Maple Café

di elyxyz
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***
Capitolo 5: *** Capitolo V - epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


Maple Café

Note introduttive: Mi sono chiesta spesso come sia successo, come sia stato il loro incontrarsi... amo molto la famiglia Hughes, e non rielaborerò mai la perdita di Maes!
Per scrivere questa storia, ho attinto ad informazioni sia dal manga sia dall’anime, sincerandomi che fossero plausibili. Credo di esserci riuscita, malgrado questa sia la mia personale interpretazione dei fatti, è credibile.

 

Dedicata a Flavia,

La miglior zia che una ficcina neonata possa avere.
E ad Andrea e Anna, per il supporto morale.

Grazie.

 

 

Maple Café

by elyxyz

 

Capitolo I

Maes varcò la soglia, facendo tintinnare i campanelli sopra la porta d’entrata e osservando distrattamente la raffigurazione stilizzata di un grande acero.
“Un caffè lungo. Ordinò all’omone che stava dietro al bancone del bar. Poi si guardò intorno.
Aveva l’imbarazzo della scelta, il piccolo locale era pressoché vuoto. Un po’ per quell’ora strana, - le persone normali erano già al lavoro da un pezzo, i bambini ormai a scuola -, e un po’ perché quel posto era appena stato inaugurato, solo tre giorni prima, quindi non possedeva ancora una sua clientela fissa.
Lasciò vagare lo sguardo fuori dalla finestra, oltre la vetrata impeccabilmente pulita. Central City continuava a vivere normalmente, grosso formicaio senza requie.
Una donna con le buste della spesa sul marciapiede, un cane randagio che annaffiava un lampione, un barbone che chiedeva la carità, all’angolo tra Main Street e Maple Avenue.
Eppure non riusciva a rilassarsi. Ripensò alla lettera che gli bruciava nella tasca interna della divisa. A ciò che gli era stato detto quella mattina.
Convocato negli alti uffici del Quartier Generale. In quella zona non c’aveva mai messo piede, manco per sbaglio.
Grado, nome, matricola. Ecco cosa gli era stato chiesto.
“Prepararsi a partire per il fronte. Attendere istruzioni.” Gli avevano detto, congedandolo.
E forse era anche peggio, così. Restare nel limbo dell’attesa.
Roy sarebbe partito entro tre settimane, però a lui era stata fissata fin da subito una data certa, e così pure la destinazione. Gli Alchimisti di Stato, le armi umane, erano entrati in guerra da poco.
Questo conflitto sembrava infinito. Da quanto durava? Anni? Secoli? Millenni? E loro avevano il compito di concluderlo, possibilmente in fretta. E adesso toccava anche a lui, benché il suo apporto sul campo di battaglia fosse ben misero, al confronto.

“Questo lo offre la casa. La tazzina di ceramica tintinnò, a contatto col legno lucido del tavolo.
Maes sollevò gli occhi, incrociando quelli ridenti di una giovane donna bionda.
Lei gli spinse un po’ più vicino anche un piatto con sopra una fetta di crostata di mele.
“Omaggio della casa. Ripeté, sorridendogli garbata.
Si ritrovò a boccheggiare, a corto di parole.
I-io... grazie. Balbettò, impreparato.
“Aveva un’espressione così triste e malinconica, che non ho potuto resistere.” Si giustificò lei, annuendo alla volta del dolce. “Ma non c’è niente che un pezzo di torta non possa migliorare. Spiegò, come se fosse stata una filosofia di vita.
Hughes si scoprì ad annuire, la gola secca. E a ringraziarla, ancora e ancora, per questa sua gentilezza.

Così era iniziato il suo rituale, in attesa di partire per il fronte.
Ogni mattina, prima di andare in ufficio, passava al Maple Café a fare colazione, a scambiare due chiacchiere con lei. Col tempo avrebbe imparato a chiamarla ‘Glacier’, a darle deltu’, e a scherzarci perfino insieme. Sempre sotto lo sguardo vigile di Tom, lo zio di lei, che incuteva un certo timore reverenziale, non fosse altro perché somigliava in modo impressionante (capelli esclusi) al Maggiore Armstrong, quell’energumeno commilitone, l’Alchimista Nerboruto.


