Qua la zampa

di miseichan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1. ***
Capitolo 3: *** 2 ***
Capitolo 4: *** 3 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


 

 

Qua la zampa

 

Non spaventarti: 

i lupi sono solo cani che hanno fame.

 

Un grido gli scappò.

Piccolo, più effeminato di quanto non avrebbe mai ammesso, eppure gli scappò. 

Stiles Stilinski aveva appena aperto la porta di casa, un bicchiere d’acqua in mano e i pantaloni del pigiama cascanti, quando si era ritrovato faccia a faccia con un lupo. 

E lì, com’è giusto che fosse, l’urlo c’era stato; fosse anche solo per la sorpresa.

Che poi, parliamo di un lupo. Un lupo vero. 

“Come se quelli mannari non bastassero.” borbottò basito il ragazzo, arretrando lentamente di un passo. Sbatté diverse volte le palpebre, la speranza di star avendo una qualche assurda quanto inopportuna allucinazione, ma niente: il lupo era ancora lì, immobile, che lo fissava. 

Oh, sì: ne era quasi certo: lo stava proprio fissando. 

“Che vuoi?” scattò Stiles, squadrandolo con fare truce a sua volta.

Per tutta risposta il lupo sospirò, o quanto di più prossimo vi fosse nella versione animalesca, e poi si mise a sedere. Proprio lì, di fronte a Stiles. Sospirò e prese posto. 

“Pussa via!” sbottò Stiles, arretrando ancora un pochino mentre il lupo inclinava il capo senza smettere di puntarlo con quei suoi occhioni grigi. O almeno gli sembrava che fossero grigi. Forse tendevano leggermente all’azzurro, ecco. Fatto sta che erano chiari e... belli, molto belli. 

“Sto rientrando in casa.” mormorò il ragazzo, stringendo le dita attorno al pomello “Ora chiudo la porta,” continuò con tono risoluto “e tu resti fuori.”

Se con quell’affermazione non si fosse giocato la sua sanità mentale, Stiles avrebbe giurato di aver visto il lupo inarcare un sopracciglio. O quantomeno un ciuffo di peli sopra l’occhio.

Cercando di ignorare il tutto si affrettò a chiudere la porta, diverse imprecazioni a pizzicargli la lingua. Si affrettò in direzione della cucina e lasciò il bicchiere, miracolosamente ancora intatto, sul tavolo; quindi, con dita tremanti, afferrò il telefono di casa.

“E ora chi chiamo?” tentennò, prendendo in considerazione anche il WWF.

Si avvicinò cauto a una finestra e sbirciò fuori: il lupo se ne stava sempre lì, immobile, gli occhi fissi sulla porta. Stiles sentì un brivido percorrergli la schiena: c’era qualcosa di maledettamente familiare in quell’animale, non poteva negarlo. 

Senza pensarci avrebbe detto che era lo sguardo, ma poteva lo sguardo di un lupo esserlo?

“Al diavolo.” inveì, lasciando il telefono e tornando invece a spalancare la porta. 

Contro ogni logica.

“Cosa vuoi?” sibilò, piegandosi in avanti e avvicinandosi pericolosamente al muso dell’animale.

Quello non mosse un pelo, limitandosi a grugnire. 

Sì, a quanto pareva i lupi sapevano grugnire. 

“Devi andartene, hai capito?” fremette Stiles “Altrimenti chiamo la protezione animali o chi per loro e...”

Non riuscì a finire la frase, interrotto a metà da un ringhio baritonale che quasi lo fece cadere lungo disteso per terra. Spalancò gli occhi e deglutì a vuoto, una mano a coprirsi la bocca.

“Oh, santo cielo.” guaì Stiles, il ringhio che ancora gli echeggiava nelle orecchie. 

Quel ringhio.

“Derek?”

 

§

 

 

 

Salve!

Dunque, chiariamo un paio di cose fondamentali: chi mi conosce avrà già un’idea delle follie che normalmente scrivo, ma gli altri vanno avvertiti. 

Sarà una storiella breve, pochi capitoli che, temo, andranno degenerando sempre più: non vi assicuro neanche un senso compiuto, eh. 

Questo, però, potreste già averlo intuito :)

Qualcosa del genere lo avrete già sicuramente letto: sono quelle fantasie pucciose e cucciolose che tutti, volenti o nolenti, ci ritroviamo a fare. 

