Jet Lag

di Cloudsoftime
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Alzo la testa dal libro. Tutti i ragazzi presenti nell'aula si stanno alzando, il professore è seduto alla cattedra e con gli occhiali sul naso saluta i vari alunni che gli passano davanti.

Cavolo, mi sono addormentato ancora” penso chiudendo il libro bagnato di saliva e cacciandolo nella borsa. Mi sfrego la faccia con una mano per riprendermi e mi alzo barcollando un po'.
-Ehi Dave, dormito bene?-
Mi volto annoiato trovandomi faccia a faccia con Chuck.
-Mmm-
Mugugno qualcosa accorgendomi del forte mal di gola. Colpa delle sigarette e del sonnellino. Mi trascino fuori dall'aula con Chuck davanti a me che strilla come una cheerleader. Come fa ad essere così attivo la mattina? Io mi sento uno zombie, ho bisogno di mangiare qualcosa.
-Chuck mi porti la borsa in aula? Dove siamo a proposito?-
Gli chiedo recuperando la voce e porgendogli la mia tracolla.
-Credo nella 4°, matematica-
Perfetto, mi parte un embolo che distrugge il mio cervello. No, non riuscirò mai a resistere. Mi appoggio una mano sulla fronte e chiudo gli occhi.Deciso, me ne vado a casa.Qualcuno benedica il college, posso andarmene quando mi pare e mi piace senza giustificazioni. Oggi non mi sento neanche in colpa, all'ultimo esame ho preso un bel 28 quindi anche se salto qualche lezione non mi succede niente.
-Chuck dammi la borsa, vado a casa-
Mormoro allungando una mano verso di lui che però si scosta spalancando gli occhi.
-Perchè te ne vai Dave?-
Mi chiede allarmato. Lo guardo alzando un sopracciglio.
-Perchè ho sonno Chuck. Su, dammi questa borsa-
-No Dave! Non hai mai saltato nessuna lezione, cosa ti succede?-
Strilla lui schivandomi per la seconda volta. Maledetto Chuck e la sua cavolo di fissa per lo studio. Mi blocco, abbasso la testa e stringo i pugni. Sospiro.
-Chuck, ti sto per menare-
Sibilo rimanendo immobile.
-O-ok Dave. Non ti incazzare però!-
Il mio amico appoggia la borsa di fianco ai miei piedi e si allontana lentamente. Di solito sono tranquillo, non mi altero mai. Ma Chuck, a volte, ce la mette tutta per farmi andare su di giri. Solo lui è capace. E anche mia sorella, però con lei è diverso. Quando litighiamo ci odiamo proprio da fratelli. Comunque, afferro la mia borsa e mi tranquillizzo.
-Stai attento sul treno e mandami un messaggio quando arrivi a casa ok?-
Sussurra lui arrossendo un po' e osservandomi con i suoi occhioni nocciola. Mi guardo intorno, c'è un sacco di gente nel corridoio ma non mi interessa, lo faccio comunque. Abbraccio Chuck stringendolo leggermente.
-Stai tranquillo-
Mi stacco e lo saluto con la mano dirigendomi verso l'uscita.
-Ciao Dave!-
Sento la risposta di Chuck arrivare dopo qualche secondo. Alzo gli occhi al cielo schivando ragazzi e ragazze che si fiondano alle proprie lezioni. Chuck è gay. Lo sanno tutti, ma è anche il mio migliore amico e gli voglio un sacco di bene. Ogni tanto però esagera quel tantino da farmi incazzare. Esagera con i favori, esagera con le gentilezza, esagera sullo studio ed esagera a manifestarmi il suo affetto. Lui stravede per me, non per essere egocentrico ma è vero. Me l'ha anche confessato. Comunque, meglio tenere le distanze adeguate ogni tanto.
Spalanco la porta a vetri che pesa almeno tre volte me e un vento gelido mi investe facendomi rabbrividire. Cerco la sciarpa nella borsa e me la avvolgo intorno al collo affondandoci dentro il naso. Infilo le mani nelle tasche del giubbetto di pelle e mi fiondo alla paninoteca dietro la stazione. Attraverso lo stradone principale rischiando di farmi investire.
-Spostati frocetto!-
Mi urla un tizio in macchina. Mi giro subito verso di lui e gli faccio il dito medio nascondendomi però nella sciarpa. Ma che cavolo, la gente è solo capace di insultare? In quel modo poi. Risalgo sul marciapiede e cammino in direzione della paninoteca. Ogni tanto mi giro verso le vetrine dei negozi che riflettono la mia immagine. Uff non sono gay, ma un po' lo sembro. Lo devo ammettere, sono magro (più o meno), piccolino, mi metto sempre pantaloni super attillati e magliette altrettanto. Capelli neri tinti, qualche percing e nessun tatuaggio per adesso. Immerso nei miei pensieri da paranoico non mi accorgo di essermi fermato davanti alla vetrata principale della paninoteca. Mi squadro da capo a piedi guardandomi di lato e da altre prospettive. Massì, non sono poi così male. Oggi poi mi sento più figo del solito. In forma no ma figo si. Guardo dentro il locale, oltre la mia immagine e per mia grandissima sfortuna noto un ragazzo e una ragazza che mi stanno fissando sbigottiti da dietro il vetro. Mi sento avvampare, faccio finta di niente, mi sistemo i capelli alla cavolo tanto per fingermi disinvolto e apro la porta del locale. Che figura di merda. Tengo la testa bassa e mi dirigo all'unico tavolo libero. Ovviamente, visto che stamattina mi sta andando tutto bene, da questa postazione ho la visuale diretta sulla coppia che prima mi stava fissando allibita. In particolare, sono nella traiettoria del ragazzo, la ragazza mi da le spalle. Alzo lo sguardo incontrando quello dello sconosciuto. È solo un secondo ma mi sento scosso, inquieto. Perchè? Ok che ho fatto la figura ma di solito non me ne frega più di tanto, mi passa velocemente. Invece adesso mi sento osservato, tenuto sotto controllo. E sono pure da solo. Arriva la cameriera, quella che sembra si sia mangiata il marito intero. Carne, ossa e ciccia compresa.
-Allora, sai già cosa prendere?-
Mi chiede irritata.Ordino il mio solito panino e una coca cola e aspetto. Non so cosa fare, mi mangio le unghie, svuoto la borsa sul tavolo per cercare qualcosa di interessante, osservo la gente che passa sul marciapiede ma ogni tanto mi cade ancora l'occhio sul ragazzo davanti a me. Osservandolo meglio mi viene in mente di averlo già visto da qualche parte. Forse a scuola. Ma si certo! Frequenta gli stesso corsi di Jeff! Ecco dove l'ho visto. Dovrebbe chiamarsi Patrick o Paul. No forse era Peter o un cavolo di nome con la P che adesso non mi viene in mente.
-Pierre sei sicuro di non aver fame?-
Sento la ragazza pronunciare il suo nome, quel nome.Pierre!
Ora mi ritorna tutto. Pierre Bouvier, è arrivato quest'anno nella mia scuola trasferendosi da un paesino della periferia di Montreal. Ha un anno in più di me, infatti frequenta i corsi di Jeff. Ogni tanto li vedo parlare.
La cameriera mi serve il panino sbattendomi il piatto sul tavolo. Faccio un salto e rischio di cadere dalla sedia.

-G-grazie-
Mormoro guardando la donna andarsene senza rispondermi. Sposto gli occhi su Pierre e scopro che anche lui mi sta guardando. Questa volta è lui il primo a distogliere lo sguardo, io continuo ad osservarlo e noto che le sue guance hanno preso un colorito molto simile a quello dei pomodori nel mio panino. A proposito, li sfilo con cautela dal pane abbandonandoli nel piatto. Odio i pomodori. Assalto il panino e lo finisco in due secondi. Pieno come un uovo mi scolo tutta lo coca cola e decido di riposarmi un attimo, vomiterei sicuramente su treno data la bassa capacità del mio stomaco di contenere cibo. Ma io continuo imperterrito a mangiare come se non ci fosse un domani. Osservo per l'ennesima volta Pierre e per mia fortuna non mi guarda, così lo posso fissare quanto mi pare.Aspetta un attimo Dave, stai guardando un ragazzo con tanto di aria sognante!” penso ritornando in me in pochi secondi. Sento il panino muoversi nel mio stomaco, devo vomitare. Mi alzo dalla sedia e mi fiondo in bagno. Appoggio le mani sul piano del lavandino e mi guardo allo specchio.
-Non vomiterai vero David?-
Chiedo alla mia immagine riflessa guardandola male.
-E per favore, smettila di guardare quel ragazzo-
Sussurro vergognandomi un po'. Mi sciacquo le mani ed esco dal bagno un po' più sollevato. Passo di fianco al tavolo di Pierre. Osservo la sua, presumo, ragazza. È bella, bionda e magra, ha un viso da bambina. Non è volgare come la maggior parte delle ragazze di adesso. Mi risiedo al mio tavolo e mi assale una sensazione strana. Un qualcosa tipo gelosia nei confronti di Pierre.Ok, me ne vado.
Mi alzo e afferro la borsa. Cerco i soldi nella tasca del giubbetto, pago ed esco in fretta e furia senza girarmi dalla parte di Pierre. Attraverso la strada e ho la sensazione che qualcuno mi stia guardando.
Non girarti, non girarti”
Mi giro e lo vedo li, dietro alla vetrata, che mi osserva. Ancora. Continuo a camminare e ovviamente inciampo nei miei piedi facendo l'ennesima figura di merda della giornata.





Non capisco perchè non me lo fa inserire nell'introduzione qundi scrivo qui. La ff è ambientata in un college americano, IO NON HO IDEA DI COME SIANO FATTI E COSA SI FACCIA quindi ho inventato un po' di cose! L'ho paragonato ad una università!
Spero vi sia piaciuto ^^


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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Prendo il treno per un pelo, le porte si chiudono mentre cerco di salire sul gradino. Cosa ci vuole a farli un po' più bassi sti treni? Non siamo tutti delle pertiche! Cerco un posto libero e mi stravacco sul sedile. Apro la borsa per recuperare il mio i-pod ma non c'è, controllo le tasche e niente. Mi viene addosso l'ansia, ma dove cavolo l'ho lasciato? Ripercorro tutto quello che ho fatto durante la mattinata. L'avrò lasciato in aula, mi sarà caduto dalla borsa mentre parlavo con Chuck, si sarà sfracellato in mezzo alla strada. No, mi viene in mente adesso. L'ho lasciato sul tavolo della paninoteca! Me lo immagino li tutto solo, sotto le grinfie di qualche ragazzetto che lo ruberà sicuramente. Ci voleva solo questa oggi. Chiudo gli occhi decidendo di non pensarci e cercando di dormire un po'. Il treno parte scricchiolando, sembra più stanco di me. Guardo fuori dal finestrino aprendo solo un occhio, tutto scorre lentamente aumentando sempre di più la velocità. Non so come ma mi ritrovo a pensare a Pierre. Me lo immagino ancora seduto al tavolo della paninoteca che parla e ride con la ragazza bionda e ancora, come poco fa, mi assale la gelosia.
Ommioddio Dave, ma cos'hai oggi?”
Mi chiedo prendendomi la testa tra le mani. Per fortuna il viaggio dura poco, scendo dal treno e mi avvio verso il parchetto vicino alla stazione per fumare una sigaretta. Mi siedo su una panchina rossa, qui c'è calma. Meno male. Accendo la sigaretta e me la godo in silenzio. Chiudo gli occhi e... rieccolo! Pierre è qui nella mia testa che saltella mangiandosi un cavolo di panino!
Perchè??
Perchè continuo a pensarci? Non è possibile, Chuck mi ha trasmesso la sua omosessualità! Passo troppo tempo con lui! Inizio a sudare anche se ci saranno 10 gradi. Mi alzo e corro a casa, corro letteralmente. Arrivo davanti alla porta ansimando, la apro con un calcio e mi fiondo in camera mia per accendere la musica. Metto su i Green Day a manetta per distrarmi. Sembro un pazzo, chissà cos'ha detto mia mamma sentendo tutto il casino che ho appena fatto. Vedo la porta aprirsi e Julie irrompe nella mia camera con un'espressione incazzata.
-Dave! Abbassa! Ma sei impazzito?-
Urla lei con gli occhi spalancati. Abbasso un po' il volume e la fisso.
-Che cosa ti prende? Perchè sei già a casa?-
Spengo del tutto la musica e mi siedo sulla sedia della mia scrivania.
-Non sto tanto bene, preferisco stare a casa oggi-
Rispondo sentendomi un po' dipresso.

Forse era meglio rimanere in università, almeno non rimanevo da solo”
-Ok. Io comunque tra poco esco con la mamma, dobbiamo andare a fare la spesa-
Annuisco e Julie se ne va senza nemmeno salutarmi. Che razza di sorella. Accendo il computer e cazzeggio un po' su internet. Guardo l'ora. L'una. È solo l'una. Cosa cavolo faccio tutto il pomeriggio in casa da solo? Gli altri sono tutti in università e finiranno per le 5 se non più tardi. Uff. Vado in cucina a vedere se trovo qualcosa di interessante nel frigo ma niente. Vuoto. Gli armadietti vuoti pure quelli. Mi siedo su una sedia e mi stropiccio la faccia guardandomi in giro, osservando la cucina come se non la conoscessi di già.

Non puoi startene tutto il giorno in casa a far niente Dave! Su, alza il culo e trova qualcosa da fare!”
Decido di uscire in macchina, troverò qualcuno in giro. Spero.
Afferro le chiavi della macchina ed esco dirigendomi al garage. Col cavolo, si gela e ho addosso solo un giubbetto di pelle. Ritorno in casa lento come una lumaca, controvoglia. Mi armo di cappotto, sciarpa e il mio solito cappello nero che non serve a niente, solo per fare un po' di scena. Sembro Jack dei Blues Brother, l'altezza c'è e la corporatura quasi se vado avanti ad ingozzarmi di panini della paninoteca.
E riecco Pierre nella mia testa!
Ok basta, salgo in macchina, musica a palla (non troppo altrimenti mi becco un'altra multa per “disturbo della quiete pubblica”) e parto. Finalmente riesco a distrarmi un po' e la colonna giusta per questo pomeriggio credo sia “Longview” dei Green Day. In parte.




Ecco il secondo capitolo! Lasciate una recensione se vi va, mi farebbe molto piacere^^

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


-Dave! Ti vuoi svegliare o no?-
Apro gli occhi di scatto e cado dal letto afferrando il telefono.
8.15.
Addio treno.
-Arrivo!-
Allora, ho 21 cazzo di anni, è da quando ne ho 15 che prendo il treno ed ogni mattina è sempre la stessa storia. 15 minuti per prepararmi e correre in stazione.
Mi vesto in fretta e furia, prendo la borsa, mi strozzo con una torta schifosa di mia madre e finalmente esco di casa. Riesco a prendere il treno e mi butto alla ricerca di Chuck che ovviamente non mi ha detto se c'è oggi o no. Lo ritrovo dopo 10 minuti seduto da solo con le cuffie.
-Chuck!-
Il mio amico salta sul sedile guardandomi allarmato.
-Dave! Allora sei riuscito a prendere il treno! Ti ho visto correre come un forsennato! Come stai? Ti sei ripreso da ieri?-
Ecco, ha già superato la soglia delle domande mattutine. Mai fidarsi delle persone che parlano a vanvera prima delle 9 di mattina. Soprattutto se si tratta di Chuck Comeau.
-Sto bene, ero solo stanco-
Lo liquido in due parole, non ho voglia di sentire le sue lamentele di prima mattina. Cerco l'i-pod in borsa ma mi accorgo di non averlo.

Mi toccherà la paninoteca anche oggi” penso sbuffando.
Però l'idea non suona male.

 

* * *

 

La mattinata passa stranamente in fretta. Finita la lezione di fisica mi fiondo in corridoio, cerco Chuck ma non lo trovo. Sarà ancora in aula a leccare il culo a qualche professore. Mi appoggio al muro dietro di me sbuffando e osservo la gente che mi passa davanti annoiato. Ad un tratto scorgo un ragazzo di spalle dall'aria abbastanza famigliare. Il tizio si gira e... oddio è lui. È Pierre. Mi sento avvampare e l'ansia di ieri ritorna ad infastidirmi. Incrocio il suo sguardo e abbasso subito la testa guardandomi i piedi.
Bene, ti ha visto un'altra volta Dave”
Tiro su piano gli occhi per evitare altri sconvenienti e mi accorgo che Pierre sta camminando nella mia direzione. Ma guardo intorno ma dietro di me c'è solo il muro. Automaticamente mi riordino i capelli con una mano e schiarisco la voce.
Tre metri, due, uno e mezzo...
-Ciao! Ieri ti ho visto in paninoteca e credo che questo sia tuo!-
Pierre è qui, a meno di un mero da me con in mano il mio I-pod. Lo guardo negli occhi e cerco di presentarmi il meno teso possibile. Sorrido.
-Oh si, è il mio I-pod. L'ho dimenticato sul tavolo vero?-
La voce mi esce più squillante del solito. Ma che cavolo mi prende?
-Si, sei scappato via e l'hai dimenticato li!-
Pierre sorride illuminandomi. Ha un sorriso bellissimo, denti bianchi tutti in ordine e due guancette rosa che vorrei tanto toccare con un dito.
-Ehm, ero sovrappensiero scusa-

E adesso perchè chiedi scusa??”
-Comunque, grazie mille di averlo recuperato!-
Afferro l'I-pod dalle sue mani e mi sento arrossire.
-Sono Pierre-
Lui mi allunga la mano destra. La fisso per qualche secondo senza respirare.
-David-
Rispondo stringendogliela con vigore. Mia madre dice sempre che bisogna stringere forte la mano perchè quelli che ti porgono una sottiletta flaccida (testuali parole) le fanno girare le scatole.
-Bè ci si vede David, devo andare-
Pierre si gira facendomi l'occhiolino. Io lo ringrazio salutandolo con la mano. Rimango impalato a fissarlo mentre lui se ne va e distrattamente i miei occhi cadono sul suo sedere che, diciamocelo, è semplicemente perfetto.
-David! Ti ho trovato! Andiamo a mangiare, non ce la faccio più-
Chuck mi saltella davanti come un folletto coprendomi la visuale. Lo guardo alzando un sopracciglio e maledicendolo mentalmente. Noto solo ora che oggi sfoggia un abbigliamento troppo elegante.
-Che c'è?-
Mi chiede.
Lo quadro da capo a piedi.
-Come mai tutta questa eleganza?-
Chuck spalanca gli occhi e si avvicina al mio orecchio.
-È l'anniversario mio e di Jake oggi-
Sussurra entusiasmato. Sorrido e gli do una pacca sulla spalla.
-Congratulazioni allora! Auguri e figli maschi!-
Rido cingendogli un braccio intorno al collo. Lui sorride sarcastico.
-Il solito simpatico. A proposito, ho visto che parlavi con Pierre poco fa-
Chuck mi fissa aspettando ansioso una risposta.
Pierre.
Il sorriso mi si cancella dalle labbra e mi stacco immediatamente da lui.
-E?-
-E niente! Sembra simpatico ed è anche carino!-
Aggiunge abbassando un po' la voce. Stacco gli occhi dai suoi imbarazzandomi al massimo e guardandomi in giro alla ricerca di una via di fuga. Mi ha incastrato. Chuck è una specie di cupido,un personal trainer dell'amore. Qualsiasi ragazza tu voglia la otterrai grazie a lui. Ma questa volta non si tratta di una ragazza, si tratta di Pierre e lo sguardo di Chuck mi intimorisce. Ha già capito. E lo ammetto, ieri sera ho pensato tutto il tempo a Pierre!
-Ti ho visto arrossire sai “io sono etero e lo rimarrò per tutta la vita”?-
Sono finito. Mi preparo psicologicamente a passare la pausa pranzo con Chuck che mi da consigli e dritte per conquistarlo. Una piccola parte di me è consenziente, non capisco perchè ma lo è.
Io e Chuck andiamo al bar del terzo piano e ci sediamo al nostro solito posto. Prendo qualcosa di leggero per non stare male nel pomeriggio, vorrei rimanere qui fino alle 5. Almeno oggi che sono abbastanza di buon umore. Ogni tanto mi chiedo perchè sia quasi sempre così scazzato, pigro, imbecille nel cervello e scatenato nello stesso momento. Sarà perchè la mia vita è sempre stata un po' monotona, non ho mai avuto una ragazza, non ho mai avuto una compagnia seria di amici con cui uscire. Prima del trasferimento a Montreal uscivo con i solito 4 o 5 amici. Qui è la stessa cosa solo che non riesco a vedere spesso Chuck e gli altri fuori dal college, non abitiamo proprio vicini. Oppure per il semplice motivo che non mi applico come dovrei, non mi butto nelle novità per paura o per pigrizia.

Devi cambiare Dave, è questa la soluzione”
Sbuffo consapevole di ciò che il mio inconscio mi suggerisce e ascolto il povero Chuck che mi sta parlando da 20 minuti. Finisco il caffè leccandomi le labbra e decido che è ora di andare.
-Chuck mi dispiace interromperti ma credo sia ora di ritornare alle lezioni-
Mi alzo dalla sedia e appoggio una mano sulla spalla del mio amico.
-Oh hai ragione! Sono già in ritardo, devo scappare! Finiremo il discorso con calma, ciao Dave!-
Chuck fugge via rischiando di inciampare nelle stringhe delle sue scarpe slacciate. Mi avvio alla prossima aula camminando lentamente, con la mente satura di pensieri. Mi fermo davanti ad una bacheca tempestata di annunci, iscrizioni a corsi strani, pubblicità e volantini vari. Noto un foglio bianco con una scritta nera, semplice, coincisa.

