E in quel momento, giuro, eravamo infiniti.

di Vilu48
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'arrivo. ***
Capitolo 2: *** Nuove conoscenze ***



Capitolo 1
*** L'arrivo. ***


Era notte fonda. Solo il rumore rimbombante di quel vecchio taxi scacciava l’aspetto tenebroso di quella piccola strada parigina, in cui ero nata e cresciuta. Ero sempre stata ragazza ribelle e, anche solo il mio aspetto faceva trasparire questo particolare. Dei capelli ricci e neri mi coprivano l’intera schiena e, un tatuaggio sul ventre e il polso agghindato da una miriade di bracciali completavano l’opera. Non avevo certo un aspetto da brava ragazza, di quelle che pensano solo allo studio e al dovere. Fin da piccola avevo amato l’avventura, la trasgressione e la solitudine. Amavo rinchiudermi in me stessa e sfogarmi con la scrittura, uno dei motivi per cui in quel momento stavo sul sedile posteriore di un taxi. C'era qualcosa che mi aveva spinta a partire, qualcosa di misterioso, qualcosa che dovevo chiarire. Forse dovevo solo ritrovare la vera "me stessa", ma sentivo che c'era un non so che che mi portava a compiere quel viaggio. Immersa nel fiume dei pensieri non mi accorsi della voce dell’autista “siamo arrivati!” disse. Mi precipitai fuori da quella ferraglia arrugginita e ringraziai l’uomo che fino a poco prima stava guidando, che nello stesso tempo mi stava aiutando a prelevare i bagagli dal baule “Grazie…” mormorai. Poi lo pagai e lui mi lasciò sola. Finalmente entrai in aeroporto. Feci tutti i controlli stabiliti e poi sentii una voce al microfono chiedere gentilmente a tutti i presenti di imbarcarsi sul proprio volo.  Era giunta l’ora di partire per l’avventura più grande della mia vita, senza genitori e nessun altro che mi potesse controllare, alla ricerca di quel qualcosa che mi mancava. Poggiai la valigia su un rullo scorrevole che la trasporto via dalla mia vista e, accompagnata da una hostess assieme ad altri passeggeri, riuscii finalmente a imbarcarmi. “Londra sto arrivando!” pensai ad alta voce. Mi sedetti vicino al finestrino e tirai fuori il mio inseparabile mp3. Decisi di ascoltare una canzone del mio gruppo pop preferito e mi rilassai completamente, tanto che mi venne sonno. “Siamo pronti all’atterraggio! Allacciare le cinture di sicurezza!” sentii una voce che mi riporto indietro dal mondo dei sogni e non appena capii cosa stava per succedere iniziai a sprizzare gioia da tutti i pori. Era ormai mattina e finalmente stavo per mettere i piedi sulle strade della città che fino allora avevo solo immaginato. Non vedevo l’ora. Stavo letteralmente scalpitando per la gioia e l’eccitazione. Dopo un brusco e rumoroso atterraggio finalmente arrivai. Uscii dall’aereo e mi stiracchiai tutta stropicciandomi gli occhi. Un piccolo autobus ci trasportò verso l’interno dell’aeroporto, in cui un nastro trasportatore stava già facendo girare i bagagli.  Mi appropriai della valigia e corsi verso l’uscita. Ero impaziente di vivere quell’avventura. Appena uscii, mi trovai davanti bellissimi edifici pieni di luci ovunque, che risaltavano con la fioca luce mattutina. Tutto era così nuovo per me; un’atmosfera tranquilla e silenziosa mi accolse in quella nuova città. Corsi alla fermata del bus e non appena ne arrivò uno mi ci fiondai sopra. Era proprio uno di quei bus rossi, a due piani, che avevo visto solo in foto e su cui da tempo desideravo salire; salii al piano superiore del veicolo e respirai profondamente quell'aria, tutta nuova. Accesi l'mp3 e iniziai a ballare tra i sedili, completamente vuoti. Mi sentivo così libera mentre il venticello mattutino mi scompigliava i capelli. Poi, tutto il mio immaginario finì, quando arrivai alla mia fermata. Scesi e mi riguardai la cartina fra le mani, guardandomi attorno. Poi alzai lo sguardo e lessi il nome della pensione in cui avrei dovuto alloggiare.