Somebody that I used to know

di Lady Po
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Fight for this love ***
Capitolo 2: *** Home ***
Capitolo 3: *** Heart skips a beat ***
Capitolo 4: *** If I lose my self ***
Capitolo 5: *** Undisclosed desire ***
Capitolo 6: *** Doin' dirt ***
Capitolo 7: *** Alone together ***
Capitolo 8: *** If you could see me now ***
Capitolo 9: *** Something to believe in ***
Capitolo 10: *** City of angels ***
Capitolo 11: *** Let me take you there ***
Capitolo 12: *** Bloodstained heart ***
Capitolo 13: *** Closer to the edge ***
Capitolo 14: *** Grey lynn Park ***
Capitolo 15: *** Hurricane ***
Capitolo 16: *** End of all the days ***
Capitolo 17: *** Iridescent ***
Capitolo 18: *** Let down ***
Capitolo 19: *** Crash ***



Capitolo 1
*** Fight for this love ***


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                                      Somebody that I used to know 

                                                                                                 Capitolo 1

                                                                          Fight for this love

Lo sciabordio delle onde contro gli scogli è rilassante e confortevole, una sorta di sinfonia per le mie orecchie. Vengo a rifugiarmi spesso in questo piccolo lembo di sabbia quando qualcosa non va per il verso giusto. Oggi, quel qualcosa è alto un metro e ottanta, capelli biondo cenere e occhi di un’incredibile sfumatura di verde. Quel qualcosa ha un nome, Joshua, e una determinata posizione all’interno della mia vita: ex-fidanzato.

Già, perché il signorino ha avuto la brillante idea di lasciarmi nel giorno del mio 18° compleanno per una mia compagna di classe. Amore a prima vista dice lui. Ormoni impazziti, penso invece io.

E così, eccomi qui, una neo maggiorenne single che non ha voglia di tornare a casa a festeggiare un compleanno tanto disastroso.

Se mi vedesse la mia migliore amica Hanna non si risparmierebbe di certo l’occasione di formulare quelle fatidiche parole: “Te l’avevo detto”.

In effetti, in tanti mi hanno messo in guardia da Joshua Carper, prima fra tutti lei. Avrei dovuto ascoltare i suoi consigli ma si sa, al cuor non si comanda, no?

Povero cuore.. maltrattato da un arrogante, donnaiolo viziato che mi ha illusa per un anno intero. Tanto è durata la nostra storia.

E’ stato il mio primo ragazzo, l’unico che abbia mai fatto conoscere a mio padre e a zio Seth. Infondo, sono loro l’ unica famiglia da far conoscere. Un ragazzo padre e il suo migliore amico con un compito più grande di loro: crescere una bambina quando erano rispettivamente un sedicenne brufoloso e un dodicenne dedito ai videogiochi. All’epoca, i miei nonni paterni non esitarono un attimo ad accogliermi in casa come fossi loro discendente diretta e mio padre ebbe tutto l’appoggio necessario. Zio Seth ci veniva a trovare tutti i giorni, mi riempiva di regali e giocava spesso con  me.

La vibrazione del cellulare richiama la mia attenzione, interrompendo i miei tortuosi pensieri. Per un attimo, uno stupido attimo, spero sia Joshua ma le mie speranze si vanificano nel momento stesso in cui il numero di zio Seth compare sullo schermo del mio Htc.

“Leila, dove sei?" sono davanti al Mazzini* , Hanna dice che hai saltato scuola”

Hanna non sa stare mai zitta.

“Non preoccuparti Seth, torno a casa a piedi, ho voglia di fare due passi”

Zio Seth –mi corregge- e non ho nessuna intenzione di lasciare che ritorni a piedi. Può essere pericoloso” sentenzia. Dispotico. Vuole avere sempre l’ultima parola. E’ inutile controbattere, perderei miseramente.

“D’accordo, ti raggiungo a scuola. Aspettami lì”chiudo la chiamata affranta. Non cambierà mai, è sempre iper protettivo nei miei confronti.

Quando mi ritrovo l’ Audi R8 -rigorosamente nera- davanti agli occhi, esito qualche secondo prima di aprire lo sportello, poi con uno slancio sicuro mi fiondo sul sedile accanto a quello del guidatore. Ramanzina in vista, si salvi chi può.

“Leila, che succede? Non hai mai marinato la scuola” esordisce, con tono apprensivo. Tono che –per la cronaca- odio. Vorrei non mi considerasse più una bambina.

“Oddio Seth! Marinare, davvero? Che razza di termini usi? sembri mio nonno..” bercio.

Zio Seth! E per tua informazione marinare, non è così atavico” risponde tutto impettito.

Il primo sorriso della giornata incurva le mie labbra, Seth è proprio divertente. E’ il classico trentenne con la sindrome di Peter Pan. Inoltre, vuole averla vinta a tutti i costi e mette il muso quando viene contraddetto. E pensare che un tempo ho avuto una cotta per lui. Beh, d’altronde, sfido chiunque a non apprezzare cotanta bellezza. Tutte le mie compagne di classe ne sono innamorate, compresa Monique, prima che mirasse al mio fidanzato.

“Sei pronta per stasera?” mi chiede Seth, puntandomi contro i suoi occhi blu cobalto. Impiego dieci secondi a elaborare la domanda. Pronta? Per cosa? Un terribile presentimento si espande a macchia d’olio.

“Joshua mi ha lasciato oggi per Monique. Non ho nessuna intenzione di festeggiare” confesso su due piedi, acida come un agrume appena spremuto.

Il ghigno divertito di poco prima sembra eclissarsi sul bellissimo volto di Seth. La sua nuova espressione corrucciata non fa presagire nulla di buono.

Improvvisamente inchioda e come impazzito fa retromarcia. Se non avessi avuto la cintura di sicurezza di sicuro, mi sarei catapultata contro il vetro.

“Figlio di..” impreca, premendo sull’acceleratore.

“Dove stai andando?” grido per farmi sentire in mezzo a tutto quel frastuono di macchine in corsa.

“A casa di quell’idiota. Vado a spaccargli la faccia” tuona minaccioso.

Non riesco più a pronunciare alcuna parola, se non un debole “no” di protesta che mi muore in bocca non appena svoltiamo l’angolo e arriviamo di fronte casa Carper.

Agile come una gazzella, Seth aggira ogni mio tentativo di ostruirgli il passaggio e in due falcate raggiunge il porticato. Riesco a udire distintamente lo scampanellio frenetico e in seguito il grande portone bianco spalancarsi.

Quella che segue, è una scena da film. Rivedo tutto a rallentatore.

Joshua, sollevato per aria, continua a sbraitare come un ossesso e minaccia di denuncia zio Seth che dal canto suo non sembra aver la benché minima intenzione di mollare la presa.

Una leggera brezza mi scompiglia i capelli, riportandomi nel mondo reale. Se non intervengo, quei due rischiano seriamente di farsi male.

“Fermi” grido a squarciagola, piantandomi di fronte.

In quel preciso istante, Seth, distraendosi, molla la presa e tiro un sospiro di sollievo.

Quel frangente di quiete dura giusto il tempo di rendermi conto che Joshua si è rialzato e sta mirando dritto al naso di zio Seth.

Quando il rosso vivo del sangue si palesa sul suo volto, temo il peggio.

“Ora basta” strillo, cercando invano di separare quei due tori imbufaliti.

L’unica arma a mia disposizione, sono le lacrime.

“Ti prego Seth andiamo via” piagnucolo.

Bingo.

Dopo un’ultima occhiata trucida all’avversario, il mio eroe decide di battere in ritirata. Lo guardo avanzare verso di me, gli occhi bassi e le mani strette in due pugni inequivocabili. Alla luce del sole, i suoi capelli bronzei risplendono ancora di più e si sfaccettano in mille sfumature che s’infrangono sulla barbetta incolta.

E’ notevolmente sexy.

**

“Seth, ti è dato di volta il cervello? Picchiare un ragazzino è un reato” sbraita mio padre.

“Sono io ad avere un ematoma al naso, non quell’imbecille” ribatte Seth.

Lo guardo di sbieco, è colpa della sua rinomata irresponsabilità se si ritrova quell’ematoma. Tuttavia, si è battuto per me e ne sono lusingata.

“Sei un irresponsabile, come faccio ad affidarti un’adolescente?” continua a sbraitare papà, incurante della mia presenza. Bene, sono oggetto di discussione ma non ho voce in capitolo! E a quanto pare mi sfugge qualcosa.

Butto con foga lo zaino a terra, decidendo così, di farmi notare. Infondo ci sono anch’io in questa stanza, per diamine!

“Chi dovresti affidare a zio Seth, papà?” domando con vigore, interrompendo il loro battibecco.

Papà mi lancia uno sguardo preoccupato ma non accenna ad aprire bocca.

Con il naso gonfio come un pallone, Seth invece, si avvicina di qualche passo e improvvisamente ho come la sensazione che entrambi mi abbiano nascosto qualcosa.

“La New York group-creations ha affidato un lavoro molto importante a tuo padre. Si tratta di cifre da capogiro, è l’occasione che aspettava da una vita” inizia col dire.

“Dov’è la fregatura?” ribatto, cercando di arrivare al nocciolo della questione.

“Dovrò passare l’intera estate in Italia, partirò domani stesso” s’intromette mio padre, spiazzandomi del tutto.

No, non può dire sul serio.

In tutti questi anni, il suo lavoro di grafico non l’ha mai costretto a grandi spostamenti.

“E io cosa farò?” esplodo, rischiando di piangere.

“Siamo a maggio, devi continuare a frequentare le lezioni a scuola. Domani ti trasferirai da zio Seth. Ho già parlato con la nonna, potrai andare da loro se vuoi, appena terminata la scuola” conclude mio padre.

Adesso ho proprio voglia di bere qualcosa di forte. Questa giornata è un incubo senza fine!

Deglutisco a fatica, ho la gola secca e la testa in confusione.

“Che compleanno di merda” sbotto infine, dirigendomi verso la mia stanza.

**

“Andrai ad abitare con il tuo finto zio, figo da paura e ti lamenti? Che ingrata!” esordisce Hanna mentre spennella un po’ di fard sulle guancie.

“Il mio finto zio, figo da paura non ha la benché minima idea di come prendersi cura di una figlia” azzardo.

“Non dovrà trattarti come una figlia, non lo sei. Non avete nessun grado di parentela. Avevi una cotta per lui no? Ora siete finalmente soli e avete l’occasione per darci dentro” trilla entusiasta.

Mai una volta che Hanna rifletta prima di parlare. E’ il suo più grande difetto: essere impulsiva.

“Credi davvero che lui..” non termino la frase, troppo imbarazzata al solo pensiero. Forse perché mi ha visto crescere, forse perché è il migliore amico di papà, forse perché è più grande di me di dodici lunghi anni. Sono tante le motivazioni per cui io e lui.. beh insomma avete capito!

“E’ un uomo, fidati, cederà! E adesso andiamo a festeggiare il tuo compleanno come si deve” termina, afferrando una sigaretta dal pacchetto ancora sigillato.

 

ANGOLO AUTRICE: Ho deciso di pubblicare questa nuova ff, basandomi su un’idea che mi balenava in mente da un po’. Sarà una storia semplice, tenera, dolce, a volte difficile ma travolgente al punto giusto! Spero che possiate appassionarvi a Leila&Co. Il titolo di ogni capitolo corrisponde al titolo di una canzone che lo riassume a grandi linee. La canzone di questo capitolo è fight for this love di Cheryl Cole!  Se qualcuno è bravo con i banner mi farebbe piacere affidargli quello relativo a questa storia! Naturalmente può apporre la sua firma all’interno dell’immagine, ricavando un po’ di pubblicità! Per chi volesse, ricordo il mio account Fb: Ladi Po.

Ultimo avviso: la storia “Polvere di stelle” è momentaneamente sospesa.

 

NOTE:

*Mazzini: fa riferimento al nome completo Giuseppe Mazzini che è il nome dell’istituto frequentato da Leila.  

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Capitolo 2
*** Home ***


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                  Somebody that I used to know

                                     Capitolo due

                                            Home

Ci sono una spiaggia, un mare cristallino e un sole tropicale.

Ci siamo io –avvolta da un bikini succinto- e un ragazzo. Un uomo a dire il vero. Ha un collo lungo, elegante e non incassato. Spalle forti e vigorose che indicano un’ossatura possente e che terminano in un bacino stretto e ben delineato. Si muove lentamente; ogni passo una poesia scritta con il corpo.  Mi ritrovo a bramarne il tocco, desiderosa di tastarne la consistenza. Lo seguo come ipnotizzata, arrivando a sfiorarlo ma non a destarlo dalla sua passeggiata solitaria. E’ sfuggente eppure non mi arrendo. Lo rincorro a perdifiato, finché sfinita, lo raggiungo. Esattamente come poco prima accarezzo la sua pelle, tuttavia questa volta raggiungo il mio scopo. L’uomo si volta e finalmente riesco a vedere il suo viso. Due occhi blu cobalto mi trafiggono, riportandomi drasticamente alla vita reale.

La sveglia posta sul comodino bianco della mia camera segna le nove del mattino. Facendo due calcoli, ho dormito giusto quattro ore. Tutta colpa di quel sogno, tutta colpa di Hanna che mi ha riempito la testa con le sue cretinate. Se lei non avesse continuato a blaterare per tutta la sera di quanto fosse figo Seth, io non l’avrei mai sognato.

E invece eccomi qua, madida di sudore e frastornata. Un martellante mal di testa a farmi compagnia.

Guardo i miei abiti sgualciti e improvvisi flashback di qualche ora prima mi ritornano in mente. Sono tornata a casa completamente ubriaca, a quanto pare tanto da non avere l’accortezza nemmeno di cambiarmi.

Ricordo alla perfezione la prima parte della serata. Hanna, io e gli altri abbiamo mangiato un boccone in una rosticceria del quartiere italiano.

Il grande assente della serata, come si può ben immaginare, è stato Joshua.

Penso si stesse divertendo con Monique in giro per New York, la grande mela offre tantissimi svaghi alle coppiette.

Ricordo che a un certo punto della serata il pensiero di loro due insieme era talmente lancinante da avermi indotto a  bere ogni sorta di alcolico in circolazione, naturalmente sotto falsa identità. E’ risaputo che in discoteca non servono alcolici ai minori di ventuno anni. Per l’occasione Garret, uno dei miei compagni di classe, ci ha procurato delle false carte d’identità. Il mio nome era Gina Turner; ricordo di aver riso come una matta per la somiglianza fonetica con quello della più famosa Tina.

Il locale era grande e rumoroso, per fortuna gli altri hanno avuto la geniale idea di riservare uno spazio all’interno dell’area privè. L’ultimo ricordo vivido della serata riguarda Hanna e il ragazzo del tavolo a fianco intenti ad amoreggiare, appoggiati a un pilastro portante. Non ho la più pallida idea di come si siano conosciuti, sarà una delle cose che le chiederò non appena ritornerà anche lei al mondo reale.

Nel frattempo, inizio la mia altalenante discesa dal letto. Non è per niente facile tenere l’equilibrio quando la testa e la stanza girano vorticosamente. Quando finalmente riesco a mettere piede in terra ferma, mi accorgo che qualcuno mi sta osservando dallo stipite della porta.

“Papà?” domando, strizzando gli occhi per acuire la vista.

“Sei così ubriaca da non riconoscermi?” mi risponde di rimando, Seth. Ha un ghigno divertito in viso e l’aria strafottente.

“Seth, cosa diamine ci fai qui?” sbotto immediatamente. Lui, assumendo un’espressione da ‘ti ho beccata cara’ risponde semplicemente: “Devo aiutare tuo padre con i bagagli e accompagnarlo all’aeroporto”.

“Non ho speranza alcune di restarmene qui, vero?” chiedo titubante.

“No, piccola. Tu verrai con me, il caso è chiuso” dice, interrompendo il contatto visivo. La fermezza di quelle parole mi provoca un brivido lungo la schiena. Automaticamente mi mordo il labbro inferiore, consapevole che la nostra convivenza non sarà per niente una passeggiata.

**

Sono arrivata nell’appartamento di zio Seth da meno di cinque minuti e già vorrei scappare via a gambe levate. Quest’uomo disconosce l’ordine!

Non è la prima volta che metto piede in casa sua; sono a conoscenza del suo disordine cronico ma non avrei di certo mai pensato di conviverci.

Scansando un calzino, comodamente adagiato nel bel mezzo del corridoio, mi dirigo in quella che suppongo, essere la stanza degli ospiti.

Tutti i miei scatoloni sono accatastati l’uno sopra l’altro senza alcuna sistemazione logica, il mio povero trolley rosa è scaraventato a terra in un angolo polveroso e angusto. Cielo non può assumere una donna delle pulizie? Ora che ci penso, ne aveva assunto una l’anno scorso. Settimane intere di selezioni avevano portato Eva, una studentessa tedesca tutta curve che per arrotondare svolgeva il ruolo di colf. Nemmeno a dirvi com’è finita. La poverina è andata via piangendo disperata perché le aveva spezzato il cuore.

Seth è fatto così. Adora le belle donne, le usa e poi le getta.

Da quando ne ho memoria, non l’ho mai visto frequentare una persona stabilmente.

“Ho riposto le tue cose in questa stanza, spero non ti dispiaccia se non ti cedo la mia” la voce bassa e vibrante mi fa trasalire; per diamine non si usa annunciare la propria presenza?

“Seth..” inizio col dire.

Zio Seth” mi corregge all’istante lui.

“Non sei mio zio” controbatto, levando gli occhi sul suo bel viso.

“D’accordo, mi arrendo! –dice, alzando su le mani in segno di resa- Tuo padre mi aveva avvertito non sarebbe stato facile prendermi cura di una ragazzina” conclude, allontanandosi.

Mio padre. In questo momento rimpiango che non sia qui con me. Lui sì che sa prendersi cura di una ragazzina. A soli trentaquattro anni, è più saggio della maggior parte dei suoi coetanei. E’ la vita che forgia il carattere di una persona, lo asserisce sempre. E’ la stessa cosa che mi ha ripetuto in aeroporto mentre in lacrime lo salutavo.

Ricaccio indietro quel pensiero, appoggiandomi fiaccamente al muro sul quale scivolo fino a sedermi per terra con le ginocchia al petto.

Due ore dopo aver scandagliato e pulito meticolosamente ogni angolo della stanza, mi appresto a disfare i bagagli. Ripongo i vestiti dentro l’enorme armadio a più ante. I trucchi, le creme e i profumi li ripongo invece sopra il grande comò basso e laccato di bianco. Quest’ultimo da un tocco di carattere all’intero ambiente, rendendolo moderno ed essenziale. Penso che Seth abbia avuto buon gusto nell’arredare il suo appartamento.   

Ogni cosa trova magicamente il suo posto e la camera sembra assumere una parvenza femminile, profumata e soprattutto ordinata.

“Wow” è il commento di Seth al mio operato.

Due fossette deliziose affiorano ai lati della sua bocca, rendendomi partecipe del suo entusiasmo.

“Ti piace?” chiedo timida.

“Sì, ti rispecchia tanto. E’ semplice ma non banale, ordinata ma divertente, dalle tinte tenui ma ricche di mille sfaccettature” conclude prima di accarezzarmi delicatamente il viso con le nocche. 

Vagamente scossa replico: “Le cose hanno prospettive sempre diverse, sono gli occhi ad offrirci la giusta visuale”.

“Una frase matura per la tua età, piccola peste” smorza i toni lui, dandomi un buffetto.

Il fatto che continui a considerarmi una ragazzina, mi destabilizza parecchio ma mio malgrado, me ne farò una ragione.

E’ lui a spostarsi per primo mugugnando qualcosa a proposito di preparare la cena. Ricordo all’improvviso di avere già preso un impegno con Hanna ma non faccio in tempo ad aprire bocca che lui è già sparito in cucina.

Qualche minuto dopo lo raggiungo, osservandolo mentre è intento a tagliare a dadini delle zucchine. E’ talmente concentrato da non accorgersi della mia presenza alle sue spalle. Mette sempre tanta passione in tutto quello che fa, lo ammiro per questo.

“Seth” lo chiamo.

“Seth” riprovo, dopo il silenzio ricevuto al primo tentativo.

“Dimmi piccola” finalmente risponde.

“Stasera ho già preso un impegno con Hanna, non posso cenare a casa” dico tutto a un fiato.

Con uno scatto repentino si volge, fissandomi a metà tra il sorpreso e l’accigliato.

“Non mi sembra opportuno che tu esca a fare baldoria dopo ieri sera” dichiara, scuro in viso.

“Ieri era il mio compleanno e avevo tutto il diritto di bere” gli faccio notare.

“No, Leila. Non puoi bere alla tua età. Truffare la legge è un reato”

Da quando in qua si erge a moralista?

“Io esco, ciao” taglio corto.

“Dove credi di andare?” bercia, afferrandomi lievemente un braccio.

“Seth non sei mio padre. Lasciami andare” affermo, fissandolo gelida.

In questo momento il suo viso è una maschera di ferro, mi rendo conto di non avere nessuna speranza di spuntarla.

“D’accordo despota” mi arrendo, digitando velocemente un messaggio di scuse a Hanna.

Il despota mi ha proibito di uscire. Una sorta di punizione per aver bevuto troppo ieri sera. Perdonami, ci rifaremo domani”.

La sua risposta non tarda ad arrivare:

Fossi in te non uscirei mai con uno così in casa. Divertitevi, domani pretendo i dettagli”.

 

ANGOLO AUTRICE: Secondo capitolo sfornato. Che ve ne pare? Iniziano i primi battibecchi e le prime sfuriate. Resisteranno i nostri eroi? Beh lo scopriremo nei prossimi capitoli.. La canzone che da il titolo al capitolo è Home di Michael Bublè!

Approfitto di questo spazio per ringraziare Jess Graphic –cercatela su fb, è bravissima- per il banner della storia. Gli altri ringraziamenti vanno a chi segue, recensisce o anche solo visita!

 

NOTE: La storia è ambientata a New York (anche se è solo da sfondo, non ha un ruolo determinante). In realtà, come ben sapete, in America la maggiore età si raggiunge a ventuno anni (anche se si guida già a sedici).

Io ho voluto riprendere in parte questa legge, per quanto riguarda il divieto di bere per i ragazzi inferiori ai ventuno anni. Per quanto riguarda la maggiore età, ho preferito rifarmi alla legge italiana e dunque fissarla ai famigerati diciotto anni.

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Capitolo 3
*** Heart skips a beat ***


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                      Somebody that I used to know

                                          Capitolo tre

                                        Heart skips a beat

Di tutte le sfortune, doveva proprio capitarmi l’uomo più vanitoso dell’intero universo?

Da più di mezzora aspetto chetamente che il mio coinquilino, nonché tutore ufficioso, esca da quell’unico bagno a nostra disposizione.

“Seth, muoviti o farò tardi a scuola” sbotto, bussando insistentemente con il chiaro intento di accelerare i tempi di quella lumaca.

Dall’altro lato della porta, in risposta, solo un borbottio indistinto e qualche grugnito di assenso.

Per ingannare i tempi di attesa ho già fatto praticamente di tutto. Ho preparato la colazione (ormai fredda e immangiabile), ho rassettato, ho riposto i libri nella mia tracolla preferita e per finire ho perfino indossato quell’orribile divisa scolastica del Mazzini senza batter ciglio.

“Seth, sto per entrare” lo minaccio, in preda ad una vera e propria crisi isterica.

“D’accordo, Leila. Hai vinto” esordisce, spalancando la porta.

Emana un buon profumo, un misto di bagnoschiuma e dopo barba. I capelli corti e sfumati ai lati sono ancora umidi della doccia fatta.

Attorno ai fianchi, un asciugamano striminzito lo avvolge senza lasciare niente alla mia povera immaginazione adolescenziale.

Con il suo solito sorriso beffardo, mi oltrepassa incurante e sicuro di sé, salvo poi girarsi e affermare: “E’ proprio brutta quella divisa”.

Poche volte, come adesso, ho sentito ribollire il sangue nelle vene.

“Stron..” mi blocco a metà della frase quando mi accorgo che è già sparito nella sua camera.

**

La giornata non poteva iniziare in modo peggiore. La professoressa di matematica mi ha rimbrottato a dovere per l’imperdonabile ritardo e come se non bastasse, durante l’intervallo, Joshua è stato tutto il tempo incollato a Monique sotto gli occhi di tutti; dopo nemmeno due giorni dalla nostra rottura.

“Ridicoli” mormora Hanna, distraendomi dalla versione di latino.

Vagamente confusa, ribatto: “A chi ti riferisci?”

“Ai due piccioncini, a chi se no?”

Non posso esimermi dallo sbuffare pesantemente, non ho voglia di parlare di loro. Fa ancora troppo male vederli insieme e ritrovare Monique tutti i giorni in classe.

“Joshua è ormai libero di baciare chi vuole” sussurro, incrociando lo sguardo severo del professor Leighton. Beccata!

“Scusi” mimo con le labbra nella sua direzione, abbozzando un sorriso.

E’ risaputo che il vecchio Leighton subisce il fascino delle giovani donzelle cui insegna, pertanto smette i panni del professore severo e ricambia il sorriso, accentuandolo a dismisura.

Riprendo a concentrarmi sul compito, ciò nonostante le immagini di Joshua e Monique continuano a perseguitarmi. Mi domando se ho davvero provato tutto quello che potevo o se avrei potuto fare di più.

Confesso che dentro di me, da qualche parte, spero sia solo un brutto sogno dal quale alla fine mi sveglierò. Aggrappata a un filo sottile, quasi invisibile, cerco di andare avanti ma non è per niente facile.

In ultima ora, neanche a farlo apposta, Mr. Nelson - l’insegnante di educazione fisica- ha indetto una partita di pallavolo, collocandomi in squadra con la persona meno indicata in questo momento.

La coda di cavallo di Monique svetta altezzosa davanti a me, mentre è intenta a fare bella mostra di sé; innalzandosi sopra la rete per contrastare l’attacco avversario. Sugli spalti, scorgo in lontananza Joshua e qualche altro ragazzo appartenente alla sua classe. Spesso il suo sguardo mi distrae, facendomi commettere degli errori madornali. Conosce l’ascendente che ha su di me e si diverte a tormentarmi, sorridendo e ammiccando spudoratamente nella mia direzione.  

Da brava codarda, alla fine della partita fuggo via senza nemmeno salutare Hanna. Cammino celermente verso l’uscita, ma ad un passo dal confine di salvezza una mano mi trascina nuovamente dentro. Un attimo dopo con un movimento rapido e il cuore in gola mi volto, rischiando di strozzarmi quando vedo Joshua davanti a me.

“Lasciami” gli ordino subito.

“No, stellina” ribatte sardonico, quasi avesse il diritto di trattarmi come la sua marionetta.

A quella risposta, mi acciglio visibilmente, strattonandolo con tutta la forza che ho in corpo.

Joshua mi restituisce lo sguardo, bloccando agilmente ogni mio tentativo di fuga.

“Che cosa vuoi da me?” chiedo infine, rassegnata alla sua superiorità fisica.

“Te” risponde, mandandomi in confusione.

“Sei impazzito? E Monique? Che ne è stato di lei?”

In risposta, solleva le sopracciglia con aria maliziosa e afferma:

“E’ solo una che mi porto a letto. Sei tu quella con cui voglio stare”.

La sua frase arriva dritta al cuore, spezzandolo definitivamente in due. Se prima avevo un filo di speranza, adesso, quel filo si è definitivamente lacerato sotto le lame taglienti di Joshua.

“Sei un’idiota” decreto, prima di allontanarmi con aria sdegnata, approfittando del suo momento di distrazione.

Che scema! Ed io che pensavo di averlo cambiato.

Joshua Carter, il capitano della squadra di football che perde la testa per una studentessa dai capelli ramati del quarto anno. Per molto tempo si era parlato di noi. Avevamo avuto addirittura uno spazio centrale all’interno del blog della scuola. Un anno dopo, eccomi qui: sola e delusa.

**

“Sei stranamente silenziosa, qualcosa è andato storto a scuola?” domanda Seth, premuroso.

“Joshua” rispondo automaticamente, senza pensarci due volte.

Seth aggrotta immediatamente la fronte e il suo viso s’incupisce.

“Ti ha dato fastidio?” sibila, in preda alla rabbia, ben leggibile sul suo volto.

“Mi ha praticamente chiesto di essere la sua ragazza ufficiale mentre lui si diverte con le altre” mi limito a dire, assorta da mille pensieri.

“Razza di bastardo” mormora, quasi stesse parlando da solo.

Sento il ticchettio nervoso delle sue dita picchiettare sul tavolo.

“Non preoccuparti Seth, ho capito che devo stare alla larga da lui” cerco di rassicurarlo.

“Vieni qui” dice infine, indicando se stesso.

Lo raggiungo esitante, poi le sue mani scivolano sui miei fianchi e automaticamente mi lascio andare all’abbraccio, appoggiando il capo sul suo petto fiero. Socchiudo gli occhi per la stanchezza e aspiro il suo profumo inebriante, forte e virile. All’improvviso le immagini della mattina, di lui semi-nudo dopo la doccia, fanno capolino. E’ come se il mio corpo chiamasse a gran voce il suo. I brividi lungo la schiena si moltiplicano e per un attimo ho la sensazione che lui abbia avuto la medesima reazione.

In quel momento capisco di dovermi allontanare prima di commettere qualsivoglia errore.

“Gra -grazie” balbetto, sciogliendo l’abbraccio.

Quel piccolo gesto d’affetto, così normale e spontaneo, mi ha sconvolto più del voluto. Sebbene l’idea di poterlo sfiorare mi abbia solleticato più volte, non avrei mai creduto potesse avere riscontro nella realtà.

“Di niente” mormora lui, sfuggente.

Un leggero soffio di vento mi scompiglia i capelli ridestandomi, li lego in uno chignon disordinato e inizio ad apparecchiare.

Seth ha preparato delle bistecche che sbocconcello senza troppo entusiasmo, tra una notizia di cronaca e l’altra.

“Stasera non ceno a casa” m’informa qualche secondo dopo, atono.

Con uno sbuffo infastidito mugugno un “ok” e riporto l’attenzione sul piatto, dove giace ancora un’altra fetta di carne grigliata.

“Esco con una tizia, farò tardi. Non aspettarmi sveglia” continua lui.

“Non ne avevo l’intenzione. Non preoccuparti” rispondo acida, fissandolo con sufficienza. I suoi occhi si tingono di un velato fastidio, prima di spostarsi sullo schermo a led del televisore.

Il ticchettio dell’orologio scandisce i secondi, quasi fossimo in un ring e il tempo stesse per scadere.

“Io vado” annuncio, pregustando la vittoria.

“Eh, no signorina. Tu vieni con me” dice lui, levandosi in piedi.

Per un attimo temo di non aver capito bene.

“Eh?” chiedo, strabuzzando gli occhi.

“Devo andare a fare la spesa. Voglio che tu venga con me” continua a spiegare lui, in tono serio. Ha tutta l’aria di un bambino capriccioso che non vuole perdere.

Oddio, temo di prorompere in una fragorosa quanto genuina risata da un momento all’altro. E per la seconda volta, è lui ad essere l’artefice.

“D’accordo, andiamo” dico, fingendomi infastidita.

**

Nel primo pomeriggio, il caldo di maggio è quasi insostenibile. Nonostante gli shorts e la canotta, il sudore continua a imperlarmi la fronte infrangendosi in tante piccole goccioline. Il supermercato è vuoto.

Qualche impiegato diligente sistema la merce negli scaffali mentre gli altri chiacchierano amabilmente tra di loro.

Seth sospinge di malavoglia il carrello, lamentandosi in continuazione del caldo soffocante e della disposizione contorta della roba che non aiuta di certo a velocizzare i tempi d’acquisto.

“Dove saranno mai i miei biscotti preferiti?” chiede, sbuffando notevolmente.

“Temo siano finiti. Come farai, piccolo?” lo derido.

“Leila Roberts mi stai forse prendendo in giro?”

Veniamo entrambi colti da un improvviso momento d’ilarità, che allieva un po’ l’atmosfera tra di noi, riportando il sereno.

“Eccoli” trillo entusiasta, tirando dallo scaffale un pacco di biscotti con gocce di cioccolato.

Stiamo per avviarci alla cassa, quando un tizio in giacca e cravatta si avvicina a Seth dando un buffetto alla sua spalla. Quando lui riconosce il tizio, i due si abbracciano in un carnevale di frasi, elogi e pacche.

“E questa delizia, è la tua fidanzata?” chiede infine il tizio a Seth, rivolgendomi un’occhiata eloquente.

“No, no. E’ la figlia di Ryan Roberts” si affretta a dire Seth.

Bene, il tizio conosce mio padre.

“La piccola Leila” ammicca lui.

“Te la scopi?” mima poi a Seth, indicandomi.

Razza d’idiota, come se non fossi qui davanti.

“NO” risponde Seth, alzando il tono di voce di un’ottava.

“Temo sia tardi, andiamo zio Seth?” mi intrometto, fingendo un tono angelico.

“S-i, si” balbetta lui.

Quando usciamo dal supermercato, un silenzio imbarazzante è calato su di noi.

Decido di interromperlo, curiosa di sapere l’identità del troglodita appena incontrato.

“Chi era quel tizio?”

“Un mio collega di università” risponde Seth, vago. Troppo vago.

“Conosce mio padre vero?”

“Si” fiata.

“Non stai raccontando tutta la verità” lo ammonisco, guardandolo di traverso.

“E’ una storia lunga”.

 

ANGOLO AUTRICE: Buonasera a tutte/i. Come va? Dopo due giorni di esami estenuanti sono finalmente riuscita a pubblicare. Spero che non abbiano intaccato la buona riuscita del capitolo. Chiedo venia, qualora fosse così! Anyway, chi sarà mai quest’uomo misterioso? Sono aperte le scommesse hihi

Ringrazio coloro che leggono, recensiscono e inseriscono la storia tra le seguite/preferite/ricordate. Il titolo della canzone che da il titolo al capitolo è: Heart skips a beat di Olly Murs.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 4
*** If I lose my self ***


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                  Somebody that I used to know

                                  Capitolo quinto

                                   If I lose my self

Sul piano delle mie buone intenzioni mattutine, un posto di riguardo spetta senz’altro all’impresa del secolo: riuscire a svegliare Hanna, evitando categoricamente di coinvolgere Seth.

Il mio integerrimo tutore, infatti, potrebbe dare di matto se venisse a conoscenza dei retroscena della serata al Vynil.

Durante la notte, le condizioni di Hanna sono state stabili: nessuna nausea notturna, nessun conato di vomito o qualsivoglia emicrania a testimoniare la sbornia colossale di cui si è resa protagonista.

Sono più che mai convinta che basterà scuoterla giusto un po’ per destarla dal sonno; la vera impresa sarà farla sgattaiolare fuori di casa in sordina.

L’operazione sveglia e caccia Hanna ha inizio quando appoggio la mano sul suo braccio e imprimo una leggera pressione, scuotendolo. Un mugugno assonnato e le sopracciglia aggrottate sul suo viso cominciano a fare sorgere in me i primi dubbi circa la buona riuscita dell’operazione. Sul piano pratico, infatti, le mie buone intenzioni sembrano scricchiolare miseramente.

“Hanna, svegliati” sussurro pacata al suo orecchio. Tuttavia l’assenza di reattività, m’induce stavolta a essere un tantino più convincente.

Concedendole qualche altro minuto di riposo, mi dirigo a passo felpato in cucina, dove, agile come una gazzella tiro fuori dal frigo una bottiglia d’acqua; limitandomi poi a prendere -in perfetto stile Arsenio Lupin- un bicchiere dalla credenza bianca e nera.

Tornata in camera, riempio il bicchiere con l’acqua e mi avvicino lentamente verso il letto, dove la mia amica dorme ancora sonni tranquilli.

Tentenno qualche secondo prima di decidermi a versarle sul viso l’intero contenuto del bicchiere. Hanna, presa in contropiede, scatta come una molla e nel farlo caccia un urlo degno di un film horror.

“Shhh” tento di rimediare, tappandole la bocca.

A occhi sgranati, la bionda bercia: “Sei impazzita?”

“Era l’unico modo per destarti” mi giustifico.

“Non conosci i metodi convenzionali?” continua a sbraitare.

In questo momento le nostre divergenze ideologiche sono più che evidenti.

“Shhh! Devi andare via prima che si svegli Seth” le spiego, bisbigliando.

Lei mi scruta con attenzione, con un’espressione a metà tra il beota e lo stupito.

“Dovete scopare?” esordisce infine.

Per diamine, possibile che non pensi ad altro?

Sconfortata, levo una mano sulle tempie, cercando le parole giuste per spiegarle.

“Non scopiamo Hanna. Ficcatelo in testa, Seth mi vede come la sua nipotina ribelle –puntualizzo- Non può trovarti qui perché farebbe mille domande e s’insospettirebbe” concludo, affranta.

Hanna scuote la testa, brontolando qualcosa a proposito dell’essere paranoica poi scende dal letto, incespicando sulle sue stesse scarpe e quasi mi fa prendere un colpo.

“Attenta” urlo, senza rendermene conto.

Qualche secondo dopo, il viso di Seth contratto in una smorfia, decreta il totale fallimento del mio piano.

Per un paio di secondi rimaniamo zitte a fissarlo, sperando che qualche meteorite ci colpisca evitando così di affrontarlo a viso aperto. Purtroppo per me, non sono previsti fenomeni del genere dunque decido di interrompere la guerra fredda, alzando per prima bandiera bianca.

“Mi dispiace di averti svegliato, non era mia intenzione” biascico, come una appena colta in fallo.

La sua espressione glaciale non promette nulla di buono.

“Hanna, sei la benvenuta” inizia col dire puntando lo sguardo verso la mia amica.

“Salve, Mr. Douglas! E’ un piacere rivederla” cinguetta Hanna in preda ad una crisi ormonale. Si, Seth fa questo effetto alle donne. Il suo corpo, il suo viso, la sua voce, sembrano gridare sesso.  

“Leila, come mai abbiamo ospiti ed io non ne so nulla?” chiede circospetto, tornando a rivolgere l’attenzione a me.

Dio, se non fossi così impegnata a trovare una scusa plausibile sigillerei quelle labbra con le mie. Ma cosa diavolo vado pensando? La presenza di Hanna, sortisce uno strano effetto.

“Ehmm Hanna era troppo stanca, non le andava di tornare a casa” mugugno. Di una cosa sono sicura, non vincerò mai l’oscar come migliore attrice.

