di conquistare i diritti dei cittadini con la forza delle armi e della violenza; Ferre, al contrario, prediligeva un regime più pacifica, alla Gandhi. Per lui, il potere doveva essere innocente e depurato da ogni qualsivoglia tipo di irruente passione.
Si trattava di cuore e anima, sentimenti puri.
“Sentimenti cristallini come l’acqua di montagna, Pontmercy!”
Courf si buttò su divano, rischiando di acciaccare Ferre, che si stavo godendo un po’ di televisione.
A quanto pare, la pace era finita.
Anche Ras parve intuirlo, visto il modo in cui storse il naso, senza però alzarlo dal tablet che aveva appoggiato sulle gambe. Rannicchiato così sembrava quasi un gatto.
“Non starete ancora parlando di Cosette, voglio sperare.” Disse Combeferre in tono piagnucoloso, alzando gli occhi verso il soffitto. Sistemò poi gli occhiali sul naso, dandosi mentalmente dell’idiota per una domanda così scema.
Naturalmente stavano parlando di Cosette, o di Eponine.
Ora che aveva trovato in Marius un ottimo alleato contro le pene d’amore, Courf non faceva altro che parlare della barista mentre il borghesotto di casa pensava a cosa fare con il numero della sua biondina.
Di sicuro non poteva giocarlo alla lotteria, tanto valeva chiamarla o scriverle almeno un sms.
Tempestivamente, Marius prese il cellulare dalla tasca dei pantaloni da casa, tamburellando le tira sullo schermo del grosso smartphone “Potrei invitarla per un caffè. Cose ne pensi, Ferre?”
“Perché chiedi a me?”domandò Lucas, cambiando canale e trovando un tg. Enjolras gli fece segno di alzare il volume, ringhiando quando Marius decise di mettersi di fronte allo schermo.
“Perché tu, incredibilmente, hai successo con le donne.”
Il più grande dei quattro rimase un istante in silenzio, chiedendosi se era il caso o meno di offendersi.
Per evitare una rivoluzione domestica, decise di assecondare Pontmercy “Sì, dovresti invitarla.”
“Che le scrivo?”
Il biondo scosse il capo, chiedendosi cosa aveva fatto di male per meritarsi quel supplizio. “Sto cercano di organizzare lo sciopero del dodici, puoi per favore andare a farlo da Jehan?” domandò, cercando di essere gentile.
Come risposta, Marius prese il suo tablet e lo lanciò sul divano accanto a Courf, sedendosi poi sulle sue gambe.
La vena sulla tempia di Ras prese a pulsare.
“Forse dovrei semplicemente chiederle se oggi è libera…”
“Forse dovrei semplicemente ucciderti!”
Courfeyrac lanciò uno strillo, come un Nazgul, agitandosi sul posto “Ferre, scrivi una delle tue frasi poetiche, così aiuterai Bromercy!”
Il fatto che Marius fosse innamorato non solo lo rendeva un buon ascoltatore per i suoi problemi, ma ciò lo teneva anche lontano da Eponine.
Doveva assicurarsi di vederlo far centro con Cosette.
Con un sospiro, Lucas porse la mano a Marius, il quale gli passò il cellulare.
Scarabocchiò qualcosa di veloce, prima di passarlo a Courf per l’approvazione.
“Da quando t’ho incontrata non posso smettere di pensare ai tuoi occhi…. Ma cos’è sta cosa!?” il ricciolino storse il naso, cancellando tutto “Banalità che grandina. Mi hai deluso, Ferre.”
Lucas, per contraccolpo, lo guardò male da sopra le lenti spesse “Che problema c’è?!”
“Non può scriverle una cosa del genere. Aspetta, faccio io.”
Buttando Marius a terra, il biondo si appropriò del telefono, scarabocchiando un messaggio.
Poi inviò, senza far leggere a nessuno il contenuto del messaggio e scatenando quindi il panico.
