La vostra Scuola di Magia e di Stregoneria di Avalon

di ShiningCrowStelladelLeone
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Iscrizioni a Scuola ***
Capitolo 2: *** Cadute provvidenziali e gatti dispersi ***
Capitolo 3: *** Smistamento: finalmente a Casa! ***
Capitolo 4: *** Primo giorno: lotta per la sopavvivenza! ***



Capitolo 1
*** Iscrizioni a Scuola ***




 

 

 

In un’isola mai disegnata sulle cartine e che per anni ha viaggiato per i mari, dove la magia è insita in ogni singola creatura, pianta, uomo o animale che sia, che le appartiene, sorge la grande Scuola di Magia e di Stregoneria di Avalon. Qui , dove si dice sia sepolto Re Arthur, studenti da ogni parte del mondo giungono per imparare ad usare e a padroneggiare la loro magia. Che siano Nati Babbani o Sangue Puro non è importante, essa è aperta a qualunque mago dotato di perseveranza, voglia di imparare e soprattutto magia.

Vi invitiamo quindi, gentilissime signorine, a mandarci al più presto una lettera in risposta  tramite lo stesso modo utilizzato per recapitare questa,  così da poter essere iscritte qui ad Avalon.

 

Cordiali saluti,

 

Corpo insegnati di Avalon

 

Post Scriptum: nella lettera allegata troverete tutto il necessario che dovrete comperare e portare a scuola, nei minimi dettagli.

 

 

 

Le due ragazze guardarono stupite la lettera che avevano in mano, poi si guardarono negli occhi mentre un sorriso nasceva sul loro volto e infine si abbracciarono scoppiando a ridere e piangere contemporaneamente.

“Ce l’abbiamo fatta! Ce l’abbiamo fatta! Andremo ad Avalon!”

 

****

 

Signori e signore, ecco a voi la prima (crediamo) storia ad OC del fandom di Harry Potter!!! *standing ovation* Allora, per chi si sta chiedendo cosa ciò possa significare, è semplice: noi (ShiningCrow, l'unica ed inimitabile, e StelladelLeone, il suo fidato e devoto braccio destro *StelladelLeone colpisce con violenza ShiningCrow e la mette k.o.*) abbiamo aperto una nuova Scuola di Magia e Stregoneria ad Avalon, leggendaria e magica isola che si sposta (ma da quando ci è stata costruita la scuola è ferma nel Mare Tirreno) dove si dice sia sepolto Re Artù. Gli studenti e i professori della scuola…siete voi! Seguendo le indicazioni qua sotto ognuno di voi potrà mandare attraverso una MESSAGGIO PERSONALE un personaggio, professore o alunno che sia, (o due nel caso di personaggio personale più professore) che noi inseriremo nella storia, tramite l’interazione coi nostri due personaggi. Essendoci solo un professore per ogni materia ovviamente non tutti potete mandare insieme al vostro personaggio la descrizione di un professore, (per esempio di Trasfigurazione) e verrà accettato solo il primo che manda il messaggio allegando la descrizione del professore  ( in questo caso di Trasfigurazione.)

Ad Avalon la scuola non inizia ad 11 anni come ad Hogwarts, bensì a 14, e termina a 19. (Quindi gli anni sono gli stessi delle superiori Babbane).

 Vi preghiamo di essere vari nella caratterizzazione dei personaggi e dettagliati (altrimenti dovremo inserire noi i dati mancanti), così che ci sia più facile gestirli.  Le copie sono bandite e le iscrizioni sono sempre aperte. Ora bando alle ciance ed ecco cosa dovete mandarci per poter partecipare.

Per gli alunni (* significa obbligatorio) :

Nome*:

Cognome*:

Soprannome:

Età*(dai 14 ai 19):

Sesso*(sì è obbligatorio):

Descrizione fisica*:

Abbigliamento*:

Segni Particolari:

Carattere*:

Odi/Paure*:

Gusti/Passioni*: (ci sarebbe d’aiuto se metteste anche riguardo alle materie)

Case*: (potete scegliere tra:)

IgnisDraco (drago di fuoco): per ragazzi pazzi, avventati, scavezzacollo e teste calde; più inclini all’avventura che allo studio.

GlacieiLynx (Lince di ghiaccio): per i freddi e calcolatori; portati per la strategia di gruppo e l’astuzia.

LupusUmbrae (lupo d’ombre): per ragazzi solitari, chiusi, silenziosi e calmi; portati per lo studio intensivo e l’osservazione.

VentiChelidon (Rondine del vento): per ragazzi spensierati, sociali, solari ed esuberanti; portati per le attività all’aria aperta e a contatto con la natura.

Se l’OC frequenta il triennio, scegliete che materie aggiuntive debba seguire (Cura delle Creature Magiche, Babbanologia, Rune Antiche, Aritmanzia, Divinazione, Astronomia)

Materia preferita/per cui è più portato:

Materia detestata/ in cui si è imbranati:

Bacchetta*:

Famiglio:

Passato* (specificando se è nato in una famiglia di maghi o se è un Nato Babbano o un Mezzosangue):

Amicizie/inimicizie (potete descrivere i caratteri delle persone con cui si trova bene e con cui non si trova bene il vostro OC, se volete potete anche chiedere di essere amici/nemici di OC di altre persone che hanno recensito) :

Storia d’amore*: (la volete? Sì/ no; avete qualche avvertenza o preferenza da darci al riguardo? Scrivete pure, anche segnalando OC di persone che hanno recensito di cui il vostro personaggio potrebbe innamorarsi se poi anche il proprietario di quell’OC è d’accordo allora è perfetto :D)

Altro:

 

Per i professori (* significa obbligatorio):

Nome*:

Cognome*:

Materia*( Cura delle Creature Magiche, Babbanologia, Rune Antiche, Aritmanzia, Divinazione, Pozioni, Incantesimi, Trasfigurazione, Difesa contro le Arti Oscure, Erbologia, Astronomia e Volo):

Aspetto fisico*:

Abbigliamento*:

Carattere*:

Segni particolari:

Passato:

Casa di appartenenza ai tempi della scuola (specificando se ora è il direttore della Casa, mi raccomando controllate che qualcuno non l’abbia già scelta)

Bacchetta*:

Famiglio:

Altro:

 

Avvertenze: 

·         Le copie di personaggi dei libri della Rowling o degli altri lettori verranno rifiutate.

·         Non tutti gli OC compariranno nei primi capitoli, ma alcuni anche durante la storia, così da dare il giusto spazio ad ognuno; tutto dipende dal numero.

·         Se non si vuole che l’OC venga modificato è meglio se lo si dettaglia molto accuratamente e se ciò viene specificato nel messaggio.

 

Bene a questo punto, lasciate libera la vostra fantasia e al prossimo aggiornamento (dopo la fine della scuola)!!!

 

 ps: un ringraziamento speciale a LoverKratft Kane che ci ha aiutate a capire come sviluppare la storia senza andare contro il regolamento.

 

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Capitolo 2
*** Cadute provvidenziali e gatti dispersi ***


 Yoooo minnaaa!!!! (Significa “ciao ragazzi”) Ebbene sì, ce l’abbiamo fatta! Ecco a voi il primo capitolo! Siamo davvero curiose di sapere se vi abbiamo annoiati o se siete incuriositi, se abbiamo descritto bene i vostri personaggi, ma in caso di  fraintendimenti o aggiunte dell’ultimo minuto mandateci un’e-mail che faremo in modo di migliorare, dopotutto è a nostra prima ff a OC :D Ci scusiamo se abbiamo dato poco spazio ai maschi, ma promettiamo che nel prossimo li faremo vedere di più state tranquilli. Ovviamente le iscrizioni sono ancora aperte, ma se dal prossimo capitolo non arriveranno altro iscritti aggiungeremo noi alcuni personaggi: non vorremo mai lasciare un Oc single XD Una precisazione, ci siamo trovate con due OC di nome Rebecca, ma trovando divertente che avessero lo stesso bome le abbiamo lasciate così; per distinguere, mentre nei discorsi diretti saranno tutte e due “Becky”, in quelli indiretti una sarà “Rebecca”, Rebecca Turner, e l’altra “Becky”, Rebecca Luxaeris.
Bene, una piccola domanda finale: Se ai fini della storia dovessimo far comparire una voglia sul vostro OC, dove la vorreste? Grazie!!
 
Ora, Buona lettura!
 
 
 
Capitolo primo: Cadute provvidenziali e gatti dispersi
 
 
 
Due ragazze arrancavano su una stradina sterrata, trascinandosi dietro due enormi bauli di almeno cinque tonnellate.

Attorno a loro c'erano chilometri e chilometri di macchia mediterranea, che si estendevano fino alla linea dell'orizzonte, dove i colori secchi della sterpaglia toccavano il cielo di un azzurro intenso.

“Anf, anf...Becky, sei proprio sicura che sia la strada giusta?” ansimò ad un tratto una delle due, guardando dubbiosa l'altra.

Quella si guardò attorno stranita, spalancando gli occhioni blu come se si fosse appena resa conto del fatto che stavano camminando da tempo immemorabile in un luogo sconosciuto e isolato dal mondo civilizzato.

“Anf, anf...ehm...non ne ho idea...” rantolò alla fine.

Ariel sospirò esasperata, poi lanciò un'occhiata alle due gabbiette da viaggio, in cui erano distesi a pelle di leone due micini agonizzanti per il caldo e si decise a fare qualcosa.

Si fermò, staccò la mano dalla maniglia della sua maxi-valigia e la infilò nella borsa che portava a tracolla. Poco dopo la mano ne riemerse (profondamente provata dallo sforzo di entrare in quel luogo oscuro di non ritorno) portando con sé un bastoncino di legno scuro e levigato, con degli intarsi d'argento nel punto in cui la mano era stretta ad esso.

Ariel appoggiò la bacchetta sul palmo della mano, quella cominciò a ruotare sempre più velocemente emanando un bagliore dorato, finchè improvvisamente non si fermò.

La punta indicava alla loro destra.

“Ecco perchè non arrivavamo più! L'incantesimo che ho lanciato fa sì che la bacchetta indichi il nord, ovvero il nostro punto di partenza. Noi dobbiamo andare a sud-ovest, mentre per tutto questo tempo abbiamo camminato soltanto verso ovest!” spiegò a metà tra l’esasperato e il divertito Ariel.

“Ok! Allora andiamo a sud-est!” esclamò Becky, entusiasta di quell'incantesimo e già pronta a rimettersi in moto.

Le due ricominciarono a camminare, prese da una nuova foga.

Dopo qualche tempo sentirono sotto le loro scarpe il terreno secco e polveroso che piano piano si trasformava in sabbia e nell'aria il profumo pungente del mare.

Le ragazze erano sempre più impazienti.

Finalmente giunsero in un punto in cui il sentiero su cui si stavano trascinando degradava dolcemente in un pendio sabbioso, alla fine del quale si trovava una piccola spiaggia, affacciata su un mare turchese. Lo sguardo era libero di vagare per chilometri e chilometri senza che nemmeno il più piccolo accenno di urbanizzazione lo disturbasse, immerso nella dolce litania cantata dal vento e dalle onde che si infrangevano.

Ariel e Becky si scambiarono un'occhiata confusa: dov'era il molo presso il quale dovevano presentarsi?

Le due ragazze cominciarono a credere di essere state prese in giro e si infiammarono come due torce. Infatti le due leggiadre e delicate fanciulle iniziarono a lanciare occhiate astiose a ogni singolo sasso o qualsiasi altro membro del paesaggio che avesse avuto la sfortuna di trovarsi lì e con tutta la (immensa) finezza di cui erano provviste iniziarono a urlare frasi davvero poco consone a fini gentildonne quali erano.

“Per le dannatissime mutande lerce di Merlino, dov'è il porto!?!” per enfatizzare questo capolavoro di educazione Ariel lanciò un calcio ad una pietra, cosa che però non ebbe altro effetto se non quello di farla ululare dal dolore saltellando sulla gamba sana.

Becky scoppiò a ridere senza ritegno, dimenticando che fino ad un momento prima stava imprecando in greco antico contro quello “stramaledettissimo Ministero della Magia”, intercalando il suo discorso citando di tanto in tanto alcuni capi di vestiario del povero Merlino, che davvero non riusciva a capire il perchè di tanto accanimento.

Improvvisamente un nuovo urlo, più forte e acuto degli altri, riscosse la ragazza oramai piegata in due dalla risate. Girò la testa: “Ar...” non fece in tempo a terminare il nome dell'amica che, girandosi, il sangue le raggelò nelle vene: di fianco a lei non c'era traccia della ragazza.

Si sporse verso la discesa appena in tempo per vederla rotolare verso la spiaggia, poi improvvisamente scomparve nel nulla.

Becky era sbalordita e spaventata insieme, nonché immensamente preoccupata.

Dov'era finita Ariel?

Decise di raggiungere il posto in cui l'aveva vista svanire e mosse un passo in direzione del pendio.

Non fece in tempo a farne un altro che, complice l’immensa fortuna di cui era stata dotata da madre natura, inciampò nel sasso che Ariel aveva preso a calci e ruzzolò gridando verso il basso.

Dopo quelli che le parvero interminabili minuti, Becky si fermò. O meglio un grosso e duro masso la fermò.

Si alzò dolorante lamentandosi, con il labbro che le sanguinava e i vestiti tutti imbrattati di sabbia.

Ma quello che vide attorno a lei la lasciò senza fiato: dove prima c'era solo sabbia ora si vedeva la banchina di un porto con il pavimento acciottolato di mille colori diversi che brillavano sotto il sole dove si trovava una folla di gente alquanto bizzarra, composta di persone vestite con tuniche dai colori sgargianti con i loro rumorosissimi animali da compagnia al seguito. L'aria era satura di un allegro chiacchiericcio e di risate e Becky percepiva l'energia magica più potente che avesse mai sentito.

Proprio di fronte a lei, nel punto in cui tutta la folla confluiva, si trovava un molo che altro non era se non una piattaforma di legno sospesa nel vuoto a pochi centimetri dalla superficie del mare.

Circa tre metri sopra di esso levitava una scritta dorata: “Carina Sideris”.*

“Allora è questo il posto!” Pensò Becky sollevata.

Continuò poi a guardarsi attorno persa nei suoi pensieri: “Se solo ci fosse anche la nonna qui...” finché una ragazzina lentigginosa coi capelli arcobaleno non la urtò con l'enorme gabbia che portava sotto braccio, dall'interno della quale la guardava un piccolo gattino nero, alquanto terrorizzato, che si aggrappava con forza alle sbarre della gabbietta.

La giovane maga si riscosse, senza soffermarsi troppo sul tornado che l’aveva centrata: doveva ritrovare subito Ariel!

Iniziò a guardarsi intorno pensando esasperata a quanto era iperattiva la sua amica e alla sua incapacità di starsene ferma un secondo, cosa che probabilmente le avrebbe evitato questo spiacevole inconveniente; nello stesso momento pensava a mille e più vendette da attuare a discapito della ragazza per lo spavento che le aveva fatto prendere.

Finalmente individuò tra la folla la chioma castano-mogano della sua amica, tutta arruffata e impolverata per la caduta.

La raggiunse con un sorriso a trentadue denti stampato in faccia e la chiamò, pensando fosse meglio rimandare la tortura a dopo: “Ehi Ariel! Eccomi qua!”

L'amica la guardò sconcertata e poi scoppiò in una sonora risata: “ Becky, sembra che tu abbia appena fatto un giro in una gabbia di leoni che non mangiano da una settimana!”

Lei, dopo essersi passata una mano tra i corti capelli castani-ramati oramai ridotti ad un nido di gabbiano e aver dato un’occhiata di sfuggita ai jeans a pinocchietto impolverati e alla canottiera blu e senza spalline stropicciata e scucita, ribatté che probabilmente nella gabbia ci era finita anche lei, visto lo stato altrettanto pietoso dei suoi vestiti.

Ariel abbassò lo sguardo su di sé: effettivamente Becky non aveva tutti i torti. La maglietta verde che indossava era tutta spiegazzata e impolverata e la gonna a pieghe che in un tempo remoto era bianca era ormai grigio-marrone. Aveva le ginocchia sbucciate e sporche e i capelli tutti arruffati.

La ragazza allora tirò fuori un'altra volta la sua bacchetta dalla borsa e con un solo colpetto sul capo  fece scomparire tutta la sporcizia, ritornando perfettamente in ordine.

Becky seguì il suo esempio e divenne di nuovo linda e pulita come prima.

Le due si lanciarono uno sguardo ammiccante, poi Ariel disse: “Recuperiamo i nostri bagagli e i due poveri micetti e poi vediamo di capire come funziona qui, va bene?”

L'altra assentì, così le due chiamarono con un incantesimo di Appello i loro averi e si fecero largo in mezzo alla calca, in direzione del molo.

Su di esso, nel punto in cui il legno quasi toccava la banchina, si trovava un uomo di mezza età, con il viso arrossato dal caldo e due baffoni grigi a manubrio. Indossava una divisa da capitano blu e un cappello a completarla, anch'esso blu. Teneva tra le mani un foglio di pergamena e una piuma, con la quale spuntava i nomi dei ragazzi che si erano presentati all'appello.

Le due ragazze si avvicinarono e l'uomo alzò il suo sguardo gentile su di loro, chiedendo i loro nomi. “Ariel e Rebecca Luxaeris”disse Ariel.

“Ah, le due nuove alunne! É un piacere conoscervi. Prego, accomodatevi.” dicendo ciò fece un gesto cordiale con il braccio, indicando loro che potevano proseguire sul molo.

Ariel lo guardò confusa. Dove avrebbero dovuto andare? Non c'era nulla oltre a quella piattaforma di legno: solo il mare sconfinato.

Becky, pensando ad uno scherzo di cattivo gusto, strinse i pugni facendo sbiancare le nocche, pronta a estorcere l’informazione con la forza.

Subito dopo che ebbe formulato questo pensiero, il capitano le lanciò uno sguardo di scuse, dicendo: “Perdonatemi, dimenticavo che non sapete ancora nulla di come salire a bordo. Dovete semplicemente chiedere mentalmente alla nave di comparire per portarvi ad Avalon. Se la nave giudicherà che siete degne di questo privilegio non esiterà ad apparire. Buona fortuna!” terminò con un altro sorriso. La mora sorrise con dolcezza accennando un ringraziamento con il capo, completamente dimentica delle intenzioni di poco prima.

