21 [twentyone zorobin times]

di Reik93
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** A: Alcol ***
Capitolo 2: *** B: Bacio ***
Capitolo 3: *** C: Cuore ***
Capitolo 4: *** D: Donne ***
Capitolo 5: *** E: Erba ***
Capitolo 6: *** F: Fratelli ***
Capitolo 7: *** G: Gelosia ***
Capitolo 8: *** H: Hyozo ***
Capitolo 9: *** I: Irritazione ***
Capitolo 10: *** L: Legge ***
Capitolo 11: *** M: Materasso ***
Capitolo 12: *** N: Neve ***
Capitolo 13: *** O: Osservazione ***
Capitolo 14: *** P: Passato ***
Capitolo 15: *** Q: Quadrifoglio ***
Capitolo 16: *** R: Rabbia ***
Capitolo 17: *** S: Sentimenti ***
Capitolo 18: *** T: Tentazione ***
Capitolo 19: *** U: Uhm ***
Capitolo 20: *** V: Valentino ***
Capitolo 21: *** Z: Zero ***



Capitolo 1
*** A: Alcol ***


 Alcol

 
Le stamberghe lungo le vie più impopolari delle città sono ottimi punti d’osservazione della vita perché dentro ci trovi piccoli scorci di mondo.
Briganti, pirati, disgraziati o semplici malcapitati, attirati dall’insegna consunta e cigolante, entrano, spinti dall’arsura che gli secca la gola, ed accettano il bicchiere che gli viene posto sotto il naso, senza dar troppa importanza a quale liquore esso contenga: in fondo sono tutti lì per sbronzarsi, anche se per i motivi più disparatati.
C’è il tipo al bancone con la testa incassata tra le scapole e le tasche svuotate dai debiti: beve per abituarsi in fretta all’idea che, l’indomani, per lui il sole non sorgerà.
C’è una ciurma scalmanata che brinda all’ennesima scorribanda di successo, facendo cozzare violentemente i bicchieri.
C’è chi si è rifugiato in un angolo e cerca di annegare il dolore nell’alcol: desidera che questo gli annebbi in fretta la vista per cancellare dal suo sguardo le sofferenze di cui è stato testimone.
E poi c’è Zoro, che beve semplicemente per il gusto di farlo.
Gli piace la sensazione bruciante del rum che gli raschia la gola e, ancor di più, l’idea di riuscire a vincere il torpore delle membra e quella libidine che, invece, non ha risparmiato i suoi compagni. Si guarda sconsolato attorno -Rufy crollato sul tavolo, Nami che presta eccesiva attenzione al cuoco e il cuoco che non la disdegna, gli altri impegnati in un siparietto alquanto imbarazzante- e non può impedire alle sue labbra di contrarsi in un ghigno compiaciuto: lui non è tipo da cedere alla dissolutezza che ti regala un bicchiere di troppo.
Ma la soddisfazione personale lascia presto il posto al sospetto, quando, incredulo, incrocia gli occhi lucidi di Robin. Non c’è traccia di frivolezza in lei, che, a parte le gote leggermente arrossate, sembra avere pieno controllo di sé. La fissa ancora sorridere della parlata strascicata di Chopper e s’irrigidisce all’occhiata che gli scocca, inumidendosi le labbra con un sorso di rum: sembra voler testare i suoi limiti. E Zoro accoglie quella tacita sfida con un ghigno che si stampa sull’orlo del proprio boccale. Vedremo, urla il suo sguardo.
Al momento di andare, le gambe tremano appena, la vista è sfocata, la lingua schiocca sorda contro il palato, ma l’alcol non ha intaccato l’orgoglio, che risoluto torna a farsi sentire davanti all’innaturale compostezza con cui Robin fa strada e che Zoro tenta invano di soffocare, bevendo. Un sorso che termina solo una volta giunti alla Sunny.
Ora, sul ponte, senza la solidità della terra, avverte l’equilibrio farsi più fragile, i passi incespicare sull’erba, la lucidità scemare, ma non abbastanza velocemente da impedirgli di scorgere un’esile figura sparire dietro la porta della camera.
Digrigna i denti, allora, scavalca i compagni stesi sul prato e si dirige verso la dispensa, dove, ignorando i rimproveri sconnessi di Sanji, afferra una bottiglia. Ne osserva il vetro scuro e l’ombra del liquido che ondeggia all’interno: l’ultimo giro l’offrirà lui.
Esce, zizzagando fino alle camere e qui entra, abbandonando sulla soglia le buone maniere.
Ad Usopp, che ha seguito la scena, sfugge una risatina isterica, aspettando la reazione della compagna, ma rimane deluso nel constatare come la porta non si spalanchi e le urla non intacchino il silenzio della notte. Confuso, stropiccia le palpebre un paio di volte prima di arrendersi al sonno e di udire Chopper borbottare, dormiente, qualcosa su strani rumori…
La mattina nessuno di loro noterà l’assenza dello spadaccino, troppo occupati a massaggiarsi le tempie in cerca di sollievo.
Nessuno si chiederà come mai questo esca trafelato dalla camera delle ragazze e, soprattutto, perché Robin lo richiami, ferma sullo stipite, con in mano tre spade e una bottiglia. Vuota naturalmente.






Angolo Autrice
Sono tornata! Come promesso mi butto a capofitto su un'altra ZoRobin! e stavolta una raccolta!
Già nell'introduzione l'ho detto: l'idea di prendere le 21 lettere dell'alfabeto e assegnare ad ognuna una particolare parola ed una storia, non è molto originale, però ci provo lo stesso, sperando che a qualcuno piaccia!
Vi ringrazio fin da ora per le eventuali recensioni! :D

Besos

Reik93
 
 

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Capitolo 2
*** B: Bacio ***



 Bacio

 
Ruvido, molle, rubato, rabbioso, umido, travolgente, fuggevole.
C'è chi ricorda il primo
con nostalgia, chi rivive le emozioni dell'ultimo, ma nessun bacio viene mai dimenticato. Lo sa bene, Robin.
E lo sanno bene anche le sue labbra, date in pasto troppo spesso alla tracotanza di uomini che non avrebbero mai reso indelebile quel momento. Eppure la sensazione di essere vendute, violate, soggiogate si serba ancora nella linea che le disegna, restia a concedersi per il semplice desiderio di farlo.
Aveva smesso da tempo di credere che un bacio potesse aver valore senza tornaconto.
Poi Zoro senza volerlo, senza saperlo, le aveva fatto capire quanto si sbagliasse.
Non era stato il genere di bacio di cui aveva letto e sorriso più volte in passato.
Niente attesa, niente romantiche aspettative, niente dolcezza.
Il loro primo bacio era stato un incidente, nato nel silenzio della notte su una guancia, morto tra labbra sussultanti di sorpresa.
Improvviso, sbagliato, pudico, imbarazzato, inopportuno, deludente.
Quel bacio aveva lasciato più dubbi che certezze, ma non aveva avuto il merito di farle cambiare idea.
Robin, infatti, si era ricreduta molto prima, a Skypeia, quando le aveva rinnovato tutta la sua reticenza nell'averla accettata a bordo.
'Costretto'. Era stata la parola usata per descrivere quanto poco si fidasse di lei.
Si erano guardati un lungo istante, mentre gli altri dormivano, prima che Zoro rispondesse alla sua apparente indifferenza, afferrandole un polso e torcendoglielo con forza.
Robin non gli aveva, però, dato il piacere di vederla cedere, supplicare, ammettere colpe che ormai non sentiva più di avere.
I loro occhi si erano scontrati con la rabbia di chi è nel giusto, i volti avvicinati a tal punto da rendere impossibile riconoscere il proprietario dei respiri che li scalfivano, i corpi attratti dal desiderio di prevalere l’una sull’altro.
Vibravano come corde tese, pronte a scoprire quale si sarebbe sfilacciata per prima.
Avrebbe voluto baciarlo in quel momento solo per ferirlo, per far crollare la sua ostinatezza, per confondere la mente, fragile a quel tipo d’inganno, ma Zoro si era allontanato troppo presto.
E anche ora che conosce il gusto della sua bocca, Robin si chiede come sarebbe stato quel bacio non dato.
 




Angolo Autrice
Grazie mille a tutti/e coloro che l'hanno messa subito tra le seguite/preferite/ricordate!!! Non è che siete troppo fiduciosi??? =__=
E naturamente grazie anche a chi mi ha lasciato un piccolo commento: questo mi incoraggia a continuare ^^

Besos

Reik93

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Capitolo 3
*** C: Cuore ***


Cuore

 
Forse erano stati i suoi occhi carichi di rabbia e lacrime, forse le sue grida disperate e quella voce tormentata dai singhiozzi, forse il fatto che fosse un bambino, ma Zoro proprio non riesce a dimenticare quelle parole. Anche ora riecheggiano nell’aria salmastra del mare aperto.
Mostro senza cuore, così l’aveva chiamato.
Il brusio della folla accorsa in strada si era spento all’improvviso, i respiri risucchiati nei polmoni in attesa della reazione di quell’individuo, quel demone in forma d’uomo, gli sguardi angustiati alla vista della mano che correva a stringersi sull’elsa.
E lui? Aveva sbugiardato, in parte, la sua fama, denegando la testa davanti al manifesto di un uomo, che il piccolo aveva indicato come suo padre: era sbarrato, segno che la taglia ormai era stata riscossa.
Poche, incisive, parole avevano accompagnato i suoi passi e fatto crollare l’infantile speranza di ottenere vendetta. "Non ricordo il volto dei perdenti".
E quello di un orfano? Ingoia a fatica l’ultimo boccone e si alza, sviando le occhiate interrogative dei suoi compagni, ancora riuniti attorno al tavolo.
Su quante tombe hanno maledetto il suo nome? Prende una bottiglia dalla dispensa, tra i rimbrotti del cuoco, più scarni e flebili del solito. Sente solo un’ “Idiota” prima di uscire e non vede il rammarico nel suo sguardo.
Di quanti altri corpi nutrirà la terra? Raggiunge inquieto la prua, sporgendosi sul parapetto ad osservare l’imbrunire dell’orizzonte.
Ha sempre combattuto all’ombra del suo sogno, ha ucciso per proteggere la sua ciurma affinché ciascuno di loro potesse realizzare il proprio, ha fomentato carneficine, sicuro che il successo meritasse qualche sacrificio. E mai, neppure una volta, si è fermato a pensare che una singola goccia di sangue versato potesse scorrere uguale nelle vene di un figlio, di un padre, di un fratello. Mai, fino a quel pomeriggio.
Le conseguenze invisibili sono le più facili da ignorare, ma, presa coscienza della loro esistenza, trascurarle diventa impossibile.
Guarda il proprio riflesso distorto sulla bottiglia, chiedendosi quanti reclamino la sua testa e, se un tempo avrebbe ghignato al numero che gli si affaccia in mente, ora si rattrista. Come può uno spadaccino negare la possibilità di castigare un torto subito? Per quale motivo la vita di un criminale vale di più rispetto a quella di un padre premuroso? Non sa darsi risposta.
Continua a vedere quel bambino piegato dal dolore, a sentire il suo grido bagnato dal pianto, a mimare con le labbra le sue stesse parole, senza provare il minimo rimorso.
Quand’è successo? Quand’è che i suoi sentimenti si sono inariditi a tal punto da fargli credere di essere sempre nel giusto?
Uno scricchiolio alle sue spalle tradisce l’arrivo silenzioso di qualcuno. Non si volta, aspettandosi che il suo compagno si riveli con qualche parola di conforto; invece Robin sta zitta, incrocia le braccia sulla balaustra e scruta l’oceano nero. Anche lei aspetta.
È certa che Zoro abbia qualcosa da dire nonostante l’indifferenza con cui tracanna il liquore. E la sua pazienza viene premiata.
“Credi che avesse ragione?”.
Lo sguardo azzurro s’incrina, addolorato da una verità che può non piacere.
Nah. Lascia perd-”. Si sbocca nell’avvertire una mano carezzargli il petto e fermarvisi al centro.
“Tutti hanno un cuore, Zoro…” sorride ed il battito accelera, rimbombandole contro il palmo. “…ma il tuo è un po’ speciale, batte solo per certe persone”.





