Negli occhi e nella voce

di lestat84
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Quegli occhi ***
Capitolo 3: *** “Perdonatemi” ***
Capitolo 4: *** Azkaban ***
Capitolo 5: *** “È successo” ***
Capitolo 6: *** Attaccati ***
Capitolo 7: *** Cambio di programma ***
Capitolo 8: *** Una settimana a Diagon Alley ***
Capitolo 9: *** Due semplici parole ***
Capitolo 10: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Capitolo 1/10

Negli occhi e nella voce - Prologo

Capitolo 1/10

Da quasi un'ora il ragazzo era sdraiato sul letto sfatto. Gambe e braccia penzolavano dai bordi. Lo sguardo vacuo fisso sul soffitto scrostato. Erano le tre del pomeriggio. L'afa opprimente di quei giorni rendeva la sua permanenza a Privet Drive ancora più insopportabile. La casa dei Dursley era dotata di impanto di condizionamento. Zio Vernon aveva provveduto ad installarlo una settimana dopo il ritorno di Harry. Il problema era che lui stava nell'unica stanza della casa che non usufruiva di questo servizio. Finalmente il ragazzo si mosse. Con un lungo sospiro incrociò le gambe, si mise una mano dietro la nuca, e afferrò con delicatezza un oggetto poggiato sul comodino: una fotografia, fatta di recente e tuttavia consunta da continui maneggiamenti. Se la portò ad una spanna dal viso e prese a fissarla. Ron ed Hermione in divisa scolastica, gli sorridevano e lo invitavano ad unirsi a loro. Un moto di nostalgia lo assalì.

Dio, quanto mi mancano...

Si pose il pezzo di carta animata sul petto e chiuse gli occhi. Un velo di tristezza calò su di lui. Il ricordo della loro ultima separazione a King’s Cross si fece strada nella sua mente: non era un bel ricordo. Ron, teso come una corda di violino, strettagli la mano lo aveva liquidato con un sobrio A presto, Harry...

Hermione, dal canto suo era stata più affettuosa, come sempre, ma pure lei non si era lasciata andare più di tanto con quel A prestissimo!

Nessuno di loro lo aveva abbracciato come gli anni precedenti.

Che ti aspettavi Harry? Che avresti fatto al posto loro? Sono stati anche troppo buoni!

Quanto avrebbe voluto averli accanto in quel momento, abbracciarli, e chiedere loro scusa. Chiedere loro scusa del modo orribile in cui si era comportato. Fin dal suo arrivo a Grimmauld Place, ancor prima dell'inizio del quinto anno, avevano dovuto sopportare tutte quelle sue stupide sfuriate e quell'atteggiamento da povero incompreso. Li aveva usati come valvola di sfogo di tutti i casini che aveva con gli adulti e loro gli erano sempre e comunque rimasti a fianco, incassando, capendolo. E lui? Mai una scusa. Mai un grazie. Troppo occupato a piangersi addosso, a dimostrare agli altri che lui non raccontava balle e non rendendosi conto che l'unica cosa che contava veramente la possedeva già: la fiducia e l'appoggio dei suoi amici. Dalle palpebre ancora chiuse uscì una lacrima. Non ce la faceva più a convivere con questo peso. Voleva liberarsene. Voleva poggiare la fronte sulle loro spalle amiche, e lasciarle fluire lì le lacrime, non da solo nel proprio letto.

Qualcosa evidentemente stava mutando nell'animo di Harry Potter. La morte di Sirius aveva cambiato profondamente il suo modo di vedere le cose. Il Quiddich, la scuola, i professori, quello che gli altri ragazzi pensavano di lui: tutto questo stava acquistando un valore diverso. Non avrebbe più permesso che queste cose s'insinuassero tra lui Ron ed Herm. LUI non si sarebbe più permesso di trattarli come aveva fatto l'ultimo anno. Quel ragazzo e quella ragazza non erano soltanto i suoi due migliori amici erano la sua famiglia.

Ancora con questi pensieri per la testa Harry si alzò a fatica dal letto. Erano quasi le cinque del pomeriggio e come le altre sere, sarebbe andato a fare due passi prima di cena. Dal suo ritorno nel mondo babbano era possibile notare un insolito via vai nella zona intorno Privet Drive. La cosa poteva quasi destare sospetti. Harry si accorse presto come in qualsiasi momento della giornata, se si fosse guardato attorno, avrebbe scorto come minimo una figura in lontananza intenta ad osservarlo. Tuttavia non percepì mai in loro un qualche segno di minaccia. Anzi! Un paio di volte tentò di avvicinarli. In entrambi i casi però questi gli intimavano di stare alla larga, facendo cenno di no con il capo. Harry sapeva chi erano quelle persone: maghi come lui, dipendenti del ministero, Auror probabilmente, incaricati di vegliare sulla sua incolumità. Era giunto alla conclusione che dopo la rinascita di Voldemort, neanche casa Dursley era più un posto sicuro per lui. La protezione che sua madre Lily gli aveva donato, perpetuata dalla convivenza forzata con zia Petunia non aveva più effetto da quella maledetta notte. La notte in cui il sangue di Harry, utilizzato come componente principale del sortilegio, rendette Voldemort immune al suo contatto fisico. Tuttavia il punto era un'altro: se non aveva più motivo di restare con i Dursley che ci faceva ancora lì a godere della loro piacevole compagnia? Avrebbe potuto andarsene. Ad ogni modo quello non era il periodo più adatto per compiere delle sciocchezze, così Harry si ripromise di affrontare l'argomento con Silente, all'inizio del prossimo anno scolastico. Ogni volta un moto di gioia lo percorreva da capo a piedi al pensiero che forse a settembre avrebbe definitivamente dato il ben servito agli odiati zii.

Non montiamoci troppo la testa... Pensiamo piuttosto all'indomani!

Il giorno seguente infatti, sarebbe stato il 31 luglio, ed Harry avrebbe compiuto sedici anni. La cosa che più lo rendeva felice non era il compleanno in sè, ma la certezza che con esso sarebbero arrivate le lettere dei suoi amici. Per dirla tutta, sperava di trovare in quella di Ron un invito a trascorrere un pò di giorni alla Tana, in sua compagnia e di quella di Hermione. Tuttavia questo pensiero veniva sempre scavalcato da un'altra riflessione.

Non ci sarebbe niente di strano se non mi volessero con loro!

Del resto come avrebbe potuto biasimarli! Il suo nome si trovava in cima alla lista nera di Voldemort da più di quindici anni. Inoltre, considerando il fatto che più della metà della famiglia Weasley faceva parte dell'Ordine, Harry riteneva più che ragionevole supporre che Arthur e Molly non volessero mettere ulteriormente in pericolo la vita dei loro figli.

Il sole era quasi sparito in lontananza, dietro i palazzi, quando il ragazzo decise che era giunta l'ora di tornare a casa. Rientrò un minuto prima di Dudley evitando così la ramanzina. Dopo aver consumato una cena frugale, si richiuse in camera e spalancò la finestra lasciando entrare un pò di frescura. Calato il buio e il silenzio, ogni tanto rotto da qualche latrato lontano, Harry infilò maglietta e pantaloncini corti, posò gli occhiali sul comodino, e si lasciò cadere sul letto a pancia in giù affondando la testa nel cuscino rattoppato. Di una sola cosa era sicuro: non sarebbe mai riuscito ad estirpare dalla mente il ricordo di quelle notti. Quelle notti in cui non sapeva quale scegliere tra le due alternative. Addormentarsi e rivivere minuto per minuto quei terribili momenti nell'Ufficio Misteri, per poi risvegliarsi madido di sudore e i batti a mille. Rivedere in sogno Ron, delirante, avvinghiato dai tentacoli; poi Hermione, accasciata a terra, inerme, forse morta; e infine Sirius combattere con Bellatrix, inciampare, sprofondare nel velo, morire...

Oppure perché no: perché non rimanere sveglio a rimuginare per ore sui sensi di colpa, che per quante ne potesse dire Silente, lui non poteva ignorare.

In entrambi i casi sapeva come sarebbe arrivata l'alba: in compagnia di quell'opprimente consapevolezza. Quella consapevolezza che gli trapanava il cervello, che gli straziava l'anima che nel cuore della notte lo portava a sedersi sul fianco del letto, ansimante, chino, con le mani premute sullo stomaco come vittima di un duro colpo.

La consapevolezza che in fondo era stata tutta colpa sua.

* * *

Spero che non vi siate annoiati a morte! Ad ogni modo nei prossimi due capitoli avrete modo di farvi un'idea abbastanza chiara di questa mia prima ff che per inciso è già terminata.

Se avete voglia lasciatemi un commentino.

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Capitolo 2
*** Quegli occhi ***


Negli occhi e nella voce - Quegli occhi

Capitolo 2/10

Quella mattina Harry si sentiva uno straccio. Non ricordava di avere dormito, ma neanche di essere rimasto sveglio per tutta la notte. L'unica cosa che voleva era infilare la testa sotto il lavandino e lasciar scorrere l'acqua fresca, sperando che questa portasse via con sé i postumi di un'altra brutta nottata. Cinque minuti dopo, a piedi nudi e con ancora addosso maglietta e pantaloncini corti, il ragazzo scese le scale e fece il suo ingresso in sala da pranzo. Rispose alle occhiate melliflue dei parenti con un poco convincente Buongiorno e si sedette a tavola di fronte al padrone di casa, il quale, dopo averlo squadrato da capo a piedi grugnì:
«Ti sembra questo il modo di presentarti?»
Harry era talmente giù in quel momento che non se la sentiva proprio di attaccar briga. Si limitò ad alzare lo sguardo e con un'espressione innocente ma carica di perplessità passò in rassegna la mastodontica figura dello zio, vestito solo di un paio di mutandoni e una canottiera che lasciava scoperto l'ultimo rotolo di ciccia. Al fianco dell'omone stava il cugino Dudley, il quale non offriva certo uno spettacolo migliore. Accortosi del modo teatrale in cui gli occhi del nipote lo stavano ispezionando, Vernon assunse una curiosa sfumatura violacea e lasciò perdere la questione nascondendo il viso dietro le pagine del quotidiano. Il ragazzo, un po' sollevato dalla scampata discussione prese ad imburrare una fetta di pane.

Harry stava terminando di fare colazione quando una macchina parcheggiò davanti casa. Le tende erano tirate perciò non poté scorgere con chiarezza le due esili figure che scesero dalla vettura. Al rumore degli sportelli seguì quello di due voci femminili alquanto simili.
«Tesoro sei sicura che sia questo il posto?»
Il sonoro della televisione non permise ad Harry di carpire altro. Nel frattempo, Zio Vernon era salito al piano di sopra, si era cambiato e di ritorno dal gabinetto stava affrontando la dura discesa della rampa delle scale. Giunto all'ultimo gradino, davanti a lui squillò il campanello.
«Ma come si fa a suonare alla mia porta alle dieci del sabato mattina?!» sbottò come se la cosa fosse a dir poco scandalosa.
Zia Petunia, sistematasi i capelli con fare altezzoso, corse ad installarsi a cavallo tra il soggiorno e il corridoio; la mano destra poggiata allo stipite. Dopo che lo zio aprì la porta di ingresso, Harry notò come le dita di Petunia presero a muoversi convulsamente: sintomo che per qualche motivo invidiava la persona che le stava davanti. Bastava una qualsiasi sciocchezza per far diventare viola d'invidia la cara zietta perciò Harry non ci fece caso più di tanto; si apprestò a finire il suo bacon.

«Buongiorno, signor Dursley! Mi chiamo Johanna Granger e questa è mia figlia...»
Harry non riusciva a sentire quello che stavano dicendo dall'altra parte della parete. Tracannò l'ultimo sorso di pompelmo. Prese bicchiere, piatto e posate, li posò nel lavatoio e si avvio verso il corridoio, diretto su per le scale, nella sua stanza.
«La mia famiglia sarebbe lieta di ospitare suo nipote per le prossime...»
La signora Granger si interruppe alla vista del ragazzo. Dal canto suo, Harry capì la reazione di poco fa della zia. Oltre la soglia della porta stava una bella donna sotto la quarantina. I capelli castani, mossi, scendevano fino alle spalle incorniciando il viso grazioso. Il fisico non molto alto era tuttavia snello e proporzionato.
Dov'è che ho gia visto questa donna...
«Buongiorno Harry.» disse la bella signora con un sorriso radioso che mise in mostra la dentatura perfetta.
Harry avrebbe voluto ricambiare il saluto ma non fece in tempo. A quelle parole la persona che fino ad allora era rimasta in disparte, celata all'esterno dell'abitazione, entrò educatamente e gli venne incontro, con grazia. Il ragazzo, preso alla sprovvista, reagì in un modo strano. In un modo che pochi minuti dopo si sarebbe rimproverato: rimase immobile. Con un lieve sospiro chiuse gli occhi lentamente e lentamente li riaprì, mentre l'abbozzo di un sorriso si dipingeva sul suo volto.
«Ciao Hermione.»
Gli zii, che non l'avevano degnato di uno sguardo dal suo ingresso nel corridoio, si voltarono di scatto.
A chi apparteneva quella voce? Quella voce profonda, calma, decisa. Quella non era la voce di un sedicenne!
Hermione, che fino a quel momento aveva camminato verso di lui con l'idea di gettarglisi al collo, si bloccò ad un passo dalla meta. Il suo viso sorridente impiegò meno di un secondo a trasformarsi in una maschera di pura angoscia. Non fu ne la voce del ragazzo, ne i suoi vestiti stropicciati, ne il suo volto scavato a colpirla. A colpirla furono quegli occhi. Quegli occhi verdi talmente carichi di tristezza e rimorso che nel momento in cui il suo sguardo vi indugiò la pietrificarono, stringendole il cuore in una gelida morsa.
Mio Dio Harry... Che ti è successo?

Persi, uno nello sguardo dell'altra, rimasero a fissarsi per diversi secondi che parvero non finire mai. Nessuno dei due accennava a muoversi o a dire qualcosa. Fu la signora Granger a sbloccare la situazione.
«Harry è un piacere per me conoscerti!»
Harry trasalì, distolse a fatica lo sguardo da Hermione e passandole a fianco la superò, andando a stringere calorosamente con tutte due le mani quella della signora Granger. La ragazza rimase immobile.
«Il piacere è tutto mio signora Granger!»
La donna studiò per qualche secondo il vestiario e l'aspetto smunto del ragazzo, sforzandosi di mantenere il sorriso.
«Harry stavo parlando con i tuoi zii per chiedere loro se sono disposti a farti trascorrere qualche settimana in nostra compagnia.»
A metà della frase la donna aveva distolto lo sguardo da Harry per rivolgerlo a Petunia e infine a Vernon. Quest'ultimo, come incredulo di fronte a una prospettiva tanto allettante la lasciò a mala pena terminare prima di rispondere:
«Oh, ma certamente! Sicuro! Non vediamo l'ora di liberar...»
Impedita alla bocca di completare ciò che stava pensando, l'omone indugiò imbarazzato sul viso falsamente gioviale dell'ospite prima di rivolgere lo sguardo al nipote e grugnire con un orribile sorriso a quarantaquattro denti stampato sul faccione:
«Ragazzo, perché non vai a fare i bagagli? Su da bravo. Muoviti!»
Scombussolato da tutto quello che era successo negli ultimi sessanta secondi, Harry riuscì solo a biascicare:
«Signora Granger non so davvero che cosa dire. Non mi aspettavo di...»
Ma lo zio, fulminandolo con lo sguardo replicò:
«Ragazzo non hai sentito che cosa ho detto? Raduna tutte le tue cianfrusaglie. Tra meno di un'ora ti voglio fuori di qui!»
Johanna, incredula di fronte a tanta malignità, si vide mollare un calcio negli stinchi a quella sottospecie di tricheco. Riuscì a stento a mantenere la calma e rivolgendosi di nuovo ad Harry lo incitò:
«Harry fa come ti ha detto tuo zio, su!»

Mentre il ragazzo si dirigeva nella sua camera, i Dursley congedarono in modo sorprendentemente gentile Johanna ed Hermione. Addirittura offrirono loro qualcosa da bere prima di lasciarli andare. Ciò non fece altro che innervosire ancora di più la bella signora Granger, che riuscì abilmente a driblare l'offerta e ritornare alla macchina con la scusa di dover predisporre il tutto per il viaggio. Entrata nella vettura la donna afferrò il volante, lo strinse con tutta la forza che le sue piccole mani le consentivano e con lo sguardo a dir poco furente fisso sul cristallo esordì:
«Sono disgustata... Ma come ha fatto quel ragazzo a resistere per tutti questi anni in compagnia di quegli... quegli...»
Si negò la soddisfazione di terminare la frase con un simpatico epiteto e fece un lungo respiro nel tentativo di sbollire la rabbia accumulata.
«Non immaginavo che fosse proprio come...»
Bloccata! Johanna si era appena girata a sinistra e finalmente aveva notato le condizioni in cui si trovava sua figlia.
«Che hai tesoro?» domandò con apprensione.
«Sei stravolta.»
Non ricordava di averla mai vista in quello stato. Hermione era pallidissima. Aveva la bocca dischiusa e le braccia abbandonate lungo i fianchi. Sotto la maglietta l'addome era contratto a causa del magone e i suoi occhi carichi di lacrime trattenute, fissavano il vuoto in attesa del momento propizio. Non aveva più detto una parola da quando avevano suonato quel maledetto campanello. La donna le portò la mano destra al viso e con una carezza la fece voltare. Madre e figlia si guardarono negli occhi.
«È cambiato mamma!»
La sua voce piangeva ancora prima dei suoi occhi.
«È cambiato e sta soffrendo!»
La madre trasse la figlia a se e le cinse la testa scossa dai singulti tra le braccia amorevoli, facendola sfogare in un pianto liberatorio. In quei momenti, Johanna realizzò quanto fosse profondo il rapporto che legava Hermione e quel povero ragazzo. Un moto di pena la face rabbrividire. Lui non avrebbe mai potuto fare quello che stava facendo in quel momento sua figlia: non avrebbe mai potuto piangere tra le braccia di un genitore. Una lacrima scese sulla sua guancia e si unì a quelle versate dalla ragazza.
«Lo so tesoro. Lo so che sta soffrendo. Glielo si legge negli occhi!»

Harry era salito in camera ancora incredulo di tutto quello che si era appena verificato, ma soprattutto di quello che si prospettava. Se ne stava andando da Privet Drive, così, di punto in bianco! Straordinario! Avrebbe passato delle giornate fantastiche in compagnia di Hermione e della sua famiglia. Probabilmente anche Ron si sarebbe unito a loro rendendo il tutto semplicemente perfetto. Ma allora perché non si sentiva al settimo cielo? Perché non saltellava da un capo all'altro della stanza come aveva fatto due anni prima, quando ricevette l'invito alla Tana? Semplice! Il motivo erano proprio loro: Herm e Ron. Non avrebbe goduto di nessuna delle belle cose che lo aspettavano se non prima di aver pagato il debito che aveva nei loro confronti. Un debito talmente pesante che neanche una valanga di galeoni l'avrebbe potuto sanare. Mesi e mesi di affetto non ricambiato, di consigli non ascoltati, di sfuriate, ma soprattutto l'aver messo in pericolo la loro vita inutilmente: in tutto questo ed altro ancora consisteva il suo debito. Sarebbe mai stato in grado di ripagarlo? L'avrebbero mai perdonato? Il loro rapporto sarebbe mai tornato quello di una volta? Questi erano i pensieri che turbavano l'animo del ragazzo in quel momento. Gli stessi pensieri che fino ad allora avevano reso le sue vacanze un inferno. Dopo essersi cambiato, Harry cominciò a radunare tutta la sua roba nel baule. Tuttavia, mentre si prodigava nell'ottimizzare l'esiguo posto a sua disposizione, prese a riflettere su un'altra cosa: sul modo in cui aveva accolto Hermione pochi minuti prima. Certo non se l'aspettava di trovarsela di fronte in quel modo! Fatto sta che ora si sentiva terribilmente in colpa di averla accolta in quel modo tanto freddo.
Guarda come ci è rimasta! Sei stato un coglione Harry.
La seconda frase venne pronunciata, anche se non uscì che un leggero fruscio della bocca del ragazzo.
Quando andrai giù la prima cosa che farai sarà...

