A Tale Of Broken Hearts

di Wiwo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 01: little broken doll ***
Capitolo 2: *** 02: once wishing heart ***
Capitolo 3: *** 03: floating in the wave ***
Capitolo 4: *** 04: collision ***
Capitolo 5: *** 05: shattered like broken china ***



Capitolo 1
*** 01: little broken doll ***


Disclaimer: sì, sì, i personaggi di Naruto non mi appartengono.. qualcuno si offre di regalarmeli per Natale? Per esempio la mia neechan, alla quale ho promesso questa storia.. ^.^ Enjoy!

A TALE OF BROKEN HEARTS

Lui lo sapeva che l’amore non avrebbe mai portato da nessuna parte, lo sapeva fin troppo bene. Chi poteva saperlo meglio di lui? Chi poteva sapere che quell’illusione (perché non era altro che un’illusione, una chimera, una bellissima utopia creata per difendersi dalla crudeltà del mondo e continuare invano a sperare) lasciava solo spazio alla ben più profonda delusione quando la sua vera natura di idea irreale veniva svelata, chi poteva solo pensare di saperlo meglio di lui? Nessuno.

Lei lo sapeva che l’amore non avrebbe mai da nessuna parte, senza la volontà. La volontà di andare avanti, di perseverare, di rialzarsi ogni volta che si cade e di non abbassare mai lo sguardo. La volontà che lei non avrebbe mai avuto. Ecco perché l’amore, per lei, sarebbe stato sempre e solo fonte di sofferenza.

Per questo era inutile credervi.

Per questo era inutile sperare.

01: little broken doll

C’era agitazione, nella dimora del clan Hyuuga. Un viavai apparentemente confuso, un vorticare di persone in fermento; tuttavia, ad un’osservazione più attenta, era possibile scorgere una certa regolarità, un ripetersi di itinerari e di mansioni che testimoniavano la presenza di ordini ben precisi. E questi ordini erano: la primogenita deve essere pronta entro l’alba.

Infatti, al centro del vortice, c’era Hinata Hyuuga, prima aspettativa e dopo delusione del clan, che con il passare degli anni aveva reso sempre più onore al suo nome. Era un nome impegnativo, il suo, dato che significava qualcosa come ‘incarnazione di bellezza’, ma lei se ne era dimostrata degna, almeno di quello. Lunghi capelli del colore delle piume del corvo, corpo snello e flessuoso, temprato dagli allenamenti, ma morbido e sensuale, e soprattutto occhi perlacei, contornati da ciglia scure che li distaccavano dal pallore aristocratico del viso. Era come una bambola, e quindi come tale doveva essere trattata. Non appena raggiunto il livello, appena decente per gli appartenenti a quella famiglia, di chuunin, era stata ritirata dalla vita di ninja, e istruita a diventare la perfetta rappresentante del nobile clan Hyuuga. Nessuno poteva competere con lei nell’ambito delle cerimonie tradizionali, né nella conoscenza delle arti ritenute adatte all’erede di una così signorile famiglia. Era così bella da vedere, così deliziosamente truccata e vestita, mai un cenno di insofferenza durante i lunghi riti del tè, mai niente che turbasse la sua perfezione.

In realtà, se la bambola veniva smontata ed esaminata, ci si accorgeva che i suoi difetti erano all’interno, nei meccanismi. Era timida, fino all’esasperazione, e insicura: caratteristiche che stridevano con i suoi compiti, e che portavano piano piano al logorio degli ingranaggi, lento ma costante. Finché un giorno i suoi congegni interni non cominciarono a scricchiolare: un piccolo errore qui, una piccola mancanza là; fu quando i suoi errori diventarono più vistosi, e le sue mancanze più frequenti, che gli altri si resero conto che c’era qualcosa che non andava. Nonostante i loro occhi bianchi che vedono tutto non avevano notato che la bambola cominciava a rompersi, e quando se ne accorsero cominciava a essere troppo tardi. Così Hinata Hyuuga, giovane donna di appena vent’anni, una vita sprecata alle spalle e una incerta davanti a lei, venne giudicata mal funzionante e da buttare via.

Da quel momento iniziarono i preparativi per la grande e teatrale uscita di scena di Hinata, elegante bambola da esposizione, per insediare al suo posto Hanabi, la minore, forse meno bella e raffinata, meno adatta a gestire le apparenze, ma sicuramente più utile, una marionetta capace anche di combattere.

Quella notte, dalla sua postazione al centro della stanza, Hinata osservava il turbinio attorno a lei con rassegnata indifferenza. Aveva sempre saputo che sarebbe finita così, fin da quando aveva sentito per la prima volta addosso a lei lo sguardo deluso di suo padre e del resto del clan, nonostante avesse dato il massimo di sé, e si era accorta che, se non erano soddisfatti di lei in quel momento, non lo sarebbero stati mai. Guardava i servitori estrarre da armadi polverosi le sue vesti da kunoichi, affannarsi a cercare chissà cosa che ancora mancava, pronti a scattare ad ogni nuovo ordine di Hiashi-sama, all’erta come tante piccole api intente in un lavoro urgente. Di tanto in tanto gettava un’occhiata al coprifronte di Konoha che aveva in mano; ne riconosceva ogni singolo contorno, ogni piccolo graffio le era familiare: le raccontavano di episodi passati ormai da anni, di giorni trascorsi con la sua squadra prima di diventare la prigioniera di quell’enorme casa delle bambole. Si guardava intorno, paziente, senza fare una mossa, aspettando di essere spogliata e rivestita, di avere gli accessori adatti; poi sarebbe stata pronta per l’ultimo gioco.

Utilizzando un’abile scusa, Hiashi l’aveva inserita nella squadra che sarebbe partita all’alba per una missione, una missione di guerra, per la quale lei non era affatto preparata. La stavano mandando al suicidio, mandavano a combattere una bambola di delicata porcellana, in mezzo a marionette specializzate nell’arte della guerra, senza nessuno che la difendesse, che la incoraggiasse. Non appena sarebbe giunta la notizia sicura della sua morte, poi, le avrebbero reso un ultimo onore, infiocchettando la tragica storia della sua caduta, e avrebbero definitivamente spazzato via i cocci di quella che un tempo era l’erede difettosa della casata.

Questo pensava Hinata, trovandone continua conferma negli occhi compassionevoli dei servitori, che rifuggivano il suo sguardo; adesso che era arrivato il momento tanto temuto (o forse tanto desiderato), lei non sentiva niente. Bianco, vuoto. Che i suoi ingranaggi si fossero rovinati a tal punto da privarla dei sentimenti? Ma forse era meglio così.