Continua…

Disclaimers: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

 

 

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


Maple Café

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Capitolo II

“La vedi? E’ lei!” sussurrò Maes, braccio intorno alle spalle del suo migliore amico.
“Che cazzo bisbigli a fare?!” lo prese in giro Mustang, torcendo il collo in modo assurdo, data la posizione scomoda.
Effettivamente, aveva un che di surreale, tutto ciò.
Loro due, appollaiati da cinque minuti buoni sul marciapiede al di là della strada, intenti a fissare come due maniaci le vetrine del Maple, con la speranza di...
“Dannazione, Roy! L’hai passato o no il controllo medico oculistico?! Ti hanno considerato abile, mi sembra!”
“Non temere, amico mio, non ti impallinerò mai il culo coi miei guanti... ci scherzò su il compare, che nel frattempo aveva ripreso a scrutare le vetrate.
“E’ la biondina?” chiese, per esserne certo.
“Sì, sì! E’ lei!” s’infervorò tutto.
“Ma
è grassa come una balena! Ed è pure vecchia!; Maes, per la miseria, che gusti del cesso che hai!” sbottò, scandalizzato.
“Non. Lei.” Ringhiò, offeso. “Quella è sua zia!”
L’Alchimista di Fuoco sospirò teatralmente, ma sinceramente sollevato.
“Mi hai fatto prendere un colpo, vecchio mio! Lo so che l’amore è cieco, ma nel tuo caso sarebbe stato anche orbo!” malignò, ghignando.
Hughes scosse la testa, semirassegnato.
“Tu sei l’ultimo che dovrebbe parlare! La tua amichetta dell’altro giorno... no, dico... sai che cos’è la pedofilia?!
“Era maggiorenne!” si difese prontamente. “Non lo sembrava, ma lo era!”
“Non cambierai mai, eh?”
“Ma scherzi?!” un sorriso malandrino gli fiorì sulle labbra, in modo dannatamente seducente. “Il giorno in cui, disgraziatamente, dovesse succedere, sarai autorizzato a prendermi a randellate, parola mia!”
“Uhm... me ne ricorderò. S’annotò mentalmente, riconcentrandosi poi sul loro obiettivo primario. “Ma adesso goditi la visione celestiale di quell’angelo disceso in terra... gli afferrò saldamente la mandibola squadrata, perché orientasse la testa - per l’ennesima volta - verso il bar.
Ma entrambi fissarono solo qualche avventore e il gigantesco Tom, intento a spillare birra scura.
“Roy! Maledizione! Non la vedo più!” guaì, imprecando sottovoce contro il compagno, per averlo distratto con le sue inutili chiacchiere.
“Non è forse la tipetta carina che ti sta salutando lì, dall’altra parte del vetro, vicino alla porta?” chiese retorico, gustando a piene mani dell’imbarazzo di Maes, che stava letteralmente andando a fuoco.
“Ci sta facendo segno d’entrare. Lo informò Roy, casomai i suoi neuroni fossero morti tutti.
“Oh, cavolo! E adesso che faccio? CHE FACCIO?!” colto dal panico, iniziò a straparlare.
“Beh, entriamo, no?” si risolvette, serafico. “Prima respira, però. Il color cianotico non ti dona particolarmente.”
“Roy, se mi farai fare una brutta figura o, peggio ancora, se fai il cascamorto con lei, sappi che morirai impotente. Lo minacciò, e forse non scherzava.
Mustang ebbe il buongusto di non toccarsi in posti intimi per scaramanzia, poiché stavano attraversando la via principale di Central City, ed era l’ora di punta.
“Ehi, fratello! Non mi sognerei mai! Quindi non ti permettere assolutamente di fare intimidazioni così catastrofiche! Vuoi che sia proclamato Lutto Nazionale?!
Hughes sorrise, anche se aveva un’espressione sempre più rimbecillita, a mano a mano che s’avvicinavano all’ingresso.


