L'Erede di Durin di idrilcelebrindal (/viewuser.php?uid=344073)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sul campo di battaglia ***
Capitolo 2: *** Duello mortale ***
Capitolo 3: *** Quello che rimane ***
Capitolo 4: *** Consiglio di guerra ***
Capitolo 5: *** Diplomazia ***
Capitolo 6: *** Chi sei? ***
Capitolo 7: *** Andare avanti ***
Capitolo 8: *** Molti addii ***
Capitolo 9: *** Qualcosa di nuovo ***
Capitolo 10: *** Il racconto di Glòin ***
Capitolo 11: *** Decisioni difficili ***
Capitolo 12: *** Storri alla riscossa ***
Capitolo 13: *** Amore con sorpresa ***
Capitolo 14: *** Misteri svelati ***
Capitolo 1 *** Sul campo di battaglia ***
1.Sul campo di battaglia
La battaglia ormai infuriava per tutta la pianura davanti alle porte chiuse di Erebor ed arrivava a lambire il nuovo muro costruito da Thorin e dai suoi Compagni. Una figura apparve ad una estremità di esso, ma nessuno lo notò: erano troppo occupati a farsi a pezzi a vicenda. Un osservatore casuale avrebbe notato che era un nano, armato di tutto punto, con protezioni di splendida fattura ed un bellissimo elmo intarsiato, da cui sfuggivano lunghi capelli scuri. Posò davanti ai propri piedi un cesto colmo di frecce e si sfilò un arco dalla spalla, voltandosi a guardare dietro il muro, come in attesa di un segnale. Poi, improvvisamente, alzò l’arco e cominciò a bersagliare gli orchi che rientravano nella portata della sua arma. Non sbagliò neanche un colpo.
“Improvvisamente ci fu un grido fortissimo, e dalla Porta venne uno squillo di tromba. Avevano tutti dimenticato Thorin! Parte del muro, scalzato da leve,crollò e cadde nella pozza. Il Re sotto la Montagna balzò fuori ed i suoi compagni lo seguirono…” **
Kili gettò l’arco ormai inutile, saltò giù dallo spezzone di muro su cui si era ritrovato e seguì i compagni; non voleva restare troppo lontano da suo fratello, erano abituati a combattere insieme e senza di lui si sentiva scoperto.
La battaglia infuriava per tutta la pianura. Un Orco sbarrò la strada al giovane nano, ma Kili roteò fuori dalla sua portata e con un fendente gli tagliò i tendini delle ginocchia. Quando il mostro cadde in avanti fu pronto a calare la spada mozzandogli la testa.
Si girò per affrontare altri due nemici, abbattendoli, e si affrettò ad dirigersi nella direzione in cui Thorin avanzava aprendo grandi vuoti attorno a sé, con Fili al suo fianco, ma con la coda dell’occhio vide qualcosa che attirò la sua attenzione. Un piccolo nano, con una bella armatura e due spade gemelle, stava per essere sopraffatto: l’orco che aveva ucciso gli era rovinato addosso bloccandogli le gambe, ed un altro mostro incombeva su di lui con una orrenda mazza levata.
Kili non esitò: scattò nella sua direzione, ed allungando la spada bloccò il colpo che avrebbe ucciso il nano, affondando contemporaneamente la daga nel corpo dell’orco. Poi, rinfoderata la daga, porse la mano libera al piccolo nano.
“Dai, alzati!“ disse, praticamente tirando fuori di forza il piccoletto da sotto il cadavere che lo bloccava, ed egli fu subito in piedi davanti a lui. Era veramente molto piccolo, e chiaramente molto giovane. Davanti al viso portava una sciarpa nera, che lasciava scoperti solo due occhi chiari e sopracciglia bionde. “Tutto bene?”
“Sì, mio signore,” rispose il ragazzo con una voce sottile che confermò a Kili la sua prima impressione riguardo alla sua giovane età. E poi lo zio diceva che io ero troppo giovane, - pensò Kili. – Questo è poco più che un bambino.. Il suo sguardo, però, era fermo. “Come ti chiami?”
“Storri, mio signore”
“Io sono Kili. Vieni con me!” insieme corsero nella direzione dove Thorin e gli altri compagni combattevano.
Altrove è descritta la Battaglia, come gli eserciti dei Popoli Liberi rischiarono di soccombere, come in loro aiuto accorsero le Aquile, e come alla fine comparve anche Beorn in forma d’orso.
Canti furono composti sulla lotta tra Azog il Profanatore e Thorin Scudodiquercia, Re sotto la Montagna, e come alla fine questi abbia abbattuto il suo nemico, solo per cadere trafitto dal suo mostruoso luogotenente; e quei canti narrano anche del suo biondo erede, che si erse a difesa del corpo di colui che amava come un padre.
Per Kili quei momenti furono del tutto irreali. Voleva solo raggiungere suo zio e suo fratello; combatteva travolgendo tutto e tutti, e senza alcun interesse vide i suoi compagni combattere in ordine sparso, divisi dai nemici. Vide Thorin combattere contro l’Orco Pallido; gioì della sua vittoria; urlò quando lo vide cadere, e raddoppiò i suoi sforzi abbattendo chiunque si trovasse sul suo cammino. Riusciva solo a pensare che doveva arrivare là, che doveva essere al suo fianco; non si curava di proteggersi le spalle, e sarebbe caduto mille volte se il piccolo Storri non l’avesse seguito difendendolo dagli attacchi inaspettati. Ma i nemici erano troppi. Solo quando Dwalin potè raggiungerlo e si pose al suo fianco, Kili riuscì ad avanzare verso la sua meta: i nemici parevano svanire davanti a loro, ed il giovane principe li vedeva appena.
I suoi occhi erano fissi sulla figura eroica di Fili, che, piantato accanto al corpo dello zio, respingeva ogni assalto. Kili urlò ancora, il sangue divenuto ghiaccio nelle sue vene, quando vide il corpo del fratello ondeggiare, colpito alle spalle da un dardo di balestra; respirò quando lo vide ricominciare a combattere. Resisti, fratellone, sto arrivando! Resisti, Fili… Il nano biondo si voltò verso di lui, come se il pensiero lo avesse raggiunto, e per un secondo gli occhi azzurri incontrarono quelli scuri.
“Fili! Arrivo!” gridò Kili. Mancavano poche decine di metri, ormai.. Kili sentì Dwalin imprecare al suo fianco, e seguì il suo sguardo. Un Orco mostruoso, anch’esso pallido, avanzava verso il punto dove giaceva Thorin; i suoi sottoposti si scansavano in fretta dalla sua strada, e anche così ne calpestò molti. In una mano teneva una enorme mazza con decine di punte, nell’altra una lunga lancia. Kili si sentì morire. Quello deve essere Bolg, ed è chiaro cosa vuole..
“ Togliti di mezzo, nano!” ruggì. “Non è te che voglio!”
“Mai” mugugnò Fili, impugnando meglio le sue due spade.
“Allora muori”
Fili evitò il primo colpo della mostruosa mazza, chinandosi; scartò di lato, evitando la lancia e ferendo l’orco al braccio con il colpo di ritorno. Bolg ruggì, ma Fili tornò immediatamente al suo posto, davanti al corpo di Thorin, che non riusciva a rialzarsi.
Altri nani si gettarono su Bolg, e la battaglia infuriava intorno ai due contendenti, ma Fili, nonostante le ferite, teneva duro, finchè non scivolò sul suo stesso sangue. Indebolito, rallentato dal dardo tuttora conficcato nella sua schiena, non riuscì a recuperare la posizione in tempo: il mostro, vista l’apertura, lo trafisse con la lancia proprio sotto lo sterno. Il principe di Erebor cadde in ginocchio, lasciando scivolare via le spade e portandosi le mani all’orribile ferita.
Il mondo di Kili andò in frantumi.
Il mostro stava alzando la mazza per infliggere il colpo di grazia, quando fu scagliato a terra da una meteora inaspettata, lasciando cadere ogni arma: Kili si era gettato su di lui con tutto il suo peso e lo aveva travolto, rotolando oltre per trovarsi immediatamente in piedi. Con un colpo netto tagliò il polso del mostro, così come Thorin aveva fatto a suo padre, e Bolg ruggì di rabbia e di dolore, mentre Kili tornava in guardia cercando il modo per colpirlo di nuovo. Dalla parte opposta Dwalin calò l’ascia sulla spalla dell’Orco, ottenendo però solo di frantumare la protezione metallica.
L’Orco si alzò in piedi, ma al suo urlo rauco fece ecco un ruggito ben più forte: pochi metri dietro di lui era comparso Beorn, in forma di gigantesco orso. Senza che Kili se ne accorgesse – aveva occhi solo per il fratello – Beorn era arrivato facendo strage di orchi e mannari e mettendone in fuga molti, tanto che i Popoli Liberi avevano avuto modo di rifiatare e di cominciare a loro volta a respingere gli orchi verso ovest.
Bolg vide Beorn che avanzava direttamente su di lui e, stringendosi il moncherino, fuggì travolgendo anche i suoi. Beorn si avvicinò, sollevò delicatamente Thorin – Kili vide che respirava ancora, sebbene a fatica – e lo portò con sé.
Il giovane nano gettò a terra la spada e l’elmo e si inginocchiò accanto a suo fratello. Lo prese tra le braccia e lo strinse a sé, si appoggiò la testa bionda sulla spalla; ma l’orrore lo travolse quando vide le terribili ferite subite da Fili. Gli tolse delicatamente l’elmo e lo chiamò.
“Fili! Fratello, rispondi…” singhiozzò. Il viso del biondo erede di Erebor era cinereo; dall’angolo della bocca un sottile rivolo di sangue andava a macchiare i baffi intrecciati. Stringeva le mani sullo stomaco, senza riuscire a fermare il sangue che scorreva dalla ferita, e dal suo petto sporgeva la punta del dardo che l’aveva trapassato. Teneva gli occhi chiusi e sembrava non respirasse nemmeno. Non può succedere, no! Deve esserci qualcosa … Kili si voltò in cerca di aiuto e subito Dwalin fu al suo fianco; il giovane nano gli gettò uno sguardo pieno si ansiose domande, ma il dolore negli occhi del grande guerriero confermò i suoi peggiori timori.
“Fili… Fili…” le lacrime lasciavano tracce pulite sul viso di Kili. “ Ti prego.. non lasciarmi..” Sentiva il corpo del fratello tremare appena tra le sue braccia. “Ti prego, resisti… andrà tutto bene…”
Qualcosa di quel disperato richiamo dovette superare la barriera di atroce sofferenza, perché un lieve sospiro sollevò il petto del ferito, e gli occhi azzurri si aprirono, offuscati dal dolore. Con immensa fatica alzò una mano insanguinata. Dalle labbra contratte uscì un sussurro: “ Kili…”
“Sono qui, fratello, non parlare, andrà tutto bene…” Gli prese la mano e la strinse.
Un altro respiro rantolante, un sussurro, che Kili indovinò, più che sentire: “ Lo zio..?”
“E’ vivo, Beorn l’ha portato via, non ti preoccupare.. Fili..”
“Allora non ho fallito…Kili, fratello, non ti vedo più…”
“Oh, Fili, no, no,no,no,…” Kili sentì il corpo del fratello abbandonarsi tra le sue braccia; la mano macchiata di sangue ricadde, gli occhi azzurri erano rivolti verso il cielo che non potevano più vedere. Mai, mai il più giovane dei Durin avrebbe dimenticato quell’istante, quando aveva sentito la vita di suo fratello scivolare via insieme al sangue delle ferite. Alzò gli occhi e si guardò intorno, senza vedere nulla. Bofur, Nori, Ori, Oin, Gloin, Bombur si stavano avvicinando, ma lui non li riconobbe. Perché il cielo non sta crollando?Si chiese. Il mondo intero dovrebbe piangere.
Abbassò lo sguardo sul volto di suo fratello, finalmente disteso, e con un grido soffocato affondò il viso nella foresta di trecce bionde sparse sul suo braccio. Non è vero, no, non può essere… La sua mente si rifiutava di capire, di credere, di pensare all’enormità di quello che era successo: Fili, il suo amato Fili, il suo fratellone, il centro del suo mondo, non era più con lui. Si sentiva agghiacciato, come se fosse tornato il bambino che nel sonno chiamava il fratello più grande per scacciare gli incubi, o che si infilava nel suo letto in cerca di conforto… ma questa volta Fili non sarebbe stato lì a rassicurarlo e proteggerlo. La sua vita era finita con quella di suo fratello.
Poi sentì una mano sulla spalla ed una voce.
“ Mio signore… “ la voce era di Ori. “ Mio signore.. cosa…cosa dobbiamo fare?”
** J.R.R.Tolkien, L’hobbit, ed. Bompiani, pag.319
1.Sul campo di battaglia
La battaglia ormai infuriava per tutta la pianura davanti alle porte chiuse di Erebor ed arrivava a lambire il nuovo muro costruito da Thorin e dai suoi Compagni. Una figura apparve ad una estremità di esso, ma nessuno lo notò: erano troppo occupati a farsi a pezzi a vicenda. Un osservatore casuale avrebbe notato che era un nano, armato di tutto punto, con protezioni di splendida fattura ed un bellissimo elmo intarsiato, da cui sfuggivano lunghi capelli scuri. Posò davanti ai propri piedi un cesto colmo di frecce e si sfilò un arco dalla spalla, voltandosi a guardare dietro il muro, come in attesa di un segnale. Poi, improvvisamente, alzò l’arco e cominciò a bersagliare gli orchi che rientravano nella portata della sua arma. Non sbagliò neanche un colpo.
“Improvvisamente ci fu un grido fortissimo, e dalla Porta venne uno squillo di tromba. Avevano tutti dimenticato Thorin! Parte del muro, scalzato da leve,crollò e cadde nella pozza. Il Re sotto la Montagna balzò fuori ed i suoi compagni lo seguirono…” **
Kili gettò l’arco ormai inutile, saltò giù dallo spezzone di muro su cui si era ritrovato e seguì i compagni; non voleva restare troppo lontano da suo fratello, erano abituati a combattere insieme e senza di lui si sentiva scoperto.
La battaglia infuriava per tutta la pianura. Un Orco sbarrò la strada al giovane nano, ma Kili roteò fuori dalla sua portata e con un fendente gli tagliò i tendini delle ginocchia. Quando il mostro cadde in avanti fu pronto a calare la spada mozzandogli la testa.
Si girò per affrontare altri due nemici, abbattendoli, e si affrettò ad dirigersi nella direzione in cui Thorin avanzava aprendo grandi vuoti attorno a sé, con Fili al suo fianco, ma con la coda dell’occhio vide qualcosa che attirò la sua attenzione. Un piccolo nano, con una bella armatura e due spade gemelle, stava per essere sopraffatto: l’orco che aveva ucciso gli era rovinato addosso bloccandogli le gambe, ed un altro mostro incombeva su di lui con una orrenda mazza levata.
Kili non esitò: scattò nella sua direzione, ed allungando la spada bloccò il colpo che avrebbe ucciso il nano, affondando contemporaneamente la daga nel corpo dell’orco. Poi, rinfoderata la daga, porse la mano libera al piccolo nano.
“Dai, alzati!“ disse, praticamente tirando fuori di forza il piccoletto da sotto il cadavere che lo bloccava, ed egli fu subito in piedi davanti a lui. Era veramente molto piccolo, e chiaramente molto giovane. Davanti al viso portava una sciarpa nera, che lasciava scoperti solo due occhi chiari e sopracciglia bionde. “Tutto bene?”
“Sì, mio signore,” rispose il ragazzo con una voce sottile che confermò a Kili la sua prima impressione riguardo alla sua giovane età. E poi lo zio diceva che io ero troppo giovane, - pensò Kili. – Questo è poco più che un bambino.. Il suo sguardo, però, era fermo. “Come ti chiami?”
“Storri, mio signore”
“Io sono Kili. Vieni con me!” insieme corsero nella direzione dove Thorin e gli altri compagni combattevano.
Altrove è descritta la Battaglia, come gli eserciti dei Popoli Liberi rischiarono di soccombere, come in loro aiuto accorsero le Aquile, e come alla fine comparve anche Beorn in forma d’orso.
Canti furono composti sulla lotta tra Azog il Profanatore e Thorin Scudodiquercia, Re sotto la Montagna, e come alla fine questi abbia abbattuto il suo nemico, solo per cadere trafitto dal suo mostruoso luogotenente; e quei canti narrano anche del suo biondo erede, che si erse a difesa del corpo di colui che amava come un padre.
Per Kili quei momenti furono del tutto irreali. Voleva solo raggiungere suo zio e suo fratello; combatteva travolgendo tutto e tutti, e senza alcun interesse vide i suoi compagni combattere in ordine sparso, divisi dai nemici. Vide Thorin combattere contro l’Orco Pallido; gioì della sua vittoria; urlò quando lo vide cadere, e raddoppiò i suoi sforzi abbattendo chiunque si trovasse sul suo cammino. Riusciva solo a pensare che doveva arrivare là, che doveva essere al suo fianco; non si curava di proteggersi le spalle, e sarebbe caduto mille volte se il piccolo Storri non l’avesse seguito difendendolo dagli attacchi inaspettati. Ma i nemici erano troppi. Solo quando Dwalin potè raggiungerlo e si pose al suo fianco, Kili riuscì ad avanzare verso la sua meta: i nemici parevano svanire davanti a loro, ed il giovane principe li vedeva appena.
I suoi occhi erano fissi sulla figura eroica di Fili, che, piantato accanto al corpo dello zio, respingeva ogni assalto. Kili urlò ancora, il sangue divenuto ghiaccio nelle sue vene, quando vide il corpo del fratello ondeggiare, colpito alle spalle da un dardo di balestra; respirò quando lo vide ricominciare a combattere. Resisti, fratellone, sto arrivando! Resisti, Fili… Il nano biondo si voltò verso di lui, come se il pensiero lo avesse raggiunto, e per un secondo gli occhi azzurri incontrarono quelli scuri.
“Fili! Arrivo!” gridò Kili. Mancavano poche decine di metri, ormai.. Kili sentì Dwalin imprecare al suo fianco, e seguì il suo sguardo. Un Orco mostruoso, anch’esso pallido, avanzava verso il punto dove giaceva Thorin; i suoi sottoposti si scansavano in fretta dalla sua strada, e anche così ne calpestò molti. In una mano teneva una enorme mazza con decine di punte, nell’altra una lunga lancia. Kili si sentì morire. Quello deve essere Bolg, ed è chiaro cosa vuole..
“ Togliti di mezzo, nano!” ruggì. “Non è te che voglio!”
“Mai” mugugnò Fili, impugnando meglio le sue due spade.
“Allora muori”
Fili evitò il primo colpo della mostruosa mazza, chinandosi; scartò di lato, evitando la lancia e ferendo l’orco al braccio con il colpo di ritorno. Bolg ruggì, ma Fili tornò immediatamente al suo posto, davanti al corpo di Thorin, che non riusciva a rialzarsi.
Altri nani si gettarono su Bolg, e la battaglia infuriava intorno ai due contendenti, ma Fili, nonostante le ferite, teneva duro, finchè non scivolò sul suo stesso sangue. Indebolito, rallentato dal dardo tuttora conficcato nella sua schiena, non riuscì a recuperare la posizione in tempo: il mostro, vista l’apertura, lo trafisse con la lancia proprio sotto lo sterno. Il principe di Erebor cadde in ginocchio, lasciando scivolare via le spade e portandosi le mani all’orribile ferita.
Il mondo di Kili andò in frantumi.
Il mostro stava alzando la mazza per infliggere il colpo di grazia, quando fu scagliato a terra da una meteora inaspettata, lasciando cadere ogni arma: Kili si era gettato su di lui con tutto il suo peso e lo aveva travolto, rotolando oltre per trovarsi immediatamente in piedi. Con un colpo netto tagliò il polso del mostro, così come Thorin aveva fatto a suo padre, e Bolg ruggì di rabbia e di dolore, mentre Kili tornava in guardia cercando il modo per colpirlo di nuovo. Dalla parte opposta Dwalin calò l’ascia sulla spalla dell’Orco, ottenendo però solo di frantumare la protezione metallica.
L’Orco si alzò in piedi, ma al suo urlo rauco fece ecco un ruggito ben più forte: pochi metri dietro di lui era comparso Beorn, in forma di gigantesco orso. Senza che Kili se ne accorgesse – aveva occhi solo per il fratello – Beorn era arrivato facendo strage di orchi e mannari e mettendone in fuga molti, tanto che i Popoli Liberi avevano avuto modo di rifiatare e di cominciare a loro volta a respingere gli orchi verso ovest.
Bolg vide Beorn che avanzava direttamente su di lui e, stringendosi il moncherino, fuggì travolgendo anche i suoi. Beorn si avvicinò, sollevò delicatamente Thorin – Kili vide che respirava ancora, sebbene a fatica – e lo portò con sé.
Il giovane nano gettò a terra la spada e l’elmo e si inginocchiò accanto a suo fratello. Lo prese tra le braccia e lo strinse a sé, si appoggiò la testa bionda sulla spalla; ma l’orrore lo travolse quando vide le terribili ferite subite da Fili. Gli tolse delicatamente l’elmo e lo chiamò.
“Fili! Fratello, rispondi…” singhiozzò. Il viso del biondo erede di Erebor era cinereo; dall’angolo della bocca un sottile rivolo di sangue andava a macchiare i baffi intrecciati. Stringeva le mani sullo stomaco, senza riuscire a fermare il sangue che scorreva dalla ferita, e dal suo petto sporgeva la punta del dardo che l’aveva trapassato. Teneva gli occhi chiusi e sembrava non respirasse nemmeno. Non può succedere, no! Deve esserci qualcosa … Kili si voltò in cerca di aiuto e subito Dwalin fu al suo fianco; il giovane nano gli gettò uno sguardo pieno si ansiose domande, ma il dolore negli occhi del grande guerriero confermò i suoi peggiori timori.
“Fili… Fili…” le lacrime lasciavano tracce pulite sul viso di Kili. “ Ti prego.. non lasciarmi..” Sentiva il corpo del fratello tremare appena tra le sue braccia. “Ti prego, resisti… andrà tutto bene…”
Qualcosa di quel disperato richiamo dovette superare la barriera di atroce sofferenza, perché un lieve sospiro sollevò il petto del ferito, e gli occhi azzurri si aprirono, offuscati dal dolore. Con immensa fatica alzò una mano insanguinata. Dalle labbra contratte uscì un sussurro: “ Kili…”
“Sono qui, fratello, non parlare, andrà tutto bene…” Gli prese la mano e la strinse.
Un altro respiro rantolante, un sussurro, che Kili indovinò, più che sentire: “ Lo zio..?”
“E’ vivo, Beorn l’ha portato via, non ti preoccupare.. Fili..”
“Allora non ho fallito…Kili, fratello, non ti vedo più…”
“Oh, Fili, no, no,no,no,…” Kili sentì il corpo del fratello abbandonarsi tra le sue braccia; la mano macchiata di sangue ricadde, gli occhi azzurri erano rivolti verso il cielo che non potevano più vedere. Mai, mai il più giovane dei Durin avrebbe dimenticato quell’istante, quando aveva sentito la vita di suo fratello scivolare via insieme al sangue delle ferite. Alzò gli occhi e si guardò intorno, senza vedere nulla. Bofur, Nori, Ori, Oin, Gloin, Bombur si stavano avvicinando, ma lui non li riconobbe. Perché il cielo non sta crollando?Si chiese. Il mondo intero dovrebbe piangere.
Abbassò lo sguardo sul volto di suo fratello, finalmente disteso, e con un grido soffocato affondò il viso nella foresta di trecce bionde sparse sul suo braccio. Non è vero, no, non può essere… La sua mente si rifiutava di capire, di credere, di pensare all’enormità di quello che era successo: Fili, il suo amato Fili, il suo fratellone, il centro del suo mondo, non era più con lui. Si sentiva agghiacciato, come se fosse tornato il bambino che nel sonno chiamava il fratello più grande per scacciare gli incubi, o che si infilava nel suo letto in cerca di conforto… ma questa volta Fili non sarebbe stato lì a rassicurarlo e proteggerlo. La sua vita era finita con quella di suo fratello.
Poi sentì una mano sulla spalla ed una voce.
“ Mio signore… “ la voce era di Ori. “ Mio signore.. cosa…cosa dobbiamo fare?”
** J.R.R.Tolkien, L’hobbit, ed. Bompiani, pag.319
1.Sul campo di battaglia
La battaglia ormai infuriava per tutta la pianura davanti alle porte chiuse di Erebor ed arrivava a lambire il nuovo muro costruito da Thorin e dai suoi Compagni. Una figura apparve ad una estremità di esso, ma nessuno lo notò: erano troppo occupati a farsi a pezzi a vicenda. Un osservatore casuale avrebbe notato che era un nano, armato di tutto punto, con protezioni di splendida fattura ed un bellissimo elmo intarsiato, da cui sfuggivano lunghi capelli scuri. Posò davanti ai propri piedi un cesto colmo di frecce e si sfilò un arco dalla spalla, voltandosi a guardare dietro il muro, come in attesa di un segnale. Poi, improvvisamente, alzò l’arco e cominciò a bersagliare gli orchi che rientravano nella portata della sua arma. Non sbagliò neanche un colpo.
“Improvvisamente ci fu un grido fortissimo, e dalla Porta venne uno squillo di tromba. Avevano tutti dimenticato Thorin! Parte del muro, scalzato da leve,crollò e cadde nella pozza. Il Re sotto la Montagna balzò fuori ed i suoi compagni lo seguirono…” **
Kili gettò l’arco ormai inutile, saltò giù dallo spezzone di muro su cui si era ritrovato e seguì i compagni; non voleva restare troppo lontano da suo fratello, erano abituati a combattere insieme e senza di lui si sentiva scoperto.
La battaglia infuriava per tutta la pianura. Un Orco sbarrò la strada al giovane nano, ma Kili roteò fuori dalla sua portata e con un fendente gli tagliò i tendini delle ginocchia. Quando il mostro cadde in avanti fu pronto a calare la spada mozzandogli la testa.
Si girò per affrontare altri due nemici, abbattendoli, e si affrettò ad dirigersi nella direzione in cui Thorin avanzava aprendo grandi vuoti attorno a sé, con Fili al suo fianco, ma con la coda dell’occhio vide qualcosa che attirò la sua attenzione. Un piccolo nano, con una bella armatura e due spade gemelle, stava per essere sopraffatto: l’orco che aveva ucciso gli era rovinato addosso bloccandogli le gambe, ed un altro mostro incombeva su di lui con una orrenda mazza levata.
Kili non esitò: scattò nella sua direzione, ed allungando la spada bloccò il colpo che avrebbe ucciso il nano, affondando contemporaneamente la daga nel corpo dell’orco. Poi, rinfoderata la daga, porse la mano libera al piccolo nano.
“Dai, alzati!“ disse, praticamente tirando fuori di forza il piccoletto da sotto il cadavere che lo bloccava, ed egli fu subito in piedi davanti a lui. Era veramente molto piccolo, e chiaramente molto giovane. Davanti al viso portava una sciarpa nera, che lasciava scoperti solo due occhi chiari e sopracciglia bionde. “Tutto bene?”
“Sì, mio signore,” rispose il ragazzo con una voce sottile che confermò a Kili la sua prima impressione riguardo alla sua giovane età. E poi lo zio diceva che io ero troppo giovane, - pensò Kili. – Questo è poco più che un bambino.. Il suo sguardo, però, era fermo. “Come ti chiami?”
“Storri, mio signore”
“Io sono Kili. Vieni con me!” insieme corsero nella direzione dove Thorin e gli altri compagni combattevano.
Altrove è descritta la Battaglia, come gli eserciti dei Popoli Liberi rischiarono di soccombere, come in loro aiuto accorsero le Aquile, e come alla fine comparve anche Beorn in forma d’orso.
Canti furono composti sulla lotta tra Azog il Profanatore e Thorin Scudodiquercia, Re sotto la Montagna, e come alla fine questi abbia abbattuto il suo nemico, solo per cadere trafitto dal suo mostruoso luogotenente; e quei canti narrano anche del suo biondo erede, che si erse a difesa del corpo di colui che amava come un padre.
Per Kili quei momenti furono del tutto irreali. Voleva solo raggiungere suo zio e suo fratello; combatteva travolgendo tutto e tutti, e senza alcun interesse vide i suoi compagni combattere in ordine sparso, divisi dai nemici. Vide Thorin combattere contro l’Orco Pallido; gioì della sua vittoria; urlò quando lo vide cadere, e raddoppiò i suoi sforzi abbattendo chiunque si trovasse sul suo cammino. Riusciva solo a pensare che doveva arrivare là, che doveva essere al suo fianco; non si curava di proteggersi le spalle, e sarebbe caduto mille volte se il piccolo Storri non l’avesse seguito difendendolo dagli attacchi inaspettati. Ma i nemici erano troppi. Solo quando Dwalin potè raggiungerlo e si pose al suo fianco, Kili riuscì ad avanzare verso la sua meta: i nemici parevano svanire davanti a loro, ed il giovane principe li vedeva appena.
I suoi occhi erano fissi sulla figura eroica di Fili, che, piantato accanto al corpo dello zio, respingeva ogni assalto. Kili urlò ancora, il sangue divenuto ghiaccio nelle sue vene, quando vide il corpo del fratello ondeggiare, colpito alle spalle da un dardo di balestra; respirò quando lo vide ricominciare a combattere. Resisti, fratellone, sto arrivando! Resisti, Fili… Il nano biondo si voltò verso di lui, come se il pensiero lo avesse raggiunto, e per un secondo gli occhi azzurri incontrarono quelli scuri.
“Fili! Arrivo!” gridò Kili. Mancavano poche decine di metri, ormai.. Kili sentì Dwalin imprecare al suo fianco, e seguì il suo sguardo. Un Orco mostruoso, anch’esso pallido, avanzava verso il punto dove giaceva Thorin; i suoi sottoposti si scansavano in fretta dalla sua strada, e anche così ne calpestò molti. In una mano teneva una enorme mazza con decine di punte, nell’altra una lunga lancia. Kili si sentì morire. Quello deve essere Bolg, ed è chiaro cosa vuole..
“ Togliti di mezzo, nano!” ruggì. “Non è te che voglio!”
“Mai” mugugnò Fili, impugnando meglio le sue due spade.
“Allora muori”
Fili evitò il primo colpo della mostruosa mazza, chinandosi; scartò di lato, evitando la lancia e ferendo l’orco al braccio con il colpo di ritorno. Bolg ruggì, ma Fili tornò immediatamente al suo posto, davanti al corpo di Thorin, che non riusciva a rialzarsi.
Altri nani si gettarono su Bolg, e la battaglia infuriava intorno ai due contendenti, ma Fili, nonostante le ferite, teneva duro, finchè non scivolò sul suo stesso sangue. Indebolito, rallentato dal dardo tuttora conficcato nella sua schiena, non riuscì a recuperare la posizione in tempo: il mostro, vista l’apertura, lo trafisse con la lancia proprio sotto lo sterno. Il principe di Erebor cadde in ginocchio, lasciando scivolare via le spade e portandosi le mani all’orribile ferita.
Il mondo di Kili andò in frantumi.
Il mostro stava alzando la mazza per infliggere il colpo di grazia, quando fu scagliato a terra da una meteora inaspettata, lasciando cadere ogni arma: Kili si era gettato su di lui con tutto il suo peso e lo aveva travolto, rotolando oltre per trovarsi immediatamente in piedi. Con un colpo netto tagliò il polso del mostro, così come Thorin aveva fatto a suo padre, e Bolg ruggì di rabbia e di dolore, mentre Kili tornava in guardia cercando il modo per colpirlo di nuovo. Dalla parte opposta Dwalin calò l’ascia sulla spalla dell’Orco, ottenendo però solo di frantumare la protezione metallica.
L’Orco si alzò in piedi, ma al suo urlo rauco fece ecco un ruggito ben più forte: pochi metri dietro di lui era comparso Beorn, in forma di gigantesco orso. Senza che Kili se ne accorgesse – aveva occhi solo per il fratello – Beorn era arrivato facendo strage di orchi e mannari e mettendone in fuga molti, tanto che i Popoli Liberi avevano avuto modo di rifiatare e di cominciare a loro volta a respingere gli orchi verso ovest.
Bolg vide Beorn che avanzava direttamente su di lui e, stringendosi il moncherino, fuggì travolgendo anche i suoi. Beorn si avvicinò, sollevò delicatamente Thorin – Kili vide che respirava ancora, sebbene a fatica – e lo portò con sé.
Il giovane nano gettò a terra la spada e l’elmo e si inginocchiò accanto a suo fratello. Lo prese tra le braccia e lo strinse a sé, si appoggiò la testa bionda sulla spalla; ma l’orrore lo travolse quando vide le terribili ferite subite da Fili. Gli tolse delicatamente l’elmo e lo chiamò.
“Fili! Fratello, rispondi…” singhiozzò. Il viso del biondo erede di Erebor era cinereo; dall’angolo della bocca un sottile rivolo di sangue andava a macchiare i baffi intrecciati. Stringeva le mani sullo stomaco, senza riuscire a fermare il sangue che scorreva dalla ferita, e dal suo petto sporgeva la punta del dardo che l’aveva trapassato. Teneva gli occhi chiusi e sembrava non respirasse nemmeno. Non può succedere, no! Deve esserci qualcosa … Kili si voltò in cerca di aiuto e subito Dwalin fu al suo fianco; il giovane nano gli gettò uno sguardo pieno si ansiose domande, ma il dolore negli occhi del grande guerriero confermò i suoi peggiori timori.
“Fili… Fili…” le lacrime lasciavano tracce pulite sul viso di Kili. “ Ti prego.. non lasciarmi..” Sentiva il corpo del fratello tremare appena tra le sue braccia. “Ti prego, resisti… andrà tutto bene…”
Qualcosa di quel disperato richiamo dovette superare la barriera di atroce sofferenza, perché un lieve sospiro sollevò il petto del ferito, e gli occhi azzurri si aprirono, offuscati dal dolore. Con immensa fatica alzò una mano insanguinata. Dalle labbra contratte uscì un sussurro: “ Kili…”
“Sono qui, fratello, non parlare, andrà tutto bene…” Gli prese la mano e la strinse.
Un altro respiro rantolante, un sussurro, che Kili indovinò, più che sentire: “ Lo zio..?”
“E’ vivo, Beorn l’ha portato via, non ti preoccupare.. Fili..”
“Allora non ho fallito…Kili, fratello, non ti vedo più…”
“Oh, Fili, no, no,no,no,…” Kili sentì il corpo del fratello abbandonarsi tra le sue braccia; la mano macchiata di sangue ricadde, gli occhi azzurri erano rivolti verso il cielo che non potevano più vedere. Mai, mai il più giovane dei Durin avrebbe dimenticato quell’istante, quando aveva sentito la vita di suo fratello scivolare via insieme al sangue delle ferite. Alzò gli occhi e si guardò intorno, senza vedere nulla. Bofur, Nori, Ori, Oin, Gloin, Bombur si stavano avvicinando, ma lui non li riconobbe. Perché il cielo non sta crollando?Si chiese. Il mondo intero dovrebbe piangere.
Abbassò lo sguardo sul volto di suo fratello, finalmente disteso, e con un grido soffocato affondò il viso nella foresta di trecce bionde sparse sul suo braccio. Non è vero, no, non può essere… La sua mente si rifiutava di capire, di credere, di pensare all’enormità di quello che era successo: Fili, il suo amato Fili, il suo fratellone, il centro del suo mondo, non era più con lui. Si sentiva agghiacciato, come se fosse tornato il bambino che nel sonno chiamava il fratello più grande per scacciare gli incubi, o che si infilava nel suo letto in cerca di conforto… ma questa volta Fili non sarebbe stato lì a rassicurarlo e proteggerlo. La sua vita era finita con quella di suo fratello.
Poi sentì una mano sulla spalla ed una voce.
“ Mio signore… “ la voce era di Ori. “ Mio signore.. cosa…cosa dobbiamo fare?”