Sia Courfeyrac che Marius diedero di matto, ma si calmarono appena si trovarono di fronte il testo incriminante. ‘Ciao, sono il ragazzo dell’altro giorno. Ti va di vederci per un altro caffè? Magari questa volta possiamo scambiarci almeno il nome ;) ‘
“Questa è una faccina ammiccante?” chiese Marius un po’ nel panico, mentre gli altri due concordavano sul fatto che poteva andare bene anche così.
Il biondo non diede segno di voler rispondere, limitando ad alzare le spalle e iniziando di nuovo ad organizzare le sue cose.
Aveva da fare, non poteva perdere altro tempo con quel branco di cazzoni.
Marius stava giusto per riprendere la filippica, quando gli arrivò un sms.
Era Cosette.
“Speravo di risentirti, sarei davvero felice di rivederti. Facciamo domani alle cinque? Oh mio dio, Etienne!”
“Mi hai chiamato Et-!?”
La frase di Enjolras venne interrotta dalle braccia di Marius attorno al suo collo. Appena finito di leggere, infatti, il borghesotto gli si era praticamente lanciato addosso.
Era davvero, davvero entusiasta.
Così tanto che non avrebbe fatto altro che parlarne per tutta la sera, insieme al nuovo dramma, che andò a sostituirsi alla storia del primo ‘giusto’ sms: cosa era meglio indossare?
Casual o elegante?
Di quel passo, Marius si sarebbe ritrovato sotto ad un ponte.
Jehan aveva passato un bellissimo pomeriggio in biblioteca insieme alle ragazze che frequentavano con lui il laboratorio di scrittura creativa.
Nonostante il clima freddo di metà ottobre, il rosso non sembrava per niente toccato.
Anzi, il suo umore era alle stelle.
Non vedeva l’ora di tornare, annaffiare tutte le sue piantine e aiutare Bahorel per la quarta sera di fila a spulciare fra le offerte di lavoro.
Se fosse andata avanti così, si sarebbero ritrovati nei casini.
Senza un lavoro per mantenersi, André avrebbe dovuto far su tutte le sue cose e sarebbe dovuto tornare a casa dei suoi, rinunciando anche a frequentare per qualche tempo a causa della distanza.
Quello ovviamente non era contemplabile.
Girò l’angolo, tornando con i pensieri sul presente non appena udì una melodia particolarmente triste.
Alzò lo sguardo dalla punta consunta dei suoi anfibi neri e vide Grantaire, seduto a terra, con la custodia della chitarra aperta e piena di monetine di fronte.
Stava suonando una canzone che il rosso non conosceva, ma che era davvero, davvero molto triste… ‘I have loved you for many years, maybe I am just not enough. You've made me realize my deepest fear, by lying and tearing us up… You say I'm crazy ‘cause you don't think I know what you've done But when you call me baby I know I'm not the only one”
Ouch.
Prese un bel respiro, strinse la tracolla della cartella fra le dita e si incamminò verso di lui, sentendo il tanfo della birra di bassa categoria quando ancora lo staccava di diversi metri.
Sarebbe stata una lunga, lunga settimana.
Continua.
NdA.
Per prima cosa, mi scuso per il ritardo ridicolo con cui posto, ma non voglio abbandonarla questa storia così ne ho scritto un po' un mese, un po' un altro e alla fine ho ottenuto un capitolo troppo lungo che ho spezzato in due.
Ergo la prossima volta dovremmo vederci prima, ma preferisco non promettere che promettere e non mantenere.
Ringrazio coloro che leggeranno nonostante l'imbarazzante vuoto di tempo che ho fatto passare.
Un abbraccione.
J.
Capitolo 4 *** Parte IV – Alaine: Lo strano caso dell’uomo in boxer. ***
Avviso: Questa storia è stata iniziata e quindi ambientata nel 2013. Facciamo finta che sia il 2015, ok? Così mi viene più semplice mandare avanti la trama. Correggerò anche i capitoli precedenti.
