inseguendosi lungo i sentieri del destino di sihu (/viewuser.php?uid=41975)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** PROLOGO ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO UNO: STRADE SEPARATE ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO DUE: IL PASSATO ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO TRE: TEMPO DI RINCONTRARSI ***
Capitolo 5: *** CAPITOLO QUATTRO: ADDIO AD UN COMPAGNO ***
Capitolo 6: *** CAPITOLO CINQUE: UN FARO MOLTO TRAFFICATO ***
Capitolo 7: *** VERSO ALABASTA: I DUBBI DI ACE ***
Capitolo 8: *** TEMPO DI DECISIONI E DI MOLLARE GLI ORMEGGI ***
Capitolo 9: *** UNA CIURMA PARTE, UN'ALTRA SI RITROVA ***
Capitolo 10: *** INSEGUITORI ED INSEGUITI ***
Capitolo 11: *** CATTURATI ***
Capitolo 12: *** NELLE MANI DELLA MARINA ***
Capitolo 13: *** SCONTRI ***
Capitolo 14: *** SPIEGAZIONI: FINALMENTE LA VERITA' ***
Capitolo 15: *** IL TRADITORE ***
Capitolo 16: *** IL DEFINITIVO ADDIO AI DUE UFFICIALI ***
Capitolo 17: *** finalmente un po' di pace ***
Capitolo 18: *** PARTENZE IMPROVVISE ***
Capitolo 19: *** scontri epici e ritorni graditi ***
Capitolo 20: *** EPILOGO - IL FUTURO CI ASPETTA ***
Capitolo 21: *** AVVISO AI LETTORI - Possibile seguito? ***
Capitolo 1 *** PROLOGO ***
INSEGUENDOSI
LUNGO I SENTIERI DEL DESTINO
PROLOGO
“Ci sono delle
amicizie, dei sogni e degli amori che non si possono fermare.
Nemmeno
il destino ce la può fare..”
Così la
pensavo quando ero solo un ragazzino immaturo e irruento di diciassette
anni che solcava i mari con un sogno da realizzare e una ciurma
eccezionale. Non mi curavo di nulla, non esistevano rischi o pericoli.
Avrei fatto qualsiasi cosa per i miei compagni, quei ragazzi che nel
corso del nostro incredibile viaggio ero arrivato a considerare
fratelli. Semplicemente volevo diventare re dei pirati e tutto il resto
aveva poca importanza.
Mi fa un effetto
strano ripensarci ora,a distanza di sette anni mentre cammino solo per
le strade di quest'isola buia e silenziosa. È abitata da
pescatori, gente semplice da cui non devo guardarmi. Nessuno sa chi
sono o gli importa saperlo, tranne ad un bambino che ho incontrato al
porto.
I suoi occhi si sono
illuminati quando ha intravisto il mio volto sotto il cappello di
paglia che porto da così tanto.
“Sei
davvero tu? È incredibile.. Io sono Rei, piacere”
“Piacere a
te piccolo, sai indicarmi un buon posto dove mangiare?”
Sorrisi, quel piccolo mi ricordava me molti anni prima quando ero solo
un bambino che non aspettava altro che diventare abbastanza grande per
inseguire i propri sogni.
“Mia mamma
ha una locanda, oltre quel grosso edificio viola.. Non è un
posto elegante ma si mangia bene, te lo assicuro!”
“Andrà
benissimo”
“Dici
davvero? Mangerai da noi.. ancora non ci credo! Sai, il mio sogno
è diventare come te..”
Poco dopo
è corso via paonazzo in viso, sparendo tra le vie secondarie
che si intersecano tra loro.
“Diventare come
me..”
In molti hanno
espresso questo desiderio, senza sapere esattamente di cosa stavano
parlando. Per loro è semplice, non sanno quello che provo e
quanto è difficile a volte.
In molti non riescono
davvero a capirmi, si fermano alle apparenze come se questo bastasse a
giudicare un uomo.
Un uomo..
È quello che sono ora, sono passati sette anni. In questo
tempo sono diventato grande, ho visto il mondo, combattuto per
difendere i miei sogni, perso e vinto. Ora ho ventiquattro anni e le
idee decisamente più chiare anche se ci sono molte persone
pronte a giurare che non sono cambiato poi così tanto.
Ho passato molto
tempo a domandarmi se io stesso fossi contento o meno di essere me, in
vari momenti della mia vita.
Me lo sono chiesto da
piccolo, quando per la prima volta realizzai che mia madre era morta e
che mio padre aveva abbandonato me e mio fratello con un nonno fissato
con la marina. Non riuscivo a capire che mio nonno lo faceva per me,
voleva che diventassi forte e che imparassi a non arrendermi mai. Ma in
fondo che cosa potevo aspettarmi dal futuro se la vita in pochi anni mi
aveva già tolto le cose più preziose? Ero solo,
avevo solo mio fratello Ace che un bel giorno partì per
inseguire il suo sogno. Era quello che desiderava ed ero felice per lui
ma il mio cuore sanguinava per il nuovo abbandono.
Me lo sono chiesto di
nuovo quando ho incontrato ognuno di quelli che sono diventati i membri
della mia ciurma e poi quando le nostre strade si sono divise, prima
che i nostri sogni si fossero realizzati. È stata davvero
dura in quel momento. Qualcosa dentro di me si era come spezzato,
lasciandomi solo in preda ai miei demoni e ai ricordi che alle volte
riescono ad essere terribili. Ci avevo messo molto tempo a capire, a
dare una spiegazione a tutto quello che era successo. Alla fine quando
avevo realizzato il mio sogno non era come me lo immaginato. Nami,
Usup, Sanji.. Loro non c'erano.
Me lo domandai ancora
una volta mentre camminavo per le strade di quel villaggio di
pescatori. Era davvero così speciale essere me? Ci pensai un
po' su e poi sorrisi.
Si, nonostante tutto
ne valeva davvero la pena.
ANGOLO DELL'AUTRICE
benvenuti nella mia
nuova e misteriosa storia.
al momento si capisce
davvero poco, lo so, ma vi assicuro che i misteri verranno svelati nel
corso della storia.
spero vi piaccia e
che la commentiate!
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Capitolo 2 *** CAPITOLO UNO: STRADE SEPARATE ***
CAPITOLO
UNO
STRADE
SEPARATE
“Nel mare orientale..”
Il proprietario della
bottega sobbalzò quando dalla porta entrò uno
strano tizio con il capo coperto da un cappuccio scuro. Il suo volto
era in ombra, eppure gli sembrò familiare. Un viso
conosciuto, forse famoso.
“Trattale
bene, queste spade sono preziose..” Si raccomandò
il ragazzo porgendogli tre spade di straordinaria bellezza. Mai nella
sua vita l’artigiano ne aveva viste di così
preziose.
“Certo
Signore, si fidi di me. Sono il miglior armaiolo di tutta
l'isola..” Rispose l'armaiolo, cercando di sbirciare il viso
dell'uomo sotto il cappuccio che lo copriva. Pochi spadaccini al mondo
potevano permettersi di usare armi del genere, forse uno soltanto.
Zoro se ne
andò prima ancora che l'anziano signore avesse finito di
parlare. Sapeva bene che era il migliore, non gli avrebbe lasciato le
sue preziose spade altrimenti.
“A Rogue Town..”
“Sorellona,
che ne pensi?” chiese una ragazza con i capelli rossi
all'amica che era con lei, incurante della piccola folla che si era
radunata intorno a loro. Una vecchia signora le indicava e borbottava
qualcosa che aveva a che fare con degli avvisi di taglia.
“Bello.. e
anche caro!” mormorò Robin ignorando le
chiacchere. Ormai era abituata. Ovunque andavano suscitavano scalpore
per il loro passato. Con l'andar del tempo l'attenzione era diminuita
ma ogni tanto qualcuno le riconosceva ancora. L’archeologa e
la ladre le chiamavano.
“Che vuoi,
tutte le cose belle sono care” rispose Nami guardandosi nello
specchio. Il vestito che aveva indosso le stava d'incanto, era perfetto.
“Come
intendi pagarlo?” chiese l'amica in modo malizioso. Conosceva
fin troppo bene Nami e sapeva bene la risposta. Il passato da ladra di
Nami tornava spesso alla luce, specie quando andavano a fare compere.
“Mi sembra
ovvio Robin, come al solito..” Rispose Nami correndo fuori
dal negozio tenendo saldamente il vestito tra le mani. La sua compagna
la seguì a ruota, quel giochetto lo conosceva bene.
“Sull’isola di Drum..”
Chopper era solo nel
grande castello che era stato della dottoressa Koreka e si annoiava. Da
quando la vecchia dottoressa non c’era più si
sentiva solo, abbandonato. Nonostante fosse il medico più
preparato di tutta l’isola non veniva mai chiamato e
così passava gran parte del suo tempo a rimuginare sul
passato. Si chiedeva se le cose avrebbero potuto andare in modo
diverso, ma non trovava mai una risposta. Ormai la piccola renna era
rassegnata alla vita che faceva e non ci faceva più caso.
Tutti avevano paura di lui a causa del suo passato da pirata.
Improvvisamente la pesante porta del castello venne spalancata da una
donna che urlava disperata.
“Dottore,
la prego.. mio figlio..” biascicò tra le lacrime
che solcavano il suo bel viso.
“Che
è successo?” chiese Chopper prendendo lo zaino con
gli strumenti medici. La piccola renna pensò che la donna
doveva davvero essere disperata per rivolgersi a lui.
“Ha la
febbre alta. La prego, lo aiuti. Non lasci che muoia..”
mormorò la donna tra le lacrime. Probabilmente gli altri
medici non erano riusciti a fare nulla per suo figlio, lui era
l‘ultima speranza. La renna la tranquillizzò e la
seguì. In poco tempo arrivarono in paese dove si era
radunata una piccola folla intorno alla casa del malato.
“Eccomi”
esclamò Chopper entrando nella stanza in cui si trovava il
piccolo malato.
“Che ci fa
lui qui?” chiese un uomo al capezzale del bambino,
probabilmente si trattava del padre. La renna diede un occhiata al
bambino e immediatamente notò che stava davvero male. Doveva
intervenire al più presto.
“È
il dottore. Mathias sta male, lascia che lo visiti..” lo
pregò la donna cadendo in ginocchio davanti
all’uomo che fissava entrambi con uno sguardo severo.
“No, lui
no. Qualsiasi dottore ma non lui.” esclamò deciso
il marito. La donna prese a singhiozzare più forte, gli
altri dottori non erano stati in grado di fare nulla. L’unico
capace di guarire il bambino era Chopper. Solo lui aveva
l’esperienza necessaria. L’uomo aveva deciso il
destino del figlio.
La renna
uscì da quella casa a testa bassa rimpiangendo ancora una
volta il giorno che aveva lasciato il mare e la vita da pirata. In mare
tutti avevano rispetto delle sue capacità di medico..
“Al faro della
Reverse Mountain..”
Lavoon nuotava felice, aspettando che il suo amico Brook arrivasse da
lei per passare un altro pomeriggio con lui. In quei sette anni lo
scheletro non aveva mai lasciato sola la sua amica balena neppure per
un giorno.
“Hey amico,
eccomi! Ti ho portato da mangiare. Che ne dici di un giretto
insieme?” propose lo scheletro saltando sulla schiena della
balena. Era pericoloso per lui andare in acqua dato che aveva mangiato
uno dei frutti del mare ma insieme a Lavoon si sentiva al sicuro.
“Mi
raccomando, vedi di non cadere in mare di nuovo.” gli
urlò Crocus dalla finestra del faro a mo’ di
raccomandazione. Brook stava al faro con lui da quasi sette anni ma
spesso se ne andava per mare con la balena oppure stava
all’interno della sua pancia per prendersi cura di lei. Non
rimaneva spesso al faro e si disinteressava dei pirati che passavano di
lì. Crocus immaginava che avesse paura di incontrare di
nuovo il suo vecchio capitano.
“È
successo solo un volta!” rispose Brook alzando gli occhi al
cielo seccato.
“Vorrai
dire che succede solo una volta alla settimana!” rispose
Crocus scoppiando a ridere. Brook decise di non rispondere e si
allontanò sulla schiena della balena.
“Al Baratie, il ristorante galleggiante..”
“Vecchio,
al tavolo cinque vogliono l'aragosta. Vedi di non metterci una vita
come tuo solito..” urlò Sanji in malo modo al suo
vecchio capo Zeff. Era tornato al ristorante del suo maestro da sette
anni ma a volte gli sembrava di non essersene mai andato. Zeff
continuava a trattarlo come un moccioso di sette anni. Sanji sospettava
di averlo deluso, il vecchio cuoco si aspettava che lui riuscisse a
trovare il cuore dei mari. Si aspettava che Sanji riuscisse dove lui
aveva fallito a casa dell’incidente alla gamba. Quando era
tornato il Zeff aveva solo chiesto se Sanji avesse trovato il cuore dei
mali, quando il ragazzo aveva risposto di no non aveva più
detto nulla. Non gli aveva fatto nessuna domanda né nessun
rimprovero.
“Ci metto
il tempo che serve.” rispose Zeff in malo modo.
“Si, ma
aspettano da un ora.” disse Sanji portandosi le mani ai
fianchi. Gli altri cuochi interruppero le loro attività per
vedere come sarebbe andato a finire l’ennesimo litigio tra i
due cuochi. Bastò un’occhiataccia di Zeff
perché si rimettessero immediatamente al lavoro.
“Aspetteranno
ancora di più se sto qui a discutere con te.”
urlò Zeff colpendo Sanji con un calcio potente in pieno
viso. Il ragazzo non fece nulla per schivare il colpo, si
lasciò colpire senza emettere un gemito.
“Stupido
vecchio.” imprecò Sanji a mezza voce.
“Se le cose
non ti stanno bene puoi sempre andartene.” disse il vecchio
cuoco guardando dritto negli occhi Sanji.
“Hai
ragione, farei molti più soldi se lavorassi da solo visto
che cucino molto meglio di te.” mormorò Sanji
lasciando la cucina. Aveva assoluto bisogno di una sigaretta e di
prendere una boccata d’aria. A volte aveva
l’impressione che quel ristorante gli stesse stretto.
“Non ne
sarei tanto sicuro pivello.” disse Zeff dalla cucina.
Sanji si accese una
sigaretta alzando gli occhi al cielo, pregando che quella giornata
terminasse presto.
“Giornata
faticosa?” chiese una voce che proveniva dal mare. Davanti a
lui c’era una piccola e strana imbarcazione che Sanji
conosceva bene e al suo interno uno dei più strani e
pericolosi pirati che solcassero i mari.
“Ace?”
mormorò incredulo il cuoco. Erano anni che non aveva sue
notizie, da quando aveva lasciato la ciurma ed era tornato dal suo
vecchio maestro non lo aveva più incontrato così
come non aveva più incontrato nessuno dei suoi vecchi
compagni.
“Disturbo?”
chiese il ragazzo con le lentiggini.
“Ma no, che
dici! Solo.. è strano..” mormorò Sanji
un po’ imbarazzato. Davanti a lui c’era il fratello
del suo vecchio capitano. Il cuoco non sapeva cosa dire, come
comportarsi.
“Immagino
di si. Se vuoi me ne vado, solo.. sono giorni che non mangio e la
prossima isola è lontana..” iniziò Ace
guardando speranzoso il cuoco, sapeva che non lo avrebbe fatto morire
di fame.
“Sali a
bordo.“ rispose Sanji. I suoi principi morali avevano vinto
sull’imbarazzo che provava poco prima.
“Sei
sicuro?” chiese ancora Ace.
“Un cuoco
non lascia mai morire di fame un uomo.” rispose Sanji
sparendo nelle cucine.
“Anche se
quell'uomo è il fratello del tuo vecchio
capitano?” domandò Ace mentre saliva a bordo.
“Tieni,
mangia.” disse Sanji porgendogli un piatto. Aveva evitato
consapevolmente di rispondere alla domanda di Ace che si mise
immediatamente a mangiare con gusto. Sembrava davvero affamato, Sanji
immaginò che non mangiava da parecchi giorni. Per un
po’ il cuoco rimase zitto a guardare il vecchio amico
mangiare, senza sapere cosa fare o cosa dire.
“Ace..”
disse Sanji dopo un po’. Una domanda gli rimbombava in testa
nonostante Sanji cercasse di non dargli peso. Voleva sapere.
“Che
c'è?” mormorò Ace con la bocca piena.
“Che fine
ha fatto?” domandò Sanji a testa bassa. Non aveva
fatto nomi ma era sicuro che l’altro avesse capito di chi
parlava. Quella testa vuota di Rufy gli mancava davvero tanto anche se
provava molto risentimento nei suoi confronti.
“Sta bene,
non è cambiato per niente.” rispose Ace con un
sorriso triste.
“Al villaggio di
Shirop..”
“Passami il martello.” chiese Franky a
mo’ di ordine.
“Non puoi
prendertelo da solo, sto progettando un'arma nuova.” rispose
Usup infastidito. Era un pomeriggio davvero torrido e lavorare era
già abbastanza pesante per il cecchino senza che
l’amico si mettesse a dargli ordini.
“Non
servono a nulla le armi se la nave non è finita.”
lo ammonì Franky con un tono severo. Quando si trattava di
costruire navi il cyborg diventava un vero despota.
“Per quello
ci sei tu, no?” gli ricordò Usop distrattamente
senza staccare gli occhi dal prototipo che stava costruendo, una fionda
con speciali caratteristiche.
Quando avevano
lasciato la ciurma avevano vagato per mare insieme e alla fine avevano
deciso che si sarebbero fermati su un’isola a costruire navi.
All’inizio avevano pensato a Water Seven ma avevano dovuto
scartare l’idea a causa della Marina e del Governo.
A Franky non
dispiaceva il villaggio di Usup, era un posto tranquillo e in
più non c’era nessuno davvero bravo a costruire
navi. In pochi anni erano diventati il punto di riferimento delle molte
isole intorno. Forse di lì a poco avrebbero iniziato a fare
concorrenza a Water Seven e ai suoi carpentieri.
“Farei
molto prima se tu mi dessi una mano.” disse Franky perdendo
la pazienza.
Poco lontano Kaya
rideva guardando la scena. Era contenta che Usop fosse tornato al
villaggio ma allo stesso tempo sapeva che prima o poi sarebbe partito
di nuovo. Il richiamo del mare è qualcosa a cui un pirata
non è in grado di resistere in alcun modo.
ANGOLO DELL'AUTRICE:
grazie
a chi ha dedicato qualche minuto del suo tempo per leggere la mia
storia. ok, è solo il primo capitolo ed è
parecchio incasinata ma spero che con il tempo si aggiungano altre
persone.
se avete bisogno di chiarimenti o avete domande sono qui anche se a
dire la verità tutto questo mistero è voluto.. XD
in questo capitolo ho voluto fare una piccola panoramica per vedere che
fine hanno fatto i compagni di ciurma di Rufy dopo sette anni. come se
la passa lui si è visto nel prologo.
nel prossimo capitolo svelerò che cosa è successo
(almeno in parte) sette anni prima..
GRAZIE MILLE A:
MILENA83: grazie mille dell'incoraggiamento! il primo commento di ogni
storia non si scorda mai! XD spero che questo capitolo ti sia piaciuto
come è piaciuto a me scriverlo!
NAMIKUN: grazie mille per il commento! eh si, nella mia storia Rufy
è cresciuto anche se in fondo è sepre lo stesso!
ti riferisci alla lista quando Rufy elenca coloro che non erano con lui
quando ha realizzato il suo sogno? non ho messo Zoro così
come non ho messo altri, il mio era una sorta di elenco per fare capire
che non c'erano. non dico altro perchè Zoro
rivestirà un ruolo importante nella storia anche se escludo
fin dall'inizio la presenza della copia Rufy/Zoro. XD
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Capitolo 3 *** CAPITOLO DUE: IL PASSATO ***
CAPITOLO DUE
IL PASSATO
Rufy uscì
dalla locanda salutando la padrona di casa e suo figlio, erano stati
entrambi molto gentili con lui. Sentì l’aria
pungente sferzargli il viso e si strinse nel mantello che gli copriva
il volto. Era aria di mare, poteva avvertire chiaramente
l’odore di salsedine, l’odore più bello
che gli fosse mai arrivato alle narici.
Sapeva di
libertà, di sogni realizzati ma anche di rimpianti. Una
tristezza infinita lo assalì all’improvviso, senza
un perchè. Rufy decise di trovare un posto tranquillo dove
aspettare. Alla fine trovò una radura riparata e si
appoggiò a un grosso albero.
Desiderava solo stare
tranquillo e guardare il mare, pianificando la prossima avventura ma i
ricordi lo assalirono riportandolo indietro di sette anni.
flash back
[..la
nave era ferma in porto da qualche giorno. Era tempo di decisioni e
toccava al capitano prenderle. Per un attimo si sentì di
nuovo come a Water Seven, quando doveva decidere se abbandonare o meno
la Merry che li aveva portati sino a lì. Come quella volta
era combattuto. Ancora non sapeva bene cosa avrebbe deciso, sapeva solo
che era la decisione più difficile che avesse mai preso e
che i suoi compagni non avrebbero di sicuro capito. Lui stesso non
capiva, sapeva solo che doveva farlo. Non c’era altra
possibilità, ne andava della cosa di cui teneva di
più al mondo. Sospirò e lasciò che
l’aria di mare gli riempisse i polmoni. C’era solo
una cosa sensata da fare. Aveva deciso che sarebbe andato avanti in
questo viaggio da solo. Non avrebbe più permesso a nessuno
dei suoi compagni di seguirlo. Era doloroso ma non poteva permettersi
di tornare su quella decisione, era arrivato il momento di comunicarla
ai suoi compagni.
“Ragazzi
devo parlarvi..” iniziò Rufy calandosi il cappello
di paglia sugli occhi. Non voleva guardarli negli occhi per paura di
tornare sulla sua decisione.
“Oh
si, anche io. La prossima isola è quella degli uomini pesci
e..” lo interruppe Nami attirando l’attenzione
della ciurma. Chopper e Usup tremarono all’idea di vedere un
uomo pesce. Usop era ancora terrorizzato da Arlong e dai suoi compagni.
Zoro invece sembrava impassibile, aveva rischiato di morire combattendo
contro Arlong eppure non aveva il minimo timore di quei mostri dei
mari. Robin, Brook e Franky stavano in silenzio, cercando di capire di
più sull’isola in cui stavano per sbarcare.
Nessuno di loro aveva fatto troppo caso all’aria
così seria del capitano. Un velo di tristezza copriva quel
volto, di solito pieno di energie e di buonumore.
“Che
bello, su quell’isola vedremo le sirene. Chissà
come sono.” esclamò Sanji eccitato
all’idea di incontrare le sirene. Nemmeno lui fece troppo
caso a Rufy.
“Ragazzi
non andremo su quell’isola.” disse deciso Rufy,
mettendo fine ai loro progetti. Tutti si voltarono di scatto verso il
loro capitano che stava fermo in mezzo alla stanza, con le braccia che
cadevano molli lungo i fianchi. Non era più il solito
vulcano di energia, qualcosa era cambiato. Robin ebbe la sensazione che
in lui si fosse rotto qualcosa.
“Capitano
sei impazzito?” chiese Chopper confuso chiedendosi se Rufy
non avesse la febbre. Nessuno fiatava, tutti aspettavano che Rufy
parlasse.
“No,
il nostro viaggio finisce qui.” precisò il
capitano dopo un lungo silenzio che sembrava non finire mai. Quelle
parole colpirono tutti come una pugnalata nello stomaco. Nessuno di
loro si aspettava una cosa del genere.
“Cosa
stai dicendo, vuoi rinunciare al tuo sogno?” chiese Zoro
deciso. Rufy sentì lo sguardo dello spadaccino che lo
fissava e non osò guardarlo negli occhi.
“Sto
dicendo che voglio proseguire solo.” mormorò Rufy
con un filo di voce. Nessuno riusciva a credere alle proprie orecchie.
Rufy, colui che aveva insistito perché lo seguissero ora
stava dicendo che la loro avventura era finita? Che ne sarebbe stato
dei loro sogni?
“Come
solo?” chiese Sanji improvvisamente serio lasciando perdere i
fornelli.
“Solo,
voi mi siete solo d’impiccio. Siete deboli e io mi sono
stufato di essere la vostra balia.” rispose Rufy alzando la
voce. Nami restò immobile, senza riuscire a dire o a fare
nulla. Le sembrava di essere tornata indietro nel tempo, a Water Seven,
dove Usop e Rufy si erano scontrati.
“Sei
solo uno stupido.” rispose Zoro uscendo sul ponte della nave.
Il suo volto era indecifrabile. Non c’era rabbia, delusione,
nulla. Era del tutto impassibile. Sanji non disse niente ma per la
prima volta sembrava realmente d’accordo con lo spadaccino,
Rufy era un idiota. Sapeva bene che ognuno di loro era disposto a tutto
pur di proseguire con lui, pur di andare con il suo capitano. Come
poteva aver davvero preso una decisione del genere?
“E
io avrei lasciato Water Seven per seguire un idiota come te?”
chiese Franky forse più a se stesso che a Rufy.
D’improvviso Rufy non gli sembrava più quel
guerriero eccezionale, orgoglioso e coraggioso che aveva rischiato la
sua vita combattendo contro i più forti della CP9.
“Tornaci
a Water Seven, non ho bisogno di te.” esclamò Rufy
rosso in viso. Non vedeva l’ora che tutto finisse, che i suoi
compagni lasciassero la nave.
“Io
pensavo fossimo amici..” mormorò triste la piccola
renna cercando di non scoppiare a piangere. Rufy cercò di
non guardarla oppure non avrebbe avuto il coraggio di arrivare fino in
fondo.
“Amici?
Come avrei potuto essere amico di un essere mostruoso come te o di un
codardo come Usup.” disse Rufy in modo crudele. Usop non
disse nulla, si limitò a fissare per un po’ Rufy.
Nel suo sguardo si leggeva rabbia e delusione.
“Sanji,
dove vai?” chiese Robin smarrita, non poteva credere che
stesse succedendo per davvero. La ciurma che l’aveva salvata,
che le aveva ridato speranza e voglia di vivere si era appena sciolta
nel modo peggiore.
“Me
ne vado, non intendo stare qui a farmi insultare da questo
idiota.” rispose Sanji raccogliendo alla meglio le sue cose
in uno zaino. Aveva una gran voglia di spaccare la faccia a
quell’idiota del suo capitano ma non poteva. Qualcosa lo
fermava anche se non sapeva bene di cosa si trattasse.
“Andarmene?
No, sarà lui che se ne andrà dalla mia
nave.” disse deciso Franky portando le braccia ai fianchi. La
Sunny era la sua nave, aveva lottato e sudato per costruirla e non
avrebbe permesso che Rufy se la portasse via. Era anche disposto a
combattere se necessario.
“Lascerò
questa sudicia bagnarola entro stasera, sta tranquillo.”
rispose Rufy uscendo sul ponte. Aveva bisogno d’aria, in
quella stanza stava soffocando. Sentiva su di sé gli sguardi
di tutti i suoi compagni ma ormai era tardi. La decisione era stata
presa e non si poteva più tornare indietro.
“Bene”
mormorò Nami piangendo. Non aveva detto molto,
così come Robin.
“Idiota.”
disse Usop lasciando la nave. Questa volta non sarebbe potuto tornare
indietro, era finito tutto per davvero.
Dal
ponte della nave Rufy vide i suoi amici allontanarsi e
sospirò. Il tempo dei giochi e dei sogni era finito..]
Rufy sentì
un fruscio e si svegliò di scatto, pronto a combattere.
Quando si accorse che di fronte a sé c’era una
faccia amica si sdraiò nuovamente.
“Eccoti,
pensavo ti fossi perso.. Le spade sono a posto?” chiese il
capitano destandosi da quello strano sogno che gli aveva fatto rivivere
il suo passato. Zoro era davanti a lui forse già da un
po’ ma non aveva parlato per non disturbare il suo capitano
che dormiva. Da come si agitava nel sonno aveva intuito cosa stesse
sognando, era l’incubo che lo perseguitava ormai da sette
anni.
“Come
nuove, partiamo?” chiese lo spadaccino guardando il mare come
ammaliato dal suo richiamo. Quando Zoro aveva preso il mare, alla
ricerca dello spadaccino più forte del mondo, non credeva
che sarebbe diventato così dipendente dal suo richiamo.
“Aspettiamo
che scenda la sera, daremo meno nell'occhio.” rispose Rufy
sicuro, chiudendo nuovamente gli occhi. Crescendo era diventato
più prudente, forse perché non c’erano
più Nami e gli altri ad esserlo per lui.
“Bene,
allora schiaccio un pisolino anche io. Che direzione pensi di prendere?
Facciamo rotta verso il nuovo mondo?” domandò Zoro
prendendo posto vicino al suo capitano. Nessuno dei due aveva molta
voglia di parlare, la loro amicizia era sempre stata fatta
più di silenzi che di lunghi discorsi.
“Prima
vorrei fare un salto da Bibi.” mormorò Rufy
pensieroso.
“È
tanto che non la vediamo, chissà come va il suo
regno.” esclamò Zoro sbadigliando.
ANGOLO
DELL'AUTRICE
grazie mille a tutti quelli che hanno letto gli scorsi capitoli e
grazie anche a coloro che leggeranno questo.
come avete letto si comincia a scoprire qualcosa sul passato, ma non
penserete mica che sia tutto qui.. potevo rivelare tutti i misteri di
questa storia solamente al secondo capitolo?
scherzi a parte, spero che la mia storia vi stia piacendo e spero anche
di non deludere le vostre aspettative!
grazie a chi ha messo la storia tra i seguiti:
-babydgv
-giunigiu95
-kaitlee90
-milena83
-penna35
-saisai_girl
-smemo92
e GRAZIE DAVVERO A CHI HA COMMENTATO LO SCORSO CAPITOLO!
SMEMO92: grazie mille per il commento, mi fa piacere che segui anche
questa storia! spero che ti piaccia! diciamo che la ciurma si
è sciolta per colpa di Rufy ma che nessuno sa bene come
è andata davvero. lui e Zoro hanno realizzato i loro sogni,
gli altri sono tornati alle loro vite passate. ace non ha un vero e
proprio ruolo nella storia, compare di tanto in tanto e chiacchera un
po' con tutti.
SAISAI_GIRL: grazie mille per il tuo commento! spero che questo
capitolo non ti abbia deluso. diciamo che il Rufy della mia storia
è leggermente diverso da quello solito, è
cresciuto anche in fondo è rimasto quello di sempre.
MILENA83: grazie mille per il tuo commento! di coppie al momento non ne
ho previste. almeno, non di serie. è probabile che ci sia
quale avventura ma niente di più di qualche notte. poi non
si sa mai.. l'idea è cmq puntare più
sull'amicizia che sull'amore.
GIODAN: grazie del commento, una nota positiva da te è
sempre gradita. spero che continuerai a seguire la storia! :D
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Capitolo 4 *** CAPITOLO TRE: TEMPO DI RINCONTRARSI ***
CAPITOLO TRE
TEMPO DI RINCONTRARSI
L’aria salmastra
colpì Chopper in pieno viso, riscuotendolo dal torpore dei
suoi pensieri e riportandolo alla realtà. Non ci si
può permettere di perdersi nei ricordi quando non si ha
nessuno che ti guarda le spalle.
Si trovava in una
città, una delle più grandi che aveva mai visto e
non sapeva da che parte cominciare. A partire da oggi quella sarebbe
stata la sua nuova casa, la sua occasione per affermarsi come medico.
Alla fine aveva deciso di lasciarsi dietro il passato e ricominciare da
capo, lontano dai pregiudizi della gente del suo villaggio. Voleva
imparare a cavarsela senza bisogno di nessuno.
Chopper
sospirò rassegnato guardandosi intorno con aria smarrita.
Non era mai stato in una grande città da solo, era tutto
così difficile.
Aveva lasciato la sua
isola da qualche tempo, deciso a trovare un posto dove poter vivere e
curare la gente. In fin dei conti quello era sempre stato lo scopo
della sua vita. Non gli mancavano per nulla gli abitanti del suo
villaggio e le loro cattiverie. Non perdevano mai occasione per
ricordargli quanto fosse diverso, mostruoso. Ormai era qualche giorno
che viaggiava ma non riusciva a calcolare precisamente quanto. Quando
viaggi da solo un giorno ti sembra identico a quello precedente e a
quello successivo.
Tutto quello che
sapeva era che si trovava in un’isola lungo la rotta del
grande blu e per la prima volta da molto tempo si sentiva bene, anche
se disorientato. Sentiva di potercela fare, anche se sapeva bene che
sarebbe stato difficile.
Alla fine aveva preso
l’unica decisione saggia e dopo sette lunghi anni era di
nuovo per mare, anche se senza nessun viso amico intorno. Questa volta
non c’erano i suoi compagni a guardargli le spalle, se la
sarebbe dovuto cavare contando sulle proprie forze. La cosa
più difficile era governare un’imbarcazione da
solo, senza contare che era pericoloso per lui affrontare il mare dato
che il frutto del mare gli impediva di nuotare. Era cosciente del fatto
che cadere in mare per lui significava morte certa.
Per limitare al
massimo i rischi aveva chiesto un passaggio ad un peschereccio di
passaggio all‘isola di Drum. Gli uomini a bordo della nave lo
avevano fissato per un po’, perplessi, poi avevano
acconsentito. Sembravano parecchio incuriositi da lui e provarono anche
a fargli qualche domanda ma la piccola renna rimase sempre in silenzio.
Era arrivato in
quella strana isola da qualche ora, poi il peschereccio era ripartito
verso l’isola successiva. Avevano chiesto alla piccola renna
di andare con loro restando sulla nave come medico di bordo ma Chopper
aveva rifiutato. Nonostante fossero passati sette anni sentiva di non
riuscire a chiamare capitano nessuno che non fosse Rufy e gli sembrava
di tradire i suoi vecchi compagni viaggiando senza di loro.
Chopper si chiese se
in quel posto avrebbe potuto cominciare una nuova vita per davvero o se
sarebbe stato come sulla sua isola. Tutto quello che desiderava era
riuscire a dimenticare il passato e trovare un pizzico di
felicità. Sospirò ancora una volta e poi decise
di fare un giro per la città alla ricerca di un posto dove
passare la notte.
Nel frattempo, al di
fuori della rotta del grande blu un ragazzo rifletteva guardando il
mare, cullato dalle onde che si infrangevano contro la nave ristorante.
Sembrava talmente perso nei suoi pensieri da non accorgersi di quello
che accadeva intorno a lui.
Sanji, solo sul ponte
principale della nave si godeva la brezza marina fumando una delle sue
amate sigarette. Era piacevole starsene lì, senza pensare a
nulla. Da un po’ di tempo a quella parte non pensare era
diventato davvero molto difficile per il ragazzo. Alcuni pensieri fissi
gli ronzavano in testa senza lasciargli scampo. Ace era sparito
esattamente come era arrivato, all’improvviso. Sanji non si
era stupito più di tanto, sapeva bene quanto il ragazzo
odiasse gli addii.
Erano state piuttosto
le sue parole a lasciarlo di sasso, riaprendo una storia che pensava
chiusa da molto tempo: Rufy, il suo vecchio capitano. Per sette lunghi
anni non aveva pensato a lui, fino a che suo fratello non era comparso
dal nulla proprio su quella nave.
Nella mente di Sanji
si affacciavano molte teorie, una più improbabile
dell’altra. Non aveva mai perdonato Rufy per quello che aveva
fatto loro. In un attimo aveva distrutto tutto quello che avevano
costruito con tanta fatica senza nessuna ragione logica. Sanji per
molto tempo aveva accusato il suo vecchio capitano di avere infranto i
suoi sogni, costringendolo a tornare alla sua vecchia vita. Nonostante
tutto non poteva fare a meno di domandarsi che fine avesse fatto.
Conoscendolo una volta lasciata quell’isola in cui si erano
detti addio Sanji pensava che si fosse cacciato in un mare di guai.
“Chi non
muore si rivede..” mormorò una voce alle sue
spalle, una voce che non sentiva da parecchi anni.
“Questa
nave sta diventato un po’ troppo frequentata!”
rispose Sanji senza voltarsi mentre sul suo volto si disegnava un
sorriso.
“Ma
sentilo.. Vuoi dire che ti dispiace rivedere due vecchi
amici?” chiese Usop fingendosi contrariato.
“Prima Ace,
poi voi. Mi chiedo chi comparirà ancora..” disse
Sanji sorridendo, voltandosi a guardare i due ragazzi che erano
comparsi sul ponte. Gli faceva un effetto strano rivedere Franky e Usop
dopo tutto quel tempo. Erano cambiati tantissimo, come lui del resto.
Improvvisamente Sanji realizzò quanto gli fossero mancati.
Franky era sempre lo stesso ma Usop era cresciuto parecchio. Sembrava
più maturo e più sicuro di sé ma
portava ancora sul fianco la sua inseparabile fionda.
“Hai
incontrato Ace?” chiese incredula una voce femminile. A
quelle parole il cuore di Sanji accelerò
all’improvviso e si mise a fare le capriole.
“Questa
voce.. Le mie dee! Nami, Robin! Siete ancora più belle di
quanto mi ricordassi!” esclamò Sanji, dimenticando
ogni pudore e iniziando a saltellare felice. Zeff che stava guardando
la scena dalla sua cabina scosse la testa e si allontanò
dalla tenda. Forse il momento che aspettava era arrivato e quello
zuccone avrebbe nuovamente ripreso il mare per realizzare il loro
sogno: trovare il cuore dei mari. Zeff sapeva di essere troppo vecchio,
debole e malato per riuscirci ma sapeva anche che Sanji poteva farlo.
Doveva solo crederci con tutto se stesso e non arrendersi di nuovo.
“Idiota!”
commentò Usop superando Sanji ed avvicinandosi a salutare le
due ragazze. Franky si stava tenendo la pancia dalle risate.
“Che vuoi,
stupido nasone?” sibilò Sanji mostrando i denti.
Tutti i presenti scoppiarono a ridere, sembrava di essere tornati ai
vecchi tempi, quando litigavano per ogni minima sciocchezza. A tutti
loro quei momenti insieme erano mancati tantissimo.
Nami e Robin erano
ancora più belle di quanto ricordasse, rivederle allegre e
sorridenti davanti a lui era un sogno che si realizzava.
“Sei sempre
il solito Sanji, non sei per nulla cambiato!” disse Robin
sorridendogli. Gli occhi di Sanji diventarono a forma di cuoricini e il
suo cuore prese a battere più forte.
“Questo
incontro è davvero Super! Dobbiamo festeggiare,
no?” propose Franky guardandosi attorno divertito. Nessuno di
loro si aspettava di rincontrare gli altri in un posto come quello.
“Certo!”
rispose Usop cominciando a correre sul ponte.
“Evviva,
facciamo festa!” esclamò Nami raggiante.
Per qualche istante a
tutti loro sembrò di essere tornati indietro nel tempo a
quanto navigavano e ogni occasione era buona per fare festa.
C’era sempre qualcosa da festeggiare e se
l’occasione mancava se la inventavano. In poco più
di un mese avevano compiuto tutti gli anni almeno un paio di volte,
senza contare gli onomastici e le ricorrenze ufficiali e non.
In poco tempo Sanji
improvvisò una cena degna di una tavola reale e si misero
tutti a mangiare facendo mille complimenti al ragazzo. Sanji era sempre
stato il migliore in cucina ma in quei sette anni era migliorato ancora
di più. In pochi istanti svuotarono i piatti senza che
rimanesse nemmeno la più piccola briciola.
Parlarono del
più e del meno, senza nominare mai i vecchi tempi
apertamente anche se era chiaro che tutti loro ci stavano pensando. Era
come se nessuno di loro aveva davvero voglia di ricordare.
“E
così sono passati sette anni da quella sera..”
buttò lì improvvisamente Franky sospirando.
L’atmosfera si fece più gelida e tutti divennero
più pensierosi.
“Chi se la
dimentica quella sera. Tutto è andato in pezzi. La nostra
ciurma, i nostri sogni, tutto insomma.”borbottò
Sanji accendendosi nervosamente una sigaretta. Alla fine erano arrivati
a parlare della sera che tutti loro avevano cercato inutilmente di
dimenticare per sette anni. Tutte le loro certezze erano crollate in
pochi istanti come un castello di carta.
“Forse
avremmo dovuto restare uniti almeno noi. Forse avremmo potuto farlo
ragionare e fargli cambiare idea.”mormorò Usop
tristemente. Gli si leggeva chiaramente in faccia che aveva passato
tutto quel tempo a chiedersi cosa sarebbe successo se Rufy avesse
cambiato idea quella sera.
“Forse, ma
è andata così.” disse Nami con un tono
freddo e distaccato. Robin la fissò per un po’ e
poi guardò gli altri senza dire nulla. In pochi secondi
cadde un silenzio carico di tensione e imbarazzo. Nessuno avrebbe detto
che quei ragazzi che sedevano insieme una volta facevano parte della
ciurma più strana e caotica che avesse mai solcato i sette
mari.
“Che avete
fatto in questi anni? Io sono tornato alla mia vecchia vita, cercando
di scordare che non ero stato in grado di trovare il cuore dei mari.
Sapete, la cosa buffa è che ci ero quasi riuscito fino a che
qualche tempo fa è sbucato Ace.” iniziò
a raccontare Sanji per cercare di riempire tutto quel silenzio. Era
curioso di sapere come se l’erano cavata gli amici dopo che
avevano preso strade separate.
“Ace?
Quell’Ace?” chiese Franky incredulo, fissando
l’amico come se fosse un alieno.
“Quanti
altri Ace conosci?” gli rispose Usop fissandolo male. Il
cyborg gli borbottò qualcosa di poco garbato e i due presero
a litigare come una vecchia coppia sposata.
“Era solo o
c’era anche lui?” chiese Robin, prendendo la parola
per la prima volta. Anche se non aveva nominato il loro vecchio
capitano era evidente che stavano parlando di Rufy.
“Era solo e
affamato. Si è fermato poco e poi sparito, sapete anche voi
come è fatto. Abbiamo parlato un po’.”
continuò Sanji fissando le onde.
“Immagino
che sarà stata una situazione strana..”
commentò Nami giocherellando con una ciocca di capelli che
non voleva saperne di stare al suo posto.
“Si,
c’era parecchio imbarazzo. Abbiamo parlato un po’,
alla fine mi ha detto solo che Rufy sta bene..” disse Sanji
mentre la sigaretta che aveva tra le mani si consumava senza che lui la
fumasse.
“Non ti ha
detto altro?” chiese Usop. Sanji scosse la testa senza
parlare. Da quando Ace era andato via non aveva mai smesso nemmeno per
un attimo di chiedersi cosa intendesse Ace con quelle parole. Come
poteva Rufy stare bene ed essere in pace con se stesso dopo tutto
quello che aveva fatto loro passare?
“Come se
importasse a qualcuno.” esclamò di scatto Nami
alterata. Sul suo volto si poteva leggere tutto l’odio che
provava per Rufy.
“Nami ma
che dici?” chiese Usop stranito e incredulo per la reazione
della ragazza.
“Per me
Rufy è morto quella sera. Non mi importa se ora è
Re dei Pirati o cosa, per me non esiste comunque
più.” disse Nami in tono gelido. Tutti la
guardarono per un po’ senza dire nulla.
“La pensavo
anche io così, solo che da quando ho visto Ace non smetto di
pensare a quella sera.” mormorò Sanji prendendosi
la testa tra le mani.
“Robin,
perché sei pensierosa?” chiese Franky guardando
l’archeologa che sembrava un’anima in pena.
“Nulla,
pensavo. Sapete, in questi anni ho pensato spesso a quello che
è successo e penso che ci sia qualcosa che non
torna..” rispose Robin pensierosa. Nami odiava parlare di
Rufy e così aveva passato gli ultimi sette anni a formulare
teoria che si era sempre tenuta per sé.
“Di che
parli?” chiese Sanji fissandola intensamente.
“Di tante
cose. Sensazioni più che altro.” disse Robin
pensando alle molte cose che non tornavano. Rufy era la persona
più sincera che conosceva, si era sempre fidata di lui
proprio per questo. Sembrava impossibile pensare che lui avesse mentito
loro fin dall’inizio. Doveva esserci sotto qualcosa. Per non
parlare del fatto che da quando Rufy aveva detto loro di andarsene la
marina aveva smesso di dare loro la caccia, concentrandosi
inspiegabilmente solo su Rufy.
“Nemmeno io
credevo che una cosa del genere potesse succedere. Credevo in Rufy e
guarda come ci ha trattati. Immagino che l’unica consolazione
sia pensare che in fondo è solo un povero idiota.”
mormorò Franky depresso. Robin non disse nulla,
continuò a pensare a tutte le cose che non tornavano.
“Suppongo
di sì.” ammise Sanji.
“Un idiota
che ha realizzato il suo sogno.”commentò Usop con
un tono indecifrabile. Nella sua voce c’era più
delusione che rabbia. Rufy oltre che il suo capitano era stato per lui
un compagno di giochi e qualcosa di molto simile ad un fratello. Rufy
aveva creduto in lui sempre, anche quando nessun altro lo aveva fatto.
Lo aveva anche trattato da suo pari, accettandosi di battersi con lui
nonostante sapesse dall’inizio chi avrebbe vinto lo scontro.
“Dobbiamo
parlare di lui ancora per molto? Mi sto stancando!”
sbottò Nami, cercando di mettere fine a quella discussione.
“Hai
ragione, basta ora. Ditemi di voi, che avete fatto?” chiese
Sanji guardando alternativamente i ragazzi di fronte a lui. Franky e
Usop erano comparsi insieme, esattamente come Nami e Robin.
Probabilmente non si erano mai separati.
“Io e Nami
abbiamo viaggiato parecchio. Ci guadagnavamo da vivere rubacchiando e
disegnando mappe. Tutto sommato non ce la siamo passata
male.” cominciò Robin.
“La marina
ha praticamente smesso di darci la caccia.”
esclamò Nami ritrovando il sorriso.
“Sembra
incredibile, no? In passato la marina non ci ha mai dato
tregua!” concordò Usop. Quelle parole
risvegliarono l’interesse di Robin. Non ci aveva mai fatto
caso ma era vero. Improvvisamente da quando avevano lasciato Rufy
nessuno aveva più dato loro la caccia nonostante ci fossero
delle discrete taglie sulle loro teste. Anche quella era solo una
casualità?
“Noi invece
ci siamo dedicati a costruire navi al villaggio di Usop. Le cose
andavano bene fino a che non abbiamo fatto i conti con il richiamo del
mare.” raccontò Franky ripensando al passato. Sia
lui che Usop si erano resi conto di non riuscire a vivere sulla terra
ferma, avevano salutato tutti ed erano partiti. Kaya era stata molto
triste quando Usop le aveva comunicato la notizia ma sapeva bene che
niente al mondo gli avrebbe fatto cambiare idea al ragazzo. Usop le
aveva preso le mani e aveva promesso che sarebbe tornato da lei un
giorno. Lei aveva annuito, senza riuscire a fermare le lacrime.
“Gli altri?
Per caso sapete che ne è stato di Brook, Chopper e
Zoro?” chiese Usop fissando i vecchi amici in cerca di
risposte. Quei tre erano gli unici a mancare all’appello,
chissà che ne era stato di loro.
“No, non ho
loro notizie da sette anni. Brook voleva tornare dalla sua amica balena
e Chopper alla sua isola. Zoro non so, quando sono andato via era
ancora sulla nave che fissava il vuoto.” ricordò
Sanji ripensando all’espressione dello spadaccino quando
tutti loro stavano lasciando la nave. Loro erano arrabbiati, furenti,
ma lui invece sembrava impassibile e deciso come se si stesse
preparando a una battaglia. Sanji ricordò che quella sera
per un attimo aveva creduto che avesse intenzione di combattere con
Rufy.
“Zoro
seguiva Rufy dall’inizio, sarà stata dura per
lui.” disse Franky serio.
“È
stata dura per tutti.” esclamò Nami acida. Tutti
guardarono male Franky ed il cyborg arrossì intuendo la
gaffe che aveva appena fatto. Nami si era unita alla ciurma poco dopo
Zoro, anche se i primi tempi aveva fatto una sorta di doppio gioco.
“Non si sa
molto di lui, è sempre stato misterioso. Ad ogni modo ha
realizzato il suo sogno, ha una taglia sulla testa che fa paura e
viaggia per i mari. Questo è quello che fa sapere la
marina.” raccontò loro Robin ricordando quello che
aveva letto sui giornali. Anche la marina sembrava sapere poco di Zoro,
o forse sapeva ma non voleva che trapelasse nulla.
“Sapete, mi
avete fatto tornare alla mente le nostre vecchie avventure. Quelli si
che erano bei tempi!” mormorò Usop nostalgico
ripensando a tutti gli inseguimenti, i viaggi, le feste, i tesori e
tutto quello che gli aveva riservato la loro grande avventura.
“Se avete
tutta questa nostalgia del passato potete sempre venire con
noi.” propose Robin sorridendo. I ragazzi si voltarono verso
di lei, stupiti ed increduli senza capire di cosa stesse parlando.
“Di che
parli?” chiese il cecchino incuriosito.
“Di recente
abbiamo trovato una mappa di un tesoro che si trova nel grande blu. Che
ne dite di venire con noi, recuperarlo e fare a
metà?” spiegò Nami sorridendo. Quando
si parlava di soldi e tesori diventava un’altra persona.
“Sembra
divertente!” esclamò Franky.
“Già,
perché no! Sanji?” chiese Usop fissando il cuoco.
“Che volete
da me?” mormorò Sanji tra i denti, fingendo di non
capire dove Usup stesse cercando di andare a parare.
“Sei dei
nostri, vero?” chiese Nami speranzosa. Sanji oltre ad essere
un cuoco straordinario era anche un combattente fortissimo. Era
indispensabile avere un elemento simile nella ciurma.
“Non so..
Il ristorante, il vecchio..” iniziò Sanji
titubante.
“Non dire
sciocchezze. Anche tu ti sei stancato di stare qui a non fare nulla.
Hai deciso di abbandonare per davvero il tuo sogno?” gli
chiese Usop fissandolo negli occhi.
“Forse
avete ragione, il vecchio farà di nuovo a meno di
me.” accettò alla fine il cuoco. Il cecchino aveva
saputo toccare le corde giuste per convincerlo.
“Bravo
Sanji, così si parla!” disse Robin dandogli una
pacca sulla spalla.
“E poi, se
non vengo io con voi chi cucinerà? Alla fine morireste di
fame..” disse Sanji scherzando ma senza andare troppo lontano
dalla realtà.
“Tse, tu
sottovaluti le mie abilità. Chiedi a Franky se non mi
credi.” rispose Usop con aria di sufficienza.
“Se cucini
tu siamo a posto, è la volta buona che moriamo per davvero
avvelenati!” esclamarono in coro Sanji e Nami. Tutti
scoppiarono a ridere e poi si misero a definire i dettagli per la
partenza.
Franky si
fermò a guardare gli amici e realizzò che erano
di nuovo insieme. Una lacrima di commozione cominciò a
scendere senza che potesse fare nulla per fermarla mentre esclamava
deciso “Io non sto piangendo!”.
ANGOLO DELL'AUTRICE
ed eccomi di nuovo qui a fare del mio meglio per deliziarvi con il
capitolo nuovo, l'ultimo prima delle vacanze.
per il prossimo aggiornamento vi do appuntamento a settembre!
nel frattempo auguro buone vacanze a tutti, specie a quelli che
leggono, commentano e aggiungono la mia storia tra i preferiti. XD
MILENA83: grazie mille per il tuo commento e in generale per apprezzare
le mie storie! se ti va quando torno dalle vacanze possiamo iniziare a
scrivere qualcosa insieme, a me farebbe molto piacere. per quanto
riguarda Zoro e Rufy ti assicuro che si capirà tutto nel
prossimo capitolo! XD
SAISAI_GIRL: grazie mille per il commento! eh si, Zoro e Rufy sono
insieme. resta da scoprire da quanto.. XD
SMEMO92:grazie
mille per il commento! tutte le domande che ti sei fatta sono logiche,
e ti prometto che avranno risposta nel prossimo capitolo.. prima si
svelare i miei segreti ho pensato di fare una piccola parentesi sugli
altri componenti della ciurma! XD
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Capitolo 5 *** CAPITOLO QUATTRO: ADDIO AD UN COMPAGNO ***
CAPITOLO QUATTRO
ADDIO A UN
COMPAGNO
Erano giorni che Rufy e Zoro navigavano e si erano da poco lasciati
alle spalle anche la Reverse Mountain. Nonostante non fosse la prima
volta, entrare nella rotta del grande blu era qualcosa che faceva
ancora molto effetto ai due ragazzi. Sia Zoro che Rufy ricordavano bene
quando vi erano entrati la prima volta, insieme a Sanji, Nami e Usup
carichi di sogni e sicuri che nessuno sarebbe stato in grado di
dividerli. Rufy sorrideva mestamente ripensando a quei momenti e a come
era andata a finire la loro avventura insieme.
Crocus era sempre
lì al faro, a guardare le navi passare. Si erano fermati un
po’ con lui a raccontarsi storie. Il vecchio medico aveva
insistito perché i due pirati gli lasciassero curare le loro
ferite e per offrir loro la cena come faceva ogni volta che passavano
di lì. Come al solito non avevano parlato di Brook. Rufy e
Zoro sapevano che viveva al faro con Crocus e la balena ma non lo
avevano più incontrato dopo l’addio. Per qualche
strano caso del destino, o forse per merito del vecchio dottore, era
sempre in giro quando loro passavano di lì. Zoro sospettava
che Crocus non parlasse mai delle loro visite allo scheletro anche se
non riusciva a capire quale fosse la ragione. Ad ogni modo il medico
con loro era gentile e si preoccupava per loro come avrebbe fatto un
padre, quindi i due ragazzi non si facevano troppe domande.
“Crocus, me
lo fai un favore?” chiese Rufy improvvisamente, interrompendo
un silenzio surreale che si era creato alla fine della cena. Come al
solito il ragazzo aveva fatto piazza pulita di qualsiasi cosa ci fosse
sul tavolo.
“Si
può dire di no al Re dei Pirati?”
commentò il vecchio dottore ridendo. Quei due ragazzi
portavano sempre una ventata di allegria. Era piacevole stare a sentire
mentre raccontavano dell’ultimo combattimento contro la
marina o di come avevano salvato un cucciolo di drago.
“Beh, a me
capita di dirgli no abbastanza spesso eppure sono ancora
vivo!” mormorò Zoro passando lo sguardo dal
vecchio medico al suo capitano. Di nuovo tutti scoppiarono a ridere.
“Ma tu sei
il grande Zoro, io solo un medico qualunque..” disse Crocus
ridendo.
“Ma
smettila..” mormorò Rufy. Nessun pirata sano di
mente avrebbe definito Crocus un medico qualunque, quel vecchio era
molto di più.
“Torniamo
seri” suggeri il vecchio medico sparecchiando e tornando a
fissare i suoi ospiti.
“Bravo,
dagli retta sennò non ripartiamo più.”
disse Zoro fissando il mare. Era impaziente di ripartire. Un sacco di
nuove avventure e di nemici da battere li stavano aspettando.
“Dimmi che
posso fare per te.” mormorò Crocus, curioso di
sapere cosa voleva questa volta quello strano ragazzo da lui. Rufy era
solito fare richieste a dir poco bizzarre.
“Puoi dare
questa a mio fratello quando passa di qui?” chiese Rufy
passando al vecchio medico una lettera.
“Tutto qui?
Pensavo a qualche richiesta strana e pericolosa..” rispose
Crocus fissando intensamente la busta chiedendosi se fosse pericolosa o
meno. Non era la prima volta che un pirata lasciava detto qualcosa ad
un altro pirata. Scherzando Crocus diceva spesso che oltre guardiano
del faro faceva anche da postino.
“C’è
dell’altro. Vorrei lasciarti anche questo..” disse
Rufy togliendosi il suo cappello di paglia e porgendolo al vecchio
medico.
“Cosa? Ma
sei impazzito?” chiese Crocus scandalizzato fissando il
cappello tra le sue mano come se fosse maledetto o qualcosa del genere.
Che era passato per la testa a Rufy? Doveva certamente essere impazzito
per fargli una richiesta del genere.
“Tempo fa
feci una promessa al pirata che me lo regalò ed è
ora che io la rispetti. Promettimi che lo custodirai con cura fino a
che Shank non passerà di qui!” spiegò
Rufy sorridendo. Il cappello di Shank lo aveva accompagnato per mille
avventure, era diventato quasi una parte di lui. Separarsene gli
dispiaceva ma allo stesso tempo era fiero di avere mantenuto la sua
promessa. Riconsegnare quel cappello era la prova lampante che aveva
realizzato il suo sogno più grande.
“Sarà
un onore Rufy!” promise Crocus con gli occhi lucidi.
“Bene,
allora noi partiamo. Zoro sei pronto?” chiese Rufy sorridendo
come a suo solito al suo compagno di avventure. Zoro si
fermò a fissare il capitano. Faceva uno strano effetto
vederlo senza il suo solito cappello di paglia ma avrebbe dovuto farci
l’abitudine.
“Signor
si..” rispose Zoro saltando a bordo della loro nave. In poco
tempo i due prepararono la nave per la partenza sotto gli occhi stupiti
del vecchio medico.
“Aspettate,
dove siete diretti questa volta?” chiese Crocus mentre i due
mollavano gli ormeggi.
“Alabasta..”
mormorò Zoro mentre la nave si allontanava. Il vecchio
Crocus li guardò sparire oltre l’orizzonte,
scuotendo la testa. Tra le mani teneva ancora il cappello di paglia che
gli aveva affidato Rufy. Era incredibile che quello scalmanato gli
avesse affidato una cosa così importante per lui.
“Non te la
sei mai tolta dalla testa, vero?” chiese Zoro improvvisamente
fissando il suo capitano dritto negli occhi. Rufy sorrise e
abbassò la testa.
“Parli di
Bibi?” disse Rufy giocando con un pezzo di corda. Tra loro
non c’era mai stato bisogno di troppe parole per intendersi.
“L'ultima
volta avresti dovuto prestarle più attenzione. Erano anni
che non la incontravi, dai tempi della rivolta ad Alabasta.
È cambiata molto, è una donna ora.. e mi sembrava
anche parecchio interessata a te.” ricordò Zoro
ripensando alla loro ultima visita alla principessa di Alabasta. Bibi
era stata molto felice di rivederli, in particolare Rufy. La ragazza
aveva insistito per sentire tutto quello che era successo loro in
questi anni ed era rimasta incredula e dispiaciuta nel sentire che i
suoi amici non navigavano più insieme. Bibi aveva chiesto
spiegazioni anche a Zoro ma nessuno dei due ragazzi sembrava disposto a
parlarne. Zoro non aveva fatto a meno di notare un certo interesse che
Bibi nutriva per Rufy. L’amico però non aveva
ricambiato le attenzioni della ragazza esattamente come aveva fatto
anni prima, durante la rivolta.
“Ai tempi
della battaglia contro Crocodile ero troppo piccolo e concentrato sul
mio sogno. Le donne non esistevano per me.”
sospirò Rufy ricordando gli inizi del loro viaggio. Era
così concentrato sul suo sogno che non vedeva le belle donne
che gli si buttavano tra le braccia, Bibi era certamente una di queste.
Con il tempo aveva imparato l’importanza della compagnia
femminile anche se non era mai diventato un maniaco come Sanji.
“E
ora?” chiese Zoro in modo malizioso. Lo spadaccino aveva
intuito che Bibi non era indifferente al suo amico ma non riusciva a
capire perché non facesse nulla per dimostrarlo anche a lei.
Era stato lui a insistere con Rufy perché andassero ad
Alabasta in modo che il capitano potesse stare con Bibi e capire cosa
provava per lei.
“Beh, sto
recuperando ma Bibi non fa per me. Lei è una regina, deve
stare nel suo paese e io sono un pirata che non riesce a mettere ancora
da nessuna parte. Il richiamo del mare è sempre troppo
forte.” mormorò Rufy guardando
l’orizzonte. Bibi non era la donna che faceva per lui,
l’avrebbe lasciata troppo sola e questo lei non lo meritava.
“La
verità è che ci sono troppe donne che ti vogliono
e non sai scegliere.” scherzò Zoro, senza andare
troppo lontano dalla verità.
“Senti chi
parla!” lo prese in giro Rufy. Anche Zoro aveva spezzato
parecchi cuori lungo la rotta del grande blu. In ogni isola che
visitavano c’era sempre una ragazza che inevitabilmente
cadeva davanti al fascino delle due tre spade.
“Non eri
poi così stupido ai tempi della rivolta di Alabasta oppure
non ti avrei considerato il mio capitano, non avrei lottato per te. Tu
aiuti sempre tutti, senza che ti chiedano nulla..” disse
improvvisamente lo spadaccino ripensando alle parole che il capitano
aveva pronunciato poco prima. Rufy rimase a guardarlo stupito senza
sapere cosa rispondere.
“Non mi hai
mai detto queste cose..” disse dopo un po’,
fissando l’orizzonte.
“E tu non
hai mai detto loro che lo stavi facendo per il loro bene..”
rispose Zoro fissandolo negli occhi. Ancora una volta Rufy
capì immediatamente a cosa si stava riferendo ma fece finta
di nulla e si voltò nuovamente a guardare il mare senza dire
nulla.
Flash back
[..Nella stanza era
rimasto solo Zoro. Era rientrato quando gli altri se ne erano andati.
Doveva essere passato un po’ di tempo eppure era ancora
lì. Lo spadaccino aspettava paziente che il capitano alzasse
la testa e gli desse spiegazioni. Non credeva a quello che aveva
sentito dire dal suo capitano, lo conosceva troppo bene per credergli.
Se veramente voleva sbarazzarsi di lui doveva essere molto
più credibile.
“Perché
sei ancora qui?” chiese Rufy cercando di mostrarsi il
più freddo e distaccato possibile.
“Voglio
delle spiegazioni.” rispose Zoro fissandolo dritto negli
occhi.
“Non sono
tenuto a dartele.” disse Rufy.
“E allora
io non sono tenuto ad andarmene.” disse Zoro.
I due si ritrovarono
a fissarsi senza che nessuno dei due si muovesse di un passo dalle sue
posizioni: Zoro voleva risposte che Rufy non era disposto a dare.
“Non hai
capito quello che ho detto?” disse ancora Rufy, ma questa
volta la sua voce suonò disperata.
“Ho capito
solo che sei un babbeo e che non vuoi che ti diamo una mano. Voglio
sapere quello che sta succedendo.. Voglio sapere
perché!” rispose Zoro, percependo il cambio di
tono del suo amico. Ormai era tutto chiaro, doveva esserci di mezzo la
marina o qualcuno che lo aveva ricattato.
“Non voglio
che vi succeda nulla..” confessò alla fine il
capitano.
“Io invece
non voglio che succeda nulla a te.” disse Zoro riponendo le
spade e avvicinandosi di più al suo capitano.
“Che stai
dicendo?” chiese Rufy confuso.
“Io
rimango, capitano.” disse semplicemente Zoro. Ora che aveva
capito che Rufy si era comportato a quel modo per il loro bene non era
disposto a lasciarlo solo. Se la fuori esisteva qualcuno che voleva
impedire a Rufy di realizzare i propri sogni avrebbe dovuto vedersela
anche con lui.
“Non sai
quello che dici” esclamò Rufy, cercando ottime
ragioni per impedire allo spadaccino di restare.
“ti sbagli,
non sono mai stato sicuro delle mie azioni come oggi. Sono il tuo primo
compagno, ti ho seguito in questo viaggio dall’inizio e
capisco che c’è qualcosa che non Va. Non importa
se non mi vuoi dire cosa, io rimango!” spiegò
Zoro. Rufy conosceva bene il suo compagno e sapeva che niente al mondo
gli avrebbe potuto far cambiare idea.
“Grazie
Zoro.” rispose Rufy, felice di non essere solo.
In quel momento Rufy
ricordò quello che era successo qualche giorno prima quando
un ufficiale della marina era venuto da lui per parlargli.
All’inizio Rufy non lo aveva preso sul serio, poi le sue
parole avevano iniziato a spaventarlo. Erano reduci da mesi difficili,
avevano affrontato numerosi nemici e fronteggiato i marine. Rufy sapeva
che i suoi compagni erano stanchi, sfiniti e che l’unica cosa
che permetteva loro di andare avanti era la determinazione e la fiducia
che riponevano in lui e per questo non poteva permettere che venisse
fatto loro del male.
“Pensi
davvero che ti lasceremo fare tutto quello che vuoi?” aveva
detto l’ufficiale della marina con un tono sprezzante.
“Come avete
intenzione di fermarmi?” aveva chiesto Rufy divertito.
“Uccidendo
i tuoi amici, uno dopo l’altro a partire dai loro cari. La
tua navigatrice ha una sorella vero?” rispose
l’ufficiale guardandolo negli occhi a mo’ di sfida.
Rufy per la prima volta nella sua vita non era riuscito a reggere
quello sguardo. Il suo volto era diventato una maschera di orrore.
“Cosa
centrano loro?” mormorò arrabbiato. La marina non
poteva davvero ricorrere a mezzi del genere per catturarlo. Non era
giusto, non poteva fare del male ai suoi amici per colpa sua.
“Useremo
loro per arrivare a te a meno che tu non collabori”
continuò l’ufficiale divertito. Era chiaro che
stava godendo nel vedere Rufy Cappello di Paglia in
difficoltà.
“Dovrei
rinunciare al mio sogno?” aveva chiesto Rufy alzando la
testa, confuso.
“Sei un
ragazzo intelligente, prendi la decisione giusta e vedrai che nessuno
si farà male” disse l’ufficiale
andandosene.
Rufy aveva pensato a
lungo a cosa doveva fare. Se avesse deciso di andare avanti ignorando
l’avvertimento della marina i suoi compagni ne avrebbero
pagato le conseguenze. Che razza di capitano poteva mettere in pericolo
la vita dei suoi preziosi compagni e delle persone che loro amavano? Il
suo sogno valeva davvero così tanto?
Nello stesso tempo
una parte di lui gli diceva che non era giusto rinunciare solo
perché la marina non voleva, che non doveva cedere a un
simile ricatto. Nella sua testa si accavallavano molte immagini
diverse. I visi delle persone che aveva incontrato lungo la rotta del
grande blu, i bei momenti con i suoi compagni e i loro visi stanchi
dopo l’ultima battaglia. Avrebbero continuato a seguirlo fino
alla morte, lo sapeva bene ma questa volta non poteva permetterlo.
Alla fine prese la
decisione: avrebbe continuato solo. Non avrebbe più permesso
a nessuno di aiutarlo o di rischiare la vita per lui. In questo modo la
marina non avrebbe più potuto prendersela con nessuno dei
suoi amici.
La sera stessa
andò a cercare l’ufficiale.
“Ho deciso
che andrò avanti da solo, dovrete lasciare stare i miei
amici” comunicò Rufy all’ufficiale.
L’uomo rimase per un po’ confuso a guardare il
ragazzo, poi trovò le parole.
“Va bene,
ma sappi che sei un pazzo. Da solo ti prenderemo presto..”
rispose con un tono beffardo.
“Questo lo
vedremo” rispose Rufy andandosene verso la nave. Ora arrivava
la parte più dura, doveva dire addio ai suoi compagni senza
che loro si facessero domande. Doveva essere forte, lo stava facendo
per il loro bene.
Sospirò e
si asciugò le lacrime dal viso prima di spingere la porta
oltre la quale si trovavano i suoi amici.]
Rufy sembrava caduto
in uno stato di trance ma Zoro non sembrava preoccupato per
l’amico. Era sicuro che stesse ripensando a sette anni prima,
quella terribile notte che nel bene o nel male aveva cambiato le loro
vite.
Rufy agendo in quel
modo aveva salvato le vite dei suoi compagni da terribili sofferenze e
privazioni ma loro questo non potevano saperlo. Quei babbei se
n’erano andati prima che lui potesse spiegare loro che Rufy
si stava sacrificando per il loro bene.
Nel corso degli anni
più volte si era presentata l’occasione per
incontrare di nuovo qualcuno di loro ma Rufy se ne era sempre guardato.
Forse aveva paura di non riuscire a reggere gli sguardi di quelli che
erano stati i suoi vecchi amici, oppure non voleva far rischiare loro
la vita.
“Non posso
tornare nelle loro vite Zoro, non sarebbe giusto. Che diritto ho di
tornare dopo sette anni dicendo che li ho cacciati per il loro
bene?” disse Rufy stringendo forte i pugni. In quei sette
anni molte volte si era chiesto se tornare o no dai suoi vecchi amici
ma non lo aveva mai fatto. Li aveva fatti soffrire abbastanza prima
quando navigavano insieme e poi quando li aveva lasciati. Non poteva
farli soffrire ancora. In quei sette anni aveva fatto in modo che i
suoi vecchi compagni venissero lasciati in pace ma si era sempre
rifiutato di incontrarli.
“Sei la
solita testa vuota, sempre a pensare al bene degli altri. E al tuo di
bene chi ci pensa?” chiese Zoro fissandolo negli occhi.
“Per quello
ci sei tu, no?” rispose Rufy sorridendo. Zoro
sospirò, Rufy era sempre lo stesso ma gli voleva bene anche
per quello.
ANGOLO DELL'AUTRICE
rieccomi qui, al ritorno dalle vacanze con un capitolo nuovo!
GRAZIE, GRAZIE e ancora GRAZIE a tutti quelli che leggono e commentano
le mie storie!
in particolare GRAZIE MILLE a:
LUSTY: grazie mille per il tuo commento!
sono davvero contenta che la mia storia ti piaccia, spero che questo
capitolo non ti abbia deluso!
per il momento (e sono abbastanza sicura anche per il futuro) non ci
saranno coppie fisse, al massimo avventure di massimo una notte.
SAISAI_GIRL: grazie mille per il commento e per i complimenti! sei
troppo gentile!
bravissima, avevi ragione. zoro e rufy non si sono mai separati ma per
incontrare di nuovo la ciurma ci vorrà ancora qualche
capitolo.
BLACKHORSE96: grazie mille per il commento!
spero che continuerai a seguire la mia storia!
MILENA83: grazie mille per il commento!
SMEMO92: grazie mille per il commento!
nel prossimo capitolo si vedrà come procederà la
caccia al tesoro di nami e compagni!
chiedo scusa se la risposta ai commenti è stata un po' corta
ma avevo davvero poco tempo e volevo postarvi il capitolo nuovo!
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Capitolo 6 *** CAPITOLO CINQUE: UN FARO MOLTO TRAFFICATO ***
CAPITOLO QUATTRO
UN FARO
MOLTO TRAFFICATO
La strana ciurma che si era formata sulla nave ristorante Baratie era
salpata già da qualche giorno e navigava a vele spiegate
verso la rotta del grande blu. Sul ponte principale era in corso una
grande festa, la quinta da quando erano partiti. Nonostante si fossero
persi di vista per sette anni erano tornati affiatati come una volta,
quasi come se quegli anni passati lontani non contassero più
La mattina successiva
trovò tutti i ragazzi svegli e pimpanti, pronti ad
affrontare una nuova giornata.
“Ci
siamo!” urlò Nami sorridente, indicando con la
mano un punto indefinito di fronte a sé. Tutti si
precipitarono a guardare cosa stava mostrando loro la ragazza.
“Di
già? Non pensavo ci sarebbe voluto così poco a
trovare l’isola del tesoro..” mormorò
Usop guardando nella direzione che stava indicando la ragazza con i
suoi strani occhiali muniti di strane lenti.
“Zucca
vuota! L’isola è ancora lontana, mi riferivo alla
Reverse Mountain.” spiegò pazientemente Nami,
cercando di non perdere la pazienza. Di fronte a loro si stagliava una
montagna imponente, l’unico accesso alla rotta del grande
blu. Nami ricordava bene quella giornata piovosa durante la quale aveva
attraversato quel valico per la prima volta. Era stato tanti anni prima
e insieme a lei c’era un ragazzino coraggioso e rumoroso che
aveva giurato di proteggerla e che invece l’aveva solo fatta
soffrire.
Tutti loro rimasero a
guardare quella montagna come incantati, sapevano che rappresentava la
porta di ingresso per trovare il loro tesoro.
“Chissà
se Brook è ancora lì.”
sospirò Franky pensando al vecchio amico. Sarebbe stato
bello incontrare di nuovo lo scheletro. Avrebbero potuto proporgli di
unirsi a loro come ai vecchi tempi.
“Nami,
Robin siete le luci che illuminano la mia vita! Vi ho preparato uno
spuntino.” strillò Sanji comparendo dal nulla con
due pesanti vassoi ricolmi di stuzzichini e delizie. Il ragazzo si era
dato davvero molto da fare e in poco tempo aveva improvvisato una
colazione degna di una corte reale.
“Grazie
Sanji.” risposero in coro Robin e Nami guardando incantate il
ben di dio che si presentava di fronte a loro.
“Per noi
non c’è nulla?” chiese Usop guardando
Sanji con fare supplicante. Vedere tutte quelle delizie gli aveva messo
un certo appetito.
“I soliti
ingordi..” mormorò Sanji passando al cecchino un
piatto più piccolo che aveva preparato per lui.
Istintivamente il cuoco si voltò per cercare con lo sguardo
Rufy, in quelle occasioni era sempre il primo che correva per
elemosinare cibo. Una parte di sé si stupì di non
trovarlo, l’altra lo malediceva per averlo cercato. Anche
dopo tutto quel tempo era difficile chiudere Rufy fuori dalla loro
vita, lo era per tutti loro.
“Pensate
che Brook vorrà venire con noi?” chiese Usop con
la bocca piena, distogliendo il cuoco dai suoi pensieri.
“Sarebbe
divertente.” rispose Franky guardando il mare e ripensando ai
vecchi tempi.
[poco distante dai ragazzi..]
Brook vagava per la
piccola isola su cui era costruito il faro della Reverse Mountain
guardandosi attorno stupito. L’isola in cui si trovava era
davvero minuscola, ma nonostante questo Crocus sembrava sparito nel
nulla.
“Crocus?
Dove sei finito?” chiamò lo scheletro a gran voce.
Era appena tornato da una delle sue gite sul dorso della sua amica
balena e del vecchio dottore non c’era nessuna traccia.
“Brook, sei
già tornato? Aspetta qualche istante, sto finendo di
medicare una persona.” gli rispose Crocus dopo un
po’ con un tono di voce seccato. Brook alzò le
ossute spalle senza farsi troppe domande e si lasciò cadere
su una poltrona. Improvvisamente la sagoma di una nave comparve
all’orizzonte, distraendolo dai suoi pensieri.
“Ehi
Crocus, si sta avvicinando una nave..” disse Brook, cercando
di capire di che nave si trattasse. Normalmente era Crocus che riceveva
le navi di passaggio. Nonostante l’età era in
grado di capire di chi si trattava anche da una distanza notevole,
nessuna bandiera pirata gli sfuggiva. Il dottore infatti conosceva
praticamente tutti i pirati che transitavano di lì e si
fermava sempre a parlare a lungo con ognuno di loro. Crocus era
l’amico di chiunque si avventurasse per i mari.
“Non ho
ancora finito, pensaci tu.” rispose ancora in vecchio medico,
infastidito per essere stato interrotto una seconda volta.
Brook alzò
nuovamente le spalle chiedendosi chi fosse il pirata ferito e si
diresse verso la porta per scoprire qualcosa sulla nave in arrivo.
“Ragazzi?”
esclamò sorpreso Brook trovandosi di fronte niente di meno
che la sua vecchia ciurma su una strana nave.
“Brook! Che
bello rivederti!” disse Robin sorridendo. Brook non riusciva
a credere ai suoi occhi. Davanti a lui c’erano i suoi amici,
la sua vecchia ciurma quasi al completo. Mancavano solo Chopper, Zoro e
Rufy. La nave sulla quale si trovavano non l’aveva mai vista
e sull’albero maestro non svettava nessuna bandiera pirata.
“È
bello rivedere voi, anche se è strano ritrovarvi di nuovo
tutti assieme!” disse Brook, scegliendo con cura le parole.
Per anni si era chiesto che fine avessero fatto i suoi amici ed ora
erano davanti a lui, felici e sorridenti. Brook si chiese mentalmente
se erano davvero felici o se anche loro si tormentavano da anni
accusandosi di non essere all’altezza, di essere
troppo deboli.
“Non
proprio tutti..” preciso Nami. Brook dalle parole della
ragazza intuì che i rancori con Rufy era tutto tranne che
superati. Non poteva darle torto, Rufy si era comportato in maniera
pessima sette anni prima, si era rivelato completamente diverso da
quello che loro credevano di conoscere. Loro avevano sempre creduto nel
loro capitano mentre questi improvvisamente aveva smesso di credere in
loro e aveva detto di non volerli più al suo fianco. Tutto
quello che avevano faticosamente costruito insieme era sfumato in pochi
istanti, come un castello di sabbia che viene portato via dalle onde
del mare.
“Che
è successo?” chiese Brook, curioso di scoprire
cosa avesse portato i suoi amici a tornare a navigare insieme dopo
così tanto tempo.
“Ci siamo
trovati per caso sulla nave ristorante dove lavoravo e abbiamo iniziato
a parlare dei vecchi tempi fino a che Nami non ha proposto di partire
insieme alla ricerca di un tesoro.” spiegò Sanji
accendendosi una sigaretta.
“Un tesoro?
Sembra divertente!” esclamò Brook. In pochi attimi
aveva riacquistato quella spensieratezza e quella voglia di vivere che
aveva perso sette anni prima e che Lavoon non gli aveva fatto
ritrovare. Certo, la balena era la sua più cara amica ma i
suoi compagni di avventura erano un’altra cosa. Quei ragazzi
erano davvero speciali, bastava averli vicino per vedere tutto in
maniera più positiva, per sentire rinascere la speranza nel
suo cuore.
“Perché
non ti unisci a noi?” chiese Franky di getto. Riuscire a
rimettere insieme la vecchia ciurma sarebbe stato fantastico, capitano
escluso ovviamente. Quelle parole colpirono Brook.
“Non so
ragazzi.. Pensate davvero sia una buona idea?”
mormorò Brook dubbioso. Una parte di lui non vedeva
l’ora di salpare ma c’e n’era anche una
che aveva timore di soffrire ancora come era già successo.
“Non ti sei
ancora stufato di stare qui a vedere navi passare senza fare
nulla?” chiese Usop cercando di convincere lo scheletro a
venire con loro.
“Ha ragione
lui amico, quello che ti serve è un po’ di
avventura.” concordò Franky.
“Smettetela!
Brook non dare retta a questi pazzi.. Raccontaci che hai fatto in
questi anni.” disse Nami guardando male i suoi compagni per
far capire loro che trattare in quel modo Brook non era il modo
migliore per convincerlo a unirsi a loro.
“Ho
mantenuto la mia promessa e sono tornato da Lavoon. Il vecchio Crocus
dice che rivedermi gli ha fatto bene, è di nuovo
più in forma che mai.” raccontò Brook
indicando la balena che nuotava tranquilla a pochi metri da loro. Non
sembrava la stessa balena che pochi anni prima passava la giornata a
prendere a testate la scogliera.
“Ha
proposito, che fine ha fatto il vecchio Crocus? Non viene a
salutarci?” chiese Usop guardandosi intorno cercando con lo
sguardo il vecchio dottore senza riuscire a trovarlo.
“È
con un paziente.” spiegò Brook giocherellando con
il suo bastone.
“Un
paziente?” chiesero in coro Franky e Sanji stupiti. Nessuno
di loro si aspettava che il vecchio dottore ricevesse dei pazienti su
quella minuscola isoletta.
“Sembra
strano anche a me, non ho nemmeno idea di chi possa essere.Crocus! Ci
sono visite, hai finito?” chiamò Brook ancora una
volta.
“Quanto sei
pesante Brook, vieni avanti o mi farai venire il latte alle
ginocchia.” gli rispose il vecchio medico infastidito. Brook
alzò gli occhi al cielo e fece segno ai suoi compagni di
seguirlo.