** J.R.R.Tolkien, L’hobbit, ed. Bompiani, pag.319
Not
1.Sul campo di battaglia
La battaglia ormai infuriava per tutta la pianura davanti alle porte chiuse di Erebor ed arrivava a lambire il nuovo muro costruito da Thorin e dai suoi Compagni. Una figura apparve ad una estremità di esso, ma nessuno lo notò: erano troppo occupati a farsi a pezzi a vicenda. Un osservatore casuale avrebbe notato che era un nano, armato di tutto punto, con protezioni di splendida fattura ed un bellissimo elmo intarsiato, da cui sfuggivano lunghi capelli scuri. Posò davanti ai propri piedi un cesto colmo di frecce e si sfilò un arco dalla spalla, voltandosi a guardare dietro il muro, come in attesa di un segnale. Poi, improvvisamente, alzò l’arco e cominciò a bersagliare gli orchi che rientravano nella portata della sua arma. Non sbagliò neanche un colpo.
“Improvvisamente ci fu un grido fortissimo, e dalla Porta venne uno squillo di tromba. Avevano tutti dimenticato Thorin! Parte del muro, scalzato da leve,crollò e cadde nella pozza. Il Re sotto la Montagna balzò fuori ed i suoi compagni lo seguirono…” **
Kili gettò l’arco ormai inutile, saltò giù dallo spezzone di muro su cui si era ritrovato e seguì i compagni; non voleva restare troppo lontano da suo fratello, erano abituati a combattere insieme e senza di lui si sentiva scoperto.
La battaglia infuriava per tutta la pianura. Un Orco sbarrò la strada al giovane nano, ma Kili roteò fuori dalla sua portata e con un fendente gli tagliò i tendini delle ginocchia. Quando il mostro cadde in avanti fu pronto a calare la spada mozzandogli la testa.
Si girò per affrontare altri due nemici, abbattendoli, e si affrettò ad dirigersi nella direzione in cui Thorin avanzava aprendo grandi vuoti attorno a sé, con Fili al suo fianco, ma con la coda dell’occhio vide qualcosa che attirò la sua attenzione. Un piccolo nano, con una bella armatura e due spade gemelle, stava per essere sopraffatto: l’orco che aveva ucciso gli era rovinato addosso bloccandogli le gambe, ed un altro mostro incombeva su di lui con una orrenda mazza levata.
Kili non esitò: scattò nella sua direzione, ed allungando la spada bloccò il colpo che avrebbe ucciso il nano, affondando contemporaneamente la daga nel corpo dell’orco. Poi, rinfoderata la daga, porse la mano libera al piccolo nano.
“Dai, alzati!“ disse, praticamente tirando fuori di forza il piccoletto da sotto il cadavere che lo bloccava, ed egli fu subito in piedi davanti a lui. Era veramente molto piccolo, e chiaramente molto giovane. Davanti al viso portava una sciarpa nera, che lasciava scoperti solo due occhi chiari e sopracciglia bionde. “Tutto bene?”
“Sì, mio signore,” rispose il ragazzo con una voce sottile che confermò a Kili la sua prima impressione riguardo alla sua giovane età. E poi lo zio diceva che io ero troppo giovane, - pensò Kili. – Questo è poco più che un bambino.. Il suo sguardo, però, era fermo. “Come ti chiami?”
“Storri, mio signore”
“Io sono Kili. Vieni con me!” insieme corsero nella direzione dove Thorin e gli altri compagni combattevano.
Altrove è descritta la Battaglia, come gli eserciti dei Popoli Liberi rischiarono di soccombere, come in loro aiuto accorsero le Aquile, e come alla fine comparve anche Beorn in forma d’orso.
Canti furono composti sulla lotta tra Azog il Profanatore e Thorin Scudodiquercia, Re sotto la Montagna, e come alla fine questi abbia abbattuto il suo nemico, solo per cadere trafitto dal suo mostruoso luogotenente; e quei canti narrano anche del suo biondo erede, che si erse a difesa del corpo di colui che amava come un padre.
Per Kili quei momenti furono del tutto irreali. Voleva solo raggiungere suo zio e suo fratello; combatteva travolgendo tutto e tutti, e senza alcun interesse vide i suoi compagni combattere in ordine sparso, divisi dai nemici. Vide Thorin combattere contro l’Orco Pallido; gioì della sua vittoria; urlò quando lo vide cadere, e raddoppiò i suoi sforzi abbattendo chiunque si trovasse sul suo cammino. Riusciva solo a pensare che doveva arrivare là, che doveva essere al suo fianco; non si curava di proteggersi le spalle, e sarebbe caduto mille volte se il piccolo Storri non l’avesse seguito difendendolo dagli attacchi inaspettati. Ma i nemici erano troppi. Solo quando Dwalin potè raggiungerlo e si pose al suo fianco, Kili riuscì ad avanzare verso la sua meta: i nemici parevano svanire davanti a loro, ed il giovane principe li vedeva appena.
I suoi occhi erano fissi sulla figura eroica di Fili, che, piantato accanto al corpo dello zio, respingeva ogni assalto. Kili urlò ancora, il sangue divenuto ghiaccio nelle sue vene, quando vide il corpo del fratello ondeggiare, colpito alle spalle da un dardo di balestra; respirò quando lo vide ricominciare a combattere. Resisti, fratellone, sto arrivando! Resisti, Fili… Il nano biondo si voltò verso di lui, come se il pensiero lo avesse raggiunto, e per un secondo gli occhi azzurri incontrarono quelli scuri.
“Fili! Arrivo!” gridò Kili. Mancavano poche decine di metri, ormai.. Kili sentì Dwalin imprecare al suo fianco, e seguì il suo sguardo. Un Orco mostruoso, anch’esso pallido, avanzava verso il punto dove giaceva Thorin; i suoi sottoposti si scansavano in fretta dalla sua strada, e anche così ne calpestò molti. In una mano teneva una enorme mazza con decine di punte, nell’altra una lunga lancia. Kili si sentì morire. Quello deve essere Bolg, ed è chiaro cosa vuole..
“ Togliti di mezzo, nano!” ruggì. “Non è te che voglio!”
“Mai” mugugnò Fili, impugnando meglio le sue due spade.
“Allora muori”
Fili evitò il primo colpo della mostruosa mazza, chinandosi; scartò di lato, evitando la lancia e ferendo l’orco al braccio con il colpo di ritorno. Bolg ruggì, ma Fili tornò immediatamente al suo posto, davanti al corpo di Thorin, che non riusciva a rialzarsi.
Altri nani si gettarono su Bolg, e la battaglia infuriava intorno ai due contendenti, ma Fili, nonostante le ferite, teneva duro, finchè non scivolò sul suo stesso sangue. Indebolito, rallentato dal dardo tuttora conficcato nella sua schiena, non riuscì a recuperare la posizione in tempo: il mostro, vista l’apertura, lo trafisse con la lancia proprio sotto lo sterno. Il principe di Erebor cadde in ginocchio, lasciando scivolare via le spade e portandosi le mani all’orribile ferita.
Il mondo di Kili andò in frantumi.
Il mostro stava alzando la mazza per infliggere il colpo di grazia, quando fu scagliato a terra da una meteora inaspettata, lasciando cadere ogni arma: Kili si era gettato su di lui con tutto il suo peso e lo aveva travolto, rotolando oltre per trovarsi immediatamente in piedi. Con un colpo netto tagliò il polso del mostro, così come Thorin aveva fatto a suo padre, e Bolg ruggì di rabbia e di dolore, mentre Kili tornava in guardia cercando il modo per colpirlo di nuovo. Dalla parte opposta Dwalin calò l’ascia sulla spalla dell’Orco, ottenendo però solo di frantumare la protezione metallica.
L’Orco si alzò in piedi, ma al suo urlo rauco fece ecco un ruggito ben più forte: pochi metri dietro di lui era comparso Beorn, in forma di gigantesco orso. Senza che Kili se ne accorgesse – aveva occhi solo per il fratello – Beorn era arrivato facendo strage di orchi e mannari e mettendone in fuga molti, tanto che i Popoli Liberi avevano avuto modo di rifiatare e di cominciare a loro volta a respingere gli orchi verso ovest.
Bolg vide Beorn che avanzava direttamente su di lui e, stringendosi il moncherino, fuggì travolgendo anche i suoi. Beorn si avvicinò, sollevò delicatamente Thorin – Kili vide che respirava ancora, sebbene a fatica – e lo portò con sé.
Il giovane nano gettò a terra la spada e l’elmo e si inginocchiò accanto a suo fratello. Lo prese tra le braccia e lo strinse a sé, si appoggiò la testa bionda sulla spalla; ma l’orrore lo travolse quando vide le terribili ferite subite da Fili. Gli tolse delicatamente l’elmo e lo chiamò.
“Fili! Fratello, rispondi…” singhiozzò. Il viso del biondo erede di Erebor era cinereo; dall’angolo della bocca un sottile rivolo di sangue andava a macchiare i baffi intrecciati. Stringeva le mani sullo stomaco, senza riuscire a fermare il sangue che scorreva dalla ferita, e dal suo petto sporgeva la punta del dardo che l’aveva trapassato. Teneva gli occhi chiusi e sembrava non respirasse nemmeno. Non può succedere, no! Deve esserci qualcosa … Kili si voltò in cerca di aiuto e subito Dwalin fu al suo fianco; il giovane nano gli gettò uno sguardo pieno si ansiose domande, ma il dolore negli occhi del grande guerriero confermò i suoi peggiori timori.
“Fili… Fili…” le lacrime lasciavano tracce pulite sul viso di Kili. “ Ti prego.. non lasciarmi..” Sentiva il corpo del fratello tremare appena tra le sue braccia. “Ti prego, resisti… andrà tutto bene…”
Qualcosa di quel disperato richiamo dovette superare la barriera di atroce sofferenza, perché un lieve sospiro sollevò il petto del ferito, e gli occhi azzurri si aprirono, offuscati dal dolore. Con immensa fatica alzò una mano insanguinata. Dalle labbra contratte uscì un sussurro: “ Kili…”
“Sono qui, fratello, non parlare, andrà tutto bene…” Gli prese la mano e la strinse.
Un altro respiro rantolante, un sussurro, che Kili indovinò, più che sentire: “ Lo zio..?”
“E’ vivo, Beorn l’ha portato via, non ti preoccupare.. Fili..”
“Allora non ho fallito…Kili, fratello, non ti vedo più…”
“Oh, Fili, no, no,no,no,…” Kili sentì il corpo del fratello abbandonarsi tra le sue braccia; la mano macchiata di sangue ricadde, gli occhi azzurri erano rivolti verso il cielo che non potevano più vedere. Mai, mai il più giovane dei Durin avrebbe dimenticato quell’istante, quando aveva sentito la vita di suo fratello scivolare via insieme al sangue delle ferite. Alzò gli occhi e si guardò intorno, senza vedere nulla. Bofur, Nori, Ori, Oin, Gloin, Bombur si stavano avvicinando, ma lui non li riconobbe. Perché il cielo non sta crollando?Si chiese. Il mondo intero dovrebbe piangere.
Abbassò lo sguardo sul volto di suo fratello, finalmente disteso, e con un grido soffocato affondò il viso nella foresta di trecce bionde sparse sul suo braccio. Non è vero, no, non può essere… La sua mente si rifiutava di capire, di credere, di pensare all’enormità di quello che era successo: Fili, il suo amato Fili, il suo fratellone, il centro del suo mondo, non era più con lui. Si sentiva agghiacciato, come se fosse tornato il bambino che nel sonno chiamava il fratello più grande per scacciare gli incubi, o che si infilava nel suo letto in cerca di conforto… ma questa volta Fili non sarebbe stato lì a rassicurarlo e proteggerlo. La sua vita era finita con quella di suo fratello.
Poi sentì una mano sulla spalla ed una voce.
“ Mio signore… “ la voce era di Ori. “ Mio signore.. cosa…cosa dobbiamo fare?”
** J.R.R.Tolkien, L’hobbit, ed. Bompiani, pag.319 1.Sul campo di battaglia
La battaglia ormai infuriava per tutta la pianura davanti alle porte chiuse di Erebor ed arrivava a lambire il nuovo muro costruito da Thorin e dai suoi Compagni. Una figura apparve ad una estremità di esso, ma nessuno lo notò: erano troppo occupati a farsi a pezzi a vicenda. Un osservatore casuale avrebbe notato che era un nano, armato di tutto punto, con protezioni di splendida fattura ed un bellissimo elmo intarsiato, da cui sfuggivano lunghi capelli scuri. Posò davanti ai propri piedi un cesto colmo di frecce e si sfilò un arco dalla spalla, voltandosi a guardare dietro il muro, come in attesa di un segnale. Poi, improvvisamente, alzò l’arco e cominciò a bersagliare gli orchi che rientravano nella portata della sua arma. Non sbagliò neanche un colpo.
“Improvvisamente ci fu un grido fortissimo, e dalla Porta venne uno squillo di tromba. Avevano tutti dimenticato Thorin! Parte del muro, scalzato da leve,crollò e cadde nella pozza. Il Re sotto la Montagna balzò fuori ed i suoi compagni lo seguirono…” **
Kili gettò l’arco ormai inutile, saltò giù dallo spezzone di muro su cui si era ritrovato e seguì i compagni; non voleva restare troppo lontano da suo fratello, erano abituati a combattere insieme e senza di lui si sentiva scoperto.
La battaglia infuriava per tutta la pianura. Un Orco sbarrò la strada al giovane nano, ma Kili roteò fuori dalla sua portata e con un fendente gli tagliò i tendini delle ginocchia. Quando il mostro cadde in avanti fu pronto a calare la spada mozzandogli la testa.
Si girò per affrontare altri due nemici, abbattendoli, e si affrettò ad dirigersi nella direzione in cui Thorin avanzava aprendo grandi vuoti attorno a sé, con Fili al suo fianco, ma con la coda dell’occhio vide qualcosa che attirò la sua attenzione. Un piccolo nano, con una bella armatura e due spade gemelle, stava per essere sopraffatto: l’orco che aveva ucciso gli era rovinato addosso bloccandogli le gambe, ed un altro mostro incombeva su di lui con una orrenda mazza levata.
Kili non esitò: scattò nella sua direzione, ed allungando la spada bloccò il colpo che avrebbe ucciso il nano, affondando contemporaneamente la daga nel corpo dell’orco. Poi, rinfoderata la daga, porse la mano libera al piccolo nano.
“Dai, alzati!“ disse, praticamente tirando fuori di forza il piccoletto da sotto il cadavere che lo bloccava, ed egli fu subito in piedi davanti a lui. Era veramente molto piccolo, e chiaramente molto giovane. Davanti al viso portava una sciarpa nera, che lasciava scoperti solo due occhi chiari e sopracciglia bionde. “Tutto bene?”
“Sì, mio signore,” rispose il ragazzo con una voce sottile che confermò a Kili la sua prima impressione riguardo alla sua giovane età. E poi lo zio diceva che io ero troppo giovane, - pensò Kili. – Questo è poco più che un bambino.. Il suo sguardo, però, era fermo. “Come ti chiami?”
“Storri, mio signore”
“Io sono Kili. Vieni con me!” insieme corsero nella direzione dove Thorin e gli altri compagni combattevano.
Altrove è descritta la Battaglia, come gli eserciti dei Popoli Liberi rischiarono di soccombere, come in loro aiuto accorsero le Aquile, e come alla fine comparve anche Beorn in forma d’orso.
Canti furono composti sulla lotta tra Azog il Profanatore e Thorin Scudodiquercia, Re sotto la Montagna, e come alla fine questi abbia abbattuto il suo nemico, solo per cadere trafitto dal suo mostruoso luogotenente; e quei canti narrano anche del suo biondo erede, che si erse a difesa del corpo di colui che amava come un padre.
Per Kili quei momenti furono del tutto irreali. Voleva solo raggiungere suo zio e suo fratello; combatteva travolgendo tutto e tutti, e senza alcun interesse vide i suoi compagni combattere in ordine sparso, divisi dai nemici. Vide Thorin combattere contro l’Orco Pallido; gioì della sua vittoria; urlò quando lo vide cadere, e raddoppiò i suoi sforzi abbattendo chiunque si trovasse sul suo cammino. Riusciva solo a pensare che doveva arrivare là, che doveva essere al suo fianco; non si curava di proteggersi le spalle, e sarebbe caduto mille volte se il piccolo Storri non l’avesse seguito difendendolo dagli attacchi inaspettati. Ma i nemici erano troppi. Solo quando Dwalin potè raggiungerlo e si pose al suo fianco, Kili riuscì ad avanzare verso la sua meta: i nemici parevano svanire davanti a loro, ed il giovane principe li vedeva appena.
I suoi occhi erano fissi sulla figura eroica di Fili, che, piantato accanto al corpo dello zio, respingeva ogni assalto. Kili urlò ancora, il sangue divenuto ghiaccio nelle sue vene, quando vide il corpo del fratello ondeggiare, colpito alle spalle da un dardo di balestra; respirò quando lo vide ricominciare a combattere. Resisti, fratellone, sto arrivando! Resisti, Fili… Il nano biondo si voltò verso di lui, come se il pensiero lo avesse raggiunto, e per un secondo gli occhi azzurri incontrarono quelli scuri.
“Fili! Arrivo!” gridò Kili. Mancavano poche decine di metri, ormai.. Kili sentì Dwalin imprecare al suo fianco, e seguì il suo sguardo. Un Orco mostruoso, anch’esso pallido, avanzava verso il punto dove giaceva Thorin; i suoi sottoposti si scansavano in fretta dalla sua strada, e anche così ne calpestò molti. In una mano teneva una enorme mazza con decine di punte, nell’altra una lunga lancia. Kili si sentì morire. Quello deve essere Bolg, ed è chiaro cosa vuole..
“ Togliti di mezzo, nano!” ruggì. “Non è te che voglio!”
“Mai” mugugnò Fili, impugnando meglio le sue due spade.
“Allora muori”
Fili evitò il primo colpo della mostruosa mazza, chinandosi; scartò di lato, evitando la lancia e ferendo l’orco al braccio con il colpo di ritorno. Bolg ruggì, ma Fili tornò immediatamente al suo posto, davanti al corpo di Thorin, che non riusciva a rialzarsi.
Altri nani si gettarono su Bolg, e la battaglia infuriava intorno ai due contendenti, ma Fili, nonostante le ferite, teneva duro, finchè non scivolò sul suo stesso sangue. Indebolito, rallentato dal dardo tuttora conficcato nella sua schiena, non riuscì a recuperare la posizione in tempo: il mostro, vista l’apertura, lo trafisse con la lancia proprio sotto lo sterno. Il principe di Erebor cadde in ginocchio, lasciando scivolare via le spade e portandosi le mani all’orribile ferita.
Il mondo di Kili andò in frantumi.
Il mostro stava alzando la mazza per infliggere il colpo di grazia, quando fu scagliato a terra da una meteora inaspettata, lasciando cadere ogni arma: Kili si era gettato su di lui con tutto il suo peso e lo aveva travolto, rotolando oltre per trovarsi immediatamente in piedi. Con un colpo netto tagliò il polso del mostro, così come Thorin aveva fatto a suo padre, e Bolg ruggì di rabbia e di dolore, mentre Kili tornava in guardia cercando il modo per colpirlo di nuovo. Dalla parte opposta Dwalin calò l’ascia sulla spalla dell’Orco, ottenendo però solo di frantumare la protezione metallica.
L’Orco si alzò in piedi, ma al suo urlo rauco fece ecco un ruggito ben più forte: pochi metri dietro di lui era comparso Beorn, in forma di gigantesco orso. Senza che Kili se ne accorgesse – aveva occhi solo per il fratello – Beorn era arrivato facendo strage di orchi e mannari e mettendone in fuga molti, tanto che i Popoli Liberi avevano avuto modo di rifiatare e di cominciare a loro volta a respingere gli orchi verso ovest.
Bolg vide Beorn che avanzava direttamente su di lui e, stringendosi il moncherino, fuggì travolgendo anche i suoi. Beorn si avvicinò, sollevò delicatamente Thorin – Kili vide che respirava ancora, sebbene a fatica – e lo portò con sé.
Il giovane nano gettò a terra la spada e l’elmo e si inginocchiò accanto a suo fratello. Lo prese tra le braccia e lo strinse a sé, si appoggiò la testa bionda sulla spalla; ma l’orrore lo travolse quando vide le terribili ferite subite da Fili. Gli tolse delicatamente l’elmo e lo chiamò.
“Fili! Fratello, rispondi…” singhiozzò. Il viso del biondo erede di Erebor era cinereo; dall’angolo della bocca un sottile rivolo di sangue andava a macchiare i baffi intrecciati. Stringeva le mani sullo stomaco, senza riuscire a fermare il sangue che scorreva dalla ferita, e dal suo petto sporgeva la punta del dardo che l’aveva trapassato. Teneva gli occhi chiusi e sembrava non respirasse nemmeno. Non può succedere, no! Deve esserci qualcosa … Kili si voltò in cerca di aiuto e subito Dwalin fu al suo fianco; il giovane nano gli gettò uno sguardo pieno si ansiose domande, ma il dolore negli occhi del grande guerriero confermò i suoi peggiori timori.
“Fili… Fili…” le lacrime lasciavano tracce pulite sul viso di Kili. “ Ti prego.. non lasciarmi..” Sentiva il corpo del fratello tremare appena tra le sue braccia. “Ti prego, resisti… andrà tutto bene…”
Qualcosa di quel disperato richiamo dovette superare la barriera di atroce sofferenza, perché un lieve sospiro sollevò il petto del ferito, e gli occhi azzurri si aprirono, offuscati dal dolore. Con immensa fatica alzò una mano insanguinata. Dalle labbra contratte uscì un sussurro: “ Kili…”
“Sono qui, fratello, non parlare, andrà tutto bene…” Gli prese la mano e la strinse.
Un altro respiro rantolante, un sussurro, che Kili indovinò, più che sentire: “ Lo zio..?”
“E’ vivo, Beorn l’ha portato via, non ti preoccupare.. Fili..”
“Allora non ho fallito…Kili, fratello, non ti vedo più…”
“Oh, Fili, no, no,no,no,…” Kili sentì il corpo del fratello abbandonarsi tra le sue braccia; la mano macchiata di sangue ricadde, gli occhi azzurri erano rivolti verso il cielo che non potevano più vedere. Mai, mai il più giovane dei Durin avrebbe dimenticato quell’istante, quando aveva sentito la vita di suo fratello scivolare via insieme al sangue delle ferite. Alzò gli occhi e si guardò intorno, senza vedere nulla. Bofur, Nori, Ori, Oin, Gloin, Bombur si stavano avvicinando, ma lui non li riconobbe. Perché il cielo non sta crollando?Si chiese. Il mondo intero dovrebbe piangere.
Abbassò lo sguardo sul volto di suo fratello, finalmente disteso, e con un grido soffocato affondò il viso nella foresta di trecce bionde sparse sul suo braccio. Non è vero, no, non può essere… La sua mente si rifiutava di capire, di credere, di pensare all’enormità di quello che era successo: Fili, il suo amato Fili, il suo fratellone, il centro del suo mondo, non era più con lui. Si sentiva agghiacciato, come se fosse tornato il bambino che nel sonno chiamava il fratello più grande per scacciare gli incubi, o che si infilava nel suo letto in cerca di conforto… ma questa volta Fili non sarebbe stato lì a rassicurarlo e proteggerlo. La sua vita era finita con quella di suo fratello.
Poi sentì una mano sulla spalla ed una voce.
“ Mio signore… “ la voce era di Ori. “ Mio signore.. cosa…cosa dobbiamo fare?”
** J.R.R.Tolkien, L’hobbit, ed. Bompiani, pag.319 1.Sul campo di battaglia
La battaglia ormai infuriava per tutta la pianura davanti alle porte chiuse di Erebor ed arrivava a lambire il nuovo muro costruito da Thorin e dai suoi Compagni. Una figura apparve ad una estremità di esso, ma nessuno lo notò: erano troppo occupati a farsi a pezzi a vicenda. Un osservatore casuale avrebbe notato che era un nano, armato di tutto punto, con protezioni di splendida fattura ed un bellissimo elmo intarsiato, da cui sfuggivano lunghi capelli scuri. Posò davanti ai propri piedi un cesto colmo di frecce e si sfilò un arco dalla spalla, voltandosi a guardare dietro il muro, come in attesa di un segnale. Poi, improvvisamente, alzò l’arco e cominciò a bersagliare gli orchi che rientravano nella portata della sua arma. Non sbagliò neanche un colpo.
“Improvvisamente ci fu un grido fortissimo, e dalla Porta venne uno squillo di tromba. Avevano tutti dimenticato Thorin! Parte del muro, scalzato da leve,crollò e cadde nella pozza. Il Re sotto la Montagna balzò fuori ed i suoi compagni lo seguirono…” **
Kili gettò l’arco ormai inutile, saltò giù dallo spezzone di muro su cui si era ritrovato e seguì i compagni; non voleva restare troppo lontano da suo fratello, erano abituati a combattere insieme e senza di lui si sentiva scoperto.
La battaglia infuriava per tutta la pianura. Un Orco sbarrò la strada al giovane nano, ma Kili roteò fuori dalla sua portata e con un fendente gli tagliò i tendini delle ginocchia. Quando il mostro cadde in avanti fu pronto a calare la spada mozzandogli la testa.
Si girò per affrontare altri due nemici, abbattendoli, e si affrettò ad dirigersi nella direzione in cui Thorin avanzava aprendo grandi vuoti attorno a sé, con Fili al suo fianco, ma con la coda dell’occhio vide qualcosa che attirò la sua attenzione. Un piccolo nano, con una bella armatura e due spade gemelle, stava per essere sopraffatto: l’orco che aveva ucciso gli era rovinato addosso bloccandogli le gambe, ed un altro mostro incombeva su di lui con una orrenda mazza levata.
Kili non esitò: scattò nella sua direzione, ed allungando la spada bloccò il colpo che avrebbe ucciso il nano, affondando contemporaneamente la daga nel corpo dell’orco. Poi, rinfoderata la daga, porse la mano libera al piccolo nano.
“Dai, alzati!“ disse, praticamente tirando fuori di forza il piccoletto da sotto il cadavere che lo bloccava, ed egli fu subito in piedi davanti a lui. Era veramente molto piccolo, e chiaramente molto giovane. Davanti al viso portava una sciarpa nera, che lasciava scoperti solo due occhi chiari e sopracciglia bionde. “Tutto bene?”
“Sì, mio signore,” rispose il ragazzo con una voce sottile che confermò a Kili la sua prima impressione riguardo alla sua giovane età. E poi lo zio diceva che io ero troppo giovane, - pensò Kili. – Questo è poco più che un bambino.. Il suo sguardo, però, era fermo. “Come ti chiami?”
“Storri, mio signore”
“Io sono Kili. Vieni con me!” insieme corsero nella direzione dove Thorin e gli altri compagni combattevano.
Altrove è descritta la Battaglia, come gli eserciti dei Popoli Liberi rischiarono di soccombere, come in loro aiuto accorsero le Aquile, e come alla fine comparve anche Beorn in forma d’orso.
Canti furono composti sulla lotta tra Azog il Profanatore e Thorin Scudodiquercia, Re sotto la Montagna, e come alla fine questi abbia abbattuto il suo nemico, solo per cadere trafitto dal suo mostruoso luogotenente; e quei canti narrano anche del suo biondo erede, che si erse a difesa del corpo di colui che amava come un padre.
Per Kili quei momenti furono del tutto irreali. Voleva solo raggiungere suo zio e suo fratello; combatteva travolgendo tutto e tutti, e senza alcun interesse vide i suoi compagni combattere in ordine sparso, divisi dai nemici. Vide Thorin combattere contro l’Orco Pallido; gioì della sua vittoria; urlò quando lo vide cadere, e raddoppiò i suoi sforzi abbattendo chiunque si trovasse sul suo cammino. Riusciva solo a pensare che doveva arrivare là, che doveva essere al suo fianco; non si curava di proteggersi le spalle, e sarebbe caduto mille volte se il piccolo Storri non l’avesse seguito difendendolo dagli attacchi inaspettati. Ma i nemici erano troppi. Solo quando Dwalin potè raggiungerlo e si pose al suo fianco, Kili riuscì ad avanzare verso la sua meta: i nemici parevano svanire davanti a loro, ed il giovane principe li vedeva appena.
I suoi occhi erano fissi sulla figura eroica di Fili, che, piantato accanto al corpo dello zio, respingeva ogni assalto. Kili urlò ancora, il sangue divenuto ghiaccio nelle sue vene, quando vide il corpo del fratello ondeggiare, colpito alle spalle da un dardo di balestra; respirò quando lo vide ricominciare a combattere. Resisti, fratellone, sto arrivando! Resisti, Fili… Il nano biondo si voltò verso di lui, come se il pensiero lo avesse raggiunto, e per un secondo gli occhi azzurri incontrarono quelli scuri.
“Fili! Arrivo!” gridò Kili. Mancavano poche decine di metri, ormai.. Kili sentì Dwalin imprecare al suo fianco, e seguì il suo sguardo. Un Orco mostruoso, anch’esso pallido, avanzava verso il punto dove giaceva Thorin; i suoi sottoposti si scansavano in fretta dalla sua strada, e anche così ne calpestò molti. In una mano teneva una enorme mazza con decine di punte, nell’altra una lunga lancia. Kili si sentì morire. Quello deve essere Bolg, ed è chiaro cosa vuole..
“ Togliti di mezzo, nano!” ruggì. “Non è te che voglio!”
“Mai” mugugnò Fili, impugnando meglio le sue due spade.
“Allora muori”
Fili evitò il primo colpo della mostruosa mazza, chinandosi; scartò di lato, evitando la lancia e ferendo l’orco al braccio con il colpo di ritorno. Bolg ruggì, ma Fili tornò immediatamente al suo posto, davanti al corpo di Thorin, che non riusciva a rialzarsi.
Altri nani si gettarono su Bolg, e la battaglia infuriava intorno ai due contendenti, ma Fili, nonostante le ferite, teneva duro, finchè non scivolò sul suo stesso sangue. Indebolito, rallentato dal dardo tuttora conficcato nella sua schiena, non riuscì a recuperare la posizione in tempo: il mostro, vista l’apertura, lo trafisse con la lancia proprio sotto lo sterno. Il principe di Erebor cadde in ginocchio, lasciando scivolare via le spade e portandosi le mani all’orribile ferita.
Il mondo di Kili andò in frantumi.
Il mostro stava alzando la mazza per infliggere il colpo di grazia, quando fu scagliato a terra da una meteora inaspettata, lasciando cadere ogni arma: Kili si era gettato su di lui con tutto il suo peso e lo aveva travolto, rotolando oltre per trovarsi immediatamente in piedi. Con un colpo netto tagliò il polso del mostro, così come Thorin aveva fatto a suo padre, e Bolg ruggì di rabbia e di dolore, mentre Kili tornava in guardia cercando il modo per colpirlo di nuovo. Dalla parte opposta Dwalin calò l’ascia sulla spalla dell’Orco, ottenendo però solo di frantumare la protezione metallica.
L’Orco si alzò in piedi, ma al suo urlo rauco fece ecco un ruggito ben più forte: pochi metri dietro di lui era comparso Beorn, in forma di gigantesco orso. Senza che Kili se ne accorgesse – aveva occhi solo per il fratello – Beorn era arrivato facendo strage di orchi e mannari e mettendone in fuga molti, tanto che i Popoli Liberi avevano avuto modo di rifiatare e di cominciare a loro volta a respingere gli orchi verso ovest.
Bolg vide Beorn che avanzava direttamente su di lui e, stringendosi il moncherino, fuggì travolgendo anche i suoi. Beorn si avvicinò, sollevò delicatamente Thorin – Kili vide che respirava ancora, sebbene a fatica – e lo portò con sé.
Il giovane nano gettò a terra la spada e l’elmo e si inginocchiò accanto a suo fratello. Lo prese tra le braccia e lo strinse a sé, si appoggiò la testa bionda sulla spalla; ma l’orrore lo travolse quando vide le terribili ferite subite da Fili. Gli tolse delicatamente l’elmo e lo chiamò.
“Fili! Fratello, rispondi…” singhiozzò. Il viso del biondo erede di Erebor era cinereo; dall’angolo della bocca un sottile rivolo di sangue andava a macchiare i baffi intrecciati. Stringeva le mani sullo stomaco, senza riuscire a fermare il sangue che scorreva dalla ferita, e dal suo petto sporgeva la punta del dardo che l’aveva trapassato. Teneva gli occhi chiusi e sembrava non respirasse nemmeno. Non può succedere, no! Deve esserci qualcosa … Kili si voltò in cerca di aiuto e subito Dwalin fu al suo fianco; il giovane nano gli gettò uno sguardo pieno si ansiose domande, ma il dolore negli occhi del grande guerriero confermò i suoi peggiori timori.
“Fili… Fili…” le lacrime lasciavano tracce pulite sul viso di Kili. “ Ti prego.. non lasciarmi..” Sentiva il corpo del fratello tremare appena tra le sue braccia. “Ti prego, resisti… andrà tutto bene…”
Qualcosa di quel disperato richiamo dovette superare la barriera di atroce sofferenza, perché un lieve sospiro sollevò il petto del ferito, e gli occhi azzurri si aprirono, offuscati dal dolore. Con immensa fatica alzò una mano insanguinata. Dalle labbra contratte uscì un sussurro: “ Kili…”
“Sono qui, fratello, non parlare, andrà tutto bene…” Gli prese la mano e la strinse.
Un altro respiro rantolante, un sussurro, che Kili indovinò, più che sentire: “ Lo zio..?”
“E’ vivo, Beorn l’ha portato via, non ti preoccupare.. Fili..”
“Allora non ho fallito…Kili, fratello, non ti vedo più…”
“Oh, Fili, no, no,no,no,…” Kili sentì il corpo del fratello abbandonarsi tra le sue braccia; la mano macchiata di sangue ricadde, gli occhi azzurri erano rivolti verso il cielo che non potevano più vedere. Mai, mai il più giovane dei Durin avrebbe dimenticato quell’istante, quando aveva sentito la vita di suo fratello scivolare via insieme al sangue delle ferite. Alzò gli occhi e si guardò intorno, senza vedere nulla. Bofur, Nori, Ori, Oin, Gloin, Bombur si stavano avvicinando, ma lui non li riconobbe. Perché il cielo non sta crollando?Si chiese. Il mondo intero dovrebbe piangere.
Abbassò lo sguardo sul volto di suo fratello, finalmente disteso, e con un grido soffocato affondò il viso nella foresta di trecce bionde sparse sul suo braccio. Non è vero, no, non può essere… La sua mente si rifiutava di capire, di credere, di pensare all’enormità di quello che era successo: Fili, il suo amato Fili, il suo fratellone, il centro del suo mondo, non era più con lui. Si sentiva agghiacciato, come se fosse tornato il bambino che nel sonno chiamava il fratello più grande per scacciare gli incubi, o che si infilava nel suo letto in cerca di conforto… ma questa volta Fili non sarebbe stato lì a rassicurarlo e proteggerlo. La sua vita era finita con quella di suo fratello.
Poi sentì una mano sulla spalla ed una voce.
“ Mio signore… “ la voce era di Ori. “ Mio signore.. cosa…cosa dobbiamo fare?”
** J.R.R.Tolkien, L’hobbit, ed. Bompiani, pag.319 1.Sul campo di battaglia
La battaglia ormai infuriava per tutta la pianura davanti alle porte chiuse di Erebor ed arrivava a lambire il nuovo muro costruito da Thorin e dai suoi Compagni. Una figura apparve ad una estremità di esso, ma nessuno lo notò: erano troppo occupati a farsi a pezzi a vicenda. Un osservatore casuale avrebbe notato che era un nano, armato di tutto punto, con protezioni di splendida fattura ed un bellissimo elmo intarsiato, da cui sfuggivano lunghi capelli scuri. Posò davanti ai propri piedi un cesto colmo di frecce e si sfilò un arco dalla spalla, voltandosi a guardare dietro il muro, come in attesa di un segnale. Poi, improvvisamente, alzò l’arco e cominciò a bersagliare gli orchi che rientravano nella portata della sua arma. Non sbagliò neanche un colpo.
