In The Following Days

di ramona55
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Hermione. Parole e pensieri di troppo ***
Capitolo 2: *** Ron. La normalità delle cose ***
Capitolo 3: *** Hermione. Senza ragione apparente ***
Capitolo 4: *** Ron. Eppure, sentire ***
Capitolo 5: *** Hermione. Proprio qui, all'altezza del cuore ***
Capitolo 6: *** Ron. Ciò che nessuno ti può portar via ***
Capitolo 7: *** Hermione e Ron. Questione di tempo ***



Capitolo 1
*** Hermione. Parole e pensieri di troppo ***


La storia che state per leggere è un lungo missing moment di Harry Potter e il Principe Mezzosangue dedicato, prevedibilmente trattandosi di me, a Ron ed Hermione.

Avete presente la scena che apre il capitolo 14 del libro?
Durante la lezione di Erbologia, Hermione acenna alla prossima festa del Lumaclub, e, in modo decisamente bizzarro, finisce per invitare Ron a quella festa.
Sappiamo che poi non se ne farà nulla, e il capitolo 14 finisce in modo atroce per i kicker, con Ron attaccato da un nugolo di canarini dopo essersi 'mangiato la faccia' di Lavanda Brown ed Hermione in lacrime, ma credo che quell'invito sia davvero l'inizio di tutto.
Dopo ci saranno una serie di avvenimenti che, sì, li allontano per un po', ma fanno capire perfettamente, a loro prima di tutto e poi a noi lettori, che 'E' Ron ed Hermione' per citare una frase di mamma Rowling.

Questa storia racconta, riprendendo una frase del libro, quello che succede nei giorni successivi (ma vedrete che la storia si sviluppa quasi totalmente durante quello stesso giorno) a quell'invito, quando ancora non c'era stata Lavanda, nè Mclaggen, nè l'incidente che li ha fatti riavvicinare.

Non cercate romanticismo, discorsi articolati o emozioni forti in questa storia. Non ne dà.
Non nasce per questo, non è con queste intenzioni che ho iniziato, ormai parecchi mesi fa, a scriverla. Il mio è solo un modo, personalissimo, di rendere omaggio ancora una volta a due dei miei personaggi preferiti in questa serie, quando ancora tutto non era così complicato tra loro e la guerra era una cosa presente, sì, ma anche lontana.
Quando ancora non avevano il coraggio di toccarsi o di guardarsi negli occhi troppo a lungo. Quando, però, dopo quell'atto inatteso, i dubbi e le preoccupazioni di sempre iniziavano a mischiarsi in modo mai successo prima ad una sottile eppure euforica speranza.

Un breve viaggio alla scoperta di due degli adolescenti meglio raccontati dalla letteratura, tra i corridoi poco illuminati e le grandi aule del castello di Hogwarts..

Vi va?


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In the following days



Harry osservo' attentamente i due amici nei giorni che seguirono,
ma Ron e Hermione non sembravano diversi,
a parte il fatto che erano un po' piu' gentili
del solito l'uno con l'altra.


(Da Harry Potter e il Principe Mezzosangue, p. 262)




1. Hermione

Parole e pensieri di troppo




Hermione sbadigliò e si stiracchiò per bene portando le braccia sopra la testa. Poi si ricompose e guardò l’orologio. Le cinque e un quarto. Mancava ancora un po’ all’ora di cena.

Si alzò dal tavolo a cui era seduta e andò alla finestra più vicina. Fuori il sole volgeva già al tramonto e le acque del Lago Nero avevano assunto un colore caldo e intenso. Tirava un forte vento ed Hermione immaginò che fosse gelido visto che in quei giorni faceva molto freddo anche se il cielo era sempre limpido e il sole brillava oltre l’orizzonte.

Non c’erano studenti in giro, tutti rintanati nelle proprie sale comuni a studiare oppure in biblioteca, come lei. Solo in lontananza si distinguevano appena alcune sagome muoversi attorno agli anelli del campo di Quidditch.

Hermione non riusciva a riconoscere nessuno a quella distanza, ma sapeva che lui era là ad allenarsi con il resto della squadra in vista della prima partita della stagione. L’aveva sentito dire ad Harry dopo la lezione di Erbologia della mattina.

Sospirò.

Quella lezione era stata davvero strana. Non era successo niente di eclatante, in realtà, eppure non riusciva a non pensarci. E il motivo era molto semplice: un attimo prima stavano tentando di aprire un baccello di Pugnacio, un attimo dopo aveva invitato Ron alla festa del Lumaclub.

Si sentì arrossire al solo pensiero.

Come diavolo le era venuta in mente una cosa del genere?

Poggiò la fronte contro il vetro della finestra e fece un respiro profondo. Chiuse gli occhi gustando la quiete attorno a sé.

A voler essere del tutto sinceri, non era stato proprio un colpo di testa.

La verità era che pensava a quell’invito dall’ultima cena del Lumaclub, precisamente da quando Lumacorno aveva rivelato che avrebbe dato una festa di Natale in grande stile, a cui avrebbe invitato i professori della scuola e una serie interminabile di personaggi famosi e potenti, la maggior parte dei quali, guarda caso, suoi ex alunni che avevano scalato le vette del successo.

Hermione aveva sbuffato, poi, però, quando il professore aveva aggiunto, lisciandosi i baffi, che erano invitati anche loro e che, ovviamente, erano liberi di invitare una compagna o un compagno, se lo ritenevano degno di quell’onore, si era ritrovata a pensare, che – perché no? – avrebbe potuto chiedere a Ron di accompagnarla.

Un attimo dopo si era data mentalmente dell’idiota eppure, mentre continuava a mangiare il pasticcio di rognone che aveva nel piatto e fingeva di trovare estremamente interessanti le chiacchiere inutili di quella Gwenog Jones, l’idea, come un tarlo, aveva cominciato a farsi spazio nella sua mente fino a sembrare meno assurda di come era parsa all’inizio.

Non ci aveva più pensato seriamente fino a quel mattino. In un certo senso l’aveva messa da parte in attesa di valutarne i pro e i contro, come era solita fare, e del resto, si era detta, a Natale mancava ancora tantissimo tempo. Se davvero avesse deciso di invitare Ron alla festa, avrebbe avuto tutto il tempo di preparare la cosa. Per esempio, avrebbe potuto buttar fuori casualmente l’invito mentre erano da soli in Sala Comune, senza nessuno tra i piedi, magari una sera in cui Harry si trovava nell’ufficio di Silente per una delle sue lezioni speciali.

Hermione sorrise, staccandosi dal vetro della finestra. Non si dovrebbero mai programmare queste cose, perché finisce sempre che facciamo tutto l’opposto di quello che abbiamo pensato...

Quella sera era arrivata ed Hermione l’aveva lasciata scivolar via. Pazienza, l’avrebbe fatto un’altra volta. Il tempo, in fondo, c’era ancora.

Quello che non aveva considerato era che con Ron non si potevano fare programmi, perché quel benedetto ragazzo aveva così tanto potere su di lei – ed Hermione ringraziava continuamente il cielo che lui non se ne rendesse minimamente conto – che riusciva a tirarle fuori tutto quello che lei, invece, voleva tacere.

Così, quella mattina, durante quella strana lezione di Erbologia, ecco, l’aveva fatto.

Stavano parlando del Lumaclub, lei ed Harry, e Ron non aveva certo nascosto il suo disappunto al riguardo.

Hermione aveva capito che il fatto di essere escluso da quel singolare club aveva ferito il suo amico più di quanto lui stesso non volesse far credere. Certo, per Hermione era una cosa assolutamente inutile e l’unico motivo per cui frequentava quelle riunioni era che era stato un professore ad organizzarle e non presentarsi come continuava a fare Harry quando invece era stata gentilmente invitata le sembrava, in fondo in fondo, una mancanza di rispetto.

Per Ron, però, le cose stavano diversamente. Sapere che i suoi due migliori amici e persino sua sorella erano invitati e lui no, non lo rendeva molto felice. Ovviamente, era dietro il sarcasmo che lui si nascondeva.

Quella mattina Ron l’aveva presa in giro riguardo quello strano club. Le aveva addirittura proposto, beffardo, di invitare quel presuntuoso di McLaggen alla festa. Probabilmente voleva solo provocarla o farla sentire in colpa, alla ricerca di una sorta di contorta rivalsa per quell’esclusione.

Hermione non lo sapeva.

Sapeva invece che il tarlo che fino a quel momento era riuscita a tenere a bada, quell’idea folle eppure allettante, aveva, infine, preso il sopravvento.

Non era riuscita a trattenersi. L’aveva detto.

Hermione sospirò piano e osservò la vasta sala in cui si trovava. Madama Pince sfogliava un volume polveroso seduta dietro il suo bancone e i pochi ragazzi che occupavano i tavoli della biblioteca se ne stavano in silenzio, assorti, chi a leggere qualche grosso libro, chi a prendere appunti.

Il grattare delle piume sulle pergamene era l’unico suono presente.

Alla fine, si disse Hermione, non era stato un vero invito. In realtà quello che aveva fatto durante quella lezione di Erbologia era stato fare presente a Ron, anche piuttosto arrabbiata, che stava pensando di invitare lui alla festa. Poteva bastare questo, in effetti, ma quando lui, stupito, le aveva chiesto conferma, lei non aveva potuto evitare di rispondergli con tutta l’acidità che era riuscita a mettere nella propria voce: sì, voleva (oh, Merlino...), ma se lui preferiva, invece, sarebbe uscita con McLaggen.

E addio inviti in serate speciali...

Hermione sospirò ancora. Non si era mai spinta così oltre con Ron.

Dopo quella provocazione, davvero, non sapeva cosa aspettarsi. Il cuore aveva iniziato a batterle forte, un po’ per il dispetto di aver tirato fuori la cosa suo malgrado, in un attacco di rabbia, ma soprattutto per il timore che lui le rifilasse un altro dei suoi commenti sarcastici, sfuggendo alla muta conferma che lei gli aveva chiesto.

Aveva fatto un respiro profondo, per calmarsi, e aveva distolto lo sguardo.

Stava ancora cercando di ricordarsi cosa ci faceva esattamente in quell’aula, quando la voce di lui le era giunta all’orecchio, quasi un sussurro.

“No che non preferisco.”

Hermione scosse un po’ la testa, come a voler scacciar via il ricordo che la tormentava ormai da parecchie ore. Tornò al tavolo dal quale si era alzata pochi minuti prima e prese in mano la pergamena su cui stava lavorando, con il tema di Trasfigurazione quasi finito.

Lo scorse velocemente, facendo qualche correzione qua e là e poi lo richiuse con cura. Aveva ancora un paio di giorni per terminare il compito e rifinirlo, non c’era nessuna fretta. Soprattutto, al momento, le riusciva piuttosto difficile concentrarsi.

Perché poi?

In fondo, lo sapeva, quello che era successo non voleva dir nulla ed era assolutamente inutile che continuasse a pensarci. Harry li aveva interrotti subito dopo quello scambio di battute e da quella mattina non aveva più parlato con Ron.

Tuttavia non poteva evitare di pensare che se lei aveva, in modo strano e decisamente inconsueto, fatto un invito, lui, in modo altrettanto strano ed inconsueto, l’aveva accettato. Va bene, forse proprio accettato no, ma caspita, le aveva detto che non voleva che uscisse con altri ragazzi! E anche se una fastidiosa vocina nella sua testa continuava a ripeterle che McLaggen non era gli altri ragazzi, lei non riusciva a fare a meno di sentirsi almeno un po’ felice per l’accaduto.

Una coppia di Tassorosso dell’ultimo anno le passò accanto e si diresse verso l’uscita. Si tenevano per mano e durante il tragitto il ragazzo prese la borsa che la sua compagna portava a fatica e se la caricò in spalla, mentre lei gli sorrideva riconoscente.

Hermione raccolse i suoi libri e li ripose con cura nella borsa. Le sarebbe piaciuto se un giorno qualcuno avesse fatto la stessa cosa per lei.

Sorrise, suo malgrado, perché quello era proprio il genere di frase che poteva star bene sulla bocca di ragazzine come Romilda Vane e lei non era mai stata quel genere di ragazza.

Eppure, mentre si dirigeva verso la Sala Grande per la cena, con la sua borsa carica di libri e uno strano sorriso che non voleva andar via sul volto, si ritrovò a pensare che, chissà, magari quel giorno non era poi così lontano...



Continua...



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Una nota prima di finire:

Le parole di troppo sono ovviamente quelle che Hermione dice durante quella lezione di Erbologia, parole che non vorrebbe farsi sfuggire e che invece, senza che lei possa impedirlo, le escono di bocca. I pensieri di troppo, invece, sono quelli che occupano la mente della nostra Grifondoro e che la distraggono in modo quasi ineluttabile dal suo studio. Allo stesso tempo, questo rimurginare sulle cose non le è affatto d’aiuto per uscire dal dilemma che la perseguita, per cui i pensieri, oltre che di troppo, sarebbero probabilmente da definire anche ‘inutili’.

Chiudo questo aggiornamento ringraziando come sempre LaurenSmith, aka Encia, per l'aiuto insostituibile. Grazie mille, tesoro. ^_^

Se vi va, sarò qui la prossima settimana, con il capitolo 2. E se poi vi andasse di farmi sapere cosa vi è sembrato di questo primo capitolo, bè, non potrei che esserne felice.

Alla prossima,
patsan

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Capitolo 2
*** Ron. La normalità delle cose ***


Poco più di una settimana ed eccomi con il secondo capitolo della mia storia.
Ringrazio tutti quelli che hanno letto il primo capitolo e ancora più coloro che hanno avuto la gentilezza di commentare. Onestamente, è più di quel che mi aspettavo.
Prima di lasciarvi al capitolo, vorrei chiarire alcune cose.
L'idea prima della storia è quella di raccontare dal punto di vista di Ron ed Hermione quei pochi giorni trascorsi tra l'invito alla festa di Lumacorno e il litigio tra Ron e Ginny. Di essi non sappiamo praticamente niente, a parte il fatto che i due erano un po' più gentili del solito l'uno con l'altra, che poi è quello che nota Harry.
L'idea è che dopo un evento come l'invito alla festa ci fosse molta aspettativa nell'aria tra loro, ma anche una certa preoccupazione. Mi sono chiesta come si sentivano Ron ed Hermione all'idea di avere un vero e proprio appuntamento. Questo fatto aveva cambiato qualcosa nel loro modo di rapportarsi?
Ecco, è questo che cerca di indagare questa storia, lasciando molto spazio all'introspezione come già avete avuto modo di vedere.

Nel secondo capitolo toccherà a Ron, di ritorno dall'allenamento di cui ci ha informato Hermione, riflettere su alcune cose, ma non voglio anticiparvi nulla.
Buona lettura, e appuntamento alla fine del capitolo per alcune considerazioni e i ringraziamenti.


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2. Ron


La normalità delle cose





Ron si buttò a peso morto sulla panca. Era ancora presto per la cena, eppure il suo stomaco aveva iniziato a brontolare già da un po’. Si tolse con calma i guantoni da portiere e si passò una mano tra i capelli sudati.

Accanto a lui Harry, in piedi, con la scopa ancora in mano, non la smetteva più di parlare.

“Non è per per fare il guastafeste, amico, ma ti scongiuro, per oggi basta Quidditch... Le mie chiappe non riuscirebbero a sopportarlo!”

Harry rise e si sedette a sua volta sulla panca di fronte. Erano gli unici ad essere rimasti nello spogliatoio visto che il resto della squadra era già rientrato al castello.

“E dire che io pensavo ti piacesse parlare di Quiddich!” disse Harry con un sorriso mentre ripuliva gli occhiali.

“Lo sai che mi piace” ammise Ron, “ma tre ore di allenamento speciale a cavallo di una scopa ti aiutano a riconsiderare le tue priorità, capitano..”

Harry ridacchiò e inforcò nuovamente gli occhiali. “Lo so che sono pressante certe volte,” disse poi tornando serio, “ma voglio che la squadra sia al massimo al prossimo incontro...”

“E’ logico che tu lo voglia. Sei il capitano, no?” lo interruppe Ron. “E comunque è quello che vogliono tutti in squadra, non preoccuparti. Non è certo a causa del tuo fascino magnetico che ci siamo allenati come matti con questo freddo...”

Harry sorrise e scosse leggermente il capo.