I ragazzi avanzarono
lentamente e si trovarono all’interno del faro dove Crocus
abitava.
Visto
dall’interno il faro era decisamente molto più
grande di quanto appariva dall’esterno.
L’abitazione era graziosa ed era composta da tre stanze, una
delle quali era quella in cui Crocus stava medicando il suo paziente.
“Mi spiace
darvi tutto questo disturbo. Crocus ti avevo detto che non era
necessario che mi medicassi..” disse una voce che proveniva
dalla stanza in cui si trovava il medico. I ragazzi si scambiarono
degli sguardi confusi e poi si sporsero per sbirciare
all’interno dello studio del vecchio dottore a chi
appartenesse quella voce che suonava conosciuta.
“Ace?!”
chiesero in coro stupiti vedendo il ragazzo seduto su un lettino con un
braccio sanguinante. Ace era decisamente l’ultima persona che
aspettavano di trovarsi in quel luogo. Nami e Usop erano rigidi e
sconvolti, trovarsi di fronte Ace aveva riaperto delle vecchie ferite.
“Salve a
tutti. Sembra che ne siano successe di cosa dall’ultima volta
che ci siamo visti al ristorante Sanji!” rispose il ragazzo
passando lo sguardo da Sanji agli altri ragazzi che erano con lui,
cercando di smorzare la tensione che si era venuta a creare. Sembrava
allegro come sempre, per nulla turbato nonostante avesse di fronte la
vecchia ciurma di suo fratello quasi al completo. I ragazzi restarono
immobili, come ipnotizzati, a fissare Ace senza riuscire a dire nulla.
Ace intuì che alcuni di loro provavano ostilità
verso di lui.
“Sta zitto
ragazzo. Qui il medico sono io e decido io chi ha bisogno o no delle
mie cure! Voi piuttosto, che ci fate ancora sulla porta? Entrate,
forza!” replicò Crocus indicando ai ragazzi delle
sedie.
“Noi siamo
solo di passaggio, stiamo tutti benissimo te lo assicuro.” lo
tranquillizzò Nami riprendendosi dalla sorpresa.
“Non dite
assurdità e sedetevi. Siete miei ospiti, il minimo che posso
fare è offrirvi la cena.” disse ancora il vecchio
dottore in un tono severo che non ammetteva replica.
“Non serve,
davvero. Non vogliamo darti disturbo.” mormorò
Sanji, deciso a non approfittarsi dell‘ospitalità
del vecchio dottore.
“Il vecchio
ha la testa dura, non serve a nulla cercare di fargli cambiare
idea.” spiegò brevemente Brook prima di sedersi.
Nei sette anni che aveva passato al faro con lui e Lavoon aveva
imparato a conoscere bene il vecchio.
“Beh,
allora grazie.” disse Usop prendendo posto vicino
all’amico.
“Ecco
fatto, sei come nuovo. Anche tu sei invitato.”
esclamò Crocus rivolto ad Ace.
“Non so se
è il caso Crocus.. E poi sono di fretta, ho un
appuntamento.” rispose il ragazzo alzandosi e mettendosi in
testa il suo solito cappello.
“Ah si? Sai
già dove devi andare?” chiese il dottore riponendo
con cura gli strumenti che aveva usato per medicare il ragazzo. I
ragazzi seguivano la discussione curiosi di saperne di più
su Ace. Ognuno di loro si stava chiedendo se il ragazzo sapesse
qualcosa di Rufy ma aveva paura a formulare quella domanda ad alta voce.
“A dire la
verità No. Tu non sai nulla?” fece il moro
fissandolo dritto negli occhi. Nami guardava la scena incuriosita e
confusa: come faceva Crocus a sapere dove era diretto Ace se nemmeno
lui lo sapeva? Il vecchio dottore si fermò un momento a
riflettere, come se conoscesse la risposta a quell‘assurda
domanda.
“Adesso che
me lo fai ricordare, ho qualcosa per te.” rispose alla fine
andando in un’altra stanza.
“Ma
cosa..” iniziò Usop confuso guardando Brook in
cerca di una risposta. Ace non sembrava sorpreso dal comportamento di
Crocus e lo aspettava paziente al centro della stanza.
“A volte i
pirati che passano di qui lasciano delle cose per altri pirati. Di
solito si tratta soprattutto di lettere ma a volte capita che qualcuno
lasci anche cose più preziose o strane.”
spiegò Brook.
Crocus riapparve
nella stanza poco dopo tenendo una busta nella mano destra.
“Tieni
ragazzo.” disse porgendo la lettera ad Ace. Il ragazzo
ringrazio e si mise subito a leggerla mentre sul suo volto si dipingeva
un sorriso.
“Ma chi
scrive ad Ace?” chiese Usop curioso. Ace era sempre stato un
tipo solitario, poco incline a stringere rapporti o a navigare con
qualcuno stabilmente. Era strano che qualcuno lo aspettasse da qualche
parte o gli lasciasse delle lettere.
“Come fai
ad essere così curioso, sono fatti suoi!” rispose
Sanji tirando un calcio sulla testa del suo curioso amico.
“Dimmi
Crocus, è molto che sono passati di qui?” chiese
Ace quando ebbe finito di leggere la lettera. Robin e Nami si
scambiarono un’occhiata carica di interrogativi.
“Un paio di
settimane. Prenditela con calma, tanto sarà difficile che li
raggiungi prima che arrivano ad Alabasta.” rispose il vecchio
medico bevendo una tazza di caffè caldo.
“Vale lo
stesso la pena di fare un tentativo.” mormorò
sorridendo Ace avviandosi verso la porta. Crocus sospirò.
Sapeva che il ragazzo era testardo, esattamente come suo padre e come
suo fratello. Se aveva deciso di partire convincerlo a restare era
impossibile, qualunque cosa avesse detto non sarebbe servita a fargli
cambiare idea.
“Aspetta,
anche noi stiamo andando in quella direzione. Potremmo fare un pezzo di
strada insieme. Che ne dici?” propose Nami. Conosceva bene la
forza di Ace e sapeva che poteva tornare loro molto utile viaggiare con
il ragazzo. Trovare quel tesoro era diventato il suo nuovo obiettivo,
l’unico modo per sfuggire dal dolore che provava da sette
anni, ed era disposta a tutto per di riuscire a realizzarlo. Rufy non
avrebbe distrutto anche quel suo nuovo sogno.
“Mi spiace
ragazzi ma penso sia meglio che le nostre strade si dividano ora. Sto
andando incontro a mio fratello e immagino che voi non abbiate molta
voglia di incontrarlo.” rispose Ace semplicemente con il suo
solito sorriso sul volto. Nami abbassò la testa e non disse
nulla. Nonostante tutto quel tempo Ace era rimasto lo stesso di sempre,
la sua sincerità disarmante non lo aveva abbandonato.
“Non ti
fermi nemmeno per la cena?” chiese Sanji mentre il moro
saliva a bordo della sua piccola e strana imbarcazione.
“No, ho
davvero molta fretta. La prossima volta prometto che farò
festa insieme a voi!” promise Ace strizzando un occhio ai
ragazzi che guardavano silenziosi la sua partenza.
“Buon
viaggio ragazzo, sta attento e porta i miei saluti a quei due
scapestrati quando li vedi!” disse Crocus sorridendo
avvicinandosi al ragazzo perché sentisse solo lui.
“Certo
Crocus, lo farò di certo. Grazie di tutto!”
rispose Ace mentre la barca si allontanava lentamente dalla riva.
“Due?”
chiese Sanji stupito. Nonostante Crocus avesse fatto attenzione aveva
sentito le parole del vecchio medico.
“Sanji, che
dici? Vieni andiamo a mangiare.” rispose Crocus trascinando
Sanji all’interno della casa per sfuggire alle domande del
ragazzo.
Poco tempo dopo erano
tutti a tavola e ogni piatto era stato ripulito a dovere.
“Crocus
è tutto buonissimo!” si complimentò
Nami. Tutti erano felici e sorridenti, solo Sanji era scuro in viso e
guardava male chiunque incrociasse il suo sguardo.
“Sanji mi
ha dato una mano a cucinare.” spiegò Crocus
indicando il biondino che sedeva imbronciato di fronte a lui.
“Ora si
spiega tutto!” esclamò Usop.
“Sanji, che
ti prende? Non hai aperto bocca per tutta la sera..” chiese
Robin fissando preoccupata l’amico. Quella sua espressione
non prometteva nulla di buono.
“Mi
chiedevo quando Crocus risponderà alle mie
domande.” rispose Sanji fissando Crocus intensamente, quasi
si trattasse di una sfida.
“Sanji, non
fare il maleducato!” lo riprese Nami, cercando di mettere
fine alla discussione ancora prima che iniziasse.
“Che vuoi
dire amico?” chiese Franky, intuendo che ci fosse qualcosa
sotto che loro non sapevano.
“Prima
quando Ace è partito per andare da Rufy ho sentito Crocus
che gli diceva di salutargli due persone quando le avrebbe incontrate.
Prima gli aveva consegnato una lettera. Cosa vuole dire tutto questo?
Hai incontrato Rufy, non è vero?” chiese Sanji
scandendo bene le parole.
“Cosa?
Perché non mi ha detto nulla?” chiese Brook
stupito da quella improvvisa scoperta. Di punto in bianco era venuto a
sapere che Crocus sapeva dove si trovasse Rufy e forse anche cosa aveva
fatto in quei sette anni e non gli aveva mai detto nulla.
“Incontro
molti pirati ogni giorno Brook, non mi hai mai chiesto del tuo vecchio
capitano..” rispose Crocus in maniera vaga.
“Quando lo
hai incontrato? Ci hai parlato, che ha detto?” chiese Usop
freneticamente, guardandosi intorno. In quella stessa stanza forse
Crocus aveva ospitato anche Rufy. Magari avevano anche riso insieme di
quanto fossero incapaci e stupidi i suoi vecchi compagni che aveva
cacciato sette anni prima.
“Non
l’ho visto una volta sola. Negli ultimi sette anni sono
passati qui da me parecchie volte e quasi tutte avevano brutte ferite
addosso. Mi raccontava quello che stava combinando e quello che aveva
intenzione di fare, tutto qui.” spiegò il vecchio
medico.
Sapeva che prima o
poi Brook sarebbe venuto a conoscenza delle visite di Rufy e Zoro, era
preparato ad affrontare quella conversazione. Erano i ragazzi a non
essere pronti. Avere notizie del loro vecchio capitano li aveva
sconvolti. Crocus decise di nascondere il cappello di paglia di Rufy
per evitare ulteriori scenate.
“Non naviga
solo.. Ha una nuova ciurma?” chiese Robin, quasi temendo di
avere una risposta. Una parte di lei voleva sapere, l’altra
non avrebbe sopportato di essere stata rimpiazzata da qualcun altro.
“No, solo
lo spadaccino anche se avrebbero fatto meglio a trovarsi un medico di
bordo..” rispose Crocus alzandosi con la scusa di ritirare i
piatti sporchi. I ragazzi avevano bisogno di stare soli per assimilare
tutte quelle notizie che avevano appena saputo.
“Zoro? Non
è possibile..” mormorò Nami lasciandosi
cadere sulla sedia.
“Aspetta
Crocus.” disse Brook alzandosi in piedi. Tutti i presenti lo
fissarono, chiedendosi che altro doveva succedere.
“Che
c’è?” chiese il vecchio medico
sospirando. Tutti quei colpi di scena non gli facevano per niente bene
alla salute. Alla sua età doveva stare tranquillo, non fare
da balia a un branco di pirati isterici.
“Me ne
vado, parto con loro.” disse lo scheletro con voce asciutta.
I ragazzi gioirono silenziosamente, era la prima bella notizia da
quando erano arrivati al faro.
“Bene.”
rispose semplicemente il vecchio uscendo dalla stanza e chiudendo la
porta dietro di sé.
Rimase nella sua
stanza a lungo e non vide i ragazzi salpare. La nave aveva preso il
largo già da un po’ ma il clima a bordo era
cambiato. Non c’era più traccia
dell’allegria di prima che giungessero alla Reverse Mountain,
tutti erano silenziosi e pensierosi.
“Come
è possibile che Zoro sia tornato a navigare con lui dopo
quello che Rufy gli aveva fatto?” chiese Nami per la decima
volta nel giro di pochi minuti.
“Non lo so
Nami.” rispose Robin pazientemente.
“Ho sempre
detto che aveva le alghe nel cervello!” esclamò
Sanji fumando nervosamente. Sperava che la nicotina potesse calmarlo,
farlo stare meglio ma era solamente una mera illusione.
“Forse Rufy
gli ha chiesto scusa e lo ha scongiurato di tornare a navigare con
lui.” ipotizzò Franky grattandosi la testa.
“Perché
avrebbe dovuto fare una cosa del genere? E poi, perché non
è venuto a cercare anche noi?” chiese Nami
mangiandosi le unghie.
“Zoro
è forte, Rufy non ha bisogno di gente inutile come
noi..” mormorò sconsolato Usop. Si sentiva
l’ultimo degli uomini, un fallito.
“Stupido
idiota di gomma!” esclamò Sanji arrabbiato.
Avrebbe voluto avere Rufy tra le mani per poter sfogare tutta la sua
rabbia su di lui.
“Basta
parlare di lui. Rufy per quanto mi riguarda è
morto!” concluse Nami alla fine, allontanandosi per rimanere
un po’ sola. I ragazzi la guardarono allontanarsi senza
muoversi intuendo che la loro amica volesse stare un po’ sola
a riflettere.
“Se mai
incontrerò Zoro voglio chiedergli perché
è tornato a navigare al suo fianco. C’è
una piccola parte di me che pensa che forse non abbiamo capito
qualcosa, o almeno lo spera.. Forse lui può
risponderci.” disse Robin sospirando.
Nessuno dei suoi
compagni le rispose, erano tutti troppo persi nel mondo dei ricordi per
formulare pensieri compiuti.
ANGOLO
DELL'AUTRICE
innanzitutto un graaaazie mille va a chi segue la mia storia, la
commenta e la mette nei preferiti!
che ne sarebbe delle storie se nessuno le seguisse? sarebbe molto
triste penso..
ad ogni modo, rieccomi qui.
questo capitolo mi piace molto e spero che piaccia molto anche a voi!
ma ora veniamo ai commenti, la mia parte preferita!!!
MILENA83: questo capitolo rappresenta un po' l'altra faccia della
medaglia. ok, rufy lo ha fatto per il bene dei suoi amici ma loro non
lo sanno e in questi sette anni hanno sofferto davvero molto.
per quanto riguarda zoro, a me piace pensare che lui e rufy siano molto
amici e che zoro riesca a capire molte cose di rufy che gli altri non
sanno cogliere. hai presente quelle amicizie nelle quali le parole sono
superflue? beh, io il loro rapporto lo vedo così! XD
BIOHAZARD: grazie mille per i complimenti, fa sempre piacere riceverli
ma spero di continuare a meritarli! XD
NAMIKUN: la marina è tutto tranne che simpatica. la storia
di one piece poi ci ha mostrato come la marina compia stragi assurde
per il "bene supremo".
ad ogni modo troverò il simpaticone che ha fatto quella
minaccia penso che presto passerà un brutto quarto d'ora,
resta solo da decidere chi sarà a dargli una bella lezione..
GIODAN: in un certo senso era anche per quello.. rufy non si sarebbe
mai potuto perdonare se qualcuno dei suoi compagni si fosse ferito o
fosse morto per colpa sua. in questi sette anni le sue
capacità sono migliorate è lui ora è
in grado di difendere i suoi amici ma non vuole sconvolgere le loro
vite. preferisce che loro continuino ad odiarlo piuttosto che soffrano
ancora per colpa sua. che eroe, vero?
SAISAI_GIRL: brava, il rapporto di amicizia che hai descritto
è esattamente quello che io mi immagino ci sia tra rufy e
zoro. zoro è rimasto perchè non poteva tollerare
che qualcuno facesse male a rufy. della serie, tu ti sacrifichi per
salvare tutti ma chi salva te? XD al momento più che non
avere pensato delle coppie preferisco concentrarmi sui rapporti di
amicizia senza complicare le cose con delle storie d'amore ma per il
futuro non nascondo che qualche avventura in mente c'è l'ho
per qualcuno della ciurma.. niente di serio si intende..
BLACKHORSE96: non ti preoccupare assolutamente per il ritardo. vivere
la propria vita è assolutamente più importante
che recensire una storia. quelle mica scappano! XD grazie mille per i
tuoi complimenti e spero che il capitolo nuovo ti piaccia.
SCIAINI: grazie mille per il commento, spero che la storia continui a
tenerti incollato (o incollata, chiedo perdono in anticipo per la
gaffe..) allo schermo! XD
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Capitolo 7 *** VERSO ALABASTA: I DUBBI DI ACE ***
CAPITOLO
CINQUE
VERSO ALABASTA: I DUBBI DI ACE
Rivedere i vecchi
amici di suo fratello di nuovo insieme aveva messo Ace di buon umore,
anche se al moro non erano sfuggiti gli sguardi tristi e confusi che si
scambiavano.
Il ragazzo
sospirò e si mise a fissare incantato il mare e la lunga
scia di piccole isole che si stagliava davanti ai suoi occhi. Su ognuna
di quelle isole c’erano villaggi, persone e bambini che non
vedevano l’ora di inseguire i propri sogni. Il sole scaldava
l’aria nascosto dietro un banco di nuvole basse. Era davvero
uno spettacolo superbo, la ragione principale per cui amava la vita che
faceva, libero di seguire i propri sogni e sempre in giro per il mondo.
Quel pomeriggio però neppure lo splendore della natura
riusciva a distrarlo dai suoi pensieri.
Continuava a pensare
agli strani incontri che aveva fatto in quel periodo, prima al Baratie
e poi all’isola di Crocus. Sanji e gli altri non avevano
ancora superato la cosa né sarebbero mai riusciti a farlo e
quel testone non si decideva a cambiare idea. Ace aveva perso il conto
delle volte che nel corso di qui sette anni si era ritrovato a parlare
di quella storia con Rufy e Zoro.
I loro discorsi si
ripetevano quasi uguali ogni volta, senza mai portare a nulla. Era
fiato sprecato cercare di fare ragionare quel testone ma lui e Zoro non
demordevano.
“Dovresti
dire loro la verità..” ripeteva lo spadaccino come
al solito, sperando che la presenza di Ace avrebbe fatto ragionare il
suo capitano. Sapeva che erano parole al vento ma non perdeva la
speranza che Rufy un giorno lo avrebbe ascoltato, che avrebbe
cominciato a pensare un po‘ anche al suo bene e non solo a
quello degli altri.
“Ti sei
sacrificato per loro. È giusto che lo sappiano”
faceva eco Ace. Aveva ripetuto così spesso quelle parole al
fratello che gli sembrava quasi fiato sprecato. Una persona normale si
sarebbe arresa all’evidenza che Rufy aveva la testa dura, Ace
No. Lui era ancora più testardo del fratello ed era
fermamente deciso a non darla vinta a Rufy. Prima o poi
quell’assurda situazione avrebbe avuto fine e tutti gli
interessati avrebbero smesso di farsi male a vicenda, di questo Ace era
sicuro.
Rufy di solito
rimaneva in silenzio, senza dire nulla. Sapeva che Zoro ed Ace odiavano
quei suoi silenzi, che provocavano in loro solamente rabbia ma non
poteva farci nulla. Parlare sembrava così dannatamente
complicato alle volte. Tutto quello che desiderava era che i suoi
compagni fossero felici, il resto non importava. Possibile che Ace e
Zoro non lo capivano e non si decidevano a lasciarlo in pace una volta
per tutte?
“Sono
orgogliosi, non riuscirebbero a sopportarlo.” biascicava dopo
un po’, con lo sguardo fisso oltre la linea
d’orizzonte.
“Hanno
ragione.” mormorava Zoro pensando ai suoi compagni. Lui aveva
scoperto la verità prima che fosse stato troppo tardi e
aveva deciso di seguire il suo capitano a qualsiasi costo, fino alla
morte. Sapeva bene che anche per loro era lo stesso. Se Rufy avesse
detto loro la verità fin dall’inizio avrebbero
deciso di seguirlo comunque proprio come aveva fatto lui, e
probabilmente ci avrebbero rimesso la pelle.
Nonostante non lo
avesse mai dato a vedere anche a lui erano mancati i suoi compagni ma
sapeva bene che Rufy lo aveva fatto per il loro bene. Usop e Nami non
avrebbero sopportato di vedere morire le persone che amavano per colpa
loro, sarebbero morti di dolore oppure sarebbero impazziti.
“Ora le
cose sono cambiate. Tu sei più forte, la marina ti teme e
sei in grado di proteggerli. Perché non ci parli e non gli
chiedi di tornare?” chiedeva Ace, sbattendo con violenza la
realtà sotto gli occhi del fratello. In quei sette anni
erano cambiate molte cose, Rufy era cresciuto ed era diventato ancora
più forte. La marina non era più nella posizione
di minacciarlo, specie se la vecchia ciurma si fosse riunita.
Zoro la pensava come
Ace. In quei sette anni anche gli altri dovevano essere migliorati,
insieme sarebbero tornati a essere i più forti. La marina e
il mondo li avrebbe temuti, i dominatori di tutti i mari.
“Basta Ace!
È una storia superata, per tutti.” chiudeva il
discorso Rufy, chiudendosi nel mutismo più ostinato. Nessuno
riusciva più a cavargli una parola di bocca e diventava
intrattabile anche i giorni successivi.
Ace
sospirò. Rufy, Sanji e anche tutti gli altri dicevano di
essersi lasciati il passato alle spalle ma Ace sapeva che non era
così; in realtà nessuno aveva superato quella
storia. Rufy non aveva mai dimenticato la sua ciurma e non aveva
permesso a nessuno di unirsi a loro, nemmeno ad Ace. Rufy non lo diceva
ma sia Zoro che Ace sapevano che non voleva rimpiazzare i suoi amici.
Quando li aveva guardati andare via quel giorno di sette anni prima
Rufy aveva promesso a se stesso che nessuno li avrebbe mai
più fatti soffrire, lui compreso. Si era tenuto informato
durante quei lunghi sette anni, sapeva quasi ogni cosa di loro. Sapeva
dove stavano, cosa facevano e che persone frequentavano. Sapeva se
erano felici o no, se cambiavano isola o se si erano stabiliti su una
in particolare. Rufy era persino riuscito a fare in modo che tutti i
pirati della zona comprassero o facessero riparare le loro navi da
Franky e Usop. I suoi informatori gli mandavano spesso degli
aggiornamenti e facevano in modo che nessuno, marina o malintenzionati,
desse loro fastidio. Rufy aveva fatto in modo che la vita dei suoi
amici fosse il più possibile felice e senza problemi ma non
aveva mai cercato di contattarli. Era il loro angelo custode, si
prendeva cura di loro da lontano, senza essere visto. Se fosse
rientrato nelle loro vite li avrebbe fatti soffrire e Rufy non voleva
questo. Era convinto che con il tempo loro avrebbero dimenticato tutto,
che si sarebbero scordati di lui nonostante lui fosse il primo che non
riusciva a scordarsi di loro.
Ace era sicuro che si
era sbagliato su tutta la linea, questo era ovvio. Quando aveva visto
quei ragazzi Ace era riuscito a leggere nei loro occhi la sofferenza
che albergava nei loro cuori. La stessa sofferenza che c’era
negli occhi di Rufy nonostante lui cercasse di scacciarla sorridendo,
fingendo di essere lo stesso scapestrato di sempre. Sette anni non
erano bastati a dimenticare il capitano che aveva rischiato la sua vita
per loro e che li aveva abbandonati senza un perché. Forse
nemmeno una vita sarebbe bastata per quello, come dar loro torto.
Mentre la sua mente
lo portava a rivangare vecchi ricordi la nave lo aveva condotto molto
vicino a un’isola. Era la più grande
dell’arcipelago e sembrava ospitare una città di
modeste dimensioni. Ormai si stava facendo tardi e tra poco si sarebbe
fatto buio. La cosa più sensata da fare era fermarsi per
qualche ora a riposare e poi ripartire prima dell’alba, per
non essere visto dalla marina. Ancorò la nave cercando di
nasconderla il più possibile da sguardi nemici e si diresse
verso la città con fare sicuro. Fu li che il destino lo
portò ad incontrare una vecchia conoscenza.
“Accidenti,
il mondo è davvero piccolo!” esclamò
Ace sorpreso trovandosi di fronte Chopper. La piccola renna rimase
immobile, come pietrificata.
“Ace?”
balbettò stupita dopo qualche attimo di stupore. Choppper
non era riuscito ad aggiungere altro. Era scappato dall’isola
di Drum per trovare un po’ di pace in un posto dove nessuno
lo conosceva ed ora si trovava di fronte Ace.
“Esatto!
Prima Sanji, poi tutti gli altri e ora tu. Questa si è che
è fortuna.” continuò Ace sorridendo
mentre la gente lo urtava. Il moro si era fermato nel centro di una
strada molto affollata ma non sembrava badarci più di tanto.
Chopper squadrò a lungo il pirata che aveva davanti, senza
dire nulla. Erano molti anni che non lo vedeva ma non era per nulla
cambiato. Era sempre lo stesso di sempre, forte, deciso, sorridente ma
allo stesso tempo pensieroso, triste ed enigmatico. Trovarsi di fronte
il fratello di Rufy lo metteva a disagio e cosa peggiore, temeva che
potesse esserci anche lui.
“Che ci fai
qui?” chiese sospettosa la piccola renna guardandosi intorno
frenetica.
“Il solito,
viaggio qui e là per il mondo. E tu? Pensavo fossi tornato
sull’isola di Drum..” rispose Ace cercando di
capire in che isola fosse finito. Chopper sembrava essere in
difficoltà, quasi che lo disturbasse parlare della sua isola
natale.
“Me ne sono
andato qualche tempo fa.” disse vaga la piccola renna. Ace
intuì che una parte di lui non voleva dire di più
mentre un’altra non vedeva l’ora di sfogarsi con
qualcuno. Anche nei suoi occhi c’erano sofferenza e dolore,
non c’era più la piccola renna spensierata che
navigava con suo fratello sette anni prima. Era come se qualcuno gli
avesse portato via la felicità e la voglia di vivere. Ace
sospirò.
“Capisco.
Sono molto affamato, che ne dici se andiamo a brindare al destino che
ci ha fatto trovare? Così metto anche qualcosa sotto i denti
e tu mi racconti tutto quello che ti è successo.”
propose Ace, sperando di poter fare qualcosa per aiutare il suo vecchio
amico. Se non avesse fatto nulla per aiutarlo non se lo sarebbe mai
perdonato.
“Non
so..” rispose titubante. La proposta di Ace era allettante,
aveva proprio bisogno di sfogarsi con qualcuno ma temeva che con lui
potesse esserci Rufy. Non aveva per niente voglia di trovarselo davanti
e di raccontare quanto fosse triste e noiosa la sua vita da quando
aveva lasciato la sua ciurma.
“Tranquillo,
sono solo.” disse sorridendo Ace, intuendo ciò che
metteva in crisi la piccola renna e spostandosi finalmente dal centro
della strada.
“Allora va
bene.” accettò Chopper, indicando una via che
portava verso la collina. Ace lo seguì senza dire nulla e si
ritrovò in una piccola casa. C’era una stanza sola
e faceva anche da studio medico, Chopper viveva lì.
I due parlarono fino
a tardi e quando Ace lasciò la casa dell’amico il
sole era già sorto da un po’. Nonostante
quell’incontro avesse ritardato i suoi programmi Ace era
contento, Chopper sembrava stare meglio. Sfogarsi gli aveva fatto
decisamente bene, per la prima volta in sette anni la piccola renna non
si sentiva incompresa e attaccata.
Non aveva chiesto
nulla ad Ace di Rufy, preferiva non sapere. Parlare del suo vecchio
capitano gli faceva ancora male. Ace gli aveva solo detto che stava
andando da lui ma la piccola renna non aveva voluto sapere dove.
Gli occhi
però gli si erano illuminati però quando Ace gli
aveva detto di avere incontrato gli altri. Sapere che i suoi vecchi
compagni si erano ritrovati e avevano ripreso il mare insieme alla
ricerca di un tesoro lo aveva fatto tornare quello di un tempo.
Improvvisamente aveva
realizzato quanto gli fossero mancati in quei sette anni e aveva deciso
che li avrebbe raggiunti. Avrebbe cercato una nave e sarebbe andato
loro incontro. Non sapeva come ma li avrebbe ritrovati e sarebbe
partito con loro verso nuove avventure e nuovi sogni.
Anche Ace alla fine
aveva ripreso il mare alla volta di Alabasta. La sua metà
era vicina, ancora qualche giorno e avrebbe raggiunto Zoro e suo
fratello. Per tutto il tempo della navigazione si chiese cosa avrebbe
fatto una volta lì. Nell’ultimo mese aveva
scoperto molte cose sui vecchi amici di suo fratello, che effetto gli
avrebbe fatto sapere tutto ciò? Lo avrebbe spinto a rivedere
la sua decisione o lo avrebbe convinto ancora di più di aver
fatto la scelta giusta. Mai come quella volta il moro non sapeva cosa
fare e si ripromise di parlarne prima con Zoro.
Ace arrivò
ad Alabasta di mattina, il porto era già in fermento pieno
di vita e di colori.
Il sole splendeva e
illuminava ogni cosa. Gli abitanti del regno sembravano più
felici e allegri che mai. Alcuni bambini stavano saltellando verso la
scuola mentre i loro genitori allestivano un banchetto di pesce al
mercato. Nessuno badava a lui e sorridendo si avviò verso il
palazzo reale dove sapeva che avrebbe trovato i suoi amici.
Il palazzi si trovava
a pochi minuti dal porto ma Ace riuscì lo stesso a perdersi
e dovette chiedere indicazioni a un vecchio signore che leggeva il
giornale. Quando finalmente arrivò a scorgere il palazzo in
lontananza Ace notò una figura a lui conosciuta seduta sui
gradini del palazzo reale. Ace sorrise e ci si avvicinò.
“Era ora
che arrivassi.” brontolò Zoro mentre Ace gli si
sedeva accanto. Aveva notato l’amico da lontano grazie alla
sua vista perfetta. Era da qualche giorno che aspettava
l’arrivo dell’amico.
“Siete qui
da tanto?” chiese Ace guardandosi intorno. Il regno di
alabasta era uno dei più belli e floridi che avesse mai
visto. Dopo aver cacciato Crocodile era tornato a splendere come non
mai e il merito andava tutto alla principessa Bibi.
Zoro non rispose, si
limitò ad alzare le spalle.
“Come va
con Bibi?” chiese ancora Ace, alludendo alla storia tra la
ragazza e il fratello. Un sorriso divertito si dipinse sui volti dei
due ragazzi. Sia lui che Zoro avevano notato l’interessa
della ragazza verso il capitano e pensavano che fossero proprio una
bella coppia, sfortunatamente Rufy la pensava diversamente. Certo, non
era indifferente alla bellezza della ragazza ma sapeva bene di non
essere il tipo di uomo adatto a lei. Amava troppo il mare e la vita da
pirata e di certo non ci avrebbe rinunciato per una ragazza. Nonostante
questo però, viste le continue richieste della ragazza aveva
deciso di accontentarla e di passare qualche giorno insieme a lei.
Sarebbe stata anche l’occasione perfetta per chiarire la
situazione. Ace e Zoro erano curiosi di vedere come si sarebbe evoluta
la storia. Avevano anche fatto delle scommesse su come avrebbe reagito
Bibi.
“Bene
suppongo, non vedo Rufy da qualche giorno. Sicuramente se la sta
spassando..” rispose Zoro sorridendo in modo malizioso. Ace
riflettè per un momento, poi decise di approfittare
dell’assenza del fratello per raccontare a Zoro degli
incontri che aveva fatto negli ultimi tempi. Prima di decidere se
parlarne anche a Rufy voleva sentire il parere dello spadaccino.
“Meno male.
Senti, forse c’è un problema.”
iniziò Ace chiedendosi come avrebbe reagito Zoro. Alla fine
anche lui conosceva bene i ragazzi, sicuramente molto più di
lui. Ace era sicuro che dentro di sé Zoro desiderava che
tornassero a navigare di nuovo tutti insieme ma non avrebbe mai tradito
Rufy.
“Problemi
con la marina?” chiese Zoro sbadigliando e mettendosi comodo.
“No, ma al
faro di Crocus ho visto Brook.” continuò Ace
giocherellando con il suo cappello.
“Vive
lì, no?” disse Zoro, diventando improvvisamente
più attento alla conversazione. Era sicuro che
c’era dell’altro. Ace non avrebbe nominato Brook se
non ci fosse stato dell’altro.
“Si, ma con
lui c’erano gli altri.” mormorò il moro,
fermandosi a vedere la reazione dell‘altro. Zoro si era
irrigidito improvvisamente.
“Cosa?
Erano davvero tutti lì, insieme?” chiese Zoro
confuso. Solo qualche settimana prima avevano avuto notizie dai vari
informatori e sapevano che erano su isole diverse. Come potevano essere
insieme? Doveva per forza essere avvenuto qualcosa di recente.
“Mancava
solo Chopper, si è trasferito su un‘isola.
L’ho incontrato qualche giorno fa. Gli altri penso stiano
andando a cercare un tesoro o qualcosa del genere e lui li vuole
raggiungere” spiegò Ace brevemente. Zoro si
rilassò e torno ad essere impassibile come al solito. Ace
sapeva bene che era solo una maschera e che anche lui era colpito da
quelle novità.
“Perché
pensi che sia un problema? Sono liberi di fare quello che
vogliono.” rispose Zoro chiedendo gli occhi. Quello che
facevano quegli idioti non erano più affari suoi anche se
dentro di sé sperava che avessero finalmente deciso di
chiedere spiegazioni a Rufy. Avevano passato sette anni a farsi del
male, era ora che tutti riprendessero a ragionare.
“Sono
tristi, abbattuti e sospettosi. Hanno cominciato a farsi delle domande,
e vogliono avere delle risposte. Sono determinati, lo dovresti sapere
meglio di me.” continuò Ace, preoccupato delle
conseguenze che questa storia avrebbe avuto su Rufy, o almeno sulla sua
già precaria salute mentale.
“Era ora
che si svegliassero. Ad ogni modo non spetta a me dar loro le risposte
che vogliono.” rispose secco Zoro. Sperava con tutto se
stesso che quel branco di idioti si imbattesse nella loro nave. In quel
caso Rufy sarebbe stato costretto a dare spiegazioni e quella storia si
sarebbe finalmente risolta una volta per tutte.
“Cosa pensi
che farà Rufy?” chiese Ace. Zoro non rispose
subito, ci rifletté prima un po’ sopra. Rufy era
troppo testardo per cambiare idea.
“Non lo so,
credo cercherà di evitarli come ha fatto fino ad ora e
continuerà a mentire.” disse Zoro alla fine. La
cosa migliore sarebbe stata raccontare agli altri tutta la
verità ma sapeva che Rufy non lo avrebbe fatto. Erano anni
che lui ed Ace non facevano che ripeterglielo e non era mai servito a
nulla.
“Dannazione,
perché non si decide a raccontare la verità?
Sarebbe la cosa migliore per tutti.” sbottò Ace
profondamente irritato, tirando un pugno sulla scalinata di marmo. Zoro
rimase nuovamente zitto, lo sguardo fisso davanti a sé.
Nel frattempo, molte
isole e molte miglia più in là Nico Robin era
incantata a guardare il mare. Chiunque non la conoscesse bene avrebbe
creduto che andasse tutto bene, ma Nami sapeva che non era
così. La sua amica era triste e persa nei propri pensieri.
“A che stai
pensando?” chiese Nami all’amica pensierosa. Robin
rimase per un po’ zitta, continuando a fissare il mare.
Raccontare a Nami di quello che la affliggeva era inutile, non avrebbe
capito. Da sette anni la navigatrice provava un odio intenso per Rufy e
non voleva sentire parlare di lui.
“Sappiamo
che Ace è diretto ad Alabasta per incontrare Rufy e Zoro. In
questo momento quei due sono lì, con Bibi.”
rispose Robin alla fine, continuando a fissare il vuoto. Il nome del
loro vecchio capitano aveva attirato tutta la ciurma e aveva provocato
una prevedibile reazione in Nami. La ragazza era diventata rossa e le
mani le tremavano leggermente per la rabbia.
“Un ottima
ragione per tenerci lontano da Alabasta!” rispose Usop
seccato. Nami annuì decisa, mai come quella volta era
d’accordo con il cecchino. Più lontano stavano da
Rufy e meglio era per tutti loro.
“Oppure una
buona ragione per andarci a prendere le nostre risposte. Non possiamo
scappare per sempre dalla verità.” disse Sanji in
tono serio avvicinandosi al gruppo. Robin aveva ragione, dovevano
capire. Zoro era un idiota e una testa d’alga ma non era uno
stupido e non si lasciava mettere i piedi in testa da nessuno. Se
navigava ancora con Rufy doveva esserci una ragione valida e lui voleva
sapere quale fosse.
“Noi non
stiamo scappando! Sono passati sette anni, abbiamo la nostra vita e
stiamo cercando un tesoro. Dobbiamo cambiare tutti i nostri progetti
per lui?” sbottò Nami furibonda. Nessuno
osò contraddirla e sulla nave tornò ad esserci
silenzio.
“Non
possiamo prendere una decisione avventata, potrebbe essere
l’unica occasione per trovare Rufy.”
cercò di farla ragionare Franky. Anche lui come Sanji e
Robin voleva delle risposte. Brook fissava la scena senza dire nulla.
La situazione era davvero delicata, avrebbero dovuto decidere se andare
a cercare Rufy. Il rischio era dividersi nuovamente e lo scheletro non
voleva perdere i suoi amici proprio ora che si erano ritrovati.
“In questo
caso la perdo volentieri!” rispose ancora Nami seccata.
“Basta
ragazzi, litigare non serve a nulla.” disse alla fine lo
scheletro, cercando di riportare la pace e la calma sulla nave.
“Ha
ragione, dormiamoci sopra. Domani decideremo con calma.”
concluse Robin tornando a guardare il mare.
“Come volete, ma io
resto della mia idea.” sbottò irritata la
navigatrice mentre andava a controllare le carte per cercare un posto
tranquillo nel quale gettare l’ancora.
ANGOLO DELL'AUTRICE:
graaazie mille a tutti quelli che leggono e commentano la mia storia!
grazie per ogni attimo del vostro tempo che dedicate a leggere quello
che scrivo, mi fa davvero moltissimo piacere!
grazie in particolar modo a quelli che commentano sempre.
vi lascio con qualche domanda..
- che faranno sanji, nami e tutti gli altri: andranno ad alabasta a
chiedere spiegazioni a Rufy o se ne terranno lontani? si divideranno di
nuovo? incontreranno Chopper?
- dove è finito Rufy con Bibi?
- Ace e Zoro gli diranno di cosa stanno facendo gli altri? che
farà Rufy?
spero che queste domande vi abbiano incuriosito abbastanza da seguire
la mia storia.. XD
SCIAINI: grazie mille per il tuo commento!
spero che questo capitolo ti sia piaciuto quanto il predente ma mai
quanto il prossimo! XD
BLACKHORSE96: grazie mille per aver commentato la mia storia!
ti ringrazio per i complimenti anche se mi sembra troppo paragonarla ad
un'opera d'arte. sei davvero un tesoro però! XD
questa storia è decisamente complicata e sto cercando di
fare in modo che emergano le ragioni di tutti: da una parte Rufy che
è stato costretto a fare così ma anche gli altri
che hanno subito questa decisione senza capirla e Zoro che vorrebbe che
tutto tornasse come prima.
mi fa piacere vedere che sto riusciendo nel mio intento e che la gente
lo apprezza! GRAAAZIE!
SAISAI_GIRL: grazie per il commento!
all'inizio avevo pensato di far trovare loro il cappello ma poi ho
cambiato idea. più avanti nella storia si capirà
perchè era importante che non lo vedessero lì. XD
quando ho iniziato a scrivere la storia Ace non era previsto, mi
serviva solo per far parlare un po' Sanji di sè ma ora sta
cominciando a diventare importante. hai presente quando scrivi ed
è come se i personaggi "vivessero" e si ritagliassero spazi
nella storia da soli? (ti giuro che io ho capito quello che ho scritto
e che non sono pazza.. non so se mi sono spiegata bene
però..)
gli altri non si sono posti domande perchè erano troppo
arrabbiati con Rufy, ora che sanno che è con Zoro stanno
cominciando a volere capire anche loro. tranquilla, non mi stanchi..
anzi! adoro i commenti lunghi, vuole dire che la mia storia ti ha
davvero colpito tanto! XD alla prossima, bacio.
SMEMO92: graaazie mille per il commento!
è bello ritrovarti anche in questa storia! XD sai che anche
io comincio a essere confusa? scherzo ovviamente! XD ad ogni modo le
risposte le possono avere solo da Rufy, Zoro non rivelerebbe mai un
segreto del suo capitano se questi non vuole.
ad Ace Rufy non deve dire nulla di importante. nel biglietto c'era
scritto solo che lui e Zoro si trovavano ad Alasta. nella mia mente in
questi sette anni Ace, Zoro e Rufy si sono trovati spesso a navigare
insieme e si danno appuntamento lasciando lettere qua e la.
per quanto riguarda Chopper, sarà lui stesso ad andargli
incontro. XD
MILENA83:grazie mille per il tuo commento!
eh si, il clima era un po' teso. alla fine di questo capitolo ancora di
più.. i ragazzi dovranno decidere cosa fare, se andare o
meno ad Alabasta.
GRAAAZIE MILLE A TUTTI!
alla prossima...
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Capitolo 8 *** TEMPO DI DECISIONI E DI MOLLARE GLI ORMEGGI ***
CAPITOLO SEI
TEMPO DI DECISIONI E DI
MOLLARE GLI ORMEGGI
Nami si era svegliata
presto quella mattina ed era salita sull’albero maestro a
vedere in mare. Era lontana da tutto e da tutti eppure allo stesso
tempo così vicina. Stare lassù la faceva sentire
al sicuro e allo stesso tempo in pace con se stessa.
Aveva passato tutta
la notte a ripensare alle parole della sera prima, cercando di capire
cosa fosse giusto fare. Quella discussione l’aveva lasciata
piuttosto scossa. Non voleva perdere i suoi compagni una seconda volta
ma allo stesso tempo non voleva avere nulla a che fare con Rufy.
Doveva riflettere e
trovare un buon compromesso in grado di risolvere quella terribile
situazione nel migliore dei modi. Sarebbe stato terribile separarsi
ancora dai suoi compagni come era già successo.
“Nami, tra
un po’ la colazione è pronta”
chiamò Usop con voce ancora impastata dal sonno,
sbracciandosi per attirare l‘attenzione della ragazza. Nami
rimase ancora un paio di minuti immersa nei propri pensieri, cercando
di prepararsi a quello che sarebbe successo di lì a poco.
Dopo la colazione, o forse anche durante, la discussione sulla
destinazione del loro viaggio sarebbe certamente ripresa e lei non era
ancora sicura di avere trovato una buona risposta.
Una volta scesa
dall’albero maestro Nami notò che Usop era ancora
lì, non si era mosso nemmeno di un passo. Era teso
e nervoso, si vedeva lontano un miglio che qualcosa lo tormentava e che
voleva parlarne con la navigatrice. La ragazza sospirò e si
sedette al fianco del cecchino. Ad amico non si nega mai una spalla su
cui piangere o sfogarsi.
“Che
c’è Usop? Centra con la discussione di ieri
sera?” chiese Nami appoggiando la testa sulla spalla di Usop.
“Caspita
che intuito!” rispose lui con fare ironico.
“Ti va di
parlarne?” chiese ancora la ragazza, guardando Usop negli
occhi. Il ragazzo abbassò subito lo sguardo, quasi gli
pesasse. Nonostante tutto quel tempo erano ancora in grado di capirsi
al volo. Usop aveva intuito che la ragazza di riferiva al loro vecchio
capitano.
“Di Rufy?
No grazie. È fuori dalla mia vita, non conta più
nulla per me. Dovrebbe essere così anche per gli
altri..” sbottò Usop incrociando le braccia. Nami
lo fissò per un po’, e nonostante la
serietà del momento non poté fare a meno di
scoppiare a ridere. Nemmeno lei riusciva a spiegarsi come mai i loro
compagni volessero a tutti i costi trovare Rufy. Che potevano volergli
dire?
“Ti capisco
benissimo, anche io la penso come te. Gli altri però
vogliono delle risposte. Fino a che non le avranno resteranno
pensierosi e tristi e finirebbero per prendersela con noi
perché abbiamo impedito loro di averle.” disse
Nami sospirando. Era convinta che Rufy non avrebbe dato loro delle
risposte, che li avrebbe fatti stare ancora peggio di quanto aveva
già fatto in passato.
“Io non
voglio che la nostra ciurma si divida di nuovo. Ci siamo appena
ritrovati!” esclamò Usop con le lacrime agli
occhi. Nel suo sguardo sconsolato e nei suoi gesti tristi Nami rivide
gli stessi dubbi e la stessa sofferenza che l’aveva
attanagliata quella notte.
“Nemmeno io
lo voglio, per questo penso che la decisione migliore sia andare ad
Alabasta.” spiegò Nami. Alla fine aveva capito che
era la cosa migliore da fare. Lo doveva ai suoi amici, era
l’unico modo per non perderli. Doveva fare in modo che si
convincessero da soli, che sbattessero la testa e che capissero che
razza di persona era i loro ex capitano Rufy.
“Vuoi
vedere davvero Rufy?” chiese Usop dubbioso. Conosceva bene
Nami, e sapeva che nemmeno lei aveva una gran simpatia per Rufy al
momento.
“Non ne ho
la minima intenzione! Ma è giusto che gli altri abbiamo la
possibilità di vederlo, di fargli domande e di avere
risposte. Solo così potranno mettersi l’anima in
pace una volta per tutte. Io penso che me ne rimarrò sulla
nave.” spiegò Nami sorridendo. Usop la
fissò per un po’ senza dire nulla, poi
iniziò ad annuire piano.
“E dopo
faremo rotta sul tesoro?” chiese Usop con un tono stranamente
serio che di solito non gli apparteneva.
“Ovvio!”
rispose Nami con un sorriso che gli andava da una parte
all’altra del viso. Usop annuì ancora e la ragazza
lo abbracciò. Proprio in quel momento vennero raggiunti
dagli altri. Sanji aveva deciso che la giornata era troppo bella per
stare rinchiusi tra quattro pareti, così aveva preparato
ogni cosa per fare colazione sul ponte della nave.
“La mia
dolce principessa Nami. Hai passato una notte piacevole?”
urlò Sanji avvicinandosi ai ragazzi. Alle sue spalle
c’erano gli altri, tutti un po’ assonnati e
silenziosi ma anche stupiti per le leccornie che il cuoco aveva
disposto sulla tavola.
“Diciamo di
si, anche se più che dormire ho pensato.” rispose
Nami senza smettere di sorridere. I ragazzi si sedettero a tavola e
iniziarono a mangiare senza dire nulla. Tutti loro temevano quella
discussione e stavano cercando di rimandarla il più
possibile.
“Dobbiamo
decidere che fare..” iniziò Robin con un tono
insicuro che di solito non gli apparteneva.
“Mi sembra
di capire che si tratta di scegliere tra cercare Rufy e fargli domande
e andare per la nostra strada.” continuò Franky
per lei.
“Rufy
è il nostro passato, non possiamo ignorarlo. È
giusto che capiamo se esiste qualche ragione valida che lo ha portato
ad agire così.” rifletté Brook. Era
evidente che la decisione per loro era presa e che volevano sapere che
ne pensavano anche Nami e Usop. Nami si voltò verso il
cecchino, che ascoltava i compagni e teneva la testa bassa.
“Nami, Usup
voi che ne pensate?” chiese Sanji tornando serio. Lo sguardo
di tutti si portò su Nami e su Usop. Entrambi erano immobili
e silenziosi. I due ragazzi erano certo quelli che avevano sofferto di
più per la loro separazione.
“Io non
voglio più sapere nulla di Rufy. Per quanto mi riguarda ha
sbagliato e non si merita la nostra attenzione. Però non
voglio perdere voi..” disse alla fine Usop, ormai
completamente in lacrime. I ragazzi sembrarono colpiti da quelle parole.
“Io e Usop
prima abbiamo parlato sul ponte. Non condividiamo l’idea di
cercare Rufy e di vederlo, ma sappiamo che per voi è
importante.” spiegò Nami.
“Quindi?”
chiese Robin timidamente.
“Quindi va
bene andare a cercarlo, voi farete tutte le domande che volete ma io e
Nami non vogliamo saperne nulla di lui.” concluse Usop
sorridendo. I ragazzi si scambiarono dei grossi sorrisi, poi corsero ad
abbracciare Nami e Usop, coscienti di quanto fosse stato difficile per
loro prendere quella decisione.
“Dopo
ripartiremo per la nostra avventura.” promise Sanji.
“Dici
davvero Nami?” chiese Franky fissando la ragazza. Non gli
sembrava vero che avesse preso quella decisione.
“Certo Nico
Robin, dobbiamo lasciarci il passato alle spalle. Se per farlo a voi
serve rivedere quel verme va bene.” spiegò Usop. I
ragazzi fissarono quei due loro compagni con occhi nuovi.
“Allora
è deciso, rotta verso Alabasta!” urlò
Brook brandendo il suo bastone.
“Ci
conviene muoverci però, prima che riparta per
chissà dove.” rifletté Nami pensierosa.
“Ad
Alabasta!” urlarono insieme i ragazzi.
Zoro ed Ace erano
seduti al tavolino di una locanda, troppo occupati a parlare tra loro
per prestare attenzione alle splendide ragazze che non toglievano loro
gli occhi di dosso da ore. Una barista continuava a ronzar loro intorno
con insistenza ma i due ragazzi sembravano non volerne sapere nulla.
“Buon
giorno!” salutò Zoro vedendo spuntare dal nulla il
suo capitano che aveva l’aria di uno che non dormiva da un
bel po’. Nonostante la stanchezza sul volto di Rufy
c’era il suo solito sorriso che si illuminò ancora
di più alla vista del fratello.
“Ace! Che
dite di bello?” esclamò il ragazzo, felice di
rivedere il suo amato fratellone.
“Sei tu
quello che dovrebbe avere qualcosa da raccontare.” rispose il
moro con le lentiggini alzandosi per abbracciarlo come si deve.
“Uffa,
quante volte lo devo dire che tra me e Bibi non
c’è assolutamente nulla. Smettetela con questa
storia.” brontolò Rufy sbuffando. Zoro e Ace si
guardarono e scoppiarono a ridere senza ritegno, mentre Rufy si
guardava intorno fingendosi offeso.
“A lei lo
hai detto?” chiese malizioso Zoro indicando al nuovo arrivato
una sedia.
“Diciamo di
si..” iniziò Rufy grattandosi la testa mentre si
lasciava cadere sulla sedia con poca grazie.
“Come
l’ha presa?” chiese Ace beccandosi
un’occhiataccia dal fratello. Era arrivato da poco e sapeva
già tutto, Zoro aveva proprio deciso di mettere i manifesti
e di raccontare i fatti suoi al mondo. Mancava solo che anche la marina
gli mandasse un messaggio o una lettera per informarsi circa gli
sviluppi della sua vita sentimentale. A volte Zoro sapeva essere per
davvero peggio di una donna dal parrucchiere.
“Pensavo
peggio.” rispose Rufy mantenendosi sul vago.
“Ma scusa,
se sei venuto qui per dirle che non puoi avere una storia con lei
perché siete spariti insieme per due giorni?”
chiese Zoro sempre più curioso e sempre più
malizioso.
“Usa un
po’ di fantasia..” mormorò Ace
scambiandosi un’occhiata di intesa con lo spadaccino. Rufy
cominciò a tossire nervosamente, senza ne confermare ne
smentire le insinuazioni dei due.
“Uffa, ma
voi non avete proprio niente di meglio da fare?”
balbettò alla fine, rosso in viso e decisamente nervoso,
sperando di convincerli a cambiare discorso.
“Una
questione seria ci sarebbe..” iniziò Zoro
facendosi d‘improvviso serio. Si immaginava come sarebbe
finita la loro conversazione.
“Sentiamo.”
rispose Rufy mettendosi comodo e rubando del cibo dal piatto di Ace
come faceva di solito. Stranamente il fratello non lo
rimproverò ma lo lasciò fare.
“Non so se
ti piacerà però.” continuò
lo spadaccino indeciso se raccontare tutto o meno.
“Di che si
tratta?” chiese il capitano impaziente.
“Novità
sui ragazzi.” rispose Ace venendo in aiuto di Zoro. Rufy
smise di mangiare e rimase immobile.
“Si sono
fatti vivi gli informatori?” chiese dopo un lungo istante di
silenzio. Ace e Zoro si scambiarono un’occhiata prima che uno
dei due si decidesse a rispondere.
“No, Ace li
ha incontrati. Sembra che li abbiamo mancati di qualche giorno al faro
della reverse mountain.” spiegò Zoro, bene attento
alle reazioni del suo capitano. Sapeva bene che bastava poco per farlo
scattare.
“E
quindi?” chiese Rufy cercando di nascondere l’ansia
che lo aveva assalito. Nella sua testa si erano formate mille domande.
Che ci facevano insieme al faro? I suoi informatori gli avevano detto
che erano separati, su isole diverse e con obiettivi diversi.
“Viaggiano
di nuovo insieme e hanno cominciato a farsi delle domande. Forse
sarebbe ora che tu dessi loro delle risposte.”
spiegò meglio Ace, avendo cura di scegliere bene le parole,
l’ultima cosa che voleva era che finissero a pugni. Il suo
adorato fratellino aveva un cuore grande, ma era anche
l’essere più testardo che avesse mai conosciuto.
“Abbiamo
fatto questo discorso molte volte, ormai dovreste conoscere la mia idea
in proposito.” rispose Rufy gelido. Perché tutte
le volte dovevano finire a parlare del passato? Aveva preso una
decisione tanti anni prima, era stata una decisione difficile e ora
doveva portarla avanti. Doveva farlo per i suoi compagni, per fare in
modo che non succedesse nulla di male a loro.
“Ma Rufy
ragiona..” implorò Ace, cercando inutilmente di
fare ragionare il fratello. La gente intorno a loro aveva preso a
guardarli, curiosa.
“No, la mia
idea rimane la stessa.” rispose Rufy alzandosi dal tavolo.
Improvvisamente gli mancava l’aria, sentiva il bisogno di
uscire e fare due passi da solo senza Zoro o Ace intorno. Voleva solo
rimanere da solo e pensare.
“Idiota.”
mormorò Zoro a bassa voce.
“Zoro,
domani mattina presto partiamo. Ace se vuoi venire con noi sei bene
accetto.” comunicò Rufy con una voce priva di
espressione mentre si allontanava dai due ragazzi. Zoro lo
guardò andare via scuotendo la testa, poi
sospirò. Doveva aspettarselo che sarebbe finita
così, eppure non aveva ancora smesso di sperare che tutto
tornasse come era stato un tempo, tanti anni prima.
“Ha la
testa dura.” commentò Ace con un mezzo sorriso.
Anche lui sapeva come sarebbe finita ancora prima di iniziare.
“Sapevamo
tutti e due come avrebbe reagito.” mormorò Zoro
alzando le spalle.
“Non hai
intenzione di fare niente tu?” chiese Ace, fissando
attentamente lo spadaccino per cercare di indovinare le sue prossime
mosse.
“Per il
momento No. Alla fine non è ancora successo nulla, quel
branco di babbei ha solo ripreso a navigare insieme..” disse
Zoro dopo averci pensato un po’ su.
“Ma se
dovesse trovarvi e fare domande?” chiese ancora Ace.
“Quando
quel giorno arriverà vedrò di pensare a cosa
fare.” rispose Zoro alzandosi anche lui e lasciando Ace solo.
Zoro prese a
camminare per le vie di Alabasta mentre la sua mente correva veloce. I
suoi compagni avevano ripreso a navigare insieme, ma questo non voleva
dire assolutamente nulla. Tutti loro erano arrabbiati a morte con Rufy
e non sapevano come erano andate veramente le cose, probabilmente non
avevano nessuna intenzione di cercarli. Zoro alzò le spalle.
In più c’era da considerare che l’oceano
era grande, e lui e Rufy erano dannatamente bravi a non farsi trovare.
La probabilità di trovarseli di fronte era molto basse,
anche se forse solo in quel caso Rufy si sarebbe finalmente deciso a
fare i conti con il passato.
ANGOLO
DELL'AUTRICE:
graaazie mille per essere arrivati a leggere fino a qui nonostante la
mia prolungata assenza.
ringrazio chi ha commentato lo scorso capitolo e quell'anima gentile
che mi ha contattata per mail: sono queste piccole cose a rendere
davvero felice un'autrice! XD
SAISAI_GIRL: grazie mille per il commento.
beh, ogni autore ha le sue fisse, una delle mie quando scrivo di one
piece è Ace. adoro quel personaggio, e quando scrivo una
storia mi viene naturale dargli importanza, pur senza
inserirlo nella ciurma ufficiale. che vuoi che ti dica,
questa è pazzia pura.. SONO MATTA! XD
riguardo Rufy e Bibi, spero che tu abbia capito.. non mi andava di
alzare il rating della storia! XD il prezioso cappello di paglia al
momento è ancora a casa di Crocus al faro, su questo niente
mistero! XD
MILENA83: grazie mille per il commento.
sei stata davvero un tesoro a recensire, e spero che lo farai anche se
erano secoli che non aggiornavo! XD
SMEMO92: grazie mille per il commento!
Zoro ed Ace ci hanno provato anche sta volta, ma hanno solo ottenuto di
alterare Rufy e fargli decidere di andarsene.. come faranno gli altri a
incontrarlo? XD
GRAAAZIE MILLE, AL PROSSIMO AGGIORNAMENTO! XD
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Capitolo 9 *** UNA CIURMA PARTE, UN'ALTRA SI RITROVA ***
CAPITOLO
SETTE
UNA
CIURMA PARTE, UN’ALTRA SI RITROVA
Rufy aveva mantenuto
la sua parola, e il mattino seguente era in porto a sistemare ogni cosa
per la partenza mentre Zoro dormiva ancora sottocoperta. I due ragazzi
non avevano più parlato dopo la discussione al bar. Mentre
caricava gli ultimi barili a bordo Rudy si guardava intorno, incantato
dalla vista del mare di prima mattina.Il volto del capitano era stanco
e segnato da occhiaie che lasciavano intendere che la notte precedente
non aveva quasi chiuso occhio. Intorno a lui non c’era
nessuno, nemmeno i pescatori che erano ancora intenti a pescare in
mezzo al mare. Tutta quella tranquillità dava modo a Rufy di
rimanere solo con i suoi pensieri.
Quando aveva lasciato
Zoro ed Ace era tornato al castello, da Bibi. Lo aveva fatto senza
pensarci troppo, andare da lei era stato un gesto automatico. Il
ragazzo aveva pensato che passare qualche ora con l’amica
l’avrebbe aiutato a stare meglio, sfortunatamente la ragazza
era abbastanza scossa e Rufy si era ritrovato a litigare di nuovo con
lei. Non poteva biasimarla, solo poche ore prima gli aveva detto che se
ne sarebbe andato e che non potevano stare insieme, come poteva
pretendere che la ragazza lo accogliesse a braccia aperte? I due
avevano bisticciato un po’, questione di pochi minuti, poi i
sentimenti che Bibi provava per il pirata avevano avuto la meglio sul
suo orgoglio ferito.
“Perché
non affronti il tuo passato? Sono i tuoi amici.. Le persone a cui anni
fa avevi affidato la tua vita.” aveva consigliato lei, con un
tono infinitamente triste. Anni prima, quando avevano navigato insieme,
aveva potuto constatare di persona quanto fossero affiatati i pirati di
Cappello di Paglia. Era triste pensare che ora non si parlavano nemmeno
più, forse solo per un malinteso.
“Non mi va
di parlarne.” era stata la risposta secca con cui Rufy aveva
chiuso la discussione.
Quelle parole avevano avuto il poter di far perdere a Bibi le staffe.
“A te non
va mai di parlarne. Di la verità, non vuoi parlarne con me.
Che c’è, non ti fidi?” aveva chiesto
Bibi, rossa in viso per la rabbia.
Rufy non aveva
risposto ed aveva preso a fissare un arazzo sulla parete di fronte.
Ritraeva il re insieme a una donna, forse la madre di Bibi o
addirittura Bibi stessa. La bellezza della donna sull’arazzo
lo aveva colpito particolarmente ed era rimasto a fissarlo per un bel
po’, come incantato.
“Ho
sbagliato a venire qui da te. Scusa, dimentica tutto quello che ho
detto.” aveva risposto Rufy senza guardarla negli occhi.
Andare da lei era stato un errore, aveva solo complicato le cose e reso
più dura per tutti e due la partenza. Rufy non poteva
più stare ad Alabasta, il suo passato poteva raggiungerlo da
un momento all’altro, e Bibi invece non poteva andare via. La
loro storia era destinata a finire ancora prima di essere iniziata sul
serio. Tutto quello che c’era stato era solo una lunga e
perfetta notte d’amore, un sogno, o forse un solo una breve
illusione.
“Rufy..”
aveva provato a chiamarlo lei mentre il ragazzo si stava già
allontanando. Qualcosa diceva a Bibi che questa volta non sarebbe
più tornato da lei. La ragazza si fece coraggio e
ricacciò indietro le lacrime. Doveva essere forte.
“Domani
parto, è meglio che la marina non ti veda al porto oppure ti
faranno mille domande.” aveva poi detto lui senza girarsi,
con un tono di voce che non tradiva nessuna emozione. Improvvisamente
per Bibi la situazione era diventata insostenibile e si era aggrappata
al braccio del pirata con tutte le sue forze. Non voleva che lui se ne
andasse, voleva trattenerlo lì. Non poteva lasciarla sola.
“Perché
così presto? Avevi detto che saresti rimasto ancora un
po’..” aveva scongiurato lei, mentre le lacrime che
a lungo aveva trattenuto cominciavano a bagnarle il bel viso. Rufy
aveva sospirato ed aveva preso a fissarla a lungo prima di rispondere.
Era così dannatamente bella. Ormai era diventata una donna,
nel suo viso non vi era più traccia della ragazzina
impaurita che aveva incontrato tanti anni prima durante la rivolta del
suo paese.
“Te
l’ho già detto. Ace mi ha detto che li ha
incontrati.. Loro sanno che sono qui e forse vorranno cercarmi e farmi
domande a cui non posso rispondere.” aveva spiegato lui,
paziente, fissandola negli occhi e cercando di imprimere bene nella sua
memoria ogni dettaglio del suo viso.
“Perché?”
aveva chiesto lei in modo quasi infantile, senza lasciare il braccio di
Rufy. Il
ragazzo sospirò nuovamente.
“Se te lo
dicessi tu poi lo diresti a loro.” aveva mormorato alla fine,
avvicinandosi alla ragazza e sfiorandole il viso. Le loro labbra si
erano trovate improvvisamente vicine. Prima che se ne rendessero conto
si stavano baciando.
Bibi stringeva a sé Rufy, mentre si perdeva nel suo bacio
che sapeva di sale, di mare e di libertà.
“Per
favore, dimmi la verità. Non ti tradirei mai, lo sai.
Considerala la mia ultima richiesta..” aveva implorato Bibi.
Rufy l’aveva fissata a lungo negli occhi. Entrambi avevano
capito che quello era un addio. Il pirata decise così di
fidarsi.
“Sette anni
fa li ho mandati via per proteggerli.” aveva detto Rufy alla
fine.
Raccontare quella storia a qualcuno dopo tanti anni era come liberarsi
di un peso.
“Da
cosa?” aveva chiesto Bibi, stupita e curiosa allo stesso
tempo.
“Da me. La
marina mi cercava e pur di arrestarmi era disposta a tutto, anche di
fare del male a loro. Non potevo permetterlo. Li ho mandati via, ho
fatto in modo che mi odiassero e poi ho realizzato il mio sogno, sono
diventato il più forte per poterli proteggere. Non posso
permettere che loro sappiano, non se lo perdonerebbero mai.”
aveva raccontato Rufy, accarezzando piano il viso della ragazza. Dopo
che il pirata ebbe finito di parlare per un po’ cadde il
silenzio. In quegli attimi di attesa Rufy si chiese se Bibi avrebbe
davvero mantenuto quel segreto, o meno.
“Ti
mancano?” aveva chiesto ancora la principessa, cercando lo
sguardo sfuggente del pirata, ancora ben stretta nel suo abbraccio.
“Senza di
me stanno meglio, per loro sono sempre stato solo un idiota.”
aveva detto Rufy alzando le spalle fingendosi indifferente, mentre sul
suo volto si disegnava un sorriso malinconico.
“Sai bene
che non è così.” aveva protestato lei,
abbracciandolo un ultima volta.
“È
quello che pensano ora, e a me va bene.” aveva risposto lui,
allontanandola dolcemente.
L’aveva guardata ancora per qualche istante, poi si era
avviato lentamente verso la porta.
“Ti odio
Rufy. Come puoi mentire così alle persone che
ami?” gli aveva urlato contro Bibi sperando che lui tornasse
indietro o quanto meno di fermasse. Rufy però era
già lontano, stava scendendo le scale. Se ne stava andando
da lei, per sempre.
“Addio
Bibi..” aveva mormorato piano mentre usciva dal castello e si
dirigeva al porto dove sicuramente Zoro lo stava aspettando.
Proprio le parole
dello spadaccino, finalmente sveglio, riportarono Rufy alla
realtà. “Capitano, ci sei?” chiese Zoro,
destando l’amico dai pensieri della sera prima. Lo spadaccino
si era svegliato da poco e aveva una cera decisamente migliore del suo
capitano.
Rufy annuì poco convinto, non si sentiva bene e gli girava
la testa, ma non ci fece troppo caso.
“Scusa,
stavo pensando ad altro..” rispose Rufy distrattamente,
guardandosi attorno per cercare suo fratello con lo sguardo.
Di Ace non c’era traccia, ma Rufy non parve preoccupato. Era
tipico di suo fratello sparire, cadere addormentato da qualche parte e
tornare all’improvviso facendo una delle sue entrate ad
effetto.
Nella testa del
capitano si rincorrevano mille pensieri diversi. Pensava alla sua
ciurma che stava navigando in balia di chissà quali
pericoli, alle parole di suo fratello e a quelle di Zoro e soprattutto
pensava a Bibi.
Istintivamente il
pirata si volto e lanciò un’ultima occhiata al
castello. Sicuramente Bibi era laggiù, sulla torre
più alta che lo guardava allontanarsi. Forse il suo volto
era rigato di lacrime mentre ripensava alla storia della principessa
infelice e del pirata che amava la sua libertà. Lei gli
aveva offerto di diventare re della sua terra, ma lui voleva dominare i
mari.
Rufy sospirò. Aveva preso la decisione migliore, insieme
sarebbero stati solamente infelici, non avrebbero avuto un futuro.
“Me ne sono
accorto da solo.” ribatté Zoro, arrampicandosi
sull’albero maestro per sistemare le vele.
Rufy si guardò intorno un’ultima volta a
controllare che tutto fosse in ordine e che le provviste fossero state
caricate.
“Sicuro di
partire?” chiese Ace, appoggiando una mano sulla spalla del
fratellino.
“Sicuro di
non venire con noi?” chiese Rufy in risposta con un sorriso.
“Sono un
solitario, lo sai. Devo sistemare un conto in sospeso con un tizio che
mi lasciato una cicatrice come ricordo.” spiegò
Ace, indicando la ferita che gli aveva medicato qualche tempo prima
Crocus al faro.
“Mi fa
quasi pena. Non fargli troppo male.” si raccomandò
Zoro, preoccupato per le sorti del povero pazzo che aveva osato
mettersi contro ad uno come Ace Pugno di Fuoco. Dopo tutto, uno che
aveva un soprannome del genere tanto tranquillo non poteva esserlo, era
incredibile che al mondo ci fossero tanti pirati ansiosi di finire
sotto terra prima del tempo.
“Dipende da
come si comporta lui. Ci troviamo alla solita isola?” chiese
Ace guardando prima Zoro e poi Rufy.
Il capitano parve pensarci qualche secondo, poi annuì.
“Certo, ho
proprio bisogno di un po’ di riposo.”
mormorò Rufy pensieroso.
Zoro non disse nulla ma lanciò al compagno un lungo sguardo
preoccupato.
“Senti
fratellino, per quella storia dei tuoi compagni..”
iniziò Ace.
“Non sono
più i miei compagni e non mi va di parlarne.” lo
bloccò subito il fratello minore, lanciandogli
un’occhiataccia. Ace decise di non sfidare ulteriormente la
pazienza del fratello e saltò sulla propria imbarcazione.
“Come vuoi,
ci vediamo presto.” salutò il fratello maggiore
prendendo il largo.
Rufy e Zoro rimasero
soli nel porto silenzioso, mentre le onde si infrangevano piano sulla
loro nave. Senza dire nulla Rufy andò al timone e
guidò con mano sicura l’imbarcazione verso il mare
aperto. Lo spadaccino si sedette alle sue spalle, la schiena appoggiata
all’albero maestro e gli occhi semichiusi.
“Hai la
testa dura.” commentò Zoro, dopo qualche ora che
avevano preso il largo. Rufy in risposta
alzò le spalle.
“Se non ti
va bene il mio modo di fare sei libero di raggiungerli. Ti chiedo solo
di tenere la bocca chiusa.” rispose Rufy, infastidito. Zoro
sospirò.
“Sei un
idiota, sai bene che senza di me ti prendono tra tre giorni.”
rispose lo spadaccino, prendendo il posto dell’amico al
timone. Rufy era esausto e sembrava anche avere qualche linea di
febbre, aveva decisamente bisogno di dormire qualche ora.
“Si, si..
Come vuoi. Buona notte.” disse Rufy, mettendo fine a quella
discussione.
Mentre i due ragazzi
si allontanavano da Alabasta una nave pirata ci si avvicinava sempre di
più. Nonostante viaggiassero insieme già da
qualche settimana la vecchia ciurma di Cappello di Paglia non si era
ancora data un nuovo nome, ne aveva disegnato una nuova bandiera. Erano
pirati e basta, senza simboli e senza legami con il passato. Non
avevano nemmeno nominato un nuovo capitano, nonostante Usop non facesse
altro che cercare di convincere i compagni a scegliere lui.
Nonostante fosse
presto quella mattina erano già tutti svegli, ognuno
occupato nei propri compiti.
Sanji riordinava la cucina, Usop scrutava l’orizzonte, Nami
controllava la rotta insieme a Robin, Franky era chiuso nel suo
laboratorio a inventare qualcosa e Brook componeva una nuova canzone
per divertire i compagni.
“Ragazzi!”
chiamo Usop dalla torre di vedetta, cercando di attirare
l’attenzione dei compagni. I ragazzi alzarono la testa nella
sua direzione, senza interrompere quello che stavano facendo.
“Terra in
vista?” chiese Nami, ansiosa. Navigavano da giorni ormai, e
la terra non doveva essere troppo lontana.
Di li a poco sarebbero sbarcati e si sarebbero trovati di fronte il
loro vecchio capitano, il ragazzo che avevano deciso di seguire che li
aveva allontanati sette anni prima. La ragazza era più che
mai in ansia.
“No, uomo
in mare.” rispose Usop deciso. Quelle parole ebbero il potere
di mettere in allarme tutto l’equipaggio che subito si
precipitò sul ponte.
“Dove?”
chiese Franky, scrutando l’orizzonte senza vedere nulla. Le
onde erano piuttosto alte e nascondevano la visuale al cyborg.
“Di fronte
a noi. C’è una piccola nave alla
deriva..” spiegò Usop, dando indicazioni ai
compagni per individuare la barca in balia delle onde. I ragazzi
dovettero guardare con molta attenzione, ma alla fine avvistarono la
nave in questione.
“Sembra
vuota, sei sicuro che ci sia qualcuno?” chiese Brook,
dubbioso. Usop non rispose e cercò di guardare meglio con il
suo speciale binocolo.
“Andiamo a
controllare comunque.” ribatté Sanji, deciso. Se
c’era qualcuno a bordo di quella bagnarola era loro preciso
dovere aiutarlo. Non potevano certo lasciarlo solo in balia delle onde.
Poteva essere ferito, oppure non mangiare da giorni.
“Aspettate,
e se fosse una trappola della marina?” chiese Usop,
preoccupato. Proprio la sera precedente a tavola ne stavano parlando.
Navigavano da settimane, eppure nessuna nave della marina aveva dato
loro fastidio. Sembrava troppo bello per poter essere vero. Robin era
convinta che la marina stesse per tendere loro una trappola, e Sanji e
Franky sembravano essere dello stesso parere. Usop aveva preso a
tremare, nascondendosi dietro Brook. L’unica che aveva preso
la cosa con ottimismo era stata Nami. La ragazza era più che
mai convinta che non sarebbe successo solo nulla e che la buona stella
che aveva tenuto la marina lontana da loro per tutti quegli anni
avrebbe continuato a proteggerli anche ora. Sanji non sembrava troppo
convinto, ma non aveva contraddetto la navigatrice. Dopo tutto un
gentiluomo con contraddice mai una donna.
“Se
c’è qualcuno a bordo non possiamo lasciarlo nei
guai.” replicò Robin, dando voce al pensiero dei
suoi compagni.
“Va bene,
andate ma state attenti.” si raccomandò Nami,
preoccupata. I ragazzi annuirono silenziosamente, poi Franky e Sanji
calarono in mare una scialuppa e si avvicinarono alla barca mentre gli
altri li osservavano dal ponte della loro nave.
“Ho paura,
andrà tutto male, me lo sento!” continuava a
ripetere Usop, pessimista come suo solito.
“Sai che
novità!” commentò Brook alzando le
spalle ossute. Robin lanciò loro un’occhiataccia
che ebbe il potere di farli tacere una volta per tutte.
“Allora?”
chiese Nami nervosa dopo un po‘, rivolta ai compagni ormai
giunti sulla nave.
“Chopper!”
rispose Franky, lasciando tutti loro di stucco.
“Cosa?”
chiesero Nami, Usop, Robin e Brook insieme, increduli.
“È
Chopper. È debole e privo di sensi! spiegò meglio
Sanji. A quelle parole mancò poco che i compagni rimasti
sulla nave cadessero in mare per la sorpresa. Brook fu il primo a
riprendersi dallo stupore.
“Che ci fa
qui da solo in mezzo al mare?” chiese Brook, incredulo.
“Portalo
subito a bordo!” ordinò Nami, mentre Usop e Robin
si precipitavano a prendere delle coperte calde per il loro amico.
“Presto,
acqua e cibo.” urlò Sanji, depositando il corpo
della piccola renna sul ponte della nave e avvolgendolo in una coperta
calda. Tutti gli amici lo circondarono, temendo il peggio e sperando
che il loro amico di riprendesse presto.
“Chopper,
ci senti?” chiamò Robin, scuotendolo piano mentre
i compagni trattenevano il respiro, preoccupati.
“Ro..
Robin?” mormorò piano il dottore, mettendo a fuoco
ciò che lo circondava.
Tutto gli sembrava confuso, eppure quella che aveva davanti sembrava
proprio Robin, e quelli intorno a lei parevano essere i suoi amici,
Usop, Sanji, Nami, Franky e Brook, di nuovo insieme proprio come aveva
detto Ace.
“Si, sono
io. Come stai?” chiese la ragazza, con un sorriso sulle
labbra.
I compagni tirarono un sospiro di sollievo, sollevati di sapere che
l’amico stava meglio.
“Robin! Che
bello vedervi! Ragazzi, ci siete tutti! Che bello vi ho
trovati!” esclamò la piccola renna, cominciando a
saltellare per la felicità, dimenticando le ferite e la
stanchezza. Aveva trovato i suoi compagni, alla fine
c’è l’aveva fatta, tutto il resto non
importava più.
“Stavi
cercando noi?” chiese Franky stupito dalle parole del
dottore.
“Si, da
quando Ace mi ha detto che avevate ripreso il mare non ho fatto altro
che cercarvi. Per favore, portatemi con voi.”
implorò la piccola renna. I ragazzi sembravano sorpresi,
sconvolti da tutte le informazioni che Chopper in pochi minuti aveva
dato loro; aveva preso il mare per cercarli, senza pensare nemmeno per
un istante che era pericoloso e che non sapeva nuotare, e aveva anche
incontrato Ace.
Accidenti, sembrava che Ace fosse davvero ovunque negli ultimi tempi.
“Che
domande, è ovvio che vieni con noi.”
esclamò Usop deciso.
“Ci serve
un medico di bordo, no?” disse Nami sorridente. Quelle parole
resero Chopper ancora più felice.
Finalmente era tornato a casa, da quella che aveva sempre considerato
la sua famiglia.
“Che bello,
ci siamo tutti.. Manca solo Zoro!” sospirò la
piccola renna guardandosi intorno con un sorriso. I ragazzi a quelle
parole si bloccarono all’improvviso e presero a guardarsi
l‘un l‘altro, turbati.
Chopper era sorpreso, e cominciò a chiedersi cosa avesse
detto di sbagliato per causare una reazione del genere.
“Come, non
lo sai? Eppure hai incontrato Ace..” iniziò Sanji,
accendendosi una sigaretta.
La nicotina era ciò di cui i suoi nervi avevano bisogno per
avere abbastanza lucidità da trattare
“l’argomento Zoro”.
“Di che
parlate?” chiese la piccola renna, confusa.
Non riusciva a capire perché i ragazzi avevano avuto quella
reazione dopo che lui aveva nominato il loro vecchio spadaccino.
“Zoro
naviga con Rufy.” spiegò Robin in un sussurro.
Chopper spalancò la bocca e mancò poco che
cadesse all’indietro.
“Non lo
sapevo, non ho parlato di lui con Ace. Mi ha solo detto che stava
andando da Rufy, ma non ho voluto sapere dove. Zoro con Rufy, come
è possibile?” chiese la piccola renna, spiazzata.
Guardò ancora una volta i compagni e sui loro volti ci lesse
la stessa tristezza che albergava anche nel suo. Nemmeno loro sapevano
cosa fosse successo.
“Sembra
incredibile anche a noi.” commentò Brook,
giocherellando nervosamente con il suo bastone.
Sapere che Zoro e Rufy navigavano insieme lo aveva sorpreso, ma la cosa
che lo aveva ferito di più in assoluto era stato scoprire
che Crocus lo aveva sempre saputo e che in quei sette anni non aveva
mai smesso di vedere Rufy.
“Ma
è una cosa recente, vero?” chiese ancora il
dottore.
“Non lo
sappiamo. Zoro è diventato lo spadaccino più
forte del mondo, forse poi ha incontrato Rufy..”
ipotizzò Usop. Nella sua voce c’era una vena
polemica, quasi di rabbia. Da quando aveva saputo di Zoro non faceva
che ripetersi perché Rufy aveva scelto proprio lui e non
loro. Certo, lo spadaccino era forte, ma anche Sanji lo era.
Più tentava di trovare spiegazioni e meno ci riusciva.
“Penso che
ne dirò quattro anche a quell’idiota. Mi deve
proprio spiegare che ci fa insieme al babbeo.”
esclamò Sanji irritato, lanciando la sigaretta ormai finita
nel mare. Alla fine fumare non era servito a niente nemmeno quella
volta, forse avrebbe dovuto cominciare a pensare all'idea di smettere.
“State
andando da Rufy e Zoro?” chiese Chopper guardando i compagni
uno alla volta.
“Guarda
loro, io non condividevo.” mormorò Nami alzando le
mani in segno di resa. Ormai era rassegnata ad andare ad Alabasta con i
compagni, ma non aveva nessuna intenzione di vedere o di parlare con
quei due. Per quanto la riguardava erano peggio che morti.
Non ci poteva essere perdono per coloro che avevano abbandonato il loro
equipaggio come avevano fatto sia Rufy che Zoro.
Anche lo spadaccino li aveva traditi quando era tornato dal capitano.