Perché sono divertenti. Perché i lupi (piccoli, grandi, ringhianti o fuseggianti) si possono solo adorare. E perché Derek e Stiles vanno adorati, punto e basta. 


Il continuo non si farà attendere troppo, promesso. 

E per qualsiasi commento, maledizione, improperio o altro, sono qui. 

Tutta per voi. 

 

Alla prossima,
Sara

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Capitolo 2
*** 1. ***




Qua la zampa



 

 

“Derek?”
Il lupo per tutta risposta si alzò.
Stiles ansimò, la bocca leggermente dischiusa in un gemito di terrore misto a incredulità. 

Impossibile. Stava impazzendo, non c’erano altre spiegazioni. 

“Ora... ora chiamo Scott.” decise, annuendo con fare oltremodo convinto “Giusto?” aggiunse, gli occhi che correvano istintivamente a cercare quelli del lupo “Ecco,” fece allora, il capo che gli crollava sul petto “ora sono pronto per la camicia di forza.”

Entrò in casa come una furia e fece per chiudere la porta, bloccandosi all’ultimo momento:

“Vuoi entrare?” balbettò, rivolgendosi incerto all’animale “Cioè, non so. Preferisci restare lì?”

Fece per aggiungere altro ma il lupo lo superò deciso oltre la soglia; Stiles lo osservò interdetto raggiungere il salotto e saltare, senza troppi complimenti, diritto sul divano. 

“Ah, no!” sbottò allora, seguendolo rapidamente “Scendi immediatamente!” gli intimò, il tono perentorio. 

Fu come parlare a un muro.

“Ho detto scendi!” ripeté accaldandosi “E’ casa mia, che diamine! Non voglio pelo di lupo sui cuscini, sia ben chiaro!”

Il lupo sospirò, più profondamente della prima volta, e si sistemò meglio.

“Oh, andiamo!” si lagnò Stiles, fulminandolo esasperato “Io... tu... Scott! Ora chiamo Scott e ti faccio vedere se non...” si tastò le tasche e solo dopo diversi attimi ricordò di star ancora indossando il pigiama. Sbuffò, sbirciando alternativamente l’animale e le scale:

“Salgo a prendere il cellulare.” disse, puntando un dito in direzione del lupo “Non ti azzardare a mordere alcunché.”

Fece gli scalini due a due, fiondandosi in camera sue e recuperando alla velocità della luce il cellulare abbandonato sul comodino: senza neanche rendersene conto aveva già avviato la chiamata. 

Tornò al piano di sotto con il telefonino incollato all’orecchio, contando gli squilli e pregando silenziosamente che l’amico rispondesse. 

“Pronto?” 

“Scott!” scattò subito Stiles, il tono involontariamente acuto “Scott, che bello sentirti!”

“Sono le otto del mattino.” si lagnò l’altro, la voce ovattata da quello che doveva essere uno sbadiglio “Le otto di domenica mattina, Stiles.”

“Lo so, lo so, lo so e mi dispiace, ma è un’emergenza!”

“Quanto caffè hai bevuto?”

“Non ho bevuto caffè.”

“Non dirmi che hai provato di nuovo una canna.”

“Scott, stammi a sentire, per favore. E’ una cosa seria!” guaì il ragazzo, camminando avanti e indietro sul tappeto del salotto.

“Okay.” sbadigliò l’altro “Ti ascolto.”

“Ho un lupo in casa.”

Dopo un silenzio che a Stiles parve preoccupantemente lungo, la voce di Scott tornò a farsi sentire:

“Non è divertente. Non a quest’ora.”

“Non sto scherzando! C’è un lupo sul mio divano, Scott!”

“Ah, sì? Com’è?”

“Scott? Scott, sento il fruscio delle coperte! Tu... tu ti stai rimettendo a letto!”

“Com’è questo lupo, allora?” sbadigliò ancora l’altro “Descrivilo, forza.”

Stiles sospirò, chiudendo gli occhi sfinito:
“E’ nero. Tutto nero.”

“Mmm.” mugugnò Scott “E poi?”

“Ha gli occhi chiari: grigio, azzurri, una cosa così.”

“Basta?”

“No, non basta, Scott! E’ un lupo e se ne sta sul mio divano!”

“Sicuro che non sia un semplice cane?”

