Don't Wanna Miss A Thing

di ScleratissimaGiu
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Francesco ***
Capitolo 2: *** Giorgia ***
Capitolo 3: *** Francesco ***
Capitolo 4: *** Giorgia ***
Capitolo 5: *** Francesco ***
Capitolo 6: *** Giorgia ***
Capitolo 7: *** Francesco ***
Capitolo 8: *** Giorgia ***
Capitolo 9: *** Francesco ***



Capitolo 1
*** Francesco ***


Point Of View:  Francesco
 
 
Fa caldo, oggi.
È strano, perché è il primo giorno di sole dopo una settimana di pioggia ininterrotta… però boh, io sento che fa caldo.
Oppure… sì, potrebbe essere lei.
Si è seduta vicino a me, come ogni volta si è messa il mio cappellino, mi parla poco.
A volte non mi importa che mi parli, anzi metto su il cappuccio così capisce che voglio stare da solo.
Però è difficile, averla vicina e non parlarle, non guardarla, ignorarla rimanendo perso nel mio piccolo mondo di rapper depresso.
Mi chiamano così, in classe: rapper depresso.
Sì, sono depresso e mi piace il rap.
Lei mi fa rinascere, mi fa emergere dal buco caldo del cappuccio, mi fa vivere.
Non so dire se mi piace davvero, più che altro perché non voglio ammetterlo nemmeno a me stesso.
Non voglio dirglielo, come mi fa sentire, perché so che non contraccambia: mi odia… tutti, in classe, mi odiano.
Diciamolo, sono uno stronzo a cui non frega niente di nessuno, figuriamoci di una ragazza!
Perderei la faccia, ed è una delle poche cose di cui m’importa almeno un minimo.
Mettiamo subito in chiaro che non sono pronto per una donna: questo concetto, nel mio vocabolario, è tradotto con “Scocciatura Petulante”.
Una donna non ti risolve i problemi, te li moltiplica; una donna non ti aiuta, ti critica.
Dio, ho fatto anche una rima!
Son diventato poeta, adesso; diventerò rapper, magari.
Sai i culi che spaccherei? La gente che mi ha sempre insultato e deriso come dovrebbe ricredersi?
Sai… con che occhi mi guarderebbe lei?
Eh, i suoi sì, che sono Occhi con la “O” maiuscola… Ti ci puoi perdere, sembrano dune del deserto…
Passerei la vita a guardarli.
Ma no, l’ho detto: non voglio una donna.
E non sarà certo Giorgia a farmi cambiare idea.

 

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Capitolo 2
*** Giorgia ***


Point Of View: Giorgia
 
 
 
Detesto quando Alberto mi caccia dal mio posto…
Insomma, lui è dall’altra parte della classe, vicino a Francesco: perché deve venire qui?
Mah.
Non mi dispiace stare vicino a Francesco, non mi fa né caldo né freddo, ma… beh, è strano.
Sta sempre da solo, non parla mai, porta sempre quel suo dannato cappuccio e le sue inseparabili cuffie… sembra un’ameba.
Però, almeno una fattore positivo ce l’ha: i suoi cappellini.
Io amo i cappelli; anche perché adesso, con la tinta che mi sono fatta fare da mia nonna, ho i capelli più rossi di un semaforo, e quindi cerco sempre di nasconderli… tanto i prof non dicono mica niente.
Nemmeno lui dice niente, sì e no si accorge della mia presenza… 
È misterioso, e un po’ mi piace, questa cosa.
Ma solo un po’, perché per il resto è uno stronzo in piena regola.
Risponde male a tutti, anche se gli chiediamo se vuole uscire con noi… e poi fuma.
Odio quando fuma.
Non per il gesto in sé, per carità, ognuno è libero di fare quello che vuole… ma lui lo fa per atteggiarsi, e non lo sopporto.
Quando, ad aprile, siamo partiti per lo stage in Germania (studiamo tedesco) si è portato dietro sigarette, alcolici, canne… solo per farsi accettare.
E, per inciso, non è servito a niente.
Ogni tanto mi chiedono se mi piace.
Io rispondo di no, ma in classe stanno iniziando a malignare… non so perché, dato che è palese la mia antipatia nei suoi confronti, ma secondo tutti saremmo una bella coppia.
Certo, Giorgia e il Rapper Depresso, auguri e figli maschi.
Se mi parla è per chiedermi “Hai fatto i compiti di…?” oppure “C’era qualcosa di…?”, ed io voglio coltivare ben altre amicizie, amicizie in cui si abbiano altri argomenti oltre alla scuola.
E lui, con mio leggero rammarico, non rentra in questa precisa categoria.
E dico “leggero rammarico” perché è proprio un bel ragazzo, e ammetto senza vergogna che me lo farei tantissimo, se non fosse così.
Ma, come ho già detto, lo è.