“Sappiamo
che sono ad Alabasta. Vogliamo solo chiudere una volta per tutte con il
passato.” spiegò Robin. Chopper fissò
per un po’ l’archeologa, poi il cuoco ed infine il
cyborg. Nei loro occhi lesse la determinazione di capire cosa era
veramente successo.
“Ci sto.
Voglio proprio trovarmelo di fronte e sentire che ha da dire dopo tutto
questo tempo. Deve spiegarmi un po’ di cose e deve farlo
guardandomi negli occhi.” disse deciso Chopper, determinato
quanto i compagni.
ANGOLO DELL'AUTRICE:
innanzitutto GRAAAZIE a tutti quelli che sono arrivati a leggere fino a
qua e SCUSATEMI per la prolungata assenza.
immagino che tutti voi mi possiate capire se vi dico che ho avuto
qualche problemino con lo studio che ha preso ad assorbire sempre
più parte del mio tempo. ad ogni modo, come avevo anticipato
ad alcuni via mail, sono tornata. spero che ci siate ancora anche voi!
grazie a chi legge questa storia, a chi la mette tra i preferiti o i
seguiti e soprattutto a chi la commenta!
questo, come tutti i capitoli che scrivo sono dedicati a voi, a quelle
persone che trovano sempre e cmq qualche minuto per lasciare qualche
riga, un commento, un parere che ha il potere di rallegrare la mia
giornata!
GRAAAZIE!
HERMIONE616: grazie del commento!
purtroppo per il momento è così, Rufy
è voluto partire subito per non vedere gli amici e Zoro ha
dovuto accontentarlo. sai come è fatto Zoro, non
discuterebbe mai un ordine del suo capitano, anche se non lo condivide.
ad ogni modo, il mare è grande, ma non così
grande.. ABBI UN PO' DI FEDE! ;D
SMEMO92: grazie del commento!
Rufy è il testardo per eccellenza, vuole sempre fare a modo
suo ma alla fine gli va sempre tutto bene!
nel prossimo capitolo Bibi sarà posta di fronte ad una
difficile scelta: rimanere fedele all'uomo che ama (e che è
andato via) o raccontare la verità agli amici? per quanto
riguarda Chopper.. questo capitolo ha già risposto per me! ;D
SAISAI_GIRL: grazie del commento!
ma si, hai pienamente ragione, questa storia (e questo manga in
generale) è pieno di teste dure!
la coppia Rufy e Bibi purtroppo (per i fan della coppia soprattutto)
è finita qua. non c'è possibilità che
si mettano insieme, lei non può lasciare il regno e lui non
può lasciare il mare.
concordo pienamente su Ace, è in assoluto uno dei personaggi
che amo di più e infatti non manca mai nelle mie storie!
per quanto riguarda l'inseguimento.. non dico nulla!
REDCROSSBOOK: grazie del commento!
sono spiacente di averti dato l'impressione di aver abbandonato la
storia. abbi fede (e in certi periodi anche pazienza), ti prometto che
la finisco. ;D
MISSELE: grazie del commento!
sei troppo carina, le tue parole mi hanno fatto molto piacere. prometto
che continuo la storia, solo penso di non riuscire ad aggiornare molto
spesso!
GRAZIE A TUTTI ED ALLA PROSSIMA!
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Capitolo 10 *** INSEGUITORI ED INSEGUITI ***
a
smemo92, saisai_girl e neko, gli irriducibili, dedico questo capitolo!
CAPITOLO OTTO
INSEGUITORI
ED INSEGUITI
I festeggiamenti per il ritorno di Chopper erano durati molti giorni.
Con l’arrivo della piccola renna i ragazzi sentivano che
tutto fosse tornato come tanti anni prima; quasi tutto. Anche se
nessuno ne faceva mai parola, specialmente Nami e Usop,
l’assenza del capitano e dello spadaccino era evidente,
specialmente ora che il gruppo si era riformato. Ognuno dei ragazzi si
aspettava sempre che Zoro o Rufy sbucassero da sottocoperta, ma non
avveniva mai. Tutti cercavano di minimizzare e di distrarsi con il tran
tran quotidiano ma si trattava di assenze pesanti, che facevano male e
provocavano rabbia. Ognuno dei ragazzi non poteva fare altro che
chiedersi cosa sarebbe successo se quel giorno di sette anni prima Rufy
non avesse mai pronunciato quelle parole che erano suonate come una
condanna.
Nonostante questi ricordi tristi, e alle volte rabbiosi, la vita sulla
nave andava avanti come al solito. Sanji sempre impegnato in cucina,
Robin sempre immersa nella lettura e gli altri impegnati in giochi
più o meno infantili.
“Evviva, ho vinto io!” esclamò Nami,
iniziando a battere le mani. Sul suo viso si era allargato un sorriso
che andava da un orecchio all’altro. Chi la conosceva bene
sapeva che si trattava del sorriso che la ragazza sfoderava quando
vinceva molti soldi.
“Ancora? Non è possibile, stai
barando..” sbottò Usop, infastidito.
I due ragazzi stavano giocando a carte sul ponte, e come al solito Usop
stava perdendo. Era la settima partita e il cecchino cominciava a
rimpiangere i vecchi tempi in cui era lui a prendersi gioco della gente
con trucchi e bugie.
Anche lui era bravo a barare, ma Nami era una vera maestra. Nessuno
poteva farla a lei.
“Io non baro mai!” rispose Nami, seccata.
“Questa è bella, c’è un
motivo se ti chiamavano la gatta ladra.” commentò
Franky, appoggiato al parapetto della nave a pochi passi dai due.
Quella mattina il cyborg era più silenzioso del solito,
troppo preso da una delle sue invenzioni per partecipare alle
attività di bordo.
Era una magnifica mattina di sole, non c’era nulla di
sbagliato in quella giornata. Per uno strano caso del destino si erano
svegliati tutti di buon umore e non c’erano ancora state
discussioni; nemmeno un piccolo battibecco.
“Stai zitto e tieni giù le mani dai miei
soldi.” esclamò Nami, stringendo a sé
il denaro.
Usop sbuffò ma la lasciò fare. Tutti loro
sapevano quanto poteva diventare pericolosa Nami se veniva separata dai
suoi amati soldi.
“Ehy, Chopper!” salutò Robin, sorridendo
dolcemente alla piccola renna che si era avvicinata attirata dal
chiasso che stavano facendo i compagni.
“Ciao Robin, stai leggendo?” chiese Chopper,
felice. La ragazza annuì, sorridendo.
I due rimasero per un po’ il silenzio. Non si trattava di un
silenzio pesante, carico di attese o di astio. Era piacevole guardare
l’orizzonte aspettando che qualcuno avesse qualcosa di
davvero intelligente da dire.
“Ho finito il mio libro. Che fai?”
domandò Robin dopo un po‘, fissando il mare. La
piccola renna sembrava pensierosa, con la testa chissà dove.
“Mi sono mancati un sacco i litigi di Usop e Nami. Anche
quelli di Sanji e Zoro..” mormorò Chopper, a bassa
voce. La ragazza sorrise mestamente.
“Penso manchino anche a Sanji.” osservò
Robin, guardando il cuoco che fumava solitario, perso nei suoi
pensieri.
“Quello spadaccino è un idiota. Che gli
sarà mai passato per la testa?” disse Usop,
intromettendosi nel discorso. Nami sbuffò e si
limitò a scuotere la testa, fingendo di contare una seconda
volta il denaro che aveva vinto.
“Tra poco glielo potrete chiedere.”
commentò Frank, serio.
“Cosa?” chiese Nami, sorpresa, alzando la testa e
voltandosi verso il cyborg.
“Terra in vista!” spiegò Franky
indicando una penisola a poche miglia da loro.
Sulla nave si creò uno strano silenzio. Di colpo nessuno
aveva più voglia di commentare.
“Siamo arrivati.” disse Sanji, asciutto, buttando
il mozzicone in mare.
***
Il castello del regno di Alabasta non era mai stato così
tetro e immerso nella più nera disperazione; nemmeno quando
il regno era nelle mani di Crocodile. Quella volta il sorriso della
principessa e la sua tenacia erano riuscite a restituire la speranza e
la voglia di lottare al popolo. Ora invece, era proprio quel sorriso
che sembrava essere andato perduto. Da qualche giorno la principessa
rifiutava di mangiare, di presenziare alle occasioni ufficiali e
persino di uscire dalle sua stanze.
“Principessa Bibi, deve reagire..” disse uno dei
servitori di Bibi, implorante.
“Sto bene.” rispose Bibi, infastidita. Gli occhi
erano velati di lacrime e cerchiati di nero, ma nonostante tutto si
ostinava a fingere che tutto andasse bene. Il suo compito era governare
il regno di Alabasta, doveva mostrarsi forte e decisa. Lo doveva al suo
popolo anche se in quel momento le pareva troppo difficile. Di colpo si
sentiva piccola, impotente e inesperta. Non riusciva a gestire la sua
vita, come poteva governare un paese che riponeva in lei la sua fiducia
e tutte le sue speranze?
“No, lei non sta per niente bene. Non può passare
tutto il suo tempo nella sua stanza a piangere. Deve uscire, vedere
gente e divertirsi.” continuò il servitore,
cercando di fare ragionare la sua principessa. Bibi scosse la testa.
“Non mi va ora, forse più tardi.”
sbuffò Bibi, lasciandosi cadere sul letto. Tutto quello che
voleva era che la lasciassero in pace. Aveva bisogno di sfogarsi, di
piangere ma più di ogni altra cosa di rimanere sola.
“Principessa!” urlò il capitano delle
guardie reali, irrompendo nella stanza.
“Non lo vedi che stiamo parlando?”
sibilò il servitore, infastidito da
un’interruzione tanto inopportuna.
“Mi dispiace, chiedo scusa.. La principessa ha detto di
avvisarla se avvistavamo una nave che non fa parte della flotta
reale.” spiegò il capitano delle guardie,
imbarazzato.
“È tornato Rufy?” chiese Bibi,
speranzosa, alzando la testa. Sapeva che si stava illudendo, e che lui
non sarebbe più tornato eppure non poteva fare nulla per
evitare di sperare. Il capitano delle guardie esitò. Non
aveva il coraggio di distruggere le speranze della sua principessa, ma
non poteva nemmeno illuderla.
“No mia signora. Pensiamo si tratti di una nave pirata ma non
c’è nessuna bandiera.” spiegò
il capitano, ancora più a disagio. Sapeva che le notizie che
stava portando non erano quelle che la sua signora voleva.
“Ah, va bene. Grazie.” disse Bibi, improvvisamente
triste. Per qualche breve istante si era illusa che Rufy fosse tornato
da lei. La speranza però era durata meno di un attimo. Rufy
e Zoro non avrebbero mai ammainato la loro bandiera, ne andavano troppo
fieri. Durante le giornate passate al castello i due ragazzi le avevano
raccontato come la marina li avesse più volte individuati e
fatti seguire proprio a causa della loro bandiera e di come loro erano
ostinati nel continuare a farla sventolare. A Bibi era parsa pazzia,
incoscienza forse. Solo ora si rendeva conto che quello dei due ragazzi
era orgoglio, quello che aveva permesso loro di realizzare i loro
sogni. Una notte poi, Rufy le aveva confessato che quella bandiera gli
ricordava la sua vecchia ciurma, e che vederla sventolare lo faceva
sentire meno solo.
“Non tornerà più. È inutile
aspettarlo.” disse il servitore, duro, riportando la
principessa alla realtà.
“Lo so.” commentò Bibi, lasciando la
stanza. I due uomini rimasero soli e si scambiarono uno sguardo
rassegnato.
Bibi vagò per i corridoi del castello, solitaria, fino a che
non andò a sbattere contro un ragazzo che non prestava
troppa attenzione a dove metteva i piedi.
“Bibi, che ci fai ancora qui al castello? Forza, vieni con me
al porto.” disse il ragazzo, dapprima sorpreso, poi felice di
avere trovato la principessa. Era esattamente la persona che stava
cercando.
“Kohza, che stai dicendo?” chiese Bibi, guardando
confusa l’amico di sempre. Il ragazzo sembrava al settimo
cielo, non stava fermo. La principessa cominciò a chiedersi
cosa fosse successo per renderlo così. Era tornato al
castello solo qualche giorno prima, dopo che il padre era morto. Il
ragazzo aveva detto che ora che era rimasto solo il suo posto era
accanto alla sua principessa.
“Pell non ti ha detto che sono tornati i tuoi vecchi
amici?” chiese Kohza, sorpreso. Quando gli avevano riferito
quella notizia non aveva potuto fare altro che essere felice. Sperava
che quell’allegro branco di pazzi potesse far tornare il
sorriso a Bibi.
La principessa guardò a lungo il ragazzo, pensierosa, poi
scosse energicamente la testa.
“La vecchia ciurma di Rufy è arrivata ad
Alabasta..” disse Bibi, pensierosa.
“Proprio loro.” confermò Kohza,
sorridendo.
“Puoi andarli a prenderli ed accompagnarli qui al
castello?” chiese Bibi dopo qualche istante, ricambiando il
sorriso del ragazzo.
“Certo!” disse Kohza, dirigendosi verso la porta.
***
La ciurma era attraccata in porto da poco meno di un ora, ma non aveva
potuto fare a meno di notare il caldo torrido. Di colpo nella mente di
tutti era riaffiorati i ricordi delle battaglie di tanti anni prima.
Franky e Brook si guardavano curiosi intorno, alla ricerca di qualcosa
che testimoniasse la battaglia che i loro compagni avevano raccontato
loro così tante volte.
“Fa piuttosto caldo qui.” osservò
Chopper, guardandosi intorno. Erano passati molti anni e si era
dimenticato il caldo di quella città. Ricordava bene che la
prima volta che vi aveva messo piede era quasi collassato per le alte
temperature. Il suo viaggio era appena cominciato e lui era ancora
troppo abituato alle temperature polari della sua isola natale. La
piccola renna si guardò intorno, tra quei vicoli e quelle
costruzioni tanto familiari tra le quali tempo prima aveva combattuto
insieme ai compagni.
“Si muore di caldo. Aspettate.. Io non posso
morire!” esclamò Brook, ridendo da solo per la sua
battuta. Nami alzò gli occhi al cielo, ma si astenne dal
fare commenti. Anche lei stava ripensando alla lotta contro Crocodile.
“La vuoi smettere?” chiese Sanji, infastidito. Lo
scheletro fissò per un po’ il compagno, poi decise
che non valeva la pena ribattere.
“Siamo qui per cercare Rufy e Zoro, non per fare gli
idioti.” li richiamò agli ordini Frank.
“Come li trovate?” chiese Nami, con tono pratico e
rassegnato. Tutti i ragazzi si misero a riflettere silenziosamente.
Durante il viaggio tutti loro erano stati così concentrati a
pensare a come arrivare ad Alabasta da non mettere a punto nessun piano.
“Qui in porto la loro nave non
c’è.” disse Sanji, guardandosi attorno e
scrutando a fondo il porto della cittadina.
“Come sai che non c’è se non sappiamo
nemmeno che nave hanno..” osservò Chopper,
guardandosi anch’egli intorno.
“Non ne vedo nessuna con la bandiera dei pirati di Cappello
di Paglia.” disse Franky, pratico.
“Potrebbero aver nascosto la nave, in porto avrebbe attirato
la marina.” suggerì Robin.
“Stiamo parlando di Rufy e di Zoro, sono troppo stupidi per
pensare a una cosa del genere.” commentò Nami, con
una punta di acidità nella voce.
“La nave comunque non c’è.”
comunicò Sanji, accendendosi l’ennesima sigaretta
della giornata. L’idea di essere ad un passo dal suo vecchio
capitano lo rendeva nervoso.
“Proviamo a chiedere in città, se sono qui
qualcuno li avrà di sicuro notati.” propose
Franky. I ragazzi annuirono e sbarcarono dalla nave. Solo Nami ed Usop
rimasero a bordo, pensierosi e profondamente indecisi sul da farsi.
Avevano deciso di comune accordo che sarebbero rimasti sulla nave,
eppure ora che erano ad un passo dai vecchi compagni la voglia di
trovarli e dirne loro quattro era tanta.
“Usop, che intendi fare?” chiese Franky, guardando
prima Uso e poi Nami.
“Io e Nami non veniamo con voi. Rimaniamo sulla
nave.” disse Usop, serio.
“Questo lo so, ma siete sicuri? Non avrete una seconda
possibilità di parlare con loro, credo.” disse
Robin. Per la prima volta i ragazzi percepirono insicurezza nella sua
voce. Anche lei, proprio come tutti gli altri, era in ansia per
l’imminente incontro. Nessuno poteva darle torto. Non
sapevano nulla del loro capitano, in quei sette anni Rufy era diventato
Re dei Pirati e poi era sparito. Nessuno sapeva che faceva o dove
trovarlo.
“Non mi interessa parlare con loro, sono due
idioti.” sbottò Nami.
“Non ci credo Nami. Tu eri molto legata a Zoro e Rufy, sei
stata la terza ad unirti a loro e tu Usop il quarto.”
ricordò Sanji, cercando di fare ragionare la ragazza. La
conosceva abbastanza da sapere che se non li avesse incontrati ora che
ne aveva la possibilità avrebbe passato il resto della sua
vita a pentirsene.
“Quello che mi ha fatto sette anni fa è stato
troppo doloroso.” rispose Nami, seria.
“Per questo dovresti chiedergli spiegazioni. È tuo
diritto, è nostro diritto.” esclamò
Chopper.
La piccola renna era quasi irriconoscibile da tanto che era decisa.
“Non so, davvero. Ho bisogno di rifletterci su.”
disse Nami alla fine, confusa.
“Chopper ha ragione.” sbottò
d’improvviso Usop, finalmente convinto.
“Allora, venite con noi?” chiese speranzoso Brook.
Usop annuì, deciso.
“Non so, davvero.” ripeté Nami, indecisa
sul da farsi.
“Dagli retta, non è prudente che una bella ragazza
rimanga sola in un porto.” disse una voce proveniente da poco
distante.
I ragazzi si guardarono intorno, cercando il punto da cui proveniva la
voce. Sanji individuò presto un’ombra vicino ad un
grosso barile e si preparò ad attaccarla, poi la riconobbe.
“Kohza?” chiese Sanji, cercando di capire se il
ragazzo che aveva di fronte era proprio il vecchio capo dei ribelli. Il
ragazzo scoppiò a ridere, ed annuì.
“In persona, sono qui per conto della principessa Bibi che vi
aspetta al castello. Da bravi, mi seguite?”
domandò il ragazzo con un tono cortese.
“Noi veramente siamo qui per un altro motivo..”
iniziò Nami, subito interrotta da Kohza.
“Penso di sapere quale, e penso che sia inutile. Sta
tranquilla bella Nami, non farai brutti incontri per le strade di
Alabasta. Rufy e Zoro non sono più qui.”
spiegò velocemente Kohza. Nami tirò un sospiro di
sollievo.
“Aspetta, innanzitutto chi sei e poi come sai che cerchiamo
Rufy.” chiese Frank, agitato. Alle sue spalle Brook aveva
messo mano al suo bastone.
“Era il capitano dei ribelli, è un
amico.” disse Usop, scendendo dalla nave. Franky e Brook si
calmarono e si presentarono a Kohza.
“So che cercate Rufy perché è stata
Bibi a dirmelo. È così, vero?” disse
Kohza, guardandosi intorno per avere conferma di quanto domandato.
“Hai fatto centro.” confermò Brook,
scrutando il nuovo venuto. Kohza non sembrava per nulla stranito
nonostante si trovasse di fronte uno scheletro. Brook si
ritrovò a pensare che era forse il primo che non aveva
nessuna paura di lui.
“Li hai incontrati?” chiese Chopper, ansioso.
“A dire il vero No. Sono tornato solo qualche giorno fa ed
erano già ripartiti. Sono felice che siete arrivati voi,
Bibi è a pezzi. Le farà bene distrarsi e vedere
qualcuno.” raccontò Kohza, aprendo la porta del
palazzo.
I ragazzi lo seguivano silenziosamente, prestando la massima attenzione
alle sue parole.
“La bella Bibi è a pezzi?” chiese Sanji,
scandalizzato. Come poteva una bella donna come Bibi essere triste?
Non era concepibile, doveva porre assolutamente rimedio.
“Problemi di governo?” domandò Nami,
educatamente. Kohza sorrise e scosse la testa mentre saliva le scale
che portavano al piano superiore.
“No, pene d’amore. Non riesce a rassegnarsi che
Rufy se ne sia andato.” spiegò Kohza, con una
strana espressione dipinta sul volto.
“Rufy e Bibi?” chiese Usop, stupito come i suoi
compagni.
“Kohza, devi smetterla di raccontare a tutto il regno la mia
vita sentimentale!” esclamò Bibi, comparendo da
dietro una colonna.
“Da quando la notte di passione con un pirata costituisce la
tua vita sentimentale?” chiese Kohza senza troppi giri di
parole. Il ragazzo non si era scomposto quando aveva visto comparire la
principessa, quasi se lo aspettasse.
“Sei solo un insensibile!” esclamò la
ragazza, guardandolo male.
“E tu un ingenua. È un pirata, come puoi esserti
innamorata di lui?” chiese Kohza, fuori di sé.
Dietro di lui la ciurma assisteva a quello scambio di battute senza
sapere bene cosa fare o cosa dire.
“Ora vattene.” ordinò Bibi furente,
indicandogli la porta.
La principessa rimase a lungo immobile a fissare la porta dalla quale
Kohza era uscito, cercando di riprendere il controllo. I ragazzi,
imbarazzati, aspettavano che Bibi si decidesse a dire qualcosa.
“Ciao ragazzi, mi spiace che abbiate assistito a questa
scena.” si scusò Bibi, facendoli finalmente
accomodare.
“Tu e Rufy?” chiese Nami, troppo sconvolta per
chiedersi se fosse educato o meno porre quella domanda.
“Si.. Ma parliamo di voi.” continuò
Bibi, ignorando la domanda dell’amica.
“State insieme?” insistette Sanji, curioso e allo
stesso tempo disperato.
“Siete qui perché lo state cercando?”
chiese Bibi, rossa in viso. Dopo la reazione della principessa
mancò poco che tutti i ragazzi crollassero a terra. Bibi e
Rufy, sembrava incredibile eppure era vero.
“Effettivamente si, ma ci fa molto piacere vedere anche
vedere te.” spiegò Usop, abbracciando la ragazza.
“È ancora qui al castello?” chiese
Franky, educatamente.
“No, è andato via qualche giorno fa. Dopo che Ace
è arrivato e gli ha detto che voi sapevate
dov’era.” spiegò Bibi, diventando
improvvisamente triste.
“Accidenti..” imprecò Sanji a mezza voce.
“Mi dispiace, è andato via da te per colpa
nostra.” disse Robin, abbassando la testa. Bibi
guardò a lungo la donna che per molto tempo era stata il
braccio destro di colui che voleva distruggere il suo regno. Sembrava
cambiata, Rufy aveva avuto ragione a prenderla con sé.
“Se ne sarebbe andato lo stesso.” disse Bibi,
triste. Nel salone del castello cadde improvvisamente silenzio.
“L’hai visto spesso in questi anni?”
chiese Chopper, cercando di non essere inopportuno.
“Ogni tanto.” rispose Bibi, vaga.
“Kohza è preoccupato, dice che sei
triste..” iniziò Sanji, senza sapere bene come
continuare quella frase.
“È sempre tornato, perché dovrebbe
essere diverso questa volta?” chiese Robin, sorridendo.
“Perché questa volta era un addio.”
rispose Bibi mentre calde lacrime le bagnavano il viso.
“È un idiota.” esclamò Sanji.
“Abbiamo fatto un tentativo, ora è tempo di
tornare a vivere la nostra vita.” sospirò Nami,
arrabbiata. Era delusa e non sapeva nemmeno lei dire perché.
Forse per Bibi oppure per quello che aveva fatto loro. Una parte di lei
voleva trovare Rufy, l’altra voleva dimenticarlo; cancellarlo
dalla sua vita.
“No, aspettate. Non fatelo.” implorò
Bibi, stupendo i presenti.
“Cosa? Ci ha abbandonati. Eravamo i suoi compagni e ci ha
abbandonati..” esclamò Usop, fuori di
sé. Come poteva chiedere una cosa del genere proprio a loro?
Lei doveva sapere tutto, forse era stato proprio Rufy a raccontarglielo.
“Se davvero siete stati i suoi compagni e gli avete voluto
bene, allora continuate a cercarlo.” disse Bibi, misteriosa.
“Tu sai qualcosa che noi non sappiamo..”
osservò Nami, sicura. La principessa a quelle parole
abbassò di colpo lo sguardo.
Non poteva tradire la parola che aveva dato a Rufy.
“Forse, ma se vi siete spinti fino a qua per cercarlo e
parlargli allora non potete arrendervi.” continuò
Bibi, cercando di non guardare gli amici negli occhi. Se lo avesse
fatto mentire le sarebbe risultato molto più difficile.
“Non sappiamo nemmeno dove sia diretto..” fece
notare Usop.
“Non lo so nemmeno io, non lo ha detto nemmeno a
me.” disse Bibi, lasciando la stanza per chiudersi nella sua
camera. Era troppo per lei.
I ragazzi rimasero nel salone, immobili e delusi. Andare ad Alabasta
non era servito a nulla. Non avevano trovato Rufy e non avevano nemmeno
una traccia utile per iniziare di nuovo le ricerche. Sapevano che Rufy
nascondeva qualcosa, che Bibi lo sapeva ma che per qualche strana
ragione non aveva voluto dire nulla. Quella giornata iniziata
così bene si era conclusa nel peggiore dei modi; tutte le
loro speranze erano deluse.
“Bibi, ti prego. Dicci la verità!”
implorò Nami entrando nella stanza privata della
principessa. Le due donne erano sole.
“Non posso. Davvero, vorrei tanto poterlo fare ma ho
promesso.” spiegò Bibi, triste.
“Non te lo chiederei se non fosse importante.”
disse ancora Nami, implorante. Era pronta a tutto, anche a tirare in
ballo la loro amicizia se necessario. Trovare Rufy era molto importante
per i suoi compagni, e forse lo era anche per lei. Non sapeva
perché; doveva farlo e basta.
“Nami, questa promessa è tutto quello che mi resta
di lui. Vuoi davvero che io la rompa?” chiese Bibi,
debolmente.
Nami nei suoi occhi pieni di lacrime lesse una tristezza infinita.
“Mi spiace, non volevo.” si scusò la
ragazza con i capelli rossi, abbassando lo sguardo.
“Rufy nasconde un segreto. Non serve cercare Zoro, non
tradirebbe mai il suo capitano. Cercate Rufy, mettetelo con le spalle
al muro e costringetelo a dire la verità. Per favore, dovete
farlo. Per il bene di tutti voi.” disse Bibi tutto
d’un fiato, attenta a non rivelare troppo.
“Bibi, non so cosa dire.” mormorò Nami,
abbracciando l‘amica.
“Non dire nulla, prendi questa.” disse Bibi,
passando alla navigatrice una foto.
“Una foto?” chiese stupita Nami, osservando la
foto. Ritraeva due ragazzi sorridenti sul ponte di una nave. La
navigatrice ci impiegò un po’ prima di capire che
si trattava di Rufy e di Zoro. In sette anni quei due erano davvero
cambiati moltissimo, specialmente Rufy. Era diventato un uomo. Non
c’era nulla del ragazzino che aveva viaggiato con loro sette
anni prima tranne il sorriso; quello era rimasto tale e quale. Il suo
fisico si era sviluppato e sul viso si intravedeva anche un
po’ di barba. Nami notò che non aveva
più il suo cappello, o forse lo aveva tolto solamente per
fare la foto. Zoro invece era sempre lo stesso; persino la bandana
c’era ancora.
“L’ho scattata qualche settimana fa, quando sono
arrivati qui. È la più recente che ho, vi
aiuterà a riconoscerli.” spiegò Bibi,
guardando quella foto un’ultima volta.
“Grazie Bibi.” mormorò Nami,
abbracciando più forte l’amica.
Non appena Nami tornò dai ragazzi e riferì quello
che aveva detto Bibi la ciurma decise di partire. Dovevano lasciare
Alabasta immediatamente se volevano avere qualche speranza di trovarli.
L’idea che ci fosse un segreto nascosto aveva scatenato la
loro curiosità; non si sarebbero fermati fino a che il
mistero non sarebbe stato svelato.
“Benissimo, dobbiamo partire per cercare il più
grande degli idioti e non sappiamo nemmeno dove andare!”
sbuffò Sanji, recuperando l’ancora.
“Un po’ di ottimismo, non può essere
così difficile, no?” commentò Franky,
ottimista come sempre.
“Certo, in fondo stiamo solo parlando del Re dei Pirati e
dello spadaccino più forte del mondo. La marina li cerca da
sette anni, ma che vuoi, noi di sicuro li troviamo in una
settimana..” mormorò Usop, tetro. Come al solito
il ruolo di inguaribile pessimista toccava a lui; nessuno poteva
batterlo.
“Da qui non possono avere preso troppe rotte, sono andati
verso nord-est.” osservò Robin guardando una
cartina della zona che aveva realizzato Nami tempo prima.
“Sono passati sette anni, anche se li dovessimo incrociare
potremmo non riconoscerli.” disse Chopper, pensieroso.
“Per questo Bibi mi ha dato una loro foto.” disse
Nami, mostrando trionfante la fotografia.
“Fa vedere!” urlarono i ragazzi in coro, gettandosi
in avanti a guardare.
“Posso usarla come centro per le freccette?” chiese
Usop, sarcastico.
***
A molte miglia di distanza da Alabasta una nave procedeva tranquilla.
Il ragazzo che c’era al timone sapeva che qualcuno li stava
seguendo, ma la cosa non lo agitava. Se ne sarebbero preoccupati
più tardi, quando sarebbe stato il momento.
“Ehi, ben svegliato. Pensavo che mi sarebbe toccato mangiare
da solo.” disse Zoro, guardando il capitano uscire dalla
cabina con la faccia ancora assonnata. Rufy aveva dormito un giorno
intero. La cosa era insolita anche per lui dato che di solito il
dormiglione tra i due era Zoro.
“Mmm..” mugulò Rufy in risposta.
“Tutto bene?” chiese Zoro, osservando attentamente
la faccia stanca, pallida e segnata del capitano. Non era da lui essere
così silenzioso, di solito era casinista anche appena
sveglio. Qualcosa doveva preoccuparlo, o forse non stava bene.
“Si, penso di si.” mormorò Rufy piano.
“Non hai una bella cera.” osservò Zoro,
bloccando il timone ed avvicinandosi all’amico.
“Ho solo fatto un brutto sogno.” cercò
di minimizzare Rufy.
I ragazzi si misero a tavola e per un po’ rimasero in
silenzio.
“Sai che Bibi potrebbe aver detto loro tutto?”
chiese Zoro, pesando con cura le parole. Sapeva bene che nominare Bibi
in quel momento era pericoloso tanto quanto nominare la vecchia ciurma,
ma la cosa non lo spaventava. Non si era mai fatto problemi a discutere
di temi scomodi con Rufy e di certo non avrebbe cominciato a farsi
venire remore ora, anche se il capitano sembrava diverso dal solito.
“No, lo ha promesso. Sicuramente ha detto loro che nascondo
un segreto, ma non di quale segreto si tratta.” rispose Rufy,
seccato.
“In qualsiasi caso sono sicuro che ci stanno
seguendo.” continuò Zoro, deciso.
“Facciano pure.” disse Rufy, alzando le spalle e
continuando a mangiare in silenzio. Nella sua testa di rincorrevano
mille pensieri. Era quasi sicuro che la sua vecchia ciurma lo stesse
seguendo e poteva solo sperare che Bibi avesse mantenuto la sua
promessa. Doveva fare di tutto per non incontrarli; era sicuro che se
li avesse incontrati non sarebbe riuscito a mentire loro ancora.
“Hai davvero intenzione di scappare da loro per il resto
della tua vita? Non mi sembra un comportamento degno del Re dei
Pirati.” commentò Zoro, divertito. Dato che
discutere in modo razionale con Rufy era impossibile aveva deciso di
giocare la carta dell’orgoglio. Si trattava di un vecchio
trucco che funzionava sempre.
“Zoro, cominci a diventare noioso. Ripeti sempre le stesse
cose.” sbuffò Rufy a metà tra il
seccato e il divertito. Nonostante tutto non riusciva ad arrabbiarsi
seriamente con Zoro, gli voleva troppo bene. Era il suo migliore amico
dopo tutto.
“Di la verità, ti da fastidio perché
dico la verità. Ad ogni modo, la marina ci sta
seguendo.” disse Zoro indicando l’orizzonte. Rufy
si voltò a guardare nella direzione indicata
dall‘amico, poi sospirò.
“Quanti sono?” chiese Rufy, voltandosi nuovamente
verso lo spadaccino.
“Tre navi.” rispose Zoro, tranquillo come al
solito. Sapeva bene che tre navi non erano certo una minaccia. Poteva
sistemarle anche da solo ma aveva preferito parlarne con il suo
capitano prima di prendere l’iniziativa.
“Ridicolo. Non può essere un attacco, stanno
organizzando qualcosa.” osservò Rufy, grattandosi
la testa pensieroso. Un improvviso e lancinante mal di testa lo
distolse dai suoi pensieri.
“Le affondiamo?” chiese Zoro, impaziente di fare un
po’ di movimento.
“Non ancora, prima cerchiamo di capire cosa
vogliono.” rispose Rufy sbadigliando e tornando nella sua
cabina.
ANGOLO DELL'AUTRICE CHE FORSE DOVREBBE AGGIORNARE
PIù SPESSO!
inizierò con un sincero e mai fuori moda MI DISPIACE, per
poi continuare con uno SCUSATEE e per finire con un LEGGETE LO STESSO
LA MIA STORIA ANCHE SE NON AGGIORNO MAI!
scherzi a parte, l'università, la tesi e tutto il resto mi
tengono impegnata. spero possiate capirmi. la storia comunque procede,
ho già scritto qualcosa per i prossimi capitoli ma penso di
non riuscire a postarli prima di qualche settimana.
grazie a chi, nonostante tutto, legge, commenta e mette la storia tra i
preferiti.
NEKO: grazie mille per il tuo commento!
mi ha fatto molto piacere leggere un tuo commento perchè mi
è capitato di leggere alcune delle tue storie e ne sono
rimasta affascinata.
è bello ricevere un complimento da qualcuno che ammiri, sono
felice.
diciamo che volevo creare un Rufy diverso, che è allegro ma
che ne ha passate tante e negli anni è anche diventato - un
po' - più responsabile.
spero che commenterai ancora per dire che ne pensi circa gli sviluppi!
SAISAI_GIRL: grazie mille per il tuo commento!
sono contenta che lo scorso capitolo ti sia piaciuto, spero che anche
questo sia all'altezza.
Rufy considera ancora i suoi compagni come tali, ma non vuole che loro
soffrano. preferisce stare male lui. è testardo, si sa.
la coppia Bibi-Rufy l'avevo preannunciato che non sarebbe durata. una
delle caratteristiche che più adoro del mio Rufy
è che è libero, senza legami.
non ti preoccupare per Ace, vedrai che torna. nel frattempo ti assicuro
io che sta benone!
SMEMO92: grazie mille per il tuo commento!
alla fine i problemi devono cominciare, o meglio.. stanno cominciando.
Rufy è andato via da Alabasta per non vedere i compagni e
non farli soffrire, ma sarebbe cmq andato via da Bibi.
diciamo che la loro è stata un bella, breve ed intensa
storia. penso che trascinandola oltre l'avrei rovinata e resa troppo
smielata.
un pirata come Rufy che ama la libertà non molla tutto per
una principessa e una principessa non può abbandonare il suo
regno.
è triste, ma è così.
AL PROSSIMO AGGIORNAMENTO, SPERO PRESTO!
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Capitolo 11 *** CATTURATI ***
CAPITOLO NOVE
CATTURATI
I ragazzi erano rimasti
come ipnotizzati dalla foto che aveva mostrato loro Nami.
“Sembrano..”
iniziò Chopper, con una punta di stupore nella voce.
“Felici?”
disse Robin, perplessa.
“Affiatati.”
completò Sanji, deluso o forse geloso. Nemmeno lui sapeva
bene quale dei due sentimenti era prevalente sull’altro.
“Non so
proprio cosa pensare..” sbottò Franky, scuotendo
la testa.
“Ragazzi..”
chiamò Usop. Il ragazzo si era allontanano dal gruppo non
appena la foto era comparsa. Rivedere Rufy era doloroso, vederlo felice
se possibile faceva ancora più male. Era come se in quei
sette anni la sua vita fosse continuata, allegra e spensierata come
sempre, senza che lui soffrisse della loro separazione. E poi
c’era Zoro. A lui era stata data la possibilità di
seguire Zoro, perché a loro no? In quei lunghi sette anni
non vi era stato giorno nel quale non si fosse fatto quella domanda.
“Usop, hai
avvistato qualcuno?” chiese Brook, serio.
“Bhe,
si..” rispose il cecchino, arrampicandosi
sull’albero maestro per vedere meglio.
“Rufy e
Zoro?” chiese Chopper, speranzoso, senza smettere di guardare
la foto che Nami aveva appeso alla parete.
“No, la
marina..” rispose Usop, decisamente preoccupato.
“Come sarebbe
a dire la marina?” esclamò Nami, sorpresa. In
pochi istanti la navigatrice strappò dalle mani di Franky un
cannocchiale e si mise a scrutare l’orizzonte. La nave della
marina era di fronte e a loro, imponente, severa e bellissima.
“Oh mio dio,
ci cattureranno!” fece eco la piccola renna, terrorizzata,
cominciando a correre da una parta all‘altra del ponte sotto
lo sguardo annoiato di Sanji.
“Non mi
sembra così grave, si tratta di una nave
soltanto.” disse Usop, stranamente calmo. Normalmente si
fronte ad una minaccia era il primo a perdere la testa; era decisamente
strano. Forse la foto che Nami aveva portato a bordo lo aveva
scombussolato più di quando avesse dato a vedere.
“State calmi,
non abbiamo nessuna bandiera pirata. Comportatevi normalmente e cercate
di non dare troppo nell’occhio.” si
raccomandò Nami, severa, ammonendoli tutti quanti
un‘occhiata. Non era certo la prima volta che qualcuno li
fermava per un controllo, ma dato che non avevano nessuna bandiera nera
non costituivano certo un problema. Normalmente bastava
un’occhiata languida di Nami o di Robin perché i
marinai in questione li lasciassero proseguire il viaggio.
Molte miglia
più in là Zoro e Rufy erano di nuovo sul ponte
insieme ed osservavano in silenzio i movimenti della marina. Le navi
era ancora lì. Qualsiasi fossero le loro intenzioni non le
avevano ancora abbandonate. Zoro cominciava ad innervosirsi, odiava
essere seguito. Preferiva decisamente una bella battaglia
all’ultimo sangue. Il capitano si era svegliato da poco, ed
era tornato a preoccuparsi delle navi che li seguivano. Sapeva bene che
Zoro avrebbe potuto occuparsene da solo, ma non voleva rischiare che il
suo amico si facesse male.
“Che
fanno?” chiese Rufy, sbadigliando.
Nonostante le ore di
sonno la stanchezza non gli era ancora passata, si sentiva
incredibilmente debole e, cosa assai strana per lui, non aveva appetito.
“Non so, una
nave si è allontanata. Ne sono rimaste solo due..”
lo aggiornò Zoro, con il solito tono pacato dal quale
traspariva tutta l‘insofferenza dello spadaccino.
“È
strano..” osservò Rufy, accigliato, grattandosi la
testa.
“Decisamente.”
concordò Zoro, sospirando.
“Provo a
mettermi in ascolto delle frequenze della marina.” propose
Rufy, serio.
Quella storia
cominciava a non piacergli per niente.
“Ho
già provato io, il quartier generale non dice nulla. Sembra
che non siano autorizzate.” disse Zoro, scuotendo la testa.
Quelle navi erano un bel mistero. Li stavano seguendo senza essere
autorizzati a farlo, senza nessun pezzo grosso a bordo e senza nessun
buster call; era semplicemente assurdo. Per di più lo
spadaccino era preoccupato per il suo capitano. Rufy era pallido,
stanco e senza appetito. Non erano certo le condizioni ottimali per
ingaggiare una lotta con la marina senza sperare di uscirne
pesantemente feriti.
“Vorrebbero
farci credere che ci sono tre galeoni della marina che se ne vanno in
giro a fare una vacanza sul mare?” esclamò Rufy,
tra l’ironico e il sorpreso.
“Stanno
tramando qualcosa, vorrei solo sapere cosa..” rispose Zoro,
infastidito.
Odiava non avere la
situazione sotto controllo. Rufy rimase zitto, troppo pensieroso
perché Zoro credesse si stesse preoccupando delle navi.
“Non pensi
alla marina, vero?” chiese Zoro, mettendosi a sedere e
fissando con attenzione il volto preoccupato dell‘amico. Lo
conosceva come le sue tasche e capiva al volo quando qualcosa non
andava.
“A dire il
vero No.” rispose Rufy, scuotendo la testa.
“Allora pensi
a Bibi o al branco di idioti?” chiese ancora Zoro, divertito.
Tra le sue attività preferite stuzzicare il proprio capitano
era decisamente al primo posto anche nei momenti più
impensabili.
“Zoro..”
brontolò Rufy, lanciando un’occhiataccia al
compagno. Zoro invece di farla finita scoppiò a ridere senza
ritegno.
“Non ci
credo, il branco di idioti! Ma allora sono riuscito a metterti in crisi
prima..” esclamò Zoro, felice e allo stesso tempo
sorpreso di avere fatto centro. Forse era finalmente arrivato il
momento per Rufy di tornare sulle sue decisioni e di chiarire tutto
quello che era successo in quei sette anni. Zoro era felice, quel cuoco
da strapazzo di Sanji stava cominciando a mancargli.
“Sei
impossibile.” sbuffò Rufy, allontanandosi di
qualche passo dall‘amico.
“No, sono
l’unica persona che non ha paura di dirti come la
pensa.” ribatté Zoro, deciso.
“Non
è vero, c’è anche Ace.”
rispose Rufy, facendo una pernacchia allo spadaccino.
Nel frattempo la nave
della marina aveva fatto in modo di stringere quella della vecchia
ciurma di Cappello di Paglia in una gola. I ragazzi non avevano via di
scampo.
“Che
fanno?” chiese Chopper, preoccupato.
“Sembra che
si sono fermati.” rispose Usup, controllando
l’orizzonte. La situazione stava cominciando a mettersi male
per loro. Sembrava che la marina li stesse puntando per un motivo
preciso. La nave della marina si stava avvicinando sempre di
più; sembrava stesso venendo proprio verso di loro.
“Ci stanno
sparando addosso..” esclamò Usop
all’improvviso, sorpreso e spaventato.
“Affondiamoli!”
rispose Franky, deciso, reagendo all‘attacco. Il cyborg non
avrebbe mai permesso che una delle sue creature venisse affondata senza
una ragione valida da quei marinai da strapazzo.
I ragazzi si
prepararono alla battaglia. Per un po’ riuscirono a tener
testa alla marina, poi vennero sopraffatti da un ufficiale misterioso
con dei sorprendenti poteri.
“Siete bravi,
ma non così bravi da tenere testa a me.” rispose
l’uomo mentre si avvicinava con un ghigno soddisfatto sul
volto. I grossi baffi scuri che gli occupavano gran parte del volto
creavano un effetto minaccioso. Era un uomo di grossa corporatura,
sgraziato e dalle movenze pesanti. Doveva trattarsi di un ufficiale
della marina, sicuramente più alto in grado di un tenente ma
non all’altezza di un ammiraglio. Sulla sua uniforme non
c’era nulla che aiutasse a stabilire che ruolo avesse. Si
trattava di un uomo rozzo e maleducato che faceva sfoggio dei suoi
gradi per intimidire la gente.
“E questo da
dove sbuca?” chiese Sanji infastidito, mentre si accendeva
l‘ennesima sigaretta della giornata.
“Aspettate,
ci deve essere un errore. Noi non stiamo facendo nulla di male. Stiamo
solo navigando, non abbiamo nessuna bandiera pirata.”
protestò Usop, sbiancando all‘improvviso alla
vista del corpulento ufficiale.
“Vero,
però mi risulta abbiate delle taglie sulla testa.”
rispose l’uomo, senza perdere la calma ne tanto meno il
sorriso che gli si era dipinto sul volto.
“Da quando la
marina si mette a rubare il lavoro ai cacciatori di taglie?”
chiese Franky, provocando l’ufficiale.
“Sta
zitto!” ribatté l’uomo, scagliando
lontano il cyborg.
“Te la
farò pagare..” promise Franky, tra i denti, mentre
si rialzava a fatica.
“Portateli
sulla nave, e avvisate gli altri due galeoni di
raggiungerci.” ordinò l’uomo, con lo
stesso tono con il quale si ordina una pinta di rum in una locanda.
“Li portiamo
al quartier generale della marina?” chiese un marinaio
piuttosto giovane.
“No, per il
momento sull’isola.” rispose l’ufficiale.
“Perché
non ci portate al vostro quartier generale? Non è questo
quello che fa la marina di solito?” chiese Robin, sospettosa.
Quell’uomo aveva qualcosa che non la convinceva fino in
fondo. Inoltre aveva la sensazione di averlo già visto da
qualche parte, solo non riusciva a ricordare dove.
“Signore,
l’ammiraglio vorrà essere avvisato di questa
cattura. Non abbiamo nemmeno comunicato la nostra posizione.”
continuò il giovane marinaio, visibilmente terrorizzato.
“L’ammiraglio
è un idiota. Pensa solo alla giustizia e non approverebbe i
miei metodi.” rispose l’ufficiale in malo modo.
“Si
ma..” provò a continuare il ragazzino
più giovane, subito interrotto da suo capo.
“Niente ma,
non mi interessa nulla di quello che pensi. Grazie a voi
potrò farò il colpo grosso e farò
carriera.” disse l’ufficiale, mettendo fine a
quella discussione.
“Tenente..
Lancia un messaggio ai pirati, di loro che abbiamo catturato i loro
amici!” ordinò ancora l’uomo,
soddisfatto. Erano passati sette lunghi anni da quando Cappello di
Paglia si era preso gioco di lui; era arrivato finalmente il momento di
gustarsi la sua meritata vendetta.
“Agli ordini
signore!” rispose un uomo a pochi metri dal gruppo di
prigionieri.
In pochi istanti il
comunicato arrivò alle navi ferme a poche miglia da quella
di Rufy e Zoro e le informò della cattura dei loro amici.
“Cappello di
Paglia!” tuonò una voce proveniente da una delle
due navi che li stavano seguendo. Zoro alzò la testa,
divertito. Finalmente si muoveva qualcosa, forse avrebbero finalmente
scoperto cosa voleva la marina da loro.
“Sembra che i
nostri amici della marina ti cerchino..” disse lo spadaccino
sorridendo, rivolto al compagno a pochi passi da lui.
“Forse
capiamo cosa vogliono.” sbuffò Rufy, annoiato,
girando appena la testa.
“Cercavi me?
Non penso che due navi bastino se vuoi catturarci.”
esclamò Rufy, serio, senza nemmeno alzarsi. Era evidente che
il ragazzo non si sentiva in alcun modo minacciato dalla marina.
“Non saremo
noi a catturarti, sarete voi a venire da noi.” rispose la
voce che aveva parlato prima. Rufy a quelle parole scoppiò a
ridere mentre Zoro si chiedeva se il troppo sole avesse definitivamente
fatto impazzire quei poveri marinai.
“Bella
questa. Sinceramente, ci prendi per idioti?” chiese Zoro,
stupito.
“Abbiamo
catturato i vostri amici. Per il momento sono su un’isola qui
vicino, poi li trasferiremo altrove e faranno una brutta
fine.” comunicò la misteriosa voce della marina,
pronunciando quelle parole con una strana soddisfazione.
“Amici?”
chiese Rufy facendosi serio e cominciando a presagire il peggio.
“Fai il finto
tonto, eh?” esclamò un marine sul ponte principale
della seconda nave.
“Vediamo..
Sanji, Nami, Nico Robin, Chopper, Usop, Franky, Brook..”
cominciò ad elencare la voce misteriosa. A quelle parole
Zoro sbiancò e Rufy sentì un mancamento. Ogni
nome era come una pugnalata; ancora una volta i suoi amici erano in
pericolo e stavano rischiando la vita, e ancora una volta la colpa era
la sua.
“Brutto
bastardo, che avete fatto?” esclamò Rufy, fuori di
sé dalla rabbia. Zoro dovette trattenerlo per un braccio per
impedirgli di saltare sul ponte della nave della marina e distruggerla
con un pugno ben assestato. Anche Zoro avrebbe volentieri fatto la
stessa cosa, ma poi che ne sarebbe stato dei loro amici?
“Dannazione,
quegli idioti ci stavano seguendo e sono finiti dritti nelle mani della
marina. Ecco perché la terza nave si è
allontanata..” imprecò Zoro, mettendo insieme
tutti quanti i dettagli che fino a poco prima sembravano privi di senso.
“A presto
pirati.” salutò la voce, mentre le due navi
prendevano il largo.
Zoro e Rufy rimasero a
lungo in silenzio, fissandosi negli occhi.
“Che
facciamo?” chiese Zoro, serio, dopo quelle che sembravano ore.
“Attacchiamo
quella stupida isola.” rispose Rufy, deciso, alzandosi di
scatto.
“È
una trappola.” disse Zoro, asciutto.
“Lo
so.” rispose Rufy. Per un po’ i due rimasero ancora
in silenzio, cercando la soluzione migliore. Zoro sapeva cosa stava
passando per la mente di Rufy, ma gli sembrava un’idea troppo
imprudente.
“Ragiona
Rufy, mettiamoci in contatto con Ace e cerchiamo degli alleati.
È tutto programmato, ci saranno un sacco di pezzi grossi ad
aspettarci.” spiegò Zoro, cercando di convincere
il proprio capitano a riflettere prima di lanciarsi nella mischia.
“Forse
No.” mormorò Rufy, enigmatico senza smettere di
scrutare l‘orizzonte.
“Che
dici?” chiese Zoro confuso, cercando di interpretare le
parole del proprio capitano.
“La marina
non sapeva nulla di questa operazione. Sicuramente si tratta dello
stesso idiota che mi ha ricattato sette anni fa.”
spiegò Rufy, serio.
“Aspetta,
stai dicendo che ha agito da solo senza avvisare gli
ammiragli?” chiese Zoro, stupito. Era semplicemente assurdo.
Solamente un pazzo poteva pensare di mettersi contro due uomini come
lui e Rufy senza chiedere l’aiuto degli ammiragli. Rufy
annuì.
“Penso di si.
Appena la marina lo scoprirà però farà
muovere gli ammiragli e la flotta dei sette. Dobbiamo attaccare
l’isola e liberare i nostri amici prima che
arrivino.” disse Rufy, preoccupato. Quell’uomo era
talmente folle e talmente desideroso di vendicarsi da essere disposto
ad andare contro a tutte le regole, sia della marina che del buon senso
pur di riuscire a catturarli.
“Si, penso
sia la cosa migliore.” convenne Zoro alla fine. Con
l’arrivo dei pezzi grossi della marina le cose si sarebbero
complicate terribilmente. Dovevano agire subito se volevano riuscire a
liberare gli amici prima che qualcuno si facesse male.
“Andiamo..”
disse Rufy, deciso, alzandosi per raggiungere il timone. Una volta in
piedi tutto quanto intorno a lui iniziò a girare e Rufy si
ritrovò a terra, confuso, con Zoro al suo fianco, spaventato.
“Rufy!”
chiamò Zoro, preoccupato per l’amico. Rufy
sentì la voce dello spadaccino e aprì a fatica
gli occhi, senza riuscire però a metterlo bene a fuoco.
“Mmm..”
mugugnò Rufy, cercando a fatica di alzarsi. Si sentiva
incredibilmente debole e tutto gli appariva confuso e sfuocato. Persino
la voce di Zoro gli arrivava ovattata.
“Che ti
prende?” chiese Zoro, preoccupato, mettendo una mano sulla
fronte di Rufy.
“Nulla, tra
quanto raggiungiamo l’isola?” chiese Rufy,
ignorando le preoccupazioni dello spadaccino e cercando di divincolarsi
dalla sua presa. Sapeva di non essere nella sua forma migliore, ma
doveva farsi forza.
“Non so, un
paio d’ore. Ma tu scotti, hai la febbre!”
esclamò Zoro, preoccupato.
“Non
è niente.” cercò di minimizzare Rufy,
aggrappandosi alla balaustra della nave. Mai come in quel momento era
intenzionato a raggiungere quella stramaledetta isola. I loro amici
erano in pericolo, e solo loro potevano aiutarli.
“Invece penso
di si, devi esserti preso un’infezione ad
Alabasta.” continuò Zoro, maledicendosi per non
essersene accorto prima. Dovevano assolutamente trovare un medico o le
cose si sarebbero messe parecchio male per Rufy.
“Mi
curerò più tardi, se arrivano i rinforzi della
marina sarà più complicato liberarli senza che
nessuno si faccia male.” disse Rufy, come al solito
più preoccupato per la salute dei suoi compagni che per la
propria.
“Sei il
solito pazzo.” concluse Zoro, scuotendo la testa. Sapeva che
niente e nessuno sarebbe riuscito a fargli cambiare idea.
ANGOLO DELL'AUTRICE:
innanzitutto grazie per essere arrivati a leggere fino a qui. perdonate
il mio enorme ritardo nel postare, se potete.
spero che nonostante tutto la mia storia continui a piacervi.
visti gli ultimi sviluppi del manga in giappone (mi riferisco ad Ace,
ma non accenno nulla di più per quanti vogliono la sorpresa)
la mia storia presenta degli errori. spero che possiate soprassedere.
diciamo che nel mio mondo e nella mia storia le cose sono andate
diversamente dal manga..
NEKO: grazie mille per il tuo commento!
non riesco a smettere di ringraziarti. voglio dire, è
incredibile quando uno degli autori che hai tra i preferiti commenta
una tua storia.
beh, effettivamene questo Rufy un po' più maturo piace
parecchio anche a me.
grazie per la comprensione, in fondo noi universitari siamo tutti sulla
stessa barca.
SAISAI_GIRL: grazie per il commento!
diciamo che la povera Bibi è uscita di scena.
per l'incontro dei ragazzi.. beh, immagino avrai capito che si
tratterà di qualcosa di eclatante e sorprendente insieme.
buona domenica delle palme? accidenti, mi stai ricordando che non
aggiorno da prima di pasqua. sono un mostro!
SMEMO92: grazie per il commento!
ma si che Bibi si riprende, anche se in questo momento esce di scena.
diciamo che ha fatto la sua parte, convincendo i ragazzi a non
arrendersi, anche se alla fine così li hanno arrestati.
diciamo che Rufy non era preoccupato, era malato. e la marina, anzi, il
cattivone della marina li ha fatti cadere in una trappola.
riusciranno i nostri eroi ad uscirne vivi ancora una volta?
MILENA83: grazie mille per il commento!
spero che questo capitolo abbia soddisfatto tutte le tue
curiosità.
SPIDI988: grazie per il commento!
sono contenta che la mia storia ed i miei personaggi sono apprezzati.
ti dirò una chicca, non solo Rufy ha imparato a manovrare la
nave è anche diventato il migliore (dopo Nami, ovvio).
GRAAAZIE a TUTTI. spero di riverdervi al prossimo capitolo!
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Capitolo 12 *** NELLE MANI DELLA MARINA ***
CAPITOLO 10
NELLE MANI DELLA MARINA
Il sole stava calando nel mare, tingendolo di rosso quasi stesse
andando a fuoco.
Un tramonto stupendo, superbo persino per chi è abituato a
questo genere di spettacoli naturali. Robin, nonostante i molti anni
passati per mare adorava perdersi in quei colori così vivi,
e di solito coinvolgeva anche i compagni. Tuttavia, quando si
è appena stati catturati dalla marina anche il
più incredibile dei tramonti passa in secondo piano.
“Meno male che non ci avrebbero catturato, vero
Nami?” commentò Usup ironico, ricordando le parole
che la navigatrice aveva pronunciato poco prima.
La marina li aveva fatti salire a bordo della loro nave e portati su
una strana isola che non era segnata su nessuna cartina. Il primo
pensiero di Nami fu che avrebbe potuto disegnarla lei su una carta per
prima e fare un sacco di soldi, il secondo fu che probabilmente non
avrebbe più disegnato una carta in vita sua.
“Usop, sta zitto.” sibilò Nami, furente.
Erano stati catturati come dei pivellini, proprio loro che avevano
combattuto nemici ben più pericolosi di quei quattro soldati
spaventati. Certo, di solito insieme a loro c’erano anche
Rufy e Zoro. Possibile che quei due fossero così essenziali
e che senza di loro bastava una misera nave a fermarli?
“Lo sapevo che era una pessima idea seguire quei due. Che ne
sarà di noi ora?” piagnucolò Usop,
spaventato. Erano finiti nei guai e tutto per seguire Rufy, un egoista
che li aveva abbandonati sette anni prima. Era assolutamente ingiusto.
Il cecchino aprì la bocca, probabilmente per continuare a
lamentarsi, ma fu interrotto dal carpentiere.
“Moriremo, ecco che ci succederà.”
rispose Franky, deciso. Il loro destino era segnato, perché
continuare a lagnarsi? Tanto valeva morire da uomini, senza implorare.
Robin fino a quel momento era rimasta in silenzio, appoggiata alle
pareti di roccia della cella nella quale erano rinchiusi. Sembrava si
fossero dimenticati di loro.
Nessuno aveva molta voglia di parlare, tranne Nami e Usop che non
facevano che battibeccare da ore, interrotti di tanto in tanto dai
tetri commenti di Franky. Gli altri ragazzi se ne stavano
principalmente per i fatti propri, immersi nei loro pensieri. Chopper
giocherellava con dei sassi, per cercare di allentare la tensione e si
sforzava di ricordare i nomi delle principali arterie umane. Si
trattava di un piccolo espediente che gli aveva insegnato il suo
maestro per calmarsi. Brook, invece, era seduto vicino alla piccola
renna e rimpiangeva di non avere un violino con cui intrattenere i
compagni. Un po’ di musica fa sempre bene, specie se si sta
per morire.
“A che pensi?” chiese Sanji a Nico Robin con il suo
solito tono galante. La ragazza era pensierosa, non faceva che fissare
il muro della cella da un po’, mentre il cuoco silenzioso e
tranquillo come sempre. Sembrava che nulla, tranne una bella donna
ovviamente, riuscisse a turbarlo. L’unica cosa che lo seccava
era che gli avevano tolto le sigarette, per il resto stava benissimo.
“A quello che ha detto il tizio più grosso
prima.” rispose Robin, con altrettanta calma.
Bastarono quelle poche parole per destare l’interesse dei
compagni che da silenziosi e spaventati si fecero attenti e pronti a
reagire.
“Ha detto ai suoi di avvisare qualcuno che ci avevano
catturati. Mi chiedo che voleva dire..” disse Chopper,
riflettendo sulle parole dell’ufficiale. Nessuno aveva fatto
caso a quello che aveva detto l’uomo, avevano preso le sue
parole come i deliri di un pazzo. Chi altri poteva attaccare una nave
che non batteva bandiera pirata e che non stava facendo alcun male?
Quello che aveva colpito i ragazzi, e che non era sfuggito
all’occhio attento di Robin, era la cattiveria con cui
l’ufficiale si era rivolto a loro. Li odiava, si vedeva che
li voleva vedere morti, ma i ragazzi non sapevano per quale ragione.
Non sembrava un pezzo grosso della marina e probabilmente non lo
avevano mai incontrato prima. Che poteva volere da loro?
“Penso ci vogliano usare come esca per prendere
qualcuno.” dedusse Sanji, guardandosi intorno alla ricerca di
una possibile via di fuga. Prima se ne andavano e meglio era. Il cuoco
controllò con attenzione ogni angolo prima di accorgersi che
la sua era una ricerca inutile. La cella era scavata in una roccia e
non c’era modo di aprirsi un varco.
“Già, ma chi?” si chiese Usop,
riflettendo ad alta voce.
“Forse Ace.” suggerì Brook, sorridendo.
A quelle parole i compagni si voltarono verso di lui, stupiti per
l‘uscita dello scheletro. Portuguese D. Ace era decisamente
l’ultima persona che sarebbe potuta venire a salvarli.
“Ace?” chiese Franky sorpreso, aggrottando le
sopracciglia.
“Pensaci, è l’unico che sa che siamo
sulla rotta del grande blu e che ci potrebbe venire a
liberare..” spiegò Brook, ricordando i numerosi e
recenti incontri con il ragazzo.
I ragazzi ci rifletterono un po’ per conto loro e alla fine
arrivarono alla conclusione che Ace era l’unica persona che
sarebbe potuto venire a salvarli. Chi altri avrebbe potuto rischiare la
vita per loro?
“Allora siamo salvi!” esclamò Usop,
felice. Si fidava ciecamente di Ace, nonostante fosse il fratello di
Rufy. Era una persona a posto, affidabile. Per di più i
recenti incontri e le parole gentili che aveva rivolto loro gli avevano
fatto capire quanto tenesse a loro.
Usop sbuffò tristemente, pensando che forse avevano avuto la
sfortuna di incontrare il fratello sbagliato. Il cecchino si
immaginò nella ciurma di Ace e sorrise di
quell’idea. Sarebbe stato fantastico. Il ragazzo con il
potere del fuoco si sarebbe preso cura di loro e non li avrebbe
cacciati in una fila interminabile di guai. Non avrebbero avuto un
capitano idiota ed egoista che pensava solo a se stesso. Non sarebbero
stati abbandonati su un’isola senza una spiegazione valida.
“Sei un idiota, è una trappola. Lo
prenderanno..” disse Nami, secca. Il sorriso che si era
dipinto sul viso del cecchino si spense subito.
“Poveri noi.” sospirò Choppper,
lasciandosi cadere seduto. L’aura di speranza che si era
creata quando Robin aveva iniziato quel discorso era del tutto
scomparsa. I ragazzi non potevano fare a meno di pensare al loro amico,
Ace, e al fatto che sarebbe di sicuro stato catturato. Tutto per colpa
loro.
“Povero lui piuttosto.” lo corresse Franky,
sedendosi di fianco alla piccola renna.
Nami aprì la bocca per dire qualcosa, ma i discorsi dei
ragazzi vennero interrotti dalla marina, che fece irruzione nella loro
cella.
“Volete stare zitti?” tuonò una voce
dall’oscurità. Doveva trattarsi del marine che li
aveva catturati, i ragazzi non riuscivano a vedere il suo volto ma la
sagoma era senza dubbio la sua. L’ufficiale si
avvicinò alle sbarre, con delle catene in mano ed una faccia
da schiaffi. Era evidente che stava prendendosi gioco di loro e
sembrava anche godere immensamente nel farlo. Sul suo volto era dipinto
un sorriso sadico, vendicativo.
Franky si ritrovò a chiedersi nuovamente che avevano fatto a
quel tipo per scatenare a quel modo la sua rabbia.
“Non accetto ordini da te, brutto ciccione.”
rispose decisa Nami, guardandolo con disprezzo. Era cresciuta avendo
quotidianamente a che fare con dei grossi, brutti e spietati uomini
pesce e non era certo un marine che non conosceva le buone maniere o il
concetto di igiene a spaventarla.
“Quanta rabbia ragazzina! Ehi, tu. Prendi le ragazze. Queste
due bellezze vengono con me. Cominciate ad andare, vi raggiungo
dopo” ordinò l’ufficiale ad una recluta
con il viso spaventato. Il ragazzino stette per un po’ a
guardare il suo superiore, poi scattò improvvisamente,
appena in tempo per evitare un calcio dell’ufficiale. Franky
sbuffò. Oltre ad essere brutto, stupido, sporco e cattivo
era pure poco paziente. Quella si stava rivelando decisamente una
brutta giornata per loro.
“Se ti azzardi a far loro del male di faccio pentire di
essere nato.” esclamò Sanji, perdendo la calma.
Poteva sopportare tutto, ma non che qualcuno facesse del male a delle
ragazze, specie se le ragazze in questione erano Nami e Robin, le sue
adorate dee.
“Pensa a rimanere vivo piuttosto.”
commentò Franky, cercando di calmare il compagno mentre la
recluta si portava via le due ragazze. Usop, Chopper, Sanji, Franky e
Brook si ritrovarono soli e si scambiarono un’occhiata carica
di tensione e domande.
“Perché ci hanno divisi?” chiese Usop,
spaventato, dando voce alla domanda che stava passando per la mente di
ciascuno di loro. Le cose iniziavano a mettersi male sul serio.
“E io cosa vuoi che ne sappia.” rispose Brook,
scocciato. Certo, lui era morto ed era difficile che lo uccidessero una
seconda volta, tuttavia non poteva stare a guardare mentre ferivano e
forse uccidevano i suoi compagni. Non poteva perdere un’altra
volta la sua ciurma, non avrebbe potuto sopportare l’idea di
tornare ad essere solo.
“Volete fare silenzio?” tuonò
l‘ufficiale, tornato a fare la guardia ai prigionieri rimasti.
“Che hai da ridere brutta testa pelata?” chiese
Franky, mentre sul viso del marina si dipingeva lo stesso sorriso
sadico che aveva anche poco prima.
“Penso a quanto sia dolce la mia vendetta. La partita sta per
chiudersi, ed io dopo sette lunghi anni sono il vincitore.”
rispose l’ufficiale, gongolando.
“No, tu sei solamente pazzo.” commentò
Sanji, impassibile. Quell’uomo non gli faceva certo paura,
solo rabbia. Avrebbe voluto prenderlo a calci fino a fargli sputare i
denti e poi buttarlo in mare. Li aveva imprigionati, aveva portato via
le ragazze e si stava prendendo gioco di loro. Non poteva certo
continuare a vivere come se niente fosse.
“Vuoi fare silenzio?” urlò
l’uomo, paonazzo in viso. Le cose cominciavano ad andare in
un modo che non aveva previsto. Si era aspettato di avere a che fare
con dei prigionieri spaventati, non con dei pirati pronti a combattere
con le unghie e con i denti.
Certo, sapeva che gli uomini che aveva catturato erano pericolosi e che
in passato avevano sconfitto nemici ben più potenti di lui,
ma non si aspettava fossero ancora così combattivi dopo
sette anni di vita tranquilla. L’ufficiale cominciava a
chiedersi se fosse vero il detto che diceva che non si smette mai di
essere pirati.
“Ti prometto che troverò il modo di liberarmi da
queste catene e di ridurre a un mucchietto d’ossa sia te che
i tuoi ridicoli tirapiedi.” continuò Sanji, per
nulla spaventato dalla rabbia dell’ufficiale.
“Ti conviene risparmiarti il fiato se vuoi goderti lo
spettacolo. Piacerà anche a voi, ne sono sicuro.”
ribadì l’uomo, cercando di spaventare il cuoco.
Sanji il risposta gli sputò in faccia, colpendolo in un
occhio. Nemmeno Usop avrebbe potuto fare di meglio.
Quel gesto scatenò ancora di più la rabbia
dell’ufficiale, che perse il controllo e sollevò
Sanji per il colletto della camicia, strattonandolo con forza contro le
sbarre senza che il ragazzo potesse fare nulla per difendersi.
“Ehm, signore..” chiamò timidamente una
recluta. Il ragazzo era arrivato da poco ed era ancora sulla porta. Era
spaventato, molto più di quanto lo fossero i pirati chiusi
nella cella, e cercava di tenere una distanza di sicurezza tra se
stesso ed il proprio superiore.
“Che vuoi? Sono occupato.. Non lo vedi?” rispose
l’ufficiale in modo sgarbato, senza distogliere
l‘attenzione da Sanji né tanto meno allentare la
presa. Il cuoco sentì in bocca il sapore del proprio sangue
e si ripromise di farla pagare al ciccione.
“C’è la sede centrale in linea, hanno
saputo che una delle vostre navi ha incrociato la Thousand Sunny e
vogliono un resoconto dettagliato per scagliare un attacco.”
continuò il ragazzino, incerto. L’attenzione di
Frank e dei suoi compagni si destò improvvisamente non
appena sentirono nominare la loro vecchia nave.
“Dannazione! Chi li ha informati?”
esclamò sorpreso l’ufficiale, spostando la sua
attenzione da Sanji al ragazzino sulla porta.
“Non lo so, io riferisco solamente.” rispose il
ragazzetto, alzando le spalle.
Tutti i presenti lo stavano fissando intensamente, alla ricerca di
risposte.
Quella situazione lo metteva tremendamente a disagio. Avrebbe solo
voluto scappare il più lontano possibile e rintanarsi nella
sua cuccetta, a giusta distanza dalle imprevedibili reazioni
dell’ufficiali.
“Sta zitto!” tuonò
l’ufficiale, lasciando cadere Sanji e abbandonando la cella
in fretta e furia. Era successa l’ultima cosa che doveva
succedere. La centrale operativa aveva visto la nave che aveva portato
il suo messaggio a Cappello di Paglia e ora avrebbe cominciato a fare
domande. Doveva trovare un modo per ritardare le navi del quartiere
generale. Doveva essere lui a catturare Cappello di Paglia ed il suo
spadaccino. Lui e nessun altro. L’uomo si affrettò
a lasciare la prigione, attraversò l’isola
correndo e si ritrovò presto nella sala centrale di comando.
In linea c’era uno dei tre ammiragli, che aspettava
pazientemente il suo resoconto. L’ufficiale
deglutì, nervoso, e si preparò ad affrontare il
suo superiore, l‘Ammiraglio Smoker. Non sarebbe certo stato
semplice, Smoker era un uomo duro, inflessibile e con una dubbia
concezione della marina. Certamente non avrebbe approvato i suoi
metodi, specialmente perché si trattava del Re dei Pirati.
L’Ammiraglio dava la caccia a Cappello di Paglia da sempre,
eppure molti dicevano che in alcune occasioni lo avesse lasciato andare
e che il pirata avesse ricambiato salvandogli la vita. Nessuno riusciva
a spiegarsi quello strano rapporto, se non andando a ripescare le
vecchie storie su Monkey D. Garp e Gol D. Roger. Anche loro due,
nonostante fossero avversari, si rispettavano.
L’ufficiale prese in mano la cornetta, cercando di
controllare il suo tremolio. Non voleva dare l’impressione
all’Ammiraglio di avere paura di lui.
“Normalmente mi piace essere informato quando uno dei miei
uomini incontra il Re dei Pirati.” disse Smoker, annoiato.
Bastarono quelle parole a spiazzare il marine, che prese a balbettare
frasi sconnesse. L’Ammiraglio era un uomo pericoloso e poco
paziente.
“Io.. Naturalmente Ammiraglio. Stavo giusto per fare
rapporto.” cercò di giustificarsi
l’ufficiale. Sapeva bene che l’uomo
dall’altra parte del filo non gli avrebbe certo creduto.
Smoker era sempre stato diffidente.
“Sicuro?” chiese l’Ammiraglio, con un
tono quasi divertito.
“Certamente.” disse l’ufficiale,
spaventato.
“Sai, Cappello di Paglia è la mia preda. Lo seguo
da quando aveva una ridicola taglia da trentamilioni di denari sulla
testa ed è riuscito a scapparmi. Da prima che entrasse nella
rotta del Grande Blu. È la mia preda. Non accetterei che
qualcuno mi estromettesse dalla sua cattura, specie un mio
sottoposto.” spiegò Smoker, con una calma
impressionante, cercando di tenere a freno la rabbia.
“Capisco, ma io non ho mai cercato di estrometterla o di
catturare Cappello di Paglia di nascosto. Glielo posso
assicurare.” disse ancora l’ufficiale, cercando di
essere convincente per non incorrere nella rabbia del suo superiore.
“Sicuro?” chiese ancora Smoker. Questa volta il suo
tono di voce tradiva almeno in parte la sua rabbia. L’uomo
era molto vicino a perdere il controllo.
“Certamente.” ribadì
l’ufficiale, sudando freddo. La discussione stava cominciando
a diventare pericolosa.
“Non sai dire balle, è questo il tuo problema. Uno
dei tanti almeno. Sta lontano da Rufy, ci penso io a lui, siamo
intesi?” ordinò Smoker, furente. Sapeva bene che
quell’inutile ufficiale stava cercando di fare il colpo
grosso per acquistare fama. In passato aveva già cercato di
catturare altri pirati famosi, facendo clamorosi buchi
nell’acqua. Smoker era sicuro che l’uomo aveva
puntato Rufy e avrebbe fatto di tutto per catturarlo, e quello non gli
andava bene. Cappello di Paglia era il suo degno avversario, si
affrontavano da anni senza che nessuno prevalesse sull’altro
e non poteva certo permettere che venisse catturato con degli stupidi
mezzucci come quelli usati da quel ridicolo ufficiale.
“Aspetti, sono riuscito a catturare i suoi vecchi compagni e
li ho portati sulla mia isola. Verrà qua, ne sono
sicuro.” disse l’ufficiale, parlando con un tono
deciso. Sperava di colpire l’Ammiraglio e guadagnarsi
così la sua ammirazione.
“Ecco dunque perché sei andato da lui, lo hai
ricattato..” mormorò Smoker, lasciando la frase in
sospeso. Il piano dell’uomo ora appariva in tutta chiarezza.
Probabilmente aveva già progettato ogni cosa per incastrare
Rufy e Zoro, sicuro che sarebbero venuti a salvare i vecchi compagni.
Quei pensieri fecero ribollire il sangue di Smoker. Anni prima lui e
Rufy avevano concordato di lasciare i suoi vecchi compagni fuori dalle
loro questioni. Lui e Zoro erano pirati, gli altri No. Avevano lasciato
la rotta del Grande Blu e vivevano tranquillamente in modo onesto.
Smoker non aveva obiettato, dopo tutto a lui interessava Rufy e voleva
catturarlo in modo leale.
“Era per il bene supremo, per il governo
mondiale..” si giustificò l’ufficiale,
spaventato dal tono usato dal suo superiore.
“Non mi interessa un fico secco del bene supremo e del
governo mondiale. Non fare mai più una sciocchezza
simile.” tuonò Smoker, fuori di sé. La
sua voce risuono potente e fece sobbalzare anche le reclute che erano
sulla porta e nella stanza accanto.
“Ma, io.. Non capisco, si tratta di un lurido
pirata.” si lamentò l’ufficiale,
risentito. Sembrava quasi che l’Ammiraglio Smoker stesse
prendendo le difese di Cappello di Paglia, di un pirata. Che ne era
stato della giustizia mondiale?
“Cappello di Paglia non è un lurido pirata e si
merita tutto il nostro rispetto. Vale molto più di te e di
molti marine che non usano la testa. In molte occasioni ha aiutato la
gente molto di più di quanto abbia fatto la
marina.” continuò Smoker, in preda ad una rabbia
incontrollabile. Ricordava bene tutte le occasioni in cui Rufy gli
aveva salvato la vita. Non era certo obbligato a farlo, ma non lo aveva
mai abbandonato a se stesso giustificandosi dicendo che un grande
marine come lui meritava di essere affrontato e battuto, non lasciato
annegare come il più infimo dei traditori.
“Ma è pur sempre un pirata..” fece
notare l’ufficiale, distogliendo Smoker dai suoi ricordi e
scatenando nuovamente un moto di rabbia nell‘uomo.
“Certo, per questo gli diamo la caccia. Tuttavia, non accetto
che venga attirato in trappola con mezzi subdoli. Un grande uomo merita
il rispetto, e merita uno scontro leale. Che onore ci sarebbe
altrimenti?” esclamò l’Ammiraglio, con
un tono che non ammetteva repliche che zittì il suo
sottoposto.
“Che devo fare?” chiese l’ufficiale, un
po’ spaventato.
“Rilascia i pirati, falli andare via. Controllate la
posizione di Cappello di Paglia e comunicatela a me. D’ora in
poi ci penserò io.” ordinò Smoker,
prima di riattaccare la cornetta prima ancora che l’altro
avesse risposto.
“Certamente.” rispose l’ufficiale tra i
denti, prima di appoggiare l‘apparecchio e rimanere un bel
po‘ incantato a guardarlo con odio. Stava ancora guardando il
telefono quando si avvicinò una delle reclute, la
più coraggiosa che era presente nella stanza durante quella
chiamata.
“Signore, devo rilasciare i prigionieri?” chiese il
ragazzino, facendosi coraggio e sfidando l’ira del suo
superiore.
“Provaci e sei morto.” sibilò
l’ufficiale tra i denti, ribollendo di rabbia. Aveva fatto la
figura del perfetto idiota, per di più di fronte alle
reclute che ora stavano ridendo di lui.
“Ma l’Ammiraglio Smoker..”
cercò di dire la recluta, subito zittita da un cenno
spazientito dell’ufficiale.
“Questa è la mia isola, qui comando io.
L’Ammiraglio non deve per forza sapere quello che succede
qui. Il nostro piano non cambia.” esclamò il
superiore, risentito dal fatto che anche le reclute discutessero i suoi
ordini. Non bastava avere a che fare con dei pirati insolenti, con il
Re dei Pirati in persona e con un Ammiraglio testardo, ci si dovevano
mettere anche le reclute a farlo impazzire.
“Ma che succede quando arriveranno i rinforzi dal quartiere
generale?” chiese un’altra recluta, facendosi
coraggio. L’ufficiale lanciò al ragazzino che
aveva parlato un’occhiata sadica carica di odio.
“Per allora i pirati saranno tutti morti, Cappello di Paglia
compreso e Smoker non potrà farci niente.”
dichiarò l’ufficiale con un sorriso diabolico
dipinto sul volto.
Nel frattempo nella cella i ragazzi si stavano preoccupando per Sanji,
ancora a terra dopo lo scontro con l’ufficiale scorbutico e
puzzolente.
“Sanji, mio dio stai bene! Poteva essere pericoloso, quel
tizio avrebbe potuto ucciderti!” mormorò Chopper
spaventato, mentre controllava che l’amico stesse bene. Sanji
non disse nulla ma lasciò fare la piccola renna.
“È solo un pallone gonfiato.” rispose
Sanji, con sufficienza, mettendosi a sedere come se niente fosse e
cercando di riprendere a respirare normalmente, sempre sotto
l‘occhio vigile del dottore.
“Ci hanno preso per catturare qualcuno, vorrei sapere
chi..” mormorò Franky, pensieroso. Qualcosa non
gli tornava, all‘inizio aveva pensato potesse davvero
trattarsi di Ace come aveva detto Brook ma ora cominciava a dubitarne.
Che centrava Ace con la Sunny? Un’idea gli passò
per la mente. Forse era solo colpa del suo cuore, ma non poteva fare a
meno di sperare che Rufy venisse a salvarli. Era assurdo, lo sapeva,
eppure sarebbe stata la prova che il pirata teneva ancora a loro e non
li aveva allontanati perché li considerava inutili e troppo
deboli per seguirlo.
“Ace, no?” esclamò Usop, sicuro,
stranito dalle parole del carpentiere.
“Forse No.” disse Chopper, pensieroso, scuotendo
deciso la testa. Tutti loro stavano pensando alla loro nave, la
Thousand Sunny, e si chiedevano cosa centrasse con Ace e con quello
strano ufficiale.
“Che ne è stato della Thousand Sunny?”
chiese Sanji all’improvviso. Tutti presero a fissare Franky
in attesa di una risposta.
“È rimasta a Rufy. Ricordo che ha insistito tanto
anche se avrebbe dovuto manovrarla da solo.”
iniziò a raccontare Franky, ricordando come erano quasi
arrivati alle mani per quel motivo. Rufy si era impuntato, dicendo che
il capitano era lui e che la nave sarebbe rimasta con lui. Non voleva
nemmeno discuterne, era disposto a lasciare loro tutti i tesori ma non
la nave. Franky aveva obiettato che l’aveva costruita lui,
anche se con il legname pagato con i soldi che aveva rubato loro. Alla
fine il cyborg aveva dovuto cedere. Usop aveva guardato i due compagni
discutere, ripensando a quando quella discussione l’aveva
avuta lui con Rufy per via della Merry, molti anni prima. Quella volta
però Rufy aveva ceduto perché sapeva che Usop
teneva molto alla nave. Mentre i due continuavano a scontrarsi Usop,
così come tutti gli altri compagni, si chiedevano
perché quella volta Rufy non cedeva. La Sunny era importante
per Franky esattamente quanto la Merry lo era stata per Usop.