Angolo Autrice
Salve a tutti!!! ^^ Lo scorso capitolo non è piaciuto più di tanto, eh? Spero di rifarmi con questo, anche se ho i miei dubbi...diciamo che non vorrei aver reso Zoro un pò troppo 'sentimentale'....mmm....sta a voi decidere!
Ah, un piccolo chiarimento: il bambino crede (anzi è proprio sicuro) che Zoro si l'assasino del padre...lo dico per coloro ai quali la cosa non risulasse molto chiara ;)...
Direi che è tutto...ci vediamo con la prossima lettera...la 'D' di.....donne!!!

besos

Reik93

ps: Posterò il capitolo Giovedì!!! XD

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Capitolo 4
*** D: Donne ***


Donne

 
Zoro non se n’è mai considerato un esperto.
Irascibili, difficili da comprendere, il più delle volte lamentose, le donne non avevano mai suscitato realmente il suo interesse.
Certo capitava che a volte vi trascorresse del tempo assieme, ma erano attimi inconsistenti, il cui ricordo si serbava appena, una volta uscito dalla stanza.
Di molte ha dimenticato anche il nome, ad altre non l’ha nemmeno mai chiesto.
Più che loro, infatti, amava il piacere che regalavano: rovente, immediato, un fuoco che bruciava spesso troppo in fretta, lasciando solo un letto di cenere ed un amante insoddisfatto.
E quando questo accadeva, si ritrovava a pensare che le monete scoccate sul tavolo fossero un pagamento tutto sommato eccessivo per quanto ricevuto, nonostante la parsimonia che impiegava nella scelta. Le valutava in base al prezzo, non all’avvenenza fisica, e decideva poi se l’affare poteva dirsi conveniente oppure se era meglio che a pesare sulle sue finanze fosse il rum.
Si guardava soprattutto da quelle che lo avvicinavano di propria iniziativa, temendo cercassero una qualche sorta di legame, un’amicizia -come la chiamavano alcune-, che lui non era disposto a concedergli. Il denaro serviva anche a questo: smorzare le pretese.
Ma dal giorno in cui quella è entrata a far parte della ciurma, i suoi gusti si sono inspiegabilmente raffinati.
Camminando per strada, ad esempio, non s’informa di quanto gli costerebbe trascorrere la notte con l’accattivante rossa all’angolo o con la bionda, mezzo metro più avanti. La sua attenzione ricade sempre su chiome meno vistose, scure possibilmente e setose affinché contrastino la ruvidezza delle sue mani.
Allo stesso modo si è accorto di preferire labbra carnose e delineate a quelle sottili che disabbelliscono un sorriso, pelli chiare, ma non diafane, occhi profondi, ornati da sguardi intensi, mai volgari.
La scelta di questa notte è ricaduta su una giovane, addossata allo stipite della locanda che l’ha poi ospitato.
L’hanno colpito le sue iridi color del cielo ed il suo profumo.
“È il fiore di lavanda” gli rivela, salendo le scale.
Non ricorda già più il suo nome. Ne ha solo uno in mente, ma non è quello che ha pagato.





Angolo Autrice:
...eccoci arrivati alla D!  Non credo di dover aggiungere note particolari...insomma la storia è eloquente di per sè XD!!!
Vi aspetto con la prossima, ma stavolta non anticipo nulla...solo che sarà pronta per il fine settimana! ;)

besos

Reik93

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Capitolo 5
*** E: Erba ***


Erba

 
La sente graffiare le spalle, stuzzicare i fianchi, piegarsi contro la pelle.
L’umidità della notte la ricopre come un manto che asciuga sotto i loro corpi, imprimendosi sul terreno in un’unica forma.
È duro, secco, incide la schiena e i gomiti che la sorreggono, ma a Robin non importa.
Le dita strette sulla carne bruciano di più, logorano, tolgono il respiro.
Schiude la bocca sulla sua, vi sfugge, bacia l’aria che sa di bagnato, di mare, di campi soleggiati.
Un odore inusuale che avverte anche su di lui, sfiorandogli il collo con labbra leggere.
Lo sente fremere a quel tocco ed affondare le mani sull’erba fino a strapparla, quando un sospiro spezzato giunge al suo orecchio come invito.
La guarda febbrilmente, ma dei suoi occhi scorge solo il riflesso, prima che lei li serri in un sussulto accordato al suo rantolare.
È l’unico suono che rivela la loro presenza nella valle, l’unico che riesca a sovrastare il frinire dei grilli, discreti spettatori della loro passione.
Robin allenta la presa delle gambe sul suo bacino, lascia scivolare le mani lungo la linea inarcata dei suoi muscoli ancora tesi e le ricongiunge sulla nuca.
Zoro fa lo stesso: le accarezza una guancia, immerge le dita nei suoi capelli.
Tra una ciocca e l’altra trova fili d’erba strappata.
Li toglie pazientemente per poi solleticarle la pelle imperlata ed il naso.
Sorride, Robin.
L’erba sa di rum.
 


Angolo Autrice
E anche questa è fatta!! Francamente mi è uscita di getto...però, non so, mi piaceva l'idea di provare
"altri profumi"!
Spero vi sia piaciuta...alla prossima!

besos

Reik93

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Capitolo 6
*** F: Fratelli ***


Fratelli

 
È uno di quei giorni.
L’ombra della falda sul suo volto si allunga fino a coprire un sorriso che appare strano a chi è solito vederci manifesta una contagiosa allegria.
È finto, bugiardo, tirato quel tanto da sperare di nascondere un’inquietudine che leggono comunque, anche se cercano di non farsene impensierire.
Perché lo sanno, è uno di quei giorni in cui la vivacità di Rufy si quieta all’improvviso ed il suo silenzio riesce a sovrastare le loro voci, uno di quei giorni in cui zittisce gli sguardi e si privilegia d’essere capitano per non dare spiegazioni, uno di quei giorni in cui, senza apparente ragione, il vuoto lasciato da Ace diventa insostenibile.
“Gli manca molto, non è vero?”.
Chopper solleva il muso dal libro che lui e Robin stanno leggendo e getta un’occhiata colma di sconforto oltre le sue spalle, dove, della figura seduta sulla polena, scorge solo i contorni bruciati dai riflessi accesi di un sole morente.
“È inevitabile, era suo fratello” risponde con voce velata di tristezza.
Il dolore del capitano è il dolore dei suoi compagni, ma ad accrescere quello di Chopper concorre il senso d’impotenza che prova nel sapere che mai troverà una cura capace di lenirlo. Osservandolo, tuttavia, Robin nota nel suo sguardo una luce diversa dal rammarico, un dubbio che preme per aver parola e poco dopo la ottiene.
“Anche se non era il suo vero fratello?”.
“Certo!” ribatte sorpresa. “I legami di sangue non sono tutto…guarda la nostra ciurma!”.
La renna, dopo un primo attimo di incertezza, pare tranquillizzarsi e l’avvilimento lascia presto spazio alla concitazione.
“Lo credi davvero? Credi…credi che ci voglia bene quanto ne voleva a lui?”.
Qui la sua sicurezza vacilla, ma non può deludere la speranza che alleggia nei suoi occhietti sgranati e fiduciosi, perciò sorride di quell’innocente angoscia e gli regala un buffetto sul tartufo blu. “Rufy è di gomma, lo sai. Nel suo cuore c’è posto per tutti”.
Chopper riacquista subito il buon umore, la ringrazia ed abbandona la lettura per correre da Franky ed Usopp, che trafficano sul ponte ad una nuova invenzione e comprendono a malapena il suo farfugliare. Una grassa risata risuona nell’aria, rinvigorita da quella pura e cristallina del capitano: il suo momento buio è passato, come il tramonto schiacciato dalla sera.
Di quell’ilarità, Robin, riesce a cogliere solo un frammento. Alle sue orecchie, infatti, giunge ben presto un riso più contenuto, sottile, beffardo.
Zoro se ne sta addossato al parapetto, con le braccia incrociate dietro la testa, gli occhi chiusi ed un ghigno a deformargli le labbra.
Non sa cosa lo susciti e, nel chiederglielo, ottiene un “Niente” che ha, come unico effetto, quello di indisporla.
Il suo sguardo si abbassa su parole di carta verso cui ha ormai perso interesse, anche se dovrà attendere perché la sua curiosità venga saziata.
Attendere la cena, consumata nel silenzio di sguardi diretti all’altro capo del tavolo e bellamente ignorati, attendere i saluti di congedo e l’attutirsi delle chiacchiere provenienti dalle stanze, attendere di rimanere soli nel salone, in compagnia di un libro e tre spade.
Sfoglia distratta le pagine e si morde un labbro, trovando estremamente sgradevole il senso di derisione suggerito dal ghigno che gli piega ancora la bocca e gliela contorce tanto da assottigliarne gli occhi.
Sta quasi per parlare, conscia del rischio di non ottenere il ben che minimo risultato, quando, inaspettatamente, Zoro l’anticipa. “Finirai per confonderlo, lo sai?”.
Sono parole di rimprovero, eppure Robin non avverte acredine nel suo tono.
“Ora Chopper è convinto che siamo tutti fratelli!” prosegue, riconoscendo nel modo in cui torce le dita attorno alla costa i primi segni di un disagio famigliare a chi è troppo orgoglioso per ammettere i propri errori: un sospetto che diviene certezza al sospiro seccato che lei si lascia sfuggire.
“Ed è un problema?”.
“Potrebbe diventarlo, se ci scoprissero…” ribatte con aria di sufficienza, sollevando le spalle.
Lo sguardo di Robin si fa duro, contrariato: la segretezza di quella che ancora non si capacitano a chiamare relazione è uno dei rari punti in cui si sono sempre trovati d’accordo e non si spiega, ora, l’ostentata tranquillità con cui Zoro sembra contemplare la possibilità del contrario.
“Non accadrà” sibila determinata, per porre fine alla conversazione e tornare alla sua lettura, irrimediabilmente rovinata, ma, mentre cerca di riprendere il filo, sente lo stridio degli anfibi di cuoio che accompagna il suono dei suoi passi, sempre più vicini.
È in piedi accanto al tavolo e, anche se Robin si ostina a fingersi concentrata sul testo, avverte perfettamente il respiro che le muove i capelli dietro all’orecchio.
“E se accadesse?”.
Cede. Si volta, scontrando il suo sguardo rifulgente con quello orfano di Zoro, stupendosi di trovarlo quanto mai vispo e malandrino. O forse è il ghigno ironico che marca il suo volto abbronzato a farglielo sembrare tale.
Capisce, allora, che l’intento di Zoro è solo quello d’irritarla, di pungolarla, di spingerla a riconoscersi colpevole di un’equivocata spiegazione, per cui, ora, la renna vede la propria ciurma come una grande e reale famiglia. Tuttavia, se è vero che Chopper ha frainteso le sue parole, è altrettanto vero che Robin non si abbasserà mai a dichiararsi tanto facilmente sconfitta.
“Se dovesse accadere…” sorride davanti alla fronte aggrottata di Zoro, impreparato alla replica “…spiegherò a Chopper il significato d’incesto”.