Finalmente, poco prima del sorgere dell’alba, la squadra vide giungere la ragazza travestita da kunoichi, scortata da alcuni Hyuuga e con uno sguardo vacuo e rassegnato. Poche parole dirette all’Anbu, capo del gruppo: ‘Sapete come comportarvi’, e gli Hyuuga se ne andarono, lasciando Hinata con i suoi nuovi compagni. Lei li guardò, osservandoli in quel suo modo particolare che aveva sviluppato negli anni, senza farsi notare: non conosceva nessuno di loro, perlomeno non li conosceva se non di vista; d’altra parte, aveva “conosciuto” così tante persone durante quelle infinite cerimonie, così tante che non le ricordava neanche. Anche i ninja la guardarono, come si può guardare un condannato a morte, diverse espressioni sui loro volti: dalla compassione (‘povera bambolina’), al disprezzo (‘d’altronde è colpa del suo carattere se ora è qui’), alla più assoluta indifferenza (‘è solo un’altra morte in un’altra guerra’).

Un segnale del ninja della squadra speciale, e la squadra balzò come un unico uomo, diretta verso il luogo delle battaglie, contro quel paese governato da un pazzo: Suna, l’avamposto del deserto. Hinata si guardò indietro per l’ultima volta, provando una fitta di malinconia per i luoghi felici della sua infanzia; poi guardò di nuovo avanti, e l’apatia emotiva che la caratterizzava da vari anni ebbe di nuovo ragione di lei. La bambola rotta iniziava a giocare per l’ultima volta.

next- 02: once wishing heart

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Questa fanfic l’avevo promessa alla mia neechan Ceechan, che avverto subito: se ti aspettavi una storia carina e gentile, spiacente di deluderti.. perché questa penso che sarà tutto tranne carina e gentile! È tanto più divertente scrivere fic intrise di sadismo.. (ku ku ku *the sadist side of Wiwo strikes back*)

Questa fanfic è pensata per essere a capitoli, ma non garantisco affatto la regolarità degli aggiornamenti… aggiornerò quando avrò il capitolo pronto! Non è colpa mia se sono pigra…

Hope you enjoyed! Please review!

Alla prossima!

Wiwo

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Capitolo 2
*** 02: once wishing heart ***


02: once wishing heart

Un altro giorno nasceva. Quanto ancora poteva mancare all’annullamento?

Il Kazekage passeggiava nervosamente sul tetto terrazzato del suo palazzo, lanciando veloci occhiate verso il confine con il Paese del Fuoco; sembrava il capo di un’isola in mezzo al mare di sabbia, illuminato dalla luce fredda dell’aurora, che aspettava un attacco improvviso da parte dei corsari.

Eppure le provocazioni erano state chiare.

Attorno a quell’improbabile isola le onde color giallo dorato si perdevano nella lontananza, le oasi spiccavano col loro verde e la piccola macchiolina nera di una carovana somigliava incredibilmente a una nave.

Aveva chiuso i confini e aperto le ostilità, tagliandosi fuori dal mondo.

Eppure lì non c’era il mare. C’era solo una sterminata distesa di sabbia che ardeva nel sole implacabile del giorno, consumando ogni goccia d’acqua.

Voleva finirla una volta per tutte, trascinando con sé anche quel disgraziato villaggio ai confini dell’inferno che sempre l’aveva respinto e odiato, e di cui ora era il capo incontrastato.

Adesso era l’alba, e il deserto non era ancora quell’oceano infuocato che diventava nel pomeriggio, e Gaara camminava e pensava, ammirando inconsapevolmente la selvaggia bellezza di quel luogo remoto.

Eppure non era sempre stato così. Un tempo avrebbe dato la sua vita per proteggere quel villaggio, i suoi abitanti, le dune battute dal vento caldo, la notte che fredda avvolgeva il deserto e le stelle nitide nell’aria tersa. Adesso non più. Aveva cercato, davvero, di ricacciare dentro il rancore che a volte lo assaliva violentemente, aveva tentato di seppellire per sempre la sua infanzia (suprema rovina per lo spirito instabile di quel bambino, che desiderava morire prima ancora di iniziare veramente a vivere), la sua concezione dei sentimenti umani, per ricominciare da capo e vivere finalmente felice (che ingenuo, quella era solo...). Aveva provato a cambiare, a ricredersi sull’esistenza dell’amore (...un’irraggiungibile utopia). Con la scomparsa del demone che lo tormentava con la sua voce, lui era davvero nato di nuovo, per iniziare a capire un'altra volta i motivi che spingono il genere umano ad attaccarsi disperatamente alla vita, motivi che lui aveva dimenticato prima di riuscire a comprenderli. La reliquia della sabbia era anche la fonte principale della sua forza, è vero, ma non ne aveva più così bisogno (gli altri gli sarebbero stati accanto...). Era cambiato, non voleva più una forza demoniaca (...vero?). Tutto sarebbe andato bene.

Non fu così. Per quanto provasse, non riusciva ad avvicinarsi a quegli obiettivi che si era prefisso, e a mano a mano che il tempo passava la speranza e la forza di volontà che lo spingevano a perseverare svanivano piano, fino ad abbandonarlo del tutto. I desideri non si possono esaudire: sono lontani, come le stelle, che mai e poi mai si potranno raggiungere; rimangono lì, distanti e bellissime, scintillando notte dopo notte rendendo impossibile dimenticarle, causando sofferenza e malinconia. Questo aveva concluso Gaara, prima di chiudersi in una bara vuota di emozioni, che rendeva impossibile la vista del cielo stellato e leniva il dolore dentro di lui. E causava il riemergere di quelle sensazioni volutamente sepolte.

(L’odio per quella gente che l’aveva rifiutato e temuto. L’odio per quelle mura lentamente corrose dalle onde di sabbia. L’odio per quell’esistenza che lo prendeva in giro, costringendolo a proteggere ciò che voleva vedere distrutto. L’odio per l’amore...? no, non si poteva provare odio verso quel sentimento, sarebbe stato un controsenso. Anche perché l’amore non esisteva.)

Ora il Kazekage aspettava, camminando sul tetto del suo palazzo, la venuta dei suoi avversari, aspettava di poter vedere le loro facce guardarlo in una miriade di espressioni, senza capire il motivo di quell’assurda dichiarazione di guerra. Pregustava già il sapore della battaglia, l’odore di sangue e morte che impregnava i vestiti, il rumore delle armi e degli urli dei combattenti persi nella mischia confusa, la gioia ghignante, finalmente ritrovata, con cui avrebbe accolto la morte dei nemici e anche degli abitanti del suo villaggio, costretti a combattere in quel grande massacro che si sarebbe tenuto entro breve. Pochi giorni, e tutto sarebbe finito.

Anche Konoha avrebbe partecipato alla distruzione di Suna. Chissà se avrebbe combattuto anche Naruto Uzumaki: scontrarsi con lui era ciò che temeva e desiderava di più al tempo stesso. Ma aveva la netta sensazione che non sarebbe venuto, non per battersi con il suo vecchio amico, era troppo attaccato ai suoi sogni per lasciare che un pazzo li infrangesse. Che facesse ciò che voleva, tanto prima o poi si sarebbe reso conto da solo di anelare l’impossibile, e sarebbe crollato, come tutti gli altri (come lui).