“Non è come al solito, sai?” aggiunse dopo un attimo di silenzio. “Voglio dire, non è come gli altri anni. Insomma, è chiaro che se una squadra vince o perde è per merito di tutti i giocatori, ma essere capitano ti rende più... non so... più responsabile, ecco, e la vorrei davvero quella coppa, Ron....”

Ron annuì. A dire il vero, tutto il Grifondoro la voleva.

“E poi...” proseguì Harry, “non è solo questo... Hermione direbbe che sono pazzo, ma... con tutto quello che sta succedendo fuori da qui, io ho l’impressione che questa cosa, il torneo, sarà l’ultima cosa normale che farò...”

Ron guardò il suo amico, che tuttavia volse lo sguardo altrove. Non aveva difficoltà a capire a cosa si riferisse.

“E’ per via delle lezioni di Silente?”

Harry tornò a guardarlo e annuì. “Silente mi sta mostrando il passato di Voldemort. Evidentemente crede che possa essermi utile. E’ come se mi stesse preparando ad affrontarlo, capisci? Non so cosa succederà in futuro, ma la situazione è sempre più critica là fuori ed io ho come la sensazione che molto presto dovrò smetterla di nascondermi dietro quelli che mi proteggono e darmi da fare.”

Ron non rispose subito. Osservò l’espressione decisa di Harry.

La situazione è sempre più critica là fuori.

Già...

Dopo la loro avventura al Ministero nel giugno precedente la gente aveva dovuto ammettere che il mago oscuro più crudele di tutti i tempi era effettivamente tornato e tutti erano diventati più sospettosi e impauriti. Le voci su Harry si erano moltiplicate e molti lo indicavano come ‘il Prescelto’, colui che era destinato a sconfiggere Voldemort.

Lui ed Hermione ne avevano parlato a lungo quell’estate. Erano sempre stati al suo fianco quando lui aveva avuto bisogno di loro, ma adesso... Se Harry davvero era il Prescelto, allora non aveva scelta, non avrebbe mai avuto un’esistenza normale e se loro avessero voluto continuare ad essere suoi amici... bè, allora nemmeno loro avrebbero potuto continuare a vivere come se niente fosse.

In qualche modo, però, era proprio quello che stavano facendo in quelle settimane.

“Senti Harry,” iniziò incerto Ron, mentre il suo amico si alzava, intenzionato ad andarsene, “le cose sono cambiate, e forse cambieranno ancora in futuro, ma... Io credo che abbiamo tutti bisogno di pensare che possiamo ancora avere la nostra normalità.”

Harry l’osservò in silenzio, fermo sulla porta dello spogliatoio.

“Hai visto Diagon Alley l’altro giorno?” continuò Ron, fissando lo sguardo su Harry. “Tutti correvano in fretta e furia, come se non vedessero l’ora di tornarsene a casa, e tutto era grigio e triste in un modo... Mi ricordo la prima volta che ci sono stato, con mio padre, quando ero piccolo. Lo sai cosa mi colpì?”

Harry scosse il capo.

“I colori,” rispose prontamente Ron, “e le voci. Tutti continuavano a vociare ininterrottamente e non facevi altro che vedere gruppi di persone ferme a chiacchierare tra loro. Adesso, invece...”

“E’ un mortorio...” finì Harry per lui.

Ron annuì. “Sembra che tutti abbiano paura che da un momento all’altro Tu-Sai-Chi possa sbucare da dietro un angolo e attaccarli. E magari è davvero così, però...” Ron fece un piccolo sospiro e guardò fisso il suo amico. “Però, Harry, non lo so se si può vivere così... Forse hanno ragione Fred e George a scherzarci su, anche se la mamma rabbrividisce all’idea, ma non si può pensare di passare tutto il tempo a preoccuparsi di quello che potrebbe succedere domani o tra dieci secondi. Rischi di impazzire, sennò... E questo vale anche per te, amico, anche se tu sei... bè, quello che sei...” concluse con un gesto eloquente.

Harry sorrise un po’. “Già... E forse una buona volta dovrei smetterla di preoccuparmi di quello che combina Malfoy...”

Ron sorrise a sua volta, mentre l’amico sistemava per bene il mantello sulle spalle.

Sarebbe bello se tu ci riuscissi, Harry.

“Allora,” disse Harry dopo un attimo di silenzio, “torniamo al castello?”

Ron alzò le spalle. “Inizia ad andare. Ti raggiungo tra un po’.”

Harry annuì e lo salutò con un cenno della mano, chiudendosi la porta dello spogliatoio alle spalle.

Rimasto solo Ron si mise in piedi. Posò i guanti che aveva in mano sul tavolo al centro della piccola stanza e si avvicinò alla finestra che dava sul campo di Quidditch. Ormai il sole era quasi del tutto calato oltre l’orizzonte e da lontano si scorgevano le luci del castello.

Diede le spalle alla finestra, guardando il piccolo spogliatoio senza realmente vederlo.

Quando quell’estate si trovavano a parlare del futuro, lui ed Hermione, avevano la certezza che molte cose sarebbero cambiate al loro ritorno a scuola. Si erano chiesti come avrebbe reagito Harry, dopo quello che era successo al Ministero e si erano detti di stargli vicini, perché la morte di Sirius era stata davvero un duro colpo per lui. Si erano addirittura trovati a pensare che il loro amico avrebbe tentato di cercare Voldemort o Bellatrix, o entrambi, per fargliela pagare. Alla fine si erano detti che, qualunque cosa fosse successa, loro avrebbero fatto di tutto per proteggerlo, anche da se stesso se necessario (erano state parole di Hermione, queste, e lui aveva annuito, convinto).

Poi le cose erano andate diversamente.

Harry sembrava aver preso abbastanza bene la morte di Sirius e di punto in bianco aveva confessato loro quel terribile segreto... la Profezia.

Certo, pensare che era stata la Cooman a pronunciarla un po’ lo faceva sorridere – e dire che loro l’avevano ritenuta un’impostora per tutti quegli anni! – ma solo un po’. In realtà era una cosa orribile quella che aveva predetto. Ron sperava con tutto il cuore che non dovesse finire per forza così.

Poi erano tornati a scuola, come tutti gli anni, e avevano ripreso la loro vita di sempre, o almeno cercavano di non pensare al fatto che ogni giorno, nel mondo reale, qualcuno scompariva e non dava più notizie di sé. Ad Hogwarts, in fondo, tutto era rimasto normale e anche se l’incidente di Katie Bell aveva fatto molto scalpore, sembrava che nessuno volesse davvero prendere in considerazione il fatto che, ormai, nessun luogo fosse più sicuro.

Ron ricordò l’orologio che stava in cucina, alla Tana, e che da mesi segnava ‘pericolo mortale’ per tutti i membri della famiglia. Era rimasto sconvolto all’inizio, ma quando lo aveva raccontato ad Hermione lei, senza fare una piega, gli aveva fatto notare che, a pensarci bene, non era affatto una cosa strana visto che in fondo erano in guerra e che, anche se la situazione sembrava tranquilla, sotto sotto non lo era per niente.

Hermione e la sua razionalità... Si era chiesto come potesse affermare una cosa del genere con tanta tranquillità. Non mostrava il minimo segno di incertezza, certe volte, quella ragazza.

Ron scosse la testa e strizzò forte gli occhi, come a voler scacciare un cattivo pensiero.

Possibile che in un modo o nell’altro finisse sempre per pensare a lei?

Sospirò e controllò l’orologio. Forse era giunta l’ora di tornare al castello.

In fondo era quella la normalità, no? Lezioni, allenamento, cena, studio.

Lezioni.

Allenamento.

Cena.

Studio.

E ancora così, all’infinito e senza paranoie mentali finchè potevano permetterselo.

Ron si staccò dal muro e prese i guanti che aveva abbandonato sul tavolo. Poi afferrò il mantello e se lo sistemò con cura sulle spalle, lo sguardo rivolto alle luci lontane del castello.

Non potè fare a meno di chiedersi se lei fosse già a cena, visto che a quell’ora era probabile che avesse smesso di studiare per scendere in Sala Grande.

Istintivamente si ritrovò ad inghiottire. E se avesse accennato a quello che si erano detti quella mattina?

Ron si impose di non pensarci e afferrò invece la scopa che aveva lasciato poggiata alla parete dello spogliatoio. Quando la spostò vide una minuscola scritta graffita che non aveva mai notato prima.

Delle iniziali, racchiuse in un cuore.

H.G.

Sotto c’era una data.

04/14/1986.

Ron sbuffò.

Non. È. Possibile.

Uscì dallo spogliatoio in gran fretta e si ritrovò all’aperto. Rabbrividì nel freddo della sera e si incamminò a passi svelti verso il castello, stringendo forte il bavero del mantello davanti alla faccia per proteggersi dal vento gelido.
La sua doveva essere una specie di maledizione, non c’erano dubbi: in qualche modo, non sapeva nemmeno lui come, forse proprio per merito dell’allenamento estenuante di Harry, era riuscito a non pensare ad Hermione e alla loro strana conversazione per tutto il giorno, e adesso, proprio quando sapeva che l’avrebbe rivista di lì a pochi minuti, tutto, tutto, persino una sconosciuta giocatrice di Quidditch di dieci anni prima, finiva per fargliela tornare prepotentemente in mente.

Accellerò il passo, mentre un piccolo sorriso gli si formava sul volto, suo malgrado.

In fondo era sempre stato così, non doveva stupirsene. Lei aveva sempre invaso i suoi pensieri.

Sempre.

Dopotutto, pensò, anche quello era normalità.



Continua...



_________________________




Nota al capitolo:

Innanzittutto, il titolo. La normalità delle cose si riferisce ovviamente al fatto che tutti vorrebbero vivere una vita normale, senza pensare continuamente allo stato di guerra in cui ormai il mondo magico è caduto, e che i primi a volerlo fare sono proprio i nostri protagonisti. Spero vivamente che la piega che assumono i pensieri di Ron in questo capitolo non vi abbia lasciato troppo perplessi. E' probabile che vi aspettaste una riflessione sull'invito o la messa in scena dei suoi dubbi al riguardo, come avevo fatto con Hermione. L'idea originale era quella, ma poi mi son detta che crogiolarsi nei pensieri è tipico di Hermione, ma non di Ron, e così il capitolo ha preso una piega diversa, molto più puntata sull'attualità, se vogliamo.
Del resto è un pò questo il carattere del Principe Mezzosangue. All'inizio l'atmosfera è cupa, insicura, tesa (pensate alla visita a Diagon Alley, a cui accenna qui Ron), poi nel resto del libro questo sensazione di perde. Harry rimane sempre sospettoso di Draco, per esempio, ma anche lui si lascia trascinare da quella sorta di gaia normalità del libro, da commedia romantica, fino, poi, alla tragedia finale.
La mia storia, invece, è abientata nei primi capitoli del libro, i ragazzi sono arrivati relativamente da poco a scuola e il contrasto tra il dentro e il fuori, a mio modo di vedere, poteva lasciare un pò spiazzati, nonostante si cercasse di non pensarci, come succede a Ron. Vedrete, comunque, che non è l'unico.

Ma la normalità delle cose si riferisce anche al fatto che, nonostante tenti di impedirlo, i pensieri di Ron finiscono sempre, inevitabilmente, per confluire su Hermione che è presente in ogni situazione e attimo della sua vita, dalla discussione estiva prima dell’arrivo di Harry, ai compiti da fare, alle lezioni da seguire... Fino a quel casuale quanto inaspettato graffito sulla parete dello spogliatoio...
La parte, se volete, più squisitamente romantica (e spero non banale) del capitolo.


Infine ringraziamenti:

*Carli*: Felice che l'idea ti sia piaciuta. Spero che continui a piacerti anche con questo secondo capitolo ^_^
daniel14: Ma mille grazie dei complimenti! Sono contenta che ti sia piaciuto il primo capitolo. Fammi sapere se col secondo ho azzardato!
Gluck88: Eccoti il secondo capitolo. Piaciuto? Grazie dei complimeti anche a te!
Rik Bisini: Bè, mi ha fatto molto piacere ricevere la tua recensione. Ed hai ragione lo spunto è interessante, ma è davvero una sfida, anche perchè, come tu sai bene, nei missing moment si deve sempre fare attenzione a non forzare le cose e le sensazioni in vista di quello che accadrà dopo. E' per questo che vedrai Ron ed Hermione molto cauti l'uno con l'altra. Riguardo la domanda che mi fai, credo di aver già risposto al'inizio. No, l'allenamento a cui si accenna nel primo capitolo non è quello del litigio con Ginny. Anzi, la mia storia nemmeno ci arriverà a descrivere quel litigio nè tutto il patatrac che avviene dopo. Si ferma molto prima, in modo da giustificare il pensiero di Harry che i due tra loro erano più gentili del solito.
egip: Particolare, eh? Credo possa stare per originale e ne sono felice. Sì, tutti i kicker hanno sognato per poche righe quello che poteva succedere. Fai conto che quelle poche righe, nella mia storia, si siano trasformate in parecchie pagine di attesa.

Grazie ancora a tutti, alla prossima settimana.

Baci,
patsan





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Capitolo 3
*** Hermione. Senza ragione apparente ***


Eccomi con la terza parte di In the following days, missing moment del Principe Mezzosangue dedicato a quei due testoni di Ron ed Hermione.
Negli scorsi capitoli si è fatto cenno ad una scena del libro che per la durata di poche pagine ha fatto sperare tutti i kicker, l'invito di Hermione a Ron alla festa di Natale di Lumacorno.
La mia storia prende le mosse da lì.

Nel primo capitolo Hermione ha affrontato le conseguenze del troppo pensare, che certe volte non conduce a risultati apprezzabili, soprattutto in questioni di cuore, mentre nel secondo Ron si è trovato suo malgrado a riflettere sulla situazione strana, insicura eppure fintamente normale, che si respira ad Hogwarts in quei primi mesi di scuola e questo riflettere ha portato inevitabilmente i suoi pensieri su Hermione e sull'inaspettato invito alla festa.
Ora i due stanno per vedersi, a cena. Potrebbe essere l'occasione per chiarire un pò di cose dopo quello strano invito. Potrebbe essere, ma non lo sarà e per una volta non per colpa dei caratterini un po' troppo suscettibili dei nostri due...
A voi scoprire di cosa si tratta.

Approfitto di questo spazio per ringraziare coloro che hanno letto il secondo capitolo e ancora di più chi ha avuto la gentilezza di commentare.
Vi avviso che quello che state per leggere potrebbe lasciarvi spiazzati, forse più della piega che hanno preso i pensieri di Ron nel capitolo precendente.
Fidatevi. So dove voglio arrivare.
Datemi fiducia e lo scoprirete capitolo dopo capitolo. ^_-





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3. Hermione



Senza ragione apparente






Hermione era seduta già da un po’ al tavolo dei Grifondoro in Sala Grande e sfogliava la sua copia della Gazzetta del Profeta ricevuta quella mattina via gufo. Era stata impegnata tutto il giorno e non aveva ancora avuto occasione di leggerla, così utilizzava il breve lasso di tempo prima dell’inizio della cena per tenersi aggiornata sulle ultime notizie.

La sua attenzione, tuttavia, era piuttosto scarsa, un po’ per la stanchezza di una giornata passata tra lezioni e studio, un po’ perché, per quanto la cosa cominciasse ad irritarla, non riusciva a smettere di lanciare occhiate furtive all’entrata, in attesa dell’arrivo di una certa testa rossa di sua conoscenza.

Stizzita, voltò pagina un po’ troppo bruscamente e finì per strappare il foglio che aveva in mano, quello dedicato alla cronaca nazionale.

Possibile che il solo pensiero di rivederlo la agitasse così tanto?

Hermione fece un piccolo sospiro e lisciò con una mano il foglio di giornale strappato, tirando fuori la bacchetta per sistemarlo con un Reparo. Puntò la bacchetta verso il foglio e si bloccò.

La sua attenzione era stata attirata dal titolo di un trafiletto stampato in fondo alla pagina.




