Somebody that I used to know di Lady Po (/viewuser.php?uid=224712)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Fight for this love ***
Capitolo 2: *** Home ***
Capitolo 3: *** Heart skips a beat ***
Capitolo 4: *** If I lose my self ***
Capitolo 5: *** Undisclosed desire ***
Capitolo 6: *** Doin' dirt ***
Capitolo 7: *** Alone together ***
Capitolo 8: *** If you could see me now ***
Capitolo 9: *** Something to believe in ***
Capitolo 10: *** City of angels ***
Capitolo 11: *** Let me take you there ***
Capitolo 12: *** Bloodstained heart ***
Capitolo 13: *** Closer to the edge ***
Capitolo 14: *** Grey lynn Park ***
Capitolo 15: *** Hurricane ***
Capitolo 16: *** End of all the days ***
Capitolo 17: *** Iridescent ***
Capitolo 18: *** Let down ***
Capitolo 19: *** Crash ***
Capitolo 1 *** Fight for this love ***
Somebody that I used to
know
Capitolo 1
Fight for this love
Lo sciabordio
delle onde contro gli scogli è rilassante
e confortevole, una sorta di sinfonia per le mie orecchie. Vengo a
rifugiarmi
spesso in questo piccolo lembo di sabbia quando qualcosa non va per il
verso
giusto. Oggi, quel qualcosa è alto un metro e ottanta,
capelli biondo cenere e
occhi di un’incredibile sfumatura di verde. Quel qualcosa ha
un nome, Joshua, e
una determinata posizione all’interno della mia vita:
ex-fidanzato.
Già,
perché il signorino ha avuto la brillante
idea di lasciarmi nel giorno del mio 18° compleanno per una mia
compagna di
classe. Amore a prima vista dice lui. Ormoni impazziti, penso invece
io.
E
così, eccomi qui, una neo maggiorenne single
che non ha voglia di tornare a casa a festeggiare un compleanno tanto
disastroso.
Se mi vedesse la
mia migliore amica Hanna non
si risparmierebbe di certo l’occasione di formulare quelle
fatidiche parole: “Te
l’avevo detto”.
In effetti, in
tanti mi hanno messo in guardia
da Joshua Carper, prima fra tutti lei. Avrei dovuto ascoltare i suoi
consigli
ma si sa, al cuor non si comanda, no?
Povero cuore..
maltrattato da un arrogante,
donnaiolo viziato che mi ha illusa per un anno intero. Tanto
è durata la nostra
storia.
E’
stato il mio primo ragazzo, l’unico che
abbia mai fatto conoscere a mio padre e a zio Seth. Infondo, sono loro
l’ unica
famiglia da far conoscere. Un ragazzo padre e il suo migliore amico con
un
compito più grande di loro: crescere una bambina quando
erano rispettivamente
un sedicenne brufoloso e un dodicenne dedito ai videogiochi.
All’epoca, i miei
nonni paterni non esitarono un attimo ad accogliermi in casa come fossi
loro
discendente diretta e mio padre ebbe tutto l’appoggio
necessario. Zio Seth ci
veniva a trovare tutti i giorni, mi riempiva di regali e giocava spesso
con me.
La vibrazione
del cellulare richiama la mia
attenzione, interrompendo i miei tortuosi pensieri. Per un attimo, uno
stupido
attimo, spero sia Joshua ma le mie speranze si vanificano nel momento
stesso in
cui il numero di zio Seth compare sullo schermo del mio Htc.
“Leila,
dove sei?" sono davanti al Mazzini*
, Hanna dice che hai saltato scuola”
Hanna
non sa
stare mai zitta.
“Non
preoccuparti Seth, torno a casa a piedi,
ho voglia di fare due passi”
“Zio Seth
–mi corregge- e non ho nessuna intenzione di lasciare che
ritorni a piedi. Può
essere pericoloso” sentenzia. Dispotico. Vuole avere sempre
l’ultima parola. E’
inutile controbattere, perderei miseramente.
“D’accordo,
ti raggiungo a scuola. Aspettami
lì”chiudo la chiamata affranta. Non
cambierà mai, è sempre iper protettivo nei
miei confronti.
Quando mi
ritrovo l’ Audi R8 -rigorosamente
nera- davanti agli occhi, esito qualche secondo prima di aprire lo
sportello,
poi con uno slancio sicuro mi fiondo sul sedile accanto a quello del
guidatore.
Ramanzina in vista, si salvi chi può.
“Leila,
che succede? Non hai mai marinato la
scuola” esordisce, con tono apprensivo. Tono che
–per la cronaca- odio. Vorrei
non mi considerasse più una bambina.
“Oddio
Seth! Marinare, davvero? Che razza
di termini usi? sembri mio nonno..”
bercio.
“Zio
Seth! E per tua informazione marinare,
non è così atavico” risponde tutto
impettito.
Il primo sorriso
della giornata incurva le mie
labbra, Seth è proprio divertente. E’ il classico
trentenne con la sindrome di
Peter Pan. Inoltre, vuole averla vinta a tutti i costi e mette il muso
quando
viene contraddetto. E pensare che un tempo ho avuto una cotta per lui.
Beh,
d’altronde, sfido chiunque a non apprezzare
cotanta bellezza. Tutte le mie compagne di classe ne sono innamorate,
compresa Monique, prima che
mirasse al mio
fidanzato.
“Sei
pronta per stasera?” mi chiede Seth,
puntandomi contro i suoi occhi blu cobalto. Impiego dieci secondi a
elaborare
la domanda. Pronta? Per cosa? Un terribile presentimento si espande a
macchia
d’olio.
“Joshua
mi ha lasciato oggi per Monique. Non
ho nessuna intenzione di festeggiare” confesso su due piedi,
acida come un
agrume appena spremuto.
Il ghigno
divertito di poco prima sembra
eclissarsi sul bellissimo volto di Seth. La sua nuova espressione
corrucciata
non fa presagire nulla di buono.
Improvvisamente
inchioda e come impazzito fa
retromarcia. Se non avessi avuto la cintura di sicurezza di sicuro, mi
sarei
catapultata contro il vetro.
“Figlio
di..” impreca, premendo
sull’acceleratore.
“Dove
stai andando?” grido per farmi sentire
in mezzo a tutto quel frastuono di macchine in corsa.
“A
casa di quell’idiota. Vado a spaccargli la
faccia” tuona minaccioso.
Non riesco
più a pronunciare alcuna parola, se
non un debole “no” di protesta che mi muore in
bocca non appena svoltiamo
l’angolo e arriviamo di fronte casa Carper.
Agile come una
gazzella, Seth aggira ogni mio
tentativo di ostruirgli il passaggio e in due falcate raggiunge il
porticato.
Riesco a udire distintamente lo scampanellio frenetico e in seguito il
grande
portone bianco spalancarsi.
Quella che
segue, è una scena da film. Rivedo
tutto a rallentatore.
Joshua,
sollevato per aria, continua a
sbraitare come un ossesso e minaccia di denuncia zio Seth che dal canto
suo non
sembra aver la benché minima intenzione di mollare la presa.
Una leggera
brezza mi scompiglia i capelli,
riportandomi nel mondo reale. Se non intervengo, quei due rischiano
seriamente
di farsi male.
“Fermi”
grido a squarciagola, piantandomi di
fronte.
In quel preciso
istante, Seth, distraendosi,
molla la presa e tiro un sospiro di sollievo.
Quel frangente
di quiete dura giusto il tempo
di rendermi conto che Joshua si è rialzato e sta mirando
dritto al naso di zio
Seth.
Quando il rosso
vivo del sangue si palesa sul
suo volto, temo il peggio.
“Ora
basta” strillo, cercando invano di
separare quei due tori imbufaliti.
L’unica
arma a mia disposizione, sono le
lacrime.
“Ti
prego Seth andiamo via” piagnucolo.
Bingo.
Dopo
un’ultima occhiata trucida all’avversario,
il mio eroe decide di battere in ritirata. Lo guardo avanzare verso di
me, gli
occhi bassi e le mani strette in due pugni inequivocabili. Alla luce
del sole,
i suoi capelli bronzei risplendono ancora di più e si
sfaccettano in mille
sfumature che s’infrangono sulla barbetta incolta.
E’
notevolmente sexy.
**
“Seth,
ti è dato di volta il cervello?
Picchiare un ragazzino è un reato” sbraita mio
padre.
“Sono
io ad avere un ematoma al naso, non
quell’imbecille” ribatte Seth.
Lo guardo di
sbieco, è colpa della sua
rinomata irresponsabilità se si ritrova
quell’ematoma. Tuttavia, si è battuto
per me e ne sono lusingata.
“Sei
un irresponsabile, come faccio ad
affidarti un’adolescente?” continua a sbraitare
papà, incurante della mia
presenza. Bene, sono oggetto di discussione ma non ho voce in capitolo!
E a
quanto pare mi sfugge qualcosa.
Butto con foga
lo zaino a terra, decidendo
così, di farmi notare. Infondo ci sono anch’io in
questa stanza, per diamine!
“Chi
dovresti affidare a zio Seth,
papà?” domando con vigore, interrompendo il
loro battibecco.
Papà
mi lancia uno sguardo preoccupato ma non
accenna ad aprire bocca.
Con il naso
gonfio come un pallone, Seth invece,
si avvicina di qualche passo e improvvisamente ho come la sensazione
che entrambi
mi abbiano nascosto qualcosa.
“La New
York group-creations ha affidato un lavoro molto
importante a tuo
padre. Si tratta di cifre da capogiro, è
l’occasione che aspettava da una vita”
inizia col dire.
“Dov’è
la fregatura?” ribatto, cercando di
arrivare al nocciolo della questione.
“Dovrò
passare l’intera estate in Italia, partirò
domani stesso” s’intromette mio padre, spiazzandomi
del tutto.
No, non
può dire sul serio.
In tutti questi
anni, il suo lavoro di grafico
non l’ha mai costretto a grandi spostamenti.
“E io
cosa farò?” esplodo, rischiando di
piangere.
“Siamo
a maggio, devi continuare a frequentare
le lezioni a scuola. Domani ti trasferirai da zio Seth. Ho
già parlato con la
nonna, potrai andare da loro se vuoi, appena terminata la
scuola” conclude mio
padre.
Adesso ho
proprio voglia di bere qualcosa di
forte. Questa giornata è un incubo senza fine!
Deglutisco a
fatica, ho la gola secca e la
testa in confusione.
“Che
compleanno di merda” sbotto infine,
dirigendomi verso la mia stanza.
**
“Andrai
ad abitare con il tuo finto zio, figo
da paura e ti lamenti? Che ingrata!” esordisce Hanna mentre
spennella un po’ di
fard sulle guancie.
“Il
mio finto zio, figo da paura non ha la benché
minima idea di come prendersi cura di una figlia” azzardo.
“Non
dovrà trattarti come una figlia, non lo
sei. Non avete nessun grado di parentela. Avevi una cotta per lui no?
Ora siete
finalmente soli e avete l’occasione per darci
dentro” trilla entusiasta.
Mai una volta
che Hanna rifletta prima di
parlare. E’ il suo più grande difetto: essere
impulsiva.
“Credi
davvero che lui..” non termino la
frase, troppo imbarazzata al solo pensiero. Forse perché mi
ha visto crescere,
forse perché è il migliore amico di
papà, forse perché è più
grande di me di
dodici lunghi anni. Sono tante le motivazioni per cui io e lui.. beh
insomma
avete capito!
“E’
un uomo, fidati, cederà! E adesso andiamo
a festeggiare il tuo compleanno come si deve” termina,
afferrando una sigaretta
dal pacchetto ancora sigillato.
ANGOLO AUTRICE:
Ho deciso di pubblicare questa
nuova ff, basandomi su un’idea che mi balenava in mente da un
po’. Sarà una
storia semplice, tenera, dolce, a volte difficile ma travolgente al
punto
giusto! Spero che possiate appassionarvi a Leila&Co. Il titolo
di ogni capitolo corrisponde al titolo di una canzone che lo riassume a
grandi linee. La canzone di questo capitolo è fight for this love di
Cheryl Cole!
Se qualcuno è bravo
con i banner mi farebbe piacere affidargli quello relativo a questa
storia!
Naturalmente può apporre la sua firma all’interno
dell’immagine, ricavando un
po’ di pubblicità! Per chi volesse, ricordo il mio
account Fb: Ladi Po.
Ultimo avviso:
la storia “Polvere di stelle” è
momentaneamente sospesa.
NOTE:
*Mazzini:
fa
riferimento al nome completo Giuseppe Mazzini che è il nome
dell’istituto
frequentato da Leila.
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Capitolo 2 *** Home ***
Somebody that I used to know
Capitolo
due
Home
Ci
sono una
spiaggia, un mare cristallino e un sole tropicale.
Ci
siamo io
–avvolta da un bikini succinto- e un ragazzo. Un uomo a
dire il vero. Ha un collo lungo, elegante e non incassato. Spalle forti
e
vigorose che indicano un’ossatura possente e che terminano in
un bacino stretto
e ben delineato. Si muove lentamente; ogni passo una poesia scritta con
il
corpo. Mi ritrovo a
bramarne il tocco,
desiderosa di tastarne la consistenza. Lo seguo come ipnotizzata,
arrivando a
sfiorarlo ma non a destarlo dalla sua passeggiata solitaria.
E’ sfuggente
eppure non mi arrendo. Lo rincorro a perdifiato, finché
sfinita, lo raggiungo.
Esattamente come poco prima accarezzo la sua pelle, tuttavia questa
volta
raggiungo il mio scopo. L’uomo si volta e finalmente riesco a
vedere il suo
viso. Due occhi blu cobalto mi trafiggono, riportandomi drasticamente
alla vita
reale.
La sveglia posta
sul comodino bianco della mia
camera segna le nove del mattino. Facendo due calcoli, ho dormito
giusto
quattro ore. Tutta colpa di quel sogno, tutta colpa di Hanna che mi ha
riempito
la testa con le sue cretinate. Se lei non avesse continuato a blaterare
per tutta
la sera di quanto fosse figo Seth, io non l’avrei mai
sognato.
E invece eccomi
qua, madida di sudore e
frastornata. Un martellante mal di testa a farmi compagnia.
Guardo i miei
abiti sgualciti e improvvisi
flashback di qualche ora prima mi ritornano in mente. Sono tornata a
casa
completamente ubriaca, a quanto pare tanto da non avere
l’accortezza nemmeno di
cambiarmi.
Ricordo alla
perfezione la prima parte della
serata. Hanna, io e gli altri abbiamo mangiato un boccone in una
rosticceria
del quartiere italiano.
Il grande
assente della serata, come si può
ben immaginare, è stato Joshua.
Penso si stesse
divertendo con Monique in giro
per New York, la grande mela offre tantissimi svaghi alle coppiette.
Ricordo che a un
certo punto della serata il pensiero
di loro due insieme era talmente lancinante da avermi indotto a bere ogni sorta di alcolico
in circolazione,
naturalmente sotto falsa identità. E’ risaputo che
in discoteca non servono
alcolici ai minori di ventuno anni. Per l’occasione Garret,
uno dei miei
compagni di classe, ci ha procurato delle false carte
d’identità. Il mio nome
era Gina Turner; ricordo di aver riso come una matta per la somiglianza
fonetica con quello della più famosa Tina.
Il locale era
grande e rumoroso, per fortuna
gli altri hanno avuto la geniale idea di riservare uno spazio
all’interno dell’area
privè. L’ultimo ricordo vivido della serata
riguarda Hanna e il ragazzo del
tavolo a fianco intenti ad amoreggiare, appoggiati a un pilastro
portante. Non
ho la più pallida idea di come si siano conosciuti,
sarà una delle cose che le
chiederò non appena ritornerà anche lei al mondo
reale.
Nel frattempo,
inizio la mia altalenante
discesa dal letto. Non è per niente facile tenere
l’equilibrio quando la testa
e la stanza girano vorticosamente. Quando finalmente riesco a mettere
piede in
terra ferma, mi accorgo che qualcuno mi sta osservando dallo stipite
della
porta.
“Papà?”
domando, strizzando gli occhi per
acuire la vista.
“Sei
così ubriaca da non riconoscermi?” mi
risponde di rimando, Seth. Ha un ghigno divertito in viso e
l’aria
strafottente.
“Seth,
cosa diamine ci fai qui?” sbotto
immediatamente. Lui, assumendo un’espressione da ‘ti ho beccata cara’ risponde
semplicemente: “Devo aiutare tuo padre
con i bagagli e accompagnarlo all’aeroporto”.
“Non
ho speranza alcune di restarmene qui,
vero?” chiedo titubante.
“No,
piccola. Tu verrai con me, il caso è
chiuso” dice, interrompendo il contatto visivo. La fermezza
di quelle parole mi
provoca un brivido lungo la schiena. Automaticamente mi mordo il labbro
inferiore, consapevole che la nostra convivenza non sarà per
niente una
passeggiata.
**
Sono arrivata
nell’appartamento di zio Seth da
meno di cinque minuti e già vorrei scappare via a gambe
levate. Quest’uomo
disconosce l’ordine!
Non è
la prima volta che metto piede in casa
sua; sono a conoscenza del suo disordine cronico ma non avrei di certo
mai
pensato di conviverci.
Scansando un
calzino, comodamente adagiato nel
bel mezzo del corridoio, mi dirigo in quella che suppongo, essere la
stanza
degli ospiti.
Tutti i miei
scatoloni sono accatastati l’uno
sopra l’altro senza alcuna sistemazione logica, il mio povero
trolley rosa è
scaraventato a terra in un angolo polveroso e angusto. Cielo non
può assumere
una donna delle pulizie? Ora che ci penso, ne aveva assunto una
l’anno scorso.
Settimane intere di selezioni avevano portato Eva, una studentessa
tedesca
tutta curve che per arrotondare svolgeva il ruolo di colf. Nemmeno a
dirvi
com’è finita. La poverina è andata via
piangendo disperata perché le aveva
spezzato il cuore.
Seth
è fatto così. Adora le belle donne, le
usa e poi le getta.
Da quando ne ho
memoria, non l’ho mai visto
frequentare una persona stabilmente.
“Ho
riposto le tue cose in questa stanza,
spero non ti dispiaccia se non ti cedo la mia” la voce bassa
e vibrante mi fa
trasalire; per diamine non si usa annunciare la propria presenza?
“Seth..”
inizio col dire.
“Zio
Seth” mi corregge all’istante lui.
“Non
sei mio zio” controbatto, levando gli
occhi sul suo bel viso.
“D’accordo,
mi arrendo! –dice, alzando su le
mani in segno di resa- Tuo padre mi aveva avvertito non sarebbe stato
facile
prendermi cura di una ragazzina” conclude, allontanandosi.
Mio padre. In
questo momento rimpiango che non
sia qui con me. Lui sì che sa prendersi cura di una ragazzina. A soli trentaquattro anni,
è più saggio della maggior
parte dei suoi coetanei. E’ la vita che forgia il carattere
di una persona, lo
asserisce sempre. E’ la stessa cosa che mi ha ripetuto in
aeroporto mentre in
lacrime lo salutavo.
Ricaccio
indietro quel pensiero, appoggiandomi
fiaccamente al muro sul quale scivolo fino a sedermi per terra con le
ginocchia
al petto.
Due ore dopo
aver scandagliato e pulito
meticolosamente ogni angolo della stanza, mi appresto a disfare i
bagagli. Ripongo
i vestiti dentro l’enorme armadio a più ante. I
trucchi, le creme e i profumi
li ripongo invece sopra il grande comò basso e laccato di
bianco. Quest’ultimo
da un tocco di carattere all’intero ambiente, rendendolo
moderno ed essenziale.
Penso che Seth abbia avuto buon gusto nell’arredare il suo
appartamento.
Ogni cosa trova
magicamente il suo posto e la
camera sembra assumere una parvenza femminile, profumata e soprattutto
ordinata.
“Wow”
è il commento di Seth al mio operato.
Due fossette
deliziose affiorano ai lati della
sua bocca, rendendomi partecipe del suo entusiasmo.
“Ti
piace?” chiedo timida.
“Sì,
ti rispecchia tanto. E’ semplice ma non
banale, ordinata ma divertente, dalle tinte tenui ma ricche di mille
sfaccettature” conclude prima di accarezzarmi delicatamente
il viso con le
nocche.
Vagamente scossa
replico: “Le cose hanno
prospettive sempre diverse, sono gli occhi ad offrirci la giusta
visuale”.
“Una
frase matura per la tua età, piccola
peste” smorza i toni lui, dandomi un buffetto.
Il fatto che
continui a considerarmi una ragazzina,
mi destabilizza parecchio ma mio malgrado, me ne farò una
ragione.
E’ lui
a spostarsi per primo mugugnando
qualcosa a proposito di preparare la cena. Ricordo
all’improvviso di avere già
preso un impegno con Hanna ma non faccio in tempo ad aprire bocca che
lui è già
sparito in cucina.
Qualche minuto
dopo lo raggiungo, osservandolo
mentre è intento a tagliare a dadini delle zucchine.
E’ talmente concentrato da
non accorgersi della mia presenza alle sue spalle. Mette sempre tanta
passione
in tutto quello che fa, lo ammiro per questo.
“Seth”
lo chiamo.
“Seth”
riprovo, dopo il silenzio ricevuto al
primo tentativo.
“Dimmi
piccola” finalmente risponde.
“Stasera
ho già preso un impegno con Hanna,
non posso cenare a casa” dico tutto a un fiato.
Con uno scatto
repentino si volge, fissandomi
a metà tra il sorpreso e l’accigliato.
“Non
mi sembra opportuno che tu esca a fare
baldoria dopo ieri sera”
dichiara,
scuro in viso.
“Ieri
era il mio compleanno e avevo tutto il
diritto di bere” gli faccio notare.
“No,
Leila. Non puoi bere alla tua età. Truffare
la legge è un reato”
Da quando in qua
si erge a moralista?
“Io
esco, ciao” taglio corto.
“Dove
credi di andare?” bercia, afferrandomi
lievemente un braccio.
“Seth
non sei mio padre. Lasciami andare”
affermo, fissandolo gelida.
In questo
momento il suo viso è una maschera di
ferro, mi rendo conto di non avere nessuna speranza di spuntarla.
“D’accordo
despota” mi arrendo, digitando velocemente
un messaggio di scuse a Hanna.
“Il
despota mi ha proibito di uscire. Una sorta di punizione per aver
bevuto troppo
ieri sera. Perdonami, ci rifaremo domani”.
La sua risposta
non tarda ad arrivare:
“Fossi
in te non uscirei mai con uno così in casa. Divertitevi,
domani pretendo i
dettagli”.
ANGOLO AUTRICE:
Secondo capitolo sfornato. Che
ve ne pare? Iniziano i primi battibecchi e le prime sfuriate.
Resisteranno i
nostri eroi? Beh lo scopriremo nei prossimi capitoli.. La canzone che
da il
titolo al capitolo è Home di
Michael Bublè!
Approfitto di
questo spazio per ringraziare
Jess Graphic –cercatela su fb, è bravissima- per
il banner della storia. Gli
altri ringraziamenti vanno a chi segue, recensisce o anche solo visita!
NOTE: La storia
è ambientata a New York (anche
se è solo da sfondo, non ha un ruolo determinante). In
realtà, come ben sapete,
in America la maggiore età si raggiunge a ventuno anni
(anche se si guida già a
sedici).
Io ho voluto
riprendere in parte questa legge,
per quanto riguarda il divieto di bere per i ragazzi inferiori ai
ventuno anni.
Per quanto riguarda la maggiore età, ho preferito rifarmi
alla legge italiana e
dunque fissarla ai famigerati diciotto anni.
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Capitolo 3 *** Heart skips a beat ***
Somebody that I used to
know
Capitolo
tre
Heart
skips a beat
Di
tutte le sfortune, doveva proprio capitarmi l’uomo
più vanitoso dell’intero
universo?
Da
più di mezzora aspetto chetamente che il mio coinquilino,
nonché tutore
ufficioso, esca da quell’unico bagno a nostra disposizione.
“Seth,
muoviti o farò tardi a scuola” sbotto, bussando
insistentemente con il chiaro
intento di accelerare i tempi di quella lumaca.
Dall’altro
lato della porta, in risposta, solo un borbottio indistinto e qualche
grugnito
di assenso.
Per
ingannare i tempi di attesa ho già fatto praticamente di
tutto. Ho preparato la
colazione (ormai fredda e immangiabile), ho rassettato, ho riposto i
libri
nella mia tracolla preferita e per finire ho perfino indossato
quell’orribile divisa
scolastica del Mazzini senza batter ciglio.
“Seth,
sto per entrare” lo minaccio, in preda ad una vera e propria
crisi isterica.
“D’accordo,
Leila. Hai vinto” esordisce, spalancando la porta.
Emana
un buon profumo, un misto di bagnoschiuma e dopo barba. I capelli corti
e
sfumati ai lati sono ancora umidi della doccia fatta.
Attorno
ai fianchi, un asciugamano striminzito lo avvolge senza lasciare niente
alla
mia povera immaginazione adolescenziale.
Con
il suo solito sorriso beffardo, mi oltrepassa incurante e sicuro di
sé, salvo
poi girarsi e affermare: “E’ proprio brutta quella
divisa”.
Poche
volte, come adesso, ho sentito ribollire il sangue nelle vene.
“Stron..”
mi blocco a metà della frase quando mi accorgo che
è già sparito nella sua
camera.
**
La
giornata non poteva iniziare in modo peggiore. La professoressa di
matematica
mi ha rimbrottato a dovere per l’imperdonabile ritardo e come
se non bastasse,
durante l’intervallo, Joshua è stato tutto il
tempo incollato a Monique sotto
gli occhi di tutti; dopo nemmeno due giorni dalla nostra rottura.
“Ridicoli”
mormora Hanna, distraendomi dalla versione di latino.
Vagamente
confusa, ribatto: “A chi ti riferisci?”
“Ai
due piccioncini, a chi se no?”
Non
posso esimermi dallo sbuffare pesantemente, non ho voglia di parlare di
loro.
Fa ancora troppo male vederli insieme e ritrovare Monique tutti i
giorni in
classe.
“Joshua
è ormai libero di baciare chi vuole” sussurro,
incrociando lo sguardo severo
del professor Leighton. Beccata!
“Scusi”
mimo con le labbra nella sua direzione, abbozzando un sorriso.
E’
risaputo che il vecchio Leighton subisce il fascino delle giovani
donzelle cui
insegna, pertanto smette i panni del professore severo e ricambia il
sorriso,
accentuandolo a dismisura.
Riprendo
a concentrarmi sul compito, ciò nonostante le immagini di
Joshua e Monique
continuano a perseguitarmi. Mi domando se ho davvero provato tutto
quello che
potevo o se avrei potuto fare di più.
Confesso
che dentro di me, da qualche parte, spero sia solo un brutto sogno dal
quale
alla fine mi sveglierò. Aggrappata a un filo sottile, quasi
invisibile, cerco
di andare avanti ma non è per niente facile.
In
ultima ora, neanche a farlo apposta, Mr. Nelson -
l’insegnante di educazione
fisica- ha indetto una partita di pallavolo, collocandomi in squadra
con la
persona meno indicata in questo momento.
La
coda di cavallo di Monique svetta altezzosa davanti a me, mentre
è intenta a
fare bella mostra di sé; innalzandosi sopra la rete per
contrastare l’attacco
avversario. Sugli spalti, scorgo in lontananza Joshua e qualche altro
ragazzo
appartenente alla sua classe. Spesso il suo sguardo mi distrae,
facendomi commettere
degli errori madornali. Conosce l’ascendente che ha su di me
e si diverte a
tormentarmi, sorridendo e ammiccando spudoratamente nella mia
direzione.
Da
brava codarda, alla fine della partita fuggo via senza nemmeno salutare
Hanna. Cammino
celermente verso l’uscita, ma ad un passo dal confine di
salvezza una mano mi
trascina nuovamente dentro. Un attimo dopo con un movimento rapido e il
cuore
in gola mi volto, rischiando di strozzarmi quando vedo Joshua davanti a
me.
“Lasciami”
gli ordino subito.
“No,
stellina” ribatte sardonico, quasi avesse il diritto di
trattarmi come la sua
marionetta.
A
quella risposta, mi acciglio visibilmente, strattonandolo con tutta la
forza
che ho in corpo.
Joshua
mi restituisce lo sguardo, bloccando agilmente ogni mio tentativo di
fuga.
“Che
cosa vuoi da me?” chiedo infine, rassegnata alla sua
superiorità fisica.
“Te”
risponde, mandandomi in confusione.
“Sei
impazzito? E Monique? Che ne è stato di lei?”
In
risposta, solleva le sopracciglia con aria maliziosa e afferma:
“E’
solo una che mi porto a letto. Sei tu quella con cui voglio
stare”.
La
sua frase arriva dritta al cuore, spezzandolo definitivamente in due.
Se prima
avevo un filo di speranza, adesso, quel filo si è
definitivamente lacerato
sotto le lame taglienti di Joshua.
“Sei
un’idiota” decreto, prima di allontanarmi con aria
sdegnata, approfittando del
suo momento di distrazione.
Che
scema! Ed io che pensavo di averlo cambiato.
Joshua Carter,
il capitano della
squadra di football che perde la testa per una studentessa dai capelli
ramati
del quarto anno. Per molto tempo
si era parlato di noi. Avevamo avuto addirittura uno spazio centrale
all’interno
del blog della scuola. Un anno dopo, eccomi qui: sola e delusa.
**
“Sei
stranamente silenziosa, qualcosa è andato storto a
scuola?” domanda Seth,
premuroso.
“Joshua”
rispondo automaticamente, senza pensarci due volte.
Seth
aggrotta immediatamente la fronte e il suo viso s’incupisce.
“Ti
ha dato fastidio?” sibila, in preda alla rabbia, ben
leggibile sul suo volto.
“Mi
ha praticamente chiesto di essere la sua ragazza ufficiale mentre lui
si
diverte con le altre” mi limito a dire, assorta da mille
pensieri.
“Razza
di bastardo” mormora, quasi stesse parlando da solo.
Sento
il ticchettio nervoso delle sue dita picchiettare sul tavolo.
“Non
preoccuparti Seth, ho capito che devo stare alla larga da
lui” cerco di
rassicurarlo.
“Vieni
qui” dice infine, indicando se stesso.
Lo
raggiungo esitante, poi le sue mani scivolano sui miei fianchi e
automaticamente mi lascio andare all’abbraccio, appoggiando
il capo sul suo
petto fiero. Socchiudo gli occhi per la stanchezza e aspiro il suo
profumo
inebriante, forte e virile. All’improvviso le immagini della
mattina, di lui semi-nudo
dopo la doccia, fanno capolino. E’ come se il mio corpo
chiamasse a gran voce
il suo. I brividi lungo la schiena si moltiplicano e per un attimo ho
la
sensazione che lui abbia avuto la medesima reazione.
In
quel momento capisco di dovermi allontanare prima di commettere
qualsivoglia
errore.
“Gra
-grazie” balbetto, sciogliendo l’abbraccio.
Quel
piccolo gesto d’affetto, così normale e spontaneo,
mi ha sconvolto più del
voluto. Sebbene l’idea di poterlo sfiorare mi abbia
solleticato più volte, non
avrei mai creduto potesse avere riscontro nella realtà.
“Di
niente” mormora lui, sfuggente.
Un
leggero soffio di vento mi scompiglia i capelli ridestandomi, li lego
in uno
chignon disordinato e inizio ad apparecchiare.
Seth
ha preparato delle bistecche che sbocconcello senza troppo entusiasmo,
tra una
notizia di cronaca e l’altra.
“Stasera
non ceno a casa” m’informa qualche secondo dopo,
atono.
Con
uno sbuffo infastidito mugugno un “ok” e riporto
l’attenzione sul piatto, dove
giace ancora un’altra fetta di carne grigliata.
“Esco
con una tizia, farò tardi. Non aspettarmi sveglia”
continua lui.
“Non
ne avevo l’intenzione. Non preoccuparti”
rispondo acida, fissandolo con sufficienza. I suoi occhi si tingono di
un
velato fastidio, prima di spostarsi sullo schermo a led del televisore.
Il
ticchettio dell’orologio scandisce i secondi, quasi fossimo
in un ring e il
tempo stesse per scadere.
“Io
vado” annuncio, pregustando la vittoria.
“Eh,
no signorina. Tu vieni con me” dice lui, levandosi in piedi.
Per
un attimo temo di non aver capito bene.
“Eh?”
chiedo, strabuzzando gli occhi.
“Devo
andare a fare la spesa. Voglio che tu venga con me” continua
a spiegare lui, in
tono serio. Ha tutta l’aria di un bambino capriccioso che non
vuole perdere.
Oddio,
temo di prorompere in una fragorosa quanto genuina risata da un momento
all’altro.
E per la seconda volta, è lui ad essere
l’artefice.
“D’accordo,
andiamo” dico, fingendomi infastidita.
**
Nel
primo pomeriggio, il caldo di maggio è quasi insostenibile.
Nonostante gli
shorts e la canotta, il sudore continua a imperlarmi la fronte
infrangendosi in
tante piccole goccioline. Il supermercato è vuoto.
Qualche
impiegato diligente sistema la merce negli scaffali mentre gli altri
chiacchierano
amabilmente tra di loro.
Seth
sospinge di malavoglia il carrello, lamentandosi in continuazione del
caldo
soffocante e della disposizione contorta della roba che non aiuta di
certo a
velocizzare i tempi d’acquisto.
“Dove
saranno mai i miei biscotti preferiti?” chiede, sbuffando
notevolmente.
“Temo
siano finiti. Come farai, piccolo?” lo derido.
“Leila
Roberts mi stai forse prendendo in giro?”
Veniamo
entrambi colti da un improvviso momento d’ilarità,
che allieva un po’ l’atmosfera
tra di noi, riportando il sereno.
“Eccoli”
trillo entusiasta, tirando dallo scaffale un pacco di biscotti con
gocce di
cioccolato.
Stiamo
per avviarci alla cassa, quando un tizio in giacca e cravatta si
avvicina a
Seth dando un buffetto alla sua spalla. Quando lui riconosce il tizio,
i due si
abbracciano in un carnevale di frasi, elogi e pacche.
“E
questa delizia, è la tua fidanzata?” chiede infine
il tizio a Seth,
rivolgendomi un’occhiata eloquente.
“No,
no. E’ la figlia di Ryan Roberts” si affretta a
dire Seth.
Bene,
il tizio conosce mio padre.
“La
piccola Leila” ammicca lui.
“Te
la scopi?” mima poi a Seth, indicandomi.
Razza
d’idiota, come se non fossi qui davanti.
“NO”
risponde Seth, alzando il tono di voce di un’ottava.
“Temo
sia tardi, andiamo zio Seth?” mi intrometto, fingendo un tono
angelico.
“S-i,
si” balbetta lui.
Quando
usciamo dal supermercato, un silenzio imbarazzante è calato
su di noi.
Decido
di interromperlo, curiosa di sapere l’identità del
troglodita appena incontrato.
“Chi
era quel tizio?”
“Un
mio collega di università” risponde Seth, vago. Troppo vago.
“Conosce
mio padre vero?”
“Si”
fiata.
“Non
stai raccontando tutta la verità” lo ammonisco,
guardandolo di traverso.
“E’
una storia lunga”.
ANGOLO
AUTRICE:
Buonasera
a tutte/i. Come va? Dopo due giorni di esami estenuanti sono
finalmente riuscita a pubblicare. Spero che non abbiano intaccato la
buona
riuscita del capitolo. Chiedo venia, qualora fosse così!
Anyway, chi sarà mai
quest’uomo misterioso? Sono aperte le scommesse hihi
Ringrazio
coloro che leggono, recensiscono e inseriscono la storia tra le
seguite/preferite/ricordate. Il titolo della canzone che da il titolo
al
capitolo è:
Heart skips a beat di Olly
Murs.
|
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Capitolo 4 *** If I lose my self ***
Somebody that I used to
know
Capitolo
quinto
If I lose my
self
Sul piano delle
mie buone intenzioni
mattutine, un posto di riguardo spetta senz’altro
all’impresa del secolo: riuscire
a svegliare Hanna, evitando categoricamente di coinvolgere Seth.
Il mio
integerrimo tutore, infatti, potrebbe
dare di matto se venisse a conoscenza dei retroscena della serata al
Vynil.
Durante la
notte, le condizioni di Hanna sono
state stabili: nessuna nausea notturna, nessun conato di vomito o
qualsivoglia
emicrania a testimoniare la sbornia colossale di cui si è
resa protagonista.
Sono
più che mai convinta che basterà scuoterla
giusto un po’ per destarla dal sonno; la vera impresa
sarà farla sgattaiolare
fuori di casa in sordina.
L’operazione
sveglia e caccia Hanna ha
inizio quando appoggio la mano sul
suo braccio e imprimo una leggera pressione, scuotendolo. Un mugugno
assonnato
e le sopracciglia aggrottate sul suo viso cominciano a fare sorgere in
me i
primi dubbi circa la buona riuscita dell’operazione.
Sul piano pratico, infatti, le mie buone intenzioni sembrano
scricchiolare
miseramente.
“Hanna,
svegliati” sussurro pacata al suo
orecchio. Tuttavia l’assenza di reattività,
m’induce stavolta a essere un tantino
più convincente.
Concedendole
qualche altro minuto di riposo,
mi dirigo a passo felpato in cucina, dove, agile come una gazzella tiro
fuori
dal frigo una bottiglia d’acqua; limitandomi poi a prendere
-in perfetto stile
Arsenio Lupin- un bicchiere dalla credenza bianca e nera.
Tornata in
camera, riempio il bicchiere con
l’acqua e mi avvicino lentamente verso il letto, dove la mia
amica dorme ancora
sonni tranquilli.
Tentenno qualche
secondo prima di decidermi a
versarle sul viso l’intero contenuto del bicchiere. Hanna,
presa in
contropiede, scatta come una molla e nel farlo caccia un urlo degno di
un film
horror.
“Shhh”
tento di rimediare, tappandole la
bocca.
A occhi
sgranati, la bionda bercia: “Sei
impazzita?”
“Era
l’unico modo per destarti” mi giustifico.
“Non
conosci i metodi convenzionali?” continua
a sbraitare.
In questo
momento le nostre divergenze
ideologiche sono più che evidenti.
“Shhh!
Devi andare via prima che si svegli
Seth” le spiego, bisbigliando.
Lei mi scruta
con attenzione, con
un’espressione a metà tra il beota e lo stupito.
“Dovete
scopare?” esordisce infine.
Per diamine,
possibile che non pensi ad altro?
Sconfortata,
levo una mano sulle tempie,
cercando le parole giuste per spiegarle.
“Non
scopiamo Hanna. Ficcatelo in testa, Seth
mi vede come la sua nipotina ribelle –puntualizzo- Non
può trovarti qui perché
farebbe mille domande e s’insospettirebbe”
concludo, affranta.
Hanna scuote la
testa, brontolando qualcosa a
proposito dell’essere paranoica poi scende dal letto,
incespicando sulle sue
stesse scarpe e quasi mi fa prendere un colpo.
“Attenta”
urlo, senza rendermene conto.
Qualche secondo
dopo, il viso di Seth contratto
in una smorfia, decreta il totale fallimento del mio piano.
Per un paio di
secondi rimaniamo zitte a
fissarlo, sperando che qualche meteorite ci colpisca evitando
così di
affrontarlo a viso aperto. Purtroppo per me, non sono previsti fenomeni
del
genere dunque decido di interrompere la guerra fredda, alzando per
prima bandiera
bianca.
“Mi
dispiace di averti svegliato, non era mia
intenzione” biascico, come una appena colta in fallo.
La sua
espressione glaciale non promette nulla
di buono.
“Hanna,
sei la benvenuta” inizia col dire
puntando lo sguardo verso la mia amica.
“Salve,
Mr. Douglas! E’ un piacere rivederla”
cinguetta Hanna in preda ad una crisi ormonale. Si, Seth fa questo
effetto alle
donne. Il suo corpo, il suo viso, la sua voce, sembrano gridare sesso.
“Leila,
come mai abbiamo ospiti ed io non ne
so nulla?” chiede circospetto, tornando a rivolgere
l’attenzione a me.