Apri gli occhi”
Un lampo di genio, un'illuminazione, una lampadina che si accende. Il mio cervello comincia a lavorare più velocemente. Sento una strana sensazione che cresce dentro di me. Ho voglia di fare un sacco di cose, sono euforico. Decido, così su due piedi, di farlo. Voglio conoscere Pierre.



 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Il problema è solo come fare. Non posso presentarmi da lui dicendogli che voglio conoscerlo così dal nulla. Mi prenderebbe per un malato di testa o per un maniaco stalker. Entro in aula e passo tutta l'ora a pensare a Pierre, al suo bellissimo sorriso, alle sue braccia muscolose e... ok basta. Appoggio la testa sul banco e rimango così fino alla fine dell'ora. Quando suona la campanella esco immediatamente dalla classe e, per mia grandissima fortuna, incontro Jeff.
-Ehi Jeff!-
Gli corro incontro fermandolo.
-Dave! Tutto bene?-
Mi chiede sorridendo come al solito. Mi affianco a lui.
-Bene grazie. Volevo chiederti una cosa-
-Dimmi-
E adesso cosa gli dico? Non devo chiedergli niente sinceramente ma mi è uscito spontaneo così.
-Ehm...-

Dai Dave inventati qualcosa!”
-Per caso conosci Pierre?-
La voce mi si strozza in gola. È strano dire il suo nome con la r alla fine, mi viene da pronunciarlo in francese. E il bello è che non lo parlo quasi mai se non con mia mamma e mia sorella ogni tanto. Jeff si gira verso di me alzando le sopracciglia.
-Pierre il fratello di Jay?-
Mi chiede lui. Odio quando qualcuno mi risponde con un'altra domanda alla domanda che ho appena fatto. E poi chi cavolo è sto Jay?
-Mmm frequenta i corsi con te credo-
Sto cominciando a stufarmi, Jeff non ha voglia di interagire. In più continua a guardarsi intorno senza prestarmi un minimo di attenzione.
-Va bè Jeff non mi sei d'aiuto in questo stato-
Sbuffo e saluto il mio amico dandogli una pacca sulla spalla. Cerco Chuck, mi sento un po' giù di morale e non capisco perchè. Lo trovo davanti al suo armadietto con Tay.
-Chuck puoi venire un attimo?-
Gli chiedo avvicinandomi e salutando Jake con un cenno della testa.
-Si certo! Ti stavo proprio cercando-
Chuck si gira verso Jake e gli sussurra qualcosa nell'orecchio. Non voglio sapere cosa. La tensione tra quei due è sempre alle stelle, sembra che stiano per saltarsi addosso da un momento all'altro. Alzo gli occhi al cielo e incrocio le braccia sule petto osservando Chuck che sta per baciare Jake, ma lui lo ferma dicendogli che “c'è qui il tuo amico che si potrebbe scandalizzare!”. Bravo Jake per una volta ti do ragione. Non ho niente contro di lui, ma è sempre stato un tipo serio e taciturno. Il contrario assoluto di Chuck, non capisco come facciano a sopportarsi a vicenda.
Chuck fa la faccia da finto incavolato e Jake lo saluta con castissimo bacio sulla guancia e se ne va salutandolo con la mano. Chuck, finalmente, arriva da me con un sorriso a 32 denti.
-Io e Jake...-
-No Chuck, ti prego. Mi racconti dopo cosa fate, cosa ti ha detto e tutto quello che vuoi ok? Ti devo chiedere una cosa-
Ecco, mi sento già arrossire e il mio stomaco si riempe di farfalle. Slaccio al felpa facendomi aria con una mano.
-Oddio cos'è successo Dave?-
Il mio amico non riesce a stare fermo, salta da un piede all'altro come un bambino.
-Io..bè vorrei conoscere Pierre perchè...mi sembra simpatico!-
Sparata.
A Chuck si illuminano gli occhi.
-Ti sta simpatico, è così?-
Conosco quel tono di voce. Come cavolo fa a capire sempre tutto? Voglio saperlo! Ha un istinto, un fiuto peggio di quello delle ragazze. Non posso nasconderlo, Pierre mi attira un sacco. Se dovessi vederlo in questo momento mi scioglierei. Dio, sto impazzendo!
-Dave?-
Chuck mi risveglia dal dal mondo dei sogni. Lo fisso ebete.
-Chiudi la bocca, non sei uno spettacolo bellissimo-
Sussurra poi lui guardandosi intorno circospetto. Mi ricompongo subito.
-Bè si mi sta simpatico e mi ha fatto anche un gran favore-
Chuck alza un sopracciglio, non è soddisfatto. Vuole tirarmi fuori le parole di bocca e sono sicuro che entro la fine della giornata lo farà.
-Ok, troverò il modo per fartelo conoscere-
Chuck si incammina nel corridoio.
-Vieni?-
Ma come? Niente fuochi d'artificio, niente abbracci, lacrime e scenate varie degne di Chuck? Rimango perplesso e lo seguo.
-Dove stai andando?-
Gli chiedo.
-Hanno esposto le camere dei dormitori e i nostri nuovi compagni. Quest'anno saranno da due, spero di essere capitato con Jake-
Chuck sorride sospirando. Ah, l'amore.
-O almeno con te-
Aggiunge poi. Mi ero completamente dimenticato dei dormitori. Non ho preparato neanche una cavolo di valigia! A parte che abito a mezz'ora da qui, però. Quest'anno hanno rivoluzionato tutto in questo college. Le camere sono da due, si inizia a stare qui a dormire da metà Novembre e c'è l'obbligo di rimanere. Peccato che se io apro la finestra del terzo piano vedo casa mia. Va bè. Sono curioso di sapere con chi sono finito in camera però. Spero con qualcuno di simpatico, non come l'anno scorso che sono capitato con il cugino di Jeff e un suo amico. Simpaticissimi direi, non si fermavano in camera per dormire, usavano solo la doccia che per di più dovevo pulire io. Lasciamo perdere. Io e Chuck ci avviamo tranquilli al primo piano, ogni tanto lo osservo con la coda dell'occhio per vedere la sua espressione. Non cambia mai, è sempre ebete.
Finalmente ecco il tabellone. È una specie di parete bianca piena zeppa di nomi scritti a caratteri cubitali.
-Chuck cerca anche per me, per favore-
Non ho voglia di perdere dieci diottrie. Chuck annuisce e quasi scodinzola come un cagnolino. Mi appoggio al muro opposto del corridoio e lo osservo. Fa scorrere il dito sul cartellone fermandosi ogni tanto a qualche nome. Dopo qualche minuto Chuck si blocca con le mani a mezz'aria e si gira lentamente verso di me con gli occhi sbarrati.
-D-Dave vieni a vedere-
Che cavolo gli prende ora? Lo raggiungo sbuffando, mi stropiccio gli occhi e leggo i due nomi che mi sta indicando. Un mazzata in testa, un pugno nello stomaco e in tre secondi mi ritrovo con la faccia spalmata sul pavimento freddo.
Non ci sposso credere.






Quarto capitolo.
Lo so, è noiosa questa parteI prossimi capitoli dovrebbero essere più movimentati spero! ahah fatemi sapere cosa npensate, non mangio nessuno ^^

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Pierre Bouvier – David Desrosiers” ecco cosa cavolo c'è scritto su quel cavolo di cartellone. Sollevo la testa e mi tocco il naso che mi fa un male dell'accidente. Osservo la mia mano sporca di sangue.
-Dave! Ma cosa combini?-
Chuck è inginocchiato di fianco a me, mi prendere per le spalle guardandomi negli occhi.
-Stai bene?-
-Si Chuck sto bene. Stai tranquillo e non urlare per favore-
Mormoro sedendomi per terra. Non è vero, è un sogno, adesso mi tiro un pizzicotto e mi sveglio.
Pierre.
Io e Pierre insieme. Oddio, sento l'euforia crescere dentro di me come poco fa. Chuck sorride e si rialza.
-Allora, non sei contento?-
Chiede porgendomi una mano. L'afferro e mi alzo.
-Oh...si. Sono contento-
Sorrido. Questa era una dichiarazione bella e buona. Abbasso la testa arrossendo, mi vergogno un sacco anche se Chuck è il mio migliore amico.
-Su, non ti devi sentire in imbarazzo. Non c'è niente di male!-
Chuck mi abbraccia stringendomi forte. Nascondo la faccia dell'incavo della sua spalla e sospiro.
-Ti voglio bene Chuck, grazie-
Lui si stacca da me e mi prende sottobraccio.
-Anche io Dave. Adesso però andiamo in bagno e ti lavi quella faccia ok?-
Mi ero completamente dimenticato del naso, osservo la maglietta di Chuck macchiata di sangue e ridacchio.
-Oh cavolo guarda la tua maglietta!-
Lui abbassa la testa e spalanca gli occhi.
-Ma David! Dovevi per forza pulirti il naso qui?-
Rido più forte, Chuck mi fa morire quando si incazza perchè non riesce ad essere cattivo. Lo porto in bagno e ci laviamo tutte e due.

 

                                                                                                                     * * *

 

Sospiro e non riesco a stare fermo sulla sedia. Ho voglia di saltare, urlare e ridere. Invece sono costretto a rimanere chiuso qui dentro per un'altra ora. Appoggio la testa sul banco e osservo Chuck, almeno c'è lui che mi fa compagnia. Sta seguendo attentamente la lezione, come al solito. Tiene la testa appoggiata alle mani ma ha l'aria un po' annoiata. Io non capisco, se non hai voglia di seguire fai qualcos'altro! Leggi, disegna, pensa, ascolta la musica, dormi. Invece Chuck no, segue anche se non ha voglia e in questo momento glielo leggo in faccia. Lui mi guarda accigliato poi ritorna sul prof.
-Smettila di guardarmi con quel sorriso da ebete-
Sussurra senza farsi sentire. Nascondo la testa tra le braccia e rido in silenzio, trattenendo le risate in gola. Sono contento,oggi sembra che stia succedendo veramente qualcosa in questa mia cavolo di vita monotona.
Finalmente usciamo, voglio vedere Pierre prima di andare via. Solo vederlo, per sorridere e basta. Scendo le scale con Chuck di fianco a me indaffarato a scrivere un messaggio. Sempre con sto Jake, attaccati 24 ore su 24 come due sanguisughe. Ci avviciniamo all'entrata principale in silenzio, apro la porta e vedo Pierre, a pochi metri da me, che parla con la ragazza bionda della paninoteca.
-Salutalo-
Sussurra Chuck tra i denti senza girare la testa. Ecco ancora le farfalle che mi distruggono lo stomaco, le gambe di gelatina e il fuoco che mi infiamma la faccia. Ci stiamo avvicinando, lo guardo. Meno male che è di profilo. Parla allegramente con la ragazza, sorride. Oddio non riuscirò mai a salutarlo, è bellissimo. È alto, più alto di me. Gli arriverò alla spalla o poco più. Non è magrissimo perchè è abbastanza muscoloso e ha un culo perfetto e poi ha quel sorriso che non so come descrivere, non trovo le parole. È stupendo, unico. Non ho mai visto nessuno sorridere così. Mi sento uno sgorbio rispetto a lui. Magro, basso, senza un filo di muscolo. Magari qualcosa sulle braccia dato che suono il basso da quando sono nato in pratica. Sorrido poco, sono quasi sempre scazzato e non ho mai voglia di far niente.
Pierre si gira verso di me, come se avesse ascoltato i miei pensieri e mi guarda.
-Ciao David!-
Mi saluta sorridendo e alzando una mano. Rallento il passo appendendomi al braccio di Chuck, non sento più le gambe. Il mio amico mi tira uno scossone, tremo e mi riprendo.
-C-ciao Pierre!-
Mormoro sorpassandolo e mostrandogli un sorriso ebete. Sento il suo sguardo su di me ma non mi giro. Cerco di camminare abbastanza dritto rimanendo sempre appeso a Chuck. Svoltiamo l'angolo e mi accascio per terra con il battito a mille.
-Ti sta solo simpatico?-
Mi chiede Chuck sgranando gli occhi e ridacchiando. Oddio non sento la terra sotto di me.
-Bè credo di si-
Mormoro senza collegare la bocca al cervello.
-No David! Non ti sta solo simpatico! Guardati, ti ha solo salutato!-
Lo osservo dal basso. Ha ragione, non mi sta solo simpatico. Sono io che non voglio guardare in faccia la realtà.
-E va bene! Lo ammetto, mi piace Pierre! Mi fa impazzire e...e è bellissimo, fuori dal comune. Non so neanche come descriverlo. Io...-
Noto che Chuck sta ridendo sotto i baffi.
-Tu ti sei preso una bella cotta per quel ragazzo-
Il mio amico conclude la frase per me leggendomi nel pensiero.
-Ti conosco troppo bene Dave. Anche se stai zitto e non mi dici niente io so cosa provi. So anche che sei geloso-
Mi alzo in piedi e lo osservo accigliato.
-Geloso?-
Incrocio le braccia sul petto. Chuck ha imparato a leggermi nel pensiero e non mi ha detto niente?
-Della ragazza bionda che c'era con Pierre-
-Ok Chuck, mi arrendo-
Alzo le braccia e abbasso la testa in segno di resa. Lui mi arruffa i capelli con una mano ridendo. Gli tiro un pugno sul petto facendo finta di menarlo. Odio quando mi toccano i capelli ma non potrei mai far del male a Chuck. Lo prendo in braccio da dietro, stringendo le braccia intorno ai suoi fianchi
-Basta Dave ti prego! Mi fai il solletico!- Urla lui invano. Lascio per un attimo la presa, lui si libera poi si gira verso di me sorridendo. Mi abbraccia allacciando le mani sulla mia schiena. Noto che Chuck è veramente un nanetto. E lo dice uno che non supera il metro e settanta. Ricambio il suo abbraccio e rimaniamo così per un po'.
-Dave sono contento che mi hai confessato questa cosa-
Chuck scosta la testa dalla mia spalla e mi guarda negli occhi rimanendo abbracciato a me.
-A-anche io sono contento-
Sorrido. Siamo così vicini che posso sentire il battito del suo cuore accelerare un po'. Ci fissiamo ancora in silenzio e mi sembra di arrossire. Ma che cavolo sto facendo? Mi stacco da Chuck in due secondi e abbasso la testa per non guardarlo in faccia. Mi sento un po' stordito, Chuck mi ha guardato in un modo troppo strano.
-Cosa c'è Dave?-
Mi chiede facendomi sobbalzare. Recupero la mia borsa caduta durante la lotta.
-Ehm niente. Andiamo a casa, che ne dici?-
Sono stanco e non vedo l'ora di arrivare a casa mia per stravaccarmi sul divano. Il mio amico si incammina e io lo seguo. Comincia a parlarmi di ciò che avrebbe fatto quella sera con Jake e non sta zitto un secondo. Neanche sul treno. È l'unico essere umano che abbia mai conosciuto ad avere così tanta energia addosso. Scendiamo dal treno insieme.
-Vai da tua madre oggi?- Gli chiedo.
-Si, Jake viene a prendermi li-
I genitori di Chuck sono separati da un po' di tempo e sua madre abita in un appartamento non lontano da casa mia. Ogni tanto Chuck rimane da lei così riusciamo a vederci più spesso.
-Ti accompagno se vuoi-
Aggiunge poi. Annuisco e lo ringrazio. Una parte di me però non è d'accordo. Vorrei fare la strada da solo, senza nessuno attorno. E soprattutto senza di lui. Ma che cavolo mi prende oggi? Camminiamo per dieci minuti su per la salita che porta al parchetto della stazione muti come dei pesci scaldandoci nei nostri giubbetti. Ripenso allo sguardo di Chuck e cominciano le paranoie.
Arrivati davanti a casa mia lui mi prende per un braccio parandosi davanti a me.
-Dave, se hai bisogno di me io ci sono, ricordatelo sempre ok?-
D'un tratto le paranoie svaniscono e Chuck ritorna il Chuck di sempre. Gli sorrido.
-Lo so. Adesso vai a casa e non pensare a me, preoccupati di Jake e divertiti-
Mi abbraccia ancora. Ci siamo dati più abbracci oggi che in tutta la nostra vita.
Entro in casa ancora un po' frastornato, saluto mia madre e mi fiondo sul divano. Ma ovviamente è già occupato da mia sorella che sta guardando una soap opera schifosa. Stranamente non mi da fastidio. Oggi niente mi da fastidio, a parte l'intoppo di Chuck è filato tutto liscio. Mi sento leggero come una nuvola. Penso ancora al sorriso di Pierre e mi sciolgo sul divano. Chiudo gli occhi.
-Dave, m-ma che cavolo ti prende?-
Sussurra mia sorella con un tono isterico.
-Eh? Oh niente, sono di buon umore oggi- Rispondo aprendo gli occhi e accorgendomi che ho una sua mano appoggiata sulla spalla.
-Non mi hai chiesto di cambiare canale, non abbiamo litigato per il posto più comodo sul divano! C'è qualcosa che non va!-
La fisso.
-Julie sto bene, in più che non ti rompo le scatole ti lamenti?-
Lei non risponde ma si alza in piedi e comincia a sbraitare frasi del tipo “Dave è innamorato” e “Finalmente ha trovato qualcuno che lo sopporta”. Le tiro il telecomando addosso e lei la smette subito con la pagliacciata che ha messo in piedi.
-Ahia!-
-Hai cominciato tu!-
Come cavolo fa a saperlo?? Non sono innamorato! Bè, non credo. Pierre mi piace ma non sono innamorato di lui. Mi sono solo preso una cotta colossale che anche il gatto di mia nonna noterebbe!
Mi ritrovo, non so come, a testa in giù sul divano con mia sorella sopra di me.
-Julie!-
-Dave non provare a negarlo. Te lo leggo negli occhi, ti piace qualcuno!-
Ok, mi ha incastrato. Sono con le spalle al muro; credo che Julie sia la persona più testarda di questo mondo. Dopo Chuck ovviamente. Entro stasera riuscirà a farmi sputare uno stralcio di verità con torture, assalti e scherzi di ogni genere. E pensare che abbiamo tutti e due più di 20 anni. Dopo essermi liberato corro in camera mia e mi nascondo sotto la scrivania. È il mio rifugio segreto anti-Julie. Recupero il cellulare dalla tasca e osservo lo schermo. Un messaggio da un numero sconosciuto. Oddio, che ansia. Cosa faccio? Lo apro? No, e se è qualcuno che vuole prendersi gioco di me? O qualche pervertito che mi sta stalkerando?

Piantala Dave! Apri quel messaggio!”
Ascolto il mio inconscio e apro.

Ciao David! Spero di non disturbarti. Volevo solo chiederti se domani ti fermi con me in paninoteca per pranzo. Visto che siamo capitati nella stessa camera ho pensato che sarebbe stato carino conoscerci prima! Fammi sapere. Pierre”

Ok, adesso potrei anche morire.
-Seeeeeeeee- Urlo alzando le braccia e sbattendo la testa contro il tavolo.
-Ahia!- Mi massaggio la testa ed esco dalla scrivania. Devo dirlo subito a Chuck! Prendo il telefono di casa e compongo in fretta il suo numero.
-Pronto?- Lui mi risponde subito.
-Pierre mi ha chiesto di uscire!-
Urlo nella cornetta e comincio a saltellare per la camera. Mi sento come un bambino davanti ad un sacchetto pieno di caramelle. Un attimo, anche io esulterei in questo modo per le caramelle.
Va bè, dettagli.
Racconto a Chuck la storia del messaggio.
-Sono contento Dave, bravo!-
Sento il mio amico sorridere dall'altra parte del telefono ma la sua voce è strana. Sarà una mia impressione.
-Grazie Chuck! Adesso ti lascio, ci vediamo domani mattina!-
-Ok David, a domani-
Attacco salutando ancora il mio amico ed ecco l'ansia. Come mi vesto? Cosa gli dico? Come mi comporto? Calma Dave, calma. Respiro chiudendo gli occhi, mi calmo e apro l'armadio.
-Forza, datti da fare-



Fine del quinto capitolo, noioso come i precedenti xD i prossimi saranno molto più movimentati! Grazie per le recensioni e per chi mi segue ^^ al prossimo!

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Ok, scusate per l'ENORME ritardo. Chiedo umilmente perdono e spero di farmi perdonare con queto capitolo! Il punto è che ne ho scritti 14 ma no ho il tempo di trascriverli a computer -.-
Intanto,spero, buona lettura ^^




Alzo la testa dal banco e guardo l'orologio. Mancano dieci minuti a mezzogiorno. Non ce la faccio più, l'ansia mi sta divorando. Mi tremano le mani. Non so cosa fare, vado direttamente in paninoteca? Lo aspetto? Finirà anche lui a mezzogiorno poi? Gli mando un messaggio. Prendo il telefono dalla borsa e apro la cartella messaggi ricevuti. Digito un testo veloce nascondendo le mani sotto al banco.

“Ciao Pierre, sono David. Ci incontriamo direttamente in paninoteca?”

Lo rileggo una volta, due, tre. Basta, invio. Sospiro guardandomi intorno. Il professore sta scrivendo qualcosa alla lavagna, i miei compagni sono quasi tutti attenti. Qualcuno scrive, qualcuno sta attento, qualcuno si sta facendo bellamente i cavolo suoi come me. Il cellulare vibra nella mia mano, mi viene un colpo. Guardo lo schermo, è lui.