Rating:Arancione. Beta: DumbledoreFan Avvertimenti: Essendo una Modern!Au, si distacca parecchio dall’opera originale. Ho provato a mantenere però il carattere dei personaggi o, quanto meno, le loro attitudini :D Genere: Commedia. Coppie trattate: Slash e Het. (E Marius e Cosette, che non ho ancora ben capito cosa sono. Disclaimer: Non possiedo i personaggi di questo racconto, poiché essi sono usciti in un primo momento dalla penna di Victor Hugo e, successivamente, rielaborati dal genio di Claude-Michel Schönberg e Tom Hooper.
Un gruppo di giovani che entrerà nella storia.
Parte IV – Alaine: Lo strano caso dell’uomo in boxer.
Il cellulare squillò ancora, accanto alla mano che poggiava mollemente sul tavolo. Nuovamente, Ras spense lo schermo dell’Iphone, impedendo così che il nome di Courf potesse prepotentemente spingerlo a rispondere.
“Deve essere davvero importante.”
Il biondo alzò gli occhi in quelli scuri di Alaine, trattenendo un sorrisetto “Diciamo che Courfeyrac non si arrende mai, nemmeno quando dovrebbe.”
Sapeva cosa stava facendo, eppure chiamava e chiamava senza darsi pace.
In cuor suo, sperò che fosse importante perché la serie di ceffoni che lo aspettavano al suo rientro dovevano valerne davvero la pena.
Chissà, magari Pontmercy era caduto dalla terrazzina.
In quel caso, però, avrebbe voluto saperlo subito.
Scarabocchiò un veloce messaggio, prima di riporre con cura il telefono dentro alla sua tracolla di pelle marrone, deciso a dedicarsi interamente al suo ‘appuntamento’.
Non usciva con un ragazzo da un’esistenza, se vogliamo essere franchi, maEnjolras sapeva di essere bello. Non lo diceva con sbruffoneria, visto che allo specchio non vedeva nulla di così eclatante, ma glielo ripetevano così tante volte e in così tanti modo diversi che ormai stava iniziando davvero ad auto convincersene.
Si sentiva Narciso.
Sapeva di essere bello e ogni tanto, in modo disinteressato, decideva di concedersi la compagnia di qualcuno. Però, anche Alaine era dannatamente bello.
C’era qualcosa nel suo viso, un particolare nello sguardo che lo rendeva assolutamente irresistibile.
Per questo aveva accettato di conoscerlo un po’ meglio, cedendo a tutte le insistenze di Bossuet. L’appuntamento era venuto da sé e doveva ammettere che ne era valsa la pena. Vista sulla Senna, un menù vegetariano così ricco da sembrare finto, l’ultima brezza piacevole che l’autunno avrebbe concesso prima della neve invernale.
Il Corynthe, che di notte vantava di essere un locale piuttosto disinibito, di giorno era un piccolo paradiso per gli occhi. “Mi fa piacere che tu abbia scelto questo posto. Sembra quasi innocente prima delle dieci di sera.” con un sorriso appena accennato, Ras prese un sorso di acqua.
Alaine intrecciò le dita sotto al mento, rispondendo al sorriso “Mi fa piacere che tu abbia accettato di venire. Hai la fama di essere un tipo difficile.”
“Ho una fama?” domandò curioso il biondo, sorridendo per pura cortesia al cameriere che posò il piatto principale di fronte a loro.
“Non passi di certo inosservato.” Il moro afferrò una forchetta, constatando che la carne era al sangue, prima di prendere anche il coltello. Il modo in cui leccò poi la lama fu fin troppo…. Allusivo.
Immediatamente, Ras abbassò lo sguardo sul suo piatto.
“Perché non mi parli un po’ di questa ‘riunioni segrete’ di cui tanto si vanta Jul?” domandò quindi Alaine, per smorzare la tensione.
A quelle parole, il Ras si guardò attorno, abbassando tatticamente la voce “Diciamo che per ora siamo ancora alla fase embrionale del progetto, alla ricerca di seguaci determinati” disse, sussurrando quelle parole per evitare di venir udito da orecchie indiscrete.