Dio, se non
fossi così impegnata a trovare una
scusa plausibile sigillerei quelle labbra con le mie. Ma cosa diavolo vado
pensando? La presenza di Hanna, sortisce uno strano
effetto.
“Ehmm
Hanna era troppo stanca, non le andava
di tornare a casa” mugugno. Di una cosa sono sicura, non
vincerò mai l’oscar
come migliore attrice.
Seth scoppia a
ridere; non è una risata
genuina, piuttosto una di quelle fredde e calcolate.
“Hanna,
ti pregherei di lasciarmi da solo con
Leila. Torna a casa, i tuoi saranno in apprensione” ordina
serio. Che cosa ha
intenzione di fare? La parte del genitore non gli si addice affatto.
“Io
vado” si affretta a dire la mia amica,
ammiccando nella mia direzione. Sbuffo spazientita, Hanna non
cambierà mai.
Quando il rumore
tonfo del portoncino arriva
chiaro e tondo alle nostre orecchie, Seth riprende a parlare:
“Quanto avete
bevuto ieri?”.
Continuo a
osservarlo come un pesce lesso
senza avere la benché minima idea di cosa dire. Riuscirei a
raccontare un’altra
bugia?
“Hanna
ha bevuto parecchio, io ho preso solo
uno stupido cocktail alla frutta” sbotto infine, arrendendomi.
Seth mi osserva
scettico, poi un lampo attraversa
i suoi occhi blu cobalto, conferendogli una nota amara.
“Chi
vi ha offerto da bere, chi?” chiede,
febbrilmente.
A quella domanda
il mio cuore perde un
battito, rievocando un paio d’intensi occhi azzurri. Liam
Cooper, avrei voluto
gridare solo per osservare la reazione di Seth. Fortunatamente il buon
senso prevale
e riesco a trattenermi dal commettere l’errore più
grande della mia vita.
“Due
ragazzi, i più grandi della comitiva” soffio,
sperando di risultare convincente.
I lineamenti di
Seth si ammorbidiscono
impercettibilmente, il respiro affannoso si placa, la mascella
–prima contratta-
lascia spazio a una smorfia di puro disappunto.
“Signorina,
stasera sei in punizione” sentenzia,
puntandomi un dito contro. Quelle parole hanno l’effetto di
stordirmi, di mandarmi
in confusione per il semplice fatto che a pronunciarle sia stato
proprio lui.
Lui che ha portato una donna nel cuore della notte senza preoccuparsi
della mia
presenza, lui che solo poche ore prima mi ha guardato con velato
desiderio. No,
lui non può mettermi in punizione.
“Oggi
è sabato ed ho tutte le intenzioni di
uscire” obbietto, restituendogli lo sguardo. Di contro, il
mio interlocutore si
avvicina afferrandomi lievemente un polso per poi trascinarmi contro di
lui. Il
suo fiato caldo aleggia sul mio collo, il profumo della sua pelle
invade
prepotentemente il mio olfatto e la barbetta incolta pizzica le mie
gote tanto
da irritarle ma poco importa; le sensazioni che la sua vicinanza mi
provoca
sono inebrianti.
“Stasera
non c’è verso che tu esca, ragazzina”
sussurra lapidario al mio
orecchio. Restiamo in quella posizione svariati secondi, cullati e
meravigliati
dal tepore della nostra pelle a contatto, quando la suoneria del mio
cellulare
mi riporta dolorosamente alla realtà. Seth si allontana
all’istante come
scottato, è sorpreso quanto me, lo leggo nei suoi occhi
sgranati.
“Papà”
esordisco, rispondendo alla chiamata.
“Piccola,
come stai?” chiede amorevolmente mio
padre.
La sua voce
calda e rassicurante m’infonde la
sicurezza di cui ho bisogno in questo momento.
“Benone”
rispondo, osservando Seth dileguarsi con
la stessa velocità con cui si era avvicinato prima.
“Non
stai dando noia a zio Seth, vero?” chiede
poi, facendomi perdere un battito cardiaco. Di certo non le noie che pensi tu, papà.
“No,
mi comporto bene. Zio Seth non può che
confermartelo” rispondo, ostentando buona fede.
“Lo
chiamo dopo per questioni lavorative,
adesso devo proprio riattaccare tesoro, mi manchi” dichiara.
“Anche
tu daddy*”
ribatto, malinconica. Oh, papà. Quanto vorrei che fossi qui
per indicarmi la
giusta via da seguire.
**
Passo
l’intera mattinata e buona parte del
pomeriggio a bighellonare per casa come un’anima in pena.
Seth è sparito da
stamattina, mandandomi un messaggio telegrafico dove
m’informava di un improvviso
quanto improbabile pranzo di lavoro. Ho approfittato della sua assenza
per
ficcanasare in giro alla ricerca di qualche indizio sulla donna
misteriosa ma
niente nella camera di Seth sembra ricollegabile al passaggio della sua
amichetta.
E’ bravo il signorino a dissolvere le prove della sua
colpevolezza. Ma colpevolezza di che? Non
ha nessun
obbligo verso di me e soprattutto non mi deve certo rendere conto delle
sue
conquiste amorose. L’interesse che provo nei confronti della
sua vita sessuale è
del tutto inadeguato, nuovo e sconcertante.
“Al
diavolo” sussurro tra me e me, mentre
rientro in camera con l’intenzione di studiare.
Diligentemente tiro fuori dalla
tracolla il vecchio libro di storia e mi accingo ad aprirlo quando la
mia
attenzione è catturata da un bigliettino rettangolare. Quel bigliettino. Che ci fa in bella
vista sopra la mia scrivania?
Dubito che nel trambusto di stamane Seth se ne sia accorto, avrebbe
dato in
escandescenze ancora di più. Magari mi avrebbe segregato a
vita, gettando la
chiave da una torre alta.
Giro e rigiro
quel bigliettino tra le mani
mentre i ricordi della serata al Vynil bussano prepotenti alla mia
memoria. L’immagine
di Liam Cooper è così nitida che riesco perfino a
immaginarlo davanti a me. Ricordo
alla perfezione i suoi occhi azzurrissimi, le labbra carnose e quel
sorriso
sfrontato che toglierebbe il fiato a qualsiasi donna.
Quell’uomo è pericoloso
ma inspiegabilmente mi attrae. Voglio sapere di più su di
lui, voglio scoprire
cosa lo lega a mio padre e a Seth.
Prima che possa
realizzare in cosa mi sto
imbattendo, la voce di Liam Cooper arriva al mio orecchio chiara e
limpida.
“Pronto”
“Ehmm”
grugnisco, senza sapere cosa dire di
preciso.
“Leila..
non pensavo di avere tue notizie in
così poco tempo” esordisce prontamente lui, con il
solito tono beffardo. Perché
l’ho chiamato? Non ricordo più il motivo.
“Leila,
ci sei?” continua suadente.
Un momento! Come
ha fatto a riconoscere all’istante
la mia voce? Non ho nemmeno detto una parola di senso compiuto!
“Come
hai fatto a riconoscere la mia voce?”
domando, senza pensarci due volte.
“Una
voce come la tua, difficilmente si
dimentica” mi blandisce.
Arrossisco
immediatamente per l’audacia che
trasuda dalle sue parole, di questo passo non riuscirò a
condurre una
conversazione sensata.
“Perché
mi hai chiamato?” chiede a bruciapelo.
La domanda mi
spiazza, non conosco nemmeno io
la ragione di un gesto così avventato.
“Per
quel caffè” azzardo.
“Ti
passo a prendere alle otto, non ritardare”
afferma perentorio.
“No,
aspetta. Non posso uscire, sono in
punizione” ricordo improvvisamente.
“Sei
stata irrispettosa nei confronti di Seth,
Leila?” chiede carezzevole; indeciso se ridere o no della mia
infantile
affermazione.
“Si”
mi limito a rispondere. Ho la gola secca.
“La
finestra del bagno di solito, è collegata
alle scale di emergenza, prendi quelle. Ti aspetto sotto alle otto in
punto” conclude,
riattaccando.
In che razza di
guaio mi sto cacciando?
ANGOLO AUTRICE:
Hello eveybody! E’ tardi e
sicuramente nessuno sarà ON, ma ho deciso di pubblicare lo
stesso poiché domani
sarò super impegnata con lo studio :(
Cosa ne pensate
del capitolo? Io penso sia un
capitolo di passaggio con qualche piccolo avvenimento da evidenziare.
Sicuramente
avrete riconosciuto nel testo gli avvenimenti di cui parlo; sono due in
particolare.
Il primo
riguarda Seth e Leila. Avete notato
che l’autocontrollo di Seth inizia a scricchiolare?
Il secondo
riguarda Leila e Liam. Lei come
notate è titubante ma attratta
dall’oscurità di quest’uomo. Liam
è Liam. Figo e
misterioso, un duo imbattibile. Che cosa succederà al loro
primo incontro? Si
faccia avanti chi ha qualche supposizione hihi
La canzone che
dà il titolo al capitolo è If I
lose my self dei One
republic.
NOTE: Daddy*
è la traduzione per papà. Ho
deciso di lasciarla in inglese perché mi piaceva di
più!
|
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Capitolo 5 *** Undisclosed desire ***
Somebody that I used to
know
Capitolo
quarto
Undisclosed
desire
Il
cigolio della porta continua puntualmente a infastidirmi mentre tento
invano di
studiare letteratura latina. Non me ne voglia Catullo ma, la mia mente
è
totalmente occupata da ben altri pensieri al momento.
L’uomo
del supermercato -così soprannominato per mancanza
d’informazioni sulla sua
persona- si è insediato nella mia testa.
Chi
è? E cosa lo lega a mio padre e Seth? E’ veramente
solo un collega di
università? Troppe domande e una sola persona in grado di
fornirmi le risposte
che cerco: Seth. Paradossalmente è proprio dal suo
comportamento ambiguo in
presenza di quell’uomo che sono nati in me i primi dubbi.
Forse
ha ragione Hanna, sto dando la caccia ai fantasmi o forse
Mr.Te-la-scopi
nasconde qualcosa. E finché non avrò scoperto cosa, non mi darò pace.
Svogliatamente
alzo lo sguardo verso l’orologio affisso nella parete e mi
accorgo con orrore
di essere terribilmente in ritardo per l’appuntamento con
Hanna.
Dopo
che a pranzo Seth mi ha gentilmente informato
del suo appuntamento serale, ho optato per non rimanere a casa da sola
a
leccarmi le ferite, così ho chiesto alla mia migliore amica
di organizzarmi una
serata divertente.
Conscia
dell’immenso ritardo accumulato, faccio per uscire mentre
Seth compare dalla
porta della sua stanza. Per una manciata di secondi rimango incantata
ad
osservarlo, da capo a piedi.
Indossa
un completo sartoriale color grigio fumo di Londra di cui tiene la
giacca ben
salda in mano. La camicia, di un bianco candido, bacia la sua pelle,
adagiandovisi perfettamente. La barbetta di qualche giorno gli
conferisce
un’aria adulta e..terribilmente
sexy. Mi
ritrovo a desiderare di lambire ogni centimetro di quel corpo perfetto.
Mi
ritrovo a desiderare di essere la donna con cui ha appuntamento. In un
secondo
momento però, mi mordo il labbro inferiore, dandomi il
tormento per
l’inammissibilità di quei pensieri.
Inizialmente
non si accorge nemmeno della mia presenza, poi leva lo sguardo in
direzione
della mia stanza, e mi trova.
“Leila,
io sto uscendo. C’è dell’insalata di
pollo in frigo se..”
“Sto
uscendo anch’io” lo interrompo, sfidandolo
apertamente con lo sguardo. La voce
ferma e sicura di sé, non sembra nemmeno appartenermi.
“Dove
credi di andare?” chiede allarmato.
Il
suo ostinarsi a volermi proteggere a tutti i costi, rasenta il
ridicolo. Quando
si ficcherà in testa che non sono più una bambina?
“Non
penso dovrebbe interessarti, farò la brava”
ammicco spudoratamente.
“Si,
invece. Sei sotto la mia responsabilità, per
diamine” conclude esasperato.
“Non
sono più una bambina” sentenzio, prima di
fiondarmi in bagno.
Lui
sospira spazientito e a grandi falcate raggiunge la porta.
“Leila,
sono in ritardo. Ti pregherei di farmi sapere dove avete intenzione di
andare”
“Leila”
continua, indispettito per la mia scarsa loquacità.
E’
proprio in quel momento che l’idea più stupida che
potessi avere prende forma
sotto lo sguardo esterrefatto di Seth. Difatti, senza pensarci due
volte, apro
la porta con addosso solamente la biancheria intima.
“Andiamo
al Vynil*, contento? Ora se non ti dispiace, dovrei fare una
doccia” concludo,
sostenendo il suo sguardo.
Seth
non sembra esattamente infastidito dal mio colpo di testa. Nei suoi
occhi blu
cobalto, leggo piuttosto lo stupore e la meraviglia, seguiti dalla
curiosità e
dall’interesse che le mie forme sembrano provocargli.
Rimpiango
di non avere mai letto un manuale di seduzione, in questo momento
sarebbe
utile.
“Non
tornare tardi e non aspettarmi sveglia” grugnisce
all’improvviso, prima di
sparire dietro l’angolo.
**
“Hai
aperto la porta solo in biancheria intima?”
Un’incredula
Hanna mi guarda dall’alto dei suoi 15 cm di tacchi a spillo.
Tiene un bicchiere
colorato di un liquido rosso in mano. Cosmopolitan,
scommetto.
Con
un cenno della testa, le confermo che quanto le ho appena detto non
è frutto
della fantasia di qualche scrittrice ma la pura e semplice
verità.
Cerco
di mantenere un’espressione neutra per non farle intendere
che in fondo non sono
dispiaciuta di un tale gesto avventato. Per non parlare dello sguardo
di Seth,
sarà difficile cancellarlo dalla mia mente.
“Calmati
Hanna, era solo una provocazione. Non ho intenzione di
sedurlo” affermo, mentre
mi alzo dal divanetto sul quale sono seduta da una buona mezzora. Il vestitino che indosso si
è accorciato
visibilmente a causa del movimento, tanto da attirare gli sguardi
indiscreti
dei presenti. Giocando con l’orlo, lo riporto alla sua
lunghezza iniziale.
Hanna
ridacchia e stringendosi nelle spalle, dichiara: “Fossi in
te, non ci penserei
due volte”.
La
fulmino con lo sguardo, lei e la sua ostentata venerazione di Seth
iniziano a
darmi sui nervi.
“Andiamo
a ballare” le impongo, prima che possa incitarmi nuovamente
alla coercizione
del migliore amico di mio padre.
La
pista pullula di gente, giovani donne dalle belle speranze ballano a
tempo di
musica intanto che uomini impettiti nei loro vestiti firmati fanno
bella mostra
delle loro arti predatorie. Mi faccio spazio in quella giungla di
musica e
colori, speranzosa di trovare in tutto quel caos, un attimo di pace.
Chiudo gli
occhi e lascio che la musica guidi i miei movimenti. Sono solamente un
corpo
come un altro che si muove per inerzia, trascinato
dall’intensità dei decibel.
Quando
riapro gli occhi, mi accorgo che Hanna è sparita nel nulla.
La debole scia del
suo profumo, mi fa intuire che l’ho mancata di qualche
secondo. Mi fermo e
–seppur con qualche difficoltà- studio
l’ambiente alla ricerca della mia amica.
Armata
di buona volontà attraverso la folla, scansando persone
totalmente ubriache e
ragazzi su di giri che non mancano di complimentarsi per il mio
vestito, il mio
viso o il mio modo di ballare. Come se gliene
importasse per davvero.
Non
appena raggiungo la zona relax, tiro un sospiro di sollievo; sono
uscita
indenne da quella bolgia infernale.
Purtroppo,
anche da quella prospettiva, non riesco a scorgere Hanna. Dove si
sarà mai
cacciata?
Faccio
qualche passo indietro ma inciampo su qualcosa o meglio su qualcuno.
Mi
volto per porgere le mie scuse al tizio che
inconsciamente ho importunato, ma le parole mi muoiono in bocca quando
incontro
due occhi azzurrissimi; gli stessi occhi che mi hanno tormentato per
tutto il
pomeriggio. L’uomo del supermercato è proprio
davanti a me, impeccabile, in
perfetto stile uomo d’affari.
“Due
volte in un giorno! Si direbbe che il destino voglia farci incontrare a
tutti i
costi. Convieni con me?”
Lo
fisso a occhi sgranati, incapace di formulare una risposta che sia
sensata.
“Ti
hanno morso la lingua, Leila?”
il
modo in cui carezza il mio nome pronunciandolo, mi provoca
un’inaspettata
reazione lungo tutta la spina dorsale.
“Mi
scusi, sono sola sorpresa quanto lei di vederla per la seconda volta in
un
giorno” biascico.
“La
cosa t’infastidisce?” continua, avvicinandosi
sempre più.
“No!”
mi affretto a dire, rapita dall’azzurro dei suoi occhi.
E’ un azzurro
cristallino che contrasta con i capelli di un castano scuro.
Quegli occhi sono secondi solo a quelli blu cobalto di Seth.
Oh,
Seth. Chissà come procede la sua serata galante. Decido
all’istante di
scacciare via quel pensiero, in fondo non ha motivo di esistere.
“Ti
va di bere qualcosa?” la voce suadente dell’uomo,
mi raggiunge chiara e vellutata.
Lo
scruto incredula per quanto mi ha appena chiesto e un campanellino
d’allarme
rosso -come le mie guance in questo momento- si accende in me.
Tuttavia,
lo ignoro.
Ignoro
spudoratamente il buon senso che
imporrebbe di non accettare inviti dagli sconosciuti. Soprattutto se
molto più
grandi e potenzialmente pericolosi.
“Si”
mormoro incapace di dire altro che uno stupido monosillabo.
L’uomo
mi fissa sornione e meccanicamente si tira indietro i capelli con un
mano.
“Seguimi”
dice, porgendomi una mano per non disperderci tra la folla.
Qualche
secondo dopo, ho la mano stretta alla sua. E’ grande e calda,
tanto che la mia
vi scompare dentro.
Arriviamo
al bar e con un movimento repentino mi sposta in avanti facendomi
aderire
completamente al bancone. Poi, da dietro mi circonda con le braccia,
appoggiando le mani sul marmo freddo.
“Che
cosa preferisci bere?” sussurra al mio orecchio.
Non
trovo il coraggio di voltarmi a guardarlo, così mi limito ad
asserire
“Cosmopolitan”.
Inevitabilmente
il pensiero, va a Hanna. Forse dovrei continuare a cercarla,
l’ultima volta che
l’ho vista sorseggiava il suo cosmopolitan come fosse nettare
degli dei, magari
è ubriaca da qualche parte.
I
miei flussi di coscienza sono interrotti dall’arrivo dei
cocktail, uno rosso e
uno bianco. Non ho nemmeno ascoltato l’ordinazione del mio
accompagnatore, di
cui mi rendo conto, non conosco nemmeno il nome. Mi appunto mentalmente
di
chiederglielo, non appena avrò l’occasione.
Rimaniamo
fermi alcuni secondi, poi ci avviamo nella zona relax, dove puntiamo un
divanetto bianco, l’unico libero.
“Come
si chiama?” chiedo titubante, dopo aver bevuto un sorso del
mio cocktail.
“Liam
Cooper- risponde perplesso- Seth, non ti ha parlato di me?”
“No,
Seth è restio a parlare del passato” ribatto,
decisa a saperne di più.
Liam
ridacchia alcuni secondi, poi riprende:
“Eravamo
colleghi di Università anche se io sono più
grande di qualche anno”
“Quanti
anni ha?” chiedo, pentendomene subito dopo.
“Non
si chiede l’età a un uomo” esclama.
“Donna –lo correggo-
L’età non si chiede
a una donna” sentenzio
infine, quasi
divertita.
“34”
dice conciso.
“Cosa?”
mi lascio sfuggire. Ha la stessa
età di
mio padre, penso tra me e me.
Lui,
come se mi avesse letto nel pensiero, afferma: “Conosco
benissimo anche tuo
padre, se è questo che ti stai chiedendo”.
Sto
per ribattere qualcosa quando la vocina di Hanna m’interrompe
portandola
bruscamente nel mio campo visivo.
“Hanna!
–esclamo- dov’eri finita?”
La
bionda, evidentemente su di giri risponde: “In bagno!
C’è una fila assurda,
senza contare l’odore nauseante..” inizia a
blaterare.
Guardo
la mia amica traballare su quei tacchi vertiginosi e mi convinco che
è meglio
lasciare il mio nuovo amico e
l’interrogatorio che ero in procinto di fare.
Al
diavolo, ci penserò un’altra volta. Perché
ci sarà un’altra volta? La vocina della
mia coscienza inizia a manifestare
il suo dissenso. TACI!
“Mr.Cooper,
temo di dover andare. La ringrazio del drink” dico, mentre
faccio per alzarmi
dal divanetto.
“Liam,
chiamami Liam. Non sono poi così vecchio, non
credi?”
“No,
affatto” mormoro, inchiodata da quegli occhi azzurri
inquisitori.
Sto
per andarmene quando la sua mano blocca la mia inserendovi qualcosa
all’interno. Quel contatto mi provoca nuovamente dei brividi
che non saprei se
collocare su una scala di gradimento o paura.
La
mia attenzione è catturata da un bigliettino rettangolare,
un biglietto da
visita per intenderci. Sopra, a chiare lettere, sono stampati il nome e
il
numero di telefono di Liam Cooper, sotto, la sua professione: brand manager.
Apro
la bocca per dire qualcosa ma sono subito interrotta da lui:
“Se
ti andasse di prendere un caffè insieme qualche volta, hai
il mio biglietto da
visita” conclude pragmatico.
L’espressione
del mio volto deve avere assunto la forma di un punto interrogativo
poiché mentre
vado via, lo sento ribadire a gran voce: “Per un
caffè”.
**
Il
rientro a casa non è stato per niente facile. Per un attimo
ho avuto paura di
avere esagerato, rientrando oltre l’orario consentito.
Hanna,
ha deciso di restare con me stanotte, troppo ubriaca per mettersi al
volante. Fortunatamente,
in casa non v’è traccia di Seth, chissà
cosa avrebbe pensato trovandola in
quello stato.
Dopo
averla aiutata a mettere qualcosa di più comodo dei suoi
leggins in eco-pelle,
la faccio stendere nel mio letto a una piazza e mezzo e mi distendo
accanto a
lei sospirando. Non riesco a chiudere occhio, ogni volta che provo ad
abbassare
le palpebre, l’immagine di Liam Cooper, di mio padre e quella
di Seth si
mischiano in un’unica immagine contorta. Allora le domande si
affollano in testa,
provocandomi un’emicrania non indifferente.
Poi,
il silenzio tombale della casa è bruscamente infranto dalle
chiavi che girano
nella toppa e dal rumore sordo del portoncino che sbatte, chiudendosi.
Mi alzo
delicatamente dal letto e discosto la porta della mia stanza di qualche
centimetro. Lievi ma pur sempre udibili, le risatine soffocate di Seth
e di una
donna riempiono il corridoio.
Istintivamente
chiudo l’infisso e scivolo con le spalle su di esso, fino ad
accovacciarmi a
terra. Una strana, nuova sensazione germoglia dentro di me; non saprei
attribuirle
un nome, un significato o una definizione ben precisa ma si avvicina
tanto a un
sentimento che non avrei mai pensato di provare nei confronti di Seth:
gelosia.
ANGOLO
AUTRICE: Buon pomeriggio a tutte/i! Ecco sfornato il
quarto capitolo.
Vi
assicuro che è non è stato facile mettere in
sequenza tutti questi avvenimenti
senza creare confusione, spero di esserci riuscita. In questo capitolo,
scopriamo
qualcosa in più del famoso uomo-supermercato. Finalmente, ha
un nome: Liam
Cooper. Per chi volesse, sotto (se riesco) pubblico le foto degli
attori che
prestano il volto ai personaggi di questa storia. Tutto questo, tenuto
conto
delle mie scarse capacità informatiche. La canzone che
dà il titolo al capitolo
è: Undisclosed desire
dei mitici Muse.
NOTE:
Vynil è il nome di un ristorante di New York che io ho
adattato a discoteca
solo perché il nome era proprio figo!
FOTO:
|
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Capitolo 6 *** Doin' dirt ***
Somebody that I used to
know
Capitolo
sesto
Doin’ dirt
Tic tac.
Tic tac.
Tic tac.
L’orologio
affisso alla parete scandisce con
calcolata meccanicità lo scorrere del tempo, contribuendo
minuto dopo minuto, ad
aumentare in modo esponenziale il numero dei miei battiti cardiaci.
Sono tesa come
una corda di violino, il corpo
pronto a scattare al minimo rumore. Oddio, l’attesa mi
ucciderà ne sono sicura.
Sulla scrivania,
il mio caro libro di storia,
mi ricorda i doveri di studente che ultimamente ho relegato in secondo
piano.
Armata di scarsa
–per non dire inesistente-
volontà, mi decido ad aprire quel benedetto libro,
sospirando per la mole di
lavoro che mi spetta.
Non ho la
più pallida idea di come sopravvivrò
al compito di storia che si terrà
lunedì.
Mi accingo a
leggere le prime righe
di un paragrafo che si preannuncia ostico e
noioso, quando il trillo del campanello interrompe la mia
lettura. Per
tutti i numi, è una congiura contro il mio rendimento
scolastico?
Sbuffando non
troppo velatamente mi avvio ad
aprire il portoncino d’ingresso; magari Seth avrà
dimenticato le chiavi,
sarebbe plausibile dato la celerità con cui è
sparito.
Trovarmi di
fronte il mio ex fidanzato però,
non era tra le opzioni prospettate.
“Che
ci fai qui, Joshua?” domando, in barba al
galateo che imporrebbe di non lasciare un ospite sullo zerbino di casa.
Dopo
l’ultima discussione accesa, credevo di
essere stata chiara non avrei mai accettato il tipo di rapporto come
concepito
da lui.
“Ho
provato a cercarti a casa ma non ha
risposto nessuno così ho pensato fossi qui”
spiega, sfoderando uno dei suoi
sorrisi sghembi.
In questo
momento, ho la sensazione che ci
separi un’incolmabile distanza nonostante si trovi a pochi
centimetri da me.
Come ho potuto amare una persona del genere? Forse, semplicemente non
era
amore. L’amore quello con l’A maiuscola, non
svanisce da un momento all’altro.
O almeno così è scritto sui libri.
“Joshua,
sparisci o chiamo..” lo intimo, prima
di essere interrotta dalla sua voce sprezzante.
“Chi?
Quel coglione di tuo zio?” ribatte, sfidandomi
apertamente con lo sguardo.
Il mio
autocontrollo vacilla pericolosamente, urta
le pareti della mia sensibilità e si chiude in un diniego
secco. No, non starò
al suo gioco.
Così
le parole fuoriescono dalla mia bocca,
nitide; contrassegnate dalla stessa potenza con cui avrei sferrato un
pugno sul
suo volto, se avessi ceduto alla rabbia.
“Non
ti azzardare a nominare Seth”.
Devo risultare
alquanto minacciosa poiché
Joshua indietreggia di un passo con riluttanza, nel mentre una figura
familiare
avanza verso di noi. Sei, sette, otto passi. Le scarpe -color testa di
moro-
raggiungono in un baleno la nostra postazione. Gli occhi di Seth
guizzano come
saette da me a Joshua, soffermandosi su quest’ultimo con un
cipiglio minaccioso
in volto.
“Stai.
Lontano.Da.Leila” sibila, afferrandolo
per il colletto della camicia.
L’espressione
che leggo sul suo volto è di
pura rabbia, incontrollabile e malsano desiderio di picchiarlo.
Non è
la prima volta che si azzuffano a causa
mia, solo qualche giorno fa, Seth grondava sangue dal naso per via del
pugno
infertogli da Joshua.
All’improvviso
la mia unica priorità è di sciogliere
quell’inutile teatrino del testosterone, prima che qualcuno
si faccia
nuovamente del male.
In preda al
panico, m’interpongo fra loro,
avendo cura di allontanare Seth, spintonandolo nell’altra
direzione. Mi
piacerebbe credere di averlo fatto desistere ma lui non sembra
intenzionato a
deporre le armi. E come una furia si scaraventa impetuoso contro
Joshua.
Un’altra volta.
“Seth
andiamo, lascialo” grido al suo
indirizzo.
“Seth”
ripeto, afferrando il suo braccio.
Posso addirittura sentirne la consistenza e percepire il fascio di
muscoli che si
contraggono per lo sforzo dell’azione.
Poi come per
magia, il suo respiro irregolare
si placa e la presa sul colletto di Joshua si allenta fino a sparire
del tutto.
Dall’altro
lato, Il mio ex fidanzato si massaggia
il collo indolenzito finché non decide di averne abbastanza
e si allontana
blaterando parole dal dubbio significato morale.
“Ti ha
fatto del male?” mi chiede Seth,
precipitandosi al mio fianco.
“No,
per fortuna sei arrivato in tempo” biascico.
Non ho il tempo
di metabolizzare quanto è
successo che le sue braccia avvolgono la mia vita; come tentacoli la
avviluppano, accorciando drasticamente la distanza che ci separa, fino
a far sfiorare
i nostri bacini. Poi solletica i miei capelli, scombinandoli; un
semplice gesto
che mi scuote, facendomi anelare qualcosa di più.
“Sei
bellissima Leila –inizia col dire- Ti ho
visto crescere e sbocciare come un fiore delicato. E’ normale
che i ragazzi ti
ronzino intorno come api impazzite” conclude, sorridendomi
bonariamente.
Con gli occhi
seguo il profilo delle sue
labbra, soffermando sulle deliziose fossette poste ai lati; la voglia
di
assaggiarle è direttamente proporzionale alla paura di
farlo. Una paura intrinseca
e radicata.
Qualche anno fa,
ho avuto una cotta per lui.
All’epoca ero poco più che una bambina, Seth era
l’uomo irraggiungibile, il
migliore amico di mio padre. La classica cotta adolescenziale non
ricambiata,
per intenderci. Non che io mi fossi esposta nei suoi confronti, era ben
lungi
dalle mie intenzioni. Per Seth ero semplicemente la figlia troppa magra
del suo
migliore amico cui portava ogni sorta di dolciumi in commercio
affinché
mettesse qualche chilo in più. Non immaginava quanto quelle
attenzioni mi
rendessero felice.
“Andiamo
a vedere un film in tv?”
La voce bassa e
profonda di Seth mi riporta al
presente e alle sue mani ancora intrecciate dietro la mia schiena in
una morsa
così spontanea e naturale che vorrei fermare il tempo e
imprigionare questo
momento.
“Non
esci stasera?” chiedo allora, perplessa.
E’
sabato sera, Seth non è di certo il tipo da
film e pantofole. Inoltre, la sua presenza in casa renderà
molto più complicata
la mia fuga dal bagno, per le scale antincendio. Liam Cooper
è stato
categorico: massima puntualità.
“Non
mi va. Potremmo guardare qualche saga,
che ne pensi?” propone, scrutandomi con
quell’espressione interrogativa tanto
buffa.
Penso
che
sia meglio trascorrere una serata in pigiama accanto a te che
sgattaiolare
dalle scale antincendio del tuo bagno.
“Penso
sia fantastico, punizione in compagnia”
trillo entusiasta. Lasciandomi guidare da quel momento di rara armonia,
sciolgo
l’abbraccio e afferro la sua mano.
“E’
meglio che rientriamo” mormoro, facendogli
notare che ci troviamo ancora sul pianerottolo, davanti alla porta di
casa.
Le sue lunghe
dita affusolate allora stringono
le mie in segno di assenso e mi conducono all’interno
dell’abitazione. Un
sorriso compiaciuto affiora inevitabilmente sul mio viso.
**
Scegliere cosa
indossare per una serata sul
divano può sembrare piuttosto semplice quando non
c’è la prospettiva di stare
vicino all’uomo che vuoi conquistare. Si, lo ammetto Seth mi
attrae o, forse
non ha mai smesso di attrarmi.
Alla fine di una
lunga rastrellata tra i miei
abiti, opto per qualcosa di informale ma audace: un pantaloncino beige
e una
canotta nera piuttosto scollata, andranno più che bene.
L’orologio
segna le otto in punto, il mio
appuntamento con Liam Cooper è ufficialmente annullato.
Dal corridoio,
l’ombra di Seth avanza spedita
verso la mia stanza frattanto che indugio davanti allo specchio,
sistemando una
ciocca di capelli ribelli.
“E poi
sarei io la lum..”
L’espressione
del mio tutore è a metà tra
l’attonito e il sorpreso, le sue iridi -di quel blu
meraviglioso- sono sgranate
all’inverosimile. Lo osservo deglutire a vuoto più
volte, prima di riprendere
parola.
“Ho
già inserito il dvd di the bourne
identity” afferma, non
staccando gli occhi dalla mia figura nemmeno per un secondo.
Per la prima
volta, in quel blu intenso scovo
tracce di desiderio, ostinatamente trattenuto, ma pur sempre visibile.
Passo dopo passo
lo raggiungo fino a
superarlo, lasciandolo immobile nella mia stanza.
Il divano di
casa è molto ampio, può
accogliere tranquillamente due persone. Seth mi raggiunge qualche
secondo dopo,
sedendosi accanto a me, visibilmente inquieto. Saranno le mie gambe, appositamente
in bella vista nella sua direzione?
I primi minuti
del film catturano la mia
attenzione mentre un affascinante Matt Damon fa la sua comparsa
all’interno di
una nave. Per un attimo dimentico la presenza di Seth al mio fianco,
finché il
suo braccio circonda le mie spalle, attirandomi verso di sé.
Dio, che buon
profumo.
Le sue dita ora
tamburellano sopra la mia
scapola, fingendo indifferenza, sebbene nell’aria sia
tangibile la tensione. Le
sento scorrere nelle vene, l’impazienza e la bramosia di
approfondire quel
contatto.
Incurante delle
conseguenze, decido infine di
alzarmi a metà busto, livellando i nostri visi. Lui sostiene
il mio sguardo, la
bocca stretta in una linea dura. E’ evidente quanto sia
combattuto.
Nella
penombra data dall’illuminazione della tv, il viso di Seth si
avvicina
lentamente al mio, puntando alle labbra.
Come una piuma
soffice e delicata, la sua
bocca si poggia sulle mia. E’ morbida e umida e sa di buono.
Voltatosi con
tutto il busto nella mia
direzione, Seth insinua una mano nell’incavo del collo e mi
attira
definitivamente a sé.
Ora le nostre
labbra sono sigillate, avverto
chiaramente la pressione che le sue esercitano, affinché
schiuda le mie.
Ma si sa, in
ogni attimo di felicità che si
rispetti, la fugacità è una caratteristica
capitale.
Il suono acuto
del campanello di casa,
infatti, prende a trillare impazzito come se qualcuno vi si fosse
appoggiato di
peso, sopra.
Come scottati,
ci distacchiamo all’unisono
senza dire una parola. Seth si alza e avvicinandosi al muro preme il
pulsante
dell’interruttore della luce.
Dirigendosi poi
verso il portoncino, apre la
porta non curandosi di guardare prima dallo spioncino.
Una figura
femminile dai folti capelli biondi,
fa il suo ingresso in un succinto abito nero che ne evidenzia le forme
generose
ma ben distribuite.
“Sorpresaaaa”
cantilena, tuffandosi tra le
braccia di Seth.
Quest’ultimo
rimane immobile, la postura
rigida e impostata.
Osservo la scena
basita, ricollegando solo in
un secondo momento la bionda alla voce che ho sentito ieri notte.
“Victoria,
che ci fai qui?” le chiede Seth, in
evidente imbarazzo.
“Dopo
ieri notte, non mi hai più richiamato ed
ho pensato di passare da te per il bis” risponde ammiccando
spudoratamente.
Stupida oca
giuliva! Se avessi una lancia, la
trafiggerei seduta stante.
“Victoria,
non penso sia il cas..” prova a
controbattere Seth, ma la bionda non sembra ascoltarlo e ancheggiando
avanza
verso di me.
“Oh,
è questa la ragazzina di cui mi parlavi?”
chiede, come se io non fossi presente.
Non so se essere
più delusa dal fatto che Seth
mi abbia potuto definire ragazzina
o
che abbia parlato di me con questa tettona senza cervello.
“Sono
Leila” affermo in tono sprezzante, prima
di alzarmi e continuare rivolgendomi al mio tutore:
“Zio Seth vado a
dormire”.
“Leila,
aspetta” mormora a vuoto lui.
A passo spedito,
mi dirigo verso la stanza con
un unico obiettivo: vendicarmi.
Guardo
l’orologio, sperando che non sia troppo
tardi e tiro un sospiro di sollievo scoprendo che sono solo le nove.
Trafelata
e ancora sconvolta, afferro il cellulare e tra le ultime chiamate
compongo il
numero di Liam Cooper.
Uno,due, tre,
squilli. Il telefono suona a
vuoto.
Sto per
demordere quando una voce roca e
scura, risponde:
“Quale
onore”
“Sono
stata imperdonabile, sono ancora in
tempo?” chiedo tempestivamente, pregando che accolga la mia
richiesta.
“Non
amo i ritardi, né tantomeno
i ripensamenti” ribatte lui, serio.
“Ho
voglia di vederti” tento l’ultima carta.
Dall’altro
capo del telefono una piccola pausa
di silenzio precede la risposta che tanto agognavo:
“Tra
dieci minuti sono da te” afferma Liam,
prima di chiudere la conversazione.
In evidente
stato confusionale, mi accingo ad
aprire l’armadio alla ricerca di un abito adatto alla
situazione. Il mio sguardo
cade su un abitino rosa a pieghe, con pizzo di san gallo a fiori.
Decido che
può andare e in un baleno lo indosso, passando poi a
sistemare i capelli e il
trucco.
In meno di dieci
minuti, sto scendendo le
scale di emergenza con il cuore in gola e l’adrenalina che
invade ogni singola
particella del mio corpo.
Liam Cooper mi
attende all’interno della sua
Lamborghini nera, intento a scrivere qualcosa su un palmare.
Con fare
titubante apro lo sportello e mi
siedo sul sedile del passeggero senza causare la minima reazione in lui.
“Ciao”
provo a dire per far sì che mi noti.
In risposta,
Liam alza lo sguardo su di me,
scrutandomi per bene, quasi accarezzandomi con gli occhi ma senza
accennare ad
emettere alcun suono. Qualche secondo e accende finalmente la macchina
che
emette un rumore minaccioso e potente.
“Sei
sconvolta” afferma, dopo un tempo che mi
sembra infinito.
“No,
non lo sono”
“Si,
che lo sei. Non mentire Leila” ribatte,
burbero. Mi piace il
modo in cui pronuncia il mio nome, il modo in cui scocca la lingua per
scandirlo.
“Ho
solo voglia di divertirmi” sbotto.
“Conosco
un metodo infallibile” annuncia,
mentre il suo bolide ci conduce chissà verso quali mete.
ANGOLO AUTRICE:
Buongiorno a tutte/i, ecco a
voi il sesto capitolo di Somebody, cosa ne pensate? Ieri sera non ho
potuto pubblicarlo causa stanchezza studio. Qualcuno mi
capirà, preparare esami in estate è abbastanza
faticoso!
Allora, finalmente
Seth e Leila hanno un primo
approccio, seppur castigato. E se non fosse arrivata la biondona?
Maledetti
campanelli! xD
Dove
condurrà Leila, il burbero Liam? Lo
scoprirete nel prossimo capitolo e sì, se lo scoprisse Seth
si mangerebbe le
dieci dita che si ritrova per la gelosia
(cito una frase che Mandycri mi ha lasciato in
una recensione hihi).
Sotto, posto la
foto del vestito che indossa
Leila per l’uscita con Liam.
La canzone che
dà titolo al capitolo è Doin’
dirt di uno dei miei gruppi
preferiti, i mitici Maroon 5!
Ps:
Come non amare Adam Levine? :P
|
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Capitolo 7 *** Alone together ***
Somebody that I used to
know
Capitolo
settimo
Alone
together
Le luci di New
York sfavillano sgargianti in
netto contrasto con il buio pesto del cielo, mentre sferziamo per le
vie della
città a velocità sostenuta. E’ facile
toccare con mano la vivacità e il
dinamismo profuso nell’aria; in ogni parte della metropoli,
infatti, scorrono
fiumi di persone pronte a trascorrere il loro sabato sera tra i
variegati divertimenti
che offre la città.