Ariel guardò Becky con la determinazione negli occhi e accennò ad un sorriso.

Tese la mano all'amica, che l'afferrò.

Poi Ariel strizzò gli occhi e chiese mentalmente: “ Per favore nave, portaci ad Avalon. Solo così riusciremo a scoprire qualcosa sulla sorte della nonna! Ti prego...”

Poi lentamente sollevò le palpebre e quello che vide la lasciò senza parole.

Davanti a loro, di fianco al molo, si ergeva la cosa più bella che avesse mai visto. Era un imponente ed enorme vascello, con le vele candide che ondeggiavano fieramente al vento. Lo scafo e gli alberi erano color mogano e risplendevano sotto la luce del sole, che tingeva d'oro il legno scuro. Sul ponte, a poppa, si vedeva una costruzione di legno decorata con alcune bande laccate in oro, che doveva essere la cabina del capitano. Tutto il vascello aveva un'aria curata e sontuosa e sebbene si capisse che era vecchio di centinaia di anni non traspariva alla vista nessuna di quelle tracce che il tempo solitamente lascia: le tavole di legno erano perfettamente lucidate e smaltate, le vele erano pulite e senza traccia di buchi o strappi e sembrava che ogni singola cosa lì, persino la più banale delle cime, fosse disposta con un non so che di amore e cura da farla risplendere di luce propria.

Ariel rimase profondamente colpita da quella vista, si sentiva quasi intimorita di fronte a una vista così maestosa.

Percorse il molo insieme all'amica, anche lei stupefatta, e raggiunse la passerella che collegava il molo al ponte della nave. Poi finalmente salì sul vascello.

Sul ponte c'era una gran confusione di ragazzi intenti a salutarsi, ridere, scherzare o esplorare la nave pieni di entusiasmo.

Dopo tanta solitudine le ragazze erano intimidite e affascinate al tempo stesso.

“Cosa facciamo ora?” chiese infine Becky senza osare muoversi di un solo passo.

Ariel si guardò intorno alla ricerca di un possibile aiuto divino.

“Dobbiamo trovare un posto per mettere i bagagli, innanzitutto!” decise infine con sicurezza, non vedendo scendere dal cielo nessuna luce di salvezza.

Dopo un breve sguardo le due ragazze si inoltrarono nella foresta di corpi che si agitava sulla ponte della nave, dirette a quella che secondo loro era la porta che le avrebbe portate sotto coperta.

Dopo dieci minuti di lotta accanita per farsi spazio, raggiunsero il traguardo e Becky raggiante afferrò la maniglia per aprire la porta; poi, decisa iniziò a scendere le scale in legno.

Purtroppo già al secondo gradino il suo piede, invece che sul legno levigato, si appoggiò su qualcosa di nero e peloso, nonché decisamente vivo; con un urletto la ragazza iniziò a rotolare gradino per
gradino seguita dai bagagli lungo quella scala che non finiva più.

“Beckyyy!” urlò preoccupata Ariel superato i primi secondi di shock ed iniziando ad inseguirla.

Accelerò la corsa quando sentì un preoccupante tonfo e dei gemiti di dolore provenire dal basso.

La scena che si presentò agli occhi della maga era a dir poco esilarante (per lei). La sua migliore amica era a terra con un colorito verdognolo, ma cosa ancor più preoccupante era aggrovigliata ad una ragazzina dai ricci e corti capelli castani ma con mille ciocche colorate di verde acqua, rosso e biondo.

“Ariel…” gemette Becky in preda ad una nausea assassina per tutto quel rotolare.

“Ehm…potresti toglierti?” chiese infine l’altra vittima.

Come se si fosse accorta solo in quel momento di essere da più di due minuti sdraiata su una perfetta sconosciuta, arrossendo come un pomodoro iniziò a tentare di districarsi.

Dopo due minuti di sforzi combinati di Becky, Ariel e della ragazza arcobaleno, riuscirono tutte e tre a guadagnare una posizione eretta.

“Scusami, non volevo travolgerti! E’ stato un errore! Non ti sei fatta male, vero?” chiese preoccupatissima Becky pensando che quella non era la loro giornata.

La ragazza che con sguardo leggermente scocciato si stava cercando di risistemare i pantaloni neri stracciati e la maglietta verde militare a maniche corte con varie borchie, alzò i grandi occhi verdi per dedicarsi alla sua assalitrice.

“Però potevi stare un po’ più attenta! Si può sapere cos’hai per la testa?! Avresti potuto farmi davvero male! Ho preso un mezzo infarto quando ti ho vista volare verso di me! Per le mutande di Merlino! Pensavo fossero miei ultimi istanti di via!” iniziò a dire inferocita puntando un dito accusatore con un anello marrone scuro contro Becky, che ripetendosi che se lo meritava cercava di non risponderle
a tono.

“Non è stata colpa sua! C’era un gatto!” la difese prontamene Ariel, iniziando ad innervosirsi. A quelle parole il comportamento della ragazza cambiò di colpo, gli occhi le si spalancarono di colpo,
spaventati, e la voce perse ogni tono di rimprovero.

“Jimi!!!!” Esclamò facendo per lanciarsi oltre le due ragazze di cui l’esistenza era appena passata in secondo piano.

“Stai calma Gyns! E’ qui il tuo gatto!” disse con tono esasperato un ragazza con una folta massa disordinata di ricci capelli neri, scendendo le scale con in braccio un micio nero.


Becky fulminò con lo sguardo il gatto, causa di tutte le sue sventure, mentre Ariel ridacchiando le appoggiava una mano sulla spalla per tranquillizzarla.

“Morghi!” esclamò la ragazza con voce commossa lanciandosi ad abbracciare l’amica.

Una luce gelida passo negli occhi neri come carbone, dal taglio allungato, della ragazza col gattino.

“Se mia chiami ancora una volta Morghi, il tuo gatto si farà una nuotata con le sirene.” la fulminò Morghi, ma Gyns, dopo aver scacciato un brivido di terrore, le sorrise e la riabbracciò prima di prendere in braccio il piccolo Jimi.

“Jimi, non provare a scappare mai più! Avresti potuto cadere in mare! Chiaro?” disse cercando di sgridarlo mentre un sorrisino le increspava le labbra.

Dopodiché si girò insieme alla nuova arrivata per fronteggiare Becky e Ariel.

“Mi dispiace per prima, non avrei dovuto perdere la pazienza così e chiedo scusa anche da parte di Jimi,” disse con un sorriso allegro sotto lo sguardo stupefatto delle due assalite, che tutto si aspettavano tranne delle scuse, “Comunque io sono Gynevra Elizabeth Sigma Russel, ma potete chiamarmi semplicemente Gyns o Gynny, come vi pare!” concluse tendendo loro la mano.

Riscuotendosi dalla trance in cui erano cadute, accetteranno quell’offerta di amicizia e si presentarono.

“Io sono Ariel Luxaeris.” disse mentre gli occhi verde smeraldo le brillavano di una luce gioiosa.

“Io invece sono Rebecca Luxaeris, ma per tutti Becky!” disse l’altra, ma con un velo di diffidenza negli occhi: non era più abituata a fidarsi ciecamente del persone dal primo incontro.

“Tranquilla, nonostante il caratteraccio non vi mangiamo!” disse ridendo la ragazza con la pelle olivastra e riportatrice del gatto disperso, come se le avesse letto nel pensiero.

Davanti allo sguardo stupito di Becky si fece sfuggire un’altra risatina e tese anche lei l mano.

“Piacere, sono Morgana Elettra Blackshadow; empatica e metereopatica.”

Le mascelle di Ariel e Becky caddero a terra, ma una volta recuperato il controllo di sé strinsero la mano anche a lei.

“E’ buffo, non trovi Morgh…Morgana?” disse Gyns con un’occhiata complice all’amica.

Ariel lanciò loro una sguardo perplesso, ma le due, prima che potessero fare domande, afferrarono la sua mano e quella di Becky e iniziarono a strattonarle in avanti.

“Venite dobbiamo presentarvi una persona!” le incitarono. Le due ebbero appena il tempo di afferrare i bagagli che vennero letteralmente trasportate in un lungo corridoio pieno di cabine.

Le due avanzavano senza dar loro il tempo di osservare i lampadari a olio o l’interno delle cabine, scivolando sicure tra i gruppi di ragazzi ammassati qua e là a chiacchierare.

Finalmente si fermarono davanti ad una cabina, aprirono la porta e ci scaraventarono dentro le due poverette.

“Siamo tornate!” trillò allegra Morgana

Nella cabina, una stanza con le pareti in legno e due divanetti appoggiati ai due lati opposti, aspettava seduta una ragazza con lunghi capelli castano scuro, intenta a leggere un libro.

Alle parole di Morgana alzò gli occhi e sorrise dolcemente.

“Cominciavo a pensare che vi foste perse!” disse con una risata, che però le su bloccò in gola per far spazio ad un’espressione stupita alla vista di due ragazzine spaesate e intontite (dalla corsa) in compagnia delle sue amiche.
 
“Ecco a voi, la nostra migliore amica: Rebecca Turner!” disse Gyns teatralmente indicando la ragazza ancora seduta, che arrossì imbarazzata.

Becky e Ariel si ripresero e le sorrisero.

“Ecco cosa intendevate per buffo: si chiama come te, Becky!” spiegò Ariel davanti allo stupore dell’amica, che subito andò a stringere a mano alla sua omonima, anche se leggermente irrigidita.

“Becky Luxaeris” si presentò, per poi indicare la sua amica, “e Ariel Luxaeris.” La chiamata in causa accennò un saluto con la mano.


“Bene ora che le presentazioni sono fatte…” disse Gyns.

“Possiamo rilassarci!” concluse per lei Morgana buttandosi su un divanetto, subito imitata dalle altre.

“Allora,” disse Rebecca, “Siete sorelle?” chiese guardandole con occhio attento, mentre le sue amiche si facevano attente: non le sembrava di vedere somiglianze tra le due.

Ariel scosse la testa.

“No, ci siamo conosciute all’orfanotrofio e siamo state adottate insieme.” Spiegò poi con un sorriso, lanciando un’occhiata di intesa a Becky.

“Quanti anni avete?” chiese, allora, curiosa Gyns, giocherellando con una collana con un ciondolo in argento forma di pentacolo.

“Sedici” rispose questa volta Becky.
Morgana le guardò confusa.

“Ma non siete di questa scuola vero? Non vi ho mai visto in giro” le due annuirono caute, mentre istintivamente alzavano le difese.

Morgana assottigliò gli occhi, stranita da quell’improvviso cambio di umore.

“E come mai venute a scuola solo adesso? Mi sembra di aver già sentito il vostro cognome…” chiese tranquilla Gyns, mentre Rebecca le lanciava un’occhiata di rimprovero per la troppa curiosità.

Becky si gelò all’istante, stringendo i pugni e mettendosi sulla difensiva; Ariel invece si immobilizzò anche lei ma fece un sorriso forzato e tentò di restare tranquilla, lanciando un ammonimento
silenzioso all’amica con gli occhi.

Questo teatrino non sfuggì alle altre tre maghe.

“Siamo state lontane all’Italia in questi ultimi due anni e ci è stato impossibile venire a scuola; abbiamo fatto degli esami e subentreremo direttamente al terzo anno.” Spiegò.

Rebecca, capendo che non volevano dire altro per il momento, cambiò argomento.

“Quindi non appartenete a nessuna Casa; in quale vi piacerebbe entrare?” chiese.

“Non lo sappiamo, non conosciamo molto di Avalon.” Spiegò Becky rilassandosi, sotto lo guardo attento di Morgana.

“Io e Gyns siamo in IgnisDraco e frequentiamo il quarto anno, mentre Becky è a LupusUmbrae e frequenta il terzo!” disse poi sorridendo.

“Dovete venire da noi! E’ la Casa degli avventurieri, dei coraggiosi, dei…” iniziò ad elencare Gyns, infiammata, ma venne interrotta da Rebecca.

“Dei pazzi e dei ripetenti!” disse con un ghigno, “Al posto che concentrarvi solo sulle avventure, ogni tanto dovreste anche studiare!” la rimproverò ridacchiando, mentre la maga arcobaleno si imbronciava.

Morgana scoppiò a ridere.

“Touchè! Di certo lo studio non è il nostro forte!”

“Comunque mi devi un favore Gyns” disse poi cambiando discorso e guardando male l’amica, “Se non fosse stato per il tuo stupido gatto, in questo momento starei chiacchierando con un ragazzo carino di LupusUmbrae!”

“Chi?” chiese Rebecca curiosa di sapere chi della sua Casa avesse attirato l’attenzione dell’amica.

“Che cosa?! E quando aspettavi dirmelo?! Racconta!” urlò Gyns mettendosi in ginocchi sul divanetto, puntandole contro un dito accusatore, libero dal guanto di pelle che le fasciava la mano poiché con le dita mozzate, e osservando rapace Morgana.

Ariel e Becky iniziarono a ridacchiare senza ritegno.

“Era un ragazzo di nome Nathaniel, alto, molto carino, con i capelli rossi e alcune ciocche nere, gli occhi di un bel verde…”

“Oh, Nat!” la interruppe tranquilla Rebecca.

“Lo conosci?!”

“Sì, è all’ultimo anno; è uno dei più intelligenti della sua età ed è molto gentile, anche se fa fatica ad aprirsi. A sentire le mie compagne è imbranato con le ragazze, ma penso che se si riuscisse a metterlo a suo agio sarebbe una persona piacevole con cui passare il tempo!” spiegò con un sorriso.

“E tu non ce l’hai mai presentato?!” chiese offesa Gyns.

“Non mi è venuto in mente!”

“Ecco perché!” esclamò Morgana, illuminata, “e io che pensavo che si comportasse così perché era spaventato da me!”

“Morgana, cosa hai combinato?” chiese esasperata Rebecca, passandosi una mano sugli occhi, mentre Gyns scoppiava a ridere sotto lo sguardo incuriosito di Becky e Ariel.

“Niente!” ribatté lei aggrottando le sopracciglia e mettendo il broncio.

“Morgana?” chiese un’altra volta con gentilezza ma aggiungendo un pizzico di fermezza.

“Eddai, Becky! Era solo un primino! Ed era colpa sua! Ha pestato la coda a Clelia!” ammise infine sbuffando, “Se lo meritava!”

“Oh, Morgana! Avevamo detto niente risse quest’anno!” esclamò alzando gli occhi al cielo Rebecca.

Oramai Gyns era per terra dalle risate e Ariel e Becky non erano da meno.

“Ben fatto, Morgana!” si congratulò la ragazza coi capelli arcobaleno cercando di non morire soffocata per il troppo ridere.

“Vi devo ricordare forse che l’anno scorso siete finite in presidenza il terzo giorno per rissa?!” continuò tentando di resistere all’impulso di ridere.

“Eh no, cara! L’anno scorso c’eri anche tu con noi!” le ricordò ghignando Gyns.

Ariel e Becky guardarono la ragazza stupite; lei in risposta arrossì e iniziò a stropicciare con le mani il morbido vestitino in maglia, viola, che la fasciava delicatamente risaltando le curve di cui lei nemmeno si accorgeva.

“C-ci avevano insultate…erano in tre…e poi la borsa mi era scivolata per caso!” tentò di salvarsi.

“Certoooo! Per caso sulla faccia del ragazzo!” rigirò il coltello nella piaga Morgana.

Oramai Rebecca aveva assunto il colore di un pomodoro maturo, ma le sue amiche le saltarono addosso all’improvviso e la coinvolsero in un mega-abbraccio.

“La verità è che la nostra Becky è troppo buona!” spiegò Gyns alle due nuove entrate nel gruppo, facendo loro l’occhiolino, “Quando siamo in difficoltà mette da parte la sua timidezza o gentilezza e fa di tutto per aiutarci!”

Rebecca sorrise, anche se il rossore sulle guance si accentuò.

“Comunque,” riportò l’attenzione su di sé Morgana, “Ora almeno ho scoperto il motivo per cui Nathaniel all’inizio sembrava così a disagio con me! E pensare che si stava sciogliendo, era allegro e faceva delle belle battute! Se non fosse arrivato il tuo gattaccio…”  Disse lanciando un’occhiata assassina a Gyns che alzò le mai in segno di difesa.

Intanto la parola “gattaccio” aveva risvegliato in Ariel e Becky il ricordo dei loro compagni abbandonati nella gabbietta.

“Milly!”

“Aramis!” le due si alzarono di scatto e corsero a cercare la gabbia vicino al bagaglio, convinte che i due poveri mici stessero rantolando per la libertà.

Con loro grande orrore, la gabbia era aperta e vuota.

“Oh cavolo…” mormorò Ariel, pensando alle dimensioni di quella nave.

Le altre tre subito le corsero a fianco e capito il disastro offrirono il loro aiuto.

“Io la mia Clelia la lascio libera ma oramai è abituata a questa nave! Dobbiamo ritrovarli!”

“Becky” disse Gyns guardando Rebecca, “tu rimani qui a controllare se ritornano e che Jimi non scappi; noi andiamo a perlustrare la nave!”

“Grazie ragazze! Aramis è un gattino nero con gli occhi verde intenso mentre Milly ha il pelo tigrato e gli occhi azzurri! Ah, al collo porta un fiocco rosso con un campanellino” dissero le due con rinnovata speranza.

Dopo brevi accordi le quattro si separarono, iniziando correre in giro per la nave.
 
 


Becky evitò per la terza volta di inciampare, correndo sul ponte della nave alla ricerca della sua gattina. Si sentiva davvero un’idiota ad essersi dimenticata di lei e sperava fortemente che non le fosse
successo niente, che non fosse caduta in mare. Finalmente avvistò la ricercata che camminava in equilibrio sulla balaustra del ponte.

Il cuore di Becky per se un battito.

Con cautela iniziò ad avvicinarsi: non doveva assolutamente spaventarla.

Un altro passo e oramai tendendo le braccia avrebbe potuto accarezzarle la coda.

