My lifeline

di Blooming
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** 2. ***
Capitolo 3: *** 3. ***
Capitolo 4: *** 4. ***
Capitolo 5: *** 5. ***
Capitolo 6: *** 6. ***
Capitolo 7: *** 7. ***
Capitolo 8: *** 8. ***
Capitolo 9: *** 9. ***
Capitolo 10: *** 10. ***
Capitolo 11: *** 11. ***
Capitolo 12: *** 12. ***
Capitolo 13: *** 13. ***
Capitolo 14: *** 14. ***
Capitolo 15: *** 15. ***
Capitolo 16: *** 16. ***
Capitolo 17: *** 17. ***
Capitolo 18: *** 18. ***
Capitolo 19: *** 19. ***
Capitolo 20: *** 20. ***
Capitolo 21: *** 21. ***
Capitolo 22: *** 22. ***
Capitolo 23: *** 23. ***
Capitolo 24: *** 24. Epilogo ***



Capitolo 1
*** 1. ***



 

“Stevens!”
Mi voltai, stavo portando un vassoio di ciambelle al tavolo del catering, guardai il regista, sfoderai il mio sorriso migliore anche se quello non era proprio la giornata giusta
“Si?!”
Il ‘capo’ mi guardò dall’alto in basso con aria arcigna
“Metti giù quel vassoio e porta un caffè alla roulotte di Misha.”
Misha. Misha Collins. Mi stava simpatico quel ragazzo. Gli portavo io il caffè e con me era sempre gentile, mi riservava sempre un sorriso e io mi perdevo dentro a quei suoi occhi blu.
Mollai il vassoio e andai a prendere il caffè, doppio con tanta schiuma e una spolverata di cannella.
Si lo sapevo a memoria. Erano ormai due mesi che facevo l’aiutante del catering e avevo portato a Misha almeno trecento caffè e già dal primo giorno mi aveva sorriso e mi aveva detto
“Chiamami pure Misha.”
Gli avevo sorriso imbarazzata, mi aveva chiesto il mio nome, gliel’avevo detto pigolando
“Kat Stevens.”
“Kat Stevens?!” rise, diventai rossa “Un nome bellissimo.” Riprese lui notando il mio imbarazzo per quel nome che mi avevano dato i miei genitori da bravi fan di Cat Stevens.
Corsi a portargli il caffè, mi piaceva conversare con lui, credo di poterci definire amici. Almeno credo.
Arrivai alla roulotte, quel giorno era un giorno schifoso, mi ero appena lasciata con Pitt, il mio ormai ex ragazzo, e la sera mi ero ubriacata con un paio di amiche.
Non me la sentivo di andare a portare ciambelle alle star ma se mancavo un giorno mi avrebbero licenziato, quindi… Eccomi qui. Con un sorriso falso, un dopo sbornia incredibile e le lacrime che salivano agli occhi ogni volta che parlavo.
Bussai piano alla porta di alluminio bianco
“Sono Kat, la ragazza del caffè…”
Un uomo, capelli corti, gli occhi blu, bellissimi, un sorriso da mozzare il fiato, le rughette accanto agli occhi lo rendevano tremendamente bello. Oggettivamente l’ho sempre ritenuto un bell’uomo.
Mi sorrise
“Kat Stevens!”
Mi faceva sempre questa battuta, sorridevo sempre. Oggi non riuscivo.
“Hey Kat perché non sorridi oggi?”
Tirai su col naso, mi sforzai di sorride. Era la prima volta in 61 giorni di lavoro che non ero felice e solare, allungai la mano e gli porsi il caffè, non riuscivo a trattenere le lacrime, dissi con la voce spezzata
“Doppio con tanta schiuma e una spolverata di cannella, come piace a te.”
Lui prese il bicchiere di carta plastificata, tolse il coperchio e leccò la schiuma dal bordo
“Sicura che vada tutto bene Kat?”
Continuava a ripetere il mio nome ma ormai non sentivo più niente, mi dava fastidio piangere davanti agli sconosciuti e anche se la vita di Misha era spiattellata su Wikipedia non lo conoscevo e lui non conosceva me.
Cercai di sorridergli, lui mi sollevò il mento
“Hey! Non voglio vederti stare male.”
Mi guardò negli occhi, i suoi  occhi blu scrutavano la mia anima attraverso i miei occhi castani e arrossati.
Abbassai lo sguardo, mi torcevo le dita grattandomi le unghie, Misha appoggiò il bicchiere di caffè su un tavolino accanto alla porta, strappò un fazzoletto di carta dalla scatola e me lo porse, mi sorrise.
Riprese il suo caffè, aprii la bocca per dire qualcosa, per salutare e andare via, chiudermi in un bagno e piangere sulla mia relazione di tre anni andata in pezzi per un’amicizia sbagliata.
Quello che mi impediva di andarmene era la mano calda di Misha sul braccio, lo guardai con occhi da cucciolo
“Dai entra, parliamo un po’. Non mi va che stai sulla porta.”
Cercai di capire tutta questa confidenza da dove venisse, probabilmente mi ero imbattuta in una persona gentile come poche ce ne sono al mondo.
Salii il gradino per entrare nella roulotte, Misha mi fece cenno di sedermi sul divano accanto alla finestra, mi sedetti sul bordo, mi sentivo a disagio, come se solo la mia presenza occupasse tutto il caravan ed era bello grande.
Misha mi guardò
“Vuoi una birra o continui con le lacrime?”
Accennai un sorriso, riuscì a gracchiare un “vada per la birra”. Nient’altro.
Il signor Collins tirò fuori dal frigo una bottiglia, la stappò e me la porse, gelata, le mie dita si raffreddarono al solo sfiorare il vetro ghiacciato.
Tenni la bottiglia in mano per un po’, cercai di berne un po’, ma una birra con il dopo sbornia non è proprio eccezionale. Mi venne un conato di vomito, le solite figure che posso fare solo io. Cominciai a tossire, mi portai la mano alla bocca come per bloccare quel vomito che mi sentivo salire. Misha mi guardò sgranando gli occhi, continuai a tossire, non riuscivo a fermarmi. Misha mi sollevò per il braccio, ovviamente aveva capito, mi ‘scortò’ al bagno, dove accasciandomi a terra abbracciai il water e vomitai. Come un vecchio amico Misha Collins mi tenne la fronte passandomi dei fazzoletti di quando in quando. Furono i cinque minuti più lunghi della mia vita.
Quando fui di nuovo capace di alzare la testa senza ricadere nel water vomitando, mi sollevai le gambe un po’ tremanti, l’attore mi riaccompagnò verso il divano.
Era così gentile. Proprio come un amico che ti consola dopo la batosta d’amore e quella di alcol.
Cercai di sorridergli, meglio di no. Mi tolse la bottiglia di birra da davanti agli occhi e la scambiò con una di acqua, la bevvi a piccoli sorsi. La nausea mi passò lentamente.
Misha si sedette su una sedia accanto alla mia e riprese a bere il suo caffè che si era raffreddato
“Allora. Kat.” Sorrise, lo guardai con il volto pallido e la morte addosso “Dopo sbornia incredibile dovuto a cosa?”
Bevvi un sorso d’acqua
“Non sei obbligata a dirmelo, non ci conosciamo neanche però mi stai simpatica e mi dispiace vederti così.”
Distolsi lo sguardo dalle sue labbra, battei a ritmo di una musica che avevo in testa il piede.
Cercai di dire qualcosa di intelligente. Non mi venne in mente niente solo
“Grazie.”
Grazie di cosa? Di ascoltare le lagne di una che neanche conosci? Si molte grazie. Mi piace sempre sfogarmi sull’attore di turno a cui servo ciambelle e caffè.
Si sedette accanto a me, io lo guardai
“Scommetto che è dovuto a un ragazzo.”
Abbassai lo sguardo
“Certo.” Schioccò la lingua sul palato “Sai che noi due non abbiamo mai parlato seriamente? Oltre alle chiacchierate sul set, i ciao e i grazie, non sappiamo niente l’uno dell’altro.”
Lo guardai, cosa voleva da me?
“Perché mi stai parlando? Io sono niente e tu sei Misha Collins.”
Lui abbassò lo sguardo, poi sorrise di nuovo
“Te l’ho detto. Mi stai simpatica Kat. Secondo me meriti qualcosa di più che portare caffè a una massa di sciroccati.”
Mi fece ridere, mi porse una scatolina con le mentine
“Grazie.”
Sorrise ancora.
Una persona veramente gentile.

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Capitolo 2
*** 2. ***


Misha era veramente gentile ma mi sentivo a disagio lo stesso a stare li con lui a cercare di parlare di quanto io stessi male e di quanto volessi andarmene e mollare tutto, ritornare da mia mamma e dire –Non ce l’ho fatta, non sono niente, sono solo una fallita.- ma c’era qualcosa ad impedirmi di gettare la spugna, qualcuno.
Però dovevo veramente tornare a lavorare anche se secondo Misha non ero in grado visto che ‘sto di merda’ per citarlo,
Lui mi sorrise e ancora una volta mi chiese
“Allora vuoi parlarne?”
Mi sembrava di essere tornata adolescente, quando mia mamma mi obbligava ad andare dallo psicologo per parlare di quanto la vita fa schifo, di quanto io abbia sofferto.
Ma forse con Misha potevo sfogarmi, la tipica confidenza che si da agli sconosciuti.
Lui mi sorrise, dolce, enigmatico, provai a dirgli qualcosa senza piangere
“Beh…” per il momento andava tutto bene “il mio ragazzo, ex ragazzo…” respirai, un respiro profondo “è andato a letto con la mia migliore amica, ex migliore amica.”
“Oh, beh mi dispiace, quindi è per lui che stai male?”
In realtà no, non stavo male per lui, non me ne fregava niente di Pitt. Ero stata tradita dalla mia migliore amica.
Scossi la testa, feci un sorriso di circostanza
“Comunque ora devo andare a lavorare.”
Un altro sorriso nervoso
“Dai ti accompagno sul set, devo parlare col regista.”
Si puntellò le mani alle ginocchia e si alzò, mi tese la mano per aiutarmi ad alzare. Quando fui in piedi mi abbracciò, la mia espressione era tra l’imbarazzo e lo sconcertato
“Emh. Grazie Misha.”
“Devi stare bene! Mi piace quando sorridi.”
Si, decisamente strano.
Uscimmo dalla roulette, mi sentivo un po’ meglio e lui aveva sempre quell’aria ambigua e il suo sorriso interessante.
Andammo insieme verso il tavolo del catering, il ‘capo’ mi vide e cominciò a rompermi le palle dicendomi che aveva chiesto di portare un cazzo di caffè non di sparire per mezz’ora ma Misha si materializzò al mio fianco
“Scusa Bob, era con me, le ho chiesto io di staccare per un po’. Prenditela con me.”
Robert non disse niente e poi Misha lo trascinò via parlandogli di qualche scena che non aveva capito bene, si voltò verso di me, piccola, indifesa, lo sono sempre stata, chiusa in me stessa, con le mani una dentro l’altra, lesse dalle mie labbra un ‘grazie’ e mi sorrise, mi persi nel blu zaffiro delle sue iridi.

Ero nel bagno del set, mi specchiai, i capelli in disordine, il viso pallido e la matita colata. Presi una salvietta struccante e poi mi truccai di nuovo per sembrare più decente, mi diedi una spazzolata ai capelli che rimanevano sempre gonfi e scomposti.
Mi sistemai il ciondolo che ricadeva sul petto, si girava sempre, mi tirai su i jeans e sistemai il reggiseno.
Mi lavai le mani e passai le dita bagnate tra i capelli.
Sono sempre stata così, come sono adesso, uguale a quando avevo diciotto anni solo che al posto di imbustare la spesa degli altri faccio l’aiutante del catering sul set di un film, bell’aspirazione per una ragazza di venticinque anni!
Meno male che volevo fare la regista.
Mi ricordo il mio professore al liceo che mi chiese cosa volessi fare della mia vita e quando glielo dissi mi rise in faccia.
Ero l’esclusa, la ragazza che aveva un sogno. Tutte le ragazzine sognavano di ‘diventare cantanti, di sposarsi con un attore.” Nessuna di loro aveva un vero sogno, neanche un’idea di quale lavoro fare. Solo grandi scemate.
Mi specchiai un’ultima volta. Mi sentivo uno schifo ma dovevo riprendermi prima o poi. Presi il portafogli dalla borsa e sfilai una fototessera. L’avevamo fatta prima dell’estate, io e Marta.
Si Marta, la mia migliore amica. La stronza. Guardai la foto un secondo. Mi sentii il cuore distruggersi, sbriciolarsi. Guardai la faccia di quella ‘troia’, quel sorriso sempre falso. Strappai la parte dove c’era lei e la buttai nel water, non mi sentii meglio ma almeno avevo una foto in meno di lei da distruggere. Mancavano tutte quelle del liceo negli album e quelle che avevo a casa nelle cornici.
Uscii dal bagno, gli occhi sulle scarpe, insignificanti ed inutili Superga blu. Andai a sbattere contro una figura, un uomo
“Hey scusami!”
Alzai lo sguardo, era Misha. Diventai bordò
“No scusa tu. Pensavo mi avessi visto!”
“Beh no.”
Mi sorrise
“Stai meglio?”
Cercai di essere il più sincera possibile
“Un po’.”
Gli sorrisi imbarazzata
“E tu come va?”
Non era una vera e propria domanda, cominciai a camminare, lui mi fu subito accanto. Lo guardai un secondo, sorrisi. Ero veramente a disagio con lui accanto, sentivo i suoi occhi su di me. Il mio imbarazzo crebbe ripensando che qualche ora prima avevo vomitato nella sua roulotte. Mi sentii in dovere di scusarmi, così lo feci. Mentre camminavamo uno a fianco all’altra presi coraggio e glielo dissi, gli dissi scusa per aver vomitato, per avergli dato fastidio, per tutto. Riuscii a percepire un sorriso, non lo stavo guardando
“Non devi scusarti. Chi, dopo tutto, non si è mai ubriacato per amore.”
“Già.”
La mia voce era triste ma la giornata di lavoro era quasi finita, mancavano le ultime cose da fare e poi mi sarei rinchiusa in casa, nella mia camera a piangere, a scrivere i miei pensieri.
Misha andava verso la sua roulette, io nella direzione opposta
“Allora ci vediamo domani Misha.”
Lui si fermò
“Mi accompagni alla roulette? Così parliamo un po’…”
Corrugai la fronte, scossi un po’ la testa e poi accettai. Cominciammo a parlare del più e del meno, di come avevamo scelto di intraprendere quella vita, di come la sua vita era ‘perfetta’ secondo il mio punto di vista e di quanto non lo fosse per lui, si voltò verso di me
“E tu? Cosa racconti della tua vita?”
I miei occhi si spalancarono, diventai cupa d’improvviso, il mio sorriso svanì di colpo, solo la tristezza mi pervase
“Scusa ma non ne voglio parlare.”
Lui non disse nulla e continuò a descrivermi la sua giornata scandita da ore di lavoro e di diete equilibrate, mi fece ridere più volte.
Raggiungemmo la roulotte, si fermò davanti alla porta, sembrava una specie di appuntamento. L’imbarazzo davanti alla porta di casa dopo la serata passata insieme dei due adolescenti in preda agli ormoni.
-Si baceranno? Finiranno a letto insieme?-
Risi per aver pensato all’orribile cliché che non sarebbe mai avvenuto tra me e Misha Collins, salì nella roulotte e prese le sue cose, si infilò il cappotto e sorridente disse
“Si fa buio. Ti accompagno a casa.”
“Non devi. Prendo il pullman.”
“No. Insisto. Ti prego.”
I suoi occhi mi stregarono ancora una volta –Hey ciao occhioni blu, venite spesso qui?!- sorrisi per la mia battuta mentale.
“Okay, se proprio insisti.”

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Capitolo 3
*** 3. ***


Salimmo in macchina, una Ford grigia metallizzata, il nuovo modello, spaziosa, profumata.
Prima di entrare mi sorrise, lo guardai imbarazzata.
Appena saliti mi pervase quel senso di disagio e tristezza, avrei voluto scrivere un sms a Marta ma con quella non volevo avere più niente a che fare.
Misha notò l’espressione sul mio viso, corrucciato e pensieroso
“Hey!” mi sorrise e mi sentii di un po’ meglio.
Mise in moto e partimmo.
Per un bel po’ non parlammo. Il solito silenzio imbarazzante che si crea in tipiche situazioni imbarazzanti.
Mi squillò il telefono, sullo schermo lessi il nome -Pitt- misi in silenzioso sorridendo amaramente, neanche con lui volevo parlare.
Misha accese la radio
-Jumpin’ Jack Flash-
Come mi piacciono gli Stones.
Misha sorrise tamburellando a ritmo le dita sul volante
“Tanto per non rimanere in silenzio per tutto il viaggio.”
Io risi sentendomi una stupida
“Allora mi vuoi dire cosa ti prende?”
Non volevo parlare di questo con lui
“Mah, niente. Sono solo triste ma tu sei stato così gentile con me e ora mi sento meglio… Devi girare di qua.” Gli indicai la strada lasciando la frase a metà, lui rallentò al semaforo, d’improvviso la mia pancia brontolò. Non mangiava dalla mattina.
-Stomaco perché mi fai questo?!-
Misha mi fissò, io diventai bordò
“Hai fame?”
Volevo sprofondare nel sedile e non ritornare più su
“Un po’…”
Spinse sull’acceleratore e cambiando la canzone disse
“Tra qualche chilometro c’è un ottimo ristorante, ti offro la cena.”
Sgranai gli occhi
“Cosa?! No. Non devi! Io non posso accettare, tu non…”
“Orami è deciso! Si va a mangiare!”
Bene ora sarò in debito di una cena con Misha Collins!
Squillò ancora il telefono
“Scusa ora lo spengo…”
Mi bloccai guardando il nome lampeggiante sullo schermo –Papà- .
Non potevo crederci, come… Perché? Perché adesso, proprio in questo momento.
Il mio volto era l’apoteosi della disperazione, del terrore.
Continuai a guardare quel nome lampeggiante e tutto quello che riuscivo a pensare era –Perché a me.-
Misha mi guardò
“Non rispondi?”
Scossi la testa, mi tremavano le mani
“No.” balbettai “Puoi fermarti un attimo, io…”
Appena scesa dalla macchina mi appoggiai a un lampione e cominciai a vomitare, vomitavo sostanzialmente il nulla visto che non avevo mangiato. Mi sentivo morire, lo stomaco si contorceva, avevo le lacrime agli occhi. Mi sentivo schiacciata da un peso enorme, come investita da un camion.
Misha si avvicinò e piano mi mise una mano sulla spalla, mi girai, gli occhi angosciati.
Non sapeva neanche lui cosa dire, tremavo. Il cellulare continuava a squillare sul sedile della Ford
“Spegnilo, ti prego. Spegnilo!”
Lui prese il telefono, guardò il mittente, mi guardò, il mio viso di supplica.
Spense il cellulare e lo gettò sul sedile
“Andiamo. Ti porto a casa, dai…”
Mi sostenni al suo braccio, inciampai sui miei stessi piedi, caddi a terra tirando verso il basso anche Misha, mi sbucciai le mani, lui mi cinse il fianco con il braccio e mise il mio attorno alla sua spalla e mi trascinò sul sedile posteriore della macchina.
Mi sdraiai e mi strinsi nella giacca, avevo freddo e volevo morire. Vidi Misha frugare nella borsa e cercare nel portafogli la mia carta di identità per sapere la via di casa.
La mia vista si fece sempre più offuscata, riuscì a sentire solo il rombo della macchina e la voce calda di Misha
“Hey, andrà tutto bene, ti porto a casa.”
Mi addormentai.

Quando mi svegliai, la macchina era spenta, Misha era chino su di me e mi sollevava con gentilezza, mi prese tra le braccia, salì i pochi gradini per arrivare alla porta di casa, io stringevo le braccia al suo collo, la fronte al suo petto, la borsa sulla mia pancia
“Kat? Hey Kat, svegliati dai, hai le chiavi? C’è qualcuno a casa?”
Non risposi, non ce la facevo. Misha suonò il campanello, la testa mi scoppiava, venne ad aprire Julia, la mia amica con cui condividevo la casa.
Era in pigiama
“Si?!” la voce fredda che riservava agli estranei, mi vide
“KAT! Oh Kat!” guardò Misha “Cosa le è successo? Si è ubriacata?”
Misha scosse la testa, sentivo il suo cuore battere, Julia lo fece passare
“La prima porta a destra!”
Misha entrò in casa e mentre Julia accendeva la luce del corridoio, lui mi portava in camera, mi mise sul letto e io gli afferrai il braccio, lo guardai debolmente negli occhi indaco
“Grazie.” Riuscii a dire.
Julia mi mise una coperta addosso, poi accompagnò Misha fuori dalla stanza ma riuscivo a sentirli lo stesso
“Cos’è successo?” gli chiese lei
Lui spiegò il fatto della chiamata, prima Pitt e poi mio padre e che era stato dopo aver letto quel nome che ero stata male. Julia sospirò, la voce rotta
“Ora capisco, suo padre… non posso spiegarti ma forse un giorno te lo potrà dire lei.”
Non dissero più niente per un po’, poi sentii la porta chiudersi e la serratura scattare, poi Julia tornò da me, si sedette sul bordo del letto e mi accarezzò i capelli
“Oh Katheline, perché deve succedere tutto a te, tutto adesso. È proprio vero che le cose peggiori succedono alle persone migliori.”
Pensava dormissi, mi baciò la guancia e se ne andò.
Cercai di addormentarmi ma non riuscivo a pensare ad altro, quel nome che compariva sul telefono –Papà-
Perché avevo ancora quel numero? Ah si, per sapere quando mi chiamava così da non rispondergli, avevo ormai dimenticato il suono di quella voce orribile.
Mi addormentai. Il sonno fu senza sogni. Calmo e profondo.
Al mio risveglio trovai un medico nella stanza, parlava con Julia, assoluto riposo, niente lavoro per almeno una settimana. Mi sentivo troppo debole per ribattere. Mi avvolsi nelle coperte.
Julia si avvicinò al mio letto
“Hey tesoro. Vuoi fare colazione? Vuoi alzarti?”
Annuii, lentamente mi alzai e andai verso la cucina dove Julia mi versò del latte e caffè. Cominciai a girare il cucchiaio distrattamente nella tazza.
Julia, appoggiata al bancone della cucina, beveva il suo succo d’arancia, le sorrisi
“Sai quel ragazzo che ti ho portato a casa ieri? Mi ha chiesto se poteva venire oggi a vedere come stai, gli ho detto di si.”
Lo guardai –Perché ho un’amica pazza?!-
Lei sorrise.
“È carino. Ti farà bene distrarti da… beh da tutto!”
“Come faccio col lavoro? Se salto un giorno sono fuori.”
Julia rise, la risata cristallina e vivace
“Il ragazzo ha detto che ci avrebbe pensato lui, arriva tra poco.”
Volevo ucciderla ma vedere Misha mi avrebbe fatto bene.

Misha suonò al campanello e Julia gli andò ad aprire, gli sorrise
“Entra! Kat è di la in salotto.”
Misha le sorrise e venne verso di me. Lo salutai con un sorriso sulle labbra, ero in pigiama, la coperta sulle spalle e una tazza di the tra le mani.
Si sedette accanto a me
“Allora, tutto bene?”
Non risposi, mi limitai a sorridere, lui sospirò, mi guardò negli occhi e mi strinse la mano
“Non puoi tenerti tutto dentro. Quando avrai voglia di parlarne puoi contare su di me.”
Gli strinsi la mano, sussurrai un grazie. Appoggiai la testa alla sua spalla, in quel momento comparve Julia, il tailleur grigio perlato, la camicia bianca. Ovviamente andava al lavoro, non mancava mai, faceva la dirigente in un’importante azienda e era sempre l’impiegata del mese, ogni mese
“Io vado, la affido a te Misha, so che è in buone mani. Torno presto.” Mi diede un bacio sulla fronte e sorrise a Misha “Ciao!” se ne andò.
Lo guardai chiudere la porta, Misha corrugò la fronte
“Strana ragazza.”
Risi, lui mi guardò dolcemente, gli occhi blu indagatori e caldi
“Sei in debito con me di un invito!”
“Ma se non siamo neanche usciti alla fine!” risposi ridendo
Cominciammo a ridere di gusto, la mia mano stretta alla sua.
Sapevo molto bene indossare la mia maschera ma lui riusciva a farmi dimenticare perché la mettevo.

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Capitolo 4
*** 4. ***


Argomento delicato.  Tratto il tema di abusi e pedofilia. Non ho voluto usare questo tema delicato solo per la storia della protagonista. 


Guardai Misha che in cucina preparava il thè, andava da una parte all’altra della stanza cercando zucchero o bustine di thè.
Era veramente buffo vederlo fuori dalla sua area di competenza. Fuori dal set era veramente diverso, non ero abituata a vederlo in casa mia, beh chi è che si aspetterebbe di vedere un attore nella propria cucina.
Mi alzai e avvolgendomi nella coperta salii nel bagno
“Hey Kat dove vai?”
“In bagno…” gli sorrisi
 Lui annuì e continuò a sfaccendare in cucina, caro ragazzo.
Aprii l’acqua della vasca.
Mi guardai allo specchio, il mio riflesso sbiadito e triste.


Avevo diciassette anni, ero sdraiata sul mio letto, nuda, il vecchio disco vinile di mia mamma dei Beatles suonava Michelle.
Le lacrime mi rigavano il viso e stavo lì, immobile.
Il gatto mi leccava l’incavo sudato del collo.
Era da quando avevo dodici anni, da quando mio papà era morto che lui, il nuovo fidanzato della mamma si divertiva a ‘tenermi compagnia’.
Da prima veniva a darmi la buonanotte, mi raccontava le favole per farmi addormentare, un bacio sulla fronte, la porta bianca aperta poi cominciò a chiuderla e a me sembrava tutto così ‘normale’, infondo mai nessuno mi aveva spiegato dove fosse lo sbaglio, io non sapevo…
Avevo diciassette anni, stesa sul mio letto, da qualche anno aveva cominciato a essere ‘brutale’, mi feriva, mi minacciava, poi mi regalava delle cose, cose che servivano a comprarmi, comprare il mio silenzio.
Stavo lì, sdraiata. Passai le dita sulla pancia, una cicatrice rossa correva in diagonale dall’ombelico fino a sotto il seno. L’aveva fatta lui mesi fa con un coltello da cucina. Avrei detto a tutti che me l’ero fatta cadendo nel deposito di casa.
Ero stata in silenzio, nessuno mi credeva, mia mamma non sapeva niente, come avrei potuto dirle qualcosa, che il suo fidanzato era un maniaco, stupratore, pedofilo, peroraste e tutto il resto…
Mi alzai spostando il gatto dal petto, i piedi nudi sul pavimento freddo, volevo uccidermi.
Ci avevo già pensato in precedenza, avevo pensato anche dei vari metodi ma alla fine non lo facevo, non potevo lasciare da sola la mamma, non con lui.
Continuavo a pensare che forse era meglio che se la prendesse con me anzi che con lei, pensavo che forse ero stata io a provocarlo.
Mi guardavo allo specchio, i capelli lunghi mi ricadevano sulle spalle sottili, erano veramente brutti, lui diceva che mi stavano bene così presi una forbice e me li tagliai, le ciocche brune cadevano soffici nel lavandino.
Il disco si fermò, andai a cambiarlo.
Mio padre, quello vero, aveva una collezione di vinili.
Da piccola, prima di dormire, mi faceva ascoltare i Rolling Stones e io dormivo tra le sue braccia.
È per questo che li adoro.
Misi Play with Fire e alzai il volume al massimo.


Perché ho ancora quel numero?!

Aprii l’acqua della vasca, calda, avvolgente.
Sinceramente non mi importava se mi avessero trovata dissanguata nella vasca. Così presi una lametta.
Nulla aveva importanza e io ero stanca, di tutto.
Pensai a cosa mi sarei dovuta aspettare dalla vita.
La mia migliore amica da sempre, Marta, era felice, con lei non si poteva parlare. Julia cercava di capirmi ma ogni volta che si tornava sull’argomento io impazzivo, avevo delle crisi, piangevo, non riuscivo a controllarmi. Così le feci leggere il mio diario e lei mi abbracciò. Mi tenne sempre con sè. Non permetteva che quell’uomo si avvicinasse, non si perdonò mai quando, l’unica volta che mi lasciò sola lui prese un coltello e mi lasciò un segno sul seno –Un ricordo. Per sempre.-
Capisco solo ora che è sempre stata lei la mia migliore amica.



Guardai il soffitto, il sangue che colorava di porpora l’acqua, mi lasciai scivolare. Potevo ancora sentire Play with Fire, come otto anni fa, suonare nella mia mente. Riecheggiava nella stanza.
Mi lasciai scivolare e ricoprire dall’acqua che mi avvolgeva intorpidendomi i sensi.
Sentii sordamente la porta del bagno spalancarsi, una figura mi sollevò
“Kat!”
Misha era li, io completamente bagnata tra le sue braccia, i capelli era ricresciuti parecchio dall’ultima volta che ci avevo provato, la testa rovesciata all’indietro, tremavo e Misha mi stringeva tra le braccia.
Mi mise sulla sedia accanto al lavandino, prese delle bende nel cassetto della specchiera e mi fasciò stretto i polsi. Ero piegata su me stessa, debole e completamente nuda. Continuavo a piangere. Non riuscivo a sollevare la testa da quanto mi sentivo pesante.
Trovò degli asciugamani e cercò di asciugarmi come meglio poteva. Mi avvolse in una coperta che aveva recuperato da camera mia, io la strinsi a me.
Cercai di sollevare la testa e di aprire gli occhi debolmente ma appena tentai di fare uno sforzo mi sentii svuotata e caddi in terra.
Mi strinsi su me stessa, lui si precipitò su di me cercando di risollevarmi ma alla fine capì che era meglio stare li, mi avvolse tra le sue braccia, un po’ come faceva mio papà prima di addormentarmi.
Non disse niente. Anche la volta scorsa mi avevano ‘salvato’ ma le domande erano state tante e io non avevo risposte.
Misha mi aveva salvato e mi lasciai cingere dalla sua presenza. Ormai la sua camicia era completamente fradicia, mi appoggiai con la testa al suo petto, lui mi baciò la fronte cullandomi
“Devi rimanere sveglia. Non addormentarti!”
Cercai di riaprire gli occhi ma riuscii solo a vedere le sue labbra circondate dalla barba sfatta
“Ora andiamo in ospedale Kat, chiamo…”
“No. Non mi lasciare.”
Mi strinse più forte
“Non ti lascio.” La voce calda e familiare, dolce e sincera.
Mi strinsi sempre di più su me stessa e tra le sue braccia
“Grazie.” Sussurrai debolmente.
Mi cullò.
Volevo solo stare abbracciata a lui, l’unica persona che era lì, con cui volevo veramente stare, in quel momento, in quell’istante, forse per sempre.

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Capitolo 5
*** 5. ***


Misha mi teneva stretta al suo petto.
Ancora non era il momento di chiedermi nulla ma stare li mi faceva sentire al sicuro da riuscire a confidarmi se solo mi avesse chiesto qualcosa.
Misha continuava a stringermi, non disse niente ma continuava a muoversi tentando di tenermi sveglia.
Sentii dai suoi movimenti che sfilava il cellulare dalla tasca dei jeans, le sue parole mi sembravano ovattate, come se parlasse con la mano davanti alla bocca, il suono non era limpido e caldo, sentii solo poche parole –Vieni subito, è urgente.- mi strattonò scuotendomi tra le braccia
“Nonono, non ti addormentare, su stai sveglia!”
Mi scosse forte, mi aggrappai al suo braccio.
Piano mi sollevò e mi prese tra le braccia e mi portò in camera, mi adagiò sul letto, tenevo stretta la mia coperta ma continuavo a tremare, lo guardai debolmente con gli occhi offuscati
“Mi dispiace, io non…”
Mi guardò dolce e premuroso
“Non ti scusare, mi prendo io cura di te.”
Si sdraiò accanto a me, avvicinai la testa al suo petto e mi strinsi a lui
“Tra poco arriva Julia, con lei puoi parlare.”
Mi strinsi sempre più forte a lui, non dissi niente, lui rimase li a darmi coraggio e a parlarmi, diceva cose a caso, stupide, ripeteva pezzi di copione, tutto solo per cercare di tenermi sveglia finché non sarebbe arrivata Julia.

Julia arrivò quasi subito, corse su per le scale e entrò nella stanza. Io ero abbracciata a Misha che mi cullava dolcemente, si spostò da me e lasciò il posto a Julia
“Kat, ti devi vestire… non puoi stare con una coperta addosso per tutto il giorno, dai.”
Misha indietreggiò e chiuse la porta dietro di se.
Kat mi vestì con il pigiama, caldo e avvolgente. Guardavo nel vuoto, la porta della mia camera. Dietro c’era Misha che aspettava, chissà a cosa pensava.
Volevo solo andare da lui e stringerlo forte a me, baciarlo, assaporare le sue labbra, sfregare le guance sulla sua barba sfatta, passargli le mani tra i capelli e sentire la sua pelle calda sulla mia. Volevo stringermi al suo petto e lasciarmi andare, parlargli di tutto.
Julia mi strinse forte la mano, era inginocchiata davanti a me e mi abbottonava la casacca del pigiama
“Julia…”
Lei mi guardò, amorevole come sempre
“Si tesoro?”
“Perché adesso?”
Si sedette accanto a me
“Non lo so. Veramente non lo so. Forse perché è uno stronzo.”
Non dissi niente, rimasi solo a guardarla, la bocca semi aperta, gli occhi arrossati, i capelli mi cadevano sul viso bagnati, Julia mi spostò una ciocca dal viso e la mise dietro all’orecchio
“Dai tesoro, fatti coraggio. Passerai anche questa. Misha è qua fuori, vuoi che te lo chiami?”
Annuii impercettibilmente, lei mi accarezzò la coscia e andò a chiamare Misha.

Avevo diciotto anni l’ultimo giorno che lui provò a farmi male. Riuscii a ribellarmi, mi lasciò quel segno, indelebile.
Lo dissi a mia mamma, finalmente.
Mia madre non poteva crederci. Non riusciva a crederci. Si chiedeva come avesse potuto non accorgersene. Io mi chiedevo se quando faceva l’amore con lei pensava a me o viceversa.