Famiglia babbana massacrata nello Yorkshire

Non si esclude la responsabilità dei seguaci dell’Oscuro Signore noti come Mangiamorte



Hermione scorse velocemente l’articolo. Il giornalista – tale Jimmy Maffet – raccontava come i corpi senza vita di cinque persone erano stati ritrovati nella loro abitazione nella mattinata del giorno precedente. I vicini di casa avevano sentito dei rumori e avevano avvertito le forze dell’ordine. Tuttavia la polizia babbana non sapeva dare ragione di quelle morti apparentemente inspiegabili visto che non c’erano segni evidenti sui corpi, ma gli Auror presenti sul posto avevano supposto che i Babbani fossero morti a causa di qualche Maledizione Senza Perdono. L’articolo proseguiva dicendo che questo era il terzo caso di Babbani uccisi senza ragione apparente nel giro degli ultimi due mesi nello Yorkshire.

Ragione apparente.

Come se Voldemort e i suoi Mangiamorte avessero bisogno di qualche ragione per uccidere dei Babbani.

Hermione lesse di nuovo l’articolo, colpita dal fatto che bastassero così poche parole per raccontare una tale atrocità.

Improvvisamente non ebbe più fame e quando dinanzi a lei apparve un piatto pieno di zuppa fumante, lo spinse via quasi infastidita.

“Non dirmi che non hai fame, Hermione, io mangerei un cinghiale intero stasera!” squillò da dietro la sua spalla la voce di Harry.

L’amico prese posto accanto a lei, sospirando felice alla vista del proprio piatto che si riempiva di stufato caldo.

Hermione si voltò verso di lui, senza sapere cosa dire.

Non riusciva a levarsi dalla mente l’immagine di un gruppo di Mangiamorte che entra in piena notte in casa di qualcuno e lo uccide per puro divertimento.

“Come... cosa hai detto?”

Harry la fissò, la fronte corrucciata.

“Ho detto che ho una fame da lupi... Ma, Hermione... è successo qualcosa?” chiese preoccupato adocchiando la Gazzetta del Profeta ancora aperta sul tavolo.

Hermione rimase un po’ incerta, poi chiuse il giornale e lo piegò. Scosse la testa.

“No... no... niente. Credo di essere solo un po’ stanca...” mentì.

“Secondo me è il troppo studio” intervenne qualcun altro al suo fianco. “Oggi te ne sei stata tutto il pomeriggio rinchiusa in biblioteca... Non dovresti stancarti tanto, la scuola è appena iniziata, dopotutto.”

Hermione voltò la testa di scatto.

Ron, seduto accanto a lei, le rivolgeva un sorriso timido.

Quand’era arrivato?

Immediatamente si ritrovò ad arrossire.

Distolse lo sguardo senza rispondere, fissando il giornale che teneva ancora in mano. Poi prese la borsa che aveva poggiato a terra accanto a sé e ve lo ripose.

Si sentiva strana. Faceva fatica a prestare attenzione a quello che le succedeva intorno. Diede un’occhiata ad Harry che mangiava tranquillo il suo stufato lanciando di tanto in tanto delle occhiate sospettose al tavolo dei Serpeverde dall’altro lato della sala.

Poi guardò Ron. Lo osservò per un po’, ma lui continuò a mangiare dal suo piatto con la solita voracità, apparentemente ignaro del fatto che lei lo stesse fissando, anche se Hermione notò che aveva le punte delle orecchie un po’ arrossate.

Tornò a guardare la sua zuppa. Il fumo continuava a salire dal piatto in leggere spirali.

“Sicura di stare bene?” sussurrò poi la voce di Ron.

Hermione quasi sussultò. Lo guardò di nuovo, in silenzio.

“Ehi?” chiese ancora Ron, un po’ preoccupato, visto che lei non rispondeva, “tutto a posto?”

Nel farlo si avvicinò inconsapevolmente ad Hermione che d’istinto, invece, si allontanò.

Ron la fissò, stupito, e poi spostò la mano che aveva sul tavolo e che teneva vicina a quella di lei.

Hermione si sentì mancare il fiato a quel gesto.

Non voleva fuggire da lui, solo che non si aspettava quel movimento e soprattutto non riusciva a capire cosa le stesse succedendo.

“Ron...” sussurrò.

L’amico non diede segno di averla sentita, continuando a prestare cocciutamente attenzione al piatto che aveva dinanzi a sé.

Hermione inghiottì e fece un piccolo sorriso tirato. Non voleva che tra loro ci fossero delle incomprensioni proprio adesso che le cose sembravano andare un po’ meglio del solito.

“Ron... senti... è... è tutto a posto, davvero” disse con tutta la convinzione che riuscì a racimolare. “Grazie per avermelo chiesto...”

Ron la guardò per un istante, scrutandola come indeciso, ma poi le sorrise e i battiti del cuore di Hermione accellerarono di colpo. Si ritrovò a guardare le loro mani sul tavolo, ancora piuttosto vicine, e pensò a quanto avrebbe voluto che si toccassero, solo per una volta. Poi alzò di nuovo lo sguardo su di lui e si sorprese di scoprire che Ron la stava ancora osservando. Non appena i loro occhi si incrociarono, però, lui distolse lo sguardo e arrossì un po’ tornando a guardare nel proprio piatto.

Hermione rilasciò piano il respiro, accorgendosi solo allora di aver trattenuto il fiato per tutto il tempo.

Avvicinò a sé la zuppa ormai tiepida ed iniziò a rimescolarla.

Continuò a compiere quel movimento quasi ipnotico per qualche minuto, mentre accanto a lei tutti proseguivano allegri il loro pasto e i piatti si riempivano di nuove, appetitose pietanze.

A lei, invece, la fame era totalmente passata. Buttò giù un paio di cucchiai, giusto per non restare del tutto a digiuno, ma il senso di chiusura alla bocca dello stomaco non voleva andar via.

Per giunta le parole lette in quell’articolo continuavano a tornarle in mente.

Ma poi... perché? Non era la prima volta che leggeva di morti sospette in quei mesi...

Sì, però...

Erano solo poche righe senza nessuna enfasi, in fondo.

Poche parole stampate su un foglio... come se si trattasse di una cosa insignificante.

Una cosa insignificante...

Decise di lasciar perdere la zuppa e allontanò da sé il piatto con un gesto deciso, cercando di concentrarsi su altro. Attorno a lei tutti sembravano impegnati in qualche conversazione interessante.



“... sì insomma, mia nonna all’inizio non era molto d’accordo, ma pare che una lettera della McGranitt le abbia fatto cambiare idea, anche se non so in che modo” stava dicendo Neville ad un Harry piuttosto distratto. “Comunque non trovi anche tu che le lezioni di Incantesimi di quest’anno non siano poi così terribili come ci si potrebbe aspettare? Penso che se mi impegno un po’ potrei anche farcela...”



“Per carità, non mi vestirei mai di arancione!” squittì all’improvviso una ragazzetta del quarto anno di cui Hermione non conosceva il nome. “E’ talmente fuori moda!”



“Quindi abbiamo passeggiato per ore sotto le stelle e dovevi vedere com’era tutto tenero e gentile...” raccontava Demelza Robins ad una sua compagna di corso che la guardava adorante qualche posto più in là.

“E poi cos’è che avete fatto?” chiese curiosa l’amica.

“Devo davvero dirtelo? I miei non erano a casa quella sera e perciò...” Demelza sorrise maliziosa senza completare la frase e poi entrambe scoppiarono a ridere.



All’improvviso Hermione sentì il bisogno di stare da un’altra parte.

Si alzò bruscamente dal tavolo e afferrò la sua borsa, mentre Harry si voltava stupito a guardarla, assieme a Ron e ad un buon numero di studenti del Grifondoro.

“Te ne vai di già?” chiese Harry lanciando un’occhiata al suo piatto ancora pieno.

Hermione annuì.

“Devo finire il compito di Trasfigurazione ed è già piuttosto tardi.”

“Ma non è per lunedì quel compito?” si intromise Neville, una nota preoccupata nella voce.

“Sì che è per lunedì, ma sai che Hermione ama tenersi sempre un passo avanti agli altri” rispose per lei Ron, con un breve sorriso.

Hermione sorrise a sua volta, un po’ imbarazzata e distolse subito lo sguardo. Poi salutò i ragazzi con un cenno della mano e si avviò in fretta verso l’uscita della Sala Grande.

Percorse quasi di corsa i corridoi vuoti del castello, incontrando soltanto Nick-Quasi-Senza-Testa che le fece un piccolo inchino trattenendo con la mano la testa ancora in parte attaccata al collo.

Hermione lo salutò a sua volta e rallentò la corsa.

Non era da lei fuggire in questo modo, lo sapeva, ma non riusciva più a starsene seduta in quella stanza piena di ragazzi che vivevano come se fuori tutto proseguisse nel migliore dei modi.

Dannazione, non era così! Mentre loro se ne stavano a scuola come se niente fosse, fuori da quelle mura si scatenava una guerra. Una guerra che coinvolgeva anche chi non c’entrava niente!

Il terzo caso di babbani in due mesi.

Babbani.

Hermione sentì la rabbia montarle nel petto.

Come poteva quella gente essere così crudele da decidere di uccidere qualcuno solo perché non era in grado di eseguire degli incantesimi? Come era possibile che esistessero persone del genere?

Perché nessuno faceva niente per fermarli?

Hermione accellerò di nuovo il passo e imboccò l’ennesimo corridoio deserto. Ad un tratto si fermò.

Davanti a sé c’era una vecchia porta di legno scuro.

Sorrise, un po’ sollevata.

Si guardò attorno per assicurarsi che non ci fosse nessuno, poi mise la mano sulla maniglia ed entrò.




Continua...


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Nota al capitolo:

Come ho già scritto prima del capitolo, fidatevi, la storia non mi è sfuggita di mano. E' la stessa atmosfera di quei primi capitoli del sesto libro a portarmi su questa strada e i nostri due, soprattutto Hermione, dovevano in qualche modo farci i conti.
Per quanto riguarda il titolo del capitolo, come al solito, non è scelto a caso.
Senza ragione apparente si riferisce all’omicidio – ai molti omicidi – commesso dai Mangiamorte e di cui Hermione legge sul giornale, ma si riferisce anche al comportamento di Hermione, che, senza capire perché, rimane turbata da questa notizia più di quanto le sembri necessario. E' questo che dovete tenere presente nei capitoli successivi. Hermione non riesce a capire perchè rimane così turbata da una notizia che, tutto sommato, non è una novità. Quanta gente hanno assassinato i Mangiamorte fino a quel momento? Quanta gente è scomparsa nel nulla? Eppure, qualcosa l'ha turbata più del solito. C'è un motivo, anche se ancora non lo sa neanche lei, almeno non a livello cosciente.
Ma lo scoprirà e noi con lei. Grazie a Ron.

Ma il titolo ha anche un altro significato. Il comportamento di Hermione durante la cena, il mutismo nel quale cade e la sua ‘fuga’ dalla Sala Grande possono esser sembrati (sono sembrati) senza ragione apparente anche ai suoi amici che appaiono non poco stupiti – e preoccupati – dal suo strano modo d’agire. Qualcuno si darà da fare e non c'è bisogno che vi dica di chi si tratta...


Infine i ringraziamenti:

daniel14: Lo so, lo so, anche la mia beta è rimasta stranita dai pensieri di Ron. Era la cosa più ovvia, che anche lui riflettesse su quell'invito, almeno in una ff. Non in questa, a quanto pare, dove la realtà può anche entrare, come uno spiffero freddo, a scombinare le aspettative, anche quelle di chi la scrive, te lo assicuro. Spero che questo non ti scoraggi dal proseguire con la lettura. Arriveremo al romanticismo, vedrai, ma a piccoli passi.
Sannyna: Mi ha fatto veramente piacere ricevere la tua recensione. E ancora di più il fatto che ritorni a scriverne una dopo un bel po'. Sono cntenta che pensi che 'ne valga la pena'. E mi fa piacere che tu abbia colto atmosfera e particolari. Ecco, è questo la storia che racconto. Atmosfera e particolari, che, poco a poco, si ricollegano l'uno all'altro. Se continuerai a leggere (e lo spero vivamente) ti renderai conto che i Ron ed Hermione che metto il scena sono forse più 'pacati' di quelli vivaci e ironici dei libri. Non credo siano OOC, però. E' lo stato d'animo che, in certe occasioni, si accompagna alla sera. E avrai notato che finora la storia si svolge sul far della sera. Il sole è appena tramontato e fuori ormai è buio. Tieni presente questo nella lettura. Dà la giusta prospettiva.


Grazie ancora a tutti, a alla prossima settimana,
patsan



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Capitolo 4
*** Ron. Eppure, sentire ***


Puntuale come poche volte in vita mia eccomi a pubblicare il quarto capitolo della mia ultima storia, missing moment del sesto libro di Harry Potter dedicato, ovviamente, a Ron ed Hermione.

Nello scorso capitolo la nostra Hermione è rimasta fortemente turbata da una notizia letta sul giornale poco prima di cena e senza sapersi spiegare il perchè ha sentito ad un certo punto il bisogno di allontanarsi dalla Sala Grande, lasciando piuttosto perplessi i suoi migliori amici. Dopo aver percorso i corridoi deserti - o quasi - di Hogwarts ha trovato rifugio dietro una vecchia porta di legno scuro. Che posto sarà?
Se ci pensate bene, probabilmente, ci arriverete anche voi.

Ma adesso basta indugiare, è la volta del nostro rosso preferito e stavolta i suoi pensieri convergeranno ben poco sull'attualità e molto più su una persona che gli sta particolamente a cuore...

Buona lettura e appuntamento a fine capitolo per qualche nota conclusiva e i ringraziamenti.





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4. Ron



Eppure, sentire



Ron era comodamente seduto su una delle vecchie poltrone nella sala comune Grifondoro.

Accanto a lui Harry, alcuni libri aperti e una pergamena sgualcita posati sul tavolo, cercava di capire cosa scrivere ancora nel suo tema.

Anche Ron doveva terminare il suo compito di Pozioni per il giorno successivo, ma la voglia di tirar fuori i libri e riempire gli ultimi 15 centimetri con la scrittura più larga che gli riuscisse non lo attirava per niente, perciò se ne stava semplicemente seduto, o meglio semi-sdraiato, a fissare il nulla davanti a sé.

“Credi che se non finisco il tema Lumacorno mi punirà?” chiese ad Harry senza il minimo interesse.

Harry alzò le spalle in risposta. “Fondamentalmente non mi sembra cattivo...” aggiunse poi a mo’ di spiegazione.

“Bè, dopo Piton chiunque sembrerebbe un agnellino...” rispose Ron con un mezzo sorriso. “E poi a te ti adora, quindi se fossi tu non ci sarebbero problemi, ma io... Non sono mai fortunato in queste cose...”

“Puoi sempre chiedere ad Hermione di aiutarti” suggerì Harry alzando gli occhi dal suo compito. “Domattina abbiamo un’ora libera dopo Incantesimi...”

Ron annuì e per un po’ rimase in silenzio, sovrappensiero.

Poteva chiedere ad Hermione di aiutarlo, in effetti, anche se dopo la sua strana uscita dalla Sala Grande non l’aveva più vista. Avrebbe dovuto aspettare il giorno successivo e sorbirsi una ramanzina sul suo pensare alle cose sempre all’ultimo minuto.

Ron sbuffò. Erano davvero una strana accoppiata. Lei capace di anticiparsi i compiti fino alla settimana successiva, lui che nemmeno si preoccupava di terminare quelli per il giorno dopo...

Ripensò al modo in cui l’amica aveva abbandonato la cena a metà, poco prima. Chissà come mai se n’era andata così di corsa? Non era certo per studiare, visto che quando lui ed Harry erano rientrati in sala comune lei era già salita in dormitorio.

Ron notò che Harry continuava a fissarlo.

“Cosa c’è?”

Harry distolse in fretta lo sguardo e mormorò un niente davvero poco convincente.

“Sicuro?”

“Sì, certo, niente.”

Ron decise di crederci. Se Harry avesse voluto parlargli di qualcosa l’avrebbe fatto, non c’era bisogno che lui insistesse.

“Non ti sembra che prima Hermione se ne sia andata un po’ troppo in fretta?” chiese prima di poterci riflettere. Si morse la lingua. Quando avrebbe imparato a controllarla?

Harry lo guardò di nuovo. “Dalla Sala Grande dici?”

Ron annuì, sapendo che era troppo tardi per tirarsi indietro. “Praticamente è scappata via senza mangiar nulla. E’ strano, no?”