“Ti sembra che potrei confondere un dannatissimo cane con un lupo?”

“Non lo so, Stiles! So che è domenica mattina, l’alba di domenica mattina, e che potresti avere la vista un po’ appannata, sai com’è. Forse è la stanchezza.” sospirò infine “Prova a chiamarlo Fido e vedi un po’ se risponde.”

“Vuoi che lo chiami Fido?”

“Sarà solo un cane, Stiles.”

“E’ un lupo.”

“Cane.”

“Lupo.”

“Cane.”

“Lupo.”

“Ca...”

Scott non concluse la parola, interrotto dall’ululato che sentì attraverso il microfono.

“Cos’era?” saltò su, l’ultimo sbadiglio bloccato sul nascere.

“Un ululato, ecco cos’era.”

“Ma come...?”

“Oh, Signore! Credevi scherzassi? Ha ululato, dannazione! E’ un fottutissimo lupo!”

“Non ti arrabbiare, Stiles. Resta calmo.”

“Resta calmo? Come  diamine dovrei fare?!”

“Ascolta. No... no, aspetta un attimo. Se... se è davvero un lupo, mi spieghi come ha fatto a entrare in casa tua, scusa?”

Questa volta, come raramente prima di allora, Stiles rimase senza parole. 

“Ehi? Ci sei ancora?”

“Sì.” ansimò “Sì, ci sono ancora.”

“E allora? Come ha fatto a finire sul tuo divano?”

“Ti potrà sembrare strano.”

“Non mi piace come inizio.”

“L’ho invitato a entrare.”

“Come si fa con i vampiri?” trasecolò Scott, senza capire.

“Non è un vampiro, Scott. Non ricominciamo d’accapo, ti prego. E’ un lupo.” scandì bene Stiles.

“Un lupo.”

“Bravo.”

“E per quale diavolo di motivo hai invitato un diavolo di lupo a entrare in casa tua?”

Stiles ridacchiò istericamente, carezzandosi la testa:
“Qui viene il bello, sai?”

“Devo preoccuparmi?”

“No.”

“Quindi sì.”

“Il lupo è Derek.”
Scott prese un bel respiro, profondo e prolungato, prima di azzardarsi a continuare:

“Non può essere Derek.”

“Può sembrare strano, lo so. Ti dico che è lui, però.”

“Non può essere Derek, Stiles!”

“Perché no?”

“Perché Derek è partito ieri sera.”
Stiles aprì la bocca per ribattere ma le parole gli morirono in gola. Puntò gli occhi sul lupo che gli stava di fronte e trattenne il respiro, completamente impreparato.

“Come... è partito?”

“Sì.”

“Per dove... dov’è andato?”

“Aveva una commissione urgente da fare. Io... lui...” Scott imprecò sottovoce, il tono che trasudava incertezza “Stiles, ero con Allison quando mi ha telefonato: non ho prestato il massimo dell’attenzione a ciò che diceva, scusa.”

“Però è partito.”

“Sì.”

“Ne sei sicuro?”

“Ascolta,” sospirò l’amico “se anche non fosse partito, okay? Per quale motivo dovrebbe essersi trasformato in lupo per venire a trovarti?”

“Ho un divano comodo?”

“Stiles.”
Stiles fremette, mordendosi rabbiosamente un labbro:

“Non lo so, va bene? Ma... e se fosse lui, Scott?”

“Come lo spiegheresti?”

“Non cercare una spiegazione. Solo... se fosse lui?”

“Guardatevi un bel film.”

“Oh, andiamo!”

“Ho sonno!” sbottò in risposta l’altro “Vuoi farmi dormire un po’, per cortesia?”

“E ignoriamo la presenza della bestia a pochi passi da me?”

“Cacciala.”

“Perché?”

“Perché è una bestia! Buttala fuori e, da bravo, tornatene a letto anche tu.”

“E se mi morde?”

“Non ti ha morso il vero Derek fino ad ora non credo lo farà il suo surrogato, tranquillo.”

“Scott?”
“Sto per attaccare. Conto fino a tre.”

“Non potresti venire qui?”

“Uno.”

“Mi fissa sempre, sai? E’ alquanto inquietante, capisci?”

“Due.”

“E ti giuro che sa anche sbuffare.”

“Tre. Ci sentiamo più tardi, Stiles.” chiuse la chiamata l’amico.

