Seven Spells

di Billie_Jean
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Accio ***
Capitolo 2: *** Oppugno ***
Capitolo 3: *** Alohomora ***
Capitolo 4: *** Expelliarmus ***
Capitolo 5: *** Incendio ***
Capitolo 6: *** Lumos ***
Capitolo 7: *** Diffindo ***
Capitolo 8: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Accio ***


Capitolo 1 - Accio

Louis Tomlinson sapeva di essere bello, e non è che se ne vantasse; era nato con una faccia da copertina, un sorriso irresistibile, due occhi magnetici e aveva un fisico da urlo, e ne prendeva atto senza darci troppo peso. Inoltre, Louis non era affatto viziato, solo molto determinato ad ottenere ciò che voleva; e poco importava se questo si estendeva alla prevaricazione di prepotenza – se Louis ci aveva messo sopra gli occhi, era suo di diritto.

 

Quel giorno il giovane e talentuoso cacciatore Serpeverde aveva fatto il suo ingresso nella Sala Grande portando con sé un'aura di morte e apocalisse che aveva rapidamente creato il vuoto attorno a lui, facendo scappare tutti i primini schiamazzanti nell'arco di due o tre metri. Il suo sguardo dardeggiante era rivolto al tavolo di Tassorosso, dove una ben nota chioma riccioluta sedeva a cavalcioni della panca, praticamente in braccio alla cloaca divoratrice meglio nota come Niall Horan, che stava imboccando di ali di pollo fritte.

 

Harry disse qualcosa e Niall rise forte, con la bocca ancora piena; e il Grifondoro si chinò a baciarlo, incurante della salsa appiccicosa che gli era colata sul mento. Louis represse a stento un conato di vomito, costringendosi a distogliere lo sguardo. Assolutamente disgustoso.

 

-È disgustoso- dichiarò deciso, non appena Zayn si fu seduto accanto a lui. Questi sospirò rassegnato, prima di replicare.

 

-Buongiorno a te, Louis- fece, sarcastico -Deduco che hai saputo la notizia?-

 

Il Serpeverde lo fulminò con un'occhiata assassina, digrignando i denti.

 

-Sì- ringhiò -Ed è scandaloso. Cosa diavolo ci trova Harry in uno come Horan?-

 

Zayn fece spallucce, servendosi una porzione di uova e salsiccia come se la cosa non lo riguardasse. Come se l'accoppiamento di Harry Styles e Niall Horan non fosse la più grande tragedia che Hogwarts, ma che dico, l'umanità, avesse mai dovuto affrontare.

 

-Pensavo che ti fosse passata, questa cotta per Harry- fu la risposta del Corvonero, che fece spalancare gli occhi di Louis di indignazione pura.

 

-Non ho mai avuto una cotta per Harry- sibilò, guardandosi intorno per accertarsi che nessuno avesse sentito -Penso solo che sia un crimine che delle labbra come le sue si sprechino per quello sfigato di Horan-.

 

Zayn gli lanciò un'occhiataccia e Louis maledisse tutto il suo albero genealogico per avergli dato un cugino – seppur di quinto o sesto grado – che se la faceva con gli sfigati della scuola.

 

-Niall non è uno sfigato- protestò; come volevasi dimostrare -anzi è piuttosto simpatico, ed è molto bravo a Quidditch; magari è per questo che a Harry piace- aggiunse l'ultima frase con una malizia che aveva imparato ad utilizzare in quegli anni passati in compagnia di Louis, e poco ci mancò che il Serpeverde gli saltasse al collo; se c'era qualcosa di cui andava fiero, era il suo talento nel volo, e non accettava che Zayn insinuasse che fosse inferiore a quella mammoletta di Horan.

 

-Sai- replicò malignamente, un ghigno sul viso -Da come ne parli si direbbe che sei tu qui, ad avere una cotta per Horan, quindi non disturbarti a ringraziarmi, quando avrò fatto in modo che Harry lo molli: sarà un vero piacere-.

 

Louis si dedicò alla sua colazione, sogghignando tra sé e sé al vedere il rossore diffondersi sulle guance rasate di Zayn, che lo fissava a bocca aperta.

 

*

 

Louis sbuffò sonoramente, roteandosi la bacchetta fra le dita e tenendo lo sguardo fisso sulla porta del bagno in cui Harry Styles era scomparso più di dieci minuti prima. Teneva fra le mani un quaderno dalla copertina consunta che portava il nome del ricciolino, e che aveva provveduto ad Appellare poco prima, in biblioteca; non era stato facile farlo senza che Harry se ne accorgesse ma hey, il marchio Tomlinson era garanzia di successo dal 1991.

 

Finalmente la massiccia porta di legno si schiuse cigolando sui cardini e ne emerse Harry, tutto intento a scombinarsi la chioma castana; Louis si raddrizzò e mise su la sua migliore espressione accattivante, tirando un angolo della bocca e sfoggiando il suo sguardo da conquista. Harry tuttavia non parve notarlo, e il Serpeverde si schiarì la gola, contrariato.

 

Il Grifondoro si voltò sorpreso, e Louis fece un passo avanti.

 

-Ciao- gli disse, fissandolo dritto negli occhi -Credo che questo sia tuo. Ti è caduto prima in biblioteca- disse.

 

Harry abbassò lo sguardo perplesso, e un lampo di comprensione balenò nei suoi occhi quando riconobbe il quaderno che gli stava tendendo.

 

-Oh!- esclamò -Accidenti, che sbadato, non me n'ero neppure accorto- Louis gli sorrise gentilmente, il suo volto una maschera di innocenza -Grazie mille. Louis giusto?-

 

-Giusto- confermò -Perdonami se ti sembro invadente, ma non ho potuto fare a meno di notare che hai qualche difficoltà in Pozioni, o mi sbaglio?- proseguì, con tono gentile. Dire che aveva delle difficoltà era un eufemismo: aveva letto i suoi appunti e in ogni pagina Harry aveva scarabocchiato punti interrogativi e commenti su quanto fosse incomprensibile quello che aveva appena scritto.

 

Per tutta risposta, Harry arrossì violentemente.

 

-Hai letto il mio quaderno?- sbottò, e Louis inarcò le sopracciglia, sorpreso.

 

-Ho solo dato un'occhiata- si difese -Per capire di chi fosse-.

 

Harry lo squadrò dubbioso, poi afferrò il quaderno dalle sue mani e lo cacciò nella borsa con malagrazia. Louis non si lasciò turbare dalla piega inaspettata che aveva preso il suo piano, e proseguì, accomodante:

 

-Posso aiutarti se vuoi. Sono molto bravo in Pozioni- disse.

 

Harry lo squadrò dall'alto in basso per qualche secondo, con fare dubbioso, poi scosse il capo.

 

-No grazie- fece -Sei stato molto gentile a riportarmi il quaderno, ma non ho bisogno di aiuto. Ci si vede- e lo liquidò così, incamminandosi lungo il corridoio. Louis rimase a fissarlo per qualche secondo, con la bocca spalancata, senza capacitarsi di quello che era appena successo; Harry l'aveva rifiutato?

 

-Che cosa?- strillò sbigottito, la voce più acuta di almeno due ottave. Harry si voltò sorpreso in mezzo al corridoio e Louis arrossì leggermente, dandosi dell'idiota per non aver messo filtri tra bocca e cervello. Ora il Grifondoro lo stava fissando come se fosse stato pazzo, e questo non combaciava esattamente con il piano per conquistarlo che si era prefissato. Si schiarì la gola, imbarazzato.

 

-Insomma- borbottò -Speravo davvero avresti accettato il mio aiuto- disse, cercando di rimediare al danno che aveva commesso. Harry incrociò le braccia, guardandolo dritto in faccia, e replicò:

 

-Senti Louis, non è che non apprezzi la tua gentilezza, davvero. Ma so cosa si dice in giro, e so che non fai mai nulla senza che ci sia sotto un tornaconto vantaggioso per te; per cui scusami, ma questa volta passo-.

 

Harry voltò nuovamente i tacchi e Louis rimase a bocca aperta, effettivamente ammutolito davanti al plateale disinteresse, peggio, disprezzo del ragazzo nei suoi confronti; e rimase a fissarlo come un ebete, mentre il suo tornaconto vantaggioso spariva lungo il corridoio.

 

*

 

Louis non sapeva cosa fosse peggio: se la vista di Harry che pomiciava con Niall davanti a tutta la Sala Grande all'ora di cena, o le risate sguaiate di suo cugino e il suo migliore amico che gli facevano venire voglia di affogarli entrambi nel Lago Nero prima che avessero finito il purè. Ma perchè, si chiese, si ostinava a uscire con i Corvonero?

 

-Scusa Louis, ma questa è proprio bella- disse Liam asciugandosi una lacrima dovuta al troppo ridere, mentre Zayn singhiozzava con il volto nascosto nell'incavo del gomito -E ti ha lasciato così, senza fare altro?- domandò retoricamente, scosso da un altro attacco di ilarità mentre Zayn ululava dal ridere. Louis lo fulminò con un'occhiataccia, puntandogli contro il cucchiaio della zuppa.

 

-Lo vedi questo, Payne?- sibilò. Liam inarcò un sopracciglio, divertito.

 

-Louis, la paura dei cucchiai mi è passata quando avevo nove anni, lo sai- gli disse, ridacchiando ancora.

 

-Anche se te lo ficco su per il culo, simpaticone?- ringhiò il Serpeverde, estraendo la bacchetta. Liam impallidì, memore della volta in cui Louis lo aveva minacciato di appenderlo dalla torre di Astronomia in mutande – e l'avrebbe fatto, non fosse stato per il tempestivo intervento pacificatore di Zayn – e si zittì.

 

Louis riprese a mangiare, soddisfatto che l'ordine delle cose fosse stato ristabilito, e attese che anche Zayn avesse finito di ridere.

 

-Comunque- annunciò, sicuro di sé -Questo non è che un piccolo incidente di percorso. È chiaro che Harry si è trovato spiazzato dalla mia presenza lì, e non ha saputo come tenere a bada le sue emozioni senza risultare scortese; ma non è un problema, so esattamente cosa fare-.

 

Zayn sbuffò un'altra risata e Louis lo guardò infastidito.

 

-Finirà malissimo per te Lou, se non la smetti di metterti in mezzo- gli disse, con tono di chi la sa lunga. Per tutta risposta, il Serpeverde levò il mento, scegliendo l'indifferenza elegante come migliore arma di replica; ma Zayn proseguì -Harry sta con Niall e non vorrà mai mettersi con te, fidati-.

 

Louis continuò a ignorarlo e rimestò la sua zuppa di fave con il cucchiaio, ignorando il sapore amaro che gli aveva improvvisamente riempito la bocca. Harry si sarebbe messo con lui, punto e basta; l'indomani avrebbe messo in azione il suo nuovo piano, corretto e rivisto, e il Grifondoro sarebbe stato suo: ne era certo.


Salve a tutti! Torno sulle lande di EFP con una mini-long che dovrebbe contare circa sette capitoli. Ovviamente è ambientata a Hogwarts (perchè sto amle fisicamente se non scrivo una AU) e conterà, all'incirca, sette capitoli. Può essere letta come una specie di seguito a "A Christmas Tale", anche se alcuni dettagli sono stati modificati; ad ogni modo, spero vi piaccia; fatemi sapere cosa ne pensate, e grazie mille anche solo se leggete!
Un bacione :D

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Capitolo 2
*** Oppugno ***


Capitolo 2 - Oppugno


***

 
Se avessero mai istituito un premio per la fiducia in se stessi, Louis era certo che avrebbe vinto primo, secondo e terzo posto. E non solo: probabilmente avrebbero anche dato il suo stesso nome, a quel premio; perché mentre si dirigeva verso la biblioteca di Hogwarts e ascoltava i suoi passi fieri risuonare nel corridoio deserto, Louis Tomlinson si sentiva invincibile.
 
Canticchiando un motivetto tra sé e sé, il ragazzo oltrepassò madama Pince nell'ingresso della biblioteca, e cominciò a percorrere le corsie di scaffali polverosi, certo che avrebbe presto trovato quello che stava cercando. Infatti, proprio sotto la finestra che separava la sezione “Malattie Magiche” da “Mammiferi Mutaforma”, seduto ad un tavolo carico di libri, si trovava la persona che, ormai da qualche tempo, era divenuta la sua ossessione.
 
Louis aveva passato l'ultima settimana a studiare in dettaglio ogni gesto, spostamento e abitudine di Harry Styles – era arrivato perfino ad appostarsi accanto al bagno del terzo piano, per accertarsi che il ragazzo andasse sempre lì dopo le lezioni di Incantesimi – e poteva ormai dirsi un esperto della vita del giovane Grifondoro. Harry studiava sempre in biblioteca tra le cinque e le sei, tranne il weekend; e poiché Niall aveva l'allenamento di Quidditch dalle cinque alle sette quel giorno, Louis era piuttosto certo che l'onnivoro Tassorosso sarebbe stato fuori dai piedi per un po'. Abbastanza a lungo da consentirgli un'ammaliante chiacchierata con Harry.
 
Zayn aveva riso di lui, e della sua caparbietà nei confronti della questione Narry – un nome ridicolo per una coppia orripilante, aveva commentato il Serpeverde – e lo punzecchiava in continuazione sulla sua fantomatica cotta per Harry. Louis scuoteva il capo ogni volta, basito davanti all'inettitudine del cugino che proprio non voleva capirlo, che quel ragazzino, per lui, non rappresentava che una sfida. Una delle tante conquiste, uno dei trofei che dimostravano che Louis Tomlinson poteva avere tutto quello che voleva; che Louis Tomlinson vinceva, sempre.
 
Il Serpeverde raggiunse il tavolo e si piazzò dritto davanti a Harry, schiarendosi la gola per attirare la sua attenzione. Il ragazzo, che stava scribacchiando annoiato sul foglio di pergamena che aveva di fronte, alzò lo sguardo, piantando i limpidi occhi verdi in quelli di Louis. Corrugò le sopracciglia, infastidito.
 
 -Sì?- fece, con tono seccato. Louis rimase a fissarlo, come imbambolato, per qualche secondo; poi Harry inarcò un sopracciglio e il ragazzo si riprese, imbastendo frettolosamente un sorrisetto sicuro.
 
 -Heilà- gli disse -Non ti dispiace se mi siedo qui, vero? È tutto pieno-
 
Harry si guardò intorno nel locale semi-deserto e tornò a guardare Louis, che sostenne il suo sguardo con fare innocente, nonostante il calore che si stava diffondendo in zona orecchie.
 
 -Non c'è nessuno qui- fece notare, ma Louis fece spallucce e si sedette di fronte a lui, spostando in un solo gesto metà dei libri che occupavano il piano del tavolo e incrociando le braccia, sporgendosi verso Harry.
 
 -Fa niente- replicò -Si studia meglio in compagnia e, fattelo dire, tu hai l'aria di avere un bisogno disperato di un'anima viva-
 
Harry lanciò un'occhiata al fantasma della Dama Grigia che fluttuava nella corsia accanto e sbuffò una risatina; Louis però non fece in tempo a godersi il moto di soddisfazione che l'aveva pervaso – l'aveva fatto ridere, ormai erano praticamente in confidenza – che Harry recuperò la facciata burbera, scoccandogli un'altra occhiata irritata.
 -Devi proprio?- chiese, retoricamente; Louis annuì allegramente e il Grifondoro scosse il capo sbuffando, e riprese a scribacchiare sul suo compito.
 
Louis si prese un attimo per osservarlo. I capelli ricci gli ricadevano in continuazione sulla fronte, e Harry non faceva che scostarseli con uno scatto del capo che scombinava non solo le sue ciocche, ma anche l'equilibrio ormonale del Serpeverde; inoltre, il ragazzo aveva la terribile abitudine di umettarsi con la lingua il labbro inferiore, con il risultato che Louis faticava a tenere gli occhi sul suo libro in favore di un incessante ping-pong visivo tra il suo compito e il volto del ragazzo che aveva di fronte.
 
Gli concesse qualche minuto di tregua, poi Louis sbuffò sonoramente e si piegò in avanti, stendendosi sul tavolino con le braccia incrociate e posandovi il mento. Fissò Harry, che lo ignorava con decisione, con un sorrisetto sul viso, finché il Grifondoro non riuscì a concentrarsi e gli rivolse l'ennesima occhiata irritata.
 
 -Si può sapere cosa vuoi?- sbottò, senza preoccuparsi di risultare maleducato. Louis gli sorrise apertamente, prima di rispondere:
 
 -Solo fare due chiacchiere con te, Harry-.
 
 -Si da il caso che io stia studiando- replicò seccamente il ricciolino, facendo per riprendere a scrivere; ma Louis posò una mano sul suo libro e richiamò nuovamente la sua attenzione.
 
 -Si da anche il caso che non te ne freghi nulla, di quello che stai studiando- disse, e trattenne un sorriso trionfante al rossore che tinse le guance di Harry -Per cui puoi anche smetterla di fingere che io non sia un'alternativa migliore-.
 
Se le sopracciglia di Harry si fossero inarcate di più, probabilmente sarebbero schizzate sul soffitto. Il ragazzo sembrò sul punto di dire qualcosa, poi scosse il capo come per schiarirsi le idee.
 
 -Se ti do retta, poi te ne vai?- sospirò rassegnato. Louis si concesse un ghigno soddisfatto, prima di replicare:
 
 -Certo. A meno che non sia tu a chiedermi di restare-.
 
Harry alzò gli occhi al cielo e si abbandonò indietro sulla sedia, incrociando le braccia e fissando Louis con aspettativa.
 
 -Bene, sentiamo allora- disse -Di cosa vuoi parlare?-
 
Louis si ritirò dalla sua posizione stravaccata e si raddrizzò, posando i gomiti sul tavolo e il mento sulle dita intrecciate.
 
 -Di te, per esempio- rispose, ignorando l'occhiata perplessa che Harry gli lanciò -Cosa ti piace fare, sogni nel cassetto, scheletri nell'armadio... quella roba lì, insomma-
 
 -E perchè vorresti saperlo?- replicò con astio il Grifondoro. Louis alzò le spalle mantenendo una facciata di casuale indifferenza, mentre tutto quello che avrebbe voluto fare era correre da lui, afferrarlo per le spalle e scuoterlo violentemente finché non gli avesse spiegato per filo e per segno per quale motivo stesse ancora con Niall Horan.
 
 -Non puoi rispondere e basta?- disse invece, battendo nervosamente un piede per terra. Tra le tante cose che non capiva di Harry Styles, assieme al suo inspiegabile cattivo gusto in fatto di ragazzi, figurava la sua decisa testardaggine. Accidenti, poteva rivaleggiare perfino quella di Louis!
 
Harry lo squadrò per un po’, ma alla fine si abbandonò all’ennesimo sospiro rassegnato, e cedette.
 
 -Mi chiamo Harry Styles, ho sedici anni e vengo da Holmes Chapel. Ho un gatto che si chiama Molly, una sorella e faccio schifo in Pozioni- disse con tono annoiato, poi gli rivolse uno sguardo di sfida –Contento adesso?-
 
Louis arricciò il naso, simulando il disgusto.
 
 -Davvero non sai fare di meglio?- lo canzonò. Esitò un attimo, poi aggiunse –Il tuo ragazzo sarà felice di sapere che non lo hai nemmeno incluso tra le informazioni base su di te-.
 
Harry lo fissò negli occhi e Louis trattenne il fiato, chiedendosi se non si fosse spinto troppo oltre.
 
 -Che diavolo c’entra Niall in tutto questo?- sbottò Harry. Louis si morse delicatamente il labbro, maledicendosi per non essere in grado di formulare un solo pensiero coerente sotto lo sguardo penetrante del ragazzo. Settimane di preparazione mandate a quel paese da un paio di occhi verdi; bel lavoro, Tomlinson.
 
 -Dicono che quando una persona è innamorata, non smette mai di parlare dell’altro- le labbra di Louis risposero da sole, senza lasciare al suo cervello il diritto di veto sulla stronzata che aveva appena fatto. Harry sgranò gli occhi e Louis arrossì violentemente, tutto il suo proverbiale autocontrollo disperso da qualche parte tra la voglia di saltare addosso al ragazzo che aveva di fronte e l’istinto contrastante di fuggire da lì il prima possibile, pregando che il Grifondoro si dimenticasse tutto.
 
Guardandolo in attesa che dicesse qualcosa, Louis poteva praticamente vedere gli ingranaggi del suo cervello lavorare senza sosta, mettendo insieme i pezzi; e quando un lampo di comprensione balenò negli occhi del ragazzo, gli ci volle tutta la sua forza di volontà per non puntargli contro la bacchetta e strillare un incantesimo che gli avrebbe cancellato per sempre dalla memoria quel suo grosso errore.
 
Gli occhi di Harry si ridussero a due fessure, mentre il ragazzo chiudeva con uno schiocco il grosso libro che aveva di fronte e raccattava le sue cose, gettandole nella borsa alla rinfusa.
 