“Ciao Dave, aspettami all'entrata principale! 10 minuti e sono li”

Entrata di cosa? Oddio, adesso cosa faccio? Non voglio mandargli un altro messaggio, farei la figura del rincoglionito. Lo aspetterò qui a scuola, lo vedrò sicuramente uscire. Spero. La campanella suona facendomi sobbalzare. Recupero tutte le mie cose e corro letteralmente fuori dalla classe. Supero il corridoio, mi ammazzo sulle scale ed esco. Mi fermo allo scorrimano e mi ci appoggio per riprendere fiato. Le sigarette mi ammazzano. Comincio a cercare Pierre tra la gente, non lo vedo. Qualcuno mi saluta da lontano ma non ci faccio caso. Sto morendo di caldo, aiuto.

Finalmente eccolo. Apre la porta di vetro ed esce infilandosi gli occhiali da sole. Mi viene un colpo, è illegale una bellezza del genere! Illegale! È da solo, per fortuna. Mi alzo in punta di piedi e lo chiamo accentuando troppo la r finale. Maledetto questo francese, lo odio! Sembro ancora più gay. Mi fermo un attimo e ripenso a quello che ho appena pensato.
“David tu sei gay. Ti piace Pierre! Cosa credi...”
Basta! Scaccio tutti i pensieri dalla testa ed osservo Pierre che finalmente mi ha visto e sta venendo verso di me sorridendomi.
-Ciao Dave, ti ho fatto aspettare?-
Mi chiede stiracchiandosi.
-N-no. Sono uscito anche io adesso-
Rispondo sorridendo ebete. Il sole illumina Pierre facendogli scintillare il sorriso. Mi rispecchio nei suoi occhiali notando quanto io sia conciato da sbatter via. I capelli sono una massa informe che mi cade davanti agli occhi e ho decisamente fatto cilecca con gli abbinamenti oggi. Tutta colpa di Julie che mi ha stressato tutta sera. Cerco di non pensare a mia sorella, ai miei vestiti da clown e ai miei capelli schifosi.
-Bè andiamo?-
Mi chiede Pierre scendendo le scale.
-Oh certo!-
Lo seguo come un cagnolino e mi trattengo dallo sbavargli dietro. Camminiamo tranquillamente verso la paninoteca, ogni tanto osservo Pierre con la coda dell'occhio. Mi chiede come sta il mio i-pod.
“Bè dopo che l'hai salvato tu molto meglio.” Penso.
-Ehm bene! Grazie ancora per avermelo recuperato-
Mormoro arrossendo.
-Oh, è stato un piacere-
Pierre gira la testa verso di me e sorride.
È stato un piacere?? Oddio, potrei sciogliermi da un momento all'altro. Sto morendo di caldo anche se la temperatura non supererà i dieci gradi. Cammino guardandomi i piedi e cercando di non inciampare nelle stringhe delle mie scarpe. Ma ovviamente, essendo perso nei miei pensieri, inciampo in una buca del marciapiede stortandomi una caviglia e sbattendo un ginocchio per terra.
-David!-
Pierre mi prende al volo evitando di farmi sbattere anche il naso sull'asfalto. M aggrappo a lui. Che figura, che figura di merda!
-Stai bene David?- Mi chiede poi guardandomi negli occhi. Rimango immobile a fissarlo con le braccia intorno ai suoi fianchi e le ginocchia che sfiorano il marciapiede. Si è tolto gli occhiali da sole e posso osservare i suoi occhi da vicino. Sono bellissimi, verde al centro che fuma sul nocciola. Mi sento arrossire per la situazione ma non mi muovo e Pierre nemmeno. Mi scruta sorridendo leggermente.
-David?-
Ritorno sulla terra, sbatto le palpebre e cerco di tirarmi in piedi. Ma Pierre mi precede sollevandomi dolcemente per i fianchi.
-Stai bene?-
-Ehm, si sto bene. Mi capita spesso, non preoccuparti-
Sorrido al mio amico e raccolgo la borsa che mi si è rovesciata per terra. Cerco di essere il più disinvolto possibile.
“David, non sei caduto facendo la figura dell'imbecille davanti al ragazzo che ti piace!” Strilla una vocina dentro la mia testa. Finalmente raggiungiamo la paninoteca, ci sediamo al tavolo davanti alla vetrata principale. Pierre è gentilissimo, non mi ha nemmeno preso in giro per la caduta. Di solito Chuck comincia a ridere e ad insultarmi con quella vocina che mi fa saltare i nervi.
Io e Pierre ordiniamo alla cameriera cicciona e ci accorgiamo di avere gli stessi gusti. Ci guardiamo e sorridiamo quando anche io ordino il suo stesso panino.
-Bè, cominciamo bene direi-
Sentenzia passandosi una mano tra i capelli. Lo so che non dovrei pensarlo, ma credo sia la cosa più sexy che io abbia mai visto fare. Mi lascia senza parole. Credo che Pierre mi abbia appena fatto una domanda che non ho afferrato per niente. Mi accorgo della situazione e chiudo la bocca per non sbavare.
-Scusa Pierre, ero sovrappensiero. Cos'hai detto?- Mormoro sistemandomi meglio sulla sedia.
-Ti ho chiesto che musica ascolti-
Lui sorride ancora e io mi perdo ancora in mille pensieri ma riesco comunque a tenere in mano la situazione. Bè, che musica ascolto? Ci penso un po' su poi sparo una sfilza di gruppi che, spero con tutti il cuore, piacciano anche a lui. Pierre ascolta, gli dico anche che so suonare il basso da quando ho imparato a camminare praticamente.
-Suoni? Anche io suono la chitarra e canto!-
Sentenzia spalancando gli occhi.
-Allora in camera dobbiamo per forza suonare qualcosa insieme!-
Rispondo io allettato da quello che mi ha appena detto.
La cameriera irrompe al nostro tavolo servendoci i panini e noi cominciamo a mangiare. Cerco di non divorare anche il piatto e di contenermi il più possibile. Magari Pierre non è abituato ai miei modi barbari. Parliamo per un sacco di tempo, mi racconta della sua famiglia, del suo trasferimento a Montreal, dei suoi studi precedenti e di quanto ami la musica. Io non ho molto da raccontare, ma in qualche modo tiriamo le tre senza accorgercene.
-Oh cavolo! Sono le tre passate!-
Esclama Pierre guardando l'orologio che porta al polso.
-Le lezioni sono già cominciate da un pezzo-
Dico finendo la mia coca cola. Sinceramente no ho molta voglia di tornare a scuola. Rimarrei ancora ore ed ore a parlare con Pierre. Ci alziamo tutti e due, paghiamo ed usciamo. Fa più freddo di prima, mi stringo nel cappotto rabbrividendo.
-Mi sa che io torno a casa Pierre-
Mormoro battendo i denti.
-Tornerò a casa anche io. A proposito, dove abiti?-
-In Rue Masson, vicino al parco-
-Ehi! Anche io abito in quella zona!-
Esclama lui contento. Sbarro gli occhi. Ma cosa cavolo mi succede oggi? La dea della fortuna ha deciso di sposarmi senza farmelo sapere? Pierre si offre di accompagnarmi a casa e in meno di mezz'ora arriviamo a destinazione.
-Bè, grazie per oggi Dave!-
Sentenzia Pierre spegnendo la macchina davanti al vialetto di casa mia.
-Grazie a te Pierre-
Rispondo e un brivido mi percorre le schiena. Lui non risponde, si gira verso di me sorridendo.
-Mi piace come pronunci il mio nome-
Mormora poi abbassando un po' la voce. Mi accorgo che Pierre ha una voce dannatamente sexy. Tutto di lui è sexy! Mi sciolgo sul sedile sprofondando nella vergogna. Abbasso lo sguardo.
-Non volevo metterti in imbarazzo-
Pierre appoggia una mano sulla mia spalla, mi giro verso di lui e alzo un lato della bocca.
-No tranquillo, è che...che...-
“Che cosa David??”
-Che mia madre parla sempre il francese con me e mia sorella quindi ho la pronuncia un po' così-
Sparata. Pierre ride.
-Bè, mi piace-
-Ok, forse è meglio che io vada!-
Sentenzio aprendo di scatto la portiera della macchina. Non posso resistere un secondo di più chiuso qui dentro. Non capisco, cosa sta facendo Pierre? Un pensiero mi balena in testa ma cerco di reprimerlo.
-Ci vediamo domani, ok?-
-Certo Pierre, grazie ancora-
Rispondo affrettandomi a recuperare la borsa che ho appoggiato sui sedili posteriori. Pierre si sporge verso di me e mi schiocca un bacio sonoro sulla guancia. No, non puoi farmi questo! Io divento pazzo! Il mio corpo prende fuoco, il mio sangue scorre più velocemente nelle miei vene e il mio cuore comincia a battere all'impazzata.
-Ciao Pierre!-
Mi catapulto giù dalla macchina e mi avvio alla porta di casa alla velocità della luce. La apro e mi fiondo in camera mai senza guardare in faccia nessuno. Devo calmarmi e cercare di rendermi conto di cosa è appena successo. Sono pronto a salire sull'altare e sposarmi con la dea della fortuna. Ma cosa dico, sono pronto a sposarmi con Pierre!
“Dave, stai esagerando. Temperanza”
Accendo lo stereo e faccio partire a palla un cd dei Blink. Saltello per la camera cantando a squarciagola. Sono al settimo cielo, anzi no sono direttamente in Paradiso. Giuro che da domani comincio a vestirmi un po' meglio del solito. Ho voglia di comprare qualcosa di nuovo, ho bisogno di un paio di Vans. È sempre così, quando mi succede qualcosa di bello ho voglia di comprare un paio di scarpe. Magari mi taglio anche i capelli già che ci sono. Mi siedo sul letto con il fiatone pensando al da farsi. Si, in settimana faccio tutto, deciso. E se mia madre prova a replicare le rubo la carta di credito e mi compro tutto il negozio Vans! Accendo il computer e comincio a cazzeggiare su siti del cavolo come Facebook o Tumblr. Pierre è sempre qui nella mia testa che si passa una mano tra i capelli. Oddio. Afferro il telefono di casa, devo chiamare Chuck per raccontargli tutto. Digito velocemente il numero e lui mi risponde subito.
-Pronto?-
-Chuck! Pierre mi ha accompagnato a casa e mi ha dato un bacio!-
Urlo nella cornetta.
-Dave! Abbassa quella cavolo di voce e datti una calmata!-
Urla lui dall'altra parte.
-Io...io sono felicissimo Chuck!-
-Esagerato! Dai racconta-
Lo sento ridacchiare ed inizio a raccontare cosa mi è appena successo.
-Ok Dave, non provare mai più a dirmi che rimarrai etero per il resto dei tuoi giorni!-
Dice Chuck alla fine del mio racconto che assomigliava tanto ad uno sclero e ad un insieme di “Pierre è stupendo, mi fa imapzzire ogni volta che mi guarda” eccetera.
-Bè, Chuck non lo so-
Tutto ad un tratto ho vergogna del mio amico. Ho forse ho più vergogna ad ammetterlo a me stesso.
-Dave te l'ho già detto. Cosa c'è di sbagliato?-
-Si lo so ma... va bene se ne riparliamo a voce?-
Chiedo sperando in una risposta positiva.
-Va bene, non preoccuparti. Ci vediamo domani. Ah, se hai bisogno di qualche consiglio o dritta su come... bè ci siamo capiti, io sono disposto ad insegnarti tutto!-
Chuck chiude la telefonata con una risata da psicopatico e io non posso, anzi no voglio credere alle parole che ho appena sentito. Scuoto la testa battendomi una mano sulla fronte poi mi dirigo verso l'armadio sorridendo e comincio a fare la cernita dei vestiti dividendo quelli che che non mi piacciono più da quelli del “nuovo Dave”. O “restaurato” dovrei dire. Si, perchè finalmente ho voglia di cambiare e le conseguenze non mi spaventano per niente.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Fiiinalmente ho trascritto anche il settimo capitolo! La storia si sta animando pian piano e ho già in serbo qualche colpo di scena muahah
Comunque, fatemi sapere com'è andato questo capitolo ^^





Anche se ho deciso di cambiare non vuol dire che le miei abitudini si debbano trasformare radicalmente. Infatti, come quasi tutte le mattine, sto correndo verso la stazione per non perdere il treno. La borsa sta per scivolarmi dalle mani, ho il giubbetto mezzo aperto e una scarpa slacciata. Le sigarette mi stroncano i polmoni, ho un fiatone del diamine e sto già sudando. Ad un certo punto noto una macchina dall'aria abbastanza famigliare accostarsi di fianco a me. Rallento il passo e mi fermo appoggiando le mani sulle ginocchia e ansimando come una cane. Il proprietario della macchine abbassa il finestrino e mi sorride.
-Buongiorno David!-
È Pierre! Ringrazio il cielo e mi avvicino a lui.
-Ciao Pierre-
Mormoro tra un respiro e l'altro. Lo osservo arrossendo un po', è bello anche di prima mattina. Io odio svegliarmi presto, odio dovermi lavare e vestire in un quarto d'ora. Infatti mi concio sempre da sbatter via. Pierre invece no, ha la faccia un po' assonnata ma è bello comunque.
-David, se vuoi ti accompagno a scuola. Ti vedo un po' affaticato!-
Pierre ridacchia e mi fa segno di salire.
-Oh grazie, mi faresti un favore!-
Esulto ringraziando qualche forza superiore che ha spedito Pierre sulla terra per salvarmi. Salgo in macchina e Pierre mi schiocca un altro bacio sulla guancia lasciandomi allibito. Faccio un salto sul sedile tremando al contatto con le sue labbra.
“Non puoi scappare adesso, Dave.” Mormora la vocina nella mia testa. Pierre riparte sorridendo ebete. Ma che cavolo gli prende?
-Belle le scarpe Dave-
Sentenzia poi indicando i miei piedi con un cenno della testa. Ecco, me l'ero completamente dimenticato. Sono riuscito a comprare un altro paio di Vans, qualche maglietta nuova e ho tagliato un pochino i capelli. Erano orribili prima, lo ammetto.
-E ti sei anche tagliato i capelli, scusa non me ne ero accorto!-
Esclama lui girandosi verso di me. Mi sento troppo osservato, arrossisco e lo ringrazio.
-Almeno adesso si vedono di più i tuoi occhi-
Aggiunge abbassando un po' la voce. Ecco, comincia a comportarsi come settimana scorsa. Io non riesco veramente a capire, ne ho parlato con Chuck e lui mi ha detto che Pierre ci sta provando spudoratamente. Secondo me non è vero, con tutte le ragazze che gli gireranno attorno non verrebbe di certo a provarci con me! Un ragazzo poi! Da una parte sono contento che mi dedichi tutte queste attenzioni, dall'altra ho un po' paura sinceramente. Magari mi sto solo illudendo, magari è solamente un ragazzo gentilissimo. Devo capirlo in qualche modo. Arriviamo a scuola un po' in ritardo, ma non è un problema. Entriamo e Pierre si offre di accompagnarmi fino alla mia classe. Saliamo le scale con calma, non c'è in giro più nessuno. Ci fermiamo davanti alla porta della mia aula e io non so cosa dire.
-Bè, se vuoi ci vediamo oggi pomeriggio. Hanno già aperto i dormitori, andiamo a vedere la nostra camera ok?-
Mi parte un embolo. Pierre è a due centimetri dal mio viso, appoggiato con un braccio agli armadietti. Mi sta chiedendo di uscire con lui, un'altra volta! Bè non è un'uscita vera e propria, però passerò il pomeriggio con lui! Da soli.
-Ehm, si va benissimo. A che ora ci vediamo?-
Rispondo guardandolo negli occhi e sentendomi abbastanza accaldato.
-Aspettami al bar quando finisci le lezioni così mangiamo insieme-
Sentenzia Pierre, dopo di che rimaniamo in silenzio per qualche secondo guardandoci senza muoverci. Oddio, adesso cosa faccio?
-Ci vediamo dopo Dave-
Pierre sorride, mi scompiglia i capelli con una mano e se ne va. Cosa??? Neanche un bacio sulla guancia, un abbraccio o qualcosa del genere? Mi ha lasciato qui così con le mai in mano e se ne è andato sculettando come una cheerleader. Stringo i pugni e abbasso la testa. Lo sapevo, erano solo castelli quelli che mi sono costruito. Entro in classe sempre a testa bassa maledicendo me stesso, maledicendo questa cavolo di situazione. Sono incazzato, non so di preciso per cosa. Come ho fatto a pensare che sarebbe potuto cambiare qualcosa? Sono sempre il solito coglione, un paio di scarpe non mi cambierà la vita.