“Dici che l‘ha venduta?” chiese ancora
Sanji, a bruciapelo. Sapeva che parlare di quella nave per lui era
doloroso, specie per il modo in cui l‘aveva persa ma era
inevitabile. Franky lo guardò incuriosito ed allo stesso
intristito, era strano da parte sua tutto
quell’interessamento alla loro vecchia imbarcazione ed era
doloroso per lui parlare della nave che una volta aveva costituito
tutti i suoi sogni.
“Penso di si. È una nave troppo grossa per essere
manovrata da due persone.” disse Franky, dopo averci
riflettuto un po’ su. Il pensiero lo rendeva triste, depresso.
Quella nave era stata costruita per loro, nelle mani di
un’altra ciurma perdeva senso. Non riusciva nemmeno a pensare
ad altre persone che calcavano la loro nave, mangiando nella loro sala
e dormendo nelle stanza che una volta li avevano ospitati.
“Rufy potrebbe essersi rifatto una nuova ciurma..”
suggerì Usop in tono lugubre. L’idea che Rufy si
fosse fatto una nuova vita e dei nuovi amici lo abbatteva. Anche
volendo, non riusciva a smettere di provare rabbia e gelosia nei
confronti di quelle persone che dividevano le giornate con Rufy. Usop
si chiese se Rufy pescasse ancora, magari con uno di loro come faceva
con lui.
“No, il vecchio del promontorio ha detto che Zoro e Rufy
erano sempre soli.” ricordò Brook, pensieroso.
Quella frase, stranamente, ebbe il potere di dare pace ad Usop.
“Che centra la Thousand Sunny ora?” chiese Chopper,
guardando Sanji incuriosito.
“Una nave del ciccione l’ha incrociata prima e la
marina gli ha chiesto un rapporto. La cosa strana è che lui
sembrava infastidito.” raccontò Sanji, riferendo
la conversazione udita poco prima. La piccola renna annuì,
pensierosa.
“Chi potrebbe mai esserci sulla nostra vecchia
nave?” chiese Usop, agitato. L’idea di persone
sconosciute che camminavano indisturbate sulla loro nave infastidiva
anche lui.
“Non è questo il punto..” disse Fraky,
pensieroso, scacciando l‘immagine di uno sconosciuto che
riparava la sua piccola.
“A che pensi?” chiese Brook, fissando stranito il
cyborg.
“Che forse questa operazione non è
autorizzata.” spiegò Franky, cercando di mettere
insieme i tasselli di quel complicatissimo puzzle.
“Cosa?” chiesero pressoché
all’unisono Chopper e Usop.
“La marina non sa che siamo stati catturati? È
assurdo.” chiese Sanji, stupito. Riflette su quello che era
successo e su quello che aveva detto il ciccione e dovette ammettere
che qualcosa non tornava. Se davvero l’operazione di cattura
era autorizzata, perché c’erano solo due navi e
perché il ciccione sembrava così spaventato
all’idea che il quartiere generale della marina venisse
coinvolto?
“A un ufficiale non serve il permesso della sede centrale per
catturare dei ricercati.” commentò Usop, secco,
cercando gli sguardi pensierosi degli amici.
“Si invece se si tratta di prigionieri pericolosi. Qui
sull’isola non c’è traccia di pezzi
grossi, e nemmeno della CP9.” fece notare Franky, guardandosi
attorno. L’isola era sorvegliata ma non eccessivamente. Non
c’erano pezzi grossi, solo reclute e quello strano ufficiale.
Possibile che anni prima avessero mosso la CP9 per catturarlo mentre
ora non mandavano nemmeno un Commodoro? Era assurdo, senza nessun senso.
“Perché il ciccione ha fatto una cosa del
genere?” chiese Brook, perplesso.
“Per vendicarsi di qualcuno, lo ha detto no?.”
rispose Sanji, sicuro, ricordando le parole che aveva pronunciato poco
prima l’ufficiale.
“Vorrei sapere di chi si tratta.”
sospirò Chopper, pensieroso.
Nel frattempo le ragazze erano state condotte dalla giovane recluta
dall’altra parte dell’isola senza pronunciare una
parola, spaventato. Sapeva bene che le due ragazze erano pericolose,
anche se in quel momento erano legate, e si teneva a debita distanza.
La cella in cui le sistemò era decisamente singolare. Si
trattava di una stanza normale, arredata in modo semplice con tanto di
divano, poltrone e caminetto. Si poteva dire che era quasi accogliente
se non si faceva caso alle sbarre sia alla finestre che alla porta.
“Quel ciccione l’ho già
visto.” disse all’improvviso Robin quando la
recluta chiuse la porta alla sue spalle e le lasciò sole,
sorprendendo Nami.
“Sei sicura?” chiese la ragazza dai capelli rossi,
sorpresa.
“Si, è stato sette anni fa.”
confermò Robin, sicura. Ricordava bene il suo viso, ed era
sicura che non si stava sbagliando. Gli anni passati a scappare da
gente che cercava di ucciderla le avevano regalato una stupefacente
memoria fotografica. Era perfettamente in grado di ricordare nei minimi
dettagli e riconoscere un viso anche a distanza di anni.
“Uh?” mormorò Nami, ancora
più stupita e curiosa.
“Prima che Rufy ci allontanasse. Nei giorni precedenti
continuavo ad incontrarlo ma lui non cercava mai di
catturarmi.” raccontò Robin, mettendosi a sedere,
pensierosa. All’epoca non aveva fatto caso a
quell’evento, aveva pensato si trattasse solo di fortuna.
Ripensandoci a distanza di anni, dopo che lo stesso marine li aveva
catturati sembrava decisamente strano. Doveva esserci qualcosa sotto.
Chi potevano essere le persone di cui quel pazzo si voleva vendicare?
Nella sua mente cominciò a farsi strada l’idea che
Rufy fosse coinvolto in quella storia, ma decise di non parlarne
all’amica. Nami reagiva male ogni volta che le si nominava il
vecchio capitano.
“Sei sicura?” chiese Nami, apprensiva.
“Certo, ricordo bene quel ghigno. Metteva i
brividi” assicurò Robin, rabbrividendo.
“Vorrei sapere perché ci ha diviso. È
tutto così strano, eppure non sembra intenzionato a farci
del male. Per di più questa cella non mi sembra
particolarmente sicura o opprimente” disse Nami scuotendo la
testa confusa.
“Cerca di complicare le cose..” spiegò
Robin, pensierosa.
“Che intendi?” chiese Nami, senza capire le parole
dell’amica.
“Pensaci. Ci hanno catturato per tendere una trappola a
qualcuno.” iniziò a spiegare Robin mentre
l’amica la seguiva con attenzione. Improvvisamente
capì cosa doveva intendere l’archeologa.
“Certo, in questo modo quando Ace verrà a
liberarci dovrà fare più fatica e loro avranno
più possibilità di prenderlo.”
completò Nami, sospirando. Chiunque fosse venuto a liberarli
avrebbe dovuto attraversare tutta l’isola per cercare le due
ragazze, dando la possibilità ai marine di organizzare la
difese e catturarli.
“Sono dannatamente furbi, non penso ne usciremo sta
volta.” mormorò Robin, seria.
A poche miglia dalla costa nel frattempo, una nave si avvicinava senza
dare nell’occhio. Nonostante la bandiera nera con il teschio
che sventolava impertinente la marina non li aveva ancora notati,
complice anche il buio che stava calando. Sulla nave, due figure si
muovevano frenetiche.
“Allora?” chiese Rufy, impaziente di sbarcare.
“La nave è nascosta, non la troveranno mai e ho
anche lanciato l’allarme per Jimbei. Appena lo sente
arriverà a darci una mano.” disse Zoro,
riassumendo al capitano quanto aveva fatto per assicurarsi che qualcuno
venisse loro in aiuto. Avrebbero potuto portare la nave più
vicina all’isola ed ancorarla insieme ai galeoni della
marina, ma sarebbe stato pericoloso. I marine avrebbero potuto
facilmente riconoscere e distruggere la loro nave. Rufy sorrise tra
sé, pensando che una volta non si sarebbe certo fatto tutti
quei problemi. Sarebbe andato sull’isola a basta, irruento e
determinato come suo solito.
Il ragazzo di gomma sospirò, mentre guardava Zoro gettare
l’ancora. I giorni dell’incoscienza erano finiti.
Non c’erano più i suoi compagni a porre rimedio
alle sue leggerezze e a preoccuparsi di tutto ciò a cui lui
non pensava. Inoltre non poteva lasciare che la Sunny venisse rovinata
dalla marina, Franky ne avrebbe sofferto se mai lo fosse venuto a
sapere. Gli era costato molto portarla via all’amico, ma lo
aveva dovuto fare per il suo bene. La marina avrebbe seguito la Sunny
in capo al mondo, e alla fine avrebbe preso e ucciso Franky.
“Non arriverà mai in tempo.”
esclamò Rufy, serio, riflettendo sulle parole che
l‘amico aveva pronunciato poco prima riferite al capo degli
uomini pesce.
“Non si sa mai. Ho anche dato ordine attraverso gli interfoni
di avvisare Ace.” continuò Zoro mentre riponeva
con attenzione le spade nei loro foderi, pronte ad essere sfoderate per
ferire l’avversario. Le lame brillava al sole, lucenti e
perfette. Sembravano quasi innocue ma Rufy sapeva bene che tra le mani
del suo amico Zoro erano letali.
“È tutto? Stiamo perdendo un sacco di
tempo.” disse Rufy, guardando impaziente la linea
dell’orizzonte di fronte a lui. L’isola non era
lontana, l‘avrebbero raggiunta in poco tempo e senza troppa
fatica. Improvvisamente Rufy ebbe un mancamento e dovette aggrapparsi
al parapetto della nave.
Questo dettaglio non sfuggì allo sguardo attento dello
spadaccino.
“Sei sicuro di farcela?” chiese Zoro, preoccupato.
“Sto bene, ho solo un po’ di febbre..”
rispose Rufy, infastidito. Odiava stare male, e ancora peggio, odiava
apparire debole. Per di più quello era il momento sbagliato
per stare male. Doveva proteggere i suoi compagni e non poteva
permettere che lo spadaccino venisse ferito per colpa della sua
debolezza o della sua sbadataggine. Nonostante la febbre doveva
sforzarsi di tenere tutto sotto controllo. Zoro lanciò uno
sguardo all’amico, fingendo di credere che la sua fosse
solamente febbre. Sapeva bene che era qualcosa di più grave,
una malattia contratta ad Alabasta probabilmente, ma preferì
non discutere. Rufy non avrebbe certo cambiato idea, era troppo
testardo, avrebbe solo sprecato le sue già poche energie
cercando giustificazioni assurde.
“Quei tizi ci stanno aspettando, non sono
sprovveduti.” iniziò Zoro, paziente.
“Lo so, ma non abbiamo scelta.” rispose Rufy.
“Mi arrendo, facciamo come vuoi tu. Abbiamo un
piano?” chiese Zoro, rassegnato.
“Certo. Arriviamo a nuoto fino
all’isola.” spiegò velocemente Rufy.
“A nuoto?” chiese Zoro, preoccupato per le sue
spade. Odiava che si bagnassero.
“Si, loro si aspettano che arriviamo con la nave.
È l’unico modo per sorprenderli.”
rispose Rufy, con un tono ovvio.
“Pensi di farcela a nuotare fino a lì?”
chiese Zoro, preoccupato. Rufy era già indebolito dalla
strana malattia che lo aveva colpito, buttarsi in mare poteva anche non
rivelarsi una scelta azzeccata.
“Con il bracciale, si.” rispose Rufy,
tranquillizzando lo spadaccino. Zoro lanciò
un’occhiata al bracciale blu che l’amico teneva al
braccio, prima di sospirare. Era stato Pagaya, lo strambo inventore
dell’isola nel cielo a donarlo a Rufy quando erano tornati a
trovare lui e Konis. Si trattava di un aggeggio che permetteva a
chiunque di fare il bagno senza entrare il contatto con
l’acqua, un’invenzione inutile per chiunque non
avesse mangiato un frutto del mare ma perfetta per Rufy. Grazie a quel
braccialetto aveva potuto imparare a nuotare e non doveva
più preoccuparsi di cadere in acqua.
“Perfetto. Una volta sull’isola?” chiese
ancora Zoro, attento alle parole dell‘amico.
“Improvvisiamo. L’importante è trovarli,
liberarli e permettere loro di scappare. Non pensare a me, portali in
salvo ma non rischiare la tua vita. Ci sono io per quello.”
continuò Rufy, pensieroso, riflettendo su quello che sarebbe
potuto andare storto.
“Nel frattempo massacriamo un po’ di tirapiedi
della marina.” esclamò Zoro, serio.
“L’idea è quella.”
sospirò Rufy, sorridendo. Zoro non sarebbe mai cambiato.
“Perfetto.” disse Zoro, annuendo.
“Solo una cosa.. Cerca di non farti vedere da
loro.” aggiunse Rufy dopo un paio di istanti di silenzio.
Zoro capì immediatamente a chi si stava riferendo il suo
amico e abbasso la testa per non incontrare lo sguardo di Rufy.
“Gli stiamo salvando la vita, e tu non vuoi che lo
sappiano?” chiese Zoro, incredulo.
“Esatto, faremo come tutte le altre volte.” rispose
Rufy secco, tuffandosi in acqua.
“Non cambierai mai.” disse Zoro scuotendo la testa,
prima di entrare a sua volta in acqua dietro al compagno.
ANGOLO DELL'AUTRICE:
innanzitutto, GRAAAZIE MILLE.
oggi sono di frettissima, pubblico il capitolo e saluto al volo.
prometto di dilungarmi di più la prossima volta!
NEKO: grazieee!
sono felicissima che la mia storia ti piaccia, ti sorprenda e che la
segui.
ti assicuro che Ace lo vedremo ancora, non sono sadica come Oda io!
SAISAI_GIRL: grazieee!
eh si, per colpa della marina si stanno avvicinando. nel prossimo
capitolo: contatto!
non dico altro, così non ti rovino la sorpresa!
MILENA83: grazieee!
SMEMO92: grazieee!
mi fa piacere leggere i tuoi commenti e mi dispiace non avere tempo per
discutere con calma con te.
prometto che la prossima volta mi faccio perdonare!
SPIDI988: grazieee!
povero Ace, mannaggia! rufy si è ammalato ad Alabasta.
GRAZIE A TUTTI E SCUSATE ANCORA SE SONO DI CORSA!
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Capitolo 13 *** SCONTRI ***
CAPITOLO
11
SCONTRI
Zoro e Rufy raggiunsero
l’isola della marina in poco meno di dieci minuti, dopo di
che si scambiarono un’occhiata d’intesa e decisero
che sarebbero arrivati a nuoto fino al porto dove erano ancorati i
grossi galeoni della marina, qualche miglio più a sud lungo
la costa. Si trattava di almeno una ventina di grosse imbarcazioni
predisposte per viaggiare anche nelle fasce di bonaccia, dove
c’erano grossi mostri marini. Erano le navi che venivano
usate anche i Buster Call e schierate in modo ordinato l’una
di fianco all’altra incutevano se non paura certamente
rispetto. Rufy nuotava guardando di fronte a sé, tenendo lo
sguardo ben fisso sulla loro destinazione, cercando di individuare i
punti deboli della difesa della marina dove poter penetrare senza
essere notati. Certo, la zona intorno al porto era decisamente la
più illuminata, specie ora che era scesa la sera e grossi
erano puntati sulle navi, ma era anche la più frequentata.
Ovunque c’erano tantissime reclute che correvano a destra e a
sinistra, smaniose di eseguire gli ordini dei superiori per farsi
notare e ricevere incarichi di prestigio. Presi come erano, era
più difficile che si accorgessero di loro. Anzi, era quasi
impossibile. I marine notano solo quello che stanno cercando, il resto
non lo vedono nemmeno. Dopo tutti quegli anni per mare Rufy si stupiva
ancora dell’arrivismo e dell’ipocrisia dei marinai
al servizio del governo mondiale. Gli alti valori della marina, la
volontà di fermare pericolosi criminali erano solamente una
pallida scusa usata per mascherare i propri veri interessi, alle volte
più loschi di quelli degli stessi pirati che dicevano di
voler fermare.
Fu Zoro ad emergere per
primo. Si arrampicò senza fatica sul pontile e poi tese una
mano al suo capitano per aiutarlo a salire. Lo spadaccino lo
guardò a lungo, mentre riprendeva fiato. Non stava per
niente bene, ma non avevano tempo per discuterne ancora. Doveva fidarsi
e avere fiducia nelle sue decisioni, come aveva sempre fatto.
I due pirati si
guardarono intorno in silenzio, impazienti ma allo stesso tempo cauti.
Si trovavano su una delle estremità della banchina, ed erano
coperti da un grosso galeone che doveva essere ancorato lì
sull’isola da molti anni, decenni forse. Le vele era
stracciate e le assi di legno erano ammaccate e rovinate. Doveva aver
viaggiato a lungo, ma sicuramente non di recente. Zoro fissò
a lungo l’imbarcazione, chiedendosi se sarebbe caduta a pezzi
di lì a poco.
“Ed
ora?” chiese alla fine Zoro, pacato come suo solito. Da che
lo conosceva Rufy non lo aveva mai visto veramente spaventato oppure in
difficoltà. Persino davanti all’avversario
più temibile lo spadaccino era pronto a mettersi in gioco e
a dare tutto se stesso per riuscire a batterlo. L’unica volta
che lo aveva visto perdere davvero il controllo era stato dopo lo
scontro con l’Uomo dagli Occhi di Falco, sul Baratie. Dopo
essere stato battuto Zoro era scoppiato in lacrime e aveva chiesto
perdono a Rufy per non essere stato alla sua altezza. Rufy aveva
sorriso di quelle parole, felice che il suo compagno più
fedele fosse ancora vivo. Lo aveva rassicurato, ed il loro viaggio era
ripreso. Quando Zoro e Occhi di Falco si erano incontrati ancora, tanti
anni dopo, era stato Zoro a vincere.
“Te lo avevo
promesso anni fa, al Baratie.” aveva detto Zoro riprendendo
fiato, la voce ridotta a poco più che un debole sussurro.
“Non ne ho
mai dubitato, sapevo che sarebbe finita così.”
aveva replicato Rufy, sorridendo. La fiducia nelle capacità
dell’altro era sempre stata alla base della loro amicizia.
Rufy sapeva che Zoro non lo avrebbe mai tradito, come Zoro sapeva che
Rufy era disposto anche a morire per lui. Erano decisamente una coppia
affiatata, quando combattevano insieme la marina non aveva alcuna
possibilità di batterli.
“Dividiamoci.
Confonderemo la marina e faremo prima.” rispose Rufy,
cercando di mascherare l’agitazione e di convincere il
compagno che stava bene. Era preoccupato per i compagni ed allo stesso
tempo anche per se stesso. Sentiva che le sue condizioni stavano
peggiorando, la febbre era salita e ogni ora che passava si sentiva
sempre più debole ma doveva stare attento a non lasciare
trasparire niente di tutto ciò a Zoro oppure avrebbe potuto
mettere in pericolo la sua vita.
“Dici che
c’è anche Smoker?” domandò
Zoro, dopo averci riflettuto un po’ su.
Da quel poco che aveva
visto l’isola non era per niente preparata ad un attacco in
grande stile. Se c’erano anche dei pezzi grossi dovevano
essere ben nascosti, oppure ancora in viaggio.
“No, non
credo. Un simile ricatto non è nel suo stile.”
obiettò Rufy alzando le spalle, convinto che dietro quella
storia potesse esserci solamente un uomo viscido come quello che lo
aveva ricattato sette anni prima. Smoker lo odiava e lo voleva morto,
certo, ma era anche un avversario leale. Non sarebbe mai caduto
così in basso. Per di più tempo prima aveva dato
la sua parola d’onore che non avrebbe torto un capello ai
suoi vecchi compagne.
Era stato quasi cinque
anni prima. Era la prima volta che vedeva Smoker dopo che si era
separato dal resto della sua ciurma. L’ufficiale della marina
non era cambiato per niente, era solo salito di grado. Lo stesso valeva
per la Tashigi, la storica avversaria di Zoro. O almeno,
l’unica contro la quale lo spadaccino si divertisse davvero a
lottare.
“Se per te
essere un pirata, essere Rufy Cappello di Paglia, è una
colpa grave, allora voglio pagare io per questa colpa. Io ed io solo. I
miei compagni lasciali stare. Hanno lasciato il mare tanto tempo
fa.” aveva detto Rufy con gli occhi bassi, deciso a mettere
in chiaro quel punto con l’Ammiraglio per assicurarsi che i
suoi preziosi compagni non venissero minacciati ancora. Smoker non
aveva risposto subito, si era accesso uno dei suoi amati sigari per
prendere tempo e lo aveva fissato a lungo.
“Per chi mi
hai preso? Con chi credi di parlare? Non sono un lurido pirata
io..” aveva risposto poi, sdegnato. Nei suoi occhi Rufy
poteva leggere il disgusto che il marine provava per lui in quanto
pirata e allo stesso tempo il rispetto che provava per lui in quanto
uomo. Erano avversari, nemici giurati destinati a battersi fino alla
fine dei loro giorni ma la loro era una lotta leale.
Un’eterna battaglia senza ne vinci ne vincitori che dopotutto
divertiva tutti e due, sia il marine che il pirata.
“Anche quelli
della CP9 erano dei vostri. Per non parlare di Crocodile, Orso, e tanti
altri..” aveva ricordato Rufy, piegando leggermente la testa.
Alle sue spalle Zoro sorrideva senza perdere di vista nemmeno una mosse
dei due combattenti. Pronto ad intervenire solo in caso di reale
pericolo.
“La feccia
della marina è più pericolosa di voi pirati. Sto
cercando di debellarla. Odio i ricatti, e farò in modo che
quando verrai catturato sarà stato in seguito ad un
combattimento leale. Hai la mia parola.” aveva promesso
Smoker lanciando lontano il suo sigaro ormai consumato e accendendosene
subito un altro.
“Beh,
grazie.” aveva mormorato Rufy, sorridendo mentre si preparava
a riprendere la lotta da dove l’avevano interrotta.
“Sei un degno
avversario, hai il mio rispetto. E lo stesso vale per il tuo compagno,
Zoro.” aveva detto ancora Smoker, prima di riprendere a
combattere.
Rufy ricordava troppo
bene le parole che l’ammiraglio aveva detto quel giorno e
aveva impressa nella sua mente l’espressione del marine. No,
Smoker non avrebbe mai potuto venire meno alla sua promessa. Ne sarebbe
andato del suo onore, e per un uomo come Smoker l’onore era
tutto.
“Come ci
troviamo dopo?” chiese ancora Zoro, fissando intensamente il
proprio capitano che sembrava immerso in qualche strano pensiero oppure
ricordo. Come spesso gli capitava, Zoro si soffermò a
chiedersi cosa passava nella mente del suo compagno. Alle volte avrebbe
davvero voluto saperlo, entrare nella testa e stupirsi. Conoscendolo
poteva benissimo trattarsi di qualcosa di molto stupido, oppure di
estremamente serio. Rufy non sapeva cosa erano le vie di mezzo, viveva
di estremi. Era stato questo mix di pazzia e assennatezza che gli aveva
permesso di diventare Re dei Pirati. Questo e la sua determinazione a
realizzare i suoi sogni.
“Portali in
salvo e mettiti al sicuro, io trattengo il nemico. Non voglio che
nessuno di voi rischi la vita o si faccia del male. Non devi pensare a
me, ricordatelo.” ordinò Rufy con un tono che non
ammetteva repliche, voltando per un attimo le spalle a Zoro.
“Va bene, ma
tu che farai?” chiese Zoro, preoccupato. Sapeva che Rufy era
forte ed era perfettamente in grado di badare a se stesso eppure non
poteva fare a meno di pensare che in quella situazione poteva benissimo
andare tutto storto. Dopo tutto lui stava male e loro si stavano
cacciando dritti in una trappola organizzata per catturarli senza
pensarci due volte. Non era da lui sollevare obiezioni, ma per qualche
istante si fermo a pensare se era giusto o meno ricordare al suo
capitano che stava facendo una pazzia. Alla fine decise di rinunciare.
Non sarebbe servito a nulla, alla fine Rufy avrebbe comunque fatto di
testa sua. Era troppo testardo.
“Troverò
il modo di andarmene dopo che voi sarete in salvo, sta tranquillo. Ci
troveremo su qualche isola o in qualche rifugio come al
solito.” disse Rufy, alzando le spalle.
La sua
incolumità non era mai stata la sua principale
priorità, al contrario lo era quella delle persone a cui lui
teneva particolarmente. Zoro e i suoi compagni erano i primi a cui
doveva pensare nella sua scala di priorità, poi veniva il
fratello, Dadan e solo dopo forse poteva permettersi di pensare a se
stesso.
“Sta attento,
non farti venire a cercare..” brontolò Zoro,
sarcastico, allontanandosi stando attento a non farsi vedere.
“Pensa alle
tue spade.” esclamò Rufy divertito, facendo una
boccaccia all’amico prima che questi scomparve nella notte.
Nella cella scavata
nella roccia, l’ufficiale era tornato a mettere pressione ai
prigionieri, sperando di incutere loro timore senza però
riscuotere molto successo. I pirati erano tutti seduti e lo guardavano
con delle espressioni stanche ed annoiate.
“Vi sono
mancato?” chiese il marine, sbattendo con poca grazia la
porta.
“Certo,
quando manca un piatto di pesce andato a male.” rispose
Sanji, sarcastico.
“Hai fegato
ragazzo, oppure sei completamente pazzo.” esclamò
l’uomo, studiando a fondo il biondino. Nonostante lo scontro
di qualche ora prima non sembrava assolutamente turbato, anzi, se
possibile lo guardava con aria di sfida. Lui invece ricordava bene le
parole dell’ammiraglio Smoker e cominciava a temere il
momento in cui l’uomo sarebbe giunto sull’isola.
Forse era meglio sparire prima. Uccidere i pirati e cercare riparo al
quartiere generale sotto l’ala protettiva di qualche altro
pezzo grosso.
“Credo sia un
po’ di tutti e due. Tu invece sei solo un codardo.”
ribatté Sanji, cominciando a prenderci gusto. Provocare quel
ciccione era tremendamente divertente, per di più non gli
era sfuggita l‘espressione spaventata che aveva dipinto sul
volto appena era entrato. Qualcosa lo preoccupava, forse stava
cominciando a realizzare che il suo piano era avventato e sarebbe
andato tutto storto.
“Come ti
permetti?” ruggì l’ufficiale, facendo un
balzò in avanti e perdendo l’equilibrio.
L’uomo oscillò pericolosamente in aria, prima di
cadere a terra come un sacco di patate.
In un’altra
situazione sarebbero scoppiati tutti quanti a ridere, ma la tensione
era decisamente troppa. Quell’uomo era spaventato e vicino ad
esplodere, poteva diventare imprevedibile e fare mosse azzardate. Non
potevano rischiare o le ragazze avrebbero potuto farne le spese al loro
posto.
“Sanji, non
provocarlo.” lo ammonì Chopper, preoccupato.
“Non lo
provoco, gli dico le cose come stanno. Se non ci avesse preso di
sorpresa non ci avrebbe mai catturato. Ti sei approfittato della nostra
buona fede.” brontolò Sanji.
“Sanji..”
lo richiamò Usup, cercando di fermare l’amico
prima che le cose si mettessero decisamente male per loro.
“Ha ragione
lui, noi non avevamo nessuna bandiera pirata. Non avevi il diritto di
catturarci.” intervenne Franky, prendendo posizione contro
l’ufficiale.
“Ci hai preso
di sorpresa, se ci fossimo difesi saresti morto. Non avresti avuto
scampo.” concordò Brook, alzandosi in piedi. La
vista dello scheletro sorprese l’ufficiale.
“Oh mamma,
tremo di paura.” commentò l’ufficiale,
ironico. Aveva perso il controllo della situazione ed ora i prigionieri
si stavano prendendo gioco di lui. La situazione non gli piaceva per
niente.
“Perché
non apri questa cella e vediamo chi deve avere paura?” chiese
Sanji, ostentando una calma davvero invidiabile. L’uomo non
rispose subito, fermandosi a pensare qualche istante alle due
alternative. Avrebbe davvero potuto aprire la cella e scontrarsi con
loro, ma se fossero morti il loro capitano forse non sarebbe
più venuto a salvarli.
“Credi
davvero che riusciresti a battermi?” chiese il marine,
provocando il cuoco.
“Non lo
credo, ne sono certo.” ribatté Sanji, tranquillo.
“Illuso..”
sbuffò l’ufficiale, infastidito. Non riusciva a
capire se il ragazzo facesse sul serio oppure fingesse. Quello che
aveva davanti era un povero sprovveduto oppure un temibile avversario?
L’ufficiale non riusciva a decidersi.
“Basta
discutere, perché non cantiamo una canzone?” si
intromise Brook, sorridente.
L’ufficiale
si sorprese di quella strana richiesta. I compagni invece sembravano
rassegnati alle stranezze di quel tipo. Dopo tutto, in quanto a
stranezze anche gli altri non erano da meno. Nessuno di loro sembrava
davvero normale. Erano prigionieri, forse sarebbero morti e lui voleva
cantare? Quel tipo doveva essere decisamente fuori di testa. Uno
scheletro che parla, suona e canta, una grandissima
assurdità.
“Ti sembra il
momento?” esclamarono i suoi compagni, pressoché
all’unisono.
“Certo, una
canzone mette sempre allegria.” ribatté lo
scheletro, accorgendosi di non avere il suo violino con sé.
In quel momento la porta della stanza si aprì di colpo,
lasciando entrare la solita recluta spaventata.
“Ehm,
signore.” iniziò il ragazzo, guardandosi attorno
perplesso. Più che in una prigione sembrava di stare in un
bar, i prigionieri non erano per nulla spaventati. Al contrario,
sembravano loro quelli che avevano in mano la situazione.
“Non ora,
sono occupato.” rispose l’ufficiale, senza
prestargli la minima attenzione.
“Ma signore,
sembra ci siano dei movimenti strani al porto.” insistette il
marine più giovane. A quelle parole l’ufficiale
sembrò illuminarsi.
“È
arrivata la nave che aspettiamo?” chiese, impaziente. I
pirati si scambiarono un’occhiata preoccupati che Ace fosse
arrivato e fosse caduto nella trappola che avevano organizzato quei
babbei della marina.
“Nessuna
nave, solo le altre reclute sono irrequiete. Credono ci sia qualcosa
nell’acqua, forse dei mostri marini.”
spiegò il ragazzo, imbarazzato.
“Siamo
nell’oceano, è normale che ci siano mostri marini.
Pensaci tu e non scocciare.” sbuffò
l’ufficiale, sbattendo il suo sottoposto fuori dalla cella e
tornando a dedicare la sua attenzione ai prigionieri.
La recluta si
affrettò a tornare al porto senza accorgersi che qualcuno,
nascosto sopra un albero, aveva sentito tutta la conversazione e se la
rideva tranquillo.
“Eh
così saremmo dei mostri marini? Ma bene, questi sono
più stupidi di quando avevamo immaginato.”
esclamò Zoro ad alta voce, divertito. La marina alle volte
era davvero patetica, era persino noioso sconfiggerli. Credevano
davvero che non si erano accorti che quella era una trappola? Era
così palese, mancava solo che li avvisassero.
“Rufy?”
chiamò lo spadaccino, parlando dentro una piccola
ricetrasmittente.
“Trovato
qualcosa?” rispose Rufy dopo qualche istante. Aveva il
fiatone. Forse aveva appena corso, oppure le sue condizioni stavano
cominciando a peggiorare più velocemente. Zoro
cercò di scacciare quel pensiero e decise di non fare
domande. Se Rufy stava male era meglio lasciarlo tranquillo, dopo tutto
era lui il capitano e sapeva benissimo badare a se stesso.
“Si, li
tengono in una cella scavata nella roccia. Li sorveglia lo stesso
ufficiale che ci ha ricattati.” spiegò Zoro,
descrivendo la posizione ed il luogo in cui la cella era situata.
“Sanno del
nostro arrivo?” chiese ancora Rufy, preoccupato.
“Aspettano di
vederci arrivare con la nave. Ci hanno scambiati per dei mostri marini.
Che faccio? Attacco ora?” disse Zoro, divertito.
“No, il
più pericoloso dell’isola è
quell’ufficiale. Lascialo a me.” ordinò
Rufy, cercando di restare serio. L’idea di essere stato
scambiato per un gigantesco coniglio di mare divertiva anche lui, ma
non c’era tempo per pensarci.
“Non puoi
attaccarlo ora, è con quel branco di idioti.”
protestò Zoro, ricordando al suo capitano quale fosse la
situazione.
“Sono tutti
lì?” chiese Rufy, pensieroso. Zoro ci
pensò su qualche istante.
“Credo. Anzi,
aspetta.. Mancano le ragazze.” rispose Zoro, dopo avere
lanciato un’occhiata nella cella. Riusciva a vedere dentro
attraverso un piccolo foro nella parete rocciosa, una piccola feritoia
che il tempo aveva contribuito a creare. Perfetta per sbirciare dentro
senza essere visti.
“Immaginavo.
Deve avere portato Nami e Robin dall’altra parte
dell’isola per complicarci le cose.”
sbuffò Rufy, cercando di pensare ad una soluzione.
“Idee?”
chiese Zoro.
“Credo di
avere visto una casetta isolata, a poche miglia da dove abbiamo
ormeggiato la Sunny.” spiegò Rufy, dopo qualche
istante di riflessione.
“Devono
tenerle La.” concluse Zoro, pratico.
“Va a
liberarle. Nel frattempo metto a nanna un po’ di marine senza
farmi vedere così ti libero la strada.”
ordinò Rufy, serio.
“Consideralo
fatto.” rispose Zoro, preparandosi a sguainare le sue amate
spade. Finalmente era arrivato il momento di combattere. Un bel
combattimento corpo a corpo era quello che gli ci voleva per distrarsi
da quell’isola così noiosa e piena di babbei.
“Quando le
liberi fatti vedere dalle guardie, fa in modo che diano
l’allarme. Quel babbeo uscirà dalla cella per
venire ad affrontarti e io lo fermerò.”
continuò Rufy, spiegando il suo piano al suo compagno.
“Che ne
sarà degli altri?” chiese Zoro, preoccupato. Anche
se sconfiggevano l’ufficiale che li stava ricattando
c’era sempre il problema di lasciare l’isola prima
che i pezzi grossi della marina fossero arrivati lì.
“Una volta
sistemato quel tipo sapranno liberarsi da soli.” rispose
Rufy, sicuro. Aveva piena fiducia nelle abilità dei suoi
compagni. Sicuramente quel marine ciccione era riuscito a catturarli
con l’inganno, non vi era altra spiegazione. Il suo piano era
perfetto, studiato nel minimo dettaglio.
“Sta
attento.” si raccomandò ancora una volta Zoro,
preoccupato per la salute del suo capitano. Aveva un brutto
presentimento, una strana sensazione che non riusciva a spiegarsi ma
che gli suggeriva di stare in guardia. Doveva esserci qualcosa in
più che loro non sapevano su quell’ufficiale.
“Anche
tu.” rispose Rufy, prima di interrompere la comunicazione.
Al porto, intanto, le
reclute avevano accolto con disappunto le parole del loro superiore.
“Che ha detto
il capo?” aveva chiesto un primo marine.
“Che dobbiamo
pensarci noi.” aveva risposto la recluta che era stata
mandata dal capo ad esporre la situazione, sbuffando.
“Come al
solito. Lui ordina, strepita e noi facciamo il lavoro sporco.
Dannazione, è sua la responsabilità per
quest’isola.” aveva esclamato un’ altra
recluta.
“Non te
prendere.” aveva risposto un suo compagno, rassegnato.
Nessuno di loro provava particolare simpatia per il loro capo. Era solo
un arrivista corrotto e deciso a perseguire i propri obiettivi, voleva
fare carriere e del resto gli importava poco. Sicurezza dei suoi uomini
compresa. Potevano rischiare di morire ma lui non avrebbe mosso un dito
per aiutarli. Nonostante fosse forte, questa era la ragione per cui non
aveva fatto molta strada tra le file della marina.
“Che diamine
è successo qui?” avevano esclamato
pressoché in coro i ragazzi. Appena avevano svoltato
l’angolo ed erano giunti al pontile dove erano ormeggiate le
navi si erano trovati di fronte uno spettacolo raccapricciante: tutti i
loro compagni erano a terra, battuti. Il primo pensiero andò
al mostro marino e le reclute presero a domandarsi se
quell’essere spaventoso avrebbe potuto da solo compiere quel
disastro.
“Sembrano
svenuti.” aveva concluso una delle reclute, guardandosi
prudentemente intorno. Il mostro marino non poteva essere andato
lontano, probabilmente era nascosto appena sotto il pelo
dell’acqua ed era pronto ad attaccare anche loro.
“Chiama il
capo.” ordinò il marine più giovane,
frenetico. La situazione stava decisamente sfuggendo loro di mano.
“Ha detto di
non disturbarlo.”aveva ricordato la recluta che era stata
incaricata di cercare l’ufficiale capo, spaventata
all’idea di incorrere nella sua ira.
“Ho detto
chiama il..” ribadì il secondo, prima di cadere a
terra svenuto sotto gli occhi atterriti del compagno che lo
seguì qualche istante più tardi mentre dal buio
emergeva una figura che si muoveva tranquilla tra i corpi dei marinai
svenuti come se nulla fosse.
“È
fin troppo semplice, non mi diverto nemmeno. La cella deve essere
quella, ora devo aspettare che il babbeo esca di
lì.” esclamò Rufy ad alta voce,
dirigendosi verso il luogo in cui detenevano i suoi compagni, attento a
non fare nessun rumore. Mentre camminava lanciò
un’occhiata divertita agli uomini a terra. Era stato
estremamente facile metterli al tappeto, non aveva dovuto nemmeno
muovere le mani. Il potere della sua ambizione era stato sufficiente e
gli aveva risparmiato uno scontro fisico.
Dall’altra
parte dell’isola, nella casa in mezzo alla foresta dove erano
tenute prigioniere le ragazze, si percepiva un certo movimento che
proveniva da lontano. Era chiaro che qualcosa stava succedendo,
probabilmente al porto dove erano ancorate le navi. Anche la loro
doveva essere stata portata lì dopo che era stata requisita
dalla marina.
“Che
succede?” aveva chiesto Nami, preoccupata, cercando lo
sguardo dell‘amica.
“Sembra ci
sia movimento, forse è arrivato qualcuno..” aveva
ipotizzato Robin, pensierosa, cercando di lanciare
un‘occhiata oltre la finestra.
“Ace?”
aveva chiesto Nami, illuminandosi.
“Non
saprei.” aveva risposto Robin, alzando le spalle.
“Non ci
sperate, è solo un banale mostro marino. Non uscirete vive
di qui.” aveva esclamato il loro carceriere, ridendo, prima
di affrettarsi a chiudere le tende.
“Ehi,
Jerry.” chiamò una guardia da fuori.
“Che
vuoi?” aveva chiesto l’altro, raggiungendolo senza
preoccuparsi troppo di chiudere la porta alle sue spalle. Dopo tutto
erano lontani dalla costa, non c’era alcun pericolo che i
mostri marini potessero attaccare anche loro.
“Là,
nell’erba.” disse la guardia, indicando una strana
ombra che si muoveva tra i cespugli. I due uomini si scambiarono uno
sguardo spaventato e cercarono di farsi coraggio a vicenda. Nessuno dei
due aveva abbastanza fegato per andare per primo.
“Che diamine
è?” avevano chiesto il primo marine proprio mentre
Zoro, silenzioso come sempre, sbucava dall’erba con tutte e
tre le spada sfoderate e un‘espressione crudele dipinta sul
volto che incuteva terrore.
“Non
è niente, solo un banale mostro marino..” aveva
commentato Zoro, prima di togliere facilmente di mezzo tutti gli uomini.
“Dà
l’allarme, avvisa il capo.” fece in tempo a dire
uno di loro, prima di cadere svenuto a terra. Zoro sbagliò e
si allontanò stato attento a non fare troppo rumore. Aveva
fatto quello che doveva, ora non doveva fare altro che aspettare e fare
in modo che nessuno facesse del male alle ragazze prima che venissero
raggiunte dai compagni.
La voce
dell’attacco alla casa nella foresta dove erano tenute le due
prigioniere arrivò velocemente dall’altra parte
dell’isola, nonostante lo scompiglio generale. Non ci volle
molto perché qualcuno lo collegasse con l’attacco
al porto e arrivasse a capire che non c’era nessun mostro
sull’isola, ma qualcosa di decisamente peggiore. Il Re dei
Pirati era arrivato, e voleva prendersi la sua vendetta contro i marine
che lo avevano ricattato.
“Signore..”
esclamò una guardia, entrando di corsa e con il fiato corto
nella cella dove l’ufficiale stava continuando a provocare i
prigionieri.
“Ancora?
Avevo detto di non scocciare.” ribatté
l’uomo, infastidito da tutto quel chiasso. Possibile che non
erano in grado di fare nulla da soli?
“Ci
attaccano!” esclamò la recluta, spaventata.
“Cosa?
Avevate detto che non c’era traccia della nave..”
disse l’ufficiale, preso alla sprovvista. Fino a qualche
momento prima erano convinti si trattasse di uno stupido mostro di mare
ed ora se ne uscivano con l’idea dell’attacco.
Quegli idioti dovevano aver perso del tutto il lume della ragione.
“Lo so, ma..
È successo tutto all’improvviso.”
cercò di giustificarsi la recluta, più propenso
all‘idea di affrontare l‘ira del suo superiore che
non le spade di Zoro o i miciali pugni di Cappello di Paglia.
“Dove sono
ora?” chiese l’ufficiale, improvvisamente
più pallido. I suo nemici erano arrivati, era giunto il
momento di affrontarli.
“Hanno
attaccato la casa dove sono rinchiuse le ragazze.” rispose la
recluta, spaventata, spiegando velocemente all’ufficiale
quello che era successo.
“Ci penso io,
sorveglia i prigionieri.” esclamò
l’ufficiale, precipitandosi fuori dalla stanza e lasciando i
prigionieri perplessi dal suo strano comportamento.
I ragazzi, rimasti soli
con la solita guardia spaventata, si scambiarono delle occhiate
perplesse, incerti sul da farsi.
“È
andato via, dobbiamo approfittare di questa occasione.”
esclamò Franky, deciso. Sanji e Brook si scambiarono
un’occhiata ed annuirono.
“Cosa vuoi
fare?” chiese Usop, spaventato.
“Scappare,
è ovvio.” rispose Sanji, tranquillo, intuendo
quali fossero le intenzioni del compagno. Conosceva Franky da
abbastanza tempo per sapere che il cyborg aveva sempre un piano di
riserva o una bizzarra idea per la fuga.
“È
una pazzia, quel tizio ci ucciderà.”
esclamò Usop, spaventato.
“No,
ucciderà Nami e Robin se non le raggiungiamo.”
fece notare Chopper, agitato. Le parole della renna furono in grado di
convincere tutti quanti alla fuga.
Nel frattempo,
sull’albero dove prima c’era Zoro, Rufy si godeva
la scena. Gli piaceva guardare le vite dei suoi compagni scorrere
tranquille, incrociando appena la sua.
“Bravi
ragazzi, andate da Nami e Robin e assicuratevi che stiano bene.
Lasciate questo inferno, ci penso io a coprirvi le spalle..”
disse Rufy, parlando più a sé che a loro.
“Hai
sentito?” chiese Usop, zittendosi all’improvviso e
mettendosi in ascolto.
“No,
cosa?” chiese Sanji, perplesso, guardandosi attorno. Oltre a
loro l’unica persona nella stanza era la guardia,
così spaventata all’idea che potessero ferirlo o
consegnarlo a Cappello di Paglia da tenersi a debita distanza da loro.
“Nulla, mi
è sembrato di sentire la presenza di qualcuno.”
rispose Usop, guardandosi attentamente attorno senza però
vedere nulla.
“La
guardia?” ipotizzò Brook, cercando di capire.
“No, qualcuno
di familiare.. Mi sarò sbagliato.” concluse Usop,
scuotendo la testa.
Aveva provato una
sensazione familiare alla quale però non riusciva a dare un
nome. Non aveva sentito nessuna voce, eppure aveva avuto
l’impressione di avere qualcuno vicino a coprirgli le spalle.
Qualcuno simile ad un fratello, magari che non vedeva da tanto.
“State
indietro, faccio saltare la parete di roccia. Brook, Sanji, pronti a
fermare le guardie?” chiese Franky, preparandosi a colpire.
“Ci siamo
anche noi.” esclamò Chopper, parlando anche a nome
di Usop. Entrambi erano decisi a dare il loro contributo per andarsene
da lì.
“Siete tutti
pronti ragazzi?” chiese ancora una volta Franky, prendendo
con cura la mira.
“Quando
vuoi.” rispose Sanji, preparandosi a stordire
l‘unica guardia rimasta.
La disperata corsa
dell’ufficiale verso la casa delle prigioniere fu presto
interrotta da Rufy, nascosto dietro un albero a pochi metri dalla
cella. Voleva controllare la situazione ma allo stesso tempo non voleva
essere visto dai suoi vecchi compagni.
Li aveva sentiti
parlare di sfondare la cella, aveva aspettato che lo facessero e solo
dopo era andato a fermare l’ufficiale perché non
incrociasse il loro cammino. Doveva trattenerlo per dare loro modo di
scappare ed allontanarsi il più possibile.
“Dove credi
di andare?” chiese Rufy, sbarrando la strada al suo nemico
con un‘espressione sul volto che non prometteva nulla di
buono.
“Cappello di
Paglia.” disse l’uomo, ostentando
tranquillità. Finalmente lo aveva di nuovo davanti a
sé. Dopo sette anni poteva vendicarsi e sbatterlo in
prigione. Lo avrebbero giustiziato in diretta mondiale e nessuno gli
avrebbe più impedito di godere degli onori che meritava.
Sarebbe stato potente, rispettato e ricco.
“Sorpresa. Mi
volevi qui, eccomi arrivato.” continuò Rufy,
divertito. La testa gli girava appena, ma lui non ci faceva
più caso. Ormai tutto quello che vedeva davanti a
sé era il suo avversario, doveva fermarlo prima che facesse
del male a qualcuno dei suoi.
“Credevo
fossi dall’altra parte dell’isola, ad aiutare le
ragazze.” osservò il marine, perplesso.
C’era qualcosa che non tornava. Dove si trovava Zoro?
Possibile che fosse venuto solo. I suoi uomini avevano detto che
qualcuno nascosto nell’erba li aveva stesi.
“Io sono
ovunque.” esclamò Rufy, serio, con
un‘espressione che spaventò il marine. Il pirata
che aveva davanti a sé pareva un demonio, in grado di essere
ovunque e sterminare tutti loro. Per qualche istante pensò
di non avere scampo, poi riprese il controllo di sé ed
impose ai suoi nervi di calmarsi.
“Sei
finito.”esclamò a sua volta l’ufficiale,
ostentando una sicurezza che non era poi così certo di
possedere.
“Credi
davvero?” chiese Rufy, sinceramente stupito. Non riusciva a
inquadrare l’uomo che aveva davanti. Non gli era mai parso
così forte, eppure sette anni prima era stato in grado di
ricattarlo ed ora teneva in pugno la vita dei suoi compagni.
L’unica cosa certa era che gli piaceva giocare con il fuoco.
Lo aveva provocato e questa volta non avrebbe avuto scampo. Non poteva
avere pietà per un uomo tanto vile, lo avrebbe finito.
“Sei caduto
nella mia trappola, ed ora morirai.” rispose il marine,
gongolando.
Certo, Cappello di
Paglia era forte, il terrore dei mari, ma lui aveva un asso nella
manica. Inoltre, il pirata sembrava affaticato, malato forse e tutto
tornava a favore suo.
“Sei
patetico. Mi hai ricattato una volta e mi hai tolto ciò che
avevo di più caro. Non ti permetterò di
esercitare altro potere su di me. Sarò io quello che si
vendicherà.” ribatté Rufy, perdendo la
calma e colpendo l’uomo con uno dei suoi famosi e dolorosi
pugni. Il marine incassò, incapace di schivare un colpo
tanto potente, e si schiantò contro un albero ricadendo poi
pesantemente a terra come una bambola di pezza.
“Come
lascerai quest’isola? Ehi, tu. Soldato, ordina di distruggere
tutte le navi ancorate al porto. Nessuno lascerà vivo
quest’isola.” ordinò
l’ufficiale, mentre sul viso di Rufy si disegnava uno strano
ghigno. Distruggendo le navi quell’idiota stava dicendo addio
alla possibilità di seguirli. La loro nave era al sicuro,
mentre loro presto non avrebbero avuto più alcun galeone a
disposizione.
“Credi di
farmi paura?” chiese Rufy, ironico, mentre
l‘ufficiale lo fissava stupito. Aveva appena ordinato di
distruggere anche la sua nave ma Cappello di Paglia non reagire.
Quell’uomo doveva essere un folle, era l’unica
spiegazione.
“Dovresti
averne, moccioso.” ringhiò il marine, fuori di
sé dalla rabbia.
“Ora mi hai
fatto veramente arrabbiare.” esclamò Rufy,
attivando il gear second.
“Davvero? Che
paura. Anche io ho una sorpresa per te.” disse il marine,
facendo un gesto della mano. Dal nulla sbucò
un’ombra che apparteneva ad un uomo coperto da un lungo
mantello nero che gli celava il viso e gran parte del corpo.
“Ma.. Siete
due? Esclamò Rufy, sorpreso, guardando i due uomini che
aveva davanti.
Era questo che aveva il
mente il marine. Uno dei due sarebbe rimasto a combattere con lui,
l’altro avrebbe impedito la fuga ai suoi compagni. Piano
perfetto se non si teneva conto la presenza di Zoro.
“Ti presento
il mio gemello.” disse l’ufficiale, indicando in
modo teatrale la sua fotocopia. Rufy lo studiò a lungo con
attenzione prima di emettere un verdetto.
“È
brutto come te, non c’è che dire.”
commentò Rufy, divertito, provocando la rabbia di entrambi
gli uomini. Partirono all’attacco insieme, ma Rufy si
schivò facilmente. Si preparò a lanciare un
contrattacco che li spedisse lontano ma il suo corpo lo
tradì, facendolo stramazzare a terra. I due marine colsero
l’occasione per colpirlo. Appena Rufy realizzò la
situazione si riscosse e colpì entrambi con una micidiale
raffica di pugni.
“Penso io a
questo idiota, tu ferma l’altro.” disse
l’ufficiale, parlando al suo gemello.
Il gemello non disse
nulla, annuì appena e si allontanò diretto alla
casa dove c’erano le ragazze e gli altri con
l’intenzione di eliminarli.
“Prima
ucciderò te, e poi farò fuori anche tuo fratello.
E se nel frattempo infastidirà il mio spadaccino
sarà lui a morire.” esclamò deciso
Rufy, ansimando per lo sforzo.
La sua vista ormai era
offuscata, ogni muscolo del corpo gli faceva male e la febbre
probabilmente era salita ancora, ma Rufy a tutto questo non badava.
Doveva fermare quell’idiota, nulla era più
importante.
Dalla parte opposta
dell’isola gli strani movimenti non erano sfuggiti alle due
ragazze, ancora sole all’interno della piccola casetta.
“Hai
sentito?” chiese Nami, riferendosi ai rumori che venivano
dall‘esterno.
“Qualcuno sta
combattendo.” rispose l’archeologa, pensierosa.
Nonostante nessuno
fosse ancora tornato nessuna delle due si era ancora azzardata a
mettere il naso fuori dalla porta. Dopo qualche minuto i colpi finirono
e tornò il silenzio.
“È
la nostra occasione, la porta è rimasta aperta.”
esclamò Nami, felice.
“Certo,
scappiamo.” concordò Robin, liberandosi facilmente
delle corde che stringevano i loro polsi. Le guardie non si erano
preoccupate di fare dei nodi seri perché pensavano di avere
a che fare con due ragazze. Grosso errore, mai sottovalutare Nami e
Robin.
Appena uscite le
ragazze sentirono dei passi alle loro spalle, si voltarono spaventate
prima di accorgersi che si trattava dei loro compagni.
“Ragazze,
state bene?” chiese Sanji, preoccupato, correndo per primo
verso di loro.
“Come avete
fatto a scappare?” chiese Nami, curiosa.
“Il babbeo
è andato via, stava venendo di qua. Franky ha sfondato la
parete, abbiamo sistemato le guardie e siamo venuti da voi.”
spiegò Brook, tranquillo, prima di mettersi a canticchiare
la sua canzone preferita.
“Abbiamo
anche recuperato le nostre armi.” disse Usop, porgendo a Nami
il suo bastone.
“Siete stati
grandiosi.” esclamò la navigatrice, ammirata.
“Me lo dai un
bacino?” chiese Sanji, approfittando della situazione per
fare il cascamorto come faceva di solito.
“Ti sembra il
momento adatto?” rispose Nami, furiosa, colpendolo in testa
con il suo bastone climatico. Il cuoco accusò il colpo in
silenzio, mettendosi a elogiare la bellezza, la forza e la decisione di
Nami, la dea tra le dee.
“Andiamocene
prima che arrivi.” esclamò Chopper, ignorando le
farneticazioni senza senso di Sanji e la canzone di Brook.
“Come ce
andiamo?” chiese Usop, perplesso.
“Riprendiamo
la nostra nave, oppure ne rubiamo una. Ce ne sono tante ancorate al
porto.” rispose Nami, come se rubare una nave alla marina
fosse la cosa più ovvia da fare. Il loro spirito pirata si
stava risvegliando.
“Troppo
tardi, è arrivato.” esclamò Sanji,
indicando l’ufficiale che si stava avvicinando. Non li aveva
ancora visti, ma era questione di poco e li avrebbe scoperti.
“Nascondiamoci
nella foresta.” ordinò Franky, facendo strada ai
compagni verso il cespuglio dove era nascosto Zoro.
“Dannazione,
vengono verso di me.” esclamò Zoro, sicuro che di
li a poco sarebbe stato certamente scoperto. Era sicuro che Rufy lo
avrebbe ammazzato se si fosse fatto scoprire come un principiante.
Cercò di spingersi più indietro che poteva,
inutilmente. Lo avrebbero scoperto ad ogni modo.
“C’è
qualcuno là in fondo, state in guardia.”
esclamò Sanji, indicando il cespuglio dietro al quale era
nascosto Zoro e preparandosi ad attaccarlo. Lo spadaccino
sospirò e si preparò al peggio, Sanji invece si
preparò ad attaccare ma rimase con il piede in aria quando
vide una figura con tre spade che doveva per forza essere Zoro.
“Tu?”
esclamò sorpreso quando si trovò di fronte lo
spadaccino. Nella sua mente cominciarono a formarsi tante domande,
troppe. Possibile che fosse lui l’uomo che
l’ufficiale della marina stava aspettando?
“Gentile come
sempre, non cambi proprio mai.” commentò Zoro,
ironico, alzandosi da terra. Ormai era stato scoperto, tanto valeva
farsi vedere anche dagli altri.
“Zoro!”
esclamò Nami, sorpresa quanto il cuoco.
“Tu,
brutto..” cominciò Sanji, risentito. Erano anni
che non lo vedeva ma il risentimento non era cambiato, specialmente
quando aveva scoperto che quel babbeo non aveva mai smesso di navigare
con il loro vecchio capitano.
“Chi non
muore si rivede.” esclamò Franky ironico, sorpreso
quanto i compagni.
“Oh Zoro,
dopo tutto questo tempo. È bello rivederti dopo sette
anni.” esclamò Chopper, felice di rivedere
l’amico. Non gli importava nulla che Zoro stava con Rufy e
che anche lui era un traditore. Era contento e basta e non riusciva a
nasconderlo.
Usop invece era gelato,
sconvolto. Non riusciva a dire nulla. Tutto quello che riusciva a
pensare era se Rufy fosse o meno a conoscenza che Zoro era venuto a
salvarli. Probabilmente no, oppure lo avrebbe fermato di sicuro. Forse
lo avrebbe addirittura allontanato dalla Sunny per una cosa come
quella.
“Sette
anni?” chiese Zoro sorpreso, sorridendo. Se solo avessero
saputo quante altre volte lui aveva salvato loro la pelle senza farsi
scoprire.
“Zoro, che ci
fai qui?” chiese Robin, tranquilla. Era stava la sola che
aveva fatto quella domanda. Conosceva Zoro, non avrebbe mai tradito
Rufy. Se lui era sull’isola voleva dire che Rufy lo sapeva e
gli aveva dato la sua autorizzazione. Tuttavia questo contrastava con
l’immagine che tutti loro si erano fatti di Rufy e della
situazione.
In quel momento
l’ufficiale fece la sua comparsa, distogliendo tutti dai loro
pensieri.
“Sapevo
sareste venuti. La mia trappola è scattata.” disse
il marine, parlando rivolto a Zoro che lo fissava tranquillo. Sembrava
che quella situazione lo divertisse immensamente. Il marine si
guardò intorno, fermando il suo sguardo proprio sullo
spadaccino, quasi si aspettasse di trovarlo lì.
“Trappola?
Sai che sta dicendo questo idiota.” chiese Sanji, guardando
confuso lo spadaccino. Zoro sospirò, giocherellando con il
fodero delle sue spade.
“Pensi
davvero che basti questa isola e questo misero esercito a metterci
fuori combattimento?” chiese Zoro all’ufficiale,
ignorando di proposito la domanda del cuoco.
“Vedremo.”
rispose il marine, con tono pomposo.
“Le cose sono
due, o sei un illuso oppure un ottimista.” disse ancora Zoro,
serio. Era come se d’improvviso tutti i compagni fossero
spariti e fossero rimasti solo lui e il grosso babbeo della marina da
battere.
“Aspetta, che
state dicendo?” chiese Usop, confuso ma deciso a capirci
qualcosa.
“Non ci
credo, non lo sanno?” esclamò
l’ufficiale, sorpreso, passando lo sguardo da Zoro ai
compagni e poi di nuovo a Zoro.
“Qualcuno
sarebbe così gentile da coinvolgerci nei vostri
discorsi?” chiese Nami, infastidita dal fatto che sia Zoro
che il marine sembravano non considerarli abbastanza degni della loro
attenzione.
“Non mi
importa nulla di voi, vi ho catturati solo per tendere una trappola a
loro.” rispose l’ufficiale, alzando le spalle. Dopo
tutto non stava a lui dare spiegazioni, lui era lì solamente
per sconfiggerli.
“Non credo tu
sia stato molto furbo. Credevi davvero che Rufy ci sarebbe venuto a
salvare?” chiese Usop cinico, scuotendo la testa.
“Beh, Zoro
è qui. Quindi si, il mio piano ha funzionato.”
ribatté il marine, indicando lo spadaccino che se ne stava
immobile, impassibile. Tutti guardarono Zoro stupiti. Fino a quel
momento tutti loro avevano pensato che fosse venuto solo, nessuno di
loro aveva ipotizzato che anche Rufy fosse sull’isola ad
aiutarli e che fosse proprio lui l‘uomo che
l‘ufficiale aveva ricattato per cercare di catturare.
“Che stai
dicendo?” chiese Chopper, confuso.
“Dove
c’è Zoro c’è anche Cappello
di Paglia.” spiegò meglio l’ufficiale,
ghignando.
“Ma che
bravo, ora vogliamo venire al sodo? Sai, avrei da fare più
tardi.” esclamò Zoro ironico, impugnando le spade.
Era pronto a combattere ma i compagni lo fermarono.
“Aspetta,
Rufy è qui?” chiese Franky, sorpreso. Zoro
sospirò e ignorò la domanda, concentrandosi per
colpire il suo avversario. Non doveva parlare loro di Rufy, era
già abbastanza grave che si era fatto vedere. Se avesse
anche parlato di lui sì che sarebbe stata una vera tragedia.
Aveva promesso, aveva dato a Rufy la sua parola.
“Zoro,
rispondi.” ordinò Nami, con un tono che non
ammetteva un no come risposta.
“Si.”
rispose Zoro, abbassando la testa.
“Perché?”
chiese Usop, gli occhi stralunati. Zoro ancora una volta non rispose.
“Questa
è bella, davvero loro non lo sanno?” chiese ancora
il marine, divertito dalla situazione. Zoro e Cappello di Paglia
stavano rischiando la pelle per aiutarli e loro non sapeva nulla. La
cosa strana era che non sapessero nemmeno del ricatto di sette anni
prima. Quel piano per catturare Cappello di Paglia era stato un buco
nell’acqua, aveva permesso che la ciurma di dividesse ma Rufy
e Zoro erano pericolosi anche da soli.
“Cosa non
sappiamo?” domandò esasperata Nami. Quella
situazione era decisamente paradossale. Per tutta risposta Zoro mise a
tacere il marine con un fendente preciso che lo spedì nel
mondo dei sogni.
“Sarà
fuori combattimento per un po’, andatevene. Dimenticate di
avermi visto.” disse Zoro, voltando le spalle ai vecchi
compagni. Aveva fatto il suo dovere, ora doveva andare prima che
cominciasse la trafila di domande imbarazzanti.
“Aspetta
Zoro, devi dirmi di cosa stava parlando
quell’uomo.” insistette Nami. Nella sua voce non
c’era rabbia ma tanta disperazione. La navigatrice, una delle
persone più orgogliose che Zoro conosceva, lo stava
praticamente implorando. Quella situazione cominciava a diventare
ingestibile anche per uno come lui. Zoro era confuso, non sapeva cosa
fare. Doveva parlare o doveva rimanere zitto? Ormai la situazione era
compromessa, valeva la pena raccontare tutto o doveva cercare di
proteggere ad ogni costo il segreto del suo capitano. Zoro
sospirò. Nonostante la prima soluzione fosse la
più allettante decise di scegliere la seconda, lo doveva a
Rufy.
“Non posso
Nami.” sospirò Zoro. Sapeva che Nami quando voleva
sapere essere insistente, ma lui non poteva proprio parlare. Se il
babbeo della marina avesse detto loro qualcosa di più
chiaro, allora lui avrebbe potuto spiegare tutto senza tradire la sua
promessa. Ma l’ufficiale si era solo preso gioco di loro,
senza dire come stavano le cose.
“Come sarebbe
a dire che non puoi?” chiese Usop con un tono aggressivo che
normalmente non gli apparteneva. Voleva delle risposte e le voleva ora.
Era disposto a tutto, anche ad affrontare Zoro se necessario. Voleva
sapere se Rufy era davvero quel gran bastardo che lui credeva oppure il
più grande dei babbei che aveva passato sette anni da solo
con lo spadaccino per proteggere loro dalla marina.
“Ho
promesso.” rispose Zoro, alzando le spalle. Nami a quelle
parole alzò gli occhi al cielo. Tutte quelle promesse
iniziavano a diventare troppe.
“A chi hai
promesso?” chiese Robin, interessata. Visto che Zoro non
sembrava avere alcuna intenzione di parlare tanto valeva cercare di
capire il perché.
“Se vi
dicessi tutto che ne sarebbe del mio onore? Uno spadaccino ha una sola
parola.” rispose Zoro, enigmatico come suo solito.
“Centra
Rufy?” chiese Nami a bruciapelo. Zoro sospirò e
fece finta di non sentire le parole della ragazza.
“Avanti,
rispondi almeno a questo. A questo si riferiva Bibi quando mi ha detto
che Rufy aveva un segreto?” chiese ancora Nami, implorante.
Zoro voltò le spalle ai compagni e si mise a guardare il
mare. C’era un gran fumo che si alzava dal porto, quasi
qualcosa bruciasse. Probabilmente avevano dato fuoco alle navi,
pensando che anche la loro fosse ancorata lì. Illusi.
“Che ti ha
detto Bibi?” chiese Zoro, preoccupato che Bibi avesse potuto
tradire il segreto di Rufy. Lui sembrava riporre una fiducia infinita
in quella donna, eppure loro sapevano qualcosa ed era stata sicuramente
lei a parlare con loro.
“Nulla, di
cercare Rufy e di farmi dire quello che ci ha tenuto nascosto. Allora,
vuoi parlare?” chiese ancora Nami. Zoro sospirò,
Bibi in fondo non aveva detto nulla.
Lo spadaccino
cominciava ad essere stanco. Tutti stavano zitti, si lamentavano ma
continuavano a tenere il segreto ed ora i suoi compagni stressavano lui
per avere delle risposte. Proprio lui, che era sempre stato il compagno
più fedele fin dall’inizio. Come potevano davvero
pensare che avrebbe tradito il suo capitano?
“Non posso,
ma Bibi ha ragione. Rufy ha un segreto, se lo vuoi sapere cercalo e va
a chiedere a lui.” rispose alla fine lo spadaccino,
desideroso di combattere ancora.
“Tu eri un
nostro compagno. Abbiamo combattuto insieme. Abbiamo rischiato la vita
insieme. Come puoi tacere su una cosa così
importante?” urlò Nami, scuotendo Zoro per le
spalle. Il ragazzo avrebbe potuto fermarla facilmente ma la
lasciò fare perché si sfogasse. Al suo posto
avrebbe fatto la stessa cosa, forse peggio.
“Smettila
Nami, è tempo perso.” disse Sanji, tranquillo,
trattenendo la ragazza per le spalle. Nami scoppiò in
lacrime e pianse come nessuno di loro l‘aveva mai vista fare.
“Ma
Sanji..” provò a iniziare Nami, subito interrotta
dal cuoco che la strinse più forte a sé quasi
avesse paura che potesse sparire all‘improvviso.
“Se Bibi non
ha voluto parlare non lo farà nemmeno lui.”
spiegò il ragazzo dolcemente alzando le spalle. Conosceva
Zoro, una volta che aveva preso una decisione non c’era verso
di fargli cambiare idea. Sullo sfondo gli altri compagni annuivano,
rassegnati. Il momento delle rivelazioni non era ancora giunto.
“Sei meno
idiota di quello che sembra.” esclamò Zoro,
sorpreso dal fatto che Sanji avesse preso le sue difese. Era
decisamente una cosa strana.
“Brutta testa
d’alga.” imprecò il cuoco, tirandogli un
calcio in testa che lo spadaccino schivò facilmente,
sorridendo. Gli scontri con il cuoco gli erano mancati più
di quanto fosse disposto ad ammettere.
Proprio in quel momento
la testa dell’ufficiale sbucò dai cespugli, con la
faccia pesta.
Si guardò
intorno fino a che non incrociò lo sguardo di Zoro.
“Ancora qui?
Sai, credo che il tuo capitano sia nei guai. Non è stata
un’idea furba attaccare l’isola nelle sue
condizioni..” mormorò gongolando, godendo della
tensione che si era venuta a creare.
ANGOLO DELL'AUTRICE
ebbene si, sono proprio io.
sono davvero sorpresa di essere riuscita a postare un capitolo
così presto, e che capitolo.
scriverlo è stata una faticcacia, ma non è nulla
in confronto al prossimo nel quale finalmente Zoro
racconterà tutto e scapperà insieme ai compagni,
ma basta anticipazioni!
veniamo ai ringraziamente: grazie a tutti coloro che leggono e
commentano!
SMEMO92: graaazie!
beh, i personaggi cominciano a diventare tanti. ti assicuro che a volte
un capitolo devo riscriverlo due o più volte
perchè mi accorgo di essermi dimenticata qualcuno!
l'ufficiale lo odio anche io, ma credo che anche Smoker gli
darà una bella lezione.. anche al gemello!
per quanto riguarda la Sunny, esiste un motivo mooolto valido per cui
Rufy ha insistito per tenerla ma lo si scoprirà solo nel
prossimo capitolo. diciamo che Rufy è stato
obbligato a fare quella scelta per il bene dei compagni.
SAISAI_GIRL: graaazie!
la ciurma era sorpresa. nel senso, non avevano bandiere pirate, non
stavano facendo nulla e quando è arrivata la marina non
pensavano che li avrebbe attaccati. una volta che erano buoni buoni!
sono davvero felice che la mia storia ti piaccia!
NEKO: graaazie!
fosse per me il capitolo non lo finirei ma poi verrebbe una storia
talmente lunga che nessuno riuscirebbe ad arrivare fino in fondo alla
pagina.
meglio dividerla, no?
come hai letto, qualcosa è andato storto e Zoro è
stato scoperto. nel prossimo capitolo.. no, non dico nulla! ;D
LADYSAIKA: graaazie!
grazie mille per i complimenti e per la recensione. non c'è
un giorno preciso in cui posto, diciamo che varia soprattutto in base
ai miei impegni.
in questo momento sto scrivendo la tesi di laurea quindi scrivo a tarda
notte e di mattina presto, nei ritagli di tempo.
GRAAAZIE A TUTTI QUANTI!
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Capitolo 14 *** SPIEGAZIONI: FINALMENTE LA VERITA' ***
CAPITOLO 12
SPIEGAZIONI: FINALMENTE LA VERITA'
“Ancora qui?
Sai, credo che il tuo capitano sia nei guai. Non è stata
un’idea furba attaccare l’isola nelle sue
condizioni..” mormorò gongolando, godendo della
tensione che si era venuta a creare.
________________________________________________________________________
“Rufy è ferito?” chiese Chopper,
preoccupato, fissando con insistenza lo spadaccino. Tutti lo stavano
fissando, ma lui sembrava non badarci. Le parole, ma soprattutto la
presenza di quel babbeo lo avevano scosso. Che diamine era successo?
Conosceva bene Rufy e sapeva che avrebbe fatto di tutto per trattenere
quell’idiota. In condizioni normali non c’era
nemmeno da chiederselo, ma visto che il capitano stava male forse
c’era la possibilità che fosse stato sconfitto.
Quell’idea fece impallidire Zoro, che cercò di
scacciarla il più presto possibile.
“Dannazione.” imprecò Zoro a mezza voce.
“Non vai ad aiutarlo?” continuò
l’ufficiale divertito, intuendo di avere toccato un nervo
scoperto. Riusciva chiaramente a vedere il tormento sul viso calmo
dello spadaccino. Era diviso tra la volontà di correre dal
suo capitano per vedere cosa fosse successo e l’obbligo di
rispettare gli ordini ricevuti. Certo non poteva immaginare che mentre
loro parlavano Rufy stava affrontando il suo gemello. Alla fine fu la
seconda scelta a prevalere nella testa dello spadaccino, deciso a
fidarsi di Rufy e a proteggere i suoi. Qualunque cosa fosse successa a
Rufy era certamente in grado di cavarsela da solo, Zoro ne era
assolutamente certo.
“Ho le mie priorità.” rispose Zoro,
ritrovando una calma invidiabile. I compagni, a pochi passi da lui,
erano rimasti di sasso.
“Spero che ti basteranno, perché tra poco non
avrai più un capitano.” commentò il
marine, divertito.
“Perché non vai da lui?” chiese Franky,
curioso. Il cyborg non riusciva a spiegarsi come mai se sette anni
prima Zoro aveva deciso di rimanere con Rufy ora era deciso a
proteggere loro, anche a costo della vita del suo capitano.
“Io rispetto solo i suoi ordini.” rispose Zoro,
secco, evitando lo sguardo dei compagni.
“E lui ti ha ordinato di stare qui a fare nulla mentre lui
viene ferito a morte?” insistette Nami, stranita e
spaventata, stupendosi per prima delle sue parole. Era preoccupata per
Rufy? Più cercava di negarlo con tutte le sue forze
più emergeva con chiarezza che era così. Dopo
tutto non si cancellano con un colpo di spugna tanti anni e tante
avventure vissute insieme, anche dopo sette anni di lontananza e
rancori. Forse anche Zoro la pensava come lei, e per questo era deciso
a restare lì a combattere per loro. Sanji, dopo un attimo di
smarrimento iniziale dovuto alle parole del marine si era ripreso ed
era più che mai pronto a combattere per difendere le sue
donne e i suoi compagni.
“No, lui gli ha ordinato di difendere voi ad ogni costo.
Anche a costo di lasciare indietro lui, non è
vero?” si intromise l’ufficiale, malizioso. I
pirati lo fissavano con gli occhi sgranati, increduli. Nessuno di loro
riusciva a credere alle proprie orecchie. Le parole dell’uomo
cozzavano con tutto quello che loro avevano creduto negli ultimi anni.
“Che diamine stai dicendo?” chiese Usop, sconvolto
da quelle parole. Con una sola frase il marina aveva distrutto tutte le
certezze che il cecchino si era costruito in proposito a Rufy e a
quello che era successo sette anni prima. Fino a quel momento agli
occhi del cecchino tutto era sembrato semplice: lui odiava Rufy
perché era un bastardo a cui non importava. Scoprire che
Rufy si preoccupava per loro, tanto da ordinare a Zoro di pensare prima
a loro che a lui, scombussolava tutto.
“Tu parli troppo.” esclamò Zoro,
infastidito e pieno di rabbia. Quel babbeo aveva rovinato tutto. Per
anni Rufy aveva fatto sacrifici, aveva sofferto e aveva lottato
nell’ombra per difendere il suo segreto e la
tranquillità dei suoi compagni sui cui volti era calato il
gelo più totale. Quelle poche parole, dette con cattiveria,
avevano confuso tutto, avevano distrutto tutto. Avevano reso vani i
sacrifici del suo capitano e avevano gettato i suoi compagni nella
disperazione e nel dubbio. La doveva pagare, doveva morire. Un essere
tanto codardo, inutile e cattivo non poteva continuare a vivere.
“Dai, Zoro. Sii serio, non trovi assurdo che loro non
sappiano?” chiese l’ufficiale, inclinando il capo
prima di scoppiare di nuovo a ridere. La sua era una risata sguaiata,
fastidiosa. Zoro era disgustato e desiderava solo che quel suono
sgraziato finisse, che quell‘uomo orribile smettesse di
respirare, di muoversi e di fare soffrire le persone che più
lui amava.
“Non spetta a me decidere. Io rispetto solamente il volere
del mio capitano.” rispose Zoro, infastidito. Il marine stava
cominciando a parlare un po’ troppo per i suoi gusti.
“Ancora con questa storia.. Quando ti deciderai a farci
capire?” esclamò Franky, seccato. Era
l’unico della ciurma che aveva la forza di parlare, gli altri
erano pallidi e tesi. Di colpo avevano capito che Rufy teneva ancora a
loro, che non aveva mai smesso di preoccuparsi per loro e che
c‘era qualcosa sotto a cui loro non avevano mai pensato
prima. Tutto il contrario di quello che loro avevano creduto per quei
sette lunghi anni che avevano passato da soli, rimuginando sul passato.
“Il vostro capitano..” cominciò il
marine, con un sorriso compiaciuto dipinto sul volto.
“Ex capitano.” preciso Nami, stizzita.
“Cappello di Paglia, meglio così? Dicevo, Cappello
di Paglia, si è sacrificato per voi.”
continuò l’ufficiale, ignorando le facce sconvolte
dei pirati.
“Ora sta zitto!” sibilò Zoro, fuori di
sé. Il babbeo alla fine aveva parlato troppo. Era finalmente
tempo di combattere, di farlo tacere per sempre. Intorno a
sé lo spadaccino riusciva a percepire solamente delle voci,
un brusio indistinto nel quale non riusciva a capire del tutto il senso
delle parole. Lo spadaccino tuttavia non aveva bisogno di sentire
quello che diceva la gente intorno a lui per sapere cosa fare. Tutto
l’universo di Zoro era ridotto a lui ed al suo avversario e
lo spadaccino non aveva nessuna intenzione di lasciarlo vincere. Non
poteva lasciare che facesse del male ai miei compagni o svelasse loro
il segreto che Rufy aveva fatto in modo di celare per tanti anni. Non
poteva lasciare che un uomo del genere continuasse a vivere. Il suo
capitano contava su di lui e Zoro non poteva deluderlo.
L’ufficiale si mosse, spaventato dall’espressione
terrificante dipinta sul volto del suo avversario. Zoro, il temibile
spadaccino si stagliava di fronte a lui, con le sue tre spada sfoderate
e un ghigno malefico. Uno degli incubi dei mari era diventato
realtà di fronte a lui. Non avrebbe colpito per ferire o per
stordire, questa volta avrebbe mirato ad ucciderlo. Mentre il
marine restava paralizzato, cercando abbastanza coraggio per scappare
Zoro partì deciso con il primo affondo. Un colpo
secco, mortale e l’ufficiale sentì il mondo
svanire lentamente intorno a lui. Le tre spade colpiscono
l’avversario squarciando le sue vesti e devastando il suo
braccio e le sue carni mentre sul volto dello spadaccino permane quel
sorriso così crudele. Con un tonfo secco il grosso marine
ricadde a terra, definitivamente sconfitto. Zoro si voltò
lentamente, le spade ancora sguainate ed in posizione di attacco.
“Diceva la verità?” chiese Usop, gli
occhi lucidi. Non gli importava che Zoro era di fronte a lui, in
posizione di attacco e con un’espressione niente affatto
simpatica. Per la prima volta non temeva per la sua vita, voleva solo
sapere. Anzi, doveva sapere, anche a costo di affrontare Zoro tutto da
solo.
“Zoro..” disse Nami, quasi supplicando lo
spadaccino. Zoro sospirò e si guardò intorno,
fissando a turno i suoi compagni. Vide Brook, stringere con insistenza
il suo bastone. La faccia spaventata di Chopper, con lo sguardo fisso
sull’avversario a terra. Gli occhi pieni di lacrime e di
coraggio di Usop. Le suppliche silenziose di Nami. Il volto pallido del
cuoco, che lo fissava con insistenza. L’espressione atterrita
di Robin, che aveva perso tutta la sua sicurezza e sembrava la bimba
spaventata che tanti anni prima aveva preso a fuggire dal governo
mondiale. Il volto rigato di lacrime di Franky che fissava il suolo.
“La marina lo ricattava.” sospirò Zoro
alla fine, riponendo le spade. Quella frase fu una liberazione, la fine
di un lungo incubo durato sette anni.
“Non capisco.” mormorò Chopper, confuso,
cercando con insistenza lo sguardo dello spadaccino che fissava
intensamente il terreno, pieno di sensi di colpa.
“La marina lo ricattava, è stato costretto a
prendere quella decisione.” spiegò meglio Zoro.
Non si sentiva un traditore, al contrario sapeva di avere fatto la cosa
giusta. Era stato il marine a rivelare il segreto di Rufy, lui stava
solo spiegando quello che era successo. Lo doveva ai suoi compagni, il
capitano avrebbe capito.
“Di quale decisione parli?” chiese Nami, senza
capire. Non poteva essere andata veramente così, non come
stava raccontando loro Zoro. Era semplicemente assurdo, impossibile.
Totalmente sbagliato. Avrebbe voluto dire che loro non avevano mai
capito nulla, che avevano completamente frainteso tutto ciò
che il loro capitano aveva fatto e detto e che avevano anche tradito la
sua fiducia.
“Vuoi dire che Rufy ci ha cacciati perché la
marina lo ha obbligato?” chiese Robin, seria, trattenendo a
stento le lacrime. L’archeologa stava rivivendo un incubo,
ricordi di brutti momenti che credeva di avere superato riaffioravano
all’improvviso. Robin si chiedeva come avesse fatto a non
accorgersi di nulla, proprio lei che aveva fatto lo stesso con loro
tanti anni prima a Water Seven quando la marina la cercava e minacciava
di colpire i suoi compagni con un buster call. Zoro sospirò,
poi annuì lentamente.
“Questo idiota gli aveva detto che fuori dal porto tre buster
call avrebbero aspettato la nostra nave. Capite ora?”
continuò Zoro dilungandosi nei particolari, mentre i
compagni non riuscivano quasi a seguire le sue parole tanto erano
increduli.