Becky si rannicchio con un ghigno sulle labbra e subito dopo con scatto felino si lanciò sula perda, afferrandola per la collottola.

“Presa!” urlò vittoriosa portando a gattina all’altezza del viso per poterla guadare negli occhi.

Milly miagolò stizzita dando dei colpetti con la zampa alla padrona; Becky scoppiò a ridere,

“E no, mia cara! Adesso tu rimani tra le mie braccia fino a che non sbarchiamo.” Le disse con lieve tono di rimprovero. La gatta tentò di divincolarsi miagolando verso il mare oltre la balaustra.

Becky guardò perplessa prima lei, poi il mare e infine si avvicinò alla balaustra per guardare oltre.

Per lo stupore sgranò gli occhi e socchiuse la bocca, non aveva mai visto uno spettacolo simile: un gruppo di sirene dalle code multicolori, che brillavano al sole, seguivano il veliero come una scorta, saltando fuori dall’acqua, compiendo piccole magie e cantando con voci dolci e ammalianti. Era già persa in contemplazione di quello spettacolo straordinario quando vide che una sirena dai capelli verdi si era fermata a guardarla; appena incrociarono gli occhi la sirena abbassò il capo e si inchinò in segno di rispetto, dopodiché nuotò dalle compagne e ben presto un banco di sirene si ritrovò ad inchinarsi davanti a Becky. La ragazza si irrigidì all’istante e quando vide cosa stava accadendo si allontanò di scatto dal molo.

“È solo la mia immaginazione, è solo un caso…” iniziò a ripetersi mentre indietreggiava frettolosamente, “Devo trovare Ariel…” mormorò guardandosi intorno preoccupata sperando che nessuno
avesse visto la scena, prima di lanciarsi alla ricerca dell’amica.

Ma nella fretta non si accorse che qualcuno nell’ombra aveva assistito a tutto quello spettacolo.
 


 
Ariel si girò intorno sentendosi sperduta: aveva affrontato foreste impenetrabili e ogni sorta di pericoli, ma ora che si trovava in una nave piena di ragazzi della sua età andava in panico. Come avrebbe fatto a trovare quella stupida palla di pelo?

Esasperata riiniziò per la terza volta ad esplorare la nave; stava già per darsi sconfitta quando sentì un miagolio famigliare.

Veloce si girò a cercare la fonte del suono e finalmente intravede una codina nera; come un razzo si lanciò zizzagando tra i ragazzi, passandolo loro sotto le gambe, urtandoli, saltandoli…tutto per raggiungere il maledetto micio disperso!

Eccolo lì! Finalmente adocchiò la sua preda, che miagolava tranquilla dandogli le spalle.

Con un balzo si lanciò sul bersaglio e…andò a sbattere contro le gambe di qualcuno.

Con le guance che le andavano a fuoco e la testa che le doleva si mise a sedere e alzò timidamente lo sguardo per scoprire la sua vittima.

Due occhi verde acqua, semi nascosti da un ciuffo biondo cenere striato di blu, la guardavano incuriositi, chiedendosi perché mai una pazza che non aveva mai visto avesse cercato di falcidiarlo.

Ariel si rialzò, sperando di poter sparire all’istante per l’imbarazzo, mentre il ragazzo ora la guardava con un sopracciglio alzato in attesa di spiegazioni.

Intorno a sé sentiva mormorii concitati e lanciando occhiatine tutto intorno si accorse che un gruppetto di ragazze la guardava a metà tra l’incuriosito e l’innervosito.

“Ah…Ehm…io …volevo…cercavo…il gatto.” Disse in maniera chiara e concisa, dando prova delle sua brillante e sciolta parlantina.

“Questo?” chiese lui alzandole davanti agli occhi un micino che di smarrito o terrorizzato aveva ben poco.

“Aramis!!” esclamò lei felice prendendolo tra le braccia, “Grazie! Grazie mille! E scusami per averti investito!”

Lui, con un sorriso sulle labbra, scosse la testa.

“Non c’è nessun problema” la rassicurò gentile ma…freddo? Ad Ariel quell’espressione ricordava qualcosa…

“Io sono Ariel Luxaeris” si presentò sorridendo.

“Jamie Jon Lancaster, piacere.” Le rispose lui, senza perdere quell’espressione, poi una luce balenò nei suoi occhi.

“Luxaeris?” chiese come se si fosse ricordato qualcosa all’improvviso.

Ariel si raggelò: non era possibile! Non dopo così poco tempo! Non potevano saperlo già tutti!

Veloce fece un cenno con la mano.

“Grazie ancora, ma scusa: ora devo andare!” disse indietreggiando e dandogli le spalle.

“Ehi aspetta!” la chiamò lui prendendola per una spalle, in modo che si girasse.
 
Ma non fece in tempo a dire una parola che una mano gli afferrò il polso; subito lui si girò e incontrò due grandi occhi blu, gelidi.

“C’è qualche problema?” chiese con freddezza, digrignando i denti e guardando la mano del ragazzo sulla spalla dell’amica come se volesse staccargliela a morsi; Jamie saggiamene tolse subito la mano da Ariel.

“Becky!!” esclamò la ragazza, guardando l’amica evidentemente entrata in versione iperprotettiva, “Becky sta tranquilla! Non voleva farmi del male! Anzi, mi ha aiutato a trovare Tigro!” spiegò frettolosamente prima che l’amica mettesse k.o. il ragazzo, sventolandole davanti come un pazza il suddetto gatto, sull’orlo del vomito.

Becky scrutò Ariel attentamente per constatare la veridicità delle sue parole.

Infine si voltò verso il ragazzo con un sorriso timido, le guance arrossate per l’imbarazzo e gli occhi senza nessuna traccia di gelo assassino.

“Mi dispiace!” iniziò a scusarsi, “Ho frainteso la situazione e ti ho aggredito per nulla, perdonami. Io sono Becky Luxaeris.”

Lui la guardò leggermente confuso dal cambiamento, ma riprese subito la sua compostezza e le strinse la mano. “Piacere di conoscerti, io sono Jo.”

E Ariel capì, vedendo Becky e Jamie uno di fronte all’altro capì doveva aveva già visto quell’espressione del ragazzo: sulla sua migliore amica. Era lo sguardo di chi non si fida di nessuno, di chi con cortesia si presenta ma intanto ti analizza, cercando di capire se davvero vale la pena concederti la propria fiducia, di chi è sempre in modalità difensiva.

“Ora scusa, Jo, ma dobbiamo andare a cercare delle nostre amiche” la voce di Becky interruppe le sue riflessioni, “Ci si vede!” lo salutò infine prendendole la mano per poi lanciarsi al di fuori di quel piccolo cerchio di curiosi che si era creato.

Ariel fece appena in tempo a sorridere in segno di scuse al ragazzo che Becky l’aveva già trascinata via.

Jamie guardò le due ragazze scappare via e un sorrisetto gli nacque sul volto “Luxaeris eh? Sarà un anno davvero interessante…”



Finalmente Becky, si fermò: erano sotto coperta in un angolo appartato.

“Ehi, cos’è successo?” chiese preoccupata Ariel, vedendo l’amica torturarsi le mani, che intanto ragionava se fosse il caso di raccontarle quel “caso”.

“…”

“Becky, se entro trenta secondi non mi spieghi cosa succede…” disse fredda, con aria minacciosa.

La ragazza deglutì, solo due cose la spaventavano e la rendevano indifesa: i pervertiti e Ariel arrabbiata.

“E’ successo ancora” disse tenendo gli occhi bassi.

“Cosa?” chiese Ariel irrigidendosi.

“Delle sirene…si sono inchinate…mi guardavano tutte…mi sembrava mi stessero dicendo qualcosa ma sono scappata…” ammise infine alzando gli occhi e tendando di sorridere, “ma sono sicura che fosse solo un caso, ne sto facendo un dramma per niente e…”

“Non è un caso Becky! E’ successo anche là, con gli alligatori…Dobbiamo indagare appena arriviamo ad Avalon! Non possiamo più dire che è un caso” disse grave mettendo una mano sulla spalla dell’amica che appariva confusa e terrorizzata.

“Va bene…” si arrese infine senza però che l’inquietudine scomparisse, mentre Milly, che finora era stata sulla sua spalla le leccava la guancia.

“Comunque dobbiamo fare qualcosa per la tua mania da bodyguard: stai degenerando!” la rimproverò Ariel esasperata con un sorriso.

Becky la guardò offesa, “Anche tu lo avresti fatto per me!”
“A parole, Becky, ti avrei difeso di sicuro, soprattutto davanti ad un vero maniaco. Ma tu stavi pensando di metterlo k.o. e nemmeno avevi capito la situazione!” disse non potendo negare l’evidenza dei fatti: entrambe quando si arrabbiavano facevano paura.

“Non è vero!”

Ariel le lanciò un’occhiata scettica. “Ti conosco da dodici anni e riconosco quando hai deciso di passare alle maniere forti!”

Becky arrossì e le due rimasero in silenzio, ognuna persa nei propri pensieri.

“Ti fidi di loro?” chiese ad un certo punto Becky.

Ariel la guardò capendo al volo la situazione, l’amica sembrava preoccupata e indecisa.

“Sì, sono delle brave ragazze. Pazze, ma probabilmente non quanto noi. E tu?”

Becky rimase in silenzio per un attimo.

“Non sono brava a fidarmi delle persone…”

“Lo so” replicò l’altra con un sorriso.

“…ma credo davvero che di loro potrei provare a fidarmi” decise infine con un sorriso, sotto lo sguardo stupito di Ariel. Mai prima d’ora la sua amica aveva accettato di dare fiducia ad un estraneo dopo così poco tempo.

“Sai che al novanta per cento tutti sanno già tutto di noi?” chiese poi ironica.

“Saremo una specie di fenomeno da baraccone. Che bel modo di iniziare l’anno!” rispose l’altra altrettanto sarcastica.

“Dici che a loro dovremmo raccontare cosa è successo veramente?”

“Intendi la vera storia dei fatti? Quella di cui nemmeno il Ministero è a conoscenza?”

“Sì?”

Becky si pietrifico e Ariel si chiese se non avesse osato troppo. Forse aveva sbagliato a forzare così improvvisamente il “guscio” dell’amica.

“E se decidessimo più avanti?” concedette con un sorriso forzato.

Ariel le gettò le braccia al collo.

“Grazie Becky! E ora forza, dovremo darci da fare per trovare informazioni su…”
 
“Ariel, Becky?!” urlò una voce loro famigliare.

“Gyns!” Esclamarono le due stupite. Becky rindossò subito la sua maschera di tranquillità e fece un bel sorriso.

“Gyns, Morgana: li abbiamo trovati! Possiamo tornare da Becky!” disse Ariel.

“Ok!” assentì Gyns quasi fin troppo esuberante, mentre Morgana guardava per terra, silenziosa e crucciata.

“Morgana va tutto bene?” chiese Becky preoccupata.

LA ragazza gli lanciò uno sguardo penetrante.

“Sì. Sta per piovere. E tu?” disse con voce atona, l’ultima domanda sembrava quasi retorica.

Becky si ghiacciò e le venne il terrore al pensiero che avessero sentito qualcosa, ma dopo aver lanciato un’occhiata a Gyns che rideva allegra con Ariel si disse che era impossibile.

“Tutto a posto.” Fingendo una tranquillità che non aveva e incamminandosi con lei dietro alle altre.

Morgana annuì cupa, senza smettere di osservarla attenta.

Becky dimenticava però che l’amica era empatica.
 
 

“E poi ci siamo fiondate qua!” concluse il riassunto Ariel a Rebecca che accarezzava Milly, la quale sembrava aver trovato una nuova amica nell’omonima della sua padrona; ovviamente il racconto era stato censurato e modificato, ma la sostanza era quella.

Morgana guardava fuori dall’oblò, più grande di quelli normali, con espressione imbronciata: da quando erano rientrate non aveva ancora detto una parola.

“Non farci caso, Ariel” disse ad un certo punto Rebecca gentilmente, notando le occhiate della ragazza, “Sta piovendo e quando il tempo è brutto anche il carattere e l’umore di Morgana peggiorano.”

La maga emise uno sbuffo.
 
Passarono altre due ore tranquille, in cui Gyns, Rebecca, Becky e Ariel discussero allegramente sulle materie, raccontarono com’era Avalon e le sue leggende, mentre Morgana guardava silenziosa il paesaggio, buttando qualche commento sarcastico qua e là ogni tanto.

Finché improvvisamente non si alzò di colpo, attaccando la faccia al vetro; Rebecca e Gyns ridacchiarono a quella scena che ormai avevano visto più volte, mentre Becky e Ariel la guardavano leggermente preoccupate.

Dopodiché si girò con un sorriso a trentaquattro denti.

Fuori ormai non pioveva più.

“Siamo arrivate!” disse in tono solenne lasciando libero l’oblò perché le due nuove arrivate potessero guardare.

Entrambe si gettarono sul vetro e rimasero a bocca aperta per lo stupore: davanti a loro nel mare cristallino si ergeva un’isola verdeggiante, con boschi folti, colline dai dolci pendii, calette magiche con spiagge bianche, dove le sirene giocavano con l’acqua, e un piccolo borgo; sul punto più alto dell’isola invece c’era un gigantesco castello medievale in pietra, con torri, balconi, portone in legno e ponte levatoio, bandiere e stendardi. Come quello dei libri di fiabe. Mancava solo il drago a guardia.

“Finalmente!” esultò Morgana.

“Chissà quanti nuovi primini!” disse eccitata Gyns, con un sorriso maligno sul volto.

“Gyns!” la rimproverò ridendo Rebecca, mentre l’altra si scambiava un cinque con Morgana.

Ariel e Becky, ancora a bocca aperta, si girano a guardarle.

Le tre, una di fianco all’altra, sorrisero loro, prima di stringerle in un mega abbraccio.

“Benvenute a casa!”
 
 

 
 
 
 
 
*Carina Sideris: dal latino “Nave delle stelle” molti dei nomi presenti saranno in latino, come ad esempio quello delle Case o il cognome Luxaeris “Luce nell’aria” alla fine metteremo sempre i significati :D
 

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Capitolo 3
*** Smistamento: finalmente a Casa! ***


Smistamento: finalmente a casa

 

Yooooo minna! Eccoci qui! *salutano con la manina da un bunker anti-atomica*

 Vi dobbiamo enormi e secolari scuse: è un anno che non aggiorniamo. Non fraintendete: non abbandoneremmo mai questa storia! Ma quest’anno abbiamo iniziato la terza classico e la scuola ci ha letteralmente e lentamente ucciso. Sappiamo che è imperdonabile e vi chiediamo ancora scusa per il disagio, anche perché non abbiamo mai messo l’avviso di ritardo; questo perché il capitolo è in scrittura da Settembre ma non siamo mai riuscite a finirlo. Anzi, questa è metà del capitolo originale perché non volevamo farvi aspettare ancora. Ma non temete, siamo già a metà del prossimo: attendete impazienti nuovi sviluppi! Con questo capitolo chiudiamo ufficialmente le iscrizioni, se non per un maschio protagonista e per chi vorrebbe partecipare come secondario. Essendo questo capitolo principalmente descrittivo della scuola e della sua meccanica, fateci sapere cosa pensate delle nostre idee e ovviamente dei vostri oc! Se poi avete consigli o critiche o ancora domande, non risparmiateci!

Buona lettura!

Stella e Crow

 

 

Smistamento: finalmente a Casa!

 

 

Le ragazze erano senza fiato.

Finalmente stavano per arrivare in uno dei luoghi più magici d'Italia, l'isola di Avalon.

Ariel emise uno squittio deliziato: era davvero un posto magnifico, impregnato di magia e di mistero. Sicuramente avrebbero vissuto un sacco di avventure in un posto del genere!

Rebecca sorrise all'espressione estasiata delle due novelline, non poteva dimenticare il giorno in cui per la prima volta aveva avvistato Avalon dal ponte della Carina Sideris: si era sentita anche lei così, piena di aspettativa e speranze per il futuro che la attendeva.

Gyns, posata e calma come suo solito, lanciò un urlo belluino: “Avalon, stiamo arrivandooooooooooooooooo!!!” dopodiché si precipitò sul ponte, seguita a ruota (per quanto lo potessero consentire i bagagli-macigno che si portavano a rimorchio) dalle altre.

Un boato risuonò nell'aria, seguito da un urlo che ora era di dolore: dove un tempo c'era stata Gyns ora c'era solo gelatina spiaccicata sul ponte.

“Stai attenta a dove cammini, cocca!” la apostrofò una voce incredibilmente nasale, proveniente da una biondina ossigenata coperta a malapena da pezzo di stoffa che pretendeva di essere una gonna. O forse una cintura. 

Gyns era appena andata a sbattere contro la valigia che la biondina sopracitata stava trasportando, sulla quale però c'era il nome di “Jo”. O meglio, “Jooooooooooooooooooo”, come berciava la tizia tentando di richiamare l'attenzione del povero martire ragazzo circondato da una mandria di facchine urlanti e dalle unghie laccate.

Quello si girò con uno sguardo esasperato di scuse verso Gyns, prima di venire inglobato dal branco di bertucce che lo trasportò quasi di peso giù dalla nave. “Aiuuuuuuuutoooo” fece in tempo a sillabare il malcapitato, poi affogò inesorabilmente in quel mare di corpi mezzi nudi.

Mentre Ariel si rotolava dalle risate Becky, che aveva osservato tutta la scena con uno sguardo scioccato e la mascella a terra, guardò Rebecca con gli occhi spalancati, indicando il punto in cui una volta si trovava Jo Lancaster.

“Quello era il suo fanclub. Povero ragazzo...”le rispose con uno sguardo comprensivo.

“Ogni anno più nude, avete notato?” Aggiunse Morgana con un sorrisetto.

“Nude? CHI? DOVEE?!” urlò un ragazzo moro dagli occhi scuri precipitandosi verso di loro.

“Ciao Max...” sospirò Rebecca lanciandogli uno sguardo esasperato.

Quello si rese conto della presenza di due perfette sconosciute insieme a Morgana e Rebecca (Gyns era ancora agonizzante sotto forma di gelatina) e nel giro di due secondi diventò bordeaux.

