A Tale Of Broken Hearts di Wiwo (/viewuser.php?uid=25832)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 01: little broken doll ***
Capitolo 2: *** 02: once wishing heart ***
Capitolo 3: *** 03: floating in the wave ***
Capitolo 4: *** 04: collision ***
Capitolo 5: *** 05: shattered like broken china ***
Capitolo 1 *** 01: little broken doll ***
Disclaimer:
sì, sì, i personaggi di Naruto non mi
appartengono.. qualcuno si offre di
regalarmeli per Natale? Per esempio la mia neechan, alla quale ho
promesso
questa storia.. ^.^ Enjoy!
A TALE OF BROKEN HEARTS
Lui
lo sapeva che l’amore non avrebbe mai portato da nessuna
parte, lo sapeva fin
troppo bene. Chi poteva saperlo meglio di lui? Chi poteva sapere che
quell’illusione (perché non era altro che
un’illusione, una chimera, una
bellissima utopia creata per difendersi dalla crudeltà del
mondo e continuare
invano a sperare) lasciava solo spazio alla ben più profonda
delusione quando
la sua vera natura di idea irreale veniva svelata, chi poteva solo
pensare di
saperlo meglio di lui? Nessuno.
Lei
lo sapeva che l’amore non avrebbe mai da nessuna parte, senza
la volontà. La
volontà di andare avanti, di perseverare, di rialzarsi ogni
volta che si cade e
di non abbassare mai lo sguardo. La volontà che lei non
avrebbe mai avuto. Ecco
perché l’amore, per lei, sarebbe stato sempre e
solo fonte di sofferenza.
Per
questo era inutile credervi.
Per
questo era inutile sperare.
01:
little broken doll
C’era
agitazione, nella dimora del clan Hyuuga. Un
viavai apparentemente confuso, un vorticare di persone in fermento;
tuttavia,
ad un’osservazione più attenta, era possibile
scorgere una certa regolarità, un
ripetersi di itinerari e di mansioni che testimoniavano la presenza di
ordini
ben precisi. E questi ordini erano: la primogenita deve essere pronta
entro
l’alba.
Infatti,
al centro del vortice, c’era Hinata Hyuuga,
prima aspettativa e dopo delusione del clan, che con il passare degli
anni
aveva reso sempre più onore al suo nome. Era un nome
impegnativo, il suo, dato
che significava qualcosa come ‘incarnazione di
bellezza’, ma lei se ne era
dimostrata degna, almeno di quello. Lunghi capelli del colore delle
piume del
corvo, corpo snello e flessuoso, temprato dagli allenamenti, ma morbido
e
sensuale, e soprattutto occhi perlacei, contornati da ciglia scure che
li
distaccavano dal pallore aristocratico del viso. Era come una bambola,
e quindi
come tale doveva essere trattata. Non appena raggiunto il livello,
appena
decente per gli appartenenti a quella famiglia, di chuunin, era stata
ritirata
dalla vita di ninja, e istruita a diventare la perfetta rappresentante
del nobile
clan Hyuuga. Nessuno poteva competere con lei nell’ambito
delle cerimonie
tradizionali, né nella conoscenza delle arti ritenute adatte
all’erede di una
così signorile famiglia. Era così bella da
vedere, così deliziosamente truccata
e vestita, mai un cenno di insofferenza durante i lunghi riti del
tè, mai
niente che turbasse la sua perfezione.
In
realtà, se la bambola veniva smontata ed
esaminata, ci si accorgeva che i suoi difetti erano
all’interno, nei
meccanismi. Era timida, fino all’esasperazione, e insicura:
caratteristiche che
stridevano con i suoi compiti, e che portavano piano piano al logorio
degli
ingranaggi, lento ma costante. Finché un giorno i suoi
congegni interni non
cominciarono a scricchiolare: un piccolo errore qui, una piccola
mancanza là; fu
quando i suoi errori diventarono più vistosi, e le sue
mancanze più frequenti,
che gli altri si resero conto che c’era qualcosa che non
andava. Nonostante i
loro occhi bianchi che vedono tutto non avevano notato che la bambola
cominciava a rompersi, e quando se ne accorsero cominciava a essere
troppo
tardi. Così Hinata Hyuuga, giovane donna di appena
vent’anni, una vita sprecata
alle spalle e una incerta davanti a lei, venne giudicata mal
funzionante e da
buttare via.
Da
quel momento iniziarono i preparativi per la
grande e teatrale uscita di scena di Hinata, elegante bambola da
esposizione,
per insediare al suo posto Hanabi, la minore, forse meno bella e
raffinata,
meno adatta a gestire le apparenze, ma sicuramente più
utile, una marionetta
capace anche di combattere.
Quella
notte, dalla sua postazione al centro della
stanza, Hinata osservava il turbinio attorno a lei con rassegnata
indifferenza.
Aveva sempre saputo che sarebbe finita così, fin da quando
aveva sentito per la
prima volta addosso a lei lo sguardo deluso di suo padre e del resto
del clan,
nonostante avesse dato il massimo di sé, e si era accorta
che, se non erano soddisfatti
di lei in quel momento, non lo sarebbero stati mai. Guardava i
servitori
estrarre da armadi polverosi le sue vesti da kunoichi, affannarsi a
cercare
chissà cosa che ancora mancava, pronti a scattare ad ogni
nuovo ordine di
Hiashi-sama, all’erta come tante piccole api intente in un
lavoro urgente. Di
tanto in tanto gettava un’occhiata al coprifronte di Konoha
che aveva in mano;
ne riconosceva ogni singolo contorno, ogni piccolo graffio le era
familiare: le
raccontavano di episodi passati ormai da anni, di giorni trascorsi con
la sua
squadra prima di diventare la prigioniera di quell’enorme
casa delle bambole.
Si guardava intorno, paziente, senza fare una mossa, aspettando di
essere
spogliata e rivestita, di avere gli accessori adatti; poi sarebbe stata
pronta
per l’ultimo gioco.
Utilizzando
un’abile scusa, Hiashi l’aveva inserita
nella squadra che sarebbe partita all’alba per una missione,
una missione di
guerra, per la quale lei non era affatto preparata. La stavano mandando
al
suicidio, mandavano a combattere una bambola di delicata porcellana, in
mezzo a
marionette specializzate nell’arte della guerra, senza
nessuno che la difendesse,
che la incoraggiasse. Non appena sarebbe giunta la notizia sicura della
sua
morte, poi, le avrebbero reso un ultimo onore, infiocchettando la
tragica
storia della sua caduta, e avrebbero definitivamente spazzato via i
cocci di
quella che un tempo era l’erede difettosa della casata.
Questo
pensava Hinata, trovandone continua conferma
negli occhi compassionevoli dei servitori, che rifuggivano il suo
sguardo;
adesso che era arrivato il momento tanto temuto (o forse tanto
desiderato), lei
non sentiva niente. Bianco, vuoto. Che i suoi ingranaggi si fossero
rovinati a
tal punto da privarla dei sentimenti? Ma forse era meglio
così.