Continua…

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Precisazioni al capitolo precedente: forse è vero, sì. Non credo d’aver mai letto una fic su come sia cominciata la storia tra Maes e Glacier! Sono felice di aver dato l’input! ^__^

Ad ogni modo, non è stato il film ad ispirarmi, ma due scene dell’anime, quella in cui Maes porta ad un Roy distrutto dalla guerra una torta fatta ‘dalla sua fidanzata’ e quella in cui Maes porta Ed a festeggiare il compleanno a casa sua, e Glacier aveva preparato dei dolci invitanti.

Non so, lei mi dà l’impressione di essere una donna che ama far torte… ^ç^

Il parallelo con Winry, a cui alcuni di voi hanno accennato, non lo capisco. (Ma è colpa mia >.<) L’unico riferimento è quella promessa sul fatto che Al deve ritornare umano, per mangiare una sua torta. E’ per quello?

In origine, lo zio Tom l’ho immaginato come il marito di Izumi (altro tipo mingherlino, eh?! ^__=) ma sarebbe stato impossibile ricondurlo ai nostri protagonisti, invece Alex è una persona che conoscono bene.

Non vi anticipo nulla sulla trama, anche perché questa fic è breve. (Cinque frammenti, come indicato nel riassunto.)

 

 

Nota di servizio: avendo ripreso a lavorare, sono fuori casa da mattina a sera, quindi la stesura del prox cap di It’s raining va a rilento. Mi auguro di poter postare sabato. Ma non prometto nulla. Scusate! Ç__ç


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Capitolo 3
*** Capitolo III ***


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Capitolo III

“Togliti di dosso quell’aria da pesce lesso, per cortesia!”
“Sono felice, che diavolo vuoi che ci faccia?”
“Ti prego, Maes! Ne va della mia reputazione! Che diranno le mie donne, vedendomi camminare con una triglia di fianco?”
“Diranno che è la triglia più felice di Amestris!” esclamò, gongolando. “Di’ che è la ragazza più bella, buona, fantasmagorica che tu abbia mai incontrato!”
Il giovane Alchimista si concesse qualche istante di silenzio, fingendo di pensarci su, per tenerlo sulle spine.
“Sai che mi piace proprio?!” scherzò, simulando serietà.
Eppure gli occhi improvvisamente dilatati, con un velo di terrore autentico, di fronte a lui, lo fecero sentire un po’ in colpa, per questa sua cattiveria gratuita.
“Intendo dire... aggiustò il tiro “che penso sia proprio la tipa giusta per te. Credo ti voglia davvero bene... anche se non ti ama ancora. E sono certo tu abbia delle ottime possibilità, con lei.”
Lo sentì sospirare sonoramente, come se avesse trattenuto il fiato per dei minuti interi.
“Sì, vecchio mio. Glacier è la donna che fa per te. Quindi, muoviti a farle la corte, e a scopar- sposartela!”
Udì l’amico spasimare, affranto. “E adesso che c’è?!
“La fai facile, tu!” sbottò, pulendosi gli occhiali, con una cura meticolosa che non aveva mai posseduto.
Roy comprese che faticava a guardalo negli occhi. “Stiamo per partire per la guerra... che garanzie potrei darle? Non so nemmeno se tornerò vivo!”
“Stupido idiota!” lo rimproverò, arrabbiato per davvero. “Sei l’unica famiglia che ho! Quindi riporterò te e quel tuo cervello vuoto a casa! Anche a costo di trascinarti per le orecchie da Ishbar a Central! Fosse l’ultima cosa che faccio!” urlò, quasi furibondo.
Maes sorrise triste. “Grazie.”
“Prego.”


Continua…

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Il colore del titolo: uhm… forse avrei dovuto specificarlo prima, ma dopo la terza persona che me lo fa notare… è bene chiarire che il titolo non ha un colore uniforme. Maple è il colore di una varietà di acero (poiché maple, in inglese è acero) e Café ha il color del chicco di caffè dopo la tostatura. Sono due tonalità che si assomigliano, lo so. Ma non sono la stessa cosa.

 

Precisazioni al capitolo precedente: terrò conto dei vostri consigli. Potrebbe anche esserci, in futuro, un cap di It’s raining che si riallaccia a Maple Café, perché no?

Avevo già riguardato l’anime per scrupolo, prima di scrivere, e Glacier è bionda, come anche nel film.

