Nato il 28 gennaio

di Fanelia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***
Capitolo 5: *** Capitolo V ***
Capitolo 6: *** Capitolo VI ***
Capitolo 7: *** Capitolo VII ***
Capitolo 8: *** Capitolo VIII ***
Capitolo 9: *** Capitolo IX ***
Capitolo 10: *** Capitolo X ***
Capitolo 11: *** Capitolo XI ***
Capitolo 12: *** Capitolo XII ***
Capitolo 13: *** Capitolo XIII ***
Capitolo 14: *** Capitolo XIV ***
Capitolo 15: *** Capitolo XV ***
Capitolo 16: *** Capitolo XVI ***
Capitolo 17: *** Capitolo XVII ***
Capitolo 18: *** Capitolo XVIII ***
Capitolo 19: *** Capitolo XIX ***
Capitolo 20: *** Capitolo XX ***
Capitolo 21: *** Capitolo XXI ***
Capitolo 22: *** Capitolo XXII ***
Capitolo 23: *** Capitolo XXIII ***
Capitolo 24: *** Capitolo XXIV ***
Capitolo 25: *** Capitolo XXV ***
Capitolo 26: *** Capitolo XXVI ***
Capitolo 27: *** Capitolo XXVII ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


“Certo che ti farò del male.
Certo che me ne farai.
Certo che ce ne faremo.
Ma questa è la condizione stessa dell’esistenza.
 Farsi primavera, significa accettare il rischio dell’inverno.
Farsi presenza, significa accettare il rischio dell’assenza.”
-Antoine de Saint Exupéry -

All’anagrafe Terence Graham Granchester, o meglio, il Duca di Granchester.
Per il mondo Terence Graham, l’attore shakespeariano consacrato da Broadway.
Per me un’anima in pena che vagava su questa terra alla ricerca di un barlume di felicità.
Caro lettore, se leggi le mie parole probabilmente sarò passato a miglior vita e, chissà, forse avrai trovato questo vecchio quaderno ingiallito in una biblioteca.
L’avevo nascosto nel castello ereditato da mio padre, alla sua dipartita, nella mia amata Scozia, la terra che non solo mi diede le origini ma che vide fiorire il mio unico e solo grande amore.
La mia adorata Scozia dalla quale sono fuggito per paura del dolore, per non rievocare la sofferenza che mi procurava vedere il mio castello e i luoghi a me cari condivisi con la mia Venere.
Cosa ne ho fatto?
Non è ancora il momento di raccontartelo.
Avrei tanto voluto venderlo, per liberarmi di quel ricordo così ingombrante, così opprimente che non mi permetteva di respirare e mi toglieva il fiato. Ma la vita sai, a volte è imprevedibile.
Se ti va di proseguire nella lettura, ti porterò con me sulle strade del mio inferno personale.
Sono lastricate di tanti abbandoni e di tanto dolore perciò, ti prego, preparati.
Che non si dica che ti abbia portato fin lì privo delle armi necessarie per difenderti.
Ma ci si può realmente schermare da tanta sofferenza? Pensi di essere così forte, così maturo, così invincibile da non essere sopraffatto dalla mia storia?
Quando vedrai della nebbia fitta avvolgerti e quando ti sembrerà quasi di soffocare, sappi che è solo il dolore che la mia anima ha provato a lungo.
All’improvviso poi, forse, sorgerà il sole e questa desolazione svanirà.
Ma sii paziente, te ne prego.
Affido a te, e a queste pagine, la storia del mio amore tormentato.
Ti chiederai se questo amore non fosse ricambiato? E se fosse tormentato per quello?
Mi spiace deluderti, ma lo era,contraccambiato intendo, eccome!
Forse lo scopersi troppo tardi, o forse troppo presto, ero troppo giovane per decidere, troppo immaturo per una tale responsabilità, troppo sciocco e troppo cieco per vedere a cosa ciò ci avrebbe portato.
Caro amico, posso chiamarti così?
Tu non sai quanto male le ho causato.
Non importa quanto dolore, quanta sofferenza possa aver attanagliato la mia inutile esistenza, la cosa che non mi sarei mai perdonato era l’averle ridotto il cuore in pezzi.
Tutto tace lì fuori, si avvicina la vigilia di una data importante per me.
Fra pochi giorni sarà il 31 dicembre.
Ah no, non è una semplice fine dell’anno mio compagno di sventura, è il giorno della mia rinascita.
 Sì, hai letto bene, della mia rinascita, non sono ammattito.
Quell’ infausto giorno in cui mia madre mi rifiutò e mi cacciò, il destino mi ricompensò con un dono più grande.
Una morsa mi attanagliava il cuore, lo stomaco, me ne stavo lì a guardare l’America diventare sempre più piccola mentre lentamente spariva all’orizzonte e a dare un ultimo addio alla mia odiata e amata genitrice. La nebbia fitta nascondeva le mie lacrime: sì, era vero, stavo piangendo anche se le dissi che se lo era immaginato.
Il gelo della notte mi faceva da mantello, nella sala grande tutti festeggiavano, bevevano, scherzavano e ridevano, il mondo era pronto a dare il benvenuto all’anno nuovo mentre io affogavo nella mia sofferenza.
E poi eccola lì, una chioma bionda, due smeraldi luminosi, un nasino ricoperto da una miriade di lentiggini.
Stava per andarsene, l’avrei persa se non le avessi parlato chiedendo chi fosse.
Chi osava disturbarmi? Non avevo nemmeno il diritto di dare l’estrema unzione all’ultimo pezzo della mia anima?
Ma poi lei cominciò a parlare e io non potei non guardarla.
Mi disse che credeva di avermi visto piangere ed io non solo le risposi che si era sbagliata, ma la presi in giro per quel suo ridicolo naso schiacciato e quel mare di efelidi che mi fecero innamorare. Che sciocco!
Ricordo ancora cosa replicò, lei era fiera di indossare le sue lentiggini, addirittura ne aveva cominciato una collezione  e mi accusò di essere geloso perché non ne  possedevo di mie!
La salutai affibbiandole un soprannome, Signorina Tutte Lentiggini che si sarebbe trasformato, poco dopo, in Tarzan Tutte Lentiggini.
Chi avrebbe mai detto che anche lei stava guarendo da un dolore insormontabile.
L’avrei scoperto a caro prezzo, e avrei lottato con tutte le mie forze contro quel tormento, contro quel ricordo che mi rendeva così geloso da farmi ribollire il sangue!
Mi vergogno ad ammetterlo ma forse a tratti arrivai ad odiare e ad invidiare un defunto.
Anthony ...  Persino il nome suonava più dolcee delicato del mio, come una soavemelodia per le orecchie.
Era per lui che mi aveva scambiato quella sera, motivo per cui si era avvicinata furtivamente.
Sono stato troppo stolto per vedere, per ringraziarlo, ma adesso, vecchio e maturo, posso confessarlo, so per certo che è stato lui a portarla da me,  me l’ha affidata affinché la proteggessi.
Se solo anche tu avessi saputo ciò che le avrei fatto vivere, forse … o forse avevi visto lontano Anthony?
 A distanza di anni posso dirti grazie?
Lasciamo che sia un segreto fra noi, uno di quei segreti che si condividono fra uomini …
Scusami, caro compagno, ti ho trascurato, e forse parte del mio delirio ti sarà sembrato tale.
Pazienza caro amico, e vedrai, capirai.
Ma dove eravamo rimasti?
Vuoi che ti racconti della mia infanzia?
Aspetta, non ti ho detto la parte migliore? Ma forse a quest’ora avrai già capito chi sono?
Sì, sono proprio io, il figlio di una relazione illegittima, di una relazione non consacrata dalla chiesa.
 Mia madre? In che anno siamo? Chissà se la conosci, Eleanor Baker, una bellissima attrice americana.
La mia mamma! Ebbene sì, anche io ho avuto una “mamma”, anche se sono stato il primo a  credere che non fosse così.
Puoi forse biasimare mio padre per aver perso la testa per lei? Una creatura eterea, bella da mozzare il fiato, dolce più del miele, radiosa più del sole. I suoi zaffiri blu … li ho anche io sai, sono stati loro a fare perdere la testa alla mia venere, limpidi e luminosi quando lei era con me, un oceano in tempesta quando il destino me la strappò.
Spero che tu non ti sia già stufato di me.
Se così fosse, ti prego non continuare a leggere, non sentirti obbligato.
Non voglio muoverti a pietà, vorrei solo essere letto e capito, se possibile. Vorrei liberarmi di questo dolore che mi sono portato dentro per anni. Vorrei …
Ma permettimi di indugiare ancora su mia madre. 
Una bellissima donna, agli inizi della propria carriera. Ebbe la sfortuna di incontrare il suo unico grande amore, il Duca Richard Granchester, e di perderlo … e sì, ora che mi ci fai pensare proprio come successe a me. Ma la vita … no, non posso ancora svelartelo …
La vita le fece un regalo, solo a posteriori posso definirmi così.
Da quell’amore finito così male, stroncato per ragioni di orgoglio e pregiudizio, per ragioni di nome e casato, per la codardia di mio padre, nacque un’anima innocente, segnata fin dalla nascita da origini che avrebbe disconosciuto, rifiutato …
Ero solo un bambino quando lui mi strappò alla cure amorevoli di mia madre.
Fece leva sul suo senso di colpa, dicendole che avrebbe potuto offrirmi molto più di lei.
 Se solo lei avesse saputo che era di soldi che mio padre parlava, non di affetto, non di amore, non di carezze … ma era giovane e credeva di avere poco da offrirmi, con mio padre avrei avuto un futuro, un nome, sarei stato rispettato.
Non poteva certo immaginare che avrei trascorso la mia infanzia  in uno sgabuzzino, a scontare punizioni inflittemi dalla moglie di mio padre perché le ricordavo il frutto dell’unico amore del  gelido Richard.
Lei mi odiava.
E mio padre, assente, lasciava che la mia matrigna sfogasse su di me la propria frustrazione.
Crebbi con un’indole ribelle, ero come una tigre in gabbia che voleva  scappare, graffiare, dilaniare, strappare con denti ed artigli.
Le violenze di mio padre, le sue botte continue per le mie ribellioni, lasciavano lividi ben più profondi di quelli sul mio corpo, macchie violacee che incupivano la mia anima.
Caro amico stai leggendo ancora? Riesci a sopportare ciò che ti sto raccontando?
Immagino che non sia facile leggere senza farsi coinvolgere del dolore di un bambino innocente , rimanere impassibile,non provare la sua angoscia, non provare il desiderio di salvarlo, di sottrarlo a tutta quella sofferenza che rischiava di rovinargli la vita e di segnarla irrimediabilmente.
Ma ti prego non crucciarti, è troppo presto per provare empatia per me, non siamo che all’inizio delle sventure riservatemi dal fato.
Vedi quella porta? E’ solo l’ingresso dietro il quale si diramano le vie della mia espiazione.
Mi chiesi diverse volte se esistesse un dio, e se fosse in collera con me per essere il frutto di un amore proibito.
Quando mio padre decise di confinarmi in un collegio londinese, una scuola per veri signori, allontanandomi definitivamente dalla sua vita e dalla sua vista, fu solo allora che cominciai a vivere.
Non potevo certo immaginare che lei sarebbe stata lì.
 Ricordo ancora quando la scorsi quella mattina a messa.
Non potevo credere ai miei occhi, si trovava lì, nella mia stessa scuola.
Il destino la aveva posta nuovamente sulla mia strada.
Finsi di non vederla, troppo orgoglioso per ammettere di averla riconosciuta, ma il mio cuore, più saggio di me, l’aveva già riconosciuta eccome. Gridava, voleva che anche gli occhi, che anche la mente capissero.
Quanti episodi potrei raccontarti, se ne susseguirono di felici e di terribilmente tristi.
Cominciamo dall’inizio ti va? Sono anziano ormai spero che la memoria non mi inganni.
Ti ho detto della funzione religiosa vero?
E del giorno in cui la salvai da quel verme di suo cugino?
Avevo intuito che le intenzioni di quel vile non fossero fra le più nobili, la stava seguendo con i suoi scagnozzi.
La sentii strillare e vidi che cercava di divincolarsi dalla presa di quell’animale.
La rabbia che mi assalì fu indescrivibile. Riuscii a farli scappare e la sottrassi alle grinfie di quell’essere.
 Lei mi guardò sorpresa;  incontrai nuovamente i suoi bellissimi occhi verdi e corsi il rischio di perdermici.
Sarei potuto annegare in uno sguardo tanto limpido, così pieno di gioia di vivere.
Intuii che stava per ringraziarmi e placai il suo entusiasmo: le dissi che l’avevo salvata solo perché non tolleravo ingiustizie, non certo per farle un piacere.
Ero proprio un giovane acerbo, totalmente inesperto di sentimenti e amore.
La stavo allontanando, non le davo modo di avvicinarsi, solo adesso mi rendo conto di quante volte la respinsi per paura di essere ferito. L’amore non era per me, non l’avevo mai conosciuto, le uniche persone che avrebbero dovuto amarmi avevano finito l’una con l’abbandonarmi  ( parlo di mia madre, a quei tempi credevo che mi avesse lasciato e dimenticato, ti spiegherò meglio più avanti), e con l’impartirmi lezioni l’altro (è inutile dirti che mi riferisco a mio padre). Come avrei potuto essere pronto per ciò che il destino aveva in serbo per me?
Mi arrabbiai molto perché se la presero con la mia Venere: cercarono di offenderla ricordandole le sue umili origini, ma cosa ci fosse di male nell’essere un’orfana, questo non riuscii ad afferrarlo.
Lo fecero per ferirla, non sapendo che avrebbero ferito anche me.
E così non mi tirai indietro e feci assaggiare loro i miei pugni.
Forse non mantenni un comportamento consono ad un “duca”, chissà, però ribollivo di rabbia che premeva per esplodere e mi sembrava giusto punire quegli screanzati. Dovetti fare capire loro che chiunque avesse osato toccarla se la sarebbe vista con me.
Solo lei non capì il vero motivo del mio gesto. Per quanto le mie parole le mentirono, se avesse guardato a fondo nei miei occhi forse vi avrebbe letto … ma forse si sarebbe spaventata …
Quando mi guardò stupita osai chiederle se si aspettasse un mio bacio.
Potei leggere nel suo sguardo che si interrogava, si chiedeva se mi ricordassi di lei!
Ma che sciocca, come avrei potuto dimenticarla?

“Ride delle cicatrici chi non è mai stato ferito.
  Ma, piano, quale luce erompe da quella finestra?
E l'oriente, e Giulietta è il sole! Oh, sorgi bel sole,
e uccidi la luna invidiosa che è già malata e pallida di rabbia,
perché tu, sua ancella, di lei sei tanto più bella. “

-Romeo e Giulietta- Shakespeare 

  
 
Sei stanco?
Ti racconto di quando mi trovò sulla “sua” collina?
Eh sì, la nostra rinomata scuola vantava una collina con una vista mozzafiato!
Entrambi ne volevamo rivendicare il possesso e dovemmo giungere ad un compromesso.
Per me fu solo un pretesto per poterla rivedere. Avrei potuto trovare un altro angolo dove passare il tempo in solitudine e trincerarmi fra le mie angosce e le mie paure, ma in realtà a quel punto cominciavo a desiderare di essere salvato, e solo lei poteva farlo.
Lei mi proibì di fumare se volevo dividere con lei quel luogo, ignara del suo potere e del fatto che avrei fatto di tutto per lei … cos’era smettere di fumare se obbedendole avrei potuto trascorrere dei momenti con lei? Avrei avuto accesso a parte del suo tempo, avrei avuto modo di conoscerla meglio.
Ma cosa sentono le mie orecchie? Stai forse ridendo di me mio caro lettore?
Ridi di un giovane cuore e dei suoi primi sussulti d’amore?
Se è così, non sei degno di leggere, non voglio condividerli con te.
Non stavi ridendo? Ho sentito male? E allora ti chiedo scusa.
Mi preghi di riprendere il discorso?
Penso che dovrai attendere fino a domani. Sono stanco, il mio letto mi chiama e  …
Mi chiedi il suo nome?
Ah sì, certo, a questo  posso rispondere.
Lascia che lo sussurri … perché anche solo l’evocare il suo nome mi investe con una brezza d’amore alla quale non so resistere. Perdona la mia debolezza, non fosse altro perché sono stanco e affaticato a causa dell’età, ma credo che avrai capito che sono un cuore con profonde cicatrici.
Candice White Andrew, o semplicemente Candy, la mia Candy.
E’ questo il suo nome!
Oh non innamorarti di lei, so che correrai il rischio se continuerai a leggere, ma sappi che non potrei mai condividerla con nessuno. Lei è la mia ninfa.
Prendi nota, sii gentile, ricordami che devo raccontarti della notte in cui si avventurò al di fuori della scuola per procurarsi delle medicine per questo sciocco ragazzo che si era ubriacato, per affogare i propri dolori, per contravvenire alle regole ed era stato coinvolto in una rissa.
Eppure anche quella volta il destino mi mise sulla sua strada, anche se lo scoprii in ritardo.
Perdonami, uno sbadiglio, ad una certa età non si dovrebbe fare così tardi.
Ora spengo la luce e ti auguro una buona notte.
Spero che tu non dorma sonni turbati per colpa mia.
A domani amico.


Disclaimer: nè i personaggi, nè tanto meno la storia originale a cui mi rifaccio e cui molto spesso citerò, mi appartengono.Tutti i diritti sull'originale e sui personaggi spettano solo ed esclusivamente all'autrice e alla casa editrice in questione. La mia opera non viene pubblicata a scopo di lucro per tanto non lede le leggi vigenti sul diritto d'autore.
La storia per la sua natura farà spesso riferimento all'originale e per rendere la lettura agevole nonostante la necessità di differenziare ed evidenziare ciò che viene riportato dall'originale userò la forma del corsivo.

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


“Un cuore che ama attende fino all’ultimo respiro;
contro ogni logica; contro ogni volontà della ragione, contro un tempo
che scorre avaro di doni.
Un cuore che ama rimane appeso ad un filo di ragnatela,
che ondeggia lento sul deserto dei sogni,
in attesa del miracolo.”
-Barbara Brussa -

 
E’ l’alba di un nuovo giorno,
il mondo dorme, fuori  è ancora buio.
Che ore sono? Credo le 5.30.
Spero tu abbia dormito bene.
Ti chiedi come abbia passato la mia notte? Oh mi spiace, ma non ti è ancora dato saperlo.
Non essere curioso, ti prometto che ti svelerò ogni mio più intimo segreto.
Quanti anni ho? Oh caro lettore, dovrai pazientare, non posso rispondere nemmeno a questo.
Riuscirai a resistere alla tentazione e a non sfogliare le prossime pagine spinto solo dalla tua curiosità?
Ti ricordo che ti sto affidando i miei dolori e la mia anima, sei il consegnatario di quanto mi è accaduto, dovrai prendertene cura.
Dovevo raccontarti della sera in cui mi ubriacai vero?
Ah che stolto fui!
Le feci correre dei rischi inutili e fui così ingrato da andarmene senza attendere il suo ritorno.
In realtà, ma questo non credo che lei lo capì, me ne andai perché temevo per lei, se mi avessero scoperto nella sua camera sarebbe stata la fine.
Che ci facevo nella sua stanza? Ah di certo non ciò che pensi tu!
E dire che sei quasi riuscito a strapparmi un sorriso.
Perdonami, mi stanno chiamando, tornerò a breve.
Chi mi chiama? …
Dicevamo? Sì, quella sera decisi di contravvenire alle regole. Stavo così male che credetti che tuffarmi abbandonarmi all’alcol mi avrebbe salvato e fatto dimenticare. Cercavo della pace mentale, tranquillità e serenità per il mio cuor, ma la mia capacità di giudizio era alterata dalla mia giovane età.
Mi rifugiai nella bottiglia … e ne conseguì una rissa. Volevo provare a me stesso chi fossi, scaricare la rabbia che provavo contro l’intero mondo … e poi la rissa degenerò.
Vuoi sapere cosa pensai? Che se fossi morto non l’avrei più rivista, non le avrei mai potuto dire ciò che provavo.
E poi un angelo venne in mio soccorso. Proprio lui. Il destino lo mise sul mio cammino appositamente,solo che avrei capito solo a posteriori i motivi delle macchinazioni frenetiche del fato.
Mi riaccompagnò in collegio.
Sbagliò dormitorio e mi ritrovai sul balcone di Candy.
Sì la mia venere, hai ragione è la prima volta che mi decido a chiamarla con il suo nome.
Fa male anche solo pronunciarlo. La amo così tanto da sentire dolore. Ti è mai successo di amare una persona corpo ed anima e di sentirti un tutt’uno con lei? Di sentirti inutile senza di lei, vuoto? Di sentire e trovare un senso alla tua esistenza solo nella vita di lei?
E’ come mi sono sentito io da quel 31 dicembre del 1912!
Eh sì lo so, sono passati tanti anni.
Troppi anni per amarla ancora così incondizionatamente? Oh no caro mio, lo dici solo perché non l’hai conosciuta. Alla fine del mio racconto potrai dirmi se tutti questi  anni sono poi troppi come credi. Non dare un giudizio affrettato. Credi che se fosse una donna come le altre, una di quelle che si incontrano tutti i giorni, mi sarei dato tanto pena per lei?
Dammi un po’ di credito, non sono mica, o meglio, non ero mica così sciocco e sprovveduto da perdere la testa per una donna qualunque.
Ma torniamo a noi … quella sera lei si prese cura di me. Io invece la trattai male e come mio solito cercai di allontanarla. Eh sì hai ragione a chiederti cosa ci vide in me. Quanti anni sono passati? Ah già mi ero ripromesso di svelarti il mistero più avanti. Beh lasciati dire che ne sono passati tanti e non c’è mattina in cui io mi svegli e non mi chieda cosa abbia visto in me.
Ma la ringrazio, tutti giorni, per aver guardato oltre, per avere scorto dietro ai miei modi burberi e al mio fare altalenante e incoerente il mio bisogno di essere amato, di essere capito.
Oh sì, lei mi comprendeva come nessun altro.
Il nostro rapporto?
 Molti silenzi, incroci di sguardi, dialoghi fra le nostre anime, scambio tacito di pensieri, nessun bisogno di parlare per essere capiti, compresi e sostenuti. Nessuno.
Ti sto convincendo di quanto lei fosse, anzi sia, speciale? Caro mio, te lo sto dicendo sin dalle prime righe di questo delirio.
Durante il suo lungo errare la mia anima ha incontrato la luce.
 Oh no, non la luce eterna, non la luce di Dio, non vi ho mai creduto, ma la luce dell’amore e della speranza.
Cercavo sollievo,  un semplice stordimento temporaneo, un momentaneo annebbiamento del dolore, per poter riprendere fiato e proseguire nel mio peregrinare.
La mia destinazione?
Non credo che ne ebbi mai una realmente.
Forse dapprima vagavo alla ricerca dell’amore, ma quando lo incontrai, seppur la mia anima continuò a tormentarsi, trovò un appagamento, la sua ragion d’essere.
Quando persi la mia Tutte Lentiggini, quando mi fu strappata ingiustamente, il mio spirito, come un cavaliere errante, riprese il suo cammino e si immerse nel tormento più totale.
Era come se qualcuno mi tenesse il capo sott’acqua e non mi permettesse di respirare, come se stessero dando fuoco al mio cuore. Lo sentivo bruciare, scoppiare, andare in mille pezzi che finivano inesorabilmente per  ardere e diventare cenere che veniva spazzata via dal vento, e con essa anche il mio essere.
Come la persi?
Pazienza caro, pazienza.
E’ una storia lunga, fidati di me se suggerisco di rievocarla lentamente.
Se vuoi che arrivi alla fine del mio racconto, non chiedermi  di rivivere tutta la sofferenza in una sola volta, potrebbe essere un duro colpo per  un vecchio cuore provato come il mio.
Mi hai sentito ridere? Sì, perdonami, ti sarò sembrato un pazzo. Non alterno dolore e risa senza motivo.
E’ solo che ho visto … ma questo te lo racconterò dopo.
Lascia che ricordi con te di quella sera in cui piombò nella mia stanza.
Non per niente l’avevo ribattezzata Tarzan, amava lanciarsi di albero in albero,  e le riusciva piuttosto bene. Non chiedermi perché fosse venuta quella notte, ero talmente arrabbiato quando la vidi stringere fra le mani una foto di mia madre che persi la ragione.
Lei lesse la dedica e non ci impiegò molto a trarre le giuste conclusioni.
Mi feci guidare dall’impeto della rabbia trattandola malissimo -  ti ho sentito sai che dicevi “Ancora?”!
Avevo, forse ho, un pessimo temperamento, credevo che ormai l’avessi capito.
E poi che fai, mi giudichi? Ti avevo chiesto di ascoltarmi, senza pregiudizi.
Apri nuovamente il tuo cuore e lascia che le mie parole lo sfiorino.
Dicevo, la trattai in maniera pessima! La strattonai con forza e poi le feci giurare di tacere e di mantenere il segreto. Penso di averla spaventata quella notte. Sperai di non averla delusa trattandola come solo un bruto avrebbe fatto.
Ho già accennato a quella notte in cui lei mi chiamò Anthony nuovamente?
Provai una tale esplosione di rabbia nel mio cuore che …
Lanciai Teodora a tutta velocità, e la sentii chiamare il suo nome con una tale disperazione . Il tono da lei utilizzato e il dolore che potevo percepire nella sua voce mi ferirono come un fendente.
Ma chi era questo Anthony? ( no, a quell’epoca non sapevo, non sospettavo!)
Forse lei lo amava? E se c’era già lui nel suo cuore, non ci sarebbe mai stato posto per me?!
Non potevo accettarlo, non volevo.
Quando la trovai svenuta infondo alle scale, la raccolsi, la presi in braccio e la portai in infermeria.
Chiamò questo Anthony nuovamente. Non posso nemmeno spiegarti il dolore e la delusione profonda che provai. Forse in cuor mio speravo che fosse di me che sognava la notte, che fossero le mie labbra che lei desiderava sfiorassero le sue, che fosse il mio cuore che lei bramasse.
Non le lasciai il tempo di svegliarsi e di vedere che ero stato io a portarla al riparo.
L’avevo tenuta stretta al mio petto e l’avrei protetta da chiunque avesse tentato di farle del male.
Mi sarei preso cura di lei per l’eternità  se avessi potuto. Sarei rimasto così per sempre, l’avrei abbracciata, avrei sfiorato i suoi bellissimi occhi con le labbra, avrei potuto baciare una ad una le sue lentiggini.
Ma lei forse aveva lui nel cuore e … avrei dovuto farmene una ragione? No mai. Avrei lottato per lei. L’avrei conquistata. Sì, l’avrei conquistata.
Mi chiedi se ce l’ho fatta, se sono riuscito nel mio intento?
Permettimi di sgridarti, non stai prestando attenzione. Ti ho detto in precedenza che il mio amore fu ricambiato.
Mi chiedi perché mi tormento? Oh tu non sai, non hai proprio idea di cosa successe. Ma te lo racconterò, da’ tempo al tempo.

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***


“In the woods,
Someone hugged me from behind.
Guess who?
At the sound of his voice, I knew exactly who he was... Terry.
But I pretended not to know.
The squirrels ran by as if they were teasing us.
In my heart, a huge fountain overflowed.
Maybe I should keep pretending
that I don't know who he is...”

-Kyoko Mizuki -

 
In tutto questo mio blaterare ho dimenticato di quel felicissimo giorno in cui lei mi cadde addosso.
Ero sdraiato sul prato, circondato dai narcisi della cui vista stavo godendo, immerso nel loro profumo.
All’improvviso lei mi cadde addosso e io la presi in giro, anche se in realtà la mia fu solo una reazione a quel piacevole imprevisto.
Era a lei che stavo pensando quando  me la ritrovai fra le braccia. Non sai che sorpresa. Ma la sorpresa più grande fu che per la prima volta mi chiamò “Terry”.
Mi burlai di lei e le dissi che , anche se le piacevo così tanto, ero un po’ spaventato da un tentativo tanto irruento di seduzione.
Lei perplessa mi accusò di giacere a terra come una pietra, che sciocchezza!
Poi notai che fissava le mie labbra, e fremetti pensando a ciò che sarebbe potuto accadere, se fossimo stati in un altro luogo, in un altro momento, forse. Invece smorzai la tensione e il desiderio irrefrenabile che avevo di baciarla con una delle mie solite frasi. Ti ho sentito sai caro lettore mentre mi anticipavi su quel
”solite frasi”. E’ da poco che leggi e pensi di conoscermi già così bene?
Dicevo, le chiesi perché mi stesse fissando incantata le labbra e se desiderasse essere baciata.
Lei si irritò come al solito … scusami, mi viene da sorridere … agrodolce ricordo … eravamo così spensierati, così innamorati … se solo avessimo saputo.
Come? Sì, certo che eravamo innamorati, solo troppo giovani ed inesperti per ammetterlo e per viverlo serenamente.
Comunque … parlammo della notte in cui ero piombato  ubriaco nella sua stanza, era contenta di vedere che le mie ferite fossero guarite … aveva contravvenuto alle regole della scuola per me … come feci a non leggere in quel gesto ciò che provava per me? La presi nuovamente in giro dicendole che avrei dovuto avvertire le suore. Si può essere più sciocchi? Ma non era stupidità quella caro mio, era TERRORE.
Sì, avevo così paura dell’amore, ma non te ne meraviglierai visto ciò che ti ho raccontato fino ad ora, no?
Sai ricordo quella giornata come se fosse ieri.
Faticavo a leggere i suoi pensieri, mi chiedevo che le passasse per la testa, se magari stesse cominciando ad accorgersi di me … forse iniziava a vedermi con occhi diversi se finalmente riduceva le distanze fra di noi chiamandomi “Terry”.
Ti sembro sciocco? Non credere, non mi importa. Solo io so cosa quel Terry significò per me.
Lei era preoccupata per me, sinceramente preoccupata ed io riuscii a rovinare anche quel prezioso momento dicendole che non avevo certo bisogno di così tante attenzioni.
La lasciavo avvicinare lentamente, ma quando si accostava troppo al mio cuore la ricacciavo sempre nel peggiore dei modi.
Mi chiedo come non si stufò di me ed anzi mi rimase sempre vicina, sempre dalla mia parte, sempre pronta a sostenermi quando ne avevo bisogno.
Se tu avessi potuto vedere nel mio cuore, all’improvviso fu come primavera! Avresti visto alberi fiorire, fiori sbocciare, il sole splendere alto nel cielo limpido e azzurro e avresti sentito gli uccellini cinguettare. Sdolcinato? Forse un po’.
Ma per lei avrei potuto essere anche sdolcinato, credimi. E’ l’unica che sappia, che ha sempre saputo, portarmi oltre i miei limiti, l’unica che abbia mai saputo come spingermi a migliorare, a diventare diverso, a crescere.
E’ lei, e solo lei, che mi è stata accanto quando più ne avevo bisogno, lei che mi ha amato in silenzio ed ha amato i miei silenzi, lei che ha letto oltre le parole che non ho mai pronunciato.
Lei ha rinunciato a me, a noi, al nostro amore per il bene di un’altra.
Come è possibile smettere di amare una donna così, me lo sapresti spiegare?
Perché te lo chiedo? Perché non ci sono mai riuscito.
Ci ho mai provato? Forse no, sarò sincero. Ma non si può sradicare una persona così speciale dal proprio cuore.
C’è stato un tempo, un lungo periodo oscuro, in cui pensieri terribili mi attraversarono la mente.
In quei momenti pensai che solo la morte mi avrebbe impedito di amarla.
O forse no perché adesso, che sono più vicino alla fine del mio percorso, sono certo che nemmeno la morte potrà cancellare questo profondo sentimento che porto nel cuore. Questo sentimento è il mio cuore. Lei è il mio cuore. Senza di lei non c’è mai stato battito, non c’è mai stata vita che scorreva nelle mie vene.
Pensi che abbia avuto una vita triste? Sì, forse in parte. Ma ciò che ti ho raccontato fino ad ora non è certo la parte peggiore.
Come sono sopravissuto? Grazie ad una promessa. La promessa più stupida, la promessa più frustrante, la promessa più inverosimile che abbia dovuto mai pronunciare. Ma ogni promessa è debito e se quella che feci a Candy fu la sola cosa che mi trattenne dall’annegare nelle profondità degli abissi, fu però l’amore per lei che mi fece risalire a galla quando pensavo non ci fosse più motivo, più senso, più speranza.
Sai che corri il rischio di risultarmi quasi simpatico!?  Ed è una bella impresa! Se sono stato definito l’attore più asociale dalla notte dei tempi, ci sarà un motivo, non credi?
 E comunque No,  quando parlo di promessa non parlo del matrimonio. Io ci credo, se contratto fra persone che si amano, sia ben chiaro.
Vogliamo tornare ai bei ricordi?
Lascia che  ti racconti dello zoo …
Scusami ti sembrerò matto; stavo ricordando di quella giornata che vi trascorremmo insieme e non ho saputo trattenere una risata!
Quel giorno ero andato a trovare Albert, colui che mi aveva salvato da quella famosa rissa di cui ti ho parlato nelle prime pagine.
Beh, all’improvviso si spalancò la porta del capanno e mi trovai faccia a faccia con Candy.  Fu in quel momento che scoprimmo di avere un amico in comune.
Ricordo persino che Albert ci prese in giro chiamandoci “I ragazzi terribili della St. Paul”; effettivamente, se devo essere sincero, sia io che Candy eravamo davvero irrefrenabili ed ogni scusa era buona per contravvenire alle regole.
Non sai che sorpresa fu per me incontrarla lì, ero stato davvero fortunato. Il destino sembrava porla sulla mia strada e apprezzavo quei rari regali che il fato mi concedeva visto che era solito darmi solo dispiaceri.
Inoltre, fortuna volle che Albert dovette tornare al lavoro ed io e Candy rimanemmo da soli.
Ricordo il silenzio tangibile che calò fra di noi. Lei era visibilmente imbarazzata e, se posso essere sincero, lo ero anche io.
Avrei voluto dirle tante cose ma come mio solito non sapevo da dove cominciare e lasciai che i miei silenzi parlassero per me.
Poi decisi di fare una passeggiata e le proposi di visitare lo zoo con me. Lei accettò con piacere, non poteva certo aspettarsi che avrei colto l’ennesima occasione per prenderla in giro paragonandola alle scimmie.
Come ero sciocco da giovane! Possibile che non sapessi trovare un altro modo, se non prenderla in giro, per relazionarmi con lei?
Era così estremamente difficile tenere a bada quell’uragano di sentimenti che imperversava nel mio cuore ed ogni volta mi trovavo ad alleggerire la tensione con qualche sciocca battuta.
Ricordo che, per farmi perdonare, le comprai delle caramelle e le tornò il sorriso sulla labbra; bastava così poco per farla sorridere, la mia Tutte Lentiggini.
Fu proprio durante quel pomeriggio che scopersi la ragione per cui era fuggita dal collegio, e della punizione.
La cosa che mi colpì subito fu che non avrebbe partecipato alla festa di maggio.
Mi dispiacqui così profondamente! Proprio quell’anno che avevo deciso di parteciparvi speranzoso di poter trascorrere del tempo con lei e di avere una scusa per stringerla a me e ballare con lei!
Ma poi lei nominò nuovamente Anthony e mi arrabbiai come spesso mi succedeva quando lei ne parlava. Non sopportavo quel nome, non sopportavo l’idea che ci fosse qualcun altro nel suo cuore, non potevo tollerare che lei parlasse ancora di lui.
Reagii male, così male che le feci perdere le staffe. Tanto per cambiare mi arrabbiavo, la ferivo e la facevo arrabbiare a sua volta.
Fui uno sciocco ad offendere la memoria di Anthony, ne sono consapevole e forse ne fui anche allora ma, quella che certamente era gelosia e, che in quel momento non riuscivo a definire, mi  assaliva rendendomi cieco e facendomi agire come non avrei dovuto.
Ricordo che litigammo e la lasciai da sola.
Dimmi tu, quale sciocco se ne sarebbe andato lasciandola sola, arrabbiata e delusa.
Ma ero così furente con lei, con me stesso e con Anthony, che persi il lume della ragione.
Nonostante ciò, alla festa di maggio la cercai perché volevo stare con lei; ma permettimi di raccontartelo in un secondo momento.

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Capitolo 4
*** Capitolo IV ***


Candy: "How about some pumpkin pie?"
Terry: "Pumpkin pie? I thought you're offering me *peach pie!"
Candy puffs up her cheeks.
Terry pokes her cheeks to deflate them.
The shining river flows.
The river is singing with bright voices as it flows.
Candy: "Terry please don't come too close to me
because in my heart, a high-pitched sound of a piano is playing
and I'll be embarassed if you heard it!"
Sunny afternoon of May.
Candy: "Humid breeze feels wonderful
and it's so quiet here, Terry.
I feel like we're the only people in the world."

-Kyoko Mizuki-

 
Dicevamo quella Festa di Maggio vero?
Lei è nata in maggio.
Doveva essere una delle reginette ... e invece per colpa di un tiro mancino fu relegata in punizione, proprio lei che aveva cercato di fare una buona azione per una cara amica.
Per fortuna Albert (lo stesso di cui ti ho accennato prima)le aveva mandato due travestimenti: un vestito da Romeo ed uno da Giulietta.
Così lei decise di contravvenire nuovamente alle regole e di partecipare alla festa.
 Questo è un altro ricordo dolce amaro …
Non sai che dolore fisso e intenso provavo nel petto ogni qualvolta si allontanasse da me.
Era difficile lasciarla andare, ma lei ha sempre avuto  un animo ribelle, è sempre stata una bellissima anima ribelle. Lo avresti detto anche tu, se avessi visto la luce che le illuminava gli occhi, quella stessa luce che mi fece rendere conto di quanto fosse diversa, e così speciale ed unica nella sua diversità.
Scusami, ho deviato, torniamo alla festa.
Andai a cercarla nella cella di meditazione nella quale era stata rinchiusa, ma con estrema delusione constatai che quella stanza era vuota. Mi chiesi se Candy fosse tornata da Albert allo zoo …
Come ti accennavo qualche pagina fa , allo zoo avevamo parlato di come ciascuno di noi  lo avevo conosciuto. Poi aveva nominato nuovamente Anthony e io avevo ricordato che era lo stesso nome che aveva chiamato quella sera quando era svenuta. Mi aveva raccontato di quel ragazzo e di come fosse morto. Finalmente avevo capito! Era tutto chiaro! Ma conoscere la verità invece di placare la mia gelosia sembrò alimentarla.
Ma torniamo a noi …
Mentre raggiungevo la festa e scrutavo la folla alla sua ricerca pensai  che forse era meglio  che non l’avessi trovata . A scuola ero conosciuto come un viziato e scontroso giovane duca e tutti sapevano che non avevo amici, avrei di certo destato scalpore se mi fossi recato alla festa con una dama e avrei attirato sguardi curiosi che  sarebbero stati inopportuni e pericolosi in quell’occasione.
Fui felice che scelse di travestirsi prima da Romeo.
Poté avvicinarsi a Patty ed Annie e rassicurarle.
Poi quando finalmente decise di vestire i panni di Giulietta … rimasi senza fiato. Lei per me era sempre stupenda ma con quel vestito, incarnava la mia perfetta anima gemella, la mia Giulietta.
 Chi meglio di me ha vestito i panni di Romeo non solo sul palco ma anche nella vita reale?! 
Oh no, non fraintendermi, non sto cercando di darmi delle arie  lungi da me.
 Ma ascolta la mia storia, la nostra storia, e capirai.
Fummo quasi sul punto di discutere perché insinuò che la stessi spiando mentre si cambiava; in realtà ero solo di guardia e cercavo di assicurarmi che non ci fosse nessuno … ma, se devo essere sincero, forse una sbirciatina la diedi. La mia curiosità era troppa, il mio desiderio di lei così forte da essere destabilizzante, frastornante.
A quei tempi speravo di poter interpretare un giorno il personaggio Shakespeariano maschile più famoso e più desiderato, Romeo.  Ma non per motivi banali. Mi sentivo come lui, potevo sentire il suo tormento, potevo provare la sua passione, sentivo il suo animo vibrare perché lo faceva anche il mio, potevo comprendere il suo stupore quando vide per la prima volta Giulietta perché fu lo stesso per me quando vidi Candice.
Chi poteva capire così profondamente quell’amore?
Quale donna non avrebbe voluto un Romeo al suo fianco?
Un uomo che per il suo amore sarebbe morto, che senza di lei non sarebbe sopravissuto?
Ed eccola lì con indosso i panni della mia compagna. La mia Giulietta.
Dovetti sbattere le palpebre diverse volte e fui tentato seriamente di darmi un pizzicotto per assicurarmi che non stessi sognando.
Poi finalmente fu il mio turno.
Corremmo verso la nostra collina e, approfittando dell’orchestra che suonava un walzer, la invitai a danzare.
Dapprima sorrideva felice ma, all’improvviso, un ricordo sembrò offuscarle la mente e si rabbuiò.
Le chiesi cosa fosse successo, temevo in cuor mio di sentire ancora quel nome. Iniziavo ad essere stufo di dover lottare contro Anthony.
“Se parla ancora di Anthony in mia presenza non la perdonerò mai!” pensai ridendo di me stesso.
Non potei evitare di chiedermi cosa mi stesse succedendo! Non riuscivo a togliermi dalla testa Candy con le sue lentiggini e il suo naso a patata,mi chiesi se mi fossi innamorato di lei! Questo non era da me!
Quando lei mi confidò che quello era il walzer che aveva danzato con lui, potei vedere che le lacrime le velavano gli occhi.
Oh amico caro, non hai idea del supplizio che quel suo sguardo ferito, quasi agonizzante, inflisse alla mia anima innamorata. Feci una cosa così sciocca, ma non riuscii a fermarmi.
La baciai. Premetti le mie labbra contro le sue con una tale forza, con una tale passione, con rabbia, impeto ed amore. Speravo che la disperazione del bacio le potesse fare capire, le aprisse gli occhi, invece lei si ritrasse e mi schiaffeggiò. Ed io?
Mi vergogno ad ammetterlo, ma la schiaffeggiai a mia volta, per sentire poi nuovamente la sua mano colpirmi in volto.
L’avevo presa in giro facendole credere che non mi piaceva e non ero interessato certo a spiare una come lei e poi,  dopo averle rubato un bacio e averla colpita, ci ferimmo senza esclusione di colpi.
Mi diede del delinquente, mi disse che mi approfittavo di lei e mi prendevo gioco dei suoi sentimenti e si arrabbiò in maniera indescrivibile quando la colpii. Parole amare e dure vennero pronunciate.
Io d’altro canto ero così ferito e frustrato da non riuscire nemmeno a spiegarmi. Mi lasciai sopraffare dalla collera, che impetuosa pulsava nelle mie vene.
Le dissi che non capiva, non sapeva niente di me, che non doveva giudicarmi, perché se era davvero  questo ciò che pensava di me non aveva capito nulla. Non credo che realizzò quanto quelle parole mi colpirono profondamente nella parte più nascosta del mio orgoglio dove sono rimaste per lungo tempo; ci ho impiegato molto a farmene una ragione.
Lei inveiva contro di me, urlava parole di disprezzo per ferirmi, e ci riusciva eccome, ma aveva ragione: l’avevo offesa, solo che non penso che si rendesse conto di come lei stesse lentamente uccidendo me.
La presi per un braccio e la trascinai nelle scuderie, la feci montare su Teodora e facemmo una galoppata.
Avevo deciso che era arrivato il momento di aiutarla a guarire dalla sua ferita, e di farle dimenticare Anthony. Aveva persino osato paragonare il bacio che le avrebbe dato lui … se fosse stato al mio posto!
Da ragazzo impulsivo e passionale quale ero, come avrei potuto reagire?
Lo so, hai ragione, troppo impeto, ma per me erano decisamente troppe emozioni da gestire in un solo colpo.
Mentre andavamo a cavallo lei piangeva e strillava, si dimenava e chiamava Anthony.
Sperai che quella mia azione potesse essere catartica e liberarla da quel peso che la stava opprimendo e non le permetteva di godere della vitaappieno e di sorridere ad un nuovo amore.
Fu in quel momento che forse la feci rinascere,  facendole vedere come tutto attorno a lei stesse tornando a vivere, come la foresta stesse fiorendo. Credo che in quel momento lei riuscì finalmente a dare l’ultimo saluto ad Anthony.
Non posso esserne certo, non ne abbiamo mai parlato, e non voglio certo prendermene il merito, ma credo che a modo mio riuscii ad aiutarla.
Mi ricordo che mi tolsi la cravatta, notando che si era ferita, e le fasciai il braccio. Poi le dissi che, anche se l’avevo trattata duramente non me ne pentivo. Detto ciò me ne andai: ero ancora traboccante di emozioni., però finsi spavalderia.
Posso lasciarti con questo ricordo così pungente? Ti spiace?
Ti avevo avvertito che sarebbe stata un’altalena di sentimenti ed emozioni.
Non hai visto felicità? Oh ti prego, guarda bene.
In ogni momento trascorso con Candy ero felice. Ma ero troppo immaturo per ammetterlo.
Tu pensi che lei riuscì a decifrare cosa intendevo quando le dissi:
"Non voglio che tu pianga ricordando il suo nome, voglio che tu sorrida pronunciando il mio!”**
Ci penso ancora, sai?
Ti lascio con questo dilemma, se dovessi trovare una risposta, ti prego illuminami, te ne sarei grato.
Forse potresti dare un lieve sollievo al mio animo errante.
Buona giornata caro amico, la vita mi chiama.
No, non ti preoccupare, non ti farò attendere a lungo prima di raccontarti il resto.
A presto.