Ancora pochi giorni, quindi. Giusto il tempo necessario ai ninja di raggiungere quel posto dimenticato dagli dei, e tutto sarebbe finito, una volta per tutte, sia per lui che per quel posto maledetto. Ancora pochi giorni.

 

next- 03: floating in the wave

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E rieccomi qua, la pazza sclerata che stavolta se ne è uscita con una fic a capitoletti (piuttosto corti invero..) e che non sa se riuscirà a portarla a termine! Ho decisamente poca pazienza, in effetti. Mi stanco subito..
                Neji (ballando la danza della vittoria): E vaiii!! In questo tuo disgraziato lavoro non ci sono! Alleluia!!
... (Wiwo lo guarda molto male) Ridi poco, tesoro, che ho già in mente il seguito di un’altra fic in cui non ti tratto molto bene..
                Neji (fermandosi improvvisamente): ..Non quella.
Oh, sì, proprio quella. Trema, trema...

E ora le recensioni!! ^___^

Cecia chan: Mio dolce amore! Come farei senza i tuoi incoraggiamenti? Meglio se mi incoraggi anche a continuarla, vah… ti vu bi!!

Tifalockhart: °///° Addirittura tra i preferiti? Felicità!! Sono contenta che ti sia piaciuto il paragone, a me è la prima impressione che Hinata ha fatto, quella di una bambolina… scriverlo è stato un altro paio di maniche però! *Wiwo si asciuga il sudore dalla fronte* Spero che questo capitolo sia all’altezza del primo, con Gaara lavoro peggio… Hope you’ve liked it!

LEA91: *Wiwo fa la faccia più puccia possibile* Davvero ho talento con il personaggio di Hinata? Grazie!! *.* Mi piace tanto tanto come personaggio!! In compenso detesto la sua carissima sorellina.. Aggiornare in fretta? Ah ah, ho paura che non sarà semplice… me pigra! Ma farò il possibile!

Via, al prossimo (si spera) capitolo!

Wiwo

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Capitolo 3
*** 03: floating in the wave ***


03: floating in the wave

La corrente si faceva sempre via via più impetuosa, trascinando con sé tutto ciò che trovava sulla sua strada: alghe, giovani pesciolini, sabbia. E una piccola bambola di porcellana.

Il tempo correva velocemente come loro, nella marcia verso Suna: erano già passati quasi tre giorni, e ancora non erano in vista della città. Hinata temeva che fosse per colpa sua, anche se nessuno le diceva niente, o la degnava di uno sguardo. Era strano per lei, abituata ad essere sotto gli occhi di tutti durante quasi tutta la giornata, occhi che giudicavano, accusavano, compativano, era strano per lei non sentirsi osservata, controllata. A nessuno importava niente di lei. D’altronde quella era la missione, portarla a Suna a morire, non certo riempirla di attenzioni, però… però era strano lo stesso. Non sapeva se fosse meglio o peggio, non sapeva nemmeno se era una sensazione conosciuta o no, e neanche le importava. Voleva solo andare avanti, avanti fino alla fine. Per questo non si risparmiava, correva finché le gambe la reggevano; quando si doveva fermare, i muscoli in fiamme, si addormentava subito di un sonno senza sogni, tentando di recuperare velocemente le energie per scattare nuovamente quando la svegliavano.

Correvano notte e giorno, fermandosi il più raramente possibile, eppure non erano ancora arrivati. Erano come una corrente che via via si trasforma in un’onda, aspettando di infrangersi violentemente sulla scogliera. Ci sarebbe stato da spaventarsi quando quell’onda sarebbe arrivata. Anche se ancora non lo era.

Hinata Hyuuga cadde in ginocchio appena il capitano diede l’ordine di fermarsi; Dio, quanto era stanca. Sentiva nelle membra un senso di torpore che non provava più da tanto tempo – da quando si allenava con la sua squadra praticamente ogni giorno. Kiba, Shino, e la maestra Kurenai… quanto sembravano lontani nel tempo! Era come se appartenessero ad un’altra epoca. Sospirò. E probabilmente era proprio così. La voce dell’Anbu la riportò al presente.

-Hyuuga… tutto a posto?

La squadrò. Era seduta, inginocchiata, come una marionetta a cui fossero stati tagliati i fili. Una marionetta dipinta ad arte, con cura, creata apposta per essere esposta, e che ora era stata buttata nella polvere. Faceva pena.

La giovane donna si limitò ad alzare lo sguardo vacuo e ad annuire. Certo che era tutto a posto. Erano anni che tutto era a posto (anche se non lo era affatto, proprio per niente), perché i proprietari della bambola dicevano che lo era. Perché doveva cambiare, adesso? Una bambola non può decidere per se stessa, ma solo sottostare a quello che era il suo compito. Il suo compito, in quel momento, era quello di continuare a correre senza lamentarsi, anche se si sentiva morire, e di andare a combattere suicida a Suna. Lo stava svolgendo, e quindi era tutto a posto, come al solito. Tutto a posto.

L’Anbu la fissò ancora per qualche secondo, poi si allontanò. Era un vero peccato, una bambola così bella, rovinata e quindi da buttare via. In ogni modo con loro non stava funzionando troppo male; con un po’ di fortuna sarebbe arrivata a Suna senza troppi problemi, e finalmente non sarebbe più stata sotto la loro responsabilità.