Harry sorrise. “Sarebbe stato strano se si fosse trattato di te, ma è Hermione. Quando ha in mente qualcosa non sente più nemmeno la fame, lo sai. Voleva finire di studiare, lo ha detto.”

Ron sollevò un sopracciglio, poco convinto. Decisamente non era quello il motivo.

Il giorno dopo avrebbe indagato.

Per un po’ rimase in silenzio, senza pensare a niente di particolare. Poi decise che era stanco di starsene lì a non far nulla. “Senti,” disse ad Harry mentre si metteva lentamente in piedi, “io esco a fare un giro. Se qualcuno ti chiede, di’ che ho scordato una cosa in Sala Grande o che sono fuori per un giro di ronda, ok?”

Harry lo guardò perplesso, ma annuì senza fare domande e Ron potè uscire in tutta tranquillità dal buco del ritratto.



*****************



Camminava già da un po’ per i corridoi in penombra della scuola quando vide da lontano l’ombra argentea di Nick-Quasi-Senza-Testa.

Il fantasma del Grifondoro gli andò incontro sorridente, ma Ron non ne fu molto felice. Non si sentiva per niente in vena di chiacchierare.

“Tutto bene, mio giovane amico?” chiese lo spettro dopo aver accennato un breve inchino.

“Sì... stavo solo, ehm... facendo un giro di controllo, e sono piuttosto di fretta” rispose Ron cercando di tagliar corto il più possibile e senza smettere di camminare.

Il fantasma, tuttavia, gli si affiancò fluttuando a mezz’aria e lo seguì senza dare cenno di volersene andare.

“Eh già, sei un Prefetto, eh?” chiese Nick occhieggiando il distintivo che Ron portava al petto. “Quando frequentavo Hogwarts non esistevano incarichi del genere per gli studenti. Figuriamoci, erano tempi duri, ragazzo, ma ammetto che mi sarebbe piaciuto poter dare una mano ai miei insegnanti di allora, maghi tutti d’un pezzo, e credo anche, modestia a parte, che avrei potuto essere molto adatto all’incarico...”

Ron alzò gli occhi al cielo, ma non disse niente. Continuò a camminare cercando di ignorare quello che il fantasma andava dicendo, anche se le sue chiacchiere gli giungevano fin troppo chiare nel silenzio dei corridoi deserti.

Perché poi avesse sentito d’un tratto la necessità di uscire dalla sala comune ancora non lo sapeva, ma di certo non era dei vaneggiamenti di un fantasma mezzo matto che aveva bisogno. Stava già pensando di dire senza mezzi termini allo spettro di lasciarlo in pace, quando gli venne in mente la faccia che avrebbe fatto Hermione se avesse saputo quello che voleva fare.

Gli avrebbe dato come minimo dell’insensibile e gli avrebbe spiegato con la stessa impazienza con cui si spiega una cosa ovvia ad un bambino un po’ tonto che Nick-Quasi-Senza-Testa era morto e che se era nello stato di fantasma voleva dire che non aveva accettato fino in fondo quella morte e che quindi lui, Ron, doveva comportarsi bene e rispettosamente nei suoi confronti e tutta un’altra serie di stupidaggini simili.

Si morse la lingua e continuò a restare in silenzio, maledicendo tra sé e sé l’amica e la sua buona educazione.

Le sue labbra, tuttavia, si piegarono in un sorriso un po’ rassegnato, perché non ci aveva mai pensato prima, ma adesso si rendeva conto di quanto Hermione riuscisse ad influire sul suo comportamento anche senza essere presente. Ed era una constatazione irritante, in parte, ma anche... rassicurante, in un certo senso.

Per lo meno il rischio di farla arrabbiare diminuiva.

Di colpo si oscurò.

Come mai era scappata in quel modo prima?

Di certo non era per i compiti. Da molto tempo ormai quelli non rappresentavano più la priorità per Hermione. Certo, la scuola era sempre importante e lei non l’avrebbe mai messa da parte, ma con tutto quello che era successo negli ultimi anni, Ron sapeva che adesso erano ben altre le cose in grado di turbare la sua amica.

La guerra, per esempio.

E aveva notato che Hermione stava leggendo il giornale quando lui era arrivato in Sala Grande. Era quasi sicuro che il suo strano comportamento avesse a che fare con quello.

Del resto, ripensando alla cena, non gli sembrava di aver fatto qualcosa che potesse averla fatta arrabbiare. Sarebbe stato un altro buon motivo per spingerla ad andarsene in fretta, ma non era quello il caso.

Anzi, Hermione gli aveva sorriso più di una volta – cosa che Ron ricordava particolarmente bene, e con una fastidiosa sensazione di chiusura alla bocca dello stomaco. E dire che lui ad un certo punto non riusciva a levarle gli occhi di dosso!

Magari era per quello... L’aveva fatta sentire in imbarazzo e lei se n’era andata.

“E così quando posso cerco di dare ancora una mano” stava dicendo intanto la voce di colpo un po’ più alta di Nick, il quale aveva forse capito che il suo interlocutore non era poi tutt’orecchi come lui desiderava.

Ron fece per dire qualcosa, al diavolo Hermione e le sue buone maniere, ma il fantasma lo precedette.

“Sai, anche se son morto non vuol dire che io non possa essere utile,” continuò imperterrito, “e Merlino sa quanto ce n’è bisogno dal momento che i prefetti di questi ultimi anni mi sembrano davvero troppo poco scrupolosi...”

Ron alzò un sopracciglio a quest’affermazione, chiedendosi se per caso dovesse prenderla come una specie di insulto.

“... a parte te e la dolce signorina che ti affianca come prefetto del Grifondoro, naturalmente” aggiunse leggiadro Nick, come se volesse correggere il tiro. “Lei sì che è una ragazza attenta, l’ho vista poco fa nel corridoio del primo piano, intenta sicuramente in uno dei suoi giri di ispezione...”

Ron smise di camminare, colpito dalle ultime parole dello spettro.

“Hai visto Hermione?” chiese stupito.

“Come? Oh! Parli dell’altro prefetto del Grifondoro?” rispose Nick con un gesto plateale. “Oh, sì, mi pare si chiami proprio così. Nome buffo vero, per una ragazza della sua età? Ma verso la metà dello scorso secolo era piuttosto comune tra le fanciulle, sai? Per i corridoi di Hogwarts non facevi altro che sentire questo nome...”

Ron piantò il fantasma intento a ricordare le mode dei nomi femminili d’Inghilterra durante gli ultimi duecent’anni e si mise a correre attraverso il castello.

Per poco non inciampò in un’armatura che si trovava in fondo ad una scalinata, dove decisamente non doveva stare, e sentì da lontano la malefica risata di Pix, con ogni probabilità l’autore dello spostamento, in attesa della sua prossima vittima.

A quel punto rallentò la corsa. Se avesse attirato il Poltergeist dispettoso non sarebbe mai arrivato dove doveva andare.

Camminò più lentamente, cercando nel contempo di riprendere fiato.

Era un idiota.

Quando era arrivato in sala comune e non aveva visto Hermione si era detto che evidentemente era già salita in dormitorio. Eppure avrebbe dovuto capire che l’Hermione pensierosa di quella sera avrebbe cercato piuttosto un posto in cui starsene da sola a riflettere, e di certo quel posto non era il suo dormitorio, con le compagne di stanza chiacchierone che si ritrovava.

Sicuramente aveva cercato un posto in cui nessuno l’avrebbe disturbata.

Ron fece un sorrisetto.

Nessuno tranne lui, ovviamente, che invece sapeva molto bene dove cercare.

Percorse con calma il corridoio vuoto del primo piano e arrivato circa a metà si fermò. La porta dell’aula era proprio davanti a lui.

Fece un respiro profondo ed entrò cercando di fare meno rumore possibile.



Continua...



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Note di fine capitolo:

Chissà se Ron ha avuto la giusta intuizione... Per scoprirlo dovrete leggere il prossimo capitolo.
Intanto lasciatemi dire qualche nota su questo. Non nascondo che è uno dei miei preferiti. Amo molto rappresentare Ron alla ricerca di qualcosa, anche se nemmeno lui sa bene di cosa si tratti. Non sa perchè sente il bisogno di allontanarsi dalla sala comune. A differenza di quello che è successo ad Hermione nel capitolo precedente, non c'è una vera causa scatenante, qualcosa che gli faccia dire 'non riesco più a stare qui'. Esce, forse semplicemente per starsene per i fatti suoi, per non sentire gente intorno, forse perchè muovere le gambe lo aiuta a non farsi troppe domande, sullo strano comportamento di Hermione a cena, per esempio, o su quello che accade nel mondo esterno, o ancora sul suo rapporto con la ragazza.
Esce, ed è come se sentisse di dover stare altrove. E' a questo che si riferisce il titolo: eppure, sentire, riprendendo il verso di una nota canzone di Elisa, è quello stato d'animo che ti prende a volte, quando senti, percepisci che c'è altro che devi fare o capire, ma non sai ancora cosa, non ce l'hai chiaro, sai solo che non è nella realtà di tutti i giorni la risposta che cerchi.
Sulla sua strada Ron incontra il vecchio Nick, personaggio che amo molto rappresentare, e mi piace l'idea che grazie a lui Ron capisca, forse non chiaramente, ma di certo intuisce, il motivo per cui doveva stare altrove. E finalmente sa, in senso reale ma anche metaforico, dove andare.
Spero che il discorso diventi più chiaro nei prossimi capitoli.


Ringraziamenti:

Sunnyna: Innanzittutto chiedo umilmente perdono perchè nello scorso aggiornamento ho sbagliato a scrivere il tuo nick, chissà a che pensavo -_-" E poi grazie per il commento. Sono felice che la storia ti stia coinvolgendo (e non sono mica sicura che questo capitolo abbia soddisfatto la tua curiosità, ma lo faranno i prossimi, stanne certa) e ancora di più sono felice che tu ne senta l'atmosfera. Spero che continuerai a sentirti ad Hogwarts anche con i prossimi capitoli. ^_-

Un unico commento a cui rispondere questa volta, e sebbene non possa dirmene stupita, mi chiedo se la cosa sia dovuta ad una difficoltà nel seguire la storia che procede per gradi e passa attraverso stati mentali, piuttosto che azioni.
Non capisco se la storia non piace, oppure se, come spesso succede, è solo mancanza di tempo... Spero sia quest'ultima ipotesi, ma in caso ci fossero critiche, non mi dispiacerebbe sentirle.

In ogni caso grazie anche a chi legge soltanto (ma mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate) e a coloro che hanno inserito questa storia tra i preferiti.

Alla prossima settimana,
patsan




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Capitolo 5
*** Hermione. Proprio qui, all'altezza del cuore ***


In forte ritardo, lo so, ma eccovi finalmente il quinto capitolo della mia storia. Avrei dovuto pubblicare un pò di giorni fa, ma gli impegni accademici mi hanno assorbita più del previsto, per cui lo faccio solo adesso, sperando che il capitolo vi ripaghi, almeno in parte, della lunga attesa.
Prima di cominciare, ci tengo a ringraziare tutti coloro che mi hanno seguito finora, sia chi mi ha recensito (grazie di avermi rassicurata sul fatto che la storia non sia una noia mortale XD), sia chi, invece, si limita a leggermi. Grazie veramente.

E passiamo adesso alla storia perchè il momento è giunto. Quale momento? Quello in cui, finalmente, dopo quatto capitoli, Ron ed Hermione si incontrano. E' vero che si erano già visti in occasione della cena, ma è in questo capitolo, e ancora più nel prossimo, che i nostri protagonisti si troveranno l'uno di fronte all'altro, a 'parlare', a sentirsi vicini, ad affrontare sensazioni che a volte non sono nemmeno totalmente comprensibili.
Non aspettatevi, ovviamente, colpi di scena, nè un improvviso avvicinamento. Questa ff è un missing moment e non può andare oltre i limiti posti dalla Rowling nella sua storia originile. Io ci scavo solo un pò attorno, da brava aspirante archeologa, e spero che questo scavare renda giustizia ai personaggi originali.
Chiudo questa introduzione avvertendo che oltre a questo capitolo ce ne sono altri due. Il penultimo sarà pubblicato prima di Natale e l'ultimo entro la fine dell'anno, prima che il tanto atteso settimo libro veda la luce anche in Italia.


Buona lettura adesso e appuntamento a fine capitolo per le note conclusive e i ringraziamenti.





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5. Hermione


Proprio qui, all'altezza del cuore




Hermione era seduta da quasi un’ora al banco che era solita occupare quando si trovava a lezione.

In quel momento, tuttavia, l’atmosfera era completamente diversa da quella attenta e talvolta agitata che regnava in quell’aula ogni mattina.

Non c’era nessuna voce imperiosa a dettare il modo migliore per eseguire l’incantesimo del giorno o a rimproverare lo studente di turno della scarsa capacità nel manovrare la bacchetta, per esempio.

E non c’era nemmeno il grattare frenetico delle piume sulle pergamene ad annotare ogni singola informazione uscita dalla bocca dell’insegnante – poco importava se poi l’unica piuma a grattare frenetica fosse la sua.

Soprattutto, non c’era nessun amico svogliato da richiamare con una lieve gomitata perché la smettesse di sbadigliare di nascosto e si decidesse a prendere appunti.

Hermione fece un piccolo sorriso.

In ogni caso, rimprovero o no, lui non le dava mai retta e alla fine era sempre costretta passargli i suoi, di appunti.

La cosa strana, in verità, è che ormai non lo trovava più estremamente fastidioso, come accadeva all’inizio. Forse dopo un po’ ci si abitua a quello che in principio appare inusuale. Forse, in qualche strano modo, quell’abitudine le permetteva di credere di essere insostituibile, in un certo senso, per lui.

Magari era per entrambe le cose.

Abbassò ancora una volta lo sguardo sul giornale che giaceva aperto sul banco davanti a lei, sfiorandone la carta ruvida con la punta delle dita. Per l’ennesima volta da quando era in quell’aula si ritrovò a sospirare.

Avrebbe dovuto farci l’abitudine, ormai, lo sapeva bene, eppure non ci riusciva proprio.

Avrebbe dovuto fare come tutti gli altri, come i suoi compagni di scuola, che portavano avanti la loro vita senza preoccuparsi di quello che poteva succedere fuori da quelle antiche mura, a meno che poi una chiamata improvvisa da parte della professoressa McGranitt non li avvertisse che era accaduta una qualche disgrazia ad un membro della famiglia.

Guardò fuori dalla finestra fissando per qualche istante la pallida falce di luna che splendeva opaca poco al di sopra delle cime degli alberi della Foresta Proibita. La scarsa luce che essa rifletteva entrava a fiotti dai vetri delle grandi finestre dagli infissi scuri e logori e gettava un alone luminoso su una vasta porzione di pavimento attorno a lei, illuminando di una tenue luce argentea anche la superficie dei banchi più vicini alla parete e lasciando in ombra il resto della stanza.

Lo Yorkshire, la parte verde e brumosa dell’Inghilerra. E dire che lei c’era anche stata e più d’una volta, da piccola...

Fece un movimento brusco con la mano. Erano ricordi piacevoli, ma talmente lontani e sfocati che faceva quasi fatica a credere che li avesse davvero vissuti. Meglio pensare al presente. Meglio tornare alla vita normale.

Osservò di nuovo La Gazzetta del Profeta, poi la arrotolò con cura e la ripose in borsa. Ne aveva abbastanza di macerarsi su qualcosa che non poteva comprendere fino in fondo e contro cui, soprattutto, non poteva lottare.

Non te lo aspetti che qualcuno entri in casa tua e ti faccia del male. Non te lo aspetti, ma può succedere in tempo di guerra. E Merlino solo sa quanta forza ci vuole per provare a non pensarci.

In fondo, poi, non è questo che facevano tutti? Fingevano che le cose andassero bene e lo facevano solo perché non potevano fare altrimenti, anche se intimamente ognuno di loro sapeva che in ogni momento qualcosa poteva cambiare.

Era un modo per andare avanti, tutto sommato, non vera ipocrisia.

Si alzò dal banco e si avviò verso la porta dell’aula, la borsa pesante stretta al petto, sperando di tutto cuore di non incontrare Gazza impegnato nel suo giro di ronda serale.

Stava già per posare la mano sulla maniglia di ottone quando questa si abbassò e la porta iniziò ad aprirsi da sola.