Misha bussò piano alla porta, alzai il viso, lo guardai quasi spaventata. Si avvicinò e delicatamente si sedette vicino a me.
Non riuscivo a guardarlo negli occhi.
Lui sapeva vedermi dentro e sicuramente quello che vedeva non gli piaceva. -Lui non mi abbandonerà, come ha fatto mia mamma, come ha fatto Pitt…-
Si piegò cercando il mio sguardo stanco
“Hey…” cercò di strapparmi un sorriso “dai fammi un sorriso.”
Non volevo. Rimanevo lì, come la pietra, fissa a scrutare il nulla, Julia comparve sulla porta
“Misha vuoi un the?”
Lui annuì. Chissà perché il the si fa sempre per ‘alleviare’ la tristezza o superare momenti difficili.
Misha si avvicinò ancora un po’ a me, trasalii, lo guardai
“Forse…” respirai “dovresti sapere un po’ di cose. Per sapere con chi ti stai rapportando in questa stanza.”
Lui mi strinse la mano
“Se non vuoi non sei obbligata. Tu mi piaci così come sei.”
Gli sorrisi e mi abbracciò
“Grazie, ancora ma credo che tu abbia il diritto di sapere, dopo quello che è successo.”
Cominciai a raccontare tutto dall’inizio. Da quando mia madre conobbe questo uomo, il nuovo papà. Da quando cominciò a venire nella mia stanza. Da quando diventò violento. Da quando mi ‘marchiò’. Da quando Julia lo fece minacciare dal suo ragazzo, quarterback della squadra del liceo. Da quando nessuno mi credeva a parte Julia e Simon. Da quando me ne andai di casa e andai a vivere da Julia ma lui mi trovò lo stesso. Da quando lui se ne andò definitivamente e io andai via con Julia per vivere insieme cercando di buttarmi il passato alle spalle. Gli raccontai tutto.
Misha mi guardò per qualche secondo, sembrava turbato
“Sai…” prima che potesse continuare lo fermai
“Non dire niente.” Lo guardai, ‘nei miei occhi c’era tristezza’ mi disse in seguito.
Mi sporsi verso di lui, mi strinse la mano.
Rimanemmo in silenzio finché Julia non portò il the. Ancora non riuscivo a sorridere
“Posso dirti due parole?” la mia amica si rivolse a Misha.
“Certo!” si alzò lasciandomi la mano “Torno subito.”
Si misero nel corridoio a parlare ma riuscivo a sentirli
“Ti ha detto qualcosa?” disse lei
“Mi ha raccontato tutto…”
“Quello che le è successo non se lo meritava. È una brava ragazza. Dolce, premurosa, gentile, intraprendente. Ma quello che le è successo è orribile.”
Silenzio
“Sai Misha, non è la prima volta che ci prova… a morire intendo.”
Ancora silenzio
“Aveva diciassette anni la prima volta, non ce la faceva più. Era da quando aveva dodici anni che quel mostro… io non… aveva anche lasciato una lettera, si scusava con sua mamma, non era colpa sua, si scusava con me e Simon, perfino con Marta.
Dovevamo vederci quel giorno e quando non la vidi qualcosa scattò e intuii tutto. Io e Simon corremmo a casa sua e la trovammo quasi esangue. La salvammo appena in tempo.”
“Ma lui che fine a fatto?” angosciato
“Sparito. Nel nulla. L’ha chiamata solo una volta prima di ieri. Io ero li quando chiamò, diceva che insieme si erano divertiti, che non l’avrebbe dimenticata mai. Kat gli chiuse il telefono in faccia, sorrise ma rimase chiusa nella sua stanza per una settimana a piangere. Credo che l’unione del fatto che si sia lasciata con Pitt e poi questa chiamata l’abbia…”
Uscii piano dalla stanza, loro si voltarono e mi guardarono stupiti
“Hey tesoro,” disse Juls “torna a letto, non ti fa bene stare alzata.”
“No, sto bene, lo giuro. Volevo solo dirvi che mi dispiace. Che non volevo che succedesse ancora.”
“Oh tesoro. Lo sappiamo. Dai vai a letto, arriviamo subito.”
Abbracciai Julia, stretta non la lasciai andare
“Scelgo la vita.” Le sussurrai
La mia migliore amica, la mia vera migliore amica.
Misha mi guardò, sorrise dolcemente.
Un brivido mi corse lungo la schiena fermandosi alle tempie.
Quell’uomo mi stava aiutando, era diventato, inconsapevolmente, la mia ancora di salvezza.

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Capitolo 6
*** 6. ***


Guardai Julia andare in cucina, ero seduta sul divano a bere cioccolata e a guardare Discovery Channel.
Dopo due giorni dall’accaduto tutto mi sembrava così lontano, come se tutto fosse stato un sogno.
Julia mi aveva sequestrato il cellulare così da poter intercettare le chiamate e anche se mi diceva che non aveva chiamato nessuno, facevo finta di crederle e sorridevo.
La guardavo padellare mentre fischiettava allegra.
Mi alzai e arrivata in cucina tirai fuori dal freezer due mini pizze e le misi nel forno. Julia mi fissò
“Scusa?! Cosa stai facendo?!”
Sorrisi
“Dai! Facciamo un antipasto, non ci potrà fare male?!”
Scoppiai a ridere
“Quanto sei scema!” rise anche lei
Julia aveva preso una settimana di ferie per starmi accanto, per aiutarmi.
Eravamo entrambe in tuta, i capelli legati e le ciocche ribelli fermate da forcine. Sembravamo due casalinghe ma di quelle tristi con la vita sessuale di un trilobite.
Mi sedetti sul bancone della cucina e bevvi la cioccolata, Julia mi scoccò uno sguardo severo ed espresse la sua opinione
“Cioccolata calda, mini pizze, pasta… non ti sembra di fare una dieta un po’ sbilanciata Katheline?”
La guardai sollevando il sopracciglio
“Non ti sembra di rompere un po’ troppo mamma?”
Mi fissò, diventai tutta rossa e non riuscii a trattenermi dal ridere e scoppiai, lei continuava a guardarmi
“Ripeto: quanto sei scema!” scosse la testa ridendo
Tirai fuori dal forno le pizze e le lanciai sul piatto
“MM scottano! Cristo!”
Guardai Juls, l’unica cosa che riuscivo a pensare era ‘Grazie’, sorrisi e cominciai ad apparecchiare canticchiando Springsteen
“Come siamo allegri.”
“Eh su Juls! Canta anche tu! Born in the U.S.A.” cominciai a cantare saltellando
“Dai scema! Smettila!” rise, diventando bordò, le lacrime agli occhi
Passammo tutto il giorno a “coccolarci”, a fare cose da amiche, farsi la ceretta –Smettila di urlare Kat!-, guardare programmi scemi alla tv mangiando patatine e bevendo birra, spettegolando, da brave donne, su Marta e il suo grosso sedere.
Guardai Julia bere la birra dalla bottiglia, seduta a gambe incrociate
“Julia…” si voltò “forse dovremmo vestirci, siamo in tuta da due giorni e sembriamo, ogni minuto che passa, più uomo del dovuto.”
Lei mi guardò, si guardò i vestiti
“Beh…” bevve un sorso, appoggiò la bottiglia sul tavolino “forse hai ragione, ma prima…” mi saltò addosso e cominciò a farmi il solletico.
Odio il solletico, cioè  muoio quando me lo fanno e Julia lo sapeva, cominciai a urlare, mi lacrimavano gli occhi dal ridere, un ridere convulso, mi mancava il respiro.
Si alzò da me
“Bene. Vedetta per avermi dato dell’uomo. Ora possiamo andare a vestirci.”
“Io.” Respirai profondamente “Ti uccido.”
“Sisi, come vuoi.” Rise e se né andò a cambiarsi.

Spuntai in camera sua, mi fermai sulla soglia, cercava i vestiti nell’armadio, io mi ero già cambiata. Non che cambiasse molto da prima, insomma avevo dei leggins e una maglietta, ma almeno non puzzavo
“Hey Kat hai tu il mio reggiseno?” mi sorrise
“Perché dovrei avercelo?”
“Perché prendi sempre le mie cose, ecco perché.” Rise
La fissai, scossi la testa
“Anche se fosse vero, come pretendi che mi stia il tuo minuscolo reggiseno.” Dissi scherzando
Julia si fermò e mi guardò, lo sguardo severo
“Stai insinuando che non abbia le tette?”
“No. Che ce le hai piccole.”
“Brutta stronza!” rise “No dai davvero. Non lo trovo.”
Entrai nella stanza e mi sedetti sul letto a gambe incrociate tirandomi su i capelli
“Non ne hai altri?”
“Ma era il mio preferito!” si fermò a pensare “L’avrò lasciato da…” si morse la lingua
La guardai come per sollecitare il continuo, non disse niente
“Beh… Ah ecco! L’ho trovato!” sventolò un reggiseno blu
“No. Quello non è il tuo preferito, il tuo preferito l’abbiamo comprato insieme. Me lo ricordo. Era per capodanno di tre anni fa, rosso di pizzo. Quello non è di certo.” Mi alzai
Lei arrossì
“Hem…” la guardai “forse non è questo…” disse balbettando. Beccata!
“E così, Julia Paula Wright, ti ho scoperto! Dove hai lasciato il tuo reggiseno preferito? A chi l’hai lasciato?”
Diventò bordò, rise nervosa, cominciò ad arrampicarsi sugli specchi ma alla fine cedette al mio interrogatorio
“Va bene, va bene. Mi hai beccata.” Disse colpevole “Mi vedo con uno del lavoro.”
“AH-AH! Lo sapevo!” Mi risedetti sorridente sul letto di Juls “Su,su. Mi devi raccontare tutto. Chi è, quanti anni ha, in che settore lavora… tutto!”
Julia si vestì
“Beh, si chiama John. Ha trentun’anni, è dirigente della contabilità… che altro…” si picchiettò le dita sulle labbra “beh… a letto è una bomba!”
Okay, quella con la vita sessuale di un trilobite sono io.
La guardai
“E ti piace tanto?”
Sorrise
“Da morire. È da Simon che non piace così tanto un ragazzo.” Era in imbarazzo, non è mai stata una che si confida, neanche con me. Ma quando si lasciava andare diventava la tenerezza in persona.
“Devi dirmele queste cose! Poi sono io la scema!” le dissi
“Beh, avevamo altro a cui pensare, non ti pare?” non dissi niente, ero solo felice per lei.

Tornammo sul divano, a bere birra e a dire cazzate
“Hey Julia.”
“Che c’è?”
“Niente. Stavo pensando…” respirai “secondo te, Misha com’è?”
Prese della patine e le ingurgitò, non molto femminilmente.
“È un bravo ragazzo. Mi piace. È gentile, simpatico, un po’ strano, ma è sempre disponibile a dare una mano. È okay.” Bevve un sorso di birra
“Mm.” mugugnai
Non aveva capito cosa intendevo
“Julia?”
“Dimmi.” Mi fissò
“Io intendevo come vedi Misha con una come me, secondo te…”
Continuava a fissarmi senza capirmi –certe volte è proprio tonta.-
“JULIA! Intendo se per te, se ci provo ci sta!”
“Aaaah. Mi sembrava strano quello che dicevi, perché non parli chiaro!”
La guardai –Impossibile, veramente tonta.-
“Comunque, Kat. Hey, vieni qui.” Mi avvicinai a lei “Se uno che ti conosce appena ti sta accanto anche dopo quello che ti è successo e che ha saputo, credo proprio che sia l’uomo dell’anno, quello perfetto. E una cosa è sicura su Misha, è legato a te più di quanto pensi.” Mi strinse la mano.
“Pensi veramente quello che hai detto?”
I suoi occhi verdi mi fissavano dolci e premurosi
“Certo! Lo sai cosa mi ha detto l’altro giorno? Che non vuole lasciarti, neanche per un secondo, che se tu glielo permetterai, rimarrà con te, perché è dal primo giorno che ti ha vista sul set che ha capito che sei speciale.”
Non riuscivo a crederci
“Seriamente ha detto questo?” chiesi incredula
Julia mi guardò ancora e mi strinse forte la mano
“Ti mentirei mai?” feci no con la testa “Ecco. E con molta probabilità Misha è innamorato di te. Più di quanto voglia ammettere a se stesso.”
Sorrisi. 

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Capitolo 7
*** 7. ***


Rimasi alzata fino a tardi a guardare la tv, facendo zapping tra un canale e l’altro.
Ero riuscita a farmi ridare il cellulare per controllare i messaggi in segreteria, Juls mi aveva detto che aveva bloccato il numero di Papà.
Controllai la segreteria, solo messaggi di Pitt, inutili e senza senso, e poi uno di Misha
-Hey ciao Kat, sono Misha. Emh volevo sapere come stavi. Spero bene, voglio solo sapere a che ora posso chiamarti. Se mai vengo a trovarti domani mattina, per vedere come va, se hai bisogno di qualcosa. Io ci sono. Emh si, okay. Un bacio, Misha.- lo potevo sentire sorridere
Guardai la data del messaggio, l’aveva lasciato quella mattina, quindi sarebbe arrivato domani, ora era troppo tardi per chiamarlo, gli scrissi un sms veloce
-Hey ciao, sto bene grazie per esserti interessato, se vuoi passare domani mi fa solo piacere. Un bacio K.-
Lanciai il telefono tra i cuscini e afferrai una birra, prima che potessi berla sentii il fastidioso trillo che avvisava la chiama, non guardai neanche il numero e risposi
“Pronto?”
“Hey Kat, ciao. Sono Misha.” Disse la sua voce premurosa
“Hey ciao. Tutto bene?” gli chiesi gentile
“Si io si, tu invece?” chiese lui con un po’ di agitazione
Respirai
“Bene dai, passare qualche giorno con Julia mi ha fatto veramente bene, ho sentito solo prima il messaggio che mi avevi lasciato… spero di non averti disturbato… è tardi e magari…”
“Nono tranquilla, non stavo facendo niente.” Sentii che faceva scorrere una porta a vetri “Allora, tutto a posto con…”
Non risposi, lo sentii sospirare
“Kat ci sei?” la voce preoccupata
“Si, emh, tutto a posto. Domani vuoi passare?” gli chiesi timida
Riuscii a sentirlo sorridere
“Certo. Mi farebbe molto piacere vederti.”
Io sorrisi e di istinto cercai di sistemarmi i capelli alla meglio, come se lui dovesse arrivare da un momento all’altro.
Potevo sentire i suoi occhi su di me anche a distanza
“Ti va di parlare un po’?” mi chiese
“Certo!” dissi contenta
Mi alzai e andai in cucina a farmi un caffè, Julia dormiva. Io non riuscivo ad addormentarmi e Misha, dall’altro capo del telefono, mi teneva compagnia. Davvero molto dolce.
Lui si schiarì la voce
“Cosa stai facendo di bello a quest’ora?” disse
“Mah, preparo il caffè… non riesco a dormire.” accesi il fornello e misi a bollire la caffettiera “Tu come mai sei sveglio?” gli chiesi
“Anche io non riuscivo a dormire. Ma non preparo nessun caffè.” Disse ridendo
Risi e aprii il frigorifero cercando del latte freddo
“Dove sei adesso Misha?” dissi sbattendo la porta del frigo, mi strinsi nella vestaglia di lino, lo sentii sorridere divertito
“Sono sul balcone di casa.” Rispose “Tu invece?”
Spensi il fuoco
“In cucina, a fare il caffè. Ma ora…” versai il caffè nella tazza, aggiunsi il latte e lo zucchero “vado sul divano a vedere RealTv.” Mi sedetti a gambe incrociate e cominciai a sorseggiare la bevanda divina “Bene. Sono seduta sul divano!”
Lui ridacchiò
“Sei davvero strana sai?”
“E tu mi segui…” dissi sdraiandomi sul divano “Allora, come mai non dormi?”
“Pensavo.” Rispose diventando serio, la voce calda che riusciva ad avvolgerti
“E a cosa pensavi?” domandai curiosa
“A te.” La voce sempre più avvolgente
Mi mancò il respiro, il mio cuore cominciò a battere forte, sembrava che volesse scoppiare da un momento all’altro
“Ti prego dì qualcosa…” disse sussurrando “Se no io…”
Non pensai neanche un secondo a quello che dicevo
“Credo di essermi innamorata di te.” Dissi di botto
Ci fu un grande silenzio, nessuno dei due parlò per minuti interi, minuti che sembravano ore, entrambi riuscivamo a sentire l’altro respirare
“Misha ci sei?” chiesi nervosa, mi rosicchiai l’unghia
“Si.”
“Di qualcosa anche tu, se no mi sento una scema.” Mi si poteva leggere il nervosismo in faccia, mi tirai su e bevvi un sorso di caffè
“Credo…” respirò a fondo “di essere anche io innamorato di te.” Sorrisi “Dal primo giorno che ti ho vista sul set. Quando ti ho vista portare il caffè a tutta quella gente, quando mi hai sorriso e hai ripetuto il mio gusto di caffè preferito. Beh credo di essermi innamorato di quella ragazza, è piena di problemi si, ma è speciale, è veramente una bella persona.”
Sentii le sue parole, la sua voce era così eccitante
“Anche io mi sono innamorata di quest’uomo, dei suoi occhi blu che mi hanno stregato. L’unico che mi abbia chiesto come mi chiamo appena sono arrivata. L’unico che mi sia stato amico. Le sue labbra, la sua barba sfatta, dio quella si che mi eccitava.” Lui rise “Beh insomma, mi sono innamorata di quest’uomo giorno dopo giorno.” Alla fine erano solo parole a caso ma nella mia testa avevano un senso, forse anche per lui. “Hai capito qualcosa di quello che ho detto vero?”
“Sisi, almeno penso.” Rise “Veramente trovi eccitante la mia barba sfatta?”
“Si molto.”
“Mmm e io che pensavo di tagliarla…” disse piano
“Oh nonono, ti prego non farlo.” Urlai al telefono
“Hey d’accordo.” Rise “Giuro che non lo faccio. Ora che abbiamo rivelato i nostri segreti, domani a che ora ci troviamo?”
Bevvi un sorso di caffè
“Puoi passare da me per le… che ore sono adesso?”
“Le 3, di notte.” Mugugnò
“Ti va di uscire adesso?” gli chiesi “Passi da me? Ci facciamo un giro a parlare.” Gli chiesi tutto di un colpo
“Certo. Arrivo da te tra mezz’ora?”
“D’accordo!” gli dissi
 

Arrivò in mezz’ora, come d’accordo, aprii piano la porta e subito la richiusi per non svegliare Juls. Misha mi aspettava appoggiato alla macchina, il suo solito sorriso illuminato dal lampione della via. Scesi piano i gradini per arrivare in strada.
Gli sorrisi dolce, lui si avvicinò a me, mi mise un braccio intorno alla vita e mi strinse a sé.
Mi sorrise teneramente e prima che me ne accorgessi mi baciò, sentii le sue labbra sulle mie, l’incontro delle nostre lingue mi fece rabbrividire, un brivido di eccitazione che mi corse lungo la schiena.
Non riuscivo a staccarmi dal suo corpo, le mie guancie sfregavano contro la sua barba sexy, mi strinse più forte per non lasciarmi andare mai.


Quando si staccò da me rimanemmo a guardarci per qualche secondo, i sorrisi stampati sulla nostra faccia, gli occhi che si cercavano, cercavano una domanda, una risposta.
Strinsi la mano a Misha e gli toccai il petto coperto dalla maglietta blu scuro.
Senza dire una parola lo presi per la mano e lo trascinai davanti alla porta, l’aprii piano, senza far rumore, lui rimaneva in silenzio facendosi condurre verso la mia camera da letto. Salivamo i gradini per arrivare al piano di sopra silenziosamente, le mani che correvano lungo la tappezzeria delle pareti come per condurci
Non diceva niente, neanche una parola.
Era così che avevo sempre immaginato la mia prima volta.
Accesi la luce della camera, lui chiuse la porta.
Mi guardò dolce, accese la luce vicino al letto, come per creare atmosfera e spense quella centrale.
Lentamente cominciammo a spogliarci a vicenda. Le mie mani correvano sul suo petto, nudo. Mi tolse la camicia che mi ero messa solo per uscire con lui.
Le sue mani si soffermarono sulla cicatrice sul seno, mi guardò preoccupato, con gli occhi gli chiesi di non fare domande. Comprensivo come al solito non chiese niente. Mi assecondò.
Si sdraiò sul letto e allungando la mano mi trascinò accanto a lui. La sua bocca baciava la mia pelle, i miei capelli, le sue mani mi accarezzavano mentre  le mie dita scorrevano sulla schiena e assaporavano il suo profumo.
Lo guardai negli occhi, il respiro veloce, la bocca piegata in un sorriso, l’incontro dei nostri occhi, mi strinsi a lui, la sua schiena inarcata, i miei seni schiacciati al suo petto.
Le fasciature ai miei polsi sfregavano sulle sue braccia, mi guardava come se gli desse fastidio.
Mi baciò intensamente stringendomi di più, non potei fare altro che ricambiare il bacio e lasciarmi amare, amare veramente.
Ero innamorata persa di lui e lì tra le sue braccia mi sentivo al sicuro, mi baciava teneramente. In tutta la mia vita ho avuto sempre paura degli uomini, anche di Pitt, ma con Misha era diverso. Mi sentivo protetta, veramente amata.
Non so quali fossero i suoi sentimenti in quel momento, cosa provasse, se le mie sensazioni era uguali alle sue. Sentivo solo il suo cuore battere sul mio.
Mi accarezzava dolcemente, come mai nessuno aveva fatto. Come io avevo sempre immaginato che accadesse la mia ‘prima volta’.
E mi sentivo la persona più felice al mondo. Lo strinsi ancora più forte al mio petto. Mi guardava con i suoi occhi blu mi sorrideva innamorato come se riuscisse a leggere i miei pensieri e capisse che quella era la mia vera prima volta. E ero felice di condividere questo momento così perfetto con lui. 

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Capitolo 8
*** 8. ***


“Vuoi vedere le mie foto di quando ero bambina?”
Erano appena passate le 5.30 del mattino, avevamo passato tutta la notte uno abbracciato all’altra, l’orologio sopra il mio letto ticchettava nervoso facendo passare quelle ore che mi sembravano infinite.
Stavamo abbracciati da ore e mi sembrava di stare in un sogno, il suo cuore batteva così rapido e il suo petto era così caldo
“Si! Mi piacerebbe molto!” disse Misha spostandosi da me per lasciarmi passare
Lo scavalcai, lui sorrise teneramente. Rotolò vicino al muro e rimanendo disteso si appoggiò con la schiena, appoggiò a testa sulla mano, rise.
Mi guardava vagare per la stanza cercando l’album
“Scemo. Cosa ridi!” gli dissi guardandolo dolcemente
Tirai fuori da uno scaffale l’album delle foto, sopra c’era scritto ‘0-11’.
Ritornai a letto e facendomi abbracciare dalle braccia di Misha mi sistemai con la schiena contro il suo petto e cominciai a sfogliare l’album partendo dalle foto di quando ero nata, dove c’era mio padre, quello vero, che mi teneva in braccio sorridendo ‘Kat 11/04/1988’ , poi passammo ai primi giorni di asilo, c’era una foto in cui mi avevano vestito con un abito a pois  e un terribile fiocco in testa, sembravo Minni di Topolino
“Eri una bambina veramente grassa!” disse soffermandosi sulla foto dopo e rise
“Hey!” chiusi l’album per ripicca “un giorno vedrò le tue! Poi vediamo chi ride!” riaprii l’album e continuammo a guardare quelle foto ormai sbiadite
Appoggiai il book a terra, Misha mi trascinò per i fianchi e io mi voltai per abbracciarlo.
Mi baciò dolce, gli misi le mani sul petto e gli baciai quelle stupende labbra, affondai le dita nei suoi capelli soffici.
Mi accarezzava la pelle e assaggiava il calore del mio collo. Baciavo la sua carne più e più volte e lo stringevo a me avendo paura di perderlo.



Mi avvolsi nelle coperte e mi strinsi a lui che mi guardava tenero
“Ma Julia sa che sono qui?” chiese baciandomi la fronte
“Mm no.” Risposi stiracchiandomi “Non credo sia un problema.”
Preso da un raptus cominciò a farmi il solletico, urlai
“No. Ti prego!” lo scongiurai “Ti prego!” urlavo come una pazza mentre ridevo convulsamente
Misha continuava imperterrito
“Fermo! Sento qualcosa!”
“Oh sì, anche io!” disse sarcastico
Gli diedi una pacca sul petto ma continuò a farmi il solletico più forte e nei punti in cui più lo soffrivo, ridevo come una pazza.
Sentimmo la porta aprirsi, Misha si voltò con il sorriso stampato sulla faccia, mi sporsi
Vedemmo Julia sulla porta, in pigiama, a bocca aperta. Sia io che Misha rimanemmo a fissarla per qualche secondo. Misha  si spostò da me, lei riuscì solo a balbettare un –Scusate-, chiuse la porta in fretta.
Misha cominciò a ridere e io lo seguii cercando di trattenermi
“Guardate che vi sento!” disse Julia dall’altra parte “Quando siete pronti, e per pronti intendo vestiti, vi aspetto giù per la colazione!”



Erano appena le 8 del mattino quando io e Misha, finalmente, decidemmo di andare giù.
Entrammo in cucina dove vedemmo Julia chiudere il frigo con un colpo di bacino
“Volete il caffè?” ci guardò sorridendo
Mi sedetti al tavolo, Misha si mise a preparare il caffè come se fosse a casa sua, a me non importava. Più era a suo agio meglio era per entrambi.
Julia si sedette di fronte a me, sorseggiò il suo solito succo d’arancia mattutino e sorridendomi fece brillare gli occhi da pazza. Mi fissò
“E…” un ‘e’ prolungato e allusivo
“E cosa?” chiesi fissandola sorridendo
Misha sorrideva appoggiato al bancone della cucina mentre aspettava il caffè. Julia lo fissò e sorrise ammiccante, continuò con il suo ‘e…’ prolungato
“Julia!” urlai “Smettila!”
Lei si alzò, sollevò il bicchiere di succo e proclamò
“Io. Julia Paula Wright, giuro solennemente sul sacro succo mattutino che non vi darò pace finché non avrò saputo ogni  minimo dettaglio della vostra notte insieme!” bevve il succo di un fiato “Ho finito vostro onore.”
Misha rise divertito, Julia si risedette ridendo, io scuotevo la testa pensando che avessi un’amica scema
“Dovresti fare l’attrice.” Disse Misha, si versò il caffè e me ne portò una tazza
Lei si mise a sfogliare il giornale
“Rimarrò qui finché non saprò qualcosa, e per qualcosa intendo tutto.” Alzò lo sguardo su di noi, mi puntò gli occhi addosso, la fissai preoccupata e puntandomi il dito contro disse “So come farti parlare Katheline Stevens. Solo una parola: Solletico!” Sgranai gli occhi
Misha si trattenne dallo sputare il caffè mentre rideva, io lo guardai divertita
“Allora devo proprio dirtelo se mi minacci così…” mi rivolsi sarcastica a Juls che sogghignava davanti a me compiaciuta
Misha la fissò
“Ma non puoi chiedere a due persone come hanno fatto sesso questa notte.” Io lo colpii al braccio
“E tu non puoi dire alla mia migliore amica ‘come hanno fatto sesso questa notte.’ Scemo!”
Julia rise
“Vi prego.” Ci scongiurò
“No.” Disse Misha
Julia allora si rivolse a me, sapendo che prima o poi, con gli argomenti giusti avrei ceduto
“Ti racconto di John, il tipo del lavoro.”
Sorseggiai il mio caffè
“Vai avanti, cosa proponi come scambio?” Misha rise guardandoci
“Ti dico tutto. Ti dico se ce l’ha piccolo!”
Misha si ritrasse
“No. Ti prego! Non lo vuole sapere nessuno!”
Io risi nel vedere la faccia di quell’uomo di cui ero innamorata
“Veramente io si.” Dissi



Finimmo di fare colazione. Julia andò in sala a sistemare le sue cose, rimasi un po’ con Misha a chiacchierare del più e del meno, a parlare di quella notte, raccontarci tutto e niente.
Scoprii Juls a guardarci e sorridere felice per noi.
Accompagnai Misha alla porta, lo baciai sugli scalini, molto dolcemente, le braccia intorno al collo e le sue mani sui miei fianchi
“Spero di riuscire a venire domani. Ti porto a cena!” disse lui dolce
Se ne andò, scendendo dalle scale si voltò a guardarmi, sorrideva e sorridevo anche io, mi sentivo felicissima come una bambina a Natale.
Salì in macchina, sicura che non potesse più sentirmi sussurrai a Julia vicino a me
“Io ti racconto tutto se tu mi racconti tutto.”
Lei si avvicinò di più e guardando Misha lo salutò con la mano
“Inizi tu.” Disse continuando a sorridere a Misha
Continuavamo a sorridere complici mentre salutavamo l’indifeso Misha. Il mio ragazzo.
Oh dio com’è bello essere innamorati. Mi batteva forte il cuore solo a pensare a quell’uomo formidabile. Si decisamente cotta.

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Capitolo 9
*** 9. ***


Julia chiuse la porta, mi lanciai sul divano. Mi sentivo veramente bene, il sorriso non poteva togliermelo nessuno.
Misha se n’era andato da neanche dieci minuti e io lo rivolevo indietro, lo rivolevo al mio fianco, lo rivolevo nel mio letto.
Era bellissimo dormire, per quel che abbiamo dormito, accanto a lui. Sentirlo respirare vicino a me, nel mio letto. Saperlo al mio fianco mi faceva sentire bene. Senza problemi. Riusciva veramente a farmi dimenticare ogni cosa.
Julia guardò l’orologio
“Dici che è troppo presto per una seconda colazione?”
La fissai
“Sono le 10.30 e abbiamo fatto colazione neanche un’ora fa… hai ancora fame?” le dissi curiosa
“Beh io no… ma tu con tutto quell’esercizio fisico che hai fatto…” rise e si sedette accanto a me appoggiando i piedi in ciabattati con orrende ma divertenti pantofole pelose lilla sul tavolino. Si stiracchiò e mi fissò sorridente come un bambino che ruba la marmellata e pensa di averla fatta franca “Siete stati silenziosi sta notte. Se aveste fatto qualcosa di… beh che prevedeva degli urli li avrei sentiti…” rise
“E saresti corsa in camera con una mazza a picchiare chiunque si fosse introdotto nella mia stanza.” Sorrisi
“Dai, hai promesso di raccontarmi. E inizi tu. Non voglio obiezioni.” Mi sollecitò
Diventando bordò cominciai a raccontare della chiamata, di come avevamo deciso di andare a fare un giro alle tre di notte e di come ci siamo ritrovati a baciarci appoggiati alla sua macchina e poi in camera.
Julia continuava ad ascoltarmi felice per me e io non riuscivo a non pensare a quella notte, ero felicissima, il cuore continuava a battermi. Non potevo credere che era successo a me.
La mia coinquilina si alzò e andò in cucina prese i cereali, due tazze e tanto latte.
Mentre facevamo la seconda colazione lei cominciò a raccontarmi di questo John e la vedevo felice, quasi quanto me, lei nascondeva sempre le sue emozioni, anche quelle felici. Sapevo che era un bravo ragazzo, Julia aveva istinto per queste cose e sapeva quando una persona era cattiva o no.



 
Ero davvero felice per Julia ma stare ad aspettare che Misha chiamasse, davanti al telefono, di certo non mi faceva bene ma ero sicura che se mi fossi allontanata anche solo di un centimetro avrebbe squillato e poi magicamente, appena mi fossi lanciata per prenderlo avrebbe smesso.
Così stavo lì, davanti al cellulare ad aspettare che lo schermo si illuminasse.
Mi sdraiai e mi stiracchiai, abbracciai un cuscino e sospirai.
Perché tardava così tanto a chiamare, forse mi aveva preso in giro per tutto il tempo. Forse non era innamorato di me e voleva solo portarmi a letto.
Ma Misha non era così, si vedeva che era un bravo ragazzo.
Guardai l’orologio. Le 13.20 circa. Uffa…
Julia dormiva, io stavo sul divano a fissare il soffitto aspettando una chiamata.
Il telefono non aveva intenzione di squillare e così mi alzai per andare a prendere qualcosa da bere, non arrivai neanche al frigo che il telefono prese a squillare, ovviamente.
Mi lanciai letteralmente a prenderlo e feci appena in tempo a rispondere
“Pronto!” la voce affannata ma sorridevo
“Ciao Kat.” La sua voce calda e adorabile “Ti disturbo?”
“No, ma va.” Mi sedetti a gambe incrociate sul divano abbracciando un cuscino
“Ah bene, bene. Tutto bene?” chiese premuroso come sempre
“Si.” Respirai “Tu?” mi sentivo una scema perché arrossivo
“Si tutto bene.” Silenzio, lo sentii respirare “Allora come va?”
“Bene.” Ridacchiai
“Forse te l’avevo già chiesto… Allora sta sera hai da fare?” chiese quasi nervoso
“Non ho impegni.” Risposi timida
“Beh, insomma perché c’è tutto questo imbarazzo?” chiese
“Boh, forse perché abbiamo fatto l’amore…”
Lo sentii ridere
“Ti voglio bene Kat. Ti passo a prendere alle 20.00 sta sera. Vestiti elegante.”
Prima che potessi rispondere aveva già chiuso la chiamata e rimasi a fissare lo schermo come una scema.
Quella sua bellissima voce, eccitante come non mai.
Avevo proprio voglia di uscire con lui, di sentirmi bene con la persona di cui ero innamorata.
Corsi per le scale e saltai sul letto di Julia
“Mio dio che c’è!!” disse lei svegliandosi di colpo
“Mi ha chiesto di uscire!!” Urlai dalla gioia
“Cosa?!” sbalordita
“Misha mi ha chiesto di uscire, usciamo alle otto questa sera!” cominciai a saltare sul letto
Lei si alzò e urlò di felicità
“Esci con Misha!!”
“SI!!”
Continuammo così per dieci minuti buoni finché entrambe non cademmo dal letto e continuammo a ridere, ero al settimo cielo
“Ma dovrai metterti qualcosa di elegante…” disse Juls eccitata
“Sisi, mi ha detto di vestirmi elegante.” Fissai Julia per un momento “Non ho niente da mettermi. Niente di elegante.”
“Si che ce l’hai.”
Julia si alzò è andò in camera mia, la seguii e la vidi frugare nel mio armadio, tirò fuori il vestito che avevo messo al matrimonio di sua cugina Susan, azzurro con le pailette argentate in vita, lo scollo non troppo profondo. Lo appoggiò sul letto e tirò fuori le scarpe nere col tacco e disse
“Ora sai cosa metterti. Devi solo farti una doccia e poi i capelli te li faccio io.”
Le sorrisi
“Come farei senza di te.”



 
Andai a farmi la doccia e cominciai a pensare a come sarebbe stata la serata, cominciai a farmi delle idee, a pensare dove mi avrebbe portato, di cosa avremmo parlato. Mi preparai anche un paio di argomenti.
Cercavo di dimenticare quello che era successo nei giorni scorsi, tra due giorni sarei dovuta tornare sul set e probabilmente tutto sarebbe tornato come prima, forse Misha non voleva mettere in piazza la nostra storia e aveva ragione. Insomma io non sono nessuno e lui un attore. Non c’entro niente con lui e anche se mi è sempre piaciuto il mondo dello spettacolo forse non è fatto per me.
Cominciavo a deprimermi quando sentii bussare alla porta
“Tesoro sono io. Muoviti, sei dentro da ore.”
Erano già le 15.00, quando stavo sotto la doccia le ore passavano come se nulla fosse.
Uscì e mi avvolsi nell’accappatoio e feci un turbante con l’asciugamano intorno ai capelli, uscì dal bagno
“Oh finalmente. Dai muoviti.”
“Ma è presto! È prestissimo.”
In effetti mancavano ore all’appuntamento. Però la doccia mi aveva fatto veramente bene.
Passai le ore in tuta, con i capelli bagnati a guardare la tv e intanto continuavo a pensare a Misha e alle sue mani che scorrevano sul mio corpo e alla su bocca che mi baciava. Non avrei mai immaginato che un uomo potesse amarmi così.
Venni ‘sequestrata’ da Julia verso le 19
“Muoviti Kat, devi truccarti e devo farti i capelli.” Mi trascinò via
“D’accordo badrone, arrivo badrone.” Lo dissi con quella voce da schiavo che usano nei vecchi film




Avevo una buffa acconciatura elegante, Julia era brava anche come parrucchiera.
Mi sentivo una vera principessa.
Sentimmo il campanello, le 20 spaccate. Misha era troppo puntuale per i miei gusti, mi mancava di mettere le scarpe e sistemare il rossetto.
Julia scese a farlo entrare, sarebbe uscita anche lei con il suo John.
La sentii chiacchierare con Misha poi, come d’accordo, salì su a dirmi com’era vestito. Indossava un completo elegante blu scuro con la camicia chiara aperta di due bottoni. Sicuramente era molto sexy.
Juls scese e la sentii dire un –sta arrivando- scesi le scale e lo vidi che mi aspettava accanto al divano, le mani in tasca e il sorriso splendente che mi faceva innamorare sempre di più.
Mi diede un bacio e tirò fuori dalla tasca una scatolina nera di velluto con sopra un piccolo fiocco, l’aprii e dentro c’era una bellissima collanina d’argento con un ciondolo a forma di luna, lo fissai incredula
“Faccio io.” Disse
Mi fece girare e mi infilò la catenina. Toccai il ciondolo con le dita, era come un sogno
“Sei bellissima, come sempre.” Disse lui e mi baciò
Fu difficile togliere le mie labbra dalle sue, salutammo Julia e poi uscimmo, l’aria della sera era fredda, per fortuna avevo portato il cappotto rosso.
Saliti in macchina Misha mi baciò di nuovo e io volevo che quel momento rimanesse eterno perché non sapevo cosa sarebbe accaduto dopo e non volevo che niente distruggesse la mia felicità, anche se sapevo che con Misha tutto sarebbe stato bellissimo.