 -Non ti permetto di fare certe insinuazioni- sibilò –Ma grazie mille della chiacchierata, è stata davvero illuminante- aggiunse con tono di scherno, balzando in piedi e allontanandosi a grandi passi.
 
Louis inspirò violentemente e, ignorando platealmente ogni fibra del suo corpo che gli strillava di fermarsi e restare dove si trovava, mollò lì tutte le sue cose e si catapultò fuori dalla biblioteca, all’inseguimento del ragazzo.
 
 Harry era già a metà del corridoio, quando lo raggiunse.
 
 -Harry aspetta!- esclamò. Il ragazzo lo ignorò, così Louis lo afferrò per un braccio, costringendolo a voltarsi. Harry lo fulminò con uno sguardo di fuoco, liberandosi dalla sua presa con uno strattone.
 
 -Che diavolo vuoi ancora, Tomlinson?- esclamò –Mi piombi in mezzo ai piedi mentre cerco di studiare, dici di voler sapere qualcosa di me e poi ti metti a giudicare la mia vita sentimentale; ma chi ti credi di essere, si può sapere?-
 
Louis lo guardò negli occhi con decisione, rifiutando di lasciarlo stare finché non avesse capito che era lui, ad avere ragione.
 
 -Dico solo che siete una pessima coppia!- sbottò, scoprendo finalmente le sue carte –Se solo lo capissi anche tu, che Horan non ti merita per niente. Tu puoi avere di meglio, Harry!-
 
Harry era diventato talmente rosso che Louis si chiese distrattamente se non sarebbe esploso direttamente, insieme alla vena che pulsava minacciosa sul suo collo. Non aveva mai pensato che un ragazzino potesse intimidirlo a quel modo, ma sotto lo sguardo feroce del Grifondoro, Louis si fece piccolo piccolo, mordicchiandosi il labbro nervosamente.
 
 -E sentiamo- Harry stava praticamente ansimando dalla rabbia –Saresti tu, l’alternativa? Perché preferirei andare a letto con la piovra gigante, piuttosto che uscire con te anche solo una volta-.
 
Louis si era sempre vantato della sua imperturbabilità. Prendeva tutto alla leggera e non si era mai lasciato condizionare dalle critiche che spesso gli venivano mosse, perché era convinto che, se voleva avere successo nella vita, prevaricare gli altri ogni tanto fosse necessario; e se qualcuno gli dava dello stronzo di tanto in tanto, non era che un invidioso, da guardare con sufficienza dall’alto della sua strada e oltrepassare senza fare commenti.
 
Ma quando Harry gli voltò le spalle, dopo avergli gridato in faccia il suo disprezzo, Louis poté percepire distintamente qualcosa che si spezzava, dalle parti della sua cassa toracica; come in trance allungò un braccio e chiuse le dita attorno al maglione del ragazzo, rifiutandosi categoricamente di lasciarlo andare a quel modo.
 
Harry si voltò di scatto, lo sguardo acceso da un’ira quasi folle; estrasse la bacchetta con un gesto fulmineo e la puntò contro Louis, che non ebbe il tempo per fare altro che sgranare gli occhi dalla sorpresa prima che le labbra di Harry si muovessero veloci.
 
 -Oppugno!- strillò. La vetrinetta accanto a Louis esplose in una pioggia di schegge e tutti i trofei che vi si trovavano schizzarono verso di lui, che lasciò andare il maglione di Harry per proteggersi il viso; e mentre si rannicchiava sul pavimento, cercando tentoni la propria bacchetta per porre fine a quel casino, il ragazzo si rese conto che nonostante il metallo e il vetro che gli graffiavano la pelle, quello che faceva più male era il dolore lancinante nel petto, alimentato dall’eco dei passi di Harry che si allontanava di corsa lungo il corridoio.
 
 

***

 
 
 -Non dirò che te l’avevo detto- la voce puntigliosa di Zayn suonò come un trapano nelle orecchie di Louis, che strinse la presa sulla forchetta fino a far divenire bianche le nocche –Ma te l’avevo detto-.
 
Il suono dell’argenteria che veniva scagliata nel piatto risuonò con un clangore, e Louis si voltò di scatto verso il cugino.
 
 -Bene, bravissimo. Avevi ragione, contento?- sbottò. Recuperò la sua forchetta con un gesto di stizza e infilzò una patata, infilandosela in bocca tutta intera. La verità era che aveva un groppo in gola che si rifiutava di svanire, e Louis strinse forte le palpebre per impedirsi di perdere il controllo e cedere al pizzicore che gli irritava gli occhi. Sentì Zayn sospirare profondamente e lo vide, con la coda dell’occhio, scuotere il capo.
 
 -Lou, sarebbe tutto molto più facile se tu non fossi così pieno di te, lo sai?- gli disse, e Louis incassò le spalle e chiuse gli occhi, chiedendosi che cosa avesse spinto il mondo ad avercela con lui, quel giorno. Prima Harry che non solo l’aveva rifiutato, ma si era premurato di scagliargli addosso un’intera vetrina di trofei, poi Zayn che gli faceva notare che era il suo carattere, il problema; cos’altro mancava alla lista del “Come distruggere l’autostima di Louis Tomlinson in meno di dodici ore”?
 
 -Louis!- lo strillo acuto di Lottie fece voltare mezza Sala verso la ragazzina che marciava spedita verso il fratello, e Louis nascose il capo tra le mani gemendo disperato. Lottie si fermò davanti a lui con le mani sui fianchi e un cipiglio così simile a quello di sua madre che il ragazzo – con una certa vergogna - non poté fare a meno di sentirsi intimidito dalla dodicenne.
 
 -Che vuoi, Lottie?- bofonchiò riportando la sua attenzione sulle patate lesse nel suo piatto, e costringendosi a ignorare lo sguardo penetrante della sorella. Sembrava volerlo perforare da parte a parte.
 
 -Di un po’, è vero che hai aggredito Harry Styles fuori dalla biblioteca, oggi?- esclamò. Louis alzò il capo di scatto, sgranando gli occhi sgomento.
 
 -Che cosa?- fece, la voce più acuta di un’ottava –È stato lui ad aggredire me, mi ha scagliato contro una vetrinetta di trofei!- esclamò con foga, incredulo.
 
 -Dopo che tu gli hai detto di lasciare Horan per mettersi con te!- precisò Lottie incrociando le braccia, e Louis si fece paonazzo mentre tutto il tavolo di Corvonero, nel raggio di due o tre metri, ridacchiava origliando.
 
 -Si può sapere che diavolo vuoi da me, Lottie?- sibilò il ragazzo, pregando che anche la ragazzina avrebbe abbassato la voce. Non c’era proprio bisogno che tutta la scuola venisse a sapere del suo clamoroso fallimento, anche se da come ne parlava sua sorella, era probabile che tutti ne fossero già al corrente.
 
 -Solo dirti che sei stato un idiota- fu la pronta replica di Lottie, che si andò ad aggiungere immediatamente alle dieci migliori stoccate infisse alla sua autostima –E che, se me lo chiedono, io dirò che non ti conosco. Buonanotte-.
 
Louis abbassò il capo e si chiese cosa avesse fatto di così terribilmente sbagliato, per meritarsi tutto quell’odio. E, alla faccia dell’unità famigliare, sua sorella aveva ereditato da lui tutta la schiettezza e la sottile crudeltà Serpeverde; se non ne fosse stato vittima, sarebbe stato senz’altro molto fiero di lei.
 
Tra le frecciatine generali dei suoi compagni e sotto lo sguardo indecifrabile di Zayn, Louis spinse da parte il suo piatto; gli si era chiuso lo stomaco. Si alzò in piedi, concedendo al cugino un cenno del capo in segno di saluto e si avviò verso la porta della Sala, percorrendo il corridoio che separava il tavolo dei Corvonero da quello dei Tassorosso.
 
Sussultò quando incrociò lo sguardo di Harry, seduto accanto a Niall; e proprio mentre gli passava accanto, il Grifondoro si premurò di afferrare il suo ragazzo alla nuca, incurante della coscia di pollo che ancora stava masticando, e lo coinvolse in un bacio mozzafiato, gettandogli le braccia al collo e stringendolo a sé. Socchiuse gli occhi quanto bastava per fissare Louis dritto nei suoi, oltre le spalle dell’ignaro Tassorosso; e il ragazzo deglutì, oltrepassandoli a capo chino e accelerando il passo, certo che questa volta, neppure il suo autocontrollo di ferro avrebbe retto il colpo.


***
 

Salve a tutti, bentornati se avevate già letto, benvenuti se siete nuovi :)
Innanzitutto, grazie mille a tutti quelli che hanno messo la storia fra le seguite, le preferite o le ricordate, e a chi ha lasciato una recensione; leggere quello che pensate è importantissimo per me, e fa schizzare 
alle stelle il morale, l'ispirazione, e la voglia di scrivere *_*

In questo capitolo, il povero Louis prende un sacco di botte, morali e fisiche :P
Insomma, anche un duro come lui, prima o poi crolla...
Come immagino che vi siate accorti, il titolo di ogni capitolo rappresenta un incantesimo che potrebbe essere utilizzato dai personaggi, come potrebbe avere un significato figurato di quello che succede nella storia; vediamo se indovinate quale sarà il prossimo che userò :P Vi dico solo, che le cose potrebbero prendere una piega diversa da come sono andate fino ad ora. (Molto criptico e inutile, ma non odiatemi)
Un altro grazie va alla mia NinaWho del cuore, che ha pazientemente betato e dato un parere su questo capitolo, nonostante detesti il fandom per cui scrivo; tanta pace e amore, e se vi piace Assassin's Creed, andate a leggere le sue storie.
Vi lascio, spero tanto che questo capitolo vi sia piaciuto; come al solito, vi amerò alla follia se leggete, vi costruirò un altarino dorato se recensite: davvero, ogni fan writer sa quanto sia bello ricevere un feedback sul proprio lavoro, quindi se avete letto fino qui, mi piacerebbe sapere il vostro parere sulla storia.
Basta, sono logorroica: vi lascio davvero, grazie mille, buon anno, buona Pasqua, pace, amore e tanto Larry.
Al prossimo capitolo! 
Billie Jean xxx

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Capitolo 3
*** Alohomora ***


Capitolo 3 - Alohomora

***



Niall inspirò a fondo l’odore di fresco e pulito che aleggiava nello spogliatoio annesso al campo da Quidditch, godendosi la sensazione di piacevole spossamento che accompagnava ogni doccia post-allenamento con la sua squadra. Come al solito era rimasto per ultimo, lasciando che gli altri si lavassero per primi perchè non aveva alcuna fretta di tornare al castello; Josh era rimasto ad aspettarlo, e nello spogliatoio non c’era nessun altro.
 
Si frizionò energicamente i capelli con l’asciugamano, poi lo gettò sulla panca con un sospiro soddisfatto. L’allenamento era andato bene, la squadra era pronta e l’imminente incontro con Serpeverde non faceva più così paura; dopotutto, anche se erano primi in classifica, le serpi avevano parecchie falle nel loro schema di gioco, e Niall aveva fatto in modo che tutta la sua formazione ne fosse ben al corrente.
 
S’infilò il maglione facendoselo passare dalle braccia, e quando riuscì a fare capolino con la testa, scoprì che Josh lo stava fissando di sottecchi, come se lo tenesse d’occhio. Niall inarcò un sopracciglio.
 
 -Che c’è?- chiese. Josh abbassò immediatamente lo sguardo e le sue guance si tinsero di rosa, confermando il sospetto che avesse qualcosa da dirgli.
 
 -Nulla- si affrettò a rispondere il battitore, senza guardarlo negli occhi. Ma Niall lo conosceva fin troppo bene per non sapere che, con un poco di insistenza, Josh saprebbe capitolato.
 
 -Avanti- Niall incrociò le braccia –Cosa c’è?-
 
L’amico evitò accuratamente il suo sguardo, allacciando con cura eccessiva le stringhe delle scarpe da tennis che indossava.
 
 -Niente davvero. Solo, pensavo l’avresti presa peggio- disse, così piano che Niall quasi non lo sentì. Il ragazzo corrugò la fronte, perplesso.
 
 -Di che stai parlando?- lo interrogò. Josh lo fissò per qualche secondo, incredulo. Poi, appurato che la sua confusione fosse sincera, divenne di un bel rosso Pluffa e scosse il capo, imbarazzato.
 
 -Io pensavo… niente, a questo punto niente- borbottò, ficcando le protezioni da Quidditch nella borsa e raccando la sua roba, pronto a tentare la fuga verso l’entrata dello spogliatoio. Niall però, fu più veloce; si piazzò davanti a lui con uno scatto fulmineo, gli occhi ridotti a due fessure. Josh deglutì e fece per oltrepassarlo, ma Niall chiuse una mano attorno al suo avambraccio e lo trattenne, con un lieve strattone.
 
 -Josh Devine, sputa il rospo- sibilò minaccioso. Josh abbassò lo sguardo, sconfitto, e non lo alzò neppure una volta mentre parlava.
 
 -Harry non ti ha detto nulla di Tomlinson?- mormorò. Niall sgranò gli occhi e lo lasciò andare, sentendo il cuore mancare un battito.
 
 -No, io… che cosa?- biascicò, confuso.
 
 -Tomlinson ci ha provato con Harry l’altro giorno, in biblioteca. Pare che fosse molto insistente- la voce di Josh era così bassa che neppure lui, probabilmente, l’aveva sentita.
 
 -E Harry cosa ha fatto?- chiese Niall stringendo i pugni, sentendo già il sangue caldo che saliva al cervello.
 
L’esitazione di Josh era esasperante, come un siero che avvelenava il sangue di Niall e gli dava alla testa, dandogli l’impulso irrefrenabile di fare a pezzi qualcosa. Alla fine il ragazzo, scrollandosi nelle spalle e senza guardarlo in faccia, borbottò:
 -Non lo so-.
 
Il primo istinto di Niall fu quello di lanciare un grido e tirare un pugno a Josh, tanto per sfogare la frustrazione. Non sapeva neppure perchè avrebbe dovuto preoccuparsi così tanto, visto che Harry stava con lui da più di tre mesi e non aveva mai dato segno di volerlo tradire; ma la distanza improvvisa del suo ragazzo che, in capo agli ultimi due giorni, si era mostrato più distratto del solito, improvvisamente acquistava un senso.
 
Se Harry avesse rifiutato semplicemente le avances di Tomlinson, non avrebbe avuto alcun motivo di tenerglielo nascosto: avrebbe potuto raccontarglielo a cena dopo il suo allenamento e ne avrebbero riso insieme, perchè quel Serpeverde era davvero un tipo strambo ed era rinomato per la sua capacità di ottenere sempre ciò che voleva. Tuttavia, Harry non aveva detto nulla, anzi: si era comportato esattamente come avrebbe fatto se fosse stato colpevole.
 
Josh si morse un labbro, preoccupato, e si fece avanti, sul punto di dire qualcosa; ma il capitano di Quidditch, il fiato corto e la furia negli occhi, sferrò il pugno contro la panca di legno e il suo amico sussultò, tirandosi indietro. Niall strinse gli occhi, ignorando la fitta di dolore che gli percorse la mano; Harry gli stava nascondendo qualcosa.
 
 

***

 
 
Harry si passò una mano tra i capelli, mordicchiandosi nervosamente il labbro inferiore mentre camminava a passo svelto verso il quadro che celava l’ingresso alla sala comune di Tassorosso, nei sotterranei. Non vedeva Niall dal giorno prima, quando lo aveva salutato prima che si dirigesse verso il campo da Quidditch per l’allenamento; non era tornato per la cena, e a colazione, quel giorno, non era neppure andato a salutarlo.
 
Doveva esserci qualcosa che non andava e, sentendo il battito del cuore accelerare improvvisamente, nella mente di Harry balenò lo scintillio malizioso dello sguardo di Louis Tomlinson, accompagnato da quel sorrisetto un po’ beffardo che non lo abbandonava mai. Era come il suo marchio di fabbrica, e Harry digrignò i denti, desiderando ardentemente che il volto di quel ragazzo sparisse dai suoi pensieri una volta per tutte.
 
Non faceva che tormentarlo da giorni; da quando lo aveva avvicinato per la prima volta con il suo quaderno di Pozioni in mano, a quando lui stesso gli aveva scagliato una fattura fuori dalla biblioteca; anche se aveva smesso di girargli attorno come un avvoltoio, Louis Tomlinson era sempre lì, ad infestare i suoi pensieri con occhi cerulei e sorrisi smaglianti.
 
Harry voleva solo liberarsi di lui.
 
Giunse davanti all’entrata della sala comune di Tassorosso e si piazzò davanti a una ragazzina con le trecce che gli arrivava sì e no al gomito; lei lo guardò intimorita, gli occhialetti tondi che scivolarono lungo il naso.
 
 -Ciao- fece Harry, sbrigativo –Ho bisogno di un favore. Potresti dirmi se Niall Horan è qui, e chiamarlo da me?-
 
La bambina annuì timidamente e assentì con voce flebile, poi voltò i tacchi e sparì oltre il ritratto. I Tassorosso erano senza dubbio i più riservati, per quanto riguardava la loro Sala Comune; Harry ci era entrato pochissime volte, e Niall si era sempre mostrato a disagio: pertanto Harry avrebbe interpretato il fatto che si fosse nascosto lì dentro come una conferma del fatto che il suo ragazzo lo stava evitando.
 
Finalmente, il quadro di scostò di lato e dall’apertura emerse Niall, l’espressione burrascosa e un broncio sul viso. Harry inarcò un sopracciglio, incrociando le braccia.
 
 -Buongiorno- lo salutò –Carino da parte tua venire a salutarmi- disse, caricando la voce di ironia marcata. Niall ficcò le mani in tasca e lo fissò negli occhi, lo sguardo insolitamente serio.
 
 -Che vuoi, Harry?- chiese, senza traccia di divertimento nella voce. Guardandolo bene, il Grifondoro vide le occhiaie profonde che cerchiavano i suoi occhi, e si chiese se avesse dormito poco, quella notte.
 
 -Che vuoi tu- replicò, più cautamente –Mi stai evitando-.
 
Niall abbassò un attimo lo sguardo e sospirò piano, sotto lo sguardo sempre più confuso di Harry. Certe volte non lo capiva proprio, quel ragazzo; aveva un problema, ma ne parlava con chiunque, tranne che con lui. Voleva sapere qualcosa da lui e, piuttosto che chiedergliela, scomodava mezza Hogwarts: era come se non si fidasse del suo giudizio e a volte, Harry non lo sopportava.
 
 -È vero che Tomlinson ha tentato di baciarti?- la domanda di Niall, pronunciata a mezza voce, lo prese completamente alla sprovvista e Harry spalancò la bocca, incredulo. Vide il Tassorosso serrare la mascella e si riprese in fretta, scuotendo freneticamente il capo.
 
 -Che cosa? No! Dove diavolo l’hai sentito?- replicò sgomento, incapace di credere che fosse davvero questo il problema di Niall; una stupida voce che lui non aveva mai confermato.
 
 -Lo dicono tutti, in giro- fu la risposta del ragazzo che lo guardava, impalato in mezzo al corridoio con le mani in tasca e le spalle ingobbite, come se non fosse davvero interessato. Guardando meglio però, Harry notò che i suoi pugni erano serrati, e gli occhi assottigliati.
 
 -Beh, è una cazzata- replicò duramente Harry. Non gli importava se Niall non ci aveva dormito la notte, temendo che l’avesse tradito; se era così stupido da farsi dei problemi senza neppure parlare prima con lui beh, poteva anche passare una settimana insonne, per quanto lo riguardava –Non ha tentato di baciarmi. Voleva che io ti lasciassi per mettermi con lui, e io…-
 
 -Tu cosa?- lo sguardo gelato di Niall lo inchiodò sul posto, amuttolendolo per un attimo, e Harry ne fu intimorito.
 
 -Io gli ho fatto una fattura- balbettò in risposta, con un tono così poco convincente che non ci credette neppure lui. Il viso di Niall infatti si fece prima di un verde nauseabondo, poi di un rosso incollerito, e boccheggiò per qualche secondo, tentando di formare delle parole che non lasciarono mai la sua bocca.
 
 -È andata così!- esclamò Harry precipitosamente, facendo un passo verso di lui; ma Niall si ritrasse, con la stessa espressione di gelida furia in volto.
 
 -Allora perchè non me ne hai parlato?- sibilò.
 
Harry aveva già spalancato la bocca per rispondere a tono, ma la richiuse di scatto, arrossendo. La verità era che non lo sapeva neppure lui, perché non gliel’aveva detto; semplicemente, non voleva farlo. Si sentiva imbarazzato, all’idea; ma dopotutto, non aveva fatto niente di male, nei confronti del suo ragazzo, anzi. L’unico problema risiedeva nel fatto che Harry non aveva fatto che pensare a Louis da una settimana a quella parte, e se all’inizio si era giustificato dicendosi che era solo irritato dal suo comportamento, ora non sapeva più che scuse inventare.
 