“Mmmh…dovrebbe essere questa” pensai. Appena suonai il campanello una vecchia signora vestita con colori sgargianti venne ad aprirmi “Io sono Miss Crowne, la proprietaria della casa” esordì “E tu sei?” chiese sorridendo “Io sono Emily, piacere.” mi presentai. Allora Miss Crowne mi strinse la mano e mi disse di accomodarmi. "Seguimi, ecco vedi questa sarà la tua stanza.” disse mostrandomi la camera da letto. A quanto pare non sarei stata sola, anzi, nella mia stessa stanza alloggiavano anche una ragazza spagnola, una turca e un’italiana: Melissa, Deniz e Giulia. Sembravano tutte molto simpatiche. La prima che venne ad abbracciarmi stringendomi la mano fu Deniz che mi accolse con un grande “SELAM EMY!” –mi aveva già dato un soprannome, come se ci conoscessimo da sempre- e sembrava molto euforica. Anche Giulia mi salutò, anche se meno calorosamente di Deniz, che intanto aveva iniziato a frugarmi nella borsa, quasi come per accertarsi che avessi portato tutto il necessario. L’unica che non fu molto gentile fu Melissa, che al contrario delle altre se ne ritornò a letto. In fondo non aveva tutti i torti, le avevo svegliate alle cinque della mattina per salutarle ed io al suo posto non mi sarei nemmeno degnata di alzarmi. Silenziosamente sistemai i bagagli nell’armadio e mi distesi nel letto accanto a quello di Giulia. Infilai le cuffiette nelle orecchie, che da lì a poco mi portarono ad addormentarmi.  “Emily, forza svegliati!” mi sussurrò Giulia all’orecchio. “Ma che ore sono?” Chiesi ansimando. “Emh…le nove mi pare.” “LE NOVE?!” scattai in piedi e osservai la sveglia sul comodino accanto al letto “Oh, merda.” esclamai. Infilai i jeans del giorno precedente e la prima maglietta trovata in valigia, poi raccolsi i riccioli ribelli in una coda scompigliata e afferrai la borsa. Senza aspettare corsi giù per le scale freneticamente e con un saluto sull’uscio di casa informai Miss Crowne della mia uscita. Appena fuori mi fermai una frazione di secondo guardare la città. Era davvero bellissima, ma non avevo tempo di soffermarmi troppo, a visitarla ci avrei pensato il pomeriggio. Tirai fuori dalla borsa una cartina di Londra e dopo averla girata e rigirata fra le mani corsi al primo incrocio e mi infilai nella prima strada a destra, che mi portò davanti ad una grande piazza. Percorsi altri 100 metri circa e poi mi fermai. Davanti a me c’era il vero motivo che mi aveva portato a compiere quel viaggio, ciò che mi avrebbe portato alla realizzazione del mio sogno, ovvero quello di scrivere: la Tudor University stava proprio li, davanti a me. La Tudor –così chiamata dagli allievi veterani- era una scuola di tecnica della scrittura e di argomentazione; ci si studiavano le lingue antiche come il greco e il latino ma anche le tecniche di comicità. Non vedendo l’ora di entrare mi diressi verso l’ingresso e non appena fui dentro mi ritrovai in un ambiente calmo e silenzioso; c’era un’atmosfera davvero concentrante e l’odore di conoscenza arieggiava ovunque. Il rumore delle pagine leggere dei libri proveniente dalla biblioteca mi attirò in quel luogo magico. Seguii le indicazioni appese alle pareti e non appena riuscii a entrare mi brillarono gli occhi. Feci un giro su me stessa osservando le pareti color cremisi, che faceva risaltare il colore del legno dei vecchi scaffali stracolmi di volumi interessanti e di ogni genere. Una ragazza appoggiata a una scrivania mi salutò sorridendo e mi chiese gentilmente di non parlare