Meyou & Youme

di Macaron
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Meyou & Youme ***
Capitolo 2: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Meyou & Youme ***


A Rosie perché mi ha riconciliato con il Sussex e mi ha fatto far pace con una delle avventure del Canone che amavo di più al mondo. E insomma è una cosa di cui essere assolutamente grati =) E perché è adorabile, almeno quanto Sally Sparrow.

 

 


Youme knows what Meyou wants
Meyou knows what Youme wants
and it's granted

They defend each other against the past
if the future isn't bright at least it's colourful” Youme & Meyou


 

“John mi rifiuto di guardare di nuovo una puntata di Doctor who!” Sdraiato sul suo letto a castello, quello in basso perché sua madre gli ha detto espressamente di lasciar scegliere a John dove dormire in questa particolare occasione, Sherlock sbuffa rumorosamente.

“ Non è una puntata qualsiasi! E’ Blink1, la puntata più spaventosissima di Doctor who di sempre!”

Sherlock alza gli occhi al cielo e non risparmia un sospiro. “ Come fai a trovarla spaventosa? Non ha senso, John! Ci sono delle statue, che se non le guardi si muovono ma c’è gente che non le ha mai guardate e queste non si sono mosse lo stesso perché? Erano stanche? Come fanno delle statue ad essere stanche? Sono statue! E poi ci sono i viaggi nel tempo, e nessuno con meno di un master dovrebbe parlare di viaggi nel tempo e sicuramente non come scusa per risolvere una puntata! Non fa paura, è così stupida!” In cuor suo Sherlock è convinto che a John piaccia tanto quella puntata non per la paura, non per dei cattivi che effettivamente sono interessanti ma per la presenza di una biondina dai capelli mossi e gli occhi grandi di nome Sally Sparrow e di dividere l’attenzione del suo migliore amico con questa inutile femmina non ha minimamente voglia.

“Uffa! E allora cosa facciamo? Continui a tormentarmi con il fatto che ti annoi. Vuoi giocare a Cluedo?” John Watson, undici anni non ancora compiuti si sporge dal suo letto e i suoi occhi incontrano quelli del suo migliore amico.

“ Cluedo? Davvero hai intenzione di propormi Cluedo? Un gioco dove l’assassino e la vittima non possono coincidere?”

“ E allora cosa vuoi fare?”

“ Potremmo fare un esperimento. Ho visto che Mrs. Hudson si è dimenticata di chiudere a chiave l’armadietto dei medicinali.” Sherlock sorride con un guizzo negli occhi.

“ Non ti permetterò di usarmi di nuovo come cavia, ‘Lock. L’ultima volta sono finito in ospedale e i nostri genitori non ci hanno permesso di vederci per due settimane. E qui non siamo nemmeno a Londra, metti che all’ospedale non sanno guarirmi e ci rimetto la pelle? Non deve morire nessuno. Non deve morire più nessuno in queste vacanze.” La voce di John è più bassa mentre pronuncia questa frase, è quasi un sussurro.

Non deve morire più nessuno in queste vacanze. Sherlock sa che in questo momento il suo compagno sta pensando al padre e sa anche che dovrebbe dire qualcosa ma davvero non ci riesce. John è venuto a trascorrere le vacanze invernali a casa Holmes dopo la morte del padre. La mamma di John, che è amica della signora Holmes per quanto Sherlock pensi che sua madre possa avere una qualche forma d’amicizia, per quanto gli Holmes possano provare qualcosa, ha mandato il figlio nella residenza per le vacanze nel Sussex del suo migliore amico dopo la morte del marito con la speranza di poterlo distrarre. Sherlock c’era al funerale, ovviamente. Sono migliori amici da quando ha iniziato la scuola, da quando si sono incrociati nell’aula delle punizioni dove John era finito per aver picchiato un ragazzino che aveva importunato una sua amichetta e Sherlock perché aveva cercato di far saltare in aula la scuola il terzo giorno dell’anno scolastico. In realtà non voleva davvero farla saltare in aula, come ha cercato di spiegare alla sua maestra, voleva solo testare la resistenza delle pareti in caso d’attacco missilistico. Sherlock sa tante cose sui missili perché suo fratello s’interessa di cose militari, d’eserciti e di tutto quello che è legato alla sicurezza del paese e a Sherlock questo non interessa ma è divertente informarsi e metterlo in imbarazzo con le sue domande. Comunque. E’ in un aula per le punizioni che John e Sherlock si conoscono ed è dopo un paio di frasi acide che diventano amici e Sherlock prima non ha mai avuto un amico, nei suoi sei anni d’età non ha mai avuto un compagno che non lo chiamasse strambo in realtà, ma John che è più grande di lui lo ascolta e non pensa che sia stupido cercare di far saltare in aria la scuola, pensa solo che dovrebbe farlo dopo aver convocato qualche medico. Giusto per curare i feriti. John vuole diventare medico e Sherlock sa che ci riuscirà perché è il suo migliore amico ed è molto meno idiota di tutte le altre persone. John è il miglior amico di Sherlock ed è per quello che lui va al funerale di suo padre e che scappa dalla mano della sua babysitter per andare a sedersi in prima fila a fianco a lui. Harry, la sorella, sbuffa infastidita per la sua presenza ma la signora Watson gli sorride dolcemente, così è questo che fanno le madri normali? Sorridono?, e John gli tiene stretta la mano e non piange perché John è coraggioso e John non piange ma gli tiene la mano e Sherlock pensa che sia un po’ il suo modo di essere meno coraggioso.