                                                                                                     * * *

Pierre è di fianco a me, camminiamo nel grande corridoio dei dormitori. Mi guardo intorno annoiato cercando di non incazzarmi ancora di più. Durante il pranzo Pierre si è trascinato a dietro anche la sua amichetta bionda della paninoteca. Ha mangiato con noi, si è fatta offrire tutto da Pierre e mi ha fatto fare un'enorme figura di merda davanti a lui. La odio di già. Sta troppo attaccata a Pierre, chi si crede di essere? La sua ragazza? Vorrei sapere che rapporto hanno lui e come si chiama? Lachelle o qualcosa del genere. Ma mi vergogno tantissimo a chiederlo a Pierre, magari gli faccio una domanda sbagliata e se la prende con me. Ad un tratto Pierre si ferma davanti ad una porta con scritto 313 in bianco.
-Eccola! Questa è la nostra stanza! Vieni David-
Lui mi prende per un braccio e mi trascina dentro chiudendo la porta alle nostre spalle. Mi guardo intorno un po' spaesato, ci sono due letti separati da un comodino, un armadio in comune, una piccola scrivania davanti ai letti, il bagno sulla sinistra e una finestra abbastanza grande in fondo alla stanza. C'è tanto spazio, ma credo che l'ordine durerà poco qui dentro.
-È carina dai, cosa ne pensi?-
Mi chiede Pierre distogliendomi dai pensieri che affollano la mia testa.
-Ehm si, mi piace. È spaziosa-
Rispondo mangiucchiandomi un'unghia. Pierre si avvicina ad un letto e, con nonchalnce, ci si butta sopra rimbalzando sul materasso.
-Aaah i letti sono comodi-
Mormora rimanendo disteso a pancia in su. Spalanco gli occhi e vorrei non aver visto l'immagine che mi è appena passata nella testa. Rimango immobile, impalato al centro della stanza. Comincio ad avere un po' di caldo. L'incazzatura di pochi minuti fa passa lasciando il posto ad un misto di euforia e un qualcosa di indefinito che, sicuramente, è dovuto a Pierre. Mi stropiccio la faccia con una mano e respiro accorgendomi che il mio cervello sta ricevendo poco ossigeno. Cammino verso la finestra senza guardare Pierre, so che mi sta osservando per mettermi in soggezione. Mi fermo davanti al vetro e guardo il panorama per distrarmi, ma lo sguardo di Pierre si fa sentire ancora. Lui alza lentamente dal letto; trattengo il fiato, lo vedo riflettersi nel vetro della finestra. Nessuno dei due parla, Pierre è dietro di me e mi guarda dal riflesso sorridendo. Lui sorride e tutti i mie dubbi scompaiono in una nuvola di fumo. Come fa? Mi sento leggero e, per la prima volta, nel posto giusto. Sta succedendo veramente? Pierre appoggia le mani sui mie fianchi stretti.
-Dave...-
Mi fa voltare lentamente verso di lui, ci guardiamo negli occhi e sorrido anche io.
-D-devo dirti una cosa-
Sentenzia sottovoce. Lui stacca le mani da me, mi appoggio al davanzale della finestra. Il mio cuore comincia a battere a mille, mi sento arrossire e ho un sacco di farfalle nello stomaco.
-Dimmi-
Rispondo. La mia voce trema per l'emozione. No so cosa voglia dirmi, ma la mia parte ottimista dice che è qualcosa di bello. Sento che è qualcosa di bello.
-Io... bè, mi piaci Dave-
Mormora Pierre abbassando lo sguardo e arrossendo più di me. Il cuore fa una capriola nel mio petto, spalanco gli occhi e apro la bocca ma le parole non escono per lo stupore.
“Respira Dave, respira!”
-Lo so che ci conosciamo da poco, che mi prenderai per uno psicopatico e che tra pochi secondi sarò fuori da questa stanza, ma mi piaci. Dovevo dirtelo-
Pierre sospira e, senza guardarmi, fa per girarsi. Lo afferro per un braccio stringendolo leggermente.
-Pierre ascolta...-
Ci guardiamo negli occhi, le farfalle aumentano e le mie guance prendono fuoco.
“È il momento David, muoviti!”
Deglutisco.
-...anche tu mi piaci un pochino-
“Un pochino?”
-Cioè, mi piaci molto. Si, mi piaci molto-
“Così va meglio”
Lascio il suo braccio e continuo a guardarlo, sul suo volto si forma un sorriso leggero.
Lentamente, mi appoggia una mano dietro alla testa e mi avvicina a lui. Siamo a pochi centimetri, sento il suo respiro su di me. Senza pensarci due volte appoggio le mie labbra sulle sue e aspetto la sua reazione che arriva pochi secondi dopo. Mi bacia con più foga prendendomi per i fianchi e tirandomi verso il suo corpo. Allaccio le braccia dietro la sua testa e mi alzo un po' in punta di piedi. Sorrido sulle labbra di Pierre che si è staccato quel tanto per respirare e mi sta accarezzando la schiena da sopra la maglietta.
-Non pensavo che anche tu...-
Non finisce la frase ma ci capiamo comunque.
-Ehm si Pierre. Se ti devo dire la verità tu sei il primo e..unico-
Mormoro appoggiando la fronte sulla sua e vergognandomi un po'. È vero, non ho mai avuto una ragazza e non ho mai baciato nessuno. Questa è la prima volta. Pierre non si muove.
-In che senso?-
Lui si scosta da me continuando comunque ad abbracciarmi.
-Nel senso che non ho mai avuto la ragazza, o il ragazzo. O quello che è-
Mormoro vergognandomi ancora di più.
-Oh, bè che problema c'è?-
Pierre alza un sopracciglio come se non capisse quello che gli sto dicendo.
-Non è un problema però, bè io.. non pensavo mi piacessero i ragazzi. Nel senso, sei il primo ragazzo che mi piace. Prima sbavavo dietro solo alle ragazze ed è una cosa nuova per me-
Oddio, non ho mai fatto un discorso così lungo e sensato nemmeno con mia madre. Stacco le braccia dal collo di Pierre e le lascio cadere sui miei fianchi.
-Non è un male essere gay, Dave-
Lui sorride di nuovo.
-Fai tu che io me ne sono accorto stando con Lachelle!-
Allora stavano insieme! Ecco, lo sapevo. Il mio istinto non mi tradisce mai. Cioè, quasi mai dai. Voglio sapere qualcosa di più sulla loro relazione. Prendo coraggio e decido di chiederglielo. Adesso.
-Allora eravate fidanzati?-
Pierre annuisce e mi fa cenno di sedermi sul letto insieme a lui. Quando scosta le mani dai miei fianchi mi sento vuoto, incompleto. Oddio.
-Io e lei ci siamo conosciuti a scuola, frequentavamo lo stesso istituto superiore a Sept-lles. Quando abbiamo scoperto che le nostre famiglie si sarebbero dovute trasferire qui a Montrèal abbiamo deciso di iscriverci allo stesso college per non rimanere da soli in una città sconosciuta. Era la mia migliore amica. Una sera siamo usciti solo io e lei per passare un po' di tempo da soli e ci siamo accorti che la nostra amicizia poteva diventare qualcosa di più. Ci siamo fidanzati ed è filato tutto liscio fino all'anno scorso, quando ci siamo trasferiti qui. Abitiamo molto lontani l'uno dall'altra quindi riusciamo a vederci di rado se non al college. Dopo il trasferimento suo padre venne a mancare e lei cadde in una specie di depressione cronica. Non riuscivamo più a stare insieme, non ci sopportavamo più ed io cominciai ad uscire con gente diversa. Con Jeff ad esempio. Cominciai anche ad avere gusti diversi. All'inizio pensavo fosse qualcosa di passeggero, ma poi mi ritrovai a girarmi ogni volta che incrociavo qualche ragazzo carino per strada. Non ne parlai con nessuno, non sapevo con chi farlo. Dissi tutto a Lachelle poco tempo dopo averla lasciata. Mi piacciono i ragazzi, non ci posso far niente. Lei se la prese tantissimo, non mi parlò per un sacco di tempo. Poi una mattina me la ritrovai sotto casa in lacrime. Mi chiese scusa per la reazione e mi disse che saremmo rimasti comunque amici. Era da sola, aveva solo me. Io ero d'accordo anche perchè non provavo più niente per lei se non affetto come amica-
Pierre si ferma e alza le spalle.
-È strano no?-
Conclude poi incrociando le braccia sul petto. Non so cosa rispondere, guardo fisso davanti a me rimuginando. Poi però mi giro verso Pierre e mi metto a gambe crociate sul letto.
-Bè, carina come storia-
Sussurro cercando di interpretare il suo stato d'animo. Sembra una cosa così normale essere omosessuale per lui! Io non ci credo ancora, magari è qualcosa di a passeggero come pensava Pierre. Ma, pensandoci bene, adesso che ho trovato lui non voglio che sia una cosa passeggera. Chissà se si nasce gay o lo si diventa. Dovrei chiederlo a Chuck, lui saprà rispondermi.
-Tu invece Dave?-
La voce di Pierre mi riporta sulla terra.
-Io cosa?-
Chiedo spaesato guardandolo negli occhi.
-Come hai fatto ad accorgertene?-
Cosa?? Ma che domanda è? Come faccio a rispondere? Strabuzzo gli occhi e, istintivamente, mi sposto da lui appoggiando le mani dietro alla schiena.
-Io...io sinceramente non lo so-
Mi gira la testa, non so cosa dire. Pierre sorride e giuro che quello non è un sorriso normale. È un sorriso malizioso. Cosa vuole fare? Oddio, non mi sento pronto. Devo prima parlare con Chuck! Perchè quando mi serve non c'è mai quel folletto? È da giorni che non lo vedo! Pierre si sporge verso di me, mi prende la testa tra le mani e mi bacia leggero.
-Non c'è bisogno, ho capito David-
Soffia sulle mie labbra. I miei neuroni ballano la macarena e le farfalle nello stomaco si sono quadruplicate. Sento il corpo di Pierre sul mio, sento il suo petto premere leggermente su di me. Il sangue corre veloce nelle mie vene spostandosi dal cervello al basso ventre.
“Dave, temperanza”
Ma che vada a farsi fottere la temperanza. Prendo Pierre per le spalle e, con un movimento degno di un gatto, scambio le posizioni. Ci guardiamo negli occhi. Ridacchiando come due bambini e senza dirci niente iniziamo a baciarci. Lui infila una mano sotto la mia maglietta e mi accarezza la schiena. Oddio, le sue mani sono bollenti. Lo accarezzo anche io adagiandomi meglio su di lui. Non pensavo di essere così...così! Mi sto solo lasciando andare ed è ciò che avrei dovuto fare da sempre. Lasciarmi andare alle mie emozioni.
-Per essere il primo bacio non sei andato male Dave-
Mormora Pierre scostandosi da me e accarezzandomi la testa. Sorrido e sfrego il mio naso contro il suo.
-Era questa la risposta che volevo sentire comunque. Bravo-
Aggiunge poi lasciandomi un po' perplesso.
-Allora da adesso in poi dovrai farmi sempre delle domande del genere
Controbatto lasciando Pierre a bocca aperta. Il mio bacio era la risposta che voleva, ho capito. Ridiamo tutti e due e rimaniamo ancora un po' così. Mi accoccolo meglio sul suo petto chiudo gli occhi.
-Dimmi se ti do fastidio Pierre-
Sussurro nell'incavo del suo collo.
-Non mi dai fastidio Dave. Ti voglio bene-

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Ecco l'ottavo capitolo. Si si si la storia si sta scaldando. Non vedo l'ora di trascrivere il resto! Buona lettura, a presto (spero)! ^^



[Due mesi dopo]

Entro in camera con una voglia matta di farmi una doccia e buttarmi nel letto. Sono abbastanza stanco oggi, domani mi devo svegliare presto per andare a lavorare. Mi hanno assunto il sabato e la domenica come commesso alla Blockbuster a pochi isolati dal college. Devo guadagnarmi un po' di soldi per le solite vacanze estive che quest'anno farò con Pierre, spero.
Pierre.
È da due mesi che stiamo insieme, cioè non stiamo proprio insieme. Lui non me l'ha mai chiesto e io nemmeno, ma ci comportiamo da tali. Appoggio i libri che ho in mano sulla scrivania occupata solo dal Mac di Pierre. Per adesso. Sento dei rumori provenire dal bagno, poi la doccia che si chiude. Sorrido, è da stamattina che non lo vedo e m manca un sacco. In questo periodo mi sono accorto che Pierre mi piace veramente tanto. Non solo per il fisico, è ovvio. Amo il suo carattere, è una persona gentilissima e sensibile. Capisce tutto di me, come se ci conoscessimo da anni. Sa quello che voglio, ha capito subito come sono fatto e ha accettato i miei difetti. Ad esempio il disordine, un esempio stupido. È da una settimana che hanno aperto i dormitori e la mia parte di camera è già una giungla. Per non parlare dell'armadio. Dettagli. La porta del bagno si apre e Pierre compare sulla soglia con un asciugamano bianco avvolto alla vita e il corpo ancora ricoperto di goccioline d'acqua.
-Dave!-
Esclama vedendomi e correndomi incontro. Mi abbraccia bagnandomi tutta la maglietta e sfregando i suoi capelli fradici sui miei.
-Pierre...-
La voce mi si spezza quando sento il calore del suo corpo sul mio. Pierre si scosta quel poco per guardarmi negli occhi e mi bacia appassionatamente come se non ci fisse un domani. Mi lascio andare al suo bacio fregandomene della maglietta e della pozzanghera d'acqua che si sta formando intorno a noi.
-Mi sei mancato oggi-
Mormora Pierre sulle mie labbra.
-Anche tu-
Rispondo arrossendo. Mi sto abbastanza abituando alle sue frasi sdolcinate, ma all'inizio mi sentivo veramente in imbarazzo quando mi diceva cosa del genere e soprattutto quando ero io a volergli dire qualcosa. Adesso, invece, non ho più tanta vergogna e ne vado fiero. Pierre si stacca completamente da me e mi squadra da capo a piedi.
-Ti conviene cambiarti David!-
Sentenzia poi facendo il finto serio.
-Dici?-
Rispondo alzando le braccia. Il mio sarcasmo fa schifo, lo so. Mi dirigo verso l'armadio per cercare dei vestiti asciutti e opto per il pigiama. Decisamente. Mentre cerco un paio di boxer sento le mani di Pierre appoggiarsi sui miei fianchi. Mi blocco con le mani a mezz'aria.
-Posso aiutarti a fare la doccia Dave?-
Soffia lui sul mio collo innescando una reazione a catena che fa impazzire i miei neuroni.
-Certo-
Sospiro girandomi verso di lui. Pierre mi sfila la maglietta e la butta sul mio letto. Poi mi prende per mano e spinge delicatamente verso il bagno sorridendo ebete.
-Ho un regalo per te dopo-
Esordisce cercando lo shampoo apposta per i miei capelli schifosamente tinti nell'armadietto.
-Un regalo?-
Pierre non è un tipo da regali da quel che ho imparato stando con lui. Quindi questo dev'essere qualcosa di importante, qualcosa per cui valga la pena farlo. Mentre preparo la doccia rimugino su cosa potrebbe avermi regalato.
-Un regalo. Non cominciare a fare il curioso. Non ti dirò cos'è-
Risponde lui serio avvicinandosi a me. Sogghigno.
-Lo scoprirò tra poco-
Pierre fa spallucce alzando le sopracciglia. L'acqua della doccia è pronta, devo spogliarmi e mi viene in mente che questa è la prima volta che Pierre mi vede nudo e...oddio. Mi mangio un'unghia facendomi sanguinare il dito. Fisso Pierre che mi sta guardando a sua volta perplesso.
-Bè Dave, cosa aspetti?-
Mormora poi.
“Non vorrai farti la doccia vestito! Forza, spogliati”
-Ehm, si scusa-
Farfuglio qualcosa cercando di nascondere la vergogna che cresce ogni secondo di più. Mi sfilo lentamente i jeans insieme alle scarpe e alle calze. Pierre è ancora li impalato che mi fissa.
-Però se mi guardi così non riuscirò mai a spogliarmi Pierre!-
Sputo fuori all'improvviso allargando le braccia. Lui scoppia a ridere come un bambino tenendosi lo stomaco con le braccia.
-E adesso cosa c'è da ridere?-
Uff, io sono qui a sprofondare nella vergogna e lui ride! Incrocio le braccia sul petto. Pierre smette immediatamente e mi appoggia le braccia sulle spalle abbassandosi un po' per guardarmi dritto negli occhi.
-Dave sei il mio ragazzo, non devi avere vergogna-
La sua voce è rassicurante tanto da farmi sciogliere in due secondi. Sorrido e bacio le sua labbra calmandomi.
-Hai ragione-
Mi sfilo i boxer e che la vergogna vada a quel paese. Entro nella doccia, l'acqua è calda al punto giusto. Mi siedo sullo sgabello che sarebbe quello della scrivania ma che, per qualche strano motivo, è finito qui. Pierre mi massaggia le spalle con il bagnoschiuma alla fragola che in realtà mi fa veramente schifo ma, visto che è il suo preferito, non gli dico niente. Chiudo gli occhi e una domanda affiora nella mia mente disturbando questo momento idilliaco che dovrei segnare sull'agenda.
-Ma Pierre...
-Dimmi-
-Noi...bè non stiamo insieme. Non siamo ufficialmente fidanzati, non me lo hai mai chiesto-
Ragionamento degno di David Desrosiers sotto la doccia con Pierre che gli massaggia le spalle dopo una dura giornata di lavoro.
-Bè, in un certo senso si-
Risponde lui abbastanza freddo. Le sua mani si bloccano, sembra che voglia sviare il discorso. Quando conosci una persona conosci anche gli atteggiamenti che assume in determinate situazioni. Ed io ho conosciuto anche questo lato di Pierre, quello che vuole sviare i discorsi. E mi fa innervosire un sacco quando si comporta così. Un pezzo di mondo mi crolla addosso. Pierre non vuole affrontare questo discorso, oddio. Finisco di fare la doccia da solo, ammazzandomi con i miei stessi pensieri. Esco dal bagno avvolto nel mio asciugamano azzurro. Pierre è sdraiato sul letto e fissa il soffitto, si è messo il pigiama blu con le pecore bianche. Lo guardo accigliato, senza pensarci troppo recupero il mio di pigiama e mi cambio in due secondi. Il silenzio tra di noi mi sta opprimendo, devo dire qualcosa.
-Dave, vieni qui-
Mormora Pierre precedendomi. Mi giro verso di lui e lo guardo. Come faccio a resistere? Mi avvicino facendo comunque il finto incazzato e mi siedo sul letto dandogli le spalle.
-Cosa c'è?-
La mia voce non ha intonazione. Pierre mi abbraccia da dietro e mi fa sdraiare di fianco a lui.
-Ti devo chiedere una cosa-
Sta sorridendo, lo sento.
-Cosa?-
Mi giro lentamente trovandomelo a due centimetri dal naso. Il mio cuore batte a mille come quando si è dichiarato la prima volta, ho lo stesso presentimento.
-Vuoi diventare il mio ragazzo Dave?-
Tutto quello che è appena successo è niente in confronto alla proposta di Pierre. Gli mostro un sorriso a trentadue denti. Come ho fatto a dubitare di lui? Come ho fatto a credere che mi stesse solo usando? Salto sopra di lui facendo rimbalzare il materasso sotto di noi.
-Certo che si Pierre!-
Rispondo quasi urlando. Sento il cuore scoppiare di felicità. Pierre ha capito cosa avevo e sinceramente adesso non me ne frega di tutte quelle paranoie. Ci baciamo, Pierre mi scosta dolcemente da lui e cambia le posizioni. Cavolo, è arrapante anche con il pigiama ricoperto di pecorelle bianche. Mi bacia il collo mordicchiandolo leggermente e prendendomi alla sprovvista. Io gemo sotto di lui e chiudo gli occhi.
-Oh Pierre, non sai quanto sono felice-
Mormoro tra un sospiro e l'altro.
-Anche io David, tantissimo. E ti voglio un sacco di bene-
Risponde lui appoggiandosi completamente su di me, facendo aderire tutto il suo corpo sul mio. Dovrei essere imbarazzato, ma non lo sono. Ho una voglia matta di Pierre, ho voglia di sentirlo mio. Solo mio. E credo che anche Pierre abbia voglia di me data la “presenza” tra noi due. Lo guardo alzando un sopracciglio e sorridendo.
-Hai intenzione di rimanere così tutta sera?-
Mormoro sentendomi leggero ed estremamente eccitato. Meno male che Pierre mi sta tenendo ancorato al letto.
-Era questo il mio regalo-
Sentenzia lui, poi mi bacia spudoratamente e capisco che per me è finita. La mia lucidità mi sta abbandonando lasciando il posto al caos più totale e, soprattutto, a Pierre. In questo momento c'è solo lui. Non c'è un passato e nemmeno un futuro. Il tempo si è fermato su di lui, sul suo corpo, sulle sua mani che mi stanno spogliano con forza strappandomi i vestiti di dosso. Mi bacia togliendomi il respiro, uccidendo i miei ultimi neuroni sani. Mi morde le labbra poi scende sul mio collo, sul mio torace sfiorandomi un capezzolo con la sua lingua. In due secondi mi spedisce in paradiso.
-Oddio...Pierre-
Chiudo gli occhi e inarco la schiena stringendo le lenzuola sotto di me.
-Ti piace Dave?-
La sua voce mi fa impazzire. Di solito quando parla normalmente è nasale, sembra che abbia sempre il raffreddore. Ma adesso è completamente il contrario, è roca e tremendamente sexy.
-C-certo che mi piace. Continua così, ti prego-
Pierre non se lo fa ripetere due volte. Continua a baciarmi e a mordermi senza farmi male. Gli accarezzo la testa passando le dita tra i suoi capelli ancora umidi e tirandoli leggermente. Poi però mi accorgo che c'è qualcosa che non va. Io sono mezzo nudo, il mio pigiama è sparito chissà dove. Mentre Pierre indossa ancora il suo stupido pigiama-pecora. Lo fermo e sollevo il busto sedendomi sul letto.
-Cosa c'è Dave?-
Mi chiede lui allarmato appoggiandomi una mano sul viso. Non gli rispondo, prendo la sua maglietta per un lembo e gliela sfilo lentamente. Lui sorride seguendo i miei movimenti.
-Hai ragione-
Sussurra poi sfilandosi anche i pantaloni. Mio dio. Pierre ha un fisico che... che mi stordisce ogni volta. Come fa ad esistere una persona perfetta come lui? Me lo chiedo in continuazione. Gli accarezzo il petto con le mie mani piccole e insicure.
-Forse per stasera va bene così Dave, cosa dici?-
Sentenzia guardandomi negli occhi, scavandomi dentro. Ma come? Finisce tutto qui? Cerco di non far trapelare la mia piccola delusione.
-Va bene Pierre-
Però forse ha ragione. Ecco, adesso mi sento un egoista ad aver pensato che sarebbe potuto succedere tutto stasera. Sarei stato pronto poi? Ma che cavolo di pensieri mi passano per la testa??
“Calma Dave, avete tutto il tempo che volete”
Il mio inconscio ha sempre ragione, lo ammetto.
-Dormiamo insieme?-
Mi chiede poi lui scostandosi dal mio corpo.
-Si Pierre-
Prepariamo il letto e ci buttiamo sotto le coperte avvinghiandoci l'uno sull'altro.
-Brr che freddo-
Sentenzio rannicchiandomi contro il petto di Pierre.
-Vieni qui-
Lui mi abbraccia scaldandomi in pochi minuti. Rimaniamo in silenzio ad ascoltare i nostri respiri, cercando di calmarci e di prendere sonno.
-Pierre, è il più bel regalo che abbia mai ricevuto comunque-
Sussurro alzando la testa a guardandolo dal basso. Ha gli occhi chiusi e respira lentamente, è bellissimo.
-Grazie a te Dave, sono felicissimo, veramente-
Mi viene quasi da piangere, forse non me ne sono ancora reso conto, ma ho un ragazzo. E ho anche un sonno dannato in questo momento. Mi giro sul lato opposto dando le spalle a Pierre che mi abbraccia cingendomi con un braccio. Siamo un po' stretti ma io sto bene così. Non chiedo altro.
-Dormiamo Dave?-
Mi chiede lui. La sua voce è piena di sonno.
-Certo, buona notte-
Mormoro sbadigliando. Lui sogghigna e mi bacia il collo.
-Notte Dave-
Mi addormento in poco tempo con il respiro caldo di Pierre che mi accarezza la pelle.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Questo capitolo mi sembra un po' corto, rimedierò con i prossimi! A presto^^



La sveglia suona, apro di scatto gli occhi e la spengo subito per non svegliare Pierre che sta ancora dormendo avvinghiato a me. Da quando ho iniziato a lavorare riesco a svegliarmi sempre in orario, non so perchè ma ci riesco. Sarà perchè voglio guadagnare un po' soldi per andare in Pierre. Mi sfilo piano dal letto scostando il suo braccio da me e appoggiandolo sul materasso. Rabbrividisco accorgendomi di indossare solo i boxer e ricordandomi di cosa è successo ieri sera. Sorrido automaticamente e osservo Pierre nella penombra che dorme ancora beatamente con la bocca aperta e il naso schiacciato contro il cuscino. Faccio il giro del letto e mi siedo di fianco a lui accarezzandogli i capelli e ringraziando qualcuno per avermi dato tutta questa fortuna, per avermi dato la possibilità di conoscere Pierre. Rimarrei qui con lui tutto il giorno ma devo per forza andare a lavorare. Staremo insieme stasera. Bacio Pierre su una guancia e mi alza di controvoglia, mi cambio indossando quella stupida divisa gialla e blu che mi fa venire il mal di testa ed esco senza fare rumore. Dormono ancora tutti, le luci sono spente, il sole non è ancora sorto. Percorro tutto il corridoio dei dormitori, i miei passi rimbombano nel silenzio. Mi fa quasi paura questo posto al buio. Affretto il passo, scendo le scale alla velocità della luce ed esco. Un freddo polare mi investe da capo a piedi. C'è aria di neve, dovevo guardare le previsioni. Mi stringo nel cappotto e cammino spedito sul marciapiede. Ci sono ancora i lampioni accesi. In un quarto d'ora arrivo alla Blockbuster che, ovviamente, non è ancora aperta. Il mio capo è veramente un idiota fatto e finito. Mi siedo sul gradino della vetrata principale sbuffando. Cerco le sigarette nelle borsa e ne accendo una. Non dovrei fumare la mattina, fa molto più male ai polmoni, ma in questo momento mi innervosirei ancora di più senza nicotina. Voglio tornare da Pierre, questo tempo mi deprime un sacco. Penso a lui, al suo viso, alle sue mani e le sento su di me come ieri sera. Sospiro, non vedo l'ora che questa giornata finisca.