Hermione sobbalzò spaventata, ma ebbe la prontezza di spostarsi in tutta fretta dietro la porta, in modo che la persona che stava entrando non potesse vederla. Se si fosse trattato davvero di Gazza sarebbe finita in guai molto seri, perché nemmeno il suo lucente distintivo da prefetto avrebbe potuto salvarla lontana com’era dalla torre Grinfondoro.

La persona che vide entrare, tuttavia, non aveva nulla dell’arcigno custode di Hogwarts.

“Ron...” esalò Hermione così sorpresa che per poco non fece cadere a terra la borsa.

Il ragazzo avanzò un poco, senza dare segno di averla sentita. Si guardò intorno, facendo scorrere lo sguardo su tutta l’aula, ma dopo un attimo, apparentemente deluso, fece per andarsene.

Hermione allora uscì allo scoperto e prima che il suo amico richiudesse la porta lo chiamò di nuovo.

Ron si voltò di scatto verso di lei e la fissò inebetito. Un secondo dopo arrossì di botto.

“Hermione... ciao...” gracchiò con voce insicura, come se non si aspettasse di vederla proprio lì. La guardò un momento e poi distolse in fretta lo sguardo, ma Hermione notò che un sorriso compiaciuto gli si disegnava sulle labbra.

Hermione se ne chiese il motivo, ma non disse nulla. “Cosa ci fai qui?” domandò invece.

Lui alzò lo sguardo su di lei e stavolta non nascose il tipico sorriso di chi la sa lunga. “In realtà potrei chiederti la stessa cosa... Non eri in sala comune quando sono rientrato dopo cena e ho pensato potessi essere qui.”

“Oh...” fece Hermione un po’ imbarazzata. Moriva dalla voglia di chiedergli come mai gli fosse venuto in mente di cercarla proprio là, ma non lo fece. “Sì, avevo bisogno di stare un po’ da sola, immagino...”

Ritornò al banco da cui si era appena alzata e vi posò di nuovo la borsa. Rimase a fissarla senza sapere cosa dire.

Sentì Ron chiudere la porta e farsi più vicino e improvvisamente si sentì a disagio.

Era da sola con lui.

Da sola per la prima volta dopo quello che era successo quella mattina.

Hermione sollevò gli occhi sul suo amico che tuttavia sembrava molto interessato a studiare una lunga crepa nell’intonaco della parete. Lo osservò per un momento. Aveva le punte delle orecchie arrossate e la fronte aggrottata come se cercasse – anche lui! – qualcosa da dire per uscire da quell’assurdo momento di imbarazzo che era caduto tra loro.

Improvvisamente Ron si voltò verso di lei ed Hermione fu così sorpresa da quel gesto che per poco non sobbalzò. Invece si mise a sedere sentendo il volto andare in fiamme.

Perché doveva essere così imbarazzante rimanere da sola con lui?

Perché?!

Era tutta colpa di quello stupido invito.

Hermione prese un respiro profondo. “Come mai mi cercavi?” chiese cercando di sembrare il più naturale possibile. “E’ successo forse qualcosa? Harry sta bene?” Alzò lo sguardo su Ron e si sorprese di vedere che si era fatto più vicino e che la stava osservando.

Ron arrossì un po’ sotto il suo sguardo stupito, ma non disse nulla. Si avvicinò alla cattedra, proprio di fronte al banco di Hermione, e vi si poggiò contro.

“Non è successo niente, stai tranquilla. E l’ultima volta che ho visto Harry,” aggiunse poi con un sorriso furbo, “era piuttosto preso dal suo tema di Pozioni, ma nonostante questo sembrava in ottima salute.”

Hermione sorrise a sua volta, sollevata, anche se non avrebbe saputo dire se per la notizia che tutto andava bene o perché finalmente quel silenzio imbarazzante sembrava finito.

“A quanto mi risulta, lo studio non ha mai ucciso nessuno...”

“Parla per te, Hermione, se penso che devo ancora finire di scrivere il tema per Lumacorno, mi viene il mal di stomaco...” rispose Ron con una smorfia divertita.

Hermione fece una piccola risata, comprensiva e rassegnata insieme. “Bè, magari hai solo esagerato con il polpettone...”

Ron scosse il capo e sorrise. “Da quanti anni mi conosci?”

Hermione osservò il suo amico, interrogativa. “Da sei anni” rispose senza sapere cosa Ron volesse intendere.

“E in sei anni ti risulta che io abbia mai avuto mal di stomaco?”

Hermione rimase un attimo spiazzata, ma poi rise di gusto.

Anche Ron si unì alla risata.

“In effetti... credo di non conoscere nessuno con lo stomaco coriaceo come il tuo... Immagino che potresti mangiare anche il ferro senza risentirne.”

“Merlino, Hermione! Ma ti pare che io abbia gusti così barbari?”

Hermione scoppiò di nuovo a ridere, imitata da Ron, e per un po’ non fecero altro. Poi Ron accarezzò con una mano il piano levigato della cattedra e vi si issò con un gesto fluido. Rimase seduto in silenzio, in volto un’espressione divertita.

Hermione ridacchiò ancora un po’, seduta al suo posto. Poi restò in silenzio a guardare la propria mano posata pigramente sulla borsa ed iniziò a giocherellare distrattamente con la cinghia scura che la chiudeva.

Una volta si era rotta, quand’era in vacanza e si trovava in casa da sola, e aveva dovuto sistemarla senza l’uso della magia, con ago e filo, ma non era mai stata molto brava nelle cose manuali. Da vicino si notavano chiaramente le cuciture storte e di larghezze diverse. Un pessimo lavoro. Dopotutto, se non era in grado di realizzare dei berretti decenti con una bacchetta, come si poteva pretendere che riuscisse a rattoppare qualcosa con metodi babbani?

“Perché te ne sei andata in quel modo, prima?”

La domanda di Ron le giunse del tutto inattesa.

Alzò lo sguardo su di lui e lo fissò stupita.

“Quando? A cena?”

Ron annuì.

Hermione, invece, abbassò di nuovo lo sguardo.

Sentiva il bisogno di confidarsi con qualcuno, questo sì, ma non sapeva se le andava davvero di farlo. La presenza di Ron aveva fatto passare i brutti pensieri di poco prima, come un vento deciso che scaccia una nube scura dal cielo, ed Hermione non sapeva se era disposta a tirarli fuori di nuovo.

“Niente di particolare, non avevo molta fame...” mormorò poco convinta.

Come al solito era incapace di mentire con lui. Hermione si maledisse per questo.

“Non è vero. Hai detto che volevi restare da sola. Non resti mai da sola, e quando succede lo fai o per studiare materie difficilissime che io non capirei mai, o perché c’è qualcosa che non va. E non è il primo caso, questo.”

Hermione sollevò lo sguardo sul suo amico. “Se ti riferisci all’Aritmazia, sono sicura che saresti in grado di capirla benissimo se solo ti applicassi.”

Ron sorrise. “Preferisco lasciarla a te, grazie. Ma questo non risponde alla mia domanda.”

Ed Hermione seppe che non c’era speranza.

Ron non avrebbe mollato finchè lei non gli avesse detto tutto quanto. Lo faceva sempre quando si trattava di lei. Ed era un buon segno, almeno sperava, perché o era il mago più impiccione del mondo, cosa da non escludere, oppure – ed Hermione si ritrovò a trettenere il fiato al solo pensiero – oppure, semplicemente, teneva davvero a lei.

Sorrise, tenendo lo sguardo basso, mentre una piacevole sensazione di calore la invadeva, proprio all’altezza del cuore.

Forse avrebbe davvero dovuto confidarsi.

Chissà perché credeva che parlando con Ron quel peso che le gravava sul petto si sarebbe sciolto definitivamente. O magari si sarebbe addolcito, ridotto. Comunque, sarebbe diventato più sopportabile.

Hermione guardò Ron, che le sorrideva.

Ed iniziò a parlare.



Continua...



____________________________




Note di fine capitolo:

Ed eccoci arrivati anche alla fine di questo capitolo. Qualcuno ha capito qualcosa del posto in cui Hermione si è rifugiata? Se finora il mistero è stato fitto adesso avete alcuni elementi in più: oltre a sapere che si tratta di un'aula, avete anche qualche dato su chi ci insegna. La 'voce imperiosa' che detta o punisce è un indizio molto utile, e probabilmente è facile anche arrivare al motivo che ha spinto Hermione a scegliere proprio quell'aula e non un'altra. Ma non andiamo di fretta. Avrete la risposta anche a questa domanda.
Devo confessare che ero piuttosto indecisa riguardo al titolo del capitolo. Alla fine ho optato per questo, riprendendo una frase del capitolo stesso. Forse non è il migliore dei titoli, ma credo che riesca ad esprimere quello che prova Hermione. Non le sensazioni, no, quelle cerca di renderle più chiare lei stessa durante il capitolo, e lo farà anche nel prossimo, ma l'intensità di quello che sente. 'All'altezza del cuore', perchè è lì, figurativamente, ma anche fisicamente, a volte, che sentiamo gioia o dolore, è il cuore che ci si stringe quando proviamo pietà, è il cuore che si riscalda quando sentiamo in modo forte la vicinanza di qualcuno, è il cuore che batte quando siamo emozionati. E' proprio qui, all'altezza del cuore che Hermione sente prima scendere una cappa di tristezza e poi, con l'arrivo di Ron, uno strano e piacevole sollievo, un sollievo che, almeno in parte, caccia via quella brutta sensazione.
Ma Hermione ha ancora qualcosa da tirare fuori, qualcosa per cui, forse, ha ancora bisogno della vicinanza di Ron. Non vi anticipo nulla, solo il fatto che il prossimo capitolo è decisivo per chiudere la storia iniziata con la lettura dell'articolo. Il primo anello, diciamo, di cui la ff si costituisce.
E spero anche sinceramente che leggere il primo vero 'incontro' tra Hermione e Ron dall'inizio della ff sia piaciuto a voi come a me è piaciuto scriverlo.


Ringraziamenti:

Sunnyna: Innanzittutto grazie della bella (e lunga ^_^) recensione che, devo dire, mi ha rassicurato non poco. Sono contenta che tu trovi il mio Ron vicino all'originale, è una cosa a cui tengo moltissimo e sono anche felice che tu abbia apprezzato il piccolo cammeo di Nick e il riferimento a Pix. E' vero, rendono i corridoi più veri, ed è quello che spero di riuscire a far provare: la sensazione di essere lì ad Hogwarts con i protagonisti. E a proposito, ti è piaciuta l'ambientazione nell'aula? Qualche idea su quale possa essere? Infine grazie anche per i complimenti a BTL (avrei tanto voluto che ci fosse una csa così quando ho iniziato ad appassionarmi al mondo delle ff!) e tienilo d'occhio, perchè prima del nuovo anno ci sarà un aggiornamento!
lucediluna: Grazie molte dei complimenti. Al di là del fatto che la storia possa o meno avere successo, sono felice che la trovi originale. Fammi apere cosa ti pare di questo capitolo!
mica:
Nick interessante... E sono commossa dai tuoi ringraziamenti. Grazie a te per avermi fatto sapere che hai apprezzato tutte le piccole cose che ho inserito nella storia. E' importante per me, visto che tengo molto a questa ff e la sento molto 'mia'. Grazie davvero.
Joannadellepraterie:
Addirittura tra i preferiti? Wow!! Felicissima del fatto che Ron ed Hermione ti sembrino vicini agli originali, cosa a cui tengo moltissimo. Grazie dei complimenti!
Gluck88:
Eccoti l'aggiornamento. Sono contenta che anche per te l'idea sia bella e, spero, originale. Riesco ad incuriosire il lettore? Bè, me lo auguro davvero. Intanto grazie moltissime per gli apprezzamenti e spero continuerai a seguirmi...

Alla prossima,
patsan




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Capitolo 6
*** Ron. Ciò che nessuno ti può portar via ***


Come promesso, ecco a voi il penultimo capitolo della mia storia, pochi giorni prima di Natale.
Consideratelo una specie di regalo natalizio, nella speranza, ovviamente, che si tratti di un regalo gradito.

Con questo capitolo finalmente un cerchio si chiude e un mistero si risolve: cosa ha lasciato Hermione così turbata dopo la lettura del famoso articolo sulla Gazzetta del Profeta? Tra poche righe la risposta e anche qualche cosa in più, per chi ama Ron e il suo modo di pensare ad Hermione.

Detto questo vi auguro Buon Natale di cuore, vi ringrazio per l'affetto con cui - soprattutto alcuni - mi seguite e vi dò appuntamento all'ultimo capitolo della ff, che pubblicherò entro la fine dell'anno, per dire definitivamente addio al Principe Mezzosangue in attesa che esca l'edizione italiana del settimo libro.

Per chi vuole, poi, solite note di fine capitolo e, a seguire, i ringraziamenti.




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6. Ron


Ciò che nessuno ti può portar via




Ron rilesse per la seconda volta l’articolo che Hermione gli aveva indicato. Finito di leggere ripiegò il giornale a metà e lo poggiò sulla cattedra.

“E’ per questo che te ne sei andata?”

Hermione era in piedi accanto a lui, poggiata contro la cattedra, lo sguardo rivolto alla finestra.

Non rispose subito alla domanda. Rimase per qualche attimo in silenzio a fissare il parco di Hogwarts fuori dalla spessa vetrata. Poi si voltò un po’ verso Ron, ma senza guardarlo in volto. Annuì.

“Lo sapevi che da piccola avevo una nonna che viveva nello Yorkshire?”

Ron scosse il capo ed Hermione continuò.

“Si chiamava come me, Hermione, e viveva in una cittadina chiamata South River, una di quelle vecchie città babbane circondate dal verde.”

Alzò lo sguardo su Ron e lui le fece un piccolo sorriso, per incitarla a continuare.

Hermione abbassò di nuovo lo sguardo e riprese a parlare fissandosi le punte delle scarpe.

“Mia madre è cresciuta là. Ci ha vissuto fino a diciott’anni, poi si è trasferita a Londra per studiare da dentista. Poi sai, ha conosciuto papà e non è più tornata nella sua città natale, ma quand’ero piccola andavamo spesso a trovare la nonna durante le vacanze estive. Viveva in una casa simile alla tua, nel senso che era circondata da un grande giardino e tutto attorno era pieno di campi...”

Ron ascoltava curioso. Accadeva raramente che Hermione raccontasse di sé e della sua infanzia ed era bello per una volta poterla osservare mentre il suo volto prendeva quell’espressione pensosa, vagamente sorridente e persa nei ricordi.

Se ne stava con le braccia incrociate sul petto, lo sguardo rivolto al pavimento davanti a lei. La luce della luna la illuminava solo in parte e dalla prospettiva di Ron i suoi lunghi capelli scuri parevano circondati da un’aura luminosa.

Era talmente carina che Ron dovette distogliere lo sguardo per non arrossire.

“Capitava anche che i miei genitori mi lasciassero da lei per tutte le vacanze” stava dicendo intanto Hermione. “Dovevano lavorare e non volevano che passassi l’estate in un appartamento in città, così mi portavano a South River. Dicevano sempre che a Londra avrei finito per rimanere tutta l’estate chiusa in casa a leggere, mentre dalla nonna avrei potuto respirare aria pulita e divertirmi all’aria aperta.”

Ron sorrise e involontariamente i suoi occhi si spostarono su Hermione che tormentava il bordo di una manica della camicia. Non aveva bisogno di grande immaginazione per sapere che anche in campagna la sua amica aveva preferito passare tutto il suo tempo immersa in qualche libro, magari seduta in veranda o sotto l’ombra di un ciliegio, ma solo perché nonna Hermione aveva insistito tanto perché uscisse di casa.

Non ce la vedeva proprio a correre dietro alle galline o a rotolarsi giù per i pendii verdi.

No, quella era una cosa che avevano fatto lui e i suoi fratelli, ma Hermione era di un’altra pasta.

La osservò ancora, mentre Hermione sovrappensiero di muoveva dalla cattedra verso il centro dell’aula. Gli rivolgeva le spalle, ma Ron continuò a guardarla, come incantato.

“Avevo circa dieci anni quando la nonna è morta,” riprese ad un tratto Hermione, come se avesse deciso improvvisamente che era ora di metter fine a quel flusso inatteso di ricordi. “Da quando è successo non siamo più tornati laggiù. La casa è stata venduta perché i miei zii erano troppo lontani per occuparsene e così, anche se a malincuore, non abbiamo più avuto di modo di tornarci.”