Dopo il funerale Harry ha invitato a casa la sua migliore amica Clara, che Sherlock e John sanno benissimo che non è solamente una migliore amica perché insomma nemmeno John è così cieco, e la madre di John gli ha proposto di mandarlo a trascorrere le vacanze nel Sussex, per togliersi da casa, per togliersi dall’atmosfera di quella casa vuota. La signora Holmes ha fatto un lungo discorso al figlio. Gli ha detto che John è ovviamente distrutto per la morte del padre, che bisognava comportarsi bene con lui, che doveva lasciargli prendere qualche decisione e non fare il piccolo despota come al solito, che non doveva trattarlo troppo da stupido. Sherlock ha ascoltato ovviamente, perché così si deve fare, e poi è andato a cercare suo fratello maggiore e l’ha travolto di domande: “ Perché John è triste? Perché è morto suo padre? La gente è triste quando muore il proprio padre? Noi saremmo tristi se morisse Siger Holmes? Io non sarei triste, dovrei essere triste? Io penso che non cambierebbe nulla, dovrebbe cambiare? Secondo te c’è qualcosa che non va in noi, che non va in me?”. Mycroft non ha saputo dargli una risposta perché a un bambino di otto anni che ti chiede se sia normale non provare sentimenti per il padre, un bambino di otto anni che probabilmente è destinato ad essere un genio e che vede tutto ma non sente nulla, non puoi davvero rispondere.

Così quando sente dire dal suo migliore amico che in questa vacanza non deve morire nessuno Sherlock non sa davvero cosa rispondere, e prova a fare come gli ha detto la madre, prova a farsi guidare da quello che farebbe John.

“ Ok, niente esperimenti. Dai facciamo quello che vuoi tu, basta che non sia Doctor who o Cluedo. Quelli no, non sei abbastanza triste per convincermi.”

John sorride, e forse va bene così. “ Che ne dici di un pic nic sulla spiaggia? Mrs. Hudson ha fatto i biscotti con la cannella!” Annusa l’aria, come se potesse sentirne il profumo dalla loro camera.

“ John ti sembro una bambina con le trecce? Ti sembro Mary, la tua fidanzata?” Davvero non ce la fa a comportarsi bene. Comportarsi bene è sopravvalutato.

“ Mary non è la mia fidanzata, è solo carina.”

“ Come ti fanno a piacere le persone carine? Le persone non dovrebbero essere solo carine, dovrebbero essere emozionanti!”

“ Infatti mi piaci di più tu.”

Sherlock arrossisce e guarda nervosamente le doghe del letto superiore.

 

 

 

 

“John, mi spieghi di nuovo perché ho acconsentito a farlo?”

“ Perché mio padre è morto e Mycroft ti ha obbligato ad essere gentile con me.”

Sherlock si paralizza e guarda perplesso il suo migliore amico. Non è un’espressione che è facile trovare sul viso di Sherlock Holmes, la perplessità.

“ Oh andiamo, davvero pensavi che ci cascassi? Non sono mica così fesso. Non così tanto. Non m’inganni, Sherlock Holmes.” Ride, una risata limpida. Non la risata che ti aspetteresti da lui in questo momento.

“ Mia madre.”

“Cosa?”

“ E’ stata mia madre a dire di essere più gentile con te, non Mycroft.”

“ Se volessi un amico gentile non avrei mai accettato il tuo invito.” Si sorridono.

“ Comunque cosa stiamo facendo?”

“ Stiamo preparando una capsula, o meglio una scatola, del tempo.”

“ E cos’è una scatola del tempo?”
“ Sherlock!” John sbuffa infastidito. “ Te l’ho già spiegato dieci milioni di volte, come fa una persona così intelligente a dimenticarsi queste cose?”

“ Perché sono noiose, John. Noiose. Il mio cervello non può perdere tempo a ricordarsele.” Risponde così, come se fosse la cosa più ovvia del mondo e insomma stupido lui ad averglielo chiesto.

“ E il tempo che perdo io a rispiegartele? Uff… Una capsula del tempo è una capsula dove si mettono le cose più importanti per la nostra epoca o anche solo per noi. Poi si chiude bene la scatola, la si seppellisce in un posto e si torna fra cinquant’anni a prenderla. E se ci si dimentica magari la trovano le persone future, quelli che abiteranno sulla terra quando noi non ci saremo più. Ma è meglio se l’apriamo noi fra cinquant’anni.”

“ Io non sarò mai così vecchio, John. Fra cinquant’anni ne avrei cinquantanove e sappiamo entrambi che per quell’epoca non ci sarò. O almeno non sarò in libertà.” Sherlock parla con aria grave. Ha nove anni eppure la sua voce sembra quella di una persona più grande.

“ Ancora? Ancora con questa storia che diventerai un famoso criminale? Non ha senso,’ Lock!”

“ Ma John, sarei un bravissimo criminale. I criminali di cui si legge sui giornali sono tutti così noiosi e se ci pensi, se sei capace, il crimine è uno dei pochi ambiti divertenti.”

“ Sherlock…”

“ E poi è una questione di DNA, John. Lo sai anche tu che noi Holmes abbiamo il dna dei serial killer.”