 

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Capitolo 3
*** Francesco ***


Point Of View:  Francesco
 
 
Mi chiamo Francesco, ho sedici anni e mi piace il rap.
Ripeto nella mia testa questa frase da più di un quarto d’ora, cercando di capire cosa non vada bene.
Francesco: nome abbastanza comune.
Sedici anni: è normale, no?
Rap: qui non ci vedo niente di male.
Dunque, perché sono così… sbagliato?
Cioè, perché non sono come gli altri, che vanno fuori, non si mettono sempre le felpe smesse e enormi dei loro fratelli, jeans mezzi rotti e sono tutti allegri e contenti, specialmente ora che mancano solo nove giorni alla fine della scuola?
Perché io sono sempre triste, ho la faccia imbronciata, non rido mai?
Ho sentito Lisa, una delle mie compagne, che lo diceva, e non riesco più a togliermi queste parole dalla testa…
Perché non vado fuori? Ci vado, ogni tanto, ma mi piacciono di più la tranquillità e la pace che solo la mia camera è capace di darmi.
Perché mi metto quelle felpe e quei jeans? Perché sono un fottuto rapper, anzi sono Il Fottuto Rapper Depresso, e mi piace questo look.
Perché sono sempre triste? Ok, ho una sorella minore e un fratello maggiore, mia madre ci ha cresciuti in pratica da sola, perché quel coglione di mio padre è scappato con una ballerina di lap dance.
L’ultima volta che l’abbiamo visto è stato il Natale di due anni fa.
Ha fatto altri due figli con quella zoccola.
Ecco perché sono triste.
Siete contenti ora?
Sì, perché nella mia classe la prima regola è di spettegolare su chi si differenzia dalla massa, ergo io.
Ma queste cose non ho il coraggio di dirle… a che scopo? Chi è che verrebbe ad ascoltarle?
E poi, in secondo luogo, non ho bisogno di pietà.
Ammetto che vorrei che Giorgia mi consolasse, ma non vorrei nemmeno la sua, di pietà.
Ho sentito che, in spogliatoio, ha detto che sono carino e che, se non fossi così strano, “me la darebbe”.
Certo, ho solo sedici anni, ma ammetto anche che la vorrei anche io senza obiettare, sissignore.
Ma, dato che la mia condizione di sociopatico mi fa passare in secondo piano nella sua lista, mi toccherà rassegnarmi.

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Capitolo 4
*** Giorgia ***


Point Of View: Giorgia
 
Perché dev’essere così strano?
Perché rimane perennemente incollato a quel calorifero?
Perché non riesce ad “entrare” nel mondo dei vivi?
Non lo so.
Non riesco a spiegarmelo, vorrei saperlo, ma non me lo direbbe mai.
Non a me.
Sto qui accanto a lui da più di un’ora, e non ha ancora alzato la testa dal banco.
Probabilmente è stanco.
Magari ha fatto come l’anno scorso, che è rimasto sveglio tutta la notte per guardarsi il Superbowl su Sky.
- Ehi.
Mi volto, e mi sta guardando.
Non penso che abbia parlato con me, eppure… non è forse un abbozzo di sorriso, quello sulle sue labbra?
- Ehi, - gli dico, un po’ smarrita.
- Come va?
- … bene, tu?
- Bene.
Non abbiamo mai avuto una conversazione emozionante come questa, infatti rimango interdetta sul da farsi, se dirgli qualcos’altro oppure lasciare che ritorni in letargo.
- Ti piace proprio, quel cappellino - mi dice, indicando la mia testa.
- Già - sorrido.
Non so come sia uscito, ma credo che aggiunga un po’ di colore a questa faccia smunta.
Sorride anche lui.
Poi si rimette il cappuccio, riprende la sua posizione da orso in letargo, gira la testa dall’altra parte.
Ammetto che è stato uno sforzo, per lui, ma l’ho apprezzato.
Chissà che possa nascere un’amicizia, qui ai primi due banchi dell’aula 0.05!