Harry voleva solo liberarsi di lui.
 
Arrossì leggermente, e Niall parve prenderlo come un segno di ammessa colpevolezza, perché s’irrigidì tutto, e i suoi occhi si accesero di una rabbia che Harry non gli aveva mai visto; raddrizzò le spalle e lo fronteggiò, deciso.
 
 -Grazie, Harry. Era proprio quello che volevo sapere- sputò, facendo per andarsene. Harry però lo afferrò per una manica, costringendolo a fermarsi.
 
 -Aspetta Niall! Ti giuro che non è successo nulla, te lo posso assicurare! Gli ho fatto una fattura, e me ne sono andato!- la voce di Harry era supplicante e il ragazzo sentì gli occhi pizzicare. Niall si liberò dalla sua presa e si voltò di scatto verso di lui, animato da un’improvvisa furia.
 
 -Ma certo, lui ti ha fatto delle avances tu, gli hai lanciato una maledizione e sei scappato! Certo, che cosa ovvia, come ho fatto a non pensarci io!- lo schernì. Harry fece un passo indietro, mordendosi il labbro e ignorando la fitta di dolore che gli trafisse il petto.
 
 -Non mi credi?- domandò piano, con voce tremante. Niall esplose in una risata amara e glaciale, che lo inchiodò sul posto.
 
 -Tu, che a momenti ti metti a piangere se il tuo gatto uccide un topo, vai a lanciare fatture in giro? È la cosa più inverosimile che abbia mai sentito!- esclamò velenoso. Harry abbassò lo sguardo, sentendo le guance bollenti per l’umiliazione che bruciava in ogni cellula del suo corpo; strinse forte le palpebre e parlò piano, faticando a controllare la voce.
 
 -Mi stai dando del bugiardo, Niall?- mormorò.
 
 -Può darsi!- replicò con tono di sfida il Tassorosso, e Harry alzò il capo di scatto.
 
 -Qual è il tuo problema, si può sapere? Da quando non ti fidi di me?- gridò incurante delle lacrime che gli bagnavano le guance. Attraverso la patina di acqua e sale, la figura di Niall non era che una macchia sfocata di colore, sullo sfondo grigio della parete.
 
 -Da quando tu te ne vai in giro a farti le tresche con Tomlinson, ecco da quando!- anche Niall stava gridando, il volto paonazzo e una vena che pulsava pericolosamente sul collo. Harry scosse il capo, mordendosi forte il labbro per reprimere un singulto.
 
 -Vaffanculo Niall. Vaffanculo- sibilò, tra le lacrime –Sai che c’è, io me ne vado. Vedi di darti una calmata, e quando avrai intenzione di scusarti, sai dove trovarmi- disse, voltando i tacchi senza rivolgere più uno sguardo a quello che avrebbe dovuto essere il suo ragazzo, ma che si comportava come il più grande stronzo sulla faccia della Terra.
 
 -Oh sì- gli gridò dietro Niall –La sala comune di Serpeverde sarà il primo posto dove andrò a guardare!-
 
Il singhiozzo strozzato sfuggì alle labbra di Harry senza che potesse fare nulla per fermarlo e il ragazzo spiccò una corsa, senza curarsi del ragazzino a cui fece cadere una pila intera di libri urtandolo, né del grido indignato del Frate Grasso quando lo attraversò di netto; Harry pestò la pietra del pavimento con tutta la forza che riuscì a imprimere ai suoi muscoli, ansimando per l’ossigeno mentre cercava di ignorare la fitta pungente che gli trafiggeva petto e stomaco come mille aghi infuocati: voleva solo mettere quanta più distanza possibile fra se stesso e il dormitorio di Tassorosso, prima di vedere il suo cuore esplodere in una pioggia di rimorso e delusione.
 

***

 
 
L’apatia non si addiceva proprio a Louis. Essere depresso era deprimente e, perdonate il pleonasmo, lo deprimeva ancora di più. Era come un circolo vizioso: più Louis si mostrava giù di morale, più Zayn e Liam – Liam, soprattutto; Zayn era troppo assorto nelle sue questioni esistenziali per dare peso alle sciocchezze di suo cugino dal cuore spezzato – si mostravano compassionevoli nei suoi confronti e cercavano di aiutarlo.
 
Louis non voleva la compassione di nessuno, né voleva essere aiutato. Aveva diciotto anni, maledizione, lo sapeva come reagire ad una delusione; Liam avrebbe dovuto metterselo bene in testa e piantarla, di trattarlo come un cucciolo di cane con una zampetta rotta. Certo, sarebbe stato più facile se non ci si fosse messo anche Harry, ad infestare perfino i suoi sogni.
 
Era sempre lì, con il suo bel sorriso e i suoi occhi splendenti che gli si avvicinava, gli accarezzava le guance e la fronte con il tocco delicato del raso sulla pelle; e a quel punto, immancabilmente, i tratti del suo viso si deformavano in una smorfia di scherno e lo respingeva, con una risata che pareva più un latrato privo di allegria.
 
Insomma, Louis non era certo nella migliore delle forme, quel giorno a colazione; la lettera di sua madre poi, fu solo la goccia che fece traboccare il vaso della sua sopportazione.
 
Se ne stava seduto al tavolo di Serpeverde, ormai deserto, e rimestava pensoso i cereali nella sua tazza di latte, quando Honey, il gufo di famiglia, piombò davanti a lui tendendo la zampa, così impaziente di consegnare la lettera che non si curò di essere atterrato proprio sulla fetta di torta del suo padrone. Louis sospirò rassegnato, e si accinse a liberarlo del suo fardello senza punirlo con nulla di più severo di un’occhiataccia; aprì la busta su cui il suo nome era vergato con la calligrafia elegante di sua madre e iniziò a leggere.
 
Liam e Zayn lo fissavano da lontano, e tutto quello che videro furono le sue sopracciglia aggrottarsi così tanto da formare un monociglio;il pugno con cui Louis stringeva la pergamena era così serrato che la carta stava iniziando a strapparsi e l’espressione che aveva sul viso metteva quasi paura: aveva le narici dilatate, gli occhi ridotti a due fessure, e sembrava pronto a sputare fuoco.
 
Quando si alzò di scatto rovesciando la sedia Liam sussultò, e si voltò verso Zayn con gli occhi sgranati. Il ragazzo seguì con lo sguardo il cugino che fuggiva dalla Sala Grande come inseguito da uno sciame di api arrabbiate, poi si voltò a sua volta verso l’amico.
 
 -Lettera da casa- disse solo –Se scrive sua madre, non possono essere buone notizie-.
 
Liam prese il labbro tra i denti, alternando lo sguardo tra il suo libro di Incantesimi e il punto in cui Louis era scomparso un attimo prima, combattuto su cosa fosse più giusto fare; la mano di Zayn si posò sul suo braccio attirando la sua attenzione, e Liam lo guardò di nuovo.
 
 -Starà bene. Dagli un attimo di tregua, ha bisogno di sfogarsi-.
 
Liam parve indeciso per un attimo, ma lo sguardo sereno di Zayn lo rassicurò; annuì e tornò ai suoi compiti, tranquillizzato.
 
Louis sferrò un calcio potente all’armatura, che cadde a terra con un fracasso assordante. Svoltò l’angolo e si lanciò contro il muro di pietra, sferrando un pugno alla parete e ritraendosi subito dopo, gemendo per il dolore.
 
 -Maledizione!- grido, con voce strozzata –Maledizione, maledizione, maledizione!-
 
Si lasciò scivolare lungo la parete e si prese il capo tra le mani, tentando di calmarsi. Sembrava che non fosse destinato a trovare un po’ di pace; prima Harry, poi questo: qualcuno lassù doveva avercela con lui, e anche parecchio. Represse a fatica un singulto strozzato, e una grossa lacrima traboccò dai suoi occhi lucidi; Louis usò la lettera accartocciata per asciugarsela con mani tremanti poi si alzò in piedi, deciso a trovare un posto tranquillo dove poter sfogare la sua fama di distruzione senza subirne le conseguenze.
 
Svoltò un angolo, e la soluzione si presentò davanti ai suoi occhi: nessuno sarebbe venuto a disturbarlo nel bagno di Mirtilla Malcontenta, e avrebbe sempre potuto attribuire a lei la colpa della sua furia incontrollata. Spinse la porta con decisione, certo che si sarebbe aperta al minimo tocco; rimase invece piuttosto sorpreso al constatare che per quanto spingesse o girasse la maniglia, la porta di legno massiccio rimaneva al suo posto.
 
Per un attimo, la curiosità ebbe la meglio sulla collera e Louis trattenne il fiato, accostando l’orecchio alla superficie in legno: dall’altra parte giungeva, per quanto smorzato, un chiaro suono di singhiozzi. Erano molto diversi da quelli acuti e prolungati di Mirtilla, constatò Louis: questi erano più profondi e secchi, e molto più mascolini.
 
Senza pensarci due volte, estrasse la bacchetta, la puntò contro la serratura e bisbigliò:
 
 -Alohomora-.
 
Spinse la porta e questa finalmente si aprì; Louis entrò nel bagno trattenendo il fiato, ma si gelò sulla porta alla vista che si presentò ai suoi occhi.
 
Accanto allo specchio lurido, con le mani che stringevano il bordo del lavandino, stava una figura con la schiena incurvata e il viso nascosto; ma Louis non aveva bisogno di vederlo per sapere chi fosse.
 
Il ragazzo, attirato dal rumore dei suoi passi, si voltò verso di lui; e Louis, con il cuore che batteva all’impazzata e le mani che mandavano spasmi tanto tremavano, incontrò gli occhi gonfi e arrossati di Harry Styles.
 

***
 

Buonasera a tutti!
Innanzittuto, grazie per aver letto fin qui! Ognuno di voi che leggete e recensite, seguite o avete messo tra i preferiti questa storia è un amabile cupcake e prima o poi troverò il modo per sfornare muffin a tutti voi *__*
Seconda cosa! Ci ho messo un po' di più ad aggiornare, ma la colpa è del capitolo che si è rivelato difficle, e della storia che ha cominciato a scriversi da sola. Davvero, le mie dita si muovono per conto proprio sulla tastiera, Harry, Louis e compagnia bella fanno quello che pare a loro e non rispondono più a me :P
Scherzo ovviamente. Certo, è vero che questo capitolo non mi soddisfa molto; però siamo arrivati al famigerato punto di svolta, e finalmente, oserei dire. So che potrebbe sembrare che Niall è il cattivone di turno, ma non è così, poveraccio; in realtà io lo amo.
Il titolo di questo capitolo è Alohomora. Ovviamente, perchè Louis usa questo incantesimo per entrare in bagno; ma se ci pensate, è una porta che si apre anche in senso metaforico, perchè qualcosa sta cambiando e se ne stanno accorgendo tutti.
Sto diventando logorroica, quindi la smetto :P Come sempre, un enorme grazie va alla mia beta di fiducia, NinaWho, che ha pazientemente letto e riletto questo capitolo finchè ha dichiarato, cito testualmente "Mi dispiace ma non lo rileggo neanche sotto tortura XD"; ma senza di lei questa cosa non avrebbe avuto senso, quindi la ringrazio.
Ringrazio anche tutti quelli che hanno letto e commentato l'ultima volta e vi invito a dirmi cosa pensate della storia perchè qualsiasi osservazione, critica o opinione è d'oro per me; oltre al fatto che le recensioni scaldano sempre il cuore <3
Insomma, spero che questo capitolo vi sia piaciuto, e che abbiate voglia di sapere come va avanti!
Buona Pasqua, tanto love, e ci vediamo alla prossima!

xxx BJ

PS: per ogni recensione ci sarà un uovo di pasqua con il vostro OTP come sopresa, pronto a soddisfare le vostre più oscure fantasie di fangirls ;) <3

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Capitolo 4
*** Expelliarmus ***


Capitolo 4 - Expelliarmus

***
 

Louis non ricordava quando, esattamente, la banchina del binario nove e tre quarti fosse divenuta così bella ed accogliente. Meravigliosamente invasa dal denso fumo bianco che dava origine ad una fitta nebbia, nascondeva al ragazzino la vista di Jay, altrimenti detta mamma, che si slinguazzava il professore di Aritmazia - grazie al cielo Louis era ancora al secondo anno e non doveva seguire il suo corso - prima che partisse sull’espresso per Hogwarts e venisse risucchiato dai muri in pietra della scuola.

 
Louis trovava ironico il modo in cui sua madre preferisse salutare la sua ultima fiamma piuttosto che il suo primogenito, ma d’altronde lui stesso non vedeva l’ora di saltare sul treno e lasciarsi alle spalle il tugurio che Jay chiamava casa; almeno a Hogwarts poteva fingere di avere una famiglia normale, tanto nessuno poteva contraddirlo.

 
Dalla nebbia sbucò una figura magrolina, e Zayn gli battè una mano sulla spalla, per attirare la sua attenzione.

 
Nessuno tranne lui.

 
Louis roteò gli occhi e seguì suo cugino attraverso il fumo bianco, lasciandosi distrarre da un gruppetto di tre persone e mezzo lungo la strada. Una era una ragazza di circa diciott’anni, che si guardava intorno a disagio e aveva attirato gli sguardi di molti degli studenti maschi degli ultimi anni; accanto a lei stava una donna la cui bellezza era sbiadita da una profonda stanchezza, fatta di occhiaie gonfie e rughe premature; reggeva un neonato paffutello, praticamente invisibile sotto i pesanti strati di lana in cui era avvolto.
 
L’ultimo era un ragazzino dagli occhi grandi e i capelli nocciola, presumibilmente la ragione per cui la famigliola si trovava lì: doveva essere un Nato Babbano del primo anno, a giudicare dall’atteggiamento di totale confusione, come un usignolo in una gabbia di corvi.

 
La cosa che aveva colpito Louis, della piccola famigliola di pesci fuor d’acqua, era il loro legame d’affetto quasi tangibile. C’era qualcosa di commovente nel modo in cui la donna passò una mano tra i capelli del figlio che s’inarcò leggermente nel tocco, materno e protettivo; c’era un’intimità fraterna segreta nell’abbraccio spaccaossa in cui lo strinse la ragazza; ed era come vedere un ossimoro prendere forma, quando il ragazzino salutò il neonato con un bacio sul capo.
 
Louis distolse lo sguardo, amareggiato, e raggiunse sua madre e le sue sorelline. Lottie teneva la manina grassoccia di Fizz e lo guardava con gli occhioni blu pieni di lacrime; Louis si chinò alla sua altezza e, imitando inconsciamente il ragazzino sconosciuto, posò a entrambe le bambine un bacio sulla fronte. Fu difficile staccare Lottie dalle sue gambe, ma alla fine Louis si liberò di sua madre, si congedò dalle sorelline e saltò sul treno un attimo prima che partisse sferragliando, con Zayn al seguito.
 
Trovare uno scompartimento fu un’impresa; erano così in ritardo che tutti, ovviamente, erano già occupati. Verso il fondo del treno però, un ragazzino dai capelli color del grano che indossava già la sua divisa di scuola si parò sul loro percorso, e li invitò a unirsi a lui. Louis roteò gli occhi, sentendosi già condannato a passare il viaggio in compagnia del migliore amico di suo cugino – solo Liam Payne poteva indossare già la divisa scolastica prima ancora di uscire da Londra - ma quando mise piede nello scompartimento, scoprì con gioia che Liam non era solo.
 
Rannicchiato sul sedile accanto al finestrino stava il ragazzino che aveva visto poco prima, il viso arrossato come se avesse appena finito di piangere e lo sguardo fisso su un punto imprecisato oltre il finestrino. Senza pensarci due volte e senza badare alle chiacchiere di Liam sulla sua vacanza in Francia, Louis si sedette dritto davanti al ragazzino, protendendosi verso di lui e attirando la sua attenzione.
 
 -Ciao- gli disse –Sei nuovo?-
 
 Il ragazzino annuì timoroso, occhieggiando prima il suo mantello blu scuro poi la bacchetta che gli spuntava dalla tasca; Louis seguì il suo sguardo e sorrise, rassicurante.
 
  -Non avere paura, ti adatterai subito- gli disse –Hogwarts è un posto bellissimo- affermò con tono sicuro, poi aggiunse: - Io sono Louis comunque-.
 
Gli tese una mano che il ragazzino strinse, titubante.
 
 -Mi chiamo Harry- miagolò con una vocina infantile –Non sapevo di essere un mago, prima- rivelò a bassa voce e Louis annuì, comprensivo.
 
 -Molti non lo sanno. È normale che un mago nasca da Babbani… gente normale, cioè- spiegò. Non riusciva a capire come mai, ma sentiva il bisogno di rallegrare quel ragazzino dall’aria così infelice il più presto possibile; aveva la sensazione che avessero in comune molto più che un DNA magico.
 
 -Ti ho visto sul binario, prima- Louis parlò piano, senza riuscire a trattenersi –Con tua madre e i tuoi fratelli-
 
Harry arrossì e abbassò lo sguardo, prima di rispondere.
 
 -Jake non è mio fratello- mormorò –In realtà è mio nipote-.
 
Louis sgranò gli occhi sorpreso, ma si ricompose in fretta quando vide il rossore di Harry estendersi fino alle orecchie.
 
 -Io ho due sorelle piccole invece- lo informò –E dormiamo nella stessa stanza, è un vero inferno- si sentì in dovere di aggiungere, senza sapere bene perché.
 
 -Io dormo con mia mamma- replicò Harry –Da quando Gemma ha avuto Jake, così può occuparsene di notte. Infatti è meglio che io sia venuto qui, perché mia madre non poteva permettersi…- ma s’interruppe di botto, e arrossì di nuovo.
 
Louis fu colto da un improvviso moto di affetto per Harry, e si trattenne a stento dall’esplodere in un sorriso: aveva trovato qualcuno che capisse cosa si provava a vivere in una casa troppo stretta.
 
 -Non devi preoccuparti, Harry- gli disse, stringendogli il ginocchio con una mano –Hogwarts è come una casa, in fondo- poi, senza sapere quale parte del suo cervello comandasse la bocca, aggiunse –E io posso essere tuo amico, se vuoi-.
 
Louis non aveva idea che rendere felice qualcuno fosse una sensazione così gratificante e calda: un piacevole tepore si era diffuso lungo tutta la sua colonna vertebrale, dalla base del collo e tutto intorno, fino allo stomaco. Harry si era voltato completamente verso di lui, ogni traccia d’imbarazzo scomparsa e le lacrime ormai solo una scia di sale lungo le guance: gli aveva rivolto un sorriso genuino e tenerissimo, e aveva annuito.
 
Louis prese un bel respiro, il battito del suo cuore l’unica cosa che riusciva ad udire, e si morse le labbra.
 
Sperava solo sarebbe finito a Serpeverde.
 
 

***

 
 
 -Cosa ci fai qui?- la voce di Harry era roca e nasale, e il ragazzo tirò su col naso, asciugandosi frettolosamente le lacrime con la manica del maglione.
 
 -Potrei chiederti la stessa cosa- replicò Louis, facendo un passo avanti e scrutandolo in viso, preoccupato –Stai piangendo?-
 
Certo che sta piangendo, Louis. Che domande fai?
 
 -Potrei chiederti la stessa cosa- fu la secca risposta di Harry –La porta era chiusa per un motivo- aggiunse, piegando il capo per non doverlo guardare in faccia. Louis però scosse la testa e si fece avanti.
 
 -E io l’ho aperta- disse con leggerezza, sedendosi accanto a lui sul pavimento, la schiena contro i lavandini gelati di marmo –Quindi puoi anche smetterla di comportarti come se io non ti avessi appena trovato nel bel mezzo di una crisi di pianto da manuale-.
 
 Harry chinò il capo, evidentemente combattuto sulla risposta da dargli, e una cascata di capelli scese a nascondergli il volto; Louis non si sarebbe stupito se l’avesse mandato a quel paese per l’ennesima volta perché davvero, un po’ se lo meritava. Alla fine, Harry sospirò e parlò a bassa voce.
 
-Ho litigato con Niall- esitò, poi aggiunse –Non si fida di me- ammise.
 
Louis faticò a trattenere un ruggito di gioia, e un piacevole calore gli scaldò il petto: d’un tratto il mondo gli parve più bello, e perfino il capo chino di Harry che si stringeva un labbro tra i denti pieno di rammarico era motivo di entusiasmo.
 
-L’ho sempre detto io, che Horan è un idiota- commentò, fin troppo allegramente. Harry non si risparmiò un’occhiataccia, ma Louis non ci diede molto peso. Horan aveva messo un piede in fallo: la vita era così bella, quando si era in vantaggio, che Louis avrebbe voluto mettersi a cantare. Salvo ricordarsi però, che non era affatto in vantaggio.
 
-Lo sai che è per colpa tua se sto così, vero?- lo apostrofò il Grifondoro. Per tutta risposta, Louis inarcò un sopracciglio.
 