“ Sherlock…”

“ L’hai vista wilkipedia, l’hai vista! C’era quel tale Holmes che nell’era vittoriana aveva ucciso tantissime persone, era nella classifica dei serial killer più prolifici. L’hai visto!2

“ Sherlock tu non diventerai un serial killer…”

“ Lo dice wilkipedia. Il dna non mente, un po’ di logica John!”

John sospira. “ A volte sei davvero un bambino…”

Sherlock gli lancia un’occhiata di scherno. “ John ho nove anni, sono sempre un bambino. Stai al passo e iniziamo a fare questa scatola del tempo o come la vuoi chiamare. “

John s’illumina. Non gliela da mai vinta e quando succede lui si trova a guardare il suo migliore amico con un misto di stupore ed euforia. E’ contento. Contento che Sherlock abbia deciso di smettere di essere insopportabile solamente per lui. Sapere che il suo migliore amico è disposto a scendere a compromessi con se stesso, anche se pochissimo, solamente per lui è qualcosa di straordinario, qualcosa che non riuscirebbe mai a spiegare ma che scalda il cuore.

“ Cosa vuoi metterci dentro? “

Sherlock allunga una chiave. “Questa.”

“ Sherlock, questa è la chiave della cassaforte di tuo fratello. Gli vuoi fare solo un dispetto!” Ridacchia.

“ Uffa! Questa cosa che è morto tuo padre e devo comportarmi bene è una fregatura. E va bene cosa vuoi seppellire tu?”

John sorride. “ Allora qui c’è un giornale di oggi, perché magari fra cinquant’anni manco ci saranno più i giornali o sicuramente non ci saranno più le stesse persone di oggi. E’ interessante!”

Sherlock alza gli occhi al cielo. “ Noioso.”

“ Le piastrine dell’esercito di mio nonno. La mamma le ha regalate a me e penso siano importanti anche se non so perché.”

Sherlock dice “ Sentimentale” ma gli sorride.

“ Un dvd di Doctor Who. Perchè Doctor who ci sarà sempre, anche fra cinquant’anni. E perché nel caso non ci fosse più i nuovi abitanti dovrebbero cercare di procurarselo e capire cosa si sono persi.”

Sherlock alza gli occhi al cielo.

“ Il foglio con la nota della maestra del giorno in cui ti ho conosciuto.”

“ Questo mi piace.”

“ Ovvio che ti piace, parla di te e tu sei il solito esibizionista! Però devi aggiungere qualcosa anche tu adesso.”

Sherlock si mette a gironzolare per la stanza e torna dopo qualche minuto.

“ La mia benda. Mycroft ha detto che noi Holmes non possiamo diventare pirati, che non ci sono più i veri pirati, ma magari fra cinquant’anni ci saranno di nuovo e allora potrò essere un pirata.”

“ E comunque fra cinquant’anni Mycroft non potrà più decidere un bel nulla!”

Sherlock si rigira tra le mani un foglietto.

“ E quello cos’è?” Indica un foglietto piegato con estrema cura.

“ E’ la ricetta originale della Sacher di quel famoso hotel di Vienna, l’hotel Sacher appunto ed è anche la ricetta della torta preferita di mio fratello. Mycroft ci ha messo tre anni a convincere i nostri genitori a regalargliela per il compleanno ed è tipo preziosissima. Non la troverai da nessuna parte in tutto il mondo!”

“ E perché la stiamo mettendo in una scatola del tempo? Che importanza ha?”

“ Tu guardi ma non osservi John. Mio fratello diventerà sicuramente un funzionario del governo britannico ed eliminare questa ricetta permetterà al gioverno inglese di non avere al suo servizio un uomo talmente grasso da essere incapace di percorrere il tragitto dal suo ufficio al gabinetto senza essere spinto. E’ per la sicurezza della nazione!”

“ Vuoi solamente fare un dispetto a tuo fratello.”

“ Forse.”

Rimangono a pensare qualche minuto e poi John ha un’illuminazione.

“Ma Sherlock se eliminiamo questa ricetta nemmeno noi potremmo mangiare la sacher originale.” Dice sconfortato.

“ John, tu parli sempre di tuo nonno che ha perso la vita in guerra, sacrificandosi coraggiosamente per la sua amata Inghilterra. Ora, capitano!, questo è quello che l’Inghilterra ti chiede. Un sacrificio per la salvezza della nazione. Una torta per la patria. Vuoi forse tradire il tuo paese?”

“ Ma è una torta davvero buona, dicono che in quell’hotel la gente vada solo per mangiarla.”

“ Per l’Inghilterra, capitano!”

John sospira e deposita il biglietto all’interno della scatola.

Aggiungono ancora qualche oggetto e Sherlock si prepara a sigillare la scatola.

“Aspetta! Manca questo.” John lascia cadere un quadernino per gli appunti.

Sherlock arriccia il naso perplesso. “ Un diario, John? Sei davvero diventato una ragazzina con i codini?”

“ Non è un diario da ragazzina! E’ il racconto delle nostre avventure, dei nostri esperimenti.”

Sherlock lo sfoglia distrattamente “ Intendi dire dei miei?”

“ Perché?”

“ Perché hai scritto tanto, quindi è ovvio che parli di me.”

John scuote il capo, non l’avrà mai vinta con lui. “ Sono i nostri esperimenti, sono il tuo secondo. “ Esita un pochino. “ Sai se non diventerò un dottore mi piacerebbe fare lo scrittore, di gialli magari come quelli su Dupin. Storie di detective.”