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Capitolo 5
*** Francesco ***


Point Of View: Francesco
 
Finalmente.
Finalmente.
Adesso sono qui, raggomitolato come un gatto senza vita, con gli occhi chiusi, ma posso dire che sono felice.
Le ho parlato: certo, non è stato poi un così brillante discorso, ma l’ho fatta sorridere.
Ma guardatemi, il Rapper Depresso Francesco che si emoziona per queste cazzate!   Mi faccio ridere.
Le donne non fanno per me.
Io non faccio per le donne.
Eppure… non so, mi basta pensare a Giorgia per sentire un pizzicore nel petto.
Ho paura di essere innamorato.
E se sono innamorato, soffrirò.
Si soffre sempre, in amore.
Guarda i miei genitori: a momenti mia madre si ammazza, quando “suo marito” ci ha mollati.
Giorgia non vuole niente da me, Giorgia mi detesta.
Ma… non sono mica sicuro, di essere innamorato.
Dopotutto, non ho mai amato qualcuno che non fosse una canzone di Eminem, 2pac oppure Fedez.
Quindi non sono sicuro, ma se dovessi…
No, non lascerò che una donna mi porti via le facoltà mentali.
Nemmeno se si trattasse di lei.

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Capitolo 6
*** Giorgia ***


Point Of View:Giorgia 
 
Ho parlato di Francesco con due mie amiche, Valeria e Martina.
Valeria non ci crede nemmeno, che mi ha parlato.
Martina, che vive vedendo doppi sensi ovunque, dice che “ci nasce la love story”.
Personalmente, il mio ultimo pensiero è quello di mettermi con lui (anche se ammetto ancora che sia scopabilissimo).
Anzi, proprio lui è il mio ultimo pensiero.
Adesso sono focalizzata sull’estate, sulle uscite con gli amici… quindi lui non rientra, in queste categorie.
Giorgia, smettila di pensarci!
- Ragazze, stavo pensando una cosa - dice Martina, mentre si mette le ginocchiere.
Il nostro allenatore di pallavolo le esige, specialmente dopo che Lisa, il mese scorso, si è scorticata una tibia.
- Cosa? - chiede Valeria, risistemandosi la lunga coda di cavallo.
Spesso la invidio: perché i suoi capelli castani sono così lisci e perfetti, mentre i miei vanno piastrati ogni mattina e sono così rossi (grazie ancora, nonna)?
- I miei sono a Roma per il diploma di mio fratello, - inizia a spiegarci Martina - e mia nonna parte per la montagna domani mattina. Se facessimo una festa a casa mia, domani sera?
Mi rizzo bene a sedere alla parola magica: festa.
I miei occhi brillano di sicuro, anche se non posso vederli, mentre Vale sta assumendo la sua espressione da “sì, si può anche fare”.
- Perché no? - dice infatti, prendendo una bottiglietta d’acqua dal suo zainetto.
- Mi associo, - esclamo prontamente, alzandomi dalla panchina.
Martina sorride, allacciandosi meglio le Nike.
- Dobbiamo scegliere chi invitare… - dice, mettendoci le braccia intorno alle spalle.
- Noi due, - inizia Valeria, contando con le dita - Luca, Alberto, Maryana… Livia, l’altra Martina… ehi, perché non chiedi anche a Francesco se vuole venire!
La guardo spaesata.
“Perché dovrei?” penso, ma prima che possa dirlo, Martina risalta nella conversazione.
- Sì, è un’idea! Fallo venire, dai!
Faccio passare il mio sguardo da una all’altra, alternativamente, chiedendomi cosa ci sia che non va in loro.
- Ma da che razza di spacciatore andate, in questi giorni? - sbotto, sorridendo.
Martina mi spinge, Valeria ride.
- Tanto lo so, che poi glielo chiedi - cantilena Martina, facendo ondeggiare i suoi capelli biondi schiaffeggiandomi la faccia.
Faccio una smorfia, allontanandomi.
Certo, penso, che glielo vado a chiedere.