 -Ora, non essere ipocrita- disse -Io ci ho provato e tu mi hai respinto, se stai così è perché evidentemente c’è una grossa falla nella tua perfetta storia d’amore. E non sono stato certo io a coprirti di lividi perché non volevi uscire con me- gli fece notare.
 
Vedere le guance di Harry tingersi di un bel rosso carminio fu quasi troppo, per Louis. Si chiese distrattamente se una danza maori della vittoria avrebbe disintegrato definitivamente le esigue possibilità che aveva faticosamente guadagnato con Harry.
 
 -Mi dispiace. Ho esagerato- mormorò il Grifondoro, vergognoso. Era un’altra delle tante cose che gli piacevano di lui, la sua innocenza: era pressoché incapace di compiere un atto di sgarbo senza poi annegare nei sensi di colpa.
 
-Ma ti pare. Non è che non abbia mai sopportato nulla di peggio- lo tranquillizzò, chiudendo gli occhi e facendo scrocchiare il collo, prima di appoggiarsi contro il lavabo dietro di lui. Il sole che entrava dalla finestra lo scaldava, e la presenza di Harry accanto a lui, che respirava piano senza parlare, erano come un balsamo per il suo animo in subbuglio. Era come essere fuori dal tempo, in una piccola oasi di pace in cui tutti i suoi sogni potevano diventare realtà, e i problemi non erano che un brutto sogno da cui aveva avuto la fortuna di svegliarsi.
 
Dopo un po’ Harry si schiarì la voce e gli diede una spallata leggera, per attirare la sua attenzione. Louis aprì un occhio e lo vide intento a fissarlo con i grandi occhi verdi leggermente sgranati e le guance tinte di un leggero rossore.
 
-Anche tu stavi piangendo. È per la lettera?- gli domandò Harry, imbarazzato all’idea di apparire indiscreto. Lo sguardo di Louis si fece più scuro e il ragazzo trattenne un sospiro frustrato: aveva davvero bisogno di rovinare quel momento, vero? Harry però lo guardava con una curiosità genuina e non sembrava avere alcuna intenzione di prenderlo in giro.
 
 -È perché mia madre è una cretina- sbottò Louis senza riuscire a trattenersi. Si morse un labbro subito dopo, dandosi dello stupido; ma Harry si era fatto più vicino, le sopracciglia aggrottate, e accennò alla lettera che Louis stringeva ancora nel pugno serrato.
 
-Posso?- chiese, fissandolo negli occhi per cercare una conferma. A chiunque altro, in qualsiasi situazione, Louis avrebbe risposto che no, non poteva; ma con il viso di Harry così vicino al proprio e le loro cosce che si sfioravano, tutto quello che Louis riuscì a tirare fuori fu un:
 
 -Se proprio ci tieni- borbottato a mezza voce, e gli passò la pergamena stropicciata senza guardarlo in faccia. Quando la prese, le dita tiepide di Harry parvero bollenti sulla pelle fredda di Louis. Il ragazzo rimase in silenzio ad osservarlo con la coda dell’occhio mentre leggeva, le sopracciglia sempre più aggrottate. Alla fine alzò lo sguardo, perplesso.
 
-Si sposa e avrai un fratellino. È così terribile?- domandò ingenuamente. Louis scosse il capo, amareggiato, prima di rispondere.
 
-Si, se è il quarto matrimonio e il sesto figlio che non puoi mantenere- s’interruppe ma Harry lo scrutava come se stesse cercando di leggere una mappa in aramaico antico, così riprese –La cosa che mi da fastidio è che non se ne rende neppure conto, di quanto sia egoista. Vuole la sua famiglia felice a tutti i costi e non ci arriva, che se hai già fallito tre volte forse è il caso di darci un taglio; ma no, continuiamo pure a sfornare figli come fossero biscotti, tanto poi è Louis che deve spiegare alle sue sorelle come mai la mamma se ne va in vacanza ai Caraibi mentre noi ce ne stiamo a casa a cercare di mettere insieme qualcosa per la cena. E sia aspetta anche che io sia felice per lei!-
 
Louis s’interruppe perché la voce aveva preso a tremare pericolosamente e incrociò le braccia, cercando di mantenere il controllo. Stava praticamente urlando, un attimo prima.
 
 -E tuo padre?- chiese piano Harry, con cautela; aveva ascoltato la storia senza battere ciglio, e la sua espressione era indecifrabile, e mortalmente seria.
 
 -Mio padre era uno stronzo che l’ha lasciata quando ha scoperto che era una strega. Non l’ho mai visto- rispose seccamente Louis. Era sorpreso di se stesso: quando aveva deciso che avrebbe conquistato Harry, tra i suoi piani non figurava certo un riepilogo della sua deprimente situazione famigliare.
 
Quando la mano di Harry scivolò sulla sua spalla, Louis non se l’aspettava proprio; voltò il capo di tre quarti, guardandolo con tanto d’occhi perché quello era il primo contatto volontario tra loro, e non l’aveva iniziato lui.
 
 -Mi dispiace, Louis. Nessuno merita di essere trattato così- furono le parole di Harry, cariche di sincero dispiacere; un brivido percorse la pelle di Louis, che scrollò le spalle, sforzandosi di mantenere un atteggiamento noncurante.
 
 -Non dispiacerti. Non voglio la pietà di nessuno- mormorò, senza guardarlo in faccia. Harry ponderò attentamente la sua risposta, poi Louis lo sentì emettere una bassa risatina e lo guardò, stupito.
 
 -Sai, questo spiega molte cose- gli disse il Grifondoro, gli occhi accesi di una luce divertita, quasi maliziosa; lo fissava dritto negli occhi e Louis si sentì spoglio e nudo davanti al suo sguardo cristallino.
 
 -Di che stai parlando?- farfugliò sulla difensiva, le guance bollenti; per tutta risposta Harry si fece più vicino, per osservarlo meglio; come se avesse potuto leggere sulla pelle imberbe delle sue guance il codice per decifrare l’arcano dei suoi pensieri più intimi.
 
 -La tua arroganza, il tuo distacco che grida che non te ne importa niente degli altri: è solo un modo per tenere tutti lontani, vero? Hai paura che qualcuno scopra che anche il grande Louis Tomlinson è vulnerabile- mormorò Harry, senza distogliere lo sguardo dal suo neppure per un momento. Louis era certo che potesse sentire il ritmico battito del suo cuore in tachicardia, che minacciava di schizzargli fuori dal petto.
 
 -Io non…- provò a dire, a corto di fiato, ma Harry lo interruppe, con un sorrisetto sornione sulle labbra.
 
 -Andiamo Louis, non mentire. Tu hai un sacco di debolezze- soffiò, così vicino che Louis poté sentire il suo fiato caldo accarezzargli il viso, e contare tutte le sottili linee che le sue palpebre disegnavano; ed era vero, lui era pieno di debolezze. Aveva passato una vita a cercare di costruirsi un riparo contro tutto ciò che poteva scalfirlo e puf, era arrivato Harry Styles è l’aveva abbattuto senza fare una piega. L’aveva lasciato privo di difesa proprio davanti alla più grande delle sue debolezze: perché il suo viso era a pochi centimetri dal suo, il suo fiato caldo gli accarezzava le labbra e la sua mano scottava sulla sua spalla; così Louis fece l’unica cosa che aveva senso in quel momento, e lo baciò.
 
 

***

 
 
Le labbra di Louis erano morbide e calde contro le proprie, quando Harry aveva chiuso gli occhi per abbandonarsi completamente al contatto. Si aprirono appena, esitanti: e quando sentì la sua lingua umida accarezzarle delicatamente, il ragazzo schiuse le proprie labbra per permettergli di accarezzargli il palato.
 
Harry sospirò piano quando la mano dell’altro, acquisita sicurezza, s’intrecciò ai sui capelli e lo portò più vicino a sé, mentre le sue dita, sensualissime, gli grattavano delicatamente lo scalpo; cinse Louis con le braccia e si aggrappò alle sue spalle, l’unico appiglio alla realtà che gli rimanesse prima di sprofondare in un baratro di emozioni confuse.
 
Era tutto così intenso che Harry non avrebbe neppure saputo dire dove fossero l’alto e il basso, mentre Louis lo baciava con una tale passione, una tale disperazione da fargli dimenticare perfino come si chiamasse; e in tutto quel miscuglio di labbra, lingue e saliva l’unica cosa che Harry riusciva a distinguere era il respiro di Louis sulla sua pelle, e il piccolo sole che aveva appena preso dimora nel suo stomaco.
 
Furono dieci magnifici, gloriosi secondi di blackout che il suo cervello gli concesse, prima che un tunnel spazio temporale lo riportasse alla realtà, come risucchiandolo da un sogno: e il viso di Niall gli apparve in tutta la sua tradita e innocente concretezza che inglobò in un attimo tutti i suoni e i colori del mondo di Harry.
 
Spintonò Louis alla cieca e lo allontanò da sé, boccheggiando. Non poteva farlo, non poteva averlo fatto: non lui, non dopo tutto quello che aveva detto e pensato di Niall nell’ultima mezz’oretta soltanto.
 
Balzò in piedi, e mosse qualche passo barcollante verso la porta della stanza: doveva andarsene di lì finché era in tempo, prima di commettere qualche clamorosa sciocchezza; anche se il sapore di Louis sulle sue labbra gli indicava che era troppo tardi.
 
Si voltò solo per un attimo, quando raggiunse la massiccia porta in legno: Louis lo fissava sgomento, seduto sul pavimento di marmo mentre si teneva una mano sul capo, dove presto si sarebbe formato un bel bernoccolo nel punto in cui aveva sbattuto quando Harry l’aveva spintonato. Sostenne il suo sguardo per un attimo poi assottigliò gli occhi e scosse il capo, con espressione furente in viso.
 
La porta del bagno sbatté pesantemente alle spalle di Harry, quando fu uscito di corsa; il ragazzo fuggì lungo il corridoio come inseguito dal diavolo in persona, e si fermò solo quando ebbe raggiunto la nicchia dietro la statua di Barnabo il Babbeo, al terzo piano. Si lasciò scivolare contro la parete e seppellì il viso tra le mani, respirando pesantemente per restituire ossigeno al cervello e ripercorrere razionalmente l’accaduto.
 
Eppure non c’era nulla di razionale, in quando appena successo, perché Harry Styles aveva baciato Louis Tomlinson nel bagno del secondo piano, e la disgrazia peggiore di tutte, era che gli fosse piaciuto. Si rannicchiò ancora di più su se stesso, e desiderò con tutte le sue forze di sparire per sempre dalla faccia della terra: perché sapeva di essere sull’orlo di un baratro e non aveva idea di come affrontare l’imminente caduta.
 
 

***

 
Ed eccomi di nuovo qui, con il capitolo in cui finalmente succede qualcosa ;)
Insomma, l'ho scritto una cosa come due volte e alla fine mi convince; spero sia lo stesso per voi.
Il titolo è Expelliarmus, e lascio a voi l'arduo (?) compito di evincere il perchè; non che sia così complesso, anche se stavolta nessuno duella con nessuno - non sottovalutate Louis però, è sul piede di guerra.
Questa volta, stranamente, non ho molto da dire :P Il solito grazie a Ninawho che mi beta il capitolo anche alle due del mattino, e a tutti voi che recensite, seguite, preferite o ricordate questa storia!
Baby, you light up my world like nobody else ;)
Probabilmente non ve ne frega nulla, ma io ve lo dico lo stesso: domani è il mio compleanno - e non un compleanno qualsiasi!- perciò insomma, se voleste farmi un regalo e recensire anche se non avete lo sbatto - e vi capisco - mi rendereste molto felice. Comunque vi voglio bene lo stesso, solo perchè avete letto fin qui.
E allora tanto love, adios, passo e chiudo, a presto e tanti baci!

Billie Jean xxx

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Capitolo 5
*** Incendio ***


Capitolo 5 – Incendio

 

***

 
Per quanto gli scocciasse, Zayn doveva ammettere che si era preoccupato per Louis, negli ultimi giorni. Se inizialmente era convinto che, dopo la batosta che si era preso, avrebbe lasciato perdere Styles e sarebbe andato avanti con la sua intramontabile strafottenza a completare la sua -discutibilmente- sciapa vita, si era dovuto ricredere.
 
 
Non solo Louis era giù di morale, era proprio spento; come se un interruttore fosse scattato dentro di lui, mandando il solito ragazzo arrogante e sicuro di sé in letargo, in favore di una versione taciturna e depressa dello stesso. Zayn si era chiesto più volte se non fosse il caso di parlargli, e si era finalmente deciso a farlo – su pedante insistenza di Liam, che portava avanti da giorni una litania inarrestabile in cui gli ripeteva tutte le sue responsabilità di cugino e migliore amico – dopo aver visto Louis andarsene dalla Sala Grande con la lettera di sua madre.
 
Non si aspettava certo di vederlo rientrare con la sua solita andatura spavalda, e sedersi accanto a lui al suo tavolo, dopo aver gettato un’occhiata di sufficienza a Liam e commentato:
 
 -Pensavo avessimo toccato il fondo con il maglioncino grigio infeltrito, ma questa camicia a quadri è così sfigata che neanche la sfiga stessa ti vorrebbe più-.
 
Liam e Zayn lo fissarono a bocca aperta per dieci secondi buoni: poi Louis roteò gli occhi al loro indirizzo, sbuffando.
 

 -Si può sapere cosa avete voi due?- sbottò, servendosi una porzione di stufato –Oggi siete più strani del solito-.
 

Per fortuna di Zayn fu Liam a rispondere, dopo essersi schiarito la gola; con fare diplomatico, e con il tono cauto di chi parla ad un malato mentale che Zayn era certo non avrebbe fatto piacere a Louis, iniziò a parlare.
 
-Sei più allegro del solito, oggi. Va tutto bene? Non c’è…- tossicchiò un po’, imbarazzato sotto lo sguardo di Louis -Non hai fatto niente di strano, vero?-
 
Louis assottigliò gli occhi come un predatore che scruta la sua vittima, ma Liam e Zayn lo conoscevano fin troppo bene per non sapere che non era quella l’espressione che aveva quando era seriamente arrabbiato. Piuttosto, sembrava fare sfoggio di quell’atteggiamento un po’ onnipotente che mal celava un discreto divertimento.
 
In parole povere, aveva voglia di prenderli in giro; e c’era voluto un po’ per arrivarci, ma Zayn aveva capito che uno “sfigato” abbinato a quell’espressione equivaleva ad un “ti voglio bene”, più o meno.
 
-Non mi sono fatto di niente, se é questo che state insinuando- li informò, servendosi di una porzione di pasticcio di carne -Ma ho sentito che Sheeran spaccia delle radici di Coclearia, se ne vuoi-.
 
Zayn scosse il capo, esasperato. Non era il tipo da preferire un confronto diretto con le persone; di solito esprimeva il suo supporto o dissenso con una complessa sequenza di occhiate e silenzi eloquenti. Battè i palmi aperti sul tavolo e si tese in avanti, fissando Louis dritto negli occhi.
 
-Che diavolo hai fatto, Louis?- sibilò, senza perdere un attimo il contatto visivo. Era vagamente intimidatorio e se ne rendeva conto, davanti all’espressione sorpresa di Louis che si era involontariamente fatto indietro.
 
-Io? Nulla!- esclamò con la sua migliore espressione innocente; Zayn avrebbe quasi potuto cascarci, non fosse stato per il leggero rossore che si era diffuso sulle guance del Serpeverde, e il guizzo quasi involontario dei suoi occhi verso il tavolo di Grifondoro. Invece spalancò gli occhi e balzò in piedi, rovesciando la sedia con un gran fracasso.
 
-TI SEI FATTO S- il suo strillo sconvolto fu prontamente arginato da Liam, che gli schiaffò una mano sulla bocca; Louis era paonazzo e mezzo tavolo di Corvonero si era voltato incuriosito. Incapace di credere a quella che pareva essere l’evidenza, marciò lungo la sala, oltre i portoni in quercia, con il cugino alle calcagna, e Louis subito dietro.
 
 -Tu- Zayn apostrofò Louis, puntandogli un dito contro, quando furono al riparo da orecchie indiscrete in un’aula vuota –Sei un idiota-
 
Louis sgranò gli occhi e levò le braccia al cielo, stupefatto.
 
 -Si può sapere che ho fatto adesso?- esclamò indispettito; il cugino lo fulminò con un’occhiataccia e incrociò le braccia.
 
 -Lo sai benissimo. Ti avevo detto di lasciare in pace Styles! Te l’avevo detto! Ora finirai in un mare di casini, e quando sarai disperato perché il mondo ti odia non venire a piangere da me, perché non attaccherà- Zayn parlò con voce sicura, ma sospirava già dentro di sé: perché sapeva bene che, per quanto Louis fosse la palla al piede più pesante e la spina nel fianco più pungente che avesse mai avuto la sfortuna di dover sopportare, non gli avrebbe mai negato il suo aiuto.
 
Erano così, loro due: battibeccavano come bambini ma erano pazzi l’uno dell’altro, anche se non l’avrebbero ammesso neppure sotto tortura. Louis guardò Zayn e, improvvisamente, si fece più serio; abbassò lo sguardo e arrossì: d’un tratto somigliava molto a Lottie quando si era presa quella cotta pazzesca per un ragazzino che non ne voleva sapere di lei.
 
 -L’ho baciato- mormorò Louis, senza alzare lo sguardo –E lui mi ha ricambiato, all’inizio. Poi si è alzato, ed è scappato- puntò di nuovo gli occhi nei suoi, e c’era una tale malinconia in quello sguardo, che Zayn sentì l’impulso di abbracciarlo, quel suo cugino irritante e pieno di sé che attentava alle sue coronarie un giorno sì e l’altro pure.
 
 -Lou…- iniziò cauto, facendosi avanti; ma Louis indietreggiò, lo sguardo incendiato improvvisamente di un sentimento quasi disperato.
 
 -No, Lou niente!- esclamò –Lui non sta bene con Horan, e lo sa! Noi abbiamo tantissimo in comune invece, e lui si rifiuta anche solo di darmi una possibilità! Non è giusto- mugolò l’ultima frase come un bambino piagnucolante, e questa volta non respinse Zayn quando si fece avanti per stringergli un braccio attorno alle spalle.
 
 -Hai sbagliato completamente approccio, Louis- gli disse –Lo hai praticamente attaccato. È normale che non cada proprio ai tuoi piedi e non ti veneri come una divinità antica, sai?- strinse le dita attorno alla sua spalla con fare confortante, e Louis alzò lo sguardo.
 
 -Certo che cade ai miei piedi- replicò con ovvietà, quasi sconcertato dall’insinuazione del cugino –Non è in grado di resistermi. Solo che poi se ne pente, perché ha decine di sensi di colpa che lo fanno scappare-.
 
Zayn inarcò un sopracciglio; Louis era un caso senza speranza, e se non riusciva a fargli entrare in testa che aveva completamente sbagliato direzione, tanto valeva godersi lo spettacolo. Era pronto a raccogliere i cocci, dopo.
 
 -Quindi cos’hai intenzione di fare?- gli chiese, nascondendo a stento il tono divertito della voce. Suo cugino non imparava mai, dai suoi errori. Per tutta risposta, Louis inarcò un sopracciglio con espressione maliziosa e si liberò dalla sua stretta, ergendosi in tutta la sua sicurezza.
 
 -Vado a fare due chiacchiere con il piccolo Harry-.
 
 

***

 
Harry ricordava il suo Smistamento con la stessa chiarezza con cui si scruta il fondo del porto canale di Amsterdam dopo che una petroliera ha rovesciato tutto il suo carico in mare. Dei tre minuti esatti in cui l’attenzione della Sala Grande era stata concentrata su di lui, tutto ciò che era impresso in modo indelebile nella sua mente era il tremore incontrollabile delle sue ginocchia, che cozzavano l’una contro l’altra e la leggerezza con cui era volato al tavolo di Grifondoro dopo che il Cappello aveva annunciato la sua ubicazione futura.
 
Ricordava però, anche lo sguardo di quel ragazzino che aveva conosciuto sul treno, che aveva continuato a fissarlo da lontano anche quando il resto della Sala si era concentrato su Trevor, Michael; Harry lo aveva guardato e aveva alzato le spalle, dispiaciuto. Il ragazzino, Louis, non aveva abbassato lo sguardo per dieci secondi buoni; poi, come risvegliandosi da una trance, si era voltato verso il suo tavolo, amareggiato e a capo chino. Il neo Smistato aveva sentito una spiacevole stretta allo stomaco e si era ripromesso di cercarlo, il giorno seguente.
 
A cinque anni e mezzo di distanza, Harry si ritrovava a ringraziare il Cappello Parlante per averlo smistato tra i Grifondoro. Stava letteralmente scappando - e non solo da Louis, ma anche da Niall - da quasi una settimana; e più che mai si ritrovava grato di avere accesso alla Sala Comune dietro il ritratto dove nessun fidanzato geloso o seduttore affascinante potevano rintracciarlo.
 