                                                                                                   * * *

Batto l'ultimo scontrino della giornata e mi accascio sulla sedia dietro di me. Schiaccio un pulsante sotto la scrivania e la lampadina verde sopra la mia testa diventa rossa. Finito. Riordino un po' di cose della cassa e mentre afferro il cappotto per svignarmela noto qualcuno avvicinarsi a me.
“Chi cavolo è? Non vede che ho appena chiuso?”
Penso senza alzare la testa.
-Mi dispiace ma ho appena...-
-David-
La persona, rivelatasi una donna, ha una voce famigliare. Alzo la testa e mi ritrovo faccia a faccia con Lachelle. Sgrano gli occhi e mi alzo dalla sedia. Noto che non ha niente in mano quindi non è qui per comprare qualcosa e l'espressione sul suo viso non è delle migliori.
-Lachelle! Cosa ci fai qui?-
Chiedo guardandomi intorno circospetto.
-Chuck mi ha detto dove lavori, quindi ho deciso di parlarti qui senza Pierre tra i piedi-
Sibila lei, la sua voce prende una brutta piega. Mi chiedo, uno come cavolo fa a conoscere Chuck? Due perchè Chuck non impara a farsi i fattacci suoi?! Tre Lachelle sa di me e Pierre? Deduco di si visto che questa è la prima volta che mi rivolge parola. Sinceramente mi fa un po' paura, è alta quasi quanto Pierre. Indosserà i tacchi ma comunque mi supera di due spanne buone. Meno mele che sono rintanato dietro la cassa, nel peggiore dei casi potrebbe scavalcarla e uccidermi con la sua borsetta borchiata.
-P-parlarmi di cosa?-
Sussurro risiedendomi sulla sedia nera.
-Parlarti di Pierre. Ascoltami bene...-
Lachelle appoggia le mani sulla cassa a si avvicina al mio viso. Me la ritrovo a pochi centimetri dal naso in un secondo.
-Io non so cosa fate voi due insieme, ma vi ho visti e girano anche alcune voci su di voi a scuola. Non so cosa Pierre ti abbia raccontato di me e non voglio saperlo. Voglio solo dirti che se provi a far soffrire quel ragazzo io...-
Lachelle mi prende per il colletto della camicia. Mi sporgo all'indietro temendo il peggio.
-...io non ti perdonerò. Ricordatelo David-
Lei rimane in silenzio a fissarmi con due occhi da pazza e le tempie che pulsano. Non so cosa dire, mi sento stremato e impaurito. Lachelle molla la presa e si mette a cercare qualcosa nella sua borsa.
-Ah, se ti ricordi restituisci questo al tuo ragazzo-
Mi lancia una scatoletta che afferro al volo poi se ne va senza parlare tacchettando sulle sue scarpe che sembrano trampoli. La osservo allontanarsi e decido di scappare via anche io. Metto la scatoletta nella tasca della giacca senza preoccuparmi del contenuto, lascio le chiavi della cassa in magazzino ed esco dal retro trovandomi immerso in almeno 15 centimetri di neve. Guardo in alto maledicendo il cielo e mi incammino sul marciapiede a passo lento per non scivolare. Infilo le mani tasca e penso al da farsi. Devo dirlo a Pierre? O è meglio di no? Devo per forza ridargli la scatoletta, Lachelle verrà a saperlo in qualche modo. Il che mi fa abbastanza paura dopo la reazione che ha avuto prima. È gelosa. È gelosa di me! Sotto sotto mi sento soddisfatto, ma ho paura della reazione di Pierre. Se cambia idea? Se Lachelle ci proverebbe di nuovo con lui? E se lui ci starebbe??
“Basta!”
-Ehi Dave!-
Una voce che urla il mio nome mi riporta alla realtà. Mi giro di scatto e vedo Pierre dietro di me, stretto nel suo cappotto grigio e avvolto in una sciarpa rossa. Si avvicina a me con fatica cercando di non inzupparsi troppo le scarpe.
-Pierre! Cosa ci fai qui?-
Chiedo allarmato allungando una mano verso di lui e prendendolo al volo evitando di farlo scivolare.
-Ho visto che nevicava tantissimo e non mi andava di farti tornare indietro da solo-
Mormora lui abbracciandomi forte. Mio dio, voglio sciogliermi tra le sue braccia.
-Oh, grazie Pierre-
È l'unica cosa che riesco a dire senza avere un infarto. Stringo Pierre a mia volta affondando il viso nel suo cappotto, il suo profumo si insedia nelle mie narici inebriandomi il cervello. Lo adoro, mi da una sensazione di fresco e di casa. Non saprei come spiegarlo, ma più o meno è così.
-Andiamo a bere una cioccolata? Ti dovrei parlare di..di una cosa importante-
Pierre mi scosta dal suo petto guardandomi accigliato.
-Cos'è successo?-
Mi chiede allarmato prendendomi per le spalle.
-Niente di grave, ma..-
-Ma?-
-Ma voglio dirtelo. È giusto che tu lo sappia-
Oddio, chissà cosa penserà adesso.
-Resisti fino al bar?-
Chiedo mostrandogli mezzo sorriso.
-Certo-
Risponde lui baciandomi leggero le labbra. Vorrei baciarlo per ore intere ma non mi sembra il caso di farlo in mezzo alla strada. Ci incamminiamo verso il bar che, meno male, è qui dietro l'angolo. Non ho neanche l'ombrello e ovviamente Pierre si è dimenticato di prenderne uno. Mi avvicino di più a lui che cammina con le mani in tasca e lo prendo sottobraccio appoggiandogli la testa sulla spalla. Lo sento sorridere, mi bacia i capelli bagnati e mi stringe a se cingendomi la vita con un braccio. Ho sempre sognato una “scena” del genere e adesso si sta avverando tutto grazie a Pierre. Sospiro dimenticandomi per un po' la storia di Lachelle.

[…]

-David, mi vuoi spiegare cos'è successo?-
Sobbalzo sulla sedia, Pierre mi fissa ma non riesco a decifrare la sua espressione. È un misto tra l'insofferente e l'incazzato. Mi turba un sacco vederlo così quindi decido di dirgli tutto. Cerco la scatoletta che mi ha rifilato Lachelle nella tasca della giacca e l'appoggio sul tavolo davanti a noi. Pierre la fissa allibito senza dire una parola, poi la prende tra le mani e la apre senza esitare. Spalanca gli occhi ed estrae lentamente il contenuto.
-È l'anello che ho regalato a Lachelle il giorno in cui ci siamo fidanzati-
Sussurra osservandolo.
-Te l'ha dato lei?-
Chiede poi fulminandomi con gli occhi.
-Si-
Pierre schiocca la lingua irritato e toglie lo sguardo dal mio. Mi sento perso, mi sento svenire. Vedo tutto il mondo cadermi addosso. Non voglio che qualcuno si intrometta tra noi. Mi sto innamorando veramente di lui ed è la prima volta che sto con qualcuno. Sorvoliamo il fatto che sia un ragazzo. Una morsa mi stringe il cuore, sento un groppo in gola che preme per uscire.
-Pierre io..-
-Dimmi cosa ti ha detto-
Lui mi interrompe guardandomi furibondo. Il groppo in gola si fa sempre più grosso. Sto per piangere. Perchè Pierre è così arrabbiato? C'è qualcosa che non mi ha raccontato? Qualcosa di più sulla loro storia?
-Lachelle mi ha detto che sai di noi due. Ci ha visti. E mi ha anche avvertito-
Faccio una pausa. Ho la vista offuscata dalle lacrime e mi manca il fiato.
-Dimmi cosa ti ha detto!-
Pierre si sporge verso di me alzando un po' troppo la voce.
-Mi ha detto che si ti faccio soffrire me la farà pagare-
Mugolo spaventandomi per la sua reazione. Pierre mi fissa con gli occhi sbarrati.
-E basta?-
Faccio di si con la testa e mi asciugo le lacrime con una mano. Perchè si comporta così? Perchè?? Lui si calma ritornando composto sulla sedia e prendendo le mie mani tra le sue.
-Dave, scusa non volevo reagire così. Non piangere, ti prego-
Mormora poi ritornando il Pierre di sempre, il mio Pierre.
-Io..io non voglio perderti. Non voglio che lei si intrometta tra noi-
La mia voce è spezzata dai respiri corti post-pianto. Stringo forte le due mani. Ho una voglia matta di abbracciarlo.
-Torniamo a scuola? Io non dovrei essere in giro tra l'altro-
Sentenzia Pierre alzandosi dalla sedia. Lo guardo dal basso, voglio una spiegazione. Non mi può liquidare così.
-Mi puoi spiegare cos'è successo veramente tra te e Lachelle?
Mi fa quasi male pronunciare quel nome. Lui mi guarda sereno.
-Te lo racconto in camera ok? Dai vieni-
Mi alzo buttandomi direttamente tra le sue braccia, stringendolo tra le mie. Mi scappano ancora due lacrime, ma queste forse sono di gratitudine nei suoi confronti. Pierre mi bacia le labbra senza dare troppo nell'occhio.
-Andiamo-

 

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Finalmente il quadratino arancio sta prendendo vita. Non ho tanto da dire su questo capitolo. è un po' corto come il precedente, ma spero vada bene comunque. Per la traduzione (ve ne accorgerete leggendo) ho chiesto aiuto a mia cugina che è un genio in francese quindi credo sia giusta ^^ a presto!




Arriviamo a scuola abbastanza tardi, i pochi rimasti sono già tutti nelle proprie camere. Il corridoio del nostro dormitorio è illuminato solo dalle luci di emergenza. Pierre rallenta il passo strattonandomi un po' per la manica nel giubbotto.
-Cosa c'è?-
Mormoro girandomi verso di lui che mi osserva nel buio, i suoi occhi brillano nella pochissima luce. Mi tira verso di sé poi mi bacia, rimango per un attimo sorpreso e non mi muovo. Piano piano mi riprendo e abbraccio Pierre dal basso ricambiando il bacio e cercando di lasciarmi andare. Chiudo gli occhi, lui mi accarezza la testa passando le dita tra i miei capelli e tirandoli un po'. Faccio aderire tutto il mio corpo al suo e appoggio una mano sul bordo dei suoi pantaloni. Ci stacchiamo quel poco per guardarci negli occhi. Osservo Pierre, ho una voglia matta di lui, ma qualcosa mi blocca come al solito. Ho vergogna come quando ci siamo conosciuti, non mi sento ancora all'altezza. Un brivido mi percorre tutta la schiena. Accarezzo il viso di Pierre e rimango immobile.
-Ne riparliamo domani dell'anello, va bene?-
Mormora lui sulle mie labbra, lo sento fremere. Il suo respiro è caldo, mi eccita ancora di più. Però non capisco, perchè vuole evitare il discorso? Mi nasconde qualcosa?
-Ma io..-
Pierre mi appoggia un dito sulla bocca.
-Dave, io voglio te in questo momento. Non ho voglia di pensare a Lachelle e a...tutto quel casino. Ho te qui, stretto tra le mie braccia. Non voglio nessun altro-
La sue parole mi lasciano senza fiato. Mando a quel paese Lachelle, l'anello e tutto il resto attaccandomi alle labbra di Pierre e decidendo che rimarrò così tutta la serata. In qualche modo riusciamo ad arrivare alla nostra camera. Cerco le chiavi nelle mie tasche ma non le trovo, intanto Pierre continua imperterrito a baciarmi il collo tenendomi stretto per i fianchi. Appoggio le mani suo sedere per cercare le dannate chiavi e, lo ammetto, per approfittarmene, ma sfortunatamente le trovo.
-Ehi Pie, fammi aprire la porta-
Sussurro e lui, invece di rispondere, mi mordicchia il collo.
-Mmm muoviti-
Infilo le chiavi nella toppa e giro. Pierre mi prende in braccio sollevandomi da terra e appoggiando le mani sul mio sedere. Allaccio le gambe attorno ai suoi fianchi e lo bacio con foga. Lui apre la porta con un braccio, reggendomi con l'altro. Non so perchè ma questa cosa mi fa un sacco di tenerezza. Accarezzo il suo petto cercando di slacciargli il giubbetto. Entriamo in camera barcollando verso il suo letto e lui mi appoggia delicatamente sul materasso. Fa un freddo del diavolo ma Pierre comincia a spogliarmi strappandomi letteralmente i vestiti di dosso.
-P-Pierre non ho fatto neanche la doccia-
Mormoro ricordandomi che è da tutto il giorno che indosso gli stessi vestiti.
-Tranquillo Dave-
Pierre mi sorride accarezzandomi la testa e sedendosi sul letto davanti a me.
-Non mi interessa, adoro il tuo profumo-
In queste situazioni Pierre va fuori di testa, non gli interessa se puzzo da far schifo. Vorrà dire che è veramente innamorato di me?
-Ti do una mano con i vestiti?-
Chiedo poi senza neanche accorgermene. Arrossisco all'istante, Pierre se ne accorge e sorride. Sto impazzendo anche io.
-Con piacere-
Risponde lui sdraiandosi di fianco a me e incrociando le braccia dietro alla testa. Mi scosto da lui e mi inginocchio sul materasso. Pierre ha la camicia slacciata, si intravede il tatuaggio sul suo fianco, quella specie di fenice monocolore che non ho ancora capito cosa significhi. Appoggio una mano sul suo petto sfiorandolo. Mi avvicino con la testa, lo guardo negli occhi poi bacio la sua pelle tiepida. Mi sto lasciando andare, non ho più vergogna. Lecco la pelle di Pierre che sa di buono, lo bacio ancora, lo mordo piano e salgo a cavalcioni su di lui. Gli tolgo la camicia, lui alza il bacino per sfilarsela da sotto la schiena. Mi sento così piccolo rispetto a lui, mi prenderanno per suo figlio in giro.
“Dave piantala”
Prendo un respiro per far circolare il sangue nel cervello. Pierre è stupendo, non so cosa ringraziare per avermi dato la fortuna di averlo incontrato e sinceramente non so come lui abbia fatto ad interessarsi a me. Ma adesso non ci devo pensare. Pierre fa scivolare la sua mano sulla mia schiena, dalla spalla fino all'elastico dei miei boxer poi ci infila una mano dentro stringendola leggermente. Rispondo al suo gesto inarcando la schiena preso alla sprovvista, sta per venirmi infarto, lo sento.
-Vai avanti Davey-
Davey, non mi aveva mai chiamato così. Mi piace un sacco, devo ricordami di dirglielo domani. Avvicino le mani ai suoi jeans e, goffamente, gli slaccio la cintura. Sento la sguardo di Pierre su di me, ma non oso alzare gli occhi. Devo concentrarmi, non può farmi questo. Diventerò veramente pazzo. Slaccio anche il bottone dei suoi pantaloni e faccio scendere la zip notando solo ora che Pierre è abbastanza eccitato, per non dire altro. Lui solleva il busto prendendo la mia testa tra le mani e baciandomi per l'ennesima volta.
-Sei bravo-
Sussurra poi ed io arrossisco per l'ennesima volta davanti ai suoi occhi. In qualche modo riesce a sfilarsi i pantaloni scalciando con le gambe e buttandoli ai piedi del letto. Ci fermiamo tutti i due e ci guardiamo per alcuni secondi che invece mi sembrano ore.
-A cosa pensi Pierre?-
Chiedo sottovoce accarezzandogli le braccia. Lui mi prende per i fianchi e cambia ancora le posizioni, si accascia sopra di me appoggiando una guancia sul mio petto, proprio sopra al mio cuore che in questo momento è in fibrillazione.
-Penso che mi stia innamorando veramente di te Dave-
Oddio, vuole farmi morire stasera. Lo abbraccio d'istinto stringendolo forte per fargli capire che anche per me è così. Non so come dirglielo a parole.
-Io...io credo che..sia la stessa cosa anche per me-
Lascio la frase li così, appesa nel vuoto e mi meraviglio di me stesso. Di solito non riesco ad essere tenero neanche con Chuck che conosco da una vita intera. Ma Pierre mi sta facendo cambiare, in positivo ovviamente. Mi viene quasi da piangere.
-E sai un'altra cosa?-
Mormoro spingendo indietro le lacrime.
-Cosa?-
-È la prima volta che mi sento così... felice-
“Non piangere, non piangere Dave”
Pierre alza la testa e mi sorride maliziosamente.
-Stasera voglio farti sentire felice il doppio-
Cosa? Cosa vuole fare? Lo guardo accigliato cercando di decifrare la sua espressione.
-Facciamo qualcosa di nuovo stasera David?-
Lo fisso ancora, la sua voce mi manda fuori di testa. Tutto di lui mi manda fuori di testa.
-Nuovo del tipo?-
Io non credo di essere pronto a certe cose che, immagino, stiano passando per la testa di Pierre. Non ho paura, ma ho qualcosa che mi blocca di fronte a queste cose. È sempre stato il mio problema. Penso, ci ripenso ma poi non faccio niente. In generale, non solo per queste situazioni. Pierre mi sta baciando il petto lambendomi un capezzolo con la lingua. Mi sfiora i fianchi con le mani facendomi un po' di solletico che si confonde con il piacere. Afferro il lenzuolo sotto di me stringendolo fino a farmi diventare le nocche bianche. Chiudo gli occhi perdendomi nelle sensazioni che sto provando, la lucidità sta andando a quel paese. Qualcosa nella mia testa mi dice che non c'è niente di male, che non devo avere paura.
-Je suis ton-
Mormoro con il respiro spezzato dall'eccitazione e da chissà cos'altro. Pierre si ferma un attimo con le mani sull'elastico dei miei boxer e le labbra sulla mia pancia. Rimango anche io immobile, che cavolo farà adesso? Gli accarezzo i capelli e lui mi abbassa lentamente i boxer. Sollevo un po' il bacino per aiutarlo e per fargli capire che va bene così.
-Oh Dave, tu es fantastique-
Soffia lui sfilandomi del tutto i boxer e osservandomi dall'altro. Sento il suo sguardo bruciare sulla mia pelle e, nonostante la situazione, non ho vergogna. Capisco solo or che piaccio veramente a Pierre quindi, come a me piace vederlo senza vestiti addosso piacerà anche a lui vedere me così!
“Ci sei arrivato”
Sorrido e inarco la schiena, preso alla sprovvista, quando Pierre afferra la mia erezione. Gemo sotto le sue mani e chiudo gli occhi. Lui comincia a muoversi lentamente aumentando poi la velocità. Afferro i suoi capelli tirandoli un po'. Poi dal nulla, senza preavviso, Pierre appoggia le labbra sulla mia erezione. I miei neuroni fanno “ciao-ciao” con la mano e scappano a gambe levate. La sua lingua mi avvolge tutto, inarco ancora di più la schiena spingendo il bacino contro di lui che mi prende per i fianchi affondando le unghie nella mia pelle.
-Oh mon dieu-
È l'unica frase che riesco a dire tra un gemito e l'altro. Sento di essere vicino all'orgasmo ma non voglio che finisca tutto così in fretta. Mi darò da fare, non voglio essere l'unico a godere stasera.

 

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Ho caricato super velocemente! Brava Giulia *si batte una mano sulla spalla* coomunque che dire? è un colpo di scena unico, non vedevo l'ora di farvelo leggere! Voglio ringraziare la mia amica Valeria che mi da una mano trascrivendomi i capitoli a computer e voglio anche ringraziare Scath Panther per le bellissime recensioni ^^
A presto e buona lettura!