Una
caratteristica peculiare di New York
-utile per chi come me non vuole farsi trovare- è che puoi
facilmente mimetizzarti
tra la folla senza mai correre il rischio di essere scoperto.
Considerata
l’ora, Seth si sarà reso conto
della mia assenza e non ho dubbi circa il fatto che possa cercarmi in
lungo e
in largo per la città.
Salvo il caso in
cui, si sia fatto ammaliare
da quella panterona bionda senza un briciolo di cervello. Ho il
disgusto al
solo pensiero.
Liam Cooper,
sembra particolarmente
indaffarato ad armeggiare con il cellulare; da quando siamo partiti,
non ha
fatto altro che mandare messaggi e chiamare un tizio ricordandogli un
conto in
sospeso che era arrivato il momento di saldare. Non ho ben capito a
cosa si
riferisse, né la tempistica della sua richiesta.
Perché proprio adesso?
Decido di non
porre domande, stasera lascio
che sia lui a occuparsi di me.
Raggiungiamo
così, una zona periferica di New
York; le strade si sono fatte via via meno popolate e lo sfavillio
delle luci
meno intenso.
Intorno a me, a
parte qualche palazzo
diroccato e una chiesetta fatiscente, un’enorme distesa di
terreno recintato si
espande a vista d’occhio. L’intero ambiente ha un
non so che di sinistro e per
la prima volta inizio ad avere paura. Forse ho sbagliato ad accettare
che Liam
mi conducesse qui senza porre domande. Magari vuole uccidermi o farmi
del male,
questo sarebbe il teatro ideale per una scena del crimine.
Prima che possa
proferire qualcosa, dei fari
giganti mi abbagliano, illuminando il terreno e un’insegna
che prima non avevo
notato: BLOOMBERG PAINTBALL CENTER.
Tutto qui? Mi
sarei aspettata seghe elettriche
e coltelli o magari qualche ascia, armi di punta in quei film
dell’orrore che
tanto piacciono a papà. E invece scopro che Liam Cooper mi
ha semplicemente
portato in un centro dove si pratica paintball senza voler attentare
alla mia
vita.
Un unico dubbio
mi assale. Come avrà fatto a
prenotare il campo per un orario così strambo?
Nessuno gioca mai dopo le otto di sera. E’ notoriamente
risaputo che attività
di questo tipo chiudono i battenti quando ancora il sole è
ben visibile in
cielo. Non di certo alle undici di sera!
“Come
hai fatto a ottenere il campo, a
quest’ora tarda?” decido di manifestare i miei
dubbi. Non vorrei infrangere
qualche legge, intrufolandomi di nascosto in una proprietà
privata.
“Mai
sentito parlare di favori da ricambiare?”
fa eco Liam, avvicinandosi di qualche passo a me.
Improvvisamente
ricollego le sue parole alla
chiamata che ho udito in macchina. Ecco, a cosa si riferiva parlando di
conti
in sospeso.
“Vieni,
il tuo abbigliamento non è adatto” dice
serafico.
Senza battere
ciglio, lo seguo come
ipnotizzata.
Quest’uomo
è quello che in ambito lavorativo
chiamerebbero leader carismatico.
La
sua voglia di dominanza, la fiducia in se stesso e il desiderio di
influenzare
gli altri sono caratteristiche che lo rendono un soggetto
dall’indubbio
fascino.
Ci avviamo verso
una piccola struttura in
cemento, una sorta di magazzino dalla forma rettangolare. Liam prosegue
dritto
senza remore, come se conoscesse alla perfezione questo posto e
passasse qui
tutto il tempo.
Sembra a proprio
agio mentre tira fuori da uno
scaffale delle tute in lattice rigorosamente nere e me ne porge una.
“Dovrebbe
essere della tua misura. Ho
specificato a George di farmi avere la taglia più
piccola” afferma.
“Chi
è George?” chiedo, afferrando la tuta.
“Quante
domande piccola Leila! George è il
titolare di questo posto” risponde, quasi fosse ovvio esserne
a conoscenza.
“Passi
molto tempo qui?” domando ancora.
Ma che mi
succede? Da quando in qua
m’interessa come passa il tempo Liam Cooper?
“Più
di quanto vorrei” sussurra, laconico.
Sto per aprire
di nuovo bocca quando lui
m’interrompe con un gesto della mano: “Dovresti
cambiarti. Nella stanza accanto
troverai un bagno. Io mi cambio qui” asserisce in modo
perentorio.
Assecondo anche
quest’ennesimo ordine e
raggiungo il piccolo bagno nella stanza indicatomi da Liam. Le pareti
sono
ingiallite e scrostate, e conferiscono a questo posto un’aria
decadente e non
proprio candida.
Ad
un’analisi più approfondita, noto invece, i
sanitari nuovi di zecca e perfettamente puliti, quasi
splendenti. La dissonanza tra le due cose è evidente. Tutto
sommato la stanza non emana cattivo odore, così mi cambio in
tutta
tranquillità.
La tuta aderisce
completamente alla mia pelle,
quasi sostituendosi a essa; ho l’impressione di essere nuda
ed esposta alla
mercé di Liam. Che l’abbia scelta appositamente?
Razionalmente dovrebbe
infastidirmi, invece ne sono stranamente lusingata. Percepire il suo
sguardo
scivolare lungo le curve –seppur accennate- del mio corpo,
aumenta la mia
autostima a dismisura. Seth mi avrà pure baciato ma sono
sicura non sarebbe
andato oltre, costretto in quel ruolo che si è cucito
addosso.
Devo pensare
proprio a Seth in questo momento?
“Il
gioco si compone di poche semplici regole.
Nel campo troverai degli enormi ostacoli gonfiabili che fungeranno da
riparo
agli attacchi. La prima regola è nascondersi. Per via
consequenziale, la seconda
è scovare il nemico e attaccarlo con questo fucile che spara
palline di vernice
colorata” inizia a spiegare Liam, donandomi un’arma
rassomigliante in tutto e
per tutto a un vero fucile.
Impugno
l’arma con fare incerto, saprò mai
utilizzarla?
“Dovrai
tenere questa maschera –continua a
spiegare-. Vince chi avrà colpito più volte il
nemico imbrattandolo a dovere”
conclude sornione. Quel sorriso beffardo non promette nulla di buono.
“E chi
perde?” chiedo titubante.
All’improvviso
quella domanda risulta fondamentale
ai fini della buona riuscita del gioco.
“Non
ti conviene perdere Leila. Chi non
dovesse farcela, sarà costretto a sottostare alle
volontà del vincitore per una
sera” dichiara, enigmatico.
Lo guardo basita
e indecisa se accettare o
meno quest’ultima condizione un po’ troppo
estrema. Poi indugio sui suoi occhi, azzurri come il cielo
d’estate e mi
convinco che no, non sono gli occhi di una persona cattiva.
Liam Cooper
vuole solo giocare ed io ne ho
bisogno tanto quanto lui.
“Accetto”
affermo, risoluta.
**
Il campo
è estremamente grande e malamente
illuminato da qualche lampione sparso qua e là durante il
percorso. All’interno
si trovano gonfiabili, reti e pali in cemento. Lo scenario è
quello tipico di
un campo di battaglia.
Io e Liam ci
siamo inoltrati insieme per poi
prendere direzioni differenti, io a destra, lui a sinistra.
Sinora non ho
avuto modo di incrociarlo, è
agile e scattante dunque spesso non riesco ad attaccarlo in tempo.
Cerco di
difendermi al meglio e sfruttando il mio fisico minuto sfuggo
anch’io ai suoi
attacchi.
La fortuna
decide però, di abbandonarmi
qualche minuto dopo, quando una piccola distrazione permette a Liam di
inondarmi di colori differenti.
Adesso la mia
tuta ospita macchie gialle,
verdi e rosa.
“Brutto
cafone, hai approfittato di una mia
distrazione” grido mentre lui se la dà a gambe,
ridendo come un matto. Lo seguo
a ruota, esplodendo in una sonora risata; questo gioco si fa sempre
più
divertente!
Percorro qualche
altro metro e da lontano
scorgo la sua sagoma -nera come la notte- ripararsi dietro un
gonfiabile.
Allora mi avvicino lentamente, tenendo il dito ben saldo sul grilletto;
questa
volta non ha speranza. Proprio quando sto per raggiungere la postazione
del mio
nemico, dei colpi secchi risuonano alle mie spalle seguite dalla voce
di Liam
che riproduce il suono onomatopeico dello sparo.
“Ben,
ben, ben”. Colpita
e affondata.
**
“Sono
bravo ad affondare i colpi” decreta
Liam, guardandomi malizioso.
Dopo quasi due
ore di quell’estenuante
rincorsa, ci ritroviamo sdraiati a terra, stanchi e accaldati.
“Fortuna”
lo provoco, ricambiando il suo
sguardo.
“Qui
la fortuna non conta. E’ una questione di
concentrazione e tecnica, miri l’obiettivo e
centri” ribatte prontamente.
Perché
ho l’impressione che parliamo d’altro?
Istintivamente
mi alzo, consapevole della
piega poco convenzionale assunta dalla nostra chiacchierata e mi dirigo
verso
il bagno con l’intenzione di liberarmi di quella tuta sudicia.
“Non
ti ho ancora chiesto il mio premio”
bercia lui, visibilmente allegro.
Arresto il passo
qualche secondo, poi mi giro
a osservarlo linciandolo con lo sguardo. Quello che non ho previsto
è
d’incontrare il suo corpo nudo, coperto solo da un paio di
boxer neri aderenti.
Apro la bocca cercando di dire qualcosa ma la richiudo subito dopo,
evitando
così di fare una figuraccia. Liam si avvicina come una
pantera verso la sua
preda, è sinuoso e sicuro di sé. Quando arriva a
un palmo dal mio viso, il
respiro si fa affannoso e il cuore comincia a battere
all’impazzata, temo mi
esca dal petto.
“Co-cosa
vuoi?” balbetto, perdendomi nei suoi
occhi.
“Togli
la tuta ma non rivestirti” afferma,
facendo scorrere quelle iridi incantatrici su tutto il mio corpo.
Credo di avere
afferrato il senso delle sue
parole ma non ho idea di come tirarmi fuori da questo pasticcio.
E se scappassi?
In fondo sono veloce, potrei
seminarlo se m’impegnassi seriamente. No, è troppo
agile e scattante mi
raggiungerebbe in un baleno e potrebbe non prenderla bene.
“Non
ho intenzione di venire a letto con te”
sentenzio infine, a muso duro.
Alle mie parole,
le sue labbra s’increspano dando
vita ad una risata genuina e gutturale. Ho detto qualcosa di ridicolo?
“Non
ho nessuna intenzione di portarti a letto.
Lo ammetto, sei attraente, ma non ho mai costretto nessuno a stare con
me. Non
ho bisogno di giovani fanciulle inesperte quando posso avere donne
fameliche
pronte a tutto” sottolinea fermamente.
Il suo discorso
non fa una piega, eppure non
posso ignorare quel fastidio che sento all’interno del petto.
“Chi
ti ha detto che sono inesperta?” parto
all’attacco. Nessuno può privarmi del mio orgoglio
di donna.
“Non
ho motivo per affermare il contrario” mi
stuzzica lui.
“E se
volessi farti ricredere?” la mia voce
stridula riecheggia nell’aria e il peso di quelle parole
è un macigno che si
abbatte su di me, subito dopo.
“Mi
piacciono le sfide, tuttavia stasera mi
limiterò solo a riscuotere il mio premio” sussurra
lui, allontanandosi.
“Posso
sapere di che cosa si tratta?” grido al
suo indirizzo.
“Fidati,
ti piacerà”.
Liam Cooper non
si sbagliava di certo. Il lago
al confine del campo è uno spettacolo e la luna vanitosa vi
si specchia creando
magici effetti di luce in superficie.
Il mio
enigmatico accompagnatore, immerso in
quelle splendide acque, fa bella mostra di sé
attraversandole a grandi
bracciate.
Il famigerato
premio non era che una nuotata
insieme, in questo posto meraviglioso e incantato.
A passo rapido
ma leggero raggiungo la riva
del lago e m’immergo avendo cura di controllare il mio intimo
che funge da
costume. Ok, magari Liam è abituato a qualcosa di
più aggressivo rispetto al
mio modesto e candido reggiseno bianco ma poco importa, voglio solo
godermi
questa serata.
Dentro
l’acqua, i miei lunghi capelli ramati
galleggiano intorno, seguendo i movimenti che mi portano da lui.
“Sei
bellissima” sussurra ammirandomi.
E’ la
seconda volta in un giorno che qualcuno
decanta le mie qualità; Seth poco dopo averlo fatto, mi ha
baciato. Devo dedurre
che anche Liam lo farà? O forse sono io a sperare che lo
faccia?
“Liam,
voglio farti una domanda” ribatto, deviando
l’attenzione su un argomento che mi
sta a cuore.
“Odio
le domande cui non posso dare risposta”
mi anticipa lui.
Ignoro la sua
affermazione e vado dritta al
nocciolo della questione.
“Cosa
ti lega di preciso a mio padre e Seth?”
chiedo, ferma e decisa.
Il suo viso
allora, cambia espressione
ritornando quello sicuro e indisponente della prima volta in cui ci
siamo
visti.
“Non
sono cose che ti riguardano ragazza”
risponde sprezzante, allontanandosi fino a raggiungere la riva e uscire
dall’acqua.
**
Odio i tragitti
lunghi e silenziosi.
Odio il silenzio.
Odio il SUO
silenzio.
Paradossalmente
il silenzio tra di noi, parla
di cose non dette, di cose tenute nascoste e segregate nella mente e
nell’animo
di quest’uomo caparbio. Ed io ho fallito
nell’intento di portarle a galla.
“Siamo
arrivati” afferma, aprendo in
automatico lo sportello della Lamborghini.
“Liam,
io..”
“Leila,
scendi. Seth ti starà aspettando”
ribatte, scuro in viso.
“Ti
rivedrò?”
E adesso,
perché ho posto quella domanda?
Liam Cooper
tentenna, prima di rispondere un
laconico: “Forse”.
Non appena
inserisco le chiavi di casa, la
figura di Seth si palesa dinanzi la porta. Il suo bellissimo viso
è deturpato
da sentimenti contrastanti: ansia, preoccupazione, rabbia e affetto si
mischiano come i colori di una tela astratta.
“Dove.
Sei. stata.” Sibila a denti stretti.
Osservo quelle
labbra morbide che qualche ora
prima mi hanno bramato e le ritrovo chiuse in una linea dura e severa.
Non ho il
coraggio di rispondere, intimorita
da quello sguardo tagliente indagatore.
“Leila
Roberts, ti ho posto una domanda” inveisce
contro di me.
“Victoria
non ti ha soddisfatto questa notte?”
sono le uniche parole che riesco a mormorare, firmando definitivamente
la mia
condanna.
ANGOLO AUTRICE:
Buondì a tutte/i,innanzitutto
vorrei ringraziarvi per la presenza costante che riservate a questa
storia. La
vostra curiosità, le vostre domande, i vostri complimenti e
i vostri dubbi mi
spingono a portare avanti questa storia incasinata!
Ho deciso di
troncare il capitolo perché
altrimenti sarebbe diventato pesante da leggere e con questo caldo, non
è
proprio il caso. Vi prometto che il prossimo arriverà a
breve!
Nel frattempo
cosa ne pensate di questo? Cosa
vi ha o non vi ha convinto dei personaggi? Il prossimo capitolo
farà più
chiarezza su questo mistero che aleggia su Seth, Liam e Ryan Roberts
(il padre
di Leila).
La canzone che
dà il titolo al capitolo è alone
together dei Fall out boy.
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Capitolo 8 *** If you could see me now ***
Somebody that I used to know
Capitolo ottavo
If you
could see me now
Il riflesso
rossastro delle cinque
dita sulla gota -bianca e vergine di schiaffi- marca a fuoco
l’insormontabile
quanto insanabile distanza che intercorre tra me e Seth in questo
momento.
Davanti ai miei
occhi si snodano le
immagini della sua mano, quella mano che tanto ho bramato, disperdersi
in un
suono acuto sul mio viso, facendolo vibrare.
Pochi secondi
dopo, il pentimento e
l’angoscia dilagano sul suo viso, prontamente contratto da
una smorfia di
dolore e d’incredulità per il gesto appena
compiuto. Non è mai stato violento,
è la prima volta che la sua mano mi provoca dolore,
più in senso figurato che
reale.
Eppure non
riesco a essere indulgente
nei suoi confronti.
Immune alla sua
muta richiesta di
perdono -tradotta dallo sguardo truce-
mi allontano, scansandolo con le prime lacrime agli occhi.
La mia camera mi
accoglie nella
penombra della notte, rischiarata solamente dalla filigrana lunare che
proietta
i suoi giochi di luce sull’anonimo muro.
Trovo rifugio in
quelle candide
lenzuola che fino a qualche ora fa avrei voluto vedere attorcigliate a
me e
Seth se solo l’ingresso di Victoria non avesse rovinato
tutto. Come nelle
migliori commedie, infatti, il fato ha incautamente mescolato le carte
conducendomi da Liam Cooper. E’ stato il miglior impediente
che il destino
potesse mettere tra me e Seth. La sua immagine che fende
l’acqua, il suo fisico
asciutto e ben delineato che risale maestoso da quelle stesse acque e
quel
petto virile solcato da mille goccioline brillanti, mi strappano un
lieve
sorriso, consegnandomi alle braccia di Morfeo prima di quanto
immaginassi.
**
Qualche ora dopo
mi sveglio di
soprassalto sudata e ansante dopo un sogno che non riesco a ricordare
nei
dettagli. I protagonisti erano Seth e Liam ma non rimembro altro.
Un leggero
tepore sembra invadere il
mio corpo, scuotendolo.
Poi, la
percepisco chiaramente.
Sul letto
accanto a me, avverto la
presenza di qualcuno.
Un respiro
irregolare, infatti, fiata
sul mio collo e delle braccia forti sono ben salde alla mia vita.
Non impiego
molto a capire di chi si
tratta.
“Seth,
cosa ci fai qui?” chiedo
allarmata, sciogliendo quella morsa e girandomi verso di lui.
Ha gli occhi
arrossati e delle
occhiaie profonde a contornarli.
“Perdonami
Leila, non avrei dovuto
darti quello schiaffo” sussurra, senza alcun colore nella
voce. Mentre
proferisce quelle poche e semplici parole, la sua mano accarezza
lievemente la
parte lesa, quasi a voler lenire con quell’unico tocco, il
dolore che essa
stessa mi ha inferto.
Vorrei gridargli
in faccia tutto il
risentimento per quel gesto, ancora e ancora; mandarlo al diavolo e
farlo
sparire dal mio letto ma non faccio nulla di tutto ciò. Mi
limito a sospirare
pesantemente prima di chiedere:
“Che
cosa ha significato quel bacio?”
Nell’attesa
di una sua delucidazione
mi mordo il labbro in continuazione, fremendo al pensiero che quella
risposta
possa fare male più di uno stupido schiaffo.
E arriva, come
una secchiata di acqua
gelida in pieno volto.
“E’
stato un momento di debolezza”
afferma, atono.
Quella risposta
stride in maniera
evidente con i suoi occhi che sembrano gridare il contrario.
M’irrigidisco di
getto, dandomi della stupida per aver pensato che potesse mai ammettere
qualcosa di più.
Allora sono io
che abbandono il
letto, stanca delle sue reticenze.
Sono io che
abbandono quella stanza,
senza una meta precisa.
“Tua
madre era come te, stesso
carattere orgoglioso e fiero” dichiara improvvisamente Seth,
raggiungendomi
davanti all’uscio di casa.
Tento di
ignorare le sue parole ma
esse mi si ritorcono contro con una potenza inaudita, arrestando la mia
folle
partenza. Per dove, poi?
“Hai
sempre detto di non averla
conosciuta..” ribatto, la voce ridotta ad un sussurro.
E’
destabilizzante venire a
conoscenza di dettagli così importanti in momenti
così critici. Quel mondo che
credevi sicuro perché costruito con tanta fatica sulle basi
di una vita particolare
–così definivano l’assenza
di mia madre, quando chiedevo il perché tutte le mie amiche
avessero la
propria- crolla miserabilmente, sgretolando quelle certezze.
Non ho mai
saputo nulla della mia
madre biologica.
Nessuna foto che
testimoniasse la
nostra somiglianza, nessuna lettera, nessun ricordo tramandato: nulla.
Papà
ha sempre declinato l’invito a
parlarmi di lei, a spiegarmi i motivi che l’hanno spinta ad
abbandonarmi non
appena mi ha dato alla luce, a discutere del loro rapporto. Si
è sempre
trincerato dietro un omertoso silenzio, aiutato dal suo più
caro amico e dai
miei nonni che evidentemente non nutrivano simpatia nei confronti di
mia madre.
“Jamie
lynn era bella quasi quanto te, la
più popolare del
liceo” inizia a narrare Seth, quasi stesse raccontando una
favola.
Udire per la
prima volta il suo nome mi provoca
un senso di nausea
per tutte quelle volte che ho provato a indovinarlo senza mai riuscirci.
Faccio un passo
indietro come rapita
da quel racconto e mi lascio sprofondare sulla prima poltrona vicina.
Seth deve
aver interpretato il mio gesto come un assenso a continuare
poiché senza indugi
procede:
“Allora
non frequentavo il liceo, ero
ancora troppo piccolo perché potessi. Tuo padre
però, mi raccontò di aver
conosciuto lì una ragazza bellissima di nome Jamie Lynn.
Disse che avevano la
stessa età e che sarebbero usciti qualche sera
insieme” fa una piccola pausa
per poi riprendere:
“Ero
solo un dodicenne brufoloso e appassionato
di videogiochi, non avrei mai immaginato che dopo un mese, tuo padre mi
annunciasse la gravidanza di Jamie Lynn” pronuncia quelle
ultime parole
sfumandole appena, perso in un ricordo vivido che ancora occupa
incontrastato i
meandri della sua mente.
Una prima
piccola lacrima scivola
giù, inconsapevolmente depositaria della mia crescente
angoscia.
“Continua”
lo incito con un mormorio
flebile e poco udibile.
Seth comprende
il mio stato d’animo e
continua la narrazione della mia vita con un tono di voce fermo e
pacato.
“La
prima volta che Ryan la portò a casa, non
fu bene accolta dai tuoi nonni poiché vedevano in lei la
minaccia alla
stabilità di una famiglia borghese rinomata”.
“Mio
padre la amava?” lo interrompo,
sempre più in preda allo sconforto.
“Si,
tanto. Tua madre era un vulcano
di energia. Era bella, solare, positiva. Non si poteva non restarne
affascinato” conclude, pensieroso.
Un terribile
presentimento si fa
spazio dentro di me.
“Un
momento.. tu..” azzardo.
“Io ne
ero rimasto affascinato, ma
lei non mi vedeva. Ai suoi occhi ero solo il piccolo migliore amico di
Ryan”
soffia Seth, nascondendo il suo sguardo dal mio.
Quelle parole m
spiazzano del tutto,
raggelandomi. Mio padre era a conoscenza di tutto ciò?
Scossa da un ulteriore
senso di nausea faccio per alzarmi, ho già avuto troppe
rivelazioni da
digerire.
Seth non sembra
della stessa opinione
e veloce come una lepre raggiunge il mio braccio prima che possa aprire
quella
dannata porta.
“Lasciami
Seth” bercio,
“Leila,
non fuggire da me. Ti ho solo
detto la verità”.
Guardo i suoi
occhi blu guizzare
frenetici nei miei cercando un assenso, una parola che possa stabilire
un
attimo di tregua. Perché è un attimo di pace
quello di cui entrambi abbiamo
bisogno. Seth ha messo a nudo i suoi sentimenti, tradendo mio padre e
il veto
di non parlare, per me.
Tuttavia la
ferita che ha aperto,
brucia. Brucia conoscere un pezzo della tua storia che ti è
stato negato per
tanti anni. Brucia sapere che è stato il tuo stesso padre a
negarti quella
verità. Seth non è che un complice pentito e
amareggiato.
“Mi
hai baciato perché ti ricordo
Jamie Lynn?”
Pronunciare quel
nome è più difficile
di quanto pensassi, ma non riesco ad appellare ‘mamma’
quella donna.
“Sono
pentito di quel bacio. Non
avrei dovuto approfittare di te” mormora Seth, sfuggendo alle
occhiate di fuoco
che gli rivolgo.
“Stai
rifuggendo la mia domanda,
rispondi” strillo, alzando il tono di voce di
un’ottava.
Il suo viso
allora si erge fiero
nella mia direzione coprendosi di rossore mentre gli occhi ardono e le
labbra
schiette mormorano:
“No,
ti ho baciato perché desideravo
farlo. Perché da quando sei entrata in casa mia, non hai
fatto altro che
provocarmi. Sei bella Leila ed io sono un uomo. Non ho resistito,
perdonami”.
E’
un’analisi cruda e schietta della
realtà che mi disarma non poco ma al contempo mi eccita.
Essere a conoscenza
dell’ascendente –seppur di natura prettamente
fisica- che ho su di lui,
inorgoglisce la parte più sfrontata di me.
Quella parte di
me che ha sempre
desiderato che lui non mi vedesse più come una bambina ma
come una donna e in
quanto tale desiderabile da un punto di vista sessuale. In quel
frangente quella parte di me
s’impone sull’altra,
su quella mogia e riflessiva che non bacerebbe mai per prima un uomo, a
maggior
ragione dopo un discorso del genere.
Cadenzando i
pochi passi che mi
separano da lui, afferro con fermezza il suo viso, disponendo le mani
ai lati
esercitando così una pressione non indifferente che lo
spinge dritto sulle mie
labbra.
Dapprima, sento
la sua resistenza
manifestarsi dietro un muro di labbra serrate, nel mentre le sue mani
cercano
flebilmente di allontanarmi ma io non mi arrendo ed imperterrita
lambisco
quelle labbra inumidendole con la punta della lingua.
La sua reazione
allora non tarda ad
arrivare, le mani non cercano più di allontanarmi ma al
contrario mi sollevano
da terra afferrandomi per i glutei e adagiandomi sul divano.
E’
l’attimo della resa,
dell’abbandono totale a rendere più vivido e
intenso quel momento. Il corpo
possente di Seth s’impone sul mio in modo del tutto naturale.
Lo schiocco dei
nostri baci riecheggia tra le pareti come un suono melodioso
accompagnato
dall’incessante tamburellare del mio cuore. Mi ritrovo a
osservarlo per qualche
secondo mentre a occhi chiusi continua a giocare con le mie labbra,
sfinendole
di sensuali tocchi. Non mi sembra vero.
Allora mi lascio
rassicurare dalle
sue mani che frenetiche hanno preso ad accarezzarmi le gambe nude.
Ieri sera non ho
avuto modo di
cambiarmi, così mi ritrovo addosso, il vestitino rosa che
avevo scelto per
l’appuntamento con Liam.
Già,
Liam Cooper.
All’improvviso
flashback della sera
prima tornano a occupare abusivamente la mia mente.
Mi distraggo
pensando al suo volto,
alla sua voce e..
“oh”
sospiro.
Le dita abili e
curiose di Seth
sfiorano ora l’interno delle mie gambe, facendomi trasalire
per le sensazioni
forti e impetuose che neanche nel migliore dei baci con Joshua ho mai
provato.
All’improvviso
non sono più certa di voler
andare avanti, sebbene non sia la mia prima volta, non voglio che si
consumi
tutto in fretta e su questo divano.
“Seth,
Seth, fermati” sussurro con la
voce incrinata.
Le sue carezze
cessano in
contemporanea alla mia supplica, lasciando sul volto un’aria
interrogativa
mista al rossore che le sue gote hanno assunto.
“Ti ha
infastidito qualcosa? Ti ho
fatto male accidentalmente?” la voce di Seth è
accorata, intrisa di mille dubbi
e tante paure.
“No,
affatto. E’ solo che..” tento di
dire prima di essere interrotta nuovamente da lui.
“E’
solo che non avremmo dovuto, sono
un coglione” sentenzia, distaccandosi da me.
La sensazione di
abbandono che il suo
corpo possente ha lasciato, mi trascina in un abisso di sconforto. E
ora?
**
Contenere
l’entusiasmo di Hanna è
paragonabile a grandi imprese come scalare l’Everest o
attraversare il deserto
del Sahara; la mia amica sembra avere vinto il primo premio di una
lotteria
milionaria.
“Finalmente
vi siete decisi. Oddio
temo di non reggere” cinguetta felice, scimmiottando un
attacco di cuore.
Ci troviamo in
un bar a pochi metri
da casa di Seth, l’unico raggiungibile a piedi. Dopo il
nostro approccio il mio
coinquilino è sparito nella sua stanza ed io ho sentito la
necessità di parlare
con la mia migliore amica di quanto è accaduto in questi
giorni. Lei non
immagina neppure in che guai mi sto cacciando.
“Hanna,
non è successo niente. Seth
ha pure ammesso per l’ennesima volta di aver
sbagliato” sospiro affranta.
“Perché
tu l’hai interrotto sul più
bello mia cara, pessima mossa” ribatte prontamente la bionda.
Come faccio a
dirgli che sono
confusa? Che prima di conoscere Liam Cooper, avrai proseguito senza
indugi? E
poi c’è la storia di mia madre. O per meglio dire,
della donna che mi ha messo
al mondo.
L’ombra
di Jamie Lynn mi continua a
perseguitare, ricordandomi di quanto la mia vita sia stata una completa
omissione.
“Seth
mi ha confessato di aver conosciuto
mia madre” sbotto infine, spinta da un moto di coraggio che
affonda le sue
radici nel bisogno di dividere questo fardello con qualcuno.
Presa alla
sprovvista, Hanna, sgrana
gli occhi, riducendoli a due piccole fessure e per un attimo, perde lo
smalto
che contraddistingue la sua solita espressione canzonatoria e allegra.
“Co..cosa
ti ha rivelato di lei?”
balbetta, puntandomi addosso i suoi occhi smarriti. Sa che il lemma
‘madre’ non
è tra i miei preferiti del
vocabolario ed è silenziosamente riconoscente quando senza
indugio inizio a
raccontarle dal principio, per filo e per segno, tutto quello che Seth
mi ha
svelato, compresa la sua prematura
infatuazione
per Jamie Lynn.
Durante il
racconto Hanna ogni tanto
annuisce, altre volte, leva la mano sulla bocca per enfatizzare
l’incredulità
scaturita dai fatti che snocciolo senza remore.
“Vuoi
cercarla?” chiede la mia
migliore amica, non appena termino il racconto.
“Non
lo so” ammetto, addentando la
brioche ormai fredda sul mio piatto.
Dovrei cercarla?
Ho come la
sensazione che Seth non mi abbia raccontato tutto,
c’è qualcosa che manca per
terminare questo puzzle intricato.
“Non
ti ha spiegato il perché, ecco..”
inizia col dire Hanna in maniera impacciata.
“Perché
quella donna mi ha
abbandonato? No, ero già abbastanza nauseata dai complimenti
che le rivolgeva,
subito dopo ho agito
d’istinto”
concludo, accennando un sorriso mentre le gote si tingono di un tenue
rossore.
“E..
Liam Cooper?” chiede,
ammiccando. Per fortuna la solita espressione spensierata si
è impossessata nuovamente
dei suoi tratti. E’ di nuovo lei, la solita Hanna: regina del
gossip e imperturbabile
rubacuori, o spezza cuori come
l’ha
definita una volta un tale.
Arriccio le
labbra, annaspando per
trovare una risposta a quella domanda tanto complicata. Le ho
raccontato solo
oggi di Liam, ragion per cui dovrebbe non solleticare la sua
curiosità, ha già
avuto la sua dose di notizie su di lui! Eppure insiste
sull’argomento. Valla a
capire!
“Vorrei
rivederlo” soffio, pentendomi
subito dopo la mia confessione.
“Wow,
lo sapevo. Ti piacciono
entrambi!” trilla entusiasta, battendomi le mani e attirando
così le attenzioni
di tutto il locale.
Hanna e la
discrezione sono due rette
parallele, non s’incontreranno mai!
“D’accordo,
d’accordo. Ora smettila
di sghignazzare, è già tutto così
complicato” sbuffo, irritata dagli sguardi
curiosi intorno a me.
Ripresasi dalla
genuina risata Hanna
riparte all’attacco:
“Stasera
esco con Steve Garsol, ti va
di unirti a noi? Puoi portare uno dei due cavalieri”propone,
come se invitare
Seth o Liam fosse la cosa più normale di questo mondo; ma
non è quello a
mettermi in allarme.
“Steve
Garsol? L’amico di Joshua?”
chiedo allibita. Quel tizio non mi è mai piaciuto. Il
classico pallone
gonfiato, ebbro di se stesso. Ricordo che spesso metteva il bastone tra
le
ruote alla mia relazione con Joshua, accaparrandosi di diritto un primo
posto
nella mia lista nera.
Non sopporto che
Hanna esca con un
tizio del genere, non la ma migliore amica.
“Si”
ribatte ovvia.
“Hanna
non mi piace quel tizio, sai
quanto può essere infimo” le ricordo, rischiando
di sembrare la guasta feste di
turno.
“Non
essere paranoica, usciamo solo a
prendere un hamburger” brontola, chiudendo così
quell’infinita discussione.
**
Quando rientro a
casa, sono un fascio
di nervi.
Tentenno qualche
secondo davanti alla
porta, facendo scorrere a una a una le chiavi del mazzo quasi non
conoscessi
quella giusta. Poi, decido finalmente di entrare,
l’alternativa sarebbe dormire
sotto i ponti o accatastata in qualche marciapiede della stazione
centrale,
quindi tanto vale affrontare Seth.
All’interno
le luci sono stranamente
accese, come se qualcuno fosse appena passato e avesse dimenticato a
spegnerle.
Procedendo in quella direzione riesco a udire due che voci si alternano
in una
discussione dai toni apparentemente pacati. Non appena sono abbastanza
vicino alla
cucina, rimango allibita.
“Leila,
abbiamo un ospite”.
ANGOLO AUTRICE:
Ciao a tutte/i!!! oggi
vorrei iniziare ringraziando tutti voi che seguite, preferite o
ricordate
questa storia e coloro che con tanto affetto lasciano un loro pensiero.
Siete
il motore di questa storia, sappia telo! Anyway, come trovate questo
capitolo? Ho
qualche dubbio circa la scena d’approccio tra Seth e Leila,
chiedo venia ma non
so scrivere nei dettagli scene a rating rosso, devo migliorare e per
ora mi
accontento dell’arancio!
Altro punto
saliente: la mamma di Leila, Jamie Lynn.
Finalmente scopriamo qualcosa su questa donna misteriosa..
Ennesimo punto
chiave:Chi sarà l’ospite?
Non
sottovalutate troppo Steve
Garsol, vi ritroverete presto ad odiarlo, forse.
C’è
molta carne in brace (non capisco
perché uso sempre questa metafora, sarà
perché sono una buona forchetta? xD), a
voi l’arduo compito di valutare questo bel (?) piatto!
Ho
già una presta volto per la mamma
di Leila. Se volete, la pubblico nel prossimo capitolo!
La
canzone che dà il titolo a questo capitolo
è If you could see me now
dei The script (piccolo omaggio per
una
canzone che amo).
Bacioni, Lady Po.
(fb: Ladi Po
efp).
|
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Capitolo 9 *** Something to believe in ***
Somebody that I used
to know
Capitolo nono
Something
to
believe in
“Leila
abbiamo un ospite”.
Le due figure
stagliate sullo sfondo
della cucina in stile moderno, ora guardano incessantemente nella mia
direzione. Due paia di occhi che virano dal blu cobalto
all’azzurro cielo,
intersecano il mio tragitto visivo.
Seth e Liam,
immobili nella loro
postura eretta e rigida, attendono che io proferisca parola, protraendo
quell’imbarazzante
silenzio in cui versiamo da qualche secondo a questa parte.
Liam Cooper
è impettito nel suo
completo firmato, tipico da manager in carriera mentre Seth ha indosso
una
semplice maglia bianca e un pantaloncino, in sostanza gli stessi abiti
che
portava prima che io uscissi.
“Buona
sera Sig. Cooper” soffio, trincerandomi
dietro una maschera d’indifferenza.
In
realtà, il suo viso fresco di
rasatura, i capelli di quel castano intenso perfettamente in ordine e
quelle
iridi cerulee, mi scuotono parecchio.
“Salve
Leila” risponde,
carezzando il mio nome e esibendosi in un elegante
baciamano che ha il potere di fare sorgere dei piccoli brividi sulla
tutta la
pelle soggetta a quel tocco lieve.
Il suo
savoir-faire è l’elemento che
forse lo contraddistingue di più, sebbene sia anche capace
di lasciarlo da
parte in alcune occasioni.
“Liam
si fermerà a cena da noi,
ordino qualcosa da Mercy’s*?”
domanda
Seth, interrompendo lo scambio di sguardi intercorso tra me e il suo
amico.
Avrà
captato qualcosa?
“Si,
trovo sia la scelta migliore” mi
affretto a dire, dissimulando l’imbarazzo e la paura che
abbia potuto
fraintendere il mio comportamento.
Di seguito
osservo con la coda
dell’occhio Liam Cooper che si ricompone, passandosi una mano
tra i capelli
fulgidi e lasciandola poi cadere dentro la tasca dei pantaloni con
finta indifferenza.
“Vado
a prendere i menù” annuncia
Seth, prima di allontanarsi a passo spedito.
In quel
frangente, mi avvicino a
Liam, sfidandolo apertamente con lo sguardo.
“Cosa
ci fai qui?” sussurro,
guardandomi intorno.
La sua risata
cristallina non tarda
ad arrivare seguita da:
“Non
mi avevi chiesto se ci saremmo
mai rivisti? Eccomi qua” conclude sornione.
Aggrotto le
sopracciglia, no,
probabilmente non ha capito l’inopportunità della
sua presenza in questo
momento. O forse sono io a non aver capito le reali intenzioni che
l’hanno
spinto a presentarsi nel bel mezzo di una domenica sera a casa di Seth.
“Vuoi
forse spifferare tutto a Seth?
Perché se così fosse io..” inizio col
dire prima di essere interrotta dal suo
indice che prontamente poggia sulle mie labbra.
“Shhh,
non preoccuparti Leila, non ho
intenzione di raccontare nulla a Seth” mormora placido.
Ad ogni modo il
suo comportamento non
mi convince, lo terrò d’occhio tutta la sera se
necessario.
“Specialità
italiane, cibo thai o
cinese?” irrompe Seth, facendomi letteralmente sobbalzare.
Liam, indietreggia
di qualche passo e lascia che l’amico s’interponga
tra noi con il depliant del
menù di Mercy’s
in bella vista.
Scorro
velocemente le varie
specialità, più per distogliere lo sguardo da
Liam che per reale interesse.
Quest’ultimo invece, sembra analizzare con interesse profuso
l’intero menù,
valutando con occhio critico ogni piatto come se da quello dipendesse
l’intera
serata.
Alzo timidamente
lo sguardo verso
Seth e ritrovo i suoi occhi penetranti che mi sondano, alla ricerca di
una
qualsiasi emozione ricollegabile a quanto è accaduto solo
qualche ora prima tra
di noi. E la reazione non tarda ad arrivare. Sorprese da un improvviso
calore,
le mie guancie si tingono di un rosso scarlatto, il rosso della colpa.
“Per
me, una porzione di parmigiana
di melanzane” affermo, distogliendo lo sguardo. Non deve
essere stata una buona
idea quella di allontanarmi poiché Seth mi segue
repentinamente, lasciando Liam
da solo e vagamente perplesso.
“Leila
dobbiamo parlare” dice,
raggiungendomi nella mia stanza. Il suo viso denota preoccupazione e
nervosismo,
chiaramente evidenziati dall’espressione corrucciata.
“Seth,
non è il momento di discutere
quanto tu sia stato coglione”
ribatto, sottolineando le sue stesse parole.
“E’
vero, sono stato un coglione.
Dovevamo chiarire subito le cose tra di noi” sentenzia,
avvicinandosi di
qualche passo.
“Esiste
un noi?” domando
scettica, con una punta di velato sarcasmo.
“No”
risponde serio, senza scomporsi.