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Capitolo 10
*** 10. ***


Misha mi portò a un elegantissimo ristorante lungo il mare, il cameriere ci portò al tavolo che quell’uomo stupendo che mi accompagnava aveva prenotato.
Sulla terrazza che dava sull’oceano, un solitario tavolo circolare coperto da una tovaglia bianca, il candelabro d’argento in mezzo con la candela bianca accesa nel centro, apparecchiato, il secchiello del ghiaccio per lo champagne. Guardai Misha e sorrisi imbarazzata, non avevo mai avuto un appuntamento così bello, non mi era mai battuto il cuore così forte per un appuntamento e la vista poi, era stupenda.
Il sole rosso del tramonto che scintillava sulle increspature dell’acqua che bagnava la sabbia sotto di noi.
Il cameriere scostò la mia sedia e mi fece accomodare, avevo una paura di finire sedere a terra ma la sedia mi raggiunse appena in tempo. Sorrisi educatamente.
Non riuscivo a non guardarmi intorno. Quel posto era incantevole. E la terrazza solo per noi. Ero felicissima. Lo ero soprattutto perché stavo con il mio Misha, pensare di dire ‘il mio Misha’ mi fece strano ma era così bello, in fondo ero la ‘sua Kat’ no?!
Allungò la mano sul tavolo e raggiunse la mia e sussultai, non mi sono mai abituata a spontanee dimostrazioni di affetto come queste, lui mi guardò teneramente, con un sorriso magnetico, gli strinsi la mano. Passò delicatamente il pollice sul dorso della mia mano come una carezza.
Cenammo lentamente, un pasto gustato, ogni portata era un idillio, il vino che la accompagnava era anche migliore.
Dividemmo una fetta di tiramisù, continuavamo a chiacchierare amorevolmente. Eravamo solo io e lui, come in un film perfetto in cui nessun passato veniva a tormentarti.
Usciti dal ristorante Misha mi propose una camminata sulla spiaggia, accettai volentieri.
Scendemmo per dei gradini di pietra. Prima di arrivare sulla sabbia mi sedetti sull’ultimo gradino, Misha si fermò e si girò a guardarmi, le mani nelle tasche dei pantaloni, gli sorrisi e mi sfilai le scarpe. Lo guardai sorridente, la sua ombra al tramonto era perfetta. Mi alzai e lo superai e andai verso la riva, dove l’onda bagnava la sabbia.
Mi voltai per guardarlo, veniva verso di me e mi fermai per aspettarlo, quando fu abbastanza vicino gli strinsi la mano e gli diedi un bacio veloce ma appassionato poi proseguii la mia camminata con lui che mi seguiva divertito nel guardarmi.
Non c’era bisogno di parole inutili, tutto era perfetto così. Tutto parlava per noi.
Passammo oltre la terrazza del ristorante, solo una linea del sole ci separava dal buio.
Ci sedemmo sulla sabbia, l’aria era fredda ma ci stringemmo a guardare l’ultimo attimo di luce rossa-aranciata.
Rimanemmo a guardare il buio che piano avvolgeva tutto. Le mani strette l’una nell’altra.
Misha mi guardò e sorrise, come sempre, dolcemente. Appoggiai la testa alla sua spalla, mi mise il braccio intorno al fianco e mi strinse a se.

 
Mi aprì la porta della macchina e mi accompagnò alla porta, la luce della finestra della camera di Julia era accesa, la sua stanza dava sulla strada la mia era davanti alla sua e dava sul piccolo giardino dietro il nostro appartamento.
Misha mi baciò spingendomi contro la porta
“Heyhey… il pomello.” Il pomello d’ottone mi si era conficcato nella schiena
“Scusa.” Mi baciò ancora facendo attenzione a dove mi ‘spingeva’
Lo spostai delicatamente e lo guardai negli occhi
“Mi scusi, lei signore elegante. Per caso vuole salire?” dissi ridendo
“Ma certo ragazza che non ho mai visto e che non mi ha mai portato il caffè.”
Mentre tirai fuori le chiavi dalla pochette Misha cominciò a baciarmi il collo
“Dai ma così non riuscirò mai a infilare la chiave!”
“Faccio io, sono bravo a infilare!” Okay. Gliel’avevo servita su un piatto d’argento, lo ammetto.
Finalmente riuscimmo ad aprire la porta, non che fossimo ubriachi, solo scemi.
Prima di chiudere la porta di casa guardai distrattamente fuori e notai una macchina ferma davanti alla casa accanto, non ci feci caso.
Misha si appoggiò alla spalliera del divano, tirai fuori dal ripostiglio una bottiglia di vino rosso e presi due calici
“Facciamo piano che Julia è ancora sveglia.”
Misha prese la bottiglia e cominciammo a salire le scale, arrivati all’ultimo gradino fummo beccati da Julia che ci guardò
“E…” sempre quell’ ‘e’ allusivo, rise “spero che poi quei bicchieri li rimettiate a posto.”
“Si capo.” Disse Misha poi ci chiudemmo in stanza, sentimmo Julia dire qualcosa tipo -È questa l’ora di tornare.- perché ‘l’ora di infornare’ non aveva molto senso ma io e Misha continuammo a ridere pensando che avesse detto ‘infornare’.
Che idioti.
 

I bicchieri a terra, la bottiglia vuota sul pavimento. Ci eravamo ubriacati abbastanza ma non ci importava.
Ero sveglia ma non volevo alzarmi. Misha mi abbracciava dalle spalle e io guardavo la mia stanza, il mio armadio disordinato, la scrivania con davanti la finestra con la luce della luna che entrava dalle tende.
Mi sentivo bene. Bene davvero. Ripresi a dormire sapendomi al sicuro.

 
Venni svegliata da una scampanellata improvvisa alla porta dell’appartamento. Sobbalzai sul letto e Misha si svegliò
“Cosa c’è?” mi baciò la spalla
“Che cos’è… che ore sono…” farfugliai con la voce impastata
Guardai l’orologio, le 7.30. Neanche Julia si era svegliata, infatti la sentii imprecare in camera sua verso chiunque fosse alla porta.
Mi infilai la prima cosa che trovai nell’armadio, la maglietta con scritto –I’m a man-, era abbastanza lunga e mi arrivava a metà coscia, Misha si rivestì con calma, mi piaceva guardarlo preparasi. Era bellissimo e quando alzava lo sguardo e mi piantava quei suoi occhi blu addosso mi sentivo mancare i battiti.  
Scendemmo le scale, il campanello non voleva smettere si suonare
“Dio! Giuro che lo stacco quel coso infernale!” sentimmo Julia correre giù velocemente “Chi cazzo è a quest’ora… lo uccido!”
Misha mi passò una mano sul fianco e andò in cucina, lo seguii. Julia aprì la porta con un insulto pronto sulle labbra.
Rimase muta, neanche una parola, silenzio. Chiunque fosse riuscito ad ammutolire Julia era veramente bravo.
Sentii una voce familiare, anche troppo, Julia lo bloccava alla porta.
Andai a vedere chi fosse seguita da Misha
“Devi andartene. Lei non vuole vederti.”
“Julia chi è?” chiesi stupidamente
Juls venne spinta di lato e lo vidi entrare
“Pitt cosa fai qui?” balbettai
Lui notò Misha, lo fissò come disgustato
“Lui chi è?” mi chiese indicandolo
“Non ti interessa chi sono.” Rispose Misha seccato
Pitt si rivolse a me, Julia chiuse la porta e rimase a fissarlo
“Perché non rispondi alle mie chiamate? Ti volevo parlare.” Il tono era tornato di supplica
“Non ho intenzione di parlarti, vai fuori.”
Continuava a insistere, a dire che doveva parlarmi, che con Marta era stato un errore, che lui mi amava, che non passava giorno in cui non pensasse a me. Rimanevo ad ascoltare questo mare di scemate in piedi davanti a lui con le braccia incrociate sul petto, affianco a me Misha che lo fissava in tono di sfida, Julia lo fissava con disgusto
“Eri tu ieri sera con la macchina qui fuori?” chiesi
“No.”
Pitt capì che non c’era modo di farmi parlare con lui di quello che voleva così insistentemente e si irritò
“Hai già iniziato a farti qualcun altro eh, troia.”
Lo fissai
“Vattene.” Andai verso la porta e la aprì per fargli capire che doveva andarsene e anche di fretta
“Non me ne vado.” Rispose ridendo “Chi è che ti fai oggi? Questo qui? Neanche un mese che ci lasciamo e ti sbatti subito altra gente.”
Misha prese le mie difese
“Lasciala in pace, stronzo.” Si stavano per picchiare, io e Julia ci mettemmo in mezzo per dividerli “Credo che tu debba andartene Pitt.” Disse Misha fermamente
Pitt si tirò indietro e sorrise divertito
“Ci vediamo Kat.”
“Non credo.” Dissi sicura di me
Pitt uscì e lo vidi arrivare alla fine della via, il passo furioso, non era lui in macchina allora.
Misha mi abbracciò
“Ho messo su il caffè.”
“Ottimo.” Gli diedi un bacio
Tra le sue braccia mi sentivo benissimo. Nulla mi preoccupava se stavo con lui, era così gentile, premuroso. Come un sexy cavaliere dalla scintillante armatura che mi stava salvando poco a poco dal mio baratro.
Ma quella macchina parcheggiata lì ieri sera continuava a lampeggiarmi in testa.
Mi scusai un attimo e salii in camera, presi il telefono, chiusi la porta e composi il numero, aspettai, il TU-TU del telefono che squillava mi innervosiva.
Mi sedetti appoggiata alla porta della camera
“Pronto?” la voce fredda dall’altro capo, non dissi niente “Pronto? Pronto! Chi è?”
Respirai a fondo
“Ciao mamma.” Il cuore mi si strinse in una morsa

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Capitolo 11
*** 11. ***


Ero al telefono, una chiamata che pareva assurda.
Non parlavo con mia mamma da quando ero andata via di casa.
L’ultima volta che avevamo parlato, che l’avevo vista, le avevo detto che  me ne stavo andando e che da tutto il male che avevo subito doveva venir fuori qualcosa di buono e che stando in quella casa non potevo vivere, sarei stata con Julia e mia madre non l'aveva presa bene
“Pronto? Kat sei tu?” la sua voce distaccata come sempre che mi faceva male
“Si.” Il mio stomaco si stritolava “credo sia tornato. Ne sono sicura.”
Silenzio. Assoluto silenzio. Sentivo solo il suo respiro
“Sei sicura?”
“Certo che sono sicura!” cominciavo ad alterarmi, come poteva non credermi anche dopo tutto quello che era successo? “Mi ha chiamato giorni fa e ieri, fuori da casa mia c’era una macchina. È stata li tutta la notte.”
“Non puoi sapere che era la sua macchina, calmati.”
Come poteva dire cose del genere! Dopo che per colpa di quell’uomo avevo cercato di togliermi la vita, due volte! E lei, mia madre, non mi credeva?
“Cristo! Non so neanche perché ti ho chiamato!”
Stavo per chiudere la chiamata quando la sentii
“Scusami tesoro. È che non ci sentiamo da anni io e te.” Mi chiedo perché, pensai sarcastica “Lasciami chiamare i servizi sociali e la polizia, magari loro sanno qualcosa di più… pensavo fosse sparito.” Sentivo che si era un po’ preoccupata
“I mostri ritornano mamma.”
Spensi il cellulare e lo lanciai lontano da me, sbattei la testa contro il legno della porta. Perché tutto a me?!
Solo Misha e Julia mi facevano sentire bene e domani sarei tornata sul set, a servire caffè sì ma sarei stata a contatto con un mondo che amavo.


 
Sentii i passi di Misha sulle scale, mi alzai da terra e mi sistemai meglio che potevo.
Bussò
“Entra pure.” Lo vidi entrare, sembrava preoccupato
“Tutto a posto Kat? Se qua da un po’…” seriamente preoccupato
“Certo, tutto a posto.” Gli misi le braccia intorno al collo e lo guardai negli occhi, così belli e perfetti “Andiamo giù?”
Mi fermò
“Non vuoi parlare?” mi baciò
“Forse è meglio.”
Ci sedemmo sul letto, uno di fronte all’altra
“Di cosa vuoi parlare?” chiesi innocente, non mi andava poi tanto di parlare
“Con chi eri al telefono? Non prendermi per uno geloso che ti controlla ma so che era importante, si vede dalla faccia.”
Lo fissai ma non riuscendo a sostenere lo sguardo, abbassai la testa e mormorai
“Mia mamma.” Non disse niente, sentivo solo i suoi occhi che cercavano i miei che si imperlavano di lacrime “Credo che sia tornato.”
Misha mi strinse la mano
“La macchina di ieri sera… già” mi strinse le dita tra le sue “Ci sono io con te, c’è Julia con te.”
“E se si presentasse alla porta?” chiesi riuscendo a guardare Misha negli occhi
Mi fissò per qualche secondo
“Vieni qua…” mi avvicinai a lui e gli andai in braccio, gli misi le braccia al collo e mi lasciai andare al pianto appoggiando la fronte alla sua spalla, odio essere fragile. Lo odio proprio.
Sentivo le sue mani che mi stringevano e mi accarezzavano i capelli consolandomi. Mi diceva che tutto sarebbe andato bene.
Alzai il volto e lo fissai, si avvicinò a me, mi schiacciò il suo naso contro il mio
“Il tuo naso è proprio bello.” Mi strappò un sorriso
“Adoro i tuoi occhi.”
“Te l’ho già detto ma sono innamorato di te.” Mi baciò, mi staccai contro voglia dalle sue labbra perfette
“Come facciamo domani?” chiesi un po’ preoccupata
“Domani faremo l’amore o lo possiamo fare anche adesso.” Un’altra frase del genere e gli sarei saltata addosso, risi
“No. Intendevo domani, sul set.”
“Ah.” Mi baciò di nuovo “Per me è tutto a posto. Non mi importa degli altri, sarà bello guardarti, come lo è sempre stato.”
“E non ti da fastidio quello che dirà la gente?”
“No.” Mi strinse
“No?” chiesi perplessa
“No.” Mi fissò sorridente e convinto “Per niente.”
Era così perfetto, lui era tutto ciò che ho sempre voluto.


 
Passammo ore a coccolarci finché Julia non bussò alla porta
“Non vorrei disturbare la coppietta innamorata ma io esco.”
Urlai alla persona dietro la porta
“Esci?”
“Si. Con John.”
Ridacchiai, sentivo lo sguardo perplesso di Misha
“Beh poi voglio ogni più sconcio dettaglio.” Ridacchiai ancora “Tutto.”
“Oh si, tesoro, saprai tutto. Ciao Misha.” Disse divertita
“Ciao Julia…” rispose turbato
La sentimmo allontanarsi, Misha mi fissò
“Perché voi parlate sempre di sesso?” mi chiese
“Non parliamo solo di sesso.” Gli diedi un morso leggero sul collo, sotto il mento “Parliamo anche dei preliminari e delle coccole…” ci tenni a specificare
“E quindi gli racconti tutto quello che facciamo in privato?”
“No. Non gli ho ancora raccontato di quella cosa favolosa che mi hai fatto ieri sera ma appena tornerà ti prometto che gliela dirò…” mi bloccò con un bacio sulla clavicola e con le mani che scorrevano sotto la maglietta
“Se vuoi che lo faccia ancora non devi dirglielo.” Mi ricattò
“Lo sai che se fai così…” gemetti sentendo la sua lingua che mi scorreva sul collo “sei un pazzo…”
“Lo so.” Sorrise consapevole
Come mi faceva dimenticare tutto. Tutto quanto venne dimenticato in una frazione di secondo, solo grazie a Misha.


 
A pomeriggio inoltrato accompagnai Misha alla porta, mi diede un bacio, veloce ma comunque molto dolce
“Ti passo a prendere domani?”
“Per portarmi dove?” chiesi in risposta
“Andiamo sul set insieme.” Disse sorridendo
Mi strinsi a lui, era deciso allora. Ne fui felice”
“Certo che vengo con te.”
Lo guardai andare alla macchina.
Mi faceva male il cuore quando il mio Misha andava via; il dolore era aggravato dal fatto che Julia non era ancora tornata e quindi sarei rimasta sola ancora per un po'.
Lo vidi fare manovra e quando passò davanti a me mi salutò con la mano e un sorriso adorabile.
Chiusi in fretta la porta.
Il cuore mi batteva all’impazzata, oh quel Misha Collins. Così perfetto.


 
Julia tornò poco dopo, mi salutò con un 'ciao' urlato, risposi al saluto sporgendomi dalla cucina e sventolando un cucchiaio di legno.
Appoggiò la borsa sul divano e mi raggiunse
“Ma cosa stai combinando?”
Mi vide chinarmi e tirar fuori dal forno un arrosto e la tavola apparecchiata elegantemente, con le candele accese, avevo tirato fuori il ‘servizio buono’. Accesi lo stereo e partì una canzone sdolcinata, Juls rise
“Sei pazza.”
“Hey ho preparato da mangiare!” dissi fiera di me mettendomi le mani sui fianchi e osservando l’arrosto
Le indicai la sedia, mi sorrise
“Sei uscita di casa per compare l’arrosto?” chiese sistemandosi il tovagliolo sulle gambe
“Certo. Non posso fare l’eremita per sempre e per te farei di tutto.”
Misi l’arrosto fumante in tavola, porsi il coltello per il primo taglio a Juls
“Sei veramente coraggiosa tesoro.” Ci sorridemmo
“Poi ho preparato tutto questo anche perché dobbiamo chiacchierare. Sugli uomini. E su quello che fanno a letto.”
Julia ridacchiò come una scema
“Questo si che è interessante. Introduco io con un ‘John è un vero dio con le mani’ se capisci cosa intendo.” Rise un po’ imbarazzata ma divertita
Bevvi un sorso di vino
“Oh si che capisco. E io ti dico che, Misha mi ha fatto promettere di non dirtelo se voglio che lo faccia ancora ma, sai com’è… fa una cosa con la lingua che, guarda ho i brividi solo a pensarci.” Le mostrai il braccio con la pelle d’oca
Ridemmo tutta sera e quando fummo abbastanza ubriache ci stendemmo sul divano lasciando la cucina in completo disordine.
Julia mi guardò
“Dobbiamo parlare di sesso più spesso io e te.”
“Oh si. Ci scambiamo le tecniche… facciamo incontrare i ragazzi?!” chiesi sarcastica
“Si ti prego… così John impara quella cosa con la lingua…” mise l’indice e il medio intorno alle labbra e mosse la lingua, risi in un misto tra disgusto e approvazione
“Sei disgustosa Juls!” le tirai una pacca sulla coscia e continuammo a ridere per tutta la notte
La mia migliore amica.

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Capitolo 12
*** 12. ***


Mi svegliai con un mal di testa incredibile, la faccia da schifo e i capelli appiccicati alla bocca.
Mi tirai su dal divano a forza, guardai il salotto e vidi Julia distesa accanto a me, la toccai
“Juls…” mugugnò “Juls.” Non voleva alzarsi
Mi alzai e controllai l’orologio, le 8.45, sgranai gli occhi
“Julia!” lei si alzò lentamente e mi fissò
“Beh, che c’è?” la voce impastata
Mi aggiravo per la stanza confusa
“Non mi ricordo niente… abbiamo bevuto troppo.”
Julia si alzò e appoggiò la bottiglia di vino al tavolino
“Se dobbiamo ubriacarci dobbiamo farlo bene o no? E comunque io mi ricordo tutta quella faccenda delle mani, della lingua di Misha e come ti eccita quando la usa.” Disse spensierata
“No! Tra meno di mezz’ora Misha passa a prendermi. E io non sono pronta, non sono pronta neanche per sbaglio.” Passai davanti allo specchio distrattamente e poi tornai indietro “Sono orribile.” Julia rise
“Se ti fai una doccia andrò meglio. Muoviti però, ti preparo un toast.”
Corsi su per le scale e mi lanciai nella doccia che mi distese i nervi.
Appena uscita corsi in camera e presi un paio di shorts e una camicia pulita. Odio essere in ritardo
“Julia!” urlai dalle scale “Non trovo il reggiseno!”
“Li ho messi tutti a lavare. Saranno nella lavatrice, non li ho mica stesi.” Urlò lei di rimando
“Cazzo!”
Mi sarebbe toccato mettere la camicia senza reggiseno, non potevo ‘rubarli’ a Juls, lei portava una seconda e io una quarta.
Sentii in strada una macchina frenare, sicuramente Misha.
Mi vestii in fretta, senza reggiseno. Probabilmente sul set avrei fatto ‘scandalo’ più del dovuto.
Il campanello suonò.
Corsi giù dalle scale infilandomi la giacca di jeans, Julia andò ad aprire
“Misha!” gli sorrise “Entra, Kat si sta…” comparii saltellante e mi stavo infilando un paio di scarpe da tennis “Eccola.”
“Ciao Misha…” stavo per cadere ma riuscii a riprendere l’equilibrio
“Ciao Kat.” Si avvicinò e mi diede un bacio veloce “Andiamo?” Juls comparve con una fetta di toast bruciacchiata
“Tieni.” Me la ficcò in bocca, mugugnai un grazie e scomparimmo dietro la porta
Saliti in macchina Misha mi diede un altro bacio sulla guancia poi mi fissò
“Sei senza reggiseno.” Mi guardò e sorrise
“Si, lo so.” Feci un gesto con la mano “Parti, parti!” eravamo in ritardissimo
Facemmo qualche chilometro e passammo accanto a un negozio di intimo, fissai la vetrina
“Fermati!” urlai
“Cosa?” disse lui ridendo
“Fermati. Accosta, accosta.” Dissi agitata
Lui accostò
“Ma cosa…” mi guardò, presi la borsa e tirai fuori un paio di banconote
“Vai a comprarmi un reggiseno.” Dissi seria fissandolo
“Cosa?” sempre più stupito
“Si. Ti do i soldi, scendi e vai a comprarmi un reggiseno.” Dissi come se tutto fosse chiaro
“Ma… vacci tu.” Disse ridendo
“No. Non posso andare in un negozio senza reggiseno, poi sembro una prostituta. Susu…” lo incalzai
“Ma io…” non sapeva come difendersi
“Daaaaaaaaaai…” lo pregai “Sembrerai solo un ragazzo che fa un regalo alla sua ragazza, anche se in realtà mi stai solo facendo un favore andando al posto mio.” Lui mi guardò fisso negli occhi e capì che non scherzavo “Ti pregooooo.” Mi avvicinai a lui e gli fui quasi addosso, si ritrasse
“D’accordo!” spense la macchina “Una quarta giusto?”
“Si caro.” Dissi prendendolo in giro ma non accettò i miei soldi
Scese dalla macchina, lo vidi entrare nel negozio e chiedere imbarazzato alla commessa un reggiseno e lei cominciare a consigliarlo su vari modelli e completini. Ridevo guardando la scena di lui imbarazzatissimo e la commessa a suo perfetto agio.


 
Risalì in macchina e senza dire una parola mi diede il sacchetto del negozio, tra la carta del sacchetto tirai fuori un reggiseno rosa di pizzo a balconcino, dentro al sacchetto c’era anche un tanga coordinato, fissai Misha ridendo
“Il completo sexy me lo metto sta notte, solo per te.”
Lui rise e mi sentivo felice, stava per mettere in moto
“Aspetta.” Passai sui sedili posteriori “Parti.”
“Ma cosa stai facendo?”
“Mi devo mettere o no il reggiseno? Davanti poi la gente mi vede.” Sostenni
Intanto che la macchina andava mi infilai il reggiseno, mi rivestii e senza far fermare la macchina andai sul sedile davanti
“Ora che ho il reggiseno mi sento più a mio agio.” Dissi ridendo
Non facemmo che punzecchiarci a vicenda finché non arrivammo sul set.
Il regista vide la macchina di Misha e gli andò incontro, poi mi notò e io non potei non notare che non sapeva bene comportarsi, guardai Misha
“Senti, io scendo e vado dagli altri ragazzi.”
Mi guardò dolce
“Si va bene, ci vediamo per il solito caffè.”
Scesi dalla macchina e salutai con la mano il regista che rimase impietrito, Misha parcheggiò e lo vidi salutare Bob e scambiarsi qualche parola.
Mi diressi verso il tavolo dove erano radunati tutti i ragazzi più o meno grandi di me, io ero l’addetta al caffè e alle ciambelle, Camille era l’aiuto dell’aiuto dell’aiuto dell’aiuto dell’aiuto del regista, Peter controllava insieme a Mike le luci e anche loro erano l’aiuto di qualche aiuto che a sua volta era aiuto di qualcun altro. Di quelli con cui avevo fatto era amicizia loro erano i più ‘simpatici’, gli altri li conoscevo appena
“Ciao.” Sorrisi cordiale come al solito
Camille mi guardò dall’alto in basso facendo finta di essere superiore
“Come mai sei venuta in macchina con Misha Collins?” mi chiese acida
La fissai perplessa, Camille era la tipica biondina barbie che voleva tutto e a tutti i costi, l’aria da stronza che un paio di schiaffi avrebbero tolto.
Non risposi trovando la domanda idiota, infondo era affari miei con chi andavo in macchina, afferrai una ciambella e cominciai a piluccarla ma ecco che tornava all’attacco
“Dai, te la fai con lui? È così che fai carriera adesso? Non avevi detto che volevi farcela con le tue forze?”
L’avrei uccisa ma continuavo a non farci caso aspettando che qualcuno ci chiamasse all’ordine e di togliermela da piedi  per un po’. Ma anche Peter e qualche altro ragazzo cominciarono a fare domande. Mi sentivo schiacciata da tutti loro.
Perché non potevano solo lasciarmi in pace? Di sicuro non stavo con Misha per ‘fare carriera’ come sosteneva quella puttanella di Camille, lei si che faceva carriera utilizzando il suo ‘fascino femminile’. Tutti sapevano che si era passata un quarto dello staff, compreso quello che non serviva a niente.
Mi sedetti su un muretto li vicino e Mike mi comparì al fianco.
Mike era un ragazzo gentile, tenero e molto comprensivo. Eravamo amici dal primo giorno, forse ci aveva provato con me ma l’avevo recluso nella zona amici e lui, ormai, si era fatto una ragione
“Allora…” mi disse
Gli sorrisi
“Allora…” ripetei
“Misha Collins eh?”
“Yep.” Annuii
“Sembra una brava persona.”
“Lo è.” Gli assicurai “Molto brava.”
“Senti Kat.” Mi voltai a guardarlo “È venuto un uomo a cercarti. Prima che arrivassi, gli ho detto di tornare per le 10, non sapevo a che ora saresti arrivata. Spero non sia un problema.”
Lo fissai e sorrisi
“Chi era? Ha dato un nome?” chiesi un po’ perplessa
Mike scosse la testa
“Mmm. Mi pare si chiamasse Pitt, sui 30.”
“Ma cristo!” esclamai “È il mio ex. Si è fatto una mia amica, li ho beccati e l’ho mollato. Che cosa vuole adesso?! Idiota.”
Mike rise
“Hey, non prendertela. Se ti ha lasciato vuol dire che è solo un coglione.”
Annuii.
Non feci in tempo a finire la ciambella che ci vennero impartite le cose da fare
“Tu.” Mi indicò un tale “Caffè per tutti.” Batté le mani “Si comincia.”
Ricominciò il clima di terrore tra noi ragazzi, le urla, i comandi, gli insulti -Lo volevo macchiato il caffè!- -Una ciambella alla crema Stevens!- -Camille smettila di muovere il culo davanti a Chris che tanto non te lo da!- roba di sempre.
Venni a sapere che Pitt era stato ‘gentilmente allontanato’ dal set e mi misi l’anima in pace.
L’unico momento calmo lo ebbi quando sentii la voce più bella alle mie spalle
“Doppio con tanta schiuma e una spolverata di cannella, per favore!” mi voltai e Misha era lì
Truccato più di un travestito, aveva più fondotinta in faccia di quanto ne mettessi io ma era perfetto lo stesso, gli portai subito il suo caffè senza dire una parola.
Alla troupe non dava fastidio la nostra relazione, a qualche ragazzo del mio gruppo sì ma non che ci importasse molto.
Mi tirò in un angolo tranquillo durante una pausa e mi tolse il caffè dalle mani
“Attento che ti scotti.” Gli dissi premurosa
“Tranquilla tesoro.” Mi baciò “Dove vuoi andare a pranzo?”
Lo guardai negli occhi blu oceano
“Potrei nutrirmi solo di ciambelle…”
“Allora opterei per un fast-food. Almeno oltre alle ciambelle riesco a farti mangiare anche un panino seppur schifoso.” Si chinò verso me e mi sussurrò qualcosa all’orecchio e aggiunse “Però serve che ti metta il completo che ti ho preso oggi, se no il gioco non funziona.”
Risi abbassando il viso e arrossii
“Scemo.” Gli diedi una pacca sul petto “Sei adorabile quando dici porcate.”
Ci baciammo dolcemente come se tutto intorno non ci fosse niente, eravamo solo noi.



 ***



Angolo autrice
Ciao a tutti quelli che seguono la fanfic. 
Questo è l'ultimo capitolo che pubblicherò (per adesso) domani vado in vacanza e non avrò la possibilità di pubblicare.
Metterò nuovi capitoli ad agosto, quando tornerò. 
Un bacio a tutti 

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Capitolo 13
*** 13. ***


E anche questa giornata era finita, le riprese sul set erano quasi terminate mancavano poche scene da realizzare. Gli altri giorni saremmo dovuti muoverci per gli esterni, saremmo dovuti andare da qualche parte in Canada, credo vicino a Toronto.
Avevo avvisato Julia per telefono che non sarei tornata a casa per la notte, Misha mi aveva chiesto di dormire da lui e quindi passai da casa solo per prendere un cambio di vestiti e lo spazzolino anche se secondo il signor Collins potevo usare il suo.
Misha mi chiamò, era accanto alla macchina e io nel gruppo con Camille e gli altri. Quando lo vidi salutai con un –ciao- frettoloso e corsi da lui, montai in macchina e gli diedi un bacio.
Accese la radio, come suo solito e poi partimmo
“I ragazzi andavano a mangiare una pizza…” dissi
“Ah si?!” chiese lui distratto
“Si. Ma sono considerata un po’ la pecora nera del gruppo e non sono stata invitata…” dissi un po’ delusa dal loro comportamento
“Ma come. Perché stai con me?” chiese apprensivo
“No. Lo ero anche prima. Non ti preoccupare.”
Mi sorrise
“Ho sentito che Pitt è stato messo alla porta oggi.” Era divertito
“Si.” Risposi felice “Gli sta bene, non so cosa voglia ancora da me quell’uomo.” Mi domandai


 
Scesi di fretta e salii in casa, dissi a Misha di aspettarmi in macchina, tanto avrei fatto in fretta.
Presi una borsa a tracolla e ci buttai dentro una maglietta per pigiama, la solita con scritto I’m a man, il famoso spazzolino, un paio di jeans e una canottiera, un cambio di intimo, Julia finalmente aveva messo ad asciugare i reggiseni.
Corsi giù dalle scale, forse dimenticavo qualcosa. Sicuramente me ne sarei ricordata appena entrata in casa di Misha e sicuramente sarebbe stata importante.
Guardai distrattamente il telefono, spensi la luce delle scale e stavo per uscire dalla porta quando vidi un’ombra sulla porta sul retro che dava sul giardinetto, la scambiai per Julia
“Ciao.” La voce era diversa, non riconobbi subito a chi appartenesse
“Scusi…” mi avvicinai “Non so come abbia fatto a entrare ma è sicuro che debba andarsene…”
La figura uscì dall’ombra, era invecchiata, i capelli li aveva tagliati ma rimaneva sempre uguale, il solito sorriso finto e tutta la finta che andasse sempre tutto bene.
Accesi la luce
“Mamma.” La fissai quasi con odio
“Ciao Kat.” Mi sorrise
Non avevo mai avuto voglia di vederla ne parlarle, l’avevo chiamata e era stato solo per sapere di quello stronzo, non c’era bisogno che venisse qui.
Mi affrettai a chiudere la porta del giardino
“Come hai fatto a entrare dal giardino?” chiesi
“Ho scavalcato il muretto.” Si sentì fiera di ciò
“Bene. Lo faremo alzare.” La guardai “Io stavo andando e sono già in ritardo.” Feci finta di guardare l’orologio
“Oh…” sembrò dispiaciuta
“Accompagnami alla porta va…” dissi quasi per pietà
Presi la borsa e me la misi in spalla
“Dove vai di bello?” perché cercava di fare l’amica?
“Esco.”
“Si ho capito, ma dove?”
“Vado fuori. Con un amico.” Dissi sbuffando
“È solo un amico?” chiese curiosa
“Mamma.” Tagliai corto “Perché sei qui? Cosa vuoi?”
Lei si guardò in giro
“Abiti in un bel posto.”
“Si lo so. Rispondimi. Mi stanno aspettando.” Ero fredda, quasi gelata
“Qualcuno mi ha riferito che lui…” la guardai fissa negli occhi, potevo vedere la sua superbia anche nell’ombra “È stato fermato per ubriachezza nella contea qua vicino. Starà agli arresti per un paio di giorni.”
Quella notizia non mi tirò sul il morale, lui era sempre troppo vicino. Meno male che ci saremo allontanati con la troupe per qualche giorno
“Bene. Grazie. Ora vai.”
Uscimmo di casa insieme e vidi Misha raggiungerci
“Kat ma quanto ci metti a prendere uno spazzolino…” notò la signora vicino a me e la guardò un secondo e poi mi guardò ancora sorpreso e con un espressione eloquente
“Misha… ti presento mia madre.”
Lui educatamente le porse la mano
“Salve signora.” Lei parve accettare quella educazione
“Buona sera. Sono Lise la mamma di Katheline e tu sei?” chiese scrutandolo nella luce del lampione
“Misha, Misha Collins.” Disse senza sapere bene cosa dire, se fosse stato per me non si sarebbero mai dovuti incontrare
“Sei il fidanzato di mia figlia?”
Non lo feci neanche rispondere e frettolosamente salutai mia mamma e lo trascinai in macchina.
Non mi importava cosa facesse lei.
Se si era presa il disturbo di venire da me e comparirmi in casa come un killer affari suoi, io con lei non volevo averci a che fare e non volevo che Misha ci parlasse.
Senza dire una parola Misha salì in macchina, mi guardò e mise in moto.
A un certo punto del viaggio verso casa sua mi prese la mano e intrecciò le dita con le sue
“Hey piccola…” mi guardò premuroso
“Hey Misha…” lo guardai dolce
“La mamma eh?”
“Si. Dio mio!” esclamai “Perché stai con una piena di problemi come me?”
Lui rise
“Perché quei problemi, seppur brutti, ti hanno formato come sei e tu mi piaci così. Farei di tutto per te e lo sai.”
Non riuscii a non guardarlo senza pensare –Dio mio, questo è l’uomo perfetto.-


 
Scendemmo dalla macchina, lui prese la mia borsa e anche se continuavo a insistere che non c’era bisogno di farlo, rimaneva irremovibile.
La sua casa era bellissima, una bella villa su due piani, sul tetto aveva un piccolo terrazzo e poi le ampie finestre, un giardino con un vialetto illuminato da piccole torce al neon. I fiori sul portico.
Era una casa da sogno.
Aprì la porta e dentro era ancora più bella, la cucina sulla destra e a sinistra il salotto e la sala da pranzo, dal salotto si entrava nello studio. Di sopra c’erano le camera da letto e due bagni. Proseguendo dritto senza salire al piano superiore si andava in una specie di piccola veranda e accanto alla veranda c’era la biblioteca e un bagno di servizio. Era arredata divinamente. Tutto era perfetto
“Ti piace?” chiese lui notando la mia espressione di stupore
“Si. È bellissima!”
“Grazie, sono contento che ti piaccia.” Rise “Preparo qualcosa da mangiare. Ti va…”
Non riuscii a finire la frase che gli saltai letteralmente addosso, era sempre stato il mio piano, quello di entrare e fiondarmi a letto ma ero stata bloccata dalla bellezza disarmante della casa.
Mi strinse i fianchi contro il suo bacino, lasciò la borsa in mezzo al corridoio, con un colpo chiuse la porta.
Cercammo di salire le scale baciandoci ma non ci riuscimmo. Era da quando avevo visto ‘Le pagine della nostra vita’ che volevo essere trascinata su per le scale mentre baciavo un uomo. Ma forse ci voleva un po’ di allenamento.
Gli baciai il collo e gli sussurrai all’orecchio
“Facciamo una cosa, prepara qualcosa da mangiare velocemente. Ti aspetto su.” Gli leccai il collo “Nuda.”
Mi fissò e mi baciò di nuovo
“Posso leccarti la panna dalla pancia?” chiese
“Vediamo.” Risposi tenendolo sulle spine “Tu portala lo stesso, se te lo meriti.” Era ovvio che se lo meritava
Mentre correvo sulle scale lo sentii urlare
“Terza porta a sinistra!”
Aprii un po’ tutte le porte a caso, due erano bagni, le altre camere per gli ospiti e poi trovai la sua camera.
Mi fiondai sul letto lanciandomi a pesce. Un materasso morbidissimo e suoi cuscini ci si poteva affondare.
Lo sentii salire le scale e io non ero ancora pronta.
Urlai
“Non sono pronta! Torna tra cinque minuti!” risi
“Ma come…” sembrava deluso
“Eh… se vieni adesso dovrai spogliarmi tu.” Dissi come scusa ma lo vidi fiondarsi in camera
“Quella di spogliarti non mi sembra una brutta idea, è una delle cose più belle…”
Ridemmo
“Allora niente panna.” Dissi secca
“No…” ci rimase male
Ridemmo.
Era tutto perfetto.
Lui era perfetto.