Alaine alzò una mano, come per fargli capire che aveva perfettamente capito il punto. “Che ne dici di goderci questa cena e poi spostarci al piano di sopra? Ci beviamo un paio di drink per calmarci un po’ e tu potrai raccontarmi tutto senza paura di essere sentito. Che ne pensi?”
Enjolras non aveva davvero voglia di godere dellavida loca parigina, soprattutto se dentro al Corinthe, ma era così tanto fiero della sua creatura, i LesAmis, che avrebbe potuto parlarne per ore e ore.
Così acconsentì.
Cosa poteva esserci di strano, dopotutto?
Alla fine, quello era un appuntamento e se fosse tornato prima delle undici, Courfeyrac non l’avrebbe lasciato entrare.
*
“Hey, non sto dicendo che per me è un problema! Solo vivo con voi da oltre due anni e prima non sapevo il suo nome, ora scopro che gli piacciono i ragazzi! Sono solo risentito perché nessuno mi dice nulla! Non è essere omofobi il voler essere parte integrante della casa”.
“Tu parli, parli, parli e io sento solo ‘gnignigni’!”
Marius incrociò le braccia sul petto, appoggiandosi al bracciolo della poltrona su cui era sprofondato ormai da diverso tempo lamentandosi. Il broncetto che aveva sulle labbra, che doveva essere una prova del fatto che era offeso, non era minimamente minaccioso.
Per niente.
Coufeyrac l’aveva appena dimostrato denigrandolo per l’ennesima volta. Seduta sull’altro bracciolo della medesima poltrona, Eponine sospirò un po’ scocciata. Tutti attorno a loro aspettavano di sapere cosa cavolo era successo da più di mezz’ora.
“Quindi.” Ricapitolò la mora, portando una mano alla tempia e chiudendo un attimo gli occhi, lasciando che la scintilla omicida fluisse dal suo sguardo “Marius ha scoperto che la Madre di tutte le Rivoluzioni è dell’altra sponda. Come mai quest’epifania ora?”
Pontmercy la guardò senza capire per quindici secondi buoni, prima di chiedere “Parli di Enjolras?”
“Allora, praticamente…” Courfeyrac si mise seduto meglio sul puff verde su cui si era accasciato prima, in preda alla disperazione per le lamentele del coinquilino, cercando anche di darsi un certo tono per far colpo sulla bella proprietaria del Cafè “Io sono andato a bussare alla porta della stanza di Ras, ma non mi ha aperto lui, se mi capisci…”
Tutti rimasero molto, molto colpiti dalla cosa ed ebbero reazioni diverse. Jehan portò le mani alla bocca e nessuno capì se era eccitato o spaventato dalla cosa. Bahorel smise di giocherellare con un elastico, improvvisamente preso dalla conversazione come non lo era da molto tempo. Joly e Bossuet alzarono il capo così velocemente da darsi una testata, mentre Musichetta bramava semplicemente di più.
La sola che non fece una piega fu Ponine che, anzi, indurì i tratti del viso, guardando in modo strano Courf. Lui non colse e proseguì “C’era questo tizio, Alaine, praticamente nudo in camera sua. Un pezzo di uomo che non finisce più, per citare Marius.”
“Con questo non dovete pensare che io sia gay, però.” Puntualizzò subito il Barone, ricevendo un pugno sulla spalla da Bahorel, seguito da un ‘shht’ forte e minaccioso.
“Questo è quanto” concluse il Centro, passandosi una mano sulla fronte “Non ho ancora sentito Ras, oggi. Deve fare dei colloqui per il tirocinio e non ha il telefono acceso. Giuro che se ha…” Si interruppe bruscamente, prima di schiarirsi la voce, guardandosi attorno, mentre i suoi amici aspettavano concludesse “Se ha portato uno in casa senza avvisare, è il giorno che lo defenestriamo. Lui si lamenta sempre di questa cosa con noi. Ha anche messo una demenzialissima lavagnetta in cucina dove segnare se ci sono ospiti.”