**preso dal film

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Capitolo 5
*** Capitolo V ***


“Ancestrale bisogno di te...
terra di tartan e whisky,
terra che vissi d'estate,
terra che m'era familiare.
Son morbide le valli che mi inghiottono
e giaccio denudata d'ogni socialità
su pendii addormentati.
Coperta verde ove morire,
specchi d'acqua, e mormorii sommessi
tra Erica e Ginestre
mi culla incanto e favola.”

-Hila Moon-

 
Lo so, perdonami per ieri se ti è possibile.
Stavo per affrontare un discorso doloroso e ho cambiato idea all’improvviso ma credo che ormai ti sia chiaro che la mia personalità è intrisa di contraddizioni.
Non è forse così?
Che ne dici di tornare a ripercorrere le tappe del mio giovane amore?
Sei pronto ad affrontare con me questo viaggio?
Ti porterò in Scozia oggi.
Sì, proprio dove mio padre possedeva uno splendido castello, chissà  se … ops, stavo per svelarti un mistero … vedi cosa succede quando ci si lascia trasportare dai ricordi e dalla nostalgia?
Si tende a perdere di vista la razionalità … e a rivelare segreti … o quasi … per fortuna mi sono fermato giusto in tempo.
No, non sono crudele, non è che non mi fidi di te, ma, come cercavo di spiegarti, vorrei farti entrare nella mia vita, nella mia anima, gradualmente.
Sarà meglio anche per te, credo che potresti trovare una morte dolorosa e lenta se ti immergessi nel mio animo, saresti sopraffatto da quelle tenebre che ho racchiuso nel mio profondo e che ora non hanno più il diritto di appartenermi e di esistere.
Ti ho accennato alla scuola?!
Mi ricordo che era venuta ad invitarmi ad unirmi a lei e i suoi amici per una delle uscite domenicali e finimmo per parlare delle vacanze estive. Lei mi svelò che non aveva dove andare e che quindi avrebbe optato per la sede scozzese della St. Paul, io le dissi che avevo una casa in Scozia e avrebbe potuto raggiungermi!
Ebbene avremmo trascorso entrambi l’estate in Scozia!
La fortuna finalmente aveva deciso di baciarmi! Il castello dei Granchester si trova ( credo che ci sia ancora )  proprio nei pressi della scuola! A dire il vero non c’erano molti luoghi dove mio padre, la mia famiglia, non avessero delle proprietà.
No caro mio, non sono affatto fortunato perché ricco di famiglia, anzi … la mia rovina, il mio distacco da mio padre, avvenne a causa di quel dannato nome, di quello sciocco casato, o meglio delle sciocche convenzioni che la società imponeva. Ringrazio Dio ( sì lo so , ho dichiarato di non crederci, ma abbi pietà, è un modo di dire, no?) di avermi fatto così diverso da tutti loro. Nobili! Che strana gente. Ipocriti, falsi perbenisti … quante persone povere d’animo ma piene di ricchezze materiali? Donne sposate e uomini che non le contraccambiano … non avrei mai potuto farlo … mai!
Ma certo che no! Come ti viene in mente? Mi ha salvato la vita, ma non le avrei mai potuto arrecare l’offesa di sposarla! Ti ho detto ieri che non l’amavo e mai avrei potuto ! Non avrei mai retto ad una simile farsa.
 E se devo essere onesto non avrei mai potuto fare un tale screzio alla persona che a suo modo mi salvò la vita, o per lo meno credette di farlo. Non le avrei mai potuto mentire pronunciando i voti nuziali in chiesa per quanto poco io possa credere in chi dicono ci guardi da là sopra e decida di noi e per noi!
Ti stavo raccontando delle vacanze più belle della mia vita, proseguiamo?
Ti dicevo del castello.
Quando vi arrivai passai diverse serate a scrutare l’orizzonte … in lontananza una minuscola costruzione, il collegio estivo.  Piccole luci che dovevano essere le camere … quante volte mi chiesi quale potesse essere quella di Candy!
Edimburgo, che magica città!
Un pomeriggio decisi di passeggiare nei pressi del lago. Avventurandomi lì casualmente forse mi sarei imbattuto nella mia Signorina Tutte Lentiggini.
Sì, hai indovinato, volevo fingere di trovarmi lì per caso, ma a chi volevo darla a bere?
Mi chiedo ancora se lei ci cascò o se fu solo un suo espediente per non mettermi in imbarazzo.
Quante volte finse di non capire … e quante volte la cosa mi fece arrabbiare …  in particolar modo quando cercavo di esternarle i miei sentimenti con azioni, con gesti, con silenzi che solo lei avrebbe potuto comprendere perché era la sola che avesse imparato a leggerli.
Con quanto amore, quanta passione, quanta gentilezza e bontà d’animo si avvicinò a questo strano ragazzo che tutti evitavano. Fu la mia  prima amica, la prima confidente, la prima persona a farmi ridere e a ridere con me. Non avevo mai avuto un vero amico. Mi innamorai di lei anche per questo. Mi consigliava, ascoltava, sgridava, capiva, mi faceva ragionare, mi contraddiceva se necessario … mi amava … ora lo so.
Oh amico lascia che sia sincero. Lo sapevo anche allora.
Non ero cieco come pretendevo di essere.
Ma come ti ho già detto in precedenza, ero troppo spaventato.
 La paura di essere frainteso, beffato, rifiutato, cacciato a malo modo, timore che mi portavo dietro a causa della mia infanzia tormentata, influì, e non poco, sul mio rapporto con Candy.
So che lei non mi avrebbe mai deriso, non si sarebbe mai presa gioco di me, ma il mio cuore non riusciva a farsi guidare dalla ragione, spegneva la luce e lasciava che il timore la facesse da padrone. Se solo il mio cuore avesse lasciato che la ragione illuminasse a giorno i miei pensieri, le loro sagome indefinite avrebbero assunto dei contorni certi, individuabili e avrei forse potuto lottare contro i miei timori, le mie debolezze … ma è inutile piangere sul latte versato, non ti pare?
Ti dicevo di quando la rividi in Scozia. Non sai quanto bramavo di poter rivedere quelle lentiggini a me tanto care, quegli smeraldi infuocati, quel suo dolce sorriso, e quei riccioli ribelli.
Per non parlare della sua voce … l’unica cosa che volevo sentire era il suo rivolgersi a me, era la sua voce che chiamava il mio nome. Persino un nome come il mio se pronunciato da lei suonava dolce come il miele.
Cosa feci?
Agii come mio solito! Sì hai indovinato, prendendola in giro!
Mi complimento caro lettore, noto con piacere che stai cominciando a leggere con attenzione e a ricordare. Vuoi forse dirmi che la storia di questo vecchio attore sta cominciando ad interessarti?
Lei giaceva ad occhi chiusi sdraiata sul manto erboso, probabilmente persa nei suoi pensieri.
Era così assorta mentre si riscaldava al mite sole dell’estate e godeva di quella bella giornata, che quasi  mi dispiacque disturbarla, ma volevo disperatamente rivedere quei suoi bei fanali!
Sono stato un po’ egoista, vero? Ma puoi biasimarmi?
Ricordo che sperai ardentemente che stesse pensando proprio a me.
Presi un filo d’erba e le solleticai il volto.
Sapevo essere dispettoso quando volevo. A dire il vero so esserlo tuttora.
La presi in giro dicendole che correva il rischio di essere morsa da un serpente.
 Lei balzò in piedi come spaventata.
Non credevo che proprio lei  potesse avere paura dei serpenti e ad essere sincero la cosa un po’ mi meravigliò.
All’improvviso mi disse che riuscivo sempre a sorprenderla e potei vedere nei suoi occhi che era vero, non mi stava mentendo.
Di rimando le risposi che ero io ad essere sorpreso! Non pensavo che Tarzan potesse avere paura dei rettili, davvero! Poi  la rimbeccai nuovamente dicendole che dovevano essere loro a temere lei.
Non so da dove provenissero quelle battute così pungenti. Nonostante fossi felice di rivederla, la mia bocca sembrava parlare da sola, sembravo essere posseduto da qualche spirito che voleva rovinare quel momento prezioso. Proprio io che leggevo Shakespeare e mi cibavo giornalmente dei suoi versi colmi d’amore, mi rivolgevo spesso a lei con frasi infelici ma credo che quello fosse semplicemente il mio modo di nascondermi, di celare i miei sentimenti dietro ad un muro.
Devo ammettere però  che la mia stupidità sortì un effetto gradito ! Così facendo, senza poterlo sapere,ottenni infatti che mi chiamasse nuovamente “Terry”! Oh che suono soave per le mie orecchie!
Che felicità!
Eh sì, ora posso ammetterlo, quella deflagrazione incandescente che mi attraversò il cuore facendo tabula rasa, e riducendo tutto il resto in cenere, era proprio felicità. Peccato che ai tempi non me ne accorsi o meglio, non volli accorgermene.
Lei mi fissava e io sentivo gli angoli della bocca tirare per rilassarsi in un sorriso che non riuscii a trattenere.
Mi chiese se mi trovassi lì perché la stavo cercando.
” Touchè” pensai, ma nuovamente le celai la verità dicendole che mi ritiravo spesso in quell’angolo tranquillo di paradiso per leggere. Le dissi che non pensavo che quel giorno sarei stato disturbato  ( sì, tipico del giovane Terence! Hai ragione!)e lei in quel momento notò il mio libro.
Non pensava che io leggessi, pensa un po’ che opinione si era fatta di me quella piccola Tarzan! Poi capì che stavo leggendo Shakespeare e fece riferimento a Romeo e Giulietta. Non riuscii a sostenere il suo sguardo e credo proprio che fu  lo stesso anche per lei. I suoi occhi di brace mi avrebbero letto dentro e non potevo permetterglielo. Da quando mi aveva respinto, da quando aveva reagito così bruscamente al mio bacio, non potevo e non riuscivo più a lasciarla avvicinare troppo.
 O, almeno, cercavo di non lasciarla avvicinare troppo.
Non volevo essere ferito di nuovo e il sentimento che provavo per lei avrebbe finito col portarmi sulla strada della perdizione e della dannazione se lei non mi avesse ricambiato e non mi avesse amato.
Fu in quel momento che lei scoprì del mio amore per i drammi e per il teatro, per Shakespeare in particolare. All’inizio tentai di negare, non so nemmeno io il perché , ma poi mi arresi e le aprii il mio cuore rivelandole la verità. Mi sentii sollevato dopo averle svelato un altro pezzo della mia anima. Le stavo dando libero accesso a ciò che di più intimo avevo. Certo, le avevo permesso di entrare nella mia vita molto gradualmente e lei vi si era introdotta a piccoli passi ma travolgendola come avrebbe fatto un uragano.
La mia Signorina Tutte Lentiggini! Sì, perdonami, sospiravo pensando a lei.
Certo che l’amo ancora, credo che non dovresti avere più dubbi al riguardo.
Vorrei tanto poter soprassedere su quanto successe qualche giorno dopo, perché non ritengo quei due esseri nemmeno degni di essere ricordati,  quindi perdonami se taglierò corto.
A distanza di anni, fatico ancora a parlare di Iriza e Neal Legan senza provare disgusto e disprezzo.
Li potrei tranquillamente annoverare tra le persone che mi hanno ferito maggiormente e più profondamente. Loro due mi hanno colpito indirettamente ma nel modo peggiore, sfogando la loro rabbia su Candy.
Ma non vuoi che ti rovini la giornata con questo brutto ricordo vero?
Allora riposiamoci, se avrò del tempo cercherò di proseguire sulla strada dei miei ricordi verso l’ora del tè.
Tipicamente inglese? Oh beh, non ti starai dimenticando che sono pure sempre Terence Granchester, il Duca di Granchester. Sì sto ridendo. Rido di me stesso. Mi fa ridere chiamarmi duca, non sono certo così patetico da autocelebrarmi.
Ma ora lascia che vada. Sono sempre stato uno di poche parole è vero, perché ad esse preferivo i silenzi, ma da quando ho imparato a imprimerle su carta sono quasi diventato ciò che tu forse definiresti un chiacchierone.
A dopo amico mio. Buona giornata.

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Capitolo 6
*** Capitolo VI ***


“Vi sono momenti in cui ci si trova nella necessità di scegliere tra il vivere la propria vita piena,
intera, completa, o trascinare una falsa, vergognosa,
degradante esistenza quale il mondo, nella sua grande ipocrisia.”
-Oscar Wilde-


Che ore sono? Forse le 2 di notte, non sono sicuro.
Il mio sonno è stato turbato da un incubo … sono incredulo … a distanza di anni i suoi occhi azzurri riescono ancora a tormentarmi.  Sono certo che fosse lei, quella voce supplichevole, quegli occhi da cerbiatta impaurita … mi chiedo perché sia venuta a disturbarmi.
Ricordo ancora il giorno in cui bussai alla porta della compagnia Stratford e fu lei ad aprirmi.
Biondi capelli lunghi, occhi azzurri, uno sguardo indifeso e timido. Susanna.
Sono certo  che il tuo primo istinto è stato quello di pensare ad una donna da me amata … ma non è così.
Lascia che ti racconti, ma preparati ad attraversare nuovamente le fiamme dell’inferno.
Ciò che sto per dirti, per condividere con te, è stato l’inizio della fine.
Avrei voluto introdurti a questa parte della storia a piccoli passi, ma non potevo prevedere che questa notte lei mi avrebbe destato.
Susanna Marlowe, forse ne avrai sentito parlare.
Colei che avrebbe dovuto interpretare la parte della protagonista la sera della prima di “Romeo e Giulietta”.
Certo che interpretai Romeo, che domande.
Ma la storia non andò propriamente così.
Ricordo ancora la sera in cui lei trovò il coraggio di dichiararmi il suo amore. Tsss, osava definirlo amore lei.
Mi innervosisco solo a pensarci! Quella ragazza non sapeva cosa significasse la parola che stava pronunciando nei miei confronti, non credo che lo abbia mai saputo. Se amare vuole dire costringere qualcuno a rimanergli vicino contro il suo volere … ma lasciamo stare per ora …
Si presentava come una docile ragazza indifesa. Ma lei era tutt’altro.
Ti prego non condannarmi: se ti dico che sto parlando di colei che mi salvò la vita ma me la tolse allo stesso tempo, forse potrai capire l’astio che provo tuttora nei suoi confronti. O forse no, ma sii gentile, non giudicarmi, almeno non ancora.
Ti dicevo, una sera, dopo le prove, mi disse che mi amava. Poi si infuriò perché la respinsi con freddezza e infine osò menzionare Candy. L’avrei incenerita se avessi potuto. Posso capire la delusione ma, visto che asseriva di amarmi, e quindi doveva conoscermi, avrebbe dovuto immaginare che nominare Candy non avrebbe certo sortito una della mie migliori reazioni.
Ricordo che mi chiese ” perché Candy?”  e persi anche tempo a spiegarglielo, forse sperando che dicendole ciò che provavo avrebbe potuto mettersi il cuore in pace.
Le dissi che Candy per me era speciale, diversa dalle altre, che l’avevo amata da subito perché da subito mi ero accorto che c’era qualcosa in lei … qualcosa che mi aveva stregato. Le dissi anche che qualsiasi cosa fosse accaduta, i miei sentimenti non sarebbero mai cambiati.
Non so come feci e non capire, a non accorgermi prima della sua ossessione, quando mi rispose che non avrebbe permesso a niente e nessuno di sottrarmi a lei; non pensavo che lo intendesse seriamente.
Ero stato uno sciocco a non accorgermi dei suoi sentimenti e a pensare che non sapesse del mio amore per la mia Venere. Mi aveva spiato diverse volte quando mi ero rifugiato in qualche luogo solitario per leggere le rare e brevi lettere che io e la mia musa ci scambiavamo.
Rare e brevi perché? Ti spiegherò anche questo e ti saranno chiare molte più cose.
Forse allora riuscirai a non biasimarmi troppo per questo sentimento ( una risata amara cresce nella mia gola al pensiero di definirlo così ) dalle sfumature tetre e oscure che provavo e forse provo tuttora per Susanna.
La sua ossessione nei miei confronti mi costò cara. Lei perse una gamba, per salvarmi la vita, io fui privato della mia unica ragione di vita, Candy.
Ora forse inizi ad intuire cosa intendessi quando ti dicevo che il nostro  (bada bene che parlo di me e della Signorina Tutte Lentiggini) amore è stato ostacolato dallo stesso destino che me la fece incontrare?
Vorrei provare a descriverti come mi sentii quando capii di averla persa, ma a meno che tu non abbia perso il grande amore, non credo che potrai comprendermi appieno.
Ma voglio tentare. Perdonami se farà male.
Chiudo gli occhi e torno a quella sera …
Ma no, perdonami, non ce la faccio, non è ancora arrivato il momento … non adesso.
Torniamo ai bei ricordi ti va?
Preferirei parlarti di Susanna più avanti.
Non credo che al momento tu abbia abbastanza elementi  sulla mia dolce Tarzan per comprendere, né che ora tu sia già così cosciente del  legame crescente fra me e lei, da poter cogliere cosa successe quell’infausto giorno di dicembre.
Proverò a riaddormentarmi.
Susanna … so di averla fatta soffrire, così come lei ha costretto ad un lento stillicidio l’uomo che asseriva di amare, ma ti garantisco che le auguro di riposare in pace ovunque la sua anima si trovi.
E spero sinceramente che lasci riposare in pace anche me.
Sono stanco, affaticato e non ho più la forza e il desiderio di lottare contro il passato. E’ anche per questo che sto cercando di rendertene partecipe. Forse raccontandolo a qualcuno riuscirò a liberarmi di questo fardello e a sentirmi leggero. Ne ho davvero bisogno.
Non so perché mi ostino a parlarti come se stessi scrivendo affinché le mie disgrazie vengano lette da qualcuno. Questo mio sfogo lo terrò nascosto al mondo. Non scrivo né per pubblicare né perché venga letto. Scrivo per un atto liberatorio. Ma mi piace pensare di interloquire con qualcuno. Continuerò quindi a rivolgermi a te, mio immaginario lettore, sempre che non ti spiaccia.
Ora scusami ma non posso fare troppo rumore e fatico a scrivere mentre giaccio a letto.
Solo la luce della luna e dei lampioni filtra dalla finestra. Se avrai ti do appuntamento a domani.

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Capitolo 7
*** Capitolo VII ***


Prendi un sorriso,
regalalo a chi non l’ha mai avuto.
Prendi un raggio di sole,
fallo volare là dove regna la notte.
Scopri una sorgente,
fa bagnare chi vive nel fango.
Prendi una lacrima,
posala sul volto di chi non ha pianto.
Prendi il coraggio,
mettilo nell’animo di chi non sa lottare.
Scopri la vita,
raccontala a chi non sa capirla.
Prendi la speranza,
e vivi nella sua luce.
Prendi la bontà,
e donala a chi non sa donare.
Scopri l’amore,
e fallo conoscere al mondo.
-Gandhi-


E’ l’ora del tè e come promesso mi accingo a raccontarti della quasi dipartita di Iriza.
No, non è vero!
Quel pomeriggio al lago lei finse di annegare. Voleva essere salvata da me, voleva poter fare la vittima e attirare l’attenzione. Ma riuscì solo a farmi discutere con Archie e Stair e le sue azioni le si rivoltarono contro.
Attendi e capirai il perché.
Era da qualche giorno che non vedevo Candy e stupido come pochi, la ignorai. Non ero pronto a rivederla, men che meno in mezzo agli altri. Credo che l’imbarazzo sarebbe stato evidente e come avrai ormai capito non mi piaceva l’idea di rendermi vulnerabile agli occhi dei suoi amici e figurarsi a quelli dei suoi nemici.
Come mai non ci vedevamo da giorni?
Permettimi di fare un passo indietro allora.
Ricordi mia madre? Quell’estate ebbi una sua visita. O meglio, lei mi cercò diverse volte e io la cacciai malamente. Ero combattuto, nel profondo del mio cuore sapevo di volerle bene, ma come spesso mi capitava, accecato dal dolore, non riuscivo a leggere chiaramente nel mio cuore.
Quando mi sentivo ferito la mia unica arma era quella di schermarmi dietro ad uno scudo fatto di freddezza e di distacco, persino di sarcasmo. Forse in parte sono ancora così, ma ho cercato di diventare migliore nel corso degli anni.
Puoi immaginare allora il turbinio di emozioni che provai quando mia madre venne da me? Mi aveva cacciato come il peggiore dei cani randagi, senza nemmeno degnarmi di una parola, di una spiegazione, di uno sguardo amorevole. Come si doveva sentire un ragazzino di 17 anni rifiutato da colei che lo aveva messo al mondo? Mi chiedevo cosa le fosse passato per la testa e come avesse anche solo potuto pensare che l’avrei ascoltata.
Ma a volte accadono cose strane … Candy … non la ringrazierò mai abbastanza per aver compiuto il miracolo … o meglio uno dei miracoli. Lei riuscì a farmi ragionare, a farmi aprire il cuore a mia madre, quanto meno riuscii ad ascoltarla anche se per perdonarla appieno mi ci vollero anni.
Quel giorno fu proprio “la ragazza con le lentiggini”, come la chiamò mia madre, a convincermi a concederle una chance.
Feci accomodare mia madre in uno dei salotti del castello.
Ricordo che trascorse molto tempo senza che nessuno di noi proferisse una sola parola.
Non so se puoi immaginare come fu difficile per me stare lì ad aspettare che lei dicesse qualcosa, perché io sinceramente non avrei saputo da dove cominciare. Se avessi parlato per primo forse l’avrei attaccata, ma in fondo al cuore non volevo.
Non volevo ferirla e, nonostante tutto,  non volevo che si sentisse in colpa per avermi abbandonato. O forse sì, ma è difficile da ammettere con onestà.
Così passammo la notte seduti sul divano a guardare il fuoco che scoppiettava nel camino.
Ci bastò quella tacita riappacificazione, e le poche parole che scambiammo successivamente,per provare a ricominciare e a lasciarci il passato alle spalle. Certo, eravamo solo agli inizi ma si doveva pur iniziare da qualche parte, non ti pare?
Lei infine mi chiese se volessi seguirla in America, mi avrebbe potuto aiutare se avessi voluto tentare la carriera d’attore, ma riuscii ad essere sincero con lei e dirle che c’era qualcosa che mi interessava più del teatro in quel momento.
Il mio unico desiderio era stare con Candy, passare una stupenda estate con lei per avere dei bellissimi ricordi da condividere e che ci avrebbero tenuto compagnia durante il lungo inverno che ci attendeva al ritorno a scuola.
Credo che lei dovette intuire a cosa mi riferissi, ricordo ancora la sua risposta.
“Spero che le cose con la ragazza con le lentiggini vadano lisce in futuro”.
So che aveva capito, del resto lei era pur sempre mia madre, chi meglio di lei avrebbe potuto leggere con tanta facilità i miei pensieri e i miei sentimenti?
Forse in parte mi sentii sollevato che qualcuno sapesse cosa provavo. Certo non mi sarei mai sfogato con lei, non le avrei mai esternato i miei sentimenti, ma sapere di essere capito per me era già molto.
Ma torniamo a noi …  dopo che Eleanor  ebbe lasciato la Scozia per alcuni giorni preferii restare da solo.
Sapevo che se avessi visto Candy saremmo inavvertitamente finiti a parlare dell’incontro con mia madre.
Lei non mi avrebbe chiesto nulla, lo so, ma inevitabilmente ci sarebbero state delle domande sospese nell’aria a cui non ero certo di poter fornire delle risposte.
Avevo bisogno di pensare, di raccogliere le idee, di riprendermi da tutte quelle emozioni … motivo per cui quando la incontrai al lago con i cugini non ci vedevamo da qualche giorno.
Scusami devo andare ad aprire la porta.
Tornerò a breve.

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Capitolo 8
*** Capitolo VIII ***


“Quelli che si amano e che sono  nati gli uni per gli altri,
si incontrano facilmente;
le anime affini si salutano già da lontano.”
-Schopenhauer-

 
Dicevamo?
Ti avevo accennato che Iriza era caduta dalla barca e si dimenava in acqua, fingendo di annegare?
Quando mi tuffai per salvarla non potevo certo immaginare che sarebbe stata lei l’artefice della “nostra” separazione altrimenti forse l’avrei lasciata lì …
Che dici? Vergogna? Oh amico mio, speravo di poter essere sincero con te? Devo forse pentirmene? E poi la salvai! Dico solo che se avessi saputo tutto il dolore che ci avrebbe causato, ma soprattutto la sofferenza che avrebbe portato nella vita di Candy, forse l’avrei lasciata a mollo un altro po’ facendole davvero temere per la propria vita. Chissà che non sarebbe rinsavita!
Comunque, torniamo a noi.
Uscii dall’acqua e premurosamente Candy mi suggerì che avrei fatto meglio a cambiarmi o avrei preso un raffreddore.
Quelle sue parole dimostravano ancora una volta quanto ci tenesse a me, ma mi imbarazzarono leggermente e ricordo che portai una mano alla testa e nervosamente mi scompigliai i capelli.
Era buffo come non riuscivo ad accettare quelle sue premure a cuor sereno. Non mi chiedere se fosse colpa di quel bacio e degli schiaffi che ne seguirono, ma il mio rapporto con Candy per quanto andasse approfondendosi, tendeva anche a complicarsi. Più tempo passavamo insieme e più i miei sentimenti per lei si intensificavano, più crescevano e più si radicavano nel mio cuore. Ti sembrerà strano se ti dico che mi doleva il cuore? Sì, sì, sentivo dolore fisico ogni volta che le stavo vicino, ma ancora di più quando lei era lontana.
Certo che l’amavo con tutto me stesso, la amo tuttora con tutto me stesso.
Dove eravamo rimasti?
Ah sì, Iriza!
Quella serpe! Cercava di attirare la mia attenzione ma io non le diedi retta e senza nemmeno degnare Candy di un solo sguardo me ne tornai da dove ero venuto.
Stai dicendo che sono uno sciocco? Pensi che non lo sappia? Ma ti ringrazio per averlo sottolineato!
Vorrei solo chiederti una cosa. Ormai hai sfogliato un po’ di pagine insieme a me, sai quanto mi costasse ogni volta allontanarmi da lei, giusto? Sai quanto mi costasse ignorarla? O , quando era vicina a me,  fingere che  la cosa non mi turbasse? Avrei voluto stringerla a me, baciarla, dirle quanto l’amavo ma sapevo che non era pronta e forse non lo ero nemmeno io.
A posteriori caro amico, posso solo dirti:
quanto tempo abbiamo sprecato! Purtroppo sì. Se avessimo saputo cosa ci aspettava forse …
Ma non è più tempo di recriminare …
Ho corso seriamente il rischio di rimpiangere per il resto dei miei giorni, di non averle mai detto chiaramente ciò che provavo.
Così me ne tornai al castello, ignaro di quanto sarebbe accaduto il giorno dopo.
 Ignaro del fatto che avrei vissuto uno dei momenti più preziosi e speciali che abbia passato con Candy durante quell’estate. Uno di quei momenti a cui mi sarei dovuto aggrappare per diversi anni per poter sopravvivere!
Ricordo come se fosse ieri quando riuscii a farla spaventare e lei si strinse a me terrorizzata.
Fu un bell’espediente per farsi abbracciare da lei e, nonostante non fosse stato un gesto puramente spontaneo, fu un momento sublime che ricordo con tanta dolcezza e nostalgia e che riesce a farmi sorridere.
Non sai per quanto tempo mi dovetti accontentare di questi piccoli preziosi attimi, cristallizzati nel tempo,  per non soccombere all’oscurità e alla disperazione che spesso si affacciavano nella mia vita!
Dici che mi sono accontentato di poco? Oh beh, senza queste piccole gocce di memoria caro mio, non sono certo che sarei sopravvissuto a tutto ciò che mi accadde dopo quella indimenticabile estate.
Il mio prossimo ricordo ti consentirà nuovamente di immergerti nella confusione che vigeva nel mio animo a quell’epoca.
Ora però c’è qualcuno che necessita delle mie attenzioni, per cui come al solito, debbo chiederti di pazientare.
A dopo.

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Capitolo 9
*** Capitolo IX ***


“Mi hai insegnato
che anche il dolore ti concede una sosta,
che le lacrime mutano al nascere di un sogno,
che ogni tormento può trovare pace,
che anche se il tempo nulla cancella,
tutto può mutare tutto può evolvere,
tutto può essere, tutto può
miracolosamente compiersi e "diventare".

Mi hai insegnato
che il male si può celare dietro un sorriso
ma che dietro uno sguardo traspare solo la verità
dove ogni male si spoglia si veste di sé.

Mi hai insegnato
che il silenzio può essere un dono
o una freccia avvelenata
pronta a uccidere e togliere il respiro.

Ed ho imparato ascoltando
la tua anima, perché l'ho sentita
guardandoti negli occhi,
perché ti ho guardato
e ho sentito che ogni silenzio ha una sua verità.
Ho imparato che ogni verità è un dono
che facciamo a chi crede in noi
e che tutte le anime si nutrono di verità.”


-Silvana Stremiz-


Sai che l’estate in Scozia fu una delle più belle della mia vita? E sono anziano, direi che ne ho viste passare di estati … eppure è una delle poche che riesce a scaldarmi il cuore durante i lunghi e rigidi inverni di questa città.
Vuoi sapere dove mi trovo? Te lo dirò. Promesso.
Quell’estate trascorsi tanto di quel tempo con Candy … che facevamo?
Oh chiacchieravamo, le leggevo il MacBeth, a volte ci divertivamo a calarci nella parte dei personaggi del dramma, facevamo passeggiate a cavallo, altre volte ci accontentavamo di stare uno vicino all’altra in assoluto silenzio. I nostri silenzi erano spesso più appaganti delle parole. Se fossi stato presente avresti potuto sentire i battiti dei nostri cuori che pulsavano all’unisono.
Suonavano al ritmo della stessa melodia, l’amore.
A volte suonavo l’armonica e lei mi ascoltava in silenzio, potevo vedere che mi rivolgeva degli sguardi fugaci, ma spesso, se i nostri occhi si incrociavano, distoglieva lo sguardo, forse per paura che potessi leggere i suoi sentimenti.
L’armonica?
Ah già, che sciocco, vedi, dimentico dei pezzi importanti!
Aspetta, ora che me lo hai fatto ricordare lascia che la suoni … così potrò tornare indietro nel tempo …
Ti ringrazio per la bella idea. Sai, ho suonato l’armonica e, una volta chiusi gli occhi, ho potuto rivivere alcuni dei bei momenti passati insieme alla mia Tutte Lentiggini! Ti prego se ti dovessero venire altre di queste idee, suggerisci pure!
Ti dicevo … che fu un suo regalo, credo nel … sì nel 1913 … certo che la porto ancora con me, cosa credi?
E’ stato il primo regalo che mi fece! L’ho sempre tenuta stretta sul cuore nei momenti più neri, era un po’ come se grazie all’armonica riuscissi a sentirla vicina, come se una parte di lei fosse ancora con me.
Perché me ne omaggiò? Ah per farmi smettere di fumare.
Ricordi? Non voleva che fumassi sulla “seconda collina di Pony”!
Quell’armonica … no questo te lo racconterò dopo, purtroppo non manca molto prima di affrontare quel discorso …
Spero di averti regalato qualche momento lieto, così da poter affrontare ciò che seguirà … sto provando a rivisitare con te quel periodo, ma ti devo dire la verità, nonostante siano passati decenni, non so se riuscirò a ricordare quel momento. E’ fra i più dolorosi della mia vita. Sì, più doloroso di quando mia madre mi abbandonò! Più doloroso dell’infanzia privata dell’amore dei genitori.
Poi mi dirai che ne pensi, non ti preoccupare. Ti chiedo solo di essere forte, non sarà per niente facile … e ti chiedo scusa fin da ora se interromperò il discorso più volte … penso di non aver ancora superato tutta la sofferenza che quell’atto ingiusto causò.
Quella lurida menzogna!
La ma vita sarebbe stata così diversa se solo Iriza …
Iriza e quella sua stupida festa in bianco! Aveva deciso di organizzarne una in mio onore per ringraziarmi di averla salvata ma mentre mi recavo a cavallo presso la loro Villa, incontrai Candy.
Quella vipera non l’aveva invitata!
“Non vado nemmeno io allora!” le dissi. Mi sono chiesto diverse volte se avesse capito che preferivo decisamente passare il mio tempo con lei che andare ad una inutile festa. Peraltro, avevo accettato l’invito pensando che anche Candy  sarebbe stata presente! Che ingenuo!
Ma lasciamo perdere le mie considerazione e tuffiamoci in questo preziosissimo ricordo!
Come proseguì quella giornata?
Facemmo una passeggiata a cavallo ma, come in tutte le mutevoli estati scozzesi, il tempo cambiò improvvisamente, il cielo si rannuvolò e cominciò a soffiare del vento freddo, mentre dei lampi rischiaravano il cielo.
Ricordo il vento che mi accarezzava il volto e il corpo caldo di Candy che si teneva stretta a me, le sue braccia attorno alla mia vita, il suo petto poggiato contro la mia schiena. Non aveva più paura di andare a cavallo, ed io dovetti tenere un’andatura sostenuta per evitare che la pioggia ci cogliesse durante il tragitto.
Ci recammo verso il castello dei Granchester; mio padre, sua moglie, e i miei fratellastri non risiedevano in quella dimora, motivo per cui, a parte alcuni domestici , saremmo stati praticamente soli.
L’idea di essere quasi da solo con lei riusciva a provocare un certo turbamento nel mio cuore. Mi faceva felice poter passare del tempo con lei senza che nessuno ci disturbasse, ma allo stesso tempo la consapevolezza che a breve saremmo stati soli mi spaventava, mi chiedevo se sarei riuscito a controllarmi.
Ah no caro mio, cosa vai a pensare? Intendo semplicemente dire che sapere che non c’era nessuno pronto a interromperci avrebbe semplicemente potuto rendermi più intraprendente e forse avrei raccolto il coraggio a due mani e le avrei esternato ciò che provavo.
Ma no, non ci credi nemmeno tu, vero?
 Però , a quel tempo, l’idea di dichiararmi, o quanto meno quella di sbilanciarmi, mi sfiorò realmente. Era da quel giorno in cui l’avevo baciata sulla nostra seconda collina di Pony che avevo dovuto imbavagliare i miei sentimenti, controllare le mie reazioni come meglio potevo, per paura che un mio passo in avanti potesse risultare in un passo falso e  rovinare definitivamente ciò che c’era fra di noi. Non sapevo se lei sarebbe riuscita ad accogliere una mia esternazione di quella forza dirompente che si era impossessata della mia anima e del mio cuore, Amore, rendendomi schiavo dei suoi bellissimi occhi verdi e delle sue curiose lentiggini.
Ricordo con il sorriso sulle labbra che mentre camminavamo per i corridoi bui riuscii a farla spaventare: l’atmosfera era talmente suggestiva, i corridoi pullulavano di antiche armature.
Una vecchia statua di una tigre che mostrava i denti la impaurì, io rincarai la dose dicendole che c’era un serpente alle sue spalle. Eh sì era proprio quello l’espediente di cui ti avevo parlato, lei mi abbracciò e cercò protezione fra le mie braccia.
Nonostante tutto fui felice di sentire che si stringeva a me, poi però  la presi in giro e la informai che era un trucco per farsi abbracciare dalle ragazze, così lei si scostò e mi guardò perplessa. Probabilmente non fu una scelta di parole appropriata, forse pensò  che avevo utilizzato quell’escamotage molte altre volte. Mi pentii della reazione che quelle mie parole non soppesate, dette semplicemente per scherzare, causarono in lei, anche se tornò a comportarsi come se nulla fosse successo.
La stavo portando nella stanza col camino, dove avevo passato del tempo anche con mia madre.
Chiusi tutte le finestre, il temporale si era avvicinato a gran velocità.
Il salotto stava diventando buio, accesi delle candele e ricordo ancora l’effetto della loro luce fluttuante sul bellissimo viso di Candy. Quell’atmosfera di rilassatezza fece sì che riuscissi ad aprirmi con lei, le raccontai di quell’estate passata in Scozia con mio padre ed Eleanor. Era stato più forte di me, non avevo resistito alla possibilità di renderla nuovamente partecipe di un pezzo della mia vita.
Era l’unica con cui riuscivo ad essere me stesso, era l’unica a conoscermi e capirmi a fondo, a leggermi come un libro aperto, e sapevo di potermi fidare di lei. Era la prima volta nella mia vita in cui riuscivo a fidarmi di qualcuno e ad affidargli i miei pensieri, cose che non avevo condiviso con nessuno prima di allora. Se devo essere onesto, ero un po’ titubante, non ho mai trovato particolarmente facile aprirmi e lasciare che qualcuno entrasse nel mio cuore, nella mia vita, ma lei era così diversa, lei riusciva ad abbattere le barriere che mi ero creato, e a penetrarle con estrema facilità.  Non chiedermi cosa mi avesse fatto, se mi avesse stregato, so solo che per quanto la mia mente lottasse, il mio cuore non voleva tenerla fuori e voleva assolutamente coinvolgerla, premeva affinché anche la mente riuscisse a fidarsi ciecamente di lei.
Mentre ero perso nei miei stessi pensieri e impegnato a godere appieno di quel tempo prezioso che il fato ci stava concedendo, il vento fece spalancare improvvisamente una delle finestre e mi accorsi che lei sentiva freddo.
Non avevo niente da farle indossare se non la vestaglia di mia madre. Non ci pensai due volte e gliela porsi.
Ricordo ancora il suo sguardo, mi guardò confusa e forse incuriosita. Quando le dissi che era la vestaglia di madre, come mi ero aspettato, non mi chiese nulla e non ci fu bisogno che le raccontassi: aveva capito, come sempre era riuscita a leggere dietro quel mio prolungato silenzio.
Le riferii semplicemente ciò che Eleanor Baker mi aveva detto :si augurava che le cose con la ragazza con le lentiggini andassero bene in futuro.
Lei mi guardò, nei suoi occhi potevo leggere che si stava domandando cosa quelle parole significassero … mi chiesi se avesse capito …
Visto il freddo che era calato nella stanza decisi di accendere il fuoco nel camino e in breve le fiamme arsero riscaldando tutta la stanza.
La invitai ad avvicinarsi al focolare anche se le mie parole nascondevano un “vieni vicino a me” che avevo paura di esternare, così adoperai la scusa del freddo e del fuoco.
All’improvviso tornai sui miei passi e decisi di raccontarle di quella notte trascorsa con mia madre e di come in qualche modo fossimo riusciti a chiarirci. Avevo deciso di condividere con lei quel prezioso momento perché solo grazie al suo intervento tutto ciò era stato possibile.
Avevo scoperto che mia madre avrebbe volentieri rinunciato alla sua carriera di attrice pur di stare con me e mio padre …
 Le ricordai anche che se non fosse stato per lei io e mia madre non ci saremmo mai riappacificati. Tutt’oggi le sono grato, senza di lei avrei perso tanti futuri attimi preziosi insieme a quella splendida persona che era mia madre.
La guardai e le sorrisi , le sorrisi dal profondo del mio animo, sia di gratitudine che per l’amore che provavo nel mio cuore per lei.
Quando realizzai che mi sorrideva a sua volta sperai che il tempo si fermasse per sempre, con la mano ferma a mezz’aria avrei  … con quella mano avrei voluto accarezzare la sua pelle vellutata ma mi bloccai, la paura era troppo forte.
Notai che Candy fissava il camino, forse si aspettava che facessi qualcosa? Ma se mi stavo sbagliando? Con un semplice gesto rischiavo di compromettere la nostra relazione ma l’assenza dello stesso da parte mia avrebbe lasciato tante cose in sospeso … poi lei mi rese partecipe di un suo ricordo d’infanzia, allentando la tensione.
Mi raccontò del camino alla casa di Pony e di come si divertissero da bambine a fare sciogliere i marshmallows sul fuoco .
Sorrisi, sentii l’ansia scemare, e così riuscii a prenderla in giro, del resto le sue storie erano sempre incentrate attorno al cibo.
Lei mi rispose che i suoi momenti preferiti erano quelli passati in cucina alla casa di Pony ed  in particolare decantò le lodi dei biscotti con l’uvetta di Suor Maria.
Quando poi aggiunse che avrebbe voluto che un giorno potessi assaggiare quei biscotti mi sentii davvero al settimo cielo: di quale altra dimostrazione d’affetto avrei avuto bisogno?
 Lei mi stava dando dei segnali e io finalmente riuscii a risponderle  …  Mi sarebbe piaciuto poter vedere la casa di Pony e l’albero dove lei aveva affinato la sua tecnica da Tarzan Tutte Lentiggini.
Mi ricordo che i suoi occhi scintillanti mi guardarono felici quando sentì le mie parole.
Era vero, volevo vedere il luogo in cui era cresciuta, il luogo in cui aveva gioito e aveva pianto, il luogo in cui si era formata e che le aveva permesso di trasformarsi in una splendida giovane donna.
Finalmente riuscivo a dirle qualcosa, riuscivo ad accennare ai miei sentimenti, a condividere con lei ciò che il mio cuore provava, anche se non potevo essere diretto e aprirmi completamente.
Cosa successe dopo?
Ricordo che mi svelò che avrebbe voluto emanciparsi dal titolo di Tarzan e diventare una signorina per bene per ringraziare lo zio William.
Io scoppiai a ridere, una fragorosa risata, voleva diventare una signorina?! Proprio lei? Certo, sapevo che ce l’avrebbe fatta, ma d’istinto la presi nuovamente in giro, del resto  la definizione di signorina per bene, secondo me, non le calzava affatto.
Lei finse di offendersi e mi diede del maleducato, poi scoppiò a ridere, le sue risa si confusero con le mie.
Tornò sul discorso dello zio William e mi disse che voleva quanto meno imparare le buone maniere. Mi ricordo che le sorrisi e lei mi guardò seriosa; mi confidò che era certa di poter imparare tante cose ma non a suonare il piano.  Voleva imparare in fretta perché aveva paura che lo zio William morisse senza che lei avesse imparato, poi mi fece capire che le avrebbe fatto piacere se le avessi insegnato.
Certo, con un giro di parole, ma la sostanza della sua richiesta era quella.
La guardai sorridendole e le diedi un lieve colpo sulla fronte, quella sfacciatella … Mi ricordo che le chiesi se si aspettava che mi proponessi come insegnante e lei con tutta onestà mi rispose di sì.
Ero contento, decisamente felice! Voleva dire che avremmo passato del tempo insieme! Era un buon pretesto per poter spendere dei momenti spensierati e felici e per stare a stretto contatto. Preso da quel mio pensiero mi alzai di scatto e dovetti reprimere quell’invadente desiderio di abbracciarla e stringerla forte a me. Mai come in quel momento mi resi conto di quanto fossi perdutamente innamorato di lei e di quanto desiderassi poterla baciare nuovamente.
All’improvviso un raggio di sole penetrò attraverso una finestra e mi accorsi che lo scrosciare delle pioggia era terminato.
Riprendemmo il discorso delle lezioni di piano e le dissi che se ci teneva le avrei fatto da insegnante. Lei mi disse che era d’accordo e mentre lo fece si alzò in piedi e mi restituì la vestaglia.
Ricordo il mio sciocco commento scherzoso quando le dissi che non la vestaglia non le calzava e lei mi rispose che un indumento del genere un giorno sarebbe stato bene anche a lei.
Per distogliere la sua attenzione da quel mio commento fuori luogo le mostrai la stanza della musica; ricordo il suo stupore nel constatare quanti libri di teatro ci fossero in quella stanza, in particolare tutti quelli di Shakespeare.
Presi un libro dalla mensola e ve lo riposi, nella mia mente si affollarono le immagini di quando avevo parlato con mia madre … mi aveva chiesto di andare in America con lei, come ti ho accennato, e io ci sarei andato, se me lo avesse chiesto prima di aver conosciuto la mia Signorina Tutte Lentiggini, ma non potevo lasciare l’Inghilterra per studiare recitazione, non in quel momento, non avrei potuto.
Candy guardava la stanza attonita, poi d’improvviso mi chiese se potessi suonare il piano.
Per lei avrei suonato anche tutto il giorno, per il resto dei miei giorni.
Amavo, amo, il pianoforte e condividere quella mia passione con lei non poteva che rendermi felice, inoltre che fosse proprio lei a chiedermi di suonare … era un motivo in più per dilettarmi con una delle mie attività preferite, specie sapendo che lei desiderava che io lo facessi.
Ricordo ancora il suo sguardo sbalordito quando vide il bellissimo piano a coda al centro della sala.
Era tutto coperto di polvere cosi cercai alla meglio di liberarlo da quello strato grigio e lo aprii.
 Le chiesi di aprire la finestra e il tipico profumo del dopo temporale, classico delle estati scozzesi, investì la stanza avvolgendoci in quel delicato  particolare aroma che contraddistingueva giornate come quelle.
Cominciai a suonare un’improvvisazione, mi era venuta in mente proprio pensando a lei, così quando mi chiese che canzone fosse, nel tentativo sia di prenderla in giro che di farle capire che l’amore che nutrivo per lei riusciva ad ispirarmi musica, le risposi che la mia improvvisazione era la canzone di “Tarzan Tutte Lentiggini un’esemplare di scimmietta”.
Lei mi spinse lievemente, con fare giocoso e ricordo che mi disse “Chi ti farà mai smettere?” riferendosi al fatto che la prendevo spesso in giro.
Mi credi se ti dico che posso tuttora sentire l’eco delle nostre risate, riprovare quella brezza spensierata che accarezzava il mio cuore, quella sensazione di felicità e di appagamento. Era un vero e proprio idillio, e se solo avessi immaginato che quella magia sarebbe stata spezzata per sempre …
Mentre ridevamo e scherzavamo, degli occhi indiscreti e fumanti di rabbia, ci stavano spiando e noi,  inconsapevoli, stavamo solo godendo dell’amore che provavamo l’una per l’altro.
Ricordo ancora che mentre giocavamo e ci prendevamo in giro ci fu un momento in cui fui tentato di baciarla. Quello sarebbe stato il momento giusto, avevo letto negli occhi di lei che lo desiderava quanto me.
 Ci stavamo rincorrendo in giardino e le chiesi un bacio per stuzzicarla, lei finse che me lo avrebbe dato, poi sfiorò le mie labbra con una foglia. Quando fu il mio turno però avvicinai le mie labbra alla sua fronte. Quel contatto fece sì che dei brividi percorressero la mia spina dorsale, ero emozionato e felice, felice come non lo ero mai stato. Lei non si arrabbiò e il suo sguardo timido e il luccichio nei suoi occhi mi avrebbero dovuto fare capire che provava ciò che provavo io.
… E se per una volta pareva essere arrivato il momento giusto, il fato decise di metterci lo zampino.
Iriza , non potevamo certo sapere che ci stava osservando e che avrebbe meditato vendetta.
Eravamo troppo sciocchi, troppo immaturi e troppo ciechi per renderci conto che la minaccia di Iriza, che aleggiava nell’aria, avrebbe potuto distruggere le nostre vite per sempre.
Candy volle tornare a scuola, ormai si era fatto tardi.
Conoscevamo entrambi la cattiverai di quella serpe ma non potevamo immaginare che ci avesse visti e quanto in basso si sarebbe spinta pur di vendicarsi, pur di ferire Candy e di separarci definitivamente …
Quella sera faticai a prendere sonno, un presagio infausto aleggiava nell’aria e mi impediva di lasciarmi avvolgere completamente dalla bella atmosfera che si era creata durante quella preziosa giornata.
Mi ripromisi che avrei protetto Candy contro chiunque. Nessuno le avrebbe fatto del male fino a quando ci fossi stato io a vegliare su di lei.
Lei era la cosa più importante per me!
Ora scusami ma, dopo aver condiviso questo momento così privato con te, ho bisogno di riposare, di pensare ad altro, di distogliere la mia attenzione da quanto sarebbe successo di lì a breve. Nonostante sia passato moltissimo tempo quel ricordo riaffiora nella mia testa come se fosse accaduto solo  un giorno fa, il dolore e lo strazio che avvolsero la mia mente ed il mio cuore … posso sentirli tuttora e riportarli alla memoria, amico caro, non è semplice per me.
Permettimi quindi di salutarti, e godi di questo bel momento di cui ti ho reso partecipe, tienilo nel cuore per i tempi bui, per il momento in cui tutto precipiterà e una spirale di sofferenza, infinita e ripida, mi fagociterà, facendomi tornare a vedere la vita come una miserabile condanna, un’espiazione di chissà quale pena allora pensassi di dover espiare.
Amico caro cerca di essere forte, ci proverò anche io.
E perdonami se puoi per averti coinvolto in questa altalena che è la mia vita, in questo alternarsi continuo di felicità e dolore, e nell’abisso di dolore in cui sto per trascinarti.
A presto.
 