Quell’ennesimo
diniego non fa altro
che accentuare la stizza nei suoi confronti, per quanto mi riguarda ho
chiuso
con questa storia.
Lo fisso ancora
un paio di secondi
prima di girare i tacchi e andarmene, raggiungendo Liam in cucina.
“Mi
sono perso qualcosa?” Il moro è
elegantemente seduto su una sedia, lo sguardo fisso al televisore
acceso su un
canale qualsiasi e la sigaretta tra le dita della mano destra.
“Niente
d’importante” biascico,
recuperando dal cassetto una tovaglia per apparecchiare la tavola.
Lui solleva le
sopracciglia con fare
sospettoso poi si alza di scatto, raggiungendomi alle spalle mentre
sono
intenta a distendere la tovaglia.
“Non
si direbbe, Seth ti ha fatto
arrabbiare?” sussurra al mio orecchio, poggiando lievemente
la mano libera sul
mio fianco.
Quel contatto
così improvviso e
intimo trasla tutto il calore in esso intrinseco. In un attimo,
infatti, sento
il corpo rispondere positivamente, lanciando segnali di fuoco.
“No,
ecco io..” balbetto incerta.
“Ho
interrotto qualcosa?” la voce di
Seth tuona minacciosa, liberandosi per tutto l’ambiente.
Evito
accuratamente di voltarmi e
incontrare i suoi occhi, finirebbe per capire che sì, ha
interrotto qualcosa.
In compenso, mi
muovo con
disinvoltura appoggiando le posate al posto corrispondente a ognuno di
noi tre
mentre Liam si distacca giusto per non dare nell’occhio.
“Amico,
stavo giusto chiedendo a
Leila qualche consiglio sulla portata da scegliere. Quel
menù è interminabile”
lo sento giustificarsi, all’indirizzo di Seth.
“E
quale piatto ti avrebbe
consigliato Leila?” ribatte quest’ultimo in tono
chiaramente provocatorio.
Ancora una volta, sono oggetto di discussione ma non ho voce in
capitolo.
“Khao
mun khai*” afferma
Liam, mostrando una perfetta pronuncia della lingua thailandese. Avere
spulciato per bene il menù, ha dato i suoi frutti.
Perlomeno, Seth sembra aver
abbandonato quell’aria sospettosa di qualche secondo prima.
“Io
ordino degli involtini primavera,
provvedo a chiamare Mercy’s” annuncia, lanciando
un’ultima occhiata a me e a
Liam e sparendo subito dopo.
Dopo lo scampato
pericolo deglutisco
rumorosamente, arrestando la mia oltremodo minuziosa sistemazione della
tavola.
“Geloso,
eh?”
esordisce Liam, sedendosi nuovamente.
Incrocio le
braccia
sul petto e assottigliando lo sguardo ribatto:
“Non
è geloso di me, è
solo protettivo”.
“Se
avesse potuto, mi
avrebbe volentieri incenerito con la sola forza dello
sguardo” risponde lui,
scuotendo la testa con fare ovvio.
Vorrei
chiedergli come
diavolo pretende di ergersi a detentore della verità
assoluta senza avere in
mano prove certe.
“Intuito
maschile, mia
cara. Ha fiutato qualcuno nel suo
territorio” aggiunge poi, come se mi avesse appena letto nel
pensiero.
Sono proprio
così
evidenti i miei pensieri?
Il suo discorso
sul
marcare il territorio è un tantino maschilista sto per
aprire bocca per
rammentarglielo quando Seth fa rientro in cucina.
“Prenotato.
Tra
mezz’ora un fattorino ci consegnerà il
tutto” afferma, poggiando il cordless
sul tavolo.
Con mia enorme
sorpresa, noto che si è cambiato d’abito, la
maglietta bianca è stata
rimpiazzata da una camicia di jeans e i pantaloncini hanno lasciato
spazio a un
paio di pantaloni beige aderenti. Per un attimo indugio sul tessuto di
quei
pantaloni che si modella perfettamente sulle gambe muscolose di Seth.
Tante volte
ho sognato di poterle accarezzare, ma poche volte in realtà
ne ho avuto
l’occasione, per sbaglio.
Rincuorata dal
fatto che le acque
sembrano essersi calmate, decido di porre la fatidica domanda.
“Allora,
come vi conoscete voi due?”
“Colleghi
di università” si
affrettano a dire all’unisono.
In
realtà, è un particolare di cui
sono a conoscenza, poiché entrambi in sedi separate, me ne
hanno accennato. La
mia brama di sapere però mi fa spingere oltre.
“Interessante!
Com’era la vita
universitaria? Papà era dei vostri, giusto?” sputo
lì, con finta innocenza.
Le loro facce
impallidiscono in
sincrono, quasi avessi chiesto la soluzione a uno dei misteri del
tempo.
Allora Liam
Cooper con noncuranza
versa dell’acqua nel bicchiere di vetro posto proprio davanti
a sé mentre Seth
giocherella nervosamente con una posata.
“Tuo
padre è un tipo tosto Leila”
esordisce Liam, deglutendo rumorosamente l’acqua appena
ingerita.
Seth lo guarda
di sbieco,
raggelandolo con un’occhiata carica di significati a me
nascosti ma chiaramente
minacciosi.
“Leila,
non infastidire il signor
Cooper con queste domande inopportune” dice infine,
rivolgendosi a me.
Reggo il suo
sguardo ammonitore e
imperterrita continuo su quella linea di attacco, ignorando il suo
ordine.
“Signor
Cooper, cosa intende per tosto?”
domando.
Sembra quasi di
assistere a un
processo.
Liam preso in
contropiede, tentenna
prima di farfugliare:
“Ryan
ha un carattere particolare”.
“Adesso
basta. Leila smettila con
questo interrogatorio” s’intromette Seth, sbattendo
i pugni sul tavolo.
Devo avere
toccato dei tasti dolenti,
poiché non ha mai reagito con una tale veemenza per una
semplice domanda.
Liam tenta di
scusarmi adducendo come
giustificazione la curiosità intrinseca in ogni donna ma
Seth non sente
ragioni, giudicando deplorevole il mio comportamento.
Il lato positivo
dell’intera
situazione è che ho ben compreso l’esistenza di un
legame che va oltre il
semplice contesto universitario tra Seth, mio padre e Liam Cooper.
Ma cosa
può unire tutti e tre? Qual è
l’elemento chiave di tutta questa storia?
All’improvviso un nome inizia a
ronzare nella ma mente.
L’ultimo
nome che avrei voluto
immaginare: Jamie Lynn.
Istintivamente
mi alzo dalla sedia,
ho bisogno di schiarirmi le idee.
Senza badare a
Seth e Liam che mi
chiamano a gran voce, mi dirigo in bagno, dove chiusa la porta mi siedo
a terra
con le ginocchia al petto.
Quando ero
piccola, quella posizione accovacciata
mi aiutava a riflettere, facendomi sentire meno vulnerabile.
Non so quanto
tempo sia passato prima
che qualcuno bussasse alla porta.
Chiaramente non
può che trattarsi di
Seth così sospirando mi alzo e schiarendo la voce domando
retorica: “Chi è?”.
Dall’altro
lato della porta, la voce
contrita del mio coinquilino mi avverte che la cena è
arrivata.
Di riflesso
guardo la ma immagine
allo specchio, ritrovando quella di una ragazza dagli occhi gonfi e il
trucco
colato. Decido allora di ricompormi, sciacquando il viso e applicando
nuovamente un leggero trucco, giusto per coprire le occhiaie.
Quando arrivo in
cucina, l’atmosfera
sembra cambiata, Seth ha acceso lo stereo inserendo in sottofondo Consolation no.3 di Franz
Liszt*, è una delle composizione per piano che
maggiormente
lo rilassa e che inevitabilmente instaura un ambiente rasserenante e
distensivo.
La mia
parmigiana di melanzane ha un
aspetto delizioso, così come il khao mun khai di Liam o gli
involtini di Seth. Mercy’s
è uno dei migliori ristoranti
della città.
Divoro, in pochi
minuti, gran parte
della mia porzione mentre osservo Seth e Liam discutere della campagna
promozionale di un prodotto.
Seth
è un grafico (come mio
padre), Liam invece è un brand manager, cioè il
responsabile delle politiche di
marketing da attuare, nonché colui che tutela il valore di
un determinato
marchio nell’arco del tempo. Il suo lavoro mi affascina
parecchio, magari un
giorno terminati gli studi, mi piacerebbe intraprendere quella carriera.
“Ero
venuto giusto, per invitarvi all’evento
promozionale del nostro prodotto di punta” conclude il
discorso Liam, rivolgendomi
dopo parecchio tempo uno sguardo, per includermi nella discussione.
“Che
genere di evento?” chiedo con un
filo di curiosità nella voce.
“E’
un cocktail promozionale che si
terrà nel terrazzo dell’Empire Hotel, questo
mercoledì. Ci saranno molte
persone illustri e boriose, magari ti annoierai ma ne vale la
pena” risponde
Liam, puntandomi contro quegli occhi azzurro cielo.
Sta forse
asserendo che data la mia
età, mi annoierei in un contesto simile?
Mi armo del
miglior sorriso costruito
e con fare serafico annuncio: “Troverò di certo un
cavaliere disposto ad
allietare la mia serata mentre voi due siete impegnati nelle vostre
discussioni
noiose”.
Seth tossisce
all’istante,
richiamando la mia attenzione e quella del suo amico, salvo poi
balbettare improbabili
scuse circa un pezzo di carota andato di traverso.
Liam sorride di
rimando e devo
ammettere che è proprio bello, insomma è alto e
distinto, senza tralasciare gli
occhi azzurro cielo, incastonati in quel viso dai lineamenti
particolari dove
si affacciano le prime sottilissime rughe, segno di
un’età matura.
Sospiro,
proseguendo poi a studiare nuovamente
Seth, e per un attimo il cuore accelera i suoi battiti, anche lui mi
osserva.
Che abbia visto
il modo in cui guardo
Liam?
Quegli occhi blu
cobalto che risaltano
sulla pelle abbronzata, mi scrutano a fondo, indagano sul mio essere.
Li sento
addosso come un tatuaggio indelebile e involontariamente mi mordo il
labbro per
l’imbarazzo che improvvisamente sento arrivare.
“Io
vado –annuncia Liam- grazie della
magnifica cena” conclude, alzandosi e dirigendosi verso
l’attaccapanni dove
giace la sua giacca.
Io e Seth lo
seguiamo a ruota,
accompagnandolo davanti al portoncino, dove lo congediamo. Sto per
chiudere la
porta quando vedo una mano ostruire la mia operazione.
In un batter di
ciglia, Liam Cooper mi
trascina fuori, sfiorandomi le labbra con un bacio leggero ma esigente.
Non ho il tempo
di metabolizzare
tutte le emozioni contrasti che emergono come i fiori in primavera, che
il suo
profilo sparisce dietro le porte dell’ascensore.
Porto una mano a
carezzare quelle
labbra, quasi a volermi accettare che non sia stata la mia fervida
immaginazione ma la pura realtà. Poi, rientro ancora scossa
da quel lieve
contatto e decisa a ignorare Seth.
I miei piani
d’indifferenza forzata
vanno in fumo quando quest’ultimo mi attende in salotto con
le braccia conserte
e un’espressione tutt’altro che rassicurante.
Tento di
superarlo, non curandomi di
lui, ma il suo braccio mi ostruisce il passaggio.
“Non
mi piace il modo in cui vi
guardate” afferma serio.
Sgrano gli occhi
mentre mi accorgo
che il cuore batte a un ritmo forsennato, molto più del
normale.
Mi schiarisco la
voce, obbligandomi a
mantenere il controllo della situazione.
“Seth,
non essere ridicolo” ribatto,
divincolandomi dalla sua presa.
“Liam
Cooper è un dongiovanni incallito,
prima di essere un uomo troppo grande per te” bercia,
incatenandomi ai suoi
occhi furenti.
Sento la rabbia
salire a dismisura
tanto da non controllare le parole che scivolano fuori dalla mia bocca
con un’inaudita
potenza semantica.
“Non
mi pare che ti sia fatto
scrupoli di età pomeriggio”.
Non
m’importa di scatenare una
guerra, sarà pure un’osservazione tagliente ma
è quel che si merita.
Seth allora si
rabbuia, guardandomi
con astio malcelato; i suoi occhi parlarono prima ancora delle labbra.
“Non
ti azzardare a paragonare..” inizia
a minacciarmi.
“Perché?”
lo interrompo, più cocciuta
che mai.
“Leila
ci sono cose che non sai del
passato di Liam. Anche se è un mio amico di vecchia data,
riconosco ancora oggi
la sua indole da predatore verso il gentil sesso” afferma,
deviando nuovamente
l’attenzione su Cooper.
“Il
signor Liam non mi ha importunato
in nessun modo” mento spudoratamente.
“Smettila
di mentire, ho visto come
ti mangiava con gli occhi” ribatte, in modo repentino.
“Non
sarai mica geloso?” azzardo,
rifacendomi alla discussione avuta con Liam circa la presunta gelosia
di Seth
nei miei confronti.
Probabilmente se
fosse così, mi
sentirei parecchio lusingata.
“Stai
vaneggiando, mi preoccupo solamente
della tua incolumità” risponde, sfuggendo al mio
sguardo interrogativo.
“Bene,
allora sappi che trovo molto
affascinante il signor Liam Cooper” affermo candidamente,
rischiando grosso.
Maledetta la mia
voglia di vendetta.
ANGOLO AUTRICE: Salve
a tutte/i!!
Ultimamente siete cresciuti in maniera esponenziale e sono felice per
il riscontro
positivo che sta avendo questa storia. A tal proposito volevo
ringraziare chi
la sostiene e chi la propone agli altri, chi la segua e recensisce con
affetto
e chi la inserisce tra le seguite/ricordate/preferite, siete come dico
sempre
il motore di questa storia.
Spero che questo
capitolo sia stato
di vostro gradimento, mi rimetto al vostro giudizio come sempre. Mi
scuso in
anticipo se c’è qualche errore ma tra lo studio e
il caldo, la distrazione è
sempre in agguato xD
In basso
allegherò un’immagine di
Jamie Lynn.
La canzone che
dà il titolo al
capitolo è Something to believe
in degli Aqualung.
NOTE:
*Mercy’s: E’ un nome di
fantasia, non sono al corrente di un
ristorante che abbia lo stesso
nome a New York.
* Khao mun Khai:
è un piatto tipico
della cucina thailandese, a base
di riso
fritto con pollo alla thailandese, farcito con una tipica salsa nera.
Non
chiedetemi altro, ne ho solo sentito parlare! Ahah
* Consolation
no.3 di Franz Liszt: http://www.youtube.com/watch?v=1UeoPy_HlfE
(link per chi volesse ascoltarla).
|
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Capitolo 10 *** City of angels ***
Somebody that I used to
know
Capitolo
decimo
City of angels
La leggera
brezza di maggio mi scompiglia i
capelli sul volto, creando una sorta di tendina che
m’impedisce una visuale
chiara e lineare della strada di fronte a me.
Camminare a
piedi, per di più a un’ora che
francamente sconoscevo prima di oggi, non è tra le mie
attività preferite. Da
quando mi sono trasferita, è sempre stato Seth ad
accompagnarmi a scuola, non
pensavo che un giorno avrei rifiutato un suo passaggio giusto per
fargli un
dispetto.
Chissà
magari ai suoi occhi, il mio
comportamento assume tinte fanciullesche e toni capricciosi; di certo,
la mia
immagine di bambina petulante avrà raggiunto livelli storici
dopo la sfuriata
di ieri sera.
Cosa mi
è saltato in mente?
Confessargli a
chiare lettere il mio interesse
per Liam Cooper; devo essere impazzita. Seth non mi ha più
rivolto parola per
tutto il resto della serata e stamane ha deviato ogni possibile accenno
di
conversazione, salvo poi chiedermi con tono polare, se avessi bisogno
di un
passaggio.
Come se non lo
sapesse già.
Ho
rifiutato per orgoglio e per dispetto, in fondo, alla mia
età è lecito agire
d’impulso.
Il Mazzini con i
suoi cancelli verdi, ormai
corrosi dalla ruggine, mi accoglie in tutta la sua imponenza. Qualche
ragazzo dall’animo
mattutino si trova già piazzato nell’androne e
aspetta che il bidello di turno
apra finalmente le porte mentre qualche coppietta approfitta dei pochi
minuti
liberi per scambiarsi tenere effusioni all’ombra del
gigantesco pino.
Non mi
è mai capitato di arrivare con così
largo anticipo a scuola, di solito sono tra quelli che arrivano
all’ultimo minuto; ragion
per cui non trovo
di meglio da fare che attendere placidamente il suono della campanella
e la
conseguente apertura delle porte, seduta nei gradini antistanti
l’entrata.
Nel giro di
pochi minuti, annoiata come non
mai, estraggo il cellulare dalla tracolla eastpak e mando un sms alla
bionda,
supplicandola di fare presto o sarei morta di solitudine.
Ovviamente la
risposta di Hanna arriva con
qualche minuto di ritardo, tipico da lei. Il cellulare è in
assoluto l’oggetto
che riesce a perdere con più frequenza nell’arco
della giornata. E quando lo
ritrova, chiamate e messaggi hanno già intasato la sua
memoria.
Dopo dieci
lunghi minuti, qualche viso
familiare inizia a popolare l’androne. Tra tutti riconosco la
chioma di
Monique e quella riccioluta di Joshua, strusciarsi
a pochi
millimetri di distanza.
Osservare i due
piccioncini ed essere
consapevole di quanta falsità si celi dietro ogni bacio o
abbraccio, mi
disgusta parecchio.
Fortunatamente
l’arrivo di Hanna, trafelata e
parecchio in disordine, mi distrae da quella fiction di scarso valore,
calamitando la mia attenzione.
“Wow,
se non ti conoscessi, direi che non hai
dormito a casa stanotte! Hai un aspetto così
trasandato” esclamo, osservando la
sua divisa stropicciata e i capelli scomposti e arruffati.
Quella che
voleva essere solo una battuta di
spirito, si trasforma presto in certezza quando volgo lo sguardo sul
viso
impassibile di Hanna.
“S-e
se non hai dormito a casa, allora dove..”
inizio a chiedere, disorientata.
“Steve
Garsol” risponde di getto, quasi a
volersi togliere quanto prima l’impiccio di doverne parlare.
Conosce l’opinione
che ho sul ragazzo in questione e teme il mio giudizio negativo a
priori. In
effetti, non ha tutti i torti. Ai miei occhi, Steve Garsol è
una mela marcia e
un reietto della società, non merita le attenzioni di Hanna.
“Non
dovevate solo uscire a prendere un
hamburger?” le chiedo, esprimendo al contempo tutto il mio
disappunto.
Hanna,
stranamente mogia, bofonchia un laconico:
“Il piano era quello”.
Conosco
perfettamente la sua estenuante
loquacità; quando vuole la bionda, sa essere logorroica ai
massimi livelli,
eppure stamane sembra avere abbandonato ogni velleità
espositiva.
“Hanna,
è successo qualcosa?” chiedo in preda
ad un moto crescente di ansia.
“No!”
risponde di getto
“Menti”
le faccio notare, alzando di qualche
tono la voce.
Nel frattempo il
suono acuto e fastidioso della
campana annuncia l’inizio di una nuova e angosciante giornata
di scuola.
Qualche minuto
dopo, ci ritroviamo sedute a
qualche banco di distanza –secondo le precauzioni anti
copiatura dettate dal
professore di storia- mentre affrontiamo un compito senza la
più pallida idea
di come riuscire a spuntarla e raggiungere la sufficienza.
Seppur a una
certa distanza, la testa di Hanna
poggiata sul banco, attira la mia attenzione e quella di qualche altra
ragazza.
In classe, si forma allora un bisbiglio soffuso che vede protagonista
proprio
la mia migliore amica e la sua improvvisa quiescenza. Il caso della
bella
addormentata sembra distrarre anche i più magnanimi, pronti
a scattare foto con
i loro I-phone alla mano. Al giorno d’oggi, tutto fa notizia.
In preda al
panico, alzo lo sguardo verso il
vecchio Symbian sperando che non si sia accorto di nulla;
fortunatamente è
assorto nella lettura della pagina di apertura del New York times,
incuriosito
da chissà quale scioccante notizia.
Allora mi guardo
intorno alla ricerca di un
metodo efficace per destare Hanna dalla pennichella, fino a posare gli
occhi
sulla matita che rotolo tra le mani da più di dieci minuti.
Non sono mai
stata brava a prendere la mira,
eppure in quel momento non esito a puntare la mia amica con una matita
rosa di
Hello Spank come arma per svegliarla dal suo dolce letargo.
Ma, prima che la
matita possa raggiungere la
destinazione sperata, una palla di carta arrotolata colpisce in pieno
Hanna.
Come punta da un
fastidiosissimo insetto, la
bionda drizza la testa e successivamente il busto, provocando
l’ilarità
generale e catturando così l’attenzione del
vecchio professore.
“Che
succede?” sbraita Mr. Symbian, battendo i
pugni sulla cattedra per richiamare l’ordine.
Una voce
stridula s’innalza allora dal coro dietro
e riconosco al volo Monique e la sua fottuta arroganza.
“La
signorina Lewis si è addormentata prima
ancora di iniziare il compito” trilla entusiasta, neanche
avesse vinto un
premio per la sua soffiata.
Il volto
incartapecorito del vecchio Symbian corre
subito a indagare, accertandosi che quanto detto da Monique sia
corrispondente
al vero.
L’espressione
palesemente addormentata di
Hanna non aiuta di certo la sua causa, così prima che possa
dire o fare
qualcosa di sbagliato m’intrometto: “Hanna sta male
ma ha voluto provare lo
stesso il test”.
Le mie parole
guadagnano di diritto la
nomination come peggiore scusa dell’anno. Qualche secondo
dopo l’imbarazzante
silenzio, infatti, Mr. Symbian si avvicina alla mia amica con fare
circospetto
e senza ulteriori indugi ordina: “Mi mostri il certificato
del suo medico”.
Crap*, credevo
ingenuamente di aiutarla e
invece l’ho messa ancora di più nei guai.
Hanna, presa in
contropiede e con ancora
evidenti segni del sonno sul volto pallido, esclama tra uno sbadiglio e
l’altro: “Non ho nessun certificato”.
Temo di
sprofondare nell’esatto momento in cui
il vecchio Symbian indietreggia a scatti nervosi, scuro in viso.
“Lewis
e Roberts siete pregate di recarvi dal
preside” tuona subito dopo, annotando qualcosa sul registro
di classe.
Il caldo alle
guancie arriva in pochi secondi,
le gambe assumono la consistenza della gelatina e il cuore corre
più veloce del
pluripremiato campione Usain Bolt. Sono fregata.
La stanza del
preside White, con le sue tinte
fredde e lo spazio asettico, incute da sempre un certo timore a tutti
gli
studenti del Mazzini. O forse è proprio Mr. White con le sue
sopracciglia
troppo folte e perennemente aggrottate a incuterne.
Hanna ed io
veniamo accompagnate dalla bidella
Stefania, un’italiana grassottella ma dai lineamenti gentili
che si prodiga
sempre in complimenti nella sua lingua, molto spesso incomprensibili,
persino
per noi che studiamo l’italiano come seconda lingua al liceo.
“Buona
fortuna, oggi sta’ propr incazzat*”
afferma, quando siamo davanti la porta della presidenza.
Hanna si volta
per la prima volta a guardarmi
da quando siamo uscite dalla classe e lo sguardo truce che mi riserva,
riassume
in pieno la sua ostilità nei miei confronti.
Mi armo di tutto
il coraggio che ho in corpo e
con le nocche esitanti scuoto più volte la porta fin quando
la voce baritonale
del preside non ci autorizza a entrare.
Mr.White
è seduto dietro la sua elegante
scrivania in noce, con gli occhi fissi al portatile e le mani
incrociate sotto
il mento.
Nessuno tra me e
Hanna, ha il coraggio di
proferire parola ma dato il prolungato silenzio, sono
costretta a
blaterare qualcosa prima di aggravare ancora di più la
nostra posizione.
“Mr.White,
le porgo le scuse a nome mio e
della signorina Lewis” la mia voce risulta così
lieve e tremolante che quasi si
confonde con i rumori ovattati provenienti dall’esterno.
Il preside
allora, alza lo sguardo verso di
me, lanciandomi un’occhiata torva che si scontra con quella
impaurita e
indifesa dipinta sul mio volto.
“Mr.Symbian
mi ha già informato del vostro
siparietto. Cercare di farla franca a un compito, adducendo
perlopiù scuse
improbabili è contro ogni regolamento. Sarò
clemente, siamo nell’ultimo periodo
di maggio, presto ci saranno gli esami e non potete permettervi di
perdere
giorni di scuola. La sospensione avrà vigore solo per la
giornata di oggi. La
signora De Rosa ha già provveduto a chiamare i vostri
rispettivi parenti.
Adesso sparite, prima che torni indietro sulle mie decisioni”
conclude,
minaccioso.
“Cosa
ti è saltato in mente?” bercia Hanna,
non appena usciamo.
Sprofondo la
testa tra le mani, davvero non lo
so! In fondo, credevo di aiutarla in quel momento.
“Mia
madre sarà nera, non ama essere disturbata
a lavoro per questo genere di cose” continua, gesticolando in
maniera
compulsiva con le mani.
“Scusa,
volevo solo aiutarti. Oggi sei proprio
strana” ribatto, pazientemente.
Torniamo in
classe a prendere i nostri effetti
personali e le tracolle, sotto gli sguardi attoniti di tutti. Un
fenomeno da
baraccone avrebbe suscitato meno scalpore.
Solo quando ci
troviamo davanti ai cancelli,
un’amara consapevolezza comincia a delinearsi ai miei occhi.
Da quando mio
padre è partito, ho lasciato il
recapito di Seth per qualsiasi emergenza. E questa sembra esserlo,
sotto tutti
i punti di vista.
Hanna, scompare
nell’abitacolo della Range
Rover della madre senza nemmeno accennare un saluto mentre la macchina
del mio
coinquilino arriva proprio in quel momento, inchiodando furiosa davanti
ai
cancelli.
Apro lo
sportello e mi accomodo sul sedile del
passeggero senza riuscire a guardarlo negli occhi, so che ci troverei
tanta
rabbia.
Per un istante
ho l’illusione di averla
scampata ma quell’effimera sensazione di sollievo
è brutalmente stroncata dalla
voce dura e rigida di Seth.
“Sei
forse impazzita? Eppure la fase di
ribellione dovrebbe esserti passata da un po’. Non riesco a
capire cosa ci
trovi di così esaltante a cacciarti sempre nei guai e a
farmi disperare”
esplode, distraendosi qualche secondo dalla guida, per incontrare il
mio
sguardo.
Evito
accuratamente di ricambiare la sua
occhiata, le lacrime già in equilibrio precario sul bordo
della palpebra,
rischierebbero di straripare.
“Mi
dispiace” mormoro, mesta.
Seth non
ribatte, si limita a concentrare
tutta la sua attenzione sulla strada davanti a noi e
nell’assoluto quanto
imbarazzante silenzio proseguiamo i pochi chilometri che ci separano da
casa.
Dopo avere
biascicato uno stentato “grazie”,
chiudo lo sportello dell’Audi nera e mi dirigo verso l'appartamento mentre Seth, ingrana
la marcia e parte in tutta fretta per far ritorno a lavoro.
**
I giorni
sembrano volare, non sono più uscita
dalla sospensione; tre giorni in cui mi sono dedicata anima e corpo
allo
studio. Seth mantiene il suo costante atteggiamento di non curanza che
mi fa
saltare i nervi, esce spesso e il suo cellulare continua a lampeggiare
con
regolarità.
Volente o
nolente, questa situazione m’irrita
parecchio.
Sentirlo
sghignazzare al telefono e fare finta
di non provare alcuna gelosia immaginando all’altro capo una
qualsiasi
Victoria, mi corrode l’animo.
Ma in confronto
al vuoto cosmico che l’assenza
di chiamate o messaggi da parte di Liam Cooper mi provoca, la presenza
silenziosa di Seth è quanto più vicino a un
balsamo lenitivo, possiedo.
Per fortuna dal
versante Hanna, il sole sembra
tornato a risplendere come prima. Il giorno dopo la sospensione,
infatti, tra
un’ora e l’altra abbiamo trovato il tempo di
chiarirci, sebbene non si sia
sbottonata più di tanto sull’argomento Garsol. Non
posso negare la mia
preoccupazione a riguardo ma sarà la mia migliore amica a
parlarmene, quando lo
riterrà più opportuno. Naturalmente, facciamo
fronte comune contro quella vipera
di Monique. Hanna vuole fargliela pagare, prima o poi.
Decisa a
trascorrere l’ennesimo pomeriggio a
studiare, mi accingo a prendere il libro di grammatica italiana e a
poggiarlo
sul ripiano rigido della scrivania. Con le tempie che pulsano e un mal
di testa
lancinante non mi accorgo della porta che si apre, svelando alle mie
spalle la
figura di Seth. Solo la sua voce, qualche secondo dopo mi desta,
cogliendomi di
sorpresa.
“Liam
insiste affinché ci presentiamo a quello
stupido cocktail all’Empire. Muoviti o ti lascio qui a
marcire tra i libri”
esordisce, freddo come il ghiaccio.
Mi volto a
osservarlo ma arrivo giusto tempo a
notare la sua schiena nuda sfumare via nel corridoio.
Era a torso
nudo? Quella visione avrebbe
rischiato di compromettere la barriera che ho innalzato con tanta
fatica.
Seth
è un uomo più che desiderabile. I muscoli
così ben allenati e ospitati da quelle spalle larghe e la
‘V’ intarsiata in
quel bacino stretto e delineato, farebbero perdere la testa a qualsiasi
donna.
Mi domando come
sarebbe fare l’amore con lui.
Quale potenza nascondono quelle braccia forti e quelle gambe possenti?
Una sensazione
spinosa e pungente concentrata
al basso ventre risponde in maniera esauriente a tutte le mie domande:
mi
piacerebbe scoprirlo.
Ci vogliono
pochi secondi per riprendermi da
quell’esperienza trascendentale causata dai miei ormoni
impazziti, e
altrettanti pochi per decidere cosa indossare e fiondarmi in bagno.
Scelgo
un
abitino rosa, con il top a forma di cuore stretto in vita e la gonna in
piume
leggermente ampia e corta.
Lascio i capelli
fluire morbidi sulle spalle e
applico giusto un filo di trucco prima di avviarmi a passo svelto in
salotto
dove comodamente seduto su un divano, Seth legge una rivista di
macchine e
motori.
Il rumore dei
miei tacchi, palesa la mia
presenza, costringendo il mio coinquilino a interrompere la lettura e
raggiungermi.
La prima cosa
che percepisco è il suo
tentativo di mantenersi neutrale alla mia presenza. Me ne accorgo dalle
sue
articolazioni tese e dal capo rigido e impostato. Ma a tradirlo sono
gli occhi.
Quegli occhi
colmi di desiderio spalancano le
porte dell’inferno.
Se facessi un
passo verso di lui,
probabilmente lo bacerei. Invece da brava codarda, aspetto che apra la
porta e
senza dire niente lo seguo come un cagnolino diligente con il suo
padrone.
L’hotel
Empire, si trova nel cuore di
Manhattan in una tra le vie più trafficate della grande
mela. Impossibile non
farsi ammaliare dalla maestosità di questo edificio
svettante.
La sua imponente
struttura si unisce agli
interni sofisticati che armonizzano in maniera magistrale il lusso
tradizionale
con le idee futuristiche dei migliori designer.
La hall
è ampia, di forma ovale e presenta un
banco reception lungo e lucido, dove tre ragazze rigorosamente in
divisa ci
accolgono, invitandoci a usufruire dell’ascensore per
risalire l’intero
edificio e giungere nella terrazza.
Fortunatamente
Seth ed io condividiamo
l’ascensore con altre persone, dissimulando così
l’imbarazzo di trovarsi da
soli e senza alcuna intenzione di parlare. Strada facendo
però, molte persone si
dirigono nei vari piani di appartenenza delle loro camere, solo due o
tre
persone arrivano con noi fino alla fine del viaggio. Ne deduco siano
invitati
anche loro.
Quando metto
piede sul terrazzo panoramico, mi
sembra di essere nell’eden. Piante rampicanti e luci
accennate mi accolgono in
un ambiente soft ed essenziale. Quasi tutto il perimetro è
costeggiato da
divanetti bassi in pelle bianca e tavoli da tè. Al centro
troneggia una grande
piscina rettangolare con faretti incastonati ai bordi e sopra le nostre
teste,
un tetto in vetro richiudibile completa la paradisiaca armonia
dell’ambiente.
All’angolo,
un bar ben fornito, ospita decine
di persone in abiti formali che chiacchierano tranquillamente tra di
loro del
più e del meno.
Volgo lo sguardo
alla mia destra e un maxi
schermo penzolante dall’alto proietta immagini di una crema
che a giudicare dal
video si propone come elisir di bellezza immortale. Il prodotto di
punta di cui
parlava Liam.
All’improvviso
percepisco la mano di Seth
sfiorare la mia e cercarne il contatto; nonostante tutto, la sua
incoerenza non
mi spaventa e lascio che le sue dita incrocino le mie in segno di
sfida. Che
cosa ha intenzione di fare? Agli occhi degli altri quel gesto appare
come una
semplice effusione tra due fidanzati ma noi non lo siamo e a quanto
pare non lo
saremo mai.
Perlustro
attentamente il terrazzo mentre la
sua mano mi conduce verso il bar, assicurandosi che stia sempre sotto
il suo
sguardo vigile.
“Vuoi
qualcosa da bere?” chiede atono, quando
raggiungiamo il bancone di marmo, rigorosamente bianco.
“Cosmopolitan”
soffio, avvicinandomi al suo
orecchio per innalzare la mia voce al di sopra della musica lounge e
del
chiacchiericcio frenetico.
Nel farlo,
sfioro accidentalmente la sua
guancia e quella lieve barbetta mi pizzica, causandomi un tenue
rossore. Non
saprei definire se propriamente causato dalla barba o dai suoi occhi
attoniti.
“Non
berrai alcolici, scordatelo” sentenzia,
bloccando sul nascere ogni mia ribellione.
Irritata, lo
fulmino con lo sguardo sperando
che possa intuire tutto il mio disappunto. “Allora una coca
cola! Sai, alle
bimbe come me, piace parecchio!” ribatto, chiaramente ironica.
Conosco la sua
espressione imbronciata e
quella che ho di fronte è la versione che vi si avvicina di
più.
“Leila,
ti prego di smetterla..”
“Sono
stanca Seth” inizio col dire, sotto lo
sguardo attonito del barman.
“Stanca
di sentirmi sempre una bambina ai tuoi
occhi” continuo poi, sciogliendo l’intreccio delle
nostre mani.
Seth sospira e
si prepara a parlare ma io sono
più veloce e senza troppi complimenti mi allontano da lui
alla ricerca di
qualche angolo dove potermene stare in pace. I suoi occhi mi seguono
come fari
nella notte ma in un attimo mi disperdo tra i gruppi di persone,
più o meno
omogenei, occupati nelle loro noiose discussioni.
A passo spedito
cerco di raggiungere un
posticino libero che ho scovato in uno dei divanetti sul lato destro,
ma una
donna sulla quarantina con una folta capigliatura, lo occupa rischiando
così di
farmi imprecare ad alta voce.
Sconsolata e
parecchio nervosa, scandaglio
l’ambiente, alla ricerca di qualche altro posto a sedere ma
ad attirare la mia
attenzione è Liam Cooper, qualche metro più
avanti, intento a parlottare con
una donna.
Sembrano molto
intimi, lei ride a ogni battuta
di lui e lo guarda come se intorno non esistesse nessun altro. Dal
canto suo
Liam, gesticola tronfio con una mano mentre nell’altra tiene
un bicchiere dalla
forma conica.
Indossa un
completo blu scuro di taglio
elegante e una camicia dai toni pastello che mette in risalto la pelle
bianca
mentre la sua interlocutrice è fasciata in un tubino bianco,
così aderente da
risaltarne la magrezza eccessiva.
In questo
momento maledico me stessa per aver
seguito Seth in questa serata che di divertente ha veramente poco. Per
quanto
odi ammetterlo, aveva ragione Liam, mi sto già annoiando.
Sospiro
pesantemente, prima di voltarmi dalla
parte opposta e andare alla ricerca di un altro spazio.
Quando cerco di
affrettare il passo, i tacchi non
mi permettono un’andatura fluida e un
equilibrio stabile; dovrò ricordarmene la prossima volta che
deciderò di
indossarne un paio.
Passano pochi
istanti e mi sento tirare la
gonna del vestito da qualcuno.
Mi volto
teatralmente, pronta ad aggredire
chiunque si sia permesso una tale libertà, ma le parole mi
muoiono in bocca non
appena quegli occhi azzurri
incontrano i miei.
“Miss
Roberts, alla fine ha deciso di
partecipare a questo tedioso evento” dice, scandendo per bene
ogni parola.
Sono ipnotizzata
dal movimento delle sue
labbra; si piegano morbide per poi schiudersi ed emettere quel suono
così
carezzevole..
Solo in un
secondo momento mi rendo conto che
Liam Cooper mi ha appena dato del Lei.
“Signor
Cooper, non potevo di certo mancare al
cocktail di presentazione più chic
dell’anno” lo stuzzico, ammiccando
spudoratamente.
La mia
intraprendenza deve piacergli
parecchio, poiché senza preavviso e con una certa insistenza
afferra il mio
braccio e mi conduce fuori dal terrazzo.
Attraversiamo un corridoio semi vuoto ma non faccio in
tempo a chiedere
dove stiamo andando che le sue mani mi adagiano sul muro e la sua bocca
s’impossessa della mia.
E’
ruvida e corposa, al sapore di limone.
Dopo un primo
istante di smarrimento, ricambio
il suo bacio con altrettanto ardore, affondando le dita tra i suoi
capelli
morbidi.
Assaporo
ogni attimo di quel contatto; lui venera le mie labbra, poi le sfrega,
le
mordicchia, le consuma con un impeto che m’inebria fino a
perdere il contatto
con la realtà.
Liam Cooper
è un gran baciatore, devo
dargliene atto.
Ma è
anche l’uomo più enigmatico sulla faccia
della terra!
Qualche minuto
più tardi, infatti, si distacca
ansante e visibilmente eccitato mentre la sua fronte è
ancora appoggiata alla
mia.
“E’
meglio se rientriamo, mi staranno
cercando” mormora roco, fissandomi negli occhi.
Oh, quanto
vorrei rimanere invece.
“D’accordo,
Seth si sarà accorto della mia
assenza” biascico alquanto delusa. Perché non
riesco mai a dire quello che in
realtà vorrei?
Mentre Liam si
avvia verso il terrazzo,
aggiustandosi il colletto della camicia e passandosi una mano tra i
capelli per
riportarli all’ordine iniziale, io prendo fiato e indosso la
migliore maschera
di sempre: l’indifferenza.
Quando rientro
nell’eden formato terrazzo
dell’hotel, scorgo qualche viso nuovo e dei
camerieri che eleganti, reggono vassoi di drink, offrendoli agli
invitati. Come
ho fatto a non vederli prima? Mi precipito vicino a uno di loro e
agguanto il
tanto agognato cocktail, sul quale mi fiondo senza ritegno.
Intanto un
signore impettito in un completo a
righe con pochette in bella vista sul taschino, sta elencando, davanti
ad un
microfono, tutte le proprietà benefiche della M-Cream 205.
Liam, applaude
al suo fianco, mostrando una
facciata impeccabile e un sorriso imperturbabile e professionale.
Davvero quel
bacio non è contato nulla per
lui?
Finisco il
cocktail con un’ultima lunga
sorsata e mi avvicino ancora di più al maxi schermo, decisa
a farmi notare da
Mr.Prima-ti-bacio-e-poi-t’ignoro.
Audacemente
faccio qualche passo nella sua
direzione ma la visione di Seth, comodamente seduto a parlare con due
donne, mi
destabilizza a tal punto da fare qualche passo indietro per non farmi
scorgere
da lui in quello stato.
Per un attimo mi
confondo tra i vari gruppi
che ascoltano annoiati i pregi di una crema che costa quanto un
gioiello, poi
la brama di osservare il mio coinquilino mi fa commettere un errore
madornale.