La ragazza si voltò verso Ron e lui si ritrovò ad annuire, con la sensazione che si stessero avvicinando al vero problema.

“E’ stato strano...” riprese Hermione, distogliendo di nuovo lo sguardo. “Leggere quello che è successo l’altra notte... mi ha fatto... mi ha fatto ripensare alla mia infanzia.”

“Ma non è strano!” la interruppe Ron. “Hai passato dei bei momenti in quel posto ed è naturale che leggere quello che è successo ad una famiglia che abitava da quelle parti ti abbia colpita, no?”

Hermione scosse il capo e si avvicinò di nuovo alla cattedra, poggiandovisi contro. Era così vicina che Ron sentì come una fitta all’altezza dello stomaco, come se improvvisamente le viscere gli si fossero attorcigliate. Hermione, comunque, non se ne accorse, perché riprese a parlare come se niente fosse.

“Non è questo...” disse guardando un punto indefinito in fondo all’aula. “E’ stato come se... Non so come spiegartelo. Non era il fatto che fossero babbani o che vivevano nella stessa regione in cui viveva la nonna. Certo è anche questo che mi ha colpito, però... Lo che siamo in guerra e che con quei pazzi assassini in libertà queste cose possono succedere, ma...” esitò, cercando lo sguardo di Ron.

Ron mantenne gli occhi fissi in quelli indecisi di lei. Voleva farle capire che non doveva avere paura di confidarsi con lui. Voleva farle capire che non importava quanto strano fosse quello che provava, lui avrebbe capito e l’avrebbe ascoltata.

Non ebbe il coraggio di dirlo a parole, però, e forse, pensò tristemente, non sarebbe stato nemmeno in grado di farlo.

Le sorrise, invece. Un sorriso che cercò di rendere caldo e aperto, nonostante i loro corpi fossero troppo vicini e lui avesse la netta sensazione di tremare da capo a piedi.

Funzionò, comunque, perché anche Hermione si sciolse in un piccolo sorriso. Sospirò piano e facendo leva sulle mani si mise a sedere sulla cattedra. Si voltò verso Ron e le sue gambe sfiorarono quelle del ragazzo.

Ron si mosse un po’, a disagio, mettendo appena qualche centimetro tra loro e concentrandosi, di nuovo, sul viso di Hermione che sembrava alla ricerca delle parole giuste per spiegare, quasi più a se stessa, quella strana sensazione che aveva provato.

Lo guardò per un momento e poi sorrise, ma era un sorriso vuoto. “Ti sembro pazza se dico che mi sono sentita come se mi avessero portato via qualcosa?”

Ron corrugò la fronte, osservando sorpreso l’amica. No, bè, pazza no, ma era come minimo singolare come stato d’animo.

Fece per dire qualcosa, ma Hermione lo precedette.

“E’ come se ci fossi cresciuta in quel posto, Ron...” disse, e lo sguardo triste che aveva lo colpì peggio di un bolide. “Pensare che questo schifo sia arrivato anche lì... E’ stato come se anche quegli anni spensierati fossero stati cancellati di colpo!”

Hermione distolse lo sguardo, come se l’essere stata finalmente sincera la facesse un po’ vergognare, ma per Ron fu come una rivelazione e lui capì, di colpo, cosa la ragazza stava cercando di dirgli.

Poteva essere insensibile e poco acuto, poteva essere immaturo e avere la varietà emozionale di un cucchiaino da tè, ma Ron capì molto bene come Hermione si era sentita.

E lo capì bene perché era quello che succedeva anche a lui, certe volte, e finì col sentirsi anche un po’ male perchè ancora una volta si rese conto di quanto quella dannata guerra stava cambiando le loro vite.

Dominò il folle desiderio di portare una mano su quella più piccola di Hermione, adagiata sul ginocchio della ragazza, e cercò di fare un sorriso rassicurante, anche se quello che gli uscì fuori doveva essere più simile ad una smorfia che ad un vero sorriso.

“Nessuno può portarti via i bei ricordi, Hermione” disse infine, e gli sembrò una cosa davvero molto saggia da dire. Continuò a tenere gli occhi fissi in quelli di lei senza sentirsi in imbarazzo e senza temere, per una volta, di fare brutta figura. “Li hai vissuti. Sono tuoi. Nessuno te li può rubare e nessuno li può distruggere.”

Lei lo guardò per un momento, poi fece un sorriso piccolo piccolo. Ron allora continuò, incoraggiato.

“Io non lo so cosa ci aspetta e forse non voglio neanche saperlo, ma mi piace pensare che se un giorno tutto dovesse cambiare, ci saranno ancora i bei ricordi a darmi la forza di andare avanti.”

Abbassò lo sguardo sulle proprie gambe. Si era voltato verso Hermione e le aveva incrociate davanti a sé mentre parlava. Portò le mani sopra le ginocchia, stringendo un po’.

Ingoiò a vuoto e rilasciò il fiato. Una sottile ansia si era impadonita di lui. Era strano, pensò di sfuggita, che fosse lui a fare discorsi del genere, prima con Harry, ora con Hermione. Era strano come ogni volta che lui cercava la normalità, quella fuggisse e si allontanasse, sfocandosi davanti alle preoccupazioni più profonde delle persone che più amava.

Hermione era ancora lì, di fronte a lui. Anche lei aveva incrociato le gambe sopra la cattedra.

Ron la sentì avvicinarsi e fu con grande stupore che la vide posare una mano sopra la sua e strigerla un po’.

Il contatto durò poco, forse meno di un secondo, ma Ron lo avvertì chiaramente. Alzando lo sguardo su Hermione vide che era arrossita e osservava imbarazzata un punto alla sua destra, come se volesse evitare attentamente di guardarlo.

Ron sorrise, senza sapere perché, mentre sentiva il cuore martellare forte. Avrebbe voluto dire molte cose e tacere allo stesso tempo. Avrebbe voluto gridare e nascondersi insieme.

Non fece nulla.

C’erano tante cose che doveva capire meglio, c’erano tante piccole sensazioni che dovevano trovare il loro posto. E non voleva correre, non voleva sbagliare.

Hermione fece un mezzo sorriso e tornò a guardare Ron. “Grazie” sussurrò a voce bassissima.

Anche Ron sorrise, arrossendo appena. “Non ho fatto nulla, davvero.”

Hermione non rispose, ma l’espressione che si dipinse sul suo volto, gli disse ben più di mille parole.

Gratitudine. Dolcezza. Affetto, persino.

Ron ne fu colpito profondamente. Si sentì invadere da uno strano sentimento, da una inspiegabile sensazione che gli capitava spesso, ormai, di provare in compagnia di Hermione. Come un’ondata, quella sensazione crebbe velocemente e con tale folle violenza che lui fu costretto a scavallare in fretta le gambe e scendere di corsa da quella cattedra o con molta probabilità avrebbe fatto qualcosa di cui si sarebbe pentito per il resto dei suoi giorni.

“Ron, cosa...?”

“Ho fame” buttò fuori a caso.

Razza di cretino che non sono altro!

Fece un paio di respiri profondi senza avere il coraggio di guardare Hermione. Poi, con cautela, si voltò verso l’amica. Era ancora seduta sulla cattedra e lo guardava sorpresa.

“Ehm... lo hai detto tu che ho uno stomaco coriaceo, no?” tentò di giustificarsi.

Poco a poco lo stupore sul volto di Hermione lasciò posto ad un sorriso divertito.

“La cena è finita solo un paio d’ore fa” disse la ragazza controllando l’orologio. “E concordo sul ‘coriaceo’, ma credo che la definizione più adatta sia ‘senza fondo’ a questo punto.”

“Bè, ehm, come vuoi tu, ma lo sai che una visita nelle cucine è sempre gradita a noi Weasley.”

Hermione sorrise, un sorriso, finalmente, senza ombre e Ron pensò che in fondo un po’ di fame l’aveva davvero e che in ogni caso era una buona scusa per passare altro tempo insieme a lei.

E lui adorava passare il tempo insieme ad Hermione, confusione o non confusione.

Così non si sentì minimamente in imbarazzo, quando chiese, col tono più suadente che potè improvvisare: “Allora, prefetto Granger, se la sente di fare una breve scorreria nelle cucine dai nostri amici elfi?”

Avrebbe potuto dire di no. Avrebbe potuto dire che era da matti perchè era tardi e perché loro due erano prefetti e non ragazzini incoscienti. Avrebbe potuto fare mille problemi. E Ron lo sapeva.

Non si sorprese, però, quando Hermione scoppiò a ridere.

“E se ci becca Gazza?”

“Dirò che è stata una tua idea.”

“Figurati, non ci crederà mai!”

“Oh sì, dirò che eri così affamata che mi hai costretto con la forza, bacchetta in pugno, ad accompagnarti.”

“E lui non ci crederà.”

“Dirò che avevi così tanta voglia di cioccolato che hai avuto una specie di crisi isterica in sala comune e hai cominciato a saltare su tutti i divani e la McGranitt mi ha praticamente obbligato ad accompagnarti in cucina in cerca di-”

Non finì la frase. Hermione era scoppiata a ridere ancora più forte.

Fu contagioso, rise anche lui.

Avrebbero avuto mille motivi per restarsene ancora seduti in quell’aula vuota, tristi e malinconici. Ma non era quello di cui avevano bisogno.

Avevano bisogno di sentirsi vivi, invece, felici ed esaltati per qualcosa, poco importava se questo qualcosa fosse il rischio di essere beccati dal vecchio custode della scuola.

La risata liberatoria di Hermione era la migliore delle conferme.

E quando Hermione, qualche minuto dopo, scese giù dalla cattedra, un sorriso divertito ancora in volto, e si diresse a grandi passi verso la porta dell’aula, seguita prontamente da lui, Ron non ebbe dubbi.

Non avrebbe permesso a niente e a nessuno di cancellare ancora quel sorriso dal suo volto.




Continua...


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Nota di fine capitolo:


Dopo quattro capitoli, ecco finalmente svelato il mistero. E spero vivamente che la soluzione non vi abbia lasciato delusi.
Un paio di precisazioni, perchè questo è un punto cruciale della storia. E' chiaro che 'nonna Hermione' e le estati a South River sono una mia invenzione, visto che la Rowling non ci ha praticamente dato dettagli sull'infanzia di Hermione e sulla sua famiglia. In effetti di Hermione sappiamo molto poco al di fuori di quello che succede ad Hogwarts, mentre non è così per Ron, di cui conosciamo casa, parenti (anche alla lontana), abitudini... E devo ammettere che mi piaceva l'idea di fare una sorta di fuga nel passato di Hermione, senza particolari avvenimenti da raccontare, solo una vaga atmosfera da ricostruire. Non è la prima volta che lo faccio, ma in quell'occasione (nella storia 'Una nuova amica') non era Ron ad ascoltarla, mentre avevo in mente questa scena con Hermione che ricorda un periodo della sua vita in cui ancora la magia non esisteva e i suoi migliori amici erano fatti di carta, e Ron che la osservava, incuriosito e intenerito al tempo stesso. Tra l'altro, credo che sia uno dei maggiori misteri questo, per Ron: la piccola Hermione, un lato di lei che ancora non conosce.
Poi c'è la questione dell'articolo. Credo che sia chiaro dal capitolo: il punto non è che il massacro abbia riguardato dei babbani (il che giustifica la rabbia e il senso di impotenza), o che sia avvenuto nella stessa regione in cui viveva la nonna di Hermione (anche perchè nonna Hermione è scomparsa da tempo, quindi la reazione della ragazza non è paura che possa accaderle qualcosa), ma il fatto che quel luogo rappresenti per lei qualcosa di puro, di incontaminato, come tutti i ricordi legati all'infanzia. Credo che sia questo il danno peggiore che una catastrofe come la guerra (o comunque un grande dolore) possa produrre: la sensazione che prima di allora non ci sia stato niente di bello. E' esattamente quello che prova Hermione. Ed è una sensazione disarmante, perchè non solo lascia rattristati, ma anche sconfortati, e lo sconforto è l'esatto contrario della speranza.
Hermione aveva provato a scacciar via la sensazione, a razionalizzarla, prima dell'arrivo di Ron. A metterla da parte, direi, come potremmo fare tutti davanti ad uno stato d'animo che non ci piace, ma poi arriva lui, che la mette alle strette, ed Hermione si apre. E mette in parole quello che prova. Forse non ha davvero bisogno che Ron le dica quello che le dice, ma il fatto che lui sia lì con lei, che la inciti a parlare, che, in qualche modo, le faccia capire di sentirsi esattamente come lei, tutto questo è il conforto più grande per Hermione. Forse i brutti pensieri ricompariranno e la sensazione di sconforto tornerà, ma sapere di avere qualcuno vicino, anche attraverso i gesti e i 'non detto' che tra Ron ed Hermione si sprecano, ecco, credo che questo sia una buon antidoto per andare avanti nel futuro che si prospetta per i due ragazzi.
Ed è anche a questo che si riferisce il titolo: ciò che nessuno ti può portar via, riprendendo una frase di Ron, non sono solo i bei ricordi, ma anche la certezza di avere qualcuno accanto, anche se quello che ti attende è tutto tranne che roseo.


Infine, un'ultima nota. La cosa che più mi ha intrigato nello scrivere questo capitolo è il fatto che se il punto di vista è quello di Ron, in effetti sono due le prospettive del racconto: c'è Hermione che ricostruisce poco per volta quello che la lettura dell'articolo ha provocato, scavandosi
dentro a fondo, e poi c'è Ron che non solo cerca di capire quello che l'amica ha provato, non solo tenta di darle una risposta (che nemmeno lui ha), ma prova anche sensazioni molto forti in sua presenza, sensazioni a cui ancora - benedetti ragazzi! - non ha saputo dare chiaramente un nome.
Questo doppio sentire di Ron era davvero una sfida. Spero che la palpitazioni, i tentennamenti, il fiato mozzo e tutte le emozioni che lui prova siano palpabili nella lettura.




I ringraziamenti:

Gluck88: Grazie mille. Spero che questo capitolo non ti abbia deluso e che leggerai anche il prossimo!
mica: Ti dirò che avevo associato subito il nick ai gioielli antichi, ma mi sembrava strana come intuizione. Venendo alla tua recensione, ti ringrazio tantissimo. Sapere che la mia scrittura ti ha fatto calare a tal punto nel personaggio, mi rende veramente felice, e anche un pò orgogliosa, devo dire. ^_^ Rispetto al contest, bè, in effetti la risposta sicura l'avrai nel prossimo capitolo, ma bè, posso anticiparti che... sì, è proprio quell'aula. Come mai quella? Non è difficile da immaginare, ma lo saprai per certo tra qualche giorno...
Joannadellapraterie: Il musical non l'ho, ahimè, ancora visto, ma mi fa piacere che tu abbia trovato la canzone associabile al capitolo, vuol dire che hai vissutto il tutto ancora più calata nell'atmosfera... Continua a seguirmi!
Tabita: Ma che piacere trovare una tua recensione! Ti ringrazio tantissimo della stima che mi dimostri, e spero vivamente che anche questo capitolo ti sia piaciuto. In effetti scrivere missing moment è una delle cose che preferisco... Grazie ancora, e spero che vorrai seguirmi ancora ^_^


Detto questo, vi faccio notare che il primo cerchio del racconto si è chiuso. Manca l'ultimo anello, quello aperto all'inizio, con Hermione tentennante dopo l'invito. Lo chiuderà, spero in maniera degna, un ultimo capitolo meno riflessivo e più incentrato sul rapporto tra i nostri due. Non mancate!




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Capitolo 7
*** Hermione e Ron. Questione di tempo ***


Capitolo 7

Capitolo particolare quello che state per leggere. Particolamente articolato, ma anche particolarmente lungo. Del resto, è l'ultimo, ha il diritto di esserlo, e forse forse è così anche perchè era come se non volessi lasciarlo. Passatemi la debolezza.