NDA: Ci tenevo a ringraziare tutte coloro che stanno leggendo, commentando o che hanno inserito la storia fra le preferite/seguite/da ricordare!
Fatevi pure avanti con i commenti, sono davvero curiosa di sapere che ne pensate! non mangio nessuno, giuro!
Grazie a tutte/i per il supporto!

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Capitolo 10
*** Capitolo X ***


“Sunny day... you could see clearly through the horizon.
Fluffy clouds made a white bridge across the sky.
On such a beautiful day
The boys left on their journey.
Such a bright, beautiful day.
Whatever happens,
you can't really believe that it's happening
They left with a big, bright smile.
The scent of the breeze...
The trembling of the earth...
Such a very beautiful day... too beautiful...”
-Kyoko Mizuki-

 
Ricordo ancora il pomeriggio in cui mostrai a  Candy il biplano che giaceva in una delle rimesse del nostro castello. Correvamo spensierati nel giardino e lei mi propose di farlo vedere a suo cugino, certa che ne sarebbe stato felice.
Sarebbe stato bello poter rimettere in moto quel velivolo.
Le raccontai di quando mio padre era giovane e di quanto amasse volare alto nel cielo … e di come perse la passione per il volo quando si separò da mia madre.
Poi all’improvviso lei corse via dicendomi che aveva una soluzione; conosceva una persona che poteva fare al caso nostro: Alistair, chi altri?
La mattina seguente trovai un bigliettino nel quale mi diceva che mi avrebbe raggiunto per pranzo.
Quando tornò con Stair,  Archie  e le sue due amiche, pensai che non avevo affatto voglia di condividere quel poco tempo che rimaneva ormai delle nostre vacanze con il damerino ma Stair, beh, lui era un genio, chi meglio di lui avrebbe saputo come riparare il biplano?
Ricordo che passarono buona parte del giorno a lavorare sul quel trabiccolo, credevo che non sarebbe mai più ripartito.
Era la prima volta che trascorrevo del tempo con tutti loro, solitamente evitavo di stare con lei in mezzo agli altri perché preferivo di gran lunga poter  godere della sua compagnia quando eravamo soli: del resto le due ragazze mi temevano e Archie mi odiava.
Così, nonostante tutto, decisi di comportarmi come mio solito e mi appartai per leggere un libro, quando all’improvviso la voce felice di Candy ruppe il silenzio di cui mi ero circondato.
Il biplano sembrava riparato e pronto per partire.
Mi ricordo il mio stupore quando Stair riuscì a farlo volare; peccato che durò poco.
Quel pomeriggio poi, facemmo merenda tutti insieme, le ragazze avevano preparato dei panini.
Se devo essere sincero con te, fu davvero un pomeriggio speciale, nonostante non avessi voglia di passare il mio tempo con qualcuno che non fosse Candy. Ebbi modo di conoscere un po’ meglio i suoi cugini e le sue amiche, le quali credo che mi videro con occhi diversi per la prima volta.
Svariate volte mi chiesi se si fossero accorte di ciò che c’era fra me e Candy perché per quanto cercassimo di celarlo credo sinceramente che fosse evidente.
Lei cercava sempre di farmi integrare nel gruppo, voleva che stringessi nuove amicizie e credo che, in fondo al cuore, desiderasse che i suoi amici mi accettassero e vedessero il buono che c’era in me e che solo lei pareva essere in grado di scorgere.
Sono certo che, se i suoi amici mi avessero definitivamente accettato, lei si sarebbe sentita più tranquilla. Scusami se ho divagato raccontandoti questo piccolo aneddoto, ancora una volta volevo farti capire quanto speciale lei fosse. E credo di esserci riuscito.


Ciao!
Volevo ringraziare nuovamente chi mi segue! Grazie di cuore! Mi farebbe piacere sapere che ne pensate ma anche solo sapere che mi seguite è già un regalo! Grazie

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Capitolo 11
*** Capitolo XI ***


 

Capitolo XI

“Quanto è amaro il sapore della sconfitta,
ti annulla,
ti toglie la serenità,
vorresti urlare il tuo dolore ma non riesci
e tanto nessuno udirebbe il tuo grido.”
-Anonimo-


Dovevo raccontarti del mio ritorno a Londra, vero?
Ero stato così fortunato durante le vacanze estive! Non ero stato costretto a relazionarmi né con mio padre, né con la mia matrigna mentre invece avevo passato buona parte del mio tempo con la mia Tutte Lentiggini.
Appena di ritorno in collegio però mio padre si premurò di venire a disturbarmi.
Oh, certo, lo fece solo ed esclusivamente per assicurarsi che gli obbedissi, che mi ricordassi di essere l’erede del duca di Granchester; per ribadirmi che dovevo onorare quello sciocco cognome che portavo ma che per me era solo un’accozzaglia di lettere.
Ma lui non poteva capire.
Per lui l’onore e l’orgoglio erano tutto; come potevo pretendere che capisse che per me, rivedere mia madre, tentare di riappacificarmi con lei e lasciare che entrasse nuovamente nella mia vita, era stato importante?
La lite violenta che susseguì al mio vano ed inutile tentativo di spiegargli, inutilmente peraltro, come mi sentivo fu l’inizio della fine del nostro rapporto.
Credo fermamente che fu anche per quel mio ennesimo gesto di ribellione che in seguito, quando ne ebbi veramente bisogno, lui si rifiutò di aiutarmi.
Mi ricordo che riuscii ad urlargli, con tutto il rancore ed il risentimento che mi portavo dentro, un“Non amerò mai come te!” .
Che ingenuo, se solo avessi saputo!
Mi chiedo spesso se si rese conto di come mi sentii quando successivamente mi negò il suo aiuto.
Ero abituato a sentirmi dare ordini ed impartire lezioni di vita ma forse, in fondo al cuore, da perfetto sciocco, speravo che se mio padre avesse visto la mia disperazione mi avrebbe aiutato.
Ma ora scusami, non vorrei anticiparti il discorso.
Se ti racconto di questo ennesimo litigio e del suo tentativo di piegarmi al suo volere, come aveva sempre tentato di fare, è solo per farti capire meglio la natura tormentata sia del mio essere che del mio complicatissimo rapporto con lui.
Sapeva solo pretendere da me. Per lui dare voleva dire pagare la retta della scuola, comprarmi un cavallo, farmi avere dei beni materiali, ma l’affetto beh, quello non sapeva proprio cosa significasse.
Sai che la sua visita di quel giorno mi turbò profondamente? Ebbi ancora una volta la conferma di quanto fossimo profondamente diversi.
Forse lo capii meglio perché a quel tempo ero innamorato di una “ragazza semplice”, come probabilmente l’avrebbe definita lui e, al contrario suo, io avrei fatto di tutto per lei e al fine di renderla felice.
Ero certo che, se anche avessi tentato di spiegarglielo, non avrebbe capito. Mi feriva questa sua ottusità sia perché lo aveva costretto a lasciare mia madre nonostante avesse dichiarato diverse volte di amarla profondamente, sia perché ero certo che non avrebbe mai accettato Candy e che avrebbe fatto tutto quanto in suo potere per ostacolarci.
Il ritorno a scuola e alle sue regole era di per sé poco piacevole e davvero necessitavo che mio padre venisse a turbare quella finta serenità, quella calma apparente, in cui mi crogiolavo in quei giorni.
L’unico motivo per cui avevo fremuto per tornare alla St. Paul era di poter rivedere lei, la mia Signorina Tutte Lentiggini; la scuola senza di lei sarebbe stata un inferno e certamente non vi sarei tornato.
Ma lei era lì ad allietare le mie giornate e a farmi ridere.
Come avevamo tacitamente pattuito, durante le nostre vacanze, sgaiattolavamo entrambi durante la pausa pranzo per ritrovarci sulla nostra seconda collina di Pony e ritagliarci del tempo da poter spendere insieme.
Per me era un piccolo paradiso in quell’angusto posto, era il mio modo di contravvenire a quelle stupide regole con le quali le suore pretendevano di gestire la nostra vita.
Ah, quelle piccole e preziose gocce di memoria, quei deliziosi momenti passati in sua compagnia … era così rincuorante, così rassicurante, sapere che l’avrei vista ogni giorno, che mi sarei potuto specchiare nei suoi limpidi occhi e che avrei potuto godere della sua compagnia e del suo amore per me anche se solo per dei brevi istanti.
Il nostro rapporto era cresciuto e il mio cuore batteva sempre più forte ogni volta che le stavo vicino.
Quando la campana rintoccava le 12.30 il mio cuore fremeva per l’eccitazione perché sapevo che di lì a breve l’avrei rivista.
Ricordo ancora come furtivamente, evitando gli sguardi di Iriza e degli amici di Candy, mi defilassi e corressi verso la collina. Andavo a passo spedito, sulle ali dell’amore. Se non fosse stato perché non volevo assolutamente dare nell’occhio e non volevo nemmeno che lei capisse quanto tenevo a quegli istanti che condividevamo giornalmente, avrei sicuramente corso.
Era il momento più bello di tutta la giornata e mi alzavo ogni mattina con la certezza che lei sarebbe stata lì. Le volte in cui giungevo sull’altura prima di lei mi preoccupavo e temevo che non riuscisse a raggiungermi e così l’aspettavo col fiato sospeso.
Avevo paura che qualcuno la scoprisse o che per colpa di qualche impedimento non potesse raggiungermi.
E poi la vedevo sbucare all’improvviso con le guance arrossate per la corsa … e allora il mio cuore si tranquillizzava, i miei occhi le sorridevano e assaporavo la felicità. Sì, la FELICITA’, hai letto bene.
Mi bastava così poco per essere felice, mi bastava anche solo vederla da lontano.
Purtroppo ero ignaro che quei bei momenti sarebbero durati davvero poco … o forse … se lo avessi saputo avrei sicuramente approfittato di quel tempo che riuscivamo a regalarci per farle capire quanto lei fosse importante per me.
Ma ora perdonami, è meglio che vada.

 

_________ ΅ Ж ΅ _________




Note:*Ispirato a CCFS*

_________ ΅ Ж ΅ _________
 


Ringrazio tutti coloro che mi seguono! Grazie di cuore! E Codi per avermi aiutato con l’HTML!

 

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Capitolo 12
*** Capitolo XII ***


“I ricordi di sogni assaporati e mai gustati
Riaffiorano in me, nella mia anima
E io li aspetto per soffrire ancora
in solide mura di pensiero.”
-Anonimo-



Dimmi tu se se avrei potuto essere più ingenuo!
Trovai una lettera da parte di Candy infilata sotto la porta della mia camera e non mi sfiorò nemmeno lontanamente l’idea che potesse essere l’ennesimo tranello della vipera!!
Così, protetto dalle ombre degli alberi e con la complicità del  buio, mi recai verso le stalle col cuore in gola. Cosa poteva avere di tanto urgente da dirmi, da farmi recapitare addirittura una lettera e darmi un appuntamento correndo un così grosso rischio?
Mi nascosi nelle stalle e attesi in silenzio; mi ricordo la sensazione del freddo pungente e un’ansia crescente. Che ingenuo, che sciocco!
Più passavano i minuti e più l’attesa riusciva a snervarmi.
Quando finalmente arrivò ci fu un breve scambio di battute ma non avemmo il tempo di renderci conto di cosa stava succedendo intorno a noi che la trappola scattò e noi ci finimmo dentro.
Beccati con le mani nel sacco.
Se ti devo dire la verità non ricordo molto di quanto successe perché avvenne tutto così in fretta!
Suor Gray ci accusò di esserci dati appuntamento in un luogo appartato.
Iriza rideva, quella strega! Sicuramente era lei l’artefice di quel lurido inganno!
Ricordo solo le urla di Candy che piangeva disperata mentre Suor Chris la trascinava via.
Suor Gray ne decretò l’espulsone dal collegio mentre si rifiutò di infliggermi la stessa punizione, e così io fui semplicemente confinato nella mia stanza per una settimana.
Cercai di avvicinarmi a Candy, di raggiungerla, di tranquillizzarla promettendole che non l’avrei lasciata sola e che avrei risolto quella situazione, ma come avrei potuto? Ero uno sciocco ragazzino viziato e senza mezzi!
Lo strazio che il suo pianto causò al mio cuore fu indescrivibile: mi sentivo impotente, intrappolato e senza via d’uscita. Cercai di spiegare invano alla direttrice che si trattava di una trappola, ma lei non volle sentire ragioni. Poi mi arrabbiai perché mi trattò in maniera privilegiata solo a causa del mio dannatissimo nome e dell’influenza di mio padre.
La rabbia che mi esplose nel petto era implacabile.
Fui riportato nelle mie stanze, mentre Candy veniva confinata in chissà quale parte della scuola e io non potevo fare niente.
Mi credi se ti dico che non riuscivo a ragionare lucidamente? Se solo lo avessi fatto forse avrei evitato i due errori che commisi successivamente sperando di salvarla.
Per tutta la scuola si vociferava dello scandalo!
Eppure non c’era niente di vero!
Non ci eravamo dati appuntamento, era chiaro che era stata Iriza, ma purtroppo non potevo provarlo.
Ricordo che Archie e Stair entrarono nella mia stanza e fu in quel momento che mi resi davvero conto di quanto grave fosse la situazione! Archie, furioso con me, mi fece notare che Candy aveva sofferto tanto e aveva avuto un’infanzia difficile, trascorsa in un orfanotrofio, e che, a causa mia, rischiava non solo l’espulsione dalla scuola ma anche dalla famiglia Andrew con la conseguente perdita di tutti i suoi privilegi!
Non potevo permetterlo! Assolutamente!
Passai la notte insonne a camminare avanti e indietro per la mia stanza alla ricerca di una soluzione. Non riuscivo a pensare perché l’immagine di Suor Chris che trascinava via Candy dalle scuderie e le urla di Candy mi rimbombavano nella mente e nelle orecchie! Non c’era modo di farle smettere, di allontanarle.
Ero così preoccupato per la mia Tutte Lentiggini, sola in qualche buia stanza, al freddo e probabilmente spaventata.
Non vedevo l’ora che sorgesse il sole per potermi recare da Suor Gray e perorare nuovamente la causa.
Non poteva espellerla e, se non mi avesse lasciato alternativa, piuttosto avrei abbandonato io la scuola.
Sperai che non si dovesse arrivare a tanto, non volevo lasciare Londra e la mia Candy, era così dannatamente ingiusto!
Perché il destino si stava accanendo contro di noi?  Lei finalmente sembrava avere ritrovato il sorriso dopo la morte di Anthony , ed io … beh, io avevo incontrato l’amore! Mi stava aiutando a leggere dentro me stesso e ad imparare a conoscermi, a scoprire cose di me che,prima di incontrarla, non avrei nemmeno lontanamente pensato. Prima di incontrarla non avrei mai creduto di poter amare; sì di poter amare qualcuno così profondamente,così appassionatamente da non poter immaginare di stare senza di lei.
Per fortuna riuscii a scoprire dove la tenevano rinchiusa e decisi che in qualche modo le avrei fatto compagnia.
Mi recai verso quella che veniva chiamata la prigione, la cella di detenzione.
Chiamai il suo nome e lei mi rispose.
Quando mi accorsi che stava piangendo dovetti davvero raccogliere tutte le mie forze per non lasciarmi andare al pianto, non sarebbe servito a niente e non l’avrei certo tirata su di morale.
Cercai di tranquillizzarla dicendole che avevo trovato una soluzione, poi suonai l’armonica per tutta la notte. Credo che ad un certo punto dovette addormentarsi perché non la sentii più piangere.
Quando finalmente fu mattina potei mettere in atto quanto avevo pensato quella notte.
Con il cuore in pezzi, decisi di calpestare il mio orgoglio e mi recai da mio padre.
Eh sì, fui proprio uno sciocco! Cosa credevo di ottenere? Mio padre aveva sempre soddisfatto i miei capricci sperando di tenermi buono, così pensai che avrei potuto persino promettergli di comportarmi bene in cambio di questo favore. Per lei ero disposto anche a mandare giù il rospo e a supplicare quell’uomo che tanto disprezzavo. Ma lui sentenziò che mi sarei dovuto arrangiare,e così, mentre col cuore pesante e vuoto mi allontanavo dalla sua residenza, maturai la peggiore delle mie scelte.
Eh no caro, se tornassi indietro nel tempo, se mi fosse concesso questo dono, non prenderei una decisione così avventata.
Mi recai nell’ufficio della madre superiora, che errore! Fu come scontrarsi contro un muro, non aveva assolutamente intenzione di cambiare idea.
Quella vecchia arcigna dal cuore di pietra!
Se non fosse stato per lei, per quell’invidiosa di Iriza, per quel testardo di mio padre e per quella sadica della Mizuki, io e Candy non ci saremmo separati e …
Quella sadica della Mizuki? Beh del resto è lei l’artefice di tutte le mie disgrazie! Lei che diceva di amarmi mi ha pugnalato alle spalle destinandomi ad una vita priva di amore e di felicità, almeno fino a quando a distanza di trent’anni forse ha deciso di farmi giustizia. Ma non è degna di fare parte di queste mie preziose memorie!
Scusami, non volevo anticiparti quanto successe in seguito, mi sono lasciato trasportare dai sentimenti.
Non potevo riferire a Candy che cosa stavo per fare, anche se avrei tanto voluto rivederla almeno per una volta, poter incrociare i suoi bellissimi occhi verdi, poter rivedere il suo mare di lentiggini, poter ridere, scherzare e prenderci in giro come avevamo sempre fatto.
 Ma il tempo spensierato che il destino aveva deciso di concederci volgeva precipitosamente al termine.
Era il momento delle scelte e, come avrai modo di constatare, la nostra storia fu costellata di scelte infelici.
Nonostante abbia lavorato una vita con le parole non credo che riuscirò mai a mettere su carta ciò che mi passò per la testa in quel momento e quale desolazione, tristezza, malinconia attraversarono il mio cuore.
Sentivo dentro, nel profondo, l’amaro gusto della sconfitta.
Preparai una piccola valigia e le scrissi un breve biglietto che lasciai nella mia camera.
Riuscii solo a salutare Stair ed Archie e poi partii, valigia alla mano e tanti ricordi nel cuore.
Erano l’unico bagaglio di cui avrei avuto bisogno. Mi lasciai alle spalle un’adolescenza spensierata, mio padre, quello stupido collegio, le cattiverie di Iriza, e forse abbandonai la mia Candy al suo destino.
Mi sono chiesto tante volte se avrebbe potuto capire e perdonare il mio gesto: lo stavo facendo solo per lei, perché non la escludessero dalla famigerata famiglia Andrew. Non ero felice di lasciarla, se fossi stato più grande, se avessi avuto dei mezzi … ma ero un povero adolescente con le tasche piene di sogni, il cuore pieno di amore e null’altro da offrirle. L’idea di  chiederle di partire con me mi attraversò la mente di sfuggita ma la ricacciai subito: non potevo chiederle di vivere di stenti insieme a me. Non potevo chiederle di privarsi dell’istruzione e dell’agiatezza che la sua famiglia adottiva le poteva garantire.
Forse fui sciocco anche solo a pensare che a lei sarebbe importato; a posteriori penso proprio che sarebbe fuggita con me e forse avremmo vissuto solo d’amore.
Ma era meglio vivere d’amore in povertà, o in ricchezza senza amore?
Con i pochi soldi rimasti presi una carrozza che mi portò al porto di Southampton e una volta giuntovi utilizzai le ultime sterline che mio padre mi aveva dato per comprare un biglietto di sola andata verso il mio sogno, verso un destino che lui avrebbe denigrato, e godetti quasi pensando allo smacco che gli avrei arrecato se solo lo avesse saputo.
Avevo il mio sogno da realizzare, lo avevo capito proprio grazie alla mia Tarzan,mi allontanavo dal mio amore per avvicinarmi all’altro amore della mia vita, il teatro.
Rimpiango ancora la breve lettera che le lasciai, mi chiesi che potessi scriverle, avevo paura che se fosse stata intercettata e vi avessi scritto ciò che il mio cuore voleva dirle, probabilmente l’avrei messa nei guai e non era ciò che desideravo. Così mi limitai ad informarla che partivo per l’America, che avrei inseguito il mio sogno e che avrei pregato per la sua felicità ovunque mi fossi trovato.
Fredda? Lo so. Ma non potevo scriverle “ ti amo dal profondo del mio cuore!” anche se il mio cuore lo strillava con tutta la forza di cui era capace, con ogni singolo suo battito.
Mentre salivo sul piroscafo, mi chiesi come avrebbe reagito. Sarebbe andata avanti col sorriso sulle labbra? Le sarei mancato? Si sarebbe arrabbiata? Avrebbe pensato che non l’amavo? Del resto non ero mai riuscito a dirglielo, anche se le mie azioni parlavano per il mio cuore, parlavano dei miei sentimenti, non le avevo mai detto quel “Ti amo” che avrei dovuto esternarle e che non sapevo se mai sarei riuscito a dirle.
Guardavo l’Inghilterra sparire lentamente all’orizzonte e diventare sempre più piccola.
Un sorriso amaro increspò le mie labbra, una nave me l’aveva fatta conoscere e una nave mi allontanava da lei.
Il vento mi sferzava il volto, e mi parve persino, pensa che pazzo e che povero illuso, di sentire la sua voce chiamare il mio nome disperata. Mi voltai e la cercai, ma era ovvio che non ci fosse, come avrebbe potuto, eravamo in mare aperto.
Deluso, mi avviai verso la mia cabina.
Sarebbe stato un lungo viaggio, il viaggio più difficile che avessi mai dovuto  affrontare.
Nella mia mente si affollavano i ricordi di tutti i preziosi momenti passati insieme, e non riuscii a trattenere una lacrima. La disperazione, la solitudine, quel vuoto incolmabile che sentivo nel cuore, rischiavano di prendere il sopravvento. Il dolore che provavo nel profondo del mio animo si propagò in tutto il  mio corpo, e dovetti sdraiarmi perché pensai di non farcela  a stare in piedi. Si poteva soffrire così tanto per amore? Sì caro mio, si poteva eccome.
Avrei tanto desiderato poterla salutare, ma poi non avrei avuto il coraggio di partire. Me ne stavo andando lasciando così tante parole sospese a mezz’aria, lasciando il mio cuore a porsi tanti quesiti a cui non avrei saputo rispondere, lasciando che la mia mente vagasse alla ricerca dei perché … ma forse di perché non ce n’erano.
Ti dico sinceramente che quel viaggio della speranza per me fu un incubo.
Passai la maggior parte delle notti insonne, non riuscivo a darmi pace. Sapevo che una volta arrivato a New York avrei dovuto rimboccarmi le maniche e concentrarmi sul mio avvenire, anche perché avevo preso una decisione. Sì, avrei lavorato, sudato, faticato, pianto e versato sangue, ma sarei diventato un attore, avrei risparmiato per inviarle un biglietto di sola andata, mi avrebbe raggiunto in America e le avrei chiesto di sposarmi! Ah caro amico mio, che bel sogno non ti pare? Peccato che non avevo preso in considerazione che la vita si sarebbe frapposta fra me e la realizzazione dei miei desideri.
Forte di questa nuova decisione cercai di non piangermi addosso e di prepararmi ad affrontare questa nuova sfida.
Non avrei cercato mia madre.
Sarebbe stato facile entrare a fare parte di qualche compagnia sfruttando il suo nome, o il grado di parentela, ma volevo farcela da solo, volevo che la mia Tutte Lentiggini fosse orgogliosa di me.
Mi chiesi se fosse tornata alla sua routine scolastica e se le acque avessero cominciato a calmarsi. Mi spiaceva non poter essere lì a prendermi cura di lei, ma sapevo che il damerino e Stair avrebbero vegliato su di lei. Aveva dei buoni amici su cui contare.
Purtroppo anche Albert era partito, l’aveva affidata a me, se solo avesse saputo … Albert … mi mancava il mio unico vero amico. Nella vita non no più incontrato nessun altro come lui. Mi manca tuttora sai? Ma di questo forse  parleremo in un altro momento.
Torniamo al mio viaggio.
Credo che tu abbia capito come mi sentivo.
Dovevo raccogliere i miei stessi cocci e rimettermi in piedi, lo dovevo a me stesso e a Candy.
Quando sbarcai in America, fui sopraffatto dalle emozioni.
Ero tornato nella terra dove avevo trascorso l’infanzia, nella patria di mia madre, nella terra che aveva dato i natali alla mia Tutte Lentiggini. Ero grato a quella terra perché era la madre delle due donne più importanti della mia vita.
Con il mio poco bagaglio cominciai a vagare per la città. Avrei dovuto cercare un alloggio in cui sistemarmi per poi poter cominciare a cercare un lavoro. Ma questo non prima di aver visitato un luogo per me importante. Prima di gettarmi nella mischia e nella frenetica vita di New York, c’era un posto in cui dovevo assolutamente recarmi.
Dicevi? Sì mio caro, il duca lavorò come un qualsiasi cittadino, quando lasciai mio padre a Londra abbandonai anche il mio nome, rinunciai al casato.
L’America avrebbe conosciuto Terence Graham!
Terence Granchester  era sepolto nel profondo del mio cuore, viveva spensierato e felice nei ricordi dei  bei momenti trascorsi insieme alla propria venere.
Vorrai perdonarmi se ho bisogno di una pausa? Potrebbe servire anche a te.
Domani ripartiremo dalla mia avventura Newyorkese; dovrei anche raccontarti  ciò che successe a Candy ma questo a tempo debito, forse.
Ti lascio amico mio con la promessa di riprendere presto.
E ogni promessa è debito, parola di Duca.


Grazie a tutte per essere passate!Ho problemi con L'XML perdonatemi il "blocco"!

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Capitolo 13
*** Capitolo XIII ***


“E’ mezzanotte e non c’è alcun rumore
proveniente dalla strada
la luna ha perso i ricordi?
Sta sorridendo da sola
al lume dei lampioni
le foglie appassite si depositano ai miei piedi
e il vento comincia a mormorare.
Ricordo, tutta sola sotto la luce della luna
posso sognare i giorni passati
la vita era meravigliosa allora
ricordo i momenti in cui
ho davvero capito cosa fosse la felicità
lascia che il ricordo viva di nuovo” (Memories da Cats)
 
Come promesso sto per raccontarti del “luogo” che volevo visitare assolutamente prima di cominciare la mia nuova avventura.
Cerca di avere un po’ di pazienza se potrai perché, come avrai capito, non mi accingo a parlare di un periodo felice. Dicevi? Lo so, i momenti felici sono stati pochi fino ad ora, e pensa quindi a quanto poco potevo aggrapparmi durante quelli di sconforto! E comunque eccomi qui! Pronto  ( non ne sono proprio sicuro) a ripercorrere con te le tappe della mia vita. Oh no, non mi piango addosso anche se potrebbe sembrare così, sto solo raccontando, ricordando con te.
Ma torniamo al mio viaggio, ti va?
Ai tempi i treni non erano certo come adesso, ma lenti e sovraccarichi di persone.
Non avevo molti soldi con me, così dovetti accontentarmi di un posto di seconda classe, ma non mi interessava, l’importante era raggiungere la mia meta.
Perché era così importante? Possibile che tu non abbia ancora capito dove mi stessi recando? Ti facevo più perspicace caro compagno! Scusami, non volevo offenderti, lungi da me.
Non so nemmeno io quante ore passai su quel treno, cominciava a fare freddo.
L’inverno incalzava e mi stavo recando verso una della città più fredde d’America.
Vuoi un indizio? Indiana! Eh sì caro mio, oramai avrai capito!
Perché mi stavo recando alla Casa di Pony? Avevo bisogno di vedere, di conoscere, di immergermi nei luoghi dove lei era cresciuta. Certo, sapevo che mi avrebbe fatto male, ma mi sarebbe servito per sentirmi più vicino a lei. Sapevo che sarebbe rimasta per sempre nel mio cuore e che sarebbe stata solo questione di tempo prima di poterle finalmente  inviare quel famoso biglietto di sola andata.
Non potevo certo sapere cosa mi riservava un imminente, troppo imminente, futuro.
Quando finalmente giunsi alla stazione di La Porte imperversava una bufera di neve.
Certo, come al solito la fortuna era dalla mia parte! Respirai profondamente quell’aria, era la stessa che la mia Tutte Lentiggini aveva respirato per anni. Guardai il cielo oscuro, era lo stesso sotto il quale lei aveva vissuto a lungo. Cercai di imprimere nella memoria tutto ciò che potevo scorgere in quel buio tardo pomeriggio di quella fredda e bianca giornata.
Quando giunsi alla Casa di Pony fui sopraffatto dall’emozione. Ero lì, dove Candy mi avrebbe dovuto portare, o almeno così ci eravamo promessi, ma ero solo, sconsolato e rischiavo di affogare nel dolore che la vista di quel luogo riusciva a causarmi.
Dovetti cercare di ricompormi prima di bussare a quella porta.
Mi presentai come un compagno di scuola di Candy e fui accolto con gran calore e gentilezza da Miss Pony e Suor Maria.
Mi fecero visitare l’orfanotrofio, mi mostrarono alcune foto di Candy da piccola e mi raccontarono della sua infanzia. In alcuni momenti mi parve di vederla mentre si arrampicava sugli alberi, correva per casa, mentre cucinava bruciando ciò che avrebbe voluto preparare. Me la immaginavo correre felice e spensierata … quando la chiara immagine dei suoi occhi verdi  e il suo buffo naso a patata mi tornarono in mente, dovetti trattenere le lacrime. Non volevo certo piangere di fronte alle due donne, si sarebbero poste delle domande a cui non avrei potuto dare risposta.
Nonostante amassi  Candy dal profondo della mia anima, non eravamo altro che amici.
Non le avevo mai dichiarato i miei sentimenti apertamente;  e non lo aveva fatto nemmeno lei.
Per quanto potessi sperare che il mio sentimento fosse ricambiato non ne potevo avere la certezza. Mi contraddico? Oh no caro mio, a quei tempi forse sapevo che l’anima di Candy apparteneva alla mia, ma ero così insicuro che la mia mente riusciva a fare da filtro e a impedire a quella certezza insita in me di prendere il sopravvento.
Sai, quella mia visita alla Casa di Pony mi permise di capire molte più cose su di lei. Nonostante fosse cresciuta in ristrettezze, l’essere stata amata dalle sue due “madri” l’aveva resa una bambina ricca: la sua generosità, la sua allegria, la sua bontà, la sua positività, la sua disponibilità nei confronti degli altri …
Tutte cose che né un nome, né i soldi, né una scuola rinomata le avrebbero mai dato.
Quando il mio sguardo cadde sull’orologio mi resi conto di aver abusato troppo della disponibilità di Suor Maria e Miss Pony e chiesi loro di indicarmi come raggiungere la Collina di Pony.
Le salutai e diedi un’ultima occhiata a quella casa: volevo portarmi nel cuore il calore di quel nido, affinché potessi avere qualcosa con cui scaldarmi nei freddi giorni del triste inverno che mi attendeva.
Mi incamminai sotto la neve che continuava a fioccare incessante. Le fioche luci della cittadina illuminavano il sentiero.  Ad ogni passo riuscivo a vederla mentre correva, rideva, si divertiva a giocare con Annie, mentre cadeva e si sbucciava le ginocchia. Arrivai finalmente in cima e vidi il grande albero che lei era solita chiamare Papà . Una sagoma imponente che sembrava vegliare sulla collina di Pony e sull’orfanotrofio. Con i suoi grandi e lunghi rami pareva abbracciare la collina e proteggerla dalle brutture del mondo esterno.
Scrutai l’orizzonte, e il mio cuore saltò un battito. Era proprio come trovarsi sulla seconda Collina di Pony! Se avessi chiuso gli occhi forse riaprendoli me la sarei trovata davanti sorridente. Provai a chiuderli, e potei sentirla ridere. Mi mancava la mia Tarzan Tutte Lentiggini, come avrei fatto ad andare avanti senza di lei?
Potevo solo imprimermi nella memoria ogni singolo angolo di quel paradiso, per racchiuderlo nel mio animo ed attingervi ogni qualvolta la vita sarebbe stata dura con me. E caro mio, non sai quante volte dovetti  fare fronte a situazioni difficili.
Mi ricordai di avere l’armonica in tasca, così decisi di suonarla, la suonai per lei. Sperai che le mie note potessero giungerle e parlarle dell’amore che inondava il mio cuore. Sperai che riuscisse ad essere serena e felice alla St. Paul.
Non so per quanto tempo rimasi sulla collina.
Mi resi conto di essere lì da un po’ solo quando le mie mani cominciarono ad intorpidirsi. Riposi l’armonica in tasca, la mia preziosissima armonica, e mi avviai verso la stazione.
Il gelo di quella notte non solo mi era penetrato nelle ossa, ma aveva raggiunto il mio cuore, atrofizzato per il troppo dolore.
Lasciai quel posto  portandomi dietro la magia che avevo sentito, provato. L’avrei portata nel mio cuore per tanti anni.
Sulla strada di ritorno fui così fortunato da trovare un passaggio.
Mi attendevano un nuovo lungo viaggio e le luci scintillanti di New York.
Mi chiesi per quanto mi sarei sentito come un marinaio in balia delle onde, una nave senza porto cui attraccare. Mi chiesi se il dolore che stavo provando avrebbe mai trovato un minimo sollievo.
Lo so, avrei dovuto essere più positivo, non avevo perso Candy per sempre, l’avrei rivista, era questione di tempo, eppure c’era quel senso di inquietudine, come un nuvola nera che aleggiava sul mio capo, a non abbandonarmi mai e non permettermi di sentirmi tranquillo.
Come ti dissi, arrivato a New York dovetti trovare un lavoro per mantenermi! No, non ti svelerò cosa feci, mi spiace, ma posso solo dirti che dovetti arrangiarmi come meglio potevo. Spesso i soldi che guadagnavo mi bastavano a mala pena per pagare l’affitto. Passai giornate intere senza avere nulla da mettere sotto i denti ma poco mi importava.  Il mio obbiettivo era quello di entrare a fare parte di una compagnia teatrale e non avrei demorso.
Non ti dico quanti provini feci, e quante porte mi furono sbattute in faccia. Non avevo un’istruzione teatrale, non avevo avuto modo di studiare e quindi mi scartavano a priori senza darmi una chance. Non sai in quanti si pentirono di avermi cacciato malamente e avermi chiuso la porta sul viso quando tutto ciò che avevo chiesto loro era una possibilità per dimostrare che potevo farcela.