Scosto la sedia dal tavolo e mi siedo appoggiando la borsa di fianco a me. Pierre è già seduto, guarda fuori dalla vetrata della paninoteca con un'aria annoiata.
-Scusa, sono uscito un po' tardi-
Sentenzio con il fiatone. Stamattina mi sono dovuto svegliare alle sette per andare in magazzino a sistemare. Cavolo hanno da sistemare alla Blockbuster? Bha, non ci voglio pensare. Almeno mi pagano bene e oggi faccio solo mezza giornata.
-Carini i segni David-
Mormora Pierre facendo un cenno con la testa verso di me.
-Segni?-
Sbarro gli occhi e abbasso la testa. Noto alcuni segnetti rossi alla base del mio collo ma oltre non riesco a vedere. Mi alzo di scatto, corro in bagno e mi guardo allo specchio. Il mio collo è tempestato da quelle cavolo di macchioline rosse e viola. Esco dal bagno e ritorno al mio posto. Pierre mi osserva sogghignando.
-Cosa c'è da ridere? Chissà cosa avrà pensato il mio capo stamattina!-
Sbuffo e distolgo lo sguardo dal suo. Pierre allunga le gambe sotto il tavolo e afferra le mie stringendole. Sussulto e spalanco gli occhi. Il contatto con lui rievoca in me le sensazioni di ieri sera. Pierre mi accarezza le mani.
-Sei stato fantastico Davey-
Sussurra poi facendomi sciogliere. Apro la bocca per rispondere ma non esce niente. Stringo le sua mani e mi schiarisco la voce.
-A-anche tu Pierre-
Rispondo arrossendo fino alla punta del naso. Pierre sorride divertito e sembra che mi stia nascondendo qualcosa. Freme sulla sedia come un bambino e non riesce a smettere di ridacchiare.
-Devi dirmi qualcosa?-
Chiedo poi alzando un sopracciglio.
-Io..bè non sapevo che in quelle situazioni tu...parlassi in francese-
Pierre trattiene le risate mettendosi una mano davanti alla bocca. Cerco di afferrare la situazione, ho parlato in francese? Me come, non me ne sono neanche accorto! Pierre avrà le allucinazioni.
-Io..io non..non ridere Pierre!-
Mi copro istintivamente il viso con le mani spostandomi indietro con la sedia. Sento Pierre alzarsi e fare il giro del tavolo. Si accovaccia di fianco a me appoggiando le braccia sulle mie gambe.
-Ehi non volevo metterti in imbarazzo dai. È solo che mi è piaciuto un sacco stare con te in quel modo ieri e sentirti parlare in quel modo ha solamente migliorato la situazione. Si bè, è stato un po strano perchè pensavo te ne fossi accorto-
Scosto lentamente le mane dalla faccia e osservo Pierre dall'alto.
-No, non me ne sono accorto. Cioè, non me lo ricordo neanche-
Lo ammetto più a me stesso che a lui.
-Anche la prossima volta devi farlo, va bene?-
Sentenzia Pierre alzandosi in piedi.
-È sexy-
Sussurra poi al mio orecchio facendomi partire dei brividi che percorrono tutta la mia schiena. Il pomeriggio decidiamo di rimanere al parco del college. È molto tranquillo, c'è anche un bar fatto tutto di vetrate e puoi rimanere li quanto vuoi. Passiamo un attimo in camera così posso mettermi qualcosa di caldo e pulito. Dopo aver infilato giubbetto, sciarpa e guanti io e Pierre ci incamminiamo al parco attraversando tutto il dormitorio. C'è in giro poca gente, saranno tornati quasi tutti a casa per il week-end. A proposito, dovrei tornare anche io almeno per salutare mia madre che non si fa sentire da un po' di giorni. Ci penserò settimana prossima. Pierre è abbastanza silenzioso, cammina a testa bassa con le braccia lungo i fianchi e il naso affondato nella sciarpa. Mi avvicino un po' a lui e lo prendo sottobraccio senza dire una parola. Il silenzio tra di noi mi opprime ancora. So che deve parlarmi di Lachelle, è il momento giusto, devo sapere. Ma lui non apre bocca.
-Pierre..-
Sussurro, lui alza la testa e mi guarda spaesato come se si fosse appena svegliato.
-Cos'hai?-
Chiedo. Scendiamo lentamente le scale che portano al parco attenti a non scivolare sul ghiaccio maledetto che si è appena formato. Comincia a fare veramente freddo. -Niente, stavo solo pensando-
Pierre lascia la frase in sospeso, io so a cosa pensava. Ma non voglio opprimerlo.
-Io e Lachelle ci eravamo fatti una promessa-
Sputa fuori lui all'improvviso senza darmi il tempo di ragionare.
-Avevamo promesso che, qualsiasi cosa fosse successa tra di noi, saremmo rimasti sempre vicini, non ci saremmo mai traditi-
Pierre parla come un treno, guardando fisso davanti a se. Lo ascolto decifrando con calma tutte le parole e sinceramente non capisco il perchè di questa cosa.
-Quell'anello simboleggia la nostra promessa -
Ci fermiamo davanti allo stagno che si sta ghiacciando poco a poco, Pierre si gira verso di me.
-Se lei mi ha ridato l'anello vuol dire che quella promessa non esiste più-
Pierre sembra triste, ha gli occhi socchiusi e il suo sguardo è perso nel vuoto. Lo prendo per mano.
-Pierre.. io..-
-No, non dire niente Dave-
Lui mi abbraccia cingendo le braccia intorno ai miei fianchi. Rispondo all'abbraccio appoggiandomi al suo petto
-Non dobbiamo pensarci e basta, ok?-
Mormora nei miei capelli. Voglio dirgli quello che penso.
-Ma.. ma io ho paura che lei possa far qualcosa, mi ha fatto spaventare ieri-
Pierre si stacca di colpo prendendomi per le spalle.
-Non succederà niente David, sono innamorato di te e non permetterò a niente e nessuno di intromettersi tra noi-
Sorrido senza neanche pensarci e, d'istinto, bacio Pierre. Le sue labbra sono fredde e morbide. Lo sento sorridere.
-Grazie Pierre. Io..io ti voglio bene-
Mormoro staccandomi da lui e accarezzandogli una guancia. Ci incamminiamo verso il bar, ma io sinceramente ho voglia di ritornare in camera al calduccio nel mio letto con Pierre.
-Sei più tranquillo adesso?-
Sentenzia lui afferrando la mia mano.
-Si, avevo veramente un peso addosso che dovevo togliermi. Grazie per avermi detto tutte queste cose-
Mi giro verso di lui e sorrido leggermente alzando un lato della bocca.
-Sei il mio ragazzo Dave, a chi dovrei raccontarle? A proposito, fa troppo freddo qui. Torniamo in camera?-
Mi blocco e sbarro gli occhi. Io voglio sapere come fa a pensare quello che penso io! Ha sicuramente qualche super potere psichico o qualcosa del genere, non è possibile!
-Mi hai letto nel pensiero, andiamo-
Faccio retromarch, afferro saldamente Pierre per una mano e cammino verso i dormitori. Pierre sogghigna, lascia la presa e appoggia una mano sul mio sedere stringendola un po'.
-Pierre!-
Faccio un salto felino e ovviamente scivolo cadendo direttamente per terra di faccia. Sento Pierre ridere come un bambino, sollevo piano la testa e lo guardo furibondo. Odio cadere, odio non avere un equilibrio stabile e odio fare le figure di merda davanti a lui.
-Scappa Pierre-

                                                                                               ***

Mi alzo dal banco e sveglio Chuck che si è addormentato all'inizio dell'ora. Lui apre gli occhi e mi guarda come se fossi un alieno o qualcosa del genere. Abbassa lo sguardo sul suo orologio e salta in piedi come una molla.
-Ho dormito durante la lezione!-
Urla richiamando l'attenzione di tutti i presenti. Chuck comincia a sudare freddo.
-Ehi stai tranquillo, sono stato attento io per te e ho preso anche gli appunti-
Sentenzio battendogli una mano sulla spalla. Lui mi guarda con gli occhi che luccicano e mi abbraccia stritolandomi le costole.
-Oh grazie Dave!-
-Si va bene, staccati adesso-
Rispondo cercando di togliermelo di dosso. Chuck in questo periodo è felice, glielo leggo in faccia. Gli racconto tutto della mia storia con Pierre e loro due hanno un bel rapporto. Passiamo tutte le pause pranzo insieme e ogni tanto usciamo il sabato sera. La nostra amicizia sembra più solida di prima. Sono contento di questo. Usciamo dalla classe uno di fianco all'altro, Chuck continua a ringraziarmi per aver preso gli appunti, lo ascolto annuendo con la testa. Ad un certo punto mi ricordo di una cosa, domani devo tornare a casa da mia madre e devo portare anche Pierre perchè si è ammalato e voglio che stia un po' tranquillo in un luogo più caldo. I suoi genitori sono fuori città per un viaggio di lavoro, non voglio lasciarlo da solo così abbiamo deciso che verrà a stare da me per due giorni. L'unica cosa è che forse dovrei dire a mia madre che Pierre non è solo il mio compagno di camera. Oppure è meglio tenere la bocca chiusa? No, impossibile. Io non riesco a sopportare due giorni con Pierre che gironzola per casa senza poterlo baciare o toccare. Almeno stargli vicino. Oddio non so cosa fare, mi mangio un'unghia a sangue e mi torturo una ciocca di capelli. Poi d'un tratto mi viene un flash.
-Chuck!-
Prendo il mio amico per un braccio bloccandolo in mezzo al corridoio. Mi guardo intorno per controllare se qualcuno ci guarda e mi fiondo nei bagni trascinandomelo dietro.
-Dave cosa ti prende?-
Sbraita Chuck strattonandomi per un braccio.
-Mi devi aiutare, per favore-
Sentenzio chiudendo la porta del bagno dietro di me. Per fortuna non c'è nessuno.
-Mi hai fatto spaventare!-
Chuck è stremato, fa finta di essere tranquillo ma gli tremano comunque le mani. Non ci faccio molto caso.
-Cosa devo fare -
Mormora poi guardandomi di sottecchi. Adesso è veramente tranquillo anzi no, è freddo. Alzo un sopracciglio, cosa gli prende? Non fa mai così quando ho bisogno di lui.
-Io.. bè domani torno a casa da mia madre e devo portare anche Pierre e.. non so se dirle la verità-
Abbasso la voce sulle ultime parole, incrociando le braccia sul petto. Chuck mi osserva poi, senza dire niente, si avvicina ai lavandini e si lava le mani con la faccia scura. Cavolo gli prende? Ho detto qualcosa di sbagliato? Fino a cinque minuti fa sprizzava gioia da tutti i pori ringraziandomi e abbracciandomi, adesso è qui, muto come un pesce con la faccia incazzata. Mi avvicino lentamente guardandolo dallo specchio, ma lui evita il mio sguardo.
-Fai quello che vuoi David-
La sua risposta mi fa male, non mi ha mai trattato in questo modo e ci rimango un po' di stucco. Abbasso la testa e mi osservo i piedi senza saper cosa dire.
-Anche io ti devo chiedere una cosa-
Sussurra poi Chuck afferrando una pezzo di carta e asciugandosi le mani. Alzo lo sguardo fulminandolo senza capire perchè si comporta così. Lui mi guarda con due occhi rossi e gonfi di lacrime. Gli appoggio una mano sulla spalla spaventandomi.
-Chuck, cosa..-
-David non te ne sei mai accorto vero?-
Mi chiede lui a bassa voce con le lacrime che cominciano a rigarci le guance. Cosa sta succedendo? Chuck è impazzito. Accorto di cosa? Non riesco ad aprire la bocca, lo guardo con gli occhi sbarrati stringendogli poco la spalla.
-Ecco. Questa è la conferma-
Chuck si scrolla la mia mano di dosso e mi supera a testa bassa costringendomi a spostarmi. Lo guardo andare via sbattendo la porta del bagno e non capisco più niente. È successo tutto così in fretta.
“Non puoi startene qui con le mani in mano David”
Sbuffo ed esco anche io dal bagno alla ricerca di Chuck. Il corridoio si è riempito di studenti e c'è un casino del diamine. Ma non posso lasciare il mio migliore amico così, senza chiedere spiegazioni, senza capire cos'ha veramente. Mi butto nella folla senza guardare in faccia nessuno, cammino spedito senza meta precisa e ad un certo punto scorgo Chuck davanti al suo armadietto con un sacco di libri in mano. Mi faccio strada tra la gente che mi guarda male e mi avvicino a lui.
-Chuck..-
Il mio amico si gira verso di me. I suoi occhi sono gonfi e la sua espressione non promette niente di buono.
-Ne parliamo con calma, per favore?-
Sentenzio cercando di calmarmi. Lo prendo per un braccio e lui abbassa la testa. Vedo ancora le lacrime rigargli il viso, mi si spezza il cuore in due. Ci incamminiamo ancora nel corridoio, Chuck si fa trascinare come un cane. Devo trovare un posto tranquillo, non mi va che qualcuno ci veda così. Mi fiondo giù dalle scale, i sotterranei andranno bene. Attraversiamo la porta della palestra e ci infiliamo negli spogliatoi, delle donne tra l'altro, ma è la prima stanza che ho trovato. Chuck si siede per terra lasciandosi scivolare sulla parete di piastrelle e si copre la faccia con le mani. Mi inginocchio davanti a lui, non sopporto vederlo così.
-Mi puoi dire cosa sta succedendo?-
Chiedo sottovoce. Il mio amico mi guarda e vedo la tristezza nei suoi occhi.
-Davvero non te ne sei mai accorto?-
Mormora poi.
-Accorto di cosa Chuck?-
Alzo un po la voce, ma mi tranquillizzo subito.
-David tu mi piaci! Dal primo giorno in cui ci siamo visti!-
Sputa fuori lui quasi urlando. Ci rimango di stucco, fisso il mio amico negli occhi e la testa comincia a girarmi.
-Io.. io..-
Non riesco a spiccicare neanche una parola, ho un groppo grande come una casa in gola.
-Ho cercato in tutti i modi di fartelo capire all'inizio ma tu eri impegnato a preoccuparti di te stesso, poi siamo diventato troppo amici e ho capito che non saremmo mai potuti diventare qualcosa di più. Ho cercato di non pensare a te, ci ho provato, ma è impossibile! Tu.. tu sei sempre stato con me, come diavolo facevo a dimenticarti?-
Chuck parla senza fermarsi, il pianto gli stronca le parole a metà, le sue lacrime cadono sulla sua maglietta e sui suoi pantaloni. Continuo a guardarlo negli occhi, immobile.
-Ho cercato qualcun altro, Jake è stato come una terapia per me. Ma stando con lui ho capito che quello che amo sei tu, non lui e nessun altro-
Chuck mi prende una mano e con l'altra accarezza i miei capelli.
-Poi è arrivato Pierre. Io sono felicissimo per voi due, ma il dolore che provo ogni volta che vi vedo insieme mi fa scoppiare il cuore-
Il mio amico abbassa la voce e chiude gli occhi. Senza pensarci, senza capire cosa cavolo sto facendo, mi sporgo verso di lui e lo bacio. Chuck si spinge verso di me e risponde muovendo le labbra sulle mie. Il suo sapore rievoca in me ricordi passati, ricordi troppo lontani che non riesco a vedere nella mia testa. Ci abbracciamo, ci accarezziamo avvinghiandoci l'uno all'altro. Piango anche io, amareggiato dal suo dolore, da quello che stiamo facendo. Gli accarezzo la testa. Ma cosa cavolo mi succede? Ad un certo punto sento la porta dello spogliatoio aprirsi, mi stacco subito da Chuck tenendolo comunque stretto a me e guardo in direzione della porta. Lachelle è li, ci fissa allibita spalancando gli occhi. Bene, sono fottuto.

 

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Avevo intenzione di caricare questo capitolo oggi pomeriggio ma sono riuscita a farlo solo adesso. Causa, ho appena finito di suonare. è stata una serata davvero non so come descriverla. Entusiasmante? Si, mi sono divertita parecchio. Ho incontrato gente che non vedevo da tempo, gente interessante. Ok il mini sfogo che non centra niente con la fic, ma dovevo farlo ahahah buona lettura, a presto ^^



Pierre sta dormendo beato nel mio letto con la bocca aperta e sta inzuppando di saliva tutto il cuscino. Lo guardo malinconicamente, poi spengo la luce e gli do un bacio sulla fronte. Esco dalla camera camminando in punta di piedi per non far rumore e scendo in cucina da mia madre che sta lavando i piatti della cena.
-Scotta ancora-
Sentenzio entrando in cucina a testa bassa. Pierre è ancora ammalato e sembra non voler migliorare, stamattina per poco non sviene in mezzo alla strada mentre lo accompagnavo alla macchina. Siamo tornati con la sua, non mi fidavo a lasciarla nel parcheggio della scuola, non si sa mai. Mia madre cerca qualcosa nell'armadietto delle medicine, poi estrae una scatoletta bianca e me la porge.
-Tieni. Queste dovrebbero abbassare la febbre in poco tempo -
Mia madre mi guarda negli occhi scrutandomi dentro, vuole chiedermi qualcosa lo so. Comincio ad agitarmi. Alla fine tra un casino e l'altro non ho deciso se dirle la verità o no.
-David devi dirmi qualcosa? -
Sentenzia lei a bassa voce sedendosi su una sedia di fianco al tavolo. Sbarro gli occhi. Cosa faccio? Le dico la verità? E se poi mi sbatte fuori di casa? Se si deprime perchè non vuole un figlio gay?
“Basta Dave”
Il mio inconscio è arrabbiato e, ripensandoci, gli do pienamente ragione.
-Io.. Credo di si -
Mormoro guardandomi le mani e torturando la scatoletta bianca delle medicine.
-Riguarda Pierre tesoro? -
Da quando mia madre mi chiama tesoro? Mi avvicino a lei.
-Come fai a saperlo? -
Chiedo vergognandomi un po'. Lo sa, lo sa già, vuole solo sentirmelo dire. Lei sorride e mi prende una mano. Mio dio che vergogna, non abbiamo mai affrontato questi argomenti insieme.
-Ho visto come vi parlate, come vi guardate. Pierre ti mangia con gli occhi Dave -
Ok, adesso vorrei sotterrarmi e non uscire mai più. Ho le guance in fiamme e sto iniziando a sudare.
-Io.. Be noi.. -
Farfuglio qualcosa senza formulare una frase compiuta e cerco di non guardare mia madre negli occhi.
-Shh non ti preoccupare. Io sono contenta David -
Lei si alza e mi abbraccia stringendomi al suo petto. Non mi aveva mai abbracciato, l'ho sempre vista come una donna un po' fredda, buona solo a lavorare e mantenere la casa. Come ho fatto a pensarlo? Ricambio l'abbraccio stringendola dal basso. Respiro il suo profumo che mi fa ritornare piccolo, mi fa sentire ancora un bambino e quasi mi viene da piangere senza un motivo preciso. Da un lato sono contento di questo, non pensavo che mia madre avesse mai accettato Pierre. Ma dall'altro devo ancora parlare con lui di tutto il casino che è successo con Chuck e Lachelle. Dovrei spiegarli che è stato un malinteso prima che Lachelle si metta in mezzo rovinando tutto, quindi dovrei parlargli domani. Che paranoie!
Mi stacco da mia madre che se avessi preso la scossa.
“Devi dire qualcosa David!”
-Quindi non sei arrabbiata? -
Sussurro alzando un lato della bocca.
-Certo che no David, è la prima volta che ti vedo sorridere veramente, quando sei con Pierre ti brillano gli occhi. Sei bellissimo da guardare. Ora vai che è tardi e.. -
Mia madre appoggia una mano sul mio viso.
-..prenditi cura di lui -
Ci salutiamo con un altro abbraccio e io mi trattengo dal piangere come una fontana tra le sue braccia. Salgo in camera mia senza accendere nessuna luce per non disturbare Pierre. Ovviamente inciampo nel tappeto della mia camera e cado direttamente sul mio letto addosso a lui che però non si accorge di niente. Accendo la lampada sulla mensola dietro al letto e mi siedo sul materasso.
-Pierre? -
Sussurro accarezzandogli i capelli bagnati. È sudato e trema come una foglia. Lui apre lentamente gli occhi e cerca di abitarsi alla luce poi alza la testa e mi guarda sorridendo.
-Dave vieni qui -
Mi abbraccia tirandomi verso di se, appoggio la testa nell'incavo della sua spalla e chiudo gli occhi cercando di dimenticare per un po' il casino in cui mi sono cacciato. -Ho freddo -
Mormora quasi senza voce baciandomi una guancia.
-Devi prendere qualcosa Pierre -
Gli mostro le medicine e di controvoglia ci alziamo sedendoci tutti e due sul letto. Pierre ha lo sguardo stanco e perso, i suoi capelli sono bagnati e tutti appiccicati sulla testa. Mi dispiace un sacco vederlo così, vorrei fare qualcosa per lui ma non so cosa.
-Ehi posso fare qualcosa? Oltre a portarti le medicine? -
Mormoro appoggiandogli una mano sulla coscia e massaggiandogliela.
-Niente David, stai qui con me e basta -
Risponde lui girandosi verso di me e accarezzandomi la testa con una mano. Bacio la sua mano appoggiandomici leggermente.
-Vado a prenderti una salvietta bagnata ok? Intanto tu prendi queste -
Mi alzo dal letto sospirando e porgo le medicine a Pierre che annuisce e incrocia le gambe sul materasso. Recupero una salvietta dall'armadietto in corridoio, la bagno guardandomi allo specchio. Mi sento in colpa, mi sento uno schifo per aver baciato Chuck, per non aver pensato a Pierre, per non avergli ancora detto niente. Come glielo dico? Come inizio? Che reazione avrà? Mi lavo la faccia con un po' di acqua gelata per riprendermi, poi torno in camera da Pierre. Lo trovo ancora nel letto a gambe incrociate, sembra un bambino con quell'espressione, mi fa un sacco di tenerezza. Gli appoggio la salvietta sulla fronte e sul collo.
-Così dovrebbe andar meglio -
Sentenzio in piedi davanti a lui. Mi avvicino, ho voglia di baciarlo ma lui mi ferma subito. Lo guardo con un'aria interrogativa.
-Ti ammali anche tu così David -
Sussurra tenendomi per le spalle. Sorrido e scosto le sue mani da me.
-Non mi interessa, è da ieri sera che non ci baciamo -
Cerco di far la mia migliore espressione da cucciolo o quello che è. Funziona. Pierre mi prende per i fianchi facendomi cadere sul letto sotto di lui. Mi guarda negli occhi e mi sento il ragazzo più felice di questo mondo. Mi bacia infilandomi tutta la lingua in bocca, lentamente si sdraia sopra di me portando una gamba in mezzo alle mie spingendo un po'. Gemo tra le sue labbra inarcando la schiena.
-M..meno male che hai la febbre eh -
Sussurro ironicamente. Lui non risponde, le sue mani sono su tutto il mio corpo e il suo respiro scivola sulla mia pelle. Devo dirglielo, è il momento giusto. No, non è vero non è il momento giusto, ma non ce la faccio più a tenermi tutto dentro. Si arrabbierà, lo so. Sono un coglione, perchè l'ho fatto? Cosa cavolo mi passava per la testa?
-Dave che hai? -
Mi chiede Pierre staccandosi da me e sollevando il busto. Lo guardo dal basso cercando di non lasciar trapelare quello che ho dentro. Ha già capito, non posso tornare indietro.
-Io.. devo dirti una cosa -
Mormoro e credo di non avere una bella espressione dato che Pierre si sdraia a fianco a me guardandomi passivo.
-Cos'è successo? -
Chiede senza un minimo di tono. Prendo un bel respiro e decido di dirgli tutto. Subito.
-Be io.. io ieri ho parlato con Chuck, cioè lui ha voluto parlare con me. No non è vero, io gli ho chiesto un consiglio e lui mi ha risposto male così ho cercato di capire cosa gli prendeva e ho scoperto una cosa -
“Ce la puoi fare Dave”
-Chuck è innamorato di me, senza ma e senza però -
Un quarto del discorso è andato. Mi siedo sul letto e Pierre mi segue appoggiandosi la muro dietro di se. Gli prendo le mani accarezzandole lentamente. Lui mi guarda con uno sguardo interrogativo e perplesso.
-È tutto? -
Scuoto la testa e mi viene da piangere.
“Trattieniti David”
-Dopo aver parlato ci.. ci siamo baciati-
Pierre spalanca gli occhi e sottrae subito le mani dalle mie come se si fosse spaventato.
-Pierre io non volevo, te lo giuro. Voglio bene a Chuck, mi sono lasciato prendere dalla situazione. Ma non.. non provo niente per lui, non so neanche perchè l'ho fatto-
Una lacrima mi riga il viso. Pierre si sta alzando dal letto, cerco di fermarlo ma lui si scrolla le mie mani di dosso senza guardarmi in faccia. Mi sento male, la testa comincia a girarmi e gli occhi bruciano per le lacrime.
-Pierre! Ascoltami per favore! Io.. io voglio solo te, ok? Tengo un sacco a Chuck, non posso negarlo. Ma lui è un amico. Tu sei molto più di un amico Pierre e lo sai -
Lo guardo, lui si gira lentamente, la sua espressione mi fa paura. Perchè non capisce? Respira lentamente ed è ancora più sudato di prima.
-Pierre..-
-Io stanotte dormo sul divano -
Lui si alza dal letto pronunciando quella frase con un tono cattivo, sprezzante. Lo guardo andare via senza riuscire a muovermi, lui sbatte la porta e c'è solo il silenzio. Afferro la coperta con le mani stringendola forte, abbasso la testa e piango. Piango come un bambino e cerco di soffocare i sussulti in gola per non farmi sentire da mia sorella che è nella stanza accanto. Lo sapevo, ho rovinato tutto come al solito. Perchè? Perchè sono così sfigato? Non sono buono a far niente, mi odiano tutti. Pierre mi odia. Mi si spezza il cuore. Appoggio la testa sul cuscino e piango ancora più forte. Non ho neanche il coraggio di scendere da lui. Voglio solo addormentarmi e resettare il cervello. Chiudo gli occhi e vedo ancora l'espressione incazzata di Pierre che mi apre il cuore in due. Stringo forte il cuscino e mi addormento.