Mi sporgo giusto
qualche centimetro in più per
avere una visuale più chiara ma non mi accorgo che il mio
piede ha oltrepassato
il bordo della piscina. In meno di tre secondi sono completamente e
irrimediabilmente zuppa d’acqua e di vergogna.
Le voci che
sento intorno, sono confuse e
ovattate dall’acqua che ho ingerito e che sgorga anche dalle
orecchie.
Muovo lentamente
le palpebre, riprendendo familiarità e conoscenza del posto in cui mi trovo. Sono
sdraiata su un
divanetto bianco e morbido del terrazzo; Seth è chino su di
me, visibilmente preoccupato.
Alzo lo sguardo
oltre e ritrovo la stessa
espressione preoccupata negli occhi sgranati di Liam. Intorno, le
persone
guardano apprensive la scena.
“Grazie
al cielo” mormora Seth, baciandomi
lievemente la fronte.
I suoi occhi ora
sono dolci e quel blu cobalto
è un tuffo al cuore.
In lontananza le
sirene di un’autoambulanza,
annunciano l’arrivo dei soccorsi.
**
Convincere Seth
a lasciarmi firmare la
delibera per tornare a casa non è stato facile.
I dottori dicono
che ho solo ingerito una
quantità d’acqua oltre il normale ma che con un
po’ di riposo e le cure
necessarie starò bene.
Non vedevo il
motivo di restare anche solo una
notte in questo freddo letto d’ospedale.
Per il momento,
l’appartamento di Seth mi
sembra il luogo più sicuro del mondo, e il mio lettone a una
piazza e mezzo,
l’ancora di salvezza.
Finalmente sfilo
via i tacchi vertiginosi e il
vestito ancora umido, così come l’intimo. Dopo una
doccia che mi riporta in
vita, metto una vestaglietta asciutta e leggera e mi adagio a letto,
sfinita.
Seth arriva
qualche momento dopo, annunciando
la sua presenza con un lieve tocco sulla porta.
“Come
stai?” chiede apprensivo.
“Molto
meglio” rispondo, incatenando il mio
sguardo al suo.
All’improvviso
l’atmosfera è carica
d’imbarazzo.
“Beh,
ti lascio riposare. Buona notte Leila”
mormora, avviandosi verso l’uscita.
“Seth”
“Si?”
“Dormi
con me stanotte?”.
ANGOLO AUTRICE:
Buon pomeriggio
e se siete sopravvissuti a
questo capitolo decisamente lungo rispetto ai miei standard,
complimenti!
Allora, cosa ne
pensate?
Il dualismo
Seth/Liam si accentua sempre di
più, così come la confusione di Leila. Poveretta,
non ci voleva una caduta del
genere..sono proprio cattiva! L’altro aspetto importante di
questo capitolo è
il comportamento “strano” di Hanna, guarda caso
dopo aver trascorso la notte
con Steve Garsol..eheh.
Non mi resta che
ringraziare tutti voi, per le
recensioni o anche solo per la semplice lettura. Mi scuso come sempre
per
l’eventuale presenza di errori ma in questo periodo sono
sempre dietro
l’angolo!
La canzone che
dà il titolo al capitolo è:
City of angels dei 30 second to Mars (sarà perché
la amo?).
Un bacio, a
presto.
NOTE: *Crap:
E’ la forma dialettale americana corrispondente alla nostra
imprecazione:
merda!
L’ho
voluta lasciare in lingua originale
perché adoro lo slang americano, è
così colorito!
*Oggi sta propr
incazzat: dovrebbe essere un'espressione in dialetto napoletano. Non
essendo della Campania e non conoscendo nessuno di quelle parti non
saprei dire se è giusta o meno. Se qualche anima pia, dovesse
riscontrare che è sbagliata, me lo segnali pure insieme alla
traduzione giusta xD
|
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Capitolo 11 *** Let me take you there ***
Somebody that I used to
know
Capitolo
undicesimo
Let
me take you there
ANGOLO AUTRICE/WARMING:
Salve a tutte/i,
oggi in via del tutto
eccezionale anticipo le mie chiacchiere per degli avvertimenti.
Il capitolo in
questione presenta una scena forte, non
tutti gradiscono il rating
rosso e questa scena supera leggermente
“l’arancio” imposto dalla storia o
almeno credo..giudicate voi e scegliete se continuare a leggere o meno.
L’altro
avvertimento riguarda la pubblicazione del prossimo capitolo che
potrebbe
ritardare per impegni personali. La canzone che dà il titolo
al capitolo è Let
me take you there dei
Plain white t's.
Per chi volesse
dare un’occhiata, vi lascio il
link dell’altra storia che ho iniziato come esperimento: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1977225&i=1
Come sempre, un
grazie a tutti per la costanza
che riservate a questa storia, ne sono lusingata. Bando alle ciance,
buona
lettura!
“Seth?”
“Si?”
“Dormi
con me stanotte?”
Le parole
riecheggiano in tutta la stanza e
sembrano propagarsi in un eco infinito al mio povero orecchio.
Non ho usato
filtri, maschere o giochetti, stavolta
ho lasciato che il cuore parlasse per la ragione. Ho messo da parte
l’orgoglio,
la rabbia e tutti i sentimenti contrastanti che ultimamente hanno
animato il
mio rapporto con Seth. Il bisogno di sentirmi protetta dalle sue
braccia e di
sentire il calore umano che esse emanano, è diventato troppo
impellente.
Per un attimo,
in quella piscina, ho avuto paura
di non rivedere più la luce né le persone a me
care.
Lui è
immobile, stretto nel suo angolino di
riservatezza e mi guarda come se dalla mia immagine volesse cavare la
risposta
giusta a una domanda tanto difficile quanto invitante.
“Si”.
Un monosillabo
che fende l’aria e arriva
dritto al cuore.
Una conferma che
fa a pezzi le mie barriere o
meglio le disintegra totalmente.
“Lascia
che indossi il pigiama, arrivo subito”
aggiunge istantaneamente.
Non ho il tempo
materiale di rispondere poiché
alla velocità della luce sparisce dietro la porta.
Finalmente
libero il fiato a lungo trattenuto
e regolarizzo il respiro; ero come in stato di apnea prima che
rispondesse
positivamente alla mia domanda.
“Eccomi”
annuncia Seth, qualche minuto dopo.
Ha indosso un
paio di pantaloncini da basket e
una canotta che mette in risalto le braccia forti e possenti. Per
qualche
istante mi perdo nella contemplazione di un fisico tanto perfetto, ogni
muscolo
è al suo posto e in armonia con tutto il resto del corpo.
I suoi occhi
sono di un blu liquido, simile
all’acqua del mare in quelle sere di buio pesto; quelle sere
per intenderci, quando
il cielo è ricoperto dalle nuvole e sembra tanto minaccioso.
Delicatamente
discosta le lenzuola e si fa
spazio nel letto, affiancandomi.
Entrambi non
fiatiamo, stiamo immobili come
statue a guardare il soffitto, persi nei nostri pensieri più
intimi.
L’unico
rumore udibile, oltre ai nostri
respiri irregolari, è l’insistente ticchettio
delle lancette che enfatizza
ancora di più l’elettricità
nell’aria.
Poi, accade
l’impensabile.
Con un movimento
timido della mano, Seth mi
attira a sé, permettendomi di adagiare la testa sul suo
petto virile e di ascoltare
così la frequenza alterata dei suoi battiti cardiaci.
Continuiamo a
mantenere un religioso silenzio,
forse troppo codardi per affrontare la grandezza delle emozioni di cui
siamo
vittime, forse perché le parole ci appaiono superflue: si
sa, i gesti sono
l’espressione più vivida e fedele delle intenzioni.
Non riesco a
quantificare quanti secondi,
minuti o ore siano passate prima che la sua voce interrompa i miei
pensieri.
“Dormi?”
sussurra, sfiorando con le labbra i
miei capelli.
“No”
rispondo laconica.
Lo sento
deglutire più volte prima di
riprendere:
“I
tuoi capelli hanno un buon profumo, mi
piace”.
Mi ha appena
fatto un complimento?
“Oh,
anche tu hai un buon profumo, è così
intenso” ribatto, mordendomi il labbro inferiore per la paura
di avere
esagerato.
Il suo braccio
avvolge completamente le mie
spalle, sono rannicchiata dentro quella piacevole morsa e non vorrei
essere in
nessun altro posto in questo momento.
“Leila,
sai che è sbagliato tutto questo, vero?”
afferma lui, cogliendomi di sorpresa.
Perché
deve sempre rovinare ogni momento di
sincera armonia?
Che cosa dovrei
rispondere? Sì, mi hai visto
crescere ed è moralmente sbagliato provare
un’attrazione così radicata nei tuoi
confronti?
“Non
puoi semplicemente abbracciarmi come hai
sempre fatto?” ribatto invece, desiderosa di cambiare
argomento per non cadere
nella trappola del litigio.
Ho paura di
quale possa essere la sua
risposta.
“No”
risponde secco e tagliente.
Le sue parole
sono intrise di significati
latenti che è giunto il momento di portare alla luce.
“Perché?”
chiedo cocciuta, distaccandomi
giusto un poco dal suo petto per guardarlo negli occhi.
“Perché
ho iniziato a vederti sotto una luce
diversa e mi odio per questo” ribatte Seth con un tono di
voce fermo e
distaccato. E’ come se stesse parlando di un altro, come se
quell’Io non gli appartenesse,
semplicemente perché cozza con la sua morale e i suoi
principi.
Non deve essere
facile per lui ammettere di
desiderare la figlia del suo migliore amico, la
piccola Leila.
Ai suoi occhi
sono sempre stata un piccolo
impiastro di lentiggini e capelli ramati, tanto magro quanto debole.
C’era
lui alla mia prima caduta, quando con
gli occhioni lucidi trotterellavo da una parte della stanza
all’altra, incapace
di frenare le lacrime.
C’era
lui quando ho pronunciato per la prima
volta la parola ‘papà’,
sputacchiando
la zuppa che nonna Claire mi aveva preparato con tanto amore.
Era piccolo
anche lui allora.
Ricordo che lo
vedevo più come un compagno di
giochi che come uno zio vero e proprio.
Come sono
arrivata a desiderarlo? Ad anelare
il suo tocco o a bramare un suo sguardo diverso?
E ora che ho
ottenuto una confessione in piena
regola, perché sento questo vuoto attanagliarmi lo stomaco?
Non rispondo
nulla, adagio nuovamente la testa
sul suo petto e mi chiudo nella mia muta codardia.
“Leila”
fiata Seth, infrangendo il muro del
silenzio.
“Se ho
detto qualcosa di sbagliato, ti chiedo
scusa, io non..” continua, interrotto solamente da una frase,
un unico
destabilizzante concentrato di parole che troneggia
nell’aria, chiaro e
limpido.
“Ho
voglia di fare l’amore con te”.
Non riesco a
credere che sia stata io a
pronunciarla.
E’
sgorgata così all’improvviso che ha stupito
anche me, per la violenza d’impatto con la quale ha rotto gli
argini della mia
timidezza.
Di nuovo
quell’insostenibile silenzio e quell’amara
sensazione di aver sbagliato, di nuovo la paura di avere superato un
limite
invalicabile, di avere esagerato e infranto la maschera di perbenismo
dietro cui
ci nascondevano.
Mi discosto
leggermente da lui mentre medito
di scappare, fuggire via lontano, magari da Liam. Perché no?
E’
molto più grande di me anche lui, certo. Ma
non è complicato!
E’
misterioso ma non rischia di spezzare l’equilibrio
della mia famiglia.
Sono
così pensosa e meditabonda che quando le
labbra di Seth si schiantano sulle mie, sobbalzo visibilmente e sgrano
gli
occhi per la sorpresa.
Ci vuole poco ad
abituarmi a quelle labbra
così marcate e decise, ancora meno a dischiudere le mie per
accogliere la sua
lingua.
E’
diverso da tutti i baci dati in precedenza,
è un bacio maturo e consapevole. E’ lento,
trascinato e maledettamente coinvolgente.
La sua bocca si
muove sulla mia come non
conoscesse altro rifugio dove placare l’arsenale
d’istinti che muta la sua
espressione.
Sul suo viso
virano tormento e passione, dedizione
e liberazione, consapevolezza e desiderio.
Lo schiocco di
quelle bocche che si scontrano,
mai sazie l’una dell’altra, è la colonna
sonora perfetta in questa notte
ruffiana che con il suo buio nasconde agli altri, i nostri corpi
colpevoli.
Avvolti
dall’essenza dei profumi mischiati, Seth
si appiattisce su di me. Ora siamo un’unica soluzione, a
dividerci solo il
sottile strato di stoffa dei vestiti.
Non smette di
baciarmi, né di tormentare
piacevolmente con una mano i miei capelli mentre con l’altra
scende ad
accarezzarmi le gambe per tutta la loro lunghezza.
Piccoli brividi
nascono allora che una piacevole
quanto intensa sensazione divampa per tutto il corpo.
Fermamente
convinta sfilo via la canotta
sebbene quel gesto ci costringa ad allontanarci per qualche secondo.
Non riesco a
vedere perfettamente il suo torso
nudo ma ne distinguo chiaramente l’ombra delineata e maestosa.
Torna ad
accovacciarsi su di me e, delicato ma
deciso, tira su la mia vestaglietta ormai d’intralcio.
Rimango in intimo, esposta
al suo sguardo penetrante che, nonostante il buio, sento addosso come
un faro,
una guida verso il sentiero intricato in cui ci stiamo avventurando.
Le mie mani
esili allora provvedono a sbarazzarlo
dei pantaloncini da basket nel mentre le sue mani completano
l’opera e fanno
scivolare via i boxer di coloro scuro che ha indosso.
Libero da
costrizioni, Seth, si dedica a me, a
spogliarmi del mio intimo e del velo d’imbarazzo che questa
situazione nuova
comporta.
Niente
più barriere a dividerci, difficilmente
si torna indietro.
“Sei
sicura di volerlo?” sussurra dolcemente
al mio orecchio.
Ha il fiato
corto, lo sento trattenerlo a
stento.
“Si”
rispondo, fermamente convinta di non
desiderare altro che lui e la sua pelle.
E’
l’ennesimo monosillabo a fendere l’aria, a
riecheggiare tra le mura di questa stanza che improvvisamente sento
come fosse
il nostro riparo sicuro dal mondo e dai giudizi.
Che cosa
può succederci qui dentro? Siamo io,
lui e le nostre movenze libere, naturali e spontanee.
Un turbinio di
emozioni sospirate, di parole
dolci e sorrisi celati.
Neanche
sfruttando tutte le potenzialità della
mia immaginazione avrei potuto prevedere la sensazione di completezza e
appagamento che si riverbera fino all’anima quando Seth, si
distende esausto al
mio fianco.
Non
c’è più traccia d’imbarazzo,
solo le note
dolci delle nostre risate cristalline e le sue braccia ad avvolgermi
completamente.
Mi sento
protetta, mi sento al mio posto.
Senza domande,
dubbi o ansie mi addormento candidamente,
cullata dal respiro regolare sopra il mio capo.
**
Un altro giorno,
una nuova alba, nuovi
orizzonti.
Al mio risveglio
ogni cosa sembra avere
acquisito vigore.
Il sole non
è mai stato così brillante, gli
uccellini mai così canterini, perfino la signora del piano
di sopra sembra volermi
concedere qualche attimo di silenzio, senza iniziare il suo solito
trantran di
pulizie mattutine rumorose.
Non ci poteva
essere risveglio migliore.
“Buongiorno”
biascica Seth, sentendomi
stiracchiare.
“Ciao”
bisbiglio al suo orecchio.
“Dormito
bene?” mi chiede, scostandomi una
ciocca di capelli per guardarmi negli occhi.
Il suo viso
è rilassato sebbene presenti
evidenti, i segni del cuscino.
“Magnificamente”
rispondo, abbozzando un
sorriso compiaciuto e osservandolo di sottecchi.
I suoi capelli
corti perennemente in ordine
sono ora scomposti e spettinati eppure la sua bellezza non ne risulta
scalfita
minimamente.
La barbetta
è leggermente più lunga del solito
e gli conferisce un’aria matura e fintamente imbronciata.
Gli occhi, sono
specchio di un blu intenso, quasi
disarmante.
“Stamattina
fili dritto a scuola, non si
concedono sconti” mormora, in finto tono di rimprovero.
“Sconti?
E per cosa scusa?” ribatto maliziosa.
Quando vedo
affiorare la fossetta all’angolo
destro della sua bocca, intuisco la sua risposta prima ancora che lui
la
proferisca.
“Per
avermi circuito” afferma, sfiorandomi le
labbra e alzandosi di scatto.
Lo osservo
allontanarsi e dirigersi in bagno e
sono convinta che niente possa rovinare questa giornata perfetta. A
scuola,
racconterò a Hanna ogni cosa, tralasciando quelli che sono i
dettagli più
intimi.
La bionda
vorrà sapere anche quelli ne sono
certa, ma resterà a bocca asciutta non ho intenzioni di
perdermi in dettagliate
descrizioni anatomiche.
Canticchiando,
mi trascino fuori dal letto; sul
comodino il cellulare lampeggia, richiamando la mia attenzione.
Mi blocco
istintivamente, paralizzandomi.
Liam.
Ho completamente
messo da parte il ricordo del
nostro bacio, troppo pesa da Seth. Che razza d’imbecille.
Leggo il suo
messaggio e sento le gambe divenire
senza consistenza per La dolcezza inaspettata delle sue parole:
Leila
come stai? Fammi avere tue notizie al più presto, sono
preoccupato. Avrei
voluto seguirti in ospedale ma c’era Seth e non mi sembrava
il caso.
Guardo allibita
il cellulare con uno strano
senso di colpa fin dentro le viscere. Come ho potuto dimenticarmi di
lui?
“Qualcosa
non va?”
All’arrivo
di Seth fresco di barba e intriso
di acqua di colonia, sobbalzo come un ladro colto in fallo.
“No,
no” balbetto, poggiando nuovamente il
cellulare sul comodino.
“Chi
era al cellulare?” domanda chiaramente in
tono sospettoso.
Maledette le mie
capacità reattive, al risveglio
sono più lente di una lumaca!
“Oh,
era solo Hanna” mento, qualche secondo in
più del dovuto, eclissandomi poi nel corridoio con la scusa
di fare tardi a
scuola.
Conosco Seth,
quando ha un sospetto, non placa
facilmente la sua sete di sapere. E’ meglio sfuggire, non
reggerei il suo
sguardo interrogativo.
Alle otto in
punto sono in macchina con lui davanti
ai cancelli del Mazzini, in anticipo come succede solo da qualche
giorno a
questa parte.
“Io
vado” mormoro, indecisa se baciarlo o meno
sulle labbra.
Come devo
comportarmi?
Ci pensa lui a
sciogliere ogni dubbio, carezzandomi
la guancia e sfiorandola con un lieve bacio.
“Buona
giornata piccola” sussurra infine.
Appena la sua
auto scompare dal mio campo
visivo, mi affretto a tirare fuori il cellulare. Nessun messaggio.
Decido allora di
rispondere a Liam, per rassicurarlo
sulle mie condizioni di salute.
Mi dispiace
averti fatto preoccupare. Sto bene.
Qualche secondo
dopo il mio cellulare trilla
nuovamente rivelando la risposta immediata di Liam.
Bene,
sarà
più facile vederci no? Abbiamo un discorso in sospeso..
Le sue parole mi
confondono e ora? Voglio
veramente vederlo?
No, dopo
stanotte ho capito che solamente una
persona è in grado di farci provare determinate sensazioni,
il resto è solo
mera attrazione fisica.
E se non fosse
solamente quella? Beh, non
sarebbe corretto nei confronti di Seth ugualmente.
E’
meglio se
non ci vediamo più. Abbiamo sbagliato ad andare oltre.
Perdonami. Digito
velocemente.
Sospiro,
riponendo il cellulare in tasca
mentre una nuova versione di Hanna sorridente e allegra mi viene
incontro.
Che fine ha
fatto quella taciturna dell’altro
giorno?
“Leila,
deve aiutarmi in matematica. Ieri
pomeriggio non ho potuto studiare granché”
esordisce, unendo le mani in segno
di preghiera.
“Ieri
sono caduta in una piscina e sono stata
in ospedale. Non ho potuto fare niente nemmeno io” rispondo
pratica con un
pizzico d‘ironia.
“Coooosa?
Quando è successo?” chiede
allarmata.
“Siediti,
la storia è molto lunga”dico prima
che il fiato si spezzi alla lettura dell’ennesimo messaggio
di Liam.
Se pensi che
io rinunci a vederti ti sbagli di grosso, non mi arrenderò.
|
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Capitolo 12 *** Bloodstained heart ***
Somebody
that I used to know
Capitolo dodicesimo
Bloodstained heart
L'ora
di matematica.
Un
incubo senza fine che rischia di incrinare definitivamente il
già precario
equilibrio di questa bella giornata di metà maggio.
Mi
accorgo di non pensare ad altro che Seth e Liam. Può un
essere umano desiderare
due persone contemporaneamente? Non è forse la ragione che
ci permette di
scindere quello che la passione unisce? A tal proposito vorrei tanto
sapere
dove è ubicata la mia ragione, ultimamente non ne combino
una giusta.
Ieri
credevo di non desiderare altro che Seth. Ne ero convinta.
I
suoi baci, le sue carezze e la sua dolcezza inaspettata, avevano
deposto
inesorabilmente a suo favore. Allora perché i messaggi di
Liam Cooper
continuano a infestare i miei pensieri?
Hanna
mi ha consigliato di rispondere, è entusiasta di quanto
avvenuto tra me e Seth
ma trova corretto che io affronti Liam e tutto quello che rappresenta.
Solo
affrontandolo dice, potrò elargire un giudizio definitivo.
Neanche fossimo in
un tribunale e la mia vita fosse un processo in attesa di sentenza.
Ho
preso del tempo per pensare e mi sono buttata a capofitto nelle
lezioni, le
ultime prima degli esami.
"Lewis
alla lavagna" la voce stridula della professoressa di matematica marca
a
fuoco la condanna della mia migliore amica. Hanna non ha studiato
nulla, a
quanto pare, anche questa volta Steve Garsol è l'artefice
dei suoi guai. Mi ha
parlato di un gelato e di una passeggiata ma non è andata
oltre nel racconto
del pomeriggio speso insieme.
"Allora
signorina Lewis, vuole un invito ufficiale?" rincara la dose la
professoressa, inacidita dall'ostile silenzio di Hanna.
"Non
ho studiato" si arrende infine la mia migliore amica, chinando il capo
nel
mero tentativo di nascondere una lacrima.
Con
freddezza e impassibile distacco la professoressa annota qualcosa sul
suo
registro personale e posando lo sguardo
su Hanna afferma:
"Signorina
Lewis, dal suo quadro generale emerge un calo drastico dei voti. La sua
situazione
non è florida, ne abbiamo parlato nell'ultimo consiglio di
classe e siamo
arrivati alla spiacevole conclusione che, perseverando su questa via
disastrosa, saremo costretti a non ammetterla agli esami".
Corro
ad osservare il viso di Hanna, l'iniziale espressione sbalordita lascia
il
posto ad una più arrendevole e muta consapevolezza che le
marca i tratti fino a
storpiarli.
Nessuna
parola, solo un gesto remissivo del capo con il quale accetta inerte la
pubblica deprecazione. Non è da lei!
Terminata
la lezione devo assolutamente parlarle per capire cosa le succede.
Hanna non ha
mai eccelso nello studio ma la sua media non è mai stata
tanto in bilico da
rischiare la bocciatura.
Quando
la campanella annuncia la fine della giornata scolastica, flotte di
persone si
precipitano ad affollare i corridoi per raggiungere l'uscita. Mi faccio
spazio
tra la folla a spintoni, nel mentre Hanna si allontana sempre di
più dal mio
campo visivo. Non mi ha dato il tempo di parlarle, è
sgattaiolata via
biascicando un saluto veloce, costringendomi così ad
inseguirla.
All'uscita,
con mio enorme disappunto, è sparita del tutto,
volatilizzata. Impreco
mentalmente contro la mia totale incapacità motoria e assumo
una posizione di
defaticamento portando il tronco in avanti e appoggiando i palmi delle
mani
sulle ginocchia per riprendere fiato. Il cuore mi si ferma in gola due
secondi
dopo, quando le mie insulse iridi marroni incontrano quelle sgargianti
e
azzurrissime di Liam.
E'
comodamente appoggiato alla sua Lamborghini nera, le braccia conserte e
quella
smorfia compiaciuta ad increspare le labbra.
Un
inno alla bellezza matura e alla sfacciata sensualità, ecco
cosa rappresenta la
sua figura ritta.
Muovo
qualche passo nella sua direzione, fermandomi poco lontano da lui,
perdendomi
poi ad osservare l'ineccepibile eleganza con cui il vestito cade a
pennello
sulle sue ampie spalle.
"Ciao
Leila"
esordisce,
sfoderando un sorriso che coinvolge anche
gli occhi in un circolo vizioso dal quale è estremamente
difficile uscire
indenni.
"Liam
che
cosa ci fai qui?"
biascico, guardandomi intorno circospetta. Seth verrà a
prendermi da un momento
all'altro, sarebbe un disastro di proporzioni cosmiche se ci vedesse
insieme.
"L'arrendevolezza
non figura tra i miei difetti" risponde, riuscendo, come sempre, a
lasciarmi senza parole e spoglia di difese.
Non
impiega che pochi secondi a colmare la distanza che ci separa,
parandosi di
fronte a me così vicino da respirare a pieni polmoni il suo
buon profumo.
"Non
credi di dovermi delle scuse Leila?"
soffia ad un millimetro dalle mie labbra,
prendendo poi a fissarle insistentemente.
Sento
le guance andare in fiamme e la gola secca mentre tento a tutti i costi
di
rifuggire il suo sguardo.
"No,
mi dispiace" sussurro con un filo di voce.
Come
può ridurmi in questo stato?
"Davvero
non vuoi più vedermi?" insiste lui, costringendomi a levare
il volto nella
direzione del suo.
Bella
domanda, davvero non voglio più vederlo?
"No"
ammetto sconfitta.
Il
suo viso sembra illuminarsi, irradiato da un sorriso compiaciuto e a
tratti
beffardo. Il sorriso sicuro e sprezzante di chi detiene la vittoria in
pugno.
"Stasera
vieni da me" sentenzia al mio orecchio.
La
sua voce è un sussurro, appena udibile, eppure ogni singola
parola brucia sulle
pelle, quasi fosse impressa.
"Non
posso" riesco a dire in un momento di lucidità.
"Puoi"
controbatte fermo.
"Sono
andata a letto con Seth" sputo lì improvvisamente, sperando
che la mia
rivelazione possa destabilizzarlo e salvarmi così da una
situazione
sconveniente.
Mi
sento uno schifo per aver urlato ai quattro venti un fatto
così delicato e
importante con il chiaro intento di porre un freno all'ostinazione
dell'uomo
che ho di fronte.
"Cosa?"
Liam indietreggia come se fosse venuto a contatto con qualcosa di
ardente,
qualcosa che lo repelle a tal punto, da non volere oltre la sua
vicinanza.
"Da
quanto?" chiede subito dopo, aggiustandosi la giacca in modo
professionale
e distaccato, neanche avesse davanti uno dei suoi clienti.
I
suoi occhi hanno perso la vivacità di qualche secondo prima
velandosi di un
azzurro ghiaccio, la sua voce non ha più la stessa nota
calda, al contrario è
dura, inflessibile e fredda; non lascia trapelare emozione alcuna.
"Io.."
"Da
quanto va avanti?" m'interrompe, alzando i toni.
"E'
successo ieri. Vuoi sapere anche se mi è piaciuto? Si, ogni
singolo
istante" sbraito, meravigliandomi in un secondo momento della veemenza
nella mia voce.
Liam
accenna un sorriso dal chiaro retrogusto amaro e con fare teatrale
prende ad
applaudire, asserendo:
"Porta
i miei complimenti a Seth, scoparsi la figlia del suo migliore amico va
ben
oltre ogni mia aspettativa".
C'è
sarcasmo nelle sue parole; crudo e pungente sarcasmo che, come il
veleno di una
vipera, arriva fin dentro le vene e si disperde per tutto il corpo in
onde
propaganti.
All'improvviso
un pensiero orrendo si fa prepotentemente spazio nella mia mente. E se
Liam
spifferasse tutto a mio padre? Per quanto mi sforzi di essere
ottimista, non
riesco ad immaginare un lieto fine a questa storia. Se avessi seguito
il mio raziocinio
non mi sarei trovata in questa situazione più grande di me,
impaurita e scossa
sotto lo sguardo contrariato di Liam Cooper.
"Credo
sia meglio che tu vada, Seth sarà qui da un momento
all'altro" affermo,
torturando al contempo le mani.
Devo
apparire proprio buffa poiché sul volto di Liam ora vige una
smorfia divertita.
"Stai
lontana da Seth, in te vede solamente il riflesso di Jamie Lynn. Non ha
mai
superato il fatto che lei abbia scelto un altro" afferma emblematico,
puntandomi contro l'azzurro dei suoi occhi.
Ogni
fibra del mio essere è pietrificata, non riesco a muovere un
solo muscolo
mentre mi crogiolo dietro quelle parole che gridano un solo nome: Jamie
Lynn.
Di nuovo lei. Lei e Seth.
Un
moto interiore di profonda repulsione nei confronti di loro due insieme
si
insinua viscido nei meandri delle mie paure più re cognite.
"Menti"
grido all'affacciarsi della prima lacrima.
"Prova
a domandare al tuo amante a chi pensava mentre ti stringeva" ribatte
Liam
sempre più sprezzante.
Lo
odio.
Odio
quel finto sorriso sulle labbra perfette.
Odio
l'evenienza che le sue parole possano corrispondere all'amara
verità.
Poco
lontano, il rumore di una macchina mi distrae per un attimo.
In
quel frangente riconosco l'auto di Seth avvicinarsi pericolosamente a
me e Liam
e l'aria rarefarsi.
Osservo
Liam con il terrore negli occhi mentre il mio coinquilino avanza a
passo
spedito nella nostra direzione senza nemmeno curarsi di chiudere lo
sportello
dell'auto.
"Cosa
diavolo ci fai qui Cooper?" esordisce Seth fronteggiando Liam.
I
due uomini sono ad un palmo di distanza.
Entrambi
alti e minacciosi, entrambi lì per me.
"Rilassati
Seth, passavo da queste parti" risponde Liam, con tono angelico ma
dannatamente strafottente.
Sarebbe
chiara anche ad un cieco la sua bugia.
"Non
provare a fottermi, ti conosco! Stai lontano da Leila, hai capito?"
bercia
Seth, protraendo la sua postura all'indirizzo dell'amico. O ex
amico.
Liam
mantiene quell'aria spavalda e impenetrabile che tanto gli ammiro,
niente
sembra scalfirlo minimamente.
"Stesse
parole, donne diverse. Pensavo avessimo appianato le nostre divergenze
molto
tempo fa', Douglas!" ribatte prontamente, passandosi con non curanza
una
mano tra i capelli folti e luminosi.
Seth
impallidisce, perdendo qualche secondo la sicurezza nei movimenti.
"Leila,
andiamo via" ordina, afferrandomi un polso.
Perché
sembra voglia fuggire da Liam? Non sarà mica che..
"No,
aspetta. Cosa voleva dire?" chiedo con voce flebile, cercando il suo
sguardo. Si dice che la bocca sia una mera traditrice ma gli occhi,
quelli non
mentono. Nella loro muta espressività, risiede la purezza
della verità.
"Fidati
di me, è meglio andare via" risponde vago mentre ci
allontaniamo in
direzione della sua macchina.
E'
visibilmente nervoso, una vena pulsante solca la sua fronte imperlata
di
sudore.
Smarrita,
osservo fuori dal finestrino per metà aperto; la mia vista
si perde tra i
colori sfumati di una New York frenetica, tra i mille volti che vedo
sfrecciare
al nostro passaggio mentre il sole cocente riversa il suo calore sul
mio viso
etereo.
Chiudo
gli occhi un istante nel vano tentativo di evadere da una deludente
realtà
verso i bagliori di un ingannevole sogno dove Seth è un
ragazzo qualsiasi ed io
non sono la figlia della sua ex amante o del suo migliore amico.
Quando
arresta la macchina di fronte al palazzo signorile, in una manciata di
secondi
recupero la tracolla che ho adagiato ai miei piedi; mi allontano
celermente da
lui, per dirigermi all'entrata dove poso con una certa circospezione i
piedi
sul morbido tappeto dell'elegante dimora.
Dalla
reception, giungono scampoli di conversazione tra il portinaio e un
condomino a
proposito di rumori molesti e diatribe con l'inquilino sottostante.
Superati i
due uomini di corsa, mi accingo ad entrare in ascensore, sperando che
Seth non
faccia in tempo a raggiungermi. Tra di noi è calato un
omertoso silenzio che
renderebbe l'aria irrespirabile poiché intrisa di imbarazzo.
Quando
giungo finalmente a casa, mi libero febbrilmente della tracolla
scaraventandola
all'ingresso e mi dirigo nella mia stanza, chiudendo a chiave la porta.
Pochi
secondi dopo, percepisco chiaramente la presenza di Seth avvicinarsi a
passo
spedito verso la mia camera.
"Leila,
dobbiamo parlare" urla, bussando in modo esagitato alla mia porta.
Non
rispondo, non ne ho il coraggio.
"Leila
ti prego, rispondi" mi scongiura, imperterrito.
Lascio
vagare lo sguardo nel vuoto qualche istante; un solo pensiero fomenta
la mia
personale rivoluzione interiore: Seth e Jamie Lynn.
"Vattene"
bercio carica di rabbia, avvicinandomi alla porta.
"Apri,
ti scongiuro" supplica ancora Seth, caparbio.
Non
si arrende e conoscendo la sua cocciutaggine non lo farà mai.
"Cosa
vuoi?" sbraito, aprendo l'infisso.
La
smorfia di sofferenza ben evidente sul suo volto appaga per qualche
secondo la
mia rabbia repressa.
Egoisticamente
mi ritrovo a condividere la mia attuale posizione predominante,
tramutandola in
un sorriso amaro e beffardo.
"Non
si piange sul latte versato" sentenzio spavalda e forte della ragione.
Il
suo volto è congestionato e la sua bocca, quella stessa
bocca che ha saputo
donarmi il paradiso, è ora inerte, piegata al dolore che
sembra ammutolirla.
"Credevi
che non l'avrei mai scoperto, eh?" inizio col dire, spintonandolo. Sono
cosciente che le mie mani deboli non scalfiranno il suo petto di pietra
ma è il
modo più diretto di comunicare tutta la mia rabbia.
"Pensavi
a lei
mentre mi scopavi?" continuo, spintonandolo una
seconda volta, stavolta, con più decisione.
"No,
dannazione. NO!" grida Seth, svegliandosi dal torpore in cui sembrava
versare fino a qualche secondo prima.
"Perché
non me l'hai detto quando ne hai avuto l'occasione?" chiedo ponendomi
proprio di fronte a lui.
Vorrei
apostrofarlo con i peggiori epiteti ma decido di limitarmi a fulminarlo
con uno
sguardo carico di biasimo.
La
sua figura imponente mi sovrasta ma non mi fa paura, per niente.
"E'
successo solo una fottutissima volta, molto tempo dopo la rottura con
tuo
padre. Eravamo entrambi ubriachi, io avevo ricevuto una brutta notizia
dal mio
capo, lei.."
"Lei?"
lo esorto a continuare.
"Lei
era stata lasciata dal compagno"
conclude, abbassando lo sguardo.
Vorrei
andare via ma i miei piedi sono come incollati al pavimento mentre con
una mano
premuta contro la bocca, tento di reprimere lo stupore.
Forse
è una mia semplice impressione ma la sensazione visiva
è che Seth non stia
raccontando tutta
la
verità; continua a sfregare convulsivamente le mani
e tiene lo sguardo schivo e basso senza mai incrociare il mio.
"Mio
padre è a conoscenza della tua scappatella?"
chiedo con l'amaro in bocca, sul punto di
esplodere.
"No"
soffia Seth, a capo chino.
"Mi
fai schifo" urlo, accasciandomi a terra.
Il
mio petto è scosso da violenti singhiozzi e lacrime copiose
rigano le mie guance
di strie salate che arrivano fino alle labbra, inumidendole di un
sapore
disperato.
Prontamente
Seth si piega sulle ginocchia e mi stringe a sè.
Provo
a ribellarmi ma lui è più forte di me, con il
corpo mi tiene premuta al suo
petto e mi culla, accarezzandomi i lunghi capelli ramati e sussurrando
di tanto
in tanto parole di scuse.
Restiamo
in quella posizione per ore fino a quando le lacrime non abbandonano il
mio
viso e il respiro torna ad essere regolare.
"Come
stai?" sussurra Seth al mio orecchio.
Temo
di essermi assopita tra le sue braccia poiché la sua
immagine mi appare sfocata
e la sua voce risulta come un brusio lontano e indefinito.
In
altre circostanze avrei emesso dolci sospiri al cospetto dei suoi occhi
blu
cobalto, ma la patina di dolore che li riveste, mi riporta
prepotentemente con
i piedi per terra, strappandomi alle braccia di quell'illusoria
passione.
Istintivamente
mi allontano da lui, incespicando prima di rialzarmi del tutto. Lo
specchio
alla parete rimanda un'immagine di me sconvolta: il trucco e le
occhiaie donano
al mio viso un'aria stanca e il vestito stropicciato completa il quadro
desolante.
"Leila,
dove stai andando?" grida Seth mentre mi avvio come un automa verso la
porta d'ingresso.
Vorrei
avere la risposta a quella domanda ma la verità è
che nemmeno io ho la minima
idea dei miei movimenti.
L'unica
certezza rimastami, ha le fattezze di un uomo moro e dai prepotenti
occhi di
ghiaccio.
Pochi
minuti dopo, mi ritrovo per strada, nel trambusto quotidiano di una
delle vie
più trafficate di New York.
Sono
sola e in balia di emozioni disarmoniche, nel più confuso
degli stati mentali.
Tasto il vestito alla ricerca del cellulare, rendendomi conto solo dopo
dell'assenza di tasche e imprecando a voce forse
un po' troppo alta, desto le occhiate torve da parte di alcuni
passanti.
Incurante
degli sguardi, continuo il mio vagabondare per quelle vie fino a quando
non
m'imbatto in un internet point e ho un'illuminazione.
Entro
trafelata e priva di decoro, scongiurando il tizio pelato di concedermi
un
minuto di connessione gratis per la ricerca di un numero che dichiaro
essere di
vitale importanza.
L'uomo
mi guarda allibito, in tutta la sua vita sicuramente non
avrà mai assistito a
questo particolare tipo di elemosina. Di solito si chiedono soldi,
cibo,
vestiti; insomma, beni di prima necessità.
Devo
avere proprio un aspetto penoso perché il
tizio, con
un cenno del capo,
mi
indica una postazione completa di computer e
auricolari.
Provvedo
a sedermi davanti a quel computer datato e attendo i tempi del motore
di
ricerca, pensando
nel frattempo
alla parola chiave
da inserire.
Non
mi viene altro in mente che il suo nome: Liam Cooper.
Qualcosa
salterà fuori, no?
Le
prime pagine rimandano al sito dell'azienda per cui lavora;
deve essere una
società di
fama internazionale data la
promiscuità linguistica che si evince ad una prima e
rapida occhiata.
Scorrendo
avanti tra i risultati, trovo finalmente qualcosa di concreto: il suo
profilo
linkedin.
Apro
alla svelta la pagina web e incollo gli occhi allo schermo per
setacciare rigo
per rigo il suo curriculum, alla ricerca di quel numero.
Dopo
un'analisi attenta e meticolosa, lo trovo accanto alla dicitura: cellulare.
Senza
ulteriori indugi, afferro allora il blocchetto di post-it e la penna in
dotazione, scarabocchiando quelle cifre alla velocità della
luce.
Non
mi rimane che chiedere un'ultima gentilezza al tizio pelato.
"Potrebbe
farmi chiamare questo numero?" esordisco, armandomi di coraggio.