“Ehm...non è come sembra...” cercò di giustificarsi, guardando le due nuove venute. O meglio, guardando Ariel, perché Becky non appena aveva sentito la frase del ragazzo si era rifugiata dietro l'amica, che stava usando come scudo umano (questa sì che è amicizia). Lo scudo umano in questione picchiettò delicatamente sulla spalla di Becky, che emerse per un nanosecondo dalla schiena di Ariel urlando: “MANIACOOOO!!!”. L'urlo non si era ancora spento che già Becky era ritornata a nascondersi dietro la schiena di Ariel.

“Scusatela, è una causa persa.” disse Ariel esasperata. Poi si girò fulminea e le diede una tappata in testa. Non molto delicatamente, ora.

“Coooomunque, io mi chiamo Ariel, piacere di conoscerti!” disse al ragazzo, che farfugliava: “Io…cioè…no…non sono così di solito...è che...posso spiegare...”

E fu così che ci fu la seconda tappata in testa nel giro di dieci secondi. Solo che ora la vittima era Max ed il carnefice Rebecca.

“Scusalo tu, Becky! Questo idiota senza speranza e negato con le ragazze è Max Buster, IgnisDraco, del nostro anno”. 

“Sissignora!” disse lui ancora stordito facendo il saluto militare.

Becky emerse dalla spalla: “Ma questo che problemi ha?” disse guardando Rebecca di sottecchi, tentando di recuperare il suo atteggiamento da dura.

Ovviamente nessuno se la bevve.

A quel punto Gyns, che dopo essere stata dolcemente schiaffeggiata dalla sua amica Morgana era finalmente rinvenuta, si guardò intorno ed osservò: “Ma noi non dovevamo mica scendere dalla nave? Non è rimasto nessun altro qui!”

Al che tutti si guardarono intorno e si resero conto che tra perversioni e presentazioni non si erano accorti di essere gli unici rimasti.

Sbarcarono in gran fretta e si trovarono in un enorme spiazzo circolare, sulla riva del mare. Questo era ingombro di adolescenti sovreccitati (il fanclub di Jo si stava ancora agitando come una colonia di termiti ad un lato della spiaggia. Di lui neanche l'ombra).

Ad un lato dello spiazzo erano allineate una trentina di carrozze nere, trainate ognuna da due cavalli dal manto nero e lucido come inchiostro.

Vicino ad esse si trovava una bella donna sulla trentina. Aveva un non so che nell'atteggiamento che pur stando in silenzio la distingueva e la elevava al di sopra della folla. Era alta e prosperosa (decisamente prosperosa), e aveva un corpo tonico e snello. Il viso era di una bellezza abbagliante: la pelle diafana valorizzava i suoi occhi magnetici, di un blu scuro come il fondo dell'oceano, che scrutavano la folla con un misto di fame felina e superiorità. Le labbra erano sottili, dalla forma decisa e da esse baluginavano due canini decisamente appuntiti.

La cosa più straordinaria però erano i capelli: folti e lunghi fino alla vita, ma soprattutto verdi.

Becky ed Ariel la osservavano a bocca aperta, come del resto stava facendo tutta la popolazione maschile di Avalon.

“E quella chi è?” chiese Becky, con un misto di timore reverenziale e curiosità nella voce.

“Qualcuno che appena conoscerai meglio desidererai di non rivedere mai più, fidati.” Disse Gyns in tono tetro, guardando di sottecchi l'oggetto della loro conversazione.

Max rabbrividì e abbassò la testa e tentò di mimetizzarsi con il resto della folla. Di tanto in tanto alzava la testa per lanciare occhiate terrorizzate qua e là, bisbigliando frasi sconnesse. Tipo tacchino il giorno del ringraziamento, per intenderci.

Gyns lo guardò compassionevole: “Non posso certo dargli torto...quella donna è tremenda. E in caso non ve ne foste accorti, in questo momento è a caccia.” disse con fare cospiratorio.

“Eh?!” grugnì Ariel.

“Parlo delle nuove vittime a cui far fare i lavori forzati concedendogli la vaga speranza di un appuntamento. Che ovviamente si volatilizza non appena hanno finito di lucidarle le scarpe. Poveri cari. Max ne sa qualcosa, non è vero?”

Il diretto interessato la guardò con uno sguardo da cucciolo ferito e disse: “Ero piccolo e innocente...non avevo la minima idea di cosa si nascondesse dietro i suoi sorrisi zuccherosi...”.

“Sì, sì, certo, povero Max...” sbuffò Gyns alzando gli occhi al cielo.

“Il vero problema è che quella strega ci ruba i primini. I teneri, inconsapevoli nanerottoli che NOI dovremmo tiranneggiare!”

“Ben detto, compare!” concordò Morgana battendo il pugno sul palmo della mano con cipiglio battagliero. “Ma non ti preoccupare, quest'anno ci andrà meglio. Vedo già abbondanza di agnelli sacrificali...” finì in un ghigno che non prometteva niente di buono.

Rebecca si schiaffò il palmo della mano sulla fronte mormorando demoralizzata: “Queste due non cambieranno mai...”

Intanto i ragazzi lì intorno avevano cominciato ad accalcarsi attorno alle carrozze, le quali poi si inerpicavano in processione sul sentiero sconnesso che partiva dallo spiazzo e si perdeva tra gli alberi.

Le ragazze (e Max, che fino a prova contraria restava un rappresentante del genere maschile) si avvicinarono ad una delle carrozze rimaste.

Essa, anche se a prima vista era sembrata loro vuota, in realtà non lo era affatto: seduto a lato di uno dei due lunghi sedili rettangolari c'era un ragazzo alto, con una zazzera di capelli rosso fuoco da cui qua e là emergevano ciocche tinte di nero. Becky, scrutandolo attentamente come faceva sempre con gli sconosciuti, notò che aveva una cicatrice sul collo, che il colletto della camicia nera non riusciva a nascondere completamente.

Lo sconosciuto era tanto immerso nella lettura di un tomo di dimensioni spaventose che nemmeno si accorse dell'arrivo degli altri.

“Ciao Nat!” lo salutò calorosamente Rebecca (era davvero inquietante come quella ragazza conoscesse tutti).

Ariel realizzò che doveva essere lui il misterioso ragazzo con cui Morgana aveva parlato sulla nave.

Questi alzò gli occhi dal libro e per qualche secondo osservò spaesato la mandria di gente che si era appena materializzata nella sua (fino a pochi momenti prima) calma e silenziosa carrozza. Poi, intuendo che ormai la quiete era solo un ricordo lontano, rivolse un sorriso a Rebecca. Becky (che lo stava ancora analizzando) ebbe modo di notare che aveva due profondi occhi verdi e un piercing sul sopracciglio sinistro. Appurato che nell'immediato un piercing e una cicatrice non erano motivazioni sufficienti per ritenere pericolosa la nuova forma di vita che le si parava davanti, la ragazza rilassò i muscoli e si concesse di sedersi comodamente su una panca.

Rebecca, che a quanto pareva si era auto-eletta guida delle due Luxaeris, disse: “Ragazze questo è Nat. Ha diciannove anni ed è della mia stessa casa, LupusUmbrae.” poi, rivolgendosi a Nat ed indicando Ariel e Becky, aggiunse “Loro sono Ariel e Becky Luxaeris, sono nuove ma quest'anno frequenteranno la terza. E questi sono Gyns, Max e Morgana.” aggiunse.

Quando la ragazza ebbe finito di fare le presentazioni con lo stesso tono di voce professionale e sicuro con cui avrebbe potuto esporre una lezione di storia (Piero Angela sarebbe morto d'invidia) i tre cominciarono a stringersi la mano sorridendo. Quando venne il turno di Morgana Nat non potè fare a meno di arrossire impercettibilmente. La ragazza, che in questo frangente non aveva bisogno della sua empatia per capire perchè il ragazzo era arrossito arrossì a sua volta, farfugliando qualcosa che nessuno riuscì a capire.

Poi tutti si sedettero e iniziarono a chiacchierare.

Ad un certo punti due maschi della situazione diedero voce al poco testosterone che le ciarle delle ragazze non avevano ancora indotto al suicidio ed iniziarono a parlare delle Gare dei Draghi.

“Gare dei Draghi?!” chiese Ariel affascinata.

“Sì, devi sapere che sono una tradizione della nostra scuola.” le spiegò Max gentile. “Ogni Casa ha una squadra di cavalieri che combattono sul dorso del proprio drago contro i cavalieri delle altre Case. É molto avvincente, almeno fino a che qualcuno non finisce ricoverato in infermeria.” sentenziò lui senza scomporsi minimamente.

Nat rabbrividì: la sola idea del sangue lo nauseava.

“Ma che forza! Non vedo l'ora di vedere un combattimento!” esclamò Becky battendo le mani tutta esaltata.

“Sì, è l'effetto che fa a tutti all'inizio...poi alla prima fontana di sangue cambiano idea, chissà perché...” commentò Nat lugubre.

“Non credo sarà il suo caso…” ridacchiò Ariel guardando gli occhi scintillanti dell’amica.

In quel momento la carrozza si fermò con un ultimo scossone, lasciandoli davanti all'edificio più bello che Becky ed Ariel avessero mai visto.

Proprio di fronte a loro c'era un fossato colmo di acqua che nell'oscurità della sera sembrava nera (Ariel si ritrovò a domandarsi, non senza un brivido, quali mostruose creature la popolassero), sopra la quale si trovava un ponte dalla gobba pronunciata. Esso conduceva al portone che si apriva nella cinta di mura che circondava un imponente castello. Questo era formato da grossi blocchi di pietra grigia, ornato nei punti più alti di merli. La struttura principale era quadrangolare, con una torre per ogni vertice del quadrato che l'edificio rappresentava. C'erano anche numerose torrette secondarie, che spuntavano da ogni lato.

Ad Ariel ricordò uno di quei castelli medioevali, teatri di epiche battaglie, di cui tanto si parla nei romanzi. Probabilmente era esattamente uno di quelli.

Inutile dire che sia lei che Becky ne furono affascinate.

Procedettero con la bocca spalancata, facendosi strada attraverso la fiumana di alunni che stava attraversando il ponte. Sopra di loro le stelle avevano iniziato a fare capolino nel cielo terso e scuro dell'imbrunire, sembrava quasi che anche loro avessero acquisito un non so che di magico e misterioso.

Prima che se ne potessero rendere conto si ritrovarono all'interno delle mura, in uno spiazzo piastrellato che faceva da corte del castello.

Il portone era spalancato, e all'interno si intravedeva un atrio caldo e luminoso, dove i primi ragazzi si stavano già accalcando. Era una stanza enorme, una sorta di gigantesco corridoio rettangolare, con il soffitto altissimo ad arco e le pareti ricoperte di arazzi secolari ma dai colori ancora sgargianti, nei quali i personaggi e gli animali si muovevano animati di vita propria, proprio come nelle foto magiche: c'erano uomini in armatura a cavallo di meravigliosi destrieri, giovani dame che passeggiavano con grazia tra rigogliosi giardini, animali che si rincorrevano giocosamente tra i cespugli. Alcuni di questi personaggi si inchinavano o si toglievano il cappello al passaggio degli studenti, rivolgendo loro un educato cenno di saluto.

La stanza era illuminata da torce appese sulle porzioni di muro che non erano state destinate agli arazzi: erano talmente tante che, riflettendosi sulla pietra chiara delle pareti, restituivano una calda luce rosa-arancio.

A parte gli arazzi, l'atrio non era provvisto di nessun genere di arredamento, e terminava con una gradinata, in cima alla quale si trovavano al centro una grande porta (Ariel iniziò a pensare che lì avessero davvero una fissa per portoni ed affini) e ai lati due scale più piccole, che però erano solo intuibili dalla posizione in cui si trovavano i ragazzi in quel momento.

Improvvisamente, come in risposta ad un tacito ordine, tutti tacquero.

Dalla folla emerse una sorridente strega di mezza età, grassottella e dall'aria simpatica. Si schiarì la gola ed iniziò: “Buonasera a tutti, bentrovati e benvenuti! Che gli studenti più grandi entrino nella Sala del Trono, voi nuovi aspettate qui invece, per favore.”

Ariel e Becky salutarono velocemente i loro nuovi amici, che si affrettarono ad eseguire gli ordini e sparire dietro quella gigantesca porta, davanti alla quale era rimasta la donna che aveva appena parlato (presumibilmente una professoressa). Attorno a lei una folla di spauriti ragazzini si agitava, inquieta all'idea di cosa la aspettasse una volta varcata quella soglia.

La donna rivolse loro un altro dei suoi sorrisi incoraggianti, poi iniziò: “Come vi dicevo anche prima, benvenuti ragazzi. Io sono Melinda Cocti e sarò la vostra professoressa di pozioni per i cinque anni che verranno. Questa sera siete qui per essere assegnati alla Casa a cui apparterrete per tutto il tempo in cui vi troverete ad Avalon: GlaceiLynx, LupusUmbrae, IgnisDraco e VentiChelidon. Ogni Casa ha un suo dormitorio ed una sua sala comune, nella quale dormirete, farete i compiti e starete con i vostri compagni di Casa. Ora, appena la porta si aprirà, verrete chiamati per nome. Vi siederete sul Trono che vi assegnerà alla vostra Casa. Buon anno scolastico!” concluse con un altro sorriso amichevole.

Le ragazze trovavano già simpatica quella donna cordiale e dal sorriso facile che le stava accogliendo, come si affrettarono a commentare non appena questa finì di parlare.

“E poi, tu sai cosa sia questo fantomatico Trono? E come fa ad assegnarci alla nostra Casa?” sussurrò Becky, che fremeva dalla curiosità.

“Non ne ho la minima idea!” le rispose Ariel in tono concitato.

Finalmente, dopo quella che alle due amiche sembrò un'interminabile attesa, il portone si spalancò, rivelando quella che ad Ariel sembrò una gigantesca sala da pranzo circolare. Ai lati erano disposti quattro tavoli rotondi, ai quali avevano preso posto gli studenti. Le pareti erano più spoglie di quelle dell'atrio, non c'erano arazzi, come se non ci fosse bisogno di niente di superfluo che mantenesse l'atmosfera di solennità in cui quel luogo era immerso.

Proprio di fronte a loro, al centro della sala, un massiccio trono di pietra finemente lavorato, su cui erano raffigurati episodi delle leggende legate al ciclo di Camelot, si ergeva imponente. Era come se la presenza di quel trono riuscisse a colmare da sola tutta l'enorme sala, sprigionava un'aura di magia talmente forte da risultare quasi abbagliante.

Dietro di esso si trovava un tavolo rettangolare al quale erano seduti tutti i docenti. Non appena i ragazzi fecero il loro ingresso nella sala, la Cocti si alzò e raggiunse il Trono quasi saltellando, poi agitò la bacchetta e davanti a lei si materializzò una pergamena.

“Non appena chiamerò il vostro nome, sedetevi sul trono. Bene, cominciamo...Adinolfi Renata.”

Una ragazza slanciata, dai capelli castano chiaro come i suoi occhi, si avvicinò tremante al trono. Quando si sedette ci fu un momento di attesa così intensa che il tempo parve fermarsi, mentre lei si torturava il bordo della T-shirt con le mani o dondolava le gambe fasciate nei jeans. Poi, lentamente, dallo schienale, sulla parte sopra la testa della ragazza, sgorgò l'essenza dello smeraldo: aveva la consistenza della lava liquida, ed era incredibilmente brillante. Si muoveva cavando il trono fluidamente, quasi al ritmo di una ballata permeata nelle profondità di quella antica magia, che a nessuno era dato sentire. Poi, quando quel prezioso torrente ebbe finito il suo corso, si solidificò, diventando improvvisamente pietra. Dal suo movimento svolazzante si era formata una scritta: VentiChelidon.

Da uno dei quattro tavoli scoppiò un applauso e la ragazza si diresse raggiante verso di quello, sotto incitamento della Cocti che la guardava benevola.

Allora era così che il trono smistava i ragazzi: sembrava abbastanza semplice ed indolore.

“Ashfing Alysia”

Un'altra ragazza si fece strada verso il trono: scostò una ciocca di capelli rossi, che risaltavano contro la sua carnagione lattea, sfuggita dallo chignon alto che portava e si sedette, in attesa, mentre i grandi occhi grigi nascondevano ogni suo pensiero.

Come prima, lo smeraldo si riversò fuori dal trono.

Anche Alysia si avviò verso il tavolo di VentiChelidon, sorridendo un po’ impacciata.

Renata, la ragazza che era appena stata smistata, la salutò con un sorriso timido che Alysia ricambiò, sedendosi vicino a lei. Un professore dalla carnagione ambrata, i ricci biondi e gli occhi del color del mare seguirono i suoi passi incuriositi e stupiti.

Lo smistamento proseguiva e in Becky e Ariel si agitava un guazzabuglio di emozioni: aspettavano entrambe con ansia il momento in cui quella gioviale signora avrebbe annunciato il loro nome. Ariel, gingillandosi con il lobo dell'orecchio, come faceva sempre quando era agitata, rifletteva su cosa effettivamente si era venuto a sapere di loro: ripensò a come Jo l'aveva trattenuta non appena aveva saputo il suo cognome, suscitando le ire di Becky, e ricordò anche la faccia di Gyns, con un'espressione come se tentasse di afferrare qualcosa che sul momento non le veniva in mente. Sicuramente qualcuno in quell'enorme scuola aveva sentito parlare di loro: dopotutto appena due mesi prima erano apparse su quel maledetto giornale magico, che le aveva addirittura definite “Amazzoni”. Si erano guadagnate quell'appellativo perchè erano state trovate dal Ministero in Amazzonia ed erano state costrette a forza a tornare. Sulle circostanze del ritrovamento l'articolo era stato molto vago, mentre non si era fatto remore a sottolineare come le ragazze non avevano voluto rivelare il motivo della loro presenza in quel luogo selvaggio dall'altra parte del mondo.

Quello che nessuno sapeva era che il motivo che le aveva a suo tempo spinte ad un viaggio in Amazzonia era lo stesso che le aveva portate sull'isola di Avalon.