Finalmente,
poco prima del sorgere dell’alba, la
squadra vide giungere la ragazza travestita da kunoichi, scortata da
alcuni Hyuuga
e con uno sguardo vacuo e rassegnato. Poche parole dirette
all’Anbu, capo del
gruppo: ‘Sapete come comportarvi’, e gli Hyuuga se
ne andarono, lasciando
Hinata con i suoi nuovi compagni. Lei li guardò,
osservandoli in quel suo modo
particolare che aveva sviluppato negli anni, senza farsi notare: non
conosceva
nessuno di loro, perlomeno non li conosceva se non di vista;
d’altra parte,
aveva “conosciuto” così tante persone
durante quelle infinite cerimonie, così
tante che non le ricordava neanche. Anche i ninja la guardarono, come
si può
guardare un condannato a morte, diverse espressioni sui loro volti:
dalla
compassione (‘povera bambolina’), al disprezzo
(‘d’altronde è colpa del suo
carattere se ora è qui’), alla più
assoluta indifferenza (‘è solo un’altra
morte in un’altra guerra’).
Un
segnale del ninja della squadra speciale, e la
squadra balzò come un unico uomo, diretta verso il luogo
delle battaglie,
contro quel paese governato da un pazzo: Suna, l’avamposto
del deserto. Hinata
si guardò indietro per l’ultima volta, provando
una fitta di malinconia per i
luoghi felici della sua infanzia; poi guardò di nuovo
avanti, e l’apatia
emotiva che la caratterizzava da vari anni ebbe di nuovo ragione di
lei. La
bambola rotta iniziava a giocare per l’ultima volta.
next-
02: once wishing heart
______________________________
Questa
fanfic l’avevo promessa alla
mia neechan Ceechan, che avverto subito: se ti aspettavi una storia
carina e
gentile, spiacente di deluderti.. perché questa penso che
sarà tutto tranne
carina e gentile! È tanto più divertente scrivere
fic intrise di sadismo.. (ku
ku ku *the sadist side of Wiwo strikes back*)
Questa
fanfic è pensata per essere
a capitoli, ma non garantisco affatto la regolarità degli
aggiornamenti…
aggiornerò quando avrò il capitolo pronto! Non
è colpa mia se sono pigra…
Hope
you enjoyed! Please review!
Alla
prossima!
Wiwo
|
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Capitolo 2 *** 02: once wishing heart ***
02:
once wishing heart
Un
altro giorno nasceva. Quanto ancora poteva
mancare all’annullamento?
Il
Kazekage
passeggiava nervosamente sul tetto terrazzato del suo palazzo,
lanciando veloci
occhiate verso il confine con il Paese del Fuoco; sembrava il capo di
un’isola
in mezzo al mare di sabbia, illuminato dalla luce fredda
dell’aurora, che
aspettava un attacco improvviso da parte dei corsari.
Eppure
le provocazioni erano state chiare.
Attorno
a
quell’improbabile isola le onde color giallo dorato si
perdevano nella
lontananza, le oasi spiccavano col loro verde e la piccola macchiolina
nera di
una carovana somigliava incredibilmente a una nave.
Aveva
chiuso i confini e aperto le ostilità,
tagliandosi fuori dal mondo.
Eppure
lì non
c’era il mare. C’era solo una sterminata distesa di
sabbia che ardeva nel sole
implacabile del giorno, consumando ogni goccia d’acqua.
Voleva
finirla una volta per tutte, trascinando con
sé anche quel disgraziato villaggio ai confini
dell’inferno che sempre l’aveva
respinto e odiato, e di cui ora era il capo incontrastato.
Adesso
era
l’alba, e il deserto non era ancora quell’oceano
infuocato che diventava nel
pomeriggio, e Gaara camminava e pensava, ammirando inconsapevolmente la
selvaggia bellezza di quel luogo remoto.
Eppure
non era sempre stato così. Un tempo avrebbe
dato la sua vita per proteggere quel villaggio, i suoi abitanti, le
dune
battute dal vento caldo, la notte che fredda avvolgeva il deserto e le
stelle
nitide nell’aria tersa. Adesso non più. Aveva
cercato, davvero, di ricacciare
dentro il rancore che a volte lo assaliva violentemente, aveva tentato
di
seppellire per sempre la sua infanzia (suprema
rovina per lo spirito instabile di quel bambino, che desiderava morire
prima
ancora di iniziare veramente a vivere), la sua concezione dei
sentimenti
umani, per ricominciare da capo e vivere finalmente felice (che ingenuo, quella era solo...). Aveva
provato
a cambiare, a ricredersi sull’esistenza dell’amore (...un’irraggiungibile utopia).
Con la scomparsa del demone che lo
tormentava con la sua voce, lui era davvero nato di nuovo, per iniziare
a
capire un'altra volta i motivi che spingono il genere umano ad
attaccarsi
disperatamente alla vita, motivi che lui aveva dimenticato prima di
riuscire a
comprenderli. La reliquia della sabbia era anche la fonte principale
della sua
forza, è vero, ma non ne aveva più
così bisogno (gli altri gli
sarebbero stati accanto...). Era cambiato, non voleva
più una forza demoniaca (...vero?).
Tutto sarebbe andato bene.
Non
fu così. Per quanto provasse, non riusciva ad
avvicinarsi a quegli obiettivi che si era prefisso, e a mano a mano che
il
tempo passava la speranza e la forza di volontà che lo
spingevano a perseverare
svanivano piano, fino ad abbandonarlo del tutto. I desideri non si
possono
esaudire: sono lontani, come le stelle, che mai e poi mai si potranno
raggiungere; rimangono lì, distanti e bellissime,
scintillando notte dopo notte
rendendo impossibile dimenticarle, causando sofferenza e malinconia.
Questo
aveva concluso Gaara, prima di chiudersi in una bara vuota di emozioni,
che
rendeva impossibile la vista del cielo stellato e leniva il dolore
dentro di
lui. E causava il riemergere di quelle sensazioni volutamente sepolte.
(L’odio
per quella gente che l’aveva rifiutato e temuto.
L’odio per quelle mura
lentamente corrose dalle onde di sabbia. L’odio per
quell’esistenza che lo
prendeva in giro, costringendolo a proteggere ciò che voleva
vedere distrutto.
L’odio per l’amore...? no, non si poteva provare
odio verso quel sentimento, sarebbe
stato un controsenso. Anche perché l’amore non
esisteva.)
Ora
il Kazekage aspettava, camminando sul tetto del
suo palazzo, la venuta dei suoi avversari, aspettava di poter vedere le
loro
facce guardarlo in una miriade di espressioni, senza capire il motivo
di quell’assurda
dichiarazione di guerra. Pregustava già il sapore della
battaglia, l’odore di
sangue e morte che impregnava i vestiti, il rumore delle armi e degli
urli dei
combattenti persi nella mischia confusa, la gioia ghignante, finalmente
ritrovata, con cui avrebbe accolto la morte dei nemici e anche degli
abitanti
del suo villaggio, costretti a combattere in quel grande massacro che
si
sarebbe tenuto entro breve. Pochi giorni, e tutto sarebbe finito.
Anche
Konoha avrebbe partecipato alla distruzione di
Suna. Chissà se avrebbe combattuto anche Naruto Uzumaki:
scontrarsi con lui era
ciò che temeva e desiderava di più al tempo
stesso. Ma aveva la netta
sensazione che non sarebbe venuto, non per battersi con il suo vecchio
amico,
era troppo attaccato ai suoi sogni per lasciare che un pazzo li
infrangesse.