“Maledetto idiota, voleva sacrificarsi per noi. Ci ha mandato
via ed ha insistito per avere la nave perché non voleva che
noi fossimo sopra.” esclamò Franky, capendo
improvvisamente perché Rufy aveva insistito per prendersi la
nave. Dagli occhi del cyborg scese una lacrima solitaria a cui presto
se ne unirono molte altre, tanto che nel giro di poco si
ritrovò a singhiozzare senza ritegno come un bambino.
“Non voleva che nessuno di noi si facesse male.”
mormorò Sanji, gli occhi fissi a terra.
“Maledizione.” imprecò Nami, mentre gli
occhi di tutti si portavano su di lei, apprensivi. La ragazza non stava
piangendo, era solo molto pallida e furente per la rabbia.
“Nami, calmati.” disse Chopper, comprensivo.
“Non posso calmarmi, capisci? Lui per me ha combattuto, era
disposto a sacrificare la sua vita per il mio villaggio. Pensavo fosse
un egoista, che non mi volesse perché non ero alla sua
altezza e invece lui lo aveva fatto per me. Per sette anni
l’ho odiato, ti rendi conto? Per sette anni ho odiato
l’uomo che mi ha sempre salvata.” urlò
Nami, completamente fuori di sé. Era arrabbiata con se
stessa perché non aveva mai capito niente. Perché
nessuno di loro, tranne Zoro, aveva capito nulla. Non aveva dato
fiducia al suo capitano, lo aveva abbandonato. Tutti loro lo avevano
abbandonato. Era la vera traditrice. Tutti loro lo erano. Solamente
Zoro aveva capito e gli era rimasto accanto. Per sette anni aveva
creduto che Rufy, e anche Zoro, fossero dei traditori mentre invece i
traditori erano loro. La ragazza non poteva fare altro che darsi della
stupida per aver abbandonato la prima persona che aveva creduto
ciecamente nella sua buona fede, proprio lei che, insieme a Zoro, era
stata la prima ad unirsi a Rufy in quella che all’inizio era
sembrata una pazza, sconclusionata ed effimera avventura.
“Non potevi sapere, nessuno di noi poteva..” disse
Brook, sconvolto come i compagni. Lo scheletro non riusciva a smettere
di pensare al fatto che Crocus lo sapeva sicuramente e che non gli
aveva detto nulla. Come aveva potuto? Probabilmente Rufy aveva imposto
il silenzio anche a lui, certo, sicuramente doveva essere andata
così.
“Non ci siamo mai nemmeno presi la briga di cercare di capire
perché avesse preso quella decisione. L’abbiamo
accettata e basta, poi abbiamo preso ad odiarlo.”
continuò Nami, scoppiando in un pianto disperato e
accasciandosi a terra. Zoro guardava i compagni tenendosi in disparte,
distrutto da quel dolore che le sue parole erano state in grado di
provocare.
“Alla prima difficoltà, la prima volta che Rufy ha
avuto bisogno del nostro sostegno lo abbiamo abbandonato.”
mormorò Usop, triste. L’odio che provava nei
confronti di quello che era stato il suo migliore amico era svanito.
Era rimasta solo la consapevolezza che era stato lui a deludere Rufy, e
non il contrario. Tutto quello che il cecchino voleva in quel momento
era correre da Rufy, abbracciarlo e sentirsi dire che andava tutto bene.
“È lui che dovrebbe odiare noi, fa bene a scappare
da noi.” constatò Sanji, triste, scuotendo la
testa e cercando nervosamente una delle sue sigarette.
“Mentre parlava, mentre ci diceva di lasciare la nave era
serio e lucido come non lo era mai stato, come potevamo dubitare delle
sue parole? Rufy non ci ha mai mentito.” disse Chopper,
cercando di fare stare meglio i compagni. Le parole della piccola renna
caddero nel vuoto, rimanendo pressoché inascoltate.
“Dovevamo capire che qualcosa non andava. Zoro lo ha fatto,
dico bene?” chiese Nami voltandosi verso lo spadaccino,
subito imitata dai compagni.
“Eri sulla nave. Sei rimasto li anche quando noi ce ne siamo
andati, vero?” chiese Robin, guardando con insistenza il
ragazzo.
“Si, non so perché a dire il vero. Quelle parole,
la sua voce.. Non era da Rufy. Volevo chiedere spiegazioni.”
disse Zoro, serio. Ricordava perfettamente ogni parola, ogni istante ed
ogni gesto di quel giorno tanto sciagurato che aveva segnato per sempre
tutte quante le loro vite.
“Perché non ci hai detto nulla?” chiese
Sanji, pieno di rabbia nei confronti dello spadaccino che lo fissava
tristemente senza dire una parola. Zoro sapeva, aveva sempre saputo e
non aveva mai detto nulla, anche prima che fosse vincolato dalla
promessa.
“Volevo accertarmi che fosse come pensavo io. Non volevo
rischiare di illudervi..” rispose Zoro, mesto, lasciandosi
poi scappare un sospiro. Anche lui quella notte per un attimo aveva
deciso di andarsene, lasciandosi tutto alle spalle, ma poi qualcosa lo
aveva bloccato. Non poteva abbandonare Rufy, quel ragazzino testardo
che una volta gli aveva salvato la vita e insistito perché
si unisse a lui. Era stato il primo a non avere paura di lui, a non
scappare di fronte al suo ghigno feroce.
“Quando gli hai parlato, dopo che noi siamo andati via.. Ti
ha detto la verità?” chiese a sua volta Robin,
insistente.
“Prima ha cercato di negare, ha continuato la sua commedia.
Non l’ho ascoltato, gli ho solo detto che ero un suo
compagno, il suo primo compagno, che avevo promesso di seguirlo e che
non lo avrei lasciato solo.” raccontò Zoro,
rivivendo quei momenti mentre tutti pendevano dalle sue labbra. Il
corpo privo sensi dell’ufficiale era ancora in mezzo a loro,
ma nessuno ci faceva troppo caso.
“Perché non hai cercato noi a quel
punto?” ringhiò Sanji, fuori di sé.
“Ci ho provato, ma eravate già lontani. Volevo
inseguirvi, ma poi era arrivato Rufy. Mi aveva raccontato tutto e mi
aveva fatto promettere di non dirvi mai nulla, qualunque cosa sarebbe
successa.” spiegò Zoro, calmo. Sanji
sospirò e smise di fare domande. Sapeva bene quanto fosse
importante per Zoro l’onore e il rispetto della parola data.
“E tu?” chiese Usop, fissando fieramente lo
spadaccino negli occhi come non aveva mai osato fare prima di allora.
Zoro sospirò.
“Ho pensato che era stupido, ma che dovevo fare come diceva
lui. Era il mio capitano, era solo ed aveva bisogno di me. Pensavo che
prima o poi avreste capito da soli.” continuò a
raccontare Zoro. Si era chiesto per anni come avessero potuto non
capire, non arrivare da soli alla verità o come facessero a
non accorgersi della loro presenza quando capitava di incrociarli. Una
volta aveva persino urtato Nami, senza che lei si rendesse conto di chi
aveva di fronte.
“Cosa è successo quando avete lasciato il
porto?” chiese Franky, ricordando che prima lo spadaccino
aveva nominato i buster call.
“C’erano le navi della marina che ci aspettavano.
Sapevano che Rufy avrebbe allontanato la sua ciurma per
proteggerla..” raccontò Zoro. Ricordava bene la
scena, appena avevano lasciato il porto erano stati circondati. Un
numero impressionante di navi, tutte intorno a loro, che li tenevano
sotto tiro. Si aspettavano Rufy da solo ed erano preparati a fermarlo e
a catturarlo, nessuno di loro si era aspettato Zoro.
“Da solo sarebbe stato un bersaglio più
facile.” constatò Brook, malinconico.
“In qualche modo ce la siamo cavata. Eravamo ridotti male, la
nave quasi distrutta, ma eravamo vivi. Abbiamo preso il largo, e li ci
hanno raggiunti Ace e Jimbei.” continuò a
raccontare Zoro, ripensando a quei momenti dei quali aveva solo ricordi
confusi. Erano messi male quando Ace li aveva soccorsi, più
di là che di qua. Per la prima volta in vita sua lo
spadaccino aveva visto la preoccupazione sul volto di Pugno di Fuoco.
“Il capo degli uomini pesce?” chiese Robin,
stupita. Zoro annuì distrattamente, continuando a parlare.
“È stata dura, ma abbiamo capito che insieme
potevamo ancora farcela, che dovevamo andare avanti e ripagare la
marina con la stessa moneta.” raccontò ancora
Zoro, mentre i compagni lo fissavano, silenziosi, tanto che lo
spadaccino di ritrovò a domandarsi se lo avessero per
davvero ascoltato o meno.
“Ci odia? È questo il motivo per cui non si faceva
trovare da noi.” esclamò improvvisamente Usop, tra
le lacrime. Nessuno sapeva cosa dire perché il fondo tutti
condividevano quell’idea del cecchino.
“No Usop, ti sbagli. Non vi odia, anzi. Si da la colpa di
quello che è successo. Non c’è giorno
che passa senza che lui ripensi a quella notte di sette anni
fa.” confessò Zoro, ripensando alle discussioni
infinite con Rufy, i suoi silenzi, i suoi malumori al solo sentire
parlare dei suoi compagni e ai suoi infiniti sensi di colpa.
“Ma non è colpa sua, è stato ricattato.
La colpa è nostra, avremmo dovuto capire.”
esclamò Nami, stupita. Si era ripetuto quello che era
successo con Robin, solo che nessuno di loro aveva insistito per
aiutare Rufy. Gli avevano dato le spalle, bollandolo come traditore
senza rifletterci troppo sopra.
“Se lui fosse stato più forte, abbastanza da
fronteggiare la marina da solo, allora non avrebbe dovuto allontanare
la sua ciurma. Lui la vede in questo modo, non sono mai riuscito a
fargli cambiare idea.” spiegò meglio Zoro, triste.
Lo spadaccino trovava assurda quell’idea ma non
c’era mai stato verso di fare cambiare idea Rufy. Era il suo
chiodo fisso, una condanna che si era autoinflitto per soffrire e dalla
quale non voleva saperne di uscire.
“Oh, Rufy.” esclamò Chopper,
asciugandosi le lacrime. Il loro capitano aveva sofferto quanto loro,
forse di più perché non aveva nessuno da
incolpare tranne che se stesso.
“Da quella sera il suo sogno è cambiato. Non
voleva più diventare il Re dei Pirati, voleva solo diventare
abbastanza forte da proteggere i suoi compagni.”
raccontò Zoro. Le parole di Zoro fecero commuovere tutti i
presenti.
“In questi anni abbiamo vissuto tranquilli grazie a lui,
vero?” chiese Robin, timidamente. Zoro annuì.
“Per questo la marina non ci trovava mai.”
concordò Sanji, dandosi dello stupido per non aver mai
capito nulla. I segnali erano lì, sotto gli occhi di tutti,
doveva solo riuscire a leggerli e avrebbe capito che il suo capitano
non li aveva mai traditi.
“Rufy ha creato un rete di collaboratori. In cambio della
protezione del Re dei Pirati loro dovevano controllare che a voi
andasse tutto bene. Dovevano proteggervi, e se non bastava chiamare
noi.” disse Zoro, spiegando velocemente come era strutturata
la loro organizzazione e lasciando sorpresi i ragazzi.
“Voi avete combattuto per noi? In questi sette anni,
dici?” chiese Franky, stupito.
“A volte.” rispose Zoro, alzando le spalle. Non gli
andava di raccontare loro tutto, battaglia per battaglia. Sarebbe
servito solamente a farli soffrire di più di quanto stessero
già male in quel momento.
“Non è possibile. Come abbiamo fatto a non
accorgerci?” chiese Sanji, incredulo.
“Rufy era fissato, voleva che non sapeste nulla di noi. Anche
oggi, l’ordine era di mettervi al sicuro, in salvo, ma di
farmi vedere da voi solo se fosse stato strettamente
necessario.” spiegò Zoro, sospirando.
“Ma non è giusto. Voi ci avete salvato tante volte
la vita e non vi siete mai preso nemmeno un grazie.”
protestò Chopper, profondamente colpito da
quell‘ingiustizia.
“Andiamo.” disse Zoro, evitando di rispondere a
quel commento. Non voleva un grazie, voleva mettere in salvo i suoi
compagni. Era quello l’ordine del capitano. Più
continuavano a stare lì e più erano in pericolo.
I pezzi grossi della marina potevano arrivare da un momento
all’altro.
“Aspetta Zoro, per favore.. Ci sono tante cose che ti
vogliamo chiedere, che dobbiamo sapere.” implorò
Brook, trattenendo Zoro per un braccio.
“Non è sicuro stare qui. Avanti, salite sulla
nave.” disse deciso lo spadaccino, liberandosi facilmente
della stretta dello scheletro.
“Non ci sono navi, quel pazzo le ha affondate tutte per
impedire a chiunque di lasciare questa maledetta isola.”
ricordò Nami, furente. Senza una nave sarebbe stato
impossibile lasciare quella maledetta isola. Erano condannati a
rimanere lì.
“Pensi davvero che io e Rufy avremmo potuto lasciare la
Thousand Sunny insieme alle navi della marina? Non
scherzare..” rispose Zoro, con un ghigno dipinto sul volto.
Franky si illuminò quando sentì nominare la nave
che lui stesso aveva provveduto a costruire. I compagni si guardarono,
poi seguirono Zoro senza fare altre domande. Lo spadaccino li condusse
fino a una radura isolata dietro alla quale era ormeggiata la Sunny.
Nessuno l’aveva notata e la nave era in perfette condizioni.
Non appena Franky scorse la nave sentì una stretta allo
stomaco. La sua piccolina era tutta intera, sana e salva. Bella come
quando l’aveva lasciata. Sette anni nelle mani di Rufy e Zoro
non l’avevano minimamente compromessa. Una a volta a bordo
Nami e Usop insistettero per tornare indietro a prendere Rufy, ma Zoro
era irremovibile. Dovevano allontanarsi dall’isola, quelli
erano gli ordini che lui aveva ricevuto. Rufy poteva pensare a se
stesso, in qualche modo se la sarebbe cavata. A nulla valsero le parole
dei due ragazzi e nemmeno quelle di Chopper, preoccupato per la salute
del capitano. Alla fine la nave prese il largo, con Zoro al timone e i
compagni che lo osservavano curiosi.
“Ehi Zoro, c’è una cosa che non
capisco.” iniziò Sanji, mentre la nave si
allontanave da quella terribile isola.
“Sentiamo.” rispose distrattamente Zoro, fissando
la linea dell’orizzonte in cerca di navi. Lo spadaccino
voleva essere assolutamente sicuro che nessuno li stesse seguendo,
specialmente la marina. Non voleva altri guai con loro, ne combattere
se non era strettamente necessario.
“Dici che Rufy voleva diventare più forte per
riuscire a proteggerci senza che noi ce ne rendessimo conto.”
iniziò il cuoco, serio, accendendosi una sigaretta.
“Uhm.” mugugnò lo spadaccino a
mo’ di risposta, incoraggiando Sanji a proseguire.
Era strana quella conversazione. Dopo sette anni si ritrovava a parlare
di Rufy con i suoi vecchi compagni, per di più con Sanji.
Lui e il cuoco erano famosi per le loro discussioni continue, non certo
per i loro discorsi filosofici. Per la maggior parte del tempo stavano
lontani, per lo più ignorandosi, si incontravano solo quando
era strettamente necessario e normalmente finivano con il litigare.
“Beh, c’è riuscito. Voglio dire,
è il Re dei Pirati e tu sei lo spadaccino più
forte del mondo. Tu dici che non ci odia. Ma allora perché
non è mai venuto a cercarci per spiegarci quello che
è successo?” chiese il cuoco, perplesso. Zoro
stesse un po’ in silenzio, prendendosi tempo prima di
rispondere. Era difficile capire cosa passasse per la testa di Rufy.
Spiegarlo a qualcuno poi, era un impresa quasi impossibile.
“Non so, me lo sono chiesto anche io.”
confessò alla fine.
Sanji aprì la bocca, pronto a continuare con le domande, ma
Usop lo interruppe.
“Ace!” urlò il cecchino, indicando un
ragazzo su una piccola imbarcazione a pochi passi da loro. Con un
balzò si ritrovò sulla nave e si
guardò intorno a lungo, incredulo e perplesso, senza
capacitarsi di quello che vedeva.
“Ehi Zoro, che succede qui?” chiese Pugno di fuoco,
raggiungendo lo spadaccino che stava al timone. Tutti i compagni
fissavano atterriti i due pirati, che si salutavano tranquillamente
quasi ritrovarsi in situazioni del genere fosse all’ordine
del giorno per entrambi. Franky aprì la bocca per dire
qualcosa, poi ci ripenso e decise di stare zitto.
“Sei arrivato tardi, abbiamo già finito di muovere
le mani.” rispose Zoro sorridendo.
“Peccato. Ma dimmi, Rufy?” chiese ancora Ace,
preoccupato, mentre si guardava nuovamente intorno alla ricerca del
fratello di cui non vedeva traccia.
“Non so bene dove sia, ma credo stia bene. Almeno
spero..” rispose ancora lo spadaccino, cercando di apparire
tranquillo.
“Immaginavo non fosse qui. Ah proposito, sa di questa
piacevole riunione?” domandò Ace guardandosi
ancora intorno e indicando con lo sguardo i vecchi compagni che
ascoltavano attenti e stupiti la conversazione. Zoro non
poté trattenere una risata.
“A dire il vero No.” mormorò Zoro,
pensieroso, grattandosi la testa.
“Sai vero che gli verrà una crisi
isterica?” esclamò Ace divertito, lasciandosi
cadere seduto con la schiena contro la balaustra della nave. I due
pirati si guardarono e scoppiarono a ridere pressoché
all’unisono.
“Probabilmente. Senti, è stato lui a dirmi di
salvarli.. Mica potevo lasciarli sull’isola o abbandonarli
nell’oceano, ti pare?” chiese a sua volta Zoro,
ironico.
“Si, magari è la volta buona che riprende a
ragionare.” concluse Ace, scuotendo la testa. Suo fratello
era davvero testardo, ma davanti ai fatti compiuti si sarebbe dovuto
arrendere e accettare la situazione.
“Che dici?” chiese Usop, confuso. Le parole di Ace
erano decisamente un mistero.
“Beh, è una lunga storia..”
sospirò Ace, grattandosi la testa.
“La sanno, quel marina idiota glielo ha detto.”
mormorò Zoro, senza perdere di vista l’orizzonte.
Qualcosa non gli tornava. Forse si trattava solo della sua
immaginazione, ma aveva una brutta sensazione ed il silenzio intorno a
loro iniziava a farsi pesante.
“Gli hai raccontato tutto per bene?” chiese Ace,
fissando lo spadaccino negli occhi.
“Si, a grandi linee.” rispose Zoro, alzando le
spalle, senza perdere la concentrazione.
“Stavamo chiedendoci perché dopo che è
diventato abbastanza forte da non temere più la marina non
ci sia venuto a cercare.” disse Sanji, sperando che Ace a
differenza di Zoro avesse una risposta. Ace sospirò, la sua
faccia sembrava quella dello spadaccino di poco prima. Sanji
iniziò a domandarsi perché quella domanda fosse
tanto complicata.
“Questa è una bella la domanda. Io e Zoro abbiamo
fatto questo discorso con Rufy almeno un centinaio di volte, e tutte le
volte finiva con lui che se andava sbattendo la porta. Non voleva mai
darci retta. È testardo, non vuole sentire
ragioni.” spiegò Ace, sorprendentemente serio.
Sanji fissò perplesso i due ragazzi mentre anche gli altri
facevano lo stesso, sforzandosi di capire fino in fondo le parole di
Ace.
“Sai Ace, di recente però sembra che abbia
iniziato a ragionare.” si intromise Zoro, serio. Il fratello
di Rufy si voltò verso il primo ufficiale, incuriosito da
quelle parole.
“Dici? Per me se la prende lo stesso.”
commentò Ace, riferendosi al fatto che i loro compagni erano
sulla Sunny ed erano a conoscenza di quanto era veramente successo
sette anni prima. Forse alla fine avrebbe capito, ma ciò non
toglieva che prima avrebbe fatto una scenata delle sue.
“Per forza.” sospirò Zoro, sconsolato.
Aveva imparato a conoscere il suo capitano meglio di chiunque altro,
ogni sfaccettatura del suo carattere. Nel corso degli anni il suo lato
spensierato, burlone e idiota piano piano aveva cominciato a venire
meno. Le brutte esperienze lo avevano fatto maturare, ma non avevano
scalfito la fiducia nelle sue capacità o il suo buon cuore
che gli avevano permesso di farsi un sacco di amici lungo tutta la
rotta maggiore. Nonostante fosse stato tradito più di una
volta era ancora in grado di credere alla buona fede delle persone, a
patto che non facessero del male a qualcuno al quale lui teneva. Se si
trattava di combattere per difendere qualcuno, anche uno sconosciuto,
Rufy era sempre in prima fila. Solo, era emerso un altro Rufy,
più maturo e previdente, specialmente quando combattevano.
Certo, Rufy non aveva mai perso il suo ottimismo, la sua voglia di
vivere e di festeggiare, bevendo e mangiando a volontà.
Riusciva a strappare un sorriso a chiunque e la loro nave non si stava
mai un attimo tranquilli. Tuttavia c’erano alcuni argomenti
che lo rendevano infinitamente triste, silenzioso, oppure al contrario
gli facevano perdere la calma e la ragione. La sua vecchia ciurma era
certamente uno di questi. Se anche solo parlarne lo rendeva
intrattabile, cosa sarebbe successo una volta che se li sarebbe trovati
di fronte? Zoro cercava di scacciare quel pensiero, rimandando le
preoccupazioni al più tardi possibile.
“Perché?” chiese Nami, confusa,
distogliendo lo spadaccino ai suoi pensieri.
“Perché qualcosa è sfuggito al suo
controllo.” spiegò Zoro, sbuffando.
“Non hai ancora risposto alla mia domanda, perché
non cercarci?” chiese ancora Sanji, insistente, deciso a non
accontentarsi della misera risposta ricevuta. Zoro sospirò.
Il cuoco non si sarebbe accontentato, voleva proprio una risposta e lui
decise di accontentarlo o quanto meno di provarci.
“Credo non voleva farvi sapere che si era sacrificato per
voi. Non voleva farvi sentire in colpa.”
provò a spiegare Zoro, impacciato. Non era mai stato bravo
con i sentimenti. Guardandosi intorno lo spadaccino intuì
che il suo capitano però aveva ragione. I suoi vecchi
compagni sapevano la verità solamente da qualche ora, ma non
avevano ancora smesso di darsi la colpa di quanto successo. Avevano
smesso di ridere, sembravano svuotati. Era questo che Rufy voleva
evitare, non li voleva vedere così.
“Che grandissimo idiota.” esclamò Sanji.
Ace e Zoro stavano per dirgli che aveva ragione, quando un urlo che
proveniva dal ponte attirò la loro attenzione.
“AIUTOO!” urlò Usop, spaventato. Tutti
corsero sul ponte, pronti ad affrontare un nemico, ma non trovarono
nessuno. O meglio, non trovarono nessuno di apparentemente pericoloso,
solo una stella marina che ciondolava qua e là, circondata
da pirati perplessi che studiava divertita.
“Che sta succedendo?” chiese Ace, grattandosi la
testa stupito da tutta quella confusione che non riusciva a spiegarsi.
“Usop, tutto bene?” chiese a sua volta Chopper,
preoccupato, guardandosi intorno in modo frenetico.
“Una stella marina parlante.. Credo sia un messaggio della
marina. È per te Zoro.” balbettò Usop,
indicando la stella marina a pochi passi da loro, immobile, che si era
fatta sorprendentemente seria. Tutti si fecero più attenti,
e presero ad osservare con maggiore attenzione la stella marina.
“Messaggio per Zoro..” disse la stella marina, con
un tono piatto.
“Sono qui, parla.” rispose lo spadaccino,
tranquillo, quasi parlare con una stella marina per lui fosse
all‘ordine del giorno.
“Porta la nave dove sai, in fretta, poi potrai andare dove ti
pare e con chi ti pare. Ricorda, parlane con qualcuno e ne pagherai le
conseguenze..” continuò la stella, riportando un
messaggio che gli era stato affidato.
“Deve essere la marina. Dannazione, ci seguono.”
esclamò Chopper, spaventato.
“Tranquillo Chopper, ci siamo noi.”
cercò di tranquillizzarlo Brook.
“Ma io ho paura!” insistette la piccola renna.
Nel frattempo Zoro sorrideva, quasi divertito dalla scena.
“È pazzo, perché ride?” si
chiese Nami, parlando ad alta voce.
“Ehi, stellina. Puoi riportare un messaggio per
me?” chiese lo spadaccino non facendo caso alle parole di
Nami e fissando intensamente la stella marina.
“Certo, dimmi ed io riferirò.” rispose
la stella, con fare affabile.
“Fagli sapere che sono felice di sapere che è
vivo, cominciavo ad avere qualche dubbio. Ci vedremo presto, ma poi
dovremo parlare..” disse Zoro, parlando con fare enigmatico.
“È tutto?” chiese la stella, paziente.
“Salutalo da parte mia, digli che sono con Zoro.”
aggiunse Ace, tranquillo.
“Consideratelo riferito.” disse la stella, prima di
tuffarsi nel mare.
I ragazzi si guardarono tra loro sconcertati. Non solo Zoro aveva
capito di chi era e cosa voleva dire quel messaggio tanto misterioso,
ma aveva anche risposto. Il tutto con una calma disarmante.
“Era un messaggio di Rufy?” chiese Robin, fissando
i due ragazzi e facendo sobbalzare i compagni, stupiti da quelle
parole.
“Si.” rispose Zoro, pensieroso. Il messaggio di
Rufy gli aveva dato molto su cui riflettere. Per prima cosa era strano
il mezzo con cui glielo aveva mandato: una stella marina. Normalmente
Rufy usava il lumacofono, una lettera, la radio oppure un uomo pesce.
Inoltre il fatto che la stella sapeva esattamente dove trovarli voleva
dire che Rufy sapeva dove si trovava, il che non lo sorprendeva
affatto, ma perché non raggiungerli? Sicuramente Rufy aveva
anche fatto tenere sotto controllo la nave, quindi ora sapeva che la
ciurma era a bordo. Forse lo sapeva addirittura prima di mandare il suo
messaggio. Zoro era sempre più confuso, ed era anche
preoccupato per le condizioni del suo capitano. Prima di sbarcare
sull’isola della marina stava molto male e le sue condizioni
non potevano certo essere migliorate. Lo scontro con il babbeo lo
doveva avere lasciato messo male, altrimenti non si spiegava come
l’ufficiale era riuscito ad arrivare fino a loro.
Probabilmente la febbre aveva fatto svenire Rufy, ma restava un mistero
il come aveva fatto ad andarsene dall’isola da solo. Qualcuno
doveva essere intervenuto in suo aiuto, probabilmente Jimbei.
Quell’uomo pesce aveva la singolare capacità di
trovarsi quasi sempre nel posto giusto poco dopo il momento giusto.
Infine, c’era il messaggio. Il posto dove gli chiedeva di
andare era insolito, quasi assurdo. Tutto quell’insieme di
strane circostanze poteva avere solamente un significato, ma
ciò non presagiva nulla di buono.
“Sa di noi? Ti ha minacciato? È colpa
nostra!” esclamò Usop, frenetico, scuotendo con
forza Zoro che però non ebbe reazioni. Lo spadaccino era
troppo intento a pensare.
“Calmati, va tutto bene. Zoro e Rufy si scambiano spesso
messaggi del genere” disse Ace, cercando di calmare il
cecchino ma allo stesso tempo senza perdere di vista Zoro. Era insolita
anche per lui tutta quella apatia.
“Per Rufy e per Zoro è normale minacciarsi a
vicenda?” chiese Nami, allibita.
“Si, credo sia il loro modo per dirsi che si vogliono
bene.” spiegò meglio Ace, grattandosi la testa.
Tutti si voltarono a guardare Zoro, in attesa che dicesse qualcosa.
“Ho sonno, vado a dormire. Ace, ti spiace pensare tu alla
nave?” chiese Zoro, ignorando i compagni e dirigendosi verso
la cabina che normalmente divideva con il suo capitano.
“Certo che No. Ma dimmi, dove siamo diretti?”
chiese Ace, perplesso dallo strano comportamento dello spadaccino.
Possibile che il messaggio di Rufy lo avesse scosso così
tanto. Dopo tutto, a lui non era sembrato nulla di particolarmente
importante. Rufy gli chiedeva di andare in un posto per ritrovarsi,
tutto qua. Perché quella reazione? Ci doveva essere qualcosa
sotto, qualcosa che lui non aveva colto e su cui Zoro invece stava
ragionando.
“Al vortice. Quando siamo arrivati chiamami prima che ci
inghiotta.” rispose Zoro, sbrigativo, fermandosi per qualche
istante sulla porta.
“Non ti preoccupare, ci penso io. Solo, sicuro vada davvero
tutto bene?” chiese Ace, intuendo che ci fosse qualcosa che
non andasse.
“Benissimo, sul serio. È tutto a posto, almeno
credo.” rispose Zoro, con fare misterioso. Ace
avvertì ancora più forte la sensazione che ci
fosse qualcosa che non andasse per il verso giusto, ma decise di non
fare ulteriori domande. Sarebbe servito solamente a far innervosire
ancora di più lo spadaccino.
“Credi?” chiese solo Ace, preoccupato.
“Devo rifletterci un po’ su, ma non è
nulla di grave.” concluse Zoro, sbuffando.
“Va bene, allora terrò gli occhi
aperti.” promise Ace, dirigendosi verso il timone.
I ragazzi provarono a fare domande, ma Ace non sembrava intenzionato a
rispondere. Non faceva che guardarsi attorno, quasi temesse che dal
nulla potesse spuntare un mostro marino o qualcosa di simile.
“Che giornata.” sbuffò Franky,
lasciandosi cadere seduto.
Ace stava da solo al timone, immerso nei suoi pensieri, Zoro si era
chiuso nella sua cabina ed i ragazzi avevano colto
l’occasione per ritrovarsi a parlare delle recenti scoperte
sul loro capitano. Brook, ispirato da quella situazione, aveva preso a
cantare una melodia malinconica che aveva composto lui stesso per
l‘occasione, mentre Chopper lo ascoltava rapito.
“Taglia corto Brook, non sono in vena di sentirti
cantare.” sbottò Nami, dura.
“La musica fa sempre bene..” provò a
obiettare lo scheletro, subito zittito da un‘occhiata della
ragazza.
“Non oggi!” tuonò la navigatrice,
più seria che mai.
“Nami, come stai?” chiese Sanji, con fare gentile.
Conosceva bene Nami e sapeva che tutta quella rabbia serviva a
nascondere un’infinita tristezza e debolezza.
“Mi sento una traditrice.” sbuffò la
ragazza, piena di sensi di colpa.
“Anche io, in più mi sento in colpa.. Per
Zoro.” concordò Usop, giocherellando nervosamente
con la propria fionda.
“Che stai dicendo?” chiese Robin, avvicinandosi
più al gruppo.
“Zoro ha rivelato il segreto di Rufy. Dite che quei due
litigheranno per colpa nostra?” chiese il cecchino,
preoccupato. I ragazzi si scambiarono uno sguardo confuso. Nessuno di
loro tranne il cecchino aveva pensato a quella evenienza.
“Hai sentito quella testa vuota prima? Era
un’emergenza, non poteva fare altro. Rufy
capirà.” mormorò Sanji, dopo averci
pensato un po’ su.
“E se non capisse?” chiese Chopper, ansioso,
ricordando le parole che la stella marina aveva riferito allo
spadaccino.
“Dite che caccerebbe Zoro?” domandò
Usop, pallido.
“Secondo voi ci vorrà vedere?” chiese
Nami, preoccupata.
“Non lo so, ma credo lo scopriremo presto.” rispose
Franky, cercando di calmare i compagni più ansiosi. Dopo
tutto, Zoro e Rufy erano certamente molto legati e Rufy non poteva
cacciare il suo braccio destro solo per un incomprensione come quella.
“Dove siamo diretti?” chiese Brook, guardando il
mare. Non sapeva dire con esattezza dove si trovavano, sapeva solo
dovevano essersi lasciati parecchio alle spalle l’isola dove
la marina li aveva portati.
“Hai sentito la stella, no? Rufy vuole che Zoro lo raggiunga.
Non ha detto dove, quindi dovresti andare a chiedere a lui anche se a
me non sembra troppo dell‘umore di rispondere.”
rispose Sanji, distratto dal rumore delle onde.
“E a meno che non ci butti in mare, ma credo che andrebbe
contro gli ordini ricevuti da Rufy, ci deve portare con lui.”
concluse Robin, riflessiva come suo solito.
“Ma Rufy si arrabbierà?” chiese ancora
Usop, preoccupato per la possibile reazione del ragazzo di gomma.
“Non ne ho proprio idea, ma vorrei tanto saperlo.”
sbuffò Franky, tirandosi indietro alla meglio il ciuffo.
Molte miglia marine avanti a loro, Rufy guardava distrattamente il mare
senza vederlo davvero. Era talmente immerso nei suoi pensieri che
sobbalzò quando la stella marina saltò con
agilità a bordo. Il suo arrivo gli risultava inaspettato
anche se erano ore che non aspettava altro. Voleva notizie di Zoro,
aveva bisogno di sapere che il suo amico stava bene e che non si era
ferito. Si sarebbero occupati dopo di tutto il resto, dopo tutto si
trattava solamente di una grossa scocciatura, una delle solite. Nulla
di più.
Rufy si riscosse dai suoi pensieri e trovò la stella marina
ancora lì, in attesa che il ragazzo gli facesse segno di
parlare.
“Allora?” chiese Rufy, distratto, senza distogliere
lo sguardo dall’orizzonte.
“Messaggio riferito, dice che è felice che stai
bene e che deve parlarti.” rispose la stella, riferendo con
cura e precisione il messaggio.
“C’è altro?” chiese ancora
Rufy, annoiato.
“Non era solo a bordo.” disse la stella marina,
delusa dallo scarso interesse che il pirata le dimostrava.
“Ace?” tirò ad indovinare Rufy. Zoro lo
aveva informato del pericolo che stavano correndo e lui si doveva
essere precipitato lì come faceva sempre.
“Non solo.. C’erano
tutti.”esclamò la stella marina, sicura che le sue
parole avrebbero attirato l’attenzione del ragazzo. Il cuore
di Rufy sobbalzò ma il pirata trovò comunque la
forza di fare un gesto di congedo alla stella, che saltò in
acqua delusa. Avrebbe tanto voluto rimanere ancora a bordo e vedere
come avrebbe reagito il Re dei Pirati, ma non poteva certo mettersi a
discutere un suo ordine, specie se Rufy si trovava a bordo della nave
di Jimbei, il capo degli uomini pesce.
“Questa è bella.” esclamò una
voce roca che proveniva dalle spalle di Rufy.
“Sta zitto Jimbei.” lo apostrofò Rufy
infastidito, girando appena la testa.
“Non puoi negare che sia una situazione divertente. Li sta
portando con lui immagino..” ipotizzò il grosso
uomo pesce, sghignazzando senza ritegno.
“Almeno si spiegano molte cose.”
commentò Rufy, acido, voltando nuovamente le spalle
all‘uomo pesce e riprendendo a guardare il mare. Zoro non
aveva avuto scelta e li aveva portati con lui, forse contro la loro
volontà. Dopo setti anni che non avevano sue notizie
sarebbero certo stati arrabbiati, specie Nami ed Usop, e pronti a
tutti. Finalmente tutto si spiegava, anche se si trattava di una
spiegazione che lasciava l’amaro in bocca.
“Vuoi sapere come la penso io?” chiese Jimbei,
alzandosi in piedi e avvicinandosi a Rufy.
“No, grazie.” rispose Rufy, per nulla impressionato
dalla grossa mole dell’enorme uomo pesce che ora si trovava
di fronte a lui.
“Va bene, allora controllo che fine hanno fatto i nostri
amici marinai.” disse Jimbei, avvicinandosi alla balaustra.
“Ecco, bravo.” mormorò Rufy, distratto
dai suoi pensieri.
Jimbei rimase per quasi venti minuti accanto alla balaustra, impegnato
in una strana conversazione con un grosso squalo. Quando finalmente
ebbe terminato, l’uomo pesce tornò da Rufy,
sedendosi accanto a lui.
“Novità?” chiese Rufy, pensieroso.
“Nessuna, tutto come prima.” sbuffò
Jimbei.
“Meno male, mi sentivo quasi solo.”
commentò Rufy, ironico.
“Sicuro di stare bene?” chiese Jimbei, guardando
preoccupato l’amico. Rufy non aveva quasi parlato da quando
si erano incontrati. Jimbei aveva lasciato la sua nave al largo ed era
arrivato sull’isola a nuoto in pochi minuti. Una volta
sull’isola non ci aveva messo molto ad individuare Rufy. Il
ragazzo stava combattendo contro un ufficiale, e stava avendo la
meglio. Dall’altra parte dell’isola arrivavano
voci, rumori e suoni che non lasciavano dubbi sul fatto che anche Zoro
stesse combattendo contro qualcuno. Con un colpo deciso Rufy mise al
tappeto l’avversario, poco prima che un giramento di testa
mettesse al tappeto lui. Mentre Jimbei lo soccorreva e lo portava sulla
sua nave ancora svenuto vide la Sunny allontanarsi e dedusse che Zoro
ce l’aveva fatta. Era stato Rufy, ripresosi da poco, a notare
che qualcosa non andava.
“Una meraviglia.” rispose Rufy, seccato,
distogliendo Jimbei dai suoi ricordi.
“Non hai una bella cera, quell‘ufficiale ci
è andato giù pesante e..”
cominciò l’uomo pesce, premuroso. Tra tutti gli
umani che conosceva Rufy, Ace e Zoro erano decisamente quelli che
preferiva. O meglio, erano gli unici che riusciva a sopportare e che
rispettava profondamente.
“Jimbei, ho già un fratello maggiore e una madre.
Mi bastano.” lo ammonì Rufy, sbuffando infastidito.
“Una madre?” chiese Jimbei, perplesso. Va bene il
fratello, ma la madre gli giungeva nuova. Da quando Dadan era diventata
una persona così premurosa?
“Zoro. È paranoico, non può fare a meno
di preoccuparsi per me.” spiegò Rufy, divertito e
seccato allo stesso tempo. Jimbei il risposta scoppio a ridere. La sua
risata era roca, proprio come la sua voce, ed era in grado di
spaventare chiunque non conoscesse abbastanza quel grosso pesce.
“Sei uno spasso Rufy, è un peccato che non mi vuoi
con te. Sarebbe bello essere un tuo compagno.”
esclamò Jimbei prima di scoppiare nuovamente a ridere.
Invidiava molto Zoro, era fortunato ad avere un capitano del genere.
“Sai come la penso in proposito. Ho già avuto una
ciurma e non ne cerco un’altra.” rispose Rufy,
serio.
“Di quello che ti pare, ma la realtà è
che non hai mai smesso di considerarli tuo compagni, anche se loro ti
odiano.” commentò Jimbei, saggiamente. Rufy
sbuffò e lanciò all’uomo pesce
un’occhiataccia carica d’odio.
“Non hai niente di meglio da fare che stare qui a dire queste
stupidate?” chiese Rufy bruscamente, profondamente seccato da
quella discussione.
“Ho capito, me ne vado.” disse Jimbei, alzandosi e
allontanandosi dall’amico prima che questi esplodesse in una
delle sue solite crisi isteriche che lo colpivano non appena il
discorso cadeva sui suoi vecchi compagni.
“Ecco, bravo.” sbuffò Rufy, tornando
silenzioso come poco prima. Non riusciva a smettere di pensare
all’imminente incontro e non riusciva a smettere di essere
triste.
La verità era chiara sotto i suoi occhi, eppure lui non
riusciva a crederci. Era assurdo, non poteva essere vero. Non potevano
essere stati loro, non i suoi compagni che aveva difeso da qualunque
pericolo per tutti quei sette lunghi anni.
Rufy e Jimbei navigarono insieme ancora per qualche ora, prima di
prendere strade separate. Una volta arrivati ad un grosso vortice, Rufy
si avvicinò all’uomo pesce.
“Scendo qui.” avvisò Rufy, prima di
tuffarsi nelle acque cristalline.
“Sta attento, non mi sembri molto in forma.” si
raccomandò Jimbei, studiandolo a fondo con un sopracciglio
alzato, preoccupato. Rufy senza fare caso alle parole
dell’uomo pesce cominciò a nuotare verso il centro
vortice.
“Pensa a fare quello che ti ho chiesto.” lo
ammonì Rufy con fare severo, voltandosi appena ed ansimando
leggermente per lo sforzo. Sentiva la testa girare e sapeva che di
lì a poco la vista gli si sarebbe offuscata ma doveva tenere
duro. Doveva andare nel luogo dell’appuntamento, doveva
arrivarci prima di Zoro, doveva aspettarlo e prepararsi ad una degna
accoglienza.
“Sta tranquillo!” lo rassicurò Jimbei,
prima che il pirata si immergesse in profondità e sparisse
alla sua vista. L’uomo pesce sospirò, poi si
voltò ed iniziò a dare ordini ai suoi sottoposti,
aggirandosi minaccioso per la nave.
La Sunny navigava ormai da ore, ed era calata la sera. Ace non si era
mai mosso dal timone come gli aveva ordinato Zoro, ubbidiente. Di tanto
in tanto Franky compariva per vedere se aveva bisogno di una mano,
mentre Sanji per portare qualcuna delle sue specialità. Ace
li ringraziava, sorridente come sempre, poi tornava a sorvegliare il
mare. Era quasi mattina quando il ragazzo chiamò Franky, che
corse subito dal ragazzo.
“Ci siamo, chiamate Zoro.” ordinò Ace,
senza togliere gli occhi da un grosso vortice che si stagliava proprio
davanti alla nave. Le parole del ragazzo, oltre Zoro, attirarono anche
i compagni, intimoriti da quell’immenso ammasso di acqua che
vorticava.
“Che dobbiamo dirgli?” chiese Brook, preoccupato.
Certo, lui non poteva morire, ma quel coso lo inquietava parecchio.
Superarlo non sarebbe affatto stata una cosa semplice.
“Siamo arrivati al vortice.” rispose Ace
tranquillo, puntando il dito di fronte a lui. Alla vista di quel grosso
vortice i ragazzi sussultarono, ancora più spaventati. Un
conto era vederlo e pensare a come superarlo, un altro era sapere che
stavano puntando al centro.
“Quel coso ci inghiottirà.”
esclamò Nami, terrorizzata. Era troppo tardi, non
c’era modo di evitarlo. Li avrebbe sicuramente inghiottiti.
“Brava, hai capito dove stiamo andando.”
mormorò sorridendo Zoro, prendendo il posto di Ace al timone
e puntando dritto di fronte a lui.
“Hai già legato le vele?” chiese Zoro
rivolto ad Ace.
“Ora vado.” rispose il ragazzo, arrampicandosi con
destrezza.
I ragazzi ascoltavano, paralizzati dal terrore, quello scambio di
battute, increduli per la calma che ostentavano quei due. Nami si
chiese se la loro fosse incoscienza oppure esperienza. Una volta
avrebbe puntato senza paura di sbagliare sulla prima, tuttavia sia Zoro
che Ace sembravano sapere quel che stavano facendo.
“Di un po’, vuoi farci uccidere?” chiese
Sanji, nervoso, lanciando lontano una sigaretta appena accesa.
“Secondo te avrei bisogno di un vortice per togliervi di
torno? Ti assicuro che ci sono metodi molto più
veloci.” rispose Zoro ironico, nella sua voce si riusciva a
cogliere una sfumatura divertita, quasi quella situazione non lo
preoccupasse affatto ma lo divertisse.
“Che ci succederà una volta nel
vortice?” chiese Franky, più preoccupato per la
nave che per se stesso.
“Andremo sul fondo del mare.” rispose Zoro, con una
tranquillità disarmante.
“Prego?” esclamò Usop, terrorizzato.
“Vedrai.” disse Zoro, concentrandosi sulla rotta da
tenere. Lo spadaccino condusse con decisione e mano ferma la nave nel
vortice. Contrariamente a quanto pensavano tutti la nave non
riportò alcun danno, ma scese dolcemente negli abissi fino
all’imboccatura di una grotta.
“Che diamine..” mormorò Franky, sorpreso.
“Siamo quasi arrivati.” li tranquillizzò
Ace, indicando un apertura della roccia a poche centinaia di metri da
loro.
“Accidenti, questa grotta è
incredibile.” esclamò Usop, sorpreso, una volta
entrati. Si trattava di una grotta piuttosto grande nella quale ci
sarebbero potute entrare tranquillamente almeno altri venti navi come
la loro.
“Non è segnata in nessuna mappa,
grandioso.” concordò Nami, entusiasta mentre si
guardava intorno. Allo sguardo della ragazza non sfuggirono le pareti,
stranamente lisce, quasi qualcuno le avesse lavorate per nasconderci
dentro dei congegni.
“Non sporgetevi dalla nave, potrebbe essere
pericoloso.” li ammonì Zoro, severo, lasciando il
timone a Brook e dandogli indicazioni circa dove andare.
“Ma dai Zoro, non c’è nessuno
qui. Che vuoi che succeda?” sbuffò Franky,
insofferente.
“Fa come dico. Ace..” chiamò Zoro,
cercando con gli occhi l’amico.
“Ci penso io. Ragazzi avanti, andiamo sotto
coperta.” ordinò il ragazzo con i poteri del
fuoco, mentre gli altri lo seguivano di malavoglia.
Zoro rimase solo sul ponte, e prese a guardarsi intorno frenetico alla
ricerca di qualcosa o qualcuno. Alla fine avvistò il suo
capitano, a qualche metro da lui. Non appena i loro sguardi si
incrociarono, Rufy partì all’attacco e Zoro ebbe
appena il tempo di saltare già dalla nave e di sguainare le
sue spade per difendersi, incredulo.
“Dannazione, si può sapere che ti
prende?” chiese Zoro, stupito da quella reazione, decisamente
strana, del suo capitano. Certo, non poteva aspettarsi
un’accoglienza delle migliori visto il casino che aveva
combinato ma nemmeno nella peggiore delle ipotesi aveva pensato ad un
attacco.
“C’è un traditore su quella nave, una
spia.” spiegò Rufy, furente, ansimando per lo
sforzo. Zoro lo guardò preoccupato, intuendo che le sue
condizioni di saluta erano peggiorate ancora. Era pallido, faticava a
stare in piedi ed era ormai evidente che non stesse per niente bene. Le
sue parole, poi confermarono i sospetti di Zoro. Da quando aveva visto
quella stella aveva capito che qualcosa non andava, o meglio, che
qualcuno aveva tradito. Si era interrogato a lungo circa il possibile
colpevole ma era giunto alla conclusione che non poteva dubitare di
nessuno di loro. Tutti loro, una volta saputa la verità,
sarebbero morti piuttosto che tradire Rufy.
“Calmati e fammi parlare.” cercò di
iniziare Zoro.
“No, spostati e fammelo trovare.” rispose Rufy
fuori di se, cercando di superare Zoro.
Sulla Sunny c’era a bordo un traditore, qualcuno che passava
informazioni alla marina. Non c’era alcune
possibilità di sbagliarsi, anche se l’idea di
essere tradito da qualcuno nel quale aveva riposto la più
cieca fiducia sconvolgeva anche Rufy.
“Possiamo parlarne? Sulla nave ci sono i nostri
compagni.” mormorò lo spadaccino, trattenendo a
fatica il suo capitano.
“Lo so. Sono giorni che mi chiedo che diamine ti è
saltato il mente.” disse Rufy, fermandosi a riprendere fiato
e scuotendo la testa.
“Pensi che il traditore sia uno di loro, ma non è
così.” continuò Zoro, deciso,
approfittando di quella pausa per cercare di fare ragionare Rufy.
“Dammi una ragione, una ragione sola per cui non dovrei
dubitare di loro. La marina vi sta seguendo, ci sono almeno sette navi
dietro di voi e sono tutte troppo lontane per seguirvi a vista.
Qualcuno dalla nave gli sta comunicando la vostra posizione passo
passo.” spiegò Rufy senza fermarsi a riprendere
fiato. Nemmeno lui riusciva a credere che uno dei suoi adorati compagni
stava cercando di consegnare lui e Zoro alla marina, ma era
così. Era l’unica spiegazione possibile.
Probabilmente la loro era una vendetta, un modo di prendersi una
rivincita per il modo in cui erano stati trattati sette anni prima.
Rufy non poteva dargli torto, avevano tutte le ragioni ma lui doveva
pensare alla vita di Zoro, a quella di Ace ed alla sua.
“Sanno tutto.” disse Zoro, abbassando la testa.
“Prego?” chiese Rufy, incredulo. Non poteva avere
sentito bene. Non poteva essere vero.
“Quel dannato marine aveva detto loro tutto, ho solo spiegato
meglio come sono andate le cose..” cercò di
giustificarsi Zoro, preoccupato dalla reazione di Rufy. Il capitano
tuttavia era rimasto immobile, si era solo fatto ancora più
pallido e silenzioso.
“Rufy, ci sei?” chiese Zoro, preoccupato, scuotendo
delicatamente il compagno per una spalla..
“Si.” rispose il capitano, restando immobile e con
gli occhi sbarrati.
“Fa entrare la nave.” disse dopo un po’,
con una voce priva di espressione.
“Sicuro? Non vuoi prima controllarla?” chiese Zoro,
stranito da quel cambiamento così repentino. Solo pochi
istanti prima li voleva morti, ora invece li accoglieva senza
controllare, fidandosi ciecamente. Zoro cominciò a chiedersi
cosa fosse preso a Rufy.
“No, mi fido.” rispose Rufy, gli occhi fissi in un
punto imprecisato della roccia che si trovava di fronte a lui.
“Chiudo il cancello?” chiese ancora Zoro.
“No, facciamo credere al traditore che non lo abbiamo
scoperto.” disse Rufy, ancora immerso in uno strano torpore.
Quasi uno stato di trance.
Zoro sospirò e, anche se nella sua mente aveva un sacco di
domande che vorticavano, si limitò ad eseguire gli ordini.
ANGOLO DELL'AUTRICE:
ebbene si, finalmente
il tanto aspettato capitolo in cui tutti scoprono tutto. spero che vi
piaccia almeno la metà di quanto è piaciuto a me
mentre lo scrivevo.
NEKO: grazie milleee!
sono felice della tua curiosità, è simbolo di
interesse dopo tutto, no? sono felice che la mia storia venga seguita.
certo, scrivere è bello comunque, ma scrivere per qualcuno,
pensando a chi leggerà è bello ancora di
più!
alla fine zoro ha parlato, ma solo perchè l'ufficiale non
è stato zitto. rufy invece si è salvato
da solo, con la partecipazione di jimbei! nel prossimo capitolo
finalmente rufy e la ciurma si incontreranno e si scoprirà
chi è il traditore a bordo della nave..
SARACHAN93: grazie milleee!
mi spiace farti aspettare, ma se postassi più in fretta poi
anche i capitoli sarebbero meno belli.
:D
GIUSY91:
grazie milleee!
la ciurma è sfuggita ai marine.. per ora, e ha ritrovato
rufy.
rimane solo la questione: chi è il traditore, ma questo lo
vediamo nel prossimo capitolo! :D
per quanto riguarda le coppie, non so. all'inizio avevo detto di no,
ora sto valutando la cosa. in ogni caso, coppia o non coppia, non
sarà comunque centrale per la trama.
SMEMO92: grazie milleee!
adoro i complimenti al mio modo di scrivere, mi fai arrossire e sentire
importante! :D
certo, zoro non poteva rompere la promessa. l'ha mantenuta bibi e la
rompe lui? alla fine ci ha pensato il marine brutto brutto.
certo, l'ufficiale è arrivato.. ma ricordati che erano due.
uno contro rufy e l'altro contro zoro!
spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto come lo scorso!
LADYSAIKA:
grazie milleee!
felice che i miei capitoli ti piacciano.
:D
SAISAI_GIRL:
grazie milleee!
alla fine zoro non ha svelato nulla, ha solo spiegato bene come sono
andate le cose dopo che il marine non era stato zitto!
rufy invece.. beh, non sta proprio benissimo ma non è ancora
crollato!
MONKEY_D_MARy:
grazie milleee!
sono felice che la tua prima recensione sia stata per me e spero ce ne
sia anche una seconda, una terza, una quarta e via così! ;D
grazie anche per i complimenti, sei un tesoro!
grazie mille a tutti, ci leggiamo al prossimo capitolo che si
chiamerà:
il traditore!
:
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Capitolo 15 *** IL TRADITORE ***
dedico questo capitolo a spidi988 e al suo forum,
nel quale è impossibile trovarsi male e dove ho postato le
mie storie.
http://onepiecepirati.forumfree.it/
CAPITOLO 13
IL TRADITORE
I
vecchi compagni aveva seguito tutto lo scontro tra Rufy e Zoro dal
piccolo oblò, sconvolti, senza però riuscire a
sentire quello che i due uomini si stavano dicendo. La scena che
avevano davanti ai loro occhi era semplicemente assurda: Zoro che
affrontava il suo capitano. Nami, con gli occhi lucidi, non riusciva a
smettere di pensare che tutto questo fosse solamente colpa loro e della
loro testardaggine. Se avessero capito come erano andate veramente le
cose sette anni prima le cose sarebbero andate in modo diverso.
Avrebbero continuato a navigare insieme verso il loro sogno, senza
dividersi.
“Che sta succedendo? Che è tutto questo
baccano?” chiese Ace, confuso, facendosi largo verso
l’oblò intorno al quale erano tutti ammassati.
“Rufy e Zoro stanno combattendo.” spiegò
Robin, seria. A quelle parole Ace pugno di fuoco sbuffò,
annoiato, gettando appena un‘occhiata. La testardaggine di
suo fratello lo stupiva sempre, nonostante lo conoscesse da una vita
era praticamente impossibile anche per lui prevedere le sue reazioni.
Guardò meglio e vide Zoro con le sue tre spade sfoderate e
Rufy, a pochi metri da lui, in posizione d’attacco. Nessuno
dei due scherzava, al contrario entrambi sembravano fare sul serio.
“L’uno contro l’altro? Ma non ha
senso..”esclamò Sanji, stupito, voltandosi in
cerca di Ace sperando di ricevere qualche spiegazione. Il pirata
tuttavia era silenzioso.
“Sembra si siano calmati, ora parlano.” fece notare
Chopper, indicando i due ragazzi.
Zoro aveva abbassato le armi e Rufy non sembrava più
minaccioso come poco prima, tuttavia la loro discussione sembrava tutto
tranne che tranquilla. Zoro stava provando a dire qualcosa a Rufy, che
però continuava ad interromperlo, infastidito. Lo spadaccino
parlò ancora e questa volta Rufy rimase zitto, impietrito.
“Accidenti, Rufy l’ha presa meglio di quanto
credessi.” esclamò Ace, grattandosi perplesso la
testa, terribilmente tranquillo. Franky e Usop si voltarono
simultaneamente verso di lui, straniti. Suo fratello e il suo migliore
amico se le stavano dando sotto i suoi occhi e lui non era preoccupato
ne intenzionato ad intervenire. Sanji si accese una sigaretta, nervoso,
chiedendosi quali fossero ora i pensieri di Ace, Zoro e Rufy.
“Si stanno affrontando per colpa nostra? Perché
Zoro ci ha portati qui?” chiese Usop, preoccupato e sul punto
di scoppiare nuovamente a piangere. Il senso di colpa che provava per
avere voltato le spalle al suo capitano era già abbastanza
alto senza che ci si mettesse pure quello stupido combattimento con
Zoro.
“No, non credo. State qui, vado a parlare con
loro.” ordinò Ace, scendendo dalla nave e
chiudendosi la porta alle spalle. I ragazzi guardarono il pirata
allontanarsi, desiderando ardentemente poterlo seguire. Rufy era a
pochi passi da loro, ma non potevano certo raggiungerlo. Non ora che
era così sconvolto. Dovevano dargli tempo, almeno per
calmarsi. Senza contare che se la reazione di Rufy alla vista della
nave non era dovuta a loro voleva dire che era successo qualcosa di
grave, che riguardava anche Zoro e di cui Rufy doveva occuparsi insieme
al fratello e allo spadaccino. Con qualche agile balzo, Ace
atterrò sulla terra ferma, proprio in mezzo ai due
litiganti, ora immersi in un silenzio irreale. Zoro aspettava ancora
che Rufy aprisse bocca.
“Dannazione, continuo ad arrivare troppo tardi per muovere le
mani. Prima all’isola della marina, ora qui.. Comincio a
credere di avere un pessimo tempismo.” esclamò
Ace, cercando di smorzare quella strana tensione. Bastarono quelle
parole per strappare sia a Rufy che a Zoro un sorriso. Il capitano si
voltò verso il fratello, curioso.
“Ciao fratellone, sei tu la spia?”
salutò Rufy pieno di vita, squadrandolo attentamente. Quelle
parole sorpresero Ace, che ricambiò con uno sguardo
decisamente stupito.
“Spia?” chiese Ace, guardando Zoro perplesso. Lo
spadaccino sospirò, intuendo che sarebbe toccato a lui
spiegare tutto quanto ad Ace. Rufy era ancora sconvolto e fissava
intensamente la Sunny, ancorata dove l’aveva lasciata Zoro,
continuando a ripetersi che a bordo della sua nave c‘erano i
suoi compagni proprio come sette anni prima. Erano tutti lì,
e Zoro era stato costretto a dire loro la verità. Questa
notizia da un lato lo sconvolgeva e dall’altro lo rilassava.
L’incubo era finito anche se ora le cose sarebbero cambiate,
e solo il destino sapeva se in meglio o in peggio.
“La marina ci segue da abbastanza lontano per pensare che
qualcuno dalla nave comunica loro la nostra posizione.”
spiegò velocemente Zoro, riassumendo quello che Rufy gli
aveva raccontato qualche minuto prima mentre Ace lo osservava,
incredulo ed attento.
“Era questo quello che sospettavi?” chiese Ace,
fissando intensamente lo spadaccino. Zoro annuì piano,
lanciando un’occhiata veloce alla nave.
“Si, l’ho capito quando ho visto la stella marina e
Rufy mi ha detto di venire qui.” rispose Zoro, pensieroso. Il
suo primo pensiero era stato lo stesso di Rufy: uno dei suoi vecchi
compagni doveva aver fatto un patto con la marina per catturare lui e
Rufy, probabilmente per vendicarsi di quanto successo sette anni prima.
Quell’idea però era svanita nel giro di pochi
istanti, non appena aveva visto Usop e Nani piangere per Rufy e per
quello che aveva sofferto in quei sette anni. Persino Sanji e Franky,
di solito sbruffoni e insensibili, erano colpiti e stranamente
silenziosi. No, non poteva essere uno di loro il traditore, doveva per
forza esserci un’altra spiegazione valida.
“Rufy, ne sei sicuro?” chiese ancora Ace,
preoccupato, rivolgendo lo sguardo verso il fratello minore. Una nave
che li seguiva a distanza poteva voler dire solo che c’era
qualcuno che comunicava la loro posizione a bordo della Sunny.
“Certo, sono a circa un giorno di navigazione da
qui.” spiegò Rufy, serio, fissando a lungo il
fratello prima di tornare ad osservare la Sunny.
“Si sono accorti che li tenevi sotto controllo?”
chiese Zoro, preoccupato, cercando di intuire i pensieri del proprio
capitano. Quando era così silenzioso di solito era immerso
in strane riflessioni. Probabilmente stava cercando di capire chi
potesse essere il traditore.
“No, li hanno seguiti gli squali di Jimbei.”
rispose Rufy, distratto. Le parole di Zoro lo avevano mandato in crisi.
Se la ciurma sapeva tutto allora doveva fidarsi, eppure la spia doveva
essere per forza a bordo. Rufy era diviso tra la fiducia cieca,
ingenua, che riponeva nei suoi compagni e la realtà
oggettiva, cruda e innegabile. Era come se dentro la sua testa la
versione impulsiva di Rufy stesse combattendo una dura lotta con quella
più razionale, per decidere quale delle due avesse ragione.
Alla fine il suo istinto ebbe la meglio.
“Geniale.” esclamò Ace, stupito. Rufy
non rispose e non diede nemmeno segno di avere sentito quello che aveva
detto il fratello. Ace e Zoro si scambiarono un’occhiata
preoccupata, poco convinti dal comportamento di Rufy.
“Sei arrabbiato?” chiese Zoro, attirando
l’attenzione dell’amico passandogli un braccio
intorno alle spalle. Rufy, sebbene sorpreso da quel contatto, non si
tirò indietro e guardò curioso Zoro. Il viso
dello spadaccino era decisamente preoccupato, quasi avesse timore che
lui ce l’avesse con lui. Rufy sorrise di
quell’idea, prima di rivolgersi al suo compagno, ancora in
attesa di una sua risposta.
“Perché la marina ci segue da tutte le parti,
anche in bagno? In effetti, si, comincia a darmi fastidio.”
rispose Rufy sbuffando, ironico.
Da qualche anno a quella parte gli attacchi della marina si erano
moltiplicati, ma quasi nessuno era abbastanza potente da metterli alle
strette. Ogni tanto Smoker ci provava, si impegnava organizzando anche
imponenti schieramenti di forze, ma finiva puntualmente con dei
clamorosi buchi nell’acqua. Rufy aveva perfino cominciato a
pensare che l’ammiraglio non fosse davvero interessato a
catturarlo ma che si divertisse a combattere con lui, esattamente come
faceva suo nonno, il vice ammiraglio Garp.
“Sei l’unico avversario alla mia altezza, Cappello
di Paglia.” gli aveva detto Smoker una volta e Rufy aveva
risposto ridendo.
“Dicevo perché li ho portati qui.”
specificò Zoro, alzando gli occhi al cielo e riportando
nuovamente il suo capitano alla realtà. Rufy si mise a
ridere come non gli capitava da tempo e Zoro si ritrovò
sollevato nel costatare che il suo capitano non l’avesse
presa troppo male. Tutto sommato, era andata decisamente meglio di
quanto si aspettava.
“Che dovevi fare, buttarli in mare?” chiese in modo
retorico Rufy appoggiandosi alla parete di roccia, cercando di
mascherare come poteva un tremendo giramento di testa.
Zoro ed Ace non se ne accorsero, o forse finsero solo di non
accorgersene e la conversazione sui vecchi compagni continuò.
“Ti fidi di loro?” chiese Ace, preparandosi ad una
reazione violenta del fratellino. Gli sembrava strano che Rufy avesse
reagito così bene, troppo strano. Probabilmente la calma del
fratello non era destinata a durare e sarebbe esplosa nel giro di poco.
Rufy, tuttavia, sembrava deciso a stupire Ace e non perse la calma.
“Beh, visto che ormai sanno tutto.. Credo di non avere altra
scelta.”sbuffò Rufy, grattandosi la testa. Alla
fine il vecchio Rufy aveva vinto, si sarebbe fidato di loro. Non poteva
farne a meno. Erano i suoi compagni e se non aveva mai smesso di
considerarli tali era perché non aveva mai smesso di fidarsi
di loro. Avrebbe messo nelle loro mani la propria vita in qualsiasi
momento, sicuro che non avrebbe rischiato nulla. In quei sette anni
erano stati in tanti a chiedere di entrare nella sua ciurma ma lui
aveva sempre rifiutato. C’era stato un carpentiere, un
meccanico specializzato in rivestimenti, un medico e persino un cuoco,
ma lui e Zoro avevano sempre rifiutato. Avevano già un
carpentiere, Franky; Non avevano un meccanico forse, ma Usop era
perfettamente in grado di sostituirlo; infine, le uniche persone dalle
quali lui e Zoro erano disposti a farsi curare o sfamare erano Chopper
e Sanji.
“Accidenti, non credo alle tue parole. Sicuro di stare
bene?” chiese Ace, sorpreso. Delle tanti frasi che si
aspettava che Rufy avrebbe detto quella non era contemplata.
Guardò Zoro, anche lui stupito.
“Effettivamente ha la febbre.” mormorò
lo spadaccino, sorridendo, ricordandosi improvvisamente delle brutte
condizioni del capitano poco prima di sbarcare sull‘isola.
Zoro aprì la bocca per chiedere spiegazioni circa il
combattimento con l’ufficiale che aveva catturato i loro
compagni, ma Rufy lo zittì con un gesto.
“Smettila di preoccuparti, pensiamo alla marina. Torna alla
nave, io ed Ace controlliamo la grotta ed i canali di fuga. Se si mette
male, alla peggio nascondiamo la nave e fuggiamo sulla terra
ferma.”ordinò Rufy, lanciando
un’occhiataccia al proprio compagno e al fratello.
“Non hai ancora controllato?” chiese Ace, sorpreso.
Di solito Rufy controllava personalmente ogni singolo rifugio,
nascondiglio o isola perché ne Zoro ne nessun altro che
navigava con lui in quel momento potesse rischiare di farsi del male.
“Sono appena arrivato.” spiegò Rufy
mentre la vista si annebbiava. Questa volta Ace e Zoro si accorsero del
capogiro e fu proprio lo spadaccino a prendere al volo Rufy prima che
questi cadesse a terra svenuto.
“Non se ne parla, tu stai sulla nave. Vado io con
Ace.” esclamò Zoro deciso, a cui non era sfuggito
il mancamento del capitano. L’ennesimo di una lunga serie da
qualche giorno a quella parte. Quando tutta questa storia sarebbe
finita lo avrebbe portato da un dottore, anche a costo di trascinarlo
con la forza e contro la sua volontà. Anzi no, lo avrebbe
fatto curare da Chopper immediatamente.
“Zoro..” provò ad obiettare debolmente
Rufy, subito interrotto da un’occhiataccia del compagno di
avventure.
“Non transigo, stai male.” disse Zoro con un tono
severo che non ammetteva repliche. Rufy sospirò, capendo di
avere perso la battaglia. Zoro era sempre stato il più
fedele dei suoi compagni, sempre pronto ad ascoltarlo senza discutere i
suoi ordini, tuttavia quando c’era in ballo la salute del suo
capitano si preoccupava sempre e rifiutava di fare come Rufy gli
diceva. Conosceva bene il suo capitano e sapeva che era sempre pronto a
mettere la vita, i desideri ed i bisogni degli altri prima dei propri,
anche quando il ballo c’era la sua vita. Non gli avrebbe
permesso di morire solo per colpa della sua testardaggine, nemmeno
questa volta.
“Ha ragione. Inoltre bisogna trovare il traditore, oppure
è tutto inutile. Anche se scappiamo sulla terra ci
seguirà comunque.” cercò di consolarlo
Ace, prima di allontanarsi con Zoro ignorando le proteste del
fratellino. Rufy sbuffò, infastidito dal comportamento dei
due.
“Vedete di muovervi.” gli urlò il
ragazzo moro, rimasto solo.
Rufy si voltò e scrutò attentamente la nave, la
cui grossa sagoma seminascosta dall’oscurità la
faceva sembrare un grosso cetaceo. Lì a bordo
c’erano i suoi compagni, i suoi vecchi amici, e lui doveva
affrontarli.
Prese il coraggio a quattro mani e salì a bordo, cercando
non fare rumore.
I ragazzi erano troppo tesi per stare sulla nave a fare conversazione,
aspettando che Ace, Zoro o chi altro si fossero decisi a tornare, e
avevano deciso di ammazzare il tempo dedicandosi alle loro solite
attività, fingendo con tutte le loro forze che quella era
una giornata normale. Nami era in cucina, insieme a Sanji e a Brook,
mentre Usop e Franky stavano combinando qualcosa nel loro vecchio
laboratorio. Chopper e Robin, invece, leggevano tranquillamente nello
studio. La stanza era immersa nel silenzio più assoluto e
così quando la porta si aprì con violenza i due
sussultarono e si voltarono spaventati verso la porta. Riconobbero al
volo la sagoma sulla porta, sebbene non lo vedessero da sette anni.
Rufy appariva identico a quello che abbracciava Zoro nella foto che
aveva dato loro Bibi ad Alabasta. Era cresciuto, certo, diventando un
uomo, ma i tratti del suo viso, infantili e solari, erano rimasti gli
stessi di prima.
“Rufy?” esclamò Robin, sorpresa, mentre
gli occhi di Chopper si riempivano di lacrime. La piccola renna non
riusciva a parlare. Richiamati dai rumori e dalle urla dei compagni
arrivarono anche Nami, Brook e Sanji. La ragazza non appena riconobbe
il suo capitano si portò le mani al volto, cercando di
fermare le lacrime che avevano preso a scendere copiose. Brook e Sanji,
invece, rimasero immobili cercando di nascondere il turbinio di
emozioni che li stava sconvolgendo.
“Avete nascosto qualcuno a bordo?” chiese Rufy,
bruscamente, cercando di ignorare le facce sconvolte degli amici.
Appena entrato nella stanza aveva dovuto lottare con tutte le sue forze
con il desiderio di abbracciare il piccolo Chopper, in lacrime, di
tranquillizzare Robin o di dare una fraterna pacca sulla spalla a Sanji
e Brook. Rufy sospirò, cercando di obbligare la sua testa e
il suo corpo a rispondere ai suoi ordini. Doveva resistere ancora per
un po’, non aveva tempo per i saluti ai compagni, doveva
trovare il traditore prima di perdere i sensi.
“Ma che dici?” sbottò Sanji, sorpreso
dalle parole del ragazzo. Nella sua voce il cuoco non aveva percepito
rabbia o odio, ma solo urgenza e preoccupazione.
“Su questa nave c’è un traditore che ha
intenzione di consegnarmi alla marina, e io vorrei trovarlo e punirlo
prima che sia troppo tardi.” ringhiò Rufy,
guardandosi intorno frenetico prima di passare alla stanza successiva,
seguito dai compagni, increduli.
“Stai dicendo che qualcuno di noi lavora per la
marina?” chiese Robin, allibita e al tempo stesso divertita
da quell’idea. Rufy doveva essere definitivamente impazzito
per pensare una cosa del genere. Chopper, già in lacrime, si
mise a lamentarsi più forte, giurando al capitano che
nessuno di loro avrebbe mai fatto una cosa del genere.
“Ti vogliamo bene, perdonaci. Non ti avremmo mai
tradito.” urlò la piccola renna, sconvolta, mentre
Brook cercava di calmarlo. Rufy fissò il medico di bordo a
lungo, poi distolse lo sguardo a fatica e riprese la sua ricerca. Non
aveva tempo da perdere, nonostante il dolore che provava in quel
momento Chopper annientava anche lui.
Rufy sapeva benissimo che il traditore non era nessuno di loro. Proprio
per questo doveva trovarlo, prima che mettesse in pericolo le vite dei
suoi preziosi compagni.
Proprio in quel momento la porta di aprì ancora, lasciando
entrare Nami. La ragazza era stata richiamata dalle grida dei compagni
ed aveva sentito le loro parole dal corridoio.
“Non ho tempo ora.” rispose Rufy, senza prestare
attenzione ai compagni. Stava male, sentiva che le forze lo stavano
abbandonando ma doveva assolutamente trovare la spia.
“No, aspetta.” cercò di fermarlo Nami,
trattenendolo per un braccio. Rufy si fermò a guardare la
ragazza, senza fare nulla per liberarsi da quella stretta. Era
sconvolta, come gli altri, e per di più piangeva. Rufy
ricordò la promessa che aveva fatto di non lasciare mai che
Nami diventasse triste per colpa sua, e sentì una stretta
allo stomaco perché sapeva bene che la stava infrangendo.
Mentre pensava a queste cose, fu questione di un attimo e Rufy
sentì dei rumori. Guardò meglio nella direzione
da cui provenivano e vide una tenda muoversi. Con uno scatto si
portò vicino alla tenda e con una mano bloccò una
figura che cercava di nascondersi senza dare nell’occhio.
“Sapevo che ci doveva essere qualcun altro sulla
nave..” esclamò Rufy, soddisfatto, facendo uscire
allo scoperto la spia che si rivelò essere una graziosa
biondina, probabilmente al servizio della marina. Tutti quanti
sembravano sconvolti e nessuno di loro sapeva dire chi fosse la ragazza
o come avesse fatto ad intrufolarsi a bordo.
“Che stai dicendo?” chiese Brook, confuso,
guardando Rufy che ora sorrideva.
“Beh, visto che voi non eravate i traditori ci doveva essere
sicuramente qualcun altro a bordo..” spiegò Rufy,
con un filo di voce. Robin improvvisamente capì. Rufy non
credeva che i traditori fossero loro, ma che ci fosse qualcun altro a
bordo. L’idea che il loro vecchio capitano riponesse ancora
fiducia in loro le mise allegria. Nami e Chopper si lasciarono andare
all’ennesimo pianto, questa volta liberatorio.
“Bravo, mi hai scoperto. Ma non credere, farete tutti una
brutta fine.” disse la biondina, ridacchiando, per niente
spaventata dalla vista del Re dei Pirati.
“Questo lo vedremo.” commentò Robin,
decisa, senza perdere di vista la ragazza.
La biondina aprì la bocca per ribattere, ma proprio in quel
momento Rufy ebbe un giramento di testa che gli fece allentare la presa
sulla ragazza per pochi istanti. La biondina decise di approfittare
della situazione, si liberò del ragazzo con uno strattone e
cercò di scappare via. Le sue mosse però non
sfuggirono ai ragazzi, che bloccarono la porta mentre Robin utilizzava
i poteri del frutto del mare per intrappolarla e Chopper si precipitava
a vedere le condizioni di Rufy, ancora privo di sensi. Una volta che la
spia fu legata ed imprigionata l’attenzione di tutti si
portò sul capitano, ancora a terra.
Sanji si guardava intorno, ancora incredulo. Come aveva potuto una
semplice ragazzina avere la meglio su Rufy tanto facilmente?
Sicuramente doveva esserci qualcosa sotto.
“Ahh..” si lamentò il capitano ancora
privo di coscienza, mentre i compagni si scambiarono uno sguardo
preoccupato e aspettavano che Chopper dicesse loro qualcosa.
“Rufy, accidenti.” mormorò Chopper chino
su di Rufy, mentre cercava di aiutarlo a riprendersi. In quel momento
anche i compagni mancanti, Franky e Usop, entrarono nella stanza e si
ritrovarono a fissare confusi il caos che vi regnava. La scena era a
metà tra l’assurdo e lo spaventoso: tutto quello
che fino a qualche ora prima era ordinatamente riposto su scaffali,
tavoli e mensole giaceva ora per terra, nel caos, mentre intrappolata
in un angolo c’era una strana ragazza bionda, mai vista
prima. La cosa che però colpì maggiormente i due
ragazzi fu la vista di Rufy a terra, dolorante, tra gli sguardi
spaventati dei compagni.
“Che sta succedendo?” chiese Usop guardandosi
intorno preoccupato, cercando di capire cosa diamine doveva essere
successo in quella stanza.
“Cosa è tutto questo casino?”
esclamò Franky, stupito. A nessuno dei due sfuggì
la ragazza bionda intrappolata da Robin che continuava a ridacchiare e
a prendersi gioco di loro. La domanda del cyborg era destinata a
rimanere senza risposta perché i compagni erano troppo
occupati a prendersi cura di Rufy.
“Oh mio dio!” esclamò Usop, quando il
suo sguardo incontrò Rufy, dolorante e privo di sensi a
terra. In quei sette anni aveva immaginato molte volte di incontrare di
nuovo il suo capitano, ma mai aveva pensato di trovarlo in quelle
condizioni. La mente del cecchino cominciò a lavorare
frenetica cercando di capire chi avrebbe potuto mettere al tappeto uno
come Rufy, certamente non uno dei suoi compagni. Probabilmente doveva
essere stata la ragazza bionda.
“Chi è quella tizia?” chiese Franky,
sorvolando sulla questione Rufy e fissando Sanji dritto negli occhi. Il
cuoco sembrava l’unico abbastanza lucido ed in grado di dare
qualche risposta riguardo all‘accaduto.
“La biondina è una spia della marina che vuole
consegnarci e farci condannare. Rufy l’ha scoperta e
catturata poi è svenuto.” spiegò
velocemente Sanji, accendendosi una sigaretta. A quelle parole Franky
sgranò gli occhi ed il cuore di Usop mancò
qualche battito.
“Cosa?” chiese Usop, confuso, passando lo sguardo
dai compagni, alla bionda e infine a Rufy. Avrebbe voluto correre da
lui e digli molte cose, ma il ragazzo non sembrava passarsela troppo
bene. Era ancora a terra e non sembrava riuscire a muoversi.
“Accidenti, sta male sul serio.” esclamò
Chopper, ansioso, cercando di percepire il debole battito del ragazzo.
“Chopper, che dici?” chiese Nami, preoccupata. Non
poteva essere vero. Non potevano avere appena ritrovato il loro
capitano per perderlo subito dopo.
“Ha la febbre alta e delle ferite profonde. Ha bisogno di
cure immediate.” spiegò Chopper, estraendo dal suo
zaino gli strumenti di cui aveva bisogno. Probabilmente Rufy stava
già male da tempo, forse anche da prima di andare a liberare
loro sull’isola. L’idea che Rufy avesse rischiato
la sua vita per salvare le loro fece scendere una lacrima sul viso
della piccola renna, che la ricacciò eroicamente indietro.
Non era tempo per piangere, ma per darsi da fare ed aiutare il suo
amico.
“Che aspetti, sei un medico!” esclamò
Brook, ansioso.
“Non so se basterà.. È ridotto
male.” mormorò Chopper, debolmente, quasi avesse
paura che pronunciare quelle parole fosse una specie di condanna per
Rufy.
“Curalo!”ordinò Usop, con un tono deciso
che non gli apparteneva. I ragazzi si allontanarono per lasciare
lavorare la piccola renna, solo Usop e Nami non si mossero di un passo
e restarono al fianco del ragazzo. Nessuno di loro, in particolare i
due ragazzi che erano rimasti, era disposto a vedere morire Rufy.
“Zoro?”chiamò Rufy, sforzandosi di
aprire gli occhi e stupendosi di trovarsi di fronte Usop. Il cecchino
si fece forza e strinse la mano del suo amico, cercando di fargli
coraggio mentre Navi restava immobile, incredula. Il ragazzo inerme a
terra non poteva essere lo stesso capitano che l’aveva
salvata tante volte. Non poteva essere lo stesso babbeo pieno di vita e
di sogni con cui aveva condiviso tante volte pranzi, cene, colazioni e
interminabili ore di navigazione.
“Non è qui, ora lo andiamo a
chiamare.”rispose Usop, cercando di rimanere calmo. Rufy
annui impercettibilmente e poi chiuse gli occhi, esausto. Dire quelle
poche parole aveva consumato quasi del tutto le sue già
poche energie. Il ragazzo sapeva di essere arrivato al limite ma era
felice di avere trovato la spia. Ora tutto era nelle mani di Zoro,
doveva solo dirgli le ultime cose prima di perdere del tutto i sensi.
“Zoro? Dove diamine si è cacciato?”
urlò Nami, facendo accorrere i compagni.
“Che vuoi da lui?” chiese Sanji, nervoso, senza
staccare lo sguardo da Rufy che lottava per rimanere sveglio ancora
qualche istante.
“Rufy lo ha chiamato..” spiegò Usop,
tenendo lo sguardo fisso sul ragazzo steso a terra.
Il capitano aveva smesso quasi del tutto di muoversi, l’unico
dettaglio che lasciava intendere che era sveglio erano i rantoli di
dolore e il respiro affaticato.
“Zoro è andato a controllare i canali,
tornerà presto.” spiegò Franky,
ricordando di aver visto allontanarsi il ragazzo con Ace poco prima.
“Non c’è tempo. Credo che
perderò i sensi prima.” mormorò
debolmente Rufy, senza aprire gli occhi. La sua voce era talmente
debole che i ragazzi si sorpresero a sentirlo parlare.
“Non scherzare, sei forte.” mormorò
Chopper, prendendo una mano del ragazzo. Rufy fece una smorfia che
assomigliava quasi ad una risata.
