Seasons'Tale - Not only Servant and Lady

di Yavanna Norrey
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** * Spring ***
Capitolo 2: *** * Summer ***



Capitolo 1
*** * Spring ***


Seasons’ Tale - Not only Servant and Lady
  
* Spring

Inespressivo.
Ecco cosa pensava la piccola Sharon nel guardare quello straniero.
Il suo volto aveva virato da una maschera di dolore e sofferenza all’inespressività pura.
Qualsiasi altro bambino della sua età sarebbe rimasto ferito da quello sguardo che dichiarava indifferenza al mondo intero.
Ma non lei.
Che aveva deciso di farlo sorridere.
Perchè aveva sentito dentro di sè che quel giovane, apparso dal nulla lacero e moribodo, si meritava un sorriso.
E così, di fronte all’ennesima supplica da parte di Reim di lasciar stare in pace il taciturno ospite, Sharon aveva risposto “Diventerà il mio fratellone, ho deciso!!”
Perché voleva a tutti i costi dargli l’affetto a cui non sembrava essere abituato.

§§§

“Onii-chaaannn!!!” faticosamente aprì la porta, issandosi sulle punte. “Non sei sceso a colazione!” trotterellò  fino al letto, dove l’albino fissava inespressivo la finestra affacciata sul giardino. Sharon frugò nella tasca del suo ricamato vestitino rosa antico “Non hai fame?” e ne cavò una caramella dalla carta viola. Si issò sul bordo del letto, sempre sotto lo sguardo distaccato di Kevin. “Scendi a mangiare?” sorrise allegra allungandogliela. In cambio ricevette la solita occhiata disinteressata. Ma si sentì realizzata quando le dita sottili di lui raccolsero la caramella.
“Grazie” un sussurro appena udibile che le strappò un “Oh!” Scese dal letto per poi correre alla porta “Sbrigati onii-chan!”
Sharon percorse il corridoio saltellando allegra. Dietro di lei Reim si esibiva nella sua solita fiera di  facce scandalizzate. Quel semplice e banale ringraziamento, dopo tre giorni di monosillabi, aveva il sapore di una conquista.

§§§

“Mi aiuti Reim?” Sharon allungò la manina verso un grazioso servizio da colazione. Il ragazzino la scostò dolcemente “Ci penso io miss, si occupi dei fiori” la piccola saltarellò al tavolo, velato da una tovaglia dai colori pastello, e prese a disporre le rose bianche nel vaso.
Reim scosse il capo: non capiva perché la bambina si impegnasse così tanto a compiacere un uomo che nemmeno degnava di uno sguardo i suoi sforzi. Si rendeva conto di essere impietoso: ma aveva sperimentato sulla sua pelle quanto quello straniero fosse ostile verso chi dimostrava di volergli esserei amico. Porse il servizio a Sharon che lo depose sul tavolo. Una cameriera con un carrello comparve sulla porta “Avete ordinato la colazione, miss?” Sharon indicò con cipiglio organizzativo il fianco destro della tavola “Mettilo lì, Marlene!” Reim si passò una mano sui capelli: dubitava seriamente che sarebbe sceso.
“Onii-chan!!” Reim sussultò: l’albino era comparso sulla porta. Ma diversamente dalla solita smorfia di indifferenza, sembrava stupito. “Vieni, se non si fredda!” la piccola corse a tirargli la manica della tunica “Marlene, vai pure, ci pensiamo io e Reim!” il giovane, sentendosi interpellato, scattò verso il tavolo ed iniziò ad armeggiare con la teiera. Kevin si lasciò condurre dalla bambina alla sedia: sembrava quasi intimorito da tutte quelle attenzioni. Reim si ritrovò a sorridere: gli ricordava un micio randagio, non abituato alle coccole tanto che, non appena lo accarezzi, abbassa le orecchie preso in contro piede. Preparò il tè e lo versò nella fine tazza di ceramica, mentre Sharon era alle prese con una fetta di pane da indorare di marmellata. Il terzo era impegnato a fissare l’orlo ricamato della tovaglia, indeciso sul da farsi.
Sulle prime era stato tentato dall’idea di filare via, col piede ancora sulla soglia dell’ingresso, ma poi il sorriso allegro della piccola l’aveva spinto a rimane. Per quanto si sforzasse di ignorarla, quella bambina gli faceva tenerezza.
“Ecco!” Sharon finì l’opera cospargendo la fetta di piccole palline di zucchero. Reim valutò l’operato con un cenno del capo. Kevin si trovò in dovere di fare qualcosa: abbozzò un sorriso e prese la fetta dalle mani piccole e rosee di lei.
Sharon restò ad osservarlo mangiare intrattenendo una conversazione sulla qualità delle rose in quella stagione. Gli occhi le brillavano.