La battuta “no, dico... sai che cos’è la pedofilia?!” mi ha fatta ghignare per mezz’ora, mentre la scrivevo, perché sì, avevo in mente un certo biondino^^.

(Però non mi ero accorta di aver creato un precedente nei gusti di Roy! O_O Questo vuol dire che a lui piacevano anche ragazze molto giovani – che sembravano giovani – e non solo Fagiolini malcresciuti! ^__=)



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Capitolo 4
*** Capitolo IV ***


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Capitolo IV

Entrò nel pub, cercandola con ansia. Però lei non c’era. Tom gli portò il solito caffè lungo, prima ancora che lo chiedesse, abitudine consolidata nella quotidianità di quei mesi.
Lo sorseggiò piano, ma si scottò ugualmente la lingua. In realtà non se ne accorse neppure.
Nella tasca destra del cappotto, carta rovente bruciava contro il suo fianco. Ma stavolta le lettere erano due.
Una di Roy, un Roy che aveva scritto quattro pagine traboccanti falsità. Lo conosceva troppo bene, fin da quando erano bambini, per non capire che quell’allegria era fasulla dalla prima all’ultima riga. Senza contare i dispacci, politicamente manovrati, Maes credeva molto più alle altre missive, più realistiche e attendibili, inviate dai suoi commilitoni che avevano il disperato bisogno di sfogarsi con qualcuno, anche a costo di spaventare i propri cari. E parlavano di soldati che perdevano la ragione, di massacri, di cose inenarrabili.
E anche lui era terrorizzato, non tanto perché poteva toccargli quella sorte, ma atterrito dalla possibilità che Mustang, il giovane e scanzonato Mustang, potesse rimanerne irrimediabilmente traumatizzato.
A volte se lo sognava, di notte, un uomo ritornato dai campi di battaglia che faticava a riconoscere, un Roy semimpazzito, un Roy di sicuro sconvolto, dagli orrori che aveva visto, che aveva vissuto, che aveva creato. Perché sì, in quanto Alchimista di Stato, non era certo rimasto con le mani in mano...
Il suo inconscio dava forma alle sue paure più recondite. E lo sapeva, Maes, che erano solo sogni, solo incubi. Ma talvolta sembravano così veri! E poteva sentirne quasi il sapore, l’odore di presagio.
Ma adesso avrebbe potuto vedere coi propri occhi, sincerarsi che quel testone stesse bene, che tutto avesse una quasi parvenza di normalità.
La carta frusciò, a contatto con le sue dita affondate nella stoffa pesante.
La seconda epistola era in realtà un telegramma. “Presentarsi entro due giorni STOP Quartier Generale Est STOP Destinazione Ishbar STOP Divisione VI Reparto III STOP”
L’aveva letto così tante volte da saperlo ripetere a memoria. Se chiudeva gli occhi, vedeva ancora le parole telegrafate sul foglietto che aveva stropicciato a furia di tastarlo.
E così ora toccava pure a lui. Con un ritardo spaventoso, certo.
Roy era partito, in un giorno caldo di primavera. E lui aveva atteso.
Un mese, due, che poi erano diventati tre. Ed era arrivata l’estate, e poi era passata. E adesso erano in inverno. Nove mesi. Nove dannati mesi e quel dannato tarlo che rosicchiava i suoi nervi, aspettando un maledetto messaggio che forse non sarebbe mai arrivato.
“Abbiamo perso tanti uomini”, sentiva dire, o meglio sussurrare, tra i corridoi della caserma. “Ma ormai la guerra sta finendo.”
E lui voleva crederci, lo voleva disperatamente, ma non si illudeva. Finché non avesse riabbracciato quell’idiota di Roy Mustang, avrebbe indugiato col fiato sospeso e una vita in bilico. Una vita a metà.