“Improvvisamente ci fu un grido fortissimo, e dalla Porta venne uno squillo di tromba. Avevano tutti dimenticato Thorin! Parte del muro, scalzato da leve,crollò e cadde nella pozza. Il Re sotto la Montagna balzò fuori ed i suoi compagni lo seguirono…” **
Kili gettò l’arco ormai inutile, saltò giù dallo spezzone di muro su cui si era ritrovato e seguì i compagni; non voleva restare troppo lontano da suo fratello, erano abituati a combattere insieme e senza di lui si sentiva scoperto.
La battaglia infuriava per tutta la pianura. Un Orco sbarrò la strada al giovane nano, ma Kili roteò fuori dalla sua portata e con un fendente gli tagliò i tendini delle ginocchia. Quando il mostro cadde in avanti fu pronto a calare la spada mozzandogli la testa.
Si girò per affrontare altri due nemici, abbattendoli, e si affrettò ad dirigersi nella direzione in cui Thorin avanzava aprendo grandi vuoti attorno a sé, con Fili al suo fianco, ma con la coda dell’occhio vide qualcosa che attirò la sua attenzione. Un piccolo nano, con una bella armatura e due spade gemelle, stava per essere sopraffatto: l’orco che aveva ucciso gli era rovinato addosso bloccandogli le gambe, ed un altro mostro incombeva su di lui con una orrenda mazza levata.
Kili non esitò: scattò nella sua direzione, ed allungando la spada bloccò il colpo che avrebbe ucciso il nano, affondando contemporaneamente la daga nel corpo dell’orco. Poi, rinfoderata la daga, porse la mano libera al piccolo nano.
“Dai, alzati!“ disse, praticamente tirando fuori di forza il piccoletto da sotto il cadavere che lo bloccava, ed egli fu subito in piedi davanti a lui. Era veramente molto piccolo, e chiaramente molto giovane. Davanti al viso portava una sciarpa nera, che lasciava scoperti solo due occhi chiari e sopracciglia bionde. “Tutto bene?”
“Sì, mio signore,” rispose il ragazzo con una voce sottile che confermò a Kili la sua prima impressione riguardo alla sua giovane età. E poi lo zio diceva che io ero troppo giovane, - pensò Kili. – Questo è poco più che un bambino.. Il suo sguardo, però, era fermo. “Come ti chiami?”
“Storri, mio signore”
“Io sono Kili. Vieni con me!” insieme corsero nella direzione dove Thorin e gli altri compagni combattevano.
Altrove è descritta la Battaglia, come gli eserciti dei Popoli Liberi rischiarono di soccombere, come in loro aiuto accorsero le Aquile, e come alla fine comparve anche Beorn in forma d’orso.
Canti furono composti sulla lotta tra Azog il Profanatore e Thorin Scudodiquercia, Re sotto la Montagna, e come alla fine questi abbia abbattuto il suo nemico, solo per cadere trafitto dal suo mostruoso luogotenente; e quei canti narrano anche del suo biondo erede, che si erse a difesa del corpo di colui che amava come un padre.
Per Kili quei momenti furono del tutto irreali. Voleva solo raggiungere suo zio e suo fratello; combatteva travolgendo tutto e tutti, e senza alcun interesse vide i suoi compagni combattere in ordine sparso, divisi dai nemici. Vide Thorin combattere contro l’Orco Pallido; gioì della sua vittoria; urlò quando lo vide cadere, e raddoppiò i suoi sforzi abbattendo chiunque si trovasse sul suo cammino. Riusciva solo a pensare che doveva arrivare là, che doveva essere al suo fianco; non si curava di proteggersi le spalle, e sarebbe caduto mille volte se il piccolo Storri non l’avesse seguito difendendolo dagli attacchi inaspettati. Ma i nemici erano troppi. Solo quando Dwalin potè raggiungerlo e si pose al suo fianco, Kili riuscì ad avanzare verso la sua meta: i nemici parevano svanire davanti a loro, ed il giovane principe li vedeva appena.
I suoi occhi erano fissi sulla figura eroica di Fili, che, piantato accanto al corpo dello zio, respingeva ogni assalto. Kili urlò ancora, il sangue divenuto ghiaccio nelle sue vene, quando vide il corpo del fratello ondeggiare, colpito alle spalle da un dardo di balestra; respirò quando lo vide ricominciare a combattere. Resisti, fratellone, sto arrivando! Resisti, Fili… Il nano biondo si voltò verso di lui, come se il pensiero lo avesse raggiunto, e per un secondo gli occhi azzurri incontrarono quelli scuri.
“Fili! Arrivo!” gridò Kili. Mancavano poche decine di metri, ormai.. Kili sentì Dwalin imprecare al suo fianco, e seguì il suo sguardo. Un Orco mostruoso, anch’esso pallido, avanzava verso il punto dove giaceva Thorin; i suoi sottoposti si scansavano in fretta dalla sua strada, e anche così ne calpestò molti. In una mano teneva una enorme mazza con decine di punte, nell’altra una lunga lancia. Kili si sentì morire. Quello deve essere Bolg, ed è chiaro cosa vuole..
“ Togliti di mezzo, nano!” ruggì. “Non è te che voglio!”
“Mai” mugugnò Fili, impugnando meglio le sue due spade.
“Allora muori”
Fili evitò il primo colpo della mostruosa mazza, chinandosi; scartò di lato, evitando la lancia e ferendo l’orco al braccio con il colpo di ritorno. Bolg ruggì, ma Fili tornò immediatamente al suo posto, davanti al corpo di Thorin, che non riusciva a rialzarsi.
Altri nani si gettarono su Bolg, e la battaglia infuriava intorno ai due contendenti, ma Fili, nonostante le ferite, teneva duro, finchè non scivolò sul suo stesso sangue. Indebolito, rallentato dal dardo tuttora conficcato nella sua schiena, non riuscì a recuperare la posizione in tempo: il mostro, vista l’apertura, lo trafisse con la lancia proprio sotto lo sterno. Il principe di Erebor cadde in ginocchio, lasciando scivolare via le spade e portandosi le mani all’orribile ferita.
Il mondo di Kili andò in frantumi.
Il mostro stava alzando la mazza per infliggere il colpo di grazia, quando fu scagliato a terra da una meteora inaspettata, lasciando cadere ogni arma: Kili si era gettato su di lui con tutto il suo peso e lo aveva travolto, rotolando oltre per trovarsi immediatamente in piedi. Con un colpo netto tagliò il polso del mostro, così come Thorin aveva fatto a suo padre, e Bolg ruggì di rabbia e di dolore, mentre Kili tornava in guardia cercando il modo per colpirlo di nuovo. Dalla parte opposta Dwalin calò l’ascia sulla spalla dell’Orco, ottenendo però solo di frantumare la protezione metallica.
L’Orco si alzò in piedi, ma al suo urlo rauco fece ecco un ruggito ben più forte: pochi metri dietro di lui era comparso Beorn, in forma di gigantesco orso. Senza che Kili se ne accorgesse – aveva occhi solo per il fratello – Beorn era arrivato facendo strage di orchi e mannari e mettendone in fuga molti, tanto che i Popoli Liberi avevano avuto modo di rifiatare e di cominciare a loro volta a respingere gli orchi verso ovest.
Bolg vide Beorn che avanzava direttamente su di lui e, stringendosi il moncherino, fuggì travolgendo anche i suoi. Beorn si avvicinò, sollevò delicatamente Thorin – Kili vide che respirava ancora, sebbene a fatica – e lo portò con sé.
Il giovane nano gettò a terra la spada e l’elmo e si inginocchiò accanto a suo fratello. Lo prese tra le braccia e lo strinse a sé, si appoggiò la testa bionda sulla spalla; ma l’orrore lo travolse quando vide le terribili ferite subite da Fili. Gli tolse delicatamente l’elmo e lo chiamò.
“Fili! Fratello, rispondi…” singhiozzò. Il viso del biondo erede di Erebor era cinereo; dall’angolo della bocca un sottile rivolo di sangue andava a macchiare i baffi intrecciati. Stringeva le mani sullo stomaco, senza riuscire a fermare il sangue che scorreva dalla ferita, e dal suo petto sporgeva la punta del dardo che l’aveva trapassato. Teneva gli occhi chiusi e sembrava non respirasse nemmeno. Non può succedere, no! Deve esserci qualcosa … Kili si voltò in cerca di aiuto e subito Dwalin fu al suo fianco; il giovane nano gli gettò uno sguardo pieno si ansiose domande, ma il dolore negli occhi del grande guerriero confermò i suoi peggiori timori.
“Fili… Fili…” le lacrime lasciavano tracce pulite sul viso di Kili. “ Ti prego.. non lasciarmi..” Sentiva il corpo del fratello tremare appena tra le sue braccia. “Ti prego, resisti… andrà tutto bene…”
Qualcosa di quel disperato richiamo dovette superare la barriera di atroce sofferenza, perché un lieve sospiro sollevò il petto del ferito, e gli occhi azzurri si aprirono, offuscati dal dolore. Con immensa fatica alzò una mano insanguinata. Dalle labbra contratte uscì un sussurro: “ Kili…”
“Sono qui, fratello, non parlare, andrà tutto bene…” Gli prese la mano e la strinse.
Un altro respiro rantolante, un sussurro, che Kili indovinò, più che sentire: “ Lo zio..?”
“E’ vivo, Beorn l’ha portato via, non ti preoccupare.. Fili..”
“Allora non ho fallito…Kili, fratello, non ti vedo più…”
“Oh, Fili, no, no,no,no,…” Kili sentì il corpo del fratello abbandonarsi tra le sue braccia; la mano macchiata di sangue ricadde, gli occhi azzurri erano rivolti verso il cielo che non potevano più vedere. Mai, mai il più giovane dei Durin avrebbe dimenticato quell’istante, quando aveva sentito la vita di suo fratello scivolare via insieme al sangue delle ferite. Alzò gli occhi e si guardò intorno, senza vedere nulla. Bofur, Nori, Ori, Oin, Gloin, Bombur si stavano avvicinando, ma lui non li riconobbe. Perché il cielo non sta crollando?Si chiese. Il mondo intero dovrebbe piangere.
Abbassò lo sguardo sul volto di suo fratello, finalmente disteso, e con un grido soffocato affondò il viso nella foresta di trecce bionde sparse sul suo braccio. Non è vero, no, non può essere… La sua mente si rifiutava di capire, di credere, di pensare all’enormità di quello che era successo: Fili, il suo amato Fili, il suo fratellone, il centro del suo mondo, non era più con lui. Si sentiva agghiacciato, come se fosse tornato il bambino che nel sonno chiamava il fratello più grande per scacciare gli incubi, o che si infilava nel suo letto in cerca di conforto… ma questa volta Fili non sarebbe stato lì a rassicurarlo e proteggerlo. La sua vita era finita con quella di suo fratello.
Poi sentì una mano sulla spalla ed una voce.
“ Mio signore… “ la voce era di Ori. “ Mio signore.. cosa…cosa dobbiamo fare?”
** J.R.R.Tolkien, L’hobbit, ed. Bompiani, pag.319 1.Sul campo di battaglia
La battaglia ormai infuriava per tutta la pianura davanti alle porte chiuse di Erebor ed arrivava a lambire il nuovo muro costruito da Thorin e dai suoi Compagni. Una figura apparve ad una estremità di esso, ma nessuno lo notò: erano troppo occupati a farsi a pezzi a vicenda. Un osservatore casuale avrebbe notato che era un nano, armato di tutto punto, con protezioni di splendida fattura ed un bellissimo elmo intarsiato, da cui sfuggivano lunghi capelli scuri. Posò davanti ai propri piedi un cesto colmo di frecce e si sfilò un arco dalla spalla, voltandosi a guardare dietro il muro, come in attesa di un segnale. Poi, improvvisamente, alzò l’arco e cominciò a bersagliare gli orchi che rientravano nella portata della sua arma. Non sbagliò neanche un colpo.
“Improvvisamente ci fu un grido fortissimo, e dalla Porta venne uno squillo di tromba. Avevano tutti dimenticato Thorin! Parte del muro, scalzato da leve,crollò e cadde nella pozza. Il Re sotto la Montagna balzò fuori ed i suoi compagni lo seguirono…” **
Kili gettò l’arco ormai inutile, saltò giù dallo spezzone di muro su cui si era ritrovato e seguì i compagni; non voleva restare troppo lontano da suo fratello, erano abituati a combattere insieme e senza di lui si sentiva scoperto.
La battaglia infuriava per tutta la pianura. Un Orco sbarrò la strada al giovane nano, ma Kili roteò fuori dalla sua portata e con un fendente gli tagliò i tendini delle ginocchia. Quando il mostro cadde in avanti fu pronto a calare la spada mozzandogli la testa.
Si girò per affrontare altri due nemici, abbattendoli, e si affrettò ad dirigersi nella direzione in cui Thorin avanzava aprendo grandi vuoti attorno a sé, con Fili al suo fianco, ma con la coda dell’occhio vide qualcosa che attirò la sua attenzione. Un piccolo nano, con una bella armatura e due spade gemelle, stava per essere sopraffatto: l’orco che aveva ucciso gli era rovinato addosso bloccandogli le gambe, ed un altro mostro incombeva su di lui con una orrenda mazza levata.
Kili non esitò: scattò nella sua direzione, ed allungando la spada bloccò il colpo che avrebbe ucciso il nano, affondando contemporaneamente la daga nel corpo dell’orco. Poi, rinfoderata la daga, porse la mano libera al piccolo nano.
“Dai, alzati!“ disse, praticamente tirando fuori di forza il piccoletto da sotto il cadavere che lo bloccava, ed egli fu subito in piedi davanti a lui. Era veramente molto piccolo, e chiaramente molto giovane. Davanti al viso portava una sciarpa nera, che lasciava scoperti solo due occhi chiari e sopracciglia bionde. “Tutto bene?”
“Sì, mio signore,” rispose il ragazzo con una voce sottile che confermò a Kili la sua prima impressione riguardo alla sua giovane età. E poi lo zio diceva che io ero troppo giovane, - pensò Kili. – Questo è poco più che un bambino.. Il suo sguardo, però, era fermo. “Come ti chiami?”
“Storri, mio signore”
“Io sono Kili. Vieni con me!” insieme corsero nella direzione dove Thorin e gli altri compagni combattevano.
Altrove è descritta la Battaglia, come gli eserciti dei Popoli Liberi rischiarono di soccombere, come in loro aiuto accorsero le Aquile, e come alla fine comparve anche Beorn in forma d’orso.
Canti furono composti sulla lotta tra Azog il Profanatore e Thorin Scudodiquercia, Re sotto la Montagna, e come alla fine questi abbia abbattuto il suo nemico, solo per cadere trafitto dal suo mostruoso luogotenente; e quei canti narrano anche del suo biondo erede, che si erse a difesa del corpo di colui che amava come un padre.
Per Kili quei momenti furono del tutto irreali. Voleva solo raggiungere suo zio e suo fratello; combatteva travolgendo tutto e tutti, e senza alcun interesse vide i suoi compagni combattere in ordine sparso, divisi dai nemici. Vide Thorin combattere contro l’Orco Pallido; gioì della sua vittoria; urlò quando lo vide cadere, e raddoppiò i suoi sforzi abbattendo chiunque si trovasse sul suo cammino. Riusciva solo a pensare che doveva arrivare là, che doveva essere al suo fianco; non si curava di proteggersi le spalle, e sarebbe caduto mille volte se il piccolo Storri non l’avesse seguito difendendolo dagli attacchi inaspettati. Ma i nemici erano troppi. Solo quando Dwalin potè raggiungerlo e si pose al suo fianco, Kili riuscì ad avanzare verso la sua meta: i nemici parevano svanire davanti a loro, ed il giovane principe li vedeva appena.
I suoi occhi erano fissi sulla figura eroica di Fili, che, piantato accanto al corpo dello zio, respingeva ogni assalto. Kili urlò ancora, il sangue divenuto ghiaccio nelle sue vene, quando vide il corpo del fratello ondeggiare, colpito alle spalle da un dardo di balestra; respirò quando lo vide ricominciare a combattere. Resisti, fratellone, sto arrivando! Resisti, Fili… Il nano biondo si voltò verso di lui, come se il pensiero lo avesse raggiunto, e per un secondo gli occhi azzurri incontrarono quelli scuri.
“Fili! Arrivo!” gridò Kili. Mancavano poche decine di metri, ormai.. Kili sentì Dwalin imprecare al suo fianco, e seguì il suo sguardo. Un Orco mostruoso, anch’esso pallido, avanzava verso il punto dove giaceva Thorin; i suoi sottoposti si scansavano in fretta dalla sua strada, e anche così ne calpestò molti. In una mano teneva una enorme mazza con decine di punte, nell’altra una lunga lancia. Kili si sentì morire. Quello deve essere Bolg, ed è chiaro cosa vuole..
“ Togliti di mezzo, nano!” ruggì. “Non è te che voglio!”
“Mai” mugugnò Fili, impugnando meglio le sue due spade.
“Allora muori”
Fili evitò il primo colpo della mostruosa mazza, chinandosi; scartò di lato, evitando la lancia e ferendo l’orco al braccio con il colpo di ritorno. Bolg ruggì, ma Fili tornò immediatamente al suo posto, davanti al corpo di Thorin, che non riusciva a rialzarsi.
Altri nani si gettarono su Bolg, e la battaglia infuriava intorno ai due contendenti, ma Fili, nonostante le ferite, teneva duro, finchè non scivolò sul suo stesso sangue. Indebolito, rallentato dal dardo tuttora conficcato nella sua schiena, non riuscì a recuperare la posizione in tempo: il mostro, vista l’apertura, lo trafisse con la lancia proprio sotto lo sterno. Il principe di Erebor cadde in ginocchio, lasciando scivolare via le spade e portandosi le mani all’orribile ferita.
Il mondo di Kili andò in frantumi.
Il mostro stava alzando la mazza per infliggere il colpo di grazia, quando fu scagliato a terra da una meteora inaspettata, lasciando cadere ogni arma: Kili si era gettato su di lui con tutto il suo peso e lo aveva travolto, rotolando oltre per trovarsi immediatamente in piedi. Con un colpo netto tagliò il polso del mostro, così come Thorin aveva fatto a suo padre, e Bolg ruggì di rabbia e di dolore, mentre Kili tornava in guardia cercando il modo per colpirlo di nuovo. Dalla parte opposta Dwalin calò l’ascia sulla spalla dell’Orco, ottenendo però solo di frantumare la protezione metallica.
L’Orco si alzò in piedi, ma al suo urlo rauco fece ecco un ruggito ben più forte: pochi metri dietro di lui era comparso Beorn, in forma di gigantesco orso. Senza che Kili se ne accorgesse – aveva occhi solo per il fratello – Beorn era arrivato facendo strage di orchi e mannari e mettendone in fuga molti, tanto che i Popoli Liberi avevano avuto modo di rifiatare e di cominciare a loro volta a respingere gli orchi verso ovest.
Bolg vide Beorn che avanzava direttamente su di lui e, stringendosi il moncherino, fuggì travolgendo anche i suoi. Beorn si avvicinò, sollevò delicatamente Thorin – Kili vide che respirava ancora, sebbene a fatica – e lo portò con sé.
Il giovane nano gettò a terra la spada e l’elmo e si inginocchiò accanto a suo fratello. Lo prese tra le braccia e lo strinse a sé, si appoggiò la testa bionda sulla spalla; ma l’orrore lo travolse quando vide le terribili ferite subite da Fili. Gli tolse delicatamente l’elmo e lo chiamò.
“Fili! Fratello, rispondi…” singhiozzò. Il viso del biondo erede di Erebor era cinereo; dall’angolo della bocca un sottile rivolo di sangue andava a macchiare i baffi intrecciati. Stringeva le mani sullo stomaco, senza riuscire a fermare il sangue che scorreva dalla ferita, e dal suo petto sporgeva la punta del dardo che l’aveva trapassato. Teneva gli occhi chiusi e sembrava non respirasse nemmeno. Non può succedere, no! Deve esserci qualcosa … Kili si voltò in cerca di aiuto e subito Dwalin fu al suo fianco; il giovane nano gli gettò uno sguardo pieno si ansiose domande, ma il dolore negli occhi del grande guerriero confermò i suoi peggiori timori.
“Fili… Fili…” le lacrime lasciavano tracce pulite sul viso di Kili. “ Ti prego.. non lasciarmi..” Sentiva il corpo del fratello tremare appena tra le sue braccia. “Ti prego, resisti… andrà tutto bene…”
Qualcosa di quel disperato richiamo dovette superare la barriera di atroce sofferenza, perché un lieve sospiro sollevò il petto del ferito, e gli occhi azzurri si aprirono, offuscati dal dolore. Con immensa fatica alzò una mano insanguinata. Dalle labbra contratte uscì un sussurro: “ Kili…”
“Sono qui, fratello, non parlare, andrà tutto bene…” Gli prese la mano e la strinse.
Un altro respiro rantolante, un sussurro, che Kili indovinò, più che sentire: “ Lo zio..?”
“E’ vivo, Beorn l’ha portato via, non ti preoccupare.. Fili..”
“Allora non ho fallito…Kili, fratello, non ti vedo più…”
“Oh, Fili, no, no,no,no,…” Kili sentì il corpo del fratello abbandonarsi tra le sue braccia; la mano macchiata di sangue ricadde, gli occhi azzurri erano rivolti verso il cielo che non potevano più vedere. Mai, mai il più giovane dei Durin avrebbe dimenticato quell’istante, quando aveva sentito la vita di suo fratello scivolare via insieme al sangue delle ferite. Alzò gli occhi e si guardò intorno, senza vedere nulla. Bofur, Nori, Ori, Oin, Gloin, Bombur si stavano avvicinando, ma lui non li riconobbe. Perché il cielo non sta crollando?Si chiese. Il mondo intero dovrebbe piangere.
Abbassò lo sguardo sul volto di suo fratello, finalmente disteso, e con un grido soffocato affondò il viso nella foresta di trecce bionde sparse sul suo braccio. Non è vero, no, non può essere… La sua mente si rifiutava di capire, di credere, di pensare all’enormità di quello che era successo: Fili, il suo amato Fili, il suo fratellone, il centro del suo mondo, non era più con lui. Si sentiva agghiacciato, come se fosse tornato il bambino che nel sonno chiamava il fratello più grande per scacciare gli incubi, o che si infilava nel suo letto in cerca di conforto… ma questa volta Fili non sarebbe stato lì a rassicurarlo e proteggerlo. La sua vita era finita con quella di suo fratello.
Poi sentì una mano sulla spalla ed una voce.
“ Mio signore… “ la voce era di Ori. “ Mio signore.. cosa…cosa dobbiamo fare?”
** J.R.R.Tolkien, L’hobbit, ed. Bompiani, pag.319
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Capitolo 2 *** Duello mortale ***
2. duello mortale
2. Duello mortale
Kili alzò lo sguardo. Erano tutti lì, e attendevano. Cosa? Poi capì.
Aspettavano lui.
Baciò la fronte di Fili, con gesto delicato gli ravviò le trecce.
“Fratello, devo andare,” disse. “ Ho qualcosa da
fare”. Una calma glaciale era caduta su di lui, seppellendo il
tumulto dei sentimenti. Appoggiò Fili a terra. Aprì la
fibbia del fodero delle spade gemelle, lo sfilò dal corpo del
fratello; un angolo della sua mente notò che era macchiato di
sangue. Se lo allacciò; poi si alzò lentamente e raccolse
le spade là dove Fili le aveva lasciate cadere, le
ripulì infilandole poi nei foderi. Raccolse anche la
sua spada.
Guardò i compagni. Accanto ad Ori vide Storri.
Se non mi fossi fermato ad aiutarlo forse sarei arrivato prima… forse avrei salvato Fili…
.. e forse saresti morto. Sciocchezze, fratellino, smettila con gli “e se”. Sai che non mi piacciono. Certo. Fili avrebbe detto proprio questo, pensò il giovane nano.
“Ori, Oin : riportate Fili alla Montagna. Nella sala di Thror.
Quello è il suo posto. E restate con lui. C’è
qualcuno con Thorin? Balin? Bene. Gli altri, con me.” Si
avviò verso una collinetta, poco più che un rialzo del
terreno, che si ergeva lì accanto, senza voltarsi a controllare
che i suoi ordini venissero eseguiti. Si guardò attorno. Nelle
immediate vicinanze regnava una relativa calma, mentre più a
ovest infuriavano i combattimenti e le armate dei Popoli Liberi
indietreggiavano sotto la pressione di migliaia di Orchi; tra poco
avrebbero ceduto. Alzò la spada e la sua voce echeggiò
sul campo di battaglia.
“Fratelli!” gridò. “Il nostro futuro e la
nostra vita di popoli liberi si decide oggi! Essere sopraffatti oggi
sarebbe la fine per tutti noi!” Per tutto il campo Elfi, Nani,
Uomini, feriti, smarriti, scossi, si alzarono ad ascoltare.
“Io sono Kili, figlio di Dis, figlia di Thrain! Tutta la mia
stirpe ha dato la vita lottando contro il Male! Ma io non
mi arrendo! Io oggi combatto! Fratelli! Combatterete con me?” A
capo scoperto, i lunghi capelli scuri agitati dal vento, coperto di
sangue nero e rosso, era una vista che infiammava gli animi.
Grida isolate si levarono, e subito divennero un boato. Decine,
centinaia di guerrieri di tutti i popoli liberi accorsero al richiamo,
infiammati dal fuoco stesso del giovane principe dei Nani. Kili non
sapeva quanto, in quel momento, ricordasse Thorin, o il suo antenato
Thror, il grande ultimo Re sotto la Montagna: ma lo sapeva Dwalin, che
cadde in ginocchio con le lacrime che si perdevano nella folta barba. E
quando Kili gridò “ Combatterete?” il grande
guerriero fu il primo ad alzarsi brandendo le armi. Avrebbe
seguito il suo principe fino alla fine del mondo.
Kili guardò gli uomini che accorrevano, esaltato dalle loro
stesse urla, e li guidò verso il lato sinistro del campo di
battaglia, dove gli Orchi stavano avanzando. Piombarono sui nemici come
una valanga, sfondarono le linee, li travolsero e li misero in
fuga. Il giovane comandante perse il conto di quanti nemici
avesse abbattuto; la furia gelida che lo aveva invaso rendeva i suoi
sensi iperattivi, gli sembrava di vedere e sentire ogni nemico…
finchè qualche metro avanti a sé vide Bolg.
Bolg, figlio di Azog il Profanatore; Bolg, che aveva trafitto e ucciso
Fili con la sua lancia; Bolg, che era fuggito davanti a Beorn.
Bolg, l’Assassino.
Era a piedi, e gli dava le spalle, ma si voltò subito, come se
l’odio rovente dello sguardo di Kili lo avesse scottato. I
due nemici si guardarono negli occhi. Nessuno dei due disse
nulla, tutto era già stato deciso : fino alla morte.
Perse le sue armi, Bolg brandiva una mazza da cui sporgeva una specie
di moncone di spada. Il moncherino era avvolto in uno straccio lurido.
L’ Orco partì per primo, caricando verso Kili con la mazza
levata e sferrò un colpo che avrebbe polverizzato il giovane
nano, se non fosse che, veloce come il lampo, si era già
spostato. Kili combatteva bene, e sapendo che l’Orco era molto
più forte di lui, usò l’agilità che era la
sua dote maggiore. Danzò intorno al gigantesco nemico, entrando
più volte nella sua guardia, riuscendo a ferirlo più
volte ma senza serie conseguenze. Poi fece un passo falso e Bolg fu su
di lui : con un colpo possente gli fece volare via la spada e lo
scagliò alcuni metri indietro.
Agile come un gatto, Kili si rialzò in tempo per vedere Bolg
precipitarsi su di lui con la mazza alzata… e vide
l’apertura nella difesa del nemico. Era una follia,
eppure… con un unico movimento fluido sguainò le due
daghe di Fili e si tuffò rapidissimo verso l’Orco che
sopraggiungeva. Si gettò a terra di schiena e scivolò tra
le gambe massicce come tronchi, sfuggendo per un pelo alla mazza che si
abbattè sul terreno. Con un balzo fu in piedi dietro Bolg e
conficcò le due daghe nelle reni del mostro.
Bolg ululò e ruggì, ed il suo spostamento impedì al giovane nano di recuperare le spade.
Kili si guardò attorno alla ricerca frenetica di un’arma e
vide, qualche metro più in là, una spada elfica, che
brillava per la vicinanza dei nemici atavici dei suoi costruttori. SI
gettò a raccoglierla, ma qualcosa lo fermò: l’Orco
si era voltato e con uno scatto aveva affondato il moncone
della spada nel petto di Kili, appena sotto la spalla sinistra. Il
giovane nano urlò per il dolore terribile e scivolò
all’indietro, ma la sua rabbia ardente prese il sopravvento
e le sue dita guantate si chiusero sull’elsa della lunga
spada elfica.
Con un guizzo, ancora una volta entrò sotto la guardia
dell’Orco, che si inarcava nel tentativo di strapparsi dalla
schiene le daghe che lo torturavano; la lama elfica, brillante ed
affilatissima, aprì uno squarcio nell’addome del mostro, e
Kili rotolò oltre, fuori dalla sua portata, terminando il
movimento ancora in piedi. La spada, impugnata a due mani, calò
sul collo di Bolg che si era accasciato in avanti e la mostruosa testa
volò via.
Attorno a Kili esplosero le acclamazioni, mentre i pochi orchi rimasti
nei paraggi fuggivano in tutte le direzioni. Il giovane principe
dei Nani cadde in ginocchio, sempre impugnando la spada a due mani.
Sentiva scorrere il sangue sotto la camicia, ma non gli
importava. Anche il dolore sembrava irrilevante.
“Fili!” gridò.”Questo è per te! La stirpe del Profanatore è distrutta!”
Attorno, i suoi compagni, insieme a Elfi, Nani e Uomini, gridavano il
suo nome. Fu Storri ad attirare la sua attenzione, inginocchiandosi
accanto a lui.
“Mio signore!” esclamò.”Mio signore, sei
ferito! Lascia che mi occupi di te!” Kili si riscosse, lo
guardò per un istante, senza capire davvero, nella sua
esaltazione, cosa gli stesse dicendo. Fu Dwalin ad intervenire.
“Il ragazzo ha ragione, Kili: credevo che quel maledetto ti
avesse ucciso!” Kili annuì, ancora stordito. Lo fecero
sedere; poi Dwalin gli sfilò le protezioni e la cotta di maglia
squarciata dal colpo. Storri gli aprì la camicia a brandelli e
la abbassò sulle spalle, scoprendo la ferita.
Un lungo squarcio irregolare e sanguinante correva dalla spalla
sinistra fino al centro del petto. Storri frugò nella sua
cintura e ne tolse un pezzo di stoffa ripiegata, che applicò
sulla ferita.”Premi qui” disse a Dwalin. Poi si
sollevò la manica e svolse la lunga striscia di tessuto che
portava arrotolata sul braccio sinistro; con abilità la fece
passare intorno al petto e sopra la spalla di Kili, per tenere fermo il
tampone.
“Mio signore,” disse,”questo è solo un
espediente per fermare l’emorragia, la ferita va disinfettata e
curata al più presto, perché le lame degli orchi sono
pericolose. Ti prego… ma che c’è?” chiese,
vedendo che tutti quelli che lo circondavano, Kili compreso, lo
guardavano esterrefatti.
“Cos’hai, ancora, là sotto? Qualche altra
sorpresa?” Chiese Dwalin. Storri rimase paralizzato per un
secondo; poi si riprese e strizzò un occhio.
“Mi piace essere pronto per ogni evenienza… e di nascosto
ho anche qualche lama di riserva, ma non ti dirò dove!”
“Mio signore Kili! Tornano!” Le grida di allarme si
levarono da est: un altro gruppo di orchi stava scollinando, e si
precipitava su di loro. Con l’aiuto di Dwalin, Kili si
rivestì in fretta e salì su un balzo. Sono troppi, pensò. Non possiamo farcela. Levò lo sguardo e vide che, incredibilmente, il sole era ancora alto nel cielo azzurro.
Una calma sovrannaturale scese su di lui; respirò profondamente;
poi fece qualche passo, recuperò dal corpo di Bolg le daghe
gemelle di suo fratello e le infilò nei foderi. Se devo morire, sarà con queste in pugno… come Fili. Poi raccolse la spada elfica. Mi hai servito bene; avrai altre occasioni prima della fine. Raccolse anche uno scudo abbandonato.
“Amici!” gridò. “ Fratelli! Possiamo vincere
ancora! Dobbiamo solo stare uniti! Dwalin, Bofur, di fianco a me! Gli
altri, schierati a lato! Chi ha un arco, dietro! La seconda fila stia
pronta a rimpiazzare i caduti! Il primo urto sarà il peggiore,
ma resisteremo! Storri”, disse poi, a voce normale, vedendo che
il ragazzo stava prendendo posizione al fianco di Dwalin. “ Tu,
dietro di me! Non sei grosso abbastanza per la prima linea!” E non ho intenzione di lasciare che tu ti faccia uccidere, pensò.
Nessuno si sognò di discutere i suoi ordini. Tutti, Nani, Elfi,
Uomini, risposero con un grido di guerra e si schierarono gli uni
accanto agli altri, senza distinzione di razza.
E poi gli orchi attaccarono, e ci fu solo la furia, il sangue e le urla dei morenti.
Dopo il primo urto, Kili aveva gettato lo scudo, ed ora imperversava
sul campo di battaglia con spada e daga, incontenibile. Nessuno
riusciva a colpirlo perché nessuno riusciva a prevedere i suoi
movimenti; Dwalin e Bofur tentavano di stargli a fianco, per coprirgli
le spalle da attacchi imprevisti, ma l’unico che riuscisse
davvero a seguirlo era il piccolo Storri. Combatteva con due spade
corte, in uno strano stile che prevedeva velocissimi cambi di guardia,
cosicchè gli era possibile seguire il principe ed eliminare ogni
minaccia alle sue spalle.
Gli Orchi però erano troppi. Kili chiamò a raccolta gli
uomini attorno a sé; rifiatò un attimo, spazzandosi con
un braccio la fronte dai capelli intrisi di sudore. D’accordo. Vendiamo cara la pelle.
“Forza, amici miei! Ancora un piccolo sforzo! Resistete! Tra poco arriveranno i nostri alleati!”
N.d.A. Lo so, lo so… il
discorso di richiamo alla battaglia non è una perla di
originalità, ma cosa avrebbe dovuto dire, oltre che
“Suonategliele”?
La tattica del muro di scudi era
comunemente usata nell’Alto Medio Evo: mi è sembrata
adatta. Ogni precisazione critica è gradita!
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Capitolo 3 *** Quello che rimane ***
3 Quello che rimane
3.Quello che rimane
E proprio in quel momento si fece udire un poderoso ruggito.
Beorn era tornato ed ora caricava alle spalle gli Orchi che avevano
circondato Kili e i suoi guerrieri; questi attaccarono a loro volta, ma
fu Beorn a sbaragliare gli Orchi ed a metterli in rotta, per inseguire
poi i pochi superstiti che fuggivano verso ovest.
Sul campo di battaglia scese una calma che sembrava irreale. Kili si
guardò intorno e rimase sgomento: per tutta la pianura corpi di
nani, elfi, uomini, orchi e warg coprivano l’erba fino a
nasconderla, amici e nemici gli uni sugli altri, morti e feriti
insieme… superstiti si aggiravano alla ricerca di un amico, di
un parente, o soccorrevano i feriti. Non
c’è niente di romantico o di eroico. Nessun canto ti parla
dell’odore di sangue e morte, e di questa desolazione.