§§§

“Perché mi detesti?”
“Io non vi detesto” il tono estremamente semplice della bambina lo lasciò sorpreso: aveva posto la domanda come se si trattasse di qualcun altro e non di lei.
Sharon lo fissava seria. Kevin si sentì a disagio: perché diavolo quella peste gli faceva quell’effetto?!
“E allora perché hai sempre quella faccia triste, quando mi guardi?”
"Perché mi ricordi la piccola Sinclar, perché vorrei rimanere solo quando devo sopportarti attorno, perché vorrei buttarmi da una finestra ma ci sei sempre tu dietro e non posso!" pensò mantenendo una parvenza di inespressività.
“Io ti voglio bene”
Kevin sussultò: Sharon aveva allungato una mano ad accarezzargli i capelli. Sorrideva.
“Perché lo fate?” la piccola sbattè gli occhi incredula “Perché ti voglio bene!” “Ma perché!!!” perse la pazienza andandosi a rincantucciare in un angolo del salotto. Viso contro il muro, pugni serrati.
Sharon sbuffò, marciando verso di lui “Mi piaci, no? E’ così semplice!” Kevin ruotò appena la testa: quel poco che gli permetteva di sbirciare la piccola rimanendo nel suo angolo.
“E invece non lo è!”
Perché stava litigando con una bambina di quattro anni?! Oltre a un occhio doveva aver perso anche il senno…
“Non mi conoscete, sono capitato mezzo morto in casa vostra e vi tratto male: perché continuate a volermi bene… ad essere…” esitò rabbrividendo “Gentile?”
Sharon lo tirò per la manica, facendogli capire che doveva abbassarsi al suo livello. L’albino si inginocchiò. Occhi negli occhi con la piccola miss.
“Tu sei buono. Lo sento. Ti è solo capitato qualcosa di molto brutto e ora ti senti triste e solo. E forse in colpa... Ma non sei solo: hai me, mamma e Reim!! Noi ti vorremo tanto bene, qualsiasi cosa succeda!”
Restò immobile, con un groppo in gola e le lacrime che premevano per uscire. Il tutto davanti a uno scricciolo di quattro anni che pur non conoscendolo aveva capito almeno una parte del dolore che lo lacerava. La bambina lo abbracciò, accarezzandogli la testa come una mamma col suo bambino. Un attimo dopo era totalmente avvinghiato a quello scricciolo. Il viso affondato nella manica del suo vestitino color lavanda.
“Onii-chan…” Sharon sgranò appena gli occhi “Stai piangendo?” sentiva la manica tutta bagnata e le mani del suo fratellone la stringevano. Sorrise appena.
“Ti voglio bene, onii-chan”
E Kevin singhiozzava, singhiozzava sulla spalla di quella bambina. E se la stringeva perché qualcosa dentro gli urlava che se ne sarebbe andata anche lei, che l’avrebbe persa.
Sharon lo scostò dolcemente, guardandolo in viso “Ti si è scomposta tutta la benda ,vergognati!” lo ammonì sorridendo “Adesso chiamiamo mamma, che io non sono capace…” si lasciò trascinare per l’orlo della giacca da quella piccola creaturina.
“Mamma!” la donna era seduta in un piccolo salottino in stile classico, intenta a leggere un minuto libro in fodera color ottone. “Amore,che è successo? Perchè stai maltrattando Kevin?”
“Non lo maltratto!” sbuffò offesa la piccola “Gli si è rovinata la benda!” la citata penzolava un po’ sbilenca. Shelly sorrise, alzandosi “Sharon, vai prendere da Lottie il necessario” la piccola corse fuori dalla stanza.
“Ti fa ancora male?” mormorò dolce la nobildonna, accarezzandogli il viso.
Kevin restò sulle sue. Sapeva di essere in uno stato pietoso: l’unica iride presente più rossa del solito e lucida, la benda malfatta per aver strusciato il viso sulla manica della miss. Abbassò lo sguardo, limitandosi ad annuire. La donna gli asciugò il viso col dorso della mano “Va tutto bene”sorrise rassicurante.
“Mamma!!!” la piccola tornò con le braccia cariche di bende, disinfettante e cotone. Shelly prese il necessario e lo fece sedere
“Io resto!” decretò autoritaria la bambina.
Shelly sorrise accondiscendente e con movimenti lenti e capaci prese a cambiargli la fasciatura. Sharon osservava compunta: non una nota di disprezzo o disgusto attraversò il suo visetto rosa mentre osservava il lavoro della madre. Quando la donna finì prese a saltellarle attorno “Mamma, possiamo andare fuori? Facciamo vedere le rose a Kevin?”
Shelly lo prese delicatamente per mano, un contatto a cui non era abituato, e lo portò fuori.
Davanti a loro Sharon saltellava allegra.

§§§

Erano stati insieme tutto il giorno. L’aveva portato nel roseto, sulla collina. Gli aveva riempito i capelli di fiori. Le piaceva accarezzare quella coltre bianca, argentea. Sembrava neve, ma non era fredda. Dopo cena si era dileguato, lasciandola ad osservare la madre ricamare.
Ora Reim la stava accompagnando in camera: sul viso l’espressione di uno che non vede l’ora di buttarsi a letto.
“Reim,posso salutare Kevin?” il giovane restò perplesso “Miss, non mi chiedete mai il permesso di fare qualcosa che ritenete importante…”
La bambina liquidò la faccenda con una scrollata di spalle “E’ tardi, forse dorme già, tu che dici?” Reim sorrise accondiscendente “Provate a bussare” la sollevò appena, per permetterle di essere al livello della maniglia. Sharon battè il pugno sul legno: non ottenne risposta. Riprovò un paio di volte, poi il servo la riadagiò a terra.
“Miss, credo che dorma. Lo vedrà domani.” Sharon acconsentì alla richiesta di andare in camera, salutando Reim con un piccolo sorriso furbo sulle labbra.
“Buona notte, miss” 
“Notte Reim...”
Aspetto che uscisse e che i suoi passi si perdessero in fondo al corridoio. Poi sgattaiolò via dalle coperte, si mise la vestaglia ricamata e facendo attenzione, in punta di piedi, salì le scale che la dividevano dall’albino.