NDA Salve a tutte Terencianine! Che dire, pian piano ci stiamo avvicinando al momento della separazione... spero che saprete essere forti e che possiate trovare la forza di continuare a leggere.
Mi piacerebbe sapere se questa storia mi va sta piacendo, a parte le solite tre persone che mi lasciano il loro parere, non ho la più pallida idea di come stiate trovando questa storia e, siccome la ritengo il mio fiore all'occhiello, mi farebbe moltissimissimo piacere sentire la vostra voce.
Vi ringrazio tantissimo per la costanza con cui "ci" seguite e mando un super ringraziamento alle tre anime coraggiose che continuano a commentare.

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Capitolo 14
*** Capitolo XIV ***


“Vorrei essere il vento
per spazzare via il dolore,
il sole per scaldare
il freddo del tuo cuore.
Vorrei essere il mare
e con le onde portare la pace.
Vorrei essere il gelo per
congelare l'odio.
Vorrei essere un orologio
per regalarti del tempo.
Una stella per illuminare
il buio dentro di te.
Vorrei essere la notte
per riempirti di sogni,
l'alba per regalarti
un altro giorno.
Ma sono solo io
e posso solo amarti.”

-Silvana Stremiz-



Perdonami, ti stavo raccontando dei miei molteplici e vani tentativi di farmi dare udienza  presso una compagnia teatrale a Broadway.
Ti chiederai perché a volte interrompo il mio racconto senza spiegazioni, ma presto capirai.
Non sai quante volte tornai a casa sconsolato e demoralizzato, del resto quanto più tempo passava e tanto più ne avrei avuto bisogno per poter raggiungere una certa stabilità professionale ed economica che mi avrebbe permesso di riprendermi la mia Candy, cosicché lei avesse potesse  il posto che le spettava di diritto, e cioè accanto a me.
Non mi pesava affatto non avere amici e nessuno con cui parlare, sono sempre stato un tipo solitario e taciturno, motivo per cui forse ti dovresti meravigliare di tutte le parole che riesco a mettere nero su bianco su queste pagine ma sappi che c’è un motivo per cui lo sto facendo.
Il mio anziano cuore sente il bisogno di raccontare. Per tanti anni ho taciuto ma è arrivato il momento di dire addio al dolore e seppellirlo.
Vuoi sapere se soffro? Oh no, questo non posso certo dirtelo ma sappi che a breve avrai le risposte che cerchi, non ti preoccupare.
Oh Candy, quante pazzie avrei fatto per lei se solo avessi potuto, se il destino non si fosse messo tra di noi.
Il mio cuore faceva le capriole al solo pensiero di lei.
Nelle lunghe e solitarie notti il mio pensiero spesso tornava a lei, mi bastava chiudere gli occhi e i suoi stupendi e vibranti fanali tornavano alla mia memoria sorridenti e spensierati.
A volte il mio sonno veniva disturbato da incubi che ripercorrevano quanto avvenuto quella dannata sera presso le stalle della St. Paul School, mi svegliavo spesso fra i singhiozzi, una sensazione di ansia, impotenza, un sentirsi inutile, inadeguato … maledicevo spesso mio padre per non avermi aiutato, e me stesso per non aver osato …
Certo che piansi, non lo feci mai davanti a nessuno, solo lei mi vide una volta versare delle lacrime, ma te lo racconterò più avanti.
Ora lascia che ti riporti fra le magiche mura del teatro.
Ti ho già accennato al giorno in cui mi recai presso la compagnia Stratford, vero?
Sì, bravo ricordi bene, fu Susanna ad aprirmi la porta.
Così conobbi Robert Hathaway.
Lui mi diede una possibilità, ebbe fiducia ed investì in me, credette in me come nessuno prima aveva osato fare.
In quell’adolescente scorse qualcosa che gli altri non riuscirono ad individuare, anche se non saprei dirti di preciso che cosa: mi ricordo solo che mi confessò, a distanza di anni, di avere visto ardere nel mio animo il fuoco sacro dell’arte.
Grazie a lui potei imparare, studiare, crescere ed affinare la tecnica.
E’ a Robert e alla mia Ispiratrice che devo il mio successo, sarò onesto. Lei mi ha sempre spronato a crescere e a diventare migliore, ha sempre creduto in me, e lo stesso vale per Robert.
Non sai quanto senta la sua mancanza, per me è stato come un padre, un amico, un fratello.
Nonostante mi riappacificai con mio padre, ma di questo ti parlerò più avanti, non riuscii mai a raggiungere con lui lo stesso grado di intimità e di fiducia che avevo raggiunto col mio maestro.
Mi ricordo il giorno in cui mi affidò il mio primo ruolo importante, il Re di Francia nella tragedia “Re Lear” di Shakespeare.
Mi infervorai perché credetti che si fosse lasciato influenzare dalla presenza di mia madre all’audizione.
Penso di averti dimostrato di essere una persona molto impulsiva, e proprio quel giorno ne diedi nuovamente prova. I miei colleghi avevano visto Eleanor seduta fra il pubblico e non so come avevano scoperto che fosse mia madre, del resto le bugie hanno le gambe corte ed è difficile mantenere certi segreti.
Non sapevo certo che lei avrebbe assistito alla mia audizione, se lo avessi anche solo lontanamente immaginato non glielo avrei mai permesso.
Sentii i miei colleghi dire che la scelta di Robert era ricaduta su di me perché ero il figlio della famosa Eleanor Baker e non certo per i miei meriti.
Non so come feci ad essere così sciocco da dare loro credito, da permettere che la loro invidia minasse la mia sicurezza e stabilità, ma del resto era la prima volta che mi veniva assegnato un ruolo importante ed era da così poco che facevo parte della compagnia, che studiavo con loro, che non credevo di poter ottenere quel risultato in così breve tempo.
Eppure Robert aveva creduto in me e a quanto pare lo stavo ripagando nel migliore dei modi: diventando sempre più bravo, così tanto da consentirgli dopo poco tempo di potermi affidare un ruolo di spessore.
 Se avessi avuto successo sarebbe stata una soddisfazione anche per lui, avrebbe dimostrato di aver avuto ragione a riporre la sua fiducia in me.
Ma come ti dicevo all’inizio, lasciai che la cattiveria e l’invidia dei miei colleghi insinuasse il dubbio nella mia mente. Irruppi nella stanza di Robert quasi accusandolo, gli chiesi se avesse ricevuto pressioni; ma sbagliai su tutti i fronti.
Sbagliai a credere che Robert si sarebbe lasciato corrompere o convincere da mia madre e sbagliai a credere che mia madre avrebbe interceduto per me.
Entrambi credevano in me e nelle mie capacità.
Quando mi resi conto di quanto fossi stato sciocco, irruento, impulsivo, mi vergognai di essermi precipitato dal nostro direttore con una tale furia. Dovetti ringraziarlo perché si dimostrò oltre modo comprensivo,  perdonando quella mia reazione eccessiva e soprattutto l’offesa che, involontariamente,  gli arrecai.
Mi sentii decisamente sollevato quando chiarimmo e ebbi la conferma che mi aveva scelto per i miei meriti. Potei leggerlo nei suoi occhi e così non ebbi più dubbi a riguardo.
Nei giorni successivi Robert ci comunicò che avremmo girato il paese.
Non potevo prevedere ciò che sarebbe accaduto a Chicago. Se solo avessi saputo … se solo per una volta avessi seguito il cuore … perché quando c’era di mezzo lei il mio cuore urlava sempre ma la mia mente si rifiutava … si rifiutava di ascoltare, di sentire, di credere.
Beh ma questo vogliamo lasciarlo al prossimo appuntamento?
Susanna? Perché mi chiedi di lei? Sì, ci capitò di studiare insieme o meglio, di provare le parti insieme ma niente più, con lei non riuscivo a trovarmi in sintonia nemmeno sul palco. Nonostante fosse ritenuta una giovane promessa inconsciamente mi rifiutavo di entrare in contatto con lei e di sintonizzarmi sulla sua lunghezza d’onda. A volte mi chiedo se il mio cuore non avesse visto prima degli occhi, sentito prima delle orecchie e capito prima della mente.
Vuoi davvero saperlo?
Beh prima di tutto pensai che se fossi riuscito a dimostrare di essere un bravo attore, se fossi riuscito ad incantare il pubblico, forse Robert mi avrebbe affidato altri ruoli importanti, e finalmente avrei potuto raggiungere un livello economico che mi avrebbe permesso di comprare un anello e quel biglietto di sola andata … poi realizzai che non sapevo dove fosse Candy e se fosse rimasta o meno alla St. Paul ma questo avrei potuto scoprirlo, non mi sarei certo demoralizzato davanti al primo impedimento.
Ma la cosa più importante a cui rivolsi il mio pensiero in quel momento fu proprio lei, Candy.
 Avrei voluto poter condividere con lei la gioia di avere ottenuto la mia prima parte importante, avrei voluto studiare con lei, ripassare con lei , come facemmo quell’estate … no, non posso ricordare ancora la Scozia, abbi pazienza, a quei tempi quei ricordi erano il cibo quotidiano per la mia anima ma sarebbero diventati a breve ricordi agrodolci, dolorosi. Perché? Perché ogni volta che mi sfioravano la mente mi rendevo conto che non avrei MAI amato ancora. Non di meno, non di più, semplicemente non avrei mai amato un’altra donna. Era una rivelazione amara ma forte, la consapevolezza di ciò che mi legava a Candy era talmente totalizzante da farmi sentire dolore e al contempo fortunato. Sapevo di avere trovato l’Amore, con la A maiuscola, quello che in pochi nella vita provano davvero. Per questo caro mio, nonostante i momenti di dolore potranno sembrarti prevalere su quelli felici, non ti stupire se oso dirti che non smetterò mai di ringraziare il cielo per avermela fatta conoscere. Per un suo solo sorriso avrei rivissuto tutto quando successe di lì a breve.
Scusami ora, vorrei deporre la penna per un po’.
Continueremo fra poco. Preparati per favore, perché il successivo ricordo … beh pazienta amico mio e cerca di arrivare al prossimo appuntamento a mente fresca e col cuore pronto.
Buona notte, a presto.
E Grazie.


NDA: Volevo ringraziare tutti, specie coloro che negli ultimi giorni l'hanno inserita tra le preferite, le seguite o le ricordate.
La mia storia ne guadagna in visibilità ed acquista nuovi lettori grazie a questo e grazie alle recensioni.
Sapete come funziona EFP, non posso farci nulla.
Che ne pensate di questo capitolo?
Sapete cosa sta per succedere vero?
Allora, prepariamo i fazzoletti e stringiamoci in un abbraccio.
Grazie a tutti, di cuore.

 

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Capitolo 15
*** Capitolo XV ***


 
“Dio mio!
Un minuto  intero di beatitudine!
E’ forse poco per colmare la vita di un uomo?”
-Le notti bianche, Dostoevskij-

 
Eh sì, di città in città girammo l’America per giungere finalmente a Chicago. Era ormai primavera inoltrata, il mondo tornava a sorridere, cercai di ricordarlo a me stesso proprio come quando lo avevo ricordato a Candy.
Erano passati mesi dalla nostra separazione e il mio cuore non aveva smesso per un solo istante di sentire la sua mancanza, di cercarla, desiderarla, amarla e sperare. Forse dovrei essere felice di quell’infinitesimo regalo che mi fece il fato, ma capirai se in quel momento riuscii solo a fossilizzarmi sull’ingiustizia di tutto ciò che accadde.
Erano stati mesi difficili, mi stavo affermando come attore, avevo ricevuto delle recensioni lusinghiere, apparivo spesso sui giornali, mi avevano addirittura affibbiato l’appellativo di “rivelazione” dell’anno, eppure non riuscivo a sentirmi al settimo cielo come avrei dovuto. Mi mancava quel “qualcuno speciale” con cui si devono condividere i bei momenti della vita. Mi ero ritrovato diverse volte a rigirarmi nel letto senza pace; la sua mancanza era così forte da impregnare qualsiasi cosa facessi, non riuscivo assolutamente a ricacciare il pensiero di lei. Gli unici momenti in cui riuscivo a svuotare la mente erano quelli che spendevo sul palco, ma appena tornavo ad essere Terence la cruda realtà mi colpiva come un pugno al volto.
Scusami, ti parlavo di Chicago. Sai quel giorno mi arrabbiai molto quando scoprii che avremmo recitato solo per la classe alta: io che odiavo la casta di cui facevo parte, io che avevo rinnegato il mio nome, dovevo asservire la mia arte a quei beceri senza cuore? Perché le classi meno abbienti non potevano fruire della magia del teatro? La trovai una cosa così ingiusta!
Eppure quella sera fu proprio grazie a quella sciocca festa che …
Ma lascia che ti racconti.
Quella sera alla fine della rappresentazione, uscii dal teatro con Susanna, una carrozza ci attendeva all’uscita sul retro. Non sai che sciocco fui: mi parve di sentire la “sua” voce ma in mezzo a tutte quelle fans che strillavano il mio nome, non riuscii a vederla e pensai che fosse solo uno scherzo della mia mente.
Del resto il desiderio di vederla era tale che rischiava seriamente di compromettere la mia lucidità.
Così, temendo di essermelo semplicemente immaginato, non indugiai oltre e salii sulla carrozza.
Quando giungemmo alla festa ebbi la spiacevole sorpresa di rivedere Iriza. Fra tutte le persone che avrei potuto incontrare, proprio lei! Il mio disprezzo nei confronti di quella serpe senza cuore era così opprimente che dovetti fare leva su tutte le mie forze per non darle alcuna soddisfazione, del resto se avessi reagito malamente lei l’avrebbe avuta vinta.
E pensare che quella sera in quella sala c’erano le due persone che mi hanno rovinato la vita, e l’hanno rovinata alla mia Tutte Lentiggini, Iriza prima e Susanna in un secondo momento. Mi chiedo spesso come sarebbero andate le cose se non avessimo incontrato queste due donne senza scrupoli sulla nostra strada se forse  …
Un inserviente, credendo che lo avessi perso io, mi restituì un fazzoletto che portava le mie iniziali ricamate.
Lo aveva trovato sul loggione. Non ci misi molto a connettere … il fazzoletto … era quel fazzoletto … quindi Candy era stata lì, e mi aveva visto recitare? E quindi non mi ero sbagliato quando mi era parso di avere udito la sua voce chiamare il mio nome all’uscita del teatro! Che sciocco! In preda alla felicità ma anche alla paura di non riuscire a vederla mi precipitai come un furia per le strade di Chicago. L’avrei cercata alla residenza degli Andrew … o forse era già di ritorno alla Casa di Pony? Brancolavo nel buio ma non avevo alcuna intenzione di demordere e darmi per vinto, l’avrei trovata a costo di cercarla per tutta la notte.
L’aver scoperto che Candy si trovava in America, che eravamo nella stessa città, stordì i miei sensi. Stringevo quel fazzoletto fra le mani mentre correvo per le vie di Chicago, quando all’improvviso intravidi Archie, Annie e Stair dall’altro lato della strada.
Li fermai e chiesi ad Archie dove fosse Candy, ma quando il damerino mi rispose che non ne aveva idea, mi arrabbiai con lui; credetti che volesse ostacolare il nostro incontro.
“Candy non ha mai smesso di pensarti, non vedeva l’ora di vederti a teatro” trovò il coraggio di dirmi Annie. Poi Stair mi disse che Candy lavorava al Santa Johanna.
Faceva l’infermiera, non potevo crederci!
Quando vidi una carrozza fermarsi per far salire una signora, la scaraventai via e vi salii. Lo so, fuiimperdonabile, ma non capivo più nulla, tu non hai idea. Volevo correre da lei, era passato così tanto tempo da quando l’avevo vista l’ultima volta.
Fortunatamente quando il cocchiere capì che dovevo recarmi in ospedale, fraintendendo le mie parole, mi ci portò il più velocemente possibile.
Il viaggio mi sembrò interminabile, come se fosse stata una questione di vita o di morte.
Non potevo certo sapere che non l’avrei trovata. L’aspettai per ore.
Non mi consentirono di attenderla nella hall, così dovetti aspettare all’uscita.
Fortunatamente ve ne era una sola per cui non correvo il rischio di non vederla entrare.
Mentre attendevo con il cuore in gola il timore di non vederla cresceva col passare dei minuti. Non potevo credere che il fato potesse essere così perfido da farmi scoprire dove lavorava senza farmela incontrare. Ogni volta che una carrozza si fermava davanti all’ospedale le mie speranze venivano disattese e il mio cuore sembrava fermarsi per poi riprendere a battere spinto solo dalla delusione. Non volevo arrendermi ma era ormai notte fonda, e quindi dovetti tornare in hotel.
Non deposi le armi e le lasciai un messaggio approfittando della gentilezza di una sua collega.
Susanna si guardò bene dal dirmi che Candy era venuta a cercarmi in hotel. Se solo lo avessi saputo!
Mentre mi rigiravo nel letto insonne mi chiesi se quello non fosse un segno del destino; del resto non ero riuscito ad incontrarla, e forse c’era un motivo. Se non fossimo stati destinati a stare insieme? Se rivedermi avesse sortito un effetto negativo su di lei? Se avesse sofferto?
Poi inevitabilmente cominciai a pensare che magari lei era cambiata, che i suoi sentimenti nei miei confronti forse erano stati cancellati dall’incessante scorrere del tempo, dalla lontananza, del resto si dice lontano dagli occhi e lontano dal cuore, sbaglio?
Sì, lo so , hai decisamente ragione, le parole di Annie avrebbero dovuto convincermi del contrario ma, come ti ho detto in precedenza, ho sempre temuto di non meritare l’amore di Candy e, non capendo come una persona speciale come lei potesse amare una persona ordinaria e complicata come me, mi lasciavo spesso sopraffare dai miei dubbi e dalle mie paure.
Quando fu ora di partire, mi sentii morire. Le avevo lasciato un messaggio nel quale la informavo che avremmo preso il treno quella stessa mattina, ma lei non era passata ancora in hotel e non sapevo se l’avrei trovata in stazione. Scoprii presto che non era nemmeno lì, e in quel momento le mie speranze furono sostituite da un senso di desolazione, tristezza, ingiustizia, crudeltà … non era possibile. Stavo partendo e non ero riuscito a vederla nemmeno per un istante.
Quando il treno cominciò a muoversi lentamente lasciando la stazione, mi dovetti arrendere all’evidenza che era tutto finito ma i miei occhi che non avevano mai smesso di guardarsi intorno, furono più saggi della mente. Forse fu nuovamente il mio cuore a guidarli, o forse la connessione che c’era fra le nostre anime mi suggerì di continuare a sbirciare fra la folla.
All’improvviso un raggio di sole squarciò il buio che attanagliava il mio cuore quando la vidi, nella sua uniforme da infermiera,rincorrere il treno e gridare il mio nome.
Ricordo che mi disse “ Ti penso sempre!” e quelle sue parole furono un balsamo per il mio cuore travagliato e la mia mente titubante e dubbiosa. Mi sentii sollevato di sapere che avevo ancora un posto nel suo cuore, felice di aver rivisto i suoi bellissimi smeraldi che brillavano per me e le sue mille lentiggini che mi avevano stregato il cuore.
Era bellissima nella sua uniforme bianca!
Ero così contento che avesse trovato la sua strada e che stesse realizzando il suo sogno.
Fui felice di saperla in America, lontana dalla guerra che minacciava l’Europa.
La vidi cadere e mi dispiacque di non potermi precipitare giù dal treno ed abbracciarla. Potevo vedere le lacrime rigarle il viso mentre mi sorrideva, e sentii una stretta al cuore.
Nonostante fossero passati dei mesi, mi faceva sempre lo stesso effetto rivederla e non sarebbe certo cambiato col tempo. Ciò che riusciva, e riesce, a suscitare in me non è certo facile da spiegare, non ci sono parole che possano definire, dandone giustizia, cosa provavo in quei sublimi momenti in cui i miei occhi incrociavano i suoi.
Non ti parlo di attrazione fisica, non ti parlo solo di amore, credo fermamente che ci fosse una connessione, un connubio, un matrimonio fra le nostre anime; credo sinceramente che si appartenessero. 
Quando i miei occhi si fondevano nei suoi, potevo sentire l’Amore bruciare nel mio cuore ed ero certo, dalla scintilla che leggevo nei suoi, che doveva essere lo stesso anche per lei.
Oh sì, lo so che mi contraddico, temevo che non mi corrispondesse, e poi ti dico che ero certo che mi amava ... ma perdonami, questo continuo contraddirmi è proprio intrinseco del mio essere, credo che ormai tu lo abbia capito.
Da anziano quale sono ti posso dire con sicurezza che lei mi amava ma considera che ho avuto tantissimo tempo per maturare questa certezza.  E quante esperienze di vita ci sono volute per portarmi a capire! Quando successero le cose di cui ti sto raccontando ero poco più che un adolescente anche se stavo cercando ardentemente di provare al mondo e alla mia Giulietta che ero un uomo e degno di essere ritenuto tale.
In un misto di felicità e tristezza, con gli occhi velati dalle lacrime, rientrai in cabina  e presi posto. Se non fossi stato così cieco, così preso dal mio strazio personale, forse avrei potuto intuire.
 il tormento di Susanna e quel sentimento malato che stava maturando nei miei confronti. Sì, credevo di essere un uomo, ma ero solo un ragazzino inesperto che si affacciava alla vita e che avrebbe ricevuto molti colpi duri da essa.
Ti farò ridere ma le mie compagne per tanti anni furono tristezza, desolazione, amarezza e sofferenza. Troppe amanti per un solo uomo, vero?
Vuoi che ti racconti il resto della tournèe? Ah beh, non c’è molto da dire. Fu un successo e la mia ascesa  in ambito lavorativo sarebbe coincisa con il declino interiore.
Cosa? Ma certo che le scrissi, cosa pensi?
Ma lasciamo questo discorso per il prossimo appuntamento.
Vorrei rivedere le sue lettere, anche se le conosco a memoria se devo essere sincero … e credo che mi costerà una certa fatica rivivere quello strano scambio epistolare, per cui per favore sii buono e dammi tempo.
Strano? Oh te lo spiegherò … ti anticipo solo che qualcuno si intromise nel nostro carteggio, facendo sì che non ricevessi tutte le missive di Candy e riuscendo a intaccare la certezza di essere contraccambiato
che provavo nel cuore.
Sì lo so, fu un gesto vile e imperdonabile.
Appunto per questo, parliamone domani.
A presto amico mio.


NDA: Carissime lettrici (dubito ci siano lettori) grazie a chiunque ci stia seguendo!
Volevo ringraziare le ultime due persone che hanno aggiunto la storia tra le seguite o preferite, mi fate davvero un regalo immenso e mi ripagate della fatica e del prosciugamento emotivo che mi ha causato scrivere questa storia.
Se qualcuno di voi fosse interessato, sto scrivendo un'originale sulla falsa riga di questa, nel senso che è nuovamente un soliloquio anche se li la situazione è nettamente differente, si chiama "Il guardiano della finestra", mi farebbe piacere sapere che ne pensate.
Ad ottobre potrei essere poco presente, causa lavoro, ma non disperate, aggiorno appena possibile!
Grazie ancora a tutte!!!

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Capitolo 16
*** Capitolo XVI ***



“Le cose migliori e più belle del mondo
Non posso essere viste e nemmeno toccate.
Bisogna sentirle col cuore.”
-Helen Keller-

 
La corrispondenza …  a caro mio! Ieri mi chiedevo se fosse il caso di accennarti una cosa … o meglio di spiegartela, visto che te ne ho già accennato, ma poi …
Dicevamo, le nostre lettere. Non appena riuscii a reperire carta e penna, e soprattutto un po’ di tranquillità, cercai di scriverle qualcosa. Sono ridicolo? Dirai, con tutto quello che stai scrivendo qui, non eri capace di scrivere una semplice lettera?
Ebbene sì, non potevo! Non sapevo da dove iniziare! In realtà i miei pensieri fluivano nella mia mente come un fiume in piena, ma sembravo avere un blocco e non riuscire a convincere la mia mano ad impugnare la penna e mettere nero su bianco ciò che il mio cuore sapeva da sempre.
Così finii per scriverle una lettera che diceva tutto e niente, una lettera nella quale affermavo di sentire la sua mancanza (sempre velatamente e fra le righe, non avrei mai osato esternarle ciò che sentivo) ma nel contempo le  dicevo che ero talmente impegnato con il lavoro da non aver tempo di pensare a nulla. Come potevo essere così poco risoluto? Lei era la mia Candy, come potevo aver paura di dirle ciò che provavo?
Così lo scambio di corrispondenza inizialmente mantenne dei toni quasi formali, lei mi raccontava della sua vita a Chicago ed ero felice di sapere che poteva contare sui suoi carissimi amici, i fratelli Cornwell e Annie.
Non mi era mai piaciuto quell’Archie, io sapevo che era innamorato della mia Tutte Lentiggini, lui mi aveva odiato sin da principio perché forse, al contrario di Candy e me, si accorse da subito che ciò che ci legava andava oltre l’amicizia.
Durante quel periodo fui assalito da mille nuovi dubbi: più passava il tempo e più le mie lettere si intensificavano sia numericamente che per quanto riguarda ciò che le scrivevo, ma spesso le sue risposte erano evasive, quasi scoraggianti, e il mio entusiasmo veniva facilmente smorzato dalla freddezza delle sue parole. Se solo avessi saputo che quella serpe di Susanna aveva intercettato spesso le missive della mia Candy e, spinta dalla gelosia, mi aveva privato di quelle preziose lettere che erano la mia linfa vitale, il mio cuore non sarebbe stato avvolto da quella nebbia fredda che rischiava di gelare il sangue che scorreva nelle mie vene.
Forse si era illusa che, intromettendosi, o facendomi sospettare che Candy non mi ricambiasse, io avrei potuto amare lei. Che sciocchezza! Come aveva potuto anche solo pensare una cosa del genere? Per ogni Romeo una ed una sola Giulietta … ma lei questo forse non lo imparò mai.
In quel periodo di alti e bassi dovetti cercare di concentrarmi il più possibile sul mio obbiettivo finale, ottenere un ruolo importante nella tragedia che Robert avrebbe scelto di rappresentare per la successiva stagione teatrale.
Vuoi sapere quale scelse? Prova ad indovinare!
Esattamente, Romeo e Giulietta, quale dramma mi sarebbe potuto calzare meglio?
Mi chiedi se ottenni la parte? Tu che pensi? E comunque, non fingere di avere indovinato, non penserai forse di potermi fregare? Te lo ho detto qualche pagina fa che ottenni quel ruolo.
Come mi sentii?
Decisamente al settimo cielo anche se, ad essere onesto con te, nonostante fossi certo dei miei mezzi, certo che avrei interpretato un memorabile Romeo, ti mentirei se ti dicessi che in fondo al cuore non provavo nemmeno la minima traccia di timore.
Questo ruolo poteva segnare la mia ascesa al il firmamento delle celebrità o la mia discesa agli inferi.
No, che cosa hai capito! Non mi interessava affatto diventare famoso, mi importava solo di poter recitare e farlo bene ma, se avessi dimostrato di essere bravo, da questo sarebbero inevitabilmente scaturiti tutti gli onori del caso … e gli oneri.
Finalmente potevo scrivere a Candy dandole una bella notizia ed invitandola alla prima.
Col cuore in gola imbustai quel biglietto, le mani tremanti.
Le avevo riservato un posto a sedere nella  mia balconata privata e le avevo inviato un biglietto di sola andata per New York.
Mi chiesi se Candy avrebbe capito perché il biglietto del treno era di sola andata.
Chissà quante aspettative dovetti creare nella mia amata Tutte Lentiggini, aspettative che infransi, mandando il suo mondo e le sue certezze in frantumi e insieme ad esso, tutto ciò per cui avevamo lottato e ci eravamo ribellati fino ad allora.
Con un semplice gesto tutto sarebbe stato reso vano.
Ero ad un passo dal realizzare il mio desiderio, dal poter coronare il mio sogno d’amore, quando una tempesta me lo strappò via dalle mani con violenza.
Per quanto cercai di aggrapparmi alla convinzione che avremmo potuto superare quanto successo, che avremmo trovato una soluzione, il peso di quanto accaduto rischiava di schiacciarmi come un macigno.
L’irremovibilità della decisione che lei prese  fu da un lato liberatoria, non ponendomi nella condizione di dover scegliere, ma allo stesso tempo vincolante perché avrei dovetti rispettare ciò che lei scelse.
Vuoi sapere cosa successe di preciso?
Va bene, allora cercherò di raccontartelo, perdonami se non entro nel dettaglio ma nel caso sentiti libero di chiedere.
Ti ho detto che le avevo inviato la lettera contenente i biglietti.
Avevo ricevuto una sua risposta entusiasta dove si complimentava con me  e mi diceva, molto velatamente come sempre, che non vedeva l’ora di potermi vedere vestire i panni di Romeo.
Dalle sue parole mi sembrava emozionata e felice, probabilmente si aspettava che dopo questo incontro le cose potessero finalmente cambiare fra di noi.
Ed in effetti sarebbe dovuta andare così.
C’è da dire che le cose cambiarono e precipitarono prendendo una direzione inaspettata e fuori controllo.
E dire che avevo risparmiato il più possibile per comprarle un anello degno della sua bellezza.
Proprio quando avevo ricevuto la notizia che sarei stato Romeo ero corso a comprarle un delicato brillante, che ben si sarebbe sposato con il suo dito esile. Non vedevo l’ora di chiederle di diventare mia moglie, di poterle infilare l’anello al dito e vederla sorridere di gioia.
Vuoi sapere se mi sfiorò mai il dubbio che lei mi avrebbe potuto rifiutare? Forse, nei meandri oscuri della mente, dove la presenza dei timori e delle insicurezze era più forte della certezza dell’amore che lei nutriva per me … forse … ma in fondo al cuore ero sicuro che mi ricambiava, certo che mi amava. Provavo un sentimento così forte, così totalizzante, che avevo la certezza che non potesse essere unidirezionale, anche lei doveva amarmi, perché era come se il mio amore per lei trovasse forza e si ricaricasse grazie al suo amore per me, come in un circolo vizioso. Un po’ come il cerchio della vita, così per me era il cerchio del nostro amore.
Eppure …
Ricordi vero che Susanna era innamorata di me? O meglio, quella di Susanna credo fosse un’ossessione. Forse all’inizio era nato come amore, o forse desiderio di avere qualcuno che si prendesse cura di lei, ma col tempo da amore si era trasformato in qualcosa di incontrollabile. Penso sempre che se avesse capito, se ne avesse preso coscienza, probabilmente io sarei morto, lei non avrebbe perso la gamba, e ad entrambi sarebbe stata risparmiata la lenta agonia che lo stare insieme, io costretto da senso di colpa, lei dalla sua ossessione, ci inflisse.
Mancava ormai poco alla prima. Quella sera mentre provavamo per l’ennesima volta successe qualcosa che nessuno di noi avrebbe potuto prevedere. Un riflettore si staccò dal soffitto.
Mi ricordo solo che fui catapultato al suolo, qualcuno mi aveva allontanato dalla traiettoria del riflettore, facendomi scudo col proprio corpo: Susanna.
Ho dei ricordi alquanto confusi dei momenti seguenti perché furono a dire poco concitati.
Ricordo solo che portarono Susanna in ospedale, al St. Jacob, fu sottoposta ad un’operazione d’urgenza: rischiava la vita a causa mia.
Quanto dolore avrebbe causato questo suo gesto. Lei voleva salvarmi la vita, credeva che non sarebbe sopravvissuta se io fossi morto, e così non ci aveva pensato due volte a sacrificarsi per me, eppure forse se avesse saputo che con quel suo gesto mi avrebbe legato a sé facendomi morire dentro, lentamente, chissà se … cosa sto dicendo?! Ogni tanto mi lascio prendere dai miei deliri personali, perdonami.
Un gesto altruistico? Non credo, sai. Mi spiace, come ti ho detto in precedenza so di doverle essere grato, ma la gratitudine non può privarmi dell’obbiettività necessaria ad analizzare quanto accadde.
 Nei giorni successivi non riuscii in nessun modo a farle visita, passavo le mie giornate fra le prove in teatro e la sala di attesa sperando di poterla vedere. La madre non voleva che mi avvicinassi a lei ma poi quando la sua perfidia prese il sopravvento, architettò un piano per legarmi alla figlia per sempre e così finalmente ebbi accesso alla stanza di Susanna.
La notizia della perdita di una gamba mi aveva sconvolto, non sarebbe stata mai più la stessa, il suo sogno di fare l’attrice sarebbe stato spezzato, così come la sua fragile vita.
Sua madre cercò di convincermi che avrei dovuto prendermi cura della sua “bambina”.
La Signora Marlow riuscì ad esercitare una tale pressione psicologica su di me che finì seriamente col mettermi in crisi.
Ero combattuto perché mi sentivo colpevole nei confronti di Susanna, se la sua vita era cambiata, era solo colpa mia, ma in fondo quali colpe mi potevano essere attribuite? Non le avevo mai dato adito di poter anche solo sperare che l’avrei ricambiata, per quanto non ne avessimo mai parlato, era più che cosciente dei miei sentimenti per Candy.
Avrei dovuto starle vicino? L’avrei dovuta sposare? Avrei dovuto essere per lei il compagno che lei aveva tanto desiderato poter trovare in me?
Cosa avrei detto a Candy quando fosse arrivata?
Candy … avevamo atteso a lungo il momento in cui avremmo potuto finalmente riunirci eppure questo incidente incombeva sul nostro futuro con prepotenza.
Se solo avessi fatto capire a Susanna che non aveva speranze che una volta preso il mio cuore era per sempre, forse avrebbe trovato il coraggio di arrendersi.
Ma come avrei potuto dirglielo adesso?
Eppure mi chiedevo se potevo mentirle e darle un uomo a metà. Che razza di compagno sarei stato per lei? Sarei rimasto con lei solo per il senso del dovere che mi opprimeva a tal punto da rendermi faticoso respirare, da non lasciarmi dormire la notte e mi perseguitava persino nei miei sogni che si trasformavano irrimediabilmente in incubi.
Il mio cuore sarebbe partito con la mia Signorina Tutte Lentiggini e sarebbe rimasto con lei per sempre.
Che vita avrei condotto senza di lei, senza la mia ragione di esistere?
Vedi, mi riesce difficile spiegarti che tipo di amore provassi per Candy, ma era di quelli che né il tempo, né la distanza, riescono a scalfire.
Ero egoista a pensare a me e Candy in un tale momento? Se ti dicessi che non stavo pensando a me in senso stretto, ma alle tacite promesse che avevo fatto alla mia Tarzan, a quel biglietto di sola andata, all’anello riposto nel mio cassetto, alla cena presso quel ristorante discreto e rinomato che avevo prenotato per poterla chiedere in sposa … come avrei infranto tutti i suoi desideri? Con quale cuore avrei potuto ferire la persona che amavo, che amo, più di me stesso?
Non avrei potuto, non avrei mai trovato la forza, non volevo. Perché dovevo rinunciare nuovamente all’amore, perché la vita sembrava volermi privare della possibilità di poter essere amato e contraccambiato? Prima mia madre, poi mio padre, e ora Candy.
Che non fosse nel mio destino la felicità? Che fossi destinato ad errare triste e solo?
Certo che trascorsi dei giorni infernali. Il mio cuore cercava di convincermi a fare la cosa giusta e parlarne con Candy per trovare una soluzione, la mia mente, con tutta la sua razionalità, mi diceva che non potevo certo abbandonare Susanna al suo destino.
Così quando Candy decise per entrambi, sollevandomi da quella responsabilità, forse accettai passivamente, forse lei  fu un grado di prendere la decisione al posto mio, sgravandomi di quel peso.
Lei probabilmente credette di liberarmi da qualsiasi vincolo nei suoi confronti, mi rese libero di scegliere, ma in realtà io credo fermamente che mi costrinse a scegliere. Non so se lo fece per altruismo, conoscendola direi di sì, ma so per certo che neanche lei non sarebbe vissuta felice e spensierata sapendo di avermi sottratto a Susanna.
Se solo fossimo stati meno giovani, meno frettolosi ed impulsivi, se ci fossimo concessi del tempo per parlarne, confrontarci, riflettere. No, non sto dicendo che non avremmo comunque finito per comportarci come facemmo, sto solo dicendo che forse …
Vorrei raccontarti però del giorno in cui rividi Candy, quando venne a trovarmi a New York per la prima di Romeo e Giulietta.
Sì, le avevo taciuto dell’incidente, come avrei potuto accennarglielo per lettera?
E poi forse temetti che se glielo avessi scritto non l’avrei mai vista, che non sarebbe venuta a New York.
Io avevo ancora il desiderio e la speranza che la situazione si sarebbe risolta, altrimenti non le avrei fatto affrontare un tale viaggio a vuoto.
In cuor mio speravo che avremmo trovato una soluzione possibile. Forse non fui sufficientemente lungimirante, perché la situazione precipitò velocemente, sfuggendomi di mano e rischiando di causare più danni del necessario.
Permettimi di parlartene più tardi.
Penso di aver detto abbastanza per ora.
Ti auguro una buona giornata mio compagno di viaggio.
A presto.

 


Ragazzuole e ci siamooo! Pronte con i fazzoletti?
Oggi vi presento una novità! So che molte di voi non sono registrate su EFP ma scommetto che siete presenti su Facebook!
Bene, vi lascio la mia pagina autore, I soliloqui di AlbionMay mi farebbe piacere scambiare due chiacchiere con voi!
Buona lettura e grazie ancora!