Harry impiegò molto meno di un'ora per portare a termine l'opera. Scese le scale senza impegnarsi troppo nel cercare di non fare confusione e aperta la porta, trovò ad attenderlo sulla soglia la Signora Granger. I due si scambiarono uno sguardo significativo e un po' complice per alcuni secondi; dopodiché, lei afferrò il baule e gentilmente gli disse:
«Harry, puoi portare qui il resto dei bagagli mentre io carico questo in macchina!»
Se non ci fosse stata Johanna Granger di fronte a lui Harry si sarebbe sentito in imbarazzo; con lei invece non ebbe nessun problema a dire:
«Non c'è altro!»
Un velo di ironia e amarezza avvolgeva quelle parole, come il lieve sorriso dipinto sul viso del ragazzo. La reazione della donna fu istantanea: le gote le si tinsero di un delizioso color rosso acceso e non sapendo cosa dire per scusarsi della tremenda gaffe appena compiuta, deglutì vistosamente. Stava per aprire bocca quando Harry intuito il suo disagio la zittì gentilmente.
«Va tutto bene, signora Granger. Non si preoccupi. Ci sono abituato!»
Johanna lanciò uno sguardo inceneritore alla porta del soggiorno ancora visibile attraverso l'entrata, prima di ritornare a fissare il ragazzo.
«Salutali che ce ne andiamo!»
Harry si rese conto in quel frangente che stava per varcare la tanto odiata soglia di casa Dursley per quella che probabilmente si sarebbe rivelata l'ultima volta. Il primo pensiero che gli passò per la mente fu quello di sommergere di insulti gli zii, cercando di rinfacciare loro in pochi secondi tutte le angherie che era stato costretto a sopportare in quei quindici lunghi anni di convivenza forzata. Quello che invece uscì dalle sue labbra in tono sincero e pacato non solo stupì Johanna ma anche lui stesso.
«Grazie di tutto.»
Seguì una pausa.
«Addio.»
Senza aspettare una risposta che naturalmente non sarebbe mai arrivata, il ragazzo richiuse la porta dietro di se, con delicatezza. Chiuse gli occhi, fece un lungo respiro, e li riaprì. La signora Granger lo fissava ancora, allibita dal suo comportamento. Harry, senza dire nient'altro, afferrò con la mano destra il baule, con la sinistra la scopa e la gabbia, e puntando all'uscio del giardino fece appena in tempo a superare la donna, prima di fermarsi di nuovo: sul marciapiedi, una ragazza lo stava aspettando. Non ci pensò neanche per un secondo: mollò tutto a terra senza troppi complimenti e con decisione la raggiunse, portandosi ad un passo da lei. Se in quel momento lo sguardo di Hermione non tradiva nessuna emozione era semplicemente perché lei stessa non sapeva che cosa provare. Harry non si fece intimidire da questo e disse la cosa più ovvia e al contempo sincera che in quel momento sentiva di dover esternare:
«Non hai idea di quanto mi sei mancata!»
Glielo disse guardandola con un'intensità di cui non credeva essere in grado e tuttavia completamente genuina. Lei, finalmente riconobbe in quegli occhi così diversi da come li ricordava il suo Harry.

All'unisono, lasciarono che un dolce sorriso si disegnasse sui loro visi e lacrime di gioia inondassero lo smeraldo e il cioccolato dei loro occhi, prima di scambiarsi un abbraccio di cui entrambi erano consapevoli: non avrebbero smarrito il ricordo per il resto della vita.

* * *

Che dire? Non mi aspettavo di ricevere tutti questi apprezzamenti nelle vostre recensioni!

Vale3: Questa è la mia prima ff e il tuo è stato il primo commento che ho ricevuto. Non posso non ringraziarti di cuore.

Viviana: Innanzi tutto grazie dei complimenti e in secondo luogo sappi che non c'è nulla da perdonare nel fatto che a te il carattere di Harry sia piaciuto nell'OdF. I gusti sono gusti. Anzi! Non ci sono dubbi sul fatto che il suo carattere risulti più sfaccettato e verosimile rispetto ai primi romanzi.

silverwings: Qui la questione si fa un po' delicata in quanto tu sei la mia autrice di ff preferita. Sai già che reputo il tuo stile, la tua padronanza del linguaggio e il tuo senso del ritmo inimitabili. Capirai quindi cosa significa per me ricevere i tuoi apprezzamenti. E che apprezzamenti! Ti prego solo di mantenere basse le aspettative nei confronti di questa mia prima ff che altro non è che un passatempo. Un passatempo che non nego mi abbia fatto impazzire diverse volte ma che comunque si discosta anni luce dalla complessità e l'originalità della tua "You are my angel". Come ho già scritto alla fine del Prologo: "Negli occhi e nella voce" è già terminata. Tuttavia, osservazioni e piccoli consigli sull'aspetto stilistico e perché no, anche grammaticale del mio scrivere, saranno molto bene accetti. I prossimi capitoli sono lì: in attesa di essere migliorati. Per quanto riguarda la tua domanda sull'aspetto romantico: ti basti sapere che è stata una scelta ragionata quella di associare questa categoria alla mia ff. Lo so che non è un granché come spiegazione ma dire altro creerebbe aspettative e non voglio che questo accada. Un bacione!

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Capitolo 3
*** “Perdonatemi” ***


Negli occhi e nella voce - “Perdonatemi”

Capitolo 3/10

Il viaggio non durò più di tre ore. La famiglia Granger abitava circa duecento chilometri a sud della città, in un piccolo centro rurale. La loro casa, molto più grande di quella dei Dursley, inglobava lo studio dentistico dove lavoravano entrambi i coniugi.
Parcheggiarono nel vasto cortile alberato dove Harry scaricò i suoi fardelli e lasciò libera di spiccare il volo un'Edvige alquanto su di giri. La cittadina era circondata da una campagna aperta e lussureggiante e l'aria che si respirava era decisamente più salubre di quella di Little Winghing.
Il ragazzo ammirò la propria civetta salire rapida in cielo e unirsi in formazione con un grazioso gufo dal piumaggio corvino.
«Anche a lei piace questo posto!» disse osservando i due volatili impegnati in un giocoso inseguimento.
Hermione gli sorrise compiaciuta. Ad un tratto, Harry avvertì qualcosa strusciarsi contro le sue gambe: Grattastinchi stava dandogli il benvenuto. Si chinò a terra per accarezzare il micione che attaccò subito a produrre delle fusa da primato. Fu in quel momento che un'altro soggetto dal pelo rosso si avvicinò alle sue spalle con l'intento di fargli una sorpresa. Il moro non si accorse di nulla finché due dita non presero a picchiettargli energicamente la spalla sinistra. Rialzandosi notò che un'espressione beffarda stava dipinta sul bel viso di Hermione. Harry si girò.
Davanti a lui ora stavano i capelli rossi, le lentiggini, e il sorriso sornione del suo migliore amico: Ronald Weasley.
«Non avrai pensato che ti lasciassi festeggiare il tuo sedicesimo compleanno solo in compagnia di quella lì!» esordì il rosso.
Harry percepì il rumore caratteristico delle braccia di Hermione che si incrociavano al petto. I due ragazzi si fissarono negli occhi per alcuni secondi prima di scagliarsi l'uno contro l'altro in un abbraccio tanto virile quanto affettuoso. Un abbraccio che non c'era stato l'ultima volta a King's Cross. Dopo un po’, Ron afferrò con tutte due le mani la testa di Harry e gli mollò una craniata amichevole che tuttavia lo fece quasi barcollare. Con la mano sulla fronte dolorante e il sorriso ancora stampato in faccia il moro gemette:
«Brutto...» e come un lampo si lanciò all'inseguimento del rosso.
Si rincorsero come due matti da un capo all'altro del cortile finché Harry non riuscì a placcare Ron. Nel frattempo, Johanna aveva raggiunto Hermione ed entrambe scoppiarono a ridere nel momento in cui i due forsennati rovinarono a terra e presero a lottare selvaggiamente.
«Maschi!» sospirarono all'unisono. Dopo un paio di minuti Harry e Ron tornarono al cospetto delle femmine, sghignazzanti e con il fiato corto.
«Ci scusi signora Granger!» disse il moro leggermente imbarazzato.
«Fate come se foste a casa vostra ragazzi!» rispose sorridente la donna.
«A proposito! Harry, Ronald, d'ora in poi chiamatemi Johanna!»
«Grazie... Johanna!»
«Tra mezz'ora vi voglio tutti e tre a tavola.»
Detto questo la donna rientrò in casa, lasciando solo il trio finalmente riunito.

Uno strano silenzio calò su Harry, Ron ed Hermione. Un silenzio carico di significati. Non c'era bisogno di parlare: i loro sguardi erano più che sufficienti. In quei momenti, Harry non riusciva nemmeno a concepire l'idea di poter essere più felice: era finalmente certo che quella ragazza e quel ragazzo gli volevano ancora bene, che sarebbero stati disposti a perdonarlo, che con quegli abbracci in fin dei conti l'avevano già fatto. Questi pensieri, tuttavia, non gli avrebbero impedito di togliersi una volta per tutte quel peso. Quel peso che da troppi giorni, come un macigno gravava sul suo animo, logorandolo. Il viso di Harry si rabbuiò e Ron ed Herm gli si avvicinarono.
«Che c'è Harry?» gli chiese Hermione apprensiva, allungando una mano verso di lui.
Ron stava per aprire bocca ma il ragazzo li freddò entrambi.
«Hermione, Ronald...»
Al sentir pronunciare il proprio nome per esteso, Ron comprese all'istante l'importanza di quello che Harry stava per dire.
«Io... vi chiedo scusa. Mi sono comportato in modo orribile con voi; per tutto lo scorso anno.»
La voce che uscì da quelle labbra: la stessa che aveva colpito i Dursley poche ore prima, turbò non poco i due ascoltatori che inutilmente tentarono di chiudere la questione.
«Harry, non ti devi...»
Ma il ragazzo, imperterrito, li zittì con lo sguardo e proseguì:
«Sirius è morto a causa mia...»
Fece una pausa.
«...e sempre a causa mia, voi avete rischiato di fare la stessa fine!»
Mentre quelle parole venivano pronunciate, Ron ed Hermione videro ricomparire negli occhi di chi stava loro di fronte, quegli abissi ricolmi di tristezza e rimorso. Ron, incapace di proferir parola, si sentì come annegare in quegli abissi. Solo distogliendo lo sguardo avrebbe potuto scamparvi: così fece. Hermione, che prima di lui ebbe modo di provare quella sensazione, seppe finalmente che le proprie supposizioni erano esatte: Harry era rimasto da solo, per settimane, a crogiolarsi in quei sensi di colpa.
Mio Dio! Se sto così male solo a vederlo, lui cosa deve aver provato?
La ragazza non fu in grado di trattenere un piccolo gemito: la morsa al cuore che quel pensiero scatenò in lei fu troppo potente. Udito il lamento, Harry abbassò lo sguardo e lasciò che lacrime amare gli annebbiassero la vista prima di concludere.
«Perdonatemi.»
La voce rotta dal pianto con cui quella parola venne pronunciata sbloccò Ron ed Hermione. Non dissero nulla; abbracciarono il ragazzo e inconsapevolmente gli diedero l'unica cosa che in quelle settimane aveva tanto agognato: la loro spalla amica su cui poggiare la fronte e lasciar fluire lacrime non più amare ma di dolce sollievo.

Johanna, dalla finestra della cucina, intuì che non era il caso di interrompere un momento così delicato. Aspettò che l'abbraccio si sciogliesse in autonomia prima di ordinare al trio di entrare. Harry e Ron apprezzarono l'ottima cucina della signora, che terminato il pranzo li affidò ad Hermione per passare in rassegna la casa e disfare i bagagli. I due ragazzi notarono subito il notevole benestare di cui godevano i Granger.
«Ragazzi, sto seriamente prendendo in considerazione di fare il dentista!» esclamò Ron, alla vista del secondo bagno.
«Ron, per diventare un bravo dentista occorrono anni e anni di applicazione e soprattutto studi babbani!» lo freddò la moretta.
«E ti pareva!»
Al primo piano della casa, tra il bagno e la camera di Hermione si trovavano una di fianco all'altra le due stanze per gli ospiti. Harry scelse quella accanto alla camera della ragazza. In pochi minuti svuotò il baule, ridispose ordinatamente i pochi indumenti nella cassettiera e si sedette sul bordo del letto, i gomiti poggiati sulle ginocchia, pensieroso.
«Ehi, Ron! Mi senti?» disse rivolto alla porta aperta.
«Forte e chiaro!» giunse dalla stanza accanto.
«Tu quand'è che sei arrivato qui?»
«Questa mattina presto, prima che Herm partisse con sua madre per venirti a prendere!»
Ron pareva alquanto indaffarato.
«Senti: hai notato nulla di particolare nell'ultimo mese?»
«Che intendi dire?» chiese il rosso interrompendo le faccende.
«Da quando sono tornato a Privet Drive la casa è rimasta sorvegliata a vista giorno e notte da strani tizzi!»
«Auror del ministero.» rispose il rosso come se si trattasse della cosa più ovvia del mondo e riprese a trafficare.
«L'avevo intuito! Ma tu come fai a saperlo?»
«Me l'ha detto papà! E poi anche casa mia è sorvegliata!»
«E anche la mia!» aggiunse Hermione di ritorno dal piano terra.
Poco dopo Ron ed Herm raggiunsero Harry nella sua stanza e si sedettero sul letto di fianco a lui.
«Credete che anche Neville e Luna siano sotto il controllo del ministero?» chiese il ragazzo rivolto a entrambi.
«E' molto probabile!» rispose lei.
«E' naturale che ci sorveglino! I Mangiamorte ce l'avranno con noi per aver mandato a puttane il loro piano!»
Quelle parole vennero pronunciate con orgoglio dal rosso che si guadagnò lo sguardo truce della moretta.
«Non ne dubito, Ron.»
La preoccupazione impressa sul viso di Harry attirò la ragazza che cercò subito di tranquillizzarlo:
«Non ti preoccupare Harry. Fidati! Corriamo molti meno rischi ora.»
Lui la scrutò perplesso.
«Come fai a dirlo?»
«Beh innanzi tutto casa mia è molto più difficile da rintracciare rispetto a quella dei tuoi zii e quella di Ron.»
Harry annuì, pensieroso.
«Inoltre: se stiamo insieme sarà molto più facile per gli Auror tenerci d'occhio.» concluse la ragazza.
Per alcuni secondi i tre si squadrarono a vicenda scambiandosi cenni di assenso.
«Hai ragione...» osservò infine il moro. «Si, hai ragione!»
Ma la sua espressione non lasciava intendere più di tanto quello che aveva appena detto. A quel punto la ragazza si alzò di scatto come a voler lasciare sul posto i brutti pensieri.
«Su venite! Vi faccio vedere la mia stanza.»

Quella sera, a cena, Harry e Ron ebbero finalmente modo di conoscere il padre di Hermione: reduce da una noiosa convention che l'aveva costretto ad una levataccia. Robert era un uomo di bell'aspetto, atletico, da cui la figlia aveva chiaramente ereditato il colore e la forma degli occhi. Simpatico almeno quanto la consorte, l'uomo di casa riuscì a mettere subito a proprio agio i due ragazzi. Non ci volle molto prima che la conversazione cadesse irrimediabilmente in ambito sportivo, in barba ai sonori sbuffi delle femmine. Robert era un grande appassionato di calcio, nonché ex-portiere: lo stesso ruolo di Ron. Si entusiasmò come un ragazzino ad ascoltare le azioni che era possibile attuare nel gioco del Quidditch e le ore successive trascorsero tra spiegazioni di schemi, formazioni, e paragoni con il gioco del calcio. A dir la verità Ron non sembrava molto convinto del suddetto sport che da subito prese a definire ‘Quidditch babbano’.
«Un momento Robert! Mi stai dicendo che si gioca solo con la pluffa?»
«Si Ron! Niente boccino, niente bolidi e tanto meno le mazze.»
Gli ripete per l'ennesima volta Hermione a cui il calcio non era mai andato troppo a genio.
«Ma allora chi è che decide la fine della partita?» chiese il rosso scandalizzato.
«Il tempo: una partita di calcio è suddivisa in due tempi da quarantacinque minuti, dopodiché, se le squadre sono in parità si passa ai tempi supplementari o ai rigori!» gli rispose Robert colpito dall'imperdonabile ignoranza del ragazzo sull'argomento.
«Capisco...» esclamò Ron sotto lo sguardo divertito di Harry ed Hermione.
«Ah, un'altra cosa! Ma perché li chiamate ‘calciatori’?»
Tutti i presenti scoppiarono in una risata fragorosa che caricò di un rosso fuoco il colorito di Ron.
«Perché il calcio si gioca solo con i piedi Ron. L'unico che può permettersi di afferrare la palla con le mani è il portiere.» gli rivelò Harry cercando di soffocare le risate. Robert, praticamente stava ridendo per non piangere.
«Ahhh, ora comprendo...» soggiunse il rosso che poi esclamò «Però! Certo che deve essere difficile imparare a giocare solo con i piedi! Bisogna essere dei veri maestri nel volo per rimanere sempre in equilibrio sulla scopa!»
Quella fu la classica goccia che fa traboccare il vaso. Harry per poco non sputò il boccone in faccia ai commensali seduti di fronte a lui. Una seconda risata ancora più fragorosa rimbombò nel soggiorno. La faccia di Ron avrebbe potuto essere impiegata in un incrocio come semaforo rosso.
«Mi ero dimenticato di dirtelo Ron: il calcio si gioca a terra, non sulle scope!» ammise Harry con le lacrime agli occhi.
Il ragazzo, consapevole che quella sua ultima performance sarebbe rimasta impressa a vita nelle menti di chi sedeva attorno a lui, non seppe far altro che unirsi alle loro risate, ma non prima di aver relegato il calcio tra le cose che più odiava al mondo.

La cena si concluse con una sorpresa: Johanna pose sulla tavola un dolce alla frutta che recava in cima un bel sedici disegnato con la panna montata e sovrastato da una candelina. Era semplicemente delizioso. Ron fu il primo a fare il bis e l'ultimo ad alzarsi da tavola. Passarono il resto della serata in salotto dove Harry ebbe modo di scartare i regali dei suoi amici. Hermione gli regalò un paio di occhiali da Quidditch molto aggressivi con la montatura rossa e le lenti giallo oro.
«Si intonano ai colori della divisa» osservò la ragazza mentre il moro, raggiante, li squadrava da tutte le angolazioni possibili.
Da parte di Ron invece, Harry ricevette un piccolo cavalletto regolabile dedicato specificatamente al riposo delle scope da corsa.
«Una Firebolt non merita di essere appoggiata all'angolo della stanza» esclamò il rosso soddisfatto al sorriso dell'amico.
Restarono a scherzare e chiacchierare allegramente per diverso tempo finché gli sbadigli non cominciarono a susseguirsi sempre più potenti.
Prima di imboccare le scale Harry si fermò al cospetto dei padroni di casa.
«Johanna, Robert, non vi potrò mai ringraziare abbastanza per quello che state facendo per me!»
Johanna gli sorrise riconoscente mentre l'uomo gli diede una pacca sulla spalla.
«Tieni d'occhio la nostra bambina, Harry!»
Il ragazzo arrossì leggermente, diede loro la buona notte e salì le scale diretto nella sua stanza. Il letto morbido lo accolse e lo invitò ad un sonno per la prima volta dopo settimane senza incubi.

*      *      *

Un GRAZIE INFINITE a tutte voi ragazze per i vostri commenti! Sono veramente felice che finora la storia vi piaccia.

Sanzina: A quanto pare c'è una filo-serpeverde tra le mie lettrici. Beh, sappi che il buon Lucius avrà un ruolo importante nella storia. Porta solo un po' di pazienza.

Viviana: Semplicemente non avrei potuto ricevere un complimento migliore del tuo! Trasmettere sentimenti mantenendo un linguaggio semplice e scorrevole è esattamente quello che mi sono sforzato di ottenere durante la stesura di questa ff. Per quanto riguarda il tuo dubbio su un'eventuale coppia H/Hr: non ho capito bene: la cosa ti piacerebbe o no?

verhobbit: Anche tu come Sanzina e Viviana sei incuriosita dal rapporto tra Hermione ed Harry. Spero che questo ti incentivi a seguire la storia. A proposito: di che Decumano sei?

Piccola anticipazione: le vacanze del trio non saranno tutte rosa e fiori. Nel prossimo capitolo...

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Capitolo 4
*** Azkaban ***


Negli occhi e nella voce - Azkaban

Capitolo 4/10

La mattina seguente Harry si sentiva al settimo cielo. Gli sembrava di poter spiccare il volo assieme alla sua civetta. Ron ed Hermione scesero a fare colazione con ancora il pigiama addosso quando trovarono l'amico già vestito, sazio e più pimpante che mai. Come li ebbe a tiro, senza dire nulla ma con un sorriso a quarantaquattro denti, baciò Hermione sulla guancia e finse di mollare un cazzotto nello stomaco a Ron, che per istinto si chiuse a riccio. A dir poco sconcertati, i due lo guardarono salire come un razzo al piano di sopra, prima si scambiarsi un sorriso perplesso. Non l'avevano mai visto comportarsi così.
«Quasi quasi lo preferivo com'era prima!» esordì il rosso con un sonoro sbadiglio.
«Non dirlo mai!» lo redarguì la ragazza, cambiando espressione e scrutandolo con una serietà che non ammetteva repliche.
Il ragazzo si rese subito conto di quanto idiota fosse stata la sua battuta.
«Hai ragione! Scusami.»
Detto questo si sedettero entrambi a tavola. Hermione finì di sciogliere il cacao nel latte prima di riaccendere la conversazione.
«Per fortuna si è ripreso! Avresti dovuto vedere in che condizioni l'abbiamo trovato ieri io e mia madre. Stentavo a riconoscerlo!»
Cominciò a inzuppare i biscotti nella scodella.
«Deve essere stato un inferno per lui quest'ultimo mese!» esclamò il rosso con sincera amarezza. «Hai conosciuto i Dursley? Che razza di stronzi!».
Rabbioso, il ragazzo tagliò in due un tozzo di pane.
«Già!» concluse la moretta «Spero di non godere mai più della loro compagnia.»