Dopo diversi capitoli in cui Ron ed Hermione sono apparsi separati, quasi a rincorrersi, e gli ultimi in cui invece si sono, finalmente, riuniti, eccoli finalmente davvero insieme. Non che negli ultimi non lo siano stati, intendiamoci, ma c'era qualcosa da affrontare, il turbamento di Hermione, che se da un lato li ha avvicinati, era pur sempre qualcosa di 'estraneo' a loro, il cui rapporto, invece, è sempre così spensierato, almeno in superficie, fatto di piccole tensioni, ma anche di tanti sorrisi.
Ecco, questo capitolo in un certo senso mette in scena il Ron e l'Hermione che conosciamo. E chiude, finalmente, la storia, cercando di dare un senso di speranza a quello che potrà essere in futuro tra loro.

Non solo questo, comunque, vi aspetta. E' ancora una volta una sorta di sperimentazione, perchè, cosa che raramente faccio, in questo capitolo il punto di vista di Ron e quello di Hermione si alternano a ritmo velocissimo, per passare, poi, nel finale, ad una terza persona, che chiude i giochi in modo, mi auguro, non scontato.

Non mi resta, allora, che augurarvi buona lettura, nella speranza di avervi allietato e magari anche fatto riflettere un poco con la mia storia. Tra pochi giorni uscirà anche in Italia Harry Potter e i Doni della Morte. A quel punto la storia sarà davvero finita e con ogni probabilità ff come la mia saranno ormai pressocchè inutili, ma mi piaceva l'idea di scriverla, e di collocarla in quel punto particolare del sesto libro in cui si respira quasi l'atmosfera del settimo.

Spero che l'impresa sia riuscita.

Grazie ancora a tutti e appuntamento a fine capitolo per le solite note di produzione.





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7. Hermione e Ron



Questione di tempo





Quel mattino Hermione scese molto presto in sala comune, con la borsa carica di libri ed il cuore piuttosto leggero.

Non era una novità, a dire il vero, il fatto che si alzasse un po’ prima dei suoi compagni di casa. Se succedeva, e succedeva abbastanza spesso, era per dedicare qualche minuto prima di colazione al ripasso delle materie del giorno, soprattutto se la sera precedente non aveva avuto il tempo di farlo, occupata in una ronda o magari, poteva anche capitare, con un compito particolarmente impegnativo.

Quella mattina, tuttavia, il motivo per cui Hermione si era alzata così presto non aveva nulla a che fare con lo studio. O almeno non del tutto. Men che meno, poi, aveva a che fare con lo studio la strana euforia che provava, come se avesse bevuto molta Burrobirra fumante o avesse appena preso un Eccezionale in Trasfigurazione.

Si era svegliata ancor prima del solito, quella mattina, con il dormitorio immerso nell’ombra e il sommesso respirare delle sue compagne a riempire la stanza. Aveva provato a riprendere sonno, ma non c’era stato verso e così aveva deciso che, già che era sveglia, tanto valeva mettersi in piedi ed iniziare a prepararsi.

Si era rivelata una scelta saggia, alla fine, perché quella mattina, per qualche ragione, quel ‘prepararsi’ aveva richiesto un po’ più tempo del solito, colpa, si era detta, dei suoi capelli indomabili, che non volevano proprio saperne di stare come si deve.

Ad ogni modo aveva finito di prepararsi appena in tempo per rispettare l’impegno preso la sera precedente. A quel punto aveva afferrato in fretta la borsa con i libri ed era uscita di corsa dal dormitorio.

Arrivata in sala comune non si stupì di vederla completamente vuota.

Si diresse sicura verso le vecchie poltrone di fronte al camino e posò la borsa sopra il grande tavolo che le fronteggiava.

Il motivo per cui si era alzata così presto sollevò lo sguardo su di lei e le fece un gran sorriso.



***



Ron sedeva da un buon quarto d’ora alla sua poltrona preferita e per la prima volta in vita sua si trovava ad aspettare qualcuno.

La sua attesa, in verità, non era colpa della persona che stava aspettando. Era lui ad essere sceso un po’ in anticipo. Non che avesse dormito molto bene la notte precedente, in tal caso il risveglio così prematuro avrebbe avuto un senso.

A dirla tutta, anzi, aveva chiuso occhio sì e no per un paio d’ore, quasi sicuramente per colpa dei muffin alla marmellata mangiati fuori orario la sera precedente. Aveva passato la notte a girarsi e rigirarsi nel letto, mentre mezze frasi, elfi domestici, corridoi poco illuminati ed un sorriso che conosceva molto bene si alternavano nella sua testa a velocità vorticosa.

A poco era servito concentrarsi sul russare lento e regolare di Neville come antidoto per l’insonnia. Quel sorriso e la sua proprietaria avevano continuato ad invadergli i pensieri.

Così aveva accolto con gioia l’arrivo del giorno o per meglio dire, l’arrivo di quella luce fioca, ancora un po’ sbiadita, che preannuncia l’inizio di una nuova giornata.

Si era quindi liberato delle coperte ormai ridotte ad un mucchio informe e si era infilato i primi vestiti che gli era riuscito di tirar fuori dal proprio baule.

Poi era sceso in sala comune e si era messo ad aspettare.

Non poteva negare che ad un certo punto aveva iniziato a sentire le palpebre molto pesanti, ma gli era bastato avvertire dei passi leggeri dietro di sé per tornare totalmente vigile e presente a sé stesso.

Quando il nuovo arrivato lo raggiunse, Ron sollevò gli occhi.

Hermione, dall’alto, lo guardava sorridendo.

E lui, arrossendo appena un po’, ricambiò il sorriso con calore.



***



La sera prima



Camminavano già da un po’ lungo i corridoi bui della scuola e nessuno dei due sembrava capace di smettere di parlare.

Non che avesse importanza quello che dicevano.

Parlavano della prossima partita di Quidditch che Ron avrebbe dovuto giocare da lì a qualche giorno, parlavano delle vacanze di Natale ormai alle porte, dei dolci che avrebbero mangiato e dell’enorme pupazzo di neve che Hermione avrebbe voluto fare con la neve del giardino dietro casa.

Ron guardò la ragazza un po’ stupito e non riuscì a nascondere la propria delusione.

“Allora quest’anno non verrai alla Tana?”

Hermione sollevò lo sguardo su di lui e fece un sorriso imbarazzato.

“A dire il vero ho pensato che vi sarebbe piaciuto avere un po’ di intimità, sai, con il matrimonio di Bill la prossima estate e Fleur che presto farà parte della famiglia...” distolse lo sguardo da Ron proprio mentre svoltavano alla fine di un corridoio ed iniziavano a scendere la grande scalinata di marmo che portava alla Sala d’Ingresso. “Ho pensato che magari voleste stare un po’ per conto vostro, anche per conoscere un po’ meglio lei... Non vorrei essere di troppo, ecco...”

Ron scosse il capo energicamente ed Hermione si voltò di nuovo verso di lui. “Ma Hermione, tu non saresti mai di troppo, mai!”

L’enfasi con cui lo disse lasciò stupita la ragazza e fece arrossire violentemente lui, ma non gli impedì di continuare a parlare.

“E poi proprio stamattina la mamma mi ha scritto dicendomi di invitare te ed Harry alla Tana per le vacanze, che le farebbe molto piacere avervi tutti e due se non avete altri impegni... Così saremmo, sai, tutti insieme, come l’anno scorso... E’ stato bello, no?”

Hermione annuì mentre il ricordo del Natale precedente si formava nella sua mente. La paura per la sorte del signor Weasley e per la visione di Harry e poi il sollievo e la felicità di trascorrere le feste tutti insieme, come una grande famiglia.

Abbassò il capo quando le venne in mente che uno dei membri di quella ‘grande famiglia’ non c’era più.

Ron non fece caso al cambio d’umore di Hermione e continuò a parlare. “Avrei dovuto dirti della lettera a pranzo, ma poi...”

Si fermò. Gli tornò in mente solo allora che a pranzo si erano scambiati sì e no due parole e che non si erano rivisti se non quella sera a cena, ma anche in quell’occasione si erano rivolti solo un misero saluto. L’unica conversazione vera che avevano avuto quel giorno era stata poco prima, nell’aula di Trasfigurazione, e adesso, nel tragitto diretti alle cucine.

Hermione parve leggere i pensieri di Ron e scosse un po’ il capo.

“Bè, non importa, ti è passato di mente...”

“Già, immagino di sì.”

Attraversarono una porta sulla sinistra ed imboccarono un lungo corridoio illuminato da grosse torce e decorato da quadri che rappresentavano piatti di cibo.

Ron camminò in silenzio, chiedendosi solo in quel momento se il motivo per cui era stato lontano da Hermione per buona parte della giornata non avesse a che fare solo con l’orario di lezione diverso e gli allenamenti di Quidditch.

La parola festa si formò nella sua mente. Subito seguita dalla parola invito.

“Siamo arrivati” disse Hermione.

Ron alzò il capo sul grande quadro che raffigurava un’enorme ciotola d’argento e osservò Hermione fare il solletico alla pera verde in mezzo al quadro.

Quando questa si trasformò in maniglia, la ragazza l’abbassò e spinse.

Davanti a loro si aprì lo spettacolo di un’immensa sala piena di pentole e pentoloni e illuminata da un enorme focolare posto sul lato opposto a quello in cui si trovavano.

Ron mise da parte i suoi pensieri e fece segno ad Hermione di entrare per prima. Poi si richiuse la porta alle spalle.

Non passò molto tempo prima che un esserino con grandi occhi a palla e naso adunco li avvistasse. Abbandonò lo straccio lercio con cui stava pulendo un coperchio e il coperchio stesso sul primo dei quattro lunghi tavoli che arredavano la stanza e li raggiunse trottando.

“I signori desiderano qualcosa da mangiare?” disse con una vocetta squillante e festosa.

Hermione guardò Ron. Era stata sua l’idea di andare nelle cucine per farsi dare qualcosa dagli elfi, ma in quel momento l’amico sembrava come confuso.

Posò lo sguardo sul piccolo elfo di fronte a lei.

“Posso sapere qual è il tuo nome?”

“Blinkey, signorina. Se la signorina vuole qualcosa, basta che chiede e Blinkey la porta subitissimo!”

Hermione sorrise a Blinkey, mentre dietro di lui un piccolo gruppo di elfi sorridenti si avvicinava facendo piccoli inchini.

Hermione ci pensò su. “C’era pasticcio di carne a cena, vero?” chiese senza rivolgersi a nessuno in particolare.

Gli elfi davanti a lei annuirono tutti insieme e una piccola elfa con grandi orecchie penzolanti si rivolse a Ron.

“E il giovane signore? Pasticcio anche per il signore, signore?”

Hermione guardò Ron, sollevando un po’ un sopracciglio, quasi ad avvertirlo di esser gentile.

Ron le sorrise, annuendo leggermente. “Il pasticcio di carne va benissimo, grazie.”

“Allora due porzioni di pasticcio di carne per i signori!” squittì l’elfa e corse dietro un enorme scaffale a prendere quello che le era stato richiesto.

“I signori vogliono sedere a questo tavolo?” chiese Blinkey. “Blinkey prepara tutto per loro!”

“Grazie, Blinkey, sei molto gentile” rispose Ron accomodandosi. Prima che l’elfo potesse partire alla ricerca delle posate e del resto, però, aggiunse “si potrebbe avere anche qualcuno di quei buonissimi dolcetti alla crema che c’erano oggi a pranzo?”

Hermione fissò Ron strizzando gli occhi e tentò di sferrargli un calcio da sotto il tavolo, ma Ron fu rapido a scansarsi e ricambiò l’occhiataccia con sorrisino furbo.

“Sei veramente incorregibile” sussurrò Hermione, ma senza riuscire a mettere un tono di rimprovero nella propria voce. Piuttosto era il tono rassegnato e insieme divertito di chi sa che le cose non potranno mai cambiare. E ne è anche felice.

Blinkey fissò i suoi occhi grandi su Ron e assunse un’aria triste, mentre le orecchie gli si afflosciavano ai lati del volto.

“Niente più dolcetti alla crema, signore! Sono tutti finiti! Me se i signori vogliono aspettare, Blinkey li prepara subito per loro!”

“No no, Blinkey” intervenne Hermione senza badare al broncio deluso di Ron. “Non c’è bisogno che tu ti metta a fare dolci a quest’ora.”

“Ma forse è rimasto qualche muffin alla marmellata?” chiese la voce speranzosa di Ron.

Hermione rise, mentre il piccolo elfo annuiva felice.

“Se continui così finirai per diventare grosso come un troll!” scherzò Hermione.

“E se tu continui così finirà che scompari” le rispose Ron a tono.

Hermione rimase un po’ spiazzata, ma Ron scoppiò a ridere.

“Scherzavo!” disse. “Ma è vero che un po’ di ciccia non ti farebbe male...”

Hermione scosse il capo, sorridendo.

“Credevo che ai ragazzi piacessero le ragazze magre.”

“Bè, dipende dal ragazzo...” rispose Ron smettendo di ridere. La guardò intensamente ed Hermione sentì di colpo un gran caldo. Ron stava per chiederle qualche altra cosa, ma furono interrotti da un gruppetto di elfi che portava loro quello che avevano richiesto.

“Non è che vuoi fare colpo su qualcuno?” disse ad un certo punto Ron infilzando un pezzo di polpettone con la forchetta.

Hermione lo guardò. Nonostante il tono scherzoso l’espressione del ragazzo era seria.

Sorrise. Che fosse geloso? Il pensiero la mise di buonumore e la battuta acida che probabilmente le sarebbe uscita in un’altra occasione lasciò il posto ad un tranquillo “No, Ron, non voglio fare colpo proprio su nessuno.”

Non era esattamente la verità, ma non avrebbe potuto essere sincera fino in fondo.

Forse più in là.

Forse dopo la festa di Lumacorno, durante quelle vacanze di Natale che avrebbe trascorso alla Tana.

Mangiarono tranquillamente il pasticcio e i muffin, mentre i loro piccoli amici li osservavano contenti e rispondevano alle loro domande. Arrivarono anche ad assaggiare un pezzetto di dolce, perché, come Hermione fece notare, non era bello che loro se ne stessero lì a mangiare e gli elfi li guardassero senza toccare nemmeno una mollichina di muffin.

Ron sorrise alla scena, pensando che se c’era una persona in grado di convincere gli elfi domestici a voler essere liberi quella era Hermione.

Del resto, lui non aveva mai avuto scampo con lei e aveva sempre fatto quello che lei voleva. Perché Blinkey avrebbe dovuto essere diverso?

Non passò molto tempo che finirono il loro supplemento di cena, come lo aveva battezzato Hermione ed uscirono dalle cucine ringraziando gli elfi domestici e raccomandando loro di salutare Dobby e Winky, quella sera impegnati con la pulizia della sala comune dei Serpeverde.

“Chissà se Dobby mi aiuterebbe se volessi fare uno scherzo a Malfoy...”

“Ron, Dobby è troppo intelligente per una cosa del genere.”

“Senza contare che si tratta del suo vecchio padrone, già. Non credo che farebbe mai qualcosa per danneggiarlo.”

Hermione scosse il capo, ma non disse nulla.

Per un po’ camminarono senza parlare, ognuno troppo impegnato a godere di quel tempo speso insieme.

Camminavano adagio, senza fretta. Hermione teneva lo sguardo dritto davanti a sé, rivolgendolo di tanto in tanto al paesaggio notturno che si poteva ammirare dalle finestre che si aprivano lungo i corridoi. Ron invece guardava le grandi pietre levigate del pavimento scorrere sotto i suoi passi, ma un paio di volte azzardò un’occhiata in direzione di Hermione, chiedendosi a cosa la ragazza stesse pensando.

Sorrise quando Hermione, inaspettatamente, alzò lo sguardo su di lui e scoprendolo a fissarla, arrossì. Non era certo un legilimens e mai lo sarebbe stato, ma era quasi sicuro che non era ai compiti che lei stava pensando il quel momento.

“Pensi alle lezioni di domani?” la prese in giro allora.

Hermione sorrise. “In realtà pensavo alla scenetta di prima in cucina. Noi due nelle cucine con gli elfi. Se ci avesse beccato uno degli insegnanti avremmo passato i nostri guai. Immagini cosa avrebbe detto la McGranitt? In fondo siamo prefetti, dobbiamo dare il buon esempio...”

Nonostante le parole il tono era piuttosto divertito.

“Dai, l’abbiamo fatto per una buona causa visto che io stavo morendo di fame. E poi avevamo bisogno di passare un po’ di tempo senza pensare a niente di serio” aggiunse in fretta quando Hermione alzò un sopracciglio.

