alienum coram

di Dies Irae
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** One ***
Capitolo 2: *** Two ***
Capitolo 3: *** Three ***



Capitolo 1
*** One ***


Forse tutto sarebbe andato diversamente se quel giorno non avesse deciso di tornare a casa, era tanto incredibile che ancora non si capacitava della grandiosità di quel contrattempo e di quella serie di fortuite coincidenze che, ora più che mai, lo rendevano fiero di essere stato così sbadato.

La pioggia precipitava copiosamente sul cruscotto di quell'auto quasi nuova ma già segnata, che si avventurava per il buio di quella scorciatoia di campagna che serpeggiava tra gli alberi e i campi di grano. A volte se lo era fortemente chiesto il motivo per cui aveva scelto quella casa in quel punto così isolato, ma alle instancabili domande della sua coscienza lui rispondeva sempre con un sorriso. Non gli importava davvero se quella casa era vecchia, infatti essa sorgeva nel mezzo di una delle zone più affascinanti che avrebbe mai trovato. Essa, nel suo scarso splendore, si ergeva in mezzo a un triangolo a lui particolarmente interessante....infatti tutto intorno a quella vecchia costruzione, da lui restaurata, erano apparsi nei campi circostanti cerchi nel grano, i quali avevano per lui un fascino inesauribile. Era stato numerose notti a campeggiare tra quei vorticosi simboli nella speranza di scorgere un qualcosa che però non era mai arrivato.

Avvicinò il volto al parabrezza dell'auto sperando di riuscire a vedere qualcosa attraverso la fittissima pioggia che rendeva tutto grigio. Non facilitavano le cose poi le buche in quella strada ghiaiosa. Nonostante quel camioncino avesse dei buoni ammortizzatori, l'auto traballava in modo tale che, più che su una vettura, si sentiva come su una barchetta in un mare troppo agitato. Forse avrebbe dovuto lasciare stare e tornarsene in stazione, avrebbe trovato decine di ombrelli per il breve tragitto a piedi, ma, quel giorno, aveva un'insaziabile e inspiegabile voglia di perdere il treno...così, senza motivo ed era in cerca di un pretesto. Quale migliore motivazione di un ombrello, in un acquazzone simile, poteva trovare? Nessuna, per cui i suoi studenti avrebbero atteso il suo breve ritardo.

Si era più volte chiesto cosa lo aveva spinto, quella volta, a fare ingegneria ascoltando le moine dei suoi genitori adottivi. La sua passione era un'altra, avrebbe voluto andare a progettare videogiochi, ma quei due reputavano il suo genio sprecato in quel settore. In effetti lui era uno di quei prodigi rari, chissà cosa ne avrebbero pensato i suoi veri genitori se mai si ricordavano di quel figlio che i servizi sociali gli avevano portato via per ottime ragioni. Ma non poteva perdersi in inutili pensieri con una così scarsa visibilità al volante.
Si sistemò meglio sul naso quegli occhiali rettangolari per poi spostarsi dal viso qualche ciocca nera, sperando di perdere più tempo possibile ma senza fare del male a qualcuno, non voleva certo andare a fare un altro incidente!
Sospirò pesantemente ascoltando la radio a basso volume e le sue solite interferenze dovute al fatto che, in una campagna così sperduta la radio faticasse a riceve segnale. Osservò poi l'orario... 7:46.... ops! Che disperazione! Sorrise, aveva perso il treno e non ce ne sarebbe stato un altro entro due ore per arrivare anche solo minimamente in tempo per se due, uniche, ore di lezione di quel giorno! Spalleggiò con soddisfazione alla sua mancanza allungando la mano dentro alla tasca dei pantaloni in jeans abbastanza scuri, non larghi. Non trovò nulla, cosi salì lungo il maglione nero alla ricerca della taschina sul petto, ma anche quella era vuota! Si sistemò la cravatta a toni di grigio che fermava il colletto della camicia bianca pensando attentamente.