§§§

Faticò ad aprire la porta, a trovare il letto nella penombra della camera. Una volta arrampicatasi scoprì con gioia che un raggio di luna, filtrante dalle tende accostate, illuminava il viso del giovane dormiente. Studiandone il volto si chiese quanti anni avesse: più di Reim di sicuro. Era più alto, di tanto anche.
Era così bello addormentato: il volto rilassato era meno imperturbabile rispetto a come era abituata a vederlo di giorno. Con la punta delle dita accarezzò i capelli legati nella coda scomposta sparpagliati sul cuscino fino ad arrivare alla frangia che copriva la benda. Fu un piccolo movimento di lui a farla sobbalzare. Fremendo aprì l’occhio: Sharon sorrise con fare innocente.
“Perché non siete a letto, ojou-sama?” forse era per via della sonnolenza, ma la voce e l’espressione erano meno gelidi del solito. La piccola si avvicinò al suo viso “Volevo chiederti il bacio della buona notte, Reim se l’è dimenticato…” lo vide sorridere appena. Esibì lo sguardo più dolce che le riuscì “Ti prego onii-chan!”
Kevin si sporse: era l’unico modo per far sparire quella piccola peste e tornare a dormire. Le posò un bacio leggero sulla fronte, senza stare a pensarci troppo. La bambina sorrise soddisfatta e si calò giù dal letto “Torno indietro da sola, buona notte onii-chan!”
Nel buio della camera, col volto affondato nel cuscino, il profumo delicato della piccola ancora nell’aria, e la ferita che a intervalli regolari pulsava dolorosamente, si ritrovò a sorridere.

§§§

Era da un po’che ci rifletteva.
Una nuova vita, un nuovo nome.
Poi una mattina, bighellonando per i corridoi, sorprese Sharon nella biblioteca: quell’enorme dispensa di libri antichi e pregiati. La bambina era in un angolo, a rigirarsi uno spesso volume fra le mani.
“Ojou-sama,che fate?” la bambina sussultò con aria colpevole, poi ripresa la sua solita autorità di piccola padrona, esclamò “Sto cercando un libro da farti leggere… ma sembrano tutti noiosi…” Kevin si inginocchiò accanto a lei, sbirciando la copertina del volume “Non so se una raccolta di versioni dal greco possa essere considerata una lettura per bambine…”
Sharon gli allungò il volume “Apri una pagina a  caso e leggi!” l’albino esitò: dubitava di possedere ancora ottime doti di traduttore.
Si rassegnò di fronte allo sguardo serio della piccola. Fortunatamente la memoria non lo tradì e riuscì a rendere omaggio in maniera abbastanza decorosa (ma era certo che Senofonte l’avrebbe strozzato, se fosse stato ancora vivo!) alle lunghe frasi che scorrevano sotto i suoi occhi.
Sharon aveva ascoltato con grande attenzione.
“E’ una lettera aperta al re dei Persiani, Xerxes, che viene esortato dallo storico a mantenere una linea di governo saggia e giusta. Come ho detto prima, non mi sembra una lettura adatta a voi, miss…”
“Che vuol dire Xerxes?”
Kevin ci riflette sù “Er… credo principe fra gli eroi, o qualcosa del genere…”
“Mi piace!” esclamò entusiasta Sharon “Ti starebbe bene, onii-chan!! E’ un bellissimo nome e poi tu sei il mio principe!!” la bambina gli serrò le braccia attorno al busto con affetto.
Kevin rimase immobile col libro sollevato a mezz’aria. “Miss!” in quel momento Reim fece capolino sull’uscio e vedendo i due si lasciò scappare un sorriso. “Scusate se disturbo, ma vostra madre desidera vedervi!” Sharon si alzò “Ci vediamo dopo Kevin!” la piccola si allontanò trascinandosi dietro il servo di casa Barma.
Che per arcani motivi era una presenza costante in villa.
Kevin  si sistemò meglio sul tappeto che ricopriva il pavimento. Con lo sguardo fisso sul volume.
Una nuova vita.
Xerxes
Principe, cavaliere: quel poco di buono che era rimasto della sua vita passata.
Il sentirsi lacerato, spezzato... rotto...
La volontà di creare una frattura fra quello che era stato e quello che voleva essere adesso.
Break
Sorrise, accarezzando distrattamente la copertina logora del volume.
Xerses Break.
Tutto merito di Senofonte.