Il giovane nano ripulì la daga e la infilò nella cintura;
poi tolse con cura ogni traccia di sangue dalla spada elfica, che ora
non brillava più. Ne ammirò la squisita fattura e gli
intrecci che ornavano l’elsa; era una splendida spada,
somigliante a Orcrist, di sicuro appartenente ad un nobile elfo. Si
ripromise di cercarne il proprietario, e la infilò negli anelli
della tracolla della sua propria spada, ormai persa, perché era
troppo lunga per il fodero.
“Pensate ai feriti,” disse, a coloro che lo circondavano. I
suoi compagni lo seguirono, ma Dwalin si sentì trattenere: si
voltò e vide Storri, ancora con l’elmo e la sciarpa che
gli nascondevano il viso.
“Quella ferita… “ disse il piccolo nano, “deve essere curata. Diglielo.”
“Sì, ma…” iniziò Dwalin, ma non
potè aggiungere altro, perché Storri era già
lontano. Scrollò le spalle e seguì i compagni.
Kili varcò i resti del muro ed entrò nelle porte spalancate del Regno di Erebor. Sapeva dove andare.
Salì le scale, sempre seguito dai suoi compagni, fino alla
Grande Sala di Thror. Ori, Dori, Bifur, Bombur, Oin e Gloin erano
già lì. La Montagna era tornata loro, ma a quale prezzo!
Ori corse incontro ai nani che entravano, ma si fermò,
sorpreso: per un attimo aveva creduto di vedere, avanti a tutti,
Thorin.
Kili non era più il ragazzo che avevano conosciuto. Lo sguardo
fermo, l’espressione decisa, emanava da lui una tale aura di
autorità che istintivamente i nani piegarono il ginocchio a
terra mentre il giovane principe avanzava verso il centro della sala.
Lì, su un basso catafalco, giaceva il corpo di suo
fratello. Fili indossava ancora l’armatura da battaglia, ma
il viso era stato ripulito, i capelli pettinati, le trecce
rifatte; le ferite erano nascoste da un drappo dorato. Sembrava
dormisse, l’espressione serena.
Ora che la furia ed il desiderio di vendetta si erano placati, Kili si
sentiva vuoto, stordito, incapace di assimilare l’enormità
di quanto era successo. Era come se una mano enorme gli stringesse
la gola e gli impedisse di respirare.
Fratello, cosa devo fare adesso? Senza di te…
Oh, avanti, Kee! Sai cosa devi fare.
Credevo di averti insegnato meglio. Nessuno sceglie in che tempo
nascere, o in che famiglia nascere. Possiamo solo fare del nostro
meglio con le possibilità che ci vengono date. Non devi
chiederti cosa avrei fatto io: non sei me. Ma segui il tuo cuore, e
vedrai che ti guiderà bene… anche perché non sai
fare diversamente.
I suoi compagni videro Kili rimanere immobile per diversi minuti,
a capo chino, e pensarono che stesse piangendo suo
fratello, e non lo disturbarono. Ma Kili non riusciva a piangere. Il
legame con Fili era talmente profondo che non poteva essere spezzato da
una sciocchezza come la morte. Fili parlava ancora al suo cuore, e la
sua voce ad un tempo lo confortava e lo straziava.
Alla fine il principe si alzò. Accarezzò il viso del fratello e disse:
“Oìn, per favore, pensaci tu. Lo onoreremo appena
sarà possibile, qui, davanti al trono che avrebbe dovuto essere
suo. Voi rimanete qui, tranne Dwalin e Bofur: andiamo a vedere
come sta Thorin. Non sappiamo cosa succederà, meglio essere
previdenti. Ori, vieni anche tu: tornerai subito a riferire
notizie del Re sotto la Montagna”.
Kili ed i suoi compagni scesero verso la pianura, fino
all’accampamento della gente di Dain. Le grida dei feriti li
guidarono alle tende dove venivano prestate le cure mediche. Quando
furono a breve distanza, riconobbero la figura inconfondibile di
Gandalf; il mago notò l’espressione impietrita di
Kili, si abbassò e spalancò le braccia.
Il giovane nano non ebbe remore a gettarvisi, ma non riuscì a
dire una parola. Gandalf sentì che tremava; lo guardò in
viso, e Kili vide che negli eterni occhi azzurri brillavano le lacrime.
“ E.. e Thorin…?” chiese. Il mago abbassò gli occhi.
“E’ vivo, ma...” Kili si sentì morire.
“Per Durin, no!” gemette. “ Non anche lui…non posso perdere anche lui…!”
“E’ meglio che tu venga”, continuò Gandalf. “Continua a chiedere di te.”
“Sa di… di Fili?”
“L’ha visto cadere con i suoi occhi, non era possibile
ingannarlo. Già si considera responsabile per tuo fratello,
rassicuralo almeno sulla tua sorte. Tu stai bene?” chiese il mago
scrutandolo con occhi indagatori. “ Quella spalla ha qualcosa che
non va, vero?”
“Mi farò medicare dopo aver visto Thorin, non è
niente di grave. Oh, Gandalf!” continuò, con la voce
venata di disperazione. “Perché? Cosa gli è
accaduto? Non sembrava più lui. Abbiamo cercato di farlo
ragionare, credimi… specialmente Fili. Ma non ascoltava.
Perché te ne sei andato? Forse tu…”
Sul vecchio volto del mago apparve un profondo dolore.
“Kili, ragazzo mio… questa assenza peserà per
sempre sulla mia anima. Se avessi scelto diversamente, avremmo
pianto altri lutti, ma non saprò mai, in realtà, quale
sarebbe stata la decisione migliore. In ogni caso, quello che
potrò fare per appoggiarti, lo farò.”
Si avviarono. Gandalf chiese ai nani se avessero notizia di Bilbo, ma nessuno di loro l’aveva visto durante la battaglia.
All’ingresso della tenda trovarono Balin: il vecchio nano era
visibilmente sconvolto ed abbracciò Kili con le lacrime agli
occhi.
“ Grazie a tutti gli dèi, ragazzo! Almeno tu stai
bene...!” Kili posò la mano destra sulla spalla di Balin.
Si era reso conto in quel momento che il braccio sinistro non
rispondeva molto bene.
“Coraggio, zio...” da molti anni non chiamava più
l’anziano mentore con quell’appellativo affettuoso, ma in
quel momento gli venne spontaneo. “ Ho bisogno di te, ci sono
cose che solo tu sai fare. Possiamo mandare un corvo a cercare i nostri
parenti dei Monti Azzurri? Sono partiti, ma ho bisogno di sapere tra
quanto possiamo aspettarci di vederli arrivare. Dì loro di
affrettarsi, la nostra posizione qui non è affatto sicura.”
L’autorità nella sua voce lasciò Balin di stucco.
Il vecchio nano lo guardò, e vide il dolore devastante che
traspariva dagli occhi scuri che conosceva così bene; ma vide
anche la forza della stirpe di Durin, ed una comprensione che
trascendeva la sua giovane età. Fu istintivo per lui chinare il
capo: “ Lo farò subito, ragazzo mio, quella è la
parte più facile. ”
Kili sussultò: “Oh, dèi… come farò a dirlo a mia madre..? E se anche Thorin..” Ci penserò, si disse, ma non posso permettere che lo venga a sapere da qualcun altro.
Mentre Kili entrava nella tenda, Balin rivolse uno sguardo
interrogativo a Dwalin, che insieme a Bofur aveva assunto la posizione
tradizionale delle guardie personali.
“E’ molto cambiato, fratello,” disse il grande guerriero. “Sai cosa è accaduto?”
“Ho sentito qualcosa: qui lo acclamano come un eroe.”
“Non è solo questo. Oggi abbiamo visto sorgere un grande comandante… un re”.
Kili cercò di orientarsi nella penombra della tenda.
Thorin era disteso su un basso giaciglio. Era pallidissimo e
teneva gli occhi chiusi, la coperta un po’ abbassata lasciava
intravedere le bende già insanguinate che gli circondavano il
torace possente. Vistose fasciature si vedevano anche sulle braccia; la
mano sinistra era frantumata e contorta. Un respiro affannoso e breve
gli sollevava il petto.
Kili si inginocchiò accanto al letto e gli toccò la mano
sana. Il Re aprì lentamente gli occhi, ed a fatica mise a fuoco
la figura accanto a lui; poi un lampo di pura gioia illuminò gli
occhi azzurri.
“Kili!.. Kili…” ansimò.
“Sono qui , zio, non stancarti, devi riposare..”
Gli occhi di Thorin si riempirono improvvisamente di lacrime.
“Perdonami… Fili… colpa mia…” Kili
strinse la mano che si aggrappava alla sua. Con voce alterata dal nodo
che serrava la sua stessa gola, parlò piano.
“Zio... non c’è niente da perdonare. Fili ha fatto
la sua scelta. Lui era il migliore di tutti noi, e ti giuro che
farò in modo che il suo sacrificio non sia stato vano. La
nostra gente tornerà alla Montagna: nulla potrà
impedirlo.” Kili parlò con calma ed autorità,
guardando lo zio dritto negli occhi.
Thorin ne vide la determinazione, ed ebbe un’intuizione
dell’uomo che il suo giovane nipote pazzerello ed impulsivo era
diventato. Poteva andarsene senza preoccupazioni. Rimorsi sì
… molti.. ma sentì che poteva morire tranquillo sul
futuro del suo popolo. Non avrebbe potuto essere in mani migliori,
anche se forse lo stesso Kili non se ne era ancora reso conto.
“Kili, ” sussurrò. “L’anello al
mio dito… è il sigillo del Regno della Montagna…
di mio nonno Thròr… prendilo, è tuo.
Firmerò un documento.. Balin ci sta pensando.. sei Reggente da
subito… tocca a te difendere i nostri diritti, Balin ti
aiuterà…” Kili sfilò dalla mano di
Thorin il pesante sigillo e se lo infilò al dito.
Ecco, era fatta. Come aveva compreso davanti al corpo di suo fratello, toccava a lui. Non c’era scelta.
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Capitolo 4 *** Consiglio di guerra ***
consiglio di guerra
N.d.A.
Questo è un piccolo capitolo preparatorio, ma mi serve per
chiarire qualche dinamica tra i personaggi. Buona lettura comunque!
4.Consiglio di guerra
Gandalf entrò nella tenda insieme ad una nana.
“Kili... Thorin ha bisogno di cure, ed anche tu.
C’è un guaritore che ti aspetta nella tenda accanto.”
“Sei... sei ferito?” sussurrò Thorin, subito preoccupato.
“Non è niente, zio. Tornerò da te tra poco”
Kili si sporse e baciò Thorin sulla fronte; poi strinse ancora
la mano dello zio prima di appoggiarla delicatamente sulla coperta.
Uscì dalla tenda e si trovò davanti Dwalin, con le enormi braccia incrociate.
“Il guaritore è qui che ti aspetta,” gli intimò con un tono che non ammetteva scuse.
“D’accordo, d’accordo... mi arrendo. Possiamo parlare, nel frattempo?”
I tre nani lo seguirono nella tenda accanto, dove il guaritore lo fece
sedere su un basso giaciglio. Dwalin e Bofur lo aiutarono a togliersi
l’armatura, la cotta di maglia e la camicia, spogliandolo fino
alla cintura. Il guaritore rimosse la medicazione provvisoria ed
esaminò la ferita, che stava ancora sanguinando lentamente.
“E’ una brutta ferita, mio signore, più dolorosa che
grave; ma richiederà molte cure perché le ferite inferte
dalle armi degli orchi portano spesso infezioni.” Kili
annuì, e mentre il guaritore lavorava, chiese agli altri tre:
“Allora, qual è il problema principale, adesso?”
Fu Bofur a rispondere:
“Dàin.”
“Giusto. Se Thorin dovesse mancare… ” O meglio, quando.
“Dopo Fili, sei tu il suo erede di diritto!” dichiarò Dwalin
“Sì, ma per Dàin Kili è poco più di un ragazzo!
Potrebbe pensare di estrometterlo e di prendere il trono,”
intervenne suo fratello, “ e il tesoro”, aggiunse.
“… anche perché noi siamo pochi e lui ha qui molti
guerrieri,” concluse Kili, sussultando. Il guaritore aveva
iniziato a suturare il lungo squarcio, e lui strinse i denti. Faceva
male, ma non vi badò: non aveva tempo per lamentarsi. Doveva
pensare, pensare.. e alla svelta.
“Però oggi molti di quei guerrieri hanno seguito prima
Thorin, poi te, e non lui, e Dàin lo sa, ” osservò
Bofur, “ed anche elfi e uomini. E’ qualcosa di cui
tenere conto, e da sfruttare.”
“Se non altro,” meditò Balin, “non può
sostenere che sei un pivello inesperto, non dopo che metà del
campo ti ha acclamato come eroe.”
“Gli Elfi e gli Uomini non hanno interesse al Regno sotto
la Montagna,” considerò Kili. “E’ vero
che la ricchezza attira tutti, ma non credo che abbiano alcuna voglia
di iniziare una nuova guerra per l’oro, non dopo la giornata di
oggi. Vorranno solo un governo stabile e amico, che porterà
vantaggi. Devo quindi fornire loro un motivo perché non
appoggino Dàin contro di me.”
“E con Dàin?” chiese Balin.
“Zio,” disse Kili con un mezzo sogghigno che non
aveva niente di allegro, “mi hai insegnato tu
cosa fare quando la tua posizione non è sicura e non hai molte
difese.”
“E cosa?”
“Attaccare per primo. Devo parlare subito con Dàin, se sono fortunato alla presenza dei suoi comandanti.”
Bofur strizzò un occhio.
“Se intendi confrontarti con Dàin, ti consiglio di
darti una ripulita, ma non troppo. L’immagine è
importante: sei un guerriero e un comandante, e non uno qualsiasi. Ti
troverò qualcosa da metterti addosso – quella roba
è a brandelli – e poi… ho preso questo dalla vostra
camera, pensavo che ti sarebbe servito…” così
dicendo gli porse un sottile cerchio d’oro.
Un’altra coltellata per il cuore di Kili. Lo prese e lo
guardò: era il semplice diadema che Thorin aveva
consegnato a Fili, dicendo che l’oro spettava di diritto al
principe ereditario di Erebor.
Ci avevano scherzato parecchio.. all’inizio.
“Non sta bene con i miei capelli!” aveva riso Fili. “Quasi non si vede!”
“Certo si intona di più con i miei!” aveva ribattuto
Kili.” E del resto il nonno ed il bisnonno erano bruni, ed
anche Thorin! Sei un ben strano erede di Durin!”
“Ah, ma almeno io ho gli occhi di famiglia… e la barba di
famiglia… per quanto debba ammettere che la statura
aiuta!” aveva esclamato, ammettendo per la prima volta che il
fratello minore lo aveva superato in altezza. Poi improvvisamente si
era fatto serio.
“Che c’è, fratellone?”
“Sai…” aveva detto Fili con uno strano tono,
“per tutta la mia vita sono stato principe ereditario di
Un-Bel-Niente. Invece adesso siamo qui, ed io… non riesco ancora
a crederci.” Poi aveva alzato gli occhi: “Non credo che sia
finita così.”
Come avevi ragione.
Bofur continuò:
“So che non lo avresti mai voluto, ma è tuo, amico. Puoi
usarlo o gettarlo via, questo non cambierà ciò che
è accaduto.”
Kili rimase a lungo in silenzio. Il guaritore aveva terminato di
medicare e suturare la ferita e stava applicando una fasciatura
intorno al torace del giovane nano. Gli altri, in silenzio, aspettavano
le decisioni del loro principe.
Ebbene, fratello, cosa dovrei fare?
Avrebbe dovuto essere affar tuo, tutto questo! Tu eri nato per questo,
eri pronto… ed ora anche lo zio… oh, per Durin!
Si passò nervosamente la mano destra nella bruna capigliatura arruffata. Sapeva cosa avrebbe detto il fratello. Mi fido di te.
Non ti deluderò, Fili.
Tirò un profondo sospiro ed alzò la testa.
“Ho assoluto bisogno di qualcosa…”
“Di forte?” ghignò Bofur.
“Anche… ma soprattutto di acqua… e un pettine!”
Più tardi Kili uscì dalla tenda per andare da Thorin. La
Luna ormai era sorta, mancavano un paio d’ore a mezzanotte. Il
giovane principe aspirò l’aria che sapeva di fumo, di
sangue e di morte. Molte torce si aggiravano sul campo di battaglia,
molte persone intente ad un triste compito.
Raddrizzò le spalle, ignorando il dolore della ferita. Aveva
rinunciato all’armatura da battaglia e Bofur gli aveva trovato
– prestati o rubati, non aveva indagato – una camicia ed
una giubba. Portava però la spada elfica a tracolla e le spade
gemelle di Fili. Intorno alla fronte, il cerchio d’oro tratteneva
la chioma, domata per quel che era possibile, e nella quale spiccavano
le tradizionali trecce.
Visto, fratellone? Non me la sono cavata così male.
Fili aveva tentato per mesi di insegnargli a farsi le trecce, senza
alcun successo. La realtà era che Kili detestava sentirsi i
capelli legati e disciplinati; tollerava solo il fermaglio, dopo che
una volta una ciocca ribelle gli aveva coperto la visuale facendogli
sbagliare un tiro.
Nella tenda di Thorin trovò Gandalf; il Re pareva sonnecchiasse.
“Come sta?” chiese.
“Sempre lo stesso. Vuole vedere Bilbo, e lo sto facendo cercare,
ma quell’hobbit sparisce sempre nei momenti sbagliati.”
“Kili… stai bene?” chiamò Thorin.
“Sono qui, zio, non ti preoccupare” il ferito alzò la mano e Kili la prese tra le sue.
“Dàin… “ sussurrò Thorin.
“E’ un problema, lo so, zio. Intendo porvi rimedio subito e
Balin ha approvato, anche se lui sarebbe stato più diplomatico.
Mi ha detto che ragiono come te.” Thorin ebbe un piccolo sorriso
divertito, subito cancellato dal dolore e dalla debolezza.
“La decisione è tua, sei tu il Capo della Casa di Durin, ora…”
“Finchè non starai meglio, zio.” Il Re tacque per qualche istante, raccogliendo le forze.
“Avvicinati, nipote… non ti vedo… Ecco,
così. Bravo… l’oro ti spetta di diritto,
ormai..” La voce di Thorin tremò: pensava a Fili.
“… e quelle? Sono trecce…?” Un’ombra di divertimento passò nella voce flebile.
“Ho pensato che fossero necessarie, ma ti confesserò che sono stato aiutato, non ho molta pratica!”
“Non hai i fermagli… prendi i miei…”
Kili tacque, commosso. Non aveva mai visto Thorin senza i suoi fermagli
d’oro. Con mani delicate aprì gli anelli e li chiuse
sulle sue nuove trecce.
“Sono tuoi … per ricordare…” Non avrò bisogno di questi per ricordarti.
“Devo andare,” disse Kili alzandosi. “Tornerò a raccontarti cosa ho combinato.”
Uscì precipitosamente dalla tenda, si fermò appena fuori
stringendo i pugni e respirando profondamente, anche se questo gli
provocava un intenso dolore. Chiuse gli occhi e cercò di calmare
i sentimenti che si agitavano nella sua anima.
Una mano sulla spalla lo costrinse a voltarsi. Negli occhi del mago vide un dolore senza tempo.
“Perché, Gandalf? Prima Fili, adesso anche Thorin…
In questo momento vorrei morire anch’io… Certo sarebbe
più facile!”
“I Valar non ci mandano fardelli che non siamo in grado di
sopportare, ragazzo mio… troverai dentro di te tutta la forza
necessaria. E se hai bisogno di me, ci sarò.”
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Capitolo 5 *** Diplomazia ***
5.Politica
N.d.A. Ora vediamo come se la cava il nostro Kili alle prese con la diplomazia!
5. Politica
“Devo vedere Dain”.
“Il mio signore è occupato con i suoi comandanti, vedo se..”
“Meglio, così parlerò con tutti in una
sola volta. Vuoi annunciarmi o devo fare da solo? Tu sai chi sono, mi
ricordo di te, ti ho visto sul campo di battaglia.”
“Perdonami, mio signore, vado immediatamente”.
La guardia sparì nella tenda, e Dwalin e Bofur
scambiarono uno sguardo esterrefatto, stupiti dalla voce imperiosa e
dall’atteggiamento del loro giovane principe. Il quale si
voltò e sollevò un elegante sopracciglio:
“Beh, funziona!” Bofur sogghignò.
“Basta crederci…”
La guardia tornò, e tenendo scostata la tenda invitò Kili ad entrare.
Egli entrò, seguito dai suoi compagni che si fermarono ai due lati della soglia.
“Buona sera, signori.”
Dàin si inchinò, subito imitato dai suoi
comandanti. In un solo sguardo aveva notato notato il cerchio
d’oro sulla fronte del principe di Erebor, e la sua sicura
autorevolezza.
“Tutta la stirpe di Durin condivide la tua
perdita,” disse Dàin. “Tuo fratello è caduto
da eroe.”
Kili strinse i denti; l’accenno lo aveva colpito al cuore, ma non si fece sopraffare dai sentimenti. Aveva da fare.
“Ti ringrazio. Il suo sacrificio non sarà
dimenticato, e di certo farò di tutto perché non sia
vano.”
“Come sta Thorin?”
“Non bene. Mi ha conferito la reggenza,” Kili
tese la mano mostrando il sigillo di Thròr, “quindi parlo
a nome del Regno della Montagna. Vogliamo sederci?” disse Kili
sfilando la tracolla della spada ed affidandola a Bofur. Ogni nano
presente non potè fare a meno di notare la lunga
spada elfica che aveva ucciso Bolg.
Il giovane nano sedette al grande tavolo, e Dàin lo
imitò. Poi trasse dalla cintura una pergamena, la aprì
rivelando la elegante calligrafia di Balin.
“Questa è una copia dell’offerta che ti
fece Thorin quando chiese il tuo aiuto.” Alzò una mano per
prevenire obiezioni. “So che la situazione è cambiata, o
meglio sono cambiate le parti in gioco, ma non vedo motivo per non
onorare l’accordo. Quindi, un ventesimo dell’oro e
dell’argento non lavorato che si trova nella Montagna è
tuo. Se vorrai mandare domani il tuo contabile, Balin ed Ori gli
mostreranno gli elenchi e provvederanno alla separazione della parte
che ti spetta.”
“E’ quanto mi era stato promesso, e quanto mi
aspettavo,” convenne Dàin.
“Però…”
“Sì, mio signore Dàin?”
“Thorin ce la farà a riassumere la corona?”
Kili lo guardò dritto negli occhi. Dai fratellino, vai e colpisci.
“Sarò sincero con te, Dàin. Thorin sta
molto male. Non…” si schiarì la voce, “non ci
sono molte possibilità che se la cavi. Ma anche qualora
dovesse mancare, la linea primogenita della stirpe di Durin non
è interrotta; in mancanza di mio fratello, io sono l’Erede
di Durin. Il diritto è dalla mia parte.”
“Sì, ma sei molto giovane… una
corona…” Dàin si alzò in piedi, e fu un
errore. Alzandosi a sua volta, Kili si accorse di essere molto
più alto del suo interlocutore.
In mancanza di una degna barba, Kee, la statura può aiutare…
“In guerra si cresce in fretta. Sono venuto con Thorin
dai Monti Azzurri. Ho superato con lui grandi avversità; oggi,
sul campo di battaglia, ho chiamato a raccolta i guerrieri, e guerrieri
di ogni razza mi hanno seguito. Io ho ucciso Bolg. Vuoi davvero
sostenere che sono un ragazzo inesperto?”
Dàin si accorse che i suoi comandanti si agitavano, e Kili ne approfittò.
“Vedo qui almeno tre nani” e li
indicò” che oggi hanno risposto al richiamo
dell’Erede di Durin…"
“Quattro, mio signore!” lo interruppe un nano di pelo rossiccio, piuttosto giovane, balzando in piedi.
Ignorò totalmente l’occhiata di fuoco con cui Dàin lo fulminò.
“Scusami, amico, portavi un elmo troppo bello e
non ti ho riconosciuto! Ma ora che ti guardo e vedo la tua splendida
barba, mi ricordo di te. Ebbene, Dàin, vuoi consultarti
con i tuoi comandanti? Mi disputerai la corona di Erebor?”
Colpito e affondato. Grande.
“Non ho intenzione di contestare il tuo buon diritto,
Kili, ed ora vedo che Erebor sarà ben difesa,” così
dicendo, l’anziano nano gli tese la mano. Kili la strinse con
decisione, senza per questo farla diventare una prova di forza. Poi
continuò:
“Ognuno dei tuoi uomini riceverà tre gemme come
mio personale ringraziamento. Se mi farai avere i nomi dei caduti,
farò in modo che le loro famiglie abbiano altrettanto. La
Montagna Solitaria ed i Colli Ferrosi sono regni alleati e lo saranno
sempre. Abbiamo bisogno di tutto l’aiuto possibile per
ricostruire, e ci sarà lavoro per tutti quelli che lo vorranno,
e ricompensato con generosità.” E se vorranno restare, saranno i benvenuti. “Domani questo bando verrà reso pubblico.”
Si congedò e tornò da Thorin, sempre seguito da
Dwalin e Bofur. Il Re era privo di conoscenza, ed accanto a lui una
guaritrice stava lavorando sulla sua mano. Kili si avvicinò.
“Come sta?” chiese. La nana scosse il capo.
“Resiste, per ora. Ma non sarà
facile…” poi alzò gli occhi e guardò il
giovane nano bruno accanto a lei. “Mio signore, dovresti
riposare. Anche tu sei stato ferito, ed oggi è stata una
giornata molto difficile. Se dovesse esserci qualche cambiamento ti
farò chiamare.”
Improvvisamente Kili si sentì addosso
un’infinita stanchezza. La ferita gli faceva male. Non riusciva a
credere che solo ventiquattro ore prima stava disteso con Fili ed i
suoi amici ascoltando canzoni in attesa della battaglia
dell’indomani… ricordò la punta di timore, ma
anche l’eccitazione… Per Mahal, che sciocchi… pensavamo forse di essere invincibili? O invulnerabili? Si scosse ed allontanò i ricordi che rischiavano di diventare troppo dolorosi.
“Ti ringrazio. Credo che la tenda qui a fianco sia ancora a nostra disposizione, potrai trovarmi lì.”
Balin, Dwalin, Bofur ed Ori erano ad attenderlo.
“Il primo problema è risolto… almeno
sembra” disse sedendosi. ”Posso convocare Bard, vero?
E’ legittimo? Non si offenderà?”
“Puoi,” rispose Balin, “il tuo rango, al momento, è maggiore del suo.”
“Bene, allora mandagli un messaggio in cui lo invito
qui domani mattina per discutere. Intendo trattarlo come un
amico… anche perché in realtà mi piace. Ho bisogno
che qualcuno raccolga notizie sull’umore della gente, e su quello
che è accaduto mentre eravamo chiusi nella Montagna: Bofur, puoi
pensarci tu? Per quanto riguarda Thranduil… Ori, dovresti
tornare subito alla Montagna, magari Dwalin ti accompagnerà. So
che siete stanchi, e vi chiedo molto, ma non ho scelta.
C’è una cosa che mi devi trovare e portare domani
mattina…”
“Kili… basta.” Dwalin intervenne.
“Non devi risolvere tutto questa notte. Devi pensare anche a te
stesso. Quindi, principe o non principe, o te ne vai a dormire o potrei
legarti a quel letto.”
All’alba, dopo poche ore, durante le quali aveva
tentato invano di dormire un po’, Kili era di nuovo nella tenda
di Thorin. La guaritrice aveva fatto capire che il Re ne avrebbe avuto
per poco, ed il giovane nano, stordito, sopraffatto, si era
inginocchiato a fianco del letto ed aveva preso la mano dello
zio. Sentiva la stretta diventare sempre più debole, ma
capiva anche che Thorin traeva conforto da quel contatto. Posso fare solo questo per lui… e fare in modo che se ne vada tranquillo. Non mi sono mai sentito così impotente.
Una mano sulla sua spalla lo strappò a quei pensieri cupi. Era Dwalin.
“Bard è arrivato, Kili.” Il giovane
principe liberò delicatamente la mano dalla lieve stretta di
quella di Thorin; il ferito, che era scivolato in un sofferente sopore,
aprì appena gli occhi.
“Torno subito da te, zio” sussurrò Kili, ottenendo un lieve cenno di riconoscimento.
Fuori dalla tenda si fermò un attimo, e sospirò
per ricacciare le lacrime che gli avevano riempito gli occhi scuri.
Avrebbe solo voluto rifugiarsi in un angolo e dare sfogo
all’enorme dolore che gli straziava il cuore e opprimeva
l’anima; avrebbe voluto due braccia tra cui piangere, e
desiderò intensamente che sua madre fosse con lui, perché
sembra sempre che il dolore condiviso sia più facile da
sopportare. Ma non era possibile. Accantonò tutti i
sentimenti in un angolo del suo cuore, e raddrizzò le spalle:
aveva da fare, suo zio e suo fratello avrebbero voluto che lui
affrontasse le necessità con coraggio e determinazione, era il
suo dovere di Erede di Durin.
La ferita gli doleva molto. Con la mano destra si
strinse il braccio sinistro contro il torace, perché si
era accorto che ogni minimo movimento della spalla scatenava un dolore
accecante, che lo lasciava stordito. Dwalin, accanto a lui, notò
il movimento ma non disse nulla.
“Buongiorno, mio signore Bard. Ti ringrazio di essere
venuto,” disse Kili entrando nella tenda dove Bard lo
attendeva in compagnia di Balin. Il vecchio nano era molto provato, ed
uscì per tornare da Thorin.
“Come sta il Re?” chiese Bard che gli era andato
incontro con la mano tesa. Aveva notato il cerchio d’oro sulla
fronte di Kili.
“Non bene; mi ha conferito la Reggenza, quindi ho
l’autorità di trattare con te a nome del Regno sotto la
Montagna”. Bard annuì, e rimase in attesa.
“Il Regno sotto la Montagna” continuò
Kili, “non accetta l’accordo da te proposto. Non voglio
quella maledetta pietra; l’Arkengemma ha turbato il cuore di mio
zio e lo ha spinto a dire parole e a compiere gesti che non erano da
lui. Nessuno di noi deve possederla, e se posso darti un
suggerimento, nemmeno tu. Io cercherei un modo per renderla
inoffensiva, magari consigliandoci con Gandalf. Ma" e qui Kili, come
aveva fatto con Dàin, anzò una mano per chiedere a Bard
di lasciarlo finire, dopo aver visto il disappunto sul suo viso.
“… questo non significa che non voglia riconoscere i
diritti di Dale, a determinate condizioni. Un decimo di tutto
l’oro e l’argento non lavorato che si trova nel
tesoro di Smaug è tuo, a condizione che tu divenga Signore di
Dale e provveda a ricostruire la città sotto il tuo dominio. Se
non ti accetteranno come loro Signore, gli Uomini non avranno
nulla da noi; non voglio un vicino avido ed infido come il Governatore
di Pontelagolungo accampato davanti alle mie porte.”
“La Signoria di Dale mi spetta di diritto,”
spiegò Bard, “in quanto discendente di Girion. Gli Uomini
mi hanno già scelto come condottiero, come hai visto;
ricostruirò la mia città e tra Monte e Valle ci
sarà pace ed alleanza.”
“ Era esattamente quanto avevo intenzione di ottenere
con la mia offerta, e sono lieto di trovarti d’accordo. I nostri
maestri costruttori, scultori e fabbri,” proseguì
Kili “saranno a vostra disposizione alle condizioni che
tratterete con Balin non appena arriveranno dai Monti Azzurri,
probabilmente tra qualche settimana. Da parte nostra avremo
bisogno di braccia ed offriremo lavoro a qualunque volontario, a
condizioni generose.”
“Sono sicuro che su questo ci accorderemo,”
annuì Bard. “E penseremo qualcosa per quella pietra.
Non è mia e non l’ho mai voluta; sono disposto ad
accettare qualunque consiglio su come disporne.”
Poi guardò con franchezza il giovane principe dei nani e disse:
“Mi dispiace per Thorin, ma con te vedo una nuova era di pace e prosperità, e me ne compiaccio.”
Appena Bard fu uscito, Kili si abbandonò sulla sedia. Dèi, se sono stanco! Ed era appena mattina.
Dwalin entrò con Ori che recava un grande scrigno.
“Kili, l’abbiamo trovata,” disse il piccolo
nano. Aprì la scatola ed apparve un gioiello meraviglioso:
era una corona formata da una miriade di tralci di fiori intrecciati,
delicati come una trina e cosparsi di gemme di ogni colore. La Corona
della Primavera era stata commissionata dal Re degli Elfi prima della
venuta di Smaug; nessuno l’aveva mai vista tranne il suo artefice
ed il drago che se n’era impadronito.
“E’ stupenda. Benissimo, Ori, fatti scortare da
Bofur e portatela alla tenda di Re Thranduil. Dovete dirgli che questo
è un dono da parte della Casa di Durin, quale segno di amicizia
e di pace. Molte parole sconsiderate sono corse in questi giorni, ma
l’unità che abbiamo raggiunto ieri deve essere
preservata e noi faremo tutto quanto è possibile.”
Usciti i due, riprese fiato, ma quando si alzò ebbe un
mancamento e dovette appoggiarsi alla spalliera della sedia. Il
dolore gli mozzava il fiato; premette la mano sulla ferita e
cercò di regolarizzare il respiro. A poco a poco si
rinfrancò: doveva tornare da Thorin… e subito.
Fuori dalla tenda, Kili vide Bilbo seduto a terra vicino a
Galdalf. L’hobbit stava piangendo, e per un terribile momento
pensò di essere giunto troppo tardi.
Appena entrato, lo sguardo straziato di Balin gli disse tutto
quello che aveva bisogno di sapere. La guaritrice teneva il polso a
Thorin, e quando Kili si avvicinò al letto gli lasciò il
posto, sussurrando:
“Mio signore, rimani con lui.”
Kili si inginocchiò e prese la mano inerte dello zio.
Gli occhi azzurri del Re sotto la Montagna si aprirono ed un lampo
di riconoscimento sostituì il dolore.
“E’ tutto a posto, mio Re,” disse Kili, “il Regno è al sicuro nelle mani della tua Casa.”
Lo sguardo di Thorin si fece remoto e Kili capì con
sgomento che era la fine. Il Re però parlò ancora,
con voce flebile ma sorprendentemente chiara.
“Ti benedico, figlio del mio cuore… e ti dico
addio. Sono venuti a prendermi… Fili…
Frerin…” Thorin alzò gli occhi verso qualcuno che
solo lui poteva vedere, e sorrise. Poi non si mosse più.
N.d.A. Dunque: è chiaro che ci sono un paio di elementi di mia pura invenzione, ma mi sembrava che ci stessero bene.
L’accordo con Dàin:
per quello che sappiamo dei Nani, è difficile pensare che
Dàin avrebbe potuto intervenire a togliere le castagne dal fuoco
a Thorin gratis et amore dei; e del resto Thorin non mi è mai
sembrato tipo da firmare cambiali in bianco (guardate l’accordo
con Bilbo!). Quindi è assolutamente plausibile che abbia fatto a
Dàin un’offerta “che non poteva rifiutare”.
La Corona della Primavera: è noto che gli Elfi adorano i gioielli dei Nani. Ricordate la Nauglamìr?
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Capitolo 6 *** Chi sei? ***
6. Chi sei?
6. Chi sei?
Kili crollò. Affondò il viso nella spalla dello zio e
pianse, ignorando il dolore della ferita. Ora era veramente solo. Nella
desolazione del suo cuore si aggrappò ad un unico
pensiero: aveva fatto una promessa e l’avrebbe mantenuta,
non avrebbe permesso che la morte di Fili e di Thorin finisse per
risultare inutile.
A fatica si alzò ed incontrò lo sguardo di Balin:
per il vecchio nano la morte di Thorin era stata uno schianto. Lo vide
piegare un ginocchio a terra e dire, con voce rotta:
“Mio signore, concedimi di essere il primo a giurarti
fedeltà,” ma Kili lo prese per le mani e lo fece alzare.