" Il mio telefono... "
Si interpellò tenendosi vaga compagnia riflettendo su dove avesse perso di nuovo quel telefono maledetto che amava giocare a nascondino. Si chinò rallentando, guardando accanto a lui la borsa e allungando la mano al suo interno costringendolo a un piegamento forzoso stretto alla cintura di sicurezza che lo ancorava al sedile in pelle.
Afferrò finalmente quel dannato pezzo di tecnologia posandolo sul volante. Il suo schermo touch era così grande che, più che un telefono, pareva un televisore e come tale, nel buio nel abitacolo lo accecò con un improvviso bagliore che gli fece assottigliare gli occhi vagamente smeraldini coprendolo con una mano prelevandolo alla vista della foto di sfondo. Diede poi uno sguardo scorgendo rassicurante quel volto alieno su esso raffigurato. Nel suo verde neon era di incredibile vivacità.
Selezionò il numero 2 avviando la chiamata che lo reindirizzava direttamente al numero dell'Università attendendo in linea la risposta svogliata della signora alla reception la quale si fece attendere relativamente poco dandogli il tempo di abbassare la radio. Non aveva gli auricolari, ma non importava, chi mai lo avrebbe fermato in quella strada? La percorreva solo lui, i suoi vicini erano tutti al lavoro da ore, se anche avesse strillato come un ossesso per strada o nel piazzale di fronte casa nessuno sarebbe accorso.
Ecco che arrivò la risposta di quella voce racchiante, sorrise soddisfatto come un bambino orgoglioso dei suoi misfatti.
" Reception dell'Università di Ingegneria Gestionale, posso aiutarla? "

" Salve sono David Adelmann... " cominciò aspettando qualche istante, giusto il necessario per cambiare marcia "...volevo avvisare che per degli impedimenti non potrò... - sentì un rumore più forte, sembrava un aereo. Lo distrasse qualche istante-... presentarmi alle lezioni di oggi..."
Terminò un po' incerto guardandosi intorno. La radio cominciò a fischiare rumorosamente in un crescente di ultrasuoni, dall'altra parte del telefono si sentirono delle voci. Afferrò il pomello del volume girandolo al minimo ma il suono non si fermò. Strinse i denti dal dolore alle orecchie biascicando qualcosa, vedendo poi una luce accecante davanti a lui, un ultimo crescendo assordante, lo schianto.
Stretto alla cintura di sicurezza, la testa urtò con un colpo poderoso contro l'airbag, tutto divenne nero, perse i sensi.

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Capitolo 2
*** Two ***


Lo svenimento che lo teneva attanagliato stava venendo meno, sentì dei vaghi rumori soffusi, prima quasi un soffio, poi un gorgoglio, lo scrosciare della pioggia sul tettuccio e man mano sempre più silenzio. Il ticchettare del suo orologio da polso lo accompagnò per altri lunghi minuti insieme a un insistente rumore metallico.
La sua visione si fece man mano più rossa, aprendo lentamente gli occhi ancora preso dal torpore sentendo un acuto fischio all'orecchio che lo spronò a sollevare lentamente la testa colpita poi da una fitta di dolore. Ancora non si era reso conto, probabilmente, dell'accaduto alzando gli occhi sullo specchietto retrovisore scorgendo il suo viso ricoperto completamente di sangue, o almeno così parve a lui. Si rese man mano conto di cosa era successo. Sollevò la testa di scatto scorgendo una grossa lamina di metallo davanti a lui, la visione però non era affatto chiara. Dal cofano uscivano ancora i vapori dovuti allo sbalzo termico del motore, i quali venivano illuminati dai fanali dell'auto rendendo la visione ancora più confusa. La pioggia aveva ora lasciato il posto alla nebbia e al suo silenzio.
Il suo corpo venne scosso dai brividi e dai sudori freddi, forse per la botta in testa, forse invece per la consapevolezza dell'incidente.
Si fece per alzare di impeto bloccato dalla cintura, la slacciò a fatica osservando quelle lamiere. Non era un motorino ne una moto, era forse una macchina? Non ne era certo, aveva perso gli occhiali nello sbalzo e ora chissà dov'erano! Liberatosi dalla cintura spalancò la porta fiondandosi fuori e cadendo miseramente a terra come un sacco di patate emettendo un verso tra il dolore e la vergogna scuotendo lentamente la testa, tutto girava, dovette posarsi alla macchina per reggersi in piedi. Sperava di non aver ucciso nessuno, non se lo sarebbe mai perdonato!