Il resto della giornata trascorse serenamente e nelle due settimane successive Hermione condusse i ragazzi a visitare la cittadina. Li portò al cinema, in piscina e non mancò neanche di fare qualche scampagnata in compagnia dei suoi genitori. La zona era ricca di bellissimi laghetti: luogo ideale per passeggiate e pic-nic. Passato ferragosto, Harry e Ron ripresero in mano i libri di scuola, pressati da un Hermione in crescente agitazione. Erano tutti e tre in cortile a ripassare, sdraiati sull'erba morbida, all'ombra del salice quando la ragazza emise un potente sbuffo.
«Ma che hai Herm, sembra che tu stia per dare un esame!»
«Tutt'altro Ron! Ti sei forse dimenticato che poco più di un mese fa abbiamo sostenuto i GUFO e che tra meno di una settimana ci perverranno gli esiti?» chiese petulante la bella moretta.
«Non l'ho dimenticato!» mentì il rosso, che poi aggiunse «Ma poi scusa, che ti frega? Quel che è fatto è fatto!»
Hermione, scandalizzata dalla risposta del ragazzo, si mise a sedere e prese a fissarlo con crescente disappunto.
«Ma dico: ti rendi conto che dall'esito di quegli esami dipende il futuro di tutti noi?»
Ron cominciava a spazientirsi di sentir parlare della scuola così anche lui alzò il busto e rivolto alla ragazza ribadì tonante: «Certo! Ma ciò non toglie che quel che è fatto è fatto!»
Hermione alzò gli occhi al cielo, incapace di digerire quel modo tanto immaturo di vedere le cose.
«Spero che i miei siano andati bene!» esordì Harry nel tentativo di calmare gli animi.
«Hai ancora intenzione di tentare la carriera di Auror?» gli chiese il rosso senza distogliere gli occhi dardeggianti dalla rivale.
«Ora più che mai!»
Il tono deciso con cui Harry pronunciò quelle parole distolse dalla mente dei litiganti il motivo della disputa e attirò i loro sguardi.
«Harry, lo sai che se scegli di percorrere questa strada ti aspettano anni difficili vero?» gli chiese cauta Hermione.
In realtà Harry sapeva perfettamente cosa lo avrebbe atteso: glielo aveva detto la Mc' Granitt durante il loro incontro di orientamento professionale pochi mesi prima.
«Con voi al mio fianco saprò superarli!» rispose sorridente rivolto ad entrambi. I due gli sorrisero di rimando.

Quella sera i tre mangiarono fuori casa e per la prima volta, Harry e Ron gustarono la vera pizza napoletana. Hermione ebbe la brillante idea di portarli al 'BELLA NAPOLI' un piccolo locale trattoria/pizzeria gestito da Nunzio: un immigrato siciliano che era praticamente impossibile non prendere subito in simpatia. Ron sembrava reduce da una settimana di digiuno tanta era la foga con cui si stava ingozzando. Durante la cena, il notiziario che giungeva in sottofondo alle orecchie dei ragazzi per mezzo della radio, citò il problema del sovraffollamento delle carceri. Harry si ricordò dei Mangiamorte rinchiusi ad Azkaban.
«Herm, ci sono novità sul Profeta in merito ai Mangiamorte o a Voldemort?»
Ron per poco non sputò il boccone in faccia alla ragazza che riuscì così a rispondere alla domanda.
«A quanto pare no! Non si è più avuta alcuna notizia di Voldemort da quella notte al Ministero e per quanto riguarda i Mangiamorte: non sono ancora riusciti ad evadere.»
«Perché dici non sono ancora riusciti ad evadere?» sbottò il rosso prima di azzannare l'ultima fetta della sua melanzane.
«Perché i Dissennatori non fanno più la guardia ad Azkaban e anche se Malfoy e compagnia non gli saranno più utili come una volta puoi scommetterci che Voldemort non rinuncerà a liberarli!» gli rivelò Hermione.
Ron rimase sorpreso e non del tutto convinto della spiegazione della ragazza che sbuffò esasperata.
Fu Harry a continuare: «Quando Malfoy aveva confidenza con Caramell era molto più utile a Voldemort. Ora che finalmente è riconosciuto per quello che è, ovvero un dannatissimo Mangiamorte, le sue possibilità di danneggiarci sono molto diminuite. Ciò non toglie che Malfoy e come lui altri Mangiamorte posseggano ancora una montagna di denaro, proprietà sparse per tutta l'Inghilterra, e chissà cos'altro. Nonostante abbia riacquistato tutti i suoi poteri Voldemort non può più continuare ad agire come prima che venisse scoperto. Non può muovere guerra al mondo intero da solo. Non ora che siamo tutti consapevoli del suo ritorno. Ecco perché secondo me, in questo momento sta escogitando il modo di far evadere i Mangiamorte. Ha bisogno di loro per sbrigare le faccende più delicate, per reclutare altri servi, per sollevare rivolte, per portare dalla sua parte tutte quelle creature come i Dissennatori e i giganti che possono averci qualcosa da guadagnare da un'alleanza con lui.»
Durante la spiegazione, Hermione fissava il ragazzo e ogni tanto faceva lievi cenni di assenso con la testa. Ron fece altrettanto, solo che si dimenticò di mandare giù l'ultimo boccone che rimase perfettamente visibile per tutto il tempo attraverso la bocca aperta.
«Harry, come sei arrivato a queste conclusioni? GLIELO hai letto nella mente?» chiese titubante il rosso dopo aver finalmente deglutito.
«No Ron. Da quella notte non ho più avuto sentore di lui nella mia testa a parte qualche piccola fitta alla cicatrice.»
I tre rimasero per un paio di minuti in silenzio, a riflettere prima di pagare il conto, salutare Nunzio a ritornare a casa.

Come se la chiacchierata ne fosse stato il preludio, quella notte fu teatro di grandi cose. Terribili.

Una fredda brezza salmastra scompigliava i capelli e appesantiva il respiro del ragazzo. Il cielo, perfettamente terso, consentiva ai chiari raggi della luna piena di penetrare la notte fonda disegnando contorni ben definiti. Seduto su un suolo di nuda roccia rozzamente intagliata il ragazzo si alzò, a fatica. Un potente brivido lo percorse non appena poggiò i piedi nudi a terra. Si guardò attorno. Harry si trovava sulla cima, esattamente al centro, di un edificio dalla forma esagonale. Ciascuno dei lati, lungo una cinquantina di metri, era percorso da una piccola balaustra ornata di merlature. Su ogni angolo un gargolyle troneggiava minaccioso sul precipizio sottostante. Il ragazzo si avvicinò ad uno di questi. L'erosione secolare non aveva ancora cancellato il profilo inequivocabile di un Dissennatore. Harry percorse l'intero perimetro dell'edificio, sporto oltre la balaustra, scrutandone il fondo. Un centinaio di metri a strapiombo sotto di lui, sempre e solo il mare. Le onde, invece di seguire la corrente e infrangersi su un solo fronte della torre si accanivano in modo innaturale su tutti i sei lati della struttura. Era come se il mare provasse odio per quella cosa. Come se volesse abbatterla e impossessarsi dei suoi resti per conservarli nei suoi inviolabili abissi, per sempre. Come ho fatto ad arrivare qui? Harry si mise a cercare un passaggio che gli consentisse di scendere da quella cima desolata. Tutto inutile: non c'era la minima traccia di botole o scale che dessero accesso alla sommità e le pareti esterne non fornivano alcun appiglio utile a raggiungere una delle tante finestre affacciate nell'oscurità. Sembrava che l'unico modo di andarsene da quel posto fosse con l'ausilio di una scopa o con un folle salto nel vuoto. Un'atroce angoscia pervase l'animo del ragazzo, che ansimante, si sedette a terra. Poggiò la schiena alla balaustra, portò le ginocchia al mento e circondandole con le braccia, cercò di trattenere il poco calore che ancora conservava il suo corpo. Non seppe dire quanto tempo rimase in quella posizione prima che un brivido diverso dai precedenti lo facesse trasalire. Un brivido che non aveva nulla a che fare con il freddo pungente di quella notte. Quando alzò gli occhi al cielo senti i polmoni svuotarsi, il cuore cessare di battere, e il sangue gelarsi nelle vene. Contro la luna si stagliava un'immensa nuvola nera come la pece. Una nuvola che all'improvviso si squagliò e si rivelò per quello che era in realtà: migliaia e migliaia di Dissennatori. Harry seppe che non avrebbe potuto sopportare ancora per molto un terrore simile: infatti stava perdendo i sensi. Il suo cervello si stava rifiutando di accettare quella situazione reagendo nell'unico modo possibile: staccare la spina. L'ultima cosa che Harry ricordò di quel sogno fu il fragore delle onde sovrastato da un coro di grida provenienti dall'interno della rocca. Grida disperate che lentamente scemarono trasformandosi in una risata satanica, isterica, di cui sapeva perfettamente chi fosse il padrone.
«Bene. Tutto come previsto.»
Udite quelle parole un dolore atroce sgorgò dallo sfregio sulla sua fronte e il ragazzo finalmente si svegliò.

*      *      *

Non credevo che la trovata del calcio riscuotesse tutto questo successo. E' stato divertentissimo scriverla. Vedete: Ron non posso certo definirlo il mio personaggio preferito, tuttavia lo ritengo efficacissimo ai fini della narrazione. Un pizzico di ironia a mio avviso è indispensabile in quasi tutti i generi di storia e Ron si presta benissimo a questo scopo.

Viviana: Dunque non sai se sono una lei o un lui? Mi offri un simpatico spunto! Fai una ricerca su GOOGLE inserendo questa stringa: -Cruise Townsend Lestat- (senza i trattini). Capirai subito non solo a che sesso appartengo ma anche la derivazione del mio nick. Ad ogni modo sappi che sono sinceramente onora(non ci casco) del fatto che tu abbia inserito la mia ff nei tuoi preferiti! Per quanto riguarda la tua domanda sul finale di questa storia: tutto terminerà con l'inizio del sesto anno.

Sanzina: Certo che ti piace proprio il caro vecchio Lucius! Beh, salutamelo quando lo vedi e digli che si prepari...

Elizabeth Potter: Chi abbiamo quì? A quanto pare: la sorella gemella, sperduta, e infine ritrovata del nostro eroe. Tra le altre cose ti piace vedere tuo fratello fare coppia con Hermione eh? A parte gli scherzi: ti ringrazio infinitamente. Spero solo di continuare a meritare il 10 con cui hai premiato gli ultimi due capitoli.

Yaya: Se stai leggendo queste righe significa che sei sopravvissuta alla frecciatina che ho lanciato nello scorso capitolo. In caso contrario ti dedico l'intera ff.

Piccola richiesta: gradirei molto conoscere il vostro parere sul modo in cui ho immaginato Azkaban!

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Capitolo 5
*** “È successo” ***


Negli occhi e nella voce - “È successo”

Capitolo 5/10

Il cielo non aveva ancora cominciato a schiarirsi ad est quando Harry buttò giù dal letto Ron ed Herm. I due si ritrovarono trascinati in corridoio senza troppi complimenti.
«È successo!» biascicò il ragazzo con una smorfia di dolore e con la mano premuta sulla fronte, oltre il sopracciglio destro.
«Di che diavolo stai parlando?» sbottò il rosso mezzo rintronato.
«Azkaban! Dobbiamo avvertire il Ministero!»
Harry sembrava in preda ad un attacco isterico.
«Harry, cerca di calmarti!»
Hermione accese la luce. Nella semioscurità non riuscivano a vedersi bene in faccia.
«Ma tu sanguini!» esclamò preoccupata indicandogli il profilo destro.
Pallido come un cencio e tuttavia fradicio di sudore, Harry staccò la mano destra dalla fronte e si accorse che era sporca di sangue. Un rivolo prese a scendere dall'estremità inferiore della cicatrice: era rosso fuoco e sembrava recente, come se avesse appena cominciato a rimarginarsi. La sentiva pulsare dolorosamente al ritmo del proprio cuore: una sensazione già provata.
«Vado a prendere delle garze.»
Hermione fece per scendere le scale di corsa ma il ragazzo la trattenne.
«Ho sentito la voce di Lui nella mia testa.» esalò con un tono basso e titubante.
«Sta andando tutto come sperava!»
«Cosa? Cosa sta andando tutto come sperava?» gli chiese Ron, ora completamente sveglio.
«I Dissennatori stanno attaccando Azkaban! A migliaia!»
Hermione e Ron, sbigottiti, fissarono il ragazzo sconvolto e ansimante. Non gli chiesero come facesse a sapere tutto ciò.
«Che facciamo?» domandò la ragazza attirando l'attenzione su di se.
«Dobbiamo avvertire il Ministero!» ribadì esasperato il moro.
«Ma lo sapranno già!» esclamò lei di rimando.
«No tu non sai com'è quel posto!» la redarguì il ragazzo.
«È una specie di atollo sperduto in mezzo al mare a chilometri e chilometri di distanza dalla terra ferma. Sicuramente non è possibile la smaterializzazione laggiù, perciò l'unico modo per andarsene è tramite un qualche mezzo di trasporto.»
Fece una pausa e disperato riprese: «Dio! Ci saranno centinaia di persone la dentro e ora stanno tutte rischiando la vita.»
I due amici cominciavano a comprendere come stavano le cose. Nel frattempo, Johanna e Robert, svegliati da tutto quel trambusto raggiunsero il trio.
«Ragazzi che state facendo?» chiese la donna allarmata.
«Non ora mamma!» la freddò Hermione, e la madre comprese.
«D'accordo qual'è il modo più veloce per avvisare il Ministero?» intervenne Ron mettendosi a ragionare.
I tre, concentrati, rimasero per alcuni secondi a fissarsi sotto gli sguardi perplessi degli adulti.
«Gli Auror!» esclamò Harry ad un tratto. Herm e Ron gli lanciarono occhiate di incomprensione.
«Gli Auror che ci sorvegliano! Loro sono sicuramente in contatto con il Ministero!»
Un paio di cenni di assenso e il trio si precipitò giù per le scale. Non si degnarono neanche di infilarsi qualcosa ai piedi. Uscirono di casa e avvolti dall'oscurità corsero verso il cancello gridando a più non posso:
«Ehiiii! Ehi voiiii!»
Non fecero in tempo a raggiungere l'inferriata che dall'altra parte, un paio di tizzi si materializzarono sul marciapiede, con frastuono. Erano avvolti in un lungo mantello sulla quale Harry credette di intravedere ricamata una fenice.
«Che succede?» chiese rudemente il più alto dei due con una chiara nota di allarme nella voce.
«Azkaban è sotto attacco!» rispose Harry con il fiatone. I due soggetti si scambiarono una lunga occhiata che il trio non poté interpretare. A quel punto il secondo si avvicinò al cancello, esponendo alla luce del lampione il profilo destro del viso. Una lunga cicatrice gli solcava la guancia.
«Come fai a saperlo?»
Il tono con cui quelle parole vennero pronunciate convinse Harry che quei due uomini non li stavano sottovalutando, perciò si mise a pensare il modo migliore per convincerli della cosa. Pochi secondi dopo, Ron ed Herm volsero lo sguardo all'amico mentre si avvicinava all'inferriata. Harry uscì dalla zona d'ombra del lampione e permise alla luce di investire chiaramente la sua faccia. Con l'indice della mano destra indicò la saetta ancora insanguinata. Il secondo uomo fissò lo sfregio con un'espressione preoccupata per qualche secondo prima di ritornare dal compagno e sussurrargli qualcosa all'orecchio. Un attimo dopo era già sparito con un fragoroso crac. Rimasto solo, l'uomo più alto scrutò i ragazzi.
«Tornate in casa!» e detto ciò fece per andarsene ma Hermione lo trattenne.
«Che succederà ora?» chiese la ragazza con apprensione.
L'uomo si bloccò.
«Non lo so! Spero solo che il tuo amico si sia sbagliato.»
Mentre le rispondeva il suo sguardo era rivolto ad Harry.
«Tornate in casa!» ripeté, e sparì dalla loro vista.
I tre rientrarono. Johanna medicò la cicatrice di Harry mentre la figlia cercava di illustrare ai genitori i fatti nel modo più indolore possibile. Ovviamente nessuno riuscì più a chiudere occhio quella notte.

La mattina seguente i tre spalancarono la porta delle proprie stanze contemporaneamente, come sincronizzati sullo stesso orologio. Senza dire una parola scesero le scale, entrarono in cucina e si accomodarono a tavola. Naturalmente, nessuno di loro dimostrò il solito appetito. Non dissero una parola, limitandosi ogni tanto a scambiarsi qualche sguardo preoccupato. Improvvisamente, un gufo atterrò sul davanzale e attirò la loro attenzione picchiettando il becco sul vetro della finestra. I tre sbiancarono quando videro quello che teneva legato alla zampa: un giornale. La cosa non avrebbe destato così tanta angoscia se quello fosse stato il giorno della settimana in cui Hermione riceveva solitamente il Profeta: ma non era quello il giorno. La ragazza avrebbe preferito non aprire quella finestra tuttavia il suo buon senso ebbe la meglio, come sempre. Slegò il giornale dalla zampa del volatile e lo congedò, dopo avergli porto un biscotto e tre falci. Rimase in piedi di fronte a Ron ed Harry con l’edizione straordinaria del Profeta ancora arrotolata in mano. Sospirando, Harry le rivolse uno sguardo inequivocabile.
Avanti.
Hermione alzò il rotolo e lentamente lo spiegò.
Passò meno di un secondo e i suoi occhi si richiusero sulla quella maledetta prima pagina. Fece un cenno di assenso prima di girare il giornale e mostrare ai due ragazzi il titolo di testa:
Dissennatori in rivolta: Azkaban piegata!

* * *

Sono contento che vi sia piaciuta la mia idea di Azkaban. Invece, per quanto riguarda questo capitolo: avrete notato quanto sia corto. Il più corto tra i dieci che compongono l'intera ff (per essere precisi). Lo considero una specie di "capitolo di transizione". Già, perché il prossimo lavoro sarà decisamente superiore, sotto tutti i punti di vista…

Sanzina: Hai presente quel bravissima con cui hai terminato la tua ultima recensione? Ti ringrazio infinitamente per il complimento, tuttavia credo sia giunta l'ora di chiarire una questione che comprensibilmente mi sta molto a cuore: SONO UN MASCHIOOOOOOOOOOOOOO!
Per carità: non ce l'ho con te! È solo che mi sono avvicinato da poco al mondo delle ff e non pensavo che fossimo così in pochi (noi maschiacci). Ci credo che dopo date per scontato di avere sempre a che fare con il gentil sesso! Va beh, ritorniamo alla mia storia: penso che tu sia la persona più adatta a cui anticipare che nel prossimo capitolo entrerà in scena niente pòpò di meno che il buon Lucius.

Viviana: Ti ho messo terrore? Allora ho fatto centro! Scherzi a parte: il mio intento era proprio quello di scrivere un paragrafo particolarmente coinvolgente e dark. Ci sono riuscito a quanto pare! La cosa è stata tanto difficile quanto accattivante, infatti ho dovuto discostarmi dallo stile che adottavo in precedenza. Mi sono messo alla prova da un certo punto di vista. Per quanto riguarda la tua previsione sul carattere di Harry nel Principe Mezzo-Sangue mi trovi perfettamente d'accordo.

Elizabeth Potter: Grazie ancora del sostegno che mi dai.

Yaya: Non posso negare che la mia visione di Azkaban sia stata influenzata da Orthanc. Sappi che prima di essere un lettore della Rowling io sono un fanatico di Tolkien. E che fanatico! Ho letto e riletto praticamente tutti i libri del Professore. Il Signore degli Anelli è la mia Bibbia: non so se mi spiego. Grazie dei complimenti.