L'uomo
sembra irrigidirsi non poco alla mia richiesta ma dopo uno sbuffo
sonoro, mi
cede il suo smartphone.
Con
le dita tremanti e il cuore in gola compongo il numero di Liam,
guardandomi
intorno nell'attesa di sentire la sua voce.
"Liam
Cooper, con chi parlo?" esordisce in tono professionale e distaccato.
"Liam,
sono Leila. Ti prego vienimi a prendere, sono in una traversa di
Lexington
Avenue" rispondo.
All'altro
capo del telefono solo un assordante silenzio accoglie la mia patetica
supplica.
"Liam.."
"Resta
dove sei, arrivo fra pochi minuti" conclude serio e conciso.
**
La
Lamborghini nera parcheggia davanti ad uno dei più lussuosi
hotel di tutta New
York.
Con
un movimento repentino, Liam scende dal bolide e consegna le chiavi ad
un
fattorino di colore, indicandomi.
L'uomo
in divisa provvede a eseguire gli ordini imposti e nel più
cortese dei modi,
apre lo sportello dell'auto invitandomi ad uscire.
Mi
limito ad appigliarmi alla sua mano e scendere, seguendo poi Liam fin
dentro
l'hotel.
Quando
arriviamo all'ultimo piano, le porte dell'ascensore si aprono,
emettendo un suono
acuto e tremendamente fastidioso.
Non
ho il coraggio di proferire parola mentre varco la soglia di un attico
lussuoso
e all'avanguardia.
Ogni
cosa è dotata di tecnologia moderna che limita
all'essenziale i movimenti di
esecuzione. Attraversando il luminoso salone per esempio, in maniera
del tutto
automatica, le tende si discostano lasciando intravedere lo skyline di
Manhattan. Una vista mozzafiato.
"Benvenuta
nella mia reggia" esordisce Liam, versandosi dello scotch in un
bicchiere
di vetro dalla forma quadrata.
"Vivi
qui?" ribatto, alquanto frastornata.
"Si"
risponde atono, continuando a sorseggiare il suo drink.
Lo
osservo sciogliere con una mano il nodo della cravatta e gettarla sul
divano,
mentre si accomoda tra due enormi cuscini che hanno tutta l'aria di
essere
morbidi e accoglienti.
"Perché
mi hai chiamato? Stamane non sembrava volessi più vedermi"
afferma,
facendo guizzare gli occhi su tutta la mia figura.
Mi
chiedo come mai non abbia posto la domanda più ovvia in quel
momento, avendo
sicuramente notato le mie condizioni disastrose.
"I-o,
io non lo so" balbetto, tormentando una ciocca di capelli.
"Vieni
qui" dice, invitandomi con un cenno della mano a raggiungerlo.
Improvvisamente
ho come la sensazione di stare per imboccare un sentiero senza uscita,
all'interno del quale, mi aspetta un bellissimo angelo dannato.
ANGOLO
AUTRICE:
Buona
sera a tutte/i!
Alla
fine ce l’ho fatta,
non credevo fosse possibile. Ho ritardato un po’, ne sono
consapevole, ma ho
dovuto fare i conti con le vacanze e il trasferimento di un mese in
Sardegna.
Qui,
non ho tutte le
comodità di casa, scrivo dal tablet (non da pc) e per
pubblicare devo sottrarre
il computer al mio boyfriend. Bando alla ciance, come trovate il
capitolo?
Rivelazione shock, Seth e Jamie Lynn.. linciatemi pure hihi Scagliatemi
addosso
qualsiasi cosa per Leila e Liam. Cosa faranno? Sarà la cosa
giusta o il bel
moro nasconde qualcosa? Non dimenticate Garsol, il prossimo chap lo
conoscerete!
La
canzone che dà il
titolo al capitolo è Bloodstained
heart di
Darren hayes.
Ne
approfitto per
ricordare l’altra mia storia, quella nuova nuova che
aggiornerò prestissimo -->
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1977225&i=1
Un
ringraziamento speciale
a tutte, bacioni.
|
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Capitolo 13 *** Closer to the edge ***
Somebody
that I used to know
Capitolo tredicesimo
Closer to the
edge
ANGOLO AUTRICE EXTRA LARGE:
Buonasera
a
tutte/i, finalmente ecco partorito questo capitolo che mi ha dato
parecchio
filo da torcere. A tal proposito volevo ringraziare Malaria Efp per
avermi
spronato a pubblicare anche tramite le minacce
che mi ha dedicato nell’ultimo
capitolo di BLUNOTTE ( qui il link per chi volesse leggere la storia --> http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1879230.
Io,
la consiglio vivamente) . Oggi
le note sono ad inizio capitolo per
alcuni AVVERTIMENTI.
Queste
righe
magari non convinceranno tutti, i temi trattati sono delicati e non
proprio
auspicabili per una normale diciottenne. Colgo l’occasione
per ricordare che
questa è una storia inventata, quanto più lontano
dalla realtà ci possa essere.
Alcune
ragazze
mi uccideranno, altre saranno contente del risvolto dato alla storia ma
Leila
doveva prendere una decisione e chiarire i suoi sentimenti. Non
è la fine,
quindi tutto può cambiare.
Anticipo
che la
storia si comporrà di soli 20 capitoli poiché ho
intenzione di scrivere un
sequel. Secondo i miei schemi, nel 15 capitolo verrà
finalmente svelato tutto.
In questo avreste dovuto conoscere Steve Garsol ma ho cancellato la
parte
riguardante lui, la troverete nel prossimo capitolo.
Un
bacio a
tutte, grazie di cuore per l’attenzione.
La
canzone che
dà il titolo al capitolo è Closer
to the
edge dei 30 Second to mars.
BUONA
LETTURA!
Un profumo intenso e sofisticato, solletica le mie
narici; impregnando l'aria di una gradevole fragranza muschiata; nel
mentre, i
primi raggi del sole si allungano timidi sul mio viso, pizzicandone la
pelle
diafana.
Dischiudo
leggermente gli occhi, accogliendo così,
l'arrivo di un nuovo giorno.
Accanto
a me, la figura dormiente di Liam Cooper,
ridesta emozioni contrastanti che lottano incessantemente tra di loro,
nella
continua e affannosa ricerca della cosa giusta da fare.
Con
lo sguardo, accarezzo il suo profilo,
soffermandomi sugli zigomi ben definiti e sulle guance leggermente
scavate;
indugiando infine, sulle labbra pronunciate, contornate dalla barbetta
di
qualche giorno.
E'
disteso sulla schiena, un braccio piegato sotto
la testa e l'espressione appagata di un placido sonno ristoratore, il
sonno di
un bambino.
Spogliato
della sua irriverenza, nell'intimo
momento del riposo, acquisisce infatti, un'aura fanciullesca;
ingenuamente
accentuata dal respiro tenue e cadenzato.
Incoraggiata
dalla segretezza che il decoro onirico
impone, sfioro le sue labbra, inspirando quell'inebriante fragranza
muschiata.
Qualche
secondo dopo però, mi avvedo della poca
discrezione del mio gesto; Liam infatti, solleva le palpebre rivelando
quello
spettacolo dalle tinte di un azzurro principesco.
"Buo-buongiorno"
balbetto, in preda
all'imbarazzo derivante dal quel bacio rubato e dall'espressione
compiaciuta
che vige sul suo volto.
"Ciao
Leila" risponde, sollevandosi a
mezzo busto e rivelando così, il torso nudo e virile.
Inseguendo ostinatamente
le linee della polvere solare, tento di virare la mia attenzione su
qualcos'altro che non sia il suo sguardo magnetico.
Per
quanto mi sforzi però, la sua presenza
carismatica non fa che attirarmi inesorabilmente; sullo sfondo, un
tagliente
silenzio.
Ho
ancora indosso la sua camicia; è intrisa di
quell'ormai familiare odore muschiato che mi ha cullato per tutta la
notte,
allontanandomi dalle fauci di quell'ignobile pensiero ricorrente su
Seth e
Jamie Lynn.
Oh,
cosa darei per cancellarlo definitivamente
dalla mia mente. Purtroppo però, non è facile
come cestinare un qualsiasi file
dal computer.
Prima
di venire a conoscenza della vita di Jamie
Lynn, vissuta, tra l'altro, all'insegna della più totale
sregolatezza, sognavo
in gran segreto di conoscerla. Non mi era permesso affermare un tale
desiderio
ad alta voce, poiché mio padre era riluttante persino
all'idea di confessarmi
il suo nome.
Ogni
ricorrenza, ogni festa o qualsivoglia
occasione, il fantasma di mia madre tornava a bussare alla mia porta;
nonostante gli sforzi di mio padre, dei miei nonni e di Seth volgessero
a
compensare quell'enorme lacuna.
All'epoca,
abitavamo nella casa dei genitori di mio
padre a Hoboken, una tranquilla cittadina vicino New York. Seth viveva
con la
sua famiglia nella casa a fianco alla nostra; è proprio
negli spazi verdi
comuni che, l'amicizia tra lui e mio padre, ha visto la luce.
Il
loro rapporto, quasi fraterno, si è poi consolidato
negli anni, in un percorso che li ha visti frequentare lo stesso liceo
scientifico e in seguito la medesima facoltà di marketing e
comunicazione a New
York. E' stato in seguito al trasferimento di mio padre e Seth nel
contesto
universitario, che ho cambiato residenza e iniziato a frequentare le
scuole
nella grande mela.
"Come
stai?" la voce cupa di Liam, mi
riporta inesorabilmente al presente e in quella sontuosa camera da
letto.
Scorgo
nei suoi occhi sincera preoccupazione e me
ne compiaccio, non mi sarei mai aspettato una simile dolcezza da parte
sua;
nemmeno quando, in preda ad una crisi convulsiva, ho rifiutato di fare
l'amore
con lui.
Ero
andata da Liam con tutte le intenzioni di
sfogare i miei beceri istinti vendicativi;
invece, dopo l'iniziale trasporto, il suo viso ha man mano
assunto i
connotati dell'uomo che tentavo di rifuggire: il migliore amico di mio
padre,
Seth.
"Meglio,
molto meglio" mi limito ad
asserire, perdendomi nei suoi occhi magnetici e accogliendo con piacere
la sua
mano in capo alla mia.
"Ti
sei innamorata di lui, non è così?"
chiede a bruciapelo.
Il
peso di quelle parole fluttua nell'aria come
quello di una grave condanna; la dolcezza stessa, volutamente associata
ad
esse, è macchiata dalla consapevolezza di un sentimento
inopportuno.
"Io,
io.." inizio col dire, incespicando
miseramente sulle mie parole.
Il
suo viso, ora privo di espressione, torna ad
osservare un punto indefinito della stanza.
"Ecco
cosa farai: ti dimenticherai di lui.
Seth non è l'uomo che credi" annuncia, con una freddezza che
fa gelare il
sangue nelle vene.
"Cosa
intendi?" biascico, la voce ridotta
ad un sospiro flebile.
Possibile
che debba mettere sempre tutto in
discussione? Avrò mai un attimo di serenità?
Nuove
rivelazioni, bugie scoperte e verità omesse
mistificano la mia realtà, in un susseguirsi frenetico di
presente e passato.
"Ascoltami
bene: l'uomo di cui sei innamorata,
in realtà, non è altro che una mera illusione.
Seth proietta in te, i
sentimenti che ancora nutre nei confronti di tua madre" spiega, in modo
crudo e diretto.
Istantaneamente,
lascio inebetita l'azzurro intenso
dei suoi occhi per incontrare, nel più sgangherato dei
pensieri, quello blu
cobalto di Seth. Davvero mi ha mentito?
"Come
fai a sapere tutte queste cose?"
chiedo.
La
mia voce traballante, tradisce una certo
nervosismo.
"In
passato, ho conosciuto bene
i soggetti" mormora,
alzandosi dal letto e donandomi la visuale completa della sua schiena
dritta.
Osservo
la sua figura slanciata dileguarsi nella
penombra del corridoio mentre cerco di digerire quell'ulteriore scomoda
verità.
"Dimmi
di più" lo incito, raggiungendolo.
Ho
tutta l'aria di una drogata, la mia sete di
sapere non accenna a placarsi.
"Credimi,
non vorresti saperlo" sentenzia,
lasciando scivolare a terra, i boxer neri.
Inchiodo
il mio sguardo al suo per una frazione di
secondo; basterebbe un solo passo per avvicinarmi e costringerlo ad
essere più
chiaro con le buone o con le cattive. Invece, mi limito a scrollare le
spalle,
lanciargli un'occhiata carica di rabbia e andarmene.
Il
sole, nel frattempo, ha rinvigorito i suoi raggi
di una luce ritemprata che filtra dalle tende del salotto. Come una
furia,
afferro il vestito sudicio che avevo indosso ieri sera e mi libero in
un baleno
della camicia di Liam. Niente da fare, il suo profumo non ha
abbandonato con
essa, la sottoscritta.
"Non
dovresti indossare quel vestito, è
lercio" esordisce la voce alle mie spalle.
Mi
volgo istintivamente verso la fonte di quella
fastidiosa affermazione e mi ritrovo Liam in tutto il suo splendore,
proprio a
pochi millimetri da me.
"Non
sono affari tuoi" commento a muso
duro.
"Potrebbero
diventarlo" ribatte,
innalzando un lato della bocca in un accenno di sorriso sghembo.
In
barba al buon senso, mi ritrovo a desiderare di
baciare quella bocca e maledico i miei ormoni impazziti che non mi
lasciano
tregua.
"Lasciami
in pace Liam, torno a casa"
affermo, dirigendomi a passo spedito verso la porta. Non ho la
benché minima
idea di come farò ad uscire in queste condizioni: sono
sporca, il mio vestito è
spiegazzato e maleodorante e i miei capelli sono un groviglio
indomabile.
"Non
andare" asserisce Liam, afferrandomi
un polso.
Mi
vedo costretta a voltarmi nuovamente al suo
indirizzo e scontrarmi con la dura realtà: per quanto possa
stare male in
questo momento, desidero restare con Liam. Desidero quelle labbra
irriverenti e
quelle mani, grandi e dalle dita affusolate, su di me. Lo desidero
perché non è
complicato, non sento quella morsa allo stomaco quando ride o tiene il
broncio,
non esistono farfalle con Liam. Solo brividi che hanno fame di lui, del
suo
irrimediabile fascino.
"Resta
con me. Ti farò dimenticare Seth e
lenirò la tua sofferenza. Sei troppo giovane per soffrire
d'amore, non vale la
pena, credimi" afferma, attirandomi a sé.
**
Osservo
il letto disfatto: quelle lenzuola piegate
senza verso e quei cuscini fuori posto, non mi provocano alcuna
felicità, solo
un'inestimabile senso di appagamento. Dovrei vergognarmi dei miei
beceri
istinti, eppure questa volta non ho pensato a nient'altro che Liam
Cooper e le
sue indubbie doti amatorie.
Una
volta, ho letto che le grandi passioni sono
malattie senza speranza e che ciò che potrebbe guarirle,
è proprio ciò che le
rende pericolose*. Bene, non c'è niente di più
insensato e pericoloso di quello
che ha avuto l'ardire di chiedere Liam Cooper.
Una
relazione clandestina.
Incontri
fortuiti volti a soddisfare i bassi
istinti umani e a cancellare ogni traccia di quel sentimento
inopportuno che
provo per Seth.
Una
particolare
terapia,
insomma.
Nell'estremo
tentativo di soffocare i miei
sentimenti, complici l'atmosfera intima e il savoir-faire di Liam, ho
dato il
mio assenso.
Ora,
un unico monosillabo ci lega ad un filo
sottile e insidioso guidato dall'appagamento effimero dei sensi.
"Nel
cassetto degli ospiti troverai un paio di
shorts e una maglia da donna. Prendili pure" la voce melliflua di Liam
carezza il mio udito, ma è il contenuto delle sue parole a
destare maggiormente
la mia attenzione.
Un
paio di short e una maglia da donna.
Che
cosa ci fanno degli indumenti femminili a casa
di un uomo che si professa libero da ogni vincolo sentimentale?
Sull'orlo
di una sfrontata curiosità, chiedo allora
spiegazioni a riguardo, ma Liam non sembra particolarmente felice della
mia gentile
invadenza.
Mentre
abbottona la camicia di un bianco candido,
sibila tra i denti:
"Appartengono
ad una persona importante che
non fa più parte della mia vita".
Dopo
quella risposta priva di reale apporto, mi
chiudo in un ragionato mutismo, nel più sano e virtuoso dei
silenzi mai
intercorsi tra di noi. Ignoro accuratamente l'istinto di chiedere di
più, mi
scontrerei unicamente con la realtà amorfa del nostro
rapporto.
Avendo
cura di non sgualcire gli indumenti, allora,
indosso con estrema lentezza gli short di jeans e la maglia beige.
Alzo
il capo lentamente verso lo specchio, cercando
di rimanere calma; la mia immagine riflessa mostra come i vestiti di
quella
donna misteriosa mi calzino a pennello, sono praticamente della mia
stessa
taglia.
Per
una frazione di secondo incrocio gli occhi di
Liam allo specchio. Hanno una luce diversa, mi guardano come se fossi
l'unica
cosa degna di nota in quella stanza. Poi con la stessa
celerità, si spostano
altrove, perdendosi nell'osservazione muta e pacata dell'ambiente
circostante.
E'
come se fosse lontano kilometri.
"Qualcosa
non va?" azzardo, avvicinandomi
quel poco da essere nuovamente e irrimediabilmente vittima di quel
profumo
intenso.
Il
suo
profumo.
Per
la prima volta, riscontro incertezza e
titubanza nei suoi occhi. E ne ignoro la causa scatenante.
Riprendendo
padronanza della sua sfrontatezza
peculiare, Liam si passa una mano tra i folti capelli in un gesto
seducente e
calcolato mentre indossando uno dei suoi soliti sorrisi scaltri,
ammette
candidamente: "Quegli shorts ti donano parecchio".
"Gra-grazie"
balbetto, cercando di darmi
un contegno.
Il
suono della mia voce si propaga incerto ed
esitante nell'aria, nel frattempo che Liam, senza troppe cerimonie e in
barba
alla buona educazione abbandona la camera da letto senza degnarmi di
parola
alcuna.
**
Il
solito chiacchiericcio frenetico e convulso mi
accoglie nella portineria del palazzo borghese di Seth. Mi affretto a
prendere
il primo ascensore disponibile tra i due presenti, la fortuna sembra
essere
dalla mia parte: è vuoto.
Meglio
così, non sono in vena di conversazioni
convenevoli.
Tengo
a mente le istruzioni di Liam, non ha fatto
altro che ripetermele in macchina.
“Racconta di
aver dormito dalla tua amica bionda. Fagli intendere di aver riflettuto
sul
vostro rapporto e di aver cambiato idea. Seth non insisterà,
fidati”.
Quando
varco la soglia e imbocco il corridoio, quasi
sussulto. Seth è davanti ai miei occhi, pallido come un
fantasma e con il
cordless in mano.
Nei
suoi occhi arrossati, rabbia, preoccupazione e
sollievo si avvicendano in un moto senza sosta.
Rimaniamo
fermi, inchiodati dai nostri stessi
pensieri, nel tentativo vano di celare la vulnerabilità a
favore di una rigida
compostezza. Uno dei più grandi ostacoli che si sovrappone
tra noi è costituito
proprio dalla difficoltà di trasformare i sentimenti e le
sensazioni più
profonde in semplici parole.
“Mi
dispiace” biascico allora, chinando il capo in
segno di remissività.
Riscontro
irritazione nel suo volto, collera repressa.
“Stavo
per chiamare tuo padre” afferma atono, appoggiando
il cordless al mobiletto.
A
quelle parole il mio cuore perde un battito.
Mio
padre non deve venire a conoscenza di tutto
questo.
“Dove
sei stata? Non si sparisce così, cazzo”
sbotta, liberandosi di quell’ansia accumulata da troppo tempo
ormai.
“Da
Hanna” recito alla perfezione, sfuggendo i suoi
occhi di quel blu tanto intenso. Mi sento uno schifo al solo pensiero
di
mentirgli oltre che mentire a me stessa.
“Perché
non mi hai avvertito?” chiede, mentre in
maniera convulsa mi scuote ripetutamente le spalle.
“Seth,
io.. ho pensato a quello che è successo tra
di noi e temo di essermi sbagliata” asserisco con il cuore in
gola,
distaccandomi da lui.
Seth
indietreggia di qualche passo, sgranando gli
occhi nel grottesco tentativo di cogliere il senso delle mie parole.
Poi si
porta le mani alle tempie come volesse raccogliere le idee e afferma
serio: “Leila,
ti ho già detto che sono stato con Jamie Lynn solo quella
fottutissima volta. Devi
credermi, a prescindere da come andrà tra di noi”
afferma, scompigliandosi i
capelli corti.
Sento
la gola stringersi sempre di più, cerco di
respirare e dopo un attimo di tentennamento ribatto fredda e concisa:
“Non è
mai stato affar mio”.
TO BE CONTINUED...
|
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Capitolo 14 *** Grey lynn Park ***
Somebody that I used to
know
Capitolo
quattordicesimo
Grey LYNN park
ANGOLO AUTRICE:
Buona domenica a tutte/i!
Innanzitutto mi scuso per il ritardo inaudito ma la storia è
arrivata ad un
punto cruciale e diventa sempre più difficile esprimere al
meglio gli
avvenimenti e le emozioni dei personaggi. Il motivo per cui ho
anticipato il
mio spazio è per avvisarvi che d’ora in poi la
pubblicazione avrà cadenza
settimanale (prima riuscivo a pubblicare ogni tre giorni, sigh) e per
avvertirvi che il prossimo capitolo, sarà MOLTO particolare
rispetto agli
altri.
Fatemi
sapere cosa ne pensate di questo
capitolone, non ho mai chiesto giudizio ma ultimamente ho
l’ansia da
prestazione xD.
Concludo
ringraziando chi segue con affetto,
in silenzio o recensendo ogni capitolo. Un particolare GRAZIE va alla
mia beta
improvvisata e custode dei miei scleri più assurdi.
Signori
e signore un applauso virtuale a
Malaria efp!
Questo
capitolo è dedicato a lei!
Il
titolo che dà la canzone al chap è Grey
lynn park dei The veils
(consiglio di ascoltarla, è veramente bella).
Sotto
allegherò delle foto ma capirete solo
leggendo.
So..
buona lettura!
"Non
è mai stato affar tuo?
Cristo, Leila. Ma
ascolti quello che dici?" sbraita Seth, levando le braccia al cielo per
poi lasciarle cadere a peso morto lungo i fianchi. Inizia ad andare
avanti e
poi indietro, continuando ostinatamente a passare una mano tra i
capelli corti
e spettinati. Gli occhi arrossati conferiscono al suo volto un'aria
frustrata,
ben lungi da quella scanzonata e briosa che lo contraddistingue
normalmente. La
camicia è la medesima che aveva indosso ieri, solo
più stropicciata e tenuta al
di fuori dei pantaloni. Può voler dire solo una cosa: questa
notte non ha
chiuso occhio.
"Non
è affar mio con chi vai a letto,
ancora meno se la sgualdrina di turno è la mia pseudo madre"
rincaro la
dose, tentando di superarlo e raggiungere così, di corsa, la
mia camera; al
momento il mio unico porto sicuro.
Seth
non esita a piantarsi di fronte a me;
mi fissa e per un attimo sembra non trovare le parole. I suoi tratti,
debellati
dalla preoccupazione, assumono ora una linea dura e marcata che vede le
sopracciglia aggrottate e la mascella contratta da una smorfia di
palese
disappunto.
E'
con tono fermo e inflessibile che
finalmente afferma:
"Primo:
tuo madre non è una
sgualdrina; non per quella sciocchezza avvenuta tra me e lei. E
secondo: dammi
una sola valida ragione per interrompere tutto questo e non ti
toccherò più, lo
giuro".
Faccio
qualche passo indietro mentre il
cuore mi scoppia in petto e la voglia di stringerlo è
così tanta che rischia di
rompere gli argini di un autocontrollo flebile e già provato.
L'incauta
quanto avventata resa però, mi
condurrebbe nuovamente tra le braccia di una verità troppo
dolorosa che non
sono in grado di accettare; non dopo aver scoperto i sentimenti che
pare abbia
provato o provi ancora nei confronti di Jamie Lynn.
"Mi
piace un ragazzo della mia età, un
amico di Hanna" mento, osservandolo mentre scuote la testa.
"Non
ci credo" soffia ad un
millimetro dalle mie labbra tremanti.
Mi
specchio nella voragine dei suoi occhi
blu e mi perdo qualche secondo in quella muta contemplazione prima di
ridestarmi e tornare alla realtà. Allora inspiro
profondamente e drizzo le
spalle, sostenendo il suo sguardo.
"Non
importa quello che credi, ti ho
dato una motivazione più che valida. Ora lasciami andare per
piacere"
affermo, emettendo un sospiro tremulo ed incerto che temo possa tradire
il mio
stato d'animo.
Seth
fa una lunga pausa, così lunga che
penso non abbia più intenzione di dire altro.
"Come
vuoi" si arrende infine,
liberandomi il passaggio.
Sebbene
la sua voce sia controllata, riesco
a percepire chiaramente lo sforzo che gli costa mantenerla ferma.
Rimango,
per un momento, rapita
dall'angoscia che strema il suo sguardo e dalla rassegnazione che la
sua
postura remissiva trasmette; poi, in religioso silenzio, mi avvio in
camera: un
cambio veloce e un altro giorno di scuola mi aspetta come monito
intransigente,
volto a scandire la mia regolare e banale routine di adolescente.
**
"Signorina
Roberts le costerebbe tanta
fatica prestare attenzione alla spiegazione? Non mi pare sia il momento
adatto
per scambiare futili messaggi! E tolga di mezzo quell'aggeggio prima
che glielo
sequestri".
La
voce aspra e fastidiosamente pungente di
Mr.Koch -il professore di geografia astronomica- mi riporta, in modo
brusco e
repentino, alla lezione; strappandomi alla fitta conversazione con Liam
Cooper.
"Mi
scusi Mr.Koch" balbetto,
arrossendo per essere stata colta in flagrante e avere attirato
così, gli
sguardi curiosi di tutti i miei compagni di classe.
Ti
ho comprato un vestito. Lo indosserai
per me.
"Signorina
Roberts. Ha sentito quello
che le ho appena detto?"
Quella
voce gracchiante, che solo in un
secondo momento associo nuovamente a Mr.Koch, si insinua a fasi alterne
nei
meandri dei miei pensieri confusi e distorti da Liam e
le sue proposte esilaranti.
Non
legarti i capelli, adoro passare le
dita tra quei fili che mi ricordano la seta.
"Sì
signore, provvedo subito a
spegnere e riporre il cellulare nella tracolla" rispondo, diventando al
contempo paonazza al pensiero delle dita lunghe e affusolate di Liam
che si
addentrano tra i miei folti capelli ramati.
Devo
avere proprio un'aria maldestra poiché
i miei compagni di classe si sprecano in gomitate e risolini. In un
attimo,
divento l'argomento più gettonato dei pettegolezzi frivoli
di alcune ragazze.
"Sicuramente
pensa ancora a
Joshua" commenta qualcuno dietro di me, con il chiaro intento di farmi
ascoltare quella conversazione.
"Poveretta,
capisco il suo
smarrimento. Joshua è proprio un caro ragazzo" ribatte
Monique con finto
interesse. Come se le importasse realmente qualcosa della mia relazione
con
Joshua; in fondo, tra le cause della nostra rottura, il suo nome figura
in cima
alla lunga lista.
"Silenzio!
Non siamo in una salone di
bellezza, questa è un'aula scolastica! Signorina Lamb, le
consiglio di non fare
sfoggio della sua saccenteria; piuttosto ci allieti con una spiegazione
accurata della nana
bianca"
conclude Mr.Koch, aggiustandosi gli occhialini obsoleti sul naso
aquilino.
"Non
è una delle tante ragazze che
prendi in giro" esordisce Hanna, schernendola davanti all'intera classe.
"Signorina
Lewis vuole forse prendere
il posto della sua collega?" la richiama Mr.Koch, correndo nuovamente
ad
osservare con fare intimidatorio Monique.
"Allora?"
la esorta, inforcando
la penna e posizionandola in direzione del registro di classe.
Sul
viso cereo e pallido di Monique si
palesa un'espressione mesta che conferma la sua totale inadempienza
allo studio
e cosparge il suo capo delle ceneri in seguito al pubblico ammonimento.
"Non
ho potuto studiare, mia madre le
farà pervenire una giustificazione scritta" fiata qualche
secondo dopo,
trattenendo a stento copiose lacrime che minacciano di strabordare dai
suoi
occhi.
Il
vecchio Koch abbozza un sorriso
compiaciuto ed estremamente serafico mentre annota chiaramente un
impreparato
nella riga corrispondente al nome di Monique e chiude il registro,
soddisfatto
dell'azione appena compiuta.
Il
suono della campana infrange quel
momento di silenzio catartico ripristinando il solito clima di festa
che
avvolge tutti gli studenti in procinto di tornare a casa.
"Che
figura pessima" esordisce
Hanna, affiancandomi in corridoio.
"Già"
constato senza troppo
interesse, mentre vago frastornata e pensierosa nel labirinto tortuoso
della
mia mente.
Mi
chiedo quale scusa potrò addurre a Seth,
ogni qualvolta dovrò raggiungere Liam nel suo meraviglioso
attico. Mi chiedo
come farò a nascondere il sentimento che nutro nei suoi
confronti, vivendo
gomito a gomito con lui. Mi chiedo quali reazioni scatenerà
in me la presenza
di una donna al suo fianco.
"Ehi,
tutto bene? Oggi sei parecchio
distratta" osserva Hanna, parandosi improvvisamente davanti a me.
Rischio
quasi di finirle addosso, incespicando sui miei stessi piedi.
"Sì,
pensavo.." inizio col dire
prima che la versione più irritante e spregevole di un Steve
Garsol sorridente
irrompa nella mia visuale, ponendosi letteralmente tra me e Hanna.
"Steve"
trilla la mia migliore
amica, inarcando le labbra in un sorriso pieno e genuino.
"Ciao
bionda! -afferma lui,
schioccandole un sonoro bacio- Miss Roberts, quale onore incontrarla
nuovamente" conclude poi il teatrino, inchinandosi al mio cospetto in
modo
imbarazzante. Il suo comportamento non può, non essere
giudicato del tutto fuori
luogo. Tutti sono a conoscenza del fatto che tra me e Steve Garsol non
è mai
corso buon sangue, nonostante appartenesse alla cerchia ristretta di
amici del
mio ormai ex ragazzo. Ho sempre diffidato di quegli occhi dal taglio
felino e
di quel modo di fare scanzonato e irriverente. Misteriosamente i suoi
sproloqui
e le continue beffe ai danni dei più deboli continuano ad
attirare sciami di
ragazze ai suoi piedi, conferendogli un posto di tutto rispetto nella
lista dei
ragazzi più rinomati del Mazzini. Dietro quel sorriso
benevolo che rivolge alle
persone di cui si circonda però, si cela
l’incoscienza di un giovane
scapestrato e con evidenti problemi di adattamento. Non è un
mistero infatti,
la presenza, nel suo curriculum, di decine di nominativi di scuole
dalla quale
è stato cacciato.
“Risparmiati
il sarcasmo Steve” ribatto
sprezzante al suo indirizzo.
“Quanta
acidità, Miss Roberts. Vengo in
pace! Tu e Joshua non fate più coppia fissa, questo non vuol
dire che debba
litigare con te” afferma, sfoderando uno dei suoi sorrisi
ipocriti. Cerco di
mantenere un profilo basso ed evito di rispondere alla sua ennesima
provocazione, rivolgendo la mia attenzione solo ed esclusivamente alla
mia
migliore amica.
“Hanna,
andiamo?” chiedo, ignorando di
proposito il suo accompagnatore.
Incomprensibilmente,
la bionda, avvicina le
labbra all’orecchio di Steve e pronuncia qualcosa,
ridacchiando.
“In
realtà –inizia a dire Steve- sono
venuto per invitarti ad una festa organizzata da me e qualche altro
amico al 4x4.
Mi farebbe piacere che tu venissi”.
“Per
appianare le divergenze! Quale
migliore occasione, se non una festa?” si affretta ad
aggiungere Hanna.
Mi
specchio nel luccichio dei suoi occhi
che, come zaffiri blu, rilucono speranzosi contro la sua pelle chiara.
“Non
ci penso nemmeno. Ho già un impegno
stasera” dichiaro, mentre l’immagine di Liam
Cooper, fasciato in un elegante
smoking, solletica le mie più recondite fantasie.
Steve,
allora, mi rivolge un’occhiata
ammonitrice, seguita da un ghigno tronfio e saccente mentre avvolge
Hanna in un
abbraccio che delimita, in modo netto e preciso, i nostri ruoli.
Sto
per controbattere, ma chiudo di scatto
le labbra; inconsapevolmente sto cadendo nel subdolo tranello di
quell’essere
spregevole.
Mossa
decisamente astuta quella di propormi
quell’invito davanti alla mia migliore amica conoscendo, a
priori, il rifiuto
che ne sarebbe conseguito.
“Ho
cambiato idea, ci sarò” affermo,
trafiggendolo con uno sguardo di sfida.
“Noto
che cambi idea facilmente! D’altronde
anche in campo amoroso, ti comporti nella stessa maniera,
no?” sono le ultime
parole che riesco ad udire prima che un’ondata di rabbia
offuschi ogni capacità
razionale.
**
Ho
varcato tante volte la soglia di questo appartamento; troppe, a dire il
vero.
Eppure,
oggi, non so cosa aspettarmi dietro
il portoncino marrone dinnanzi a me.
Quando
Seth si trasferì a New York, per
frequentare la medesima università di mio padre, capitava
spesso che mi
ritrovassi tra queste mura, mentre lui e mio padre studiavano come
matti fino a
tarda notte; mio padre quasi in procinto di laurearsi e Seth
all’inizio della
sua carriera universitaria.
In
questo appartamento ho visto nascere e
alimentarsi, giorno dopo giorno, quel sentimento che mi ha condotta,
qualche
anno dopo, tra le sue braccia.
“Seth,
sono a casa” annuncio, sentendo il
cuore bruciare al solo pensiero di rivederlo.
“Bentornata”
ribatte la sua voce,
dall’interno della cucina.
Potrei
giurare di non avere riscontrato
alcun turbamento in essa: perfettamente
pacata e tranquilla. Sembra che sia riuscito a dominare le
emozioni e
ritornare neutro come solo un parente può essere.
Nei
pochi secondi che mi dividono dalla
cucina, immagino almeno tre reazioni del nostro incontro. E tutte si
concentrano sull’improbabile indifferenza che Seth si sforzerà di
apporre al nostro incontro. Ne
sono sicura.
“Stasera,
mi hanno invitato ad una festa.
Dormirò da Hanna, se non è un problema”
butto lì, raggiungendolo mentre continuo
a torturarmi le mani, nell’attesa di un suo diniego secco.
“D’accordo
piccola. Stai attenta”
risponde invece, con un sorriso che avrebbe steso uno stuolo di donne.
Chi
diavolo è l’uomo che ho di
fronte?
“Seth,
per quanto riguarda
stamane..” provo
allora
a dire, chinando il capo in segno di mortificazione.
“Non
parliamone più, ho capito
perfettamente” ribatte, mentre si diletta ai fornelli
nell’intricata
preparazione di uno dei miei piatti preferiti: pollo arrosto con miele
e
mostarda.
Nell’udire
quel tono realmente
neutrale sento una fitta allo stomaco, e una sensazione di gelo smorza
bruscamente il fervore che incendiava ogni fibra del mio corpo, solo
pochi
istanti fa. Che possa avere cambiato realmente idea in modo
così repentino?
“D’accordo”
fiato, facendo
miseramente i conti con
il peso delle
mie stesse azioni.
**
Il
4x4
è
un enorme garage di recente
ristrutturazione, alla periferia di New York.
Un
tempo doveva essere stato un
deposito o una fabbrica; le mura sono alte e alle pareti vi sono enormi
finestroni dall’aspetto sinistro.
Al
centro dell’enorme stanzone, un
piccolo bar dispensa cocktail alle centinaia di persone che accorrono
come api
attratte dal miele. Nel bigliettino, infatti,
era
specificata la modalità free
bar,
motivo per cui la fila davanti al bancone è interminabile.
Sbuffo
sonoramente, imprecando
contro Hanna e la sua malsana idea di accettare quest’invito
volto
ad
appianare le nostre divergenze. Ho
cercato di divincolarmi in tutti i modi da quest’astruso
piano di
riconciliazione forzata, soprattutto dopo quell’insinuazione
meschina mossami
da Steve, a proposito di cambiare facilmente uomini; ma Hanna sembrava
tenerci
tanto ed io non ho saputo porre un freno al suo entusiasmo.
Mi
guardo intorno alla ricerca di un
viso familiare, incontrando
solo persone sconosciute e perlopiù parecchio su di giri che
mi danno la nausea
con i loro odori pungenti e aspri.
“Leila,
sei bellissima” sussurra
improvvisamente una voce al mio orecchio.
Mi
volgo all’istante, incrociando
gli occhi verdi e lucidi di Joshua che guizzano come saette su di me;
passando
dal mio viso alle mie spalle, dal mio seno alle mie gambe con una
sfrontatezza
esasperante ed avvilente.
“Stai.
lontano. da. me” sibilo a
denti stretti, allontanando bruscamente la sua mano sudata e saldamente
ancorata al mio fianco.
“Dai,
un tempo ti piaceva” ammicca,
abbozzando a fatica un sorriso benevolo che contrasta visibilmente con
le sue
reali intenzioni.
“Lasciami”
ribatto quasi sottovoce e
ansando leggermente, impaurita da quegli occhi lucidi e rimpiccioliti.
Il
suo spiacevole comportamento si
impone, in
tutta la sua viltà, ai miei occhi; impedendomi,
almeno in quell’istante, di rievocare i motivi per cui mi
sono innamorata di
lui in passato.
Senza
darmi il tempo di reagire,
infatti, mi abbraccia così forte da non farmi respirare, nel
mentre l’odore di
alcol satura le mie narici fino a darmi la nausea.
“La
signorina non gradisce le sue
effusioni” quella
voce ferma e inflessibile
rimbomba nelle mie orecchie, stordendomi e avvolgendomi allo stesso
tempo come
un panno caldo nelle gelide sere invernali.
Non
ho bisogno di voltare le spalle
per associarla ad un volto; il profumo muschiato che invade ora il mio
olfatto,
inebriandomi, è il leitmotiv dei nostri incontri audaci e
all’insegna della
dissolutezza peccaminosa e sfrontata.
“E
tu chi sei, nonnetto?” ha l’ardire
o l’incoscienza di chiedere Joshua.
Una
strana adrenalina s’impossessa
del mio corpo quando percepisco chiaramente Liam Cooper scostarmi e
avanzare,
sporgendosi poi verso Joshua e sussurrandogli qualcosa
all’orecchio che
evidentemente, seda l’animo irrequieto e tendenzialmente
bellicoso del mio ex
ragazzo. Qualche secondo dopo, infatti, Joshua si disperde tra la folla
e la
sua fastidiosa insistenza non è che un ricordo pallido e
sbiadito.
“Cosa gli hai
detto?” mormoro con voce
sommessa, guardandolo dritto in quegli occhi glaciali.
“Il
male principale dell’uomo è l’inquieta
curiosità delle cose che non può conoscere*, mia cara” ribatte saccente e
pieno di sé.
Quest’uomo
è un enigma ed io impazzirò
nell’incauto tentativo di decifrarlo.
“Cosa
ci fai qui? Ti avevo detto
esplicitamente che avremmo dovuto rimandare la nostra cena..”
“Shh,
Liam Cooper non rimanda. Vieni
con me, questa festa è parecchio spartana per una ragazza perbene
come
te” mi interrompe prontamente,
trascinandomi poi verso l'uscita.
“Ma
Hanna ci rimarrebbe male, devo
almeno salutarla” mi lamento, frignando e puntando i piedi
come farebbe una
bambina.
“D’accordo
ti concedo un saluto
veloce. Sto impazzendo dalla voglia di vederti addosso quel vestito di
cui ti
parlavo” sussurra roco al mio orecchio, lasciando che piccoli
brividi sorgano
sul lembo di pelle sfiorato dalle sue labbra
Secondo
le dichiarazioni di Hanna,
parte dello staff/organizzatori della serata si trova dietro un tendone
rosso;
appositamente progettato per delineare uno spazio dove poter valutare
l'andamento della serata e tirare le somme.