Hinata si accoccolò per dormire: doveva recuperare un po’ di forze, e rilassare i muscoli. Avrebbe preso un tonico da guerra al risveglio, per nutrirsi, ma in quel momento aveva davvero bisogno di dormire almeno per poche ore. Chiuse gli occhi. Avrebbe fatto un sogno senza sogni, come tutte le notti da quando era ufficialmente diventata l’erede (la bambola d’esposizione) della famiglia, perché, si sa, le bambole non possono sognare.

~~~

I suoi piedi si muovono da soli. Un passo, e poi un altro, senza fermarsi. Dove si trova? Non lo sa. Non conosce quel luogo, non sembra casa sua. La sua casa è bella, ed elegante, e con tanti oggetti raffinati. Lì invece… è solo desolato. Un’immensa distesa deserta illuminata dal sole. C’è così tanta luce che ferisce gli occhi. Guarda in alto. Non c’è neanche una nuvola. In effetti, non c’è neanche il sole: la luce proviene direttamente dal cielo, è per questo che è così forte. I suoi piedi continuano a camminare. Perché è così infinito e deserto lì? Non le piace per niente, si sente minuscola e soprattutto sola. Non le piace affatto sentirsi sola. E poi è freddo, tanto freddo.

~

Il terreno sotto di lei è diventato neve, e il paesaggio è di un bianco accecante. Non si distingue quasi più il cielo dall’orizzonte, c’è solo una sterminata distesa bianca. Chissà se finisce da qualche parte, o continua per sempre, all’infinito? E intanto i suoi piedi camminano.

~

Quanto tempo è passato? Un’ora? Un anno? Tutta l’eternità? Lei non ha mai smesso di camminare, e comincia a sentirsi stanca. Vorrebbe sedersi, ma non ci riesce. È come se i suoi piedi non appartenessero a lei, ma fossero comandati da qualcun altro, che non vuole farli fermare. Osserva per un po’ i suoi piedi camminare, lasciando piccole orme nella neve. Ma lì non c’è davvero nessuno? Vorrebbe urlare, ma non ha voce. Non ci sono rumori in quello strano posto, non c’è niente di niente. Ed è così freddo.

~

Alza lo sguardo e lo dirige all’orizzonte. Non c’è più. Intorno a lei è solo bianco, senza fine. Ha paura. Ma forse… sì, laggiù c’è qualcosa che interrompe il nulla di quel luogo. Una piccola figurina nera, lontana, ma c’è. Sorride di gioia. Allora non è sola. I suoi piedi continuano a camminare piano, senza affrettarsi, ma va bene così. Prima o poi arriverà, no? E insieme si riscalderanno dal freddo eterno di quel posto.

~~~

Hinata si sentì scuotere delicatamente. Aprì gli occhi piano, ma la luce del sole li raggiunse comunque, ferendoli . Il suo corpo era ancora molle di sonno, e la giovane donna ci mise un po’ a capire dov’era: già, erano ormai tre giorni che non dormiva più a casa. Tutte le volte lo dimenticava. Che i suoi ingranaggi fossero consumati fino al punto di renderla inadatta in quel modo ai cambiamenti? Sembrava dipendente dall’abitudine. Sorrise amara. In fondo che importava? Tanto non sarebbe durato ancora a lungo.

Si alzò, mentre la squadra, frenetica, le vorticava attorno smaniosa di partire. Sembrava una videocassetta con l’avanti veloce agli occhi della bambola rallentata dai suoi meccanismi danneggiati. Si mosse lentamente, macchinalmente, gli ordini dell’Anbu che la guidavano nelle sue azioni: lo zaino, il tonico da guerra e l’accampamento e le loro tracce da occultare. E il più velocemente possibile.

Mentre obbediva, assente a ciò che faceva, rifletteva. C’era qualcosa di strano, qualcosa di diverso nel suo svegliarsi, quella volta. Una sensazione come di incompiutezza, di sospensione, ma che tuttavia era piacevole. La conosceva, quella sensazione? Era… familiare in qualche modo, l’aveva già provata, ne era quasi sicura. Forse quando ancora si allenava da kunoichi… sì, adesso ricordava. Era collegata a sbiaditi ricordi dolceamari di cose che, un tempo, avrebbe giudicato troppo importanti per essere dimenticate: le sue rare conversazioni con Naruto-kun, il tempo passato a ridere con la sua vecchia squadra, i sogni che faceva tanto spesso. Hinata si interruppe per un attimo nel compito che stava svolgendo. Un sogno… ecco cos’era. Ma non era possibile. Non aveva più sognato dal maledetto giorno in cui l’avevano designata come stendardo della casata. Le bambole non sognano. Semplicemente non possono, perché non hanno un’anima. Un ninja la richiamò al suo dovere, e lei riprese a nascondere le tracce del loro passaggio. Già, le bambole non possono sognare. Ma forse quelle rotte sì.

Alla fine tutto fu pronto, la folle corsa poteva ricominciare. La squadra si mosse all’unisono, come un’onda irrefrenabile. Galleggiando, trasportata in mezzo ad essa, si trovava una fragile bambolina. Sì, l’onda sarebbe stata davvero terribile al suo arrivo, si sarebbe infranta con violenza contro le scogliere che difendevano Suna, le sue alte mura. Chissà se quell’oggi sarebbe finalmente arrivata.

next- 04: collision

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Ohayo!! Non ci credo, sono arrivata ben al 3 capitolo! Per una one-shottista che non si è (quasi) mai cimentata con una fic a capitoli non è un cattivo risultato, via! Ah, avviso importante: scusate del ritardo già per il 3 capitolo, ma temo che per il 4 dovrete aspettare ancora di più ^.^’’ perché tra poco vado in montagna e non potrò toccare tastiera per un bel po’! Imploro perdono! E buone feste a tutti!! Mi raccomando recensite!!
E ora… risposte alle recensioni!! Happiness!!

LEA91: Curiosità di sapere cosa succederà quando Hinata e Gaara si incontreranno? ..Anch’io!^^ In effetti non so ancora come risolvere la questione.. Nel frattempo descrivo e mi preparo il terreno (leggi: prendo tempo), sperando che mi venga in mente qualcosa! No, sclero a parte, in un paio di capitoli dovrebbero incontrarsi! Spero.. Graccie per i complimenti!! E per avermi messo tra i preferiti.. *Wiwo arrossisce* (ah beh.. tra Hiashi e Hanabi non so chi potrei odiare di più.. penso che quando avrò un altro attacco di sadismo ci rimetteranno loro è________é kukuku)

Tifalockhart: Quella che deve scusarsi per il ritardo sono io, non te! Le recensioni fanno sempre piacere, non importa quando vengono lasciate.. mentre io dovrei darmi più da fare probabilmente.. ^.^’’ la pigrite cronica è una brutta cosa! Ehm.. Suna e Konoha.. è una cosa che ho lasciato un po’ abbozzata: mi serviva un pretesto per una guerra, e l’unica cosa che mi è venuta in mente è Gaara che vuole cancellare il suo villaggio dalla faccia della terra (fantasia malata di Wiwo..)! Praticamente ha dichiarato guerra a tutti gli altri paesi, compresa Konoha. Non ha molto senso, me ne rendo conto, ma era l’unica soluzione che sono riuscita a trovare..^^ Per l’incontro tra Gaara e Hinata… waaaah, devo lavorare, lavorare! Comunque penso che in uno o due capitoli si incontreranno..

Cecia chan: Amicia! Ti ho fatto venire i lucciconi? Allora ho raggiunto lo scopo! Anche tu tra i preferiti? Oh, che meraviglia!! Me molto soddisfatta di me stessa!! ^______^ e per quel che riguarda gli aggiornamenti… devo essere più puntuale! *Wiwo lo scrive tra i propositi per il 2008* Ci proverò con tutta la mia forza! (sese..) Anche te, però, Che!! Quando aggiornerai ‘Aishiteru, Gaara!’? me col fiato sospeso!!