Fece per parlare una o due volte ma le parole gli si smorzavano in gola e a seguire delle forti fitte di dolore all'addome che gli rendeva difficile anche solo respirare.
" Ehi....tutto...tutto bene...? "
Biascicò ansante, ma non sentì nessuna risposta.

Alzò lo sguardo guardando in auto scorgendo il telefono poco lontano dal volante, così sbilanciandosi lo afferrò notando come sembrasse vagamente integro. Scheggiato, con la fotocamera forse rotta, ma ancora abbastanza in forma per una chiamata. Cominciò a compilare il numero facendo il giro della macchina, avrebbe chiamato il 911, sicuro. Fece il giro della macchina aspettando una risposta, non sentì quasi nulla, forse si era rotto l'altoparlante, non importava, bastava che sentissero il suo messaggio.

" S...sono David Adelmann...e...ho fatto...un incidente...sono..."
Cominciò poi vedendo l'ammasso di rottami rimanendo sbigottito.

Immenso, grandioso, proiettava su di lui un'ombra nera lasciandolo senza fiato. Allungò una mano al ferro di cui sembrava fatto sentendo come fosse ancora caldo. Era...un ufo! Un ufo! All'inizio pensò fosse un sogno, ma guardando il profondo solco sull'asfalto si convinse che era reale! Le sue preghiere erano state esaudite! C'era qualcuno nell'universo oltre a loro! Lo aveva sempre saputo! Quello era un dono...pensò...poi contenendo l'entusiasmo. Quel suo "dono" gli aveva appena distrutto la macchina, come se non bastasse averla già ammaccata, ma ciò che più lo inquietava non era di aver rotto il suo mezzo....ma di essersi schiantato contro un Ufo! Come avrebbe potuto definirsi un grande stimatore degli alieni quando per prima cosa ci era andato a sbattere? Sentì delle voci dall'altro capo del telefono, sorrise.

" ...sono uno stupido. Mi sono schiantato contro un albero. Sto bene scusate!! "
Riagganciò di corsa esaminando il mezzo. Non poteva lasciarlo lì!

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Capitolo 3
*** Three ***


La mano pallida solcò quelle ciocche scure e umide, tra il sudore, il sangue o l'umidità di quella giornata che sembrava promettere tutto tranne di essere comune. Era lì, incapace di credere ai propri occhi e ai propri sensi, come un bambino incredulo davanti all'ottimo lavoro di babbo natale, ed effettivamente, come un regalo, quell'ufo aveva più o meno la stessa funzione. Era l'involucro di qualcosa di grandioso, sicuramente, o almeno così aveva sempre sostenuto, non si trovava assolutamente in linea con le correnti di pensiero che davano a quei mezzi volanti l'unico scopo di telecamere per spiarli. No, al suo interno, per lui, doveva esserci altro!
Girò a destra e a manca incapace di comprendere che cosa dovesse fare precisamente, una parte di lui era ancora sotto shock e ora più che mai avrebbe voluto una consulenza.
Aveva sempre reputato videogiochi e film sugli alieni il campo di prova per le sue scelte nel caso i suoi desideri si fossero avverati, se da la su qualcuno avesse ascoltato le sue preghiere, e ora era lì. Il suo cuore palpitava all'impazzata, il corpo scosso da brividi gelati mentre la sua mente si affollava di domande e di desideri, tutto, tutto nella sua mente stava esplodendo in aria, ma una cosa emergeva tra tutte, una frase.
Lui era nato per quel momento. Il suo destino si stava compiendo, e quasi ne percepiva il peso, il peso delle sue scelte.
Aveva sempre ammirato e talvolta disprezzato come quegli eroi ed eroine protagonisti delle trame di quei racconti ambientati in quei mondi fantastici che tanto lo affascinavano, aveva ammirato il loro coraggio, disprezzato i loro difetti, le loro incertezze e ora più che mai si chiedeva lui stesso: qual'era la cosa giusta da fare?