“Zio, avrò bisogno di te più che mai…”
iniziò, ma subito si interruppe. Una fitta di dolore più
forte delle precedenti gli esplose nel petto, e barcollò. La
guaritrice fu subito al suo fianco. “Mio signore!”
Il giovane nano si sentiva mancare; tese il braccio sano in cerca
di sostegno e trovò le braccia della guaritrice. Fu con il suo
viso davanti agli occhi che perse i sensi.
Lei lo abbracciò, e con l’aiuto di Balin, scivolò
in ginocchio con il corpo di Kili sempre stretto a sé
impedendogli di cadere rovinosamente. Poi gli toccò la fronte.
“Ha la febbre,” disse a Balin. “La sua ferita è stata curata?”
“Sì, ieri” rispose il vecchio nano. “Non so
altro…” poi imprecò. La guaritrice abbassò
lo sguardo sul proprio grembiule: là dove il corpo di Kili si
era appoggiato, era macchiato di sangue. La ragazza gli aprì
rapidamente la giubba e vide che il sangue aveva intriso la camicia.
“Passami quei tamponi,” disse a Balin, “poi chiama
qualcuno che mi aiuti a metterlo a letto. Ha fatto troppi sforzi
e la ferita si è riaperta; inoltre, se ha la febbre, ci
sarà un’infezione… Irridis!” chiamò.
Subito accorse una vecchia nana. Balin uscì in cerca di
aiuto.
La guaritrice aprì la camicia di Kili rivelando le bende
insanguinate. Premette un tampone sulla ferita, per tentare di fermare
l’emorragia, ed il suo sguardo scivolò sul viso del
giovane principe. Sapeva che non avrebbe dimenticato facilmente la
sensazione della bella testa bruna abbandonata sulla sua spalla.
Fu Dwalin, che stazionava fuori dalla tenda, ad accorrere al richiamo
di suo fratello. Attendeva con animo affranto la notizia della morte di
Thorin, ma rimase sconvolto alla vista di Kili privo di sensi tra
le braccia della guaritrice. Si precipitò presso di lui.
“Sapevo che qualcosa non andava,” disse a Balin, “avrei dovuto fermarlo…”
“Non ti avrebbe dato ascolto, fratello.”
Il gigantesco guerriero sollevò da solo, senza alcuno sforzo
apparente, il corpo del giovane nano e lo portò nella tenda
vicina, seguito dalla guaritrice e dalla vecchia nana che recava
con sé una cassetta di medicinali, fasce e garze.
Dwalin depose Kili sul basso letto, e con il suo aiuto la guaritrice
gli sciolse la cintura, spogliandolo della giubba e della camicia. Ma
quando tentò di togliere le bende, si accorse che il sangue
rappreso aveva fatto aderire gli ultimi strati ad una parte della
ferita, mentre l’altra sanguinava. Le bende erano inoltre
macchiate dai segni dell’infezione; alcuni punti erano saltati
provocando ulteriori lacerazioni. Dwalin impallidì e
masticò qualche imprecazione fra i denti alla vista di quel
disastro, e la ragazza mormorò:
“Ci credo che è svenuto. E per fortuna …” ma
proprio in quel momento il petto del ferito si sollevò in un
respiro corto e faticoso. La guaritrice guardò il viso di Kili,
mentre le lunghe ciglia brune fremevano e si sollevavano. Lo
sguardo della ragazza incontrò un paio di occhi scuri, lucidi di
febbre e colmi di sofferenza. Per un attimo eterno si fissarono.
“Chi… chi sei..?” sussurrò lui.
“Miralys,” fu la risposta. “Mio signore, la tua ferita va curata… e farà male.”
“Fa già m-male…” alitò Kili. Dwalin
posò le mani sulle spalle del ferito, ben sapendo cosa sarebbe
seguito.
“Kili, ragazzo mio, coraggio, non durerà molto.”
“Dagli questo,” disse Miralys porgendogli un bicchiere.
“Lo aiuterà… un po’. Ha perso molto sangue,
non oso dargli nulla di troppo forte.’”
Fu un’ordalia. In ogni momento la guaritrice sperò che
Kili perdesse i sensi, ma non avvenne mai. Appena Miralys iniziò
a lavorare, tutti i muscoli del corpo del giovane nano si tesero per
resistere al dolore devastante, mentre Dwalin gli impediva movimenti
frenetici che avrebbero causato ancora più danni. Ogni volta che
la guaritrice toccava la ferita, gonfia ed arrossata, per eliminare
l’infezione, dalle labbra contratte uscivano lamenti ed
implorazioni che spezzavano il cuore del grande guerriero.
“B-basta… ah… f-fa male…” sussurrava
Kili, mentre Dwalin mormorava incoraggiamenti. Miralys si fermò,
alzò gli occhi dalla ferita e guardò il suo paziente.
Il respiro si era fatto affannoso e rantolante, il viso era contratto
per il dolore, gli occhi chiusi; si era morso un labbro nel tentativo
di non gridare. Gli posò una mano sul petto e sotto le sue dita
sentì che il cuore batteva freneticamente.
“Sta soffrendo troppo…”
“Respira, ragazzo, non manca molto…”
“Allora non f-fermarti… finisci…” alitò Kili a denti stretti.
“No,” disse la guaritrice. “Non riesci a
respirare… guardami, se puoi.” Miralys prese le mani di
Kili, e delicatamente forzò le dita serrate a pugno ad aprirsi,
insinuandovi le sue in una lenta carezza. Kili aprì
lentamente gli occhi e gli sfuggì un lungo sospiro tremante.
“Non manca molto, ormai, mio signore. Andrà tutto bene,
vedrai, presto il dolore passerà…” più che
le parole, fu il tono a calmare il ferito; il respiro si fece
più regolare, il battito rallentò. Miralys guardò
le mani abbandonate tra le sue: le unghie avevano lacerato la pelle del
palmo. Erano le mani di un guerriero, coperte da piccole
cicatrici, ma inaspettatamente morbide rispetto a quelle callose dei
veterani che ben conosceva, e questo le ricordò quanto giovane
fosse il suo paziente, solo di poco più grande di lei che aveva
appena raggiunto la soglia della maggiore età. Eppure aveva
compiuto grandi imprese… si riscosse: aveva un lavoro da fare.
“Mio signore, posso continuare? Te la senti?” Kili chiuse gli occhi ed annuì.
“Stringigli le mani” disse Miralys a Dwalin “o si
farà del male. Non serve più che tu lo trattenga, non ha
più forze: non si muoverà.”
Dopo pochi minuti la ferita era perfettamente pulita, e Miralys
sistemò alcuni punti che ne avevano bisogno. Kili giaceva ad
occhi chiusi, esausto, semi-incosciente, e tremava in modo
incontrollabile per lo choc e per la febbre, che stava salendo. Miralys
applicò sulla ferita una garza con un unguento, poi coprì
il giovane con una coperta.
“Lasciamolo tranquillo qualche minuto” disse a Dwalin, che
continuava a stringere la mano del suo signore, “poi
penserò a fasciarlo.”
La guaritrice uscì dalla tenda ed andò in
infermeria, senza badare ai richiami che le venivano rivolti.
Cambiò il grembiule sporco di sangue con uno pulito e si
inginocchiò tra le cassette dei medicinali. Raccolse un paio di
ampolle poi si rese conto che le tremavano le mani; una lacrima le cade
in grembo. Cosa le stava succedendo? Non era certo la prima volta che
procurava dolore ad un paziente, era inevitabile, dal giorno precedente
era successo almeno altre quattro volte… appoggiò le
boccette per non farle cadere, e scoppiò in un pianto
irrefrenabile: quella appena trascorsa era stata una dura prova anche
per lei. Ma perché? Pensò. Si sforzò di
ricomporsi, si asciugò le lacrime e raccolse le sue cose.
“Su, idiota,” disse, “Stai perdendo tempo e lui ha bisogno di te!”.
Fuori dalla tenda Miralys trovò un assembramento di nani, elfi e
uomini, tra i quali riconobbe Bard ed uno dei generali di Dàin.
Questi la fermarono.
“Scusa, magistra,” chiese Bard, “come sta il principe Kili? Le sue condizioni sono gravi?”
“Ha trascurato una ferita; ha passato dei brutti momenti ed ha
sofferto molto. Domani ne sapremo di più.” Rispose la
guaritrice.
“Che tutti gli dei di Arda lo aiutino!” mormorò
Bard. “Ti ringrazio. I miei uomini sono a sua disposizione, ad
hanno ordine di proteggerlo ad ogni costo.”
Miralys entrò nella tenda, e trovò Kili assopito, vegliato da Irridis.
“E’ più tranquillo,” disse la vecchia nana.
Con il suo aiuto la ragazza fasciò la ferita; poi la
mandò all’infermeria ad aiutare gli altri guaritori, e si
accinse a terminare il suo lavoro. Irridis la guardò, un
po’ sorpresa.
“Perché?” chiese, “di solito questo è compito mio… “
“Ma lui è speciale,” mormorò Miralys.
“Ieri ha salvato la vita a Storri, e Storri è molto
riconoscente.”
“E Miralys?” chiese Irridis, con una strana espressione sul
vecchio viso. La guaritrice guardò il viso del giovane nano, ora
più rilassato: i lineamenti delicati, il profilo aristocratico
degli zigomi e delle sopracciglia, la bocca decisa ma
accattivante… e quegli occhi…
“Che c’entra? Comunque Storri se n’è
già andato,” rispose, “ non credo che lo rivedremo,
per ora. Adesso vai”.
Rimasta sola, la ragazza spogliò completamente il suo paziente,
cercando di muoverlo il meno possibile. Con un panno morbido intriso di
acqua tiepida con un balsamo alle rose lavò il suo corpo dal
sangue e dal sudore, canticchiando piano una ninna nanna. Medicò
le molte piccole ferite che si era procurato in battaglia;
disinfettò le ferite alle mani ed applicò un
leggero bendaggio; poi lo avvolse in calde coperte. Gli
rinfrescò il viso accaldato per la febbre, scostandogli dalla
fronte e dal collo le lunghe ciocche scure; spalmò delicatamente
un unguento lenitivo sulle labbra gonfie per i morsi.
Kili giaceva come sospeso tra la coscienza e l’incoscienza, il
dolore finalmente sopportabile. I suoi sensi ottenebrati coglievano
appena i tocchi delicati sulla sua pelle, che alleviavano sofferenza e
disagi, mentre la dolce melodia acquietava il suo cuore, finchè
scivolò lentamente in un sonno agitato.
Miralys, terminato il lavoro, sedette al suo fianco, sperando
irrazionalmente che quegli occhi si aprissero e la guardassero di
nuovo; ma Kili ormai non ne aveva la forza.
Per due giorni Kili lottò contro la febbre, l’infezione e
la debolezza causata dalla perdita di sangue. La febbre salì, e
nel delirio rivide Fili morire mille volte. Miralys non lasciò
mai il suo letto, usando tutte le sue arti e tutte le sue risorse per
aiutarlo nella sua battaglia contro la morte. Più volte
disinfettò e medicò la ferita; applicò panni
intrisi di acqua di rose per rinfrescare il corpo che ardeva per la
febbre; accarezzò la fronte rovente; passò ore
stringendogli le mani tra le sue e parlandogli dolcemente, ed a volte
il tocco e la voce raggiungevano Kili attraverso il delirio e lo
calmavano un poco, concedendogli un breve riposo.
Ascoltando le frasi sconnesse che uscivano dalle labbra livide e
contratte, capì molte cose di lui: il suo immenso dolore per la
morte del fratello, il desiderio di dimostrare il suo valore,
l’amore e l’ammirazione per lo zio, il peso della enorme
responsabilità che gli era piombata sulle spalle, del
tutto inaspettata…
Finalmente, alla fine del terzo giorno, la febbre scese e Kili cadde in
un sonno profondo e ristoratore. Fu solo la mattina successiva
che aprì finalmente gli occhi, e per un momento
rimase disorientato. Poi vide Dwalin accanto al suo letto e
tentò di alzarsi dai cuscini.
“No, ragazzo, non… “ l’avvertimento di Dwalin
arrivò in ritardo, e Kili si era già pentito amaramente
della sua iniziativa: il dolore lancinante che gli trafisse il
petto e la spalla lo fece ricadere all’indietro, ansimante.
“Pe-per Durin..!” alitò.
“… muoverti!” Kili annuì a denti
stretti, immobile, cercando di regolarizzare il respiro,
finchè il dolore non si ridusse ad un livello sopportabile. Poi
disse:
“Ah, ricordo… quanto tempo è passato? Cosa è successo?”
“Ragazzo mio, va tutto bene. Fuori dalla tenda ci sono Elfi, Nani
e Uomini che si controllano l’un l’altro in attesa che tu
ti riprenda, e lo stesso avviene davanti alla Porta Principale: i
nostri sono dentro, tutti gli altri sono fuori e si guardano l’un
l’altro di traverso, e Gandalf sorveglia tutti come un falco e
non permette che si dicano una sola parola. Il mondo intero trattiene
il respiro in attesa del tuo risveglio.”
“Ma… non capisco, cosa?...” Kili era stupefatto.
Ricordava di aver tentato di accordarsi con tutte le fazioni in campo,
ma non capiva cosa fosse cambiato, perché ci dovesse essere
qualche disaccordo.
“Quando si è saputo della… della morte di Thorin e
delle tue condizioni, Bard, Thranduil e alcuni dei generali di
Dàin hanno deciso, ognuno per conto proprio, che nessuno degli
altri doveva cercare di disfare quello che tu avevi fatto. Quindi
ognuno ha mandato un proprio contingente per proteggere te dalle possibili cattive intenzioni degli altri.
Così stanno lì a guardarsi storto, assalgono noi e la
guaritrice ogni volta che usciamo per avere notizie, e aspettano
che tu ti degni di far sapere loro che stai bene. Pare che tutti ti
considerino il garante della pace in questa parte del mondo. Nel
frattempo Balin si sta occupando degli affari correnti. Ogni giorno
arrivano nani e uomini che si offrono di lavorare, e lui li mette al
lavoro.”
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Capitolo 7 *** Andare avanti ***
7. Andare avanti
7. Andare avanti
Kili cercò di elaborare le informazioni, ma era ancora
troppo debole e si accontentò di sapere che tutto stava andando
bene. Il solito macigno nel suo petto era ancora lì, e sapeva
che non se ne sarebbe mai andato del tutto.
Ammetto che hai fatto un
bel lavoro, Kee… incredibile. Non sei mai stato un diplomatico.
Molto più incline a passare alle vie di fatto.
Non ho mai avuto bisogno di essere diplomatico, fratellone; alle grane pensavate tu e lo zio!
Fili era sempre presente nella mente di
Kili. Aggrottò la fronte: per quel che riguardava gli
ultimi giorni, era tutto confuso, e faticava ancora a
distinguere la realtà dagli incubi: Thorin, Azog, Bolg,
Smaug, ma soprattutto Fili. Fili sorridente, Fili che fumava,
Fili che si rifaceva le trecce… Fili che cadeva colpito a morte,
Fili tra le sue braccia, il suo ultimo sguardo. E poi uno strano
sogno… Fili nelle Montagne Nebbiose, durante la tempesta e la
lotta dei Giganti di Pietra, quando erano stati separati e lui
non era riuscito a prendere la mano tesa del fratello: forse il
momento più terribile, quando aveva pensato che
l’avrebbe perso, che non l’avrebbe più
rivisto… ma gli era parso che questa volta Fili sorridesse
scuotendo la testa, senza tendegli la mano… e lui ricordava
la propria disperazione, ricordava di aver fatto ogni sforzo per
raggiungere Fili senza riuscirci…
Questa volta ti ho perso davvero, Fee. Non sono riuscito ad arrivare in tempo…
Mi sembra di averti
già detto che questi “e se” non mi piacciono. E poi,
vedi, non mi hai perso: riesci ancora a sentire la mia voce!
A questo punto Fili avrebbe fatto la sua risatina, pensò il giovane nano. La sento ancora… per Mahal, quanto mi manca!
Ma un altro ricordo - o un sogno – era
mescolato a queste visioni. Occhi verdi, una voce sottile, tocchi
delicati e freschi sul suo corpo rovente, mani sulla sua fronte,
un profumo di rose…
“C’era… c’era qualcuno, qui?”
si chiese, senza rendersi conto di aver parlato ad alta voce. Dwalin lo
guardò con una espressione curiosa.
“Miralys, la guaritrice. Ti ha ripulito la ferita, ricordi?” Kili rabbrividì.
“Oh, sì… questo lo ricordo bene. Doveva essere lei…”
“E’ rimasta qui per due giorni e due notti,
non ti ha mai lasciato, finchè stamattina non l’ho
costretta a prendersi un po’ di riposo. La rivedrai presto,
credo, è veramente molto brava.”
Dwalin non disse che quella mattina all’alba, entrando
nella tenda, aveva trovato Miralys inginocchiata a fianco del letto di
Kili, addormentata. Aveva appoggiato la testa su un gomito ripiegato,
affondato nelle coperte, mentre l’altra mano era appoggiata sul
petto del giovane nano. Quando l’aveva svegliata delicatamente,
era arrossita, ed aveva spiegato confusamente che temeva di non
accorgersi di un eventuale risveglio… ma Dwalin aveva trovato il
quadretto tenero a tal punto da meravigliarsi di se stesso.
“Beh, Dwalin, puoi andare a dire a tutti che sono
risorto. C’è un po’ d’acqua? Mi sento come se
avessi attraversato il deserto… “
Durante la giornata molte persone chiesero di poter vedere
colui che era ormai di fatto, se non ufficialmente, il Re sotto la
Montagna, ma Miralys respinse tutti con un piglio da sergente maggiore
che Kili trovò assolutamente divertente. Era ancora molto
debole e non aveva alcuna inclinazione per la diplomazia o per le
chiacchiere senza senso. Furono ammessi solo i suoi Compagni, e li
abbracciò tutti con grande commozione. Ori era stravolto: la
malattia di Kili, appena dopo la morte di Fili e di Thorin, era stato
un colpo terribile, ed il giovane re dovette ricorrere a qualcuna delle
sue vecchie battute per fargli tornare un piccolo sorriso. Alla fine
gli disse:
“Avrò bisogno di te a partire da subito, Ori:
sai che non sono un grande letterato – preferisco la spada alla
penna – e ti chiedo se vuoi farmi da segretario.”
Così un Ori estremamente ringalluzzito fu spedito a cercare
penne, inchiostri, pergamene e tutto il necessario.
Alla fine rimase solo Balin. Kili allungò una mano e strinse quella del vecchio mentore.
“Siamo rimasti noi, zio… solo noi. Avrò
bisogno di te: ti prego, non lasciarmi anche tu,” disse con
voce sommessa. Le lacrime scorrevano sul vecchio viso e si perdevano
nella lunga barba.
“Lo so,” continuò il giovane nano,
“che avevi votato la tua vita a Thorin; pensavi che saresti stato
al suo fianco per tutti i tuoi anni. Non è andata così.
So che io non sono il ‘tuo’ re; non ho la pretesa di
prendere il suo posto; ma ho bisogno di te. Avrei voluto essere uno
studente migliore” fu felice di vedere un mezzo sorriso spuntare
tra la barba bianca “ma in ogni caso era Fili quello nato
ed allevato per essere Re, non io. Non credo di sapere come si fa
a fare il Re. Sono sicuro che ci sono milioni di cose a cui non
saprei nemmeno pensare.”
“Finora non ta la sei cavata male,” commentò Balin.
“Un po’ di buon senso e molta fortuna,”
rispose Kili. “Non credo che basti. In nome di Thorin, che
amavamo entrambi, vuoi aiutarmi?”
Balin rimase in silenzio qualche istante, registrando
con un angolo della mente il cambiamento avvenuto nel giovane che gli
stava davanti. No, in realtà
non è cambiato; quella forza, quella determinazione, anche
l’istinto politico ed il carisma, tutto questo c’era anche
prima, l’avevo visto. E’ solo venuto alla luce nel momento
del bisogno. C’è un enorme potenziale… sarà
un grande Re, Thorin, amico mio: degno di te e della nostra Casa.
“So esattamente cosa vorrebbe tuo zio,” disse
infine Balin alzando gli occhi. “Quindi, sì: sarò
al tuo fianco finchè avrai bisogno di me.”
Kili si alzò dai cuscini contro i quali era
appoggiato, ignorando la fitta che gli lanciò la spalla
ferita, ed abbracciò il suo vecchio maestro.
“Grazie” sussurrò. “Non sai quanto sia importante per me.”
Il giorno dopo Balin entrò nella tenda e si rese conto che era in corso una crisi.
“Perdonami, mio signore, ma devi essere impazzito! O
forse hai ancora la febbre?” Miralys, in piedi, i pugni piantati
sui fianchi e gli occhi stretti per la rabbia, fronteggiava Kili che,
seduto sul letto, altrettanto corrucciato, aveva appena finito di
esporre la sua intenzione di assistere alla chiusura dei feretri di
Fili e Thorin.
I capi dei Popoli Liberi avevano infatti deciso di provvedere
alla tumulazione dei morti in battaglia in una zona della pianura tra
Erebor e le rovine di Dale, che sarebbe stato in seguito trasformato in
un giardino a perenne ricordo. Era da tempo in corso l’opera di
composizione e sepoltura delle salme; ma nella riunione informale
tenutasi il giorno prima, a cui Balin aveva partecipato a nome di Kili,
ancora troppo debole, si era deciso che il Re sotto la Montagna ed il
suo Erede sarebbero invece stati sepolti nella cripta sotterranea
con i loro antenati, durante una cerimonia solenne che si
sarebbe tenuta tra qualche giorno. Per il momento i feretri sarebbero
stati esposti nella grande Sala di Thròr, dove tutti avrebbero
potuto rendere omaggio; ma prima sarebbero stati definitivamente
chiusi. Kili non intendeva rinunciare a rivedere i suoi cari ancora una
volta; ma avrebbe dovuto recarsi ad Erebor, dove si trovavano, mentre
Miralys riteneva che non fosse in grado di alzarsi dal letto senza
gravi rischi. La discussione stava assumendo le proporzioni di uno
scontro e Balin si dileguò prudentemente.
“Ci devo andare, è fuori discussione!” affermò il giovane nano.
“Per cadere lungo disteso davanti a tutti, facendo
riaprire la ferita? Mi sembra che sia già successo! Hai
intenzione di ucciderti?” Miralys inviò a Kili
un’occhiata che avrebbe incenerito una foresta. Ad ogni frase la
sua lunga treccia bionda frustava l’aria come se fosse
dotata di vita propria.
“Perché i nani maschi devono essere così
cocciuti?” continuò. Kili a sua volta la guardò con
gli occhi neri che mandavano lampi e il suo cipiglio più feroce.
“Come pensi di impedirmelo?”
Miralys trasse un profondo respiro esasperato.
“Stavo pensando ad una botta in testa, ma ho cambiato
idea.” disse. Poi scostò la coperta con gesto deciso.
“Pensi di poter andare fino alla Montagna? Forza, fammi vedere!
Alzati!”
“Ehii!!” gridò Kili, che era completamente nudo. Miralys sbuffò.
“Non c’è niente che non abbia già
visto, là sotto” disse, al che il giovane re
arrossì fino alle orecchie. Con il viso tempestoso, raccolse
la sua dignità e gettò le gambe giù dal
letto. Si avvolse ostentatamente nella coperta e guardò la
ragazza con aria di sfida. Miralys ricambiò lo sguardo,
poi sbuffò di nuovo.
“Aspetta. Non ho lavorato giorno e notte per permettere
che ci lasci la pelle per una stupida polmonite,” disse.
Prese dalla sedia accanto una lunga camicia che Bofur aveva portato il
giorno stesso, insieme ad altri oggetti ed indumenti, ed aiutò
Kili ad infilarla, cominciando dal braccio sinistro. Poi tolse di tasca
un grande quadrato di seta sottile, lo ripiegò e
formò un sostegno per il braccio ferito. Kili la
lasciò fare sbirciando di sotto in su con aria dubbiosa.
“Hai cambiato idea?” La guardò
incuriosito, e lei ricambiò lo sguardo. Ha dei riflessi dorati
negli occhi… si ritrovò a pensare lui.
“Penso sempre che non dovresti stancarti in questo
modo, e che rischi di ucciderti, ma se sei deciso a provare, ebbene,
proviamo! Quando sei pronto…”
Kili si alzò lentamente, appoggiandosi al braccio
di Miralys. Immediatamente, il mondo cominciò a girare ed
ombre scure presero a danzargli davanti agli occhi. Ansimò e
barcollò. Subito sentì le braccia della ragazza intorno
al torace, ed istintivamente la cinse con il braccio buono,
stringendola a sé.
Kili abbassò lo sguardo, e gli occhi verdi catturarono
i suoi… senza rendersene conto, entrambi trattennero il respiro
e ogni pensiero sparì dalle loro menti.
Fu lei la prima a riprendersi, ed interruppe il contatto visivo, sussurrando, con voce strozzata:
“Credi.. credi di arrivare a quella
sedia…?” Miralys si sentiva le guance in fiamme. Stretta
al petto di Kili, lo sguardo carezzevole di quegli stupendi occhi
castani l’aveva turbata, e sentiva il cuore di lui battere
forte, come il suo.
Il giovane re non rispose, così la guaritrice
osò alzare lentamente lo sguardo di nuovo. Kili era frastornato.
Non riusciva a staccarsi dal corpo morbido che sentiva tremare contro
il suo; il profumo di rose che emanava dai capelli dorati
gli inebriava i sensi.
“Kili… te la senti…” ripetè
Miralys, e lui si riscosse. Annuì, non credeva di avere fiato
per parlare. Fece pochi passi, poi si sentì svenire.
“Non.. non ce la faccio…” Subito la
guaritrice lo fece indietreggiare verso il letto, lo aiutò a
sedersi e si inginocchiò accanto a lui, tenendogli un
braccio intorno alle spalle.
“Kili… hai perso un lago di sangue. La febbre
non è ancora passata. Hai rischiato di morire. Ci vorrà
un po’ di tempo…”
“Ma io devo andare adesso!”
Miralys lo guardò. Gli occhi scuri, improvvisamente
pieni di lacrime, parlavano di un dolore tale che il cuore della
giovane nana si sciolse. Davanti a lei non c’era né un
principe né tanto meno un re, solo un ragazzo che aveva perso il
fratello che era il centro del suo mondo, oltre all’uomo che gli
aveva fatto da padre.
“Oggi…” continuò Kili con voce
incrinata, “oggi chiuderanno le bare, ed io non
vedrò mai più il suo viso… “
Miralys sentì che anche i suoi occhi si riempivano di lacrime.
“Oh, Kili… ma tu l’avrai sempre davanti
agli occhi, nel tuo cuore…” istintivamente, senza pensare,
lo abbracciò. Lo sentì irrigidirsi per la sorpresa, ed
immediatamente pensò: per gli dèi, cosa sto facendo? Ma
nello stesso momento in cui cercò di staccarsi, lui
ricambiò l’abbraccio, abbandonando la testa sulla sua
spalla, scosso da singhiozzi disperati. Tutte le lacrime ed il dolore
che aveva nascosto dentro di sé, che ogni volta aveva rinchiuso
in un angolino della sua anima, trovarono finalmente sfogo. Pianse per
Fili, per Thorin, per sua madre, per se stesso, e per tutti quelli che
erano morti in quei terribili giorni. E lei pianse per
tutta quella sofferenza che lui aveva tenuto dentro, che le spezzava il
cuore.
Alla fine, placata la tempesta, Kili continuò
per un po’ a tenere il viso nascosto nella spalla di
Miralys.
“Dèi, mi vergogno tanto” sussurrò con la voce soffocata.
“Anch’io,” rispose lei.
“E perché mai?” chiese lui, alzando la testa.
“Perché di solito non vado in giro ad
abbracciare bei ragazzi, tanto meno di stirpe reale,”
spiegò Miralys, e fu felice di sentire una risatina soffocata
nella stoffa del suo abito.
“Prometto di non dirlo a nessuno,”
sussurrò Kili vicino al suo orecchio, provocandole un brivido,
“se tu non dirai niente di me che piango come un bambino.”
“Promesso,” concordò lei.
“Visto che siamo complici, ormai, hai per caso un fazzoletto?”
“No, ma se vuoi ho delle garze” rispose lei
passandogliele. Tutti e due si asciugarono gli occhi, si soffiarono il
naso, poi si arrischiarono a guardarsi. Kili si passò una mano
sul viso.
“Per Durin, non so cosa mi sia successo…”
“Ne ho visti tanti, in questi giorni. Non avevi mai
pianto? Fa bene, ogni tanto, come urlare o distruggere
qualcosa…”
“In questo momento non ho abbastanza fiato per gridare, e forse ho già distrutto abbastanza.”
Lei annuì. Lo aiutò a riadagiarsi sul letto, e
lo coprì; poi gli accarezzò una guancia, e chiese,
timidamente:
“Se ti fa piacere… vuoi parlarmi di lui..?”
Così Kili parlò e parlò, di Fili, di
quando erano bambini, e di Thorin, di sua madre Dis, e rise e pianse ed
alla fine era talmente esausto che si addormentò. E Miralys vide
che, finalmente, la sua espressione non era più così
tormentata.
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Capitolo 8 *** Molti addii ***
Molti addii
8. Molti addii
Sulla pianura spirava una lieve brezza proveniente da sud. Il
cielo era limpido come è possibile solo in un inverno
nordico, ed il sole brillava senza calore. Faceva molto freddo, e Kili,
in piedi sul balcone sopra le porte di Erebor, rabbrividì
stringendosi nel mantello di pelliccia. Guardò nella grande
radura tra la Montagna e le rovine di Dale, divisa in due parti
dall'ampia via lastricata che i nani avevano riparato negli ultimi
giorni. Una passerella provvisoria sostituiva il ponte crollato.
La cerimonia si sarebbe svolta alla sua sinistra, a ridosso dello
sperone orientale della Montagna, là dove batteva il sole al
tramonto. Tutti i caduti della Battaglia dei Cinque Eserciti erano
stati sepolti in un unico prato, Elfi, Nani, Uomini: come erano morti
insieme, insieme avrebbero riposato per l’eternità. Gli
scalpellini avevano lavorato giorno e notte per preparare i cippi
che avrebbero contrassegnato ogni tomba: ci sarebbe stato tempo in
seguito per sostituirli con qualcosa di più elaborato. Forse.
Qualcuno già diceva che avrebbero dovuto rimanere così,
tutti uguali, segno di fratellanza ed unità. A primavera gli
elfi avrebbero portato alberelli e germogli per creare un giardino.
Chissà. Troppe cose importanti vengono dimenticate, pensò Kili.
Dipende da noi, fratellino. Specie da chi ha il potere… più potere, più responsabilità.
Lo so bene. Farò di tutto
perché in questa regione regni la pace, perchè la
nostra gente possa prosperare e dimenticare il dolore e l’esilio.
E farò di tutto per coltivare l’alleanza con i nostri
vicini: ho visto chiaramente che solo uniti possiamo vincere il Male.
Kee, fratellino, non è da te tutta questa serietà.
Non ho scelta, no?
Vero. Ma non dimenticare te stesso.
Tieni il cuore aperto alla speranza, alla gioia, all’amore. La
primavera tornerà.
“Non dovresti stare qui,” disse Miralys. Kili non l’aveva sentita arrivare.
“Lo so. Non sembra vero che qualche giorno fa, in questo stesso
luogo pieno di pace, regnavano l’odio e la morte.”
“Ma è stato anche piantato il seme di un nuovo inizio.
Avrai una parte importante in questa nuova storia, mio signore…
se non ti prendi una polmonite!”
Kili sorrise: la presenza di Miralys aveva il potere di scacciare le
ombre. Erano passati alcuni giorni, e Kili stava un po’ meglio,
ma avrebbe dovuto evitare qualsiasi sforzo. La sera prima i Nani
avevano lasciato la tenda nell’accampamento di Dàin ed
erano tornati ad Erebor; il viaggio, anche se compiuto lentamente, a
bordo di un comodo carro coperto, aveva lasciato Kili sfinito. Quella
mattina, tuttavia, non aveva resistito: con l’aiuto di Dwalin era
salito lentamente sulla balconata, perché sentiva il bisogno di
respirare l’aria libera della vallata.
Appoggiandosi al braccio di Dwalin, e sotto lo sguardo attendo di
Miralys, tornò alle stanze poco lontane dalle porte che erano
state preparate per lui; gli appartamenti reali, più vasti e
sontuosi, erano ancora devastati dal passaggio del drago e ci sarebbero
voluti diversi giorni perché diventassero abitabili.
Giunto al salotto antistante la camera, Kili, deposto il mantello, si
abbandonò su un basso divano, premendo istintivamente la mano
sulla ferita. Chiuse gli occhi e tirò alcuni respiri faticosi:
il breve sforzo lo aveva lasciato esausto e dolorante.
Sentì le mani di Miralys sulla sua fronte, un tocco delicato;
poi la ragazza lo coprì con un leggero piumino.
“Devi riposare, Kili, se vuoi reggere la cerimonia di domani sera. Stai comodo?” Lui annuì.
Un sorriso dolce e rassicurante fiorì sulle labbra della
ragazza, che con un gesto tenero gli sistemò la coperta sulla
spalla, prima di alzarsi.
Kili seguì con lo sguardo la figura agile della
guaritrice, che, avvicinatasi ad un tavolino, scelse qualche pizzico di
erbe da alcune ciotole, le sminuzzò in un mortaio e le
versò in una teiera in ebollizione. Ogni suo gesto era preciso,
sicuro, pieno di grazia come una danza. Come se avesse sentito lo
sguardo di Kili, si voltò a guardarlo e sorrise ancora.
Il giovane principe si accorse che quel sorriso gli faceva battere
forte il cuore, ed ancora una volta quegli occhi verdi catturarono i
suoi. Miralys vi lesse qualcosa che la turbò, e fu lei a
distogliere lo sguardo; si voltò, e filtrò il liquido con
le mani che tremavano leggermente.
“Ecco!” disse, voltandosi con un sorriso che lei stessa
sentì un po’ forzato. “Questo ti aiuterà a
riposare e attenuerà il dolore.” Si inginocchiò
accanto al divanetto, aiutò Kili ad alzarsi su un gomito e gli
resse la tazza; poi, quando lui si riadagiò, lo coprì e
fece per alzarsi. Una mano si posò sul suo braccio.
“Resta, ti prego,” sussurrò il giovane
nano. Miralys incontrò ancora una volta i profondi occhi
castani, e non potè resistere alla richiesta. Sedette a terra, a
fianco del divano, mentre la mano di lui lasciava il suo braccio
e scivolava a stringerle le dita.
“Grazie… per tutto,”
Lei non riuscì a rispondere, solo a scuotere leggermente il capo. Kili continuò:
“Non so nulla di te…”
“Non c’è molto da dire. Vengo dai Colli Ferrosi, lo sai…”
“Hai una famiglia, fratelli…
“Sì.. ma non li vedo molto spesso.” Miralys
abbassò lo sguardo. “Non abbiamo molto in comune; loro non
approvano che abbia scelto questo lavoro. Mia madre… mia madre
mi considera una delusione; per lei una nana per bene deve solo stare a
casa e prepararsi ad essere una buona moglie per il marito che i suoi
genitori si degneranno di scegliere per lei; considera quello che
faccio … come ha detto?.. disgustoso ed umiliante… così me ne sono andata.” Kili le strinse la mano.
“Mi dispiace… ho toccato il tasto sbagliato. Non volevo
rattristarti.” Poi continuò : “Se fossi mia sorella,
sarei orgoglioso di te: sei una persona meravigliosa.”
Lei sorrise: “Grazie.. mi fa piacere che la pensi così.”
“Sono sincero,” rispose Kili, ricambiando il sorriso.
Miralys gli tenne la mano finchè gli occhi scuri si
chiusero, e Kili scivolò nel sonno. Allora appoggò
delicatamente la mano sulla coperta e gli ravviò una
ciocca bruna che gli era caduta sulla fronte.
Si alzò ed uscì, e percorse i corridoi fino al balcone.