Non era che non sapesse di starsi comportando come un codardo, per carità. Niall lo evitava, troppo orgoglioso per chiedere scusa per primo, e Harry faceva lo stesso, grato nel profondo del cuore che il suo ragazzo non gli stesse alle calcagna. Non sapeva come avrebbe potuto presentarsi di nuovo di fronte a lui, dopo che lo aveva accusato di non dargli fiducia e aveva baciato Louis nel bagno: non voleva ferire Niall, ma non poteva neppure negare che non capisse più nulla, dei suoi sentimenti in quel momento.
 
Louis era un altro paio di maniche. Harry scappava anche da lui: solo che nel suo caso, era molto più difficile seminarlo. Il Serpeverde cercava un confronto diretto, ma lui non era disposto a concederglielo finché non si fosse fatta un po’ di chiarezza nel Big Bang che era esploso nella sua testa. Il problema, quando stava con Louis, era che i suoi neuroni sembravano rifiutarsi di funzionare correttamente: come se la sola visione dei suoi occhi scintillanti di allegria e sfrontatezza e del suo sorriso appena accennato destabilizzassero automaticamente le connessioni cerebrali del povero Harry. Lo stregava, praticamente.
 
I passaggi più pericolosi del suo piano di fuga coatta erano senza dubbio gli spostamenti fuori dall’orario delle lezioni, quando Harry rimaneva indietro per un motivo o per l’altro e si ritrovava a precorrere da solo i corridoi deserti della scuola, mentre i suoi compagni erano già andati a cena senza aspettarlo. Come in quel momento: Harry camminava a testa bassa e così velocemente che la sua cartella sbatacchiava contro le gambe producendo un fracasso che rimbombava per tutto il sotterraneo; e quando si ritrovò la strada sbarrata da un paio di occhi cerulei in divisa verde-argento, deglutì.
 
 -Vai da qualche parte?- la voce di Louis lo colse alla sprovvista e Harry sussultò, ma non alzò lo sguardo.
 -Veramente sì, ho da fare- replicò astioso, procedendo lungo il corridoio a passo svelto e sperando di seminare il ragazzo che gli stava alle calcagna da settimane. Vana speranza.
 
 -Peccato, io no- esclamò infatti Louis, il cui tono di voce oscillava pericolosamente tra l’allegria e la furia. Harry si costrinse a fermarsi e lo guardò finalmente negli occhi: aveva un’espressione decisa in volto, un accenno di barba sulle guance e la mascella contratta.
 
 -Cosa vuoi, Louis?- deglutì, sentendo già le guance bollenti. Non era un caso che lo evitasse da giorni; sapeva benissimo di non essere in grado di resistergli quando gli si parava di pronte a quel modo. C’era qualcosa, nello sguardo di Louis Tomlinson, nel suo profumo e nella sua stessa persona, che attirava Harry e stordiva i suoi sensi come incenso profumato.
 
 -Indovina- lo canzonò quasi il Serpeverde, avvicinandosi di un passo. Di riflesso, Harry indietreggiò fino a sbattere con la schiena contro al muro di pietra. Si sentiva in trappola; eppure, in fondo al cuore non trovava altro che un inspiegabile, irrefrenabile desiderio di lasciarsi andare.
 
 -No. Non posso, io sto con Niall e…- balbettò, quando il ragazzo si fece avanti fino ad affondare il naso nel suo collo, inspirando a fondo. Harry fremette, e poggiò una mano sul muro dietro di lui per sostenersi. Non si capacitava dell’effetto che Louis aveva su di lui.
 
 -Stavi con Niall anche l’altro giorno, questo non ti ha impedito di baciarmi- quello di Louis era a malapena un sussurro, ma Harry lo percepì come amplificato dieci, cento, mille volte mentre le parole correvano sulla sua pelle, solleticandolo e facendogli venire brividi che percorsero tutta la lunghezza della sua spina dorsale.
 
-Per favore, Louis…- mormorò soltanto, quando sentì le labbra del ragazzo solleticargli la pelle del collo e risalire lentamente, fino al mento, e poi lo zigomo. Harry boccheggiò, e un calore improvviso s’irradiò lungo tutto il suo corpo, dalla punta delle dita fino alla radice dei capelli.
 
 -Dimmi che non mi vuoi. Dimmi che devo smettere- sussurrarono le labbra di Louis al suo orecchio, il suo fiato caldo che gli accarezzava la pelle del viso.
 -Io…- balbettò Harry, ma si zittì quando Louis pressò il corpo contro il suo; il calore del petto solido che combaciava con il proprio e il profumo delicato di Louis gli davano alla testa, e il Grifondoro smise di fare resistenza. Che senso aveva, si chiese, quando tutto ciò che voleva era azzerare la distanza fra le loro labbra, e baciarlo finché non gli fossero sanguinate le labbra?
 
 -Come pensavo- furono le due parole che lasciarono la bocca di Louis. Poi, finalmente, intrecciò le dita tra i suoi capelli, posò una mano sul suo collo e lo attirò a se, schiudendo le proprie labbra sulle sue.
 
Fu come se un incendio fosse esploso nel petto di Harry e si fosse rapidamente diffuso attraverso le sue vene, dietro le palpebre chiuse, nell’incavo delle sue ginocchia e sotto il suo ombelico: mugolò piano e cinse il collo di Louis con le braccia, facendo aderire i loro corpi completamente. Con le dita accarezzò piano la nuca del ragazzo e lo sentì rabbrividire; Harry mosse le labbra sulle sue con decisione, fino a prendere il controllo del bacio. Louis lo lasciò fare, piacevolmente sorpreso; e mentre Harry lo costringeva a piegare il capo per baciarlo, fece scivolare una mano sui suoi fianchi e li strinse con mani che tremavano.
 
Harry sospirò, lasciando che la lingua di Louis accarezzasse la sua con dolcezza, abbandonandosi al tocco esperto del ragazzo più grande. Non aveva mai sentito nulla del genere, di così intenso ed improvviso da fargli desiderare di perdere completamente il controllo, senza pensare a nulla; la sola presenza di Louis era sufficiente ad annichilire qualsiasi altro bisogno, desiderio e preoccupazione: come se fosse l’unica vera realtà del suo mondo.
 
Si baciarono piano e a lungo, Harry pressato contro la parete di pietra con Louis che se lo stringeva addosso con una tale decisone che sembrava non avere alcuna intenzione di lasciarlo andare via, per nessuna ragione al mondo. Poi, le labbra gonfie e doloranti, Harry si allontanò un poco, posando un bacio leggero sull’angolo della bocca del Serpeverde.
 
Lo guardò in viso, scostandogli un ciuffo di capelli: lo sguardo che Louis gli rivolgeva era di completa adorazione, e sembrava incapace di distoglierlo dai suoi occhi per più di qualche frazione di secondo; lo faceva sentire prezioso, speciale e bellissimo. Era quasi troppo per lui; abbassò lo sguardo sul suo collo e corrugò la fronte, notando una macchia scura macchiare la sua pelle; ispezionandola da vicino, la riconobbe immediatamente.
 
 -Hai ancora un livido- mormorò Harry, accarezzando con due dita il gonfiore violaceo che si estendeva sul collo di Louis e scompariva oltre il colletto. Aveva i sensi di colpa scritti in fronte con una tale evidenza che Louis si limitò ad accennare un sorriso, posando le labbra sulle sue una, due, tre volte e strappandogli un mugolio.
 
 -Hai picchiato forte- rispose con un sorriso. Sembrava perfino divertito al ricordo di come Harry lo aveva aggredito e strofinò delicatamente la punta del naso contro la sua guancia, prima di baciarla.
 
 -Stavo solo cercando di liberarmi di te- Harry sussurrò, così piano che fece fatica a sentirlo lui stesso; sospirò e chiuse gli occhi, posando la fronte contro quella di Louis. Cosa stava facendo?
 
 -Ci vorrà molto più che un attacco di trofei volanti per liberarti di me- fu la replica del Serpeverde, che portava in viso un sorriso sincero ed emozionato, mentre sistemava meglio le braccia attorno ai fianchi di Harry. Come se non potesse credere che, finalmente, dopo tanto tempo era riuscito a ottenere quello che voleva.
 
 -Me ne sono accorto- fece Harry, con voce strozzata. Strinse forte le palpebre, sentendo gli occhi che pizzicavano; improvvisamente le mani di Louis sulla sua schiena pesavano una tonnellata e il suo odore era come impresso a fuoco, sulla sua pelle. Si ritrasse impercettibilmente e Louis fece resistenza, all’inizio; aprì gli occhi e vide quelli del ragazzo puntati nei suoi, improvvisamente più seri di come li avesse mai visti.
 
Louis lo scrutò in silenzio e Harry aprì la bocca per dire qualcosa, qualsiasi cosa che giustificasse il suo comportamento o desse voce ai suoi pensieri: ma non ne uscì un suono. Senza dire nulla, il Serpeverde lasciò cadere le braccia che stringevano i suoi fianchi fino ad un attimo prima, la gioia scomparsa dal suoi viso come il sole dietro una nuvola.
 
 -Fammi indovinare – fece poi, faticando a tenere sotto controllo il tremore della voce –Devi andare via?-
 
Harry strinse i pugni fino a conficcarsi le unghie nei palmi, chiedendosi perché dovesse essere tutto così difficile. Recuperò la sua borsa che era caduta a terra e mosse un passo verso l’altro capo del corridoio, che conduceva alla Sala Grande.
 
 -Non posso restare- fu tutto quello che riuscì a dire, tenendo lo sguardo fisso su un punto a metà tra il naso e la bocca di Louis, che si contorse in una smorfia.
 
 -No certo- replicò, senza traccia di comprensione nella voce –Sai Harry- aggiunse di fretta, come se le parole fossero li da sempre, a premere contro i suoi denti per uscire -puoi scappare da me quanto vuoi, e puoi anche nasconderti del tuo ragazzo se la cosa ti fa sentire meglio; ma non puoi scappare per sempre da te stesso- lo apostrofò duramente, ed Harry si costrinse ad alzare lo sguardo. Louis era fermo in mezzo al corridoio e lo guardava con aria disfatta, i capelli scompigliati e le labbra gonfie ed arrossate. Gli occhi, notò, si erano fatti leggermente lucidi.
 
Il Grifondoro si limitò a ricambiare il suo sguardo in silenzio prima di oltrepassarlo e proseguire lungo il corridoio. Louis aveva ragione, lo sapeva: ma in quel momento, con i sensi di colpa che gli attanagliavano lo stomaco e il volto sorridente di Niall che danzava dietro le sue palpebre, tutto quello che voleva fare era andarsene di lì.
 
Harry incassò la testa tra le spalle e accelerò il passo, con il sapore di Louis ancora fresco sulle labbra.

 
***
 

Salve a tutti!
Chiedo umilmente perdono per averci messo così tanto tempo in più del solito per aggiornare!
La scuola è stata impietosa nei miei confronti e lo sarà anche nei prossimi tempi quindi preparatevi, perchè per il prossimo capitolo non ci vorrà meno che per questo.
Anyway! Siamo avviati verso una conclusione, essì. Mancano ancora due capitoli più l'epilogo, poi ci siamo!
Devo dire che il capitolo mi soddisfa meno di quanto vorrei, però nel complesso è passabile; spero che a voi sia piaciuto perchè a me non convince XD
(Tranne Zayn, ecco.)
Poi: grazie infinite a tutte voi meravigliose persone che recensite, leggete, avete messo tra i preferiti/ricordati/seguiti questa storia: se non ci foste voi, la mia storiella, che è modesta e molto poco pretenziosa, non avrebbe mai visto il quinto capitolo. Vi sono davvero grata, e ancora non ci credo che vi piace sul serio XD
Per cui, siete liberi di continuare a farmi sapere cosa ne pensate, io non mi offendo di certo :P 
Sono anche disponibile per chiacchierare, se voleste chiedermi qualsiasi cosa o anche solo parlare: sono una persona socievole e mi piace molto fare nuove conoscenze :) 
Ancora grazie mille per avere letto e per essere qui, sappiate che voglio bene ad ognuno di voi, nessuno escluso! :D
A presto (?)
Billie Jean :)

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Capitolo 6
*** Lumos ***


Buon pomeriggio, popolo di EFP! 
Ebbene sì, ce l'ho fatta :P In ritardo marcio rispetto al solito, ma finalmente anche il sesto capitolo di Seven Spells è arrivato, in esclusiva (non tanto :P) per voi :)
Innanzitutto: grazie. Grazie mille a tutti voi meravigliosi lettori che seguite (siete tantissimi :D) leggete e recensite questa storia; non sapete quanto mi faccia piacere scrivere sapendo che ci sono persone dietro uno schermo che si danno anche il disturbo di leggere le mie cosette e a cui piacciono pure :P
Lumos è un capitolo che, a dire la verità, è partito un po' sfortunato, perchè avevo deciso solo cosa sarebbe successo alla fine; il resto è nato scrivendo perchè davvero, ormai 7S si scrive da sola. Comunque sono in un periodo molto fluff, perciò aspettatevene tanto! 
Il prossimo capitolo è l'ultimo, prima dell'epilogo, e devo dire che l'idea di essere sul punto di finire questa fic mi rattrista un po', perchè mi ci sono affezionata. Comunque! Come al solito sarò più che felice di sapere cosa pensate del capitolo, della storia, o anche del nuovo tatuaggio di Louis se preferite; se volete lasciare una recensione, ne sarò felice: ma sono anche contattabile via twitter  diciotto ore al giorno :)
Vi ringrazio ancora enormemente, e senza aggiungere altro, vi lascio alla storia! 
Un bacio, 
<3

(vi amooooooooooo)



 

***



Il tonfo ritmico della pallina di gomma che rimbalzava contro il soffitto era l’unico rumore che spezzasse il silenzio del dormitorio di Tassorosso, mentre dalle piccole finestre circolari svanivano anche gli ultimi raggi del pallido sole di febbraio. Niall chiuse le dita attorno al boccino giocattolo, flesse il polso e lo lanciò di nuovo, per poi riprenderlo con la maestria di riflessi che si addiceva ad un Cercatore.
 
Doveva essere ammattito, pensò, mentre eseguiva l’ennesimo lancio, se pensava a quella pallina e la paragonava a Harry. Era normale, certo, che il suo ragazzo fosse sempre nei suoi pensieri; ma ultimamente era diventato una presenza quasi ingombrante, martellante, che non gli dava mai pace. Spuntava tra le sinapsi del suo cervello a piacimento e non se ne andava mai del tutto: rimbalzava nella sua scatola cranica come quella pallina sul muro, e ogni volta che Niall s’illudeva di averlo in pugno, gli sfuggiva di nuovo.
 
Probabilmente era anche colpa sua, rifletté. Era sempre stato fin troppo orgoglioso e categorico, e non ci aveva messo molto a rendersi conto che aveva esagerato, quel pomeriggio fuori dal suo dormitorio. Ora, avrebbe davvero voluto aggiustare le cose con Harry, ma come poteva farlo, se lui stesso non combatteva neanche un po’ per tenere in piedi la loro relazione?
 
L’ennesimo lancio rimbalzò sul muro, la pallina compì una graziosa parabola e torno indietro; ma le dita di Niall strinsero l’aria, e quella cadde a terra.
 
C’era qualcosa che non andava in tutto quello che stava succedendo, e Niall aveva paura anche solo a chiedersi che cosa potesse essere.
 
Si alzò sbuffando, per recuperare il gingillo che era rotolato sotto il letto di un compagno; e fu allora che notò Josh, in piedi accanto alla porta con le braccia incrociate, che lo fissava con espressione corrucciata. Niall inarcò un sopracciglio e quello arrossì, come colto sul fatto.
 
 -Che ci fai qui?- chiese, chinandosi per afferrare la pallina di gomma –Non dovresti essere a cena?-
 
Josh si fece avanti, e si sedette alla scrivania che affiancava il letto del ragazzo.
 
 -Anche tu dovresti- replicò, stendendo le gambe davanti a sé e incrociando le caviglie –Ma non ci sei. Così ho pensato di venire a vedere come stai-.
 
Sotto lo sguardo inquisitore dell’amico, Niall sospirò e si stese sul letto, ad occhi chiusi. Per essere la persona che lo conosceva meglio di chiunque altro, a volte Josh era proprio ingenuo, si disse.
 
 -Come vuoi che stia?- borbottò –Praticamente non vedo Harry da una settimana. La settimana prima di questa ci siamo parlati a malapena. Oggi non è neanche venuto a salutarmi, e lo fa sempre la sera prima di una partita; l’ha fatto anche quella volta che avevamo litigato follemente dopo la festa di Amy, figurati- Niall deglutì il groppo che aveva in gola, socchiudendo appena le palpebre –Non so più cosa pensare- mormorò alla fine, con un filo di voce.
 
Tra le palpebre socchiuse, vedeva solo il soffitto curvo del suo dormitorio, mentre si sforzava di mantenere una dignità che sussistesse perlomeno di facciata. Il letto accanto a lui s’infossò, e la mano robusta di Josh gli strinse una spalla.
 
 -Non so che dirti, Ni- confessò a bassa voce, facendogli aprire gli occhi di scatto –Harry si sta comportando in modo un po’ strano, ultimamente-.
 
Niall scattò a sedere, mentre il cuore prendeva a battere all’impazzata nel suo petto, un tonfo sordo che gli risuonava nelle orecchie.
 
 -Che vuoi dire?- domandò –Tu sai qualcosa che io non so?- aggiunse, fissandolo negli occhi e scoprendosi quasi timoroso a sapere la risposta. Per tutta risposta Josh abbassò lo sguardo, prima di parlare.
 
 -Io non so niente- precisò, arrossendo –Ma se proprio devo essere sincero, secondo me Tomlinson ha allungato ancora le mani-.
 
Niall serrò la mascella e strinse il pugno, fissando lo sguardo sul parco oltre la finestra. Tomlinson, certo: era sempre in mezzo ai piedi, era la causa stessa per cui avevano litigato; era ora che facessero un discorsetto faccia a faccia, loro due.
 
 

***


 
 -Tu sei il più grosso idiota che abbia mai conosciuto, lo sai questo?- il bisbiglio concitato risuonò lungo il corridoio, buio e deserto.
 
 -Me lo dicono in tanti- fu la replica allegra –Se è per questo, tu sei il fuorilegge più rumoroso della storia. Se continui così tutto il castello sarà sveglio entro dieci minuti-.
 
Harry arrossì e tacque, mentre seguiva Louis verso una meta ignota, attraverso il labirinto di muri pietra e vicoli ciechi che si snodava per la scuola. Non era mai uscito dal dormitorio di notte, prima; la sola idea gli metteva i brividi, ma più per l’emozione che per la paura. Louis, invece, si muoveva nella scuola deserta con la stessa disinvoltura che avrebbe avuto durante il giorno, e Harry affrettò il passo per restargli accanto.
 
Quando Louis ridacchiò, Harry lo guardò storto.
 
 -Che c’è?- sibilò, infastidito. Il Serpeverde scosse il capo, lanciandogli un’occhiatina divertita, ma affatto maliziosa. Adorante, forse.
 
 -Nulla. Pensavo solo che voi Grifondoro foste molto più coraggiosi- lo canzonò; Harry gli colpì una spalla con fare offeso, ma continuò a seguirlo senza dire nulla. Era stato Ed, a fare da messaggero: lo aveva raggiunto dopo cena, mentre tornavano al dormitorio, e gli aveva sussurrato che Louis voleva vederlo quella sera, e che l’avrebbe aspettato davanti al suo dormitorio. Doveva dirgli una cosa importante, aveva aggiunto.
 
Harry sapeva bene cosa avrebbe significato, uscire con Louis di notte. Anche se fossero rimasti a una distanza di sicurezza l’uno dall’altro di minimo otto metri – come si era prefissato il suo volenteroso lato sensibile – chiunque li avesse visti avrebbe fiutato una situazione compromettente; per di più, Harry si era reso conto che era davvero facile zittire i suoi sensi di colpa, quando si trattava di Louis.
 
Era tutto un’enorme, confusa contraddizione: stava con Niall, eppure voleva Louis; e quando stava con Louis, sapeva di star ferendo Niall. Così cercava di allontanarsi, ma non c’era verso: il Serpeverde non si arrendeva mai, davanti ai suoi continui tira e molla, davanti alle sue indecisioni; pareva davvero convinto che Harry, alla fine, sarebbe caduto ai suoi piedi. E lui lo lasciava fare: perché anche se non l’avrebbe mai ammesso, adorava essere al centro delle attenzioni di Louis.
 
Così aveva passato l’intera serata seduto accanto alla finestra, a fissare il parco di Hogwarts che veniva gradualmente inghiottito dalle ombre, immerso in un dialogo con se stesso; e senza che se ne accorgesse si era fatta mezzanotte. La Sala comune era deserta, e il crepitio del fuoco che andava spegnendosi era l’unico rumore che accompagnava il respiro lento di Harry che, senza permettersi di rimuginare oltre, si era alzato, aveva attraversato la stanza e, con il cuore a mille, era uscito in corridoio.
 