Angolo Autrice
Salve!!! ^^
Eh, questa è venuta più lunga del previsto, ma credetemi, non sono riuscita a farla più breve (...non ho il dono del riassunto, ahimè!) e poi che dire...io adoro il modo in cui si scambiano frecciatine, quindi non ho resistito!!! XD
Spero che vi piaccia, anche se può nascere qualche dubbio riguardo l'atteggiamento di Rufy: ho cercato di renderlo IC nonostante l'argomento trattato (...Ace TT___TT)!!!
Beh, fatemi sapere!!
Ci 'vediamo' prossimamente con la G!!!

besos

Reik93

 

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Capitolo 7
*** G: Gelosia ***


Gelosia

 
Rincontrarsi dopo due anni ha un sapore diverso da quel che si aspettava.
Non quello salmastro che regala il mare alla pelle tesa in un abbraccio, né quello amarognolo di un bacio rubato dopo un sorso di caffè.
L’unico gusto che gli impregna la lingua è anche il solo di cui non ha avuto il tempo -ed il modo- di provare nostalgia, sakè.
Un sospiro seccato appanna il vetro della bottiglia, cancellando il riflesso di uno sguardo che vuole incrociare. Il suo.
Perché, per quanto Zoro fatichi ammetterlo, sono giorni che cerca di raccapezzarsi sul comportamento di Robin e, se all’iniziale giustificazione della loro turbolenta partenza, era subentrata la rabbia per essere stato volontariamente evitato ed abbandonato alla solitudine dell’osservatorio, ciò che gli comprime ora l’addome somiglia molto all’avvilimento, il sentimento dei deboli. Per questo Zoro non può accettare di farlo affiorare tanto facilmente e beve, attendendo che il suo occhio l’offuschi dietro la lucidità patinata dell’ebbrezza.
L’alcol scivola veloce nella gola, infiamma le viscere, brucia nella testa in un fuoco capace di estinguere il pensiero che si è creato: forse l’ha dimenticato, forse stava solo giocando e la partita è finita senza che lui se ne accorgesse.
Dannazione!
La mano si stringe con forza attorno al corpo della bottiglia fino a far risaltare le vene, il sangue ribolle, l’ira riesplode: pretende delle spiegazioni e le avrà.
Rinvigorito dall’ennesimo sorso, si volta in direzione dell’albero maestro dove Robin sta appuntando le informazioni sull’interessante congegno che permetterà alla nave di riemergere. Ad ogni passo le sue ragioni vacillano sotto il peso della vergogna, ma l’orgoglio gli suggerisce che quello è il solo modo per rimarginare la ferita, perciò prosegue.
Quando, però, la distanza tra loro è quasi colmata, il cuoco gli si para davanti con aria minacciosa, la sigaretta che balla pericolosamente tra i denti.
Neh, marimo! Alla fine non me l’hai più detto!” ruggisce, attirando l’attenzione di tutta la ciurma, pronta ad assistere un nuovo litigio.
“Detto cosa, settimo?”.
In un attimo, l’altro gli piomba addosso con un calcio che Zoro schiva, come un paio di successivi. “Che cavolo ti è preso, idiota?!”.
La gamba, ancora sollevata dopo un colpo andato a vuoto, si ricongiunge al prato e Sanji sembra calmarsi, mentre anche lo spadaccino si ricompone.
“Quella….quella…” sibila paonazzo tra il fumo “…ragazza! Si può sapere che ci faceva con te, alla baia?”.
“Solo una testa vuota come te s’intestardisce su cose tanto futili!”.
Parole che riescono solo a peggiorare la situazione.
Un secondo dopo, infatti, si ritrova le mani del cuoco strette attorno ai lembi del vestito e la sua espressione invidiosa ad un palmo dal naso.
“Non so cosa ti sia successo in questi due anni, ma sei diventato ancora più stupido! Quella rompiscatole era stata spedita a Kuraigana ed ha insistito per accompagnarmi ai Grove!” gli urla contro, suscitando una risata isterica, che ignora.
Alle spalle dell’ebete, infatti, Robin disincrocia le gambe, chiude il quaderno, tenendo il segno sull’ultima pagina con un dito, solleva il capo e lo vede.
Vede quello sguardo che indossa quando osserva un cielo stellato o legge una storia che l’affascina, lo sguardo che rivolge a Chopper davanti alla sua ingenuità o quello che lo fa avvampare, mentre il pavimento della palestra si riscopre di stoffa, lo sguardo che ha atteso due anni di mostrare.
E, anche se, alla fine, non ha capito cosa avesse fatto di male, Zoro sorride.
Il prossimo turno di guardia non sarà solo.




Angolo Autrice
Rieccomi!!! XD Allora, immagino che appena letto il titolo alcuni di voi abbiano pensato Zoro...in fondo la gelosia è un sentimento che si associa più facilmente ad un tipo sanguigno come lo spadaccino -.- Proprio per questo ho voluto provare ad 'affibiarlo' a Robin!
Tutto è nato quando mi sono chiesta: cosa avrebbe fatto (o ha fatto, non c'è dato sapere purtroppo -.-) Robin, se avesse saputo che Zoro se n'è stato 2 annetti con Perona in un'isola sperduta???? Ebbene il mio primo pensiero è stato: niente, ma un niente a cui ho cercato di dare una spiegazione...gelosia!!!! XD
Spero condividiate la mia idea e che la fic vi sia piaciuta! :D
La prossima è la H...mmm, difficile (considerando che volevo usare solo parole italiane)..mi dovrò ingeniare!!!


besos

Reik93

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Capitolo 8
*** H: Hyozo ***


 Hyozo

 
Ogni donna, per quanto avida, egoista, prepotente, diabolica, infedele, seduttrice, possiede un inguaribile lato romantico. Solo che, il più delle volte, tende a celarlo, come se sospirare davanti ad un tramonto, ammirare la neve con una tazza di cioccolata tra le mani o desiderare il principe azzurro fossero peccati che la propria natura non ammette.
Un demone, in particolare, aborra mostrare simili debolezze, e così anche in Robin persiste una piccola parte romantica nascosta dietro sguardi glaciali, sepolta da un passato che lasciava poche speranze al domani, dissimulata in sorrisi che paiono irriderla.
Ma quella piccola parte romantica è tenace, riaffiora di tanto in tanto tra le righe di un romanzo e libera la fantasia. Una tenerezza da mani abituate al metallo, un bacio di cui si possa serbare il ricordo senza ricercarne traccia sulla pelle, un semplice gesto d’affetto che sorprenda. Perché quella piccola parte romantica è capricciosa e un po’ infantile: vuole essere stupita, ma non è disposta a regalare aiuto. Da quando si conoscono, Zoro è sempre riuscito ad impressionarla in qualche modo, perciò Robin attende, paziente, il verificarsi di fatti che la ragione non sa spiegare, cercando di sopprimere la sensazione di ricolo che avverte nello scoprirsi tanto incuriosita da certe futilità. Assurdo, infatti, è pensare che Zoro si crogioli per attirare la sua attenzione, divertente immaginarlo impegnato in qualcosa di diverso dai suoi allenamenti, paradossale pensare che lo faccia per lei.
In fondo quella piccola parte romantica è egoista, non prepotente e non vorrebbe mai vedere l’uomo che ama -perché Robin lo ama, ma non lo dice- andare contro la propria natura.
E quella di Zoro è indissolubilmente legata alla battaglia.
Perciò, quando lo vede frapporsi tra lei e Hyozo, il suo cuore sussulta.
Non è sollievo, ma stupore, quello che le fa sgranare gli occhi e acuire la voce nel pronunciare il suo nome. Esce più strozzato di quanto vorrebbe, in un richiamo che lo fa leggermente voltare. Il suo sguardo incrocia quello corrucciato di Robin, nota la forma arcuata delle sopracciglia, s’incrina davanti alla strana piega delle labbra, fraintende.
In quell’espressione, anziché meraviglia, legge un dissenso che lo porta a borbottare alcune imbarazzate scuse, mentre maledice mentalmente la propria irruenza: Robin lo rimprovera spesso per questo motivo, schermando il sorriso con la mano, ma ignora quanto sia difficile per lui contenersi, specie nel tumulto di uno scontro, specie se vede la donna che ama        -perché Zoro la ama, ma non lo dice- in pericolo.
Lo stridore delle spade lo ridesta: è il nemico che cerca inutilmente di forzare il colpo.
Ghigna, preparandosi al contrattacco. Dice di considerarlo un buon allenamento e a quelle parole le labbra di Robin si ammorbidiscono, mentre la sua piccola parte romantica esulta perché è tenace, capricciosa, egoista e del tutto illogica: riconosce in un semplice gesto di protezione tra compagni molto più di quel che sembra.






Angolo Autrice
...eh! Questa è stata dura da tirar fuori! All'inizio avevo pensato ad una flash su un possibile ritorno ad Hoara (anche se non si scrive così...), ma visto che voglio mantermi sulla timeline del manga, ho preferito pensare a qualcos'altro. Mi erano venute in mente anche altre parole, tipo hobby (...ma ne stava uscendo una porcata XD) e haki (vuoto assoluto), però alla fine ho ripensato a questa scena (ah, uno dei miei momenti zorobin preferiti <3) e ho deciso di "analizzarla" da punto di vista diverso.
So che è un pò tirata, ma la lettera non aiutava >. Vi aspetto con la I, che invece suggerisce molte più parole (anche troppe in effetti!!!XD)

besos


Reik93

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Capitolo 9
*** I: Irritazione ***


 Irritazione

 

Troppo piccola.
La cucina della Sunny è semplicemente troppo piccola e i loro sguardi finiscono sempre con l’incontrarsi a metà strada tra le parole di un libro e la comodità del divano.
Si fissano schivi, quasi sorpresi, per un istante, poi uno prevale e si accende d’arguzia, suscitando nell’altro ansia e sospetto. Perché Zoro non riesce mai a scavare nella profondità di quell’azzurro e si ferma sempre alla superficie, dove un lieve vena d’ironia trova degno compagno nel sorriso che le dispiega le labbra: piccolo, insignificante e del tutto trascurabile se non appartenesse a Nico Robin.
Il braccio abbandonato ciondolante oltre lo schienale s’irrigidisce all’improvviso, facendo stridere la pelle nella sua presa, e la posizione, che fino a pochi secondi prima sembrava destinata a cullarlo nel sonno, diventa inspiegabilmente scomoda. Perciò comincia a muoversi per ammorbidire il cuscino e stende le gambe con tanta energia da lasciare due segni scuri sulle assi piallate del pavimento. Ma questo non basta per scrollargli di dosso quell’inquietudine che aumenta quando vede l’angolo della sua bocca accentuare la curvatura, prontamente nascosta da una mano, con la quale prende a tormentarsi le labbra. Sembra assorta nella lettura eppure qualcosa nella sua espressione suggerisce a Zoro il contrario, fomentandone la bile.
Le tempie cominciano a pulsargli, l’addome si contrae, la lingua brucia a vuoto e nel momento in cui avverte il suono soffocato di un risolio scatta in piedi, raggiungendo ad ampie falcate il tavolo dove punta imperioso i pugni. “Che c’è?”.
Le sopracciglia di Robin s’inarcano di sorpresa davanti al cipiglio contrariato dello spadaccino. La cicatrice si accartoccia su se stessa e l’occhio sano sembra scomparire tanto la sua fronte è aggrottata, ma lei non se ne fa impressionare e torna incurante al suo libro, mormorando innocente: “Niente”.
Se solo ci fosse Nami al suo posto, o qualsiasi altro membro della ciurma, sarebbero già volati paroloni e grida ingiuriose, ma con Robin dare sfogo alle imprecazioni che gli sobillano in gola è quasi impossibile; per questo, inarrendevole, si lascia sfuggire solo un borbottio seccato.
“Sei irritante, donna!”.
Il commento pare scuoterla dall’algidità composta che la caratterizza, perché silenziosa si alza, imitandolo e sporgendosi verso di lui, che trema impercettibilmente nel vedere quel riso -che tanto lo aveva infastidito- scomparire. Forse l’ha offesa e, mentre il suo cervello cerca di elaborare una qualche forma di scusa, lei si china maggiormente, arrivando a sfioragli la guancia con la propria. “Sarà…” soffia suadente, scaldandogli il lobo. “…ma tu sei buffo”.
Buffo?! Si scosta di scatto per tornare ad inchiodarla con un sguardo feroce…o meglio, ci prova. Robin, infatti, è più rapida.
Con una mano gli blocca la nuca, facendolo trasalire impreparato a quell’improvviso mutamento di distanza e situazione. E quando le sue labbra gli s’imprimono sulla mandibola, la testa di Zoro si svuota. Non ci sono più le parole furenti di qualche istante fa, né gli insulti che faticava a contenere. Solo un pensiero.
Se qualcuno entrasse ora in cucina…
Una scia di morbide carezze s’infrange sull’angolo della bocca schiusa in respiri frettolosi e spezzati.
Se qualcuno entrasse…dove?
Le dita tra i capelli addolciscono la presa e scivolano lungo il collo, insinuandosi sotto la stoffa della blusa.
Se…se…qualcuno…ma chi?
Una sensazione ben diversa dalla precedente gli arroventa l’addome, sprigionando brividi che fanno vacillare la sua fermezza e…
“…e poi sei sporco di cioccolato proprio qui!”.
La voce cristallina di Robin lo ridesta giusto in tempo per rendersi conto che la nakama si erge in piedi -lontana ormai diverse spanne- e lo fissa divertita, picchiettandosi il naso.

Mi correggo…sei dannatamente irritante, donna!