Mentre Ariel si perdeva tra i suoi pensieri ripensando a tutto ciò che le era accaduto, Becky, nonostante l'agitazione, seguiva attentamente lo smistamento.

“Emièle Bon Chance” venne chiamata proprio in quel momento.

Una ragazza minuta dal volto un po’ infantile contornato da un caschetto di folti ricci neri, come i suoi occhi impenetrabili, si staccò dal gruppo, camminando con aria seria verso il Trono; si permise per un attimo di lanciare un’occhiata verso la ragazza di prima Alysia, che per un attimo sembrò guardarla speranzosa, ma i suoi occhi inghiottirono nuovamente i suoi pensieri.

Come al solito dal Trono scaturì l'essenza di una pietra, questa volta blu come la notte: lapislazzuli. Anche il nome della casa era diverso: LupusUmbrae.

La ragazza si diresse titubante e diffidente verso il tavolo che le veniva indicato, da dove i suoi compagni di casa le sorridevano incoraggianti. Mentre si sedeva, l'ombra di un sorriso le passò sul volto.

Lo smistamento andò avanti sempre nello stesso modo, e le ragazze ebbero modo di osservare anche le pietre appartenenti alle restanti due case: pietra di luna per GlacieiLynx e rubino per IgnisDraco. Intanto l'atmosfera nella sala si faceva più rilassata e perse la solennità che aveva mantenuto all'inizio, con i ragazzi ai tavoli che incominciarono a scambiarsi qualche parola sottovoce.

“Eaber Silvia”

Una ragazza dai lunghi e mossi capelli castano scuro, quasi neri a contrasto con la pelle nivea, si avvicinò timidamente al trono e si sedette, lanciando di quando in quando occhiate nervose da sopra gli occhiali, che ingrandivano i suoi occhi verdi: era chiaro che non vedeva l'ora di essere smistata per poter fuggire dall'attenzione generale. Anche lei venne smistata in LupusUmbrae; non appena il Trono ebbe annunciato la Casa a cui l'aveva assegnata questa si affrettò a scendere e prendere posto con un sorriso timido accanto a Emièle.

“Jackson Lambert!” pronunciò con voce sicuro la professoressa; dal gruppo si staccò un ragazzino molto alto e magro, dalla carnagione ambrata; i suoi occhi neri come la notte, leggermente coperti dal ciuffo di capelli dello stesso colore, saettavano per la sala intimiditi, ma quando videro Alysia sembrò rasserenarsi un po’. Evidentemente i due avevano già avuto modo di fare amicizia. Non appena si sedette però, dal tronò colarono lapislazzuli: LupusUmbrae. Rebecca applaudì con la sua casa al nuovo arrivato, che timido si sedette a fianco di Emièle e Silvia.

“Tyron Leanne Victoria Michelle Beatrix Charlotte Elizabeth Evangeline” disse la Cocti tutto d'un fiato, andando inesorabilmente in apnea. Becky trattenne una risatina, che si trasformò in una smorfia di terrore quando capì cosa stava accadendo: sarebbero state smistate per ultime. Giusto per non attirare l’attenzione come dire.

Ariel si ritrovò ad osservare curiosa la proprietaria di quel nome così altisonante ed assurdamente lungo: una bellissima ragazza dai capelli di tutti i colori e gli occhi tra l’azzurro e il lilla. Questa raggiunse il trono quasi danzando, e si sedette con grazia.  Fortunatamente non notò l'occhiataccia che Gyns le scoccò osservandole i capelli, pericolosamente simili ad i suoi, altrimenti le sarebbe venuto un colpo: tutto in lei esprimeva dolcezza e grazia, era un avversario da niente per Gyns.

Leanne venne smistata a VentiChelidon, dove l'accolsero i sorrisi adoranti dei suoi coetanei di genere maschile.

“James Fans-Verben” un ragazzo alto e magro dai capelli neri con riflessi azzurri e argentati e dagli occhi grigi come ghiaccio, avanzò sicuro e freddo verso il trono; non appena si di seduto, una cascata di pietre di luna si animò sullo schienale: GlacieLynx. Il suo sguardo esprimeva soddisfazione mentre si dirigeva al suo tavolo festante.

La professoressa chiamò altri due ragazzi e poi fece una pausa.

“Ora, chiamerò due nuove alunne che verranno ammesse direttamente al terzo anno!” pronunciò con tono serio e gentile allo stesso tempo; circa cinquecento testa si girarono a osservarle. Ariel strinse un attimo la mano a Becky e poi respirò a fondo. Sapevano che sarebbe successo, era meglio affrontarlo a testa alta.

“Ariel Luxaeris!” esclamò mentre nella sala si scatenava un forte brusio; Ariel, con un sorriso timido, iniziò ad avanzare verso il trono, il cuore che le batteva all’impazzata nelle orecchie; quando si sedette vide in lontananza lo sguardo preoccupato di Becky, che poi si trasformò in un sorriso soddisfatto.

“IgnisDraco!” pronunciò nello stesso istante e Ariel sorrise stupita prima di dirigersi incredula verso il tavolo dove Gyns, Morgana e Max l’attendevano festanti. Una volta seduta si voltò trepidante a cercare Becky.

“Rebecca Luxaeris!” altra cascata di brusii. La ragazza per un attimo rimase immobile, paralizzata da tutti quegli occhi, poi in uno scatto di orgoglio iniziò a camminare fingendosi sicura e negli occhi l’indifferenza più totale, ma in realtà sperava solo di non inciampare. Dopo essersi seduta, credette che l’ansia l’avrebbe uccisa.

“Ehi trono!” pensò irritata trattenendosi dal ringhiare, “Non so se mi senti, ma se mi spedisci in una casa diversa di IgnisDraco ti faccio a pezzi con le mie mani!” in quell’istante una cascata di rubini fuoriuscì dallo schienale e Becky sogghignò soddisfatta, prima di lanciarsi letteralmente verso il suo gruppo di nuovi amici, ignorando i “Le Amazzoni!” o i “Sono vere!” e altri stupidi commenti che aleggiavano nell’aria.

Non appena si sedette, una donna sulla quarantina, seduta al centro del tavolo dei professori, si alzò in piedi e il silenzio più completo calò nella Sala; aveva dei lunghi capelli lisci di varie sfumature di rosso scuro, come una fiamma viva, raccolti in una grossa treccia che le arrivava al bacino, gli occhi erano verde smeraldo, fieri, benevoli e severi allo stesso tempo e incorniciati da alcune piccole rughe, e il suo corpo prosperoso ma tonico nonostante l’età, era di un dolce pesca.

La Preside Griselda Draconisfilia.

“Girano mille e più leggende su di lei,” spiegò loro Morgana a bassissima voce, “ma una cosa è certa: è stata il più grande cavaliere dei draghi di tutti i tempi, anche a confronto con gli uomini. Molti dicono che il suo cognome fosse un segno, altri che lo abbia cambiato lei dopo il suo successo, alcuni addirittura che sia così perché è stata allevata e cresciuta dai draghi…in latino significa ‘Figlia del Drago’. Nessuno sa perché abbia scelto di diventare Preside, abbandonando fama, avventure e arene, ma spesso parte per lunghi viaggi con il suo drago ed è lei stessa a guidare le lezioni.” Becky e Ariel spalancarono le bocca affascinate e non riuscivano a toglierle gli occhi di dosso: erano di fronte a una leggenda vivente.

“Bentornati e benvenuti ad Avalon ragazzi!” li salutò con voce calda e forte, “Come ogni anno la nostra scuola è pronta ad ospitarvi e a istruirvi affinché diventiate diventare ottimi maghi e spero che onorerete questa possibilità che vi è data. Sapete che non amo le parole ma i fatti, quindi passiamo agli avvisi prima che alcuni di voi svengano per la fame: come ogni anno è vietato uscire dal castello senza il permesso dei professori, è proibito per chiunque non faccia parte della Squadra dei Cavalieri dei Draghi di cavalcarli senza permesso e al di fuori delle lezioni, e anche i fortunati cavalieri dovranno discutere con me orari e giorni per evitare risse illegittime; la nostra bidella Miss. Parpipinghinton fa sapere che chiunque sarà sorpreso a commettere atti di vandalismo o scorrazzare liberamente di notte verrà punito da lei personalmente” una giovane e avvenente donna fasciata in un completo da infermiera sexy salutò smagliante mentre i boccoli biondi ondeggiavano sulle sue spalle.

“Non sembra così spaventosa…” commentò rincuorata Ariel ma tutti scossero la testa terrorizzati.

“È una mutaforma affetta di bipolarismo…non fatela arrabbiare…” mormorò Max cinereo e le due ragazza deglutirono.

“Inoltre,” riprese la preside, “È possibile scendere nelle calette solo nei giorni esposti in bacheca o con permessi speciali. Tutto quello che ho detto e vietato come al solito vale anche per i partecipanti del Club dei Cavalieri della Tavola Rotonda, nonostante io sappia siano parole al vento, a meno di un permesso speciale. Detto questo buon anno e buon appetito!” e con un sorriso si risedette sul suo trono mentre nella sala si scatenavano scrosci di applausi.

“Il club dei cavalieri della tavola rotonda? Cos’è?” chiese Becky perplessa, mentre con occhi avidi osservava i piatti dorati riempirsi di ogni pietanza possibile e immaginabile.

Morgana mostrò un sorrisetto furbo e fece loro cenno di avvicinarsi, come se stesse per raccontare loro un gran segreto; anche a Gyns e Max brillavano gli occhi.

“Vedete…nessuno lo sa davvero!” rispose ridacchiando.

“Come?” chiese Ariel mandando giù un boccone di pasta.

“È un Club segreto e così lo sono i suoi membri; nessuno sa cosa facciano o chi siano, dove si trovino o quando, ma si sa che spesso infrangono regole, combinano danni e ci sono leggende che li dipingono come destinati ad essere i discendenti dei veri cavalieri della tavola rotonda. State in guardia, magari potreste essere scelte, anche se nessuno sa in base a cosa siano scelti.” Disse loro con aria misteriosa.

Becky e Ariel si scambiarono un’occhiata d’intesa e un ghigno poco rassicurante: quella sì che era una notizia interessante.

La cena passò tranquilla e allegra, tutti si abbuffarono di cibo e ben presto incominciarono a sentire un gran sonno; la preside si alzò nuovamente.

“Bene miei cari ragazzi, mi sembra l’ora di andare a dormire! I nuovi arrivati seguano le Guide verso i dormitori! E vi ricordo che domani dovrete indossare tutti le divise! Buonanotte!” disse prima di alzarsi con gli altri professori, mentre tutti i ragazzi iniziavano a sciamare verso il portone.

“Guide?” chiese Becky a Max, che alla fine della serata trovava simpatico e non pericoloso.

“Le Guide sono due alunni scelti dalla Preside per Casa che si occupano di guidare a aiutare gli studenti, in particolari i nuovi arrivati, per tutto l’anno.” Spiegò indicandoci una ragazza e un ragazzo di IgnisDraco che facevano cenni con le mani di seguirli; Max diede a lei e Becky un buffetto sulle spalle per spingerle e le due accorsero dalle loro Guide.

 

 

 

James Fans-Verben camminava calmo ma attento dietro le sue Guide, due ragazze composte e affabili che spiegavano in breve come funzionava la Scuola; era affascinato dalla genialità e complessità della sua struttura: erano tre grandi piani rettangolari e al pian terreno stavano la Sala del Trono, l’infermeria e le aule del biennio, mentre al secondo quelle del triennio e al piano sotterraneo cucine e segrete; a ogni angolo stava una torre circolare con un dormitorio particolare; per spostarsi velocemente si potevano usare delle porta particolari che ti trasportavano da una zona all’altra del castello, in base a dove ti concentravi di andare; ovvio c’era la possibilità di finire ovunque se non si focalizzava bene la destinazione e per i tratti brevi era vivamente consigliato andare a piedi tra scale e corridoi. Ogni dormitorio aveva una porta che portava direttamente a una caletta sul mare privata e una a una caletta comune, ma solo il Capo della Casa aveva le chiavi. Nel parco del castello inoltre c’erano le stalle dei draghi, gigantesche e protette da grandi recinzioni e l’Arena dove si svolgevano i combattimenti.

All’improvviso la fila di ragazzi si fermò e incuriosito diedi un’occhiata alle Guide, che sorrisero facendogli cenno di tacere un attimo: erano arrivati alla Torre Sud.

“Ogni dormitorio è creato affinché solo i membri della Casa possano entrarci,” iniziò a spiegare la Guida bionda e slavata, “Noi siamo la casa degli scaltri e quindi la prova per entrare riflette questa qualità.”

La Guida mora presa la parola.

“Per entrare bisogna quindi oltrepassare un percorso costellato di trappole e marchingegni pericolosi; ogni mattina in Sala Comune troverete le spiegazioni e le istruzioni per sopravvivere. È vietato però copiarle o svelarle qualcuno.” Terminò minacciosa.

James accennò un sorrisetto: non c’era neanche bisogno di dirlo.

“Ora seguite noi e fate attenzione a imitarci passo per passo!” riprese la bionda prima di aprire la porta ed entrare in un lungo corridoio. Incantesimo di Allargamento, pensò James prima di seguirle.

Fu stranamente divertente imparare quei piccoli incantesimi per riconoscere finte piastrelle, difendersi da piccoli e irritanti incantesimi di ostacolo, per disattivare trappole da caccia o per risolvere indovinelli e decifrare codici, tanto che quando entrò nella Sala Comunque aveva un sorrisetto soddisfatto sul volto: era finito nella Casa giusta.

La Sala Comune di GlacieiLynx era ottagonale, nonostante all’esterno fosse circolare, e aveva quattro grandi finestre che la Guida rivelò essere a specchio, così da non poter essere spiati; al centro, davanti al caminetto, c’erano vari divanetti e poltroncine azzurre ghiaccio intorno a piccoli tavolini rotondi su cui intravide giochi da tavolo di strategia magici come “Risiko” o “Scacchi”; attaccate alle pareti dove non c’erano le finestra stavano grosse librerie lignee piene di libri dai titoli interessanti come “Astuzia e Sopravvivenza” o  “L’arte della strategia” e ai muri erano appese grandi e piccole pergamene con cartine del castello dove erano segnalati passaggi segreti e nascondigli.

“Per i dormitori,” richiamò la loro attenzione la mora, “Dovrete percorrere delle scale a labirinto. Consideratela come la prova di benvenuto!” aggiunse con un sorrisetto prima di lasciarli al loro destino.

James sorrise sicuro estraendo la sua bella bacchetta in legno d’olivo e cuore di drago: non era un problema.

 

 

Silvia camminava con gli altri nuovi ragazzi della sua Casa che aveva appena conosciuto: Emièle e Jackson; in un primo istante c’era stato un silenzio timido e imbarazzato, ma il ragazzo l’aveva presto spezzato con un “Allora non sono l’unico timido!” che aveva fatto ridere le ragazze, perfino Emièle.

“Quindi ti piace leggere, Jake?” chiese al ragazzo che annuì con gli occhi che scintillavano.

“Anche a me!” disse stupita Emièle d’aver già trovato un punto in comune e tutti si lanciarono in una discussione sui loro libri preferito, perfino la corvina che inizialmente si era completamente chiusa a riccio pensando quale peccato fosse stato essere divisa da Alysia, che nonostante si fossero appena conosciute considerava già un amica; questo era davvero raro per lei, abituata a diffidare delle persone e chiudersi completamente, risultando antipatica. E doveva ammettere che quei ragazzi non erano male, anzi stavano già iniziando a esserle simpatici.

Le Guide davanti a loro si fermarono, seguiti da tutto il gruppo; il ragazzo alto e moro prese la parola.

“Siamo finalmente arrivati al nostro dormitorio, nella Torre Ovest! Come ogni altro, è costruito affinché solo noi possiamo entrarci, in base alla caratteristica che distingue la nostra Casa: l’intelligenza.”

A questo punto si interruppe e l’altra Guida, una ragazzina bassa e dalla carnagione olivastra, continuò a spiegare.

“Una volta aperta questa porta” disse indicando la grossa porta in legno di quercia, “Vi troverete davanti a un lungo corridoio immerso nel più completo buio: è incantato in modo da renderlo simile a un labirinto; ogni mattina il labirinto cambia posizione, ma sulla Bacheca in Sala Comune appaiono le indicazioni con il numero di passi indicativi e le svolte da fare per uscire.” Spiegò mentre i ragazzi spalancavano la bocca stupiti.

“Non tentate la sorte,” li avvisò il ragazzo, “E se non siete sicuri fatevi accompagnare da qualcuno; se doveste sbagliare strada o entrare nella porta sbagliata, potreste finire chissà dove nel castello; e vi assicuro che un giro nelle segrete non è piacevole…” ridacchiò scuotendo la testa. A quanto pare era stato uno dei coraggiosi a tentare.

Silvia sospirò di sollievo: la memoria non era certo un suo problema, aveva il dono di ricordare alla perfezione ogni cosa che leggeva ed evidentemente anche i suoi amici dovettero pensarla allo stesso modo, perché, chi fiducioso o chi freddo, tutti accennarono un sorriso.

“Ora seguitemi passo per passo e non distraetevi!” li richiamò la Guida mormorando un lieve “Lumos” che accese la sua bacchetta di una luce sfavillante, imitata dal ragazzo, prima di aprire la porta e inoltrarsi nel corridoio.

Tutti la seguirono attenti e affascinati, anche perché nonostante dovesse essere una prova, il corridoio era abbellito da grandi arazzi magici, incisioni e decorazioni su pietra, specchi e a volte c’erano perfino delle sedie per riposare.

In cinque minuti riuscirono ad arrivare nella Sala Comune finestre al posto delle mura e il soffitto era un grosso lucernario con vari drappi blu che potevano essere usati per oscurare la sala; al centro c’era un caminetto con vari pouf, sofà e poltroncine blu notte, mentre in una sala adiacente c’era un enorme e fornitissima biblioteca con ampie zone dedicate allo studio individuale e altrettante allo studio in gruppo. Era bellissimo e magico: le stelle brillavano luminosi sulle loro teste come se fossero stati sotto il cielo aperto.