Louis era appoggiato al muro con le mani affondate nelle tasche, e sfoggiava un’espressione indiscutibilmente afflitta; quando lo aveva visto, i suoi occhi si erano illuminati, e non aveva contenuto il sorriso di puro sollievo che gli era spuntato sul viso.
 
 -Dove mi stai portando?- sussurrò Harry, all’ennesima rampa di scale. Louis si premette un dito sulle labbra e, nella penombra, scostò un lembo dell’arazzo sulla Terza Guerra dei Giganti, rivelando un varco nascosto. Si voltò a guardarlo, un moto di sfida negli occhi; poi fece un cenno con il capo, sorridendo e :
 
 -Vieni?- lo invitò, prima di sparire nel buio.
 
Harry rimase immobile per una manciata di secondi, incerto. C’erano infinite possibilità, riguardo a quello che avrebbe potuto trovare oltre quel varco. Magari, Louis lo aveva portato lì per metterlo nei guai; anche se la sola idea era di per sé così ridicola che Harry la scartò immediatamente, dandosi dello stupido. Ma se, invece, lo aspettava qualcosa di incredibile? Di talmente superiore alle sue aspettative, da fargli dimenticare ancora una volta chi fosse il suo ragazzo?
 
Harry si mordicchiò il labbro, incerto. Era arrivato fin lì: non poteva tirarsi indietro proprio in quel momento. Così seguì Louis nel passaggio segreto, mettendo finalmente a tacere le voci nella sua testa, che lo ammonivano di non farlo.
 
Non aveva fatto che due passi immerso nell’oscurità più completa, quando urtò contro qualcosa di duro davanti a lui.
 
 -Ahio!- gemette, massaggiandosi il naso: aveva sbattuto contro la fronte di Louis, che lo aspettava poco distante. O almeno credeva: non vedeva neppure la sua spalla, immerso in quel buio. Udì il ragazzo ridacchiare, a pochi centimetri dal punto in cui Harry era entrato in collisione con lui; pochi secondi dopo, la mano incerta del Sepeverde trovò la sua, a tentoni, e intrecciò le loro dita.
 
 -Ci sei?- gli chiese, dolcemente. Harry arrossì fino alla radice dei capelli, ringraziando l’oscurità che lo celava; annuì, prima di ricordarsi che non poteva vederlo, e sussurrò un assenso, lasciando che Louis lo guidasse lungo il passaggio buio.
 
Camminarono in silenzio per circa un minuto, e sotto i suoi piedi Harry percepiva il pavimento inclinarsi in una salita, e curvare continuamente, a spirale. Divorato dalla curiosità, stava per chiedere a Louis dove fossero diretti, ma il Serpeverde parlò per primo.
 
 -Non credevo saresti venuto- disse piano; anche senza vederlo, Harry sapeva che doveva essere arrossito. Si mordicchiò il labbro, prima di rispondere.
 
 -Non ero sicuro di voler venire- mormorò, appena udibile sopra l’eco dei loro passi nel corridoio. Louis attese che proseguisse, con il fiato sospeso; quando Harry rimase zitto, esalò:
 
 -Ma?-
 
 -Ma- Harry sospirò, cosciente che quello che stava per dire avrebbe segnato un punto di non ritorno nella loro non-relazione –Sono rimasto tutta la sera a pensarci, e alla fine mi sembrava l’unica cosa sensata da fare-.
 
Louis non disse nulla, ma qualcosa nel suo passo cambiò: strinse la mano di Harry con una sicurezza e un’emozione che non credeva di poter trasmettere, da una semplice stretta di mano, e accelerò leggermente, con impazienza appena percettibile.
 
Harry preferiva non pensare al fatto che aveva appena ammesso a Louis che preferiva uscire di notte con lui che cercare di aggiustare il rapporto con il suo ragazzo; si limitò a ricambiare la sua stretta vigorosa, come se la mano del ragazzo fosse un talismano contro i sensi di colpa che gli soffocavano il petto ogni volta che i suoi pensieri si avventuravano in zona Niall.
 
Proseguirono per qualche minuto ancora; poi Louis si fermò e Harry, stringendo le palpebre, scorse i contorni illuminati di una porta davanti a loro. Il Serpeverde armeggiò con i vestiti per estrarre la bacchetta, mormorò “Alohomora” e la ripose senza mai lasciare la mano di Harry; poi ci fu un cigolio, e la porta si aprì.
 
Sebbene fosse notte, la flebile luce costrinse Harry a socchiudere gli occhi, mentre Louis lo trascinava all’esterno; l’aria fredda gli colpì il torso, il viso e le gambe, e il ragazzo rabbrividì d’istinto, poi aprì gli occhi, e spalancò la bocca per la sorpresa. Si trovavano in cima a quella che doveva essere la torre di Astronomia, la più alta del castello; davanti e sotto di loro, a trecentosessanta gradi, si estendeva il parco di Hogwarts, il lago, le montagne e la Foresta Proibita, e una leggera nebbiolina copriva il paesaggio come un lenzuolo. Sopra di loro invece, il cielo era un’esplosione di stelle e costellazioni, limpido come mai era stato in sei anni che Harry aveva passato lì: era uno spettacolo straordinario.
 
Harry, a bocca aperta, si voltò verso Louis che lo osservava, trepidante e un po’ ansioso, torturandosi un labbro con i denti.
 
 -È davvero incredibile- disse –Non ho mai visto niente del genere-.
 
Per tutta risposta Louis si aprì in un sorriso che gli illuminò tutto il volto, come se qualcuno gli avesse ficcato una bacchetta magica giù per la trachea e avesse eseguito un Lumos; strinse più saldamente la sua mano e sollevò l’altra, accarezzando la sua guancia con un timido timore che non gli apparteneva affatto.
 
 -Sai- mormorò, avvicinando il viso al suo –Non avevo mai detto a nessuno di questo posto prima, ma a volte ci vengo, quando voglio stare da solo-.
 
Harry sentì il proprio respiro fermarsi e il cuore battere più forte in sincrono con quello di Louis, mentre il ragazzo si faceva più vicino, e posava la fronte contro la sua.
 
 -Sai Harry- continuò –Non sono mai stato giusto, nei tuoi confronti, e me ne rendo conto. Non ho fatto che combinare casini nella tua vita, e voglio scusarmi con te per questo- prese un respiro profondo, la voce ridotta ad un flebile bisbiglio –Vorrei che tu sapessi che sei davvero importante per me, Harry. Per quanto incoerente, sdolcinato e stupido questo possa sembrarti, io tango tantissimo a te. In un modo che neppure riesco a spiegare-.
 
Harry alzò lo sguardo, colpito dal tremore della voce di Louis mentre parlava. Teneva gli occhi bassi e aveva le guance rosse e bollenti; quando lui non parlò, alzò lo sguardo.
 
Non sapeva davvero come rispondere, alla confessione a cuore aperto di Louis. Lo aveva scosso nel profondo, e non era davvero sicuro di cosa prevalesse, nel casino cosmico dei suoi sentimenti in quel momento: voleva fuggire e restare lì, schiaffeggiarlo e baciarlo allo stesso tempo.
 
Strinse le labbra in una linea sottile, e abbassò lo sguardo, consapevole di avere quello di Louis fisso su di sé. Avvolse le braccia attorno al suo torace e nascose il viso nel suo collo; Louis lo strinse a sé di riflesso, e Harry si abbandonò al tepore della sua pelle, e la leggerezza del suo fiato sul viso.
 
 -Non so cosa fare, Louis- confessò, con un filo di voce –Non so più cosa pensare, non so come comportarmi: non ci capisco niente- mugolò nel suo collo, e Louis rabbrividì al tocco delle sue labbra.
 
 -Non ti sto chiedendo niente- replicò Louis, passando una mano tra i suoi capelli e massaggiandogli lo scalpo con le dita –Tu pensaci, e basta. Nel frattempo, se c’è qualcosa che posso fare per te, non devi fare altro che dirmelo-.
 
Harry strizzò le palpebre, cullato dalla voce dolce, quasi femminile di Louis, e dal suo impercettibile ondeggiare sul posto; alzò il viso e lo fissò negli occhi, che riflettevano la luce delle stelle sopra di loro e s’illuminavano ogni volta che incrociavano i suoi. Lo fissò senza dire nulla, per qualche secondo; poi avvicinò le labbra alle sue, e quando fu abbastanza vicino da sentire il suo fiato accarezzargli la screpolatura dovuta al continuo mordicchiare, sussurrò:
 
 -Baciami-.
 
E Louis, sotto la luce delle stelle del cielo di Hogwarts, senza pensarci due volte, lo baciò.
 
 

***

 

L’aria gelida di febbraio gli schiaffeggiava il viso mentre Louis si librava in volo, la divisa da Quidditch che gli svolazzava attorno. La mattinata era limpidissima e, nonostante il freddo che gli penetrava nelle ossa, le condizioni erano ideali per una partita: a due minuti dal fischio d’inizio, stava già cercando il Boccino, il bagliore dorato che gli avrebbe consegnato i centocinquanta punti della vittoria non appena lo avrebbe stretto tra le dita.
 
Louis amava volare più di ogni altra cosa al mondo – fatta eccezione per i baci di Harry – e sapeva di avere un discreto talento per il Quidditch; ogni volta che si librava in aria sulla sua SkyRocker e sentiva tutta la sua casa acclamarlo, si sentiva vivo. Zayn lo prendeva sempre in giro, dicendo che si nutriva dell’apprezzamento che gli altri mostravano per le sue doti a Quidditch; a Louis davvero non importava, finché lo sollevavano in trionfo e lo riportavano a scuola cantando il suo nome.
 
Questa partita poi, non era come tutte le altre: giocavano contro Tassorosso, il che equivaleva a dire che Louis Tomlinson giocava contro Niall Horan, e avrebbe provato, alla scuola e a Harry, di essere migliore di lui in tutti i sensi. Non c’era verso: Louis sarebbe stato il primo a stringere il boccino, e Harry l’avrebbe acclamato con tutti gli altri, sarebbe corso verso di lui sul campo e l’avrebbe baciato davanti all’intera scuola.
 
Euforico, Louis si esibì in un giro della morte e prese a sfrecciare per il campo, sorvolandolo in cerca del Boccino; infine lo scorse, che svolazzava pigramente vicino alla tribuna di Grifondoro, e si lanciò al suo inseguimento. Non erano passati neppure due secondi, che una forte spallata lo colse di sorpresa.
 
 -Hai messo gli occhi su qualcos’altro che non puoi avere, Tomlinson?- lo schernì una voce dal marcato accento irlandese alla sua destra. Louis si voltò di scatto, l’adrenalina che scorreva nelle vene fino ad assuefarlo: gli concesse solo una breve occhiata prima di tornare a concentrarsi sul boccino.

 -Solo su qualcosa che tu non ti meriti, Horan!- replicò a gran voce, un ghigno sul viso. Anche se non poteva vederlo, sapeva che Niall doveva essere arrossito dalla rabbia.

 -Devi lasciarlo in pace! Lui non ti vuole!- esclamò Niall, spintonandolo nuovamente e tentando di sorpassarlo, senza successo. Aveva scoperto le carte in tavola senza indugiare un attimo: dopotutto, che senso avrebbe avuto, parlare per metafore? Niall e Louis non stavano gareggiando solo per il boccino d’oro, e lo sapevano: si rincorrevano, spintonavano e sbraitavano per arrivare dritti al cuore di Harry.

 -Davvero?- sputò Louis, ridendo senza allegria -Eppure non mi era parso così riluttante, ieri sera- caricò il peso da un lato, si diede una spinta e assestò a sua volta una spallata decisa a Horan; le sue dita scivolarono leggermente sul manico della scopa, ma riprese il controllo in fretta e scese in picchiata, seguendo il boccino.

Niall aveva esitato un secondo, preso alla sprovvista dalle sue parole; si lanciò immediatamente al suo inseguimento mentre Louis arrestava la picchiata bruscamente e riprendeva a salire, seguendo la scia dorata.

 -Stai mentendo!- tuonò, con furia. Per tutta risposta Louis gli rise in faccia e scivolò qualche centimetro più avanti, guadagnando un flebile ma importante vantaggio sull’avversario.

 -Mentire, io? Sei tu che sei troppo stupido per accorgerti di quello che ti succede intorno!- lo schernì, canzonatorio, accelerando all’improvviso e costringendo Niall a fare lo stesso. Tra i due Cercatori e il boccino ormai, non distava più di un metro.

 -Ti senti importante a comportarti così, vero? Vorresti trascinare tutti nella tua condizione per elemosinare un po’ di pietà!- Niall strillò l’ultima frase con un misto di cattiveria e disperazione, ma fu sufficiente perché Louis si distraesse e rallentasse. Si accorse dell’errore in tempo per recuperare il Tassorosso e lo spintonò con rabbia e violenza mentre volavano, testa a testa.

 -Di cosa stai parlando?- non riuscì a trattenersi dal chiedere, costringendosi a tenere gli occhi fissi sulla pallina davanti a lui, e non cercare tra le tribune lo sguardo di Harry che – ne era certo – era incollato su di loro.

 -Sei solo come un cane, Tomlinson!- gridò Niall, facendolo sussultare per un momento -Credi davvero che Harry voglia avvicinarsi a te? Al massimo gli fai pietà, come a tutti del resto-.

La risata di Louis risuonò chiara e vuota, mentre i due sfrecciavano a pochi centimetri da Devine e la sua mazza da Battitore, che per poco non gli spaccò il naso. Non aveva intenzione di farsi distrarre dalle chiacchiere senza senso di quell’illuso di Horan: Harry provava di certo qualcosa per lui, e non era pietà.

 -Dimmi, è questo che ti racconti per dormire la notte? Per giustificare il fatto che tu Harry non lo conosci nemmeno?- fu la sua risposta, gongolante e piena di scherno. Ormai il boccino era vicinissimo e stavano volando rasenti alle tribune, a poco più di dieci metri da terra.

 -Stai dicendo cazzate!- sbraitò Niall, con tutta la voce che aveva in corpo; era come volare accanto ad un drago arrabbiato e forse, se Louis non fosse stato così teso verso la conquista del boccino, avrebbe pensato due volte prima di parlare. Invece allungò il braccio, le dita che quasi sfioravano il metallo freddo, e disse:

 -L’unica cazzata che vedo è quella che ho davanti-.

Per un attimo, gli parve che Niall fosse svanito mentre serrava le dita attorno alla pallina dorata che aveva finalmente smesso di sfuggirgli: poi un dolore accecante esplose dietro le palpebre, e la mano che ancora stringeva il manico di scopa perse la presa. Un attimo prima di perdere i sensi, Louis si sentì cadere nel vuoto.
 

***

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Capitolo 7
*** Diffindo ***


Buongiorno a tutti! Buon pomeriggio, anzi :)
Mamma mia, non posso davvero credere di essere arrivata anche a pubblicare l'ultimo capitolo di Seven Spells! Certo, manca ancora l'epilogo, ma comunque. :)
Innanzitutto devo dire che questo è stato il capitolo attorno al quale ho costriuto tutta la storia, uno dei primi che abbia scritto - in termini di dialoghi, s'intende - e uno di quelli che mi è piaciuto di più.
Non ho davvero molto da dire in proposito; solo che sono molto affezionata a questa storia, al personaggio di Louis in particolare, e sono piuttosto soddisfatta di come l'ho sviluppato. Harry potrebbe sollevare poche simpatie alla fine del capitolo - vi capirei - e per quanto riguarda a questione: Louis o Niall?, direi che  ci sarà da dibattere ;) Fatemi sapere cosa ne pensate!
Ancora una volta, grazie di cuore a voi tutti che seguite, leggete e recensite questa storia. Seven Spells è tutta per voi, ve la dedico senza pensarci due volte; mi sarei fermata al terzo capitolo, altrimenti. Quindi, un po' perchè ormai siamo alla fine e un po' perchè a questo capitolo in particolare - si chiama Diffindo; sapete dirmi perchè?- sono affezionata, vi invito come sempre a lasciare delle recensioni e dirmi cosa ne pensate, della mia storiella.
Un bacione enorme, ci risentiamo con l'epilogo!


Ps: un grazie specale va come sempre a Pia, che mi ha sostenuto con fin troppi cuoricini nella stesura del capitolo. Tanto love, darling <3


Diffindo



Harry non aveva mai amato molto il Quidditch, nella sua carriera da studente a Hogwarts. Di solito, in realtà, si annoiava alle partite: non capiva un accidenti di quello che succedeva in campo e, spesso e volentieri, non riusciva neppure a vederli, i giocatori. L’ultimo incontro, però, era stata diverso da ogni altro che avesse mai seguito: non aveva staccato gli occhi per un secondo dalla macchia verde e gialla che sfrecciava per il campo. Louis e Niall si erano dati battaglia per il boccino in modo talmente feroce che Harry non era disposto a credere che non ci fosse nulla sotto: e sapeva benissimo, anche senza l’intervento chiarificatore di Zayn Malik, di essere la vera causa del loro violento scontro.
 
Ora, Harry percorreva su e giù il corridoio di fronte all’infermeria, mordendosi a sangue le labbra e passandosi continuamente una mano tra i capelli: era colpa sua se Niall aveva colpito Louis e lo aveva fatto precipitare dalla scopa, da quasi dieci metri d’altezza. Certo, l’intervento propizio dell’arbitro aveva rallentato la discesa di Louis, che aveva toccato terra dolcemente; ma la botta in testa che aveva preso dal manico di scopa di Niall era stata violenta, e dolorosa.
 
La cosa peggiore di tutte, rifletté Harry mentre attendeva che Madama Pomfrey uscisse dall’infermeria per dargli qualche notizia – a lui e ai due ragazzi seduti dall’altra parte del corridoio -, era che non riusciva neppure più a fingere che di Louis non gl’importasse nulla: era rimasto con il cuore in gola per tutta la durata della partita, e aveva strillato come una ragazzina quando Niall aveva messo KO il suo avversario; dopodiché non ci aveva pensato due volte, prima di correre verso l’infermeria per accertarsi che stesse bene.
 
Zayn l’aveva trovato così, quando era arrivato con Liam Payne pochi minuti dopo: un tornado di ansia, unghie mangiucchiate e nervi tesi; si era limitato a lanciargli un’occhiata imperscrutabile prima di dire, a Liam:
 
 -Quell’idiota aveva ragione, alla fine-.
 
Cinque lunghissimi, lentissimi minuti passarono nell’assoluto silenzio. Harry stava per esplodere e gridare che qualcuno facesse qualcosa, che gli venisse data qualche informazione; ma un rumore di passi dall’altra parte del corridoio lo fece voltare di scatto. Niall veniva verso di lui, con passo incerto ma un’espressione scura in viso; e Harry si lanciò verso di lui senza pensarci due volte, senza fermarsi a riflettere.
 
  -Sei completamente impazzito!- strillò, rosso in viso -Potevi ammazzarlo!-
 
Per tutta risposta, Niall incrociò le braccia. Sembrava incredulo che il suo ragazzo lo attaccasse per averlo difeso dalle grinfie di un altro; e non gli faceva certo piacere, a giudicare dall’espressione furibonda che si era dipinta sul suo viso.
 
 -Stai difendendo Tomlinson? Non hai idea di quello che diceva!- abbaiò al suo indirizzo. Harry non ne voleva sapere, però: tutto quello che c’era nella sua testa era il suo presunto ragazzo che colpiva alla nuca il suo avversario a Quidditch, facendolo precipitare; Louis o non Louis, Niall non avrebbe dovuto farlo.
 
 -Non sto difendendo nessuno! Sto solo dicendo che hai esagerato, eri fuori controllo!- ribatté deciso, senza lasciare che l’aggressività di Niall lo intimidisse. Harry si morse un labbro, improvvisamente colpito dalla consapevolezza che non si era mai davvero reso conto, di quanto il ragazzo potesse essere aggressivo.
 
 -Da quando t’importa tanto di Tomlinson?- sibilò il Tassorosso assottigliando gli occhi e fissandolo dritto nei suoi. Harry si costrinse a non abbassarli, mentre un divorante senso di colpa divampava in lui come una fiamma ardente.
 
 -Non è questo il punto- borbottò, pregando che il suo sangue non affluisse alle guance; fu deluso però, dal calore che si diffuse sul suo viso.
 
 -Invece è proprio questo il punto- insisté Niall, a bassa voce -Tu lo hai baciato, vero?- chiese con voce incerta, debole. Sembrava supplicarlo di negare tutto, e una violenta cascata di vergogna e sensi di colpa investì Harry con la forza di un muro di macerie che si sgretolava. Non riusciva nemmeno a guardarlo in faccia, disgustato com’era da se stesso.
 
 -Niall, io…- balbettò, strizzando le palpebre e cercando di trattenere le lacrime bollenti che minacciavano di solcargli le guance; sarebbe stato da ipocriti ed egoisti, piangere adesso. Pensandoci bene avrebbe dovuto affogarci, nelle sue stupide lacrime.
 