§§§

“Vuoi farlo sul serio, Xers-nii?” era consapevole di avere uno sguardo da cerbiatto supplicante.
Reim, dietro la piccola osservava il tutto con aria critica.
“Sul serio. Un taglio netto, non pensateci troppo, ojou-sama”
Xerxes sembrava così deciso...
Già, perché ora voleva farsi chiamare così: Kevin era finito nel cassetto, e presto sarebbe stato seguito anche dai suoi capelli...
“Non puoi evitare di tagliarli? Puoi essere Xerxes anche coi capelli lunghi…” mugugnò la piccola dispiaciuta
“Non sarebbe lo stesso, miss. Per favore...”
“Un giorno mi spieghi perché non ti piace più il nome Kevin?”
Sorrise, di fronte a quelle iridi di quarzo rosa supplichevoli .
“Quando sarete più grande, miss, ve lo prometto...”
Sharon annuì incerta, poi si decise a fare un ultimo tentativo: perché a lei quella coltre bianca piaceva troppo.
“E se mamma viene a sapere che ho usato le forbici?”
Xerxes sorrise: Sharon era una bambina molto sensibile e intelligente per la sua età, ma rimaneva pur sempre una bambina.
E, com’era naturale, anche capricciosa e testarda.
L’albino sorrise accondiscendente “E se vostra madre viene a sapere che ieri avete finito tutto il pacchetto di biscotti e alle due di notte mi avete fatto scendere a preparavi una tisana?”
Sharon serrò le labbra indispettita: fece schioccare le forbici.
“Hai vinto tu, Xers-nii…” borbottò offesa.
E un secondo dopo a terra giaceva la lunga coda di capelli argentei: Sharon li fissò un po’ malinconica.
“Non stai male…” giudicò passando la mano nei nuovi capelli del suo fratellone: ora gli sfioravano gentilmente il collo.
“Xerxes!!!” Reim fece una salto: già faticava ad abituarsi a chiamarlo col suo nuovo nome, e ora quello cambiava pure pettinatura!
L’albino abbassò lo sguardo, Reim si diede una pulitina alle lenti.
“Ti piace il nuovo taglio di onii-chan!?” Reim annuì precipitosamente “Certo!”
Sharon si alzò strattonando per la manica il maggiore dei due “Vieni onii-chan! Mamma deve vederti!”
Reim li seguì a ruota.

§§§

“La bambola parla!” lo sguardo di Reim era fisso sulla bambolina che Kevin, Xerses, aveva il compito di far parlare. Il problema era che il sopracitato non parlava affatto, riempiendosi la bocca di dolci, e la bambola di pezza invece lo faceva fin troppo.
Sharon era a dir poco entusiasta “Emily parla!!”
“Kevin è intelligente! Reim è stupido!”
Quello che doveva essere un tranquillo tè party con le bambole di Sharon si era trasformato in una fiera dell’assurdo, in cui Reim si sentiva decisamente fuori posto.
Sorrise, posizionandosi la bambola sulla spalla sinistra.
“Muoviti o farai tardi e la piccola peste non ci darà respiro!” chiocciò Emily.
Si concesse un’ultima sistemata alla frangia, che ormai copriva una ferita cicatrizzata.
E poi uscì dalla stanza.

Note dell'Autrice:

Eccomi di nuovo qua.

Questa fic me la sono sognata in un tedioso lunedì sera.

Io adoro Xerxes e a volte mi metterei letteralmente a piangere mentre leggo il manga... Come si fa a non volergli bene? E poi c’è Sharon, col suo sorriso dolce e  i suoi letali ventagli di carta!!^^

Ho pensato di unire il concetto delle stagioni col mutare del sentimento fra i due. Perchè per come la vedo io dovrebbero stare insieme... molto insieme!

E’ una raccolta di momenti tra loro due, con contorno degli altri protagonisti.

*sembra che stia parlando di un piatto da portata*

Sperando che possa piacere, la vostra autrice.

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Capitolo 2
*** * Summer ***


* Summer

“Niente ma, Xerx!”
Sharon era immobile, in posizione da sgridata, davanti alla porta ormai chiusa. Le belle sopracciglia aggrottate in un’espressione severa .Break sospirò maledicendo i suoi tredici anni, le crisi adolescenziali e tutto il resto.
“Adesso imparerai a ballare, sono stufa!”
Non che ce ne fosse un reale bisogno :a Sharon, data la giovane età, certe feste e cerimonie erano precluse, quindi non era poi così vitale per lei imparare alla perfezione l’arte del ballo. Ciò nonostante insisteva per esercitarsi due volte al giorno, per diventare una perfetta “gentildonna di corte”. E naturalmente il ruolo del partner era toccato a lui: Reim era dannatamente abile a non farsi trovare in quelle occasioni.
“Ojou-sama… non crede che…”
“Ti vergogni a ballare con me?” chiese l’adolescente acida.
Era più esatto dire che si vergognava ad ammettere di necessitare di lezioni: lui che dentro era rimasto un cavaliere. Sbuffò: una minima parola storta avrebbe scatenato le lamentele da adolescente che si sente rifiutata.
"Sua madre dovrebbe portarla a qualche festa con dei bei giovanotti: così la smetterebbe di considerarsi non all’altezza del genere maschile!" pensò. Salvo poi rendersi conto che l’immagine di Sharon a braccetto con un altro uomo, che non fosse lui, lo rendeva inspiegabilmente nervoso.
“Allora?!” “Miss, non è confacente che un servo prenda lezioni di alcun genere dal suo padrone!”
Sharon sembrò soddisfatta della risposta: fece partire il grammofono e gli tese la mano.
“Operetta a due tempi. Valzer viennese”decretò mentre Xerxes si metteva in posizione.
Per i primi cinque minuti filò tutto liscio e Break pensò di aver scampato il pericolo. Poi a un tratto Sharon gli spinse indietro la gamba col suo ginocchio “Break, vai a tempo!”
Da lì in poi fu un continuo “Sbagliato!” “Sei fuori tempo!” “L’uomo va sempre avanti e guida lui la dama!”
Quando la musica finì li lasciò quasi sfuggire un canto di gioia. Si sbatté su una poltrona sospirando.
Sharon lo fissava imbronciata, in piedi, a due passi dalla poltrona. Le mani intrecciate sul ventre.
 “Se ballassi con te, farei una pessima figura!” “Ma se siete molto più brava di me, miss!”
“Non importa! Io volevo ballare col mio principe, che si è rivelato una frana!!”
Sbuffò e fece dietro front verso la porta.
“Non mi ci vedo in calzamaglia azzurra… decisamente no…”