“ Io sono più intelligente di Dupin.” Sbuffa nervosamente il suo migliore amico ma lascia ugualmente cadere il quaderno nella scatola. “ Dovrai continuare ad essere il mio secondo allora.”

“ Non potrei fare altrimenti, Sherlock.” Si sorridono.

 

 

 

 

“ E adesso dove la seppelliamo questa scatola? Non vorrai tipo lasciarla sotto il letto perché mi spiace dirtelo, John, ma non sarebbe molto nascosta.”

“ Potremmo seppellirla alla fine della pineta davanti al mare, è poco distante dalla residenza degli Holmes.” John dice “ residenza degli Holmes” in maniera volutamente pomposa per prenderlo in giro. “ Potremmo andare lì stanotte e rimanere a guardare l’alba sotto al piumone. Sarebbe bello.”

Sherlock si gira a fissarlo come se gli avesse appena proposto di estrarre il fegato dalla loro babysitter, anzi peggio perché quello lo reputerebbe almeno interessante. “Stai scherzando, John?”

“ Ok ok, non agitarti. Idea alternativa. Potremmo seppellirla alla fine della pineta davanti al mare, è poco distante dalla residenza degli Holmes. Potremmo andare lì stanotte scappando di casa di nascosto, senza farci vedere come se fossimo dei ladri al contrario, e rimanere ad osservare come il nostro corpo reagisce alla privazione del sonno e al freddo che sentiremo nonostante il piumone. Che ne dici?”

“ Questo mi piace.”

John sorride. Per essere un genio certe volte le cose sono davvero troppo troppo facili con lui.

 

 

 

 

La sabbia della spiaggia vicina alla villa degli Holmes è scura, quasi terrosa e costellata di sassolini e vetri rotti. Non è una spiaggia dove andare con la famiglia, il materassino, la borsa frigo e tutti quegli ammennicoli per passare una giornata al mare. E’ una spiaggia vecchia, quasi antica, dove passeggiare la mattina presto con il cane, dove andare a leggere quando vuoi staccare da tutto. Non ci sono bambini che urlano e corrono con amici e genitori , nemmeno in estate, giusto qualche coppia anziana, qualche bambino ancora sul passeggino in compagnia di una babysitter, nulla di troppo confusionario, nulla di troppo frenetico. A Sherlock le prime volte che è capitato di andarci è sembrata quasi immobile, come se fosse fuori dal tempo. Un piccolo angolo di mondo senza una chiara destinazione, senza un vero scopo. Sherlock con i genitori non c’è mai venuto sulla spiaggia, sua madre era troppo impegnata in un mondo in cui i bambini non erano ammessi e suo padre, suo padre non è mai stato altro che una figura sfocata nella sua vita, sicuramente non qualcuno con cui andare su una spiaggia a fare immersioni. In realtà nonostante Mycroft qualche volta l’abbia accompagnato nelle sue esplorazioni, rimanendo ben distante dall’acqua e da tutti i posti dove succedevano cose interessanti perché suo fratello non è proprio il tipo da lavori di gambe e da bagnarsi i piedi sulla sabbia, Sherlock ha sempre visto quella spiaggia come un luogo di solitudine, di pace e di tranquillità. Non gli è mai piaciuto proprio per questo motivo, così tranquillo, pacifico, rilassante, tutto l’opposto di quello che gli piace, tutto l’opposto di quello che cerca.

Eppure in quel momento con John vicino a lui la spiaggia non gli sembra odiosa, non gli sembra pacifica e rilassante. Sono le due del mattino, è inverno e a parte la marea non c’è praticamente alcun rumore, non c’è anima viva eppure non sembra noiosa, non sembra odiosa e lui non saprebbe bene dire perché ma se ci riuscisse direbbe che è merito di John, del suo migliore amico.

Sono sdraiati sotto un piumone con a illuminarli unicamente la luce di due torce tascabili. Hanno seppellito la loro capsula, o meglio scatola, del tempo nella pineta vicino e Sherlock ha fatto un numero di calcoli per ritrovarla in qualsiasi momento mentre John si è limitato a segnare sul suo nuovo quaderno che “è vicino all’albero alto e bello” e adesso sono sdraiati sulla sabbia ad aspettare qualcosa che non hanno ancora deciso.

“ Torniamo a casa?” La voce di John lo risveglia dai suoi pensieri.

“ Perché?”

“ Beh la scatola l’abbiamo seppellita, fa freddo e ho sonno e ho fame anche se ho più sonno e manca ancora un sacchissimo all’alba e potremmo rientrare a casa prima che qualcuno ci scopra e si preoccupi.”

Sherlock alza gli occhi al cielo. “ John capisci che scappare di casa perde parte del suo fascino se si rientra in casa prima che qualcuno se ne accorga vero?”

“ Ma manca ancora tantissimo all’alba e Mrs. Hudson non si sveglia mai prima delle sei del mattino e non viene a controllarci mai prima di quell’ora, cosa facciamo per passare il tempo?”

“ Sezioniamo un cadavere?” Gli occhi gli brillano.

“ Dove lo troviamo un cadavere?” John è perplesso e si stropiccia gli occhi.

“ Dettagli. Noiosi. Sai quando sarò grande avrò libero accesso a tutti gli obitori di Londra e sezionerò tutti i cadaveri che vorrò.”

“ Sherlock lo sai vero che non esistono tipo tessere fedeltà per l’obitorio, tu non vuoi diventare medico come pensi di riuscire a convincere qualcuno a lasciarti sezionare un cadavere?”