Che facesse ciò che voleva, tanto prima o poi si sarebbe
reso conto da solo di
anelare l’impossibile, e sarebbe crollato, come tutti gli
altri (come lui).
Ancora
pochi giorni, quindi. Giusto il tempo
necessario ai ninja di raggiungere quel posto dimenticato dagli dei, e
tutto
sarebbe finito, una volta per tutte, sia per lui che per quel posto
maledetto.
Ancora pochi giorni.
next- 03: floating in the wave
_____________________
E
rieccomi qua, la pazza sclerata che
stavolta se ne è uscita con una fic a capitoletti (piuttosto
corti invero..) e
che non sa se riuscirà a portarla a termine! Ho decisamente
poca pazienza, in
effetti. Mi stanco subito..
Neji
(ballando la danza della vittoria): E vaiii!! In questo tuo disgraziato
lavoro
non ci sono! Alleluia!!
... (Wiwo lo guarda molto male)
Ridi poco, tesoro, che ho già in mente il seguito di
un’altra fic in cui non ti
tratto molto bene..
Neji
(fermandosi improvvisamente): ..Non quella.
Oh, sì, proprio quella.
Trema, trema...
E
ora le recensioni!! ^___^
Cecia
chan: Mio dolce amore! Come
farei senza i tuoi incoraggiamenti? Meglio se mi incoraggi anche a
continuarla,
vah… ti vu bi!!
Tifalockhart:
°///° Addirittura tra
i preferiti? Felicità!! Sono contenta che ti sia piaciuto il
paragone, a me è
la prima impressione che Hinata ha fatto, quella di una
bambolina… scriverlo è
stato un altro paio di maniche però! *Wiwo si asciuga il
sudore dalla fronte*
Spero che questo capitolo sia all’altezza del primo, con
Gaara lavoro peggio…
Hope you’ve liked it!
LEA91:
*Wiwo fa la faccia più
puccia possibile* Davvero ho
talento
con il personaggio di Hinata? Grazie!! *.* Mi piace tanto tanto come
personaggio!! In compenso detesto la sua carissima sorellina..
Aggiornare in
fretta? Ah ah, ho paura che non sarà semplice… me
pigra! Ma farò il possibile!
Via,
al prossimo (si spera)
capitolo!
Wiwo
|
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Capitolo 3 *** 03: floating in the wave ***
03:
floating in the wave
La
corrente si faceva sempre via via più impetuosa,
trascinando con sé tutto ciò che trovava sulla
sua strada: alghe, giovani
pesciolini, sabbia. E una piccola bambola di porcellana.
Il
tempo correva velocemente come loro, nella marcia
verso Suna: erano già passati quasi tre giorni, e ancora non
erano in vista
della città. Hinata temeva che fosse per colpa sua, anche se
nessuno le diceva
niente, o la degnava di uno sguardo. Era strano per lei, abituata ad
essere
sotto gli occhi di tutti durante quasi tutta la giornata, occhi che
giudicavano, accusavano, compativano, era strano per lei non sentirsi
osservata, controllata. A nessuno importava niente di lei.
D’altronde quella
era la missione, portarla a Suna a morire, non certo riempirla di
attenzioni,
però… però era strano lo stesso. Non
sapeva se fosse meglio o peggio, non
sapeva nemmeno se era una sensazione conosciuta o no, e neanche le
importava.
Voleva solo andare avanti, avanti fino alla fine. Per questo non si
risparmiava, correva finché le gambe la reggevano; quando si
doveva fermare, i
muscoli in fiamme, si addormentava subito di un sonno senza sogni,
tentando di
recuperare velocemente le energie per scattare nuovamente quando la
svegliavano.
Correvano
notte e giorno, fermandosi il più
raramente possibile, eppure non erano ancora arrivati. Erano come una
corrente
che via via si trasforma in un’onda, aspettando di
infrangersi violentemente
sulla scogliera. Ci sarebbe stato da spaventarsi quando
quell’onda sarebbe
arrivata. Anche se ancora non lo era.
Hinata
Hyuuga cadde in ginocchio appena il capitano
diede l’ordine di fermarsi; Dio, quanto era stanca. Sentiva
nelle membra un
senso di torpore che non provava più da tanto tempo
– da quando si allenava con
la sua squadra praticamente ogni giorno. Kiba, Shino, e la maestra
Kurenai…
quanto sembravano lontani nel tempo! Era come se appartenessero ad
un’altra
epoca. Sospirò. E probabilmente era proprio così.
La voce dell’Anbu la riportò
al presente.
-Hyuuga…
tutto a posto?
La
squadrò. Era seduta, inginocchiata, come una
marionetta a cui fossero stati tagliati i fili. Una marionetta dipinta
ad arte,
con cura, creata apposta per essere esposta, e che ora era stata
buttata nella
polvere. Faceva pena.
La
giovane donna si limitò ad alzare lo sguardo
vacuo e ad annuire. Certo che era tutto a posto. Erano anni che tutto
era a
posto (anche se non lo era affatto, proprio per niente),
perché i proprietari
della bambola dicevano che lo era. Perché doveva cambiare,
adesso? Una bambola
non può decidere per se stessa, ma solo sottostare a quello
che era il suo
compito. Il suo compito, in quel momento, era quello di continuare a
correre
senza lamentarsi, anche se si sentiva morire, e di andare a combattere
suicida
a Suna. Lo stava svolgendo, e quindi era tutto a posto, come al solito.
Tutto a
posto.
L’Anbu
la fissò ancora per qualche secondo, poi si
allontanò. Era un vero peccato, una bambola così
bella, rovinata e quindi da
buttare via. In ogni modo con loro non stava funzionando troppo male;
con un
po’ di fortuna sarebbe arrivata a Suna senza troppi problemi,
e finalmente non
sarebbe più stata sotto la loro responsabilità.
Hinata
si accoccolò per dormire: doveva recuperare
un po’ di forze, e rilassare i muscoli. Avrebbe preso un
tonico da guerra al
risveglio, per nutrirsi, ma in quel momento aveva davvero bisogno di
dormire
almeno per poche ore. Chiuse gli occhi. Avrebbe fatto un sogno senza
sogni,
come tutte le notti da quando era ufficialmente diventata
l’erede (la bambola
d’esposizione) della famiglia,
perché, si sa, le bambole non possono sognare.
~~~
I
suoi piedi si muovono da soli. Un passo, e poi un altro, senza
fermarsi. Dove
si trova? Non lo sa. Non conosce quel luogo, non sembra casa sua. La
sua casa è
bella, ed elegante, e con tanti oggetti raffinati. Lì
invece… è solo desolato.
Un’immensa distesa deserta illuminata dal sole.
C’è così tanta luce che ferisce
gli occhi. Guarda in alto. Non c’è neanche una
nuvola. In effetti, non c’è
neanche il sole: la luce proviene direttamente dal cielo, è
per questo che è
così forte. I suoi piedi continuano a camminare.
Perché è così infinito e
deserto lì? Non le piace per niente, si sente minuscola e
soprattutto sola. Non
le piace affatto sentirsi sola. E poi è freddo, tanto freddo.