..Ah, già! Oggi è il compleanno di Hinata! Auguri alla nostra Hyuuga preferita!!
Via, alla prossima (sperando abbastanza presto)!
Wiwo

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Capitolo 4
*** 04: collision ***


04: collision

Il Kazekage contemplava a braccia incrociate il suo regno: sembrava infinito, onde di sabbia che si estendevano fino all’orizzonte, in lento ma perpetuo movimento. Il vento caldo e asciutto che soffiava da sud, l’odore remoto che portava con sé, evocavano sogni da tempo sepolti. Calda, arida, morbidamente dorata: Dio, quanto poteva essere bella la sua terra.

Ma non c’era tempo ora per distrarsi, non c’era. Gaara si allontanò dalla finestra che dava a Est, verso le sterminate, impietose, ma tuttavia seducenti distese del deserto, e si diresse verso quella che gli dava una visuale della porta a Nord, davanti alla quale si stavano riunendo i piccoli eserciti inviati contro di lui. Dalla sommità dell’edificio più alto di Suna dominava con lo sguardo tutta la città, che in quel momento gli sembrava più che mai simile a un enorme formicaio indaffarato. Rabbrividì. Sia gli addestrati gruppi di ninja che gli abitanti del suo villaggio non erano altro che formiche, piccole, inutili e fastidiose, visti da quell’altezza, non contavano niente. E lui era il capo di niente.

Se tanto tutto è niente, tanto vale che finisca.

Non avrebbe preso parte ai combattimenti, per quel giorno. Si sarebbe limitato a godersi lo spettacolo dal posto d’onore, avrebbe osservato tutti quei patetici burattini massacrarsi a vicenda col sorriso sulle labbra. L’eco dell’odore del sangue sarebbe arrivato flebile fino da lui, selvaggio e metallico, mentre la sabbia si sarebbe tinta di rosso. Chissà che meraviglia, la sabbia innaturalmente rossa illuminata dalla luce morente del tramonto, che gettava lunghe ombre tra le dune del deserto e le infiammava di un colore quasi pulsante, quasi vivo. Sarebbe stata una visione davvero bellissima. Degna di un gran finale.

E così… ci siamo. È l’inizio della fine.

L’incontrastato sovrano di quella terra così bella e spietata si affacciò alla grande finestra, proprio mentre i cancelli venivano aperti per lasciare uscire i ninja della Sabbia. Tutto era pronto, lo spettacolo poteva cominciare.

~~~

La prima sensazione che Hinata provò non appena raggiunsero Suna, l’avamposto dell’inferno, non fu paura, né timore in alcun modo. Fu soltanto una sperduta meraviglia per lo spettacolo che le si parava davanti.

La luce fredda dell’alba illuminava un oceano dorato, che sembrava non avere confini. Le dune erano come onde, e si muovevano lentamente, spinte pazientemente dal vento, in eterne e inarrestabili maree. Sembrava il paesaggio di un altro mondo, ed era di una bellezza da togliere il fiato.

Sospirò. Morire di fronte a un tale splendore… era quasi un onore.

Il capitano della squadra la scosse, risvegliandola dalla sua contemplazione e riportandola alla realtà. Le stava porgendo un tonico da guerra.

La Hyuuga se l’era cavata piuttosto bene, fino a quel momento. Gli ingranaggi della bambola avevano cigolato un po’, inizialmente, ma poi le avevano permesso di compiere quelle azioni a cui non erano affatto abituati. Il ninja della squadra Anbu osservò la ragazza inghiottire il tonico. Ma era solo questione di tempo, ne era sicuro. Entro breve si sarebbero inceppati, rovinati da un’esistenza inadatta, e avrebbero lasciato il loro raffinato involucro di alabastro immobile, senza più difese. E la bambola si sarebbe rotta definitivamente. Una bambola così bella… avrebbero dovuto averne più cura, sicuramente. Perché lasciarla rompersi così era davvero uno spreco.

Si voltò verso la squadra e diede un rapido ordine; l’intero gruppo si mosse, come sincronizzato, per l’ultima corsa che li avrebbe portati nel mezzo della battaglia appena iniziata. Solo Hinata rimase ferma, gli occhi tristi nel volto inespressivo.

Il capitano le atterrò vicino.

“Hyuuga, che stai facendo? Muoviti.”

Hinata fissò il ninja. Sembrava disorientato da quel suo improvviso comportamento: aveva sempre obbedito, mai si era lamentata, e allora perché adesso non era balzata anche lei, alla carica verso il nemico? La giovane donna sapeva ciò che il capitano stava pensando. Temeva che, all’ultimo momento, lei avesse deciso di non accettare il suo destino e di non andare incontro alla sua sicura morte. Non che questo fosse in effetti un problema: piccola e fragile com’era l’avrebbero trascinata in battaglia, anche se non voleva, ma avrebbero comunque perso tempo. Ligi agli ordini come al solito.

Un sorriso si dipinse sul volto pallido della Hyuuga.

“Non vi preoccupate. Vi seguirò nella battaglia, non ho intenzione di fuggire. Però preferisco andare da sola. Voi combatterete meglio, e io… sarò più serena.”

Il capitano esitò per un momento, poi annuì. Aveva deciso di morire da sola, semplicemente. Andava bene anche così.

“Se è questo che vuoi…”

Il ninja chinò lievemente la testa in segno di saluto. Hinata lo imitò un attimo dopo.

“Addio, Hyuuga.”

“Addio, capitano.”

Pochi secondi, e Hinata era sola. Chiuse gli occhi, quei maledetti occhi bianchi che erano stati la sua rovina, e lasciò che i suoi pensieri vagassero. I ricordi le riempirono la mente (lei che giocava con Akamaru, la volta che era quasi svenuta mentre parlava con Naruto-kun, il sole e il vento che le accarezzavano la pelle nelle lunghe giornate estive, i ciliegi in fiore, e poi ancora le risate di Kiba-kun, i momenti in cui ancora sembrava che sarebbe andato tutto bene e lei sarebbe diventata la degna erede della famiglia, e il giorno in cui disse addio alla sua libertà per compiacere suo padre e le passeggiate solitarie nel giardino della casa e la luce della luna e…) mentre, lenta, una lacrima scivolò lungo il suo viso. Poi un’altra, e un’altra ancora.

Non si era mai sentita tanto attaccata alla sua vita. Non voleva morire, non voleva. Aveva troppa paura.

L’odore del deserto la circondava, e il vento caldo del Sud muoveva i suoi capelli.

Ma non si poteva fare altro.

La luce del mattino, sempre più forte, filtrava attraverso le sue palpebre chiuse, fino a ferire quegli occhi senza pupilla.

La molla era stata caricata, e la bambola si sarebbe mossa come avrebbero voluto loro.

I radi granelli di sabbia portati dal vento solleticavano la sua pelle.

Gli ingranaggi, con fatica, ripresero a muoversi, mentre Hinata, meccanicamente, riapriva gli occhi, si asciugava le lacrime e faceva qualche passo. Diede un’ultima occhiata al deserto, che ora, con una luce più calda che lo illuminava, sembrava veramente polvere d’oro, e iniziò a correre verso la battaglia.

Arrivo.