Appoggiò le mani sul parapetto, e respirò profondamente. A chi vuoi darla a bere, ragazza? Si disse. Ti sei innamorata di lui!
Come era potuto accadere? Lo conosceva appena, e lui era il classico
tipo troppo bello, di sicuro pieno di femmine, che aveva sempre
detestato. Un re, poi, figuriamoci! Dopo tutto quello che aveva fatto
per affermare la sua indipendenza, voleva davvero finire con uno che
… che avrebbe fatto la gioia di sua madre? Scosse il capo.
Non aveva alcuna intenzione di rimettere in discussione le sue scelte,
non avrebbe rinunciato alla sua vita; sapeva che, se lo avesse fatto,
se ne sarebbe pentita. Non sarebbe riuscita ad adattarsi ad una
esistenza vuota, fatta solo di quelle cose che sua madre riteneva
così essenziali, le sole degne di una nana per bene!
D’altra parte, però…
Aveva ignorato tutti i campanelli d’allarme, tutti gli
avvertimenti che il suo cervello le inviava, aveva lasciato campo
libero alle emozioni, ed il suo cuore l’aveva
tradita. Sapeva che non avrebbe avuto la forza di lasciarlo, di
andarsene, anche perché il suo istinto le diceva abbastanza
chiaramente che anche i sentimenti di lui stavano cambiando, che anche
lui…
E allora?
La sera dopo, il sole calava sull’immensa folla che riempiva la
pianura. Su ogni tomba era stato posato un cippo con il nome del
guerriero caduto.
Su una piattaforma rialzata, i capi dei tre popoli : Thranduil e suo
figlio Legolas; Bard ed il Governatore di Pontelagolungo; Dàin
ed il suo luogotenente, Kili con Balin e Dwalin. Il principe di Erebor
indossava una casacca ricamata, fermata da una cintura d’oro;
sulle spalle, un ricco mantello blu, il colore della regalità
della Casa di Durin, ornato da pellicce di candide volpi. I lunghi
capelli scuri e le trecce fermate da anelli d’oro ondeggiavano
alla brezza, e sulla fronte brillava il cerchio d’oro del suo
rango. Gli occhi neri dalle eleganti sopracciglia arcuate
scrutavano ogni viso in quella folla, mentre Kili sorrideva in risposta
all’entusiasmo che sentiva intorno a sé, e traeva forza da
ogni voce che acclamava il suo nome.
Ai piedi del palco, Miralys spiava sul volto del giovane nano ogni
segno di fatica o di dolore, ma per il momento non ne aveva visti. Solo
un lampo di sofferenza quando i suoi occhi si posavano sui due
catafalchi posti davanti alla piattaforma.
Terminata la cerimonia, i suoi otto Compagni sollevarono i catafalchi e
si avviarono lentamente verso i Cancelli spalancati di Erebor. Kili
seguì i feretri con espressione impietrita, camminando tra Balin
e Dwalin, seguito da tutti gli ospiti illustri e da un’immensa
folla.
Thorin II, Re sotto la Montagna, e Fili figlio di Dis, della Casa di
Durin, suo Erede, furono deposti in due sarcofaghi affiancati, nella
sala sotterranea che ospitava i loro antenati; sulla bara di Thorin
Bard depose l’Arkengemma, che Kili non aveva voluto: non
avrebbe più causato danni alla sua Casa. Pesanti coperchi
di pietra furono posati sui sarcofaghi, e sarebbero stati in seguito
sostituiti con altri recanti le immagini dei due defunti. Sulla tomba
di Thorin il re degli Elfi depose Orcrist, recuperata dalle sue sale.
In seguito la spada fu posta nelle mani dell’effige del re, e si
dice che da allora abbia vegliato sulla sicurezza del Regno, brillando
nell’oscurità in caso di pericolo: ed i Nani di Erebor non
furono mai colti di sorpresa dai nemici.
Infine gli ospiti se ne andarono per partecipare al banchetto
organizzato nella grande sala di Thròr; nella cripta rimase solo
la Compagnia. Miralys si era ritirata sulla soglia, ma era molto
preoccupata per il suo paziente: anche dalla postura, si rendeva conto
di quanto fosse provato.
Kili aveva appoggiato la fronte al sarcofago del fratello, e non
riusciva a staccarsi. Semplicemente, non ci riusciva. Gli sembrava che
se si fosse allontanato, il legame tra loro sarebbe venuto meno.
Fratello, non posso lasciarti qui.
Ma Kee, credi davvero che io sia “qui”? E cosa ci farei? Io sono con te, sempre e dovunque.
Infine, con uno sforzo immenso, si voltò.
“Amici miei,” disse, “abbiamo iniziato un lungo
cammino insieme, molti mesi fa. Allora ero giovane e sciocco, e
pensavo che sarebbe stata un’avventura divertente; ne abbiamo
passate tante, insieme, e siete stati degli amici meravigliosi.. anche
se” e qui fece un mezzo sorriso, “devo avervi esasperato
più di una volta.”
“Più che altro ci hai provocato qualche mezzo infarto”, rispose Bofur, tra i sorrisi degli altri.
“Ora” proseguì Kili “ questo cammino è
giunto alla conclusione… e mai avrei immaginato che sarebbe
stata questa… e il prezzo di quest’avventura è
stato di sicuro troppo alto. Ma possiamo solo fare del nostro meglio
con le possibiltià che abbiamo.”
“Amici miei, Balin, Dwalin, Oìn, Glòin, Ori, Dori,
Nori, Bifur, Bofur, Bombur: siamo tornati a casa, ma io avrò
bisogno del vostro aiuto più che mai. Vi prego di tenermi
d’occhio, e se farò qualche sbaglio, ditemelo. Non sono
Thorin, e nemmeno Fili…” la voce di Kili si
incrinò, “e non so come si fa ad essere un buon re, ma con
il vostro aiuto imparerò. Io giuro qui, davanti alle tombe delle
persone a me più care, che finchè avrò vita
farò in modo che la Gente di Durin viva e prosperi sotto la
Montagna.”
“Bilbo, Gandalf: so che state per mettervi in cammino. Il debito
della Casa di Durin nei vostri confronti è immenso: prima di
partire prendete dal Tesoro tutto quello che volete. Non credo che vi
vedrò domani mattina: c’è là in fondo
qualcuno che mi aspetta, perché sa che non sono ancora in forma
ed insiste perché riposi. Sospetto che con le sue arti magiche
mi farà dormire per le prossime diciotto … o
ventiquattro… ore…” Kili sorrise rivolto alla
giovane guaritrice, che rispose sollevando le sopracciglia ed
incrociando le braccia. “Il Regno della Montagna sarà
sempre aperto per voi.” Abbracciò Gandalf.
“Ti aspetto, vecchio mio; io ho bisogno della tua saggezza, e se
tu avrai bisogno dei Nani conta pure su di me e i miei” disse a
Gandalf. Il mago rispose:
“Ti prendo in parola, Re sotto la Montagna: il mondo potrebbe
avere bisogno del valore dei Nani anche prima di quanto tu creda. Per
ora ti chiedo di mantenere i contatti con Gran Burrone, oltre che con i
tuoi vicini, cosa che, come ho visto, è già tua
intenzione.”
“Lo farò,” poi Kili abbracciò Bilbo.
“Grazie anche a te, signor Boggins…
grande amico. Sono felice che tu ti sia riconciliato con Thorin; le
parole che disse non erano sue : erano ingiuste, e Thorin non lo
è mai stato.”
Bilbo ricambiò l’abbraccio, piangendo apertamente.
“Non l’ho mai pensato… e so che tu sarai un re
grande quanto lo sarebbe stato lui, se non di più.”
“Grazie ancora a tutti” concluse Kili. “Ed ora vorrei rimanere qualche minuto solo con i miei cari.”
“Padrona, sei attesa.” Sussurrò Irridis. Miralys annuì.
Alla fine Kili era crollato. Solo con l’aiuto di
Dwalin era riuscito a raggiungere la sua stanza, e la guaritrice
era preoccupata, perché la febbre era ancora alta. E’ così testardo… pensava, mentre dosava attentamente il medicinale.
“Ora no. Più tardi, forse,” rispose. Appena
l’infuso fu pronto, si avvicinò al letto posando la tazza
sul tavolino accanto. Appoggiò la mano sulla fronte di Kili :
scottava.
“Kili…” sussurrò. Lui aprì
faticosamente gli occhi. Miralys gli passò un braccio dietro le
spalle, lo aiutò a sollevarsi un poco e gli tenne la tazza
mentre beveva. Poi, Kili si abbandonò contro i cuscini, e lei,
obbendendo ad un impulso irresistibile, gli accarezzò i capelli.
“ Presto starai bene, vedrai…” disse con voce dolce. Kili mormorò:
“ M-mi dispiace…non avrei dovuto fermarmi t-tanto…
ma non riuscivo a .. a lasciarlo…” la guardò, ed il
dolore che traspariva da quei bellissimi occhi scuri le
fecero male al cuore.
“Non c’è niente da scusare. Passerà tutto,
devi solo riposare.” lui annuì, e chiuse gli occhi.
Solo un’ora dopo, quando Kili, esausto, si fu addormentato,
Miralys seguì Irridis fino ad una stanza per gli ospiti, davanti
alla quale stazionavano due guerrieri nani che ben conosceva e che le
aprirono la porta.
Davanti al caminetto, un nano di mezza età si scaldava le mani.
“Le nostre dimore nei Colli Ferrosi sono più calde.
Buonasera, Miralys. Cosa hai deciso di fare? Torni con noi domani o
resti?”
“Devo restare. Molti feriti non sono ancora in grado di
viaggiare; se ci invierete dei carri tra tre o quattro settimane,
tornerò con loro.”
“E’ per loro, che resti, o per “un” ferito in particolare?”
“C’è qualcosa che ti preoccupa? O c’è
un motivo per cui … non ritieni opportuno che resti?”
“Non ho nulla in contrario a che tu resti, ma sono preoccupato
per te. Quanto è importante quel ragazzo? Non voglio che tu
abbia a soffrire per qualche motivo.” L’anziano
guardò la giovane nana con espressione seria. Poi
proseguì:
“Sai che se tu volessi …” Miralys rise.
“No, e lo sai, non così. Però non posso
negare che lui è molto importante per me; quindi ti chiedo di
nuovo: ci può essere qualche problema?” nella voce
della guaritrice vi era un po’ d’ansia.
“Per niente! Quel ragazzo mi piace; è più in gamba
di tutti i miei figli maschi messi insieme, anche se non ha ancora una
barba degna di questo nome.”
“Questo non ti ha impedito di provare a…”
“Con il potere non si scherza”, rispose il nano divenuto
improvvisamente serio. “Una corona è un peso enorme, e non
tutti sono adatti a portarla. Un regno nelle mani di un re debole
è un danno anche per i suoi vicini! D’altra parte,
non sono così sciocco da gettermi in una gara persa in
partenza.”
“Non l’ho mai pensato.”
“In ogni caso, l’essere un buon re non basta per
farne un buon… beh, cosa vorresti farne?” concluse lui
ridendo. Lei lo guardò improvvisamente seria.
“Per ora voglio solo stargli vicino.”
“Allora d’accordo. A proposito: confido che non vedremo in
circolazione un certo personaggio con due spade, vero? Ho rischiato
l’infarto ed una monumentale crisi di rabbia quando mi è
passato davanti agli occhi! “
Quando tornò nella stanza di Kili, lui stava dormendo
tranquillamente. Ancora una volta la sua bellezza la colpì al
cuore, ma sapeva bene che non era quella a rendeglielo così
caro. Desiderò con tutta se stessa di riuscire a cancellare i
segni del dolore dal suo viso e dalla sua anima; sapeva che non sarebbe
stato facile, ma se lui avesse voluto…
Trascinò una poltrona accanto al letto e rimase a vegliare il sonno del suo amato.
All’alba, Kili si svegliò, vide Miralys raggomitolata
nella poltrona e capì che era rimasta a tenerlo d’occhio
finchè, esausta, non era stata vinta dal sonno. La ragazza
dormiva con il capo appoggiato sul braccio; alcuni riccioli
biondi erano sfuggiti alla treccia e le ricadevano sul viso; la bocca
morbida era socchiusa e pareva sorridesse.
Kili avvertì una sensazione di calore nascere nel suo petto,
tanto più dolce quanto inaspettata nel gelido vuoto del suo
cuore; non se ne accorse, ma gli salì alle labbra un piccolo
sorriso. Allungò un braccio, prese fra le dita un
setoso ricciolo dorato e lo scostò dalla fronte liscia; poi
posò la mano sulla testolina reclinata, e mentre la contemplava
con il cuore colmo di tenerezza, scivolò di nuovo nel
sonno.
N.d.A. Grazie a tutte le amiche che
hanno inserito questa storia tra le preferite, ricordate e seguite!
Volete dirmi cosa vi piace e cosa cambiereste?
E grazie alla mia fedelissima Lily_ook che non è mai avara di commenti arguti!
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Capitolo 9 *** Qualcosa di nuovo ***
9. Qualcosa di nuovo
N.d.A.
Piccola annotazione per tutte quelle che, come me, non possono evitare
di fare mente locale quando leggono una storia. Ebbene: le nane non hanno la barba. Almeno:
le mie. Non hanno la barba, non finchè i loro mariti non
gliela fanno venire a furia di parlare solo di lavoro e di sport
(… tiro dell’ascia…?). No.
9. Qualcosa di nuovo
Erano passate tre settimane dalla cerimonia funebre, e
Kili si avviava ormai decisamente verso la guarigione. Dopo una lunga
trattativa, non priva di momenti di tensione, con la guaritrice,
avevano raggiunto un delicato equilibrio: durante la mattinata Kili si
occupava con Balin di tutto quanto era necessario per l’andamento
del Regno, a patto che nel pomeriggio riposasse. Miralys era rimasta
con Irridis nel suo alloggio ad Erebor, ma durante il giorno si recava
all’accampamento ad occuparsi dei feriti, dal momento che le
condizioni del giovane re non richiedevano più la sua costante
presenza: la ferita si stava cicatrizzando bene, e sebbene Miralys
insistesse per fargli tenere il braccio al collo, quando lei non poteva
vedere, Kili barava spudoratamente. Obbediva all’ordine di
riposare, anche perché Dwalin non gli permetteva di fare
diversamente… e con Dwalin non si poteva barare.
Kili era talmente impegnato a “fare il Re”, come
diceva tra sé, che aveva rinchiuso in un angolino della sua
anima il dolore e la disperazione; non riusciva a fare lo stesso per il
desolante senso di perdita e di vuoto. C’erano momenti in cui si
voltava pensando di riconoscere un passo familiare, un richiamo, una
voce; altre volte iniziava una frase convinto di rivolgersi a
qualcuno che credeva accanto a sé, ed ogni volta era un colpo al
cuore.
Vi erano volte in cui, ancora, sentiva il fratello maggiore
così vicino che sapeva esattamente cosa avrebbe detto o fatto.
Era come se la voce di Fili, ora saggia, ora beffarda, sempre
affettuosa, continuasse a parlare alla sua mente.
Pensava molto anche a Dìs. Appena si era rimesso un
poco le aveva scritto una lunga lettera, inviata tramite un messaggero,
dopo il breve messaggio a mezzo corvo con cui l’aveva rassicurata
sulla propria salvezza; non riusciva a pensare al dolore che
doveva provare sua madre. Si era messa in viaggio, con una numerosa
colonna, subito dopo la morte del Drago, ma il viaggio sarebbe stato
ancora lungo.
Ogni giorno invece arrivavano nani da sud, da tutte le zone
lungo il fiume Anduin, da est e da nord, nani che, sentito che il
Regno sotto la Montagna era stato ristabilito, accorrevano per farne
parte. Kili si faceva un dovere di incontrarli tutti.
I lavori di ristrutturazione continuavano; ogni giorno
venivano ripulite e riaperte nuove zone, e la Montagna Solitaria a poco
a poco ricominciava a vivere. Lunghe file di carri carichi di merci di
ogni genere facevano la spola tra il Lago, dove veniva costruita
una nuova città, chiamata Esgatoth, i cantieri di
Dale, l’accampamento, che a poco a poco si trasformava in un
mercato, ed Erebor; le merci risalivano il fiume su innumerevoli
chiatte, provenienti da Bosco Atro e dalle terre a sud. L’oro di
Erebor tornava a circolare, producendo prosperità e ricchezza.
L’oro chiama oro, diceva un vecchio adagio; ed il Re sotto la
Montagna era al centro di tutta questa attività.
Miralys rientrava ad Erebor nel tardo pomeriggio, di solito
con qualche carro, e Kili si ritrovò ad attendere quei momenti
che trascorrevano insieme. Se per caso la guaritrice tardava, diventava
ansioso, e rimaneva teso finchè la figuretta familiare non
ricompariva, con quel sorriso allegro che gli scaldava il cuore.
La sera spesso si riunivano in una sala, e Balin e Bofur
raccontavano le vecchie leggende. A volte suonavano strumenti ritrovati
in sale troppo piccole perché il drago le devastasse, e
delicatamente restaurati dai danni del tempo. Di solito Kili si
distendeva su un basso divano, con Miralys seduta sul tappeto accanto a
lui; il re ammirava il viso dai lineamenti delicati che spesso gli si
rivolgeva, ed il sorriso della nana diventava tenero e segreto solo per
lui.
Una sera la ragazza gli chiese se lui avesse mai suonato,
visto che non partecipava ai “concerti”. Kili non rispose
subito, e lei capì di aver toccato un tasto delicato.
“Mi dispiace, non volevo rattristarti,” disse
prendendogli una mano, un gesto di tenera confidenza ormai diventato
abituale tra loro. Kili alzò gli occhi.
“Suonavo il violino, ma non l’ho più fatto
da quando… l’ultima volta abbiamo suonato proprio qui,
Fili ed io, la sera prima della battaglia. Fili era sempre molto bravo,
ma quella sera superò se stesso. Era come se sentisse che non
l’avrebbe fatto mai più.” Tacque per un
momento.
“Era stato lui ad insegnarmi a suonare”
continuò poi, “quando eravamo bambini, come molte altre
cose. Non poteva fare nulla senza che io pretendessi immediatamente di
imitarlo, ma lui aveva una pazienza infinita, con me. Dovevo essere
davvero un tedio tremendo, per lui!” Kili sorrise, un piccolo
sorriso colmo di nostalgia.
Sai che non è vero, fratellino... ti ho adorato fin da quando mamma ti mise tra le mie braccia!
“Fili era sempre pronto ad imparare nuove canzoni, ed
amava molto le antiche ballate dei Monti Azzurri. Dovrei ricominciare a
suonare, per non dimenticarle.”
Bofur era seduto accanto a loro e sentì lo scambio di
battute. Uscì un attimo e rientrò subito dopo con uno
splendido violino intarsiato, con delicate decorazioni d’oro. Si
inginocchiò davanti al divano e lo porse a Kili.
“Si sente solo,” disse. “Ha bisogno di qualcuno che gli dia voce.”
Il giovane re si alzò a sedere. Allungò
una mano ed accarezzò la cassa; prese lo strumento e se lo
posò sulle ginocchia, sfiorando le corde con le dita. Poi lo
alzò ed impugnò l’archetto, ed una cascata di note
fluì dal violino.
Dopo alcuni esperimenti, Kili attaccò una semplice
canzone di viaggio, che tutti conoscevano; gli altri si unirono a lui
con gli strumenti e con la voce, e la stanza fu piena di allegria e di
risate. Suonarono ballate e melodie, di quelle che si cantano in
compagnia, attorno ad un fuoco, o di quelle che spingono a danzare,
sotto le stelle, durante le notti d’estate. Fu Ori il primo
a cedere al richiamo, si alzò e cominciò a ballare
semplici passi, tenendo il tempo con le mani; Bofur e Glòin lo
imitarono subito, ridacchiando. I musicisti attaccarono una canzone
dietro l’altra, senza smettere, con un ritmo sempre più
coinvolgente; e Bofur ed Ori si fermarono davanti a Miralys, tendendole
le mani.
“Dai, vieni!” Lei acconsentì ridendo, ed i
due la trascinarono nel turbine della danza. Miralys seguì i
loro passi, ma nelle giravolte il suo sguardo tornava sempre verso il
divano, dove Kili continuava a suonare. Lui alzò la testa e
rispose al suo sguardo, e per la prima volta Miralys vide sul suo viso
un vero sorriso, che arrivava agli occhi, mentre Kili non riusciva a
staccare lo sguardo dalla ballerina dai capelli d’oro. Alla fine
però la resistenza dei danzatori giunse al termine, e la musica
cessò.
Chiacchierando, riposero gli strumenti, mentre Dori e Nori
raccoglievano dal pavimento il fratello minore, cosa non facile dal
momento che tutti e tre stavano ridendo irrefrenabilmente.
“ Uffh! Basta, non ne posso più!” Miralys, ansante, si lasciò andare sul divano accanto a Kili.
Gli altri uscirono alla spicciolata, augurando la buona notte, ed i due giovani rimasero soli.
Senza dire una parola, Kili ricominciò a suonare.
La musica si levò, ampia e bella e maestosa, e parlava
di grandezza e nobiltà, di arte, grandi opere e una bellezza
ineguagliabile; poi lentamente cambiò, ed il violino divenne la
voce del dolore, dell’esilio e di una nostalgia di cose perdute
talmente struggente che gli occhi di Miralys si riempirono di lacrime.
Infine Kili depose lo strumento e la guardò: alla luce delle candele gli apparve bellissima.
“Oh!...” sussurrò la nana. “Cos’era?..
“Un’antichissima canzone dei Monti Azzurri. Non
conosco le parole, ma Fili diceva che racconta delle grandi
città cadute durante un enorme cataclisma molti millenni
fa.”
Non seppero mai come fosse accaduto, ma si ritrovarono
vicini. Il cuore di Kili batteva forte, nella sua mente il vuoto, solo
lei, quegli occhi spalancati ed un po’ smarriti, le labbra
incurvate in un leggero sorriso…
Nella testa di Miralys suonarono mille campanelli
d’allarme, ma lei li ignorò tutti: sapeva cosa stava per
accadere, e, dèi, quanto lo voleva…
L’ultimo spazio fu colmato. Kili baciò la bocca
morbida, un bacio delicato, esitante; poi un altro, più
intenso… sentì che lei rispondeva, che lo baciava a sua
volta… con la punta della lingua le sfiorò
l’interno del labbro, strappandole un piccolo mugolio, che gli
andò dritto alla testa.. e altrove. Kili si accorse che il suo
respiro accelerava, e che la bocca delle sua compagna lo
invitava, che voleva di più, mentre lui non chiedeva di meglio
che darle tutto se stesso…
Qualcuno bussò alla porta, e l’incanto di
spezzò. Si staccarono, storditi, faticando a tornare alla
realtà.
“Kili! Sei ancora qui? C’è un messaggero da Collecorvo!” era la voce di Balin.
Miralys si alzò, ancora ansimante, le guance in fiamme.
“Devo andare…”
Quando Kili si svegliò, la mattina seguente, per la
prima volta da molto tempo la sua prima impressione non fu un pugno
nello stomaco e la consapevolezza della perdita; fu una capriola al
cuore ed il sapore di un bacio.
Sapeva che lei era già scesa all’accampamento, e
improvvisamente gli parve che mancasse un’eternità al
momento in cui l’avrebbe rivista.
Durante la mattinata sbrigò con Balin le
questioni più urgenti, ma non riusciva a concentrarsi; il suo
pensiero vagava su occhi verdi, mani delicate, e alcuni particolari
decisamente interessanti della figura di una certa nana. Balin dovette
richiamarlo più volte, ottenendo solo occhi spalancati e
commenti non pertinenti, e questo ricordò fin troppo bene,
al vecchio nano, le lezioni di molto tempo prima, quando cercava di
catturare l’attenzione di uno studente che pensava ad
importantissime questioni di tutt’altro genere.
“A cosa stai pensando?” sbottò infine. “Arco, pesca, ragazze…?”
“Cosa?” Kili fissò Balin, ancora una
volta, con aria perplessa. Poi rise. Aveva capito perfettamente il
riferimento.
“Hai ragione, vecchio mio, mi sono distratto. Cosa stavi dicendo?”
“Uhm!” bofonchiò Balin con espressione
diffidente. “Stavo cercando di dirti che la colonna in arrivo,
avvistata dalla guardia di Collecorvo, dovrebbe venire dai Monti di
Cenere, vista la direzione da cui proviene. Un gruppo dei nostri si era
diretto là, dopo Azanulbizar, guidati da un lontano
cugino, Nar. Lo conoscevo bene, era stato anche nel Consiglio di
Thròr. Era troppo lontano da noi perché Thorin lo
chiamasse a partecipare all’impresa, e del resto ora sarà
ormai molto vecchio. Dovrebbero arrivare entro questa sera.”
“Se sono loro, saranno i benvenuti alle solite condizioni.”
“Ed ora, mio signore, perché non te ne vai a
prendere una boccata d’aria? Dubito di poter ottenere altro, da
te, oggi!”
“Hai ragione, Balin, scusami, ma oggi…” si alzò e uscì.
Balin lo seguì con lo sguardo, un po’ esasperato
ma al contempo sollevato. L’ultimo mese era stato durissimo;
aveva visto Kili combattere contro il dolore, fisico e morale, e nel
contempo far fronte ad ogni genere di problema e difficoltà; il
Kili di prima, vivace e sempre pronto al riso, era del tutto scomparso
e Balin stava cominciando a preoccuparsi sul serio.
Il giovane re aveva già pagato un prezzo
altissimo di dolore e di sangue per Erebor; non voleva che il Regno lo
privasse anche della sua vita e della sua anima. Thorin non lo avrebbe
voluto; e Dìs mi
leverà la pelle se permetterò che l’ unico figlio
rimastole si rovini l’esistenza! Ne aveva
parlato anche con Dwalin, due giorni prima, ma suo fratello non
sembrava minimamente preoccupato. “Lascia fare al
tempo!” aveva detto. “Ed in ogni caso né tu
né io possiamo farci niente. Forse il ragazzo ha bisogno di
qualcosa, ma certo non da noi.” E si era rifiutato di dire
altro. Non era da lui essere così sibillino.
La sera precedente, però, per la prima volta, Balin
aveva visto Kili sorridere davvero; ed oggi era distratto da
qualcosa di certo non spiacevole. Il vecchio nano si permise di
sperare : forse suo fratello aveva ragione.
Kili si aggirò per la Montagna; andò a vedere i
progressi dei lavori; si fermò a parlare con gli artigiani
muratori diretti da Glòin; passò da Ori e Dori, che
catalogavano i tesori accumulati da Smaug; rise con Bofur e gli orafi
che riparavano e lucidavano gli oggetti danneggiati, accolto ovunque
con grande entusiasmo ed affetto sincero. In poche settimane
aveva conquistato il cuore di tutti quelli che erano accorsi ad Erebor,
che si sarebbero gettati nel fuoco per lui.
Kili ricambiava questi sentimenti con pari entusiasmo: erano
il “suo” popolo, la “sua” gente, e lui avrebbe
dato loro la vita migliore possibile.
Poi salì al suo posto preferito, sulla balconata, e lasciò che le emozioni prendessero il sopravvento. Miralys, la mia Mira, amore mio … sei entrata nella mia vita e l’hai riempita di te… Poi il suo pensiero volò, come sempre, a suo fratello. Non ti ho dimenticato, Fili, sarai sempre nel mio cuore, niente e nessuno può cambiare questo.
Oh, dai, Kee! Lo so. Non voglio
certo che tu viva perennemente intrappolato in un ricordo! Quello che
voglio è che tu vada avanti, che sia felice, e se questa ragazza
ti può dare amore e serenità, che siate benedetti, per
Mahal!
Vorrei tanto che tu l’avessi conosciuta, Fee…
Solo, fratellino mio, ricordati chi sei. E che hai dei doveri. Cosa vuoi esattamente per te e per lei?
Kili sospirò. Era l’Erede di Durin, ne era
perfettamente consapevole. L’ultimo della sua famiglia. Era
sicuro che Balin avesse ben presente l’argomento, e che non
ne avesse ancora parlato per non aggiungere un altro problema a tutti
quelli che già stava affrontando, ma prima o poi sarebbe saltato
fuori.
Per Miralys non voglio nessuna ambiguità, nessun imbarazzo. Voglio amarla liberamente, davanti a tutti.
Sai cosa significa. Ne sei sicuro?
Oh, per Durin! So solo che non
posso, non voglio fare a meno di lei! Voglio dormire con lei e
svegliarmi con lei, voglio passare con lei i miei giorni e le mie
notti, voglio ridere con lei e piangere con lei, voglio il suo corpo e
il suo cuore, e voglio affidarle tutto me stesso… ma soprattutto
voglio che sia felice. Non dovrà mai, mai soffrire per causa mia.
Non vedeva l’ora che calasse il sole.
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Capitolo 10 *** Il racconto di Glòin ***
10. Il racconto di Glòin
N.d.A.
Chiedo scusa. Questo capitolo è corto e non succede
molto… prometto che aggiornerò al più presto con
le… conseguenze.
10. Il racconto di Glòin
“Ti rendo omaggio, mio signore, e ti porto i saluti del tuo
parente Nar. Io sono Neir, figlio di Nalver, figlio di Nar, e mio nonno
mi ha mandato a rispondere al richiamo di Thorin.”
Kili guardò il nano che aveva piegato il ginocchio davanti a
lui. Più o meno dell’età di Fili, capelli rosso
fuoco accuratamente intrecciati, corta barba, dava un’impressione
di calma sicurezza.
“Alzati, cugino. L’emergenza per cui Thorin ti aveva
mandato a chiamare è finita, e sono successe molte cose: ma sei
il benvenuto ad Erebor, come ospite temporaneo o per sempre, se vorrai
restare, e lo stesso vale per i tuoi uomini qui presenti e per la tua
gente rimasta ai Monti di Cenere. Le mie porte sono aperte per tutti i
figli della gente di Durin.”
“Qui con me ho solo guerrieri, perché mi aspettavo di
dover combattere. Le loro famiglie, e primo fra tutti mio nonno,
attendono solo che li mandi a chiamare, perché in loro è
ardente il desiderio di tornare a casa. A nome di tutti loro, ringrazio
la Casa di Durin per aver riportato a casa il suo popolo.”
Poi, a voce più bassa, mormorò:
“Abbiamo finito con le cerimonie? Qua fuori fa un gran freddo, ed io ho fame…”
Kili rise e battè una mano sulla spalla del cugino. C’era
qualcosa di assolutamente accattivante nel giovane nano e il principe
pensò che sarebbe andato perfettamente d’accordo con
Bofur. “Andiamo,” disse, “ i nostri cuochi hanno
lavorato tutto il giorno, e se vuoi abbiamo riattivato anche alcune
delle sorgenti calde…”
“Per tutti gli dèi, davvero mi stai offrendo l’uso
di uno delle leggendarie vasche di acqua bollente di Erebor? Mio nonno
ne parla da decenni con nostalgia, e rimpiange più quelle che la
sua casa perduta!”
“Magistra! Vieni, è un’emergenza!”
Miralys uscì di corsa dalla tenda dove stava preparando dei
medicinali. Un uomo correva verso di lei, chiaramente sconvolto.
“E’ crollata una tettoia, e il mio signore Bard ti chiede
di venire subito! Suo figlio… suo figlio Bain è appena
stato estratto dalle macerie..!”
Miralys prese dalla tenda una cassetta ed alcuni oggetti che ficcò nelle mani dell’uomo.
“Fammi strada!”
Sul posto, trovò Bard che stringeva tra le braccia un ragazzetto
privo di sensi. La gamba del piccolo era fratturata e contorta, e
sanguinava abbondantemente. Miralys si diede subito da fare.
“Irridis,” disse poi, “manda un messaggero alla Montagna: stasera rimarremo qui.”
Dopo cena Neir chiese di poter rendere omaggio alla tomba
di Thorin, e Kili lo accompagnò nella cripta. Il nano
fulvo rimase alcuni momenti in raccoglimento, a capo chino. Poi si
girò verso il giovane re.
“Il nostro debito è immenso,” disse, “verso di
lui e tutti coloro che hanno compiuto questa impresa. Lui e tuo
fratello hanno pagato con la vita la nostra liberazione
dall’esilio; ma ho sentito molto anche su di
te.”
Kili posò una mano sul sarcofago del fratello.
“Se potessi tornare indietro…” disse, “se
avessi saputo che il ritorno a Erebor mi sarebbe costato mio fratello,
non credo proprio che sarei partito, e avrei impedito a lui di
farlo.” Almeno avrei provato.
“La tua famiglia ha subito molti lutti; ed è un peccato
che tutti coloro che hanno perso la vita non possano riposare qui.
Penso a Thròr, a Thrain, a Frèrin… Thorin sarebbe
stato felice di riposare accanto a suo fratello. Mio nonno mi diceva
che erano molto legati, ed anche che Thorin si sentì sempre in
colpa per la sua morte.”
“Thorin non parlava mai del passato, e neanche mia madre:
evidentemente era troppo doloroso per loro. Perché dici che si
sentiva in colpa? Frèrin cadde ad Azanulbizar, ed in quella
terribile battaglia morirono così in tanti…”
“In realtà non lo so. Mio nonno è molto vecchio, ed
ogni tanto fa affermazioni sorprendenti. Deve essere successo qualcosa
tra i due fratelli prima che Frèrin morisse.”
Kili era decisamente curioso.
La mattina dopo andò a cercare Glòin, e lo trovò che progettava una nuova balconata per l’ala ovest.
“Vuoi parlarmi di Frèrin? Mi hanno detto che eri il suo migliore amico.”
“Che strana domanda! Cosa vuoi sapere di tuo zio?”
“So pochissimo di lui. Solo che fu uno dei Nani Bruciati; Thorin
e mia madre non ne parlavano mai, e Fili ed io abbiamo sempre pensato
che fosse un argomento delicato, che fosse successo qualcosa tra loro a
proposito di Frèrin. E ieri sera Neir mi ha detto che Thorin si
sentiva in colpa riguardo a Frèrin; ma io sono sicuro che lo
amava molto perché…” la voce di Kili si
incrinò: non aveva mai raccontato a nessuno delle ultime parole
di Thorin. “… perché prima di morire aveva pensato
a lui. E allora, perché?”
Gloin sospirò. “Per prima cosa,” cominciò,
“voglio dirti che Thorin non ebbe nessuna colpa in quello che
successe, anche se so che tua madre non la pensa così. So come
sono andate le cose: ero davvero il miglior amico di
Frèrin, ed ero con lui quando incontrò la nana della sua
vita, quella che avrebbe sposato.”
“Cosa? Frèrin era sposato? Non ho mai sentito parlare di una moglie!”
“Sono sicuro che in casa vostra non si parlasse di lei, visto
quello che pensa Dìs. Comunque, lei si chiamava Luna. Era molto
bella e un’artista di talento; dipingeva. Qualsiasi cosa:
miniature, oggetti, stoffe, e tutte le dame della corte di Thròr
facevano a gara per avere le sue creazioni. Quindi frequentava la
corte, ma in realtà era di umili origini: suo padre era un
minatore di carbone delle Montagne Nebbiose, non so come mai giunse
qui. Fatto sta che Frèrin se ne innamorò e decise di
sposarla.”
“Thorin gli disse che era un errore,” proseguì
Glòin, “ ed anch’io: la stessa corte che
l’accoglieva per il suo talento non l’avrebbe accettata
come principessa. Gli dissi di prenderla come amante, senza sposarla:
Thròr ebbe sempre favorite ufficiali dopo la morte di sua
moglie, di ogni classe e di ogni origine, il loro ruolo era
riconosciuto e nessuno aveva da ridire, perché nessuno si
sentiva minacciato da queste nane. Ma Frèrin non volle.”
“Certo, se era innamorato come dici…” obiettò Kili.
“Non capisci. Come amante avrebbe potuto tenerla liberamente con
sé. Non aveva bisogno di sposarsi, non era il principe
ereditario, toccava a Thorin assicurare la successione, ed in ogni caso
c’era sempre tua madre. Certo, i suoi figli sarebbero stati
illegittimi, esclusi dal trono, ma avrebbero avuto educazione ed
addestramento da principi, ed avrebbero potuto conquistarsi
un’ottima posizione come comandanti militari o amministratori.