“Scott? Scott? Sco...”

Stiles inveì, sollevando lentamente gli occhi sul grosso lupo nero. Al diavolo.
Scivolò sul tappeto e incrociò maldestramente le gambe sotto di sé, ragionando sul da farsi: per qualche  strano motivo chiamare la protezione animali non gli sembrava più una così buona idea.

“Che vuoi che faccia?” sbottò alla fine in direzione dell’animale.

Quello si limitò a guardarlo come aveva sempre fatto, apparentemente imperturbabile.

“Derek.” lo chiamò allora, poco più che un sussurro.

Lo sguardo del lupo, per un istante, si fece più attento. Lo avrebbe giurato.
“Lo so che sei tu, okay? Ne sono convinto. No, va bene, proprio convinto no, ma quasi sicuro.”

E lo sguardo si fece sarcastico.

“Non guardarmi come se fossi pazzo. Sei Derek e c’è poco da discutere.” borbottò Stiles “Certo, non si spiegano parecchie cose. E apparentemente tu sei in viaggio. E tu, tu lupo, sei soltanto un lupo. Io e te però sappiamo che in realtà sei tu. Tu Derek.”

Stiles si dondolò appena, prendendosi la testa fra le mani: “Giusto?”
“Giusto?”

Il lupo uggiolò, facendolo scattare in piedi.

“Derek!” sbraitò il ragazzo “Spiegami cosa diavolo è successo!”
Stiles osservò sconvolto il lupo guaire ancora e quindi nascondere il muso fra le zampe.

“Va bene!” sibilò “Vuoi metterla così? Non vuoi parlare, eh? Va bene!”

Con stizza afferrò il telecomando del televisore e guardò l’animale in tralice, continuando:

“Seguiremo il consiglio di Scott, contento? Ci guardiamo un film.”

Gli riservò un sorriso sfrontato prima di continuare, candidamente:

Zanna Bianca ti va bene?”

 

§

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Capitolo 3
*** 2 ***


 

 



Qua la zampa

 



 

“Quindi, ricapitolando: tu sei molto più carino di Balto, ma in quanto a carattere vince lui su tutta la linea.” affermò Stiles, alternando lo sguardo fra il cartone animato e il lupo al suo fianco. 

Il muso dell’animale fremette, un canino che faceva capolino.

“Non ti arrabbiare, sto solo dicendo la verità.” si difese velocemente il ragazzo “Sei burbero. Scontroso. Ringhi sempre troppo, per i miei gusti almeno.”

Un breve ringhio sembrò confermare la sua tesi e un sorriso vittorioso piegò le labbra di Stiles:

“Visto?” esultò, affrettandosi ad aggiungere “Ah, e poi non sorridi mai. Questo è grave, lo sai? Molto, molto grave. Bisogna sorridere. E’ una cosa bella, importante e... dove vai?”

Il lupo saltò giù dal divano e trotterellò al piano di sopra.

“Dove credi di andare?” sbottò Stiles, allargando le braccia “La verità fa male, non è vero?”

Ottenendo in risposta solo silenzio, il ragazzo si sentì in dovere di continuare:

“Non fare tanto il permaloso e...” s’interruppe, fulminato sul momento da un nuovo pensiero “Non osare andare in camera mia, eh! Non ti azzardare nemmeno a toccare o...”

“Stiles?”

Il respiro mozzo e una mano sul cuore, Stiles fece un salto all’indietro, totalmente preso alla sprovvista: “Papà!”

“Con chi urlavi?” 

“Papà.” ripeté il ragazzo, prendendo tempo “Già di ritorno?”

“Era solo un giro di routine.” si strinse nelle spalle il padre “Ora ho tutta la giornata libera.”

“Bene. Bene. Be...”

“Con chi stavi urlando?”
“Scott.” annuì deciso Stiles “Urlavo con Scott. E’ sempre stato permaloso, lo sai. Se la prende per poco e non capisce che...”

“Cos’è che non capisco?” chiese in quel momento Scott, entrando in casa tutto sorridente.

Stiles chiuse gli occhi, maledicendo con tutte le sue forze il tempismo dell’amico:

“Papà” tentò allora, prontamente interrotto dal sospiro dell’uomo:

“No.” fece quello, spostando stancamente lo sguardo sui due ragazzi “E’ domenica. Non voglio saperlo.”