“Questo lo offre la casa. Si sentì dire, come quel giorno di dieci mesi prima.
E fissò la fetta di torta e il sorriso innamorato di lei.
E stavolta fu la sua tasca sinistra a bruciargli contro la gamba.
La donna si chinò a sfiorargli le labbra con le proprie, accarezzando distrattamente la barba del giorno prima.
“Avevi un’espressione così triste e malinconica, che non ho potuto resistere.” Recitò, come prevedeva il copione, ogni mesiversario, da che si erano messi insieme.
Lui sorrise, senza riuscire a nasconderle del tutto la sua preoccupazione.
“C’è qualcosa che non va?” chiese Glacier, accomodandosi al suo fianco, lungo la panca di legno.
“Dov’eri finita? Non ti ho vista, entrando. Domandò invece lui, vezzeggiandole la mano piccola e sottile, adagiata sul tavolo.
“Stavo riordinando il ripostiglio. E’ arrivato il rifornimento dei liquori. Gli spiegò, con semplicità. “Dimmi, cosa c’è?” ripeté, annegando negli occhi dorati e preoccupati del suo uomo.
“Io...” sfilò il biglietto sgualcito e glielo consegnò. Perché nessuna sua parola, neppure tutti i discorsi che si era preparato in quelle ore, niente sarebbe servito a rendere tutto ciò meno doloroso.
Lei impallidì, portandosi la mano a coprire la bocca, reprimendo a fatica l’istinto d’inorridire.
“Oh, Maes!” gemette. Sebbene fosse conscia che, mettendosi con un militare, sarebbe potuto succedere. Erano in tempo di guerra, dopotutto, e Hughes non ne aveva mai fatto mistero.
Quando le cose tra loro due si erano fatte serie, avevano avuto un lungo colloquio. E si era parlato di progetti, di futuro, ma anche di trincee. “Se mi chiameranno, io partirò.” Le aveva detto, scuro in volto e mortalmente serio. “Ho giurato di difendere il nostro Paese e quindi di proteggere anche te.”
E lei s’era ritrovata ad annuire, in quel momento come allora, mentre anche nel presente lui ripeteva quelle medesime parole.
Una lacrima silenziosa le solcò il viso.
“Promettimi solo che tornerai, e io ti aspetterò. Sussurrò, cercando di sorridergli incoraggiante. Un coraggio che in realtà non provava.
Maes sospirò, raccattando a fatica la propria, di risolutezza.
Non seppe mai come, ma le porse la scatolina vellutata, blu notte con la scritta in oro.
Se torn-
Lo interruppe, scotendo il capo biondo con furia, escludendo a priori quelle parole.
Quando
tornerò...” ritentò lui, e la voce gli tremava leggermente “vorresti sposarmi, Glacier?”
Lei deglutì un groppo di lacrime amare ed emozione, pigolando un “Sì” che udì solo lui.
Hughes le infilò al dito l’anello di fidanzamento e sorrise felice, per la prima volta, in quella lunga giornata. Adesso non aveva più un solo scopo, bensì due: riportare a casa quello scapestrato di Roy - il suo inconsapevole testimone di nozze - e la propria pellaccia, perché la sua adorabile futura mogliettina lo aspettava in trepidante attesa.
“Mi scriverai?”
“Ti scriverò.”
“Una lettera al giorno?”
Lei rise. “Una montagna di lettere!”
“Ti amo, lo sai?”
Glacier assunse un’espressione deliziosa. “Me lo dici ogni istante...”
“Ma
ora non sarà più possibile.” Si rammaricò. “Bisogna provvedere.”
“E come?”
L’uomo sollevò il capo con aria guardinga, scrutando il locale semivuoto.
“Dov’è tuo zio?”
La ragazza lo imitò nella ricerca.
“Nel retro, credo. Si risolvette a rispondere.
“Bene!” ghignò. “Chiudi gli occhi.”
“Cosa?”
“Gli occhi. Chiudili.”
E lei eseguì, seppur con una certa apprensione.
“Ora puoi aprirli!” le fu detto, mentre la calda mano di lui copriva nuovamente la sua. Il diamantino incastonato brillava di luce propria, sotto i riflettori delle lampade del soffitto.
Glacier si ricoprì nuovamente la bocca spalancata, ma per una ragione diversa.
“Lo zio ti ucciderà. Lo sai, vero?” lo informò, trattenendo a stento la voglia di ridere.
“Beh, se adempie al suo scopo, ne sarà valsa la pena!” decretò, pratico.
Scrutarono entrambi la piccola incisione sul bordo del tavolo.
Un Ti amo’ inscritto in un cuore approssimativo.
“Così, ogni volta che verrai a pulirlo, ti ricorderai di me!” esclamò, con espressione furfante.
“Sciocchino! Non potrei comunque scordarmi di te...” lo rimproverò bonariamente, accarezzando il legno intagliato.
“Corri a dire a Tom che adesso te ne vai...” le consigliò. “E’ la mia ultima serata libera, vorrei passare ogni minuto con te.”
Lei non oppose resistenza. Si limitò ad annuire, sistemandosi la gonna stropicciata della divisa da cameriera.
“Vado a cambiarmi.”
E poi volarono fuori, stretti nei cappotti, mentre l’aria gelida si condensava tutt’attorno a loro.
Andarono incontro alla notte, incontro ai dubbi... e al loro amore, come unica certezza.