“No, ascoltami Chopper. Per favore, è importante.
Lo so di non avere il diritto di chiedervelo, ma potete fare quello che
vi chiedo?” chiese Rufy, fissando la piccola renna dritta
negli occhi. Si riusciva a vedere chiaramente la fatica e il dolore che
gli era costato quel piccolo gesto. Nessuno di loro ebbe il cuore di
rifiutare. Nonostante i sette anni passati lontani, nonostante le loro
strade fossero state a lungo divise, quello rimaneva il loro capitano.
La persona per la quale avevano lasciato i loro villaggi ed avevano
preso il mare verso i loro sogni, colui che li aveva sempre difesi e
che si era fatto carico di fatiche e dolori insopportabili solo per la
loro felicità. Non potevano dire di no a quella sua
richiesta d’aiuto.
“Dicci cosa dobbiamo fare e noi seguiremo i tuoi ordini,
capitano.” esclamò decisa Nami, marcando
accuratamente l’ultima parola. A Rufy sfuggì un
sorriso.
“Legate la biondina, non deve scappare.”
mormorò il ragazzo, ansimando per lo sforzo che pronunciare
quelle parole gli aveva causato.
“Ha già provveduto Robin, dobbiamo farla
parlare?” chiese Usop, ansioso. Rufy rifletté
qualche secondo prima di parlare ancora.
“Non credo collaborerà, ma se volete provare lo
stesso.. Nella parete di fronte, nascosto nella roccia
c’è un pulsante. Premetelo e si aprirà
un varco. Portate la nave oltre quel varco e chiudetelo alle vostre
spalle.”spiegò Rufy, cercando di essere
più chiaro possibile. Dovevano portare la nave al sicuro in
modo che se la marina fosse arrivata non li avrebbe trovati. Oltre la
parete di roccia c’era una scala che conduceva il superficie,
su di una piccola isola abitata da pescatori. Se le cose si fossero
messe davvero male avrebbero potuto scappare e rifugiarsi lì
fino all’arrivo degli uomini pesce di Jimbei.
“Dobbiamo chiudere anche il cancello principale?”
chiese Sanji, intuendo che Rufy voleva portarli al sicuro
dall‘attacco della marina.
“No, quello deve rimanere aperto.” si
raccomandò Rufy, preoccupato. Non dovevano lasciare capire
alla marina che avevano scoperto il loro piano. Solo così
avrebbero potuto prenderli in trappola ed incastrarli tra due fuochi.
“E Zoro ed Ace? Non ci troveranno più se ci
spostiamo..” esclamò Robin, logica. I due ragazzi
si erano allontanati per perlustrare i canali circa un ora prima, al
loro ritorno non avrebbero trovato la nave e non avrebbero saputo dove
cercarli. Lasciare loro un messaggio, tuttavia, poteva essere
pericoloso. La marina avrebbe potuto in qualche modo intercettarlo e
loro sarebbero stati catturati.
“Non è un problema, Zoro ed Ace sapranno dove
siete e riusciranno a raggiungervi con i passaggi segreti.”
spiegò ancora Rufy, paziente.
“Ma come..” inizio a chiedere Usop, subito
interrotto da Franky.
“Non c’è tempo, Usop. È
debole, lascialo parlare.” esclamò il cyborg,
preoccupato.
Anche lui, come il cecchino, aveva intuito che Rufy e Zoro fossero a
conoscenza di molti segreti, sia riguardo a quel posto sia per
comunicare tra loro, ma quello non era certo il momento più
adatto a fare domande.
“Certo, scusa.” si scusò Usop,
abbassando la testa rosso in viso. Rufy abbozzò un sorriso
per cercare di tranquillizzarlo e il cecchino sembrò
apprezzare il gesto.
“Cosa altro possiamo fare?” chiese Brook,
preoccupato per il suo capitano.
“Ascoltate Zoro, seguite i suoi ordini. Per quel che vale, il
comando passa a lui.” mormorò Rufy, quasi senza
forze, chiudendo gli occhi.
“Se Zoro non dovesse tornare?”chiese Usop,
preoccupato per il poco senso dell‘orientamento dello
spadaccino.
“Non dirlo nemmeno per scherzo.”ringhiò
Rufy, agitandosi. Era impossibile che Zoro fosse sconfitto, non il suo
migliore amico e compagno di avventure.
“Voglio dire, Zoro si perde sempre.”
precisò meglio Usop, cercando di immobilizzare Rufy che si
stava agitando troppo.
“Il ciondolo.. Il mio ciondolo.. Ma certo, è
così che vi hanno seguito. Ditelo a Zoro, dite che deve
cercare.. Deve essere a bordo. Per forza, c’è
ancora tempo..” mormorò Rufy prima di perdere i
sensi, capendo improvvisamente come aveva fatto la marina a seguirli a
distanza. La spia era solo un pretesto, il vero pericolo era ancora a
bordo della nave.
I ragazzi si scambiarono delle occhiate confuse, fissando intensamente
il ciondolo che Rufy portava al collo.
“Che avrà voluto dire?” chiese Franky,
grattandosi la testa perplesso.
“Parlava del ciondolo.” rispose Nami, pensierosa,
fissando intensamente l’oggetto. Era un ciondolo comune,
senza nulla di particolare, eppure se Rufy lo aveva nominato doveva
esserci un motivo.
“Deve essere questo, è strano
però.” mormorò Sanji, sfiorando appena
il ciondolo.
Il cuoco non ebbe tempo di studiarlo meglio perché Chopper,
indispettito dal poco rispetto che tutti dimostravano per il suo
lavoro, li sbatté fuori dalla stanza.
“Tutti fuori ora, Rufy sta male e lo devo curare.”
esclamò decisa la piccola renna, senza preoccuparsi del tono
aggressivo che aveva usato.
“È identico a quello di Zoro.” concluse
Robin, ricordando di averne visto uno uguale addosso allo spadaccino
quando questi aveva combattuto contro l’ufficiale.
“Non c’è tempo, interroghiamo quella
vipera.” ordinò Nami, avvicinandosi alla ragazza.
“Certo, andiamo.”disse Usop, seguendo la
navigatrice.
La ragazza bionda non si era mossa di un passo ed aveva lo stesso
sorriso beffardo di poco prima, quasi si stesse prendendo gioco di
loro. Proprio come aveva anticipato Rufy, l’interrogatorio
non portò a niente.
“Ehi tu ragazzina, avanti parla.” iniziò
Franky, senza preoccuparsi di sembrare gentile. Non gli importava nulla
delle buone maniere, non quando la vita del suo capitano era in
pericolo per via di una strana malattia e la marina stava per attaccare
da un momento all’altro.
“Credi davvero che vi dirò qualcosa? Preferirei
morire..” rispose la bionda, beffarda, con uno sguardo di
sfida. Gli unici che le incutevano timore erano Cappello di Paglia e il
suo braccio destro, Zoro, ma entrambi non erano nella stanza. Uno era
stato messo fuori combattimento da qualche strano virus e
l’altro era perso per i cunicoli della grotta.
“Non dirlo troppo forte, potresti essere
accontentata.” continuò Franky, perdendo la
pazienza e stringendo più forte le corde che la legavano.
“Calmo buzzurro, come puoi prendertela con un essere tanto
dolce?” intervenne Sanji, sconvolto dalla bellezza della
ragazza che aveva di fronte. Il cuoco, incurante degli sguardi straniti
dei compagni, si chinò e le baciò una mano.
“Sanji, nel caso non lo avessi capito questa è la
spia che voleva catturare Rufy, Zoro e tutti noi.”
spiegò pazientemente Usop, per nulla stupito
dall’idiozia dell’amico.
“No, questo è un dolce angelo che merita la mia
protezione.” continuò Sanji, come al solito
accecato dalla vista di una bella donna.
“Il vostro amico ha qualche problema?” chiese la
bionda, guardando curiosa il cuoco.
“Parecchi direi..” mormorò Franky
sconsolato.
A quella situazione paradossale pose fine Nami, intervenendo in prima
persona.
“Ascolta bene Sanji.” iniziò Nami,
apparentemente tranquilla, avvicinandosi al compagno e appoggiandogli
una mano sulla spalla.
“Ti ascolto, o mia Nami, luce dei miei occhi.”
squittì Sanji, con gli occhi a forma di cuoricino, estasiato
per via di quel breve contatto.
“Esci immediatamente da questa stanza.”
ordinò Nami, severa, spaventando il povero cuoco che non si
aspettava una reazione tanto violenta.
“Ma io..” provò ad obiettare il cuoco,
ferito.
“Niente ma, se non sei in grado di interrogare questa donna
senza fare il cascamorto esci.” disse Nami indicando la
porta, fuori di sé.
“Come vuoi..” mormorò Sanji, uscendo
sconsolato sul ponte per fumare una sigaretta.
“Hai polso, ragazzina.” commentò la
bionda, divertita dalla scenetta. In risposta Nami alzò lo
sguardo su di lei e strinse nelle mani il suo bastone climatico.
“Faresti bene a parlare, se si arrabbia sono guai.”
consigliò Brook, giocherellando con un libro caduto dalla
mensola più alta della libreria.
“Tremo di paura.” mormorò la bionda,
scoppiando a ridere in faccia alla ciurma.
“Dovresti.” mormorò Robin
incredibilmente seria, intervenendo per la prima volta.
“Non capite? È tutto inutile. Anche se io morissi,
la marina vi troverebbe lo stesso.” spiegò
pazientemente la bionda, divertita dalle facce sconvolte che aveva di
fronte.
“Che vuoi dire?” chiese Usop, preoccupato da quelle
parole.
“Siete spacciati.” esclamò la bionda,
ridendo dello loro disperazione.
“Spiegati meglio, brutta spia.” ordinò
Nami, severa.
“Morirete, ecco quello che vi
succederà.” ripeté ancora la bionda,
divertita dagli sguardi confusi e spaventati di quel branco di pirati
da strapazzo. Non erano nulla senza il loro capitano o senza quello
spadaccino.
“Brutta..” iniziò Nami, prendendo il suo
bastone climatico e preparandosi a scagliare una tempesta in piena
regola in faccia a quella donna.
“Lasciala stare, andiamo.” disse Franky,
trattenendo Nami e trascinandola via.
“Ma Franky..” iniziò Nami, cercando di
lottare inutilmente contro la presa del Cyborg.
“È tornato Zoro, andiamo da lui.”
mormorò Sanji, mettendo la testa dentro la stanza.
“Certo.” acconsentì alla fine Nami,
lanciando un‘ultima occhiataccia alla biondina prima di
uscire sul ponte lasciando la porta aperta dietro di sé. Non
voleva certo perdere di vista quella spia che aveva già
causato fin troppi guai.
Una volta sul ponte i ragazzi furono colpiti dalle pareti della grotta
e dal suo soffitto altissimo. L’unico che non sembrava
particolarmente colpito da quel panorama era Zoro.
“Che sta succedendo qui?” chiese lo spadaccino,
arrivato da poco, guardandosi intorno. La nave sembrava tranquilla ma
le facce spaventate dei suoi compagni non promettevano nulla di buono.
Inoltre, la loro nave era stata spostata oltre la parete di roccia.
Doveva essere sicuramente successo qualcosa. Forse Rufy aveva trovato
la spia, ma dove diamine era andato a cacciarsi?
“Una tragedia.” iniziò Usop, drammatico.
Alle parole del cecchino Zoro aggrottò le sopracciglia,
indeciso se preoccuparsi o meno.
“La spia.” continuò Brook, agitato
quanto il compagno.
“Sta male.” concluse Nami con le lacrime agli occhi.
Lo spadaccino fissò i tre compagni, confuso, prima di
scuotere la testa.
“Siete disperati perché la spia sta
male?” chiese Zoro perplesso, alzando un sopracciglio.
“No, idiota. Rufy sta male, ma prima di svenire ha trovato la
spia.” spiegò meglio Sanji, sferrando un potente
calcio che lo spadaccino evitò facilmente.
“Spiegati meglio brutto pinguino.” rispose in malo
modo Zoro.
“Basta voi due.” li fermò Robin facendo
apparire delle mani dal nulla prima che Zoro potesse mettere mano alle
spade. Qualcosa le diceva che Zoro poteva essere pericoloso se voleva,
incredibilmente pericoloso e quello non era certo un buon momento per
litigare tra loro.
“Dove diamine è Rufy?”chiese Zoro,
preoccupato, guardandosi in giro. Rufy stava già male da
prima, ma Sanji aveva parlato di uno svenimento e il capitano sembrava
non essere in circolazione. La situazione non prometteva nulla di
buono. Per di più Ace non era ancora tornato e anche questo
non prometteva nulla di buono visto che era lui normalmente quello che
si perdeva, e non il fratello di Rufy.
“Chopper lo sta medicando, dice che è molto
grave.” spiegò Nami, con le lacrime agli occhi.
Quelle parole spaventarono Zoro, che però cercò
di non darlo troppo a vedere.
“Maledizione. La spia?” chiese Zoro, guardandosi
intorno. Rufy doveva essere riuscito a trovarla prima di svenire. Lo
spadaccino pregò mentalmente che non fosse nessuno dei suoi
compagni e le sue preghiere vennero esaudite.
“È quella bionda.” disse Franky,
indicando la donna legata nella stanza di fianco che continuava a
guardarli a mo‘ di provocazione.
“Abbiamo provato a interrogarla, ma non dice
nulla.” spiegò Usop, sconsolato e depresso
all‘idea di non essere riuscito a combinare nulla di utile
per i compagni.
“Si, ha solo detto che siamo spacciati e che ci troveranno lo
stesso.” raccontò Robin, sperando che Zoro potesse
capire cosa diamine stava succedendo. Lo spadaccino però
sembrava saperne quanto loro, e appariva immerso nei propri pensieri.
“Vorrei sapere come hanno intenzione di trovarci..”
mormorò Zoro, scuotendo la testa.
“Zoro, Rufy ha parlato del suo ciondolo.” disse
improvvisamente Usop, ricordando le parole che capitano aveva
pronunciato prima di perdere i sensi.
“Davvero? Che ha detto?” chiese Zoro, ansioso.
Certamente Rufy doveva avere capito qualcosa, altrimenti non avrebbe
fatto riferimento ai loro ciondoli.
“Aveva capito come la tipa avesse fatto a seguirci e credo di
fosse arrivato pensato al ciondolo.” spiegò il
cecchino, confuso, alzando le spalle.
“Ha anche detto che c’è qualcosa a
bordo.” aggiunse Brook, ricordando improvvisamente le parole
del capitano.
“Dannazione, avremmo bisogno del ciondolo di Rufy.”
esclamò Nami alla fine. Osservando a fondo il ciondolo
avrebbero potuto capire a che cosa si stava riferendo Rufy prima che
fosse troppo tardi.
“Chiediamo a Chopper?” propose Franky, un
po‘ spaventato all‘idea di affrontare il dottore.
Quando medicava qualcuno la piccola renna diventava decisamente
pericoloso, specie se si cercava di interromperlo.
“No, lascia stare. Prendete il mio, è
identico.” disse Zoro, togliendosi il ciondolo e porgendolo a
Robin. La donna lo studiò per un po’, poi
sembrò illuminarsi.
“Aspetta, forse ho capito. È una vivre card, anzi
sono due.” esclamò l’archeologa,
sorpresa, guardando meglio. Quelle parole attirarono
l’attenzione di tutti i compagni.
“Geniale. Due mezze vivre card, una di Zoro e una di
Rufy.” disse Nami, stupita. Non si era aspettata che due
babbei come Zoro e Rufy avessero potuto ideare un sistema tanto
intelligente per ritrovarsi quando erano separati.
“A che serve?” chiese Usop, confuso, guardando
prima Nami e poi Robin.
“I due medaglioni si attirano uno verso l’altro.
Così Zoro sa sempre dove è Rufy e
viceversa.” spiegò Franky, anch‘egli
stupito.
“Probabilmente anche Ace ne ha uno. Giusto?” chiese
Robin, intuendo perché Rufy era così sicuro che
Ace e Zoro li avrebbero trovati anche se avessero spostato la nave.
“si, certo. Ma questo cosa centra con la tizia
bionda?” chiese Zoro, fissando i compagni.
Nessuno riuscì a rispondere alla domanda dello spadaccino e
per qualche istante cadde un silenzio irreale, interrotto solo dai
lamenti di Rufy che provenivano dalla porta chiusa
dell’infermeria dove Chopper si stava prendendo cura di lui.
“Voi usate i ciondoli per trovarvi quando siete lontani,
giusto?” chiese Nami, illuminandosi improvvisamente.
“Beh, si.” rispose Zoro, stupito. Nami e Robin si
scambiarono uno sguardo d’intesa e anche
l’archeologa sembrò avere capito.
“Ecco, la spia non comunicava direttamente con la
marina..” iniziò a spiegare Robin.
“Aveva addosso una vivre card e la marina ha
l’altra metà.” esclamò Zoro,
intuendo quello che l‘archeologa avrebbe detto. Robin
annuì, decisa.
“Dobbiamo trovarla.” disse Franky, guardandosi
intorno. A bordo doveva esserci un pezzo di vivre card della marina e
lui era intenzionato a trovarla. Distruggendo quel piccolo pezzo di
carta avrebbero impedito alla marina di arrivare. Le vivre card dopo
tutto non sono mappe, ma semplici indicatori.
“Potrebbe essere ovunque, la nave è
enorme.” mormorò Usop, sconsolato e più
che mai pessimista. Era impensabile riuscire a trovarla davvero: era
come trovare un ago in un pagliaio, semplicemente impossibile.
Un’impresa disperata.
“Diamoci una mossa.” esclamò Nami,
decisa. Ora che sapevano cosa fare non restava che farlo. Ne andava
della loro vita e di quella di Rufy, non potevano starsene con le mani
in mano ad aspettare che la marina li catturasse tutti.
“Potrebbe anche essere addosso a noi.”
commentò Brook, sconsolato.
“Un po’ di ottimismo, su.” disse Sanji,
cominciando a perlustrare il ponte.
“Se troviamo la vivre card e ce ne sbarazziamo siamo
salvi.”mormorò Franky, aiutando il cuoco nella
ricerca mentre i compagni li guardavano poco convinti che avrebbero
concluso qualcosa. Dannazione, si trattava di un microscopico pezzo di
carta!
“Giusto, in quel caso la marina non arriverà mai
qui.” concluse Nami, realizzando improvvisamente che trovare
ed eliminare la vivre card era la loro unica possibilità di
salvezza e mettendosi a sua volta ad aiutare gli amici.
“E se fossero già qua?” chiese Usop a
Zoro, spaventato.
“Non credo, ma possiamo controllare.” rispose lo
spadaccino, fissando intensamente la porta chiusa dietro la quale
c’erano Chopper e Rufy.
“Come?” chiese Brook, curioso.
“Avremo bisogno di Chopper.” rispose Zoro,
avviandosi verso la porta e stringendo la maniglia. Non ne poteva
più di aspettare fuori, doveva vedere il suo capitano.
“Sta medicando Rufy..” spiegò Robin,
cercando di fermare i compagni. I ragazzi alle parole
dell’archeologa sembrarono ragionare.
“Appena finirà allora.”
mormorò Usop, impaziente, rimettendosi a cercare la vivre
card.
“Non esiste, io vado da lui ora.”
esclamò Zoro, deciso, abbassando la maniglia.
“Ma Zoro, ragiona.” cercò di fermarlo
Nami, prendendolo per un braccio. Lo spadaccino, infastidito, si
liberò facilmente della stretta della ragazza senza farle
male.
“Ascolta Nami, in quella stanza c’è il
mio capitano che sta male. Voglio sapere come sta e voi non mi
fermerete. Chiaro?” urlò Zoro, perdendo la
pazienza e spalancando la porta e facendo sobbalzare Chopper, chino su
un Rufy paurosamente pallido e privo di sensi.
ANGOLO DELL'AUTRICE:
innanzitutto, come al solito, grazie milleee a chi legge la mia storia
e dedica qualche minuto del suo tempo a dirmi cosa ne pensa.
siete degli angeli, lo sapete?
LADYSAIKA: grazie millee!
sono contenta che la mia storia ti piaccia.
povero rufy si, specie dopo quello che gli conbino in questo capitolo.
ma dopo tutto, erano almeno quattro capitoli che stava male, prima o
poi doveva crollare, no?
spero tu sia stata felice di vedere che nessuno della ciurma ha tradito!
saisai_girl: grazie milleee!
eh si, rufy vuole un bene tale a zoro che non riesce ad arrabbiarsi con
lui.
lo dice anche qualche capitolo prima che zoro è l'unica
persona che può permettersi di dire a rufy quello che pensa,
anche se non è quello che il re dei pirati vuole sentirsi
dire.
ace nelle mie storie è come il prezzemolo, c'è
sempre. diciamo che è il mio modo di protestare alle
decisioni di oda in proposito..
sono contenta che la parte di jimbei ti sia piaciuta, è
quella che preferisco anche iO!
NEKO: grazie milleee!
poveri ragazzi, la verità fa male. rufy però
è stato veramente testardo. sembrava quasi volesse portarsi
il segreto nella tomba!
le tue ipotesi sul traditore mi sono piaciute, soprattutto
perchè con la seconda e con la terza ci hai preso in pieno!
bravissima!
MONKEY_D_MARY: grazie milleee!
sono felicissima che la mia storia ti piaccia. sei un angelo e ti adoro!
spidi988: grazie milleee!
come sia andata a finire la tua proposta credo che ormai lo sai
già! ;D
per quanto riguarda rufy, bella domanda.
per il momento non mi sono ancora dilungata in spiegazioni approfondite
ma si tratta di un braccialetto con delle caratteristiche speciali.
prossimamente se ne saprà di più, promesso!
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Capitolo 16 *** IL DEFINITIVO ADDIO AI DUE UFFICIALI ***
CAPITOLO 14
IL DEFINITIVO ADDIO AI DUE
UFFICIALI
Il tempo era parso fermarsi per un lunghissimo instante dopo che Zoro
aveva aperto bruscamente la porta e si era trovato di fronte Rufy. Il
suo amico, di solito sempre allegro e sorridente, era svenuto e sul suo
viso c’era dipinta una smorfia di preoccupazione e di dolore.
Probabilmente anche mentre perdeva i sensi il suo chiodo fisso rimaneva
la sicurezza dei suoi adorati compagni. Zoro deglutì e si
fece forza, costringendosi a non distogliere lo sguardo e ad analizzare
ogni minimo particolare. Nonostante fosse molto somigliante, il ragazzo
disteso a terra non poteva essere Rufy. Era semplicemente impossibile.
Un’idea talmente assurda che il solo pensiero
strappò allo spadaccino una risata, trattenuta a stento. No,
non era lui. Non poteva davvero essere lui. Zoro ne era quasi certo
fino a che i suoi occhi non incontrarono il ciondolo che il capitano
portava al collo ed il tatuaggio che faceva bella mostra di
sé sul braccio, raffigurante la loro bandiera. Lo spadaccino
sentì la testa girare mentre realizzava che il suo capitano
questa volta stava male sul serio e che avrebbe potuto non farcela.
Chopper approfittò dell’attimo di smarrimento di
Zoro per prendersela con lui.
“Zoro, sei impazzito? Rufy sta male!”
esclamò Chopper, sorpreso dal brusco ingresso dello
spadaccino nella stanza. Le parole della piccola renna ebbero il potere
di scuotere Zoro, spingendolo a reagire. Doveva farsi forza e reagire
in qualche modo, dopo tutto lui era il suo vice e non poteva
permettersi di perdere la calma. Zoro analizzò la situazione
a mente fredda e concluse che se quello a terra era sul serio il suo
capitano, allora non si sarebbe mosso di lì per nessuna
ragione, a meno che la nave non fosse sotto attacco.
“Io da qui non mi muovo.” ripeté Zoro,
sfoderando le sue spade. Era anche disposto a combattere, se
necessario, ma non aveva la minima intenzione di lasciare il suo
capitano solo in un momento come questo. Rufy era una testa matta, un
idiota a volte, ma era soprattutto il suo migliore amico. Ne avevano
passate tante insieme e di sicuro ne avrebbero passate altre, quindi
non c’erano possibilità che Chopper o qualcuno
degli altri gli impedisse di stare insieme a lui. Da quando lo aveva
conosciuto erano passati poco più di otto anni nei quali gli
era capitato di tutto, ma nemmeno una volta aveva pensato di
rinnegarlo. Nemmeno durante lo scontro con Orso Bartholomew a Thriller
Bark aveva dubitato di avere preso la decisione giusta quando
l’aveva incontrato a Sheltz Town e lo aveva seguito in
quella strampalata serie di avventure che lo aveva portato a
diventare un pirata. L’incoscienza del suo capitano li aveva
spesso gettati in situazioni assurde e li aveva portati in
più occasioni a sfidare nemici molto più forti di
loro per motivi banali, eppure ogni volta erano riusciti ad uscirne in
qualche modo. Dopo ogni scontro il suo sorriso e la sua voce allegra
riuscivano a rendere più sopportabile il dolore delle
ferite. Bastava uno scambio di battute, una feste nella quale
scorrevano fiumi di saké e montagne di carne e tutto
ritornava come prima, forse meglio. La consapevolezza di aver superato
un’altra situazione paradossale li aiutava a rendersi
consapevoli della loro forza e rendere più saldo il vincolo
di amicizia che li univa.
“Come vuoi, voi fuori.” sospirò Chopper,
arrendendosi all’evidenza: Zoro era troppo testardo per
desistere. Provare a farlo ragionare avrebbe significato perdere tempo,
che per Rufy era prezioso. Gli altri ragazzi sospirarono e lasciarono
la stanza senza proteste.
Non appena sentì la porta chiudersi la piccola renna
tornò al lavoro. Controllò più volte
il battito cardiaco di Rufy, stupendosi che fosse così
debole; gli provò la pressione e la febbre, stupendosi
nuovamente per quanto quest’ultima fosse alta. Sotto lo
sguardo attento di Zoro, che non si perdeva nemmeno una sua mossa, gli
sfilò la camicia e scoprì una grossa ferita sul
petto del ragazzo, che sanguinava copiosa. Subito il dottore si
prodigò per fermare l’emorragia, maledicendosi per
non averla notata prima. Anche Zoro sussultò alla vista del
profondo taglio, e si ritrovò a domandarsi come avesse fatto
a non notarlo. Doveva essersi ferito sull’isola, durante uno
scontro, e non aveva detto nulla per non preoccupare nè lui
nè Ace nonostante la ferita sanguinasse molto. Probabilmente
nemmeno Jimbei se ne doveva essere accorto, oppure lo avrebbe medicato
lui prima che Rufy arrivasse alla grotta.
Fuori dalla stanza Sanji era talmente nervoso che ormai aveva
rinunciato persino all’idea di fumare e aveva preso a
tormentare Franky e Brook dato che la sua vittima naturale, Zoro, si
era chiuso nella stanza insieme a Chopper. Robin fissava i compagni,
silenziosa, con la schiena appoggiata alla parete. Non ricordava di
averli mai visti così preoccupati da quando lo spadaccino si
era ferito gravemente a Thriller Bark. Nami ed Usop avevano finito le
lacrime e si limitavano a tirare su con il naso di tanto in tanto.
“Come credi che stia?” chiese Nami dopo un
po‘, preoccupata, rivolgendosi ai compagni. Sembrava essere
passata una vita da quando Chopper li aveva allontanati e loro si erano
seduti a fissare la porta di legno della stanza. Da allora non avevano
avuto nessuna notizia, potevano solo aspettare e sperare che andasse
tutto bene. Nessuno di loro rispose, solamente Usop dopo un tempo
interminabile si azzardò a fare previsioni.
“Chopper è il migliore, vedrai che se la
caverà.” sospirò il cecchino, con un
filo di voce.
Non disse altro, ma negli occhi lucidi del cecchino Nami
riuscì a leggere una fiducia incrollabile nel loro capitano.
Nami trovò la forza di sorridere, sicura che Rufy non li
avrebbe delusi nemmeno quella volta. Dopo due ore, che ai ragazzi erano
parse quasi settimane, la porta si aprì e Chopper comparve
sulla soglia. Sembrava esausto, distrutto, ma cercò
ugualmente di abbozzare un sorriso poco convinto. Tutti si ritrovarono
a fissarlo con insistenza, cercando in quel volto qualche segnale che
li aiutasse a capire.
“Allora?” chiese Franky, impaziente, facendosi
avanti per primo. La piccola renna non rispose, ma sospirò,
appoggiandosi allo stipite della porta. Non sapeva da che parte
iniziare a spiegare agli amici la situazione tanto era complicata.
“Possiamo entrare?” chiese Robin, mentre Sanji e
Usop cercavano di sbirciare nella stanza, oltre le spalle della piccola
renna. Chino sul letto in cui riposava Rufy c’era Zoro. Lo
spadaccino da quando era entrato nella stanza non aveva mai lasciato il
capezzale del suo capitano nonché migliore amico. Non aveva
fatto domande né dato fastidio a Chopper, solo, non aveva
mai perso di vista il suo amico. Nemmeno per un istante. Aveva
assistito impotente mentre la renna cercava di fermare
l’emorragia e aveva cercato di aiutarlo come poteva, sempre
senza dire nulla.
“Si, ma fate piano.” si raccomandò
Chopper, spostandosi di lato per lasciare entrare i compagni. I ragazzi
presero alla lettera le indicazioni della renna e fecero attenzione a
non fare rumore, muovendosi quasi in punta di piedi per paura di
disturbare il sonno del ragazzo di gomma. Nami per la prima volta
riuscì a guardarlo bene e lo trovò molto
cambiato. In quei sette anni era cresciuto senza dubbio tanto ed il suo
viso aveva perso quei tratti così infantili. C’era
persino un accenno di barba. Nonostante fosse pallido e debole la
navigatrice lo trovò più affascinante della foto
che aveva dato loro Bibi. Lo sguardo della ragazza si spostò
dal ragazzo a Zoro, preoccupato come mai in vita sua. Vedendoli
così vicini ed affiatati Nami si ritrovò a
provare invidia per quell’amicizia a cui lei aveva dovuto
rinunciare per sette lunghi anni. Subito la rabbia sfociò in
tristezza e la ragazza dovette trattenersi dall’impulso di
saltare tra le braccia del suo amico di gomma. Più di ogni
altra cosa in quel momento avrebbe voluto sentire il suo respiro
regolare, il calore del suo corpo e la sua risata contagiosa.
“Dorme?” chiese Sanji, mettendo le mani in tasca,
come sempre quando era nervoso.
“Ha la febbre alta, credo sia per colpa
dell’infezione.” spiegò Chopper,
avvicinandosi un po‘. C’era un silenzio irreale
nella stanza. Nessuno di loro parlava. Usop si ritrovò a
sperare che Rufy aprisse gli occhi e facesse una battuta delle sue per
smorzare la tensione. Sicuramente la prima cosa che avrebbe detto
sarebbe stata che aveva fame, e allora Sanji sarebbe corso a
preparargli qualcosa. Brook avrebbe suonato una canzone delle sue,
magari quella del liquore, e tutti loro avrebbero ballato
dimenticandosi di tutti i problemi e dell‘imminente attacco
della marina.
“Di cosa si tratta?” chiese Zoro, pallido e
preoccupato, facendo sobbalzare quasi i vecchi compagni. Nessuno di
loro si aspettava di sentirlo parlare e tutti loro si stupirono di
sentire la sua voce così roca, stanca.
“È strano, credo si tratti di una malattia rara,
causata da un insetto che si trova nel deserto.”
continuò a spiegare Chopper, elencando loro un lungo elenco
di sintomi e probabili cause.
“Alabasta.” sospirò Zoro, ricordando che
Pell li aveva avvisati che c’era in giro uno strano virus che
colpiva soprattutto gli stranieri. Lo spadaccino ricordava bene come
l’amico ne avesse riso, ritenendola
un’assurdità. Chopper annuì, fissando
prima Zoro e poi Rufy, con il viso arrossato dalla febbre. Sicuramente
doveva essersi ammalato ad Alabasta, la sua malattia con
l’andare del tempo era peggiorata e quella grossa ferita sul
petto gli aveva dato il colpo di grazia.
“Anche noi siamo stati ad Alabasta, perché noi
stiamo bene?” chiese Franky, sorpreso.
Chopper scosse la testa, senza riuscire a trovare una risposta.
“Si riprenderà.” esclamò
Zoro, sicuro, maledicendosi per non averlo trascinato prima da un
medico. Forse se lo avesse fatto, anche contro la sua
volontà, Rufy non avrebbe mai rischiato la sua vita. Che ne
sarebbe stato di lui senza il suo capitano?
“È molto grave, dobbiamo aspettare.”
sospirò Chopper, rassegnato. La medicina aveva fatto quello
che poteva, ora toccava a Rufy fare il resto. Solamente la sua voglia
di vivere e la sua tenacia potevano salvarlo. Loro non potevano fare
altro che stare a guardare come inutili spettatori. Nessuno disse nulla
per un bel pezzo, fino a che lo spadaccino propose di portare Rufy
nella sua stanza, perché potesse riposare tranquillamente
nel suo letto. Chopper non fece nessuna obiezione così Sanji
e Franky sollevarono il ragazzo senza fargli male e seguirono Zoro che
faceva loro strada verso la cabina che divideva con Rufy, la stessa che
un tempo dividevano tutti loro. Entrando nella loro vecchia stanza Usop
provò molta nostalgia. Nonostante fossero passati
così tanti anni nulla sembrava davvero cambiato, tutto era
ancora come prima. Persino i loro letti erano ancora lì,
impolverati. Alle pareti, sbiaditi, i loro vecchi avvisi di taglia.
C’erano persino quello da trecento milioni di Rufy e quello
da centoventi di Zoro, nonostante le loro taglie fossero aumentate
parecchio da allora.
Nessuno di loro disse nulla ma tutti provarono sollievo nel lasciare
quella stanza, ad esclusione di Zoro che rimase con il suo capitano e
di Sanji fermo sulla porta.
“Zoro, prima dicevi che avevi bisogno di Chopper per sapere
se la marina è già qua.”
ricordò Sanji, fissando lo spadaccino con aria interrogativa.
“Si, certo. Vieni con me.” sospirò lo
spadaccino, staccandosi di malavoglia dall’amico malato. Zoro
chiuse la porta alle sue spalle, lanciando prima un’occhiata
a Robin che fece velocemente comparire un paio di occhi extra sulla
parete per controllare Rufy.
Lasciare il suo amico da solo in quelle condizioni lo rendeva nervoso,
ma sapeva bene che la marina era vicina e che era suo dovere
occuparsene. Dopo tutto, Rufy gli aveva affidato il comando e lui non
poteva certo deluderlo.
“Dove andiamo?” chiese la renna, confusa, seguendo
lo spadaccino lungo i corridoi.
“Sul ponte..” rispose Zoro, distratto. Si vedeva
chiaramente che la sua testa era altrove e che la marina era
chiaramente l‘ultimo dei suoi pensieri. Una volta arrivati
lì lo spadaccino si guardò intorno,
afferrò una grossa pietra e la scagliò con forza
in acqua, colpendo in testa un grosso squalo. Il gesto stupì
i compagni, facendo dubitare loro della sanità mentale dello
spadaccino.
“Zoro, che fai?” chiese Usop, sobbalzando per via
del gesto imprudente dell’amico.
“Non provocarli, sono grossi.” mormorò
Nami, preoccupata, mentre un grosso gruppo si squali emergeva
minaccioso mostrando loro i denti appuntiti.
“So quello che faccio.” rispose Zoro, distratto,
aspettando con pazienza che lo squalo che stava cercando emergesse.
“E ora?” chiese Franky, grattandosi la testa,
incuriosito dallo strano gesto dell‘amico. Lo spadaccino non
rispose, ma si voltò impaziente verso la piccola renna che
non aveva ancora capito quale potesse essere il suo ruolo in quella
strana faccenda e che stava iniziando a temere il peggio.
“Chopper, che dice?” chiese Zoro, indicando uno
squalo più grosso e molto più mansueto degli
altri. Sembrava che stesse aspettando qualcuno o qualcosa. Il dottore
si chiese se lo spadaccino fosse impazzito, poi alzò le
spalle e dedico le sue attenzioni allo squalo.
“Dice che le navi della marina sono a qualche ora da qui,
probabilmente non più di due o forse anche meno.”
disse Chopper, traducendo le parole dell’animale che
scomparve velocemente dopo che la renna ebbe parlato.
“Dannazione.” imprecò Zoro, battendo un
pugno sul corrimano.
“Anche se troviamo la vivre card arriveranno lo stesso,
dovremo combattere.” mormorò Sanji, accendendosi
una sigaretta. Era troppo tardi per tentare qualsiasi mossa, avrebbero
comunque dovuto battersi. L’idea di un combattimento contro
quell’ufficiale allettava parecchio Sanji, che non vedeva
l’ora di prendersi la sua rivincita.
“Dobbiamo anche trovare quel dannato pezzo di carta, oppure
ci seguiranno per sempre.” esclamò Zoro,
preoccupato. Sconfiggere la marina non era certo un problema, in fondo
non doveva esserci nessun ammiraglio con loro. Probabilmente le alte
sfere della marina non erano al corrente di quell’operazione.
Quello che preoccupava lo spadaccino era che, se non avessero trovato e
distrutto la vivre card della marina, sarebbero sempre stati
rintracciabili e chiunque avrebbe potuto trovarli, ammiragli,
contrammiragli e membri della flotta dei sette compresi. Questo si che
poteva costituire un problema serio.
“Non c’è tempo, la nave è
troppo grande.” si lamentò Usop. Prima che
tornasse Zoro avevano iniziato le ricerche, ma non erano arrivati a
nulla. La nave era troppo grande e i posti in cui quel microscopico
pezzo di carta poteva essere nascosto erano potenzialmente infiniti. Ci
sarebbero volute settimane, forse mesi prima di riuscire a perlustrare
ogni angolo nascosto della Sunny persino con l‘aiuto di
Franky che conosceva la nave meglio di chiunque altro.
“Non è sulla nave.” disse Zoro, sicuro.
I compagni si voltarono verso di lui, stupiti.
“Hai una palla di vetro?” chiese Sanji, ironico.
“Cosa?” chiese Robin, stupita dalla decisione dello
spadaccino.
“La nave era ancorata al largo, nessuno sarebbe mai riuscito
a salirci.” spiegò Zoro, riflettendo, senza badare
alle parole del cuoco. La tentazione di discutere con lui, e magari
arrivare alle mani, era forte ma doveva trattenersi. C’erano
cose più importanti da fare, almeno per il momento. Lo
avrebbe massacrato di botte in un secondo tempo.
“Vuoi dire che è addosso a qualcuno di
noi?” chiese Nami, stupita, riflettendo sulle parole di
Zoro. Lo spadaccino annuì, deciso.
“Sicuramente.” esclamò Franky,
sospirando.
“Ma allora la signorina a bordo della nave?” chiese
Brook, confuso, indicando la ragazza ancora legata. Che diamine era
venuta a farci lei sulla nave, rischiando di essere facilmente battuta
da tutti loro, se la vivre card era addosso a loro.
“Voleva depistarci.” sospirò Nami. La
ragazza contava sul fatto che loro non si fidassero più di
Rufy e che lui non si fidasse di loro per ingannarli e farli combattere
li uni contro gli altri. Il fatto che Rufy si fidasse ancora di loro, e
che probabilmente non aveva mai smesso di farlo, aveva sconvolto tutti
i suoi piani. I ragazzi, eccetto Chopper che era corso a controllare le
condizioni di Rufy, continuarono a parlare, cercando di ricordare in
quale occasione qualcuno della marina avesse potuto mettere loro le
mani addosso.
“L’ho trovata.” esclamò
Chopper, correndo loro incontro con in mano un piccolo pezzo di carta.
Dopo essersi accertato che Rufy stesse bene si era recato nella stanza
in cui si era preso cura di lui per prendere i suoi strumenti ed aveva
notato che il suo zaino era in disordine. Aveva quindi tolto tutto per
rimettere ogni cosa al suo posto ed era saltato fuori quel piccolo
pezzo di carta che stava causando loro così tanti problemi.
“Dove era?” chiese Usop, curioso, osservando con
attenzione il foglietto spiegazzato.
“Nella mia sacca dei medicinali.” spiegò
il dottore, porgendo la vivre card a Zoro. Lo spadaccino la
studiò con attenzione e concluse che era sicuramente lei.
“Sbarazziamoce.” esclamò Sanji, Zoro
annuì e si ripromise di farla distruggere ad Ace con il
fuoco più tardi.
“Che ne facciamo della spia?” chiese Robin,
indicando la ragazza bionda ancora legata che aveva preso ad agitarsi.
I pirati avevano trovato la vivre card, ed il piano della marina stava
fallendo. Lo spadaccino in risposta alzò le spalle,
avvicinandosi alla ragazza e prendendola in braccio. La biondina lo
guardò per un po’, stranita da quel gesto, per poi
passare ad avere un’espressione decisamente terrorizzata non
appena le intenzioni di Zoro apparvero chiare.
“Che fai, Zoro.” esclamò Brook, stupito,
mentre Zoro si avvicinava tranquillamente al parapetto della nave e
buttava oltre la ragazza.
“La butto in acqua, ci penserà lo squalo a
portarla dai suoi amici.” spiegò Zoro placido,
quasi fosse la cosa più normale del mondo.
“E se qualcosa andasse storto?” chiese Sanji,
stupito dalla poca sensibilità di quello spadaccino da
quattro soldi. Nonostante fosse una spia della marina quella restava
pur sempre una bella ragazza e lui non poteva permettere che le venisse
fatto alcun male.
“Non è un mio problema.” rispose Zoro,
alzando le spalle. A quelle parole il cuoco cominciò ad
arrabbiarsi sul serio e i due finirono con il lanciarsi in una lunga
discussione, che sfociò presto in una sorta di combattimento
che proseguì fino a che non tornò Ace.
“Che carini che siete tutti insieme.”
esclamò Ace, sorridendo, avvicinandosi al gruppetto di
ragazzi che stava cercando inutilmente di dividere i due contendenti.
“Ehi, Ace.” salutò Zoro, tenendo gli
occhi bassi. Non sapeva da che parte iniziare per dirgli che il suo
fratellino stava molto male e che c’era il rischio che non ce
la facesse.
“Meno male, eravamo preoccupati.”sospirò
Nami, correndo incontro al ragazzo con le lentiggini e saltandogli al
collo. Ace sembrò stupito da quel gesto, ma non disse nulla.
“Ma no, diciamo che l’ho presa un po’
alla larga.” spiegò Ace, grattandosi la testa
imbarazzato.
“Si è perso.” sospirò Zoro,
alzando gli occhi al cielo. Rufy non faceva che ripetere che quanto ad
orientamento Ace faceva concorrenza a Zoro e che se i due fossero
andati in giro da soli nessuno sarebbe più stato in grado di
ritrovarli, nemmeno la marina. Zoro a quel punto ribatteva che quel
pericolo non esisteva perché quei dannati marine riuscivano
sempre a trovarli alla fine e la discussione terminava tra le risate.
“Sei l’ultima persona che può parlare,
Zoro.” lo rimproverò Nami, severa.
“Per la cronaca, la marina è qui.”
annunciò Ace, rivolto principalmente allo spadaccino.
“Brutta notizia, ma non la peggiore.”
commentò Zoro, tetro. A quelle parole Ace iniziò
a preoccuparsi. Se Zoro era così serio e Rufy non era in
circolazione poteva solo significare che il suo fratellino si era
cacciato nell’ennesimo guaio.
“Che altro è successo. Dove è
Rufy?” chiese Ace, guardandosi intorno frenetico e
cominciando a temere il peggio. Nessuno parlava, nemmeno tra i ragazzi
e questo non faceva che aumentare la sua ansia.
“Rufy si è preso una brutta infezione ad Alabasta,
è messo male.” spiegò Zoro, tenendo la
testa bassa. Sapeva che Ace non l’avrebbe presa bene ed
infatti la reazione dell’altro non tardò ad
arrivare.
“Scherzi, vero?” chiese Ace, facendosi di colpo
più pallido e smettendo di prestare attenzione a chiunque
non fosse Zoro. Improvvisamente il fatto che la marina stesse per
attaccare non era più importante, ciò che contava
erano le condizioni di Rufy.
“Credi davvero che scherzeremmo su una cosa del
genere?” chiese Usop, incredulo.
“Vado da lui.” esclamò Ace, seguendo
Zoro fino alla stanza in cui Rufy riposava, seguito dagli altri
ragazzi. Ace spinse piano la porta, spaventato all’idea di
quello che avrebbe potuto trovare all’interno. Se Zoro era
così preoccupato doveva trattarsi di qualcosa di davvero
serio e non solo di un banale raffreddore. Una volta entrato nella
stanza Ace si trovò di fronte uno spettacolo che si era
augurato di non vedere mai: suo fratello era pallido ed inerme in un
letto che si lamentava e delirava a bassa voce per la febbre.
Nonostante tutto il trambusto che avevano fatto non aveva mai aperto
gli occhi o dato cenno di avere ripreso i sensi. Ace rimase a
guardarlo, immobile, fino a che non si accorse che non riusciva a
vedere più nulla per via delle lacrime che gli offuscavano
la vista e ricadevano copiose sulle sue guance e sulla coperta di Rufy.
Il ragazzo con le lentiggini si avvicinò un po’ al
letto del fratello, prese la sua mano tra le sue e si stupì
di trovarla calda quasi quanto la sua. Il corpo di Rufy sembrava
letteralmente andare a fuoco per via della febbre e delle ferite subite.
“Ehi, Ace.. Zoro.. La marina ci sta per attaccare,
ricordate?” ricordò Franky, spiacente di dover
interrompere quel momento. Proteggere la nave era importante anche per
Rufy, per evitare che la marina gli facesse del male. Sicuramente in
quelle condizioni sarebbe stato davvero semplice per loro catturarlo,
era loro dovere difenderlo.
“Lascia che vengano qui, gli daremo una bella
lezione.” esclamò Sanji, deciso ad avere la sua
vendetta. Quel dannato ufficiale si era preso gioco di lui, aveva
portato via le ragazze ed aveva ferito il suo capitano. Meritava di
morire e voleva essere lui l’ultima immagine che avrebbe
visto mentre scongiurava per avere salva la vita.
“Siete matti? Dobbiamo scappare!”
mormorò Usop, deciso. Restare lì dopo che avevano
scoperto che la marina stava arrivando era da idioti. Mettersi al
sicuro attraverso i cunicoli di roccia sarebbe stato molto meglio,
anche a costo di abbandonare la nave.
“Il matto sei tu. I codardi scappano, i pirati
combattono.” ribatté Sanji, lanciando la sua
sigaretta lontano.
“Pirati?” chiese Zoro, alzando la testa, stupito
dalle parole del cuoco. Anche Ace abbozzò un sorriso,
soddisfatto di non avere sbagliato nel giudicare quei ragazzi.
“Siamo i pirati di Cappello di Paglia, ricordi?”
disse Sanji in tono di sfida.
“Decisi i ragazzi. Lui che ne pensa?” chiese Ace
ridendo, rivolto a Zoro.
“Non è un problema mio.” rispose lo
spadaccino, alzando le spalle.
Il ragazzo con le lentiggini sorrise, senza dire altro e
tornò a pensare alla marina.
“Ace, devi distruggere la vivre card della marina.”
esclamò Nami, ricordandosi improvvisamente del pezzo di
carta che aveva trovato Chopper.
“Ci penso io, lasciate fare a me.” disse il ragazzo
con le lentiggini, ed in pochi istanti la vivre card scomparve tra le
fiamme. Quasi immediatamente dei colpi di cannone annunciarono
l’arrivo della marina. Zoro ed Ace si guardarono, stranamente
calmi.
“Direi che il mio fratellino non può
combattere.” iniziò Ace, sorridendo. Il fatto che
fosse svenuto era sicuramente un bene in quella situazione, se fosse
stato sveglio infatti avrebbe insistito per combattere nonostante le
sue condizioni di salute e nessuno di loro avrebbe potuto far desistere
quella testa matta. Ace si voltò verso Zoro, e gli altri
ragazzi non poterono fare a meno di notare che l’espressione
del ragazzo non prometteva decisamente nulla di buono. Era
più che mai determinato a dare a quegli stupidi marine la
lezione che meritavano, anche senza l’aiuto di Rufy.
“È escluso.” esclamò Chopper,
categorico.
“Beh, possiamo cavarcela anche da soli.”
mormorò Zoro, controllando che tutte e tre le sue spade
fossero in perfette condizioni per l’imminente battaglia. I
ragazzi si guardarono tra loro, smarriti, senza sapere bene cosa fare.
“Sanji, Chopper vi affido Rufy. Franky, Usop, a voi invece
lascio in custodia la nave.” disse Zoro, guardando prima
Chopper e Sanji, e poi Franky e Usop. La piccola renna era un dottore
formidabile, l’unico che poteva curare Rufy. Sanji invece era
uno dei migliori combattenti che aveva conosciuto e non avrebbe
permesso a nessuno della marina di avvicinarsi al suo capitano. Franky
ed Usop, invece, erano talmente attaccati alla nave da non lasciare che
anima viva la rovinasse.
“E noi?” chiese Nami, confusa e allo stesso
arrabbiata all’idea che lo spadaccino si fosse dimenticato di
lei. Zoro la fissò a lungo, senza dire nulla. Non voleva
mettere in pericolo la sua vita, non dopo tutta la fatica che Rufy
aveva fatto per salvarla.
“Non se ne parla, ti diamo una mano.”
sbottò Sanji, infastidito. Lo spadaccino era definitivamente
ammattito se credeva che se ne sarebbe stato lì buono mentre
la marina provava a far loro la pelle. Non avrebbe mai permesso che
quella stupida testa d’alga facesse l’eroe da solo.
“Fidatevi, è meglio se rimanete qui.” li
ammonì Ace, preoccupato. Gli ufficiali che li stavano per
attaccare non erano particolarmente forti ma erano subdoli, cattivi e
sleali.
“Facciamo in un attimo.” cercò di
rassicurarli Zoro, preoccupato per la loro incolumità.
Conosceva abbastanza Rufy per sapere che se lui avesse permesso che
partecipassero all’attacco e che si facessero male
combattendo mentre lui era privo di sensi e non poteva difenderli, poi
avrebbe fatto il diavolo a quattro.
“Tu ci hai salvato la vita sull’isola della marina.
Il minimo che possiamo fare per ringraziarti è combattere
insieme a te.” disse Franky, deciso a non rimanere con le
mani in mano. Sanji alle sue spalle annuì, deciso.
“Non vi ho salvati per farvi ammazzare da quei babbei con la
divisa.” sbottò Zoro, furente. Quegli idioti
proprio non volevano capire, erano ingenui se pensavano che sarebbe
stata una passeggiata. Non ci sarebbe stato il capitano a proteggere
loro le spalle questa volta. Dovevano fare tutto da soli, ed era
incredibilmente pericoloso.
“Ma sono troppi, e voi siete solo due.”
protestò Robin, preoccupata per lo spadaccino e per Ace. I
due ragazzi erano senza dubbio forti, ma i marine erano sicuramente
molti più di loro. Inoltre con loro questa volta non ci
sarebbe stato Rufy.
“E va bene, Sanji e Franky verranno con noi. Ma gli altri
rimangono qui.” concesse Zoro alla fine per mettere fine a
quella discussione. Conosceva bene la testardaggine nel cuoco e sapeva
anche che non si sarebbe arreso e che li avrebbe seguiti lo stesso.
“Ma..” provò a protestare Brook, subito
interrotto da un’occhiataccia di Zoro.
“Niente ma. Rufy sta male, qualcuno deve restare con lui.
Pensate a quelli che cercheranno di attaccare la nave.”
dichiarò Ace, deciso. Quelle parole parvero convincere i
ragazzi, che decisero di rimanere al capezzale del capitano.
“Va bene, ma state attenti.” si
raccomandò Nami mentre i ragazzi si allontanavano.
Ace e Zoro guidarono Sanji e Franky lungo una stretta galleria che
conduceva alla stanza adiacente. I due ragazzi erano preoccupati circa
il poco senso dell’orientamento dei primi, ma cercarono di
non fare commenti cattivi.
“Non facevamo prima ad aprire la parete di roccia?”
aveva chiesto Sanji, stupido. Facendo quel giro assurdo avevano
allungato incredibilmente la strada, perdendo tempo prezioso. La marina
aveva avuto tutto il tempo di preparare l’attacco in ogni
dettaglio.
“È quello che si aspettano, in questo modo li
cogliamo di sorpresa.” spiegò Franky.
“Sarà..” sbuffò Sanji, poco
convinto.
“A bordo della nave c’è Rufy ferito
gravemente e gli altri, sono troppo deboli per difendersi da soli. Se
apriamo la parete di roccia esporremo la nave e loro potrebbero essere
colpiti.” aggiunse Ace, guardandosi intorno per trovare la
strada.
Sanji non rispose, ma si diede dell’idiota per non averci
pensato da solo.
“Muoviti pinguino.” lo richiamò Zoro.
“Non prendo ordini da te, testa d’alga.”
replicò Sanji, furente, preparandosi a colpire lo
spadaccino.
“Sta zitto una buona volta.” insistette Zoro,
schivando un calcio del cuoco e cercando a sua volta di colpirlo con il
fodero di una delle sue katane.
“Vi sembra un buon momento per litigare?” chiese
Franky scuotendo la testa, stupito dall’idiozia dei due
ragazzi.
“Lasciali fare, sono divertenti in fondo.”
commentò Ace, ridendo.
“Se lo dici tu.” commentò il cyborg,
colpito dalla calma del ragazzo con le lentiggini.
I ragazzi continuarono a camminare finché non giunsero ad un
bivio.
“E ora?” chiese Sanji, guardandosi intorno
frenetico. Di fronte a loro si snodavano due strade e lui aveva il
brutto presentimento che né Zoro né Ace sapessero
quale fosse quella giusta che li avrebbe portati dalla marina.
“Ci dividiamo. Io e Franky andiamo a destra, tu e Zoro a
sinistra.” rispose Ace.
“Io con questo babbeo?” protestò Sanji,
lasciando cadere la sigaretta che teneva in bocca per lo stupore.
“Dispiace più a me, te lo assicuro.”
replicò Zoro, tetro.
“Continuate a litigare dopo, ora datemi retta.”
disse Ace, ridendo. Era certo che quelle inutili discussioni con il
cuoco a Zoro erano mancate moltissimo, e lo stesso sembrava valere per
Sanji.
“Ho capito Ace, noi li attacchiamo da sinistra, voi da destra
e Jimbei arriva alle spalle con i suoi uomini pesce.”
sbuffò Zoro, leggendo nella mente dell’amico.
“Esatto.” confermò Ace, sorridendo.
Normalmente se qualcuno si fosse azzardato ad interromperlo in quel
modo come minimo avrebbe sperimentato in prima persona il suo celebre
pugno di fuoco, tuttavia, quello che aveva di fronte era Zoro e non
certo uno spadaccino qualunque.
“Uomini pesce?” chiese Franky, guardando curioso i
due ragazzi.
“Si, erano loro che sorvegliavano la marina.”
spiegò Zoro.
“Ingegnoso.” esclamò Sanji, sorpreso.
“Lo so.” rispose Zoro, sorridendo in modo sfrontato.
“Perché ci danno una mano?” chiese
Franky, confuso. Dopo tutto la marina non aveva fatto nulla a loro,
perché attaccarla solo per fare un favore a dei pirati.
“Jimbei è un vecchio amico, ci ha salvato la pelle
parecchie volte ed è sempre disponibile a muovere le mani
contro la marina.” spiegò Zoro, sorridendo.
“Faceva parte della flotta dei sette se non
sbaglio..” mormorò Sanji, pensieroso.
“Beh, si.. È stato tanto tempo fa. L’ha
lasciata da un pezzo.” disse Ace, alzando le spalle. Sanji e
Franky avrebbero voluto fare altre domande, ma un gesto spazientito di
Zoro fece capire loro che non c’era tempo. Si divisero in due
gruppi, come deciso, ognuno imboccò una strada e presto si
ritrovarono come avevano previsto ai due lati della grotta in cui erano
arrivati poche ore prima. Al centro c’era un grosso galeone
della marina, circondato da molti uomini. In prima fila, tronfi e pieni
di sé, c’erano i due ufficiali gemelli con lo
stesso ghigno malvagio dipinto sul volto.
“Chi si rivede.. Che c’è? Troppo codardi
per uscire allo scoperto?” chiese il primo ufficiale non
appena di accorse della presenza dei quattro ragazzi.
“Proprio tu parli di coraggio, brutto idiota.”
urlò Sanji, furente, correndogli incontro.
“Ehi, che sorpresa.. Il biondino.”
esclamò l’ufficiale, sorpreso.
“Sta calmo, Sanji. Lascialo a me.” disse Ace,
cercando di fermare il biondo.
“Neanche per sogno, Ace. Ho un conto aperto con questo
babbeo. Tu se vuoi prenditi il gemello.” rispose Sanji tra i
denti.
“No, quello se non ti spiace è mio.”
replicò Zoro, deciso. Ace sospirò e si arrese,
anche quella volta avrebbe dovuto accontentarsi degli scarti degli
amici.
“L’ultima volta mi hai battuto..”
iniziò il gemello dell‘ufficiale, rosso in viso.
“Non ti scaldare, farai la stessa fine.” rispose
Zoro, placido, prima di partire all’attacco.
Il fendente di Zoro colpì l’ufficiale al petto,
causandogli una ferita piuttosto grave che prese a sanguinare
abbondantemente. Alle sue spalle, Sanji non aveva ancora cominciato a
combattere e si limitava a studiare il suo avversario con attenzione.
“Questi due si sono presi i tizi gemelli, credo che a noi
tocchino gli altri. Che dici, facciamo a gara a chi ne abbatte di
più?” propose Franky, divertito. Dopo tutto le
cose si stavano mettendo bene per loro. I due tizi più forti
se la stavano vedendo con Sanji e con Zoro, ed avevano entrambi poche
possibilità di scamparla. Quanto agli altri marine che erano
con loro, certo, erano tanti ma sicuramente non forti. Tanto valeva
divertirsi un po’ nell’attesa della disfatta della
marina.
“Ci sto.” rispose Ace, divertito. Una bella sfida
era decisamente quello di cui aveva bisogno per movimentare la giornata.
“Posso giocare anche io?” mormorò una
voce roca che il cyborg non riuscì a riconoscere ma che
intuì dovesse essere il famoso Jimbei. Ace e Zoro salutarono
l’amico, che ricambiò con un sorriso prima di
voltarsi verso i suoi avversari, furente.
“Tu sei Jimbei, il cavaliere del mare. Che ci fai
qui?” domandò sorpreso uno dei marine che stava di
fronte a loro con la spada sguainata. Nonostante il Re dei Pirati non
prendesse parte a quella lotta la situazione per loro non si stava
mettendo bene.
“Beh, per ammazzarvi di botte su quella strana isola che non
è segnata da nessuna parte sono arrivato tardi, ma posso
sempre rimediare ora..” rispose Jimbei, sorprendentemente
calmo. Alla vista della sua considerevole mole le reclute
più giovani iniziarono a tremare ad a indietreggiare
spaventate.
“Amico, la penso esattamente come te.”
concordò Ace, partendo all’attacco seguito da
Franky. Nel giro di un ora il campo di battaglia aveva un aspetto a dir
poco surreale. I corpi dei marine svenuti erano ammonticchiati e un
grosso uomo pesce stava esultando per la sua vittoria sui due compagni
di lotta.
“Ho vinto, sono io il cavaliere dei mari.”
esultò Jimbei, esaltato per avere colpito più
marine di Ace e Franky. Il primo sorrideva, il secondo invece appariva
decisamente scocciato ed infastidito.
“Non è giusto, tu non sei un umano.”
protestò Franky, incrociando le braccia.
“Beh, a guardare bene nemmeno tu. Dovrei essere io a
lamentarmi!” esclamò Ace, prima di scoppiare a
ridere. Nel frattempo, i combattimenti con i due ufficiali andavano
avanti. I due marine ormai avevano il fiato corto mentre Sanji e Zoro
apparivano tranquilli e perfettamente a loro agio, quasi si stessero
divertendo.
“Sembra che i vostri tirapiedi vi abbiamo
abbandonato..” mormorò Zoro, ironico, lanciando
un’occhiata veloce al campo di battaglia dove non
c’era nessuna recluta ancora in piedi. Ace, Franky e Jimbei
avevano fatto un lavoro con i fiocchi, adesso toccava a lui e a Sanji
dare una lezione agli ultimi due.
“Voi, me la pagherete!” ringhiò
l’ufficiale, lo stesso che aveva affrontato Zoro
sull’isola della marina. A quelle parole Zoro
scoppiò a ridere.
“Ti sbagli, sarete voi a pagarla a noi.”
commentò Franky, appoggiandosi ad una parete per riprendere
fiato. Quei due ufficiali erano praticamente spacciati.
“Questa volta non colpirò per stordire, ma per
ferirti sul serio. I medici della marina dovranno fare del loro meglio
per rimettere insieme i pezzi.” disse Zoro, sorprendentemente
calmo.
“Credi di spaventarmi?” chiese il marine,
sprezzante del pericolo che stava correndo.
“Dovresti tremare.” rispose Zoro, prima di
lanciarsi all’attacco con tutta la sua furia.
Il colpo partì con una precisione millimetrica colpendo il
pieno l’uomo e lanciandolo lontano, definitivamente sconfitto.
“E tu, dimmi.. Vuoi fare tutte queste scene come il tuo
amico?” chiese il secondo ufficiale a Sanji, lo stesso che li
aveva imprigionati e che si era preso gioco di loro quando erano chiusi
in cella. Il cuoco lanciò un’occhiata al marine,
prima di parlare.
“Sai, è un po’ che non lo frequento ma
da quello che mi ricordo non parla mai per niente. Mi dispiace per tuo
fratello ma credo sia spacciato.” rispose Sanji, lanciando
lontano la sua sigaretta ormai finita. Pochi istanti dopo una caduta
rovinosa annunciava la definitiva sconfitta del primo ufficiale per
merito di Zoro.
“Brutto pirata, sei sfrontato. Ora ci penso io a farti
passare la voglia di provocare.” urlò
l’ufficiale, accecato dalla rabbia per la sconfitta del suo
gemello.
“Non fare così, consolati. Presto raggiungerai
anche tu il tuo adorato fratellino.” disse Sanji, prima di
sferrare un grosso calcio che gettò anche il secondo
ufficiale nel mondo dei sogni.
La marina era finalmente battuta ed il ricatto era finito. Tutti loro
erano finalmente liberi..
angolo dell'autrice:
innanzitutto, vi lascio il link di un posto fantastico. se vi piace one
piece non potete non andarci!
http://onepiecepirati.forumfree.it/
per
seconda cosa, sto per partire per le vacanze quindi credo che il
prossimo capitolo lo posterò a settembre. lo so che la cosa
non vi farà piacere ma vedetela in positivo, almeno non
lascio la storia a metà in un punto con troppa suspence!
infine, una chicca: alla fine della storia mancano quattro capitoli..
ladysaika: grazie milleee!
sono felice che ti piace il rapporto che lega zoro e rufy
perchè è quello a cui ho fatto più
attenzione e che ho curato di più. sono praticamente due
fratelli!
la biondina alla fine non muore, fa solo il bagnetto!
neko: grazie milleee!
tranquilla, ace sta bene.. si era solo perso. ok che in alcune storie
sono sadica, ma non posso mica far stare male tutti sennò
poi chi combatte?
bella l'idea dell'aspirapolvere, ma ci sono nel mondo di one piece? non
mi sembra di averne mai viste!
per quanto riguarda la possibile morte di rufy e lo sviluppo della
storia non posso dirti nulla, se non che nel forum che ho linkato ho
pubblicato la storia e scritto i titoli dei prossimi capitoli.
se sei tanto curiosa, prova a farci un salto. ;D
brando: grazie milleee!
eh si, adesso la situazione è paradossale. sono tutti sulla
nave, ma rufy sta male. tutti hanno ripreso a considerarlo il proprio
capitano, ma nessuno ci ha ancora parlato.
sarà divertente quando si sveglia.. se si sveglia! :D
saisai_girl: grazie milleee!
hai indovinato, zoro è come se fosse un altro fratello per
rufy.
dopo tutto, hanno passato gli ultimi sette anni insieme a prendersi
cura l'uno dell'altro mentre affrontavano la marina, gli ammiragli e la
flotta dei sette.
monkey_d_mary: grazie milleee!
sono felice di avere una fan così accanita ma mi spiace
costrinegerti ad interrompere le tue vacanze e le tue giornate di mare
per commentare! sei un tesoro!
spidi988: grazie duemilaaa!!!
che tenera che sei, ma tra quattro capitoli cosa fai?
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Capitolo 17 *** finalmente un po' di pace ***
CAPITOLO
15
FINALMENTE
UN PO’ DI PACE
Dopo che la marina era stata sconfitta Zoro si concesse di tirare un
sospiro di sollievo e di rilassarsi, seppure per qualche istante
solamente; finalmente l’incubo era finito. Quasi subito
però il pensiero del suo capitano, ferito e malmesso, lo
riscosse e lo riportò alla realtà. Sanji lo
fissava, silenzioso e nervoso. Non ci voleva certo un genio per capire
che il cuoco era in pensiero per quella testa vuota di Rufy. Anche Ace
era preoccupato, nonostante cercasse di nasconderlo scherzando con
Franky e con Jimbei che erano immersi in una conversazione decisamente
surreale per cercare di decidere chi dei due fosse più umano.
“Tutto bene, cuoco?” chiese Zoro, avvicinandosi al
compagno che stava riprendendo fiato. Sanji alzò la testa,
sorpreso da quella domanda. O meglio, sorpreso che lo spadaccino per
una volta si fosse rivolto a lui senza insulti o provocazioni come era
suo solito fare. Il loro rapporto da sempre era stato caratterizzato da
una sana competizione che li aveva sempre portati a migliorarsi per
superare l’altro. Litigavano, certo, combattevano tra loro e
si insultavano ma in fondo si volevano un gran bene ed erano anche
pronti ad aiutarsi in caso di reale bisogno. Il cuoco fissò
a lungo lo spadaccino, e per qualche istante valutò
l’ipotesi di iniziare lui l’ennesima lite, ma poi
accantonò quasi subito l’idea. Anche lui in fondo
era troppo stanco, a differenza di Franky e di Jimbei. Inoltre una
parte di lui era felice di aver rivisto Zoro, anche se non lo avrebbe
mai ammesso con il diretto interessato.
“Si, credo di si.” Rispose Sanji, accendendosi una
sigaretta. Sul volto di Zoro si disegnò un sorrisetto
strano, ma lui non disse nulla. Si trattava di uno di quei sorrisi
enigmatici che possono voler dire tutto e niente per i quali lo
spadaccino era famoso.
“Mi hai sorpreso, sai?” Aggiunse il cuoco, gli
occhi fissi sulla sigaretta che si rigirava tra le dita. Zoro
fissò per un po’ il compagno, poi si sciolse in un
sorriso vero.
“Anche tu, ma in fondo sei sempre il solito
idiota.” mormorò lo spadaccino a bassa voce.
Combattere a fianco del cuoco gli aveva ricordato le loro prime
battaglie, quando erano ancora dei principianti orgogliosi che
sfidavano il mondo per guadagnarsi il rispetto degli altri. Nonostante
non se lo fossero mai detti entrambi erano perfettamente a conoscenza
della stima che ognuno riponeva nell’altro. Zoro avrebbe
affidato tranquillamente la sua vita a Sanji, esattamente come avrebbe
fatto con Rufy, con Ace o con Jimbei e con chiunque altro dei suoi
compagni.
“È un male?” chiese Sanji, tranquillo e
decisamente meno nervoso rispetto a poco prima. La sconfitta della
marina aveva decisamente migliorato la situazione, ora restava solo da
sperare che Rufy si riprendesse in fretta.
“In fondo no, bentornato.” rispose Zoro, voltando
lo sguardo verso Ace che li aveva appena raggiunti.Il ragazzo con le
lentiggini non aveva sentito l’intera conversazione tra i due
ma erano bastate le ultime parole a rallegrarlo.
“Credo che Jimbei abbia trovato un amico.”
Commentò Ace sorridendo, strappando una risata sia a Zoro
che a Sanji. Poco lontano da loro, i due interessati erano ad un passo
dall’azzuffarsi; solo un miracolo avrebbe potuto riportare la
pace. I ragazzi rimasero per un po’ ad osservare la scena da
lontano, ben decisi a non intervenire.
“Rufy..” ricordò Zoro dopo qualche
istante, un‘espressione seria dipinta sul volto. Quasi fosse
una parola magica, Jimbei smise di discutere con Franky e si
voltò verso il trio, preoccupato.
“Ehi, Zoro.. Che fine ha fatto il mio amico Rufy? Non
è certo da lui saltare una battaglia contro la
marina.” Chiese Jimbei, guardandosi attorno alla ricerca del
ragazzo di gomma. All’inizio non ci aveva fatto caso, ma solo
ora si rendeva conto veramente della sua assenza. Tutti quanti,
compreso Franky, evitarono il suo sguardo. Il ricordo di Rufy steso a
letto, pallido ed inerme era ancora troppo vicino a loro.
“Non ti piacerà..” mormorò
Ace, preoccupato per la reazione dell’uomo pesce. Sia lui che
Zoro sapevano bene che quando si parlava di Rufy Jimbei finiva per dare
i numeri.Certo, per Rufy era normale farsi volere bene da tutti quelli
che aveva intorno ma con Jimbei era qualcosa di più
profondo. L’uomo pesce lo aveva preso sotto la sua ala
protettrice e lo considerava alla stregua di un cucciolo indifeso da
proteggere anche se di indifeso Rufy non aveva proprio nulla.
“È ferito.” spiegò Sanji,
aspirando l’ultimo tiro prima di lanciare lontano la
sigaretta. Non conosceva Jimbei ma le espressioni di Zoro e di Ace
lasciavano trasparire abbastanza chiaramente la paura che
l’uomo pesce di lasciasse andare in una scenata.
“Lo hanno ferito quei sudici marine? Come è
successo?” chiese Jimbei, frenetico e furioso. Il suo volto
diventò paonazzo per la rabbia ed i suoi pugni lividi tanto
che erano stretti.
“Niente del genere, stava già male da
Alabasta.” spiegò Zoro, telegrafico.
“Ed ha combattuto lo stesso?” chiese ancora Jimbei,
incredulo. Conosceva la pazzia e la testa dura del ragazzo di gomma, ma
non credeva potesse arrivare a tanto.
“Stiamo parlando di Rufy.” sospirò Ace,
rassegnato.
“Che idiota.” sbuffò Jimbei, preoccupato
per il ragazzo. La sua incoscienza sarebbe stata la sua rovina, glielo
aveva detto tante volte ma Rufy non voleva saperne di dargli retta.
Nonostante tutto continuava a fare di testa sua e a procurarsi ferite
anche gravi.
“Mai stato più d’accordo.”
concordò Ace. Per quando adorasse suo fratello sapeva bene
che a volte era un vero incosciente, specie quando si trattava di
rischiare la sua vita per salvare quella di qualcuno a cui teneva. Non
si contavano le volte che si era ridotto in fin di vita per proteggere
Zoro da qualche attacco a sorpresa. Ace, d’altra parte non
poteva certo rimproverarlo per questo suo modo di fare. Dopo tutto il
ragazzo con le lentiggini si sarebbe comportato allo stesso modo se in
gioco ci fosse stata la vita del suo adorato fratellino.
“Torniamo alla nave, vieni con noi?” chiese Zoro,
fissando attentamente il grosso uomo pesce, ancora immerso nei suoi
pensieri. La domanda era solamente una formalità dato che
Zoro conosceva bene quale sarebbe stata la risposta dell’uomo
pesce.
“No, credo che sia meglio che torni in superficie a
sorvegliare quei babbei. Tornate alla nave ed andatevene da qui, ci
penso io a creare un diversivo.” rispose Jimbei, pensieroso.
Zoro annuì, ed accarezzò le sue spade.
“Farai davvero questo per noi?” chiese Franky,
stupito dall’altruismo dimostrato da quel grosso bestione
megalomane.
“Non per voi, per Rufy. Ed anche per Ace e Zoro, ovvio, ma
non certo per una brutta copia di umano come te.”
precisò Jimbei, sapendo bene che le sue parole avrebbero
avuto il potere di provocare il cyborg.
“Come ti permetti, brutto pesce venuto male..”
ringhiò Franky, per nulla disposto a diventare lo zimbello
dei presenti. In risposta Jimbei scoppiò a ridere,
divertito. Quel Franky era decisamente un tipo in gamba, era divertente
discutere con lui.
“Calmo Franky, non è il caso di litigare
ora.” cercò di calmarlo Sanji, mentre si sforzava
di trattenerlo per impedirgli di arrivare alle mani con Jimbei.
“Da retta al biondino, sgorbio tecnologico.”
aggiunse l’uomo pesce, divertito.
“Dovrei stare buono a farmi insultare?”
ringhiò ancora Franky, perdendo del tutto la sua
già poca pazienza.
“Vedete di piantarla tutti e due, va bene?”
sbuffò Zoro, infastidito da tutte quelle urla. Alle parole
dello spadaccino sia il cyborg che l’uomo pesce smisero di
discutere e presero a ignorarsi, o almeno a provare a farlo con pessimi
risultati.
“Andiamo Ace.” aggiunse Zoro, incamminandosi per
tornare verso la nave.
“Jimbei, grazie di tutto.” ringraziò
Ace, sorridendo.
“È stato un piacere muovere un po’ le
mani, prendetevi cura di quella testa vuota e fatemi sapere come
sta.” rispose Jimbei, inclinando la testa di lato.
“Puoi contarci.” promise Zoro prima di sparire del
tutto dalla vista del grosso uomo pesce, seguito a breve distanza da
Sanji, Ace e Franky. Non ci volle molto per tornare alla nave,
nonostante il pessimo senso dell‘orientamento di Zoro
rischiò di farli perdere più di una volta.
Una volta a bordo i quattro scoprirono che nulla era cambiato se non
l’agitazione e la preoccupazione dei compagni che era
cresciuta in modo esponenziale e che stava per raggiungere livelli a
dir poco pericolosi. Le condizioni di Rufy, invece, erano rimaste
pressoché le stesse, ma Chopper aveva cominciato ad essere
ottimista. La renna si era convinta che la febbre stesse scendendo e
che presto il capitano si sarebbe ripreso e avrebbe ripreso a
comportarsi come suo solito. Bastò quella flebile speranza,
unita alla notizia che la marina non costituiva più un
problema, a risollevare il morale dei compagni. Franky e Usop proposero
anche di organizzare una festa ma vennero quasi fulminati dalle
occhiate minacciose di Chopper, Nami e Zoro. Alla fine il gruppo
raggiunse un compromesso: una piccola festa, con i superbi manicaretti
di Sanji ed un po’ di musica, ma senza esagerare per non
essere di troppo disturbo a Rufy. Il ragazzo, nonostante il baccano
rimase profondamente addormentato. Usop provò anche a
sventolargli un grosso cosciotto di carne sotto al naso ma non ci fu
nessuna reazione. Ci volle quasi una settimana prima che Rufy aprisse
gli occhi, sussultando appena alla vista di Chopper. Il ragazzo aveva
ricordi sfuocati di quello che era successo poco prima che svenisse, ma
decisamente non si aspettava che la piccola renna si prendesse cura di
lui. Credeva che alla fine l’odio ed il risentimento
avrebbero prevalso. Chopper da parte sua era decisamente imbarazzato.
Si trovava di fronte il suo vecchio capitano dopo sette anni e dopo
aver scoperto che lui non li aveva mai abbandonati sul serio.
Nonostante l’odio che loro provavano per lui, aveva lo stesso
combattuto per salvarli fino quasi a lasciarci le penne. La piccola
renna rimase in silenzio e prese a cambiare le bende al capitano
cercando di evitare il suo sguardo. In seguito, però,
imparò a sue spese che tenere a bada il Re dei Pirati era
tutto tranne che semplice, specialmente quando questi si voleva alzare
dal letto contro il parere del suo medico.
Dopo tre giorni dal suo risveglio e dopo dieci giorni dal combattimento
di Sanji e Zoro contro i due ufficiali, Rufy si era quasi del tutto
ripreso nonostante Chopper insistesse perché si riposasse e
stesse a letto. Rufy aveva protestato rumorosamente, ma aveva finito
con il dare retta al dottore a condizione però che Ace gli
facesse spesso compagnia. Nei quattro giorni che avevano seguito il suo
risveglio Rufy infatti non aveva ricevuto molte visite e non aveva
ancora avuto occasione per parlare con i suoi compagni a causa
dell’isolamento forzato a cui lo costringeva la piccola
renna. Era anche vero che nessuno dei suoi compagni aveva provato ad
avvicinarsi al suo letto dopo che si era svegliato, forse per paura che
il capitano li allontanasse o che non volesse vederli. Rufy li poteva
capire; dopo tutti quegli anni era normale che tra loro ci fosse
imbarazzo e silenzio. Per la prima volta in vita sua il capitano non
sapeva cosa dire. Certo, era felice che i suoi compagni fossero di
nuovo sulla sua nave ma non poteva certo costringerli con la forza a
rimanere; doveva essere una loro scelta in fondo. L’unica
cosa di cui era certo era che questa volta non li avrebbe allontanati
ma si sarebbe rimesso completamente al loro volere. Zoro aveva passato
molto tempo con lui, parlando del più e del meno ma senza
toccare l’argomento. Lo spadaccino sapeva che cosa tormentava
il suo amico e aveva deciso di non infierire. Sapeva che alla fine Rufy
sarebbe arrivato da solo a capire quale fosse la decisione giusta. Ace
non era dello stesso parere, ma aveva promesso a Zoro che non avrebbe
turbato il fratellino con quei discorsi fino che questi non si fosse
alzato dal letto.
Il pomeriggio dell’undicesimo giorno, Rufy aveva deciso di
porre finalmente fine alla sua lunga prigionia; si era liberato
facilmente delle funi che lo legavano al letto ed aveva raggiunto il
fratello ed il suo migliore amico sul ponte. I due ragazzi,
all’inizio sorpresi dalla comparsa del ragazzo di gomma,
avevano protestato ma poi si erano arresi alla testardaggine di Rufy e
avevano lasciato che facesse quello che voleva senza mai perderlo di
vista. Entusiasta per la libertà appena conquistata, Rufy
iniziò a ridere coinvolgendo anche i due amici ed attirando
anche l’attenzione di Robin, che fece capolino cercando di
non dare troppo nell’occhio.
“Wow, l’acqua è magnifica
Ace.” urlò Rufy, al settimo cielo mentre fissava
l‘orizzonte. Dopo più di dieci giorni passati
costretto a letto era stupendo poter assaporare di nuovo il sole, il
mare e la brezza che soffiava da est.
“Lo vedo.” rispose il ragazzo con le lentiggini,
sorridendo. Senza perdere ulteriore tempo Rufy si tuffò in
acqua, seguito quasi subito da Zoro.
“Che succede?” chiese Robin, guardandosi intorno
confusa dal gesto del ragazzo di gomma.
“Zoro, non perderlo di vista. Chopper dice che è
ancora convalescente.” disse Ace, preoccupato per il
fratellino che sguazzava felice intorno alla nave, senza preoccuparsi
troppo delle sue condizioni di salute.
“Non è pericoloso per Rufy?” chiese
Robin, guardando il ragazzo con le lentiggini con fare interrogativo.
Ace scosse energicamente la testa sorridendo, senza mai staccare lo
sguardo dal fratello.
“Dai Robin, vieni in acqua invece di stare lassù a
preoccuparti.” urlò Rufy, sbracciandosi per
attirare l’attenzione della ragazza. Lo sguardo di Robin si
soffermò per un po’ sulle bende che ancora
fasciavano il corpo del ragazzo, preoccupata.
“Ma io non so nuotare. Neanche tu a dire il vero..”
disse Robin, pensierosa. Rufy era in acqua e nuotava tranquillo, del
tutto a suo agio. Persino Zoro, a pochi metri da lui, non sembrava
turbato.