 
Mentre mi baciava e cominciavamo a spogliarci non riuscivo a concentrarmi su di lui, pensavo alle parole di mia madre che aveva rovinato tutto.
Cercai di non pensarci troppo ma non appena chiudevo gli occhi, al posto di Misha vedevo lui, quel bastardo.
Diedi una spinta a Misha spostandolo da sopra di me
“Scusami.” Lo guardai triste
Mi dispiaceva rovinare tutto ma non riuscivo, non ci riuscivo.
Mi veniva da piangere
“Hey tesoro, cosa c’è?” mi abbracciò
Sobbalzai al suo contatto
“Scusami, non volevo rovinare tutto.”
Lui capì, inspiegabilmente riusciva sempre a capire tutto. Potevo fidarmi di lui e lo sapevo ma era sempre difficile aprirsi su quell’argomento.
Trovai la forza di parlargli.
Mi strinsi a lui, entrambi mezzi nudi, con solo una coperta e qualche brandello di intimo addosso riuscii a parlargli di tutto.
Mi stette ad ascoltare mentre gli riferivo le parole di mia madre, mentre esprimevo i miei dubbi, le mie paranoie e riversavo le mie paure su di lui.
Incassava ogni colpo, ogni parola, ogni episodio triste del mio passato legato a quell’uomo e mi sosteneva, mi dava conforto, mi trattava come una persona e non come una pazza che più volte aveva tentato il suicidio.
Misha non era come tutti gli altri, lui era ‘vero’, era seriamente una brava persona.
Speciale.
Gli dissi ogni mia incertezza, ogni mio terrore.
Gli dissi che avevo paura di ritrovarmelo a casa, gli dissi che certe notti mi svegliavo piangendo perché pensavo di essere tornata ancora una ragazzina che aveva paura di dire la verità perché nessuno le avrebbe creduto e quando mi accorgevo di essere nel mio letto, piangevo più forte perché mi sentivo stupida.
Misha mi abbracciò e mi consolò con delle piccole carezze sui capelli e mi sentivo un po’ meglio tra le sue braccia.
Rimanemmo abbracciati tutta notte e anche se non riuscivo a dormire, la sola presenza di Misha al mio fianco mi infondeva coraggio e mi accoccolai a lui e lui, svegliandosi un po’, sollevò il braccio e mi accolse al suo fianco stringendomi forte.
Ero veramente protetta al suo fianco.



***



Angolo autrice
Ciao a tutti!!
Sono tornata (purtroppo) dalle vacanze e mi affretto a pubblicare i capitoli scritti in questo periodo 
Un bacio a tutti 

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Capitolo 14
*** 14. ***


Dormire al fianco di Misha tutta la notte mi faceva sentire protetta come solo con Juls.
Mi svegliai prima dell’alba e lentamente, senza fare rumore, o meglio cercando di non farlo; sgattaiolai fuori dal letto e andai in cucina, recuperai il cellulare dalla borsa che era ancora nel corridoio, lasciata lì da ieri sera, e mandai un sms a Juls
-ohoh sono ancora da Misha, spero di non svegliarti… va beh, mamma mi ha fatto una sorpresa e è venuta a trovarmi, mi ha detto di Jay, preferisco dirti tutto a voce. Bacio.-
Appoggiai il telefono sul tavolo a bancone della cucina di Misha, mi stiracchiai sulla sedia alta facendo un enorme sbadiglio.
Erano solo le 4 del mattino e ero in una casa sconosciuta, non sapevo cosa fare e dove muovermi. Rimasi a fissare il telefono senza aspettarmi niente e passati alcuni minuti decisi di vagare silenziosa per il piano terra.
Andai in biblioteca a vedere se c’era qualcosa che potesse interessarmi e che mi facesse passare le ore.
Appena entrai mi persi nell’immensità delle librerie stracolme di volumi. Mi fiondai tra gli scaffali.
Ho sempre adorato leggere, qualsiasi cosa. Dai gialli ai romanzi rosa. Il mio preferito era Madame Bovary, rivoluzionario per i suoi tempi. Decisamente rivoluzionare, quasi libertino.
Girai sfiorando con i polpastrelli le copertine dei libri. Ne presi uno e lo aprì delicatamente al centro, non vidi neanche il titolo ma ci ficcai il naso dentro annusandolo, assaporando l’odore di antico e di carta. Buonissimo.
Lo rimisi al suo posto e continuai a camminare alla ricerca di qualcosa che cogliesse la mia attenzione.
Senza neanche accorgermene passai davanti alla sezione ‘fumetti’, appena me ne resi conto tornai indietro e mi fiondai a leggere i nomi, con la testa piegata di lato per leggere meglio. Posizione assai scomoda in effetti.
C’erano copie di Zagor, Tex, Dylan Dog, qualche topolino.
Dylan Dog era il mio fumetto preferito, così oscuro e con un lato divertente.
Misha aveva ogni singola copia, dal primo numero fino all’ultimo uscito nelle edicole. Presi il primo numero, era sicuramente la prima uscita, con cura lo aprii e cominciai a leggerlo.
Li trattavo come un reliquia e ci mettevo dieci minuti a leggerne uno, mi prendevano troppo e così passai le ore. Mi facevano sentire bene.
Misha scese gli scalini e mi ‘beccò’ circondata da fumetti, sdraiata a pancia in giù che ridacchiavo per le inutili battute di Groucho.
Non mi ero nemmeno accorta di lui dietro di me e mi venne un colpo quando parlò
“Hey Kat, cosa stai…” la voce impastata dal sonno
Sobbalzai, mi girai e lo guardai sorridendo
“Hey ciao!” mi alzai “leggevo i tuoi fumetti, ora riordino.”
Mi alzai e andai verso da lui gesticolando e indicando i fumetti a terra. Mi prese il volto tra le mani e mi baciò, aveva solo i pantaloni del pigiama e mostrava il petto nudo, mi strinsi contro di lui mettendogli una mano sul petto ascoltando il suo cuore.
Mi abbracciò dolcemente, un modo silenzioso per darmi il buongiorno
“Cosa leggevi?”
“Dylan Dog.”
Il viso si illuminò
“Ommioddio, non sapevo che piacesse anche a te!”
Si sedette per terra come se niente fosse e cominciò a sfogliare le pagine rimanendo assorto, mi sedetti accanto a lui.
Era veramente perfetto stare con lui, facevamo a gara a chi ricordava più episodi o a chi ci metteva meno a leggere un intero fumetto.
Passammo ore a parlare sul divano, sdraiati, in pigiama.
Mi piaceva davvero stare vicino a lui e ogni volta che lo guardavo negli occhi cerulei, mi sentivo invadere da un senso di sicurezza, come una sorta di estasi.
Forse era la prima volta che mi innamoravo seriamente, neanche per Pitt era stato così… così intenso. Sicuramente ero innamorata per la prima volta, stare con Misha mi faceva sentire nutrita, libera, sostenuta. Lui c’era sempre per me.
Fin dal primo giorno sul set mi era stato vicino, ma ero troppo stupida per accorgermi delle sue attenzioni, reputandolo solo gentile ed educato, non considerandomi all’altezza di uno come lui.
Ma adesso, adesso che stavamo insieme, che sembrava non volermi lasciare, che io non volevo lasciarlo; ero sicura di amarlo. Amarlo veramente.
Guardai il suo profilo curvo sul fumetto, le ciglia scure piegate all’insù, il naso dritto, la fronte ampia, i capelli spettinati.
Notando il mio sguardo assorto si voltò e vide il mio sorriso stampato sulle labbra, gli occhi felici di incontrare i suoi
“Okay. Mi fai ansia se mi guardi così.” Vedendo che non smettevo mi sorrise a sua volta divertito “Posso sapere perché sorridi?”
Lo guardai un altro secondo negli occhi oceano, un secondo intenso
“Ti amo.” Lo dissi con naturalezza, come se fosse sempre stato lì, nel mio cuore, in trepidante attesa della persona giusta a cui dirlo
Misha mi osservò, fece un largo sorriso, le rughette intorno agli occhi lo rendevano ancora più sexy
“Ti amo.” Mi rispose “Ti amo.” Ripeté
Mi si avvicinò lentamente e mi scostò una ciocca di capelli mettendola dietro l’orecchio, inclinammo la testa e chiudemmo gli occhi, cercammo le nostre labbra assaporando ogni momento.
Ogni importante momento del nostro amore.
Staccare le labbra l’uno dall’altra fu un supplizio. Mi alzai e andai verso la cucina guardandolo ammiccante. Lui seguì il mio sguardo. Notò che mi toglievo la maglietta e la lasciavo cadere sul pavimento.
Rimase incantato. Aprii il frigorifero e dissi
“Sai quella cosa della panna di ieri… alla fine non l’abbiamo fatta.” Presi la bomboletta di panna spray e passai completamente nuda davanti a Misha, tornai indietro fino alle scale e le salii
Passarono pochi secondi che venni sollevata da Misha che mi portò in camera sua urlando
“Tarzan ama Jane!” cominciai a ridere
“Sei pazzo.” Lo baciai sul collo
Ieri notte non avevamo fatto l’amore, dovevamo recuperare. Passammo la mattina a fare l’amore dicendoci ‘ti amo’ appena le nostre bocche si staccavano l’una dall’altra.
Dovevamo andare sul set nel pomeriggio, per delle riprese alla sera. Le ultime perché poi, domani saremmo andati in Alaska, per gli esterni.
Rimanemmo tutta mattina a letto a farci le coccole e a dire scemate.
D’improvviso sentii la suoneria del mio telefono, in cucina, e sapendo perfettamente che era Julia, lasciai Misha a letto allibito e corsi via saltellando giù dalle scale.
Come previsto era Julia, risposi
“Ciao!” dissi squillante
“Kat!” la sentii ridere “Tutto bene? Ho letto il tuo messaggio.”
“Sisi tutto bene. Sono ancora da Misha.” Mi appoggiai con i gomiti al tavolo
“E lo hai lasciato per rispondere al telefono?”
In quel momento arrivò il mio uomo che aprì il frigo e prese dell’acqua
“Oh guarda, è qui… Misha…” mi voltai verso di lui e risi “Juls si chiede come ho potuto lasciarti per rispondere al telefono.” Si era rimesso i pantaloni e io indossavo la sua camicia blu
Chiuse il frigor e urlò al cellulare
“Si me lo chiedo anche io!”
“Queste conversazioni a tre mi stressano ragazzi.” Disse Julia
Mi allontanai un po’ da Misha e andai in salotto
“Senti Julia, per la cosa di Jay…” Jay, quello stronzo si chiamava così
Divenni seria
“Ah sì, quel bastardo. Dimmi.”
“Mamma mi ha detto che è un cazzo di ubriacone e l’hanno arrestato nella contea qua vicino ma credo uscirà presto. Credo anche che verrà a casa. Me lo sento.” Misha si avvicinò rimanendo sulla porta “Non aprire a nessuno, già ti odia perché mi hai portato via da lui, non vorrei che…”
Julia mi tranquillizzò dicendomi che mentre sarei stata in Alaska ne avrebbe approfittato per portare John a casa e che John faceva boxe.
Non che divenni più tranquilla ma almeno c’era qualcuno a proteggerla.
Rimanemmo a parlare al telefono per una mezz’oretta buona, le raccontai che io e Misha c’eravamo detti -Ti amo- e lei fu felice per noi. Adorava Misha, le era sempre piaciuto.
Come darle torto.
 


Misha mi informò, chiusa la chiamata, di essere geloso della relazione tra me e Julia. Ovviamente lo diceva scherzosamente. Gli diedi un bacio sulla barba ispida
“Scusami tesoro ma Julia è l’amore della mia vita. La mia migliore amica e la amo come non mai.” Lo baciai ancora “Ma amo anche te.” Mi strinse le mani intorno alla vita
“Hey anche io amo Jensen Ackles più di te!” ridemmo
“Ah e così ami un uomo più di me? Mi reputo offesa, indignata.” Mi baciò il collo “Quando mi presenterai il tuo amante?”
“Questo pomeriggio baby.” Disse lui trascinandomi sul pavimento
 


Nel pomeriggio arrivammo sul set e facemmo le ultime riprese.
Come ragazza porta ciambelle ero sempre stata timida e asociale, solo con Misha ero riuscita a parlare in mesi di lavoro.
Misha aveva promesso di farmi conoscere Jensen Ackles e Jared Padalecki, certamente portavo anche a loro caffè e croissant ma cercavo di defilarmi da loro quasi subito, insomma, mi chiamavano ‘la ragazza del caffè’ e non avevo confidenza.
Sapevo benissimo che erano tutti e tre molto amici e che i due ‘ragazzoni’ approvavano la nostra relazione ma mi metteva ansia essere presentati ufficialmente.
Misha mi trascinava per andare da i due che si prendevano a pugni le braccia e ridevano. Guardavano una ripresa insieme al regista.
Più ci avvicinavamo e più scongiuravo Misha
“No dai ti prego. Ti prego Misha.” Ma lui insisteva
“Dai. Kat.” Faceva una pausa, mi guardava, sorrideva “Kat!” E riprendeva a guardarmi e a spingermi contro i due
“Cazzo. Cazzo. Cazzo. Cazzo.” sempre più vicina
Misha mi afferrò impedendomi la fuga e agitò la mano in alto
“Hey ciao ragazzi!” la sua voce squillò e Jensen e Jared si girarono e sorrisero
L’unica cosa che riuscivo a pensare era ‘ma cazzo.’
Credo di essere diventata di un colore indicibile quando mi sorrisero gentili
“E così è la ragazza del caffè.” Disse Jensen con i suoi sorprendenti occhi verdi
Presi un po’ di coraggio e, lo giuro, pensai a cosa dire ma non riuscii a emettere fiato, rimanevo con un sorriso da ebete in faccia e con le gote tutte rosse tipo Heidi.
Misha rise
“Si, è Kat. Kat Stevens.”
Jared rise
“Come il cantante?” disse guardandomi dall’alto della sua altezza
“Si ma con la K al posto della C, Kat con la kappa.” L’unica cosa che riuscii a dire di quasi sensato
Misha mi fissò perplesso e anche Ackles e Padalecki
“Emh… sì. È un po’… boh.” Misha non sapeva spiegare il mio comportamento
Jared sorrise
“Beh, mi ricordo di te. Mi porti sempre il caffè…” teneva le braccia incrociate e annuiva, aveva dei bei capelli
“E mi dai sempre le ciambelle.” Disse Jensen sorridendomi
Io diventai bordò e mormorai
“Beh è il mio lavoro…” Li guardai negli occhi e per qualche oscuro motivo scoppiammo tutti e quattro a ridere
Cominciammo a conoscerci meglio
“Quanti anni hai?” chiese Jensen
“Venticinque.”
“Ah ma sei giovane…” riprese Jared “Come mai porti ciambelle?”
“Emh… non che sia proprio la mia massima aspirazione ma è un modo per cominciare…”
“Beh certo.”
Bob si avvicinò al nostro gruppetto
“Ragazzi! Le ultime riprese e poi tutti a casa che domani si parte!” mi guardò
Ero racchiusa a uovo in me stessa, Robert mi faceva un po’ ansia
“Stevens! Caffè per i ragazzi! E non incassarti in te che tanto ti vedo.” se ne andò
Alzai le spalle
“Okay. Caffè per i ragazzi…” mi dileguai ridacchiando di me stessa, troppo stupida
Raggiunsi i ragazzi al trucco e portai i caffè sorridendo.
Jensen mi sorrise e mi disse che il caffè che portavo io era il migliore mai bevuto.
Camille mi guardava con odio. Tutti sul set sapevano che puntava Ackles da secoli, solo perché era -un figo assurdo e che se ci andava a letto avrebbe sicuramente fatto carriera-. E poi mi odiava, soprattutto adesso, perché sulle riprese in esterno non avrebbero portato tutti gli aiuti, solo quelli considerati ‘utili’ e lei era stata scartata. Non riusciva a spiegarsi perché portavano me, aveva persino urlato contro il regista dicendo che mi portavano solo perché andavo a letto con uno degli attori, mi ero sentita umiliata, tutti avevano ascoltato le sue urla. Perfino Misha c’era rimasto male. Bob, da gentiluomo, le aveva detto di calmarsi e le aveva spiegato che mi portavano perché il mio caffè piaceva a tutti e che si sa che gli attori sono lunatici e che se non hanno il loro caffè come vogliono sono capaci di lasciare tutto. Lei aveva urlato qualcosa e se n’era andata.
Camille mi fermò quando tornai indietro
“Adesso esci anche con altri attori?” acida come sempre
“Camille che cosa vuoi?” mi fermai e la fronteggiai una volta per tutte
“Non capisco perché se tu ti fai Misha Collins va bene e se io mi porto a letto qualcuno del set sono la troia… adesso vuoi farti anche Jared Padalecki e Jensen Ackles?! Non ti bastava uno, vero?” aveva quell’atteggiamento da troietta del liceo che si vede nei film che si atteggia “Poi fai la troia per andare con il cast in Alaska, vero? Poi sono io la puttanella…”
“Ma tu sei troia, Camille. Lasciatelo dire. Veramente. Non hai rispetto neanche per te stessa, ti sei fatta mezzo set e ora ti lamenti che tutti ti guardano come una vacca. Almeno io quando frequento qualcuno non lo faccio per ascendere al potere supremo. Quindi lasciami in pace.” La lasciai senza una parola a guardarmi allibita



Intanto che aspettavo che qualcuno volesse ciambelle mi misi al telefono con Juls a messaggiare e a dire scemate, le raccontai in breve la presentazione con gli amichetti di Misha e ovviamente lei mi derise fino alla morte. Ma lei era la mia vita e poteva farlo quanto voleva.
 


Raggiunsi la roulotte di Misha e bussai
“Misha!” lui si presentò subito
“Kat!” mi diede un bacio “Cosa vuoi fare sta sera?”
Alzai le spalle senza avere un’idea.
Jensen e Jared ci raggiunsero
“Sentite coppietta felice.” Ci prese in giro Jared “Vi va di mangiare qualcosa insieme e poi ci ritroviamo domani per la partenza?”
Mi venne in mente
“Vi va di venire a casa mia? Cioè lo so che andare fuori è più figo, ma io non abito tanto lontano…” i tre uomini si guardarono in faccia poco convinti “mando la mia coinquilina a comprare litri e litri di birre?”
“Birra?” disse Jared
“Coinquilina?” disse Jensen
“Sì, birra e sì, coinquilina. Ma è fidanzata.” Sorrisi divertita
“Oh beh, ma non sono geloso.” Mi tirò un pugno leggero sul braccio “Allora andiamo!”
Misha mi abbracciò dalle spalle e sorridemmo
“Beh Kat, fai strada allora!” disse Padalecki
Forse Juls non sarebbe stata molto felice di questa mia brillante idea.





Angolo autrice
Ciao ragazzi!
Volevo ringraziarvi per tutto il vostro appoggio!
Volevo dirvi che da qui in poi verranno aggiunti anche i personaggi di Jensen Ackles e Jared Padalecki. Voglio mettere in chiaro che il loro carattere me lo sono inventato, alcuni comportamenti saranno molto simili ai personaggi da loro interpretati in Supernatural.
Fatemi sapere cosa ne pensate di questa mia aggiunta con una recensione o con un messaggio privato.
Un bacio a tutti e al prossimo capitolo
Blooming

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Capitolo 15
*** 15. ***


Jensen e Jared presero le loro rispettive macchine. Io salii su quella di Misha, fece un gesto fuori dal finestrino e partimmo seguiti dalle altre due auto.
Tirai fuori il cellulare e chiamai Julia. Misha, prima che partisse la chiamata mi guardò e sorrise
“Chi chiami?” teneva sempre un occhio sulla strada e uno sullo specchietto per vedere che i due non si perdessero
“Julia. La avverto della sorpresa… Oh ciao Juls!” aveva risposto
“Cosa?! Non le hai detto niente? Pensavo foste già d’accordo!” era sconvolto in modo divertente
“Ciao Kat…” la voce un po’ distratta
“Senti… andresti a comprare delle birre al market vicino?” la pregai
“Cosa?! Ma sai che ore sono? Dove sei?”
“In macchina. Con Misha.” Lasciai un po’ la frase sospesa
“E quindi? Cosa c’entrano le birre?” non stava capendo niente
“Beh…” feci un enorme respiro “Jensen Ackles e Jared Padalecki vengono da noi a cena…” aspettai uno strillo che non tardò ad arrivare
“Cosa?! Tu sei pazza!” un sospiro “Okay. Okay. Vado a comprare ‘ste birre e anche qualche pizza e ordino cinese, solo perché sei tu. Ma sappi che prenderò i tuoi soldi per pagare.” Chiuse con uno sbuffo la chiamata
“Okay. È tutto a posto.” Sorrisi
“Ma sarai pazza.” Rise di me amabilmente
 


Arrivati davanti a casa vidi Jared e Jensen osservare la via e non dire niente, ovviamente erano abituati a tutt’altro ambiente ma presto avrebbero cambiato idea.
I ragazzi cominciarono a chiacchierare animatamente e a ridere facendo battute sceme.
Salimmo i gradini e cercai le chiavi nella borsa, era tutto molto imbarazzante, dov’erano finite quelle maledette chiavi?! DOVE!!
Julia aprì la porta con uno scatto
“Sì, ciao. Vi ho sentiti da un miglio di distanza.” Ci guardò un secondo “Wow…” guardò Jared diventando rossa e irrigidendosi “Emh entrate.” Si fece di lato tenendo la porta aperta
Feci passare i ragazzi per prima, i due che non erano mai stati a casa mia si guardarono attorno stupiti
“Avete proprio una bella casa.” Disse Jared guardandosi intorno
Io e Juls arrossimmo e mormorammo un grazie e Julia, con dei comodissimi e poco eleganti pantaloni corti della tuta e a piedi nudi, una canottiera decisamente trasparente, disse
“Emh okay… ho ordinato del cinese e delle pizze… birra. In frigorifero.” Era impacciatissima, non era da lei
La vidi diventare sempre più rossa mentre io, cercando di essere sicura, parlavo con i nostri invitati. Julia non era d’aiuto.
Andò a rifugiarsi in cucina, sorrisi e dissi a Misha di far fare un giro della casa a Jensen e a Jared e magari di portarli nel giardinetto dietro, corsi dietro a Julia.
Era con la testa nel frigorifero e borbottava qualcosa
“Hey tesoro?” mi avvicinai
“Stai calma Julia, stai calma.” Si era messa una birra sulla fronte
“Ma che cosa…” La tirai fuori “Cosa combini!”
Mi guardò sconvolta, guardò verso il salotto, verso Jared e arrossì violentemente e tornò con la testa nel frigor
“Julia! Cosa ti prende!” la scossi un po’
Mi guardò e sospirò
“Okay.” Fece un profondo respiro “Ho una cotta per Padalecki da quando faceva ‘Una mamma per amica’… è per questo che non volevo che li portassi qui.”
I ragazzi passarono per la cucina e uscirono sorridendoci, si sedettero sulle poltroncine di vimini in mezzo al giardino illuminato da alcune lampade al neon.
Fissai un secondo con un mezzo sorriso Juls e poi le scoppiai a ridere in faccia, non riuscivo a smettere. Sentii Misha urlare dal giardino un ‘Hey tutto bene di là?’ ma non risposi. Julia mi fermò
“Scema! Sei veramente scema.” Mi guardò severa “Guardalo Kat! Guardalo! È migliorato da quando faceva Dean Forester. Muscoli. Tanti muscoli.” Lo guardò diventando rossa e cominciando a ridacchiare
“EH-EH ora hai un’occasione per parlarci. Anche Ackles è figo…” tornai a guardare Misha “Mmm Misha!” ci riprendemmo entrambe dal nostro vaneggio e uscimmo in giardino con delle birre
“Hey grazie!” Jared sorrise a Juls che si bloccò con un sorriso ebete a mezza faccia
La trascinai via cercando di mantenere un certo decoro
“Allora…” Jensen si sedette sul divano “da quanto tempo vi conoscete?” si rivolse a noi ragazze
Ci guardammo in faccia ed entrambe cominciammo a blaterare insieme cose indefinite e a gesticolare animatamente
Misha guardò i ragazzi
“Svalvolano di quando in quando.” Rise spiegando le nostre caratteristiche e sorseggiando birra
“L’abbiamo notato.” Rise Jared “Hey!” ci guardò “Ragazze?” ci girammo e Julia lo fissò inebetita le diedi una gomitata
“Emh, si…” ripresi il discorso “Ci conosciamo da anni, andavamo alle elementari insieme e piano siamo diventate migliori amiche.” Sorrisi dolcemente
“Ah ma quindi, praticamente, vivete insieme da sempre?” chiese Jensen
“Sì, praticamente sì.” Rispose Julia “Da quando abbiamo diciotto anni.” Sorrise cercando di mantenere la calma “Io andavo al college e ho trovato un appartamento fuori Harvard da condividere con Kat e niente, poi ci siamo trasferite qua da circa un anno…” si fermò un attimo “okay questo non l’avevi chiesto.” Arrossì
Jensen rise contagiando gli altri. Io e la mia amica eravamo brave in figure di merda.
Né Jared né Jensen sapevano il mio passato e alle domande –Com’era il liceo- o –Eravate cheerleader- cercavamo di eludere con battute sceme o cambiavamo direttamente argomento.
Julia, per smorzare la tensione nell’aver conosciuto il suo amore, beveva come una spugna. Cercavo di controllarla ma trattenerla non era facile.
Finalmente arrivò il cinese e subito dopo le pizze.
Ci mettemmo in giardino a mangiare, Jensen, Jared e Misha aveva portato fuori i tavolini e le sedie impedendoci qualsiasi fatica. Ci mettemmo a scherzare, ridere e a bere più del dovuto.
Misha mi teneva d’occhio, sempre protettivo ma era anche lui un po’ brillo. Presa dall’alcol mi avvicinai a Jared
“Ma cosa ne pensi di ‘Una mamma per amica’? Cioè, mi sono sempre chiesto cosa pensavi del tuo ruolo…” sicuramente ero ubriaca “Perché alla mia amica.” presi Julia per un braccio e la trascinai nella conversazione e quasi addosso a Jared “Lei dice che eri uno strafigo. Io non lo so, avrò visto due puntate…”
Jensen a sentirmi quasi si soffocava con la birra e cominciò a tossire, Jared sorrise timido e rispose un po’ ubriaco
“Uno dei miei primi ruoli… ero giovane. Insomma. Boh.” Scoppiò a ridere trascinandoci nel vortice della stupidera
Prima di dire ‘A’ io e Juls cademmo dalle sedie finendo a terra ridendo. Cercammo, senza poca fatica, di ricomporci. Julia guardò Misha, non era mai stata ubriaca davanti a lui
“Tu hai fatto ‘Ragazze interrotte.’ L’ho visto!”
Misha rise e guardò Jensen che si soffocava col cibo ridendo
“Chiedete a lui che cosa ha fatto!” Lo additò e scoppiò in una fragorosa risata
Ci aggrappammo al tavolo, mettemmo il mento sul banco e guardammo Jensen, io e Juls ci guardammo e parlammo all’unisono
“E tu! Che cosa hai fatto?”
Jensen ci fissò preoccupato
“Ho paura che se non rispondo potreste linciarmi. Okay!” rimase a pensare a qualche film o serie tv fatta “Beh… ho fatto qualche puntata di Smallville e ho fatto San Valentino di sangue.”  Ci guardò un secondo, eravamo bevutissime “Che film di merda.” Scoppiammo a ridere
Presa da un raptus mi sollevai e afferrai una fetta di torta alla panna che avevamo ordinato insieme a tutte le altre schifezze e la tirai in faccia a Misha poi ricaddi a terra ridendo, lui rimase allibito un attimo. Tutti ci guardammo ubriachissimi, senza sapere cosa dire e cosa fare.
Misha mi guardò perplesso, mi sollevai di nuovo e mi accasciai su di lui ridendo
“Ti piace la panna eh?” cominciai a ridere, la mia solita risata convulsa, le lacrime agli occhi
Mi ripresi solo quando venni spalmata con degli spaghetti di soia sulla faccia
“Ti piace il cibo cinese?” disse Misha ridendo e così tutti e cinque iniziammo una lotta di cibo, tirandoci in faccia fette di pizza e qualche involtino primavera
Okay, siamo degli spreconi, ma eravamo ubriachi.
Mai mi sarei aspettata un comportamento così ‘immaturo’ da Misha, né dagli altri tre. Di solito ero io la scema. Quanto mi divertivo!
Ridevamo da ore, senza motivo. Neanche una canna era così potente. Mi voltai verso Julia che parlava con Jared con occhi languidi
“Hey Juls?!” lei si voltò con un sorriso idiota, le tirai la panna in faccia ma lei si scansò e beccai Jared
Lo fissai e poi, non riuscendomi più a trattenere, scoppiai a ridere. Beh ora Julia poteva leccargli la panna dalla faccia.
Passammo così una, seppur assurda, serata divertente.
Le nostre risata echeggiavano per tutto il quartiere.
Verso l’1.30, Jared si alzò
“Credo che sia il momento di andare. Domani andiamo in Alaska…” la sbronza era un po’ passata
Julia li accompagnò in bagno per sistemarsi.
Jensen, Jared e Misha si diedero una ripulita prima di tornare alle loro case.
Li accompagnammo alla porta
“Beh, grazie di tutto ragazze.” Disse Jensen
Ci diede un bacio sulla guancia, diventammo bordò e dentro urlavamo come delle ragazzine in preda agli ormoni, miagolammo un –Ciao-. Lui scese i gradini, si voltò
“Ci vediamo domani Kat…” e se ne andò
Jared ce ne diede due di baci sulle guance
“Forse potevamo controllarci un po’ di più con tutto quel cibo sparso.” Disse rivolgendosi a Julia che era nel panico più totale e ridacchiava “Mi ha fatto piacere conoscerti Julia.”
“Anche per me è stato un piacere…” sapevo che stava morendo dentro e voleva urlare a tutti di aver conosciuto l’amore platonico della sua vita “Spero di riavervi a cena al vostro ritorno.”
Jared sorrise
“Ciao ragazze.” E se ne andò                                                  
Misha fu l’ultimo ad andarsene, salutò Julia che poi se ne andò lasciandoci soli
Misha mi diede un bacio davanti alla porta
“Ti vengono a prendere domani e andiamo in aeroporto insieme, va bene?” lo baciai
“Certo che va bene.” Lo baciai ancora “Spero di non essere sembrata troppo pazza ai tuoi amici…”
“Tranquilla, gli sei piaciuta.” Guardò dentro casa alla ricerca di Julia “Anche Juls è piaciuta molto.” Mi baciò “Ti amo piccola.”
Mi strinsi di più al suo petto
“Anche io. Tanto.” Mi sentivo veramente sicura tra le sue braccia
Quando salì in macchina mi sentii un po’ vuota ma comunque felice.
 


Tornai in casa e Julia era già che sistemava, ancora con degli spaghetti tra i riccioli. L’aiutai a sistemare quel disastro e ci mettemmo un po’ a parlare
“Allora ti piace Padalecki?” ridacchiai
Lei era già seria e quasi sobria
“Beh sì, ma è una cotta. Non credo di avere un futuro con lui. Io amo John.” Disse spazzando per terra
Rimasi colpita, era veramente matura. Era quella parte razionale di me che mi mancava. Lei, in un certo senso, mi completava.
Eravamo due sceme, due pazze, ma lei era sempre quella più saggia. Sapeva divertirsi come pochi ma appena c’era da essere seri, ritornava la Julia Paula Wright di sempre. L’impiegata del mese e dirigente di una grande azienda. La mia migliore amica.
Finito di sistemare si erano fatte le 3 del mattino. L’aereo sarebbe partito alle 10, contando di essere lì almeno due ore prima, quindi alle 8, avevo si e no cinque ore di sonno davanti, senza contare che mi sarei dovuta svegliare almeno due ore prima per prepararmi. Con questo ragionamento mi venne in mente che non avevo neanche fatto la valigia e andai nel panico.
Non avevo neanche fatto la valigia!!!
Julia passò un’ora del suo sonno ad aiutarmi con le cose da mettere via, io tiravo fuori le cose dall’armadio, lei piegava e metteva in valigia.
In Alaska avrebbe fatto sicuramente freddo. Un freddo spaventoso ma ero piena di maglioni che avevo comprato durante l’inverno di quest’anno.
Lasciai la valigia aperta per le cose che avrei messo via domani prima di andare, come spazzolino e pigiama. E poi andai a letto.
Julia mi sorrise prima di infilarsi nella sua stanza e chiamare John, anche se erano le 4 di notte si chiamavano sempre. Anche solo per dirsi –ciao-.
Li sentii parlare, lei gli disse –ti amo- e potevo capire dal suo tono di voce che sorrideva.
Per le prima volta nella mia vita, dopo la morte di papà, mi sembrava di essere felice, veramente felice. Quella felicità eterna che mai e poi mai si potrebbe distruggere. Adoravo tutto. Il mio Misha, Julia, perfino Jensen e Jared che avevo appena conosciuto. Sapevo che erano brave persone e che se avessi avuto bisogno ci sarebbero sempre state.
La mia ancora di salvezza si faceva sempre più forte e mi trascinava con convinzione sul ponte della nave dove sarei potuta essere salva.