 -No, basta così. Non voglio sapere altro- sbottò Niall e Harry alzò lo sguardo: si stava passando con stizza una mano sulle guance, come per cancellare le tracce di qualche lacrima che era sfuggita ai suoi occhi arrossati. Senza aspettare il permesso del suo cervello, Harry afferrò di slancio la manica della sua divisa da Quidditch, proprio mentre gli stava voltando le spalle.
 
 -Ti prego, ascoltami- supplicò, gli occhi sgranati e le guance bagnate. Niall si liberò con uno strattone dalla sua presa, e lo fissò con il fuoco del tradimento negli occhi azzurri.
 
 -E per sentire cosa?- gridò- Un altro bel mucchio di stronzate sulla fiducia? Sei davvero un ipocrita-.
 
Harry chinò il capo, ma si costrinse a non demordere. Doveva, doveva spiegare a Niall ogni cosa. Anche se, a dire la verità, non sapeva neppure lui cosa ci fosse da spiegare, nel suo comportamento. Harry non era così: non gli piaceva giocare con i sentimenti delle altre persone e la sola idea che Niall stesse così male per lui gli faceva rivoltare lo stomaco, attorcigliare le interiora come serpenti pronti a strangolarlo nelle loro spire. Lui non era così.
 
 -Niall, io non volevo…- tentò ancora, con voce flebile; ma Niall lo interruppe,il volto paonazzo e i pugni stretti ai fianchi.
 
 -Non volevi cosa?- sbraitò -NON VOLEVI COSA? Ti ha per caso puntato la bacchetta alla gola e costretto a baciarlo? Non credo proprio! Quindi non provare neanche a giustificarti, ma non venire a raccontarmi bugie perché non lo accetto-.
 
Aveva completamente ragione, pensò Harry mentre incassava il colpo e prendeva fiato, preparandosi alla confessione più difficile della sua vita. Niall non se lo meritava, in fondo: doveva sentirsi già abbastanza uno schifo per essere stato tradito dal suo ragazzo e una bugia non avrebbe certo migliorato le cose. Glielo doveva, se non altro.
 
 -Non voglio dirti bugie- sussurrò, e deglutì il groppo che gli annodava le corde vocali –Louis mi ha baciato, e io l’ho ricambiato- parlò a voce così bassa che temette che Niall non l’avesse sentito; l’espressione del suo viso però, parlava fin troppo chiaramente  –Dì qualcosa, ti prego-.
 
Niall tirò su con il naso, rumorosamente, e piantò gli occhi nei suoi con rabbia e frustrazione.
 
 -Cosa vuoi che ti dica?- esclamò, con voce rotta -Bravo? Grazie per essere stato sincero? Grazie Harry, mi hai spezzato il cuore! Contento adesso?-
 
Stava piangendo. Niall Horan, capitano della squadra di Quidditch di Tassorosso, campione della gara di rutti del terzo venerdì del mese e vincitore del premio Ragazzo Più Allegro Della Casa, stava piangendo a causa sua. Harry non credeva che spezzare il cuore a qualcuno potesse essere così doloroso.
 
 -Niall, mi dispiace- balbettò. Che cosa se ne poteva fare, Niall, delle sue scuse? Quel ch’era fatto era fatto, e lo stesso Harry non avrebbe sopportato di trovarsi a meno di sei metri da se stesso, in quel momento.
 
 -No, la sai una cosa? Non m’importa. Fai quello che ti pare, bacia chi ti pare. Tanto alla fine vinci sempre tu, no? Spero solo che ne sia valsa la pena- Niall sputò le ultime parole, caricandole di un veleno che Harry non credeva neppure fosse in grado di generare, e rimase a guardarlo con le spalle ingobbite sotto il peso della vergogna, mentre quello che era stato il suo ragazzo si asciugava rabbiosamente le lacrime e si allontanava lungo il corridoio.
 
 



***

 


C’era un gradevole profumo di fiori nell’infermeria, quando Louis aprì gli occhi. Fuori dalla finestra gli uccellini cinguettavano placidamente, e un raggio del sole morente illuminava il comodino accanto al suo letto, su cui qualcuno aveva posato un sacchetto di Cioccorane, un bicchiere pieno d’acqua e la sua sciarpa di Serpeverde, accanto ad un mazzetto di fiori di prato che Louis era certo fossero stati raccolti da Lottie nella serra Uno.
 
A svegliarlo però era stato il tocco leggero, quasi impercettibile delle dita che gli sfioravano la fronte, proprio sotto alla benda di ruvida garza che gli fasciava il capo; il ragazzo si aprì in un sorriso quando incontrò lo sguardo di Harry, che lo fissava seduto accanto al letto.
 
-Non pensavo saresti venuto- sussurrò, con voce roca dopo il lungo sonno. Sentiva la gola arida come un deserto e gli girava la testa, ma gli bastava guardare il ragazzo seduto accanto al letto per dimenticare qualsiasi problema. Harry era venuto a trovarlo.
 
 -Ero preoccupato, volevo sapere come stavi- rispose il Grifondoro, ritirando la mano e stringendola tra le gambe, incurvando la schiena. Aveva lo sguardo insolitamente scuro e sembrava perso nei suoi pensieri; Louis sorrise, raddrizzandosi sui cuscini.
 
 -Adesso sto molto meglio, con te qui- disse, sinceramente. Aveva deciso di smetterla, di farsi problemi: non aveva mai provato niente del genere per nessuno, prima, e Harry lo sapeva; che motivo avrebbe avuto di fingere il contrario? Il ragazzo però abbassò lo sguardo, sospirando pesantemente.
 
-Senti, Louis…- iniziò incerto, ma si bloccò subito dopo; incrociò il suo sguardo e scosse il capo, mordicchiandosi nervosamente il labbro inferiore. Louis si sentì stringere lo stomaco e deglutì, ma non abbassò lo sguardo.
 
 -Cosa c’è?- sussurrò, con un terribile presentimento ad attanagliargli la gola. Harry non lo guardò in faccia, mentre parlava. Aveva un’espressione disfatta e i suoi occhi erano arrossati, come se avesse pianto a lungo; Louis si chiese istintivamente perché diamine si fosse innamorato di un ragazzo così emotivo.
 
 -Io… ci ho pensato e ti giuro che non è facile, tu sei una persona così assurdamente incredibile che…- ancora una volta Harry iniziò a parlare ma non concluse la frase, e Louis scosse il capo, alzandogli il viso con due dita, e costringendolo a guardarlo negli occhi; e dire che i Grifondoro dovevano essere quelli coraggiosi, pensò, cercando di sdrammatizzare da solo una tensione che l’avrebbe certamente portato ad esplodere.
 
 -Ti prego, vai al sodo- udì la sua voce dire, con un tono quasi supplicante che non gli si addiceva per niente; ma era sempre meglio che Harry gli dicesse quello che aveva in mente, piuttosto che continuare con quelle strazianti mezze frasi. Dopotutto era bravo a fingere emozioni, e mantenne una maschera di impassibilità sul viso mentre Harry prendeva un bel respiro per prepararsi a dire quello che Louis temeva più di ogni altra cosa.
 
 -Devo stare con Niall, Louis. Quello che c’è tra di noi è bello, certo, ma non è giusto. Non è giusto Louis, nei confronti di Niall in primo luogo, e non può essere giusto che io stia con te se sto male alla sola idea di far soffrire così tanto qualcun altro per le mie azioni. Non posso farlo- Harry aveva parlato senza prendere fiato neanche una volta e guardandolo con espressione timorosa, ma risoluta. Louis abbassò lo sguardo, stringendo i pugni sotto al lenzuolo fino a conficcarsi le unghie nella carne; mantenne però un’espressione neutrale sul viso, mentre tendeva ogni muscolo del suo corpo per tenersi insieme, per non cadere a pezzi davanti a lui.
 
 -Io… capisco, Harry- sputò, più faticosamente del previsto. Harry si raddrizzò sulla sedia, e quando parlò c’era sorpresa, nella sua voce.
 
 -Capisci? Niente frasi strane sul senso della vita o baci per zittire i sensi di colpa?- ripeté stranito, e Louis si costrinse a guardarlo in faccia.
 
 -Cosa posso dirti, Harry?- rispose -Tutto questo mi fa male, mi fa molto male; ma non posso certo costringerti. Ti sembrerà strano perché sono un egoista, lo so, penso sempre prima a me stesso e non ho esitato a mettere te e Niall nei casini perché tutto quello che volevo era baciarti; ma se c’è una cosa che ho capito, è che per quanto l’idea di lasciarti andare mi faccia male, io non posso essere egoista con te. Quindi vai, Harry, se devi; ma pensaci bene, perché la scelta è solo tua-.
 
Calò il silenzio nell’infermeria, deserta ad eccezione di loro de; e Louis sperò davvero che Harry se ne sarebbe andato presto, perché non sapeva per quanto ancora sarebbe riuscito a mantenere quella facciata di calma e autocontrollo. Quando lo guardò, il volto di Harry era una maschera di stupore e confusione, e lo guardava con gli occhi sgranati; Louis si morse forte la lingua, perché era così dannatamente bello che tutto quello che avrebbe voluto fare era tirarselo addosso e accoccolarsi con lui sotto le coperte.
 
Come aveva potuto pensare di essere abbastanza per lui? Come aveva potuto credere che avrebbe messo da parte Niall e una relazione che aveva effettivamente un senso, che andava avanti da mesi, solo perché lui, Louis, gli aveva fatto gli occhi dolci?
 
 -Non me lo aspettavo- mormorò Harry, e parve combattuto, quando si alzò in piedi; allungò una mano e sfiorò la guancia di Louis con una carezza leggera, in punta di dita. Louis voltò appena il capo, chiudendo gli occhi.
 
 -Vai, Harry- sussurrò la voce appena spezzata sull’ultima sillaba; il ragazzo indugiò un momento, sfiorando appena la sua guancia ispida; poi il tocco svanì, e Louis udì i suoi passi allontanarsi.
 
 -Grazie Louis- sussurrò appena, prima di abbandonare la stanza –Per aver capito- poi la porta si chiuse alle sue spalle e Louis strizzò le palpebre, abbandonando il capo contro i cuscini, proprio mentre un singhiozzo sfuggiva alle sue labbra.
 
Vaffanculo a te, Styles.
 


 

***



 
 
Fuori dall’infermeria, l’unica persona in vista era Zayn Malik, quando Harry si chiuse la porta alle spalle, il cuore pesante come un blocco di piombo. Il ragazzo gli lanciò un’occhiata imperscrutabile, e Harry ebbe impressione che, in qualche modo, lui sapesse esattamente cosa gli stesse passando per la testa in quel momento. Zayn si raddrizzò dalla sua posizione appoggiata al muro, e gli si avvicinò, le mani in tasca.
 
 -Sai- disse –Quando sei nel dubbio, lancia una monetina; perché quando sarà in aria, tu saprai immediatamente qual è la faccia in cui speri-.
 
Non aveva mai parlato con lui, prima di quel momento. Lo guardò mentre spariva all’interno dell’infermeria, e pensò che doveva essere un tipo davvero strano, se sceglieva frasi come quella per approcciare un semi sconosciuto; ma non poté fare a meno di restarne affascinato, riconoscendovi un fondo di verità.
 
Harry affondò una mano in tasca, accarezzò i contorni sbeccati di uno zellino di bronzo; se lo rigirò fra le dita e infine vi strinse attorno il pugno, alzandoselo all’altezza degli occhi.
 
Testa, vado da Niall; croce, torno da Louis.
 
La monetina si levò in aria con la leggerezza di una farfalla e descrisse una parabola quasi perfetta davanti ai suoi occhi; Harry l’afferrò a mezz’aria e premette il palmo aperto, rivolto verso il basso, sul dorso della mano sinistra.
 
Con il cuore che galoppava in petto e il fiato corto, Harry sollevò la mano e scoprì la faccia della moneta rivolta verso di lui: i suoi occhi si sgranarono, il respiro cessò per un attimo; e il cuore, che fino a pochi secondi prima sembrava deciso a schizzargli fuori dal petto, rimase muto per un attimo, finalmente confrontato con la scelta decisiva. Davanti a lui, si snodava un bivio.
 

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Capitolo 8
*** Epilogo ***


ZAN ZAN ZAAAAAAN Eccoci qui, signore e signori: vi presento l'epilogo di Seven Spells – o Perchè Harry Styles e Niall Horan sono una pessima coppia, una storia di Louis Tomlinson. Se devo essere sincera, questo momento è in qualche modo unico, per me: è la prima volta, in sei anni che passo a bazzicare il mondo delle fan fiction, che finisco una storia a capitoli. Quindi potrete immaginare quale sia la mia - esaltazione?, commozione?, dispiacere?, realizzazione? - soddisfazione nel vedere questo capitolo pubblicato.

Seven Spells è nata come una storia semplice. Era una sfida personale con me stessa, per vedere se sarei stata in grado di portare a termine un progetto, per quanto lineare e basilare che fosse, senza stufarmene prima. E se l'ho vinta, lo devo solo a voi: a voi meravigliosi lettori che seguite la storia, che la recensite capitolo per capitolo o la leggete soltanto, in silenzio. Ringrazio ognuno di voi per avermi – anche se inconsciamente – spronato a scrivere ogni capitolo e ad impegnarmi perchè fosse migliore del precedente, e che seguisse un filo logico (il che sembra banale, ma non lo è affatto).

Ringrazio anche due persone in particolare: Costanza, che scrive per il fandom di Assassins' Creed e odia i One Direction dal profondo della sua anima, ma nonostante questo è riuscita a farsi piacere la mia storia; e Pia, che ha letto in anteprima gli ultimi capitoli, ha persino fangirlato su alcuni passaggi e mi ha fatto complimenti che non merito affatto: senza di lei saremmo ancora al sesto capitolo, gente.

Un'ultima cosa, poi vi lascio all'epilogo vero e proprio perchè sto diventando tediosa: visto che siamo alla fine, mi farebbe davvero piacere sapere cosa vi ha spinto a seguire questa storia, cosa vi è piaciuto di più e cosa invece vi ha fatto schifo; sono pronta ai pomodori di chi sperava un finale diverso e, davvero, sono sempre disponibile a fare due chiacchiere – anche su Twitter, se vi aggrada di più.

Mi Smaterializzo una volta per tutte: vi invito ancora a lasciare una recensione e vi auguro tutte le cose più belle del mondo, perchè siete i lettori più belli del mondo.

 

Love, Billie Jean.

 

 

 

 

 

EPILOGO

 

 

 

 

È davvero strano come la vita non sia altro che una successione ingarbugliata di scelte che s’intrecciano, mescolandosi, condizionandosi a vicenda e creando uno strano schema che nessuno può davvero interpretare, tranne chi l’ha disegnato.

 

Harry era sempre stato un bravo ragazzo. Il figlio speciale di una famiglia ordinaria, il bambino che alle elementari portava a casa i compiti contrassegnati da una stellina dorata della maestra, e che a Hogwarts era arrivato con un bel sorriso tutto fossette e tanti buoni propositi. Harry era gentile con le persone, aveva un carattere naturalmente compassionevole e faceva sempre la cosa giusta: era il prototipo del bravo ragazzo.

 

Forse era giunto il momento per lui di smetterla, di fare sempre la cosa giusta, e cominciare a fare quello che lo rendeva felice.

 

La monetina roteava a mezz’aria come senza peso, e in quella frazione di secondo che aveva passato a fissarla con il cuore in gola, Harry non aveva sentito nulla. Nulla di nulla: un uragano avrebbe potuto spazzarlo via in quel momento e lui non se ne sarebbe accorto perche lo zellino era finalmente tra le sue mani, piccolo e freddo e ruvido contro la sua pelle.

 

 

***

 

 

Il cuscino morbido e le lenzuola fresche accarezzavano il corpo di Harry mentre si stiracchiava, aprendo appena un occhio e richiudendolo immediatamente alla luce che ferì la sua pupilla. La primavera stava ormai cedendo il passo ad un’estate frettolosa, e attraverso le finestre della torre di Grifondoro era visibile uno sprazzo di cielo azzurro.

 

Harry mugugnò, sbadigliando sonoramente e tastando il letto accanto a sé, alla ricerca del corpo che si era addormentato accanto al suo la notte precedente. Grugnì frustrato quando non lo trovò e una maglietta pulita lo colpì in piena faccia.

 

 -Buongiorno, raggio di sole- lo salutò una voce che conosceva perfino meglio della sua, dopo tanto tempo –Temevo di doverti Levitare sotto la doccia per farti alzare-.

 

Harry si alzò di malavoglia, puntellandosi sui gomiti e squadrando per bene il suo ragazzo, che stava saltellando su una gamba sola per infilarsi i calzini e la camicia della divisa allo stesso tempo.

 

 -Perché ti sei alzato?- mugugnò –Si stava così bene a letto!-

 

Lui inarcò un sopracciglio, sventolando davanti a lui i pantaloni che teneva in mano.

 

 -Allenamento di Quidditch, ricordi?- lo apostrofò, e Harry gemette. Certo, ora lo ricordava; stupido lui a essersi messo con un giocatore di Quidditch che sgattaiola via la mattina presto.

 

 -Ma io avevo voglia di coccole- protestò, spingendo il labbruccio in fuori; si guadagnò un’occhiata eloquente da un paio di brillanti occhi azzurri e, un attimo dopo, il suo ragazzo lo stava baciando.

 

Harry non fece neppure in tempo a mugolare soddisfatto, però, che lui si era già allontanato; gli diede le spalle mentre infilava la divisa da Quidditch con i colori della sua casa, e Harry sospirò piano.

 

 -Ci vediamo più tardi, amore- lo salutò, una volta ebbe finito di prepararsi. Lo baciò ancora una volta e Harry intrecciò una mano tra i suoi capelli, approfondendo il contatto e impedendogli di allontanarsi. Alla fine ridacchiarono entrambi e si separarono, e Harry ricadde sui cuscini con espressione soddisfatta.

 

 -Magari dopo scendo- disse –Ho voglia di vederti giocare-.

 

Il ragazzo dagli occhi color del cielo sorrise a sua volta, legandosi la cravatta alla bell’e meglio.

 

 -E io ho voglia che tu mi veda giocare-.

 

Sventolò un mano mentre usciva, e non si accorse di Ed Sheeran che usciva dal bagno con uno spazzolino tra i denti finché non gli andò addosso.

 

 -Guarda almeno dove vai, Tomlinson!-

 

 

***

 

Il piccolo zellino di bronzo spiccava sulla sua pelle chiara come una macchia d’inchiostro su un foglio di pergamena, e Harry rimase a fissarla come a volersi imprimere per sempre nella memoria ogni sbeccatura, ogni graffio, ogni piccolo rilievo del metallo.

 

Testa, vado da Niall; croce, torno da Louis.

La piccola testa in rilievo sembrava volersi ingigantire e scavalcare i bordi del dischetto, inghiottendolo mentre un nodo stringeva la gola di Harry. Gli mancava l’aria e gli girava la testa: confrontato con l’ultimatum che si era autoimposto, non poteva mentire a se stesso sul sentimento che era esploso in lui come un gas fumogeno.

 

Delusione: ecco cosa aveva provato nel vedere la testa. E a quel punto era stato lampante, chiaro come un raggio di sole che è sempre stato lì, visibile dietro le palpebre che Harry si ostinava a tenere chiuse: non era Niall che voleva; era Louis.

 

 

***

 

 

 -Qualcosa dal carrello, cari?-

 

Harry socchiuse appena le palpebre, al suono della voce dell’anziana signora che sostava fuori dalla loro carrozza; le dita di Louis si attorcigliarono attorno ai suoi riccioli quasi subito, e il ragazzo lo riavvicinò a sé, continuando quello che poteva definirsi il bacio più lungo della storia. Harry sospirò piano nella sua bocca, udendo solo con un orecchio lo stridio delle ruote del carrello dei dolciumi che si allontanava, seguito dai passi strascicati dell’anziana signora: Louis lo aveva tirato verso di sé e ormai era a cavalcioni su di lui, seduto sulle sue ginocchia.

 

Harry si fece indietro, mentre le labbra di Louis continuavano a seguire le sue in una carezza umida e scomposta.

 

 -E se io avessi fame?- disse Harry dopo qualche secondo, interrompendo il bacio. Louis, le mani sui suoi fianchi, le labbra gonfie e i capelli spettinati, si allargò ancora di più il cravattino Serpeverde – che indossava per l’ultima volta – e gli rivolse un’occhiata sarcastica.

 

 -Ho svaligiato Mielandia apposta, piccola cloaca- gli rispose, posando un bacio sul suo collo, proprio sotto la mascella. Harry sorrise e gli accarezzò il capo, prima di tornare a baciarlo.

 

 -Voglio le mie caramelle- sussurrò sulle sue labbra, facendo sorridere Louis. Si separò da lui, lasciandosi cadere seduto al suo fianco, e lo guardò, carico di aspettativa. Louis sbuffò un po', incredulo che il suo ragazzo preferisse delle caramelle a lui; ma alla fine cedette al suo sorriso tutto fossette e zucchero, e si allungò sul suo baule aperto.