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Capitolo 6
*** Attaccati ***


Negli occhi e nella voce - Attaccati

Capitolo 6/10

Se quella maledetta notte non ci furono vittime il merito fu solo di Harry. Le guardie, soverchiate dal numero impressionante di Dissennatori, riuscirono comunque a dislocarsi a difesa nell'atrio principale della prigione. Lo scudo di Patronus era ormai dissolto quando una squadra speciale di Auror si materializzò davanti a loro con delle passaporte. Riuscirono a portarli in salvo pochi secondi prima che i Dissennatori infliggessero l'orribile Bacio. Sul Profeta non c'era traccia del fatto che fosse stato Harry ad avvertire il Ministero: cosa che fece indispettire alquanto il buon Ron. Tuttavia la notizia dell'assenza di vittime sollevò non poco l'animo del trio, che trascorse abbastanza serenamente la settimana successiva Ferragosto.
«Questa sera dovrebbero arrivare le lettere da Hogwarts!»
Hermione, seduta in giardino all'ombra del salice stava ripassando Aritmanzia assieme ai due ragazzi.
«Non vedo l'ora!» bofonchiò il rosso con profondo sarcasmo.
In realtà, Ron aspettava quel momento con un'apprensione quasi superiore a quella di lei. Non osava neanche immaginare la strigliata pazzesca che l'avrebbe atteso se non avesse portato a casa un numero dignitoso di GUFO. Harry d'altra parte, sperava solo di essere promosso in quelle uniche materie fondamentali per il corso di Auror. Poco gli importava se non fosse passato in Divinazione, Astronomia, o Storia della Magia. Quella che più lo faceva stare in pena era ovviamente Pozioni, anche se l'esame in questione non gli pareva fosse andato poi tanto male. Del resto non era stato Piton il suo ispettore ma un incaricato del Ministero.
Nel frattempo Hermione e Ron si erano già lanciati nell'ennesima discussione.
«Ehi, la volete piantare voi due!»
Harry tentò di sedare gli animi focosi dei due litiganti chiedendo alla ragazza:
«Herm, che c'è di buono a cena?»
La moretta distolse a fatica lo sguardo affilato del viso del rosso.
«Non lo so. Stasera ci dobbiamo arrangiare. Mamma e papa vanno fuori a cena con degli amici.»
«In tal caso sarà meglio se rientriamo e cominciamo a preparare qualcosa. Sono quasi le sette.» osservò il moro.
«D'accordo! Tu apparecchia la tavola mentre io mi metto ai fornelli.»
«E io che faccio?» chiese il rosso offeso dalla totale mancanza di considerazione.
«Tu te ne stai buono in disparte e non tocchi niente.»
Evidentemente la ragazza era decisa a non mollare la corda con Ron ed ora aveva toccato un nervo scoperto: quella mattina il ragazzo aveva rotto la sua terza tazzina.

Alle undici il trio era ancora davanti alla televisione in attesa del familiare picchiettio.
«Eccolo!»
Desideroso di attenzioni, sul davanzale stava appollaiato un grosso barbagianni. Per poco non infranse il vetro bussando col suo potente becco. Hermione congedò il volatile dopo averlo liberato delle tre lettere che portava legate alla zampa. Senza tante cerimonie aprì la propria busta per prima. Le tremavano le mani. Harry e Ron rimasero ad osservarla alquanto divertiti e allo stesso tempo assolutamente certi del contenuto di quel foglio.
«Siii» esclamò la ragazza con un gridolino.
«Che voti hai preso?» chiesero i due all'unisono, perfettamente consapevoli della risposta che sarebbe giunta.
«Eccezionale.» rispose lei con un sorriso radioso che andava da un orecchio all'altro.
Harry rimase a guardarla per qualche secondo felice per l'inevitabile pieno successo ma anche perché...
«E voi?» aggiunse la ragazza soddisfatta «Com'è andata?»
Ron ed Harry osservarono il sigillo di cera lacca delle proprie buste ancora intatto. Si squadrarono timorosi per qualche attimo, dopodiché, Ron diede la propria busta al compagno.
«Aiutami, amico!»
Il rosso pareva sul punto di svenire. Hermione trattenne a stento le risate ripensando agli atteggiamenti menefreghisti dei giorni precedenti. Arrivato il momento decisivo Ron calava finalmente la maschera. Harry infranse il sigillo, spiegò il foglio e lentamente lesse il contenuto. Il rosso osservava gli occhi del ragazzo scorrere dall'alto verso il basso lungo quella che probabilmente era la lista delle materie con i relativi voti. Alla fine, Harry abbassò il foglio, sorridente.
«Complimenti Ron!»
Sollevato dalla reazione del moro, Ron gli strappo di mano il foglio e lo lesse in fretta e furia.
«Evvai!» gridò saltando i piedi.
Le uniche materie in cui non era risultato idoneo erano Divinazione, Storia della magia, e Astronomia. Hermione represse il desiderio di criticarlo per il suo atteggiamento e si unì ad Harry nelle congratulazioni.
«Harry, forza. Tocca a te!» aggiunse la ragazza.
Il ragazzo fece un sospiro. Afferrò la propria busta e ripercorse i movimenti che aveva appena fatto con quella di Ron. Quando ebbe finito di leggere il responso alzò lo sguardo sugli amici e con un sorriso malizioso esclamò:
«Ce l'ho fatta!»
Le uniche materie in cui aveva preso un voto inferiore a Oltre ogni previsione erano Storia della Magia e guarda caso Divinazione. Inutile dire che la cosa non gli dispiaceva neanche un po'. I tre si misero subito a festeggiare: stapparono le burrobirre che Herm aveva conservato per l'occasione e presero a fantasticare sul loro futuro.
«Harry, ti rendi conto? Posso anch'io provare a diventare Auror come te!» esclamò il rosso.
«Sarebbe fantastico!» gli rispose il moro con entusiasmo.
«E tu Herm che hai intenzione di fare?»
«Sono ancora indecisa.» confessò la ragazza.
«L'insegnamento non mi dispiacerebbe però di questi tempi c'è più bisogno di Auror che di...»
Hermione si interruppe alla vista di Harry. Il ragazzo, che fino a un attimo prima rideva e scherzava seduto sul tappeto con la bottiglia di burrobirra levata, si era alzato di scatto come vittima di uno grande spavento. Ora stava in piedi, teso come una corda di violino, con un'espressione allarmata dipinta sul viso e tutti i sensi all'erta. Il silenzio più totale calò nel soggiorno. Per quasi un minuto Hermione e Ron osservarono inebetiti l'amico ergersi su di loro senza proferir parola. Poi, la ragazza non ce la fece più e sottovoce chiese:
«Harry, che succede?»
Il ragazzo non si scompose di un millimetro.
«C'è qualcosa che non va...»
Ad un tratto, sulla finestra si avventarono in sequenza i riflessi di tre bagliori rossi. I tonfi che li accompagnarono giunsero lievi e distorti alle loro orecchie a causa dalla siepe che circondava la proprietà. Sicuramente la fonte dei tre incantesimi si trovava all'esterno di questa.
«Herm, spegni la luce, presto!»
Hermione corse alla parete e pigiò l'interruttore. La casa piombò nell'oscurità, rotta solo dai chiari raggi della luna. Si erano dimenticati di accendere il lucernario quella sera. Il trio raggiunse di corsa la finestra che dava sul giardino. Si inginocchiarono a terra, uno di fianco all'altro e alzarono la testa quel tanto che bastava per poter scorgere in lontananza il portone. Rimasero così: immobili, in attesa. Un'attesa spasmodica scandita non dai secondi ma dal battito frenetico dei loro cuori. Un battito talmente potente che ciascun rintocco li scuoteva da capo a piedi e assaliva i loro timpani soffocando ogni altro rumore, quasi sfiorando la soglia del dolore. I tre non dovettero aspettare molto prima di vedere realizzati i propri timori. Hermione afferrò convulsamente la mano di Harry e Ron provò un tuffo al cuore quando le vide: tre figure incappucciate, avvolte in mantelli neri come la pece: una di fianco all'altra, si stagliavano minacciose dietro le sbarre della cancello fiocamente illuminato dai lampioni. La possibilità che si trattasse dei soliti Auror per qualche istante vagò per la mente di Ron ed Hermione, ma non in quella di Harry. No, lui non si permise nemmeno di sperarla questa evenienza. Ne era assolutamente certo: quelli erano Mangiamorte. Ad un tratto, quello che stava al centro sollevò il braccio verso la serratura. Attraverso la finestra aperta i tre ragazzi udirono chiaramente la formula Alohomora. Quante volte si era rivelato utile quell'incantesimo! Un lieve rumore metallico confermò la riuscita del sortilegio. Abbassato il braccio l'individuo fece un cenno ai due che stavano ai suoi fianchi. Questi afferrarono ciascuno un battente e con una lentezza che sfiorava la solennità aprirono il passaggio. Quando si misero ad avanzare inesorabili verso l'abitazione, Harry si rivolse ai due amici. Erano terrorizzati, certo, ma le esperienze passate avevano lasciato il segno anche su di loro: sapevano di cosa erano capaci i Mangiamorte perciò non si fecero prendere dal panico.
«Ascoltatemi. Non possiamo cavarcela da soli. Abbiamo bisogno di aiuto.»
Harry non voleva mettere in pericolo la vita dei due.
«Che hai in mente?» chiese Ron più determinato di quanto Harry si aspettasse.
«Mentre io distraggo quei tre ecco cosa dovete fare: andate su, prendete le vostre bacchette, montate sulla mia Firebolt, e senza farvi scoprire uscite da una delle finestre affacciate al retro della casa. Quelli di poco fa erano i bagliori dell'incantesimo Stupeficium. Dovete trovare gli Auror schiantati e cercare di rianimarli per permettere loro di chiamare aiuto.»
«Mi prendi per il culo?» esclamò Ron incredulo. «Come pensi di fare a distrarli da solo?»
Il ragazzo non sembrava approvare minimamente il piano.
«Ha ragione Harry, non puoi farcela a contrastare da solo tre Mangiamorte!» convenne Hermione disperata.
«Infatti con combatterò con loro. Ci parlerò!»
«E di che cazzo gli vorresti parlare? Quelli vogliono farti fuori non scambiare quattro chiacchiere.»
«No, questo non è possibile. Non possono uccidermi. Non spetta a loro.»
In quel momento, Harry si ricordò di non aver mai parlato ai due della Profezia.
«Sentite: c'è una cosa che non vi ho ancora detto, ma se ne usciamo vivi un giorno vi racconterò tutto. Ora però dovete fidarvi di me.»
Ron ed Herm fissarono il ragazzo. La determinazione impressa nel suo sguardo tuttavia, non era ancora sufficiente a convincerli della validità di quel piano.
«Piantala con queste stronzate Harry!» ribadì il rosso imperterrito «Non ti lascio nella merda da solo contro...»
Ma il ragazzo non lo lasciò continuare.
«Non c'è tempo!» gli ringhiò in faccia «Se hai un piano migliore tiralo fuori oppure fa quello ti dico!»
Ron ed Hermione non seppero più cosa dire. Effettivamente, per quanto rischiosa quella sembrava l'unica cosa ragionevole che fosse possibile mettere in pratica nel poco tempo e con le scarse risorse che avevano a disposizione.
«Fanculo!» esclamò furioso il rosso.
«Fanculo te e la tua mania di fare l'eroe!» aggiunse rassegnato alzando la mano verso il moro.
Harry la strinse, con forza.
«Muovetevi!» li incitò di nuovo.
I Mangiamorte avevano già superato la metà giardino.
«D'accordo!» soggiunse Ron. «Andiamo Herm.»
La ragazza liberò a fatica la mano di Harry dalla sua stretta. Mentre Ron la trascinava quasi di peso su per le scale si sentì come lacerata. Era la sua anima che veniva strattonata, non il suo corpo. Finché le fu possibile non distolse lo sguardo da quegli occhi. Quegli occhi che altrettanto intensamente fissavano lei.

I Mangiamorte fermarono l'avanzata quando videro il ragazzo uscire di casa e richiudere la porta dietro di se. Harry fece un lungo respiro, si girò e vedendo che i tre restavano immobili a fissarlo si incamminò verso di loro, lentamente, con le mani in tasca.
«Buona sera, signori!» esordì con sarcasmo quando giunse ad un paio di metri dal gruppo.
I Mangiamorte si scambiarono un'occhiata da sotto i cappucci prima di esplodere in una risata diabolica.
«Cosa c'è di così esilarante?» chiese loro il ragazzo con uno strano sorriso che non lasciava trasparire il minimo timore.
«Potter...» disse l'incappucciato al centro cessando lentamente di ridere «...e io che pensavo di dover radere al suolo questa bella casetta, per scovarti!»
Harry conosceva bene il possessore di quella voce così autoritaria e spocchiosa.
«Come vedi non ce ne sarà bisogno caro Lucius! E poi è cattiva educazione radere al suolo le case altrui non te l'hanno mai insegnato?» gli rispose di rimando il ragazzo.
«Ma quanta voglia di scherzare che abbiamo stasera, eh Potter?»
«Beh, sai com'è: ho appena ricevuto i risultati degli esami e non sono andato affatto male! E il buon Draco come si è comportato?»
Un'altra risata isterica scosse i tre individui.
«Potter. Non è che negli ultimi mesi sei uscito di senno?»
«Beh potrei farvi la stessa domanda!» esclamò il ragazzo con un tranquillità quasi indisponente.
«E perché mai?» domandò il Mangiamorte ricomponendosi.
«Non deve essere stato un granché evadere da Azkaban con l'aiuto dei Dissennatori.»
Le risate dei tre scemarono definitivamente ma il ragazzo proseguì:
«Ironia della sorte da carcerieri sono diventati i vostri salvatori.»
L'aria si caricò di nuovo di tensione.
«Dove vuoi arrivare Potter?» gli chiese Lucius con tono gelido.
«Da nessuna parte.» rispose Harry impassibile «Dico solo che se al vostro padrone la vicinanza di quegli esseri fa piacere non credo che la stessa cosa valga anche per voi. In fondo siete sempre esseri umani. Dio! Non riesco neanche ad immaginare cosa voglia dire passare le giornate in loro compagnia.»
Harry notò un brivido percorrere il corpo dei tre individui. Sperò di non aver calcato troppo la mano.
«Piantiamola con queste smancerie!» inveì il capo «Coraggio Potter, lo sai perché siamo qui! Decidi tu: puoi rendere le cose facili facendo tutto quello che ti diciamo o renderle molto facili se decidi di ribellarti. Personalmente preferirei la seconda!»
La situazione stava già prendendo una brutta piega.
Devo guadagnare tempo. Devo guadagnare tempo. Devo guadagnare tempo.
Harry continuava a ripetersi questa frase nella testa.
«Lo so perché siete qui.» disse rivolto al terzetto «Volete portarmi da Lui. Quello che non mi spiego è COME ci siate riusciti. Come avete fatto a trovarmi? Credevo che Silente avesse coperto bene le mie tracce. Un momento! Fatemi indovinare: avete seguito l'uccello con le lettere!»
«Molto arguto.» convenne Malfoy tagliente.
«Grazie. Ma perché non mi presenti anche i tuoi amici Lucius.»
Il Mangiamorte parve soppesare a lungo le ultime parole del ragazzo.
«Potter non è che per caso stai prendendo tempo per attuare un qualche stupido piano?»
Harry si sentì mancare. Non rispose subito ma quando lo fece riuscì a non far trasparire il timore che in realtà lo attanagliava.
«Mio caro Lucius che piano vuoi che abbia attuato? Non vedi che sono solo?»
«Per l'appunto! Dove sono Weasley e la Mezzosangue? Abbiamo un conto in sospeso con loro esattamente come lo abbiamo con te.»
Lo stomaco del ragazzo si contorse.
«Vedi, se i nostri ordini sono di portarti incolume al cospetto del nostro signore, cosa ci impedisce di divertirci un po’ con i tuoi amici?»
Malfoy fece una pausa prima di calcare la mano.
«Ad esempio: non mi dispiacerebbe togliermi qualche voglia con quella puttanella della Granger. Prima di ammazzarla s'intende! Converrai con me che non è niente male per essere una lurida figlia di babbani. Non sei d'accordo Potter?»
Il Mangiamorte rimase immobile, attento ad osservare ogni minima reazione del ragazzo a quella provocazione. Da parte sua: Harry si limitò ad estrarre dalle tasche le mani. Le sue mani: tutte le armi e tutte le maledizioni oscure esistenti sulla faccia della terra non sarebbero state altrettanto efficaci in quel momento se avesse voluto uccidere Lucius Malfoy. Il timore che fino a poco fa lo opprimeva, quelle frasi l'avevano saputo trasformare in un'ira così pura e dirompente che dovette sostenere uno sforzo a dir poco disumano per non saltare al collo di quell'uomo. Tuttavia non si permise di rovinare tutto e con profonda delusione dei Mangiamorte reagì alla provocazione con un semplice:
«Non sono d'accordo Lucius!»

Nel frattempo Hermione e Ron eseguivano alla lettera il piano. La ragazza non esitò a montare sulla scopa davanti al rosso: la paura del volo era l'ultima cosa di cui preoccuparsi ora. I due uscirono dalla finestra sul retro, presero quota e scavalcarono la casa passando sopra le teste dei Mangiamorte e di Harry. Non persero tempo: sorvolarono velocemente il perimetro della proprietà finche non scorsero i corpi di due individui, nascosti dietro ad alcuni bidoni dell'immondizia. Atterrarono e presero a scuotere e schiaffeggiare il viso dei due Auror. Uno aveva una vasta echimosi sullo zigomo destro, mentre l'altro perdeva sangue dal labbro inferiore. Nessuno di loro tuttavia era morto o faceva pensare al peggio. I due ragazzi non potevano gridare aiuto altrimenti avrebbero attirato l'attenzione dei Mangiamorte così Hermione prese a sondare la propria mente alla ricerca di un qualche incantesimo che si potesse rivelare utile in quella situazione. Ad un tratto, si ricordò della fine del terzo anno: erano tutti e tre in infermeria prima di usare il Giratempo e stava osservato Madama Chips eseguire un basilare incantesimo di rianimazione su Harry, stordito dall'attacco dei Dissennatori. Ovviamente Hermione non era sicura che la cosa funzionasse. I due Auror erano vittime di Schiantesimi, non di Dissennatori. Tuttavia doveva tentare. Cercò di riportare alla mente meglio che poteva il movimento della bacchetta e la pronuncia esatta della formula dopodiché, eseguì l'incantesimo sull'Auror che sembrava messo meglio:
«Corpus Innerva.»
Come previsto dalla punta della bacchetta cominciò a fuoriuscire un bianco spruzzo nebuloso che la ragazza diresse sul torace dell'uomo proprio come aveva visto fare dall'infermiera un paio di anni prima. Un fremito percorse tutto il corpo dell'Auror che terminato l'incantesimo emise un gemito di dolore: si era ripreso dallo svenimento. I due ragazzi lo sollevarono e cercarono di farlo tornare in se. Appena questo riacquistò sufficiente lucidità si fece spiegare la situazione. Ron lasciò parlare Hermione.
«I tre Mangiamorte che vi hanno aggredito sono in giardino. Harry li sta distraendo in attesa di aiuto. Dovete fare qualcosa e dovete farlo adesso...»
L'Auror comprese.
«Devo chiamare dei rinforzi ma non posso smaterializzarmi quì: se ne accorgerebbero. Dovete trasportarmi in un luogo più distante.»
Ron non attese un istante. Inforcò la Firebolt e più che caricare l'Auror lo investì, portandolo in cinque secondi a tre isolati di distanza. L'uomo scese dal manico di scopa e con il solito rumoroso crac sparì. Tornato dalla ragazza il rosso sbirciò da sopra la siepe e vide i tre Mangiamorte ancora impegnati nella conversazione.
«Senti: non ce la faccio a lasciarlo da solo in compagnia di quei bastardi. Io mi avvicino e se prima dell'arrivo dei rinforzi cercano di portarlo via, gli darò una mano a resistere.»
«Vengo anch'io.» disse la ragazza.
«D'accordo! Allora: possiamo arrivare alle loro spalle e prenderli di sorpresa se ci spostiamo tra gli alberi del giardino senza far rumore.»
Hermione fece un cenno di assenso.