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Capitolo 16
*** 16. ***


Misha arrivò puntuale alle 7 del mattino, avevo dormito solo tre ore e in quel momento ero composta per il 70% di caffè altro che acqua.
Ero in cucina che finivo di fare colazione. Juls andò ad aprire la porta trascinandosi come uno zombie, borbottò qualcosa e poi vidi comparire Misha sulla porta della cucina che sorrideva pienamente sveglio
“Hai una faccia un po’ stanca tesoro.” Rise guardandomi
Avevo la testa tra le mani e fissavo i cereali a forma di lettera navigare nella tazza di latte
“Ridi, ridi.” Alzai la testa “Ho scoperto solo dopo che ve ne siete andati di aver dimenticato di fare la valigia.” Ritornai a fissare le letterine zuppe di latte
Misha sorrise appoggiandosi allo stipite, Juls lo oltrepassò
“Misha vuoi del caffè?” ne stava preparando dell’altro
“No, grazie Juls.” Le sorrise gentile “Kat dobbiamo andare.”
Bevvi l’ultimo sorso di latte e poi fui pronta per il viaggio, indossavo un paio di jeans neri, le all stars verdi pisello e una camicetta rosa semi trasparente infilata nei pantaloni.
Misha mi guardò, era sempre colpito dal mio corpo, soprattutto dai miei seni e dal mio sedere. Sorrisi notando il suo sguardo perso
“Non dovevamo andare?” il caffè cominciava a farsi sentire
Mi guardò tutta e poi si soffermò sulle scarpe, gli sorrisi e lo superai andando a prendere il trolley zebrato in salotto, l’avevo da quando ero andata via di casa la prima volta con Juls.
Salutai la mia migliore amica con un grande abbraccio e un tenero bacio sulla guancia, le promisi di chiamarla ogni giorno  e la pregai di non fare l’amore con John nelle zone di uso comune della casa, rise ma non promise.
Misha aveva già messo la valigia nel porta bagagli della macchina e mi aspettava in macchina tranquillo ascoltandosi la musica alla radio.
Corsi giù dalle scale saltellando e salii in macchina salutando Julia che rimaneva in pigiama sulla soglia della porta.
Ero così felice di partire per la ‘prima vacanza’ con Misha, anche se poi non sarebbe stata una e vera e propria vacanza ma comunque sarei stata con lui per tre intere settimane, senza pensare a niente, solo alle ciambelle.
Arrivati in aeroporto cominciammo a dirigerci verso il punto d’incontro del resto della troupe. Camminavamo tenendoci per mano e qualche fans, sapendo della partenza, lo raggiunse urlando e chiedendo foto, autografi, di sposarlo; lui gentilmente e in modo simpatico si lasciava abbracciare e fotografare mentre faceva la linguaccia o altre strane facce. Io ero tremendamente gelosa e non mi andava giù che delle ragazzine chiedessero al mio uomo di sposarlo così sfoderai il mio sguardo da ‘levatevi dal mio uomo’ e con un colpo di finta tosse le vidi dileguarsi e Misha tornò a stringermi la mano.
Qualche fotografo ci riprese mano per mano. Maledetti!
Arrivati al punto di ritrovo notai subito gli sguardi divertito di Jensen e Jared che ridacchiavano tra loro, gli andammo incontro e sorrisi quasi del tutto sveglia. Ad entrambi diedi un bacio sulla guancia, Jensen mi mise una mano sulla schiena, un po’ prima di incontrare il sedere, feci finta di niente e mi alzai sulle punte per dare un bacio anche a quello spilungone di Jared che si dovette abbassare per aiutarmi a raggiungerlo.
Entrambi guardarono il mio look stravagante
“Kat…” disse Jensen “Veramente? Scarpe verdi?” cercava di trattenersi dal ridere
Risi e tirai avanti il trolley zebrato e glielo mostrai
“Non solo scarpe verdi, anche valigia a strisce!” rimasero entrambi colpiti da questi mie gusti “Comunque, tutto bene ragazzi?” sorrisi raggiante
“Sisi. Abbiamo passato un’ottima serata ieri, ancora grazie. Vi abbiamo un po’ distrutto la casa eh?” annuii felice, Jared era sempre gentile “Ma senti…” alzai lo sguardo incontrando i suoi occhi “Julia non è venuta ad accompagnarti?” si guardava in giro come alla ricerca della mia amica
Misha scoppiò a ridere
“Ma cosa ti ridi?” gli disse il capellone
La risata riecheggiò nella sala
“Misha! Smettila.” Gli tirai una pacca sul petto poi ripresi a parlare con Jared “No. Purtroppo no.” Notai la delusione negli occhi di Padalecki
“Eddai Jared! Non prendertela, sicuramente la vedrai al nostro ritorno.” Disse per consolarlo Jensen
Misha non smetteva più di ridere e decidemmo di lasciarlo perdere, guardai negli occhi Jared
“Ti piace Julia?” chiesi un po’ dispiaciuta per quello che stavo per dirgli
Lui sorrise timido
“Beh diciamo che è una ragazza interessante…” eppure l’avevo detto che era fidanzata!
“Emh…” mi scostai il ciuffo da un lato “Julia è fidanzata.” Jared mi guardo a occhi spalancati, Misha era ormai accasciato sul manico della valigia e a lui s’era unito Jensen, insensibili
Li guardai scuotendo la testa
“Idioti.” Mormorai
“Ma quando hai detto che era fidanzata eri seria, pensavo scherzassi. Oddio quanto sono stupido!” si batté una mano sulla fronte e poi cominciò anche lui a ridere
Il nostro idillio venne interrotto da Singer venuto a dirci di preparaci e darci una calmata, soprattutto una calmata. Gli attori e quelli importanti sarebbero andati in prima classe e tutti gli altri in economy.
Misha voleva che restassi con lui ma insistetti per andare in economy con gli altri e poi non avrei fatto il viaggio da sola, c’era Mike e avrei chiacchierato con lui.
 


Scesi dall’aereo andammo subito in albergo a lasciare i bagagli nelle stanze. Io e Misha riuscimmo a convincere Robert a metterci nella stessa camera e visto che ormai era tardi il buon caro vecchio Bob Singer ci lasciò liberi di esplorare le molteplici meraviglie dell’Alaska. Cioè il freddo. E i 15° in estate.
Mentre uscivamo dall’hotel venimmo raggiunti da due ragazzi
“Hey coppietta! Veniamo con voi.” Disse Ackles
“Non potete seminarci così.” Disse Padalecki
Così partimmo alla ricerca di cibo.
Trovato il cibo ci mettemmo a mangiare come dei disperati, dei profughi che non avevano mai visto un panino imbottito.
Passeggiammo ammirando un po’ di luci delle navi riflesse sull’acqua buia e poi tornammo in hotel.
Mentre Misha era sotto la doccia decisi di chiamare Julia.
Al telefono mi piace sempre camminare e così urlai a quel bell’uomo in doccia che uscivo in corridoio a chiamare Juls che rispose quasi subito
“Pronto? Kat! Stai bene? Sei arrivata? Quando sei arrivata? È bello l’hotel? Hai già fatto un giro della città? Come sta Misha? Salutami Misha!” tutto di fila senza prendere fiato
“Calmati Juls. Siamo arrivati da almeno tre ore e abbiamo già fatto un giro della città, l’hotel è favoloso, Misha è in doccia e sì te lo saluterò.” Intanto camminavo per il corridoio leggendo i numeri delle stanze, da una di quelle uscì Jared per farsi una passeggiata e mi fece –ciao- con la mano, lo fermai “È Julia al telefono. Parlale.” Lo vidi rimanere un secondo perplesso e poi prese in mano il cellulare
“Kat? Kat! Pronto?!” urlava Julia ignara di tutto
“Pronto?” disse Jared confuso, rimase a fissarmi perplesso con i suoi occhi da cucciolo
“Jared?” era allibita
“Ciao!” disse lui sempre fissandomi e con un tono di voce di uno che non sapeva bene cosa fare “Come va?” chiese
“Emh, bene e tu?”
“Si, non c’è male…” Jared continuava a fissarmi inquisitorio
“Emh… non che non mi piaccia parlare con te ma che fine a fatto Kat?”
Jared rise
“È qui! Davanti a me che ride.” Non riuscivo più a trattenermi “Julia dice che ti picchia!” mi ripeté le parole della mia amica
“Dille che le voglio bene!” sorrisi
“Senti Julia” mugugnò “Kat è pazza. No. Non so cosa si è messa in mente. Te la passo. Ciao Julia, ci sentiamo.” Sorrisi a Padalecki che tornò in camera e ci si chiuse dentro
“Ciao Jared!” gli urlai “Scusa tesoro, non ho resistito.” E le raccontai tutto, tutta la giornata, il volo e quello che Jared mi aveva detto
“Ti picchio.” Rispose lei ridendo
 


La prima settimana volò via. I giorni erano intensi, c’erano riprese di notte, di giorno, di sera, all’alba. Tutti correvano datutte le parti. I fans venivano fermati dalle guardie e poi al ritorno in hotel c’era la fila di gente che urlava e chiamava gli attori e loro si fermavano e facevano foto e la gente urlava e io fuggivo dagli scatti che mi riprendevano con Misha.
Alla sera uscivamo con Jensen e Jared, qualche volta preferivamo stare in camera a farci le coccole e a guardare la tv.
Durante la prima settimana di riprese mi legai particolarmente a Jensen, con me era gentile, non che ci provasse o cosa, sapeva benissimo quanto Misha era importante per me e viceversa.
Mi sorrideva spesso e a me non dava fastidio. Mi chiamava sempre quando era a sistemare il trucco e gli portavo il caffè con una ciambella al cioccolato. Diventammo buoni amici.
 


Il giovedì della seconda settimana Misha aveva finito le sue scene giornaliere nel pomeriggio e io non potevo muovermi dal set e così gli consigliai di andare a fare una dormita perché aveva veramente una faccia stravolta. Ci baciammo e lo vidi andarsene.
Quella sera tornando a piedi con Jensen ci mettemmo a chiacchierare e scoprii in lui una persona veramente buona. Sapevo di poter confidarmi anche con lui sul mio passato e decisi di dirgli tutto. Mi voltai verso di lui e lo guardai negli occhi
“Posso raccontarti una cosa?” ero un po’ triste
Sorrise dolce
“Dimmi.” Forse pensava che centrasse Misha
“È che credo che tu sia una persona di cui fidarsi e sento che posso confidarti una cosa che sanno in pochi. Del mio passato.” Notai il cambio di espressione sulla sua faccia
“Okay…” si guardò intorno “Sediamoci qui.” Andammo verso una panchina e cominciai a dirgli tutto, come avevo fatto con Misha in precedenza
Gli raccontai dei miei tentati suicidi e lui continuava a stringermi la mano capendo il mio dolore e gli raccontai di come Misha mi aveva salvato da tutto e di come mi ero innamorata di lui ogni secondo che passavamo insieme perché la nostra storia era iniziata mesi fa sul set quando mi aveva detto ‘Ciao’ e mi ero fatta stregare dai suoi occhi.
Jensen mi sorrise
“Mi fa piacere che ti sia confessata con me.” Mi abbracciò “Sappi che di qualsiasi cosa tu abbia bisogno basta fare un fischio.” Si alzò e mi tese la mano “Ora andiamo che il tuo cavaliere senza macchia e senza paura ti attende!”
Mi accompagnò davanti alla porta della mia stanza e io gli diedi un innocente bacio sulla guancia
“Ciao Dean.” Gli dissi ridendo e entrai in stanza
Misha era sdraiato sul letto con il telecomando in mano a fare zapping, mi sfilai le scarpe e mi lanciai al suo fianco abbracciandolo e baciandogli il collo e la pelle sotto il mento, lui lasciò cadere il telecomando e si fece coccolare e accarezzare dolcemente, poi mi alzai e andai verso la doccia
“Sai una cosa che ci manca?” lo guardai voltarsi verso di me e fissarmi accennando un sorriso “Fare l’amore sotto la doccia.” Accesi l’acqua e neanche tempo di spogliarmi che eravamo sotto il getto caldo
 


Il giorno dopo avremmo ripreso delle scene da montare con le altre durante il pomeriggio.
Sul set vidi Jensen e alzai la mano per salutarlo, in cambio ebbi un sorriso.
Correvo come una pazza per portare drink caldi e vivande a tutti quelli che me lo chiedevano
“E pensare che guadagno una miseria!” mi dicevo
Quando riuscivo a fermarmi chiacchieravo con Mike o stavo al telefono con Julia che mi raccontava le sue avventure con John in ufficio, altre volte passeggiavo tenendomi stretta a Misha e se lui era occupato andavo a parlare con Jensen e Jared.
Parlavo di più con Jensen, era come un amico ormai e anche se mi faceva veramente male riuscivo a dirgli come mi sentivo ogni giorno se mi veniva da pensare alla mia vita prima di Misha.
Quella sera rimasi fuori dall’hotel a parlare ancora un po’ con Jensen e tornando in casa vidi Misha strano.
Non mi guardava, non mi aveva salutato, non mi aveva abbracciato ne baciato. In effetti non l’aveva fatto per tutto il giorno e la cosa un po’ mi sembrava strana, anche ieri sera era stato un po’ strano
“Misha che cosa succede?” mi avvicinai a lui che stava davanti alla finestra
Si girò
“Niente.” Se ne andò stizzito e si sdraiò sul letto a guardare la televisione
“Come niente, deve avere qualcosa se no perché…” mi fermò
“Ho detto che non ho niente.” Una voce crudele e secca
Voleva litigare? Avremmo litigato allora.
Andai in bagno e sbattei la porta e subito uscii di scatto con gli occhi furenti
“Dimmi cos’hai?” urlavo
Lui si alzò e mi fronteggiò
“Cos’ho io? Cos’hai tu, piuttosto.” Mi urlò, dovevo resistere
Era la nostra prima lite e mi sentivo furiosa, non mi aveva mai parlato così.
“E che cosa avrei io? Sentiamo. Lo voglio proprio sapere.” Portai le mani sui fianchi e alzai le sopracciglia aspettando una sua risposta
Respirava forte
“Dove vai tutte le sere che non ti vedo per ore?”
Cosa? Era geloso?
“Sei geloso? Dove dovrei andare secondo te?” orami non riuscivo più a controllarmi
“Non lo so.” Mi voltò le spalle “Dimmelo tu dove e con chi.” Mi guardò di nuovo
“Ma con chi devo andare secondo te!” Non potevo crederci, mi veniva da piangere
“Non lo so…” respirò e mi fissò “Con il tuo amico Mike forse?”
“Cosa?” gli risi in faccia nervosa “Mike? Ma sei fuori?” decisi di andarmene a sbollire da un’altra parte prima di fare un macello
Lo superai e andai ad aprirmi la porta
“E adesso dove vai?” chiese con un pizzico di sarcasmo “Da Mike?”
La porta era aperta e senza volerlo urlai
“Ma che cazzo ti prende! Si puoi sapere?” quando sono arrabbiata aumento i termini volgari nelle mie frasi
Lui ancora dentro la camera urlò di rimando
“Cosa prende a me?! Voglio sapere dove vai adesso!” sul corridoio si affacciarono alcune teste a me conosciute
“A fanculo. Ecco dove!” Lo guardavo con la rabbia negli occhi
“E con chi ci vai sentiamo?” urlavamo entrambi
“Di certo non con Mike.” Gli urlai in faccia
“E allora con chi? Credi che non ti abbia visto sul set, credi che sia cieco? Che non lo veda? Eh?!”
A mettersi in mezzo arrivò Robert Singer
“Ma sapete che ore sono? Che cosa succede?” ci guardò ma noi non lo ascoltammo, tra l’altro era in pigiama, che visione celestiale
“Cosa avresti dovuto vedere? Dai dimmelo. Deficiente!” gli urlai addosso con quasi tutta la voce che avevo
Praticamente tutto il set si era radunato intorno alla nostra camera
“Gli occhiolini, i sorrisini, camminate alla sera insieme. Cosa credi che sia stupido? Se sei in pausa vai a parlare con lui…”
In quel momento capii tutto e risi nervosa come pochi
“Veramente? Intendi che me la faccio con Jensen?” Ackles era lì con gli altri e si mise in mezzo
“Come scusa?”
“Zitto!” Dissi all’unisono con Misha e si allontanò
“Veramente? No dimmelo adesso Misha. Dimmelo, sono curiosa.” Rimisi le mani sui fianchi e ormai le lacrime mi sgorgavano a fiumi
“Sì, lo voglio sapere.” Che bello quando le tue faccende sono di pubblico dominio
“Vuoi sapere veramente perché parlavo con Jensen? Sai cosa gli ho detto? Lo sai? No.” Presi un profondo respiro per cercare di calmare la voce che mi tremava “Gli ho raccontato tutto. Gli ho detto del mio passato, di… ecco. Vaffanculo Misha. Vaffanculo!” tra le lacrime scossi la testa e me ne andai cercando di scansare la gente, lo sentii chiamarmi ma non risposi
“Dove vai adesso? Torna indietro!” urlò
Non gli risposi
“Muori.” Dissi per le scale
Maledetto idiota!

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Capitolo 17
*** 17. ***


Lasciai l’hotel piena di rabbia e con gli occhi velati di lacrime che ormai sgorgavano riversandosi sulle mie guance infreddolite.
Avevo freddo, avevo solo un maglione leggero e i jeans ma comunque avevo freddo e cominciò anche a soffiare un vento leggero che mi fece sentire terribilmente sola.
Camminavo stringendomi in me stessa. Un po’ mi guardavo intorno per capire dove stavo andando ma per lo più osservavo le mie scarpe e il cemento della strada illuminata solo dai lampioni, la gente mi passava accanto o mi tirava spallate distratte e poi con tono arrabbiato mi urlava di stare attenta. Non ci facevo caso, avevo già urlato troppo quella sera.
Era tardissimo, circa le 3 passate. Mi sentivo frustrata. Stavamo insieme da… da ormai un mese e già non si fidava di me? Come poteva non fidarsi di me.
Io l’amavo ma volevo picchiarlo, prenderlo a sberle e poi abbracciarlo. Non riuscivo a essere arrabbiata con lui e volevo tornare subito indietro, volevo correre da lui ma il mio orgoglio me lo impediva. La parte orgogliosa del mio cervello mi impediva di tornare, almeno per il momento.
Camminai per quasi un’ora senza meta e non potevo far altro che pensare alla litigata. In più l’avevamo messa praticamente in piazza e lui aveva accusato Jensen, di cosa poi? Di tradimento! Ma certo. Perché io tradisco così il mio fidanzato con uno dei suoi più grandi amici. Non sono mica Pitt cristo! Non sono quella stronza di Marta.
Mi vennero in mente anche loro due, l’avergli trovati insieme mi aveva infastidito più che avermi reso triste.
Non capivo come una persona che consideravo amica mi avesse potuto tradire così, di Pitt ormai sapevo che era uno stronzo ma da parte di Marta non me lo sarei mai aspettato, lei pensava di essermi indispensabile. Muori troia!
Mi sedetti su una panchina portando al petto le ginocchia e cominciai a dondolarmi in preda ai singhiozzi, sentivo il trucco colarmi sulle gote e mi pulii con la manica del maglione ma continuai a piangere nervosa, stizzita e distrutta.
Mi faceva male la testa e mi sentivo debole. Pensavo che innamorarmi di Misha sarebbe stato un bene ma evidentemente non era così. Non si fidava di me. Perché non si fidava? Cosa avevo fatto di sbagliato?
Rimasi accoccolata in me stessa a piangere e a sentirmi stupida.
In tasca avevo qualche centesimo, la chiave magnetica della stanza d’albergo e un mezzo scontrino stropicciato. Volevo tanto parlare con Julia in quel momento ma lei non era lì con me e volevo un suo abbraccio. Perché non c’era niente di meglio per consolarmi di un abbraccio di Juls o della cioccolata calda con panna montata.
Guardai il cielo nero
“Vaffanculo. Lo odio.” Dissi ad alta voce
Il cuore continuava a battermi forte e la testa mi esplodeva, volevo tornare da lui ma non potevo. Non se la sarebbe cavata con un’ora di rabbia.
Probabilmente era lì a fregarsene e a ridere di me.
Respiravo affannosamente e guardavo dritto davanti a me stringendomi e cantando mentalmente una canzone dei Nirvana. Non che Kurt Cobain mi mettesse allegria ma almeno era un modo con cui distrarsi.
Ormai non piangevo più, il dolore aveva lasciato spazio alla rabbia che lasciò il posto alla malinconia. In poche ore fui preda della disperazione e dei ricordi.
Avrei voluto cancellarli come si cancella un brutto disegno.
Ricordavo di quando ero piccola e quel bastardo veniva in camera mia e io non sapevo difendermi né da lui né da altro.
 


Erano ormai le 5 quando decisi di tornare in albergo ma capii subito di essermi persa, chiesi a un povero passante mezzo addormentato la strada e gentilmente me la indicò.
Arrivata in hotel sorrisi alla receptionist e corsi su per le scale fino ad arrivare al piano della mia stanza. La nostra stanza.
Camminai facendo silenzio. Tirai fuori la tessera e la roteai tra le mani pensando a cosa fare. Dovevo entrare o no? Cosa avrebbe fatto Julia? Sicuramente lei mi avrebbe potuto consigliare ma il maledettissimo cellulare era nella camera.
Mi appoggiai al muro guardando la porta. Il cuore batteva così forte che sarebbe potuto uscirmi dal petto e scoppiare. Ero nervosa ma alla fine decisi di entrare.
Misi la chiave nella serratura e con un -Bip- si aprì. Spinsi la maniglia ed entrai, le luci erano spente e non mi azzardai ad accenderle mica di svegliare quel deficiente del mio fidanzato. Cercai di arrivare fino al bagno senza far rumore o sbattere su qualche spigolo ma non fu facile e più volte mi feci male.
Accesi la luce del bagno e mi guardai allo specchio, ero stravolta. Gli occhi arrossati e la pelle secca. Non riuscivo neanche a sorridere, il labbro inferiore che mordeva quello superiore e io che cercavo di non piangere. Lasciai la luce accesa per poter vedere qualcosa nella penombra e fu in quel momento che mi accorsi che Misha non c’era.
Probabilmente era andato a farsi un giro anche lui. Presi il cellulare che era nella tasca del cappotto, l’avevo lasciato in vibrazione e mi sedetti sul bordo del letto  e guardai l’ora, le 6. Avevo trentadue chiamate perse, alcune da Misha, altre da Jared e altre ancora da Julia.
Decisi di richiamare Julia
“Pronto!” mi urlò al telefono “Dove cazzo sei?”
“Non urlare.” Mi premetti le tempie con due dita “Non ce n’è bisogno.”
“Dove sei Kat? Perché non rispondevi al cellulare, non sai quante volte abbiamo provato a chiamarti…” aveva la voce preoccupata e anche abbastanza arrabbiata
“Sì, le ho viste tutte le chiamate. Abbiamo? Devo dire che sei più informata di quanto pensassi.” Mi stavo surriscaldando
“Sì so tutto. Jared mi ha chiamato.” Ora era solo arrabbiata
“Ora ti senti con Jared? Siete diventati amiconi?” alzai la voce
“Misha gli ha dato il mio numero. Se vuoi saperlo.” Anche lei alzò la voce
“Che bravo!” Sbuffai, ero arrabbiata ancora più di prima
“Senti calmati e dimmi cosa è successo. Voglio la tua versione.” Ci calmammo entrambe
Cominciai a raccontarle tutto, anche di quando avevo parlato con Jensen e delle cose che ci eravamo detti. Passai a Misha geloso e della scenata messa in piazza davanti a tutto l’hotel e che arrabbiata come una vipera me n’ero andata a camminare e a piangere da sola.
Julia provò a consolarmi con parole dolci e poi mi disse
“Guarda che Misha ti è corso subito dietro capendo di aver fatto la cazzata.” Rimasi a fissare il vuoto
“E non pensa più che io l’abbia tradito?” chiesi balbettando
“Senti tesoro, so solo quello che mi avete detto tu e Jared. Della litigata furiosa e che poi Jensen e Misha si sono chiariti mentre erano fuori a cercarti. Probabilmente sono ancora tutti e tre fuori a urlare il tuo nome per le strade.”
Scossi la testa
“Va beh. Si è pentito della cazzata ma non ho intenzione di fargliela passare liscia.” Dissi sospirando
Juls rise
“Brava! È così che si fa. Anche io e John di quando in quando litighiamo, niente di che. Le solite scaramucce ma la prima litigata è stata terribile. L’ho fatto rimanere un po’ a pensare da solo e poi, dopo una settimana, abbiamo fatto l’amore ed è stato come se lo facessimo per la prima volta.” Rise, probabilmente arrossiva “Ma non è solo sesso. Misha ti ama e tu ami lui ma ovviamente non può essere tutto rosa e fiori, non siamo in un cartone della Disney tesoro. Le litigate ci stanno, l’importante è che poi vi sedete e chiarite tutto. Davanti a un buon boccale di birra gelata magari.”
“Grazie Juls. Sei sempre adorabile.”
Ci salutammo e misi giù promettendole di farle sapere di Misha.
Ancora non volevo parlare con quel cretino del mio fidanzato e mandai un sms a Jared –Sono in albergo. Torna a casa Lessie! Sono ancora incazzata ma di a Misha di tornare da me. Grazie.-
Mi sdraiai sul letto, sul fianco, con il volto rivolto verso la porta per aspettare che lui entrasse. Ormai avevo sbollito abbastanza e volevo riabbracciarlo ma dovevo tenerlo sulle spine almeno fino alla fine del weekend.
Squillò il telefono, era Jared
“Pronto?” risposi piano
“Kat? Stai bene?” la voce preoccupata
“Sì. Tutto a posto. Misha è lì?” cominciava a mancarmi
“Sì, te lo passo…”
“No. Ma che cosa fai! Devo guadagnarsi il diritto di parlarmi dopo la scenata. Si è chiarito con Jensen?” sentii Jared confuso
“Sì, è tutto come prima. Guarda che sta tornando in hotel.”
“Va bene. Grazie Jared a dopo.” Chiusi il telefono e rimasi a fissare la porta rimanendo sdraiata
Volevo il mio Misha, adesso!
 


Mi ero addormentata quando sentii la serratura della porta scattare e aprii gli occhi vedendolo entrare. Non vide che lo guardavo e se lo sapeva, fece finta di niente.
Lo vidi andare in bagno. Mi alzai e andai verso la porta del bagno che era aperta. Misha si stava lavando la faccia, potevo vedere che era sconvolto.
Rimasi a guardarlo triste. Si voltò e mi puntò i suoi occhi addosso, anche lui era triste. Si sentiva colpevole.
Rimanemmo a guardarci per interi minuti
“Non ci siamo lasciati vero?” mi disse continuando a guardarmi come un cucciolo con i suoi occhioni blu
Non avrei mai potuto lasciarlo
“No.” Sospirai “Ma vorrei tanto picchiarti. Tirarti un pugno e farti un occhio nero ma non lo farò.” Si avvicinò
“Mi perdoni?”
“No.” Tenevo le braccia incrociate
“Mi ami ancora?” mi mise le mani sui fianchi e mi portò verso di sé
“Sì.” Guardavo di lato per fare l’arrabbiata
“Sei tanto arrabbiata?” La voce calda e avvolgente
“Molto.” In realtà non lo ero più tanto ma volevo fare la difficile
Voltandomi incontrai i suoi occhi blu e mi ci tuffai
“Tra poco si va a girare. Meglio se ti prepari.” Gli dissi, mi sposati da lui e cacciandolo dal bagno andai a farmi una doccia
Lo sentii ridere
“Ma sono io quello che deve farsi la doccia.” Ribatté gentilmente appoggiandosi alla porta
“Puoi fartela da un’altra parte.” E aprii l’acqua
 


Non ero pronta ad affrontare tutta quella gente che aveva visto la nostra lite ma dovevo farlo. E dovevo farlo a testa alta.
Io e Misha non ne avevamo ancora parlato e sapevo che si sarebbe notata la differenza da parte di entrambi.
Misha era già sul set quando arrivai. Ci guardammo e distolsi subito lo sguardo e mi diressi dalla parte opposta alla sua.
Sentivo gli sguardi di tutti addosso che mi giudicavano e che parlavano sottovoce, ci rimanevo male tutte le volte che sentivo il mio nome e qualche frase dopo ma non volevo darci troppo peso e continuai a portare ciambelle con un finto sorriso. Avrei voluto tirargliele in faccia le ciambelle insieme al caffè bollente. Vedi poi come sparlavano.
Singer mi si avvicinò con un sorriso amichevole
“Vuole un caffè?” sorrisi ancora una volta ricacciando dentro tutte le emozioni
“No grazie.” Si girò a guardare verso Jared, Jensen e Misha che discutevano tra loro “Tutto bene?”
“Oh sì. Pare che sia una domanda frequente oggi…”
“Senti con Misha tutto bene?”
“Con tutta la gentilezza possibile, non credo siano affari suoi.” Rimanevo con una tazza di caffè in mano
“Beh, va beh ragazza.” Sorrise “Facci pace mi raccomando. Mi stai simpatica e anche se Misha è un idiota è innamorato di te. Si è visto dal primo giorno.”
Wow, lezioni d’amore da Robert Singer. Quale onore. Dentro di me ridevo come una scema ripensandolo in pigiama
“Grazie. Ecco il suo caffè.” Glielo porsi e scappai via imbarazzata
 


Le sere successive, pur stando nella stessa stanza cercavo di evitare Misha il più possibile, se lui usciva dal bagno ci entravo subito io e se rimaneva in camera a fare zapping io andavo a farmi un giro.
Ero ancora molto stizzita e per dormire ognuno stava nel suo lato del letto, quasi sul bordo anche se alla notte ci muovevamo così tanto che più di una volta ci svegliammo naso contro naso ma subito mi spostavo e potevo notare il suo sguardo abbattuto.
Mi faceva male vederlo così ma io mi sentivo ferita da quelle sue assurdità sul tradimento e volevo punirlo in qualche maniera. Avevo deciso per la punizione del silenzio.
Durante le riprese lo vedevo sempre professionale ma non rideva e non faceva più scenette comiche quando sbagliavano battuta, c’era molta tensione e tutti la potevano sentire.
Forse era colpa mia e volevo morire. Gli portavo il caffè che avevo preparato mettendoci tutto l’amore possibile ma appena glielo davo tra le mani me ne andavo abbassando la testa prima che potesse parlarmi.
Un giorno stavo versando il caffè in un bicchiere quando sentii una presenza dietro di me, mi voltai e quasi non rovesciavo la bevanda bollente addosso a Misha
“Ma sei scemo!” gli tirai una pacca sulla nuca “Potevi farti male.”
Lui sorrise e si portò una mano alla nuca sfregandola
“Ahia! Mi hai fatto male.” Rise
“Ben ti sta.” Gli tirai un’altra pacca sul petto “Sei veramente scemo.” Ci guardammo un secondo
Erano le prime parole dopo giorni di silenzio eterno.
Rimanemmo a guardarci per qualche secondo, lo vidi umettarsi le labbra cercando le parole che non trovava e così parlai io
“Ti va di uscire questa sera e parliamo?” accettò di buon grado



Eravamo seduti al tavolo di un bar, bevevamo una birra e cominciammo a chiacchierare, lui disse che si era sentito tradito perché non gli avevo detto subito di quello di cui parlavo con Jensen e io che mi sentivo ferita perché non si fidava di me quando sapeva benissimo che amavo solo lui e che probabilmente l’avrei sempre amato visto che era il mio punto di forza nonché il mio punto di debolezza.
Mi strinse forte la mano e quando sembrava che tutto fosse chiarito dissi una frase sbagliata
“Julia sarà felice di sapere che abbiamo chiarito.” Quando alzai lo sguardo vidi i suoi occhi cambiare espressione
“Cosa vuol dire che ‘Julia sarà felice’? Cosa c’entra lei?” ritrasse la mano
Io ero calma, non capivo cosa avevo detto di sbagliato. Julia sapeva sempre tutto di me come io di lei e mi sembrava logico che dovesse sapere che io e Misha avevamo chiarito.
Lo fissai un secondo
“Cosa c’entra lei! È una cosa tra noi due, perché devi sempre metterla in mezzo?” il tono di voce era seccato
“Ma è la mia migliore amica, è felice se io sono felice. Le dico sempre tutto.” Non riuscivo veramente a capire
“Non puoi dirle sempre tutto. Hai venticinque anni non tredici.” Quel commento mi fece male da morire ma lui continuò “Lo sai che non mi da fastidio se parli con lei di noi due come amiche ma quando le racconti cosa facciamo a letto, quello che ci diciamo in privato, anche la litigata è una cosa nostra. Hai ragione di sfogarti con lei però non è devi raccontarle per forza tutto.” Fece un sospiro e si guardò intorno “Mi da fastidio pensare che una tua amica sappia certe cose sul mio conto, su quando facciamo l’amore…”
“Misha io… lei è la mia migliore amica. Le ho sempre detto tutto. Non può essere felice se abbiamo chiarito?”
“Ma perché devi correre sempre da lei per tutto. Qualche volta è bello tenersi per sé le cose. Abbiamo chiarito la litigata, bene. Ora dobbiamo chiarire un’altra cosa.” Si alzò “Ci vediamo in albergo.” Pagò il conto e se ne andò
Rimasi ferma a guardare la porta e poi la strada dove lui camminava velocemente per tornare in hotel.
Rimasi a pensare un attimo a tutta la conversazione e sapevo che questa volta era colpa mia, sapevo che gli dava fastidio se parlavo di cose ‘intime’ con Julia ma comunque lo facevo lo stesso e lui lo sapeva ma cercava di sopportarlo e adesso… era solo colpa mia.
Guardai i due boccali di birra pieni per metà
“Cazzo.” mormorai “Sono troppo stupida.” E mi sentii veramente una scema

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Capitolo 18
*** 18. ***


Tornai a testa bassa in hotel. Ero decisa a chiarire definitivamente la situazione con Misha ma in camera non c’era.
Ora era sparito pure lui! Presi il telefono e lo chiamai ma sentii il cellulare vibrare sul comodino accanto al letto.
Mi sentii in colpa per la discussione appena avuta, era colpa mia e della mia boccaccia.
Stavo già immaginandomi Misha perso nei boschi dell’Alaska divorato da un orso, era passata solo un’ora da quando era uscito furente dal pub ma sono sempre stata drammatica. Sentii l’acqua della doccia scorrere.
Rimasi a fissare per qualche secondo la porta del bagno e poi lui uscì con l’asciugamano intorno alla vita, non si era ancora fatto la doccia
“Kat…” mi guardò duro e mi sentii piccola-piccola
“Ciao.” Bisbigliai, tenevo lo sguardo fisso sulla moquette beige
Tutto quello a cui riuscivo a pensare era ‘colpevole, colpevole’. Misha si avvicinò e mi sollevò il mento
“Hey.” Cercò i miei occhi che rimanevano a fissare il pavimento “Guarda che non sono più arrabbiato.”
Alzai gli occhi incontrando i suoi zaffiri che mi guardavano amorevolmente
“Mi dispiace Misha. Lo so che ti da fastidio, scusami.”
“Sì mi da fastidio ma posso sopportarlo.” Continuò a guardarmi “Per te.”
Abbozzai un sorriso
“E io posso trattenermi per te. Lo so che non ti piace quando le nostre cose vengono scoperte e mi tratterò da dire ogni singola cosa a Julia.”
“Però questo glielo potrai dire.” Mi afferrò e facendomi fare un casché mi baciò dolcemente sostenendo la mia testa con la mano, sentii un brivido che mi fece fremere tutto il corpo “Basta che non le dici cosa sto per fare adesso…”
E ridacchiando come due ragazzini ci lasciammo cadere sul letto con l’acqua della doccia che ancora scrosciava.
Rimanemmo a letto tutta la sera a parlare sussurrando e a darci dolci baci che a entrambi erano mancati.
Mi accoccolai al suo fianco mentre lui con un braccio mi avvolse la spalla
“Ti amo.” Disse baciandomi l’incavo del collo
Mi sentii protetta tra le sue braccia e volevo rimanere lì per sempre. Scaldata solo dal calore del suo corpo e dal fuoco dei nostri baci. Forse non glielo dicevo sempre come desideravo ma lo amavo e lo amavo tanto.
 