§§§

“Tu mi trovi carina?”
Erano sdraiati sotto un ciliegio. Sharon, appoggiata alla sua spalla, lo guardava dal basso verso alto. Break, a causa della calura estiva, stava per addormentarsi. Si riscosse quando lei gli diede un piccolo scossone ripetendo la domanda.
“Xerx, mi trovi carina?”
“Perché me lo chiedete ,miss?” borbottò stropicciandosi l’occhio, ancora mezzo assonnato.
La ragazzina sbuffò “Non so, forse  questo noioso giorno d’estate che mi fa pensare cose strane… Ma mi chiedevo se tu,ecco… se tu non mi conoscessi, ti innamoreresti di me?”
Break fissò la punta delle sue scarpe. La duchessina si accoccolò meglio sul suo petto.
Sospirando.
“Sì, ma una volta scoperto il vostro pessimo carattere vi lascerei subito!”sussurrò.
Sharon si fece rossa in viso, e non di certo per il caldo, e gli tirò una ciocca di capelli “Sii serio!” l’uomo rise piano, affondando il viso nei capelli di lei. Stringendola un po’ di più a sé.
Le posizioni si invertirono: ora era la spalla di Sharon a sostenere il capo di Break.
“Assolutamente sì, e farei cose pazze per voi. Tipo cavarmi da solo l’unico occhio che mi resta o smettere di respirare…” la ragazzina restò muta, stringendo un lembo della camicia di lui. Senza guardarlo in viso. Percepiva il respiro pesante dell’albino sulla pelle del collo, lasciata scoperta dal leggero tessuto del vestito.
 “Dici… dici sul serio, Xerx-nii?” mormorò esitante.
Ma non ottenne risposta.
“Xerx?”
Quando abbassò lo sguardo su di lui, lo trovò che dormiva. L’espressione rilassata, totalmente abbandonato contro di lei. Un leggero sorriso a incurvargli le labbra.
Non riuscì ad arrabbiarsi. Era troppo dolce.
Così indifeso…

§§§

“Questo è un sol, Xerx, non un mi!”
Il caldo sole di giugno vestiva di riflessi dorati il pavimento prezioso della saletta.
Sharon era seduta alla destra dell’albino e a intervalli regolari lo ammoniva.
Una scena non molto diversa dall’ultima lezione di ballo.
Se non fosse che ora erano molto più vicini. Sharon arrossì appena, sfiorando la mano candida di lui per spostarla sul tasto giusto.
Erano sempre state così bianche le sue mani?
“Hiiii… è una perdita di tempo miss: scarpe da ballo e pianoforte non fanno per me!!!”
“Non ti impegni Xerx-nii! Quello è un mi, questo è un sol!!”
L’albino sbuffò, picchiettando l’indice su un tasto a caso.
Un sol, finalmente?
“Non possiamo trovarle un passatempo più costruttivo?”
Sharon assunse il cipiglio severo delle sfuriate “No”
Un monosillabo che profetizzava l’arrivo di ventagliate sul capo.
Sbuffò più forte.
“Come vuole lei, miss…”
Sharon tornò con lo sguardo sulla tastiera. Mise le sue mani su quelle di Xerxes.
“Ora fai quello faccio io: ti guido, seguimi solo.”
E finalmente una dolce melodia si diffuse nell’aria.
Break restò a fissare perplesso le sue mani -le mani di lei- che correvano sui tasti neri e bianchi.
Sharon era a un soffio dal suo viso ora, una ciocca di capelli color miele a solleticargli il naso. Era tutta tesa verso di lui nel tentativo di inculcargli un po’ di sapere musicale.
Profumava di caramello, la sua ojou-sama… Di cannella e zucchero a velo. Un aroma dolce che lo rilassava.
Chiuse gli occhi, mentre la melodia ancora scorreva.
“Xerx!!! Cosa fai!!!”
L’urletto indignato della miss, una stonatura.
Sharon lo fissava tra il sorpreso e l’indignato.
E allora si rese conto di essere totalmente addossato a lei, col viso affondato nell’incavo del suo collo.
Arrossì, colpevole.
“Stavo solo beandomi del suo profumo, miss”
Lo disse con una tale innocenza che Sharon non seppe come arrabbiarsi. Dopo tutto era il suo eccentrico e bizzarro fratellone.
“Davvero?” e, avvicinandosi ancora di più a lui, si accoccolò fra le sue braccia.
“Cannella, zucchero a velo e caramello...”
Sharon ridacchiò “Tu hai un aroma standard: zucchero!” Break sollevò lo sguardo al soffitto a cassettoni.
“Per oggi va bene così?” Sharon si crogiolò in quel tepore zuccheroso che la stretta di lui.
“Per oggi sì, ma non ho ancora voglia di alzarmi…”
Rimasero abbracciati, sul sedile del pianoforte.
Con il sole che disegnava arabeschi sul pavimento lucido.