~~~

La sera era calata su Suna, e il deserto perdeva rapidamente il calore infernale accumulato durante il giorno. Ancora poco, e la notte sarebbe diventata gelida. Nessun combattimento durante la notte, questa era una regola non scritta di Suna, troppo complicato: l’escursione termica era molto forte, e sarebbe stato necessario cambiarsi d’abito per continuare a lottare. E la tacita regola era stata rispettata.

Gaara si trovava ancora nella grande stanza che sovrastava tutti gli altri edifici, solo. Il deserto si stava addormentando, le ombre della sera gli facevano da coperta e lo rendevano, da giallo dorato com’era, di uno strano colore blu cupo. Il Kazekage adorava osservare i mutamenti del deserto, lo calmavano, in qualche modo. Quel paesaggio desolato era semplicemente uno dei più belli al mondo.

Un bussare timoroso, e la figura di uno dei suoi sottoposti fece capolino dalla grande porta.

“Kazekage-sama, il Consiglio vorrebbe riunirsi per discutere della battaglia di oggi. Ci sono stati anche dei prigionieri.”

Gaara alzò gli occhi al cielo. Erano così dannatamente noiosi gli anziani del Consiglio; non sembravano volersi rendere conto che non contavano assolutamente niente. Il Consiglio avrebbe aspettato, quella sera. E anche l’indomani. E il giorno dopo ancora, fino a che non ci sarebbe stato più niente su cui discutere.

Tuttavia, si allontanò dalla finestra e oltrepassò il portone, l’intimorito ninja che gli trotterellava dietro. La parte dei prigionieri lo interessava. Era curioso di sapere chi fossero i sacrificati per quella guerra senza un senso. Voleva sapere chi fossero le sue ultime vittime. Mentre le guardie si inchinavano al suo passaggio, aprendogli un varco verso le prigioni, sorrise.

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Ohayo! *Wiwo si fa piccola piccola per la vergogna* ..scusate per il MOSTRUOSO ritardo! Ho avuto qualche problemino con questo capitolo: l’ho iniziato circa tre volte, mi ci è voluta una vita a scriverlo e tuttora non sono soddisfatta! Ecco perché non dovrei scrivere fic a capitoli, non sono capace! Dopo qualche capitolo non mi piacciono più! *sigh* Via, devo continuarla, continuarla!!
Rispondiamo alle recensioni, vah..

LEA91: *Wiwo si prostra a terra* Chiedo venia! Me persona inutile! E non sono neanche riuscita a farli incontrare! ;.; Sicuramente nel prossimo capitolo manderò un po’ avanti la storia (..cavolo! quattro capitoli e ancora non è successo niente!) o perlomeno ci proverò.. sigh. Waaah, non mi devo deprimere! *Wiwo mette la musica a palla per svegliarsi* Grazie mille per i complimenti! Cercherò di essere più puntuale, promesso!!
Cecia chan: *Wiwo si sta riprendendo* ..ehi, i Rhapsody funzionano per tirarsi su! Neechan, ho aggiornato anche io, visto? Questo è anche più lungo degli altri capitoli! E ora posso cominciare a pensare a cosa potrei inventarmi per andare avanti.. help! ..puoi ritirare la scomunica, adesso?^^
Talpina Pensierosa: Oh, una new entry! Che bello, me felice!!^^ *Wiwo saltella a ritmo di musica* Grazie per i complimenti e per avermi messo tra i preferiti! Alla prossima, spero che anche questo capitolo ti piaccia!

Al prossimo capitolo!
Wiwo

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Capitolo 5
*** 05: shattered like broken china ***


05: shattered like broken china

Plic. Una goccia. Allora Suna non era completamente arida.

Plic. Nei sotterranei l’umidità c’era.

Plic. E c’era anche freddo, e buio. La metamorfosi del deserto, di notte.

Plic. Ma non c’entrava la notte, in quel momento. Era semplicemente sottoterra.

Plic. E sottoterra è sempre umido, e freddo, e buio.

I prigionieri erano ammassati in una sala, nelle carceri della città. Uno accanto all’altro, legati con forza, mani e piedi. Alcuni avevano nello sguardo una scintilla d’ira, e ogni tanto muovevano i polsi, nel tentativo di liberarsi. Altri erano sull’orlo della disperazione, e a volte si vedevano brillare delle lacrime sui loro visi. La maggior parte, però, si limitava a rimanere immobile, con lo sguardo perso nel vuoto, indifferenti a ciò che accadeva loro intorno. Le ferite che avevano non erano particolarmente gravi: d’altronde, quelli feriti più gravemente erano già morti. I loro cadaveri si trovavano in un’altra stanza, in attesa di essere restituiti al nemico: Suna era crudele, sì, ma rispettava i morti.

Il portone iniziò ad aprirsi, gettando uno spiraglio di luce che si ingrandiva sempre più, ferendo gli occhi assuefatti all’oscurità. Da lì entrò una figura dai capelli di fuoco e lo sguardo di ghiaccio: Sabaku no Gaara, il Kazekage di Suna, il pazzo che aveva voluto quel massacro. Che ci faceva lì? Non gli bastava di averli fatti prigionieri, di avere insultato il loro orgoglio? Ora veniva a ghignare dinanzi ai loro volti spaventati.

Gaara si fermò a osservare le file di occhi che riflettevano la luce, rivolti verso di lui. Non erano poi molti: sì e no una ventina. Gli altri erano a leccarsi le ferite, nascosti al loro campo, o giacevano in terra, freddi e coperti da un sudario bianco. Quante espressioni in quegli occhi!

Il Kazekage iniziò a camminare per la stanza, senza distogliere lo sguardo da quello dei ninja legati. C’era chi sosteneva il suo sguardo con furore, e accennava a uno sputo. Le guardie avrebbero provveduto a dar loro ciò che si meritavano. C’era chi fuggiva i suoi occhi, per timore che potesse vederci le lacrime e la paura folle che li attanagliava. Patetici. Quelli non sarebbero durati due giorni. C’era chi non lo guardava nemmeno, o lo fissava inespressivo. Alterigia o rassegnazione? Chissà. In ogni modo erano quelli che davano meno fastidio, i più utili a un eventuale scambio. Non che lui ne avesse l’intenzione, comunque. I prigionieri della Sabbia potevano anche essere uccisi; tanto, entro pochi giorni sarebbero morti comunque.

Si soffermava particolarmente su quelli che esibivano il coprifronte di Konoha, ma non riconosceva nessuno di loro. Forse loro erano morti, o ancora vivi, o si erano rifiutati di combattere. Sicuramente non si sarebbero fatti fare prigionieri.