 

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Oh yess! Tredicesimo capitolo caricato! Ora dovrete aspettare un po' di più per gli altri perchè non ho ancora finito di scrivere il quattordicesimo ma prometto di farlo in questi giorni! (non insultatemi, plase). Cosa dire su David e Pierre? Mmm credo che David sia davvero sfigato, poverino. Capitano tutte a lui! Ma ve bè! Arriverà la svolta, spero ahah intanto, buona lettura :) grazie a chi continua a seguirmi!



L'altra sera non ho nemmeno detto a Pierre che Lachelle ha visto me e Chuck. È da un giorno che non mi parla; ieri mattina è uscito con la febbre ed è stato in giro tutto il giorno. Non avevo il coraggio di uscire dalla mia camera. Anche quando è rientrato a casa non sono riuscito a parlare con lui. Stamattina si è presentato in camera mia lavato e vestito dicendomi che era ora di tornare a scuola. Il viaggio in macchina è stato devastante. Non mi sono mai sentito così male in tutta lamia vita.
Adesso sono qui seduto sul marciapiede davanti alla scuola a cercare di capire cosa fare. Entro? Se entro dovrò affrontare Pierre che mi ignora, il silenzio di Chuck e, ci scommetto l'anima, le urla di Lachelle. Mi alzo di scatto e decido di tornare a casa.
“Devi farlo Dave! Vuoi dirmi che non tieni a Pierre e a Chuck?”
Il mio inconscio ha ragione però. Che cavolo sto facendo? Senza fermarmi giro su me stesso, butto per terra la sigaretta che stavo fumando e mi avvio all'entrata della scuola.
Gente. Gente dappertutto che urla, corre, ride, qualcuno sembra mi stia fissando. Cammino a testa bassa raggiungendo il mio armadietto.
-Desrosiers!-
Faccio un salto e mi giro di scatto verso la voce gracchiante che mi ha appena fatto perdere dieci anni di vita.
-Si?-
-Cercavo proprio lei-
È Robinson, il coordinatori degli stage. Cosa vuole da me? Lo osservo avvicinarsi con quel fare da orso delle caverne. Estrae un foglio dalla cartelletta rossa che stringe tra le mani e me lo spiaccica in faccia. Lo afferro al volo guardando male il professore.
-Cosa succede?- Chiedo dando un'occhiata veloce al foglio.
-Lei è stato scelto per lo stage interculturale che avverrà il prossimo mese insieme a tre suoi coetanei-
Sbarro gli occhi. Stage? Altri miei coetanei?
-M-ma cos...-
-Niente domande. Le indicazioni sono tutte scritte sul modulo che le ho appena consegnato-
Fisso Robinson allibito. Non è possibile! Non posso andarmene cos' per un mese chissà dove. Cosa farò con Pierre? La nostra storia finirà sicuramente ed io rimarrò da solo come al solito.
Calma.
Osservo il modulo cercando qualche indicazione sul da farsi. Ma dovevano scegliere proprio me? Faccio scorrere gli occhi sulle parole scorgendo qualche notizia in più su questo maledetto stage.
Località: Parigi
Periodo di permanenza: dal 25 Novembre al 26 Dicembre.
Mi privano pure delle vacanze di Natale! Continuo a leggere disperandomi sempre di più. In poche parole dovrò spararmi un mese a Parigi con tre persone che non conosco lavorando come una specie di fattorino in un albergo da quattro soldi frequentato da cani, porci e chi più ne ha più ne metta. Faccio cadere le braccia lungo i fianchi sbarrando di nuovo gli occhi. Dev'esserci un errore, avranno sbagliato qualcosa. Non possono obbligarmi a fare queste cose, odio li stage. Apro il mio armadietto cacciandoci dentro il modulo e cercando tra le varie scartoffie i libri che mi servono per la mattinata.
Con passo lento mi avvio alla mia classe scioccato dalla notizia. Ho trovato solo un lato positivo in questa faccenda, parlo bene il francese. Con questo pensiero in testa entro in classe , come un automa, mi siedo al primo banco libero senza guardare in faccia a nessuno. Devo escogitare un piano per non andarci. No ce la posso fare.
-Dave-
Una voce famigliare mi riporta alla realtà facendomi sobbalzare sulla sedia. Mi vogliono tutti morto oggi? Mi giro lentamente incontrando gli occhi nocciola di Chuck. Mi osserva, sembra spaventato o sorpreso. Non sono bravo a decifrare gli stati d'animo della gente.
-Chuck-
Mormoro quasi senza voce. Cosa gli dico? Come faccio a sistemare la situazione? Ho la testa in fiamme e la tensione dentro di me cresce sempre si più.
-Perchè?-
Sussurra Chuck tra i denti.
-Perchè l'hai fatto?-
Aggiunge poi. I suoi occhi si riempiono di lacrime. Rimaniamo tutti e due immobili a fissarci. Sento addosso a me il suo dolore e la sua rabbia.
-Io...-
Deglutisco.
-Io non volevo Chuck. Non voglio confonderti. Non so neanche perchè l'ho fatto-
Avvicino lentamente una mano alla sua.
-Non voglio perderti, ti prego-
Mi faccio pena da solo. Chissà cosa pensa di me Chuck. Sono pronto a ricevere un ceffone dritto in faccia, pronto a ricevere le parole che mi merito. Perchè è giusto così. Ma lui no fa niente di tutto ciò. Afferra la mia mano in un gesto veloce poi si guarda intorno per controllare che nessuno ci stia guardando.
-Dave, promettimi...-
E sottolinea quella parola.
-...di non farlo mai più. Ho pensato tanto a quello che è successo e ho capito che non vale la pena rompere quello che c'è tra di noi. Farei di tutto per te e questo lo sai. Quindi ti perdono, ma..-
Chuck prende un boccata d'aria.
-...non farlo mai più-
Stringo forte la sua mano, vorrei abbracciarlo e dirgli che gli voglio un bene dell'anima, ma mi trattengo.
-Chuck io...te lo prometto. Con tutto il cuore. Promesso-
Sorrido e lui ricambia con una smorfia che nasconde la fatica che ha fatto per dirmi tutto questo. E nemmeno io riesco a nascondere l'amarezza che provo nel vederlo così, ma sono abbastanza sollevato. Gli passerà, anzi ci passerà. Spero.
Per tutta la mattina mi dimentico dello stage. Poi però riapro l'armadietto e il modulo mi svolazza davanti come per catturare la mia attenzione. Lo raccolgo da terra e decido di compilarlo durante la pausa pranzo. È l'unica cosa che posso e che devo fare. Quando ti scelgono per gli stage sei finito. Almeno mandatemi, che so, in Spagna così posso approfondire la lingua. No, mi mandano a Parigi, quando so meglio il francese dell'inglese. Raggiungo Chuck al terzo piano dando qualche occhiata in giro. Non vedo Pierre da quando è sceso dall'auto e la tristezza sta cominciando a farsi sentire. Immerso nei miei pensieri vado a sbattere contro qualcuno, chiedo scusa senza alzare la testa. È una cosa abbastanza normale per me vagare senza prestare attenzione di chi ho davanti, non lo faccio apposta. Ma quel qualcuno mi afferra per un braccio stringendomi forte. Alzo gli occhi di scatto e mi ritrovo faccia a faccia con Lachelle che mi fissa infuriata. Il mio cuore fa un balzo nel petto arrivandomi direttamente in gola.
-Tu...-
Soffia lei a denti stretti. Ho paura.
-Brutto stronzo che non sei altro. Ti avevo avvertito-
Parla a bassa voce, il sua sguardo mi scava dentro. Vorrei scappare, ma non riesco a muovermi. Vorrei Pierre qui con me.
-Lachelle...s-stai calma-
Sussurro cercando di indietreggiare.
-Che cavolo pensi di fare eh?-
Lei alza la voce richiamando l'attenzione di tutta la scuola in pratica. Voglio diventare invisibile, che figura. Lachelle non mi molla, stringe ancora di più la presa graffiandomi il braccio con le sue unghie finte. È pazza, adesso mi uccide qui davanti a tutti. Non faccio in tempo a finire il pensiero che qualcuno si intromette tra di noi dandomi le spalle. Lo riconosco subito, come potrei non farlo? È Pierre. Lachelle molla il mio braccio e si allontana guardandoci male tutti e due. Pierre continua a darmi le spalle. Lo osservo da dietro immaginandomelo vestito da cavaliere con una spada in mano.
“Ti sembra il momento Dave?”
Scaccio quell'immagine dalla testa e noto Lachelle andarsene senza dir niente.
-Pierre-
Mormoro. Lui si volta, il suo viso è smorto e cupo, ma sembra stare un po' meglio.
-Ti ha fatto qualcosa?-
Mi chiede atono. Gli mostro il braccio, alla fine sono solo due graffietti niente di che, ma lui mi porta comunque in infermeria e con un cotone mi disinfetta.
Sono seduto sul lettino azzurro, Pierre è piegato su di me. Passa delicatamente il cotone sul mio braccio, il suo profumo si insedia nelle miei narici. Vorrei abbracciarlo e baciarlo, ma rimango immobile a fissarlo. Nessuno dei due parla. Devi dirgli qualcosa, devo scusarmi, ma ho una fifa tremenda.
-Pierre...-
Lui alza la testa.
-Io volevo chiederti scusa-
Sussurro quasi vergognandomi. Pierre non risponde, si limita a sedersi di fianco e me mantenendo una debita distanza.
-Non scusarti David-
Risponde poi secco.
-Cosa dovrei fare?-
Chiedo girandomi verso di lui.
-Niente, non lo so neanche io. È solo che... devo pensare David-
Che cosa? Cosa deve fare?
-Pensare?-
-Si, devo pensare. Ho bisogno di...stare un po' da solo-
La mia testa gira. Mi sta chiedendo un pausa. È finita.
-A proposito, cos'aveva Lachelle?-
La domanda mi lascia spiazzato. Bè, è arrivato il momento di concludere la storia. Ormai non mi rimane niente da perdere. So anche io che quando arriva il momento della “pausa” vuol dire che è finita, non si torna indietro.
-Lei...ha visto me e Chuck..-
Non riesco a finire la frase. Rimaniamo in silenzio, osservo Pierre, ma lui ha lo sguardo fisso in un punto poco preciso sul pavimento. Noto che la sua espressione cambia da interessato a dubbioso. Non mi piace per niente vederlo così, è una cosa che odio tantissimo. Sembriamo due sconosciuti che si parlano per la prima volta quando fino ad un giorno fa ci rotolavamo nelle coperte del mio letto.
-E?-
-E niente. È questo il motivo della sua reazione-
Abbasso la testa osservandomi le mani. Sento Pierre sbuffare.
-Scusa Pierre-
Mormoro e sento le lacrime pungermi gli occhi. No, non devo piangere. Pierre mi lascerà per sempre. Mi sento uno schifo, voglio andarmene.
-Dave, tu non capisci-
-Cosa? Cos'è che non capisco?-
Alzo un po' la voce e mi giro verso di lui.
-Dimmelo! Così posso metter a posto tutto questo casino!-
Credo di far veramente pena. Chissà cosa pensa Pierre.
-Tu non capisci che a me non interessa Lachelle, quello che fa o quello che vede. A me interessi tu, quello che fai tu e quello che provi tu-
Pierre ha un tono pacato, snervante. Non sembra incazzato, è questo che mi fa preoccupare ancora di più. Rimango colpito da quelle parole e mi vergogno ancora di più per tutto quello che ho pensato fino ad adesso.
-Vuoi veramente stare con me Dave?-
Lui mi guarda negli occhi, ha uno sguardo pesante ma non posso fare a meno di guardarlo. Non riesco a rispondergli. Vorrei urlare fortissimo e buttare fuori tutto quello che ho dentro.
-Perchè io voglio stare con te. Sei tu la persona con la quale voglio vivere-
Pierre sospira e si alza dal letto.
-Ma sembra che non sia così per te-
Mormora girandosi e avviandosi alla porta a testa bassa.
-Aspetta-
Sussurro. Lui si ferma senza girarsi. È già la seconda volta che assisto a questa scena Pierre che se ne va senza guardarmi.
-Io...io voglio stare con te Pierre. È queste che voglio-
L'ho detto. Ce l'ho fatta. Aspetto una sua reazione, ma non succede niente. È come se il tempo si fosse fermato sul momento più brutto della mia vita.
-Dimostramelo Dave-
La sua risposta fa male, come la porta che sbatte, come il silenzio di questa stupida stanza di questa stupidissima scuola. Fisso la porta, ma in realtà non vedo niente. Bene e adesso? Sono un coglione, faccio schifo nelle relazioni, non mi merito Pierre. Cosa devo fare? Ho paura, paura di rimanere di nuovo da solo. Come al solito d'altronde. Salto giù dal lettino ed esco dall'infermeria. Mi dirigo al terzo piano a passo lento e trovo Chuck seduto al nostro solito tavolo del bar. La sedia di fianco alla mia è vuota. Caccio indietro le lacrime, come faccio a non pensarci? Il mio amico sorride vedendomi arrivare.
-Dave ti ho tenuto il posto!-
Cerco di sorridere e di sembrare il meno teso possibile. Non ho intenzione di raccontare a Chuck quello che è appena successo anche se lui sarebbe il diretto interessato. Se me lo chiede bene, altrimenti terrò la bocca chiusa. Recupero il modulo dello stage e decido di compilarlo e consegnarlo il prima possibile. Forse ho capito cosa devo fare. Devo partire, staccare un po' per pensare. Pierre aveva ragione, dobbiamo pensare. In qualche modo però dovrò pur dirgli che me ne vado. Sarà straziante, lo so.
-Hai parlato con Pierre?-
Chuck mi riporta sulla terra, lo osservo sorpreso.
-Ehm...si-
Mormoro cercando una biro nella borsa.
-E?-
Esito un attimo a rispondere, devo dirgli la verità.
-Mi ha chiesto una pausa-
La situazione è abbastanza imbarazzante. Mi sento in colpa per Chuck, non so bene perchè. L'ho sicuramente messo in difficoltà baciandolo senza pudore, conoscendo perfettamente la sua situazione sentimentale e la mia. Il che è ancora più preoccupante.

 

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Eccomi finalmente! Scusate le mia vergognosa assenza, ma la scuola mi porta via troppo tempo. Ho fatto molta fatica a scrivere questo capitolo, mi sembra abbastanza deprimente. Ma va bene così, c'è sempre il lato depresso nelle storie! Buona lettura :)



Scendo dalla macchina di Chuck e recupero la valigia dai sedili posteriori. È già arrivato il momento di partire, non mi sembra vero. Il mio umore si è fatto sempre più cupo da quando Pierre mi ha chiesto una pausa. Ho cominciato a chiudermi in me stesso lasciando fuori persino l'unico amico che ho che, invece, cerca sempre di tirarmi su di morale con qualsiasi cosa gli passi per la testa. Non so quanto possa farlo star meglio questa situazione, ma lui non mi ha mai detto di no, non mi ha mai lasciato da solo. Non so cosa pensare. So solo che dentro di lui non è tutto a posto anche se continua a ripetermi il contrario. È tutto così insensato e ingiusto.
Ci avviamo all'aeroporto silenziosi, senza sapere cosa dirci. La mia valigia pesa come una dannata e mi crea non pochi problemi a trascinarla dietro. Accendo una sigaretta, ci fermiamo alle strisce pedonali e una macchina sfreccia davanti a noi senza farci passare. Chuck mormora qualcosa, mi sembra un insulto o qualcosa del genere. Riprendiamo a camminare e l'immagine di Pierre che se ne va sbattendo la porta si para nella mia mente. Fa male, non riesco a sopportarla, ma non se ne vuole andare. Mi fermo, fisso il marciapiede davanti a me trattenendo il fiato.
-David-
Chuck mi prende per un braccio scuotendomi. Strizzo gli occhi, faccio un tiro dalla sigaretta e lo guardo. Lui non mi dice niente, ma sa cos'ho. Entriamo nell'aeroporto sorpassando le porte scorrevoli e ci avviamo alle partenze. La fila per il controllo non è molta quindi ho ancora un po' di tempo da passare con Chuck anche se non ho la minima idea di cosa dirgli.
-Cos'hai intenzione di fare David?-
Chuck mi precede ponendomi la la domanda più difficile di questo mondo. Ci penso un attimo, mi siedo sulla valigia e lo guardo.
-La domanda è cosa devo fare-
Sussurro e la voce mi si strozza in gola per colpa delle lacrime.
-David non farmi preoccupare, ti prego-
Chuck mi sta supplicando, devo resistere per lui. Sarà un suicidio passare un mese dall'altra parte del mondo in questa situazione. È un suicidio non aver detto niente a Pierre, non avergli dimostrato ciò che provo veramente per lui ed è un suicidio lasciare qui Chuck che mi guarda con quegli occhi.
-Hai preso tutto?-
Mi chiede poi. Se in “tutto” è compreso il mio cuore a pezzi lo dimenticherei volentieri a casa.
-Si, certo-
-Anche le pastiglie-
Una morsa mi stringe il petto.
-S-si-
Da quando Pierre mi ha lasciato ho cominciato a soffrire di attacchi d'ansia e rabbia improvvisi. In più mi sono accorto che, in determinate situazioni, mi chiudo in me stesso senza prestare la minima attenzione a quello che mi succede intorno. Mia madre mi ha rifilato queste pastiglie che dovrebbero farmi stare calmo e attento, ma la maggior parte delle volte non funzionano.
-Devi andare adesso-
Chuck ha ragione, devo andarmene da qui. Annuisco e mi alzo afferrando la valigia praticamente vuota e la borsa. Mi guardo intorno osservando la gente che corre per prendere l'aereo, gente che si accalca per fare la fila al metal detector e mi sento ancora più triste. Poi sposto lo sguardo su Chuck, ha gli occhi lucidi. Lo abbraccio nascondendo la faccia nell'incavo della sua spalla e piango. Lo sapevo, non sono riuscito a resistere. Lui mi accarezza la testa poi mi prende per le spalle e mi stacca da se.
-Vai-
Mormora. Annuisco ancora perchè non riesco a parlare.
-Ti voglio bene-
Sussurro cercando di non scoppiare a piangere come una fontana. Chuck mi sorride malinconicamente, ma bacia la fronte e si incammina verso l'uscita. Lo osservo andar via, gli avrei voluto dire così tante cose che l'avrei trattenuto per ore. Invece mi giro anche io e mi metto in coda camminando lentamente. Nessuno si cura di me, poteri anche superare tutti che nessuno si accorgerebbe. Mi sento invisibile. Arrivo in fretta al controllo, un uomo alto quasi due metri mi dice di svuotare le tasche e di appoggiare tutto sul nastro. Mi giro un un'ultima volta per vedere se Chuck è ancora qui mentre lui mi controlla i documenti. Cerco il mio amico nella folla, lo scorgo in lontananza. Mi guarda, ci guardiamo. Dice qualcosa, ma non riesco a capire. Mi alzo in punta di piedi per vederlo meglio. Eccolo. Piange. Perchè? Non capisco. Continua a ripetere qualcosa. “Andiamo David”. No, no è un “andiamo”. È un “ti amo”. Non faccio in tempo a dire una parola che la bestia di due metri mi prende per un braccio e mi sbatte sotto il metal detector.
-Stai fermando la fila-
Grugnisce guardandomi in cagnesco. Sono sbigottito, è stata un'allucinazione? Voglio tornare indietro, ma cosa cavolo sta succedendo? Sono sull'orlo di una crisi di nervi, non ci capisco più niente. Recupero le miei cose in fretta e furia e mi precipito in un bagno. Mi guardo allo specchio. La luce è troppo forte, sono smorto e ho due belle occhiaie viola. Respiro a fatica.
-Stai andando a Parigi. Adesso prendi l'aereo e ti calmi-
Rassicuro la mia immagine riflessa nello specchio che mi guarda spaventata.
Le pastiglie!
Apro la borsa e le cerco, ne ingoio una senza acqua ed esco dal bagno.