§§§

Si chiamava William. Era rosso con due iridi azzurre dolci e sincere. Figlio di un conte di Reveil. Era dolce, rideva spesso e quando arrossiva era dannatamente tenero. Si erano incontrati un paio di pomeriggi nelle prime settimane di agosto. Sua madre conosceva quella di lui da quando era piccola.
Non avevano nessuna pretesa. Erano solo due amici che conversavano all’ombra dei faggi nei caldi pomeriggi.
Break non gradiva, li osservava da sotto la veranda con lo sguardo severo. Come se quel pel di carota incarnasse l’origine di ogni male.
Nemmeno fosse lui il fautore della tragedia di Sabrier.
Poi un giorno William aveva smesso di venire alla villa. Senza preavviso.
“Sei stato tu vero?” Sharon si era ripromessa di non piangere mentre lo affrontava, un pomeriggio.
Break sorrise appena “Non posso pagare la colpa della poca costanza del vostro spasimante”
“L’avrai maltrattato! Sei indecente!!!” serrava i pugni per trattenersi dal colpirlo in viso. Lui la osservava inespressivo.
“Ojou-sama, mi lasci spiegare…..”
“No!” la ragazza gli si avvicinò feroce “E non devi essere geloso, non puoi!!”
Si fissarono: era quello il motivo?
Sharon arrossì. Lui era il suo servo, il suo amico, il suo fratellone.
Poteva essere altro?
“Xerxes… io….”
“Puntava alla vostra dote miss, mi sono informato. Negli ultimi tre anni,a causa di infausti investimenti, suo padre ha accumulato un paio di debiti. Nulla di preoccupante, ma sistemare il figlio con una come lei, miss, sarebbe risultato vantaggioso. In ogni caso”
Sotto lo sguardo di Break, che la guardava con tenerezza, si sentì come quando aveva quattro anni: ingenua  e fragile.
“Xerx… io…”
E di nuovo quella frase a metà… che non riusciva a finire per il groppo che le si era creato in gola.
Xerxes sorrise appena, allungandole una mano “Mi perdona miss?”
Sharon lo abbracciò, rifugiandosi in quel tepore dolce. Le venne da piangere.
“Scusa Xerx, onii-san… scusa…”
“E di cosa miss? Non lo sapevate…”
Si sentiva piccola, nonostante stesse crescendo. Forse perché lui era così deciso, sicuro nel proteggerla. Ma a lei stava stretto quel ruolo di damigella in pericolo costante.
Avrebbe voluto,per una volta,essere lei a proteggere lui.
“Ah!Miss… un po’ geloso lo ero davvero: e lo sarò sempre della mia miss….”
Sharon ridacchiò, il viso affondato nella camicia viola di lui.

§§§

“Non male la sua letio sull’amore…”
Sharon lisciò il ventaglio, nel tentativo di calmarsi. La sfuriata contro Oz era stata immotivata: e questo le bruciava.
“Non potevo sapere che facesse parte del contratto, spero che Oz non se ne venga a male…”fece avvilita.
Break ridacchiò “Dubito che Alice-chan  abbia colto il nesso del suo discorso,ojou-sama.”
Sharon sbuffò “E’ una cara ragazza, ma manca un po’ di esperienza nei temi amorosi…”
“Che lei ha in abbondanza, vero miss?” la ragazza gli scoccò un’occhiata gelida “Che intendi dire?” “Avete avuto molto spasimanti, verrà da questo la vostra saggezza sull'argomento… non parliamo dei romanzi rosa poi: pura fonte di ispirazione!”
Sharon si sentì tremendamente presa in giro: fece schioccare il ventaglio sulla gonna.
Avvertimento silente.
Break le arricciò una ciocca di capelli “E’ colpa tua. Se va avanti così non avrò mai un marito” “Avete fretta, miss?” “No. E’ solo che… almeno un fidanzato…”
Si alzò di scatto, lasciando Xerxes basito.
“Parlerà l’esperto! In tutti questi anni non ti ho mai visto accanto a una donna!!!”
“Il fatto che voi non mi vediate, non vuol dire che io me ne resti passivo….”
Sharon sussultò: perché quella frase le faceva così male?
“Break…” si voltò a cercare lo sguardo di lui: ma trovò solo la poltrona vuota. Restò delusa.
Poi un soffio caldo le accarezzò l’orecchio. Il solito profumo dolce a riempirle le narici.
“E comunque chiederei il permesso alla mia miss, prima di potermi unire con qualcuno in matrimonio…”
Sharon fissò lo sguardo sul pavimento: doveva forse gioirne?
Il fatto che dovesse chiederle il permesso di sposarsi non escludeva il fatto che Xerxes uscisse con una donna. Sospirò: perché l’idea di lui con un’altra gli faceva così male?
“Naturalmente. Ma non contare troppo sul mio assenso”
Si allontanò, prima che la situazione potesse prendere una piega spiacevole.
“Ora è lei ad essere gelosa, ojou-sama…”

§§§    

“Eeeeeetciiiiùùùùùù!!!”

"Mannaggia alle correnti d’aria"

Sharon gli rimboccò le coperte, amorevole.

"Ma in fondo, non mi è andata poi così male…"

“Possibile che tu sia capace di ammalarti anche d’estate?! Sei un fratellone incorreggibile!” la miss sorrideva dietro il finto tono di rimprovero. Sulla soglia, Reim scosse il capo con disapprovazione.
“Gliel’avevo detto di andare subito a cambiarsi: i temporali estivi portano sempre brutte sorprese”
“Nah, piantala di…..etciù! Sindacare… Reim….”tirò su con il naso lanciandogli un’occhiata malevola. Lunettes lo squadrava quasi soddisfatto “Non darmi mai ascolto, Xerxes. Fai pure!”
Sharon prese un termometro dal comò sulla destra e glielo mise in bocca con poca grazia “Ora stai zitto per un po’: o non riesco a misurartela!” l’albino grugnì, obbligato al silenzio.
“Vado ad avvisare sua madre, miss”fece Reim voltandosi.
“Grazie”
“Crepa…” mugulò l’albino all’indirizzo del castano.
“Xerx! Trentotto… caspita… così non va bene….”