La sveglia suonò insistentemente facendomi sobbalzare. Erano solo le 6 e volevo continuare ad abbracciare il soffice cuscino e rotolarmi tra le coperte profumate dell’hotel ma Misha era già attivo e pronto a uscire. Mi guardava dormire sulla poltrona davanti alla finestra
“Cosa fai già vestito, vieni qui.”
Indossava un paio di jeans e un maglione blu scuro, sotto aveva una camicia azzurrina, si avvicinino e mi sposati per fargli posto a letto.
Rimase sulle coperte e mi abbracciò, mi coprii avvolgendomi nel lenzuolo
“Ma perché ti copri, è stupida come cosa.” Mi appoggiai al suo braccio
“Mmmh. Boh! Nei film lo fanno sempre.” Mi diede un bacio
“Sei pazza.” Sorrise passandomi le mani tra i capelli “Ora però devi prepararti. Ultimo giorno sul set.”
Si alzò e tornò a sedersi sulla poltrona ma continuai a rotolarmi nel letto sostenendo che fosse una tortura far alzare una persona dal letto alle 6 del mattino. Mi arrivò un cuscino in faccia.
Trascinandomi in bagno mi preparai lentamente, con tutta la calma immaginabile che potrebbe avere una persona.
Quando finalmente uscii trovai Misha ancora lì ad aspettarmi, mi sorrise
“Andiamo?” feci squillare la mia voce e sorrisi dolce
Mi rispose alzandosi e aprendo la porta, mi porse il braccio e uscimmo insieme a braccetto.
Ci piaceva sempre andare a piedi fino al set anche se ciò comportava l’incontrare le ragazzine in preda agli ormoni che assalivano il mio uomo. Non lo potevo sopportare.
Io ero gelosa, lui era geloso. Tutti gelosi insomma!
Una ragazzina di appena sedici anni prima mi guardò male vedendo che tenevo la mano a Misha e poi mi disse di spostarmi che doveva fare una foto. Misha notò i miei occhi e poteva leggerci dentro una terza guerra mondiale così fece solo pochi scatti e con un sorriso mi prese per mano e fuggimmo
“E poi sono io il geloso vero?” disse quando riuscimmo ad allontanarci abbastanza
“Hey!” sorrisi “Come farei senza di te che mi impedisci di picchiare le sedicenni… Ti amo.”
Ci demmo un bacio
“E tu che cerchi di sopportare le fans. Sei una santa.”
Risi
“Ma non eri tu l’angelo della situazione qui?!” lo sentii ridere e quasi accasciarsi per terra
“In effetti sì.” Rispose riprendendosi “Ma agli angeli non è permesso fare ritardo sul lavoro anche se sono la star.”
E affrettammo il passo.
 

Arrivammo insieme sul set e notai il sorrise felice di Singer per la riappacificazione tra me e Misha. E poi anche tutti gli altri membri del cast erano felici della nostra relazione che andava a gonfie vele.
Era l’ultimo giorno sul set e successero le peggio idiozie.
Mi chiesi più di una volta se non sbagliassero apposta la battuta per far ridere oppure che non ci riuscissero proprio.
Mentre portavo i caffè a Bobby Singer potei beccare sia Jensen che Misha farsi delle facce ridicole mentre uno recitava e ovviamente l’altro non resisteva e rideva senza ritegno non riuscendo più a concentrarsi sulle battute da dire o le cose da fare.
Poi Jared cominciò a ballare da solo e più di una volta aveva tirato con sé altri personaggi del cast come il povero Jim Beaver che stava facendosi gli affari suoi e ripassava le battute. A un certo punto tutti cominciarono a farsi gli affari loro e a fare idiozie come correre per il set urlando o far finta di prendersi a botte e ad abbracciarsi dicendo -Mi sei mancato!- anche se erano stati vicini tutto il tempo.
Jared mi si avvicinò e con una faccia di uno che ne stava per combinare una mi sorrise
“Ciao Kat.” Lo guardai
“Ciao Ja…” non riuscii neanche a finire la frase che venni presa a secchiate d’acqua da Mark Sheppard e da Misha
Mi girai zuppa ed arrabbiata, i due ridevano. Non avevo tanta confidenza con Sheppard ma era simpatico e sempre gentile, li guardai entrambi
“Ah ma che simpatici.” Guardai Mark “TU! Il tuo personaggio mi sta simpatico più degli altri ma sappi che adesso ti odio e me la pagherai.” Mark rise
Tornai a guardarli entrambi cercando di non morire di freddo
“Volete un abbraccio?” andai verso di loro a braccia aperte ma venni di nuovo annaffiata da Jensen
Emisi un urlo
“Vi odio!” i quattro ridevano “Me la pagherete. Tutti quanti.” Ma non si fermavano
“Come pensi di punirci Kat?” disse Jensen
Lo fissai ridere e asciugarsi le lacrime agli occhi
“Ricordati che io porto il caffè.” Dissi sorridendo perfida
“Ci sputi dentro?” si fece serio e preoccupato
Lo guardai sorridendo colpevole e me ne andai a cercare dei vestiti asciutti, Misha mi seguì ridendo
“Tesoro…” rideva ancora “I vestiti te li ho portati io, sono in roulotte, sapevo dello scherzo che volevano farti.”
Ridevo, sono sempre stata una che sta agli scherzi
“Bravo! Ma me la pagherai lo stesso.” Risi e andai a prendere i vestiti e poi andai in bagno a cambiarmi
 

Trovai Misha nella sua roulotte intento a ripassare le ultime battute, bussai alla porta metallica aperta
“Si può?” Mi guardò e lo vidi sorridere
“Entra pure.”
Salii i pochi gradini e mi sedetti sul divanetto davanti a lui e sorrisi, mi guardò perplesso
“Pensavo fossi ancora a servire caffè.”
Lo fissai sorridendo e perdendomi nelle sue labbra, spostai una ciocca ribelle dietro l’orecchio
“No. Ho appena finito. Dobbiamo parlare.”
La sua espressione cambiò totalmente e lo vidi preoccuparsi
“Cosa succede?”
“Ti dirò cosa succede, ma dipende.”
Si sedette accanto a me
“Dipende da cosa?” chiese mentre cominciai a baciargli il collo
“Dipende se chiudi la porta o no.”
Misha rise, si alzò e andò a chiudere la porta guardando fuori
“Non possiamo sempre fare l’amore però.” disse mentre si sbottonava la camicia
“Dici?” lo guardai un secondo mentre mi sfilavo la maglia gettandola a terra
“Ti piaceva quella cosa…?” rimase a petto nudo
“Oh ci puoi giurare.” Risi “Se lo fai ancora farò tutto ciò che vuoi per il prossimo mese.”
“Questa sì che è una super proposta. Mai dire a un uomo che farai tutto ciò che vuole, potrebbe chiederti di fargli un panino.”
“Conto sul fatto che non mi chiederai di farti un panino.”
Ridemmo abbracciandoci e stringendoci.


Finite le riprese, le ultime riprese, tutti gli attori decisero di andare fuori a mangiare per festeggiare la fine delle riprese.
Non avevo troppa voglia di uscire ma Misha mi costrinse. Il resto della troupe non ci andava, era una ‘roba da attori’ e io a parte Misha, Jensen e Jared non conoscevo nessuno.
Potevo farcela. Mi concentrai con tutta me stessa per evitare le figure di merda ma non fu semplice.
Appena arrivati al ristorante venni accolta da un abbraccio da parte di Jim Beaver e la cosa mi spiazzò. Credo di aver fatto una faccia assurda perché tutti risero.
Avevamo optato per un ristorante indiano, avevano prenotato una sala privata. C’era una lunga tavola e dei puff/cuscini per sedersi per terra.
Durante la cena mi trovai bene anche se dissi qualche idiozia. Tutti erano simpatici e divertenti, mai avrei immaginato di trovare persone così buone e brave nella mia vita. Tutti gentili e cordiali, anche se un po’ surriscaldati dall’alcol e dalla giornata movimentata.
Una serata magnifica.
 

Sull’aereo rimasi a parlare con Mike di varie cose, del tempo e del niente.
Appena scesa dall’aereo trovai Misha ad aspettarmi e insieme percorremmo l’inquietante passerella di plastica per scendere dall’aereo e arrivare all’interno dell’aeroporto.
Notai subito un cartello scritto in fucsia –KAT TI AMO!- e una ragazza con i capelli neri che sventolò una mano. Urlai per la hall
“Julia!” saltai dalla gioia, solo tre settimane senza di lei e mi sentivo perduta
Abbandonai il trolley zebrato a se stesso e corsi da lei che mi venne in contro, le saltai in braccio con le gambe intorno alla vita e le braccia al collo
“Ti amo!” urlai
“Anche io!” urlò anche lei
Non ci curavamo degli sguardi perplessi
“Ora però scendi che pesi.” Abbassò la voce e io scesi ma continuando ad abbracciarla
Misha arrivò, portando anche il mio trolley, accompagnato da Jensen e Jared e si rivolse a loro
“Pensare che non saluta neanche me in quel modo.” Gli amici risero “Ciao Julia.”
“Ciao granduomo.” Lei gli tirò una pacca sulla spalla “Tutto bene il viaggio e il resto?” lui sorrise annuendo “E voi due ragazzi tutto okay?”
Jared sorrise
“Certo. Tu invece?”
“Da dio! Casa libera. Mi sento come un’adolescente che può portare il fidanzato a casa senza paura che la mamma la scopra.”
La fissai
“Hai portato un uomo in casa?!” ero indignata
Juls rise
“Andiamo scema.”
Mentre ce ne stavamo andando Singer ci fermò
“Ragazzi!” un simpatico trolley viola, quell’uomo mi sorprendeva sempre “Facciamo sei mesi di libertà. Datevi alla follia più sfrenata.” Sorrise “Anche tu Kat, ci vediamo tra sei mesi.”
Avevo ufficialmente ancora il mio lavoro sottopagato come aiutante del catering. EVVAI!
Juls si fermò ancora e si rivolse ai ragazzi
“Vi va di venire a cena da noi sta sera? Capisco che magari siete stanchi, ma è tanto per fare qualcosa. Sempre se vi va.” Perché non respiri mai Julia?
I ragazzi si guardarono
“Okay. Dai. Facciamo per le 9?”
Ci accordammo sull’orario e su quello che avremmo mangiato e poi vidi Jared tentare il tutto e per tutto con Julia
“Vi serve un passaggio fino a casa?” sorrise “Vi posso accompagnare.” Quanto mi dispiaceva per lui, povero ragazzo
Julia arrossì
“C’è il mio fidanzato fuori in macchina che ci aspetta.”
Jared trattenne una risata e così anche Misha, vidi il dispiacere nel volto di Jared ma presto si fece una ragione e tornò a sorride.
In macchina conobbi finalmente John, un simpatico ragazzone dai capelli mossi e biondi che teneva legati in un codino, occhi verdi e un sorriso smagliante. Ovviamente Julia si trovava sempre i migliori, anche se lavoravano alla contabilità.
Si presentò e per tutto il viaggio non fece altro che stringere la mano a Julia nel sedile accanto a lui e a parlare con me di com’era l’Alaska dicendomi che era stato da ragazzo e mi chiedeva se fossi stanca o affamata. Venni a sapere che non si sarebbe fermato a cena perché la sorella tornava dall’Inghilterra dopo tre anni e quindi sarebbe stato con lei anche per i prossimi giorni.
E così Julia, fai le feste con i ragazzi non solo quando non c’è la ‘mamma’ ma anche quando non c’è il fidanzato eh? Ovviamente non l’avrebbe mai tradito ma lo dicevo tanto per darle fastidio.
John mi aiutò a portare la valigia in camera e poi si dileguò non prima di aver dato un lungo e intenso bacio a Julia.
E appena chiusa la porta io e lei ci sedemmo in salotto e lei cominciò a parlarmi di quanto grandioso fosse fare l’amore con John e tante altre piccole cose. Io cercai di limitare le mie su Misha sapendo che gli dava fastidio.
Juls sapeva che Misha si era surriscaldato sull’argomento e non faceva troppe domande imbarazzanti così non mi sentivo obbligata a dirgliele.
Finimmo poi per dormire abbracciate sul divano per tutto il pomeriggio, ero stravolta e lei non perdeva occasione per dormire. In realtà siamo sempre state due dormiglione, lei con orari più regolari, io appena toccavo un letto o un divano mi veniva subito l’abbiocco e le palpebre cominciavano a calare.
Ci svegliammo alle 8 di sera. Giusto un po’ in ritardo per organizzare la cena. Non mi ero neanche fatta la doccia scesa dall’aereo, Julia si occupò delle vivande e alcolici mentre io mi lavavo.
Finimmo tutto appena in tempo e alle 9 spaccate suonò il campanello, era Misha che portava una torta. Dopo dieci minuti arrivò Jensen e infine Jared. Ognuno aveva portato qualcosa, che fosse vino o un cabaret di pasticcini
“Però questa volta li mangiamo vero?” indicai il vassoio pieno di paste che teneva Jared
“Lo spero!” rise
Gli feci pat-pat sulla spalla
“Bravo Pada!” presi il vassoio e lo portai in cucina, lui rimase allibito dal nuovo soprannome affibiatogli
Noi quattro eravamo tutti assonnati per il viaggio ma cominciammo quasi subito con le stupidate e a ridere anche senza aver bevuto troppo.
Jensen e il Pada sotto un raptus di logorrea informarono Juls di ogni particolare sull’Alaska, su com’erano le stanze d’albergo, il set e mille altre cose stordendola.
Io e Misha eravamo tornati a fare i piccioncini e parlavamo tra noi infilandoci di quando in quando nelle conversazioni degli altri tre.
Verso l’una di notte decidemmo di ordinare una pizza da dividere davanti a un film.
Ci mettemmo davanti alla tv pronti a vedere un dvd che Julia aveva comprato mesi fa ma non eravamo mai riuscite a vedere.
Io e Misha sul divano abbracciai, si appoggiava al bracciolo. Intimai a tutti di togliersi le scarpe per stare in salotto, c’era la moquette e io odiavo le scarpe sulla moquette.
Jensen stava comodamente sdraiato sulla sceslong mentre Julia e il caro Pada stavano seduti per terra con un cuscino sotto al sedere, portammo da bere il vino portato da Jensen e come dei ragazzini ce lo passavamo bevendo a canna. Arrivata la pizza iniziammo a vedere il film. Un horror. A me gli horror fanno schifo. Ho paura e urlo tutto il tempo, perché Julia l’avesse comprato non lo so. Cattiva!
Già a inizio film affondai la testa nella spalla di Misha urlando, lui mi abbracciò comprensivo
“Dimmi quando è finito.”
“Credo starai così per un paio d’ore.” Disse sincero e divertito
Dopo un po’ cercai di aprire gli occhi ma rimanevo lo stesso paralizzata e schifata e urlante.
A metà film suonò il campanello, orari strani per suonare ai campanelli, forse erano i vicini che ci dicevano di abbassare e di smettere di urlare. Pur di scampare a quel film osceno andai ad aprire
“Vado io. Voi andate pure avanti con ‘sto coso!” ma lo fermarono comunque e cominciarono a chiacchierare
Proseguii per il corridoio portando via la bottiglia di vino ormai vuota, arrivai alla porta che intanto continuava a scampanellare
“Arrivo. Arrivo. Un attimo! Che fretta hai, si può sapere?” sentendo una battuta dal salotto risi, aprii la porta e rimasi bloccata.
Il cuore mi cominciò a battere, la bottiglia mi cadde dalle mani infrangendosi in mille pezzi sul pavimento
“Ciao Katheline.”
Quella voce. Quella terribile voce. Non riuscivo a muovermi. Julia riconobbe la voce dal salotto
“Porca merda.” Disse e corse da me
Lui era davanti a me e sorrideva, un sorriso raggelante
“Ciao Katheline.” Ripetè

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Capitolo 19
*** 19. ***


Ricordo quegli occhi che analizzavano il mio corpo da ragazzina.

 
In casa non c’era nessuno, mia mamma faceva il turno di notte e Jay le aveva detto che sarebbe rimasto con me, che non c’era motivo di preoccuparsi.
Mi ero chiusa nel ripostiglio sotto le scale. Stavo zitta e cercavo di respirare piano.
Piangevo silenziosamente.
Mi trovò subito.
Avevo tredici anni e mentre i miei compagni di classe passavano le serate a guardare i cartoni animati io vivevo un incubo.
Mi prese la mano e mi disse
“Perché piangi Katheline, è ora di andare a dormire.” sorrise spostandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio “Perché piangi?” sembrava così gentile
Rimasi in silenzio. Mi asciugai le lacrime e poi mi trascinò nella camera.

 

Guardai l’uomo di fronte a me. Gli occhi gelidi e il sorriso spaventoso.
Non riuscivo a muovermi
“Mi fai entrare oppure no.” Entrò comunque, superò i cocci della bottiglia spaccata a terra e si mise davanti a me “Ti trovo bene.” Si guardò intorno “Stai facendo una festa?” guardò verso il salotto
Juls comparì e si mise davanti a me
“Io credo che te ne dovresti andare. E anche subito.” Non gli permetteva di guardarmi
“Io credo che sei una troia impicciona.” Disse con un sorriso
 

“Dovresti farti gli affari tuoi ragazzina.” Le aveva detto quando che la vide uscire di casa mia con un borsone e degli scatoloni
“Io credo che sei solo un pervertito bastardo.” Gli aveva risposto lei
Simon, il fidanzato del liceo di Julia, uscì tenendomi per mano
“Hai qualcosa da dire?” mi fece passare avanti, Julia mi prese il braccio e mi tirò via
Tenevo la testa bassa.
Simon era il doppio di lui e con una spinta lo abbatté contro la parete
“Fatti vedere ancora in giro e finisci male. Bastardo.” Salimmo nella macchina di Simon e ci allontanammo
A Jay però non importava che fossi andata via, che la scuola fosse finita e io andassi a vivere con Julia, lontano. Non gli interessava che mia madre continuasse a credere alla sua versione dei fatti, gli importava solo di ritrovarmi.

 

“Sai che ti seguo da un po’ Katheline. Ti sei fatta il nuovo fidanzato? Il nuovo lavoro? Come mai hai lasciato il ragazzone castano che stava con te da tre anni? Sembrava simpatico.”
Mi portai una mano alla bocca e soffocai un singhiozzo impaurito. Il cuore mi batteva come se volesse scoppiare, le gambe mi cedevano e mi sentivo arida e sterile, impotente davanti a quell’uomo
“Vuoi che chiami la polizia?” disse Julia guardandolo negli occhi
“E come pensi di farlo? Non c’è il tuo ragazzo a proteggerti adesso.” Sorrise ancora
Tenendomi per mano, Juls si voltò e vide Misha comparire dalla sala
“Tutto bene ragazze? Che succede…” vide l’uomo e vide il mio volto devastato “Kat…”
“Ah è questo allora il nuovo fidanzato, sembra simpatico. L’altro mi piaceva di più.” Lo guardò un secondo “Aveva l’aria più stupida.”
“E tu chi sei?” chiese Misha avvicinandosi
“Un vecchio amico.”
“No…” balbettai e tesi la mano verso quella di Misha ‘Salvami, ti prego’ pensavo
Lui la prese e mi tirò un po’ indietro
“Te ne devi andare adesso.” La voce di Misha era dura nei confronti di Jay ma per me era rassicurante
Rimaneva a guardarlo mentre mi spostava dietro di lui
“No. Non me ne vado.” Fece qualche altro passo nell’atrio
Ovviamente Misha aveva capito chi fosse quell’uomo davanti a me. Sui cinquanta. Lo stesso sorriso crudele che cercava di rassicurarti che tutto andava bene mentre invece sprofondavi in un baratro di nero dolore e tetro silenzio.
Jensen e Jared che ignoravano l’arrivo di Jay arrivarono portando i piatti sporchi dalla sala alla cucina, ridacchiavano. Poi lo videro, entrambi sapevano tutto, gliene avevo parlato
“Cosa succede?” disse Jensen capendo al volo tutto
“Ti sei fatta dei nuovi amichetti vedo.” Sorrise, tutti rimanemmo in silenzio
Jay guardò Misha e parlò con un sorriso
“Quindi sei tu quello che adesso si porta a letto Katheline…” strinsi più forte la mano di Misha “La nostra bella Kat è fatta così, va un po’ con tutti… ci siamo divertiti parecchio io e te vero?” continuava a guardarmi mentre tenevo la testa bassa avvolta da mille pensieri e ricordi
Mi sentivo morire e sprofondare, mi aggrappai alla camicia di Misha per non crollare a terra
“Allora sei tu il maledetto bastardo?!” Jensen lo guardò, aveva veramente voglia di spaccargli la faccia
“E tu saresti?” sembrava volesse prendere tempo
Jensen non rispose, Jay tornò a rivolgersi a Juls. Sembrava divertirsi, in effetti si divertiva. Io stavo morendo, sapevo che presto sarebbe arrivato a raccontare a tutti quello che era successo e anche se ognuno di loro sapeva, non volevo sentirlo. Non volevo che mi venisse ricordato tutto il dolore passato
“Se non fosse stato per te, a quest’ora, credo che la tua cara amichetta che tanto si nasconde, non ci sarebbe più.” Teneva le mani in tasca “Lo sapete tutti che Katheline ha provato a suicidarsi vero? E più di una volta a quanto mi risulta. Mi stupisco del fatto che non ne siate a conoscenza.” Ridacchiò sommessamente
Jared lo guardò sovrastandolo con la sua altezza
“Io invece mi stupisco del fatto che uno come te possa ancora andare in giro. Vivo.” Si mise davanti a lui
Jay ci guardò tutti, non so dove trovasse quell’arroganza e quella cattiveria, ci guardò tutti
“Vedo che conoscete tutti quanti la grande storia di Katheline…” rise “Cosa pensavate che facessi quando sua madre tornava tardi dal lavoro o quando era troppo ubriaca anche solo per reggersi in piedi?” Affondai le unghie nel braccio di Misha per reggermi e non cadere a terra
Jay mi guardò un secondo e sorrise, non lo guardavo ma potevo sentire quel sorriso che mi ghiacciava e mi immobilizzava
“La verità è che era lei a provocarmi…” rise
Sentì il tessuto della camicia sparire da sotto le mie dita e vidi Misha lanciarsi contro Jay e atterrarlo con un pugno
“Aveva solo dodici anni bastardo!” gli fu sopra e gli diede un altro pugno sul naso
Julia e Jensen corsero da lui per tirarlo indietro, Jared mi afferrò prima che potessi lasciarmi andare e mi aggrappai a lui.
Tutti stavano cercando di proteggermi in quel momento e capii di non essere sola, di non esserlo mai stata veramente.
Prima c’era solo Julia, poi era arrivato Misha e infine Jared e Jensen.
Per loro ero importante e si battevano per me, mi tiravano con forza verso di loro e mi impedivano di cadere ancora nell’oblio.
Sollevai lo sguardo e puntai i miei occhi su quelli di Jay, provavo ancora angoscia e sgomento vedendo quel sorriso ma riuscivo a guardarlo, sorrise e mi sentii cedere ma resistetti.
Jared chiamò subito la polizia e mentre Jay si rialzava passandosi una mano sul sangue, notò il mio sguardo
“Cos’è quello sguardo?” chiese irriverente
“Spero morirai in prigione.” Sussurrai
Misha tornò al mio fianco e così anche Julia e Jensen
Non poteva andare da nessuna parte. Non questa volta.
La polizia bussò forte e vidi Jay impallidire, Jared aprì la porta
“È lei che ha chiamato prima?” chiese un poliziotto
“Sì. E questo è il bastardo che state cercando.” E sorrise sarcastico a Jay
I poliziotti gli diedero un’occhiata e poi si guardarono intorno per qualche secondo, lo ammanettarono e lui cercò di fare resistenza, gli dissero che avrebbe passato una notte nella cella della centrale e poi sarebbe rimasto nel penitenziario fino al resto dei suoi giorni, vidi per la prima volta paura nei suoi occhi.
Ancora una volta mi guardò e disse
“Sei sempre stata tu a sedurmi…” Volevo morire
Lo caricarono nella volante. Rimasi in casa avvinghiata da una parte al braccio di Misha e dall’altra parte a quello di Julia.
Il cuore non smetteva di pulsare affannosamente. Non poteva essere tutto finito così, avevo aspettato tutto quel tempo per vederlo dietro le sbarre e ora era successo. Mi veniva da piangere. Non ero felice o sollevata, ero mortificata e distrutta.
Un poliziotto rientrò e si avvicinò a me
“Lei è Katheline Stevens?” annuii “Lei circa otto anni fa ha sporto denuncia nei confronti di Jay Kowalski per pedofilia, violenza fisica-psicologica e per stupro?”
Nei miei occhi c’era solo dolore e morte. Non volevo guardare nessuno dei miei amici in quella stanza, cosa dovevano pensare di me?
“Sì.” Bisbigliai sentendomi le ossa rompersi in tutto il corpo
“Dovrà presentarsi alla centrale per la deposizione…” lo guardai
Julia lo fissò continuando a tenermi la mano
“Adesso? Deve venire adesso?” chiese sbigottita
“Il prima possibile.” Disse e presi un profondo respiro
Se questa storia doveva chiudersi era meglio farlo subito
“Va bene.” Dissi sorprendendo tutti
Il poliziotto mi accompagnò in centrale, andai con Julia.
Ovviamente avevano bisogno anche delle deposizioni di Misha, Jensen e Jared.
Rimanemmo in centrale quasi per tutta la notte. Rimasi a parlare con degli agenti e ogni volta che raccontavo mi sembrava di sprofondare in un pozzo di angosce, ogni agente con cui parlavo mi porgeva fazzoletti e cercava di essere comprensivo ma nessuno poteva capire il mio dolore. Tutti mi dicevano che capivano, che sapevano come mi sentivo. Io volevo solo mettermi in un angolo e lasciarmi soffocare dall’ansia.
Un agente mi disse che a breve si sarebbe tenuto il processo e avrei dovuto testimoniare. Avrei dovuto dire a una giuria di sconosciuti, a un giudice, a degli avvocati, a tutti, quella che era la mia vita e volevo morire. Ma avrei deposto, avrei detto ogni cosa.
Mentre uscivamo dalla stazione di polizia accompagnati da un agente vidi mia madre, con la sua aria sostenuta e di superiorità. Mi guardò per un secondo ma non mi fermai.
Misha e gli altri due ragazzi erano venuti con la macchina di Jensen e ci riaccompagnarono a casa. Pensavano di mettermi sui sedili posteriori ma per una irrazionale voglia di non essere toccata o abbracciata da nessuno, decisi di salire davanti.
Misha mi allacciò la cintura, non tentò di baciarmi, si limitò a sorridermi come per dirmi –è tutto finito.- chiuse la portiera e salì dietro.
Non parlò nessuno. Appoggiai la testa al finestrino guardando le luci della città che cambiavano fino a che non riconobbi la via di casa.
Arrivati davanti casa aprii la portiera e senza dire una parola entrai, salii le scale e mi chiusi in bagno.
Non avevo intenzione di fare niente, volevo solo stare per conto mio, seduta nella doccia con l’acqua aperta che mi scorreva sul corpo. Volevo piangere. Volevo stare sola e il bagno aveva l’unica porta con la serratura funzionante.
Sentii prima i passi di Julia per le scale e poi quelli di Misha, ero già sotto la doccia e mi strinsi le ginocchia al petto
“Kat…” la voce tenera di Julia “Tesoro…” non risposi
Ci provò Misha
“Tesoro?” Bussò piano ma continuai a stare sotto l’acqua che scrosciava confondendo i miei singhiozzi “Sto qui fuori. Mi siedo qui, davanti alla porta. Non devi parlare per forza, voglio solo che tu sappia che ci sono.” Sentendo le sue parole e la sua voce mi sentii bene, come avvolta da un grande e caldo abbraccio
 

Julia era rimasta a parlare con Jared e Jensen in cucina bevendo del thè e poi sentii Jensen salire le scale
“Hey Misha, tieni.”
“Oh grazie.” Sapevo che sorrideva gentile prendendo la tazza in mano
Ormai erano ore che ero chiusa dentro e volevo rimanerci ancora per molto, forse per sempre, ma non volevo rimanerci da sola. Appena sentii Jensen ridiscendere le scale uscii dalla doccia e incurante di bagnare tutto il pavimento andai verso la porta e feci scattare la serratura, velocemente e senza dire una parola tornai sotto l’acqua.
Pochi secondi dopo sentii la porta aprirsi. Tenevo il mento sulle ginocchia e i capelli mi ricadevano lungo la schiena, vidi Misha sporgersi dalle piastrelle azzurre della doccia
“Ciao Kat.” La voce calda e dolce
Alzai gli occhi bagnati dall’acqua e dalle lacrime e incontrai il suo sorrise dolce e comprensivo
“Vuoi venire qua con me?” cercai di trattenere i singhiozzi
Non spense l’acqua della doccia, la lasciò andare perché sapeva che mi piaceva quel rumore calmo. Si tolse le scarpe e si sedette sotto l’acqua anche lui, i jeans che indossava cominciarono subito a bagnarsi e a tingersi di un blu più scuro, mi avvicinai a lui che mi abbracciò le spalle e portai la testa al suo petto, mi accarezzò i capelli bagnati e mi strinsi di più a lui afferrando la camicia.
Mi strinsi al suo petto e gli porta le braccia al collo affondando il viso sul suo petto. Mi accarezzò i capelli e mi baciò la spalla cercando di consolarmi. Mi cullava tra le braccia forti e mi diceva che andava tutto bene.
Singhiozzavo su di lui, mi faceva male tutto. Mi faceva male la testa, il corpo, il cuore. Mi stringeva e mi diceva che andava tutto bene. E lo credeva veramente
“Va tutto bene piccola, tutto bene.” Lo abbracciai forte come per non lasciarlo mai più
Lo volevo credere anche io ma mi sentivo cadere nell’oblio dei ricordi e del dolore.

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Capitolo 20
*** 20. ***


Continuai a piangere convulsamente e a ogni singhiozzo mi sembrava di morire, anche se l’acqua scrosciante mi scorreva sulla pelle lavandola, dentro mi sentivo sporca e inadeguata. Inadeguata nei confronti delle persone che mi circondavano, nei confronti di Julia che per anni mi era stata amica senza voler niente in cambio; nei confronti di Misha che doveva sopportare ogni mia paranoia e doveva sopportare me. Mi sembrava che le persone stessero accanto a me come per farmi un favore, che il mondo tollerasse la mia esistenza a malapena.
Sentii le carezze calde di Misha che mi stringevano a lui e mi sentii soffocare, non dalla sua presenza, ma dalla mia. Mi sentivo cadere verso il vuoto, precipitavo senza speranza verso il buio di un incubo e avrei voluto lasciarmi morire ma Misha era lì con me a ricordarmi che per lui ero importante. Sentivo le sue mani sui miei capelli bagnati
“Kat.” Sussurrò “Parlami, non nasconderti nel buio dei ricordi. Io ti amo, sono qui per te.” Mi cullava e io affondai ancora la testa nella sua camicia afferrando con le mani il colletto e singhiozzando
Le spalle si scuotevano a ogni singhiozzo e mi sentivo distrutta e il cuore lacerato e la vita spaccata a metà
“Non lasciarti andare.” Disse stringendomi più forte “Piccola mia, ti prego. Parlami.” Era dolce e non voleva che mi tenessi tutto dentro come avevo fatto per tutta una vita
Il dolore mi correva lungo il volto e lungo la schiena, lungo le ossa, lungo le gambe e mi faceva vacillare dalla paura, sapevo che l’amore di Misha avrebbe potuto risollevarmi e non potevo rimanere da sola in una stanza buia come nove anni fa a piangere e a chiedermi perché a me, perché quell’uomo che si faceva chiamare papà voleva bene a me come voleva bene a mia madre.
Ma lui non era il mio vero padre, lui era il fidanzato di mamma. Papà era morto ed era l’unico che mi avesse voluto bene, l’unico che mi facesse ridere
 

“Papà, papà.” Corsi verso di lui, indossavo un vestitino a fiori e mi ero fatta le treccine
Papà mi abbracciò e sollevandomi mi fece fare un giro in aria, ricordo che ridevo ed ero felice
“Vuoi andare sull’altalena? Ti spingo forte così voli fino alla luna!” disse lui
“Ma è giorno e la luna non c’è!” dissi coprendo la risata con le piccole mani
“La luna c’è sempre, solo che ora è dall’altra parte a far sognare gli altri bambini.”
Non ricordo il suo volto, ricordo solo la sua barba grigia fumo e le sue grandi mani calde che mi facevano dondolare sollevandomi da terra per qualche centimetro, ricordo la sua voce dolce e avvolgente che mi faceva stare bene
“Sei proprio una scimmia!” mi disse mentre mi aggrappavo alla sua schiena.

 

Non riuscivo ad ascoltare le parole di Misha, sapevo che mi parlava e mi rassicurava ma ero immersa nei miei ricordi più felici e in quelli più tristi
“Ascoltami Kat… sono qui per te, ti amo.”
 

“Ascoltami Kat, se ti trovo ancora nascosta qua dentro…” Jay aprì l’armadio di scatto “Come quando avevi dodici anni. Non sei più una bambina.”
Avevo sedici anni e ricordo che, ancora una volta, mi ero chiusa nell’armadio. Non potevo uscire di casa da sola e anche se avessi potuto, il mondo mi spaventava. Se c’è il mostro in casa, pensavo, chissà cosa può esserci la fuori.
“Lo sai che quando tua madre va a lavorare di notte devi stare con me.” Mi strattonò e mi spinse contro un muro “Lo sai.” Mi urlò in faccia
Ricordo che piansi, piansi per tutto il tempo, cercando di non farmi sentire perché a lui non piaceva se piangevo o se cercavo di ribellarmi e mi picchiava e lo faceva forte.
Ricordo un giorno che tentai di scappare, prese un coltello e mi graffiò l’interno coscia. Una delle tante volte che usò un’arma per ferirmi.