“ Grazie al mio fascino.” Ridono insieme come sempre. “ Allora cosa vuoi fare visto che tutte le mie brillanti idee vengono bocciate?”

“ Potremmo raccontarci delle storie.”

Sherlock emette un suono che è abbastanza vicino a un lamento disperato. “Raccontarci delle storie? Davvero, John?”

John rimane in silenzio per qualche istante e poi si gira a guardarlo e i suoi occhi blu incrociano quelli di Sherlock e c’è una malinconia nel suo sguardo che non riconosce, che non è del suo John. “ Mio padre mi raccontava sempre delle storie. Non negli ultimi anni, lo so che adesso sono troppo grande per le storie, ma prima quando ero solo un bambino piccolo me le raccontava sempre. Anche nel periodo in cui i miei genitori si sono lasciati lui continuava a chiamare a casa e raccontarmi delle storie. Mi piacciono le storie.”

“ Per questo ti vedi con me. Io posso fartele vivere.” La voce di Sherlock è limpida nonostante sia bassa e il suono della marea sembri coprirla e John gli è grato per quelle parole. Gli è grato per essere uno sbruffone, per essere convinto di essere meglio di tutto, per essere un egocentrico e per essere il suo migliore amico.

“ Tuo padre ti racconta delle storie?”

Sherlock arriccia il naso. Non è la domanda giusta. “ Non penso che mio padre sappia nemmeno quando sono nato. “

“ Posso raccontartele io. Tu puoi farmele vivere ma io posso raccontartele, sarò il tuo biografo devo far pratica!” Sorride e Sherlock è quasi disposto a passar sopra alla stupidaggine della cosa.

“ Avanti allora, fai del tuo peggio.”

“ La conosci la storia del Bruco davvero affamato3?”

Sherlock scuote il capo.

“ Ah è un classico. Mio padre me la raccontava sempre quando ero proprio piccolino e avevo anche questo libro con in copertina un bruco verde gigantesco, e no non era un bruco vero era solo un disegno per bambini quindi non fare quella faccia eccitata. E’ la storia di un bruco verde, un bruco verde cucciolo che nasce con questa grandissima fame. Il bruco ha sempre fame e mangia in continuazione e mangia tantissime cose tipo una mela, cinque prugne, un cupcake, una fetta d’anguria. I cibi che mangia il bruco non sono fissi nella storia, mio padre ne aggiungeva sempre di nuovi a seconda di quello che non mi piaceva mangiare perché sapeva che andavo pazzo per quel personaggio. Il bruco comunque continua a mangiare e mangiare ma all’inizio ha fame ancora e quindi mangia tantissimo, continua a mangiare e poi gli viene una nausea terribile perché ha mangiato troppo e allora si rinchiude nel suo bozzolo e ci rimane per due settimane e spera che gli passi la fame. E poi quando passano le due settimane lui esce dal suo bozzolo ma non è più un bruco verde è una farfalla con le ali enormi e tutte colorate e mio padre diceva che tutti quei colori erano dovuti alle cose buone che aveva mangiato e al fatto che non aveva fatto capricci. Comunque lui esce dal bozzolo e non ha più fame e non ha più nausea e ha le ali grandi e colorate ed è una farfalla.”

Rimangono in silenzio qualche minuto con le parole di John che quasi volano tra loro. Sherlock è tentato di fare una qualche battuta sulla stupidità della storia, sulla sua insensatezza ma quello che gli esce dalla bocca è un’alta cosa.

“ Io quando uscirò dal mio bozzolo non voglio essere diverso, voglio che il mondo sia diverso.”

John gli prende la mano e la stringe forte. “ Se c’è qualcuno che potrebbe far cambiare il mondo quello è sicuramente Sherlock Holmes. “

Silenzio. “ Io non voglio che tu sia diverso. Non voglio che tu sia una noiosa farfalla, non potresti mai esserlo.”

Ancora silenzio, non odioso, non come sono generalmente i silenzi.

“ John?”

“ Sì, Sherlock?”

“ Fra cinquant’anni quando mi ritirerò dalla mia carriera di pirata o consulente investigativo verremo a vivere qui e alleveremo api e tu scriverai di tutti i miei casi, ma solo se non sarai troppo sentimentale, e apriremo quella scatola del tempo.”

“ Mi piacerebbe, Sherlock.”

“ Mi piacerà, John.”

 

 

 

 

Solito pippone e blabla: Qualche settimana fa ho cenato seduta al tavolo a fianco a un piccolo sosia di Sherlock e mi è stato proibito da un fidanzato esasperato di andarlo a importunare predicendogli cose tipo “ Fra vent’anni incontrerai un medico militare che ti renderà felice. Non è che puoi mettermi in scena una kidlock?” e così ho deciso di farmela da sola la kidlock ed è venuta fuori questa cosa diabetica e un po’ coglioncella. E poi adoro le capsule del tempo ne avrò fatte uno sproposito negli anni. E insomma spero che risulti accettabile =)

Il titolo viene dalla canzone iniziale, come al solito poca fantasia ma mi piace tanto il testo.

 

1 Episodio di Doctor who 3x11, stando ai sondaggi in UK il migliore di sempre. Sally Sparrow è interpretata da Carey Mulligan ed è bellissima e il personaggio è meraviglioso. [come chiacchiera è il mio episodio conversione, quello che faccio vedere quando voglio che qualcuno s’innamori della serie e non so come raccontarla]

2 E’ vero, se si sfoglia wikipedia c’è davvero un Holmes come serial killer. L’ho scoperto per caso e mi è venuta l’idea.