Se avesse dato retta alle teorie che caratterizzavano gli alieni come una specie infestante, aprire quella navicella sarebbe stato un assoluta disfatta, sentiva già quasi rimbombare nelle sue orecchie le grida e gli echi degli scontri che aveva sentito e risentito nei suoi film preferiti. Dall'altra parte del campo invece, se all'interno di quella vettura vi fosse stato un essere intelligente e amichevole avrebbe sprecato l'opportunità di una vita, rifiutando l'unico contatto che probabilmente gli sarebbe mai capitato. Chissà quali storie, quali conoscenze poteva rivelargli una creatura superiore, che ora lì dentro, poteva essere in affanno.
Si immobilizzò qualche istante, posandosi al cofano disfatto della sua automobile, respirando profondamente in modo veloce, sentiva una strana tensione, molto diversa da quella che pensava avrebbe provato, aveva creduto di poter avvertire solo felicità per l'accaduto, ma il tutto ora lo metteva davanti a delle scelte fondamentali.
Ripensò accuratamente alle soluzioni, osservandosi attorno con attenzione. Nessuno lo aveva visto, il tempo era importante. Dipendevano da lui molte cose.
In entrambe le ipotesi, lasciare lì il disco volante era mettere in pericolo tutti. Deglutì sentendo il sapore ferroso del sangue, passandosi la lingua sui denti, erano le gengive, appurò.
Si sorprese di come la sorte fosse strana. Giusto qualche tempo fa si era chiesto, osservando il suo immenso garage, che cosa avrebbe mai potuto farci di tutto quello spazio, occupandolo come magazzino. Aveva portato ogni genere di cosa lì sotto, ma effettivamente riusciva a farci stare anche la macchina avendo abbondante spazio tanto da aver ipotizzato di spostare l'intera zona soggiorno di sotto, compresa la sua enorme televisione e il set di film e figurine, action figures e i due meravigliosi modelli scala 1:1 di un predalien e un predator. Aveva sempre desiderato avere anche uno Xenomorph ma non era ancora riuscito a trovarlo, costavano una follia e lui era particolarmente esigente sia nei dettagli, colori eccetera.

Era deciso, avrebbe portato là il velivolo. In entrambi i casi, se sigillato, quei garage poteva essere un ottima gabbia, e se invece non ce ne fosse stato bisogno beh, era un luogo asciutto e sicuro in cui la creatura poteva ristabilirsi, comunque, doveva spostare da lì quella cosa. Riprendendosi un po', diede un colpo al cofano della macchina sentendosi rinsavito ora che aveva un piano, un ottimo piano! O almeno così sembrava a lui in quel momento.
Fece qualche flebo passo in direzione dell'astronave, toccandola con le dita. Era grande. Ma con un buon mezzo si trasporto sarebbe stato possibile spostarla e ora che ci pensava, aveva giusto una bella idea al riguardo.