puntandosi l’indice sulla bocca. Ricambiai il sorriso e presi a girare fra gli scaffali e le scrivanie. Cominciai a toccare ogni singolo libro e a osservarne i particolari, proprio come un bambino in un negozio di dolciumi. C’erano libri visibilmente vissuti e altri quasi nuovi. Mi soffermai su un libro nella sezione “storie d’amore” color bianco sporco; si vedeva che aveva qualche anno ed era già stato sfogliato da parecchia gente: i bordi erano leggermente rovinati e scoloriti e qualche pagina era staccata dal centro. Ne accarezzai dolcemente il dorso e lessi il titolo in copertina: “Amour”. Intuii che si trattasse di un libro francese, proprio come me, e ciò mi indusse ancora di più a infilarmelo nella borsa. D’un tratto guardai l’orologio e mi accorsi del mio ritardo indecente. Corsi fuori dalla biblioteca seguita dai “Shh! Piano!” della bibliotecaria. Appena fuori seguii le frecce per arrivare al mio corso e non appena mi accorsi di essere arrivata mi precipitai in aula. Quando la lezione fu terminata ne uscii davvero soddisfatta. Avevo riempito libri e quaderni di appunti a mio avviso molto interessanti, spiegati inoltre da un insegnante davvero bravo e simpatico. Ero felice di avere scelto quella scuola; mi ci trovavo davvero bene. Fui interrotta dal brontolio del mio povero stomaco affamato che purtroppo non ero riuscita a sfamare a colazione, dato che non ero riuscita a toccare cibo. Una volta uscita dall’università decisi allora di mangiarmi un hamburger in un piccolo pub situato in una stradella non lontana dalla scuola. Una volta entrata venni avvolta dall’odore di patatine fritte e panini e non appena riuscii a ordinare mio piatto –un doppio hamburger con patatine e ketchup- e a riceverlo, lo divorai ferocemente. Una volta finito mi asciugai delicatamente la bocca ancora sporca di salsa e tirai fuori dalla borsa il cellulare tempestato di messaggi da mia madre, ai quali non diedi molta retta. Mi alzai dallo sgabello al bancone sul quale ero seduta e pagai alla cassa i camerieri che mi ringraziarono soddisfatti. Poi uscii dal pub diretta verso il centro della città, che ero intenzionata a esplorare durante il pomeriggio. Mi diressi verso il palazzo reale. Non appena fui arrivata notai una grande eleganza nella forma di quell’edificio così regale che mi fece restare affascinata. Mi accorsi della presenza di un verdissimo ed enorme parco proprio accanto al palazzo e decisi di farci una passeggiata, fedelmente accompagnata dalla musica del mio mp3. Mi venne in mente del libro che avevo precedentemente preso nella biblioteca della scuola e pensai di trovare nel parco un ambiente tranquillo per potere iniziare a leggerlo. Ma non appena mi inoltrai tra il verde luminoso di quell’enorme parco mi ritrovai in mezzo ad una serie di ragazze correre da tutte le parti e una musica assordante di sottofondo. Mi avvicinai incuriosita al punto in cui era concentrata la folla e mi accorsi della presenza di un grosso palco al centro del quale dei ragazzi si muovevano ballando e cantando. Sempre più curiosa mi spinsi oltre la folla e, iniziando a guardarmi incontro capii cosa stava accadendo. Ero già stata a molti concerti, ma mai a uno gratuito e all’aperto; pensai si trattasse di un concerto di beneficenza e così mi confermo una ragazza gentilissima che mi informò della presenza di una famosa band sul palco. Ancora incapace di vedere mi avvicinai spingendo ed essendo spinta da adolescenti impazzite e poi finalmente riuscii a vedere. Cinque ragazzi cantavano dolcemente sul palco ballando e muovendosi in modo molto sensuale. La loro voce mi colpì subito: era sensuale, forte e mascolina con un tocco