Angolo Autrice
E rieccomi!!!! Mi spiace avervi fatto aspettare, ma ho approffittato di un'occasione e sono andata a farmi una doppia vacanza: Kos, Vienna, Budapest e Praga! ^^
Ah! Ci voleva! Ora mi sento ricaricata e pronta a continuare la raccolta...siamo alla L! Cavolo...ho una decina di idee in mente per questa lettera..uff! mi sa che dovrò scegliere...magari senza metterci un'eternità!
Bene...anche per oggi è tutto! Vi auguro di aver trascorso o di trascorrere belle vacanze!


besos

Reik93

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Capitolo 10
*** L: Legge ***


Legge



 
Dopo aver trascorso quasi un mese in mare aperto, alla pace, che di solito infonde la vista dell’infinito azzurro in cui si è immersi, subentra una certa inquietudine, perché l’infinito sembra non cessare mai e il senso d’ignoto suggerito dalla nebbiolina che si leva all’orizzonte impaurisce anziché eccitare.
Per questo i marinai accolgono sempre con sollievo l’annuncio del compagno, che dalla coffa grida a squarciagola: “Terra!”, lo stesso sollievo che avevano provato i Mugiwara affondando i piedi nella sabbia dorata di quell’isola.
E c’erano state risate, scherzi, vivaci scambi di battute, figli di un entusiasmo che si era lasciato le incertezze alle spalle, ma destinato a scemare piuttosto in fretta.
'Vietato pescare il lunedì, il giovedì e nei giorni festivi'.
I caratteri cubitali giganteggiavano in un pannello infisso al molo, ma non vi avevano dato peso. All’inizio.
Era stato avvicinandosi al gruppo di casupole bianche, ben visibili dalla costa, che lo scetticismo si era lentamente insinuato tra loro -in che razza di cittadina non si possono coltivare fiori al di fuori dell’area comunitaria?!- sfociando nella scenata con cui, suo malgrado, Sanji era stato costretto ad abbandonare le sue adorate dee per tornare, furibondo, alla Sunny. Appena giunti al portale, infatti, un cartello bianco ammoniva gli stranieri: 'Vietato fumare nei luoghi pubblici, all’aperto e nelle zone non opportunamente contrassegnate'.
Seguiva una piantina dalla quale si evinceva che le zone sopracitate si trovavano tutte in periferia.
Così, osservandolo andarsene, infervorato dalle parole schernitrici di Zoro, che non aveva mancato di fargli notare quanto quel suo vizio fosse idiota, si erano inoltrati tra le vie di quello strano villaggio, dove l’immediata impressione era stata che la compostezza e l’ottemperanza dei suoi abitanti risultasse piuttosto fasulla, o meglio innaturale.
 
“CHE COSA?!?!”.
L’urlo, quasi angosciante, di Zoro attira l’attenzione di alcuni passanti, suscitandone indignati borbottii, e quella di una vecchietta dalla schiena ricurva, seduta sotto al portico, che lo rimprovera con un voce aspra e stridula. “Ragazzo! Non sai che gli schiamazzi sono vietati in città?”.
L’incarnato bronzeo dello spadaccino riacquista il colore perduto davanti alla sconcertante scoperta. “E questo…questo che significa?!” ringhia, sbattendo, violento, una mano sulla targa appesa alla porta della locanda, che cigola un poco.
“Non sai leggere?” lo canzona, sottolineando con la punta del proprio bastone la scritta. 'Vietato servire alcolici prima delle 21:00 e dopo mezzanotte'.
“E chi ha sete che dovrebbe fare intanto?”.
“Abbiamo dell’acqua di fonte buonissima, giovanotto!”.
Scuote la testa, aborrendo l’idea, e le sue labbra si piegano in un ghigno minaccioso quanto lo sguardo che le rivolge. “Senti nonna, io n-”.
È solo il tempestivo intervento di Robin ad impedirgli di concludere la frase come vorrebbe, con qualche imprecazione sicuramente malvista dal buoncostume del luogo.
Non era stato difficile immaginare che i clienti, sdegnati, entrati nella merceria dove lei e Nami stavano facendo compere, stessero parlando dello spadaccino, quando avevano alluso “..ad un tipo irascibile e maleducato che aveva osato contestare le usanze del villaggio”. Perciò, abbandonata la stoffa damascata che stava ammirando con la compagna prima che questa si proponesse di cercare un camuffamento adatto per Chopper -considerato che gli animali, domestici e non, devono essere tenuti a guinzaglio, si era diretta alla locanda, provando una sorta di rassegnata soddisfazione nello scoprire che non si sbagliava.
“Signora, lo scusi”.
Entrambi si voltano. E se sul viso di Zoro compare un rossore sospetto, in quello rugoso dell’anziana, dopo un’iniziale compiacimento per le buone maniere dimostrate dalla nuova arrivata, si fa strada una stizza che rivela una bocca quasi del tutto sdentata.
“Signorina!” tuona imperiosa “Le sembra questo il modo di vestirsi!”.
Il rassicurante e gentile sorriso sfoggiato fino a qualche secondo prima dall’archeologa muore all’istante, succube di un’espressione d’innocente perplessità.
“L’orlo del suo abito non raggiunge nemmeno il ginocchio e quella scollatura…solo le donnac-”. Si blocca nell’accorgersi che il suo linguaggio sarebbe indecoroso.
“Beh, diciamo che le signorine per bene non vanno in giro agghindate in questa maniera”.
Robin aggrotta la fronte stupita, non offesa, e una strana luce le attraversa gli occhi, puntati in quelli irreprensibili della vecchietta, che nonostante l’altezza ridotta dall’età riesce a tenerle testa. “In questo villaggio vige una ferrea moralità che nessuno osa trasgredire. Siamo gente onesta e rispettosa, noi! Con rigide etiche di comportamento”.
Quasi ad averne conferma, Zoro scorge alcune donne ferme sul ciglio, nei loro abiti castigati lunghi fino alle caviglie, incuriosite e allo stesso tempo infastidite dall’inosservanza cui stanno assistendo: inclinano il capo e squadrano Robin dalla testa ai piedi, lanciandole sguardi di sufficienza e chissà quali commenti viperini. I mariti al loro fianco, invece, non paiono altrettanto convinti dei loro principi: denegano la testa e approvano con lo sguardo.
Davanti ad un attonito spadaccino, Robin, anziché ribattere, compie un mezzo inchino e sospira. “Ci perdoni. Siamo appena sbarcati e non conosciamo le…usanze della vostra bella cittadina”.
“Che…???”. Zoro sembra strozzarsi col suo stesso respiro tant’è la rabbia che gli preme in gola. “Senti vecchiaccia, io voglio del rum! E non intendo aspettare fino a stasera!”.
Il tono minaccioso, enfatizzato dal dito che le punta ripetutamente contro, ottiene un effetto, ma non quello sperato. La donna, infatti, si aggiusta lo scialle ed assottiglia i suoi due minuscoli occhietti, neri ed acquosi. “Allora dovrò chiamare le autorità!”.
Robin, avendo ormai capito che i costumi del paese mal si sposano con la libertà agognata dai pirati -quella libertà che li erge al di sopra di ogni regola-, provvede a sedare lo spirito irrequieto del compagno, convincendolo a cercare ristoro altrove.
E mentre si allontanano, la vecchietta rimane ad osservarli sospettosa.
Nota la smorfia di pura contrarietà compare sul volto livido di lui, che indirizza alla compagna parole irripetibili, vede lei tentare di calmarlo, riuscendoci a fatica, legge nei loro gesti qualcosa di troppo intimo, perché, nonostante la veneranda età, la sua vista funziona benissimo. Talmente bene che -può giurarlo- la distanza tra i due diminuisce e dei cinque passi che li separavano ne rimangono, ora, tre.
Poi due.
Poi le mani arrivano a sfiorarsi, sulle labbra risorge, timido, un sorriso e…
Scambiarsi effusioni in pubblico è contro la legge!”.









Angolo Autrice
Beh! Di questa non so che dire, in realtà...solo che non riuscivo a dormire e mi è 'apparsa' questa scena...così ho deciso si scriverla subito prima di dimenticarmene...XD
Che dite? Un'isola piena di leggi rigide e assurde...proprio un posto adatto a Zoro! O__o ehhhhh....per fortuna c'è Robin!! ^^
Appuntamento alla prossima lettera...la M! Non mancate!

besos


Reik93

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Capitolo 11
*** M: Materasso ***


Materasso
 

Quando Robin si chiude la porta della camera alle spalle, rimane interdetta, con la mano ancora abbassata sulla maniglia, nel trovare Zoro fermo davanti al letto.
Non è tanto la presenza dello spadaccino a sorprenderla, quanto l’espressione corrucciata con cui osserva insistentemente l’elegante matrimoniale addossato ad una delle pareti: le labbra arcuate in una smorfia contrariata, le braccia strette con ferocia al petto, uno sguardo nervoso seminascosto dall’aggrottamento della fronte.
Allo scatto della serratura, la sua voce seccata rimbomba nella stanza.
“Che…che cos’è questo?”.
Sbigottita, Robin si prende qualche secondo prima di parlare, ma nessuna riflessione riesce a cambiare l’ovvietà della sua risposta. “Un letto”.
“Lo vedo!” rimbrotta lui, offeso, accostandosi al bordo ed posando -in quella che sembra una scelta sofferta- una mano sulle coperte color glicine. Lentamente sale verso la testiera, seguendo la piega delle lenzuola fino all’orlatura fiorita che sbuca da sotto i cuscini e che si stropiccia contro il suo pugno, quando Zoro la solleva di scatto, quasi si aspettasse di vederci sbucare qualcuno, rivelando una superficie altrettanto candida. La sua presa, allora, si allenta e le coperte ricadono alla rinfusa sul pavimento, ormai sgualcite, mentre torna a tastare il materasso, affondandoci, una per una, le dita.
Convinto dell’effettiva concretezza del letto e della sua tenuta, vi si getta sopra di peso, ignorando lo stridore delle sponde contro le assi ed il trasalimento di Robin che occhieggia preoccupata alla porta.
“È comodo…” sospira, affondando la nuca nel materasso ed occupandolo nella sua interezza.
“Detto da uno che dorme anche per terra…”.
“I nostri non sono così”.
Robin avverte un vago risentimento nel tono che gli impregna la bocca prima che questa si spalanchi in un sonoro sbadiglio e sorride di quell’infantile gelosia, stando bene attenta a non stuzzicare il sensibile udito del compagno.
“Franky deve aver pensato che noi ragazze meritavamo un ambiente più confortevole”.
Con la coda dell’occhio segue la reazione di Zoro che si limita ad arcuare le labbra, scoprendo un poco i denti per lasciarsi sfuggire uno sbuffo scocciato, segno di quanto ritenga inutile la conversazione.
Un secondo sbadiglio la spinge ad avvicinarsi.
In silenzio si sfila la vestaglia, l’appoggia su una poltrona e si ritaglia uno spazio nel letto ormai conquistato dallo spadaccino che allarga le braccia quasi a voler rimarcarne il possesso e l’indisponibilità a condividerlo.
Robin, allora, affonda le ginocchia sul bordo, si china verso il compagno, abbracciando la testiera, e ne osserva i lineamenti: le palpebre serrate, le narici dilatate da profondi respiri, l’apatia di chi è vittima del sonno. Perché, nonostante avverta la sua vicinanza -il profumo più dolce dell’odore di bucato e un solletichino all’orecchio dove i suoi capelli giungono a sfiorarlo-, Zoro tace, apparentemente disinteressato alla compagnia.
Robin tuttavia non si esaspera per la scarsa considerazione né si offende; sa, infatti, che, per vincerne l’indolenza, bastano poche e misurate parole.
“Non era questo che intendevo con ‘…sfruttare al meglio il turno di guardia di Nami…’ ”.
La sua voce è un sussurro capriccioso quanto il broncio che le arriccia le labbra in un’espressione fintamente delusa, ma riesce comunque a rubare un ghigno dal quel viso di pietra.
È un attimo.
Con un movimento fulmineo, Zoro la costringe sotto di sé, imprimendole la schiena sull’imbottitura.
Le reti cigolano rumorosamente e coprono l’amaro sussulto che le spezza il respiro, mentre lui si premura di inchiodarle i polsi lungo il bordo, assottigliato dalla sua presa ferrea, e le blocca il bacino tra le gambe, schiacciandola ancor di più col suo peso.
“Morbido…” commenta, un guizzo malizioso ad illuminargli lo sguardo puntato su quello acceso dell’archeologa, che rilassa i muscoli, tesi per quel repentino cambio di posizione, imitandone il ghigno trionfante.
Kenshi-san, stai ancora parlando del materasso?”.