Continua…

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Questo capitolo è il più lungo, per compensare la brevità del precedente ed è il frammento che ha più significati impliciti. Se riuscirete a coglierli e a dirmeli, ne sarò felice, altrimenti li chiarirò nel prossimo postaggio che sarà l’ultimo, purtroppo. Ç__ç

 

 

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Precisazioni al capitolo precedente: perdonate se non ho potuto dare precise anticipazioni, ma era per non rovinarvi la lettura di questo frammento.

Come avete visto (e vi avevo anticipato all’inizio), questa fic attinge sia all’anime che al manga.

Il Roy distrutto dalla guerra è la rappresentazione onirica di Maes, ma si rifà alla puntata in cui lui gli porta la famosa torta della fidanzata e trova un Mustang che è l’ombra di se stesso, deciso a riportare indietro coloro che ha ucciso, violando il tabù alchemico. Però ho deciso di farlo partire per il Fronte, come è accaduto nel fumetto.

 

Per Rika88: sì, quando Maes parte, è già fidanzato con Glacier.

Per Roy Mustang sei uno gnocco: sì, le tue informazioni credo siano corrette. Ma non è che pensasse di già proprio a Ed, diciamo che si stava preparando la strada! ^__=
Per Neverwinter: generalmente non rispondo persona per persona, principalmente perché le risposte finirebbero per assomigliarsi… di solito ringrazio in modo unico, generico, ma fortemente sentito! *__* (Vi voglio un mondo di bene, miei recensori! ^__=)

Se invece un commento contiene una specifica domanda, allora mi rivolgo ad un lettore specifico, replicando ad hoc.

 

Ok, credo sia tutto. In caso, chiedete!




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Capitolo 5
*** Capitolo V - epilogo ***


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Capitolo V - epilogo

“Vedi, Elicia? Qui è dove il tuo papà ha chiesto alla mamma di sposarlo. Le spiegò Maes, sollevando la piccina da terra, perché potesse vedere il vecchio tavolo di legno consumato.
La bimba gattonò sul ripiano. “E questo?” chiese, indicando l’incisione di tanti anni prima.
“Questo, l’ha fatto papà. Per dire alla mamma che le voleva taaanto taaanto bene!”
“Anche io ti voglio taaanto taaanto bene, papy! Posso farlo sulla tavola in cucina?”
“No tesoro, non puoi. Papà non sarebbe contento, se rovinassi quel mobile.”
“Anche lo zio Tom non è stato contento?”
“No, non è stato esattamente contento, per questa mia idea.” Confessò l’uomo, grattandosi la nuca al ricordo.
“Ti ha messo in castigo? Cosa ti ha detto?”
Maes fece una faccia buffa.
“Mi ha sgridato con tante parole difficili, che tu non puoi capire. E poi me le sono dimenticate...”
“Ma
ti ha perdonato?”
“Sì, mi ha perdonato.” La rassicurò. “Difatti mi ha permesso di sposare la mamma!” concluse allegro, abbracciando la sua adorata mogliettina, che gli sorrise di rimando, divertita.
“Io invece me le ricordo bene, quelle parole difficili!” gli sussurrò Glacier all’orecchio, prima di allungarsi a baciarlo.