Joly, seduto accanto a lui, si stava ancora massaggiando il capo “Quindi Enjolras ha un ragazzo, ora?”
“Non credevo sarei vissuto abbastanza per assistere a una cosa del genere” Fu il commento sussurrato di Bossuet, che fece ridere Chetta.
Courfci pensò su “Non lo so, sinceramente. Non ne abbiamo parlato quasi per nulla. Quando lo vedo glielo chiedo, per ora il massimo che siamo riusciti a dirci si è concentrato sul suo fangirling circa il comizio che Lamarque terrà a fine mese.”
“Dovremmo stappare una bottiglia di vino per festeggiare?”
L’intero gruppo rimase gelato sul posto, quando Grantaire esordì con questa frase, che li lasciò totalmente di stucco. Chi, come Ponine e Courfeyrac sapeva dei sentimenti del piccolo alcolista verso il capitano della compagnia, perché sapevano cosa stava provando l’amico. Tutti gli altri semplicemente per il tono usato.
Funereo, per fargli un complimento.
R comunque non attese risposta. Andò al bancone, da Azelma, ad ordinare qualcosa di forte, dimenticandosi che erano le due del pomeriggio.
“Scusatemi” disse Eponine, alzandosi per raggiungerlo e lanciando di nuovo quello strano sguardo a Courfeyrac, che solo in quel momento capì cosa voleva dire.
E si sentì davvero un coglione.
*
Courfeyrac corrugò le sopracciglia, con l’espressione più confusa che il suo repertorio potesse produrre “Non capisco perché devi prenderla così male, R; ti denigra in ogni modo possibile e immaginabile! Non ho ricordo di un solo giorno in cui non ti abbia dato del pezzente”
Ferre sospirò, “Per la prima volta sono d’accordo con Courf” esalò, beccandosi un’occhiataccia dal coinquilino. Si avvicinò al moro, appoggiandogli una mano sulla spalla “Dimenticati di Enjolras, puoi avere chiunque vuoi.”
“….Se ti fai una bella doccia prima” concluse Courf, annuendo alle sue stesse parole.
Grantaire, però, non sembrava affatto persuaso “Belle frasi da cioccolatino, ragazzi. Lo apprezzo, ma state ingigantendo la questione. Non la sto prendendo poi così male.”
No, non lo stava facendo. Le quattro lattine di birra vuote di fronte a lui non erano affatto indice che qualcosa non andava, dopotutto. Il fatto che fossero le due e un quarto del pomeriggio, invece, poteva essere un campanello d’allarme.
“Smettila di guardarmi così, Grantaire. Capisco che stai soffrendo pene d’amore, ma hai la faccia come quella di Luke Skywalker dopo aver scoperto chi è davvero suo padre! La vita continua!”
R sospirò, alzando gli occhi verso il soffitto del Musain. Ok, forse si stava lasciando un po’ andare, però pensava di meritarsi un po’ di catarsi. Erano quasi tre anni che subiva gli abusi verbali del bell’Apollo e provava in ogni modo a farsi notare. Gli stava bene, fino a che l’altro faceva l’asessuato tutto ligio al dovere e all’amor di Patria, ma vedersi passare avanti dal primo belloccio era stato uno smacco.
Sapeva di non essere bello, però contava su altri pregi. Sapeva che non era politicamente impegnato, ma sapeva tutto ciò che c’era da sapere per riportare quel gruppetto di figliocci di papà con i piedi ben piantati per terra, quando le loro menti prendevano il volo verso mondi utopici.
Era informato, il suo cinismo probabilmente era dato da quello e sperava davvero che Enjolras un giorno l’avrebbe capito, perché se ancora perdeva tempo dietro a quelle ridicole riunioni era solo per lui. Per evitare che avvicinandosi troppo al sole potesse poi precipitare.
Icaro.