Seth scoppia a ridere; non è una risata genuina, piuttosto una di quelle fredde e calcolate.

“Hanna, ti pregherei di lasciarmi da solo con Leila. Torna a casa, i tuoi saranno in apprensione” ordina serio. Che cosa ha intenzione di fare? La parte del genitore non gli si addice affatto.

“Io vado” si affretta a dire la mia amica, ammiccando nella mia direzione. Sbuffo spazientita, Hanna non cambierà mai.

Quando il rumore tonfo del portoncino arriva chiaro e tondo alle nostre orecchie, Seth riprende a parlare: “Quanto avete bevuto ieri?”.

Continuo a osservarlo come un pesce lesso senza avere la benché minima idea di cosa dire. Riuscirei a raccontare un’altra bugia?

“Hanna ha bevuto parecchio, io ho preso solo uno stupido cocktail alla frutta” sbotto infine, arrendendomi.

Seth mi osserva scettico, poi un lampo attraversa i suoi occhi blu cobalto, conferendogli una nota amara.

“Chi vi ha offerto da bere, chi?” chiede, febbrilmente.

A quella domanda il mio cuore perde un battito, rievocando un paio d’intensi occhi azzurri. Liam Cooper, avrei voluto gridare solo per osservare la reazione di Seth. Fortunatamente il buon senso prevale e riesco a trattenermi dal commettere l’errore più grande della mia vita.

“Due ragazzi, i più grandi della comitiva” soffio, sperando di risultare convincente.  

I lineamenti di Seth si ammorbidiscono impercettibilmente, il respiro affannoso si placa, la mascella –prima contratta- lascia spazio a una smorfia di puro disappunto.

“Signorina, stasera sei in punizione” sentenzia, puntandomi un dito contro. Quelle parole hanno l’effetto di stordirmi, di mandarmi in confusione per il semplice fatto che a pronunciarle sia stato proprio lui. Lui che ha portato una donna nel cuore della notte senza preoccuparsi della mia presenza, lui che solo poche ore prima mi ha guardato con velato desiderio. No, lui non può mettermi in punizione.

“Oggi è sabato ed ho tutte le intenzioni di uscire” obbietto, restituendogli lo sguardo. Di contro, il mio interlocutore si avvicina afferrandomi lievemente un polso per poi trascinarmi contro di lui. Il suo fiato caldo aleggia sul mio collo, il profumo della sua pelle invade prepotentemente il mio olfatto e la barbetta incolta pizzica le mie gote tanto da irritarle ma poco importa; le sensazioni che la sua vicinanza mi provoca sono inebrianti.

“Stasera non c’è verso che tu esca, ragazzina” sussurra lapidario al mio orecchio. Restiamo in quella posizione svariati secondi, cullati e meravigliati dal tepore della nostra pelle a contatto, quando la suoneria del mio cellulare mi riporta dolorosamente alla realtà. Seth si allontana all’istante come scottato, è sorpreso quanto me, lo leggo nei suoi occhi sgranati.

“Papà” esordisco, rispondendo alla chiamata.

“Piccola, come stai?” chiede amorevolmente mio padre.

La sua voce calda e rassicurante m’infonde la sicurezza di cui ho bisogno in questo momento.

“Benone” rispondo, osservando Seth dileguarsi con la stessa velocità con cui si era avvicinato prima.

“Non stai dando noia a zio Seth, vero?” chiede poi, facendomi perdere un battito cardiaco. Di certo non le noie che pensi tu, papà.

“No, mi comporto bene. Zio Seth non può che confermartelo” rispondo, ostentando buona fede.

“Lo chiamo dopo per questioni lavorative, adesso devo proprio riattaccare tesoro, mi manchi” dichiara.

“Anche tu daddy*” ribatto, malinconica. Oh, papà. Quanto vorrei che fossi qui per indicarmi la giusta via da seguire.

**

Passo l’intera mattinata e buona parte del pomeriggio a bighellonare per casa come un’anima in pena. Seth è sparito da stamattina, mandandomi un messaggio telegrafico dove m’informava di un improvviso quanto improbabile pranzo di lavoro. Ho approfittato della sua assenza per ficcanasare in giro alla ricerca di qualche indizio sulla donna misteriosa ma niente nella camera di Seth sembra ricollegabile al passaggio della sua amichetta. E’ bravo il signorino a dissolvere le prove della sua colpevolezza. Ma colpevolezza di che? Non ha nessun obbligo verso di me e soprattutto non mi deve certo rendere conto delle sue conquiste amorose. L’interesse che provo nei confronti della sua vita sessuale è del tutto inadeguato, nuovo e sconcertante.

“Al diavolo” sussurro tra me e me, mentre rientro in camera con l’intenzione di studiare. Diligentemente tiro fuori dalla tracolla il vecchio libro di storia e mi accingo ad aprirlo quando la mia attenzione è catturata da un bigliettino rettangolare. Quel bigliettino. Che ci fa in bella vista sopra la mia scrivania? Dubito che nel trambusto di stamane Seth se ne sia accorto, avrebbe dato in escandescenze ancora di più. Magari mi avrebbe segregato a vita, gettando la chiave da una torre alta.

Giro e rigiro quel bigliettino tra le mani mentre i ricordi della serata al Vynil bussano prepotenti alla mia memoria. L’immagine di Liam Cooper è così nitida che riesco perfino a immaginarlo davanti a me. Ricordo alla perfezione i suoi occhi azzurrissimi, le labbra carnose e quel sorriso sfrontato che toglierebbe il fiato a qualsiasi donna. Quell’uomo è pericoloso ma inspiegabilmente mi attrae. Voglio sapere di più su di lui, voglio scoprire cosa lo lega a mio padre e a Seth.

Prima che possa realizzare in cosa mi sto imbattendo, la voce di Liam Cooper arriva al mio orecchio chiara e limpida.

“Pronto”

“Ehmm” grugnisco, senza sapere cosa dire di preciso.

“Leila.. non pensavo di avere tue notizie in così poco tempo” esordisce prontamente lui, con il solito tono beffardo. Perché l’ho chiamato? Non ricordo più il motivo.

“Leila, ci sei?” continua suadente.

Un momento! Come ha fatto a riconoscere all’istante la mia voce? Non ho nemmeno detto una parola di senso compiuto!

“Come hai fatto a riconoscere la mia voce?” domando, senza pensarci due volte.

“Una voce come la tua, difficilmente si dimentica” mi blandisce.

Arrossisco immediatamente per l’audacia che trasuda dalle sue parole, di questo passo non riuscirò a condurre una conversazione sensata.

“Perché mi hai chiamato?” chiede a bruciapelo.

La domanda mi spiazza, non conosco nemmeno io la ragione di un gesto così avventato.

“Per quel caffè” azzardo.

“Ti passo a prendere alle otto, non ritardare” afferma perentorio.

“No, aspetta. Non posso uscire, sono in punizione” ricordo improvvisamente.

“Sei stata irrispettosa nei confronti di Seth, Leila?” chiede carezzevole; indeciso se ridere o no della mia infantile affermazione.

“Si” mi limito a rispondere. Ho la gola secca.

“La finestra del bagno di solito, è collegata alle scale di emergenza, prendi quelle. Ti aspetto sotto alle otto in punto” conclude, riattaccando.

In che razza di guaio mi sto cacciando?

 

ANGOLO AUTRICE: Hello eveybody! E’ tardi e sicuramente nessuno sarà ON, ma ho deciso di pubblicare lo stesso poiché domani sarò super impegnata con lo studio :( 

Cosa ne pensate del capitolo? Io penso sia un capitolo di passaggio con qualche piccolo avvenimento da evidenziare. Sicuramente avrete riconosciuto nel testo gli avvenimenti di cui parlo; sono due in particolare.

Il primo riguarda Seth e Leila. Avete notato che l’autocontrollo di Seth inizia a scricchiolare?

Il secondo riguarda Leila e Liam. Lei come notate è titubante ma attratta dall’oscurità di quest’uomo. Liam è Liam. Figo e misterioso, un duo imbattibile. Che cosa succederà al loro primo incontro? Si faccia avanti chi ha qualche supposizione hihi

La canzone che dà il titolo al capitolo è If I lose my self dei One republic.

 

NOTE: Daddy* è la traduzione per papà. Ho deciso di lasciarla in inglese perché mi piaceva di più!

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Capitolo 5
*** Undisclosed desire ***


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                       Somebody that I used to know

                                         Capitolo quarto

                                           Undisclosed desire

Il cigolio della porta continua puntualmente a infastidirmi mentre tento invano di studiare letteratura latina. Non me ne voglia Catullo ma, la mia mente è totalmente occupata da ben altri pensieri al momento.

L’uomo del supermercato -così soprannominato per mancanza d’informazioni sulla sua persona- si è insediato nella mia testa.

Chi è? E cosa lo lega a mio padre e Seth? E’ veramente solo un collega di università? Troppe domande e una sola persona in grado di fornirmi le risposte che cerco: Seth. Paradossalmente è proprio dal suo comportamento ambiguo in presenza di quell’uomo che sono nati in me i primi dubbi.

Forse ha ragione Hanna, sto dando la caccia ai fantasmi o forse Mr.Te-la-scopi nasconde qualcosa. E finché non avrò scoperto cosa, non mi darò pace.

Svogliatamente alzo lo sguardo verso l’orologio affisso nella parete e mi accorgo con orrore di essere terribilmente in ritardo per l’appuntamento con Hanna.

Dopo che a pranzo Seth mi ha gentilmente informato del suo appuntamento serale, ho optato per non rimanere a casa da sola a leccarmi le ferite, così ho chiesto alla mia migliore amica di organizzarmi una serata divertente.

Conscia dell’immenso ritardo accumulato, faccio per uscire mentre Seth compare dalla porta della sua stanza. Per una manciata di secondi rimango incantata ad osservarlo, da capo a piedi.

Indossa un completo sartoriale color grigio fumo di Londra di cui tiene la giacca ben salda in mano. La camicia, di un bianco candido, bacia la sua pelle, adagiandovisi perfettamente. La barbetta di qualche giorno gli conferisce un’aria adulta e..terribilmente sexy. Mi ritrovo a desiderare di lambire ogni centimetro di quel corpo perfetto. Mi ritrovo a desiderare di essere la donna con cui ha appuntamento. In un secondo momento però, mi mordo il labbro inferiore, dandomi il tormento per l’inammissibilità di quei pensieri.

Inizialmente non si accorge nemmeno della mia presenza, poi leva lo sguardo in direzione della mia stanza, e mi trova.

“Leila, io sto uscendo. C’è dell’insalata di pollo in frigo se..”

“Sto uscendo anch’io” lo interrompo, sfidandolo apertamente con lo sguardo. La voce ferma e sicura di sé, non sembra nemmeno appartenermi.

“Dove credi di andare?” chiede allarmato.

Il suo ostinarsi a volermi proteggere a tutti i costi, rasenta il ridicolo. Quando si ficcherà in testa che non sono più una bambina?

“Non penso dovrebbe interessarti, farò la brava” ammicco spudoratamente.

“Si, invece. Sei sotto la mia responsabilità, per diamine” conclude esasperato.

“Non sono più una bambina” sentenzio, prima di fiondarmi in bagno.

Lui sospira spazientito e a grandi falcate raggiunge la porta.

“Leila, sono in ritardo. Ti pregherei di farmi sapere dove avete intenzione di andare”

“Leila” continua, indispettito per la mia scarsa loquacità.

E’ proprio in quel momento che l’idea più stupida che potessi avere prende forma sotto lo sguardo esterrefatto di Seth. Difatti, senza pensarci due volte, apro la porta con addosso solamente la biancheria intima.

“Andiamo al Vynil*, contento? Ora se non ti dispiace, dovrei fare una doccia” concludo, sostenendo il suo sguardo.

Seth non sembra esattamente infastidito dal mio colpo di testa. Nei suoi occhi blu cobalto, leggo piuttosto lo stupore e la meraviglia, seguiti dalla curiosità e dall’interesse che le mie forme sembrano provocargli.

Rimpiango di non avere mai letto un manuale di seduzione, in questo momento sarebbe utile.

“Non tornare tardi e non aspettarmi sveglia” grugnisce all’improvviso, prima di sparire dietro l’angolo.

**

“Hai aperto la porta solo in biancheria intima?”

Un’incredula Hanna mi guarda dall’alto dei suoi 15 cm di tacchi a spillo. Tiene un bicchiere colorato di un liquido rosso in mano. Cosmopolitan, scommetto.

Con un cenno della testa, le confermo che quanto le ho appena detto non è frutto della fantasia di qualche scrittrice ma la pura e semplice verità.

Cerco di mantenere un’espressione neutra per non farle intendere che in fondo non sono dispiaciuta di un tale gesto avventato. Per non parlare dello sguardo di Seth, sarà difficile cancellarlo dalla mia mente.

“Calmati Hanna, era solo una provocazione. Non ho intenzione di sedurlo” affermo, mentre mi alzo dal divanetto sul quale sono seduta da una buona mezzora.  Il vestitino che indosso si è accorciato visibilmente a causa del movimento, tanto da attirare gli sguardi indiscreti dei presenti. Giocando con l’orlo, lo riporto alla sua lunghezza iniziale.

Hanna ridacchia e stringendosi nelle spalle, dichiara: “Fossi in te, non ci penserei due volte”.

La fulmino con lo sguardo, lei e la sua ostentata venerazione di Seth iniziano a darmi sui nervi.

“Andiamo a ballare” le impongo, prima che possa incitarmi nuovamente alla coercizione del migliore amico di mio padre.

La pista pullula di gente, giovani donne dalle belle speranze ballano a tempo di musica intanto che uomini impettiti nei loro vestiti firmati fanno bella mostra delle loro arti predatorie. Mi faccio spazio in quella giungla di musica e colori, speranzosa di trovare in tutto quel caos, un attimo di pace. Chiudo gli occhi e lascio che la musica guidi i miei movimenti. Sono solamente un corpo come un altro che si muove per inerzia, trascinato dall’intensità dei decibel.

Quando riapro gli occhi, mi accorgo che Hanna è sparita nel nulla. La debole scia del suo profumo, mi fa intuire che l’ho mancata di qualche secondo. Mi fermo e –seppur con qualche difficoltà- studio l’ambiente alla ricerca della mia amica.

Armata di buona volontà attraverso la folla, scansando persone totalmente ubriache e ragazzi su di giri che non mancano di complimentarsi per il mio vestito, il mio viso o il mio modo di ballare. Come se gliene importasse per davvero.

Non appena raggiungo la zona relax, tiro un sospiro di sollievo; sono uscita indenne da quella bolgia infernale.

Purtroppo, anche da quella prospettiva, non riesco a scorgere Hanna. Dove si sarà mai cacciata?

Faccio qualche passo indietro ma inciampo su qualcosa o meglio su qualcuno.

 Mi volto per porgere le mie scuse al tizio che inconsciamente ho importunato, ma le parole mi muoiono in bocca quando incontro due occhi azzurrissimi; gli stessi occhi che mi hanno tormentato per tutto il pomeriggio. L’uomo del supermercato è proprio davanti a me, impeccabile, in perfetto stile uomo d’affari.

“Due volte in un giorno! Si direbbe che il destino voglia farci incontrare a tutti i costi. Convieni con me?”

Lo fisso a occhi sgranati, incapace di formulare una risposta che sia sensata.

“Ti hanno morso la lingua, Leila?” il modo in cui carezza il mio nome pronunciandolo, mi provoca un’inaspettata reazione lungo tutta la spina dorsale.

“Mi scusi, sono sola sorpresa quanto lei di vederla per la seconda volta in un giorno” biascico.

“La cosa t’infastidisce?” continua, avvicinandosi sempre più.

“No!” mi affretto a dire, rapita dall’azzurro dei suoi occhi. E’ un azzurro cristallino che contrasta con i capelli di un castano scuro. Quegli occhi sono secondi solo a quelli blu cobalto di Seth.

Oh, Seth. Chissà come procede la sua serata galante. Decido all’istante di scacciare via quel pensiero, in fondo non ha motivo di esistere.

“Ti va di bere qualcosa?” la voce suadente dell’uomo, mi raggiunge chiara e vellutata.

Lo scruto incredula per quanto mi ha appena chiesto e un campanellino d’allarme rosso -come le mie guance in questo momento- si accende in me.

Tuttavia, lo ignoro.

 Ignoro spudoratamente il buon senso che imporrebbe di non accettare inviti dagli sconosciuti. Soprattutto se molto più grandi e potenzialmente pericolosi.

“Si” mormoro incapace di dire altro che uno stupido monosillabo.

L’uomo mi fissa sornione e meccanicamente si tira indietro i capelli con un mano.

“Seguimi” dice, porgendomi una mano per non disperderci tra la folla.

Qualche secondo dopo, ho la mano stretta alla sua. E’ grande e calda, tanto che la mia vi scompare dentro.

Arriviamo al bar e con un movimento repentino mi sposta in avanti facendomi aderire completamente al bancone. Poi, da dietro mi circonda con le braccia, appoggiando le mani sul marmo freddo.

“Che cosa preferisci bere?” sussurra al mio orecchio.

Non trovo il coraggio di voltarmi a guardarlo, così mi limito ad asserire “Cosmopolitan”.

Inevitabilmente il pensiero, va a Hanna. Forse dovrei continuare a cercarla, l’ultima volta che l’ho vista sorseggiava il suo cosmopolitan come fosse nettare degli dei, magari è ubriaca da qualche parte.

I miei flussi di coscienza sono interrotti dall’arrivo dei cocktail, uno rosso e uno bianco. Non ho nemmeno ascoltato l’ordinazione del mio accompagnatore, di cui mi rendo conto, non conosco nemmeno il nome. Mi appunto mentalmente di chiederglielo, non appena avrò l’occasione.

Rimaniamo fermi alcuni secondi, poi ci avviamo nella zona relax, dove puntiamo un divanetto bianco, l’unico libero.

“Come si chiama?” chiedo titubante, dopo aver bevuto un sorso del mio cocktail.

“Liam Cooper- risponde perplesso- Seth, non ti ha parlato di me?”

“No, Seth è restio a parlare del passato” ribatto, decisa a saperne di più.

Liam ridacchia alcuni secondi, poi riprende:

“Eravamo colleghi di Università anche se io sono più grande di qualche anno”

“Quanti anni ha?” chiedo, pentendomene subito dopo.

“Non si chiede l’età a un uomo” esclama.

Donna –lo correggo- L’età non si chiede a una donna” sentenzio infine, quasi divertita.

“34” dice conciso.

“Cosa?” mi lascio sfuggire. Ha la stessa età di mio padre, penso tra me e me.

Lui, come se mi avesse letto nel pensiero, afferma: “Conosco benissimo anche tuo padre, se è questo che ti stai chiedendo”.

Sto per ribattere qualcosa quando la vocina di Hanna m’interrompe portandola bruscamente nel mio campo visivo.

“Hanna! –esclamo- dov’eri finita?”

La bionda, evidentemente su di giri risponde: “In bagno! C’è una fila assurda, senza contare l’odore nauseante..” inizia a blaterare.

Guardo la mia amica traballare su quei tacchi vertiginosi e mi convinco che è meglio lasciare il mio nuovo amico e l’interrogatorio che ero in procinto di fare.

Al diavolo, ci penserò un’altra volta. Perché ci sarà un’altra volta? La vocina della mia coscienza inizia a manifestare il suo dissenso. TACI!

“Mr.Cooper, temo di dover andare. La ringrazio del drink” dico, mentre faccio per alzarmi dal divanetto.

“Liam, chiamami Liam. Non sono poi così vecchio, non credi?”

“No, affatto” mormoro, inchiodata da quegli occhi azzurri inquisitori.

Sto per andarmene quando la sua mano blocca la mia inserendovi qualcosa all’interno. Quel contatto mi provoca nuovamente dei brividi che non saprei se collocare su una scala di gradimento o paura.

La mia attenzione è catturata da un bigliettino rettangolare, un biglietto da visita per intenderci. Sopra, a chiare lettere, sono stampati il nome e il numero di telefono di Liam Cooper, sotto, la sua professione: brand manager.

Apro la bocca per dire qualcosa ma sono subito interrotta da lui:

“Se ti andasse di prendere un caffè insieme qualche volta, hai il mio biglietto da visita” conclude pragmatico.

L’espressione del mio volto deve avere assunto la forma di un punto interrogativo poiché mentre vado via, lo sento ribadire a gran voce: “Per un caffè”.

**

Il rientro a casa non è stato per niente facile. Per un attimo ho avuto paura di avere esagerato, rientrando oltre l’orario consentito.

Hanna, ha deciso di restare con me stanotte, troppo ubriaca per mettersi al volante. Fortunatamente, in casa non v’è traccia di Seth, chissà cosa avrebbe pensato trovandola in quello stato.

Dopo averla aiutata a mettere qualcosa di più comodo dei suoi leggins in eco-pelle, la faccio stendere nel mio letto a una piazza e mezzo e mi distendo accanto a lei sospirando. Non riesco a chiudere occhio, ogni volta che provo ad abbassare le palpebre, l’immagine di Liam Cooper, di mio padre e quella di Seth si mischiano in un’unica immagine contorta. Allora le domande si affollano in testa, provocandomi un’emicrania non indifferente.

Poi, il silenzio tombale della casa è bruscamente infranto dalle chiavi che girano nella toppa e dal rumore sordo del portoncino che sbatte, chiudendosi. Mi alzo delicatamente dal letto e discosto la porta della mia stanza di qualche centimetro. Lievi ma pur sempre udibili, le risatine soffocate di Seth e di una donna riempiono il corridoio.

Istintivamente chiudo l’infisso e scivolo con le spalle su di esso, fino ad accovacciarmi a terra. Una strana, nuova sensazione germoglia dentro di me; non saprei attribuirle un nome, un significato o una definizione ben precisa ma si avvicina tanto a un sentimento che non avrei mai pensato di provare nei confronti di Seth: gelosia.

 

ANGOLO AUTRICE: Buon pomeriggio a tutte/i! Ecco sfornato il quarto capitolo.

Vi assicuro che è non è stato facile mettere in sequenza tutti questi avvenimenti senza creare confusione, spero di esserci riuscita. In questo capitolo, scopriamo qualcosa in più del famoso uomo-supermercato. Finalmente, ha un nome: Liam Cooper. Per chi volesse, sotto (se riesco) pubblico le foto degli attori che prestano il volto ai personaggi di questa storia. Tutto questo, tenuto conto delle mie scarse capacità informatiche. La canzone che dà il titolo al capitolo è: Undisclosed desire dei mitici Muse.

 

NOTE: Vynil è il nome di un ristorante di New York che io ho adattato a discoteca solo perché il nome era proprio figo!

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Capitolo 6
*** Doin' dirt ***


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                                 Somebody that I used to know

                                                     Capitolo sesto

                                                            Doin’ dirt

Tic tac.

Tic tac.

Tic tac.

L’orologio affisso alla parete scandisce con calcolata meccanicità lo scorrere del tempo, contribuendo minuto dopo minuto, ad aumentare in modo esponenziale il numero dei miei battiti cardiaci.

Sono tesa come una corda di violino, il corpo pronto a scattare al minimo rumore. Oddio, l’attesa mi ucciderà ne sono sicura.

Sulla scrivania, il mio caro libro di storia, mi ricorda i doveri di studente che ultimamente ho relegato in secondo piano.

Armata di scarsa –per non dire inesistente- volontà, mi decido ad aprire quel benedetto libro, sospirando per la mole di lavoro che mi spetta.

Non ho la più pallida idea di come sopravvivrò al compito di storia che si terrà lunedì. 

Mi accingo a leggere le prime righe di un paragrafo che si preannuncia ostico e  noioso, quando il trillo del campanello interrompe la mia lettura. Per tutti i numi, è una congiura contro il mio rendimento scolastico?

Sbuffando non troppo velatamente mi avvio ad aprire il portoncino d’ingresso; magari Seth avrà dimenticato le chiavi, sarebbe plausibile dato la celerità con cui è sparito.

Trovarmi di fronte il mio ex fidanzato però, non era tra le opzioni prospettate.

“Che ci fai qui, Joshua?” domando, in barba al galateo che imporrebbe di non lasciare un ospite sullo zerbino di casa.

Dopo l’ultima discussione accesa, credevo di essere stata chiara non avrei mai accettato il tipo di rapporto come concepito da lui.

“Ho provato a cercarti a casa ma non ha risposto nessuno così ho pensato fossi qui” spiega, sfoderando uno dei suoi sorrisi sghembi.

In questo momento, ho la sensazione che ci separi un’incolmabile distanza nonostante si trovi a pochi centimetri da me. Come ho potuto amare una persona del genere? Forse, semplicemente non era amore. L’amore quello con l’A maiuscola, non svanisce da un momento all’altro. O almeno così è scritto sui libri.

“Joshua, sparisci o chiamo..” lo intimo, prima di essere interrotta dalla sua voce sprezzante.

“Chi? Quel coglione di tuo zio?” ribatte, sfidandomi apertamente con lo sguardo.

Il mio autocontrollo vacilla pericolosamente, urta le pareti della mia sensibilità e si chiude in un diniego secco. No, non starò al suo gioco.

Così le parole fuoriescono dalla mia bocca, nitide; contrassegnate dalla stessa potenza con cui avrei sferrato un pugno sul suo volto, se avessi ceduto alla rabbia.

“Non ti azzardare a nominare Seth”.

Devo risultare alquanto minacciosa poiché Joshua indietreggia di un passo con riluttanza, nel mentre una figura familiare avanza verso di noi. Sei, sette, otto passi. Le scarpe -color testa di moro- raggiungono in un baleno la nostra postazione. Gli occhi di Seth guizzano come saette da me a Joshua, soffermandosi su quest’ultimo con un cipiglio minaccioso in volto.

“Stai. Lontano.Da.Leila” sibila, afferrandolo per il colletto della camicia.

L’espressione che leggo sul suo volto è di pura rabbia, incontrollabile e malsano desiderio di picchiarlo.

Non è la prima volta che si azzuffano a causa mia, solo qualche giorno fa, Seth grondava sangue dal naso per via del pugno infertogli da Joshua.

All’improvviso la mia unica priorità è di sciogliere quell’inutile teatrino del testosterone, prima che qualcuno si faccia nuovamente del male.

In preda al panico, m’interpongo fra loro, avendo cura di allontanare Seth, spintonandolo nell’altra direzione. Mi piacerebbe credere di averlo fatto desistere ma lui non sembra intenzionato a deporre le armi. E come una furia si scaraventa impetuoso contro Joshua. Un’altra volta.

“Seth andiamo, lascialo” grido al suo indirizzo.

“Seth” ripeto, afferrando il suo braccio. Posso addirittura sentirne la consistenza e percepire il fascio di muscoli che si contraggono per lo sforzo dell’azione.

Poi come per magia, il suo respiro irregolare si placa e la presa sul colletto di Joshua si allenta fino a sparire del tutto.

Dall’altro lato, Il mio ex fidanzato si massaggia il collo indolenzito finché non decide di averne abbastanza e si allontana blaterando parole dal dubbio significato morale.

“Ti ha fatto del male?” mi chiede Seth, precipitandosi al mio fianco.

“No, per fortuna sei arrivato in tempo” biascico.

Non ho il tempo di metabolizzare quanto è successo che le sue braccia avvolgono la mia vita; come tentacoli la avviluppano, accorciando drasticamente la distanza che ci separa, fino a far sfiorare i nostri bacini. Poi solletica i miei capelli, scombinandoli; un semplice gesto che mi scuote, facendomi anelare qualcosa di più.

“Sei bellissima Leila –inizia col dire- Ti ho visto crescere e sbocciare come un fiore delicato. E’ normale che i ragazzi ti ronzino intorno come api impazzite” conclude, sorridendomi bonariamente.

Con gli occhi seguo il profilo delle sue labbra, soffermando sulle deliziose fossette poste ai lati; la voglia di assaggiarle è direttamente proporzionale alla paura di farlo. Una paura intrinseca e radicata.

Qualche anno fa, ho avuto una cotta per lui. All’epoca ero poco più che una bambina, Seth era l’uomo irraggiungibile, il migliore amico di mio padre. La classica cotta adolescenziale non ricambiata, per intenderci. Non che io mi fossi esposta nei suoi confronti, era ben lungi dalle mie intenzioni. Per Seth ero semplicemente la figlia troppa magra del suo migliore amico cui portava ogni sorta di dolciumi in commercio affinché mettesse qualche chilo in più. Non immaginava quanto quelle attenzioni mi rendessero felice.

“Andiamo a vedere un film in tv?”

La voce bassa e profonda di Seth mi riporta al presente e alle sue mani ancora intrecciate dietro la mia schiena in una morsa così spontanea e naturale che vorrei fermare il tempo e imprigionare questo momento.

“Non esci stasera?” chiedo allora, perplessa.

E’ sabato sera, Seth non è di certo il tipo da film e pantofole. Inoltre, la sua presenza in casa renderà molto più complicata la mia fuga dal bagno, per le scale antincendio. Liam Cooper è stato categorico: massima puntualità.

“Non mi va. Potremmo guardare qualche saga, che ne pensi?” propone, scrutandomi con quell’espressione interrogativa tanto buffa.

Penso che sia meglio trascorrere una serata in pigiama accanto a te che sgattaiolare dalle scale antincendio del tuo bagno.

“Penso sia fantastico, punizione in compagnia” trillo entusiasta. Lasciandomi guidare da quel momento di rara armonia, sciolgo l’abbraccio e afferro la sua mano.

“E’ meglio che rientriamo” mormoro, facendogli notare che ci troviamo ancora sul pianerottolo, davanti alla porta di casa.

Le sue lunghe dita affusolate allora stringono le mie in segno di assenso e mi conducono all’interno dell’abitazione. Un sorriso compiaciuto affiora inevitabilmente sul mio viso.

**

Scegliere cosa indossare per una serata sul divano può sembrare piuttosto semplice quando non c’è la prospettiva di stare vicino all’uomo che vuoi conquistare. Si, lo ammetto Seth mi attrae o, forse non ha mai smesso di attrarmi.

Alla fine di una lunga rastrellata tra i miei abiti, opto per qualcosa di informale ma audace: un pantaloncino beige e una canotta nera piuttosto scollata, andranno più che bene.

L’orologio segna le otto in punto, il mio appuntamento con Liam Cooper è ufficialmente annullato.

Dal corridoio, l’ombra di Seth avanza spedita verso la mia stanza frattanto che indugio davanti allo specchio, sistemando una ciocca di capelli ribelli.

“E poi sarei io la lum..”

L’espressione del mio tutore è a metà tra l’attonito e il sorpreso, le sue iridi -di quel blu meraviglioso- sono sgranate all’inverosimile. Lo osservo deglutire a vuoto più volte, prima di riprendere parola.

“Ho già inserito il dvd di the bourne identity” afferma, non staccando gli occhi dalla mia figura nemmeno per un secondo.

Per la prima volta, in quel blu intenso scovo tracce di desiderio, ostinatamente trattenuto, ma pur sempre visibile.

Passo dopo passo lo raggiungo fino a superarlo, lasciandolo immobile nella mia stanza.

Il divano di casa è molto ampio, può accogliere tranquillamente due persone. Seth mi raggiunge qualche secondo dopo, sedendosi accanto a me, visibilmente inquieto. Saranno le mie gambe, appositamente in bella vista nella sua direzione?

I primi minuti del film catturano la mia attenzione mentre un affascinante Matt Damon fa la sua comparsa all’interno di una nave. Per un attimo dimentico la presenza di Seth al mio fianco, finché il suo braccio circonda le mie spalle, attirandomi verso di sé. Dio, che buon profumo.

Le sue dita ora tamburellano sopra la mia scapola, fingendo indifferenza, sebbene nell’aria sia tangibile la tensione. Le sento scorrere nelle vene, l’impazienza e la bramosia di approfondire quel contatto.

Incurante delle conseguenze, decido infine di alzarmi a metà busto, livellando i nostri visi. Lui sostiene il mio sguardo, la bocca stretta in una linea dura. E’ evidente quanto sia combattuto.

 Nella penombra data dall’illuminazione della tv, il viso di Seth si avvicina lentamente al mio, puntando alle labbra.

Come una piuma soffice e delicata, la sua bocca si poggia sulle mia. E’ morbida e umida e sa di buono.

Voltatosi con tutto il busto nella mia direzione, Seth insinua una mano nell’incavo del collo e mi attira definitivamente a sé.

Ora le nostre labbra sono sigillate, avverto chiaramente la pressione che le sue esercitano, affinché schiuda le mie.

Ma si sa, in ogni attimo di felicità che si rispetti, la fugacità è una caratteristica capitale.

Il suono acuto del campanello di casa, infatti, prende a trillare impazzito come se qualcuno vi si fosse appoggiato di peso, sopra.

Come scottati, ci distacchiamo all’unisono senza dire una parola. Seth si alza e avvicinandosi al muro preme il pulsante dell’interruttore della luce.

Dirigendosi poi verso il portoncino, apre la porta non curandosi di guardare prima dallo spioncino.

Una figura femminile dai folti capelli biondi, fa il suo ingresso in un succinto abito nero che ne evidenzia le forme generose ma ben distribuite.

“Sorpresaaaa” cantilena, tuffandosi tra le braccia di Seth.

Quest’ultimo rimane immobile, la postura rigida e impostata.

Osservo la scena basita, ricollegando solo in un secondo momento la bionda alla voce che ho sentito ieri notte.

“Victoria, che ci fai qui?” le chiede Seth, in evidente imbarazzo.

“Dopo ieri notte, non mi hai più richiamato ed ho pensato di passare da te per il bis” risponde ammiccando spudoratamente.

Stupida oca giuliva! Se avessi una lancia, la trafiggerei seduta stante.

“Victoria, non penso sia il cas..” prova a controbattere Seth, ma la bionda non sembra ascoltarlo e ancheggiando avanza verso di me.

“Oh, è questa la ragazzina di cui mi parlavi?” chiede, come se io non fossi presente.

Non so se essere più delusa dal fatto che Seth mi abbia potuto definire ragazzina o che abbia parlato di me con questa tettona senza cervello.

“Sono Leila” affermo in tono sprezzante, prima di alzarmi e continuare rivolgendomi al mio tutore: Zio Seth vado a dormire”.

“Leila, aspetta” mormora a vuoto lui.

A passo spedito, mi dirigo verso la stanza con un unico obiettivo: vendicarmi.

Guardo l’orologio, sperando che non sia troppo tardi e tiro un sospiro di sollievo scoprendo che sono solo le nove. Trafelata e ancora sconvolta, afferro il cellulare e tra le ultime chiamate compongo il numero di Liam Cooper.

Uno,due, tre, squilli. Il telefono suona a vuoto.

Sto per demordere quando una voce roca e scura, risponde:

“Quale onore”

“Sono stata imperdonabile, sono ancora in tempo?” chiedo tempestivamente, pregando che accolga la mia richiesta.

“Non amo i ritardi, né tantomeno i ripensamenti” ribatte lui, serio.

“Ho voglia di vederti” tento l’ultima carta.

Dall’altro capo del telefono una piccola pausa di silenzio precede la risposta che tanto agognavo:

“Tra dieci minuti sono da te” afferma Liam, prima di chiudere la conversazione.

In evidente stato confusionale, mi accingo ad aprire l’armadio alla ricerca di un abito adatto alla situazione. Il mio sguardo cade su un abitino rosa a pieghe, con pizzo di san gallo a fiori. Decido che può andare e in un baleno lo indosso, passando poi a sistemare i capelli e il trucco.

In meno di dieci minuti, sto scendendo le scale di emergenza con il cuore in gola e l’adrenalina che invade ogni singola particella del mio corpo.

Liam Cooper mi attende all’interno della sua Lamborghini nera, intento a scrivere qualcosa su un palmare.

Con fare titubante apro lo sportello e mi siedo sul sedile del passeggero senza causare la minima reazione in lui.

“Ciao” provo a dire per far sì che mi noti.

In risposta, Liam alza lo sguardo su di me, scrutandomi per bene, quasi accarezzandomi con gli occhi ma senza accennare ad emettere alcun suono. Qualche secondo e accende finalmente la macchina che emette un rumore minaccioso e potente.

“Sei sconvolta” afferma, dopo un tempo che mi sembra infinito.

“No, non lo sono”

“Si, che lo sei. Non mentire Leila” ribatte, burbero. Mi piace il modo in cui pronuncia il mio nome, il modo in cui scocca la lingua per scandirlo.

“Ho solo voglia di divertirmi” sbotto.

“Conosco un metodo infallibile” annuncia, mentre il suo bolide ci conduce chissà verso quali mete.

 

ANGOLO AUTRICE: Buongiorno a tutte/i, ecco a voi il sesto capitolo di Somebody, cosa ne pensate? Ieri sera non ho potuto pubblicarlo causa stanchezza studio. Qualcuno mi capirà, preparare esami in estate è abbastanza faticoso!

Allora, finalmente Seth e Leila hanno un primo approccio, seppur castigato. E se non fosse arrivata la biondona? Maledetti campanelli! xD

Dove condurrà Leila, il burbero Liam? Lo scoprirete nel prossimo capitolo e sì, se lo scoprisse Seth si mangerebbe le dieci dita che si ritrova per la gelosia  (cito una frase che Mandycri mi ha lasciato in una recensione hihi).

Sotto, posto la foto del vestito che indossa Leila per l’uscita con Liam.

La canzone che dà titolo al capitolo è Doin’ dirt di uno dei miei gruppi preferiti, i mitici Maroon 5!

 Ps: Come non amare Adam Levine? :P

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Capitolo 7
*** Alone together ***


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Somebody that I used to know

                                   Capitolo settimo

                                     Alone together

Le luci di New York sfavillano sgargianti in netto contrasto con il buio pesto del cielo, mentre sferziamo per le vie della città a velocità sostenuta. E’ facile toccare con mano la vivacità e il dinamismo profuso nell’aria; in ogni parte della metropoli, infatti, scorrono fiumi di persone pronte a trascorrere il loro sabato sera tra i variegati divertimenti che offre la città.

Una caratteristica peculiare di New York -utile per chi come me non vuole farsi trovare- è che puoi facilmente mimetizzarti tra la folla senza mai correre il rischio di essere scoperto.

Considerata l’ora, Seth si sarà reso conto della mia assenza e non ho dubbi circa il fatto che possa cercarmi in lungo e in largo per la città.