~
Il
terreno sotto di lei è diventato neve, e il paesaggio
è di un bianco accecante.
Non si distingue quasi più il cielo
dall’orizzonte, c’è solo una sterminata
distesa bianca. Chissà se finisce da qualche parte, o
continua per sempre,
all’infinito? E intanto i suoi piedi camminano.
~
Quanto
tempo è passato? Un’ora? Un anno? Tutta
l’eternità? Lei non ha mai smesso di
camminare, e comincia a sentirsi stanca. Vorrebbe sedersi, ma non ci
riesce. È
come se i suoi piedi non appartenessero a lei, ma fossero comandati da
qualcun
altro, che non vuole farli fermare. Osserva per un po’ i suoi
piedi camminare,
lasciando piccole orme nella neve. Ma lì non
c’è davvero nessuno? Vorrebbe
urlare, ma non ha voce. Non ci sono rumori in quello strano posto, non
c’è
niente di niente. Ed è così freddo.
~
Alza
lo sguardo e lo dirige all’orizzonte. Non
c’è più. Intorno a lei è
solo bianco,
senza fine. Ha paura. Ma forse… sì,
laggiù c’è qualcosa che interrompe il
nulla
di quel luogo. Una piccola figurina nera, lontana, ma
c’è. Sorride di gioia.
Allora non è sola. I suoi piedi continuano a camminare
piano, senza
affrettarsi, ma va bene così. Prima o poi
arriverà, no? E insieme si
riscalderanno dal freddo eterno di quel posto.
~~~
Hinata
si sentì scuotere delicatamente. Aprì gli
occhi piano, ma la luce del sole li raggiunse comunque, ferendoli . Il
suo
corpo era ancora molle di sonno, e la giovane donna ci mise un
po’ a capire
dov’era: già, erano ormai tre giorni che non
dormiva più a casa. Tutte le volte
lo dimenticava. Che i suoi ingranaggi fossero consumati fino al punto
di
renderla inadatta in quel modo ai cambiamenti? Sembrava dipendente
dall’abitudine. Sorrise amara. In fondo che importava? Tanto
non sarebbe durato
ancora a lungo.
Si
alzò, mentre la squadra, frenetica, le vorticava
attorno smaniosa di partire. Sembrava una videocassetta con
l’avanti veloce
agli occhi della bambola rallentata dai suoi meccanismi danneggiati. Si
mosse
lentamente, macchinalmente, gli ordini dell’Anbu che la
guidavano nelle sue
azioni: lo zaino, il tonico da guerra e l’accampamento e le
loro tracce da
occultare. E il più velocemente possibile.
Mentre
obbediva, assente a ciò che faceva,
rifletteva. C’era qualcosa di strano, qualcosa di diverso nel suo svegliarsi, quella volta.
Una sensazione come di
incompiutezza, di sospensione, ma che tuttavia era piacevole. La
conosceva,
quella sensazione? Era… familiare in qualche modo,
l’aveva già provata, ne era
quasi sicura. Forse quando ancora si allenava da kunoichi…
sì, adesso
ricordava. Era collegata a sbiaditi ricordi dolceamari di cose che, un
tempo,
avrebbe giudicato troppo importanti per essere dimenticate: le sue rare
conversazioni con Naruto-kun, il tempo passato a ridere con la sua
vecchia
squadra, i sogni che faceva tanto spesso. Hinata si interruppe per un
attimo
nel compito che stava svolgendo. Un sogno… ecco
cos’era. Ma non era possibile.
Non aveva più sognato dal maledetto giorno in cui
l’avevano designata come
stendardo della casata. Le bambole non
sognano. Semplicemente non possono, perché non
hanno un’anima. Un ninja la
richiamò al suo dovere, e lei riprese a nascondere le tracce
del loro
passaggio. Già, le bambole non possono sognare. Ma forse
quelle rotte sì.
Alla
fine tutto fu pronto, la folle corsa poteva
ricominciare. La squadra si mosse all’unisono, come
un’onda irrefrenabile.
Galleggiando, trasportata in mezzo ad essa, si trovava una fragile
bambolina.
Sì, l’onda sarebbe stata davvero terribile al suo
arrivo, si sarebbe infranta
con violenza contro le scogliere che difendevano Suna, le sue alte
mura. Chissà
se quell’oggi sarebbe finalmente arrivata.
next- 04: collision
_____________________
Ohayo!!
Non ci credo, sono arrivata
ben al 3 capitolo! Per una one-shottista che non si è
(quasi) mai cimentata con
una fic a capitoli non è un cattivo risultato, via! Ah,
avviso importante:
scusate del ritardo già per il 3 capitolo, ma temo che per
il 4 dovrete
aspettare ancora di più ^.^’’
perché tra poco vado in montagna e non potrò
toccare tastiera per un bel po’! Imploro perdono! E buone
feste a tutti!! Mi raccomando
recensite!!
E ora… risposte alle recensioni!!
Happiness!!
LEA91:
Curiosità di sapere cosa
succederà quando Hinata e Gaara si incontreranno?
..Anch’io!^^ In effetti non
so ancora come risolvere la questione.. Nel frattempo descrivo e mi
preparo il
terreno (leggi: prendo tempo), sperando che mi venga in mente qualcosa!
No, sclero
a parte, in un paio di capitoli dovrebbero incontrarsi! Spero.. Graccie
per i
complimenti!! E per avermi messo tra i preferiti.. *Wiwo arrossisce*
(ah beh..
tra Hiashi e Hanabi non so chi potrei odiare di più.. penso
che quando avrò un
altro attacco di sadismo ci rimetteranno loro
è________é kukuku)
Tifalockhart:
Quella che deve scusarsi
per il ritardo sono io, non te! Le recensioni fanno sempre piacere, non
importa
quando vengono lasciate.. mentre io dovrei darmi più da fare
probabilmente..
^.^’’ la pigrite cronica è una brutta
cosa! Ehm.. Suna e Konoha.. è una cosa
che ho lasciato un po’ abbozzata: mi serviva un pretesto per
una guerra, e l’unica
cosa che mi è venuta in mente è Gaara che vuole
cancellare il suo villaggio
dalla faccia della terra (fantasia malata di Wiwo..)! Praticamente ha
dichiarato
guerra a tutti gli altri paesi, compresa Konoha. Non ha molto senso, me
ne
rendo conto, ma era l’unica soluzione che sono riuscita a
trovare..^^ Per l’incontro
tra Gaara e Hinata… waaaah, devo lavorare, lavorare!
Comunque penso che
in uno o due capitoli si incontreranno..
Cecia
chan: Amicia! Ti ho fatto
venire i lucciconi? Allora ho raggiunto lo scopo! Anche tu tra i
preferiti? Oh,
che meraviglia!! Me molto soddisfatta di me stessa!! ^______^ e per
quel che
riguarda gli aggiornamenti… devo essere più
puntuale! *Wiwo lo scrive tra i
propositi per il 2008* Ci proverò con tutta la mia forza!
(sese..) Anche te,
però, Che!! Quando
aggiornerai ‘Aishiteru,
Gaara!’? me col fiato sospeso!!
..Ah,
già! Oggi è il compleanno di
Hinata! Auguri alla nostra Hyuuga preferita!!