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Capitolo 7
*** Francesco ***


Point Of  View: Francesco
 
 
Oggi Giorgia ha gli allenamenti.
Lo so perchè l'ho sentita dirlo in classe.
Fa pallavolo da quando era alle medie, ma allora non ci conoscevamo.
Credo che le piaccia, perché quando ne parla in classe, con le sue amiche, ha sempre un’aria assorta.
Magari è anche brava, chi lo sa.
A scuola, in palestra, la massima definizione che abbiamo di “sport” è un misero percorso di pallacanestro con dieci coni da fare a slalom.
Ma perché ci sto pensando?
Che me ne frega a me, di quello che fa il pomeriggio…
Nulla, dovrebbe essere la risposta.
E allora perché continuo a pensarla mentre schiaccia a rete?
Perché sei un coglione, ecco l’altra risposta.
No, mi correggo, io sono il Rapper Depresso.
Quel che è giusto è giusto.
Mia madre è di la in salotto che guarda qualche film mieloso insieme a mia sorella, che non li può soffrire ma li guarda per stare insieme alla mamma; mio fratello è uscito.
Perché lui ha sempre tutta questa voglia di divertirsi, uscire, vivere?
Mio fratello ha diciannove anni, e tanta voglia di fare un cazzo.
È sempre in giro, con gli amici e da solo, col suo bel motorino, a fare la sua bella figura.
A casa, neanche a dirlo, non c’è quasi mai: torna a casa la sera tardi e, spesso e volentieri, salta la scuola per dormire o uscire ancora.
Dato che mio padre lo conosco poco è difficile fare un paragone, ma credo che si somiglino molto, loro due.
Mia madre, quando lo vede, fa sempre poche domande.
Da quando papà l’ha lasciata, si è immersa in un mondo tutto suo, un po’ come faccio io quando mi metto il cappuccio a scuola.
È diventata sempre meno preoccupata per noi, si può dire tranquillamente che viva allo sbando… ma adesso sta uscendo con uno.
Cioè, è un po’ che escono, ma ora cominciano anche a frequentare le case di ognuno.
Non è che mi dia fastidio, ma… ho una brutta impressione, sulla loro coppia.
Non so, è come una brutta sensazione.
Molto brutta.
È che lui è viscido, sembra noncurante della mamma.
Io, se avessi una donna, non credo che mi comporterei così.
Se avessi Giorgia, non ci penserei neanche lontanamente di fare così.

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Capitolo 8
*** Giorgia ***


Point Of View: Giorgia
 
 
Alberto non è ancora venuto a chiedermi di “trasferirmi”, e così non posso ancora chiedere a Francesco di venire alla festa, stasera.
Una buona volta che ho bisogno quel posto, lui non si…
La campanella è suonata, la prof è uscita e Alberto sta venendo verso di me.
Ha in spalla la cartella.
- Ti dispiace…? - mi chiede, indicando il suo posto.
- No, figurati - gli rispondo, sorridendo.
Raccatto le mie cosa in fretta e furia, e vado vicino a Francesco, che è ancora nel suo stato catatonico del cambio dell’ora.
Alza la testa, mi vede, sorride.
Sorrido di rimando, facendo un piccolo cenno con la mano, poi poggio le mie cose sul banco.
- Ti ha sfrattato, eh? - mi dice, stiracchiandosi.
- Sì, - gli rispondo, tirando fuori il libro di geografia dalla mia cartella - ma non importa.
Fa ricadere le braccia pesantemente sul banco, che si scosta leggermente.
Lo guardo, e ricambia.
Non so che fare.
Non so come chiederglielo.
Sono nel panico.
- Che fai stasera? - butto lì, sfogliando le pagine con scarso interesse.
- Niente, - risponde lui, prendendo il suo.
Il suo tono sa tanto di “domanda scontata”, ma faccio finta di non accorgermene.
- Ti va di venire a una festa?
Il suo sguardo è perplesso: o non ha capito, o si sta chiedendo se non ho nient’altro di meglio da fare che invitare il ragazzo più depresso di tutta la scuola ad una festa.
Batte le palpebre, evidentemente in confusione.
Mi metto a ridere spontaneamente.
- Hai capito quello che ti ho detto?
Annuisce improvvisamente, come appena emerso da un sogno.
- Sì, si… - mi dice, aprendo il suo libro.
Vedo che le sue guance si sono tinte lievemente di rosso.
- Dove?
- A casa di Martina, - gli spiego indicando dietro di noi, dov’è seduto il soggetto in questione.
- In quanti saremmo?
- Probabilmente meno di dieci. Allora che fai, vieni o no?
Ci pensa.
Ci sta pensando.
È un buon segno, no?
Alza nuovamente gli occhi dalla pagina, e sorride.
Inizia a piacermi, quel suo sorrisetto furbo.
- Certo.
La prof entra, tutti si siedono, cala un silenzio di tomba.
Prima di concentrarmi sulla lezione, gli rivolgo un sorriso fugace, che ricambia.
Martina sarà contenta, penso, mentre la prof inizia a spiegare.