Fine

Disclaimers: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

 

Ecco. Siamo al capolinea. E non dovrei dirlo, ma mi dispiace che sia finita. Amo incredibilmente Maes, e la famiglia che si è formato. Non so quando, ma mi piacerebbe scrivere ancora su di loro.

In realtà, ho un paio di bozze pronte da più di un anno, una raccolta dal taglio un po’ particolare… ma non so quando la completerò.
(La mia ispirazione fa ciò che vuole, chissà se capiterà! >.<)

 

 

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Precisazioni al capitolo precedente: rispondendo ad una domanda: dal manga, ho ipotizzato che Roy sia arrivato al Fronte prima di Maes. Perché appare più esperto, più a suo agio. E poi gli dice un: “Allora ci sei anche tu?” come a significare: “Sei arrivato?”
E’ una mia libera interpretazione, ma coerente con l’originale.

 

Ho notato con piacere che avete colto praticamente ogni significato implicito, illustrando anche teorie interessanti. Come detto, i nove mesi non sono casuali. E’ il tempo di una gestazione, un tempo d’attesa, paure e speranze, di gioia e di ansia. Nove mesi di attesa, proprio come in una ‘gravidanza a rischio’. (Il rischio di partire/di morire).

Tutte quelle sensazioni che Maes ha provato, sapendo Roy al fronte; col dubbio di dover attendere una chiamata lui stesso, diviso tra ansia e amore per Glacier.

Senza contare che sì, nove mesi è il tempo che Roy passa in bilico, tra vita e morte.

E’ molto bello ipotizzare addirittura ad un preludio della nascita di Elicia, davvero bello! *__*

Così come il diamante che rappresenta amore puro e duraturo.

Un diamante è per sempre, eh? XD

E poi nove mesi sono un tempo decente per chiedere ad una donna di sposarti!
(1 mese è escluso, se pensiamo che si siano appena conosciuti).

Il richiamo a Harry Potter, al discorso di Molly, lo trovo realmente calzante!

E poi mi piaceva l’idea atmosferica. Sì, avete profetato.
Roy parte ‘in un giorno di primavera di sole’ (=speranze, futuro, prospettive, la primavera è l’alba della vita e delle speranze, no?)
Maes attende e attende. Passa l’estate che sfiorisce (tempo buttato via, il meglio sta passando, meglio nel senso di stagione del raccolto, l’estate simboleggia la pienezza, no?)
Arriva l’inverno. Sente freddo dentro e fuori.
L’inverno è la stagione dell’aridità, dove tutto muore o dorme, in attesa di un risveglio che arriverà solo molti mesi dopo.
La scelta delle due tasche si riallaccia all’esordio della fic, quando il messaggio era uno solo, per far intendere una ciclicità, ma nello stesso tempo una progressione.

Non dimentichiamo che Maes è entrato lì dentro, la prima volta, semisconvolto da quel preavviso di partenza. E ora che la partenza è imminente, è come se un cerchio si chiudesse.

E poi due tasche della stessa giacca, a simboleggiare il presente e il futuro, a portata di mano. Cosa è più a portata di mano di una tasca, dove affondare le dita?

Tra l’altro, la tasca simboleggia calore e rifugio, soprattutto nei mesi freddi. Ed esse bruciano, per due ragioni diverse…

Ecco, io ci ho visto tutto questo, e anche qualcos’altro, ma è meglio che la smetta qui.

Potete anche dirmi che la gente normale non ci trova mica tutti questi sottintesi e che mi sono fumata qualcosa di strano! ^^’’

(Non mi offendo mica... >.<)

 

(Anche molti miei caps di It’s hanno significati così impliciti; ma se stessi a sviscerarli ogni volta, farei un’enciclopedia o un trattato filosofico! >__<)

 

 

Di questo capitolo ho poco da dire, se non che mi immagino Glacier orfana e che vivesse con gli zii. Ed ecco perché Maes ha chiesto a zio Tom la sua mano.
Ho sempre avuto quest’impressione, molto prima di fare questa storia.

 

 

Ok, credo sia tutto. In caso, chiedete!



Ringrazio di cuore per i commenti alla mia ultima fic: Would you like...? Siete sempre gentilissimi! ^//^



 

 

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