 

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Capitolo 17
*** Capitolo XVII ***


“Com’erano candidi e soffici quei fiocchi di neve che ci
hanno visto insieme nel loro volteggiare lento e pigro
verso il selciato. Candidi fiocchi che mi hanno regalato
momenti che vorrei rivivere all’infinito. Momenti di
pura gioia perché tu eri con me, l’universo intero era
con me. Solamente essere accanto a te, sentirti
accostata a me mentre i fiocchi danzavano intorno a noi,
mi ha reso l’uomo più felice. Per questo avrei voluto
fermare il tempo, soprattutto nell’attimo in cui mi
guardavi ridendo e ti tenevi a me per non scivolare.
Momenti che custodirò gelosamente nel mio cuore, perché
non ritorneranno più … “
-Anonimo-



Siamo arrivati alla parte più difficile amico caro, se non vorrai seguirmi in questa tappa non preoccuparti, non ti biasimerò.
Intraprendo i miei primi passi sull’acciottolato del purgatorio … oh sì, in realtà fu un inferno vero e proprio ma all’inizio non me ne resi pienamente conto.
Come ti dicevo, la mia Candy sarebbe arrivata il giorno precedente la prima di Romeo e Giulietta.
Io mi trinceravo nel dubbio e nel dolore, non avevo avuto il coraggio di spiegarle per lettera quanto successo, in fondo avevo temuto che se lo avesse saputo non l’avrei rivista.
Così avevo deciso di tacerglielo per poi dirglielo di persona.
Credo di potere annoverare la notte che precedette il suo arrivo a New York fra le peggiori della mia vita.
Non riuscii a chiudere occhio; del resto come avrei potuto? Mi trovavo ad un bivio e mi ero comportato da codardo.
Non le avevo raccontato quanto successo e mi sarei trovato a farla soffrire più del necessario. Come avevo potuto essere così sciocco, così egoista? Volevo rivederla e quindi avevo pensato solo a me stesso. Avrei potuto scriverle di non venire, fingere di aver cambiato idea … No, non avrei potuto farlo, le dovevo una spiegazione di persona; forse se le avessi fatto credere che non l’amavo si sarebbe messa il cuore in pace, ma non potevo fare nemmeno questo. Chiamami egoista se vuoi, ma non volevo mentirle. Sarebbe stato facile farle credere che ero il bastardo che tutti pensavano ed aiutarla ad odiarmi, ma non potevo.
 La vita non poteva esigere  anche questo da me.
 E poi ero certo lei avrebbe visto oltre, mi conosceva bene, sapeva che non ero io … io che volevo proteggerla dal dolore, io che volevo renderla felice, io che vivevo per la sua felicità, sarei stato colui che le avrebbe inflitto un duro, durissimo colpo. Non me lo sarei mai e poi mai perdonato credimi.
Quella fu decisamente la peggiore delle punizioni a cui il fato mi destinò.
Quel peso sul petto che non mi faceva dormire diventava sempre più soffocante al pensiero che la notizia dell’incidente le avrebbe spezzato il cuore.
Che fare? Proporle di trovare una soluzione insieme o lasciarla andare, libera di vivere una vita serena nella quale io non fossi contemplato?
Pregai Dio, o chiunque ci fosse lassù di darmi la forza … la forza di fare la cosa giusta per lei, prima ancora che per me.
Quella mattina mi svegliai dopo una lunga notte travagliata e con il cuore pesante mi avviai in stazione.
Non potevo smettere di chiedermi perché il giorno che avrebbe dovuto essere il più bello della mia vita stava per trasformarsi in un incubo.
Avevo immaginato milioni di volte il nostro incontro: lei che scendeva dal treno e si guardava attorno impaziente, poi mi scorgeva e mi correva incontro … io l’attendevo a braccia aperte e finalmente trovavo il coraggio di baciarla … oppure no, sono ed ero troppo riservato per una cosa del genere, ma sicuramente l’avrei stretta a me inspirando profondamente il suo profumo.
Poi finalmente la intravidi:  i suoi occhi, le sue lentiggini, i suoi riccioli ribelli e il suo sorriso … mi era mancato davvero tutto di lei.
Mi mancava l’aria per quanto era bella e la consapevolezza che non sarebbe mai più stata mia mi colpì al viso come un fendente avvelenato. Quel veleno che lentamente si diffondeva nel mio corpo mi rendeva difficile e doloroso respirare.
Che incontro movimento caro mio!Altro che romantico come avrei voluto, come avevo sperato!
La guardai confuso, avrei tanto voluto abbracciarla ma temevo che se lo avessi fatto non avrei più trovato la forza di lasciarla andare. Dovetti lottare con tutto me stesso e contro me stesso perché ciò che desideravo correva il rischio di prendere il sopravvento su ciò che dovevo fare, la linea di confine era sottile, troppo sottile.
Mi stai chiedendo se avevo già deciso?
Sinceramente non saprei dirtelo.
In cuor mio speravo di poterne parlare con lei e di trovare una soluzione insieme, ma non volevo costringerla ad una vita in cui ci sarebbe stata la presenza ingombrante di un’altra.
Non volevo legarla in una relazione a tre, e se la conoscevo abbastanza … ma questo lo capirai a breve.
Vederla piangere mi avrebbe ridotto il cuore in cenere, tutte le promesse che le avevo fatto e le aspettative che a causa mia probabilmente si era creata, sarebbero state rinchiuse il quelle stille che le rigavano le guance … come avrei fatto a dirle che non era più possibile? Mi si spezzava il cuore per ogni lacrima che i suoi dolci smeraldi avrebbero versato, perché sarei stato più che consapevole di essere proprio io la causa di altre lacrime, stavolta ancora più amare.
Mi sentivo come un piccolo uomo impotente.
Quante volte ti ho detto che tutto ciò che avrei voluto era la sua felicità, proteggerla e darle la vita che meritava? E invece stavo per diventare l’artefice della sua sofferenza, del suo dolore. Perché dovevo essere proprio io il suo Caronte, perché dovevo essere io a traghettare la sua anima sulle vie dell’inferno?
Da codardo quale mi sentii in quel momento evitai di stare da solo con lei.
Credo sinceramente che se non fossi stato consapevole che le avrei inferto un’ulteriore sofferenza gratuita, non avrei resistito a quell’urgenza che mi nasceva nel profondo dello stomaco, dell’anima, e del cuore, di baciarla e di dirle quanto l’amavo.
Una volta che avesse assaporato la vita insieme a me con quale coraggio gliel’avrei strappata dalle mani? Perché sapevo che sarebbe stato così, sapevo che non c’era speranza alcuna.
Per quanto tempo avevo sognato quel momento …
Perdonami, un sospiro, sto cercando di rilasciare la tensione e l’ansia che rivivere quel momento mi provocano.
Non hai idea di quanti anni possano essere passati da quel maledettissimo giorno.
Eppure ricordo tutto così vividamente come se fosse accaduto solo ieri, persino il dolore nel rivivere i ricordi è intenso come allora.
Fui felice di constatare che lei era rimasta la stessa ragazza allegra, sorridente e scanzonata che mi aveva rapito il cuore, e che riusciva ad affrontare la vita e le difficoltà col sorriso sulle labbra.
Ero così fiero di lei, orgoglioso! Come avrei potuto non innamorarmi di lei?
Quando ammise che desiderava tanto rivedermi il mio cuore esplose. Mi ero trattenuto fino a quel momento ma come farlo davanti a quell’esternazione? Forse,fino ad allora, non avevo mai avuto bisogno di sentirmelo dire perché i suoi gesti mi avevano sempre dimostrato quanto fosse profondo il suo sentimento per me, ma sentire la sua armoniosa voce pronunciare quelle parole … mi aveva reso il più felice fra i mortali.
La sua delusione per quell’incontro così poco romantico mi colpì anche se capivo bene come si sentiva, ma non potevo, non volevo darle un’ulteriore delusione.
Come avrei potuto offrirle qualcosa per poi toglierglielo senza pietà poco dopo?
Sarebbe stato miele per la mia anima, miele che avrebbe addolcito le mie tristi e solitarie notti a venire, ma tenevo troppo a lei … non le avrei causato più male di quanto già non stessi per infliggerle.
Se poco tempo prima mi avessero detto che non avrei nemmeno tentato di creare un po’ di atmosfera … avrei riso … ma del resto non c’era bisogno di creare alcuna atmosfera perché bastavamo noi, sempre e solo noi due e non sarebbe mai cambiato.
Mi chiese di poter vedere il mio appartamento e così facemmo un giro in auto.
 New York era coperta dalla neve che cadeva incessante e faceva sparire ogni riferimento ed ogni certezza.
In auto parlammo dei suoi amici, e mentre lei si guardava intorno stupita e curiosa, la mia mente fu invasa dalla fastidiosa immagine della signora Marlow che veniva a turbare quell’unico istante di felicità di cui avrei potuto godere prima di cominciare la mia discesa in un baratro senza fine.
Mi sentivo strano, turbato, le immagini di Susanna e di sua madre mi tormentavano e non riuscivo a vivere appieno quei momenti preziosi con la mia Tutte Lentiggini.
Per fortuna c’era lei a farmi sorridere anche in una situazione come quella.
Quando vide il manifesto di Romeo e Giulietta e mi disse che avrebbe voluto cambiare il nome che riportava con il proprio non potei reprimere una fragorosa risata, seppur intimamente mi fece estremamente piacere un’altra sua confessione, anche se mascherata.
Le dissi che il dramma si sarebbe trasformato in una farsa con lei.
Finse di arrabbiarsi e si scagliò giocosamente contro di me, ma finimmo entrambi in terra e rovesciammo le tazze e la teiera.
Tornai con la mente a quanto accaduto una volta sulla seconda collina di Pony : i miei pensieri volarono felici e spensierati alla preziosa gioventù che non avremmo mai più vissuto insieme.
 Quanta malinconia per quei bei momenti.

Arrivò presto l’ora di salutarla.
Ci saremmo rivisti l’indomani … e poi avrei dovuto dirle …
Sarò sincero. Non mi trovavo in una situazione idilliaca, come potevo affrontare la prima con tutti quei pensieri che mi affollavano la mente? Persino Karen e Robert se ne accorsero anche se dissi loro che si sbagliavano . Mi arrabbiai, più con me stesso che con loro, perché in fondo sapevo che avevano ragione.
Tornando a casa passai sotto la finestra dell’hotel di Candy, le avrei mostrato la mia bravura, e sarebbe stata orgogliosa di me.
“Ciao Tutte Lentiggini sono certo che dormi e che stai già sognando, sarai fiera di me domani.
Buona notte e sogni d’oro” le dissi dando un ultimo fugace sguardo a quella finestra, poi mi incamminai recitando alcuni versi di Romeo. Mi sentivo come lui del resto. Stavo per rinunciare all’amore, per commettere quell’estremo sacrificio … stavo per affrontare la mia morte.
Certo non parlo di quella fisica, ma non è forse peggiore sapere di essere vivo ma condannato a perire lentamente ed inesorabilmente?

Sperai che quella lunga interminabile giornata fosse finita e invece trovai una lettera della solerte signora Marlow, la quale mi ricordava che non ero ancora passato a trovare sua figlia che mi attendeva con impazienza. Mi chiedeva di non lasciarla perché lei aveva bisogno di me.
Richiusi la porta pronto a fare il mio dovere, anche se in quel momento la rabbia rischiava di avere la meglio. Non avevo certo bisogno che mi assillasse e continuasse a ricordarmi che ormai la mia vita era segnata e che non potevo esimermi da stare vicino a colei che me l’aveva salvata.
Avrei tanto voluto dire alla cara signora Marlow che il mio senso di colpa da solo bastava a schiacciarmi e a farmi sentire privo di una via d’uscita e non avevo certo bisogno che lei rincarasse la dose.
Valeva lo stesso per Susanna, i suoi disperati tentativi di farmi capire quanto avesse bisogno di me non facevano altro che appesantire il mio senso di colpa e di impotenza.
Non capivo cosa volesse da me. Voleva legarmi a sé con il ricatto di avermi salvato la vita, poi diceva che voleva che stessi con Candy ma i suoi occhi la tradivano … sai, se fossi stato più maturo forse avrei fatto ciò che mi diceva il cuore … ero già dilaniato dal dubbio e non avevo certo bisogno che Susanna fingesse di spingermi fra le braccia di Candy nel tentativo di abbindolarmi ed ingannarmi. Voleva che pensassi che si sarebbe sacrificata per me, dopo avermi anche salvato la vita, ma non ero certo così sprovveduto da non riuscire a leggere fra le righe. Rimanevo dell’opinione che fosse una viziata ed egoista, abituata a prendere ciò che voleva, solo che questa volta per ottenere ciò che desiderava aveva perduto una gamba e la sua carriera e non sarei stato capace di essere così crudele, così spietato, da lasciarla da sola.
Sapevo di doverle essere riconoscente ma non poteva pretendere che cancellassi i miei sentimenti per Candy  e nemmeno che non mi sentissi come del resto mi sentivo.
Vuoi sapere come?
Intrappolato: intrappolato in una situazione più grande di me, intrappolato in una scelta fra due donne, quella che amavo e avrei amato per sempre e che mi aveva salvato da me stesso, e la donna che non avrei mai amato ma che aveva perso una gamba per me.
Quella notte faticai a prendere sonno, che per giunta fu popolato da diversi incubi.
Quanto avrei voluto non essere me in quel momento.
Mi sarebbe bastato poter tornare per almeno 5 minuti ad uno qualsiasi dei bei momenti passati alla St. Paul oppure in Scozia … il ballo di maggio … tempi leggeri, spensierati, quando l’alone di questa catastrofe che ci avrebbe travolto non era nemmeno percettibile …
Come feci a sopportare tutto quel peso?
 Ti ho accennato a Rocktown … finii necessariamente per trovare una via di sfogo nella mia vecchia amica bottiglia.
Però ti prego non farmelo ripetere, come ben sai non ne vado fiero.
Ma passiamo alla sera della prima ti va?
Oh certo che ero emozionato. Avrei recitato solo per la mia bellissima Musa, ero così contento che finalmente potesse assistere ad un mio spettacolo.
 Ero angustiato dalla situazione in cui ci trovavamo ma non potevo permettere ai problemi personali di salire con me sul palco.
Così trovai la mia concentrazione in camerino, e quando uscii per calcare quel palco, i miei guai rimasero in quella stanza.
Sperai che fosse orgogliosa di me.
Diverse volte sostituii il volto di Karen col suo mentre le dedicavo i miei versi d’amore.
Era il mio ultimo regalo per lei, il mio regalo d’addio. Volevo che si ricordasse di me mentre coronavo almeno uno dei miei due sogni. Non volevo né che si ricordasse dell’impacciato ragazzo del pomeriggio prima, né dello screanzato “giovane duca” che aveva incontrato sul Mauretania. Avrei voluto che portasse nel cuore l’immagine del giovane uomo all’apice della sua carriera che l’amava con tutto sé stesso e che nell’amarla,e solo in ciò, avrebbe potuto trovare la sua realizzazione e dare un senso alla propria vita. Volevo che portasse nel cuore un bel ricordo di me. Non mi avrebbe visto piangere, non mi avrebbe visto arrabbiarmi, non avrei ceduto. Non potevo e non dovevo, lo avrei fatto per lei.
Mi chiesi se fosse un segno del destino l’aver ottenuto il mio primo ruolo come protagonista proprio in quel dramma in cui il coronamento dell’amore fra i due giovani trova il culmine proprio nella loro morte.
Era forse ciò a cui eravamo destinati io e Candy? Nel momento in cui avremmo potuto amarci e vivere felici avremmo dovuto rinunciare l’uno all’altra, e per me sarebbe equivalso a morire, sarebbe certamente stata la morte dell’anima.*
Quando finì lo spettacolo la cercai inutilmente.
Non chiedermi perché ma ebbi il sentore che avesse scoperto di Susanna, del resto l’argomento era sulla bocca di tutti e fui proprio uno sprovveduto a pensare che in teatro nessuno ne avrebbe parlato.
Così corsi al St. Jacob, la paura rischiava di soffocarmi.
Sentivo un campanello di allarme rimbombarmi nelle orecchie sempre più forte, con la consapevolezza che la situazione sarebbe precipitata vorticosamente di lì a poco.
Quando giunsi in ospedale scoprii che Susanna era sparita.
Gli eventi si susseguirono così celermente che fatico quasi a raccontarteli, ma so per certo che fu proprio nel momento in cui misi il piede su quella terrazza e vidi Candy in piedi incredula e Susanna in terra che si disperava, che capii che era finita.
Una tormenta imperversava e la neve ricopriva tutto rendendo ancora più surreale quanto stava accadendo.
Non avrei faticato a crederci se qualcuno avesse tentato di convincermi che si trattava di un incubo, e dei peggiori: perdere la donna che amavo era l’incubo per eccellenza.
Presi Susanna in braccio sollecitato da sua madre e guardai la mia Candy per un instante che mi parve infinito. Potevo leggere il dolore e l’incredulità nei suoi occhi, non volevo sapere come si stesse sentendo in quel momento.
Se si sentiva tradita da me non avrei certo potuto biasimarla: non avevo avuto il coraggio di dirle niente quando avrei dovuto, e poi lo aveva scoperto da sola.
Con estrema fatica la lasciai sulla terrazza mentre portavo la mia carnefice nella propria stanza.
Eh certo caro che commisi un grave errore, mi sarei dovuto preoccupare di Candy e lasciare che Susanna fosse portata nella propria stanza dai dottori, ma in quel momento il peso del senso di colpa mi martellava nel petto e nelle orecchie ed era assordante.
Susanna mi disse che Candy le aveva salvato la vita e mi chiese di chiamarla perché voleva ringraziarla.
Così Candy non solo aveva salvato me ma persino la donna che ambiva a sottrarle l’uomo che amava?
Era uno scherzo del destino vero? Susanna si era sacrificata per salvarmi da quel riflettore e Candy stava per sacrificarsi per salvarmi da una scelta che non sarei stato in grado di prendere e dal quel senso del dovere che mi stava schiacciando e rischiava di fagocitarmi.
La raggiunsi e la trovai che piangeva, cercò di asciugarsi le lacrime sperando che non l’avessi vista e da perfetto idiota stetti al suo gioco, forse perché il desiderio di baciare via quelle salate stille e di abbracciarla, stringerla e me e dirle che sarebbe andato tutto per il verso giusto, era talmente forte che volli illudermi di aver visto male.
Mi ricordo che cercò di scherzare dicendomi che se fosse stata lei al posto di Susanna probabilmente non sarebbe stata così coraggiosa e non mi avrebbe salvato. Come poteva cercare di sorridere anche in quel momento così struggente? La nostra vita stava per andare in mille pezzi e lei cercava di celarsi dietro quel suo sorriso e fare scherzoso per non fare gravare su di me anche il peso del dolore che doveva portare in cuore.
Guardarla mentre saliva le scale, sentirle dire a Susanna che sarebbe partita la stessa sera perché meglio per tutti, mi fece capire di averla persa definitivamente. Stentavo a credere alle sue parole, o forse no, del resto sapevo, la conoscevo fin troppo bene e la sua decisione non poteva certo stupirmi. Si sarebbe sacrificata, avrebbe sacrificato il nostro amore per il bene di Susanna.
Rimasi fuori dalla stanza ma sentii tutto ciò che si dissero, così le parole della mia Tutte Lentiggini non fecero che confermare quanto mi avesse detto poco prima. Quel mio timore era più che fondato, avevo capito bene, non avevo frainteso: se ne sarebbe andata, quello era un addio.
Ricordo il dolore che provai quando la vidi uscire dalla stanza: piangeva, visibilmente scossa.
Poi quando si accorse della mia presenza si asciugò prontamente le lacrime e mi confermò che sarebbe partita quella stessa sera.
Mi offrii di accompagnarla ma lei non voleva, poi prese a correre. La bloccai perché non volevo che se ne andasse ma si divincolò e riprese a correre sempre più velocemente giù per quella dannatissima rampa di scale.
In quel momento per me fu come correre sempre più in basso fino alla bocca degli inferi.
Volevo raggiungerla perché non poteva andarsene, non poteva finire così.
Credo che quello fu l’ennesimo tentativo da parte del mio cuore straziato di ribellarsi alla ragione crudele, fredda, indifferente, che invece appoggiava e capiva cosa stava facendo Candy.
Avrei voluto tanto poter pensare solo col cuore e abbandonare la testa da qualche parte in quel momento.
Quel castello di sabbia che erano i miei sogni aveva resistito all’infrangersi delle piccole onde che ne avevano minato le fondamentama con l’arrivo della marea era stato spazzato via e non ne rimaneva più nulla.
Se non fossi stato così sciocco, non avrei mai costruito un tale castello di carte, sapendo che quell’uragano che si stava per abbattere su di noi lo avrebbe spazzato via senza alcun riguardo.
Avevo il cuore in gola mentre correvo giù per le scale, e quando finalmente la raggiunsi la attirai a me. La strinsi forte, inspirai il suo profumo e cercai di imprimerlo nella mia memoria, perché sarebbe stata l’ultima volta che l’avrei sentito. Riesco ancora a sentire il tepore della sua schiena contro il mio petto,i singhiozzi che scuotevano sia il suo che il mio corpo.
Eh sì caro piangevo eccome, mi stavano portando via la mia unica ragione di vita.
Forse in quel momento avrei dovuto osare, non sai per quanto tempo sono rimasto a chiedermelo.
 Le rimproverai tante volte nella mia mente di essersene andata senza mai voltarsi ma forse quel suo fermarsi sulle scale fu l’ultima chance che mi volle concedere per tentare di salvare il salvabile.
 Non avendolo intuito lasciai che la vita seguisse il suo ingiusto corso; le chiesi di non parlare, non volevo sentirglielo dire. Lo so, non me lo disse mai, ma che importava? Avevo davvero bisogno di udire le sue parole? I suoi gesti erano eclatanti e mi sarebbero bastati.
Inoltre se mi avesse detto che mi amava, o se le avessi confessato il mio amore a chiare lettere, a cosa sarebbe servito se non a torturarci ulteriormente?
Sì, in parte mi pentii di non averglielo detto ma, nel profondo del cuore ero certo che sapesse.
Ci facemmo la promessa più stupida che abbia mai pronunciato: saremmo stati felici e saremmo andati avanti pur se separati.
Non chiedermelo ti prego. Non so nemmeno io come feci a prometterglielo, sono certo che in quel momento ero talmente accecato dal dolore da non riuscire a ragionare, perché a posteriori … infransi la promessa eccome. Se lei voleva dimenticarmi era libera di farlo ma io non ci sarei mai riuscito e nemmeno volevo. Era marchiata a fuoco nel mio cuore … e come potrai capire è rimasto così per sempre.
Cosa le dissi prima che si divincolasse a scappasse via definitivamente?
Che mi dispiaceva doverla lasciare ma che dovevo farlo. E che non volevo che se ne andasse, avrei tanto voluto che il tempo si cristallizzasse in quel momento per sempre.

Perdonami, non volevo certo rattristarti.
Sì, mi fa molto male ricordare, provo una tale sofferenza che vorrei potermi alienare dal mio corpo … e poi del resto caro mio mi alienai eccome, non sarei più stato me stesso.
La parte più importante di me era andata via con lei, come avrei potuto essere lo stesso Terence?
Tornai ad essere il Terence che ero prima di averla conosciuta, prima che mi salvasse.
Lasciai invece il giovane Granchester della St. Paul School rinchiuso nei meandri più intimi del mio cuore e dei miei ricordi, ai quali avrei acceduto di tanto in tanto, quando avessi avuto bisogno di una boccata di ossigeno, quando la vita si sarebbe fatta più insopportabile di quanto potevo sopportare.
Tornai da Susanna e mi recai alla finestra giusto in tempo per vedere una piccola figura rossa che si allontanava.
Il mio cuore pulsava, il sangue scorreva nelle vene eppure credimi pensavo di non essere più vivo. Non potevo. Non aveva senso.
Mi arrabbiai col destino che nuovamente mi stava punendo, ma soprattutto mi arrabbiai col destino che ancora una volta aveva deciso di mettere a dura prova la mia Tutte Lentiggini.
Non l’avrei mai dimenticata, l’avrei ricordata per sempre come la lentigginosa discola che avevo incontrato sul Mauretania, come la mia Giulietta della festa di maggio, come la Tarzan che si lanciava di ramo in ramo … Ah St. Paul School, i tempi felici e spensierati trascorsi insieme sembravano così lontani.
Amico caro ora permettimi ritirarmi, questo racconto ha prosciugato le mie forze.
Vorrei concederti anche del tempo per riprenderti prima di continuare.
Ti do appuntamento alla prossima volta, non disperare se non dovessi vedermi entro breve, potrei metterci un po’ di più del solito a tornare da te, mi grava sul cuore questo dolore che non vuole andare via.
Sapevo che se avessi rivissuto gli eventi di quella notte ci avrei impiegato diverso tempo prima di riprendermi.
Oh no, non ti preoccupare, non è colpa tua se li ho rivissuti, ho scelto io di farlo. Te lo assicuro.






NDA: Buondì Motta Bamboline!
Ok, magari con questo capitolo, augurarvi il buongiorno potrà sembrarvi una presa in giro, eppure, bisogna pur passare attraverso momenti tristi se si vuole poi vedere la luce, non credete? E avendo già detto troppo, mi fermo qui.
Che ne dite, questa settimana riusciamo a fare aumentare il numero di chi segue/ricorda o ha nelle preferite la storia? Su, su dai!!! Dateci una mano!
Se la state apprezzando, è il minimo che potete fare per lei XD
Ok, scusate mi sto esaurendo!
Se vi può interessare, vi lascio il link alla mia pagina autrice (parolone eh?, la dovrei chiamare pagina scarabocchiatrice!, Cmq su Facebook! Dai su, unitevi al piccolo essercito  (ma dove) di gente che mi legge!
Un abbraccio e buona settimana!
Qui trovate la mia pagina di scarabocchiatrice

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Capitolo 18
*** Capitolo XVIII ***


“Ho udito il canto del mare sussurrare il tuo nome,
ho visto le sue acque danzare fra gli scogli e
accarezzare la sabbia, ho visto la luna specchiarsi
nelle sue acque, ho sentito una leggera brezza
cavalcare le sue onde e portarmi il profumo del tuo
corpo, ho sentito le mie emozioni vacillare fra le
fiamme di un falò che non riesce a scaldarmi il
cuore sotto questo cielo rivestito di stelle. Le
guardo, nessuna brilla per me, ho solo il mare che
canta per me.”

-Anonimo-



 
Il freddo e l’incessante cadere della neve, come dimenticare quel triste giorno di dicembre?
Mentre lei si allontanava da me come un’automa, senza mai voltarsi, neanche una sola volta, senza guardarsi indietro, io rimasi immobile a fissare la sua immagine divenire sempre più piccola fino a scomparire. Il calore della stanza non bastava a difendermi dal gelo che si era impossessato della mia anima. Il dolore era così assordante che non riuscivo a percepire il battito del mio cuore.
Che la mia vita fosse finita e non me ne fossi accorto?
Ma poi avvertii quel sorriso fastidioso, quella felicità snervante che proveniva da qualcuno in quella stanza … come poteva guardarmi sorridente e speranzosa mentre la mia vita andava in frantumi?
Come poteva essere così cieca da sperare che avrei dimenticato il mio unico amore, o anche solo sperare che avrei saputo accontentarmi? Amare non presuppone conoscere bene una persona? E allora come faceva a non capire?
Mi biasimi se ti confesso che dovetti reprimere un gesto di stizza?
Mi rivolsi a lei con delle parole che non so nemmeno io dove trovai la forza di proferire.
Le dissi qualcosa tipo, “Resterò accanto a te” ma non lo pensavo davvero, o meglio il mio corpo, un involucro vuoto e senza senso sarebbe rimasto a prendersi cura di lei, ma i miei sogni, la mia vita, la mia anima, il mio cuore, avevano preso il volo, rimanendo irrimediabilmente con Candy.
Mi sentivo arrabbiato e deluso: arrabbiato perché avevo consentito a Candy di decidere per entrambi di ; deluso perché non si era voltata nemmeno una volta.
Era andata via sicura che sarebbe stato meglio per tutti, certa che sarebbe stato meglio per me, ma chi lo aveva deciso? E io? Ero rimasto fermo come un idiota e me la ero lasciata scivolare via dalle mani come sabbia, mentre tutto intorno a me diventava privo di significato.
Mi sentivo come fagocitato dall’oscurità della sera che era calata inesorabile.
Avevo lasciato che si facesse carico di quella assurda decisione, non avevo nemmeno tentato di fermarla, o forse ci avevo provato debolmente rincorrendola lungo quelle dannate scale ma poi per la risolutezza nelle sue parole mi arresi. Troppo in fretta però, hai ragione.
Eravamo entrambi giovani, privi di esperienza, sopraffatti da una situazione più grande di noi, senza nessuno a cui chiedere consiglio e così ci lasciammo guidare dall’emozione del momento, senza fermarci a ponderare.
La delusione per come erano andate le cose era troppo schiacciante per me da sopportare e il carico di odio che riuscii a provare per me stesso e per la mia  impotenza  … non saprei nemmeno descriverteli caro amico.
Fui quasi tentato di provare a riversare il mio odio verso Susanna, sperando che potesse farmi sentire meglio, ma poi guardai in faccia alla realtà e non potei negare che eravamo stati io e Candy a decidere.
Avevamo rinunciato a noi con una tale facilità che spesso mi chiesi se lei mi avesse amato davvero.
Come poteva lasciarmi ad un’altra? Io l’amavo così tanto che,  in fondo al cuore, avrei preferito saperla sola che con un altro. Non mi fraintendere, razionalmente sono il primo a dirti che avrei voluto che si innamorasse di nuovo e che fosse ricambiata, ma se devo essere sincero, e so di poterlo fare in questo frangente, come avrei potuto sperare che il suo cuore, che aveva pulsato all’unisono col mio, potesse suonare una melodia al ritmo di un altro battito?
Sarei un falso, un ipocrita, se ti dicessi che il pensiero di lei felice accanto ad un altro non mi causava un dolore dilaniante.
O meglio mi rendeva felice  certo, felice per lei, ma irrimediabilmente triste, geloso, impotente …
Sai, non ricordo molto di quella sera, faticherei a ricostruire di preciso cosa successe dopo che lei mi abbandonò.
Ero così assorto nei miei pensieri, così immerso nel mio dolore, stavo colando a picco e senza un’ancora di salvezza, che mi lasciai andare in balia delle onde. Non ricordo nemmeno una parola di quanto dissero Susanna e sua madre, se non quel sorriso soddisfatto che entrambe avevano dipinto sul volto.
L’essere umano caro mio sa essere egoista.
A volte forse avrei voluto che anche la mia Candy potesse esserlo un po’ e pensare di più a se stessa: forse non ci saremmo separati e avremmo evitato tanta sofferenza ma del resto io l’amavo tanto proprio per quel suo essere così altruista che le consentiva di aiutare tutti, me per primo.
Era lei che mi aveva salvato, salvato da me stesso, e avrei cercato di tenere fede a quella promessa, o meglio al ricatto morale che mi aveva estorto.
“Avrei cercato di essere felice” ma cosa mi aveva chiesto?
Se ne era resa conto? Proprio lei che conosceva quanto sapevo essere autodistruttivo, proprio lei che conosceva il mio lato oscuro, che conosceva la mia scontrosità e la mia ritrosia, il mio poco amore per me stesso, la mia scarsa fiducia nelle persone e nei sentimenti, ovviamente fatta eccezione per lei, e per ciò che provavo per lei … mi aveva chiesto di andare avanti.
Eh certo caro mio, a mente fredda (oddio non credo che potrò  mai parlare di queste cose a mente fredda a dire il vero) credo fermamente che si volle convincere che sarei andato avanti. Mi conosceva troppo bene per non immaginare che avrei vissuto un declino interiore interminabile e senza salvezza.
Se penso che quella avrebbe dovuto essere la sera della mia vita.
Le recensioni per la mia interpretazione mi consacrarono come la migliore giovane promessa del teatro Shakespeariano, avrei dovuto toccare il cielo con un dito, con una promessa sposa che mi attendeva a casa, amato e innamorato … invece in quel momento non potei nemmeno godere della felicità per la realizzazione del mio sogno, perché quel mio sogno senza di lei non aveva certo lo stesso valore.
Non aveva più la stessa importanza, la stessa valenza, quello era il sogno che volevo condividere con lei, che volevo vivere con lei. Che senso aveva in quel momento? Eppure se non fosse stato per il mio amore per il teatro sarei davvero colato a picco ad una velocità inverosimile … fu solo grazie al teatro che rimasi a galla fino a che il peso per quella decisione, e il dolore per la mancata realizzazione del mio amore, presero nuovamente e definitivamente il sopravvento.
Ma di Rocktown te ne parlerò strada facendo.
Come ti dicevo da quel giorno ricominciai a camminare sulle strade lastricate del mio inferno.
Avevo visto un barlume di felicità ma la vita aveva pensato bene di farmela conoscere solo per privarmene e poter rendere la mia esistenza ancora più miserabile.
Passai anni a scappare dalla vita con la mia “compagna” e rifugiarmi nella libertà che solo i personaggi che interpretavo sapevano ancora regalarmi. Essere qualcun altro, potermi lasciare alle spalle Terence per qualche ora, era tutto ciò che mi era rimasto.
Non solo ero un attore nella vita professionale, ma un attore, e forse più capace, fra le mura domestiche. Fingere che tutto andasse bene, fingere che non stavo sprofondando, fingere che riuscivo a stare ancora a galla … che stupido fui.
 Susanna forse intuì il mio malessere ma se solo avessi provato a parlargliene … ma a che pro?
Non avrei potuto e, comunque, non avrebbe compreso .
Cominciai a rivolgermi nuovamente alla mia amica bottiglia, cercavo di affogare i dispiaceri, cercavo l’oblio, solo l’alcol riusciva a farmi dimenticare quel dolore fisso e costante che mi martellava nel petto e non mi permetteva di dormire la notte.
Pensai, anzi mi illusi, che le cose col tempo sarebbero migliorate,  che il dolore si sarebbe fatto meno intenso, che il senso di vuoto sarebbe stato riempito magari dalla mia carriera, o molto più semplicemente speravo che mi sarei abituato alla sua mancanza e che l’abitudine l’avrebbe resa più sopportabile … ma mi sbagliavo eccome. Nemmeno la bottiglia mi dava quel sollievo definitivo che tanto agognavo, così l’unica soluzione era quella di rimanere ubriaco per buona parte della giornata: la percezione della realtà alterata, quella del dolore stordita ed attutita e la vita mi sarebbe sembrata meno miserabile.
Fu così che persi il mio posto presso la compagnia Startford.
Robert cercò di coprirmi per quanto possibile, ma rischiavo di trascinare nel fango, nel quale mi stavo rotolando e nel quale sguazzavo consapevole e quasi incurante, il buon nome di colui che mi aveva dato la possibilità di sfiorare il firmamento con le mie stesse mani.
Mi ritrovai sulla strada della perdizione, direzione Rocktown.
Mi vergogno a raccontarlo, è stato di certo uno dei periodi più bui dell’intera mia vita, non solo sprofondavo inesorabilmente, ma non riuscivo a trovare dentro di me la forza e la voglia per reagire.
Ogni giorno riuscivo a cadere sempre più in basso, come se la disperazione che provavo non avesse un fondo da toccare e dal quale poi risalire.
Vuoi sapere come decisi di riprendermi la mia vita?
Una sera mentre recitavo biascicando sotto gli effetti di una bottiglia di whiskey, mi parve di vedere la mia Candy. Potei percepire i suoi smeraldi verdi che mi fissavano delusi e ricordo delle lacrime che le solcavano il viso.
Fu in quel momento che decisi di comportarmi da uomo e cercare di mantenere fede a quella promessa che mi aveva strappato. Per quanto ingiusta, per quanto dolorosa, per quanto insensata, glielo avevo promesso e dovevo metterci tutto me stesso. L’errore peggiore che avrei potuto commettere dopo averla lasciata andare senza lottare, era deluderla.
Fu in quel momento che lei, cosciente o meno dell’effetto che poteva avere su di me, anche a distanza, mi salvò nuovamente. Mi riportò nuovamente alla vita e mi ridiede le chiavi per il mio successo.
Decisi che sarei stato un compagno presente per Susanna e mi sarei ripreso il posto che mi spettava nel firmamento degli attori di Broadway. Mi sarei concentrato sulla mia carriera, avrei ripagato Robert per la fiducia riposta in me, e se Susanna avesse accettato il mio ritorno a casa mi sarei preso cura di lei.
No, non l’avrei amata, ma non l’avrei lasciata nuovamente  a disperarsi per me. Mi aveva salvato la vita e se non potevo stare con la mia Candy, tanto valeva almeno sdebitarmi, nei limiti di ciò che mi avrebbe concesso la mia coscienza, la mia anima e il mio cuore,con colei che a modo suo credeva di aver fatto qualcosa per me.
Non avrei reso vano il sacrificio che entrambi avevamo fatto.


Certo che Susanna mi fece tornare a casa! La sua ossessione per me andava ben oltre il rispetto per sé stessa e l’amor proprio.
Mi spiace eccome per lei! Ha condotto una vita miserabile nella speranza che io la contraccambiassi, una breve vita, senza sapere cosa volesse dire incontrare il vero amore, perché fu lei stessa a decidere di privarsene per perseguire in quel malsano tentativo di “avermi”.
Robert? Non mi chiuse certo la porta in faccia.
Mi accolse a braccia aperte e mi diede modo di ricominciare da capo. Sapeva che il mio amore per il teatro era l’unica cosa che mi fosse rimasta, e visto il suo buon cuore, ma anche la sua lungimiranza nel riconoscere il talento come affermò generosamente, mi permise di espiare le mie colpe ricominciando con la gavetta.
Ero ben felice di avere avuto una seconda opportunità.
Era la prima volta che la vita si mostrava relativamente clemente nei miei confronti.
Mia madre? Oh, mia madre mi stette sempre accanto e mi appoggiò incoraggiandomi passo dopo passo: lei, che aveva sofferto per amore come me, poteva capirmi appieno.
Nondimeno il nostro rapporto rimase complicato, la sua fama e il suo cognome erano ingombranti per chi come me voleva emergere contando solo sulle proprie forze. Eppure caro mio le volli un gran bene, per quanto riuscissimo a vederci poco, e per quanto ci volle del tempo prima che ci ritrovassimo completamente, ma lei era mia madre, una delle due donne senza cui non avrei potuto vivere.
Vorrei raccontarti come le cose degenerarono col lento ed inesorabile passare degli anni ma te lo riservo per il nostro prossimo incontro. Questa volta il tè e i biscotti li offri tu.
A presto.
NDA: Ciao a tutte! Vi prego, non odiatemi, lo so che questa parte non è bella, ma dolorsa. Del resto, ci si deve passare!
Posso dedicare questo capitolo alle 10 persone che hanno inserito la storia fra le preferite e a coloro che hanno deciso di recensire?
Ovviamente ringrazio anche le presenze silenziose ma perdonatemi se ho un occhio di riguardo, questa volta, per chi si è fatto sentire!
Grazie a tutte!

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Capitolo 19
*** Capitolo XIX ***


Una linea piatta:
è il battito del mio cuore.
Che sia morto?
Non c’è sangue che pulsa nelle mie vene;
non c’è aria nei miei polmoni.
I miei occhi vedono solo il buio.
La desolazione mi avvolge e mi tiene stretto a sé
intrappolato nella morsa del suo letale abbraccio.
Non distinguo il giorno dalla notte;
non c’è luce attorno a me;
non c’è scansione del tempo che sembra essere infinito
da quando sono piombato in questo baratro:
non riesco a risalire.
Le pareti sono lisce e scivolose,
mi sembra di cadere e finire sempre più giù.
Non trovo un appiglio che mi dia una speranza,
il dolore è così forte da sopraffarmi.
Oh Morte giungi a me,
concedimi questo regalo, graziami!
Il cavaliere errante non vuole più viaggiare:
liberami dalla sofferenza e con il tuo ultimo fatale bacio
conducimi verso la nuova vita dove non c’è dolore.
*

Ti stavo per raccontare di come le cose degenerarono, vero?
Ebbene, io rimasi a scontare la mia pena accanto a Susanna mentre Candice … oh, sinceramente a quel punto non sapevo nulla di lei, non avevamo persone in comune, non avevo mantenuto i contatti con Albert, e pensai che si fosse ritirata ad una vita quasi monastica non leggendo mai nulla che la riguardasse sui giornali.
Se avesse incontrato un uomo con il quale intendeva sposarsi, per quanto lei fosse riservata e sicuramente avrebbe tentato il tutto per tutto per mantenere il segreto, non credo che le riviste scandalistiche si sarebbero lasciate sfuggire un tale succulento pettegolezzo.
Con la speranza nel cuore, che lei non fosse riuscita a dimenticarmi ma con la tristezza che vi albergava, per il pensiero che lei potesse soffrire e forse amarmi ancora come quel maledetto giorno in cui ci eravamo lasciati, cominciò l’anno che segnò la fine e l’inizio di tutto.
Mi chiedi della recitazione?
 Certo che ottenni nuovamente il posto che mi apparteneva di diritto.
Spero di non sembrarti un pallone gonfiato nel dire ciò, ma il posto dell’attore principale mi spettava e Robert ne era più consapevole di me. Dovetti provargli di essere tornato in me, provargli di avere imparato dai miei stessi errori, e poi fui lui stesso a restituirmi la gloria e la fama.
 Non che mi interessassero queste due cose, come ti ho detto in precedenza, mi importava solo di poter tornare ad essere Romeo, Otello, Amleto.
Quello era il mio sogno, seppur un sogno a metà.
Lei mi mancava, giorno dopo giorno, sempredi più.
Ad ogni rappresentazione, dopo ogni spettacolo, sentivo che mancava una parte importante, la sua assenza non poteva passare inosservata al mio povero cuore.
Non ero riuscito a smettere di amarla, non ero riuscito nemmeno a fare in modo  che l’intensità dei sentimenti che provavo per lei scemasse.
 Il mio cuore era rimasto fermo a quel 31 dicembre del 1912 quando aveva incontrato il suo in quella dolce melodia che non avevano mai smesso di ballare; la distanza, il passare degli anni, nulla avrebbe interrotto quella comunione dei nostri cuori …
Era ormai il 1919 quando Susanna si ammalò gravemente.
All’epoca la scienza medica non era certo come di questi tempi, c’erano molte meno certezze, e così Susanna si ammalò di quella che forse potremmo definire depressione.
Da quando ero tornato a casa, da quando lei mi aveva accolto nuovamente, si era prodigata affinché potessimo condurre una vita di coppia ma credo che constatare che il mio ritorno non avesse nulla a che fare con un sentimento d’amore le causò una tale  delusione, che fu per lei il colpo finale.
Così come agli inizi della nostra vita insieme, qualche volta provò ad intrufolarsi nel mio letto e ad offrirsi a me, ma il mio corpo si rifiutava di fare l’amore con qualcuno che non fosse Candice. Le mie labbra, dopo aver sfiorato le sue quella dolce estate in Scozia, si rifiutarono di incontrare un'altra bocca.
Solo una volta decisi, anzi mi costrinsi, a fare un tentativo nei suoi confronti, ma mi resi subito conto dell’errore che stavo commettendo e così lasciai che le mie labbra sfiorassero la sua fronte. Non ti posso descrivere la delusione che lessi nei suoi occhi, e non sai quanto mi spiacque ma non potevo darle ciò che voleva. Se le avessi concesso il mio corpo, sarebbe stato un mero sfogo fisico, solo sesso, non certo amore, e non era quello ciò che volevo.
Ti dicevo quindi che i dottori le diagnosticarono un forte stato depressivo.
La situazione degenerò molto velocemente e Susanna così come aveva lasciato che sua madre prendesse le redini della sua vita, decidendo per lei, lasciò che la depressione la guidasse sulla via del non ritorno.
Si spense in una calda mattina del mese di Maggio del 1919!
Il sole splendeva alto nel cielo quando lei esalò l’ultimo respiro.
Ricordo ancora quel giorno in cui forse, per la prima volta da quando ci eravamo incontrati, ebbe il coraggio di essere sincera con me. Mi raccontò di quella lettera scritta a Candy nella quale si era sincerata che la mia Tutte Lentiggini mantenesse le distanze come promesso e, infine, di tutte le lettere che mi aveva sottratto quando io e Candy avevamo cominciato a scriverci, dopo esserci rivisti a Chicago.
Il suo pentimento sul letto di morte la rese forse più umana ai miei occhi ma non mi permise di provare nemmeno pietà nei suoi confronti. Lei stessa era stata la carnefice non solo della sua infelicità e della sua rovina, ma anche della mia. Umanamente ero dispiaciuto per una giovane vita che veniva spezzata in quella maniera, ma il mio cuore cominciava a sentirsi libero di un peso che lo aveva oppresso per circa 5 anni.
Ti mentirei se ti dicessi che non mi arrabbiai quando mi confessò di essersi impadronita di quelle parole la cui mancanza aveva fatto sorgere in me così tanti dubbi … dubbi che avevano perseguitato i miei sogni, dubbi che avevano minato le mie sicurezze …
Quando mi porse la scatola dove aveva nascosto le lettere, in fondo al suo armadio, provai un misto fra rabbia, rancore e pena per quella ragazza. Si poteva cadere più in basso di come aveva fatto lei?
Avrei potuto dispiacermi per lei, ma solo quello, non potevo chiedere al mio cuore di provare di più.
Lei chiese il mio perdono e dovetti sforzarmi di concederglielo.
Mi chiese scusa per avere reso la mia vita un inferno e mi disse che se fosse potuta  tornare indietro forse sarebbe stata più ragionevole e avrebbe fatto sì che io e Candice avessimo potuto stare insieme.
Sapeva che io amavo ancora la mia Tutte Lentiggini, non avevo mai smesso di farlo, ma nonostante ne fosse consapevole, non aveva mai smesso di sperare che un giorno avrei potuto amare lei.
Solo in punto di morte sembrò aver compreso la realtà delle cose e, suo malgrado, fu proprio in quel momento che si accorse di aver perso la guerra sin dall’inizio.
Mi chiese di porgere le sue scuse a Candy e mi disse di cercarla.
“Vorrei che finalmente fossi felice.” furono le ultime parole che pronunciò.
Mi meravigliai del barlume di lucidità che sembrò mostrare in quegli ultimi istanti.
Era spesso assente e disinteressata a quanto stesse accadendo attorno a lei, ma forse la consapevolezza di essere giunta alla fine della sua giovane vita le restituì quella lucidità necessaria a riguadagnare un po’ di dignità prima di lasciare il mondo dei vivi.
Pensi che le mie parole siano aspre? O caro mio, se le avessi scritte tanti anni fa allora cosa avresti detto? Sai, il tempo ha attutito in un certo qual modo la rabbia di quel momento, motivo per cui scrivo di quanto accadde con una certa inverosimile tranquillità.
Ti sembrerò matto, lo so, ma hai avuto la pazienza di ascoltare questo mio delirio fino adesso, non avrai mica intenzione di abbandonarmi sul più bello?
E allora lascia che finisca di raccontarti di quel giorno.
Vuoi sapere come mi sentii? Devo essere sincero?
Le catene che mi avevano legato a quel non amore per Susanna finalmente venivano spezzate, lo stesso destino che me l’aveva posta sulla strada se l’era portata via senza pietà per quella povera anima travagliata.
Non riuscii a versare nemmeno una lacrima per la persona con cui avevo vissuto tutti quegli anni.
Come potevo piangere per lei? Non ero riuscito a piangere mai più da quella sera sulle scale del St. Jacob, le mie lacrime erano cristallizzate, non avevo più niente per cui valesse la pena versarle rendendomi vulnerabile agli occhi del mondo intero.
Così mentre una giovane vita sfioriva, un’altra giovane vita cominciava a germogliare e respirare nuova aria. Una nuova forza vitale si impadronì di me.
Ti sembrerò privo di tatto, una persona vile e meschina, ma dopo quanto avevo patito, era arrivato il momento di riprendermi la mia vita.
Per giorni la nostra casa fu assediata dalla stampa, giornalisti alla ricerca disperata di uno scoop, tutti volevano una foto dell’inconsolabile compagno di vita della bella Susanna Marlow, ma non ero affatto disposto  a lasciare che la mia vita fosse alla mercè di quegli squali senza scrupoli.
Li evitai per quanto possibile, poi Robert e mia madre mi suggerirono di rilasciare un comunicato stampa.
Sarebbe stato il modo migliore per togliermi quegli scocciatori dai piedi, ma preferii trincerarmi dietro al mio silenzio. Come potevo affrontare eventuali domandi e recitare la parte della persona distrutta e dilaniata dal dolore quando non mi sentivo affatto così? E non potevo certo sperare che la stampa fosse clemente con me e non indugiasse in domande molto personali. Così optai per il silenzio, ancora una volta, e del resto, mai come in quel moment,  nessuno rimase stupito della mia decisione. Non ero mai stato di molte parole nemmeno per le liete occasioni, non c’era da meravigliarsi se volessi vivere il mio dolore privatamente.
In quei giorni ricevetti una visita inaspettata … ma di questo ti parlerò più avanti.
 Del resto il discorso del rapporto con mio padre l’ho lasciato in sospeso perché troppo doloroso e difficile per me da affrontare.
Permettimi di lasciarti nuovamente, domani ti racconterò del funerale e di quanto successe nei giorni successivi alla sepoltura di Susanna.
Buona notte amico mio.