Stava per uscire e dare disposizioni alle guardie sul trattamento da riservare a chi avesse creato troppi problemi, quando qualcosa attirò la sua attenzione. Una kunoichi dai lunghi capelli corvini e il coprifronte della Foglia legato al collo.

~~~

Era stata catturata. Invece di morire era stata catturata. Era proprio un fallimento su tutta la linea. Non era riuscita neanche a farsi ammazzare. I suoi ingranaggi avevano ceduto prima.

Era stato un niente catturarla. Era letteralmente crollata in mezzo al combattimento, e non si era mossa più. Era svenuta; il viaggio e le emozioni troppo forti avevano consumato ulteriormente i suoi già deteriorati meccanismi, che alla fine non erano più riusciti a muoverla. La molla si era scaricata troppo presto.

Quando si era risvegliata, era legata e appoggiata al muro gocciolante e sudicio di un sotterraneo. Attorno a lei c’erano altri ninja, tutti legati. Sono prigioniera. Il pensiero la lasciò indifferente. Non sono morta. Non c’era sollievo, né tristezza. E di nuovo non provo niente. Solo bianco. Dio, un’altra volta.

Passò delle ore così, immobile, ad ascoltare i lamenti sommessi di alcuni e l’incessante, monotono, snervante ticchettare delle gocce sulla fredda pietra.

[una, due, tre, quattro segnano il tempo cinque, sei, sette, otto ma io perdo il conto lo stesso nove, dieci, undici, dodici chissà quanto tempo è passato tredici, quattordici, quindici, sedici non ce la faccio più non ce la faccio più n o n c e l a f a c c i o p i ù]

Finché il portone non si era aperto, costringendola a socchiudere gli occhi.

Sabaku no Gaara, il Kazekage. Non era cambiato molto dall’ultima volta che l’aveva visto. Quanto tempo prima? Tanto… Si passò una mano sul viso. Otto anni. Otto lunghi, asfissianti, maledetti anni. Con un mezzo sorriso si chiese se l’avrebbe riconosciuta.

Camminava, incedeva quasi, guardando i disgraziati legati lì dall’alto in basso. Il suo modo di incedere era quasi uguale a quello a cui anche lei era stata abituata, forse leggermente più veloce. I capelli erano ancora di quel colore assurdo, rosso fuoco, e il suo sguardo era addirittura peggiorato. Anche lui doveva aver attraversato molto dolore. Sospirò.

Gli occhi di Gaara si soffermarono su di lei, poi passarono oltre. Già, come poteva pretendere che si ricordasse di lei? Non ci si ricorda dei perdenti, e lei lo era sempre stata.

Il Kazekage fece qualche passo ancora, poi si fermò, esitante. Si voltò nuovamente verso di lei e la fissò, attendendo che alzasse lo sguardo.

~~~

Occhi bianchi. Capelli neri e occhi bianchi, per una ragazza che aveva sì e no vent’anni. Lineamenti scavati dalla fatica, ma dolci e delicati, nobili. E il coprifronte di Konoha.

“Hyuuga Hinata?”

La giovane donna lo guardò, sorpresa e confusa. Annuì.

Gaara aggrottò le sopracciglia. Che ci faceva lei, che sapeva essere diventata la bambolina da esposizione degli Hyuuga, a combattere a Suna? Era l’ultima di loro che si aspettava di trovare. Non era fatta per combattere, si vedeva bene. Mandarla in guerra significava ucciderla.

“Che ci fate qui?”

Hinata tornò alla sua espressione passiva.

“Obbedisco agli ordini della mia famiglia.”

Allora volevano proprio ucciderla. Chissà per quale motivo, poi. Le famiglie nobili spesso tendono a dimenticare cosa davvero significhi ‘famiglia’. Per quella ragazza, probabilmente, ‘famiglia’ voleva dire ‘padroni’: si vedeva dal suo sguardo apatico, che era ora fisso nel vuoto. Nell’insieme sembrava un burattino, una graziosissima marionetta di cui nessuno comanda i fili, ed è quindi abbandonata a se stessa. A quello l’avevano ridotta. Gaara provò quasi pietà per lei.

Rifletteva. Lei era una di loro. La tentazione di tirarla fuori da lì c’era.

“La vostra famiglia vi manda a morire?”

Hinata annuì, guardando per terra. Tremava leggermente. Poi alzò lo sguardo, all’improvviso.

“Ma io non voglio morire.”

Era stato poco più di un sussurro, ma Gaara l’aveva sentito. La marionetta cercava ancora di muoversi da sola, dunque. Il Kazekage sospirò. E sia, avrebbe preso lui in mano quei fili spezzati, in nome dei sentimenti che aveva perso da tempo, e che quella ragazza sembrava incarnare.

Si voltò imperiosamente verso le guardie.

“Slegatela.”

Due ninja scattarono immediatamente al suo ordine, mentre gli altri si scambiavano sguardi sorpresi. Un lieve mormorio percorse il gruppo dei prigionieri. Gaara sentiva addosso a sé lo sguardo spiazzato della giovane donna; poteva quasi vederla, con gli occhi sgranati e la bocca socchiusa, mentre i suoi nodi venivano lacerati dai kunai affilati delle guardie. Non si voltò verso di lei.

“Seguitemi.”

Hinata obbedì, quasi meccanicamente, come sempre aveva fatto a casa. Si sentiva la testa leggera e non riusciva a pensare a niente, ancora stordita dagli ultimi minuti. Seguiva la figura del Kazekage, fissandola con occhi sperduti.

Gaara camminava senza guardare indietro: era sicuro che l’avrebbe seguito. Non poteva non farlo, era lui che comandava i fili, adesso. Si morse il labbro. Probabilmente aveva compiuto un’azione poco prudente, a liberarla. Si sentiva meglio, in qualche modo, era come in pace con la sua coscienza, questo sì… Il problema sarebbe stata la reazione dei Consiglieri. Non dire idiozie, Gaara. Il Consiglio non conta niente. E se non ciò che avrebbe detto il Consiglio, quello che avrebbe pensato il popolo. Perché il popolo dovrebbe saperlo, Gaara? O altrimenti il suo esercito, o la corte, o la sua immagine personale… doveva esserci un problema, non poteva non esserci. Non ha senso, Gaara, e lo sai bene. Non ricordi che entro pochi giorni tutto questo sparirà? Ma se non c’erano problemi, perché quel senso di disagio?

Il Kazekage si riscosse dai suoi pensieri. Basta, ci avrebbe pensato in seguito; adesso doveva trovarle una sistemazione. In effetti, avrebbe anche potuto non pensarci più.