Avrebbe iniziato a chiamarlo così.
“Ammesso e non concesso che, a quanto dite voi, non abbiamo prove del fatto che lui e Alaine…” lasciò intendere ciò che seguiva, prima di schiarirsi la voce, “Poi non ci sto così male, davvero. È solo un periodaccio, all’accademia ho avuto un paio di richiami e non mi sento in forma. Non c’entra niente con tutta questa storia, sul serio.”
I due coinquilini si scambiarono uno sguardo scettico, ma non fu possibile per loro aprire bocca, visto che l’oggetto del discorso era appena entrato nel Musain come un tornado.
Aveva un sorriso da un orecchio all’altro e nonostante il ciuffo che cadeva su un lato del viso, zuppo di pioggia, sembrava avere il mondo nel palmo della sua mano. Si avvicinò, prendendo la mano di Courfeyrac e facendogli fare uno strano giro su se stesso, mentre si metteva tra i due coinquilini, senza smettere di sorridere.
“Ragazzi, dobbiamo sbrigarci.” Disse come un pazzo, attirando lo sguardo perplesso di tutti i LesAmis, sparsi nei tavolini attorno “Ho l’intero programma del comizio della prossima settimana di Lamarque e ho intenzione di studiare ogni virgola. Forza, saliamo di sopra e iniziamo! Bella sciarpa, comunque.”
Grantaire abbassò gli occhi sulla sciarpa nuova che sua sorella aveva pensato di regalargli per rimpiazzare quella bucata che usava di solito, perdendosi così Enjolras che saliva le scale a tre gradini per volta.
Tutti, un po’ spaventati, un po’ straniti, iniziarono a seguirlo, eccetto quei tre.
“Ha decisamente scopato.” Asserì Courfeyrac.
Ferre incrociò le braccia, meditativo “Non è detto, potrebbe anche solo essere molto contento per il comizio. Lo sai che queste cose lo emozionano.”
“Ti prego, ma l’hai visto??Mi ha fatto fare la giravolta!”
Ci fu un sospirone di gruppo, poi mentre Ferre e R salivano le scale, quest’ultimo come l’uomo in marcia sul miglio verde, Courf andava a sedersi un attimo al bancone. Aveva bisogno di un caffè, per non esplodere.
Lì trovò anche Bahorel, con in mano un bicchiere di cristallo contenente del liquido ramato.
“Amico, sono le due e mezzo, non vorrai battere Grantaire.” Gli disse divertito, ma non prima di rivolgere un sorrisone radioso adEponine, che gli portò la sua ordinazione e gliela parò di fronte con una strizzatina di occhio.
Bahorel tirò su col naso in modo rumoroso “Il mio nuovo lavoro è un vero schifo. Il titolare della ditta è uno stronzo. Se non dovessi pagare l’affitto sicuramente l’avrei già mandato al diavolo…” prese un bel respiro e poi si mise in piedi, infilandosi il cappello e il cappotto.
“Tieni duro, venerdì andiamo a sfondarci di alcool per dimenticare.” Gli disse Courfeyrac, ricevendo come risposta un pallido sorriso e una pacca sulle spalle.
“Se non lo uccido con un cutter prima, volentieri. Vado, monto il turno tra venti minuti."
Si salutarono e il morettino tornò a voltarsi del tutto verso il bancone. Solo a quel punto realizzò che erano soli, lui e Ponine.
Il bar era praticamente deserto, quindi poteva cercare di invitarla a uscire. Magari non per un caffè, perché non era il caso visto il mestiere della ragazza. Però potevano andare a bere qualcosa o magari a cena.
Cercò di mescolare il caffè il più lentamente possibile, mentre pensava a cosa dirle.
Quando trovò le parole, però, non uscirono dalla sua bocca, rimanendo incastrate in gola alla vista degli occhi tristi della giovane, che stava ricambiando il suo sguardo.