I due varcarono il cancello e presero a strisciare carponi sull'erba del prato attenti a non provocare il minimo rumore. Le frasi divennero sempre più chiare man mano che si avvicinavano al gruppo. Quando si fermarono nascosti dietro al tronco del salice, poco più di cinque metri li separavano dai tre Mangiamorte.
«Non sono d'accordo Lucius!» fu la prima frase che riuscirono a carpire chiaramente, e con sollievo era stato Harry a pronunciarla.
«Ne ho abbastanza di questa conversazione. Vieni qui Potter. Subito!»
Malfoy protese un braccio verso il ragazzo che restò immobile.
«Hai sentito quello che ti ho detto stupido ragazzino?»
Gli animi si stavano scaldando. Ron percepì che tra poco sarebbe giunto il momento di agire. Seguito da Hermione uscì dal nascondiglio e con la bacchetta levata si avvicinò ai tre incappucciati. Fece segno alla ragazza di occuparsi di quello più alla destra di Lucius mentre lui si sarebbe lavorato gli altri due. Ora si trovavano a non più di tre metri esattamente dietro le spalle dei Mangiamorte: il bersaglio era pressoché perfetto. Harry, nel momento in cui vide i due amici sbucare da dietro l'albero fu preso dal panico. Lo sforzo che fece per non darlo a vedere gli impedì di pensare alcunché. Se esisteva un modo per portare la situazione a loro vantaggio lui era troppo agitato per vederlo. Ad un tratto, constatando che il ragazzo non accennava ad ubbidire al suo ordine, Malfoy levò la bacchetta e con un sorriso malefico ghignò:
«Come vuoi!» e si apprestò a recitare l'anatema del dolore.
Era giunto il momento di agire: Ron levò la bacchetta a sua volta, pronto a schiantare Malfoy. L'avrebbe senz'altro centrato in pieno se qualcosa non fosse andato storto: il ragazzo posò inavvertitamente il piede su un ramo del salice, spezzandolo. Lo scricchiolio e il successivo rumore secco, attirarono immediatamente l'attenzione dei tre Mangiamorte.
Ron tentò comunque lo schiantesimo:
«Expellarmus»
I Mangiamorte schivarono, e quello alla sinistra di Malfoy contrattaccò all'istante con la stessa moneta. Un fascio di luce rossa colpì la bacchetta di Ron che volò via, andando ad impigliarsi tra i rami dell'albero, lasciandolo disarmato e completamente allo scoperto. L'incantesimo di Hermione invece andò a segno: centrò in pieno il Mangiamorte alla destra di Lucius. Sfortunatamente però, la ragazza non aveva considerato il fatto che Harry si trovava sulla traiettoria. Costretto a schivare il corpo catapultato verso di lui il ragazzo si vide sfumare l'occasione di aggredire Malfoy che non restò con le mani in mano.
«Expelliarmus»
In un baleno la bacchetta di Hermione prese il volo lasciando anche lei allo scoperto.
«Ora capisco che cosa avevi in mente Potter.» biascicò eccitato il Mangiamorte tenendo la bacchetta puntata contro la ragazza.
«Volevi fregarci.»
Poi, senza distogliere lo sguardo da lei aggiunse: «Macnair guarda come sta quell'idiota di Tiger!»
Tenendo sotto tiro Ron ed Harry il secondo Mangiamorte si avvicinò al caduto. Chinatosi su di lui prese a schiaffeggiarlo e questo pian piano parve riacquistare conoscenza.
«E' a posto.» rispose Macnair.
«Bene bene e ora come la mettiamo, eh?»
Malfoy era raggiante.
«Weasley avvicinati a Potter. Macnair, se il rosso si muove mandalo all'altro mondo. Se invece è Potter a muovere un passo fagli provare il solletico della Cruciatus.»
Poi, avvicinandosi ad Hermione il Mangiamorte aggiunse:
«Quanto a te, lurida Mezzosangue...»
Harry provò un tuffo al cuore.
«Sfiorala solo con un dito Malfoy, e ti assicuro che non ci sarà maledizione senza perdono che mi potrà impedire di ucciderti con le mie mani.»
Il furore che traspariva dagli occhi del ragazzo pareva dovesse squarciare la notte.
«Se la metti in questo modo...»
La voce strascicata di Malfoy era a dir poco insopportabile.
«Macnair ho cambiato idea: se Potter muove un passo uccidi comunque il rosso.»
Divertito, il Mangiamorte si voltò verso il ragazzo. Harry era disperato, si trovava nell'impossibilità di fare qualsiasi cosa. Guardò Malfoy avvicinarsi ulteriormente alla ragazza. Hermione, pietrificata dal terrore non riusciva a muovere un muscolo. Quando l'uomo fu ad un passo da lei chiuse gli occhi. Non ce la faceva a guardare quella maschera di pura perversione e malvagità. Un brivido glaciale la percorse da capo a piedi quando sentì la fredda mano di lui sfiorarle la guancia, il collo, e scendere giù lungo il fianco. Ad un tratto, Malfoy le cinse la schiena e la trasse a se con violenza. Hermione gemette di paura e dolore. Udito il lamento, Harry accennò a muoversi ma la bacchetta del Mangiamorte levata sul suo amico Ron lo bloccò. Si sentiva morire. Le unghie piantate nel palmo della mano gli stavano lacerando le carni ma lui non parve accorgersene.
«Dunque Potter, vediamo un po' come è messa sotto la tua amichetta.»
Malfoy afferrò al collo Hermione, con forza. I lamenti e le lacrime della ragazza che laceravano l'anima di Harry parvero solo eccitarlo ulteriormente. Improvvisamente le afferrò il colletto dalla maglia, rivolse ad Harry un sorriso diabolico e si preparò allo strattone. A quel punto Harry provò il tutto per tutto: con uno scatto si interpose tra Ron e Macnair impedendo a quest'ultimo di lanciare l'Avada Kedavra. Harry sfruttò quegli attimi di esitazione per scagliarsi con tutte le sue forze contro il Mangiamorte.
«Crucio»
Macnair fece in tempo a evocare la maledizione del dolore. Tuttavia, accecato dall'ira e lanciato nella corsa, il ragazzo non si permise di strammazzare a terra da solo: percorse gli ultimi due metri con la sensazione di un centinaio di coltelli roventi che gli laceravano le carni prima di travolgere il Mangiamorte. Rovinarono tutti e due a terra, ma la maledizione si era interrotta. Purtroppo Ron, non comprese immediatamente il piano: mentre Harry si occupava di Macnair lui avrebbe dovuto scagliarsi su Malfoy senza un attimo di esitazione. Non fu così. Ron indugiò per quei pochi istanti che ormai lo sapeva, si sarebbero rivelati fatali. Non fece in tempo a fare due passi che Malfoy gettò a terra Hermione e si girò verso di lui con la bacchetta levata.
«Potter» disse il Mangiamorte con un ghigno rivoltante «Di addio al tuo caro amico Weasley!»
«Nooo»
Ron chiuse gli occhi mentre il grido di Harry ed Hermione colmava il silenzio della notte. Abbozzò un lieve sorriso carico di amarezza e si preparò ad essere investito dal mortale fascio di luce verde.
«Avada Keda...»
Ma proprio in quel momento, quando ogni speranza sembrava svanita ecco che qualcosa impedì al Mangiamorte di terminare la formula: un'ondata di tiepida luce giallo oro, accompagnata da una potente vibrazione d'aria. Accecati, i tre ragazzi si sentirono come percorsi da una forte scarica elettrica che tuttavia non provocò dolore. Quando riaprirono gli occhi, Macnair e Malfoy erano stesi a terra, privi di conoscenza. Alzarono lo sguardo sulla fonte di quell'incantesimo; sul loro salvatore: un uomo alto, anziano, con una lunga veste stravagante ed un paio di occhiali a mezzaluna dietro la quale svettavano due vispi occhi azzurri.

*      *      *

Ora sapete perché ho associato la categoria Azione alla mia ff. Non vi dico quanto ci ho messo a scrivere questo capitolo! E' stata dura ma anche appagante.

Hepona: Certo che ho letto i libri di Anne Rice e proprio come la tua amica anch'io adoro il personaggio di Lestat.

Elizabeth Potter: Diciamocelo chiaro e tondo: il capitolo precedente non è un granché (il peggiore di tutta la ff secondo il sottoscritto). Tuttavia l'ho ritenuto comunque necessario, per diverse ragioni; soprattutto per introdurre le vicende che hai appena letto, che spero ti abbiano appassionato. Per quanto riguarda il romanticismo: mi dispiace che tu ne senta la mancanza. Effettivamente finora non è stato dato molto spazio a questo aspetto. Finora...

Sanzina: Allora che ne pensi dell'entrata in scena del buon vecchio Lucius! Spero che non se la sia presa più di tanto. Fagli le mie più sentite scuse per avergli rovinato i piani.

Bene. Siamo giunti oltre la metà di questa ff. In cinque capitoli ho ricevuto più di trenta recensioni e il mio lavoro finora è stato giudicato con ben quattro stellette. Non mi aspettavo tanto apprezzamento. Vi sono infinitamente grato. A tutte quante voi ragazze: VI VOGLIO BENE!

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Capitolo 7
*** Cambio di programma ***


Negli occhi e nella voce - Cambio di programma

Capitolo 7/10

«Silente» esclamarono increduli i tre ragazzi.
Dietro al capo dell'Ordine della Fenice stavano Remus Lupin, Alastor Moody, Ninfadora Tonks, e Kingsley Shakelbot. Harry fece fatica a levarsi in piedi. La tensione accumulata gli irrigidiva ancora le membra. Scostò in malo modo il corpo di Macnair, mezzo riverso sopra di lui, e lanciò un'occhiata all'amico Ron: voleva accertarsi una volta per tutte che questi fosse ancora vivo. Il rosso, anche se comprensibilmente scosso era in perfetta forma, così Harry corse da Hermione.
«Come stai?» gli chiese apprensivo.
«Sto bene, non ti preoccupare!» rispose la ragazza facendosi aiutare a sollevarsi.
A parte due piccoli lividi ai lati del collo, Hermione era effettivamente a posto. Alla vista del corpo di Malfoy steso a terra ansimante, gli occhi di Harry si infiammarono. Gli sferrò un calcio tremendo nel costato alla quale ne seguirono presto altri due.
«Brutto figlio di puttana...» sibilò in preda all'ira.
Fece in tempo a chinarsi e sfilare il cappuccio dalla testa del Mangiamorte prima che la ragazza lo interrompesse.
«Harry, no.»
Hermione afferrò il braccio di lui un secondo prima che partisse con una raffica di pugni, che visto lo stato d'animo del ragazzo, avrebbe senz'altro reso Malfoy irriconoscibile persino al figlio Draco. Harry si costrinse a distogliere lo sguardo da quell'orribile essere e fece un lungo respiro nel tentativo di smaltire l'over-dose di collera di cui si sentiva pervaso.
«Grazie a Dio siete arrivati!» sbottò Ron rivolto agli Auror. «Quel gran figlio di puttana stava per farmi fuori!»
«Ho notato mio caro Weasley!» gli rispose Silente con un espressione di leggero rimprovero mista a divertimento.
Ron assunse il solito colorito semaforico.
«Mi scusi signor Preside!»
«Oh non importa Ronald. Qui non sei a scuola!»
«State bene?» chiese Lupin rivolto a tutti e tre.
«Si.» rispose Harry che pian pianino cominciava a calmarsi. «Siete arrivati giusti in tempo.»
Il ragazzo si rivolse al vecchio Preside. L'ultima volta che gli aveva parlato risaliva a due mesi prima, durante quella terribile sfuriata che aveva fatto nel suo ufficio. Si sentiva tremendamente in imbarazzo, tuttavia sostenne la potenza di quegli occhi azzurri, profondi come il mare e riuscì a proferire un sincero:
«Grazie»
Silente gli si avvicinò e con un affettuoso sorriso gli poggiò la lunga mano sulla spalla. Se tra i due c'era mai stata qualche riserva in quel momento cessò di esistere. Harry era consapevole dell'affetto che quell'uomo anziano provava nei suoi confronti. Un affetto simile a quello di un nonno verso un nipote. Un affetto che non poteva non ricambiare.

Lupin fornì al trio un'esaustiva spiegazione sulla dinamica del salvataggio. Fortuna volle che Silente fosse presente al quartier generale quando l'Auror di guardia vi giunse. Radunati i membri dell'ordine l'anziano preside si materializzò nei pressi di casa Granger, e attese il momento giusto per agire, sfruttando l'effetto sorpresa.
«Tutto è bene quel che finisce bene!» concluse il buon Remus.
I tre ragazzi si sentivano decisamente meglio.
«Ora che ne farete di questi tre?» chiese Ron al preside indicando Malfoy e compagni.
«Oh, sono certo che troveremo una sistemazione adeguata.» rispose l'anziano e rivolgendosi a Moody aggiunse con una nota di ironia:
«Non è forse così Alastor?»
L'Auror roteo l'occhio magico soddisfatto, prima di ghignare:
«Ci può scommettere capo!»
«E noi nel frattempo che facciamo?» domandò eccitato il rosso.
«Fate i bagagli e ve andate di qui stanotte stessa!» rispose l'ex-professore.
I tre ragazzi non furono sorpresi della notizia.
«Sono d'accordo!» disse Ron, che domandò:
«Dove andiamo? A casa mia?»
«Casa tua è troppo conosciuta Ronald, sarà senza dubbio sorvegliata. No; trascorrerete a Diagon Alley i giorni che mancano alla partenza dell'espresso per Hogwarts.»
«Cosa? Diagon Alley? Ma è pieno di gente quel posto!»
Ron aveva appena espresso ad alta voce quello che anche Hermione ed Harry pensavano in quel momento.
«Per l'appunto!» spiegò Remus.
«I Mangiamorte non oserebbero mettervi piede.»
I tre ragazzi si scrutarono a vicenda, dubbiosi.
«In più, è l'ultimo posto dove si aspetterebbero di trovarvi.» aggiunse l'Auror.
Per alcuni secondi il trio riflette. In effetti non sembrava una cattiva idea; Anzi!
«Ok» disse Harry parlando anche per gli altri due. Lupin sorrise a tutti e tre prima di proseguire.
«Vi affitteremo delle stanze al Paiolo Magico, e a patto che stiate sempre uniti, durante il giorno potrete anche uscire dalla locanda per fare acquisti e procurarvi il materiale necessario per il prossimo anno scolastico.»
Poi rivolgendosi a Tonks e Kingsley continuò:
«Tonks e Kingsley vi sorveglieranno a turno e non vi perderanno di vista nemmeno per un secondo.»
I due Auror ammiccarono, coscienziosi della serietà dell'incarico.
«Chi sarà a conoscenza di tutto ciò?» chiese Harry.
«Solo le persone che vedi qui! A tale proposito mi occuperò anche di dirottare tutta la vostra posta. Vi farò pervenire comunque lo stretto necessario.»
«Bene» soggiunse il moro.
«Coraggio ragazzi, andate a fare a bagagli.» concluse Lupin e rivolgendosi alla Metamorfomagus aggiunse:
«Tonks da loro una mano!»

Quando i tre ragazzi e Tonks si ripresentarono in giardino, Silente, Moody e i Mangiamorte erano spariti.
«Dove sono andati?» chiese Ron.
«Silente e Malocchio stanno provvedendo a rinchiudere quei tre in un posto sicuro!» rispose Lupin.
«Ehi, ma quella è la mia scopa!» esclamò il rosso quando vide la propria Tornado poggiata a terra ai piedi dell'Auror.
«Oh si, scusami! Mentre ti preparavi sono andato a recuperarla assieme alle nostre scope! Più che altro volevo avvertire Molly e Arthur che...»
Proprio in quel momento, l'auto dei signori Granger varcò la soglia del portone. Hermione tirò un sospiro di sollievo. Non voleva andarsene così di punto in bianco senza salutarli. Saggiamente, la ragazza andò incontro ai genitori e attirò la loro attenzione prima che questi notassero gli ospiti. Harry e Ron la seguirono per darle manforte.
«Hermione! Ragazzi! E' l'una di notte. Che ci fate in piedi a quest'ora?» esordì la signora Granger alquanto colpita.
«Mamma. Papa. Potete seguirmi in giardino? Devo presentarvi alcune persone.»

Spiegare la situazione non fu un'impresa facile. Hermione non voleva far venire un colpo a sua madre così riuscì abilmente a driblare la vicenda dell'attacco dei Mangiamorte. Per quanto riguardava i tre Auror: la ragazza aveva già parlato ai genitori dell'ex-professor R.J. Lupin: uno degli insegnanti più in gamba che avesse mai avuto. Alla fine la gentilezza di Remus ebbe la meglio sulla diffidenza dei due coniugi. Diffidenza alquanto comprensibile vista la situazione. Marito e moglie parvero comprendere ma prima di lasciar andare via la figlia, Robert volle scambiare due parole a quattrocchi con Harry. Si allontanarono di qualche passo e una volta soli l'uomo si rivolse al ragazzo:
«Harry, io non conosco quelle persone. Conosco te. So che sei un ragazzo in gamba e che tieni molto a mia figlia. Siccome avete poco tempo non ti chiederò che cosa vi sia successo in realtà questa notte. Mi basta sapere una cosa: posso fidarmi a lasciarvi andar via con loro?» concluse lanciando un'occhiata ai tre Auror.
Harry rimase colpito dalla perspicacia di Robert ma soprattutto dalla considerazione che egli aveva nei suoi confronti. Non voleva tradire quella fiducia.
«Robert, ti basti sapere che se in questo momento tua figlia è qui e sta bene, il merito è di quelle persone.»
Il signor Granger non riuscì a nascondere un moto di apprensione. Proprio come pensava: Hermione non aveva raccontato tutta la storia. La situazione in realtà era decisamente più critica.
«Capisco.» esalò con un filo di voce rivolto alla figlia.
«A quanto pare anche nel vostro mondo le cose non vanno per il verso giusto.» aggiunse preoccupato.
Harry non comprese immediatamente il motivo della profonda angoscia che impregnava quelle poche e semplici parole. Tuttavia quando lo fece realizzò che le cose stavano proprio così! Lui ed Hermione appartenevano ad un altro mondo. Un mondo popolato da maghi e streghe dove non c'era posto per un babbano come Robert. In poche parole: la consapevolezza di non essere in grado di proteggere una figlia doveva pesare come un macigno sull'animo di un padre. Ebbene: se ne sarebbe occupato lui.
«Farò di tutto per proteggerla, Robert.» gli disse con il cuore in mano. «Te lo giuro!»
L'uomo scrutò gli occhi del ragazzo e rimase sorpreso. Apparteneva veramente ad un sedicenne quello sguardo? Con l'animo un po’ più leggero Robert tese la mano ad Harry. I due si scambiarono una stretta carica di fiducia prima di ritornare verso il gruppo.

Robert e Johanna avrebbero rivisto la figlia una settimana dopo a King's Cross, prima della partenza dell'espresso per Hogwarts. Con questa consolazione salutarono lei e il resto della comitiva prima di farsi da parte.
«Bene, procediamo!» incitò Lupin.
«Tonks, occupati del baule e della gabbia di Harry. Kingsley tu prendi le sacche di Ronald. Io invece mi occuperò della gabbia e delle valigie di Hermione.»
Lupin si avvicinò alla ragazza per prendere in consegna i fardelli quando notò che era senza scopa.
«Hermione dov'è il tuo manico si scopa!»
Harry credette di vedere le gote di lei arrossire nell'oscurità. La moretta non rispose immediatamente ma quando lo fece, la sua voce era gonfia di orgoglio:
«Non so volare!».
Lupin rimase interdetto: non se l'aspettava questa evenienza. Ron immaginò l'ex-professore rimproverare aspramente la ragazza come se si discutesse di un'importante materia scolastica. In effetti, il volo era una delle pochissime discipline per la quale Hermione Granger era totalmente negata. Cosa che Ron non era mai riuscito a metabolizzare.
«Oh beh in questo caso...»
Lupin stava riflettendo sul modo migliore di risolvere la cosa ma venne interrotto da Harry:
«Ci penso io!»
Il ragazzo inforcò la sua Firebolt e con un armonioso volteggio si portò al fianco di lei.
«Harry sei sicuro di riuscire a portarla.» chiese l'Auror dubbioso.
«Non preoccuparti Remus, questa è una Firebolt!»
Detto ciò, Harry offrì il proprio braccio alla ragazza.
Hermione fissò con angoscia la scopa del moro.
«Ehi, calmati! Non ti lascerò cadere.» disse lui, rivolgendole uno sguardo dolce e rassicurante.
L'angoscia e la paura parvero venir risucchiate da quegli occhi verdi. Hermione, rilassata e fiduciosa afferrò la mano di Harry e si sedette davanti a lui, come sulla canna di una bicicletta. Il ragazzo afferrò il manico di scopa con tutte e due le mani cingendole la schiena e il ventre. Prima di levarsi dal suolo si chinò leggermente in avanti permettendole di aggrapparsi alle sue spalle.
«Andiamo.» ordinò Lupin e la comitiva prese quota.
Si fermarono un paio di centinaia di metri dal suolo.
«Allora, mancano poco più di tre ore al sorgere del sole e Londra dista circa duecento kilometri. Dobbiamo viaggiare veloci. Voleremo in fila indiana, sfruttando la scia di chi ci precede. Ogni due minuti ci daremo il cambio in testa alla colonna. Forza, non perdiamo tempo!»
La compagnia si mise in formazione e ordinata e sicura, si lanciò in direzione di Londra.

*      *      *

Anche questo può essere considerato un capitolo di transizione. Ciò non toglie che a me piaccia molto in quanto sono tornato ad un stile simile a quello dei primi capitoli, dando più spazio a sentimenti e sensazioni. Spero che anche a voi sia piaciuto e che vi abbia incuriosito sul proseguo della storia.

Sanzina: Come sarebbe a dire che vai a Nizza con la scuola? Per una settimana, tra l'altro! Ma se l'anno scolastico è appena cominciato! Scherzi a parte: non mi resta che farti i complimenti per aver scelto una così bella scuola e soprattutto augurarti tanto divertimento.

Elizabeth Potter: Spero di averti un po' sollevata con questo capitolo. Lungi dal definirlo romantico, per carità! Tuttavia mi prostro ai tuoi piedi e ti supplico di portare ancora un po' di pazienza. Che un fulmine bruci il mio hard-disk se non ti soddisferò!

Yaya: No, non sono affatto stufo di sentirmi dire che sono bravo. Modestia a parte, mi compiaccio che ti abbia colpito positivamente la tensione aleggiante nella tranquilla e serena casa Granger. Per quanto riguarda il buon Ron: non sai quanto hai ragione: merita una possibilità di riscattarsi. E infatti l'avrà. Eccome se l'avrà!