Dopo alcuni minuti di silenzioso stupore, Emì notò una cosa alquanto particolare.

“Non ci sono le scale per i dormitori!” mormorò guardandosi attorno.

“Esatto!” affermò la voce della Guida accanto a lei, che sussultò sorpresa dal fatto d’esser stata sentita e arrossì imbarazzata.

“Complimenti per averlo notato!” le disse l’altra ragazza Guida, sorridendole amichevole, poi alzò la voce per attirare le attenzioni di tutti, “La nostra Torre è sicuramente quella più particolare; infatti le due torrette dove stanno i dormitori, sono separate dalla Torre centrale e sono sospese nel cielo” svelò orgogliosa facendo loro cenno di guardare fuori dalle finestre.

I ragazzi si precipitarono a cercarle e ben presto le videro: ad alcuni metri da dov’erano loro perfettamente immobili nel cielo notturno: dalle finestre si intravedevano luci e persone che ridevano o parlavano tra loro.

“Per raggiungerle,” continuò il ragazzo avvicinandosi a un piccolo spazio circolare, apparentemente vuoto, “Dovrete entrare in questi cerchi, quello a destra per i ragazzi, quello a sinistra per le ragazze.” Indicò due cerchi incisi nella pietra per terra percorsi da intricate e complesse Rune.

“Una volta entrati,” continuò la ragazza mentre lei e il compagno prendevano posto nei cerchi, “Dovrete tracciare con la bacchetta queste rune di volo” terminò mentre con la bacchetta tracciava lentamente cinque caratteri antichi in una luce argentata sul pavimento.

“Buona fortuna!” gli augurarono con un sorriso divertito prima di sparire in una luce azzurrina.

I quattro si sorrisero sicuri e divertiti, erano già riusciti a memorizzare le Rune.

“Buona notte ragazze!” le salutò Jake prima di saltare nel cerchio superando altri primini perplessi, mentre Emì, sicura e fredda, entrava anche lei nel cerchio.

Poi vedo lo sguardo spaurito di Silvia e l’accenno di un sorriso le increspò le labbra dalla linea dolce ma decisa;

“Insieme?” chiese un po’ brusca tenendo una mano, mentre l’altra, incredula di aver già trovato un’amica, annuiva contenta e entrava nel cerchio con lei. Poi vergarono le Rune e sparirono nella loro nuova casa.

 

 

 

Alysia camminava a passo sostenuto dietro le sue due Guide, due ragazzi gemelli dai capelli corvini; accanto a lei Renata, leggermente intimidita, parlava della sua passione per la scrittura, che era stato il punto in comune che le aveva avvicinate, mentre la ragazza dei mille nomi soprannominata Lea ascoltava interessata. In un primo momento le due erano rimaste infastidite da lei, pensando fosse orgogliosa, snob e mangiatrice di uomini, ma poi l’avevano vista arrossire terrorizzata mentre un branco di maschi in preda all’ormone la circondavano come cani affamati e la pietà aveva fatto capire loro che probabilmente a causa del suo aspetto così avvenente non sempre era la benvenuta, ma che non bastava come scusa per escluderla; a quel punto Alysia si era messa in mezzo, gli occhi grigi che mandavano bagliori sinistri e aveva gentilmente e affabilmente intimato loro di levarsi dalle scatole se non volevano ritrovarsi a saltare sotto forma di rospi bavosi per il resto della loro inutile vita. Renata aveva applaudito e Lea era arrossita imbarazzata, ringraziandola più e più volte. Aveva spiegato loro come non si trovasse a suo agio con i ragazzi che sembravano volerla mangiare e come le ragazze la evitassero per questo, e loro, dopo un’occhiata complice, l’avevano invitata a fare la strada con loro.

“Sei davvero un’esperta!” intervenne in quel momento con un sorriso dolce e sincero Lea, complimentandosi con Renata per la sua vasta conoscenza nel campo della letteratura.

“Grazie!” rispose lei imbarazzata.

“Sono d’accordo con Lea, mi piacerebbe leggere qualcosa di tuo Tata” propose con un sorriso Alysia, chiamandola con il soprannome che la stessa ragazza aveva presentato.

La ragazza stava per ribattere, quando le Guide si fermarono e intimarono il silenzio: erano arrivate alla Torre Est. Dietro le Guide, c’erano due gigantesche piante carnivore, circa due metri, dalla parte superiore a forma di tagliola, rossa fuoco, che bloccavano l’accesso a una porta.

“NUOVI ARRIVATI!” strillò improvvisamente una delle due piante mentre due piccoli occhi neri spuntavano dalla parte superiore; tutti i ragazzi saltarono all’indietro spaventati.

“Q-quella pianta ha appena parlato?!” balbettò incredula Alysia indicandola scioccata.

“E quante ragazze affascinanti!” mormorò suadente l’altra pianta, mentre quella che doveva essere una lingua verde, penzolava fuori.

Le due Guide sospirano esasperate, poi, in perfetta sincronia, tirarono due pugni sulla testa, se così si poteva chiamare, delle piante.

“La volete piantare maledetti vegetali maniaci?!” esplosero seccati mentre i due mostravano quella che i ragazzi interpretarono come un’espressione contrita e visibilmente falsa.

Poi ritrovarono un minimo di compostezza e, con un sospiro esasperato, indicarono le piante.

“Vi presentiamo i due Guardiani dell’entrata del Dormitorio: Happy e Leroy” disse il primo ragazzo.

“Due piante carnivore incantate, così che sia impossibile metterle k.o. o raggirarle e sfortunatamente impossibili da far star zitte, a cui dovrete recitare la parola d’ordine affinché vi facciano passare senza mangiarvi; vi assicuro che una notte nelle loro pance non è delle migliori” concluse il secondo mentre l’altro annuiva partecipe e le piante ridacchiavano senza ritegno.

“Un’avviso in particolare per le ragazze: sono due maniaci incalliti, stategli il più lontano possibile e non fatevi mettere i piedi in testa! Se dovessero allungare le foglie…”

“…ditecelo che provvederemo personalmente!” conclusero con un ghigno inquietante che fece rabbrividire le piante.

“E ora entriamo pure! Mandragola” pronunciò il ragazzo e le piante si fecero da parte per lasciarlo passare e entrare nel dormitorio. I ragazzi pian piano cominciarono a seguirli; quando le tre ragazze giunsero davanti a Happy e Leroy ci fu una specie di standing ovation da parte loro che le imbarazzò a morte: fortuna che erano le ultime.

“Come ti chiami tesoro dai capelli arcobaleno? Sei un tale splendore! Un corpo come il tuo non lo vedevo da secoli! Io sono Happy, incantato!” si presentò con un inchino la grossa pianta sulla destra, mentre Lea avrebbe voluto sotterrarsi.

“Io preferisco la rossa, dai suoi occhi direi che ha un carattere focoso! Non che la mora sia da disdegnare…” commentò lascivo Leroy con un occhiata maliziosa.

“Già…ma se fosse un po’ prosperosa sarebbe meglio! Cos’avrà? Una seconda?” chiese Happy scrutando Alysia con fare critico.

Pessima idea. Mai ferire l’orgoglio di Alysia.

La rossa tese le labbra in una linea sottile mentre gli occhi brillavano furiosi e poi, piena di coraggio, tirò un grosso pugno sulla testa delle due piante, che mugolarono dal dolore.

“Mandragola! Stupidi maniaci…” mormorò inviperita mentre li sorpassava insieme alla sue amiche, scioccate, ed entrava nel corridoio che portava al dormitorio.

Fortunatamente la vista della loro nuova Casa le rimise di buon umore: la torre era ottagonale ma tutte le pareti erano sostituite da enormi vetrate che arrivavano fino al soffitto in legno decorato da decorazioni floreali, le stesse istoriate nelle due piccole librerie con testi base e di approfondimento.

Come incantate si diressero alle finestre, da cui potevano ammirare tutta l’isola; intanto una bella stufa in ottone mandava un piacevole calore e alcuni studenti più grandi erano spaparanzati sulle poltroncine e sui divanetti verde muschio intorno a tavolini circolari.

Sui due lati opposti della Sala Comune c’erano due archi che conducevano in altre stanze, senza porta ma interamente ricoperti di edera, una rossa e una verde smeraldo che impedivano il passaggio.

“Bene, l’arco con l’edera rossa porta al dormitorio delle ragazze, quello con l’edera verde a quello dei ragazzi. Seguiteci!” dissero dividendosi e le ragazze seguirono il gemello che si dirigeva verso l’edera rossa.

“Allora ragazze,” sorrise sornione mentre l’altro gemello lo fulminava geloso, evidentemente Leroy e Happy non erano gli unici casanova lì; “Noi di VentiChelidon siamo famosi per il legame con la natura; questa è una pianta particolare, capace di assorbire le informazioni di una persona e riconoscerla al tatto. Pertanto ora vi farò un piccolo taglietto per poi far cadere una goccia di sangue sulla pianta; a questo punto vi basterà sfiorarla perché si apra per farvi passare” allora il ragazzo estrasse un piccolo tagliacarte con cui, una a una, le ragazze si lasciarono tagliare; ogni volta che il sangue veniva assorbito dalla pianta, essa risplendeva di luce rossastra e una nuova foglia spuntava fra le tante.

Appena tutte e tre finirono l’operazione, la Guida diede loro la buonanotte facendogli l’occhiolino e le lasciò sole, le altre compagne già tutte entrate.

“Beh direi che possiamo entrare!” propose Alysia sfiorando l’edera, che si aprì come per magia creando un passaggio della sua misura, mentre Renata annuiva sostenendo Lea, pallida per la vista del sangue; poi varcarono la soglia.

 

 

 

 

Ariel e Becky camminavano in fondo alla fila di primini dietro le due Guide, fratello e sorella dai capelli dorati; di tanto in tanto qualcuno si girava a lanciare loro occhiatine curiose per poi rigirarsi subito dopo spaventato.

“Sarà così tutto l’anno?” chiese esausta Becky senza nemmeno la forza di fulminare l’ennesimo impiccione.

“Non credo; stai tranquilla presto le voci si spegneranno…” mormorò Ariel in risposta, ma poco convinta: se le cose andavano come sperato sarebbero stati sulle bocche di tutti per un po’…

Dopo qualche istante le Guide si fermarono davanti a una porta in legno ai cui due lati, sul pavimento, vegliavano supine e addormentate due grosse salamandre scarlatte.

“Eccoci arrivati!” esplose entusiasta il ragazzo indicando orgoglioso la porta, “Questa è la nostra casa e loro,” disse indicando le salamandre, “Sono Dragon e Flame, i nostri Guardiani”.

Nello stesso istante in cui vennero presentate, le due salamandre si alzarono dalla loro posizione accucciata e, dopo averli trapassati coi loro occhi rosso sangue, chinarono il capo.

“È un piacere conoscervi, nuovi draghi.” Li salutò la salamandra sulla destra, “Io sono Dragon e lei è mia moglie Flame, come ci hanno già presentato. Per passare nella Sala Comune dovrete oltrepassare le nostre fiamme!” spiegò con calma prima che lui e la moglie sputassero due enormi fiammate che coprirono per intero la porta, nascondendola alla vista.

La ragazza Guida sorrise soddisfatta delle facce stupite dei nuovi arrivati, poi estrasse dalla tasca dei jeans un grosso sacco. Gli incantesimi di allargamento andavano di moda.

“Non provate a spegnere le fiamme con strani incantesimi o a ingannare i Guardiani, finireste arrosto.” Li avvisò assottigliando gli occhi, “L’unico modo per oltrepassarle è aver bevuto l’antidoto!” spiegò poi con un sorriso e dal sacco estrasse una catenina d’argento con appesa una piccola boccetta in vetro trasparente, colma di un liquido rosso.

“Questo,” spiegò il ragazzo, “La leggenda dice sia Sangue di Drago, ma nessuno lo sa con certezza dato che il bacile si riempie da solo, neanche loro.” Aggiunse indicando i Guardiani che continuavano a mantenere vivo il muro di fiamme, “Per questa volta ve lo diamo noi, ma in Sala Comune c’è un grosso bacile in pietra pieno di questo liquido; ognuno di voi può riempire questa boccetta ogni volta che vuole ed è consigliato farlo spesso per non rimanere chiusi fuori. La catenina è incantata: una volta che l’avete indossata è impossibile toglierla in alcun modo per i prossimi anni; ma stata tranquilli, altri incantesimi la rendono leggerissima, infrangibile come la boccetta e perfino pulita. Questo è il segreto della nostra Casa, la punizione per chi dovesse svelarlo ad altri sarebbe durissima.” Terminò mentre la sua compagna distribuiva a tutti una delle boccette. Fu una strana sensazione per Ariel e Becky allacciarsele al collo, fu come se finalmente si rendessero davvero conto di essere ad Avalon, di appartenere a qualcosa.

“Mi raccomando ne basta una goccia per ogni entrata!” raccomandò loro la ragazza prima di estrarre dalla camicetta la sua boccetta, aprirla, bere e sorpassare indenne le fiamme. Becky elettrizzata la seguì per prima e rimase meravigliata nel sentire solo un piacevole torpore e un po’ di solletico mentre passava nel fuoco; Ariel la seguì subito dopo.

Dopo aver percorso il lungo corridoio entrarono finalmente in Sala Comune: nonostante l’ora tarda molti ragazzi erano ancora nella sala circolare, illuminati dalle piccole e molteplici fiamme magiche che brillavano ai piedi delle pareti, come a delimitare tutto il perimetro della torre, e dal camino enorme in cui brillava un fuoco allegro. Davanti alle quattro pareti dove non c’erano le grandi finestre, c’erano delle librerie rovinate e assolutamente…prive di libri. Passandoci davanti Becky vide sui ripiani armi antiche come spade, frecce o scudi, oppure vide appesi bersagli per le freccette, alcuni con le facce dei professori, o ancora liste di oggetti come “Prossimi obiettivi” o “Ingredienti da trafugare a Pozioni” e ancora mappe e tanti altri oggetti che non avrebbe saputo dire cosa fossero. In un angolo Ariel individuò il bacile decorato in pietra piena dell’antidoto.

“Finalmente siete arrivate!” la voce di Morgana, spaparanzata su uno dei divanetti rossi davanti al camino richiamò la loro attenzione; dopo aver fatto un cenno alle Guide, come a dire “ci penso io” fece cenno alle due amiche di avvicinarsi. Stavano già per chiedere dove fosse Gyns, quando un leggero ansimare richiamò la loro attenzione: la ragazza arcobaleno era in una zona vuota della sala, circondata da alcuni ragazzi che facevano il tifo e stava combattendo con una spada contro un’armatura medievale.

“Madame Gyns, le consiglio vivamente di arrendersi!” intimò l’armatura brandendo un fendente alla testa della ragazza, che però evitò agilmente e disarmò l’avversario.

“Non oggi Sir Pimplebottom!” rise lei prima di inchinarsi e dirigersi verso di loro, mentre il cavaliere tornava a sfidare altri ragazzi.

“Ciao ragazze! Com’è? Vi piace? Scusate ma era tutta l’estate che non combattevo!” rise a cuor leggero lanciandosi sopra Morgana, che ringhiò infastidita.

“Chi è?” chiese curiosa Ariel, mentre Becky rifletteva seriamente se fosse il caso che anche lei si sgranchisse un po’.

“Sir Pimplebottom, un’armatura magica che ama combattere; state pronte, vi sfiderà presto.” Spiegò Morgana facendo cadere Gyns dal divano.

“Non c’è problema!” rispose sicura Becky con un ghigno, prima di dirigersi verso l’armatura.

“Lo sapevo…” sospirò Ariel sconsolata guardando l’amica che fissava famelica l’avversario.

Gyns e Morgana fecero partire dei cori d’incitamento mentre i ragazzi si scostavano per farla passare curiosi. Cosa voleva quel tappo?

“Sir Pimplebottom? Le spiacerebbe combattere con me?” chiese cercando di mascherare un piccolo sogghigno.

“Ma certo Madame…”

“Rebecca Luxaeris” si presentò Becky, per poi aggiungere, “Le dispiace se non combatto con la spada? Non so maneggiarla bene, credo.” Spiegò con un mezzo sorriso.

“Per me non ci sono problemi, ma sarebbe pericoloso e…”

“Non si preoccupi per me. Combattiamo.” Rispose, mentre il sogghigno si trasformava in un’espressione concentrata.

“Ehi! La sua spada è affilata!” l’avvisò Morgana, ma Ariel scosse la testa.

“Non è un problema per lei.” Spiegò con un sorrisino misterioso.

“Bene allora!” accettò impettito il cavaliere, prima di puntare la spada. Becky spostò un piede indietro in modo da essere in posizione laterale. Sir Pimplebottom attaccò.

Per i primi secondi Becky si limitò a schivare, sempre all’ultimo momento, spostandosi agile ma di pochi passi o perfino rimanendo ferma, la guardia alta.

Poi sorrise.

Con uno scatto schivò l’affondo del cavaliere spostandosi lateralmente e portandosi alle sue spalle; a questo punto con un calcio laterale lo colpì all’altezza del bacino. Il cavaliere si sbilanciò ma quella a ringhiare fu Becky: quanto era dura quell’armatura?! Decise quindi passare a una strategia più raffinata: schivando un altro affondo si abbassò e colpì la giuntura del ginocchio, mandandolo in ginocchio; poi con un calcio lo disarmò e prese al volo la spada che punto dove dovrebbe esserci il collo.

“Ti arrendi?” chiese con il fiatone e il sudore che le imperlava la fronte.

“Avete vinto. Per questa volta!” rispose Sir Pimplebottom e lei con una risata leggera ridiede la spada; nella sala scoppiò un applauso.

“Fa arti marziali da quando era piccola, vi sconsiglio un corpo a corpo con lei.” Rise Ariel battendo le mani insieme a Morgana e Gyns, scioccate.

Becky arrossì imbarazzata, non voleva attirare tutta quella attenzione, e si rifugiò tra le sue amiche, che si complimentarono con lei.

Dopo alcuni minuti si ritrovarono tutte raggomitolate sul divano.

“Dov’è Max?” chiese ad un certo punto Ariel, non vedendo il ragazzo da nessuna parte.