divertente. Una volta terminata la canzone che stavano eseguendo capii della fine del concerto e seguita da forti applausi e un coro di ragazze decisi di sgattaiolare fuori da quel mare di gente; infondo nemmeno conoscevo quel gruppo sul palco. Mentre percorrevo il parco correndo via da quelle urla frastornanti mi rigirai a guardare indietro. Quelle voci mi avevano davvero colpito. Percorsi abbastanza strada finché non capii di essere arrivata all’uscita. Mi fermai un attimo a pensare. Non mi era mai capitato un evento del genere. Ancora frastornata e confusa continuai la mia visita della città senza dare troppo peso al pensiero di quelle suadenti voci risuonarmi nella mente. “Sono già le sei?” pensai tra me e me dopo avere concluso la mia visita giornaliera della città. Ero stanca e accaldata e così decisi di cercare un posto dove potermi sistemare in tranquillità. Corsi sul lato opposto della strada e avvistai alla mia sinistra un bellissimo e immenso locale di lusso e, senza dare troppo peso a questo particolare, entrai di fretta in cerca di un bagno. Domandai ai camerieri che mi squadrarono dall’alto al basso e poi finalmente scoprii dove si trovava il WC. Quando arrivai spalancai la porta, ma mi fermai all’entrata non appena mi accorsi di alcune voci che stavano parlando all’interno del bagno “Fermo scemo!” disse il primo “non mi toccare o ti bagno tutti i vestiti!” ridacchiò. Il secondo per tutta risposta lo schizzò con l’acqua sulla maglia e poi cambiò argomento “Avete visto quanta gente oggi?” chiese ai compagni.“Già! Ce n’erano davvero tante!” rispose l’altro. Non potendo trattenere la curiosità sbucai da dietro alla parete “Ehi ragazzi!” avvertì uno che aveva notato la mia presenza “Non metterti a urlare, facciamo tutte le foto e gli autografi che vuoi” disse rivolto a me un ragazzo dai capelli ricci e le fossette che gli incorniciavano un sorriso sincero, proprio come quello di un bambino. “Ma cosa stai dicendo? E dovrei urlare per voi? Non ti senti un po’ arrogante ragazzo?! Ma se non ci conosciamo nemmeno” risposi scocciata aggrottando le sopracciglia. “Beh, non ti pare ragazza che avrei tutti motivi per essere arrogante? Insomma, non per vantarmi…ma io sono Harry Styles, piccola” mi rispose lui senza modestia, "non sono la tua piccola!" gli risposi io ancora più stranita. Poi ebbi un flash. Quel nome mi era noto, e anche quei visi sorpresi della mia presenza. Ma certo! Come avevo fatto a scordarmelo! I cinque ragazzi che avevo visto sul palco proprio quel pomeriggio ora stavano lì impalati a fissarmi nelle palline degli occhi. Alla destra di quello con cui avevo parlato c’era un ragazzo, davvero carino, con la pelle olivastra e dei capelli neri raccolti in una cresta che ricordai di avere visto in varie riviste di gossip assieme agli altri: un biondino con due grandi occhi limpidi simili a due oceani e altri due ragazzi mori, uno con gli occhi color nocciola dal'aria molto amichevole e un altro con gli occhi di un’azzurro-verde in cui ci si poteva specchiare. Erano davvero molto carini.“E voi…sareste?” domandai. “Piacere, io sono Niall” si presentò il ragazzo biondo “ e noi siamo...beh” non finì la frase che il ragazzo moro lo interruppe " Noi siamo gli One Direction, strano che tu non ci conosca". Rimasi impietrita. Ora ricordavo; possibile che la band che avevo sentito e visto nelle radio e sui canali tv più importanti fossero davanti a me e mi stessero rivolgendo la parola? Chissà quante fans sarebbero volute stare al mio posto. Non mi ero mai interessata a loro e alla loro musica ma conoscerli dal vivo era davvero emozionante; chissà quando l’avrei raccontato alle mie coinquiline!