 


Sapevo che Misha e anche gli altri, anche Julia, volevano starmi vicino e avrei voluto tanto riuscire a liberarmi di quel peso che mi portavo dietro da anni.
Io e Misha eravamo seduti in quell’angolo della doccia ormai da ore, era ormai giorno, ma ancora non ero pronta a spegnere l’acqua e a far entrare il resto delle paure. Avevo voglia di parlare, dovevo parlare. Bastava anche una piccola parola, bisbigliata e poco chiara e Misha avrebbe capito, dovevo solo lasciarmi andare e buttare fuori le mie ansie e il mio terrore
“Come ti posso aiutare…” sembrava che lo domandasse a sé stesso
Alzai lo sguardo e lo guardai
“Puoi ascoltarmi.” Lui mi avrebbe potuto salvare e liberare da tutto questo, solo ascoltandomi e dandomi coraggio
Mi guardò dolcemente e comprensivo, non disse niente, aspettò solo che parlassi. Era dolce e sorrideva dandomi la forza di continuare
“Sembrava andare tutto bene, noi due stiamo insieme e mi sentivo felice e ti amo. È così bello poterti amare, amare veramente. Aspettare il messaggio della buonanotte e quello del buongiorno, svegliarmi con te al mio fianco, ridere con te che mi fai sentire così bene. Julia è felice con il suo ragazzo e tutto va bene.” Singhiozzavo e guardavo le piastrelle della doccia “È come un bellissimo sogno e poi arriva…” lasciai la frase a metà, non volevo dire il suo nome “E mi sveglio e ricado in un incubo. Vorrei tanto morire e lasciarmi… voglio morire.” Mi strinsi più forte “Sono inutile. Non servo a nessuno, ci sono persone migliori di me al mondo e io non merito niente. Non merito te e non merito Julia. Sono orribile.”
 

“Come puoi dire una cosa del genere!” urlava mia madre “È come un padre per te, ti ha cresciuto!”
Tenevo la testa bassa. Ero a casa di Julia e mia madre era venuta a conoscenza di tutto quello che le avevo nascosto, non credeva a una parola di quello che avevo detto. Non credeva che quando lei lavorava fino a tardi e lasciava Jay con me, anche se ero una bambina, lui mi toccava, lui mi baciava
“Come puoi odiarlo a tal punto! Ora torni alla polizia e dici che ti sei inventata tutto!” alzai lo sguardo cercando un perché negli occhi di mia madre “Sei così alla ricerca di attenzioni che faresti di tutto, pure rovinare il mio rapporto con Jay.”
Tremai dalla disperazione. Mia madre, la donna che mi aveva messo al mondo, non mi credeva e preferiva stare con quell’uomo
“Mamma…” ero remissiva, come sempre
“Niente mamma. Lo sai che è arrivata la polizia e Jay è dovuto scappare per non farsi arrestare?!”
Come poteva essere così stupida, una persona non colpevole non scappa. E i servizi sociali e la polizia le avevano spiegato ogni cosa ma lei ancora non ci credeva e pensava fosse colpa mia, che rifiutavo un’altra figura paterna perché ero troppo legata a mio padre, al mio vero padre.

 

“Non dire che sei orribile. Non dire che sei inutile. Tu sei utile. Sei utile a me, sei utile a Julia e a Jared, e a Jensen. Se non ci fossi, io sarei inutile ma non tu. Tu sei forte e sei bellissima. Sei coraggiosa e dolce, hai sempre una buona parola per tutti. Hai avuto un passato triste e doloroso ma ti sei risollevata alla grande, più forte di chiunque altro, in un modo nel quale nessuno avrebbe potuto fare.” Mi baciò la fronte e mi accarezzò lievemente le gambe stringendole al suo petto “E risorgerai ancora, e ancora una volta sarai più forte e più sicura.” Ricominciai a piangere “Non sei sola, non lo sei mai stata. Capiscilo.” Mi prese il volto tra le mani e appoggiò la sua fronte alla mia e mi guardò negli occhi “Non sei sola. Nessuno ti lascerà mai sola e io non smetterò mai di amarti e di afferrarti prima che possa ricadere ancora e ti terrò su e ci metterò tutto me stesso per farti sentire bene. Tu sei mia e non posso permettere che ti succeda qualcosa.”
Piansi più forte e abbracciai Misha ancora di più. Con quelle parole aveva spezzato quasi tutte le catene di ricordi che mi tenevano aggrappata a quell’uomo e a quella vita e anche se sapevo che le avrei dovute ricostruire per il giorno del processo, in quel momento, con Misha al mio fianco, mi sentivo finalmente libera


“Non ti libererai così di me.” Disse lasciando il coltello sporco del mio sangue sul pavimento “Un ricordo, per sempre.” E se ne andò dopo avermi marchiata
 

L’avrei ricordato per il resto della mia vita, è vero, ma ora non faceva così paura come un tempo.
 

Sentii Julia bussare leggermente ed entrare, arrivò davanti alla doccia e ci guardò un secondo, aveva un sorriso dolce e premuroso, si sporse a spegnere l’acqua e poi mi mise sulle spalle un asciugamano, si abbassò e mi spostò i capelli bagnati dalla fronte
“Tesoro…” sorrise
Guardò Misha e sorrise anche a lui, sapeva quanto fosse importante per me stare al suo fianco, si inginocchiò davanti alla doccia e appoggiò le mani alle cosce
“Come sta andando?” non pretendeva una risposta, lo so, lo diceva per starmi vicino e farmi capire che era lì, per qualsiasi cosa
Abbozzai un sorriso e poi vidi Julia voltarsi verso la porta e sorridere dolcemente, poi tornò a guardarmi
“Jensen e Jared vorrebbero salutarti.”
“Vanno via?” avevo la voce rauca e distrutta
“No, non vanno via. Stanno qui.” Mi toccò la mano
Jensen e Jared si sedettero al di là della doccia, appoggiati alle piastrelle. Rimasero in silenzio per qualche minuto e io aspettai che dicessero qualcosa, poi Jared si schiarì la voce
“Stai bene?” chiese
Rimasi in silenzio poi vidi il sorriso rassicurante di Misha
“S-sì.” Bisbigliai con la voce un po’ rotta “Tu?”
Sentii che sorrise
“Va tutto bene…”
“Lo sai che il tuo frigor è praticamente vuoto?” disse Jensen
“Sì.” Sorrisi debole “Ordiniamo sempre fuori.”
“Anche il mio frigor è sempre vuoto.” Disse Jared ribattendo a Jensen
“Devi fare la spesa Pada.” Dissi
Il caro Pada rise
“Mi piace come soprannome, molto meglio di Alce.”
“Quello non lo batte nessuno.” Disse Misha continuando ad accarezzarmi i capelli
“Stai un po’ zitto!” cominciarono a ridacchiare e mi sentii meglio, più viva e più salva “Verrai a fare la spesa con me allora…” riprese Jared rivolgendosi a me
“Sì, mi piacerebbe molto.”
Jensen si sporse dalla doccia, non mi importava che fossi nuda. Tanto di donne nude ce ne sarebbero sempre state da vedere e non sarei stata l’unica e poi lui sembrava tanto una testa fluttuante
“Ti controllo sai!” disse a Misha
“E io cosa ho fatto?!” chiese sorridendo
“Eeeh non si sa mai.” alzò le spalle e si rivolse a me “Lo sai che Julia fa un ottimo thè? Se vuoi te ne porto una tazza.”
Gli sorrisi dolce annuendo, 
gli dissi che la mia tazza era quella con il rilievo di un gatto giallo, rise e scese a prendere una tazza di thè
“Ti vuoi alzare tesoro?” mi chiese Julia
Gli tesi la mano per alzarmi e mi coprì con un altro asciugamano
“Vuoi andare in camera?” e mi accompagnò in camera
Sentii Misha alzarsi e rimanere a parlare con Jared per qualche minuto, non capivo bene quello che si dicevano, sentivo tutto attutito ma riuscivo a percepire qualche parola. Sentivo che parlavano dell’accaduto e di come, secondo loro, tutto sarebbe andato bene perché ero forte e di come non avrebbero permesso che cadessi ancora nell’acqua gelida dei ricordi.
Ancora una volta Julia mi frizionò piano i capelli con l’asciugamano e mi vestì con il pigiama
“Faccio da sola.” Cercai di dirle ma mi impose di fare la brava e lasciarle fare la mammina
“Mettiti a letto e dormi un po’.” Mi accarezzò i capelli
Jensen bussò alla porta e entrò piano con la tazza del thè
“È quella giusta vero?” chiese porgendomi la tazza con il gatto in rilievo, sorrisi ringraziandolo “Misha torna subito, va ad asciugarsi i vestiti.” Rise “Rimaniamo noi con te.”
Lo guardai sorridendo, nei miei occhi c’era la voglia di abbracciarli tutti e dire grazie ma non ce la facevo
“Credo che dormirò un po’. Andate a dormire anche voi, ne avete bisogno.” Mi infilai sotto le coperte abbracciandomi
“Siamo qui se vuoi…” dissero i tre amici rimasti in casa e Julia tirò le tende, socchiuse la porta e mi lasciò dormire
Probabilmente andava con Jensen e Jared a dormire sul divano e io mi sentii quasi felice e indubbiamente al sicuro dal mondo di cui tanto avevo avuto paura.
Mi risvegliai al fianco di Misha che nel frattempo era tornato, non so da quanto tempo fosse lì a guardarmi dormire ma aveva il più bel sorriso che avessi mai visto e gli occhi più brillanti di un diamante. E quando lo vidi mi sentii vibrare e mi sentii viva e finalmente libera di amare in modo giusto e in modo incondizionato.

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Capitolo 21
*** 21. ***


Mi strinsi tra le braccia di Julia, volevo vedere solo lei, che mi guardò sorridendo e dandomi dei piccoli e teneri baci sulla fronte e sul naso. Avevo infilato le mie braccia sotto le sue e gli abbracciavo la schiena, ascoltavo il suo cuore battere nel petto caldo e rassicurante. Mi sentivo piccola come un pulcino e lei, in un modo tutto mio di vedere, era come la chioccia che mi proteggeva e mi teneva al caldo
“Juls?” ci guardammo dolcemente “Credi che sia pazza?” sorrise sereno
“No, sei stupenda, un po’ strana e decisamente fuori dal comune ma non sei pazza. Sei la mia migliore amica.”
Mi accarezzò delicatamente i capelli, poi mi strinse più forte e non volevo lasciarla, le volevo troppo bene e avevo bisogno di lei più di quanto immaginava, era la prima cosa bella della mia vita, la seconda; a pari merito forse, c’era Misha.


Nei giorni seguenti all’arresto di Jay e cominciavo a sentirmi un po’ sollevata anche se preferivo evitare di farmi vedere dagli amici e anche se potevo sentire ogni giorno le loro voci in salotto, quando venivano in camera, silenziosamente per salutarmi, facevo finta di dormire. Non ce la facevo a parlare.
Quando fingevo di dormire sentivo Julia stendersi accanto a me e accarezzarmi i capelli o farci delle treccine, ha sempre amato fare le treccine anche se preferisce farle agli uomini, e lei sapeva che ero sveglia ma non diceva niente. Sentivo le storie stupide di Jensen che battibeccava come una vecchia coppia sposata con il Pada che diceva stupide barzellette che non facevano ridere. Sentivo Misha piegarsi alla mia altezza e mettermi una mano sulla spalla e dirmi con una voce delicata e dolce -Buongiorno tesoro.- E a quel punto aprivo gli occhi per immergermi nel blu dei suoi e trarre tutta la felicità possibile dal suo sorriso amorevole e bellissimo che era contento di vedermi.
Sapevo che avrei dovuto parlare con una psicologa prima del processo e questo avrebbe comportato il risollevare il triste cumolo di ricordi che tentavo inutilmente di sotterrare nella mia mente ma ogni volta che ne nascondevo uno, ne spuntava fuori un altro ancora più doloroso.
La psicologa venne a casa due giorni prima del processo, era una signora sui cinquanta, bassa e con un volto da rospo ma aveva dei bellissimi occhi grigi.
Rimanemmo nel salotto e si guardò un secondo intorno, le chiesi di sedersi dove preferiva e prese una poltrona e la avvicinò al divano e poi fu lei a chiedermi di sdraiarmi sul divano, mi chiese di cominciare a ricordare. E piombai nel baratro, ancora
“Cosa ricorda degli abusi che subiva?” sentivo la penna scrivere su di un quadernino
“Tutto.” Dissi fissando il soffitto
“Ne vuole parlare?”
“Preferirei di no.”
“Perché no?” Non risposi, aveva una voce stridula e per niente aggraziata “Io preferirei che ne parlasse invece, si sfoghi.” Sospirai a fondo “Si ricorda com’è iniziato?”
Mi voltai e la fissai, i suoi occhi grigi erano belli ma terribilmente simili a quelli di Jay, certo che ricordavo come era iniziata, non sapevo il perchè
 

Saltai sul mio letto prima di infilarmi sotto le coperte ed aspettare l’arrivo della mamma e del nuovo papà, mi stavo abituando alla sua presenza e poi raccontava belle storie
“Chi te la racconta la storia questa sera Katheline?” chiese Jay con la sua voce un po’ rauca
“Raccontala tu!” pretesi
“Okay…” mi guardò con un sorriso
Mamma si piegò verso di me e mi diede un bacio
“Buona notte piccola, io vado a dormire che sono tanto stanca.” Uscì dalla camera “Jay poi ricordati di lasciare un po’ la porta aperta quanto torni, lo sai che ha paura del buio.” imparai, in seguito, ad avere paura anche della luce
Lui annuì
“Ti piacciono le storie?” sorrisi a quella domanda ovvia “Te ne racconto una speciale solo a una condizione…” mi accarezzò il braccio, non capivo cosa faceva, era solo una carezza
Lo guardai e sentii la sua mano infilarsi sotto la camicetta del pigiama e toccarmi la pancia e il seno che cominciava a crescere, poi si infilò nei pantaloncini rosa
“Non ti farò male…” e invece fu la cosa più dolorosa del mio mondo da bambina che andava infrangendosi al suolo in mille pezzi di specchio che riflettevano solo le sue false parole

 

Guardai la psicologa
“Certo che me lo ricordo e preferirei non farlo…” mi guardò comprensiva “Ma sicuramente a lei serve…” e così glielo dissi
 

“Vuole parlare di suo padre? Il suo vero padre intendo.”
“No.” Non ero pronta ad affrontare quell’argomento
“Di cosa vuole parlare allora? Di sua madre forse?”
“No.” Odiavo quella voce graffiante e insistente
“Introduca lei un argomento allora, può parlare di ciò che vuole.” Mi voltai e la guardai
“Posso parlare di Misha?”
Sorrise e con un gesto della mano mi disse di continuare
“È il più grande amore della mia vita. Lo amo, come non ho mai amato prima, anche perché sono solo stata fidanzata con Pitt, ma per i tre anni di relazione che ho avuto con lui non gli ho mai detto ti amo perché non lo sentivo e non ci ho mai fatto sesso, gli avevo detto di essere vergine e lui aveva detto che avrebbe aspettato quando sarei stata pronta. Ovviamente non sapeva niente del mio passato. Abbiamo fatto sesso solo una volta quando ero ubriaca.” Sospirai “Poi lui è andato con un’altra…” sentivo la penna che scriveva graffiando la carta
“Vuole parlare di Pitt?” la penna si fermò
“No. Pitt è passato, non ho mai provato niente per lui, stavo con lui solo per non sentirmi sola. Ora c’è Misha e lui è la mia forza, anche Julia lo è ma lei è la mia migliore amica e quella che mi da lei è una forza diversa…”
“Da quanto tempo conosce Julia?”
“Diciannove anni, dalle elementari.” Sentii quella maledettissima penna scrivere ancora “Misha mi ha fatto innamorare di lui con uno sguardo, era amichevole e gentile, non arrogante o stronzo come la maggior parte degli altri con cui lavoro, lui era dolce con me e mi sorrideva sempre, mi chiamava per nome e non solo ‘quella del caffè’, si fermava volentieri a chiacchierare con me e io ero troppo stupida per capire che gli piacevo.” Sorrisi ripensando a Misha “In questa storia mi è stato vicino, sopportando ogni mia paranoia e salvandomi da…” forse era meglio evitare l’argomento suicidio
“Da cosa?”
“Dalla tristezza e dai ricordi.”
Ancora la penna che scarabocchiava
“Qual è il ricordo più bello che ha con Misha?”
Sorrisi
“Certamente una delle prime sere in Alaska.” Arrossì “Anche se ogni volta con Misha è stupenda, ogni cosa che faccio con lui, anche la più noiosa è come se fosse la prima volta. Come la prima volta che abbiamo fatto l’amore, era come se lo facessi per la prima volta. Se amassi veramente per la prima volta. Ho amato lui per la prima volta, è stato lui il primo. Sembra buffo, aver aspettato venticinque anni per stare con un uomo per la prima volta. Quando faccio l’amore con lui è come se fosse sempre la prima volta. Ho fatto l’amore solo con lui.” In realtà stavo parlando a me stessa
“Mi vuole raccontare della sera in Alaska?”
Quello era più semplice ed era un ricordo bellissimo
 

Passeggiavamo a braccetto lungo una terrazza che dava sull’oceano buio, si sentiva solo il rumore delle onde sulla riva. Ci avvicinammo alla transenna e mi issai sulla ringhiera sedendomi e guardai il cielo di fronte a me, davo le spalle all’acqua mentre Misha si appoggiò a guardare le onde nere poi si voltò e mi scrutò un secondo, entrambi allungammo la mano e ci toccammo, cominciai a ridere
“E ora perché ridi?” ma non riuscivo a rispondere da quanto ridevo “Un giorno capirò il perché ogni cosa che faccia, cominci a ridere.” Sorrise dolce “Anche quando recito, se mi giro un secondo a cercarti, ti vedo guardarmi e ridere. Sono così divertente?”
Mi ripresi
“Non immagini quanto tu sia sexy con il trenchcoat e la cravatta tutta storta, non ti salto addosso in pubblico solo per decenza.”
“Se vuoi me lo metto anche quando siamo da soli.” E ricominciai a ridere
“Senti Castiel!” volevo compiere una frase di senso compiuto ma tutto quello che riuscii a fare fu ridere e fui costretta a scendere e a sedermi per terra per riprendermi “Ti amo stupidone.” Dissi tra le lacrime di felicità
Misha rise
“Non scherzo! Me lo metto il trench.” Si sedette accanto a me e mi strinse la mano e baciò il palmo dolcemente, mi abbracciò e io mi appoggiai alla sua spala, ci mettemmo a guardare le stelle “Sono l’angelo del Signore.” Mi sussurrò con una voce calda ed eccitante scostandomi una ciocca di capelli
Trattenni una risata, mi voltai e gli presi il mento tra le dita
“Sei il mio angelo.” Lo baciai sulle labbra “E sei riuscito veramente a salvarmi dall’inferno.” Lo baciai ancora “Ti amo. Non immagini quanto ti amo.”
Fu lui a baciarmi affondando le dita tra i capelli
“Ti amo, non sai quanto ti amo.” Disse lui e poi ci sorridemmo “Sei bellissima.” E tornammo a guardare le stelle

 

“Certo!” e glielo dissi
“E qual è quello più brutto?” chiese ancora con la sua voce stridula
“Certamente la litigata, ma poi si è risolta subito.” Le raccontai anche quella
“Non pensa che la presenza di Misha serva a sostituire quella di suo padre che ha perso molti anni fa?” chiese
Probabilmente sì, ci avevo già pensato a questa storia prima di decidere di fare il ‘grande passo’ con Misha, non risposi
“Lui è molto più grande di lei e probabilmente rivede in lui la figura paterna che le è mancata.” Non risposi ancora facendo così capire alla psicologa di voler cambiare discorso
“Vuole parlare di Julia?”
“D’accordo.”
“Cosa c’entra Julia nella storia con Jay?”
“Lei è stata la prima a cui ho detto tutto, ed è la prima a cui dico tutto quello che mi succede anche adesso, lei è stata l’unica a fare qualcosa. Anche se era tardi.”
“Mi dica qualcosa di più.”
 

Mi trovò nel bagno della scuola a vomitare
“Kat!” urlò sollevandomi la fronte “Stai bene? Oddio cosa ti succede?” le lezioni erano finite da un’ora ma lei era rimasta imbucandosi negli spogliatoi con Simon “Perché non sei tornata a casa se stai così?”
“Non posso tornarci. Non voglio.” Ricominciai a vomitare
Lei tirò fuori una bottiglietta d’acqua e mi fece bere piccoli sorsi e capì subito che c’era qualcosa che non andava, l’aveva capito già da un po’. Mi fece sedere nell’angolo del bagno
“Vuoi parlare?” non riuscivo e tirai a me la borsa e sfilai il mio diario segreto e glielo diedi, erano l’unione di più quaderni, scritti fitti “Cos’è?” chiese prendendolo tra le mani
“Scrivo da quando ho tredici anni.” Balbettai sommessamente
Juls cominciò a sfogliarlo, la calligrafia dei primi quaderni era tonda e tremante, quella di una bambina, più avanti la scrittura si faceva veloce e graffiante, come quello che c’era scritto. Lessi lo sgomento sul volto dell’amica accanto a me
“Kat…” mi guardò “è tutto vero?” guardò i miei occhi e imprecò poi mi abbracciò “Da questa sera vieni a casa mia, non dovrai spiegare niente a nessuno. Diciamo che hai litigato con la mamma.” Cominciai a piangere poi lei vide quella cicatrice rossa all’interno coscia e mi sollevò la maglietta trovando quella sulla pancia “E queste?”
“Gli ho detto di no.”
“Bastardo.” Si alzò e mi aiutò ad alzarmi “Non la passerà liscia.” Mi chiese se poteva parlarne con Simon e poi lui minacciò Jay di fargli fare una brutta fine
Andai a casa di Julia ma dopo un paio di giorni fui costretta a tornare a casa e subirmi le urla, le sberle e l’orrore. Fu qualche giorno dopo che provai a suicidarmi.
E poi, un anno dopo, me ne andai per sempre da quella casa e da quella vita. Juls venne con me o meglio, ero io che andavo con lei.

 

“Julia non è arrivata tardi, lo sa vero?” non risposi “È arrivata quando lei le ha permesso di farlo e Julia l’ha salvata.” Questo lo sapevo “C’è un forte legame tra lei è la sua amica vero?”
“Fortissimo, anche se qualche volta ci sono le incomprensioni però darei la mia vita per quella ragazza…”
“Come lei ha fatto per salvarla da quell’uomo.”
“Esattamente.”
“Ora devo chiederle ancora di parlarmi di Jay, sarà l’ultima volta che dovrà ricordare.”
“Cosa vuole sapere…”
“Una delle cose più dolorose che le ha fatto.”
 

Come sempre, Jay quando agiva lo faceva quando mamma aveva il turno di notte.
Avevo diciotto anni. E cercai di ribellarmi con tutta la mia forza. Mi tirò uno schiaffo e mi afferrò per i capelli che avevo stavano ricrescendo
“Perché ti ribelli sempre? Tanto non ce la fai.” Mi trascinò per i capelli
Piangevo e non parlavo, avevo diciotto anni e la mia adolescenza non c’era mai stata, sfumata in un disgustoso e lungo sorriso che ti faceva credere che andava tutto bene e che era giusto quello che succedeva. Mi accarezzò i capelli
“Mi piacevano più lunghi però. Sei bella.” Mi facevo schifo, più schifo di quanto mi facevo di solito
Mi passava le labbra sul corpo e si soffermò divertito sulle cicatrici che mi aveva lasciato
“Ti fanno ancora male queste?” chiese ma non voleva una risposta, gli bastava leggere le mie lacrime sulle guance
Non mi scopò, si limitò a picchiarmi e a umiliarmi più del solito. E mi fece male ancora di più  perché le parole che mi diceva, che ero bella, intelligente, forte, in realtà le diceva per farmi sentire vuota e inutile, una grande bambola gonfiabile che tirava fuori quando più gli piaceva e mi facevano male quei finti complimenti. Forse pensava veramente che fossi bella ma io volevo tanto non essergli mai piaciuta e ci fu un momento, dopo quelle ore, che pensai di sfregiarmi il volto ma non lo feci. Tentai di essere forte e di reagire, uscii mentre lui dormiva e portando una registrazione fatta qualche volta prima andai alla polizia.

 

“Mi disse che ero bella.” Quella fu la cosa più dolorosa che mi fece
La psicologa mi spiegò che non era colpa mia quello che era accaduto, io non avevo nessuna colpa. Era vero ma continuavo a pensare che, in qualche modo, era colpa mia, che come aveva detto Jay a Misha e agli altri, ero io che lo provocavo. Forse con qualche sorriso di troppo o gli abbracci affettuosi di una bambina che pensa e spera di aver ritrovato un padre perduto.
Dopo la psicologa tornò Misha che si strinse a me e io, tra le lacrime che erano dovute un po’ alla felicità di averlo ancora accanto e un po’ alla tristezza dei ricordi, gli ricordai la storia del trench e che non mi ero dimenticata della sua proposta. Lui rise
“Quando sarà finita tutta questa storia,” disse con un sorriso “Me lo metto e non me lo tolgo per tutto il giorno.”
“Però devi mettere solo quello.” Sorrisi trattenendo la risata “E la cravatta. Ti voglio in trench e cravatta.”
“E i pantaloni?” chiese ingenuamente
“Quelli non servono.” E mi baciò
Adoravo stare con lui, c’era sempre un momento in cui amavamo cadere nello sconcio e fare strani viaggi mentali su notti che avremmo passato insieme in un futuro. Mi confidò di voler realizzare il suo più grande sogno, la principessa Leila e il bikini dorato. Gli dissi che era uno scemo ma che se avessi trovato un costume da Leila l’avrei fatto, ma solo se potevo chiamarlo Chewbacca. Mi tirò un cuscino in faccia chiamandomi Jabba the Hutt.  
 

E poi arrivò il giorno del processo.

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Capitolo 22
*** 22. ***


Il giorno del processo mi svegliai con un gran mal di testa. La sera prima ero andata a dormire alle 8 di sera e Misha mi aveva seguito verso le 11, l’avevo sentito entrare e sdraiarsi al mio fianco, io guardavo contro il muro e non poteva sapere che ero sveglia. L’ho sentito abbracciarmi la schiena e sentivo il suo petto contro le mie scapole, ascoltavo le parole dolci che mi rivolgeva sussurrando nel buio della camera, diceva che sarebbe andato tutto per il meglio, lo sentii dire che dopo tutto quello che aveva passato mi meritavo l’arcobaleno.
Quelle parole sussurrate con quella voce calda e confortante mi fecero tremare il cuore, era qualcosa di più forte della paura, non so bene cosa ma mi diede coraggio.
Voltai il viso alla ricerca delle labbra di Misha, gli diedi un piccolissimo e quasi impercettibile bacio
“Hey tesoro, sei sveglia…” disse sussurrando
“Sì.” Mi voltai totalmente e misi la testa contro il suo petto “Non riesco a dormire.” gli abbracciai la schiena come lui abbracciava la mia
“Dovresti invece, domani…”
“Lo so. Ma ho paura e mi impedisce di addormentarmi.” Alzai un po’ gli occhi
Nel buio della stanza era difficile vedere quegli occhi cerulei e incantatori ma sapevo che mi stavano osservando dolcemente
“Ho paura Misha.” Lui mi strinse ancora più forte
“Di cosa tesoro?”
“Di domani…” sospirai tremando un po’ “Ho paura che tutta questa storia non finisca mai, che, quando dovrò parlare, nessuno mi creda. È già successo che qualcuno non mi credesse, non mi crede mai nessuno.” Avevo la voce piegata di un graffiante dolore “Ho paura che mi abbandonino tutti perché tutti, a un certo punto, si stancano di me e se ne vanno. È tutta colpa mia, sono io che allontano le persone. E ho paura di perderti.” Ero partita con il flusso di parole e angoscia che riversavo su Misha
Lui mi prese il volto tra le mani e appoggiò la fronte sulla mia
“Hey. Ascoltami bene.” Sorrise dolce “Io ti credo, hai capito? E stai pur certa che non ti lascerò mai. Sei mia e non permetterò mai a nessuno di portarti via da me. Io ti amo, ti amo veramente tanto lo sai.” Mi abbracciò e mi strinse contro il suo petto “Nessuno di abbandonerà, io non ti abbandonerò. Tu sei forte e sei la ragazza più sveglia che conosca, se c’è una che può farcela, sei tu, la mia Kat.” Mi accarezzò dolce
Le sue parole mi facevano stare meglio ma ancora non riuscivo a eliminare le angosce e gli incubi. Le sue parole erano bellissime. ‘la sua Kat.’ E tentai di addormentarmi tra le sue braccia.
 

Svegliatami con il mal di testa, scesi le scale tenendo una mano contro la parete per essere sicura di dove andavo.
Erano le 7 del mattino e trovai Juls in cucina a chiacchierare con Misha, non so di cosa ma tenevano il tono di voce basso per non disturbarmi, Julia mi guardò e sorrise
“Ciao!” sorrise ancora di più
Mi passai un mano sugli occhi
“Dimmi che c’è del caffè.”
Mi sedetti quasi sdraiandomi sulla sedia accanto a Misha che mi diede un bacio sulla guancia
“Tutto bene?”
“Mi fa male la testa.” Stesi la testa sul tavola appoggiandola alle braccia
Misha mi accarezzò la schiena mentre sorrideva dolce
“Adesso arriva il caffè.” A quel contatto mi venne la pelle d’oca
“Mi fai i grattini tra le scapole tesoro?” lui rise, indicai il punto esatto dove grattare e ancora con la fronte sul tavolo lo pregai “Ti prego.” Allungai la O finale e Misha fu costretto a farmi i grattini mentre io miagolavo dalla felicità
Juls era sparita momentaneamente per poi ritornare già vestita, io bevevo il caffè intingendoci lentamente i biscotti, uno alla volta, e li guardavo inzupparsi. Mentre ne guardavo uno impregnarsi, la parte zuppa cadde nella tazza facendo schizzare tutto in giro
“Ma che palle!” dissi ridendo
“Dai muoviti, devi ancora vestirti, dobbiamo essere in tribunale per le 10.” Anche Julia doveva dire qualcosa all’udienza
“Dobbiamo per forza?” più che non avere voglia avevo paura e Misha lo sapeva benissimo
Si avvicinò al mio orecchio
“Ce la puoi fare tesoro.” Gli strinsi la mano
Gli avevo chiesto di non presentarsi in tribunale, non gli avevo detto il motivo, solo che preferivo che non venisse.
La vera motivazione per cui non volevo Misha in aula è che forse avrebbero fatto vedere quella famosa registrazione che avevo fatto anni fa e non volevo che lui la guardasse.
 

Misi un tailleur blu, l’avevo messo per una cerimonia di qualcuno secoli fa. Non ho molti vestiti eleganti e quelli che ho non mi piacciono per niente. Sono più una tipa da jeans e felpe di tre taglie in più. Lo indossai comunque. Era un completo con i pantaloni, volevo mettere le converse verdi pisello ma Juls mi obbligò a mettere le ballerine. Diedi un bacio a Misha chiedendogli di aspettarmi al mio ritorno, di guardarsi un film o di svuotare il frigorifero, poteva invitare gli amichetti e sfasciarmi la casa; disse che avrebbe chiamato Jensen e il Pada.
Julia prese la macchina e tenendomi la mano tutto il tempo arrivammo in tribunale.
Venimmo accolte da un avvocato o qualcosa di simile, potevamo entrare in aula, il processo non sarebbe stato a porte chiuse, in quei giorni di reclusione non ero venuta a conoscenza del fatto che i giornali avevano riportato che un pedofilo era stato catturato dopo anni di latitanza. Mi batteva forte il cuore, non volevo che un gruppo di chissà quanti sconosciuti mi guardassero provando pietà. Dovevo stare lì fuori finché non mi avessero chiamato a deporre ma io volevo rimanere in aula per guardare negli occhi quel figlio di puttana e vederlo per sempre in una piccola cella con le sbarre strette e senza neanche una finestra, senza luce e senza niente.
Rimasi accanto a Julia nelle prime panche dell’aula e per qualche secondo mi guardai i piedi e la mano di Juls stretta nella mia, sentì la guardia giurata annunciare l’arrivo del giudice e poi quello dell’imputato. Sentii i brividi percorrermi tutta la schiena e il cuore si strinse per la paura.
Alzai gli occhi e lo vidi entrare. Mi sentii precipitare ancora nei ricordi, non riuscii a capire se mi avesse visto ma la sua sola presenza mi faceva paura. Strinsi la mano di Julia che mi guardò
“Ce la puoi fare tesoro.” Mi sussurrò
Erano le stesse parole usate da Misha e la cosa mi rincuorò profondamente, ricordare il mio uomo mi faceva sentire bene in qualche modo. Alzai lo sguardo verso Jay, al suo ingresso c’erano state diverse grida e fischi ma il pubblico era stato subito zittito.
Iniziò il processo, prima parlò il giudice, poi gli avvocati. Io non capivo niente di quello che dicevano, ero immersa nei miei pensieri, nelle parole che avrei dovuto dire quando mi avrebbero chiamato. L’avvocato mi aveva detto più o meno cosa dire e come rispondere alle domande che mi avrebbero fatto, ma io mi sentivo insicura so cosa dire perché pensavo che non mi avrebbero creduto.
Sentivo Juls che mi stringeva la mano e poi sentii il mio nome, l’avvocato dell’accusa che mi chiamava a testimoniare.
Il cuore cominciò a battermi forte e lo stomaco mi si strinse, cominciai a sudare. Non ero sicura di potercela fare ma dovevo farcela. Dovevo farcela per me. Infondo, come aveva detto Misha, mi meritavo l’arcobaleno.
Mi alzai e andai verso il bancone, tenevo la testa bassa per non vedere Jay e anche se sentivo gli sguardi di tutti che mi studiavano e provavano compassione, cercavo di essere forte. L’avvocato mi sorrise cordiale, lo guardai e accennai un sorriso
“Buongiorno.” Disse
“Salve.” Bisbigliai
Poi cominciò a farmi domande, e quando rispondevo tornava a rivolgersi alla giuria. Mi chiese se fossi io Katheline Stevens e risposi di sì, mi chiese se conoscessi l’imputato e risposi di sì.
A ogni sì che dicevo sentivo il coraggio crescermi dentro, come un albero forte e potente, con grandi radici profonde.
Poi arrivarono le domande più personali
“Lei è la figliastra del signor Kowalski?”
“Sì.” Corrugai la fronte “No, in realtà no. Non è il mio patrigno, era solo il fidanzato di mia madre.” Tremavo, sentivo che le mani mi vibravano e mi grattavo le unghie
“Quell’uomo le ha fatto violenza dall’età di dodici anni giusto?”
Mi mancò il respiro, aprii la bocca per rispondere ma non riuscivo a parlare, avevo paura, quel coraggio di prima mi stava abbandonando, il giudice notò il mio sguardo terrorizzato
“Risponda pure,” si sporse verso di me “quell’uomo non potrà farle più del male.” Sussurrò
Lo guardai un secondo e ancora tremante risposi
“Sì…” avevo la voce rotta
“E cosa faceva?”
Stavo vivendo un incubo, un altro. Quello in cui tutti venivano a scoprire il mio passato che non volevo si rivelasse. Guardai i miei piedi e respirai a fondo, l’avvocato mi chiamò, alzai lo sguardo e guardai oltre la sua spalla e vidi Juls che mi sorrideva dandomi coraggio
“Signorina?” mi chiamò ancora
“Sì, mi scusi…” e raccontai uno degli episodi più terrificanti “Lui… lui entrava in camera mia, quando mia madre lavorava o dormiva.” Tremavo tutta, il cuore e il cervello mi stavano esplodendo “Mi diceva di stare in silenzio e così sarebbe andato tutto bene, poi mi baciava e mi toccava.” Avrei preferito morire anzi che risollevare i ricordi più brutti, mi veniva da vomitare
“Perché non lo disse subito a sua madre?”
Guardai l’avvocato
“Avevo paura.” Risposi semplicemente, lui mi guardò
“La violentava e basta o…” lasciò la frase in sospeso
“No, mi picchiava e mi ha…” respirai a fondo e mi decisi a guardare Jay negli occhi “Ha preso un coltello, più volte, e mi faceva delle cicatrici.” Quel bastardo non avrebbe più fatto niente, né a me né ad altri
“Cicatrici?”
“Sì. Ha iniziato quando ho cominciato a ribellarmi, verso i sedici anni.”
 