~

Si era fermato davanti a una grande finestra, ed era assorto nei suoi pensieri. Hinata si fermò a sua volta. Era stanca, stanca, stanca. Sapeva che doveva essergli grata per averla liberata, ma in quel momento non ce la faceva. Si sentiva debole, dentro, come un vetro incrinato che aspetta solo un soffio di vento per frantumarsi del tutto. Doveva ricomporsi, e per farlo doveva riposare.

Guardò fuori dalla finestra. Il deserto era blu, adesso, proprio come il mare. Sopra, scintillavano le stelle. Quella terra desolata e solitaria, e al tempo stesso così affascinante… Hinata si chiese se sarebbe mai potuta diventare un deserto anche lei: di giorno godere del calore del sole, e di notte contemplare la volta celeste. Chissà se i deserti erano felici. Che pensieri da bambina.

Le tremavano le gambe, e cominciava a provare fatica nello stare in piedi. Si appoggiò al muro e guardò verso il Kazekage. L’aveva tolta dai sotterranei, ma adesso che cosa le sarebbe accaduto? Chiuse gli occhi lattei. Non importava, in fondo. Ogni cosa era meglio della morte, anche quando vivere per lei era diventata semplicemente un’abitudine.

~

Gaara si girò a guardarla. Sembrava ancora più fragile, con gli occhi chiusi. Aveva un estremo bisogno di riposare: pareva che stesse per cadere in pezzi da un momento all’altro. La chiamò delicatamente.

“Hyuuga-san?”

La ragazza sussultò leggermente, e aprì gli occhi. Non sembrava aver paura di lui. Che strana sensazione.

“Venite.”

La condusse attraverso un grande corridoio, fino a una piccola sala accanto a un’imponente scalinata. Aprì la porta di una delle stanze. Non era particolarmente lussuosa, ma era accogliente, senza quell’atmosfera fredda che solitamente permea le abitazioni dei nobili.

“È la stanza che gli ambasciatori degli altri Paesi utilizzavano quando erano a Suna. Sarà la vostra stanza, se volete.”

La giovane donna mosse qualche passo nella camera. Ogni cosa, là dentro, sembrava addormentata, coperta da un’oscurità quasi protettiva. Gaara fece per andarsene, quando Hinata si volse verso di lui. I suoi occhi esprimevano solo gratitudine.

“Vi ringrazio, Kazekage-sama. Mi avete risparmiato, e ve ne sono infinitamente grata.”

Gaara si trovò a distogliere lo sguardo da quel viso stanco eppure sorridente. Da quanto nessuno gli aveva mostrato riconoscenza come quella bambolina a un passo dal frantumarsi? Le sorrise lievemente; si voltò verso la porta, ma la sua voce lo richiamò di nuovo.

“Kazekage-sama… Posso domandarvi perché l’avete fatto?”

Esitante, la guardò ancora una volta. Perché?... Sorrise di nuovo, questa volta con malinconia.

“Me lo sono chiesto anche io. Penso perché mi ricordate il periodo più bello della mia vita. D’altra parte siete del Villaggio di Konoha.”

Hinata lo guardò con gli occhi spalancati. Prima che potesse dire qualcosa, Gaara la fermò. Aveva avuto come il sentore che, se avesse continuato, la ragazza sarebbe crollata di nuovo. E qualcosa, dentro di lui, gli diceva che avrebbe dovuto impedire ad ogni costo che si rompesse come la fragile porcellana.

“Parleremo domani, Hyuuga-san, se lo desiderate. Adesso riposate.”

Detto questo, il Kazekage chinò leggermente la testa in segno di saluto. Poi chiuse la porta, e si allontanò.

Non sapeva perché, ma quella ragazza troppo simile a una bambola l’aveva colpito. Forse era, come le aveva detto, perché gli ricordava un tempo perduto. Forse era perché aveva scorto in lei quei sentimenti che gli mancavano da anni. Forse era perché lei rappresentava l’attaccamento alla vita, e la speranza che non si spegne mai, e la forza nascosta sotto la debolezza. Comunque fosse, non doveva rompersi. Se fosse accaduto, non se lo sarebbe mai perdonato.

next- 06: for the person I once was

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Salve! *Wiwo si va a nascondere sotto il tavolo* Imploro umilmente il vostro perdono! Non mi merito niente! Sono brutta, cattiva e nera! ..Ma comunque stavolta una giustificazione ce l’ho, ed è scritta nel mio profilo! In ogni modo mi dispiace di non riuscire ad aggiornare con puntualità, ma purtroppo contro una congiunzione di fattori come scuola, esame e pigrizia poco si può fare!
Questo capitolo mi è costato non poca fatica! Spero che ora che (finalmente) sono riuscita a farli incontrare tutto fili più liscio.. altrimenti mi ci voglio vedere a scrivere! ..Noooo, non devo pensare così! Positiva, Wiwo, positiva!
Si vede che adoro i deserti? Da quando sono stata sull’Etna.. sì, lo so che è un vulcano e non un deserto (scema va bene, ma così è un po’ troppo), insomma, da quando ci sono stata e ho visto una distesa di pietra nera e riarsa sotto il cielo blu.. mi sono innamorata dei paesaggi desolati. Ora come ora uno dei miei sogni è andare nelle steppe dell’Asia centrale, a cavallo. E so anche che non sono completamente normale, sì.

Recensioni!!^^

LEA91: Ciauuuuuuu!!^^ Ce l’ho fatta ad aggiornare! E infatti.. Hinata era nei prigionieri!! (ma guarda, non c’era arrivato nessuno.. NdTutti) Altrimenti non sapevo proprio come risolvere la questione.. Comunque ci ho messo un po’ a scrivere il capitolo, ma devo dire che sono quasi soddisfatta del risultato! Prima o poi anche Gaaruccio diventerà più umano (almeno spero), dagli tempo..^^ Alla prossima!

ragazzasilenziosa: Ciao!! Che bello, fa sempre piacere quando qualcuno di nuovo commenta la fic! Scusa tantissimo per il ritardo, ma purtroppo ce l’ho nel sangue.. Hinata.. sì, anche io penso che sia forte, anche se nel manga non lo dimostra spesso. La adoro come personaggio (insieme al suo fighissimo cuginetto^^) e per questo è praticamente in tutte le mie fic! (io non sono poi così contenta.. NdHinata) Grazie dei complimenti!! Alla prossima!

Talpina Pensierosa: Ciau!! Ti ringrazio tantissimo per i complimenti, ma… non è vero, non mi merito tuttooo!! T_T Sono una persona inutile!! ..via, forse non così tanto! Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto!! Alla prossima!

Cecia chan: Neeeechan!! Sai che mi hai dato un’idea?! Gaara su un unicorno non ce lo vedo male.. è___é Guarda quanto sono brava: questo capitolo è quasi tre pagine e mezzo di word! Considerando che la mia media è una e mezzo mi sembra un bel risultato, no? anche te, vedi di aggiornareee! Scarichiamo lo stress sugli altri.. Ciauu!

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