“Dal suo drago.” Rispose con uno sbadiglio Gyns.

“Dal suo drago?!” esplosero le due stupite guardandoli con gli occhi spalancati.

“Sì, non ve l’avevamo detto? Max fa parte della squadra dei Cavalieri dei draghi di IgnisDraco…” spiegò Morgana con una punta d’orgoglio.

“Ma come…?” iniziò a chiedere la ragazza curiosa, ma Morgana le fece cenno con la mano di lasciar perdere.

“Ne parlerete domani con lui, tanto adora parlarne…Ora andiamo a letto che sto morendo di sonno” mormorò sbadigliando Gyns.

“Sempre che riusciate a salire…” aggiunse malefica Morgana prima di alzarsi e guidare le due perplesse ragazze nella torretta del dormitorio: al centro c’era una stretta e piccola torre circolare con in mezzo un tubo di ottone che saliva fino al soffitto delle line più scure dividevano quella torretta in piani e per ogni piano c’era una porta rossa; accanto c’era una corda spessa. In poche parole, Ariel osservò che la loro torretta era uguale a una ciambella: ora loro erano nel buco.

“Voi siete al terzo piano!” le avvisò Gyns prima di saltare sulla corda e arrampicarsi a una velocità impressionante seguita da Morgana. Dopo alcuni istanti arrivarono al quarto anno e con uno slancio si lanciarono contro la porta socchiusa che si aprì e loro rotolarono nella stanza ridendo.

Ariel e Becky si guardarono.

“Prima tu!” disse Becky con un sorriso che significava “sai cosa voglio fare”.

“Capito!” rispose infatti Ariel che si appese alla corda e rapida e leggera iniziò a salire senza alcun problema e dopo pochi istanti raggiunse il terzo piano e oscillò fino alla porta così da poterla aprire e lanciarcisi dentro.

“Vieni!” chiamò poi spalancando la porta e prendendo la rincorsa.

Becky sorrise si appiattì contro il muro, poi scattò contro quello opposto con un salto e rimbalzò un metro più in alto sul muro da cui si era lanciata. Di salto in salto finì per saltare dentro la porta.

Il dormitorio era davvero a ciambella, con le stesse fiamme magiche che c’erano in sala Comune ma messe sul soffitto e uno a fianco all’altro otto baldacchini rossi con il proprio comodi.

Le due individuarono i loro letti vicini con rispettivi bauli e mici e si lanciarono sui morbidi materassi. Ce l’avevano fatta. Erano a casa.

 

 

 

Informazioni inutili

 

·         Questa è una rappresentazione simile alla nostra idea di Leroy e Happy, solo che hanno la testa rossa:  

·         Queste sono simili e in piccolo a Dragon e Flame: 

         Abbiamo suddiviso le diverse Case nelle diverse Torri con questa logica: Sud -> caldo -> IgnisDraco; Nord -> freddo -> GlacieiLynx; Est -> dove nasce il sole, vita -> VentiChelidon; Ovest -> dove muore il sole e nasce la notte e l’ombra -> LupusUmbrae

·         Jo Lancaster è ancora vivo; non illeso, ma vivo. Non disperate.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 4
*** Primo giorno: lotta per la sopavvivenza! ***


Eeeeeeccoci! Siamo o non siamo puntuali?! Dai, ci stiamo facendo perdonare! Avvisiamo che le iscrizioni sono CHIUSE fino a nuovo ordine! Inoltre ognuno di voi potrebbe, a parte quelli a cui lo abbiamo già chiesto che però ci farebbe piacere se lo riscrivessero in maniera ufficiale, dirci quale arma medievale preferirebbe per il suo (non siate banali e controllate le altre recensioni); inoltre c’è stata una leggera confusione per la questione della voglia: lo sappiamo che molti di voi hanno già dotato gli oc di varie voglie o tatuaggi, ma quella che ci serve è diversa e abbiamo bisogno di sapere solo dove la volete. Alla fine del capitolo sarà tutto più chiaro, ricordatevi di scrivercelo per favore, altrimenti faremo noi! Adesso vi lasciamo al capitolo!

Buona lettura!

Stella & Crow

 

Primo giorno: lotta per la sopravvivenza!

 

 

Un leggero strattonare.

Fu quella la prima cosa che sentì Becky ancora immersa nel dolce sonno.

“Becky?” la voce gentile di Ariel la richiamava dal mondo dei sogni.

“Ancora cinque minuti…” biascicò lei raggomitolandosi sotto le calde coperte come un gatto.

“Becky…”

“…SVEGLIA!” Tre corpo caddero su di lei con la dolcezza di una bomba nucleare, facendola sobbalzare a occhi spalancati con un urlo soffocato. Sulla sua pancia vide Ariel, Gyns e Morgana che ridevano a crepapelle e già sentì l’irritazione che cresceva, tanto che Morgana allarmata fece cenno alle altre di scendere, poi notò qualcosa di anche peggio.

Tutte e tre le ragazze indossavano una maglietta a maniche corte bianca e leggermente lunga, con lo scollo a U e i profili rossi, mentre sul cuore era ricamato lo Stemma della Casa; sopra a quello  un golfino blu notte con lo stemma della casa, lungo e dalle maniche che si stringevano al polso, per proteggersi dal vento autunnale; ma le cose peggiori erano la gonna blu notte plissettata che arrivava dieci centimetri sopra il ginocchio, le parigine bianche con un fiocco blu in alto e le ballerine sempre blu come il resto con il pelo bianco.

“C-cos’è quell’orrore?!” mugolò scioccata, nella speranza che i suoi peggiori timori non si avverassero.

“La divisa!” squittì deliziata Ariel, “Non è bellissima?” chiese facendo un giro su se stessa; certo a lei, aggraziata e femminile, stava d’incanto, ma a Becky l’idea di infilarsi in quella trappola mortale e imbarazzante non piaceva per nulla.

“Anche noi abbiamo fatto quella faccia la prima volta…” sospirò Gyns, “Io odio le gonne. Odio il bianco. Odio questa divisa.”

Morgana rise, mentre Ariel la guardava perplessa e Becky speranzosa.

“Ha fatto di tutto per cambiarla e distruggerla, compreso lanciarla nella gabbia di un drago con l’unico risultato di rimanere in mutande in stalla: fortuna che non c’era nessuno; una volta è perfino andata dalla Preside a protestare!” raccontò ridacchiando e scuotendo la testa, “E sapete cosa le ha risposto? Che anche lei la odia e trova orribile questa divisa; ci avrebbe fatto vestire da ragazzi, ma il Ministero italiano aveva obiettato che avrebbe trasformato tutte le maghe di Avalon in rudi scaricatori di porto e l’ha obbligata ad approvarla per quieto vivere. Poi le ha fatto gli auguri.” Rivelò ridendo come una matta, nella voce si sentiva quale profonda stima avesse nei confronti della preside.

Gyns invece sbuffò mentre le altre ridevano.

“Almeno mi ha concesso di personalizzarla!” disse mostrando i loghi di varie band cuciti sulle calze e sul retro della maglietta, che era un po’ rovinata e aveva assunto quello strano colore pergamena come le calze, oltre che i suoi amati guanti in pelle con le borchie e le dita mozzate; inoltre al mignolo portava un anello sensitivo che in quel momento era viola, indice di emozioni miste e contrastanti, e al collo una collana con un ciondolo in argento a forma di pentacolo, oltre che i multipli orecchini ai quattro buchi che aveva per ogni orecchio.

“Forza Becky, alzati!” intervenne allora Ariel rendendosi conto che l’amica era ancora a letto, “È il nostro primo giorno di scuola!” trillò entusiasta mentre l’amica cercava davvero di non strangolarla.

“E poi…voglio vederti con la divisa!” ghignò maligna. A quel punto Becky balzò in piedi urlando “Nooooo!” e con grande agilità si arrampicò sopra il baldacchino.

Ariel le lanciò un’occhiata scettica, sollevando un sopracciglio e incrociando le braccia.

“Io non metterò mai quella roba!” ringhiò Becky dall’alto.

“Davvero? Allora mi costringi a usare la forza…” commentò Ariel con un sorriso psicopatico, mentre Morgana e Gyns arretravano spaventate e Becky sbiancava.

 

Max stava per uscire dalla Sala Comune quando sentì le dolci e tranquille voci delle sue amiche rimbombare nella torre e si fermò per aspettarle; aveva un po’ di occhiaie per essere andato a letto tardi e i capelli scompigliati, ma per il suo Drago questo e altro.

L’ultima a scendere dal tubo in ottone fu Becky, con anche lei indosso la divisa delle altre ma con il maglione di una taglia più grande, unica concessione di Ariel, e come Morgana e Gyns aveva un’espressione sconvolta.

“Cos’è successo?” chiese curioso a Morgana che lo guardò a occhi spalancati.

“Non farla mai arrabbiare…è stato spaventoso…” mormorò scuotendo la testa e occhieggiando a Ariel, che tranquilla e allegra lo salutò con un sorriso. Max deglutì terrorizzato: se aveva ridotto così Morgana e Gyns…

Appena Becky vide Max gli puntò un dito contro con gli occhi fuori dalle orbite e urlò: “ANCHE IO!”, facendo prendere un infarto al poveretto, che indietreggiò maledicendosi per non essere sceso a colazione da solo.

“Tranquillo Max, si riferisce alla tua divisa” commentò Ariel gentile per tranquillizzarlo, prima di girarsi verso Becky, perdendo il sorriso e guardandola truce, “No.” ringhiò assassina.

Becky mise il broncio osservando l’oggetto dei suoi desideri: camicia bianca con lo stemma sul petto e cravattino rosso, giacca blu notte sempre con lo stemma nella stessa posizione, pantaloni gessati blu e mocassini. Volete mettere? Al confronto della gonna erano la salvezza…

“Ah…” commentò lui imbarazzato scompigliandosi i capelli, “Ti assicuro che non è tutta questa comodità…vorrei una delle mie tute…” sospirò mentre Becky lo fulminava assassina.

“Vuoi che ti infili a forza in una di queste gonne!?” ringhiò, mentre Max si affrettava a scuotere la testa con forza, prima di ritrovarsi sbranato dalla belva. Gyns mise un braccio sulle spalle alla povera Becky, ricaduta nel baratro della depressione.

“Non ti preoccupare, ti capisco: è sempre dura all’inizio; ma ora andiamo a fare colazione…”

 

 

Emì entrò nella Sala del Trono evidentemente scocciata, le unghie curate conficcate nel palmo della mano. Quale stupida divisa l'avevano obbligata ad indossare?! Era un’ingiustizia. Una vera e propria ingiustizia.

Jake ridacchiò nel vedere la sua espressione scocciata, certo anche a lui non faceva impazzire la divisa, ma era talmente elettrizzato dall’essere ad Avalon che tutto passava in secondo piano; invece Silvia cercava di consolare la povera Emì, non troppo a disagio con la gonna: le dispiaceva che la sua nuova amica avesse avuto un risveglio così traumatico proprio il primo giorno!

“Non ti preoccupare Emì!” cercò di convincerla mentre la corvina si guardava intorno alla ricerca di una chioma rossa, “Lo so che non ti piace, ma appena finiscono le lezioni puoi togliertela e lo stesso nel week-end! E poi ti posso assicurare che ti sta molto bene!” le disse convinta annuendo con decisione, mentre l’altra sbuffava ma le accennava un sorriso di ringraziamento. Poi vide Alysia e fece per precipitarsi al suo tavolo, ma qualcuno le picchiettò le spalle.

Girandosi con sguardo freddo si trovò di fronte a un alto ragazzo dai capelli rossi.

“Ehm…ciao, io sono Nat, al quinto anno della tua Casa,” le disse imbarazzato, “Non so se te l’hanno già detto, ma alla mattina è obbligatorio fare colazione con la propria Casa; a pranzo e a cena potrai invece sederti con chi vuoi.” Le spiegò con un sorriso gentile e Emì annuì rassegnata.

“Grazie mille Nat! Noi siamo Silvia, Emièle e Jackson!” li presento Silvia prima di trascinare Emì per mano a un tavolo, mentre Jake guardava l’altro ragazzo come il proprio salvatore: voleva bene alle sue nuove amiche, ma aveva bisogno anche di amici maschi!

“Ti dispiace se ti faccio qualche domanda?” gli chiese titubante.

“Figurati! E’ dura avere solo amiche femmine eh?” scherzò con un sorriso mentre andava a sedersi con lui accanto a Rebecca, che invece le ragazze avevano circondato e costretto a parlare, sfidando la sua timidezza.

“Ehi Nat! Jake, io sono Rebecca!” si presentò quindi, ovviamente già conosceva il nome del ragazzino che arrossì e fece un cenno con la mano.

“Allora,” disse poi Rebecca, “Tra poco dovrebbero distribuirvi il programma della settimana! Scommetto che avrete già Difesa contro le Arti Oscure!” commentò battendosi il mento con il cucchiaino.

“Sicuro!” commentò Nat, mentre i primini tendevano le orecchie, “Ma non preoccupatevi, il prof. è bravo e da pochi compiti; vi sembrerà un po’ strano all’inizio…ma ci farete l’abitudine!” spiegò loro, che sospirarono di sollievo.

“Poi fateci sapere come va!” aggiunse Rebecca con un sorriso.

“Certo e grazie mille!” rispose Silvia giochicchiando con i due braccialetti colorati che aveva al polso, mentre Emì annuiva e si abbuffava di biscotti al cioccolato.

 

 

Al tavolo di VentiChelidon, Renata parlava allegra con Leanne mentre Alysia gustava entusiasta un grosso muffin, il terzo per la precisione.

“Non vedo l’ora di avere Trasfigurazione!” trillò impaziente Leanne sistemandosi il cerchietto azzurro nei lunghi capelli.

Alysia si rabbuiò.

“A me invece non ispira per nulla…preferirei avere Cura delle Creature Magiche.” Disse dopo qualche secondo, mentre osservava indecisa un muffin e un budino: quale mangiare ora?

Silvia stava per esprimere la sua preferenza, quando un ragazzo si lasciò cadere esausto sul posto accanto a lei, per poi sbattere la testa contro il tavolo e mugolare: “Basta…”

Jo’, alzando la testa, si accorse di quattro occhi che lo fissavano spalancati e sorrise imbarazzato.

“Ehm…ciao, Jamie Jon Lancaster, quarto anno.” si presentò alzano una mano, nella speranza che le ragazze che aveva saluto non diventassero altre folli. Leanne distolse lo sguardo arrossendo e si presentò balbettante, seguita dalle altre due, più sciolte.

“Posso chiederti cosa ti è successo?” chiese ad un certo punto Alysia perplessa, osservando la sua divisa stropicciata e in disordine, la camicia con le maniche arrotolate che metteva in mostra il drago tatuato sul braccio e una catenina al collo con appeso un plettro da chitarrista tutta storta.

“Il mio…fanclub.” Sospirò esasperato, guardandosi intorno con il terrore negli occhi “Sta peggiorando…”

Le tre ci provarono davvero a non ridere, con convinzione, e resistettero per ben trenta secondi prima di scoppiare, mente il martire non poteva fare a meno i sorridere. E avrebbe aggiunto qualcosa se un urlo belluino non lo avesse fatto sbiancare.

“JOOOOOOOO…” la famosa bertuccia correva verso di lui svenevole e con la gonna sicuramente accorciata per magia; Jo balzò in piedi, afferrò una brioche e si precipitò verso l’uscita.

“Ci vediamo!” urlò terrorizzato salutandole con una mano.

“Poverino…” commentò Silvia seguendolo con lo sguardo.

“Già…” aggiunse Leanne scioccata.

“Ha il tuo stesso problema Lea” osservò Alysia piegando la testa leggermente di lato, “Ma spero che i tuoi fan non arrivino a quel livello…” aggiunse mentre la poveretta deglutiva.

“O almeno arrivino vestiti…” commentò con un sorrisino Silvia, facendole ridere.

 

 

James osservò stranito un ragazzo di VentiChelidon che volava fuori dalla sala, inseguito da un gruppo di ragazze seminude; aveva sentito che anche nella sua Casa c’era un ragazzo allo stesso livello di popolarità, ma non lo aveva ancora incontrato. Non sapeva se fosse un bene o un male.

Alla fine scrollò le spalle e tornò a mangiare il suo uovo.

“Ecco il tuo programma” gli disse una voce porgendogli una pergamena, che lui afferrò accennando un lieve sorriso alla Guida.

“Ogni anno fa lezione con le altre Case?” chiese perplesso dopo aver dato una scorsa al programma.

La Guida annuì.

“Solo il biennio però, poi in base alle materie che scegli di seguire. Comunque sì, tutte le Case assieme.” Spiegò prima di andarsene.

James si chiese se fosse per aumentare i contatti tra Case o aumentarne la competitività…Poi tornò al suo programma e sorrise. Sarebbe stata una giornata interessante.

 

Nat, appoggiato alla parete di pietra di fianco alla sua aula, controllava annoiato l'orologio. Le lezioni sarebbero cominciate di lì a poco e lui, come al solito, era in anticipo. Dei passi decisi lo distolsero dai suoi pensieri, ed egli alzò lo sguardo: Morgana si avvicinava a passo di marcia alla classe di fianco alla sua, con lo sguardo fisso verso il suo obiettivo, senza degnare di uno sguardo i primini che si scostavano impauriti al suo passaggio. Una volta arrivata aprì la porta della sua classe, sbirciò dentro e, accortasi che era deserta, la richiuse violentemente con un gesto di stizza, poi si sistemò a gambe divaricate e braccia incrociate davanti alla classe, scrutando l'orizzonte (che non era altro che il corridoio brulicante di studenti) con aria truce, alla ricerca dei maledetti ritardatari.

“Ehm...ciao” disse timidamente il ragazzo.

Morgana si girò di scatto: non si era minimamente accorta della sua presenza, tutta presa com'era ad imprecare contro i suoi compagni.

“Ciao” bofonchiò, mentre un leggero rosa gli tingeva le guance.

“Come...ehm...va?” continuò alzando lo sguardo verso il ragazzo e fingendosi disinvolta.