Angolo Autrice
Salveeeeee! ^^
Ammetto...questo capitolo mi ha messo inaspettatamente in crisi! Voglio dire: avevo già tutto pronto (parola, idea, perfino qualche riga buttata giù!) e invece...niente! Non riuscivo a scrivere una sola parola decente, quindi dovrete accontentarvi di questo capitoletto semi-lemon diciamo^^
In fondo mi sono sempre chiesta se i ragazzi siano mai entrati nella camera di Nami e Robin e, visto che non credo (Nami li avrebbe ammazzati, temo O__o), ho immaginato una possibile reazione di Zoro...oggettivamente la camera delle ragazze è più figa di quella dei maschietti, no???
Bene, sperando che vi possa piacere questo piccolo aborto mentale, vi aspetto con la N (questa c'è l'ho in mente da un sacco e vi anticipo che è ambientata a Punk Hazard XD)!!!
Non mancate!

besos

ps. Considerato che siamo a metà raccolta, mi sembra doveroso RINGRAZIARE tutti coloro che hanno messo la fic tra le preferite, le ricordate e/o le seguite (perdonate ma sono pigra e non sto lì a controllare tutti i nomi -.-).
E un ringraziamento particolare va a chi mi recensisce, appoggiandomi in questa mia piccola pazzia: grazie, vi adoro!!!!!


Reik93

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Capitolo 12
*** N: Neve ***


Neve
 
Il freddo s’insinua tra le pieghe del cappotto, sotto la pelle, dentro le ossa che minacciano di spezzarsi ad ogni minima mossa. Anche un semplice respiro costa fatica: l’aria pungente brucia le narici e secca la gola, regalando una spiacevole sensazione di soffocamento.
Tashigi avvicina al volto la ciotola fumante che stringe tra le dite anchilosate e subito un lieve tepore le arrossa le guance.
La zuppa è calda ed ha un profumo invitante. Anche il sapore non è male, ma, quando le sue labbra si schiudono sul bordo, non riesce a sopprimere un tremolio che le fa versare un goccio di minestra a terra, dove il ghiaccio si scioglie in un cerchio irregolare.
Troppo, davvero troppo da sopportare: salvati dai pirati e sfamati dall’abilità del loro cuoco!
Orgogliosa della propria divisa, vessillo di giustizia, è duro, vergognoso, quasi umiliante per lei, infatti, ammettere che senza il loro aiuto la percentuale di sopravvivenza sua e dei suoi uomini sarebbe stata drasticamente vicina allo zero.
Gli occhi le si inumidiscono di rabbia al pensiero, la frustrazione prende voce in un singhiozzo che le impedisce di inghiottire il boccone, la mano impugna la neve che si adatta al suo palmo. Nonostante la vista sfocata scorge perfettamente lo spettacolo che ha di fronte: i suoi uomini festeggiano allegramente con chi, normalmente, avrebbero massacrato, si complimentano per l’ottima cucina, sghignazzano dietro la navigatrice, brindano con lo spadaccino. È proprio lui a catalizzare la sua attenzione.
Fa cozzare il boccale traboccante di schiuma con quello dei marines e ride ad alcune battute, rese divertenti dall’ebbrezza.
Una serie di brividi le percorre la schiena, ma l’ultimo, tanto incisivo da spingerla ad abbracciarsi le spalle, non è frutto del gelo né della neve ormai sciolta che le impregna l’orlo del cappotto. A causarlo è stato il ricordo della sua espressione durante il combattimento: lo sguardo attraversato da un barlume di follia, la bocca deformata da un ghigno diabolico, l’eccitazione della sua voce prima di scagliare il fendente.
Rabbrividisce di nuovo, Tashigi.
Roronoa Zoro è davvero cambiato nei due anni di silenzio che sembravano testimoniare la fine della ciurma più sgangherata ed imprevedibile dei mari. Più veloce di quanto rammentasse, più controllato, più spietato.
Deve riconoscere di averlo ammirato -come spaccino, non come pirata-, in passato; ma ora…
Ora teme che quelle due realtà si siano fuse e che il suo spirito si sia alleggerito degli scrupoli per cui un tempo si era testardamente rifiutato di combattere contro di lei, scrupoli che ha dimostrato di non possedere più falciando in due nette metà l’arpia.
E si sente già sconfitta prima ancora di sfidarlo, perché ha capito di non possedere la sua stessa, feroce, determinazione. Gliela invidia, ma ignora da dove essa provenga, cosa la nutra, in che modo si rafforzi.
Quasi nella speranza di carpirne i segreti, prede ad osservarlo.
Sembra sereno e non rifiuta le braccia che gli si gettano al collo invitandolo a bere ancora.
D’un tratto, però, la linea delle sue labbra si appiattisce e un’ombra scura scende sul suo viso, mentre, puntando i gomiti a terra, si alza, dirigendosi poi verso due bambini, che stanno chiacchierando amabilmente alle sue spalle. Si ferma proprio di fronte a loro.
Parla, ma Tashigi non riesce ad udire nulla, se non l’ululare del vento. Tuttavia intuisce che si tratti di qualcosa di grave, perché il sorriso dei piccoli si spegne ed entrambi si voltano, addolorati: dev’esserci una quarta persona, seduta tra loro e nascosta dalla mole di Zoro.
La marine si sporge incuriosita, raddrizzandosi gli occhiali e sforzando la vista fino a mettere a fuoco due gambe, fasciate in un soprabito maculato, che sbucano tra quelle del pirata. Quando Zoro si scosta, affondando traballante nella neve, la misteriosa identità del suo interlocutore viene finalmente rivelata. È quella donna, Nico Robin, ma anche lei sembra molto cambiata.
Non c’è più traccia della crudele criminale che l’aveva umiliata ad Alabastra.
I suoi occhi vagano incerti sullo strato bianco che ha sotto i piedi per poi tornare a posarsi sul compagno, apparentemente incapaci di scoccare altre occhiate colme di disprezzo come quelle che l’avevano inchiodata al suolo del deserto. Aggrotta la fronte e scuote la testa davanti all’insistenza (?) di Zoro, anche se, in realtà, lo spadaccino non sembra intenzionato a far prevalere le proprie ragioni, ma ha l’aria colpevole di chi vuole scusarsi.
Lo vede borbottare ancora e rivolgere una smorfia alla montagna alla sottile risata della nakama.
Non è un ghigno arrogante o sinistro, bensì un sorriso che - Tashigi stessa fatica a crederci- scalda il cuore. E non solo quello, considerato l’acceso colore che assume il viso di Zoro, mentre urla a gran voce il nome di un compagno.
Chopper. Lo sente chiaramente stavolta. Infatti, pochi secondi dopo, quella specie di procione parlante zappetta tra loro, sollevando una miriade di fiocchi, che volteggiano nell’aria e si sciolgono sui vestiti.
I suoi occhi, vispi e spensierati, si fanno subito enormi, quando Zoro riprende la predica, indicando caparbiamente Nico Robin, in palese disagio. Comincia ad agitarsi, a rimproverare se stesso, a correre da una parte all’altra in cerca del suo zaino, a mutare grandezza apparentemente senza motivo.
Tashigi nota che arriccia il muso in una pessima imitazione di un’espressione minacciosa, tuttavia la compagna si arrende e, mentre un sospiro le sfila tra le labbra in una nuvola di vapore, prende a slacciarsi i primi bottoni del cappotto, scoprendo, infine, la spalla. È coperta di sangue raffermo.
Nonostante lo sguardo più rassicurante di cui è capace, l’archeologa non riesce a far desistere il dottore, che si mette subito all’opera: passa delicatamente una garza imbevuta di disinfettante sulla ferita, ripulendola con cura per poi studiarne la gravità.
Non sembra nulla di serio, anche se, nel momento in cui il tampone sfiora la carne lacerata, Robin emette un sussulto e inclina la testa, nascondendo l’involontaria smorfia di dolore che le ha fatto contrarre le labbra e serrare le palpebre.
Ciò che, però, attira maggiormente l’attenzione della marine, è, ancora una volta, l’atteggiamento di Roronoa.
Appena si accorge di quell’espressione sofferente, infatti, serra la mascella ed espira affannosamente, col petto che, sfidando il freddo, si alza e abbassa frenetico un paio di volte, prima ti calmarsi, a medicazione conclusa.
Tashigi si chiede perché mai lo spadaccino appaia tanto in ansia e, mentre il dottore si allontana, ottiene la sua imprevedibile, sconcertante risposta.
Passando accanto alla donna, Zoro le sfiora, quasi casualmente, il triangolo di pelle bianca che il bavero del cappotto, abbassato, più non protegge.
È solo un momento, dura pochi secondi. La mano si ritrae, i capelli tornano a coprire il collo, alcuni fiocchi di neve si mimetizzano al suolo.
Osserva i suoi sottoposti e i pirati, non sembrano aver notato quel singolo, innocente gesto e continuano, ignari, a banchettare, ma lei si e non può credere a quanto i suoi occhi hanno visto, anche se non ha modo di essere certa che sia realmente accaduto, perché, quando torna a fissarli, lo spadaccino è già lontano.
È stato un attimo, appunto. Un semplice istante destinato a non ripetersi, come la neve che, quando si scioglie, non lascia tracce.
Nonostante questo, Tashigi nutre una certa inquietudine, una colpa che solo i sacrileghi conoscono, perché sente di aver violato qualcosa di sacro con la sua curiosità, l’intimità che unisce due persone: un segreto che non doveva essere profanato da sguardi indiscreti.
All’improvviso la voce di Smoker la ridesta: è ora di salpare.
Impacciata si rialza, lanciando un’ultima occhiata a Nico Robin, le cui guance hanno assunto un pallido rossore, e come la terra, ingrossata dal ghiaccio, sopporta il peso della sua scoperta: se quella è la sua forza, il suo sogno di battere
Roronoa Zoro rimarrà irrealizzabile.





Angolo Autrice
Ciao a tutti! come avevo premesso, ecco una flash (più one shot che flash in effetti...-.-) ambientata a Punk Hazard! ^^
Beh che dire....l'aggressione di Monet a Robin è uno dei miei momenti preferiti della saga, specie per quel che ne consegue...(eh, ognuno è libero di interpretarlo come vuole..no?)...e quindi non volevo perdere l'ooportunità di scriverci sopra qualcosa. Ora:la shot non è esattamente come avrei voluto che fosse, ma sono impegnata in un altro lavoruccio (sempre su One Piece..of course! sempre su Zoro e Robin? ...Maybe...^^) che mi sta risucchiando tempo ed ispirazione...spero comunque che vi sia piaciuta! come sempre alla prossima....già la "O"?!?!?!?!! o___O

besos


Reik93
 

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Capitolo 13
*** O: Osservazione ***