NDA: Bene, l'asterisco perchè la poesia è stata scritta da me...
Vi chiedo scusa per il ritardo, in questo periodo sono davvero molto impegnata. Abbiate pazienza, la storia c'è tutta ma sto solo correggendo qua e la XD
Grazie!!!

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Capitolo 20
*** Capitolo XX ***


“Si riaccende la speranza, i sogni ritornano, la vita si riapre,
la realtà è meno dura, più sopportabile. Non vorrei però, che
fosse la solita routine, perché questa volta non potrei risalire
dal baratro in cui cadrò. Non potrei sopravvivere al dolore che
m’imprigionerebbe con le sue maglie di ferro. Un nuovo orizzonte
si delinea davanti ai miei occhi, una nuova luce s’accende nel
buio, una nuova felicità mi permea, una nuova via mi si para
davanti. Non vorrei che queste fossero solo fantasticherie, ma
realtà, verità e non assassinii.”
-Anonimo-


Lascia che ti parli di mio padre prima ancora di affrontare il discorso del funerale di Susanna.
Forse è arrivato il momento di dirti cosa successe dal momento in cui me andai da Londra, lasciando la St. Paul School.
Non sentii mio padre per parecchio tempo, sapevo di averlo sfidato e che non mi avrebbe perdonato facilmente, ma poi chi voleva il suo perdono? Avevo alzato la testa e mi ero ribellato, avevo osato non sottomettermi alle volontà di Sua Grazia il Duca … come avevo potuto?
 Mi viene quasi da ridere a pensarci mio caro, mio padre era una gran testa dura, ho passato buona parte della mia vita ad odiarlo e disprezzarlo per un orrore (non ho sbagliato a scrivere!) che ho commesso a mia volta. Lasciare andare la donna che amavo per degli ideali “più alti”, tarpare le ali all’amore per il senso del dovere. E osavo biasimare mio padre per aver fatto la stessa cosa?!
Ma la differenza fra di noi era evidente: io non mi ero e non mi sono pentito, nemmeno per un solo istante, di essermi innamorato di Candy.
Non mi sono mai vergognato di lei né dell’amore che provavo, che provo nei suoi confronti, mentre non si può certo dire lo stesso di mio padre.
Era per questo che lo odiavo tanto, oltre che per l’infanzia che mi aveva rubato e … beh per non avere aiutato Candy quando rischiò l’espulsione dal collegio. Aveva lasciato che un ragazzino si sobbarcasse un peso troppo grande per la sua età.
Così non ti stupirai di quanto mi meravigliò ricevere una sua lettera.
In qualche modo tentava, timidamente, di riallacciare i contatti, sempre con i suoi modi ed i suoi tempi, ma io non ero pronto.
Nel corso degli anni fece diversi tentativi di mettersi in contatto con me ma mi rifiutai di ascoltare, avevo fin troppi problemi e fin troppi dolori di cui occuparmi e sinceramente non mi interessava affatto chiarire la situazione con lui.
Probabilmente non volevo ammettere che, visto che lo odiavo tanto, avrei dovuto odiare anche me stesso perché il motivo per cui lo biasimavo ci accomunava più di quanto tu possa pensare.
A dire il vero io mi detestavo.
Ricordo il giorno del funerale di Susanna: mi occupai di tutto perché la madre era distrutta dal dolore, e io volevo darle una sepoltura degna e permetterle di riposare in pace e per sempre.
In quella giornata di sole, paradossalmente, mi parevano quasi stonate tutte quelle lacrime e quei vestiti neri. L’estate era alle porte, il mondo tornava a sorridere e finalmente la mia vita riacquistava un po’ di serenità.
Il funerale fu blindato, cercammo di fare in modo che la stampa non si potesse intrufolare, ma i curiosi erano molti e non fu certo facile tenere a bada tutti.
Riuscirono così nell’intento di immortalarmi in alcune foto.
Fortunatamente nascosi i miei occhi dietro dei grossi occhiali da sole neri, che coprivano le lacrime che non riuscivo a versare. Tutte quelle condoglianze, quelle pacche sulle spalle, quelle parole di solidarietà … se solo la gente avesse saputo …
Mia madre si era offerta di assistermi durante il funerale ma avevo rifiutato la sua cortese proposta, avrei avuto fin troppo da fare per tenere sotto controllo i paparazzi, figurarsi se anche la grandissima Eleanor Baker fosse stata presente …
Quando il prete le diede l’ultimo saluto e ci permise di avvicinarci alla bara, prima che venisse calata nella fossa, le lasciai un fiore e le dissi addio.  Non avevo molto da dirle e mi limitai a quello.
Fortunatamente avevo la fama di una persona schiva ed introversa, peraltro lunatica, per cui nessuno diede un gran peso alle mie azioni apparentemente composte e misurate. In molti pensarono che fosse un modo naturale di reagire ad una così grave perdita da parte di una persona con un carattere particolare come il mio e, sarò sincero, con un filo di ipocrisia, lasciai che pensassero ciò che volevano.
La mia mente correva già altrove … avrei dovuto rispettare per lo meno un anno di lutto ma poi forse …
Passò qualche giorno prima che potessi recarmi sulla tomba di Susanna in tranquillità. Volevo darle il mio ultimo saluto con calma, senza sentirmi osservato da occhi indiscreti.
E’ vero, non l’avevo mai amata, ma avevo vissuto con lei per dei lunghi anni e in qualche modo volevo porre fine a modo mio a quanto successo.
Camuffai il mio aspetto  e mi accertai che nessuno mi seguisse; guidai fino al cimitero e parcheggiai ad una certa distanza.
Quando raggiunsi i pressi della sua lapide, mi guardai attorno per sincerarmi che non ci fosse nessuno.
Mi raccolsi in preghiera e, per la prima volta dopo secoli, pregai Dio, o chi per esso, di dare un po’ di pace a quell’anima in pena. Lo pregai di prendersi cura di Susanna meglio di come avevo fatto io.
Il mio compito era terminato.
Stavo appunto adagiando un mazzo di fiori in terra dopo averle detto un addio definitivo, non mi sarei mai più recato in quel luogo, non avrebbe avuto senso, quando sentii una mano poggiarsi sulla mia spalla.
Ero talmente assorto nei miei pensieri che non mi ero accorto che qualcuno si fosse avvicinato. Con mia grande sorpresa mi ritrovai faccia a faccia con Sua Grazia.
“ In un momento come questo ho pensato che potessi avere bisogno di me!” aveva esordito lui.
Non avevo certo voglia di intavolare una discussione disturbando il sonno di coloro che erano passati a miglior vita  e mi limitai a rispondergli che, come il resto del mondo, lui non poteva capire perché ignorava la verità.
Mi sorprese chiedendomi di dedicargli del tempo, mi invitò a prendere un tè presso l’hotel dove soggiornava; non chiedermi perché ma accettai.
Forse fu solo questione di tempismo, ma decisi che era ora di tagliare i ponti con il passato, definitivamente.
 Forse era meglio chiarire quella situazione e cercare di andare avanti una volta per tutte, del resto la mia mente era già al lavoro,il mio cuore aveva maturato delle decisioni e cercava di accordarsi con la ragione per avere la meglio su quest’ultima e farmi fare ciò che avrei dovuto da sempre …
Non fu facile parlare con lui. Cercai di non interromperlo e spesso fui costretto a reprimere la rabbia che, impetuosa, voleva fuggire dal mio cuore e abbattersi come un uragano sulle sue parole che risuonavano vuote e insensate. Ancora i suoi discorsi sull’onore … se avesse continuato così non avremmo mai e poi mai chiarito.
Poi all’improvviso mi intromisi nel suo monologo. Mi stava dicendo che voleva starmi vicino vista la mia recente perdita … quella fu la goccia che fece traboccare il vaso.
Lo travolsi come un fiume in piena, urlandogli in faccia le ragioni del mio odio.
Non so cosa scattò in me ma ero talmente preso dal mio dolore, dalla mia rabbi, che non riuscii a trattenermi e così gli sputai addosso buona parte di ciò che pensavo.
Non solo gli parlai di mia madre, di come l’aveva trattata, dei soprusi che mi aveva costretto a sopportare da bambino, dell’amore che non mi aveva mai dato … e poi gli rinfacciai di non avermi aiutato quando più avevo avuto bisogno di lui.
Fu in quel momento che scoprii che fu proprio grazie a Candy che mio padre non mi cercò quando scappai dal collegio; mi raccontò che lei lo inseguì fino a quando lui decise di concederle udienza ed ascoltarla.
Fu lei a convincerlo che doveva lasciarmi inseguire il mio sogno e, stranamente, lui le diede retta.
“Ebbi la sensazione che la tua vita le stesse molto a cuore e che ti conoscesse molto meglio di me.” disse lui.
La mia Tutte Lentiggini! Dovevo esserle grato perché la sua intercessione a mio favore aveva fatto desistere mio padre dal tentativo di rinchiudermi ancora fra quelle mura, o peggio di costringermi magari alla carriera militare per servire la corona.
Non sono mai stato un amante dei lunghi confronti, ma era il punto di partenza per la mia rinascita.
Dovevo risolvere tutto ciò che di irrisolto c’era nella mia vita, per poter ripartire e ricominciare a vivere.
Sei curioso? Eh mi spiace, dovrai attendere … le risoluzioni per la mia nuova vita … ma credo che tu abbia già intuito, vero? Ormai dovresti conoscermi.
Fu più o meno così che riprese o meglio che cominciò, il rapporto con mio padre.
Entrambi sapevamo che sarebbe stato un lungo percorso, ci sarebbe voluto del tempo, e avremmo dovuto mantenere un atteggiamento aperto e comprensivo …
Mi chiedi se decisi subito di dargli una chance? In realtà no.
Così come non fu in quel frangente che lo misi al corrente del mio amore per Candy e … oh no, non voglio anticipartelo! Bravo, sei quasi riuscito a farmi sbottonare, bell’espediente!
Quello fu solo il primo passo lungo di una tortuosa strada in salita, ma l’importante era pur sempre cominciare da qualche parte.
Non ti sembro io? Oh, forse ti do questa impressione perché ho preferito tagliare il discorso.
Nonostante mio padre sia morto ormai da anni, il conflitto con lui è pur sempre rimasto irrisolto in qualche modo, e non sono, e non credo che sarò mai, pronto ad affrontarlo.
Certo fui attanagliato dai dubbi, pensai e ripensai mille volte di concedergli una possibilità, ma prima che mi decisi veramente a farlo dovetti fare pace con la mia coscienza e con i miei fantasmi personali.
Lui rappresentava un enorme scoglio che prima o poi avrei superato.
Devo ringraziare Candy se decisi di lasciarlo entrare nella mia vita. Nel momento stesso in cui Sua Grazia mi si presentò davanti,fui certo che lei mi avrebbe consigliato di dargli almeno una chance, e fu principalmente quello il motivo che mi spinse a farlo.
Ho speso poche parole per la morte di Susanna? Forse hai ragione ma cosa pensavi che avrei detto?
A rischio di sembrare insensibile credo che tu abbia capito che tutto ciò a cui riuscivo a pensare era la mia libertà , della quale finalmente mi ero riappropriato.
Che successe poi?
Mmmm credo che ti lascerò dormire sonni tranquilli prima di gettarti nel mare in tempesta delle mie emozioni per la mia ritrovata libertà. Libertà. Libertà. Ah che dolce suono.
Buona notte caro amico, sogni d’oro.
I miei credimi, furono tali.

NDA Chiedo venia, sono talmente rimba da aver postato due volte lo stesso cap. Grazie a Sogno e Teti per essersi interessate della sorte della mia FF!

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Capitolo 21
*** Capitolo XXI ***


 
“Dobbiamo abituarci all’idea:
Ai più importanti bivi della vita,
non c’è segnaletica.”
-Hemingway-




Un anno … un lunghissimo noiosissimo, snervante anno … lutto … Terence Graham distrutto dal dolore per la perdita prematura della sua compagna … chi io? Eh già, parlavano proprio di me.
Fui sulla bocca delle persone per mesi, le mie foto su tutti i giornali, la morte di Susanna annunciata al mondo intero.
Non potei evitare di chiedermi se la notizia fosse giunta fino a Candy e cosa avesse pensato.
Conoscendola si sarebbe dispiaciuta enormemente e non avrebbe pensato nemmeno lontanamente … ma cosa blatero, non sapevo nemmeno se nel suo cuore ci fosse ancora posto per me. Mi sarebbe bastato un lontano barlume di speranza e avrei lottato … ma da dove potevo cominciare?
Non sapevo nulla di lei, erano anni che non ci vedevamo. E se si fosse fidanzata o addirittura sposata? Non avevo letto nulla sui giornali ma non potevo certo escludere definitivamente tale possibilità.
Trecentosessantacinque interminabili giorni …  ottomilasettecentosessanta ore …. Cinquecento venticinquemilaseicento minuti … sarei ammattito a contarli tutti! E perché non volevano passare? La pazienza non era certo una delle mie virtù … ma in realtà avevo bisogno di quel tempo.
Dovevo fare chiarezza nella nebbia che avvolgeva i miei pensieri.
Sarei andato da lei … dove? Beh non sapevo dove si trovava … Albert … non sapevo dove si trovasse nemmeno lui … Archie … no, decisamente non era la scelta adatta …
Ah certo, che sciocco perché non ci avevo pensato prima … la casa di Pony … sicuramente Suor Maria e Miss Pony sapevano dove si trovava.
E se anche mi avessero detto dove trovarla, che avrei fatto?
Mi sarei presentato alla sua porta dicendole “Ciao Candy è un po’ che non ci vediamo! Scusa, volevo sapere, vorresti sposarmi?”
Oh Terence, che delirio, ma cosa vai pensando? Non puoi fare una cosa del genere. E come pensi di affrontare il discorso della vostra insensata separazione a New York?
Eh? Ah sì scusami hai ragione sto parlando da solo … stavo ricordando le elucubrazioni mentali che affollarono la mia mente!
Poi decisi che non era assolutamente il caso di presentarmi da lei di persona.
Certo,  i miei sentimenti non erano cambiati, ma come avrei reagito se i suoi lo fossero stati?
E se lei si fosse dimenticata di me e fosse andata avanti?
Che reazione avrebbe avuto nel rivedermi?
Non potevo rischiare di metterla in difficoltà e non potevo rischiare di mettere in difficoltà nemmeno me stesso.
I germogli fiorirono, i frutti maturarono, le foglie verdi sugli alberi erano rigogliose … il sole splendeva nel cielo azzurro, gli uccellini cinguettavano … un tappeto di foglie gialle, un leggero vento freddo, i rami degli alberi rinsecchiti e spogli, il cielo grigio ed un pallido sole …. i vetri delle finestre appannati, il fuoco nel camino, un manto bianco scendeva leggero e silenzioso a ricoprire la città e plasmarla con la sua quiete e la sua purezza …
Era ormai dicembre quando ebbi la brillante idea che avrei potuto chiamarla.
Senza essere scrutato ed inquisito dai suoi fanali verdi forse sarei riuscito a dirle quanto mi prefiggevo … oppure sarebbe bastato il suono della sua voce a mandarmi in confusione e farmi perdere il lume della ragione? Cosa le avrei detto?
Ma come avevo potuto pensare di chiamarla! Una telefonata, che idea malsana!
Dovevo trovare il modo per contattarla, un modo che non avrebbe avuto un impatto troppo invasivo sulla sua vita.
Se la fortuna mi avesse assistito quello avrebbe potuto essere l’ultimo 31 dicembre che passavo senza di lei.
Certo, non ero sicuro, non potevo sapere se mi amava ancora, poteva avermi dimenticato, poteva non volerne più sapere di me, magari mi odiava, come meritavo, per averla lasciata andare via senza nemmeno provare  ad affrontare la situazione … non sai quante volte mi soffermai a pensare … se ne avessimo parlato, se avessimo deciso di stare insieme nonostante tutto ce l’avremmo fatta? Avremmo finito con l’odiarci e disprezzarci per aver pensato al nostro bene prima ancora che a quello di Susanna? Avrebbe potuto il nostro amore crescere sul dolore altrui?
Fu in quel momento che forse capii che, per quanto presa di fretta e senza ragionarci, forse avevamo optato per la decisione migliore.
Ci aveva portato dolore o meglio, sicuramente ne aveva causato a me, per molto tempo, ma forse Candy aveva visto lontano e aveva intuito che mi sarei lasciato schiacciare dal rimorso e dal senso di colpa nei confronti di Susanna se avessimo agito diversamente.
Ma non vorrei soffermarmi ancora su questo … e quindi torniamo a noi … dicevo … ah del conto alla rovescia! Ogni mattina mi svegliavo pensando “Meno uno!” . Ti sembrerò pazzo. Contavo i minuti che mi separavano da Candy o meglio dal mio confronto con lei e con la realtà.
Stava arrivando il momento della resa dei conti e, caro mio, per quanto ebbi un anno per prepararmi e per armarmi a difendermi, ti assicuro che non fu facile.
Proprio nel momento in cui tornavo ad affacciarmi alla vita, correvo il pericoloso rischio che la realtà mi colpisse duramente nel profondo … ero pronto a risprofondare in un abisso senza fine? Non ne ero certo.
In quel dubbio, in quella situazione irrisolta, potevo ancora sperare, pur se minimamente, che per me ci fosse una chance, che Candy mi amasse ancora, e che finalmente il nostro amore potesse fiorire ed essere vissuto, ma poi come al solito mi lasciavo prendere da quella intrinseca insicurezza e paura che mi avevano accompagnato in tutti i pochi affetti che avevo incontrato.
Non ero mai riuscito a scrollarmi di dosso il timore di non essere amato, la paura di essere respinto, il timore di non essere abbastanza, di non essere al suo livello … colei che mi aveva salvato, ben due volte, aveva fra le mani la mia misera vita, un suo singolo e semplice gesto avrebbe potuto segnarne l’inizio, o la fine.
Avevo paura eccome mio caro.
Avevo paura che fosse cambiata, di averla idealizzata e di avere idealizzato i nostri sentimenti, timore di vedere una Candy provata dal passare inesorabile del tempo e dalla sofferenza che le avevo causato. Se mi amava ancora sicuramente soffriva quanto me, e non volevo vedere riflesso nei suoi occhi ciò che potevo vedere nei miei: disperazione, abbandono, dolore, vuoto, rabbia, insicurezza, paura e rassegnazione.
Mi vergognai di me stesso.
I miei occhi non erano più quelli che lei aveva amato e conosciuto. Dal momento in cui le nostre strade si erano separate quel bagliore che era solito illuminarli al pensiero di lei era sparito per sempre.
Era quasi passato un anno dalla morte di Susanna, era il sette maggio per essere precisi, il giorno del compleanno della mia Tutte Lentiggini, quando finalmente presi una decisione.
Le avrei scritto. Le avrei mandato una lettera alla casa di Pony, certo che le sue due madri gliela avrebbero fatta recapitare.
Una lettera non avrebbe portato particolare scompiglio nella sua vita: se avesse voluto avrebbe potuto buttarla senza leggerla e non si sarebbe trovata in imbarazzo e nella situazione di dare spiegazioni a nessuno.
Inoltre le avrebbe concesso del tempo per decidere se leggerla e, nel caso, se e cosa rispondere.
Certo, sarebbe stato un lento stillicidio per me, ma avevo atteso tanto, e in certi casi la fretta è decisamente una cattiva consigliera.
Mi spaventava l’idea che lei ignorasse la mia lettera, l’idea di non ricevere alcun cenno da parte sua, l’idea di lasciare nuovamente la decisione nelle sue mani e,soprattutto, quella sensazione di incertezza, di indefinito … non avrei mai saputo se l’avrebbe ricevuta, se l’avrebbe letta, se mi avesse risposto.
Cosa le scrissi? Oh caro mio non hai idea? Vuoi sapere quante volte scrissi quella lettera? Del resto a quelle parole stavo affidando la mia vita e l’esito di quella missione senza speranza,  dovevo assolutamente valutare, pensare, ponderare … forse no, forse avrei dovuto lasciare che fosse il cuore a guidare la mia mano?
Che dilemma, vero?
Ragione o sentimento? O entrambi?
Arrivai a fine giornata con il pavimento ricoperto di fogli appallottolati! Che persona ridicola!
La maggior parte dei fogli portava a mala pena la data scarabocchiata, il mio indirizzo e un
“Ciao Candy, è passato molto tempo, oppure un Ciao Candy come stai?”
“Ciao Candy, spero che questa lettera ti trovi bene.”
Suonava tutto così stupido e insensato.
Ma cosa avrei potuto scriverle,da dove avrei potuto cominciare?
Potevo metterla di fronte ai miei sentimenti, di fronte ai miei timori, di fronte alle mie incertezze? Potevo dirle che non avevo mai amato Susanna, che ero stato infelice, che non avevo mantenuto la promessa e non ero andato avanti con la mia vita?
Che dirle? Anzi che scriverle? Caro mio forse avresti potuto suggerirmi qualcosa.
Che dici? Va’ dove ti porta il cuore? Oh, ti assicuro che è quello che feci.
Quanto ci misi a decidere cosa scriverle? Oh, non hai idea.
Feci tanti di quei tentativi che dovetti uscire a comprare un nuovo blocco. Ero esasperato dalla mia mancanza di risolutezza.
Dovevo scriverle che l’amavo ancora e sperare che anche lei provasse lo stesso per me.
Poteva essere così difficile scriverle un “Ti amo ancora”?
E fu in quel momento che ebbi la folgorazione.
“Per me nulla è cambiato” sì, le avrei scritto quello.
Lo avevo promesso a me stesso su quelle scale, prima di lasciarla scappare via, qualsiasi cosa fosse accaduta, i miei sentimenti non sarebbero cambiati. E sono una persona che mantiene le proprie promesse.
Direi che domani potrei raccontarti il resto.
Ti lascio, vorrei preparare la colazione!
A presto!


NDA: bene bene, come vedete di avviciniamo velocissimamente alla fine.
Vi chiedo solo una cosa... sto aumentando la velocità dei post ma voi, per favore leggete con calma e non saltate i capitoli. Ci sono cap HGJG con tipo 150 visualizzazioni e se posto quello dopo quasi subito, con 300 visualizzazioni.. insomma, come fate a leggere una storia saltando i pezzi? Bah! Scusate eh se lo dico, ma l'ho sempre pensato di tutte le mie storie. Siccome non ci corre dietro nessuno, abbiate pazienza e prendetevi il tempo che vi serve per leggere. Non è necessario stare al passo con i post, tanto mica la cancello :D
Più che altro perchè mi farebbe piacere che la leggeste tutta con attenzione.
Domandina... siete passati per la mia Reflections?
Altra domandina... chi è interessato a leggere un'altra long scritta da me? Ve lo chiedo perchè dovrei correggerla da zero ma, se non interessa a nessuno, al momento eviterei... :D
Beh, attendo vostri commenti!
A presto e grazie a tutti, e scusatemi la pignoleria odierna!

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Capitolo 22
*** Capitolo XXII ***


“E se vale la pena rischiare,
io mi gioco anche l’ultimo frammento di cuore.”
-Che Guevara-



Ebbene, uscii di fretta e comprai un nuovo blocco.
Dovevo scriverle subito quelle poche parole, prima che la scarsa risolutezza che mi aveva pervaso per tutti quei mesi prendesse il sopravvento nuovamente.
Ritornai a casa di corsa, persi carta e penna le scrissi che nulla era cambiato per me, la imbustai e la indirizzai alla casa di Pony; avevo comprato anche un francobollo; mancava ora la parte più importante, la spedizione.
Uscii di casa, mi bastò attraversare la strada per trovare una buca della posta. Guardai la lettera, la girai e rigirai poi la misi in tasca e tornai a casa.
Non potevo spedirla. Perché? Oh dammi pure del fifone, ma credo che in quel momento la paura la stesse facendo da padrona.
Era ormai sera inoltrata, trovai qualcosa in cucina lasciatomi dalla governante, ma non avevo fame.
La signora Peters doveva essersi ritirata nella sua stanza, come era solita.
Mi preparai un tè, forse sarebbe stato meglio se avessi bevuto una tisana rilassante.
Lo stress accumulato quel giorno cominciava a farsi sentire, era stato difficile mettere nero su bianco quella semplicissima frase. Ci avevo impiegato mesi a decidermi, ora dovevo trovare solo la forza di imbucare quella lettera. Sarebbe stato così semplice consegnarla alla Sig.ra Peters e chiederle di provvedere a spedirla, ma non volevo demandare.
Dovevo comportarmi come un vero uomo, non potevo lasciare le cose al caso, non potevo sperare che la casella della posta fagocitasse la mia lettera, per cui dovevo semplicemente attraversare la strada e imbucarla.
Vuoi sapere quanto tempo mi ci volle?
Ok, ti prego, non ridere di me … so essere ridicolo quando mi ci metto.
Beh ti dico solo che era ormai Novembre, una fredda gelida e piovosa mattina. Come colto da un raptus improvviso, attraversai la strada di corsa, estrassi la lettera dalla tasca della giacca, chiusi gli occhi e … magia …
Affidai ad essa il mio destino.
Mi sentii quasi liberato da un peso, come se avessi avuto un macigno sul cuore e improvvisamente si fosse polverizzato.
Ora non mi restava che aspettare.
Ma puoi immaginare quanto difficile potesse essere per me attendere?
Avevo lasciato passare un anno di lutto, e sei mesi extra  davvero non necessari, a causa della mia indecisione.
L’attesa non faceva per me, non faceva che minare la mia già scarsa sicurezza, eppure non c’era di sicuro molto altro che potessi fare.
Oh no caro, no,  non pregai. Non credevo e non mi pareva il caso di cominciare a credere, e a pregare, perché volevo qualcosa. Me la sarei presa con le mie forze se fosse stato necessario. Non avrei lasciato nulla al caso, non mi sarei arreso se non di fronte all’evidenza. Avrebbe dovuto dirmi, guardandomi negli occhi, che non mi amava, che per me non c’era più posto nel suo cuore, e in tal caso, mi sarei accertato di persona che stava davvero bene ed era davvero felice senza di me.
Solo così mi sarei potuto definitivamente arrendere, avrei potuto trovare pace e dare l’addio al mio cuore e ai sentimenti. Senza di lei non avrei mai più potuto amare, non ne sarebbe valsa la pena …
Come ingannai il tempo?
Per fortuna c’erano il teatro e le prove. Senza il palco non sarei sopravvissuto. Avevo bisogno di distrarmi e concentrarmi su qualcosa. Immergermi nelle prove, entrare nel mio nuovo personaggio, mi permetteva di dimenticarmi di me stesso, di lasciare il mio cuore in un cassetto, in sospeso, in attesa che ci fossero notizie e che potesse ricominciare a battere.
Fu una lenta e lunga tortura fino a quando … era il 30 dicembre, erano passati circa due mesi da quando avevo spedito la lettera.
Quella sera  dopo lo spettacolo ci sarebbe stata una grande festa; per il 31 infatti gli spettacoli erano stati sospesi, del resto chi avrebbe voluto salutare l’anno nuovo con una tragedia Shakespeariana?
Terminammo per le 11.
Mi ripulii dal trucco, indossai i miei abiti e me ne andai. Passai a salutare Robert dicendogli di scusarmi con gli altri, non mi sentivo bene e non ero dell’umore di festeggiare, non avevo ancora nulla da festeggiare …
Oh certo, non potevo sapere che … che il destino avesse in serbo per me una sorpresa.
Maledissi quella strana sensazione che mi stava facendo sentire male e il mal di testa che mi aveva tormentato per tutto il giorno … ma di lì a poco avrei ringraziato quel mal di testa che mi spinse a rincasare presto.
Continuo dopo.
Perdonami, vado un po’ di fretta.
Sì, lo so, ti lascio sul più bello.
Pazienta, per favore.
Grazie.



NDA: per la cronoca, devo precisare di essermi presa un licenza poetica sulla questione della lettera.
Mamma Miz, gli fa aggiungere all'interno della stessa, di aver aspettato altri sei mesi a spedirla, a causa della propria indecisione, ma a me piaceva l'idea che l'avesse portata con sè e tenuta sul cuore fino al momento in cui poi, finalmente, si è deciso.
Siamo agli sgoccioli e non vorrei rompere o forzare nessuno, ma spero che almeno una volta che avrete finito di leggerla, mi farete l'onore di dirmi che ne pensate.
Vi informo che la mia prossima, è a rating rosso, per cui per chi di voi nonè iscritto a EFP, non vi sarà possibile leggerla.

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Capitolo 23
*** Capitolo XXIII ***


Giulietta, i dadi sono stati truccati dall'inizio
Quando ti renderai conto che fu solo il momento ad essere sbagliato?
non posso fare tutto, ma farei qualsiasi cosa per te
non so fare niente se non amarti
tutto ciò che faccio è sentire la tua mancanza e del modo in cui stavamo insieme
tutto ciò che faccio è tenere le cattive compagnie
tutto ciò che faccio è baciarti attraverso i versi di una poesia
Giulietta farei scintille con te ogni volta (Romeo n Juliet dire straits)



Era la sera dell’ultima rappresentazione dell’Otello per quell’anno, 30 Dicembre 1920.
Dopo lo spettacolo avrebbe avuto luogo una festa in nostro onore alla quale decisi di non partecipare; come ti avevo accennato, avevo un lieve mal di testa che minacciava di trasformarsi in una terribile emicrania.
Perché  lo ricordo così bene?
Aspetta e capirai!
Ti dicevo che, dopo la rappresentazione, mi rifugiai in casa,mi ritirai nella mia camera e chiesi alla governante di prepararmi un tè; mangiai una fetta di torta per poter prendere un analgesico.
Il mal di testa non sembrava volermi abbandonare così mi sedetti sul mio letto e cercai di rilassarmi.
Credo che fosse circa l’una di notte quando sentii bussare alla porta.
La governante,destata dal suo sonno, si recò ad aprire.
Io ci impiegai un po’: dovetti indossare la vestaglia e rendermi presentabile.
Avevo il cuore in gola, non era certo normale che qualcuno bussasse alla mia porta a quell’ora, ma non potevo certo prevedere ciò che sarebbe accaduto poco  dopo.
Dal tratto superiore della rampa di scale, che portava al piano terra, udii distintamente la Signora Peters parlare ma non riuscivo a distinguere l’altra voce , potevo a mala pena percepire un bisbiglio.
Scesi di un altro gradino e il mio cuore saltò un battito.
Una chioma riccioluta, capelli biondi, una figura esile … che avrei riconosciuto fra mille.
“Candice!” esclamai in preda ad un turbinio irrefrenabile di emozioni.
I miei piedi erano così pesanti che per qualche istante, forse qualche minuto, non riuscii a muovere un passo. Mi sentivo come pietrificato,immobilizzato nel tempo.
Quando si voltò i suoi stupendi occhi verdi incontrarono i miei e si fusero gli uni negli altri.
“Terence!” la voce della mia Candy mi riportò alla realtà.
Scesi i gradini a due a due, di corsa, e riuscii persino ad inciampare nel tappeto ed evitai a fatica una rocambolesca caduta.
 L’emozione era così grande e anche la fretta di avvicinarmi a lei prima che questa nuova apparizione sparisse, proprio come a Rocktown, che persi il controllo di me stesso.
Volevo toccarla prima che la visione svanisse, perché ne avevo un bisogno disperato, ma quando lei non si mosse, la sua immagine non si dissolse nel nulla, capii che lei era davvero lì, davanti ai miei occhi, che mi guardava e forse aspettava che dicessi qualcosa.
“Candice sei proprio tu? Io …” le dissi mentre la mia mano che tanto desiderava sfiorare la sua pelle, il suo volto, aveva fermato il suo tragitto a mezz’aria rimanendo sospesa come per paura di toccarla.
Lei annuì. Non aveva ancora proferito parola se non quel semplice “Terence” che era bastato a mandarmi in visibilio.
“Sono davvero felice di rivederti ma ti prego dimmi che non è un sogno o, se sto sognando, sii clemente, non svegliarmi!” furono le mie parole.
Quando vidi i suoi occhi brillare a causa delle lacrime che probabilmente stava cercando di trattenere la mia mano si mosse in direzione del suo volto e, quando la sfiorai con una lieve carezza, il mio corpo fu percorso da una scossa elettrica. Non era possibile, la stavo toccando dopo tanti anni!
“Non sai quanto mi sei mancata!” le dissi e in quel momento delle stille le rigarono il volto.
Con la mano le asciugai le lacrime, con il braccio libero l’attirai a me e l’abbracciai. La strinsi così forte che quasi temetti di toglierle il respiro.
Quell’abbraccio così intenso rischiava di affettare anche il mio di respiro, tanti erano la gioia e il dolore che stavo provando.
Per anni avevo sognato di stringerla a me e, quando lei ricambiò il mio abbraccio e mi disse “Mi sei mancato tanto anche tu, non sai quanto”, sciolsi tutte le mie riserve e le mie lacrime si mischiarono alle sue.
Non so per quanto tempo rimanemmo avvolti in quella riunione di anime ma, durante quegli istanti, sentii il bisogno primordiale di baciarla e di sfiorare le sue dolci labbra.
Sciolsi l’abbraccio e mi lascai guidare dai sentimenti, misi da parte la ragione e, quando lessi nei suoi occhi che anche lei lo desiderava, la attirai nuovamente a me, ma questa volta per suggellare il nostro incontro con un bacio.
Cosa? Ma insomma, potresti anche non interrompere questo dolce ricordo con le tue domande, non ti pare? Dai, cerca di essere paziente!
Dicevamo? Ah sì, il bacio. Non sai che paura sentissi in fondo al cuore.
L’unico bacio che ci eravamo scambiati, ormai nel lontanissimo ma vividissimo 1913, fu seguito da spiacevoli parole e uno scambio indignitoso di schiaffi. Questa volta però era diverso.
Le sue labbra risposero alle mie, il bacio diventò più profondo, le sue mani si aggrapparono alla mia schiena come per paura che potessi sfuggire alla loro presa.
Mi chiesi diverse volte se non fosse tutto frutto della mia immaginazione e se per caso non avessi comprato degli allucinogeni invece che semplici pastiglie di analgesico.
Il tutto era così ovattato, così surreale da farmi dubitare della mia sanità mentale.
Fu solo il rumore causato dalla borsa che sfuggì di mano a Candy,quando toccò terra, a farmi tornare alla realtà. Quando sciogliemmo il bacio rimanemmo in silenzio per qualche istante.
La feci entrare e le offrii un tè; ci spostammo poi in uno dei saloni per parlare.
Raccolsi la sua borsa e la portai con noi.
La governante ci aveva lasciati soli. Fui contento che l’avesse lasciata entrare, fortunatamente ricordava bene le istruzioni che le avevo dato tempo prima: se fossero arrivate notizie dalla Signorina Andrew avrebbe dovuto chiamarmi o avvertirmi immediatamente, a qualsiasi ora del giorno o della notte.
Lei si accomodò sul divano vicino a me, potevo sentire il suo profumo che avevo percepito distintamente quando l’avevo abbracciata poco prima e che mi aveva permesso di fare un tuffo nel passato.
Era sempre bellissima la mia Tutte Lentiggini!
La giovane acerba che avevo incontrato si era trasformata in una stupenda giovane donna!
I suoi occhi parlavano per lei.
Mi sentivo in balia delle mie emozioni e non sapevo da dove cominciare; non ci eravamo visti per così tanto tempo …
Lei mi tolse d’impaccio facendomi vedere la mia lettera.
“Perdonami se mi sono presa del tempo per risponderti … ho pensato a cosa scriverti diverse volte, poi finalmente ho trovato il coraggio di prendere un treno e venire da te di persona!” le sue parole mi spiazzarono, non ero certo che fosse venuta a trovarmi per riprendere da dove avevamo interrotto anni addietro.
“Sono io che ti devo chiedere scusa, perdonami per averci impiegato più del dovuto a scriverti.”
Per cercare di smorzare quella tensione e l’imbarazzo che erano calati fra di noi le raccontai che avevo scritto decine di lettere prima di riuscire a spedirle quel “ Per me non è cambiato niente” ,e che ero riuscito a farlo solo in preda ad un momento di follia.
“Ringrazierò il tuo momento di pazzia” aveva risposto lei.
Chiacchierammo del più e del meno per un po’ ma nell’aria aleggiava prepotente la necessità di mettere le cose in chiaro, di scoprire le carte. Nessuno dei due aveva osato proferire parola su ciò che provava per l’altro e così mi feci forza. Non fu facile ma dovevo dirglielo, volevo sapere perché era venuta da me. Certo, non aveva respinto il mio bacio ma forse lo aveva fatto in nome dei vecchi tempi o perché si era lasciata prendere la mano dai ricordi  e dalle emozioni. Del resto avevamo vissuto, o meglio non vissuto, un giovane amore acerbo che non era stato possibile coltivare perché separati da qualcosa di decisamente più grande di noi.
Non potevo attendere oltre e decisi di tagliare quel velo di maya che mi circondava.
“Candy io … erano 8 anni, da quel 31 dicembre del 1912 …”, presi fiato prima di terminare la frase; sì, sì, hai indovinato, era la prima volta che glielo dicevo chiaramente!!!
“E’ dal 31 dicembre 1912 che volevo dirti che ti amo! Non ho mai smesso, per un solo istante, di amarti!” le dissi sostenendo il suo sguardo. I suoi occhi di brace arsero nel momento in cui mi sentì pronunciare quelle parole.
Come mi sentii?
 Non mi crederai, ma nonostante stessi esprimendo il sentimento più speciale del mondo, mi sentii come liberato da un peso. Non perché amarla fosse tale, ma perché per tanti anni il mio cuore aveva dovuto trattenere quel sentimento senza poterlo esprimere, senza poterlo condividere, nutrendolo di soli ricordi. Avevo dovuto attendere ben otto anni per poterle dire come mi sentivo.
Lei mi guardava ma non proferiva parola e la cosa cominciava a preoccuparmi. Erano passati circa sei anni dall’ultima volta in cui ci eravamo visti, e niente mi garantiva che lei sentisse ciò che provavo io.
Il suo silenzio mi sembrò interminabile ma quando si avvicinò, mi accarezzò il viso e mi restituì il bacio che le avevo dato poco prima, le mie paure si dissolsero come neve al sole.
Fu solo una lieve carezza delle sue labbra sulle mie ma il suo intento di rassicurarmi era evidente.
Ricordo che rimasi ad occhi chiusi, nonostante le sue labbra si fossero allontanate dalle mie, volevo poter assaporare ancora per un momento quel dolce istante.
Quando aprii gli occhi trovai i suoi smeraldi a una brevissima distanza dal mio volto, che mi fissavano seri. Forse stava cercando il coraggio di dirmi come si sentisse?
“Ti amo anche io Terence, non ho mai smesso.” mi sussurrò poi arrossendo.
Provai una tale esplosione di felicità che faticai a contenermi. Avrei voluto chiederle di sposarmi, di cominciare la nostra vita insieme ma dovevo avere pazienza:  il destino mi aveva appena mostrato la sua clemenza e non potevo forzarlo.
C’erano delle cose che dovevo dirle e non potevo certo prevedere come avrebbe reagito.
Non pensavo che saremmo riusciti ad ammettere i nostri sentimenti così in fretta; credo che entrambi sentissimo il peso di quella decisione presa da due adolescenti immaturi, con una responsabilità sulle spalle più grande di loro, che a distanza di anni, ritrovandosi l’uno di fronte all’altra con la possibilità di sistemare le cose non avessero la minima intenzione di perdere altro tempo prezioso. Così, se da un lato mi stupii di averle detto quel “ti amo” solo dopo pochi minuti che l’avevo rivista , altrettanto mi stupì la sua risposta, dall’altro ero consapevole del fatto che il destino di tempo ce ne aveva rubato fin troppo.
Rimanemmo in silenzio per qualche minuto, le nostre mani si cercarono, le dita intrecciate, occhi negli occhi.
“Non sai per quanto ho atteso questo momento;” le dissi accennando un sorriso.
Mi ricordo che mi sorrise a sua volta prima di dirmi “Non ho mai smesso di pensarti! Non ho passato un solo momento, una sola giornata, senza chiedermi cosa stessi facendo, se stessi bene, se … se … se mi avessi dimenticata …”
Poi crollò sotto il peso della troppa emozione, cominciò a piangere in maniera incontrollata e a singhiozzare. La strinsi nuovamente a me, la tenni abbracciata, facendole poggiare la testa sul mio petto; potevo sentire le sue lacrime bagnarmi la maglietta.
Le baciai diverse volte la nuca, mentre con una mano le accarezzavo gentilmente la schiena.
Cercai di cullarla nel mio abbraccio per rassicurarla.
“Non avrei mai potuto dimenticarti Candice, sei sempre stata l’unica per me”, le dissi per cercare di tranquillizzarla.
Fra i singhiozzi riuscì a rispondermi.
“Nemmeno io Terence, nemmeno io. Non ho mai amato nessuno come te! Non sai quante volte ho desiderato poter stare così, fra le tue braccia. Mi sei mancato, mi è mancato tutto di te.”
Quelle parole mi resero così felice. Quel tripudio di emozioni che fece capolino nel mio cuore riuscì a riscaldare quella fredda giornata invernale, riuscì a cancellare, anche se parzialmente, il dolore patito in tutti quegli anni.
Non potei tacerle oltre come si sentissi io.
“Tutte Lentiggini! Tu mi sei mancata tanto da stare male, da sentire il respiro venire meno;  il dolore per la tua assenza era così forte da rendermi la vita insopportabile!” le dissi e lei riprese a singhiozzare.
“ Sono stata una sciocca a chiederti di lasciarmi andare … spero che potrai perdonarmi! Ho rimpianto quella mia decisione per ogni singolo istante che ho passato lontano da te!” riuscì poi ad aggiungere lei.
“ E io sono stato uno sciocco ad accettare passivamente! Mi sono maledetto ogni singolo giorno di quella vita che non valeva davvero la pena di essere vissuta senza di te!”
Le stavo finalmente esternando come mi sentivo.
“Ma io … sono stata io a …” proseguì lei piangendo.
La interruppi. Non volevo affrontare il discorso di quella infausta decisione proprio in quel momento.
“Candy abbiamo tanto tempo davanti a noi. Lasciamo stare per stasera ti va? Potremmo chiarirci domani.”
Lei annuì.
Non so per quanto tempo indugiammo in quell’abbraccio, so solo che provai un forte dolore nel vederla piangere così disperatamente. Credo che a modo suo si stesse liberando del dolore di quei lunghi anni o che almeno ci stesse provando.
Quando mi parve che si fosse calmata, mi offrii di prenderle qualcosa da bere.
“Mi sembri provata.” le dissi prima di recarmi verso la cucina.
“Un po’”,  mi rispose lei prima di aggiungere che nella fretta non aveva prenotato nemmeno un hotel.
Le risposi che non era un problema, c’erano stanze a sufficienza nella mia residenza.
“Ma non vorrei già andare a dormire, posso resistere ancora un po’.” mi disse.
La lasciai sola per il tempo necessario per recuperare un bicchiere d’acqua e quando tornai la trovai assopita.
Erano le due passate e doveva essere stata una giornata alquanto stressante.
Mi sentii in colpa perché aveva affrontato un lungo viaggio a causa mia.
Mi faceva una tale tenerezza, dormiva con una bambina indifesa, un lieve sorriso dipinto sulle labbra.
La presi in braccio delicatamente e la portai nella mia stanza. La adagiai sul mio letto, la coprii e la lasciai riposare.
Avevamo tutta la vita per chiarire.
Mi ricordo che le sussurrai un “Buona notte Signorina Tutte Lentiggini” poi le baciai dolcemente la fronte e ridiscesi al piano di sotto per recarmi nel mio studio.
Non avrei potuto dormire, non dopo quanto era successo.
Se mi avessero detto che la mia vita sarebbe cambiata ancora e che lei ve ne avrebbe fatto nuovamente parte, credo proprio che mi sarei arrabbiato perché mi sarei sentito preso in giro.
Era troppo presto per cantare vittoria però, avevo dei peccati di cui chiedere perdono e non ero certo che mi sarebbe stato accordato.
No, non ti preoccupare non ho intenzione di interrompere il mio racconto, però ora ti devo chiedere seriamente di ascoltarmi senza intromissioni, perché ciò che sto per raccontarti è decisamente delicato e non so nemmeno io da dove partire … fu difficile allora e lo è anche adesso… dover mettere a nudo i miei limiti, le mie imperfezioni …
L’indomani mattina chiesi alla Signora Peters di servirmi la colazione nel mio studio; le raccomandai inoltre di prendersi cura della nostra ospite e di assicurarsi che avesse tutto ciò di cui necessitava; le chiesi poi di riferirle che, se avesse voluto  parlarmi o vedermi, l’avrei attesa lì.
Sperai che capisse il mio tentativo di non imporle la mia presenza.
Feci una doccia rilassante sperando di poter alleviare la tensione e la stanchezza.
I minuti passavano inesorabili ed io riuscii a mala pena a mandare giù il tè  lasciando la torta intatta.
Il mio stomaco era stretto in una morsa.
Mi aspettava il momento più difficile.
Sapevo che mi amava, me lo aveva confermato lei stessa la sera prima ma io avevo bisogno di essere completamente sincero con lei.
Il mio unico desiderio era quello di ricevere una sua assoluzione ma non ero così sprovveduto da non rendermi conto che forse le avrei chiesto troppo, troppo persino per un animo gentile e comprensivo come il suo.
Ma dovevo avere la certezza che le mie mancanze le consentissero di amarmi comunque e che nonostante tutto volesse passare il resto della vita con me.
Quella mattina faceva freddo, attizzai il fuoco e lo guardai scoppiettare nel camino.
Tenevo fra le mani la scatolina blu che conteneva l’anello  e ci giochicchiavo nervosamente, il colore del velluto era leggermente sbiadito, colpa dello scorrere incessante del tempo. La riposi nuovamente nel cassetto della mia scrivania.
L’attesa mi stava logorando.
La mia paura più grande? No, ti sbagli, non che mi rifiutasse e mi lasciasse nuovamente … ma leggere la delusione nei suoi occhi.
Quando sentii dei passi leggeri ma decisi avvicinarsi, riconobbi subito che non si trattava della signora Peters e il mio cuore accelerò la sua corsa. Sentii il fiato mancarmi.
Era arrivato il momento.
Quando finalmente bussò alla porta dello studio mi limitai a prendere un profondo respiro e a dire un semplice “Avanti”.  Credevo che le mie gambe avrebbero ceduto sotto il peso della tensione.
Quando varcò la soglia della stanza mi resi conto che quella della sera prima non era stata una visione, lei era nuovamente davanti a me in carne ed ossa.
Mi sorrise timidamente e accennò ad un buongiorno a cui io faticai a rispondere perché la voce mi morì in gola.
Le chiesi nuovamente di accomodarsi, non volevo perdere altro tempo e prolungare la mia agonia inutilmente, né tanto meno tenerla in sospeso.
Potevo leggere nei suoi occhi l’ansia che l’attanagliava. Credo che come me fosse desiderosa di potersi lasciare il passato alle spalle definitivamente  e di poter voltare pagina.
Non ho mai faticato ad andare dritto al dunque ma quando si trattava dei miei sentimenti e in particolare per Candice mi capitava spesso di non riuscire ad esprimerli, di non riuscire a dar loro voce.
Lei aveva deciso di sedersi sul tappeto, vicino al camino.
La sua scelta fece sì che la mia mente tornasse inevitabilmente a quel giorno di quella bellissima estate trascorsa in Scozia. Mi chiesi se anche lei avesse pensato la stessa cosa.
Quel pomeriggio di tanti anni fa però non avevo niente da farmi perdonare, ero solo colpevole di amarla alla follia e di non essere capace di dirglielo chiaramente,mentre in questo salotto percepivo la presenza ingombrante della mia coscienza sporca.
Dopo averle chiesto se avesse riposato bene e come si sentisse, raccolsi le mie forze e mi decisi a parlarle.
Lentamente cominciai il mio discorso.
Permettimi di riportare alla memoria cosa le dissi.
 