3 La storia del The Very Hungry Caterpillar è ispirata a una puntata della seconda serie di Skins ed è una storia che racconta Chris, poi ci ho ricamato sopra e adesso voglio pure il libro. Non è che la racconto male eh, è proprio che è una storiella scemina senza senso da libroni grandi e colorati per bambini.

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Capitolo 2
*** Epilogo ***


Marzo, Quasi sessant’anni dopo.

 

 

 

“ Non mi ricordavo ci fossero delle cabine.” John cammina esitante sulla sabbia quasi grigia della spiaggia di Brighton.

“ Non c’erano infatti, non cinquant’anni fa. Mycroft mi ha scritto una lettera riguardo un qualche rinnovamento della spiaggia una decina d’anni fa in concomitanza con lo sviluppo turistico della città ma devo essermelo dimenticato. Noioso. Scritto da Mycroft, ancora più noioso.”

“ Certo che per essere una spiaggia su cui l’amministrazione cittadina pensa di puntare non c’è proprio nessuno.”

“ Perché è inverno, John. Perché è fine marzo. Ed è l’alba. Seriamente chi potresti trovare su una spiaggia a fine marzo all’alba a parte non lo so, i gabbiani?”

“ E noi. Noi e i gabbiani.”

“ Lieto di notare che l’età non rallenta le tue sfavillanti capacità deduttive.”

“ Noi e i gabbiani.” John esita come se stesse riflettendo. “ Noi e i gabbiani. Mi spieghi perché hai insistito per venire sulla spiaggia proprio adesso con ancora tutti gli scatoloni da sistemare?”

“ Sistemare è noioso. E ti avevo promesso che saremo tornati.”

Sherlock sbuffa e rallenta un attimo il passo. La sabbia ha iniziato a entrargli dentro le scarpe e insomma sarebbe sicuramente più intelligente fermarsi per sedersi e levarsele perché lo sanno tutti che poche cose sono fastidiose come quei chicchi sotto le dita. La sabbia ha iniziato ad entrargli dentro le scarpe ma lui non vuole sedersi perché piegarsi gli fa male, ed è normale perché fa parte del processo d’invecchiamento e lui lo saprebbe comunque anche se non vivesse con un medico, e una volta seduto faticherebbe a rialzarsi e tutto sarebbe scomodo e il suo corpo emetterebbe dei suoni che lui non vuole gli appartengano. Potrebbe semplicemente appoggiarsi a John, questo limiterebbe i suoi movimenti e gli causerebbe meno dolore alla schiena ma sarebbe anche un modo di ammettere che è in difficoltà, che non ha più otto anni, che non ne ha più nemmeno trenta e non sarebbe Sherlock Holmes se lo facesse.

Il dottore gli prende la mano e se l’appoggia sulla spalla.

“ Appoggiati.”

Sherlock arriccia il naso infastidito.

“ Non ho bisogno di una mano.” Non ti ho chiesto una mano, vorrebbe dirgli ma non lo dice. “ Non ho bisogno di appoggiarmi.”

“ Ma io ho bisogno che tu ti appoggi. Sto facendo ginnastica. Ginnastica per la terza età.” John annuisce come se avesse appena detto la cosa più intelligente del mondo e un sorriso lo illumina. “ Sto facendo ginnastica perché sono vecchio e altrimenti rischio che la mia gamba malata ceda prima di arrivare sulla riva. Sto facendo ginnastica e ho bisogno di un peso, quindi appoggiati. Certo se avessi mangiato qualcosa negli ultimi anni saresti un peso migliore ma devo accontentarmi.”

Sherlock sbuffa di nuovo, si appoggia al dottore e si sfila le scarpe.

“ Adesso mi sento vent’anni di meno!” John si stiracchia come se si fosse appena svegliato. “ E poi sono così fortunato che saresti capace di conficcarti nel piede l’unico vetro di tutta la spiaggia e fingerti moribondo almeno per due settimane.”

Ridono e ricominciano a camminare.

 

 

 

“Sherlock secondo te che odore ha la morte?”

Stanno camminando sulla riva e nonostante sia una giornata da cappotto pesante l’acqua è tiepida, nella mente di Sherlock le nozioni sui motivi per cui l’acqua durante l’inverno risulti più calda rispetto all’estate e tutto quel discorso sull’escursione termica e l’azione termoregolatrice del mare non si sono mai fissate, e piacevole sotto le piante dei piedi.

“ Secondo te che odore ha la morte?”

Sherlock sbuffa. L’aveva già sentita quella domanda, è invecchiato ma non è diventato sordo. Non è diventato sordo e nemmeno cieco perché si è mai visto un consulente investigativo che non può contare sui suoi sensi? Non l’avrebbe mai permesso al suo corpo di venirgli meno, non così tanto.

“ Ti ho sentito, John. Speravo solamente che ignorandoti e fingendomi morto potessimo superare questa domanda, senza senso.”

“ Fai anche lo spiritoso adesso?” John lo guarda di sottecchi mentre colpisce distrattamente qualche sassolino sul bagnasciuga. “ Ho sempre sentito dire, anche dai miei pazienti, che quando sta arrivando un ictus si sente l’odore di toast. Toast bruciato, in realtà. E mi chiedevo che odore potesse avere la morte.”