Osservazione

Ad ogni passo, le scarpe, perfettamente lucide, gli si ricoprono di polvere e terra, tanto calca il piede sullo sterrato, e la sigaretta rotea da un angolo all'altro della bocca, seminando cenere sulla giacca scura, che poi dovrà spazzolare.
Ma a Sanji sembra importare poco o niente del proprio aspetto.
Ciò che gli preme al momento, infatti, è attraversare il più velocemente possibile quel quartiere e, se possibile, farlo senza attirare troppi sguardi.
Impresa assai ardua, considerato che davanti a lui c'è una renna parlante, che continua a voltarsi e a chiedergli spiegazioni.
Un sonoro sbuffo gli perfora le labbra ed il fumo disegna in aria una diagonale perfetta, quasi uscisse da un bollitore a massima temperatura, quando, superata l'ennesima casa a tre piani con altrettante file di finestre, bordate da tende tutte pizzi e merletti, eloquenti rumori si riversano per strada.
I denti stridono sotto la forza con cui serra le mascelle, mietendo una vittima. Il mozzicone, cade a terra, falciato in due, costringendolo a cercare un nuovo sfogo, che gli svuota il pacchetto, mentre le borse della spesa, ciondolanti ai suoi fianchi, gli intralciano la camminata, facendolo imprecare contro di sé e contro il compagno che, ignaro, lo precede.
Quando Chopper gli aveva proposto di prendere una scorciatoia per raggiungere il porto, il cuoco certo non poteva immaginare che tale scorciatoia consistesse nel varcare il sobborgo peggiore dell’isola, evitato dai benpensanti e noto a tutti come 'La via dell’amore', secondo i consunti cartelli, color rosso sbiadito, che si leggevano qui e là!
Gemiti poco contenuti rimbalzano da un edificio all’altro, affievolendosi via via in appagati sospiri che aggravano la già compromessa pazienza di Sanji.
Livido in volto, il cuoco continua a lanciare silenziose maledizioni al cielo, accompagnate da occhiate cariche d’irritazione e vergogna finché, tornando a puntare gli occhi sulla via, non incrocia quelli aggrottati di Chopper, fermo e con le orecchie rizzate.
Teme, per un momento, di dover ripetere -cosa fatta, con estrema fatica, negli ultimi dieci minuti- che non c’è nulla di cui preoccuparsi, che quei versi non provengono da malati agonizzanti e, soprattutto, che non deve bussare alle porte per offrire il proprio aiuto!
“Sanji…” azzarda il dottore, squadrando preoccupato il compagno, che sembra ormai sull’orlo di una crisi, e la vena pulsante sulla sua fronte. “…credo che tu abbia ragione. In fondo anche stanotte ho sentito gli stessi rumori. Venivano dalla guardiola; sono sicuro che fosse Zoro…ed oggi sta benissimo!”.
E riprende a trotterellare, lasciandolo basito. Quel marimo di…!
Una volta rientrati sulla Sunny, l’umore del cuoco s’inacidisce alla vista dello spadaccino, che sonnecchia bellamente spaparanzato sul divano della cucina. “Neh, marimo!”.
L’altro non si scompone, costringendolo a ricorrere a maniere forti e più efficaci. Infatti, con un calcio preciso, assestatogli sulla nuca, Zoro si rianima. “Che diavolo…?! Sei impazzito?!”.
Lo sguardo di Sanji è cupo e irato, mentre si sfila la sigaretta tra le labbra, soffiando il fumo ed aggiustandosi il cravattino. Lo guarda come si guarda un cane rabbioso e, proprio quando Usopp, incuriosito dalle grida, spalanca la porta, gli aggancia il collo, stritolandolo.
“E così ti porti compagnia durante il tuo turno di vedetta, eh?!”.
Il tono irriverente è spiacevole da udire a causa della risatina isterica che ricama le sue parole e termina con lo strozzato lamento di Zoro, piegato in due da una serie di amichevoli gomitate allo stomaco.
“Ti sei completamente ammattito allora!” replica, strattonandolo per il colletto e ricambiando la sua occhiata di fuoco, mentre il cecchino assiste impotente e rassegnato alla scena. Dal rapido scambio di battute - “Continui a negare, eh?”. “Ma se non so neanche di cosa stai parlando, stupido cuoco!”. “Testa quadra! Come osi portare altre donne sulla nave?”- intuisce vagamente quale sia il problema, trovandolo ridicolo.
Poi, però, riflette. Conta i giorni trascorsi dal suo ultimo turno ed inarca un sopracciglio: qualcosa non torna.
Si avvicina, allora, alla parete, dove, in un foglio svolazzante, sono accuratamente annotati i compiti di ciascuno e lo scorre con lo sguardo, inceppandosi sulla data incriminata.
“Ehm, ragazzi…” li richiama, massaggiandosi il mento con due dita alla ricerca delle giuste parole per esplicare la sua piccola, innocente osservazione.
“…ieri di guardia c’era Robin…”.




Angolo Autrice
Salve!!!! Sono di nuovo qui con una cosuccia vagamente (ma...molto molto molto vagamente) lemon...^^
Prima o poi tornerò a scrivere qualcosa di serio, intanto la mia ispirazione offre questo XD
Nulla da aggiungere, quindi vi saluto! Buon week-end!
Ci vediamo prossimamente (quando?...ah, boh -.-) con la...P di Porca miseria cosa m'invento??????


besos

Reik93

 

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Capitolo 14
*** P: Passato ***


Passato
 
 
Non era stato un patto formale, il loro.
Si erano semplicemente guardati negli occhi, un giorno, decidendo che se c’era qualcosa d'importante -di davvero importante- da sapere sull'altro, il tempo lo avrebbe rivelato, senza fretta.
Il passato gravava ancora sulle loro coscienze, ma erano due persone diverse da allora, per questo rivangare i dolorosi episodi che li avevano condotti su quella nave sembrava un passo del tutto trascurabile. La loro vita era iniziata stringendo tra le dita una scaletta di corda.
E l'illusione di non avere una storia alle spalle aveva funzionato, anche dopo Enies Lobby, anche quando la curiosità di Robin aveva richiesto, prepotente, delle risposte, appagate puntualmente dalla sua fonte d'informazioni più fidata: Usopp.
Zoro, avendo provato sulla propria pelle l'innata abilità della compagna nel manipolare ed eludere le reticenze di un uomo e sapendo della scarsa propensione del cecchino a tenere la bocca chiusa, non gliene aveva fatto certo una colpa. Anzi, gli era grato per averlo sollevato dal peso di dover rievocare l’onta di una sconfitta che il suo petto, dove la cicatrice, ad ogni respiro, si allargava come monito alla sua scellerata e giovanile presunzione, gli ricordava quotidianamente.
Su quella base, l’inesistenza di un prima, avevano costruito un equilibrio perfetto.
Poi, però, erano arrivate le rivelazioni ambigue, ovvero quelle frasi che Robin si lasciava scappare, di tanto in tanto.
Quei “Anni fa, a bordo di un mercantile…” quando Chopper la guardava con ammirazione, interrogandola sull’origine delle sue svariate conoscenze, oppure “Sono stata in un posto simile con la vecchia ciurma di cui facevo parte…” e nessuno osava approfondire la sua scarna e frettolosa spiegazione, neanche lui.
Ed ecco, tra le tante, spuntare un’affermazione capace di far vacillare del tutto la sua pazienza -dote, peraltro scarsa, che, fino a quel momento, ignorava di possedere:“Con un mio capitano…”.
Fuori contesto, quelle parole aprirono a Zoro sconfinate possibilità d’interpretazione, che si ridussero notevolmente nell’udire la risata civettuola di Nami porre fine al fitto scambio di battute -‘cose da femmine’ come era solito bollarle con i suoi compagni- tra lei e Robin.
Rimase interdetto ad osservarle, cercando di comprendere i motivi dell’improvviso buon umore che aveva contagiato entrambe, ma finì solo con lo sbattere addosso ad una serie di sorrisi complici, ricchi di un significato a lui precluso. Ed un fastidioso sfarfallio cominciò a pesargli sullo stomaco, rendendolo incomprensibilmente nervoso ed avventato.
Fu con impulsività, infatti, che, quando la navigatrice sparì dietro la porta della propria camera, glielo chiese. “Chi era?”.
Robin non rispose, se non dopo un paio di secondi che le servirono per assicurarsi di essere lei l’effettivo destinatario della domanda. “Nessuno d’importante…”.
Certo, Zoro non poteva dire di non essersi aspettato un simile troncamento della propria iniziativa, quindi non demorse, spinto da una sconosciuta sete di conoscenza, la curiosità. “Però te lo ricordi…”.
Il commento si perse in un alito d’aria, frantumandosi contro le pagine del giornale che Robin stava sfogliando e che le copriva il volto, rendendo impossibile per lo spadaccino capire se il suo atteggiamento la stesse infastidendo o meno. Continuò ad ungere il filo della katana, lanciando fugaci occhiate in sua direzione, finché non incontrò i suoi occhi.
Al solito erano impassibili e privi di una qualche particolare inclinazione emotiva, anche se il sopracciglio marcatamente inarcato gli fece intendere che Robin trovasse alquanto strana quella sua improvvisa loquacità.
“Difficile dimenticare per chi ha un passato come il mio…ma credevo non t’importasse”.
Touché. Zoro si morse la lingua, infierendo poi sull’interno della bocca per cercare una spiegazione plausibile, che, tuttavia, non trovò.
“Infatti!” replicò con tono offeso, sostenendo il suo sguardo giudice: bugiardo, bugiardo, bugiardo, sembrava dirgli. Finse di non darvi peso e, alzate un paio di volte le spalle, tornò a concentrarsi sul proprio lavoro, borbottando quelle che, nel suo personalissimo linguaggio, dovevano essere delle scuse. “Era…così!”.
Invece non era per niente così; se ne accorse anche Robin. “Cosa vuoi sapere esattamente?”.
La spiò sottecchi, avvertendo, nella sua spontanea predisposizione a parlare, l’ombra di uno di quei trucchetti con cui riusciva sempre a metterlo in difficoltà, anche se la situazione iniziale era a lui favorevole, ma, a parte il sorrisetto obliquo che copriva con il palmo della mano su cui posava il mento, non notò nessun segno di ‘pericolo’.
“Niente…” insistette, temendo di apparirle infantile, esprimendo a parole ciò che realmente gli rodeva il fegato: insomma Robin era una donna adulta! E, come tale, non doveva giustificare a nessuno le proprie esperienze.
“Sicuro?” lo rincarò, quasi delusa. “Un nome o magari…un numero…”.
Zoro sentì il sangue ribollirgli, l’aria diventare d’un tratto rarefatta, l’addome contorcersi preda di un fastidioso formicolio e, senza poterla combattere, palesò la vera natura dei suoi pensieri, assumendo un colorito che comprendeva varie sfumature di rosso. Incapace di ribattere, rimase a fissarla boccheggiante per alcuni secondi, mentre lei soffocava una risata per nulla risentita.
“Sul mio passato, voglio che una cosa tu la sappia…”. La sua voce tornò seria e pacata. “…mi ha insegnato ad aspettare…”.
Vincendo la vergogna, aggrottò la fronte, ben poco convinto. “A-ad aspettare?”.
Lei annuì, enigmatica, alzandosi e piegando la sdraio, prima di avvicinarsi alla porta della camera, senza tuttavia entrare.
Con una mano già protesa ad abbassare la maniglia, si voltò verso di lui, rispondendo a quell’ulteriore domanda che. un po’ per imbarazzo, un po’ orgoglio, si era tenuto per sé.
…uno come te”.










Angolo Autrice
Hola!!! ^^ Finalmente direte voi...(beh, almeno lo spero...-.-'')...eh, che volete farci! Non riuscivo a trovare nessuna parola che mi convincesse e ne ho pensate eh! Petali, piedi, parola, passi, puntura....certo "Passato" era poi la più facile da abbinare ai due (specie a Robin) ma a me le cose facili non piacciono...devo arrivarci dopo un lungo e tortuoso cammino...solo così sono soddisfatta O__o
Nient'altro da segnalare...quindi appuntamento alla prossima con la Q di Quasimodo (scherzo, però....se riesco a scrivere qualcosa di coerente che centra con Quasimodo, voglio un premio!!!!XD)

GRAZIE A TUTTI COLORO CHE MI SEGUONO!

besos


Reik93

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Capitolo 15
*** Q: Quadrifoglio ***


Quadrifoglio
 
 
La barca, attraccata al molo, mossa dall’acqua, crea piccole increspature che s’infrangono sulla riva rocciosa, ma lo sguardo di Zoro è lontano, si perde sulla linea chiara dell’orizzonte, mentre allenta la stretta della corda che ha atteso due anni di sciogliere.
Lancia un’ultima occhiata al castello, dove la flebile luce di alcune candele buca la notte perenne che lo circonda: non proverà nostalgia; al contrario di quella strana ragazza che si ostina a seguirlo nonostante sul suo volto compaia un’espressione tutt’altro che felice.
“Se vuoi rimanere, sei ancora in tempo!” ringhia, ignorando gli striduli rimproveri con cui, per l’ennesima volta, sottolinea che gli sta facendo un favore.
Rimproveri che, all’improvviso, si quietano, restituendo alla spettrale atmosfera di Kuraigana il consono silenzio.
Impegnato a spiegare le vele, la scorge china sul ciglio del sentiero, intenta ad osservare qualcosa.
 
“Robin, guarda! Che strano fiore…è tutto verde!”.
“Oh, Chopper! Non è un fiore…è un quadrifoglio”.
 
“Un quadrifoglio!” esclama, portandoglielo sotto il naso, che si accartoccia su se stesso, infastidito. “Sai che ogni foglia racchiude un significato diverso?”
 
“…secondo alcune credenze popolari, ogni foglia rappresenterebbe qualcosa: la prima è per la speranza, la seconda per la fede, la terza per l'amore e, ovviamente, la quarta simboleggia la fortuna”.

“Davvero?”.
“Certo. Puoi regalarlo a chi vuoi, in questo modo è come se augurassi alla persona cui l’hai donato di trovare speranza, fede e via dicendo”.
 