"Ora che ci penso la testa mi fa un po’ male…"

Sbuffò, mentre Sharon armeggiava con pezzuole di lino e un catino d’acqua.
“Le darà una grande soddisfazione fare l’infermiera… nei suoi romanzi l’infermiera si innamora sempre del paziente…” e sorrise furbo.
“Sì, ma nei miei romanzi il paziente è più paziente!!” soffiò lei di rimando, posandogli la pezzuola sulla fronte. Restò per un attimo a crogiolarsi nella sensazione di fresco. Con le dita sottili di lei ad accarezzargli i capelli. Chiuse gli occhi: andava bene così, anche col mal di testa e il naso in black-out. Perché c’era lei.
Ma in fondo cos’era lei? Solo la sua padroncina?
Sussultò quando Sharon prese ad armeggiare con il colletto della sua camicia. Arrossì, assumendo una graziosa sfumatura ramata. Che c’era poi da arrossire!?
“Vado a farmi preparare qualcosa di caldo, tu non muoverti, eh!!” gli rimboccò le coperte e con un sorrisetto volteggiò fino alla porta.
Sbuffò, stiracchiandosi. Con l’età era pur normale avere quesiti esistenziali…
Non per uno come lui, però…
La testa continuava a pulsargli. Probabilmente erano solo i deliri causati dalla febbre.
Chiuse gli occhi.
Poi tutto divenne nero.

§§§

C’era freddo, un freddo tremendo. Che gli entrava nelle ossa.
E poi era rosso,tutto rosso. E c’era l’odore del sangue che gli dava alla testa. E c’era Sharon in quel mare rosso.
E lui non poteva fare niente.
Di nuovo.
Ma questa volta era diverso.
Stava affogando in quel rosso.
E lei, vestita di bianco, avvolta dal suo puro biancore, rideva.
“Xerx!”
Freddo, rosso, bianco.
“Xerx, mi stai facendo preoccupare! Reim, cos’ha?”
“Credo sia la febbre…”
Quando aprì gli occhi Sharon e Reim erano chini su di lui, e lo fissavano preoccupati. La ragazza gli accarezzava piano la fronte e il castano reggeva scuro in volto una pezzuola.
Ansimò un paio di volte prima di rendersi conto che era sveglio e che era lui a star male, non ojou-sama.
Sharon continuò a fissarlo tesa, e per un attimo le venne da sorridere. Il suo fratellone con le guance arrossate, la frangia incollata alla fronte, lo sguardo sperso, aveva un che di dolce e fragile. Un po’ gli ricordava Kevin: tanta paura negli occhi e quell’aria da animale ferito e bisognoso di cure. Reim gli pose la pezzuola sulla fronte.
“Il dottore ha detto che devi stare a riposo per una settimana buona, capito zuccone?”
Xerxes per un attimo non ci capì più niente: quando era arrivato il dottore?!
“Ti ha visitato un quarto d’ora fa… quando sono andata a verso le cucine l’ho incrociato lungo il corridoio. Mary l’aveva fatto entrare. Dopo che se n’è andato mi sono assentata per un paio di minuti e quando sono tornata qui ti agitavi…” “Allora la miss ha chiamato me”concluse Reim.
Xerxes deglutì a vuoto: aveva avuto un attacco di delirio bello e buono. Fantastico, ci mancava solo quello!
Sharon iniziò a parlottare con Reim.
Allora era solo un sogno. Un orribile incubo, a dire il vero.
Assunse un’espressione corrucciata: essere malato lo rendeva più vulnerabile. E questo gli dava i nervi.
Reim gli sorrise uscendo dalla stanza “A dopo, Break” lo fissava con aria di rimprovero, ma si scoprì troppo stanco per mandarlo a quel paese. Sharon fece anche lei per allontanarsi ma si sentì trattenere da unba mano che le afferrò la gonna.
“No…”biascicò l’albino, con la stessa espressione di un bambino piccolo che non vuole restare senza la mamma. Lei sorrise e si sedette sul bordo del letto, tenendogli la mano.
“Ora dormi, Xerx, prometto che non me ne vado!!”
Sorrideva… e Dio se era bella!
Era bella tutta. Dai capelli setosi alle labbra rosse. Piccole e sicuramente dello stesso sapore delle fragole. E poi la sua pelle vellutata, bianca, dello stesso profumo della panna fresca.
Alt!
Un conto era essere malato, un altro avere pensieri compromettenti sulla sua ojou-sama!
Si diede del cretino  e si portò la mano di lei accanto al viso. Vi ci strofinò contro la guancia.
Sospirò appena.
La sua Sharon. La sua preziosissima Sharon.
Ma sua fino a che punto? Un giorno si sarebbe sposata, qualcuno l’avrebbe toccata, accarezzata…
Magari avrebbero avuto dei figli…
E lui sarebbe rimasto solo un ricordo lontano, un oggetto da ornamento.
Sharon gli accarezzò i capelli, come per ricordargli che era lì. E l’albino sussultò.

"Oh, Dio! Ma io la…"

Alt,alt,alt!!!
Adesso era veramente troppo!
Doveva avere la febbre parecchio alta se il suo cervello iniziava a  propinargli certe questioni.
Chiuse gli occhi, mentre un torpore lieve lo avvolgeva.