“ John, a costo di sembrare troppo lineare sai che non ci sono prove a favore di queste affermazioni sul collegamento tra l’odore del toast e l’ictus vero? Lo sai che generalmente se senti l’odore di un toast bruciato non stai avendo un ictus ma stai bruciando un toast? Ogni tanto penso che la laurea in medicina tu l’abbia ricevuta grazie a qualche raccolta punti.”

“ Oh andiamo, lo so benissimo che non ci sono prove, pensi che sia diventato così idiota? Non ti azzardare a rispondere se non vuoi che ti lasci quì!” Una risata, uno scambio di sguardi e John ricomincia a parlare. “ Però ci sono un sacco di testimonianze a riguardo e visto che tu pensi praticamente a tutto mi chiedevo se fossi mai arrivato anche a interrogarti su questo.”

“ Sull’odore della morte? No John non ho segretamente compilato una relazione sulla correlazione tra il bacon, la pancetta affumicata e l’infarto.”

Continuano a camminare in silenzio lasciando che a fargli compagnia sia semplicemente il rumore delle onde che s’infrangono contro gli scogli davanti a loro.

“ E secondo te che odore ha? Hai iniziato questo discorso, presumo che tu muoia dalla voglia di dirmelo.”

“ Ah l’odore che ha la morte non lo so proprio!” Sherlock lo guarda come a chiedersi: e allora perché diavolo stiamo facendo tutto questo discorso se nemmeno tu sai dove andare a parare? E alza gli occhi al cielo. Il dottore prosegue. “ Però so che odore vorrei che avesse. Vorrei che avesse l’odore del tè lasciato troppo in infusione quando smette di essere un profumo e inizia ad essere un odore. Vorrei che avesse l’odore del grasso della pistola e il tuo dopo una lunga corsa. Vorrei che avesse l’odore del miele anche se il miele non mi piace, perché tu continui a parlare delle api e l’unico odore che associo alle api è quello del miele. Vorrei che avesse l’odore di Baker street e il tuo perché quello è l’odore di casa e renderebbe tutto più facile. ”

La voce di John mentre pronuncia queste ultime frasi è quasi un sussurro, è quasi impercettibile. Sherlock gli stringe forte la mano.

“ Sono sicuro che è quello il suo odore, i toast li sentono solo le persone noiose .”

 

 

 

 

 

“ A parte le cabine non è cambiato davvero nulla.”

Adesso sono sdraiati sulla riva, come oltre cinquant’anni prima, con un vecchio plaid scozzese a scaldarli. Cinquant’anni, in realtà sessanta ma diciamo che hanno perso qualche mese qua e là, prima era il piumone di un letto singolo ed erano due bambini con delle torce elettriche. Adesso sono due uomini maturi con un plaid scozzese, e solamente la luce del sole che sta sorgendo ad illuminarli, ma a parte quello non è davvero cambiato nulla.

“ Anche nella pineta. E’ rimasto tutto uguale!” John parla veloce, come se fosse quasi emozionato, come se fosse ancora lo stesso ragazzino che usciva di casa di nascosto dalla babysitter per vivere qualche avventura con il suo migliore amico. Probabilmente è ancora lo stesso ragazzino, probabilmente Sherlock non si accontenterebbe di nulla di meno. “ Il nostro albero! L’ho trovato subito! Era proprio come lo ricordavo, era impossibile sbagliarsi.”

Sherlock rimane in silenzio ad ascoltarlo e si mordicchia le labbra per evitare di dirgli quanto in realtà quella pineta sia cambiata negli anni, quante discussioni si siano verificate con Mycroft per non abbattere quello stupido albero che al suo migliore amico, al suo compagno piaceva tanto. Quell’albero nell’arco degli anni gli è costato un paio di casi di contabili che si sono rivelati ladri di piani missilistici, noiosi, terribilmente noiosi, e diverse conversazioni imbarazzanti. Quell’albero gli è costato cose che non aveva nemmeno messo in conto ma è rimasto lì per quasi sessant’anni. E’ rimasto lì durante l’adolescenza quando hanno smesso di passare le vacanze invernali nel Sussex e hanno iniziato a scoprire Londra, è rimasto lì quando John è rimasto John nonostante il liceo, nonostante gli altri ragazzi si rivolgessero a lui appellandolo come mostro, strano, diverso. È rimasto nei tre anni in cui Sherlock era scomparso, in cui si era finto morto e il suo migliore amico andava a visitare la sua tomba. E’ rimasto lì quando Sherlock è tornato, quando è stato perdonato e quando è stato perdonato davvero, quando c’è stata Mary e quando si è trovato ad essere a fianco al suo John in una chiesa ma dal lato sbagliato (come il lato dei sentimenti, quello che perde) senza avere il coraggio di guardarlo negli occhi. Quell’albero è rimasto lì anche quando John è partito per il viaggio di nozze e l’unica cosa che avrebbe voluto fare sarebbe stata andarlo ad abbattere personalmente, scavando nella corteccia con le unghie solamente per non sentire più niente. Quell’albero è rimasto lì anche quando Mary ha smesso di esserci tra loro, quando è diventata solo un ricordo sbiadito, è rimasto lì quando hanno smesso di considerarla qualsiasi cosa di più di una persona carina che ha attraversato la vita di John. Quell’albero è rimasto lì quando sono tornati a Baker street, quando sono tornati in quella chiesa ma entrambi dal lato giusto. Quell’albero è rimasto lì per cinquant’anni e non è stata la pineta a non cambiare, è stato quell’albero a rimanere, come loro. Perché loro dovevano rimanere, perché Sherlock non avrebbe permesso altrimenti, perché neanche lui l’avrebbe fatto se solo fosse stato un po’ meno cieco. Vorrebbe dirgli questo ma John è così entusiasta e con gli occhi così luminosi che si mordicchia il labbro inferiore e non dice nulla.