Salvo il caso in cui, si sia fatto ammaliare da quella panterona bionda senza un briciolo di cervello. Ho il disgusto al solo pensiero.

Liam Cooper, sembra particolarmente indaffarato ad armeggiare con il cellulare; da quando siamo partiti, non ha fatto altro che mandare messaggi e chiamare un tizio ricordandogli un conto in sospeso che era arrivato il momento di saldare. Non ho ben capito a cosa si riferisse, né la tempistica della sua richiesta. Perché proprio adesso?

Decido di non porre domande, stasera lascio che sia lui a occuparsi di me.

Raggiungiamo così, una zona periferica di New York; le strade si sono fatte via via meno popolate e lo sfavillio delle luci meno intenso.

Intorno a me, a parte qualche palazzo diroccato e una chiesetta fatiscente, un’enorme distesa di terreno recintato si espande a vista d’occhio. L’intero ambiente ha un non so che di sinistro e per la prima volta inizio ad avere paura. Forse ho sbagliato ad accettare che Liam mi conducesse qui senza porre domande. Magari vuole uccidermi o farmi del male, questo sarebbe il teatro ideale per una scena del crimine.

Prima che possa proferire qualcosa, dei fari giganti mi abbagliano, illuminando il terreno e un’insegna che prima non avevo notato: BLOOMBERG PAINTBALL CENTER.

Tutto qui? Mi sarei aspettata seghe elettriche e coltelli o magari qualche ascia, armi di punta in quei film dell’orrore che tanto piacciono a papà. E invece scopro che Liam Cooper mi ha semplicemente portato in un centro dove si pratica paintball senza voler attentare alla mia vita.

Un unico dubbio mi assale. Come avrà fatto a prenotare il campo per un orario così strambo? Nessuno gioca mai dopo le otto di sera. E’ notoriamente risaputo che attività di questo tipo chiudono i battenti quando ancora il sole è ben visibile in cielo. Non di certo alle undici di sera!

“Come hai fatto a ottenere il campo, a quest’ora tarda?” decido di manifestare i miei dubbi. Non vorrei infrangere qualche legge, intrufolandomi di nascosto in una proprietà privata.

“Mai sentito parlare di favori da ricambiare?” fa eco Liam, avvicinandosi di qualche passo a me.

Improvvisamente ricollego le sue parole alla chiamata che ho udito in macchina. Ecco, a cosa si riferiva parlando di conti in sospeso.

“Vieni, il tuo abbigliamento non è adatto” dice serafico.

Senza battere ciglio, lo seguo come ipnotizzata.

Quest’uomo è quello che in ambito lavorativo chiamerebbero leader carismatico. La sua voglia di dominanza, la fiducia in se stesso e il desiderio di influenzare gli altri sono caratteristiche che lo rendono un soggetto dall’indubbio fascino.

Ci avviamo verso una piccola struttura in cemento, una sorta di magazzino dalla forma rettangolare. Liam prosegue dritto senza remore, come se conoscesse alla perfezione questo posto e passasse qui tutto il tempo.

Sembra a proprio agio mentre tira fuori da uno scaffale delle tute in lattice rigorosamente nere e me ne porge una.

“Dovrebbe essere della tua misura. Ho specificato a George di farmi avere la taglia più piccola” afferma.

“Chi è George?” chiedo, afferrando la tuta.

“Quante domande piccola Leila! George è il titolare di questo posto” risponde, quasi fosse ovvio esserne a conoscenza.

“Passi molto tempo qui?” domando ancora.

Ma che mi succede? Da quando in qua m’interessa come passa il tempo Liam Cooper?

“Più di quanto vorrei” sussurra, laconico.

Sto per aprire di nuovo bocca quando lui m’interrompe con un gesto della mano: “Dovresti cambiarti. Nella stanza accanto troverai un bagno. Io mi cambio qui” asserisce in modo perentorio.

Assecondo anche quest’ennesimo ordine e raggiungo il piccolo bagno nella stanza indicatomi da Liam. Le pareti sono ingiallite e scrostate, e conferiscono a questo posto un’aria decadente e non proprio candida.

Ad un’analisi più approfondita, noto invece, i sanitari nuovi di zecca e perfettamente puliti, quasi splendenti. La dissonanza tra le due cose è evidente. Tutto sommato la stanza non emana cattivo odore, così mi cambio in tutta tranquillità.

La tuta aderisce completamente alla mia pelle, quasi sostituendosi a essa; ho l’impressione di essere nuda ed esposta alla mercé di Liam. Che l’abbia scelta appositamente? Razionalmente dovrebbe infastidirmi, invece ne sono stranamente lusingata. Percepire il suo sguardo scivolare lungo le curve –seppur accennate- del mio corpo, aumenta la mia autostima a dismisura. Seth mi avrà pure baciato ma sono sicura non sarebbe andato oltre, costretto in quel ruolo che si è cucito addosso.

Devo pensare proprio a Seth in questo momento?

“Il gioco si compone di poche semplici regole. Nel campo troverai degli enormi ostacoli gonfiabili che fungeranno da riparo agli attacchi. La prima regola è nascondersi. Per via consequenziale, la seconda è scovare il nemico e attaccarlo con questo fucile che spara palline di vernice colorata” inizia a spiegare Liam, donandomi un’arma rassomigliante in tutto e per tutto a un vero fucile.

Impugno l’arma con fare incerto, saprò mai utilizzarla?

“Dovrai tenere questa maschera –continua a spiegare-. Vince chi avrà colpito più volte il nemico imbrattandolo a dovere” conclude sornione. Quel sorriso beffardo non promette nulla di buono.

“E chi perde?” chiedo titubante.

All’improvviso quella domanda risulta fondamentale ai fini della buona riuscita del gioco.

“Non ti conviene perdere Leila. Chi non dovesse farcela, sarà costretto a sottostare alle volontà del vincitore per una sera” dichiara, enigmatico.

Lo guardo basita e indecisa se accettare o meno quest’ultima condizione un po’ troppo estrema. Poi indugio sui suoi occhi, azzurri come il cielo d’estate e mi convinco che no, non sono gli occhi di una persona cattiva.

Liam Cooper vuole solo giocare ed io ne ho bisogno tanto quanto lui.

“Accetto” affermo, risoluta.

**

Il campo è estremamente grande e malamente illuminato da qualche lampione sparso qua e là durante il percorso. All’interno si trovano gonfiabili, reti e pali in cemento. Lo scenario è quello tipico di un campo di battaglia.

Io e Liam ci siamo inoltrati insieme per poi prendere direzioni differenti, io a destra, lui a sinistra.

Sinora non ho avuto modo di incrociarlo, è agile e scattante dunque spesso non riesco ad attaccarlo in tempo. Cerco di difendermi al meglio e sfruttando il mio fisico minuto sfuggo anch’io ai suoi attacchi.

La fortuna decide però, di abbandonarmi qualche minuto dopo, quando una piccola distrazione permette a Liam di inondarmi di colori differenti.

Adesso la mia tuta ospita macchie gialle, verdi e rosa.

“Brutto cafone, hai approfittato di una mia distrazione” grido mentre lui se la dà a gambe, ridendo come un matto. Lo seguo a ruota, esplodendo in una sonora risata; questo gioco si fa sempre più divertente!

Percorro qualche altro metro e da lontano scorgo la sua sagoma -nera come la notte- ripararsi dietro un gonfiabile. Allora mi avvicino lentamente, tenendo il dito ben saldo sul grilletto; questa volta non ha speranza. Proprio quando sto per raggiungere la postazione del mio nemico, dei colpi secchi risuonano alle mie spalle seguite dalla voce di Liam che riproduce il suono onomatopeico dello sparo.

“Ben, ben, ben”.  Colpita e affondata.

**

“Sono bravo ad affondare i colpi” decreta Liam, guardandomi malizioso.

Dopo quasi due ore di quell’estenuante rincorsa, ci ritroviamo sdraiati a terra, stanchi e accaldati.

“Fortuna” lo provoco, ricambiando il suo sguardo.

“Qui la fortuna non conta. E’ una questione di concentrazione e tecnica, miri l’obiettivo e centri” ribatte prontamente.

Perché ho l’impressione che parliamo d’altro?

Istintivamente mi alzo, consapevole della piega poco convenzionale assunta dalla nostra chiacchierata e mi dirigo verso il bagno con l’intenzione di liberarmi di quella tuta sudicia.

“Non ti ho ancora chiesto il mio premio” bercia lui, visibilmente allegro.

Arresto il passo qualche secondo, poi mi giro a osservarlo linciandolo con lo sguardo. Quello che non ho previsto è d’incontrare il suo corpo nudo, coperto solo da un paio di boxer neri aderenti. Apro la bocca cercando di dire qualcosa ma la richiudo subito dopo, evitando così di fare una figuraccia. Liam si avvicina come una pantera verso la sua preda, è sinuoso e sicuro di sé. Quando arriva a un palmo dal mio viso, il respiro si fa affannoso e il cuore comincia a battere all’impazzata, temo mi esca dal petto.

“Co-cosa vuoi?” balbetto, perdendomi nei suoi occhi.

“Togli la tuta ma non rivestirti” afferma, facendo scorrere quelle iridi incantatrici su tutto il mio corpo.

Credo di avere afferrato il senso delle sue parole ma non ho idea di come tirarmi fuori da questo pasticcio.

E se scappassi? In fondo sono veloce, potrei seminarlo se m’impegnassi seriamente. No, è troppo agile e scattante mi raggiungerebbe in un baleno e potrebbe non prenderla bene.

“Non ho intenzione di venire a letto con te” sentenzio infine, a muso duro.

Alle mie parole, le sue labbra s’increspano dando vita ad una risata genuina e gutturale. Ho detto qualcosa di ridicolo?

“Non ho nessuna intenzione di portarti a letto. Lo ammetto, sei attraente, ma non ho mai costretto nessuno a stare con me. Non ho bisogno di giovani fanciulle inesperte quando posso avere donne fameliche pronte a tutto” sottolinea fermamente.

Il suo discorso non fa una piega, eppure non posso ignorare quel fastidio che sento all’interno del petto.

“Chi ti ha detto che sono inesperta?” parto all’attacco. Nessuno può privarmi del mio orgoglio di donna.

“Non ho motivo per affermare il contrario” mi stuzzica lui.

“E se volessi farti ricredere?” la mia voce stridula riecheggia nell’aria e il peso di quelle parole è un macigno che si abbatte su di me, subito dopo.

“Mi piacciono le sfide, tuttavia stasera mi limiterò solo a riscuotere il mio premio” sussurra lui, allontanandosi.

“Posso sapere di che cosa si tratta?” grido al suo indirizzo.

“Fidati, ti piacerà”.

Liam Cooper non si sbagliava di certo. Il lago al confine del campo è uno spettacolo e la luna vanitosa vi si specchia creando magici effetti di luce in superficie.

Il mio enigmatico accompagnatore, immerso in quelle splendide acque, fa bella mostra di sé attraversandole a grandi bracciate.

Il famigerato premio non era che una nuotata insieme, in questo posto meraviglioso e incantato.

A passo rapido ma leggero raggiungo la riva del lago e m’immergo avendo cura di controllare il mio intimo che funge da costume. Ok, magari Liam è abituato a qualcosa di più aggressivo rispetto al mio modesto e candido reggiseno bianco ma poco importa, voglio solo godermi questa serata.

Dentro l’acqua, i miei lunghi capelli ramati galleggiano intorno, seguendo i movimenti che mi portano da lui.

“Sei bellissima” sussurra ammirandomi.

E’ la seconda volta in un giorno che qualcuno decanta le mie qualità; Seth poco dopo averlo fatto, mi ha baciato. Devo dedurre che anche Liam lo farà? O forse sono io a sperare che lo faccia?

 “Liam, voglio farti una domanda” ribatto, deviando l’attenzione su un argomento che mi sta a cuore.

“Odio le domande cui non posso dare risposta” mi anticipa lui.

Ignoro la sua affermazione e vado dritta al nocciolo della questione.

“Cosa ti lega di preciso a mio padre e Seth?” chiedo, ferma e decisa.

Il suo viso allora, cambia espressione ritornando quello sicuro e indisponente della prima volta in cui ci siamo visti.

“Non sono cose che ti riguardano ragazza” risponde sprezzante, allontanandosi fino a raggiungere la riva e uscire dall’acqua.

**

Odio i tragitti lunghi e silenziosi.

Odio il silenzio.

Odio il SUO silenzio.

Paradossalmente il silenzio tra di noi, parla di cose non dette, di cose tenute nascoste e segregate nella mente e nell’animo di quest’uomo caparbio. Ed io ho fallito nell’intento di portarle a galla.

“Siamo arrivati” afferma, aprendo in automatico lo sportello della Lamborghini.

“Liam, io..”

“Leila, scendi. Seth ti starà aspettando” ribatte, scuro in viso.

“Ti rivedrò?”

E adesso, perché ho posto quella domanda?

Liam Cooper tentenna, prima di rispondere un laconico: “Forse”.

Non appena inserisco le chiavi di casa, la figura di Seth si palesa dinanzi la porta. Il suo bellissimo viso è deturpato da sentimenti contrastanti: ansia, preoccupazione, rabbia e affetto si mischiano come i colori di una tela astratta.

“Dove. Sei. stata.” Sibila a denti stretti.

Osservo quelle labbra morbide che qualche ora prima mi hanno bramato e le ritrovo chiuse in una linea dura e severa.

Non ho il coraggio di rispondere, intimorita da quello sguardo tagliente indagatore.

“Leila Roberts, ti ho posto una domanda” inveisce contro di me.

“Victoria non ti ha soddisfatto questa notte?” sono le uniche parole che riesco a mormorare, firmando definitivamente la mia condanna.

 

ANGOLO AUTRICE: Buondì a tutte/i,innanzitutto vorrei ringraziarvi per la presenza costante che riservate a questa storia. La vostra curiosità, le vostre domande, i vostri complimenti e i vostri dubbi mi spingono a portare avanti questa storia incasinata!

Ho deciso di troncare il capitolo perché altrimenti sarebbe diventato pesante da leggere e con questo caldo, non è proprio il caso. Vi prometto che il prossimo arriverà a breve!

Nel frattempo cosa ne pensate di questo? Cosa vi ha o non vi ha convinto dei personaggi? Il prossimo capitolo farà più chiarezza su questo mistero che aleggia su Seth, Liam e Ryan Roberts (il padre di Leila).

La canzone che dà il titolo al capitolo è alone together dei Fall out boy.

 

 

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Capitolo 8
*** If you could see me now ***


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                               Somebody that I used to know

                                                Capitolo ottavo

                                      If you could see me now

Il riflesso rossastro delle cinque dita sulla gota -bianca e vergine di schiaffi- marca a fuoco l’insormontabile quanto insanabile distanza che intercorre tra me e Seth in questo momento.

Davanti ai miei occhi si snodano le immagini della sua mano, quella mano che tanto ho bramato, disperdersi in un suono acuto sul mio viso, facendolo vibrare.

Pochi secondi dopo, il pentimento e l’angoscia dilagano sul suo viso, prontamente contratto da una smorfia di dolore e d’incredulità per il gesto appena compiuto. Non è mai stato violento, è la prima volta che la sua mano mi provoca dolore, più in senso figurato che reale.

Eppure non riesco a essere indulgente nei suoi confronti.

Immune alla sua muta richiesta di perdono -tradotta dallo sguardo truce- mi allontano, scansandolo con le prime lacrime agli occhi. 

La mia camera mi accoglie nella penombra della notte, rischiarata solamente dalla filigrana lunare che proietta i suoi giochi di luce sull’anonimo muro.

Trovo rifugio in quelle candide lenzuola che fino a qualche ora fa avrei voluto vedere attorcigliate a me e Seth se solo l’ingresso di Victoria non avesse rovinato tutto. Come nelle migliori commedie, infatti, il fato ha incautamente mescolato le carte conducendomi da Liam Cooper. E’ stato il miglior impediente che il destino potesse mettere tra me e Seth. La sua immagine che fende l’acqua, il suo fisico asciutto e ben delineato che risale maestoso da quelle stesse acque e quel petto virile solcato da mille goccioline brillanti, mi strappano un lieve sorriso, consegnandomi alle braccia di Morfeo prima di quanto immaginassi.

**

Qualche ora dopo mi sveglio di soprassalto sudata e ansante dopo un sogno che non riesco a ricordare nei dettagli. I protagonisti erano Seth e Liam ma non rimembro altro.

Un leggero tepore sembra invadere il mio corpo, scuotendolo.

Poi, la percepisco chiaramente.

Sul letto accanto a me, avverto la presenza di qualcuno.

Un respiro irregolare, infatti, fiata sul mio collo e delle braccia forti sono ben salde alla mia vita.

Non impiego molto a capire di chi si tratta.

“Seth, cosa ci fai qui?” chiedo allarmata, sciogliendo quella morsa e girandomi verso di lui.

Ha gli occhi arrossati e delle occhiaie profonde a contornarli.

“Perdonami Leila, non avrei dovuto darti quello schiaffo” sussurra, senza alcun colore nella voce. Mentre proferisce quelle poche e semplici parole, la sua mano accarezza lievemente la parte lesa, quasi a voler lenire con quell’unico tocco, il dolore che essa stessa mi ha inferto.

Vorrei gridargli in faccia tutto il risentimento per quel gesto, ancora e ancora; mandarlo al diavolo e farlo sparire dal mio letto ma non faccio nulla di tutto ciò. Mi limito a sospirare pesantemente prima di chiedere:

“Che cosa ha significato quel bacio?”

Nell’attesa di una sua delucidazione mi mordo il labbro in continuazione, fremendo al pensiero che quella risposta possa fare male più di uno stupido schiaffo.

E arriva, come una secchiata di acqua gelida in pieno volto.

“E’ stato un momento di debolezza” afferma, atono.

Quella risposta stride in maniera evidente con i suoi occhi che sembrano gridare il contrario. M’irrigidisco di getto, dandomi della stupida per aver pensato che potesse mai ammettere qualcosa di più.

Allora sono io che abbandono il letto, stanca delle sue reticenze.

Sono io che abbandono quella stanza, senza una meta precisa.

“Tua madre era come te, stesso carattere orgoglioso e fiero” dichiara improvvisamente Seth, raggiungendomi davanti all’uscio di casa.

Tento di ignorare le sue parole ma esse mi si ritorcono contro con una potenza inaudita, arrestando la mia folle partenza. Per dove, poi?

“Hai sempre detto di non averla conosciuta..” ribatto, la voce ridotta ad un sussurro.

E’ destabilizzante venire a conoscenza di dettagli così importanti in momenti così critici. Quel mondo che credevi sicuro perché costruito con tanta fatica sulle basi di una vita particolare –così definivano l’assenza di mia madre, quando chiedevo il perché tutte le mie amiche avessero la propria- crolla miserabilmente, sgretolando quelle certezze.

Non ho mai saputo nulla della mia madre biologica.

Nessuna foto che testimoniasse la nostra somiglianza, nessuna lettera, nessun ricordo tramandato: nulla.

Papà ha sempre declinato l’invito a parlarmi di lei, a spiegarmi i motivi che l’hanno spinta ad abbandonarmi non appena mi ha dato alla luce, a discutere del loro rapporto. Si è sempre trincerato dietro un omertoso silenzio, aiutato dal suo più caro amico e dai miei nonni che evidentemente non nutrivano simpatia nei confronti di mia madre.

“Jamie lynn era bella quasi quanto te, la più popolare del liceo” inizia a narrare Seth, quasi stesse raccontando una favola.

Udire per la prima volta il suo nome mi provoca un senso di nausea per tutte quelle volte che ho provato a indovinarlo senza mai riuscirci.

Faccio un passo indietro come rapita da quel racconto e mi lascio sprofondare sulla prima poltrona vicina. Seth deve aver interpretato il mio gesto come un assenso a continuare poiché senza indugi procede:

“Allora non frequentavo il liceo, ero ancora troppo piccolo perché potessi. Tuo padre però, mi raccontò di aver conosciuto lì una ragazza bellissima di nome Jamie Lynn. Disse che avevano la stessa età e che sarebbero usciti qualche sera insieme” fa una piccola pausa per poi riprendere:

“Ero solo un dodicenne brufoloso e appassionato di videogiochi, non avrei mai immaginato che dopo un mese, tuo padre mi annunciasse la gravidanza di Jamie Lynn” pronuncia quelle ultime parole sfumandole appena, perso in un ricordo vivido che ancora occupa incontrastato i meandri della sua mente.

Una prima piccola lacrima scivola giù, inconsapevolmente depositaria della mia crescente angoscia.

“Continua” lo incito con un mormorio flebile e poco udibile.

Seth comprende il mio stato d’animo e continua la narrazione della mia vita con un tono di voce fermo e pacato.

 “La prima volta che Ryan la portò a casa, non fu bene accolta dai tuoi nonni poiché vedevano in lei la minaccia alla stabilità di una famiglia borghese rinomata”.

“Mio padre la amava?” lo interrompo, sempre più in preda allo sconforto.

“Si, tanto. Tua madre era un vulcano di energia. Era bella, solare, positiva. Non si poteva non restarne affascinato” conclude, pensieroso.

Un terribile presentimento si fa spazio dentro di me. 

“Un momento.. tu..” azzardo.

“Io ne ero rimasto affascinato, ma lei non mi vedeva. Ai suoi occhi ero solo il piccolo migliore amico di Ryan” soffia Seth, nascondendo il suo sguardo dal mio.

Quelle parole m spiazzano del tutto, raggelandomi. Mio padre era a conoscenza di tutto ciò? Scossa da un ulteriore senso di nausea faccio per alzarmi, ho già avuto troppe rivelazioni da digerire.

Seth non sembra della stessa opinione e veloce come una lepre raggiunge il mio braccio prima che possa aprire quella dannata porta.

“Lasciami Seth” bercio,

“Leila, non fuggire da me. Ti ho solo detto la verità”.

Guardo i suoi occhi blu guizzare frenetici nei miei cercando un assenso, una parola che possa stabilire un attimo di tregua. Perché è un attimo di pace quello di cui entrambi abbiamo bisogno. Seth ha messo a nudo i suoi sentimenti, tradendo mio padre e il veto di non parlare, per me.

Tuttavia la ferita che ha aperto, brucia. Brucia conoscere un pezzo della tua storia che ti è stato negato per tanti anni. Brucia sapere che è stato il tuo stesso padre a negarti quella verità. Seth non è che un complice pentito e amareggiato.

“Mi hai baciato perché ti ricordo Jamie Lynn?”

Pronunciare quel nome è più difficile di quanto pensassi, ma non riesco ad appellare ‘mamma’ quella donna.

“Sono pentito di quel bacio. Non avrei dovuto approfittare di te” mormora Seth, sfuggendo alle occhiate di fuoco che gli rivolgo.

“Stai rifuggendo la mia domanda, rispondi” strillo, alzando il tono di voce di un’ottava.

Il suo viso allora si erge fiero nella mia direzione coprendosi di rossore mentre gli occhi ardono e le labbra schiette mormorano:

“No, ti ho baciato perché desideravo farlo. Perché da quando sei entrata in casa mia, non hai fatto altro che provocarmi. Sei bella Leila ed io sono un uomo. Non ho resistito, perdonami”.

E’ un’analisi cruda e schietta della realtà che mi disarma non poco ma al contempo mi eccita. Essere a conoscenza dell’ascendente –seppur di natura prettamente fisica- che ho su di lui, inorgoglisce la parte più sfrontata di me.

Quella parte di me che ha sempre desiderato che lui non mi vedesse più come una bambina ma come una donna e in quanto tale desiderabile da un punto di vista sessuale. In quel frangente quella parte di me s’impone sull’altra, su quella mogia e riflessiva che non bacerebbe mai per prima un uomo, a maggior ragione dopo un discorso del genere.

Cadenzando i pochi passi che mi separano da lui, afferro con fermezza il suo viso, disponendo le mani ai lati esercitando così una pressione non indifferente che lo spinge dritto sulle mie labbra.

Dapprima, sento la sua resistenza manifestarsi dietro un muro di labbra serrate, nel mentre le sue mani cercano flebilmente di allontanarmi ma io non mi arrendo ed imperterrita lambisco quelle labbra inumidendole con la punta della lingua.

La sua reazione allora non tarda ad arrivare, le mani non cercano più di allontanarmi ma al contrario mi sollevano da terra afferrandomi per i glutei e adagiandomi sul divano. 

E’ l’attimo della resa, dell’abbandono totale a rendere più vivido e intenso quel momento. Il corpo possente di Seth s’impone sul mio in modo del tutto naturale. Lo schiocco dei nostri baci riecheggia tra le pareti come un suono melodioso accompagnato dall’incessante tamburellare del mio cuore. Mi ritrovo a osservarlo per qualche secondo mentre a occhi chiusi continua a giocare con le mie labbra, sfinendole di sensuali tocchi. Non mi sembra vero.

Allora mi lascio rassicurare dalle sue mani che frenetiche hanno preso ad accarezzarmi le gambe nude.

Ieri sera non ho avuto modo di cambiarmi, così mi ritrovo addosso, il vestitino rosa che avevo scelto per l’appuntamento con Liam.

 Già, Liam Cooper.

All’improvviso flashback della sera prima tornano a occupare abusivamente la mia mente.

Mi distraggo pensando al suo volto, alla sua voce e..

“oh” sospiro.

Le dita abili e curiose di Seth sfiorano ora l’interno delle mie gambe, facendomi trasalire per le sensazioni forti e impetuose che neanche nel migliore dei baci con Joshua ho mai provato.

All’improvviso non sono più certa di voler andare avanti, sebbene non sia la mia prima volta, non voglio che si consumi tutto in fretta e su questo divano.

“Seth, Seth, fermati” sussurro con la voce incrinata.

Le sue carezze cessano in contemporanea alla mia supplica, lasciando sul volto un’aria interrogativa mista al rossore che le sue gote hanno assunto.

“Ti ha infastidito qualcosa? Ti ho fatto male accidentalmente?” la voce di Seth è accorata, intrisa di mille dubbi e tante paure.

“No, affatto. E’ solo che..” tento di dire prima di essere interrotta nuovamente da lui.

“E’ solo che non avremmo dovuto, sono un coglione” sentenzia, distaccandosi da me.

La sensazione di abbandono che il suo corpo possente ha lasciato, mi trascina in un abisso di sconforto. E ora?

**

Contenere l’entusiasmo di Hanna è paragonabile a grandi imprese come scalare l’Everest o attraversare il deserto del Sahara; la mia amica sembra avere vinto il primo premio di una lotteria milionaria.

“Finalmente vi siete decisi. Oddio temo di non reggere” cinguetta felice, scimmiottando un attacco di cuore.

Ci troviamo in un bar a pochi metri da casa di Seth, l’unico raggiungibile a piedi. Dopo il nostro approccio il mio coinquilino è sparito nella sua stanza ed io ho sentito la necessità di parlare con la mia migliore amica di quanto è accaduto in questi giorni. Lei non immagina neppure in che guai mi sto cacciando.

“Hanna, non è successo niente. Seth ha pure ammesso per l’ennesima volta di aver sbagliato” sospiro affranta.

“Perché tu l’hai interrotto sul più bello mia cara, pessima mossa” ribatte prontamente la bionda.

Come faccio a dirgli che sono confusa? Che prima di conoscere Liam Cooper, avrai proseguito senza indugi? E poi c’è la storia di mia madre. O per meglio dire, della donna che mi ha messo al mondo.

L’ombra di Jamie Lynn mi continua a perseguitare, ricordandomi di quanto la mia vita sia stata una completa omissione.

“Seth mi ha confessato di aver conosciuto mia madre” sbotto infine, spinta da un moto di coraggio che affonda le sue radici nel bisogno di dividere questo fardello con qualcuno.

Presa alla sprovvista, Hanna, sgrana gli occhi, riducendoli a due piccole fessure e per un attimo, perde lo smalto che contraddistingue la sua solita espressione canzonatoria e allegra.

“Co..cosa ti ha rivelato di lei?” balbetta, puntandomi addosso i suoi occhi smarriti. Sa che il lemma ‘madre’ non è tra i miei preferiti del vocabolario ed è silenziosamente riconoscente quando senza indugio inizio a raccontarle dal principio, per filo e per segno, tutto quello che Seth mi ha svelato, compresa la sua prematura infatuazione per Jamie Lynn.

Durante il racconto Hanna ogni tanto annuisce, altre volte, leva la mano sulla bocca per enfatizzare l’incredulità scaturita dai fatti che snocciolo senza remore.

“Vuoi cercarla?” chiede la mia migliore amica, non appena termino il racconto.

“Non lo so” ammetto, addentando la brioche ormai fredda sul mio piatto.

Dovrei cercarla? Ho come la sensazione che Seth non mi abbia raccontato tutto, c’è qualcosa che manca per terminare questo puzzle intricato.

“Non ti ha spiegato il perché, ecco..” inizia col dire Hanna in maniera impacciata.

“Perché quella donna mi ha abbandonato? No, ero già abbastanza nauseata dai complimenti che le rivolgeva, subito dopo ho agito d’istinto” concludo, accennando un sorriso mentre le gote si tingono di un tenue rossore.

“E.. Liam Cooper?” chiede, ammiccando. Per fortuna la solita espressione spensierata si è impossessata nuovamente dei suoi tratti. E’ di nuovo lei, la solita Hanna: regina del gossip e imperturbabile rubacuori, o spezza cuori come l’ha definita una volta un tale.

Arriccio le labbra, annaspando per trovare una risposta a quella domanda tanto complicata. Le ho raccontato solo oggi di Liam, ragion per cui dovrebbe non solleticare la sua curiosità, ha già avuto la sua dose di notizie su di lui! Eppure insiste sull’argomento. Valla a capire!

“Vorrei rivederlo” soffio, pentendomi subito dopo la mia confessione.

“Wow, lo sapevo. Ti piacciono entrambi!” trilla entusiasta, battendomi le mani e attirando così le attenzioni di tutto il locale.

Hanna e la discrezione sono due rette parallele, non s’incontreranno mai!

“D’accordo, d’accordo. Ora smettila di sghignazzare, è già tutto così complicato” sbuffo, irritata dagli sguardi curiosi intorno a me.

Ripresasi dalla genuina risata Hanna riparte all’attacco:

“Stasera esco con Steve Garsol, ti va di unirti a noi? Puoi portare uno dei due cavalieri”propone, come se invitare Seth o Liam fosse la cosa più normale di questo mondo; ma non è quello a mettermi in allarme.

“Steve Garsol? L’amico di Joshua?” chiedo allibita. Quel tizio non mi è mai piaciuto. Il classico pallone gonfiato, ebbro di se stesso. Ricordo che spesso metteva il bastone tra le ruote alla mia relazione con Joshua, accaparrandosi di diritto un primo posto nella mia lista nera.

Non sopporto che Hanna esca con un tizio del genere, non la ma migliore amica.

“Si” ribatte ovvia.

“Hanna non mi piace quel tizio, sai quanto può essere infimo” le ricordo, rischiando di sembrare la guasta feste di turno.

“Non essere paranoica, usciamo solo a prendere un hamburger” brontola, chiudendo così quell’infinita discussione.

**

Quando rientro a casa, sono un fascio di nervi.

Tentenno qualche secondo davanti alla porta, facendo scorrere a una a una le chiavi del mazzo quasi non conoscessi quella giusta. Poi, decido finalmente di entrare, l’alternativa sarebbe dormire sotto i ponti o accatastata in qualche marciapiede della stazione centrale, quindi tanto vale affrontare Seth.

All’interno le luci sono stranamente accese, come se qualcuno fosse appena passato e avesse dimenticato a spegnerle. Procedendo in quella direzione riesco a udire due che voci si alternano in una discussione dai toni apparentemente pacati. Non appena sono abbastanza vicino alla cucina, rimango allibita.

“Leila, abbiamo un ospite”.

 

ANGOLO AUTRICE: Ciao a tutte/i!!! oggi vorrei iniziare ringraziando tutti voi che seguite, preferite o ricordate questa storia e coloro che con tanto affetto lasciano un loro pensiero. Siete il motore di questa storia, sappia telo! Anyway, come trovate questo capitolo? Ho qualche dubbio circa la scena d’approccio tra Seth e Leila, chiedo venia ma non so scrivere nei dettagli scene a rating rosso, devo migliorare e per ora mi accontento dell’arancio! 

Altro punto saliente: la mamma di Leila, Jamie Lynn. Finalmente scopriamo qualcosa su questa donna misteriosa..

Ennesimo punto chiave:Chi sarà l’ospite?

Non sottovalutate troppo Steve Garsol, vi ritroverete presto ad odiarlo, forse.

C’è molta carne in brace (non capisco perché uso sempre questa metafora, sarà perché sono una buona forchetta? xD), a voi l’arduo compito di valutare questo bel (?) piatto!

Ho già una presta volto per la mamma di Leila. Se volete, la pubblico nel prossimo capitolo!

 La canzone che dà il titolo a questo capitolo è If you could see me now dei The script (piccolo omaggio per una canzone che amo).

Bacioni, Lady Po.

(fb: Ladi Po efp).

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Capitolo 9
*** Something to believe in ***


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 Somebody that I used to know

                               Capitolo nono

                         Something to believe in

“Leila abbiamo un ospite”.

Le due figure stagliate sullo sfondo della cucina in stile moderno, ora guardano incessantemente nella mia direzione. Due paia di occhi che virano dal blu cobalto all’azzurro cielo, intersecano il mio tragitto visivo.

Seth e Liam, immobili nella loro postura eretta e rigida, attendono che io proferisca parola, protraendo quell’imbarazzante silenzio in cui versiamo da qualche secondo a questa parte.

Liam Cooper è impettito nel suo completo firmato, tipico da manager in carriera mentre Seth ha indosso una semplice maglia bianca e un pantaloncino, in sostanza gli stessi abiti che portava prima che io uscissi.

“Buona sera Sig. Cooper” soffio, trincerandomi dietro una maschera d’indifferenza.

In realtà, il suo viso fresco di rasatura, i capelli di quel castano intenso perfettamente in ordine e quelle iridi cerulee, mi scuotono parecchio.

“Salve Leila” risponde, carezzando il mio nome e esibendosi in un elegante baciamano che ha il potere di fare sorgere dei piccoli brividi sulla tutta la pelle soggetta a quel tocco lieve. 

Il suo savoir-faire è l’elemento che forse lo contraddistingue di più, sebbene sia anche capace di lasciarlo da parte in alcune occasioni.

“Liam si fermerà a cena da noi, ordino qualcosa da Mercy’s*?” domanda Seth, interrompendo lo scambio di sguardi intercorso tra me e il suo amico.

Avrà captato qualcosa?

“Si, trovo sia la scelta migliore” mi affretto a dire, dissimulando l’imbarazzo e la paura che abbia potuto fraintendere il mio comportamento.

Di seguito osservo con la coda dell’occhio Liam Cooper che si ricompone, passandosi una mano tra i capelli fulgidi e lasciandola poi cadere dentro la tasca dei pantaloni con finta indifferenza.

“Vado a prendere i menù” annuncia Seth, prima di allontanarsi a passo spedito.

In quel frangente, mi avvicino a Liam, sfidandolo apertamente con lo sguardo.

“Cosa ci fai qui?” sussurro, guardandomi intorno.

La sua risata cristallina non tarda ad arrivare seguita da:

“Non mi avevi chiesto se ci saremmo mai rivisti? Eccomi qua” conclude sornione.

Aggrotto le sopracciglia, no, probabilmente non ha capito l’inopportunità della sua presenza in questo momento. O forse sono io a non aver capito le reali intenzioni che l’hanno spinto a presentarsi nel bel mezzo di una domenica sera a casa di Seth.

“Vuoi forse spifferare tutto a Seth? Perché se così fosse io..” inizio col dire prima di essere interrotta dal suo indice che prontamente poggia sulle mie labbra.

“Shhh, non preoccuparti Leila, non ho intenzione di raccontare nulla a Seth” mormora placido.

Ad ogni modo il suo comportamento non mi convince, lo terrò d’occhio tutta la sera se necessario.

“Specialità italiane, cibo thai o cinese?” irrompe Seth, facendomi letteralmente sobbalzare. Liam, indietreggia di qualche passo e lascia che l’amico s’interponga tra noi con il depliant del menù di Mercy’s in bella vista.

Scorro velocemente le varie specialità, più per distogliere lo sguardo da Liam che per reale interesse. Quest’ultimo invece, sembra analizzare con interesse profuso l’intero menù, valutando con occhio critico ogni piatto come se da quello dipendesse l’intera serata.

Alzo timidamente lo sguardo verso Seth e ritrovo i suoi occhi penetranti che mi sondano, alla ricerca di una qualsiasi emozione ricollegabile a quanto è accaduto solo qualche ora prima tra di noi. E la reazione non tarda ad arrivare. Sorprese da un improvviso calore, le mie guancie si tingono di un rosso scarlatto, il rosso della colpa.

“Per me, una porzione di parmigiana di melanzane” affermo, distogliendo lo sguardo. Non deve essere stata una buona idea quella di allontanarmi poiché Seth mi segue repentinamente, lasciando Liam da solo e vagamente perplesso.

“Leila dobbiamo parlare” dice, raggiungendomi nella mia stanza. Il suo viso denota preoccupazione e nervosismo, chiaramente evidenziati dall’espressione corrucciata.

“Seth, non è il momento di discutere quanto tu sia stato coglione” ribatto, sottolineando le sue stesse parole.

“E’ vero, sono stato un coglione. Dovevamo chiarire subito le cose tra di noi” sentenzia, avvicinandosi di qualche passo.

“Esiste un noi?” domando scettica, con una punta di velato sarcasmo.

“No” risponde serio, senza scomporsi.

Quell’ennesimo diniego non fa altro che accentuare la stizza nei suoi confronti, per quanto mi riguarda ho chiuso con questa storia.

Lo fisso ancora un paio di secondi prima di girare i tacchi e andarmene, raggiungendo Liam in cucina.

“Mi sono perso qualcosa?” Il moro è elegantemente seduto su una sedia, lo sguardo fisso al televisore acceso su un canale qualsiasi e la sigaretta tra le dita della mano destra.

“Niente d’importante” biascico, recuperando dal cassetto una tovaglia per apparecchiare la tavola.

Lui solleva le sopracciglia con fare sospettoso poi si alza di scatto, raggiungendomi alle spalle mentre sono intenta a distendere la tovaglia.

“Non si direbbe, Seth ti ha fatto arrabbiare?” sussurra al mio orecchio, poggiando lievemente la mano libera sul mio fianco.