§§§

Sharon sorrise. Finalmente si era addormentato. Fino a quel momento aveva avuto l’impressione che stesse rimuginando su qualcosa. Ma ora la fronte era distesa e si era praticamente ancorato alla sua mano. Era così carino, così indifeso e dolce… Il suo Xerxes che cercava sempre di proteggerla, di apparire imperturbabile dietro la sua maschera di ilarità. Per una volta era lei a doverlo proteggere: e poco importava se sarebbe stato solo per una settimana o poco più. Sorrise, accarezzandogli i capelli. Chissà cosa stava sognando.
Arrossì. Negli ultimi anni si era chiesta se fra loro ci potesse essere lo spazio per qualcosa di più, qualcosa che esulasse dall’essere servo e padrona. Xerxes l’avrebbe mai vista come una donna? Magari sensuale, provocante, desiderabile a livello fisico… Avrebbe smesso di pensare a lei come ad una sorella? Sospirò, fissando la finestra aperta sul giardino.
Un giorno sarebbe riuscito ad amarla come voleva lei?

§§§

La situazione aveva decisamente i suoi lati positivi.
Niente rapporti da firmare.
Niente lamentele di Reim.
Tutto il giorno assolutamente libero.
“Fratellone! Ti ho portato qualcosa da leggere!”
E Sharon in veste di crocerossina.
Non poteva desiderare altro.
Certo, avrebbe fatto a meno degli sciroppini dolci come il tossico, dei termometri e delle raccomandazioni che lo facevano sentire un  vecchietto con una sfilza di acciacchi.
Ma tutto sommato poteva sopportarlo.
“L’ho trovato in biblioteca! E’ da un secolo che non lo apre più nessuno!!”
Sollevò un sopracciglio critico, forse qualcosa c’era…
“Non sarà un romanzo rosa, ojou-sama… non è decisamente il mio campo…”
La duchessina sbuffò appena, rimboccandogli la coperta sulle ginocchia “Fa abbastanza fresco, qui?”chiese sviando il discorso. Xerxes sospirò “Sì, miss, sto una favola…”ma il successivo starnuto lo smentì.
“Vado in cucina a prenderti qualcosa” e gli allungò il volumetto. L’albino sorrise appena, soffermandosi a fissare la copertina color mogano.
Alice in Wonderland
Almeno non era una romanzo rosa.
Poi qualcosa gli sovvenne alla memoria…
Ecco cos’era! L’aveva già letto!

“Xex-nii, perché Alice dovrebbe seguire un coniglio?”
“Per curiosità, se no per che altro? Ojou-sama, lei non l’avrebbe seguito?”
La piccola ci rifletté su ,poi sorrise allegra “Io avrei seguito il Cappellaio! E’ più simpatico del coniglio!!”

Non riuscì a non sorridere. La sua miss così dolce.
Sfogliò il volume mentre una leggera brezza gli arruffava i capelli.
Sharon aveva i connotati delle eroine della letteratura.
Allegra, dolce, eccessivamente romantica…
Ma era anche determinata e recentemente era comparso un velo di maturità nei suoi gesti. La sua piccola stava crescendo. Anche se non lo avrebbe mai ammesso, la miss un giorno sarebbe diventata indipendente.
Avrebbe fatto a meno di lui.
Un groppo in gola gli impedì di respirare.
E poi?
Poi sarebbe diventato inutile. E magari un giorno Sharon avrebbe deciso che non era più così importante averlo tra i piedi. Magari gli avrebbe dato il bel servito, con uno dei suoi sorrisi dolci come il miele.
“Xerx! Sei ancora alla prima riga!?”
L’albino si riscosse “Che!? Oh… non si ricorda miss? L’ho già letto”
Sharon sorrise furba “Pensavo che ti facesse piacere” “Assolutamente”
La ragazza si sedette accanto a lui, allungandogli un dolce.
Una piccola tortina alla panna.
“Non dovrei evitarli? Sono malato, come va cantando Reim in giro per tutto il palazzo!” la duchessina sorrise “Uno solo non ti farà morire. E poi ti devo risarcire per tutti quegli sciroppi che dovrai ingoiare da qui alla fine delle settimana!!”
Xerxes si sporse appena mentre lei glielo metteva in bocca.
C’era il sapore dolce della panna, quello fresco della fragola, e per una frazione di secondo una nota che non seppe individuare. Che rimase lì, sulla punta della lingua, ben distinta dagli altri sapori.
E Sharon ritrasse la mano arrossendo, con la punta delle dita sporca di panna.
L’albino sorrise. La ragazzina sbuffò qualcosa e si alzò in piedi lesta.
“Vado… a vedere cosa fa Reim… torno subito…”
Poi sparì oltre la siepe di rose rosse.
Il giovane si appoggiò allo schienale della panchina soffiando.
Era sempre la prima volta con Sharon.
Avvenimenti banali per uno come lui risultavano pieni di imbarazzo.
Lo facevano sentire un adolescente alle prime armi.
Quello che era Sharon, dopo tutto.
Si umettò le labbra distratto.
La sua miss sarebbe cresciuta certo, ma avrebbe mantenuto quegli adorabili lati del suo carattere che lo facevano impazzire. Lei e il suo rossore, sempre pronto a tradirla, sulle guance.


Note della pseudo-autrice:
Eccomi di nuovo qua. Con la seconda stagione.
L'estate è calda, porta i profumi dei fiori e dei frutti, il sole rovente... e un sentimento che va a sfociare in qualcosa di ben diverso dall'amicizia o dall'affetto fraterno.
Romanticismo e qualche sega mentale per condire il tutto.
Sperando che possa piacere,vi saluto!
La Rouge

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