Erano grandi, castani e luminosi, come quelli di un cervo, ma velati di una malinconia enorme. Coufeyrac sapeva cosa provava, perché aveva visto quanto era presa da Marius. Aveva visto come lo guardava, come faceva qualsiasi cosa per farlo felice.
Come faceva anche R con Enjolras, per esempio.
Ed era così ingiusto che per un istante, il ragazzo si sentì arrabbiato.
Nessuno avrebbe mai dovuto sopportare tanto per amore.
Così si alzò dallo sgabello e le si avvicinò, appoggiandole di fronte la tazzina vuota. Lei sorrise per ringraziarlo, ma quello che lui disse non le permise di aggiungere altro.
“Sei bellissima, Ponine. Non devi smettere di pensarlo a causa di un coglione come Pontmercy.”
Lei lo guardò sorpresa, da prima, poi si sciolse in un dolce sorriso. Appoggiò la mano su quella del ragazzo, che solo in quel momento parve risvegliarsi dal pathos della scena e arrossì.
“Grazie, Courf, sei molto dolce.”
Ok, non se lo aspettava.
Mayday, mayday!
“Mh, ecco, io, uhm, ehm….” La guardò completamente impanicato, balbettando qualcosa che la fece sorridere ancora di più, stavolta divertita.
Stava davvero cercando di dire qualcosa di intelligente, coerente e magari affascinante, ma sentiva la lingua alla stregua di una spugna zuppa.
Poi ci pensò Enjolras a sciupare del tutto il momento. Si sporse dalle scale che portavano alla saletta e guardò Courfeyrac un po’ scocciato, anche se l’eccitazione era ancora palpabile.
“Allora?? Ti muovi?? Stiamo iniziando a leggere il programma politico in merito alle unioni civili e al matrimonio egalitario! Credevo ti interessasse!”
“Arrivo!” gli disse con una punta di isteria nella voce il migliore amico e appena il biondo si degnò della grazia pietosa di sparire, all’altro non rimase altro da fare se non sfilare la mano da quella di Eponine “Scusami, the Greater Dictator in the Land mi reclama.”
Lei ridacchiò “Vai, non vorrei che gli venisse un attacco di cuore.” Si sorrisero, poi lui si avviò alla scala, dandosi del coglione. Aveva appena sciupato un’opportunità più unica che rara. La buona sorte però sembrava risplendere su di lui “Courfeyrac?” lo chiamò la Thenardier, facendolo voltare “Ti va se ci vediamo una di queste sere? Mi piacerebbe passare un po’ di…. Tempo insieme, se vuoi.”
Gioia e giubilio!
Il cuore gli era appena esploso, ma poteva sostituirlo al volo.
Sorrise, forse troppo, prima di annuire “Mi farebbe molto piacere. Conosco un posto dove si mangia bene. Quando finisce la riunione possiamo parlarne.”
Eponine annuì, con una vaga soddisfazione sul viso “Certo, mi trovi qui.”
Courfeyrac annuì, iniziando a salire le scale.
Tre gradini per volta.
Se solo fosse stato solo, avrebbe sicuramente iniziato a ballare.
*
Era stata una giornata estenuante e, come da protocollo, Enjolras aveva iniziato ad avvertire il solito mal di testa cronico, che aveva iniziato a farsi sentire durante la riunione dei Les Amis.
Ovviamente era degenerato sempre di più, fino a diventare una signora emicrania. Onde evitare di vedere il suo cervello schizzare fuori dalle orbite oculari, si era messo a cercare per tutto l’appartamento una maledetta aspirina che fosse una.
Non c’era stato verso, avevano finito tutto, sicuramente era stato Courfeyrac per abbattere i postumi di una sbronza. Era la sola persona in tutta la casa che non andava mai a comprare ciò che finiva.
Visto e considerato che Marius era uscito a cena con Cosette e che quindi sarebbe arrivato iniziando a parlare a macchinetta, Enjolras si ritrovava di fronte a due opzioni: andare a elemosinare qualcosa dalla vastissima farmacia di Joly o uccidere Pontmercy e congelare il suo corpo.