“Ace, pensi tu alla nave?” chiese Rufy, divertito
da quella situazione.
“Tranquillo, lascia fare a me.” lo
rassicurò il fratello maggiore, sfilandosi un bracciale dal
polso e facendolo indossare ad una perplessa Robin. La ragazza alla
fine decise di fidarsi di Rufy e si tuffò in acqua, sperando
che se qualcosa fosse andato male Zoro riuscisse a salvarla in tempo.
Contrariamente alle sue aspettative, una volta a contatto con
l’acqua il suo corpo non andò a fondo ma prese
inaspettatamente a galleggiare.
“Ma cosa..” mormorò Robin, confusa.
Dopo qualche istante sentì le braccia di Rufy cingerle
dolcemente la vita e vide comparire il volto sorridente del capitano.
“Prova a rilassarti.” gli sussurrò Rufy
all’orecchio. La ragazza, colpita dallo sguardo del ragazzo
di gomma, fece come aveva detto lui.
“Sto a galla!” esclamò
l’archeologa, sorpresa.
“Visto?” chiese Zoro, divertito per
l’espressione dipinta sul volto della ragazza.
“Laggiù c’è una baia nascosta
ed il mare è bellissimo. Forse c’è
anche qualche delfino. Che dite, andiamo?” propose Rufy,
pieno di entusiasmo. Senza aspettare una risposta il capitano
iniziò a nuotare in quella direzione. Zoro e Robin si
guardarono, perplessi, poi scoppiarono a ridere e seguirono il ragazzo
di gomma. Robin fissò per un po’ i due ragazzi e
gli sembrò di essere tornata indietro nel tempo. Certo, ora
Rufy era più maturo, ma nel profondo rimaneva lo stesso
bambino ingenuo che l’aveva aiutata a riprendere a vivere.
“E la nave? Qualcuno dovrebbe rimanere.”
mormorò Robin, preoccupata, una volta raggiunto Rufy.
“Resta Ace, ti veniamo a prendere e ci facciamo un giro dopo.
Va bene?” chiese Rufy, rivolgendosi al fratello che li
fissava appoggiato alla balaustra della nave.
“Occhio alla marina.” annuì il ragazzo
con le lentiggini, mettendosi comodo.
“Uffa, mica staranno sempre a cercare noi..”
sbuffò Zoro, seccato. Nell’ultimo mese aveva
affrontato la marina così tante volte da averne abbastanza
per almeno un mese.
Robin seguì Rufy e Zoro fino alla baia. Sembrava che i due
ragazzi conoscessero quel tratto di mare alla perfezione, quasi non
fosse la prima volta che ci venivano a nuotare.
“Rufy, come è possibile? Voglio dire, io e te
abbiamo mangiato i frutti del mare. In teoria non possiamo nuotare ed
invece ora sono in acqua e non mi sento nemmeno debole.”
chiese Robin, confusa, sforzandosi di seguire il ragazzo di gomma.
Quella situazione era decisamente surreale: lei e Rufy che facevano il
bagno insieme e nuotavano tranquillamente senza il rischio di affogare.
Certo, c’era anche Zoro, ma per lui non c’era nulla
di strano nel fare un bagno nel mare.
“Il bracciale.” rispose Rufy, sorridendo, indicando
il proprio polso. La ragazza fissò perplessa il capitano,
prima di capire.
“Questo dici? Me lo ha messo Ace prima.. Aspetta, anche tu ne
hai uno.” esclamò la ragazza, notando solo in quel
momento il bracciale identico a quello che le aveva dato Ace poco prima.
“Vengono dall’isola nel cielo. È
un’invenzione del vecchio.” spiegò Rufy,
lasciandosi trasportare per un po’ dalla corrente.
“Il padre di Konis?” chiese Robin, aggrottando
appena un sopracciglio. La ragazza non capiva cosa poteva centrare il
vecchio inventore con quei braccialetti dal potere portentoso.
“Proprio lui.” annuì Rufy, sorridendo.
“Come funzionano esattamente?” chiese Robin,
curiosa. Non aveva mai sentito parlare di braccialetti con quel potere.
Decisamente si trattava di una cosa nuova per lei.
“In pratica consentono a chi li indossa di non bagnarsi
quando entra in contatto con l’acqua.”
spiegò Zoro, con tono pratico.
“Geniale, ma perché nessuno li conosce?”
chiese Robin, stupita. Dopo tutto si trattava di
un’invenzione geniale.
“Beh, sull’isola nel cielo nessuno ha apprezzato
l’idea del vecchio. Tutti lo hanno preso per pazzo e
così non ne ha fatti altri.” spiegò
Rufy, alzando gli occhi al cielo. Era stata Konis a parlare loro dei
braccialetti, il padre era troppo depresso e deluso per affrontare
l’argomento. Nessuno dei suoi concittadini aveva capito la
sua idea e lo avevano bollato come pazzo. Solamente Rufy e Zoro erano
riusciti ad intravedere il potenziale nascosto
dell’invenzione del vecchio.
“Non capisco.” sospirò Robin, confusa,
cercando con lo sguardo i due ragazzi.
“Di solito se decidi di entrare in acqua vuoi
bagnarti..” mormorò Zoro, sospirando. Robin
improvvisamente capì: se non hai mangiato un frutto del
mare, il braccialetto è inutile.
“Nessuno aveva pensato a coloro che avevano mangiato i frutti
del mare. Ne esistono solo due al mondo di quei braccialetti, il mio e
quello di Ace.” continuò a spiegare Rufy.
“È incredibile!” esclamò
Robin, sorpresa, fissando incredula lo strano braccialetto. Forse
Franky sarebbe stato in grado di crearne uno simile per lei.
I tre ragazzi nuotarono per quasi un ora. Rufy si era intestardito a
voler seguire un delfino e Zoro era deciso a non perderlo di vista,
preoccupato all’idea che si cacciasse in qualche guaio o che
le ferite gli dessero ancora problemi. Robin li guardava, da lontano,
divertita. Sembravano davvero affiatati, e forse ne era anche un
po’ gelosa.
“Sono distrutta, credo che tornerò sulla
nave.” dichiarò la ragazza dopo un po’,
tornando verso la Sunny.
Zoro e Rufy, annuirono prima di tornare all’inseguimento di
delfini. Ace aiutò Robin a tornare a bordo, prima di
tuffarsi per raggiungere i due amici rimasti in acqua. La ragazza lo
ringraziò e gli restituì il bracciale, tornando
dagli amici che stavano facendo uno spuntino nella sala da pranzo. Non
appena Robin varcò la soglia venne subito accolta dai
complimenti del cuoco.
“Robin, angelo mio, dove eri finita?” chiese Sanji,
gongolando come sempre alla vista di una bella donna.
“Stavo facendo una nuotata.” rispose Robin,
sorridendo. I complimenti del cuoco erano in grado di rendere felice
qualsiasi donna.
“Sorellona, tu non sai nuotare.” esclamò
Nami, accigliata, assaggiando il gelato che Sanji aveva preparato per
lei.
“Lo credevo anche io, invece..” sospirò
l’archeologa, lasciando in sospeso la frase prima di
lasciarsi cadere su una sedia. Prima che qualcuno dei compagni potesse
fare domande una specie di ciclone irruppe nella stanza.
“È terribile!” urlò Chopper,
facendo sobbalzare tutti i presenti, stupiti dall‘espressione
sconvolta del dottore.
“Che è successo Chopper?” chiese Franky,
disturbato da tutta quella confusione.
“Rufy è sparito, non è nella sua
stanza.” spiegò Chopper, guardandosi intorno
preoccupato. A quelle parole i ragazzi si guardarono a loro volta
intorno, frenetici, quasi si aspettassero di trovare Rufy svenuto da
qualche parte; solo Robin era tranquilla.
“Anche Zoro ed Ace non sono sulla nave.”
constatò Usop, preoccupato, guardandosi meglio intorno.
“Robin, perché ridi?” chiese Nami,
fissando accigliata la compagna che sorrideva della preoccupazione dei
compagni.
“Tranquilli, sono in acqua.” spiegò
l’archeologa, fissando con interesse le facce confuse dei
suoi compagni.
“Rufy sta male, è convalescente e non sa
nuotare!” esclamò Chopper, precipitandosi fuori
per verificare di persona la situazione. Quando la piccola renna vide
che Robin aveva ragione imprecò ad alta voce e promise che
avrebbe sgridato Zoro più tardi.
Nel frattempo Ace, una volta indossato nuovamente il bracciale, aveva
raggiunto il fratello e l’amico. I due ragazzi erano ancora
alle prese con il delfino, che però non aveva la minima
intenzione di farsi prendere da Rufy. Anzi, sembrava decisamente
intenzionato a prendersi gioco del Re dei Pirati.
“Ehi fratellone, Robin sta bene?” chiese Rufy,
decidendo finalmente di lasciare perdere il delfino.
“Si, era contenta della nuotata. Mi ha detto che erano anni
che desiderava entrare in acqua senza dover dipendere da qualcuno per
essere salvata.” rispose Ace, sorridendo.
“Sono contento.” disse Rufy, allargando le braccia
e lasciandosi trasportare per un po’ dalla corrente.
“Sei in acqua da tanto, dovresti uscire.”
mormorò Zoro, fissando preoccupato l‘amico. Certo,
Rufy aveva il braccialetto, ma era comunque convalescente e soprattutto
era sfuggito dall’infermeria senza avvertire Chopper. Zoro si
trovò a pensare che probabilmente a quell’ora la
piccola renna aveva già scoperto l’assenza di Rufy
e stava sicuramente dando di matto.
“Sto bene, mi sono ripreso.” protestò
Rufy, testardo. Zoro lo guardò per un po’,
attento.
“Lo so, ma Chopper pensa il contrario ed è lui il
medico.” ricordò Zoro, severo. Lo spadaccino
conosceva bene i formidabili tempi di recupero di Rufy, ma sapeva anche
che era comunque meglio essere prudenti e non sfidare la sorte.
Inoltre, se fosse successo qualcosa a Rufy Chopper se la sarebbe
sicuramente presa con lui.
“Chopper è come voi due, si preoccupa
troppo.” brontolò Rufy, assumendo
un’aria triste ed imbronciata che lo faceva apparire
più buffo del solito. Il ragazzo di gomma odiava che gli
altri si preoccupavano per lui, specie le persone a cui teneva di
più.
“Con una testa vuota come te, fa benissimo.”
scherzò Zoro, schizzando dell‘acqua in faccia al
suo capitano.
“Sei peggio di mia madre.” sbuffò Rufy,
alzando gli occhi al cielo.
“Credo ti stia paragonando ad un brigante di
montagna..” commentò Ace, ironico, intromettendosi
nella discussione dei due amici.
“Beh, Dadan è una donna eccezionale. Ha cresciuto
e sopportato voi due.” esclamò Zoro, scoppiando a
ridere. Alle volte lo spadaccino si ritrovava a pensare a quella povera
donna e concludeva che doveva essere una specie di figura mitica, quasi
una santa.
“E Sabo, non ti dimenticare Sabo..” disse Ace,
scoppiando anche lui a ridere.
“Santa donna.” esclamò Zoro, alzando gli
occhi al cielo.
“Non proprio, è una iena.”
precisò Rufy, impallidendo al ricordo della donna. Le voleva
un mondo di bene, certo, ma non si poteva certo dire che Daban avesse
un forte istinto materno. Anzi, era tutto il contrario.
“Si fa rispettare.” lo corresse Zoro, ridendo. Dopo
tutto, con due tipi come Ace e Rufy essere severi era il minimo.
Inoltre i due non parevano avere risentito degli strambi atteggiamenti
della donna. Non più di tanto, almeno.
“Che pensi di fare con gli altri?” chiese Ace,
diventando serio e cambiando argomento all’improvviso. Rufy
alzò nuovamente gli occhi al cielo e sospirò,
rassegnato. Sapeva che prima o poi suo fratello avrebbe tirato fuori
quel discorso, ma sperava di poter rimandare la discussione ancora per
un po’.
“In proposito a che?” mormorò Rufy,
fingendo di non capire.
“Odio quando fai finta di non capire.”
sbuffò il fratello maggiore.
“E io odio le conversazioni che finiscono sempre sullo stesso
punto. Sono setti anni che parliamo delle stesse cose. Sei
noioso.” ribatté Rufy, alzando gli occhi al cielo.
Se fossero stati in un bar o sulla nave il ragazzo di gomma se ne
sarebbe andato, magari sbattendo la porta, ma erano in mezzo al mare e
Rufy non poteva fare altro che rimanere lì ad ascoltare le
idee del fratello maggiore.
“E tu un idiota, il più grosso idiota che
conosco.” decretò Zoro rivolto a Rufy, mettendo
così fine alla disputa tra i due fratelli. Il capitano si
voltò verso il suo primo ufficiale, stupito e al tempo
stesso ferito da quelle parole e dalla decisione con cui erano state
pronunciate dallo spadaccino.
“Se io sono idiota, tu sei più idiota di me
perché sei il mio primo ufficiale.”
ribatté Rufy, convinto. Zoro sembrò riflettere un
po’ sulle parole dell’amico.
“Mmm, credo tu abbia ragione!” decretò
alla fine, scoppiando a ridere.
“Se posso permettermi, ultimamente ci sono state delle grosse
novità.” continuò Ace, deciso ad
arrivare alla fine di quel discorso. Rufy sospirò ancora,
seccato.
“Non così grosse. Certo, hanno scoperto tutto, ma
per me non cambia nulla..” mormorò Rufy, fissando
l’orizzonte davanti a sé.
“Non gli vuoi chiedere di tornare?” chiese Zoro,
per nulla sorpreso. Dopo tutti quegli anni aveva imparato a leggere
nella mente del suo capitano e riusciva quasi sempre a capire le
intenzioni del suo amico.
“Non sarebbe giusto. Potrebbero avere i loro progetti, dopo
tutto navigavano insieme prima di essere catturati dalla
marina.” mormorò Rufy, triste. Il capitano si
rendeva perfettamente conto che quella era la migliore occasione per
chiedere loro di tornare, ma si rendeva anche conto che non poteva
stravolgere di nuovo le loro vite ed i loro progetti. Sarebbe stato
egoista da parte sua.
“Si, ma..” provò ad interromperlo Ace,
subito interrotto da un gesto del fratello.
“Non mi fraintendere, sono felice che sappiano tutto. Gli
voglio bene e so che anche loro me ne vogliono. Questa nave
è casa loro e possono stare quanto vogliono. Tuttavia, non
devo essere io a chiedere loro di tornare. Se davvero vogliono farlo,
devono essere loro a venire da me. Non voglio costringerli a scegliere,
non è giusto.” concluse Rufy, abbozzando un
sorriso triste.
“Non ti capisco.” sbuffò Ace, scuotendo
la testa. Rufy voleva che la sua ciurma tornasse e la sua ciurma non
vedeva l’ora di tornare a navigare sulla Sunny.
L’unico problema era l’orgoglio, la testardaggine e
l’incapacità di capirsi.
“Deve essere una loro scelta, tutto qui.”
spiegò meglio Zoro.
“Continuo a non capirvi.” mormorò Ace,
sospirando. La testardaggine del fratello e la dedizione del suo primo
ufficiale non avevano limiti. Certo, a volte li ammirava per questo ma
altre, e questa era decisamente una di queste, li considerava
semplicemente due folli.
“Non è necessario, questa è la mia
ultima parola.” decretò Rufy, allontanandosi dai
due ragazzi e tornando verso la nave.
“Che testa vuota.” sbuffò Ace,
arrabbiato.
“Ha ragione, lui vuole solo il loro bene.”
mormorò Zoro prima di seguire il suo capitano.
Non appena il trio tornò sulla nave venne accolto dalle urla
di Chopper, indirizzate soprattutto a Zoro.
“Zoro, sei un incosciente!” lo apostrofò
la piccola renna, controllando freneticamente che le ferite di Rufy non
si fossero riaperte. Il ragazzo di gomma lo lasciò fare,
senza provare nemmeno ad opporsi.
“E tu sei noioso, tanto noioso.” sbuffò
lo spadaccino, dirigendosi verso la sala da pranzo.
“Basta voi due, non era pronto uno spuntino?”
chiese Ace, cercando di mettere pace tra i due. Nel frattempo Rufy,
dietro indicazione di Chopper, era andato a cambiarsi nella sua cabina
per indossare dei vestiti asciutti.
“Aspettiamo anche Rufy, visto che sta bene può
mangiare con noi.” propose Robin.
“Non sta bene, è debole e deve stare a
riposo.” obiettò Chopper, preoccupato.
“Beh, visto che è in grado di nuotare
può anche mangiare con noi.” mormorò
Zoro, alzando le spalle.
“Credo di si..” sospirò alla fine
Chopper, arrendendosi.
“Eccolo.” disse Usop, ansioso. I ragazzi si
voltarono verso di lui, impazienti ed incerti sul cosa dire e su come
comportarsi con lui.
“Ehi fratellino, stavamo aspettando te. Ha cucinato Sanji,
guarda quante delizie.” esclamò Ace, entusiasta,
indicando il delizioso budino che campeggiava sul tavolo.
“Sembra tutto buonissimo. Solo, non ho fame.”
mormorò il capitano, sorprendendo tutti i presenti, specie
il cuoco.
“Sicuro di stare bene?” chiese Sanji, preoccupato.
Da quando lo conosceva Rufy non aveva mai avanzato qualcosa che era
stato preparato da lui, nemmeno quando stava male.
“Si, certo. Sono solo un po’ stanco, vado a
sdraiarmi un po’ di là.”
ribatté il ragazzo, lasciando la stanza senza aggiungere
altro.
“Sono preoccupato, che diamine gli è preso? Rufy
ha sempre adorato la mia cucina.” chiese Sanji, guardandosi
intorno alla ricerca di risposte ed incontrando lo sguardo concentrato
di Zoro. Lo spadaccino alzò le spalle e si mise a mangiare
come se nulla fosse successo.
“Lascialo perdere, quando gli verrà fame
mangerà.” decretò Zoro. Gli altri lo
guardavano stupiti; era la prima volta che lo spadaccino non inseguiva
il suo capitano per accertarsi che stesse veramente bene.
“Dovresti parlargli.” mormorò Ace dopo
un po’, serio. Zoro sospirò.
“Non guardarmi così, sono affari suoi.”
rispose lo spadaccino, indifferente.
“Zoro..” lo richiamò il ragazzo con le
lentiggini. Nella sua voce non c’era la minima traccia di
rimprovero.
“Andiamo Ace, è un idiota!”
esclamò Zoro, deciso. Le parole del ragazzo sorpresero
tutti, specialmente Robin.
“Smetti di discutere e vai a parlarci.”
ordinò Ace, severo.
Zoro si arrese, si alzò da tavola e lasciò la
stanza per tornare quasi subito. I ragazzi erano confusi da quella
strana conversazione tra i due, ma non fecero domande fino a che Zoro
non ritornò nella stanza.
“Allora?” chiese Nami, preoccupata. Non sapeva cosa
fosse successo da dalle reazioni di Ace, Rufy e Zoro doveva essere
qualcosa di grave.
“Sei tornato troppo presto.” commentò
Ace, severo. Lo spadaccino sospirò ed alzò gli
occhi al soffitto.
“Stava dormendo, gli parlo più tardi.”
spiegò Zoro, riprendendo a mangiare come se nulla fosse
successo.
I ragazzi continuarono a mangiare, ma la quiete non durò a
lungo. Non appena i ragazzi si alzarono da tavola ed uscirono sul ponte
si resero conto che c’era qualcosa che non andava.
“Franky, Brook, secondo voi è normale che ci siano
tanti squali qui intorno?” chiese Usop, guardandosi intorno
preoccupato.
“Squali dici? Accidenti, hai ragione.”
esclamò Franky, allarmato.
“Caspita, sono tantissimi.” concordò
Chopper, voltandosi verso Ace per chiedere un suo parere. Il ragazzo
con le lentiggini lanciò un’occhiata distratta al
mare ed intuì subito cosa stava succedendo.
“Uffa, che noia. Zoro, vieni sul ponte.”
chiamò Ace, sbadigliando; il ragazzo si era appena ripreso
da uno dei suoi attacchi di narcolessia.
“Che c’è?” chiese lo
spadaccino, seccato per essere stato interrotto durante il suo
allenamento quotidiano al quale aveva deciso di dedicarsi subito dopo
lo spuntino.
“Squali.” rispose Ace, telegrafico. Lo spadaccino
guardò e capì.
“Ancora? Non ci vogliono proprio lasciare in pace.”
disse Zoro, infastidito, andando a cercare il proprio capitano. Gli
altri ragazzi si guardarono, straniti da quelle parole.
“A quanto pare, No.” sospirò Ace,
mettendosi seduto.
Rufy comparve poco dopo, seguito a breve distanza da Zoro. I due
sembravano ancora distanti, proprio come poco prima nella sala da
pranzo.
“Ma cosa..” cominciò Nami, seccata da
tutti quei misteri.
“Uno di loro è un uomo pesce, credo..”
spiegò Rufy, guardando attentamente gli animali radunati
sotto la nave.
“Credi?” chiese Franky, accigliato.
“Di solito Jimbei fa così per mandarci notizie.
Manda un uomo pesce in mezzo ad un branco di squali.”
spiegò Rufy, alzando le spalle.
“Si, ma che vuole Jimbei da te?” chiese Sanji,
stranito.
“Di solito ci avvisa degli spostamenti della
marina.” rispose Zoro, preoccupato. La maggior parte delle
volte le notizie di Jimbei non erano mai buone.
“Quindi il fatto che ci sia quel branco di squali che gira
intorno alla nave può voler dire che la marina ci segue
ancora?” tirò ad indovinare Usop, spaventato.
“Potrebbe.” rispose Ace, tranquillo come suo
solito. L’idea di un ulteriore scontro con la marina non lo
spaventava, ma lo eccitava. Sarebbe stata una perfetta occasione per
muovere le mani dopo dieci giorni di calma.
Improvvisamente Rufy notò uno squalo diverso dagli altri e
lo indicò a Zoro che si tuffò in mare per avere
notizie da Jimbei. Nami, vedendo il ragazzo tuffarsi in acqua
lanciò un urlo mentre Sanji era già pronto a
buttarsi in acqua per aiutarlo. Gli unici completamente calmi, come al
solito erano Rufy, Ace e stranamente anche Robin.
Dopo qualche minuto Zoro riemerse senza bisogno che qualcuno lo
aiutasse, ancora tutto intero,si arrampicò sulla nave e si
lasciò cadere seduto con la schiena appoggiata alla
balaustra della nave.
“Allora?” chiese Rufy, impaziente.
“Tutto tranquillo.” rispose Zoro, pacato. Bastarono
quelle parole per calmare Rufy; se Zoro diceva che non c’era
nulla da temere allora c’era da credergli.
“Ci ha fatto quasi venire un infarto per dire che
è tutto tranquillo e che la marina non ci segue?”
chiese Nami, stupita ed arrabbiata allo stesso tempo.
“Beh, No. Jimbei ha anche detto che Smoker ha degradato i due
ufficiali gemelli.” aggiunse Zoro, sorridendo. Rufy non
riuscì a trattenere un sorriso soddisfatto. La furia
dell’ammiraglio Smoker doveva essere stata uno spettacolo
fantastico.
“I due idioti?” chiese Ace, divertito.
“Si, proprio loro. Era veramente arrabbiato, gli urlato che
erano la feccia della marina e che preferiva cento volte noi due a
loro.” aggiunse Zoro, sorridendo.
“Oh mamma, così il vecchio fumoso mi fa
commuovere.” commentò Rufy, tra le risate.
La notizia che la marina aveva finalmente deciso di lasciarli in pace
tranquillizzò non poco i ragazzi, che in breve tempo
tornarono a dedicarsi alle loro solite attività.
“Posso parlarti un secondo?” chiese Zoro a Rufy,
dopo che tutti si furono allontanati.
“Certo..” rispose Rufy, studiando a fondo
l’espressione di Zoro. Sembrava che qualcosa preoccupasse sul
serio lo spadaccino.
“Mi dispiace averti dato dell‘idiota oggi. Avevi
ragione tu, ma io ero preoccupato per te. So quanto tu li rivoglia
nella ciurma.” mormorò Zoro a testa bassa.
Nonostante si conoscessero da tanto allo spadaccino riusciva sempre
difficile confidarsi con qualcuno, anche se questo qualcuno era il suo
migliore amico.
“Si, ma deve essere una loro scelta. Capisci?”
sospirò Rufy, serio. Zoro fissò attentamente gli
occhi del suo capitano, prima di annuire piano.
“Credo di si. Adesso vai a mangiare qualcosa sennò
a Sanji viene una crisi nervosa.” suggerì Zoro,
scompigliando i capelli del suo capitano con un gesto affettuoso.
“Va bene, mi è venuta una fame
terribile.” ammise Rufy, ridendo.
Sanji non si stupì affatto quando si trovò di
fronte il suo vecchio capitano, più affamato che mai. Non
fece commenti e si limitò a servirgli quello che aveva
preparato per lui, sollevato che il ragazzo apprezzasse ancora la sua
cucina. Sanji aveva mille domande che gli giravano in testa, ma
finì col non farne nessuna.
Dopo mangiato Rufy ringraziò il cuoco e sparì
nella sua cabina, senza più farsi vedere fino
all’ora di cena.
La tensione quella sera era palpabile: dopo sette anni erano seduti
intorno ad un tavolo, insieme. Finalmente sarebbe stata la buona
occasione per parlare con Rufy. Nessuno però, sapeva come
rompere il ghiaccio. Ace e Zoro continuavano a scambiarsi occhiate
sconsolate, sperando che qualcuno prendesse l’iniziativa. Di
comune accordo avevano deciso di tenersi fuori da quella discussione.
“Quindi, che succede ora?” chiese alla fine Rufy,
attirando su di sé gli sguardi di tutti i presenti.
“Di che parli?” chiese Usop, confuso. Non si
aspettava che Rufy centrasse subito il punto saliente del discorso,
senza prima girarci un po’ intorno.
“Beh, il babbeo vi ha catturati perché avete preso
il mare insieme. Stavate andando da qualche parte, immagino.”
spiegò Rufy, girando nervosamente il cucchiaio nel piatto di
minestra. Aveva paura di quello che avrebbero potuto dire ma allo
stesso tempo era cosciente che quella conversazione non poteva
più essere rimandata.
“Beh si, noi..” iniziò Nami,
imbarazzata, cercando lo sguardo dei compagni perché le
venissimo in aiuto.
“Perfetto, dove volete che vi lasciamo?” chiese
Rufy, anticipando le parole della ragazza. Infastidito da quello che
aveva appena sentito Ace si alzò da tavola, deciso ad
allontanarsi per fare un giro. Lo strano comportamento del ragazzo,
tuttavia, non sfuggì a Zoro e a Rufy.
“Ecco, noi non abbiamo più una nave..”
buttò lì Franky, cercando di prendere tempo.
“Potremmo andare a Water Seven, sono abbastanza sicuro che la
Galley Company ve ne darà una.” disse Rufy, deciso.
“Si, ma noi..” provò ad obiettare Usop,
cercando il coraggio di dirgli che voleva tornare a fare parte della
sua ciurma.
“Bene, è deciso. Zoro, si fa rotta su Water Seven.
Vado di sopra da Ace.” esclamò Rufy, alzandosi da
tavola per raggiungere Ace che aveva lasciato la stanza non appena era
iniziata la conversazione tra Rufy e Nami. Il ragazzo con le lentiggini
non poteva fare a meno di pensare che erano tutti un mucchio di babbei;
era da sette anni che non parlavano con il loro vecchio capitano ed
invece di dire che volevano seguirlo esitavano. Senza contare la
stupidità di Rufy, incapace di capire i sentimenti dei suoi
compagni e di lasciargli il tempo necessario. Erano decisamente
masochisti; sembrava che a tutti loro piacesse da matti soffrire. I
ragazzi lasciarono la stanza poco dopo Rufy, delusi. Avevano perso la
loro grande occasione. Ora dovevano solo sperare di trovarne
un’altra prima di arrivare a Water Seven.
La fortuna, tuttavia, non era dalla loro parte; il pomeriggio
successivo infatti avvistarono terra.
“Terra in vista.” urlò Zoro, secco.
“Davvero?” chiese Usop, sorpreso, guardando di che
isola si trattasse. Non appena la riconobbe sbiancò.
“Si, quella è water seven!”
balbettò il cecchino.
La notizia gelò tutti quanti. Rufy, allegro come sempre
quanto veniva avvistata terra, si precipitò dal fratello per
dare la notizia lasciando Zoro sul ponte insieme agli altri.
“Se volete un mio consiglio, dovreste parlare
chiaro.” mormorò Zoro. Alla fine si era deciso a
dire la sua, anche se sapeva che avrebbe dovuto risponderne a Rufy.
“Che stai dicendo, brutta testa verde?” chiese
Sanji, furente.
“Ascolta bene, idiota, dovete schiarirvi le idee. Dove
stavate andando prima di essere catturati dalla marina?”
chiese Zoro, deciso. Le parole dello spadaccino costrinsero tutti a
fermarsi a pensare per qualche istante.
“Ci siamo ritrovati per caso dopo tanti anni, al Baratie.
Nami e Robin avevano proposto di cercare un tesoro ed io, Usop e Sanji
le abbiamo seguite.” cominciò a raccontare Franky,
grattandosi la testa.
“Già, poi hanno incontrato me e poi anche
Chopper.” aggiunse Brook, giocherellando con il suo bastone
come faceva sempre quando era nervoso.
“Quindi stavate cercando un tesoro prima che vi
catturassero?” chiese Zoro, interessato.
“L’idea era quella. Anzi, a dire il vero credo che
l’idea principale fosse tornare a navigare tutti
insieme.” disse Robin, dopo averci riflettuto un
po‘ su.
“Esclusi me e Rufy, immagino.” commentò
Zoro, divertito.
“No, più che altro escluso Rufy.”
precisò Nami. Quelle parole stupirono lo spadaccino; davvero
pensavano che lui avrebbe lasciato solo il suo capitano?
“Quando ci siamo ritrovati non sapevamo che tu fossi con
Rufy, lo abbiamo scoperto dopo.” spiegò meglio
Usop, imbarazzato.
“E a quel punto ci avete etichettato entrambi come traditori,
giusto?” chiese Zoro.
“Mettiti nei nostri panni, che dovevamo pensare?”
mormorò Sanji, sbuffando.
“Vuoi davvero una risposta? Domandò Zoro, ironico,
fissando il cuoco dritto negli occhi.
“Non c’è n’è
bisogno.” ringhiò il cuoco a denti stretti. Odiava
ammetterlo con se stesso, ma questa volta Zoro aveva davvero ragione.
“Ad ogni modo, ad un certo punto abbiamo cominciato a pensare
di venirvi a cercare.” continuò a raccontare
Robin, ignorando il battibecco tra i due.
“Volevamo chiudere con il passato, scoprire perché
Rufy aveva detto quello che ha detto..” spiegò
Chopper, serio.
“Così siete andati ad Alabasta, da
Bibi.” disse Zoro, ricordando di come Ace si aveva avvisati
permettendo loro di allontanarsi prima dell’arrivo dei loro
vecchi compagni.
“Si, ma voi eravate appena partiti. Stavamo per mollare la
ricerca, ma lei ha detto che Rufy aveva un segreto e che noi dovevamo
inseguirlo e scoprirlo ad ogni costo.” mormorò
Nami, ricordando le parole dell’amica.
“Non vi ha detto altro?” chiese Zoro, sorpreso.
Credeva che la ragazza avesse rivelato ogni cosa, nonostante
l’amore che provava per Rufy.
“No, anzi.. All’inizio non voleva dirci nemmeno
questo.” rispose Nami, stupida dalla domanda del ragazzo.
“Ah, l’amore.” commentò Zoro
ad alta voce, sogghignando. Quella ragazza era davvero presa da Rufy,
peccato solo che la loro storia fosse senza futuro.
“Scusa Zoro, ma tra Rufy e Bibi.. Insomma,
c’è stato qualcosa?” chiese Usop,
imbarazzato. Lo spadaccino non rispose subito, ma parve pensarci un
po’ su prima.
“Immagino di si.” rispose Zoro, vago. Mettersi a
discutere della vita privata del suo capitano era decisamente
l’ultima cosa che voleva fare.
“Un bacio, vero?” chiese Sanji, scandalizzato.
“Non sono a conoscenza di tutti i dettagli della vita privata
di Rufy, so solo che ad Alabasta non ho avuto sue notizie per due
giorni, che è stato con Bibi al castello e non credo che
abbiano guardato le stelle.” raccontò Zoro,
divertito dall’espressione depressa che aveva assunto il
cuoco.
“Oh povero me. La mia dea Bibi e Rufy. Cosa ha lui che io non
ho?” esclamò Sanji, disperato.
“Vuoi sul serio una risposta?” domandò
Zoro, ironico.
“Sta zitto, brutto idiota.” ringhiò
Sanji, furente.
“Torniamo a noi?” chiese Nami, infastidita da
quell’inutile interruzione. Zoro sospirò.
“Fatemi capire, siete partiti per cercare un tesoro da
qualche parte, avete deciso di cercare noi, siete stati catturati dalla
marina e poi ci avete trovati. Che intenzioni avete per il futuro, ne
avete già parlato?” chiese Zoro, tirando le fila
della discussione.
“A dire il vero..” iniziò Brook, incerto.
“Non è semplice. In pochi giorni tutto
è cambiato, noi siamo confusi.” mormorò
Franky, sulla difensiva.
“Io no, so quello che voglio.” esclamò
Usop, deciso.
“Usop, che dici?” chiese Sanji, confuso. Non aveva
mai sentito Usop così sicuro di sé.
“Rufy ci ha protetti, anche durante questi sette anni. Si
è preso cura di noi perché è il nostro
capitano e noi siamo la sua ciurma. Beh, se le cose stanno
così io voglio andare con lui.” disse Usop, sicuro
di se come non lo era mai stato.
“Si, ha ragione lui.” disse Nami, annuendo.
“La vera domanda è, ci vorrà con
lui?” chiese Robin, dando voce alla paura di tutti loro.
“Se le cose stanno così, resto della mia idea.
Parlate chiaro.” consigliò ancora una volta Zoro.
“Che vuoi dire?” chiese Franky.
“Rufy non vi chiederà mai di tornare.”
mormorò Zoro, allontanandosi per raggiungere Ace e Rufy,
lasciando i vecchi compagni soli a riflettere sul significato delle sue
parole.
“Vuoi dire che non ci vuole più come
compagni?” chiese Chopper, triste.
“No, lui vuole solo il nostro bene.” rispose Robin,
assolutamente certa di quelle parole.
“Ci vuole lasciare liberi di decidere.”
sospirò Sanji.
“Hai centrato il punto.” commentò Franky.
“Tornare a navigare con lui deve essere una nostra scelta,
non una sua richiesta.” ribadì Nami, decisa.
“Allora è deciso, facciamo ancora parte di questa
ciurma.” esclamò Chopper, convinto.
“Idioti, per Rufy non avete mai davvero lasciato questa
nave.” mormorò Zoro a bassa voce, senza che
nessuno potesse sentirlo.
ANGOLO DELL'AUTRICE:
eccomi qui, di ritorno dalle vacanze.
come vedete non mi sono dimenticata della mia storia, anche se mi
dispiace un sacco essere quasi arrivata alla fine..
certo, sono soddisfatta del risultato e del fatto che sia stata
apprezzata, ma è lo stesso anche infinitamente triste.
ad ogni modo, niente paura, ci sono ancora un paio di capitoli, forse
tre.
grazie mille a tutti coloro che la leggono, la mettono tra le
preferite/seguite e la commentato. un grazie speciale soprattutto a
quelli che commentano!
NEKO: grazie milleee!
emh, per la ferita ammetto le mie colpe, l'ho pensata ed aggiunta dopo.
chiedo perdono!
smemo92: grazie milleee!
alla fine chopper ha fatto miracoli anche questa volta. certo,
è anche vero che per ammazzare rufy ci vuole più
di un infezione e di una ferita! :D
ladysaika: grazie milleee!
spero che ti sia piaciuto anche questo!
saisai_girl: grazie milleee!
eh si, alla fine rufy è guarito.
dispiace anche a me che questa storia sta finendo, ma credo sia
inevitabile. ad ogni modo ci saranno altre storie, promesso!
tre 88: grazie milleee!
concordo pienamente con te, zoro ed ace sono anche i miei personaggi
preferiti. credo che se dai un'occhiata alle mie storie sia abbastanza
evidente!
ace e barbabianca.. beh, non ho mai pensato a questo dettaglio. mi
piace pensare che ace se ne vada in giro da solo ma che incontri spesso
rufy e zoro per fare festa con loro o aiutarli in caso di bisogno.
tranquilla, nessuna offesa. anzi, le tue domande sono più
che legittime!
ciao ragazzi, al prossimo capitolo!
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Capitolo 18 *** PARTENZE IMPROVVISE ***
CAPITOLO 16
PARTENZE
IMPROVVISE
La Sunny
aveva raggiunto le coste di Water Seven in poco tempo, senza dare
troppo nell’occhio grazie al favore del buio. Come al solito
la Galley Company aveva chiuso un occhio e aveva permesso loro di
ormeggiare la nave nel porto principale della città, lontano
dagli occhi della marina o del governo. Iceberg si era precipitato
lì non appena era stato avvisato da Paulie ed era rimasto
sorpreso dalla vista della ciurma al completo. Non appena aveva toccato
terra Rufy si era precipitato a salutare i suoi vecchi amici e
più o meno lo stesso aveva fatto Franky. Paulie, Tilestone,
Peeply Lulu, Kokoro e la Franky Family al completo erano tutti
lì, in lacrime.
Il momento
delle lacrime e dei ricordi durò qualche minuto, poi Rufy fu
trascinato via da Iceberg che desiderava parlare con il pirata di
questioni importanti. Ace e Zoro seguirono i due, curiosi e allo stesso
tempo preoccupati. Dalla faccia di Iceberg infatti si capiva che
c’era qualcosa di grosso in ballo. Anche Kokoro si
congedò dal gruppo, annunciando che sarebbe tornata alla
stazione del treno dove la aspettavano Chimney e Gombe. Franky rimase
incantato a guardare i suoi amici. Non li vedeva da molti anni ma non
erano cambiati poi di così tanto. Erano cresciuti e
sembravano più assennati ma in fondo restavano le solite
teste calde di sempre. Certe cose non cambiano mai del tutto.
“Capo,
che bello rivederti tutto intero.” esclamò Zambai,
con gli occhi lucidi. Il cyborg rimase sorpreso da quella frase; erano
passati un sacco di anni eppure per loro era ancora il capo, quello che
li aveva tolti dalla strada e gli aveva offerto una nuova
possibilità per andare avanti.
“Oh,
ragazzi. È stupendo essere di nuovo a casa.”
sospirò Franky, guardandosi intorno. Nemmeno la Franky House
non era cambiata di molto dall’ultima volta che era stato
lì, nonostante fossero passati parecchi anni.
“Resterai?”
chiese Mozu, speranzosa, offrendogli una tazza di the. Il cyborg la
fissò per un po’, poi la prese e si mise a
sorseggiarla. Non era cola ma era lo stesso buonissima, forse
perché ad offrirgliela era una sua vecchia amica.
“Non
posso, sono un pirata ormai.” rispose Franky, sorridendo. Era
fiero di quello che era diventato. La decisione che aveva preso tanti
anni prima, o meglio che gli avevano costretto a far prendere, alla
fine si era dimostrata quella giusta. Seguendo Rufy aveva vissuto un
sacco di belle avventure. Certo, c’erano stati anche i
momenti più difficili e brutti che erano culminati in
quell’assurdo abbandono, ma presto tutto sarebbe tornato alla
normalità. Ancora una volta avrebbero lasciato Water Seven
tutti insieme, senza lasciare indietro nessuno.
“Beh,
conoscevamo la tua risposta ma dovevamo provare lo stesso a
chiedere.” disse Kiwi, sorridendo alla sorella.
“Raccontatemi
di voi..” mormorò Franky, nostalgico, fissando
intensamente ognuno dei suoi vecchi amici.
“Sono
successe tante cose. Ora lavoriamo per la Galley Company.”
iniziò a raccontare Zambai, fiero, indicando il simbolo che
spiccava sulla sua uniforme da lavoro.
“Dici
davvero?” chiese Franky, sorpreso. Era sicuro che Iceberg li
avesse presi con sé per non far stare troppo in pensiero
lui. Il pensiero gli strappò un sorriso.
“Certo,
non siamo più fuori legge.” assicurò
Zambai, orgoglioso di fare qualcosa di utile. Era fantastico non essere
più evitato o scansato dai cittadini di Water Seven.
Finalmente potevano considerarsi normali e perfettamente integrati.
Tuttavia erano consci che se le cose erano andate così era
soprattutto merito del loro capo, Franky.
“Ehi,
Franky.. Sei qui?” chiamò Usop, entrando con
cautela nell’edificio buio alla ricerca dell’amico.
Alla fine erano scesi tutti dalla nave, avevano notato
l’assenza del compagno ed erano giunti alla conclusione che
fosse tornato nella sua vecchia casa. Dopo tutto trovare Franky su
quell’isola non era certo un impresa così
complicata.
“Venite
avanti, sono con i miei vecchi amici.” rispose il cyborg,
felice.
“Ciao
ragazzi.” salutò Zambai, contento di rivedere
tutti sani e salvi.
“Accidenti,
ci siete proprio tutti.” esclamarono Kiwi e Mozu, sorpres.
“Avete
ripreso a navigare con Rufy?” chiese Zambai, curioso. Non
appena aveva saputo dell’arrivo della Sunny si era
precipitato al porto. Non era la prima volta che Rufy e Zoro passavano
di lì ma non si era certo aspettato ci fosse anche Franky e
gli altri.
“Beh..
Ecco.” balbettò Chopper, impacciato, mentre gli
altri compagni prendevano a fissare ogni singolo particolare della
stanza.
“Che
aspettate? Lui muore dalla voglia di riavervi a bordo, ma non vi
chiederà nulla.” disse Mozu, interrompendo la
piccola renna.
“Lo
sappiamo, non vuole obbligarci..” sospirò Nami,
giocherellando con un lembo della sua gonna. Si erano sentiti dire
molte volte quella frase, ma ogni volta era incredibile scoprire quanto
gli altri avessero a cuore la loro ciurma. Bibi, Ace, Zoro e persino la
Franky Family volevano vederli di nuovo tutti insieme.
“Sapete,
gli siete mancati molto in questi anni.” aggiunse Kiwi, dopo
averci pensato un po’ su. Quella frase stupì i
ragazzi, ancora più delle parole di Mozu.
“Cosa
ne sapete voi?” chiese Franky, incredulo. Quando era passato
a trovare i vecchi amici non si era certo aspettato che fossero
informati di tutta quella storia.
“Qualche
volta sono passati di qui in questi anni.” spiegò
Zambai, paziente.
“Rufy
e Zoro?” chiese Usup, sorpreso. L’uomo
annuì, proseguendo il suo racconto.
“Ci
siamo fatti delle grandi bevute. Facevamo anche festa insieme, ma non
era lo stesso.” continuò Zambai, sorridendo. Ogni
volta che sbarcavano sull’isola si organizzava qualcosa.
Tutti gli abitanti infatti erano molto attaccati ad Iceberg e non si
erano certo dimenticati che erano stati Rufy e i suoi pirati a salvarlo
tanto tempo prima. Negli anni, inoltre, il mito di Rufy e Zoro era
cresciuto ed era un orgoglio poter dire che quei due fossero degli
ottimi amici del loro sindaco. Insomma, anche se non lo urlavano ai
quattro venti per paura della marina gli abitanti di Water Seven
adoravano quei due. Rufy e Zoro, dal canto loro, non avevano
dimenticato i compagni di lotta e ricordavano volentieri quegli
avvenimenti mentre Paulie e gli altri sistemavano a dovere la loro nave.
“Si,
Rufy era triste e Zoro cercava di distrarlo.” aggiunse Mozu,
ricordando le tante sere in cui al capitano non andava di bere o di
sorridere. Quell’isola era un posto piacevole dove tornare ma
era anche piena di ricordi, troppi. In quel posto la loro unione era
diventata più forte, tanto da far dichiarare loro guerra al
governo mondiale per salvare una loro compagna. Lì avevano
incontrato Franky, che aveva costruito la Sunny e si era imbarcato con
loro. Sempre lì aveva discusso con Usop, che alla fine aveva
urlato di fronte a tutti quanto teneva a lui. Aveva promesso a loro, ed
anche a se stesso, che nulla li avrebbe divisi ma alla fine non era
stato in grado di mantenere la parola. A Water Seven Rufy si sentiva
l’ultimo degli uomini, anche se tutti cercavano di fargli
tornare il sorriso.
I ragazzi,
erano stupiti da quelle parole. Nami più di tutti. Rufy era
da sempre un inguaribile ottimista, perennemente felice e mai troppo
preoccupato del futuro. Era incredibile pensare che la separazione lo
avesse trasformato in quel modo.
“Non
ha più voluto a bordo altre persone, nonostante in molti si
fossero offerti di far loro da medici, navigatori o cuochi.”
disse ancora Kiwi, mentre nella stanza calava il silenzio. Di colpo
nessuno aveva più troppa voglia di parlare o di commentare.
I ragazzi non dissero nulla, ma i loro sguardi parlavano al loro posto.
Lasciarono la Franky Family qualche ora dopo, promettendo di tornare a
trovarli prima di partire.
Dopo aver
parlato con la Franky Family la ciurma era più determinata
che mai a tornare a navigare sotto il vessillo del Re dei Pirati.
Quello che restava da fare era comunicare quella decisione al capitano,
sperando che non li interrompesse come l’ultima volta che
avevano affrontato il discorso.
Alla fine i
ragazzi avevano deciso di sbarcare e di andare a dormire in una locanda
poco lontana dal porto, per non essere di troppo disturbo. La Franky
Family aveva insistito per ospitarli, ma non aveva certo posto per
tutti, e Franky non voleva separarsi dai compagni. Zoro e Rufy non
avevano insistito più di tanto perché rimanessero
con loro sulla nave, ma si vedeva che gli spiaceva vederli andare via.
Il più triste era decisamente Rufy, anche se nascondeva i
suoi sentimenti dietro un sorriso che i compagni scoprirono essere
più forzato del solito. Scendere da quella nave fu la cosa
più difficile che Usop avesse mai fatto, e lo stesso valeva
per i compagni. Ad ogni modo Rufy, Ace e Zoro promisero che sarebbero
passati la mattina dopo alla locanda, per fare colazione con
loro.Nessuno quella notte riuscì a chiudere occhio; il
pensiero di ognuno era fisso sul giorno dopo, quando avrebbero parlato
con Rufy e avrebbero potuto riprendere a considerarlo a pieno titolo il
loro capitano.
La mattina
successiva la ciurma aveva aspettato con impazienza Rufy, ma questi non
si era fatto vivo. Anche Zoro ed Ace sembravano spariti insieme a
lui.Solo verso sera lo spadaccino era comparso, pallido e stanco, e li
aveva liquidati dicendo che era stata una lunga giornata. Poco dopo
erano comparsi anche gli altri due. Ace era sparito quasi subito mentre
Rufy si era fermato un po’ di più, ma comunque non
abbastanza perché potessero capire cosa diavolo era
successo. Dai discorsi che riuscì a captare, Sanji
intuì che fosse successo qualcosa di grosso nel quale
c‘era di mezzo la marina. Un attacco ad un sottomarino o
qualcosa del genere.
Il giorno
successivo mentre sedevano insieme a fare colazione sperando di vedere
Rufy o quanto meno Zoro, comparve Ace. Il pirata sembrava distratto, in
un mondo tutto suo, anche se si stava guardando intorno alla ricerca di
qualcuno.
“Ehi,
Ace!” salutò Usop, attirando
l’attenzione dell’altro. Il ragazzo con le
lentiggini alzò la testa, distratto, ma si riscosse subito
non appena riconobbe gli amici del fratello.
“Ciao
ragazzi.” salutò Ace, sorridente come al solito
mentre si avvicinava al gruppo ancora intento a fare colaziome. Nami
era di pessimo umore, mentre Sanji bofonchiava qualcosa di
incomprensibile circa il fatto che Zoro era un colossale idiota. Gli
altri erano tranquilli, nonostante sembrassero piuttosto seri e
silenziosi. Nami studiò a fondo il moro e non
poté fare a meno di notare che sulle spalle portava una
grossa sacca.
“Stai
partendo?” chiese la navigatrice, curiosa. La cosa non la
stupiva particolarmente; Ace Pugno di Fuoco era famoso per non stare
mai troppo a lungo nello stesso posto, anche se sembrava avere una
predilezione per la nave del fratello minore.
“Eh
si, stavo proprio per passare a salutarvi.” rispose Ace,
sedendosi vicino ai ragazzi. Subito Chopper gli offrì del
caffè che il moro accettò, ringraziando.
“È
stato bello rivederti.” disse Sanji, sorridendo. Erano
successe così tante cose da quando lo aveva incontrato sul
Baratie, prima di decidere di riprendere a navigare con i suoi compagni
e di incontrare il suo vecchio capitano. Avevano persino rischiato la
pelle per via della marina, ma ancora una volta la loro buona stella
non li aveva abbandonati.
“Anche
se sono arrivato tardi per salvarvi?” chiese Ace, divertito.
Avrebbe voluto arrivare prima per dare una mano a Rufy già
sull’isola, ma in fondo non era andata troppo male nemmeno
così.
“Quello
che conta sono le intenzioni.” rispose Franky, alzando le
spalle. Ace era davvero un tipo a posto, uno di quelli che ti stanno
simpatici a prima vista. Era piuttosto diverso dal fratello, ma se uno
li osservava per bene nemmeno così tanto. Entrambi erano
forti, spensierati e distratti ma allo stesso tempo pronti ad
intervenire se qualcuno a cui tenevano era in difficoltà.
“Si,
è poi forse è andata meglio
così.” commentò Ace, sorridendo. Forse
se fosse arrivato prima Zoro non sarebbe stato costretto a raccontare
tutta la verità ai compagni, ed il segreto che Rufy si
portava dietro da sette anni non sarebbe mai stato scoperto.
“Credo
anche io.” disse Robin, riflettendo sul fatto che alla fine
il ritardo del ragazzo si era rivelato provvidenziale; era anche grazie
a lui se ognuno di loro aveva capito di essersi sbagliato su Rufy.
“Ad
ogni modo, direi che questo non è un addio. Negli ultimi
mesi ci siamo visti spesso e con un po’ di fortuna credo che
continueremo così.” mormorò Ace,
sorridendo e scattando il piedi con un movimento veloce. I ragazzi
sorrisero, certi che dietro quelle parole si nascondeva senza dubbio la
verità.
“Arrivederci
allora.” salutarono i ragazzi, mentre il moro si dirigeva
verso il porto.
Dopo aver
salutato Ace, Robin decise di fare un giro per pensare un po’
e finì per trovarsi vicino al porto. La ragazza
guardò e verso il mare e subito si accorse che tra le navi
ormeggiate spiccava la bandiera di Rufy. L’archeologa si
perse a lungo a contemplare la Sunny, fino a che non si vide che a
bordo c’era Rufy, parecchio impegnato; sembrava quasi che
stesse preparando la nave per una partenza imminente. Subito
quell’idea le sembrò folle, ma poi la
collegò con la faccia preoccupata di Iceberg e con
l’imminente partenza di Ace. Il volto della bella archeologa
divenne una maschera di preoccupazione e ansia. Doveva capire cosa
stava succedendo prima che fosse tardi.
“Rufy,
che succede?” chiese Robin, salendo a bordo agilmente. Il
ragazzo non parve troppo sorpreso dalla comparsa dell’amica,
quasi la stesse aspettando.
“Ciao
Robin.” salutò Rufy, sorridendo tranquillo senza
interrompere le attività nelle quali era impegnato. La
ragazza si guardò intorno ed ebbe la conferma che cercava;
la nave era davvero pronta per la partenza. Sul ponte erano stipati
parecchie botti e scorte di cibo, in attesa di essere portate nella
stiva. C’erano anche munizioni per i cannoni, fasce, bende e
medicine per il primo soccorso.
“Perché
stai preparando la nave?” chiese ancora Robin, incredula. Il
capitano sospirò e lasciò cadere la corda che
stava arrotolando. La domanda che più temeva era appena
stata fatta. Certo, sapeva che Robin era una donna intelligente e che
di sicuro avrebbe capito che qualcosa non andava, ma lo stesso sperava
che non facesse caso alla nave.
“Appena
arrivano Ace e Zoro, partiamo.” disse Rufy, serio. Sapeva che
quelle parole avrebbero di certo ferito la ragazza, ma non poteva farci
nulla. L’archeologa strabuzzò gli occhi ma
cercò di mantenere lo stesso un’espressione seria
ed impassibile.
“Di
già?” mormorò Robin, confusa. Rufy
sospirò.
“C’è
stato un imprevisto. Un amico è nei guai e ha bisogno di
noi.” spiegò Rufy, scacciando alcune mosche che
gli ronzavano intorno. Lasciare i suoi compagni a Water Seven non era
facile, specie dopo tutto quello che era capitato, ma era necessario.
Ne aveva parlato a lungo anche con Zoro, Ace ed Iceberg ed erano tutti
giunti alla stessa conclusione; era ancora presto, sarebbe stato un
suicidio portarli a combattere ora.
“Non
potete aspettare qualche giorno..” mormorò Robin,
cercando di nascondere la sua delusione. Doveva convincere il capitano
a restare almeno il tempo necessario perché potessero
parlargli. Non erano pronti a separarsi di nuovo da lui proprio ora che
lo avevano ritrovato dopo tanto tempo.
“No
Robin, non c’è tempo. È una cosa
seria.” disse ancora Rufy, con il volto tirato dalle
preoccupazioni. Robin non disse nulla, ma il ragazzo di gomma si
accorse che stava piangendo in silenzio. Forse credeva di essere stata
abbandonata un’altra volta. Rufy sospirò ancora.
Aveva capito che i ragazzi volevano tornare nella ciurma, era stato
Zoro a farglielo capire. Solo, non poteva permettere loro di tornare
proprio ora che stavano per combattere un difficile scontro.
“Dai,
non fare quella faccia. Questo non è un addio.”
disse Rufy, prendendo le mani della ragazza tra le sue. Quel contatto
sorprese l’archeologa, che alzò il viso a cercare
gli occhi del capitano. Era sempre lo stesso ragazzo di sempre, eppure
sembrava più sicuro di sé. Non poteva lasciarlo
andare, non una seconda volta.
“Ma
tu.. Voi..” balbettò Robin, tra le lacrime.
“Sono
abbastanza convinto che io, Ace e Zoro sopravvivremo anche questa
volta. Il mare è grande, ma non così
grande.” sussurrò Rufy, fissando negli occhi la
ragazza.
“Ci
stai lasciando indietro un’altra volta?” chiese
Robin, tirando su con il naso. Rufy si prese del tempo prima di
rispondere, cercando le parole giuste.
“Ascolta
Robin, sono davvero contento di quello che è successo nelle
ultime settimane. Sul serio. Navigare ancora con voi è stato
bellissimo e vorrei che voi veniste con me ora, ma capisco che
è presto. Siete confusi, avete bisogno di tempo per
realizzare tutto e prendere una decisione.” disse Rufy,
fissando il mare. Li voleva davvero con lui, li voleva con tutto se
stesso, ma sapeva che doveva aspettare ancora un po’; non
voleva mettere in pericolo le loro vite, non avrebbe mai potuto
perdonarselo.
“E
tu questo tempo non puoi darcelo? Almeno qualche giorno.”
implorò Robin, mentre Rufy si voltava nascondendo il viso
alla ragazza.
“No
Robin, è in gioco la vita di una persona.” disse
Rufy, serio. L’archeologa si sorprese e si ritrovò
a pensare che quella scena vista dall’estero doveva essere
decisamente buffa, o forse patetica. Di certo non così
drammatica come la vedeva lei.
“Fammi
venire con te.” implorò ancora Robin. Rufy
sospirò. Non si aspettava che sarebbe stato così
difficile; molto più di sette anni prima.
“No,
stai con gli altri. Dovete stare uniti e decidere insieme. Siete una
ciurma, no?” mormorò Rufy, sorridendo. Robin non
rispose, rimase li a piangere tra le braccia del suo capitano. Il tempo
sembrava essersi fermato, tanto che la ragazza non sapeva se fossero
passati secondi, minuti oppure ore.
“Prendi
questa.” aggiunse Rufy dopo un po‘, porgendo un
foglietto di carta all’archeologa.
“Una
vivre card?” chiese Robin, sorpresa, rigirandosela tra le
mani. Rufy annuì appena.
“Si,
è la mia. Quando avrete deciso saprete dove raggiungerci. Se
siete nei guai, fate il mio nome e ovunque sarete troverete qualcuno
che vi aiuterà. Infine, voglio che tu metta questo.
Promettimi che non lo toglierai.” rispose Rufy, infilando al
braccio di Robin il suo braccialetto. Le parole del ragazzo confusero
l’archeologa. Quella che teneva in mano era la prova che Rufy
non voleva abbandonarli ma che sarebbe tornato da loro, prima o poi.
“Il
tuo bracciale? Ma senza questo non puoi nuotare..”
provò a protestare Robin. Rufy si mise a ridere e scosse la
testa, divertito.
“Ne
troverò un altro. Mi spiace non averne altri due, altrimenti
te ne darei anche per Chopper e per Brook.” aggiunse Rufy,
sorridendo.
“Non
so che dire.” mormorò Robin, triste. Tra i due
ricadde di nuovo un silenzio carico di tensione e di paura.
“Non
piangere, te l’ho già detto. Questo non
è un addio.” sussurrò Rufy, tornando a
preparare la nave. Robin annuì appena, prima di scomparire
nelle stradine della città.
Sapeva che
doveva tornare dai compagni e raccontare loro tutto, ma era troppo
sconvolta. Decise che avrebbe fatto prima un giro, ripensando a tutto
quello che era successo in quel posto tanti anni prima.
Nel
frattempo intorno alla locanda c’era parecchio fermento,
nonostante non ci fosse traccia della marina, del governo o di altri
scocciatori che volevano riscuotere le taglie. Tra i cittadini di Water
Seven si era diffusa la notizia che i pirati che tanti anni prima
avevano salvato Iceberg erano tornati e tutti si erano mossi per andare
a trovarli per ringraziarli o per offrire loro da bere. Usop aveva
sentenziato che di quel passo sarebbero stati tutti ubriachi prima
della fine della giornata.
“Ehi,
brutto cactus.” urlò Sanji, guardandosi intorno.
Era decisamente di cattivo umore perché Robin si era
allontanata da sola, e non si decideva a tornare. Inoltre quella brutta
testa di muschio sembrava essere sparita.
“Che
c’è?” chiese Chopper, perplesso,
fissando l’amico in modo interrogativo.
“Cerco
Zoro, lo hai visto?” chiese Sanji, sbuffando. Aveva visto
passare lo spadaccino solo qualche istante prima e aveva notato che
aveva un’espressione decisamente strana. Il cuoco era
più che mai deciso a trovarlo e a capire che stesse
combinando quella testa vuota.
“No,
sarà andato a salutare Ace che parte.” rispose
Brook, alzando le spalle e tornando a prestare tutta la sua attenzione
al suo adorato violino.
“Eccolo.”
esclamò Nami, indicando lo spadaccino che stava vendendo
verso di loro.
Non
c’era nulla di insolito nel ragazzo tranne la grossa sacca
che portava appesa ad una spalla, tremendamente simile a quella di Ace.
“Che
ci fa con quella borsa?” chiese Franky, sorpreso. Credeva di
riuscire ad immaginare la risposta, ma sperava con tutto se stesso di
avere preso un granchio.
“Zoro,
ma che diamine..” esclamò Nami, furiosa. Lo
spadaccino sospirò, i ragazzi avevano già capito.
Avrebbe dovuto prevederlo. Rufy aveva ragione, erano più
furbi di quanto ricordava lui.
“Ciao
ragazzi, sono passato a salutare.” mormorò Zoro,
serio. Sapeva che la loro reazione non sarebbe stata delle migliori ma
voleva essere lui ad avvisarli. Probabilmente avrebbero pianto, urlato
o semplicemente maledetto lui e Rufy. Dopo tutto erano prevedibili.
“Che
diavolo dici?” chiese Sanji, cominciando a temere il peggio.
Lo spadaccino sospirò, non sarebbe stato un discorso facile.
“Io
e Rufy partiamo con Ace.” spiegò Zoro, annullando
con una semplice frase le speranze dei ragazzi di poterli seguire.
“No,
non è vero.” esclamò Nami, scuotendo la
testa. Non poteva credere che le parole dello spadaccino
corrispondessero a verità. Erano stati abbandonati a se
stessi, una seconda volta. Subito la ragazza sentì salire
un’ondata di rabbia; avrebbe voluto spaccare la faccia a
quello stupido spadaccino e al suo capitano, ma non sarebbe servito a
nulla. Probabilmente alla fine sarebbero partiti lo stesso.
“Nami,
mi spiace.” sussurrò Zoro, chinando la testa per
evitare di guardare la ragazza. Sapeva che lei era quella che
l’avrebbe presa peggio, ma non poteva fare altro. Avevano
preso quella decisione insieme, per il loro bene.
“Sta
succedendo ancora? Perché, dimmi
perché?” chiese Sanji, furioso.
“C’è
ancora tempo, corriamo al porto.” esclamò Usop,
afferrando velocemente la sua borsa. Lo spadaccino sospirò e
frenò il cecchino con un mano.
“No,
non andrete da nessuna parte. Avete delle cose da fare qui,
no?” chiese Zoro, fermando Usop. Il cecchino
crollò a terra come una bambola di pezza.
“Che
è preso a Rufy?” chiese Franky, sorpreso. Voleva
capire; aveva disperatamente bisogno che qualcuno gli desse delle
spiegazioni.
“Già,
perché non può aspettare qualche
giorno?” chiese Sanji, buttando la decima sigaretta nel giro
di pochi minuti.
“Un
amico ha dei guai con la marina, dobbiamo andare ad
aiutarlo.” spiegò Zoro, senza aggiungere troppi
dettagli. Meno cose sapevano, meno rischi avrebbero corso. Era stato
Iceburg ad avvisarli che Jimbei li aveva cercati. Quando avevano
scoperto le ragioni che avevano spinto l’uomo pesce a
mandarli a chiamare avevano subito deciso di intervenire; un amico era
nei guai e loro dovevano aiutarlo.
“Non
può aspettare una settimana?” chiese Nami,
sperando che Zoro si convincesse.
“No,
non si può.” rispose Zoro, scuotendo piano la
testa.
“Perché
Rufy non ci ha detto che dovevamo decidere entro oggi?”
chiese Chopper, tra le lacrime. Anche lui voleva delle spiegazioni, ma
lo spadaccino non sembrava intenzionato a volerne dare; stava cercando
di proteggerli da qualcosa.
“Che
doveva dirvi? Decidete entro tal giorno perché poi devo
andare a salvare un amico che sta combattendo due ammiragli?”
chiese Zoro, seccato. Senza volere alla fine aveva rivelato tutto ai
compagni. Si maledisse mentalmente e si ripromise di non dire altro.
“Due
ammiragli?” chiese Sanji, mentre Nami impallidiva. La
reazione degli altri fu più o meno la stessa; tutti
trovavano pericolosa ed insensata la loro impresa. Nessuno sembrava
capire, nonostante tutti loro conoscevano piuttosto bene la pazzia di
Rufy.
“È
troppo pericoloso, non ne uscirete vivi.” mormorò
Usop, scuotendo la testa.
“Veniamo
con voi.” disse Sanji, deciso. Non sarebbe rimasto a guardare
due ammiragli massacrare i suoi amici, sarebbe andato con loro; anche a
costo di rimetterci la pelle.
“Perdonami
Sanji, ma non credo sia un buona idea. Siete un po’ fuori
allenamento e Smoker è un osso duro.”
sospirò Zoro, sorridendo.
“Quindi
che dobbiamo fare? È stato tutto inutile?” chiese
Nami, decisa ad avere una risposta. Zoro sospirò e si prese
del tempo per riflettere prima di dare una risposta.
“No,
Nami. Sono cambiate tante cose e sono convinto che presto torneremo a
navigare insieme, ma non ora. È presto.”
spiegò Zoro, pazientemente.
“Non
prenderci in giro. Il mare è enorme e noi vi abbiamo trovati
per caso. O meglio, è stato grazie alla marina. Cosa
dovremmo fare per ritrovarvi, faci catturare ancora?” chiese
Usop, privo di speranza. Forse sarebbe stato meglio non incontrarli
affatto, non scoprire la verità e continuare da subito a
cercare il loro tesoro. Si sarebbero risparmiati di sicuro
l’ennesima delusione e non sarebbero stati in ansia per quei
due incoscienti.
“No,
seguite questa.” rispose Zoro, porgendo al cecchino un foglio
di carta.
“La
tua vivre card?” chiese Sanji, stupito. La mossa del ragazzo
sorprese tutti. Lo spadaccino decise di approfittare del momento per
togliere le tende. Confusi come erano non lo avrebbero di sicuro
seguito.
“Arrivederci
ragazzi.” salutò Zoro, dirigendosi verso il porto.
Nami si
voltò di scatto per non vedere il ragazzo che si allontanava
o forse perché non voleva che lui la vedesse piangere. Non
era un addio, ne era certa, ma era lo stesso troppo doloroso. Ancora
una volta Zoro andava con Rufy e loro restavano a guardare.
Quando Robin
tornò verso la locanda era quasi sera.
L’archeologa trovò i compagni seduti intorno al
tavolo, silenziosi, pensierosi e decisamente tristi. Subito
immaginò che alla fine la notizia della partenza di Rufy e
Zoro era arrivata anche a loro. Da una parte ne era contenta; sarebbe
stato troppo difficile per lei avvisare i compagni che le loro speranze
di partire con il loro capitano erano sfumate, almeno per il momento.
“Robin,
non sai cosa è successo..” cominciò a
raccontare Brook, in risposta ad uno sguardo interrogativo della
ragazza che però lo interruppe quasi subito facendo spuntare
una mano dal nulla alle sue spalle.
“Sono
partiti, lo so.” rispose Robin, abbassando la testa. I
compagni si destarono dallo strano torpore in cui sembravano essere
caduti, ed alzarono la testa verso la ragazza.
“Come
lo sai?” chiese Usop, incredulo.
“Ho
parlato con Rufy prima, al porto.” spiegò Robin,
raccontando loro di come aveva trovato Rufy intento a preparare la
nave. I suoi compagni si stupirono sentendo che il loro vecchio
capitano avesse davvero dato spiegazioni a uno di loro.
“Che
ti ha detto?” chiese Nami, sorpresa.
“Gli
spiaceva partire, ma doveva andare da un amico in
difficoltà.” raccontò Robin, triste.
Usop sospirò; era la stessa cosa che aveva detto anche Zoro.
“Si,
è andato a combattere contro due ammiragli..”
disse Sanji, seccato dalla pazzia di quei due e dal fatto che non lo
avessero portato con loro. In fondo la sua rabbia derivava dal fatto
che era geloso e che avrebbe voluto essere al fianco di Rufy mentre si
scontrava con il suo nemico storico Smoker.
“Due
ammiragli? Sono pazzi, non ne usciranno vivi.”
esclamò Robin, spaventata. Un conto era affrontare degli
ufficiali della marina, decisamente un altro affrontare gli ammiragli
con la loro flotta al seguito. La ragazza si ritrovò a
pregare perché non fossero soli in quell’impresa
ma accompagnati da Jimbei e da qualche altro alleato.
“Non
sottovalutarli, quei due sono pazzi abbastanza..”
mormorò Franky, sorridendo.
“In
effetti..” mormorò Usop, scuotendo la testa. Il
ricordo della follia dei due amici appena partiti riuscì a
strappare un sorriso ai ragazzi. In fondo anche in passato avevano
combinato pasticci assurdi e all’apparenza gravi, come quella
volta che Rufy aveva preso a pugni il figlio di uno dei draghi celesti.
“Ad
ogni modo, Zoro ci ha lasciato la sua vivre card per
trovarlo.” disse Chopper, pieno di speranza. Se lo spadaccino
aveva dato loro un pezzo della sua vivre card era perché
voleva essere ritrovato.
“Io
invece ho quella di Rufy.” aggiunse Robin, sorridendo dello
stupore dei suoi compagni. Quest’ultima notizia infatti li
lasciò di sasso, forse ancora più del gesto dello
spadaccino; anche Rufy voleva essere ritrovato, non solo Zoro. Forse
non tutto era ancora perduto.
“Cosa?”
chiese Usop, incredulo. Se Rufy aveva dato loro un pezzo della sua
vivre card voleva dire che anche lui voleva tornare a navigare con loro
e che non si considerava solamente un peso.
“Me
l’ha data lui prima.” spiegò la ragazza,
riponendo con cura il pezzetto di carta in una tasca interna della
giacca per non rischiare che andasse perduta.
“E
quel bracciale?” chiese Chopper, indicando il polsi della
ragazza. Lo sguardo di Robin cadde sull’oggetto e il suo
pensiero tornò subito al suo vecchio proprietario mentre
ricordava il pomeriggio passato a nuotare con Zoro e Rufy. Sembrava
passato un sacco di tempo mentre invece si trattava solo di giorni.
“Anche
quello è di Rufy, me lo ha lasciato lui.” rispose
Robin, sospirando. L’archeologa si trovò a pensare
con nostalgia a quei momenti in cui ridevano e tutto andava bene.
“Perché?”
chiese Franky, confuso. Era uno strano regalo, apparentemente senza
senso.
“È
il bracciale che permette a chi ha mangiato i frutti del mare di
nuotare. Ha insistito perché lo prendessi per sicurezza e
gli spiaceva non averne altri due per voi.” spiegò
Robin, ricordando le parole del capitano e raccontando brevemente le
caratteristiche dell’oggetto. Tutti rimasero sorpresi ed
increduli, ma allo stesso tempo preoccupati.
“Non
avrebbe dovuto lasciarlo a te. Sta andando a combattere contro due
ammiragli, non avere il problema di cadere in acqua gli avrebbe fatto
comodo.” mormorò Nami, preoccupata. Quella testa
vuota come sempre aveva pensato agli altri, ignorando la propria
sicurezza; la navigatrice gli ripeteva spesso che a furia di aiutare
gli altri prima o poi sarebbe morto.
“Se
avessi saputo che doveva combattere contro avversari così
forti non lo avrei preso.” disse Robin, preoccupata e piena
di sensi di colpa.
“Conosci
anche tu Rufy, avrebbe insistito e alla fine lo avresti preso lo
stesso.” cercò di rassicurarla Sanji, premurosa
come sempre.
“È
troppo testardo.” sbuffò Nami, ormai rassegnata
alle stranezze del suo capitano.
“Si
preoccupa per noi anche se sta andando a combattere una battaglia quasi
impossibile.” commentò Usop, con gli occhi lucidi.
Nonostante tutto il tempo che era trascorso e gli anni passati lontani
non poteva fare a meno di volere bene a quell’impiastro e di
preoccuparsi per lui; era il suo migliore amico dopo tutto, e il tempo
non poteva certo cambiare queste cose.
“Andiamo
ad aiutarlo, allora.”esclamò Brook, alzandosi in
piedi e battendo l’ossuto pugno sul tavolo. Sanji
imprecò silenziosamente e si mise a guardare lontano.
“No,
ha ragione Zoro. Siamo troppo deboli, saremmo solo
d’impiccio.” sbuffò Franky, maledicendo
il fatto di non poter essere di alcuno aiuto ai due compagni.
“Chopper,
Rufy è in condizione di combattere?” chiese Robin,
pensierosa.
La piccola
renna sembrò pensarci su un po’, valutando la
situazione prima di rispondere.
“Beh,
credo di si. Adesso sta bene, ma se stava a riposo è
meglio.” disse alla fine, sospirando. Una persona normale ci
avrebbe messo settimane, forse addirittura mesi, prima di riprendersi
ma si sapeva che Rufy non era affatto una persona normale. Tenerlo a
riposo fino a quel momento era stata una vera impresa.
“Che
facciamo?” chiese Usop, guardando i compagni in cerca di
risposta.
“Sistemiamo
i nostri affari qui, prendiamo una nave e raggiungiamoli.”
rispose Nami, sicura. Trovare una nave non sarebbe stato certo
difficile con le loro conoscenze. Sicuramente Iceberg e la Franky
Family ne avrebbero trovata una adatta a loro.
“È
pericoloso, potremmo essere coinvolti nella battaglia.”
ricordò Sanji, accendendosi l’ennesima sigaretta
della giornata. Nami lo fulminò con lo sguardo, gli tolse la
sigaretta dalla bocca e la calpestò fino a non lasciarne
più traccia.
“Ci
terremo a distanza.” disse Nami, decisa. Negli occhi della
ragazza brillava una strana luce; era determinata ed era tanto
determinata da non essere disposta ad accettare un no come risposta.
“Che
intenzioni hai?” chiese Chopper, confuso. Sicuramente Nami
aveva un piano, probabilmente anche abbastanza brillante da fare al
caso loro. Robin guardò l’amica, e capì
cosa aveva in mente.
“Quando
lo scontro sarà finito quei tre avranno bisogno di cure e di
una via di fuga.” mormorò Robin, sorridendo. Nami
guardò l’archeologa e annuì, decisa.
“Hai
ragione!” esclamarono in coro i compagni. Alla fine avevano
preso la loro decisione; sarebbero partiti e avrebbero aiutato i loro
compagni.
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Water Seven
era ormai lontana e tornare indietro a prendere i compagni era fuori
discussione. Ace, Rufy e Zoro navigavano infatti ormai da ore, in
assoluto silenzio. Jimbei li aveva raggiunti già da un
po’ e si era sorpresa della strana atmosfera che si respirava
a bordo della Sunny senza tuttavia fare domande. Si era seduto e aveva
preso a guardare alternativamente il mare e gli amici, aspettando con
pazienza il momento delle spiegazioni o quanto meno che passasse quello
della tristezza.
“Ehi,
allora è proprio un’abitudine la tua..”
esclamò Ace, scuotendo divertito la testa e distogliendo
tutti dai loro pensieri. La voce allegra del moro risuono su tutta la
nave, facendo sorridere Zoro e Jimbei ed arrabbiare Rufy.
“Che
vuoi?” chiese Rufy, seccato. Odiava essere riscosso quando
era immerso nei suoi pensieri, anche se era suo fratello a chiamarlo,
senza contare che aveva un tremendo mal di testa. Ace si
voltò di scatto verso il fratellino, furioso.
“Brutto
idiota, ti sembra il modo di rispondere al tuo fratellone?”
chiese Ace, prendendo a pugni il fratello minore. In breve i due si
trovarono coinvolti una assurda discussione e si stavano rinfacciando
cose avvenute quasi quindici anni prima.
“Basta,
la volete smettere?” chiese Zoro, seccato dai continui litigi
dei due fratelli.
Gli
interessati fecero finta di non sentirlo e continuarono la loro lotta,
ridendo. Zoro prese a scuotere la testa, chiedendosi se quegli idioti
lo facevano apposta per fare ammattire lui o solo perché
erano impazziti per via del troppo sole.
“Sono
così divertenti.. Io li adoro!” esclamò
Jimbei, divertito dal simpatico siparietto familiare. Zoro
sbuffò, annoiato.
“Perché
non li sopporti tutto il giorno. Scommetti che se facciamo cambio poi
comincerai a pensarla diversamente?” mormorò Zoro,
seccato. L’uomo pesce si mise a ridere, ribaltandosi dalla
sedia sulla quale era seduto.
“Anche
tu sei uno spasso, spadaccino.” esclamò Jimbei,
divertito. Zoro aprì la bocca per rispondere, ma qualcuno lo
precedette.
“Gli
uomini pesce hanno dei gusti che fanno schifo.” disse una
voce, proveniente da una nave che si era appena accostata alla Sunny.
Ace e Rufy smisero di litigare e si voltarono per vedere chi fosse. Non
ci volle molto per riconoscere il pirata che si era affiancato. Di
fronte a loro infatti c’era la nave del capitano Kidd,
accompagnato dal suo fido compare Killer e dagli altri compagni, tutti
con una faccia terrificante.
“Sembra
che ci siamo proprio tutti.” mormorò Ace,
scrutando a fondo i nuovi arrivati. Era sorpreso del loro arrivo, ma
nemmeno più di tanto; quando si trattava di fare qualcosa di
pericoloso Jimbei era sempre più prudente di loro e faceva
le cose fatte bene in modo che non si facesse male nessuno.
“Era
proprio necessario che venivano anche loro?” chiese Zoro,
imbronciato. Non provava una eccessiva simpatia per Kidd e i suoi
compari, e la cosa era reciproca. In particolare, non sopportava
Killer. Più di una volta era capitato che discutessero e
arrivassero a combattere e solo l’intervento dei loro
capitani aveva evitato che qualcuno si facesse seriamente male;
entrambi ci sapevano fare piuttosto bene con le lame.
“Ricordo
a tutti che stiamo affrontando due ammiragli, non un branco di
femminucce.” sbuffò Jimbei, seccato da quelle
inutili proteste. Sapeva dall’inizio che mettere insieme
pirati così diversi era un’impresa difficile, ma
era necessario perché nessuno ci rimettesse la pelle.
“Ammiragli,
femminucce.. Non è che ci sia poi tutta questa
differenza.” commentò Killer, ridendo.
Immediatamente fu fulminato dagli sguardi di molti dei presenti.
“Continua
a dire queste fandonie e ti farai ammazzare Killer, ne sono
convinto.” precisò Zoro, serio, pregustando
l’ennesimo litigio.
“Ti
inviterò al suo funerale.” promise Kidd,
mettendosi tra i due per prevenire uno scontro. Killer cercò
di ribattere, ma un’occhiata del suo capitano gli fece
cambiare idea. Il vice capitano sapeva bene che non conveniva discutere
con Kidd, a meno che non fosse strettamente necessario.
“Ehi
Kidd, dimmi..” iniziò Rufy, facendo qualche passo
e portandosi di fronte al nuovo arrivato. Il pirata alzò lo
sguardo, divertito. Cappello di Paglia in fondo gli era simpatico,
nonostante sconfiggerlo fosse diventato quasi una fissazione per lui.
Molti dicevano che loro rivalità si poteva paragonare a
quella di Gol D Roger e Barbabianca.
“Cappello
di Paglia, non ci siamo ancora salutati come si deve. Cosa vuoi
sapere?” chiese Kidd, sogghignando.
“Perché
sei qui? Non è da te essere così altruista da
andare ad aiutare qualcuno.” mormorò Rufy,
pensieroso. Decisamente Kidd non era un pirata con la fissa di aiutare
gli altri. Normalmente amava starsene per i fatti suoi, attaccare navi,
spaventare pirati e fare crescere la sua fama di cattivo. Kidd
sbuffò, annoiato; possibile che tutti lo credessero davvero
così malvagio e pessimo?
“Il
mare meridionale è parecchio noioso, almeno di
recente.” esclamò Kidd, scoppiando a ridere per
smorzare la tensione che si era venuta a creare.
“Tutto
qui?” chiese Ace, curioso. Un uomo come Kidd non affronta due
ammiragli solo per noia. Uno come Killer forse, ma lui No. Nonostante
le apparenze Kidd era una persona estremamente intelligente,
calcolatrice e concreta. Non era da lui rischiare la vita senza avere
qualcosa da guadagnarci.
“Beh,
Trafalgar Law è un mio vecchio amico. Abbiamo dei conti in
sospeso e voglio essere io ad ucciderlo.” rispose Kidd,
seccato. Odiava ammetterlo ma Law lo aveva salvato da un paio di
situazioni difficili senza mai dargli troppe spiegazioni. Andargli in
aiuto era il minimo che poteva fare, anche se questo voleva dire
sopportare per qualche giorno Jimbei, Ace e quei due svitati di Rufy e
Zoro.
Ace sorrise,
soddisfatto dalla risposta, e decise di lasciare cadere la questione.