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Capitolo 9
*** Francesco ***


Point Of View: Francesco 
 
Sto iniziando a pensare che mia sorella mi abbia infuso un po’ di femminilità durante i nostri pomeriggi di solitudine: è mezz’ora che sono qui davanti al mio armadio, indeciso su cosa mettermi.
Non voglio sembrare il solito sfigato, il Rapper Depresso… voglio sembrare Francesco, per una buona volta.
Sto realizzando che, a parte i soliti jeans strappati ed enormi, non ho pantaloni presentabili.
Devo ricorrere alla fonte segreta: l’armadio di mio fratello.
Esco dalla mia camera e busso alla sua porta; anche da qui riesco a sentire PSY che canta Gentlemen, e faccio un grande sforzo per non sentirlo.
- Che c’è? - mi urla da dentro, la voce impastata.
Entro, mi chiudo la porta alle spalle e, avanzando nello spesso fumo di tutte le canne che si è fatto, raggiungo il suo armadio.
La musica è assordante (mother father gentleman), l’odore quasi insopportabile e il fumo mi appanna la vista, ma riesco comunque ad individuare un paio di jeans sobri ed una camicia bianca.
Li arraffo stropicciandoli ed esco quasi correndo da quella specie di “Tempio Truzzo/Arena degli Hunger Games” per rifugiarmi nel mio Piccolo Mondo di Rapper Depresso.
Mi infilo i vestiti: non sono niente male, c’è da dirlo, però non mi sento totalmente completo.
- Toh.
Mio fratello è sulla soglia della mia stanza, e mi ha gettato una specie di giacca sul letto.
È nera, semplice ma elegante.
- Grazie, - gli dico, infilandomela.
Non riesco a nascondere una punta di stupore.
- Figurati, - risponde, soffiando una nuvoletta di fumo verso il soffitto.
- La mamma?
Lui getta la canna a terra, spegnendola col piede.
- È a scopare col suo amichetto, - dice, con disprezzo.
- Che ne sai, tu?
- Guarda che li ho sentiti, - risponde, annoiato.
Sospiro: in fondo, l’ho sempre saputo.
Prendo le chiavi del mio motorino dalla scrivania ed esco, chiudendo la porta a chiave: non amo gli spioni.
Nel garage, la mia vespa nera brilla alla luce tremolante del neon, che fa risaltare ancor di più l’adesivo dei San Francisco Giants sul paraurti.
Le strade sono quiete: anche se è sabato, sono pur sempre le sette e mezza di sera.
Arrivo alla periferia di Milano tranquillamente, godendomi la strada (che, per inciso, ha poco di panoramico).
Parcheggio davanti al numero 23 di Via Paradiso, un piccolo condominio, e suono al terzo dei cinque campanelli.
Salgo al quarto piano e busso all’unica porta che c’è; Martina, sorridendo, mi apre.
- Ciao! - mi saluta allegramente.
Non abbiamo mai avuto dialoghi profondi (“C’erano compiti di tedesco?” “No” “Ok, grazie”), ma sembra felice di vedermi.
- Vieni, vieni… sono arrivati tutti.
Mi accompagna in una piccola saletta dove ci sono un televisore enorme e anche due divani rossi.
Su questi sono seduti Valeria, Luca, Alberto, Lisa, Livia, Luca e Giorgia, che mi sorride più apertamente degli altri.
- Ciao… - dico, ma mi esce appena un sussurro soffocato.