 

                                                                                                       * * *

 

Pierre mi tende una mano sorridendo. Voglio afferrarla, ma non riesco a muovermi. Cerco di sollevare un braccio, ma è troppo pesante. Sembra fatto di marmo. Qualcuno mi prende per una spalla scuotendomi leggermente.
-Pardon-
Apro gli occhi, dove sono?
-Mi scusi, dovrebbe scendere. L'aereo è atterrato da un quarto d'ora-
Una hostess, l'aereo, il francese. Sono a Parigi! Mi alzo di scatto scusandomi con la ragazza che, stranamente, mi sorride e mi augura una buona permanenza. La ringrazio e vorrei fosse veramente una “buona permanenza” ma so che non sarà così. I miei compagni non mi hanno neanche aspettato, quei maleducati. Sinceramente non mi interessa, non li rivedrò fino al ritorno. Però potevano almeno svegliarmi. Il treno per il centro parte tra dieci minuti, devo darmi una mossa. Prendo un caffè ad una macchinetta e mi avvio alla stazione. I volti da alcune persone che incrocio, i loro gesti e i loro movimenti mi rimandano a Pierre rievocando in me sensazioni che mi mancano da morire. Mi sembra tutto così lontano, tutto così sfuocato, come se fosse il ricordo di un sogno. Il cuore mi si stringe in una morsa, aumento il passo. Devo smetterla di pensarci, mi sto rovinando la vita. Ed è solo colpa mia, questo dovrebbe sollevarmi, dovrebbe spronarmi a migliorare, ma non riesco a far niente. Sentirlo al telefono due gironi prima della partenza mi ha traumatizzato. La sua voce era neutra, mi ha chiamato solo per educazione. Si capiva. A scuola poi è stata una tortura. Il suo silenzio, i suoi occhi che mi evitavano, il suo sorriso rivolto a qualcun altro. Non lo vedevo quasi mai, neanche in camera, cercava di evitarmi, si svegliava prima di me e andava sempre a letto dopo. Cosa farò quando torno? Non riuscirò a sopportare tutto questo, devo andarmene, cambiare scuola, staccarmi per sempre da lui. Sarebbe da suicidio vederlo tutti i giorni senza poter far niente, senza poter stare con lui. Sul treno apro la valigia e tiro fuori un libro per far passare il tempo, per spegnere il cervello e non pensare. Ma le parole, le frasi mi riportano ancora a lui. Chiudo il libro di scatto e appoggio la testa al finestrino, il treno parte silenzioso e in meno di mezzora arrivo a destinazione. La stazione è abbastanza vicina all'hotel, cammino per un quarto d'ora guardandomi intorno e cercando di capire in che zona mi trovo. Arrivo all'hotel sfinito, entro e mi siedo su una sedia rossa nella reception. Mi trovo a pochi chilometri dal quartiere di Mont Saint Michelle da quel che ho capito. È una zona abbastanza tranquilla la mia. Le case sono basse, le strade strette e poco trafficate rispetto al centro. Stranamente c'è poco rumore e il traffico cittadino si sente in lontananza. La gente sembra rilassata, no come i pendolari che assomigliano a formiche impazzite. Potrebbe quasi piacermi questo posto. Recupero la chiave e mi dirigo alla mia camera che si trova, fortunatamente, al primo piano. Apro la porta ed entro, appoggio la valigia di fianco all'armadio e mi butto sul letto che rimbalza sotto di me. Chiudo gli occhi. Sono sfinito. Il silenzio mi avvolge. Cerco di rilassarmi pensando alle cose belle che vedrò in questo mese, accantonando l'ansia, la paura e la tristezza. Mi immagino seduto su una panchina nel piccolo parco di fianco a Notre Dame con un libro in una mano e magari una brioches nell'altra. L'immagine si trasforma in un sogno, sono seduto veramente nel parco. C'è silenzio, il freddo mi intorpidisce le dita della mani, ma uno strano calore scalda il mio corpo dall'interno. C'è un po' di vento, il sole spunta dalle nuvole leggere facendo scintillare la Senna. Mi guardo attorno e mi accorgo della strana situazione in cui mi trovo. Non c'è nessuno. La piazza davanti alla cattedrale è vuota, le auto sono ferme in mezzo alla strada, i battelli galleggiano silenziosamente sull'acqua. Il vuoto, l'assenza di gente cominciano ad opprimermi. Respiro a fatica, è come se qualcuno mi stesse strozzando lentamente. Annaspo in cerca d'aria, ma niente. I miei polmoni non si gonfiano. Apro di scatto gli occhi e afferro le lenzuola sotto di me. Respiro. Mi alzo stordito, la camera è buia, apro la finestra e mi accorgo che è notte fonda. Per quanto tempo ho dormito? Mi sento abbastanza riposato come se fosse mattina. Guardo l'orologio appeso alla parete sopra il letto, sono le tre passate. Cosa c'è che non va? Vago per la camera in cerca del mio telefono che trovo per terra di fianco alla borsa. Lo raccolgo, forse dovrei chiamare Chuck per dirgli che sono arrivato e che sono ancora tutto intero, più o meno. Una lampadina si accende nel mio cervello. Sono in jet lag! Ecco perchè mi sono svegliato a quest'ora! Chissà che ore sono adesso in Canada, sicuramente è giorno quindi Chuck sarà sveglio. Decido di farmi una doccia per togliermi di dosso il viaggio, la dormita e l'incubo che mi ha scosso. Non saprei dargli un'interpretazione. Ho provato due sensazioni troppo contrastanti, benessere e panico. La mia testa brulica di pensieri, sto andando in overthinking.
Mi lavo in fretta, mi vesto ed esco a fare due passi cercando di memorizzare le strade del quartiere per non perdermi. Il mio telefono vibra nella tasca dei pantaloni, è il solito messaggio di benvenuto. Osservo lo schermo, devo chiamare Chuck. Apro la rubrica, cerco il suo nome e schiaccio il tasto verde. Il telefono suona una volta, due, tre. Non risponde. Sbuffo ripensando a quello che è successo in aeroporto , a quello che lui mi ha detto e all'espressione del suo viso. Ad un tratto vorrei che non rispondesse, vorrei non essermi mai girato prima del metal detector, vorrei non dover sentire le sue spiegazioni. Voglio solo Pierre, qui con me. Adesso. Chiudo la chiamata ed inizio a camminare veloce, devo sfogarmi, non so cosa fare. Ho freddo, il vento mi brucia gli occhi facendoli lacrimare. Non vedo più la strada. Mi perderò, ne sono sicuro. Ma non me ne importa. Perchè sono qui? Perchè non c'è Pierre con me? Piango disperatamente premendomi una mano sulla bocca per trattenere i singhiozzi, ma non c'è verso. Devo lasciarmi andare per sfogarmi. Così piango senza ritegno, come quando da piccolo mi sbucciavo le ginocchia. Nessuno mi vede e nessuno mi sente. Mi siedo sul marciapiede perchè mi sembra di svenire. I miei polmoni si riempiono di aria, finalmente. Cerco una fazzoletto e mi asciugo le lacrime. Il telefono comincia a suonare riempendo il silenzio con “When I come around” dei Green Day. Sobbalzo e lo afferro guardando il display. È Chuck. Mi schiarisco la voce, non voglio fargli capire che ho appena pianto.
-Pronto?-
-Ciao Dave-
Mormora il mio amico dall'altra parte del telefono.
-Ciao Chuck, sono arrivato. Non ti ho chiamato subito perchè ho avuto un po' di contrattempi, ma il viaggio è andato bene-
Dico tutto d'un fiato. Si sarà sicuramente preoccupato, non mi faccio sentire da un giorno quasi.
-Bene sono contento. Non volevo disturbarti quindi ho aspettato la tua chiamata-
La sua voce è bassa, atona. Non sembra neanche lui. Mi intristisco ancora di più.
-Chuck, stai bene?-
Chiedo senza neanche accorgermene. È più forte di me, devo sapere come sta e cosa cavolo gli sta succedendo.
-Io..si Dave sto bene-
Lui fa una pausa che sembra durare ore. Lo sento respirare a fatica.
-Cancella quello che...ti ho detto-
Si riferisce all'aeroporto, a cos'altro altrimenti? Non so come rispondere, tutto quello che mi passa per la testa è sbagliato.
-Io...-
-Shh, non c'è niente da dire. Mi prometti che starai bene?-
Mi chiede quasi singhiozzando. Quanto odio tutto questo casino. Non è vero che sta bene, non è vero che devo cancellare quello che mi ha detto. Ma lui me lo sta imponendo, forse è per convincere se stesso. Quindi devo aiutarlo.
-Te lo prometto. Ci sentiremo vero?-
-Che domande, certo Dave. Ti lascio, starai spendendo un patrimonio. Io... bè, cerca di rimanere tutto intero ok?-
Sorrido a fatica e lo saluto rassicurandolo per l'ennesima volta. Chiudo la telefonata e ricomincio a piangere più forte di prima.

 

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Bbbbuongiono a tutti, sono tornata, non ci credo. Mi scuso per essere sparita per così tanto tempo e aver lasciato incompleta la storia, ma ora ho ricominciato a scrivere ed ecco il quindicesimo capitolo. Non odiatemi, please.
Grazie a chi mi segue ancora, a chi ha letto e chi ha lasciato recensioni. Grazie a tutti ^^
Buona lettura!





Svolto l'angolo camminando in fretta cercando di non investire la gente che mi viene incontro. Mi stringo di più nel giubbotto, ieri sera ha nevicato e le temperature sono cadute sotto lo zero. Ho le stringhe slacciate, ma non importa. Voglio sedermi, voglio riposarmi e bere qualcosa di caldo. Alzo la testa incrociando l'imponenza della torre Eiffel che mi costringe a piegarmi ancora di più all'indietro per osservarla tutta. Ogni volta è come la prima, non riesco a fare a meno di fermarmi ed osservare quel gigante di ferro che mi fa sentire così piccolo e solo. Abbasso lo sguardo e ricomincio a camminare scacciando dalla testa le cose a cui stavo per pensare. È passata una settimana da quando sono partito e, mi meraviglio di me stesso, sto resistendo. Sento tutti i giorni Chuck che mi parla del college, del lavoro part-time che ha trovato e di Jake senza accennare però alla storia dell'aeroporto, alla sua chiamata e a Pierre. Lo sento sempre sorridente e anche io lo faccio per lui anche se quando chiudo la telefonata il cuore mi si stringe in una morsa d'acciaio. Sto imparando a non pensarci, tengo occupato il mio tempo libero con i libri, con la musica, con i musei e i negozi. Il lavoro mi porta via solo 3 ore la mattina così riesco a girare la città in tutta tranquillità. Entro in uno Starbucks rabbrividendo, un muro di calore mi avvolge coccolandomi. Adoro Starbucks e soprattutto adoro tutto quello che vendono qui dentro. Mi siedo ad un tavolino vicino alla vetrata principale che da direttamente sulla strada e mi slaccio il giubbotto. Osservo la lista decidendo cosa prendere ed opto per una cioccolata calda con panna montata e cannella, è da tanto che non ne bevo una e, francamente, adoro il cioccolato soprattutto quando sono depresso. Sorrido leggermente e non so perchè. Osservo le persone presenti nel bar, due donne si accalcano al bancone avvolte nelle loro pellicce e rosse in viso. Il cameriere gira tra i pochi tavolini, mi guarda e con un cenno della testa mi da il benvenuto. Un signore anziano si alza affaticato da una sedia dirigendosi all'uscita. Un ragazzo e una ragazza bevono un liquido tutto colorato da un bicchiere gigante. È tutto così tranquillo che potrei quasi addormentarmi, fuori sta già facendo buoi, i lampioni si accendono uno dopo l'altro illuminando le strade offuscate da una lieve nebbiolina.-
-Prego vuole ordinare?- La voce del cameriere mi riporta alla realtà, volto la testa verso di lui e mi accordo di aver già visto il suo viso.
-Si una cioccolata calda con panna e cannella, grazie - Sollevo un lato della bocca e lui se ne va annuendo. Dove l'ho già visto? Lo vedo trafficare dietro il bancone con la mia cioccolata. È la prima persona che ho riconosciuto, l'unica “persona” con cui parlo qui è il cane randagio che tutte le mattine mi accompagna alla metro. Devo dire che lo trovo veramente simpatico ed ormai è diventato un appuntamento fisso. Spero di rivederlo domani. Il cameriere all'aria famigliare si presenta di fianco al mio tavolo con in mano un bicchiere di plastica trasparente.
-Prego, la tua cioccolata - Mormora appoggiandomela davanti. Scosto le mani dal tavolo congiungendole sulle gambe e ringrazio. Si l'ho già visto da qualche parte e più di una volta. Cerco di fare mente locale, ma non riesco a ricordare. Mescolo la cioccolata lentamente e alla fine mi arrendo. Alzo la testa e noto che il cameriere mi sta guardando, distolgo subito gli occhi dai suoi e il pensiero ritorna ad infastidirmi.
Con la coda dell'occhio noto che lui si muove verso di me, non alzo lo sguardo, mi sta guardando, lo sento. Il mio telefono squilla, salto sulla sedia e per poco non mi rovescio la cioccolata addosso. Il cameriere mi supera senza girarsi, lo osservo allontanarsi e rispondo alla chiamata senza guardare lo schermo.
-David!- Spalanco gli occhi, questo non è Chuck.
-Mamma?- Chiedo meravigliato, è da giorni che non la sento. A pensarci bene l'ho sentita solo per messaggio il giorno in cui sono arrivato a Parigi.
-Come stai? È da giorni che non ti fai sentire, come va il lavoro?- Sospiro chiudendo gli occhi, ecco perchè non mi piace sentirla spesso. La rassicuro raccontandole quello che ho fatto in questi giorni. Sento preoccupazione nella sua voce.
-Starai bene vero?-
-Certo mamma, alla fine non è malaccio stare qui- Mormoro nel telefono cercando di non lasciar trapelare il mio disagio.
-Ieri Pierre è venuto a farmi visita- Sentenzia lei ad un certo punto. Sbarro gli occhi. Un brivido percorre la mia schiena fino alla mia testa. Nessuno dei due parla. Non riesco ad aprire bocca. Perchè? Perchè Pierre è andato a casa mia? Cosa voleva da mia madre?
-Mi ha chiesto come stavi- Aggiunge lei con un tono di voce sommesso. Mescolo velocemente la cioccolata, ne bevo un sorso e mi alzo. Devo uscire da qui.
-Cosa gli hai detto?- Chiedo avvicinandomi al bancone per pagare. Non vedendo l'ombra di un cameriere faccio retromarcia, appoggio i soldi sul tavolo, afferro il bicchiere ancora colmo di cioccolata ed esco. Il freddo è pungente e l'aria è ghiacciata, rabbrividisco.
-Che sei partito e.. -
-E?-
-E che non stavi bene- Comincio a camminare in una direzione che non conosco, ma non mi interessa.
-Non ti ha chiesto niente?- Chiedo sperando in una risposta positiva.
-No David. Voleva solo sapere come stavi, mi sembrava preoccupato, aveva un'espressione-
Mi fermo in mezzo al marciapiede, mi viene da piangere.
-Io.. io devo andare adesso mamma, grazie-
-Mi prometti che starai bene?-
-Si te lo prometto-
Chiudo la telefonata e mi assale l'istinto di buttare a terra il telefono. Apro la borsa e recupero una pastiglia. Perchè andato da mia madre invece di chiamare me? Perchè invece di chiedere a lei non ha chiesto a me prima di partire? Il freddo si insidia nei miei vestiti, rabbrividisco accorgendomi di non indossare il giubbetto. L'ho dimenticato al bar. Scocciato e incavolato mi alzo per ritornare indietro e recuperarlo. Apro la pesante porta del bar e mi ritrovo faccia a faccia con il cameriere, mi scuso con lui per avergli praticamente spiaccicato la porta addosso e lo supero frettolosamente.
-Hai dimenticato il giubbotto vero?- Sentenzia alle mie spalle. Mi giro e gli sorrido.
-Si, ehm.. ero di fretta e l'ho lasciato qui-
-Ti ho visto scappare via. Vieni, l'ho messo nel guardaroba per evitare che lo rubassero- Lo seguo dietro ad una porta con scritto "vietato entrare". Il ragazzo mi porge il giubbetto sorridendo. Lo afferro chiedendomi perchè sia così gentile. Avrò la faccia da cane bastonato?
-Ci siamo già visti da qualche parte noi due vero?- Chiede lui prendendomi alla sprovvista. Usciamo dalla stanza, mi infilo il giubbetto e recupero le sigarette dalla tasca.
-Sai a dir la verità ci stavo pensando prima, ma non mi ricordo dove- Mormoro abbassando lo sguardo. Il ragazzo ha qualcosa che mi ricorda qualcuno, qualcosa nei suoi occhi che mi rimanda a qualcuno di famigliare. Usciamo dal bar, lui mi informa che il suo turno finalmente è finito e che abita proprio nella zona del mio albergo.
-Ti vedo uscire tutte le mattine dall'hotel, ci incontriamo sul marciapiede all'altezza della casa rossa, sai quella fatta di mattoni diversa dalle altre?-
Sbarro gli occhi sorpreso da tutte queste informazioni. Mi controlla tutte le mattine! In effetti, pensandoci bene, mi ricordo di averlo incrociato qualche volta uscendo dall'albergo, ma il dettaglio della casa a mattoni me l'ero perso. Tutte a me! Ci incamminiamo verso la metro.
-Bè ci conviene tornare insieme no?- Chiede lui infilandosi un cappello di lana bordeaux.
-Si certo ma non mi sono ancora presentato, io sono David- Gli tendo una mano e lui l'afferra sorridendo.
-Pierre-
Il mio cuore smette di battere. Non è possibile. C'è qualcosa che non va in me, ne sono sicuro. Cos'ho fatto di sbagliato? Cerco di respirare , la pastiglia sta facendo effetto altrimenti non sarei ancora in piedi. Stacco subito la mano dalla sua e ricomincio a camminare. Spero non si sia accorto di niente. Ecco chi mi ricorda. Il suo sguardo, i suoi occhi mi ricordano Pierre. Avrei preferito non accorgermene, il mio cervello è riuscito a fottermi ancora una volta. Mi sento stanco tutto d'un tratto, voglio tornare subito in albergo e dormire per almeno 12 ore. Non mi sono ancora abituato al fuso orario. Pierre (il cameriere) mi chiede cosa faccio qui. Una domanda meno complicata? Gli spiego la storia dello stage e gli racconto qualcosa sulla mia scuola tralasciando alcuni particolari. Come ad esempio la mia affermata depressione, il mio fidanzato Pierre, il gran casino che ho combinato con il mio migliore amico. Oppure il fatto che lui mi ricorda un sacco il mio di Pierre e visto che non esiste fine al peggio che si chiama pure come lui. Voglio strapparmi i capelli ma cerco di contenermi.
-Io sono arrivato- Sentenzio fermandomi davanti all'ingresso del mio hotel.
-Oh giusto, mi sono perso a parlare e quasi non mi accorgo di essere arrivato a casa!- Risponde lui con un'espressione persa. In effetti ha parlato come una locomotiva. Ma in fin dei conti sembra simpatico, tralasciando il fatto del nome e compagnia bella.
-Allora ci vediamo domani mattina, potremmo fare colazione insieme se ti va- Aggiunge poi. Ci penso un attimo. "E se per questi pochi giorni cancelli tutto quello che hai nella testa?"
Il mio inconscio è irritante a volte, ma non posso fare a meno di seguire questo consiglio, forse ho capito cosa devo fare. Lasciar perdere, liberare la testa almeno per il momento. Mi logorerò sempre di più stando da solo e pensando a quanto faccia schifo questa situazione. Forse ce la faccio.
-Certo- Ce l'ho fatta, sorrido.
-Domani alle 9.00 davanti alla casa rossa, ci stai?- Mi chiede lui dandomi un colpetto leggero sulla spalla.
-Andata allora, a domani- Apro la grande porta di vetro ed entro nell'albergo.
-Ciao David!-
Mi giro facendo ciao ciao con la mano e la porta si chiude con un tonfo sordo. Recupero le chiavi e mi fiondo in camera, ho davvero bisogno di dormire. Non faccio in tempo a togliermi le scarpe che il mio telefono squilla. Sbuffo guardando lo schermo, è Dominique, il tutore francese che ci segue nel lavoro. Rispondo cercando di essere il più professionale possibile. Lui mi informa che da domani potrò usufruire di un'auto a noleggio per i miei spostamenti. Mi brillano gli occhi, un'auto tutta per me. Non dovrò più spostarmi in metro, che goduria. Odio le metropolitane. Ringrazio di cuore il signor Leroy e chiudo la telefonata. Me la faranno trovare nel parcheggio sottostante all'hotel domani mattina per le 8. Ora sono più tranquillo, non so bene perchè, ma so che stanotte non farò incubi e non mi sveglierò di soprassalto. Decido di farmi un tè caldo, non ho toccato ancora niente del mini bar, mi mangerò anche una barretta di cioccolato visto che la cioccolata rimasta nel bicchiere non ha una bella faccia. Finisco il tè, mi sdraio sul letto e chiudo gli occhi.
“Ce la farai Dave”
Faccio un mezzo sorriso e per la prima volta trovo abbastanza simpatico il mio inconscio. L'unica cosa che mi preme in questo momento è che non vedrò più il cane che mi faceva compagnia in metro, andrò a trovarlo sicuramente prima di tornare a casa.

 

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