Angi: Sono contento che ti piaccia la mia ff ma soprattutto ho apprezzato il fatto che tu non la ritenga affrettata. Come ho già detto in precedenza questa ff era già finita ancora prima di postare il primo capitolo. Adesso mi stò solo limitando a piccoli aggiustamenti e migliorie varie. Il lasso di tempo in cui si svolge il tutto è relativamente breve proprio per poter ben sviluppare i contenuti.

Fenice, Senda, Nemesy assieme a Angi: Quattro nuove lettrici che non mi aspettavo di dover ringraziare a questo punto della storia. Beh, grazie infinite dei complimenti. Se avete voglia, continuate a seguirmi. Tanto ormai mancano solo tre capitoli alla fine!

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Capitolo 8
*** Una settimana a Diagon Alley ***


Negli occhi e nella voce - Una settimana a Diagon Alley

Capitolo 8/10

Ogni tanto, durante il viaggio, Harry si sincerava delle condizioni della sua passeggera. Hermione impiegò una decina di minuti ad abituarsi alla situazione, dopodiché, si permise di staccare il viso dalla spalla di Harry per dare una sbirciatina. Sotto di loro, case e lampioni sfrecciavano ad una velocità considerevole: circa settanta kilometri orari intuì correttamente la ragazza. Harry non poteva permettersi più di tanto di osservare il panorama. Doveva controllare costantemente la traiettoria e la velocità della sua Firebolt per restare nella scia e non urtare i compagni.
«Ti stai divertendo?» le chiese, notandola mentre scrutava in basso.
Hermione gli rispose indicando un vasto specchio d'acqua sulla cui superficie si rifletteva giocosa la luna.
«Quello laggiù è il lago Hoot. Ti ricordi la gita con i miei, pochi giorni dopo che sei arrivato?»
Dalla voce della ragazza non traspariva più alcun timore.
«Certo!» rispose lui. «E' stata una giornata stupenda.»
La serenità forzata con cui Harry pronunciò quelle parole avrebbe ingannato chiunque, ma non lei. Non la ragazza seduta dinanzi a lui. Hermione alzò lo sguardo sul suo viso. Accortosene, Harry incollò gli occhi alla schiena di Ron, cercando di rimanere impassibile, e tuttavia consapevole della perfetta inutilità di quell'atteggiamento. Non ci sarebbero mai state maschere o toni di voce abbastanza convincenti da poter celare i suoi veri stati d'animo. Non a quegli occhi: gli unici che ormai sapeva essere perfettamente in grado di vedere oltre tutto ciò. Ovviamente quello non era il contesto più adatto per intraprendere una discussione, tuttavia Hermione decise di affrontare subito la faccenda. Conosceva la tendenza di Harry a rimuginare sulle disgrazie proprie ed altrui giungendo irrimediabilmente ad addossarsi tutte le responsabilità del caso. Ebbene, non avrebbe più permesso che ciò accadesse. Non avrebbe più permesso a quel ragazzo di ridursi a come lo aveva trovato qualche settimana prima, il giorno del suo compleanno.
«Harry che c'è?» gli chiese, cercando di non farsi sentire dagli altri compagni di viaggio.
La sfinge nella quale Harry aveva appena cercato di trasformarsi crollò miseramente, come scossa da un violento terremoto. Fu questo l'effetto della dolce fermezza con cui Hermione si rivolse a lui.
«E' successo di nuovo!» mormorò con tristezza. «Di nuovo avete rischiato la vostra vita a causa mia!»
Come pensavo! constatò la ragazza, che dopo una breve pausa di riflessione decise di arrivare subito al nocciolo della questione.
«Harry devi smetterla di affliggerti con questi pensieri!» gli disse con decisione. «Quello che stanotte è successo a me e a Ron non è stata colpa tua!»
Il ragazzo non si degnò ancora di guardarla. Tuttavia quello che lei aveva appena detto lo lasciò incredulo e anche leggermente incollerito.
«Hermione si può sapere che diavolo stai dicendo? Voi due mi avete aiutato a combattere quei Mangiamorte. Di chi vuoi che sia la colpa se stanotte avete rischiato di...»
Ma la ragazza non lo lasciò proseguire.
«Vedi: è proprio quì che ti sbagli!»
Harry non sapeva più cosa dire. Era sinceramente incapace di comprendere e tanto meno accettare quello che Hermione gli stava dicendo. La ragazza ovviamente se ne accorse.
«Harry, c'è una cosa che devi cercare capire. Se in tutti questi anni io e Ron siamo stati al tuo fianco, rischiando la nostra vita assieme alla tua, lo abbiamo fatto di nostra spontanea volontà. E' stata una nostra scelta, perciò devi smetterla di sentirti responsabile nei nostri confronti.»
Il ragazzo tentò di interromperla, ma senza successo.
«Siamo stati noi che abbiamo voluto aiutarti a trovare la Pietra Filosofale, ad arrivare alla Camera dei Segreti, a salvare Sirius, ad accompagnarti all'Ufficio Misteri e a trovare una via di scampo questa notte. Ogni volta abbiamo rischiato la vita, è vero, ma ciò non toglie che è stata una nostra scelta.»
Harry aveva intenzione di ribattere immediatamente a questa affermazione, invece, si ritrovò a soppesarla. Non aveva mai visto le cose da questo punto di vista. L'espressione contratta con cui persisteva a fissare la schiena di Ron si rilassò per lasciare il posto ad una commossa rassegnazione. Finalmente si degnò di osservare Hermione.
«Perché continuate a starmi vicino? Perché non mi avete mollato a metà del primo anno?» le chiese accorato.
L'unica risposta che quella sciocca domanda meritava giunse accompagnata da uno dei sorrisi più affettuosi di cui la ragazza era capace.
«Perché ti vogliamo bene!»
Harry la fissò di nuovo. I brividi che gli percorrevano la schiena a causa del freddo vento notturno cessarono di colpo. Sentiva quelle parole riscaldarlo sia nell'animo che nel corpo, liberandolo da tutti i pensieri e le angosce che incatenavano il suo cuore. Sorrise anch'egli alla ragazza cercando di trasmetterle il più possibile dell'enorme affetto che provava per loro: le due persone che più aveva care al mondo: la sua famiglia: Hermione Granger e Ronald Weasley.

Il cielo cominciava a schiarirsi quando la compagnia giunse finalmente sopra alla locanda. Atterrarono nel vicolo accanto senza destare l'attenzione di nessuno e rimasero lì, in attesa del ritorno di Lupin, che nel frattempo organizzava il da farsi con Tom: l'oste e il proprietario del Paiolo Magico. Remus ottenne di far entrare i ragazzi dalla porta di servizio. La sala grande infatti non era vuota: c'erano quattro sconosciuti che bevevano e fumavano.
«La prudenza non è mai troppa.» disse l'Auror al trio mentre salivano le scale.
«Eccoci qua!» esclamò l'albergatore una volta giunti a destinazione.
Si trovavano all'ultimo piano dell'edificio in un'ala isolata dove c'erano solo quattro stanze appaiate: tre camere da letto e un bagno. «Sono le stanze migliori della mia locanda!» proseguì allegro l'oste.
Era stato pagato in anticipo e a giudicare dall'umore doveva aver intascato anche qualcosina in più del richiesto. Effettivamente, Harry notò che l'arredamento era decisamente meno spartano rispetto alla stanza in cui aveva alloggiato prima dell'inizio del terzo anno. Le camere vantavano letti più morbidi oltre ad una poltroncina e un piccolo tavolo.
«Bene Tom. Puoi andare.» disse Lupin. «Mi raccomando.»
«Non ti preoccupare Remus. Mi occuperò di loro personalmente.»
Detto ciò l'uomo si ritirò.
I tre ragazzi portarono i bagagli all'interno delle proprie stanze prima di ritornare in corridoio al cospetto dell'Auror.
«Harry, Hermione, Ronald. Avete capito. Non attirate l'attenzione. Uscite solo di giorno e soprattutto restate uniti.»
Il trio annuì.
«Kingsley, Tonks. Li affido a voi. Non perdeteli di vista per nessuna ragione.»
«Fidati di noi Remus!» rispose per tutti e due la Metamorfomagus.
«Devo scappare. Ci vediamo ragazzi.»
Lupin strizzò l'occhio a Harry. Fecero in tempo e rivolgere un saluto all'Auror prima che questi si smaterializzasse.

Tornati nelle proprie stanze i tre si accorsero di essere esausti. Rimandarono la sistemazione, tirarono le tende e si gettarono sul letto. Ron ed Harry non si concessero neanche il tempo di svestirsi. Dormirono indisturbati fino al tardo pomeriggio. Alle diciannove erano tutti e tre indaffarati a disfare i bagagli quando il buon Tom bussò alle loro porte per ritirare gli ordini per la cena. Non avrebbero consumato i pasti nella sala grande come tutti gli ospiti della locanda spiegò loro Tonks. Non nei primi giorni almeno. Quella sera cenarono tutti e tre in camera di Harry. Venne apparecchiato il piccolo tavolo e aggiunte le due poltroncine delle stanze di Ron ed Herm. I due si fermarono a chiacchierare nella stanza dell'amico fino a notte fonda.
«Chissà se parleranno mai della notte scorsa sul Profeta!» esclamò Ron ad un tratto.
«Non saprei!» commentò Hermione. «Certo farebbe comodo al Ministero divulgare questa notizia.»
«E perché mai?» le chiese il rosso.
«Beh è ovvio!» rispose saccente la ragazza. «Dopo l'evasione da Azkaban il Ministero ha bisogno di recuperare credibilità agli occhi della gente comune. Cosa c'è di meglio di tre potenti Mangiamorte di nuovo dietro le sbarre?»
«Hai ragione!» confermò il rosso. «A dirla tutta non mi dispiacerebbe se mettessero anche i nostri nomi nell'articolo.»
E ridacchiando proseguì: «Immaginate la faccia di quell'idiota di Draco Malfoy la prossima volta che ci vedrà!»
La ragazza non perse tempo a stroncarlo: «Mi dispiace per te Ron ma questo è da escludere. Silente non farà il nome di Harry alla stampa. E' già fin troppo famoso. Ci fermerebbero ogni dieci secondi se andassimo a Diagon Alley.»
«Anche stavolta hai ragione!» dovette ammettere il rosso sbuffando.
Mezzanotte era già passata da un pezzo. Hermione nascose un profondo sbadigliò.
«Io me ne vado a letto!» esclamò alzandosi dalla sedia.
Ron la seguì e i tre si infilarono sotto le rispettive lenzuola.

La prima giornata a Londra non poté iniziare in modo migliore. Il sole splendeva alto quando, terminata la colazione, i tre imboccarono Diagon Alley. La lunga via affiancata dai negozi era piacevolmente priva di ressa. Del resto mancava ancora una settimana alla partenza dell'espresso per Hogwarts. In effetti, Harry Herm e Ron sembravano essere gli unici adolescenti nei paraggi. Stavano passando di fronte alla gelateria di Florian Fortebraccio quando notarono un baldacchino piantato in mezzo alla strada che distribuiva copie del Profeta. La gigantografia della prima pagina, sospesa magicamente a un metro e mezzo da terra li fece trasalire.
Catturati tre Mangiamorte! riportava il titolo di testa sotto la quale si trovava una foto animata di Malfoy Macnair e Tiger legati e imbavagliati mentre si dimenavano furenti. Hermione non perse tempo a comprare una copia del giornale, dopodiché, i tre si sedettero su una panchina a ciglio strada e lessero l'articolo tutto di un fiato.
Ron si sentì percorso da un moto d'orgoglio quando arrivò al pezzo: ...tuttavia i principali fautori della cattura sono stati tre studenti di Hogwarts. E' solo grazie al loro coraggioso intervento che gli Auror del Ministero hanno assicurato alla giustizia i pericolosi criminali.
La speranza di veder comparire il proprio nome nell'articolo tuttavia sfumò miseramente nella riga successiva: Per ragioni di sicurezza il ministero si è rifiutato di comunicarci i nomi dei tre studenti.
Terminata la lettura i tre si scambiarono occhiate compiaciute.
«Beccati questo Malfoy.» esclamò il rosso mostrando il dito medio al Mangiamorte legato in copertina.
Ripresero la passeggiata. Arrivati davanti al Ghirigoro, Ron ed Harry si separarono da Hermione per dirigersi nel negozio di fronte: Accessori di prima qualità per il Quidditch. Il resto della giornata trascorse serenamente. Prima di cena i tre ragazzi ricevettero da Kingsley, che nel frattempo aveva sostituito Tonks, la lista del materiale per il prossimo anno. Nei giorni successivi se la presero comoda e non ebbero alcuna difficoltà a procurarsi tutto il necessario. Durante la settimana si trovarono quasi sempre a chiacchierare e studiare seduti fuori dal locale di Florian, proprio come aveva fatto Harry due anni prima. Ron non mancò mai di apprezzare la gentilezza della signora quando si trattava di offrire loro dei gelati.

Il 31 agosto, Diagon Alley era gremita di gente. Gli studenti accalcarono le entrate dei negozi fin dalle prime ore del giorno e il trio incontrò diversi compagni di classe. Ogni volta che qualcuno riconosceva Harry subito si precipitava a stringergli la mano. La cosa non dispiaceva al ragazzo che tuttavia dopo pranzo decise di non uscire dalla locanda. Hermione e Ron rimasero con lui. Il pomeriggio dell'ultimo giorno di vacanza passò tranquillo e verso sera i ragazzi cominciarono a predisporre i bagagli. Prima di cena, Tonks li informò che l'indomani avrebbero dovuto farsi trovare pronti alle 8:00 precise. Ad attenderli fuori dalla locanda: una macchina del ministero che li avrebbe condotti in sicurezza alla stazione. Tom diede il meglio di se nel preparare la cena, che fu ottima. Terminato di mangiare i tre rimasero a confabulare in camera di Harry.
«Domani si ricomincia.» continuava a bofonchiare Hermione osservando pensierosa la partita a scacchi dei due ragazzi.
«Sveglia alle sette?» chiese Harry senza distogliere lo sguardo dal suo alfiere.
«Direi di si.» confermò il Ron.
La superiorità del rosso nel nobile gioco ebbe di nuovo conferma: alle undici precise Ron diede scacco matto.
«E' tardi. Me ne vado a letto.» sbuffò Hermione che alzandosi dalla poltrona aggiunse: «Anche se so che non riuscirò a chiudere occhio!»
Prima di uscire della camera la ragazza articolò un poco convinto «Buonanotte» e richiuse la porta dietro di se.
«Cristo santo!» esclamò subito dopo il buon Ron. «Sembra che stia per giocare l'ultima di campionato.» proseguì costernato, gettandosi sul letto di Harry. «E meno male che siamo al sesto anno. Figurati quando era ancora una marmocchia!» concluse ridacchiando.
Passarono alcuni secondi silenziosi.
«Già!» convenne il moro.
Ron trasalì. Staccò gli occhi dal soffitto e levò il busto per poter osservare meglio l'amico. Harry, abbandonato sulla poltrona stava ancora osservando la porta chiusa. L'espressione dipinta sul suo viso rifletteva perfettamente il tono di voce utilizzato un attimo prima. Ron abbozzò un sorriso.
«Credo che me ne andrò a letto anch'io!» disse saltando giù dal letto.
Raggiunse il tavolino dove stava posata una solitaria bottiglia di Burrobirra, reduce della cena. Ne tracannò il rimasuglio.
«'Notte» bofonchiò pimpante dirigendosi all'uscita della stanza.
Passando di fianco al moro gli scompigliò i capelli: era tanto che non lo faceva. Richiusa la porta dietro di se, Ron non si incamminò immediatamente verso la propria camera. Per un paio di secondi rimase immobile, sul posto, con quello strano abbozzo di sorriso ancora stampato in faccia.
Che stai aspettando Harry?

Quella notte, Ron sembrava essere l'unico a godere di sonni tranquilli. Nella stanza affianco, addormentato, Harry cominciò a sognare Hogwarts. Una successione di flash-back prese ad avvicendarsi nella sua mente, partendo da quelli più vecchi. Purtroppo però, man mano che passavano gli anni i ricordi piacevoli diminuivano sempre di più. Prima della fine del quarto anno, il ragazzo cercò di interrompere il film proiettato dal suo cervello; inutilmente. La morte di Cedric, il ritorno di Voldemort, l'attacco dei Dissennatori, l'inchiesta del Ministero, Dolores Umbridge, Arthur Weasley assalito, le lezioni di Occlumazia con Piton, la fuga di Silente, la notte al Ministero, la morte di Sirius, la Profezia: gli passò tutto davanti agli occhi, inesorabilmente. Se il quinto anno era stato un inferno, cosa gli avrebbe riservato il sesto? Harry non riviveva da giorni la sequenza orribile dei fatti accaduti nell'Ufficio Misteri. Ebbene, quella notte si ripropose beffarda nella sua mente; quasi volesse avvertirlo. Renderlo consapevole che non era finita. Che altre minacce, difficoltà e perdite lo avrebbero atteso al varco. Che il suo conto in sospeso con il destino era ancora aperto. Del resto la Profezia parlava chiaro: la resa dei conti, prima o poi sarebbe arrivata. E dall'esito di questa non sarebbe dipeso il suo futuro. Sarebbe dipeso il futuro del mondo intero. Come sopportare un tale peso? Come affrontare una cosa così grande?

Prima di addormentarsi, Harry non immaginava ciò che la notte aveva in serbo per lui. Il destino, finora così crudele nei suoi confronti, stava per fargli un regalo. Un regalo che avrebbe dato una svolta alla sua vita. Qualcosa di bellissimo, di inestimabile. Nato, guarda caso, proprio da quegli incubi terribili e... ironia della sorte, da una porta socchiusa.

*      *      *

Cos'è che sta per nascere? Cosa sara mai questo bellissimo ed inestimabile regalo? Dai che l'avete capito...
Scerzi a parte mi piacerebbe sapere cosa ne pensate di questo capitolo. Non è stato facile scriverlo a causa del cambio di contesto. Spostare il tutto da Casa Granger al Paiolo Magico/Diagon Alley mi ha fatto un po' dannare.

robin82: Ti ringrazio sinceramente. E' molto bello ricevere complimenti da qualcuno meno giovane di me. Mi hai fatto particolarmente piacere dicendo che do il giusto valore alle cose e che da questo punto di vista sembro la Rowling. Spero che la qualità che finora hai apprezzato non scada nei capitoli finali.

Yaya: Sono contento che ti siano piaciute le parti sentimentali dello scorso capitolo. Non è stato facile scriverle e proprio per questo sono anche quelle che mi danno più soddisfazione. Spero di esserti piaciuto anche in questo lavoro. Per quanto riguarda il rapporto Harry Hermione: nel prossimo capitolo...

Marcycas - the Lady of Darkness: Coincidenza: anch'io ho scoperto da pochi giorni la tua "The Little Scarlet Rose". Non ho ancora inserito un commento solo perché mi stò riportando al passo: ho da poco finito di leggere il sedicesimo capitolo. Ti anticipo in questa sede che il tuo lavoro mi piace un sacco. Sei riuscita ad appassionarmi con un personaggio come Ginny che per qualche motivo mi ha sempre lasciato indifferente. Quindi sono io che devo farti i complimenti. La mia ff non vale una cicca rispetto alla tua. Per quanto riguarda la perplessità che nutri sul come abbia fatto a concludere la storia in soli tre capitoli: spero di non deludere nessuno e tanto meno te.

Angi: Non preoccuparti! Prima della fine il trio avrà modo di scambiare quattro chiacchiere con il buon Draco. Anche se "chiacchiere" forse non è il termine più appropriato.

Elizabeth Potter: Il prossimo capitolo è dedicato a te e sappiamo tutti e due il perché. Cazzo, ho fatto anche la rima!!!

Il prossimo capitolo si intitolerà "Due semplici parole".
Due semplici parole che verranno pronunciate niente popò di meno che dal nostro Harry.
Domanda: quali sono secondo voi queste due semplici parole?