Via, alla prossima (sperando
abbastanza presto)!
Wiwo
|
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Capitolo 4 *** 04: collision ***
04:
collision
Il
Kazekage contemplava a braccia incrociate il suo
regno: sembrava infinito, onde di sabbia che si estendevano fino
all’orizzonte,
in lento ma perpetuo movimento. Il vento caldo e asciutto che soffiava
da sud,
l’odore remoto che portava con sé, evocavano sogni
da tempo sepolti. Calda,
arida, morbidamente dorata: Dio, quanto poteva essere bella la sua
terra.
Ma
non c’era tempo ora per distrarsi, non c’era.
Gaara si allontanò dalla finestra che dava a Est, verso le
sterminate,
impietose, ma tuttavia seducenti distese del deserto, e si diresse
verso quella
che gli dava una visuale della porta a Nord, davanti alla quale si
stavano
riunendo i piccoli eserciti inviati contro di lui. Dalla
sommità dell’edificio
più alto di Suna dominava con lo sguardo tutta la
città, che in quel momento
gli sembrava più che mai simile a un enorme formicaio
indaffarato. Rabbrividì.
Sia gli addestrati gruppi di ninja che gli abitanti del suo villaggio
non erano
altro che formiche, piccole,
inutili
e fastidiose, visti da quell’altezza, non contavano niente. E lui era il capo di niente.
Se
tanto tutto è niente, tanto vale che finisca.
Non
avrebbe preso parte ai combattimenti, per quel
giorno. Si sarebbe limitato a godersi lo spettacolo dal posto
d’onore, avrebbe
osservato tutti quei patetici burattini massacrarsi a vicenda col
sorriso sulle
labbra. L’eco dell’odore del sangue sarebbe
arrivato flebile fino da lui,
selvaggio e metallico, mentre la sabbia si sarebbe tinta di rosso.
Chissà che
meraviglia, la sabbia innaturalmente rossa illuminata dalla luce
morente del
tramonto, che gettava lunghe ombre tra le dune del deserto e le
infiammava di
un colore quasi pulsante, quasi vivo.
Sarebbe stata una visione davvero bellissima. Degna di un gran finale.
E
così… ci siamo. È l’inizio
della fine.
L’incontrastato
sovrano di quella terra così bella e
spietata si affacciò alla grande finestra, proprio mentre i
cancelli venivano
aperti per lasciare uscire i ninja della Sabbia. Tutto era pronto, lo
spettacolo poteva cominciare.
~~~
La
prima sensazione che Hinata provò non appena
raggiunsero Suna, l’avamposto dell’inferno, non fu
paura, né timore in alcun
modo. Fu soltanto una sperduta meraviglia per lo spettacolo che le si
parava
davanti.
La
luce fredda dell’alba illuminava un oceano dorato,
che sembrava non avere confini. Le dune erano come onde, e si muovevano
lentamente, spinte pazientemente dal vento, in eterne e inarrestabili
maree.
Sembrava il paesaggio di un altro mondo, ed era di una bellezza da
togliere il
fiato.
Sospirò.
Morire di fronte a un tale splendore… era
quasi un onore.
Il
capitano della squadra la scosse, risvegliandola
dalla sua contemplazione e riportandola alla realtà. Le
stava porgendo un
tonico da guerra.
La
Hyuuga se l’era cavata piuttosto bene, fino a
quel momento. Gli ingranaggi della bambola avevano cigolato un
po’,
inizialmente, ma poi le avevano permesso di compiere quelle azioni a
cui non
erano affatto abituati. Il ninja della squadra Anbu osservò
la ragazza
inghiottire il tonico. Ma era solo questione di tempo, ne era sicuro.
Entro
breve si sarebbero inceppati, rovinati da un’esistenza
inadatta, e avrebbero
lasciato il loro raffinato involucro di alabastro immobile, senza
più difese. E
la bambola si sarebbe rotta definitivamente. Una bambola
così bella… avrebbero
dovuto averne più cura, sicuramente. Perché
lasciarla rompersi così era davvero
uno spreco.
Si
voltò verso la squadra e diede un rapido ordine;
l’intero gruppo si mosse, come sincronizzato, per
l’ultima corsa che li avrebbe
portati nel mezzo della battaglia appena iniziata. Solo Hinata rimase
ferma,
gli occhi tristi nel volto inespressivo.
Il
capitano le atterrò vicino.
“Hyuuga,
che stai facendo? Muoviti.”
Hinata
fissò il ninja. Sembrava disorientato da quel
suo improvviso comportamento: aveva sempre obbedito, mai si era
lamentata, e
allora perché adesso non
era balzata
anche lei, alla carica verso il nemico? La giovane donna sapeva
ciò che il
capitano stava pensando. Temeva che, all’ultimo momento, lei
avesse deciso di
non accettare il suo destino e di non andare incontro alla sua sicura
morte.
Non che questo fosse in effetti un problema: piccola e fragile
com’era
l’avrebbero trascinata in battaglia, anche se non voleva, ma
avrebbero comunque
perso tempo. Ligi agli ordini come al solito.
Un
sorriso si dipinse sul volto pallido della
Hyuuga.
“Non
vi preoccupate. Vi seguirò nella battaglia, non
ho intenzione di fuggire. Però preferisco andare da sola.
Voi combatterete
meglio, e io… sarò più
serena.”
Il
capitano esitò per un momento, poi annuì. Aveva
deciso di morire da sola, semplicemente. Andava bene anche
così.
“Se
è questo che vuoi…”
Il
ninja chinò lievemente la testa in segno di
saluto. Hinata lo imitò un attimo dopo.
“Addio,
Hyuuga.”
“Addio,
capitano.”
Pochi
secondi, e Hinata era sola. Chiuse gli occhi,
quei maledetti occhi bianchi che erano stati la sua rovina, e
lasciò che i suoi
pensieri vagassero. I ricordi le riempirono la mente (lei che giocava
con
Akamaru, la volta che era quasi svenuta mentre parlava con Naruto-kun,
il sole
e il vento che le accarezzavano la pelle nelle lunghe giornate estive,
i
ciliegi in fiore, e poi ancora le risate di Kiba-kun, i momenti in cui
ancora
sembrava che sarebbe andato tutto bene
e lei sarebbe diventata la degna erede della famiglia, e il giorno in
cui disse
addio alla sua libertà per compiacere suo padre e le
passeggiate solitarie nel
giardino della casa e la luce della luna e…) mentre, lenta,
una lacrima scivolò
lungo il suo viso. Poi un’altra, e un’altra ancora.
Non
si era mai sentita tanto attaccata alla sua vita.
Non voleva morire, non voleva. Aveva troppa paura.
L’odore
del
deserto la circondava, e il vento caldo del Sud muoveva i suoi capelli.
Ma
non si poteva fare altro.
La
luce del
mattino, sempre più forte, filtrava attraverso le sue
palpebre chiuse, fino a
ferire quegli occhi senza pupilla.
La
molla era stata caricata, e la bambola si sarebbe
mossa come avrebbero voluto loro.
I
radi granelli
di sabbia portati dal vento solleticavano la sua pelle.