“No?” sorrise il figlio, visibilmente sollevato.

“No. Qualsiasi cosa non implichi un morto può aspettare fino a domani.”

“Perfetto.” concluse Stiles, afferrando Scott per il braccio e trascinandolo verso le scale “Pensa solo a riposarti, papà.”

“Sono permaloso, quindi?” sussurrò Scott, inarcando un sopracciglio.

“Hai un pessimo, pessimo tempismo.” lo rimproverò l’amico, fiondandosi in camera sua “Te lo ha mai fatto notare nessuno?”

“E tu dici troppe bugie. Prima o poi ne rimarrai sepol...” non terminò la frase, gli occhi che si fermavano sconvolti sul lupo che se ne stava sdraiato sul letto.

“Scendi immediatamente.” sibilò Stiles, sgridando l’animale “Ti avevo detto di non entrare qui. E come ti permetti di salire sul mio letto?”

“Stiles?”

“Me lo starai ricoprendo di peli, contento?”

“Stiles.”

“Cosa?”

“Stai sgridando un lupo.”
Stiles si girò a fronteggiare l’amico, un sorriso sarcastico a piegargli le labbra:

“Non mi dire.”

“Perché diavolo è ancora qui?”

“Non potevo cacciarlo!”

“Perché no?”

“Te l’ho già detto.” sospirò Stiles, crollando a sedere su una sedia “E’ Derek.”

“Derek è partito.” sillabò Scott, incapace di distogliere lo sguardo dal lupo nero.

“Che scusa penosa.” 

“Non è una scusa, è la verità.”

“E come mi spieghi il lupo?”
Quando Scott non disse niente, Stiles cominciò a ridacchiare istericamente:

“Ti ricordi,” singhiozzò, carezzandosi il mento “ricordi quella cosa che ti dissi, sì? In California non ci sono più i lupi, Scott. Non ci sono più da oltre sessant’anni.

“Infatti.”

“Infatti, cosa?”

“Questo dev’essere scappato.”

“Scappato? Scappato da dove? Stai delirando, te ne rendi conto?”

“Scappato da un circo, o... o da qualche folle che... non lo so.” biascicò Scott “E’ addestrato, però, no? Non ti ha morso, non ti ha ucciso e... Stiles, ci dev’essere una spiegazione.”

“E’ Derek.”

“Questa non è una spiegazione, è una follia.”
Stiles afferrò una rivista e l’arrotolò:

“Ah, sì?” sussurrò, avvicinandosi al letto “Ora ti faccio vedere.”

Sollevò la rivista e con uno scatto la sbatté sul naso del lupo. 

Due paia d’occhi sconvolti puntarono su di lui, incredule.
“Che diavolo fai?” strillò quasi Scott, chiudendosi alle spalle la porta della camera “Sei impazzito?”

Stiles fissò truce il lupo negli occhi e ripeté il gesto, sibilando:

“Ringhia, Derek.”

“Stiles! Ti è dato di volta il cervello? Non è un cane!”

“Oh, cielo! Passi tutta la vita a ringhiare e quando devi non lo fai?”
Stiles fece per picchiarlo una terza volta ma Scott lo tirò prontamente via, strappandogli la rivista:

“Vuoi perdere la mano?” gli chiese, piegando il capo in direzione del lupo.

“E’ tutto fumo.” fece spallucce l’altro “Non morde.”

“E’ un lupo, certo che morde.”

“E’ Derek. Non morde.”
Scott sospirò, costringendo l’amico a sedersi di nuovo: “Va bene.” mormorò, piegandosi sui talloni e fissandolo negli occhi.

“Mi stai controllando le pupille?” domandò scettico Stiles “Mi stai davvero controllando le pupille, Scott?”

“No, certo che no.”

“Tu non mi credi.” 

“Io vorrei crederti, davvero. E’ solo che lo trovo molto difficile.” sorrise l’altro in risposta.

“Mi sto inventando tutto, secondo te?”

“No. Io credo, credo che tu sia molto sotto pressione, ultimamente.”

“Prego?”

“Dev’essere difficile per te con tutte le morti, i mostri, i lupi, i morsi e gli alpha, e ecco, diciamo che ce lo aspettavamo.”

“Cosa vi aspettavate?”

“Un crollo di un qualche tipo.”