Più o meno mi pare che esordii così:
“Ci sono così tante cose che vorrei dirti, ma non so nemmeno io da dove cominciare.
Lo sai che ti amo più di qualsiasi altra cosa al mondo?!” le dissi inginocchiandomi accanto a lei e cercando i suoi occhi che titubanti incontrarono i miei. In quel momento mi resi conto che aveva intuito dove volessi andare a parare con quel discorso. Si limitò ad annuire.
Probabilmente anche lei non aveva la forza di dire nulla e, da un lato, sarò sincero, per me fu un sollievo: se mi avesse interrotto non so se e dove avrei trovato il coraggio di continuare.
“Per anni ho sognato, pregato, sperato che potessimo avere una seconda chance. Quando ieri hai bussato alla mia porta stentavo a crederci. Avevo il cuore il gola, mi tremavano le gambe. Avevo paura che non sentissi più nulla per me, che fossi venuta a dirmi di uscire dalla tua vita per sempre …” feci una pausa per poter riprendere fiato.
Stavo provando un dolore lancinante, non riuscivo a sostenere il suo sguardo e, ogni tanto, rivolgevo il mio altrove per non vedere i suoi occhi ardere. Qualcosa nella tinta verde scuro che avevano assunto i suoi smeraldi, mi fece intuire che temeva quanto me il momento del confronto.
A posteriori mi rendo conto che probabilmente si aspettava ciò che stavo per dirle.
“ Vorrei solo potermi inginocchiare davanti a te e fare ciò che mi fu impedito a New York, in quel dannatissimo inverno, ma non posso chiederti di cominciare una nuova vita insieme, per quanto lo desideri ardentemente, senza la tua completa assoluzione” mi fermai nuovamente in quanto  vidi i suoi occhi inumidirsi e luccicare a causa delle lacrime che li stavano lentamente riempiendo.
“Perdonami.” le dissi prendendole le mani.
La mia azione però non fece che peggiorare la situazione perché le lacrime che stava cercando di trattenere cominciarono a sgorgare copiose dai suoi splendidi smeraldi. Mi sentivo impotente come quando una nave affonda e la si guarda senza poter muovere un dito, consapevole di non potere evitare quanto sta accadendo.
Avvicinai lentamente una mano al suo viso.
Temevo che rifiutasse il mio tocco, ma lei mi sorprese e lasciò che asciugassi le stille che solcavano le sue guance, mentre le chiedevo nuovamente scusa.
Non volevo farla soffrire.
Per un momento mi sfiorò il dubbio che quanto stavo accingendomi a fare fosse estremamente egoista.
Le stavo causando tanta sofferenza perché non riuscivo ad andare avanti senza ricevere il suo perdono. Ma non potevo chiederle di sposarmi, la mia coscienza urlava e si ribellava, chiedeva di potersi lavare di tutte le sue macchie e di poter ricominciare, o meglio, cominciare, in assoluta sincerità e pace.
Sai, non credevo che si potesse provare così tanto dolore, più di quanto ne avessi provato il giorno della nostra separazione in quel freddo dicembre, ma ahimè, mi sbagliavo eccome.
In quel momento mi odiavo. Non avevo mai creduto di poter detestare me stesso più di chiunque altro le avesse fatto del male, più di quanto potessi detestare Iriza, Neal, La signora Marlow, Susanna e mio padre.
Forse dicendoti questo ti renderai conto di quanto disprezzo stessi provando in quel frangente per me stesso.
Ogni volta che giuravo di amarla e di volerla rendere felice, finivo col causarle altra sofferenza.
Leggere il dolore nei suoi occhi era la giusta punizione, il castigo che meritavo per ciò che le stavo facendo scontare. Sperai solo che potesse percepire la sincerità e la forza del mio amore, che tentavo di trasmetterle col tocco della mia mano sul suo volto.
Mi fissò per un brevissimo istante e potei leggere nei suoi occhi che voleva che proseguissi il mio discorso, ovunque esso avesse portato.
“Candy vorrei che sapessi che ciò che più mi ferisce e mi tormenta è avere la certezza di averti deluso.” mentre dicevo queste parole notai il suo sguardo dubbioso, forse la conversazione non stava poi prendendo la piega che lei si attendeva.
 “Spero che saprai perdonare la mia debolezza ma io non ci sono mai riuscito, non ho potuto nemmeno per un istante, provare anche il più flebile sentimento per Susanna.
Avrei dovuto esserle grato perché mi aveva salvato la vita, ma non riuscivo a fare nemmeno quello perché mi aveva tolto la mia ragione di esistere e la voglia di vivere.
Avrei preferito morire schiacciato sotto il peso di quel riflettore che dover sopportare di stare lontano da te.”
Mi fermai perché notai nuove lacrime che le rigavano il volto. Attesi che dicesse qualcosa ma lei rimase in silenzio per un tempo che mi parve infinito. Avrei preferito che mi insultasse, che inveisse contro di me, ma lei non accennò a reagire.
“Mi spiace Terence, se solo non fossi stata così sciocca, così testarda, così ostinata … impulsiva, cieca”
Quelle sue parole intervallate da profondi respiri, mi sorpresero.
Non ti so dire quante volte la mia Tutte Lentiggini mi avesse stupito da quando ci eravamo conosciuti  e continuava a farlo. Non solo non mi sembrava arrabbiata o delusa  dal mio comportamento ma mi pareva che si stesse attribuendo la colpa della nostra separazione come se stesse tentando di alleggerire i miei errori.
Non glielo avrei permesso, non poteva farsi carico di tutto ciò che ci era successo.
“Shhh” le dissi poggiando un dito sulle sue labbra; potei sentire che vi poggiò un lieve bacio. Il tocco delle sue labbra con la mia pelle era capace di scatenare un vero uragano di emozioni nel mio cuore.
Cercai di controllarmi ma ti assicuro che non fu assolutamente una passeggiata, per niente.
Dicevi? Certo che non fu semplice restare fermo a guardare senza poterla stringere a me ma, come avrai capito, se lo avessi fatto, non credo che avrei potuto portare a termine la mia confessione.
“Non addossarti tutta la colpa di ciò che accadde! Io ti ho lasciato andare!Mi sono comportato come mio padre che ho odiato e disprezzato tanto. Mi sono lasciato schiacciare dal senso di colpa e del dovere nei confronti di Susanna. Ho messo da parte il mio amore per te ma non mi perdonerò mai per la sofferenza che ti ho causato. Spero che tu possa trovare in cuor tuo la forza di perdonarmi, anche se so di chiederti troppo, perché io stesso non ne sono capace.”
Vuoi sapere perché dissi che le avevo causato tanta sofferenza? Forse non riesco a spiegarti ciò che vidi riflesso nei suoi occhi, il suo viso era contrito e le smorfie di dolore che lei cercava di trattenere finivano inevitabilmente per ripercuotersi sui suoi bellissimi lineamenti.
Ma lei mi sorprese nuovamente con la sua risposta.
Mi disse che non  aveva niente da perdonarmi perché avevamo sbagliato entrambi.
Scusa? Sì te l’ho detto sin dall’inizio che è una donna eccezionale! Credo che con queste sue parole tu ne abbia avuto la riprova.
Ricordo come se fosse ieri l’effetto catartico e liberatorio di quelle sue parole: fu come se parte del carico che mi portavo dentro fosse stato rimosso all’improvviso, consentendo al mio cuore di smetterla di sentirsi atrofizzato.
Purtroppo avevo ancora due cose da confessarle e non sapevo quale fosse peggiore.
Mi ricordo solo che faticai a chiederle di lasciarmi continuare, la mia voce quasi una supplica.
Lei cercò di interrompermi ma non glielo permisi.
“Ti prego” le dissi per farle capire che non potevo più tenermi dentro quelle cose” lascia che ti racconti del periodo buio che ho attraversato: di quando a Rocktown …” mi ricordo che mi bloccò, prima che potessi finire di raccontarle quanto ero riuscito a cadere in basso votandomi all’alcol. Stavo inspirando profondamente per cercare di raccogliere le mie forze, mi vergognavo come un ladro … ma lei mi disse che sapeva di Rocktown, si era trovata lì per caso e mi aveva visto, non aveva avuto il coraggio di avvicinarmi e aveva solo pregato affinché mi potessi riprendere. Io ero in quel teatro da quattro soldi ubriaco che blateravo sul palco … che vergogna! E lei mi aveva visto, ora ne avevo la conferma!
Capii che quella che avevo intravisto allora non era stata una visione: era lei per davvero.
Ne avevo dubitato per anni, credendo che fossero stati gli effetti dell’alcol ad ingannarmi. Invece la sua presenza mi aveva riportato nuovamente in vita. Non riuscii a trattenere le  lacrime. La persona che avevo davanti a me, non solo mi stava ascoltando pazientemente senza giudicarmi, nonostante la stessi facendo soffrire, ma era stata presente nel momento in cui avevo toccato il fondo e mi aveva aiutato a risollevarmi … sapeva che non avevo mantenuto la promessa, sapeva che mi ero lasciato andare soccombendo alle mie debolezze e, nonostante tutto, era ancora disposta ad amarmi. Era venuta lo stesso da me, da questo sciocco che singhiozzava e piangeva.
Scusami, non intendevo fare piangere anche te. Allora hai il cuore tenero? Oh no, non voglio prendermi gioco di te amico mio. Ti prego asciuga le lacrime e prosegui nella lettura.
Vuoi sapere che successe dopo? E come reagì lei?
Quando vide che le lacrime mi rigavano il volto , si sollevò da terra, si mise in ginocchio davanti a me e con una mano accarezzò il mio volto per cancellare quelle tracce salate. Lasciò che poggiassi il capo sul suo petto  e mi permise di piangere come un bambino e singhiozzare fra le sue braccia.
Riuscii in qualche modo a dirle come mi ero sentito.
“Da quando ci siamo lasciati ho cercato di andare avanti.
Per diverso tempo mi sono detto che ti avevo fatto una promessa e che avrei dovuto mantenerla ma, Candy, al fianco di Susanna mi spegnevo inesorabilmente ogni giorno di più. Così trovai compagnia nella bottiglia perché l’alcol era l’unica cosa a rendermi sopportabile le lunghe giornate e la routine che le accompagnava. Cercavo rifugio da me stesso, dai miei sentimenti, da quel vuoto che sentivo dentro e che avrebbe finito presto col risucchiarmi come un buco nero. Mi vergogno a dirtelo,ma voglio che tu conosca tutta la verità: non sono stato in grado di sorridere alla vita e di affrontarla come tu mi avevi insegnato. Senza di te mi sono sentito perso!”
Ricordo che quando terminai mi sussurrò  un “Ti amo Terence” poggiando un leggero bacio sulla mia nuca.
Non potevo credere alle mie orecchie. Sapeva e riusciva ad amarmi nonostante tutto. Come faceva a perdonare tutte le mie debolezze?  Mentre mi ponevo queste domande mi resi conto che solo lei poteva accettare le mie imperfezioni e le contraddizioni che erano, e sono,  parte preponderante del mio essere; solo lei sapeva e poteva amarmi ed accettarmi per ciò che sono!
Nonostante tutto non potevo fare a meno di chiedermi come potesse amarmi così tanto da riuscire ad accettare i miei limiti.
Con quale coraggio, di fronte all’amore e alla comprensione che mi stava dimostrando, potevo raccontarle delle relazioni casuali che avevo intrattenuto in quegli anni?
Non dire sciocchezze! Lei non era, non è, quel genere di persona! Mi meraviglio che ti abbia anche solo sfiorato l’idea! Se non aveva mai smesso di amarmi in tutti quegli anni, non aveva provato alcun sentimento per nessun altro uomo, sono certo che non si era concessa a nessuno.
Prima che potessi proseguire, lei decise di raccontarmi per sommi capi come avesse trascorso i sei anni che ci avevano separato. Non posso raccontartelo, ti chiedo venia, perché non credo che sopporterei il dolore di rievocare quanto mi disse. L’unica cosa che devi sapere fu che non smise mai di amarmi, che cercò di andare avanti e sopravvivere ma che non ci riuscì mai pienamente, perché le mancava una parte importante della sua vita, cioè io. Eh sì, stentai anche io a credere alle mie orecchie, ma era tutto vero. Se avessi visto con quale ardore mi raccontava tutto ciò. Mi sentii tremendamente colpevole perché in quegli anni ero riuscito a convincermi che lei sarebbe andata avanti senza di me. Invece mi aveva atteso pazientemente, aveva atteso che la vita decidesse che era arrivato il nostro tempo, il momento per ricongiungerci.
Diverse volte mi ero sentito in colpa perché avevo sperato che non mi dimenticasse, ma poi il mio pensiero egoista era stato spesso sostituito dal desiderio che lei potesse essere felice senza di me. Per quanto mi facesse male, parte di me lo aveva desiderato davvero.
Comunque, stavamo parlando di… beh, lo sai …
Certo! Mi sentivo onorato eccome! Una donna speciale come lei non era riuscita a togliersi dal cuore un essere imperfetto come me! Non avrei mai osato sperare tanto anche se, come ti ho appena detto, non potevo essere felice di sapere che lei aveva sofferto per tutto quel tempo a  causa del mio dilemma, della mia mancanza di spina dorsale. Ero io che non avevo scelto l’amore per paura del mio senso di colpa temendo che col tempo si sarebbe frapposto fra di noi finendo irrimediabilmente per separarci. Temevo che l’avrei fatta soffrire inutilmente e così optai per la strada più semplice. Forse fu lei a prendere la decisione, senza consultarmi ma io, dal mio canto, non avevo fatto niente per impedirglielo. Avevo subito passivamente la sua scelta, senza nemmeno provare a farla ragionare.
Mi chiedi se mi fermai a ponderare che lasciandola andare le avrei inflitto una tale sofferenza?
Oh certo che lo feci ma la conoscevo abbastanza da sapere che lei sorrideva sempre alla vita e avrebbe trovato il modo di sorridervi nuovamente. Sapevo che avrebbe preferito perdermi che strapparmi a Susanna e quindi, come il peggiore dei codardi, avallai la sua scelta.
Che errore amico caro, che imperdonabile errore!
Mi feci forza e decisi di proseguire.
Non riuscivo nemmeno a guardarla negli occhi. Ricordo che cominciai con un “Candy io” ma le parole mi morirono ancora una volta in gola.
Mi aveva appena dimostrato quanto il suo amore fosse forte e sincero, come potevo dirle di tutte le altre?
Come potevo confermare i suoi sospetti, i suoi dubbi? Non era certo sciocca.
Nonostante tutto il suo sguardo era ancora carico d’amore e di comprensione.
“Candy io” tentai nuovamente ma questa volta proseguii dopo una breve pausa” non potevo sapere… se anche solo avessi immaginato che .. che avrei avuto un’altra chance io… non avrei mai… se non potessi perdonarmi non ti biasimerei… ma lascia che sia completamente sincero …” interruppi nuovamente quel flusso sconnesso di parole ma poi persi un respiro e tutto d’un fiato ammisi la verità.
Durante la mia “non relazione” con Susanna, avevo conosciuto diverse donne. Non solo non ero stato “fedele” a Susanna ma nemmeno Candy  perché non avevo mantenuto fede alla promessa!
Quelle ragazze non avevano significato nulla per me: per quanto avessi provato invano a cercarla nelle altre, la mia ricerca si era dimostrata vana perché nessuna era lei.
 La cosa si era trasformata poi in una semplice valvola di sfogo, niente di più, ma non potevo pretendere che lei lo accettasse.
Sarò sincero caro amico, spero che saprai giudicarmi con giudizio e senza fretta.
Quando terminai la mia confessione,  quando ammisi ciò che mi pesava sul cuore, come il peggiore dei vigliacchi chiusi gli occhi. Non volevo leggere né  dolore né delusione nei suoi.
Quando li riaprii lei era in piedi davanti a me.
Non riuscivo a decifrare i suoi pensieri, il verde dei suoi occhi solitamente vivo e brillante aveva assunto una tonalità scura e cupa. Nonostante avesse immaginato tutto quello che le avevo raccontato forse  non aveva considerato che sentirselo dire dalla mia voce, da me, le avrebbe causato una sofferenza così grande che la destabilizzò.
“Ho bisogno di rimanere da sola.” mi disse mentre lasciava la stanza.
Annuii e la lasciai andare, glielo dovevo.
Il dolore che stavo provando rischiava di annientarmi ma sapevo di doverle concedere del tempo, avevo decisamente preteso troppo da lei quel giorno.
Dalla finestra la vidi correre in giardino, cercare un rifugio dove potersi sfogare.
Per quanto avrei voluto poterle correre dietro e chiederle perdono, chiederle di ricominciare, lasciai che si prendesse tutto il tempo necessario.
Uscii e lasciai detto alla Signora Peters di prendersi cura di Candy.
Le lasciai solo una breve nota.
“Sono uscito per lasciarti il tempo di pensare liberamente. Fa’ come se fossi a casa tua. Tornerò per l’ora del tè. Qualora non dovessi trovarti al mio ritorno capirò le tue ragioni e rispetterò le tue scelte. Spero solo che tu possa trovare la forza di confrontarti con me prima di prendere una decisione irreversibile. Te ne prego.
Ti amo Candy, perdonami se puoi.
Tuo ora e per sempre, Terence”.
Sai che ho ancora quella nota? Lei la conservò.
Amico caro, ora consentimi di riposare: concorderai con me nel dire che questo racconto era particolarmente carico di emozioni.
Io mi sento abbastanza prosciugato e credo che anche tu abbia bisogno di staccare, quindi  diamoci appuntamento a presto, non so darti un giorno preciso ma ti prometto che non ti lascerò a lungo in sospeso.
Ti saluto e grazie per l’attenzione che mi hai dedicato fino ad ora.



NdA: capitolo lungo, chiedo venia, ma non mi piaceva l'idea di spezzarlo... allora??? Deluse? Dai, ditemi qualcosa!!
Non voglio obbligarvi a parlare ma almeno potresti farmi sapere che pensate di questa ideuzza, su!
Ragazze 4 capitoli alla fine.
Siccome il 27esimo è davvero corto, posterò quello e l'epilogo nello stesso gg.
Ciauz!!
Ah, vi aspetto "I soliloqui di AlbionMay" su Facebook!

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Capitolo 24
*** Capitolo XXIV ***


Nell'amore ci accorgiamo per lo più troppo tardi se un cuore ci è stato dato solo in prestito, se ci è stato donato oppure se ci è stato addirittura sacrificato.
(Schnitzer)
 
 
Eh sì, come avrai giustamente notato era il 31 dicembre.
Speravo di non dover cominciare un altro anno da solo ma, da come si erano messe le cose, non potevo sperare che mi perdonasse, almeno non nell’immediato.
Così vagai per le strade di New York senza meta, confuso, emozionato ma impaurito.
Faticavo ancora a credere che l’avevo rivista, l’avevo stretta fra le mie braccia, avevo sfiorato le sue labbra di miele e,  soprattutto, mi aveva dichiarato il suo amore.
Non potevo aspettarmi che reagisse diversamente dopo quanto le avevo confessato.
L'avevo lasciata sola ma forse avevo sbagliato?!
Attanagliato da questo dubbio rientrai in casa intirizzito, si prevedeva neve per quella giornata … come in tutte le giornate importanti della nostra storia …
La sorpresi a sorseggiare un tè, lo sguardo perso, mentre seduta davanti al camino, sullo stesso tappeto dove si era accomodata la sera prima, cercava conforto nel calore emanato da quelle fiamme.
Non si accorse di me, probabilmente era assorta nei suoi pensieri, immersa nel suo tormento, o forse non sapeva cosa dirmi e preferiva ignorarmi?
“Candy…” azzardai a dirle turbando la sua calma apparente.
Lei sobbalzò, segno che davvero non mi aveva sentito.
Si alzò quasi di scatto, gli occhi rivolti a terra, era evidente che non voleva incontrare i miei …
“Perdonami, volevo lasciarti del tempo per pensare … ma poi ho avuto paura di perderti nuovamente …” le dissi col cuore in mano. Forse ero stato troppo egoista in quel momento, forse avrebbe preferito non vedermi, ma la paura che se ne andasse mi aveva costretto a tornare a casa.
“Pensavo che saresti rincasato più tardi, se lo avessi saputo …”
“Cosa?” le dissi avvicinandomi e afferrandole un braccio quasi scuotendola.
“Ecco io …”
“Tu cosa?” la incalzai temendo di aver capito. La mia mano si era alzata fino a posizionarsi sul suo braccio. Forse stavo avendo una reazione sopra le righe, a posteriori me ne rendo conto, forse la stavo spaventando ma non avrei mai potuto spaventare lei più di quanto lo fossi io. Non ero pronto a perderla, non adesso che mi aveva esternato i suoi sentimenti, non adesso che avevo trovato il coraggio di dirle ciò che di più intimo provavo.
Mi ricordai dell’anello, quello stesso anello che avevo conservato per anni, lo avevo in tasca …
Fu in quel momento che decisi. Non avevo nulla da perdere.
Lasciai il suo braccio, le alzai il mento delicatamente costringendola a guardarmi, le presi una mano e gliela baciai delicatamente; temetti che potesse ritrarla ma lei mi lasciò fare, sopraffatta anche lei da quell’amore devastante che ci aveva legati nel profondo, sin da quel 31 dicembre 1912, come solo alle anime gemelle accade.
Mi inginocchiai.
Lei mi guardò stupita, forse non se lo aspettava.
“ Avrei voluto farlo ieri, ma avevo molte, troppe cose di cui chiederti scusa. Se potessi trovare la forza di perdonami ancora una volta …” mi interruppi per riprendere … “Candice faresti di me un uomo felice? Vorresti farmi l’onore di diventare mia moglie? Sei la mia Giulietta, lo sei sempre stata e lo sarei sempre!” aggiunsi.
“Terence io …” capii che intendeva rifiutare o per lo meno temporeggiare. Del resto non potevo biasimarla se aveva bisogno di tempo.
Io ero il solito impulsivo! Ormai lo avevo fatto,e non ne ero certo pentito. Qualsiasi fosse stato l’esito, dovevo provare.
“Per favore lascia che vada” mi pregò lei.
“Dove vuoi andare?”
“Torno a La Porte” fu la sua risposta.
Cercai di farle cambiare idea, inutilmente.
Voleva allontanarsi da me, voleva del tempo per poter pensare e chiarirsi le idee, voleva poter riflettere e …
Non potevo trattenerla contro la sua volontà. Per quanto mi costasse, dovevo lasciarla libera di andare, di decidere …
Prese i suoi bagagli; avrei voluto accompagnarla ma lei me lo impedì. Preferì che le chiamassi un taxi.
Quando la accompagnai sull’uscio di casa aveva iniziato a nevicare da poco, grossi e soffici fiocchi candidi cominciavano a ricoprire la città ed entrambi facemmo un tuffo nel passato … nevicava anche il giorno in cui ci separammo per sempre, o almeno così avevamo creduto, del resto il mio cuore e la mia anima erano comunque rimasti indissolubilmente legati a lei.
Così mentre la guardavo poggiare la borsa sul sedile del taxi, incapace di proferire parola, sentii uno strappo al cuore, perché si stava portando via nuovamente tutti i miei sogni. Stava per salire sull’auto senza dire una parola, quando la bloccai. La neve cadeva incessante rendendomi quasi difficoltoso fissarla negli occhi; l’avevo costretta a girarsi per poter ancorare i miei occhi ai suoi.
Volevo che potesse leggervi l’amore indissolubile che provavo per lei, quel sentimento devastante che era parte integrante di me e, forse, chiamami nuovamente egoista, volevo che leggesse anche il dolore che stavo provando: forse quello avrebbe reso più vero ai suoi occhi ciò che sentivo … se stava dubitando di me, di noi, di ciò che provavo, doveva guardarmi negli occhi per fugare ogni suo dubbio.
Vidi che i suoi smeraldi si riempivano di lacrime, sentii che tremava, non l’avrei lasciata andare via così, non senza abbracciarla e baciarla nuovamente.
Il tassista era già nell’abitacolo, la signora Peters aveva avuto il buon gusto di lasciarci da soli, cosa c’era ad impedirmi di farlo? Ma mi bloccai perché forse non voleva,  forse non era pronta.
Non volevo ripetere lo stesso errore che commisi alla festa di maggio tanti anni prima.
Mi bastò poi un lieve tremore delle sue labbra e una scintilla che percorse i suoi occhi per una frazione di secondo per farmi intuire che lo desiderava anche lei.
Le sollevai il mento, mi avvicinai al suo volto lentamente, concedendole la possibilità di rifiutarmi quell’incontro fra le nostre labbra, ma lei non si ribellò e ricambiò il mio bacio con un tale ardore che mi fece temere che sarebbe stato l’ultimo che le avrei dato, che sarebbe stata l’ultima volta che l’avrei vista.
“Ti amo, ti amerò sempre!” le dissi quando sciogliemmo quel bacio.
Lei fece per salire sull’auto e le diedi la scatola con l’anello che non aveva accettato.
“Terence ma io …”
“E’ tuo Candice, ti appartiene dal giorno in cui l’ho comprato nel 1914,deciderai tu se è degno di stare al tuo dito, e qualora non lo fosse, cosa farne.”
Lei prese la scatola, la strinse a sé.
“Ti prego di non cercarmi” mi disse prima di sparire definitivamente nell’auto.
Mi lasciava quindi senza speranza?
La stavo perdendo.
Mentre l’auto cominciava a muoversi lentamente vidi aprire il finestrino.
“Ti prometto che ti contatterò, ti prego solo di essere paziente. Qualsiasi cosa dovessi decidere, te la comunicherò … e se non vorrai aspettarmi …” disse mentre la macchina acquistava velocità.
“Ti aspetterò Candy, ti aspetterò sempre!” le gridai di rimando e l’ultima cosa che vidi fu un lieve sorriso distendersi sulle sue labbra mentre, a distanza di anni a causa di una nuova separazione da lei altre lacrime annebbiavano la mia vista.
Mi chiesi se fosse un segno del destino che fosse nuovamente dicembre, che stesse nevicando e che dovessi sottostare alla sua decisione di allontanarsi da me ancora una volta.
Fu come rivivere quel nefasto giorno … ma forse questa volta avevo una piccola speranza da cullare in fondo al cuore.
Era un altro 31 dicembre che passavo da solo.
In realtà avevo ricevuto diversi inviti, anche Robert mi aveva invitato ad una festa che si sarebbe tenuta a casa sua però chi era dell’umore per festeggiare?
Per poco più di mezza giornata avevo assaporato cosa volesse dire stare con Candy, essere libero di amarla e sapere di essere contraccambiato. Ma poi la scena era cambiata all’improvviso … come in uno di quegli incubi in cui d’un tratto tutto ciò che  di bello c’è  viene risucchiato dal buio e dall’oscurità; poi ci si guarda intorno alla ricerca di un punto di riferimento ma non si trova nulla cui aggrapparsi.
Perché continuava a succedermi la stessa cosa? Perché nell’istante in cui sembravo sfiorare una parvenza di felicità e di normalità mi rendevo immediatamente conto di quanto effimero tutto ciò fosse?
Ciò che mi rendeva felice svaniva nel nulla se solo cercavo di allungare la  mano e stringerlo con forza per impedirgli di non volatilizzarsi nell’aria e di sparire fagocitato dal nulla.
Preferii affogare il mio dolore, la mia ansia in un bicchiere di whiskey. Mi proibii di berne più di un paio ma quel tanto bastò a stordirmi leggermente, a farmi sentire sopito. Lo so, dovrei vergognarmi ma non potevo davvero sopportare un’ennesima sconfitta, la sconfitta. Avrei accettato di perdere la fama, la carriera, la bravura nella recitazione, la vista ( no forse questa no, altrimenti non avrei più potuto vederla, guardarla), la stabilità economica … ma non lei! Perderla! Tsss, non era mai stata mia, ma che andavo blaterando?
Mi chiedi quanto durò questo mio stato di semi depressione? Beh, non che fossi realmente depresso, ero solo infinitamente deluso, triste, amareggiato, spaventato e oserei dire disperato.
Spaventato perché nonostante non mi avesse ancora detto di no, non aveva certo detto che mi avrebbe perdonato e, soprattutto, se anche mi avesse perdonato, non potevo certo pretendere che ciò avvenisse in tempi brevi.
Così non potei fare altro che osservare dalla terrazza i fuochi d’artificio che rischiaravano quella fredda notte Newyorkese.
“Buon anno Tutte Lentiggini, ovunque tu sia!” dissi guardando il cielo e immaginando il suo volto lentigginoso, sorridente, e quei due fanali verde smeraldo carichi di energia e vitalità.
Mentre il rumore dei fuochi di artificio rimbombava disturbando la quiete del quartiere residenziale dove mi ero trasferito dopo la morte di Susanna (sì, perdonami, mi sono dimenticato di dirtelo, non avrebbe avuto senso continuare a rimanere là dove avevo vissuto di dolore e sofferenza!) io mi abbandonavo sulla poltrona e lasciavo che l’oblio avesse la meglio su di me. Con l’aiuto di quel paio di bicchierini, raggiunsi presto l’abbraccio di Morfeo dal quale mi feci cullare.
Mi svegliai di soprassalto: un incubo. Questa volta erano due occhi verde smeraldo a disturbare il mio sonno, delle lentiggini che si avvicinavano sempre più al mio viso, labbra carnose e rosse… riccioli biondi e ribelli …
Poi subentrava la voce di Susanna, mi diceva che Candy non mi avrebbe mai perdonato, non  avevo mantenuto la promessa ed ero stato con altre donne. Ma che altro voleva Susanna da me,  perché l’immagine di Candy si trasformava in quella della mia carnefice, perché volevano entrambe tormentarmi?
Gli occhi verdi diventarono azzurri, il viso lentigginoso si trasformò in un viso pallido, i riccioli biondi e ribelli in capelli lisci e composti … non era più Candy che stavo guardando … ma Susanna.
Era molto che non avevo un incubo come quello; mi svegliai  accaldato e scosso.
Mi alzai e presi un bicchiere d’acqua fredda, poi vedendo che l’effetto del sogno tardava a scomparire, optai per un bagno caldo. Mi sarei di certo rilassato e forse avrei potuto riposare e dare un po’ di quiete al mio cuore e alla mia mente.
Lo so, non era il modo migliore per cominciare il nuovo anno ma non c’era soluzione.
La pazienza è la virtù dei forti, almeno così dicono … ti confesso allora, senza vergogna, che sono decisamente un debole.
Era troppo difficile attendere in balia dell’ignoto!
Vuoi sapere se ricevetti mai sue notizie? Beh, mi aveva promesso che, nel bene o nel male, si sarebbe fatta sentire.
Quanto tempo passò? E cosa feci durante quel periodo?
Beh,  per prima cosa ripresero presto gli spettacoli in teatro quindi, fortunatamente, fui abbastanza impegnato…
E poi la sua risposta non si fece attendere molto.
A fine marzo, ma te lo dirò più tardi.
Oh sì, i tre mesi più lunghi della mia vita.
Oh no, non te lo anticipo, abbi pazienza e saprai come andò.
Ora lascia che vada.
Tornerò presto, promessa.


NdA: ci avviciniamo sempre più alla fine.
Volevo avvertirvi che domani posterò ma per la fine dovrete attendere lunedì, poiché dal luogo in cui sarò, non ho connessione XD
Bene, noto che non ci son più aggiunte nè tra le preferite, nè tra le seguite, nè tra le ricordate... ci credete che abbiamo superato le 1000 letture e la seguono solo in 10? Dai, non è possibile.
E ricevo i commenti di sole tre persone!!!
Coem vi sentireste se nessuno premiasse il frutto delle vostre fatiche? Che dite, che dovrei accontentarmi delle letture? beh, sappiate che un semplice, mi piace, può fare felice un'autrice... Ok, la pianto. Tanto ho capito che non vi piace commentare LOL, me ne farò una ragione. E vi avviso che, quando avrò finito di correggere Riconoscimi, passerò alla correzione di Tappeto di Fragole, così potrò condividerla con voi!
Qualcuno è passato per le mie originali? Mi farebbe piacere! Dai, non ci credo che leggete solo di Terry e Candy! E se vi è piaciuta questa, non potete non passare dalla mia "Il guardiano della finestra" vi attendo anche li eh!
Baciuzzzi a tutte!