Frèrin invece sposò Luna… e la corte in blocco la
rifiutò.”
“Ma… ma perché?”
“Come principessa, il suo rango era superiore a qualunque altra
dama, tranne Dìs. In effetti, Dìs fu l’unica a
spalleggiarla, ma era troppo giovane – poco più che una
ragazzina – per avere una vera autorità. Nessuno accettava
che una plebea dominasse la corte.”
“Ma Thròr… e il nonno … e Thorin?”
“Thròr era preoccupato. Se Thorin non avesse avuto figli e
Frèrin sì, ci sarebbe stato un rischio concreto di guerra
civile, perché molti non avrebbero accettato come re un figlio
di Luna, specie se tua madre avesse avuto a sua volta dei figli. Sai
anche tu quanto i nani tengano alla genealogia… e come sia
facile trovare un motivo di contrasto! Comunque Thròr risolse il
problema a modo suo: in pubblico proclamò che non avrebbe
tollerato insulti alla sua Casa, ed in privato ordinò a Thorin
di sposarsi ed avere dei figli… e subito.”
“Lo zio avrà gradito molto, immagino…”
sogghignò Kili. Dìs aveva tentato per anni di trovare una
moglie al fratello, con risultati disastrosi.
“Era furioso, ma le cosa peggiore fu che in realtà non
funzionò… non del tutto. I nani, in effetti, decisero che
se Thròr voleva così, ebbene, loro si sarebbero adeguati;
al futuro, avrebbe pensato il re. Le nane… le nane fecero lo
stesso.. apparentemente. Abbandonarono disprezzo evidente e sgarbi, e
ricorsero ad altri sistemi: non hai idea di quanto possano essere
subdole le femmine! Alcune trattavano Luna con un rispetto esagerato,
ed ogni loro parola era una frecciata mascherata da complimento. Per
altre, Luna divenne trasparente: è incredibile come riuscissero
ad ignorarla pur essendo a meno di mezzo metro da lei. E la cosa
peggiore era che lei non aveva elementi per lamentarsi! Cosa
avrebbe potuto riferire? ‘Non mi guardano’?”
“E poi?”
“Una mattina Frèrin venne da me, dicendo che non riusciva
a trovare sua moglie. La cercammo per tutta Erebor, invano. Nessuno
seppe o volle dirci nulla di lei. Alla fine fu Thorin a scoprire
che era uscita dalle porte all’alba. Frèrin ed io, con un
esperto cercatore di tracce, uscimmo a cercarla. E dopo tre frenetici e
disperati giorni, la trovammo. Si era inoltrata nelle prime propaggini
di Bosco Atro.”
Glòin si fermò, chiaramente turbato sebbene fossero
passati moltissimi anni. Kili sentiva il gelo strisciare su per la
spina dorsale. Infine il nano più anziano continuò.
“La vedo ancora, come se fosse successo ieri. Galleggiava a
faccia in giù in una limpidissima pozza, sotto un boschetto di
salici. I suoi capelli si allargavano come un velo attorno a lei.”
“Un incidente…?” alitò Kili. Glòin lo guardò.
“Vorrei poterlo pensare, ma… aveva lasciato le sue
cose ordinatamente disposte sulla riva. Sopra a tutto l’anello
matrimoniale, che non si era mai tolta. E la pozza era bassa…
“
“E Frèrin?”
“Non disse una parola, né allora né in seguito. Non
ne parlò mai. Toccò a me, molto più tardi,
spiegare quello che era accaduto a Thorin ed agli altri
familiari. Seppellimmo Luna sulla riva di quella pozza, e
tornammo alla Montagna… ma prima di noi era arrivato
Smaug, con tutto quanto ne venne di conseguenza.”
“Ma perché Thorin avrebbe dovuto sentirsi in colpa?”
“Secondo tua madre avrebbe dovuto intervenire con più
decisione in favore di Luna, ed in seguito avrebbe dovuto capire che
Frèrin aveva bisogno di aiuto. Ma io sinceramente non credo che,
qualunque cosa avesse fatto Thorin, le cose sarebbero potute finire
diversamente. Dalla morte di Luna Frèrin perse ogni voglia
di vivere, e nelle battaglie successive, ogni volta, si gettò
nelle azioni più avventate; ma era come se la morte si beffasse
di lui. Alla fine, ad Azanubilzar, fu accontentato. Dopo la battaglia,
Thorin si rimproverò per non essere stato accanto a lui, ed
è probabilmente quello a cui si riferisce Nar. Ma non ha senso
recriminare su questo genere di cose.”
Siamo di famiglia… ancora adesso ogni tanto penso che se fossi stato vicino a lui, forse avrei potuto aiutare Fili.
“In realtà Frèrin voleva morire, e ci sarebbe
riuscito, in un modo o nell’altro,” concluse Glòin.
“Non riusciva a vivere senza di lei…”
“No; ma soprattutto era perseguitato dal pensiero che se lui non
l’avesse incontrata, se non l’avesse sposata… si
convinse che era stato il suo amore ad uccidere Luna e questo non
riusciva ad accettarlo.”
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Capitolo 11 *** Decisioni difficili ***
11. Decisioni difficili
11. Decisioni difficili
Kili uscì sulla balconata perché si sentiva
soffocare. Si era nel pieno dell’inverno, ed il vento era
freddissimo, ma non tanto quanto il gelo che il nano sentiva nel
cuore. Anche la sua Miralys non era una nobile; non riusciva
nemmeno a pensare che potesse subire qualcosa di anche lontanamente
simile alla sorte di Luna! Scosse il capo, per allontanarne anche
l’impressione.
Ma quanto aveva raccontato Glòin si inquadrava
perfettamente con la realtà sociale dei Nani: pensando alla
comunità dei Monti Azzurri, in cui era nato e vissuto, ricordava
bene come, sebbene la sua gente fosse esiliata e tutti dovessero
adattarsi a tutti i lavori, anche i più umili, fosse
palese la differenza tra “quelli di Erebor” e quelli che
non lo erano; e che all’interno della stessa “gente di
Erebor” esistessero sottili distinzioni che derivavano dalle
rispettive origini. La gente di Durin aveva da sempre la piena, e forse
esagerata, consapevolezza di essere la Prima Tribù; e la
maggiore o minore vicinanza alla linea diretta di discendenza era un
fondamentale elemento gerarchico tra loro. In virtù della
sua nascita, era consapevole di essere sempre stato al vertice di
questa gerarchia; e la lavandaia che ad Erebor aveva fatto parte della
corte, prima di Smaug, si sentiva sottilmente ma inequivocabilmente
superiore alla figlia della cuoca, anche se questa aveva sposato
nell’esilio un ricco mercante dei Monti Azzurri e viveva nel
lusso.
No… non posso rischiare
che succeda questo… e non la insulterò tenendola come
‘favorita’. So fin troppo bene che prima o poi dovrò
pensare ai miei eredi. Ed anche il Regno… non posso fare
questo alla mia gente. Non posso mettere a rischio quello per cui
Thorin e Fili hanno dato la vita.
Si aggrappò alla balconata con tanta forza da ferirsi le dita. Tremava da capo a piedi.
L’unico modo per tenerla al
sicuro deve essere quello di allontanarla da me? E d’altra parte,
come posso fare questo a colei che amo?...
Il sole stava calando e tra poco lei sarebbe tornata.
Gli sarebbe andata incontro con quel suo passo agile, gli occhi
splendenti, il sorriso sulle labbra… e lui avrebbe dovuto
dominare il desiderio folle di stringerla tra le braccia e coprirla di
baci. Non ho scelta.
Dove avrebbe trovato la forza di allontanarla, di.. ferirla?
E’ inutile fingere. So che anche lei prova qualcosa per me. Se la mando via… rabbrividì come se gli fosse tornata la febbre…
soffrirà… ma non c’è alternativa. Se la
allontano ora, mi dimenticherà, troverà qualcun altro,
qualcuno migliore di me… ma il pensiero stesso di lei tra le braccia di un altro gli fece venire la nausea ed i sudori freddi.
Mahal, ti prego, fa che io non lo sappia mai.
Sospirò e raddrizzò le spalle. La decisione era presa, bisognava solo metterla in pratica.
Kee, fratellino mio, ne sei
sicuro? Questa decisione ha il sapore della paura, e la paura di solito
non è una buona consigliera. Questo pensiero gli attraversò per un attimo la mente. Ma lo respinse subito.
Paura? Certo.. paura che lei debba soffrire per causa mia!
Una piccola carovana di carri risaliva la strada maestra. Eccola.
Kili indossò la maschera da re e scese.
Miralys chiacchierava allegramente con Bombur, mentre questi
guidava il carro carico di provviste che aveva ritirato
all’accampamento. Il monumentale nano cuoco era un cuore
d’oro, ed era anche un compagno divertentissimo.
“… così se quell’idiota di mio
fratello ha ancora qualcosa da dire sulla mia cucina,
spedirò lui ad acquistare le provviste, e guai a lui se
qualcosa non sarà di mio gradimento! Anzi, metterò
qualche diavoleria nella zuppa e quando tutti protesteranno dirò
che è colpa sua… così dovrà cominciare a
correre!” Miralys rise, immaginandosi Bofur alle prese con una
truppa di nani infuriati; gli sarebbe passata la voglia di tormentare
il povero Bombur.
Il piccolo Bain si era ripreso velocemente. Certo, per un
po’ avrebbe dovuto andarsene in giro con le stampelle, ma questo
non avebbe certo fermato il piccolo diavolo. Il cuore della giovane
nana cantava, e non vedeva l’ora di arrivare. Per quei due giorni
lunghissimi si era sentita sulle labbra solo il sapore di quel bacio, e
la sera prima, nella sua tenda, aveva sognato di stare tra le
braccia del suo amato. Ogni minuto lontano da lui era stato
eterno. Adesso lo vedrò.. gli andrò incontro..
Tutti i suoi scrupoli, le sue riserve si erano volatilizzate. Certo,
c’era qualcosa che avrebbe dovuto dirgli, e subito…
Miralys entrò nell’appartamento reale e si
guardò intorno. Nessuno. La guardia alla porta le aveva detto
che Kili la aspettava, ma forse aveva capito male. Entrò
nello studio dove Kili si incontrava ogni giorno con Balin ed
Ori, e lui era lì, davanti al camino. Le dava le spalle e
Miralys capì immediatamente che qualcosa non andava, lo
conosceva talmente bene ormai!
Sentì un brivido gelido strisciarle su per la
spina dorsale, e la dolce ebbrezza che aveva provato tutto il giorno
svanì di colpo.
“Kili, mi hanno detto che mi volevi… non ti senti bene?”
“Tutto a posto, Miralys, non preoccuparti.”
Kili si voltò ed il gelo arrivò al cuore della
ragazza. L’espressione di lui era impassibile e remota, come non
l’aveva mai vista; se avesse conosciuto Thorin, si sarebbe resa
conto che in quel momento era identico a suo zio nei suoi giorni
peggiori. Il calore e la luce erano del tutto scomparsi e lei si
accorse che non la guardava negli occhi.
“Siediti, per favore.” Kili prese posto dall’altra parte del lungo tavolo ingombro di carte. A distanza di sicurezza, pensò lei.
“Ho pensato che, visto che ormai sono guarito, non
c’è più ragione per cui tu ti fermi qui e ti
sobbarchi ogni giorno lunghi viaggi per assistere i tuoi compatrioti,
che tra l’altro immagino torneranno tra breve a casa.
Naturalmente,” proseguì, “ hai tutta la gratitudine
della Casa di Durin e la mia personale. Farò in modo che
il tuo futuro sia assicurato e se avrai bisogno di qualcosa,
qualunque cosa, non avrai che da chiedere a Balin.” La voce era
calma e ragionevole… incolore, pensò Miralys stordita.
“Mi… mi stai mandando via..?”
alitò, con un filo di voce. “Ho… ho fatto qualcosa
che ti ha offeso…?”
Kili alzò gli occhi di scatto e per la prima volta la
guardò. Fu un errore. Lo smarrimento ed il dolore così
evidenti sul viso di Miralys lo colpirono come una mazzata e la sua
volontà vacillò. Si fece forza - non posso rovinarle la vita - e rispose:
“No, che dici? Tu sei stata perfetta, eccezionale, sono
io che…” Si interruppe, stava parlando troppo.
“Credimi, è meglio così.” Devo
congedarla, non resisto, se rimane ancora un momento la
abbraccerò e la coprirò di baci, e sarà stato
tutto inutile…
“Ed ora, se vuoi scusarmi, ho ancora molte cose da fare.”
Miralys era raggelata. Come in trance, percorse con passo
incerto i corridoi fino alla sua stanza, entrò e si sedette. Non
avrebbe mai saputo come ci era arrivata.
Cosa era successo? Kili l’aveva respinta. Congedata. Mandata via. Non mi vuole. Questo pensiero si fece strada a poco a poco nella sua mente.
No. Non è vero. Non può essere.
Quando il pensiero arrivò al cuore, cadde in ginocchio e scoppiò in lacrime.
Kili quella notte non dormì. Rimase sulla poltrona
davanti al caminetto, a guardare il fuoco. La stanza era calda, ma lui
sentiva solo un grande gelo.
Non riusciva nemmeno più a sentire la presenza di Fili nel suo cuore.
Dwalin si faceva strada nel caos dell’accampamento alla ricerca di una figura nota. Speriamo che sia ancora qui!
Da alcuni giorni Kili era assolutamente intrattabile. Non era
più lui: niente lo compiaceva, non sorrideva a nessuno e
sembrava portare sulle spalle il peso del mondo intero. Balin era
allarmatissimo: “Sembra pietrificato! Molto razionale,
organizzato, perfettamente competente… e morto. Ne abbiamo fatto
un mostro! Dìs mi strizzerà come uno strofinaccio
bagnato e appenderà le mie budella ad un albero!”
Dwalin scosse il capo: suo fratello lo aveva sempre ritenuto
un guerriero tutto d’un pezzo, e gli aveva sempre rimproverato di
avere l’intuito di un paracarro e la sensibilità di
un troll, ma questa volta l’idiota era lui. Già una
volta gli aveva suggerito – invano – di aprire gli occhi
riguardo al loro giovane re; questa volta suo fratello aveva
toccato le più alte vette dell’irrazionalità.
Quindi, devo pensarci io.
Come aveva potuto suo fratello non accorgersi che Kili
era cambiato esattamente da quando Miralys se ne era andata?
Già, appunto: stando a Kili, aveva mandato Irridis a prendere le
sue cose perché doveva tornare nei Colli Ferrosi. Ma
perché non aveva salutato nessuno? Ori era offeso a morte, ed
anche gli altri erano dispiaciuti. In più, a Dwalin non sembrava
affatto un comportamento tipico della giovane guaritrice per come
l’aveva conosciuta. Infine, avrebbe scommesso la sua ascia
preferita che tra i due ragazzi stava nascendo qualcosa di importante;
invece, lei sparita e lui intrattabile.
Perfino un troll capirebbe che è successo qualcosa tra loro, sai, fratello? Poi la vide.
“Irridis!” La vecchia nana stava uscendo da una tenda. “Irridis, aspetta!”
La nana lo aveva guardato, e voltandogli deliberatamente le
spalle si stava allontanando. Dwalin rimase di sasso; poi la rincorse e
la prese per un braccio.
“Ehi! Che ti ho fatto?”
“Ti manda lui?” il volto di Irridis era il ritratto della rabbia.
“Lui chi?” da parte sua, il nano era
esterrefatto: la conversazione stava prendendo una piega inaspettata.
“Non mi manda nessuno! Cercavo Miralys… è ancora
qui?”
“Cosa vuoi da lei?” il tono era più che burbero, ma Dwalin non era tipo da farsi intimidire.
“Scusa, ma non credo che ti riguardi, e di certo non voglio farle del male,”
Irridis lo scrutò con aria dubbiosa; poi sospirò.
“Lei si arrabbierà se non te lo
dico,” mugugnò, “spero solo che tu non abbia davvero
intenzione di darle altri dispiaceri. E’ in quella tenda; sta
preparando le sue cose perché domani o dopodomani torniamo a
casa. E non sarà mai troppo presto.” Così dicendo
gli indicò una tenda e si allontanò.
Sì, decisamente c’è sotto qualcosa, pensò Dwalin, e si avviò.
Miralys era in ginocchio e gli voltava le spalle. Aveva
davanti un mucchio di oggetti che stava dividendo in due parti, quando
lo aveva sentito entrare.
“Cosa dici, Irri, potrà servire ancora questa spazzola? E’ un po’ andata, mi sembra…”
“Non sono Irri.”
Miralys si voltò di scatto, sorpresa. A Dwalin bastò un’occhiata per capire che aveva pianto.
“Dwalin… che ci fai qui? Ti …” arrossì leggermente “ti ha mandato…”
“Mi dispiace, non mi ha mandato nessuno.” La nana
abbassò la testa giocherellando con gli oggetti che aveva in
mano.
“Ti dispiace se mi siedo?” Lei scosse il capo, senza parlare e senza guardarlo in faccia.
“Miralys,” iniziò, “sai che non sono
un diplomatico e me la cavo malissimo con le parole, quindi
andrò dritto al sodo. Che è successo? E non rispondermi
‘niente’ perché non sono uno stupido troll di
caverna, anche se qualcuno può pensarlo. So fare due
più due… e ho gli occhi, contrariamente a certi
sapientoni che si credono chissà chi e non vedono oltre il loro
naso.”
Miralys ridacchiò. “Parli di Balin?”
“Ma come siamo intuitivi,” Dwalin era contento di
averla fatta sorridere, e si stava dando mentalmente delle pacche sulle
spalle, perché ormai era sicuro di aver fatto centro. Era
successo qualcosa tra i due ragazzi; qualcosa che stava facendo
soffrire entrambi; si trattava di vedere se esisteva un rimedio.
“Kili si porta in giro una faccia da funerale, da qualche giorno;
sembra indeciso se annegarsi nel fiume o gettarsi sulla sua spada
elfica… se non fosse che è troppo lunga anche per la sua
pur notevole statura. Vengo qui e trovo te con una faccia da far
paura, come se ti avessero appena condannata a dieci anni nelle
prigioni del re degli Elfi… che sono veramente umide. Quindi,
voglio sapere cosa è successo.”
“Perché non lo chiedi a Kili?”
“Perché le segrete di Erebor sono ancora
più umide di quelle degli Elfi, e puzzano ancora di drago. Tu,
al massimo, potresti darmi uno schiaffo, e va bene; irritare sua
signoria in questo momento potrebbe risultare fatale.”
Miralys alzò gli occhi, due occhi così tristi che a Dwalin parve l’ombra della ragazza che aveva conosciuto.
“Lui non mi vuole, Dwalin… credevo di sì,
credevo che mi amasse, ma evidentemente non è così.”
“Miralys, sono più che sicuro che ti sbagli. Kili è devastato senza di te, ha bisogno di te.”
“E allora perché mi ha mandato via?”
Dwalin era molto stupito. “Ti ha mandato via lui?”
“Con una scusa idiota, sì. Ti giuro che non ho
fatto nulla! Quella sera, quando abbiamo ballato…” Miralys
arrossì un poco “… quando siete andati
via…”
“Sì, ricordo,” Dwalin ricordava benissimo di aver lasciato deliberatamente i due ragazzi soli.
“Beh… quella sera lui mi… mi ha
baciata… poi il giorno dopo ho dovuto rimanere qui per
l’incidente di Bain.. e quando sono tornata lui mi ha
semplicemente congedata! Dovrei essere offesa a morte per come mi ha trattata!” poi sospirò. “Ma non ci riesco… non riesco neanche ad arrabbiarmi!”
Dwalin rimase in silenzio per un po’. “Kili
è innamorato di te, su questo non ho dubbi. Deve essere successo
qualcosa…”
“Perché non me lo ha detto, allora?”
“In realtà non ha parlato con nessuno. Kili era
abituato a condividere ogni pensiero con Fili, ma da quando lui non
c’è più, non si è lasciato avvicinare da
nessuno. E non va bene. Speravo tanto che almeno con te…”
“Dwalin…” chiese Miralys, esitante, quasi
timida, “sei sicuro che… che lui mi voglia
bene…?”
“Bambina,” rispose il nano prendendole le mani,
“non sono nella testa di Kili, ma a me è chiaro come il
sole che senza di te si sente perduto. Sai quanto è stata
dura per lui dopo la morte di Fili, e solo tu sei riuscita a
farlo sentire meglio. E ora che ti ha perso…”
“Allora c’è un tentativo che posso fare.
Potrei almeno capire perché mi ha allontanata; e se anche mi
respingesse di nuovo… cosa ho da perdere, ormai? Un po’
d’orgoglio? Credimi, non me ne importa affatto.”
N.d.A. Trattenete ululati, strali velenosi e maledizioni. La storia è ben lungi dall’essere finita.
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Capitolo 12 *** Storri alla riscossa ***
12. Storri alla riscossa
12. Storri alla riscossa
Era calata la notte, quando un piccolo nano si presentò alle porte di Erebor.
“Posso vedere il tuo signore? Mi chiamo Storri. Forse si
ricorderà di me.” Il piccolo nano portava un
mantello con cappuccio, ed una sciarpa gli avvolgeva il viso e la testa.
Le guardie lo guardarono perplesse.
“Possiamo vederti in viso?”
“Preferirei di no, grazie. Non sono bello da vedere.”
Le guardie confabularono tra loro. Alla fine si decisero.
“Aspetta qui, andremo a chiamare il comandante Dwalin.”
Perfetto, pensò Storri. Più facile del previsto.
Poco dopo vide il grande guerriero avanzare dal corridoio.
“Storri! Amico, che sorpresa! E che piacere rivederti! Sei
sparito… Kili ti ha fatto cercare per ogni dove senza risultato.
Nessuno ti ha più visto dopo la battaglia…”
così dicendo Dwalin fece entrare l’altro in una
stanzetta del corpo di guardia.
“Ero impegnato. Vorrei vedere il Re.”
“Certo, sarà felice di rivederti, ma togliti il mantello e
la sciarpa… perché le guardie dicono che non vuoi
mostrare il viso?”
“Con loro non me la sento, Dwalin… ma con te
sì.” Così dicendo gettò indietro il
cappuccio ed abbassò un poco la sciarpa. Dwalin rimase
letteralmente pietrificato. Sbattè gli occhi, poi cercò
una sedia dietro di sé e sedette pesantemente, facendola
scricchiolare. Aprì la bocca un paio di volte, come per parlare,
ed ogni volta la richiuse.
“Smettila, Dwalin,” sbottò Storri, “sembri un pesce.”
“M-ma tu… tu non .. tu sei…”
“Pare di sì. Voglio parlare con Kili. Devo almeno provare. Mi aiuterai?”
“Sai che lo farò. Ti accompagno subito da lui… e buona fortuna!”
Insieme percorsero il lungo corridoio fino agli appartamenti reali, superando alcune guardie. Sulla porta si fermarono.
“Andiamo in scena?” chiese Dwalin.
Storri spostò la sciarpa, poi prese il grande guerriero,
assai poco rispettosamente, per la barba, lo fece abbassare e lo
baciò sulla guancia.
“Grazie,” sussurrò. Dwalin divenne rosso come un peperone. “Andiamo.”
Storri prese un profondo respiro ed annuì. L’altro aprì la porta e disse:
“Kili, c’è qualcuno che vuole vederti.”
Kili era sprofondato in una comoda poltrona davanti al camino e stava leggendo un fascio di carte.
“A quest’ora? Ma chi è?”
“Un vecchio amico. Ti ricordi di Storri?”
Storri. La battaglia. Il piccolo nano… “Ma certo! Fallo
entrare! Da dove viene?” Kili si alzò per andare incontro
al nuovo venuto. Storri entrò lentamente e si tolse il mantello,
tenendo però la sciarpa.
“Amico mio!” continuò Kili. “ Dove eri finito? Sembravi cancellato dalla faccia della terra!”
“Ho dovuto occuparmi di un’emergenza. Ora però sono tornato..”
“Togliti la sciarpa, mettiti comodo… vuoi qualcosa da bere?”
“Mio signore Kili, per favore… no. Non sono ancora pronto
a mostrarti il mio viso, c’è qualcosa che potrebbe…
beh, non me la sento. Più avanti, forse…”
Kili si rese conto di non aver mai visto il piccolo nano a viso
scoperto. La voce gli sembrò soffocata, ma era passato tanto
tempo… Lasciamogli i suoi segreti.
“Come vuoi tu, amico, non ha importanza. Vieni, siediti,
racconta! Non so niente di te, tranne che combatti molto
bene…”
“Quel giorno non c’era molto tempo per parlare.”
“E’ vero. Sono successe tante cose…” Fili.
“Come ti senti, mio signore? La tua ferita è guarita, vedo.”
“Tutto a posto, ormai. Se ne è occupato qualcuno di
veramente eccezionale…” la voce di Kili si
affievolì, ed il suo sguardo divenne remoto. Mi fa male
anche solo nominarla.
“Bene, sono contento. E il resto? Dimmi, è bello fare il re?”
“Ti puoi togliere qualche soddisfazione, certo… ma
il prezzo da pagare è molto alto. E nel complesso è una
faccenda noiosa, fortuna che ho chi mi aiuta.”
“Scusa se te lo dico, mio signore,” Storri abbassò
ancora la voce, “ma non mi sembri molto felice.”
“Felice?” anche Kili abbassò la voce. “No,
Storri… ho perso troppe persone care. Mio fratello, mio
zio… e poi qualcuno che…”
“Che… “ Kili guardò il giovane nano davanti a
lui. Il volto era in ombra, ma tutta la postura mostrava una grande
partecipazione.
Cosa mi succede? Perché ho l’impulso di raccontare a
questo sconosciuto ciò che non ho detto a nessun altro? Il
piccolo nano sembrò intuire le sue perplessità. Lasciata
la poltrona, si inginocchiò sul tappeto davanti al giovane re.
“Mio signore,” disse solennemente, a capo chino, “se
vorrai onorarmi della tua confidenza, ti giuro che non una parola
uscirà dalla mia bocca.”
“Alzati, sciocco!” ridacchiò Kili. “Non
è un segreto di stato. E’ solo che… fa male.”
“Siediti qui accanto a me. So io come farti rilassare.”
Ancora una volta Kili guardò il nano davanti a lui. A che strano
gioco sta giocando? Sento una strana tensione nell’aria. Forse
lui... Perchè ho questo desiderio assurdo di assecondarlo? Non
voglio ferirlo… Oh, al diavolo, stiamo a vedere!
Sedette a terra e lasciò che Storri gli aprisse un poco la
camicia lasciandogliela scivolare sulle spalle. Il piccolo nano si
inginocchiò dietro il re, prese qualcosa dalla cintura –
ma quante cose ci stanno lì dentro? – e iniziò un
leggero massaggio sulle spalle e sul collo.
Ha le dita magiche! Si trovò a pensare Kili. In effetti
quelle dita sapevano trovare i punti contratti, e scioglievano i
muscoli come fossero burro. Si sentì subito meglio.
“E allora?” la voce di Storri era un sussurro roco, suadente ed ipnotico come le sue mani.
“Vedi… “ cominciò Kili, “è stato
a causa di Frèrin…” il giovane re cominciò a
raccontare, mentre una sensazione di grande benessere lo invadeva. Il
tepore del fuoco, quelle mani magiche, un profumo dolce ed inebriante,
in qualche modo familiare, che pervadeva l’aria, e potersi
finalmente lasciare andare… ad un certo punto Storri gli
fece togliere la camicia, lo fece distendere e le sue dita cominciarono
a scendere lungo la spina dorsale. Kili non ricordava di essersi mai
abbandonato alle pure sensazioni come in quel momento; venne fuori
tutto, la storia di Frèrin, le alternative che gli si erano
presentate e quella difficile decisione… e poi sentì di
nuovo quella tensione nell’aria. Era di nuovo seduto, ora, e le
dita di Storri stavano lavorando sulla spalla e sul petto, intorno alla
cicatrice, e Kili, che sulle prime si era irrigidito aspettandosi
dolore, si stupì di non avvertirne. E’ come se
conoscesse ogni centimetro del mio corpo…
“E non credi che avresti dovuto parlare di tutto questo con la
tua ragazza? Era una decisione che riguardava anche lei!”
Kili si immobilizzò, e gli parve di essere investito da una doccia fredda. L’atmosfera si disintegrò.
“Forse avrebbe avuto il diritto di fare le sue scelte! Invece
l’hai allontanata senza neanche una spiegazione!” la voce
non era più bassa e roca, ma limpida e notevolmente…
irritata.
All’improvviso tutti i particolari andarono al loro posto come i
pezzi di un puzzle; Kili si alzò sulle ginocchia e si
voltò con un guizzo.
“Hai idea di come m-mi sia sentita? Di quanto sia stata
m-male…?!” la voce si assottigliava pericolosamente, deviando
verso i toni alti.
Il giovane re allungò una mano e con un solo gesto tolse
la sciarpa. Ed eccola lì, in ginocchio, i pugni stretti, le
guance rigate di lacrime e gli occhi verdissimi che mandavano lampi, la
treccia bionda che si agitava sottolineando ogni frase con un movimento
spontaneo.
“Mi hai licenziata come una stupida c-cameriera!!”
“Che razza di idiota!” sbottò Kili.
“Idiota a chi?!” la voce di Miralys salì di un’altra ottava.
“Io, è ovvio! Come ho fatto a farmi mettere nel
sacco in questo modo! E tu… tu.. come hai potuto..! E
poi… farti passare per Storri?!”
“Storri sono io, e non cambiare discorso!” ormai erano uno
di fronte all’altro, in ginocchio, e si stavano urlando
contro rabbiosamente.
“ Come sarebbe “sei tu”?!” E chiedere
spiegazioni di questo imbroglio non è cambiare discorso!”
sbraitò lui.
“Sì, invece! Stai evitando di rispondere!” Kili
raccolse la sua camicia e se l’infilò con un gesto nervoso.
“Mi hai raggirato!” gridò.
“E tu m-mi hai insultato!... Come ti sei p-permesso di d-decidere per me?...” singhiozzò lei.
“Cosa avrei dovuto fare? Non volevo insultarti tenendoti come
favorita! E non volevo che ti rovinassi la vita!” Kili era
veramente furibondo. Con tutto quello che mi è costata
questa - giusta! – decisione, con tutto quello che ho
sofferto, questa sciocca ancora non si rende conto che l’ho fatto
per lei!
“E non hai pensato,” rispose lei abbassando improvvisamente
la voce, “che senza di te la mia vita sarebbe stata comunque
rovinata…?”
Il tono, più che le parole, fecero immediatamente sbollire
l’ira di Kili. La guardò: non c’era più
rabbia, nei suoi occhi, solo dolore, e le labbra rosse tremavano.
“Non ho mai p-permesso che un nano entrasse nella mia
vita…” continuò Miralys, senza fiato.
“volevo realizzare qualcosa, qualcosa di importante…
volevo essere una p-persona utile, non una stupida bambola! E ci ero
riuscita, con tutta le fatica, e le lotte… Poi sei arrivato tu,
ed è cambiato tutto! Tutto alle ortiche! Alla fine m-mi…
mandi via..! … e niente ha più importanza!” Ora
stava piangendo apertamente.
Una immensa tenerezza lo invase, e dovette fare uno sforzo sovrumano
per non prenderla tra le braccia, cullarla e baciarla, e bere le sue
lacrime fino a far scomparire quel dolore che lui stesso le aveva
causato. Sapeva che se solo l’avesse toccata sarebbe stato
perduto. Scosse il capo e distogliendo lo sguardo sussurrò:
“La mia vita, di certo, ha perso ogni luce senza di te…”
“Kili… io ti amo. Puoi guardarmi negli occhi e per un
momento dimenticare chi sei tu, chi sono io, dove siamo, tutto, e dirmi
cosa provi per me?”
Lui la guardò. Era facile rispondere.
“Tu sei l’unica che io abbia mai amato e che amerò
mai. Sei il mio cuore e la mia anima. Ti ho allontanato sperando
che avresti dimenticato, perché non volevo vederti
soffrire. Ma ora vedo che anche così ti ho causato dolore, che
era l’ultima cosa che avrei voluto fare.”
Era smarrito e confuso. Vedeva ora il suo errore di giudizio; Miralys
aveva ragione, non aveva tenuto conto dei suoi sentimenti e della sua
volontà. Ed adesso…
Si alzò ed andò verso il camino; Miralys si alzò a sua volta e lo seguì.
“Kili, guardami, ti prego…” la sua voce era appassionata. Lui non poteva resisterle e si voltò.
“Amore mio, vuoi provare a fidarti di me? Non l’hai fatto prima, puoi farlo adesso?”
“Cosa intendi dire?”
“Non ci sono ostacoli tra noi. Nessuno.”
“Ma come puoi dirlo…?” esclamò lui.
“Se te lo dico, puoi crederci? Puoi fidarti di me? Vuoi davvero passare la tua vita con me?”
“E’ quanto desidero di più al mondo…” e
mentre lo diceva, Kili capì che era vero.Tutto il resto non
contava. Fece un passo e fu davanti a lei.
Vide che tremava e si rese conto di tremare a sua volta. Il cuore gli batteva talmente forte da fargli male.
Alzò le mani e gliele pose sulle spalle; timoroso anche di un
semplice contatto, afferrò una ciocca bionda che si arricciava
sulla guancia di Miralys e la fece passare dietro l’orecchio. Gli
sembrò di annegare in quelle profondità smeraldine.
Le braccia di lei si alzarono a circondargli il collo; Kili si
chinò e baciò la bocca morbida. Per Durin, quanto
l’aveva desiderato! In un attimo si trovarono stretti l’uno
all’altra, impegnati un un bacio intenso con cui sembravano voler
recuperare il tempo perduto. Quando si staccarono, in cerca
d’aria, erano entrambi senza fiato, con le ginocchia molli ed il
cuore che batteva all’impazzata.
“Per Mahal!” alitò Kili con la le labbra su quelle di lei.
“Ben detto..” alitò Miralys accarezzandogli le spalle.
Le mani di Kili cercarono la lunga treccia bionda; senza smettere
di baciare la sua compagna, sganciò il fermaglio e
lentamente sciolse i capelli affondandovi le mani. Sembravano seta.
“Ho desiderato farlo fin dal primo momento,”
sussurrò sulla bocca di lei; poi l’allontanò un
poco, per guardarla in viso: “Io.. ti desidero da
impazzire… ma se vuoi aspettare…”
Lei gli rispose stringendosi a lui: “Abbiamo perso già troppo tempo, non credi?”
Kili la strinse, sopraffatto dalle emozioni. “Non riesco a dirti
quanto ti amo.. posso solo dimostrartelo, e credo che ci vorrà
tempo… magari tutta la vita.”
Poi passò un braccio dietro le spalle di Miralys, l’altro
sotto le ginocchia, e senza alcuno sforzo apparente la sollevò.
Lei affondò il viso nella spalla del giovane re, che
ammirò l’onda dorata che si riversava sul suo braccio. La
strinse più forte, sentendola tremare; appoggiò la
guancia sulla testa bionda e si avviò verso la camera da letto.
Varcata la soglia, chiuse la porta con un calcio.
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Capitolo 13 *** Amore con sorpresa ***
13. Amore con sorpresa
N.d.A.
Questo capitolo mi ha messo veramente in difficoltà. Non volevo
usare un linguaggio troppo esplicito, perché mi sembrava fuori
contesto; ma d’altra parte non volevo nemmeno cadere nel
ridicolo. Ho camminato su un filo molto sottile, e ho modificato molte
volte; alla fine mi sono stancata. Come è venuto, è
venuto. Grazie per la comprensione.
13. Amore con sorpresa
Sempre cullando dolcemente la sua amata, Kili la
adagiò sul grande letto e le sfilò gli stivali.