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Capitolo 9
*** Due semplici parole ***


Negli occhi e nella voce - Due semplici parole

Capitolo 9/10

Domani si ricomincia.
La frase rimbalzava incessante nella testa di Hermione, impedendole di prendere sonno. Il binario nove e tre quarti, l'espresso, il castello di Hogwarts, le lezioni, i professori: dopo sei anni questi pensieri bollavano ancora la notte del 31 agosto come una delle più insonni. Da un paio d'ore ormai la ragazza continuava a rigirarsi sotto le lenzuola, incapace di trovare una posizione ideale. Niente da fare! Si alzò dal letto e indossate le pantofole uscì dalla propria stanza per dirigersi al bagno, in fondo al corridoio. Una rinfrescatina le avrebbe dato un po’ di sollievo. Svoltò a destra e quando passò al fianco della stanza di Ron non poté trattenere una leggera smorfia di disgusto. L'esile porta di legno, sebbene chiusa non riusciva a contenere le potenti russa del ragazzo. Hermione non si soffermò ad apprezzare il concerto e raggiunse il bagno. Un paio di minuti dopo stava per rientrare nella propria stanza quando notò che la porta della camera di Harry era socchiusa. Prima non l'aveva notata. Da qualche secondo Ron aveva smesso di russare tuttavia nel corridoio non regnava il silenzio. Hermione si avvicinò alla porta di Harry e accostò l'orecchio allo spiraglio: da esso provenivano piccoli gemiti e lamenti. Un leggero timore si insinuò nell'animo della ragazza. Titubante, afferrò la maniglia e lentamente la spinse. Poco a poco, l'interno della stanza, fiocamente illuminato dai raggi della luna si rivelò ai suoi occhi. Tirò un sospiro di sollievo quando vide che Harry era solo. Per un attimo aveva pensato il peggio, invece il ragazzo stava solo facendo un brutto sogno. Avvicinatasi al letto, Hermione si chinò, inconsapevole di quello che il destino aveva in serbo per lei. Un destino che semplicemente comandò al suo sguardo di posarsi sul volto di Harry pochi attimi prima del previsto. Pochi attimi fondamentali che impedirono alla sua mano di raggiungere la spalla del ragazzo e alla sua bocca di pronunciare le fatidiche parole Svegliati Harry. Per un tempo indefinito, Hermione rimase lì, immobile, incapace di fare alcunché se non scrutare quel volto: l'unica cosa all'interno della stanza che la soffusa luce della luna non riusciva a sfumare. Ogni lineamento, ogni contorno appariva duro, teso, scavato, in poche parole: fuori posto sul viso di un'adolescente. La ragazza sentì montare dentro di se l'angoscia. La stessa angoscia provata qualche settimana prima a Privet Drive. Una sensazione che sperava non dover mai più provare.

Fu in quel momento che, per la prima volta, una parte sopita dell'animo di Hermione Granger si dischiuse. Una parte non soggetta alle leggi dell'intelletto, ma a quelle del cuore. Avvicinò al viso del ragazzo l'esile mano e lasciò che il calore di lui l'avvolgesse prima di posarla sulla sua fronte, e lentamente scendere, accarezzando lo zigomo, la guancia, e infine il mento. Un tocco di una dolcezza infinita di cui solo le donne sono capaci. Nel momento in cui quelle dita tiepide sfiorarono la fronte di Harry, i gemiti e i lamenti cessarono, la sua espressione contratta si distese, e gli incubi lasciarono il posto ad una realtà di gran lunga più bella di qualsiasi sogno egli avesse mai fatto.

Fin dal primo istante, Harry non ebbe bisogno di aprire gli occhi per scoprire a chi appartenesse il calore e la morbidezza di quella mano, tuttavia li aprì, e ringraziò Dio di averlo fatto, perché davanti a lui, ora, stava un angelo. Come avrebbe potuto definirla diversamente! Era come se fossero i capelli ramati e il viso delicato della ragazza ad irradiare i chiari raggi della luna e non il contrario. Bellissima? Eterea? Soave? No... Sarebbe stato inutile affannarsi alla ricerca di un aggettivo che le rendesse giustizia. Perché non esisteva. Lei era oltre tutto ciò. Lei era... Hermione. Quando gli occhi dei due ragazzi si incontrarono tutti gli interrogativi e i dubbi sulla natura del loro rapporto svanirono. Tutto divenne chiaro, limpido, inequivocabile.

Finalmente, Hermione capì. Capì perché sentiva i battiti del proprio cuore accellerare tutte le volte che gli occhi verdi di Harry si rivolgevano a lei. Capì perché il suo animo traboccava di gioia quando lui sorrideva, o di tristezza quando lui soffriva. Capì l'origine di quella strana sensazione che da qualche tempo si faceva sentire sempre più spesso nel suo cuore. Una sensazione di incompletezza, di vuoto, che ne i libri, ne la scuola, e nemmeno l'amicizia riuscivano a colmare. Al di la dell'intelligenza spropositata Hermione era sempre stata una ragazza molto matura. Non aveva mai sopportato tutte quelle piccole-grandi cotte che le coetanee mettevano al primo posto nella scaletta delle priorità. Le considerava stupide frivolezze che non si addicevano minimamente ai suoi principi. E aveva ragione. Il problema era che il grado di maturità della maggior parte dei ragazzi non si discostava più di tanto da quello dei bambini del primo anno, e quindi non sarebbero mai stati in grado di darle quello che cercava. Perché lei di fatto non cercava un ragazzo, ma un uomo. E finalmente l'aveva trovato. L'aveva trovato negli occhi e nella voce di quel sedicenne che ora la stava osservando, sdraiato di fronte a lei. Un sedicenne diverso da tutti gli altri. Reso tale dalle privazioni e le cattiverie che segnarono la sua infanzia travagliata. A cui seguirono i pericoli, gli orrori, e le sofferenze di un'adolescenza troppo breve. Un'adolescenza sulla quale la tragica morte di Sirius aveva inevitabilmente impresso a fuoco la parola FINE. Hermione sapeva di non poter restituire ad Harry le gioie e la spensieratezza della gioventù. Tuttavia lei non voleva questo. Lei gli avrebbe dato molto di più. Gli avrebbe dato la cosa più importante. Una cosa sulle quale costruire un futuro insieme, e in essa trovare un motivo per andare avanti, per continuare a lottare, per continuare a vivere. Gli avrebbe dato tutto il suo amore.

Harry non aveva mai provato una sensazione simile prima d'ora: sentì un fiume d'amore sgorgare dal proprio cuore, rompere gli argini, e sommergere tutto il suo essere, inarrestabile, lasciandolo senza fiato. Tutti i ricordi degli ultimi anni nella quale era presente lei, anche solo in minima parte, gli passarono davanti agli occhi in un secondo, più vividi che mai. Si maledisse almeno un centinaio di volte. Cinque lunghi anni! Più di cinque lunghi anni vissuti al suo fianco e solo da poche settimane cominciava a vederla per quello che era in realtà: una ragazza unica al mondo. Bella, intelligente, gentile, ma soprattutto l'unica in grado di capirlo, di sopportarlo, di perdonarlo. Lui l'amava. L'amava oltre ogni limite. L'amava come suo padre aveva amato sua madre. Doveva dirglielo. Doveva dirglielo assolutamente: di questo si convinse mentre il calore della carezza svaniva dalla sua guancia. Se avesse potuto fermarlo per sempre sulla sua pelle quel dolce tepore l'avrebbe fatto, ma non poteva. Solo lei avrebbe potuto rinnovarlo. Harry era pronto. Un attimo ancora e le avrebbe detto tutto. Ma Hermione fu più veloce.
«Harry io...»
Nella pausa che seguì, la ragazza raccolse più il coraggio che non il respiro, e la cosa valse per tutti e due. A terminare la frase infatti non fu Hermione, ma Harry, sussurrandole dolcemente quelle due semplici parole:
«Ti amo.»

Entrambi chiusero gli occhi, e mentre quelle labbra perfette si avvicinavano lentamente alle sue, il ragazzo sentì i capelli di lei posarsi carezzevoli sulla sua fronte, sulle sue palpebre, sulle sue guance e infine sul collo. All'odore inebriante di quella soffice cascata si accostò presto il tiepido e dolce respiro della ragazza. Harry si protese, lento, sicuro, e finalmente giunse ad Hermione.

Quelli che seguirono furono attimi davvero speciali. Attimi che l'inarrestabile corso del tempo decise di rallentare, allungandoli di più, sempre di più, all'infinito, trasformandoli da semplici frazioni di tempo in doni ben più preziosi. Doni che il ragazzo e la ragazza accolsero nell'unico modo possibile: scolpendo a fondo nella loro mente il ricordo di quei meravigliosi momenti, e con essi coronare la nascita di un legame altrettanto meraviglioso. La logica conseguenza di un'intesa perfetta dalla quale altro non poteva sbocciare che un amore sconfinato. Un amore che i pericoli, le sofferenze, e la disperazione non avrebbero mai saputo intaccare. Questa fu la loro unica certezza, e tanto bastò. Ad Harry Potter e ad Hermione Granger non occorreva altro.

* * *

Ragazze non avete idea di quanto ci ho messo a scrivere questo capitolo. Posso ragionevolmente affermare che ¼ del tempo impiegato per la stesura dell'intera ff se n'è andato solo con queste poche righe. Tuttavia ne sono soddisfatto. Ho dato veramente il massimo e dubito che sarei riuscito a fare di meglio. Solo per questa volta vi chiedo di commentare perché, vedete, considero questo capitolo un po' come l'apice dell'intera ff.

robin82: Spero che quanto hai appena letto sia stato di tuo gradimento. Fammi sapere cosa ne pensi.

Eowyn127: E' bello ricevere ancora apprezzamenti da te, Dama dell'Ithilien.

Yaya: Beh, se non sono riuscito ad addolcirti gli ultimi giorni di vacanza con questo ultimo capitolo non so proprio più cosa fare. Grazie ancora dei complimenti e preparati al riscatto di Ron.

Marcycas - the Lady of Darkness: Hai fatto centro! Le fatidiche due semplici parole sono state proprio Ti amo. Spero che questo mio ultimo capitolo non abbia deluso la tua curiosità. Invece, per quanto riguarda lo scorso capitolo. Mi fa molto piacere che ti sia piaciuta la parte in cui Harry ed Herm volano verso Londra. Devi sapere che consideravo quel pezzo, come dire, un po' "deboluccio" tant'è vero che avevo anche considerato l'ipotesi di toglierlo. Per fortuna non l'ho fatto. A proposito: ho appena finito di leggere il ventiseiesimo capitolo della tua The Little Scarlet Rose e ti ho lasciato un commento.

Sanzina: Niente male la situazione del buon Lucius non trovi. (Chiudi la bocca, babbano di merda! NdLucius) Per quanto riguarda la parte tra Robert ed Harry nel capitolo 7: sono contento che ti sia piaciuta. Mi è sembrato doveroso non liquidare velocemente il papino della So-Tutto-Io. La stessa So-Tutto-Io che come hai correttamente previsto si è vista ricevere un bel Ti amo dal nostro Potty (carino il nomignolo). Un'altra cosa: che rapporti hai con il figlioletto del tuo amore? Te lo chiedo perché nel prossimo capitolo anche il buon Dracuccio entrerà in scena. Quasi dimenticavo: ben tornata dalla gita.

Elizabeth Potter: Questo capitolo è dedicato a te. Spero solo di averti almeno in parte soddisfatto e mi scuso se non sono stato all'altezza delle aspettative. In ogni caso mi farebbe un piacere immenso sapere cosa ne pensi.

Avete notato il titolo Negli occhi e nella voce all'interno del testo?

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Capitolo 10
*** Epilogo ***


Negli occhi e nella voce - Epilogo

Capitolo 10/10

Quella mattina il cielo era limpido e il sole splendeva caldo, inondando di luce le camere dei ragazzi. Ron fu stranamente il primo a scendere dal letto. Ubriaco di sonno e ancora infilato nel pigiama si diresse al bagno per espletare i consueti bisogni idraulici. Un paio di minuti dopo stava rientrando nella propria stanza quando si accorse che la porta della camera di Hermione era aperta. Affacciatosi constatò che all'interno non c'era nessuno.
Sara già scesa a fare colazione.
Non fece in tempo a tornare sui propri passi che notò la porta della camera di Harry. Anche quella era aperta. Con gli occhi cisposi e un'andatura barcollante Ron si avvicinò all'uscio dell'amico, per controllare se anche lui fosse sceso a fare colazione. Niente affatto. Harry era ancora nella propria stanza, inoltre, assieme a lui c'era pure Hermione.
Ecco dov'era finita!
Il fatto che i due fossero sdraiati sullo stesso letto, amorevolmente avvinghiati l'uno all'altra, inizialmente parve non suscitare nessuna reazione particolare nel ragazzo che anzi, stava per tornarsene come se nulla fosse nella propria camera. Poi, improvvisamente, il cervello di Ron cominciò ad ingranare.
Ehi, ma che diavolo...

Realizzata la situazione, il rosso non poté fare a meno di apprezzare l'aspetto ironico di tutto ciò.
Ce ne avete messo a capirlo! constatò, rivolto col pensiero alla neo-coppietta.
Poche ore prima, Harry ed Hermione erano ufficialmente ottimi amici. Ora, dormivano beatamente nello stesso letto dopo quella che, sotto diversi aspetti, doveva essere stata una notte alquanto... memorabile.
Un bel modo di terminare le vacanze! concluse a se stesso.
Ad ogni modo i due non davano alcun segno di volersi svegliare. Evidentemente toccava a lui il delicato compito di prelevarli dalle amorevoli braccia di Morfeo. Ron montò un sorrisetto diabolico: l'avrebbe fatto a modo suo. Appoggiò la schiena allo stipite della porta, accavallò le gambe, incrociò le braccia e cacciò una schiarita di gola da guinnes dei primati. Harry e Herm trasalirono, e per lo spavento quasi ruzzolarono giù dal letto. Sconvolti, lanciarono occhiate spaesate a tutta la stanza finché non posarono i loro sguardi ancora inebetiti dal sonno sulla figura del rosso. Ron, pienamente soddisfatto del risultato appena conseguito dalla sua ennesima performance esclamò sardonico: «Ben svegliati.»
Poi, con un sorrisetto malizioso chiese loro: «Dormito bene?»
La coppia continuava a fissarlo con un'espressione stravolta, finché Harry non riuscì a proferire: «Da quanto sei lì?»
Anche Hermione cominciava riprendersi e di conseguenza ad inalberarsi.
«Da troppo poco.» rispose lui in tono assente, guardandosi le unghie con un atteggiamento palesemente fasullo.
«A proposito!» aggiunse. «Da questa sera sarà meglio che prendiate l'abitudine di chiudere le porte prima di fare certe cose.»
Harry ed Herm si scambiarono occhiate peccaminose. Nessuno dei due si era accorto che la porta era rimasta semispalancata dopo l'ingresso di lei.
«Beh, io me ne vado!» esclamò il rosso. «Per vostra informazione sono appena passate le sette. Se volete darci dentro un altro po', fate pure.»
Detto ciò, il ragazzo lasciò sola la nuova coppia. Hermione lo stava praticamente incenerendo con lo sguardo.
«Ron.»
Il rosso era già uscito dalla porta quando Harry lo richiamò.
«Si?» rispose lui innocente, sbucando con il testone da dietro lo stipite. Sapeva già il motivo del richiamo.
«Chiudi quella benedetta porta!» gli ordinarono all'unisono Harry e Hermione.

Mezzora più tardi i tre stavano facendo colazione assieme. Ridevano e scherzavano con una serenità ed una spensieratezza quasi infantili. Harry si sentiva rinato. Non provava un tale stato d'animo da... Da una vita. E come poteva essere altrimenti? Harry non era mai stato innamorato, proprio come non era mai stata innamorata Hermione. I baci, le carezze, il tenersi per mano: tutto ciò era solo la punta dell'iceberg. L'espressione tangibile di un amore in realtà molto più grande. Un amore sconfinato che l'uno poteva vedere riflesso negli occhi dell'altra come appena al di sotto della superficie del mare. Hermione non avrebbe più avuto timore di quel mare. Non avrebbe più esitato a scrutare quegli abissi un tempo carichi di tristezza e rimorso, ed ora ricolmi di amore. Amore per lei.

Alle otto i tre si fecero trovare puntuali all'esterno della locanda. Lupin li stava aspettando di fianco ad una grossa auto nera del ministero. Sorrise di nascosto quando vide Harry ed Hermione tenersi per mano. Un quarto d'ora dopo la comitiva giunse a King's Cross, dove scaricati i bagagli si scambiarono saluti sinceri e doverosi ringraziamenti.
«Grazie di tutto, Professor Lupin.» gli disse Hermione con intensità.
Lui la guardò premuroso e un po' perplesso. Hermione era stata la più brillante studentessa del suo corso e Remus non poteva nascondere un affetto particolare per quella ragazza così straordinaria.
«Purtroppo non sono più il tuo professore, Hermione.» le rispose con un sorriso amaro.
«Per me lo sei ancora.»
E detto questo lo abbracciò.
«Anche per me.» aggiunse Ron porgendogli la mano.
Lupin ricambiò calorosamente sia l'una che l'altro prima di rivolgersi ad Harry. I due si scrutarono per alcuni secondi prima di scambiarsi un abbraccio fraterno.
«Ci rivedremo presto Harry.» disse l'Auror. «Nel frattempo, abbi cura di te.»
«Non preoccuparti, Lunastorta.» rispose Harry, sorridente.
Quando sciolsero l'abbraccio, l'uomo trattenne il ragazzo per le spalle rivolgendogli un sorriso audace. Harry non capì il significato di ciò finché il buon Remus non fece un cenno in direzione di Hermione.
«Tienitela stretta.» gli sussurrò all'orecchio.
Harry avvampò, ma riuscì comunque ad ammiccare al Malandrino che, salutato il trio, se ne andò lasciandoli soli di fianco alla bianca colonna del binario nove.

Erano le otto e venti quando i tre varcarono la soglia del binario nove e tre quarti. Approfittarono dell'anticipo per occupare uno scompartimento del treno in tranquillità; dopodiché, liberi dai bagagli ritornarono sulla banchina, in attesa dei genitori di Ron ed Hermione. Le due coppie di coniugi arrivarono praticamente assieme una decina di minuti più tardi. Dopo essere stato sommerso di abbracci e calorosi saluti, Harry rimase a guardare divertito mentre da una parte Johanna e Robert e dall'altra Arthur e Molly si dedicavano ai rispettivi figli. Ad un tratto, Harry vide Hermione e Ron sussurrare qualcosa ai genitori e rivolgersi quasi all'unisono verso di lui. Arthur e Molly fecero una faccia sorpresa e compiaciuta ma non era di loro che Harry si preoccupava. Era il volto di Robert che il sedicenne temeva di più in quel momento. Imperscrutabile, l'uomo si avvicinò al ragazzo. Harry non riusciva a leggere nulla in quei penetranti occhi castani e la cosa lo rendeva nervoso come se stesse per affrontare l'ultima di campionato.
Poi, Robert gli posò una mano sulla spalla e abbozzando un sorriso disse: «Complimenti ragazzo.»
Tutto d'un botto, Harry sentì la tensione sciogliersi dentro di lui, lasciandolo libero.
«Grazie Robert.»