 

 -Tieni, idrovora che non sei altro- sorrise, tendendogli una gelatina rossa tra pollice e indice. Harry la strise tra gli incisivi con delicatezza e lo ricompensò con un sorriso, prima di accoccolarsi a lui, con le lunghe gambe magre stese sul sedile di fronte al suo.

 

 -Ma ci pensi- disse dopo qualche minuto di gelatine colorate, dita appiccicose e baci rubati al sapore di lampone -Che questa è l'ultima volta che prenderai l'Espresso?-

 

Louis sospirò pesantemente e chiuse gli occhi, reclinando il capo all'indietro.

 

 -Sì che ci penso- sussurrò -Ogni minuto che passa ci penso, e vorrei davvero, davvero distrarmi perchè sto impazzendo-.

 

Harry si fece d'un tratto più serio; la sua divisa frusciò contro il sedile quando si raddrizzò, per prendere il suo viso tra le mani.

 

 -Mi mancherai l'anno prossimo, Lou- disse piano, cerando d'imprimere nella sua memoria e sulla sua pelle il ricordo di quel momento di transizione, in cui sembravano essere sospesi nel nulla, solamente loro due.

 

 -Verrò a trovarti ogni weekend- replicò Louis, come da copione; avevano ripetuto quel discorso un milione di volte, e ogni volta Harry aveva l'impressione che lui non gli dicesse tutto: che ci fosse sempre qualcosa che preferiva celargli, un dubbio di cui si vergognava e che voleva tenere celato. Lo fissò negli occhi, avvicinandosi di più a lui.

 

 -Cosa c'è, Lou?- chiese -Sei preoccupato, ma lo sai che puoi dirmi qualsiasi cosa, vero?- lo fissò negli occhi, e Louis si morse il labbro, abbassando lo sguardo.

 

 -Non è nulla- si schernì con poca convinzione, evitando il suo sguardo; poi, con voce gracchiante aggiunse -Sarà dura-.

 

Harry annuì, e d'improvviso la preoccupazione di Louis fu lampante. Posò le labbra sulle sue, accarezzandole con dolcezza.

 

 -So di cos'hai paura- mormorò, senza guardarlo -Temi che io possa fare con te quello che ho fatto con Niall, non è vero?- domandò, il tono privo di accusa. Louis arrossì, e non rispose; così Harry gli prese il viso tra le mani e lo costrinse a guardarlo negli occhi.

 

 -Lasciami dire una cosa- sussurrò -Mi sono comportato malissimo con Niall, questo è innegabile. Ma quello che provavo per lui non ha niente a che vedere con quello che provo per te. Niall è stato la mia cotta irraggiungibile per così tanto tempo che, probabilmente, alla fine mi sono convinto che fosse la persona giusta per me solamente perchè ero io a ripetermi che fosse così. Ma non lo era: e poi sei arrivato tu- Harry sorrise, accarezzandogli le guance con i pollici -E hai fatto crollare il mio bel castello di illusioni come se fosse stato fatto di carta velina-.

 

 -Ti dispiace?- domandò solo Louis, lo sguardo indecifrabile e le dita strette al bordo del suo maglioncino rovinato. Harry aggrottò le sopracciglia.

 

 -Di non aver saputo gestire le mie emozioni sì, mi dispiace. Di essermi innamorato di te? È stata la cosa più bella che potesse capitarmi-.

 

Louis non disse più nulla, e si limitò a sorridere; diede un lieve strattone e se lo tirò di nuovo addosso, baciandolo come se la sua stessa vita ne fosse dipesa.

 

 -Mia madre avrà un infarto, quando ti vedrà- ridacchiò sulle sue labbra, molti baci dopo. Harry lo imitò e si accoccolò contro di lui, riprendendo a mangiare le sue caramelle -Lei è ancora fissata sull'idea del cognome purosangue da mandare avanti. Pensa che bella sorpresa, quando il suo unico figlio maschio si presenterà a lei con un ragazzo che chiama fidanzato-.

 

 -Ehy, non è ancora detta- Harry sorrise -Magari il sesto sarà un maschio anche lui, no?-

 

Louis grugnì qualcosa di inintelligibile e incrociò le braccia, guardando oltre il vetro del finestrino. Aveva iniziato ad accettare l'idea di un altro matrimonio e un altro fratellino ad aggiungersi all'albero genealogico dei Tomlinson, seppur con difficoltà; ma siccome non poteva fare nulla per cambiare la situazione, si era risolto a prenderla dal verso giusto.

 

 -Lo spero- commentò Louis -Non ne posso davvero più di donne, in quella casa, non vedo l'ora di averne una tutta mia- sorrise soddisfatto, incrociando le braccia dietro al collo. Harry gli accarezzò distrattamente l'addome, pensieroso.

 

 -Hai deciso cosa fare, alla fine?- domandò sottovoce, come se potesse fare una differenza. A Louis non piaceva parlare del suo futuro, perchè aveva pochi piani e non li riteneva adeguati; senza contare l'influenza deleteria di sua madre, che voleva vederlo al Dipartimento di Pozioni.

 

 -Non lo so- rispose Louis, altrettanto piano -Gli esami di ammissione sono a fine agosto, quindi avrei tutto il tempo per aspettare i M.A.G.O. e prepararmi. Devo aver preso E, però, e non credo di avercela fatta-.

 

Harry si voltò verso di lui, dandogli un colpetto sulla spalla e aggrottando le sopracciglia.

 

 -Ma smettila. E quelli per la squadra?- domandò. Louis non lo guardò, mentre rispondeva.

 

 -Luglio- disse. Poi, esitante, aggiunse -Credi davvero che dovrei farlo?-

 

 -Perchè no- Harry sorrise, prendendo una manciata di caramelle e porgendogliela -Se è quello che ti piace fare, non vedo dove sta il problema. Sei bravo, e anche dannatamente sexy con quella divisa addosso-.

 

Louis inarcò un sopracciglio divertito, mentre si attorcigliava i capelli di Harry attorno all'indice.

 

 -Sexy, eh?- ripetè divertito, prima di chinarsi a baciarlo. Le sue labbra sapevano di caramelle, e Louis indugiò prima di allontanarsi -Allora se sono sexy lo faccio. Il Puddlemere United ha decisamente bisogno di un nuovo cercatore-.

 

Harry rise, e lo baciò di nuovo; se c'era qualcosa che lo rendeva felice, era vedere Louis sorridere così, mentre lo guardava.

 

 -Ti porterò a vedere la mia casa al lago- sussurrò Harry sulle sue labbra, mentre la campagna cedeva il passo alle prime case e ai primi villaggi che preannunciavano l'avvicinarsi di Londra -E ti farò conoscere mia sorella-.

 

Louis sorrise, accarezzandogli una guancia.

 

 -Non correre troppo, dolcezza. Prima dobbiamo sopravvivere a mia madre-.

 

 

 

***

 

 

La stazione di King’s Cross giunse prima del previsto in una coltre di vapore, voci schiamazzanti e macchinari che sferragliavano. Colse Harry e Louis impreparati quando Zayn piombò nel loro scompartimento, incitandoli a richiudere i bauli, cambiarsi i vestiti e smetterla, per l’amor del cielo, di pomiciare come se fosse l’ultima volta che si vedevano.

 

Harry rise mentre Louis gli slacciava in fretta il cravattino Grifondoro e lo gettava alla rinfusa nel baule; rise anche quando Zayn uscì di fretta quando iniziarono a spogliarsi – per mettersi jeans e t-shirt, ovviamente – esclamando che le threesome non facevano per lui; da quando stava con Louis, ridere era diventato un’abitudine.

 

Quando furono cambiati, con i bauli chiusi e pronti a scendere, Louis gli prese il viso con una mano un’ultima volta, e lo fissò negli occhi.

 

 -Ti amo, Harry- sussurrò sulle sue labbra, prima di baciarlo. Poi gli fece una carezza sul viso, gli baciò una guancia e uscì dallo scompartimento, mentre Harry cercava ancora di riprender fiato.

 

Sul binario, lo aspettavano sua madre, sua sorella e una figuretta colorata e rumorosa che gli si gettò addosso non appena fu abbastanza vicino, costringendolo a mollare il baule per prenderlo in braccio al volo.

 

 -Zio Harry!- strillò il bambino, tirandogli i capelli per la gioia –Zio Harry, zio Harry, zio Harry!-

 

Harry rise, lanciandolo in aria una volta per salutarlo, e facendolo strillare ancora più forte.

 

 -Jake, sei diventato ancora più alto! Tra poco supererai anche me- esclamò divertito, guadagnandosi un sorriso tutto fossette e un bacio umidiccio sulla guancia. Si avvicinò alle due donne che lo aspettavano, sorridenti, afferrando il baule con una mano e stringendo suo nipote con l’altra.

 

 -Mamma, Gemma- le salutò con baci e abbracci –Sono felice di vedervi-.

 

A giudicare dalle loro espressioni, dovevano esserlo anche loro; Gemma tentò inutilmente di riprendersi il bambino che si era avviluppato allo zio come un viticcio e Anne scosse il capo, lamentando come non si sarebbe mai abituata allo shock della barriera da attraversare.

 

 -È bellissimo!- stava invece raccontando Jake, estatico –Corri corri e poi non ti schianti! Voglio farlo sempre!-

 

Harry sorrise, voltandosi verso sua sorella.

 

 -Sai che ora tenterà di farlo con tutti i muri di casa, vero?- disse, ironico; Gemma invece scosse il capo, divertita.

 

 -Jake- disse –Fai vedere a zio Harry che cosa hai imparato-.

 

A quelle parole, il bambino prese a scalpitare per farsi mettere a terra; non appena ebbe toccato il pavimento, allungò la mano e Anne gli porse il suo fermacapelli, divertita. Jake lo tenne sul palo della mano aperta, e Harry osservò attentamente; pochi secondi dopo quello prese a cambiare colore, diventando prima rosa, poi blu, poi verde e infine giallo.

 

 -Questa sì che è una sorpresa- commentò una voce divertita alle sue spalle, e Harry chiuse la bocca che aveva spalancato, arrossendo. Gratificò Jake con un complimento entusiasta – suo nipote era un mago! – e si voltò verso Louis, che lo guardava con un luccichio negli occhi.

 

 -Mamma, Gemma- Harry balbettò, un po’ in imbarazzo mentre Louis si faceva avanti, con un sorriso incantevole –Vi presento Louis, il mio ragazzo-.

 

Le espressioni di sua madre e sua sorella erano indescrivibili: Gemma aveva la bocca spalancata mentre si mangiava Louis con gli occhi, e Anne sembrava incapace di interrompere il ping-pong visivo tra i visi di suo figlio e il suo ragazzo. Alla fine fu Jake a farsi avanti, la mano pomposamente tesa in avanti.

 

 -Io sono Jake- si presentò – E so fare le magie anche io, vuoi vedere?-

 

Louis si chinò alla sua altezza, sorridendogli in un modo che Harry non aveva mai visto, mentre gli stringeva la mano.

 

 -Piacere di conoscerti- disse –Ho visto cosa sai fare, sei davvero bravo!-

 

Jake gonfiò il petto per l’orgoglio, fissando Louis interessato.

 

 -Sei un mago anche tu?- domandò, e Louis annuì –E sei il fidanzato dello zio Harry?- Louis annuì di nuovo, alzandosi in piedi e facendo scivolare la mano sinistra in quella di Harry, che intrecciò le loro dita.

 

 -Piacere di conoscerla, signora Styles- disse, allungando una mano verso Anne. Lei la strinse, guardandolo dall’alto in basso un paio di volte prima di rispondere:

 

 -Il piacere è mio, Louis- e si voltò verso Harry, corrucciata –Harold, si può sapere perché nelle tue ultime sette lettere non ci sia neppure un accenno a questo giovanotto?-

 

Harry arrossì e fece per dire qualcosa; ma fu Gemma a rispondere al suo posto, un sorrisetto malizioso che non si addiceva per nulla alla sua condizione di madre e sorella maggiore.

 

 -Probabilmente era occupato a fare altro, mamma- disse, squadrando Louis dalla testa ai piedi; Harry se lo tirò un po’ più vicino, con fare possessivo e divenne di un bel rosso carminio in volto.

 

 -Gemma!- esclamò scandalizzato, verificando che Jake non avesse capito nulla di quello che stava succedendo –Sei fuori di testa?-

 

Lei si strinse nelle spalle, mentre Anne rivolgeva a Louis uno sguardo compassionevole, come a dire ‘so quanto la situazione posso spaesarti e ti compatisco’. Louis, invece, era raggiante; strinse la mano di Harry e fece per dirgli quanto la sua famiglia gli piacesse, quando una serie di strattoni insistenti alla gamba dei suoi pantaloni lo costrinse ad abbassare lo sguardo.

 

 -Lou!- si lagnava Daisy, spalancando gli occhioni azzurri dal basso dei suoi sei anni –Dove sei finito! Hai detto che dovevi farci conoscere una persona spec…- ma s’interruppe, quando vide Jake guardarla, curioso, da dietro la gamba di sua madre.

 

Louis inarcò un sopracciglio, osservando lo sguardo d’intensissima attrazione che si erano scambiati i due bambini, e prese sua sorella in braccio.

 

 -Scusatemi- si rivolse a Anne e Gemma, che osservavano la scena con un misto di divertimento e curiosità –Devo portarvi via Harry per qualche minuto-.

 

E voltò le spalle, incamminandosi tra la folla con le dita intrecciate a quelle di Harry e la bambina che torceva il collo cercando la famiglia Styles sul binario.

 

 -Louis!- sibilò Harry, imbarazzato, cercando di stare al suo passo –Vuoi davvero presentarmi a tua madre così, adesso?-

 

Louis si limitò a sorridere, e gli schioccò un bacio sulle labbra.

 

 -Certo- rispose, sicuro –Non ho intenzione di nasconderti nemmeno per un secondo-.

 

La famiglia Tomlinson era numerosa, silenziosa e soprattutto ad alto concentrato di estrogeni; la madre di Louis era una bella donna dal viso curato, aveva una pancia gigantesca ed era circondata da tre ragazzine – sul viso di Lottie era spuntato un sorrisetto furbo quando li aveva visti arrivare – e un uomo senz’altro più giovane di lei, che Harry sapeva chiamarsi Benjamin. Quando si accostarono a loro, Jay squadrò Harry scettica, dalla testa ai piedi; lui dondolò leggermente, un po’ nervoso.

 

 -E questo chi sarebbe?- domandò la donna, guardando suo figlio senza notare le loro mani intrecciate.

 

 -Lui è Harry, mamma- rispose Louis, con sguardo deciso; aprì la bocca, prendendo fiato per aggiungere qualcosa che doveva suonare come “il mio ragazzo”, ma la donna lo interruppe.

 

 -E c’era bisogno di tutto questo teatrino per presentarci il tuo nuovo amico? Speravo fosse una ragazza, questa volta. Per Merlino- esclamò, squadrandolo con fare minaccioso –Non sarai un Potter, vero? Louis, spero tu abbia iniziato a scegliere le tue amicizie anche all’interno della tua Casa. Di che casa sei, Harry?-

 

Jay parlava senza prendere fiato, e metteva Harry in enorme soggezione.

 

 -Grifondoro, signora Tomlinson- rispose mestamente, guardandosi i piedi; Louis strinse la sua mano con più forza.

 

 -Merlino Louis, non cambierai mai! Grifondoro, dici? Potresti almeno guardarmi in faccia mentre…- l’insopportabile litania di Jay Tomlinson s’interruppe quando gli occhi della donna si fissarono sulle mani dei due ragazzi, incollate l’una all’altra. Harry sudava freddo, e deglutì quando lo sguardo di ghiaccio che Louis aveva ereditato si spostò su di lui, poi di nuovo sulle loro mani e poi infine su suo figlio.

 

 -Louis- disse, con voce spaventosamente calma –Caro, perché vi state tenendo per mano?- chiese –Avete paura di perdervi nella folla?-  aggiunse, in un ringhio sommesso e spaventoso.

 

 -Mamma- la voce di Louis era ferma e nei suoi occhi c’era la sfida; il piccolo cerchio di persone sembrava essersi trasformato in un ring di boxe e Harry sapeva di stare assistendo ad un incontro decisivo –Harry è il mio ragazzo-.

 

Calò il silenzio sul gruppetto, e la tensione nell’aria era tale che si sarebbe potuta tagliate con un coltello; Harry trattenne il fiato mentre stringeva la mano un po’ sudata di Louis e attendeva la reazione di Jay, che sembrava processare l’informazione lentamente, gli occhi ridotti a due fessure.

 

 -Louis- disse tranquilla, alla fine –Lo sai che è passato da un po’, il tempo in cui credevo a tutti i tuoi scherzi, vero?-

 

Harry avrebbe voluto sgonfiarsi come un palloncino, e invece si fece ancora più teso, mentre Louis replicava, stizzito:

 

 -Mamma, non è uno scherzo. Harry è il mio ragazzo. Noi ci amiamo-.

 

 -Per l’amor del cielo, Louis!- strillò Jay, spazientita –Hai quasi diciotto anni, quando capirai che c’è una bella differenza tra il voler bene a una persona e amare qualcuno?-

 

Harry non era mai stato bravo, a reggere la tensione; di solito spegneva completamente le facoltà cognitive e cominciava a fare cose che non avrebbe mai fatto, in possesso del suo normale buonsenso.Voleva solo zittire il battibecco, e aiutare Louis a far ragionare sua madre che sembrava non voler capire quello che suo figlio le diceva: così non ci pensò neppure mentre prendeva il viso di Louis con una mano, lo voltava verso il suo mentre ancora stava sbraitando contro sua madre, e lo baciò.

 

Non pensava che uno svenimento potesse essere così rumoroso.

 

 

 

***

 

 

 

-Beh, in fondo è andata bene- stava dicendo Louis, le braccia strette attorno alla sua vita e un sorriso abbagliante in viso. Jay non aveva smesso di lanciare improperi a suo figlio e il suo ragazzo da quando aveva ripreso coscienza, dieci minuti prima; e Harry seppellì il viso nel suo collo, gemendo per l’imbarazzo.

 

 -Se lo dici tu- mugugnò prima di farsi baciare. Fuori da King’s Cross l’aria di una sera estiva era pesante, e la luce del tramonto li costringeva a socchiudere gli occhi per guardarsi.

 

Era giunto il momento di salutarsi, ma nessuno dei due ne aveva voglia; rimasero stretti nel loro abbraccio, accarezzandosi le labbra e le lingue e intrecciando le mani ai capelli l’uno dell’altro. Anne chiamò Harry a gran voce per quella che sosteneva essere l’ultima volta, poi lo avrebbe lasciato a piedi; e i due si separarono con riluttanza, l’ultimo sospiro ancora sulle labbra.

 

 -Scrivimi quest’estate- sussurrò Harry, chiudendo gli occhi. Louis rise sommessamente, accarezzandogli la fronte con le labbra.

 

 -Scriverti? Harry, ho passato l’esame di materializzazione a pieni voti; sarò sotto casa tua tutti i giorni, praticamente. Anche perché mia madre mi caccerà senza dubbio- sorrise, e lo baciò un’ultima volta sulle labbra. Lo prese per mano e s’incamminarono insieme verso la vecchia golf di Anne. Louis lo aiutò ad accomodarsi all’interno, senza separare le loro mani finché non fu costretto a farlo; Harry non voleva lasciarlo andare e fu doloroso, dover staccare le sue dita dalle proprie una ad una. Infine chiuse la portiera, ma Harry abbassò immediatamente il finestrino.

 

 -Ti amo, Louis- gli disse, con urgenza, come se avesse fretta e come se non dovessero rivedersi probabilmente già il giorno dopo –Grazie per tutto quello che mi hai dato quest’anno. Per non esserti arreso con me- deglutì, e Louis sapeva che stava per mettersi a piangere.

 

La vita di Harry era un insieme confusionario di pezzi scomposti che faticavano a combaciare tra di loro, prima che arrivasse Louis: un puzzle disfatto, un vaso in frantumi, un disegno ancora da colorare. Poi lui era piombato su di lui come un Bolide e l’aveva colpito, scosso, ribaltato di sotto in su; aveva ordinato tutti i suoi pezzi e aveva dato loro un senso, senza bisogno di alcun trucco magico o incantesimo.

 

Anne mise in moto, il rombo del motore coprì la risposta del ragazzo; ma Harry, la testa che faceva capolino dal finestrino mentre sua madre partiva nel traffico delle sei del pomeriggio di Londra, l’aveva sentito lo stesso. Rimase a guardarlo mentre si rimpiccioliva sempre di più, fino a diventare un puntino colorato nell’oceano di riflessi metallizzati e fumi di automobili. Louis divenne un riflesso nella luce del tramonto e Harry si accarezzò le labbra, mentre l’ultimo “Ti amo” del suo ragazzo rimbombava nella sua testa, e s’inscriveva nel suo cuore.

 

 

THE END

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