Ora che aveva messo in atto quell'idea...non gli pareva poi una così saggia. Ma che gli era saltato in mente? Rubare il rimorchio del suo vicino di casa, se mai lo avesse saputo, sarebbe stato in seri, serissimi guai, lo conosceva, sicuramente lo avrebbe fatto arrestare. Pensò. E come avrebbe potuto spiegare poi il disco volante? Non sono certo cose che si trovano tutti i giorni, se solo l'Area 51 ne fosse venuta a conoscenza avrebbe potuto cominciare a scavarsi la propria fossa, e anzi, non solo sua, ma anche della creatura che in quell'ufo viveva.
Quel furto era un piccolo sacrificio per un grande causa, in nome della scienza e dell'umanità! Sicuro! Poi, a che serviva un carrello per trasportare la barca in quel periodo? Non sarebbe certo andato a fare immersioni o pescare, era un peso inutile in un garage che, per sua fortuna, era sempre aperto.
Mentre procedeva in direzione inversa munito di carrello si sentì seriamente protagonista di un qualche film, chissà se avrebbero mai narrato di quel momento! Era certo che, se il suo lavoro fosse stato ben fatto, nessuno lo avrebbe mai fatto, poiché nessuno sarebbe mai venuto a conoscenza di quell'avvenimento.
Trascinava con notevole sforzo il carrello, spingendo con tutte le forze che aveva, o almeno, quelle che gli erano rimaste dopo lo scontro, agognando ogni giro di quelle rotelle che sembravano incagliarsi in ogni piccolo buco tra i sassolini. Se pensava alla fatica che soffriva adesso, si chiedeva che sforzo dovevano aver fatto quegli uomini che, da soli, avevano costruito le piramidi. Chissà che motivazione dovevano aver avuto, che fine ultimo dovevano aver avuto, quale paura gli animava. Aveva sempre creduto che le piramidi fossero state erette in onore degli alieni, era una sua convinzione, e ora più che mai si trovava a pensare che quelle costruzioni non erano frutto di lavoro di fede, ma bensì motivato dalla paura e dalla devozione, la stessa che lo stava trascinando, ora, in quella via di ciottoli a raccogliere quelle macerie metalliche e portarle al sicuro, qualsiasi fosse il loro scopo.

Ci volle molto tempo prima di raggiungere la macchina e il mezzo volante. Vi avvicinò l'orecchio, per cercare di sentire dei movimenti, ma all'interno vi era un silenzio tombale. Forse era meglio, non sapeva come avrebbe reagito nel caso qualcosa si fosse mosso, se avesse risposto ai suoi tocchi sul freddo metallo. Ora che la vista sembrava aiutarlo, quel che poteva essendo una vera e propria talpa, poteva vedere dei particolari del mezzo che prima, preso dal terrore e dall'euforia, non aveva notato. Quella superficie che lo ricopriva era di una sorta di metallo, sulla quale poteva riconoscere schemi geometrici, quasi tribali ma di un gusto più fino ed elaborato. Erano sottili disegni serpeggianti, poteva riconoscere alcuni puntini, bozze, il tutto composto in una trama fitta ed elaborata, ricca di dettagli.
Si perse al contatto con tutte quelle rifiniture, sembrava quasi riscoprire un mondo intero, il tatto non gli era mai stato così caro.
Diede una piccola pacca al ferro ignoto pensando a un modo efficace per caricarlo sul carrello, ma forse perché ingegnere, non ci mise molto a comprendere un ottimo modo per caricarlo, per esempio utilizzando il grosso cappio della macchina.
Allineò il carrello spingendolo sotto, quanto poteva al mezzo. Corse in macchina, accendendola e attivando il riavvolgimento cavo, facendo si che fosse il mezzo a fare la parte grossa del lavoro. Ci volle un po', e parecchio sforzo del motore il quale cominciò a fumare e ululare come un lupo. Sarebbe sempre stato debitore a quella macchina, se lo sentiva.
L'immenso mezzo venne trascinato per circa mezzo metro, in direzione del carrello, ma non appena vi salì, per la posizione instabile cadde di piatto contro il tettuccio dell'auto in un secondo fragoroso schianto. Ma oltre al rumore di ferraglia e vetri infranti sentì una specie di gorgoglio, osservò lo specchietto retrovisore.
Era cominciata...eh?

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