“Io non sono crollato.” sillabò Stiles, scuro in viso.

“No, certo che no.” sorrise pacificatore Scott “E hai appena deciso di tenere un lupo come se fosse un cane e di chiamarlo Derek.”

“Lui si chiama Derek.”

“Okay, okay.” alzò le mani Scott “Per un po’ tienilo, quantomeno non sembra volerti saltare alla gola. Poi... poi vedremo cosa fare.”

“Chiama Derek.”

“Come?”
Stiles annuì con fare deciso, serio come mai:

“Chiamalo, forza.”

“Stiles...”

“Che aspetti?”
Scott obbedì, inserendo il vivavoce, l’espressione mesta e leggermente preoccupata:

“E se risponde?”

“Contatterò il circo più vicino.”

Dopo diversi squilli a vuoto si sentì un bip prolungato, inequivocabile.
“Coincidenza.”

“Coincidenza?”

“Non significa niente, Stiles.”

Diversi sbuffi fecero voltare entrambi verso il lupo, scosso come da singhiozzi.
“Che ha?” chiese Scott, osservandolo senza capire.

“Sta ridendo di noi.” si strinse nelle spalle Stiles.

“I lupi non ridono.”

“Derek sì.” ribatté Stiles, rendendosi conto dell’assurdità della propria affermazione “Oh, mio Dio. Derek ride?”

“Non lo so. Tu lo hai mai visto?”

“No. Credo che me lo ricorderei, altrimenti.”

“Quindi ora non credi più che sia lui?”

“Oh, no. Sono ancora convinto che sia lui. Sarà la prima risata che si fa.”
Scott roteò gli occhi, poggiando le spalle all’armadio:

“Che farete, ora?”

“Il lupo e io?”

“Che facevate prima?”

“Abbiamo guardato Zanna Bianca. E poi anche Balto, ma quando ho cominciato a prenderlo in giro è scappato qui sopra.”

Scott annuì con fare condiscendente, un’ombra di apprensione negli occhi:

“E cosa c’è in programma, ora?”

“Tu che devi fare?” sorrise l’amico in risposta “Ti vedi con Allison?”

“Solo se... se voi avete altro da fare. Altrimenti resto a farti compagnia, è chiaro.”

“Abbiamo da fare, vai tranquillo.”

“Ah, sì?”

“Sì.” asserì Stiles, poggiando i gomiti sulle ginocchia e fissando deciso l’animale:
“Una bella passeggiata nel bosco.”

 

 

§

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Capitolo 4
*** 3 ***




 

 

Qua la zampa

 


 

 

Uscire di casa non era stato facile.
Derek non aveva voluto saperne di saltar fuori dalla finestra. 

Oh, no. Se non c’era la divertente possibilità di fargli venire un mezzo infarto, il signore voleva necessariamente utilizzare la porta principale.

Cosa che, con diversi sforzi di Stiles, alla fine erano riusciti a fare. 

E ora se ne stavano lì, fianco a fianco, a camminare nel bosco.
Fu a quel punto che Stiles spintonò il lupo, prendendo anche in considerazione l’idea di mettergli uno sgambetto:

“Mi spieghi cosa diavolo sta succedendo?” sbottò, fulminandolo dall’alto in basso.
Il lupo si limitò a ricambiare lo sguardo, mettendosi a sedere.

“Lo so che sei tu. E tu sai di essere tu. Ora perché, di grazie, non cerchi di tornare pienamente in te?”

Stiles si massaggiò le tempie, l’eco di quell’assurda frase che gli rimbombava nelle orecchie.

“Hai intenzione di restare così a lungo? No, perché potrei seriamente impazzire, sai? E presto o tardi gli altri mi faranno rinchiudere in manicomio perché, sorpresa delle sorprese, sto parlando con un lupo che nessun altro sa essere Derek Hale.”

Il lupo, ormai ne era sicuro, ridacchiò ancora.
“Lo trovi divertente? Non voglio essere il ragazzo che sussurrava ai lupi, okay? Con i lupi mannari mi può anche andare bene, ma tu sei una bestiaccia qualunque e...”

Un ringhio sommesso lo zittì, facendolo sbuffare subito dopo:

“Ora ringhi. Ora.”
E una nuova consapevolezza si fece strada in lui. Velocissima e inaspettata.