A
fatica mi faccio strada verso
quell'enorme tenda che pende dal soffitto; Liam mi segue a debita
distanza per
non dare nell’occhio, evitando così di dare in
pasto agli altri la nostra
relazione clandestina.
Un
omone dalla stazza possente e
dallo sguardo minaccioso e burbero blocca l’entrata,
stazionandovi proprio
davanti a braccia conserte. Approfittando della folla, mi piego sulle
ginocchia,
scomparendo dalla visuale dell’uomo e gattonando fino al
bordo del tendone. Con
un esiguo movimento del braccio discosto il drappo rosso e alzo lo
sguardo per
verificare la presenza della mia migliore amica.
La
crudezza della scena che si
presenta davanti ai miei occhi, rischia di assumere le sembianze di un
incubo
con delle implicazioni di non poco conto.
Le
sei figure ridono sguaiatamente
intorno ad un tavolo di vetro con sopra della polvere
bianca e qualche banconota di alto taglio abbandonata nelle
vicinanze. Hanna siede sulle gambe di Steve Garsol; lo sguardo di vetro
a denunciare
la sua partecipazione consenziente a quel vile atto.
All’improvviso
uno strattone mi
scuote dall’ intorpidimento; una mano grande e massiccia mi
solleva da terra e
in pochi istanti mi ritrovo faccia a faccia con il buttafuori.
“Cosa
cercavi di fare?” sbraita, stringendo
la presa al mio braccio.
“Io..io..”
tento di difendermi.
“La
signorina è con me, ci penso io”
interviene Liam, salvandomi dall’energumeno infuriato che
minaccia di
stritolarmi con la sola forza dello sguardo.
**
Le
vetrate dell’attico rimandano l’immagine
di una New York sfavillante e di un’imponente bellezza. Nel
cielo di un blu
cupo eppure così intenso, si staglia la sfolgorante
collezione di edifici
svettanti e illuminati che sembrano fermare il tempo e racchiuderlo in
quel
quadro dalle tinte forti e cangianti.
La
lieve brezza di maggio accarezza
le balze del vestito color pesca di cui Liam mi ha fatto dono.
E’ un abito in
chiffon con spalline incrociate sulla schiena, a vita alta e con una
gonna lunga
a balze plissettate.
“Sei
uno spettacolo. Anche più bello
del paesaggio che ti ostini ad osservare da più di
mezzora” esordisce lui alle
mie spalle.
Non
rispondo, non parlo da quando
siamo arrivati.
Mi
sono limitata ad aprire in
silenzio quella scatola impreziosita da fiocchi di seta posta sopra il
letto e
ad indossare quel magnifico abito sotto il suo sguardo bollente.
Poi
avanzando nel buio dell’attico,
attratta dalla luce esterna come una falena in cerca di un punto
luminoso, mi
sono fermata davanti a questa vetrata.
“Lascia
che ti liberi dalle angosce”
continua Liam, scostando le spalline con una lentezza serafica ed
estenuante.
“Avrei
voluto darti lo spettacolo di
una cena sontuosa, degna della principessa che risiede in te ma gli
eventi di
questa sera non hanno permesso che ciò avvenisse”
prosegue con voce suadente
mentre abbassa la cerniera dell’abito.
In
un baleno il vestito scivola
addosso al mio corpo, ricadendo ai miei piedi.
I
tacchi vertiginosi slanciano la
mia figura pallida, adornata solamente da uno striminzito completino
intimo.
Appoggio
il capo all’indietro contro
la sua spalla, in una sorta di totale abbandono, cosciente del suo
sostegno
fisico. I miei capelli, allora, liberi e selvaggi si adagiano come un
manto
sulla sua scapola. Percepisco il respiro di Liam divenire
più pesante e
liberarsi sul mio collo mentre la mano procede nel suo inquieto
vagabondare per
carezze agognate.
Chiudo
gli occhi, immaginando la sue
pelle chiara e il tessuto dei suoi muscoli contrarsi ad ogni mio
movimento.
I
brividi arrivano nell’istante in
cui le sue dita fameliche slacciano l’unico indumento che
copre il mio petto
scosso dalla febbrilità del momento.
Una
fiamma vivida, divampa per tutto
il mio corpo asservito da quei giochi esperti.
E’
un attimo.
Con
un scatto deciso, Liam Cooper mi
volge al suo indirizzo attirando la mia bocca sulla sua, prendendo a
morderla, quasi
fosse cibo prelibato.
Il
calore del suo corpo trasla la temperatura
bollente al mio in una stretta che basta ad allertare tutti i miei
sensi. Ed è
in questo momento che dietro un sorriso ammaliante camuffo la mia fragilità e
lascio che Liam si cibi del mio
corpo nel banchetto lussurioso della libidine.
**
Corro,
corro lungo
questo corridoio infinito e pieno di porte spalancate in cui scorgo
frammenti
di persone a me care, intente a confabulare con un sorriso sprezzante
sulle
labbra. Mi fissano.
L’ansia
mi
attanaglia lo stomaco, stringendolo in una morsa distruttiva.
Dietro
di me, l’ombra
di un uomo mi segue incessantemente, non lo riconosco.
Più
volte cerco il
suo viso nell’oscurità plumbea di questo corridoio
senza mai riuscire a
carpirne i contorni, ogni volta cambiano.
Finalmente
intravedo
un’ultima porta, è bianca.
Ansante
per la
corsa senza fine, ci sbatto contro, ferendomi e sanguinando
copiosamente.
Mi
volto e l’ombra
non c’è più.
Al
suo posto, l’immagine
di una donna senza volto e quella di un uomo che riconosco come Seth,
sghignazzano puntandomi il dito contro.
“Non
fatelo,
smettetela” grido.
“Non
fatelo, smettetela”.
La
mia voce tremante s’infrange sulle pareti della camera da
letto di Liam.
L’impeto
di quell’incubo mi ha destato dal sonno disturbato che mi ha
accompagnato
durante le ultime ore della nottata.
Mi
volgo lentamente al mio fianco, il letto è vuoto.
In
lontananza, un flebile scroscio d’acqua, mi fa capire che
Liam è sotto la
doccia, è una sua abitudine quella di lavarsi in prima
mattinata.
Sprofondo
nuovamente tra quelle lenzuola stropicciate, regolarizzando il respiro
e
aspettando che il cuore rallenti la sua corsa furiosa.
La
maglia degli Strokes*, è
abbastanza
larga e copre il mio corpo esile fino alle ginocchia, la stringo ed
inspiro
quell’inconfondibile profumo muschiato che tanto mi fa
impazzire.
Qualche
secondo dopo, mi rigiro su un fianco e provo a chiudere occhio
nuovamente. Il mio
riposo però, viene interrotto dal suono acuto del campanello
e dal bussare
frenetico alla porta.
“Liam,
suonano alla porta” grido, sperando che mi senta.
Non
ricevendo alcuna risposta mi dirigo verso la porta d’ingresso
e apro senza
pensare minimamente al mio abbigliamento poco consono.
Due
occhi verdi con pagliuzze che si tingono di un colore ambrato, si
schiantano
contro di me, trafiggendomi. Ma è la chioma folta e fluente,
dall’intenso
colore rame a dissipa ogni mio dubbio circa
l’identità della donna di fronte a
me.
“Mamma”
.
Quel
nome che troppe volte ultimamente ho represso, rifiutato e disprezzato,
sfugge
dalle mie labbra con una velocità incommensurabile, come una
freccia che troppo
a lungo ha teso l’arco della mia vita.
NOTE:
·
Citazione
di Blaise Pascal in “Pensieri” 1860.
·
Strokes:
gruppo musicale alternative/rock indie formatosi nel 1998.
|
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Capitolo 15 *** Hurricane ***
Somebody that I used to know
Capitolo
quindicesimo
Hurricane
ANGOLO
AUTRICE: Dopo quasi un
mese di assenza,
eccomi nuovamente con un nuovo capitolo di #Somebody.
Come già detto in precedenza, questo capitolo
è differente rispetto agli altri e capirete il
perché. Non è stato facile
scriverlo, diventa sempre più difficile man mano che ci
avviciniamo alla fine
di questa storia. Beh, in questo capitolo verrà finalmente
svelata la verità.
Volevo ringraziare tutte per l’affetto e la costanza, e
Malaria per aver betato.
La canzone che dà il titolo al capitolo è Hurricane
dei 30STM.
NELLE
PUNTATE PRECEDENTI: Ricordate
com’eravamo rimasti nell’ultimo capitolo? Seth
aveva rinunciato a Leila, e
quest’ultima era andata nell’appartamento di Liam
dove, in mattinata, una donna
era comparsa alla porta..
Questo capitolo
non riprende dalla fine dell’ultimo. O perlomeno non
da subito.
Buona lettura.
Hoboken,
Maggio 1995.
POV
JAMIE LYNN:
Il
temporale imperversa su Hoboken da parecchio tempo, ormai. La pioggia
incessante picchietta sul vetro della finestra mentre osservo la furia
del
vento piegare al suo volere i rami degli alberi in una straziante danza
ritmica.
Inerme
sul mio giaciglio, chiedo asilo alla ragione. Prego affinché
mi faccia
desistere da quello che sto per fare.
Non è
stato facile ammettere di essere innamorata di un ragazzo. Per inciso,
un
ragazzo che non è il padre della creatura che porto in
grembo da nove lunghi
mesi.
Nella
memoria, intreccio il ricordo dei suoi occhi glaciali e di quel sorriso
sghembo
che mi ha fatto capitolare al primo accenno.
Liam
Cooper è
stato
come un fulmine a ciel sereno.
Avevo
scoperto da poco di essere incinta di Ryan e il futuro sfavillante che
progettavo
si era sgretolato inesorabilmente sotto i colpi di una
realtà amara.
Allora,
rifugiarmi a New York dai nonni mi era parsa l’unica
soluzione plausibile
finché non avessi preso una decisione definitiva.
Poi è
arrivato Liam a sconvolgere i miei piani, con la stessa potenza di un
uragano.
Ci siamo incontrati per caso in un pomeriggio soleggiato per le vie
principali
di New York. Ero ferma davanti alla vetrina di un negozio di articoli
per
l’infanzia quando mi ha urtato per sbaglio, facendo cadere
rovinosamente a
terra la borsetta che tenevo in grembo.
E’ stato un attimo: il suo sorriso mi ha
incatenato per sempre a quegli
occhi dello stesso colore del cielo.
Non è
stato facile esporre la mia condizione, essere in attesa del figlio di
qualcun
altro non è tra gli argomenti auspicabili
per un primo appuntamento ma Liam non ha battuto ciglio, si
è sempre distinto
per discrezione.
Durante
questi mesi, ho pensato più volte di chiudere i rapporti con
Ryan, confessargli
il mio tradimento e proseguire la mia relazione serenamente. Purtroppo
non ho
avuto il coraggio necessario di affrontare il marasma di conseguenze
che ne
sarebbe derivato; almeno fino ad
oggi.
L’idea
di crescere una bambina da sola e privarla dell’affetto di un
genitore o di una
famiglia unita mi ha tormentato per notti intere, facendo sorgere mille
dubbi
circa la moralità della mia condotta. Dinanzi al sorriso di
Liam però, i miei
dubbi diventano certezze e le fattezze della nostra vita insieme si
concretizzano scacciando i miei demoni.
Mi volgo
verso l’infisso di legno consapevole che Ryan farà
il suo ingresso tra una
manciata di minuti. Dovrò calare la maschera che mi ostino a
indossare da nove
mesi a questa parte, dovrò confessare al padre di mia figlia
che infrangerò il
sogno di vederla crescere e andrò via con un altro ragazzo
non appena i
documenti per l’adozione saranno pronti.
Sì,
l’adozione.
L’unica
soluzione per ovviare alle mie problematiche e dare a Leila
una famiglia unita e con due genitori che si amano.
“Jamie,
volevi parlarmi?”.
La voce
di Ryan riecheggia tra le mura della mia stanza; è cupa,
ansiosa.
“Sì”
mormoro, discostando nervosamente una ciocca di capelli che ricade sul
mio viso
cereo.
“Ryan,
mi sono innamorata di un altro ragazzo” affermo in modo breve
e conciso mentre
osservo il padre di mia figlia impallidire e reggersi in malo modo allo
stipite
della porta.
“N-o,
no-n è possibile” biascica, sgranando gli occhi.
“Credo
che la soluzione migliore sia dare in adozione Leila. In questo modo,
saremo
certi crescerà sotto le amorevoli cure di una famiglia
unita” continuo,
trattenendo a stento le lacrime.
Il suo
respiro ansante scandisce gli eterni istanti d’irrequieto
silenzio che
m’immobilizza nel centro esatto della furia dei suoi occhi.
“TU
non
darai in adozione mia figlia.
Intesi?
Scappa pure con il tuo amante ma lasciami decidere se voglio prendermi
cura di
quella creatura o meno” sbraita, raggiungendomi in due
falcate.
Tento
come posso di arginare la sua rabbia e il fiume di parole che sgorga
impietoso
dalle sue labbra; nascondo il viso per la vergogna e trattengo le sue
mani che
si agitano. Poi, un rumore sordo: le sue dita sulla mia guancia e la
prima
lacrima che inesorabile attraversa il mio volto.
“Scusami,
scusami. Non volevo” inizia a dire, mentre tenta di
abbracciarmi. Lo respingo,
faccio fatica a spostare il suo peso dal lato opposto del letto.
Inestricabile
il groviglio di sensazioni che il suo tocco mi trasmette,
insopportabile il
pensiero di Liam lontano da me.
“Ryan,
è
finita” mormoro mesta in un moto perpetuo di angoscia.
“NO”
grida lui con disarmante dolore.
Egoista.
Quella
voce continua a gridarmi di essere solamente una bimba egoista. E non
vi è
giudice peggiore di se stessi e della coscienza che, avida e meschina,
sorge
dalle ceneri della razionalità.
Il tempo
sembra scivolare tra le mie mani e scontrarsi contro il muro di
ostilità che
leggo ora negli occhi di Ryan.
Poi un
dolore acuto e lancinante al basso ventre e la sensazione di umido tra
le mie
gambe.
“Ryan,
mi si sono rotte le acque” soffio,
prima di svenire.
**
New
York, Maggio 2010.
POV
SETH:
Continuo
a rigirare tra le mani il bicchiere di scotch, giocando con i cubetti
di
ghiaccio all’interno. E’ il quarto che svuoto nel
giro di mezz’ora. Avrei
dovuto essere alla festa di compleanno della figlia del mio migliore
amico,
quella che considero come mia
figlia,
Leila. Oggi compie quindici anni ed io non sono lì per lei
come ogni fottuto anno.
Devo
ringraziare Gregory James Porter il
mio capo. Lavoro con lui e Ryan da due anni, ormai; credevo di essere
parte
integrante del team e invece sono stato licenziato in tronco per un
banale
errore di valutazione.
La
verità è che non sono come Ryan. Lui è
in grado di gestire le situazioni, sa
prendere le decisioni giuste e sbaglia di rado. Ripenso a quando,
quindici anni
fa, è nata Leila. Quel giorno ha lottato con tutte le sue
forze per riconoscere
la sua bambina. Ha strappato i documenti per l’adozione e ha
promesso di
prendersi cura della piccola Leila con tutte le sue forze. E’
riuscito
nell’impresa: Leila è uno splendore.
“Signore,
quella donna le offre il quinto bicchiere di scotch”.
Mi volgo
lentamente verso la persona indicatami dal cameriere e per un attimo,
mi manca
il fiato.
Una
donna avvenente in tailleur nero mi sorride, scostandosi di tanto in
tanto una
ciocca dei lunghi capelli color rame. E’ bellissima e non
esito ad avvicinarmi.
In questi anni, merito del mio aspetto, non ho mai avuto una compagna
fissa,
solo molte donne che hanno riscaldato il mio letto per qualche ora;
ragion per
cui, non trovo difficoltà ad approcciarmi al gentil sesso.
“Il
piccolo Seth” esordisce la donna, facendo tintinnare i nostri
bicchieri.
Impiego
qualche secondo prima di notare la somiglianza con la mia piccola Leila.
“Jamie
Lynn” fiato, accasciandomi sullo sgabello.
“Cosa
diamine ci fai qui?” la aggredisco, subito dopo.
Né io
né
Ryan, abbiamo più visto Jamie Lynn da quella fatidica notte
della nascita di
Leila. Sapevamo avesse una relazione con un certo Liam
Cooper che, soltanto molti anni dopo, abbiamo incontrato tra
i
corridoi dell’università. All’inizio non
avevamo collegato il suo nome a colui
che aveva portavo via la madre di Leila. Liam era il migliore dei
compagni:
corretto e brillante. Io, Ryan e lui formavamo un bel terzetto.
Uscivamo tutte
le sere e facevamo le ore piccole tra sbronze, feste e ragazze. Un
giorno però,
Liam dimenticò l’agenda sopra il banco e quando la
presi per riconsegnarla al
proprietario da quella scivolò una foto che mi fece
accapponare la pelle. Era
una foto di qualche anno prima, lui e una ragazza che conoscevo fin
troppo
bene, sorridevano felici. Non dissi nulla a Ryan, lo convinsi
semplicemente che
Liam Cooper non era il compagno leale che credevamo. Giorno dopo giorno
ci
allontanammo, fino a perderci del tutto di vista.
“Ci
vivo, caro. O meglio ci vivevo” l’espressione di
Jamie Lynn è accompagnata da
una risata forzata e sguaiata. E’ palesemente ubriaca.
“Che
fine ha fatto Liam?” chiedo allora.
“Quel
bastardo mi ha lasciato, nonostante gli avessi perdonato
l’ennesima
scappatella” risponde lei, ingurgitando l’intero
contenuto del bicchiere.
Osservo
il suo viso scavato da profonde occhiaie nere e ritrovo ugualmente
quella
bellezza effimera che mi aveva sconvolto sin dal primo istante,
quindici anni
fa. Allora ero solo un ragazzino brufoloso e dedito alla consolle, ora
sono un
uomo e Jamie Lynn sembra apprezzare il mio nuovo aspetto.
“Seth,
sei cambiato” afferma, sfiorando le mie gote con le nocche
delle dita.
Un
brivido percorre la pelle, allertando i miei sensi.
“Tu,
non
sei cambiata affatto. Stessa bellezza sconvolgente” rispondo,
alternando lo
sguardo dagli occhi alle labbra carnose.
In un
istante, Jamie Lynn si alza dallo sgabello e afferra la mia mano.
“Andiamo
via da qui” afferma, lasciando una banconota da cento euro
sul bancone. La
seguo senza batter ciglio e nel cuore della notte, in un parco
sperduto,
affondo dentro di lei con foga e tormento.
Qualche
ora dopo, qualcuno mi scuote con violenza. Faccio fatica ad aprire
persino gli
occhi ma l’immagine dell’uomo chino su di me, mi
sconvolge a tal punto da rendermi
totalmente sveglio.
“Liam,
cosa ci fai anche tu
qui?” biascico
con la voce ancora impastata e tremolante.
“E
bravo Seth. Chi
tra noi due sarebbe l’amico infedele? Che cosa pensi direbbe
di te Ryan se
sapesse che hai scopato con la
donna
che odia?”.
Quelle
parole mi raggelano e rimango immobile a fissare il vuoto per svariati
secondi
prima di riportare l’attenzione su quegli occhi glaciali.
“Cosa
vuoi, Liam Cooper?”
chiedo
sprezzante.
Le
labbra di Liam s’incurvano in un sorriso furbo e scaltro che
non lascia
presagire nulla di buono.
“Ascoltami
bene: starai lontano da Jamie Lynn e non dirai a Ryan di averci visto
per
nessun motivo al mondo. Lei mi appartiene, e non permetterò
a nessuno di
portarmela via. Se ti lascerai sfuggire una sola parola,
racconterò tutto a
Ryan: da quando hai mentito su me e Jamie Lynn quindici anni fa alla
scappatella di stanotte. Non vuoi perdere l’amicizia di Ryan,
vero? Allora
attieniti alle disposizioni, amico” conclude calmo, battendo
una pacca sulla
mia spalla.
**
NEW
YORK, MAGGIO 2013.
POV
SETH:
“Accomodati”.
La mia
voce è inflessibile, ferma e monocorde.
Quando
ho contattato Victoria al cellulare sapevo non avrebbe opposto
resistenza e mi
avrebbe raggiunto a qualsiasi ora.
Il suo
profumo dalle note di agrumi è aspro e sgradevole ma sorvolo
sull’essenza che
ha addosso, il mio obiettivo è un altro.
La
bionda si accomoda sul divano, accavallando le gambe lasciandole
così del tutto
scoperte a causa della gonna microscopica che porta.
E’
volgare ma non me ne curo.
Il mio
obiettivo è dimenticare Leila: il profumo dei suoi capelli,
la morbidezza del
suo corpo, la dolcezza della sua voce.
Non è
stato facile fingere indifferenza e acconsentire a farle trascorrere la
notte
fuori. Avrei voluto stringerla a me e fare l’amore con lei
un’ennesima volta ma
ho preferito liberarla dalla mia assurda presenza. Ha diritto a vivere
una
storia d’amore normale e con un ragazzo della sua
età.
“Spogliati”
ordino alla bionda, neanche fosse una di quelle donne che si concedono
dietro
compenso in denaro.
Victoria
si libera in pochi secondi della camicetta bianca e della gonna
succinta rimanendo
in un volgare completo di pizzo bianco.
La
raggiungo in due falcate costringendola a sdraiarsi sul divano per poi
posizionarmi sopra di lei. Mugola come una gattina mentre accarezzo
avido
quella pelle soda e tesa dai continui spasmi.
Affogo
nel suo collo e ne bacio bacio ogni centimetro provocandole brividi
lungo tutto
il corpo.
“Continua
così…” sussurra al mio orecchio.
Le
strappo via l’intimo senza curarmi di eventuali danni e
affondo il viso tra le
sue gambe.
Qualche
secondo dopo però, mi scosto bruscamente.
L’immagine
di Leila continua a tormentarmi; non voglio questa stupida bambola
bionda.
Desidero lei: la figlia del mio
migliore amico.
“Che
cosa succede tesoro?”
chiede
Victoria, rossa in viso.
“Ho
capito di essermi innamorato, mia cara. E farò di tutto per
riprendermi la
donna che amo” rispondo, rivestendomi in fretta.
La
bionda continua a osservarmi quasi fossi impazzito, poi riprende la sua
roba e
va via senza degnarmi di un saluto.
Poco
importa, andrò a cercare la mia
Leila.
Sto per
aprire la porta quando il cellulare prende a squillare
ininterrottamente e
sbuffando, mi appresto a rispondere.
“Chi
è?”
chiedo malamente.
“Seth,
lei è qui”.
TO BE
CONTINUED…
|
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Capitolo 16 *** End of all the days ***
Somebody
that I used to know
Capitolo sedicesimo
End of all the days
ATTENZIONE: Capitolo a
rischio
fazzoletto. Tristezza nell’aria, insomma.
Buona
lettura
“Seth lei è qui”.
Grido
con tutto il fiato che ho in gola, non importa se perderò la
voce.
Non
importa cosa penserà la gente intorno mentre piango lacrime
amare, vestita solo
di un misero completo intimo, nel corridoio di uno degli hotel
più lussuosi di
Manhattan: il The Carlton New York Hotel
*, per la precisione.
“
Leila,
calmati. Di chi stai parlando?” risponde Seth,
all’altro capo del telefono con
voce pregna di una calma che in quel momento scopro di invidiare. Tra
un
singhiozzo e l’altro prendo allora un bel respiro e lascio
che quel nome
scivoli via dalle mie labbra senza remore alcune.
“Jamie
Lynn” affermo, prima di accasciarmi a terra: la testa tra le
mani e il viso
chino di chi non ha il coraggio di guardare in faccia la mesta
realtà.
La
cornetta, rovinosamente scagliata contro il muro, continua a gracchiare
suoni
indistinti mentre chiare e vivide le immagini della donna che mi ha
messo al
mondo, compongono il mio personale e doloroso quadro di totale
infelicità.
E la
rivedo.
“La maglia degli Strokes” esordisce,
puntandomi un dito tremolante contro. Ne ripercorro la traiettoria e mi
ritrovo
a osservare la t-shirt di Liam che ho adoperato come pigiama.
“Te
l’ha data lui?” chiede, come se da
quella risposta dipendesse tutta la sua vita.
Faccio
fatica a rispondere, non trovo le
parole esatte.
“Rispondi
Leila. Te l’ha data lui?” insiste,
mentre una prima lacrima discende caparbia dai suoi occhi.
Non
riesco a discernere le emozioni che
affliggono il mio cuore. Sarà forse dolore? Rabbia?
Delusione?
Allora,
stanca e sfiancata, faccio un passo avanti
ponendomi di fronte a lei e con un unico gesto meccanico sfilo via la
t-shirt lanciandogliela
addosso.
“Tutto
qua? Conosci la creatura che hai
messo al mondo e abbandonato e la tua unica preoccupazione riguarda una
stupida
maglia? Sei pessima, mamma” pronuncio quelle parole con astio
e riluttanza,
osservando inorridita la totale indifferenza della donna dinanzi a me.
Jamie
Lynn è impassibile: lo sguardo perso
nel vuoto e le braccia lungo i fianchi. Scuoto la testa chiaramente
amareggiata
e senza degnarla di uno sguardo, m’incammino in intimo per il
corridoio.
Il telefono
ha smesso di gracchiare, eppure in lontananza una voce sembra
echeggiare nei
meandri della mia mente. Provo a sollevare le palpebre, acuendo i sensi
alla
ricerca di quella voce.
Riesco a
intuirne il timbro: è grave, intenso, scuro.
E’ la
voce di Seth, la riconosco.
Repentinamente
apro gli occhi scagliandoli contro quelli blu cobalto del mio amato. Mi
tiene
sulle ginocchia; il suo viso è a un palmo dal mio.
“Grazie
al cielo ti sei svegliata. Dimmi cosa succede Leila! Perché
ti trovavi nella
suite di Liam Cooper e dove si trova lei?”
chiede febbrilmente Seth, scuotendomi.
Il mio
sguardo vaga oltre la sua figura, si posa distratto sulla finestra
qualche
metro più avanti. Uno splendido sole illumina di una
conturbante luce l’intero
corridoio. E’ deserto, nemmeno l’ombra di una
persona a presidiare questa
patetica scena.
Privandomi
del supporto fisico di Seth, mi appoggio titubante al muro freddo. Non
riesco a
controllare il tremore e in un impeto disperato stringo a pugni le
mani,
graffiando con le unghie la pelle.
Osservo
le sue iridi evocare silenziosamente la verità, quel blu
cobalto liquefarsi
fino a divenire un unico cielo tempestoso.
“Io e
Liam ci frequentiamo da un bel po’” ammetto,
tenendo accuratamente il capo
chino. Distinguo chiaramente il suo respiro divenire sempre
più affannato,
ansioso, quasi disperato.
“Continua”
asserisce con tono inflessibile per incitarmi a proseguire il mio
racconto.
“Ti ho
mentito Seth. Non ho dormito da Hanna, ho trascorso la notte con Liam
Cooper,
nella sua suite” affermo candidamente, socchiudendo gli occhi
per poi riaprirli
verso il suo viso.
Un
guizzo anima il suo sguardo. Se è possibile, lo rende ancora
più vivo e acceso.
“Dimmi
che non ci sei andata a letto insieme, Leila. D-I-M-M-E-L-O”
sibila,
afferrandomi per le spalle. La sua presa è ferrea, forte,
possessiva. Preme
sulla mia pelle come a voler imprimere tutta la rabbia che ha in corpo.
“Mi
dispiace” sussurro tra le lacrime comunicando così
il mio stato d’animo
devastato.
“Oh,
no.
Non dispiacerti Leila, sei solo una bimba capricciosa. Conosci bene
quell’uomo?
Sai che è stato il compagno di tua madre per diciotto lunghi
anni?” sbraita in
preda all’ira e alla disperazione.
Osservo
le vene del suo collo pulsare e sento il fiato venire meno.
Liam
Cooper è il compagno di Jamie Lynn? Che mi abbia abbandonato
a causa sua?
“No,
non
lo sai. Eri impegnata a rotolarti nel letto di quel bastardo per
parlarmene.
Non è così?” continua
sull’orlo di un’iraconda reazione.
Stringo
la giacca che mi ha ceduto accarezzandone il tessuto
nell’astruso tentativo di
placare il gelo che si è impossessato delle mie membra.
Mi
ritrovo immersa nel fervore concitato delle sue parole, a far ammenda
dei miei
sbagli e per la prima volta fronteggio i miei fantasmi.
Ho visto
l’innocenza dentro quegli occhi colore del cielo, ho visto la
maturità in
quelle guancie dagli zigomi pronunciati, ho visto l’eleganza
di un gentiluomo
dietro quei modi signorili. Mi sbagliavo. Liam Cooper mi ha usato a suo
piacimento, per ricalcare i contorni della donna che ama: Jamie Lynn.
“Come
hai scoperto che mi trovavo qui?” chiedo flebilmente nel
tentativo di
completare il puzzle intricato all’interno della mia testa.
“Mi
hai
chiamato da un numero interno dell’hotel. Ho solamente
cercato su internet e ho
scovato il nome. Semplice, no? Poi ho chiamato al tuo cellulare.
Immagina il
mio stupore quando ha risposto Liam Cooper” afferma. E la sua
voce pregna di
sarcasmo fende l’aria, nel mentre mille piccolissime schegge
trafiggono il mio
cuore: nell’effimera utopia di fuggire da quella donna e da
quello che
rappresenta, ho lasciato i miei effetti personali nella suite di Liam.
Il
silenzio ci avvolge adesso, colma con la
sua assordante presenza la distanza tra i nostri pensieri. Osservo le
sue
spalle forti, larghe. I pugni appoggiati al muro, così come
il capo.
Improvvisamente
si volge e travolgendomi con la durezza del suo sguardo mi tende una
mano che, sospesa
nel vuoto, afferro. Mi appiglio a quell’arto con
l’ultima briciola di forza
rimastami e raggiungo il suo viso, bramandone il tocco.
Le dita
sfiorano l’accenno di barba per poi soffermarsi sulle labbra
sottili; annaspo
tra caldi desideri, figli di un sentimento incontrollato che smorza il
respiro.
Mi raggiunge l’eco del mio cuore, batte frenetico.
Intrecciato
a quegli occhi tempestosi, il tumulto interiore abbatte quel muro fatto
di
silenzi, di lacrime, di parole non dette e sentimenti celati
dall’improbabilità
del nostro rapporto. E nello stesso attimo le mie labbra si schiantano
sulle
sue. Le trovo dure, accoglienti, calde. Ne assaporo la consistenza, ne
plasmo i
contorni. Siamo sospesi in quel momento troppo breve, fugace e
repentino. Eppure
talmente intenso da disarmarmi.
Seth
è
il primo a scostarsi appellandosi a una ragione che io fatico a
ritrovare.
“E’
meglio
che ti accompagni a casa” mormora, accarezzandosi le labbra
inumidite dal
bacio.
Scoppio
in una risata isterica prontamente repressa dalla sua mano.
“Che
cosa succede adesso?” chiede con voce velatamente
infastidita.
“Seth
devo andare da lui, devo
affrontarlo.
E devo vedere anche lei o non
riuscirò più a guardare in faccia mio
padre” affermo, allungando una mano per carezzargli
il viso.
La sua
mascella s’irrigidisce sotto le mie dita nel mentre scuote la
testa in modo
convinto.
“Mai.
Non ti permetterò di rivedere quel farabutto, mettitelo in
testa. Andrò da lui
non appena ti avrò portato al sicuro! Pagherà per
il male che ti ha fatto.
Stanne certa” sentenzia, fissandomi negli occhi
insistentemente.
Abbasso
lo sguardo e prima di rialzarlo rivesto i miei tratti di
un’insolenza calcolata,
atta a smussare gli angoli della sua ostinazione.
Mi
schiarisco la voce, spostando nervosamente il peso da un piede
all’altro mentre
percepisco il retrogusto salino delle lacrime arrivare alle labbra.
“Seth,
andrò da Liam Cooper, fosse l’ultima cosa che
faccio in questo mondo”.
Il mio
interlocutore rimane in silenzio per una frazione di secondo scosso
dalla mia cieca
ostinazione.
“E’
sciocco e insensato ma se ci tieni tanto ti accompagno io”
ribatte, afferrando
tra le sue, le mie mani.
Lo seguo
nervosa, e mentre mi avvicino alla porta della suite, ho il respiro
corto e
affannato. M’immagino Liam e Jamie abbracciati, intenti a
fare l’amore o
sussurrarsi parole dolci, chissà.
Il cuore
fa un balzo nel petto e provo un moto carico di vergogna che quasi mi
stordisce
quando ammetto a me stessa di essere gelosa.
Metto da
parte quel che resta del mio orgoglio e suono il campanello in ottone
che si
riproduce nell’aria in una melodia a più note.
Qualche
secondo più tardi sulla soglia della porta compare Liam
Cooper: è vestito,
fresco di doccia e profuma di muschio.
Eppure il suo viso denota i segni di una stanchezza che ne intristisce
i
tratti: gli occhi sono spenti - vuoti di quella scintilla che
solitamente li fa
brillare come diamanti al sole - le fossette ai lati della bocca
scomparse per
dare spazio a una linea dura e severa.
Impaziente,
aspetto che mi blandisca con qualche complimento o si profonda in mille
scuse -
come convenzionalmente sarebbe opportuno -invece mi rivolge uno sguardo
impotente prima di essere colpito in pieno dal pugno di Seth.
E’ un
attimo.
Mi accorgo
che sto trattenendo il respiro mentre li guardo fare a pugni sul
pavimento di
marmo della suite.
“Lurido
bastardo. Non ti è bastato fare del male a Robert.
Perché lei?”.
Ascolto
strascichi di conversazione mentre tento invano di separarli. Poi,
un’altra mano
viene in mio soccorso. E’ fine, ha le dita affusolate e un
grosso anello di
giada verde al dito medio.
“Basta
Liam, ti prego” la voce è ridotta a un sussurro,
le trema il mento.
Sono come
paralizzata nel ripensare a quante volte ho immaginato di incontrarla e
parlare
con lei.
Nei miei
pensieri, però, Jamie Lynn non ha mai avuto un aspetto
trasandato, gli occhi
gonfi e arrossati, il trucco colato e i capelli arruffati.
“Aiutami
Leila, prova a dissuadere Seth” mormora in un laconico
lamento.
Scuoto la
testa risoluta; il solo fatto che lei mi chieda aiuto mi fa rivoltare
lo
stomaco.
Nel profondo,
riconosco però che la mia ostinazione non ha alcun senso; in
questo momento, l’unica
priorità è l’incolumità
della persona che amo.
“Seth,
ti prego basta. Ho paura” grido, vinta dal sovraccarico
emotivo di quegli
attimi convulsi.
Entrambi
gli uomini mi fissano con gli occhi spalancati, dedicandomi gli ultimi
stralci
delle loro espressioni corrucciate poi, Seth scioglie la presa e si
rimette in
piedi con uno scatto quasi meccanico.
Liam lo
imita, rialzandosi e asciugandosi un rivolo di sangue con il risvolto
della
camicia, ormai ridotta ad uno straccio.
“Leila,
ho lasciato Jamie Lynn prima di incontrarti. Volevo sapessi che non ti
ho preso
in giro” afferma l’uomo, ricomponendosi.
“Fandonie”
sbotto esasperata al suo indirizzo.
“E se
ti
dicessi che mi sono innamorato di te?”
“E’
la
fine” mi lascio sfuggire.
ANGOLO
AUTRICE: Buon tardo pomeriggio a tutte/i!!! E’
un bel pasticcio vero? Credete
a Liam o siete propense verso Seth e i
sentimenti di Leila nei suoi confronti? Jamie Lynn e Seth come
reagiranno
dinanzi a questa dichiarazione “pubblica” di Liam?
Siamo praticamente agli
sgoccioli della storia che terminerà (epilogo incluso) con
il 20° capitolo!
Spero che sia stato di vostro gradimento. Ringrazio chi continua a
seguirmi e a
spronarmi nonostante il poco tempo a disposizione o la mancanza
d’ispirazione. Mi
scuso per gli eventuali errori ma ho pubblicato di getto!
La
canzone che dà il titolo al capitolo è End
of all the days dei 30STM.
(Non si
capisce che li adoro, vero?).
Bacio
|
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Capitolo 17 *** Iridescent ***
Note autrice: Oggi inizio scusandomi per l’imperdonabile ritardo e la mancanza di risposte nelle recensioni. Molte di voi mi hanno chiesto, incitato e spronato a pubblicare. Bene, questo nuovo capitolo è dedicato a voi, alle temerarie che hanno visto in questa storia qualcosa di più che una piacevole lettura. Ora più che mai ho bisogno di conoscere le vostre impressioni, supposizioni o eventuali lamentele, mi rimetto al vostro giudizio. Così come mi rimetto in gioco, cercando di recuperare quello che ho tralasciato strada facendo (recensioni, cadenza regolare di pubblicazione ecc).
In questo capitolo (ve ne accorgerete), ho modificato il carattere della storia; pian piano mi dedicherò a correggere anche i precedenti. La canzone che dà il titolo al capitolo è Iridescent dei Linking park.
Grazie di cuore per l’attenzione e l’affetto che dimostrate.
Fb: http://www.facebook.com/ladi.po.56?ref=tn_tnmn
Ask: http://ask.fm/Francisga
Per chi volesse, sotto c’è un piccolo riassunto: giusto per fare il punto della situazione (siete libere di saltarlo qualora ricordaste alla perfezione dove ci eravamo interrotti quasi due mesi fa).
Nei capitoli precedenti: Leila passa la notte nella suite di Liam Cooper con il quale ha intrapreso una relazione puramente fisica ai fini di dimenticare Seth. Al mattino, una donna si presenta alla porta. Leila riconosce in quest’ultima la madre che l’ha abbandonata alla nascita: Jamie Lynn. Amareggiata per il comportamento della donna (distante e quasi indifferente) Leila scappa via chiamando con il primo telefono che trova in corridoio Seth. Sarà proprio lui a trovarla svenuta e in intimo sul pavimento e dopo un attimo di incertezza decide di accompagnarla a fronteggiare Jamie Lynn e Liam. Di fronte alla faccia tosta del moro, Seth non resiste e presto i due si ritrovano coinvolti in una rissa che termina con l’inaspettata dichiarazione d’amore di Mr. Liam Cooper.
Buona lettura!
Somebody that I used to know
Capitolo diciassettesimo
Iridescent
…Entrambi gli uomini mi fissano con gli occhi spalancati, dedicandomi gli ultimi stralci delle loro espressioni corrucciate poi, Seth scioglie la presa e si rimette in piedi con uno scatto quasi meccanico.
Liam lo imita, rialzandosi e asciugandosi un rivolo di sangue con il risvolto della camicia, ormai ridotta ad uno straccio.
“Leila, ho lasciato Jamie Lynn prima di incontrarti. Volevo sapessi che non ti ho preso in giro” afferma l’uomo, ricomponendosi.
“Fandonie” sbotto esasperata al suo indirizzo.
“E se ti dicessi che mi sono innamorato di te?”
“E’ la fine” mi lascio sfuggire.
Il silenzio è rotto da un rumore sordo, uno schiaffo.
Una voce femminile si propaga per tutta la stanza, affranta: «Sei un verme schifoso. Come hai potuto innamorarti di lei, eh? E’ mia figlia, cazzo. Ed è ancora una bambina!»
Quella donna, mi dico, non ha il diritto di appellarmi come tale.
Seth mi stringe la mano, immagino stia trattenendo la rabbia cercando di infondere in me tranquillità e sicurezza, protezione.
In qualche modo riesco a mantenere un atteggiamento impassibile mentre osservo Jamie Lynn battere concitatamente i pugni sul petto di Liam Cooper. Solo qualche secondo per chiedermi se tutto questo è reale.
«Jamie, calmati. Hai preso le medicine oggi?» chiede Liam, allontanando di qualche centimetro la donna per poterla guardare negli occhi.