Quel contatto così improvviso e intimo trasla tutto il calore in esso intrinseco. In un attimo, infatti, sento il corpo rispondere positivamente, lanciando segnali di fuoco.

“No, ecco io..” balbetto incerta.

“Ho interrotto qualcosa?” la voce di Seth tuona minacciosa, liberandosi per tutto l’ambiente.

Evito accuratamente di voltarmi e incontrare i suoi occhi, finirebbe per capire che sì, ha interrotto qualcosa.

In compenso, mi muovo con disinvoltura appoggiando le posate al posto corrispondente a ognuno di noi tre mentre Liam si distacca giusto per non dare nell’occhio.

“Amico, stavo giusto chiedendo a Leila qualche consiglio sulla portata da scegliere. Quel menù è interminabile” lo sento giustificarsi, all’indirizzo di Seth.

“E quale piatto ti avrebbe consigliato Leila?” ribatte quest’ultimo in tono chiaramente provocatorio. Ancora una volta, sono oggetto di discussione ma non ho voce in capitolo.

“Khao mun khai*” afferma Liam, mostrando una perfetta pronuncia della lingua thailandese. Avere spulciato per bene il menù, ha dato i suoi frutti. Perlomeno, Seth sembra aver abbandonato quell’aria sospettosa di qualche secondo prima.

“Io ordino degli involtini primavera, provvedo a chiamare Mercy’s” annuncia, lanciando un’ultima occhiata a me e a Liam e sparendo subito dopo.

Dopo lo scampato pericolo deglutisco rumorosamente, arrestando la mia oltremodo minuziosa sistemazione della tavola.

“Geloso, eh?” esordisce Liam, sedendosi nuovamente.

Incrocio le braccia sul petto e assottigliando lo sguardo ribatto:

“Non è geloso di me, è solo protettivo”.

“Se avesse potuto, mi avrebbe volentieri incenerito con la sola forza dello sguardo” risponde lui, scuotendo la testa con fare ovvio.

Vorrei chiedergli come diavolo pretende di ergersi a detentore della verità assoluta senza avere in mano prove certe.

“Intuito maschile, mia cara. Ha fiutato qualcuno nel suo territorio” aggiunge poi, come se mi avesse appena letto nel pensiero.

Sono proprio così evidenti i miei pensieri?

Il suo discorso sul marcare il territorio è un tantino maschilista sto per aprire bocca per rammentarglielo quando Seth fa rientro in cucina.

“Prenotato. Tra mezz’ora un fattorino ci consegnerà il tutto” afferma, poggiando il cordless sul tavolo.

Con mia enorme sorpresa, noto che si è cambiato d’abito, la maglietta bianca è stata rimpiazzata da una camicia di jeans e i pantaloncini hanno lasciato spazio a un paio di pantaloni beige aderenti. Per un attimo indugio sul tessuto di quei pantaloni che si modella perfettamente sulle gambe muscolose di Seth. Tante volte ho sognato di poterle accarezzare, ma poche volte in realtà ne ho avuto l’occasione, per sbaglio.

 

 

Rincuorata dal fatto che le acque sembrano essersi calmate, decido di porre la fatidica domanda.

“Allora, come vi conoscete voi due?”

“Colleghi di università” si affrettano a dire all’unisono.

In realtà, è un particolare di cui sono a conoscenza, poiché entrambi in sedi separate, me ne hanno accennato. La mia brama di sapere però mi fa spingere oltre.

“Interessante! Com’era la vita universitaria? Papà era dei vostri, giusto?” sputo lì, con finta innocenza.

Le loro facce impallidiscono in sincrono, quasi avessi chiesto la soluzione a uno dei misteri del tempo.

Allora Liam Cooper con noncuranza versa dell’acqua nel bicchiere di vetro posto proprio davanti a sé mentre Seth giocherella nervosamente con una posata.

“Tuo padre è un tipo tosto Leila” esordisce Liam, deglutendo rumorosamente l’acqua appena ingerita.

Seth lo guarda di sbieco, raggelandolo con un’occhiata carica di significati a me nascosti ma chiaramente minacciosi.

“Leila, non infastidire il signor Cooper con queste domande inopportune” dice infine, rivolgendosi a me.

Reggo il suo sguardo ammonitore e imperterrita continuo su quella linea di attacco, ignorando il suo ordine.

“Signor Cooper, cosa intende per tosto?” domando.

Sembra quasi di assistere a un processo.

Liam preso in contropiede, tentenna prima di farfugliare:

“Ryan ha un carattere particolare”.

“Adesso basta. Leila smettila con questo interrogatorio” s’intromette Seth, sbattendo i pugni sul tavolo.

Devo avere toccato dei tasti dolenti, poiché non ha mai reagito con una tale veemenza per una semplice domanda.

Liam tenta di scusarmi adducendo come giustificazione la curiosità intrinseca in ogni donna ma Seth non sente ragioni, giudicando deplorevole il mio comportamento.

Il lato positivo dell’intera situazione è che ho ben compreso l’esistenza di un legame che va oltre il semplice contesto universitario tra Seth, mio padre e Liam Cooper.

Ma cosa può unire tutti e tre? Qual è l’elemento chiave di tutta questa storia? All’improvviso un nome inizia a ronzare nella ma mente.

L’ultimo nome che avrei voluto immaginare: Jamie Lynn.

Istintivamente mi alzo dalla sedia, ho bisogno di schiarirmi le idee.

Senza badare a Seth e Liam che mi chiamano a gran voce, mi dirigo in bagno, dove chiusa la porta mi siedo a terra con le ginocchia al petto.

Quando ero piccola, quella posizione accovacciata mi aiutava a riflettere, facendomi sentire meno vulnerabile.

Non so quanto tempo sia passato prima che qualcuno bussasse alla porta.

Chiaramente non può che trattarsi di Seth così sospirando mi alzo e schiarendo la voce domando retorica: “Chi è?”.

Dall’altro lato della porta, la voce contrita del mio coinquilino mi avverte che la cena è arrivata.

Di riflesso guardo la ma immagine allo specchio, ritrovando quella di una ragazza dagli occhi gonfi e il trucco colato. Decido allora di ricompormi, sciacquando il viso e applicando nuovamente un leggero trucco, giusto per coprire le occhiaie.

Quando arrivo in cucina, l’atmosfera sembra cambiata, Seth ha acceso lo stereo inserendo in sottofondo Consolation no.3 di Franz Liszt*, è una delle composizione per piano che maggiormente lo rilassa e che inevitabilmente instaura un ambiente rasserenante e distensivo.

La mia parmigiana di melanzane ha un aspetto delizioso, così come il khao mun khai di Liam o gli involtini di Seth. Mercy’s è uno dei migliori ristoranti della città.

Divoro, in pochi minuti, gran parte della mia porzione mentre osservo Seth e Liam discutere della campagna promozionale di un prodotto.

Seth è un grafico (come mio padre), Liam invece è un brand manager, cioè il responsabile delle politiche di marketing da attuare, nonché colui che tutela il valore di un determinato marchio nell’arco del tempo. Il suo lavoro mi affascina parecchio, magari un giorno terminati gli studi, mi piacerebbe intraprendere quella carriera.

“Ero venuto giusto, per invitarvi all’evento promozionale del nostro prodotto di punta” conclude il discorso Liam, rivolgendomi dopo parecchio tempo uno sguardo, per includermi nella discussione.

“Che genere di evento?” chiedo con un filo di curiosità nella voce.

“E’ un cocktail promozionale che si terrà nel terrazzo dell’Empire Hotel, questo mercoledì. Ci saranno molte persone illustri e boriose, magari ti annoierai ma ne vale la pena” risponde Liam, puntandomi contro quegli occhi azzurro cielo.

Sta forse asserendo che data la mia età, mi annoierei in un contesto simile?

Mi armo del miglior sorriso costruito e con fare serafico annuncio: “Troverò di certo un cavaliere disposto ad allietare la mia serata mentre voi due siete impegnati nelle vostre discussioni noiose”.

Seth tossisce all’istante, richiamando la mia attenzione e quella del suo amico, salvo poi balbettare improbabili scuse circa un pezzo di carota andato di traverso.

Liam sorride di rimando e devo ammettere che è proprio bello, insomma è alto e distinto, senza tralasciare gli occhi azzurro cielo, incastonati in quel viso dai lineamenti particolari dove si affacciano le prime sottilissime rughe, segno di un’età matura.

Sospiro, proseguendo poi a studiare nuovamente Seth, e per un attimo il cuore accelera i suoi battiti, anche lui mi osserva.

Che abbia visto il modo in cui guardo Liam?

Quegli occhi blu cobalto che risaltano sulla pelle abbronzata, mi scrutano a fondo, indagano sul mio essere. Li sento addosso come un tatuaggio indelebile e involontariamente mi mordo il labbro per l’imbarazzo che improvvisamente sento arrivare.

“Io vado –annuncia Liam- grazie della magnifica cena” conclude, alzandosi e dirigendosi verso l’attaccapanni dove giace la sua giacca.

Io e Seth lo seguiamo a ruota, accompagnandolo davanti al portoncino, dove lo congediamo. Sto per chiudere la porta quando vedo una mano ostruire la mia operazione.

In un batter di ciglia, Liam Cooper mi trascina fuori, sfiorandomi le labbra con un bacio leggero ma esigente.

Non ho il tempo di metabolizzare tutte le emozioni contrasti che emergono come i fiori in primavera, che il suo profilo sparisce dietro le porte dell’ascensore.

Porto una mano a carezzare quelle labbra, quasi a volermi accettare che non sia stata la mia fervida immaginazione ma la pura realtà. Poi, rientro ancora scossa da quel lieve contatto e decisa a ignorare Seth.

I miei piani d’indifferenza forzata vanno in fumo quando quest’ultimo mi attende in salotto con le braccia conserte e un’espressione tutt’altro che rassicurante.

Tento di superarlo, non curandomi di lui, ma il suo braccio mi ostruisce il passaggio.

“Non mi piace il modo in cui vi guardate” afferma serio.

Sgrano gli occhi mentre mi accorgo che il cuore batte a un ritmo forsennato, molto più del normale.

Mi schiarisco la voce, obbligandomi a mantenere il controllo della situazione.

“Seth, non essere ridicolo” ribatto, divincolandomi dalla sua presa.

“Liam Cooper è un dongiovanni incallito, prima di essere un uomo troppo grande per te” bercia, incatenandomi ai suoi occhi furenti.

Sento la rabbia salire a dismisura tanto da non controllare le parole che scivolano fuori dalla mia bocca con un’inaudita potenza semantica.

“Non mi pare che ti sia fatto scrupoli di età pomeriggio”.

Non m’importa di scatenare una guerra, sarà pure un’osservazione tagliente ma è quel che si merita.

Seth allora si rabbuia, guardandomi con astio malcelato; i suoi occhi parlarono prima ancora delle labbra.

“Non ti azzardare a paragonare..” inizia a minacciarmi.

“Perché?” lo interrompo, più cocciuta che mai.

“Leila ci sono cose che non sai del passato di Liam. Anche se è un mio amico di vecchia data, riconosco ancora oggi la sua indole da predatore verso il gentil sesso” afferma, deviando nuovamente l’attenzione su Cooper.

“Il signor Liam non mi ha importunato in nessun modo” mento spudoratamente.

“Smettila di mentire, ho visto come ti mangiava con gli occhi” ribatte, in modo repentino.

“Non sarai mica geloso?” azzardo, rifacendomi alla discussione avuta con Liam circa la presunta gelosia di Seth nei miei confronti.

Probabilmente se fosse così, mi sentirei parecchio lusingata.

“Stai vaneggiando, mi preoccupo solamente della tua incolumità” risponde, sfuggendo al mio sguardo interrogativo.

“Bene, allora sappi che trovo molto affascinante il signor Liam Cooper” affermo candidamente, rischiando grosso.

Maledetta la mia voglia di vendetta.

 

ANGOLO AUTRICE: Salve a tutte/i!! Ultimamente siete cresciuti in maniera esponenziale e sono felice per il riscontro positivo che sta avendo questa storia. A tal proposito volevo ringraziare chi la sostiene e chi la propone agli altri, chi la segua e recensisce con affetto e chi la inserisce tra le seguite/ricordate/preferite, siete come dico sempre il motore di questa storia.

Spero che questo capitolo sia stato di vostro gradimento, mi rimetto al vostro giudizio come sempre. Mi scuso in anticipo se c’è qualche errore ma tra lo studio e il caldo, la distrazione è sempre in agguato xD

In basso allegherò un’immagine di Jamie Lynn.

La canzone che dà il titolo al capitolo è Something to believe in degli Aqualung.

 

NOTE: *Mercy’s: E’ un nome di fantasia, non sono al corrente di un             

                ristorante che abbia lo stesso nome a New York.

* Khao mun Khai: è un piatto tipico della cucina thailandese, a  base di riso fritto con pollo alla thailandese, farcito con una tipica salsa nera. Non chiedetemi altro, ne ho solo sentito parlare! Ahah

* Consolation no.3 di Franz Liszt: http://www.youtube.com/watch?v=1UeoPy_HlfE (link per chi volesse ascoltarla).

 

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Capitolo 10
*** City of angels ***


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Somebody that I used to know

                            Capitolo decimo

                               City of angels

La leggera brezza di maggio mi scompiglia i capelli sul volto, creando una sorta di tendina che m’impedisce una visuale chiara e lineare della strada di fronte a me.

Camminare a piedi, per di più a un’ora che francamente sconoscevo prima di oggi, non è tra le mie attività preferite. Da quando mi sono trasferita, è sempre stato Seth ad accompagnarmi a scuola, non pensavo che un giorno avrei rifiutato un suo passaggio giusto per fargli un dispetto.

Chissà magari ai suoi occhi, il mio comportamento assume tinte fanciullesche e toni capricciosi; di certo, la mia immagine di bambina petulante avrà raggiunto livelli storici dopo la sfuriata di ieri sera.

Cosa mi è saltato in mente?

Confessargli a chiare lettere il mio interesse per Liam Cooper; devo essere impazzita. Seth non mi ha più rivolto parola per tutto il resto della serata e stamane ha deviato ogni possibile accenno di conversazione, salvo poi chiedermi con tono polare, se avessi bisogno di un passaggio.

Come se non lo sapesse già.

 Ho rifiutato per orgoglio e per dispetto, in fondo, alla mia età è lecito agire d’impulso.

Il Mazzini con i suoi cancelli verdi, ormai corrosi dalla ruggine, mi accoglie in tutta la sua imponenza. Qualche ragazzo dall’animo mattutino si trova già piazzato nell’androne e aspetta che il bidello di turno apra finalmente le porte mentre qualche coppietta approfitta dei pochi minuti liberi per scambiarsi tenere effusioni all’ombra del gigantesco pino.

Non mi è mai capitato di arrivare con così largo anticipo a scuola, di solito sono tra quelli che arrivano all’ultimo minuto; ragion per cui non trovo di meglio da fare che attendere placidamente il suono della campanella e la conseguente apertura delle porte, seduta nei gradini antistanti l’entrata.

Nel giro di pochi minuti, annoiata come non mai, estraggo il cellulare dalla tracolla eastpak e mando un sms alla bionda, supplicandola di fare presto o sarei morta di solitudine.

Ovviamente la risposta di Hanna arriva con qualche minuto di ritardo, tipico da lei. Il cellulare è in assoluto l’oggetto che riesce a perdere con più frequenza nell’arco della giornata. E quando lo ritrova, chiamate e messaggi hanno già intasato la sua memoria.

Dopo dieci lunghi minuti, qualche viso familiare inizia a popolare l’androne. Tra tutti riconosco la chioma di Monique e quella riccioluta di Joshua, strusciarsi a pochi millimetri di distanza.

Osservare i due piccioncini ed essere consapevole di quanta falsità si celi dietro ogni bacio o abbraccio, mi disgusta parecchio.

Fortunatamente l’arrivo di Hanna, trafelata e parecchio in disordine, mi distrae da quella fiction di scarso valore, calamitando la mia attenzione.

“Wow, se non ti conoscessi, direi che non hai dormito a casa stanotte! Hai un aspetto così trasandato” esclamo, osservando la sua divisa stropicciata e i capelli scomposti e arruffati.

Quella che voleva essere solo una battuta di spirito, si trasforma presto in certezza quando volgo lo sguardo sul viso impassibile di Hanna.

“S-e se non hai dormito a casa, allora dove..” inizio a chiedere, disorientata.

“Steve Garsol” risponde di getto, quasi a volersi togliere quanto prima l’impiccio di doverne parlare. Conosce l’opinione che ho sul ragazzo in questione e teme il mio giudizio negativo a priori. In effetti, non ha tutti i torti. Ai miei occhi, Steve Garsol è una mela marcia e un reietto della società, non merita le attenzioni di Hanna.

“Non dovevate solo uscire a prendere un hamburger?” le chiedo, esprimendo al contempo tutto il mio disappunto.

Hanna, stranamente mogia, bofonchia un laconico: “Il piano era quello”.

Conosco perfettamente la sua estenuante loquacità; quando vuole la bionda, sa essere logorroica ai massimi livelli, eppure stamane sembra avere abbandonato ogni velleità espositiva.

“Hanna, è successo qualcosa?” chiedo in preda ad un moto crescente di ansia.

“No!” risponde di getto

“Menti” le faccio notare, alzando di qualche tono la voce.

Nel frattempo il suono acuto e fastidioso della campana annuncia l’inizio di una nuova e angosciante giornata di scuola.

Qualche minuto dopo, ci ritroviamo sedute a qualche banco di distanza –secondo le precauzioni anti copiatura dettate dal professore di storia- mentre affrontiamo un compito senza la più pallida idea di come riuscire a spuntarla e raggiungere la sufficienza.

Seppur a una certa distanza, la testa di Hanna poggiata sul banco, attira la mia attenzione e quella di qualche altra ragazza. In classe, si forma allora un bisbiglio soffuso che vede protagonista proprio la mia migliore amica e la sua improvvisa quiescenza. Il caso della bella addormentata sembra distrarre anche i più magnanimi, pronti a scattare foto con i loro I-phone alla mano. Al giorno d’oggi, tutto fa notizia.

In preda al panico, alzo lo sguardo verso il vecchio Symbian sperando che non si sia accorto di nulla; fortunatamente è assorto nella lettura della pagina di apertura del New York times, incuriosito da chissà quale scioccante notizia.

Allora mi guardo intorno alla ricerca di un metodo efficace per destare Hanna dalla pennichella, fino a posare gli occhi sulla matita che rotolo tra le mani da più di dieci minuti.

Non sono mai stata brava a prendere la mira, eppure in quel momento non esito a puntare la mia amica con una matita rosa di Hello Spank come arma per svegliarla dal suo dolce letargo.

Ma, prima che la matita possa raggiungere la destinazione sperata, una palla di carta arrotolata colpisce in pieno Hanna.

Come punta da un fastidiosissimo insetto, la bionda drizza la testa e successivamente il busto, provocando l’ilarità generale e catturando così l’attenzione del vecchio professore.

“Che succede?” sbraita Mr. Symbian, battendo i pugni sulla cattedra per richiamare l’ordine.

Una voce stridula s’innalza allora dal coro dietro e riconosco al volo Monique e la sua fottuta arroganza.

“La signorina Lewis si è addormentata prima ancora di iniziare il compito” trilla entusiasta, neanche avesse vinto un premio per la sua soffiata.

Il volto incartapecorito del vecchio Symbian corre subito a indagare, accertandosi che quanto detto da Monique sia corrispondente al vero.

L’espressione palesemente addormentata di Hanna non aiuta di certo la sua causa, così prima che possa dire o fare qualcosa di sbagliato m’intrometto: “Hanna sta male ma ha voluto provare lo stesso il test”.

Le mie parole guadagnano di diritto la nomination come peggiore scusa dell’anno. Qualche secondo dopo l’imbarazzante silenzio, infatti, Mr. Symbian si avvicina alla mia amica con fare circospetto e senza ulteriori indugi ordina: “Mi mostri il certificato del suo medico”.

Crap*, credevo ingenuamente di aiutarla e invece l’ho messa ancora di più nei guai.

Hanna, presa in contropiede e con ancora evidenti segni del sonno sul volto pallido, esclama tra uno sbadiglio e l’altro: “Non ho nessun certificato”.

Temo di sprofondare nell’esatto momento in cui il vecchio Symbian indietreggia a scatti nervosi, scuro in viso.

“Lewis e Roberts siete pregate di recarvi dal preside” tuona subito dopo, annotando qualcosa sul registro di classe.

Il caldo alle guancie arriva in pochi secondi, le gambe assumono la consistenza della gelatina e il cuore corre più veloce del pluripremiato campione Usain Bolt. Sono fregata.

La stanza del preside White, con le sue tinte fredde e lo spazio asettico, incute da sempre un certo timore a tutti gli studenti del Mazzini. O forse è proprio Mr. White con le sue sopracciglia troppo folte e perennemente aggrottate a incuterne.

Hanna ed io veniamo accompagnate dalla bidella Stefania, un’italiana grassottella ma dai lineamenti gentili che si prodiga sempre in complimenti nella sua lingua, molto spesso incomprensibili, persino per noi che studiamo l’italiano come seconda lingua al liceo.

“Buona fortuna, oggi sta’ propr incazzat*” afferma, quando siamo davanti la porta della presidenza.

Hanna si volta per la prima volta a guardarmi da quando siamo uscite dalla classe e lo sguardo truce che mi riserva, riassume in pieno la sua ostilità nei miei confronti.  

Mi armo di tutto il coraggio che ho in corpo e con le nocche esitanti scuoto più volte la porta fin quando la voce baritonale del preside non ci autorizza a entrare.

Mr.White è seduto dietro la sua elegante scrivania in noce, con gli occhi fissi al portatile e le mani incrociate sotto il mento.

Nessuno tra me e Hanna, ha il coraggio di proferire parola ma dato il prolungato silenzio, sono costretta a blaterare qualcosa prima di aggravare ancora di più la nostra posizione.

“Mr.White, le porgo le scuse a nome mio e della signorina Lewis” la mia voce risulta così lieve e tremolante che quasi si confonde con i rumori ovattati provenienti dall’esterno.

Il preside allora, alza lo sguardo verso di me, lanciandomi un’occhiata torva che si scontra con quella impaurita e indifesa dipinta sul mio volto.

“Mr.Symbian mi ha già informato del vostro siparietto. Cercare di farla franca a un compito, adducendo perlopiù scuse improbabili è contro ogni regolamento. Sarò clemente, siamo nell’ultimo periodo di maggio, presto ci saranno gli esami e non potete permettervi di perdere giorni di scuola. La sospensione avrà vigore solo per la giornata di oggi. La signora De Rosa ha già provveduto a chiamare i vostri rispettivi parenti. Adesso sparite, prima che torni indietro sulle mie decisioni” conclude, minaccioso.

“Cosa ti è saltato in mente?” bercia Hanna, non appena usciamo.

Sprofondo la testa tra le mani, davvero non lo so! In fondo, credevo di aiutarla in quel momento.

“Mia madre sarà nera, non ama essere disturbata a lavoro per questo genere di cose” continua, gesticolando in maniera compulsiva con le mani.

“Scusa, volevo solo aiutarti. Oggi sei proprio strana” ribatto, pazientemente.

Torniamo in classe a prendere i nostri effetti personali e le tracolle, sotto gli sguardi attoniti di tutti. Un fenomeno da baraccone avrebbe suscitato meno scalpore.

Solo quando ci troviamo davanti ai cancelli, un’amara consapevolezza comincia a delinearsi ai miei occhi.

Da quando mio padre è partito, ho lasciato il recapito di Seth per qualsiasi emergenza. E questa sembra esserlo, sotto tutti i punti di vista.

Hanna, scompare nell’abitacolo della Range Rover della madre senza nemmeno accennare un saluto mentre la macchina del mio coinquilino arriva proprio in quel momento, inchiodando furiosa davanti ai cancelli.

Apro lo sportello e mi accomodo sul sedile del passeggero senza riuscire a guardarlo negli occhi, so che ci troverei tanta rabbia.

Per un istante ho l’illusione di averla scampata ma quell’effimera sensazione di sollievo è brutalmente stroncata dalla voce dura e rigida di Seth.

“Sei forse impazzita? Eppure la fase di ribellione dovrebbe esserti passata da un po’. Non riesco a capire cosa ci trovi di così esaltante a cacciarti sempre nei guai e a farmi disperare” esplode, distraendosi qualche secondo dalla guida, per incontrare il mio sguardo.

Evito accuratamente di ricambiare la sua occhiata, le lacrime già in equilibrio precario sul bordo della palpebra, rischierebbero di straripare.

“Mi dispiace” mormoro, mesta.

Seth non ribatte, si limita a concentrare tutta la sua attenzione sulla strada davanti a noi e nell’assoluto quanto imbarazzante silenzio proseguiamo i pochi chilometri che ci separano da casa.

Dopo avere biascicato uno stentato “grazie”, chiudo lo sportello dell’Audi nera e mi dirigo verso l'appartamento mentre Seth, ingrana la marcia e parte in tutta fretta per far ritorno a lavoro.

**

I giorni sembrano volare, non sono più uscita dalla sospensione; tre giorni in cui mi sono dedicata anima e corpo allo studio. Seth mantiene il suo costante atteggiamento di non curanza che mi fa saltare i nervi, esce spesso e il suo cellulare continua a lampeggiare con regolarità.

Volente o nolente, questa situazione m’irrita parecchio.

Sentirlo sghignazzare al telefono e fare finta di non provare alcuna gelosia immaginando all’altro capo una qualsiasi Victoria, mi corrode l’animo.

Ma in confronto al vuoto cosmico che l’assenza di chiamate o messaggi da parte di Liam Cooper mi provoca, la presenza silenziosa di Seth è quanto più vicino a un balsamo lenitivo, possiedo.

Per fortuna dal versante Hanna, il sole sembra tornato a risplendere come prima. Il giorno dopo la sospensione, infatti, tra un’ora e l’altra abbiamo trovato il tempo di chiarirci, sebbene non si sia sbottonata più di tanto sull’argomento Garsol. Non posso negare la mia preoccupazione a riguardo ma sarà la mia migliore amica a parlarmene, quando lo riterrà più opportuno. Naturalmente, facciamo fronte comune contro quella vipera di Monique. Hanna vuole fargliela pagare, prima o poi.

Decisa a trascorrere l’ennesimo pomeriggio a studiare, mi accingo a prendere il libro di grammatica italiana e a poggiarlo sul ripiano rigido della scrivania. Con le tempie che pulsano e un mal di testa lancinante non mi accorgo della porta che si apre, svelando alle mie spalle la figura di Seth. Solo la sua voce, qualche secondo dopo mi desta, cogliendomi di sorpresa.

“Liam insiste affinché ci presentiamo a quello stupido cocktail all’Empire. Muoviti o ti lascio qui a marcire tra i libri” esordisce, freddo come il ghiaccio.

Mi volto a osservarlo ma arrivo giusto tempo a notare la sua schiena nuda sfumare via nel corridoio.

Era a torso nudo? Quella visione avrebbe rischiato di compromettere la barriera che ho innalzato con tanta fatica.

Seth è un uomo più che desiderabile. I muscoli così ben allenati e ospitati da quelle spalle larghe e la ‘V’ intarsiata in quel bacino stretto e delineato, farebbero perdere la testa a qualsiasi donna.

Mi domando come sarebbe fare l’amore con lui. Quale potenza nascondono quelle braccia forti e quelle gambe possenti?

Una sensazione spinosa e pungente concentrata al basso ventre risponde in maniera esauriente a tutte le mie domande: mi piacerebbe scoprirlo.

Ci vogliono pochi secondi per riprendermi da quell’esperienza trascendentale causata dai miei ormoni impazziti, e altrettanti pochi per decidere cosa indossare e fiondarmi in bagno.

 Scelgo un abitino rosa, con il top a forma di cuore stretto in vita e la gonna in piume leggermente ampia e corta.

Lascio i capelli fluire morbidi sulle spalle e applico giusto un filo di trucco prima di avviarmi a passo svelto in salotto dove comodamente seduto su un divano, Seth legge una rivista di macchine e motori.

Il rumore dei miei tacchi, palesa la mia presenza, costringendo il mio coinquilino a interrompere la lettura e raggiungermi.

La prima cosa che percepisco è il suo tentativo di mantenersi neutrale alla mia presenza. Me ne accorgo dalle sue articolazioni tese e dal capo rigido e impostato. Ma a tradirlo sono gli occhi.

Quegli occhi colmi di desiderio spalancano le porte dell’inferno.

Se facessi un passo verso di lui, probabilmente lo bacerei. Invece da brava codarda, aspetto che apra la porta e senza dire niente lo seguo come un cagnolino diligente con il suo padrone.

L’hotel Empire, si trova nel cuore di Manhattan in una tra le vie più trafficate della grande mela. Impossibile non farsi ammaliare dalla maestosità di questo edificio svettante.

La sua imponente struttura si unisce agli interni sofisticati che armonizzano in maniera magistrale il lusso tradizionale con le idee futuristiche dei migliori designer.

La hall è ampia, di forma ovale e presenta un banco reception lungo e lucido, dove tre ragazze rigorosamente in divisa ci accolgono, invitandoci a usufruire dell’ascensore per risalire l’intero edificio e giungere nella terrazza.

Fortunatamente Seth ed io condividiamo l’ascensore con altre persone, dissimulando così l’imbarazzo di trovarsi da soli e senza alcuna intenzione di parlare. Strada facendo però, molte persone si dirigono nei vari piani di appartenenza delle loro camere, solo due o tre persone arrivano con noi fino alla fine del viaggio. Ne deduco siano invitati anche loro.

Quando metto piede sul terrazzo panoramico, mi sembra di essere nell’eden. Piante rampicanti e luci accennate mi accolgono in un ambiente soft ed essenziale. Quasi tutto il perimetro è costeggiato da divanetti bassi in pelle bianca e tavoli da tè. Al centro troneggia una grande piscina rettangolare con faretti incastonati ai bordi e sopra le nostre teste, un tetto in vetro richiudibile completa la paradisiaca armonia dell’ambiente.

All’angolo, un bar ben fornito, ospita decine di persone in abiti formali che chiacchierano tranquillamente tra di loro del più e del meno.

Volgo lo sguardo alla mia destra e un maxi schermo penzolante dall’alto proietta immagini di una crema che a giudicare dal video si propone come elisir di bellezza immortale. Il prodotto di punta di cui parlava Liam.

All’improvviso percepisco la mano di Seth sfiorare la mia e cercarne il contatto; nonostante tutto, la sua incoerenza non mi spaventa e lascio che le sue dita incrocino le mie in segno di sfida. Che cosa ha intenzione di fare? Agli occhi degli altri quel gesto appare come una semplice effusione tra due fidanzati ma noi non lo siamo e a quanto pare non lo saremo mai.

Perlustro attentamente il terrazzo mentre la sua mano mi conduce verso il bar, assicurandosi che stia sempre sotto il suo sguardo vigile.

“Vuoi qualcosa da bere?” chiede atono, quando raggiungiamo il bancone di marmo, rigorosamente bianco.

“Cosmopolitan” soffio, avvicinandomi al suo orecchio per innalzare la mia voce al di sopra della musica lounge e del chiacchiericcio frenetico.

Nel farlo, sfioro accidentalmente la sua guancia e quella lieve barbetta mi pizzica, causandomi un tenue rossore. Non saprei definire se propriamente causato dalla barba o dai suoi occhi attoniti.

“Non berrai alcolici, scordatelo” sentenzia, bloccando sul nascere ogni mia ribellione.

Irritata, lo fulmino con lo sguardo sperando che possa intuire tutto il mio disappunto. “Allora una coca cola! Sai, alle bimbe come me, piace parecchio!” ribatto, chiaramente ironica.

Conosco la sua espressione imbronciata e quella che ho di fronte è la versione che vi si avvicina di più.

“Leila, ti prego di smetterla..”

“Sono stanca Seth” inizio col dire, sotto lo sguardo attonito del barman.

“Stanca di sentirmi sempre una bambina ai tuoi occhi” continuo poi, sciogliendo l’intreccio delle nostre mani.

Seth sospira e si prepara a parlare ma io sono più veloce e senza troppi complimenti mi allontano da lui alla ricerca di qualche angolo dove potermene stare in pace. I suoi occhi mi seguono come fari nella notte ma in un attimo mi disperdo tra i gruppi di persone, più o meno omogenei, occupati nelle loro noiose discussioni.

A passo spedito cerco di raggiungere un posticino libero che ho scovato in uno dei divanetti sul lato destro, ma una donna sulla quarantina con una folta capigliatura, lo occupa rischiando così di farmi imprecare ad alta voce.

Sconsolata e parecchio nervosa, scandaglio l’ambiente, alla ricerca di qualche altro posto a sedere ma ad attirare la mia attenzione è Liam Cooper, qualche metro più avanti, intento a parlottare con una donna.

Sembrano molto intimi, lei ride a ogni battuta di lui e lo guarda come se intorno non esistesse nessun altro. Dal canto suo Liam, gesticola tronfio con una mano mentre nell’altra tiene un bicchiere dalla forma conica.

Indossa un completo blu scuro di taglio elegante e una camicia dai toni pastello che mette in risalto la pelle bianca mentre la sua interlocutrice è fasciata in un tubino bianco, così aderente da risaltarne la magrezza eccessiva.

In questo momento maledico me stessa per aver seguito Seth in questa serata che di divertente ha veramente poco. Per quanto odi ammetterlo, aveva ragione Liam, mi sto già annoiando.

Sospiro pesantemente, prima di voltarmi dalla parte opposta e andare alla ricerca di un altro spazio.

Quando cerco di affrettare il passo, i tacchi non  mi permettono un’andatura fluida e un equilibrio stabile; dovrò ricordarmene la prossima volta che deciderò di indossarne un paio.

Passano pochi istanti e mi sento tirare la gonna del vestito da qualcuno.

Mi volto teatralmente, pronta ad aggredire chiunque si sia permesso una tale libertà, ma le parole mi muoiono in bocca non appena quegli occhi azzurri incontrano i miei.

“Miss Roberts, alla fine ha deciso di partecipare a questo tedioso evento” dice, scandendo per bene ogni parola.

Sono ipnotizzata dal movimento delle sue labbra; si piegano morbide per poi schiudersi ed emettere quel suono così carezzevole..

Solo in un secondo momento mi rendo conto che Liam Cooper mi ha appena dato del Lei.

“Signor Cooper, non potevo di certo mancare al cocktail di presentazione più chic dell’anno” lo stuzzico, ammiccando spudoratamente.

La mia intraprendenza deve piacergli parecchio, poiché senza preavviso e con una certa insistenza afferra il mio braccio e mi conduce fuori dal terrazzo.  Attraversiamo un corridoio semi vuoto ma non faccio in tempo a chiedere dove stiamo andando che le sue mani mi adagiano sul muro e la sua bocca s’impossessa della mia.

E’ ruvida e corposa, al sapore di limone.

Dopo un primo istante di smarrimento, ricambio il suo bacio con altrettanto ardore, affondando le dita tra i suoi capelli morbidi.

 Assaporo ogni attimo di quel contatto; lui venera le mie labbra, poi le sfrega, le mordicchia, le consuma con un impeto che m’inebria fino a perdere il contatto con la realtà.

Liam Cooper è un gran baciatore, devo dargliene atto.

Ma è anche l’uomo più enigmatico sulla faccia della terra!

Qualche minuto più tardi, infatti, si distacca ansante e visibilmente eccitato mentre la sua fronte è ancora appoggiata alla mia.

“E’ meglio se rientriamo, mi staranno cercando” mormora roco, fissandomi negli occhi.

Oh, quanto vorrei rimanere invece.

“D’accordo, Seth si sarà accorto della mia assenza” biascico alquanto delusa. Perché non riesco mai a dire quello che in realtà vorrei?

Mentre Liam si avvia verso il terrazzo, aggiustandosi il colletto della camicia e passandosi una mano tra i capelli per riportarli all’ordine iniziale, io prendo fiato e indosso la migliore maschera di sempre: l’indifferenza.

Quando rientro nell’eden formato terrazzo dell’hotel, scorgo qualche viso nuovo e dei camerieri che eleganti, reggono vassoi di drink, offrendoli agli invitati. Come ho fatto a non vederli prima? Mi precipito vicino a uno di loro e agguanto il tanto agognato cocktail, sul quale mi fiondo senza ritegno.

Intanto un signore impettito in un completo a righe con pochette in bella vista sul taschino, sta elencando, davanti ad un microfono, tutte le proprietà benefiche della M-Cream 205.

Liam, applaude al suo fianco, mostrando una facciata impeccabile e un sorriso imperturbabile e professionale.

Davvero quel bacio non è contato nulla per lui?

Finisco il cocktail con un’ultima lunga sorsata e mi avvicino ancora di più al maxi schermo, decisa a farmi notare da Mr.Prima-ti-bacio-e-poi-t’ignoro.

Audacemente faccio qualche passo nella sua direzione ma la visione di Seth, comodamente seduto a parlare con due donne, mi destabilizza a tal punto da fare qualche passo indietro per non farmi scorgere da lui in quello stato.

Per un attimo mi confondo tra i vari gruppi che ascoltano annoiati i pregi di una crema che costa quanto un gioiello, poi la brama di osservare il mio coinquilino mi fa commettere un errore madornale.

Mi sporgo giusto qualche centimetro in più per avere una visuale più chiara ma non mi accorgo che il mio piede ha oltrepassato il bordo della piscina. In meno di tre secondi sono completamente e irrimediabilmente zuppa d’acqua e di vergogna.

Le voci che sento intorno, sono confuse e ovattate dall’acqua che ho ingerito e che sgorga anche dalle orecchie.

Muovo lentamente le palpebre, riprendendo familiarità e conoscenza del posto in cui mi trovo. Sono sdraiata su un divanetto bianco e morbido del terrazzo; Seth è chino su di me, visibilmente preoccupato.

Alzo lo sguardo oltre e ritrovo la stessa espressione preoccupata negli occhi sgranati di Liam. Intorno, le persone guardano apprensive la scena.

“Grazie al cielo” mormora Seth, baciandomi lievemente la fronte.

I suoi occhi ora sono dolci e quel blu cobalto è un tuffo al cuore.

In lontananza le sirene di un’autoambulanza, annunciano l’arrivo dei soccorsi.

 

**

Convincere Seth a lasciarmi firmare la delibera per tornare a casa non è stato facile.