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Capitolo 2
*** Nuove conoscenze ***


“Piacere, il mio nome è Zayn” si rivolse a me il ragazzo dalla pelle olivastra “e loro sono Liam e Louis” disse indicando i due ragazzi mori che mi salutarono con un cenno “E tu sei…?” mi domando con tono calmo. “I-io sono Emily, Emy p-per gli amici” risposi balbettando “Ora è meglio che vada” cercai di dileguarmi. Ma non appena finii la frase il ragazzo biondo, Niall, mi fermò “Piacere Emily, te ne vuoi andare proprio subito?” chiese con tono delicato. “Grazie, ma sarà meglio che vada.” Cercai per la seconda volta di scappare “No, aspetta davvero; e poi uscire con una fan potrebbe incuriosire e attirare i giornali” mi disse il ragazzo riccio che aveva detto di chiamarsi Harry “Oh grazie! Siete proprio tutti uguali voi celebrità, e le fans le usate così? Senza ritegno?” e dopo quelle parole gli sbattei la porta in faccia, lasciandoli muti. Harry e Niall mi corsero dietro non appena finii di parlare “No, aspetta Emily! Davvero! Resta con noi a cena, prendilo come un modo anche per scusarmi; hai capito male“ disse a voce alta il riccio. “Ho capito fin troppo bene!” risposi io secca, mentre Niall cercò di fermarmi “Per favore Emily! E poi a volte Harry non pensa a ragionare con la testa, infondo c’è stato un malinteso…ti prego resta, e scusalo davvero.” Implorò Niall lanciando un occhiataccia a Harry, che mi stava osservando con aria implorante. “E va bene, va bene rimango” risposi leggermente esitante con tono rassegnato. Rientrammo nel locale e Harry mi prese la mano per guidarmi verso il loro tavolo “Scusa” mi sussurrò. “Ciao Emy, scusalo ma Harry…” disse Zayn senza che gli lasciassi finire la frase una volta arrivati al tavolo. “Non ti preoccupare, ha già trovato il modo di farsi perdonare” risposi con prontezza. “Prendi qualcosa da bere? O hai fame?” mi domandò Liam con fare molto paterno e premuroso quando arrivò il cameriere per servirci. “Grazie ma sto bene così; prendo solo un’acqua tonica con una fetta di limone” mi rivolsi al cameriere sorridendo. Una volta prese tutte le ordinazioni iniziammo a conoscerci meglio. “Quando sei arrivata a Londra?” mi chiese Louis. “Ieri notte; i voli notturni sono molto più economici” risposi ridacchiando. “E come mai se venuta proprio qui?” domandò Harry con fare interessato. “Sono qui per studiare alla Tudor University; vorrei scrivere per lavoro in futuro” “Se dovessi scrivere un libro voglio essere il primo a leggerlo” disse Louis convinto. Poi il cameriere arrivò al tavolo con i nostri ordini. Mentre ci serviva notai che Niall aveva ordinato ben due piatti colmi di cibo. “Niall sei sempre il solito goloso!” lo apostrofò Zayn ridacchiando. “Niall, c’è qui una ragazza; trattieniti” gli disse Harry tentando senza successo di soffocare una sonora risata. “Ma ho fame!” rispose lui a bocca piena mentre i ragazzi scoppiarono a ridere. C’era un’atmosfera molto vivace e, nonostante l’episodio accaduto con Harry, mi stavo proprio divertendo. In fondo erano dei ragazzi normalissimi, che non si erano fatti prendere dal successo e ridevano ingenuamente di un compagno. Vedevo in loro gli occhi sinceri di chi, nonostante il successo internazionale, non era salito sul piedistallo ma era rimasto con i piedi per terra e la testa sulle spalle; erano ragazzi maturi per la loro età e si vedeva quanto tenevano l’uno all’altro e quanto fossero in sintonia. E oltre a tutto questo, beh… Erano davvero belli. “Ora che abbiamo finito di mangiare possiamo andare, no?” chiese Louis risvegliandomi dai pensieri. “Emy, c’è buio e fa anche leggermente freddo stasera” disse Liam rivolgendosi a me “Magari potremmo riaccompagnarti a casa” mi domandò con tono speranzoso. “Non so, mi avete già sopportata tutta la serata” risposi scettica ridendo. “Penso che Liam abbia ragione; stasera ti riaccompagniamo noi” intervenne Zayn. Dopo vari tentativi di convincermi da parte dei ragazzi dovetti accettare; infondo un giro in limousine non mi avrebbe fatto male. D’un tratto, sentendomi fissata, mi girai istintivamente verso Niall che tolse subito lo sguardo che non mi aveva per niente disturbata anzi, in un certo senso mi piaceva che mi guardasse. Ancora compiaciuta mi senti afferrare per la mano da Zayn, che sorridendomi mi