Tanto era abbastanza magro che poteva essere pressato nel piccolo freezer della cucina, anche se poi il problema diventava tutto il cibo surgelato al suo interno.
Andò quindi a bussare alla porta di fronte alla sua e ad aprire fu proprio il quasi-dottorino.
“Scusami il disturbo.” Gli disse un po’ sofferente a causa della luce del salotto accesa, che pareva davvero fastidiosa per i suoi occhi sensibili “Volevo chiederti se hai un’aspirina. Sto impazzendo di mal di testa e potrei non rispondere più delle mie azioni.”
Ovviamente Joly impallidì, ma quello se l’era aspettato. Così come l’essere trascinato in cucina e visitato. La torcia negli occhi fu davvero fastidiosa, ma tra un borbottio e l’altro, colse alcune parole che non gli piacquero affatto.
“Come scusa?” chiese, guardandolo perplesso.
Di tutti i pazzi che componevano la sua compagnia di amici, Joly era uno dei più sani, ipocondria a parte.
Questo si mise diritto di fronte a lui, facendosi molto professionale. Era così preoccupato da mettere in allarme anche Enjolras “Stavo dicendo che molte MTS hanno, fra i primi sintomi, mal di testa, cefalea e dolori articolari. Anche la nausea che potrebbe-”
“Aspetta, con calma.” Non si sentiva bene e non era un medico, quindi aveva già perso di vista il punto “MTS?”
“Si, è un modo per definire le malattie a trasmissione sessuale.”
Enjolras non seppe come reagire a quelle parole, se non alzando le sopracciglia. Incredulo.
“…Pardon?”
Joly si schiarì la voce, unendo le mani coperte dai guanti di lattice di fronte a sé e iniziando a giocare con la torcia, palesemente a disagio “Hai usato protezioni, vero? Sennò sarebbe meglio andare a faregli esami del sangue.”
“Protezioni? Ma che stai dicendo?”
Joly sospirò, paziente. Sapeva che Enjolras non lo faceva di proposito e che quel suo essere ingenuo era più genuino di quanto si pensasse. Così decise di essere diretto “Quando hai fatto sesso con Alaine, ieri notte, hai usato protezioni?”
Fortunatamente né Grantaire né Bossuet erano nei paraggi, perché il biondo divenne di tutti i colori dell’arcobaleno. Il rigido, sicuro Enjolras prese ad agitarsi in modo strano sulla sedia, ma solo per qualche secondo, durante il quale Joly temette un attacco di convulsioni.
Poi, inspirando profondamente, ritrovò la sua pace.
Le guance però rimasero del colore della maglietta del suo pigiama: un rosso accecante.
“Amico mio.” Iniziò, cercando di mettere bene in chiaro la situazione “Io non ho fatto niente di niente, ieri, con Alaine. Ha semplicemente dormito a casa mia perché quando siamo tornati da cena non era in grado di far ritorno a casa con le sue gambe.”
La bocca del medico si aprì piano fino a formare una ‘o’ perfetta. Nessuno aveva preso in considerazione quella possibilità “Quindi non hai….?”
“Non ho fatto assolutamente niente. Ho dormito come un bambino tutta la notte, sul divano fra l’altro.”
Quella sì che era una notizia.
Joly si schiarì la voce, un po’ a disagio “Allora possiamo escludere la gonorrea. Forse è solo un mal di testa dovuto dal freddo.”
“Forse, dici?”
Si scambiarono uno sguardo di puro imbarazzo, poi il medico cacciò fuori l’aspirina dal suo mobiletto e gliela passò, guardandolo sparire in fretta e furia.
Quella si che era una cosa da scrivere subito.
A tutti quanti.
Soprattutto visto che Bossuet gli aveva detto, poco prima di andare a dormire, che Alaine si stava vantando per tutta la Sorbona di aver conquistato il cuore e il letto dell’inarrivabile capo del comitato studentesco.