Rimasi a deporre per dei minuti lunghissimi ed estenuanti, volevo solo andarmene ma finito con le domande dall’accusa, toccò all’avvocato di Jay. Si avvicinò
“Si sente bene?” mi chiese
“No.” Lo guardai, lui annuì
“Lei ha detto che non diceva nulla a sua madre perché aveva paura, paura di cosa di preciso?”
Lo guardai confusa, non capii bene la sua domanda e scuotendo la testa cercai di rispondere
“Emh… paura che le venisse fatto qualcosa e paura di lui.”
L’avvocato annuì ancora, probabilmente era solo un avvocato d’ufficio che faceva solo il suo lavoro ma era lo stesso uno stronzo. Anche lui mi fece delle domande personali e mi chiese come trovai il coraggio di denunciarlo, gli risposi semplicemente che grazie a Julia, ero riuscita a trovare una forza che non credevo di avere, la stessa forza che avevo in quel momento, che mi faceva andare avanti a parlare.
Tornò alle domande private e poi sollevò l’argomento ‘ripresa’. Impallidii e anche Jay impallidì. Su quel video c’ero io, che avevo diciassette anni e c’era Jay, che ne aveva quarantatre. Io piangevo e lui mi stava sopra e grugniva e spingeva e io avevo diciassette anni e avevo già due tagli sul mio corpo. Gli dissi che avevo ripreso per avere una prova a mio favore, mi chiese dei suicidi e gli risposi che in quel momento la mia vita mi sembrava così inutile e così sbagliata che non trovai altro modo per sfuggirne.
 

Julia andò a deporre dopo di me, le chiesero da quanto tempo mi conoscesse, come mi aveva aiutato, se vivevamo insieme, se stavamo insieme. A quella domanda lei sorrise
“No. Non stiamo insieme, è la mia migliore amica. Può contare su di me per ogni cosa e così io. La amo, è vero ma è la mia migliore amica, devo amarla.” Mi sorrise e io le sorrisi di rimando
Raccontò del diario e di come mi aveva aiutato come meglio poteva, io sapevo che il suo meglio era tutto quello che mi serviva, aveva fatto tantissimo per me e non la ringraziai mai abbastanza per avermi salvato.
La sua testimonianza durò meno della mia, poi ci fu quella di mia madre. Sempre superiore a tutti e tutto. Sempre troppo orgogliosa per ammettere lo sbaglio più grande della sua vita, quello di aver lasciato sua figlia con il mostro.
Lei disse agli avvocati che non credeva a niente di tutto ciò e che conoscendomi, ero stata io a convincere Jay a venire a letto con me.
Non potevo crederci, la guardai dalla panca, mia madre. Non mi interessava più niente di lei, non l’avrei considerata mai più. Volevo solo tornare a casa e dormire. Tentare di lasciarmi alle spalle tutto quanto e dormire.
Passarono due ore prima della sentenza. E quando la giuria ebbe il verdetto, strinsi forte la mano di Julia chiedendole di non lasciarmi per nessun motivo
“Avete un verdetto?” chiese il giudice
“Sì.” Parlò una signora “Giudichiamo l’imputato colpevole di tutte le accuse.”
Sorrisi. Ero libera. Libera di vivere senza più paure.
Jay venne condannato a sessantacinque anni di detenzione in un penitenziario federale. Anche se non era l’ergastolo non mi interessava, tutti sanno cosa succede a quelli come lui in prigione.
Mi sentivo felice, ma era una felicità innaturale. Non sapevo se essere felice o distrutta per tutto ciò, mi veniva anche da vomitare e appena tornate a casa, mi chiusi in camera senza voler vedere nessuno.
Rimasi a piangere abbracciando il cuscino, piangevo per la felicità e per tutto quel dolore riportato a galla.
Misha era in casa insieme a Jensen e al Pada, quando mi videro entrare e salire in camera mia, non mi ero fermata neanche a salutarli. Misha mi seguì e bussò piano alla porta
“Sono io, posso?” Non ricevendo nessuna risposta entrò comunque “Ciao tesoro.” Si sedette sul bordo del letto “Juls mi ha detto tutto, vi stavo aspettando. Ora voglio sapere come stai.”
Tra le lacrime cercai di sorridere
“Sto benissimo. Ora sto benissimo!” mi alzai e lo abbracciai forte affondando le mani tra i capelli scuri “Grazie!” piangevo ancora
“Ti amo tesoro. Ti amo tanto.” Mi disse “Sdraiati dai, dormi un po’.”
Mi aiutò a sdraiarmi e io gli strinsi la mano forte
“Non andartene, stai qui con me.” Gli chiesi tornando ad abbracciare il cuscino
Mi sorrise e mi baciò, si sdraiò accanto a me e mi abbracciò la schiena forte e io gli strinsi i polsi aggrappandomi a lui con tutta la forza che mi restava, lo amavo veramente e gli dovevo molto di più che il mio amore, gli dovevo la vita.
 

Mi svegliai di notte ancora con Misha abbracciato a me, lo baciai forte e lui si svegliò
“Hey, ti sei svegliata piccola.” Sorrisi “È da tanto che non vedo questo tuo sorriso, mi piace veramente tanto.” Era un sorriso diverso da solito, più sereno e più tranquillo
Un sorriso che non avevo dall’età di dodici anni, il sorriso ingenuo e dolce di un bambino, quello che mi era sempre mancato.
Mi baciò e mi accarezzò i capelli e io mi strinsi contro il suo petto
“Ti va se ti leggo qualcosa?” mi chiese, annuii
Lui si alzò e andò verso la libreria e guardò i libri
“Madame Bovary è il tuo preferito giusto?” lo prese dallo scaffale
“Non è una storia molto felice a dire il vero…” dissi guardandolo teneramente
“Leggo solo le parti che ti piacciono.” Si sedette ancora sul letto e io appoggiai la testa al suo petto e lui cominciò a leggere, aveva una voce calma e calda che mi faceva sentire protetta, l’inizio del romanzo era sempre il mio preferito e più si andava avanti più mi stringevo a lui
Poi arrivò quella frase, quella che avevo consumato da tanto l’avevo letta
-Nel fondo della sua anima, Emma aspettava che qualche cosa accadesse. Come i marinai in pericolo, volgeva gli occhi disperata sulla solitudine della sua vita e cercava, lontano, una vela bianca tra le brume dell'orizzonte. Non sapeva che cosa l'aspettasse, quale vento avrebbe spinto quelle vele fino a lei, su quale riva l'avrebbe portata, né sapeva se sarebbe stata una scialuppa o un vascello a tre ponti, carico di angosce o pieno di felicità fino ai bordi.-
Avevo sempre pensato che mi aspettasse una scialuppa di paure e desolazione, ma adesso che sapevo che la mia nave era colma di felicità solo grazie a Misha, che era un vascello a tre ponti in cui vivere in tutta calma con le persone che amo, tutto sarebbe andato bene. Non sarebbe finita come per Emma.
Non sarebbe finita come avevo sempre pensato sarebbe andata. Sarebbe finita bene. Lo sapevo, sarebbe finita meravigliosamente, e lo sapevo perché avevo accanto Misha, avevo accanto Julia e avevo accanto due nuovi amici, e tutto sarebbe andato bene. Anche se stavo ancora male, se mi sentivo pesante e dolorante, niente mi teneva ancora legata alle catene della paura che mi trascinavano nelle oscure profondità della sofferenza.
Sollevai lo sguardo e guardai negli occhi Misha, gli chiusi il libro tra le mani e lo appoggiai a terra
“Ti amo.” Gli dissi
“Ti amo.” Rispose lui, mi spostò una ciocca di capelli e la mise dietro ai capelli “Più di quanto mi piaccia ammettere, sei importante per me, ti amo come non ho mai amato prima.”
Lo baciai ancora e lui ricambiò, rimanemmo ad assaporare le nostre labbra per minuti interi che sembravano ore, delle ore stupende, stringendoci l’uno contro l’altra, alzai di nuovo lo sguardo
“Fai l’amore con me.” Dissi guardandolo e accarezzandogli la guancia ruvida
Non c’era mai stato bisogno di chiederlo ma forse in questo momento c’era bisogno di parole, avevo bisogno di abbracciarlo e sentire il suo petto sopra il mio e sentire i baci e le carezze, cercare i suoi occhi e tuffarmi dentro quell’oceano blu e ridere, e dirgli quanto lo amavo, dirgli quanto avessi bisogno di stringere le sue mani e baciare le sue labbra.
Mi baciò forte, aveva capito perché gliel’avessi chiesto. Mi baciò ancora.
Cominciai a spogliarlo guardandolo negli occhi e beandomi del suo sorriso comprensivo, mi baciò il collo e poi la clavicola, mi tolsi la camicia e lui mi slacciò il reggiseno, ancora non capisco come riesca a farlo così in fretta, io stessa ci metto interi minuti con i cangi.
Gli strinsi le braccia attorno la schiena nuda e strinsi Misha contro il mio petto, percorrevo con le dita il solco tra le sue scapole e sorridevo guardandolo negli occhi cobalto, lui si perdeva nei miei scuri e finalmente felici. Entrambi respiravamo affannosamente, io mi mordevo le labbra mentre lui continuava a stringermi le mani e baciarmi dolcemente, e mi facevo amare e facevo l’amore come non l’avevo mai fatto, lo facevo piangendo tra la felicità e sorridendo per tutto il dolore lasciato alle spalle. Misha mi guardò
“Perché piangi tesoro?” baciò le mie lacrime
“Perché sono felice, perché ti amo.” Mi strinsi ancora più forte affondando le unghie nella carne della schiena
Mi baciò ancora, in modo passionale e dolce, portai le mani alla sua nuca e affondai le dita tra le ciocche brune.
Scivolò accanto a me abbracciandomi e portando un braccio attorno al mio fianco, mi strinse vicino a sé, arrossì violentemente sotto il suo sguardo premuroso e dolce, strofinai il mio naso contro il suo poi alzai gli occhi e sorrisi
“Sei tu il mio arcobaleno Misha, grazie per esserci.” Mi baciò dolcemente e io mi strinsi al suo fianco abbracciandolo “Grazie.”
Rimanemmo a parlare per tutta la notte, rimanendo abbracciati e guardandoci negli occhi. Parlavamo del futuro, di quello che ci aspettava. Il futuro. Solo quello c’era adesso, non più un passato lugubre e devastante a inseguirci, ma un dolce futuro che sapeva di fiori e cupcakes appena sfornati.
Il nostro futuro. Un futuro che avremmo percorso insieme. 

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Capitolo 23
*** 23. ***


Costrinsi Misha a letto con me per tutto il giorno seguente, non volevo vedere nessuno oltre a lui e volevo solo sentire il suono della sua voce che leggeva i miei romanzi preferiti, e volevo solo sentire la sua schiena sul mio petto e le sue dita sui miei fianchi che mi abbracciavano dolcemente, stringevo le sue mani calde sulla mia pancia e mi voltavo a cercare le sue labbra e i suoi occhi. Non c’era più bisogno di parole, bastava uno sguardo e una carezza per iniziare a coccolarci e a fare l’amore dolcemente e silenziosamente beandoci dei nostri sorrisi e dei baci.
Le uniche parole che riecheggiavano per la mia stanza erano quelle scritte dagli autori famosi, le uniche parole che ci dicevamo Misha e io erano dei sussurrati e dolci -ti amo-.
Con la presenza di Misha riuscì a guarirmi le ferite lasciate da quello straziante processo del giorno precedente.
 

A notte inoltrata, sicuri del fatto che Julia stesse già dormendo, scendemmo in cucina per cercare delle provviste per la notte, come dei tobleroni o della marmellata. Avevamo bisogno di qualcosa di dolce per passare in modo dolce la serata.
Io indossavo la camicia viola di Misha e i calzettoni di lana bianchi con i bordini rossi, tenevo il mio uomo per mano, lui indossava i jeans scuri, l’adorato trench con la cravatta storta che aveva recuperato dalla sua borsa.
Arrivati in cucina nel buio più totale cercammo di prendere dalla dispensa e dal frigor il necessario per sopravvivere
“Hey!” mi chiamò Misha mentre mi sollevavo in punta di piedi a prendere le brioche al cioccolato, mi voltai “L’acqua la prendo?”
“Sisi vai, prendi anche il succo all’arancia. Poi a Julia glielo ricompro.” Acchiappai al volo il sacchetto delle brioche e mi arrampicai sul mobile per arrivare allo scaffale più in alto per prendere la marmellata segreta di Juls
Misha richiuse il frigorifero col piede e mentre uscivamo in punta di piedi carichi di cibo e bevande, venimmo folgorati da tutte le luci della casa.
Non avevamo affatto calcolato che Julia non potesse dormire e che invece stesse guardando la tv con Jensen e il Pada. Tutti e tre ci guardarono trattenendo i sorrisetti ma dai loro volti trapelavano i loro pensieri, il primo a dire qualcosa fu il Pada
“Cosa state facendo?”
Poi intervenne mamma Julia
“Vi sembra l’ora di mangiare?” ci guardò e poi vide il cartone del succo di frutta e la sua marmellata “Kat?” mise le mani sui fianchi
“Va bene mamma!” dissi “Ti ho rubato il succo e la marmellata, scusami.” Sorrisi colpevole
“Scusa Misha,” Jensen lo guardò “come mai sei con addosso il trench, la cravatta e dei jeans?”
Anche Misha sorrise colpevole
“Non lo so.” Guardò i ragazzi
“È un’ora un po’ assurda per mangiare marmellata questa.” Disse Jared
“Mica ce la mangiamo.” Dissi sorridendo e corsi per le scale con il sacchetto di brioche che si stropicciava rumorosamente “Stai zitto stupido sacchetto!” urlai poi mi sporsi dall’angolo delle scale “Misha ti muovi?”
Misha sorrise e poi lo sentii
“Emh… Ciao!” e corse su, si lanciò sul letto tenendo le bottiglie tra le mani
Risi e chiusi la porta, appoggiai i viveri sulla scrivania e guardai Misha che mi sorrise
“Quindi non la vuoi mangiare la marmellata?” chiese  
Aprii il barattolo e presi con l’indice un po’ di conserva viola di mirtilli e mi avvicinai
“No!” gliela spalmai sul naso “Te la spalmo in faccia.”
Mi guardò sconcertato e poi rise di nuovo
“Credevo che avessimo smesso di giocare col cibo…”
“MAI!” urlai e gli riempii la faccia di marmellata
Mi afferrò per le braccia e mi rovesciò sotto di lui e mi baciò riempiendo così anche me di marmellata
“Ma guarda cosa combini, ora sono piena di marmellata anche io.” Mi baciò ancora
Finita la nostra piccola lotta cominciammo a parlare
“Sai Misha,” sospirai sdraiandomi al suo fianco “ho sempre pensato di non poter avere niente di buono in questa vita ma,” lui mi ascoltava ed entrambi guardavamo il soffitto “ma poi sei arrivato tu. Mi hai fatto sentire bene. Hai sopportato ogni mio pianto, ogni mia crisi, anche se non eri tenuto a farlo. Mi hai salvato quando stavo per morire, mi hai salvato dal mostro e mi hai salvato da me stessa. E, ancora una volta, sono felice di ringraziarti per stare al mio fianco, e starci come un amico, oltre che come amante.”
Rimase in silenzio per qualche secondo poi chiuse gli occhi e mi baciò la guancia
“Dovevo salvarti, dovevo farlo perché dal primo giorno che ti ho vista entrare sul set, timida e spaventata da quella novità, da quel muoversi frenetico, mi sono innamorato di te. Del tuo modo di tirare dietro l’orecchio le ciocche di capelli, del tuo sorriso timido e del tuo modo di ripetere di aver capito a ogni cosa che ti dicessero. Mi sono innamorato di te con uno sguardo, ho notato subito quella ragazza impacciata che teneva i caffè tra le mani che copriva con le maniche della felpa e diceva a tutti di fare attenzione perché era caldo.” Mi abbracciò ancora più forte “Ho dovuto salvarti perché tu mi rendi una persona migliore, sei la mia forza, sei il mio centro, tu sei tutto per me.”
Rimanemmo in silenzio a fissare il soffitto e scaldarci con l’uno tra le braccia dell’altra
“È difficile scrollarsi di dosso qualcosa che è già sotto la tua pelle… e tutto quel dolore farà parte di me per sempre, anche se cerco di non pensarci, il male rimarrà sotto le unghie e tra i miei muscoli, perché il male mi ha circondato da sempre. Il male mi ha sempre distrutto e per quanto cerchi di dimenticarlo, qualche volta tornerà sempre a galla e mi troverai sotto la doccia a piangere o a vomitare per quella marea di ricordi che senza una ragione riaffiorano, vorrai salvarmi anche in quei momenti?” chiesi malinconica
“Io ti salverò sempre.” Si voltò e poi prese il mio volto tra le dita e mi guardò negli occhi facendomi capire che ciò che diceva era la verità “Io non ti lascerò mai sprofondare, non di nuovo. Sono, come mi hai detto una volta tu, la tua ancora di salvezza e stai pur certa che non ti lascerò mai più andare, per nessuna ragione al mondo.”
Guardandolo negli occhi e capendo d’un tratto tutto l’amore che provava per me, che nel mio intimo sapevo che provava ma che non ero mai riuscita ad ammettere perchè convinta che tutto potesse crollare da un momento all’altro, cominciai a piangere. Portai le braccia intorno al suo collo e affondando la testa nella sua spalla cominciai a piangere
“Hey, amore…” mi abbracciò e mi accarezzò i capelli e la schiena
“Io ti amo.” Singhiozzai “Non te lo dico mai abbastanza ma ti amo, ti amo veramente.” Avevo la voce distrutta ma ero felice di essere al suo fianco
Rimanemmo abbracciati e nel dormiveglia fino a che sentimmo bussare alla porta, mi svegliai intorpidita e sbadigliai parlando
“Chi è?” tutte le parole erano confuse
“Sono Jared…” guardai sorpresa Misha come se lui sapesse perché il Pada dovesse disturbare il nostro sonno
“Si?!” chiesi coprendomi per istinto con il lenzuolo del letto
“Julia non trova il suo succo e visto che io e te abbiamo una spesa in sospeso, sei ufficialmente obbligata a vestirti e venire al centro commerciale con me.”
Sia Misha che io rimanemmo a fissare la porta e poi scoppiammo a ridere, non ci potevo credere. Fare la spesa col Pada. Veramente! Quel ragazzo era veramente qualcosa di impossibile. Baciai Misha e poi urlai rivolgendomi al Pada
“D’accordo! Mi doccio e poi andiamo a comprare il succo, però poi mi cucini i pancakes mentre io faccio il frullato di banane.”
“Sisi docciati quanto vuoi! Ti aspetto di sotto.”
 

Un’ora dopo ero in macchina con Jared, aka Alce, aka Il Pada, per andare al centro commerciale a fare la spesa.
Entrammo e prendemmo un carrello, cominciai a buttarci dentro l’impossibile, la maggior parte schifezze e cose surgelate. Invece Jared prendeva frutta e cose decenti da mangiare. Mi obbligò a fare una spesa decente con tutto quello che ci sarebbe dovuto essere dentro un frigorifero normale. Ero indignata del fatto che i sofficini ripieni furono più volte messi al loro posto anche se magicamente ricomparivano nel carrello grazie alle mie doti di distrarre Jared.
La scena era più o meno questa: io prendevo i sofficini e li mettevo nel carrello con un sorriso, Jared tornava con un sacchetto di frutta o verdura, li vedeva e mi guardava poi li rimetteva a posto ma non appena si distraeva, i sofficini ricomparivano sul mucchio di cose mentre io avevo un sorriso colpevolissimo.  
A Jared non restò altro che assecondarmi e farmi comprare l’unica schifezza che non poteva mancare nel mio congelatore.
Parlammo un po’, non mi ero mai aperta così tanto con lui. Preferivo parlare con Jensen perché avevo fatto prima amicizia con lui, ma imparai a conoscere anche il Pada che mi trattava come una sorella e la cosa mi faceva piacere. Adoravo i suoi capelli e cercai di convincerlo a lasciarsi fare le treccine ma non ci riuscii
“Sei una cara ragazza ma non bastano un paio d’ore al supermercato per convincermi a fare una cosa simile.” Rise
“Ma te le faccio quando sono bagnati così poi i capelli ti rimangono tutti mossi, un po’ frisé.” Lo guardai un secondo con un sorriso inquietante
Mi fissava preoccupato e con gli occhi spalancati
“Stammi lontana.” Mi disse e scappò col carrello
Lo inseguii con in mano un cavolfiore
“Ma dove vai! Dai non si rovinano i capelli! Dai! Ti pettino con la spazzola delle bambole, con i denti fini. Non ti faccio male, ti sciolgo i nodi!”
“No! Aiuto!” urlava per i corridoi dei surgelati correndo e spingendo il carrello lanciandosi
“Ma non puoi abbandonarmi con un cavolo in mano!”
Alla fine riuscii a raggiungerlo e poi tornammo alla macchina. Venni messa nel carrello a forza da Jared che mi spinse giù dalla rampa per arrivare al parcheggio sotterraneo e urlai un –ti odio.- mentre il carrello a cui mi tenevo correva giù. Il Pada frenò il carrello e cominciò a ridere
“Vedi, così impari a voler pettinare la mia chioma.”
“Ti farò picchiare da Misha per questo, glielo dico sai.”
Lui cominciò a ridere
“Si dia il caso che ho anche fatto un video su di te e il carrello, credo lo metterò su twitter.”
Adoravo tanto quel gigante, era veramente come un fratello che mi era sempre mancato, anche Jensen lo era ma lui era il fratello protettivo, il Pada era quello scherzoso e scemo con cui lanciarsi con i carrelli.
Insieme preparammo un’ottima cena per tutti quanti.
Io mi occupai dell’aperitivo a base di sofficini ripieni e birra, mentre Jared preparava la pizza. Rimasero tutti stupidi dal modo in cui mi ripresi da tutta quella storia, ma il fatto è che avendo vicine le persone migliori del mondo, non poteva che essere così. Con il mio uomo, la mia migliore amica e i due “fratelloni”, non mi sarei potuta riprendere in modo migliore.
Ed è solo merito loro se la mia vita cambiò totalmente…




Angolo autrice
Hello boys! 
Volevo solo avvertirvi che questo è il penultimo capitolo... ormai la storia è giunta alla fine.
Seguirà tra breve l'epilogo e spero di avervi stupito con questa mia storia
Un bacio a tutte e alla prossima <3 

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Capitolo 24
*** 24. Epilogo ***


“Kat! Muoviti!” Juls urlava camminando su e giù nella piccola sala “Sicuro che riesci ad arrivare in ritardo anche oggi!” entrò spalancando la porta e mi guardò un secondo
Sorrise dolce e corse ad abbracciarmi lanciandomi le braccia al collo
“Ecco, ora mi cola tutto il trucco!” aveva la voce un po’ rotta da un imminente pianto
“Beh.” Dissi indicandomi “Non è una tuta ma mi piace.” Risi
Ma cominciai a piangere anche io e ci trovammo a bere champagne sedute per terra senza che ci importasse che i vestiti si sgualcissero
“E adesso dovrò ubriacarmi solo con lui…” dissi bevendo un sorso dalla bottiglia
“Giuro che se non ci vediamo tutti i giorni come prima, mi incazzo!” disse Julia “Promettimi che ci vedremo, promettimi che faremo le fughe nel nostro vecchio appartamento, ci chiudiamo lì senza che nessuno ci dia fastidio. Misha lo mandiamo a fanculo per qualche ora.” Mi tese il mignolo della mano destra e io lo afferrai con il mio
“Prometto! Nessuno potrà mai dividerci, sei tu il mio vero amore, non te lo scordare!” risi e poi rise anche lei


Erano passati due anni dal giorno del processo e da quando piano cominciai a risollevarmi dalla polvere.
È successo tutto così in fretta tra me e Misha e la cosa ci piaceva molto.
Eravamo a cena meno di quattro ore fa e lui, guardandomi un secondo, mi sorrise
“Vuoi sposarmi?” chiese di botto
Lo fissai sbigottita pensando fosse impazzito ma poi mi lanciai al suo collo atterrandolo e urlando sì. Tutti nel ristorante ci guardarono sconcertati ma poi mi rialzai da Misha, sdraiato a terra che rideva
“Ci sposiamo!” dissi ridendo tra le lacrime al pubblico che ci guardava e quello cominciò a ridere e ad applaudire
Decidemmo tutto di fretta, volevamo fare la pazzia e quella sera stessa prendemmo un volo per Las Vegas per sposarci davanti a Elvis ma cominciarono a venirmi i sensi di colpa per non aver invitato Julia, e Misha, capendo al volo, la chiamò e fece venire subito sia lei che i due amiconi.


Ed ora, eccoci qua. In una piccola sacrestia della cappella di un casinò a ubriacarmi con Juls prima del matrimonio, con una vecchia gonna bianca che mi ero fatta portare, un maglione blu sopra, le scarpe da tennis di Juls e una collana nuova appena regalatami da Misha.
Entrò Jared in jeans e felpa
“Sposa e damigella? Siete pronte?” chiese ma non ricevette risposta “Ragazze?” ci chiamò
“Hey capellone!” lo chiamammo entrambe
Spalancò la porta della piccola sacrestia e ci guardò sbigottito
“Ma cosa fate!” trattenne una risata
“Vuoi bere con noi!” allungai la bottiglia di champagne come per porgerla al Pada
“Voi siete pazze e siete ubriache!” rise e poi ci aiutò ad alzarci
Lo abbracciammo stretto e poi Julia mi portò via la bottiglia di champagne
“Muoviti ubriacona!” sorrise e poi si rivolse a Jared “Come sta il futuro sposo?” chiese
“Emozionato.” Rispose con un sorriso Misha che sbucava dalla porta
Urlai dalla felicità per averlo visto, l’alcol aveva cominciato a fare effetto e mi sentivo su di giri, Juls gli andò incontro
“Ma vattene! Non si vede la sposa prima della cerimonia!” lo spinse via
“Ma se è praticamente in pigiama?! Che differenza vuoi che faccia?” rise mentre se ne andava “Vorrà dire che mentre mi rubi la moglie, io andrò a imboscare con Jensen.”
“Hey!” rispose Jensen che comparve
Sembrava che ci fossimo organizzati per stringerci nella sacrestia della cappella del casinò
“Cosa vuol dire che ti vuoi imboscare con me?” rise Jensen
“Beh, lo sai. Io ti amo.” Rispose Misha “Ora però vado a dire a Elvis che siamo pronti tra cinque minuti.” Mi sorrise e io arrossì sotto quello sguardo amorevole e quel sorriso gentile e perfetto
Juls mi abbracciò ancora e mi baciò stringendomi forte
“Mi mancheranno le tue tette, non potrò più toccartele adesso.” Mi guardò e scoppiò a ridere
“Hey! Sono solo tue dolcezza.” Ammiccai, le presi le mani e le spinsi contro il mio seno “E poi a me mancherà il tuo culo. Ora è solo di John!”
 

Avevamo deciso da due anni, da due settimane dopo il processo, di trasferirci nelle case dei nostri uomini. Juls viveva con John e io con Misha e nella sua bellissima casa. L’appartamento non l’avevamo venduto, lo tenevamo per le fughe, per le cene e per ubriacarci insieme senza che nessuno ci disturbasse. Avevamo troppi ricordi tra quelle mura, tra quei mobili, in quel giardino.
Non potevamo separarci definitivamente dalla nostra casa. Con quelle camera una di fronte all’altra, con il bagno azzurro, con le scale strette e con la loro brutta tappezzeria sulle pareti, con il salotto con la moquette, dalla cucina appena rifatta con il frigorifero rosso, con il giardino più lungo che largo con la siepe che ci girava attorno. Con quei ricordi tristi e con quei ricordi bellissimi. La nostra amicizia si era sempre più unita in quella casa, forse era la casa o forse solo noi ad esserci amate sempre di più e supportate nei momenti difficili.
Era la nostra casa, quella di una vita e non l’avremmo mai data via. Ci serviva per ricordarci chi eravamo e chi saremmo state.
 

Jensen guardò la scena tra me e Juls
“Questa cosa è molto lesbo…” e sorrise malizioso
Lo guardai
“Tanto lo sanno tutti che oltre a Julia e a Misha nessuno potrà mai avere questo magnifico corpo!” si ero abbastanza brilla
“D’accordo tesoro!” Juls mi abbracciò ancora “Io vado, ti aspetto sotto l’altare.” Mi strinse la mano e si portò via Jared
“Ti aspettiamo tutti sotto l’altare, spero solo che Misha non sia scappato!” scherzò il Pada
“Figurati!” lo rimbeccò Jensen “Quello la ama più di quanto dica in giro.” E sapevo che era vero perché anche io lo amavo più di quanto riuscissi a dirglielo in un minuto, era tutta la mia vita
Jensen mi avrebbe accompagnato all’altare, era stato il mio primo amico sul set, dopo Misha, e volevo che fosse lui a consegnarmi nelle mani di mio marito.
Mi abbracciò forte e io affondai la testa sulla sua spalla, mi accarezzò i capelli
“Grazie Jensen.” Gli dissi aggrappandomi alla sua felpa
“E di cosa!” mi guardò negli occhi e mi sorrise “Muoviti ragazzina. Mica vogliamo ripetere la scenata dell’Alaska!” scherzò
Lo guardai e scossi la testa
“Sei proprio scemo!” gli diedi una pacca e poi uscimmo dalla piccola saletta
Avevo il cuore in gola e mi mancava il respiro quando vidi Misha accanto a Elvis/prete. Il mio uomo mi tese la mano e io l’afferrai stretta, per non lasciarla mai più. Finalmente, grazie a lui, grazie a Juls, grazie a Jensen e Jared, avevo ricominciato a vivere serenamente e più innamorata che mai. Innamorata di un uomo perfetto e che provava gli stessi sentimenti per me, lo amavo veramente tanto.
E poi ci scambiammo le promesse, prima lui
“Io ti amo e amo il tuo sorriso, amo i tuoi casini e amo il tuo modo di risolverli, amo il tuo caffè e amo i tuoi occhi, amo i tuoi capelli e il profumo che lasci sulle lenzuola. Qualsiasi cosa ci riserverà il futuro, che sia brutta o bella, io ti amerò e sarò sempre pronto a proteggerti.” Più volte si era fermato a prendere fiato e a soffocare le lacrime che scorrevano invisibili sulle sue guance
Julia piangeva dall’emozione come una fontana  e anche io cominciai mentre stringevo quelle mani caldi e confortanti, lo guardai negli occhi turchesi
“Grazie, grazie per esserci stato quando stavo affondando nel buio, grazie per avermi amato e per proteggermi, grazie per essermi stato amico prima che essere stato un amante, e grazie per avermi reso una persona migliore.” Mi morsi le labbra e mi asciugai le lacrime e cercai di reprimere i singhiozzi convulsi “Io ti amo.”
E poi ci baciammo, mi strinse le mani intorno alla schiena e io affondai le dita tra i suoi capelli, non potevo credere che ci eravamo sposati, non potevo credere che la mia vita fosse migliore di quella che avevo sempre creduto sarebbe stata.
Lo baciai tra le lacrime e adoravo sentire le sue labbra sulle mie e la sua barba che mi sfregava le guance, adoravo tutto di lui, perfino i suoi scatti di gelosia e i suoi comportamenti immaturi e la sua forza, la sua capacità di farmi ridere anche se qualche volta tornavo a sentirmi male, mi bastava sentirlo vicino, mi bastava il suo abbraccio e tornava il bel tempo, lui spazzava via le tempeste della mia vita.
E mi sentivo al sicuro e mi sentivo io. Per la prima volta, in molti anni, mi sentivo amata nel modo più giusto e più bello.
 

Sono passati altri due anni dal matrimonio a Las Vegas, Julia si è sposata con John e si amano alla follia, sono stata la sua damigella, come lei è stata la mia.
Io vivo felice con il mio Misha e il nostro Caleb, il piccolo e strillante bambino nato da sei mesi. Misha lo adora. Quando lo ha visto per la prima volta si è sentito svenire ma, per fortuna, non l’ha fatto. Caleb, che ha gli occhi e il sorriso del padre, gli ha stretto il pugno intorno al dito e non lo lasciava più, come per appropriarsi di quell’uomo stupendo.
Misha si è steso accanto a me tenendo il piccolo sul petto e mi ha detto che questo momento non l’avrebbe dimenticato mai e che noi saremmo stati per sempre.
E così è. Viviamo nella villa di Misha, la nostra villa e ora faccio la scrittrice di sceneggiature, non è come fare la regista ma mi piace, mi piace molto!
Finalmente, il mio arcobaleno sta brillando nel cielo della mia vita ed è solo grazie al mio uomo. Il mio amore, la mia salvezza a cui porto ancora il caffè quando vado a trovarlo sul set e a cui mi piace stringermi forte e dirgli che lo amo e lui mi prende, mi fa sedere sulle sue gambe, mi bacia e mi sussurra
“Anche io tesoro, ti amo.”
E mi sento scoppiare dalla felicità, mi sento raggiante e mi sento viva.






Angolo autrice
Ciao a tutti.
Sto piangendo a rileggere questo ultimo capitolo.
E' stata la mia primissima storia a cui ho dedicato tantissimo, più di tutte le altre. E' quella che mi rappresenta di più e che ha una parte di me tra le parole che ho scritto. 
Alcuni capitoli sono stati difficili da scrivere, per me, e forse da leggere, per voi. Ma avevo la sensazione che scrivendo una storia come questa sarei riuscita a realizzare un po' di me stessa. E poi tutti sanno che io amo Misha Collins (anche se lui non lo sa)
Spero che vi sia piaciuta :) 

Grazie tantissimo a chi a messo la storia tra le seguite
6anita9; haven;  Lachelle Winchester;  Lellalellalella; Nerea_V e tata3lella. 
Un bacione grande <3

Grazie di cuore a chi ha messo la storia tra le preferite 

BananildeCaptainKonnyFaye_Valentine; tata3lella

Un grande abbraccio e bacione a 
Nerea_V che ha letto questa storia dal primo capitolo e ha recensito ogni singolo capitolo, mi mancheranno le tue recensioni in questa storia :( 
e un bacio a 
Lachelle Winchester che ha cominciato a leggere anche lei la mia storia e mi ha fatto capire che le piaceva e che si è appassionata.
Grazie a voi due ragazze.
Okay, sono in lacrime. Avrei voluto scrivere altri 100 capitoli... <3
Un bacio

 

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