Aggirandosi rapidamente per la stanza, ravvivò il fuoco nel
camino, poi accese tutte le candele. Miralys lo seguiva con lo sguardo;
era senza fiato, eccitata e trepidante al tempo stesso.. ma poi lui la
guardò. Sorrideva dolcemente, e l’amore che vedeva negli
occhi che amava tanto, così scuri e vellutati che le ricordavano
una notte stellata, cancellò ogni timore.
Kili si distese accanto a lei, su un fianco, sostenendosi su
un gomito. La giovane nana alzò una mano un po’ tremante e
gliela appoggiò sul petto, attraverso la camicia aperta; al
tocco, lui trattenne il respiro. Quando lei cominciò a muovere
la mano in una lenta carezza, Kili si rese conto che stava ansimando e
cercò di calmarsi.
Mai, mai si era sentito così. Aveva avuto la sua parte
di esperienze - con discrezione, ben sapendo come avrebbe reagito
Thorin se un padre oltraggiato si fosse presentato alla porta! –
ma niente lo aveva preparato a questa emozione. Si chinò a
baciarla, partendo dalla bocca, per poi scendere sul collo, a
mordicchiare il punto sensibile sotto l’orecchio…
Le mani vagavano, si insinuavano, aprivano lacci,
scostavano stoffa; alle carezze seguivano i baci, che suscitavano mille
brividi sulla pelle nuda. Le carezze, prima delicate, diventavano
più audaci, più intime, l’aria si riempì di
sospiri e di sussurri, di parole sommesse spezzate dai sussulti.
Dèi, com’è liscia…
con la mente in subbuglio Kili accarezzava la pelle di seta della sua
amata, assaporando ogni fremito ed ogni movimento, percorreva con le
labbra e la lingua i punti più sensibili, ascoltando ogni ansito
ed ogni gemito; quando lei cominciò a tendersi per anticipare il
suo tocco, il giovane nano andò molto vicino a perdere ogni
controllo, a strapparsi e strapparle di dosso il poco che ancora
rimaneva, e prenderla lì, subito… ma no, era la
loro prima volta e Kili voleva che fosse indimenticabile. Si
fermò, trasse un profondo respiro e si spostò dal suo
fianco.
Sentendo il movimento, lei alzò gli occhi, temendo
improvvisamente che lui se ne andasse, che non continuasse quella
deliziosa tortura. “Kili…”
“Oh no, cara,” sussurrò lui, “non hai ancora
visto nulla…” Si distese accanto a lei e accarezzò,
baciò, succhiò e leccò ogni centimetro della sua
pelle, ogni punto sensibile, mentre Miralys cominciò ad
agitarsi, aggrappandosi a lui, assaporando la sensazione della pelle di
lui contro la sua, sotto le sue dita, alla ricerca di un contatto
maggiore. Ogni pensiero coerente era sparito dalla mente della ragazza
da molto tempo, tutto il suo universo era fatto delle meravigliose
sensazioni che lui sapeva suscitare, che la sopraffacevano; si sentiva
il volto in fiamme ed il corpo rovente, e poteva solo
ripetere il nome di lui tra i sospiri, come un mantra:
“Kili… oh, Kili…”
Sentirla ripetere il suo nome fra i gemiti era quanto di
più eccitante il giovane re avesse mai sentito; con esasperante
lentezza le tolse gli ultimi indumenti, e rimase a contemplarla.
Era stupenda. Il corpo fremente, teso nell’aspettativa, sembrava
brillare alla luce del fuoco, e gli occhi verdi spalancati, fissi nei
suoi, sembravano laghi in cui annegare. “Sei
bellissima…” Lei gli tese le braccia, con uno
sguardo talmente colmo di desiderio, tanto provocante da lasciare Kili
senza fiato, mentre la mano delicata si sporgeva a sciogliere il laccio
dell’ultimo indumento rimasto addosso a lui.
Gli si stava offendo, tenera, palpitante.. sua.
Le accarezzò le cosce, e le gambe di lei si aprirono
come i petali di un fiore. Completamente sopraffatto, esplorò,
accarezzò e baciò ogni punto di lei, con movimenti
languidi e sensuali che scatenavano un mare di sussulti.
Miralys affondava le dita nella chioma bruna del suo amante,
inarcandosi verso si lui, ed aveva del tutto perso il controllo; ma
anche Kili era al limite.
Si distese su di lei, dolcemente, delicatamente, timoroso di farle male; e quando la trovò, sussurrò:
“Cercherò di fare piano,
piccola…” e le cercò lo sguardo. Le pupille
di smeraldo catturarono le sue; sempre guardandolo negli occhi, fu lei
ad alzare i fianchi per incontrarlo. Kili trattenne il respiro: vide
passare sul viso di lei un’ombra, un battito di ciglia, che
svanì subito; le labbra rosse gonfie per i baci sussurrarono:
“Vieni…”
Quella minuscola parola spedì Kili oltre ogni
limite ed egli affondò in lei, ciecamente, perdutamente, corpo e
cuore, strappando ad entrambi un gemito di meraviglia.
E’ un miracolo..! il corpo di Miralys lo accolse senza remore, madido di umori, e si chiuse intorno a lui. E’ come se Mahal l’avesse creata apposta per me…
Ogni più piccolo muscolo del corpo di lei
colpiva ed accarezzava un singolo punto della sua
virilità. Cominciarono a muoversi, prima lentamente, poi
con maggiore urgenza, trovando subito l’accordo, come se i loro
corpi si conoscessero da sempre.
“Ah, Mira… Mira, amore mio… ” ansimò lui, con la vista annebbiata.
“Oh sì, si…” Kili sentì il
corpo della sua amante tendersi o poi sciogliersi in un piacere
travolgente, percorso da ondate di spasmi che si trasmisero
immediatamente a lui; sopraffatto dalle sensazioni che stava
provando, la seguì sull’onda affondando in lei
ancora e ancora.
Un attimo prima di crollare su di lei – è così piccola! –
ebbe l’istinto di abbracciarla, e mentre la teneva stretta
rotolò sulla schiena trascinandola con sé fino ad averla
distesa sopra di lui, i corpi ancora congiunti.
Completamente storditi, boccheggianti, tremanti, ancora
percorsi da lunghi fremiti, rimasero aggrappati l’uno
all’altra, i corpi incollati dal sudore e dai loro stessi umori,
per un tempo che nessuno dei due riuscì mai a definire.
Solo molto più tardi Miralys, avvertendo il freddo
della stanza, alzò il capo. La ragione prese il sopravvento:
Kili era ancora convalescente – per quanto la ferita sembrasse
non dargli alcun fastidio – e non doveva prendere freddo.
Scivolò via dal corpo di lui, provando un acuto senso di
perdita e suscitando immediatamente un mugolio di protesta:
“Mira… “
“Shh! Torno subito.” Cercò il piumino che
avevano inavvertitamente gettato a terra e lo distese coprendo il suo
amato. Poi vi si infilò sotto, si distese contro il
fianco del suo re ed appoggiò il capo sulla sua spalla.
Con un sospiro di soddisfazione, Kili la circondò con il braccio
stringendola a sé, ed entrambi rimasero a saziarsi di carezze,
di baci esausti e di tutto il loro amore.
Kili riemerse dopo… non sapeva quanto, consapevole del
peso sulla sua spalla e del corpo liscio rannicchiato contro il suo. La
luce del fuoco disegnava ombre sulle pareti ed incendiava i capelli
biondi sparsi sulle coperte.
La mano di Miralys giocava con i peli scuri al centro del
petto di Kili; lui la prese, e portandosi le dita sottili alla bocca,
le baciò delicatamente.
E’ tutto chiaro, ormai.
Niente più conflitti, niente più dubbi nella sua mente e
nel suo cuore; mai nella vita si era sentito così completo,
così… nel giusto.
Lei alzò il capo, e, sollevatasi su un gomito, si
girò nel cerchio del braccio di lui per poterlo guardare negli
occhi.
“Sei sveglio… che peccato. Dormivi così sereno…”
“Non mi sentivo così da… non so nemmeno
io da quanto. Forse da sempre,” sussurrò lui continuando a
baciarle le dita. Nel movimento Miralys aveva accarezzato il corpo di
Kili con il proprio, ed il giovane re ne era acutamente consapevole. Si
appoggiò la mano della sua amata sul cuore.
“Ho capito, ormai,” proseguì. “Non
ho scelta, se non voglio perdere la mia anima. Non posso fare a
meno di te e non intendo lasciarti andare. Non mi importa di niente
altro. Se questo significa rinunciare al trono, ebbene, che sia. Non mi
sono mai aspettato di averlo e non l’ho mai voluto.”
Miralys si raddrizzò, attenta.
“Cosa intendi dire?”
“Se da re non posso averti in modo onorevole, allora
non voglio essere un re. Scriverò a Dàin: se lo vuole, il
Regno della Montagna è suo. Noi andremo nei Monti Azzurri, o
dove vorrai tu… ma insieme.”
“Kili, amore, non è necessario. Se davvero vuoi
sposarmi, ti garantisco che nessuno avrà da ridire, e
anche Dàin non dirà una parola contro di te, anzi
sarà il tuo più fedele alleato finchè avrà
vita.”
Questa volta fu Kili ad alzarsi sui gomiti.
“Mira… cosa stai dicendo? Come puoi…”
“Sarebbe tuttavia opportuno che tu lo avvisassi, quindi scrivergli è una buona idea,” stava continuando lei.
“Ma perché?”
“Perché Dàin è mio padre,”
sorrise Miralys, “e non è buona cosa irritarlo e fargli
pensare che ti prendi delle libertà con la sua unica
figlia.”
Cadde un silenzio attonito.
Kili aveva bisogno di qualche minuto per superare lo choc.
Una ridda di pensieri gli si affollavano alla mente e non
riusciva a metterli nel giusto ordine. Si alzò, si infilò
la camicia – faceva molto freddo – ed uscì dalla
stanza.
Miralys rimase seduta nel letto, con il gelo nel cuore: ho
sbagliato… avrei dovuto dirglielo prima… ora
penserà che l’ho raggirato… penserà che non
lo amo… ma a quest’ultimo pensiero non credeva nemmeno lei, non dopo quella notte.
Furono i cinque minuti più lunghi della sua vita. Cosa faccio? Lo raggiungo?
Kili rientrò poco dopo con due bicchieri in mano. Il
suo viso era in ombra… la giovane nana ammirò il
portamento sicuro, quasi danzante, del provetto spadaccino,
l’agilità che ne faceva un formidabile guerriero. Le
sembrava che il cuore non le bastasse per tutto l’amore e
l’ammirazione che provava per lui.
Il re le porse i bicchieri; poi lasciò cadere la
camicia e si infilò di nuovo nel letto accanto a lei.
Sistemò i cuscini contro la testiera e vi si appoggiò, e
finalmente Miralys potè vederlo in viso… e il suo cuore
saltò un battito. Kili sorrideva, un sorriso contagioso,
travolgente, che gli illuminava gli occhi, un sorprendente sorriso da
ragazzo.
La giovane nana non sapeva, non poteva sapere, che il sorriso
del più giovane dei Durin era ben noto ai famigliari ed agli
amici: Quando Kili sorride, si diceva, nessuno riesce a dirgli di no. Il sorriso che nessuno aveva più visto dopo la fatale Battaglia dei Cinque Eserciti.
“Bene, mia signora, c’è qualche altra cosa
che dovrei sapere? Qualche altro oscuro segreto del tuo –
all’apparenza breve – passato? Sei allieva di uno Stregone?
Hai sangue elfico?”
“No,” rispose lei, guardandolo di sotto in su,
“però ho studiato dagli Elfi per qualche
anno…”
“Mmmh… penso di poterlo sopportare. Mariti, amanti e figli… no, penso di poterli escludere…”
Miralys, con il volto in fiamme, alzò gli occhi ad
incontrare quelli del giovane re: il sorriso si era fatto malizioso, e
il suo sguardo era colmo di sottintesi e di promesse assolutamente
eccitanti.
Lei scosse il capo, ed i riccioli ondeggiarono intorno al suo viso.
“Quindi, possiamo brindare al nostro
futuro…” concluse lui toccando il bicchiere di Miralys con
il suo, ed entrambi assaporarono il forte liquore fruttato
“… mia Regina.”
Kili le tolse di mano il bicchiere e posò entrambi accanto al letto. Poi le tese le braccia.
“Vieni qui, amore mio,” disse, “hai un bel po’ di spiegazioni da darmi.”
Miralys si gettò sul suo petto, nascondendo il viso
tra il collo e la spalla. Non riusciva a parlare, un’emozione
travolgente le chiudeva la gola e le riempiva gli occhi di lacrime.
Sentì le braccia forti di lui stringerla, le sue labbra sulla
fronte, sul viso, piccoli baci pieni di tenerezza, fino alla bocca.
“Mira, Mira, tesoro mio, vita mia…” il
respiro di Kili soffiava queste parole sulle sue labbra, e si
confondevano con i baci e i sospiri di lei.
“Oh, Kili, scusami, lo so, avrei dovuto…”
“Non piangere, amore mio, sono qui con te, non ti
lascerò mai, mai più, te lo giuro… ti amo
più della mia stessa vita, sei la mia luce, la parte migliore di
me…”
Il cuore di Miralys beveva ogni parola, ogni sospiro, ogni
bacio. E quando le mani di lui ricominciarono a muoversi sulla sua
pelle, entrambi scivolarono dai cuscini, accarezzandosi e baciandosi a
vicenda. Si cercarono, si trovarono, e furono l’uno davanti
all’altra, fronte contro fronte, bocca contro bocca, cuore contro
cuore; come in un tacito accordo, cominciarono a muoversi lentamente,
in una sensuale carezza eccitante e sempre più bollente, e di
nuovo si unirono, in una danza scritta nelle loro cellule, nelle loro
ossa, nel loro cuore; bevendo l’uno i gemiti ed i sospiri
dell’altro, fino ad un’esplosione accecante che li travolse
con lunghi spasimi di piacere e li lasciò esausti e appagati.
Ecco. Fatemi sapere. Per favore.
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Capitolo 14 *** Misteri svelati ***
14. Misteri svelati
14. Misteri svelati
Fu solo più tardi, quando entrambi ebbero ripreso
fiato, che Kili disse alla sua amante, allacciata a lui in un intimo
abbraccio:
“Così non va.” Si sciolse, incurante dei
mugugni di protesta della sua compagna. “Non è possibile
che ogni volta che ti chiedo qualche spiegazione riesci a
distrarmi!”
“Tu ci hai messo la tua parte, e comunque non mi sembra
che ti sia dispiaciuto…” sussurrò lei guardandolo
con occhi spalancati ed esageratamente innocenti.
“ Fare l’amore con te potrebbe presto diventare
una droga… ma perché mi confondi le idee solo a
guardarti?”
Miralys rise, una risata calda e roca che sapeva di appagamento.
“Hai ragione,” disse, “ci sono molte
domande ancora senza risposta.” Lo spinse di nuovo contro i
cuscini, poi si accoccolò al suo fianco.
“D’accordo. Chiedi.”
“Cominciamo da Storri… questa è stata
proprio una sorpresa! Erebor non ha mai avuto una regina
guerriera!”
“Bene. Come forse sai – o forse no – ho tre
fratelli, tutti più grandi di me. Sono cresciuta con loro e
volevo imparare quello che imparavano loro in fatto di armi e
combattimento. Mio padre rideva dei miei tentativi di imitarli,
perché erano tutti molto più grossi di me e spesso non
riuscivo nemmeno a sollevare e loro asce e spade.”
“Mi pareva di avere notato che non hai una struttura imponente…”
“Sì, vero? Così mio padre mi trovò
un maestro d’armi elfo. Era un elfo silvano, una specie di
cacciatore solitario che ogni tanto passava dalla nostra terra
per rifornirsi; accettò di insegnarmi uno stile di
combattimento adatto alla mia taglia.” Kili annuì:
il suo stesso stile di combattimento era diverso da quello usuale dei
nani, fondato sulla forza, dal momento che faceva maggiore affidamento
sulla velocità e l’agilità.
“Sì,” le disse, “ti ho visto.”
“Davvero? Pensavo che non vedessi null’altro che i tuoi nemici…”
“Niente affatto. Ero perfettamente consapevole di te e
facevo affidamento sul fatto che mi coprissi le spalle; e una parte
della mia mente ha notato come combattessimo bene insieme.
Anzi…” e qui sfoderò un sorriso malizioso,
“ … adesso che ci penso, guarda quante cose sappiamo
fare così bene insieme…”
Risero entrambi, e Miralys rimase a guardarlo con il fiato sospeso: non lo aveva mai visto ridere davvero.
“Sei bellissimo quando ridi… “ gli
sussurrò, “ anzi, sei bellissimo sempre, ma quando
ridi…”
“Non lo facevo da un’eternità, amore
mio… ci volevi tu.” Disse Kili, baciandola di nuovo.
“Ora continua.”
“Beh, le cose andarono avanti così per diversi anni, finchè mia madre si oppose. Ormai sei una giovane nana, disse, basta con le armi.
Ma io non avevo alcun interesse per il ricamo – sono un
disastro – o per le cose di casa che costituiscono
l’educazione di una ragazza. Ma non avevo scelta, neanche
mio padre poteva aiutarmi, le armi mi erano ormai del tutto precluse:
l’unica cosa che potevo fare era allenarmi di nascosto con le mie
due spade.”
“Accadde tuttavia” continuò, “ che
il nostro popolo fosse colpito da una grave forma di influenza. I
malati erano moltissimi ed i guaritori pochi; così furono
impiegate anche le levatrici, e notai che spesso erano migliori
dei guaritori. Aiutai come potei, ed imparai un po’. Finita
l’epidemia dissi a mio padre che volevo fare la guaritrice;
così mio padre, che in fondo me le ha sempre date tutte
vinte, acconsentì. Mia madre ovviamente non era d’accordo:
ero una principessa, destinata ad un importante matrimonio politico:
come avrebbe fatto a trovarmi un buon marito? Ma la spuntai lo stesso.
Alla fine, visto che dai guaritori nani non imparavo quasi niente
– non riuscivano a trattarmi come un’allieva qualsiasi
– mio padre mi spedì a Gran Burrone.”
“Sei stata a Gran Burrone?” Kili era sorpreso.
“ Gandalf ci condusse lì per sfuggire agli orchi. Thorin
era arrabbiatissimo, aveva enormi pregiudizi nei confronti degli Elfi,
ma per Fili e me era il luogo più bello della terra… a
parte la loro cucina.” Ridacchiò, e Miralys gli fece eco.
“Avresti dovuto vedere la faccia di Dwalin…”
“C’è una incredibile pace a Gran Burrone.
Il potere degli Elfi è molto forte in quel luogo, ed il Male non
può entrarvi. Rimasi tre anni, e furono molto gentili con me
quando capirono il mio desiderio di imparare. Furono gli anni
più belli della mia vita… fino ad oggi. Sarei restata, se
fosse stato possibile. Ecco quindi la principessa, la
guaritrice… ed il guerriero.”
“E tuo padre ti ha portato con sé in battaglia? Non posso crederci..!” Kili era stupefatto.
“Certo che no! Anzi, si è arrabbiato moltissimo
quando mi ha visto ! Aveva portato la guaritrice, non pensava che mi
sarei messa a combattere! Ma io non ho resistito… dovevo
andare… e sul campo di battaglia ho incontrato un giovane
guerriero che mi ha preso il cuore…” si allungò a
baciare il suo compagno.
“Sai,” continuò lei, “quando…
quando ti ho curato la ferita, dopo quei momenti terribili, io.. io ho
pianto. Non riuscivo a capire perché, l’avevo fatto molte
volte.. non riuscivo a tollerare il pensiero di averti causato tanto
dolore. Ora so che mi sono innamorata di te fin dal primo
istante..”
Kili la strinse forte a sé, e per un po’ non parlarono. Poi fu lui a riprendere.
“Io credo di essermi innamorato di te quando ho ripreso
conoscenza, dopo la morte di Thorin. Ero tutto un dolore,
fisicamente e moralmente, ma i tuoi occhi per un momento hanno
cancellato tutto. E dopo, quando ti ho conosciuta meglio, non ho
più avuto alcuno scampo.” Sorrise. “Perché
non mi dicesti allora chi eri? Ho sofferto le pene dell’inferno
perché pensavo che non saremmo mai stati insieme!”
“Avevo intenzione di dirtelo quel giorno… quello
stesso giorno in cui mi mandasti via. A proposito, non ti ho ancora
perdonato, ma ne parleremo in seguito. Mentre tornavo ad Erebor, avevo
deciso che avresti saputo tutto, ma non c’è stato
tempo.”
“Ma perché non prima? Perché mantenere il segreto?” Miralys sospirò.
“I miei fratelli. Tutti hanno fatto matrimoni combinati
e nessuno di loro ama la sua sposa. Ho sempre saputo che anche a me
sarebbe potuto capitare un matrimonio simile; e conosco abbastanza la
politica per sapere che, per te, sposarmi sarebbe stato
vantaggioso.”
“Sei più avanti di me, in queste cose, io non ci avrei pensato!”
“Tu forse no, ma Balin certamente
sì.” Alzò il viso e lo guardò negli occhi.
“ Se non fossi stata innamorata di te, avrei potuto accettare un
matrimonio di convenienza, in cui tra noi ci fosse stato solo rispetto,
e magari un po’ d’affetto; ma così… se avessi
saputo chi ero, non sarei mai stata sicura del tuo amore. E se dovevo
averti senza amore, preferivo non averti affatto.”
“Questa notte,” continuò, “ho
giocato la mia ultima carta. Se non fosse accaduto nulla, domani
– oggi – sarei tornata a casa e avrei cercato di
dimenticarti. Non so se ci sarei riuscita…”
Kili affondò il viso nella chioma dorata.
“Non posso pensare a quanto sono stato vicino a
perderti,” sussurrò. “Grazie a tutti gli dei,
sei una pazzerella… una stupenda adorabile pazzerella.”
“C’è ancora qualcosa che non ho
capito” chiese Miralys mentre Kili giocava con i suoi capelli.
“Invece di licenziarmi come una cameriera incapace
– e, lasciatelo dire, non ce la fai proprio –
perché non mi hai detto il vero motivo?” Kili dovette
pensarci su.
“Di sicuro, non ero in grado di affrontare una lunga
conversazione. Già così sono stato sul punto di mandare
tutto alle ortiche e baciarti… ma in realtà mi sono
talmente abituato ad assumermi tutte le responsabilità ed a
decidere ogni cosa per i miei Nani, che non ci ho neanche
pensato.”
Miralys gli prese il viso fra le mani e lo avvicinò al
suo, fino a tre centimetri dal suo naso. Guardandolo intensamente negli
occhi, scandì:
“Mettiamo bene in chiaro una cosa: così non funziona. Non puoi decidere per me! Io-non-sono-uno-dei-tuoi-Nani!”
Lui approfittò della posizione per baciarla. Poi sogghignò:
“Ne sono ben consapevole. Non mi sognerei mai di fare
una cosa simile ad uno dei miei Nani…” così
dicendo, la rigirò sulla schiena e si distese su di lei.
Miralys, sempre fissandolo negli occhi, gli mordicchiò un labbro.
“Non sognarti di fare una cosa simile nemmeno alle tue
Nane… e ricordati che Storri porta due coltelli negli
stivali!”
Ori entrò nello studio di Kili portando alcuni elenchi
sotto il braccio. Si affrettava perché era già in ritardo.
“Buongiorno, Ki…” Lo studio era vuoto. Che strano… il sole è già alto, pensò. Che sia già uscito?
Ma no, le guardie fuori dalla porta lo avrebbero avvisato. Entrò
nel salotto: nessuno anche lì, nessun segno di vita. Che
dormisse ancora? Impossibile! Però…
La porta della camera da letto era socchiusa; la aprì lentamente, si sporse.. e rimase di sasso.
Che Kili dormisse ancora era decisamente strano; che dormisse
nudo era – per l’ingenuo Ori – abbastanza
sorprendente; ma quello che lasciò il giovane nano assolutamente
esterrefatto era che il suo re, con il braccio destro, stringesse a
sé una creatura di sesso femminile che
teneva il capo appoggiato al suo petto ed un braccio tornito mollemente
abbandonato sul suo stomaco – senza voler indagare dove si
trovasse la mano nascosta dalla coperta semiabbassata! – e che
dormiva profondamente, vestita a sua volta solo di una cascata di
riccioli dorati.
Una piccola parte del cervello di Ori registrò il
fatto che Kili appariva sereno come non accadeva da mesi; ma tutto il
resto della sua mente gli urlava: “VATTENE!!!” Cosa che
fece, voltandosi improvvisamente ed andando ad inciampare nella
rastrelliera dove erano appoggiate le armi del re, con conseguente urlo
e fragorosa caduta.
Kili si svegliò di colpo, e così anche Miralys,
ma il giovane re era già rotolato velocissimo giù dal
letto, in posizione di difesa con un pugnale in mano, prima di
riconoscere la voce della causa del frastuono. Appoggiò il
pugnale e gridò:
“Ori! Fermo lì! Non te ne andare!”
Poi si voltò verso Miralys, ancora esterrefatta, e
sorrise, mentre il suo cuore accelerava i battiti. Dèi,
com’era bella! Ed era sua…
“Kili… ma che succede…?”
“Nulla, amore, abbiamo solo dormito
troppo…” così dicendo si mise addosso le
prime cose che gli capitarono a tiro.
“Accidenti, è già giorno fatto,” si
accigliò Miralys. “Come faccio a uscire di qui senza che
tutta la Montagna lo sappia?”
“Mira, non me ne importa anche se lo sa l’intero
mondo. Da oggi sei ufficialmente la mia fidanzata, e voglio vedere chi
ha qualcosa da dire! Ho delle belle segrete che puzzano di
drago…”
Un sorriso radioso illuminò il volto della giovane
nana, che gettò indietro la folta chioma dorata e si
stirò voluttuosamente, mentre la coperta scivolava a rivelare
buona parte della sua nudità.
“Se fai così lascerò Ori ad aspettare per
le prossime due ore…” mugugnò Kili, cercando gli
stivali.
“Digli di mandarmi Irridis. E’
all’infermeria da ieri sera, e sarà terribilmente in
pensiero…”
“D’accordo… vado dal povero Ori che
sarà del tutto sotto choc… e tu non uscire da qui o
potrebbe svenire!” rise Kili aprendo la porta della camera da
letto.
Ori era impietrito e rosso come un peperone.
“Io.. io… scu-scusa, io non…” farfugliò Ori, la cui lingua sembrava annodata su se stessa.
“Ori, reagisci!” gli gridò Kili,
ridacchiando. “Non c’è bisogno di scusarsi, non
è successo niente, siamo solo in ritardo!”
“M-ma tu… ma io…”
“Uffh! Fai attenzione! Cerca Irridis e mandala qui: la
trovi all’infermeria. Poi chiedi a qualcuno di passare in
cucina, da Bombur, che ci mandi la colazione: ti sei accorto che
siamo in due, qui, vero?” Nel frattempo Kili si mise a
raccogliere le armi sparse sul pavimento, cosa che Ori non aveva
affatto pensato di fare.
“Colazione per due, si.” Gli occhi di Ori erano ancora stralunati.
“Poi dì a Balin che vi voglio qui a mezzogiorno,
devo mandare un messaggio diplomatico urgente. Sono stato chiaro? Su,
Ori, devi imparare a non sorprenderti per cose da nulla!”
La risposta appropriata, secondo Ori, avrebbe richiesto un
tempo considerevole e parecchio impegno, così
preferì non dire nulla e sparire all’istante. Kili
sorrise: Ori non cambiava mai. Nemmeno un viaggio allucinante, un certo
numero di scontri, una guerra e molti eventi dolorosi vi erano
riusciti! Ricordò quando lui e Fili gli giocavano gli scherzi
più terribili… Al pensiero del fratello, Kili
avvertì la solita stretta al cuore; ma quel giorno, per la
prima volta, sentì che non faceva più male da morire. Ora
aveva qualcosa per cui valesse davvero la pena di vivere.
Visto, fratellino? Tieni il cuore aperto alla speranza, alla gioia, all’amore. La primavera tornerà.
Dopo aver rimediato al disastro prodotto da Ori, e sempre
ridacchiando, Kili rientrò nella camera da letto, e trovò
che Miralys aveva indossato una delle sue camicie: le arrivava alle
ginocchia.
“Beh,” disse, “mi devi dei bottoni! Dovevo
mettermi addosso qualcosa, e questa… “
l’annusò con un sorriso malizioso, “sa di
te…”
Kili la strinse a sé. “Non riesco ancora a
crederci… “ le sussurrò con il viso sui suoi
capelli. “Non vedo l’ora che venga questa
notte…” Fu interrotto da un rumore nella stanza
accanto e a malincuore si sciolse dall’abbraccio per andare a
vedere.
Era Irridis, che si inchinò.
“Mio signore, mi hai fatto chiamare?”
“Sì, qualcuno ha bisogno di te,” rispose il giovane re indicando la stanza attigua.
Appena la vecchia nana ebbe varcato la soglia, si ritrovò travolta da un abbraccio frenetico.
“Oh, Irri, Irri, Irri! Sono …sono troppo felice!”
L’anziana guardò il volto radioso di Miralys e
tutte le sue paure scomparvero. Aveva trascorso una terribile notte
insonne pensando al folle progetto della sua padroncina, a tutte le
cose che avrebbero potuto andare storte e farla soffrire tremendamente.
“Questa mattina scriverà a mio padre!”
stava dicendo Miralys, con gli occhi che brillavano. “Oh, Irri!
E’ così dolce, e forte, e … e … è
bellissimo, Irri! Stanotte, sapessi … ooooh, se ci
penso…!”
“Gli hai detto tutto?”
“Sì, sa tutto… pensa che aveva deciso di
rinunciare al Regno della Montagna..per me! Così invece…
appena sarà possibile ci sposeremo, e… quindi portami le
mie cose, quelle da principessa che hai tenuto nascoste per tutto
questo tempo, pensando che non me ne sarei accorta!”
Irridis sorrise e, rincuorata, corse all’infermeria.
Più tardi arrivarono Balin ed Ori. Il vecchio nano era
molto preoccupato, perché non ci aveva messo molto a far sputare
ad Ori il motivo del suo evidente scompenso.
Miralys, pensò. Certo.
Anche lui si era accorto che stava accadendo qualcosa tra i due
ragazzi, ed era comprensibile: entrambi giovani, belli, forti,
appassionati…ma al contrario di suo fratello non lo riteneva una
buona idea. Speravo che Kili fosse più consapevole dei suoi obblighi! Ora
avrebbe dovuto trovare al più presto una regina adatta, e quanto
alla ragazza… sospirò. Miralys gli piaceva davvero molto,
ma…
Pronto quindi per una diplomatica paternale al giovane re, fu
sorpreso di trovarlo, evidentemente reduce da una visita alle terme (ed anche pettinato, pensò, con una punta di divertimento) intento a scorrere l’elenco dei gioielli già inventariati.
“Ecco!” stava dicendo Kili, “ è
questo che voglio! Esattamente come mi ricordavo.
Smeraldi…” continuò, teneramente, tra
sé… “il colore dei suoi occhi…” Poi
alzò lo sguardo sui nuovi arrivati.
“Bene! Buongiorno, Balin, voglio che tu mandi con
urgenza un messaggio a Dàin. Ora ti spiego… Ori, invece
tu, per favore, vai nella stanza del tesoro. Voglio questi due
gioielli: l’anello e gli orecchini. Cosa stai aspettando?”
un ancora stralunato Ori fu rapidamente espulso con l’elenco in
mano.
“Kili, ragazzo, mio, cosa sta succedendo?”
Il giovane re guardò dritto in viso il vecchio,
e questi rimase colpito dall’espressione serena e dalla luce che
gli brillava negli occhi. Era molto, molto tempo che non vedeva
l’ombra della tragedia e del dolore nello sguardo di
Kili, e tremò al pensiero di dover essere lui a fargli intendere
la ragione ed a spegnere quella luce nuova. Ma il suo re riuscì
a sorprenderlo ancora una volta.
“Balin, scrivi a Dàin, con tutte le formule diplomatiche che ti pare, che intendo sposare sua figlia.”
Per un attimo Balin rimase senza parole.
“Ripeti: intendi chiedere a Dàin…”
“Perché, non ti sembra una buona idea?”
Balin prese fiato.
“Mi stai chiedendo se è una buona idea unire i
due rami principali della Casa di Durin e nel contempo trasformare un
pericoloso rivale in un fedele alleato? Non è buona, è
ottima, anche se …ma… da dove ti è
venuta?”
“Così…” sogghignò Kili,
“un’ispirazione. E comunque non mi sono spiegato. Io non
voglio chiedere
niente, a Dàin: io sua figlia la sposo e basta, ma mi sembra
corretto avvisare il mio futuro suocero, non ti pare?”
Balin era completamente frastornato dalla strana piega che aveva preso la conversazione.
“Kili, fermati, non capisco più nulla. Ori mi ha
detto che hai passato una notte … ehm…
piacevole…”
“Ori dovrebbe imparare a farsi i fatti suoi, comunque,
sì… diciamo… ehm … piacevole. E
allora?”
“Con una certa ragazza.”
“Vero anche questo.”
“Poi mi dici che vuoi sposare – e subito –
la figlia di Dàin, della quale pensavo ignorassi persino
l’esistenza, e anche senza il consenso del padre! Ti ripeto che,
in generale, sono d’accordo, ma ci vorrà un po’ di
tempo! Non è meglio che incontri la ragazza, prima? Potrebbe
essere un’orrenda megera… e se somiglia solo un po’
a sua madre…”
Kili decise che lo scherzo era durato abbastanza. Lasciando
di sasso Balin per l’ennesima volta nel giro di pochi
minuti, si alzò e uscì dalla stanza.
“Mira, puoi…” stava dicendo, quando la vide venirgli incontro e rimase senza fiato.
Irridis aveva appena finito di abbigliare la sua padroncina:
niente più trecce severe, niente più tuniche scure e
grembiuli… un abito verde trattenuto intorno alla vita sottile
da una cintura d’oro; piccole trecce dalle tempie si riunivano
sulla nuca in un grazioso fermaglio, mentre una cascata di riccioli
biondi scendeva sulle spalle fin quasi alla cintura…
Il cuore di Kili perse un battito. Tese la mano alla ragazza,
l’attirò a sé e sussurrò nei suoi capelli,
con voce arrochita:
“Per gli dèi, mi farai perdere la testa…”
Lei alzò il viso a chiedere un bacio, e fu
immediatamente accontentata. Poi Kili la prese per mano e la condusse
nello studio.
“Balin, vecchio amico, ti presento la mia fidanzata. Sai, quell’orrenda megera…”
N.d.A. Bene, questa storia è finita.
Però, nel frattempo, mi
sono affezionata questi due e non sono ancora pronta a lasciarli
andare, quindi è probabile che scriverò ancora qualcosa
su di loro, magari come one-shot. Vedremo.
Ora che è la fine, ho qualcosa da dire.
Prima di questa storia, non avevo mai scritto una riga in tutta la mia vita (
se si escludono i temi degli ormai lontani anni del liceo), anche se ho
sempre letto molto. Non sono nemmeno una grande navigatrice del web,
quindi ho scoperto questo sito per puro caso; così mi è
venuta l’idea che forse avrei potuto mettere insieme qualcosa
anch’io. Ci ho messo un po’ di tutto, per provare come
sarebbe venuto; ho amato molto i primi capitoli, di meno i
successivi, perché forse trovo più facile descivere le
azioni.
Ringrazio tutte quelle che
hanno speso un po’ del loro tempo per leggere; spero di non aver
deluso chi aveva inserito la storia tra le preferite/ricordate/seguite;
ringrazio chi ha lasciato un segno; dato che sono così
novellina, sarei felice di qualsiasi suggerimento vogliate ancora farmi
avere ( va bene anche “lascia perdere” : insegna
l’umiltà).
Quindi… come disse Puck “E con ciò a tutti voi felice notte; se amici tra noi restiamo, qua la mano” !*
Alla prossima
Idril
*Ovviamente, W.Shakespeare, “Sogno di una notte di mezza estate
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