Gli
ingranaggi, con fatica, ripresero a muoversi,
mentre Hinata, meccanicamente, riapriva gli occhi, si asciugava le
lacrime e faceva
qualche passo. Diede un’ultima occhiata al deserto, che ora,
con una luce più
calda che lo illuminava, sembrava veramente polvere d’oro, e
iniziò a correre
verso la battaglia.
Arrivo.
~~~
La
sera era calata su Suna, e il deserto perdeva
rapidamente il calore infernale accumulato durante il giorno. Ancora
poco, e la
notte sarebbe diventata gelida. Nessun combattimento durante la notte,
questa
era una regola non scritta di Suna, troppo complicato:
l’escursione termica era
molto forte, e sarebbe stato necessario cambiarsi d’abito per
continuare a
lottare. E la tacita regola era stata rispettata.
Gaara
si trovava ancora nella grande stanza che
sovrastava tutti gli altri edifici, solo. Il deserto si stava
addormentando, le
ombre della sera gli facevano da coperta e lo rendevano, da giallo
dorato
com’era, di uno strano colore blu cupo. Il Kazekage adorava
osservare i
mutamenti del deserto, lo calmavano, in qualche modo. Quel paesaggio
desolato
era semplicemente uno dei più belli al mondo.
Un
bussare timoroso, e la figura di uno dei suoi
sottoposti fece capolino dalla grande porta.
“Kazekage-sama,
il Consiglio vorrebbe riunirsi per
discutere della battaglia di oggi. Ci sono stati anche dei
prigionieri.”
Gaara
alzò gli occhi al cielo. Erano così
dannatamente noiosi gli anziani del
Consiglio;
non sembravano volersi rendere conto che non contavano assolutamente
niente. Il
Consiglio avrebbe aspettato, quella sera. E anche l’indomani.
E il giorno dopo
ancora, fino a che non ci sarebbe stato più niente su cui
discutere.
Tuttavia,
si allontanò dalla finestra e oltrepassò
il portone, l’intimorito ninja che gli trotterellava dietro.
La parte dei
prigionieri lo interessava. Era curioso di sapere chi fossero i
sacrificati per
quella guerra senza un senso. Voleva sapere chi fossero le sue ultime
vittime. Mentre
le guardie si inchinavano al suo passaggio, aprendogli un varco verso
le
prigioni, sorrise.
next-
05: shattered like broken china
_____________________
Ohayo!
*Wiwo si fa piccola piccola per la vergogna* ..scusate per il MOSTRUOSO
ritardo! Ho avuto qualche problemino con questo capitolo:
l’ho iniziato circa
tre volte, mi ci è voluta una vita a scriverlo e tuttora non
sono soddisfatta! Ecco
perché non dovrei scrivere fic a capitoli, non sono capace!
Dopo qualche
capitolo non mi piacciono più! *sigh* Via, devo continuarla,
continuarla!!
Rispondiamo
alle recensioni, vah..
LEA91:
*Wiwo si prostra a terra* Chiedo venia! Me persona inutile! E non sono
neanche
riuscita a farli incontrare! ;.; Sicuramente nel prossimo capitolo
manderò un
po’ avanti la storia (..cavolo! quattro capitoli e ancora non
è successo
niente!) o perlomeno ci proverò.. sigh. Waaah, non mi devo
deprimere! *Wiwo
mette la musica a palla per svegliarsi* Grazie mille per i complimenti!
Cercherò
di essere più puntuale, promesso!!
Cecia
chan: *Wiwo si sta riprendendo* ..ehi, i Rhapsody funzionano per
tirarsi su! Neechan,
ho aggiornato anche io, visto? Questo è anche più
lungo degli altri capitoli! E
ora posso cominciare a pensare a cosa potrei inventarmi per andare
avanti..
help! ..puoi ritirare la scomunica, adesso?^^
Talpina
Pensierosa: Oh, una new entry! Che bello, me felice!!^^ *Wiwo saltella
a ritmo
di musica* Grazie per i complimenti e per avermi messo tra i preferiti!
Alla prossima,
spero che anche questo capitolo ti piaccia!
Al
prossimo capitolo!
Wiwo
|
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Capitolo 5 *** 05: shattered like broken china ***
05:
shattered
like broken china
Plic.
Una
goccia.
Allora Suna non era completamente arida.
Plic.
Nei sotterranei
l’umidità c’era.
Plic.
E c’era anche
freddo, e buio. La metamorfosi del deserto, di notte.
Plic.
Ma non
c’entrava la notte, in quel momento. Era semplicemente
sottoterra.
Plic.
E sottoterra è
sempre umido, e freddo, e buio.
I
prigionieri erano ammassati in una sala, nelle carceri della
città. Uno accanto
all’altro, legati con forza, mani e piedi. Alcuni avevano
nello sguardo una
scintilla d’ira, e ogni tanto muovevano i polsi, nel
tentativo di liberarsi.
Altri erano sull’orlo della disperazione, e a volte si
vedevano brillare delle
lacrime sui loro visi. La maggior parte, però, si limitava a
rimanere immobile,
con lo sguardo perso nel vuoto, indifferenti a ciò che
accadeva loro intorno.
Le ferite che avevano non erano particolarmente gravi:
d’altronde, quelli
feriti più gravemente erano già morti. I loro
cadaveri si trovavano in un’altra
stanza, in attesa di essere restituiti al nemico: Suna era crudele,
sì, ma
rispettava i morti.
Il
portone iniziò ad aprirsi, gettando uno spiraglio di luce
che si ingrandiva
sempre più, ferendo gli occhi assuefatti
all’oscurità. Da lì entrò
una figura
dai capelli di fuoco e lo sguardo di ghiaccio: Sabaku no Gaara, il
Kazekage di
Suna, il pazzo che aveva voluto quel massacro. Che ci faceva
lì? Non gli
bastava di averli fatti prigionieri, di avere insultato il loro
orgoglio? Ora
veniva a ghignare dinanzi ai loro volti spaventati.
Gaara
si fermò a osservare le file di occhi che riflettevano la
luce, rivolti verso
di lui. Non erano poi molti: sì e no una ventina. Gli altri
erano a leccarsi le
ferite, nascosti al loro campo, o giacevano in terra, freddi e coperti
da un
sudario bianco. Quante espressioni in quegli occhi!
Il
Kazekage iniziò a camminare per la stanza, senza distogliere
lo sguardo da
quello dei ninja legati. C’era chi sosteneva il suo sguardo
con furore, e
accennava a uno sputo. Le guardie avrebbero provveduto a dar loro
ciò che si
meritavano. C’era chi fuggiva i suoi occhi, per timore che
potesse vederci le
lacrime e la paura folle che li attanagliava. Patetici. Quelli non
sarebbero
durati due giorni. C’era chi non lo guardava nemmeno, o lo
fissava
inespressivo. Alterigia o rassegnazione? Chissà. In ogni
modo erano quelli che
davano meno fastidio, i più utili a un eventuale scambio.
Non che lui ne avesse
l’intenzione, comunque. I prigionieri della Sabbia potevano
anche essere
uccisi; tanto, entro pochi giorni sarebbero morti comunque.
Si
soffermava particolarmente su quelli che esibivano il coprifronte di
Konoha, ma
non riconosceva nessuno di loro.