I dottori dicono che ho solo ingerito una quantità d’acqua oltre il normale ma che con un po’ di riposo e le cure necessarie starò bene.

Non vedevo il motivo di restare anche solo una notte in questo freddo letto d’ospedale.

Per il momento, l’appartamento di Seth mi sembra il luogo più sicuro del mondo, e il mio lettone a una piazza e mezzo, l’ancora di salvezza.

Finalmente sfilo via i tacchi vertiginosi e il vestito ancora umido, così come l’intimo. Dopo una doccia che mi riporta in vita, metto una vestaglietta asciutta e leggera e mi adagio a letto, sfinita.

Seth arriva qualche momento dopo, annunciando la sua presenza con un lieve tocco sulla porta.

“Come stai?” chiede apprensivo.

“Molto meglio” rispondo, incatenando il mio sguardo al suo.

All’improvviso l’atmosfera è carica d’imbarazzo.

“Beh, ti lascio riposare. Buona notte Leila” mormora, avviandosi verso l’uscita.

“Seth”

“Si?”

“Dormi con me stanotte?”.

 

ANGOLO AUTRICE:

Buon pomeriggio e se siete sopravvissuti a questo capitolo decisamente lungo rispetto ai miei standard, complimenti!

Allora, cosa ne pensate?

Il dualismo Seth/Liam si accentua sempre di più, così come la confusione di Leila. Poveretta, non ci voleva una caduta del genere..sono proprio cattiva! L’altro aspetto importante di questo capitolo è il comportamento “strano” di Hanna, guarda caso dopo aver trascorso la notte con Steve Garsol..eheh.

Non mi resta che ringraziare tutti voi, per le recensioni o anche solo per la semplice lettura. Mi scuso come sempre per l’eventuale presenza di errori ma in questo periodo sono sempre dietro l’angolo!

La canzone che dà il titolo al capitolo è: City of angels dei 30 second to Mars (sarà perché la amo?).

Un bacio, a presto.

 

NOTE:  *Crap: E’ la forma dialettale americana corrispondente alla nostra imprecazione: merda!

L’ho voluta lasciare in lingua originale perché adoro lo slang americano, è così colorito!

*Oggi sta propr incazzat: dovrebbe essere un'espressione in dialetto napoletano. Non essendo della Campania e non conoscendo nessuno di quelle parti non saprei dire se è giusta o meno. Se qualche anima pia, dovesse riscontrare che è sbagliata, me lo segnali pure insieme alla traduzione giusta xD

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Capitolo 11
*** Let me take you there ***


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             Somebody that I used to know

                          Capitolo undicesimo

                      Let me take you there

ANGOLO AUTRICE/WARMING:

Salve a tutte/i, oggi in via del tutto eccezionale anticipo le mie chiacchiere per degli avvertimenti.

Il capitolo in questione presenta una scena forte, non tutti gradiscono il rating rosso e questa scena supera leggermente “l’arancio” imposto dalla storia o almeno credo..giudicate voi e scegliete se continuare a leggere o meno. L’altro avvertimento riguarda la pubblicazione del prossimo capitolo che potrebbe ritardare per impegni personali. La canzone che dà il titolo al capitolo è Let me take you there dei Plain white t's.

Per chi volesse dare un’occhiata, vi lascio il link dell’altra storia che ho iniziato come esperimento: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1977225&i=1

Come sempre, un grazie a tutti per la costanza che riservate a questa storia, ne sono lusingata. Bando alle ciance, buona lettura!

 

 

“Seth?”

“Si?”

“Dormi con me stanotte?”

Le parole riecheggiano in tutta la stanza e sembrano propagarsi in un eco infinito al mio povero orecchio.

Non ho usato filtri, maschere o giochetti, stavolta ho lasciato che il cuore parlasse per la ragione. Ho messo da parte l’orgoglio, la rabbia e tutti i sentimenti contrastanti che ultimamente hanno animato il mio rapporto con Seth. Il bisogno di sentirmi protetta dalle sue braccia e di sentire il calore umano che esse emanano, è diventato troppo impellente.

Per un attimo, in quella piscina, ho avuto paura di non rivedere più la luce né le persone a me care.

Lui è immobile, stretto nel suo angolino di riservatezza e mi guarda come se dalla mia immagine volesse cavare la risposta giusta a una domanda tanto difficile quanto invitante.

“Si”.

Un monosillabo che fende l’aria e arriva dritto al cuore.

Una conferma che fa a pezzi le mie barriere o meglio le disintegra totalmente.

“Lascia che indossi il pigiama, arrivo subito” aggiunge istantaneamente.

Non ho il tempo materiale di rispondere poiché alla velocità della luce sparisce dietro la porta.

Finalmente libero il fiato a lungo trattenuto e regolarizzo il respiro; ero come in stato di apnea prima che rispondesse positivamente alla mia domanda.

“Eccomi” annuncia Seth, qualche minuto dopo.

Ha indosso un paio di pantaloncini da basket e una canotta che mette in risalto le braccia forti e possenti. Per qualche istante mi perdo nella contemplazione di un fisico tanto perfetto, ogni muscolo è al suo posto e in armonia con tutto il resto del corpo.

I suoi occhi sono di un blu liquido, simile all’acqua del mare in quelle sere di buio pesto; quelle sere per intenderci, quando il cielo è ricoperto dalle nuvole e sembra tanto minaccioso.

Delicatamente discosta le lenzuola e si fa spazio nel letto, affiancandomi.

Entrambi non fiatiamo, stiamo immobili come statue a guardare il soffitto, persi nei nostri pensieri più intimi.

L’unico rumore udibile, oltre ai nostri respiri irregolari, è l’insistente ticchettio delle lancette che enfatizza ancora di più l’elettricità nell’aria.

Poi, accade l’impensabile.

Con un movimento timido della mano, Seth mi attira a sé, permettendomi di adagiare la testa sul suo petto virile e di ascoltare così la frequenza alterata dei suoi battiti cardiaci.

Continuiamo a mantenere un religioso silenzio, forse troppo codardi per affrontare la grandezza delle emozioni di cui siamo vittime, forse perché le parole ci appaiono superflue: si sa, i gesti sono l’espressione più vivida e fedele delle intenzioni.

Non riesco a quantificare quanti secondi, minuti o ore siano passate prima che la sua voce interrompa i miei pensieri.

“Dormi?” sussurra, sfiorando con le labbra i miei capelli.

“No” rispondo laconica.

Lo sento deglutire più volte prima di riprendere:

“I tuoi capelli hanno un buon profumo, mi piace”.

Mi ha appena fatto un complimento?

“Oh, anche tu hai un buon profumo, è così intenso” ribatto, mordendomi il labbro inferiore per la paura di avere esagerato.

Il suo braccio avvolge completamente le mie spalle, sono rannicchiata dentro quella piacevole morsa e non vorrei essere in nessun altro posto in questo momento.

“Leila, sai che è sbagliato tutto questo, vero?” afferma lui, cogliendomi di sorpresa.

Perché deve sempre rovinare ogni momento di sincera armonia?

Che cosa dovrei rispondere? Sì, mi hai visto crescere ed è moralmente sbagliato provare un’attrazione così radicata nei tuoi confronti?

“Non puoi semplicemente abbracciarmi come hai sempre fatto?” ribatto invece, desiderosa di cambiare argomento per non cadere nella trappola del litigio.

Ho paura di quale possa essere la sua risposta.

“No” risponde secco e tagliente.

Le sue parole sono intrise di significati latenti che è giunto il momento di portare alla luce.

“Perché?” chiedo cocciuta, distaccandomi giusto un poco dal suo petto per guardarlo negli occhi.

“Perché ho iniziato a vederti sotto una luce diversa e mi odio per questo” ribatte Seth con un tono di voce fermo e distaccato. E’ come se stesse parlando di un altro, come se quell’Io non gli appartenesse, semplicemente perché cozza con la sua morale e i suoi principi.

Non deve essere facile per lui ammettere di desiderare la figlia del suo migliore amico, la piccola Leila.

Ai suoi occhi sono sempre stata un piccolo impiastro di lentiggini e capelli ramati, tanto magro quanto debole.

C’era lui alla mia prima caduta, quando con gli occhioni lucidi trotterellavo da una parte della stanza all’altra, incapace di frenare le lacrime.

C’era lui quando ho pronunciato per la prima volta la parola ‘papà’, sputacchiando la zuppa che nonna Claire mi aveva preparato con tanto amore.

Era piccolo anche lui allora.

Ricordo che lo vedevo più come un compagno di giochi che come uno zio vero e proprio.

Come sono arrivata a desiderarlo? Ad anelare il suo tocco o a bramare un suo sguardo diverso?

E ora che ho ottenuto una confessione in piena regola, perché sento questo vuoto attanagliarmi lo stomaco?

Non rispondo nulla, adagio nuovamente la testa sul suo petto e mi chiudo nella mia muta codardia.

“Leila” fiata Seth, infrangendo il muro del silenzio.

“Se ho detto qualcosa di sbagliato, ti chiedo scusa, io non..” continua, interrotto solamente da una frase, un unico destabilizzante concentrato di parole che troneggia nell’aria, chiaro e limpido.

“Ho voglia di fare l’amore con te”.

Non riesco a credere che sia stata io a pronunciarla.

E’ sgorgata così all’improvviso che ha stupito anche me, per la violenza d’impatto con la quale ha rotto gli argini della mia timidezza.

Di nuovo quell’insostenibile silenzio e quell’amara sensazione di aver sbagliato, di nuovo la paura di avere superato un limite invalicabile, di avere esagerato e infranto la maschera di perbenismo dietro cui ci nascondevano.

Mi discosto leggermente da lui mentre medito di scappare, fuggire via lontano, magari da Liam. Perché no?

E’ molto più grande di me anche lui, certo. Ma non è complicato!

E’ misterioso ma non rischia di spezzare l’equilibrio della mia famiglia.

Sono così pensosa e meditabonda che quando le labbra di Seth si schiantano sulle mie, sobbalzo visibilmente e sgrano gli occhi per la sorpresa.

Ci vuole poco ad abituarmi a quelle labbra così marcate e decise, ancora meno a dischiudere le mie per accogliere la sua lingua.

E’ diverso da tutti i baci dati in precedenza, è un bacio maturo e consapevole. E’ lento, trascinato e maledettamente coinvolgente.

La sua bocca si muove sulla mia come non conoscesse altro rifugio dove placare l’arsenale d’istinti che muta la sua espressione.

Sul suo viso virano tormento e passione, dedizione e liberazione, consapevolezza e desiderio.

Lo schiocco di quelle bocche che si scontrano, mai sazie l’una dell’altra, è la colonna sonora perfetta in questa notte ruffiana che con il suo buio nasconde agli altri, i nostri corpi colpevoli.

Avvolti dall’essenza dei profumi mischiati, Seth si appiattisce su di me. Ora siamo un’unica soluzione, a dividerci solo il sottile strato di stoffa dei vestiti.

Non smette di baciarmi, né di tormentare piacevolmente con una mano i miei capelli mentre con l’altra scende ad accarezzarmi le gambe per tutta la loro lunghezza.

Piccoli brividi nascono allora che una piacevole quanto intensa sensazione divampa per tutto il corpo.

Fermamente convinta sfilo via la canotta sebbene quel gesto ci costringa ad allontanarci per qualche secondo.

Non riesco a vedere perfettamente il suo torso nudo ma ne distinguo chiaramente l’ombra delineata e maestosa.

Torna ad accovacciarsi su di me e, delicato ma deciso, tira su la mia vestaglietta ormai d’intralcio. Rimango in intimo, esposta al suo sguardo penetrante che, nonostante il buio, sento addosso come un faro, una guida verso il sentiero intricato in cui ci stiamo avventurando.

Le mie mani esili allora provvedono a sbarazzarlo dei pantaloncini da basket nel mentre le sue mani completano l’opera e fanno scivolare via i boxer di coloro scuro che ha indosso.

Libero da costrizioni, Seth, si dedica a me, a spogliarmi del mio intimo e del velo d’imbarazzo che questa situazione nuova comporta.

Niente più barriere a dividerci, difficilmente si torna indietro.

“Sei sicura di volerlo?” sussurra dolcemente al mio orecchio.

Ha il fiato corto, lo sento trattenerlo a stento.

“Si” rispondo, fermamente convinta di non desiderare altro che lui e la sua pelle.

E’ l’ennesimo monosillabo a fendere l’aria, a riecheggiare tra le mura di questa stanza che improvvisamente sento come fosse il nostro riparo sicuro dal mondo e dai giudizi.

Che cosa può succederci qui dentro? Siamo io, lui e le nostre movenze libere, naturali e spontanee.

Un turbinio di emozioni sospirate, di parole dolci e sorrisi celati.

Neanche sfruttando tutte le potenzialità della mia immaginazione avrei potuto prevedere la sensazione di completezza e appagamento che si riverbera fino all’anima quando Seth, si distende esausto al mio fianco.

Non c’è più traccia d’imbarazzo, solo le note dolci delle nostre risate cristalline e le sue braccia ad avvolgermi completamente.

Mi sento protetta, mi sento al mio posto.

Senza domande, dubbi o ansie mi addormento candidamente, cullata dal respiro regolare sopra il mio capo.

**

Un altro giorno, una nuova alba, nuovi orizzonti.

Al mio risveglio ogni cosa sembra avere acquisito vigore.

Il sole non è mai stato così brillante, gli uccellini mai così canterini, perfino la signora del piano di sopra sembra volermi concedere qualche attimo di silenzio, senza iniziare il suo solito trantran di pulizie mattutine rumorose.

Non ci poteva essere risveglio migliore.

“Buongiorno” biascica Seth, sentendomi stiracchiare.

“Ciao” bisbiglio al suo orecchio.

“Dormito bene?” mi chiede, scostandomi una ciocca di capelli per guardarmi negli occhi.

Il suo viso è rilassato sebbene presenti evidenti, i segni del cuscino.

“Magnificamente” rispondo, abbozzando un sorriso compiaciuto e osservandolo di sottecchi.

I suoi capelli corti perennemente in ordine sono ora scomposti e spettinati eppure la sua bellezza non ne risulta scalfita minimamente.

La barbetta è leggermente più lunga del solito e gli conferisce un’aria matura e fintamente imbronciata.

Gli occhi, sono specchio di un blu intenso, quasi disarmante.

“Stamattina fili dritto a scuola, non si concedono sconti” mormora, in finto tono di rimprovero.

“Sconti? E per cosa scusa?” ribatto maliziosa.

Quando vedo affiorare la fossetta all’angolo destro della sua bocca, intuisco la sua risposta prima ancora che lui la proferisca.

“Per avermi circuito” afferma, sfiorandomi le labbra e alzandosi di scatto.

Lo osservo allontanarsi e dirigersi in bagno e sono convinta che niente possa rovinare questa giornata perfetta. A scuola, racconterò a Hanna ogni cosa, tralasciando quelli che sono i dettagli più intimi.

La bionda vorrà sapere anche quelli ne sono certa, ma resterà a bocca asciutta non ho intenzioni di perdermi in dettagliate descrizioni anatomiche.

Canticchiando, mi trascino fuori dal letto; sul comodino il cellulare lampeggia, richiamando la mia attenzione.

Mi blocco istintivamente, paralizzandomi.

Liam.

Ho completamente messo da parte il ricordo del nostro bacio, troppo pesa da Seth. Che razza d’imbecille.

Leggo il suo messaggio e sento le gambe divenire senza consistenza per La dolcezza inaspettata delle sue parole:

Leila come stai? Fammi avere tue notizie al più presto, sono preoccupato. Avrei voluto seguirti in ospedale ma c’era Seth e non mi sembrava il caso.

Guardo allibita il cellulare con uno strano senso di colpa fin dentro le viscere. Come ho potuto dimenticarmi di lui?

“Qualcosa non va?”

All’arrivo di Seth fresco di barba e intriso di acqua di colonia, sobbalzo come un ladro colto in fallo.

“No, no” balbetto, poggiando nuovamente il cellulare sul comodino.

“Chi era al cellulare?” domanda chiaramente in tono sospettoso.

Maledette le mie capacità reattive, al risveglio sono più lente di una lumaca!

“Oh, era solo Hanna” mento, qualche secondo in più del dovuto, eclissandomi poi nel corridoio con la scusa di fare tardi a scuola.

Conosco Seth, quando ha un sospetto, non placa facilmente la sua sete di sapere. E’ meglio sfuggire, non reggerei il suo sguardo interrogativo.

Alle otto in punto sono in macchina con lui davanti ai cancelli del Mazzini, in anticipo come succede solo da qualche giorno a questa parte.

“Io vado” mormoro, indecisa se baciarlo o meno sulle labbra.

Come devo comportarmi?

Ci pensa lui a sciogliere ogni dubbio, carezzandomi la guancia e sfiorandola con un lieve bacio.

“Buona giornata piccola” sussurra infine.

Appena la sua auto scompare dal mio campo visivo, mi affretto a tirare fuori il cellulare. Nessun messaggio.

Decido allora di rispondere a Liam, per rassicurarlo sulle mie condizioni di salute.

Mi dispiace averti fatto preoccupare. Sto bene.

Qualche secondo dopo il mio cellulare trilla nuovamente rivelando la risposta immediata di Liam.

Bene, sarà più facile vederci no? Abbiamo un discorso in sospeso..

Le sue parole mi confondono e ora? Voglio veramente vederlo?

No, dopo stanotte ho capito che solamente una persona è in grado di farci provare determinate sensazioni, il resto è solo mera attrazione fisica.

E se non fosse solamente quella? Beh, non sarebbe corretto nei confronti di Seth ugualmente.

E’ meglio se non ci vediamo più. Abbiamo sbagliato ad andare oltre. Perdonami.  Digito velocemente.

Sospiro, riponendo il cellulare in tasca mentre una nuova versione di Hanna sorridente e allegra mi viene incontro.

Che fine ha fatto quella taciturna dell’altro giorno?

“Leila, deve aiutarmi in matematica. Ieri pomeriggio non ho potuto studiare granché” esordisce, unendo le mani in segno di preghiera.

“Ieri sono caduta in una piscina e sono stata in ospedale. Non ho potuto fare niente nemmeno io” rispondo pratica con un pizzico d‘ironia.

“Coooosa? Quando è successo?” chiede allarmata.

“Siediti, la storia è molto lunga”dico prima che il fiato si spezzi alla lettura dell’ennesimo messaggio di Liam.

Se pensi che io rinunci a vederti ti sbagli di grosso, non mi arrenderò.

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Capitolo 12
*** Bloodstained heart ***


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Somebody that I used to know

                Capitolo dodicesimo

                   Bloodstained heart

 

L'ora di matematica.

Un incubo senza fine che rischia di incrinare definitivamente il già precario equilibrio di questa bella giornata di metà maggio.

Mi accorgo di non pensare ad altro che Seth e Liam. Può un essere umano desiderare due persone contemporaneamente? Non è forse la ragione che ci permette di scindere quello che la passione unisce? A tal proposito vorrei tanto sapere dove è ubicata la mia ragione, ultimamente non ne combino una giusta.

Ieri credevo di non desiderare altro che Seth. Ne ero convinta.

I suoi baci, le sue carezze e la sua dolcezza inaspettata, avevano deposto inesorabilmente a suo favore. Allora perché i messaggi di Liam Cooper continuano a infestare i miei pensieri?

Hanna mi ha consigliato di rispondere, è entusiasta di quanto avvenuto tra me e Seth ma trova corretto che io affronti Liam e tutto quello che rappresenta. Solo affrontandolo dice, potrò elargire un giudizio definitivo. Neanche fossimo in un tribunale e la mia vita fosse un processo in attesa di sentenza.

Ho preso del tempo per pensare e mi sono buttata a capofitto nelle lezioni, le ultime prima degli esami.

"Lewis alla lavagna" la voce stridula della professoressa di matematica marca a fuoco la condanna della mia migliore amica. Hanna non ha studiato nulla, a quanto pare, anche questa volta Steve Garsol è l'artefice dei suoi guai. Mi ha parlato di un gelato e di una passeggiata ma non è andata oltre nel racconto del pomeriggio speso insieme.

"Allora signorina Lewis, vuole un invito ufficiale?" rincara la dose la professoressa, inacidita dall'ostile silenzio di Hanna.

"Non ho studiato" si arrende infine la mia migliore amica, chinando il capo nel mero tentativo di nascondere una lacrima.

Con freddezza e impassibile distacco la professoressa annota qualcosa sul suo registro personale e posando lo  sguardo su Hanna afferma:

"Signorina Lewis, dal suo quadro generale emerge un calo drastico dei voti. La sua situazione non è florida, ne abbiamo parlato nell'ultimo consiglio di classe e siamo arrivati alla spiacevole conclusione che, perseverando su questa via disastrosa, saremo costretti a non ammetterla agli esami".

Corro ad osservare il viso di Hanna, l'iniziale espressione sbalordita lascia il posto ad una più arrendevole e muta consapevolezza che le marca i tratti fino a storpiarli.

Nessuna parola, solo un gesto remissivo del capo con il quale accetta inerte la pubblica deprecazione. Non è da lei!

Terminata la lezione devo assolutamente parlarle per capire cosa le succede. Hanna non ha mai eccelso nello studio ma la sua media non è mai stata tanto in bilico da rischiare la bocciatura.

Quando la campanella annuncia la fine della giornata scolastica, flotte di persone si precipitano ad affollare i corridoi per raggiungere l'uscita. Mi faccio spazio tra la folla a spintoni, nel mentre Hanna si allontana sempre di più dal mio campo visivo. Non mi ha dato il tempo di parlarle, è sgattaiolata via biascicando un saluto veloce, costringendomi così ad inseguirla.

All'uscita, con mio enorme disappunto, è sparita del tutto, volatilizzata. Impreco mentalmente contro la mia totale incapacità motoria e assumo una posizione di defaticamento portando il tronco in avanti e appoggiando i palmi delle mani sulle ginocchia per riprendere fiato. Il cuore mi si ferma in gola due secondi dopo, quando le mie insulse iridi marroni incontrano quelle sgargianti e azzurrissime di Liam.

E' comodamente appoggiato alla sua Lamborghini nera, le braccia conserte e quella smorfia compiaciuta ad increspare le labbra.

Un inno alla bellezza matura e alla sfacciata sensualità, ecco cosa rappresenta la sua figura ritta.

Muovo qualche passo nella sua direzione, fermandomi poco lontano da lui, perdendomi poi ad osservare l'ineccepibile eleganza con cui il vestito cade a pennello sulle sue ampie spalle.

"Ciao Leila" esordisce, sfoderando un sorriso che coinvolge anche gli occhi in un circolo vizioso dal quale è estremamente difficile uscire indenni.

"Liam che cosa ci fai qui?" biascico, guardandomi intorno circospetta. Seth verrà a prendermi da un momento all'altro, sarebbe un disastro di proporzioni cosmiche se ci vedesse insieme.

"L'arrendevolezza non figura tra i miei difetti" risponde, riuscendo, come sempre, a lasciarmi senza parole e spoglia di difese.

Non impiega che pochi secondi a colmare la distanza che ci separa, parandosi di fronte a me così vicino da respirare a pieni polmoni il suo buon profumo.

"Non credi di dovermi delle scuse Leila?" soffia ad un millimetro dalle mie labbra, prendendo poi a fissarle insistentemente.

Sento le guance andare in fiamme e la gola secca mentre tento a tutti i costi di rifuggire il suo sguardo.

"No, mi dispiace" sussurro con un filo di voce.

Come può ridurmi in questo stato?

"Davvero non vuoi più vedermi?" insiste lui, costringendomi a levare il volto nella direzione del suo.

Bella domanda, davvero non voglio più vederlo?

"No" ammetto sconfitta.

Il suo viso sembra illuminarsi, irradiato da un sorriso compiaciuto e a tratti beffardo. Il sorriso sicuro e sprezzante di chi detiene la vittoria in pugno.

"Stasera vieni da me" sentenzia al mio orecchio.

La sua voce è un sussurro, appena udibile, eppure ogni singola parola brucia sulle pelle, quasi fosse impressa.

"Non posso" riesco a dire in un momento di lucidità.

"Puoi" controbatte fermo.

"Sono andata a letto con Seth" sputo lì improvvisamente, sperando che la mia rivelazione possa destabilizzarlo e salvarmi così da una situazione sconveniente.

Mi sento uno schifo per aver urlato ai quattro venti un fatto così delicato e importante con il chiaro intento di porre un freno all'ostinazione dell'uomo che ho di fronte.

"Cosa?" Liam indietreggia come se fosse venuto a contatto con qualcosa di ardente, qualcosa che lo repelle a tal punto, da non volere oltre la sua vicinanza.

"Da quanto?" chiede subito dopo, aggiustandosi la giacca in modo professionale e distaccato, neanche avesse davanti uno dei suoi clienti.

I suoi occhi hanno perso la vivacità di qualche secondo prima velandosi di un azzurro ghiaccio, la sua voce non ha più la stessa nota calda, al contrario è dura, inflessibile e fredda; non lascia trapelare emozione alcuna.

"Io.."

"Da quanto va avanti?" m'interrompe, alzando i toni.

"E' successo ieri. Vuoi sapere anche se mi è piaciuto? Si, ogni singolo istante" sbraito, meravigliandomi in un secondo momento della veemenza nella mia voce.

Liam accenna un sorriso dal chiaro retrogusto amaro e con fare teatrale prende ad applaudire, asserendo:

"Porta i miei complimenti a Seth, scoparsi la figlia del suo migliore amico va ben oltre ogni mia aspettativa".

C'è sarcasmo nelle sue parole; crudo e pungente sarcasmo che, come il veleno di una vipera, arriva fin dentro le vene e si disperde per tutto il corpo in onde propaganti.

All'improvviso un pensiero orrendo si fa prepotentemente spazio nella mia mente. E se Liam spifferasse tutto a mio padre? Per quanto mi sforzi di essere ottimista, non riesco ad immaginare un lieto fine a questa storia. Se avessi seguito il mio raziocinio non mi sarei trovata in questa situazione più grande di me, impaurita e scossa sotto lo sguardo contrariato di Liam Cooper.

"Credo sia meglio che tu vada, Seth sarà qui da un momento all'altro" affermo, torturando al contempo le mani.

Devo apparire proprio buffa poiché sul volto di Liam ora vige una smorfia divertita.

"Stai lontana da Seth, in te vede solamente il riflesso di Jamie Lynn. Non ha mai superato il fatto che lei abbia scelto un altro" afferma emblematico, puntandomi contro l'azzurro dei suoi occhi.

Ogni fibra del mio essere è pietrificata, non riesco a muovere un solo muscolo mentre mi crogiolo dietro quelle parole che gridano un solo nome: Jamie Lynn. Di nuovo lei. Lei e Seth.

Un moto interiore di profonda repulsione nei confronti di loro due insieme si insinua viscido nei meandri delle mie paure più re cognite.

"Menti" grido all'affacciarsi della prima lacrima.

"Prova a domandare al tuo amante a chi pensava mentre ti stringeva" ribatte Liam sempre più sprezzante.

Lo odio.

Odio quel finto sorriso sulle labbra perfette.

Odio l'evenienza che le sue parole possano corrispondere all'amara verità.

Poco lontano, il rumore di una macchina mi distrae per un attimo.

In quel frangente riconosco l'auto di Seth avvicinarsi pericolosamente a me e Liam e l'aria rarefarsi.

Osservo Liam con il terrore negli occhi mentre il mio coinquilino avanza a passo spedito nella nostra direzione senza nemmeno curarsi di chiudere lo sportello dell'auto.

"Cosa diavolo ci fai qui Cooper?" esordisce Seth fronteggiando Liam.

I due uomini sono ad un palmo di distanza.

Entrambi alti e minacciosi, entrambi lì per me.

"Rilassati Seth, passavo da queste parti" risponde Liam, con tono angelico ma dannatamente strafottente.

Sarebbe chiara anche ad un cieco la sua bugia.

"Non provare a fottermi, ti conosco! Stai lontano da Leila, hai capito?" bercia Seth, protraendo la sua postura all'indirizzo dell'amico. O ex amico.

Liam mantiene quell'aria spavalda e impenetrabile che tanto gli ammiro, niente sembra scalfirlo minimamente.

"Stesse parole, donne diverse. Pensavo avessimo appianato le nostre divergenze molto tempo fa', Douglas!" ribatte prontamente, passandosi con non curanza una mano tra i capelli folti e luminosi.

Seth impallidisce, perdendo qualche secondo la sicurezza nei movimenti.

"Leila, andiamo via" ordina, afferrandomi un polso.

Perché sembra voglia fuggire da Liam? Non sarà mica che..

"No, aspetta. Cosa voleva dire?" chiedo con voce flebile, cercando il suo sguardo. Si dice che la bocca sia una mera traditrice ma gli occhi, quelli non mentono. Nella loro muta espressività, risiede la purezza della verità.

"Fidati di me, è meglio andare via" risponde vago mentre ci allontaniamo in direzione della sua macchina.

E' visibilmente nervoso, una vena pulsante solca la sua fronte imperlata di sudore.

Smarrita, osservo fuori dal finestrino per metà aperto; la mia vista si perde tra i colori sfumati di una New York frenetica, tra i mille volti che vedo sfrecciare al nostro passaggio mentre il sole cocente riversa il suo calore sul mio viso etereo.

Chiudo gli occhi un istante nel vano tentativo di evadere da una deludente realtà verso i bagliori di un ingannevole sogno dove Seth è un ragazzo qualsiasi ed io non sono la figlia della sua ex amante o del suo migliore amico.

Quando arresta la macchina di fronte al palazzo signorile, in una manciata di secondi recupero la tracolla che ho adagiato ai miei piedi; mi allontano celermente da lui, per dirigermi all'entrata dove poso con una certa circospezione i piedi sul morbido tappeto dell'elegante dimora.

Dalla reception, giungono scampoli di conversazione tra il portinaio e un condomino a proposito di rumori molesti e diatribe con l'inquilino sottostante. Superati i due uomini di corsa, mi accingo ad entrare in ascensore, sperando che Seth non faccia in tempo a raggiungermi. Tra di noi è calato un omertoso silenzio che renderebbe l'aria irrespirabile poiché intrisa di imbarazzo.

Quando giungo finalmente a casa, mi libero febbrilmente della tracolla scaraventandola all'ingresso e mi dirigo nella mia stanza, chiudendo a chiave la porta.

Pochi secondi dopo, percepisco chiaramente la presenza di Seth avvicinarsi a passo spedito verso la mia camera.

"Leila, dobbiamo parlare" urla, bussando in modo esagitato alla mia porta.

Non rispondo, non ne ho il coraggio.

"Leila ti prego, rispondi" mi scongiura, imperterrito.

Lascio vagare lo sguardo nel vuoto qualche istante; un solo pensiero fomenta la mia personale rivoluzione interiore: Seth e Jamie Lynn.

"Vattene" bercio carica di rabbia, avvicinandomi alla porta.

"Apri, ti scongiuro" supplica ancora Seth, caparbio.

Non si arrende e conoscendo la sua cocciutaggine non lo farà mai.

"Cosa vuoi?" sbraito, aprendo l'infisso.

La smorfia di sofferenza ben evidente sul suo volto appaga per qualche secondo la mia rabbia repressa.

Egoisticamente mi ritrovo a condividere la mia attuale posizione predominante, tramutandola in un sorriso amaro e beffardo.

"Non si piange sul latte versato" sentenzio spavalda e forte della ragione.

Il suo volto è congestionato e la sua bocca, quella stessa bocca che ha saputo donarmi il paradiso, è ora inerte, piegata al dolore che sembra ammutolirla.

"Credevi che non l'avrei mai scoperto, eh?" inizio col dire, spintonandolo. Sono cosciente che le mie mani deboli non scalfiranno il suo petto di pietra ma è il modo più diretto di comunicare tutta la mia rabbia.

"Pensavi a lei mentre mi scopavi?" continuo, spintonandolo una seconda volta, stavolta, con più decisione.

"No, dannazione. NO!" grida Seth, svegliandosi dal torpore in cui sembrava versare fino a qualche secondo prima.

"Perché non me l'hai detto quando ne hai avuto l'occasione?" chiedo ponendomi proprio di fronte a lui.

Vorrei apostrofarlo con i peggiori epiteti ma decido di limitarmi a fulminarlo con uno sguardo carico di biasimo.

La sua figura imponente mi sovrasta ma non mi fa paura, per niente.

"E' successo solo una fottutissima volta, molto tempo dopo la rottura con tuo padre. Eravamo entrambi ubriachi, io avevo ricevuto una brutta notizia dal mio capo, lei.."

"Lei?" lo esorto a continuare.

"Lei era stata lasciata dal compagno" conclude, abbassando lo sguardo.

Vorrei andare via ma i miei piedi sono come incollati al pavimento mentre con una mano premuta contro la bocca, tento di reprimere lo stupore.

Forse è una mia semplice impressione ma la sensazione visiva è che Seth non stia raccontando tutta la verità; continua a sfregare convulsivamente le mani e tiene lo sguardo schivo e basso senza mai incrociare il mio.

"Mio padre è a conoscenza della tua scappatella?" chiedo con l'amaro in bocca, sul punto di esplodere.

"No" soffia Seth, a capo chino.

"Mi fai schifo" urlo, accasciandomi a terra.

Il mio petto è scosso da violenti singhiozzi e lacrime copiose rigano le mie guance di strie salate che arrivano fino alle labbra, inumidendole di un sapore disperato.

Prontamente Seth si piega sulle ginocchia e mi stringe a sè.

Provo a ribellarmi ma lui è più forte di me, con il corpo mi tiene premuta al suo petto e mi culla, accarezzandomi i lunghi capelli ramati e sussurrando di tanto in tanto parole di scuse.

Restiamo in quella posizione per ore fino a quando le lacrime non abbandonano il mio viso e il respiro torna ad essere regolare.

"Come stai?" sussurra Seth al mio orecchio.

Temo di essermi assopita tra le sue braccia poiché la sua immagine mi appare sfocata e la sua voce risulta come un brusio lontano e indefinito.

In altre circostanze avrei emesso dolci sospiri al cospetto dei suoi occhi blu cobalto, ma la patina di dolore che li riveste, mi riporta prepotentemente con i piedi per terra, strappandomi alle braccia di quell'illusoria passione.

Istintivamente mi allontano da lui, incespicando prima di rialzarmi del tutto. Lo specchio alla parete rimanda un'immagine di me sconvolta: il trucco e le occhiaie donano al mio viso un'aria stanca e il vestito stropicciato completa il quadro desolante.

"Leila, dove stai andando?" grida Seth mentre mi avvio come un automa verso la porta d'ingresso.

Vorrei avere la risposta a quella domanda ma la verità è che nemmeno io ho la minima idea dei miei movimenti.

L'unica certezza rimastami, ha le fattezze di un uomo moro e dai prepotenti occhi di ghiaccio.

Pochi minuti dopo, mi ritrovo per strada, nel trambusto quotidiano di una delle vie più trafficate di New York.

Sono sola e in balia di emozioni disarmoniche, nel più confuso degli stati mentali. Tasto il vestito alla ricerca del cellulare, rendendomi conto solo dopo dell'assenza di tasche e imprecando a voce forse un po' troppo alta, desto le occhiate torve da parte di alcuni passanti.

Incurante degli sguardi, continuo il mio vagabondare per quelle vie fino a quando non m'imbatto in un internet point e ho un'illuminazione.

Entro trafelata e priva di decoro, scongiurando il tizio pelato di concedermi un minuto di connessione gratis per la ricerca di un numero che dichiaro essere di vitale importanza.

L'uomo mi guarda allibito, in tutta la sua vita sicuramente non avrà mai assistito a questo particolare tipo di elemosina. Di solito si chiedono soldi, cibo, vestiti; insomma, beni di prima necessità.

Devo avere proprio un aspetto penoso perché il tizio, con un cenno del capo, mi indica una postazione completa di computer e auricolari.

Provvedo a sedermi davanti a quel computer datato e attendo i tempi del motore di ricerca, pensando nel frattempo alla parola chiave da inserire.

Non mi viene altro in mente che il suo nome: Liam Cooper.

Qualcosa salterà fuori, no?

Le prime pagine rimandano al sito dell'azienda per cui lavora; deve essere una società di fama internazionale data la promiscuità linguistica che si evince ad una prima e rapida occhiata.

Scorrendo avanti tra i risultati, trovo finalmente qualcosa di concreto: il suo profilo linkedin.

Apro alla svelta la pagina web e incollo gli occhi allo schermo per setacciare rigo per rigo il suo curriculum, alla ricerca di quel numero.

Dopo un'analisi attenta e meticolosa, lo trovo accanto alla dicitura: cellulare.

Senza ulteriori indugi, afferro allora il blocchetto di post-it e la penna in dotazione, scarabocchiando quelle cifre alla velocità della luce.

Non mi rimane che chiedere un'ultima gentilezza al tizio pelato.

"Potrebbe farmi chiamare questo numero?" esordisco, armandomi di coraggio.

L'uomo sembra irrigidirsi non poco alla mia richiesta ma dopo uno sbuffo sonoro, mi cede il suo smartphone.

Con le dita tremanti e il cuore in gola compongo il numero di Liam, guardandomi intorno nell'attesa di sentire la sua voce.

"Liam Cooper, con chi parlo?" esordisce in tono professionale e distaccato.

"Liam, sono Leila. Ti prego vienimi a prendere, sono in una traversa di Lexington Avenue" rispondo.

All'altro capo del telefono solo un assordante silenzio accoglie la mia patetica supplica.

"Liam.."

"Resta dove sei, arrivo fra pochi minuti" conclude serio e conciso.

**

La Lamborghini nera parcheggia davanti ad uno dei più lussuosi hotel di tutta New York.

Con un movimento repentino, Liam scende dal bolide e consegna le chiavi ad un fattorino di colore, indicandomi.

L'uomo in divisa provvede a eseguire gli ordini imposti e nel più cortese dei modi, apre lo sportello dell'auto invitandomi ad uscire.

Mi limito ad appigliarmi alla sua mano e scendere, seguendo poi Liam fin dentro l'hotel.

Quando arriviamo all'ultimo piano, le porte dell'ascensore si aprono, emettendo un suono acuto e tremendamente fastidioso.

Non ho il coraggio di proferire parola mentre varco la soglia di un attico lussuoso e all'avanguardia.

Ogni cosa è dotata di tecnologia moderna che limita all'essenziale i movimenti di esecuzione. Attraversando il luminoso salone per esempio, in maniera del tutto automatica, le tende si discostano lasciando intravedere lo skyline di Manhattan. Una vista mozzafiato.