“Non vuoi che Scott lo sappia. Non vuoi che gli altri lo sappiano.” trasecolò Stiles, scivolando pian piano a sedere sul letto di foglie e ramoscelli secchi.

“Hai sparso la voce e... tutti credono che tu sia partito. Perché?”

Fissò il lupo negli occhi e scosse il capo, senza capire:
“Perché sei qui, con me? Non ne capisco di queste cose da lupi, non sarebbe stato meglio andare da Scott? O da Isaac,” si corresse subito dopo “o da Erica, o chiunque altro? Perché da me?”

Il lupo uggiolò appena, piegandosi in avanti fino a poggiare il muso sulle gambe di un basito Stiles, sempre più sconvolto:

“E’ una specie di... cos’è uno scherzo? Una prematura crisi di mezz’età?” tentò ancora, le dita che fremevano per carezzare il pelo morbido dell’animale “Voi licantropi invece della Mercedes vi trasformate in lupi per un po’ ?”

Non resistette più e la mano gli scivolò sulla testa del lupo, le dita che sfioravano leggere il pelo morbido. Approfondì la carezza, sorridendo appena:

“Non stai morendo, vero?”

Con le dita seguì il profilo dell’orecchio destro, incantato:

“Sai che non c’è poi tanta differenza?” chiese poi, scendendo verso il punto in cui lo aveva colpito con il giornale “Anche da umano non è che parlavi poi molto. Anzi. Quasi quasi, cosa ben strana sia chiaro, sei più espressivo ora di prima.”

Gli solleticò il collo, osservandolo stregato mentre chiudeva gli occhi, calmo. 

“Certo, normalmente non ti fai accarezzare.” continuò Stiles, ragionandoci sopra, più tranquillo ora che il lupo non lo guardava “Certo, mi piacerebbe accarezzarti anche normalmente.”

E l’animale sollevò la testa, allontanandosi appena.

“Cosa?” scattò il ragazzo, realizzando ciò che aveva detto “Non l’ho solo pensato? L’ho detto ad alta voce? Colpa... colpa mia. E di quel filtro che non ho. Lo sai, no? Mi conosci.”

Derek, perché era Derek che gli altri volessero crederci o no, sbuffò sonoramente. 

“Non sbuffare con me.” sibilò Stiles “Se vuoi puoi andartene in qualsiasi momento: nessuno ti costringe ad ascoltare le mie scemenze, no?”

Il lupo inclinò la testa, piegandola appena verso sinistra. 

“Per quanto mi riguarda puoi benissimo tornartene in quella tua catapecchia fatiscente e piena di ragni, sai?”

Stiles inarcò un sopracciglio, allungando al contempo la mano verso di lui:
“Torna qui, dai.” borbottò, muovendo le dita “Mi stavo rilassando. E mi aiutava a pensare.”

Seppur recalcitrante, il muso del lupo tornò al suo posto così come la mano di Stiles ricominciò a carezzarlo piano. Ci volle più tempo stavolta, ma entrambi chiusero gli occhi. 

E con gli occhi chiusi, anche gli sproloqui di Stiles sembravano diventare accettabili:
“Ne deduco che non vuoi tornartene a casa tua. Il che significa che dormirai da me.” mormorava il ragazzo a bassa voce “Avresti mai pensato di sentirmi pronunciare una frase del genere?”

“Derek dorme in camera mia, stanotte.” ripeté diverse volte Stiles “Suona proprio strano, eh?”
“Hai mai pensato di mordermi? Non semplicemente per rabbia, o per esasperazione, proprio per tu sai cosa. Non credo lo vorrei, sai? Anche se...”

“Domani ho un compito di matematica, purtroppo. Ho un leggerissimo senso di colpa, sai? Del tipo che dovrei tornare a casa e aprire quell’orribile libro di trigonometria nella vana speranza che qualche formula attecchisca di sua spontanea volontà. Tu che dici?”

“Lo sai che hai il pelo proprio tanto, ma tanto morbido?”
“Hai mai pensato di farti un piercing? O un orecchino? Credi faccia troppo gay?”

“E se provassi a farti il bagno? Ho un balsamo al mango, ti interessa?”
“Sai che pensavo? Forse sarebbe il caso di...” il mormorio soffuso s’interruppe di colpo “cos’è?” fece Stiles, aprendo controvoglia gli occhi “Lo senti anche tu? E’... oddio, il cellulare! Dove diavolo...?”