“L’ho sentito dire, si”. Un piccolo sorriso gli s’incunea tra le labbra che tornano immediatamente ad appiattirsi davanti all’espressione perplessa con cui Perona gli porge il quadrifoglio. “Tienilo. Avrai bisogno di molta fortuna per poter salpare da Sabaody senza le interferenze della marina”.
Zoro, tuttavia, rifiuta, suscitando le sue capricciose proteste, rese particolarmente teatrali dal modo in cui rotea l’ombrellino rosa sopra la testa.
“Ah, smettila!” replica, stordito dai suoi gridolini, mentre il vento inizia a gonfiare le vele, sospingendolo dolcemente al largo.
“Io non credo nella fortuna…”, la sua voce diviene flebile quanto un sussurro, “…e le altre cose me le sto andando a riprendere”.





Angolo Autrice
Salve...Uff, queste righe sono state un parto! =__= Quindi perdonate la schifezzuola qui sopra, cercherò di rifarmi con la prossima....R, sarà Rabbia????

besos


Reik93

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Capitolo 16
*** R: Rabbia ***


Rabbia


"Dovresti smetterla di bere".
La pacatezza con cui pronuncia quelle parole rende il suo consiglio molto semplice da ignorare per le orecchie di Zoro, che, infatti, allunga il bicchiere oltre il bancone, nel tacito ordine di riempirglielo, sogghignando. "Tu invece dovresti iniziare".
Gli occhi di Robin lo rimproverano più chiaramente di quanto facciano le sue labbra, arcuate in un broncio delizioso.
"Forse hai ragione".
Le dita, che fino a poco prima accarezzavano ruvide pagine, corrono da uno dei cicchetti abbandonati sopra al tavolo e lo avvicinano al bordo, lasciando sulla superficie di legno grezzo un'umida traccia del suo passaggio. Al sussulto dello spadaccino, tuttavia, la mano si ritrae, con somma soddisfazione della sua proprietaria, tornando ai più consoni piaceri di un buon libro.
Quello che molti possono scambiare per un gutturale verso stimolato dall’alcool, è, in realtà, sintomo di uno stato d'animo che l'ebbrezza ridonda, ma non provoca. Almeno in Zoro.
Lo sa bene Robin, il cui sorriso cela ben altro che il crescente interesse verso la lettura.
Lo sa bene lui, che serra la mandibola con disgusto, mentre il liquore appena trangugiato gli annebbia la vista. O forse è solo la presenza della compagna e della sua espressione compiaciuta a renderlo tanto suscettibile.
Nel dubbio sbatte alcune monete sul bancone, solitamente dolce richiamo per il garzone di turno, speranzoso di sfruttare la poca lucidità degli avventori a proprio vantaggio, divenuto terribile durante la serata proprio a causa dello spadaccino.
"Allora?!" sbraita, rivolto ad un angolo buio del locale da cui, poco dopo, spunta un ragazzetto tremante con un bottiglia in mano.
"Ecco a lei, signore...".
Il tono è più rispettoso di quanto ci si aspetterebbe da un inserviente di un posto simile, ma Zoro lo degna comunque di un'occhiata fugace ed indifferente, preferendo concentrarsi sul proprio boccale. E l'altro ringrazia: ha assistito in cosa consistano le attenzioni di quel cliente e ritiene saggio non esserne oggetto.
Arretra, quindi, di qualche passo, trasalendo quando la sua schiena urta una mensola provocando il tintinnio delle bottiglie e il suo sguardo corre supplichevole alla donna seduta al tavolo, che accenna ad un sorriso comprensivo.
“Credo sia meglio andare” sentenzia, riponendo il libro nella borsa, seguita da uno Zoro visibilmente scocciato. Sta per ribattere qualcosa di velenoso, ma basta un'impercettibile flessione delle sopracciglia di Robin a farlo desistere, così si alza, restando qualche secondo immobile per accertarsi che ad oscillare sia solo lui e non il pavimento, e si avvia verso la porta.
Robin, tuttavia, rimane seduta, le mani giunte sul ginocchio, la lingua premuta contro palato, gli occhi trapuntati di disapprovazione.
“Che c’è?” borbotta, consapevole di essere la causa di quel dissenso.
Lei scuote il capo e i capelli le scivolano sul viso, coprendo il suo riso rassegnato. “Non credi di aver esagerato?”.
In tutta risposta Zoro agita le spalle e grugnisce, stringendo un’elsa per soffocare l’impazienza, mentre la vede lanciare un paio di berry al garzone come segno di scuse per il disagio provocato dal pessimo carattere del compagno.
Solo quando i due sono abbastanza lontani, il giovane esce dal torpore e raccoglie il compenso, scrutando poi la situazione in cui versa la locanda.
Alcuni tavoli sono ribaltati, sedie senza gambe giacciono a terra assieme a cocci di vetro e ai corpi inermi di alcuni uomini.
Sospira affranto.
È sicuramente meglio non sobillare la volubile tolleranza di certi clienti, ma nessuno poteva immaginare quanto fragile fosse quella del tizio appena uscito, nemmeno il padrone, steso ai suoi piedi, reo, come gli altri, di aver azzardato offrire un bicchiere di troppo ad una sconosciuta
.






Angolo Autrice
Salve! Alla fine, con non poche ritrosie, sono riuscita a postare il capitolo, uff! Non è che mi convinca molto, ma ultimamente fatico a farmi venire idee decenti...-.-'' Sorry!
La prossima sarà la S di Speranza...quella che ripongo nella mia ispirazione perduta....>.<


besos

Reik93

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Capitolo 17
*** S: Sentimenti ***


Sentimenti
 


C’è un momento in cui si diventa consapevoli.
Non può essere prestabilito, né preannunciato. Accade, punto.
Ti piomba addosso come una palla di cannone, lasciandoti tramortito da quella novità quasi inattesa.
E allora anche un semplice sguardo diventa qualcosa di più. Lo cercano in tanti, ma lei è l’unica a trovarlo sempre. Duro e integerrimo, orfano e saldo.
Ogni volta che incrocia i suoi occhi, Robin si accorge di quanto sia mancato nella sua vita uno sguardo così, che dica tutto della persona cui appartiene senza remore e senza inganni.
Perfino ora, intorbidito dal sonno, riesce a infonderle tranquillità, perché Zoro è schietto e sincero, non si è nascosto dietro l’illusoria promessa che non soffrirà più, ma i suoi occhi le dicono che lui ci sarà sempre. E questo, adesso, le basta.
Un sorriso sboccia tra le sue labbra, un sorriso piccolo piccolo che ha comunque il potere di scuoterlo tutto. Perché Robin sorride sempre quando meno te lo aspetti. Che sia arrabbiata, delusa, stanca o impaurita sul suo viso compare sempre quella sottile curvatura che Zoro trova indecifrabile e, a suo modo, contagiosa.
Non saprà mai quanti uomini abbia abbindolato con il suo ermetismo, ma sa che ognuno di loro, accudendola o scalfendola, ha contribuito a plasmarla, a farla così com’è, a renderla perfetta per addolcire il suo carattere ed incastrarla nel vuoto che si porta dentro.
Esala un sospiro pesante, spalancando il palmo e affondandoci sopra il mento, la sensazione di aver fallito pronta a smuovergli lo stomaco e a ricordargli che certe cose non passano mai.
Si era ripromesso di non provarla più quando aveva ricevuto la spada di cui ora stringe nervosamente l’elsa, perché i sentimenti indeboliscono, acciecano, ma non si possono controllare: Robin gli è entrata nel cuore e, nonostante l'aridità del terreno, ci ha messo le radici.
Per lei, invece, è tutto nuovo. Non ha conosciuto abbastanza a lungo l'amore di qualcuno per esserne nostalgica, né per viverne l'attesa, eppure ha lasciato che dentro di lei crescesse quella specie di consolazione, di meraviglia, di lancinante e dolorosa felicità, che si rafforzasse standogli accanto, ignorando per quanto possibile il riaffiorare dell'antica paura di una perdita irrimediabile.
E capisce che è amore perché, malgrado tutto, il desiderio di quella felicità è più grande di qualsiasi altra.
Si avvicina al parapetto con passi silenziosi, la gola chiusa come sempre quando è turbata, e osserva l'espressione impassibile con cui Zoro cerca di nascondere il medesimo tormento.
Non è il timore di non veder ricambiati i propri sentimenti a frenarli, ma la fiducia che entrambi faticano a concedere al futuro, la forza che viene a mancargli all'idea di dover sopportare nuovamente un orizzonte di solitudine e ricominciare da capo, da un voto infrangibile e un'isola in fiamme.
Nessuno si salva da solo, pensa lei. La sua bocca non emette alcun suono, ma le dita che corrono sulle nocche per intrecciarsi a quelle dello spadaccino valgono più di mille discorsi.
“Se vogliamo andare avanti, voglio che tu lo sappia. Non sono tipo da smancerie io. Non ti dirò mai che ti amo e quelle stronzate lì, sia chiaro”.
Parla al vento, Zoro, lanciando fugaci occhiate al profilo della compagna che si abbassa ritmicamente in una serie di meccanici consensi.
“Lo so” ammette, voltandosi. “L’hai fatto ora, mi basta”.
Le sue pupille si contraggono come punture di spillo, si dilatano rapidamente e tornano poi a confondersi con il nero dell’iride, incrociando controvoglia gli occhi brillanti di Robin.
E per una volta l’orgoglio viene accantonato.
La stretta intesa della sua mano, adesso, convince anche a lui.

 







Angolo Autrice
Salve!!! è da un pò (troppo) che non aggiorno, scusate!
L'avevo detto capitoli fa che sarei tornata a scrivere qualcosa di serio e l'ho fatto. Parlare dei sentimenti della ciurma è difficile, ma trattare quelli di questi due è un'impresa, ragazzi! Tutto sommato sono abbastanza soddisfatta, e spero lo siate anche voi!!! XD
Come al solito alla prossima! Siamo alla T...quasi ora di concludere!

besos

ps: ho notato che gli ultimi capitoli hanno riscosso meno interesse rispetto a quelli iniziali...non vi piace più la storia? la trovate banale?
      ve lo chiedo per migliorare e farmi un'idea di dove sbaglio anche in vista di fanfic future...grazie :)


Reik93

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Capitolo 18
*** T: Tentazione ***


Tentazione


C’è una nave vuota e silenziosa con lo stemma di un teschio sulle vele, attraccata al molo.
C’è un libro abbandonato sul ponte, le cui pagine si muovono appena toccate dalla brezza del mezzogiorno.
C’è il rumore di respiri pesanti proveniente dalla stiva e quello leggero di un frusciare di stoffa.           
“Potrebbero tornare a momenti…” sussurra al suo orecchio, scostandoselo di dosso con una leggera spinta. Lui le lancia un’occhiata inizialmente incredula, poi però, notando la flessione delle sopracciglia, lascia libere le labbra di distendersi in un ghigno: non sono aggrottate come quando qualcosa non le va, ma arcuate, segno che la sua era solo un’osservazione, semplice perciò da ignorare. “Allora è meglio non perdere tempo”.
Robin sospira e punta uno sguardo arrendevole sul soffitto, chiedendosi dove sia finita la sua determinazione, considerata la facilità con cui i suoi no si trasformano in si.
No, infatti, era stata la sua prima risposta alle intenzioni di Zoro, quando quest’ultimo, steso sull’erba a fissare il cielo, aveva borbottato qualcosa sull’assenza dei loro compagni.
No era la decisione più saggia, la più ragionevole…eppure ora si ritrova con le spalle premute su una parete, la schiena inarcata dal tocco delle sue dita ed il fiato troppo corto anche solo per pronunciare qualche parola.
Da dire, in realtà, non avrebbe poi molto. I suoi pensieri sono meteore prive di logica, attimi sconnessi di lucidità che condannano la sua scarsa resistenza, alternati a una totale accondiscendenza. E mentre la presa di Zoro si fa irruenta a tal punto da costringerla ad aggrapparsi alle sue spalle per non cadere, l’ultimo barlume di razionalità le riporta inspiegabilmente alla mente una parola udita spesso nella sua infanzia: riprovevole.
Ricorda come zia Roji usasse ripeterla spesso, sollevando l’indice, per sottolineare il proprio disprezzo verso qualcosa.
In generale a suscitare la sua disapprovazione erano i comportamenti ritenuti immorali, quelli che andavano ad intaccare l’immagine di una persona, e che venivano condannati da chi, come lei, valutava importanti solo le apparenze. Perciò la rimproverava di essere un’ingorda se consumava un tozzo di pane in più rispetto alla sua razione quotidiana, di dimostrarsi inetta se tardava con le faccende e soprattutto di riempirsi la testa con inutili sciocchezze se la sorprendeva con un libro in mano.
‘Solo le bambine cattive -diceva- cedono con facilità a certi passatempi e da grandi non possono che diventare delle poco di buono!’.
Le viene da ridere, ripensandoci e, nonostante riesca in qualche modo a trattenersi, il gorgogliare della sua gola distrae il compagno.
“Che c’è?” brontola affannato, staccandosi dal suo collo.
Robin sbarra gli occhi, deglutisce, soffoca i ricordi contro la sua bocca.
“Niente”.
Su una cosa zia Roji avrebbe avuto ragione: approfittare del giorno di rifornimento per cedere alla tentazione di consumare una passione segreta nella stiva della nave è un assolutamente riprovevole.