guidò fino alla macchina “prego signorina Emily” scherzò aiutandomi a salire su quella lussuosissima auto. Mi sedetti tra Harry e Zayn e iniziai a guardarmi intorno. C’erano due file di sedili neri in pelle accanto ad un mini-bar adagiato su una moquette sempre nera molto elegante. Sotto i sedili delle lucine rotonde si specchiavano negli specchi posti sul soffitto creando un gioco di luci davvero splendido. Tutto creava un aspetto davvero elegante e raffinato. Il viaggio fu molto silenzioso e l’ unica voce in quell’auto era la mia, usata per spiegare dove si trovasse il mio alloggio. “Emy!” esclamò d’un tratto Harry facendomi sobbalzare. “Harry, mi hai fatto spaventare.” gli risposi in una risatina nervosa. “Perché non mi lasci il tuo numero di cellulare?” disse porgendomi una penna “l’unico problema è che non ho un foglietto per scrivere” continuò pensoso. Ma senza dargli il tempo di ragionare gli afferrai il braccio scrivendogli il mio numero con accanto la scritta ‘chiamami’ mentre lui ridacchiava sommessamente. “Ti chiamerò presto baby” mi disse seguito dalle risate degli altri. Poi la limousine si fermò e capii dell’ arrivo del momento in cui avrei dovuto salutarli. Non volevo andarmene; ero stata così bene con loro. Li abbracciai salutandoli uno ad uno e uscendo dalla macchina. Prima di entrare in casa mi rigirai verso di loro e, notando che Harry mi fece l’occhiolino ricambiai sorridendo mentre Zayn richiuse la portiera. Aprii la porta della casa stando attenta a non svegliare nessuno, ma non appena salii in camera venni accolta dagli urletti increduli delle mie coinquiline che mi avevano visto tornare in quell’ auto di lusso. “Allora? Chi erano quelli? Chi c’era in quella macchina? E perché sei tornata in limousine?” iniziarono a domandare le ragazze, che cercai di smorzare con tono vago “Nessuno, erano solo…degli amici” risposi mentre le ragazze continuavano a fare domande “E ora tutte a letto! Domani è domenica, non c’è la scuola e potrò raccontarvi tutto! A domani” le spensi, affondando tra le coperte soffici del mio letto. Rimasi sveglia fino a che tutte le ragazze non si addormentarono e poi, accompagnata dall’mp3 presi in mano il cellulare rigirandolo fra le mani, chissà se avrebbero mai chiamato, chissà se li avrei rivisti. Alzai lo sguardo emettendo un piccolo sbuffo di delusione ; perché mai avrebbero dovuto chiamarmi? Mi facevo troppe fantasie, anche se in fondo una speranza di rincontrarli, in fondo ce l’avevo.. La mattina dopo un odorino invitante mi attirò verso la cucina, in cui Miss Crowne stava cucinando dei favolosi pancake fumanti. “buongiorno” mi accolse mentre io mi sedetti a tavola affondando il mio dolce nello sciroppo d’acero. Poi ricordai della sera prima, dei ragazzi e del fatto che probabilmente non li avrei rivisti e mi si chiuse lo stomaco; forse non averi mai dovuto incontrarli, non sarei mai dovuta entrare in quel ristorante e non avrei mai dovuto cercare il WC. La mia testa era solo piena di illusioni. Non avendo voglia di pensare a tutto ciò mi vestii velocemente raccogliendo i capelli in un piccolo cuco e uscii per fare una passeggiata. Mentre camminavo, ascoltando ovviamente la musica mi tornò in mente del libro che avevo voluto prendere dalla biblioteca della scuola, e che nel parco non ero riuscita a leggere. Lo tirai fuori dalla borsa e ne accarezzai il dorso, aprii la prima pagina e, ancora prima di poter iniziare a leggere, venni interrotta dal cellulare. Un tuffo al cuore, e se fossero…si insomma, e se fossero loro? Mi fermai un attimo a ragionare, come pietrificata e dopo un attimo di esitazione risposi alla chiamata. “Ei Emy! Sono…Liam, volevo solo…” non lo lasciai finire interrompendolo con un urletto sommesso. Allora gli importava davvero di me. Mi avevano chiamata, lo avevano fatto davvero. Quasi non ci credevo. “Emy, ma ci sei? Tutto bene?” chiese lui preoccupato; una volta rassicurato, continuò “Bè, stasera abbiamo un fan-party in cui incontreremo i fan durante una conferenza e poi daremo una piccola festicciola; ti va di venire?” chiese. Ero così eccitata che che non riuscii a parlare “Allora…se passiamo a prenderti per le 7 va bene?” mi domandò “E’ perfetto, a dopo.” Risposi io attaccando ancora emozionata.

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