«Non cambiare argomento. Io sto bene» risponde lei bruscamente, la voce tremante a tradire la bugia insita in quell’ultima affermazione.
«Questa giornata è stata troppo difficile per tutti. E’ meglio se ti concedi un po’ di riposo. Vieni, ti accompagno in camera.»
La voce di Liam è bassa, roca, avvilita. Quasi non la riconosco.
Con la sinistra certezza che ci sia qualcosa di cui ancora non sono a conoscenza, lo osservo condurre Jamie Lynn verso la stanza degli ospiti e sparire così dietro l’angolo.
C’è qualcosa dentro di me: un’inquietudine sempre maggiore. Il mio corpo giace tra le braccia di Seth, inerme. Mi fa male il petto e respiro a fatica; l’aria non mi è mai sembrata così rara.
«Che succede Seth?» mormoro con la voce incrinata dall’ansia.
Mi concentro sul suo viso come se non esistesse altro: è pallido, inespressivo. I suoi occhi mi guardano fissi, sono vuoti.
«Non lo so» biascica, poggiando una mano sopra la mia spalla.
Il pensiero che non possa essere nulla di buono mi colpisce con la stessa violenza di uno schiaffo.
«Jamie Lynn è malata. Soffre di una rara forma di depressione.»
Scorgo il viso di Liam fare capolino nella stanza ma sono le sue parole a destare la mia attenzione.
«Il medico pensa sia nata dopo il distacco da te, Leila. I sensi di colpa hanno tormentato il suo animo per anni ed io non ho saputo placarli. La amavo, è vero. Ma con il tempo l’amore si è trasformato in una forma radicata d’affetto che non mi precludeva di tradirla ogni volta che ne avessi l’occasione» termina, liberando a briglie sciolte i suoi più oscuri segreti.
Sento le ginocchia cedere e Seth afferrare un braccio nel disperato tentativo di fermare la mia discesa.
«Mi fai schifo!» muovo solamente le labbra, quasi mimando quelle parole che trasudano tutto il mio disprezzo.
Chiudo gli occhi e poi li riapro: lacrime silenziose bagnano il viso di Liam.
Non l’ho mai visto piangere, non è da lui.
«Andiamo via» è tutto quel che dice Seth, afferrando il mio vestito da terra.
**
«Ryan, è meglio che tu faccia ritorno a New York. No, Leila sta bene ma sono successe tante cose dalla tua partenza. Amico, prendi il primo volo.»
Gli stralci di conversazione telefonica tra Seth e mio padre irrompono nella quiete innaturale del mio sonno, svegliandomi.
Mi alzo istintivamente, strascicando i piedi che nudi aderiscono al pavimento a ogni passo, e lo raggiungo in salotto.
Nella penombra della stanza, ci scambiamo uno sguardo carico di consapevolezza.
Oggi tutto è cambiato.
«Ti prego, non raccontargli di noi. Rovinerete la vostra amicizia» esordisco, stringendomi attorno al corpo la leggera trapunta.
«Come puoi chiedermi di mentire ancora a lui? Non credi meriti di sapere tutta la verità?» ribatte, dondolandosi avanti e indietro con le mani in tasca.
Resto immobile, decisa a rallentare il battito del cuore mentre scandisco bene le parole: «Seth, siamo la sua unica famiglia. Ti prego.»
Inspiro ed espiro, fissando lo sguardo sulla sua figura rintanata in un angolo.
«Sai cosa è veramente paradossale?» è evidente che non ha intenzione di attendere una mia risposta e senza indugi continua l’esplicare vorticoso dei suoi pensieri.
«Prima che accadesse tutto questo, stavo per commettere un grave errore» afferma.
Il silenzio si prolunga per un attimo, poi riprende: «Innamorarmi di te è stato l’imprevisto più bello che potesse mai capitarmi. L’ho capito tardi sai? Ma volevo rimediare dannazione. Stavo correndo a cercarti e, se non mi avessi chiamato, avrei scandagliato ogni angolo della città. Poi, ho capito. Tu non volevi realmente stare con me. C’era Liam Cooper a scaldare i tuoi pensieri e il tuo letto, sono stato poco più che un capriccio ormonale per te.»
«No, Seth…» tento di replicare con il respiro affaticato in gola.
«Se non vuoi che tuo padre sappia di noi, ti accontenterò. Non chiedermi altro; qualunque strana relazione ci sia stata tra di noi, è finita. Da oggi in poi, riprenderò a essere semplicemente uno zio acquisito per te.»
Vorrei poter tornare indietro e riavvolgere il nastro degli eventi ma un’occhiata al suo viso mi suggerisce che oramai è tardi.
Lo scruto con attenzione; sul suo volto non vedo rabbia solamente stanchezza, tristezza ed esasperazione. Il pallore vige incontrastato sulle guancie scavate, la mascella è contratta e gli occhi ebbri di delusione.
Mi sforzo disperatamente di ricacciare indietro le lacrime mentre annuisco; ha tutto il diritto di essere amareggiato.
«Mi dispiace» continuo a ripetere incessantemente.
«Vieni qua» mi ordina, indicando se stesso.
Stretta contro il suo petto, comincio a singhiozzare angosciosamente.
«Devi andare a scuola, mancano pochi giorni alla chiusura» mormora, baciandomi lievemente il capo e cullandomi avanti e indietro.
Impiego molto tempo per calmarmi. Ormai gli occhi sono irrimediabilmente arrossati e gonfi.
La verità è che non ho voglia di affrontare i miei compagni di classe o gli insegnati. E se qualcuno mi chiedesse perché verso in quello stato pietoso?
«Seth, non ho voglia di andare a scuola» affermo, divincolandomi da lui. Il mio tono di voce è stanco, smarrito, quasi irreale.
Per qualche secondo lui non muove un muscolo. Poi affonda il viso nel mio collo, riportando la fronte contro la mia in un secondo momento.
Aspetto in silenzio mentre sono pervasa dal profumo della sua pelle. Le sue mani bianche e lisce premono sulle mie gote.
«Sei forte abbastanza Leila. Supererai tutto questo, te lo prometto! Ma ora devi andare a scuola» conclude pragmatico.
Muovo le labbra parecchie volte per obiettare ma le serro istintivamente prima di parlare.
«Ok.» mi arrendo.
**
C’è qualcosa di vagamente angoscioso nel sistema binario della vita. Ci ritroviamo continuamente di fronte a piccole o grandi scelte, eppure non arriviamo mai a una conclusione soddisfacente. Perché l’ombra dell’altra possibilità, della mancata scelta, si annida nei nostri pensieri fino a trasformarsi in rimpianto.
Non conosco nessuno che non abbia mai avuto un rimpianto.
Svoltare a destra o sinistra?
Scegliere il bianco o il nero?
Dolce o salato?
E se…?
Inevitabilmente le figure di Seth e Liam s’insinuano nella mia mente come immagini confuse di vite passate.
Non so quanto tempo sia trascorso dall’ultima volta che ho dovuto compiere una scelta importante, ma sento che è ora di fare chiarezza nella mia vita. Dagli auricolari riesco a sentirlo appena, il brusio spensierato dei miei coetanei. Chiudo gli occhi e immagino di ridere delle loro battute, cantare con loro cori insensati, criticare l’abbigliamento di qualcuno, elogiare un cantante o un attore.
Riesco a percepirlo; brucia, è un desiderio impellente, e istintivamente spalanco gli occhi. Ho bisogno di normalità.
E allora mi trascino nei corridoi dietro ad un gruppo di studenti, mi confondo tra di loro, mentre lascio simbolicamente i miei pensieri alle spalle.
**
«Leila, è tutto il giorno che mi eviti. Si può sapere cosa ho fatto di male per meritare un tale comportamento da parte tua?»
La mia migliore amica alterna lo sguardo tra me e la porta del bagno, temendo che qualcuno scopra il nostro nascondiglio. Siamo rinchiuse nella toilette riservata ai docenti da meno di un minuto e già vorrei andare via.
Il mio silenzio ostinato mette a dura prova la sua pazienza, per un secondo sembra vacillare; quasi mi fustiga con gli occhi.
Memore della sua bravata al 4x4, al fianco di Steve Garsol, decido allora di reagire. Mi avvicino a lei con andamento deciso mentre sento l’adrenalina scuotermi il corpo. Imprimo i passi sul pavimento come se volessi marcare, attraverso essi, la mia ostilità.
Gli occhi mi trasmettono le immagini di quella polverina bianca sul tavolo, le orecchie rammentano ancora il suono di quelle risate sgraziate e le narici, il nauseabondo odore dei loro corpi sudati.
«Ti avevo scongiurato di non frequentarlo. Ti avevo avvertito non sarebbe stato degno di tanta importanza. Eppure hai deciso di stare dalla sua parte, non tenendo conto della mia opinione. Credevi non ti avrei mai scoperto? Credevi di farla franca? Credevi di prendermi in giro tutte quelle volte che notando il tuo comportamento ambiguo, hai sminuito le mie sincere preoccupazioni? Rispondi Hanna, cazzo» grido, cercando di scorgere la verità nei suoi occhi socchiusi.
Hanna fa qualche passo indietro, andando a sbattere contro il muro sul quale, poi, lentamente si appoggia. La mia reazione sembra averla inebetita.
«Io - io te l’avrei detto prima o poi. Leila, non sono dipendente da quella roba, te lo giuro. Posso smettere quando voglio; Steve dice che migliora le prestazioni e non danneggia l’organismo se assunta a piccole dosi» risponde, contorcendosi spasmodicamente le dita delle mani.
Faccio per ribattere ma non continuo; mi fermo, un po’ a fatica. L’espressione affranta del suo viso lascia indovinare un senso di confusione e smarrimento. Una lacrima le sfugge da un occhio.
Quando riprendo a parlare, la mia voce ha assunto una tonalità più morbida quasi pacata.
«Ne uscirai, vedrai. Ti aiuterò io stessa a starne fuori costi quel che costi» concludo, abbozzando un sorriso.
C’è un lungo silenzio.
Qualche secondo dopo, Hanna appoggia timidamente il capo sulla mia spalla. All’inizio è un tentativo incerto ma poi si lascia andare, avvolgendo le braccia intorno alla mia vita.
Ci abbracciamo nel silenzio di quella stanza, nello stesso momento in cui percepisco la sua totale resa. Incomprensioni, egoismi, ipocrisie, seguono la via del non ritorno adesso che abbiamo ritrovato la strada comune.
«Ehi, non penserai mica di tacere? Devi raccontarmi tutto quello che è successo» afferma la mia migliore amica, sciogliendo quell’abbraccio fraterno.
«Okay, ti racconterò tutto ma ora dobbiamo andare. Mr. Symbian non aspetta altro che interrogarci.»
**
«Come stai?»
Sospiro, adeguandomi al silenzio dell’appartamento di Seth. Non ci sono più le voci dei miei compagni di classe, le urla stramazzanti delle cheerleader o i gorgheggi dei tenori che Mr. Robinson si ostina a farci ascoltare durante l’ora di musica.
Nessun rumore, solo il mio respiro accelerato.
«Bene.» mento.
Dove è finito il mio bisogno di normalità? Perché di fronte al volto di Seth ogni briciolo di auto-controllo sparisce?
«Stai mentendo.» sussurra lui, sfiorandomi il viso con la mano prima di ritirarla bruscamente come se scottasse.
«Quando arriva mio padre?» devio allora il discorso.
Seth sembra pensarci un attimo; poi scuote impercettibilmente la testa, abbozzando un tenue sorriso.
«Lo hai sempre fatto questo giochino ma non ci casco più!» afferma, avvicinandomi a sé con un gesto rapido.
Inarco un sopracciglio, cercando di intuire il significato delle sue parole; ritrovandomi presto coinvolta in una lotta al solletico sul divano.
«No, no, no. Seth ti prego basta!» lo supplico, cercando di articolare frasi di senso compiute tra un attacco di riso e l’altro.
«Allora ti decidi a parlare? Ti ho chiesto come stavi, realmente. Non mentire Leila, ti conosco meglio di chiunque altro.» mormora, improvvisamente serio.
Percepisco il suo respiro incombere sul mio, mischiandovisi.
Gli occhi, di quel blu cobalto tanto intenso, sono ora fissi sul mio volto, mentre il suo corpo è adagiato sul mio. Forse non ha fatto caso a questo particolare. Eppure in quanto zio, seppur non consanguineo, dovrebbe tenere in mente l’adeguata postura da tenere in mia presenza. Non era quello che blaterava stamane?
Qualunque strana relazione ci sia stata tra di noi, è finita. Da oggi in poi, riprenderò a essere semplicemente uno zio acquisito per te.
Quelle parole sono ancora vivide e continuano a pulsare nella mia mente. Cerco di ricordare la sua domanda e senza pensarci due volte ancora, rispondo: «Seth, non sto bene. Ho appena scoperto che l’uomo con cui sono andata a letto, è lo stesso che ha causato il mio abbandono. Ho conosciuto mia madre e l’uomo di cui sono innamorata…»
«No, Leila. Devi dimenticare tutto quello che è successo tra di noi.» m’interrompe bruscamente Seth.
«Ho trent’anni. E tu nei hai appena diciotto. Come pensi che reagirebbe tuo padre se gli annunciassimo che stiamo insieme, che vogliamo continuare la nostra assurda relazione?» aggiunge infine, abbandonando quella posizione tanto intima.
Mi limito a osservarlo: cos’altro potrei fare? Potrei ribadire il mio dissenso ma sarebbe tutto inutile. Potrei circuirlo con movenze sensuali che non mi appartengono, ma troverebbe il modo di rifiutarle categoricamente.
Allora smetto di pensare e, lentamente, riprendo fiato; mascherandomi dell’espressione più neutra mi riesca.
«Hai ragione Seth. La hai sempre avuta. Vado a preparare le mie cose. Mio padre sarà qui a breve, no?»
Seth rimane per qualche secondo interdetto. Poi la consapevolezza delle mie parole ha la meglio su ogni istinto.
«Domani pomeriggio» fiata, distogliendo lo sguardo.
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Capitolo 18 *** Let down ***
Somebody that I used to know
Capitolo diciottesimo
Let down
Scruto pensierosa le mura bianche dell’appartamento di Seth: sono tornate a essere candide e immacolate come prima del mio arrivo. Ho accuratamente strappato via foto, poster e cartoline; nessun dettaglio è stato trascurato.
Le valigie stazionano in un angolo, insieme al beauty-case e alla tracolla colma di libri.
«E’ appena arrivato il taxi di tuo padre. Tra poco sarà qui.»
Quella voce calda e gutturale giunge inaspettata al mio orecchio. Seth emerge dal buio del corridoio: pallido, vestito di un semplice jeans e una camicia bianca talmente stropicciata da sembrare uno straccio.
«Uh huh» replico, atona.
«Sarà strano non averti più tra i piedi» mormora, in tono pacato.
«E’ vero.» confermo, cercando il suo sguardo.
«Non ti abbandonerò Leila. Avrò cura di venirti a trovare ogni qualvolta lo vorrai» afferma, cominciando a rovistarsi nelle tasche. Provo inutilmente a indovinare cosa stia cercando; l’imbarazzo fende l’aria.
«Questo è un regalo che avevo acquistato per te prima di…prima di tutta questa situazione» continua, porgendomi una scatoletta di velluto blu sulla quale è inciso il logo di una famosa gioielleria. Osservo quel pacchetto con occhi increduli e scuoto il capo con l’espressione seria: «Non posso accettare.»
Seth ignora le mie parole, poggiandomi delicatamente la mano sulle labbra.
«Aprilo.» ordina poi, incatenando quegli occhi blu cobalto ai miei.
E quell’imperativo ha l’effetto sperato: quel tono fermo e deciso m’induce ad aprire la scatolina che tengo tra le mani.
Uno splendido paio di orecchini in corallo che ricalca le fattezze di una rosa delicata, fa capolino dal piccolo involucro blu.
Sento affluire il sangue al viso e le gote imporporarsi per via dello stupore che mi ha provocato la visione di quell’oggetto tanto prezioso.
Quando alzo lo sguardo e incontro quello di Seth, prendo in considerazione l’idea di abbracciarlo, stringerlo forte a me.
Lui sorride impercettibilmente, quasi non si aspettasse altra reazione da parte mia.
«Sono meravigliosi. I-o, io non so come ringraziarti…» balbetto incautamente, sbandierando così ai quattro venti il mio disorientamento.
L’abbraccio che ricevo di seguito è totalmente inaspettato. La stretta di Seth è rassicurante, emana calore. Riesco a percepire tutti i muscoli rilassarsi, e i nostri profumi fondersi irrimediabilmente.
«Ti amo» sussurra al mio orecchio, mentre il suono del campanello si fa spazio nel silenzio della casa.
Ci distacchiamo all’istante ma quelle parole continuano a riecheggiare nella mia testa infinite volte. Continuano a vorticare nel mio cuore, persino quando mi ritrovo davanti alla figura di mio padre.
«Ciao tesoro» esordisce Ryan Robert in tutta la sua folgorante bellezza.
Indossa un paio di pantaloni in mussola grigio chiaro e una camicia dalle tinte azzurre che slancia la sua figura. Un accenno di barba conferisce al suo volto un’aria matura, così come i capelli perfettamente pettinati all’indietro.
«Ciao papà» rispondo qualche secondo dopo, sfoggiando un sorriso teso.
«Allora volete spiegarmi cosa è successo? Leila hai dato noia a zio Seth?» riprende mio padre, guardando entrambi con aria interrogativa.
Seth sospira pesantemente, passando in modo esasperato una mano tra i capelli corti e spettinati mentre io trattengo il respiro in attesa di trovare il coraggio necessario a raccontare tutta la verità.
«Allora…?» la voce di mio padre sembra alzarsi involontariamente mentre alterna lo sguardo tra me e il suo migliore amico.
«Ryan, tua figlia ha conosciuto la sua madre biologica» sbotta infine Seth.
Mio padre non dice nulla; lo sguardo perso nel vuoto, quasi assente.
«Leila non poteva sapere…» mormora quasi stesse riflettendo ad alta voce.
«Come diavolo è riuscita a trovare mia figlia?» chiede bruscamente mio padre con un cipiglio tutt’altro che sereno in viso.
«Sono andata a letto con il suo compagno: Liam Cooper» m’intrometto, osservandolo sbiancare.
«Tu cosa?» sibila lui di rimando, agguantandomi un braccio per avvicinarmi a sé.
«Ho frequentato Liam Cooper e ci sono andata a letto insieme. Da poco ho scoperto che è, o era, il compagno di mamma. Mi dispiace papà» sussurro, contrita.
La sensazione di star camminando sul filo di un rasoio è amplificata dalle continue occhiate torve di mio padre.
Ho una fitta al cuore quando, un dito puntato contro, esclama: «Mi hai deluso Leila».
Faccio per ribattere ma lui mi precede, dedicando la sua attenzione a Seth.
«E tu ne eri al corrente?» chiede, il tono chiaramente avvilito.
«Uno sbaglio. E’ stato solamente uno sbaglio che non ripeterà mai più» ribatte il suo migliore amico.
«Seth, non divagare. Ti ho chiesto esplicitamente se tu ne eri al corrente» urla, battendo un pugno sul tavolo.
«Sì, l’ho scoperto ieri» risponde Seth, sostenendo il suo sguardo.
Con uno scatto nervoso, allora, mio padre afferra Seth per le spalle scuotendolo ripetutamente.
«Ti avevo chiesto di proteggerla. Ti ho supplicato di vegliare su di lei e fare le mie veci. Sei un bastardo!» grida forsennatamente.
«Papà, lascialo andare. La colpa è mia, solamente mia» strillo, cercando di divincolare Seth dalla morsa di mio padre.
La tensione è palpabile, impregna le nostre espressioni con il suo tratto grave e doloroso.
«D’accordo, d’accordo» irrompe mio padre, alzando le mani in segno di resa.
Seth riprende fiato, limitandosi a tossicchiare nervosamente mentre io mi accascio su una sedia, sempre più avvilita.
«Mi accompagnerai da questo tizio. Voglio spaccargli la faccia; farlo a pezzettini, se necessario. E voglio ricordare a quella sgualdrina di stare alla larga da MIA figlia» aggiunge poi, all’indirizzo di Seth.
Intraprendo una dolorosa tortura del labbro inferiore che mi permette di rimanere calma e riflettere. Un incontro tra Liam e mio padre non porterebbe a nulla di buono; rischierei persino che quest’ultimo venisse a conoscenza del mio rapporto con il suo migliore amico e non posso permetterlo.
«No, papà. Non andare. Prometto di non vederli più, per nessuna ragione al mondo» affermo, schiarendo la voce per far sì che mi prenda in considerazione.
Mio padre non risponde, intento a guardare di sottecchi Seth, attendendo dia l’assenso che reclama.
Ad arrivare alle mie orecchie, però, non è la risposta del mio ex coinquilino bensì il suono vivo e squillante del telefono che si propaga per tutta la stanza.
Guidata dall’istinto, afferro la cornetta e riattacco senza dare all’interlocutore la possibilità di proferire alcuna parola.
«Chi era?» chiosa mio padre subitaneamente.
«Chi era al telefono? Dannazione!» ripete, urlando.
«Non lo so!» ribatto, la voce rotta dal pianto.
Tiro su con il naso più volte prima di calmarmi e fissare il volto di Seth in controluce: sulla bocca sottile aleggia la piega di una smorfia di disappunto.
«Adesso basta Ryan, stai esagerando» s’intromette, parandosi davanti a me.
Mio padre scoppia in una risata sarcastica, quasi isterica; i muscoli della mascella si tendono e una ruga di espressione si forma tra il solco delle sopracciglia.
«Seth, non sono affari tuoi. Lasciami parlare con mia figlia!» prorompe, minaccioso.
Si guardano con palpabile avversione, lo sguardo immobile.
Temo che da un momento all’altro arrivino a scontrarsi ma, dopo un minuto scarso, il campanello di casa spezza il silenzio; penetrandomi, con il suo suono squillante, fin dentro le ossa.
Il mio cuore balza sul petto mentre le ginocchia iniziano a tremare e il formicolio nello stomaco si fa più insistente.
Seth si precipita ad aprire la porta, nel mentre mio padre si volge a guardarmi con un’espressione interrogativa dipinta sul volto livido.
Dall’ingresso arriva la voce concitata di Liam Cooper. Nella sua irrefrenabile ostinazione, tra una frase sconnessa e l’altra, il mio nome sembra essere l’unica certezza.
Non mi accorgo della sua reale presenza fin quando non incontro l’azzurro cristallino dei suoi occhi e mi perdo nelle innumerevoli sfumature che il suo sguardo assume. Si libera con uno scatto energico dalla presa di Seth e mi raggiunge insinuandosi così tra me e mio padre.
«Tu?» chiede subitaneamente quest’ultimo, strabuzzando gli occhi.
Liam cerca di concentrarsi sulla risposta da dare ma ogni nuova occhiata di mio padre sembra confonderlo ancora di più.
«Cosa ci fai qui?» ribatte mio padre, gesticolando in maniera forsennata.
«Ryan, lui è Liam Cooper. Quel Liam Cooper» s’intromette Seth con prontezza stupefacente.
La virulenza dei loro sguardi presuppone uno scenario bellicoso che temo di non riuscire a sostenere.
Mio padre socchiude gli occhi; cerca di mettere a fuoco la persona che ha di fronte e, tra un lampo di panico e una spietata lucidità, comprende.
«Come ho fatto a non capirlo prima. Quando ti fingevi mio amico all’università, in realtà stavi con lei già da parecchi anni» farfuglia, come se d’improvviso fosse tutto così chiaro da risultare ovvio.
«…e hai avuto il coraggio barbaro di portare a letto la mia bambina, la creatura che lei portava in grembo» continua, sopraffatto da un rancore sordo.
Non c’è un solo elemento che mi offra conforto, né alcun sentore positivo; tutto sembra peggiorare piegandosi all’atrocità di quelle parole.
«Io non ti ho portato via Jamie. All’epoca non ti conoscevo e lei era così fragile e insicura; affermava di non amarti più. Ryan, non voglio prendere in giro tua figlia; tengo a Leila più di quanto immagini.»
Di colpo il silenzio piomba sulle nostre teste come un macigno. Per qualche motivo mio padre sembra non reagire alle parole di Liam. La sua di certo non è una resa, ma una controllata sospensione di qualsiasi istinto. Aspetta con rabbia crescente che il suo nemico compia il fatidico passo falso per poi attaccarlo e sconfiggerlo definitivamente.
Liam si appoggia con una mano al tavolo, perplesso.
Qualche metro dietro, Seth osserva la scena immobile; la mascella contratta e lo sguardo in allarme.
«Non mi arrenderò Ryan. Puoi giocare a fare il padre modello e premuroso ma entrambi sappiamo che non è un ruolo adatto a te. Leila ha piene facoltà per decidere da sola chi frequentare.»
Le considerazioni di Liam trasudano presunzione e determinatezza: l’istinto di agguantarlo per un braccio e cacciarlo via diventa sempre più impellente. Come si permette a giudicare l’operato di mio padre?
«Liam, ti prego vai via» sibilo, al suo indirizzo.
«Dimmi che non provi assolutamente nulla per me e sparirò dalla tua vita» ribatte con slancio.
Non rispondo, non ne ho il coraggio. Forse perché dietro quell’uomo in giacca e cravatta, arrogante e presuntuoso, si nasconde un uomo inconsapevole; intrappolato per troppo tempo in una vita da copione che non sente propria. Liam Cooper è l’angelo che prende in custodia una ragazzina incinta di un altro, il fidanzato sempre presente nonostante sentimenti ormai dimenticati, il manager infallibile e l’uomo sicuro di sé. Sono tante le maschere che tappezzano la sua vita come carta da parati oramai lisa e consunta. Per qualche momento, di fronte a me, sembra quello che è: un uomo confuso, solo e con tanta paura di perdere l’unica emozione vera mai provata. Perché lo leggo nel luccichio dei suoi occhi. Non finge quando dice di amarmi, ma io non posso corrisponderlo.
«Esci immediatamente da casa mia» irrompe Seth in uno scoppio di voce. Mio padre si agita, dietro di lui, fremente dalla voglia di dare un pugno in faccia a Liam.
«Leila, ritornerò da te» afferma quest’ultimo, girando le spalle e allontanandosi.
Note autrice:
Per necessità narrative ho dovuto tagliare il capitolo a metà! Non volevo appioppare troppi eventi in una sola volta e rischiare di confondervi. Trovo questo capitolo abbastanza forte e tosto da digerire. Finalmente il padre di Leila entra in scena…cosa accadrà in seguito secondo voi??
Non finirò mai di ringraziare chi recensisce o semplicemente segue questa storia.
La canzone che dà il titolo al capitolo è Let down dei Dead by sunrise.
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Capitolo 19 *** Crash ***
Somebody that I used to know
Epilogue
Crash
«Che cosa desideri?» chiede, studiando la mia espressione.
Ci penso su qualche istante. Di primo acchito risponderei: “Te. Non desidero altro che te”, ma rischierei di compromettere l’esito di questo incontro fortuito e non vale la pena sfidare il destino.
«Una fetta di torta al cioccolato andrà benissimo» mormoro, chiudendo il menù.
Gli sfugge un sorriso, il primo da quando abbiamo messo piede in questo posto.
Fortunatamente una cameriera dall’aria stanca e piuttosto malandata arriva con il bloc-notes in mano e interrompe il nostro formale interloquire.
Provo una strana sensazione di sollievo mentre quest’ultima annota diligentemente le nostre ordinazioni. La stessa sensazione si tramuta poi in disagio quando si allontana, lasciandoci nuovamente da soli.
Piuttosto banale, considerando il nostro trascorso.
«Perché passeggiavi da sola per le vie del centro? Alla tua età dovr…»
«Alla mia età dovrei uscire con le amiche. Giusto?» lo interrompo bruscamente.
«Esattamente» puntualizza lui.
«Non ho voglia di compagnia in questo periodo» preciso, risentita della sua tracotante saccenteria.
«Hai ottenuto il diploma da poco. Ti aspetta un nuovo mondo, Leila. Non lasciarti influenzare dagli errori del passato» sottolinea, lo sguardo imperscrutabile fisso su di me.
Non riesco a trattenere un risolino amaro; uno di quelli intrisi d’ironia latente.
Ho provato durante questi mesi a concentrarmi su qualcos’altro: il mio futuro accademico, i cambiamenti che esso comporterà, il trasferimento.
Eppure non è cambiato nulla.
Alcune persone semplicemente non si dimenticano. Ti accorgi che sono lì da tempo immemore. E non ha importanza se la loro presenza è al contempo fonte di gioia e dolore.
«Come procede la tua relazione con Victoria?» chiedo, cercando di riportare l'attenzione su di lui.
Se qualche mese addietro qualcuno mi avesse detto che sarei stata seduta in un piccolo bar del centro, disquisendo con Seth Douglas a proposito della sua vecchia fiamma tornata prepotentemente in auge, non avrei creduto a quello stolto.
«Non male» risponde, conciso e breve.
Seth non sa quante volte avrei voluto chiedergli della sua vita negli ultimi tre mesi. Da quando mio padre è ritornato in pianta stabile, non abbiamo avuto modo di restare da soli. I nostri incontri sono avvenuti sempre in presenza di altre persone, tra cui Victoria. Ho scoperto della loro relazione qualche settimana dopo il giorno del mio diploma. Ricordo ancora lo smarrimento dinanzi al fatto compiuto. Ricordo ancora le parole di mio padre: “Stasera abbiamo un’ospite in più.”
E ricordo perfettamente la voragine di emozioni contrastanti che la vista di loro due avvinghiati mi ha provocato.
«Verrà anche lei a quella festa ridicola?» domando, ingoiando il magone che stringe un nodo proprio in fondo alla gola.
«Partirai per l’Italia e l’unica cosa di cui t’importa è se Victoria presenzierà alla tua festa?» ribatte con tono di stupore, misto a una nota di risentimento.
«Volevo essere gentile» chiarisco, atona.
«Sì, la porterò con me. Ci tiene a salutarti prima della tua partenza e la festa indetta da tuo padre sembra essere l’occasione perfetta per accontentarla» conclude; fissando, al di là del vetro, i marciapiedi affollati.
Qualche minuto dopo, la cameriera deposita le nostre due fette di torta sul tavolo e il conto che Seth si affretta a saldare, lasciando poi una generosa mancia.
Così rimaniamo nuovamente da soli nell’assordante silenzio dei nostri sguardi persi nel vuoto.
Passa un minuto, o forse di più, prima di incrociare nuovamente le sue iridi blu cobalto.
«Hai mai più rivisto Liam e Jamie?» chiede senza mezzi termini.
«No» rispondo, sentendo le guance pizzicare.
Ed è una stilettata al cuore.
Il rigurgito di un passato troppo recente torna prepotentemente a galla. Non ho più rivisto Liam Cooper o Jamie Lynn da quel fatidico giorno.
Nei momenti migliori ho pensato persino di avere chiuso con loro. Ho smesso di avere gli incubi la notte e di rivedere la mia pseudo madre dietro ogni capigliatura di colore fulvo. Ma è bastato ascoltare i loro nomi per rivivere l’intensità di quei momenti. Ed ecco ritornare l’azzurro agghiacciante e prepotente di Liam Cooper, quel suo sorriso malinconico farsi spazio nella mia mente e il suo profumo invadere nuovamente le mie narici, stordendomi.
«Perché mi chiedi di loro?» aggiungo, sbocconcellando la mia fetta di torta.
«Perché m’importa di te» ribatte, avvicinando con un gesto istintivo la sua mano alla mia. Per qualche secondo le nostre dita si sfiorano, portandomi alla mente ricordi bramati ma dolorosi.
«Permettimi di dissentire. Stai affermando il falso, zio Seth» asserisco di rimando, discostando la mano.
Trovo conferma del suo smarrimento nel lento mutare della sua espressione. Col passare dei secondi sul suo viso sono sempre più evidenti i segni del disappunto la cui matrice risiede proprio nell’irrazionale senso di protezione che ha sempre avuto nei miei confronti.
«Non dubitare mai del mio affetto, Leila. Non puoi immaginare quanto sia errata la tua convinzione» sibila, costringendomi ad abbassare lo sguardo.
Improvvisamente la fetta di torta al cioccolato sembra riscuotere tutta la mia attenzione. Prendo a mordicchiarla e apprezzarne il contenuto dolce e fragrante, come se non esistesse altro in quella stanza dalle pareti colorate.
«Bene. E’ ora di andare» affermo, scattando su come una molla dopo aver terminato il dolce.
Seth tace; sorride appena mentre depone la sua fetta di torta con ponderazione sul tavolo.
All’improvviso l’idea di separarmi da lui mi sembra così sbagliata. Resto immobile qualche secondo nell’attesa che le gambe decidano per me e si dirigano da sole verso l’uscita del locale. Ma Seth anticipa i miei gesti e, in un baleno, ci ritroviamo vicini: solo i nostri fiati a separarci. Il sole illumina il suo viso e ne risalta la carnagione chiara sulla quale giace un velo di barba. E gli occhi, quegli occhi blu cobalto scrutano i miei timidi e vagabondi.
Lentamente prende a carezzare il mio volto quasi non aspettasse altro. Ed io mi perdo nell’abbacinante intensità di quel gesto che si moltiplica all’infinito nel rosseggiare delle mie gote. Immediatamente mi rendo conto che tutte le difese disposte con cura durante questi tre mesi, non erano altro che castelli di sabbia pronti a divenire schiuma di un’onda inebriante.
«Ti riaccompagno a casa» fiata, producendosi in una risatina nervosa.
«Non voglio andare a casa» ribatto prontamente con una certa determinazione.
In realtà, dietro quella facciata impertinente, si nasconde la sottile paura di perseverare lungo un terreno scosceso e scivoloso.
E se Seth non mi avesse mai voluto veramente?
Non mi accorgo delle sue mani sui miei fianchi fino a quando non premono per reclamare la mia attenzione.
«Leila, non posso rischiare di mandare tutto all’aria. Io e tuo padre abbiamo ritrovato il vecchio equilibrio e tu sei così giovane…»
Avverto dell’avversione per le sue parole sempre così sagge, riflessive e razionali.
«Seth non sono più una ragazzina» protesto, a muso duro.
Visibilmente teso, Seth tenta di ignorare le mie parole concentrando la sua attenzione altrove. Tuttavia la presa sui fianchi continua ad essere ferrea, esigente.
Non è mai stato bravo nel prendere le decisioni e per quanto mi sforzi di essere paziente con lui, alla fine mi ritrovo a detestarlo per la sua insicurezza.
«Io vado» mormoro stizzita, liberandomi dalla sua morsa e incamminandomi verso l’uscita del locale.
**
L’aria settembrina solleva delicatamente le balze di organza della mia gonna mentre osservo il cielo stellato dalla veranda della facoltosa residenza estiva dei miei nonni.
Ci venivo spesso da bambina e come una ladra sono sgattaiolata fin qui anche oggi.
Da sottinsù mi godo lo spettacolo offertami dai fuochi d’artificio che, come piccole lanterne cinesi, brillano qua e là nel cielo della mia amata New York.
Tra meno di una settimana lascerò questo posto e partirò alla volta dell’Italia per iniziare il mio primo anno accademico e permettere a mio padre di portare a termine il lavoro interrotto a causa mia.
Al piano di sotto è in corso la festa organizzata per la mia partenza. Visi sconosciuti si alternano a parenti ritrovati e amici di famiglia che stento a considerare tali. C’è anche Seth, in compagnia di Victoria.
Sulle prime ho cercato di ignorarli ma alla prima occasione sono corsa via da quella sala divenuta improvvisamente troppo piccola e asfissiante. Le luci basse hanno creato l’occasione giusta per allontanarmi in totale discrezione.
«Qualcosa ti turba Leila.»
In piedi davanti alla porta scorrevole della veranda, mio nonno Albert Bartholomew Roberts soggiunge con passo mitigato ma al contempo sicuro. Le sopracciglia corrugate e raggiunte sulla fronte gli donano un’aria severa, maggiormente rafforzata dal completo nero che indossa con estrema eleganza.
«Non capisco a cosa fai riferimento nonno» affermo, voltandomi nuovamente verso il giardino.
«La veranda. E’ sempre stato il tuo rifugio da piccola! Quando Ryan osava rimbrottarti fuggivi qui, nel silenzio della notte» ribatte, allungando le dita affusolate e sfiorandomi il braccio per permettermi di voltarmi e guardarlo negli occhi.
E’ sempre stato una persona perspicace; quel tipo di persona che scruta dentro. Non mi resta che assentire dunque, non potrei fare altrimenti.
«Già, hai ragione. Pensavo alla partenza per l’Italia. Ho paura di lasciare andare una persona a cui tengo molto ma che, a quanto pare, non ricambia le mie attenzioni» vuoto finalmente il sacco.
Mio nonno mi rivolge un sorriso di comprensione, poi sfiora dolcemente la mia guancia con una carezza.
«Problemi di cuore, lo sospettavo. Ahimè, la mente si lascia sempre abbindolare da quell’organo. Ascolta il tuo vecchio: non accontentarti di una persona qualsiasi. Abbi il coraggio di rischiare; corri da lui. Se dovesse rifiutare un fiore delicato come te, allora non ne valeva la pena!»
Vorrei annuire o abbracciarlo ma non riesco a far altro che abbassare lo sguardo e giocherellare con la collanina che ho al collo.
«Non è così semplice» sussurro, trattenendo le lacrime.
«Seth capirà» ribatte, spiazzandomi.
«Co-come fai ad esserne a conoscenza?» chiedo in preda all’agitazione.
«Mi è bastato vedervi stasera. Lui non ti stacca gli occhi di dosso nemmeno un secondo, nonostante abbia a fianco un’avvenente compagna» risponde, strizzando un occhio in segno d’intesa.
«Lo dirai a papà? Andrà su tutte le furie ed io…»
«No, mia cara. Ryan a volte può essere veramente insopportabile e non ci tengo ad essere etichettato come una spia. Lo farete voi, quando sarete pronti ad affrontarlo.»
Tiro un respiro di sollievo, e senza pensarci due volte l’abbraccio come non facevo ormai da anni.
«Grazie nonno» dico tutto ad un fiato.
«Dovere, mia cara. E ora corri da lui; io terrò d’occhio molto volentieri la bionda.»
**
Cammino a passo svelto; un sorriso sul volto e i capelli, prima finemente acconciati, scompigliati per l’agitazione del momento. Prima di varcare la soglia della saletta, respiro a fondo e abbasso lo sguardo sulle mie mani: tremano visibilmente.
Un leggero velo di sudore imperla la mia fronte quando abbasso la maniglia della porta e mi appresto ad affrontare quella che si preannuncia essere una follia.
Mi faccio spazio tra la calca di persone e finalmente, qualche metro più avanti, lo vedo. Sorseggia un cocktail dall'aspetto vagamente esotico e ride, mostrando così, allo sparuto gruppo d’interlocutori, la sua dentatura perfetta. Al suo fianco, fasciata nell'immancabile tubino nero, Victoria sfoggia la sua avvenente bellezza calamitando l'attenzione degli uomini presenti.
Di colpo mi sento come un pesce fuor d'acqua che annaspa, cercando la sua direzione. Chiudo gli occhi e inspiro profondamente. "Puoi farcela" penso tra me. E con passo lieve e cadenzato mi avvicino a lui.
ANGOLO AUTRICE:
Strano da dire ma non trovo le parole per ringraziare ogni singola persona che ancora segue questa storia. Comincio scusandomi per avere abbandonato così la storia ma come ben sapete, dietro ogni autore, c’è innanzitutto una persona con gioie, dolori, necessità e problemi. Tralasciando un periodaccio che ho vissuto e che non interessa più di tanto a voi lettori, ho voluto dare un finale aperto a “Somebody that I used to know” perché ho tutte le intenzioni di scrivere un sequel che sia più maturo e curato.
Un nuovo punto di partenza per me e per la storia che in qualche modo è diventata la “mia creatura”.
La canzone che dà il titolo al capitolo è “Crash” degli “You and me at six”.
Ps: non ricordo più come utilizzare l'editor di efp. Perdonate, dunque,se il capitolo presenta discordanze di stile rispetto agli altri capitoli.
Spero di ritrovarvi tutte.
Con affetto,
Lady Po.
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