"Benvenuta nella mia reggia" esordisce Liam, versandosi dello scotch in un bicchiere di vetro dalla forma quadrata.

"Vivi qui?" ribatto, alquanto frastornata.

"Si" risponde atono, continuando a sorseggiare il suo drink.

Lo osservo sciogliere con una mano il nodo della cravatta e gettarla sul divano, mentre si accomoda tra due enormi cuscini che hanno tutta l'aria di essere morbidi e accoglienti.

"Perché mi hai chiamato? Stamane non sembrava volessi più vedermi" afferma, facendo guizzare gli occhi su tutta la mia figura.

Mi chiedo come mai non abbia posto la domanda più ovvia in quel momento, avendo sicuramente notato le mie condizioni disastrose.

"I-o, io non lo so" balbetto, tormentando una ciocca di capelli.

"Vieni qui" dice, invitandomi con un cenno della mano a raggiungerlo.

Improvvisamente ho come la sensazione di stare per imboccare un sentiero senza uscita, all'interno del quale, mi aspetta un bellissimo angelo dannato. 

 ANGOLO AUTRICE:

Buona sera a tutte/i!

Alla fine ce l’ho fatta, non credevo fosse possibile. Ho ritardato un po’, ne sono consapevole, ma ho dovuto fare i conti con le vacanze e il trasferimento di un mese in Sardegna.

Qui, non ho tutte le comodità di casa, scrivo dal tablet (non da pc) e per pubblicare devo sottrarre il computer al mio boyfriend. Bando alla ciance, come trovate il capitolo? Rivelazione shock, Seth e Jamie Lynn.. linciatemi pure hihi Scagliatemi addosso qualsiasi cosa per Leila e Liam. Cosa faranno? Sarà la cosa giusta o il bel moro nasconde qualcosa? Non dimenticate Garsol, il prossimo chap lo conoscerete!

La canzone che dà il titolo al capitolo è Bloodstained heart di Darren hayes.

Ne approfitto per ricordare l’altra mia storia, quella nuova nuova che aggiornerò prestissimo --> 

http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1977225&i=1

Un ringraziamento speciale a tutte, bacioni.

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Capitolo 13
*** Closer to the edge ***


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                            Somebody that I used to know

                         Capitolo tredicesimo

                              Closer to the edge

 

ANGOLO AUTRICE EXTRA LARGE:

Buonasera a tutte/i, finalmente ecco partorito questo capitolo che mi ha dato parecchio filo da torcere. A tal proposito volevo ringraziare Malaria Efp per avermi spronato a pubblicare anche tramite le minacce che mi ha dedicato nell’ultimo capitolo di BLUNOTTE ( qui il link per chi volesse leggere la storia -->  http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1879230. Io, la consiglio vivamente) .  Oggi le note sono ad inizio capitolo per alcuni AVVERTIMENTI.

Queste righe magari non convinceranno tutti, i temi trattati sono delicati e non proprio auspicabili per una normale diciottenne. Colgo l’occasione per ricordare che questa è una storia inventata, quanto più lontano dalla realtà ci possa essere.

Alcune ragazze mi uccideranno, altre saranno contente del risvolto dato alla storia ma Leila doveva prendere una decisione e chiarire i suoi sentimenti. Non è la fine, quindi tutto può cambiare.

Anticipo che la storia si comporrà di soli 20 capitoli poiché ho intenzione di scrivere un sequel. Secondo i miei schemi, nel 15 capitolo verrà finalmente svelato tutto. In questo avreste dovuto conoscere Steve Garsol ma ho cancellato la parte riguardante lui, la troverete nel prossimo capitolo.

Un bacio a tutte, grazie di cuore per l’attenzione.

La canzone che dà il titolo al capitolo è Closer to the edge dei 30 Second to mars.

BUONA LETTURA!

 
Un profumo intenso e sofisticato, solletica le mie narici; impregnando l'aria di una gradevole fragranza muschiata; nel mentre, i primi raggi del sole si allungano timidi sul mio viso, pizzicandone la pelle diafana.

Dischiudo leggermente gli occhi, accogliendo così, l'arrivo di un nuovo giorno.

Accanto a me, la figura dormiente di Liam Cooper, ridesta emozioni contrastanti che lottano incessantemente tra di loro, nella continua e affannosa ricerca della cosa giusta da fare.

Con lo sguardo, accarezzo il suo profilo, soffermandomi sugli zigomi ben definiti e sulle guance leggermente scavate; indugiando infine, sulle labbra pronunciate, contornate dalla barbetta di qualche giorno.

E' disteso sulla schiena, un braccio piegato sotto la testa e l'espressione appagata di un placido sonno ristoratore, il sonno di un bambino.

Spogliato della sua irriverenza, nell'intimo momento del riposo, acquisisce infatti, un'aura fanciullesca; ingenuamente accentuata dal respiro tenue e cadenzato.

Incoraggiata dalla segretezza che il decoro onirico impone, sfioro le sue labbra, inspirando quell'inebriante fragranza muschiata.

Qualche secondo dopo però, mi avvedo della poca discrezione del mio gesto; Liam infatti, solleva le palpebre rivelando quello spettacolo dalle tinte di un azzurro principesco.

"Buo-buongiorno" balbetto, in preda all'imbarazzo derivante dal quel bacio rubato e dall'espressione compiaciuta che vige sul suo volto.

"Ciao Leila" risponde, sollevandosi a mezzo busto e rivelando così, il torso nudo e virile. Inseguendo ostinatamente le linee della polvere solare, tento di virare la mia attenzione su qualcos'altro che non sia il suo sguardo magnetico.

Per quanto mi sforzi però, la sua presenza carismatica non fa che attirarmi inesorabilmente; sullo sfondo, un tagliente silenzio.

Ho ancora indosso la sua camicia; è intrisa di quell'ormai familiare odore muschiato che mi ha cullato per tutta la notte, allontanandomi dalle fauci di quell'ignobile pensiero ricorrente su Seth e Jamie Lynn.

Oh, cosa darei per cancellarlo definitivamente dalla mia mente. Purtroppo però, non è facile come cestinare un qualsiasi file dal computer.

Prima di venire a conoscenza della vita di Jamie Lynn, vissuta, tra l'altro, all'insegna della più totale sregolatezza, sognavo in gran segreto di conoscerla. Non mi era permesso affermare un tale desiderio ad alta voce, poiché mio padre era riluttante persino all'idea di confessarmi il suo nome.

Ogni ricorrenza, ogni festa o qualsivoglia occasione, il fantasma di mia madre tornava a bussare alla mia porta; nonostante gli sforzi di mio padre, dei miei nonni e di Seth volgessero a compensare quell'enorme lacuna.

All'epoca, abitavamo nella casa dei genitori di mio padre a Hoboken, una tranquilla cittadina vicino New York. Seth viveva con la sua famiglia nella casa a fianco alla nostra; è proprio negli spazi verdi comuni che, l'amicizia tra lui e mio padre, ha visto la luce.

Il loro rapporto, quasi fraterno, si è poi consolidato negli anni, in un percorso che li ha visti frequentare lo stesso liceo scientifico e in seguito la medesima facoltà di marketing e comunicazione a New York. E' stato in seguito al trasferimento di mio padre e Seth nel contesto universitario, che ho cambiato residenza e iniziato a frequentare le scuole nella grande mela.

"Come stai?" la voce cupa di Liam, mi riporta inesorabilmente al presente e in quella sontuosa camera da letto. 

Scorgo nei suoi occhi sincera preoccupazione e me ne compiaccio, non mi sarei mai aspettato una simile dolcezza da parte sua; nemmeno quando, in preda ad una crisi convulsiva, ho rifiutato di fare l'amore con lui. 

Ero andata da Liam con tutte le intenzioni di sfogare i miei beceri istinti vendicativi;  invece, dopo l'iniziale trasporto, il suo viso ha man mano assunto i connotati dell'uomo che tentavo di rifuggire: il migliore amico di mio padre, Seth.

"Meglio, molto meglio" mi limito ad asserire, perdendomi nei suoi occhi magnetici e accogliendo con piacere la sua mano in capo alla mia.

"Ti sei innamorata di lui, non è così?" chiede a bruciapelo.

Il peso di quelle parole fluttua nell'aria come quello di una grave condanna; la dolcezza stessa, volutamente associata ad esse, è macchiata dalla consapevolezza di un sentimento inopportuno.

"Io, io.." inizio col dire, incespicando miseramente sulle mie parole.

Il suo viso, ora privo di espressione, torna ad osservare un punto indefinito della stanza.

"Ecco cosa farai: ti dimenticherai di lui. Seth non è l'uomo che credi" annuncia, con una freddezza che fa gelare il sangue nelle vene.

"Cosa intendi?" biascico, la voce ridotta ad un sospiro flebile.

Possibile che debba mettere sempre tutto in discussione? Avrò mai un attimo di serenità?

Nuove rivelazioni, bugie scoperte e verità omesse mistificano la mia realtà, in un susseguirsi frenetico di presente e passato.

"Ascoltami bene: l'uomo di cui sei innamorata, in realtà, non è altro che una mera illusione. Seth proietta in te, i sentimenti che ancora nutre nei confronti di tua madre" spiega, in modo crudo e diretto.

Istantaneamente, lascio inebetita l'azzurro intenso dei suoi occhi per incontrare, nel più sgangherato dei pensieri, quello blu cobalto di Seth. Davvero mi ha mentito?

"Come fai a sapere tutte queste cose?" chiedo.

La mia voce traballante, tradisce una certo nervosismo.

"In passato, ho conosciuto bene i soggetti" mormora, alzandosi dal letto e donandomi la visuale completa della sua schiena dritta.

Osservo la sua figura slanciata dileguarsi nella penombra del corridoio mentre cerco di digerire quell'ulteriore scomoda verità.

"Dimmi di più" lo incito, raggiungendolo.

Ho tutta l'aria di una drogata, la mia sete di sapere non accenna a placarsi.

"Credimi, non vorresti saperlo" sentenzia, lasciando scivolare a terra, i boxer neri.

Inchiodo il mio sguardo al suo per una frazione di secondo; basterebbe un solo passo per avvicinarmi e costringerlo ad essere più chiaro con le buone o con le cattive. Invece, mi limito a scrollare le spalle, lanciargli un'occhiata carica di rabbia e andarmene.

Il sole, nel frattempo, ha rinvigorito i suoi raggi di una luce ritemprata che filtra dalle tende del salotto. Come una furia, afferro il vestito sudicio che avevo indosso ieri sera e mi libero in un baleno della camicia di Liam. Niente da fare, il suo profumo non ha abbandonato con essa, la sottoscritta.

"Non dovresti indossare quel vestito, è lercio" esordisce la voce alle mie spalle.

Mi volgo istintivamente verso la fonte di quella fastidiosa affermazione e mi ritrovo Liam in tutto il suo splendore, proprio a pochi millimetri da me.

"Non sono affari tuoi" commento a muso duro.

"Potrebbero diventarlo" ribatte, innalzando un lato della bocca in un accenno di sorriso sghembo.

In barba al buon senso, mi ritrovo a desiderare di baciare quella bocca e maledico i miei ormoni impazziti che non mi lasciano tregua.

"Lasciami in pace Liam, torno a casa" affermo, dirigendomi a passo spedito verso la porta. Non ho la benché minima idea di come farò ad uscire in queste condizioni: sono sporca, il mio vestito è spiegazzato e maleodorante e i miei capelli sono un groviglio indomabile.

"Non andare" asserisce Liam, afferrandomi un polso.

Mi vedo costretta a voltarmi nuovamente al suo indirizzo e scontrarmi con la dura realtà: per quanto possa stare male in questo momento, desidero restare con Liam. Desidero quelle labbra irriverenti e quelle mani, grandi e dalle dita affusolate, su di me. Lo desidero perché non è complicato, non sento quella morsa allo stomaco quando ride o tiene il broncio, non esistono farfalle con Liam. Solo brividi che hanno fame di lui, del suo irrimediabile fascino.

"Resta con me. Ti farò dimenticare Seth e lenirò la tua sofferenza. Sei troppo giovane per soffrire d'amore, non vale la pena, credimi" afferma, attirandomi a sé.

**

Osservo il letto disfatto: quelle lenzuola piegate senza verso e quei cuscini fuori posto, non mi provocano alcuna felicità, solo un'inestimabile senso di appagamento. Dovrei vergognarmi dei miei beceri istinti, eppure questa volta non ho pensato a nient'altro che Liam Cooper e le sue indubbie doti amatorie.

Una volta, ho letto che le grandi passioni sono malattie senza speranza e che ciò che potrebbe guarirle, è proprio ciò che le rende pericolose*. Bene, non c'è niente di più insensato e pericoloso di quello che ha avuto l'ardire di chiedere Liam Cooper.

Una relazione clandestina.

Incontri fortuiti volti a soddisfare i bassi istinti umani e a cancellare ogni traccia di quel sentimento inopportuno che provo per Seth.

Una particolare terapia, insomma.

Nell'estremo tentativo di soffocare i miei sentimenti, complici l'atmosfera intima e il savoir-faire di Liam, ho dato il mio assenso.

Ora, un unico monosillabo ci lega ad un filo sottile e insidioso guidato dall'appagamento effimero dei sensi.

"Nel cassetto degli ospiti troverai un paio di shorts e una maglia da donna. Prendili pure" la voce melliflua di Liam carezza il mio udito, ma è il contenuto delle sue parole a destare maggiormente la mia attenzione.

Un paio di short e una maglia da donna.

Che cosa ci fanno degli indumenti femminili a casa di un uomo che si professa libero da ogni vincolo sentimentale?

Sull'orlo di una sfrontata curiosità, chiedo allora spiegazioni a riguardo, ma Liam non sembra particolarmente felice della mia gentile invadenza.

Mentre abbottona la camicia di un bianco candido, sibila tra i denti:

"Appartengono ad una persona importante che non fa più parte della mia vita".

Dopo quella risposta priva di reale apporto, mi chiudo in un ragionato mutismo, nel più sano e virtuoso dei silenzi mai intercorsi tra di noi. Ignoro accuratamente l'istinto di chiedere di più, mi scontrerei unicamente con la realtà amorfa del nostro rapporto.

Avendo cura di non sgualcire gli indumenti, allora, indosso con estrema lentezza gli short di jeans e la maglia beige.

Alzo il capo lentamente verso lo specchio, cercando di rimanere calma; la mia immagine riflessa mostra come i vestiti di quella donna misteriosa mi calzino a pennello, sono praticamente della mia stessa taglia.

Per una frazione di secondo incrocio gli occhi di Liam allo specchio. Hanno una luce diversa, mi guardano come se fossi l'unica cosa degna di nota in quella stanza. Poi con la stessa celerità, si spostano altrove, perdendosi nell'osservazione muta e pacata dell'ambiente circostante.

E' come se fosse lontano kilometri.

"Qualcosa non va?" azzardo, avvicinandomi quel poco da essere nuovamente e irrimediabilmente vittima di quel profumo intenso.

Il suo profumo.

Per la prima volta, riscontro incertezza e titubanza nei suoi occhi. E ne ignoro la causa scatenante.

Riprendendo padronanza della sua sfrontatezza peculiare, Liam si passa una mano tra i folti capelli in un gesto seducente e calcolato mentre indossando uno dei suoi soliti sorrisi scaltri, ammette candidamente: "Quegli shorts ti donano parecchio".

"Gra-grazie" balbetto, cercando di darmi un contegno.

Il suono della mia voce si propaga incerto ed esitante nell'aria, nel frattempo che Liam, senza troppe cerimonie e in barba alla buona educazione abbandona la camera da letto senza degnarmi di parola alcuna.

**

Il solito chiacchiericcio frenetico e convulso mi accoglie nella portineria del palazzo borghese di Seth. Mi affretto a prendere il primo ascensore disponibile tra i due presenti, la fortuna sembra essere dalla mia parte: è vuoto.

Meglio così, non sono in vena di conversazioni convenevoli.

Tengo a mente le istruzioni di Liam, non ha fatto altro che ripetermele in macchina.

Racconta di aver dormito dalla tua amica bionda. Fagli intendere di aver riflettuto sul vostro rapporto e di aver cambiato idea. Seth non insisterà, fidati”.

Quando varco la soglia e imbocco il corridoio, quasi sussulto. Seth è davanti ai miei occhi, pallido come un fantasma e con il cordless in mano.

Nei suoi occhi arrossati, rabbia, preoccupazione e sollievo si avvicendano in un moto senza sosta.

Rimaniamo fermi, inchiodati dai nostri stessi pensieri, nel tentativo vano di celare la vulnerabilità a favore di una rigida compostezza. Uno dei più grandi ostacoli che si sovrappone tra noi è costituito proprio dalla difficoltà di trasformare i sentimenti e le sensazioni più profonde in semplici parole.

“Mi dispiace” biascico allora, chinando il capo in segno di  remissività.

Riscontro irritazione nel suo volto, collera repressa.

“Stavo per chiamare tuo padre” afferma atono, appoggiando il cordless al mobiletto.

A quelle parole il mio cuore perde un battito.

Mio padre non deve venire a conoscenza di tutto questo.

“Dove sei stata? Non si sparisce così, cazzo” sbotta, liberandosi di quell’ansia accumulata da troppo tempo ormai.

“Da Hanna” recito alla perfezione, sfuggendo i suoi occhi di quel blu tanto intenso. Mi sento uno schifo al solo pensiero di mentirgli oltre che mentire a me stessa.

“Perché non mi hai avvertito?” chiede, mentre in maniera convulsa mi scuote ripetutamente le spalle.

“Seth, io.. ho pensato a quello che è successo tra di noi e temo di essermi sbagliata” asserisco con il cuore in gola, distaccandomi da lui.

Seth indietreggia di qualche passo, sgranando gli occhi nel grottesco tentativo di cogliere il senso delle mie parole. Poi si porta le mani alle tempie come volesse raccogliere le idee e afferma serio: “Leila, ti ho già detto che sono stato con Jamie Lynn solo quella fottutissima volta. Devi credermi, a prescindere da come andrà tra di noi” afferma, scompigliandosi i capelli corti.

Sento la gola stringersi sempre di più, cerco di respirare e dopo un attimo di tentennamento ribatto fredda e concisa: “Non è mai stato affar mio”.

 TO BE CONTINUED...

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Capitolo 14
*** Grey lynn Park ***


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                                          Somebody that I used to know

                                               Capitolo quattordicesimo

                                                            Grey LYNN park

 

ANGOLO AUTRICE: Buona domenica a tutte/i! Innanzitutto mi scuso per il ritardo inaudito ma la storia è arrivata ad un punto cruciale e diventa sempre più difficile esprimere al meglio gli avvenimenti e le emozioni dei personaggi. Il motivo per cui ho anticipato il mio spazio è per avvisarvi che d’ora in poi la pubblicazione avrà cadenza settimanale (prima riuscivo a pubblicare ogni tre giorni, sigh) e per avvertirvi che il prossimo capitolo, sarà MOLTO particolare rispetto agli altri.

Fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolone, non ho mai chiesto giudizio ma ultimamente ho l’ansia da prestazione xD.

Concludo ringraziando chi segue con affetto, in silenzio o recensendo ogni capitolo. Un particolare GRAZIE va alla mia beta improvvisata e custode dei miei scleri più assurdi.

Signori e signore un applauso virtuale a Malaria efp!

Questo capitolo è dedicato a lei!

Il titolo che dà la canzone al chap è Grey lynn park dei The veils (consiglio di ascoltarla, è veramente bella).

Sotto allegherò delle foto ma capirete solo leggendo.

So.. buona lettura!                        

 

 

 

 

 

"Non è mai stato affar tuo? Cristo, Leila. Ma ascolti quello che dici?" sbraita Seth, levando le braccia al cielo per poi lasciarle cadere a peso morto lungo i fianchi. Inizia ad andare avanti e poi indietro, continuando ostinatamente a passare una mano tra i capelli corti e spettinati. Gli occhi arrossati conferiscono al suo volto un'aria frustrata, ben lungi da quella scanzonata e briosa che lo contraddistingue normalmente. La camicia è la medesima che aveva indosso ieri, solo più stropicciata e tenuta al di fuori dei pantaloni. Può voler dire solo una cosa: questa notte non ha chiuso occhio.

"Non è affar mio con chi vai a letto, ancora meno se la sgualdrina di turno è la mia pseudo madre" rincaro la dose, tentando di superarlo e raggiungere così, di corsa, la mia camera; al momento il mio unico porto sicuro.

Seth non esita a piantarsi di fronte a me; mi fissa e per un attimo sembra non trovare le parole. I suoi tratti, debellati dalla preoccupazione, assumono ora una linea dura e marcata che vede le sopracciglia aggrottate e la mascella contratta da una smorfia di palese disappunto.

E' con tono fermo e inflessibile che finalmente afferma:

"Primo: tuo madre non è una sgualdrina; non per quella sciocchezza avvenuta tra me e lei. E secondo: dammi una sola valida ragione per interrompere tutto questo e non ti toccherò più, lo giuro".

Faccio qualche passo indietro mentre il cuore mi scoppia in petto e la voglia di stringerlo è così tanta che rischia di rompere gli argini di un autocontrollo flebile e già  provato.

L'incauta quanto avventata resa però, mi condurrebbe nuovamente tra le braccia di una verità troppo dolorosa che non sono in grado di accettare; non dopo aver scoperto i sentimenti che pare abbia provato o provi ancora nei confronti di Jamie Lynn.

"Mi piace un ragazzo della mia età, un amico di Hanna" mento, osservandolo mentre scuote la testa.

"Non ci credo" soffia ad un millimetro dalle mie labbra tremanti.

Mi specchio nella voragine dei suoi occhi blu e mi perdo qualche secondo in quella muta contemplazione prima di ridestarmi e tornare alla realtà. Allora inspiro profondamente e drizzo le spalle, sostenendo il suo sguardo.

"Non importa quello che credi, ti ho dato una motivazione più che valida. Ora lasciami andare per piacere" affermo, emettendo un sospiro tremulo ed incerto che temo possa tradire il mio stato d'animo.

Seth fa una lunga pausa, così lunga che penso non abbia più intenzione di dire altro.

"Come vuoi" si arrende infine, liberandomi il passaggio.

Sebbene la sua voce sia controllata, riesco a percepire chiaramente lo sforzo che gli costa mantenerla ferma.

Rimango, per un momento, rapita dall'angoscia che strema il suo sguardo e dalla rassegnazione che la sua postura remissiva trasmette; poi, in religioso silenzio, mi avvio in camera: un cambio veloce e un altro giorno di scuola mi aspetta come monito intransigente, volto a scandire la mia regolare e banale routine di adolescente.

**

"Signorina Roberts le costerebbe tanta fatica prestare attenzione alla spiegazione? Non mi pare sia il momento adatto per scambiare futili messaggi! E tolga di mezzo quell'aggeggio prima che glielo sequestri".

La voce aspra e fastidiosamente pungente di Mr.Koch -il professore di geografia astronomica- mi riporta, in modo brusco e repentino, alla lezione; strappandomi alla fitta conversazione con Liam Cooper.

"Mi scusi Mr.Koch" balbetto, arrossendo per essere stata colta in flagrante e avere attirato così, gli sguardi curiosi di tutti i miei compagni di classe.

Ti ho comprato un vestito. Lo indosserai per me.

"Signorina Roberts. Ha sentito quello che le ho appena detto?"

Quella voce gracchiante, che solo in un secondo momento associo nuovamente a Mr.Koch, si insinua a fasi alterne nei meandri dei miei pensieri confusi e distorti da Liam e le sue proposte esilaranti.

Non legarti i capelli, adoro passare le dita tra quei fili che mi ricordano la seta.

"Sì signore, provvedo subito a spegnere e riporre il cellulare nella tracolla" rispondo, diventando al contempo paonazza al pensiero delle dita lunghe e affusolate di Liam che si addentrano tra i miei folti capelli ramati.

Devo avere proprio un'aria maldestra poiché i miei compagni di classe si sprecano in gomitate e risolini. In un attimo, divento l'argomento più gettonato dei pettegolezzi frivoli di alcune ragazze.

"Sicuramente pensa ancora a Joshua" commenta qualcuno dietro di me, con il chiaro intento di farmi ascoltare quella conversazione.

"Poveretta, capisco il suo smarrimento. Joshua è proprio un caro ragazzo" ribatte Monique con finto interesse. Come se le importasse realmente qualcosa della mia relazione con Joshua; in fondo, tra le cause della nostra rottura, il suo nome figura in cima alla lunga lista.

"Silenzio! Non siamo in una salone di bellezza, questa è un'aula scolastica! Signorina Lamb, le consiglio di non fare sfoggio della sua saccenteria; piuttosto ci allieti con una spiegazione accurata della nana bianca" conclude Mr.Koch, aggiustandosi gli occhialini obsoleti sul naso aquilino.

"Non è una delle tante ragazze che prendi in giro" esordisce Hanna, schernendola davanti all'intera classe.

"Signorina Lewis vuole forse prendere il posto della sua collega?" la richiama Mr.Koch, correndo nuovamente ad osservare con fare intimidatorio Monique.

"Allora?" la esorta, inforcando la penna e posizionandola in direzione del registro di classe.

Sul viso cereo e pallido di Monique si palesa un'espressione mesta che conferma la sua totale inadempienza allo studio e cosparge il suo capo delle ceneri in seguito al pubblico ammonimento.

"Non ho potuto studiare, mia madre le farà pervenire una giustificazione scritta" fiata qualche secondo dopo, trattenendo a stento copiose lacrime che minacciano di strabordare dai suoi occhi.

Il vecchio Koch abbozza un sorriso compiaciuto ed estremamente serafico mentre annota chiaramente un impreparato nella riga corrispondente al nome di Monique e chiude il registro, soddisfatto dell'azione appena compiuta.

Il suono della campana infrange quel momento di silenzio catartico ripristinando il solito clima di festa che avvolge tutti gli studenti in procinto di tornare a casa.

"Che figura pessima" esordisce Hanna, affiancandomi in corridoio.

"Già" constato senza troppo interesse, mentre vago frastornata e pensierosa nel labirinto tortuoso della mia mente.

Mi chiedo quale scusa potrò addurre a Seth, ogni qualvolta dovrò raggiungere Liam nel suo meraviglioso attico. Mi chiedo come farò a nascondere il sentimento che nutro nei suoi confronti, vivendo gomito a gomito con lui. Mi chiedo quali reazioni scatenerà in me la presenza di una donna al suo fianco.

"Ehi, tutto bene? Oggi sei parecchio distratta" osserva Hanna, parandosi improvvisamente davanti a me. Rischio quasi di finirle addosso, incespicando sui miei stessi piedi. 

"Sì, pensavo.." inizio col dire prima che la versione più irritante e spregevole di un Steve Garsol sorridente irrompa nella mia visuale, ponendosi letteralmente tra me e Hanna.

"Steve" trilla la mia migliore amica, inarcando le labbra in un sorriso pieno e genuino.

"Ciao bionda! -afferma lui, schioccandole un sonoro bacio- Miss Roberts, quale onore incontrarla nuovamente" conclude poi il teatrino, inchinandosi al mio cospetto in modo imbarazzante. Il suo comportamento non può, non essere giudicato del tutto fuori luogo. Tutti sono a conoscenza del fatto che tra me e Steve Garsol non è mai corso buon sangue, nonostante appartenesse alla cerchia ristretta di amici del mio ormai ex ragazzo. Ho sempre diffidato di quegli occhi dal taglio felino e di quel modo di fare scanzonato e irriverente. Misteriosamente i suoi sproloqui e le continue beffe ai danni dei più deboli continuano ad attirare sciami di ragazze ai suoi piedi, conferendogli un posto di tutto rispetto nella lista dei ragazzi più rinomati del Mazzini. Dietro quel sorriso benevolo che rivolge alle persone di cui si circonda però, si cela l’incoscienza di un giovane scapestrato e con evidenti problemi di adattamento. Non è un mistero infatti, la presenza, nel suo curriculum, di decine di nominativi di scuole dalla quale è stato cacciato.

“Risparmiati il sarcasmo Steve” ribatto sprezzante al suo indirizzo.

“Quanta acidità, Miss Roberts. Vengo in pace! Tu e Joshua non fate più coppia fissa, questo non vuol dire che debba litigare con te” afferma, sfoderando uno dei suoi sorrisi ipocriti. Cerco di mantenere un profilo basso ed evito di rispondere alla sua ennesima provocazione, rivolgendo la mia attenzione solo ed esclusivamente alla mia migliore amica.

“Hanna, andiamo?” chiedo, ignorando di proposito il suo accompagnatore.

Incomprensibilmente, la bionda, avvicina le labbra all’orecchio di Steve e pronuncia qualcosa, ridacchiando.

“In realtà –inizia a dire Steve- sono venuto per invitarti ad una festa organizzata da me e qualche altro amico al 4x4. Mi farebbe piacere che tu venissi”.

“Per appianare le divergenze! Quale migliore occasione, se non una festa?” si affretta ad aggiungere Hanna.

Mi specchio nel luccichio dei suoi occhi che, come zaffiri blu, rilucono speranzosi contro la sua pelle chiara.

“Non ci penso nemmeno. Ho già un impegno stasera” dichiaro, mentre l’immagine di Liam Cooper, fasciato in un elegante smoking, solletica le mie più recondite fantasie.

Steve, allora, mi rivolge un’occhiata ammonitrice, seguita da un ghigno tronfio e saccente mentre avvolge Hanna in un abbraccio che delimita, in modo netto e preciso, i nostri ruoli.

Sto per controbattere, ma chiudo di scatto le labbra; inconsapevolmente sto cadendo nel subdolo tranello di quell’essere spregevole.

Mossa decisamente astuta quella di propormi quell’invito davanti alla mia migliore amica conoscendo, a priori, il rifiuto che ne sarebbe conseguito.

“Ho cambiato idea, ci sarò” affermo, trafiggendolo con uno sguardo di sfida.

“Noto che cambi idea facilmente! D’altronde anche in campo amoroso, ti comporti nella stessa maniera, no?” sono le ultime parole che riesco ad udire prima che un’ondata di rabbia offuschi ogni capacità razionale.

**

 Ho varcato tante volte la soglia di questo appartamento; troppe, a dire il vero.

Eppure, oggi, non so cosa aspettarmi dietro il portoncino marrone dinnanzi a me.

 

Quando Seth si trasferì a New York, per frequentare la medesima università di mio padre, capitava spesso che mi ritrovassi tra queste mura, mentre lui e mio padre studiavano come matti fino a tarda notte; mio padre quasi in procinto di laurearsi e Seth all’inizio della sua carriera universitaria.
In questo appartamento ho visto nascere e alimentarsi, giorno dopo giorno, quel sentimento che mi ha condotta, qualche anno dopo, tra le sue braccia.

 

“Seth, sono a casa” annuncio, sentendo il cuore bruciare al solo pensiero di rivederlo.

“Bentornata” ribatte la sua voce, dall’interno della cucina.

Potrei giurare di non avere riscontrato alcun turbamento in essa: perfettamente  pacata e tranquilla. Sembra che sia riuscito a dominare le emozioni e ritornare neutro come solo un parente può essere.

Nei pochi secondi che mi dividono dalla cucina, immagino almeno tre reazioni del nostro incontro. E tutte si concentrano sull’improbabile indifferenza che Seth  si sforzerà di apporre al nostro incontro. Ne sono sicura.

“Stasera, mi hanno invitato ad una festa. Dormirò da Hanna, se non è un problema” butto lì, raggiungendolo mentre continuo a torturarmi le mani, nell’attesa di un suo diniego secco.

“D’accordo piccola. Stai attenta” risponde invece, con un sorriso che avrebbe steso uno stuolo di donne.

Chi diavolo è l’uomo che ho di fronte?

“Seth, per quanto riguarda stamane..” provo allora a dire, chinando il capo in segno di mortificazione.

“Non parliamone più, ho capito perfettamente” ribatte, mentre si diletta ai fornelli nell’intricata preparazione di uno dei miei piatti preferiti: pollo arrosto con miele e mostarda.

Nell’udire quel tono realmente neutrale sento una fitta allo stomaco, e una sensazione di gelo smorza bruscamente il fervore che incendiava ogni fibra del mio corpo, solo pochi istanti fa. Che possa avere cambiato realmente idea in modo così repentino?

“D’accordo” fiato, facendo miseramente i conti  con il peso delle mie stesse azioni.

**

Il 4x4 è un enorme garage di recente ristrutturazione, alla periferia di New York.

Un tempo doveva essere stato un deposito o una fabbrica; le mura sono alte e alle pareti vi sono enormi finestroni dall’aspetto sinistro.

Al centro dell’enorme stanzone, un piccolo bar dispensa cocktail alle centinaia di persone che accorrono come api attratte dal miele. Nel bigliettino, infatti, era specificata la modalità free bar, motivo per cui la fila davanti al bancone è interminabile.

Sbuffo sonoramente, imprecando contro Hanna e la sua malsana idea di accettare quest’invito volto ad appianare le nostre divergenze. Ho cercato di divincolarmi in tutti i modi da quest’astruso piano di riconciliazione forzata, soprattutto dopo quell’insinuazione meschina mossami da Steve, a proposito di cambiare facilmente uomini; ma Hanna sembrava tenerci tanto ed io non ho saputo porre un freno al suo entusiasmo.

Mi guardo intorno alla ricerca di un viso familiare, incontrando solo persone sconosciute e perlopiù parecchio su di giri che mi danno la nausea con i loro odori pungenti e aspri.

“Leila, sei bellissima” sussurra improvvisamente una voce al mio orecchio.

Mi volgo all’istante, incrociando gli occhi verdi e lucidi di Joshua che guizzano come saette su di me; passando dal mio viso alle mie spalle, dal mio seno alle mie gambe con una sfrontatezza esasperante ed avvilente.

“Stai. lontano. da. me” sibilo a denti stretti, allontanando bruscamente la sua mano sudata e saldamente ancorata al mio fianco.

“Dai, un tempo ti piaceva” ammicca, abbozzando a fatica un sorriso benevolo che contrasta visibilmente con le sue reali intenzioni.

“Lasciami” ribatto quasi sottovoce e ansando leggermente, impaurita da quegli occhi lucidi e rimpiccioliti.

Il suo spiacevole comportamento si impone, in tutta la sua viltà, ai miei occhi; impedendomi, almeno in quell’istante, di rievocare i motivi per cui mi sono innamorata di lui in passato.

Senza darmi il tempo di reagire, infatti, mi abbraccia così forte da non farmi respirare, nel mentre l’odore di alcol satura le mie narici fino a darmi la nausea.

“La signorina non gradisce le sue effusioni” quella voce ferma e inflessibile rimbomba nelle mie orecchie, stordendomi e avvolgendomi allo stesso tempo come un panno caldo nelle gelide sere invernali.

Non ho bisogno di voltare le spalle per associarla ad un volto; il profumo muschiato che invade ora il mio olfatto, inebriandomi, è il leitmotiv dei nostri incontri audaci e all’insegna della dissolutezza peccaminosa e sfrontata.

“E tu chi sei, nonnetto?” ha l’ardire o l’incoscienza di chiedere Joshua.

Una strana adrenalina s’impossessa del mio corpo quando percepisco chiaramente Liam Cooper scostarmi e avanzare, sporgendosi poi verso Joshua e sussurrandogli qualcosa all’orecchio che evidentemente, seda l’animo irrequieto e tendenzialmente bellicoso del mio ex ragazzo. Qualche secondo dopo, infatti, Joshua si disperde tra la folla e la sua fastidiosa insistenza non è che un ricordo pallido e sbiadito.

 “Cosa gli hai detto?” mormoro con voce sommessa, guardandolo dritto in quegli occhi glaciali.

“Il male principale dell’uomo è l’inquieta curiosità delle cose che non può conoscere*, mia cara” ribatte saccente e pieno di sé.

Quest’uomo è un enigma ed io impazzirò nell’incauto tentativo di decifrarlo.

“Cosa ci fai qui? Ti avevo detto esplicitamente che avremmo dovuto rimandare la nostra cena..”

“Shh, Liam Cooper non rimanda. Vieni con me, questa festa è parecchio spartana per una ragazza perbene come te” mi interrompe prontamente, trascinandomi poi verso l'uscita.

“Ma Hanna ci rimarrebbe male, devo almeno salutarla” mi lamento, frignando e puntando i piedi come farebbe una bambina.

“D’accordo ti concedo un saluto veloce. Sto impazzendo dalla voglia di vederti addosso quel vestito di cui ti parlavo” sussurra roco al mio orecchio, lasciando che piccoli brividi sorgano sul lembo di pelle sfiorato dalle sue labbra

Secondo le dichiarazioni di Hanna, parte dello staff/organizzatori della serata si trova dietro un tendone rosso; appositamente progettato per delineare uno spazio dove poter valutare l'andamento della serata e tirare le somme.

A fatica mi faccio strada verso quell'enorme tenda che pende dal soffitto; Liam mi segue a debita distanza per non dare nell’occhio, evitando così di dare in pasto agli altri la nostra relazione clandestina.

Un omone dalla stazza possente e dallo sguardo minaccioso e burbero blocca l’entrata, stazionandovi proprio davanti a braccia conserte. Approfittando della folla, mi piego sulle ginocchia, scomparendo dalla visuale dell’uomo e gattonando fino al bordo del tendone. Con un esiguo movimento del braccio discosto il drappo rosso e alzo lo sguardo per verificare la presenza della mia migliore amica.

La crudezza della scena che si presenta davanti ai miei occhi, rischia di assumere le sembianze di un incubo con delle implicazioni di non poco conto.

Le sei figure ridono sguaiatamente intorno ad un tavolo di vetro con sopra della polvere bianca e qualche banconota di alto taglio abbandonata nelle vicinanze. Hanna siede sulle gambe di Steve Garsol; lo sguardo di vetro a denunciare la sua partecipazione consenziente a quel vile atto.   

All’improvviso uno strattone mi scuote dall’ intorpidimento; una mano grande e massiccia mi solleva da terra e in pochi istanti mi ritrovo faccia a faccia con il buttafuori.

“Cosa cercavi di fare?” sbraita, stringendo la presa al mio braccio.

“Io..io..” tento di difendermi.

“La signorina è con me, ci penso io” interviene Liam, salvandomi dall’energumeno infuriato che minaccia di stritolarmi con la sola forza dello sguardo.