“ Allora l’apriamo?” La voce di John è calda, anche di più del plaid che li avvolge.

“ No, John, non l’apriamo. Siamo venuti qui subito senza aver nemmeno finito il trasloco, abbiamo scavato sotto un albero per non aprire nessuna scatola del tempo. Idea geniale!” Sherlock alza gli occhi al cielo e poi gli sorride. “ E’ bello vedere come non smetti mai di constatare l’ovvio. Sei una garanzia, anche più dell’albero.”

“ Antipatico.” Il dottore borbotta, gli passa la scatola ormai rovinata dal tempo  le loro mani si toccano e John si perde ad osservare quelle del suo compagno che non sembrano davvero sentire i segni del tempo. John si perde ad osservare quelle mani ed è come se in quel contatto, in quello sguardo ci fosse tutta la loro vita. Il primo incontro in un aula di punizione con Sherlock che gli tende la mano, così grande per un bambino di poco più di sei anni, con circospezione come se nessuno l’avesse mai toccato, come se a nessuno fosse mai stato permesso di sfiorarlo in qualche modo, come se nessuno avesse mai pensato che valesse abbastanza da superare quella diffidenza. Le notti a studiare insieme con John a spaccarsi la testa sui libri di medicina e Sherlock a girare freneticamente le rotelle del microscopio con la stessa delicatezza con cui si toccherebbe un amante. Le corse per inseguire qualche criminale per Londra tenendosi stretti stretti, sentendo quelle dita gelide contro le sue e ricordando la frase che gli ripeteva sempre suo padre “ Chi ha le mani fredde ha il cuore sincero e caldo”. La caduta dal Barts. Le mani di Sherlock che fermano i suoi pugni al suo ritorno, e quel momento in cui si ricorda d’ aver esitato davanti a quel contatto perché non posso fargli male alle mani, non posso fargli male davvero. Le mani del suo migliore amico mentre gli passa gli anelli in chiesa e la sensazione di un contatto quasi impercettibile e al tempo stesso intossicante e ti prego di qualcosa, dimmi che sono un idiota e che sto sbagliando a sposarla, dimmi che non mi perdonerai mai e portami via perché ho paura di non essere più capace di tornare indietro ed è l’unica cosa che vorrei fare.  Le dita di Sherlock che tengono l’archetto mentre suona per lui nel loro appartamento mentre sospira e gli dice che Il lago dei cigni è davvero troppo banale anche per una persona ordinaria come lui e John non riesce a non pensare a niente di meglio di quelle dita sull’archetto, e su di lui, e la voce di Sherlock a riempire la stanza. Le mani di Sherlock che gli porgono un librone di apicoltura, appartenuto a un qualche antenato e ovviamente molto costoso e molto importante, il giorno dopo la visita dal medico che ha detto a John che deve assolutamente dedicarsi a vita privata perché il suo cuore non è più quello di un ventenne. Un libro di apicoltura e le chiavi di una vecchia e antica villa nel Sussex.

“ Allora? Ti sei addormentato o sei semplicemente più lento del solito?”

John ride perché davvero va bene così, vanno bene tutte le battute e le frasi caustiche di Sherlock se sono ancora lì dopo sessant’anni ad aprire una capsula del tempo sotterrata quando erano solo due bambini.

Non c’è nulla di nuovo nella scatola. Un giornale sbiadito. Una ricetta di una torta che ha sicuramente salvato l’Inghilterra, anche se come Sherlock non manca di far notare per fare un buon servigio alla nazione avrebbero dovuto nascondere le ricette di tutte le torte del mondo. Una nota. Una benda. Un dvd di Doctor who, che lo fa sorridere perché dopo sessant’anni come ci sono ancora loro c’è anche ancora il Dottore ed è quasi rassicurante. Un quaderno pieno di frasi scritte con una calligrafia infantile che John non riconosce nemmeno come sua ma di cui lo colpisce una frase “Io e Sherlock saremo amici per sempre. Per sempre sempre. Perchè anche se per sempre è un tempo molto lungo, per noi è solo l’inizio” perché in quella riconosce se stesso, riconosce tutta la sua vita.

Sherlock si sporge sopra la sua spalla e sorride nel leggere quella frase.

“ Te l’avevo detto che mi sarebbe piaciuta.”

“ Cosa?”

“ La nostra vita insieme. I sessant’anni d’attesa per questa stupida scatola del tempo. Te l’avevo detto che mi sarebbe piaciuta.”

 

 

 

 

 

 

 

Solito pippone blablabla:  Niente alla fine volevo fargliela aprire quella scatola quindi ho aggiunto un piccolo epilogo di quelli scemini e coccolosi e basta. La parte dell’olfatto, e dell’ictus che odora di toast bruciato, viene dalla puntata 4x03 di The Big C, però lì dicevano che la morte puzzasse di cavolo e pensavo non fosse proprio quest’odore spettacolare.

 

 

 

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