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Capitolo 25
*** Capitolo XXV ***


La primavera dell’anima arriva quando vuole,
non segue una stagione,
ma dà i suoi frutti quando un cuore si riveglia allo sbocciare
di una nuova emozione.
S. Shan

 
Dicevamo …
Oh certo, i tre mesi.
Il giorno preciso? Come dimenticarlo, era il 28 marzo …
Che successe? Mi perdonò?
Caspita, noto con piacere che la curiosità ti sta divorando caro mio, ma come al solito dovrai attendere.
Non intendo rispondere a queste tue domande, non nell’immediato perlomeno.
Come ti dicevo, era il 28 marzo e  New York aveva dato da poco il benvenuto alla primavera, eppure cominciavano già a vedersi i primi effetti del cambio di stagione.
Ma torniamo a noi.
Come tutte le mattine mi alzai, feci colazione, uscii per fare una passeggiata, mi fermai a bere un tè e a leggere qualche pagina di giornale, rincasai per l’ora di pranzo, poi mi preparai per andare alle prove.
Anche se non ce n’era un effettivo bisogno, continuavo a recarmi in teatro con regolarità e addirittura vi passavo più ore del dovuto.
Credimi se ti dico che non riuscivo a stare in casa perché finivo inevitabilmente per contare i minuti che erano trascorsi da quando Candy se ne era andata lasciandomi a brancolare nell’incertezza.
Quel pomeriggio, poco prima che uscissi, ricevetti una visita inaspettata e insperata.
Mi sembrava di riconoscere quell’uomo che mi si parò d’innanzi, si presentò come George … doveva essere quello stesso … sì era lui, colui che aveva accompagnato Candy durante il suo viaggio sul Mauretania.
Mi porse una nota e attese una mia riposta.
Aprii la busta con una certa curiosità, non sapevo cosa aspettarmi anche se il mio cuore sperava fosse un messaggio di Candy.
“Sono a New York per accompagnare Albert per affari di famiglia.
Ho riflettuto abbastanza e credo sia giusto darti una spiegazione di persona.
Potrei passare stasera dopo lo spettacolo?
Attendo una tua risposta,
Candice”
Pregai il Signor George di riferire a Candy che poteva passare quando lo riteneva più opportuno, l’avrei attesa anche tutte la notte se fosse stato necessario.
Quel suo biglietto così freddo, quel suo firmarsi Candice, mi fecero preoccupare a tal punto che fui tentato di chiedergli in quale hotel alloggiassero: non potevo aspettare e mi spaventava l’idea di doverlo fare per diverse ore .
Ero preoccupato per lo spettacolo di quella sera, sarei riuscito a concentrarmi sul mio personaggio, a vestire i suoi panni, ad “entrare” in lui? Sì, è vero, ero un professionista ma … sfido chiunque a riuscire a concentrarsi su qualcos’altro sapendo che nel giro di poche ore la propria vita potrebbe cambiare completamente, nel bene o nel male …
So benissimo che in quel momento lo spettacolo non avrebbe dovuto essere fra le mie priorità, avevo interpretato Otello tante di quelle volte che non avrei dovuto dubitare delle mie capacità, ma quella notizia mi aveva destabilizzato.
Mi rinchiusi nel mio camerino nel tentativo di lasciare il mondo al di fuori, per cercare di concentrarmi sul mio personaggio ma, visto che non dava i frutti sperati, mi arrabbiai con me stesso.
Sfogai il mio nervosismo sulla prima cosa che mi capitò a tiro e feci volare i bicchieri con la brocca dell’acqua. Il rumore dei cocci che si infransero al suolo riempì l’aria.
Ero talmente irritato … il mio carattere impulsivo aveva nuovamente preso il sopravvento.
Uscii dal mio camerino velocemente, bussai alla porta di Robert e gli chiesi di poter parlare perché avevo bisogno di sfogarmi con un amico e lui era sempre stato partecipe delle mie disavventure.
Forse mi confidai con lui nella speranza che preferisse sostituirmi, non glielo avrei mai chiesto ma non ero certo di poter dare il meglio di me, non riuscivo a ragionare lucidamente.
Le sue parole però mi fecero riflettere.
“Sei un grande attore e non devi lasciare che la vita di tutti i giorni interferisca con il tuo lavoro. Mi fido di te! Sali su quel palco e dimostra a te stesso, prima ancora che a Candice, di che pasta sei fatto!”.
E aveva ragione. Mi sarei concentrato come avevo sempre fatto e il mio personaggio sarebbe tornato a splendere sul palco: del resto  Otello non doveva preoccuparsi dei problemi quotidiani di Terence e, come avevo fatto in precedenza, mi sarebbe bastato confinare il Signor Graham in esilio per qualche ora.
Contro qualsiasi mia aspettativa quella sera lo spettacolo fu un vero tripudio.
Robert si complimentò con me, mi disse che avevo interpretato uno dei miei migliori Otello di sempre … le sfide contro me stesso erano, e credo siano tutt’ora, un motivo per spingermi a fare sempre del mio meglio.
Soddisfatto e ancora truccato uscii di corsa dal teatro per tornare a casa.
Quella sera evitai la folla e i giornalisti.
Quando raggiunsi la mia abitazione lei non era ancora arrivata, ne approfittai quindi per fare un bagno, per scrollarmi di dosso la fatica, oltre che per togliermi il trucco.
Avrei dovuto mangiare qualcosa, gli spettacoli prosciugavano le mie forze, ma avevo lo stomaco chiuso.
La governante mi fece trovare una tazza bollente di una tisana rilassante  e le fui davvero grato, avevo bisogno di qualcosa di caldo.
L’aria era ancora pungente e frizzante così accesi il camino e lo lasciai scoppiettare per il tempo necessario affinché il mio studio si riscaldasse.
Era ormai mezzanotte e Candy non era ancora arrivata. Mi chiesi se un contrattempo l’avesse trattenuta.
Probabilmente avevo consumato la suola delle mie scarpe e il pavimento dello studio, perché da quando ero rincasato non avevo fatto altro che misurare a grandi passi le dimensioni di quella stanza, in lunghezza e larghezza. Se solo non avessi smesso di fumare, non so quante sigarette avrei ridotto in cenere nell’attesa!
Decisi di andare a controllare la strada davanti casa e fui felice di averlo fatto: il mio sguardo fu catturato da una figura minuta che passeggiava irrequieta.
Quando aprii la finestra per guardare meglio mi accorsi che era Candy.
Scesi le scale di corsa, aprii la porta e la raggiunsi sul marciapiedi.
“Candy?” le chiesi incuriosito.
Lei si girò di soprassalto e mi guardò stupita.
“Terence ecco io …”
“Vogliamo entrare?” le chiesi notando che era infreddolita, non potei evitare di domandarmi da quanto tempo si trovasse lì.
La feci accomodare nel mio studio e le porsi una tazza di tè caldo.
La legna che avevo fatto ardere nel camino dello studio si era trasformata lentamente in brace che rendeva l’ambiente tiepido ed accogliente.
Lasciai che si riscaldasse un po’ prima di rivolgerle nuovamente la parola, dovetti resistere all’urgenza di tempestarla di domande. Volevo, dovevo sapere, ma allo stesso tempo volevo rispettare i suoi tempi.
Così, col cuore in gola, paralizzato dal freddo che attanagliava il mio cuore, attesi finché fu pronta e cominciò a parlare.
Nonostante fosse trascorsa solo una decina di minuti da quando ci eravamo accomodati in quella stanza, a me parve essere passata un’eternità.
Quando lei iniziò il suo discorso, mi alzai: non potevo stare seduto, non riuscivo a rimanere calmo.
“Scusami del breve preavviso forse avevi qualche impegno” cominciò lei, il tono mi sembrava quasi freddo e a dire il vero riuscì a gelare quel poco sangue che forse scorreva ancora nella mie vene …
“Nessun impegno “ le risposi io adeguandomi al suo tono formale, ero proprio un cretino, posso dirlo? Volevo abbracciarla, sorriderle, baciarla … e invece mi limitavo a guardarla inebetito, impietrito dalla paura di ciò che era venuta a dirmi.
“Ti sarò sembrata una matta, non sai da quanto ero lì fuori. Non trovavo il coraggio di suonare il campanello, se non ti fossi accorto di me non sono sicura che avrei perseverato nel mio intento.” disse lei non rendendosi conto che quelle sue parole stavano certamente avendo un effetto su di me ed era tutt’altro che benefico.
Mi sembrava di ascoltare una condanna a morte.
Se non aveva trovato il coraggio di suonare al campanello, la ragione poteva essere una sola e cioè che non mi avrebbe perdonato.
Mi sedetti nuovamente sul divano, le mie gambe non potevano reggere la verità di quella rivelazione.
Per un momento chiusi gli occhi e cercai di riguadagnare un minimo di dignità perché gli occhi stavano per cedere il passo alle lacrime.
Quando lei poi estrasse dalla borsetta la scatoletta con l’anello e fece per restituirmelo, credetti di morire.
Un gesto più eclatante di quello?!
“Candice perché?” mi ritrovai a dirle nascondendo a fatica un vena di rabbia che minacciava di esplodere. Volevo una spiegazione ma non avevo l’impressione che lei si stesse prodigando per fornirmene una, o forse per lei non ce n’era alcuna da dare.
Come e perché mai avrebbe potuto perdonarmi e tornare ad avere fiducia in me?
“Scusami non ho il diritto di chiedere, ti avevo promesso che avrei accettato la tua decisione” ripresi io cercando di mantenere la calma.
“Terence io credevo fosse meglio.”
“Avrei preferito che lo tenessi tu o piuttosto che lo buttassi.
Ti prego abbi almeno questa cortesia nei miei confronti, non mi costringere a riprenderlo, mi ricorderebbe sempre dove ho fallito, ciò a cui non sono stato in grado di porre rimedio, la mia debolezza …”
Lei mi guardò stupita, si avvicinò lentamente e mi poggiò un dito sulle labbra per impedirmi di continuare a blaterare.
 La guardai confuso.
Certo capivo che non volesse infliggermi alcun tipo di punizione e che non le facesse piacere vedermi soffrire, ma non potevo e non volevo che provasse pietà per me.
Non so perché quel suo gesto fece sì che la rabbia prendesse il sopravvento e mi ritrovai a proferire parole di cui di lì a poco mi sarei pentito amaramente.
“Candice posso accettare tutto da parte tua, che tu non mi voglia più, che tu non mi voglia perdonare ma risparmiami la tua pietà. Per quanto possa avere sbagliato ho una dignità anche io! Risparmiami le tue parole cariche di empatia nei miei confronti!” dissi e poi feci volare la tazza con ciò che rimaneva del tè. La tazza si frantumò in mille pezzi così come i miei sogni.
Non potevo credere che il destino mi avesse liberato da quel legame che mi teneva incatenato a Susanna per farmi ritrovare la mia Tutte Lentiggini che però ora pareva non volerne più saperne di me.
Ero stato un idiota a commettere alcuni sbagli, in primis Rocktown e poi … beh, lo sai, ma ero stufo dell’accanirsi del fato contro di me.
Ero tentato di andarmene o di chiederle di lasciarmi da solo quando le sue parole mi riportarono alla realtà.
“Non vuoi sentire cosa ho da dire?” mi chiese lei, non era né spaventata né sorpresa dalla mia reazione irruenta.
Forse no, non ne avevo voglia di sentire cosa volesse dirmi. Non mi fraintendere, non che non volessi ascoltare le sue ragioni ma in quel momento preso com’ero dall’idea di essere stato respinto definitivamente e di averla persa, non mi interessava nulla se non poter affogare nel mio stesso dolore.
Avrei solo voluto che mi lasciasse da solo per potermi sfogare, avrei voluto annegare i dispiaceri come facevo da giovane in una bottiglia di whiskey o in una bella rissa … ma quel Terence era cresciuto …
“Terence! Sei sempre il solito impulsivo!” incalzò lei.
Ero in piedi davanti al divano sul quale mi ero accasciato poco prima. Sì ero ancora quel ragazzo impulsivo, rabbioso e  bizzarro che aveva conosciuto anni prima. Mi era sempre risultato difficile gestire quella parte di me, quando la rabbia mi annebbiava la mente faticavo a riprendere il controllo sulle mie emozioni.
Oh no, non fraintendermi non che fossi un violento! Assolutamente!
Ma andiamo avanti!
Mi ricordo che riuscii a guardarla brevemente, credevo di non potere sostenere il suo sguardo … ma poi non mi parve di leggere né pietà né pena nei suoi occhi… che fossi talmente confuso da fraintendere il messaggio che quegli smeraldi sfavillanti mi stavano mandando? Che vi stessi leggendo ciò che volevo vederci perché mi faceva troppo male ammettere la verità?
Lei proseguì noncurante perché probabilmente  si rese conto che la mia mente si stava vibrando in degli assurdi voli pindarici e che non mi bastava qualche sua parola per riportarmi alla realtà.
Ricordo che  captai solo un “Anello! “Dito!”e poi sentii le sue labbra sfiorare le mie.
Avevo perso il controllo di quanto mi stava succedendo attorno, così quando le sue labbra si staccarono dalle mie respirai profondamente e le dissi un semplice:
“Candy non capisco, che succede?”
“Scusami lo so che blatero troppo. Il mio discorso, non aveva né capo né coda, vero?” mi sorrise lei.
La lasciai proseguire.
“Terence ci ho riflettuto tanto, chi sono io per condannarti? Per decidere che non sei degno di perdono? Certo è stata dura da mandare giù e forse mi ci vorrà del tempo ma … credo che ne abbiamo perso fin troppo. E se tu puoi perdonare me per averti costretto vicino a Susanna, chi sono io per non perdonarti e per non concederci una seconda chance?”
In quel momento sentii la rabbia abbandonare lentamente il mio corpo mentre la tensione si scioglieva, i muscoli del viso si rilassavano e con essi le mie spalle e le mie braccia. Ero rimasto in tensione per quegli interminabili minuti …
Il mio cuore traboccò di gioia nell’ascoltare quelle parole che però contrastavano con la restituzione dell’anello.
“Candice ma l’anello? Non capisco?”
Lei mi guardò leggermente imbarazzata, gli occhi le brillavano … che idiota vero?
Solo in quel momento compresi.
Non voleva e non poteva certo mettersi l’anello al dito da sola.
“Se la tua proposta è ancora valida …” suggerì lei arrossendo.
Mi avvicinai a lei, la sollevai da terra e la feci roteare per tutta la stanza, ero talmente felice che non riuscivo  a contenermi.
Il destino, forse Dio, chissà, mi avevano fatto incontrare una stupenda e speciale giovane donna che non desiderava altro che diventare mia moglie.
Ridevo come uno sciocco, mentre la facevo volteggiare leggera nell’aria; poi lasciai che poggiasse i piedi per terra, la strinsi a me e la baciai.
Fu un  bacio carico di tutto l’amore che avevo dovuto trattenere per tutti quegli anni, di tutte quelle promesse che avevo lasciato a mezz’aria quando ci eravamo separati e che ora volevo assolutamente mantenere.
Quell’incontro fra le nostre labbra segnò un nuovo inizio per la nostra storia, un inizio che era stato segnato da quel giorno di nebbia in cui il mare in tempesta dei miei occhi aveva incontrato il verde dei suoi prati in fiore.
Da quel momento i nostri destini erano rimasti legati con un filo trasparente e indissolubile, non le persone,non gli errori, non la morte, non la malattia, non la cattiveria, non la distanza e nemmeno il passare degli anni erano riusciti a insinuarsi fra di noi.
Fu così naturale inginocchiarmi davanti a lei, chiederle di diventare mia moglie e finalmente poterle infilare l’anello al dito, pure se con tutti quegli anni di ritardo.
Era da così tanto tempo che non piangevo di gioia, e quando sentii il suo “Sì” non trattenni oltre le lacrime che mi stavano annebbiando la vista.
Stille di felicità le rigavano il volto.
L’attirai nuovamente a me e le nostre labbra si incontrarono in un bacio salato.
Finalmente quel dolore che avevo provato cominciava ad avere un senso, se non un perché, cominciava a farsi meno intenso, meno aspro, la fitta nebbia che aveva attanagliato il mio animo cominciava a diradarsi e il mio cuore rinato iniziava a intravedere la luce.
La tenevo stretta e me e non l’avrei lasciata andare via.
Sentii che tremava e così mi allontanai da lei solo il tempo necessario per prendere una coperta e riattizzare il fuoco nel camino.
Lei mi fece segno di accomodarci sul tappeto situato innanzi al focolare e non me lo feci ripetere due volte.
“Proprio come quel giorno in Scozia” mi disse lei e per un attimo rividi una bellissima acerba ragazza con le guance arrossate a causa della mia vicinanza (potevo dirlo con certezza a quel punto).
Si accoccolò vicino a me, e l’abbracciai stretta, dopo aver coperto entrambi; la notte era calata portando con sé il classico freddo delle notti primaverili Newyorkesi.
“Sai che quel pomeriggio … “
“ Lo so Terence, lo so!” mi interruppe lei e poi aggiunse: “Non sai quanta paura avessi, ciò che provavo era così forte e così totalizzante da spiazzarmi e spaventarmi. Avrei voluto fare un passo, dirti qualcosa ma il timore e l’inesperienza mi bloccarono … e poi dopo che ti avevo schiaffeggiato alla festa di maggio …”
“Lo so, fu lo stesso motivo per cui non osai. Mi chiedevo se i miei sentimenti fossero o meno contraccambiati e temevo che se avessi provato a baciarti, per quanto lo volessi con tutto me stesso, tu mi avresti schiaffeggiato nuovamente. Soprattutto avevo paura che non mi avresti perdonato. Se solo avessi capito che ti sentivi …”
“Certo che mi sentivo come ti sentivi tu ! Se solo avessi guardato nei miei occhi lo avresti letto chiaramente … o forse no, hai ragione ero talmente confusa Terence, avevo talmente tanta paura, da non riuscire a leggere nel mio cuore …”
“Che bella estate quell’estate in Scozia.” dissi io mentre nella mia mente scorrevo sognante una serie di istantanee di quei bei momenti trascorsi insieme.
Insieme ripercorremmo quel nostro primo incontro sul Mauretania.
“Mi dicesti che non stavi piangendo ma ti avevo visto lo sai?”
“Mi vergognavo ad ammetterlo, dimentichi com’ero quando ci siamo scontrati su quella nave?”
“Come dimenticare quell’insolente giovane pieno di sé! Non ho mica dimenticato come mi hai preso in giro per le mie lentiggini e per il mio buffo naso.” disse lei arricciandolo ed entrambi scoppiammo a ridere.
“Non ci credo sai, mi sembra così surreale, essere qui con te e parlare dei vecchi tempi e riuscire a rievocarli senza provare dolore… perché ormai i brutti momenti sono passati!”
“Eh già. Sa,  se dovessi rifarei tutto, anche lasciarti a Susanna. L’importante è che ora siamo qui e …”
“E a breve sarai la mia signora, come avrebbe dovuto essere già da un po’!” le dissi io.
Lei arrossì.
In quel momento l’urgenza di reclamare le sue labbra mi spinse a baciarla nuovamente…
L’orologio a pendolo rintoccò le quattro del mattino, fui grato allo scorrere veloce del tempo, non sapevo per quanto a lungo ancora avrei potuto controllarmi.
La desideravo come non avevo mai desiderato niente e nessuna.
Quando la fissai nuovamente negli occhi capii che sentiva lo stesso.
Ricordo che riuscii ad esprimerle quanto la volessi, anche se avevo paura che l’irruenza e l’impetuosità del mio desiderio potessero spaventarla, ma poi la sua risposta sciolse ogni mia remora.
Si avvicinò e mi baciò con ardore.
Il resto, caro mio, mi perdonerai se non te lo racconto, ma sono un gentiluomo.
A distanza di poche ore la riaccompagnai in hotel, carico di una nuova consapevolezza.
Quell’unione delle nostre anime mi aveva reso più forte, più sicuro.
Ero pronto ad affrontare il mondo e sfidarlo ma,quella mattina, mi sarei accontentato di rivedere Albert e chiedergli la mano della mia futura moglie.




NdA: oh mammina, siamo alla fine!!! Mi viene quasi da piangere XD ok, sono esaurita ma questo si sapeva... si sta concludendo la mia avventura sulla riga di Final Story... ho ancora il dubbio di che pensiate del mio lavoro ma immagino che dovrò tenermelo...
Vi avverto che prima di lunedì, purtroppo, non potrò darvi la fine, poiché rimango senza internet!!!
Perdonatemi!
Eh che dire, grazie a tutte coloro che ci hanno letti!

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Capitolo 26
*** Capitolo XXVI ***


"Amare è mettere la nostra felicità
nella felicità di un altro."
Leibniz

 
Scusami, ieri ho interrotto il racconto senza avvisarti, è sopraggiunto un impegno improvviso.
Cercherò di farmi perdonare!
Ero sul punto di raccontarti di quando ci recammo da Albert, giusto?
Credo che non potrò mai dimenticare lo sguardo di Candy quella mattina. Nei suoi occhi brillava una nuova certezza, vi potevo leggere il suo essere diventata donna, c’era un qualcosa di diverso in lei. Non potei evitare di chiedermi se lo notassi solo io perché sapevo, o se il cambiamento fosse davvero evidente.
Quella mattinata fu così surreale!
Mi ritrovai ad abbracciare un vecchio amico che non vedevo da anni e a chiedergli la mia Candy in sposa. Temevo che potesse negarmela, del resto ero rimasto “vedovo” da poco, ma il periodo da osservare per il lutto era giunto quasi agli sgoccioli, per cui ci sarebbe bastato essere discreti per qualche mese per poi poter vivere il nostro amore alla luce del giorno. Se fosse stato solo per me l’avrei sposata anche subito, non mi importava di ciò che la stampa avrebbe detto a mio riguardo, ma non volevo assolutamente che infangassero Candy ed il suo nome.
Albert ci diede la sua benedizione, non restava che discutere i dettagli.
Candy doveva tornare a La Porte, aveva bisogno di sistemare alcune cose e voleva venire a vivere a New York. Mi sorpresi della sua decisione, sapevo quanto ci tenesse al suo lavoro, eppure aveva scelto di mettere me, noi, al primo posto. Del resto, come mi disse, avrebbe potuto lavorare anche a New York o in qualsiasi altro luogo avessimo deciso di vivere. Ero io quello legato a quella città a causa del lavoro.
Il giorno successivo lei ed Albert sarebbero partiti e si sarebbe recata alla Casa di Pony, per comunicare la lieta notizia a Miss Pony  e Suor Maria. Avrei tanto voluto accompagnarla ma io avevo gli spettacoli e non potevo lasciare Robert così all’improvviso … o forse sì.
Le chiesi di lasciarmi il tempo di parlare con lui perché volevo andare con lei a La Porte, volevo essere presente quando avrebbe messo al corrente le sue due madri raccontando loro di noi.
Volevo anche vedere la Collina di Pony con lei, ce lo eravamo promessi così tanto tempo prima …
Lei fu felice della mia decisione, credo che in cuor suo ci sperasse; inoltre, ad essere sincero, non avevo alcuna intenzione di separarmi da lei.
Quel pomeriggio le chiesi di accompagnarmi in teatro, quella stessa sera avrei interpretato Otello e poi mi sarei assentato per qualche giorno.
Le presentai il mio maestro ma poi le chiesi di lasciarci da soli, avevo una cosa di cui discutere con Robert  che  si dimostrò comprensivo, rimase solo stupito quando gli accennai che pensavo di non rinnovare il contratto con la compagnia.
Gli ero grato per la possibilità che mi aveva dato e per avermi permesso di diventare chi ero, ma …
Si offrì di consigliarmi alcune compagnie a cui rivolgermi e mi garantì che avrei potuto contare su di lui.  Era dispiaciuto di perdere un attore del mio calibro ma soprattutto un “figlio”, sì mi chiamò così, e io corsi il rischio di commuovermi fino alle lacrime.
Gli volevo bene e gli sarei sempre stato riconoscente per essermi stato accanto e avermi dato fiducia.
Certo avrei prima dovuto discutere di tutto ciò con la mia futura moglie ma, se lei avesse accettato,una volta tornati da La Porte avrei terminato la stagione teatrale e solo alla fine di essa avrei, avremmo annunciato la mia, la nostra, decisione alla stampa.
Mi chiedi se fissammo una data per il nostro matrimonio? Oh sì certo, ci saremmo sposati d’estate il 15 Luglio, a La Porte.
Cosa?
Eh certo amico mio, è ovvio che ora tu possa trovare una valida spiegazione per tutte le volte che ho  interrotto il mio racconto e per quella  nota stonata nella mia infelicità che non ti è mai potuta sembrare completa.
Mentre raccontavo lei era qui, vicino a me! Bene ora lo sai, le carte sono scoperte.
Vuoi conoscere il resto?
Oh beh, ti posso dire che furono tutti entusiasti della nostra decisione, anche se non se lo aspettavano; del resto Candy non aveva messo al corrente nessuno del nostro incontro di qualche mese prima, né della mia lettera.
Solo le sue due madri, che avevano visto la mia lettera, pur non conoscendone il contenuto, a causa dell’irrequietezza di Candy avevano intuito che qualcosa bollisse in pentola, eppure non avevano sperato in una tale lieta notizia.
Vuoi sapere che effetto mi fece rivedere la Collina di Pony?
Se ti dicessi che io e Candy ci prendemmo il tempo per un picnic? Ci eravamo dati quell’appuntamento così tanto tempo prima … fu così strano poter rivedere quel luogo incantato con lei, poter passeggiare su quella collina mano nella mano , sentire il calore delle sue dita intrecciate alle mie … Il cielo era limpido, il sole splendeva alto e tiepido, si intravvedevano i primi fiori fra il verde smeraldo dei prati … com’era diversa dall’unica volta che mi ci ero recato. Mi ricordava tanto quel giorno della festa di maggio alla St. Paul.
Le chiesi di danzare con me.
Sì, non c’era nessuna melodia, ma potevamo ballare al ritmo dei battiti dei nostri cuori.
L’attirai a me e la feci volteggiare.
Mi piaceva vederla ridere spensierata, guardarmi senza timore e mi compiaceva la richiesta esplicita del suo sguardo: i suoi occhi mi stavano chiedendo di reclamare le sue labbra, così la strinsi più vicino e la baciai.
Fu un bacio lungo, sensuale e delicato allo stesso tempo, mi presi il tempo per esplorare la sua bocca ed assaporarne ogni angolo e lo stesso fece lei.
 Non so per quanto si protrasse il bacio, ma di lei non ne avrei mai avuto abbastanza.
Avvicinai nuovamente il  mio volto al suo e la guardai fissa negli occhi.
Potevo vedere tutte le sue lentiggini. Le baciai una ad una poi mi fermai e la guardai nuovamente, aveva gli occhi chiusi e si stava lasciando coccolare.
“Ti amo Tutte Lentiggini. E’ stato così fin dalla prima volta che ti ho visto  e così sarà per l’eternità!”
Lei spalancò i suoi fanali e mi fissò con una tale intensità che mi sentii investito dall’amore di cui brillavano i suoi occhi.
“Forse ci ho messo un po’ per prenderne coscienza Terence, ma sono certa di averti amato da sempre, e sarà per sempre!” mi rispose lei prima di baciarmi.
Non mi ero ancora abituato all’idea che lei potesse prendere l’iniziativa, era sempre stata così pudica … ma mi piaceva eccome la mia nuova Tutte Lentiggini.
Fu in quel momento che decisi di comunicarle la mia idea.
“Candy quando ho visto Robert… ecco io gli ho detto che penso di non rinnovare il mio contratto con la Stratford”
“Terence ma perché? “ mi chiese lei perplessa e incuriosita.
“Ci ho riflettuto a lungo e sono giunto alla conclusione che vorrei lasciare l’America dopo il nostro matrimonio!”
“E dove vorresti andare? E Perché?”
“ In America l’unica città dove potrei continuare a recitare presso una compagnia di un certo livello è New York e come sai non ho dei bei ricordi legati a quella città che per me rimane il luogo che ha visto la nostra separazione, dove ho scontato la mia punizione … non potrei mai vivere in tranquillità! Mi capisci?”
“Ecco io … mi dispiacerà lasciare la mia famiglia e i miei amici … “
Quando sentii quelle parole mi preoccupai, forse avevo dato per scontato che avrebbe capito ma poi mi sorprese come era solita fare.
“Il mio futuro sei tu; per tanto,ovunque andrai, verrò con te!”
Quando proferì quelle parole mi resi nuovamente conto di essere un uomo estremamente fortunato. Per stare con me era disposta persino ad allontanarsi dalla sua famiglia, dai suoi amici, cosa potevo chiedere di più alla vita?
Candy mi sembrava emozionata all’idea di partire nonostante fossi sicuro che si sentiva triste a lasciare alcune delle persone che amava; ma lei sapeva che New York mi avrebbe sempre ricordato il mio inferno con Susanna, motivo per cui non ci pensò due volte e appoggiò la mia proposta senza remore. Sapeva che avevo bisogno di dimenticare, di lasciarmi tutto alle spalle e di ricominciare, e lì non sarebbe stato possibile … in fondo credo che anche per lei fosse lo stesso.
Mi chiese di lasciare che fosse lei ad informare Albert e il resto della sua famiglia.
“Pensavo all’In…”
“Inghilterra!” disse lei precedendomi.
“Sì, mi sembra un buon compromesso, lì io potrei svolgere il mio lavoro e tu riprendere il tuo se lo desideri.”
Lei mi saltò al collo e mi baciò.
“Grazie!” mi disse.
In realtà ero io a dover ringraziare lei. Non solo accettava di passare con me tutta la vita, ma anche di allontanarsi da tutti i suoi affetti pur di stare con me. In quel momento realizzai ancora di più quanto il suo amore nei miei confronti dovesse essere forte. Ne fui felice e le sorrisi. Era bello poter scoprire ogni giorno qualcosa del sentimento che ci legava.
Fu una settimana intensa e strana. Non ero abituato a poter passare tutto quel tempo con Candy e la mattina quando mi svegliavo da solo nella stanza che mi avevano preparato alla Casa di Pony, temevo che fosse un sogno e di essersi immaginato tutto.
Mi assaliva spesso l’ansia di ritrovarmi accanto Susanna e non la mia Tutte Lentiggini.
Ci sarebbe voluto molto ma molto tempo prima che riuscissi a tranquillizzarmi e a cominciare a dimenticare.
Fu strano dover dormire senza di lei. Il desiderio di stringerla a me e tenerla fra le mie braccia mentre riposava era prepotente ma dovevo contenermi e credimi se ti dico che non fu facile.
Riuscii a baciarla raramente anche se la furtività di quei baci rese la situazione divertente!
Mi sembrava di essere tornato ai tempi della St. Paul quando dovevamo stare attenti a non farci scoprire insieme.
In certi momenti mi sentivo quasi felice e spensierato come avrei dovuto sentirmi da adolescente, senza quel bagaglio che mi portavo sempre sulle spalle e che appesantiva la mia esistenza a quel tempo.
Ma torniamo a noi.
Albert permise a Candy di venire con me a New York ma George ci accompagnò, non poteva certo permettere che passassimo del tempo da soli, non ancora.
Avrebbe alloggiato all’Astoria per tutto il periodo della sua permanenza nella Grande Mela.
Certo che furono tre mesi intensi. La nostra frequentazione assidua mi pareva così irreale, poterla vedere tutti i giorni, parlarle, abbracciarla, baciarla … ma anche semplicemente poter passare del tempo con lei mi sembrava un sogno e, se era tale, avrei voluto che nessuno mi svegliasse.
L’ultimo giorno della stagione teatrale fu dei più impegnativi.
Quella stessa mattina rilasciai un’intervista nella quale annunciavo il mio abbandono di Broadway e soprattutto annunciavo al mondo il mio imminente matrimonio.
Mi tempestarono di domande sulla mia futura moglie, mentre il mio temporaneo addio al teatro, sembrò quasi passare in sordina.
Come concordato con Albert e Candy svelai ai giornalisti il nome della mia futura sposa anche se temevo per la caccia alle foto che si sarebbe sicuramente scatenata.  Fortunatamente saremmo partiti la mattina seguente per La Porte e nel giro di poche settimane saremmo convolati a nozze.
Ci restava ancora da affrontare la sua famiglia a cui avremmo dovuto comunicare loro la nostra decisione di partire.
Albert era l’unico ad esserne al corrente e,  per quanto addolorato, ci dimostrò il suo appoggio incondizionato.
Ma vogliamo passare all’ultima mia sera su un palco di Broadway?
Come mi sentii?
Ero emozionato come la prima volta! Quando lo spettacolo terminò ed il pubblico mi reclamò nuovamente sul palco se devo essere sincero fui commosso da tanto calore.
Non pensavo che il mio temporaneo saluto al mondo del teatro Newyorkese avrebbe causato così tanto scalpore; peraltro avrei abbandonato New York ma avevo tutte le intenzioni di riprendere a recitare in Inghilterra.
Fui felice di incontrare lo sguardo di Candy mentre raccoglievo quella standing ovation con cui il pubblico mi stava omaggiando.
Quando raggiunsi il mio camerino fui sollevato di trovarla già lì, avevo bisogno di abbracciarla forte.
Mi sentivo prosciugato, svuotato, ma anche pronto per la nostra nuova vita.
Una sorpresa mi attendeva in camerino: mia madre.
La trovai che cercava di asciugarsi le lacrime e ricomporsi.
Il suo sguardo mi anticipò che mi sarei preso una sonora lavata di capo.
Non avevo ancora avvertito né lei né mio padre di essermi riconciliato con Candy e che intendevamo sposarci.
Se devo dirti la verità ricordo solo la sua gioia immensa quando ci porse le sue congratulazioni. Sapevo che  mia madre avrebbe compreso, chi meglio di lei?
Anche Candy mi sembrò visibilmente commossa.
Eleanor la ringraziò innumerevoli volte per averci dato la possibilità di riavvicinarci e ricordo che ammise che lei aveva sempre continuato a sperare in cuor suo che saremmo tornati insieme un giorno.
Le comunicai la data delle nozze;  la informai che avevamo optato per una cerimonia semplice e senza fronzoli e che nei giorni seguenti avrei contattato il Duca per invitarlo.
Il matrimonio?
Mi perdonerai se non ti racconterò per filo  e per segno come si svolse, ma consentimi di dirti che fu il secondo giorno più bello della mia vita.
Il primo? Vediamo se indovini, ti fornisco un  paio di indizi … mare … fuochi d’artificio …
Bravissimo! 31/12/1912 esattamente! Vedo che ormai ricordi anche tu quella data, eh?
Mi chiedi se ero emozionato? Oh, certamente! Finalmente sarebbe diventata mia moglie e non puoi immaginare come la sua bellezza eterea ben si sposasse con il suo bellissimo, seppur semplice, abito da sposa. Mi parve di vedere una dea quando varcò la soglia della chiesa. Se non ci fosse stato mio padre a sorreggermi caro mio credo che sarei caduto in terra; le gambe mi tremavano per l’emozione quando la vidi incamminarsi verso di me e sorridermi. Solo in quel momento realizzai che stava accadendo per davvero. Finalmente la vita tornava a sorridermi, a sorriderci. Finalmente un lieto fine anche per noi.
Mi ricordo che dopo la funzione mia madre si avvicinò e mi ripeté quelle stesse parole che aveva utilizzato in Scozia tanti anni addietro: “Spero che le cose con la ragazza con le Lentiggini filino lisce in futuro!”
E lo speravo anche io.
Fu nel momento in cui il prete ci dichiarò marito e moglie che cominciò la nostra nuova vita.
Mi lasciai l’inferno alle spalle e liberato dalla mia colpa di cui ormai avevo terminato la espiazione, lasciai che la mia Beatrice mi prendesse per mano e mi conducesse per le vie del Paradiso.
Perché è questo che era per me, un paradiso, il mio piccolo mondo perfetto.
Tutto ciò di cui avevo bisogno per essere un uomo migliore ed essere felice erano lei ed il suo amore.
L’Inghilterra?
La nostra nuova casa ci accolse a braccia aperte, nessuno di noi aveva pensato di potersi trovare così bene lì ed ambientare con una tale facilità.
Vuoi sapere dove decidemmo di piantare radici? Mmm… dai vediamo se indovini anche questo … ti dico che la città si trova su di un fiume, e  … Shakespeare.
Eh sì, proprio Stratford! A quei tempi pullulava di compagnie teatrali di un certo livello e non mi ci volle molto per ottenere un ruolo di rilievo, la mia fama, perdonami l’immodestia, mi precedeva anche nell’antico continente.
Anche Candy trovò lavoro nell’ospedale locale.
Ero così felice di vedere la mia Tutte Lentiggini realizzata e felice, certo le mancavano i suoi cari, ma sarebbero venuti a trovarci per le vacanze di Natale.
Finalmente ero felice. Davvero.



Nda: perdonatemi il ritardo, in questo periodo vado di fretta. Domani posto l'ultimo, credo di fare un post unico per ultimo cap ed epilogo... o forse li separo ma li posto entrambi domani, sono talmente brevi.
E siamo arrivati alla conclusione della I delle mie avventure... anche se in realtà è l'ultima FF che ho scritto e sarà l'ultima che scriverò su questa splendida coppia. Le altre, tra cui riconoscimi, sono state scritte prima ma sono pigra e non ho avuto voglia di corrggerle prima. NAHHH, in realtà stavo correggendo altro e non riesco a concentrarmi su troppe cose.
Vi anticipo che, finita riconoscimi, correggerò Tappeto di Fragole. È lunghina ma mi prenderò i miei tempi, andrò di 1 cap. alla settimana. Spero di trovarvi anche li, per quanto silenziosi... meglio presenti e silenziosi che assenti!
Grazie e a domani!

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Capitolo 27
*** Capitolo XXVII ***


Non esiste notte tanto lunga che impedisca al sole di risorgere.
Anonimo
 
Pensavi che avessi finito e che ti avrei lasciato così?
Ma no caro mio, ho un certo riguardo per te che mi hai accompagnato fino a qui.
Ti ho fatto soffrire con me, per cui permettimi di condividere parte della gioia che provai …
Ti ho detto che proprio il 31 dicembre di quell’anno Candy mi diede una fantastica notizia? Sarei diventato papà.
La mia felicità fu incontenibile. Non ci potevo credere! Io padre e per di più stavo per avere un figlio con la mia adorata Candy. Cosa potevo chiedere di più alla vita?
Come lo chiamammo? Sì, un maschietto! Robert, in onore del mio grandissimo amico e padre, perché per me fu tale, Robert Hathaway.
Il secondo? Stenterai a crederci ma volli, sì, sì, hai letto bene, fui io a scegliere, volli chiamarlo Richard, in onore di mio padre e di quel rapporto che lentamente stavamo ricucendo, o meglio, costruendo.
E la nostra bambina, la piccola di casa, Candy volle chiamarla Eleonor, in onore della nonna.
Sì, la piccola famiglia Graham, o meglio Granchester cresceva di anno in anno. Sì, Granchester, hai letto bene.
Quando tornai in Inghilterra ebbi modo di riprendere ed approfondire i rapporti con mio padre e quando mi offrì di riprendere il suo cognome accettai. Mi propose anche di essere l’erede al titolo e non respinsi la sua offerta. Per quanto lo avessi negato, ero un vero Granchester, figlio di Richard Granchester ed Eleanor Baker e nelle mie vene scorreva indiscutibilmente il sangue di entrambi.
Come fu la nostra vita insieme?
Come in tutte le relazioni, in tutti i matrimoni, ci furono scaramucce, musi lunghi, risa, felicità, dolori, ma il nostro amore sarebbe sempre stato al di sopra di tutto. Se era sopravvissuto al lungo inverno che era calato nei nostri cuori da quando ci eravamo separati, sarebbe sopravvissuto anche alla quotidianità e alle difficoltà che la vita avrebbe potuto o voluto riservarci.
Il castello? Alla fine optai per tenerlo, era il ricordo più ingombrante che avevo ma tutto sommato arrivammo alla conclusione di aver vissuto dei momenti preziosi in Scozia e non potevo liberarmene.
In che anno siamo?
1968 … Io? Beh, sono nato nel 1897 …
Ora concedimi di salutarti amico caro e grazie per essere rimasto con me. 
Grazie per aver sopportato i miei deliri, i miei sfoghi, le mie paturnie, la mia scontrosità e la mia ritrosia e soprattutto grazie per avermi dato una chance e per avermi ascoltato senza giudicare.
Domani ripartiamo e ho deciso di lasciare queste memorie qui, nella bella libreria di questo magico castello ….
Sì, siamo in Scozia.
Perdonami se non ti racconto altro della nostra vita insieme, ma voglio solo che tu sappia che il vissero felici e contenti non è solo delle fiabe, perché è proprio come vivemmo noi:
felici e contenti per sempre.
 
 
EPILOGO

20 Aprile 2012

“Mamma non capisco perché ti voglia disfare di tutti questi libri!”
“ Voglio rimodernare questa stanza, questa vecchia libreria sarà così da almeno un secolo!”
“Ma ha il suo fascino proprio per quello!”
“Quando sarai tu ad ereditarla, ne farai ciò che vorrai, per ora sono io a decidere, tuo padre mi ha dato carta bianca!” disse Elizabeth prendendo alcuni libri e riponendoli negli scatoloni.
“Certo che mia madre è proprio una testa dura!” pensò il giovane ragazzo mentre la aiutava a liberare quelle mensole.
Elizabeth non aveva voluto l’aiuto dei collaboratori domestici, aveva paura che potessero buttare qualche libro prezioso. Del resto era molto probabile che ci fossero opere di un certo valore in una tale biblioteca, specie sapendo a chi fosse appartenuto il castello prima di lei.
Mentre il giovane dagli occhi blu riponeva l’ennesimo libro in una delle tante scatole, la sua attenzione fu catturata da qualcosa somigliante a un taccuino.
Era rivestito di pelle blu.
Si nascose alla vista della madre e lo aprì, era davvero curioso.
Quando lesse le prime parole rimase sbalordito.

"All’anagrafe Terence Graham Granchester, o meglio, il Duca di Granchester .
Per il mondo Terence Graham, l’attore shakespeariano consacrato da Broadway.
Per me un’anima in pena che vagava su questa terra alla ricerca di un barlume di felicità."


“Terence Graham Granchester? Sarà il diario di un mio avo? Un attore di Broadway? Possibile che non me ne abbia parlato nessuno?” si chiese il giovane Terence nascondendo il quaderno nel proprio zaino.
“Questo mammina cara non te lo lascio buttare… e poi, occhio non vede e cuore non duole, giusto?” pensò fra sé e sé.
A breve sarebbe salito su un treno che lo avrebbe  riportato a scuola. Le vacanze di Pasqua volgevano al termine ed era ora di tornare alla solita routine.
I genitori avevano scelto per lui un antico e rinomato istituto di religiose, il Saint Paul School College di Londra.
Durante il viaggio in treno divorò quelle pagine, leggendole con voracità. Pianse, rise , si commosse, sentì il battito del proprio cuore accelerare a  dismisura, ebbe paura, si sentì felice, sprofondò in un abisso.
La persona che sedeva di fronte a lui lo guardò più volte incuriosita ma anche sbalordita. Non poté evitare di chiedersi cosa stesse leggendo di tanto interessante quel ragazzo che non distolse mai lo sguardo da quel quaderno.
Doveva essere un racconto altalenante, lo aveva visto cambiare stato d’animo di continuo.
Terence decise che al suo ritorno a scuola ne avrebbe reso partecipe anche lei, Rebecca, una sua carissima amica, chissà che quel racconto forse …
Così il giorno seguente, durante la pausa pranzo di recò al luogo dove erano soliti incontrarsi, una bellissima collina che si trovava oltre il parco della scuola, e dalla quale si poteva ammirare una vista spettacolare.
“Ti ho portato una sorpresa!” le disse mostrandole il quaderno!
La ragazza si mise a sedere vicino a lui.
“Vorrei leggerti una storia!”
“Di che parla?” chiese lei mentre i suoi occhi neri scintillavano di curiosità.
“Di un amore che non finirà mai!” rispose lui aprendo la copertina e schiarendosi la voce, prima di cominciare la lettura.

 
 
 

**** The End****

NDA: ed eccoci alla fine.
Grazie a tutte coloro che hanno seguito.
In particolare ringrazi Misia, Tetide, Sogno_ Colorato, Aurore_06, LaraD_Amore e le poche anime che l'hanno commentata e inserita o nelle preferite o nelle seguite.
Ringrazio tutte coloro che ci hanno seguiti e... vi aspetto sulle pagine della mia prossima.
Se non avete ancora cominciatoRi-conoscimi, vi aspetto di la!
Grazie da noi XD

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