**

Le vetrate dell’attico rimandano l’immagine di una New York sfavillante e di un’imponente bellezza. Nel cielo di un blu cupo eppure così intenso, si staglia la sfolgorante collezione di edifici svettanti e illuminati che sembrano fermare il tempo e racchiuderlo in quel quadro dalle tinte forti e cangianti.

La lieve brezza di maggio accarezza le balze del vestito color pesca di cui Liam mi ha fatto dono. E’ un abito in chiffon con spalline incrociate sulla schiena, a vita alta e con una gonna lunga a balze plissettate.

“Sei uno spettacolo. Anche più bello del paesaggio che ti ostini ad osservare da più di mezzora” esordisce lui alle mie spalle.

Non rispondo, non parlo da quando siamo arrivati.

Mi sono limitata ad aprire in silenzio quella scatola impreziosita da fiocchi di seta posta sopra il letto e ad indossare quel magnifico abito sotto il suo sguardo bollente.

Poi avanzando nel buio dell’attico, attratta dalla luce esterna come una falena in cerca di un punto luminoso, mi sono fermata davanti a questa vetrata.

“Lascia che ti liberi dalle angosce” continua Liam, scostando le spalline con una lentezza serafica ed estenuante.

“Avrei voluto darti lo spettacolo di una cena sontuosa, degna della principessa che risiede in te ma gli eventi di questa sera non hanno permesso che ciò avvenisse” prosegue con voce suadente mentre abbassa la cerniera dell’abito.

In un baleno il vestito scivola addosso al mio corpo, ricadendo ai miei piedi.

I tacchi vertiginosi slanciano la mia figura pallida, adornata solamente da uno striminzito completino intimo.

Appoggio il capo all’indietro contro la sua spalla, in una sorta di totale abbandono, cosciente del suo sostegno fisico. I miei capelli, allora, liberi e selvaggi si adagiano come un manto sulla sua scapola. Percepisco il respiro di Liam divenire più pesante e liberarsi sul mio collo mentre la mano procede nel suo inquieto vagabondare per carezze agognate.

Chiudo gli occhi, immaginando la sue pelle chiara e il tessuto dei suoi muscoli contrarsi ad ogni mio movimento.

I brividi arrivano nell’istante in cui le sue dita fameliche slacciano l’unico indumento che copre il mio petto scosso dalla febbrilità del momento.

Una fiamma vivida, divampa per tutto il mio corpo asservito da quei giochi esperti.

E’ un attimo.

Con un scatto deciso, Liam Cooper mi volge al suo indirizzo attirando la mia bocca sulla sua, prendendo a morderla, quasi fosse cibo prelibato.

Il calore del suo corpo trasla la temperatura bollente al mio in una stretta che basta ad allertare tutti i miei sensi. Ed è in questo momento che dietro un sorriso ammaliante camuffo la mia  fragilità e lascio che Liam si cibi del mio corpo nel banchetto lussurioso della libidine.

**

Corro, corro lungo questo corridoio infinito e pieno di porte spalancate in cui scorgo frammenti di persone a me care, intente a confabulare con un sorriso sprezzante sulle labbra. Mi fissano.

L’ansia mi attanaglia lo stomaco, stringendolo in una morsa distruttiva.

Dietro di me, l’ombra di un uomo mi segue incessantemente, non lo riconosco.

Più volte cerco il suo viso nell’oscurità plumbea di questo corridoio senza mai riuscire a carpirne i contorni, ogni volta cambiano.

Finalmente intravedo un’ultima porta, è bianca.

Ansante per la corsa senza fine, ci sbatto contro, ferendomi e sanguinando copiosamente.

Mi volto e l’ombra non c’è più.

Al suo posto, l’immagine di una donna senza volto e quella di un uomo che riconosco come Seth, sghignazzano puntandomi il dito contro.

“Non fatelo, smettetela” grido.

 

“Non fatelo, smettetela”.

La mia voce tremante s’infrange sulle pareti della camera da letto di Liam.

L’impeto di quell’incubo mi ha destato dal sonno disturbato che mi ha accompagnato durante le ultime ore della nottata.

Mi volgo lentamente al mio fianco, il letto è vuoto.

In lontananza, un flebile scroscio d’acqua, mi fa capire che Liam è sotto la doccia, è una sua abitudine quella di lavarsi in prima mattinata.

Sprofondo nuovamente tra quelle lenzuola stropicciate, regolarizzando il respiro e aspettando che il cuore rallenti la sua corsa furiosa.

La maglia degli Strokes*, è abbastanza larga e copre il mio corpo esile fino alle ginocchia, la stringo ed inspiro quell’inconfondibile profumo muschiato che tanto mi fa impazzire.

Qualche secondo dopo, mi rigiro su un fianco e provo a chiudere occhio nuovamente. Il mio riposo però, viene interrotto dal suono acuto del campanello e dal bussare frenetico alla porta.

“Liam, suonano alla porta” grido, sperando che mi senta.

Non ricevendo alcuna risposta mi dirigo verso la porta d’ingresso e apro senza pensare minimamente al mio abbigliamento poco consono.

Due occhi verdi con pagliuzze che si tingono di un colore ambrato, si schiantano contro di me, trafiggendomi. Ma è la chioma folta e fluente, dall’intenso colore rame a dissipa ogni mio dubbio circa l’identità della donna di fronte a me.

“Mamma” .

Quel nome che troppe volte ultimamente ho represso, rifiutato e disprezzato, sfugge dalle mie labbra con una velocità incommensurabile, come una freccia che troppo a lungo ha teso l’arco della mia vita.

 

NOTE:

·       Citazione di Blaise Pascal in “Pensieri” 1860.

·       Strokes: gruppo musicale alternative/rock indie formatosi nel 1998.

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Capitolo 15
*** Hurricane ***


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Somebody that I used to know

                        Capitolo quindicesimo

                                  Hurricane

ANGOLO AUTRICE: Dopo quasi un mese di assenza, eccomi nuovamente con un nuovo capitolo di #Somebody.  Come già detto in precedenza, questo capitolo è differente rispetto agli altri e capirete il perché. Non è stato facile scriverlo, diventa sempre più difficile man mano che ci avviciniamo alla fine di questa storia. Beh, in questo capitolo verrà finalmente svelata la verità. Volevo ringraziare tutte per l’affetto e la costanza, e Malaria per aver betato. La canzone che dà il titolo al capitolo è Hurricane dei 30STM.

NELLE PUNTATE PRECEDENTI: Ricordate com’eravamo rimasti nell’ultimo capitolo? Seth aveva rinunciato a Leila, e quest’ultima era andata nell’appartamento di Liam dove, in mattinata, una donna era comparsa alla porta..

Questo capitolo non riprende dalla fine dell’ultimo. O perlomeno non da subito.

Buona lettura.

 

Hoboken, Maggio 1995.

POV JAMIE LYNN:

Il temporale imperversa su Hoboken da parecchio tempo, ormai. La pioggia incessante picchietta sul vetro della finestra mentre osservo la furia del vento piegare al suo volere i rami degli alberi in una straziante danza ritmica.

Inerme sul mio giaciglio, chiedo asilo alla ragione. Prego affinché mi faccia desistere da quello che sto per fare.

Non è stato facile ammettere di essere innamorata di un ragazzo. Per inciso, un ragazzo che non è il padre della creatura che porto in grembo da nove lunghi mesi.

Nella memoria, intreccio il ricordo dei suoi occhi glaciali e di quel sorriso sghembo che mi ha fatto capitolare al primo accenno.

Liam Cooper è stato come un fulmine a ciel sereno.

Avevo scoperto da poco di essere incinta di Ryan e il futuro sfavillante che progettavo si era sgretolato inesorabilmente sotto i colpi di una realtà amara.

Allora, rifugiarmi a New York dai nonni mi era parsa l’unica soluzione plausibile finché non avessi preso una decisione definitiva.

Poi è arrivato Liam a sconvolgere i miei piani, con la stessa potenza di un uragano. Ci siamo incontrati per caso in un pomeriggio soleggiato per le vie principali di New York. Ero ferma davanti alla vetrina di un negozio di articoli per l’infanzia quando mi ha urtato per sbaglio, facendo cadere rovinosamente a terra la borsetta che tenevo in grembo.  E’ stato un attimo: il suo sorriso mi ha incatenato per sempre a quegli occhi dello stesso colore del cielo.

Non è stato facile esporre la mia condizione, essere in attesa del figlio di qualcun altro non è tra gli argomenti auspicabili per un primo appuntamento ma Liam non ha battuto ciglio, si è sempre distinto per discrezione.

Durante questi mesi, ho pensato più volte di chiudere i rapporti con Ryan, confessargli il mio tradimento e proseguire la mia relazione serenamente. Purtroppo non ho avuto il coraggio necessario di affrontare il marasma di conseguenze che ne sarebbe derivato; almeno fino ad oggi.

L’idea di crescere una bambina da sola e privarla dell’affetto di un genitore o di una famiglia unita mi ha tormentato per notti intere, facendo sorgere mille dubbi circa la moralità della mia condotta. Dinanzi al sorriso di Liam però, i miei dubbi diventano certezze e le fattezze della nostra vita insieme si concretizzano scacciando i miei demoni.

Mi volgo verso l’infisso di legno consapevole che Ryan farà il suo ingresso tra una manciata di minuti. Dovrò calare la maschera che mi ostino a indossare da nove mesi a questa parte, dovrò confessare al padre di mia figlia che infrangerò il sogno di vederla crescere e andrò via con un altro ragazzo non appena i documenti per l’adozione saranno pronti.

Sì, l’adozione.

L’unica soluzione per ovviare alle mie problematiche e dare a Leila una famiglia unita e con due genitori che si amano.

“Jamie, volevi parlarmi?”.

La voce di Ryan riecheggia tra le mura della mia stanza; è cupa, ansiosa.

“Sì” mormoro, discostando nervosamente una ciocca di capelli che ricade sul mio viso cereo.

“Ryan, mi sono innamorata di un altro ragazzo” affermo in modo breve e conciso mentre osservo il padre di mia figlia impallidire e reggersi in malo modo allo stipite della porta.

“N-o, no-n è possibile” biascica, sgranando gli occhi.

“Credo che la soluzione migliore sia dare in adozione Leila. In questo modo, saremo certi crescerà sotto le amorevoli cure di una famiglia unita” continuo, trattenendo a stento le lacrime.

Il suo respiro ansante scandisce gli eterni istanti d’irrequieto silenzio che m’immobilizza nel centro esatto della furia dei suoi occhi.

“TU non darai in adozione mia figlia. Intesi? Scappa pure con il tuo amante ma lasciami decidere se voglio prendermi cura di quella creatura o meno” sbraita, raggiungendomi in due falcate.

Tento come posso di arginare la sua rabbia e il fiume di parole che sgorga impietoso dalle sue labbra; nascondo il viso per la vergogna e trattengo le sue mani che si agitano. Poi, un rumore sordo: le sue dita sulla mia guancia e la prima lacrima che inesorabile attraversa il mio volto.

“Scusami, scusami. Non volevo” inizia a dire, mentre tenta di abbracciarmi. Lo respingo, faccio fatica a spostare il suo peso dal lato opposto del letto.

Inestricabile il groviglio di sensazioni che il suo tocco mi trasmette, insopportabile il pensiero di Liam lontano da me.

“Ryan, è finita” mormoro mesta in un moto perpetuo di angoscia.

“NO” grida lui con disarmante dolore.

Egoista.

Quella voce continua a gridarmi di essere solamente una bimba egoista. E non vi è giudice peggiore di se stessi e della coscienza che, avida e meschina, sorge dalle ceneri della razionalità.

Il tempo sembra scivolare tra le mie mani e scontrarsi contro il muro di ostilità che leggo ora negli occhi di Ryan.

Poi un dolore acuto e lancinante al basso ventre e la sensazione di umido tra le mie gambe.

 “Ryan, mi si sono rotte le acque” soffio, prima di svenire.

­**

New York, Maggio 2010.

POV SETH:

Continuo a rigirare tra le mani il bicchiere di scotch, giocando con i cubetti di ghiaccio all’interno. E’ il quarto che svuoto nel giro di mezz’ora. Avrei dovuto essere alla festa di compleanno della figlia del mio migliore amico, quella che considero come mia figlia, Leila. Oggi compie quindici anni ed io non sono lì per lei come ogni fottuto anno.

Devo ringraziare Gregory James Porter il mio capo. Lavoro con lui e Ryan da due anni, ormai; credevo di essere parte integrante del team e invece sono stato licenziato in tronco per un banale errore di valutazione.

La verità è che non sono come Ryan. Lui è in grado di gestire le situazioni, sa prendere le decisioni giuste e sbaglia di rado. Ripenso a quando, quindici anni fa, è nata Leila. Quel giorno ha lottato con tutte le sue forze per riconoscere la sua bambina. Ha strappato i documenti per l’adozione e ha promesso di prendersi cura della piccola Leila con tutte le sue forze. E’ riuscito nell’impresa: Leila è uno splendore.

“Signore, quella donna le offre il quinto bicchiere di scotch”.

Mi volgo lentamente verso la persona indicatami dal cameriere e per un attimo, mi manca il fiato.

Una donna avvenente in tailleur nero mi sorride, scostandosi di tanto in tanto una ciocca dei lunghi capelli color rame. E’ bellissima e non esito ad avvicinarmi. In questi anni, merito del mio aspetto, non ho mai avuto una compagna fissa, solo molte donne che hanno riscaldato il mio letto per qualche ora; ragion per cui, non trovo difficoltà ad approcciarmi al gentil sesso.

“Il piccolo Seth” esordisce la donna, facendo tintinnare i nostri bicchieri.

Impiego qualche secondo prima di notare la somiglianza con la mia piccola Leila.

“Jamie Lynn” fiato, accasciandomi sullo sgabello.

“Cosa diamine ci fai qui?” la aggredisco, subito dopo.

Né io né Ryan, abbiamo più visto Jamie Lynn da quella fatidica notte della nascita di Leila. Sapevamo avesse una relazione con un certo Liam Cooper che, soltanto molti anni dopo, abbiamo incontrato tra i corridoi dell’università. All’inizio non avevamo collegato il suo nome a colui che aveva portavo via la madre di Leila. Liam era il migliore dei compagni: corretto e brillante. Io, Ryan e lui formavamo un bel terzetto. Uscivamo tutte le sere e facevamo le ore piccole tra sbronze, feste e ragazze. Un giorno però, Liam dimenticò l’agenda sopra il banco e quando la presi per riconsegnarla al proprietario da quella scivolò una foto che mi fece accapponare la pelle. Era una foto di qualche anno prima, lui e una ragazza che conoscevo fin troppo bene, sorridevano felici. Non dissi nulla a Ryan, lo convinsi semplicemente che Liam Cooper non era il compagno leale che credevamo. Giorno dopo giorno ci allontanammo, fino a perderci del tutto di vista.

“Ci vivo, caro. O meglio ci vivevo” l’espressione di Jamie Lynn è accompagnata da una risata forzata e sguaiata. E’ palesemente ubriaca.

“Che fine ha fatto Liam?” chiedo allora.

“Quel bastardo mi ha lasciato, nonostante gli avessi perdonato l’ennesima scappatella” risponde lei, ingurgitando l’intero contenuto del bicchiere.

Osservo il suo viso scavato da profonde occhiaie nere e ritrovo ugualmente quella bellezza effimera che mi aveva sconvolto sin dal primo istante, quindici anni fa. Allora ero solo un ragazzino brufoloso e dedito alla consolle, ora sono un uomo e Jamie Lynn sembra apprezzare il mio nuovo aspetto.

“Seth, sei cambiato” afferma, sfiorando le mie gote con le nocche delle dita.

Un brivido percorre la pelle, allertando i miei sensi.

“Tu, non sei cambiata affatto. Stessa bellezza sconvolgente” rispondo, alternando lo sguardo dagli occhi alle labbra carnose.

In un istante, Jamie Lynn si alza dallo sgabello e afferra la mia mano.

“Andiamo via da qui” afferma, lasciando una banconota da cento euro sul bancone. La seguo senza batter ciglio e nel cuore della notte, in un parco sperduto, affondo dentro di lei con foga e tormento.

Qualche ora dopo, qualcuno mi scuote con violenza. Faccio fatica ad aprire persino gli occhi ma l’immagine dell’uomo chino su di me, mi sconvolge a tal punto da rendermi totalmente sveglio.

“Liam, cosa ci fai anche tu qui?” biascico con la voce ancora impastata e tremolante.

“E bravo Seth. Chi tra noi due sarebbe l’amico infedele? Che cosa pensi direbbe di te Ryan se sapesse che hai scopato con la donna che odia?”.

Quelle parole mi raggelano e rimango immobile a fissare il vuoto per svariati secondi prima di riportare l’attenzione su quegli occhi glaciali.

“Cosa vuoi, Liam Cooper?” chiedo sprezzante.

Le labbra di Liam s’incurvano in un sorriso furbo e scaltro che non lascia presagire nulla di buono.

“Ascoltami bene: starai lontano da Jamie Lynn e non dirai a Ryan di averci visto per nessun motivo al mondo. Lei mi appartiene, e non permetterò a nessuno di portarmela via. Se ti lascerai sfuggire una sola parola, racconterò tutto a Ryan: da quando hai mentito su me e Jamie Lynn quindici anni fa alla scappatella di stanotte. Non vuoi perdere l’amicizia di Ryan, vero? Allora attieniti alle disposizioni, amico” conclude calmo, battendo una pacca sulla mia spalla.

**

NEW YORK, MAGGIO 2013.

POV SETH:

“Accomodati”.

La mia voce è inflessibile, ferma e monocorde.

Quando ho contattato Victoria al cellulare sapevo non avrebbe opposto resistenza e mi avrebbe raggiunto a qualsiasi ora.

Il suo profumo dalle note di agrumi è aspro e sgradevole ma sorvolo sull’essenza che ha addosso, il mio obiettivo è un altro.

La bionda si accomoda sul divano, accavallando le gambe lasciandole così del tutto scoperte a causa della gonna microscopica che porta.

E’ volgare ma non me ne curo.

Il mio obiettivo è dimenticare Leila: il profumo dei suoi capelli, la morbidezza del suo corpo, la dolcezza della sua voce.

Non è stato facile fingere indifferenza e acconsentire a farle trascorrere la notte fuori. Avrei voluto stringerla a me e fare l’amore con lei un’ennesima volta ma ho preferito liberarla dalla mia assurda presenza. Ha diritto a vivere una storia d’amore normale e con un ragazzo della sua età. 

“Spogliati” ordino alla bionda, neanche fosse una di quelle donne che si concedono dietro compenso in denaro.

Victoria si libera in pochi secondi della camicetta bianca e della gonna succinta rimanendo in un volgare completo di pizzo bianco.

La raggiungo in due falcate costringendola a sdraiarsi sul divano per poi posizionarmi sopra di lei. Mugola come una gattina mentre accarezzo avido quella pelle soda e tesa dai continui spasmi.

Affogo nel suo collo e ne bacio bacio ogni centimetro provocandole brividi lungo tutto il corpo.

“Continua così…” sussurra al mio orecchio.

Le strappo via l’intimo senza curarmi di eventuali danni e affondo il viso tra le sue gambe.

Qualche secondo dopo però, mi scosto bruscamente.

L’immagine di Leila continua a tormentarmi; non voglio questa stupida bambola bionda. Desidero lei: la figlia del mio migliore amico.

“Che cosa succede tesoro?” chiede Victoria, rossa in viso.

“Ho capito di essermi innamorato, mia cara. E farò di tutto per riprendermi la donna che amo” rispondo, rivestendomi in fretta.

La bionda continua a osservarmi quasi fossi impazzito, poi riprende la sua roba e va via senza degnarmi di un saluto.

Poco importa, andrò a cercare la mia Leila.

Sto per aprire la porta quando il cellulare prende a squillare ininterrottamente e sbuffando, mi appresto a rispondere.

“Chi è?” chiedo malamente.

“Seth, lei è qui”.

TO BE CONTINUED…

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Capitolo 16
*** End of all the days ***


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                                Somebody that I used to know

                                        Capitolo sedicesimo

                                              End of all the days

 ATTENZIONE: Capitolo a rischio fazzoletto. Tristezza nell’aria, insomma.

Buona lettura

 

“Seth lei è qui”.

Grido con tutto il fiato che ho in gola, non importa se perderò la voce.

Non importa cosa penserà la gente intorno mentre piango lacrime amare, vestita solo di un misero completo intimo, nel corridoio di uno degli hotel più lussuosi di Manhattan: il The Carlton New York Hotel *, per la precisione.

“ Leila, calmati. Di chi stai parlando?” risponde Seth, all’altro capo del telefono con voce pregna di una calma che in quel momento scopro di invidiare. Tra un singhiozzo e l’altro prendo allora un bel respiro e lascio che quel nome scivoli via dalle mie labbra senza remore alcune.

“Jamie Lynn” affermo, prima di accasciarmi a terra: la testa tra le mani e il viso chino di chi non ha il coraggio di guardare in faccia la mesta realtà.

La cornetta, rovinosamente scagliata contro il muro, continua a gracchiare suoni indistinti mentre chiare e vivide le immagini della donna che mi ha messo al mondo, compongono il mio personale e doloroso quadro di totale infelicità.

E la rivedo.

La maglia degli Strokes” esordisce, puntandomi un dito tremolante contro. Ne ripercorro la traiettoria e mi ritrovo a osservare la t-shirt di Liam che ho adoperato come pigiama.

“Te l’ha data lui?” chiede, come se da quella risposta dipendesse tutta la sua vita.

Faccio fatica a rispondere, non trovo le parole esatte.

“Rispondi Leila. Te l’ha data lui?” insiste, mentre una prima lacrima discende caparbia dai suoi occhi.

Non riesco a discernere le emozioni che affliggono il mio cuore. Sarà forse dolore? Rabbia? Delusione?

Allora, stanca e sfiancata, faccio un passo avanti ponendomi di fronte a lei e con un unico gesto meccanico sfilo via la t-shirt lanciandogliela addosso.

“Tutto qua? Conosci la creatura che hai messo al mondo e abbandonato e la tua unica preoccupazione riguarda una stupida maglia? Sei pessima, mamma” pronuncio quelle parole con astio e riluttanza, osservando inorridita la totale indifferenza della donna dinanzi a me.

Jamie Lynn è impassibile: lo sguardo perso nel vuoto e le braccia lungo i fianchi. Scuoto la testa chiaramente amareggiata e senza degnarla di uno sguardo, m’incammino in intimo per il corridoio.

 

Il telefono ha smesso di gracchiare, eppure in lontananza una voce sembra echeggiare nei meandri della mia mente. Provo a sollevare le palpebre, acuendo i sensi alla ricerca di quella voce.

Riesco a intuirne il timbro: è grave, intenso, scuro.

E’ la voce di Seth, la riconosco.

Repentinamente apro gli occhi scagliandoli contro quelli blu cobalto del mio amato. Mi tiene sulle ginocchia; il suo viso è a un palmo dal mio.

“Grazie al cielo ti sei svegliata. Dimmi cosa succede Leila! Perché ti trovavi nella suite di Liam Cooper e dove si trova lei?” chiede febbrilmente Seth, scuotendomi.

Il mio sguardo vaga oltre la sua figura, si posa distratto sulla finestra qualche metro più avanti. Uno splendido sole illumina di una conturbante luce l’intero corridoio. E’ deserto, nemmeno l’ombra di una persona a presidiare questa patetica scena.

Privandomi del supporto fisico di Seth, mi appoggio titubante al muro freddo. Non riesco a controllare il tremore e in un impeto disperato stringo a pugni le mani, graffiando con le unghie la pelle.

Osservo le sue iridi evocare silenziosamente la verità, quel blu cobalto liquefarsi fino a divenire un unico cielo tempestoso.

“Io e Liam ci frequentiamo da un bel po’” ammetto, tenendo accuratamente il capo chino. Distinguo chiaramente il suo respiro divenire sempre più affannato, ansioso, quasi disperato.

“Continua” asserisce con tono inflessibile per incitarmi a proseguire il mio racconto.

“Ti ho mentito Seth. Non ho dormito da Hanna, ho trascorso la notte con Liam Cooper, nella sua suite” affermo candidamente, socchiudendo gli occhi per poi riaprirli verso il suo viso.

Un guizzo anima il suo sguardo. Se è possibile, lo rende ancora più vivo e acceso.

“Dimmi che non ci sei andata a letto insieme, Leila. D-I-M-M-E-L-O” sibila, afferrandomi per le spalle. La sua presa è ferrea, forte, possessiva. Preme sulla mia pelle come a voler imprimere tutta la rabbia che ha in corpo.

“Mi dispiace” sussurro tra le lacrime comunicando così il mio stato d’animo devastato.

“Oh, no. Non dispiacerti Leila, sei solo una bimba capricciosa. Conosci bene quell’uomo? Sai che è stato il compagno di tua madre per diciotto lunghi anni?” sbraita in preda all’ira e alla disperazione.

Osservo le vene del suo collo pulsare e sento il fiato venire meno.

Liam Cooper è il compagno di Jamie Lynn? Che mi abbia abbandonato a causa sua?

“No, non lo sai. Eri impegnata a rotolarti nel letto di quel bastardo per parlarmene. Non è così?” continua sull’orlo di un’iraconda reazione.

Stringo la giacca che mi ha ceduto accarezzandone il tessuto nell’astruso tentativo di placare il gelo che si è impossessato delle mie membra.

Mi ritrovo immersa nel fervore concitato delle sue parole, a far ammenda dei miei sbagli e per la prima volta fronteggio i miei fantasmi.

Ho visto l’innocenza dentro quegli occhi colore del cielo, ho visto la maturità in quelle guancie dagli zigomi pronunciati, ho visto l’eleganza di un gentiluomo dietro quei modi signorili. Mi sbagliavo. Liam Cooper mi ha usato a suo piacimento, per ricalcare i contorni della donna che ama: Jamie Lynn.

“Come hai scoperto che mi trovavo qui?” chiedo flebilmente nel tentativo di completare il puzzle intricato all’interno della mia testa.

“Mi hai chiamato da un numero interno dell’hotel. Ho solamente cercato su internet e ho scovato il nome. Semplice, no? Poi ho chiamato al tuo cellulare. Immagina il mio stupore quando ha risposto Liam Cooper” afferma. E la sua voce pregna di sarcasmo fende l’aria, nel mentre mille piccolissime schegge trafiggono il mio cuore: nell’effimera utopia di fuggire da quella donna e da quello che rappresenta, ho lasciato i miei effetti personali nella suite di Liam.

 Il silenzio ci avvolge adesso, colma con la sua assordante presenza la distanza tra i nostri pensieri. Osservo le sue spalle forti, larghe. I pugni appoggiati al muro, così come il capo.

Improvvisamente si volge e travolgendomi con la durezza del suo sguardo mi tende una mano che, sospesa nel vuoto, afferro. Mi appiglio a quell’arto con l’ultima briciola di forza rimastami e raggiungo il suo viso, bramandone il tocco.

Le dita sfiorano l’accenno di barba per poi soffermarsi sulle labbra sottili; annaspo tra caldi desideri, figli di un sentimento incontrollato che smorza il respiro. Mi raggiunge l’eco del mio cuore, batte frenetico.

Intrecciato a quegli occhi tempestosi, il tumulto interiore abbatte quel muro fatto di silenzi, di lacrime, di parole non dette e sentimenti celati dall’improbabilità del nostro rapporto. E nello stesso attimo le mie labbra si schiantano sulle sue. Le trovo dure, accoglienti, calde. Ne assaporo la consistenza, ne plasmo i contorni. Siamo sospesi in quel momento troppo breve, fugace e repentino. Eppure talmente intenso da disarmarmi.

Seth è il primo a scostarsi appellandosi a una ragione che io fatico a ritrovare.

“E’ meglio che ti accompagni a casa” mormora, accarezzandosi le labbra inumidite dal bacio.

Scoppio in una risata isterica prontamente repressa dalla sua mano.

“Che cosa succede adesso?” chiede con voce velatamente infastidita.

“Seth devo andare da lui, devo affrontarlo. E devo vedere anche lei o non riuscirò più a guardare in faccia mio padre” affermo, allungando una mano per carezzargli il viso.

La sua mascella s’irrigidisce sotto le mie dita nel mentre scuote la testa in modo convinto.

“Mai. Non ti permetterò di rivedere quel farabutto, mettitelo in testa. Andrò da lui non appena ti avrò portato al sicuro! Pagherà per il male che ti ha fatto. Stanne certa” sentenzia, fissandomi negli occhi insistentemente.

Abbasso lo sguardo e prima di rialzarlo rivesto i miei tratti di un’insolenza calcolata, atta a smussare gli angoli della sua ostinazione.

Mi schiarisco la voce, spostando nervosamente il peso da un piede all’altro mentre percepisco il retrogusto salino delle lacrime arrivare alle labbra.

“Seth, andrò da Liam Cooper, fosse l’ultima cosa che faccio in questo mondo”.

Il mio interlocutore rimane in silenzio per una frazione di secondo scosso dalla mia cieca ostinazione.

“E’ sciocco e insensato ma se ci tieni tanto ti accompagno io” ribatte, afferrando tra le sue, le mie mani.

Lo seguo nervosa, e mentre mi avvicino alla porta della suite, ho il respiro corto e affannato. M’immagino Liam e Jamie abbracciati, intenti a fare l’amore o sussurrarsi parole dolci, chissà.

Il cuore fa un balzo nel petto e provo un moto carico di vergogna che quasi mi stordisce quando ammetto a me stessa di essere gelosa.

Metto da parte quel che resta del mio orgoglio e suono il campanello in ottone che si riproduce nell’aria in una melodia a più note.

Qualche secondo più tardi sulla soglia della porta compare Liam Cooper: è vestito, fresco di doccia e profuma di muschio. Eppure il suo viso denota i segni di una stanchezza che ne intristisce i tratti: gli occhi sono spenti - vuoti di quella scintilla che solitamente li fa brillare come diamanti al sole - le fossette ai lati della bocca scomparse per dare spazio a una linea dura e severa.

Impaziente, aspetto che mi blandisca con qualche complimento o si profonda in mille scuse - come convenzionalmente sarebbe opportuno -invece mi rivolge uno sguardo impotente prima di essere colpito in pieno dal pugno di Seth.

E’ un attimo.

Mi accorgo che sto trattenendo il respiro mentre li guardo fare a pugni sul pavimento di marmo della suite.

“Lurido bastardo. Non ti è bastato fare del male a Robert. Perché lei?”.

Ascolto strascichi di conversazione mentre tento invano di separarli. Poi, un’altra mano viene in mio soccorso. E’ fine, ha le dita affusolate e un grosso anello di giada verde al dito medio.

“Basta Liam, ti prego” la voce è ridotta a un sussurro, le trema il mento.

Sono come paralizzata nel ripensare a quante volte ho immaginato di incontrarla e parlare con lei.

Nei miei pensieri, però, Jamie Lynn non ha mai avuto un aspetto trasandato, gli occhi gonfi e arrossati, il trucco colato e i capelli arruffati.

“Aiutami Leila, prova a dissuadere Seth” mormora in un laconico lamento.

Scuoto la testa risoluta; il solo fatto che lei mi chieda aiuto mi fa rivoltare lo stomaco.

Nel profondo, riconosco però che la mia ostinazione non ha alcun senso; in questo momento, l’unica priorità è l’incolumità della persona che amo.

“Seth, ti prego basta. Ho paura” grido, vinta dal sovraccarico emotivo di quegli attimi convulsi.

Entrambi gli uomini mi fissano con gli occhi spalancati, dedicandomi gli ultimi stralci delle loro espressioni corrucciate poi, Seth scioglie la presa e si rimette in piedi con uno scatto quasi meccanico.

Liam lo imita, rialzandosi e asciugandosi un rivolo di sangue con il risvolto della camicia, ormai ridotta ad uno straccio.

“Leila, ho lasciato Jamie Lynn prima di incontrarti. Volevo sapessi che non ti ho preso in giro” afferma l’uomo, ricomponendosi.

“Fandonie” sbotto esasperata al suo indirizzo.

“E se ti dicessi che mi sono innamorato di te?”

“E’ la fine” mi lascio sfuggire.

 

ANGOLO AUTRICE: Buon tardo pomeriggio a tutte/i!!! E’ un bel pasticcio vero?  Credete a Liam o siete propense verso Seth e i sentimenti di Leila nei suoi confronti? Jamie Lynn e Seth come reagiranno dinanzi a questa dichiarazione “pubblica” di Liam? Siamo praticamente agli sgoccioli della storia che terminerà (epilogo incluso) con il 20° capitolo! Spero che sia stato di vostro gradimento. Ringrazio chi continua a seguirmi e a spronarmi nonostante il poco tempo a disposizione o la mancanza d’ispirazione. Mi scuso per gli eventuali errori ma ho pubblicato di getto!

La canzone che dà il titolo al capitolo è End of all the days dei 30STM.

(Non si capisce che li adoro, vero?).

Bacio

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Capitolo 17
*** Iridescent ***


Note autrice: Oggi inizio scusandomi per l’imperdonabile ritardo e la mancanza di risposte nelle recensioni. Molte di voi mi hanno chiesto, incitato e spronato a pubblicare. Bene, questo nuovo capitolo è dedicato a voi, alle temerarie che hanno visto in questa storia qualcosa di più che una piacevole lettura. Ora più che mai ho bisogno di conoscere le vostre impressioni, supposizioni o eventuali lamentele, mi rimetto al vostro giudizio. Così come mi rimetto in gioco, cercando di recuperare quello che ho tralasciato strada facendo (recensioni, cadenza regolare di pubblicazione ecc).
In questo capitolo (ve ne accorgerete), ho modificato il carattere della storia; pian piano mi dedicherò a correggere anche i precedenti. La canzone che dà il titolo al capitolo è Iridescent dei Linking park.
Grazie di cuore per l’attenzione e l’affetto che dimostrate.

Fb: http://www.facebook.com/ladi.po.56?ref=tn_tnmn
Ask: http://ask.fm/Francisga

Per chi volesse, sotto c’è un piccolo riassunto: giusto per fare il punto della situazione (siete libere di saltarlo qualora ricordaste alla perfezione dove ci eravamo interrotti quasi due mesi fa).

Nei capitoli precedenti:
Leila passa la notte nella suite di Liam Cooper con il quale ha intrapreso una relazione puramente fisica ai fini di dimenticare Seth. Al mattino, una donna si presenta alla porta. Leila riconosce in quest’ultima la madre che l’ha abbandonata alla nascita: Jamie Lynn. Amareggiata per il comportamento della donna (distante e quasi indifferente) Leila scappa via chiamando con il primo telefono che trova in corridoio Seth. Sarà proprio lui a trovarla svenuta e in intimo sul pavimento e dopo un attimo di incertezza decide di accompagnarla a fronteggiare Jamie Lynn e Liam. Di fronte alla faccia tosta del moro, Seth non resiste e presto i due si ritrovano coinvolti in una rissa che termina con l’inaspettata dichiarazione d’amore di Mr. Liam Cooper.
                                                                                                        Buona lettura!

Somebody that I used to know
Capitolo diciassettesimo
Iridescent
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…Entrambi gli uomini mi fissano con gli occhi spalancati, dedicandomi gli ultimi stralci delle loro espressioni corrucciate poi, Seth scioglie la presa e si rimette in piedi con uno scatto quasi meccanico.
Liam lo imita, rialzandosi e asciugandosi un rivolo di sangue con il risvolto della camicia, ormai ridotta ad uno straccio.
“Leila, ho lasciato Jamie Lynn prima di incontrarti. Volevo sapessi che non ti ho preso in giro” afferma l’uomo, ricomponendosi.
“Fandonie” sbotto esasperata al suo indirizzo.
“E se ti dicessi che mi sono innamorato di te?”
“E’ la fine” mi lascio sfuggire.
 