“Ciao” e “Ehi” risuonano nella stanza, quindi Martina prende una bottiglia di vodka alla pesca e la posa sul tavolo, dunque fa lo stesso con otto bicchieri.
- Beh, divertitevi. Ma non rompete niente, - aggiunge in tono minaccioso gettando uno sguardo ad Alberto e Luca, che si posano una mano sul cuore.
Dopodichè aprono la bottiglia e versano un bicchiere a tutti, stando attenti a non sprecare nemmeno una goccia.
- Alla nostra, - propone Luca, alzando il suo “calice”.
- Salute, - rispondiamo, e beviamo.
Neanche a dirlo, dopo nemmeno dieci minuti la bottiglia è già vuota e Martina la rimpiazza con uno scotch.
- Non avrei mai detto che avessi tutte quelle scorte… - dice Giorgia, che mi ha fatto posto sul divano.
- Non sono mica mie, - risponde Martina, aprendo la bottiglia - sono di mia nonna, ma non si ricorda nemmeno che le ha.
Giorgia sghignazza, e dalla sua bocca esce un lieve odore di alcool.
Martina le porge un bicchiere, che lei accetta volentieri.
Io rifiuto ringraziando, ma due vodka sono abbastanza, per me.
Cambio divano e mi godo la partita con Luca e Alberto, tanto è solo il terzo minuto del primo tempo.
Quando finisce, alle dieci e mezza, la Juventus ha battuto l’Udinese quattro a due, e siamo rimasti solo io, Luca, Martina e Giorgia.
- Dai, io vado - dice Luca, alzandosi - sono in punizione, devo essere a casa per le undici.
- Ciao… forse è meglio se vado anch’io - dico, mettendomi la giacca.
- Aspetta, Francesco.
A parlare è stata Giorgia, che è appoggiata alla parete davanti a me.
- Vieni un attimo?
La seguo.
Saliamo la scala a chiocciola, attraversiamo un corridoio ed entriamo in quella credo sia la camera dei genitori di Martina.
- Cosa…? - inizio a dire, ma lei si è già chiusa la porta alle spalle.
Ci sta appoggiata, sorridendo.
È ubriaca, ne sono sicuro.
- Giorgia… - provo a farla ragionare, ma, con una forza che non pensavo avesse, mi ha già spinto sul letto.
Devo fermarla, mi impongo, ma lei inizia a baciarmi.
Nella sua bocca l’odore di alcool si è fatto insopportabile, ma non me la sento di staccarmi.
Non adesso, almeno.
Sento che la sua mano inizia a scendere sui miei jeans, e inizia ad armeggiare con la zip.
Devo fermarla, devo fermarla, continuo a pensare, ma non ne ho la forza.
L’unica forza che ho è per assecondarla, e non ci vuole molto prima che i miei pantaloni (pardon, quelli di mio fratello) finiscano sul pavimento, seguiti dagli altri miei indumenti e dai suoi.
È sbagliato, mi dico ancora, ma ormai il mio concetto di giusto e sbagliato è scivolato via come la vodka che ho bevuto qualche ora fa.
Una parte di me non vorrebbe questo, mentre l’altra grida disperatamente che dobbiamo.
Cerco di portarmi sopra di lei, ma questa posizione peggiora solo la confusione che ho in testa.
Giorgia inizia a gemere.
Non capisco se è perché le faccio male o per qualcos’altro, ma le sue braccia mi arpionano stringendomi di più a sé.
Inizia a spingere.
Non so se sto commettendo un errore, ma so due cose.
La prima, che mi piace.
La seconda, che non voglio fermarmi.

 

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