Forse loro erano morti, o ancora
vivi, o si erano rifiutati di combattere. Sicuramente non si sarebbero
fatti
fare prigionieri.
Stava
per uscire e dare disposizioni alle guardie sul trattamento da
riservare a chi
avesse creato troppi problemi, quando qualcosa attirò la sua
attenzione. Una
kunoichi dai lunghi capelli corvini e il coprifronte della Foglia
legato al
collo.
~~~
Era
stata catturata. Invece di morire era stata catturata. Era proprio un
fallimento su tutta la linea. Non era riuscita neanche a farsi
ammazzare. I
suoi ingranaggi avevano ceduto prima.
Era
stato un niente catturarla. Era letteralmente crollata in mezzo al
combattimento, e non si era mossa più. Era svenuta; il
viaggio e le emozioni
troppo forti avevano consumato ulteriormente i suoi già
deteriorati meccanismi,
che alla fine non erano più riusciti a muoverla. La molla si
era scaricata
troppo presto.
Quando
si era risvegliata, era legata e appoggiata al muro gocciolante e
sudicio di un
sotterraneo. Attorno a lei c’erano altri ninja, tutti legati.
Sono prigioniera. Il pensiero la
lasciò
indifferente. Non sono morta. Non
c’era sollievo, né tristezza. E
di nuovo
non provo niente. Solo bianco. Dio,
un’altra volta.
Passò
delle ore così, immobile, ad ascoltare i lamenti sommessi di
alcuni e
l’incessante, monotono, snervante
ticchettare delle gocce sulla fredda pietra.
[una,
due, tre, quattro segnano
il tempo cinque, sei, sette, otto ma
io perdo il
conto lo stesso nove, dieci, undici,
dodici chissà quanto tempo è passato
tredici, quattordici, quindici, sedici non ce la faccio
più non ce la
faccio più n o n c e l a f a c c i o p i ù]
Finché
il portone non si era aperto, costringendola a socchiudere gli occhi.
Sabaku
no Gaara, il Kazekage. Non era cambiato molto dall’ultima
volta che l’aveva
visto. Quanto tempo prima? Tanto… Si passò una
mano sul viso. Otto anni. Otto
lunghi, asfissianti, maledetti anni. Con un mezzo sorriso si chiese se
l’avrebbe riconosciuta.
Camminava,
incedeva quasi, guardando i disgraziati legati lì
dall’alto in basso. Il suo
modo di incedere era quasi uguale a quello a cui anche lei era stata
abituata,
forse leggermente più veloce. I capelli erano ancora di quel
colore assurdo, rosso
fuoco, e il suo sguardo era addirittura peggiorato. Anche lui doveva
aver
attraversato molto dolore. Sospirò.
Gli
occhi di Gaara si soffermarono su di lei, poi passarono oltre.
Già, come poteva
pretendere che si ricordasse di lei? Non ci si ricorda dei perdenti, e
lei lo
era sempre stata.
Il
Kazekage fece qualche passo ancora, poi si fermò, esitante.
Si voltò nuovamente
verso di lei e la fissò, attendendo che alzasse lo sguardo.
~~~
Occhi
bianchi.
Capelli neri e
occhi bianchi, per una ragazza che aveva sì e no
vent’anni. Lineamenti scavati
dalla fatica, ma dolci e delicati, nobili. E il coprifronte di Konoha.
“Hyuuga
Hinata?”
La
giovane donna lo guardò, sorpresa e confusa.
Annuì.
Gaara
aggrottò le sopracciglia. Che ci faceva lei, che sapeva
essere diventata la
bambolina da esposizione degli Hyuuga, a combattere a Suna? Era
l’ultima di loro che si
aspettava di trovare. Non
era fatta per combattere, si vedeva bene. Mandarla in guerra
significava
ucciderla.
“Che
ci fate qui?”
Hinata
tornò alla sua espressione passiva.
“Obbedisco
agli ordini della mia famiglia.”
Allora
volevano proprio ucciderla. Chissà per quale motivo, poi. Le
famiglie nobili
spesso tendono a dimenticare cosa davvero significhi
‘famiglia’. Per quella
ragazza, probabilmente, ‘famiglia’ voleva dire
‘padroni’: si vedeva dal suo
sguardo apatico, che era ora fisso nel vuoto. Nell’insieme
sembrava un
burattino, una graziosissima marionetta di cui nessuno comanda i fili,
ed è
quindi abbandonata a se stessa. A quello l’avevano ridotta.
Gaara provò quasi
pietà per lei.
Rifletteva.
Lei era una di loro. La tentazione
di
tirarla fuori da lì c’era.
“La
vostra famiglia vi manda a morire?”
Hinata
annuì, guardando per terra. Tremava leggermente. Poi
alzò lo sguardo,
all’improvviso.
“Ma
io non voglio morire.”
Era
stato poco più di un sussurro, ma Gaara l’aveva
sentito. La marionetta cercava
ancora di muoversi da sola, dunque. Il Kazekage sospirò. E
sia, avrebbe preso
lui in mano quei fili spezzati, in nome dei sentimenti che aveva perso
da
tempo, e che quella ragazza sembrava incarnare.
Si
voltò imperiosamente verso le guardie.
“Slegatela.”
Due
ninja scattarono immediatamente al suo ordine, mentre gli altri si
scambiavano
sguardi sorpresi. Un lieve mormorio percorse il gruppo dei prigionieri.
Gaara
sentiva addosso a sé lo sguardo spiazzato della giovane
donna; poteva quasi
vederla, con gli occhi sgranati e la bocca socchiusa, mentre i suoi
nodi
venivano lacerati dai kunai affilati delle guardie. Non si
voltò verso di lei.
“Seguitemi.”
Hinata
obbedì, quasi meccanicamente, come sempre aveva fatto a
casa. Si sentiva la
testa leggera e non riusciva a pensare a niente, ancora stordita dagli
ultimi
minuti. Seguiva la figura del Kazekage, fissandola con occhi sperduti.
Gaara
camminava senza guardare indietro: era sicuro che l’avrebbe
seguito. Non poteva
non farlo, era lui che comandava i fili, adesso. Si morse il labbro.
Probabilmente aveva compiuto un’azione poco prudente, a
liberarla. Si sentiva
meglio, in qualche modo, era come in pace con la sua coscienza, questo
sì… Il
problema sarebbe stata la reazione dei Consiglieri. Non
dire idiozie, Gaara. Il Consiglio non conta niente. E se non
ciò che avrebbe detto il Consiglio, quello che avrebbe
pensato il popolo. Perché il
popolo dovrebbe saperlo, Gaara?
O altrimenti il suo esercito, o la corte, o la sua immagine
personale… doveva
esserci un problema, non poteva non esserci. Non
ha senso, Gaara, e lo sai bene. Non ricordi che entro pochi giorni
tutto questo sparirà? Ma se non c’erano
problemi, perché quel senso di
disagio?
Il
Kazekage si riscosse dai suoi pensieri. Basta, ci avrebbe pensato in
seguito; adesso
doveva trovarle una sistemazione. In effetti, avrebbe anche potuto non
pensarci
più.
~
Si
era fermato davanti a una grande finestra, ed era assorto nei suoi
pensieri.
Hinata si fermò a sua volta. Era stanca, stanca, stanca.