Tastò confusamente il terreno attorno a sé finché non sentì sotto le dita la fonte di quella vibrazione: “Pronto?”

“Stiles?”

“Sì, che c’è?”
“Tutto bene?” domandò Scott, una nota di apprensione nella voce “Dove sei?”

“Nel bosco, te lo avevo detto. E sì, tutto bene.”

“Sicuro? Che facevi?”

“Chiacchieravo.”

“Da solo?” si azzardò a chiedere ancora l’altro con preoccupazione crescente.

“Certo che no!” sbottò infastidito Stiles per poi aggiungere “Con Derek.”
“Ah.”

“So che può sembrare strano, Scott, ma sono convinto che il suo livello di sopportazione nei miei confronti stia considerevolmente migliorando.”

“Chiacchieravate, quindi?”

“Più che altro un monologo, direi.”
“Capisco.”

“C’è stato solo un momento teso, sai, quando mi è sfuggito un commento che non ha gradito.”

“Del tipo?”

“Niente di che, davvero. Neanche avessi parlato dei suoi addominali.”
Stiles ruotò gli occhi, incontrando poi a sorpresa quelli aperti e vigili del lupo.

“Che hanno i suoi addominali?” 

“Andrebbero incorniciati, ecco cos’hanno.” ribatté con ovvietà Stiles, le dita che rapidamente serravano la collottola dell’animale già pronto ad allontanarsi.

“Tu dici?”

“Ne sono fermamente convinto.”
“Stiles,” lo chiamò incerto Scott “tu pensi spesso agli addominali di Derek?”

“Co... che domande sono?”

“Colpa di Danny, scusa.”

“Che c’entra Danny, adesso?”

“Niente.” borbottò teso l’altro “Qualche tempo fa mi ha chiesto tu di che... di che sponda fossi, sai. E io ero andato sul sicuro, ma questo prima di sentirti vaneggiare sugli addominali altrui.”

“Scott, posso sopportare insinuazioni varie sulla mia salute psichica, ma non anche sui miei orientamenti sessuali.”

“Non intendevo...”

“Smettila di preoccuparti inutilmente e torna a spalmarti su Allison, da bravo.”

“E tu cosa...”

“Mi sa che è il caso di tornare a casa: ci sono degli algoritmi che mi chiamano a gran voce.”
Scott sospirò, acconsentendo seppur malavoglia a chiudere la chiamata. 

“Alle volte sa essere davvero inopportuno quel ragazzo, non è vero?” domandò Stiles al lupo, le dita ancora saldamente ancorate al suo pelo.

Lo sguardo dell’animale si fece improvvisamente sarcastico mentre con un rapido movimento si liberava dalla sua stretta, allontanandosi di qualche passo.

“E’ il tuo modo di dire che anch’io sono inopportuno?” borbottò Stiles, arricciando le labbra “Ti sbagli. Io sono sempre opportuno, siete voi altri che tendete a fraintendere il più delle volte.”

“E... ehi! Dove stai andando? Non mi aspetti neanche?”
Stiles si alzò in piedi in fretta e furia, aggiustandosi i vestiti senza perdere di vista l’altro.

“Derek!” chiamò allora, infastidito.

Non si aspettava alcunché, in realtà. Forse per questo vedere il lupo rallentare fino a fermarsi di lì a poco lo stupì a tal punto. Perché proprio non se lo aspettava. 

Lo raggiunse in pochi secondi, evitando di guardarlo e limitandosi a mormorare:
“Grazie.”

 

§



 

 

 

 

Okay, okay, vado di fretta ^-^
Non ho ancora avuto il tempo di rispondere alle recensioni e mi sento terribilmente in colpa, ma prometto di rimediare al più presto. 

Caspita, ve lo meritate ampiamente: siete tutti incredibilmente dolciosi (?) ... pucciosi vi piace di più? Batuffolosi, forse? Mmm... forse è meglio se scappo sul serio. :)

Come sempre, il link  della serie di shot:
                
http://www.efpfanfic.net/viewseries.php?ssid=8013&i=1

 

e questa volta aggiungo anche quello del gruppo su fb: 

          https://www.facebook.com/groups/322279614453686/

 

 

Un bacione e alla prossima,
Sara



 

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