Hermione sorrise, mentre imboccavano l’ultima rampa di scala, quella che li avrebbe portati alla torre Grifondoro.

Ron aveva ragione, avevano bisogno di non pensare. E il tempo trascorso insieme era davvero servito a farla sentire meglio, più leggera, più spensierata. Del resto era un dato di fatto, ormai. Le bastava la semplice vicinanza di Ron perché certi pensieri le facessero meno paura.

D’un tratto le tornò in mente una cosa.

“Ron, posso farti una domanda?”

Il ragazzo alzò lo sguardo su di lei, chiedendosi cosa sarebbe arrivato se avesse risposto di sì.

Cercò di sembrare il più naturale possibile quando pronunciò uno stiracchiato “Ovviamente.”

Hermione divenne pensosa. “Mi chiedevo... Prima, mentre ero nell’aula di Trasfigurazione, tu sei venuto a cercarmi.”

Ron annuì.

“Ecco, mi chiedevo come facessi a sapere che ero lì. Voglio dire, hai tirato ad indovinare? Potevo essere ovunque...”

Ron sorrise, molto più tranquillo. Bè, era la sua specialità sapere sempre dove si trovava Hermione, o cosa stesse facendo. Non è che si mettesse a cercarla, semplicemente gli capitava di trovarla o di indovinare dove potesse essere. A ben pensarci, era una capacità che aveva sempre avuto, anche se non si era mai chiesto il perché.

“Bè, diciamo che ho immaginato che potessi trovarti là. Quando vuoi startene per conto tuo a pensare vai spesso nell’aula di Trasfigurazione, oppure in biblioteca, ma stasera era troppo tardi per la biblioteca.”

Hermione lo guardò perplessa. “Non credo di averlo mai detto a nessuno.”

Ron sorrise. “Non ce n’è stato bisogno. Mi è capitato di vederti uscire da quell’aula qualche volta, quando non avavamo lezioni e, bè, immagino di aver fatto due più due...”

Hermione fissò Ron, che distolse lo sguardo, un po’ imbarazzato. Aveva voglia di chiedergli altro, ma rimase zitta. Era vero, si rifugiava spesso in quell’aula. Quando l’aveva notato aveva pensato che avesse a che fare con la grande stima che provava nei confronti della professoressa McGranitt e ne era ancora convinta. Credeva fosse una specie di segreto. E invece... invece Ron lo sapeva e lei, ancora una volta, provò quel familiare calore attorno al cuore che provava solo pensando a lui.

Lo sbadiglio del suo amico la richiamò alla realtà, mentre un sorriso intenerito le si disegnava sul viso.

“Stanco?”

Ron annuì, dopo essersi stiracchiato per bene. “Non vedo l’ora di infilarmi a letto...”

“Non avevi detto di avere un tema da finire?” lo punzecchiò Hermione.

Ron rimase un momento sorpreso, ma poi ridacchiò. “Non ci provare, Hermione, non ci provare nemmeno. Non mi convincerai a mettermi a fare il tema di Lumacorno a quest’ora.”

Hermione sorrise. Non ci aveva nemmeno pensato, anche se doveva ammettere che non le sarebbe dispiaciuto. Non per lo studio, ovviamente, ma solo per passare un altro po’ di tempo da soli.

Disse la parola d’ordine ad una Signora Grassa piuttosto irritata del brusco risveglio e il ritratto scattò in avanti lasciandoli passare.

Non fu una sorpresa il fatto che la sala comune fosse quasi del tutto vuota, ad eccezione di un paio di ragazzi dell’ultimo anno ancora chini sui libri. Anche Harry era andato a dormire.

“Potrei darti una mano a finirlo domattina, però, prima delle lezioni” suggerì Hermione una volta entrati.

“Mi daresti una mano con il tema?” chiese Ron sorpreso.

“Come se non lo facessi ogni volta...”

Ron sorrise. Era vero, ma era anche vero che di solito lui doveva pregarla per un tempo più o meno infinito, dal suo punto di vista.

“Ma sia chiaro che il tema lo scriverai tu, io ti aiuterò soltanto...”

Ron annuì, anche se sapeva che l’aiuto di Hermione sarebbe andato ben oltre la semplice assistenza. “Facciamo alle otto e mezza?”

“Facciamo alle sette e mezza.”

La faccia di Ron si contorse in una smorfia scontenta. “Così presto? Guarda che qualcosa ho già scritto, sai...”

Ma non andò oltre. Il sorriso di Hermione gli bastò come motivo per alzarsi un po’ – va bene, un bel po’ prima del solito.

Annuì, mentre senza che lui lo sapesse Hermione era intenta a lottare con sé stessa.

Fece un bel respiro, mentre cercava di togliersi dalla testa l’idea che le era appena venuta in mente, perché quella di avvicinarsi a Ron e dargli un bacio su una guancia, oltre che essere estremamente imbarazzante, era anche piuttosto folle, come idea.

Cercò di non fare caso ad una vocetta che le diceva che anche l’idea dell’invito alla festa era folle, ma lei l’aveva attuata ugualmente, pur controvoglia.

“Ehm, è meglio che andiamo a dormire, adesso, che dici?”

Ron annuì, anche lui per qualche motivo imbarazzato. Forse era stato il riferimento al compito di Lumacorno, ma d’improvviso tutta la faccenda dell’invito gli era tornata prepotentemente in mente, per l’ennesima volta in quel giorno.

Forse avrebbe dovuto dire qualcosa.

Stava giusto per farlo, senza sapere bene cosa dire, quando Hermione si avvicinò un po’ a lui. Fu un movimento piccolissimo, ma Ron lo percepì più che bene.

E altrettanto bene percepì le labbra di Hermione sulla sua guancia, poco sotto lo zigomo, calde e morbide come aveva sempre immaginato che fossero.

Hermione si tirò subito indietro, rossa in viso ed esaltata, ma anche terrorizzata dal fatto di avere, alla fine, seguito ancora una volta l’istinto. Che stesse perdendo la sua proverbiale ragionevolezza?

Ron la fissò stupito. Si sentiva confuso, ma incredibilmente euforico ed un sorriso poco sveglio gli si dipinse in volto. Senza averlo premeditato parlò. “Sono proprio felice di venire alla festa di Lumacorno con te.”

Fu poco più di un sussurro, ma Hermione lo sentì bene. E sorrise anche lei.



***



“E quindi basta aggiungere della radice di radicchio perché il composto si amalgami per bene.”

“Perfetto! E con quest’ultima informazione direi che ne ho avuto abbastanza di pozioni...”

“Certo, peccato che stamattina abbiamo due ore con Lumacorno.”

Entrambi i suoi amici scoppiarono a ridere ed Harry fu ancora più sorpreso di quanto lo era stato vedendo il letto di Ron vuoto già alle otto del mattino.

Si avvicinò a loro, senza che lo notassero, ma prima di raggiungerli si fermò un momento.

L’idea che durante la sera precedente tra quei due fosse potuto succedere qualcosa lo sfiorò. Poi si ricordò che la sera prima Hermione era andata a letto ancor prima che loro tornassero alla torre Grifondoro e tirò mentalmente un sospiro di sollievo.

Ron si voltò e lo vide. Gli fece un gran sorriso, seguito da un cenno che lo invitava ad avvicinarsi.

“Allora, che combinate voi due?” chiese una volta raggiunti i suoi amici e accomodatosi accanto a loro.

“Niente di speciale. Hermione mi ha dato una mano a finire il tema per Lumacorno. In realtà me lo ha quasi scritto, ma non dirlo in giro...” aggiunse abbassando la voce.

Hermione gli sferrò una gomitata sul braccio, ma Ron non se la prese. “Siamo piuttosto maneschi di prima mattina, eh?” scherzò invece.

Hermione scosse il capo e si rivolse ad Harry.

“Dormito bene, Harry?”

Harry annuì, scucendosi in un lieve sorriso. “E adesso gradirei molto andare a far colazione, il mio stomaco ha iniziato a brontolare circa mezz’ora fa...”

Ron rise ed Hermione fece una smorfia rassegnata. “A quanto pare sono circondata da gente che pensa solo a mangiare” disse lanciando un’occhiata a Ron.

“Ehi, ce l’hai per caso con me?” chiese lui, fintamente offeso.

Hermione non rispose. Si alzò invece dal tavolo e lo incitò a fare altrettanto.

“Alla prima ora abbiamo Piton e sapete che succede se arriviamo in ritardo, no?”

Harry si alzò, ma aspettò che Ron rimettesse pergamene e piume in borsa, mentre Hermione li attendeva qualche metro più in là, la borsa già in spalla.

Forse le sue paure riguardo ad una presunta storia tra i suoi amici erano infondate. Per quanto ne sapeva, magari non ci sarebbe mai stata una storia.

Ron finì di sistemare la propria borsa e si mise in piedi. “Amo i mercoledì” fece rassegnato.

Harry gli diede una pacca sulla spalla. “Sempre meglio dei lunedì, no?”

Ron sorrise. “Così pare.”

La voce di Hermione li raggiunse. “Allora, andiamo?”

Sia lui che Ron annuirono e si avviarono insieme a lei verso il buco del ritratto.

Ron lo oltrepassò per primo e sotto lo sguardo sorpreso di Harry tenne aperto per Hermione il ritratto della signora Grassa, mentre la ragazza gli sorrideva riconoscente.

I suoi amici iniziarono a chiacchierare del più e del meno, ma Harry partecipò poco alla conversazione.

D’accordo, probabilmente la sua era solo una vaga speranza. Lo sapeva, in fondo, che l’amicizia tra i suoi due amici non era mai stata solo amicizia. E conosceva bene, anche se nessuno dei due glielo aveva mai confidato, quello che l’uno provava per l’altra.

Forse era stupido da parte sua preoccuparsi, ma erano i suoi amici ed era ovvio che fosse un po’ agitato al pensiero di una storia tra di loro.

Osservò Ron ed Hermione chiacchierare tranquilli, sorridersi e tirarsi frecciatine mentre attraversavano i freddi corridoi di Hogwarts e non potè evitare che un sorriso gli increspasse, suo malgrado, le labbra.

“Non credi che abbia ragione, Harry?” gli chiese all’improvviso Hermione.

“Ehm, certo, sicuro” improvvisò lui, mentre Ron gli dava del brutto traditore.

“Se non l’avessi sentita” lo informò Ron, “ha appena affermato che il Quidditch è un gioco da selvaggi!”

“Che cosa? Hermione non puoi crederlo davvero!” si infervorò allora Harry, di colpo tornato alla realtà.

Scoppiarono tutti e tre a ridere ed Harry pensò che, in fondo, non c’era bisogno di essere agitati. Poteva osservare i suoi amici, cercare di capirli, studiarli, magari anche preoccuparsi un pò, perché no? Ma non c’era nulla che potesse veramente fare. Doveva solo aspettare che gli eventi seguissero il loro corso.

Prese posto al proprio banco nella fredda aula di Difesa Contro le Arti Oscure. Ron si sedette da un lato ed Hermione dall’altro. Poco dopo Piton entrò e gli rivolse uno sguardo astioso come buongiorno.

“Oggi sembra avere la luna più storta del solito” disse Ron sottovoce.

“Non farti sentire, Ron!” lo sgridò Hermione in un soffio.

Harry sorrise, portando una mano davanti al volto per non farsi vedere dai suoi amici.

Forse la sua era solo una vana speranza. Forse era l’ultima illusione di un folle.

Eppure, mentre Piton girava torvo tra i banchi e ordinava alla classe di aprire il libro ad una determinata pagina, un pensiero lo colse: qualunque cosa fosse successa in futuro, qualunque strada avessero seguito lui e i suoi amici, quei momenti tra loro tre, quelle chiacchiere prima di una lezione, quelle frecciatine a pranzo o a cena, quella rassicurante e spensierata quotidianità, tutto quello nessuno glielo avrebbe mai tolto.

Quei ricordi, ne era sicuro, gli avrebbero sempre dato la forza di andare avanti, anche quando la vita, presto, ne era convinto, sarebbe diventata più dura.

E illusione o follia che fosse, questo, per il momento, gli bastava.




FINE





__________________________________




Note di fine capitolo:


Allora? Vi è piaciuta questa fine?
Chiaramente non è un finale vero e proprio, perchè è ovvio che non poteva succedere nulla tra Ron ed Hermione visto tutto quello che ancora li attende nel corso del sesto libro, ma mi sembra incarni perfettamente quell'erano un pò più gentili del solito l'uno con l'altro che citavo nell'introduzione del primo capitolo e che Harry nota subito dopo la famosa scena della lezione di Erbologia del Principe Mezzosangue. Non solo, mi sembra, come scrivevo all'inizio del capitolo, che questi siano davvero il Ron e l'Hermione che noi conosciamo (non lo dico per vanteria, ho solo provato a renderli per come io li percepisco), i due ragazzi un po' impacciati, ma che amano trascorrere del tempo insieme, anche se nessuno dei due lo ammetterebbe apertamente; i due ragazzi chiaramente cotti l'uno dell'altra, ma anche così affezionati alla loro sicura amicizia da avere una paura folle di cambiare le cose; i due ragazzi spiritosi e vitali che amano punzecchiarsi a vicenda per poi sorridere orgogliosamente l'uno dei punti di forza dell'altro.

Evito di scivolare nella romanticheria gratuita e mi concentro invece su due cose, diciamo, tecniche.

La prima è quei due momenti iniziali in cui sono protagonisti prima Hermione e poi Ron: li ho scritti di getto, ma al momento della rilettura finale ero piuttosto indecisa sul fatto di lasciarli o meno nella storia. Allungano il brodo, è vero, e ai fini dell'intreccio non aggiungono un bel nulla. Perchè li ho lasciati, allora? Atmosfera, direi, e la volontà di mostrare anche dal punto di vista dei due protagonisti, ma senza pensieri coerenti o discorsi, cosa quella sorta di speranza nata dall'invito alla festa di Lumacorno sia riuscita a creare. Non solo gentilezza, ma anche un'ansia sottile e una non voluta dolcezza. Ho fatto male?

La seconda cosa, è l'epilogo. All'inizio avevo pensato di spostarlo, farne un capitolo a parte, ma poi ho pensato che se anche era Harry protagonista, al centro della scena ci sono comunque i suoi due migliori amici. Ho pensato che la stima nei loro confronti, l'affetto, la profonda amicizia che lo lega ad entrambi fosse il modo migliore per chiudere una storia loro dedicata. Non è in fondo Harry Potter una grande storia di amore e di amicizia?

Ultima nota, e poi ho davvero finito. Il titolo, ovviamente, anche in questo caso ambivalente.

Questione di tempo si riferisce sia ad uno degli ultimi pensieri di Harry, che si rende conto di non dover fare altro che aspettare per sapere cosa succederà tra i suoi migliori amici, sia, soprattutto, al rapporto tra gli stessi Ron ed Hermione. Come tutti i fan di questa coppia sanno, è solo questione di tempo perchè diventino effettivamente una coppia, perchè tutto quello che li lega si manifesti alla luce del sole.
L'attesa e questa certezza attraversano tutto il capitolo.

PS. Dimenticavo. Finalmente viene rivelato il posto in cui Hermione si è rifugiata: l'aula di Trasfigurazione. Non solo, viene anche spiegato il perchè. Complimenti a chi lo aveva indovinato. ^_^



Ringraziamenti:


Anche stavolta, un unico commento a cui rispondere. Grazie mille a mica, sono felice che nella descrizione dei comportamenti tra Ron ed Hermione tu abbia visto vivificate le parole di Harry (e spero che valga lo stesso anche per questo capitolo!) e concordo con la tenerezza che suscita la reazione di Ron alle parole di Hermione. Grazie ancora, sei gentilissima.

Qui finisce la mia storia. Spero che sia stata una buona compagna.

Grazie a chi mi ha seguito, anche senza farmi sapere nulla (grazie anche a chi ha messo la storia tra i preferiti ^_-), grazie a chi mi ha dato consigli. E infine, un dovuto grazie anche all'autrice di quella saga meravigliosa che è Harry Potter e senza la quale nè Ron, nè Hermione nè i corridoi scarsamente illuminati di Hogwarts sarebbero mai esistiti.

E' davvero tutto.

A presto, spero,
patsan



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