Mancava una ventina di minuti alla partenza dell'espresso quando i genitori di Ron ed Hermione dovettero lasciare la stazione. Il trio in compagnia di Ginny rimase ad attendere sulla banchina, calcata ora da una moltitudine di ragazzi e ragazze impegnati a salutarsi, rincorrersi e quant'altro. Harry non vedeva l'ora di rivedere Neville il quale, una volta tanto, non si fece attendere. Giunse in compagnia dell'autoritaria nonna e come vide il gruppetto si precipitò verso di loro. Harry fu il primo ad abbracciarlo.
«Come stai?»
«Bene.» rispose lui sorridente. «Non vedevo l'ora di ritrovarvi!»
«Anche noi, Neville!» gli rispose Hermione, abbracciandolo a sua volta.
Il legame che lo univa al trio era diventato molto più forte da quella notte di due mesi prima. A discapito della sua poca destrezza, Neville aveva comunque rischiato la propria vita con loro e per loro, dando prova di grande coraggio. Del resto c'era un motivo se anche lui era un Grifondoro! I cinque Grifondoro appunto stavano ancora festeggiando quando una ragazza di un'altra casa li interruppe.
«Ciao.» esordì con tono un pò assente la bionda Corvonero.
I ragazzi salutarono cordiali Luna Lovegood.
«Come stai Luna?» le chiese Ron, su di giri. «Passate bene le vacanze?»
«Bene, grazie!» rispose lei, squadrandolo con i suoi grandi occhi azzurri. «E tu Ronald?»
Il rosso, prima di rispondere lanciò uno sguardo divertito a Harry e Hermione.
«Le mie sono state... Movimentate!»
Ginny represse un risolino mentre Neville si accorgeva degli sguardi di rimprovero rivolti da Harry ed Herm al rosso.
«Che avete combinato?» chiese il Grifondoro a tutti e tre.
Ron si ammonì per la propria mancanza di discrezione. Non era sua intenzione e tanto meno di Harry o Herm tenere nascoste a Neville le vicissitudini delle loro vacanze, tuttavia quello non era certo il posto adatto per raccontarle.
«Ne parliamo dopo Neville!» soggiunse Harry. «Questo non è il luogo adatto per...»
Ma il ragazzo venne interrotto da una spocchiosa voce fin troppo conosciuta.
«Potter.»
Il gruppetto si girò. Draco Malfoy, come al solito scortato da una coppia di tirapiedi stava loro di fronte con la consueta espressione di altezzosa superiorità stampata sul volto pallido.
«Sei ancora vivo?» chiese il Serpeverde ad un Harry rimasto impassibile.
«A quanto pare, si!» rispose lui.
Il platinato montò un sorrisetto odioso.
«Beh, non durerà a lungo. Fidati!» ribatté con disgustoso sarcasmo.
Alle sue spalle, Tiger e Goyle ridacchiarono ebeti. Dall'altra parte invece, Ron fremeva. Ma non di rabbia, bensì di eccitazione. Quella che gli si presentava era un'occasione assolutamente unica, da non perdere. Avrebbe dato del suo meglio. Il contesto era perfetto: centinaia di spettatori. Ron si concentrò e diede inizio allo show.
«Levati dalle palle, Malfoy.» esordì con veemenza.
Come sperava, il platinato si rivolse a lui.
«Weasley, quante volte devo ripetertelo? I pezzenti come te non sono degni di rivolgermi la parola.»
Ron ribatté all'istante: «Io sarò anche un pezzente, ma non sono il figlio di un fottuto Mangiamorte.»
La frase sortì l'effetto sperato: Malfoy si incazzò a morte.
«Potter...» sibilò il platinato senza distogliere lo sguardo dal rosso. «Di addio al tuo caro amico Weasley.»
E come un fulmine estrasse la bacchetta. A quel punto lo scontro sembrava inevitabile. Harry, Hermione, Neville e Luna estrassero a loro volta le proprie bacchette imitati da Tiger e Goyle. Un solo ragazzo rimase calmo. Fin troppo calmo. Inspiegabilmente calmo. Ron, invece di reagire come tutti si aspettavano, si portò un dito alle labbra e con aria platealmente interrogativa ripeté le parole appena pronunciate dal rivale.
«Di addio al tuo caro amico Weasley.»
Di fronte a quel comportamento assurdo tutti i presenti, Malfoy compreso rimasero ammutoliti.
Tutto come previsto dal rosso che fece una pausa e ripete: «Di addio al tuo caro amico Weasley.»
Se l'intento di Ron era quello di attirare l'attenzione della gente ci stava riuscendo in pieno. Pian piano una discreta folla di curiosi si stava accalcando attorno al gruppetto. Nessuno di loro aveva la più vaga idea di che cosa avesse in mente il rosso.
Dove vuoi arrivare, Ron? si domandò Harry.
Hermione un sospetto l'aveva.
«Dunque...» bofonchiò distrattamente il rosso. «Dov'è che l'ho già sentita questa frase?» si chiese fingendo di pensare ad alta voce.
Harry ed Hermione si scambiarono un'occhiata rassegnata. Avevano capito dove stava per andare a parare il loro amico: nella faccenda dei tre Mangiamorte.
E adesso chi lo ferma più? si ritrovarono a constatare prima di fissare di nuovo lo sguardo su di lui.
Ormai Ron era vicino alla meta.
«Di addio al tuo caro amico Weasley.» ripete per la terza ed ultima volta prima di esclamare «Ah gia! Tuo padre ha detto la stessa identica cosa una settimana fa.»
La folla ammutolì. Neville lasciò perdere Malfoy per rivolgersi ad Harry ed Hermione.
«Voi.» sentenziò incredulo. «Siete stati voi a catturare i tre Mangiamorte.»
Il ragazzo e la ragazza sentirono la pressione di decine e decine di sguardi fissi proprio su di loro.
«Esatto Neville.» gli rispose Ron tornando a fissare il Malfoy. «Siamo stati noi a rispedire al fresco quei tre bastardi.»
Mentre un fitto vociare si formava tra la folla, i due antagonisti ripresero a fronteggiarsi. La bacchetta del platinato, ancora puntata al petto del rosso tremava da tanta era la rabbia covata dal ragazzo.
«Me la pagherete.» ringhiò furente il Serpeverde. «Giuro che me la pagherete!»
Ron non si fece intimidire minimamente dalle parole e dallo sguardo assassino di Malfoy. Anzi! Si avvicinò, portandosi ad una spanna dalla punta dell'asticella.
«Sbagliato!» esclamò raggiante protendendosi minaccioso verso di lui. «Sei tu quello che deve pagare, Malfoy. Sei tu quello che dovrà guardarsi le spalle.»
Ron diede una rapida occhiata alla folla.
«Guardati intorno. Li vedi tutti questi Grifondoro Corvonero e Tassorosso? Credi che abbiano dimenticato la faccenda della Squadra di Inquisizione?»
Il Serpeverde lanciò un impercettibile sguardo alla folla. Qualcosa stava cominciando ad incrinarsi nella sua espressione.
Compiaciuto, Ron proseguì: «Pensaci bene. Ogniuno di loro ha almeno un conto in sospeso con te.»
A quel punto, il Grifondoro si scostò per meglio rivolgersi all'ormai nutrita cerchia di persone che accalcava la scena.
«Non ho forse ragione, ragazzi?» domandò ad alta voce. «Non ho forse ragione quando dico che sono ben cinque anni che questo sbruffone fa quel cazzo che vuole ad Hogwarts grazie alla protezione del suo paparino?»
Una moltitudine di Già! Siii! gli giunse automaticamente in risposta.
Harry non credeva ai suoi occhi: centinaia di ragazzi e ragazze pendevano dalle labbra del suo migliore amico.
Vai Ron. Non ti fermare!
Avrebbe voluto dirgli questo, ma non ce ne fu il bisogno. Ron ormai era lanciato e neanche una maledizione senza perdono avrebbe potuto fermarlo.
«A questo punto una domanda sorge spontanea!» esclamò infervorato, sempre rivolto alla folla.
Il vociare si quietò, mentre Ron, con passo solenne si riavvicinava deciso alla sagoma di un Draco visibilmente più pallido.
«Ora che il buon Lucius è dietro le sbarre...»
Il tono di voce era a dir poco tagliente.
«...chi te lo parerà quel tuo culo da aristocratico?»
Il Serpeverde deglutì. Tremava ancora, ma non di rabbia. Cominciò a lanciare sguardi atterriti a destra e sinistra e le uniche cose che incontravano i suoi occhi glaciali erano le espressioni minacciose e per nulla timorose della folla. Il silenzio, rotto solo dagli sbuffi del treno e da qualche voce lontana pareva incombere tutto sulle sue spalle. Il ragazzo, infatti, non stava più ritto e spavaldo come pochi minuti prima. Ron non si perse neanche un momento di quella scena memorabile. Rimase immobile a gustare la sublime perfezione della sua opera finché non decise di calare il sipario. Con una leggera schiarita di gola attirò su di sé l'attenzione del povero Draco. «Sei ancora qui?» gli chiese educatamente ma con una strana luce negli occhi.
Il platinato afferrò il concetto. Girò i tacchi e con lo sguardo basso si incamminò lentamente per poi allungare il passo e infine correre a per di fiato nella stessa direzione da cui era venuto.

Nei pochi minuti che precedettero la partenza del treno Ron fu letteralmente sommerso di applausi, complimenti, pacche sulle spalle e quant'altro. Stava vivendo il suo secondo momento di gloria dopo la finale di Quidditch dell'anno scorso. Guarda caso un gruppetto di Grifondoro pensò bene di attaccare con il coro Weasley è il nostro re che nel giro di trenta secondi rimbombò assordante in tutta la stazione. Harry ed Hermione rimasero al di fuori della ressa, un po' per non venire sbatacchiati da una parte all'altra, un po' per lasciare che Ron si prendesse il merito. La coppia tuttavia non sfuggì all'attenzione di un paio di bambini del primo anno che si avvicinarono timorosi porgendo loro una penna d'oca e il ritaglio del famoso articolo del Profeta: volevano l'autografo.

Il trio in compagnia di Neville era già accomodato nel proprio scompartimento quando il treno interruppe l'immobilità. Nelle ore precedenti il pranzo ricevettero almeno una ventina di visite soprattutto da parte dei compagni Grifondoro.
«Ci avrei scommesso che eravate voi tre!» esclamò Seamus Finnegan.
«E chi altri potevano essere!» lo redarguì l'amico Dean Thomas.
Seamus e Dean, essendo due tra i migliori amici del trio furono tra i pochi a ricevere un resoconto abbastanza dettagliato. L'ultima visita invece giunse preceduta da un fastidioso chiocciare.
«Avanti!» disse Ron quando bussarono alla porta.
Il rosso non seppe trattenere un risolino quando vide la persona che spalancò la porta.
Ora vediamo come te la cavi, amico! pensò, lanciando uno sguardo divertito ad Harry che sedeva di fronte a lui.
In piedi sulla soglia, sostava niente popò di meno che Cho Chang. Dietro di lei: le sue amichette che continuavano a ridacchiare imperterrite. La Corvonero salutò cordialmente Ron e Neville prima passare in rassegna il viso di Hermione, la mano di Hermione stretta su quella di Harry, e infine il viso di Harry. Su quest'ultimo lo sguardo della ragazza si congelò. In parole povere stava succedendo esattamente quello che Ron aveva previsto. Da parte sua, Harry si sentiva a disagio. Ma non tanto per lo sguardo provocante di Cho, quanto per il sentire la stretta di Hermione farsi decisamente più salda sulla sua mano. Nessuno di loro sapeva che la Corvonero era già a conoscenza del fatto che Harry ed Hermione stessero insieme: Luna glielo aveva detto pochi minuti prima. Ad ogni modo, la cosa non avrebbe fatto molta differenza. Harry desiderava solo che Cho se ne andasse il prima possibile. Fortunatamente, fu proprio la Corvonero a servirgli l'occasione. Su un piatto d'argento.
«Harry...» cinguettò con tono adulatore. «Sei stato fantastico con quei tre criminali.»
Il moro prese la palla al balzo.
«No!» la redarguì educatamente. «NOI siamo stati fantastici!»
Detto questo baciò Hermione, allungò il cinque a Ron che ricambiò all'istante, e tutti e tre presero a fissare la Corvonero. Una vena pulsò sulla tempia della ragazza che tuttavia non accennava a schiodarsi dal ciglio della porta.
«Ti dispiace?» gli fece ad un tratto Hermione con un sorriso smagliante.
Cho si scostò e richiuse la porta, ma non prima di aver lanciato un ultimo sguardo di sfida alla moretta.
«Ciao ragazze!» sbottò Ron al gruppetto di galline rimasto fuori.

Hermione era furiosa. L'incursione di Cho aveva saputo arroventare in modo sorprendentemente efficace i suoi spiriti che ora necessitavano al più presto di una valvola di sfogo. Una valvola di sfogo che Ron sembrava non avere alcun interesse a concederle. Anzi!
«Quella ti stava letteralmente mangiando con gli occhi!» squittì per l'ennesima volta la ragazza in faccia al proprio ragazzo.
«Cazzo, è vero!» osservò Ron.
Harry non sapeva chi bloccare per primo.
«Ci stava palesemente provando con te!» rincarò la dose lei.
«Sono d'accordo!» convenne di nuovo l'amico guadagnandosi un'occhiata omicida dal moro.
«Quella smorfiosa deve stare alla larga, se no...»
«... la trasformi in un Schiopodo Sparacoda!» le suggerì il rosso.
«Esatto!» sentenziò la moretta con le gote in fiamme.
Ron e Neville si stavano letteralmente sganasciando dalle risate mentre Harry cercava di calmare la ragazza.
«La volete piantare?» disse rivolto ai due.
Poi, prese teneramente il viso di Hermione tra le mani.
«Tesoro, non te ne deve fregare niente se quella mi mangia con gli occhi. E sai perché? Perché IO ho occhi solo per TE!»
La ragazza tentò di ribattere ma venne interrotta da un bacio risolutore. Ron e Neville si squadrarono a vicenda.
«Sono irrecuperabili ormai!» concluse il rosso.
L'arrivo del carrello con il cibo interruppe il bacio dei due innamorati. Come sempre, Ron si servì per primo e terminò per ultimo. Dopo pranzo venne intavolata una piacevole chiacchierata inerente l'inizio dell'anno scolastico, tuttavia la partecipazione di Hermione ed Harry non durò più di tanto. Nel giro di pochi minuti i due finirono con l'assopirsi l'una addosso all'altro.
«Ma come cavolo fanno a dormire?» chiese Neville a Ron. «Non ho mai visto nessuno prendere sonno su questo treno.»
Il rosso gli rispose sardonico: «Forse perché nessuno hai mai fatto certe cose la notte prima della partenza!»
Neville ridacchiò.
«Da quant'è che stanno insieme?»
Il rosso rifletté.
«Dunque... A occhio croce, dodici ore.»
Neville lo squadrò incredulo.
«Stai scherzando?»
«Affatto!» ribatté Ron tirando fuori dalla valigia l'inseparabile scacchiera.
«Partita?»
«Ci stò!»

Il sole era già scomparso sotto l'orizzonte quando Ron svegliò i due belli addormentati.
«Che c'è?» chiese Harry sbadigliando.
«C'è che siamo quasi arrivati. Ecco che c'è!»
Il ragazzo si levò a sedere.
«Per quante ore abbiamo dormito?» domandò Hermione stiracchiandosi.
«Per tutte quelle che non avete dormito stanotte!» replicò il rosso malizioso.
Mancava una mezzoretta all'arrivo alla stazione di Hogsmeade. Predisposti i bagagli, Harry si appostò al finestrino notando subito che il treno attraversava ancora la brughiera. Con il passare dei minuti il ragazzo ammirò il paesaggio farsi via via più montagnoso e ricco di alberi finché l'oscurità non ricoprì ogni cosa. E poi, come gli anni precedenti, li vide. Centinaia di lumini, che apparvero improvvisamente disegnando il profilo di un imponente edificio con quattro alte torri. L'effetto era stupendo, e come sempre suscitava un'attrazione particolare nel cuore dei ragazzi; anche in quello dei più anziani. Hogwarts li chiamava tutti a se. Hermione smise di sistemare le proprie cose. Si avvicinò al ragazzo e abbracciatolo ammirò insieme a lui lo spettacolo.

Quando il treno giunse alla stazione, Hagrid era già sul marciapiede pronto ad accogliere i bambini del primo anno.
«Primo anno. Primo anno. Venite tutti qui.»
Harry adorava osservare lo sbigottimento dipinto sul viso dei piccolini alla prima vista del mezzo-gigante.
«Ciao Hagrid!»
«Harry, Hermione, Ron. Come ve la passate?»
«Benissimo!» rispose la moretta e tutti e tre si fecero stritolare dall'abbraccio dell'omone.
«Ci sono novità Hagrid?» chiese Ron nel tentativo di interrompere la stretta e in questo modo ritornare a respirare.
«Perdinci!» sbottò il guardiacaccia nonché professore. «Silente si è ripreso il posto che gli spetta. Sarà lui ad occuparsi della scuola quest'anno. Non quei babbei del ministero.»
«Grand'uomo Silente!» aggiunse con un sospiro.
Rimasero a chiacchierare con Hagrid finché non risultarono essere gli unici studenti oltre quelli del primo anno ad occupare la stazione. Mentre i piccoli si dirigevano alle barche in riva al lago, il trio raggiunse l'ultima carrozza rimasta proprio in loro attesa. Harry stava caricando i propri bagagli quando si accorse di non essere imitato dagli altri due. Si sporse da dietro la carrozza e vide Hermione e Ron fissare esterefatti la creatura legata ai finimenti. Anche lui aveva fatto la stessa faccia la prima volta in cui vide un Thestral.

Quando smontarono dalla carrozza, Hogwarts incombeva mastodontica su di loro e il cortile esterno era deserto a parte loro tre. Ron si avviò senza indugi verso il portale aperto che introduceva all'interno del castello. Hermione fece per seguirlo, ma la mano stretta a quella di Harry la trattenne sul posto. Il ragazzo non accennò a muoversi. Era rimasto lì, immobile, ad osservare il castello, con un strana espressione dipinta sul viso. Un'espressione ambigua, contrastante, in cui felicità e timore si mescolavano, o meglio, si scontravano, cercando l'una di prevalere sull'altro, non riuscendovi. Harry Potter non sapeva che cosa provare. Avrebbe trascorso mesi e mesi vicino alla sua ragazza e al suo migliore amico: le due persone che più aveva care al mondo: la sua famiglia. Di questo era felicissimo. Ma cosa avrebbe riservato loro il destino? Cos'altro sarebbe successo quest'anno? Sperare che tutto andasse per il verso giusto era un lusso che Harry non poteva permettersi, e il motivo erano proprio loro: Hermione e Ron. La consapevolezza che lo avrebbero seguito in capo al mondo, da una parte gli scaldava il cuore, ma dall'altra glielo serrava in una morsa gelida. Hermione non ebbe bisogno di chiedere per conoscere questi pensieri. Con una carezza trasse sé lo sguardo provato del ragazzo, e in quegli occhi verde smeraldo lesse ogni cosa. In quei momenti, Harry sentì di amarla ancor di più.
«Cosa ci aspetta, Hermione?» le chiese con tutto se stesso.
La ragazza sospirò lievemente, e passando le braccia attorno al collo di lui si fece più vicina.
«Non lo so Harry!» gli rispose sincera. «Ma qualunque cosa accada, noi la supereremo. La supereremo come abbiamo sempre fatto.»
Harry la scrutò ancora più affondo.
«Insieme.» concluse lei con dolcezza disarmante.

Ron era quasi arrivato sotto l'arco di entrata quando notò di essere solo. Si girò e vide Harry ed Hermione impegnati in un lungo tenero bacio.
«Avete finito?» sbraitò senza troppi complimenti nella loro direzione.
Sconsolati, i due interruppero le meritate effusioni ritrovandosi per l'ennesima volta a constatare l'assoluta mancanza di tatto del loro amico.
«Ho fame.» si giustificò lui, più sincero che mai.
«Ma non mi dire!» esclamò tagliente la bella moretta, alzando gli occhi al cielo.
Dolcemente, Harry cinse Hermione alla vita, e insieme raggiunsero Ron. Quando si ritrovarono fianco a fianco, a pochi passi dall'imponente arco d'entrata, il ragazzo moro, che stava al centro, trasse a sé anche l'amico.
«Ehi Ron!»
«Hmmm?»
«Ti ho mai detto che ti voglio bene?» gli domandò così a bruciapelo.
Hermione non seppe trattenere una risolino.
«Si.» rispose sardonico il rosso. «Diventi sempre molto romantico in queste situazioni.»
Il trio scoppiò a ridere. Una risata pura, spontanea, cristallina. Una risata che non turbò la tranquilla atmosfera della notte, ma la arricchì. Quando Harry si ricompose, rivolse a Hermione e a Ron uno sguardo d'intesa.
«Andiamo.» disse ad entrambi con un sorriso.
Si incamminarono, e il sesto anno del trio, alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, ebbe inizio.

FINE

* * *

Che posso dire? La mia prima ff è terminata e ho ricevuto più di 60 recensioni tutte più che positive. Un GRAZIE ENORME a tutte voi ragazze, e anche ai ragazzi.

robin82: Non sei il primo ad avermi scambiato per una femmina. Tranquillo, ormai ci sono abituato. Sappiamo tutti e due che il mondo delle ff è popolato prevalentemente dal gentil sesso. Per quanto riguarda lo scorso capitolo: mi è piaciuto particolarmente il tuo secondo commento quando hai detto vorrei essere Harry!. Lo credo bene! Bisogna essere dell'altra sponda per non voler vivere un frangente simile con una ragazza bella, gentile, intelligente, in grado di capirti, sopportarti, perdonarti, etc., etc. Trovarle le ragazze così! Stammi bene.

Yaya: Ciao bella. E così anche a te piace la coppia Harry/Hermione! Certo sarebbe bello se la pensasse così anche la Rowling. Tu che dici, abbiamo qualche speranza di vederli insieme nei prossimi due libri? Un bacio.

Marcycas - the Lady of Darkness: Come andiamo Dama delle Tenebre? Io sono contentissimo di annoverarti tra le mie lettrici. Per quanto riguarda il tuo dubbio sull'ultima frase del capitolo scorso: te lo svelo subito. Semplicemente in uno dei paragrafi si trova la frase ...l'aveva trovato negli occhi e nella voce di quel sedicenne.... Ed è da questa frase appunto che ho preso il titolo della mia storia. Quindi non è solo tristezza ciò che Hermione ha trovato negli occhi e nella voce di Harry ma anche e soprattutto maturità. Grazie ancora dei complimenti.

Sanzina: Eccola qui la mia filo-Serpeverde preferita. E' stato un piacere scambiare con te opinioni/battute/cavolate chiamale pure come vuoi. Per quanto riguarda la dolcezza del secondo capitolo: che vuoi che ti dica. Sono un romanticone. Fai la brava, e salutami Lucius.

Senda: Sono d'accordo con te! A volte è meglio lascire spazio all'immaginazione. Ciao.

Elizabeth Potter: Evvai! Ma vieni! Ma chi sono! E andiaaaaaaamooooo! Hai visto che ce l'ho fatta a scriverti un bel capitolo mieloso, romantico, strappalacrime o che dir si voglia? Tuo fratello dovrebbe ringraziarmi per quello che gli ho dato. Potessi averla io una ragazza così! Un bacio grande così anche a te.

A tutti quelli che hanno recensito o che hanno solamente letto rivolgo un'altro enorme e sentito GRAZIE.

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