Sapeva che doveva
essergli grata per averla liberata, ma in quel momento non ce la
faceva. Si
sentiva debole, dentro, come un vetro incrinato che aspetta solo un
soffio di
vento per frantumarsi del tutto. Doveva ricomporsi, e per farlo doveva
riposare.
Guardò
fuori dalla finestra. Il deserto era blu, adesso, proprio come il mare.
Sopra,
scintillavano le stelle. Quella terra desolata e solitaria, e al tempo
stesso
così affascinante… Hinata si chiese se sarebbe
mai potuta diventare un deserto
anche lei: di giorno godere del calore del sole, e di notte contemplare
la
volta celeste. Chissà se i deserti erano felici. Che pensieri da bambina.
Le
tremavano le gambe, e cominciava a provare fatica nello stare in piedi.
Si
appoggiò al muro e guardò verso il Kazekage.
L’aveva tolta dai sotterranei, ma
adesso che cosa le sarebbe accaduto? Chiuse gli occhi lattei. Non
importava, in
fondo. Ogni cosa era meglio della morte, anche quando vivere per lei
era diventata
semplicemente un’abitudine.
~
Gaara
si girò a guardarla. Sembrava ancora più fragile,
con gli occhi chiusi. Aveva
un estremo bisogno di riposare: pareva che stesse per cadere in pezzi
da un
momento all’altro. La chiamò delicatamente.
“Hyuuga-san?”
La
ragazza sussultò leggermente, e aprì gli occhi.
Non sembrava aver paura di lui.
Che strana sensazione.
“Venite.”
La
condusse attraverso un grande corridoio, fino a una piccola sala
accanto a
un’imponente scalinata. Aprì la porta di una delle
stanze. Non era
particolarmente lussuosa, ma era accogliente, senza
quell’atmosfera fredda che
solitamente permea le abitazioni dei nobili.
“È
la stanza che gli ambasciatori degli altri Paesi utilizzavano quando
erano a
Suna. Sarà la vostra stanza, se volete.”
La
giovane donna mosse qualche passo nella camera. Ogni cosa,
là dentro, sembrava
addormentata, coperta da un’oscurità quasi
protettiva. Gaara fece per
andarsene, quando Hinata si volse verso di lui. I suoi occhi
esprimevano solo
gratitudine.
“Vi
ringrazio, Kazekage-sama. Mi avete risparmiato, e ve ne sono
infinitamente
grata.”
Gaara
si trovò a distogliere lo sguardo da quel viso stanco eppure
sorridente. Da
quanto nessuno gli aveva mostrato riconoscenza come quella bambolina a
un passo
dal frantumarsi? Le sorrise lievemente; si voltò verso la
porta, ma la sua voce
lo richiamò di nuovo.
“Kazekage-sama…
Posso domandarvi perché l’avete fatto?”
Esitante,
la guardò ancora una volta. Perché?...
Sorrise di nuovo, questa volta con malinconia.
“Me
lo sono chiesto anche io. Penso perché mi ricordate il
periodo più bello della
mia vita. D’altra parte siete del Villaggio di
Konoha.”
Hinata
lo guardò con gli occhi spalancati. Prima che potesse dire
qualcosa, Gaara la
fermò. Aveva avuto come il sentore che, se avesse
continuato, la ragazza
sarebbe crollata di nuovo. E qualcosa, dentro di lui, gli diceva che
avrebbe
dovuto impedire ad ogni costo che si rompesse come la fragile
porcellana.
“Parleremo
domani, Hyuuga-san, se lo desiderate. Adesso riposate.”
Detto
questo, il Kazekage chinò leggermente la testa in segno di
saluto. Poi chiuse
la porta, e si allontanò.
Non
sapeva perché, ma quella ragazza troppo simile a una bambola
l’aveva colpito.
Forse era, come le aveva detto, perché gli ricordava un
tempo perduto. Forse
era perché aveva scorto in lei quei sentimenti che gli
mancavano da anni. Forse
era perché lei rappresentava l’attaccamento alla
vita, e la speranza che non si
spegne mai, e la forza nascosta sotto la debolezza. Comunque fosse, non
doveva
rompersi. Se fosse accaduto, non se lo sarebbe mai perdonato.
next- 06: for the person I once was
______________________________
Salve!
*Wiwo si va a nascondere sotto il tavolo* Imploro umilmente il vostro
perdono!
Non mi merito niente! Sono brutta, cattiva e nera! ..Ma comunque
stavolta una
giustificazione ce l’ho, ed è scritta nel mio
profilo! In ogni modo mi dispiace
di non riuscire ad aggiornare con puntualità, ma purtroppo
contro una
congiunzione di fattori come scuola, esame e pigrizia poco si
può fare!
Questo
capitolo mi è costato non poca fatica! Spero che ora che
(finalmente) sono
riuscita a farli incontrare tutto fili più liscio..
altrimenti mi ci voglio
vedere a scrivere! ..Noooo, non devo pensare così! Positiva,
Wiwo, positiva!
Si
vede che adoro i deserti? Da quando sono stata sull’Etna..
sì, lo so che
è un vulcano e non un deserto
(scema va bene, ma così è un po’
troppo), insomma, da quando ci sono stata e ho
visto una distesa di pietra nera e riarsa sotto il cielo blu.. mi sono
innamorata dei paesaggi desolati. Ora come ora uno dei miei sogni
è andare
nelle steppe dell’Asia centrale, a cavallo. E so anche che
non sono
completamente normale, sì.
Recensioni!!^^
LEA91:
Ciauuuuuuu!!^^ Ce l’ho fatta ad aggiornare! E infatti..
Hinata era nei
prigionieri!! (ma guarda, non c’era arrivato nessuno..
NdTutti) Altrimenti non
sapevo proprio come risolvere la questione.. Comunque ci ho messo un
po’ a
scrivere il capitolo, ma devo dire che sono quasi soddisfatta del
risultato! Prima
o poi anche Gaaruccio diventerà più umano (almeno
spero), dagli tempo..^^ Alla
prossima!
ragazzasilenziosa:
Ciao!! Che bello, fa sempre piacere quando qualcuno di nuovo commenta
la fic! Scusa
tantissimo per il ritardo, ma purtroppo ce l’ho nel sangue..
Hinata.. sì, anche
io penso che sia forte, anche se nel manga non lo dimostra spesso. La
adoro
come personaggio (insieme al suo fighissimo cuginetto^^) e per questo
è
praticamente in tutte le mie fic! (io non sono poi così
contenta.. NdHinata)
Grazie dei complimenti!! Alla prossima!
Talpina
Pensierosa: Ciau!! Ti ringrazio tantissimo per i complimenti,
ma… non è vero,
non mi merito tuttooo!! T_T Sono una persona inutile!! ..via, forse non
così
tanto! Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto!! Alla prossima!
Cecia
chan: Neeeechan!! Sai che mi hai dato un’idea?! Gaara su un
unicorno non ce lo
vedo male.. è___é Guarda quanto sono brava:
questo capitolo è quasi tre pagine
e mezzo di word! Considerando che la mia media è una e mezzo
mi sembra un bel
risultato, no? anche te, vedi di aggiornareee! Scarichiamo lo stress
sugli
altri.. Ciauu!
|
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