Il silenzio è rotto da un rumore sordo, uno schiaffo.
Una voce femminile si propaga per tutta la stanza, affranta: «Sei un verme schifoso. Come hai potuto innamorarti di lei, eh? E’ mia figlia, cazzo. Ed è ancora una bambina!»
Quella donna, mi dico, non ha il diritto di appellarmi come tale.
Seth mi stringe la mano, immagino stia trattenendo la rabbia cercando di infondere in me tranquillità e sicurezza, protezione.
In qualche modo riesco a mantenere un atteggiamento impassibile mentre osservo Jamie Lynn battere concitatamente i pugni sul petto di Liam Cooper. Solo qualche secondo per chiedermi se tutto questo è reale.
«Jamie, calmati. Hai preso le medicine oggi?» chiede Liam, allontanando di qualche centimetro la donna per poterla guardare negli occhi.
«Non cambiare argomento. Io sto bene» risponde lei bruscamente, la voce tremante a tradire la bugia insita in quell’ultima affermazione.
«Questa giornata è stata troppo difficile per tutti. E’ meglio se ti concedi un po’ di riposo. Vieni, ti accompagno in camera.»
La voce di Liam è bassa, roca, avvilita. Quasi non la riconosco.
Con la sinistra certezza che ci sia qualcosa di cui ancora non sono a conoscenza, lo osservo condurre Jamie Lynn verso la stanza degli ospiti e sparire così dietro l’angolo.
C’è qualcosa dentro di me: un’inquietudine sempre maggiore. Il mio corpo giace tra le braccia di Seth, inerme. Mi fa male il petto e respiro a fatica; l’aria non mi è mai sembrata così rara.
«Che succede Seth?» mormoro con la voce incrinata dall’ansia.
Mi concentro sul suo viso come se non esistesse altro: è pallido, inespressivo. I suoi occhi mi guardano fissi, sono vuoti.
«Non lo so» biascica, poggiando una mano sopra la mia spalla.
Il pensiero che non possa essere nulla di buono mi colpisce con la stessa violenza di uno schiaffo.
«Jamie Lynn è malata. Soffre di una rara forma di depressione.»
Scorgo il viso di Liam fare capolino nella stanza ma sono le sue parole a destare la mia attenzione.
«Il medico pensa sia nata dopo il distacco da te, Leila. I sensi di colpa hanno tormentato il suo animo per anni ed io non ho saputo placarli. La amavo, è vero. Ma con il tempo l’amore si è trasformato in una forma radicata d’affetto che non mi precludeva di tradirla ogni volta che ne avessi l’occasione» termina, liberando a briglie sciolte i suoi più oscuri segreti.
Sento le ginocchia cedere e Seth afferrare un braccio nel disperato tentativo di fermare la mia discesa.
«Mi fai schifo!» muovo solamente le labbra, quasi mimando quelle parole che trasudano tutto il mio disprezzo.
Chiudo gli occhi e poi li riapro: lacrime silenziose bagnano il viso di Liam.
Non l’ho mai visto piangere, non è da lui.
«Andiamo via» è tutto quel che dice Seth, afferrando il mio vestito da terra.
**
«Ryan, è meglio che tu faccia ritorno a New York. No, Leila sta bene ma sono successe tante cose dalla tua partenza. Amico, prendi il primo volo.»
Gli stralci di conversazione telefonica tra Seth e mio padre irrompono nella quiete innaturale del mio sonno, svegliandomi.
Mi alzo istintivamente, strascicando i piedi che nudi aderiscono al pavimento a ogni passo, e lo raggiungo in salotto.
Nella penombra della stanza, ci scambiamo uno sguardo carico di consapevolezza.
Oggi tutto è cambiato.
«Ti prego, non raccontargli di noi. Rovinerete la vostra amicizia» esordisco, stringendomi attorno al corpo la leggera trapunta.
«Come puoi chiedermi di mentire ancora a lui? Non credi meriti di sapere tutta la verità?» ribatte, dondolandosi avanti e indietro con le mani in tasca.
Resto immobile, decisa a rallentare il battito del cuore mentre scandisco bene le parole: «Seth, siamo la sua unica famiglia. Ti prego.»
 Inspiro ed espiro, fissando lo sguardo sulla sua figura rintanata in un angolo.
«Sai cosa è veramente paradossale?» è evidente che non ha intenzione di attendere una mia risposta e senza indugi continua l’esplicare vorticoso dei suoi pensieri.
«Prima che accadesse tutto questo, stavo per commettere un grave errore» afferma.
Il silenzio si prolunga per un attimo, poi riprende: «Innamorarmi di te è stato l’imprevisto più bello che potesse mai capitarmi. L’ho capito tardi sai? Ma volevo rimediare dannazione.  Stavo correndo a cercarti e, se non mi avessi chiamato, avrei scandagliato ogni angolo della città. Poi, ho capito. Tu non volevi realmente stare con me. C’era Liam Cooper a scaldare i tuoi pensieri e il tuo letto, sono stato poco più che un capriccio ormonale per te.»
«No, Seth…» tento di replicare con il respiro affaticato in gola.
«Se non vuoi che tuo padre sappia di noi, ti accontenterò. Non chiedermi altro; qualunque strana relazione ci sia stata tra di noi, è finita. Da oggi in poi, riprenderò a essere semplicemente uno zio acquisito per te.»
Vorrei poter tornare indietro e riavvolgere il nastro degli eventi ma un’occhiata al suo viso mi suggerisce che oramai è tardi.
Lo scruto con attenzione; sul suo volto non vedo rabbia solamente stanchezza, tristezza ed esasperazione. Il pallore vige incontrastato sulle guancie scavate, la mascella è contratta e gli occhi ebbri di delusione.
Mi sforzo disperatamente di ricacciare indietro le lacrime mentre annuisco; ha tutto il diritto di essere amareggiato.
«Mi dispiace» continuo a ripetere incessantemente.
«Vieni qua» mi ordina, indicando se stesso.
Stretta contro il suo petto, comincio a singhiozzare angosciosamente.
«Devi andare a scuola, mancano pochi giorni alla chiusura» mormora, baciandomi lievemente il capo e cullandomi avanti e indietro.
Impiego molto tempo per calmarmi. Ormai gli occhi sono irrimediabilmente arrossati e gonfi.
La verità è che non ho voglia di affrontare i miei compagni di classe o gli insegnati. E se qualcuno mi chiedesse perché verso in quello stato pietoso?
«Seth, non ho voglia di andare a scuola» affermo, divincolandomi da lui. Il mio tono di voce è stanco, smarrito, quasi irreale.
Per qualche secondo lui non muove un muscolo. Poi affonda il viso nel mio collo, riportando la fronte contro la mia in un secondo momento.
Aspetto in silenzio mentre sono pervasa dal profumo della sua pelle. Le sue mani bianche e lisce premono sulle mie gote.
«Sei forte abbastanza Leila. Supererai tutto questo, te lo prometto! Ma ora devi andare a scuola» conclude pragmatico.
Muovo le labbra parecchie volte per obiettare ma le serro istintivamente prima di parlare.
«Ok.» mi arrendo.
**
C’è qualcosa di vagamente angoscioso nel sistema binario della vita. Ci ritroviamo continuamente di fronte a piccole o grandi scelte, eppure non arriviamo mai a una conclusione soddisfacente. Perché l’ombra dell’altra possibilità, della mancata scelta, si annida nei nostri pensieri fino a trasformarsi in rimpianto.
Non conosco nessuno che non abbia mai avuto un rimpianto.
Svoltare a destra o sinistra?
Scegliere il bianco o il nero?
Dolce o salato?
E se…?
Inevitabilmente le figure di Seth e Liam s’insinuano nella mia mente come immagini confuse di vite passate.
Non so quanto tempo sia trascorso dall’ultima volta che ho dovuto compiere una scelta importante, ma sento che è ora di fare chiarezza nella mia vita. Dagli auricolari riesco a sentirlo appena, il brusio spensierato dei miei coetanei. Chiudo gli occhi e immagino di ridere delle loro battute, cantare con loro cori insensati, criticare l’abbigliamento di qualcuno, elogiare un cantante o un attore.
Riesco a percepirlo; brucia, è un desiderio impellente, e istintivamente spalanco gli occhi. Ho bisogno di normalità.
E allora mi trascino nei corridoi dietro ad un gruppo di studenti, mi confondo tra di loro, mentre lascio simbolicamente i miei pensieri alle spalle.
**
«Leila, è tutto il giorno che mi eviti. Si può sapere cosa ho fatto di male per meritare un tale comportamento da parte tua?»
La mia migliore amica alterna lo sguardo tra me e la porta del bagno, temendo che qualcuno scopra il nostro nascondiglio. Siamo rinchiuse nella toilette riservata ai docenti da meno di un minuto e già vorrei andare via.
Il mio silenzio ostinato mette a dura prova la sua pazienza, per un secondo sembra vacillare; quasi mi fustiga con gli occhi.
Memore della sua bravata al 4x4, al fianco di Steve Garsol, decido allora di reagire. Mi avvicino a lei con andamento deciso mentre sento l’adrenalina scuotermi il corpo. Imprimo i passi sul pavimento come se volessi marcare, attraverso essi, la mia ostilità.
Gli occhi mi trasmettono le immagini di quella polverina bianca sul tavolo, le orecchie rammentano ancora il suono di quelle risate sgraziate e le narici, il nauseabondo odore dei loro corpi sudati.
«Ti avevo scongiurato di non frequentarlo. Ti avevo avvertito non sarebbe stato degno di tanta importanza. Eppure hai deciso di stare dalla sua parte, non tenendo conto della mia opinione. Credevi non ti avrei mai scoperto? Credevi di farla franca? Credevi di prendermi in giro tutte quelle volte che notando il tuo comportamento ambiguo, hai sminuito le mie sincere preoccupazioni? Rispondi Hanna, cazzo» grido, cercando di scorgere la verità nei suoi occhi socchiusi.
Hanna fa qualche passo indietro, andando a sbattere contro il muro sul quale, poi, lentamente si appoggia. La mia reazione sembra averla inebetita.
«Io - io te l’avrei detto prima o poi. Leila, non sono dipendente da quella roba, te lo giuro. Posso smettere quando voglio; Steve dice che migliora le prestazioni e non danneggia l’organismo se assunta a piccole dosi» risponde, contorcendosi spasmodicamente le dita delle mani.
Faccio per ribattere ma non continuo; mi fermo, un po’ a fatica. L’espressione affranta del suo viso lascia indovinare un senso di confusione e smarrimento. Una lacrima le sfugge da un occhio.
Quando riprendo a parlare, la mia voce ha assunto una tonalità più morbida quasi pacata.
«Ne uscirai, vedrai. Ti aiuterò io stessa a starne fuori costi quel che costi» concludo, abbozzando un sorriso.
C’è un lungo silenzio.
Qualche secondo dopo, Hanna appoggia timidamente il capo sulla mia spalla.  All’inizio è un tentativo incerto ma poi si lascia andare, avvolgendo le braccia intorno alla mia vita.
Ci abbracciamo nel silenzio di quella stanza, nello stesso momento in cui percepisco la sua totale resa. Incomprensioni, egoismi, ipocrisie, seguono la via del non ritorno adesso che abbiamo ritrovato la strada comune.
«Ehi, non penserai mica di tacere? Devi raccontarmi tutto quello che è successo» afferma la mia migliore amica, sciogliendo quell’abbraccio fraterno.
«Okay, ti racconterò tutto ma ora dobbiamo andare. Mr. Symbian non aspetta altro che interrogarci.»
 
**
«Come stai?»
Sospiro, adeguandomi al silenzio dell’appartamento di Seth. Non ci sono più le voci dei miei compagni di classe, le urla stramazzanti delle cheerleader o i gorgheggi dei tenori che Mr. Robinson si ostina a farci ascoltare durante l’ora di musica.
Nessun rumore, solo il mio respiro accelerato.
«Bene.» mento.
Dove è finito il mio bisogno di normalità? Perché di fronte al volto di Seth ogni briciolo di auto-controllo sparisce?
«Stai mentendo.» sussurra lui, sfiorandomi il viso con la mano prima di ritirarla bruscamente come se scottasse.
«Quando arriva mio padre?» devio allora il discorso.
Seth sembra pensarci un attimo; poi scuote impercettibilmente la testa, abbozzando un tenue sorriso.
«Lo hai sempre fatto questo giochino ma non ci casco più!» afferma, avvicinandomi a sé con un gesto rapido.
Inarco un sopracciglio, cercando di intuire il significato delle sue parole; ritrovandomi presto coinvolta in una lotta al solletico sul divano.
«No, no, no. Seth ti prego basta!» lo supplico, cercando di articolare frasi di senso compiute tra un attacco di riso e l’altro.
«Allora ti decidi a parlare? Ti ho chiesto come stavi, realmente. Non mentire Leila, ti conosco meglio di chiunque altro.» mormora, improvvisamente serio.
Percepisco il suo respiro incombere sul mio, mischiandovisi.
Gli occhi, di quel blu cobalto tanto intenso, sono ora fissi sul mio volto, mentre il suo corpo è adagiato sul mio. Forse non ha fatto caso a questo particolare. Eppure in quanto zio, seppur non consanguineo, dovrebbe tenere in mente l’adeguata postura da tenere in mia presenza. Non era quello che blaterava stamane?
Qualunque strana relazione ci sia stata tra di noi, è finita. Da oggi in poi, riprenderò a essere semplicemente uno zio acquisito per te.
Quelle parole sono ancora vivide e continuano a pulsare nella mia mente. Cerco di ricordare la sua domanda e senza pensarci due volte ancora, rispondo: «Seth, non sto bene. Ho appena scoperto che l’uomo con cui sono andata a letto, è lo stesso che ha causato il mio abbandono. Ho conosciuto mia madre e l’uomo di cui sono innamorata…»
«No, Leila. Devi dimenticare tutto quello che è successo tra di noi.» m’interrompe bruscamente Seth.
«Ho trent’anni. E tu nei hai appena diciotto. Come pensi che reagirebbe tuo padre se gli annunciassimo che stiamo insieme, che vogliamo continuare la nostra assurda relazione?» aggiunge infine, abbandonando quella posizione tanto intima.
Mi limito a osservarlo: cos’altro potrei fare? Potrei ribadire il mio dissenso ma sarebbe tutto inutile. Potrei circuirlo con movenze sensuali che non mi appartengono, ma troverebbe il modo di rifiutarle categoricamente.
Allora smetto di pensare e, lentamente, riprendo fiato; mascherandomi dell’espressione più neutra mi riesca.
«Hai ragione Seth. La hai sempre avuta. Vado a preparare le mie cose. Mio padre sarà qui a breve, no?»
Seth rimane per qualche secondo interdetto. Poi la consapevolezza delle mie parole ha la meglio su ogni istinto.
«Domani pomeriggio» fiata, distogliendo lo sguardo.

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Capitolo 18
*** Let down ***



Somebody that I used to know
Capitolo diciottesimo
Let down
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Scruto pensierosa le mura bianche dell’appartamento di Seth: sono tornate a essere candide e immacolate come prima del mio arrivo. Ho accuratamente strappato via foto, poster e cartoline; nessun dettaglio è stato trascurato.
Le valigie stazionano in un angolo, insieme al beauty-case e alla tracolla colma di libri.
«E’ appena arrivato il taxi di tuo padre. Tra poco sarà qui.»
Quella voce calda e gutturale giunge inaspettata al mio orecchio. Seth emerge dal buio del corridoio: pallido, vestito di un semplice jeans e una camicia bianca talmente stropicciata da sembrare uno straccio.
«Uh huh» replico, atona.
«Sarà strano non averti più tra i piedi» mormora, in tono pacato.
«E’ vero.» confermo, cercando il suo sguardo.
«Non ti abbandonerò Leila. Avrò cura di venirti a trovare ogni qualvolta lo vorrai» afferma, cominciando a rovistarsi nelle tasche. Provo inutilmente a indovinare cosa stia cercando; l’imbarazzo fende l’aria.  
«Questo è un regalo che avevo acquistato per te prima di…prima di tutta questa situazione» continua, porgendomi una scatoletta di velluto blu sulla quale è inciso il logo di una famosa gioielleria. Osservo quel pacchetto con occhi increduli e scuoto il capo con l’espressione seria: «Non posso accettare.»
Seth ignora le mie parole, poggiandomi delicatamente la mano sulle labbra.
«Aprilo.» ordina poi, incatenando quegli occhi blu cobalto ai miei.
E quell’imperativo ha l’effetto sperato: quel tono fermo e deciso m’induce ad aprire la scatolina che tengo tra le mani.
Uno splendido paio di orecchini in corallo che ricalca le fattezze di una rosa delicata, fa capolino dal piccolo involucro blu.
Sento affluire il sangue al viso e le gote imporporarsi per via dello stupore che mi ha provocato la visione di quell’oggetto tanto prezioso.
Quando alzo lo sguardo e incontro quello di Seth, prendo in considerazione l’idea di abbracciarlo, stringerlo forte a me.
Lui sorride impercettibilmente, quasi non si aspettasse altra reazione da parte mia.
«Sono meravigliosi. I-o, io non so come ringraziarti…» balbetto incautamente, sbandierando così ai quattro venti il mio disorientamento.
L’abbraccio che ricevo di seguito è totalmente inaspettato. La stretta di Seth è rassicurante, emana calore. Riesco a percepire tutti i muscoli rilassarsi, e i nostri profumi fondersi irrimediabilmente.
«Ti amo» sussurra al mio orecchio, mentre il suono del campanello si fa spazio nel silenzio della casa.
Ci distacchiamo all’istante ma quelle parole continuano a riecheggiare nella mia testa infinite volte. Continuano a vorticare nel mio cuore, persino quando mi ritrovo davanti alla figura di mio padre.
«Ciao tesoro» esordisce Ryan Robert in tutta la sua folgorante bellezza.
Indossa un paio di pantaloni in mussola grigio chiaro e una camicia dalle tinte azzurre che slancia la sua figura. Un accenno di barba conferisce al suo volto un’aria matura, così come i capelli perfettamente pettinati all’indietro.
«Ciao papà» rispondo qualche secondo dopo, sfoggiando un sorriso teso.
«Allora volete spiegarmi cosa è successo? Leila hai dato noia a zio Seth?» riprende mio padre, guardando entrambi con aria interrogativa.
Seth sospira pesantemente, passando in modo esasperato una mano tra i capelli corti e spettinati mentre io trattengo il respiro in attesa di trovare il coraggio necessario a raccontare tutta la verità.
«Allora…?» la voce di mio padre sembra alzarsi involontariamente mentre alterna lo sguardo tra me e il suo migliore amico.
«Ryan, tua figlia ha conosciuto la sua madre biologica» sbotta infine Seth.
Mio padre non dice nulla; lo sguardo perso nel vuoto, quasi assente.
«Leila non poteva sapere…» mormora quasi stesse riflettendo ad alta voce.
«Come diavolo è riuscita a trovare mia figlia?» chiede bruscamente mio padre con un cipiglio tutt’altro che sereno in viso.
«Sono andata a letto con il suo compagno: Liam Cooper» m’intrometto, osservandolo sbiancare.
«Tu cosa?» sibila lui di rimando, agguantandomi un braccio per avvicinarmi a sé.
«Ho frequentato Liam Cooper e ci sono andata a letto insieme. Da poco ho scoperto che è, o era, il compagno di mamma. Mi dispiace papà» sussurro, contrita.
La sensazione di star camminando sul filo di un rasoio è amplificata dalle continue occhiate torve di mio padre.
Ho una fitta al cuore quando, un dito puntato contro, esclama: «Mi hai deluso Leila».
Faccio per ribattere ma lui mi precede, dedicando la sua attenzione a Seth.
«E tu ne eri al corrente?» chiede, il tono chiaramente avvilito.
«Uno sbaglio. E’ stato solamente uno sbaglio che non ripeterà mai più» ribatte il suo migliore amico.
«Seth, non divagare. Ti ho chiesto esplicitamente se tu ne eri al corrente» urla, battendo un pugno sul tavolo.
«Sì, l’ho scoperto ieri» risponde Seth, sostenendo il suo sguardo.
Con uno scatto nervoso, allora, mio padre afferra Seth per le spalle scuotendolo ripetutamente.
«Ti avevo chiesto di proteggerla. Ti ho supplicato di vegliare su di lei e fare le mie veci. Sei un bastardo!» grida forsennatamente.
«Papà, lascialo andare. La colpa è mia, solamente mia» strillo, cercando di divincolare Seth dalla morsa di mio padre.
La tensione è palpabile, impregna le nostre espressioni con il suo tratto grave e doloroso.
«D’accordo, d’accordo» irrompe mio padre, alzando le mani in segno di resa.
Seth riprende fiato, limitandosi a tossicchiare nervosamente mentre io mi accascio su una sedia, sempre più avvilita.
«Mi accompagnerai da questo tizio. Voglio spaccargli la faccia; farlo a pezzettini, se necessario. E voglio ricordare a quella sgualdrina di stare alla larga da MIA figlia» aggiunge poi, all’indirizzo di Seth.
Intraprendo una dolorosa tortura del labbro inferiore che mi permette di rimanere calma e riflettere. Un incontro tra Liam e mio padre non porterebbe a nulla di buono; rischierei persino che quest’ultimo venisse a conoscenza del mio rapporto con il suo migliore amico e non posso permetterlo.
«No, papà. Non andare. Prometto di non vederli più, per nessuna ragione al mondo» affermo, schiarendo la voce per far sì che mi prenda in considerazione.
Mio padre non risponde, intento a guardare di sottecchi Seth, attendendo dia l’assenso che reclama.
Ad arrivare alle mie orecchie, però, non è la risposta del mio ex coinquilino bensì il suono vivo e squillante del telefono che si propaga per tutta la stanza.
Guidata dall’istinto, afferro la cornetta e riattacco senza dare all’interlocutore la possibilità di proferire alcuna parola.
«Chi era?» chiosa mio padre subitaneamente.
«Chi era al telefono? Dannazione!» ripete, urlando.
«Non lo so!» ribatto, la voce rotta dal pianto.
Tiro su con il naso più volte prima di calmarmi e fissare il volto di Seth in controluce: sulla bocca sottile aleggia la piega di una smorfia di disappunto.
«Adesso basta Ryan, stai esagerando» s’intromette, parandosi davanti a me.
Mio padre scoppia in una risata sarcastica, quasi isterica; i muscoli della mascella si tendono e una ruga di espressione si forma tra il solco delle sopracciglia.
«Seth, non sono affari tuoi. Lasciami parlare con mia figlia!» prorompe, minaccioso.
Si guardano con palpabile avversione, lo sguardo immobile.
Temo che da un momento all’altro arrivino a scontrarsi ma, dopo un minuto scarso, il campanello di casa spezza il silenzio; penetrandomi, con il suo suono squillante, fin dentro le ossa.
Il mio cuore balza sul petto mentre le ginocchia iniziano a tremare e il formicolio nello stomaco si fa più insistente.
Seth si precipita ad aprire la porta, nel mentre mio padre si volge a guardarmi con un’espressione interrogativa dipinta sul volto livido.
Dall’ingresso arriva la voce concitata di Liam Cooper. Nella sua irrefrenabile ostinazione, tra una frase sconnessa e l’altra, il mio nome sembra essere l’unica certezza.
Non mi accorgo della sua reale presenza fin quando non incontro l’azzurro cristallino dei suoi occhi e mi perdo nelle innumerevoli sfumature che il suo sguardo assume. Si libera con uno scatto energico dalla presa di Seth e mi raggiunge insinuandosi così tra me e mio padre.
«Tu?» chiede subitaneamente quest’ultimo, strabuzzando gli occhi.
Liam cerca di concentrarsi sulla risposta da dare ma ogni nuova occhiata di mio padre sembra confonderlo ancora di più.
«Cosa ci fai qui?» ribatte mio padre, gesticolando in maniera forsennata.
«Ryan, lui è Liam Cooper. Quel Liam Cooper» s’intromette Seth con prontezza stupefacente.
La virulenza dei loro sguardi presuppone uno scenario bellicoso che temo di non riuscire a sostenere.
Mio padre socchiude gli occhi; cerca di mettere a fuoco la persona che ha di fronte e, tra un lampo di panico e una spietata lucidità, comprende.
«Come ho fatto a non capirlo prima. Quando ti fingevi mio amico all’università, in realtà stavi con lei già da parecchi anni» farfuglia, come se d’improvviso fosse tutto così chiaro da risultare ovvio.
«…e hai avuto il coraggio barbaro di portare a letto la mia bambina, la creatura che lei portava in grembo» continua, sopraffatto da un rancore sordo.
Non c’è un solo elemento che mi offra conforto, né alcun sentore positivo; tutto sembra peggiorare piegandosi all’atrocità di quelle parole.
«Io non ti ho portato via Jamie. All’epoca non ti conoscevo e lei era così fragile e insicura; affermava di non amarti più. Ryan, non voglio prendere in giro tua figlia; tengo a Leila più di quanto immagini.»
Di colpo il silenzio piomba sulle nostre teste come un macigno. Per qualche motivo mio padre sembra non reagire alle parole di Liam. La sua di certo non è una resa, ma una controllata sospensione di qualsiasi istinto. Aspetta con rabbia crescente che il suo nemico compia il fatidico passo falso per poi attaccarlo e sconfiggerlo definitivamente.
Liam si appoggia con una mano al tavolo, perplesso.
Qualche metro dietro, Seth osserva la scena immobile; la mascella contratta e lo sguardo in allarme.
«Non mi arrenderò Ryan. Puoi giocare a fare il padre modello e premuroso ma entrambi sappiamo che non è un ruolo adatto a te. Leila ha piene facoltà per decidere da sola chi frequentare.»
Le considerazioni di Liam trasudano presunzione e determinatezza: l’istinto di agguantarlo per un braccio e cacciarlo via diventa sempre più impellente. Come si permette a giudicare l’operato di mio padre?
«Liam, ti prego vai via» sibilo, al suo indirizzo.
«Dimmi che non provi assolutamente nulla per me e sparirò dalla tua vita» ribatte con slancio.
Non rispondo, non ne ho il coraggio. Forse perché dietro quell’uomo in giacca e cravatta, arrogante e presuntuoso, si nasconde un uomo inconsapevole; intrappolato per troppo tempo in una vita da copione che non sente propria. Liam Cooper è l’angelo che prende in custodia una ragazzina incinta di un altro, il fidanzato sempre presente nonostante sentimenti ormai dimenticati, il manager infallibile e l’uomo sicuro di sé. Sono tante le maschere che tappezzano la sua vita come carta da parati oramai lisa e consunta. Per qualche momento, di fronte a me, sembra quello che è: un uomo confuso, solo e con tanta paura di perdere l’unica emozione vera mai provata. Perché lo leggo nel luccichio dei suoi occhi. Non finge quando dice di amarmi, ma io non posso corrisponderlo.
«Esci immediatamente da casa mia» irrompe Seth in uno scoppio di voce. Mio padre si agita, dietro di lui, fremente dalla voglia di dare un pugno in faccia a Liam.
«Leila, ritornerò da te» afferma quest’ultimo, girando le spalle e allontanandosi.
 
Note autrice:
Per necessità narrative ho dovuto tagliare il capitolo a metà! Non volevo appioppare troppi eventi in una sola volta e rischiare di confondervi. Trovo questo capitolo abbastanza forte e tosto da digerire. Finalmente il padre di Leila entra in scena…cosa accadrà in seguito secondo voi??
Non finirò mai di ringraziare chi recensisce o semplicemente segue questa storia.
La canzone che dà il titolo al capitolo è Let down dei Dead by sunrise.

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Capitolo 19
*** Crash ***


                   Somebody that I used to know

                                                                               Epilogue
                                                                                 
                                                                                 Crash

                                

«Che cosa desideri?» chiede, studiando la mia espressione.
Ci penso su qualche istante. Di primo acchito risponderei: “Te. Non desidero altro che te”, ma rischierei di compromettere l’esito di questo incontro fortuito e non vale la pena sfidare il destino.
«Una fetta di torta al cioccolato andrà benissimo» mormoro, chiudendo il menù.
Gli sfugge un sorriso, il primo da quando abbiamo messo piede in questo posto.
Fortunatamente una cameriera dall’aria stanca e piuttosto malandata arriva con il bloc-notes in mano e interrompe il nostro formale interloquire.
Provo una strana sensazione di sollievo mentre quest’ultima annota diligentemente le nostre ordinazioni. La stessa sensazione si tramuta poi in disagio quando si allontana, lasciandoci nuovamente da soli.
Piuttosto banale, considerando il nostro trascorso.
«Perché passeggiavi da sola per le vie del centro? Alla tua età dovr…»
«Alla mia età dovrei uscire con le amiche. Giusto?» lo interrompo bruscamente.
«Esattamente» puntualizza lui.
«Non ho voglia di compagnia in questo periodo» preciso, risentita della sua tracotante saccenteria.
«Hai ottenuto il diploma da poco. Ti aspetta un nuovo mondo, Leila. Non lasciarti influenzare dagli errori del passato» sottolinea, lo sguardo imperscrutabile fisso su di me.
Non riesco a trattenere un risolino amaro; uno di quelli intrisi d’ironia latente.
Ho provato durante questi mesi a concentrarmi su qualcos’altro: il mio futuro accademico, i cambiamenti che esso comporterà, il trasferimento.
Eppure non è cambiato nulla.
Alcune persone semplicemente non si dimenticano. Ti accorgi che sono lì da tempo immemore. E non ha importanza se la loro presenza è al contempo fonte di gioia e dolore.
«Come procede la tua relazione con Victoria?» chiedo, cercando di riportare l'attenzione su di lui.
Se qualche mese addietro qualcuno mi avesse detto che sarei stata seduta in un piccolo bar del centro, disquisendo con Seth Douglas a proposito della sua vecchia fiamma tornata prepotentemente in auge, non avrei creduto a quello stolto.
«Non male» risponde, conciso e breve.
Seth non sa quante volte avrei voluto chiedergli della sua vita negli ultimi tre mesi. Da quando mio padre è ritornato in pianta stabile, non abbiamo avuto modo di restare da soli. I nostri incontri sono avvenuti sempre in presenza di altre persone, tra cui Victoria. Ho scoperto della loro relazione qualche settimana dopo il giorno del mio diploma. Ricordo ancora lo smarrimento dinanzi al fatto compiuto. Ricordo ancora le parole di mio padre: “Stasera abbiamo un’ospite in più.”
E ricordo perfettamente la voragine di emozioni contrastanti che la vista di loro due avvinghiati mi ha provocato.
«Verrà anche lei a quella festa ridicola?» domando, ingoiando il magone che stringe un nodo proprio in fondo alla gola.
«Partirai per l’Italia e l’unica cosa di cui t’importa è se Victoria presenzierà alla tua festa?» ribatte con tono di stupore, misto a una nota di risentimento.
«Volevo essere gentile» chiarisco, atona.
«Sì, la porterò con me. Ci tiene a salutarti prima della tua partenza e la festa indetta da tuo padre sembra essere l’occasione perfetta per accontentarla» conclude; fissando, al di là del vetro, i marciapiedi affollati.
Qualche minuto dopo, la cameriera deposita le nostre due fette di torta sul tavolo e il conto che Seth si affretta a saldare, lasciando poi una generosa mancia.
Così rimaniamo nuovamente da soli nell’assordante silenzio dei nostri sguardi persi nel vuoto.
Passa un minuto, o forse di più, prima di incrociare nuovamente le sue iridi blu cobalto.
«Hai mai più rivisto Liam e Jamie?» chiede senza mezzi termini.
«No» rispondo, sentendo le guance pizzicare.
Ed è una stilettata al cuore.
Il rigurgito di un passato troppo recente torna prepotentemente a galla. Non ho più rivisto Liam Cooper o Jamie Lynn da quel fatidico giorno.
Nei momenti migliori ho pensato persino di avere chiuso con loro. Ho smesso di avere gli incubi la notte e di rivedere la mia pseudo madre dietro ogni capigliatura di colore fulvo. Ma è bastato ascoltare i loro nomi per rivivere l’intensità di quei momenti. Ed ecco ritornare l’azzurro agghiacciante e prepotente di Liam Cooper, quel  suo sorriso malinconico farsi spazio nella mia mente e il suo profumo invadere nuovamente le mie narici, stordendomi.
«Perché mi chiedi di loro?» aggiungo, sbocconcellando la mia fetta di torta.
«Perché m’importa di te» ribatte, avvicinando con un gesto istintivo la sua mano alla mia. Per qualche secondo le nostre dita si sfiorano, portandomi alla mente ricordi bramati ma dolorosi.
«Permettimi di dissentire. Stai affermando il falso, zio Seth» asserisco di rimando, discostando la mano.
Trovo conferma del suo smarrimento nel lento mutare della sua espressione. Col passare dei secondi sul suo viso sono sempre più evidenti i segni del disappunto la cui matrice risiede proprio nell’irrazionale senso di protezione che ha sempre avuto nei miei confronti.
«Non dubitare mai del mio affetto, Leila. Non puoi immaginare quanto sia errata la tua convinzione» sibila, costringendomi ad abbassare lo sguardo.
Improvvisamente la fetta di torta al cioccolato sembra riscuotere tutta la mia attenzione. Prendo a mordicchiarla e apprezzarne il contenuto dolce e fragrante, come se non esistesse altro in quella stanza dalle pareti colorate.
«Bene. E’ ora di andare» affermo, scattando su come una molla dopo aver terminato il dolce.
Seth tace; sorride appena mentre depone la sua fetta di torta con ponderazione sul tavolo.
All’improvviso l’idea di separarmi da lui mi sembra così sbagliata. Resto immobile qualche secondo nell’attesa che le gambe decidano per me e si dirigano da sole verso l’uscita del locale. Ma Seth anticipa i miei gesti e, in un baleno, ci ritroviamo vicini: solo i nostri fiati a separarci. Il sole illumina il suo viso e ne risalta la carnagione chiara sulla quale giace un velo di barba. E gli occhi, quegli occhi blu cobalto scrutano i miei timidi e vagabondi.
Lentamente prende a carezzare il mio volto quasi non aspettasse altro.  Ed io mi perdo nell’abbacinante intensità di quel gesto che si moltiplica all’infinito nel rosseggiare delle mie gote. Immediatamente mi rendo conto che tutte le difese disposte con cura durante questi tre mesi, non erano altro che castelli di sabbia pronti a divenire schiuma di un’onda inebriante.
«Ti riaccompagno a casa» fiata, producendosi in una risatina nervosa.
«Non voglio andare a casa» ribatto prontamente con una certa determinazione.
In realtà, dietro quella facciata impertinente, si nasconde la sottile paura di perseverare lungo un terreno scosceso e scivoloso.
E se Seth non mi avesse mai voluto veramente?
Non mi accorgo delle sue mani sui miei fianchi fino a quando non premono per reclamare la mia attenzione.
«Leila, non posso rischiare di mandare tutto all’aria. Io e tuo padre abbiamo ritrovato il vecchio equilibrio e tu sei così giovane…»
Avverto dell’avversione per le sue parole sempre così sagge, riflessive e razionali.
«Seth non sono più una ragazzina» protesto, a muso duro.
Visibilmente teso, Seth tenta di ignorare le mie parole concentrando la sua attenzione altrove. Tuttavia la presa sui fianchi continua ad essere ferrea, esigente.
Non è mai stato bravo nel prendere le decisioni e per quanto mi sforzi di essere paziente con lui, alla fine mi ritrovo a detestarlo per la sua insicurezza.
«Io vado» mormoro stizzita, liberandomi dalla sua morsa e incamminandomi verso l’uscita del locale.
**
L’aria settembrina solleva delicatamente le balze di organza della mia gonna mentre osservo il cielo stellato dalla veranda della facoltosa residenza estiva dei miei nonni.
Ci venivo spesso da bambina e come una ladra sono sgattaiolata fin qui anche oggi.
Da sottinsù mi godo lo spettacolo offertami dai fuochi d’artificio che, come piccole lanterne cinesi, brillano qua e là nel cielo della mia amata New York.
Tra meno di una settimana lascerò questo posto e partirò alla volta dell’Italia per iniziare il mio primo anno accademico e permettere a mio padre di portare a termine il lavoro interrotto a causa mia.
Al piano di sotto è in corso la festa organizzata per la mia partenza. Visi sconosciuti si alternano a parenti ritrovati e amici di famiglia che stento a considerare tali. C’è anche Seth, in compagnia di Victoria.
Sulle prime ho cercato di ignorarli ma alla prima occasione sono corsa via da quella sala divenuta improvvisamente troppo piccola e asfissiante. Le luci basse hanno creato l’occasione giusta per allontanarmi in totale discrezione.
«Qualcosa ti turba Leila.»
In piedi davanti alla porta scorrevole della veranda, mio nonno Albert Bartholomew Roberts soggiunge con passo mitigato ma al contempo sicuro. Le sopracciglia corrugate e raggiunte sulla fronte gli donano un’aria severa, maggiormente rafforzata dal completo nero che indossa con estrema eleganza.
«Non capisco a cosa fai riferimento nonno» affermo, voltandomi nuovamente verso il giardino.
«La veranda. E’ sempre stato il tuo rifugio da piccola! Quando Ryan osava rimbrottarti fuggivi qui, nel silenzio della notte» ribatte, allungando le dita affusolate e sfiorandomi il braccio per permettermi di voltarmi e guardarlo negli occhi.
E’ sempre stato una persona perspicace; quel tipo di persona che scruta dentro. Non mi resta che assentire dunque, non potrei fare altrimenti.
«Già, hai ragione. Pensavo alla partenza per l’Italia. Ho paura di lasciare andare una persona a cui tengo molto ma che, a quanto pare, non ricambia le mie attenzioni» vuoto finalmente il sacco.
Mio nonno mi rivolge un sorriso di comprensione, poi sfiora dolcemente la mia guancia con una carezza.
«Problemi di cuore, lo sospettavo. Ahimè, la mente si lascia sempre abbindolare da quell’organo. Ascolta il tuo vecchio: non accontentarti di una persona qualsiasi. Abbi il coraggio di rischiare; corri da lui. Se dovesse rifiutare un fiore delicato come te, allora non ne valeva la pena!»
Vorrei annuire o abbracciarlo ma non riesco a far altro che abbassare lo sguardo e giocherellare con la collanina che ho al collo.
«Non è così semplice» sussurro, trattenendo le lacrime.
«Seth capirà» ribatte, spiazzandomi.
«Co-come fai ad esserne a conoscenza?» chiedo in preda all’agitazione.
«Mi è bastato vedervi stasera. Lui non ti stacca gli occhi di dosso nemmeno un secondo, nonostante abbia a fianco un’avvenente compagna» risponde, strizzando un occhio in segno d’intesa.
«Lo dirai a papà? Andrà su tutte le furie ed io…»
«No, mia cara. Ryan a volte può essere veramente insopportabile e non ci tengo ad essere etichettato come una spia. Lo farete voi, quando sarete pronti ad affrontarlo.»
Tiro un respiro di sollievo, e senza pensarci due volte l’abbraccio come non facevo ormai da anni.
«Grazie nonno» dico tutto ad un fiato.
«Dovere, mia cara. E ora corri da lui; io terrò d’occhio molto volentieri la bionda.»
                                                                **
Cammino a passo svelto; un sorriso sul volto e i capelli, prima finemente acconciati, scompigliati per l’agitazione del momento. Prima di varcare la soglia della saletta, respiro a fondo e abbasso lo sguardo sulle mie mani: tremano visibilmente.
Un leggero velo di sudore imperla la mia fronte quando abbasso la maniglia della porta e mi appresto ad affrontare quella che si preannuncia essere una follia.
Mi faccio spazio tra la calca di persone e finalmente, qualche metro più avanti, lo vedo. Sorseggia un cocktail dall'aspetto vagamente esotico e ride, mostrando così, allo sparuto gruppo d’interlocutori, la sua dentatura perfetta. Al suo fianco, fasciata nell'immancabile tubino nero, Victoria sfoggia la sua avvenente bellezza calamitando l'attenzione degli uomini presenti.
Di colpo mi sento come un pesce fuor d'acqua che annaspa, cercando la sua direzione. Chiudo gli occhi e inspiro profondamente. "Puoi farcela" penso tra me. E con passo lieve e cadenzato mi avvicino a lui.

ANGOLO AUTRICE:
Strano da dire ma non trovo le parole per ringraziare ogni singola persona che ancora segue questa storia. Comincio scusandomi per avere abbandonato così la storia ma come ben sapete, dietro ogni autore, c’è innanzitutto una persona con gioie, dolori, necessità e problemi. Tralasciando un periodaccio che ho vissuto e che non interessa più di tanto a voi lettori, ho voluto dare un finale aperto a “Somebody that I used to know” perché ho tutte le intenzioni di scrivere un sequel che sia più maturo e curato.
Un nuovo punto di partenza per me e per la storia che in qualche modo è diventata la “mia creatura”.
La canzone che dà il titolo al capitolo è “Crash” degli “You and me at six”.
Ps: non ricordo più come utilizzare l'editor di efp. Perdonate, dunque,se il capitolo presenta discordanze di stile rispetto agli altri capitoli.
Spero di ritrovarvi tutte.
Con affetto,
Lady Po.

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