Alla fine
scese la sera e dopo una lunga e velenosa discussione i pirati decisero
che avrebbero cenato tutti insieme sulla Thousand Sunny. Fu una cena
movimentata e per poco ci mancò che qualcuno ci rimettesse
una mano, solo la determinazione di Jimbei nell’andare a
salvare Law e la sua ciurma mantenne tutti calmi e soprattutto vivi.
Dopo cena
Rufy sparì, ricomparendo dopo un po’ sulla polena
della nave. Lo spadaccino si trovò a fissare il compagno
riflettendo sugli ultimi giorni. Nel giro di poche settimane erano
successe un sacco di cose e non avevano mai avuto il tempo di
rifletterci sopra a fondo. Adesso stavano andando a combattere la
marina in uno scontro epocale che avrebbe fatto storia. Se ci avessero
rimesso la pelle allora tutti gli sforzi per riavvicinare la ciurma
sarebbero stati vani.
“Questa
nave è parecchio affollata, non è vero
capitano?” chiese Zoro, fissando il continuo via via di gente
che passava da una nave all’altra. Rufy non rispose, ma
sorrise.
“Sembra
di stare ai vecchi tempi, ad Alabasta..” commentò
Ace, riferendosi a quando aveva incontrato per la prima volta i
compagni del fratello. Rufy sbuffò, fulminando entrambi con
lo sguardo.
“Ma
che dite. Certo Jimbei, Kidd e gli altri sono simpatici ma non centrano
nulla con gli altri.” sbuffò Rufy, malinconico.
Gli mancavano i suoi compagni e sentiva di averli abbandonati
un’altra volta.
“Non
potevi fare diversamente, non questa volta.” disse Ace, serio.
“Si,
lo so.” mormorò Rufy, guardando distrattamente il
fratello. Non gli portava rancore per la discussione di poco prima. Tra
loro le cose andavano così; un attimo litigavamo e
arrivavano a picchiarsi e poco dopo tornavano ad essere più
uniti che mai.
“Incredibile.”
esclamò il fratello maggiore, sorpreso.
“Cosa?”
chiese Rufy, curioso.
“Per
la prima volta dopo sette anni siamo d’accordo su questo
argomento.” esclamò sorpreso Ace, scoppiando a
ridere di gusto. Il fratello minore non sembrava divertirsi.
“Idiota.”
lo apostrofò Rufy.
“Ancora?
Sono il tuo fratello maggiore, non puoi permetterti! Babbeo!”
urlò Ace, dando inizio all’ennesima lotta della
giornata.
“Li
torneremo a prendere, capitano.” disse Zoro, serio, mettendo
inconsapevolmente fine a quella stupida discussione.
“Si,
lo so.” rispose Rufy, evitando i colpi del fratello.
“Dovete
cercare di sopravvivere allora.” esclamò Ace,
sorridente.
“So
anche questo. Robin e gli altri se lo aspettano..” disse
Rufy, sorridendo.
“Non
è bello rovinare le aspettative.”
commentò Zoro, divertito.
“Andate
a nanna, domani ci aspetta una grande battaglia.”
urlò Jimbei, dal ponte principale rivolto a tutti i pirati
presenti.
“Non
accetto ordini da un uomo pesce.” esclamò Kidd,
preparandosi a prendersela con il capo degli uomini pesce.
“Falla
finita, Kidd.” sbuffò Rufy, senza nemmeno alzarsi.
“Cappello
di Paglia!” tuonò Kidd, furioso, avvicinandosi a
grandi passi all‘altro pirata che non si mosse dalla sua
posizione.
“Perché
ti ostini a chiamarmi così? Non c’è
l’ho più il cappello.. Vedi?” fece
notare Rufy, tranquillo. La situazione era davvero comica, se si
tralasciava il dettaglio che i due pirati all’occorrenza
erano capaci di diventare molto pericolosi.
“Vero.
Allora.. Ehm.. Rufy!” si corresse Kidd, spiazzato.
“Si
dimmi.” mormorò Rufy, serio, mentre Ace e Zoro
alle sue spalle scoppiavano a ridere di quella strana situazione.
“Io
non prendo ordini da te!” urlò Kidd, tornando
paonazzo come poco prima.
“Va
bene, come vuoi. Io vado a letto, tu fa lo stesso.” rispose
Rufy, voltando le spalle al pirata.
“Dannato
moccioso.” esclamò Kidd, seccato, dirigendosi
verso la sua nave seguito dal fido Killer.
ANGOLO DELL'AUTRICE:
rieccomi qui con il capitolo; -2 alla fine e tanta tristezza.
grazie a tutti coloro che sono arrivati fino a qui a leggere la mia
storia!
piccola curiosità: la parte con Kidd, Killer e Jimbei non
c'era, l'ho introdotta alla fine; ditemi cosa ne pensate.
KGM92: grazie mille!!!
eh si, mi piace fare le cose con calma così nei periodi di
esami, tesi e problemi vari ho rallentato la pubblicazione.
la prossima volta che pubblico una storia la scrivo prima tutta.. (me
lo riprometto ogni volta ma non ci riesco mai!)
-2 alla fine, aspetta mi raccomando!
LADYSAIKA: grazie mille!!!
eh si, tornano da Rufy. solo che lui parte, tutto rimandato al prossimo
capitolo!
davvero ti piace l'idea del braccialetto?
addirittura tra i preferiti? sei un angelo! :D
HERMIONE616: grazie mille!!!
eh si, Ace è un nulla facente! la verità
è che io disapprovo le scelte di Oda nel manga e cerco di
porvi rimedio nella storia!
a Jimbei invece non piace per nulla passare inosservato!
SAISAI_GIRL: grazie mille!!!
per una volta Zoro fa il saggio e non la testa vuota! grande, vero?
spero che questo capitolo non ti abbia incasinato ancora di
più le idee!
NEKO: grazie mille!!!
eh si, avevo notato anche io che tutti hanno ripreso a postare
regolarmente! meno male! :D
dopo lo scorso capitolo di relax la vita frenetica dei nostri pirati
preferiti riprende!
per i braccialetti Rufy ha detto va bene, ma che devi aspettare
perchè Smoker gli sta un po' addosso ultimamente.
se gli lasci un recapito poi passano lui e Zoro a portartelo, oppure
Ace se preferisci..
TRE 88: grazie mille!!!
spero che questo capitolo ti sia piaciuto anche se la ciurma di
riunisce nel prossimo!
LADYSHINIGAMI: grazie mille!!!
complimenti, te la sei letta tutta d'un fiato. bravissima!
- 2
nel prossimo capitolo ci sarà un bel po' di azione!
SMEMO92: grazie mille!!!
Zoro che dice a qualcuno di svegliarsi è incredibile, vero?
spero che questo capitolo ti sia piaciuto!
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Capitolo 19 *** scontri epici e ritorni graditi ***
CAPITOLO
17
SCONTRI
EPICI E RITORNI GRADITI
La mattina seguente sulla Sunny tutti erano assonnati e nervosi, dal
primo all’ultimo; per motivi diversi nessuno dei pirati alla
fine era riuscito a dormire per più di due ore di fila.
Persino Kidd, che ne aveva viste ben di peggiori nella sua vita, si era
svegliato con uno dei più colossali mal di testa della sua
vita ed era giunto alla conclusione che quella fosse la logica
conseguenza a cui si andava incontro quando due ciurme opposte ed
improbabili passano la notte a poca distanza l’una
dall’altra.
Gli unici veramente di ottimo umore, come al solito del resto, erano
Ace, Rufy e Jimbei. Gli altri, in particolar modo Zoro, avevano gli
occhi ridotti a fessure e meditavano vendetta o quanto meno di
cancellare quelle espressioni rilassare dal volto dei tre pirati in
questione. Ritrovarsi il proprio nemico accanto appena sveglio e sapere
di non poterlo abbattere era tremendo, vedere il proprio capitano
ridere felice era semplicemente inaccettabile anche per un tipo pacato
e solitario come Zoro.
“È semplicemente inaccettabile che siano
così allegri.” dichiarò Killer tra i
denti, fissando Ace e dando voce ai pensieri che passavano per la mente
di quasi tutti.
Dei bisbigli alle sue spalle fecero intuire che anche i suoi compagni
dovevano pensarla come lui in proposito. Kidd non si era espresso,
limitandosi a sorseggiare lentamente il suo the pensando alla battaglia
che sarebbe iniziata di lì a poco.
“Mai stato più d’accordo.”
confermò Zoro, bevendo un lungo sorso di caffè
nero nella speranza di svegliarsi davvero. Era raro che lui e Killer si
trovassero d’accordo su qualcosa, praticamente impossibile.
Era successo solo un’altra volta, qualche anno prima, quando
Jimbei si era messo in testa di invitare tutti ad un ridicolo party in
costume da bagno, provvedendo lui stesso alla scelta degli indumenti.
Aveva invitato tutti quanti con la scusa di un attacco e si era goduto
le espressioni atterrite dei pirati quando avevano scoperto come
stavano veramente le cose. Kidd era andato su tutte le furie,
minacciando di fare a fette l’uomo pesce ed i suoi compagni.
Anche quella volta Ace e Rufy l’avevano presa sul ridere,
accettando di buon grado l’umiliazione di un costume
ridicolo. Zoro e Killer si erano opposti categoricamente, incrociando
le braccia e scatenando l’ira dell’uomo pesce, che
alla fine aveva avuto la meglio. Jimbei alla fine trova sempre il modo
di risultare convincente. Si tratta di una legge, non scritta ma
comunque immutabile. Law aveva osservato la scena, tenendosi in
disparte.
“Voi due che andate d’accordo? Potrebbe essere un
segno che l’apocalisse è vicina..”
commentò Ace, divertito, ignorando gli sguardi pieni di
rabbia che lo fissavano. La sua espressione era serena, a dispetto
della cruenta battaglia che si sarebbe scatenata di lì a
poche ore. Kidd sbuffando lanciò un’occhiata al
compagno e a Zoro, come per controllare la situazione ma decise di non
fare commenti per non peggiorare le cose. Fino a che non arrivavano
alla mani, o meglio alle lame, per quello che lo riguardava potevano
andare avanti a provocarsi a vicenda.
“Sono sempre così?” chiese uno dei
compagni di Killer a Zoro, indicando i due fratelli che parlavano tra
loro, ignorando il resto dei pirati presenti sulla nave. Ace aveva
appena detto qualcosa, Rufy lo aveva fissato rapito per qualche istante
con gli occhi che gli brillavano, poi aveva iniziato a battere le mani,
eccitato.
Lo spadaccino dai capelli verdi sospirò ed alzò
le spalle.
“Intendi allegri, felici e di buon umore anche la mattina
presto dopo una notte in bianco?” chiese Zoro, ironico.
Killer roteò gli occhi, insofferente, mentre i compagni
erano attenti a non perdersi nemmeno una parola del ragazzo.
“Che altro, senno?” esclamò
l’altro, sbuffando.
“Beh, si. È la normalità.”
confermò Zoro, appoggiando la tazza vuota sul tavolo.
Per qualche istante aveva creduto che un buon caffè avrebbe
potuto svegliarlo del tutto, ma non era stato così. Poco
male. Avrebbe dovuto aspettare l’imminente scontro per
riprendersi del tutto. Una battaglia aveva sempre avuto il potere di
scuoterlo e fargli vedere le cose in modo più chiaro. Non
c’era nulla di più rilassante per lo spadaccino
che non impugnare le sue tre katane e sentire i muscoli tendersi per
colpire l’avversario con i suo fendenti letali e precisi.
“È disgustoso!” sbottò Kidd,
scandalizzato, battendo forte il pugno sul tavolo e attirando
l’attenzione dei presenti. Jimbei rise forte, divertito
dall’espressione seccata del pirata.
Nonostante sembrasse burbero, violento e particolarmente crudele, Kidd
era una persona completamente diversa. Certo, era decisamente
più schivo di Ace e Rufy, ma era lo stesso un pirata con
degli ideali e con un grande rispetto sia per gli alleati che per gli
avversari. Se non fosse stato così non avrebbe mai raggiunto
Rufy, Ace, Zoro e Jimbei per aiutare Law e la sua ciurma. Inoltre il
capitano Kidd era una persona davvero divertente, specie per quelle sue
buffe espressioni di sorpresa di fronte alle reazioni del ragazzo di
gomma e di suo fratello.
“Parliamo di cose serie?” chiese Rufy una volta
finita la colazione, diventando improvvisamente serio. Il fratello
trasalì, ma prese a fissare con attenzione il minore.
I pirati di Kidd si fecero silenziosi ed attenti, stupidi dal repentino
cambiamento di umore del capitano pirata. Zoro fissò
intensamente l’amico, realizzando che di lì a poco
si sarebbe veramente scatenato l’inferno. Conosceva
abbastanza il suo capitano da sapere che quando diventava
così serio poi erano dolori per gli avversari.
“Sarebbe anche ora..” sbuffò Kidd, senza
perdere di vista il ragazzo di gomma.
Era deciso a dimostrare il suo valore, facendo capire a tutti che il
Capitano Kidd non aveva nulla da invidiare al Re dei Pirati, tranne
forse il titolo, la fama e una taglia stratosferica.
“Ehi, mocciosi. Niente colpi di testa, intesi?”
esclamò Jimbei, autoritario, richiamando tutti i presenti
all‘ordine. Sapeva bene che molti dei pirati presenti erano
teste calde, quasi tutti a dire il vero, più interessati a
mostrare il proprio valore che ad essere prudenti. Come al solito
sarebbe toccato all’uomo pesce fare in modo che nessuno si
facesse troppo male. Non più del necessario almeno.
“Bestione, io non prendo ordini da te.”
sbottò Killer, furioso, alzandosi di scatto. Fece per andare
addosso al grosso uomo pesce, ma con un gesto deciso Ace lo
fermò impedendo lo scontro. Iniziare la giornata con
un’inutile discussione era davvero una pessima idea, specie
prima di una battaglia contro la marina. Inoltre, non era prudente
scagliarsi contro Jimbei in quel modo.
“Sta zitto, idiota.” lo apostrofò Zoro,
sfiorando con delicatezza le sue spade senza sfoderarle. La velata
minaccia non placò l’altro spadaccino, al
contrario, lo fece diventare ancora più rosso di rabbia.
“Nessuno mi può dire di stare zitto, io sono il
grande Killer.” tuonò l’altro, furioso.
Odiava quando la gente non lo prendeva sul serio, specie se si trattava
di Zoro. Tra tutti gli spadaccini che aveva incontrato lungo la rotta
del grande blu, Zoro era decisamente il più pazzo, testardo
e insopportabile, ma anche il più abile; sconfiggerlo
sarebbe stato semplicemente fantastico, ma Killer era abbastanza
intelligente da intuire non si trattasse di un’impresa alla
portata di tutti. Uomini ben più preparati di lui, tra cui
Mr1 e lo stesso Occhi di Falco, alla fine erano caduti sotto le sue tre
spade.
“Si, come ti pare..” sbuffò Zoro,
annoiato, giocherellando con l’elsa della sua spada bianca.
Nonostante fosse la più vecchia era quella che era
conservata meglio, la sua più fedele alleata
nonché compagna di battaglia. Erano in pochi a conoscere la
storia oltre al suo capitano, si potevano quasi contare sulle dita di
una mano.
“Come osi, io..” ringhiò Killer,
preparandosi all’ennesima lotta con lo spadaccino. Zoro non
reagì, pronto a difendersi se attaccato. Lanciò
una rapida occhiata al suo capitano, che lo fissava divertito.
“Sta zitto, Killer.” ordinò Kidd,
alzando gli occhi al cielo. Una discussione in quel momento sarebbe
stata una gigantesca ed inutile perdita di tempo. Sapeva bene che Rufy
non avrebbe fermato lo scontro, tanto valeva che lo facesse lui.
“Va bene, capitano.” rispose Killer, placandosi
improvvisamente. Nessuno commentò la velocità con
la quale l’uomo aveva eseguito gli ordini del suo capitano.
Lo scontro con la marina era sempre più vicino e rendeva
tutti sempre più nervosi ed intrattabili.
Gli unici ad essere immuni sembravano essere Rufy, Zoro ed Ace. Come al
solito i tre non sembravano particolarmente preoccupati per
ciò che accadeva loro intorno. Jimbei li aveva da tempo
etichettati come folli, ma Rufy sapeva bene quanto in realtà
l’uomo ammirasse il loro coraggio e la loro determinazione.
Ormai i pirati si aspettavano di scorgere i galeoni degli ammiragli da
un momento all’altro. La marina aveva circondato la ciurma di
Trafalgar Law da qualche giorno. I pirati avevano resistito per un
po’, ma presto era diventato evidente che da soli non avevano
alcuna possibilità di farcela.
Rufy sperava che non fosse troppo tardi. Trafalgar Law tempo prima lo
aveva tirato fuori da un brutto pasticcio, portandolo in salvo dal
quartiere generale della Marina e salvandogli la vita; credeva di
essere giunto alla fine ed invece il pirata gli aveva offerto una
possibilità di salvare la pelle e riscattarsi. Ricambiare il
favore era il minimo che potesse fare. Inoltre, a differenza di Kidd e
della sua ciurma, Trafalgar Law era un tipo a posto. Non che Kidd non
lo fosse, solo, non era bravo a dimostrarlo. Non quanto
l’altro pirata almeno. Sarebbe stato un vero peccato se uno
come Law avesse fatto una brutta fine. O meglio, sarebbe stato un
peccato se la marina, e non Rufy o Kidd, sarebbe stata causa della fine
del pirata. Anche Kidd, nonostante il suo pessimo carattere, doveva
pensarla come lui. Almeno, questo era l’unico vero motivo che
poteva avere spinto uno come lui ad andare in aiuto di qualcuno.
Dopo colazione la nave riprese a solcare l’oceano ed i pirati
si divisero in piccoli gruppi. Rufy si trovava a poppa, insieme a Ace e
Zoro. Il capitano era d’improvviso diventato più
silenzioso, quasi un peso invisibile lo schiacciasse. Lo spadaccino lo
guardò a lungo, perplesso, immaginando che genere di
pensieri lo stessero tormentando a quel modo. Sicuramente non era
l’imminente battaglia a turbarlo; Rufy non si faceva mai
turbare da quel genere di cose, dava per scontato che sarebbe stato in
grado di uscirne.
“Ehi, capitano.. Non mi dire che sei preoccupato!”
sbottò Zoro, improvvisamente, incuriosito dal comportamento
del proprio capitano. Rufy non si era mai preoccupato più di
tanto per la propria incolumità e di certo non avrebbe
cominciato a preoccuparsene ora. Al contrario, da sempre combatteva per
proteggere le persone che gli stavano più a cuore, sia che
esse fossero presenti sia che fossero assenti.
“Fratellino, non è da te..”
esclamò Ace, sorpreso. C’era qualcosa di
terribilmente strano e sbagliato nel vedere suo fratello minore serio.
Non era da lui ed era sintomo che qualcosa non andasse. Ogni volta che
Rufy era giù di morale, Ace sentiva il proprio cuore
stringersi, quasi fosse colpa sua. Tempo fa aveva giurato a Sabo e
Dadan, ma soprattutto a se stesso, che sarebbe sempre stato accanto al
fratellino, che si sarebbe preso cura di lui e che non avrebbe mai
permesso che qualcosa lo rendesse triste. Vederlo così era
una sconfitta sotto tutti i fronti.
Rufy sbuffò, senza degnare gli altri due di uno sguardo. Non
aveva voglia di discutere con i due, specie prima di una battaglia
così importante. Sapeva che non doveva pensare ai suoi
compagni, in particolare non aveva nessun senso preoccuparsi per loro.
Doveva uscire vincitore per tornare da loro. Il pensiero dei suoi
compagni lo rese ancora più triste anche se sapeva bene che
Nami e gli altri erano al sicuro a Water Seven, lontani mille miglia da
quella terribile battaglia che li aspettava.
Il capitano sospirò, fissando l’orizzonte. Sapeva
che era giusto così, tuttavia non riusciva a non essere
triste. Era inutile mentire a se stessi, i suoi amici gli mancavano.
“Sono solo un po’ pensieroso.” ammise
alla fine il moro, senza sbilanciarsi. Parlare di quello che lo
tormentava voleva dire discutere con i due amici, soprattutto con Zoro.
“Come mai?” insistette Zoro. Rufy sbuffò
ancora, sperando che il suo compagno la smettesse con le sue domande.
Sapeva bene che lo spadaccino poteva leggergli nella mente e che
continuava a fare domande solo per spingerlo a sfogarsi.
“Sai Zoro, a volte è difficile sorridere sempre
qualunque cosa succeda.” sospirò Rufy.
Zoro rimase a lungo in silenzio, colpito dalla parole del suo capitano.
Forse era stata la serietà con le quali le aveva pronunciate
a lasciarlo di sasso, oppure la consapevolezza che anche
l’amico poteva avere una giornata no durante la quale
trovasse difficile trovare qualcosa per il quale sorridere. Per lui era
normale alzarsi al mattino e trovare l’amico sorridente. Era
talmente abituato al suo perenne buon umore da aver smesso da tempo di
considerare che anche per Rufy alle volte potesse essere difficile
ridere e che la sua in realtà fossa una maschera dietro alla
quale nascondeva le sue incertezze, le sue paure ed i suoi pensieri.
“Giuro che se ti riferisci ai nostri compagni ti butto in
mare!” dichiarò lo spadaccino alla fine, deciso.
Rufy fissò a lungo il compagno, poi sorrise.
“Non ho il bracciale” esclamò Rufy,
sobbalzando. Ace fissò a lungo il fratello minore, cercando
di capire se stesse o meno scherzando. Il ragazzo di gomma sapeva bene
che Zoro era solo preoccupato per lui e che con le sue parole voleva
solo spingerlo a reagire.
“Appunto!” ribatté Zoro, furente. La sua
espressione era terribilmente seria, quasi irreale. Ace guardava i due
discutere, deciso a non farsi trascinare in mezzo. La situazione era
già abbastanza complicata così.
“Hai passato anni a tormentarti, poi li hai incontrati ed
alla fine te ne sei andato ancora.. Questa storia sta diventando
ridicola!” sbuffò Zoro, giocherellando con
l‘elsa di una delle sue spade. Non si trattava di una
minaccia, ma solamente di uno strano modo che aveva lo spadaccino per
dare sfogo al suo nervosismo.
“Credevo mi capissi e mi dessi ragione.”
osservò Rufy, accigliato. Lo spadaccino sospirò.
“Certo, ma non sopporto le persone che si
lamentano.” spiegò Zoro, alzando gli occhi al
cielo. Rufy sospirò, lasciando passare qualche secondo prima
di rispondere.
“Non riguarda loro.” dichiarò alla fine,
con fare solenne. Zoro lo guardò, cercando di capire se
poteva credergli o meno.
“Cosa allora?” chiese Ace, sorpreso. Rufy
sospirò e rimase a lungo in silenzio. Sembrava quasi che
qualcosa lo bloccasse, causandogli disagio.
“Mi sento un fallito.. Ho paura di avere sbagliato
tutto..” mormorò Rufy a testa bassa, vergognandosi
delle sue stesse parole. Ace e Zoro si scambiarono
un’occhiata prima di decidersi a parlare. Era la prima volta
che il ragazzo dava sfogo alle sue paure ad alta voce senza bisogno di
minacce o di lunghe psicanalisi.
“Paranoico” sbuffò il fratello maggiore
alla fine, liquidando la questione con un‘alzata di spalle e
sedendosi più comodo.
“Ace, tu la fai troppo semplice..”
iniziò Rufy, offeso dalla poca considerazione che il
fratello aveva per i suoi problemi. Certo, tanti anni prima si erano
promessi di non avere mai rimpianti, tuttavia alle volte era difficile
capire quale fosse la strada giusta da seguire, specie quando ci si
trovava di fronte ad un bivio.
“È facile! Dimmi, sei felice?” chiese
Ace, fissando intensamente il fratello più piccolo negli
occhi. Rufy ci pensò un po’ prima di decidersi a
dare una risposta. Messa in quei termini la domanda del fratello era
decisamente strana.
“Credo di si..” disse alla fine, alzando le spalle.
In fondo era vero, aveva tutto quello che poteva desiderare. Mancavano
solo i suoi compagni, ma ormai era questione di tempo. Presto sarebbero
tornati tutti insieme, come una famiglia. Ormai ne era certo.
“Bene, il resto non conta.” disse Ace, sorridendo.
Rufy guardò a lungo il fratello, non ancora del tutto
convinto, prima di voltarsi a cercare lo sguardo dello spadaccino.
Questa volta era stato lui a decidere di tirarsi fuori da quella
discussione, rimanendo silenziosamente in disparte.
“Ma il futuro?” chiese ancora Rufy, dubbioso.
“Ce ne preoccuperemo quando arriverà..”
disse Zoro, alzando le spalle. Il ragazzo di gomma ci pensò
per un po’ su, poi improvvisamente tornò a
sorridere rincuorato dalle parole degli amici. Aprì la bocca
per ribattere e chiudere la questione, ma il capo degli uomini pesce lo
anticipò, seppure per motivi diversi.
“Basta con la filosofia.. Ditemi, siete pronti per la
battaglia?” chiese Jimbei, interrompendo bruscamente la
conversazione dei tre ragazzi. La voce roca dell’uomo pesce
richiamò anche gli altri pirati, elettrizzati
dall’avvicinarsi dello scontro.
“Smoker è mio!” esclamò Rufy,
deciso.
“Akaniu, è mio!” tuonò Ace,
accarezzando la grossa cicatrice che ricopriva il suo torace.
“Kizaru è mio!” precisò Zoro.
I tre pirati avevano parlato pressoché allo stesso momento.
Tutti gli altri guardavano la scena, accigliati. Kidd era infastidito
per essere stato bruciato sul tempo, ma cercava di non darlo troppo a
vedere.
“Beh, a seconda di quale ammiragli arriveranno decideremo chi
è il più fortunato.” concluse Zoro,
alzando le spalle.
“Ma perché solo due questa volta?”
chiese Rufy, deluso.
“Se fossero tre ci sarebbe divertimento per tutti.”
confermò Kidd.
Se qualcuno avesse assistito a quella conversazione forse avrebbe
convenuto che nessuno dei pirati che si trovava a bordo di quella nave
era del tutto sano di mente, a partire dai capitani, dai primi
ufficiali e dai fratelli che li accompagnavano.
“Voi due siete matti da legare!”
dichiarò Jimbei, incredulo, passando lo sguardo dal ragazzo
di gomma all‘altro capitano al suo fianco. Si
voltò a cercare qualcuno che lo sostenesse, ma vide tutti
sorridere ai due capitani.
“Hanno ragione!” esclamarono Zoro e Killer,
insieme. Ancora una volta i due si trovarono d’accordo,
confermando le teorie dell’uomo pesce circa la poca
sanità mentale degli esseri umani.
“Voi due invece siete più matti di loro
perché ve li siete scelti come capitani..”
concluse Jimbei mentre si allontanava scuotendo la testa.
Non dovettero aspettare molto per l’inizio delle
ostilità. Dopo una decina minuti da quello strano scambio di
battute una palla di cannone segnò l’inizio degli
scontri. Per qualche istante nessuno di mosse, aspettando
l’ordine dei propri capitani. Non appena questo fu impartito
cominciarono tutti a muoversi, frenetici.
Le due navi ammiraglie si fronteggiavano, quasi si stessero sfidando
silenziosamente. Sia i pirati che i marine erano coscienti che di
lì a poco si sarebbe scatenato l’inferno. Uno
scontro epocale, di quelli che non si dimenticano tanto facilmente.
I marine combattevano per via di quel loro assurdo senso di giustizia
che li aveva spesso portati a togliere la vita a persone innocenti. I
pirati lottavano per amicizia, anche se molti di loro non sarebbero mai
riusciti ad ammetterlo per orgoglio.
Jimbei lo ripeteva spesso, quasi come una cantilena.
“I marinai ed i pirati sono simili.”
sbuffò il grosso uomo pesce, guardando il mare appena
agitato. Sembrava quasi che stesse riflettendo l’umore degli
uomini che avrebbero combattuto a pochi metri da quelle acque scure.
Molti di loro sarebbero caduti in acqua e forse qualcuno di loro
sarebbe anche morto.
“Non dire idiozie!” lo rimproverò Kidd,
profondamente offeso da quelle parole apparentemente senza senso.
Killer al suo fianco annuiva deciso.
“Ha ragione. Entrambi adorano il mare e non saprebbero
viverci lontano.” concordò Ace, inclinando la
testa verso destra per studiare meglio gli avversari che si trovava di
fronte.
“Esatto ragazzo, anche loro sfidano le onde, le tempeste e
vanno in cerca di avventura. Sono come noi.”
continuò Jimbei, immobile, continuando a spiegare ai pirati
quella strana teoria che aveva formulato già da diverso
tempo.
“Siete matti! Davvero pensate che non ci siano differenze tra
noi e loro?” chiese Kidd, incredulo, passando lo sguardo da
Ace a Jimbei, per poi terminare su Rufy e Zoro che fissavano
interessati i due.
“Adesso sei tu l’ingenuo. Io non ho mai detto una
cosa del genere, dovevi lasciarmi finire invece di
interrompermi..” sbuffò Jimbei, imbronciato.
Odiava essere interrotto, specie da un moccioso come Kidd.
“Parla, vecchio.” mormorò Kidd,
esasperato. Jimbei alzò gli occhi al cielo, offeso.
“I pirati non si sentono i padroni del mare, si limitano ad
andare in cerca di avventure. Per i marine è diverso,
credono di possedere le onde, le tempeste ed ogni terra emersa. Per
questo ci danno la caccia come animali.” spiegò
pazientemente l’uomo pesce. Kidd fece per aprire bocca, ma lo
spadaccino dai capelli verdi lo precedette.
“Hanno la mania del controllo.” concluse Zoro,
sintetizzando il discorso di Jimbei.
“È per questo che combattiamo oggi, per fare si
che il nostro amico Law possa riprendere a solcare le onde insieme a
noi.” esclamò Rufy, deciso e sorridente.
“Basta parlare.” dichiarò Kidd,
preparandosi a mettere fine a quella situazione di stallo.
Erano bastati pochi istanti per vedere scatenarsi l’inferno;
i colpi partivano da ogni parte. Sia i marinai che i pirati non era
disposti a cedere e facevano del loro meglio per abbattere
l’avversario. Non appena Ace si era trovato di fronte Akaniu
la grossa ferita che aveva sul petto aveva iniziato a bruciare,
ricordandogli il passato. Il sorriso gli era subito morto sulle labbra,
facendolo raggelare. Nonostante fossero passati molti anni, quella
sconfitta bruciava ancora; non si dimentica facilmente la morte del
proprio padre. L’ammiraglio invece era rimasto immobile,
divertito dall’espressione indecifrabile del pirata. Smoker,
che stava preparandosi ad attaccare Rufy, aveva iniziato a scuotere la
testa, deluso. Tutta la marina, ed anche buona parte dei pirati
presenti, sapevano quanto l’uomo disapprovasse le scelte
dell’altro ammiraglio.
“Sei terribilmente crudele, e anche stupido.. Molto di
più degli uomini che dici di voler fermare.” gli
ripeteva spesso Smoker, annoiato. L’altro non rispondeva, se
non con un alzata di spalle. Smoker sapeva che uno come Akaniu non
cambia da un giorno all’altro. O meglio, uno come lui non
cambia e basta.
“Credo che mio fratello stia per dare una bella lezione al
tuo collega..” disse Rufy, divertito. La sua espressione
allegra e spensierata, a discapito della cruenta battaglia che
infuriava loro intorno, fece aumentare la rabbia
dell’ammiraglio Smoker. L’altro tuttavia
sembrò non farci minimamente caso. I brutti pensieri che lo
preoccupavano poco prima erano scomparsi. Ora c’era posto
solamente per la battaglia, per lo scontro ed infine per la vittoria.
Doveva tornare dai suoi compagni, non poteva permettersi di perdere la
vita o di lasciare che Zoro morisse.
“È abbastanza forte?” chiese Smoker,
serio.
“Scherzi? È il mio fratellone in fondo!”
rispose Rufy, stizzito, senza pensarci.
“Allora gli faccio i miei migliori auguri.. In
guardia!” esclamò Smoker, prima di partire
all’attacco. Una bella lezione, in fondo, era decisamente
quello che serviva ad Akaniu.
Lo scontro tra i due uomini continuò per un po’,
tra colpi e parate, fino a che un fendente di uno dei commodori
presenti li divise. Rufy non si scompose e riprese a colpire gli
avversari in ordine casuale, cercando tra la folla Smoker.
Zoro, a differenza del suo capitano, era particolarmente seccato. Tra
le fila della marina non vi era nessuna traccia di un avversario
decente, nemmeno della strana ragazzina che seguiva perennemente Smoker
quasi fosse la sua ombra. Anche Kidd sperava di trovarsi di fronte
qualche avversario valido in più, ma era abbastanza
assennato da riconoscere che era andata meglio così. Law ed
i suoi erano decisamente malconci. Soccorrerli ed affrontare la marina
al gran completo sarebbe stato difficile, per non dire impossibile.
La situazione sul campo di battaglia era talmente caotica che nessuno,
ne i pirati ne tanto meno i marine, si accorsero della presenza di una
seconda nave pirata, leggermente defilata rispetto alla nave sulla
quale si trovano Rufy, Kidd, Jimbei e gli altri pirati.
La ciurma di Cappello di Paglia ci aveva messo un po’ a
salpare.
Procurarsi una nave, attrezzarla e partire era stata
un’operazione più lunga del previsto. Certo, la
Galley Company aveva dato loro una mano, nonostante avessero spesso
ripetuto che la loro impresa sembrava molto pericolosa. Andare vicino
ad uno scontro con due ammiragli, anche senza prendervi parte, poteva
rivelarsi pericoloso. Era risaputo che la marina non faceva mai troppo
caso a quali bersagli colpiva. Ad ogni modo, alla fine era riusciti a
rassicurare tutti ed erano salpati. Una volta preso il mare si era
posto il problema della bandiera. Quando si erano ritrovati, nel mare
Orientale, avevano deciso che non sarebbero più stati pirati
e per tanto non avevano più issato nessuna bandiera. Ora le
cose avevano preso una piega diversa. Stavano andando a raggiungere il
loro capitano ed erano più che mai decisi a tornare alla
loro vecchia vita pirata. La bandiera era d’obbligo, tutto
stava nel decidere quale.
“Ho finito!” esclamò Usop, riponendo i
pennelli ed allontanandosi per vedere meglio il frutto del suo lavoro.
Non c’era quasi stato bisogno di discuterne, tutti sapevano
cosa era più giusto fare.
“Che bandiera hai disegnato?” chiese Brook, curioso.
“C’è bisogno di chiederlo?”
chiese Usop, scocciato, mostrando ai compagni un teschio sopra il quale
spiccava un cappello di paglia.
“Mi sembra ragionevole..” commentò
Sanji, accendendosi una sigaretta. Vedere quel teschio sventolare sopra
le loro teste gli aveva fatto tornare alla mente tutte le battaglie, le
feste, le avventure e gli strampalati incontri che avevano fatto quando
ancora solcavano i sette mari insieme.
“Saremo i pirati di Cappello di Paglia, fino alla
morte!” esclamò decisa Nami.
“Come credete che starà andando?” chiese
Chopper, pensieroso. La piccola renna si tormentava nervosa il suo
cappello, sperando di non arrivare tardi.
“Male!” rispose Usop, deciso, senza pensarci. I
compagni lo fulminarono con lo sguardo.
“Il solito pessimista..” sospirò Franky,
alzando gli occhi al cielo.
“No, solo realista. Non sono andati a pesca ma a combattere
contro due ammiragli della marina.” ribatté Usop,
infastidito.
“La sola idea mi fa tremare di paura..”
balbettò Chopper, nascondendosi dietro il cuoco.
“Non cambierete mai!” sospirò Robin,
sorridendo.
“Dovreste essere orgogliosi del vostro capitano, non
lamentarvi sempre come delle femminucce!” fece eco Nami. Per
una volta non era spaventata come i due compagni, al contrario, aveva
una gran voglia di combattere.
“Femminucce.. Come ti permetti?” sbottò
Usop, furente, scagliandosi contro la ragazza che non era tuttavia
decisa a lasciarla vinta al compagno.
“Calma, Nami!” la richiamò dolcemente
Robin, cercando di fare ragionare l’amica. Arrivare alla mani
non era una buona idea visto il brutto carattere della ragazza.
“Ringrazia la tua buona stella.” sbottò
Nami, tra i denti.
Lo sguardo della ragazza, perso verso l’orizzonte, fu
improvvisamente attratto da alcune navi poco lontane. Si trattava di
due vascelli, schierati l’uno contro l’altro.
Sull’albero maestro di entrambe sventolava una nave, seppure
con simboli completamente diversi. Immediatamente la ragazza
intuì che avevano raggiunto il loro obiettivo.
Aprì la bocca per avvertire gli amici, ma la richiuse non
appena si rese conto di quello che stava per succedere a bordo della
Sunny: Rufy stava precipitando in acqua.
L’impatto ormai era imminente ed inevitabile tanto che il
ragazzo aveva ormai capito di essere spacciato. Jimbei era troppo
lontano, Zoro era troppo impegnato a combattere e tutti gli altri
pirati nelle vicinanze non potevano nuotare esattamente come lui.
Rufy era ormai pronto a morire con un sorriso sulle labbra, proprio
come si era sempre immaginato sarebbe finita la sua vita, quando una
voce estremamente familiare lo riscosse e lo riportò alla
realtà.
“Sei il solito idiota! Quanto capirai che non sai
nuotare?” esclamò una voce, dura.
Rufy si ritrovò a fissare a lungo Nami, perplesso, prima di
svenire.
ANGOLO DELL'AUTRICE:
innazitutto, GRAZIE DELLA PAZIENZA!!!
il 22 settembre ho iniziato a lavorare e tra quello,
l'università e la discussione della tesi sono distrutta.
Arrivare alla una di notte è fin troppo facile e quindi ha
finito per risentirne la mia velocità di pubblicazione!
come preannunciato, il prossimo sarà il capitolo conclusivo!
dispiaciuti?
io un po' si, ma allo stesso tempo sono orgogliosa di avere portato
fino alla fine una storia che ha avuto un successo che a stupito anche
me.
attualmente sto pensando e buttando giù una bozza di una
storia che avrà come protagonisti Ace, Sabo e Rufy.
il titolo dovrebbe essere "Noi tre fratelli ci incontrermo ancora", ma
è ancora tutto in forse.
Spero, se il progetto andrà avanti, che vorrete leggerla!
ora, passiamo ai commenti dei SANTI che mi hanno recensito!!!
VI ADORO, SAPETE?
Kgm92: grazie mille!!!
metti insieme Kidd, Ace, Rufy, Zoro, Killer e Jimbei e i siparietti
sono d'obbligo!
spero che questo capitolo ti sia piaciuto e che leggerai anche il
prossimo!
LadySaika: grazie mille!!!
beh, Franky non so, ma magari faranno un viaggetto nell'isola nel
cielo...
la scena di Rufy e Robin è triste, ma allo stesso tempo da
speranza; è lo stesso Rufy che promette ai compagni che
tornerà, dando loro la sua vivre card.
la vivre card del re dei pirati non è poco, anzi.
anche io sono triste perchè siamo quasi alla fine..
:(
Tre 88: grazie milleee!
Naa, Ace non ha fatto apposta.. è proprio sbadato di suo.
inoltre sa che suo fratello è abbastanza forte per cavarsela
anche da solo. diciamo che lo segue per scrupolo! :D
per Zoro invece, beh si, alla fine ci ha preso gusto a parlare troppo!
spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto e che leggerai il
prossimo!
Neko: grazie milleee!
beh, se tornavano insieme lo scorso capitolo voleva dire che era
l'ultimo! :D
Per il bracciale prova a chiedere ad Ace, magari lui ti presta il suo!
Brando: grazie milleee!
se i protagonisti non sono paranoici, non è una mia storia!
davvero, credo di avere fatto anche di peggio!
a dire il vero inserire Law e Kidd è stata un'idea che mi
è venuta mentre revisionavo il capitolo. credevo non sarebbe
piaciuta come idea, ma sono felice di essermi sbagliata!
Saisai_girl: grazie milleee!
tranquilla, vedrai che Law se la cava..
spero che seguirai il prossimo capitolo!
LadyShinigami: grazie milleee!
beh, non posso proprio dire nulla.. in fatto di ritardo sono una
specialista!
tranquilla quindi, e grazie per avere commentato!
Smemo92: grazie milleee!!!
beh, credo che tutte le tue domande avrenno risposta nel prossimo, ed
ultimo, capitolo!!!
riuscirai a pazientare?
Stellina4ever: graziee milleee!
sono contenta che la mia storia ti piaccia. Purtroppo, anzi per
fortuna, ho una vita abbastanza frenetica e scrivo nei ritagli di
tempo. se mi imponessi delle scadenze finirei con l'impazzire, con lo
scrivere per forza e male.
porta pazienza.
per tirarti su di morale ti assicuro che il prossimo capitolo
è scritto ed è solo da revisionare!
GRAZIE MILLE!!!!
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Capitolo 20 *** EPILOGO - IL FUTURO CI ASPETTA ***
EPILOGO
IL FUTURO CI ASPETTA
La
mattina seguente agli scontri tra i pirati e la marina ed ai salvataggi
all’ultimo secondo, Rufy e Zoro dormivano ancora della
grossa, ed Ace non era certo da meno.
C’era
stato molto movimento a bordo della Sunny, ma alla fine tutti quanti
avevano ripreso il mare sani, salvi e più o meno illesi. I
feroci attacchi della marina erano stati placati grazie alla
collaborazione di tutti; Akaniu aveva ricevuto una bella lezione da Ace
che era riuscito alla fine a vendicare il padre e uno Smoker
più furioso che mai aveva giurato a Rufy che la prossima
volta non l’avrebbe fatta franca, stizzito che il pirata in
questione fosse svenuto e non potesse sentirlo. Agli occhi
dell’ammiraglio ancora una volta quel dannato ragazzo era
riuscito a farla franca grazie all’intervento dei suoi amici;
possibile che ovunque andasse ci fosse gente che lo conosceva disposto
a rischiare la vita pur di dargli una mano? Nonostante questi pensieri,
di buon umore o meno, alla fine tutti i marinai erano tornati alla loro
base e i pirati avevano potuto finalmente tirare un sospiro di
sollievo. L’unica preoccupazione al momento era la salute dei
compagni, come al solito conciati malissimo.
“Non
si sono ancora svegliati?” Chiese Usop, ansioso, camminando
avanti e indietro per la stanza dove i suoi amici dormivano, sotto lo
sguardo critico di Franky. Erano tutti radunati lì da ore,
in attesa che gli amici dessero qualche cenno di vita o che quanto meno
il medico di bordo dicesse loro qualcosa circa le loro condizioni.
Quello messo
peggio era certamente il capitano, come suo solito, ferito e indebolito
dall’acqua di mare ma anche Zoro non era certo da meno. Dopo
la prima occhiata ai loro corpi martoriati Chopper aveva sentenziato
che se si fosse trattato di uomini normali a quel punto sarebbero stati
certamente morti, ma tutti loro sapevano bene che ne Zoro ne tanto meno
Rufy erano uomini normali. Lo spadaccino nonostante avesse affrontato
nemici non particolarmente forti era riuscito a coprirsi di ferite
superficiali che avevano finito per stancarlo e per indebolire i suoi
riflessi tanto da non fargli vedere il fendente con cui un
vice-ammiraglio lo aveva colpito alle spalle. Quando si era accordo
della presenza dell’uomo ormai era tardi e la sua spada stava
già penetrando a fondo nella sua carne. Inutile dire che il
marine non aveva fatto una bella fine, colpito a sua volta ed in modo
mortale dalla rabbia di uno spadaccino profondamente offeso per essere
stato colpito alle spalle.
Ace da canto
suo durante il combattimento con l’ammiraglio non si era
certo risparmiato e ora ne pagava le conseguenze, dormendo della
grossa. Certo, la straordinaria capacità di rigenerarsi
tipica di un rogia aiutava, ma tuttavia le bruciature che aveva
riportato sembravano parecchio serie persino per un tipo come lui.
“Beh,
è normale. Non è stata una
passeggiata..” spiegò Chopper, avvicinandosi
cautamente ai ragazzi addormentati per cambiare loro le bende.
Nonostante
le ferite fossero gravi, dormivano tranquilli e per nulla agitati dal
recente combattimento. Più che da una feroce battaglia
sembravano reduci da una vacanza particolarmente faticosa o da una
giornata di lavoro molto stressante.
Immersa in
questi pensieri, Nami guardava il suo capitano dormire, riflettendo sul
fatto che negli ultimi tempi lo aveva visto più spesso
dormire ricoperto di bende piuttosto che sveglio. L’unica
consolazione per la ragazza e per gli altri membri della ciurma, era
che questa volta non erano feriti per colpa loro. Anche Usop, proprio
come la compagna, aveva fissato a lungo l’amico, ripensando
all’ultima volta che lo aveva visto qualche giorno prima
quando rideva spensierato sul ponte insieme a Zoro ed al fratello. In
quell’occasione era stato geloso di quel legame
così stretto dal quale lui era escluso, ora invece
desiderava solo che i tre si riprendessero presto per poter tornare a
navigare insieme, come una famiglia. Più o meno lo stesso
valeva per i compagni, anche loro preoccupati. La più in
ansia era decisamente la navigatrice, seguita a ruota da Robin; quando
Nami aveva visto Rufy precipitare verso l’acqua per qualche
istante aveva davvero creduto che per lui fosse finita. In modo
inspiegabile invece di perdere la calma ed urlare aveva iniziato a
correre ed in qualche modo era riuscita ad arrivare in tempo per
ripescarlo prima che annegasse, concedendosi di perdere le staffe
solamente a salvataggio avvenuto. Una voce dentro di lei le aveva
urlato di darsi da fare, ricordandole che un tipo speciale come il suo
capitano non poteva morire in un modo tanto stupido. Sanji e Brook
avevano lodato quell’impresa per ore, mentre la ragazza li
mandava a quel paese intimando loro di lasciarla sola. Non era certo la
prima volta che accadeva che il Ragazzo di Gomma finisse in acqua
durante una battaglia, ma mai come quella volta era andato
così vicino a lasciarci le penne. L’unica cosa che
poteva averlo salvato doveva essere qualche santo che pregava per lui
dal paradiso, forse lo spirito di una nonna o di un antenato informato
dalla sua poca prudenza.
Robin, a
pochi passi dalla navigatrice era sbiancata, esattamente come avevano
fatto i suoi compagni, e aveva iniziato a stringere ossessivamente il
bracciale che gli aveva dato lui, ripetendosi che se fosse successo
qualcosa al suo capitano la colpa sarebbe stata solamente sua. Se
avesse avuto il bracciale con sé, invece di lasciarlo a lei,
avrebbe potuto nuotare e non sarebbe successo nulla.
“Che
teste vuote, avrebbero potuto farsi uccidere.”
commentò Sanji scuotendo la testa ed allontanandosi per
lanciare lontano un mozzicone ormai finito mentre ripensava agli
avvenimenti del giorno precedente. Nel giro di pochi minuti era passato
dalla speranza di tornare a navigare con il capitano e lo spadaccino
alla terribile certezza che questi sarebbero morti nel giro di poco per
poi tornare nuovamente a sperare ed a sognare ad occhi aperti.
Nonostante non fosse disposto ad ammetterlo anche lui si era spaventato
molto ed era rimasto attonito a guardare il salvataggio di Nami,
incredulo. I riflessi della ragazza erano stati fenomenali. Nessuno
infatti avrebbe saputo spiegare in modo razionale come avesse potuto
arrivare in tempo, nemmeno una persona logica e razionale come Robin.
Tuttavia era accaduto e questo sembrava bastare a tutti, le spiegazioni
erano superflue.
“Trafalgar
Law?” chiese Brook, curioso, distraendo i compagni dal
pensiero del capitano e del suo quasi tuffo in mare. Lo scheletro
trafficava da alcune ore con il suo violino, senza emettere nessuna
nota mentre Franky lo guardava torvo. Era infatti stato lui a
minacciarlo che lo avrebbe buttato in mare nel caso in cui avrebbe dato
fastidio agli amici addormentati.
“Ha
ringraziato ed è partito.” rispose Robin,
ritrovando il sorriso ed alzando le spalle.
Lo strano
comportamento aveva stupito i ragazzi, che tuttavia non vi avevano dato
molto peso. Durante i loro viaggi per mare, sia insieme a Rufy che da
soli, ne avevano incontrata parecchia di gente strana e avevano da
tempo smesso di farsi troppe domande. Non è mai saggio porsi
quesiti quando viaggi con gente come Rufy, Zoro e Sanji, famosi per
essere più imprevedibili e irascibili che razionali.
Ad ogni
modo, la ciurma del capitano Law era salpata qualche ora prima a bordo
della nave che la Galley Company aveva messo a disposizione della
ciurma di Cappello di Paglia dopo che la loro era stata prima
sequestrata e poi distrutta durante il combattimento dalla marina.
Certo, il pirata aveva acconsentito a partire solamente dopo aver avuto
la certezza che tutti i feriti erano stati curati, il particolar modo
Ace, Jimbei, Rufy e Kidd, mentre Chopper lo guardava lavorare ammirato.
Una volta
che Nami aveva ripescato Rufy la battaglia era praticamente arrivata al
termine. I marinai avevano avuto abbastanza perdite da decidere di
ritirarsi prima che qualcuno dei pirati avesse il tempo di chiamare
ulteriori rinforzi. Akaniu aveva avuto la sua lezione e Smoker
conosceva abbastanza Jimbei per ritenere che l’uomo pesce non
avesse ancora terminato la lista di possibili pirati da chiamare in
aiuto nel caso la battaglia fosse destinata ad andare avanti. Era
infatti prevedibile che il Cavaliere del Mare avesse altri assi nella
manica, tra cui dovevano certamente esserci anche Marco la
Fenice e gli altri uomini che un tempo avevano fatto parte della ciurma
di Barbabianca. Tutti sapevano che i cosiddetti fratelli di Ace erano
gente pericolosa che era meglio non coinvolgere a meno che non fosse
strettamente necessario. Akaniu aveva cercato di protestare debolmente
ma Smoker gli aveva intimato di stare zitto e lo aveva trascinato via
senza attendere una sua risposta.
L’unico
davvero seccato era il capitano Kidd, ferito nell’orgoglio
per non aver avuto l’occasione di battersi contro un
ammiraglio. Jimbei aveva riso della sua delusione e gli aveva
assicurato che la prossima volta gli avrebbe assicurato una lotta
all’ultimo sangue con un pezzo grosso del quartiere generale.
“Gli
altri?” chiese Sanji, alzando lo sguardo sulla bella
archeologa. La ragazza parve rifletterci sopra qualche istante prima di
dare una risposta.
“Kidd
ha borbottato che non avevano tempo da perdere e Jimbei è
sparito in acqua dicendo che ci aspettava sull’isola degli
uomini pesce.” continuò a raccontare Robin,
pensierosa. In realtà non era il pensiero dei pirati che
avevano preso il largo a preoccuparla, quanto le condizioni dei tre
amici ancora profondamente addormentati.
“Dite
che adesso per un po’ staremo tranquilli?” chiese
Brook, lasciando perdere il violino e prendendo a giocherellare con il
suo bastone. Nessuno rispose, non subito almeno.
Raggiungere
i loro compagni nel bel mezzo di una battaglia era costato loro molte
più energie di quelle che avevano creduto necessarie. Certo,
non avevano preso parte alla lotta tuttavia era stato ugualmente
tremendo. Vedere la potenza dei colpi che partivano da entrambe le
parti aveva permesso loro di realizzare che non avrebbero avuto nessuna
possibilità se avessero combattuto al fianco di Zoro e di
Rufy. Il più colpito da quella scoperta era stato Sanji, che
aveva immediatamente ripreso ad allenarsi per non essere inferiore a
Zoro. Certo, il tempo da recuperare era molto, ma il cuoco era
affascinato dalla sfida e più che mai determinato a
raggiungere i livelli dell’odiato rivale. Lo spadaccino
poteva anche essere il vice di Rufy, ma lui non voleva essere da meno.
“Credo
di No..” rispose Usop, serio, senza l’ombra del
minimo spavento. Per la prima volta da molto tempo era cosciente di
stare andando incontro al pericolo e l’idea lo affascinava.
Non era solo e tanto gli bastava per guardare avanti a testa alta,
senza tremare. Sapeva che insieme ai suoi compagni non gli sarebbe
potuto accadere nulla di male e che nessuna sfida era troppo complicata
per essere vinta. Il recente scontro di Rufy e Zoro con ben due
ammiragli della marina ne era la prova.
“Vorrei
ben vedere.” esclamò Nami, sorridendo. I suoi
occhi erano lucidi, non per i tesori che la aspettavano nel Nuovo Mondo
ma per le avventure che avrebbero vissuto insieme, come una famiglia
che si ritrova dopo un periodo burrascoso.
“Che
dici, sei pazzo?” chiese Chopper, lasciando cadere le bende
che teneva in mano per la sorpresa. Gli sembrava assurdo sentire
parlare in quel modo Nami e Usop, proprio i due compagni che come lui
erano sempre stati più restii ad andare incontro al pericolo.
“No,
sono sulla nave del Re dei Pirati. Pensi davvero che staremo tranquilli
qui?” chiese il cecchino in rimando, sorridendo. Chopper
deglutì, prima di annuire.
“Con
un capitano come Rufy? No, credo proprio di No..”
mormorò Franky, bevendo un lungo sorso di cola. Subito il
suo ciuffo tornò al suo posto, più splendente che
mai.
“Beh,
meno male!” sospirò Sanji. La vita tranquilla non
faceva per lui, gli erano serviti altri sette anni alle dipendenze del
suo vecchio maestro ma alla fine lo aveva capito.
Lo scambio
di battute tra i due ragazzi fece riflettere tutti i presenti,
permettendo loro di concludere che la vita senza Rufy, per quanto
sicura, fosse anche incredibilmente noiosa e prevedibile. Meglio una
lotta all’ultimo sangue al fianco di quelli che puoi chiamare
amici o meglio ancora fratelli piuttosto che l’apatia
più totale su una tranquilla isola dimenticata dal mondo e
dalla marina. Dopo qualche istante di silenzio i ragazzi si accorsero
che Chopper aveva finito con le medicazione e decisero di lasciare la
stanza dove i compagni riposarono. Lasciarli riposare sembrava la
decisione migliore anche se a conti fatti non avevano la minima idea di
quanto tempo ci sarebbe voluto. L’unica che rimase insieme ai
compagni fu Robin, incaricata di controllare che non succedesse nulla
ai feriti che sembravano dormire della grossa tanto che ci volle un
po’ perché la ragazza, presa dal suo libro, si
accorgesse che stava accadendo qualcosa.
Robin
alzò appena lo sguardo dal libro che stava leggendo quando
sentì il respiro dello spadaccino farsi appena
più affannato. Si guardò intorno, preoccupata che
quel debole rumore potesse avere svegliato gli altri due ragazzi.
Guardò Rufy e subito scacciò
quell’idea. Il ragazzo dormiva della grossa arrotolato nelle
coperte, placido come suo solito. Aveva perso i sensi subito dopo
essere stato salvato da Nami, prima ancora di riuscire a mettere
insieme due parole. Ace e Zoro li avevano trovati poco lontani, esausti
come Rufy. Lo spadaccino aveva abbozzato un sorriso, per nulla sorpreso
di trovarli in quel tratto di mare, poi si era accasciato tra le
braccia di Franky.
Nonostante i
pirati avessero avuto la meglio sugli ammiragli lo scontro era lo
stesso stato cruento e sanguinoso, molto più di quanto
avevano previsto. Persino Kidd e Killer erano provati e scossi.
L’unico davvero tranquillo, a discapito di tutta quella
confusione, era Law. Il ragazzo sembrava deciso a non smentire la sua
reputazione di chirurgo freddo e controllato. Anche lui era ferito,
certo, forse anche più degli altri, ma sembrava essere
intenzionato a non dare assolutamente peso alla cosa. Avrebbe anche
ripreso immediatamente il mare se Jimbei non gli avesse intimato di non
azzardarsi a fare un passo. Dopo qualche discussione, Law aveva deciso
di fare il bravo scolaretto come diceva il grosso uomo pesce senza
protestare. Jimbei aveva sorriso, fiero di se stesso. Non importa
quanto i pirati fossero forti, crudeli, pericolosi e famosi, alla fine
tutti ubbidivano a lui.
Ci volle
parecchio prima che qualcuno dei tre ragazzi addormentati desse segno
di riprendere i sensi. Il primo a tornare definitivamente nel mondo dei
vivi fu lo spadaccino.
Al suo
risveglio Zoro si sentiva ancora stanco e con la testa decisamente
pesante. I suoi due compagni di avventura, Rufy ed Ace, erano ancora
profondamente addormentati e lo sarebbero rimasti ancora a
lungo come era loro solito. Mentre cercava di decidere se quelli che
stava patendo fossero postumi di una colossale sbronza o piuttosto di
una furiosa battaglia, la porta della stanza si aprì
lasciando entrare Chopper seguito da Nami ed Usop. Il ragazzo
percepì la loro presenza prima ancora di riuscire a
distinguere bene quelle figure avvolta da una strana nebbia.
“FATE
PIANO.” implorò il dottore con fare severo,
cercando di mettere a tacere i due rumorosi amici. Nami ed Usop avevano
insistito parecchio per seguire Chopper, ignorando le proteste del
medico che alla fine era stato costretto a cedere.
“Ma
dormono..” mormorò Usop, deluso, lasciandosi
cadere su una sedia libera.
“Appunto!”
esclamò Chopper, alzando gli occhi al soffitto.
“Tranquillo,
serve ben altro per svegliarli..” mormorò Nami,
guardandosi intorno. Nessuno dei tre aveva fatto a caso a Zoro, che si
rigirava debolmente tra le coperte.
“Io
avrei il mal di testa..” iniziò Zoro, sarcastico.
La sua voce, per quanto bassa e debole, fece sobbalzare i tre amici e
subito tutte le loro attenzioni si concentrarono su di lui, troppo
debole per protestare. Immediatamente Nami controllò Rufy,
delusa di trovarlo ancora nel mondo dei sogni mentre Chopper si
precipitava a visitare lo spadaccino.
“Zoro,
come stai?” chiese Usop, ansioso, scattando il piedi ed
avvicinandosi a lui.
“A
dire il vero, non lo so.” rispose lo spadaccino,
accigliandosi per quella strana domanda. Trovare i suoi compagni al suo
capezzale era decisamente strano, senza contare che non riusciva bene a
mettere a fuoco in che luogo si trovasse. Tutto quello che riguardava
era la conversazione con il suo migliore amico subito dopo colazione e
poi solamente tanta confusione. La sua mente era parecchio annebbiata.
“Non
fare caso a questi due idioti. Ho detto che venino a medicarvi e sono
voluti venire a tutti i costi insieme a me.”
spiegò Chopper, sospirando. Zoro si voltò
istintivamente verso la navigatrice che subito arrossì.
“Non
montarti la testa, idiota.” mormorò Nami,
imbarazzata, distogliendo lo sguardo dal ragazzo dai capelli verdi che
aveva preso a sorridere in modo malizioso.
Zoro
provò a rispondere alla provocazione della navigatrice ma
una fitta al fianco gli tolse il fiato lasciandolo boccheggiare per un
po’, riverso sul letto. Quando si riprese si accorse di
essere ricoperto di bende che Chopper, aiutato da Nami e da Usop, si
stava affannando a sostituire. Tutti e tre erano piuttosto pallidi e
spaventati.
“Non
credo che questi siamo i postumi della più colossale sbornia
di tutti i tempi..” commentò Zoro, ironico. Usop
alzò gli occhi, sospirando per la stupidità del
suo amico.
“Certo
che no, idiota, ti sei già dimenticato della battaglia
contro la marina?” chiese Nami, scocciata ed incredula. Zoro
ci pensò un po’ su e tutto gli tornò
improvvisamente in mente; gli ammiragli, i tanti marinai disposti a
tutto pur di fare loro la pelle e Rufy che cadeva in acqua troppo
lontano da lui.
“Rufy!”
urlò Zoro, spaventato ed agitato, cercando di mettersi a
sedere. Usop fu più rapido di lui e gli impedì
qualsiasi movimento prima che potesse sentirsi di nuovo male.
“Cosa
urli, brutto demente! Così lo svegli!”
urlò Nami, indicando un letto poco distante da quello dello
spadaccino. Zoro si voltò e incontrò con lo
sguardo la figura rassicurante del suo capitano che dormiva beato. Lo
spadaccino rimase a lungo a fissare l’amico e si decise a
rimettersi sdraiato solo una volta che si fu convinto che stesse
veramente bene.
“Nami
lo ha recuperato prima che fosse tardi.. C’è
mancato veramente poco questa volta.” spiegò
Chopper, intuendo quali fossero le preoccupazioni del compagno.
Zoro
annuì a fatica, lanciando alla ragazza un‘occhiata
colma di gratitudine, poi perse nuovamente i sensi e tornò a
riposare per qualche ora.
Il capitano,
a differenza del suo vice, dormì ancora tutto il giorno e si
svegliò solamente il tardo pomeriggio del giorno successivo
quando oramai Zoro ed Ace erano già in piedi da un bel
po‘, completamente ripresi. La prima cosa che Rufy riconobbe,
una volta svegliato, fu la figura familiare di una ragazza seduta al
suo capezzale.
“Nami?”
chiese il ragazzo di gomma, confuso. Ricordava chiaramente il suo viso
e la sua voce mentre cadeva in acqua, ma aveva una paura folle di
essersi sbagliato.
“Sta
zitto, devi riposare! Chopper dice che sei debole..”
esclamò la ragazza, confermando al capitano che non si era
trattato solamente di un sogno. La sua voce era decisa e dura, ma allo
stesso tempo preoccupata e dolce.
“Riesco
a parlare.” obiettò Rufy, testardo. Nami
alzò gli occhi al soffitto ma decise di sforzarsi di restare
calma per non peggiorare le condizioni del suo capitano. Il medico di
bordo si era raccomandato di non agitarlo, ricordando loro che aveva
bisogno di dormire, di rilassarsi e di riprendere le forze.
“Diresti
idiozie, mi faresti arrabbiare, finiremmo con il litigare e tu sei
debole.” sbuffò Nami, spiegandogli pazientemente
le cose come avrebbe fatto con un bambino.
Rufy
aprì la bocca per rispondere, poi la richiuse e
lasciò che sul suo volto si allargasse uno dei suoi
straordinari sorrisi. La navigatrice lo fissò a lungo,
sorpresa. Improvvisamente aveva realizzato quanto gli fosse mancata
quella testa vuota in quei lunghi sette anni.
“Grazie
per ieri.” sospirò il capitano dopo un
po‘, fissando intensamente la sua compagna. Quello sguardo
così intenso ebbe il potere di fare arrossire Nami, che
prese a tossire nervosamente distogliendo lo sguardo.
“È
stato quasi due giorni fa.” borbottò la ragazza,
imbarazzata.
“Sai,
ho preso una decisione..” continuò Rufy, ignorando
le reazioni dell’amica.
Non aveva
mai staccato gli occhi da lei, rapito dalla sua decisione ed allo
stesso tempo dalla sua timidezza.
“Le
tue decisioni mi spaventano. Dove ci vuoi abbandonare questa
volta?” chiese Nami, con un filo di ironia della voce. Rufy
alzò gli occhi al soffitto, ignorando il commento della
ragazza. Sapeva bene che aveva ragione, ma non aveva voglia di
ripensare a tutto quello che era successo negli ultimi sette anni. In
particolare, non voleva ripensare alle ultime, caotiche, settimane.
Sarebbe stato troppo per lui.
“Puoi
chiamare gli altri?” continuò il capitano,
mettendosi a sedere con qualche sforzo.
Nami
sospirò e fece quello che gli era stato ordinato anche se
temeva che il Ragazzo di Gomma non ce l‘avrebbe fatta ad
alzarsi dal letto. Tuttavia il capitano restava sempre il capitano e
non poteva certo mettere in dubbio i suoi ordini, nonostante fosse un
pazzo inaffidabile.
“Adesso
vado.. Tutti quanti?” chiese conferma la navigatrice,
perplessa.
“Di
loro di andare sul ponte.” disse Rufy, deciso, scostando le
coperte dal letto per potersi alzare. Nami ebbe la tentazione di
fermarlo o quanto meno di aiutarlo ma qualcosa la trattenne. Non voleva
essere aiutato, doveva lasciarlo fare da solo.
Uscì
sul ponte e prese ad urlare, attirando l’attenzione di tutti.
Persino Zoro, addormentato sull’albero maestro di vedetta si
precipitò subito da lei intuendo che fosse successo qualcosa
nel quale era coinvolto anche il suo capitano.
Tutti si
radunarono in fretta, incuriositi dalle parole della navigatrice.
“Beh,
c’è una festa?” scherzò
Franky, arrivando per ultimo.
“Non
ancora, forse dopo. Ora, ascoltate me.” disse Rufy, deciso,
raggiungendo i compagni sul ponte. Tutti quanti, ad eccezione di Nami e
dello spadaccino, erano preoccupati per la salute del capitano ed allo
stesso tempo sorpresi di vederlo li con loro come se niente fosse. Solo
qualche minuto prima era privo di sensi ed ora era allegro e pimpante
sul ponte principale della nave.
“Avanti..”
lo incitò Zoro, sicuro. Conosceva bene il suo capitano ed
era abbastanza certo di essere in grado di indovinare le sue
intenzioni. Il viso del ragazzo di gomma per qualche istante si
adombrò, ma prima che i compagni potessero rendersene conto
era già tornato lo stesso ragazzo spensierato che era sempre
stato.
I suoi amici
avrebbero capito, ne era sicuro.
“Sono
il più colossale degli idioti e per quanto io possa essere
cresciuto non credo che smetterò mai di essere
così, non del tutto almeno.” iniziò
Rufy, sorridendo. Aveva passato quasi sette anni a pensare cosa avrebbe
potuto dire in una situazione del genere ed oramai sapeva il discorso a
memoria.
“Puoi
arrivare al punto o ci vuoi fare perdere tutto il giorno?”
chiese Sanji, fingendosi seccato per nascondere l‘emozione
che gli facevano provare quelle parole che tutti loro avevano aspettato
di sentire da sette lunghi anni.
“Certo,
faccio subito. Il punto è che ho sbagliato, tutto qua.
L’ho fatto in buona fede. Sono stato un egoista, ma volevo
solo proteggervi. Anche fregandomi di quello che volevate
voi.” continuò Rufy, senza abbassare lo sguardo
dagli sguardi dei suoi amici. Sapeva che era duro, ma voleva guardare i
loro occhi e non perdersi nessuna delle loro reazioni. Doveva farlo se
li rivoleva con sé.
“Ti
sei sempre preso cura di noi, nonostante tutto..”
sottolineò Chopper, grato.
“Si,
ma non è stato abbastanza. Avevo promesso che vi avrei
aiutato a realizzare i vostri sogni e invece così non
è stato.” esclamò Rufy, stringendo i
pugni.
“Quindi?”
chiese Sanji, pacato, accendendosi l’ennesima sigaretta della
giornata.
“Beh,
se nonostante tutto siete abbastanza pazzi da voler salire ancora su
questa nave e darmi una seconda possibilità.. Siete i
benvenuti! Allora, che mi dite?” chiese Rufy, guardandosi
freneticamente intorno. Aveva paura che fossero loro a voltargli le
spalle questa volta, per ripagarlo con la stessa moneta. Avrebbero
fatto bene, certo; come poteva dargli torto? Tuttavia negli occhi dei
suoi compagni il capitano non leggeva rabbia ma bensì gioia
per quelle parole, aspettate da tanto tempo.
Fu Nami alla
fine che parlò, interpretando il pensiero di tutti i
presenti.
“Sei
un idiota, Rufy Cappello di Paglia!” esclamò
decisa la navigatrice.
Rufy
sorrise, rassicurato da quelle parole. Dopo tutto, si trattava di un
inizio decisamente promettente conoscendo la ragazza.
“Secondo
te abbiamo fatto tutta questa strada nonostante la marina solo per fare
una gita? Credi davvero che qualcuno di noi ti volterebbe le
spalle?” continuò Usop, più sicuro che
mai. Voleva tornare con il suo capitano, solcare i mari imbattendosi in
nemici, esseri strani e in tutti i guai in cui Rufy li avrebbe
trascinati.
“È
quello che meriteresti per quello che hai fatto loro passare”
si intromise Ace, fino a quel momento indifferente.
“Per
carità Ace, mettiamo fine a tutta questa storia.”
commentò Zoro, fulminando l’amico con uno sguardo
quasi più tagliente delle sue lame. Ace guardò a
lungo lo spadaccino, prima di passare al fratello. I tre rimasero
così, fissandosi, fino a che Pugno di Fuoco non
scoppiò improvvisamente a ridere, trascinando gli altri con
sé.
“È
deciso?” chiese Brook, prudente. Temeva che quello fosse
solamente un sogno e che di lì a poco si sarebbe svegliato,
solo, nella casetta dei promontori gemelli.
“Beh,
si..” mormorò Robin, guardandosi intorno.
Tutti
apparivano decisamente più rassicurati e decisi che mai.
Certo, il loro futuro era più che mai incerto e pericoloso,
ma anche come un’avventura piena di sorprese.
“Allora
facciamo festa!” esclamò Rufy, contento. Erano
anni che non aspettava altro che poter pronunciare quella frase, sette
per l’esattezza. Certo, in quei lunghi anni lui e Zoro non si
erano certo annoiati. Avevano fatto festa in molte occasioni, ma non
era mai stato lo stesso. Le feste che avevano organizzato insieme sulla
Sunny apparivano come un lontano ricordo ineguagliabile.
“Sanji,
in cucina; Usop, pensa ai fuochi; Zoro, prendi da bere. Voi,
apparecchiate!” cominciò ad ordinare Nami, severa.
Stranamente nessuno aveva da obiettare e tutti quanti si affannavano ad
ubbidire agli ordini della ragazza. Nessuno era mai stato
così felice di ubbidirle. Avrebbero anche ballato con
vestiti ridicoli se lei lo avesse chiesto.
“È
proprio tornato tutto come prima..” constatò Ace
rivolto al fratello, durante un attimo di calma. I due si erano
allontanati dal gruppo e guardavano gli amici da lontano, sorridendo
sereni. C’erano ancora molte battaglie di fronte a loro,
così come c’erano tante avventure che li
attendevano, ma guardare al futuro non era mai stato così
eccitante come in quel momento.
“La
nostra normale vita incasinata su una nave piena di pirati
improbabili..” mormorò Zoro, allegro,
avvicinandosi ai due con un grosso boccale di birra in mano. Rufy cerco
di rubarglielo, ma desistette non appena si accorse che era quasi
vuoto. Lo spadaccino era sempre il solito e non sarebbe mai cambiato.
Nonostante
il rumore, i canti e la musica, tutti si erano fatti più
silenziosi quando Zoro aveva parlato ed avevano preso ad osservarlo
attenti.
“Beh,
siamo i Pirati di Cappello di Paglia, no?” disse Usop, fiero
di poter finalmente tornare ad urlare al mondo quelle parole.
Rufy
guardò prima il fratello, poi ad un ad uno i compagni
fermandosi alla fine su Usop. Avevano ragione, tutti quanti. Loro erano
i Pirati di Cappello di Paglia, con tutto quello che ne conseguiva.
Gente strana, certo, capace di compire imprese destinate a rimanere
nella storia senza pensare troppo alle possibili conseguenze. Disposti
a sacrificare tutto per un amico in difficoltà. Lo sarebbero
stati per sempre, sia nel bene che nel male.
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La morale di
questa storia ci riporta all’inizio, quando un ragazzo
camminava solitario in una città con un cappuccio calato sul
viso.
“Hey,
ma tu sei il Re dei Pirati!” urlò un bambino che
doveva avere meno di dieci anni.
“Certo
ragazzo, sono proprio io..” mormorò Rufy,
continuando a camminare solitario per la strada buia diretto verso la
nave dove la ciurma al completo aspettava solo lui per salpare. Il
piccolo rimase a lungo sorpreso, senza muovere nemmeno un muscolo.
Era evidente
che avrebbe voluto dire molte cose ma si sa, l’emozione fa
brutti scherzi e per ciò rimase in silenzio e poi corse via,
eccitato, mentre Rufy ripensava al passato realizzando di avere
già visto quella scena, prima che la sua vita e quella di
Zoro prendessero ancora una volta una brusca svolta. Il Ragazzo di
Gomma sorrise, calcandosi un cappuccio a coprire il volto. Era
incredibile come le grandi domande che tormentano l’esistenza
di tanto in tanto ritornano, vedendo gli scenari completamente mutati.
Ora non era
più solo, aveva di nuovo i suoi compagni ed era lo stesso
convinto che valesse più che mai la pena essere il Re dei
Pirati.
“Ci sono
delle amicizie, dei sogni e degli amori che non si possono fermare;
Nemmeno il destino
ce la può fare..”
ANGOLO DELL'AUTRICE,
OVVERO TIRIAMO LE SOMME!
Arrivare a scrivere queste righe conclusive è allo stesso
tempo fantastico e triste, ma non è assolutamente un addio!
Anzi, vi comunico ufficialmente che la storia si Rufy, Ace e Sabo sta
prendendo forma.
Ad ogni modo, prima di dare l'addio a questa storia devo dire grazie a
tutti quelli che l'hanno resa grande, in particolare a coloro che mi
hanno dato la possibilità di scrivere nel loro
forum!
La mia storia è stata letta da più di 2.000
persone, commentata da 107, preferita da 28, ricordata da 4 e seguita
da 49.
Che dire?
Vorrei potervi ringraziare tutti, uno ad uno, ma purtroppo non vi
conosco e non posso fare altro che ringraziare tutti coloro che hanno
commentato lo scorso capitolo!
A tutti gli altri dico GRAZIE, e mi auguro di potervi conoscere nelle
prossime storie che scriverò!
BRANDO: grazie per questo e per tutti i commenti che mi hai lasciato!
Sono tutti vivi, anche Akaniu alla fine. Ho pensato se farlo fuori
oppure no ma poi ho deciso che per uno come lui essere sconfitto ma
sopravvivere è decisamente più vergognoso che
finire al creatore. Forse smetterà di essere così
odioso, chissà!
Rufy è caduto in acqua per caso, mentre era distratto.
Aggiornerò presto anche l'altra storia ma ho dato la
precedenza a questa perchè si trattava dell'ultimo capitolo!
LADY SAIKA: grazie per questo e per
tutti i commenti che mi hai lasciato!
Ebbene si, ho deciso che la scriverò. Non solo, i primi tre
capitoli circa sono pronti ma credo che la finirò prima di
postarla perchè è parecchio compliacata.. Non
sarebbe male avere qualcuno che mi aiuta a rivederla per evitare sviste.
Concordo circa la necessità della fine, continuarla
all'infinito la renderebbe una telenovela e finirebbe con il rovinarla!
Potevo non mettere un bel lieto fine?
NEKO: grazie per questo e per
tutti i commenti che mi hai lasciato!
Per quando riguarda l'umore di prima mattina credo di essere
più d'accordo con te che con quei due. Devo anche ammettere
che Killer un paio di ragioni le ha..
D'estate quando mi sveglio e trovo i miei amici già vispi ed
allegri li ammazzerei.. grrr!!!
Beh, era ovvio che cadesse in acqua proprio quando non aveva il
bracciale..
Di la verità, quando hai visto che lo stava lasciando a
Robin non hai intuito che poi avrebbe fatto un tuffo nel bel mezzo di
una battaglia?
:D
KGM92: grazie per questo e per
tutti i commenti che mi hai lasciato!
Più che depresso direi pensieroso, capita a tutti in fondo
anche se è strano quando capita ad un personaggio che di
solito è un vulcano ed un fulcro per tutti coloro che gli
stanno intorno!
SAISAI_GIRL: grazie per questo e per
tutti i commenti che mi hai lasciato!
Ebbene si, come avevo annunciato siamo alla fine! Non voglio infierire,
ma non credo che questa storia avrà un seguito.
Il motivo principale è che è venuta bene e che un
seguito potrebbe rovinarla. Insomma, per amore di questa storia
scriverò altro. Un paio di idee le ho di già!
HERMIONE616: grazie per questo e per
tutti i commenti che mi hai lasciato!
Ebbene si, Rufy è salvo, Akaniu è stato battuto
da Ace e tutti stanno bene.
Smoker alla fine è il solito, non credo che
riuscirà mai a catturare Rufy!
Non so perchè ho fatto in modo che fosse Nami a salvare il
suo capitano.. Robin non la vedevo bene e poi in questo modo la
navigatrice prova a tutti che tiene a Rufy, nonostante nei primi
capitoli non lo volesse nemmeno sentire nominare!
SUSYKO: grazie per questo e per
tutti i commenti che mi hai lasciato!
Diciamo che sulla fine di Ace io ed il caro Oda non ci troviamo
d'accordo, per cui nelle mie storie normalmente Ace c'è ed
è vivo!
Credo si tratti di una sorta di protesta, ma non credo serva poi a
molto!
Povero Ace!
STELLINA4EVER: grazie per questo e per
tutti i commenti che mi hai lasciato!
TRE 88: grazie per questo e per
tutti i commenti che mi hai lasciato!
Non so proprio come facciano ad essere così di prima
mattina, io personalmente sono parecchio scontrosa. Prima di un
caffè non ragiono per nulla!
Per quanto riguarda Kidd la tua idea è buona, credo che la
sfrutterò nelle prossime storie se mai ne
scriverò su di lui. Rum al mattino, geniale!
La frase che hai citato l'ho scritta di getto, ma è piaciuta
un sacco anche a me. Si tratta di una di quelle chicche che un autore
infila nel testo sperando che qualcuno la noti, sei geniale!
La storia sui tre fratelli è in fase di scrittura, solo non
so se finirla e poi pubblicarla o iniziare a pubblicare almeno
i primi capitoli!
FRM18_ONEPIECE: grazie per questo e per
tutti i commenti che mi hai lasciato!
Poteva finire in modo diverso la mia storia?
In fondo io sono un'inguaribile ottimista che vede sempre rosa, posso
fare capitare di tutto ai miei personaggi ma alla fine il lieto fine
non manca mai.. Almeno, non per i protagonisti!
SMEMO92: grazie per questo e per
tutti i commenti che mi hai lasciato!
Beh, a dire il vero credo che nemmeno Nami sappia come ha fatto. In
fondo è stato uno di quei gesti strani e apparentemente
assurdi che uno fa per salvare qualcuno. Si tratta delle prova che in
fondo le cose belle a volte accadono, anche nel bel mezzo del trambusto!
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Capitolo 21 *** AVVISO AI LETTORI - Possibile seguito? ***
Quando avevo finito di scrivere questa storia mi ero ripromessa che non avrei MAI scritto un seguito.
Quando la scrivevo riuscivo a vederla chiara nella mia testa: un intreccio perfetto, un cerchio che doveva chiudersi con il ricongiungimento finale e che doveva restare così. Il sipario doveva chiudersi, seppure a malincuore, oppure si sarebbe persa la bellezza della storia.
A distanza di tempo, rileggendola riesco a trovare la stessa magia che era stato scriverla. Con diversi errori e passaggi che oggi riscriverei in modo diverso, ma con la stessa fluida immagine che era nella mia testa ed a cui sono stata capace di dare corpo.
In queste pagine, forse le più belle che io abbia mai scritto, ho lasciato un pezzettino di cuore ed è per questo che a mente lucida ho deciso di prendere almeno in esame la possibilità di vederla continuare, mantenendo però fede ai miei propositi originali.
Non ci sarà quindi un seguito, ma piuttosto un durante che porterà un po’ di luce sui moment bui dei quali si è solo accennato, sulle battaglie che ciascuno dei personaggi ha sostenuto e sui legami che si sono venuti a creare.
Prima di tutto però, chiedo il vostro parere.. Ho la vostra benedizione?
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