“Bene grazie...Mi sto solo annoiando a morte aspettando che i miei compagni si decidano ad apparire. E tu?” disse con un sorriso timido, scompigliandosi nervosamente i capelli rossi dalle ciocche nere.

“Piove.” rispose lei lapidaria.

“Ah...uhm...mi spiace...” balbettò lui, poi sui due cadde un silenzio carico di imbarazzo.

“Ehilà! Chi si vede, Nat!” disse Gyns in tono allegro, appena arrivata alle spalle di Morgana.

Poi osservò il sorriso imbarazzato di lui e il rossore di lei e ghignò maliziosa. Morgana se ne accorse e, prima che potesse dire qualcosa di estremamente sconveniente ed imbarazzante come al solito, si affrettò a trascinare di peso la sua amica in classe, lasciando il ragazzo a fissare il vuoto con gli occhi spalancati.

 

 

Era la seconda ora e tutti i primini erano in attesa del professore in una delle aule del primo piano; nessuno era seduto ai banchi in legno e le cartelle erano buttate per terra, l’unico loro interesse era chiacchierare eccitati con gli amici, divisi in piccoli gruppetti per l’aula. L’amicizia fra Alysia, Emièle e Jackson aveva aiutato a riunire i due gruppi di VentiChelidon e LupusUmbrae, che ora chiacchieravano allegri. I tre già amici era davvero sollevati dal poter chiacchierare un po’, mentre Silvia, Renata e Leanne stavano già facendo amicizia.

“Anche a voi hanno proibito di parlare del dormitorio? Immaginavo…” mormorò Alysia scuotendo la testa, leggermente delusa dal non poter condividere le meraviglie della sua Casa con loro.

“Esattamente, credo sia a causa della rivalità tra Case.” Aggiunse Emièle pensierosa facendo un passo indietro; purtroppo però il suo piede non incontrò il pavimento, ma la scarpa di un altro ragazzo con cui si andò a scontrare che perse l’equilibrio trascinandola a terra con sé e cadendo a terra in un turbinio di fogli e libri.

“Ehi!” esordì con voce fredda e tagliente il ragazzo dai capelli corvino–bluastri, chiaramente scocciato.

“Scusa!” gli disse Emièle mentre un insolito rossore le dipingeva le guance per la figuraccia.

“Invece di scusarti potresti toglierti?” chiese sarcastico James perforandola con i suoi occhi grigi.

“Cercavo solo di essere gentile!” rispose lei a tono mentre assottigliava gli occhi, piccata; poi si rese conto che era in braccio al ragazzo e arrossì ancora, prima di balzare in piedi e spolverarsi la gonna.

“Finalmente…” borbottò l’altro, recuperando i libri caduti a terra.

Emièle lo fulminò mentre Alysia e le altre trattenevano una risatina; Jackson invece raccolse una penna del ragazzo e gliela porse.

“Sono Jake, piacere!” si presentò un po’ intimidito scompigliandosi i capelli e l’altro, dopo un lungo silenzio in cui lo studiò a fondo, accennò un sorriso.

“James.” Rispose pacato e i due si strinsero le mani; anche tutto il resto del gruppo stava per presentarsi quando il professore fece il suo ingresso. Era un bell’uomo, sulla trentina, con il fisico asciutto fasciato nella camicia bianca e nei pantaloni gessati blu, con la giacca dello stesso tono, i capelli castano dorato, un sorriso enigmatico e due profondi occhi scuri come la pece.

“Buongiorno ragazzi, sono il vostro professore di Difesa contro le Arti Oscure, Alec Mavus.” Si presentò raggiungendo la cattedra mentre tutti si precipitavano ai propri posti, “Sappiate fin da subito che alla teoria prediligo la pratica, senza però trascurare la prima; durante questi anni scaveremo nel profondo dell’oscurità di questo mondo, imparando a difenderci da essa.” Aggiunse scrutandoli ad uno ad uno negli occhi.

Un silenzio carico di attesa era calato sulla classe.

“Bene,” continuò poi, “È ora di verificare le vostre abilità!” aggiunse con sorrisetto mentre si dirigeva verso un armadio; un brusio stupito serpeggiò rapido: verificarli? Alla prima lezione?

“Ricordate,” disse girandosi per un attimo e mostrando loro la bacchetta, “L’incantesimo consigliato è quello Congelante: Glacius!” pronunciò mentre dopo un fluido movimento un getto azzurrino fuoriusciva dalla sua bacchetta e colpiva un mappamondo ghiacciandolo. “Prendeteli tutti!”

Poi aprì l’armadio.

Un esercito di cosini blu, alti venti centimetri, volò fuori emettendo stridii insopportabili, dritti sopra i ragazzi, mentre il professore si riparava dietro a una barriera magica e li osservava attento. All’inizio si scatenò il panico e tutti i ragazzi si gettarono sotto i banchi urlando.

“Pixie!” urlò dopo alcuni minuti Renata, nascosta sotto il banco con Leanne, mentre gli altri cercavano il coraggio di uscire. Aveva letto di loro: i Pixie (o Folletti della Cornovaglia) sono famosi per essere dispettosi e particolarmente aggressivi se provocati e, a giudicare dalla ferocia con cui volavano sopra di loro, il professore doveva averli decisamente irritati.

Il primo a reagire fu James che ribaltò il suo banco, che divideva con Jake, usandolo come barriera, per poi uscire allo scoperto per metà e, puntando la bacchetta, urlare: “Glacius!”

L’incantesimo però mancò per un pelo il folletto della Cornovaglia, che si spostò all’ultimo con quella che sembrava una risatina, facendo imprecare James che tornò a nascondersi.

“Ottimo tentativo amico,” gli disse Jake, che stava iniziando a trovare divertente la prova, “Ora provo io!” esultò, uscendo allo scoperto; ma non lanciò subito l’incantesimo, aspetto che la sua preda sostasse un attimo nell’aria e poi lo pronunciò. Il Pixie cadde a terra con un tonfo e Jake fece per gettarsi verso di esso per prenderlo, ma i suoi compagni scesero in picchiata mordicchiandolo: solo gli incantesimi congelanti di James, che gli copriva le spalle, gli permisero di tornare dietro la barriera.

Silvia, Alysia ed Emièle seguirono subito l’esempio dei ragazzi e, serie e concentrate, iniziarono ad abbattere un Pixie dietro l’altro; ben presto si trasformò in una gara a chi ne abbatteva di più tra loro e i ragazzi, che nonostante fossero due tenevano loro testa egregiamente. Intanto Renata decise di occuparsi della raccolta dei mostriciattoli prima che l’incantesimo svanisse.

“Lea dammi una mano!” chiamò la ragazza che guardava indecisa le creaturine, lei annuì e strisciò vicino a lei, poi a gattoni si diressero verso il prigioniero più vicino.

Quando Leanne lo prese in mano per riporlo in una delle gabbie, che Renata aveva preso da uno degli scaffali, sospirò.

“Cosa c’è?” le chiese la ragazza chiudendolo dentro.

“Mi spiace far loro del male, sono carini in fondo.” Svelò arrossendo, mentre l’amica ridacchiava e scuoteva la testa; stava già per farle una battuta scherzosa, quando vide alle spalle di Leanne un pixie che volava verso di loro ghignando.

“Giù!” urlò sbarrando gli occhi. Leanne eseguì al volo e Renata, d’istinto, roteò la gabbia colpendo in pieno l’aggressore che volò a schiantarsi conto la parete.

“Glacius!” gridò allora Leanne mentre la creatura cercava di rialzarsi, segnando la loro vittoria; dopo uno sguardo complice, le due si batterono un cinque e procedettero all’opera di raccolta.

Nello stesso momento in cui la campanella suonava, Alysia abbatté l’ultimo Pixie che Leanne prese al volo e chiuse in gabbia; un lento applaudire attirò l’attenzione dei ragazzi stremati, che per la prima volta si guardarono realmente intorno: la maggior parte dei loro compagni si era rifugiata dietro una barriera di banchi in fondo all’aula e ben pochi avevano contribuito, lasciando solo loro a combattere.

“Ottimo lavoro ragazzi, davvero ottimo. Sarà un vero piacere lavorare con voi quest’anno! Cinquanta punti a GlaceiLynx, LupusUmbrae e VentiChelidon.” commentò il professore facendoli arrossire d’imbarazzo e sorridere d’orgoglio: “Per la prossima volta voglio che facciate una ricerca sull’incantesimo congelante e i Folletti della Cornovaglia .” Avvisò la classe mentre con un colpo di bacchetta riordinava l’aula e richiudeva i Pixie nell’armadio.

“Buone lezioni!” augurò loro infine prima di sparire, mentre sudati ma di ottimo umore i ragazzi che avevano domato i folletti si dirigevano alla prossima lezione.

 

Becky non sapeva com’erano finite in quella situazione. E pensare che avevano avuto una giornata così tranquilla! Ma non poteva andare tutto liscio, no! Il professor Mavus aveva voluto mettere alla prova le loro capacità come faceva con i primini, davanti a tutti! Inoltre, sinceramente, davvero quell’idiota dava i primini in a un grosso rinoceronte incazzato con il solo avviso “Gli incantesimi normali non funzionano”?!

“È un Erumpent! Il corno rilascia un liquido che fa esplodere il bersaglio colpito” commentò Ariel  osservando il rinoceronte magico che si guardava attorno confuso. Questa cosa della verifica  la irritava decisamente. Come se lei e Becky avessero bisogno di una verifica. Pfui. Adesso gliel'avrebbe fatta vedere.

“Come se me ne fregasse qualcosa…” borbottò piccata Becky incrociando le braccia: erano pazzi in quella scuola! L’aula era stata completamente svuotata e sul fondo stavano gli alunni e il professore, dietro la barriera da lui stesso eretta; di sfuggita colse lo sguardo preoccupato di Rebecca.

“Non fare così!” la rimproverò Ariel con un sorriso tirandole uno scappellotto: “Prima finiamo – e qui uno dei suoi tipici sorrisetti sadici le illuminò il volto-  prima ci leviamo dall’attenzione generale.” Le ricordò, leggende nel cuore dell’amica quale fosse il vero problema.

“Facciamo così, tu ti siedi e io lo faccio fuori!” propose a quel pungo Becky, mentre la voglia di combattere si impossessava di lei.

“Che cosa?!” la gelò Ariel incrociando le braccia e alzando un sopracciglio: “Neanche per sogno, stavolta tocca a me! Tu ti sei già sfogata!”

“Ma…” tentò di argomentare l’altra imbronciata.

“Niente ma!” la minacciò Ariel puntandole la bacchetta contro. Dal fondo dell’aula si alzarono delle risatine.

Poi un potente ringhio o nitrito o qualsiasi verso aggressivo fosse uscito dal muso dell’Erumpent, richiamò la loro attenzione.

Entrambe sospirarono e si girarono a fronteggiarlo, improvvisamente serie e calme.

“Tu bloccalo e indeboliscilo, io lo stordisco alla fine se non molla!” si arrese Becky prima di andare a sedersi a lato con fare tranquillo, con sorpresa degli spettatori.

“Grande!” esultò Ariel, mentre la bestia, ripresasi, la caricava.

Ariel socchiuse gli occhi e puntò la bacchetta contro di lei, senza smuoversi di un passo.

“Impedimenta!” urlò Ariel con un movimento fluido della bacchetta, ma l’incantesimo non sortì alcun effetto sul bestione.

“Immobilus!” riprovò, il rinoceronte a pochi metri da lei.

Niente.

“Come immaginavo…” borbottò. Sapeva che la pelle dell’Erumpent avrebbe respinto qualsiasi incantesimo, ma sperava non fosse un vero! Con uno scarto laterale evitò per un soffio la carica del bestione e veloce fece perno per prepararsi al contrattacco; infatti il suo avversario inchiodò e la puntò nuovamente feroce.

Doveva pensare a una strategia per tenerlo fermo abbastanza da dare il tempo a Becky di stordirlo, era ovvio che ormai era una questione di forza bruta e fisica. Poi le venne un’idea geniale.

Con un salto si portò più lontano e puntò la bacchetta al pavimento.

“Sabulum!” recitò con un sorriso e il pavimento si trasformò in sabbia: gli incantesimi semplici erano sempre i migliori! Prima che il rinoceronte, colto di sorpresa e accecato dal polverone di sabbia che lui stesso aveva creato si potesse riavere, Ariel lanciò il seguente incantesimo.

“Aguamenti!” il pavimento di sabbia diventò una melma molto simile alle sabbie mobili, che bloccò il bestione. A questo punto poteva concentrarsi su un incantesimo più complicato.

Ariel chiuse gli occhi e la sua fronte si increspò per la concentrazione.

“INCARCERAMUS!” pronunciò mentre decine di catene spuntavano dal terreno e intrappolavano la creatura, che mugghiava ferita.

Soddisfatta della sua opera si girò verso l’amica e fece un cenno sorridendo.

“Direi che possiamo metterlo a nanna ora!” scherzò, mentre Becky si alzava e la raggiungeva. Poi si puntarono la bacchetta l’una contro l’altra.

“Roboramus in aeris!” pronunciò Becky concentrata e il corpo di Ariel iniziò a baluginare mentre intorno ai suoi arti vorticavano piccoli venti e falci d’aria.

“Roboramus in ardorix!” pronunciò Ariel con gli occhi socchiusi, e il corpo di Becky rifulse mentre vortici di fiamme avvolgevano i suoi arti.

Un mormorio stupito si diffuse nell’aria.

Le due si lanciarono un occhiata complice e guardarono la bestia che lottava per liberarsi, poi si avvicinarono.

Un secondo carico di silenzio, poi le due saltarono in alto, sollevandosi sopra i due metri, per poi ricadere accucciate sul capo della creatura, colpendolo con due pugni sincronizzati in un esplosione di fuoco e vento. L’Erumpent stramazzò al suolo svenuto.

Silenzio.

Ariel e Becky si allontanarono dalla creatura stiracchiandosi e ridacchiando.

Poi scoppiò uno scroscio di applausi.

“Complimenti, in particolar modo ad Ariel per l’ottima strategia e la mente veloce e brillante.” Si complimentò Mavus avvicinandosi, sempre con quel sorrisetto che Becky stava imparando ad odiare: “Incantesimi Antichi? Rafforzamento corporeo e temporanea protezione di un elemento… bene…Chi ve li ha insegnati?” chiese curioso scrutandole a fondo.

“Nostra nonna” rispose sicura Ariel con un sorriso di circostanza, stando bene attenta cosa dire. Fortunatamente la campanella suonò e loro ne approfittarono per sgusciare fuori.

“Siete state davvero eccezionali!” disse loro Rebecca sincera mentre camminavano “Quegli incantesimi…era la prima volta che li vedevo! Sareste capaci di insegnarmeli?” chiese speranzosa e le due annuirono.

“Certo, saremmo felice di farlo!” le assicurò Ariel.

Fu mentre svoltavano l’angolo che li videro, fondo al corridoio: Morgana, Gyns, Max, Jo e Nat che seri parlavano con due ragazzi che non avevano mai visto; erano entrambi piuttosto alti, ma uno aveva il fisico più slanciato, i capelli leggermente lunghi e scompigliati, dorati, l’altro era più muscoloso e aveva i capelli castano scuro. Avvicinandosi poterono notare più dettagli: il biondo aveva un sorrisetto sghembo in volto e una posa un po’ indolente, la camicia stropicciata e fuori dai pantaloni, con i primi bottoni aperti e la cravatta sciolta, mentre il moro sembrava freddo e indifferente, anche la sua camicia fuori dai pantaloni e slacciata.

Appena le due arrivarono a quasi un metro di distanza, il moro toccò dentro il biondo che disse parole veloci agli altri poi fece un sorriso malizioso, gli occhi blu che brillavano, alle due mentre il moro le guardava indifferente coi suoi occhi azzurro ghiaccio; poi se ne andarono a passi veloci. Becky arrossì e lo guardò più truce che riusciva mentre Ariel osservò curiosa il moro.

“Chi erano?” chiese schietta Becky al resto del gruppo, mentre gli altri si salutavano.

“Ah...il moro era Federico Noctisfilius, LupusUmbrae, e il biondo era Jason Wolf, GlaceiLynx, Entrambi sono i migliori Cavalieri dei Draghi delle loro Case.” Spiegò Max con un sorriso, non guardandole dritto negli occhi.

“Se per questo Jason è anche un immancabile playboy…” sbuffò Nat scuotendo la testa; parole a cui Becky rabbrividì.

“…e Federico è il tipico freddo menefreghista; è inconcepibile come facciano a essere migliori amici!” commentò Gyns.

“Non perdiamoci in chiacchiere inutili,” sbottò Morgana percependo la crescente e pericolosa curiosità crescere in Ariel e Becky, “Ho tanti di quei compiti per essere il primo giorno che se non andiamo subito non riuscirò a cenare!” aggiunse scocciata prima di incamminarsi con Gyns verso la torre di IgnisDraco. Dopo pochi istanti il gruppo si divise e Becky e Ariel le seguirono.

 

 

Erano ormai le dieci e Becky stava aspettando che Ariel finisse di cambiarsi in bagno, quando un gufo picchiettò alla sua finestra. Stranita andò ad aprire, era convinta che la posta arrivasse alla mattina…

Il gufo nero volò verso di lei e le lasciò cadere una lettera in grembo, senza mittente. Diffidente l’aprì e una pergamena vergata di nero cadde sul pavimento.

“A Rebecca Luxaeris,

La informiamo che è stata scelta come nuovo componente per il Club dei Cavalieri; prova della sua ammissione sarà la nascita di una voglia in una sua parte del corpo, le preghiamo di cercarla. La prima riunione sarà stanotte alle dieci e mezza al secondo piano: cerchi il grande arazzo dei dodici cavalieri della tavola rotonda e ponga a contatto la sua voglia con quella intessuta nell’arazzo.

La aspettiamo,

I Cavalieri della Tavola Rotonda.”

Becky tirò un urletto e lasciò cadere la busta, che si bruciò sotto i suoi occhi.

Concentrata si diresse allo specchio: se era come pensava, a quel punto l’unica soluzione era cercare la voglia.

Dopo poco attimi un urlo di terrore e orrore scosse l’intero castello.

 

 

 

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