Angolo Autrice
Auguri a tutti!!!! Di Buon Natale, di Buona Fine e di Buon Inizio!!!
Scusate per la mia lunga assenza, ma ho trovato un piccolo lavoretto per racimolare qualche soldo in vista dei regali e così non ho avuto più tempo di aggiornare! -.-
Dunque non ero affatto convinta di questo capitolo, però non volevo tardare ancora!
Quindi spero possa piacervi (era da un sacco che cercavo un modo per infilare la vecchia Roji da qualche parte! )
Bene...vado a terminare i preparativi per stasera! Ancora Auguri e...alla prossima naturalmente!
Ci vediamo nel 2014 gente!

besos

Reik93

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Capitolo 19
*** U: Uhm ***


Uhm


Uhm. È l’esclamazione proveniente dalle sue spalle, dove Zoro, in piedi, lascia scivolare lo sguardo sul libro che sta leggendo. Minuscoli caratteri compongono termini incomprensibili e lui non si vergogna di mostrare la sua ignoranza: inarca un sopracciglio, sbuffa e tracanna un sorso di rum.
Uhm. È il sospiro nervoso che si lascia sfuggire, mentre la guarda girare pagina, scoccargli un’occhiata fugace e riprendere la lettura. Robin conosce la sua scarsa pazienza e, anche per questo, si concentra sul testo con meticolosa attenzione, tardando più del dovuto su alcuni passaggi: lui digrigna i denti, lei sorride alle parole, divertita.
Uhm. È un verso gutturale, sordo. Zoro racimola un po’ d’aria in bocca e contrae le labbra per produrlo, quando si rende conto che quell’improvvisa lentezza è solo uno stratagemma con cui lei cerca d’irritarlo. E sfortunatamente ci riesce.
Uhm. È il suono dello stupore che gli si ristagna in gola. Dallo strascichio della sedia, intuisce che Robin si è alzata, ma aspetta a sollevare la palpebra per ottenerne conferma.
Uhm. È il rabbioso borbottio che Robin sente avvicinarsi, dietro alla porta. Appena svanisce, abbassa la maniglia.
Zoro se ne sta immobile, con le braccia incrociate al petto e un’espressione truce sul viso. Dovrebbe essere un rimprovero silenzioso il suo, ma a lei risulta tanto comico da trattenere, a stento, la risatina che le smuove lo stomaco, facendolo accigliare ancora di più.
Uhm. È il rantolio che si perde tra i respiri di entrambi.
 
Al risveglio, l’espressione stanca ed assonata di Zoro si contrae in una smorfia d’incredulità: Robin è ancora al suo fianco, supina tra le coperte.
Non capita spesso di poterla ammirare mentre dorme, coi capelli scarmigliati che le ricadono sulle spalle e i segni della notte trascorsa ancora visibili sul suo viso disteso e rilassato. Un sorriso gli allarga le labbra, morendo nell’istante in cui apre gli occhi.
Sono già incredibilmente limpidi, inquisitori, attenti anche quando lui punta lo sguardo altrove senza trovare nulla da dire né il tempo per riflettere.
Una mano fiorita tra le lenzuola, infatti, gli sfiora il mento e con delicatezza gli fa ruotare la testa. Zoro scorge solo un’ombra, prima di chiudere d’istinto gli occhi e sentire la bocca calda di Robin sopra la sua, le sue dita sulle guance, così leggere, il suo corpo contro il proprio.
È un bacio silenzioso, inatteso. Libera le labbra dal peso di cercare parole finché una non sfugge al controllo della lingua, riversandosi nell’aria come un gemito appagato. Uhm.
 
 
 





Angolo Autrice
Hola! Scusate per il ritardo, ma il tempo è quel che è...-.-
Comunque....siamo arrivati alla U e ciò significa che mancano solo due lettere! Wow! Cercherò di non metterci un altro mese a postare la V...! (che cavolo m'invento con la V?!?!?!?!? mmmmmmm...).
Come sempre grazie e alla prossima.

besos

Reik93

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Capitolo 20
*** V: Valentino ***


Valentino

Quella mattina se, entrando in cucina, avesse prestato più attenzione, Zoro si sarebbe accorto subito che nell’aria non c’era l’odore ristagnato del fumo, ma un aroma diverso. Invece, spalancando la porta e sbuffando alla vista della tavola ancora vuota, l’unico profumo a solleticargli le narici fu quello del caffè.
Non venendo accolto dal saluto biascicato tra i denti, quasi fosse uno sputo, del cuoco, dedusse che ad averlo preparato fosse stata l’unica persona sveglia, come lui, a quell’ora indecente.
Robin se ne stava seduta con lo sguardo perso nel nulla dell’orizzonte e finse di non accorgersi della sua presenza finché una sedia non strascicò sul pavimento.
“Già in piedi?”.
Zoro mosse appena la testa, lasciata cadere oltre lo schienale, e le scoccò un’occhiata colma di un risentimento che apparì leggero sotto le palpebre pesanti. “Starei dormendo se qualcuno facesse più piano…”.
Lei ascoltò quella breve sequenza di parole, le assaporò pian piano e ne recepì il significato senza lasciarsi andare a particolari reazioni, eccetto per il sospiro che s’infranse sul bordo della tazza. Allo spadaccino non sfuggì, tuttavia, la lieve curvatura delle sue labbra, ma decise di ignorarla, frugando con gli occhi il tavolo alla ricerca di qualcosa che potesse aiutarlo a sedare il suo stomaco gorgogliante. “Non c’è niente da mangiare?”.
In tutta risposta una serie di braccia radicate al suolo fecero scivolare sotto il suo naso un piatto di biscotti. Robin lo vide afferrarne uno e rigirarselo con titubanza tra pollice ed indice. Lo straniamento era chiaramente visibile sul suo viso, insieme alla perplessità e ad una punta di disgusto.
Le rivolse uno sguardo smarrito e Robin fu certa che non avesse la minima idea del perché il cuoco si fosse adoperato tanto strenuamente nel realizzare quei cuori di pasta frolla.
“Oggi è San Valentino” spiegò pacata. “La festa dell’Amore”.
I solchi sulla fronte aggrottata di Zoro si rilassarono d’un tratto. Aveva ascoltato frammenti della storia che aveva raccontato a Chopper, trovandola, per inciso, assurda.
“Non dovrebbero essere le ragazze a preparare i dolci e quelle cose lì?”.
Le parole sfuggirono al suo controllo, graffiandogli la gola come sabbia.
Mentre le diceva studiò la sua espressione per cogliere in anticipo i suoi pensieri, ma gli occhi di Robin, colpiti dal primo sole, divennero troppo chiari per distinguere il guizzo che gli accese.
“Già, ma credo che Sanji volesse prepararci una sorpresa. E poi non fa usare a nessuno la sua cucina”.
La voce della donna circolò veloce nella mente di Zoro, occupato a raschiar via con l’unghia le decorazioni di zucchero, perciò gli ci vollero alcuni secondi prima di capirne il senso e quanto di sottointeso celassero. Si limitò a guardarla fisso qualche istante, cercando di mantenere salda la sua disapprovazione, nonostante il morso con cui spezzò il biscotto in due perfette metà.
La pasta gli si sfregolò sulla lingua assieme al cuore di cacao che avvolgeva.
“Odio il cioccolato!” sentenziò, denotando la propria insofferenza con una smorfia.
Robin sorrise e la sua impassibilità mutò in un guizzo di malizia.
“Lo so, ma anche stanotte sarà San Valentino…”.
Se a Sanji toccava cucinare, a lei spettava tutto il resto.
 
 
 




Angolo Autrice
Commento veloce veloce...
Si, non ho resistito al clima 'valentiniano'!! XD
Con la prossima si conclude questa raccolta! Oddio...ora ho l'ansia da prestazione! Bisogna chiudere in bellezza, perciò mi prenderò il tempo necessario per non guastare tutto! Portate pazienza!

besos


Reik93

 

 
 
 
 

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Capitolo 21
*** Z: Zero ***


ZeRo
 
L’aggressione della luce si scioglie solo verso sera, nel mare, quando il sole s’incastra all’orizzonte e dona il suo abbraccio al porto di Shimoshiki, allungando le ombre dei pescatori che recuperano le reti, dei ragazzi del dojo impegnati con gli ultimi allenamenti e di due persone ferme sulla scogliera. È l’ora dell’attesa.
C’è chi tira le somme di una giornata di duro lavoro, chi quelle di una vita intera, ma la sensazione comune è di aver ricevuto dal mare molto più di quanto si cercasse.
Zoro volta appena lo sguardo verso il villaggio, dove lo aspetta una promessa che finalmente può mantenere, e poi torna ad appiccicarlo all’orizzonte; Robin, invece, non lo scosta.
Guarda fisso davanti a sé le fiamme di un tramonto che brucia ma non distrugge, che ingoia il giorno, non il futuro. Che stavolta è salvo e già riempito di qualcosa di migliore.
I loro cuori spasimano per quell’addio non ancora pronunciato, eppure tanto imminente da far male comunque. È l’ora di resistere e restare, di confinare le avventure nello spazio dei ricordi, di piangere forse.
Una striscia umida brilla sulla sua guancia, prima che il sole e il vento se la prendano, un sorriso scappato dalle maglie della nostalgia le sporca appena le labbra.
“Eccoli” sussurra, puntando il dito verso una macchia dai contorni inconfondibili.
La Sunny sfila tra le crespe formate dalle onde, sventola con orgoglio i suoi vessilli, si congeda da loro, pirati di terraferma.
Zoro esala un sospiro. È il suo silenzioso saluto a quei pazzi con cui ha condiviso più di quanto avesse osato sperare prendendo il largo in un giorno ormai troppo lontano, inseguendo un sogno che è diventato reale e vedendone sorgere un altro, ancora in corso.
Si gira. Il suo occhio incontra quelli di Robin che, negli ultimi tempi, fanno defluire senza filtri ogni sua emozione.
“Staranno bene” esclama tanto solenne che la sua voce riecheggia nei dintorni, nei boschi, nei sentieri. Robin la sente fin dentro se stessa e il dolore si placa. Annuisce. “Anche noi”.
È più di una speranza, ma per farglielo capire le parole sono insufficienti. Ci vogliono le mani.
Quelle che corrono a rapire le sue dita, modellandole in una stretta dolce e decisa.
Zoro le fissa un secondo, trovando in quell’unione di pelli tanto diverse un inizio perfetto, poi deglutisce nervoso.
Esitante, fa scorrere lo sguardo oltre le else che gli pesano immancabilmente al fianco, sulle anche libere di Robin, fino al suo grembo.
Lo studia con insistenza quasi aspettasse di vederlo mutare da un momento all’altro, suscitando la sottile risata della compagna.
“È inutile che continui a guardarla. Crescerà”.










Angolo Autrice
Finalmente! Finalmente dopo mesi e mesi concludo questa raccolta! Yeah. ^^
Non voglio tediarvi con i motivi che mi hanno impedito di pubblicare qualcosa prima, perciò passo subito ai ringraziamenti.
Grazie a coloro che hanno inserito la storia tra le preferite/ricordate/seguite (volevo citarvi uno ad uno, ma siete parecchi e io troppo pigra per elencarvi tutti ^^"), Grazie a coloro che hanno recensito dandomi la spinta a proseguire e ad arrivare qui oggi, Grazie a chi ha solo letto!
Insomma GRAZIE a tutti di <3!
Spero di non avervi deluso con quest'ultimo capitolo e di rifarmi viva da queste parti al più presto (ovviamente con un'altra ZoRobin ;D)!

besos


Reik93
 
 

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